Enterocolite necrotizzante: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

L’enterocolite necrotizzante è una malattia potenzialmente mortale che colpisce quasi esclusivamente i neonati; ha un tasso di mortalità che può raggiungere il 50% ed è causata da una gravissima infiammazione dell’intestino indotta dall’invasione batterica.

Tra le complicazioni figurano la perforazione intestinale, in grado di evolvere a sua volta in sepsi e morte.

I sintomi caratteristici della condizione comprendono

Poiché un trattamento precoce e aggressivo può migliorare sensibilmente la prognosi, in un bambino in cui si abbia il sospetto di enterocolite le poppate vengono interrotte e sostituite da alimentazione endovenosa; viene favorita l’eliminazione del gas intestinale mediante l’inserimento di un tubicino attraverso lo stomaco ed iniziata immediatamente la terapia antibiotica.

Le condizioni del bambino vengono strettamente monitorate con radiografie addominali, esami del sangue ed emogasanalisi e, se necessario, verrà offerto il supporto alle funzioni vitali.

La chirurgia si rende necessaria in caso di perforazione intestinale o peritonite.

Enterocolite necrotizzante

Shutterstock/Pepermpron

Cause

L’enterocolite necrotizzante è una malattia che colpisce i neonati, tipicamente nella seconda-terza settimana di vita; rappresenta l’emergenza potenzialmente mortale più comune tra quelle che interessano il tratto gastrointestinale dei neonati nell’unità di terapia intensiva neonatale.

L’incidenza a livello mondiale varia tra 0,3 e 2,4 neonati per 1000 nati vivi.

È una condizione causata dall’invasione batterica della parete intestinale, con successiva grave infiammazione e distruzione delle cellule intestinali; con il progredire della malattia il tessuto intestinale mostra segni di ischemia (ridotto o interrotto afflusso di ossigeno), seguita da necrosi (morte cellulare) e infine perforazione, che può causare la contaminazione batterica addominale e successivo sviluppo di peritonite.

Il meccanismo specifico d’esordio e soprattutto la causa non sono ancora stati compresi, ma nei neonati prematuri l’ipotesi più condivisa verte su una possibile immaturità del tratto gastrointestinale.

Nei neonati a termine l’esordio si verifica tipicamente nei primi giorni di vita ed è solitamente associato a un evento ipossico (ridotto afflusso di ossigeno), come un difetto cardiaco congenito.

Fattori di rischio

I più importanti fattori di rischio comprendono:

  • parto prematuro (quasi 7 casi su 10 riguardano neonati pretermine),
  • basso peso alla nascita,
  • alimentazione artificiale.

Si ipotizza che anche una predisposizione genetica possa rivestire un qualche ruolo.

Sintomi

I segni e i sintomi dell’enterocolite necrotizzante sono molto variabili e, purtroppo, aspecifici e subdoli.

Spesso il campanello d’allarme che spinge i genitori al consulto con il pediatra è la persistente sonnolenza e la riduzione dell’attività, ma talvolta sono presenti anche

In fase più avanzata possono comparire segni sistemici correlati all’insufficienza respiratoria e al collasso circolatorio, come cianosi (colorito bluastro di pelle e mucose) e assenza di risposta.

Complicazioni

Se non riconosciuta e trattata, può verificarsi una perforazione intestinale, causando la fuoriuscita del contenuto intestinale nel peritoneo e con conseguente peritonite.

Nel complesso, la mortalità varia dal 10% al 50% (nei casi più gravi, in caso di perforazione, peritonite e sepsi, la mortalità si avvicina al 100%).

Diagnosi

La radiografia è spesso l’esame di prima scelta, in grado di mostrare la presenza di una gravissima presenza di aria intestinale (pneumatosi intestinale); in caso di perforazione l’aria può addirittura essere apprezzata libera in addome.

La stessa radiografia è anche un esame prezioso per il successivo monitoraggio della malattia.

Gli esami del sangue hanno utilità limitata e soprattutto non sono specifici, anche se una grave carenza di globuli bianchi può essere suggestiva di sepsi.

Cura

Il primo intervento in caso di sospetta enterocolite necrotizzante consiste nell’interruzione di qualsiasi forma di alimentazione enterale (attraverso stomaco e intestino) e nel posizionamento di un sondino nasogastrico per favorire la decompressione delle viscere dilatate attraverso la fuoriuscita dell’aria.

Viene quindi fornita una nutrizione parenterale (via endovena) totale e intrapresa una terapia antibiotica empirica endovenosa, con copertura ad ampio spettro. In caso di risposta positiva è possibile riprendere l’alimentazione tradizionale una volta che i segni dell’infezione si siano completamente risolti (da diversi giorni fino a una settimana).

Nei neonati che al contrario presentino condizioni in peggioramento (ad esempio per perforazione intestinale) o che comunque non rispondano alla terapia medica si prende in considerazione l’intervento chirurgico; la laparotomia è l’approccio standard, praticata nel modo più conservativo possibile, con la rimozione di porzioni di intestino irrecuperabili e l’eventuale creazione di stomie temporanee.

La laparotomia può essere controindicata in pazienti estremamente piccoli e provati dall’infezione, perché potrebbero non essere abbastanza stabili da superare l’intervento chirurgico; in questi casi viene eventualmente valutato il ricorso al drenaggio peritoneale.

Quando necessario il primo approccio al paziente è tuttavia la rianimazione cardiopolmonare, con un costante supporto a pervietà delle vie aeree, respirazione e circolazione. In caso di insufficienza respiratoria il paziente potrebbe aver bisogno di intubazione endotracheale e ventilazione meccanica. Per la rianimazione in caso di collasso circolatorio vengono applicate le procedure previste dalle linee guida per il supporto vitale avanzato pediatrico.

Fonti e bibliografia

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