Banchi pubblici (2020-05-19) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Stemma Sant’Eligio (2016) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

La storia delle origini dell’Archivio Storico del Banco di Napoli è la storia del sorgere del sistema bancario, inteso in senso moderno, nella Napoli del XVI secolo. Nel corso del ‘500 Napoli era divenuta una città di enorme importanza strategica e commerciale per l’impero degli Asburgo di Spagna di cui il Regno di Napoli, in qualità di Viceregno, faceva parte. Lo sviluppo dei traffici e l’evoluzione della società nella capitale del Viceregno crearono i presupposti per nuove necessità di organizzazione del credito.

Dettaglio giornale (2012) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

A quel tempo la concessione di prestito ad interesse era considerata una pratica illegale. La morale della chiesa cattolica, considerando peccaminoso l’uso di far fruttare denaro tramite prestiti, aveva contaminato la legislazione statale che avversava pratiche di tipo creditizio. L’intero sistema del credito, dunque, era intrappolato in un imbuto di difficoltà e restrizioni. L’unica possibilità, per le classi minori, di attingere al piccolo credito senza cadere nella rete criminale dell’usura era rappresentata dal servizio offerto dalla comunità ebraica di Napoli. Gli appartenenti a tale comunità, liberi dalle restrizioni ecclesiastiche, praticavano piccoli prestiti ad interesse, prendendo a garanzia oggetti di medio valore. Tale garanzia materiale era vitale per la sopravvivenza della comunità israelitica, infatti una prammatica aragonese stabiliva che qualsiasi contratto stipulato tra un ebreo e un cristiano poteva essere liberamente denunciato da quest’ultimo. In questo sistema diseguale l’unica garanzia di stabilità per gli ebrei napoletani era rappresentata, appunto, dalla solvibilità degli oggetti presti a pegno.

Stemma del Banco dello Spirito Santo (2012) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Tra il 1538 e il 1539 alcuni patrizi afferenti al Seggio di Capuana, una delle cinque ‘circoscrizioni’ nobiliari in cui erano iscritti i nobili napoletani, diedero vita ad una piccola istituzione di matrice solidale: il Monte di Pietà. Il Monte di Pietà, come tanti suoi omologhi nel resto d’Italia, aveva lo scopo di erogare prestiti di modestissima entità, garantiti da pegni, senza alcun interesse.

Scrittura Patrimoniale (2016) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Questo semplice meccanismo di assistenza creò un consenso diffuso e solido intorno alle iniziative del neonato Monte. Nel giro di qualche decennio i governatori, questo il nome dei ‘gestori’ dell’istituzione, accumularono un cospicuo numero di elemosine e lasciti, al fine di favorire l’opera pia e di combattere efficacemente la piaga dell’usura.

Stemma del Monte di pietà (2016) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

L’affermazione e la popolarità dell’attività del Monte di Pietà, oltre che le crescenti spese per il suo funzionamento, diedero avvio al processo che nel volgere di trent’anni portò i governatori ad affiancare, accanto alla dicitura di Monte, quella di Banco. Alla funzione filantropica del prestito senza interesse si andava affiancando, con il consenso dell’autorità vicereale, quella prettamente bancaria, con la possibilità di svolgere attività di deposito e di erogare prestiti ad interesse, a patto di investire i proventi nelle già avviate attività benefiche.

Dettaglio giornale (2012) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Grazie alla sua reputazione il Banco di Pietà non solo riuscì a sbaragliare la concorrenza dei banchi delle ricche famiglie toscane e genovesi, da tempo attivi a Napoli, ma divenne un modello imitato da altre ‘case sante’ e opere caritatevoli presenti in città. Vista la necessità di supportare le loro attività di assistenza e aiuto alla popolazione, i grandi ospedali, gli orfanatrofi e i conservatori napoletani si dotarono di un proprio banco.

Bancali (2012) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Dal 1529 al 1640 otto banchi sorsero all’interno del tessuto urbano. Il Banco dei Poveri, fu fondato nel 1563 da alcuni avvocati che, impietositi per le condizioni di prigionia dei piccoli debitori insolventi, decisero di dedicare la propria opera ai prestiti senza interesse. Nel 1587 fu ufficialmente riconosciuta l’attività del Banco dell’Annunziata. Quest’ultimo aveva svolto, sia pure in forma diverse e prive del riconoscimento formale della corona, fin dalla metà del ‘400 attività assimilabili a quella di cassa di deposito. La comunità spagnola, storicamente assistita dall’ospedale di San Giacomo e Vittoria, si dotò nel 1597 del Banco di San Giacomo destinato, nell’evoluzione secolari delle vicende di Napoli e del suo regno a divenire il banco privilegiato dai regnanti e dalla corte. Il Banco del Popolo nacque nel 1589 per sostenere l’opera dell’ospedale degli Incurabili, dove trovavano ristoro e sollievo tutti coloro che soffrivano da malattie ritenute impossibili da curare. Nella zona del mercato cittadino dal 1592 fu attivo il Banco di Sant’Eligio, mentre nel 1594 ottenne pubblico riconoscimento il Banco dello Spirito Santo la cui principale vocazione assistenziale era rivolta al sostegno e all’educazione delle orfane. In ultimo, nel 1640, i gabellieri della farina diedero vita all’unico degli antichi banchi a non avere una vocazione spiccatamente filantropica.

stanza d'archivio (2012) di Damiano Falanga - ilCartastorie foundation ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Tanto era diffusa la fiducia della popolazione e dello stato nei confronti di questi istituti che la loro documentazione assunse valore probatorio innanzi ai tribunali del Viceregno. Proprio al particolare valore attribuito alla scrupolosa documentazione di questi banchi si deve la loro definizione di “pubblici”. Fino alla seconda metà del XVIII secolo il potere vicereale e regio non interferirono direttamente con la gestione dei banchi, di cui governatori erano fieramente gelosi. Gli otto banchi pubblici crearono dunque una rete di soggetti che, in serrata concorrenza tra loro, ‘parlavano’ lo stesso linguaggio contabile, fatto degli stessi documenti e delle medesime Procedure.

Patrimoniale (2016) di Fondazione ilCartastorie ©ilCartastorie | Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli

Questo sistema bancario moderno, che andava consolidandosi per la prima volta nel mondo proprio a Napoli, visse alterne fortune e prosperità fino al 1809. A quella data i banchi superstiti vennero convogliati e fusi in un unico banco: il Banco delle Due Sicilie, a servizio dell’ormai indipendente regno di Napoli. In seguito all’unità d’Italia, nel 1861, il Banco delle Due Sicilie assunse definitivamente la denominazione di Banco di Napoli, che ancor oggi caratterizza, in maniera sommaria, il grande archivio che raccoglie la documentazione storica di quest’istituto e dei suoi secolari ‘antenati’.

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In alcuni casi, la storia potrebbe essere stata realizzata da una terza parte indipendente; pertanto, potrebbe non sempre rappresentare la politica delle istituzioni (elencate di seguito) che hanno fornito i contenuti.
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