Narrare la storia. Vol. 1: Il Medioevo

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narrare la storia il medioevo Alessandro Grittini · Luca Franceschini contributi e coordinamento editoriale di Robi Ronza SCUOLA

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Luca Franceschini ha scritto i capitoli 3, 5, 7, 8, 10, 11, 14, 15, 16 del secondo volume e per intero il terzo volume. I capitoli 15, 16, 17 del terzo volume sono stati rivisti da Alessandro Grittini.

Alessandro Grittini · Luca Franceschini Narrare la storia Il

le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione.

Le conclusioni sono opera comune degli autori.

dai fascicoli Percorsi personalizzati per una didattica inclusiva a cura di Alessandro Grittini realizzati con il carattere TestMe per facilitare la lettura ad alunni con DSA

ColStampatoCuraRicercaIllustrazioni:ProgettoISBNTutti©QuintaPrimawww.itacaedizioni.it/narrare-la-storia-1Medioevoedizione:marzo2014ristampa:agosto20222014Itacasrl,CastelBologneseidirittiriservati978-88-526-0596-3grafico:AndreaCimattiDanielaBlandinoiconograficaecartine:StefanoBombellieditoriale:CristinaZoliinItaliadaRotolitoSpA,Pioltello(MI)nostrolavorocerchiamodirispettarel’ambienteintutte

I riassunti al termine di ogni capitolo sono scritti con il carattere TestMe per facilitare la lettura ad alunni con DSA.

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IL'etàL'etàMedioevomodernacontemporaneatremanualisonocorredati

Alessandro Grittini, Luca Franceschini Narrare la storia Volume 1: Il

Alessandro Grittini ha scritto per intero il primo volume e i capitoli 1, 2, 4, 6, 9, 12, 13 del secondo volume.

CAPITOLO 1 lanarrarestoria il medioevo consulenza didattica Maria Silvia Riccardi contributi e coordinamento editoriale Robi Ronza Alessandro Grittini · Luca Franceschini SCUOLA

Ovunque giriamo lo sguardo, e questo è singo larmente vero per noi che viviamo in Italia, tutto ci parla del passato. Possiamo poi approfondi re la conoscenza di questo passato a scuola e, magari, all’università, ma se non comincia dalla nostra casa e da ciò che ci circonda questa co noscenza non attecchisce, rimane senza radici. La storia riguarda non solo i grandi avvenimen ti, ma anche la vita di ogni giorno. Il perfeziona mento del mulino o lo sviluppo di tecniche per la salatura della carne e del pesce contarono di più per la civiltà dell’uomo della gloria di molti re e imperatori. Se ci vestiamo e mangiamo in un cer to modo, se parliamo una lingua così bella e ricca come la nostra, ciò dipende dalla storia, tanto è vero che altri popoli con storie diverse si vestono, mangiano e parlano diversamente da noi. La storia, palestra di libertà Siccome è vero che le bugie hanno le gambe corte, la memoria – della quale la storia costitui sce una parte rilevante – è un grande strumen to di libertà. È anche per questo che la storia va studiata, per offrire ragioni alla nostra libertà. Chiunque può, infatti, fare scelte migliori se rie sce a distinguere il buono dal cattivo, confron tando con l’esperienza degli uomini del passato ciò che adesso sta in prima fila sul palcoscenico del presente. Non c’è bisogno per questo di es sere dei grandi esperti. Basta essersi fatti delle idee chiare su ciò che è male e ciò che è bene, su ciò che è opportuno e ciò che è inopportuno. È più importante questo che avere su ogni cosa una grande competenza specifica, impresa uma namente impossibile. Una storia di uomini La storia, inoltre, è fatta dagli uomini, i grandi come i piccoli, che hanno compiuto scelte nella loro vita, che hanno deciso di agire in un modo piuttosto che in un altro, scontrandosi anche con le scelte di altri e dando vita a esiti magari non previsti. La storia è il campo della libertà dell’uo mo. Non delle strutture. Le forme di governo e i sistemi politici, le leggi, le regole dell’economia, i sistemi sociali non sono piovuti dal cielo, sono il frutto di scelte umane, facili, difficili, sofferte, co raggiose, egoistiche, solidali, fragili, contraddit torie, ma sempre umane. E se la storia è il campo della libertà, è anche il campo della responsabi

Caro amico…

Immaginiamo un uomo senza memoria, che non ha alcun ricordo del suo passato. La prima cosa che ignora è chi è lui, qual è il suo nome, da dove proviene, dove si trova, perché si trova lì, cosa ci fa al mondo. In che condizioni vivrebbe un simile uomo? Se non sa da dove viene, non sa dov’è, e nemmeno dove può andare. Per questo bisogna studiare la storia: per sapere chi si è e dove si può Ciascunoandare. di noi percorre una tappa brevissima di una vicenda, quella dell’uomo sulla terra, che dura da decine di migliaia di anni. E l’uomo, sulla terra, costruisce, edifica, lascia segni e impronte dietro di sé, lascia un’eredità a chi viene dopo di lui. E chi viene dopo eredita, anche senza render sene conto, qualcosa che chi lo ha preceduto gli ha L’uomolasciato.vive nel presente, ma per non vivere come una foglia sbattuta dal vento ha bisogno di conoscere ciò che lo precede, l’eredità che gli giunge dal passato suo e dell’intera umanità. La storia è intorno a noi La storia si capisce sempre meglio studiandola. Però si comincia a comprenderla, e a capire per ché è così importante, parlando con i genitori, con i nonni, facendosi raccontare come si vive va quando erano piccoli loro, facendosi spiegare come si lavorava, a che cosa serviva uno stru mento che c’è ancora in casa, ma che magari non si usa più. La conoscenza della storia comincia da lì. Poi si allarga, quando si esce di casa, al luo go in cui si vive, ai palazzi, alle vie, alle piazze e alle chiese dei nostri borghi e delle nostre città, alle usanze, ai proverbi, al modo di parlare e di esprimersi della gente, all’arte, alla cucina, ai campi coltivati e alle fabbriche.

Perché studiare la storia?

La storia: una grande occasione per crescere insieme Lo studio della storia, per tutte le ragioni che ti abbiamo esposto, diventa una grande occasione per crescere, e quindi una grande avventura che ti proponiamo di percorrere assieme a questo li bro, al sito collegato, che ti metterà a disposizio ne altri materiali e sarà occasione e strumento di scambi con altri alunni come te di altre clas si sparse per l’Italia, ma soprattutto assieme ai tuoi insegnanti, che ti guideranno con saggezza, competenza e pazienza in questo straordinario

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lità: l’uomo non vive da solo, ma insieme con gli altri e con gli altri fa continuamente i conti, agli altri rende conto di ciò che sceglie e decide. La storia, dunque, ci aiuta ad essere liberi e ci inse gna ad essere responsabili. Una grande risorsa per il nostro popolo La storia è una grande risorsa, una risorsa comu ne dell’uomo. Più la si studia e la si comprende, meglio è. Anche se non siamo i soli a possedere questa risorsa, come europei ne abbiamo in mi sura grandissima, ancor più come italiani, cioè come europei mediterranei. La nostra storia è un patrimonio sterminato da non disperdere. Pun to d’incontro tra Europa, Asia e Africa, il Medi terraneo, infatti, è stato un crocevia della storia dell’uomo. Solo per periodi storici relativamente brevi è passato in secondo piano, e oggi il suo ruolo cruciale sta riemergendo. Questo, se ce ne rendiamo conto, è per noi una grande occasione storica. Conoscere la storia per andare incontro a tutti Quando nel Cinquecento iniziò la navigazione transoceanica a vela, per girare attorno al mondo occorrevano circa tre anni di grandi rischi e fati che. Nel secolo XIX fare il medesimo giro in ot tanta giorni era un’impresa possibile, ma ardua. Oggi qualsiasi aereo passeggeri a lungo raggio può compiere comodamente lo stesso percorso in una sola giornata. Si dice perciò che il mondo è divenuto molto piccolo. Questo però non diminuisce il bisogno che abbia mo di conoscere la storia, la geografia, la lingua del nostro come degli altri popoli. Anzi, questo bisogno aumenta sempre di più. Con la vicinanza diventano più facili, e quindi maggiori, i contatti e più ampie le possibilità di arricchimento che da questi contatti possiamo ricavare; ma più gravi diventano anche le conseguenze che potranno avere sul nostro futuro le eventuali incompren sioni riguardo alla vita, alla storia e alla cultura degli altri popoli, incomprensioni indubbiamente favorite dalla mancanza di adeguate conoscenze storiche.

Buoncammino.lavoro quindi… e buone scoperte. GliL’editoreautori

il mondo antico: si prepara un mondo nuovo

Battaglia tra Romani e barbari Sarcofago Ludovisi (III secolo), Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, Roma materiale

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CAPITOLO 1 7 Capitolo 1 Finisce

La fine del mondo «Ecco la fine del mondo»: con queste parole il vescovo di Milano, Ambrogio, commentava la notizia della sconfitta dell’esercito romano nella battaglia di Adrianopoli ad opera dei Visigoti. E così fu percepita da molti cittadini dell’Impero l’avanzata inarrestabile dei nuovi popoli “barbari”: la fine di un mondo durato mille anni, una fine che sembrava travolgere tutto. «Se Roma perisce, chi mai si salverà?» scrisse un altro grande personaggio del tempo, san Girolamo. In realtà, la fine del mondo tanto temuta non ci fu. Sulle ceneri del mondo antico che stava crollando si preparava qualcosa di nuovo, un nuovo mondo nato dall’incontro dei popoli germanici che irrompevano nella storia, con le grandi tradizioni romane e con i nuovi valori portati dal Cristianesimo.

· Perché cadde l’Impero Romano

La crisi politica Da tempo l’Impero Romano si trovava in una situazione di crisi per svariati motivi. Fin dagli inizi dell’età imperiale, e quindi già nel I secolo, era emerso il grave problema della successione al trono: alla morte di un imperatore, infatti, non di rado si aprivano feroci conflitti per designare il suo successore e spesso venivano scelti o si imponevano personaggi che poi si rivelavano deboli e incapaci di governare a lungo e con autorità. Questa situazione si aggravò in particolare a partire dal III secolo e finì per mettere in pericolo la stabilità e la guida sicura dell’Impero.

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L’Impero Romano: un corpo sano o un corpo malato?

Uno storico francese, André Piganiol, paragonando l’Impero Ro mano alla vita di un uomo, ha detto che «non morì di morte natu rale» ma «fu assassinato». Questa frase suggestiva sta a significare che tale Impero era come un uomo in piena salute sul quale si ab batté dall’esterno un evento imprevisto e violento, le invasioni barbariche, che lo portò alla morte in brevissimo tempo. Altri storici sostengono un’opinione diversa: per loro l’Impero, per svariate ra gioni, sarebbe entrato in crisi e questa crisi interna sarebbe stata la causa primaria, più ancora che le invasioni barbariche, della sua ca duta. Per rimanere all’immagine del corpo, quindi, secondo questi studiosi, esso sarebbe morto di morte naturale a causa di malattie che si erano sviluppate da tempo al suo interno. Cause “interne” e cause “esterne”

A chi dare ragione? Probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo: l’Impero Romano cadde per entrambe le ragioni, per cause “interne” che si sommarono alle cause “esterne”. Infatti, come un corpo indebolito da malattie e vecchiaia è più vulnerabile ad aggressioni esterne, così l’Impero, sempre più indebolito, non riuscì, come aveva fatto in precedenza, a opporre un’adeguata resistenza agli attacchi che provenivano dalle popolazioni barbariche. Cercheremo quindi ora di esaminare quali furono questi fattori che concorsero a porre fine a uno dei più grandi imperi della storia umana. 2 · I fattori “interni”: una crisi che durava da tanto tempo

Perché si parla di cause esterne e di cause interne a proposito della caduta Romano?dell’Impero

dopo la divisione in quattro parti e l’istituzione della tetrarchia CittàorientaleAugustoorientaleCesareoccidentaleAugustooccidentaleCesareimportanti

Mar

Eburacum (York)

Diocleziano istituisce la tetrarchia Anche per fronteggiare questo problema, oltre che per garantire un governo più efficace in un territorio sempre più vasto, l’impera tore Diocleziano tra il 286 e il 293 aveva attuato l’importante rifor ma della tetrarchia, cioè aveva diviso l’Impero in quattro parti con quattro diverse capitali (Treviri e Milano in occidente, Sirmio e Ni comedia in oriente). Due di queste erano affidate a due augusti, le altre a due cesari, scelti dai primi. Alla morte degli augusti i rispet tivi cesari avrebbero preso il loro posto designando a loro volta dei nuovi successori. Poteva sembrare una soluzione piuttosto com plessa ma, agli occhi di Diocleziano, avrebbe potuto favorire una successione indolore, senza lotte e contrasti. In realtà, questa solu zione fallì e non riuscì a eliminare del tutto nuove lotte e scontri. Non sempre, infatti, la successione di un cesare alla carica di augusto era accettata dagli altri pretendenti al trono. Con Costantino il cuore dell’Impero si sposta a oriente Agli inizi del IV secolo si affermò un nuovo grande personaggio, Costantino, figlio dell’augusto Costanzo Cloro. Egli, forte dell’ap poggio del suo esercito, riuscì a sbaragliare tutti i rivali, l’ultimo dei quali l’augusto d’oriente Licinio, e a riunificare nelle sue mani tutto il potere imperiale, ponendo fine alla tetrarchia. Decise poi, a partiPerché fu istituita Mediterraneo Nero Danubio Reno Nilo AteneCartagineRoma BisanzioNicomedia Milano Treviri SirmioNarbonaLione Romano

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la tetrarchia? Mar

L’Impero

AlessandriaAntiochia AquileiaSiracusa(Tarragona)Tarraco

re dal 326 di risiedere stabilmente a Costantinopoli (l’antica Bisan zio, sulle sponde del Bosforo) che egli fece abbellire e trasformare nella sua nuova capitale. Alla sua morte, però, scoppiò di nuovo il caos, con lunghi ed estenuanti conflitti fra i tre figli, pretendenti alla successione. La definitiva divisione in due parti Riunificato per un breve periodo nelle mani di Teodosio, che governò a partire dal 379, alla morte di questi (395) l’Impero venne definitivamente diviso tra i suoi due figli: ad Arcadio toccò l’Impero Romano d’Oriente (che successivamente verrà anche chiamato bizantino), a Onorio quello d’Occidente. Il primo co nobbe una certa stabilità e poté consolidarsi e garantirsi, come

Testa colossale di Costantino Prima metà del IV Conservatori,Palazzosecolo,dei LametriraggiungevastatuafacevaOriginariamenteRomapartediunacolossalechei10-12dialtezza.testaèalta2,60m.

vedremo, una lunga esistenza; il secondo finì di nuovo in preda a lotte e anarchia e si ridusse ad essere governato da imperatori spesso deboli e incapaci. La città stessa di Roma iniziò un lento e inarrestabile declino. Il declino economico Anche in campo economico da tempo si manifestavano segnali di declino. Calava la produzione agricola, i commerci languivano, i prezzi dei prodotti aumentavano come pure le imposizioni fiscali. Inutilmente Diocleziano aveva tentato di intervenire per sanare la situazione, ad esempio bloccando i prezzi dei prodotti, ma senza ottenere risultati duraturi. Con i suoi successori, poi, la situazione non era migliorata di molto. La vita, soprattutto dei contadini, era sempre più misera e ovunque, ma soprattutto nelle città, si mani festava un nuovo drammatico problema: il calo demografico . I Romani non sono più quelli di una volta: la crisi dei valori morali A questi fattori di crisi molti studiosi aggiungono il venir meno de gli antichi valori che avevano fatto grande Roma. I Romani del IV e del V secolo erano molto diversi da quelli di un tempo: sembravano non amare più la loro patria come in passato, erano meno disposti a sacrificarsi per essa, preferivano, quando era possibile, vivere nello sfarzo e nel lusso anziché dedicarsi al bene pubblico. La stessa reli gione che nell’antichità aveva insegnato ai Romani ad amare e a ser vire la patria, si era col tempo ridotta a culti esteriori, talvolta bizzar ri, di imperatori spesso fanatici e autoritari. Conseguenza di tutto questo fu anche la crisi dell’esercito. I Romani, infatti, si mostravano sempre meno disposti ad arruolarsi e a mettere a rischio la loro vita combattendo per difendere la patria, proprio nel momento in cui la minaccia esterna dei barbari si faceva più consistente. Per questo, gli imperatori furono costretti ad arruolare forze mercenarie scelte tra i barbari. Interi reparti dell’esercito romano erano nel IV secolo co stituiti da truppe provenienti da popolazioni non romane, che in qualche caso avevano anche dato prova di valore nel combattimento, ma che sicuramente non offrivano più molte garanzie di affidabilità.

3 · I fattori “esterni”: le invasioni barbariche Chi erano i “barbari” e da dove provenivano Con la parola “barbari” si suole indicare un insieme di popo lazioni, in prevalenza germaniche, che i Romani avevano già incontrato e affrontato fin dai tempi di Giulio Cesare e che fino al IV secolo erano state tenute sotto controllo, oltre i confini

Anarchia Parola di origine greca che significa assenza di un governo stabile, di un’autorità riconosciuta.

Demografia Parola che indica la scienza che studia l’andamento della popolazione (dal greco demos, “popolo”, e graphè, “scritto”, “descrizione”). Si parla di calo demografico quando la popolazione in un determinato territorio diminuisce e di incremento quando, al contrario, aumenta. Perché si parla di declino dell’Impero?economico Soldati mercenari Soldati che combattevano al servizio di chi li pagava e quindi per denaro e non più per difendere la propria patria o i propri ideali. Perché si parla romano?dell’esercitoimbarbarimentodi

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12 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO

Un primo segnale: la sconfitta di Adrianopoli Nella seconda metà del IV secolo, infatti, spinta dagli Unni, un popolo di origine mongolica proveniente dall’Asia centrale, una di queste popolazioni, i Visigoti, irruppe all’interno del territorio imperiale varcando il Danubio e innescando una catena di reazio ni che ebbero conseguenze devastanti. Un primo campanello d’al larme di quello che sarebbe successo in seguito si ebbe già nel 378 nella battaglia di Adrianopoli (città della Tracia, nella parte occi dentale dell’attuale Turchia). In questo scontro anche l’imperato re Valente, che tentava di fermare l’avanzata degli invasori, venne clamorosamente sconfitto e ucciso con diecimila dei suoi uomini. Dalle incursioni alle invasioni Ben presto l’onda delle invasioni divenne inarrestabile. Nell’in verno tra il 406 e il 407 Vandali, Alani e Svevi attraversarono il Reno ghiacciato e si insediarono prima in Gallia e poi in Spagna. I Burgundi, a loro volta, occuparono la valle del Reno, i Franchi Salii si insediarono nel territorio dell’attuale Belgio, mentre gli Angli e i Sassoni si stabilirono in Britannia. Queste invasioni, per la veri tà, non incontrarono molti ostacoli. L’esercito romano, che, come vedremo più avanti, era sempre più indebolito, non fu in grado di opporre un’efficace resistenza. Il sacco di Roma del 410: «Se cade Roma, tutto il mondo cade» Con i Visigoti, fallito il tentativo di sconfiggerli militarmente, i Romani erano nel frattempo arrivati a un accordo. Si accettò il loro stanziamento nelle province orientali della Mesia e della Tracia come socii, cioè alleati, per cui potevano conservare le proprie leggi e usanze ma dovevano impegnarsi a difendere il confine loro asse gnato da altre invasioni. I Visigoti non rimasero però a lungo in questa posizione: l’imperatore d’Oriente, infatti, che voleva sbaraz zarsi della loro ingombrante presenza, li spinse ad attaccare diret tamente l’Italia. Qui per ben due volte, guidati dal loro re Alarico, vennero sconfitti dall’esercito romano comandato da un valoroso generale di origine vandala, Stilicone, che aveva anche provveduto a spostare la capitale dell’Impero da Milano a Ravenna, ritenuta più sicura. Quando, però, dei cortigiani invidiosi riuscirono a far uc cidere Stilicone, Alarico poté di nuovo tornare alla carica, giungen do fino ad assediare Roma e a saccheggiarla nel 410. Il sacco di Roma

nord-orientali dell’Impero. Inizialmente nomadi e dedite alla caccia e all’allevamento, oltre che alla guerra, queste popola zioni si erano progressivamente stanziate lungo i confini, ma ben presto fecero sentire la loro minacciosa presenza anche all’interno dei territori romani.

CAPITOLO 1 13 fu un evento che destò enorme impressione in tutto il mondo civile di allora. Per la prima volta, dopo 800 anni, l’Urbe che aveva domi nato il mondo veniva sconfitta e saccheggiata da un popolo stranie ro. Molti ebbero l’impressione che qualcosa fosse definitivamente finito, quasi il preannuncio di una tragica fine del mondo. Si allontanano i Visigoti, arrivano gli Unni In realtà, i Visigoti non rimasero a lungo a Roma: preferirono la sciare l’Italia per insediarsi in Gallia. Subito, però, si andò profilando la minaccia degli Unni. Sotto la guida del re Attila, essi si presentaro no a ridosso dei confini dell’Impero, seminando il terrore tra le po polazioni locali. Duramente sconfitti nel 451 ai Campi Catalaunici (vicino all’attuale Troyes, nel nord-est della Francia) da un esercito composto da Romani, Franchi e Visigoti, guidati dall’ultimo grande generale romano, Ezio, ripiegarono allora verso l’Italia nord-orien tale, invadendo il Friuli dove portarono devastazione e morte. Attila fu però convinto ad arrestare la sua marcia sul fiume Mincio da una delegazione inviata da Roma, di cui faceva parte anche il papa Leone I. Il motivo di questa decisione non è del tutto chiaro agli storici. Se condo la leggenda, il re unno si sarebbe fatto convincere dalla figura autorevole del papa. In realtà è più probabile che temesse un attacco alle spalle da parte delle truppe dell’imperatore bizantino. Perché il sacco di Roma fu un dipersconvolgenteeventogliuominiqueltempo? Mar Mediterraneo Mar Nero Danubio Reno Nilo (451)CatalaluniciCampi Unni Visigoti Vandali SassoniAngliVandali, Svevi e Alani AlaniSvevi Ostrogoti AteneRomaCartagine Adrianopoli (378) Costantinopoli Migrazioni e invasioni barbariche (IV-VI secolo) Impero d'OccidenteImperod'OrienteRomanoRomanoCittàimportantiBattaglia

Perché si dice che l’Impero Romano ebbe fine nel 476? Incontro di Leone Magno con Attila Affresco di Raffaello (1514), Stanza di Eliodoro, Palazzi Pontifici, Città del Vaticano

476: cade l’Impero Romano Ezio, il vincitore di Attila, fece però la stessa fine di Stilicone. L’imperatore Valentiniano III, preoccupato dei suoi successi lo as sassinò e l’anno dopo, nel 455, Roma, sempre più indifesa, subì una nuova devastante incursione da parte dei Vandali giunti via mare dalle coste Definitivamenteafricane.indebolito, l’Impero Romano, ormai ridotto alla sola penisola italiana e sotto la minaccia continua di nuove invasio ni, aveva un destino segnato. Nel 476 Odoacre, re degli Eruli, inse diatisi nella Pianura Padana, e capo degli eserciti imperiali di stan za in Italia, depose l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo (il diminutivo stava a indicare la sua giovanissima età, poco più che un bambino) e inviò all’imperatore d’Oriente Zenone le insegne imperiali, gesto con il quale intendeva significare che l’Impero in occidente era ormai finito e che da questo momento in poi Roma non avrebbe più avuto un imperatore: la lunga storia di dominatri ce del mondo era ormai conclusa. Per ironia della sorte, l’ultimo im peratore si chiamava Romolo, proprio come il leggendario fondato re della città.

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Il Messia e la “buona novella” Il Cristianesimo ha origine dalla vita e dalla predicazione di Gesù di Nazareth, vissuto in Palestina, una regione periferica dell’Im pero Romano, al tempo degli imperatori Augusto e Tiberio. Nono stante la sua origine umile, questa religione è divenuta nel tempo la più diffusa e la sua importanza nella storia della civiltà è testi moniata dal fatto che ancora oggi in tutto il mondo, anche nei paesi dove i cristiani sono pochi, si contano gli anni a partire dalla nascita del suo Standofondatore.alracconto contenuto nei vangeli Gesù, dopo aver vissuto per parecchi anni nella modesta famiglia di un falegname, iniziò at torno ai trent’anni la sua attività pubblica, predicando e compiendo prodigiosi miracoli. Proclamava la “buona novella”, il compiersi in lui della promessa contenuta nella Bibbia: egli era il Messia inviato a liberare l’uomo dal peccato per riconciliarlo con Dio e aprirgli così le porte della vita eterna. Va detto che l’attesa di un messia era mol to viva nel popolo di Israele, ma i più ritenevano che dovesse trat tarsi di un capo politico o militare che avrebbe liberato gli Ebrei dalla schiavitù dei Romani. Gesù, invece, si poneva come il messia di un Regno di Dio aperto a tutti gli uomini e destinato ai miti, agli umili, ai caritatevoli verso il prossimo, a coloro che facevano la vo lontà di L’aspettoDio.che, tra tutti, sembrava, però, il più inusitato era che dal le sue parole e dai suoi gesti egli emergeva non come un semplice profeta, un uomo illuminato da Dio come tanti che c’erano stati pri ma, né come un maestro di saggezza. Unico fra tutti i fondatori di re ligioni, Gesù si poneva come il Figlio di Dio, Dio egli stesso, redento re dell’uomo. E ribadì questo anche dinnanzi alle autorità chiamate a giudicarlo, andando perciò incontro alla morte. Negare tutto ciò, per presentare Gesù in altro modo, vorrebbe dire negare il conte nuto fondamentale del suo insegnamento e della sua predicazione. La morte e l’annuncio della resurrezione Gesù raccolse attorno a sé un gruppo crescente di discepoli, detti poi apostoli, ma si procurò anche molti nemici e ostilità. I capi isra eliti, i sommi sacerdoti della religione ebraica, i farisei lo accusaro no di sacrilegio proprio per la sua pretesa di definirsi Dio, afferma zione per loro inaccettabile. Essi riuscirono a farlo arrestare, senza che egli facesse nulla per fuggire o per reagire. Ottennero che fosse messo a morte con la complicità del governatore romano Ponzio Pilato che preferì non assumersi la responsabilità di decidere della sua sorte, lasciando la decisione nelle mani delle autorità ebraiche del tempo. Messia Parola ebraica che significa “l’unto”, “il consacrato”, quindi il prescelto da Dio. Questo termine è tradotto in greco con la parola Cristo. Apostoli Parola greca che significa “inviati”. Farisei Con questo nome si indicava nel I secolo a.C. una setta di devoti, che si dedicavano con zelo particolare ed esclusivo alla pratica delle leggi e dei divieti contenuti nella religione ebraica.

Una nuova religione arriva da oriente: il Cristianesimo

Oltre alle persecuzioni, i cristiani dovettero fronteggiare accuse rivolte loro da intellettuali pagani. Nei loro confronti era frequen te, ad esempio, l’accusa di cannibalismo in quanto nella celebra zione dell’eucaristia dicevano di cibarsi del corpo di Cristo. Un’al tra accusa ancora più grave fu quella di essere tra le cause della decadenza dell’Impero, soprattutto perché avrebbero attirato con la loro nuova religione la punizione degli dei romani su di esso. Si trattava di accuse chiaramente infondate ma che ebbero un certo seguito al punto che dotti studiosi cristiani, chiamati poi Padri della Chiesa, dovettero impegnarsi con i loro scritti a respingerle.

16 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO

Il Cristianesimo si diffonde

In quest’opera di difesa essi contribuirono anche a precisare sem Chiesa Con questo termine (dal greco ekklesia che significa “assemblea”) si indicò l’insieme di tutte le comunità cristiane sorte in varie località dell’Impero, guidate dai vescovi e fedeli al papa. Martire Dal greco martyr, che significa “testimone”, indica colui che dà testimonianza a Cristo offrendo la propria vita per lui. Eucaristia Dal greco eucharistía, che significa “rendimento di grazie”, indica il rito della “frazione del pane”, gesto col quale i cristiani rivivono l’ultima cena del Signore.

I seguaci di Gesù, detti ben presto cristiani, cominciarono a predi care la nuova religione prima a Gerusalemme e in tutta la Palestina, poi negli altri territori dell’Impero Romano. Tra le figure che mag giormente si distinsero in quest’opera di predicazione vi fu Paolo di Tarso, che si convertì alla nuova fede dopo che, da giovane, l’aveva lungamente e ferocemente combattuta.

La morte a cui Gesù fu sottoposto era infamante: la crocifissione sul monte Golgota assieme a due delinquenti comuni. Poteva es sere la fine di tutto, e così pensarono in un primo momento i suoi discepoli sconfortati. Invece due giorni dopo, stando al racconto dei vangeli, avvenne un fatto sorprendente: il sepolcro in cui era stato sepolto fu trovato vuoto. In seguito numerosi suoi discepoli riferirono che Gesù era risorto e apparso a loro, e cominciarono ad annunciarlo pubblicamente. Da allora la fede nella resurrezione di Cristo costituisce il cardine della religione cristiana.

Il punto di riferimento per tutti i cristiani divenne però Pietro, colui che lo stesso Gesù aveva posto a capo degli apostoli. Egli, tra sferitosi a Roma, ne divenne vescovo. Con questo nome, che signifi ca in greco “ispettore”, si indicavano gli apostoli e i loro successori. Per la sua autorevolezza e per l’incarico che Gesù stesso gli aveva affidato, Pietro fu considerato il capo di tutti i cristiani e chiamato anche papa (termine derivante dal latino e che significa “padre dei padri”). Attorno a lui si organizzò la Chiesa. Persecuzioni ed eresie Nella sua rapida diffusione all’interno dell’Impero Romano il Cri stianesimo incontrò parecchi ostacoli. I seguaci di Cristo, che rifiu tavano il culto pagano in onore dell’imperatore, subirono per que sto atroci persecuzioni. Le più terribili furono quelle sotto gli imperatori Nerone, Decio e Diocleziano, che causarono la morte di migliaia di persone. Durante queste persecuzioni si distinse la te stimonianza dei martiri, cioè di coloro che andavano incontro alla morte piuttosto che rinnegare la loro fede.

pre meglio i principi della nuova fede. Importante da ricordare a tale proposito è l’opera del vescovo africano Agostino d’Ippona, ri conosciuto da tutti gli studiosi come uno dei padri della nostra ci viltà.Un’ulteriore difficoltà nacque all’interno della Chiesa dove sorse ro le eresie , cioè delle interpretazioni del messaggio cristiano di verse da quelle dei primi apostoli, del papa e dei vescovi. Queste eresie crearono spesso sgomento e confusione nei fedeli e, per fronteggiarle, si fece ricorso ai concili, cioè a delle grandi assemblee nelle quali il papa e i vescovi stabilivano in modo preciso e inequi vocabile i principi della fede, i dogmi, che tutti i cristiani avrebbero dovuto accettare. Nel corso degli anni coloro che accetteranno que sti dogmi verranno chiamati cattolici . Eresia Dal greco aíresis, che significa “scelta”, indicava l’adesione a dottrine contrastanti con quella insegnata del papa e dai vescovi. Cattolicesimo Dal greco catholikós, “universale”, indica la religione cristiana praticata secondo l’insegnamento del papa e dei vescovi, in contrapposizione alle pratiche e alle credenze introdotte dalle varie eresie. Agostino confuta gli eretici Arca di Sant’Agostino (XIV secolo), San Pietro in Ciel d’Oro, Pavia Si noti che gli eretici sono raffigurati con piedi di gallina.

La situazione dei cristiani nell’Impero Romano cambiò radical mente a partire dal IV secolo, grazie in particolare all’opera dell’im peratore Costantino. Questi, nel 313, mediante un atto passato alla storia come Editto di Milano, affermò il principio della libertà di coscienza in materia religiosa, principio che avrà conseguenze im portantissime in tutto lo sviluppo successivo della nostra civiltà. In base a questo principio pose fine alle persecuzioni, concedendo ai seguaci di Gesù la libertà di culto all’interno dell’Impero. A spinge re l’imperatore a questo gesto, oltre alla sua personale conversione (si farà battezzare però solo poco prima di morire), vi furono pro babilmente anche motivazioni di carattere politico. I valori porta ti dal Cristianesimo potevano contribuire a rianimare una società sempre più povera di ideali come quella romana di allora e, grazie a questo, dare anche nuovo slancio all’Impero. Il sostegno di Costantino alla Chiesa Cattolica Oltre a permettere ai cristiani la libertà di culto, Costantino desti nò massicci finanziamenti per la costruzione di grandi chiese det te basiliche e per la realizzazione di opere di carità, consentì alla Chiesa di affrancare gli schiavi e altro ancora. Soprattutto, però, si impegnò per consolidare l’unità dei cristiani, combattendo contro la diffusione delle eresie. In particolare nel 325 radunò a Nicea il primo concilio ecumenico, che condannò l’eresia ariana, di cui par leremo nel prossimo capitolo, e fissò i principi cristiani contenuti nel credo (chiamato per questo anche Simbolo niceno).

18 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO

Il passo indietro di Teodosio: il Cristianesimo diventa religione ufficiale dell'Impero Nel 380 un altro imperatore, Teodosio, andò oltre quanto stabilito da Costantino, proclamando il Cristianesimo unica religione dell’Im pero e vietando tutti gli altri culti fino ad allora permessi. Questa decisione, che rese il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero, rappresentò certamente un passo indietro rispetto al principio del la libertà di coscienza sancito da Costantino. Teodosio attuò questo provvedimento perché, oltre che attratto dalla dottrina di Cristo, era sempre più convinto del ruolo decisivo che la nuova religione avreb be potuto rivestire nel ricostruire su nuove basi l’Impero.

La svolta di Costantino: con il suo Editto la libertà di coscienza entra nella storia

5 Da religione perseguitata a religione ufficiale dell’Impero

·

Questo non è vero. Chi vuole conoscere Gesù può accostarsi con fiducia ai vangeli. Infatti, se analizza ti con attenzione e correttezza metodologica, come molti storici sempre più spesso stanno facendo, questi testi possono fornirci notizie sufficientemen te sicure sulla vita del Messia, sono fonti che hanno un sufficiente grado di attendibilità e di certezza.

Proprio uno degli evangelisti, Luca, quasi a volerci mettere in guardia dai dubbi, inizia il suo vangelo, ricordandoci di aver fatto un lavoro accurato per vagliare le sue informazioni; scrive infatti all’amico Teofilo: «Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche ac curate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scri verne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto» (Lc 1,1-4).

Vangelo di san Luca Rosenwald Collection, The Library of Congress, Washington DC

Gli studiosi ancora oggi discutono su quando e come i vangeli sono stati scritti. Alcuni dati però sembrano ormai sicuri. Probabilmente, durante la predicazione degli apostoli, alcune delle loro te stimonianze venivano messe per iscritto e poi let te nelle assemblee delle varie comunità. In un se condo momento qualcuno provvide a raccoglierle e a collegarle fra loro. Il primo fu probabilmente Marco, che era stato amico e discepolo di Pietro, e quindi aveva una conoscenza abbastanza ravvi cinata della vita del Messia. Per quanto riguarda le date, sembra ormai assodato che i sinottici si ano stati scritti prima del 70 d.C. e quindi quando molti testimoni dei fatti narrati erano ancora vivi. Il più tardo fu quello di Giovanni, scritto forse a Efeso in Asia Minore, verso la fine del I secolo. Che cosa non sono i vangeli? Che cosa ci fanno conoscere di Gesù? Non dobbiamo pensare che i vangeli siano una cronaca dettagliata di tutti i fatti riguardanti la vita di Gesù. Essi ci raccontano solo ciò che gli apostoli, i testimoni diretti e i primi cristiani ri cordavano o trattenevano nel loro cuore, quello che ritenevano fosse importante conoscere del Messia per poterlo amare e seguire. Non tutto ciò, quindi, che riguardava la vita del Cristo si può trovare in questi testi. Questo ha fatto dire in passato ad alcuni studiosi che tali racconti non sarebbero attendibili, sarebbero fonti parziali e inadeguate, non ci offrirebbero notizie certe e la vita di Gesù rimarrebbe un mistero inesplorabile.

CAPITOLO 1 19

METTIAMO A FUOCO Che cosa sono i vangeli?

Le notizie riguardanti la vita e l’insegnamento di Gesù ci provengono in gran parte dai quattro vangeli. Inizialmente il termine vangelo indicava la “buona novella”; in un secondo tempo passò a indicare i libri che di questa buona notizia parla vano. Tre di essi, quelli scritti da Matteo, Marco e Luca, sono molto simili e perciò sono detti si nottici (parola che in greco indica che si possono scorrere “con un unico sguardo”); il quarto inve ce, quello dell’apostolo Giovanni, presenta alcune differenze che lo rendono originale. Quando e come sono stati scritti?

Rispondeva alle grandi domande dell’uomo La risposta è plurima. Innanzitutto, molti erano attratti e colpiti dal fatto che questa nuova reli gione spiegava in modo più convincente di altre qual è il senso della vita e rispondeva alle grandi domande esistenziali presenti in ogni uomo: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Che cosa c’è dopo la morte? Che cosa sono il bene e il male? Grandi pensatori (si pensi fra tutti a sant’A gostino) si convertirono proprio per questo, dopo un lungo studio e una approfondita ricerca. Una nuova libertà In secondo luogo, il Cristianesimo colpiva per il modo in cui proponeva all’uomo la libertà. Offri va a tutti una libertà profonda, interiore, la libertà dalla schiavitù del male, dal vizio e dalla paura della morte. Questa libertà poi si traduceva an che nella vita di tutti i giorni: nelle assemblee e nei luoghi dove si pregava insieme, gli schiavi se devano accanto agli uomini liberi e a volte anche accanto ai loro padroni. Costoro, pur mantenen doli come schiavi nella vita di ogni giorno, erano portati a trattarli con più umanità, perché li rico noscevano come fratelli in Cristo. Riguardo alla morte, in particolare, il messaggio cristiano non si limitava a dire che Dio era in grado di sconfiggerla offrendo all’uomo la possibilità della vita eterna, ma riteneva anche di poterne offrire la prova con la morte e la resurrezione di Gesù. Rispetto alla religione ebraica, poi, ricca di comandamenti, ob blighi e doveri, il messaggio cristiano predicava un’unica legge importante, quella dell’amore.

20 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO

La santità della vita Infine ultimo motivo di successo fu la testimo nianza della santità di vita data dai primi cristia ni, una santità che si esprimeva in significativi atteggiamenti di bontà verso tutti. Come scrive Atenagora (un filosofo cristiano del II secolo): «Tra di noi voi potrete trovare ignoranti, operai manuali, piccoli cervelli: se a parole sono incapaci di esporre l’utilità della loro dottrina, con le azioni dimostrano l’utilità dei loro principi; essi non san no dire delle parole ma espongono opere buone; colpiti, non rendono il colpo; depredati, non per seguono col giudizio; danno a quelli che chiedono loro e amano il prossimo come se stessi». Gesù Buon Pastore Mausoleo di Galla Placidia (V secolo), Ravenna

METTIAMO A FUOCO

Costantino… ma non solo È indubbio che le scelte politico-religiose di Co stantino ebbero un ruolo importantissimo nel favorire la diffusione e l’affermazione del Cristia nesimo che divenne ben presto la religione mag gioritaria dell’Impero. D’altra parte, però, l’intervento del sovrano e i suoi aiuti non sarebbero certo bastati, se non ci fosse stata già una diffusione abbastanza capil lare di comunità cristiane organizzate intorno ai loro vescovi, e attive in campo sociale, cultura le e caritativo. Al Cristianesimo, già da prima di Costantino, si erano infatti convertiti schiavi ma anche nobili patrizi, contadini e militari, uomini e matrone, mercanti e cortigiani. È quindi altrove che va spiegato il successo di questa nuova reli gione. Attribuirla solo alle scelte di Costantino (e di Teodosio) è riduttivo e semplicistico. Come si spiega dunque questo successo? Che cosa affascinava i cittadini romani del tempo fino a spingerli ad abbracciare questa nuova fede che veniva dalla Palestina?

Perché il Cristianesimo ebbe successo?

Le catacombe e i simboli cristiani Cimiteri scavati nel tufo Avrai sicuramente sentito parlare delle catacom be. Si tratta di una rete di gallerie sotterranee, lunghe decine di chilometri e disposte su più li velli (arrivavano fino a 25 metri di profondità), che si trovano in alcune località intorno a Roma (famose quelle di San Callisto, Santa Domitilla, Santa Priscilla) ma anche altrove, in Italia e in altri paesi. Riguardo alla loro funzione, molti pensano ancora oggi che fossero luoghi di rifugio o di riu nione clandestina per i primi cristiani vittime delle persecuzioni. Ciò non è vero. Le catacombe erano cimiteri scavati nel tufo, vere e proprie necropoli. E infatti ancora oggi si può vedere che lungo le gallerie si aprono camere sepolcrali che ospita no nicchie e loculi che contenevano le salme dei defunti. Spesso queste tombe erano ricoperte da lapidi che portavano inciso il nome della perso na sepolta (le tombe dei bambini mostrano dei giocattoli o altri oggetti infantili incastonati nella calce). Nel corso del III secolo, proprio per la pre senza delle tombe dei martiri, le catacombe di vennero anche luoghi di preghiera e di convegno, quasi mai però, come detto, luoghi di rifugio. Interessanti raffigurazioni Nelle catacombe si trovano spesso immagini e decorazioni molto interessanti che ci fanno ca pire come i primi cristiani interpretavano la loro religione e in particolare la figura di Cristo che veniva espressa attraverso raffigurazioni simboli che. Troviamo, infatti, la colomba col ramo d’ulivo nel becco che stava a indicare la pace che Gesù portava, la nave che rappresentava la Chiesa che dirige gli uomini verso il porto della salvezza, l’an cora che rappresentava la salvezza, il pesce che simboleggiava Cristo (perché la parola pesce in greco contiene le iniziali della frase «Gesù Cristo, figlio di Dio salvatore»), il pavone che rappresen tava la vita eterna, il pane che rappresentava il corpo di Gesù offerto sulla croce. In un secondo momento ai simboli cominciarono ad affiancar si le rappresentazioni di figure umane: si hanno scene bibliche tratte dal Nuovo e dal Vecchio Te stamento (Giona nella balena, Daniele tra i leoni, l’adorazione dei Magi, il battesimo di Gesù), ma anche raffigurazioni dirette di Gesù come buon pastore, con la pecorella smarrita sulle spalle, op pure scene di uomini in preghiera.Catacombe. Villa Codini Colombari, Roma Simboli cristiani rinvenuti nelle catacombe

CAPITOLO 1 21 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA

Chi diventava cristiano perché costretto dalla leg ge dello stato, finiva per esserlo solo esteriormen te e non per una profonda convinzione interiore, e una fede, ogni fede, senza convinzione interiore e quindi senza libertà, non è vera fede. In secondo luogo, perché con l’editto di Teodosio la religione cristiana finiva per essere sottomessa allo stato e alla volontà dell’imperatore. Vedremo, studiando la storia dei secoli successivi, come questo creerà enormi problemi alla Chiesa che dovrà lottare an che aspramente per difendere la sua libertà dalla volontà di dominio su di essa da parte degli im peratori.

L’editto di Teodosio… un passo indietro? Rispetto a tutto questo, l’editto di Teodosio del 380 rappresenta un passo indietro. Con esso, in fatti, si stabilisce che il Cristianesimo debba esse re l’unica religione ammessa dallo stato e tutte le altre vengono proibite, e quindi poi perseguitate. In tal modo viene a perdersi quella libertà di co scienza che l’atto di Costantino invece affermava. Questo può, a prima vista, sembrare un vantaggio per il Cristianesimo, che viene privilegiato rispet to a tutte le altre religioni, ma in realtà non lo è.

METTIAMO A FUOCO L’“editto” che non ci fu… ma che fu estremamente importante Editto di Milano… o di Sardica? “Editto di Milano” è un’espressione piuttosto im propria per designare l’atto con cui Costantino pose fine alle persecuzioni contro i cristiani. In re altà a Milano nel 313 non fu emanato nessun de creto imperiale redatto in modo solenne e ufficia le. Si trattò piuttosto di un’intesa pacificatrice tra Costantino e il suo rivale di allora, l’altro augusto Licinio, culminata con la decisione di confermare un precedente decreto emesso dal loro prede cessore Galerio nel 311, riguardante la tolleranza religiosa. Galerio aveva preso questa decisione poco prima di morire, a Sardica (l’attuale Sofia, capitale della Bulgaria), dopo aver constatato il fallimento della sua politica persecutoria nei confronti dei cristiani. A loro concedeva perciò la libertà di culto e chiedeva di pregare il loro Dio per l’imperatore. Con l’accordo di Milano l’edit to di Sardica (questo è il nome con cui andrebbe quindi in realtà chiamato) venne confermato e di esso venne data successiva comunicazione al go vernatore della Bitinia, una regione dell’Asia mi nore. È di questa comunicazione che noi abbiamo il resoconto da parte di due scrittori cristiani del tempo, Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, mentre non possediamo il testo originale del documento. In campo religioso si deve seguire la propria coscienza Nel resoconto di Lattanzio si riporta la seguente frase attribuita ai due augusti: «Abbiamo ritenu to con ragionamento salutare e giustissimo che a nessun uomo sia negata la facoltà di aderire ai riti dei cristiani, o di qualsiasi altra religione a cui lo diriga la sua mente, cosicché la Divinità suprema, alla cui devozione ci dedichiamo libe ramente, possa accordarci la solita benevolenza e il solito favore». È interessante notare come, in questo decreto, venga concessa la libertà di praticare la propria religione non solo ai cristiani, ma anche agli appartenenti alle altre fedi. Si fa, per questo, riferimento alla coscienza personale (la propria “mente”) come all’unico criterio da seguire nello scegliere la religione a cui aderire.

22 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO

Ciò significa che a nessuno deve essere imposto di praticare una religione contro la sua volontà, né da parte dell’imperatore né da parte dello stato, cosa che invece avveniva comunemente presso la quasi totalità dei popoli antichi e anche all’in terno dell’Impero Romano. Questa è una vera e propria rivoluzione: per la prima volta si ricono sce in un atto ufficiale la libertà religiosa come un diritto fondamentale dell’uomo. E si riconosce anche che lo stato non impone nessuna religione propria ma le guarda tutte con rispetto e benevo lenza (con un’espressione usata ai giorni nostri si direbbe che lo stato deve essere “laico”).

Dal Sermo de tempore barbarico, LXXXI, adatt. reazioni Girolamo notizia giudizio di Girolamo ruolo

dell’assedio di Roma? A cosa viene paragonata Roma nel momento della sua fine? È un’immagine che lascia intravedere quanto positivo fosse il

risponde

prova

sul

Perché i cristiani non devono temere la devastazione e la caduta di Roma? Quali sono le accuse che i pagani rivolgono ai cristiani e come sant’Agostino a queste accuse? Che cosa può salvare dalla morte Roma? Che azioni devono compiere i cristiani, secondo sant’Agostino?

Quali

di Roma: perché? Con la fine di Roma viene distrutto tutto il mondo. Che cosa può significare questa espressione?

alla

CAPITOLO 1 23 PARTIAMO DALLE FONTI Girolamo e Agostino: due modi diversi di porsi davanti alle tragedie della storia La caduta di Roma venne vista dai contempora nei in modi diversi. Come già accennato, tra gli intellettuali pagani vi fu chi vide in essa una pu nizione degli dei tradizionali contro la diffusione del Cristianesimo e la corruzione dei costumi an tichi dei Romani. I cristiani, pur difendendosi da queste accuse, espressero però valutazioni diffe renti. Qui proponiamo i due interessanti giudizi di san Girolamo, scrittore e traduttore della Bibbia, e sant’Agostino. Entrambi si rendono conto del la gravità e della drammaticità di questo evento ma la loro reazione è diversa. Il secondo si mostra molto più aperto alla speranza e molto meno an gosciato dalla paura del futuro. Ecco quanto scrive san Girolamo: «Ho saputo che Roma è stata assediata. Sono ri masto turbato, istupidito. Giorno e notte non pote vo pensare ad altro se non sperare che tutti si sal vassero. Ero ammutolito: sospeso fra disperazione e speranza, nell’attesa di notizie certe, l’incertezza mi paralizzava, mi tormentava la sofferenza altrui. La luce splendente del mondo si è spenta. L’Impero Romano è stato decapitato. La distruzione di una sola città ha distrutto il mondo».DalCommento a Ezechiele, proemio, 1, adatt. Sant’Agostino invece scrive: «Il mondo è in preda alla devastazione, è schiac ciato: coraggio, cristiani, stirpe celeste, voi che siete di passaggio su questa terra e cercate la vostra patria in cielo, dove sarete compagni degli angeli e dei santi, ricordatevi che siete venuti al mondo per lasciarlo. Non è il dolore che deve far paura; suscitano scandalo i discorsi di quelli che dicono: ecco che cosa accade nei tempi cristiani. Questi sono discorsi dei pagani. Ha fatto poco Dio per voi, che nel declino del mondo vi ha mandato Cristo a rigenerarvi, quando ogni cosa cade? Le cose fatte dall’uomo, destinate a finire, volgeva no al tramonto ed Egli è venuto per consolarvi nel dolore e promettervi la pace per sempre. I pagani dicono che Roma muore quando arrivano i cri stiani. Ma Roma non muore. È flagellata ma non uccisa; è castigata ma non distrutta; forse Roma non muore se non muoiono i Romani ed essi non moriranno se loderanno il Signore. In che cosa consiste infatti Roma se non nei Romani? Non di pietre e di travi, di alti palazzi e massicce mura: tutto ciò era stato fatto per crollare un giorno. Vi prego, vi imploro, vi esorto: siate pazienti, abbiate compassione di chi soffre, accogliete gli infermi. In questi momenti abbondano i profughi, i biso gnosi; abbondi l’ospitalità vostra, le vostre buone opere: i cristiani agiscano come Cristo ordina, i pagani lasciateli bestemmiare le loro sventure».

24 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO IL PERCORSO DELLE PAROLE I barbari sono scomparsi, di vandali invece ce ne sono ancora La parola barbaro è di origine greca e significa “balbuziente”, cioè colui che parla in modo inarti colato e incomprensibile. Con tale termine i Greci antichi chiamavano, con evidente disprezzo, gli stranieri, coloro che non parlavano la loro lingua e che per questo erano ritenuti inferiori sia sul pia no culturale che su quello civile e politico. Essere barbari voleva dire, in sintesi, essere incivili, rozzi, e soprattutto non conoscere democrazia e libertà. Questo termine rimase in uso anche a Roma e fu applicato, sempre con valore dispregiativo, alle minacciose popolazioni germaniche. Successiva mente scomparve, a partire dal Medioevo (vedre mo che si parla delle ultime invasioni barbariche in riferimento alle incursioni di Normanni, ungari e Avari avvenute attorno al X secolo). Oggi nes suno più chiama “barbari” i popoli stranieri che si affacciano sulla scena della storia. C’è però un’altra parola legata ai popoli germanici che è rimasta in uso nel nostro linguaggio: van dalo. Con questa parola, indichiamo ancor oggi persone che compiono atti o tengono compor tamenti distruttivi nei confronti di edifici, luoghi e ambienti, pubblici e non solo, e in particolare quelli di pregio artistico. Si parla per questo di atti vandalici. Il motivo di tale uso è evidente: del popolo bellicoso dei Vandali si ricordano soprat tutto la devastazioni a cui sottoposero Roma e al tre località italiane nel 455. Ricordiamo un’ultima curiosità: da questo termine (in particolare dall’a rabo Al-Andalus, che era una storpiatura del nome Vandalusia) deriva il nome Andalusia che indica una regione meridionale della Spagna occupata in un primo tempo proprio dai Vandali. Monumento sfregiato da graffiti vandalici

la dellineatempo versione audio on-line

2. I “barbari” invasero a più riprese l’Impero, soprattutto sotto la spinta degli Unni che provenivano dall’Asia. La prima grande invasione fu quella dei Visigoti, che giunsero nel 410 a saccheggiare Roma. Nel 476 fu deposto l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo, e da questa data cessò di esistere l’Impero d’Occidente.

6. Le persecuzioni ebbero termine con Costantino che lasciò libertà di culto ai cristiani. Teodosio, nel 380, riconobbe il Cristianesimo come unica religione dell’Impero. concludeDioclezianola riforma della tetrarchia 313 Editto di Milano 325 Concilio di Nicea 380 dell’ImperounicaCristianesimoreligione 406 inizio incursionidellebarbare 410 Sacco di Roma 476 cade l’Impero Romano

Successivamente, con Costantino, il cuore dell’Impero si spostò in oriente, a Costantinopoli, mentre la parte occidentale rimase priva di guide sicure e in preda a una crescente crisi economica e demografica. Anche l’esercito si andava sempre più imbarbarendo, con l’immissione al suo interno di truppe germaniche che non sempre garantivano la piena affidabilità.

293

CAPITOLO 1 25

3. Dal punto di vista politico l’Impero era stato diviso da Diocleziano mediante l’istituzione della tetrarchia.

Raccontiamo in breve

5. Nonostante le persecuzioni ad opera di alcuni imperatori romani, la religione cristiana si diffuse in tutto l’Impero. Con la diffusione del Cristianesimo si andò organizzando la Chiesa, con i vescovi, successori degli apostoli, e il papa, il vescovo di Roma, successore di Pietro, che Gesù aveva scelto come capo degli apostoli. All’interno della Chiesa si svilupparono varie eresie, che vennero però sconfitte attraverso i concili e l’opera dei Padri della Chiesa, che contribuirono a fissare i principali dogmi della fede.

1. Le cause della caduta dell’Impero Romano sono complesse: a fattori “esterni”, costituiti dalle invasioni barbariche, si aggiunsero cause “interne” legate alla crisi politica, a quella economica e alla perdita dei valori tradizionali che avevano retto la civiltà romana per secoli.

4. Sotto Augusto e Tiberio, visse in Palestina Gesù, che predicò una nuova religione: annunciò l’avvento di un mondo di amore e di giustizia proclamandosi il Messia, figlio di Dio. Gesù fu osteggiato e ucciso, ma il suo messaggio si diffuse, grazie anche alla fede nella sua resurrezione che i discepoli andarono testimoniando in tutto il territorio dell’Impero.

26 FINISCE IL MONDO ANTICO: SI PREPARA u N MONDO N u OVO Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Chi istituì la tetrarchia? Per quale scopo? 2. Che cosa fecero i Visigoti, una volta giunti in Italia? 3. Che cosa convinse Attila a desistere dalla sua campagna di conquista della penisola? 4. Come morì Stilicone? 5. Quali furono le decisioni più importanti prese da Costantino durante il suo governo? 6. Come era cambiata la mentalità dei cittadini romani? 7. Che caratteristiche aveva il Regno di Dio annunciato da Gesù? 8. Perché fu importante l’opera di Paolo di Tarso? 9. Chi furono i Padri della Chiesa? 10. Che cosa stabiliva l’editto di Teodosio del 380? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 313 Battaglia di Adrianopoli 326 Sacco di Roma da parte dei Visigoti 378 Editto di Costantino 410 Deposizione dell’ultimo imperatore romano Romolo Augustolo 476 Costantino si trasferisce definitivamente a Costantinopoli Esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. All’inizio del V secolo l’Impero Romano si trovava in condizioni floride. V F I Visigoti si stanziarono inizialmente nelle province orientali dell’Impero come socii. V F Nel 455 Roma subì una devastante incursione da parte dei Vandali. V F Odoacre non tenne per sé le insegne imperiali. V F Costantino proclamò il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero. V F Nel concilio di Nicea venne condannata l’eresia ariana. V F Esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. I vangeli sono a. il racconto completo e dettagliato della vita di Gesù. b. il racconto di quello che la prima comunità cristiana riteneva importante della vita di Gesù. c. un insieme di precetti e di regole da seguire per raggiungere la salvezza.

Mar Mediterraneo Mar Nero Danubio Reno Nilo (451)CataluniciCampi Unni Visigoti Vandali SassoniAngliVandali, Svevi e Alani AlaniSvevi Ostrogoti AteneRomaCartagine Adrianopoli (378) Costantinopoli Legenda

I cristiani subirono le persecuzioni degli imperatori romani perché a. si ribellavano contro l’autorità imperiale. b. si rifiutavano di rendere culto all’imperatore. c. si rifiutavano di combattere al servizio dell’imperatore. Le eresie furono a. l’insieme dei principi che tutti i cristiani dovevano accettare. b. le interpretazioni del Cristianesimo diverse da quelle del papa e dei vescovi. c. le dottrine insegnate dai Padri della Chiesa. L’Editto di Costantino a. favorì la diffusione del Cristianesimo tra i suoi soldati. b. fece diventare il Cristianesimo l’unica religione dell’Impero. c. concesse la libertà di culto ai cristiani e agli aderenti alle altre religioni. Esercizio 5 · Colora, nella cartina riportata, i territori dell’Impero Romano d’Occidente e dell’Impero Romano d’Oriente, usando colori diversi. Indica poi su di essa dove si trovano le principali città e le capitali. Realizza anche la legenda.

CAPITOLO 1 27

San Remigio battezza Clodoveo Maestro di Saint-Gilles National

Per il sovrano franco si trattò di una decisione molto sofferta e a lungo meditata, nella quale un ruolo importantissimo ebbe la moglie, la regina Clotilde. Ma fu anche una decisione che avrebbe avuto rilevanti e durature conseguenze nella storia europea. A lui si unirono, infatti, tremila tra soldati e ufficiali, con l’intera popolazione. Per la prima volta un popolo barbarico aderiva così in massa al Cristianesimo nella forma cattolica, e si ponevano le basi per una proficua fusione di questo popolo con i Romani. Si stava ormai aprendo la via per una nuova epoca: il Medioevo.

Un battesimo decisivo «Abbassa il capo, condottiero; adora quel che bruciasti e brucia quel che adorasti!»: questa è la frase che, secondo la tradizione, avrebbe pronunciato, la notte di Natale del 496, Remigio, vescovo di Reims, al momento di battezzare il re dei Franchi Clodoveo.

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 29 Capitolo 2 Il nuovo volto dell’Europa. Nasce il Medioevo

(circa 1510),

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Per la verità va detto che i Visigoti, i primi invasori di Roma, ini zialmente non avevano intenzione di distruggere l’Impero. Essi semmai volevano rinvigorirlo, e risollevarne le sorti, sostituendo si ai Romani nella sua conduzione. Questo disse infatti il loro re Ataulfo: «Non potendo essere il distruttore dell’Impero, pensai con la pace di esserne il restauratore». E a dimostrazione di questa sua intenzione, già qualche anno prima, nel 414, aveva sposato Galla Placidia, sorellastra dell’imperatore d’Occidente Onorio, dando un chiaro segnale di voler fondere i due popoli, i Romani e i Goti, e di voler continuare la tradizione imperiale romana. Purtroppo, Ataulfo venne assassinato e questo progetto fallì. Arrivarono poi in rapi da successione nuove invasioni il cui risultato inevitabile fu, come vedremo, la definitiva dissoluzione dell’Impero, anche sul piano territoriale. Convivenza senza coesione: nascono i Regni Romano-Barbarici Man mano che occupavano territori queste nuove popolazioni si mescolavano agli abitanti del posto. Con essi avviavano rapporti di lavoro e scambi commerciali, e in alcune regioni non erano infre quenti anche i matrimoni misti. Inoltre, introducevano le loro leggi e le loro usanze, che si affiancavano a quelle romane. I loro re finivano per governare quindi su territori dove le istituzioni romane e le usan ze barbariche convivevano. Per questo gli storici hanno coniato l’e spressione Regni Romano-Barbarici per definire queste nuove realtà politiche. In questi regni i barbari detenevano il controllo politico e militare, mentre ai cittadini di origine romana venivano spesso la sciati i compiti amministrativi e burocratici Va detto che non sempre le diverse tradizioni si integrarono e que sto fatto costituì uno dei motivi di debolezza di molti regni. Solo chi seppe fondere meglio popoli e tradizioni differenti poté sopravvivere a lungo. È questo il caso, come vedremo, dei Franchi di Clodoveo. lafuPerchéimportantedeposizione di Romolo Augustolo? Amministrativo Che si occupa di amministrare, ossia di far funzionare tutte le attività di uno stato (ad esempio riscuotere le tasse, occuparsi dei lavori pubblici, ecc.). l’espressione pubblica amministrazione indica quindi l'insieme delle attività che garantiscono il miglior funzionamento possibile dello stato. Burocratico Che riguarda la burocrazia, termine moderno che nasce dall’unione di un vocabolo francese (bureau cioè “ufficio”) e uno greco (crazia cioè “potere”). Significa quindi “potere dell’ufficio” e indica l'insieme degli uffici nei quali si divide la pubblica amministrazione. In genere espressionequestaviene usata in senso negativo, per indicare il fatto che a sisicolesonodell'amministrazioneoccuparsistataletroppepersonemalcoordinatefraloro,risultatocherallentanoitempiecreanodisagiaicittadini. Perché si parla di Regni Barbarici”?“Romano-

30 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo 1 · I Regni Romano-Barbarici

La dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente Rispetto alla situazione precedente, la deposizione di Romolo Augustolo non aveva prodotto particolari cambiamenti. Già da tempo, infatti, l’imperatore romano in Occidente non riusciva più a esercitare i propri poteri come in passato. Tuttavia, come spesso accade nella storia, questo fatto ebbe per gli uomini del tempo un grande valore simbolico: ora più nessuno poteva dubitare che l’Im pero d’Occidente fosse definitivamente finito, non essendoci più neanche un imperatore. Quali erano le intenzioni dei Visigoti?

Mar

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 31 2 · Chi erano i “barbari”

AquisgranaIppona

ingeR B r e toni I Romano-BarbariciRegni

deiRegnoFranchi Unni VandalideiRegno SassoniAnglodegliRegno Turingi Alemanni Longobardi SvevidegliRegnoRegnoVisigotidei AteneCartagineRoma CostantinopoliNicea Regno Ostrogotidegli Slavi BurgundideiRegno Marsiglia Celti Frisoni

Mar Nero

Reno

Non avevano un’organizzazione statale È giunto a questo punto il momento di conoscere più a fondo que ste popolazioni e le loro caratteristiche, anche per comprendere meglio le ragioni che resero difficile la loro coesistenza con i Roma ni. Abbiamo già visto che erano popoli originariamente nomadi e dediti in modo particolare alla guerra. Qui aggiungiamo che viveva no divisi in tribù a loro volta suddivise in clan parentali, guidati da un patriarca. Non costituivano quindi uno stato come noi oggi lo intendiamo: l’unica forma di governo che possedevano era un’as semblea di uomini liberi, quelli che portavano armi ed erano in gra do di combattere, che si riunivano periodicamente (anche una sola volta all’anno, in primavera), per decidere questioni di comune in teresse. Solo in caso di guerra provvedevano a eleggere un re dotato di pieni poteri. Nel tempo, quando questi popoli divennero stanzia li, la figura del re divenne sempre più importante. Erano privi di leggi scritte Non esistevano in queste società leggi scritte né un’autorità che si occupasse di farle rispettare. Era invece in uso la pratica della vendetta privata o faida: i parenti delle vittime potevano punire chi Clan Gruppo di antenato.discendentidiscendenza,appartenentifamiglieallamedesimacioètuttedaunostesso Patriarca dal greco patriárches che significa “capo della stirpe” indica colui che comandava una tribù, una famiglia o un insieme di famiglie, in quanto figura maschile più anziana o più autorevole. diverso, come vedremo nel prossimo capitolo, il significato di questa parola in campo religioso. Mediterraneo Danubio Nilo

Senza le leggi, i rapporti tra gli uomini liberi si basavano sul prin cipio della fedeltà personale: gli individui prendevano solenni im pegni di fedeltà e collaborazione reciproca, impegni che poi erano tenuti a rispettare in quanto, in caso contrario, avrebbero subito il disprezzo da parte di tutti gli altri uomini liberi e avrebbero com promesso il loro onore. Vedremo come questo modo di regolare i rapporti personali diventerà importante nel mondo medioevale, soprattutto in quello cavalleresco e feudale.

Non praticavano la scrittura ed erano politeisti

Le lingue da loro usate erano di origine indoeuropea ma era po chissimo utilizzata la scrittura. Dal punto di vista religioso inizial mente praticavano il politeismo. Adoravano cioè una serie di dei legati alla natura. I popoli del nord, in particolare, riconoscevano come capo supremo dei loro dei Odino, dio della guerra. Molto dif fusa era la pratica della magia e in alcuni casi sembra si praticassero anche sacrifici umani. Indoeuropeo Il termine si riferisce a un gruppo di lingue dell'Asia e dell'europa che presentano molte somiglianze tra loro e che quindi fanno pensare a un'origine comune. Secondo gli studiosi questa origine potrebbe trovarsi in un'area geografica non ben individuata dell’Asia centro-meridionale.

sostituita dal pagamento di una somma in denaro detta guidrigildo.

Cavaliere detto di Stabio Placca in bronzo dorato di BernaHistorisches(longobardaoreficeriavIIsecolo),Museum,

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 33

Una volta insediatisi in modo stabile nel territorio romano molti di questi popoli si convertirono al Cristianesimo ariano. L’Ariane simo, una delle prime grandi eresie, nacque agli inizi del IV secolo ad opera di un sacerdote alessandrino, Ario, uomo dal grande fasci no e dalla predicazione fluente. Egli insegnava che Gesù Cristo non era vero Dio, in quanto non possedeva la natura divina e perciò non poteva essere considerato eterno né onnipotente. Era quindi solo una creatura, seppure la più grande tra tutte, che Dio aveva scel to come suo rappresentante in terra. Riducendolo a un semplice uomo, questa dottrina finiva per snaturare la predicazione di Gesù, distruggendo alla radice l’originalità stessa del Cristianesimo. Per ciò, nonostante il seguito raccolto da Ario in Oriente, le sue idee fu rono condannate, come detto, nel concilio tenutosi a Nicea nel 325. In questa occasione, si affermò che Gesù era pienamente Dio, della stessa “sostanza” del Padre. Scomparso gradualmente in Asia e in Africa, l’Arianesimo finì per diffondersi a partire dalla metà del IV secolo presso le popolazioni germaniche grazie alla predicazione del vescovo missionario Ulfila. Mangiavano e vestivano in modo diverso dai Romani Anche nell’abbigliamento, nella cura del corpo e nel mangiare i barbari avevano caratteristiche che li rendevano molto diversi dai Romani. A differenza di questi, infatti, che si rasavano accurata mente e tenevano i capelli corti, essi portavano lunghi baffi e barbe, con capelli fluenti sulle spalle. Indossavano, inoltre, calzoni larghi e piuttosto corti e camicie comode per cavalcare, anziché tuniche lunghe. Per l’alimentazione si cibavano in abbondanza di carne, grassi animali come lardo o strutto, burro, pane di segale, accom pagnati da birra e latte, mentre i Romani preferivano un’alimenta zione con poca carne, a base di frumento, orzo, legumi e ortaggi, e bevevano vino. Una difficile convivenza Potevano questi popoli convivere con i Romani? Da quanto detto verrebbe da pensare che una convivenza fosse piuttosto difficile. L’ostacolo maggiore era rappresentato proprio dalla mancanza presso di loro di un sistema di leggi che regolasse in modo stabile i rapporti tra le persone. Essi non sentivano l'esigenza di un’organiz zazione che si occupasse di dare stabilità e ordine alla vita della so cietà, ossia di ciò che in epoca moderna verrà chiamato “stato”. A questo invece i Romani erano abituati da tempo. Tutto ciò spiega come i sovrani barbarici più avveduti cercheranno di affidare pro prio ai più esperti cittadini romani gli incarichi di tipo amministra tivo tenendo per i loro sudditi quelli militari. Altro motivo di diffi coltà nei rapporti rimase quello religioso, in quanto ormai i cittadini

Si convertirono poi all’Arianesimo

34 romani aderivano in gran parte al Cattolicesimo allora in lotta con l’Arianesimo. Solo quando queste popolazioni cominceranno ad adottare leggi scritte e a convertirsi al credo cattolico lasciando l’A rianesimo si potranno avvertire i primi segnali di una convivenza più fruttuosa e serena. Perché fu difficile la convivenza tra barbari e latini? Croce detta di Desiderio (fine vIII secolo), Museo di Santa Giulia, Brescia

Quali furono i Regni Romano-Barbarici

Non rimane, a questo punto, che fare una rapida rassegna di que sti Regni Romano-Barbarici che, almeno all’inizio, furono estrema mente fluidi. Alcuni di essi, infatti, ebbero una vita piuttosto breve e scomparvero quasi subito sotto l’azione di altre popolazioni. In Gallia settentrionale si insediarono i Franchi, che seppero rea lizzare, come vedremo, un regno potente e duraturo. Nella Gallia centrale, invece, si costituì il Regno dei Burgundi, sottomessi però ben presto proprio dai Franchi. Nella Gallia meridionale, infine, si insediarono i Visigoti, che nel 507, sconfitti anch’essi dai Franchi, si spostarono nella Spagna. Qui sottomisero gli Svevi, che si erano stanziati nella parte nord-occidentale, e costituirono un regno che durò fino al 711, quando avvenne la conquista degli Arabi. I Vandali, dopo essersi insediati per un certo periodo in Spagna, si diressero verso le coste nord-occidentali dell’Africa, da dove con le loro scor rerie navali costituirono una minaccia costante per Roma e per le coste italiane. Il loro regno ebbe però breve durata, in quanto ven nero sconfitti e sottomessi dai Bizantini già nel 533. Ricordiamo da ultimo l’insediamento nella Britannia degli Angli e dei Sassoni pro venienti dalla Scandinavia. 3 · Con i Regni Romano-Barbarici nasce il Medioevo Finisce il mondo antico Con la costituzione di questi regni, ha termine il mondo antico e ha inizio quello che, molti secoli dopo, verrà chiamato Medioevo. Oramai, infatti, sul piano politico, religioso, culturale, le principali caratteristiche dell’antichità sembrano scomparse e sostituite da nuovi elementi. Non c’è più l’Impero Romano che governa l’inte ra Europa e al suo posto vi sono vari regni; il paganesimo è in gran parte sostituito dal Cristianesimo; le tradizioni romane sembrano perdersi al contatto con i nuovi popoli germanici; le leggi, gli usi e i costumi si modificano. Anche la lingua latina, come vedremo, an drà a poco a poco trasformandosi al contatto con le lingue dei nuovi popoli. Non si può però parlare di netta cesura Occorre fare attenzione, però, quando si distinguono le epoche storiche. Nella storia non ci sono mai distinzioni nette. Le caratte ristiche di un’epoca non vengono mai completamente annullate e sostituite nell’epoca successiva da caratteristiche totalmente nuo ve e diverse. Per usare un’espressione degli studiosi, nella storia c’è continuità piuttosto che discontinuità tra le varie epoche. Questo

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 35

36 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo significa che molti aspetti del mondo romano continueranno a vi vere nel Medioevo e che le innovazioni introdotte dai “barbari” si innesteranno sulla tradizione romana, che non scomparirà mai del tutto. È il Cristianesimo il “collante” di questa nuova epoca Ci fu un fattore che, come vedremo, fece per così dire da “collante”. Si tratta del Cristianesimo. Quando i popoli germanici si convertirono a questa nuova religione impararono ad apprezzare i valori dell’uomo elaborati nella cultura antica e tramandati, come vedre mo, attraverso l’opera paziente dei monaci amanuensi, e comincia rono, seppur lentamente, a mitigare la loro indole guerresca e vio lenta. Come sostengono gli studiosi e come avremo modo di capire sempre meglio procedendo nel nostro lavoro, il Medioevo può con siderarsi il frutto dell’unione di tre elementi: i grandi valori della tradizione latina, l’energia e la vitalità dei nuovi popoli germanici, il nuovo modo di concepire la vita introdotto dal Cristianesimo. Perché si dice che il delfuCristianesimoil“collante”Medioevo? Mausoleo di Teodorico Ravenna (520 circa)

Seguiamo da vicino le vicende italiane Da Odoacre a Teodorico Dopo aver deposto Romolo Augustolo, Odoacre cercò di mante nere buoni rapporti con l’imperatore d’Oriente Zenone, promet tendo di mettersi al suo servizio. Questi, però, non si fidò delle pro messe del capo degli Eruli e prese un’altra decisione: convinse gli Ostrogoti, popolazione germanica alleata di Bisanzio e stanziata in Pannonia, a muoversi verso l’Italia per sostituirsi agli Eruli. A capo degli Ostrogoti vi era Teodorico, nobile che aveva vissuto alla corte di Costantinopoli e che era stato addirittura adottato come figlio dall’imperatore. Di lui Zenone si fidava al punto di nominarlo patri cius al posto di Odoacre. Gli Ostrogoti in Italia Nel 493, dopo un lungo assedio, gli Ostrogoti presero Ravenna. Qui si era rifugiato Odoacre, che venne catturato e ucciso a tra dimento. Oramai Teodorico era il nuovo signore dell’Italia, re dei barbari e rappresentante dell’Impero d’Oriente. Non aveva però un compito semplice: si trattava di far convivere gli eredi della grande tradizione romana con il suo popolo ancora rozzo e per certi versi arretrato, tenendo anche conto che l’imperatore bizantino conti nuava a manifestare la volontà di controllare a sua volta la penisola. La prima fase del regno di Teodorico: coabitazione, ma non fusione Il governo di Teodorico conobbe due fasi molto diverse. Inizial mente egli, ammiratore della grandezza di Roma, cercò di far coe sistere pacificamente il suo popolo con i Romani. Concesse ai suoi un terzo delle terre conquistate e il comando delle forze armate, ma lasciò ai Romani l’amministrazione e la possibilità di regolarsi secondo le proprie leggi. Inoltre, pur non convertendosi al Cattoli cesimo e rimanendo saldamente ariano, non perseguitò i cattolici e ne rispettò i vescovi. Ebbe rispetto anche per gli ebrei, a cui con cesse di conservare alcuni privilegi. Per realizzare questa politica si servì della collaborazione di consiglieri di eccezione quali i senatori Cassiodoro e Simmaco e il grande filosofo Severino Boezio, espo nenti dell’aristocrazia latina. Amante dell’arte, abbellì le sue città predilette, Verona, Pavia e soprattutto Ravenna, dove fece costru ire il suo palazzo, la splendida chiesa di Sant’Apollinare Nuovo e il suo mausoleo. La crisi e il declino Quando però nel 518 divenne imperatore d’Oriente Giustino, la situazione cominciò a cambiare. Giustino iniziò a perseguitare gli ariani rimasti nel suo territorio, e per reazione Teodorico agì nello Pannonia Antica romanaprovinciacompresa tra i fiumi danubio e Sava, corrispondente alla parte occidentale dell’attuale ungheria.

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38 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo stesso modo nei confronti dei cattolici del suo regno. Costrinse per sino il papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per convincere l’imperatore a porre fine alle sue persecuzioni ma non ottenne ri sultati. Sempre più isolato, Teodorico cominciò anche a sospettare che i suoi collaboratori romani complottassero contro di lui in fa vore dei Bizantini. Li fece quindi arrestare e mettere a morte. Furo no giustiziati anche Simmaco e Boezio. La morte colse Teodorico due anni dopo, nel 526. Oramai il suo tentativo di far coesistere Romani e Ostrogoti era da considerarsi fallito e il suo regno stava av viandosi a un rapido declino. 5 · L’ascesa dei Franchi L’espansione dei Franchi in Gallia I Franchi, penetrati in Gallia attorno al 406, si erano insediati nel nord, nella valle del Reno e della Mosella. Erano, tra i barbari, quelli più fieramente attaccati alle tradizioni germaniche e al paganesi mo e non si erano mai convertiti all’Arianesimo. Ottenuto il ricono scimento ufficiale da parte della corte bizantina, iniziarono la loro espansione in particolare sotto il re Clodoveo. A partire dal 486 egli prima unificò il Regno Franco fino ad allora diviso, poi sconfisse gli Alemanni e, a sud, i Visigoti. Solo Teodorico, che occupò la Proven za, riuscì a fermarlo nella sua avanzata. Il battesimo di Clodoveo Fu nel corso di queste campagne militari che avvenne l’episodio decisivo che avrebbe cambiato il corso della storia dei Franchi e dell’intera Europa. Nel 496, anche grazie all’influenza della moglie Clotilde, fervente cattolica, Clodoveo ricevette il battesimo ad ope ra dal vescovo Remigio di Reims. Fu seguito in questo dai suoi sol dati, dall’aristocrazia e da tutto il popolo. La conversione di Clodo veo favorì la pacifica convivenza tra Franchi e Romani all’interno del regno, anche grazie ai matrimoni misti. Ai Romani fu lasciata la gestione della giustizia e dell’amministrazione pubblica; rimaneva no inoltre romani la gran parte dei vescovi, anche se fra loro si inse rirono esponenti dell’aristocrazia franca; erano invece franchi i capi militari e i grandi signori terrieri. In queste grandi realizzazio ni c'era però un elemento di debolezza: la tendenza a considerare il regno come una proprietà privata del sovrano. Perciò, quando il re moriva, il territorio veniva diviso tra i figli e ciò ne provocava l’inde bolimento e causava tensioni e lotte tra i vari fratelli. Perché la politica di privatafosseFranchi,diffusaladiunPerchédiilfuPerchéOstrogotil’integrazionenonTeodoricoriuscìafavoriretraelatini?importantebattesimoClodoveo?costituivafattoredebolezzaconvinzione,pressoicheilregnounaproprietàdelsovrano?

I “re fannulloni”

Col passare del tempo, inoltre, i re merovingi finirono per disin teressarsi dell’esercizio del potere preferendo dedicarsi ai tornei, ai banchetti e alle cacce (per questo vennero chiamati “re fannullo ni”). Lasciarono così il comando nelle mani dei loro maestri di pa lazzo o maggiordomi (termine che allora aveva evidentemente un significato diverso da quello odierno e che equivale più o meno a quello di “primo ministro”). La carica di maggiordomo divenne ere ditaria, passò cioè di padre in figlio, e di fatto finì per crearsi nel go verno del regno una dinastia parallela a quella dei re. Per tutto il VI secolo, inoltre, il territorio franco risultava diviso al suo interno in due parti, l’Austrasia (corrispondente all’attuale Francia nordorientale con il Belgio) e la Neustria (la Francia nord-occidentale). Nel 533 i Franchi si allargarono a sud, conquistando il Regno dei Burgundi. Pipino il Breve diventa re dei Franchi Nel 687 il maggiordomo Pipino di Heristal riuscì a unificare il regno divenendone in pratica l’unico vero signore. Gli successe il figlio Carlo, denominato poi Martello, che nel 732 guidò l’esercito franco nella vittoriosa battaglia di Poitiers contro gli Arabi invasori. Il figlio di questi, Pipino detto il Breve, nel 751 spodesterà l’ultimo re “fannullone”, e prenderà il suo posto, facendosi incoronare nuo vo re dei Franchi.

Merovingi Nome attribuito ai re franchi fino a Carlo Magno in quanto discendenti di un sovrano quasi leggendario di nome Meroveo, vissuto nella prima metà del v secolo. Perché si parla di re fannulloni? Incoronazione di Pipino il Breve (sullo sfondo scene della guerra tra Pipino e il fratellastro Grifone) Miniatura di Jean Fouquet dalle Grandes chroniques de France (Xv ParigiBibliothèquesecolo),Nationale,

40 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo

Ammirerai bellissime chiese romaniche e impo nenti cattedrali gotiche, ti accosterai ai capolavori universali di Giotto e di dante Alighieri, ma impa rerai a conoscere anche i valori della cavalleria e l’eleganza della vita delle corti francesi, il fervore di nuove attività dei Comuni italiani, patria delle prime forme di governo partecipativo e delle pri me università. Sono tutti aspetti della civiltà me dievale che ti faranno capire come un'epoca per lungo tempo ritenuta “buia” possa essere anche molto “luminosa”. “Alto” e “basso” Medioevo Proprio per la lunghezza e la complessità del pe riodo medioevale, gli storici evitano di dare giudizi sommari e facili definizioni. Piuttosto propongo no differenziazioni e periodizzazioni interne, utili a facilitare lo studio della mole immensa di ma teriali a disposizione. la più importante di que ste periodizzazioni è quella che distingue “Alto” e “Basso” Medioevo. Il primo, grosso modo, ar riverebbe fino all’anno Mille e coinciderebbe con quella che definiremo “età feudale”, mentre il se condo giungerebbe fino al XIv secolo, coinciden do con l’affermazione dei Comuni in Italia e degli stati nazionali nel resto dell’europa occidentale.

METTIAMO A FUOCO

Con la caduta dell’Impero Romano, l’arrivo dei nuovi popoli barbarici e la loro graduale conver sione al Cristianesimo nasce, come abbiamo vi sto, quello che molti secoli dopo verrà chiamato Medioevo. In passato questa parola è stata usata spesso a sproposito e associata a immagini ne gative. In genere l’età medioevale è stata vista o come un periodo misterioso, leggendario, fatto di dame, cavalieri, magie e incantesimi, oppure come un’epoca negativa (si parlava con disprez zo di “secoli bui”, di “oscuro Medioevo”) in cui la civiltà sarebbe decaduta irrimediabilmente e gli uomini sarebbero vissuti nell’ignoranza e nella superstizione. oggi la ricerca storica ha in gran parte corretto questo giudizio. Andare oltre i luoghi comuni Gli storici di professione hanno pienamente riva lutato il Medioevo e lo considerano l’epoca nella quale hanno avuto origine le nazioni, le lingue e la cultura europee e per questo meritevole di studio attento e di estremo interesse. Purtroppo, inve ce, al di fuori dell’ambito degli esperti, nel parlare comune, nei film e nei romanzi di successo, nei programmi televisivi ricompare ancora spesso una certa visione negativa non corrispondente alla verità. Come studiosi di storia, però, non dob biamo farci ingannare; dobbiamo attenerci ai fatti storici, andando oltre i luoghi comuni e i pregiudi zi, anche quelli più consolidati. Non fu un’epoca buia Il Medioevo fu un’epoca complessa e lunghissima (circa dieci secoli; secondo alcuni storici anche di più) nella quale, come sempre, gli uomini hanno saputo dare vita a straordinarie imprese come pure a ignobili bassezze, un’epoca fatta di om bre ma anche di luci. durante l'anno avrai modo di studiare e approfondire tali diversi aspetti che ti aiuteranno a mettere nella giusta luce quest'e poca. Conoscerai i monasteri, luoghi di pace e di conforto dello spirito, ma anche di lavoro ed ela borazione culturale (pensa solo all'opera paziente di bonifica di migliaia di ettari di palude e alla tra scrizione dei codici antichi compiuta dai monaci).

Il Medioevo: un’epoca misteriosa e spesso fraintesa

In carcere Boezio ebbe modo di scrivere il suo ca polavoro La consolazione della filosofia, un testo in prosa e in versi nel quale egli immagina che una donna, vecchia ma sempre bellissima, appaia nella sua cella a consolarlo delle sue sofferenze. Questa donna rappresenta la filosofia, e con lei Boezio intesse una lunga conversazione. Soprat tutto si chiede in cosa consista la vera felicità dell’uomo e la donna gli risponde che la felici tà non sta nel raggiungere beni su questa terra, ricchezze, onori, potere. Il destino dell’uomo è nell’aldilà, e la gioia vera sta solo in dio, il Sommo Bene. occorre quindi, per essere felici, volgere il proprio sguardo a dio e offrire a lui la vita. Coloro invece che, compiendo il male, pensano di essere felici su questa terra si sbagliano; in realtà non lo sono veramente, in quanto, seguendo il male, si abbruttiscono e degradano la loro natura. Come affrontare serenamente la morte Forte di questa scoperta dovuta alla filosofia, Se verino Boezio poté affrontare fiducioso la dura prigionia e successivamente la morte che avven ne, con tutta probabilità, nell’ottobre del 524. la sua opera non morì con lui. Il suo testo ottenne un grande successo e divenne uno dei libri più co nosciuti e amati del Medioevo e di tutta la storia della filosofia. Severino Boezio in carcere consolato dalle Muse e dalla Filosofia. Miniatura (XIV secolo), Bibliothèque Municipale, Rouen (Francia)

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 41

ComePROTAGONISTImuore

un filosofo: Severino Boezio Un uomo che ha lasciato una grande eredità Severino Boezio è un personaggio che ha lasciato un segno profondo nella cultura dei secoli suc cessivi e di tutto il Medioevo. Fu, infatti, colui che insegnò ai medioevali ad amare la filosofia, quella grande materia di studio scoperta dai greci e di ventata poi patrimonio dell’intera umanità. Fu an che colui che insegnò agli uomini del suo tempo e a quelli dei secoli successivi a saper fare tesoro dell’eredità della cultura classica, in un’epoca in cui invece, con la violenza e la brutalità, si tendeva a distruggere tutto quanto era stato realizzato in precedenza. Un maestro di filosofia uomo dai molteplici interessi (si occupò infatti di matematica, geometria, musica, logica, studi biblici), fu però soprattutto un grande filosofo. Chi erano e che cosa facevano i filosofi? I filosofi erano degli studiosi che cercavano risposte alle domande più profonde dell’uomo: perché esiste il mondo? Che cosa c’è dopo la morte? Qual è la strada per diventare felici e realizzare pienamen te la propria umanità? Che cosa sono il bene e il male? A queste domande essi davano risposte riflettendo con la loro ragione e non semplice mente affidandosi a quello che dicevano le anti che leggende o i miti tramandati dal passato. Per questo erano considerati dei sapienti (filosofia significa infatti in greco “amore della sapienza”).

Dove sta la vera felicità

Boezio fu l’ultimo grande filosofo dell’età antica e il primo del Medioevo. Dopo il successo, una tragica morte dapprima apprezzato per la sua cultura e per la sua capacità di amministrare lo stato (divenne senatore e poi console nel 510, infine maestro di palazzo), cadde poi in disgrazia. Fu, infatti, accu sato da re teodorico di tramare contro di lui e di aver preso parte a una cospirazione per riportare l’Italia sotto il dominio bizantino. Per questo fu destituito da ogni carica e imprigionato nelle car ceri di Pavia dove venne poi giustiziato.

42 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo PARTIAMO DALLE FONTI I barbari: rozzi animali o “buoni selvaggi”? I barbari furono giudicati dai contemporanei in modi molto differenti. I testi che seguono ce ne so e sono stranamente brutti e curvi. Per quanto abbiano la figura umana, sebbene deforme, sono

A questo punto tira tu le conclusioni: sintetizza in non più di dieci righe del tuo quaderno le differenze tra l’interpretazione di Ammiano Marcellino e quella di Salviano. Copia romana di un originale bronzeo (230-220 a.C. circa),

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 43

protetti da alcun edificio, ma li evitano come tom be separate dalla vita di ogni giorno. Neppure un tugurio con il tetto di paglia si può trovare presso di loro, ma vagano attraverso montagne e selve, abituati sin dalla nascita a sopportare geli, fame e sete. Adoperano vesti di lino oppure fatte di innanzitutto dell'affetto e della carità, virtù fon damentale secondo l'insegnamento del Signore. Quasi tutti i barbari, almeno quelli che apparten gono alla stessa stirpe e hanno uno stesso re, si amano reciprocamente: quasi tutti i Romani si perseguitano a vicenda. Qual è il cittadino che non ha invidia per il suo concittadino? Qual è colui che dimostra da vicino una carità senza ri serve? Pur vivendo fianco a fianco, siamo disuniti per il cuore. Nel frattempo i poveri sono spoglia ti, le vedove piangono, gli orfani sono calpestati, tanto che molti di loro, anche di cospicui natali e di ottima educazione, si rifugiano presso i nemici per non morire sotto i colpi della pubblica perse ssi vanno a cercare senza dubbio tra i barbari l'umanità dei Romani, perché non pos sono più sopportare tra i Romani l'inumanità dei ssi si differenziano da coloro presso i quali si rifugiano, per la religione come per la lin gua e, se posso dirlo, per il fetore che si sprigiona dai corpi e dagli abiti dei barbari; preferiscono, ciò nonostante, sopportare presso questi popoli quella difformità di costumi che non presso i Ro De gubernatione Dei, v, adatt. Quali sono i comportamenti che fanno preferire i barbari ai Romani? Perché lo scrittore vede nei barbari degli aspetti che più li avvicinano all’insegnamento di Cristo? Come si comportano i poveri, le vedove, Che cosa si dice dei corpi e degli abiti

Una storia non sempre “al maschile” Spesso siamo portati a pensare alla storia, so prattutto alle vicende politiche, “al maschile”, come se le donne non avessero mai avuto alcun ruolo importante nel guidare il corso degli eventi, i popoli e le nazioni. In realtà, invece, in molti casi emergono, dallo studio attento del passato, ecce zionali figure femminili che hanno saputo impri mere un corso decisivo ad avvenimenti e vicende. È il caso, tra queste, delle regine merovinge, di cui ci vengono tramandate, a volte con coloriture leg gendarie, spesso però con fondate basi storiche, straordinarie gesta. Si trattava di regine spesso aggressive, risolute, decise, dalla forte personali tà, che sapevano essere alla pari dei loro consorti. Non sempre, inoltre, erano di sangue reale; alcu ne erano di rango inferiore o addirittura schiave, ma seppero diventare regine attraverso la loro abilità e il loro fascino. Regine sante… Già abbiamo accennato nel testo alla regina Clo tilde, moglie di Clodoveo, che ebbe un ruolo im portante nella conversione del marito al Cattoli cesimo. un’altra regina, proclamata poi santa, fu Radegonda, che da schiava, conquistò il cuore del suo padrone, il re Clotario I, che la prese in mo glie. la violenza del marito però (si narra che in un eccesso d’ira le uccise il fratello) la costrinse a fuggire presso vari monasteri. Fattasi a sua volta monaca, si dedicò ad opere di carità e di assisten za ai poveri nonché alla fondazione di un impor tante monastero a Poitiers. assassine… Il cronista del tempo Gregorio di tours ci narra anche nella sua Storia dei Franchi di due acerrime rivali, Fredegonda, regina di Neustria e Brunilde, regina di Austrasia, che dominarono la scena po litica nella seconda metà del vI secolo e che non esitarono a ricorrere anche ai più efferati delitti fino a scatenare una guerra fratricida fra i loro due mariti pur di soddisfare la loro gelosia e la brama di predominio. … e abili governanti Altra figura di straordinario rilievo sul piano po litico e religioso fu la regina Bathilde, vissuta nel vII secolo. di origini anglosassoni, fu rapita da pi rati danesi e finì poi schiava presso la corte fran ca. Qui seppe, con la sua bellezza e il suo buon carattere, conquistare le grazie del re Clodoveo II, che la prese in sposa. Rimasta vedova pochi anni dopo, si trovò ad assumere il governo del regno al posto dei figli ancora piccoli. Seppe, in questo incarico, segnalarsi per molte importanti decisioni. Finanziò e fece realizzare molte opere religiose, ospedali, abbazie, monasteri; lottò con tro la simonia, cioè la pratica di comprare e ven dere cariche ecclesiastiche, allora diffusa presso il clero franco; abolì tasse gravose che spingeva no a volte le famiglie povere a vendere i loro figli.

Le grandi regine dei merovingi

A lei è stato attribuito anche un provvedimento singolare: il divieto di comprare e vendere schia vi cristiani nel Regno Franco. trascorse gli ultimi quindici anni della sua vita nell’abbazia femmini le di Chelles, da lei stessa fondata, dove morì nel 680 in fama di santità.

44 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo NON TUTTI SANNO CHE…

3. In questi regni i conquistatori barbari tennero per sé il potere politico e militare, insieme a un terzo delle terre, mentre ai latini fu concessa l’amministrazione dello stato e della giustizia.

4. Contro il capo degli Eruli Odoacre, che voleva governare l’Italia in nome dell’Impero d’Oriente, l’imperatore Zenone inviò Teodorico, re degli Ostrogoti e suo figlio adottivo. Teodorico uccise Odoacre, e prese possesso del territorio italiano, governandolo come re dei Goti e rappresentante dell’imperatore d’Oriente

5. Inizialmente Teodorico rispettò i romani, affidandosi per il suo governo a consiglieri latini, come Cassiodoro, Boezio e Simmaco. In seguito, però, per motivi religiosi entrò in contrasto con l’imperatore d’Oriente Giustino. Gli Ostrogoti, infatti, si erano convertiti all’Arianesimo, eresia perseguitata dall’imperatore. Questo spinse Teodorico ad agire a sua volta contro i Romani del suo regno, ormai cattolici. Molti importanti esponenti romani, tra cui il filosofo Severino Boezio, furono uccisi.

Raccontiamo in breve

re

414 sposaAtaulfoGalla Placidia 493 gli conquistanoostrogoti Ravenna 496 il dibattesimoClodoveo 518 Giustino imperatore d'oriente 526 muore teodorico 687 Pipino di Heristal sale al potere 732 Carlo asconfiggeMartellogliarabiPoitiers 751 Pipino il Breve viene incoronato re dei Franchi la dellineatempo versione audio on-line

8.

2. I Regni Romano-Barbarici ebbero diversa durata e consistenza. I più solidi furono quelli dei Franchi in Gallia e dei Visigoti in Spagna. Più fragili furono quelli dei Burgundi in Gallia centrale, degli Svevi in Spagna, dei Vandali sulle coste africane e degli Ostrogoti in Italia.

7.

6. Il Re dei Franchi Clodoveo dopo aver conquistato gran parte della Gallia, nel 496 si convertì al Cattolicesimo, insieme con tutto il suo popolo. Alla sua morte i suoi successori, della dinastia merovingia, trascurarono l’amministrazione dello stato, delegando sempre più compiti ai loro maggiordomi, che finirono per governare il regno al loro posto. Inoltre il Regno franco si divise in due parti, la Neustria e l’Austrasia, che furono riunificate nel 687 dal maggiordomo Pipino di Heristal, divenuto l’unico signore dei Franchi. Nel 751 l’ultimo dei maggiordomi, Pipino il Breve, prenderà il potere facendosi incoronare dei Franchi.

1. Nel territorio dell’Impero Romano d’Occidente occupato dai barbari sorsero alcuni regni che furono chiamati RomanoBarbarici. In tali regni la convivenza e la fusione tra Germani e Romani fu piuttosto difficile per varie ragioni: i Germani possedevano leggi primitive, non scritte, ed erano privi di un’idea di stato. Erano inoltre ariani mentre la maggioranza della popolazione romana era cattolica.

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 45

46 Il N uovo volto dell’ eu Ro PA . NASCe Il MedIoevo Attività e verifiche esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Come erano divise le società barbariche? 2. Quali erano le principali differenze tra la popolazioni barbariche e i Romani? 3. Che cosa sosteneva l’eresia ariana? Chi diffuse l’Arianesimo presso i barbari? 4. Chi governava le tribù barbariche? 5. Come si comportò inizialmente teodorico con i cittadini romani? 6. Chi erano Boezio, Simmaco e Cassiodoro? 7. Chi erano i maggiordomi? 8. Qual era l’elemento di debolezza del Regno dei Franchi? 9. In quali parti era diviso il Regno dei Franchi e chi lo unificò? esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 476 Gli ostrogoti prendono Ravenna 493 Pipino il breve si fa incoronare re dei Franchi 496 destituzione di Romolo Augustolo, ultimo imperatore d’occidente 751 Battesimo di Clodoveo esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. I visigoti volevano la distruzione dell’Impero Romano. V F Fra barbari e Romani non ci furono mai matrimoni misti. V F teodorico inizialmente cercò di far convivere pacificamente ostrogoti e latini. V F Nella seconda parte del suo regno teodorico fece mettere a morte i principali esponenti dell’aristocrazia romana. V F Il battesimo di Clodoveo ebbe delle conseguenze importantissime nella storia europea. V F Pipino il Breve fu l’ultimo re fannullone. V F

CAPITOLO 1CAPITOLO 2 47 esercizio 4

I barbari a. si impadronirono di tutte le terre e imposero le loro leggi ai latini perseguitandoli. b. occuparono un terzo delle terre e fusero lentamente le loro leggi con quelle romane. c. occuparono soltanto un terzo delle terre dei latini. Il battesimo di Clodoveo a. rafforzò il potere del re dei Franchi. b. stabilì un legame privilegiato tra la Chiesa e il Regno dei Franchi. c. contribuì a sconfiggere l’eresia ariana. Teodorico iniziò a perseguitare i suoi collaboratori romani a. perché lui era ariano e i Romani cattolici. b. perché era entrato in contrasto col papa. c. perché temeva che i Romani congiurassero contro di lui in favore dell’imperatore d’oriente. I re merovingi furono detti “fannulloni” perché a. si disinteressavano dell’amministrazione dello stato lasciando ai loro maggiordomi gli incarichi di governo. b. erano sempre in lotta con i maggiordomi per il governo del regno. c. continuavano a controllare l’amministrazione del regno e furono chiamati “fannulloni” perché non seppero ben governare. esercizio 5 · Dopo aver riletto attentamente tutte le parti del capitolo in cui si parla dei barbari scrivi un testo di non più di 30 righe del tuo quaderno nel quale illustri le principali differenze tra barbari e Romani. È importante che tu disponga queste differenze in ordine di importanza.

·

Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato.

CAPITOLO 3 materialeversioneintegrativoon-lineaudioon-line 49 Capitolo 3 La breve

… d’entro le leggi trassi il troppo e il vano Dante, Par. VI, 12 A celebrare la grandezza dell’Impero Romano e il valore e la funzione che esso ha assunto nei secoli, il grande poeta Dante Alighieri nella sua Divina Commedia chiama l’imperatore d’Oriente Giustiniano. A lui attribuisce il merito di avere, con l’aiuto divino, riportato l’impero ai fasti antichi e, in particolare, di aver sistemato l’insieme delle leggi romane in quella grandiosa opera che fu il Corpus Juris Civilis, opera che avrà conseguenze enormi nello sviluppo della successiva civiltà europea. Il giudizio del sommo poeta fiorentino ha una sua fondatezza anche se va detto che, in realtà, il tentativo di Giustiniano fu di breve durata e i suoi frutti piuttosto fragili. Venne infatti stroncato, solo pochi anni dopo, dall’irruzione sulla scena della storia di un altro popolo nordico, quello dei Longobardi. Gli uomini dell’occidente dovranno aspettare un nuovo grande personaggio, stavolta germanico, il re dei Franchi Carlo Magno, per vedere di nuovo innalzarsi il vessillo imperiale.

Trionfo di Giustiniano)(probabilmenteimperatoreun Avorio detto Barberini (prima metà del VI secolo), Museo del Louvre, Parigi

Unimperialerestaurazionegrande,fragileideale

Patriarca All'interno della Chiesa questo termine (usato soprattutto nelle Chiese orientali) indica i vescovi delle sedi di particolare importanza. Cesaropapismo sistema in cui chi esercita il potere politico (Cesare, ossia l’imperatore) si appropria anche del potere religioso del papa, mettendosi a capo della Chiesa. Perché la pratica del dell’Impero?consolidamentofavorìcesaropapismoil

·

1 L’Impero Romano d’Oriente: una vita più lunga

50 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe

Le ragioni di una durata più lunga A differenza dell’Impero Romano d’Occidente, quello d’Oriente ebbe vita molto più lunga. Durerà infatti fino al 1453, quando la sua capitale, Costantinopoli, verrà conquistata dal sultano turco Mao metto II. Questa lunga durata si spiega con svariate ragioni. Innanzitutto il suo territorio era più facilmente difendibile, almeno nella sua parte centrale, rispetto a quello dell’Impero d’Occidente. In se condo luogo fu governato da imperatori che, nei momenti decisivi, seppero mostrarsi sempre all’altezza del loro compito; dotati di po teri pressoché assoluti, essi, infatti, agirono sempre con forza e de terminazione, rivelandosi anche abili nell’allacciare alleanze e nel servirsi di validi collaboratori. In terzo luogo, godette di una co stante floridezza economica dovuta soprattutto agli intensi com merci che per secoli gravitarono attorno alla capitale.

Il cesaropapismo Un altro fattore determinante per questa lunga durata va ricerca to nella particolare concezione del rapporto tra potere politico e religione che si diffuse proprio in Oriente. Qui, a differenza che in Occidente, gli imperatori non agirono solo come difensori e promo tori del Cristianesimo ma si imposero anche come i veri e propri capi delle chiese orientali affermando la loro volontà sui vescovi, in particolare sul patriarca di Costantinopoli, e realizzando quello che venne chiamato cesaropapismo. In tal modo, poterono godere dell’appoggio delle autorità ecclesiastiche e ricevettero quell’aura di sacralità che li rese sempre venerati, rispettati e ammirati dai sudditi. Questo contribuì a rendere nel tempo più solido il loro po tere e quindi stabile il governo dello stato. Va ricordato poi che, a partire dal 1054, le chiese cristiane in territorio bizantino si stac cheranno da Roma, non riconoscendo più l’autorità del papa, e da ranno vita a quella che verrà chiamata Chiesa Ortodossa. Questo rafforzerà ulteriormente il potere degli imperatori d’Oriente che non avranno più un contraltare nemmeno nella figura del papa mentre, al contrario, metteranno a rischio la libertà della Chiesa orientale ormai definitivamente sottomessa ai voleri imperiali. Il cesaropapismo affermatosi nell’Impero Bizantino finì per compro mettere quella divisione dei poteri tra autorità politica e autorità religiosa, formulata per la prima volta nella storia nel celebre inse gnamento evangelico di Gesù che diceva «date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» (Mt 22,21) e sul quale avremo modo di tornare più volte nei prossimi capitoli.

Perché duratad’Orientel’Imperoebbeunalunghissima?

CAPITOLO 3 L’imperatrice Teodora Mosaico del VI secolo (part.), Basilica di san Vitale, Ravenna 51 Un impero dai tratti sempre più orientali Tutto questo fa dire agli storici che, col passare del tempo, l’Impe ro d’Oriente finì per perdere le sue caratteristiche di origine roma na e per assumere tratti sempre più greci e orientali. Orientale era, infatti, la concezione sacrale del potere, totalmente concentrato nelle mani dell’imperatore, che non di rado lo esercitava in manie ra autoritaria e dispotica. Orientali erano gli usi e i costumi mentre il greco, e non certo il latino, era la lingua ufficiale che veniva parlata. Proprio per sottolineare questo progressivo distacco dalla tradi zione occidentale è invalso l’uso di ribattezzare l’Impero d’Oriente col nome di Impero Bizantino, proprio per rifarsi all’antico nome pre-romano di Costantinopoli, cioè Bisanzio. Perché si dice che orientali?semprecaratteristicheBizantinol’Imperoassunsepiù

52 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe 2 · La straordinaria opera di Giustiniano

Giurista studioso, esperto delle leggi. Monofisismo Dal greco mónos “uno” e physis “natura”, il termine indica un'eresia diffusa in Oriente a partire dal V secolo, che sosteneva che Gesù Cristo avesse una sola natura: quella divina. egli era dunque soltanto Dio, mentre la sua natura umana era apparente, non reale.

L’Impero Bizantino raggiunse il suo massimo prestigio e splen dore con l’imperatore Giustiniano. Questi, nipote dell’imperatore Giustino, regnò dal 527 al 565, lasciando una traccia profonda non solo in Oriente ma anche nell’Europa occidentale. Abile, capace di prendere sempre le decisioni giuste al momento giusto, infaticabile lavoratore (era soprannominato “l’imperatore insonne”) ebbe sempre al suo fianco persone valide che lo seppero ben consigliare, a partire dallo zio Giustino, per arrivare ai generali Belisario e Nar sete, e a eminenti giuristi come Triboniano. … con una moglie forte e intelligente Soprattutto, ricevette sempre un valido aiuto dalla moglie Teodo ra, donna di umili origini (le cronache del tempo riferiscono che era stata anche ballerina e attrice, e questo allora non era un bel bigliet to di presentazione) ma intelligente, dal carattere forte e dal grande coraggio. Queste qualità emersero, in particolare, in un’occasione importante, quando convinse il marito a resistere, senza fuggire, a un tentativo di ribellione dei suoi sudditi, salvando così il suo trono.

La politica interna Giustiniano si propose due obiettivi durante il suo governo: con servare e valorizzare la grande tradizione romana e lottare per la diffusione della fede cristiana. Pensava cioè a un impero di nuovo grande, che si fondasse sulla tradizione giuridica e sulle leggi roma ne, ma i cui sudditi fossero animati dalla fede e dai valori cristiani.

In campo economico egli diede grande impulso ai commerci, tra sformando Costantinopoli nel più grande mercato del mondo. Qui, infatti, affluivano prodotti che provenivano dall’Asia e dall’Africa e che venivano poi venduti in Europa. Introdusse a tale proposito an che una moneta, detta bisante, che ebbe poi corso per secoli in tutto il bacino del ImportanteMediterraneo.fuanchel’attività in campo edilizio e artistico. Giusti niano abbellì Costantinopoli con splendidi edifici, tra cui spicca la straordinaria basilica di Santa Sofia, costruita accanto ai giardini del palazzo imperiale. Rilevante fu anche la sua opera di diffusione della fede cristiana, anche se in questo campo egli favorì in modo particolare un’eresia che allora si andava diffondendo, il monofisi smo. A quest’opera si affiancò la lotta contro il paganesimo di cui cancellò uno degli ultimi simboli, chiudendo, nel 529, l’Accademia Platonica di Atene.

Un grande imperatore…

Il Corpus Juris Civilis

CittàdiLefinodell’Imperoterritorial527conquisteGiustinianoimportanti

Giureconsulto esperto di leggi e delle loro modalità di applicazione. Perché il Corpus Juris Civilis ebbe una nonstoriaimportanzastraordinarianellasuccessiva,soloeuropea? Costantinopoli

Roma

CAPITOLO 3 53

A questa raccolta fu aggiunto il Digesto, cioè l’insieme dei pareri e delle interpretazioni delle varie leggi che i giureconsulti romani degli ultimi tre secoli avevano dato. Fece infine compilare le Istituzioni, un testo di istruzioni destinato alla preparazione de gli studenti che si avviavano a intraprendere la carriera giuridica. Quest’opera fu di straordinaria importanza in quanto contribuì a salvare nel tempo il grande patrimonio delle leggi romane (il dirit to romano), che altrimenti sarebbe andato perso per sempre. Il di ritto romano costituisce ancora oggi uno dei contributi più impor tanti che Roma ha lasciato all’umanità ed è stato nei secoli la base su cui si sono costituiti gli ordinamenti giuridici di molti stati, non solo europei.

La più importante opera di Giustiniano fu però, in campo giuridi co, la realizzazione del Corpus Juris Civilis. Incaricò per questo una commissione di esperti giuristi, guidati da Triboniano, a cui af fidò il compito di raccogliere tutte le antiche leggi romane, emana te a partire dal II secolo d.C., ordinandole e risistemandole («trassi il troppo e il vano» come dice Dante nel verso citato nell’introdu zione).

sottoBizantinodell'ImperoL'espansioneGiustiniano

Basilica di Santa Sofia eIstanbulrettada Giustiniano nel VI secolo, dopo l’arrivo dei turchi e l’inizio della èmoschea.trasformatamusulmanadominazioneèstatainAttualmenteunmuseo. 54 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe Le imprese militari Valendosi dell’opera di abili generali, Giustiniano seppe condur re con successo una serie di campagne militari che lo portarono a ripristinare in parte i domini imperiali anche in occidente. In tal modo, ripercorse le orme dei grandi imperatori romani suoi prede cessori, innanzitutto Costantino. A oriente dopo aver intrapreso una guerra contro i Persiani, giun se a stabilire un trattato col re Cosroe I, mediante il quale si garantiva una “pace perpetua”. Verso occidente puntò a riconquistare ter ritori finiti in mano ai barbari. Nel 533 sconfisse i Vandali stanziati in Africa settentrionale, annettendo il loro territorio al suo Impero. Due anni dopo avviò una campagna per la riconquista dell’Italia.

La Guerra greco-gotica in Italia (535-553)

Pochi anni dopo la morte di Giustiniano, una nuova tragedia si abbatté sull’Italia. Nel 568 i Longobardi, una bellicosa popolazio ne germanica proveniente dalla Pannonia, invasero la penisola. Si trattava di un intero popolo di circa 250.000 persone che, scese dal Friuli, occuparono Cividale, Aquileia e successivamente Pavia. Quest’ultima, conquistata nel 571, divenne la loro capitale. I Lon gobardi si spinsero poi più a sud, verso l’Italia centrale, dove costi tuirono i Ducati di Spoleto e di Benevento. Sotto la dominazione bizantina rimasero i territori intorno a Ravenna, le attuali Marche, il territorio di Roma e di Napoli, la Puglia, la Calabria e le isole. L’I talia pertanto risultò spaccata in due. Perché il nonbizantinogovernodell’Italiafupositivo?

CAPITOLO 3 55

Il governo bizantino dell’Italia non fu però ben visto dalla popo lazione: le tasse eccessive imposte per rifarsi dei costi del conflitto resero i latini ostili ai nuovi governanti. Contrasti di carattere religioso col papa contribuirono ad aumentare questa ostilità.

Alla morte di Giustiniano, avvenuta nel 565, i domini bizantini in Italia non davano certo la garanzia di poter durare a lungo, anche perché nuovi popoli invasori si profilavano all’orizzonte.

3 · Arrivano i Longobardi: l’Italia si spezza in due Un’invasione inarrestabile

Nel 535 un corpo di spedizione bizantino, sotto il comando del generale Belisario, attaccò i domini ostrogoti in Italia. Fu l’inizio di quella che venne chiamata Guerra greco-gotica, e che si concluse nel 553, dopo aver causato decine di migliaia di morti, distruzioni e devastazioni in tutto il territorio della penisola. Alla fine la vitto ria arrise ai Bizantini guidati da un altro grande generale, Narsete, e l’Italia tornò di nuovo nelle mani dell’Impero Romano. Stavolta però si trattava dell’Impero d’Oriente, e l’Italia che usciva dalla guerra era un paese stremato e distrutto, oltre che dal lungo conflit to, anche da pestilenze e carestie che la guerra aveva portato con sé. I difficili rapporti dei Bizantini con la popolazione italica Con un provvedimento chiamato Prammatica Sanzione, emana to nel 554, Giustiniano diede un assetto politico al territorio ita liano appena riconquistato. L’autorità suprema in rappresentanza dell’imperatore sarebbe stata nelle mani di un esarca (parola che in greco significa “comandante”), che risiedeva a Ravenna e che de teneva i poteri militari e civili. Anche ai vescovi venivano affidati incarichi nel governo delle città.

Perché

I Longobardi erano originari della parte settentrionale dell’Eu ropa. Il loro nome deriva probabilmente dall’alabarda, o bar, una lunga asta che costituiva la loro arma più usata, oppure dalle lun ghe barbe che portavano. I loro costumi non erano diversi da quelli delle altre popolazioni germaniche. Non avevano leggi scritte né il senso dello stato; concepivano solo la fedeltà personale ai loro capi e praticavano la faida, non solo contro l’autore di un’offesa, ma anche nei confronti dei suoi familiari. Sul piano religioso seguivano l’eresia ariana. Un comportamento spesso brutale All’inizio le popolazioni italiche non opposero particolare resi stenza all’avanzata longobarda: forte era infatti il risentimento contro il duro governo dei Bizantini. Nonostante ciò, i Longobardi imposero agli abitanti dei territori sottomessi condizioni ancora più dure: confiscavano gran parte delle terre, commettevano effe rate violenze, violavano chiese e monasteri trattando con durezza i latini. La condizione, per gli abitanti della penisola, non fu quindi migliore rispetto a prima. fu difficile longobardi?epopolazionetralatinadominatori

il rapporto

Lamina detta di Agilulfo Arte orafa longobarda (VII secolo circa), Museo del Bargello, Firenze 56 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe Chi erano i Longobardi?

L’Editto di Rotari, primo codice di leggi non romane Altra figura eminente nella storia longobarda fu il re Rotari, che nel 643 emanò un celebre editto con il quale si ebbe la prima codifi cazione di leggi scritte non romane in Italia.

Cittàlongobarditbizantiniterritorierritoriimportanti

I Longobardi diventano cattolici Le cose cominciarono a cambiare in seguito al matrimonio del re Autari con Teodolinda, principessa bavarese di religione cattolica.

Questa, rimasta vedova del primo marito, ne sposò il successore, Agilulfo e, come già Clotilde con i Franchi, ebbe un ruolo impor tante nella conversione del nuovo re al Cattolicesimo. Con Agilulfo, anche gran parte del popolo longobardo aderì alla nuova religione.

CAPITOLO 3 57

Si trattava di un codice redatto in un latino un po’ rozzo, che con teneva principi legislativi che si rifacevano alla tradizione germani ca ma in parte anche al diritto romano e a quello ecclesiastico. La conversione alla fede cattolica e l’Editto di Rotari, unitamente alla convivenza ravvicinata, crearono le condizioni per un graduale mi glioramento dei rapporti dei dominatori longobardi con la popola zione romana. Perché l’Editto di Rotari costituisce un progresso rispetto alla barbarica?tradizione Tevere Roma Pavia Ravenna Benevento RiminiSpoleto Mar Mediterraneo Milano Territori bizantini e longobardi in Italia

Po

La società longobarda: una società tripartita L’Editto di Rotari è importante anche perché ci fa conoscere la so cietà longobarda di quel tempo. Si trattava di una società tripartita che vedeva al vertice gli uomini liberi (detti arimanni), gli unici che potevano portare le armi e possedere terreni e che perciò godevano dei pieni diritti. All’opposto vi erano i non liberi, i servi, ai quali non veniva riconosciuta una volontà autonoma e che erano sottomes si all’autorità del padrone. A metà strada vi erano poi gli aldii, che godevano della libertà personale ma non potevano possedere terra né portare le armi. Essi, per il loro sostentamento, ricevevano dal padrone un appezzamento di terreno da coltivare che però non po tevano abbandonare. Un altro elemento interessante dell’editto, che documenta i pro gressi dei Longobardi in materia di diritto, è la sostituzione della faida con il guidrigildo, una somma in denaro con cui il colpevole risarciva i parenti della vittima.

58 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe

CAPITOLO 3 59

METTIAMO A FUOCO Le tracce dell’influenza longobarda in Italia L’importanza dei nomi La toponomastica, cioè lo studio dell’origine e del significato dei nomi delle località, è un utilissimo strumento per ricostruire l’influenza longobarda in Italia. si può partire, per avere un’idea di que sto, dal nome stesso della regione Lombardia, che rimanda proprio a tale popolo. L'antico nome della regione, Langobardia, che in origine indicava però l’intera Pianura Padana, significa infatti “ter ra dei Longobardi. si possono poi rintracciare altri nomi interessanti. ne ricordiamo alcuni significa tivi. In Piemonte ci sono Bra (Cuneo), che prende il nome da braida, ossia “campo coltivato a prato”, Racconigi (Cuneo) dal nome longobardo Rachis, Fara novarese (novara), (ma anche Fara sabina in provincia di Rieti) che prende il nome dalla fara, l'insieme di un certo numero di famiglie imparen tate fra loro che costituiva il gruppo base della so cietà longobarda. In Lombardia troviamo Gardone (Brescia), che deriva da warda, ossia “guardia mi litare” e sondrio, che deriva da sundrium, il terre no lavorato dal padrone. scendendo verso sud, in emilia Romagna e in toscana troviamo Guastalla (Reggio emilia), che deriva da wardestalla, il posto di guardia, e Radicondoli (siena), che proviene dal nome Radegunda Anche molti vocaboli della nostra lingua hanno un’origine longobarda. Ad esempio panca, bara, palla, schiena, schermo, stormo, tuffo, ricco. I lasciti in campo artistico In campo artistico, pur non raggiungendo il livello dei Romani né quello dei contemporanei Bizanti ni, i Longobardi ci hanno lasciato opere interes santi e di rara bellezza. Innanzitutto abbiamo i capolavori dell’oreficeria: croci d’oro o ricoperte di gemme, fibule, coperture di evangeliarii (libri conservati nelle chiese, che contengono i vange li), borchie lavorate. tra i più preziosi oggetti di provenienza longobarda (ma la datazione è tut tora discussa tra gli studiosi) vi è la Corona Fer rea, conservata attualmente nel duomo di Monza, con la quale furono incoronati nei secoli succes sivi molti re d’Italia. Purtroppo la gran parte degli edifici eretti dai Longobardi tra il VII e l’VIII secolo sono andati distrutti o hanno subito nel tempo profondi rimaneggiamenti; anche Pavia, la loro capitale, conserva pochi resti risalenti a quel pe riodo. L’edificio più famoso e meglio conservato si trova a Cividale del Friuli, località che fu sede di un importante ducato; si tratta dell’Oratorio di santa Maria in Valle, un tempietto piccolo e piut tosto semplice nella forma ma dotato di straordi narie decorazioni in rilievo che ci consentono di apprezzare meglio la raffinatezza che questo po polo andò gradualmente assumendo a contatto con il mondo latino e il Cattolicesimo. Cristo in gloria Ara del Duca Ratchis (740 d.C. circa) Museo Cristiano, Cividale del Friuli

si

inferiore al

60 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe

Guerrieri barbari

La Guerra greco-gotica:

Da

dei

il

il racconto di un corrispondente di guerra del tempo Procopio di Cesarea, storico della corte bizanti na, accompagnò Belisario nella sua campagna militare in Italia contro i Goti. Il frutto di questa sua esperienza di “corrispondente di guerra” fu La guerra gotica, una cronaca in otto libri in gran parte dedicati alla narrazione del conflitto e delle terribili condizioni in cui l’Italia venne a trovarsi in quella circostanza. ecco alcuni passi impressio nanti di questo drammatico racconto: «L’estate si stava avvicinando e il grano cresceva spontaneamente, ma in quantità molto inferiore al solito, perché non era stato deposto con l’aratro nei solchi, ma era rimasto in superficie, per cui la terra non l’aveva potuto fecondare. e, non essen doci nessuno che lo mietesse, cadeva una volta maturo, e non nasceva più nient’altro. Così avve niva in umbria, in emilia e anche in toscana. Chi abitava in montagna faceva il pane con le ghiande macinate. La maggioranza della popolazione però era colpita da ogni sorta di malattie ed erano in pochi a salvarsi. nel Piceno morirono di fame più di cinquantamila contadini, molti di più morirono nella regione bagnata dallo Ionio. tutti diventava no magri e pallidi, sino a ridursi a pelle e ossa e la bile aumentava nel corpo da farlo diventare di un colorito giallo. Molti morirono di fame; alcuni, quando dopo un lungo digiuno riuscivano ad ave re un po’ di cibo, lo mangiavano tanto avidamente da morire d’indigestione, in quanto il loro corpo indebolito non era in grado di digerire quello che avevano ingoiato. Molti, spinti dalla fame, se ve devano un po’ d’erba sui campi, vi si buttavano sopra e, in ginocchio, cercavano di strapparla, ma erano tanto deboli da non riuscire neanche a questo, e stramazzavano a terra morti. e non c’era nessuno che pensasse a seppellirli e neppure gli uccelli rapaci si gettavano sui loro cadaveri, per ché non c’era più un filo di carne da portar via». La guerra gotica, libro II, adatt. il grano cresceva in quantità solito? perché cadeva subito, che cosa facevano pane gli abitanti quello che condizioni trovavano cosa dice a proposito cadaveri?

fatto con la farina? In

E

PARTIAMO DALLE FONTI

delle montagne? Ti sembra un pane più sostanzioso di

si

coloro che erano colpiti dalla carestia? Quali territori dell’Italia furono particolarmente interessati da questa tragica situazione? Che

Perché

una volta maturo? Con

CAPITOLO 3 61 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA La splendida fioritura di Ravenna

Un luogo protetto e sicuro Ravenna disponeva, fin dai tempi di Augusto, del grande porto di Classe che, secondo quanto rife risce lo storico antico Cassio Dione, era in grado di ospitare ben 250 imbarcazioni. La presenza di questo porto, che garantiva un collegamento di retto con Costantinopoli e quindi una facile via di fuga, nonché la protezione assicurata dalle paludi che la circondavano quasi per intero, spinsero nel 402 l’imperatore Onorio a trasferire la sua corte da Milano a Ravenna. Da quel momento in poi ini ziò per la città un periodo breve ma intensissimo di straordinaria fioritura che passò attraverso tre fasi: la fase tardo-imperiale, legata a Onorio e alla sorella Galla Placidia, quella teodoriciana e infi ne quella bizantina, che fece seguito alla Guerra greco-gotica. La fase tardo-imperiale Alla prima di queste tre fasi, che vide la città ar ricchirsi di molti edifici sacri oltre che del palazzo imperiale, risale il cosiddetto Mausoleo di Galla Placidia, piccola cappella, estremamente spoglia all’esterno ma decorata internamente con stra ordinari mosaici, tra cui quello celebre del Buon pastore si trattava in realtà di un oratorio (cioè un luogo di culto riservato a persone particolari) de dicato a san Lorenzo e non è sicuro che contenes se la tomba della sorella dell’imperatore, sebbene vi sia conservato un sarcofago a lei intitolato. L’avvento di Teodorico: sorgono edifici dedicati al culto ariano Con il re goto teodorico, a Ravenna fece il suo in gresso l’Arianesimo. Per tale culto vennero infatti eretti la basilica di sant’Apollinare nuovo (poi ri consacrata al culto cattolico nel 561) e il Battiste ro cosiddetto “degli Ariani”. A Ravenna è anche conservato il mausoleo di teodorico. L’arrivo dei Bizantini A seguito della Guerra greco-gotica, la città di venne la capitale dei territori bizantini in Italia e si abbellì di ulteriori importanti edifici. Ricordia mo in particolare la chiesa di san Vitale e quella di sant’Apollinare in Classe, vicina all’omonimo porto. Quest’ultima è la più grande basilica pale ocristiana e costituisce un vero e proprio capola voro dell'architettura con la doppia fila di eleganti colonne che la dividono in tre navate e si conclu dono in un’abside dominata dal mosaico dagli straordinari colori, raffigurante il santo vescovo DopoApollinare.questo periodo Ravenna perse la sua rile vanza storico-politica, ma non la sua importan za artistico-culturale. tra l’altro, ricordiamo che ospitò Dante Alighieri negli ultimi anni della sua vita e ne conserva tuttora la tomba. Gli straordinari mosaici La presenza di mosaici dalla ricchissima fattura e dai colori vivi e straordinariamente luminosi è, come già accennato, una delle caratteristiche che contraddistinguono gli edifici sacri di questa città. I mosaici, come forse saprai, sono raffigurazioni ottenute mediante l’accostamento su una parete di piccole tessere colorate che, viste nell’insieme, formano figure unitarie. tra i più celebri ricordia mo quelli di san Vitale, raffiguranti Giustiniano e teodora con la corte imperiale; in essi viene glori ficato il grande imperatore d’Oriente, rappresen tato quasi come una divinità.

62 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe

CAPITOLO 3

L'imperatore Giustiniano con il suo seguito Basilica di San Vitale, Ravenna 63 LEGGIAMO L’ARTE I mosaici di Ravenna tra i capolavori di cui Ravenna è ricca si segnalano gli splendidi mosaici, opera di artisti bizantini. tra questi è interessante esaminare attentamente quello che raffigu ra il corteo imperiale di Giustiniano, realizzato nella chie sa di san Vitale. Giustiniano occupa il centro della scena, con il mantello scuro, e ha in mano un vassoio contenen te una preziosa offerta che sta donando alla chiesa. Dopo aver attentamente osservato il mosaico puoi ri spondere alle seguenti domande, anche con l’aiuto del l’insegnante di educazione artistica: Di che colore è il fondo del mosaico?

Che cosa tiene in mano il vescovo di Ravenna raffigurato alla sua sinistra? Riesci a leggere il suo nome che è scritto in alto sopra la sua testa?

Alla destra di Giustiniano si riconoscono dei soldati con uno scudo sul quale sono scritte le prime due lettere del nome greco di Cristo. Riesci a capire quali sono? Perché, secondo te, i soldati portano queste lettere sullo scudo? Alla sinistra del vescovo sono rappresentati due chierici. Da cosa si riconoscono? Osserva in particolare l’acconciatura dei capelli: che cosa noti?

Perché, secondo te, si utilizzava questo colore?

La posizione centrale occupata da Giustiniano è importante? Perché?

La scena si presenta statica o movimentata? È una scena importante e solenne o piuttosto una scena semplice, di vita quotidiana? Cosa si nota intorno alla testa di Giustiniano? Ha qualche significato? A conclusione di questa analisi puoi anche sintetizzare in poche righe sul tuo quaderno di lavoro il significato di questa rappresentazione e quale immagine dell’imperatore essa vuole trasmettere.

Editto di Rotari Biblioteca dell’Abbazia di San Gallo, Svizzera 64 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe PARTIAMO DALLE FONTI Dalla faida al guidrigildo Oltre ad essere la prima raccolta di leggi longo barde, l’editto di Rotari costituisce uno dei pochi casi di legislazione scritta di tutta l’europa barba rica. Come sappiamo, fin dall’antichità il passag gio da consuetudini tramandate oralmente a leggi scritte, e perciò fissate una volta per tutte e im modificabili, ha sempre rappresentato nel campo del diritto un sicuro progresso, e così è stato an che in questo caso. ti proponiamo di leggere con attenzione questo breve brano e poi di rispondere alle domande ri portate sotto: «Riguardo alle ferite, che avvenissero tra uomi ni liberi, ci si comporterà secondo questi criteri, ponendo fine alla faida, ovvero all’inimicizia. se qualcuno avrà ferito un altro, in maniera da rom pere la sola cute coperta dai capelli, darà un risar cimento di sei soldi. se avrà causato due ferite, darà dodici soldi. se le ferite saranno fino a tre, darà una composizione di diciotto soldi. se invece saranno di più, non si calcoleranno e si pagherà la composizione solo per le prime tre». Dai Monumenta Germaniae Historica, adatt. Come viene definita la faida? Di che cosa si trattava? Con che cosa viene sostituita? Perché all’inizio si parla di uomini liberi? A che cosa fa pensare questo riferimento? L’introduzione del guidrigildo ti sembra un progresso nell’esercizio del diritto? Perché?

2. Il massimo imperatore d’Oriente fu Giustiniano, che difese la fede cristiana e cercò si restaurare il potere imperiale. Con l’aiuto della moglie Teodora, dei suoi generali e del giurista Triboniano, realizzò grandi imprese sia in campo civile che militare.

5. Con una legge, chiamata Prammatica Sanzione, Giustiniano pose l’Italia sotto il dominio di un governatore detto esarca; ma fu costretto a imporre pesanti tasse alla popolazione. Questo, aggiunto ai conflitti con il papa, rese il dominio bizantino molto impopolare.

3. In campo economico Giustiniano fece di Costantinopoli il più grande mercato mondiale del tempo; in ambito religioso, Giustiniano non si oppose all’eresia monofisita; in campo giuridico, promosse una raccolta ragionata e completa del diritto romano, chiamata “Corpus Juris Civilis”.

4. Giustiniano promosse una serie di spedizioni militari con lo scopo di riportare l’Impero Romano agli antichi confini. Sconfisse i Vandali, riconquistando il controllo dell’Africa del Nord. Poi avviò la riconquista dell’Italia con una guerra che fu detta greco-gotica. Dopo diciott’anni di duro conflitto i Bizantini ebbero la meglio e riuscirono a ricacciare gli Ostrogoti oltre le Alpi.

6. Nel 568 una feroce popolazione barbarica di origine germanica, i Longobardi, irruppe in Italia, strappando ai Bizantini gran parte dei loro territori e dividendo in due la penisola. Ai Bizantini rimasero Ravenna, le Marche, la Liguria, Roma, Napoli, la Puglia, la Calabria, le isole, mentre il resto del territorio passò sotto il dominio longobardo. Pavia divenne la capitale longobarda.

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1. A differenza dell’Impero Romano d’Occidente, quello d’Oriente ebbe una vita più lunga e durò fino al 1453, conoscendo periodi di straordinaria fioritura economica ma staccandosi progressivamente dalla tradizione romana. L’imperatore conservò sempre un potere pressoché assoluto, affermando anche il proprio controllo sulla vita religiosa, il cosiddetto cesaropapismo.

Raccontiamo in breve

imperatore

7. La conversione dei Longobardi al Cattolicesimo favorì la civilizzazione di questa popolazione. Uno dei segnali di questo fu l’emanazione da parte del re Rotari di un editto, il primo codice di leggi scritte di una popolazione germanica, che contribuì anche a migliorare i rapporti con i latini. cade l’Impero Romano Giustiniano diventa d’Oriente

553 fine della greco-goticaGuerra 565 muore Giustiniano 568 discesa dei Longobardi in Italia la dellineatempo

d’Occidente 527

CAPITOLO 3 versione audio on-line 65

66 L A BR e Ve R estAu RA zIO ne IMPeRIALe Attività e verifiche esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Che cosa si intende per cesaropapismo? 2. Chi fu la moglie di Giustiniano? 3. Che obiettivi si propose Giustiniano nel governo dell’Impero? 4. Che cos’è il bisante? 5. Che cosa sosteneva l’eresia monofisita? 6. Come si chiamava la suprema autorità bizantina in Italia? 7. Come erano visti i bizantini dalla popolazione italica? 8. Da dove provenivano i Longobardi e quali territori della penisola occuparono? 9. Quando i Longobardi si convertirono al Cattolicesimo? 10. Che cos’è l’editto di Rotari? 11. Che cos’è il guidrigildo? esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 553 Discesa di Longobardi in Italia 568 Fine della Guerra greco-gotica 1453 Fine dell’Impero Romano d’Oriente esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. L’Impero Bizantino ebbe un grande sviluppo sul piano economico e commerciale. V F Gli imperatori bizantini trovarono sempre grande opposizione nella Chiesa. V F I Bizantini sconfissero i Vandali e conquistarono i loro territori. V F La Guerra greco-gotica si concluse con la vittoria dei Goti. V F Pavia fu la capitale dei Longobardi. V F I domini longobardi in Italia furono limitati all’attuale Lombardia. V F I Longobardi si integrarono facilmente con la popolazione latina. V F esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Il Corpus Juris Civilis era costituito da a. una raccolta di tutte le leggi romane a partire dal II secolo d.C. b. una raccolta di tutte le principali leggi dell’Impero Romano e dei pareri dei maggiori giuristi romani dell’antichità. c. una raccolta di leggi dell’antichità.

La dominazione bizantina non fu vista con favore dagli italici a. perché i Bizantini imposero pesanti tasse per sostenere le loro spese militari in Italia. b. perché Giustiniano non seppe impedire lo stanziamento ai confini dell’Impero di nuovi popoli barbarici, che costituivano una grave minaccia. c. perché i Bizantini erano di religione ariana. I Longobardi, dopo aver conquistato l’Italia, a. resero schiava la popolazione e imposero l’Arianesimo. b. lasciarono agli italici gran parte delle terre, come avevano fatto gli altri invasori barbarici. c. si impadronirono di tutti i beni degli italici. Il miglioramento dei rapporti tra Longobardi e latini fu favorito a. dalle migliorate condizioni economiche del paese. b. dal fatto che i Longobardi impararono la lingua latina. c. dall’editto di Rotari e dalla conversione dei Longobardi al Cattolicesimo. esercizio 5 · Dopo aver riletto attentamente tutte le parti del capitolo in cui si parla dei Longobardi completa la seguente tabella di sintesi. L’ultima riga è lasciata in bianco per consentire a te di aggiungere qualche elemento che ritieni importante indicare. Origine del tProvenienzanomeerritorioccupati in Italia Concezione dello stato Pratica delle leggi struttura della società ContributiReligione in artistico-culturalecampo

CAPITOLO 3 67

CAPITOLO 4 69

Le basi di una nuova civiltà In un’epoca ancora pervasa da violenze, scorrerie, distruzioni, si cominciavano a intravedere segnali di novità. Tra questi, innanzitutto, i monasteri, che sorsero quasi ovunque in Europa: luoghi di pace e di ricostruzione del bene comune nei quali uomini, animati dalla fede e dagli ideali cristiani, si dedicavano alla preghiera, al lavoro nei campi e sui libri, all’accoglienza e all’assistenza dei poveri. All’origine di tutto questo vi fu l’opera di Benedetto da Norcia, che pose le basi di questa straordinaria esperienza, redigendo la prima “Regola” che divenne modello per tutte le esperienze simili che si sarebbero sviluppate anche nei secoli successivi. A lui si affiancarono altri uomini di fede come Agostino, Patrizio, Colombano, Bonifacio, Cirillo, Metodio che diedero vita alla grande epopea dell’evangelizzazione dei popoli europei. Grazie all’opera del vescovo di Roma, Gregorio Magno, anche il papato assunse prestigio e iniziò a rivestire un ruolo importante sul piano politico oltre che su quello religioso.

Capitolo 4

L’Europa diventa cristiana

San Gregorio Magno al suo scrittoio con tre scribi Avorio di provenienza franca (seconda metà del X Museum,Kunsthistorischessecolo),Vienna materialeversioneintegrativoon-lineaudioon-line

70 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA 1 · La grande stagione del monachesimo Chi erano i monaci

San Benedetto

La figura più importante del monachesimo occidentale fu, però, Benedetto da Norcia, la cui influenza nella storia della civiltà eu ropea fu decisiva. Nato da un’agiata famiglia attorno al 480, Bene detto, come tutti i ragazzi della sua condizione, fu mandato a Roma a studiare. Qui, però, rimase deluso e disgustato dalla vita frivola e superficiale che molti conducevano. Decise, quindi, di dedicarsi all’eremitaggio seguendo l’esempio dei monaci orientali. Ritiratosi a vivere in solitudine in una caverna, sulle montagne vicino a Su biaco, a est di Roma, cercò con la preghiera continua, la meditazio ne, il digiuno, di avvicinarsi sempre più a Dio.

Quando però si sparse in giro la voce della sua santità, arrivaro no molti giovani desiderosi di unirsi a lui e seguire il suo esempio. A questo punto Benedetto decise di modificare la sua scelta e ab bandonò la vita eremitica per costituire numerose comunità mo nastiche, tra cui anche una comunità femminile, organizzata dalla sorella Scolastica.

Monaco dal greco monachós che significa “unico”, “solitario”, indica chi si consacra a dio con i voti di castità, povertà e obbedienza, vivendo da eremita o in comunità in un monastero. Anacoreta Termine di origine greca (anachoreta) che significa “colui che si ritira”. Eremita Termine di origine greca (eremita) che significa “solitario, colui che vive da solo”. Perché gli einilabbandonavanoeremitimondopervivereluoghisolitariinospitali?

Fin dagli inizi del Cristianesimo, molte persone, volendo dedica re tutta la loro vita alla preghiera e alla contemplazione di Dio, ave vano preso l’impegnativa decisione di “abbandonare il mondo”, cioè di lasciare beni materiali, ricchezze, affetti per andare a vivere in luoghi remoti e disabitati dove nulla li potesse distrarre dal colloquio con Dio. Così facendo imitavano Gesù, che aveva trascorso lunghi periodi di preghiera nel deserto. Si trattava dei monaci ana coreti o eremiti che vissero inizialmente soprattutto in Egitto, nel Vicino Oriente, in Palestina. Alcuni di loro, in Oriente, scelsero ad dirittura di trascorrere la vita su piattaforme poste sopra colonne, e vennero perciò chiamati stiliti (dal greco stylos “colonna”). Eremiti e cenobiti

Non era però facile trascorrere tutta la vita in totale solitudine. Per questo, accanto a questa forma eremitica, sorse un’altra espe rienza. Gruppi di monaci, per sostenersi nella vita di preghiera e di meditazione, decisero di vivere in comunità, dedicandosi perciò anche alle attività necessarie a procurarsi i mezzi di sostentamen to. Per poter vivere insieme, questi monaci si davano delle regole che tutti i membri della comunità erano tenuti a rispettare. Vennero chiamati cenobiti, con una parola di origine greca che significa appunto “coloro che fanno vita in comune”. Una figura molto im portante del monachesimo cenobitico fu san Basilio, un monaco originario della Cappadocia (nell’attuale Turchia) che redasse una “Regola” seguita ancora oggi, soprattutto nelle chiese orientali.

Trasferitosi poi nella località di Cassino, ai confini tra il Lazio e la Campania, sui resti di antichi templi pagani costruì il suo primo monastero. Si tratta della celeberrima abbazia di Montecassino, che divenne la culla e la sede di irraggiamento di tutto il monache simo occidentale. Questa abbazia, nonostante parecchie tragiche vicissitudini che l’hanno colpita nella storia (saccheggi, distruzioni, ultima quella dovuta ai bombardamenti angloamericani durante la Seconda guerra mondiale), è ancora oggi un centro straordinario di vita religiosa, di studio e di cultura.

Monastero Insieme di edifici che costituiscono la residenza di una comunità monastica. Abbazia sinonimo di monastero, deriva dall’antica parola ebraica abba che significa “padre”. Col tempo è passato a indicare più propriamente la chiesa all’interno del monastero. Perché vennero create nei monasteri le “regole”? A che cosa servivano? L’abate Desiderio di Montecassino offre codici e possedimenti a san Benedetto Miniatura da un manoscritto cassinese del VI CittàVaticana,Bibliotecasecolo,ApostolicadelVaticano

Nasce l’abbazia di Montecassino

Il gran numero di giovani che si decidevano a seguire questa esperienza spinse Benedetto a dare ai suoi monaci delle norme di vita precise formulate in una Regola che costituì una base per tut te le esperienze monastiche nate poi in Europa anche nei secoli successivi.

Non solo preghiera, ma anche lavoro Fulcro principale della Regola era il motto ora et labora (prega e lavora): la vita dei monaci era dedicata alla preghiera frequente du rante tutta la giornata ma anche al lavoro, considerato non solo un mezzo di sostentamento per il monastero ma anche, accanto alla preghiera, un altro modo di rendere lode a Dio. I lavori dei monaci erano di due tipi: c'era chi si dedicava all’attività manuale nei cam pi, coltivando i terreni circostanti il monastero, e chi si dedicava al lavoro intellettuale, ossia lo studio e la ricopiatura a mano dei testi antichi (i monaci che vi si dedicavano erano detti amanuensi). Il grande valore che Benedetto diede al lavoro fu un fatto veramente rivoluzionario. Bisogna, infatti, tener conto che nell’antichità solo i poveri e gli schiavi lavoravano e che il lavoro, soprattutto quello manuale, era visto con disprezzo dagli uomini liberi. L’importanza degli amanuensi Riguardo poi al lavoro degli amanuensi, va detto che esso fu ispi rato al progetto di salvare il meglio della cultura classica e che fu condotto con grande impegno e dedizione nonostante la scarsità dei mezzi allora a disposizione. L’esito fu preziosissimo: senza la paziente opera di ricopiatura dei monaci, non sarebbero giunti fino a noi in misura così ampia i testi più importanti del sapere antico e il nostro patrimonio culturale sarebbe ancora adesso certamente impoverito. Lo sviluppo del monachesimo in Europa L’esperienza avviata da Benedetto ebbe una diffusione rapida e straordinaria. Moltissimi monaci vennero da lui inviati in tutta l’Europa a costituire monasteri e a portare il messaggio evangeli co, non solo con la predicazione ma anche con la vita. Questi luoghi divennero punti di riferimento per le popolazioni anche in località sperdute e impervie. Il suono delle campane che chiamava i monaci alla preghiera scandiva il tempo dei villaggi circostanti. I deboli, i vecchi, i poveri trovavano presso il monastero carità e accoglienza (una delle regole fondamentali fissata da san Benedetto era proprio l’ospitalità, per cui l’abate, cioè colui che guidava la comunità, era tenuto persino a lavare i piedi ai poveri e ai viandanti che si presen tavano al monastero). Fino all’XI secolo i monasteri furono l’unico luogo dove si faceva scuola per tutti. I monaci, inoltre, scoprirono nuove tecniche di coltivazione, bonificarono e resero coltivabili le paludi, contribuendo così a far rinascere l’agricoltura dopo le deva stazioni operate dalle invasioni barbariche. Soprattutto, però, i mo nasteri benedettini contribuirono alla diffusione in molte regioni d’Europa del messaggio cristiano con l’affermazione del valore e della dignità di ogni uomo. Si può a questo punto ben comprendere come il monachesimo possa essere considerato uno dei fattori che

Perché è importante il rilievo dato dalla Regola di san Benedetto al amanuensi?l’operafuPerchélavoro?importantedegli

72 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA

I inbenedettinimonasteriprincipaliEuropa

ReichenauLorschPomposa

CAPITOLO 4 73

hanno originato la civiltà europea: in un mondo ancora rozzo e vio lento, basato sul saccheggio e sulla rapina e dove la vita umana era poco considerata, l’insegnamento dei monaci andava in tutt’altra direzione. L’Irlanda, “isola dei santi” Altro grande centro di sviluppo del monachesimo europeo fu l’Irlanda. Qui il Cristianesimo venne introdotto da un missionario di origine britannica ed ex schiavo, Patrizio (385 circa-461). Egli con vertì le rozze tribù indigene, si batté contro la violenza e la schiavi tù, eliminò usanze pagane quali i sacrifici umani. A seguito di que sta opera di cristianizzazione, nacquero numerosi monasteri fondati da monaci poi venerati dal popolo come santi (da qui la de finizione dell’Irlanda come “isola dei santi”). In questi monasteri si coltivava la cultura, con la lettura e la trascrizione dei testi antichi, e grande sviluppo ebbe anche l’arte della miniatura, cioè l’uso di im preziosire i codici con pitture raffinatissime di piccole dimensioni. L’antica lingua gaelica inoltre, usata da questi monaci, fu una delle prime lingue non latine ad avere un uso scritto in Europa. Dall’Irlanda partirono alcuni grandi missionari che si diressero in molte parti d’Europa. Tra questi ricordiamo in particolare san Colombano che fondò vari monasteri in Francia e, in Italia, l’abba Perché l’Irlanda è l’“isolachiamatadei santi”’? Mar Mediterraneo Mar Nero Danubio Reno Nilo MontecassinoS.VincenzoSubiaco FarfaNorciaFirenze NonantolaBobbio S. SestoSalvatore San Gallo Luxeuil

Qui egli visse fino alla morte e vi si conservano tuttora le sue reli quie Altri popoli si convertono al Cristianesimo Altri missionari contribuirono, a partire dal VI secolo, a diffonde re il Cristianesimo presso i vari popoli europei. Nel 597, a seguito del battesimo di un loro re ad opera del monaco Agostino, iniziò la conversione degli Angli in Britannia. Nel VII secolo la grande azio ne missionaria del vescovo inglese Bonifacio diffuse il Vangelo nel le terre tedesche e nel IX secolo vennero evangelizzati i paesi scan dinavi. Nell’Europa orientale si sviluppò l’azione missionaria dei fratelli Cirillo e Metodio i quali, per rendere più efficace la loro pre dicazione, tradussero la Bibbia in lingua slava, dopo che Cirillo ave va dato alle popolazioni di queste terre un nuovo alfabeto (detto perciò cirillico). Attorno al X secolo l’intera Europa, a est come a ovest, a nord come a sud, poteva dirsi cristiana, anche se non sem pre chi aderiva al Cristianesimo lo faceva in modo così profondo da cambiare in poco tempo i suoi usi e costumi ancora influenzati dal paganesimo. Reliquia Nella tradizione cristiana è una parte del corpo di un santo, o un oggetto a lui appartenuto, venerati in modo particolare dai fedeli (deriva dal latino relinquere che significa “lasciare indietro”, quindi “ciò che il santo ci ha lasciato”).

zia di Bobbio, che diverrà una delle più importanti del Medioevo.

Perinettodida Benevento (metà del XV secolo), Chiesa di san Giovanni a Carbonara, Napoli

Paganesimo Il termine deriva dal latino pagus, che significa “villaggio”, e indica l'insieme delle religioni politeiste precristiane. I cristiani infatti definivano pagani, in dispregiativo,modocoloro che erano rimasti legati ai culti politeisti, perché abitavano soprattutto nei villaggi e nelle campagne dove era più forte l’attaccamento alle antiche credenze.

Monaci al lavoro Affresco

Di nobile famiglia romana, nel 573 egli assunse un’importante carica politica che lo poneva a capo della città. Ben presto però fu attratto dalla vita monastica e dall’insegnamento di san Benedet to. Fondò perciò un monastero benedettino sul Celio e vi si ritirò a vivere finché il papa Pelagio II, riconoscendo le sue grandi qualità, gli affidò la missione di ambasciatore a Costantinopoli. Svolto bril lantemente questo incarico, e morto il papa precedente, fu scelto dal popolo come suo successore. A quei tempi infatti, a differenza di oggi, il papa era scelto dal popolo e dal clero romano mediante acclamazione. Egli non avrebbe voluto accettare, preferendo tor nare alla sua vita ritirata, ma non poté fare a meno di rispondere alla chiamata popolare. L’impegno al servizio della città Subito si adoperò per il bene di Roma. Adottò provvedimenti per contrastare una spaventosa pestilenza che stava decimando la popolazione. Organizzò la difesa della città per fronteggiare la minaccia dei Longobardi di Agilulfo (riuscì perfino a convincerlo, pagando un grosso tributo in denaro, a ritirarsi senza compiere saccheggi e violenze). Si prese cura personalmente dei malati e dei poveri distribuendo a questi ultimi i proventi della coltivazione dei terreni di proprietà della Chiesa. Si adoperò, infine, per proteggere gli Ebrei che, a Roma come in altre città, erano malvisti dalla popo lazione che li accusava, a torto, di essere responsabili dell’uccisione di Gesù. L’opera missionaria Soprattutto, però, si adoperò per la diffusione del Cristianesimo. Incoraggiò e sostenne la regina longobarda Teodolinda nel suo tentativo di convertire al Cattolicesimo il marito e il suo popolo. In secondo luogo, avviò l’attività missionaria al di fuori dell’Italia, inviando un monaco romano, Agostino (da non confondere con l’o monimo Padre della Chiesa vissuto tra il IV e il V secolo), a evange lizzare l’Inghilterra. Tenne testa, inoltre, all’imperatore bizantino che si era proclamato capo della Chiesa universale, e scrisse impor tanti trattati in difesa della fede e della dottrina cattolica. Il popolo romano amò molto questo papa, che venne addirittu-

L’ascesa del vescovo di Roma: l’opera di Gregorio Magno Chi era Gregorio Magno Nel VI secolo emerse anche la figura di un grande papa, Gregorio I, detto poi Magno. Anche alla sua opera si deve l’affermazione della Chiesa in Europa, in particolare per quanto riguarda il ruolo sem pre più importante che il vescovo di Roma, il papa appunto, venne a rivestire nella cristianità.

CAPITOLO 4 75 2 ·

76 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA ra definito Defensor Civitatis (“difensore della città”) e Consul Dei (“console di Dio”). 3 · Il papa sceglie i Franchi Dio non si può rappresentare: l’iconoclastia Nell’VIII secolo un grave problema divise il papa e i cristiani d’Occidente dai Bizantini. Alcuni vescovi orientali affermarono in fatti che, siccome Dio è puro spirito, non è lecito rappresentarlo at traverso l’arte. Per questo contestarono aspramente l’uso delle im magini sacre nella pratica religiosa e l’imperatore d’Oriente Leone Monaco amanuense

CAPITOLO 4 77

Nasce il “Patrimonio di san Pietro” Questa donazione, fatta “a san Pietro” in quanto il papa era il suc cessore del capo degli apostoli, costituì il nucleo di quello che venne chiamato “Patrimonio di san Pietro”, cioè un territorio di cui il ve scovo di Roma era proprietario e amministratore. Questo territorio andò nel tempo accrescendosi, grazie a successive donazioni, come pure crebbe il ruolo politico del papato. Per spiegare tutto ciò biso gna tener conto che, fin dai tempi di Leone I e poi di Gregorio Ma gno, i papi avevano cominciato a svolgere funzioni che andavano oltre quelle strettamente religiose. Si occupavano, ad esempio, delPerché il papa e i vescovi immaginilecitosostennerod’Occidentecheeral’usodellesacre?

Isaurico li appoggiò, con un decreto del 727 col quale ne proibì la diffusione. Questa dottrina, che prese il nome di iconoclastia (cioè in greco “distruzione delle immagini”), venne però condan nata come eretica dal papa e dai vescovi d’Occidente. Se è vero in fatti, essi risposero, che Dio è puro spirito, è anche vero che, in Gesù, egli si è fatto uomo e quindi ha assunto sembianze umane che si possono rappresentare nella pittura e nell’arte. Negare le immagini sacre avrebbe significato quindi ignorare questo fatto. Non era una questione di poco conto. Se la dottrina iconoclasta si fosse affermata, il Cristianesimo sarebbe stato completamente snaturato e, nel tempo, si sarebbe perso il valore dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo. Con tale perdita sarebbe stata compromessa anche la stima e la considerazione per la persona umana in quanto tale e ciò avrebbe avuto conseguenze negative sul progresso del l’uomo e sul riconoscimento della sua dignità. La lotta contro tale dottrina, condotta dal papa, fu quindi di fondamentale importanza per lo sviluppo della civiltà. La vittoria dei sostenitori delle imma gini sacre, che avvenne nell’843, quando la dottrina degli iconocla sti venne definitivamente abbandonata, produsse risultati di cui ancora oggi godiamo i vantaggi.

III

I Longobardi minacciano Roma Nell’VIII secolo l’iconoclastia fu causa, sul territorio della peni sola, di nuove drammatiche guerre. Nei territori bizantini scoppia rono, infatti, aspre rivolte di cattolici contrari all’iconoclastia. In questi scontri persino l’esarca di Ravenna trovò la morte. Appro fittando di questa situazione e con la scusa di difendere Roma e il papa dalle minacce dell’imperatore d’Oriente, il re dei Longobardi Liutprando attaccò i possedimenti bizantini in Italia, arrivando an che a invadere i territori di Roma. La sua intenzione era, in realtà, quella di unificare tutta l’Italia sotto il suo dominio. Il papa si rese conto di questa minaccia e, protestando fermamente, convinse Liu tprando a desistere dal suo progetto. Si giunse, così, a un accordo col quale Liutprando, in segno di riconciliazione, donò al papa al cuni territori del Lazio, tra cui Sutri (742).

Il papa si allea con Pipino

Perché si parla di “Patrimonio di san PerchéPietro”?conLeone

Appropriandosi del trono che apparteneva a un altro sovrano, Pi pino compiva un atto di usurpazione, che andava contro le leggi e le antiche usanze franche. Perciò aveva bisogno di legittimarlo, cioè dargli valore, rendendolo conforme alla legge e accettato da tutti. Chiese pertanto al papa di riconoscere il suo potere, autorizzando la sua incoronazione. Il papa Zaccaria, che si sentiva minacciato dai Longobardi e confidava perciò nella protezione di un nuovo re po tente quale sembrava essere Pipino, acconsentì. Nel 754 il suo sucGiurisdizione Ambito (territorio e/o persone) su cui si estende e si esercita il potere di una determinata autorità.

Dinastia sovrani di una stessa famiglia che si succedono per discendenza diretta, cioè di padre in figlio, al governo di un regno. Usurpazione Appropriazione, con la violenza o con l’inganno, di un titolo o di una carica (ad esempio quella di re) che appartiene a un’altra persona.

78 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA

Questi compiti, in linea teorica, sarebbero spettati ai rappresentan ti dell’imperatore d’Oriente, in quanto Roma e il suo circondario erano sotto la sua giurisdizione, ma di fatto ciò non avveniva. Da qui la funzione di “supplenza” esercitata dal successore di Pietro che si ritrovava così a colmare un vuoto e a ricoprire anche un ruolo politico e istituzionale. Si va verso uno stato governato dal papa Bisogna inoltre ricordare che, grazie al suo crescente prestigio, la Chiesa aveva cominciato a ricevere donazioni di terreni nel Lazio e in altre regioni, da parte anche di privati cittadini, ricchi proprieta ri che con questo gesto facevano penitenza dei loro peccati o vole vano aiutare i poveri, che erano assistiti dai vescovi e dai monasteri proprio con i proventi di queste donazioni. Col passare del tempo, quindi, il Patrimonio di san Pietro divenne un territorio sempre più ampio e assunse le caratteristiche (anche a seguito delle concessio ni fatte in momenti successivi dai sovrani franchi) di un vero e pro prio stato autonomo sotto il governo del papa. L’unificazione del Regno Franco Come abbiamo visto, il maggiordomo Pipino di Heristal era riu scito a unificare sotto il suo dominio le varie parti del Regno Franco e a rafforzarne i confini, sconfiggendo le popolazioni barbariche dei Frisoni e degli Alemanni. Alla sua morte gli successe il figlio Carlo Martello, grande guerriero, che dovette fronteggiare la penetrazio ne minacciosa degli Arabi a nord dei Pirenei. Decisiva fu, a questo proposito, la sua vittoria nella battaglia di Poitiers (732). Con Carlo Martello era ormai chiaro che il potere effettivo sul regno non era più nelle mani dei re merovingi ma dei loro maggiordomi. E infatti il figlio di Carlo, Pipino III il Breve, decise di trarne tutte le conse guenze. Nel 751 spodestò l’ultimo re “fannullone”, Childerico III, lo fece rinchiudere in un monastero e si proclamò re dei Franchi al suo posto. Alla dinastia merovingia si sostituiva quindi una nuova dinastia, che sarebbe stata chiamata carolingia dal nome latino (Carolus) di Carlo Magno, figlio di Pipino.

I e Gregorio Magno i papi daisupplenzadiPerchépolitico?ancheaccrebberoillororuolosiparlafunzionedisvoltapapi?

la difesa e della sicurezza della città e della salute dei suoi abitanti.

cessore, Stefano II, si recò personalmente in Francia per procedere alla sacra unzione del nuovo re, in segno di solenne confermazione. In cambio ottenne l’impegno di Pipino a difendere la Chiesa dalle minacce che provenivano dai Longobardi ma anche dai Bizantini. In tal modo si sancì una nuova alleanza, quella tra i Franchi, “figli primogeniti della Chiesa” in quanto primo popolo barbarico con vertitosi al Cattolicesimo, e il papato. Questa alleanza avrà nei seco li successivi conseguenze di vasta portata: originerà il definitivo distacco politico di Roma da Bisanzio e porrà le premesse per la na scita in Europa di un nuovo grande impero cristiano.

PipinoPerchéil Breve chiese al papa di legittimare la sua Perchécarica?ilpapa si alleò con i Franchi?

Tomba di Carlo Martello Chiesa di saint denis (nei pressi di Parigi), Francia

80 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA

METTIAMO A FUOCO

Perché i re venivano “unti”?

Enrico II guarisce un malato di scrofola Miniatura del XVI secolo, Bibliothèque Nationale, Parigi

Come avveniva l’unzione Il rito dell’unzione sacra, utilizzato per la prima volta dai re visigoti in spagna, divenne pratica co mune, a partire da Pipino, per i re franchi, quelli anglosassoni e i successivi imperatori. Tale rito era compiuto direttamente dal papa o da un ve scovo suo rappresentante, che, in una solenne cerimonia, cospargeva il sovrano in varie parti del corpo (la testa, il petto, le spalle, le mani, le giunture delle braccia) con il sacro Crisma, un unguento particolarmente venerato, composto da olio d’oliva e balsamo benedetti. Un’antica origine: l’unzione di Davide L’origine di questo rito veniva fatta risalire all’An tico Testamento, dove si narra che davide, il gran de re d’Israele, venne consacrato con l’unzione dal profeta samuele, inviato da dio. davide fu per tutto il Medioevo il modello perfetto di sovrano, a cui tutti i re cercavano di assomigliare, in quan to sapeva unire grandi capacità di governo a una profonda fede in dio. L’unzione serviva dunque a congiungere i re medioevali al grande modello dell’antichità. I re diventavano sacri… oltre a questa funzione però, l’unzione serviva soprattutto a rendere sacro il potere del re. un sovrano “unto” era sotto la speciale protezione di dio, diventava inviolabile e quindi degno di asso luto rispetto e obbedienza da parte di tutti i sud diti. Essendo poi lo stesso olio usato per alcuni sacramenti, divenne normale considerare l’inve stitura regia una specie di ottavo sacramento, che conferiva al re anche speciali poteri. … e guarivano alcune malattie A questo proposito, si diffuse a partire dal X se colo, sia in Francia che in Inghilterra, la credenza che i re potessero, con l’imposizione delle loro mani e grazie alla particolare assistenza divina, guarire o prevenire alcune malattie, tra le quali un'infiammazione ghiandolare chiamata scrofo losi. si trattava naturalmente di una leggenda, ma allora aveva molto seguito: si narra infatti di mol te persone che si recavano presso il sovrano per chiedere questa imposizione. Tutto ciò fa capire come nei secoli si venne sviluppando, soprattutto in Francia, una particolare venerazione per la figu ra del re, venerazione che rimarrà intatta almeno fino alla Rivoluzione francese (1789).

CAPITOLO 4 81 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA

Un monastero benedettino I monaci che seguivano la Regola di san Benedetto vivevano stabilmente insieme all’interno di un mo nastero, un insieme di edifici circondato da mura. Qui obbedivano a un superiore scelto da loro e che chiamavano abate (termine che, nell’antica lingua parlata in Palestina, l’aramaico, significa “padre”). da abate deriva il termine abbazia, che può designare sia l'intero monastero sia la chiesa che ne è il cuore. All’interno del monastero molti erano i luoghi importanti, oltre naturalmente alla chiesa. C'era innanzitutto il chiostro che affianca va la chiesa: una sorta di cortile interno di forma quadrata o rettangolare, delimitato ai lati da un porticato e con un giardino e una fontana al suo interno. sotto il porticato il monaco passeggiava e meditava in silenzio. Vi erano poi il dormitorio dei monaci, il refettorio con annessa la cucina, la sala capitolare dove si riuniva tutta la comunità sia per ascoltare la lettura di capitoli della Regola, sia per prendere le decisioni comuni e ascoltare le dispo sizioni dell’abate, la foresteria per accogliere gli ospiti, il parlatorio dove si incontravano le persone estranee. Vi erano anche la scuola per i novizi (co loro che si preparano a prendere i voti religiosi e a diventare così monaci), l’infermeria, la sacrestia, la portineria, la biblioteca. Annessa alla bibliote ca vi era una sala molto importante, lo scriptorium: qui i monaci amanuensi su appositi leggii copia vano i libri. Tutti questi locali, a parte la cucina e l’infermeria, a quei tempi non erano riscaldati; in particolare lo scriptorium, che doveva avere grandi finestre aperte per garantire la luminosità, essen do pericoloso usare le candele che potevano pro vocare incendi. Annessi al monastero potevano esserci altri luoghi di lavoro, dove venivano svolti servizi utili alla comunità: il mulino, il forno, la fu cina, il granaio, le stalle per gli animali, la cantina per il vino o per la birra (che i monaci stessi produ cevano), gli orti. Il monastero doveva essere infatti autosufficiente, cioè avere al suo interno tutto ciò che era indispensabile alla vita della comunità. In Italia sono molti i monasteri benedettini e la gran parte di questi, ancora attivi e funzionanti, possono essere visitati. Tra i più antichi e impor tanti ricordiamo, oltre a Montecassino e a subiaco, Farfa nel Lazio, Novalesa in Piemonte, Nonantola e Pomposa in Emilia Romagna, s. Vincenzo al Vol turno nel Molise. Purtroppo quasi tutti conservano ben poco della loro forma originaria, in quanto nel tempo hanno subito devastazioni, abbattimenti, ricostruzioni e rifacimenti, a cominciare proprio da Montecassino. Abbazia benedettina di Novalesa (Torino) nelle pagine seguenti Abbazia benedettina Il disegno rappresenta una ricostruzione dell’abbazia di Cluny sorta nel X secolo e che raggiunse un grande splendore nei secoli immediatamente successivi.

82 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA

CAPITOLO 4 83

METTIAMO A FUOCO

Tutto nel monastero deve favorire il raccoglimen to. Perciò, quando i monaci passeggiano nel chio stro vestiti della loro povera tunica e del grem biule di lavoro (che si chiamerà poi scapolare), debbono tenere il capo leggermente inclinato con gli occhi bassi in segno di umiltà e le mani dentro le grandi maniche. Quando si incontrano tra loro si salutano muovendo leggermente il capo. Quan do incontrano l’abate si inginocchiano e chiedono la sua benedizione.

Le frequenti preghiere in comune Qual è la giornata tipo di un monaco benedetti no? La Regola di san Benedetto, praticata ancora oggi, ce lo dettaglia fin nei minimi particolari. Innanzitutto il monaco deve pregare. In inverno poco prima delle due di notte è svegliato dal suo no della campanella che chiama tutti a recitare e a cantare in chiesa il mattutino, la prima preghiera della giornata. Ad esso seguono fino alle quattro la recita delle lodi, le letture e la preghiera dell’o ra prima. Al canto del gallo i monaci si recano al lavoro, chi nei campi, chi nelle stalle, chi nella bi blioteca e nello scriptorium ognuno ha un compi to. Altre due volte nel corso della mattinata essi interrompono i lavori per pregare. si tratta dell’ora terza e dell’ora sesta, a cui si aggiungono la messa e un momento di lettura personale. Il pasto frugale Alle undici tutti i monaci si ritrovano insieme nel refettorio per un pasto frugale, fatto di vegeta li (due piatti cotti fra cui poter scegliere), pane, qualche frutto. La carne è riservata ai malati, ai deboli, agli ospiti e ai pellegrini. Come bevanda è concesso un po’ di vino. Mentre si mangia, a tur no, un monaco legge brani della Bibbia o di altri testi religiosi e gli altri ascoltano in silenzio. dopo il pranzo vi è un momento dedicato al riposo o alla lettura e alla preghiera individuale silenziosa. Verso le 14 si riprende di nuovo con la preghiera comune (ora nona) per poi tornare al lavoro ma nuale che per san Benedetto è, comunque, una forma di preghiera e di lode a dio. Al tramonto vi è la preghiera della sera o vespro, una frugalissi ma cena, se si è d’estate quando i pasti sono due (nelle altre stagioni si mangia invece una sola volta), e poi la preghiera di compieta che conclu de la giornata. Come si vede è proprio la preghie ra comune che scandisce il tempo. Al termine, dopo la benedizione dell’abate, tutti si recano a dormire su semplici letti, giacigli fatti di erbe, fieno, barbe di pannocchie. Il dormitorio è unico. solo l’abate, il portinaio e i malati in infermeria hanno celle separate.

84 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA

Umiltà e raccoglimento

La vita quotidiana del monaco: scandire il tempo con la preghiera

Tutto questo può dar l’idea di una vita molto dura ma si tratta di una durezza attenuata dalla mo derazione e dalla dolcezza (in latino si diceva discretio) che l’abate mostrava nel guidare il mo nastero. Egli infatti, secondo le indicazioni della Regola, non doveva imporre ai suoi monaci sa crifici o doveri che questi non erano in grado di compiere. doveva quindi saper governare il mo nastero con equilibrio e realismo, proprio come un buon padre che conosce ad uno ad uno le ca ratteristiche dei suoi figli e sa che cosa essi sono in grado di fare e che cosa no. d’altra parte le difficoltà della vita monastica non distoglievano i giovani dal seguirla e molti, come visto, furono coloro che la abbracciarono con entusiasmo.

CAPITOLO 4 85 NON TUTTI SANNO CHE…

Ermanno lo Storpio con un astrolabio in mano Immagine tratta da una raffigurazione medioevale

Ermanno di Reichenau: il disabile diventato genio Una grave disabilità Tra le grandi figure che annovera il monachesi mo benedettino vi è quella, tutta particolare, di Ermanno di Reichenau, conosciuto anche come Ermanno il Rattrappito o lo storpio. Come dice il nome, si trattava di quello che oggi chiamerem mo un disabile dalla nascita, contorto, rattrappito, incapace di stare ritto in piedi e di camminare, in difficoltà perfino a star seduto sulla sedia che era stata preparata apposta per lui. Le sue dita erano troppo deboli per scrivere e le labbra e il palato tanto deformati da rendergli difficile anche il par lare. In tali condizioni nel mondo antico sarebbe stato eliminato alla nascita. Nel Medioevo, inve ce, questo non accadeva perché vi era un luogo, il monastero appunto, che era sempre disposto ad accogliere disabili come lui. Nel monastero di Reichenau E fu proprio nel monastero benedettino di Reiche nau, sul lago di Costanza, che il padre, un conte svevo, mandò il piccolo Ermanno, sembra all’età di sette anni. Qui, circondato dall’affetto degli amici monaci, crebbe imparando la matematica, il greco, il latino, l’arabo, l’astronomia e la musica. si appassionò tanto all’astronomia da scrivere un trattato sull’astrolabio (uno strumento utilizza to per determinare l’altezza del sole e degli astri sull’orizzonte e che si sarebbe dimostrato fonda mentale nei viaggi per mare) e probabilmente ri uscì anche a costruirlo, pur con le sue mani così malridotte. scrisse, inoltre, dei testi sulla musica e compose le musiche di alcuni celebri inni sacri (in particolare gli è attribuita la Salve Regina). scrisse infine un Chronicon cioè un manuale di storia uni versale dalla nascita di Cristo al suo secolo, consi derato ancora oggi opera di grande interesse. Una morte serena Apprezzato dall’imperatore Enrico III e dal papa Leone IX, Ermanno lo storpio si spense serena mente, il 24 settembre 1054 a quarantun’anni, circondato dall’affetto di monaci e amici e con solato dalla lettura dei testi antichi. Fu poi sepolto nei suoi possedimenti di Altshausen ai quali ave va da tempo rinunciato. La sua vita, difficile ma ricca di soddisfazioni, getta ulteriore luce sulla grandezza dell’esperienza monastica. Nei mona steri benedettini, infatti, c’era spazio per tutti; an che persone con gravi disabilità, che ogni società antica avrebbe rifiutato, qui venivano valorizzate e aiutate nella loro realizzazione.

Il lavoro: una maledizione antica una grande novità contenuta nella Regola di san Benedetto è il valore positivo attribuito al lavoro, in particolare quello manuale. Non dimentichia mo, a questo proposito, che non solo nella men talità greca e latina ma anche nella stessa tradi zione biblica dell’Antico Testamento, il lavoro era invece visto come una specie di condanna. Nel libro della Genesi, in particolare, Adamo, dopo il peccato originale, avrebbe dovuto guadagnarsi il pane «col sudore della fronte», quasi fosse una maledizione.

Perché il lavoro è importante per l’uomo

SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER

L’attualità dell’insegnamento di san Benedetto san Benedetto ha invece una visione molto diver sa: ai suoi occhi di uomo di fede il lavoro diventa un modo per dare lode a dio, vincere l’ozio e ren dere più bello e migliore il mondo, collaborando così con l’opera creatrice di dio e rendendo la vita umana più ricca di soddisfazioni. Ci si può chiede re se questo insegnamento non possa essere utile anche per l’uomo di oggi, così spesso preso dalla frenesia, dalla fretta di compiere molteplici azio ni, di accumulare denaro e di inseguire il succes so (così almeno pare essere l’immagine spesso trasmessa dai media, nei film o nelle pubblicità). oggi, soprattutto nelle società economicamente avanzate, sembra che per molti il lavoro sia visto solo come un modo per arricchirsi, per realizzare un profitto, per garantirsi un benessere. Tutto ciò, entro certi limiti, non è sbagliato, ma può non es sere l’unico aspetto importante. Lavorando, infat ti, l’uomo può trovare anche un modo di realizzare se stesso, mettere a frutto le sua capacità, la sua creatività e, inoltre, essere di aiuto agli altri, alla società. Questo si può verificare quotidianamen te: anche tu lo puoi verificare, partendo dall’e sperienza che fai ogni giorno, proprio nell’attività scolastica. Inoltre, se rifletti con attenzione, ti ac corgerai che anche da lavori umili e semplici, se fatti in un certo modo, si possono ricavare soddi sfazioni, si rendono felici altre persone e si rende più bella la terra su cui viviamo e la società di cui facciamo parte. Una civiltà fondata sul lavoro C’è un altro aspetto che merita di essere sotto lineato. Grazie anche alla dignità che, a partire dall’insegnamento di san Benedetto, è stata data al lavoro, la civiltà occidentale si è sviluppata, i paesi europei ed extraeuropei legati alla cultura occidentale sono cresciuti nel tempo fino a diven tare le maggiori potenze economiche del globo. In questi paesi il lavoro è considerato un diritto fondamentale alla base stessa dello stato (nella Costituzione italiana, ad esempio, all’articolo 1 si dice che l’Italia è una Repubblica «fondata sul lavoro» e all’articolo 4 si stabilisce che «la Repub blica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro» e favorisce le condizioni che permettano a tutti di esercitare questo diritto). E la storia insegna che le società dove il lavoro non è tenuto in conside razione e non è considerato un valore importante sono destinate a una irrimediabile povertà

86 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA

L’EDUCAZIONE CIVICA)

5. In seguito all'aumentata importanza della Chiesa in campo politico, e alle molte donazioni fatte dai fedeli, si costituì quello che fu chiamato il “Patrimonio di san Pietro”, primo nucleo del futuro Stato Pontificio. La crescita dell’influenza della Chiesa, e in particolare del vescovo di Roma, fu dovuta anche alla mancanza di autorevolezza e di efficacia del governo bizantino nei territori italiani.

4. San Gregorio Magno, originariamente monaco benedettino, fu uno dei papi più importanti della storia. Salvò Roma dall’assedio dei Longobardi, si adoperò per fronteggiare una grave pestilenza che aveva colpito la città e incoraggiò la regina longobarda Teodolinda alla conversione, divenendo un punto di riferimento non solo religioso, ma anche politico per la popolazione dell’Italia centrale.

CAPITOLO 4 87

la dellineatempo versione audio on-line

1. Nei primi secoli del Cristianesimo, soprattutto in oriente, alcuni cristiani, per seguire l’insegnamento di Gesù, scelsero di isolarsi dal mondo e andare a vivere, da soli, come monaci eremiti. In occidente invece si sviluppò una forma di esperienza religiosa basata sulla vita in comune dei monaci (monachesimo cenobitico).

Raccontiamo in breve

2. L’iniziatore del monachesimo occidentale può essere considerato san Benedetto da Norcia, che fondò l’ordine benedettino, cui diede una Regola molto importante che divenne modello per tutte le successive esperienze monastiche comunitarie in Occidente. Nella Regola si invitavano i monaci non solo alla preghiera e allo studio, ma anche al lavoro manuale, in base al precetto «ora et labora» (prega e lavora).

3. I benedettini, che si diffusero in tutta Europa, lavoravano i campi, aiutavano i poveri dando loro assistenza, contribuirono alla sopravvivenza della cultura latina copiando i manoscritti degli autori antichi. Molti di loro si dedicarono all’evangelizzazione di territori abitati da popolazioni barbariche. In quest’opera un contributo importante fu dato anche dai monaci irlandesi.

6. Nel 751 papa Zaccaria, per proteggersi dalle continue minacce dei Longobardi e dei Bizantini, chiese aiuto ai Franchi. Accettò di incoronare nuovo re il maggiordomo Pipino il Breve, che aveva strappato la corona all’ultimo sovrano merovingio, in cambio della promessa di protezione. Venne così sancita l’alleanza tra la Chiesa e il Regno Franco, alleanza che avrà nei secoli successivi importanti conseguenze. 476 cade l’Impero Romano d’occidente 480 nasce san Benedetto 553 fine della dell’Italiaegreco-goticaGuerraconquistabizantina 590 Gregorio Magno diventa papa 727 inizia la iconoclastalotta 732 battaglia di Poitiers 742 donazione di sutri, nasce il Patrimonio di san Pietro 754 Pipino il reconsacratoBrevedeiFranchi

88 L’Eu Ro PA dIVENTA CRIsTIANA Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Qual è la differenza tra monaci eremiti e cenobiti? 2. Quale fu la prima abbazia fondata da san Benedetto? 3. Quali furono i popoli e le aree europee che vennero evangelizzati dai monaci? 4. Quali opere compì Gregorio Magno a favore dei poveri? 5. Che cosa fece Leone III Isaurico a proposito delle immagini sacre? 6. Che obiettivi si propose Liutprando in occasione dello scontro tra il papa e l’imperatore bizantino? 7. Che cos’è il Patrimonio di san Pietro? 8. A quale grande impresa è legato il nome di Carlo Martello? 9. Che cosa fece Pipino il Breve? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 480 circa Inizio dell’iconoclastia 727 Consacrazione di Pipino il Breve 732 Nascita di san Benedetto 754 Battaglia di Poitiers Esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Monachesimo eremitico significa a. che i monaci vivono da soli, dedicandosi alla preghiera in luoghi isolati. b. che i monaci vivono insieme in comunità. c. che i monaci viaggiano per il mondo a predicare il Vangelo. Gli amanuensi col loro lavoro a. contribuirono alla diffusione della lingua latina. b. contribuirono a conservare la cultura degli antichi. c. fondarono scuole e scrissero libri importanti. L’opera di Gregorio Magno fu molto importante perché a. contribuì a conferire prestigio e autorità al papato. b. governò con saggezza e autorevolezza i territori bizantini in Italia. c. contribuì a dare sviluppo alla città di Roma. Per Patrimonio di san Pietro si intende a. l’insieme di territori italiani governato dall’esarca bizantino. b. l’ insieme dei territori donati al papa e che questi amministrava. c. I territori che i Longobardi strapparono ai Bizantini.

Pipino il Breve chiese al papa di essere incoronato re dei Franchi perché a. avvertiva la necessità di legittimare la sua conquista del trono. b. era profondamente religioso. c. voleva rafforzare il suo potere. Esercizio 4 · Questo brano contiene parecchie inesattezze e imprecisioni. Riscrivilo sul tuo quaderno di lavoro, correggendole.

CAPITOLO 4 89

Reliquia Monaco eremita che vive solitario sopra una colonna nel deserto.

Stilita Lingua parlata nell’Irlanda antica.

Unzione sacra distruzione delle immagini sacre. Chiostro superiore di un monastero. Lingua gaelica Rito col quale i re venivano unti e consacrati di fronte a dio.

Con Gregorio Magno e i papi successivi la Chiesa e il vescovo di Roma in particolare assunsero un ruolo sempre più determinante anche sul piano politico. Ciò avvenne perché i papi imposero la loro volontà agli esarchi che rappresentavano l’imperatore bizantino in Italia e si impossessarono di molti territori. Nacque così lo stato della Chiesa che, in un secondo momento, verrà chiamato anche Patrimonio di san Pietro. Quando poi i papi dovettero fronteggiare la minaccia longobarda, si rivolsero, per ottenere sicurezza e protezione, ai Franchi. A tale proposito papa Zaccaria, nel 754, si recò in Francia per ungere e consacrare come re Carlo Martello, un maggiordomo che aveva spodestato l’ultimo re merovingio e che aveva bisogno, per consolidare e legittimare il suo potere, dell’appoggio papale. se creò così un’alleanza tra papato e Regno Franco, alleanza che però fu di breve durata e che ebbe scarsa rilevanza nel tempo. Esercizio 5 · Collega con una freccia la parola nella colonna di sinistra al suo significato nella colonna di destra. Abate Insieme di precetti e doveri che il monaco doveva seguire.

Regola Parte del corpo o oggetto appartenuto a un santo, particolarmente venerato dai fedeli. Giurisdizione Cortile interno al monastero, a pianta rettangolare o quadrata, circondato da un porticato. Iconoclastia Ambito su cui si esercita il potere di una determinata autorità.

Capitolo 5 La nascita e la diffusione

Rese questo popolo protagonista della storia dell’Oriente e non solo. I suoi successori, i califfi, estesero la dominazione musulmana su tre continenti, soppiantando grandi civiltà, tra le quali, ad esempio, quella persiana, sommergendo molta parte della cristianità orientale e giungendo alle soglie di quella occidentale. Da quel momento in poi i popoli dell’Europa e lo stesso Cristianesimo dovranno confrontarsi con l’impeto di questa nuova religione in una convivenza a volte estremamente difficile e conflittuale, altre volte più pacifica e feconda.

L’ultimadell’Islamgrandereligione

Ancor oggi la predicazione di Maometto infiamma i cuori di milioni di persone in tutto il mondo e costituisce per tutti un grande termine di confronto.

materiale

monoteista Maometto fu il fondatore dell’ultima grande religione monoteista, l’Islam, la religione dei sottomessi ad Allah. Con la sua predicazione, ma anche con le sue azioni militari, egli seppe riunire le molteplici tribù nomadi politeiste ed animiste, presenti nella Penisola Arabica, creando un unico grande popolo, compatto e forte, animato dagli stessi solidi ideali religiosi.

CAPITOLO 5 91

La Gabrieledell’ArcangelorivelazioneaMaometto davelatoèinmusulmanaSecondoParigiMuseo(fineMiniaturaXVIsecolo),delLouvre,latradizioneMaometto,quantofigurasacra,rappresentatoeavvoltounafiamma.

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Gli altri territori del Vicino Oriente

La situazione dell’Africa settentrionale L’Africa settentrionale, fortemente latinizzata dai tempi dei Romani, aveva visto un’ampia diffusione del Cristianesimo (uno dei più grandi Padri della Chiesa, sant’Agostino, era appunto africano) e, dal punto di vista economico, si presentava piuttosto fiorente. No nostante il retroterra desertico, infatti, vi era stato un grande svilup po dell’agricoltura in special modo lungo le coste, con la diffusione di estesi vigneti. In questa situazione i contatti commerciali fra le tribù arabe e il resto dei territori dell’Oriente e dell’Africa erano fre quenti come pure anche gli scambi di tipo culturale e religioso.

· La Penisola Arabica prima di Maometto

Una regione abitata da nomadi Fin dall’antichità la regione in gran parte desertica che chiamia mo Penisola Arabica era abitata da popolazioni di lingua semitica, in maggioranza beduini nomadi dediti ai commerci, alla pastorizia e alle razzie. L‘agricoltura, piuttosto scarsa, era sviluppata solo nel le oasi ai margini del deserto. Queste popolazioni praticavano una religione di tipo animistico, adoravano cioè molte divinità che ri tenevano presenti nella natura, anche sotto forma di demoni. In dicavano con il nome Allah il dio supremo del cielo e il loro luogo di culto per eccellenza era La Mecca, città posta nella zona centrooccidentale della penisola, non distante dalle coste del Mar Rosso. Qui, tra l’altro, si venerava la pietra nera, probabilmente un meteo rite di circa 30 centimetri di diametro, custodito in un edificio detto Ka’ba, meta di continui pellegrinaggi.

Lingue semitiche Il termine deriva da Sem, figlio di noè, che nel racconto biblico sarebbe stato il progenitore delle popolazioni del Medio Oriente e dell'Africa nordorientale. Indica quindi un gruppo di lingue originarie di quella zona (differenti dalle lingue indoeuropee), che comprende il babilonese, l’assiro, l’ebraico, l’aramaico, l’arabo e l’etiopico. Razzia Aggressione armata a scopo di saccheggio.

Queste popolazioni non erano organizzate in forma di stato vero e proprio ma erano divise in clan familiari, a loro volta raggruppati in tribù sotto il governo di capi tribali.

I territori nord-occidentali della regione, costituiti dalla Siria, dalla Palestina e dalla Mesopotamia (quello che oggi chiamiamo Vi cino o Medio Oriente) erano sotto il dominio bizantino e persiano ed erano venuti in contatto prima con la civiltà ellenistica e poi con quella romana. Avevano, quindi, conosciuto un’influenza della cul tura occidentale come pure del Cristianesimo. Rilevante era inoltre la presenza in queste aree di antiche comunità ebraiche.

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92 L A nASCItA E LA DIffuSIO n E DELL’ISLAM

2 · Maometto La sua formazione Maometto (Muhammad), il fondatore della religione islamica, nacque attorno al 570 d.C. in una tribù che allora dominava La Mecca. Per vivere, da giovane dovette fare il cammelliere, seguen do lo zio mercante nei suoi viaggi carovanieri. Ebbe in tal modo la possibilità di entrare in contatto sia con la religione cristiana che con l’Ebraismo. A 25 anni sposò Khadīja, anziana vedova di un ricco mercante. Questo matrimonio gli consentì di vivere in condizioni agiate e quindi di dedicarsi senza preoccupazioni economiche allo studio e alla riflessione religiosa, che occupò uno spazio sempre maggiore nella sua vita. Attorno ai 40 anni, dopo un periodo di me ditazione e ritiro spirituale trascorso in una caverna, iniziò a predi care una nuova religione, l’Islam appunto, che, come disse, gli era stata rivelata dall’arcangelo Gabriele in un’apparizione. L’inizio della predicazione Questa predicazione, basata sull’affermazione di un intransigen te monoteismo, ebbe un iniziale successo tra i ceti più umili della società della Mecca, anche perché insegnava il distacco dalle ric chezze e la giustizia verso i poveri. A seguirlo furono per primi la Deserto della Penisola Arabica

94 L A nASCItA E LA DIffuSIO n E DELL’ISLAM moglie, il cugino Alì e altri parenti. Trovò, invece, una decisa oppo sizione da parte dei maggiorenti della città e dei ceti più ricchi (so prattutto i mercanti) legati alla religione tradizionale. Questi ulti mi, in particolare, temevano che la predicazione di Maometto contro il politeismo minacciasse i fiorenti guadagni che proveniva no loro dai pellegrini che affluivano nella città sacra. L’egira, le campagne militari e il successivo trionfo Maometto dovette così lasciare La Mecca per dirigersi a Yathrib (che da allora cambiò il nome in Medina, ossia “città del profe ta”), situata a circa 350 km a nord. Questa fuga, avvenuta nel 622 e chiamata egira (dall'arabo hijra cioè “emigrazione, distacco”) costituisce per i musulmani l’inizio ufficiale della nuova religio ne (e per questo nel loro calendario gli anni sono numerati a par tire proprio da questa data). A Medina Maometto continuò la sua opera: raccolse attorno a sé molti seguaci e organizzò un esercito col quale si rese protagonista di varie spedizioni e razzie contro tribù nomadi e carovane della Mecca, fino a quando, nel 630, poté di nuovo rientrare, questa volta da vincitore e con le armi in pu gno, nella città sacra. Fu nel corso di questa campagna militare che Maometto iniziò a usare l’espressione “infedeli” per definire tutti coloro che non accettavano la sua nuova religione. Sempre nel pe riodo della sua presenza a Medina cominciò ad attaccare gli Ebrei insediatisi in città, che furono espulsi o uccisi. Conquistata La Mecca, Maometto instaurò ufficialmente la sua nuova religione, eliminò tutti gli idoli precedentemente venerati e impose alle tri bù nomadi ancora indipendenti la sottomissione. In breve l’Islam si diffuse in tutta la Penisola Arabica. Solo due anni dopo, nel 632, Maometto morì tra le braccia di Aisha, la preferita tra le mogli che aveva avuto dopo Khadīja.

iPerchémaggiorenti

Mecca

3 · Che cosa predicava la nuova religione Il perfetto musulmano è il “sottomesso” a Dio Al centro della predicazione di Maometto sta l’affermazione rigo rosa dell’esistenza di un solo Dio, Allah, di cui egli si pone come ulti mo e definitivo profeta, colui che porta a compimento l’intera rive lazione. Va detto, a tale proposito, che Maometto riconosce la figura di Gesù Cristo, ma lo considera un suo precursore, un semplice pro feta, non certo il Figlio di Dio. Se Gesù, infatti, fosse il Figlio di Dio, e Dio egli stesso, come afferma il Cristianesimo, il monoteismo ver rebbe, a suo dire, compromesso. Per Maometto Dio è quindi l’unico padrone del mondo, e ha deciso tutto fin dall’eternità; il fedele si deve sottomettere totalmente alla sua volontà. Per questo la nuova Maggiorenti Persone ricche e potenti, che occupano posizioni di rilievo nella società. della si opposero alla predicazione di Maometto?

CAPITOLO 5 95

I precetti fondamentali dell’Islam Tale piena sottomissione si traduce in alcuni precetti fondamen tali che ogni buon musulmano deve mettere in pratica. Oltre a cre dere fermamente nell’esistenza di un solo Dio e che Maometto è il suo profeta, il fedele deve praticare la preghiera cinque volte al giorno prostrandosi in direzione della Mecca, fare l’elemosina ai bi sognosi musulmani, digiunare di giorno durante il mese sacro del Ramadan (ma è possibile mangiare dopo il calar del sole) e compie re un pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita, per ve nerare la Ka’ba. Si tratta di gesti semplici, alla portata di tutti, che non necessitano di una profonda dimensione spirituale né di una rilevante preparazione teologica. Al contrario hanno una forte va lenza collettiva in quanto vengono praticati in gran parte pubblica mente e quindi servono a rafforzare il legame e il senso di apparte nenza dei fedeli alla loro comunità religiosa. Il Corano Il Corano è il testo sacro che contiene i principi della religione islamica. Maometto sosteneva di averlo ricevuto direttamente da Allah tramite l’Arcangelo Gabriele. È quindi, per i musulmani, un

Perché si parla di dell’Islam?amonoteismorigorosoproposito Preparazione teologica Che ha a che fare con lo studio approfondito di Dio e delle sue caratteristiche (dal greco “teologia”). Pagina del Corano Paul Getty Museum, Los Angeles

religione si chiama Islam, che significa "sottomissione" (e muslim, da cui deriva musulmano, significa “sottomesso”).

testo “disceso” dal cielo, non composto dall’uomo. In questo libro non sono definiti solo i contenuti della fede, ma anche le regole del la vita quotidiana, sia degli individui che della società, come le rego le per la purificazione, quelle per l’assunzione dei cibi (ad esempio si prescrive l’astinenza totale dagli alcolici e dalla carne di maiale), oppure le indicazioni su come trattare i popoli stranieri e nemici. Gli insegnamenti del Corano, insieme con i detti attribuiti a Mao metto e raccolti dalla tradizione (sunnah) costituiscono l’insieme dei precetti della legge islamica, detta Shari'a. Il Jihad è la “guerra santa”?

Un altro importante impegno proposto ai fedeli musulmani è quello del jihad. Questo termine significa “impegno, sforzo, mobili tazione”, “lotta sul cammino di Dio”. Come va intesa però questa lotta? È solo l’impegno interiore di ogni fedele per sconfiggere il proprio male e il proprio peccato e per avvicinarsi di più a Dio o è allaPellegrinaggioKa’ba La ArabiaMecca,Saudita

qualcosa di diverso? In alcuni versetti del Corano si parla chiaramente del jihad come lotta armata, guerra allo scopo di convertire gli infedeli all’Islam (“guerra santa”). Ci sono, però, anche alcuni passi che affermano che la fede non può essere imposta con la vio lenza. È difficile, quindi, conciliare queste due affermazioni, dando un’interpretazione univoca del termine jihad. Va detto, comunque, che nella storia è spesso prevalsa l’interpretazione più bellicosa e che molte delle conquiste militari effettuate nei secoli successivi dai musulmani sono state sostenute da forti motivazioni religiose. Solo in pochi casi (ad esempio nell’arcipelago indonesiano) questa religione si è diffusa in modo pacifico. Tra l’altro il fedele musulma no che muore combattendo in nome di Allah è considerato martire (in un significato che, come abbiamo visto, è ben diverso da quello che a tale parola dà il Cristianesimo) ed è destinato a un paradiso inteso come un giardino di delizie e di godimenti. Perché il martirio nella daèmusulmanaconcezionemoltodiversoquellocristiano?

Alla dinastia Omayyade succedette, nel 750, quella Abbaside, il cui nome derivava da al-Abbas, zio paterno di Maometto, da cui di scendeva. Gli Abbasidi spostarono la capitale dell’impero a Bagh dad, l’antica Babilonia, e portarono la civiltà islamica al suo massi mo splendore. Con loro però si ebbero anche i primi segnali di crisi.

Si arrestò la tendenza espansionistica e molti governatori locali ac quistarono sempre più autonomia trasformando i loro territori in califfati indipendenti dal potere centrale.

Le condizioni dei popoli sottomessi Il comportamento dei conquistatori musulmani nei confronti delle popolazioni sottomesse non fu sempre lo stesso. In generale la loro dominazione risultò più tollerante rispetto a quelle prece denti dei Bizantini o dei Persiani, anche perché era loro interesse non suscitare ribellioni che non avevano le forze militari necessa rie per contrastare. Certamente, furono duri nei confronti delle po polazioni politeiste e degli atei, per i quali, se non si convertivano all’Islam, era prevista la morte. In genere, invece, si mostravano più concilianti nei confronti di ebrei e cristiani, con cui condividevano Califfo Dall’arabo khalīfa che significa termine“vicario”.“successore”,Conquestosiindicavanoi primi successori di Maometto ai quali era affidato non solo il potere di governo sui popoli che si erano convertiti all’Islam, ma anche l’applicazione della legge coranica. Gibilterra Il termine è di origine araba; deriva infatti dal capo musulmano tarik ibn Zeyad, che nel 711 varcò lo stretto e s’impadronì della rocca, fortificandola e trasformandola in una testa di ponte per la penetrazione araba in Spagna. In suo onore la rocca fu chiamata appunto Gebel el tarik (Monte di tarik).

98 L A nASCItA E LA DIffuSIO n E DELL’ISLAM 4 · La diffusione dell’Islam

L’Islam dopo Maometto: i primi califfi Alla morte di Maometto gli successero i califfi che continuarono la “guerra santa” contro gli “infedeli”, espandendo il dominio dell’I slam con una rapidità per molti aspetti impressionante. Il primo fu il suocero di Maometto, Abu Bakr (632-634), che rafforzò la dominazione islamica su tutta la penisola, stroncando le ribellioni di al cune tribù beduine. Omar, il suo successore, attaccò i territori bi zantini e persiani conquistando la Siria, la Palestina (nel 638 fu presa Gerusalemme), il Sinai e l’Egitto fino alla Cirenaica. Othman, genero di Maometto, che governò dal 644 al 656 quando venne as sassinato in una congiura, consolidò la dominazione araba dall’A frica nord-occidentale fino alla Persia orientale. L’ultimo dei califfi eletti dalla comunità fu Alì, figlio adottivo e genero prediletto di Maometto, anch’egli ucciso nel 661. L’Islam giunge in Europa A questo punto, ai califfi eletti succedettero quelli ereditari che diedero vita alle grandi dinastie. La prima fu quella degli Omayyadi che, spostata la capitale a Damasco, governarono fino al 750. Con questa dinastia gli Arabi ampliarono ulteriormente il loro impero soprattutto in Occidente dove, oltrepassato lo stretto di Gibilterra, conquistarono gran parte della Spagna abbattendo il regno dei Visi goti (711). Tentarono anche di varcare i Pirenei attaccando i Fran chi ma furono sconfitti nella battaglia di Poitiers nel 732.

il monoteismo. A questi non era imposta la conversione, ma era no comunque costretti a vivere in una condizione di subalternità sia economica che sociale; erano inoltre costretti, per poter conti nuare a praticare liberamente la loro religione, a pagare una tassa ai dominatori. Assolutamente vietata poi, pena la morte, era per i musulmani l’apostasia, cioè l’abbandono della propria fede per ab bracciarne un’altra. Proprio per sfuggire a queste condizioni di su balternità, più che per vere e proprie azioni violente, molti cristiani ed ebrei residenti in territori dominati dai musulmani, finirono per convertirsi all’Islam. L’affermazione della teocrazia

In generale, nei territori sotto la dominazione araba avveniva una lenta e inesorabile islamizzazione e le leggi e i precetti coranici (la Shari'a) finivano per diventare principi regolatori dell’intera vita sociale. Solo chi seguiva tali precetti poteva inserirsi pienamente nella vita pubblica; agli altri toccava quasi sempre l’esclusione e l’e marginazione. Si può parlare, quindi, di una graduale affermazione di quella che in termini moderni verrà chiamata teocrazia, cioè di un sistema nel quale i principi religiosi coincidono con i principi della vita pubblica, le leggi civili sono modellate su quelle religiose e l’autorità religiosa vigila e governa sull’intera società prendendo

CAPITOLO 5 99

il Cirenaica Spagna Maghreb Roma Cartagine Costantinopoli Bassora Poitiers GerusalemmeDamasco Mar Mediterraneo Mar Nero Danubio Reno Nilo Cordoba Arles ToledoLeónFes Kairouan Tripoli MeccaMedina Isfahan Bukhara Samarcanda EgittoNubia ArabiaYemen Siria Persia Cipro Baghdad La progressiva espansione dell’Islam Espansione dell'Islam fino al Espansione661 dell'Islam sotto i califfi Omayyadi 661-670 Città importanti

posto di quella politica. Ancor oggi, va detto, in alcuni paesi islami ci, persiste questa situazione: la politica non è disgiunta dalla reli gione e vigono forme di governo di tipo teocratico. La minaccia islamica all’Italia e all’Europa Anche dopo la sconfitta di Poitiers, i musulmani costituirono una minaccia per le zone mediterranee dell’Europa occidentale e soprat tutto dell’Italia. Con continue e improvvise scorrerie dal mare, depredavano e razziavano, uccidevano gli uomini e rapivano le donne e i bambini, che venivano venduti come schiavi nei mercati dell’O riente. Per avvistare in anticipo le loro navi e mettersi al sicuro ve nivano costruite torri di avvistamento ancor oggi visibili sulle coste tirreniche. I Saraceni, come venivano anche chiamati, oltre a con quistare nell’anno 827 la Sicilia e successivamente la Sardegna, in vasero anche il Lazio: loro stanziamenti furono presenti per decenni a Gaeta e nella Sabina; da lì attaccavano Roma. Nell’846 fu saccheg giata perfino la basilica di San Pietro, tanto che il papa Leone IV fece edificare una cerchia di mura per proteggere il cuore della città da nuove incursioni. Altre scorrerie avvennero in Corsica, nella Francia meridionale fino a Lione, e perfino in Veneto e nell’odierna Svizzera. parla proposito di molti paesi islamici?

Perché si

di teocrazia a

100 L A nASCItA E LA DIffuSIO n E DELL’ISLAM

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mediatamente

I casi della Sicilia e della Spagna

Rispetto agli abitanti di queste regioni, continuamente sotto poste all’incubo delle scorrerie saracene, gli abitanti della Sicilia, divenuta colonia araba a tutti gli effetti, beneficiarono di un certo ordine politico e sociale, oltre che degli apporti culturali di questa civiltà. Anche i territori arabi di Spagna (che presero il nome di al-Andalus, da cui deriva l’attuale nome di Andalusia) conobbero una situazione positiva. Rispetto al precedente regno dei Visigoti, infatti, gli Arabi vi introdussero un certo benessere. Inoltre, la po polazione cristiana poté godere, ad eccezione di alcuni episodi di persecuzione, di lunghi periodi di libertà e tutto questo favorì, se non proprio un dialogo, almeno alcuni scambi tra le due culture. Da essi, soprattutto nel campo della filosofia, dell’astronomia e della medicina la civiltà europea trarrà indubbi vantaggi nei secoli im successivi. A testimonianza della dominazione ara ba inoltre, rimangono ancor oggi, soprattutto in Spagna, edifici di grande bellezza e pregio artistico. Palazzo dell’Alhambra Granada, Spagna

Il Corano può essere paragonato alla Bibbia?

Come è composto Il Corano è il testo sacro della religione islamica che Maometto affermò di avere ricevuto diretta mente da Allah, tramite l’Arcangelo Gabriele. Si tratta di un testo che il califfo Othman, terzo suc cessore del profeta, fece redigere in maniera com pleta e definitiva, fra il 644 e il 655, raccogliendo testi parziali che circolavano e che venivano tra mandati oralmente o erano stati scritti in forma frammentaria. Esso risulta diviso in 114 capitoli, detti sure, a loro volta suddivisi in versetti. All’ini zio troviamo le sure più lunghe e successivamen te quelle più brevi, senza che la disposizione se gua l’ordine cronologico in cui sono state scritte. Il nome Corano è di origine araba: deriva da qur’an e significa “recitazione”, “proclamazione”. Il Corano è la parola di Dio In quanto testo dettato direttamente da Dio a Maometto e non solamente ispirato, come è la Bibbia per i cristiani, tutto ciò che in esso è scritto è ritenuto essere opera diretta ed esclusiva di Dio. L’uomo non ha aggiunto o inserito nulla di suo, né la sensibilità, né la cultura, né il linguaggio. Per questo il Corano non può essere sottoposto a interpretazione, a discussione o a critica, per ché sarebbe come sottoporre a interpretazione o critica le parole stesse di Dio e ciò costituirebbe un grave peccato. nessun musulmano fedele può, quindi, permettersi di dare una sua personale in terpretazione del testo. Esso, al contrario, va ac colto così com’è, “alla lettera”, e messo in pratica. Anche la lingua in cui è scritto, l’arabo, è la lingua di Dio e quindi il perfetto musulmano, di qualun que etnia, anche non araba, deve leggere il testo in arabo e deve pregare Allah con questa lingua.

Antico Corano

METTIAMO A FUOCO

Le traduzioni in altre lingue sono consentite ma non per la preghiera. Un insieme di insegnamenti, precetti e comandi un altro aspetto che differenzia il Corano dalla Bibbia è la scarsa presenza in esso di narrazioni storiche. Il testo biblico contiene molti libri che narrano fatti storici, nell’Antico testamento le vi cende del popolo di Israele, nel nuovo quelle di Gesù. Questo vuol dire che la religione ebraica e quella cristiana fanno riferimento a precisi fatti avvenuti nella storia e dentro i quali il credente vede l’azione di Dio che va incontro all’uomo e si fa conoscere. nel Corano, invece, prevalgono gli insegnamenti, i precetti, gli ammonimenti, i co mandi di Dio. Questo perché per i musulmani Dio si è rivelato compiutamente a Maometto a cui ha trasmesso, appunto attraverso il Corano, la cono scenza di tutto quanto è necessario all’uomo per raggiungere la salvezza.

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Pur essendo musulmani, infatti, questi inva sori non provenivano dall’Arabia, ma erano in gran parte Berberi provenienti dall’Africa settentriona le. Più complesso e sfumato è il significato di un altro termine usato come sinonimo, quello di Sa raceni nell’Occidente cristiano esso finì per esse re genericamente attribuito alle bande di predoni e di pirati, soprattutto a quelli di origine africana e berbera, che imperversavano nel bacino del Me diterraneo. Il nome però sembra derivare da una tribù araba che abitava nella penisola del Sinai e che era dedita al nomadismo e alle razzie fin dal tempo dei Romani. Oggi ci sono Sunniti e Sciiti Come il Cristianesimo, anche l’Islam ha cono sciuto le sue drammatiche divisioni. La più impor tante è quella avvenuta ad opera degli Sciiti, che si separarono dagli altri musulmani a partire dal 661, quando il genero di Maometto, il califfo Alì, venne assassinato (il termine Sciiti deriva proprio da un’espressione araba che significa “partito di Alì”). Essi sostengono che i soli legittimi succes sori di Maometto sono i discendenti diretti di Alì, al quale il profeta avrebbe rivelato i segreti più profondi della sua dottrina prima di morire. Per questo tali successori, chiamati Imam, godono di un’autorità indiscussa e incontestabile. I musul mani rimasti fedeli alla tradizione (sunnah) sono detti invece Sunniti, e costituiscono anche oggi la stragrande maggioranza dei seguaci dell’Islam. Va detto che i rapporti tra Sciiti e Sunniti non sono mai stati del tutto pacifici e ancora oggi in varie parti del mondo musulmano vi sono scontri an che violenti fra queste due comunità.

Quante parole per indicare i musulmani Arabo non è sinonimo di musulmano È facile per noi usare indifferentemente come si nonimi le parole “arabo” e “musulmano”, che in vece hanno un significato differente e non vanno perciò confuse. La parola “arabo”, infatti, ha una valenza etnica; identifica dei popoli presenti nel Vicino Oriente (nella Penisola Arabica ma anche in Giordania, Siria, Palestina, Libano) e nelle re gioni settentrionali dell’Africa (Marocco, Algeria, tunisia, Libia, Egitto), popoli accomunati dall’u so della lingua araba. Col termine “musulmano”, invece, si indicano gli appartenenti alla religione islamica che non si identificano necessariamen te con gli Arabi. Ci sono infatti Arabi non musul mani ma cristiani (come in Libano, in Egitto e in Palestina) e musulmani non di origine araba. La comunità più numerosa al mondo di musulmani, ad esempio, è rappresentata dagli Indonesiani, popolo di origine asiatica. Sono musulmani, inol tre, la stragrande maggioranza dei turchi, degli Iracheni e gli Iraniani (gli antichi Persiani), popoli non arabi ma di origine indoeuropea.

CAPITOLO 5 103 IL PERCORSO DELLE PAROLE

Altri termini usati nella storia: Mori e Saraceni Ci sono altri termini usati nella storia, a partire dal Medioevo, per indicare tali popoli. In Spagna, ad esempio, gli invasori che dall’VIII secolo occupa rono gran parte del paese, vennero chiamati Mori (dal latino Mauri cioè abitanti dell’allora Maurita nia).

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METTIAMO A FUOCO

I contributi della cultura araba

Una civiltà di “intermediazione”

In origine popolo di semplici beduini, gli Arabi, una volta diventati potenti e realizzato un grande impero, seppero assimilare contributi culturali da altri popoli antichi e svilupparli. In tal modo edi ficarono una civiltà di valore che ha poi lasciato tracce profonde anche in quelle regioni o nazioni europee, come la Sicilia e la Spagna, dove si in sediarono, contribuendo al progresso scientifico e tecnologico. Più che produrre scoperte e inven zioni nuove e originali essi ebbero una funzione di sviluppo di quanto avevano incontrato e di colle gamento e, per così dire, “intermediazione” fra ci viltà diverse. Introdussero, infatti, in Europa molte importanti scoperte e invenzioni che provenivano dall’Oriente e fusero gli elementi più vitali della civiltà persiana, greca ed ebraica, ma anche quelli provenienti dalla Cina e dall’India.

Il pensiero matematico e scientifico A loro dobbiamo l’introduzione dei numeri det ti “arabi”, che in realtà i matematici musulmani avevano appreso dagli astronomi indiani, prima di diffonderli in Occidente. I numeri arabi, che comprendevano anche lo zero, fino ad allora sco nosciuto in Europa, rivoluzionarono la matema Statua del filosofo Averroè, Cordoba, Spagna

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La ricchezza dell’architettura e la povertà della pittura L’architettura musulmana raggiunse livelli eccel lenti, sia con le opere idrauliche che con la realiz zazione di grandi edifici, moschee e palazzi, dai caratteristici elementi ornamentali, ancor oggi ammirati sia in Oriente che Sicilia e in Spagna. tra tutti ricordiamo la famosa Cupola della Roccia a Gerusalemme, la grande Moschea di Damasco, splendidamente decorata e, in Spagna, la mo schea di Cordova e l’Alhambra di Granada. non altrettanto importanti furono la pittura e la scultura, soprattutto a causa del divieto, afferma to nella religione islamica, di raffigurare Dio sotto alcuna forma. A differenza del mondo cristiano, pertanto, non si trova nel mondo arabo quella grande messe di capolavori artistici che rappre sentano le figure sacre o le vicende della storia sacra. All’interno degli edifici si trovano decora zioni non figurative ma puramente ornamentali e astratte, i caratteristici “arabeschi”, dei quali va però detto che raggiungono vertici di straordina ria bellezza. Quanti vocaboli arabi nella nostra lingua! Ricordiamo da ultimo i molti vocaboli della lingua italiana derivati dall’arabo, segno anche questo di una certa vicinanza e di un interscambio proficuo. Ad esempio, sono di origine araba vocaboli di uso comune quali alcol, albicocca, cotone, carciofo, li mone, zucchero, melanzana, arsenale, magazzino, ammiraglio, cifra, tariffa, oltre ai già ricordati zero, chimica e algebra

tica e aprirono la strada ai progressi dell’algebra (vocabolo derivante anch’esso dall’arabo). Mol to importante fu anche il contributo arabo nello sviluppo della chimica. Gli alchimisti arabi (alchi misti è il nome con cui allora venivano chiamati i chimici) riuscirono, tra l’altro, a ottenere l’acido solforico. Al grande scienziato di origine persiana ma di cultura araba Avicenna, vissuto a cavallo tra il X e l’XI secolo, dobbiamo un grande trattato di medicina in cinque volumi, notissimo in Occiden te e adottato come testo base di insegnamento nelle facoltà di medicina europee fino al XVI se colo. Importanti furono anche gli studi nel campo dell’ottica e dell’astronomia, utili per perfezionare le tecniche di navigazione. La trasmissione della sapienza antica un altro grande contributo fu la diffusione del la tecnica di fabbricazione della carta, giunta nel mondo arabo dalla Cina attorno all’VIII secolo, quando l’Occidente ancora si serviva delle costo sissime pergamene. Grazie a questa tecnica, la cultura araba poté realizzare una vasta opera di raccolta, conservazione e studio delle grandi ope re scientifiche e filosofiche del mondo antico. nel la prima metà del IX secolo la dinastia abbaside fondò a Baghdad la Casa della Sapienza, in cui fu rono tradotti in arabo, ad opera però in gran parte di traduttori cristiani, i testi scientifici latini, greci e persiani. E, prima ancora che venisse riscoperto in Occidente da san tommaso, il pensiero di Ari stotele fu divulgato nel mondo arabo attraverso i commenti di Avicenna e, soprattutto, di Averroè.

I LUOGHI DELLA

VISITIAMO STORIA è fatta una moschea

Come

La moschea non è solo luogo di preghiera La moschea (dal vocabolo arabo masgid, che si gnifica “luogo di prostrazione” o di culto) è il principale luogo di preghiera per i musulmani. Soprattutto il venerdì essi vi si recano per lodare e ringraziare Allah e per ricordare l’egira di Ma ometto. non fanno però solo questo; in essa di scutono di problemi politici e sociali, fanno scuola e ricevono insegnamenti riguardanti la vita della comunità, ricoverano e assistono i poveri. Che forma ha? Secondo la tradizione, la moschea ricalca nella sua forma il luogo di preghiera e dimora che Ma ometto edificò a Medina dopo l’egira. È costitui ta da una sala coperta per la preghiera, coronata da una nicchia (mihrab), rivolta in direzione della Mecca verso cui si prostrano i fedeli in preghiera. A fianco della nicchia c’è il minbar, una specie di cattedra leggermente rialzata dalla quale viene letta la parola del profeta. ritualiperfontanaleabluzioni

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mirhab minbar

Moschea Il disegno è ispirato alla Moschea degli Omayyadi di Damasco, edificata all'inizio dell'VIII secolo inglobando una precedente cattedrale cristiana. In essa è tuttora devotamente custodita un'importante reliquia di san Giovanni Battista.

All’esterno si trova un ampio cortile con un por ticato e, al centro, la fontana per le abluzioni ri tuali cioè i lavaggi purificatori. Il fedele che prega infatti deve aver purificato dalle molte impurità il proprio corpo con questi lavaggi (per i musul mani i casi di impurità sono moltissimi: si diven ta impuri a contatto con animali come maiali e cani, bevendo bevande alcoliche, entrando in contatto con sangue e animali morti non macel lati; le donne restano impure per 40 giorni dopo aver partorito). Vi è infine il minareto, cioè l’alta torre dalla quale il muezzin, cinque volte al giorno, chiama tutti alla preghiera. Facciamo un confronto con le chiese cristiane Confrontando la forma di una moschea con quella di una chiesa cristiana, possiamo notare alcune interessanti differenze. Innanzitutto, è diverso il punto verso cui sono indirizzati gli sguardi dei fedeli in preghiera. In una chiesa cristiana si trat ta di un punto interno, non esterno: è l’altare con vicino il tabernacolo che, nelle chiese cattoliche, è il luogo in cui si conservano le ostie consacrate, cioè il corpo di Cristo. Questo significa che Dio, a cui è diretta la preghiera, è riconosciuto presente all’interno della chiesa. La moschea invece è vuo ta della presenza di Dio, che è lontano. Per poterlo adorare bisogna pertanto che lo sguardo si rivol ga verso La Mecca, unico luogo in cui si è rivelato. In secondo luogo, la moschea si presenta spoglia al suo interno; in essa mancano oggetti di culto, paramenti sacri, altari. Inoltre sono assenti quadri, immagini sacre, decorazioni antropomorfe o zoo morfe (cioè di forma umana o animale); questo perché nella religione islamica è assolutamente proibita ogni rappresentazione della divinità, cosa che non accade nel Cristianesimo. nelle moschee si possono trovare solo decorazioni con motivi floreali o geometrici (dette arabeschi). un’ultima differenza è di carattere più generale. nel corso dei secoli sono state realizzate dai co struttori cristiani chiese in stili molto differenti. Basti pensare, per quanto riguarda il Medioevo, a quanto erano diversi gli stili romanico e gotico, oppure si pensi al Barocco del 1600 o alle chiese avveniristiche di oggi. Questo è potuto accadere perché i costruttori nelle varie epoche, sollecitati dalla loro fede e da quella del loro popolo, sono stati spinti a esprimere, in questo lavoro, tutta la loro creatività. Al contrario le moschee, pur con alcune differenze ed evoluzioni nel corso dei secoli, hanno mantenuto una forma pressoché inalterata e ripetitiva, e non hanno conosciuto la grande varietà di stili presenti nell’arte cristiana.

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METTIAMO A FUOCO

La donna nella religione islamica

Che cosa si dice della donna nel Corano Come è vista la donna all’interno della religione islamica? Sappiamo che Maometto trattò le donne con grande rispetto. tuttavia, nel Corano vi sono passi che affermano chiaramente la superiorità dell’uomo. Si dice infatti che «gli uomini sono un gradino più in alto delle donne» (II, 228) oppure che «hanno autorità sulle donne a causa della pre ferenza che Dio concede agli uni rispetto alle altre» (IV, 34). Si arriva persino a dire che la donna può essere battuta se disobbedisce («Quelle di cui te mete atti di disobbedienza ammonitele, lasciatele sole nei loro letti, battetele» IV, 34). Come vanno interpretate queste affermazioni? Esprimono ve ramente il giudizio di Dio? Per noi verrebbe facile rispondere di no. Si tratterebbe piuttosto di giudizi che riflettono la mentalità e la cultura delle anti che popolazioni arabe del deserto, le tribù beduine presenti fin da prima di Maometto, e che non sono quindi da prendere alla lettera ma vanno, come di rebbero gli studiosi, “storicizzate”, cioè calate nel contesto storico da cui provengono. Essendo, quin di, giudizi risalenti alla cultura di un tempo antico, oggi non andrebbero applicati ma modificati, adat tandoli alla nostra mentalità moderna. Ma questo è proprio il punto più problematico. Per i musulma ni tale adattamento non è possibile perché, come abbiamo già detto, essi credono che tutto quanto è espresso nel Corano sia parola di Dio dettata all’uomo. Dunque, se nulla di ciò che vi compare è frutto di giudizi umani e nulla è influenzato da fattori umani come la cultura o la mentalità che nel tempo possono cambiare, tutto va preso alla lettera e applicato, così come è espresso, anche ai giorni nostri.

Dal Corano alla Shari'a nel corso del tempo la Shari'a ha trasformato i giudizi del Corano in vere e proprie leggi. Secondo la legge islamica, all’uomo sono perciò concessi molti diritti che alla donna sono negati. L’uomo può, infatti, avere fino a quattro mogli, sposare donne di altre religioni, ripudiare (cioè scaccia re) la moglie a suo piacimento (basta pronuncia re tre volte la frase “sei ripudiata” in presenza di due testimoni e il ripudio ha valore) mentre alla donna non è permesso fare altrettanto. Inoltre, i figli appartengono al padre, che ne decide anche l’educazione, mentre alla madre è negata ogni po testà; le donne possono godere dell’eredità solo in misura dimezzata rispetto all’uomo e la loro te stimonianza in un tribunale vale la metà di quel la di un uomo. Va detto che nella maggior parte degli stati a maggioranza islamica attualmente la Shari'a non è applicata in modo rigido e soprattut to non è legge dello stato. In questi paesi le donne hanno perciò goduto di significativi progressi e non sono sempre discriminate. non dappertutto, però, è così. Esistono ancora oggi paesi, primi fra tutti l’Arabia Saudita e l’Iran, dove l’ordinamento dello stato impone alle donne, proprio a causa della legge islamica, una condizione di rigida infe riorità e anche nei paesi più aperti ultimamente si stanno affermando frange di islamisti fanatici che premono per un’imposizione rigida della Shari'a Come si devono vestire le donne musulmane? un discorso a parte merita la tanto discussa que stione del velo. In un versetto del Corano si invi tano le donne a mantenere atteggiamenti pudichi («abbassare lo sguardo», «non mostrare le loro parti belle» se non ai parenti più stretti, XXIV, 31) e in un altro a «coprirsi col mantello» allo scopo di proteggerle dalle offese (XXXIII, 59). In origine questi precetti avevano probabilmente anche il senso di difendere la donna da atteggiamenti ag gressivi degli uomini in società come quelle anti che, sicuramente primitive e violente e nel tempo si sono poi tradotti nella prescrizione di indumen ti quali il velo o il chador (un abito nero che la scia scoperto solo il viso). un discorso a parte va fatto per il burqa, imposto alle donne dai fanatici talebani in Afghanistan. Quest’ultimo indumento, un mantello che copre tutto il corpo compreso il volto, lasciando la possibilità di vedere attraverso una fitta retina, non è citato nel Corano e nemme no nella Sunnah Raffigurazione storica di donne musulmane

CAPITOLO 5 109

Cristianesimo e Islam: dialogare è possibile

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SPUNTI DI RIFLESSIONE

(PER L’EDUCAZIONE CIVICA)

Non esiste uno scontro di civiltà Ci si chiede con sempre maggiore frequenza qua li devono essere i rapporti tra i cristiani, e più in generale il mondo occidentale, e i musulmani. È possibile dialogare? Si possono trovare punti in comune che consentano a queste due civiltà di vi vere a fianco a fianco, senza ostilità o incompren sioni? È un problema che si pone ormai anche nella vita di tutti i giorni in quanto l’immigrazio ne da paesi lontani e la globalizzazione portano sempre più spesso persone appartenenti a que ste due diverse culture a incontrarsi e a convivere fianco a fianco. Anche in molte aule scolastiche ormai, magari anche nella tua, si sta verificando una situazione di questo tipo. Purtroppo, episo di gravissimi di terrorismo avvenuti negli ultimi anni e che hanno visto per protagonisti esponenti di gruppi fanatici che si rifanno all’Islam creano paura e fanno dire a molti che un dialogo non è possibile. Ci sono degli intellettuali, da una parte e dall’altra, che parlano di un inevitabile “scontro di civiltà”. Ci pare che questa opinione non sia da condividere e che non sia giusto farci dominare dalla paura. Se è vero, infatti, che ci si deve difen dere dal terrorismo, da qualsiasi parte provenga, è altrettanto vero che esistono nel mondo milioni di persone pacifiche, che non vogliono la guerra e che cercano il dialogo. Su quali basi costruire un dialogo? Ma perché dialogare e su quale base? Dialogare serve a mettere a confronto le risposte che le due fedi danno ai desideri profondi, alle grandi do mande dell’uomo e da questo confronto può na scere un comune arricchimento. naturalmente, il dialogo dev'essere sincero e partire dalla stima e dal rispetto reciproco e dalla reale volontà di co noscersi. E non è detto che al termine di questo dialogo si arrivi a pensarla allo stesso modo. È sbagliato pensare che il dialogo debba annullare le differenze: queste possono, e debbono, rima nere. Cristiani e musulmani possono confrontarsi e dialogare senza diventare uguali, mantenendo le proprie convinzioni; anzi possono rafforzarle proprio a partire da questo confronto. Ci sono obiettivi comuni da realizzare tuttavia, pur nella diversità, si possono ricono scere degli obiettivi comuni da raggiungere insie me nella società e nel mondo. Si tratta di obiettivi legati alla convivenza pacifica, alla necessità di lottare tutti insieme contro la povertà, l’ingiusti zia, la mancanza di libertà nel mondo, la difesa della vita fin dal suo sorgere perché, per entrambe le religioni, essa è dono di Dio. Sono molti gli in segnamenti che queste due grandi religioni ci tra smettono riguardo a tali problematiche e potresti, anche con l’aiuto dell’insegnante di religione, fare una breve ricerca per conoscerli meglio. un ultimo spunto ci sembra importante: chi dialo ga e si confronta non deve aver paura della verità, anche quando gli viene chiesto di riconoscere i propri errori. Sulle bugie e sull'inganno non si co struisce certo un’amicizia e una collaborazione, né nei rapporti interpersonali né in quelli tra gli stati e le civiltà. Papa Francesco riceve una personalità del mondo musulmano

3. L’Islam è una religione rigorosamente monoteista, basata sulla fede in Allah, l’unico Dio, di cui Maometto è l’ultimo profeta. Il suo libro sacro è il Corano, mentre i precetti da rispettare per ogni buon musulmano sono cinque. Viene inoltre predicato il “Jihad” spesso inteso nella storia come l’incitamento alla guerra santa per l’espansione della fede.

570 nasce Maometto 590 Gregorio Magno diventa papa 622 egira 632 muore Maometto 638 conquista araba di Gerusalemme 711 gli Arabi conquistano la Spagna 732 battaglia di Poitiers

1. Nell’antichità la Penisola Arabica era abitata da popolazioni semitiche, politeiste, in prevalenza nomadi e dedite alla pastorizia e al commercio.

5. Successivamente, terminata la spinta espansionistica, i musulmani continuarono a minacciare l’Occidente, e soprattutto le coste italiane, con una serie di attacchi nel Mediterraneo con i quali colpirono la stessa Roma. Sicilia, Sardegna e Corsica furono infine da loro conquistate.

CAPITOLO 5 111

2. Dopo un periodo di meditazione nel quale affermò di aver ricevuto una rivelazione dall’arcangelo Gabriele, Maometto cominciò a predicare la sua nuova religione, detta musulmana. Costretto a fuggire da La Mecca a Medina, riuscì a ritornare, a impossessarsi della città e a diffondere la sua nuova fede.

6. Non furono però sempre conflittuali i rapporti tra l’Europa cristiana e l’Islam. In alcune regioni quali la Sicilia e l’al-Andalus (la Spagna musulmana) le popolazioni locali trassero vantaggi dalla dominazione araba e si poterono verificare significativi scambi culturali che diedero proficui frutti nei secoli successivi.

Raccontiamo in breve

4. Dopo la morte di Maometto, i suoi successori, detti califfi, conquistarono molti territori diffondendo in tal modo la nuova religione. A est conquistarono l’Impero Persiano e attaccarono l’Impero Bizantino, ma furono fermati. Ad ovest conquistarono la Siria, la Palestina e le coste settentrionali dell’Africa; poi invasero la Spagna e attaccarono la Francia, dove furono fermati a Poitiers dai Franchi di Carlo Martello.

la dellineatempo versione audio on-line

11. Quali furono i territori progressivamente conquistati dagli Arabi? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 622 Conquista araba di Gerusalemme 630 Battaglia di Poitiers 638 Egira 732 Maometto ritorna a La Mecca Esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. L’egira è posta dai musulmani all’inizio del conteggio degli anni perché a. è la data in cui Maometto ebbe l’apparizione dell’arcangelo Gabriele. b. è la data che segna l’inizio delle conquiste arabe. c. è la data in cui Maometto fuggì da La Mecca a Medina. Secondo l’insegnamento di Maometto Gesù è a. un grande profeta. b. il figlio di Dio. c. un angelo. Il Corano è diverso dalla Bibbia perché a. non contiene precetti e insegnamenti morali. b. non parla di Gesù. c. è dettato da Dio stesso e non solamente ispirato da lui.

2.

6.

9.

112 L A nASCItA E LA DIffuSIO n E DELL’ISLAM Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande.

3.

1. Da quali popolazioni era abitata la Penisola Arabica prima di Maometto? Presso quali ceti sociali ebbe il suo primo successo la predicazione di Maometto? Che cos’è l’egira? 4. Che cosa significa Islam? 5. Quali sono i pilastri fondamentali dell’ Islam? Che cos’è la Shari'a? 7. Che cosa si intende per jihad? 8. Che cos’è l’apostasia e come erano trattati dai musulmani gli apostati? Chi erano i califfi? 10. Quali dinastie si succedettero dopo i primi califfi?

Inserisci nella seguente tabella i principali apporti giunti in Occidente dalla civiltà araba. Aggiungi, dove è possibile, se si tratta di apporti originali o provenienti altre civiltà antiche seguendo l’esempio indicato. carta proveniente dalla Cina

Nei territori conquistati dai musulmani a. i cristiani, pur non subendo dure persecuzioni, erano comunque in posizione subalterna ed emarginati. b. i cristiani subirono durissime persecuzioni. c. i cristiani vennero sterminati.

Il Corano, testo dettato direttamente da Dio a Maometto

Per teocrazia si intende che a. non c’è distinzione tra la sfera politica e quella religiosa e i comandamenti religiosi sono imposti come leggi dello stato. b. Dio, tramite i suoi rappresentanti, governa lo stato. c. I governanti combattono la religione. Esercizio 4 · Raccogli nella seguente tabella le differenze fra Cristianesimo e Islam seguendo gli esempi già inseriti. Islam Cristianesimo diConcezioneDio Monoteismo che non si concilia con la dottrina della trinità Dio è uno in tre persone difiguraGesù Gesù è solo un profeta tcomandamentiPrincipaliestosacro

CAPITOLO 5 113

EserciziodelConcezionedelConcezionediEdificicultomartirioparadiso5·

Carlo vittoriosoMagnosui barbari Particolare di dittico in avorio, Museo del Bargello, Carlo Magno “re e padre dell’Europa”

Il “saggio sovrano di tutti i cristiani”

Carlo Magno è colui che in pochissimi anni, con un’azione rapida e spregiudicata, riuscì a dare un volto nuovo a un’Europa che, alla fine dell’VIII secolo, si presentava ancora divisa, fortemente frammentata, culturalmente arretrata. Il suo merito non fu solo quello di unificare politicamente i vari territori sorti dallo sgretolamento dell’Impero Romano e di ricreare l’impero tre secoli dopo la deposizione di Romolo Augustolo. Egli contribuì anche a dare un’anima a questa Europa, a trasmetterle valori civili e religiosi condivisi, a diffondere una comune cultura. Alla sua morte, come vedremo, mentre la sua costruzione politica si frantumerà, l’apporto da lui dato sul piano della cultura e della civilizzazione, l’anima carolingia dell’Europa, rimarrà solido nel tempo come un alveo in cui la nostra storia potrà scorrere, crescere e fruttificare.

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CAPITOLOFirenze 6 115 Capitolo 6

Unto re a soli dodici anni Nato probabilmente nel 748 in qualche località ignota tra la Loira e il Reno e unto re in giovanissima età nell’abbazia di St. Denis, vici no a Parigi, alla morte del padre Pipino (768), Carlo si trovò a gover nare il Regno Franco insieme al fratello Carlomanno, col quale do vette dividere il territorio. Non era ancora diffusa, infatti, presso i Franchi l’usanza, affermatasi in seguito, di conferire l’intera eredi tà e il pieno potere solo al figlio primogenito. Quando però, nel 771, il fratello morì, egli entrò in possesso di tutto il regno e iniziò a go vernarlo da unico e vero re. Il suo progetto fu chiaro fin dall’inizio: ampliare e rafforzare i suoi confini dando ad esso una chiara im pronta cristiana. La realizzazione di tale progetto andrà però ben oltre l’idea iniziale: grazie al contributo decisivo del papa, da re dei Franchi Carlo si troverà ad essere imperatore di un nuovo e più va sto impero, e per questo verrà chiamato Carlo Magno.

Verso est: la dura lotta contro i Sassoni Tra i più acerrimi nemici di Carlo ci furono i Sassoni, che erano stanziati a est del Reno. Si trattava di una bellicosa popolazione, ancora pagana, che si era mostrata ostile e refrattaria a ogni pene trazione dei missionari cristiani. Carlo dovette organizzare contro di loro varie spedizioni, alcune delle quali divennero celebri, come quella del 772 in cui distrusse il loro principale santuario, l’Irmin sul, un albero sacro ritenuto il sostegno della volta celeste.

Si trattò in generale di campagne di conquista costellate di atro cità e violenze. Da una parte i Sassoni non esitavano a sacrificare ai loro dei i prigionieri di guerra, dall’altra i Franchi non erano da meno: mettevano a morte coloro che si ribellavano o rifiutavano di convertirsi al Cristianesimo e di accettare il battesimo. Nel 782, ad esempio, dopo che in un’imboscata era stato distrutto uno dei suoi

116 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

1 · Carlo diventa re dei Franchi

2 · Dal Regno Franco all’impero cristiano: un lungo processo Un re sempre in guerra Divenuto re, egli diede avvio alle sue numerose campagne milita ri. Non passò praticamente anno senza che, con l’arrivo della pri mavera, egli non organizzasse, oltre i confini, qualche spedizione che spesso guidava direttamente oppure affidava a suoi fedelissimi “compagni di palazzo”. Solo nei mesi invernali si concedeva pause per ritemprarsi presso l’amata Aquisgrana, città situata non lonta no dal fiume Reno nella attuale Germania centro-occidentale.

Regno Stato sul cui territorio il re esercita in modo diretto la sua autorità e la tramanda ai suoi discendenti. Impero Stato comprendente più territori, anche distanti nello spazio, abitati da svariati popoli che possono essere piuttosto diversi tra loro per lingua, cultura, tradizioni. Su questi popoli l’autorità dell’imperatore si esercita anche in modo indiretto mediante re o altre autorità che governano i singoli territori sotto il suo comando.

Verso sud: le missioni spagnole Altra leggendaria impresa militare fu la campagna contro gli Ara bi di Spagna, i Mori. Carlo varcò i Pirenei nell’aprile del 778 per por tare aiuto ad alcuni capi locali che si erano ribellati all’emiro di Cordova. Per la verità, però, questo tentativo non ebbe un successo immediato: giunto sotto le mura di Saragozza, egli non trovò gli ap poggi sperati e decise di far ritorno in Francia. Fu durante la ritirata che avvenne il celebre episodio di Roncisvalle: la retroguardia franca, tra cui vi era un certo nobile Rolando, venne assalita e sterEmiro Termine che in arabo significa “comandante”; designò col tempo i governanti dei vari territori in cui si frammentò l’impero musulmano. Retroguardia Quella parte delle truppe che durante la marcia, soprattutto nelle ritirate, rimane in coda a protezione del proprio esercito. Statua di Carlo Magno Chiesa di San luigi dei Francesi, Roma

eserciti, Carlo si vendicò duramente facendo decapitare ben 4.500 nemici catturati in battaglia. Solo dopo una ventina d’anni e la con versione al Cristianesimo del più valoroso dei capi militari sasso ni, Witichindo (o Viduchindo), la lotta per la conquista e la cristia nizzazione di questi territori poté dirsi conclusa. Carlo impose un nuovo sistema di leggi, fissato nel Capitolare Sassone, che stabiliva le dure condizioni a cui i vinti dovevano sottostare, ma anche i loro diritti nei confronti del nuovo regno.

A questa vittoria ne seguirono altre: quella sui Bavari che occu pavano l’attuale Baviera, nel sud della Germania, quella sui Frisoni, che popolavano i territori corrispondenti all’attuale Olanda e quel la sugli Avari, una popolazione seminomade stanziatasi nelle pia nure attorno al Danubio.

Perché Carlo entrò in conflitto con i imperialeall’affermazioneunpoteval’ImperoPerchéLongobardi?BizantinocostituireostacolodiCarlo?

118 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

minata da briganti baschi che abitavano sulle montagne pirenai che. Si trattò di un episodio di guerra dall’importanza limitata, ma su di esso fiorì poi la leggenda popolare. Si narrò che la sconfitta fos se opera degli Arabi che avevano assalito a tradimento l’esercito franco, e Rolando, personaggio pressoché sconosciuto, venne tra sformato in un eroico guerriero morto per difendere la Francia e la cristianità dall’assalto degli infedeli. Su queste leggende si costruì un ciclo di poemi cavallereschi, il cosiddetto ciclo carolingio, che avrebbe influenzato poi tutta la letteratura medioevale europea. Comunque, la conquista delle regioni nord-orientali della Spagna venne portata a termine dai Franchi solo alcuni anni dopo, con la presa della città di Barcellona (801) e la successiva creazione di un territorio franco, la Marca Spagnola, che andava dai Pirenei al fiu me Ebro. Il papa chiede aiuto: la discesa in Italia e lo scontro con i Longobardi Chiamato in soccorso da papa Adriano I, che si sentiva minaccia to dall’invadenza longobarda, Carlo, nell’estate del 773, varcò le Alpi e scese per la prima volta in Italia. Mise sotto assedio la capita le longobarda Pavia che, ridotta allo stremo, venne conquistata nell’estate successiva. A questo punto egli si fregiò del titolo di “re dei Franchi e dei Longobardi” e fu accolto a Roma con tutti gli ono ri. Fu, questa, la prima di una serie di discese nella penisola. Dovet te infatti tornarvi altre volte per fronteggiare ribellioni o per sedare disordini. La sua discesa più importante fu, come vedremo, quella dell’inverno dell’anno 800. Verso un nuovo impero cristiano In queste lunghe e vittoriose campagne militari Carlo si andava affermando come il più potente dei sovrani cristiani. Sia nella sua corte che negli ambienti ecclesiastici vicini al papa si cominciava a guardare a lui come a un possibile nuovo imperatore cristiano che potesse difendere la Chiesa e diffondere sempre più la nuova religione. Vescovi e scrittori ecclesiastici, talvolta lo stesso papa, lo paragonavano infatti o al re Davide (il grande re d’Israele di cui par la l’Antico Testamento) o all’imperatore romano del IV secolo Co stantino. Per indicare il suo regno, inoltre, faceva talvolta la com parsa negli scritti ufficiali l’espressione “impero cristiano”. I tempi quindi sembravano maturi perché il potere di Carlo assumesse una dimensione nuova e più grande. Rimaneva però un ostacolo, l’Impero Bizantino, il cui sovrano era l’unico che potesse vantare il diritto a fregiarsi del titolo di impera tore romano. Con lui Carlo non avrebbe voluto attriti, anche perché i Bizantini possedevano in Italia territori confinanti con i suoi.

Perché Carlo scese in Italia sul finire dell’800? 787 787 774 799791-803805 789 808812 772-804 788-799 Moravi Aquitania PaviaMilanoRoma RavennaSpoleto Sassonia Frisoni Turingia Narbona Danubio Reno CroatiAvari Slavi CarinziaBaviera Austrasia BorgognaProvenzaBretagnaArabiRegniAnglosassoni RodanoSaragozzaRoncisvalleLondraCanterburyParigiPoitiersPamplonaTortosaBarcellona Corsica Benevento Torino Utrecht Quierzy Neustria Settimania StrasburgoTreviriAquisgranaReims Colonia Il Regno dei Franchi da Carlo Martello a Carlo Magno Regno Franco alla morte di Carlo Martello Conquiste(741) di Pipino il Breve Conquiste(768) di Carlo Magno CampagnebizantiniTerritori(814) di Carlo Magno Città importanti

Il passo decisivo verso la costituzione del nuovo Impero carolin gio avvenne comunque sul finire dell’anno 800. Il nuovo papa, Leo ne III, sgradito agli esponenti filobizantini dell’aristocrazia romana, fu vittima di una congiura che mirava a rovesciarlo. Chiese quindi aiuto a Carlo, che raccolse la richiesta: il 23 novembre dell’800 il re franco si presentò alle porte di Roma. Quasi fosse un nuovo Costantino, si pose come arbitro della controversia tra il papa e i suoi oppositori: diede ragione al primo, rimettendolo sul soglio pontificio. Alcuni giorni dopo, durante la messa natalizia, il papa pose sul capo di Carlo una corona, lo unse e si prostrò davanti a lui mentre l’assemblea del clero e dell’aristocrazia romana lo ac clamava con le parole: «A Carlo Augusto, incoronato da Dio grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria». Non si trattava solo di un rituale onorifico: nella tradizione imperiale romana que sto gesto significava l’elezione di un nuovo imperatore.

CAPITOLO 6 119 3 · Natale dell’anno 800: nasce il Sacro Romano Impero Il Papa incorona Carlo a Roma

Imperatore controvoglia?

I difficili rapporti con Bisanzio Un’altra difficoltà per Carlo poteva essere costituita dal timore della reazione di Bisanzio, dove la sua elezione fu considerata come un’usurpazione del titolo. Questa reazione non tardò a farsi sentire: scontri armati scoppiarono tra Franchi e Bizantini lungo l’Adriati co, tra l’Istria e il Friuli finché finalmente, nell’812, il conflitto si ri solse con un accordo. L’imperatore bizantino Michele I accettò l’avvenuta elezione imperiale di Carlo (ma non gli riconobbe il tito lo di “imperatore dei Romani”) in cambio della restituzione da par te dei Franchi delle terre adriatiche in precedenza conquistate. Un impero più cristiano che romano A 325 anni dalla caduta dell’Impero Romano, nasceva dunque in Europa una nuova entità politica. Si trattava di un impero che ave va il suo cuore nel nord del continente, nelle grandi pianure attorno alla Loira e al Reno (mentre il Mediterraneo, che aveva costituito il fulcro dell’Impero Romano, era diviso tra Arabi e Bizantini). Inol tre, tale impero si presentava con una marcata caratterizzazione secondoPerché, Eginardo, Carlo Magno si rammaricatosarebbe per la sua fuall’elezionebizantinodell’imperatorePerchéimperiale?incoronazionelareazionediCarlonegativa? los Angeles

Quanto questo fosse voluto da Carlo o quanto invece fosse soprat tutto iniziativa del papa non ci è dato sapere con precisione. I docu menti di cui disponiamo non ci offrono elementi decisivi per comprendere pienamente quanto accadde e le intenzioni dei pro tagonisti. Il maggior biografo di Carlo e suo collaboratore, Eginar do, scrisse addirittura che se il re avesse saputo quello che il papa stava preparando, non si sarebbe neppure recato in chiesa, sebbene fosse il giorno di Natale. Può darsi che questa affermazione abbia un fondamento di verità, e in effetti Carlo aveva buone ragioni per essere irritato. Prendendo l'iniziativa dell'incoronazione, il papa rendeva infatti evidente a tutti la sua superiorità nei confronti dell’imperatore, e ovviamente questo non poteva fargli piacere.

diIncoronazioneCarloMagno Paul getty Museum,

4 · Grande combattente… ma anche abile organizzatore e saggio legislatore

La struttura amministrativa dell’Impero: contee, marche e ducati Carlo avrebbe potuto incontrare difficoltà a governare un territo rio così vasto e abitato da popolazioni con tradizioni e usanze diffe renti. Tanto più che allora le comunicazioni erano lente e ostacola te dalla mancanza di strade facilmente percorribili. Cercò di far fronte a tali difficoltà estendendo anche ai nuovi territori conqui stati il sistema amministrativo già in uso presso i Franchi. Divise il territorio in province e le affidò, per il governo, a uomini di sua fidu cia, suoi “compagni di palazzo”, i conti (dal latino comites che signi fica appunto compagni). Nacquero così le contee, affiancate, nelle zone di confine, da unità amministrative più ampie, le marche, affi date a marchesi (o margravi) in grado di coordinare al meglio le azioni militari e fronteggiare così eventuali attacchi dall’esterno. Accanto a contee e marche, persistevano nel sistema amministrati vo carolingio i ducati, guidati da duchi, che corrispondevano alle antiche ripartizioni territoriali del Regno Franco, quali il Ducato di Aquitania o quello di Borgogna, o a territori nuovi abituati da secoli a una larga autonomia, come il Ducato di Baviera. Ha origine così il sistema feudale Conti, marchesi e duchi riscuotevano le tasse nei territori loro as segnati, mantenevano l’ordine pubblico, amministravano la giusti zia, davano esecuzione alle leggi dell’imperatore, all’occorrenza ra dunavano gli uomini in grado di portare le armi e li arruolavano nell’esercito imperiale. Questi signori giuravano fedeltà all’impera tore e ricevevano in cambio dei loro servigi un beneficium, cioè la possibilità di trattenere parte di quanto riscuotevano, nonché di Perché Carlo divise l’Impero in contee e marche?

CAPITOLO 6 121 cristiana. L’imperatore, unto col sacro crisma, assumeva la funzio ne di protettore della Chiesa, si impegnava nell’opera di diffusione della fede, realizzava, nel suo governo, i precetti cristiani. In un do cumento del 794, i vescovi franchi riuniti a Francoforte chiedono che il re «soccorra gli oppressi, sia la consolazione delle vedove e il refrigerio degli infelici, sia padrone e padre, sia re e sacerdote, sia il saggio sovrano di tutti i cristiani». E questi obiettivi furono cer tamente perseguiti da Carlo, vero imperatore cristiano. Per queste ragioni l’espressione Sacro Romano Impero, che verrà usata a par tire dal X secolo, è solo in parte appropriata. Più che come romano, infatti, il nuovo Impero carolingio si caratterizza come impero sa cro e cristiano.

sfruttare nel proprio interesse i territori appartenenti all’Impero e loro affidati. Il giuramento era un atto di grande importanza. Con esso il signore si legava all’obbedienza verso l’imperatore e diventa va suo vassallo, si impegnava ad essergli fedele e riceveva in cambio la garanzia che anche l’imperatore avrebbe mantenuto i patti nei suoi confronti. Questa pratica, basata sul legame costituito dalla so lenne promessa di fedeltà personale tra vassallo e imperatore, darà vita nel tempo a quello che verrà chiamato il sistema feudale e che avremo modo di approfondire nel prossimo capitolo.

Vassallo da vassus, termine latino di origine celtica che significa “servo”, indica un uomo libero che giurava fedeltà al sovrano o a un signore e in cambio l'affidamentoricevevadiunfeudo.

Le grandi assemblee e i missi dominici Carlo radunava poi annualmente tutti i suoi signori in grandi as semblee generali che si tenevano in tarda primavera, e per questo erano chiamate “campi di maggio”. In tali assemblee, egli comuni cava le sue ordinanze (capitolari) e le sue istruzioni, che poi i vas salli dovevano mettere in pratica nei loro territori. Affidava poi a suoi speciali inviati (i missi dominici) il compito di vigilare sull’ap plicazione di queste ordinanze e in generale sul corretto funziona mento dei governi locali. Questi missi viaggiavano nei vari territori quasi sempre in coppia e uno dei due era scelto tra le gerarchie ec clesiastiche. Era, infatti, o un vescovo o un abate che godeva della fiducia di Carlo e che aveva un grado di istruzione più elevato; dava quindi maggiori garanzie per l’assolvimento di questo incarico piuttosto delicato. Capo della Chiesa franca Nel complesso Carlo manifestò grande interesse e cura per la Chiesa franca, di cui si pose praticamente a capo: nominava i ve scovi, controllava l’operato di abati e monasteri, che aiutava soven te con ampie donazioni, vigilava affinché le celebrazioni religiose si svolgessero in modo corretto. Spesso convocava concili locali in cui si prendevano decisioni importanti riguardo all’interpretazio ne della dottrina o allo svolgimento delle pratiche religiose. Tutto questo lo portò a volte anche ad attriti col papa, attriti che egli su però sempre, facendo ricorso alla sua grande autorità.

Perché tra i missi vi erano spesso degli califfodistrinsePerchéecclesiastici?CarloMagnorapportialleanzaconildiBaghdad?

Si apre al mondo musulmano Un aspetto poco noto della politica di Carlo Magno fu la sua alle anza con il potente califfo di Baghdad Harûn al-Rashid, alleanza sancita nell’801 da un significativo scambio di doni (tra quelli invia ti dal califfo persiano si ricorda anche un prezioso elefante, che di venne un’attrazione per tutta la corte carolingia). Carlo poté così contare su un potente alleato pronto a premere sui confini orienta li dell’Impero Bizantino, sua spina nel fianco, dal quale ottenne an che un impegno a proteggere i pellegrini cristiani che si recavano in Terra Santa.

122 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

Pur non avendo avuto una formazione scolastica completa (sape va infatti leggere, ma non sapeva scrivere), Carlo si mostrò sempre interessato e curioso nei confronti del sapere e della cultura. A lui si deve un grande programma di sviluppo culturale che venne poi chiamato “rinascita carolingia”. Innanzitutto scelse e ospitò presso la sua corte molti intellettuali e studiosi di valore, tra cui ricordia mo lo storico longobardo Paolo Diacono, il monaco inglese Alcuino di York e il cronista franco Eginardo, che divennero suoi consiglieri e maestri di corte. A questo gruppo di studiosi venne attribuito an che il compito di istruire e formare i figli dei notabili imperiali at traverso una sorta di scuola che verrà chiamata la Schola palatina. Si adoperò poi per migliorare il livello culturale del clero e per dif fondere un uso corretto della lingua latina, soprattutto durante la celebrazione della messa e nella liturgia; si preoccupò di accrescere il patrimonio librario dei monasteri e incentivò l’opera degli amanuensi, vigilando anche sull’accuratezza delle trascrizioni dei manoscritti. Promosse infine un nuovo tipo di scrittura, la cosid detta carolina, più semplice e lineare rispetto a quella precedente mente in uso. Fece molto anche per elevare il livello di istruzione del popolo, dando ordine ai sacerdoti di creare scuole per istruire i ragazzi, anche di condizione povera e servile, e insegnare loro «le note, il canto, il computo e la grammatica».

Conio Il termine indica lo stampo usato per fabbricare le monete; passò poi a indicare l’intera operazione con cui le monete venivano prodotte. Notabili Esponenti di rilievo della corte e collaboratori del sovrano. Liturgia Insieme delle celebrazioni di una determinata religione. Scrittura Carolina Paul getty Museum, los Angeles

Sul piano del governo dell’economia Carlo si mostrò saggio am ministratore delle ricchezze dell’Impero, favorì lo sviluppo dell’a gricoltura, liberò i contadini poveri dagli obblighi militari, impose su tutto il territorio imperiale un’unica moneta legale, il denaro d’argento, il cui conio era riservato solo al sovrano. Promuove un grande sviluppo culturale

Governa con saggezza l’economia

124 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

Perché “padre” dell’Europa? A questo punto possiamo ben comprendere perché questo straor dinario sovrano può essere considerato uno, se non il più impor tante, tra i “padri” dell’Europa moderna. Egli infatti riuscì, in pochi anni, a ricostituire un impero di grandi dimensioni, dopo la fram mentazione seguita alla caduta di Roma e alle invasioni barbariche. Non solo; seppe anche unificare sotto il suo dominio territori in cui vivevano popoli diversi per usi e tradizioni. A questi popoli seppe dare un unico governo, leggi e istituzioni comuni, valori religiosi e civili condivisi, una comune cultura. Infine diede un contributo de cisivo all’azione missionaria della Chiesa e quindi all’affermazione definitiva del Cristianesimo in Europa. Per tutto questo “padre dell’Europa cristiana” è l’appellativo che meglio descrive la valore profondo della sua opera. dell’Europa?unoCarloconsiderarepossiamoMagnodei“padri” Sarcofago di Carlo Magno Cattedrale CarloParticolareAquisgranadidiMagno in trono con Papa leone III e un vescovo.

Perché

medioevale Spesso la grandezza dei sovrani si vede anche dall’abilità e dalla saggezza con cui scelgono i loro consiglieri e collaboratori. Questo vale in modo particolare per Carlo Magno che seppe, tra gli altri, avvalersi del contributo del monaco inglese Alcuino di York, un saggio intellettuale che lasciò, seppur in modo discreto, un segno profondo in tutta la successiva cultura medioevale. Nato in Inghilterra, ma uomo di vocazione europea nato a York, in Inghilterra, attorno al 735, Alcuino studiò e insegnò nella scuola locale finché, cono sciuto Carlo durante un viaggio in Italia, venne da lui invitato alla sua corte ad Aquisgrana. Qui, a partire dal 781, si occupò della riforma degli studi e della costituzione della Schola palatina e diede un grande contributo all’insegnamento di quel le che verranno chiamate le arti liberali del trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica).

unAlcuinoPROTAGONISTIdiYork:modellodiintellettuale

Su queste discipline scrisse importanti trattati, facendole diventare materie di studio fondamen tali all’interno delle scuole che fioriranno poi nel Medioevo.

CAPITOLO 6 125

Un consigliere fedele, ma critico nella sua attività di consigliere fidato di Carlo non fu mai totalmente prono alla volontà del suo sovrano e, all’occorrenza, si mostrò anche capa ce di criticarlo e correggerlo. Questo avvenne in particolare riguardo al problema della conversio ne forzata dei Sassoni. Alcuino non condivideva l’uso della forza per imporre loro il battesimo e scrisse a Carlo le seguenti parole: «la fede nasce dalla volontà, non dalla costrizione. Si può per suadere un uomo a credere, non si può obbligar lo», aggiungendo che «la Sassonia ha bisogno di predicatori, non di predatori». divenuto abate di varie abbazie in Francia, finì a Tours dove rimase fino alla morte, che avvenne nell’804. Alcuino di York, rappresentato con l’aureola in una raffigurazione medioevale perché proclamato beato della Chiesa Cattolica

Uomo dai molteplici interessi I suoi interessi non si fermarono qui: si occupò anche di filosofia e teologia, dello studio e dell’in terpretazione della Sacra Scrittura (in particolare provvide a una revisione del testo della Vulgata, la Bibbia in latino allora in uso), di agiografia (lo stu dio delle vite dei santi) e di poesia. Si dedicò an che alla raccolta e alla trascrizione dei testi anti chi che curava con particolare amore e contribuì a diffondere nel Medioevo l’interesse e la passione per i libri e la cultura latina. dimostrò sempre, in questa sua attività, grande chiarezza espositiva, linearità di pensiero e vasta erudizione, costituen do un modello di intellettuale che avrà poi ampio seguito in tutto il Medioevo.

METTIAMO A FUOCO

Una cavalleria “corazzata”

Che cosa rendeva forte l’esercito franco?

Il fulcro dell’esercito franco era costituito dalla cavalleria. Carlo Magno disponeva di qualche mi gliaio di cavalieri armati di tutto punto; usavano infatti lancia, scudo, spada lunga e spada corta, arco e frecce (mentre non risulta che si facesse un uso generalizzato della staffa). Inoltre, questi combattenti a cavallo erano ricoperti dalla brunia, una sorta di casacca di cuoio, rivestita di scaglie metalliche che proteggevano il loro busto come una corazza. Il peso maggiore della guerra ricadeva sui nobili Erano i nobili che costituivano tali reparti “coraz zati” in quanto erano gli unici che potevano per mettersi di acquistare queste armi, in genere mol to costose, e di mantenere dei cavalli. Viceversa i soldati a piedi erano equipaggiati solo con lancia, scudo e arco (che comunque, se ben usato, costi tuiva uno strumento di offesa efficacissimo). Se quindi, in linea di principio, spettava a tutti gli uo mini liberi dell’Impero combattere per il proprio sovrano, di fatto poi il peso maggiore delle cam pagne militari ricadeva sul ceto nobiliare. Un esercito poco numeroso un altro dato interessante è che l’esercito carolin gio non era probabilmente molto numeroso. non accadeva infatti di frequente che si procedesse a un arruolamento generale di tutti gli abitanti dell’Impero in grado di portare armi. Molto più spesso si arruolavano combattenti solo tra i resi denti nelle aree vicine ai luoghi di guerra. Si ritie ne che Carlo organizzasse spedizioni di non più di 10.000-12.000 uomini per volta, anche se na turalmente il gran numero di abitanti dell’Impero gli consentiva di allestire parecchie spedizioni a breve distanza l’una dall’altra o addirittura con temporaneamente su più fronti. Questo si spiega con le difficoltà logistiche che un esercito nume roso poteva incontrare. l’esercito carolingio infat ti, quando si addentrava in terre straniere, portava con sé una gran quantità di approvvigionamenti che dovevano coprire il fabbisogno delle truppe per svariati mesi. È stato calcolato che, per una spedizione di circa 10.000 uomini di cui qualche migliaio a cavallo, occorreva una scorta di viveri e vettovaglie di più di 6.000 carri trainati da 12.000 buoi. A loro volta i buoi, come pure i cavalli, ne cessitavano di aree di pascolo che non sempre era facile trovare quando i nemici, in ritirata, fa cevano terra bruciata o quando si combatteva in zone boscose o paludose. da qui la scelta di corpi di spedizione abbastanza ridotti, ma naturalmen te molto preparati e valorosi. Guerre fatte di lunghi assedi Riguardo alla strategia seguita, va detto che Car lo non prediligeva le battaglie in campo aperto. nelle sue numerose campagne militari furono poche infatti le battaglie campali da lui combat tute. Preferiva invece condurre l’assalto ai nemici dopo averli costretti a battere in ritirata e a rin chiudersi nelle loro fortezze difensive. non si ha peraltro notizia che l’esercito franco disponesse di grandi armamenti da assedio (dai documenti si può pensare solo a catapulte e ad arieti). d’altra parte, però, le fortezze difensive del tempo era no in legno e terra per cui si potevano facilmente abbattere. Quando Carlo si trovò a fronteggiare fortificazioni murarie (come nell’assedio di Pavia o in quello di Saragozza) incontrò molte difficoltà e per avere la meglio fece ricorso alla fame: le cit tà caddero solo dopo moltissimo tempo, quando ormai non disponevano più di viveri e vettovaglie.

126 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

CAPITOLO 6 127 IL PERCORSO DELLE PAROLE Duchi, conti, marchesi: con Carlo Magno nasce la nuova nobiltà europea la divisione amministrativa dell’Impero fatta da Carlo Magno, con la creazione dei conti e dei marchesi che si affiancavano ai duchi (dal latino dux, condottiero), segna la nascita della nuova nobiltà europea. Questi signori, infatti, che, se condo la tradizione dei popoli barbarici, erano in origine guerrieri valorosi e fidati che combatteva no a fianco del re, si trasformano ora in funzionari che collaborano col sovrano nel far “funzionare” il governo dell’Impero, svolgendo compiti ammi nistrativi per suo conto. Per questo vengono in vestiti di un titolo e di beni che finiscono poi per trasmettere come eredità ai figli. uniscono quindi nella loro persona, e poi nella loro dinastia, valore militare, nobiltà di origini dovute al rapporto privi legiato con l’imperatore, possesso di ricchezze e terreni, detenzione di poteri. dispongono quindi, nella società medioevale, di una condizione di pri vilegio, condizione che andrà crescendo sempre più, dopo la morte di Carlo, con il venir meno di un forte potere centrale e il pieno affermarsi del sistema feudale. Si tratta del nucleo più antico di quella nobiltà che avrà un ruolo determinante nella società europea almeno fino a tutto il XVIII secolo, e di cui Carlo Magno può essere a pieno titolo considerato il padre. Trono di Carlo Magno Cattedrale di Aquisgrana

128 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

Aquisgrana,

Una città accogliente Situata nella germania nord-occidentale, vicino all’attuale confine tedesco con Belgio e Paesi Bas si, Aquisgrana (oggi chiamata in tedesco Aachen e in francese Aix-la-Chapelle) fu sede prediletta e privilegiata di Carlo Magno. Si trattava di una città di origini romane, fondata attorno al 150 d.C. col nome di Acquae Grani e divenuta subito celebre per le sue acque termali e per il suo clima parti colarmente mite e accogliente. Fu per tali ragioni che Carlo la elesse come sua residenza preferita, considerandola la “nuova Roma”, e vi trascorse i lunghi inverni tra una campagna militare e l’altra. Il legame della città con le istituzioni imperiali, ini ziato con Carlo, rimase stretto anche con i succes sivi imperatori carolingi. Per questo motivo essa rivestì sempre un importante valore simbolico. Fu sede di diete e concili, di trattative diplomatiche e di stipule di importanti trattati. Fino al 1531 ebbe il privilegio di essere la sede dell’incoronazione e della consacrazione degli imperatori. Il periodo più tragico per la città fu durante la Seconda guerra mondiale quando fu distrutta per il 50%, anche se fortunatamente gli edifici di maggiore rilevanza storica scamparono al disastro. Tra questi, l’edifi cio più importante è la cattedrale, dichiarata nel 1978 dall’unesco patrimonio dell’umanità. Cappella Palatina con l’altare maggiore Cattedrale di Aquisgrana

VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA la “nuova Roma”

La Cappella Palatina la cattedrale ingloba al suo interno la celebre Cappella Palatina, fatta erigere da Carlo tra il 796 e l’805, a imitazione della chiesa ravennate di San Vitale e con non pochi rimandi al palazzo impe riale di Costantinopoli. Questi riferimenti fanno capire tutta l’importanza che la cappella doveva avere nelle sue intenzioni: non era solo un luo go di devozione, ma rappresentava un modo per emulare la grandezza dell’Impero Bizantino anche in campo artistico e architettonico. la cappella è costituita da un grande vano otta gonale attorniato da un corridoio deambulatorio, sormontato a sua volta da una galleria. Il piano in feriore presenta arcate con pilastri e volte a botte mentre la galleria soprastante sostiene con le sue strutture una cupola che raggiunge l’altezza di 32 metri circa, mentre il diametro della base ottago nale raggiunge i 16 metri. nei secoli successivi, alla Cappella Palatina si sono aggiunte integrazioni; in particolare un coro realizzato tra il XIV e il XV secolo, e una serie di cappelle laterali risalenti al XII secolo. Gli splendidi tesori Ancor oggi la cappella conserva tesori dell’arte carolingia e del periodo successivo. Tra questi ri cordiamo il trono imperiale in marmo usato per l’incoronazione degli imperatori, il sarcofago mar moreo detto di Proserpina (che probabilmente contenne le spoglie di Carlo fino al loro sposta mento, nel XII secolo, in un reliquiario d’oro dove attualmente si trovano), la magnifica croce det ta di lotario, risalente agli inizi dell’XI secolo, la pala d’oro che decora l’altare, gli splendidi portali bronzei, un ambone in rame placcato d’oro intar siato. dalla cupola pende infine uno straordinario lampadario in rame, dono di Federico Barbarossa. Croce di Lotario, cammeo centrale con ritratto di Augusto che regge lo scettro del comando Tesoro della Cattedrale di Aquisgrana

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PARTIAMO DALLE FONTI Carlo Magno nella descrizione di Eginardo

Miniatura

Bibliothèque

130 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

Un uomo piuttosto bonario… la più antica descrizione di Carlo Magno è quel la contenuta nella Vita Karoli, opera dello storico franco Eginardo, vissuto alla corte di Aquisgrana fino all’840. Questo biografo ci presenta un ri tratto del grande sovrano prendendo a modello le vite degli imperatori romani scritte da Svetonio. In esso vengono ingigantite le qualità morali come la generosità, la pazienza, la moderazione di Car lo, ma non mancano cenni ai suoi difetti e, nella descrizione dell’aspetto fisico, alcune sottolinea ture di particolari poco “regali”, che evidenziano una certa sua goffaggine. Il tutto ci fa pensare che Carlo era un sovrano diverso rispetto a quelli an tichi e a quelli bizantini. non aveva nei confronti della corte e dei sudditi un atteggiamento freddo, distaccato e superiore, tale da incutere paura. Al contrario, si presentava come un uomo alla mano, bonario, cordiale, disposto allo scherzo. … dal fisico imponente Riguardo alla sua costituzione fisica piuttosto ro busta testimoniata, oltre che dallo storico franco, anche dalle rappresentazioni iconografiche risa lenti al IX secolo o immediatamente successive, va detto che essa ha trovato conferma quando nel 1861 si aprì ad Aquisgrana il sarcofago che ne conteneva le spoglie e se ne esaminarono i resti. Quello che ne risultò era un uomo decisamente alto (si calcolò un’altezza di circa 192 cm) e al quanto vigoroso. Ecco alcuni passi significativi della descrizione di Eginardo. leggi con attenzione e, poi, rispondi alle domande proposte: «Carlo era di taglia grossa e robusta, di statura elevata, ma non eccezionale; aveva la testa ro tonda, gli occhi grandi e vivaci, il naso appena più grosso del normale, bei capelli bianchissimi, l’e spressione del viso allegra e gioiosa; il collo cor to e grasso e il ventre un po’ sporgente; la voce chiara, ma un po’ troppo sottile per la sua stazza. godeva di salute ottima, tranne che negli ultimi quattro anni prima della morte, quando fu affetto da continue febbri; anzi negli ultimi tempi zoppi cava da un piede. Anche allora comunque faceva più di testa propria che secondo i consigli dei me dici; anzi li detestava perché pretendevano che si nutrisse di carne lessa e smettesse di mangiare gli arrosti a cui era abituato. Vestiva secondo la foggia nazionale dei Franchi: indossava una camicia e mutande di lino, poi la tunica che lo copriva e i gambali; fasciava le brac cia e portava dei sandali. d’inverno proteggeva le spalle e il petto con una corazza fatta di pelle di lontra. nelle solennità vestiva un abito ricamato in oro e calzari ornati di gemme, e portava il saio allacciato con una fibbia d’oro, mentre una corona d’oro e di gemme gli ornava la testa. negli altri giorni invece il suo abito si distingueva poco da quello usuale della gente comune. nel parlare era loquace, anzi esuberante, e pote va esprimere con molta chiarezza tutto quello che voleva. né si contentava solo della sua lingua, ma volle imparare anche quelle straniere: imparò a parlare il latino come se fosse stata la sua lingua; il greco invece lo poteva capire meglio di quan to non potesse parlarlo. Coltivò con gran cura gli studi liberali e rispettò molto i dotti, ai quali desti nò grandissimi onori. Carlo Magno dirige la costruzione di Aquisgrana di Jean Fouquet (XV secolo) Nationale, Parigi

CAPITOLO 6 131

Disegno ricavato da una statuetta in bronzo risalente al IX secolo e conservata al Museo del Louvre a Parigi

Con tutta la buona volontà, si sforzò di imparare a scrivere e a questo scopo teneva sempre sul letto, sotto i cuscini, le tavolette cerate per poter eser citare la mano a scrivere lettere quando dispone va di tempo libero. Ma questa sua fatica, iniziata troppo tardi, non ebbe una buona riuscita». Com’è l’espressione del viso? Rivela qualche particolare del suo carattere?

Quali aspetti fisici paiono poco consoni al ritratto di un imperatore? Quali malattie e difficoltà fisiche lo afflissero negli ultimi anni della sua vita? Anche un particolare del suo modo di vestire rivela un aspetto del suo carattere che lo rende diverso dagli altri sovrani. Com’era il suo modo di parlare?

Si rimane perplessi e sconcertati nel vedere come Carlo Magno ottenne la conversione dei Sassoni al Cristianesimo: usò infatti la forza e la violenza per imporre a tutti il battesimo. È un comporta mento che noi uomini di oggi non riusciamo ad accettare né possiamo giustificare. Per noi nessu no può essere obbligato con la forza o le minacce ad abbracciare idee, convinzioni, credenze religio se. l’adesione a queste deve essere il frutto di una scelta libera, intima e consapevole. Possiamo dire che il mondo occidentale ha ormai abbracciato con convinzione questa posizione, considerando la libertà di coscienza (che comprende anche la libertà di religione) come uno dei principali diritti dell’uomo. Va detto anche, a onor del vero, che non si può dire altrettanto per culture o mondi re ligiosi lontani dal nostro (si pensi a taluni paesi del mondo musulmano dove la religione è tuttora imposta a tutti i cittadini per legge e non vi è per loro la possibilità di cambiarla, pena la morte). Per tornare a Carlo Magno, come possiamo spie gare il suo comportamento? Una mentalità lontana dalla nostra Innanzitutto emerge in questo caso un problema che sempre si pone nella ricerca storica: la men talità degli uomini del passato non corrisponde alla nostra e quindi è molto difficile per noi spie gare gesti e comportamenti lontani nel tempo. È necessario perciò uno sforzo per evitare giudizi approssimativi e per comprendere le azioni de gli uomini del passato nel loro contesto, che era diverso dal nostro. Allora non era così chiaro per tutti il valore della libertà di coscienza. Il mondo barbarico esaltava continuamente l’uso della for za contro i popoli stranieri e gli esempi di sovra ni antichi aggressivi e violenti (esempi presenti anche nel Vecchio Testamento) lo confermano. Certamente il mondo cristiano stava elaboran do le idee del rispetto dell’uomo e del valore as soluto della persona contenute nel Vangelo (e l’atteggiamento del monaco Alcuino, che criticò aspramente Carlo per l’uso della violenza contro i Sassoni ne è una prova), ma queste idee face vano ancora fatica a penetrare nella mentalità di sovrani di origine e cultura barbarica, cresciuti nell’esaltazione della guerra e della forza. Bisogna quindi tener conto, nel valutare il comportamento di Carlo, del contesto culturale che lo influenzava, cui si aggiungevano il suo particolare tempera mento e la necessità politica di stroncare la re sistenza di un popolo tra i più ribelli e pericolosi per il suo regno. nonostante le critiche di Alcuino e l’insegnamento del Vangelo, perciò, quando si trattò di decidere come comportarsi nei confronti dei Sassoni, Carlo scelse quello che la sua cultura di origine gli dettava.

SPUNTI DI RIFLESSIONE L’EDUCAZIONE

La libertà di coscienza, diritto fondamentale dell’uomo

(PER

132 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA”

È giusto imporre una religione con la forza?

CIVICA)

3. Chiamato in aiuto dal Papa Leone III, vittima di una congiura, Carlo Magno scese in Italia, restaurò l’autorità del papa e fu da lui incoronato imperatore la notte di Natale dell’800.

4. Carlo Magno non realizzò un impero accentrato; al contrario divise i territori in ducati, affidati a un duca, contee, affidati a un conte, e contee di confine, dette marche, affidate a un marchese. Questi “signori” rispondevano direttamente all’imperatore e si impegnavano con un giuramento di fedeltà ad amministrare i territori per suo conto e secondo la sua volontà. Ne diventavano quindi “vassalli”. Alcuni suoi inviati personali, detti “missi dominici”, giravano in coppia l’Impero in qualità di ispettori per prevenire abusi e vigilare sul loro comportamento.

2. Dopo aver ereditato il Regno dei Franchi, egli con una lunga serie di campagne militari sconfisse i Sassoni e li convertì, anche con la forza, al Cattolicesimo. Affrontò poi gli Arabi di Spagna, fondando la Marca Spagnola. Allargò, poi, i confini dell’Impero fino alla pianura del Danubio.

6. Durante il regno di Carlo Magno l’Europa conobbe un periodo di crescita culturale che fu chiamato “rinascita carolingia”. Alla sua corte di Aquisgrana l’imperatore raccolse attorno a sé grandi uomini di cultura, come Paolo Diacono e Alcuino, e promosse in tutto l’Impero la diffusione di scuole in grado di formare la nuova classe dirigente.

1. Carlo Magno costituì un grande impero europeo, ispirato all’Impero Romano, ma con caratteristiche profondamente cristiane. Per questo si parlerà di Sacro Romano Impero. Grazie a tale opera può giustamente essere considerato un padre dell’Europa.

CAPITOLO 6 133

5. Carlo promosse senza sosta la diffusione del Cristianesimo ed ebbe un atteggiamento di riguardo nei confronti della Chiesa, in particolare di quella franca. Su di essa esercitò un controllo, nominando vescovi, aiutando e sostenendo abbazie e monasteri. Talvolta, per questo, entrò in conflitto col papato.

versione audio on-line 732 battaglia di Poitiers 742 nasce Carlo Magno 754 consacrazione di Pipino il Breve a re dei Franchi 771 Carlo diventaMagnoredei Franchi 800 Carlo Magno viene imperatoreincoronato 814 muore Carlo Magno la dellineatempo

Raccontiamo in breve

5.

134 C AR lo M Agno “ RE E PAdRE dEll’Eu Ro PA” Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande.

3.

6. Che cosa significavano le parole pronunciate dal popolo e del clero nei confronti di Carlo dopo l’incoronazione nella notte di natale dell’800? Qual era il fulcro del nuovo Impero carolingio? 8. Che cosa differenziava le marche dalle contee? 9. Che cos’erano i capitolari? 10. Che ruolo svolgevano i missi dominici? 11. Che cos’era la Schola Palatina? Quale tipo di scrittura si sviluppò presso di essa? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 742 Carlo Magno viene incoronato imperatore 771 nascita di Carlo Magno 800 Carlo Magno diventa re dei Franchi Esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. Carlo Magno fu figlio di Pipino il Breve. V F Carlo Magno diffuse il Cristianesimo presso i Sassoni con metodi pacifici. V F Il Sacro Romano Impero di Carlo Magno fu molto simile all’Impero Romano. V F le marche erano territori di confine amministrati dai marchesi. V F Conti e marchesi ricevevano in proprietà i territori imperiali. V F Carlo Magno non si occupò della Chiesa. V F Carlo Magno favorì la rinascita culturale dell’Europa. V F

7.

1. Quali furono le più importanti conquiste militari di Carlo Magno? Chi era Witichindo? Che cosa stabiliva il Capitolare Sassone? 4. Che cosa avvenne realmente a Roncisvalle? Che cosa avvenne la notte di natale dell’800?

2.

Esercizio 5 · Completa il seguente brano nelle parti mancanti.

. Coloro che amministravano questi territori erano scelti tra e ad essi l’imperatore affidava molteplici compiti quali . Essi in cambio della loro fedeltà e dei servigi che svolgevano per l’imperatore ricevevano un cioè la possibilità di Con la promessa solenne di fedeltà i signori diventavano dell’imperatore.

Per meglio governare il suo vasto Carlo Magno lo suddivise in contee e . le prime vennero affidate ai mentre le seconde ai . Queste ultime si trovavano e quindi necessitavano di A questa divisione amministrativa si aggiungevano i ducati che

CAPITOLO 6 135

Per questo compito di ispettori si serviva anche di ecclesiastici perché

Esercizio 4 · Spiega in un breve testo le differenze tra l’Impero carolingio e l’Impero Romano. Cerca di contenere la risposta in un massimo di 10 righe del tuo quaderno di lavoro.

. Questa modalità di amministrare l’Impero può essere considerata all’origine del sistema che si svilupperà in Europa soprattutto dopo la morte di Carlo.

Carlo radunava annualmente i suoi nei campi di , comunicava loro le proprie deliberazioni dette e controllava poi l’operato dei inviando dei suoi ispettori detti .

Cerimonia investituradifeudale Miniatura dal Codice ArchivioSercambi,di Stato, CAPITOLOLucca7 137 Capitolo 7 Il declino

Un uomo è in ginocchio di fronte al suo signore con le mani congiunte e strette dalle sue. In presenza dei testimoni e davanti ai simboli sacri, pronuncia un solenne giuramento di fedeltà, e allora il signore lo alza e lo abbraccia: la promessa è reciproca. A tale giuramento farà seguito la concessione di un territorio, un “feudo”. Era questo l’atto solenne che sanciva la nascita di un rapporto feudale. Il feudalesimo, questa particolare organizzazione sociale caratteristica dell’alto Medioevo e che potremmo definire una lunga “catena di doveri”, traeva le sue origini molto indietro nel tempo, nella mentalità e nella organizzazione della società barbarica. Poté però svilupparsi a partire dalla decadenza del sistema carolingio e dall’arrivo minaccioso dei nuovi invasori dell’Europa, ricevendo un consistente apporto dal Cristianesimo. La sua durata fu lunga e differente da regione a regione e la sua influenza profonda e duratura. Ancora nel XIX secolo troveremo infatti luoghi dell’Europa dove i rapporti sociali saranno modellati su questo “sistema”. Possiamo dire che l’Europa moderna nascerà solo quando saprà svincolarsi da questo modello. E non sarà un parto facile.

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duraturoSignoridelcarolingiodell’Imperoel’affermarsifeudalesimoevassalli:unmodellosocialeneltempo

Ritratto Ludovicodiil Pio Miniatura da un codice dell’XI Montpellier,Museosecolo,Atger,francia

A Carlo succede il figlio Ludovico il Pio Carlo Magno aveva deciso, conformemente alla tradizione franca, che alla sua morte l’Impero sarebbe stato diviso in parti uguali fra i suoi tre figli maschi. Due di questi però morirono prima del pa dre e nell’814, quando Carlo si spense, fu Ludovico, l’unico soprav vissuto, a ereditarlo. Egli però non possedeva le qualità del padre: non era un abile comandante militare né un saggio organizzatore politico. Non godeva nemmeno dell’autorevolezza sui vassalli che Carlo si era conquistato sul campo e questo fu un fattore decisivo che portò al declino dell’Impero.

Di carattere mite e remissivo, si occupò invece, come e più del pa dre, di diffondere e rafforzare la pratica religiosa dei suoi sudditi. Per questo si meritò l’appellativo di Pio con cui è passato alla storia.

1 · L’Impero carolingio muore col suo fondatore

CAPITOLO 7 139

Ludovico divide l’Impero La successione a Ludovico fu complessa e travagliata. Egli aveva diviso l’Impero tra i suoi figli ma contrasti e rivalità li avevano portato a confitti e sconvolgimenti che si conclusero solo nell’843 con il cosiddetto Trattato di Verdun. Con esso si sanciva la sparti zione dell’Impero. Al figlio primogenito, Lotario, andò il titolo di imperatore nonché i territori della Lotaringia (una striscia di ter ra comprendente le attuali Olanda, Belgio, Alsazia e Lorena) e dell’Italia centro-settentrionale (allora chiamata Regnum Italiae); a Ludovico il territorio dell’attuale Germania (per questo fu detto poi “il Germanico”); a Carlo il Calvo il territorio del futuro Regno di Francia. Con la divisione dell’Impero nascono le prime nazioni europee La spartizione dell’Impero avvenne tenendo conto delle diffe renze linguistiche e culturali esistenti già da tempo al suo interno: come sappiamo, Franchi, Sassoni e Latini avevano lingue e tradi zioni differenti. Con la spartizione, però, queste differenze si con solidarono e si tradussero anche in differenze sul piano politico: di fatto si arrivò alla nascita di quelle che possono essere considerate le prime due grandi nazioni dell’Europa, la Germania e la Francia. Questi due territori infatti, d’allora in poi, saranno governati da dinastie differenti e acquisiranno sempre più la fisionomia di stati diversi. A questa separazione politica si aggiungeranno differenze etniche e soprattutto linguistiche: nei territori germanici si parlerà la lingua tedesca (teudisca) mentre in quelli francesi si affermerà sempre più la lingua d’oil (forma primitiva dell’attuale lingua fran cese). Il giuramento di Strasburgo, formulato nell’842 tra Carlo il Calvo e Ludovico, costituisce la prima testimonianza scritta dell’u so di queste due diverse lingue. Il caso dell’Italia Anche l’Italia assunse caratteristiche sempre più particolari. I territori a suo tempo strappati da Carlo Magno ai Longobardi con tinuavano a trovarsi all’interno dell’Impero ed erano sottoposti all’autorità imperiale ma si andava consolidando l’uso di parlarne come di un regno (il Regnum Italiae appunto) di cui esistevano un re e una corona. È vero che spesso tale corona era detenuta, come nel caso di Carlo, dall’imperatore stesso, ma è anche vero che essa cominciò ad essere vista come una entità politica con una sua iden tità, al punto da diventare, nei periodi di assenza dell’imperatore, oggetto di lotta e di contesa tra i vari signori locali. Inoltre anche nella penisola, seppur molto lentamente, si andava affermando una lingua, il cosiddetto “volgare”, che si stava sempre più differenziando dal latino e assumeva caratteristiche proprie.

Perché è importante il diTrattatoVerdun?

Viene deposto l’ultimo imperatore: è la fine dell’Impero La crisi dell’Impero precipitò nei decenni successivi quando sui territori europei si abbatterono violente invasioni di nuove bellico se popolazioni. Nell’887 l’ultimo imperatore, Carlo il Grosso, che per una serie di fortuite circostanze si era trovato a riunificare nelle sue mani per un breve periodo tutti i territori carolingi, venne de posto dai grandi vassalli dell’Impero, ormai sicuri e potenti padroni dei loro domini. Con questa destituzione, motivata dall’incapacità di Carlo a provvedere alla difesa del territorio francese dall’attacco dei Normanni, l’Impero carolingio cessava di esistere. Re di Francia diventava il nobile Oddone di Parigi, re di Germania Arnolfo di Ca rinzia e re d’Italia Berengario del Friuli mentre la Lotaringia veniva assorbita nei territori di Francia e Germania. Viene concessa l’ereditarietà ai grandi vassalli: si va verso il feudalesimo Come abbiamo visto nel capitolo precedente, Carlo Magno aveva governato il suo vasto Impero concedendo ai suoi compagni di pa lazzo (divenuti suoi vassalli) territori in beneficio, in cambio di fe deltà e obbedienza. Il beneficio non era ereditario ma solo tempo raneo. Ciò significava che, alla morte del vassallo, il territorio doveva ritornare all’imperatore che ne poteva disporre secondo la sua volontà. Già al tempo di Carlo però tale pratica cominciò ad allentarsi e di frequente l’imperatore permetteva che il figlio di un vassallo ricevesse in eredità il territorio del padre. Anche le funzio ni esercitate dal vassallo, come riscuotere le tasse e arruolare l’eser cito, venivano trasmesse al figlio. Alla morte di Carlo questa pratica andò consolidandosi, fino a che nell’877 Carlo il Calvo, col Capitola re di Quierzy, concesse per legge l’ereditarietà dei feudi maggiori, ossia quelli concessi ai grandi vassalli di Francia. In tal modo il feudo (questo è il nome che veniva dato al territorio ricevuto) di ventava una sorta di proprietà del vassallo, che su di esso esercitava poteri autonomi. Dai vassalli ai valvassori A sua volta poi il vassallo poteva concedere parte del suo territo rio a persone di sua fiducia in un vincolo simile, creando così dei vassalli minori o valvassori e frammentando ulteriormente il terri torio e i poteri. Tutto questo rivela quanto ormai il potere e l’auto rità del sovrano si stessero indebolendo. I vassalli, infatti, sui loro territori diventavano dei signori, praticamente indipendenti, senza più nessun obbligo nei confronti del re. Si spiega così anche come mai i grandi vassalli potessero nell’887 essere tanto potenti da de porre l’imperatore stesso e sostituirsi a lui. Perché fu deposto l’ultimo imperatore Carlo il Grosso? Feudo Termine che anticoprobabilmenterisalealfrancese( fehu-od) e che significa “possesso di bestiame”. alcondurreevidentementeloroconferitotempo,diaiuninizialmenteIndicavaibenichecomandantedonavasuoisoldatiincambioservigi.Passòpoi,colaindicareilterrenodaisovraniaivassalli,terrenosucuisipotevailbestiamepascolo. siideiconPerchél’ereditarietàfeudipoterideisovraniindebolirono?

140 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo

Parigi Praga Augusta CostanzaDigioneLioneBordeauxTours

2 · La grande paura: le invasioni di nuovi popoli Gli “uomini del nord”

CAPITOLO 7 141

MagonzaBrema Loira Napoli SivigliaCordoba Regno AsturiadieEmiratoLeondiCordoba Ducato Beneventodi La dopodell’Imperospartizionetriplicelamorte di Ludovico il Pio regno CittàbizantiniTerritoriS.PatrimonioCarlorLodovicorLotariodiegnodiegnodiilCalvodiPietroimportanti

PaviaMilano RomaRavenna Regno di Danimarca

DanubioReno Regno Anglosassonidegli

AquisgranaArlesColonia

Mentre tutto questo avveniva, si andava profilando all’orizzonte una nuova e grave minaccia per l’Europa. Già dal VII secolo i mari del nord erano dominati dai Vichinghi, un popolo di abilissimi e coraggiosi navigatori che si erano insediati in Scandinavia e successi vamente si erano spinti verso altre terre conquistandole: l’Irlanda, l’Islanda, la Danimarca, la Russia (il nome rus che significa forse “rematori” era l’appellativo dato loro dai popoli slavi) e la Groenlan dia; da qui probabilmente avevano raggiunto anche le coste del Nord America. Con le loro agili navi assalivano le zone costiere, risalivano i fiumi, depredavano le città, avviavano fruttuosi commerci. La minaccia giunge nel cuore della Francia Verso la fine del IX secolo questi audaci guerrieri cominciaro no anche ad assalire la Francia, dove vennero chiamati Normanni (cioè “uomini del nord”). Qui occuparono una regione settentrio nale, detta poi Normandia, e giunsero persino ad assediare Parigi, da cui furono però respinti. Dalla Normandia, come vedremo, par tirono anche alla conquista dell’Inghilterra sconfiggendo le popoNarbona Rodano

Queste continue invasioni e scorribande resero sempre più pre caria la vita delle popolazioni delle campagne. I signori provvidero a proteggere le loro residenze costruendovi attorno barriere di fensive, torri di avvistamento e fortificazioni, dapprima in legno e poi in muratura. I contadini, indifesi e inermi, in caso di pericolo cercavano e trovavano rifugio all’interno di queste cinte fortificate, protetti dai signori ai quali promettevano in cambio fedeltà e ser vigi. Nacquero così i castelli che, a partire dal X secolo, ricoprirono il territorio europeo in numero altissimo. Si pensi che in Toscana fra il X e il XIII secolo ne sorsero quasi mille mentre c’è una regio ne spagnola, la Castiglia, che prese il nome proprio dall’altissimo numero di fortificazioni che vi furono costruite. Ove era possibile, inoltre, anche abbazie, monasteri, fattorie cercavano di dotarsi di spesse mura protettive.

142 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo

Questi corsari arabi, di religione musulmana, non si convertivano al Cristianesimo e costituivano una minaccia continua almeno fino a quando non subirono una dura sconfitta nella battaglia del Gari gliano (915) ad opera delle truppe guidate dal papa Giovanni X e dai suoi alleati italiani.

lazioni germaniche degli Angli e dei Sassoni, che vi si erano stan ziate dopo l’abbandono dell’isola da parte dei Romani. Un nucleo di Normanni si spinse anche verso l’Italia meridionale. Gradual mente, grazie anche alla progressiva conversione al Cristianesimo, questo popolo finì per integrarsi all’interno della civiltà europea e non costituì più una minaccia. Nel 911 i Normanni ottennero an che il riconoscimento ufficiale delle loro conquiste: il loro condot tiero Rollone fu riconosciuto come vassallo dal re dei Franchi Carlo il Semplice. Da est arrivano gli Ungari Un’altra minaccia per le popolazioni europee giunse da est. Si trattava degli Ungari (o Magiari), che si stanziarono appunto nei territori dell’attuale Ungheria, l’antica Pannonia, spingendosi poi nelle loro scorrerie in Italia (dove arrivarono a minacciare la stes sa Roma) e nella Francia del sud. Anch’essi però cessarono di esse re una minaccia quando si convertirono al Cristianesimo grazie al loro re Stefano, verso la fine del X secolo.

Le incursioni dei Saraceni Ma il pericolo più grande per l’Europa veniva da sud, dal baci no del Mediterraneo, dove i guerrieri saraceni avevano occupato la Sicilia, le Sardegna e la Corsica, e minacciavano ripetutamente le coste della penisola (avevano più volte assalito la stessa Roma).

I signori costruiscono i castelli e i contadini chiedono protezione

Il fenomeno dell’incastellamento ebbe un’incidenza notevole sulla vita sociale ed economica del tempo. Soprattutto contribuì a raffor zare i legami di dipendenza tra i contadini e i signori e influì in ma niera massiccia sulle modalità di sviluppo dell’economia agricola. Attorno ai castelli si sviluppa l’economia curtense Il castello, attorno a cui i contadini vivevano, finiva per diventare il centro d’attrazione di tutta l’attività produttiva. Nel lavoro dei campi si produceva poco, anche a causa dell’arretratezza degli strumenti di lavoro, e quel poco veniva scambiato tra i vari conta dini all’interno del grande cortile del castello (detto curtis, da cui deriva l’espressione economia curtense). Non esisteva circolazio ne di denaro, sostituito da scambi di prodotti in natura (baratto), e non esisteva nemmeno la possibilità di commerciare, in quanto ciò che era prodotto era appena sufficiente a garantire la sopravvi venza dei contadini e delle loro famiglie (per questo gli economisti parlano di “economia di sussistenza”). Inoltre era spesso difficile e pericoloso circolare e trasportare merci in luoghi lontani. Per la ve rità i commerci a lunga distanza non erano del tutto scomparsi, ma si praticavano in misura ridotta e riguardavano non beni di prima necessità ma prodotti che oggi chiameremmo “di lusso”: le spezie, l’ambra, i codici. Perché costruitivenneroicastelli? (Melilla)RusaddirHastings

CAPITOLO 7 143

Lechfeld Scorrerie migrazionie di Ungari e Scandinavi scandinavadiSecondascandinavadiPrimadeglidelleprincipalidscandinavicommercialiInflussiscandinavipoliticiInflussidegliInsediamentoUngariirezioniscorrerieUngarifaseespansionefaseespansione

nelle pagine successive L’economia curtense attorno al castello Mar Mediterraneo Mar Nero Danubio Reno Nilo Novgorod Kiev Antiochia Bisanzio OtrantoRomaPalermoCapua BordeauxVerdunRouenMarsiglia Padova

144 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo terreni massarici

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Si trattava di un’economia chiusa e autosufficiente L’economia curtense era quindi un’economia che, per i beni pri mari, era in gran parte “chiusa”, perché non indirizzata a commer ciare prodotti al di fuori del feudo. Era anche autosufficiente, per ché si tendeva a produrre tutto ciò che era indispensabile a garantire la sopravvivenza degli abitanti del feudo senza far ricor so a merci prodotte all’esterno di esso. Il signore, ormai padrone delle sue terre, tendeva a dividerle in due parti: una, detta pars dominica, gestita direttamente da lui tramite servi e contadini alle sue dipendenze, l’altra, detta pars colonica o massaricia, concessa ai contadini che ne pagavano l’affitto con parte del raccolto e altri obblighi e servigi.

3 · Si afferma la società feudale Che cos’è il feudalesimo? Facciamo il punto A questo punto abbiamo tutti gli elementi per comprendere piena mente che cosa sia il feudalesimo, cui abbiamo fatto qualche cenno in precedenza. Con questo termine si indica una particolare orga nizzazione della società e del potere che si sviluppò a partire dall’e poca carolingia e che caratterizzò molta parte della società europea per alcuni secoli (in qualche caso, come ad esempio in Francia, fino al XVIII secolo dove ebbe termine con la rivoluzione francese). In tale società un superiore concedeva a un inferiore, che gli giurava fedeltà e diventava suo vassallo, un territorio, il feudo (detto anche beneficium), e dei poteri di governo (detti anche immunità) da eser citare su di esso: amministrare la giustizia, riscuotere le tasse e non pagarle a sua volta, arruolare l’esercito. Il conferimento del feudo avveniva attraverso un solenne giuramento, l’atto di omaggio (dal latino homo, cioè uomo) con cui si diventava “uomo” del signore, e che stabiliva dei vincoli reciproci: l’inferiore si impegnava ad essere fedele al superiore, promettendo di aiutarlo in caso di necessità e di pericolo; il superiore, a sua volta, assumeva l’onere di proteggere l’inferiore e di garantirgli la possibilità di godere delle immunità.

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Una società gerarchica… Tenendo conto poi che, come abbiamo visto, i vassalli potevano creare a loro volta dei valvassori, quella che ne derivava era una so cietà fortemente gerarchica, nella quale ogni uomo aveva un supe riore e questi ne aveva un altro, fino al vertice costituito dall’impe ratore o dal re. Ogni membro di questa scala aveva dei doveri nei confronti di chi gli stava al di sopra ma anche di chi gli stava al di sotto. Era una sorta di grande “catena dei doveri” in cui ognuno era responsabile verso qualcun altro, anche se in un quadro di forti difl’economiaPerché curtense era dela“catenaPerchégerarchica?erailPerchéchiusa?un’economiasidicechefeudalesimounasocietàsiparladideidoveri”propositofeudalesimo?

Un sovrano feudale e la sua corte Paul getty Museum, Los Angeles

ferenze sociali: chi occupava i gradi inferiori di questa scala viveva, infatti, in condizioni ben peggiori di chi stava in alto. … fondata su principi religiosi I valori della lealtà, della fedeltà alla parola data e dell’onore, su cui si basavano i rapporti feudali, erano certamente presenti negli animi dei valorosi guerrieri di origine barbarica. Ricevevano però la loro forza soprattutto dal Cristianesimo. Il vassallo giurava in fatti con la mano stesa sul Vangelo o sulle reliquie assumendosi l’impegno della fedeltà davanti a Dio e ai suoi rappresentanti in terra, gli uomini di Chiesa, e questo impegno rivestiva un’impor tanza straordinaria in un’epoca in cui la fede religiosa era partico larmente sentita. Alla base della scala: i contadini Alla base della scala sociale stavano i contadini, a volte liberi in quanto proprietari del piccolo terreno che lavoravano, più spesso servi della gleba. Questi ultimi ricevevano dal signore la terra su cui lavoravano (un piccolo appezzamento detto “manso” nella pars Perché il sistema feudale si fondava su principi religiosi?

148 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo massaricia del feudo) ed erano legati a lui da una serie di vincoli e obblighi. Generalmente gli dovevano come “affitto” una parte del raccolto (a volte molto consistente). Dovevano inoltre lavorare gra tuitamente per lui per un certo numero di giornate all’anno, poche o tante a seconda dei casi (si trattava delle corvées). Inoltre dove vano offrirgli prodotti, primizie, qualche animale e pagare pedag gi per l’utilizzo di ponti, mulini e altre strutture che si trovavano nel feudo. Il vincolo più importante che i servi della gleba avevano era, però, un altro: non potevano lasciare la terra che coltivavano ed erano quindi legati per sempre ad essa (gleba infatti significa terra, letteralmente quindi erano “servi della terra”). Questo obbligo si estendeva poi anche ai figli: anche a loro era fatto divieto di abban donare il lavoro paterno. Per parte sua però il signore non poteva licenziare i servi della gleba, allontanarli dai suoi possedimenti, né dare ad altri la loro casa e il loro posto di lavoro. Ciò, pur nei limiti di una condizione certamente misera, era per quei tempi una garan zia non indifferente. I servi della gleba non erano schiavi Questa condizione particolarmente dura garantiva però la stabi lità del sistema economico: se un contadino infatti avesse abbando nato il suo lavoro, non solo i guadagni del signore sarebbero dimi nuiti ma ne avrebbe risentito anche tutta l’economia del feudo che era molto precaria. Comunque va tenuto presente che i servi della gleba non sono paragonabili agli schiavi antichi. Questi erano prati camente oggetti, non persone; erano sotto la potestà assoluta del padrone che su di loro aveva diritto di vita e di morte, non potevano svolgere un’attività personale, non avevano famiglia né beni. Il ser vo della gleba, al contrario, era una persona e non un oggetto, pote va possedere beni, un’abitazione e una famiglia. Inoltre la sua con dizione gli garantiva la protezione da parte del signore che era tenuto a difenderlo da chiunque volesse cacciarlo dalla casa e dalla terra che coltivava. Infine, in caso di guerra, era esentato dagli ob blighi militari. Il mondo feudale: brutalità e rozzezza, ma anche gentilezza e cortesia Il mondo feudale si caratterizzava nel complesso per una certa rozzezza in quanto legato a un’idea guerresca della vita. I signo ri dovevano essere innanzitutto abili guerrieri, pronti sempre a combattere e a difendere il proprio feudo. Passavano il loro tempo nell’addestramento militare e nella caccia. Inoltre non erano esen ti da brutalità e durezza nel trattare i contadini e i servi alle loro dipendenze. Spesso erano in lotta tra loro e complotti, rivalità, vio lenze caratterizzavano la loro esistenza. Tuttavia, va anche ricorda to che in questo mondo, soprattutto nelle corti di Francia, si svilupPerché i servi della gleba non schiaviparagonabilisonoagliantichi?

Trovatori Illustrazione da un codice del XIII secolo, Monastero de El Escorial, Spagna

CAPITOLO 7 149 pò una raffinata cultura. Poeti, cantori girovaghi (chiamati trovatori o menestrelli) vi diffusero le loro poesie e canzoni che esaltavano i comportamenti eleganti e onesti, detti perciò cortesi (è da qui che nasce il termine “cortesia” che ancor oggi conserva un valore posi tivo). Soprattutto nella cultura di corte fiorì un grande rispetto per la donna, la dama, che divenne oggetto di culto e di venerazione. La formazione del sistema feudale: un processo “dall’alto” e “dal basso” Come si formò questa organizzazione sociale chiamata “feudale simo” ? A questo punto siamo in grado di rispondere a questa do manda con una certa precisione. Esso non fu un progetto pensato e realizzato da qualche re o imperatore ma fu il risultato di un dupli ce processo che si sviluppò “dall’alto” e “dal basso”. Come abbiamo visto, infatti, vi furono da una parte Carlo Magno e i suoi successori che, per esigenze di governo, conferirono feudi ai propri vassalli in cambio di servigi e della promessa di fedeltà, dall’altra i contadini che, di fronte alla minaccia delle nuove invasioni, chiesero prote zione ai signori mettendosi al loro servizio. Il verificarsi quasi con temporaneamente di questi due fenomeni diede alla società medio evale, soprattutto quando l’autorità imperiale venne meno, questo particolare assetto. Perché si dice che il feudalesimo è nato sia “dall’alto” che “dal basso”?

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Nasce la cavalleria

Al feudalesimo si saldò anche la nascita della cavalleria. I cavalie ri erano giovani che si dedicavano all’uso delle armi, oggi diremmo dei soldati di professione, e che si mettevano al servizio di qualche signore feudale. In particolare si trattava di cadetti cioè figli non primogeniti dei nobili che, per questa ragione, non potevano go dere dell’eredità paterna. All’inizio la loro attività si caratterizzava per l’aggressività e la violenza che seminavano nelle campagne e nei villaggi, dove compivano incursioni, depredavano e vessavano gli inermi abitanti. Per porre fine a queste violenze, o almeno per limitarle, si mobilitò in modo particolare la Chiesa. Abati e vescovi, con la loro autorità, riuscirono a imporre a questi giovani precise regole da rispettare. Si chiedeva loro l’impegno a battersi con lealtà e generosità per proteggere i poveri, gli orfani e le vedove e per di fendere la fede contro i pagani. Con le cosiddette “tregue di Dio” si impose loro di astenersi dal combattere presso luoghi sacri, chiese e abbazie, e in occasione di festività religiose o di periodi importan ti dell’anno come la Quaresima. È in tal modo che rozzi e bellicosi guerrieri divennero “cavalieri”, dediti a una missione che per molti aspetti aveva un carattere religioso. Anche la cerimonia dell’inve stitura, con cui questi giovani entravano nella cavalleria, assunse perciò un carattere sacro: avveniva in chiesa, accompagnata da pre ghiere e penitenze. Il senso dell’onore e del rispetto per la parola data divennero così importanti nella mentalità cavalleresca che l’accusa più infamante che un cavaliere poteva ricevere era quella di fellonia, cioè di codar dia e di tradimento.inasoprattuttoeranoicadettientrarecavalleria?

Perché

In queste due lingue furono scritte importantissi me opere letterarie che ebbero grande influenza su tutta la letteratura europea sia per gli argomen ti trattati che per lo stile di scrittura. nella lingua d’oil furono redatti i grandi poemi cavallereschi mentre nella lingua d’oc si espressero i trovatori, poeti e menestrelli girovaghi che rallegravano con le loro composizioni le corti della francia meridio nale. La conoscenza di questi ultimi fu alla base della nascente letteratura italiana agli inizi del XIII secolo. In Italia il latino durò più a lungo In Italia il processo di formazione di una lingua nazionale fu molto più lungo rispetto alla francia e alla germania. nel nostro paese, infatti, culla dell’Impero romano, il latino rimase a lungo la lingua ufficiale, usata in tutti i documenti scritti e dalla stessa Chiesa. nelle diverse regioni si svi lupparono, però, nuove lingue, chiamate volgari in quanto parlate dal popolo, o volgo. fra queste, usate per molto tempo esclusivamente per la co municazione orale, solo piuttosto tardi si affer merà come lingua nazionale il volgare italiano, e in particolare quello parlato in Toscana. Ciò av verrà, da un lato, grazie alle opere di grandi autori toscani del XIII e del XIV secolo, come dante, Pe trarca e Boccaccio che sapranno nobilitare la loro lingua scrivendo con essa i capolavori che tutti conosciamo, dall’altro per l’impulso dei mercanti e dei principi che avranno necessità di usare una lingua più semplice e scorrevole rispetto al latino e per questo faranno ricorso al toscano in uso a quel tempo.

METTIAMO A FUOCO

CAPITOLO 7 151

La formazione delle lingue europee La spartizione dell’Impero carolingio, come ab biamo detto, pose le basi per l’affermazione delle diverse nazioni. La conferma di questo fu l’emer gere e l’imporsi delle principali lingue europee, che incominciarono a svilupparsi proprio a partire dal IX secolo e che non sono sostanzialmente dif ferenti da quelle ancor oggi in uso. Lingue neolatine e lingue anglosassoni Alcune di queste lingue, come l’italiano, il fran cese, lo spagnolo, chiamate lingue neolatine o romanze, nacquero dalla graduale evoluzione del latino al contatto con vocaboli e costruzioni pro prie delle parlate barbariche. Altre invece, come il tedesco e l’inglese, derivano più direttamente dall’evoluzione di queste antiche lingue, anche perché si svilupparono in regioni come la germa nia, che non aveva mai conosciuto la dominazione romana, o l’Inghilterra, che l’aveva conosciuta ma non in maniera profonda. Per questo si chiamano tuttora lingue anglo-sassoni. Che cosa avvenne nel Giuramento di Strasburgo Come fa capire il giuramento di Strasburgo dell’842, fra le prime lingue nazionali ad affer marsi vi furono il tedesco e il francese. In quella circostanza Carlo il Calvo e Ludovico il germani co, giurandosi reciproca fedeltà nella lotta contro il fratello Lotario, utilizzarono le differenti lingue delle loro due nazioni, ognuno giurando nella lin gua dell’altro e alla presenza dei rispettivi eserciti. La lingua d’oc e la lingua d’oil La lingua francese poi si sviluppò in due forme: l’oc e l’oil. La prima era parlata soprattutto nel sud della francia ed era chiamata così perché oc era l’espressione usata per dire “sì” (dal latino hoc est: “è questo”, “è così”). La seconda era invece par lata nella francia centro-settentrionale, dove per dire “sì” veniva usato il termine oil (da una contra zione del latino illud est: “è quello”, “è così”).

La società medioevale: una società tripartita e statica?

… ma la realtà era più complessa dobbiamo dire che quella del vescovo francese era una rappresentazione piuttosto ideale: era il suo modo di concepire una società perfetta, in altri termini ciò che egli desiderava e sperava per ché ci fossero ordine e pace. Probabilmente una tripartizione ordinata come quella da lui descritta si verificò solo in periodi piuttosto brevi e in am biti territoriali limitati. di fatto molteplici esempi testimoniano una realtà molto più complessa e in costante evoluzione. Vi furono infatti uomini di Chiesa che, oltre a pregare, lavoravano (i monaci benedettini) e altri che governavano e combat tevano (saranno i vescovi-conti o i monaci com battenti degli ordini monastico-cavallereschi). Lo stesso popolo dei laboratores dopo l’anno Mille comprenderà anche i “borghesi”, mercanti, arti giani, imprenditori che con la loro attività potran no arricchirsi fino a minacciare la supremazia dei nobili nella società: questi borghesi saranno an che disposti a combattere in eserciti cittadini per difendere le loro libertà, e in tal caso la guerra non sarà più compito esclusivo dei nobili. Bastano questi esempi a metterci in guardia, nel fare storia, dal rischio di generalizzare o di sostitu ire alla realtà dei fatti schemi o concezioni astratte che, per quanto belle e ideali, hanno il difetto di non essere vere, del tutto o almeno in parte. di ciò probabilmente si rendeva conto lo stesso Adalbe rone che, infatti, nel testo che abbiamo citato con clude lamentandosi proprio perché la società che lui aveva descritto stava rapidamente cambiando.

Differenti compiti per il bene di tutti…

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METTIAMO A FUOCO

Un testo poetico del vescovo Adalberone di Laon, scritto intorno al 1030, descrive la società del suo tempo come un organismo ben ordinato in cui le persone sono divise in tre ordini, ognuno con un ben preciso compito da svolgere. Vi era no gli oratores (dal latino orare, “pregare”) ossia gli ecclesiastici, dediti alla preghiera e al servizio religioso; i bellatores (dal latino bellum, “guerra”) cioè i nobili, che avevano il compito di combat tere per difendere la comunità e infine i labora tores (lavoratori) ossia i contadini e in generale il popolo, che lavoravano per mantenere tutta la società. Questa tripartizione dei compiti garan tiva, secondo Adalberone, uno sviluppo ordinato all’intera società in quanto ognuno, col suo com pito, contribuiva al bene di tutti. da ciò derivava anche la pace sociale. Per molti questa sarebbe la perfetta descrizione della società medioevale. Ma le cose stavano veramente così?

Miniatura con monaco, soldato e contadino

METTIAMO A FUOCO I Vichinghi, dominatori del mare I Vichinghi erano popolazioni di origine germa nica, insediatisi fin dal VI-VII secolo nelle aree settentrionali dell’Europa. dediti inizialmente alla pesca e ai commerci si erano ben presto trasfor mati in guerrieri e razziatori (sembra che nella loro lingua il termine vichingo volesse dire pro prio “guerriero”).

In particolare quelli provenienti dalle attuali norvegia e danimarca, cominciarono ad assalire le coste europee con rapide incursioni a scopo di razzia e le prime mete dei loro assalti furono le coste inglesi e irlandesi (dove fondarono l’attuale città di dublino). Con le loro rapide navi, oltre a minacciare le zone costiere, riuscivano a penetrare all’interno dei territori risalendo i fiumi, dove incontravano scarse resistenze e costituiva no dei campi-base che divenivano punti di par tenza di ulteriori scorribande verso l’interno. Com’erano le navi vichinghe Molti ritrovamenti ci fanno conoscere com’erano le imbarcazioni dei Vichinghi e qual era la loro tecnica marinara. Con una testa di drago che or nava la prua e che serviva probabilmente a incu tere timore nei nemici e a tenere lontani gli spiriti maligni, il drakkar fu la loro tipica nave da guerra. Era un naviglio di piccole dimensioni (25-30 me tri di lunghezza) dalla forma semplice e dallo sca fo poco profondo, per consentire la navigazione lungo i bassi fondali e la risalita del corso dei fiu mi. Possedeva una vela quadrata o triangolare, di lana grezza o di lino, che aveva la caratteristica di essere orientabile in modo da sfruttare la spinta del vento anche quando soffiava trasversalmente. In caso di assenza di vento poteva essere spinta da remi (circa quaranta divisi in coppie da ven ti). Anche durante le battaglie, quando servivano movimenti più rapidi, si faceva uso dei remi. Per i commerci e per traversate più lunghe in acque aperte i Vichinghi utilizzavano imbarcazioni di più grandi dimensioni dette knorr. La “terra del vino” era l’America? È probabile che, con questo tipo di imbarcazioni e senza disporre di moderni strumenti di naviga zione (la bussola farà la sua comparsa in Europa qualche secolo dopo) i Vichinghi percorressero rotte oceaniche spingendosi fino al continente americano. Sembra infatti che, attorno al Mille, abbiano raggiunto luoghi come l’isola di Terrano va o la penisola del Labrador, che nelle loro saghe chiamarono Vinland (terra del vino). Qui proba bilmente tentarono di costituire un insediamento coloniale, di cui si sarebbero rinvenute tracce, an che se questa impresa sembra non aver prodotto frutti duraturi. Una religione molto particolare La religione dei Vichinghi era simile a quella degli antichi germani, ma si caratterizzava per i singo lari riti funebri: quando infatti moriva un capotribù o sua moglie, il suo corpo veniva deposto su una nave, insieme a tutto ciò che gli era appartenuto, oggetti di valore, armi, animali, schiavi e schiave uccisi per la circostanza. La nave con tutto il suo carico veniva poi coperta sotto mucchi di pietre e di argilla, che formavano una grande piramide, affidata alla protezione degli dei.

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Castello medioevale Il disegno è ispirato al castello di Sabbionara di Avio (Trento) risalente nella sua parte più antica all’XI secolo

154 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA I castelli medioevali Com’erano i castelli più antichi? È difficile oggi poter incontrare un castello me dioevale conservato nel suo stato originario. nel tempo, infatti, molti di essi sono stati distrutti oppure hanno subito profonde modifiche rispetto allo scopo per cui erano stati inizialmente eretti. Essi nacquero, infatti, per finalità puramente di fensive. Addirittura i primi erano semplici torri di guardia circondate da palizzate, anche di forma circolare, eretti su luoghi elevati o su alture create artificialmente e dette motte. Poi si passò a co struzioni in muratura che circondavano e proteg gevano la residenza del signore. In questo caso potevano esserci due file di mura. Tra la prima e la seconda vi era lo spazio dove potevano trovare ri covero i contadini con i loro beni o dove addirittu ra si trovavano le loro abitazioni. All’esterno ci po teva essere un fossato, a volte riempito d’acqua. Per accedere al castello si usava in questo caso un ponte levatoio che veniva calato all’occorrenza sul fossato. La cinta di mura, alta anche 15 metri, era interrotta agli angoli da torri quadrate ed era percorsa in alto da camminamenti lungo i quali le sentinelle effettuavano la ronda. delle aperture (caditoie) e dei merli potevano consentire ai sol dati di guardia di lanciare frecce, proiettili o pece bollente sugli assalitori, senza correre il rischio di essere colpiti. All’interno delle mura vi erano ma gazzini, scuderie, cucine, pozzi, botteghe. Il mastio: cuore del castello Soprattutto però vi era il mastio, un edificio molto alto, quasi una torre, dove si trovavano i locali di prestigio del signore: la sua residenza, il tesoro, l’armeria, la cappella. Il mastio fungeva anche da estremo baluardo di difesa oltre che da torre di avvistamento. Col tempo, accanto al mastio ven ne eretto il palatium, che divenne la vera residen za del castellano e della sua corte. Nei castelli si viveva male La vita nel castello non era certamente semplice e molti erano i disagi, soprattutto in inverno. fred do, buio e umidità la facevano da padroni. Contro di essi i grandi camini sempre accesi non erano sufficienti. Le finestre, poche, strette e senza vetri (per chiuderle d’inverno si applicavano delle pelli o delle pergamene) non lasciavano filtrare la luce mentre al contrario lasciavano passare il freddo. Le pareti, non intonacate, e i pavimenti erano tal volta ricoperti con pelli di animali per diffondere un po’ di calore. gli ambienti poi erano piccoli, collegati da scale ripide e strette, spesso di legno. Mancava l’acqua corrente. L’arredamento era molto sobrio: panche, cassepanche, qualche ar madio e tavoli facilmente smontabili, come pure gli utensili, in gran parte in legno. Dove si trovano oggi i castelli più interessanti In genere, i castelli che si sono conservati nel loro stato originario sono quelli situati nelle aree in cui il potere dell’aristocrazia feudale è durato più a lungo. In Italia, ad esempio, in Trentino-Alto Adige e in Val d’Aosta si trovano gli esemplari più suggestivi e meglio fortificati. In regioni come la Toscana dove, come vedremo nei prossimi capi toli, i Comuni entrarono in conflitto con i signori feudali, distruggendo i loro castelli, se ne sono conservati alcuni solo nella aree della Lunigiana o del Casentino. Come è cambiata nel tempo la funzione dei castelli dopo il Mille i castelli persero la loro funzione originaria e non vennero più costruiti per scopi difensivi ma per altre ragioni, soprattutto di ca rattere politico. dovevano servire al signore per esibire la sua ricchezza, il prestigio e quindi il potere che ne derivavano (oggi li chiameremmo status symbol) Per questo nella loro costruzione si prestò molta più attenzione ai valori estetici e architettonici: da rozzi edifici destinati alla guerra si trasformarono in splendidi ed eleganti palazzi residenziali. L’arredamento si fece più ricco, le stanze più accoglienti.

CAPITOLO 7 155 rocca fortezzao cassero o mastio ingresso

Contadino che vanga Altorilievo di Benedetto Antelami (fine XII secolo circa), Battistero, Parma

PARTIAMO DALLE FONTI Bodo, un contadino francese del IX secolo

156 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo

Basandosi su un libro catastale dell’abbazia fran cese di Saint germain des Pres, redatto tra l’811 e l’826, la storica Eileen Power ha ricostruito la vita quotidiana di un contadino di quel tempo. Il libro catastale è un documento nel quale sono inven tariate tutte le proprietà, in particolare le terre, possedute da qualcuno. In questo caso si tratta delle terre di proprietà dell’abbazia e tale fatto non deve sembrare strano: spesso nobili e signori, all’avvicinarsi della morte, donavano terre ai mo naci come gesto di penitenza e di richiesta di per dono a dio per i propri peccati. oppure si trattava di donazioni fatte direttamente da Carlo Magno e dagli altri sovrani carolingi. Le abbazie poi, spesso sempre più ricche, amministravano queste terre secondo l’uso feudale del tempo, tenendone per sé una parte e affidando l’altra ai servi della gleba, sotto la supervisione di un amministratore. La famiglia e le attività di Bodo da questo testo veniamo a sapere che il contadi no in questione, di nome Bodo, con una moglie, Ermentrude, e tre figli piccoli, Wido, gerberto e Hildegard, gestiva un manso dell’abbazia, com posto da terra arabile, prato e qualche filare di vite. Per pagarne l’affitto aveva una serie di obbli ghi da rispettare, che andavano dalle corvées alla fornitura di beni in natura quali uova, pollame, e una parte del raccolto. Le corvées consistevano in tre giorni alla settimana di lavori agricoli da svolgersi sui terreni dell’abbazia (aratura, semi na, mietitura) ma anche in prestazioni di pubblica utilità, quali riparare strade e ponti, tagliare alberi, produrre la birra, costruire recinti per gli animali. Infine il contadino era obbligato a pagare una se rie di piccoli o grandi tributi per altre ragioni, ad esempio per ottenere il permesso di far pascolare i propri maiali nei boschi dell’abbazia.

Un importante libro catastale

CAPITOLO 7 157

Il racconto prosegue poi con la descrizione dei passatempi di Bodo e della sua famiglia, le feste da ballo, le fiere e i mercati, le preghiere. È un quadro completo e molto interessante che ti sug geriamo di leggere personalmente sul libro della Power, magari con la guida del tuo insegnante.

Seguiamo a questo punto il racconto della Power: «Bodo si alza presto la mattina, perché è il gior no in cui deve lavorare sulla terra dei monaci, e non osa far tardi per paura dell’amministrato re. È giorno di aratura, e quindi prende con sé il grosso bue, e il piccolo Wido perché gli corra a fianco con un pungolo per spronarlo, e raggiunge i suoi amici che vengono da altre fattorie del vi cinato e che vanno anch’essi a lavorare alla casa grande. Si riuniscono, alcuni con cavalli e buoi, altri con zappe, marre, vanghe, scuri e falci, e si dividono in squadre per lavorare nei campi, nei prati e nei boschi del dominio, secondo gli ordi ni ricevuti dall’amministratore. Il manso attiguo a quello di Bodo appartiene a un gruppo di famiglie: frambert, Ermoin e ragenold con le loro mogli e i bambini. Bodo augura il buon giorno passando. frambert sta andando a costruire uno steccato intorno al bosco per impedire ai conigli di uscirne e di mangiare i germogli; Ermoin ha ricevuto l’or dine di trasportare col carro un grosso carico di legna da ardere fino alla casa grande; e ragenold sta riparando un buco su un tetto di un granaio. Bodo se ne va fischiettando nell’aria fredda, arerà tutto il giorno, e mangerà la sua colazione sotto una pianta con gli altri aratori. Torniamo indie tro e vediamo che cosa sta facendo la moglie di Bodo, Ermentrude. Anche lei ha il suo da fare; è il giorno in cui bisogna versare il tributo in polla me – una grassa gallinella e cinque uova in tutto. Cerca l’amministratore, gli fa l’inchino, e conse gna il pollo e le uova, e poi corre al quartiere del le donne per pettegolare con le serve. dopo aver fatto i suoi pettegolezzi, ritorna alla sua fattoria, e si mette al lavoro nella piccola vigna; poi dopo un’ora o due, rientra per far da mangiare ai bam bini, e per impiegare il resto della giornata a cu cire caldi indumenti di lana per loro. Tutte le sue amiche sono al lavoro dei campi, o alle fattorie dei loro mariti, o a badare al pollaio, o all’orto, o in casa a cucire; poiché il lavoro delle donne, in una fattoria di campagna, è pesante come quello degli uomini. Poi finalmente Bodo ritorna per la cena, e appena il sole è tramontato vanno a letto; perché la loro candela fatta a mano dà solo un barlume di luce, ed entrambi devono essere presto in piedi al mattino». da Eileen Power, Vita nel Medioevo, Einaudi, adatt.

Che lavoro deve svolgere Bodo nella terra dei Qualimonaci?sonoinvece le corvées di Frambert, Ermoin e Ragenold? Che cosa deve versare all’amministratore CheErmentrude?lavorosvolgono le donne? Quando la famiglia di Bodo va a letto?

SPUNTI DI RIFLESSIONE

(PER L’EDUCAZIONE CIVICA)

Quando a tutelare i diritti dei cittadini è lo stato Protezione, sicurezza, possibilità di un lavoro sono alcuni tra quelli che oggi chiameremmo “diritti”. Insieme con i “doveri” (ad esempio, rispettare le leggi, pagare le tasse) sono stabiliti e garantiti, per noi, dalle leggi, innanzitutto dalle Costituzioni degli stati, e sono sanciti, in gran parte, anche dal le varie dichiarazioni universali redatte da orga nismi sopranazionali quali ad esempio le nazioni Unite. Questo significa che oggi è compito dello stato, attraverso le sue istituzioni, fare in modo che tutti i cittadini possano godere dei diritti e ri spettino i doveri. È lo stato che deve proteggere i cittadini, offrire loro la possibilità di lavorare, ri scuotere le tasse. Nel Medioevo feudale non esisteva lo stato Come avrai invece notato, nella società feudale le cose andavano diversamente. Era la dipendenza da un superiore che garantiva ai contadini prote zione, sicurezza e lavoro, ed era a questo superio re che andavano pagate le “tasse”. In effetti, nel Medioevo, non esisteva uno stato come lo inten diamo noi oggi, che imponeva a tutti le leggi, che tutti erano tenuti a rispettare (oggi si chiamerebbe “stato di diritto”). Allora la vita delle persone era regolata da obblighi e doveri che venivano stabiliti da superiori da cui si dipendeva, da parenti a cui si era legati o da altri legami contratti personalmen te (promesse, giuramenti ecc.). La società medio evale si fondava cioè, per usare termini un po’ più “tecnici”, su una concezione personale del diritto, non territoriale. L’imperatore, grazie all’azione dei vassalli, esercitava il suo governo direttamente sugli uomini, non sul territorio. L’idea di uno stato di diritto, ovvero l’organizzazione politica di una data nazione basata sul rispetto, da parte di colo ro che abitano in quel determinato territorio, di un corpo unitario di leggi, e che era stata una gran de conquista degli antichi romani, nella prima fase del Medioevo, quella che potremmo definire “barbarica”, era andata persa. La successiva evoluzione Avrai modo di capire, proseguendo negli studi, come la situazione si sia poi modificata e come sia maturata nel tempo l’idea moderna dello sta to. Avrai anche modo di comprendere come que sti cambiamenti abbiano costituito un indubbio progresso per la vita degli uomini e delle società, al punto che oggi sono divenuti un’acquisizione definitiva di ogni paese democratico e civile. Se non altro perché in tal modo si garantisce a tutti i cittadini, almeno in linea teorica, un’uguaglianza nei diritti e nei doveri e la fine dei privilegi. A que sto punto del percorso, ci limitiamo a segnalarti questa differenza, ma vogliamo anche proporti uno spunto di riflessione riguardo a questi temi nella società di oggi. Che cosa ci può insegnare la società feudale? non tutto, infatti, della società feudale è da riget tare; anche da essa, per quanto lontana dal nostro modo di vedere le cose, si possono trarre utili in segnamenti. In particolare rimane per noi sugge stivo il fatto che alla base dei rapporti politici ci fossero allora dei legami sociali fondati sul senso dell’onore, sul valore della lealtà e della fedeltà alla parola data, sul senso del dovere insito negli ideali della cavalleria. Questi ideali ancora oggi possono rivestire per noi un grande interesse. Bastano delle buone leggi per far funzionare una società? A volte siamo portati a pensare che perché una società funzioni bene e garantisca il benessere dei suoi membri basta che ci siano buone leggi, rispettate da tutti. E pensiamo anche che perché ciò accada occorre che siano previste pene per coloro che trasgrediscano tali leggi. Ma questo in realtà è sufficiente? Prova tu stesso a pensare a quella piccola società che è la tua classe. Baste rebbero in questo caso delle buone regole e delle dure punizioni perché sia bello e piacevole stare in classe e più sereno il lavoro? Probabilmente no. occorrono anche l’impegno di ognuno, il ri spetto reciproco, la voglia di collaborare e di co struire insieme dei rapporti positivi, basati sulla consapevolezza che, per il solo fatto di esistere, tutti hanno la stessa dignità. E tutte queste cose non dipendono dalle regole ma, potremmo dire, dal cuore e dalla buona volontà di ogni membro della classe. Possiamo dire che la stessa cosa vale

158 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo

CAPITOLO 7 159 per la società tutta intera. Se non c’è una dispo sizione interiore dei cittadini, le leggi da sole non basterebbero. E cosa sono questi “valori” positivi se non qualcosa di molto simile ai valori cavalle reschi dell’onore, del rispetto, della lealtà su cui si basavano i rapporti all’interno della società feudale? Anche oggi, quindi, ci permettiamo di concludere con una battuta, un po’ di spirito ca valleresco non farebbe male. Il problema è come recuperare questo “spirito”: a te lasciamo il com pito di provare a rispondere a questa domanda.

METTIAMO A FUOCO

A partire dall’XI secolo, nel sud della francia nu merosi vescovi preoccupati per la diffusione della violenza ad opera dei giovani nobili che combat tevano al servizio dei feudatari, promossero le cosiddette “paci di dio”. Convocarono grandi as semblee con monaci, signori, cavalieri e popolo e in queste assemblee chiesero ai nobili cavalieri di impegnarsi con un solenne giuramento davanti ai simboli religiosi o alle reliquie dei santi, a cambia re i loro comportamenti. dovevano, da quel mo mento, assumere comportamenti pacifici, con trollare e ridurre la loro aggressività, rispettare le chiese e i monasteri ma anche i poveri, i contadini, le donne e i fanciulli, prima oggetto frequente del le loro aggressioni. dovevano inoltre combattere in modo leale, rispettando un preciso codice di comportamento. Veniva chiesto loro di astenersi dal combattimento in occasione delle festività re ligiose o durante la Quaresima, o in determinati giorni della settimana (in questo caso si parlava anche di “tregue di dio”). Si trattò del tentativo, messo in atto dalla Chiesa, di limitare la violenza diffusa in quei tempi e di contribuire a costruire una società più ordinata e più rispettosa del valo re delle persone. In seguito a queste “paci di dio” prese origine la cavalleria vera e propria. Infatti a questi giovani guerrieri verrà poi chiesto, soprat tutto in occasione delle crociate, di farsi “cavalieri di San Pietro”, e quindi di impegnarsi a usare le armi per difendere la cristianità dalle minacce de gli infedeli e per proteggere i pellegrini in viaggio verso i “luoghi santi”. suo cavallo tratta da un'edizione cinquecentesca del poema medioevale inglese roberte the devyll, British Library, Londra

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160 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo

Le “paci” e le “tregue di Dio”

Raccontiamo in breve

6. Nel corso del Medioevo si sviluppò la cavalleria. Si trattava di giovani nobili, combattenti a cavallo, che si mettevano al servizio di un signore per spirito di avventura e desiderio di guadagno. Molti di loro erano cadetti, cioè figli minori di feudatari che non avevano diritto all’eredità, riservata al primogenito. Il loro comportamento, inizialmente violento e brutale, venne mitigato e regolamentato dalla Chiesa che riuscì a trasformarli in cavalieri al suo servizio impegnati nella difesa dei deboli e nella diffusione della fede. 814 muore Carlo Magno 843 Trattato di Verdun 877 Capitolare di Quierzy 887 deposizione di Carlo il grosso fine IX secolo invasione di normanni e Ungari 915 battaglia del garigliano

2. Nonostante questo accordo l’Impero rimaneva debole e fu incapace di difendere l’Europa dalle nuove invasioni barbariche che seminarono il terrore tra il IX e il X secolo sul suo territorio. I Vichinghi, o Normanni, si spinsero fino all’Inghilterra e assalirono la Francia con le loro scorrerie; gli Ungari si stabilirono in Pannonia, l’odierna Ungheria, convertendosi al Cristianesimo, mentre continuavano le scorrerie dei musulmani in Italia, sconfitti alla fine da papa Giovanni X e dai suoi alleati.

1. Dopo la morte di Ludovico il Pio, figlio ed erede di Carlo Magno sul trono imperiale, i figli superstiti si accordarono per la spartizione dell’Impero col Trattato di Verdun. Lotario ottenne, con il titolo imperiale, la Lotaringia e l’Italia, Ludovico la Germania, Carlo il Calvo la Francia.

CAPITOLO 7 161

3. I nobili francesi nell’887 destituirono l’ultimo imperatore carolingio, Carlo il Grosso, accusato di non aver saputo contrastare l’invasione normanna. Il Sacro Romano Impero tornò a dividersi definitivamente e cessò di esistere.

5. Il feudalesimo si affermò pienamente quando i feudi maggiori diventarono ereditari e si basò su tre elementi fondamentali: il beneficio, con cui un signore concedeva territori in utilizzo ai vassalli; l’omaggio, atto col quale il vassallo giurava fedeltà al suo signore; l’immunità, con cui egli otteneva il diritto di esercitare la giustizia e riscuotere tasse nel suo feudo.

la dellineatempo versione audio on-line

4. La società europea dal IX al XIV secolo e oltre fu caratterizzata dal sistema feudale. Le sue origini dipendono dall’indebolimento dell’autorità imperiale e dalle nuove invasioni barbariche, che spinsero molti contadini a porsi sotto la protezione di un signore. Si svilupparono così la signoria feudale e l’economia curtense.

L’economia curtense può essere considerata una forma di economia “chiusa” perché a. non circolava denaro e gli scambi avvenivano in natura. b. non si commerciava al di fuori dei confini del feudo. c. si commerciavano pochi prodotti. Il feudalesimo si fondava su principi religiosi in quanto a. i feudatari erano uomini di chiesa. b. i feudatari giuravano davanti a dio e al suo Vangelo. c. i feudatari erano benedetti dal papa.

162 IL dECLIno dELL’IMPEro CAro LIngIo E L’AffEr MAr SI dEL fEU dALESIMo Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Come fu diviso il Sacro romano Impero in seguito al Trattato di Verdun? 2. Che cosa stabiliva il Capitolare di Quierzy? 3. Quali furono i nuovi popoli che invasero l’Europa? 4. In quali terre si insediarono i Vichinghi? 5. Chi erano i valvassori? 6. Che cosa si intende per pars dominica e pars massaricia? 7. Che cosa si intende per “economia curtense”? 8. Quali obblighi avevano i servi della gleba nei confronti dei loro signori? 9. Quali erano i doveri di un cavaliere? 10. Che cos’erano le “tregue di dio”? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 877 Battaglia del garigliano 887 Capitolare di Quierzy 915 destituzione di Carlo il grosso Esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Il giuramento di Strasburgo a. è la prima testimonianza dell’uso scritto della lingua francese e di quella tedesca. b. stabilisce la divisione del Sacro romano Impero in due parti. c. sancisce la ribellione dei feudatari all’imperatore Carlo il grosso. I signori fortificarono le loro residenze trasformandole in castelli a. per difendersi dagli attacchi di nuovi popoli invasori. b. per affermare la loro importanza e il loro prestigio. c. per controllare i commerci. La minaccia dei Normanni e degli Ungari finì a. quando questi popoli vennero sconfitti dall’imperatore. b. quando questi popoli si insediarono nei territori dell’Impero. c. quando questi popoli si convertirono al Cristianesimo.

Collega con una freccia la parola nella colonna di sinistra al suo significato nella colonna di corvéedestra. piccolo feudatario al servizio di un vassallo più grande beneficio bene concesso al vassallo in cambio di servizi economia curtense economia che ruotava attorno al castello feudale servo della gleba prestazione che il servo della gleba doveva al suo signore pars massaricia contadino legato alla terra valvassore sistema economico in cui si riesce a produrre solo lo stretto indispensabile per sopravvivere economia sussistenzadi parte del territorio del feudo affidata ai contadini immunità poteri di governo di un feudo

CAPITOLO 7 163

Ereditarietà dei grandi feudi Economia chiusa Indebolimento dell’Impero nascita delle lingue nazionali Costruzione di castelli nasce una società gerarchica. cause primarie cause

Esercizioconseguenzesecondarie5·

Esercizio 4 · Sono di seguito elencati alcuni aspetti legati al periodo che abbiamo preso in esame. Quali di questi possono essere annoverati fra le cause che determinarono la nascita del feudalesimo? Oltre a individuarli sapresti metterli in ordine secondo l’importanza, distinguendo tra cause primarie e cause secondarie? Indica poi anche le conseguenze di questo nuovo assetto sociale. nascita della cavalleria Invasioni di nuove popolazioni “barbariche”

Capitolo 8 Verso l’anno Mille

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CAPITOLO 8 165

Il Sacro Romano Impero: un ideale che persiste Fu un periodo drammatico quello che l’Europa cristiana si trovò a dover affrontare a cavallo tra il X e l’XI secolo. Alle incursioni dei nuovi “barbari” si aggiungevano infatti il caos e il disorientamento seguiti allo sfaldarsi dell’Impero carolingio. La Chiesa stessa, guidata da uomini spesso corrotti e legati al potere, conobbe una delle sue crisi più gravi. Ma il sogno di ricostruire un impero che sapesse riportare la cristianità sulla via della pace e della giustizia era duro a morire. Rinacque in terra tedesca con la dinastia degli Ottoni. Fu quindi un nuovo impero, dai tratti particolari, quello che tra luci e ombre diede inizio a un lento e complesso processo di rinascita, una rinascita che si incontrerà, e si scontrerà, con quella avviata nel frattempo dentro la Chiesa. Ottone III in trono

I Capetingi: una nuova dinastia che farà grande il Regno di Francia Dopo la dissoluzione dell’Impero carolingio, si ebbe nel Regno di Francia una successione di sovrani piuttosto deboli che faticarono a imporre la loro volontà ai grandi feudatari, i quali continuavano a governare autonomamente i loro territori. Nel 987 divenne però re Ugo Capeto, conte di Parigi (sembra che il nome gli derivasse da una cappa, in francese chapet, che era solito indossare). Anch’egli dovette lottare strenuamente per affermare la sua autorità sui si gnori feudali e per imporre l’ereditarietà e quindi l’avvenire della sua discendenza, ma la sua azione ebbe successo. Con lui, infatti, inizierà la dinastia dei sovrani Capetingi che governeranno la Fran cia fino al 1792, e poi ancora, dopo Napoleone, fino al 1848, unifican dola e segnandone la storia per circa nove secoli. L’Italia sempre più debole e frammentata Rispetto alla Francia, l’Italia prenderà una direzione diversa.

Perché la situazione dell’Italia andò in direzione opposta rispetto a quella della Francia?

Come già sappiamo, nel secolo X la parte meridionale della peni sola si divideva tra il Ducato di Benevento, unico dominio longobar do sopravvissuto, e i territori bizantini, mentre la Sicilia e la Sarde gna erano possedimenti arabi. Nell’Italia centrale si estendevano i territori pontifici del Patrimonio di san Pietro. A nord invece, nel cosiddetto Regno d’Italia, si erano affermate grandi casate feudali (prime fra tutte quelle di Ivrea, del Friuli, della Toscana) che si con tendevano il predominio e il titolo di re. Era quindi molto difficile, in questa situazione, che si arrivasse a una qualche unificazione po litica e Nell’888territoriale.erariuscito a diventare re Berengario I marchese del Friuli, che dovette però lottare strenuamente contro i rivali. Nel 924 il suo assassinio aprì un nuovo periodo di duri scontri che por tarono all’alternarsi, in breve tempo, di vari sovrani piuttosto debo li. Questa situazione avrà fine, come vedremo, solo con l’azione del nuovo re di Germania Ottone I. Roma in balia delle famiglie aristocratiche Ancor più drammatica era la situazione di Roma. Qui, venuta meno l’autorità dell’imperatore, il potere finì inevitabilmente nelle mani delle grandi famiglie aristocratiche, prima fra tutte quella dei Teofilatti. Queste controllavano non solo la città ma anche l’elezio ne dei papi. Scelti, come vedremo, all’interno dell’aristocrazia, co storo erano spesso persone indegne di rivestire questa importante carica, disposti solo a fare gli interessi delle loro famiglie di origine.

166 VERSO L’AnnO MILLE 1 · Francia e Italia: due destini diversi

Rimarrà infatti sempre frammentata in vari territori che soltanto molto tardi, nel 1861, verranno fusi in solo stato.

Nel 932 si impose a Roma Alberico II, duca di Spoleto, che si diede il titolo di “principe e senatore dei Romani” e che riuscì a far eleggere papa il figlio diciassettenne Ottaviano che, primo papa nella storia, cambiò il proprio nome, una volta eletto, diventando Giovanni XII. Di lui torneremo a parlare più avanti.

Ugo Capeto

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A lui successe il figlio Ottone I, divenuto re di Germania nel 936 all’età di soli ventiquattro anni. Ottone, fin dagli inizi del suo re gno, non mancò di sottolineare la sua volontà di restaurare l’Impe ro carolingio (ad esempio facendosi incoronare nella cattedrale di Aquisgrana con un cerimoniale che ricalcava quello dei Franchi).

168 VERSO L’AnnO MILLE

2 · Il sogno di restaurare l’Impero carolingio Ottone I di Sassonia, un grande sovrano Nel Regno di Germania il potere monarchico fu consolidato ini zialmente da Enrico I di Sassonia, detto l’Uccellatore forse per via della sua passione per la caccia. Questi seppe imporre la sua auto rità sui grandi duchi tedeschi e tenere a bada le popolazioni degli Ungari e degli Slavi che minacciavano da oriente il suo territorio.

Perché il Sacro Romano Germanica”?“dellaOttonerifondatoImperodaIsichiamaNazione

Dovette però all’inizio rimandare il suo progetto, per far fronte da un lato alle ribellioni di vari duchi tedeschi, dall’altro alla minac ciosa avanzata degli Ungari. Risolti questi problemi con importanti vittorie (decisiva quella nel 955 contro gli Ungari a Lechfeld nella Germania meridionale, che gli diede fama di difensore della cristia nità), e ampliati i suoi territori con la definitiva annessione della Lotaringia e della regione a est del fiume Elba, egli poté concentrar si sul suo progetto di restaurazione imperiale. Prima re d’Italia… Già nel 951 era sceso in Italia, dove era stato chiamato in aiuto dalla vedova del re Lotario II, Adelaide, che era stata imprigionata dal nuovo pretendente al regno Berengario II. Egli ridusse all’obbe dienza Berengario, si insediò a Pavia, sposò la bellissima Adelaide e si fece incoronare re d’Italia, confermando così la sua volontà di seguire le orme di Carlo Magno. … poi imperatore di un impero cristiano e germanico Ritornò poi in Germania, ma undici anni dopo dovette scendere di nuovo, questa volta a Roma. Fu infatti chiamato in soccorso del papa Giovanni XII minacciato proprio da Berengario II, il quale aveva rialzato la testa dopo la precedente sconfitta e aveva ricomin ciato a manifestare ambizioni di conquista e di dominio sull’Italia centro-settentrionale. Ottone sconfisse il ribelle Berengario e il 2 febbraio del 962 si fece incoronare e consacrare dal papa imperato re del “Sacro Romano Impero della Nazione Germanica”. Il sogno di restaurare l’Impero era quindi realizzato. Si trattava però di qualcosa di molto diverso rispetto al precedente Impero carolingio, e il titolo stesso lo fa rimarcare: era sì un impero cristiano, ma an che e soprattutto germanico. Dal suo territorio era esclusa per sem pre la parte francese e il suo fulcro era ormai stabilmente tedesco. Lo stesso Regno d’Italia che ne faceva parte aveva poca importanza rispetto all’autorità imperiale che si collocava in Germania.

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Ottone afferma il suo potere di controllo sulla Chiesa Una volta divenuto imperatore, Ottone confermò al papa, con qualche ampliamento, le donazioni territoriali già fatte dai sovrani carolingi. Stabilì anche che d’allora in poi i romani non avrebbero potuto eleggere nessun papa senza l’approvazione imperiale e che il papa avrebbe dovuto giurare obbedienza all’imperatore (Privile gio Ottoniano). Mai, neanche con Carlo Magno, era stato concesso agli imperatori un simile potere al di sopra del papa. E Ottone non tardò a esercitarlo. Nel 964 fece deporre Giovanni XII che, nel frat tempo, sentendosi minacciato dall’imperatore nella sua libertà d’a zione, si era alleato col suo rivale Berengario, e lo sostituì con un altro papa di suo gradimento. Oramai anche in Occidente la Chiesa si trovava sottomessa all’imperatore, come da tempo avveniva in Oriente. In Germania nascono i “vescovi-conti” In Germania Ottone I dovette contrastare l’azione dei grandi feu datari, che tendevano a esercitare un potere autonomo sui loro feu di anche perché sicuri di garantire la trasmissione ereditaria di questi territori ai figli. In sostanza si erano creati tanti piccoli do mini indipendenti dall’autorità del re. Per ovviare a tale problema egli decise quindi di far ricorso agli ecclesiastici, in particolare ai Perché il potere di Ottone I sulla Chiesa era persinosuperioreaquello di Carlo Magno? BordeauxTours AquisgranaArlesColonia MagonzaBrema

PaviaMilano RomaRavennaNarbona DanubioReno Regno Anglosassonidegli Rodano Parigi Praga Augusta CostanzaDigioneLione

Loira Napoli SivigliaCordoba Regno AsturiadieEmiratoLeondiCordoba Normandia Il Sacro Romano Impero OttoneallaNazionedellaGermanicamortediI Sacro CittàarabiTerritoriautonomiTerritoridiDucatoSanPatrimoniobizantiniTerritoriBorgognaRegnodiRegnoGermanicoImperoRomanoFranciadidiPietroBeneventoimportanti

Le sue decisioni in campo religioso all’inizio furono fruttuose an che per la Chiesa: finalmente i papi non erano più scelti dalle poten ti famiglie romane e quindi erano sottratti al loro potere, mentre i vescovi acquistavano autorità e prestigio. Nel tempo però, come avremo modo di vedere, tutto questo si trasformerà in un grave pe ricolo e, per sfuggirvi, la Chiesa dovrà lottare strenuamente.

vescovi. Assegnò loro il governo delle città e dei territori circostan ti, concedendo benefici e immunità e chiedendo in cambio obbe dienza e fedeltà. In sostanza i vescovi, persone tra l’altro colte e istruite e quindi capaci di esercitare al meglio questi poteri, diven tavano fedeli vassalli dell’imperatore (vescovi-conti) di cui ammi nistravano i beni e difendevano i diritti. Oltretutto, essendo votati al celibato e non potendo avere figli (o comunque figli legittimi), vi era la certezza che, alla loro morte, il sovrano sarebbe rientrato in possesso dei loro domini e ne avrebbe potuto disporre secondo la sua volontà. Si risolveva così anche il problema della ereditarietà dei feudi. Tutto questo poi avveniva, secondo lo spirito feudale, con il classico cerimoniale dell’omaggio e dell’investitura: i vescovi giu ravano solenne fedeltà e ottenevano dall’imperatore i simboli del potere: l’anello e il pastorale .

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Queste guerre però non ebbero successo per cui egli preferì, in un secondo momento, ripiegare sulla politica matrimoniale: fece in fatti sposare il proprio figlio ed erede al trono, Ottone II, a Teofano (o Teofania) nipote dell’imperatore bizantino.

Celibato Condizione di chi è celibe, cioè non sposato. È, questa, la condizione dei vescovi di tutte le chiese originarie, dette “apostoliche”, e dei sacerdoti cattolici della Chiesa latina, che si impegnano a vivere in castità come segno di totale affidamento a Dio, di distacco dalle cose del mondo e di disponibilità verso gli altri. Pastorale Bastone ricurvo nella parte in alto, conferito al vescovo all’atto della consacrazione, che simboleggia la sua autorità sul territorio a lui affidato (diocesi). Perché nacquero i dellaneipositivapuòPerchévescovi-conti?inizialmenteconsiderarsil’azionediOttoneIconfrontiChiesa?

Un bilancio positivo… ma con qualche ombra minacciosa sul futuro

Alla sua morte, sopraggiunta nel 973, Ottone aveva ormai corona to il suo sogno: aveva ricostituito l’Impero, unificando la Germania e gran parte dell’Italia. Aveva inoltre saputo rafforzare il potere del sovrano, indebolendo i feudatari e sottomettendo la Chiesa. In tal modo aveva posto le basi anche per il successivo sviluppo del suo Impero e della sua potente dinastia.

La politica di Ottone nell’Italia meridionale Ottone però non si fermò qui: le sue mire si estesero anche all’I talia meridionale dove tentò, con azioni militari, di strappare terri tori ai Bizantini per unificare sotto il suo dominio tutta la penisola.

CAPITOLO 8 171 3 · Il “secolo oscuro” della Chiesa 33 papi in 130 anni… e 10 assassinati La Chiesa conobbe in questo periodo una gravissima crisi, al punto che un grande storico del ’500, Cesare Baronio, parlò, a ragione, di “secolo oscuro”. Per un lungo periodo, come già abbiamo ricordato, i papi, scelti dall’aristocrazia romana, furono spesso persone indegne, dal comportamento immorale, che servivano ai giochi di potere delle grandi famiglie da cui provenivano. È significativo che durassero in carica pochissimo tempo: in 130 anni ce ne furono ben 33, a cui si ag giungono 4 antipapi , e ben 10 morirono assassinati. Si tratta di un fatto sicuramente scandaloso. Ciononostante, malgrado le loro gravi mancanze sul piano morale, nessuno di essi prese decisioni contrarie alla dottrina e alla tradizione cristiana o mise a repentaglio il patri monio della fede. In sintesi, nessuno fu eretico e la Chiesa riuscì a sopravvivere anche in presenza di figure come queste. Antipapa Antagonista del papa legittimo, eletto o nominato irregolarmente, senza seguire le procedure previste per l’elezione. non è ufficialmentericonosciutodalla Chiesa né inserito nella lista dei papi. Perché riguardo al X secolo si parla di “secolo oscuro” per la Chiesa? Un vescovo nell’atto di celebrare la messa Paul Getty Museum, Los Angeles

La paura dell’anno Mille: una falsa leggenda

Purtroppo il buon esempio non veniva neanche dal clero: vesco vi, abati e preti erano scelti spesso dai signori feudali, che non si preoccupavano certo della loro religiosità né della loro moralità. Molti signori si dotavano di chiese private nei loro feudi e sceglie vano fra i loro servi quelli da nominare preti. È facile capire come molto spesso questi fossero uomini rozzi, ignoranti e del tutto impreparati. Diffuse erano anche pratiche quali la simonia e il con cubinato.

172 VERSO L’AnnO MILLE

Nessun documento ufficiale del tempo menziona una tale paura e in realtà poi non era molto chiaro nemmeno quando iniziasse l’an no Mille. In Europa, infatti, a quel tempo i modi di conteggiare gli Simonia È la compravendita di cose sacre. Si riferisce soprattutto alle cariche ecclesiastiche concesse in cambio di denaro. Prende il nome dalla figura di Simon Mago, personaggio che, come si narra negli Atti degli Apostoli, pretese di comprare da san Pietro il potere di fare miracoli. Concubinato Convivenza fra un uomo e una donna che non sono sposati; nel caso degli ecclesiastici il concubinato va contro la promessa, espressa in sede di ordinazione sacerdotale, di mantenersi casti, cioè di non avere rapporti sessuali. perunaeilPerchéconcubinatolasimoniaeranogravecolpagliecclesiastici?

Secondo una leggenda particolarmente diffusa soprattutto a par tire dal XIX secolo, gli uomini, in coincidenza con l’arrivo dell’an no Mille, sarebbero vissuti nel terrore per una imminente fine del mondo. E per questo si sarebbero dedicati a preghiere e penitenze in forme anche esasperate. Ad alimentare questa leggenda sareb bero alcune cronache del tempo, in cui si narra di terribili eventi e prodigi (ad esempio un forte terremoto e la comparsa in cielo di una cometa che avrebbe disegnato, col suo movimento, la sagoma di un serpente). Questi eventi venivano collegati a un testo dell’Apo calisse, l’ultimo libro della Bibbia, nel quale si dice che Satana, dopo mille anni dalla venuta di Cristo, sarebbe stato sciolto dalla sua pri gionia e lasciato libero di distruggere il mondo. In realtà questa pre sunta “paura collettiva” non è mai esistita, è appunto una leggenda, che ha contribuito a far credere che il Medioevo fosse un’epoca do minata da strane credenze e superstizioni. Quando, in realtà, iniziava l’anno Mille?

Si intravedono però segnali di ripresa

4 · Si avvicina l’anno Mille

In questa situazione l’intervento dell’imperatore che si assunse il controllo della nomina del papa e che si occupò della scelta dei ve scovi fu un fattore inizialmente positivo che contribuì a migliorare la condizione della Chiesa. A questo va aggiunto che, all’interno del monachesimo, si manifestavano significativi segnali di risveglio: nel 910, in Borgogna, venne fondato il grande monastero di Cluny, da cui nel giro di qualche decennio partirà l’opera di riforma e di purificazione della Chiesa tutta.

Un clero rozzo e impreparato, spesso succube dell’aristocrazia

Roma

Ravenna AlessandriaGerusalemme

Millenarismo Dottrina basata su alcuni passi dell’Apocalisse letti senza cercarne il significato profondo ma interpretandoli “alla lettera”; in questi passi si prevede la fine del mondo in date ben precise e imminenti. In particolare si afferma che dopo mille anni dalla venuta di Cristo Satana avrebbe distrutto il mondo. Mediterraneo Nero Danubio Reno Nilo TigriEufrate Costantinopoli

Mar

anni erano molto diversi. Non dappertutto si numeravano a partire dalla nascita di Cristo e spesso si conteggiavano partendo dalla sali ta al trono del proprio re. Variava anche il modo di indicare il capo danno: in alcune parti d’Europa l’anno iniziava il 25 marzo, nove mesi prima del Natale, con la festa dell’Annunciazione, in altre il giorno di Pasqua, in altre ancora a Natale. Come diremmo oggi, i tappi di spumante allora non saltavano tutti nello stesso momento per salutare l’anno nuovo. Bisogna infine tener conto del fatto che il contenuto dell’Apocalisse era noto solo a una ristretta cerchia di te ologi ed ecclesiastici, non certo al popolo. Tutto questo rende diffi cile immaginare una generale paura collettiva coincidente con l’i nizio del nuovo anno.

Perché è infondata la dell’annodellaleggendapauraMille?

CAPITOLO 8 173

Tessalonica Cordoba La Mecca Isfahan Bari L’Impero Bizantino d’OrienteImpero prima delle CittàbizantineRiconquistericonquisteimportanti

Le paure furono altre Come abbiamo visto, in realtà, se gli europei del X secolo ebbero delle paure, queste non dipendevano dalla credenza nell’imminen te fine del mondo (millenarismo) quanto da fattori ben più concre ti: le scorribande degli Ungari, dei Saraceni e dei Vichinghi, le care stie, la mancanza di governi stabili che garantissero pace e sicurezza. E se una rinascita ci fu, dopo il Mille, essa non fu dovuta alla ripresa di entusiasmo per la constatazione che il mondo non era finito, ma ad altre cause, come vedremo nel prossimo capitolo.

Mar

E intanto a Bisanzio…

Si afferma il cesaropapismo Un altro elemento che andava sempre più emer gendo nella Chiesa d’Oriente era lo strapotere dell’imperatore. Bisanzio conobbe, infatti, nell’ul timo secolo prima del Mille alcuni grandi impe ratori, molto potenti e autorevoli (ricordiamo tra tutti Basilio II, vissuto a cavallo del millennio, che estese i domini imperiali fino ai Balcani e che, per questo, si meritò l’appellativo di Bulgaroctono cioè “sterminatore dei Bulgari”). Questi impera tori non si limitarono a esercitare un potere as soluto sullo stato ma assunsero il ruolo di veri e propri capi della Chiesa (cesaropapismo) proprio mentre in Occidente il papa cercava, con alterni risultati, di sganciare la Chiesa dalla supremazia imperiale. Con il cesaropapismo era in gioco l’i dea tipicamente cristiana della distinzione tra po tere politico e autorità religiosa. Tale distinzione, elemento-chiave dell’idea di laicità, aveva comin ciato ad affermarsi nella storia grazie al monito di Gesù Cristo che aveva detto: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». La situazione, come si può ben capire, non pro metteva niente di buono per il futuro: si stava preparando un distacco tra la Chiesa d’Oriente e Roma, distacco che sarebbe avvenuto di lì a poco.

Un impero ancora florido e potente negli ultimi secoli del I millennio Costantinopo li continuava a rimanere una città splendida e fiorente, anche se aveva perso una parte consi stente dei suoi territori sia in Italia, ad opera dei Longobardi, sia sulle coste dell’Africa e del Vici no Oriente, ad opera degli Arabi. Era però ancora considerata il baluardo della cristianità a Oriente e il suo imperatore, il basileus, era ritenuto la mas sima autorità del mondo cristiano, il più autenti co rappresentante di Dio in terra. nel 717 la fama dell’Impero si era accresciuta quando era stato respinto un pesante attacco degli Arabi che ne avevano assediato lungamente e senza successo la capitale. Tra le armi più efficaci che i Bizantini avevano usato contro gli attaccanti vi era stato il cosiddetto “fuoco greco”, un liquido infiammabi le, composto da una miscela di zolfo, resina, pe trolio e calce viva, che bruciava anche sull’acqua e che veniva scagliato contro navi e fortificazioni nemiche, con effetti devastanti perché di diffici le spegnimento. Il grande trionfatore sugli Arabi, l’imperatore Leone III, si acquistò, con questa vit toria, un’enorme fama. La lotta contro l’iconoclastìa: un episodio cruciale nella storia della civiltà europea A Leone III si deve però anche una decisione de stinata ad avere gravi conseguenze. Sostenendo che Dio non si poteva rappresentare in forma umana, l’imperatore ordinò la distruzione delle immagini sacre o icone (iconoclastìa). Sembra che all’origine di questa sua decisione ci fosse anche un motivo politico: la volontà di contra stare la crescente forza dei monasteri, che ave vano nella produzione e nella vendita delle icone una delle maggiori fonti di guadagno. La posta in gioco era però di un’importanza che andava ben oltre questi problemi immediati. La pretesa che Dio non si potesse rappresentare in forma umana equivaleva a escludere la possibilità di rappresen tare l’incarnazione di Gesù Cristo, cuore del Cri stianesimo. E questo avrebbe avuto conseguenze gravissime sul modo di concepire l’uomo e la sua dignità. Venendo meno il riferimento alla natura umana di Cristo, infatti, anche la stessa persona umana avrebbe rischiato di perdere importanza e di essere considerata priva di valore. La lotta contro l’iconoclastìa, in cui il papato e la Chiesa occidentale si impegnarono a fondo, fu perciò un episodio molto importante nella storia della civil tà europea. Durata per più di cento anni, tale lotta si concluse solo nell’843, quando l’imperatrice Teodora riconobbe la piena legittimità del culto delle immagini. nonostante questa conclusione conciliante, però, si andava profilando un distac co sempre maggiore tra la Chiesa d’Occidente e quella orientale, distacco alimentato anche da ge losie, rivalità e incomprensioni teologiche.

174 VERSO L’AnnO MILLE METTIAMO A FUOCO

CAPITOLO 8 175 NON TUTTI SANNO CHE…

Marionetta dei pupi siciliani I pupi sono delle marionette tipiche della tradizione siciliana, con le quali si rappresentano vicende legate alle guerre dei paladini cristiani contro i Saraceni. La loro diffusione nella tradizione popolare mostra quanto nella storia del nostro paese, e di alcune regioni in particolare, quella dei Saraceni fosse avvertita per secoli come una reale e persistente minaccia.

Frassineto: un avamposto musulmano nel cuore dell’Europa cristiana I Saraceni sulle Alpi Frassineto, che gli storici identificano con la loca lità di La Garde-Freinet, in Provenza, a una venti na di chilometri a nord-ovest dell’odierna località marina di Saint Tropez, sulla Costa Azzurra, fu nel corso del X secolo una spina nel fianco dell’Euro pa cristiana. Qui infatti, a partire dall’889, si erano insediati i Saraceni che, dopo aver massacrato gli abitanti della zona, vi costituirono una loro base. Da questa poi avevano progressivamente esteso il loro controllo, occupando i valichi alpini che con ducevano alla Liguria e alla Pianura Padana. Varca re questi passi era praticamente impossibile senza una consistente scorta armata, e spesso neanche questa era sufficiente. Pellegrini e viandanti di ogni tipo erano catturati: quelli poveri venivano subito uccisi o venduti come schiavi; per quelli ricchi si chiedevano ingenti riscatti. Incursioni fin dentro l’Europa Dalle loro basi i Saraceni piombavano sui centri abitati anche molto distanti, distruggendo, profa nando chiese, massacrando e rapinando. nel 935 anche Genova, come tutte le coste liguri e proven zali, conobbe la ferocia di questi predoni, che si spinsero fino a Susa, Asti, Alba, Tortona. Sembra incredibile ma con le loro incursioni essi giunsero fin nel territorio tedesco, risalirono la valle del Reno e raggiunsero Coira (città nella parte sud-orientale dell’attuale Svizzera). Le chiese e le abbazie erano i loro bersagli preferiti: le cronache del tempo rac contano di incursioni a Farfa, Sutri, Montecassino, nell’Italia centrale come pure a novalesa in Pie monte e a San Gallo in Svizzera. nemmeno l’impe ratore Ottone I, che pure si era proposto di distrug gerli, riuscì in questo intento e dovette rinunciarvi. Complicità e connivenze Per la verità, parecchie responsabilità per queste azioni sono da attribuirsi ai nobili locali, che a volte si accordavano con gli occupanti saraceni in cam bio di consistenti vantaggi. In un’occasione lo stes so re d’Italia Ugo di Provenza agì in questo modo. In un primo tempo, infatti, con l’aiuto della flotta bizantina dal mare, era quasi riuscito a distruggerli, ma poi scese a patti con loro, ottenendo che pat tugliassero i passi alpini per impedire il ritorno in Italia dell’altro pretendente al trono Berengario II.

La riscossa La sconfitta dei Saraceni e la distruzione dei loro insediamenti avvenne a partire dal 972, in segui to al rapimento di Majolo, il prestigioso abate di Cluny che essi avevano catturato mentre stava tor nando in Francia. Si trattava di una preda ambita, che però costò molto cara ai rapitori. La gravità di questa azione infatti risvegliò l’orgoglio dei signo ri locali, primo fra tutti Guglielmo I di Provenza, i quali organizzarono una spedizione militare che in breve tempo spazzò via l’insediamento saraceno

In entrambi i documenti da chi risulta essere partita la richiesta di concessioni?

I poteri concessi ai vescovi sono limitati alle due città o si estendono anche fuori di esse?

In cosa consistono le immunità concesse a Otkaro? E quelle concesse a Uberto?

Per quale scopo Ottone concede a Otkaro le immunità? Per quale scopo invece vengono concesse a Uberto? A chi appartengono le prerogative (cioè i poteri) che vengono concessi ai vescovi?

Otkaro, vescovo della città di Spi ra, ha invocato la nostra clemenza, chiedendo che concedessimo alla sua chiesa la protezione dell’immunità. noi consentiamo alla sua richie sta. Ordiniamo che nessun duca o conte, o nes sun pubblico funzionario, con potere giudiziario, o qualsiasi altra persona, se non il solo vescovo nella città di Spira e al di fuori delle mura della stessa città, cioè nella villa, osi tenervi un pubblico placi to [cioè un’assemblea giudiziaria]; nessun uomo tra i fedeli nostri e della santa Chiesa di Dio osi giam mai penetrare nelle chiese, luoghi, campi o altre proprietà che essa a giusto titolo possiede per istruire cause, riscuotere ammende, esigere allog gio e forniture, reclamare canoni. [Così che] coloro che servono Dio possano vivere quietamente e pregare con più fervore la misericordia di Dio per noi, nostra moglie, la nostra prole e la salvezza di tutto il regno che ci è stato affidato da Dio». «Uberto, vescovo della chiesa di Parma, ha chiesto che noi lo arricchissimo di quelle prerogative che spettano al potere regio e alla pubblica funzione e cioè che trasferissimo i beni e le famiglie dalla giurisdizione regia alla giurisdizione della stessa chiesa, così che essa avesse la potestà di delibe rare e giudicare e costringere tanto sui beni e le famiglie del clero quanto sugli uomini che abitano nella stessa città di Parma e sui beni e le famiglie loro. noi, considerando e valutando l’utilità per la dignità dell’impero e per tutti i mali che spes so accadono e perché sia eliminata interamente ogni passata lite, concediamo e permettiamo e dal nostro diritto e dominio trasferiamo nel suo [del vescovo] diritto e dominio completamente e gli affidiamo il potere sulle mura della città e ogni pubblica funzione, tanto dentro la città quanto fuori, per un raggio di tre miglia e inoltre le strade regie e il corso delle acque e tutto il territorio col tivato o incolto, che là si trova, nonché tutto ciò che appartiene allo stato».

I documenti che riportiamo sono atti ufficiali con i quali l’imperatore Ottone I attribuisce a due ve scovi incarichi e prerogative di governo e di am ministrazione (le immunità) nelle loro rispettive città, trasformandoli così in vescovi-conti. Il primo, risalente al 969, è rivolto al vescovo di Spira (Speyer), città della Germania centro-occi dentale. Il secondo, del 962, è rivolto al vescovo di Parma e gli attribuisce l’intero potere di governo. Leggili attentamente e poi rispondi alle domande proposte. Data la loro difficoltà è indispensabile ricorrere all’aiuto del tuo insegnante e di un buon «Ildizionario.venerabile

176 VERSO L’AnnO MILLE PARTIAMO DALLE FONTI

Come nascono i vescovi-conti

La corona imperiale tedesca. Kunsthistorisches Museum, Vienna

L’imperatoreFUOCOèil rappresentante di Dio in terra: lo si vede anche dalla sua corona Da sempre la corona, accanto allo scettro e al trono, è uno dei simboli del potere regale. Essa rappresenta l’autorità e la sovranità, cioè il pote re di governare e comandare sui sudditi. nel caso della corona imperiale di Ottone I, uno splendido oggetto risalente agli anni immediatamente suc cessivi al 962 e che si può ancor oggi ammirare nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, essa assume un significato ulteriore perché rappre senta il valore sacro, l’origine divina del potere. Chi indossava questa corona, infatti, era scelto da Dio, era il rappresentante di Dio in terra ed era chiamato a compiere in tutti i modi la sua volontà. Tutto ciò era rappresentato sulla corona stessa. Essa è costituita, infatti, da otto piastre ricca mente decorate. Quattro sono ornate di perle e pietre preziose e si alternano ad altre quattro che invece sono coperte d’oro e di smalti. Su queste quattro facce smaltate sono rappresentate scene con personaggi dell’Antico Testamento. In una il re Davide con la scritta: «L’onore del re predilige la giustizia»; nell’altra Salomone con la scritta: «Temi il Signore e allontanati dal male». Sulla ter za è raffigurato il re giusto Ezechia con il profeta Isaia. Sulla quarta infine è rappresentato Cristo con la scritta: «I re regnano per la mia forza». Da queste raffigurazioni emerge quindi chiaramente l’idea che il potere dei re è espressione della vo lontà di Dio; inoltre, si indicano i compiti e i doveri del sovrano, conformi all’insegnamento di Cristo. È evidente, infine, che gli esempi a cui dovevano ispirarsi i nuovi imperatori sassoni fossero quelli dei re dell’antico Israele, che erano re e sacerdoti al tempo stesso.

METTIAMO A

CAPITOLO 8 177

CIVICA)

La paura della fine del mondo è da sempre pre sente nell’umanità. nel Medioevo era associata a catastrofi, epidemie, carestie, fenomeni naturali allora inspiegabili come terremoti, maremoti, eru zioni vulcaniche. Spesso, in base alle Sacre Scrit ture, si attribuiva la fine del mondo alla volontà di Dio e alla sua decisione di punire l’umanità per i peccati che essa compiva. Anche oggi, però, che la scienza è progredita ed è in grado di spiegare molti fenomeni naturali, l’uomo non è immune da questa paura. Anzi, molti sono convinti che pro prio la scienza con il suo sviluppo incontrollato (si pensi alle armi atomiche) potrebbe causare una distruzione planetaria. Oppure che il progresso inarrestabile, con i mali che esso può compor tare, primo fra tutti l’inquinamento ambientale, potrebbe mettere in pericolo la nostra vita sul pianeta. Come vedi non è cambiato di molto il nostro modo di vedere e temere il futuro rispetto agli uomini medioevali. Tutto questo ci può fornire molti interessanti spunti per riflettere sulla natura dell’uomo, sulle sue insicurezze, sulla sua fragilità e sul suo futuro sulla terra. Lasciamo a te il compi to di approfondire queste riflessioni. noi vogliamo soltanto sottolineare quale grande responsabilità abbiamo rispetto al futuro del nostro pianeta e quindi anche del nostro e di quello dei nostri figli. L'esplosione atomica di Nagasaki

SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE

178 VERSO L’AnnO MILLE

La paura della fine del mondo… c’è anche oggi?

versione audio on-line

3. Ottone pose sotto il suo controllo la Chiesa e, in particolare, volle controllare l’elezione dei papi. Si occupò anche delle nomine dei vescovi, ai quali poi attribuì cariche di governo nel territorio. Questo perché, non potendo avere figli legittimi, essi non potevano pretendere l’ereditarietà del titolo. Nacquero così i “vescovi-conti”.

la dellineatempo

1. Mentre in Francia si affermò una nuova dinastia, quella dei Capetingi, che, seppur faticosamente, seppe porre le basi per l’edificazione di un grande regno unitario, l’Italia rimase sempre frammentata e debole, a causa delle divisioni tra i grandi feudatari che aspiravano a impossessarsi del titolo di re. Anche il papato era in crisi, conteso tra le famiglie aristocratiche romane.

Raccontiamo in breve

5. Contrariamente alla credenza diffusa dagli storici del XIX secolo, fra gli uomini del Medioevo non ci fu il terrore dell’anno Mille. La condizione degli uomini che vivevano alla fine del primo millennio era sì di paura, ma non certo per la fine del mondo, bensì per altri motivi: le nuove invasioni degli Ungari, dei Normanni e dei Saraceni, le carestie, l’incertezza dovuta alla mancanza di governi stabili. 887 destituzione di Carlo il Grosso e fine del Sacro Romano Impero 955 battaglia di Lechfeld 962 Ottone I di Sassonia incoronato imperatore del Sacro Romano Impero della nazione Germanica 987 Ugo Capeto diventa re di Francia

4. La Chiesa in questo periodo attraversò una fase di grave decadenza a causa della corruzione di molti ecclesiastici, della diffusione della simonia e del concubinato. Gli stessi papi non davano grande prova di moralità, almeno fino all’intervento di Ottone I. Un segnale di risveglio fu però dato dalla ripresa della vita monastica, soprattutto attraverso la fondazione del grande monastero di Cluny.

CAPITOLO 8 179

2. Ottone I di Sassonia, dopo aver sconfitto gli Ungari, riuscì prima a farsi eleggere re d’Italia e poi a farsi incoronare imperatore. Nel 962 fu costituito il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, un impero che formalmente si richiamava a quello carolingio, ma in realtà era molto diverso. Mancava infatti in esso la parte francese ed il fulcro dello stato era la Germania.

180 VERSO L’AnnO MILLE Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Chi era Ugo Capeto? 2. Com’era la situazione di Roma e del papato nel X secolo? 3. Qual era il progetto di Ottone I? 4. Come si chiama il nuovo impero fondato da Ottone I? 5. Che cosa stabiliva il Privilegio Ottoniano? 6. Come si comportò Ottone I nei confronti dei territori bizantini in Italia? 7. Quale matrimonio organizzò Ottone I per il proprio figlio? 8. Quale monastero venne fondato in Francia nel 910? 9. In quali condizioni si trovava il clero cattolico in quel periodo? 10. Quale leggenda si è diffusa a proposito dell’anno Mille? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 955 Ugo Capeto diventa re di Francia 962 Battaglia di Lechfeld 987 nasce il Sacro Romano Impero della nazione Germanica Esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa In Francia Ugo Capeto riuscì a porre sotto il suo controllo i grandi feudatari. V F Il titolo di re d’Italia era conteso tra le grandi casate nobiliari. V F La situazione del papato era molto florida. V F Ottone di Sassonia sconfisse gli Ungari a Lechfeld. V F Ottone I restaurò l’Impero Carolingio. V F Ottone I non si intromise mai nell’elezione dei papi. V F Con la nomina dei vescovi-conti l’imperatore risolveva il problema dell’ereditarietà dei feudi. V F Esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Nel X secolo l’Italia era in crisi perché a. era sottomessa al potere imperiale. b. era divisa e vi erano lotte per il potere tra le grandi casate feudali. c. era minacciata dalle incursioni dei Saraceni.

CAPITOLO 8 181

Il Privilegio Ottoniano permise all’imperatore a. di porre sotto il suo controllo i vescovi e il papa. b. di ottenere il diritto di avere l’ultima parola nell’elezione del papa. c. di ricostituire il Sacro Romano Impero di Carlo Magno. La Chiesa nel X secolo conobbe una grave crisi perché a. si stavano diffondendo nuove eresie. b. ci fu una decadenza morale degli ecclesiastici. c. c’erano guerre e rivalità tra il papa e l’imperatore. La simonia era a. l’acquisto o la vendita per denaro delle cose sacre, in particolare delle cariche ecclesiastiche. b. l’abitudine a trasmettere in eredità a figli le proprie cariche. c. l’abitudine a vivere con donne per gli ecclesiastici. Il millenarismo era a. la lotta contro l’uso delle immagini sacre. b. la credenza nell’imminente fine del mondo. c. l’uso di numerare gli anni dalla nascita di Cristo. Esercizio 5 · Questo brano contiene parecchie inesattezze e imprecisioni. Riscrivilo sul tuo quaderno di lavoro, correggendole. Ottone I di Sassonia, divenuto imperatore del Sacro Romano Impero (955), si garantì l’appoggio del papa, la cui elezione venne lasciata nelle mani delle famiglie nobili romane, e cominciò quindi a go vernare il suo territorio, comprendente Germania, Francia e il Regno d’Italia, servendosi della colla borazione dei vescovi-conti. Si trattava di vescovi a cui egli affidava il governo di città e di territori in cambio della loro fedeltà. Fece questo per contrastare il potere dei grandi feudatari che avevano ormai strappato l’eredità dei loro feudi. I vescovi al contrario, essendo votati al celibato non potevano avere figli legittimi quindi nemmeno vantare l’ereditarietà. Purtroppo molti di questi vescovi erano persone rozze e ignoranti e non svolsero al meglio questo compito. Inoltre molti di loro si ribellarono all’autorità dell’imperatore e divennero una causa di indebolimento del suo potere. Esercizio 6 · Completa il seguente brano nelle parti mancanti. La situazione della popolazione europea nel corso del secolo era particolarmente drammatica: da una parte le continue incursioni di , , che spingevano i contadini a chiedere protezione ai signori, e che causavano distruzioni e dall’altra una grave crisi politica che aveva portato al crollo dell’Impero e a una situazione di caos, do vuta alla mancanza di . A ciò si aggiunga la crisi della Chiesa: il papato era nelle mani delle potenti che se ne servivano per accrescere il loro potere e la loro ricchezza. D’altra parte gli ecclesiastici si macchiavano di e , vale a dire . Furono queste le cause di un diffuso sentimento di smarrimento e di angoscia riguardo al futuro. non risulta invece vera la leggenda secondo la quale anche perché a quei tempi . Questa concezione, chiamata si basa su un’interpretazione letterale di passi dell’Apocalisse nei quali si dice che . La leggenda di questa diffusa paura della fine del mondo è stata sostenuta in particolare da storici del secolo, ma è stata ora notevolmente ridimensionata.

Una vitalità nuova Fu una vitalità nuova quella che sembrò pervadere l’Europa dopo il Mille. E non si trattò di una vitalità dovuta allo scampato pericolo per la temuta fine del mondo. Le sue cause furono altre.

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Scene di vita agricola Dal portale della basilica di St. Denis (XII secolo), Francia materiale

Capitolo 9 La grande rinascita

I gravi problemi politici e istituzionali che avevano indebolito l’Impero e la Chiesa sembravano ormai in via di risoluzione. Nelle campagne, finito l’incubo delle nuove invasioni, si stava sviluppando un grande fervore di attività: ovunque la popolazione cresceva, si viveva più a lungo, si produceva di più. Sul solco della tradizione benedettina rinacque, in forme e istituzioni nuove, il monachesimo. Come disse un cronista del tempo, l’Europa si ricoprì di «un bianco mantello di chiese».

Era un mondo interessante e nuovo che stava muovendo i primi passi all’inizio del II millennio dell’era cristiana.

CAPITOLO 9 183

Contadini al lavoro Paul getty Museum, Los angeles

Nelle Storie di Rodolfo il Glabro, uno dei maggiori cronisti di quel tempo, si legge che, passato l’anno Mille, il clima cambiò, le piogge si quietarono e la vita sulla terra rifiorì. E, come segno di questo, la terra si ricoprì «di un bianco mantello di chiese». Le cose andarono probabilmente così, anche se, come sappiamo, la crisi che aveva investito l’Europa non fu certo dovuta alla paura della fine del mondo ma ad altre e più complesse cause. In ogni caso, nell’XI secolo si verificò, come egli scrive, una generale anche se lenta rinascita. Si trattò di una rifioritura che investì vari campi: da quello economico a quello politico, da quello spirituale e religioso a quello culturale. Ebbe inizio quello che può essere considerato l’apogeo del Medioevo.

1 · La ripresa parte dalle campagne

Perché si parla di doporipresailMille?

Un «bianco mantello di chiese»

Apogeo Il punto più alto, il momento culminante. È un termine di origine astronomica: indica il punto più alto dell’arco apparente che il sole e la luna compiono in cielo, quando appaiono più lontani dalla terra.

CAPITOLO 9 185

Si nasce di più… e si vive più a lungo Anche la popolazione riprese a crescere. Su questo non siamo in possesso di dati assolutamente certi, in quanto allora non esisteva no sistemi di registrazione delle nascite e delle morti come oggi, ma sembra che a partire dagli ultimi decenni del X secolo la popolazio ne europea sia, nel giro di due-tre secoli, più che raddoppiata, pas sando da 20-25 a 55-60 milioni di persone (e alcuni studiosi ipotiz zano anche cifre superiori). Vi fu quindi un costante incremento demografico: si nasceva di più, si viveva più a lungo e la durata me dia della vita si alzava. Quali le cause di questa generale ripresa? Le cause di questa crescita sono le più svariate. Alcune già le co nosciamo: la fine delle ultime devastanti invasioni di popoli stra nieri, la protezione offerta ai contadini dai signori nei castelli, una maggiore stabilità politica dovuta alla rinascita dell’Impero con Ottone I, un miglioramento della vita della Chiesa con la nomina di papi e di vescovi più degni. Questi fatti resero più tranquilla e serena la vita degli uomini, garantirono più protezione e sicurezza e quindi maggiore fiducia nel futuro. Un diffuso miglioramento del clima e importanti innovazioni tecnologiche

A queste si aggiungono altre cause che gli storici hanno cercato di portare alla luce. Molti, anche rifacendosi a testimonianze del tem po, hanno rilevato un generale miglioramento del clima. Si ebbe in fatti quello che oggi chiameremmo un “riscaldamento” della terra, che in Europa produsse conseguenze assai positive. La temperatu ra media europea, alzandosi di uno o due gradi, rese più produttivi i campi, favorendo la coltivazione delle piante alimentari, ad esem pio dei cereali, mentre si ridusse complessivamente la quantità del le piogge. Il miglioramento del clima provocò anche la diminuzione delle malattie legate al freddo, quelle delle vie respiratorie ad esem pio, che mietevano molte vittime specie fra i bambini. Ma soprat tutto, da questo miglioramento derivò, come detto, un generale au mento della produzione agricola che fu favorito anche da nuove scoperte e innovazioni tecnologiche. Si trattava di innovazioni che presero piede con gradualità, non con la stessa rapidità e allo stesso modo in tutte le parti dell’Europa. A volte i nuovi strumenti erano molto costosi e quindi non tutti i contadini erano in grado di sfrut tarli. A poco a poco però si diffusero, producendo risultati positivi: i contadini cominciarono a produrre di più e a ottenere migliori ri sultati dal loro lavoro. E questo innescò una serie di conseguenze che prenderemo in esame più avanti. Perché si parla di ademograficoincrementopartiredalla fine del X deldiPerchésecolo?siparlamiglioramentoclima?

186 La graNDE rINa SCIta

Dissodamento Operazione con la quale si rende più morbido e di conseguenza coltivabile un terreno duro e compatto. Perché la rotazione contadina?allaapportòdelletriennalecolturevantaggipopolazione

Un nuovo tipo di aratro Innanzitutto venne modificato l’aratro, che fu reso più pesante e più adatto a dissodare i terreni duri e compatti delle pianure del nord Europa. Furono introdotte lame in ferro che tagliavano il ter reno in profondità, ma soprattutto il versoio (una specie di lama ricurva che, penetrando nel terreno, non solo lo tagliava ma rivolta va anche le zolle, con un’unica operazione). Vennero inoltre appli cate le ruote, che consentivano un traino più veloce. Questi aratri venivano trascinati non più solo da coppie di buoi ma da cavalli, più forti e agili nei movimenti, grazie anche alla ferratura degli zoccoli. Inoltre, mentre in precedenza l’aratro veniva attaccato agli animali mediante una cinghia che stringeva loro il collo, ostacolandone la respirazione, dopo il Mille fu inventato il collare a spalla: un collare rigido che si appoggiava sulla spalla, permettendo una maggiore fa cilità di movimento. La rotazione triennale Venne poi introdotto il sistema della rotazione triennale delle colture che sostituiva quella biennale. Poiché le coltivazioni impo veriscono il terreno, in passato il campo da coltivare veniva diviso ogni anno in due parti, di cui solo una coltivata e l’altra lasciata a riposo. La resa era quindi dimezzata. Con l’introduzione della rota zione triennale, invece, si procedeva diversamente. Il terreno era diviso in tre parti. Nella prima si seminavano in autunno cerali a lunga crescita quali il grano, il miglio e il farro; nella seconda legumi (come ceci o piselli) o cereali che si seminavano in primavera per ché crescevano più rapidamente (ad esempio l’orzo e l’avena). Solo la terza era lasciata a riposo (su questo campo, detto maggese, veni vano fatti pascolare gli animali, che con i loro escrementi concima vano la terra). L’anno successivo le colture si alternavano e in tal modo si coltivavano sempre i due terzi del campo. Si aumentava e si variava così la produzione, che veniva distribuita su tutto l’arco dell’anno. Perciò, se anche in una determinata stagione il raccolto era scarso a causa di condizioni climatiche avverse, si poteva subito compensare questa scarsità con i prodotti maturati nella parte re stante del campo nei mesi immediatamente successivi. Si evitava no così lunghi periodi di carestia. Il mulino ad acqua Un grande contributo allo sviluppo dell’economia venne anche dall’utilizzo sempre più esteso del mulino ad acqua e dal suo perfe zionamento (il mulino a vento si diffuse solo in un secondo mo mento e nelle aree molto ventose, ma non diede mai significativi risultati). Nell’antichità infatti esso era costruito in modo da ruota re attorno a un’asse verticale e quindi era totalmente immerso nell’acqua e questo ne frenava la rotazione. In età medioevale inve-

CAPITOLO 9 187

ce si costruirono mulini posizionati verticalmente attorno a un’as se di rotazione orizzontale. Ciò permetteva alla ruota girevole di essere immersa solo in parte nell’acqua, favorendo in tal modo la spinta nella rotazione. Il mulino così perfezionato consentì di ma cinare molto più grano in tempi più rapidi, risparmiando la forza umana e quella animale, che potevano essere impiegate per altri la vori. Inoltre, utilizzando la forza dell’acqua con lo stesso metodo del mulino, si potevano svolgere più rapidamente lavori quali fran tumare i metalli, conciare le pelli, follare i tessuti. Non era però sempre possibile ricorrere al lavoro dei mulini: erano infatti sog getti all’andamento delle acque dei fiumi, inoltre il loro uso da parte dei contadini comportava il pagamento di una somma di denaro al mugnaio e questo non era alla portata di tutti. Follatura Operazione con la quale si dava aimorbidezzacompattezza,eleggerezzatessutidilana. ilPerchémulino ad acqua non conobbe un generalizzato?utilizzo Mulino ad acqua

La conquista di nuove terre coltivabili

L’aumento della popolazione, frutto dei miglioramenti che abbia mo finora preso in esame, fu a sua volta causa di ulteriori migliora menti. Fu quindi al tempo stesso effetto e causa di progressi, in una specie di spirale destinata a creare una crescita continua. Per sod disfare le necessità di una popolazione sempre più numerosa, infat ti, si rese necessario coltivare di più e quindi strappare terreni alle paludi e alle foreste che allora ricoprivano l’Europa. Vennero quin di avviate bonifiche , disboscamenti e dissodamenti. All’avanguar dia in questa opera di innovazione tecnologica e di conquista di nuove terre troviamo ancora una volta i monaci: furono proprio loro i più grandi bonificatori e disboscatori del territorio.

188 La gra

Bonifica Operazione con la quale si prosciugano terreni paludosi e acquitrinosi al fine di renderli coltivabili e/o abitabili. Perché si dice che la crescita agricola?delladelalfupopolazionedellaeffettoecausatempostessomiglioramentoproduzione

L’agricoltura Formella del campanile di giotto, Bottega di andrea Pisano (metà del XIV secolo), Museo dell'Opera del Duomo, Firenze

Perché i

CAPITOLO 9 189 2 · Il rinnovamento della Chiesa e della vita monastica

I monaci di Cluny seguivano la regola benedettina, anche se ave vano abbandonato la pratica del lavoro manuale per sostituirla con le celebrazioni liturgiche. Trascorrevano infatti quasi l’intera gior nata nella preghiera, nel silenzio e nella celebrazione di sante mes se e di altri riti sacri. In breve tempo, molti giovani attratti dalla vita monastica si unirono a questo monastero, al punto che per accet tarli tutti si dovettero costruire nuova abbazie affiliate in tutta la Francia (e oltre), con a capo un priore che dipendeva direttamente dall’abate di Cluny. L’abbazia di Cluny, divenne quindi un’eccezio nale potenza spirituale (e anche materiale in quanto ricca e stimata) e il suo esempio fu seguito in tutta Europa.

Il rinnovamento della Chiesa parte da Cluny La prima grande nuova fondazione fu l’abbazia di Cluny, fonda ta nel 910 dal duca di Aquitania Guglielmo il Pio, che l’aveva voluta esente da ogni dipendenza da signori laici o dai vescovi. Ciò signifi ca che queste autorità non potevano intervenire nella direzione del monastero, che dipendeva solo e interamente dall’abate, come pure nella scelta degli abati, lasciata totalmente alla volontà dei monaci. A Cluny vennero così eletti grandi abati, tra cui ricordiamo soprat tutto il secondo, Oddone. Questi abati guidarono il monastero con saggezza e promossero un grande movimento di riforma, per cor reggere i difetti della Chiesa e riportarla alla purezza di un tempo.

favorevole?particolarmentecondizionegodettePerchéentratibenedettinimonasterieranoincrisi?Clunydiuna

I riformatori monastici in Italia: camaldolesi e vallombrosani

L’esempio di Cluny ebbe molto seguito anche in Italia, per merito soprattutto di due grandi santi, fondatori di altrettanti ordini: san Romualdo, che fondò l’ordine camaldolese, e san Giovanni Gual berto, fondatore dei vallombrosani.

L’esigenza di un ritorno alle origini Dai monasteri partì però anche un’altra grande opera, quella della riforma della Chiesa e del rinnovamento morale della vita religiosa. Nell’ultimo secolo infatti anche i grandi monasteri dell’ordine be nedettino avevano conosciuto una crisi piuttosto profonda: erano diventati molto ricchi, dimenticando spesso la regola della povertà insegnata dal loro fondatore; molti abati poi erano diventati conti, rivestendo un’autorità politica e dimenticando la loro missione re ligiosa. Molti monaci però cominciarono a sentirsi a disagio in que ste nuove condizioni e vollero tornare a vivere la vita religiosa come l’aveva insegnata san Benedetto, in preghiera e povertà. Perciò la sciarono questi monasteri e ne fondarono di nuovi per poter realiz zare il loro desiderio.

Perché Roberto di difondòMolesmesilmonasteroCiteaux?

Giovanni Gualberto, fiorentino, aveva frequentato per un certo periodo il monastero di San Miniato al Monte a Firenze, da dove però si era allontanato dopo un contrasto con l’abate, da lui accusa to di simonia. Nel 1036 fondò quindi una piccola comunità di monaci nella foresta di Vallombrosa, sugli Appennini toscani. Nascono i cistercensi Un altro ordine importantissimo che lascerà un segno decisivo nella rinascita religiosa dell’Europa fu quello cistercense. L’ordine prende il nome dal monastero di Citeaux, una località impervia e desertica della Francia centro-orientale, chiamata in latino Cistercium. Questo monastero fu fondato, nel 1098, dall’abate Ro berto di Molesmes, che vi si recò a vivere con 20 confratelli, seguen do in modo rigoroso la Regola di san Benedetto. Egli infatti riteneva che i monasteri benedettini del suo tempo, compreso quello di Cluny, si fossero allontanati dagli insegnamenti del loro fondatore, mettendo in secondo piano o eliminando del tutto il lavoro e arric chendosi con il possesso di terre e con altre attività. Egli quindi, ac canto alla centralità della preghiera, della vita solitaria, della meditazione e della povertà proponeva anche la ripresa del lavoro manuale, soprattutto agricolo. San Bernardo di Chiaravalle

Romualdo, originario di Ravenna, fondò nel 1012 l’eremo di Ca maldoli, nel Casentino. Nel suo monastero veniva seguita la regola benedettina, ma con maggiore durezza, grande spirito di penitenza e distacco dal mondo (clausura).

L’ordine cistercense ebbe una grande diffusione anche grazie all’opera del francese Bernardo di Chiaravalle, che ne divenne la personalità più significativa. San Bernardo fu una delle figure più autorevoli e influenti nella Chiesa e nella società in questo perio do; predicò le crociate, fu consigliere prezioso dei papi, scrisse molte opere teologiche e filosofiche; fondò a sua volta il monaste ro di Chiaravalle (Clairvaux) in Francia e diffuse la spiritualità ci stercense in tutta Europa. Alla sua morte, nel 1153, si conteranno ben 350 monasteri affiliati a Citeaux, che diventeranno 530 nel 1250. In questi luoghi i cistercensi contribuirono anche allo svi luppo agricolo e alla crescita economica. Bonificarono infatti pa ludi, dissodarono terreni, rendendo così fertili e coltivabili pianu re e vallate, e diffusero nuove forme di coltivazione della terra. In Italia il movimento cistercense ebbe ampia diffusione. Tra le fon dazioni più importanti ricordiamo le abbazie di Chiaravalle e Mo rimondo (nei pressi di Milano), Staffarda in Piemonte, Casamari e Fossanova nel Lazio.

190 La graNDE rINa SCIta

Clausura Particolare forma di esperienza religiosa e monastica in cui monaci e monache si dedicano interamente alla preghiera e al lavoro, evitando contatti col mondo esterno. Possono dialogare con persone esterne al solomonasteroattraverso una grata.

L’ordine certosino Un’esperienza monastica particolare fu quella dei certosini, fon dati da San Bruno nel 1084. Quest’ordine, il cui nome deriva dal primo insediamento, quello nell’impervia località montana della Chartreuse, nelle Alpi francesi, si dedicò in modo particolare alla preghiera e al silenzio, riproponendo un modello di vita quasi ere mitica. Anche i semplici fedeli si battono per il rinnovamento della Chiesa L’esigenza di rinnovamento della Chiesa fu avvertita non solo all’interno dei monasteri. Anche i semplici fedeli, soprattutto delle città, scandalizzati per l’immoralità dei loro pastori, protestavano e avanzavano con forza questa richiesta. Talvolta queste proteste degeneravano in azioni violente (ad esempio aggressioni a preti o vescovi simoniaci) o in vere e proprie rivolte armate, come nel caso del movimento della Pataria a Milano. Altri invece erano portati ad allontanarsi dalla Chiesa per seguire, come vedremo più avanti, dottrine ereticali.

CAPITOLO 9 191

Hautecombe LaClairvauxFertèCiteauxMorimondPontignyMolesmes Boyle S. Spirito S. Stefano Principali cistercensimonasteri

Danubio Reno Nilo Roma Casamari S.

ChiaravalleMorimondoStefanoHeiligenkreuz

A Ottone successe Enrico II di Sassonia (1002-1024), che sconfis se Arduino d’Ivrea, pretendente al trono d’Italia e conquistò il Du cato di Benevento. Enrico II, però, va ricordato soprattutto perché si adoperò per favorire il rinnovamento della Chiesa e per la parti colare benevolenza che mostrò verso i suoi sudditi, specie i poveri, al punto che alla sua morte fu proclamato santo.

La Renovatio Imperii Romanorum di Ottone III Dopo la morte di Ottone I e il breve regno di Ottone II, la corona imperiale passò a Ottone III (983-1002). Questi salito al potere in giovane età, addirittura incoronato imperatore quando era ancora bambino, fu uomo di grandi ideali. Innanzitutto sognò di restaurare l’impero di Carlo Magno nella sua completezza, allargandolo all’Italia meridionale e, se possibile, al resto d’Europa. In secondo luo go, approfittando del fatto che la madre fosse nipote dell’imperato re bizantino, pensò di poter arrivare a riunificare l’Impero Romano d’Oriente e quello d’Occidente (la Renovatio Imperii Romanorum).

192 La graNDE rINa SCIta 3 · Il consolidamento del potere imperiale

Perché fallì il tentativo di Ottone III?

L’influenza di papa Silvestro II

Tali ideali di grandezza gli furono inculcati anche dal suo educa tore, uno degli uomini più dotti del Medioevo, Gerberto d’Aurillac, che divenne papa col nome di Silvestro II (999-1003). Durante i po chi anni in cui entrambi governarono si verificò un fatto mai acca duto prima: la totale armonia e collaborazione fra papa e imperato re. Ottone III trasferì la sua sede a Roma proprio nell’intento di portare a termine il suo grande progetto e di collaborare più stret tamente col papa, suo maestro. Purtroppo per lui però, andò incon tro al fallimento. Una rivolta scoppiata nel 1001 lo costrinse infatti a lasciare la città. La casata di Sassonia si estingue. Sale al trono la dinastia di Franconia Ottone morì nel gennaio del 1002, a soli ventidue anni, presso Vi terbo, forse di malaria o forse addirittura avvelenato. I suoi cava lieri ne riportarono il corpo nella sua terra, deponendolo accanto a quello di Carlo Magno ad Aquisgrana. Nel maggio dell’anno succes sivo morì anche Silvestro II.

Perché Corrado II deil’ereditarietàconcessefeudiminori?

Con lui si estinse la Casa di Sassonia. Non avendo figli, infatti, gli successe come imperatore Corrado II il Salico della casata di Fran conia (1024-1039). Fu costui che concesse nel 1037, con la Constitu tio de Feudis, l’ereditarietà anche ai feudi minori (quelli dei valvas sori e dei valvassini) soprattutto con l’intento di indebolire i grandi feudatari suoi avversari.

Il papa era inizialmente dalla loro parte I patarini ottennero nella loro protesta anche l’appoggio del papa, alessandro II (anselmo da Baggio), che tra l’altro da giovane aveva militato nelle loro file e che mandò più volte a Milano dei suoi emissari per riportare l’ordine in città, arri vando anche a scomunicare il vescovo. Nel 1071 finalmente guido da Velate rinunciò alla sua ca rica, ma al momento di scegliere il successore si riaccese lo scontro tra il papa e l’imperatore che sostenevano due diversi candidati. Siamo ormai nel pieno di quella che, come vedremo nel capito lo seguente, si chiamerà “lotta per le investiture”. Quattro anni dopo, con l’uccisione di Erlembardo, la protesta patarina si placò e la città ritornò sot to la piena autorità dell’imperatore. I patarini più estremisti, che si rifiutarono di tornare all’ordine, finirono per lasciare Milano e unirsi alle forze ere ticali che si svilupperanno in varie parti d’Italia e d’Europa, primi fra tutti i catari. Papa Alessandro II

CAPITOLO 9 193

METTIAMO A FUOCO Gli straccioni che sconvolsero Milano

In lotta contro un vescovo simoniaco a Milano tra il 1056 e il 1057 scoppiò, contro la corruzione del clero, la rivolta dei patarini. a originarla fu la nomina, da parte dell’imperato re, di un nuovo vescovo, guido da Velate, gradi to all’aristocrazia cittadina ma inviso al popolo che lo accusava di essere simoniaco e legato al potere politico. Contro di lui si scatenò ben pre sto la protesta popolare, guidata da arialdo, un prete che predicava da tempo anche contro la corruzione di gran parte del clero milanese, che accusava di simonia e di concubinato. Non si trattò di una protesta pacifica: fedeli arrabbiati assalivano i sacerdoti, costringendoli a lasciare la città, interrompevano processioni e celebrazioni, inveivano pubblicamente contro il vescovo e con tro i preti corrotti, dichiarando di non accettare i sacramenti amministrati da questi preti. Si ar rivò persino a scontri armati tra fazioni sosteni trici delle diverse posizioni. Durante tali scontri, in momenti successivi, vennero assassinati sia arialdo che un altro dei leader della rivolta, il ca valiere Erlembardo Cotta. I patarini erano veramente straccioni? Chi erano i patarini e perché si chiamavano così? Secondo l’interpretazione più diffusa il nome de riva dalla parola milanese patée, che significava “straccio” (infatti il quartiere dei robivecchi era chiamato dei pattari). Questo farebbe pensare ai poveri vestiti di stracci, gli straccioni. In realtà a questo movimento non aderirono solo le persone più povere di Milano. gli storici hanno dimostrato che in esso erano presenti anche piccoli artigiani e mercanti, esponenti di quella che oggi si chia merebbe borghesia, e anche qualche nobile. a metterli insieme erano quindi ragioni di carattere politico (volevano contare di più nella società e scalzare dal potere cittadino la grande aristocra zia) ma soprattutto una motivazione religiosa, lo scandalo per la corruzione del clero milanese.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Come si mangiava nel Medioevo È difficile fornire un quadro generale riguardo all’alimentazione dell’uomo medioevale. Diversa è infatti la situazione dei contadini nell’alto Me dioevo rispetto a quella degli abitanti delle città nei secoli successivi al Mille. Un conto è poi l’ali mentazione delle popolazioni che vivevano nelle aree mediterranee, un conto quella degli abitan ti delle regioni fredde del Nord Europa. Inoltre la situazione poteva variare di anno in anno o di stagione in stagione: bastava un inverno insolita mente caldo o una primavera straordinariamente rigida che i raccolti diminuivano e il regime ali mentare cambiava. Se poi vi erano guerre e razzie la situazione peggiorava tragicamente anche dal punto di vista alimentare. Una “civiltà del grano” In questa precarietà possiamo comunque dire con certezza che gli alimenti di base per l’uomo medioevale erano i cereali, il grano soprattutto ma anche orzo, avena, miglio, segale. Per questo si può parlare di una “civiltà del grano”. Da questi prodotti si ricavavano farina, zuppe (a volte con legumi) e pane in abbondanza (si parlava di pane e “companatico” ossia “ciò che accompagna il pane”, che comunque era sempre scarso). Poco frequente era invece sulla tavola dei contadini la carne. Se il signore lo consentiva, si praticava la caccia nel feudo oppure la pesca nei fiumi e quin di c’era la possibilità di mangiare selvaggina o pesce, ma questa era un’evenienza piuttosto rara.

194 La graNDE rINa SCIta

METTIAMO A FUOCO

La situazione migliorò indubbiamente anche se gradualmente dopo il Mille, soprattutto all’inter no delle città che, come vedremo, conobbero un consistente sviluppo. La carne divenne un cibo più abituale sulle tavole e i prodotti agricoli co minciarono ad abbondare. régine Pernoud, una storica francese del nostro tempo, scrive che, ad esempio, in Francia nel XIII secolo nell’area di Pa rigi ogni famiglia allevava uno o due maiali. Nutriti per lo più con i rifiuti domestici, venivano di rego la macellati all’inizio dell’inverno e da essi si rica vava carne e grasso per un’intera annata. Durante i periodi “di magro”, la quaresima e i venerdì, si mangiava, ove possibile, pesce. Per ciò che riguar da i condimenti, si faceva grande uso del pepe, che copriva i sapori cattivi dei cibi mal conservati (le tecniche di conservazione degli alimenti erano ancora rudimentali). apprezzata era la frutta (ma ricordiamo che pesche e albicocche, originarie del Vicino Oriente, furono introdotte in Europa solo a seguito delle crociate). Interessante è che – ce lo racconta sempre régine Pernoud – per le vie di Parigi si vendevano ciambelle e fichi d’India. Naturalmente i nobili riguardo al cibo stavano molto meglio: per loro i pasti giornalieri erano tre (vi era anche la merenda), e carne, vini, caccia gione e spezie erano presenti in grande quantità sulle loro tavole. Per quanto riguarda le bevande, si consumava molta birra d’orzo, l’idromele (una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del miele aromatizzato con erbe) e vino, a volte allungato con l’acqua. Un’ultima curiosità: in un documento francese risa lente alla fine del 1300 e comunemente noto come Ménagier de Paris, si fa l’inventario della quantità settimanale di carne macellata a Parigi in quel pe riodo. E le cifre erano piuttosto impressionanti: 312 buoi, 3.130 pecore, 328 maiali, 306 vitelli.

Quando il sistema di rotazione era biennale la produzione era più scarsa e i contadini vivevano sempre ai limiti della sopravvivenza. ricordiamo, a questo proposito, che la resa del grano, che pure è ricco di calorie, è sempre scarsa: allora per ogni chicco seminato se ne ricavavano all’incirca tre, e di questi tre uno doveva essere accantonato per la semina successiva e un altro andava, da contratto, al signore. Inoltre la farina che dal grano si ricavava era facilmente deperibile e non poteva essere conservata a lungo. Le terribili carestie e le forme di solidarietà sociale In questa situazione di precarietà bastava poco, un temporale particolarmente intenso o una scor ribanda di qualche gruppo di predoni che distrug gevano i raccolti, e il contadino precipitava nella carestia più nera. Questa era una delle paure più diffuse, uno dai flagelli, insieme alla peste e alla guerra, che si chiedeva a Dio nelle preghiere di tenere Cronistilontano.deltempo descrivono in modo agghiac ciante scene di miseria e di carestia; in queste cir costanze gli uomini disperati si cibavano anche di erbe e radici, di insetti e serpenti. Qualche volta anche di cadaveri. Non bisogna però generalizza re: questi periodi di carestia non erano costanti, e non furono mai generalizzati a tutta l’Europa. riguardavano di volta in volta aree diverse in pe riodi Inoltrediversi.ungrande aiuto contro la fame era dato dal le molteplici forme di solidarietà che esistevano: vi era l’aiuto solidale all’interno del villaggio, come pure quello offerto dai monasteri che assistevano i poveri. Non era infrequente tra l’altro che anche nelle mense contadine si riservasse un posto vuoto a tavola per ospitare in qualsiasi momento men dicanti o pellegrini di passaggio: un’usanza che in alcune parti d’Italia era ancora viva fino a pochi decenni fa. Più tardi, a partire dal XII secolo, si di stinsero in quest’opera caritativa, come vedremo, i frati mendicanti, le corporazioni, singoli nobili e borghesi disposti a assistere caritatevolmente i bisognosi per mettere in pratica l’insegnamento evangelico e per conquistarsi il paradiso. Nelle città si mangiava meglio: l’esempio di Parigi nel XIII secolo

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Scienza e tecnologia nel Medioevo

Il Medioevo, contrariamente a quanto spesso si sente dire, ha conosciuto un discreto progresso scientifico e soprattutto tecnologico. Natural mente non si può pensare a qualcosa di simile al progresso che l’umanità ha conosciuto negli ulti mi secoli, né per entità né per ritmo di sviluppo. tuttavia non fu nemmeno un fatto trascurabile, e oggi molti studiosi di storia della scienza co minciano a occuparsene con interesse. Secondo alcuni di loro fu all’interno delle università medio evali, fenomeno importantissimo di cui parleremo più avanti, che si posero le basi per il progresso scientifico che verrà realizzato in Europa nei se coli successivi. Lo sviluppo tecnologico Fu soprattutto in campo tecnologico che gli uo mini del Medioevo si segnalano per una intensa creatività. Inventarono infatti molte macchine, che migliorarono il loro lavoro al punto che lo storico francese Marc Bloch è arrivato a definire la civiltà medioevale “civiltà della tecnica”. E un altro storico, il Lilley, ha parlato di vera e propria “rivoluzione tecnologica”. Vi proponiamo qualche esempio in proposito. tralasciando l’agricoltura, di cui si è ampiamente parlato, prendiamo in considerazione le innova zioni nel campo dell’artigianato. Qui ricordiamo le macchine per dipanare la seta, l’arcolaio che ser viva a ridurre in gomitoli di filo le matasse di lana, il verricello col quale si sollevavano, con una sem plice manovella, oggetti anche piuttosto pesanti, il cabestano (una specie di argano per sollevare e spostare pesi ancora più grandi). Nel campo del la metallurgia si svilupparono la produzione della ghisa e l’uso del carbon fossile. In altri campi fecero la loro comparsa la clessidra per la misurazione del tempo, il canale a chiuse a porte girevoli, la polvere da sparo. anche la bus sola si diffuse nel Medioevo, come pure il timone a ruota col perno in ferro e, per rimanere nel cam po della navigazione, la caravella, con la quale Cristoforo Colombo solcherà l’oceano. Nel XV secolo si giungerà all’invenzione della stampa, mentre gli occhiali erano già conosciuti.

METTIAMO A FUOCO

Ci sarebbero molte altre invenzioni e tecniche da ricordare ma lasciamo a te il compito di svolgere ulteriori ricerche.

Gli studi in campo fisico e chimico

Per quanto riguarda lo sviluppo delle scienze, for se la disciplina che fece i maggiori progressi fu la chimica: studiosi medievali scoprirono gli acidi, le basi, l’alcool. Si compirono studi sul magnetismo, sull’ottica e sull’acustica per quanto riguarda la fisica. Ed ecco i nomi di alcuni fra questi studio si: ruggero Bacone, alberto Magno, arnaud de Villeneuve, raimondo Lullo, Pietro di Maricourt, giovanni Buridano, Nicola di Oresme. Significativa è la figura dell’inglese roberto gros satesta, vescovo e docente all’università di Oxford, che si dedicò in modo particolare allo studio della luce, dell’arcobaleno, degli specchi e delle lenti. Una sua interessante teoria spiega come tutto l’u niverso avesse avuto inizio da una sorta di puntino infinitesimale di luce-energia, posto da Dio all’ori gine del mondo materiale; è una teoria che, ricca di molte conseguenze sul piano fisico, anticipa in modo suggestivo il famoso concetto del Big Bang elaborato dagli scienziati nel corso del XX secolo. Ancora una volta alla base di questo sviluppo vi erano i monaci È interessante approfondire quali erano le moti vazioni alla base di queste scoperte e innovazioni. Molte di esse provenivano dai monaci, soprattut to dai cistercensi, come ci ricorda lo storico Jac ques Le goff. Ecco ciò che scrive in proposito nel libro Il bel Medioevo: «Il desiderio di essere liberati dai bisogni materiali per dedicarsi alle occupa zioni propriamente spirituali (uffizi, orazioni), la vocazione caritativa che li obbligava a provvede re alle necessità economiche non solo della loro numerosa comunità, ma dei poveri e dei mendi canti stranieri con distribuzione di viveri, li hanno obbligati a sviluppare una certa attrezzatura tec nica». D’altra parte, la stessa regola benedettina invitava i monaci a dedicarsi con impegno al la

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voro e, inoltre, il monastero doveva essere auto sufficiente e quindi sviluppare tutte le possibilità produttive per garantirsi questa autosufficienza. Infine vi erano esigenze particolari legate alla vita spirituale (pensiamo ad esempio alla necessità di produrre il vino per la messa, che favorì lo svi luppo delle tecniche di coltivazione della vite e di produzione del vino). La necessità di sostituire gli schiavi Non dimentichiamo, infine, un altro fattore im portante: il venire meno della disponibilità degli schiavi, che nel Medioevo gradatamente scom parvero. Questo fece da spinta a ricercare nuovi modi di produrre e nuove fonti di energia per so stituire la loro forza-lavoro. Come si può vedere, quindi, quella medioevale fu una società, dal punto di vista scientifico e tec nologico, tutt’altro che statica. Il grande storico Marc Bloch, che ha dedicato a questi temi un li bro molto importante intitolato Lavoro e tecnica nel Medioevo, parla per questo di una continua “capacità di rinnovamento” e di uno “slancio pro digioso” che sono alla base del grande sviluppo dell’Europa. Ritratto del cardinale Ugo di Provenza Opera di Tommaso da Modena (1352), Seminario Vescovile, SiTrevisonotil’uso degli occhiali.

198 La graNDE rINa SCIta VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA

Che cosa rimane oggi di Cluny Cluny fu la più imponente costruzione monastica del Medioevo. La sua abbazia, dedicata ai santi Pietro e Paolo, fu ingrandita, dopo la prima co struzione, altre due volte e fu ultimata nel 1130 divenendo la più grande chiesa allora esistente. Essa ospitava 300 monaci e molti laici e l’intero complesso si estendeva per un’area di circa 5 chi lometri quadrati. Di esso oggi è rimasto ben poco. Dopo otto secoli di vita, nel 1790, durante la rivoluzione francese, i rivoluzionari, spinti da una forte ostilità contro la Chiesa cattolica, fecero chiudere il monastero; la chiesa venne prima confiscata dallo stato e poi venduta e utilizzata come cava da cui ricavare ma teriale per le costruzioni. Fu così quasi totalmente demolita. Solo una piccola parte si salvò ed è vi sibile tuttora. Si tratta del braccio meridionale del transetto maggiore, sormontato da un campanile ottagonale e fiancheggiato da una torre. Ciò che rimane oggi dell’antica abbazia di Cluny

5. Il suo progetto però non poté realizzarsi e la casa di Sassonia si estinse per far posto a una nuova dinastia, quella di Franconia. Nel 1037 un imperatore di questa dinastia, Corrado II, concesse l’ereditarietà per i feudi minori. 910 fondazione di Cluny 962 Ottone I diventa imperatore del Sacro romano Impero della Nazione germanica 1002 muore Ottone III 1012 fondazione di Camaldoli 1036 fondazione Vallombrosadi 1037 Constitutio de Feudis 1084 fondazione della Chartreuse 1098 fondazione di Citeaux

la dellineatempo versione audio on-line

CAPITOLO 9 199

Raccontiamo in breve 1. Dopo il Mille l’Europa conobbe un graduale ma costante sviluppo di cui la crescita demografica fu insieme causa e conseguenza. Le ragioni di questo sviluppo furono molteplici: la fine delle invasioni dei popoli stranieri, il nuovo ordine politico che garantiva maggiore sicurezza, un certo miglioramento climatico.

3. La rinascita fu però anche morale e religiosa e partì, ancora una volta, dai monasteri. Sorsero nuove fondazioni e nuovi ordini, che si riproponevano di riportare la vita cristiana alla purezza delle origini: Cluny, i cistercensi e i certosini in Francia, i camaldolesi e i vallombrosani in Italia. Anche i fedeli laici si batterono, a volte in forme violente, come nel caso della Pataria a Milano, contro gli abusi e i vizi degli ecclesiastici.

2. La rinascita partì soprattutto dalle campagne, dove vennero introdotti, in particolare dai monaci, nuovi attrezzi e nuove tecniche di coltivazione. Ricordiamo l’aratro pesante col versoio, il mulino ad acqua, la ferratura dei cavalli, il giogo per l’attaccatura alle spalle degli animali, la rotazione triennale delle colture. Vennero inoltre bonificati e dissodati molti terreni poi adibiti alla coltivazione.

4. Intanto, si andava consolidando la struttura dell’Impero, grazie all’azione dei sovrani della casata di Sassonia. A Ottone I successero Ottone II e Ottone III; quest’ultimo in particolare, sovrano di larghe vedute e di straordinaria cultura, sotto l’influenza di uno degli uomini più colti del suo tempo, Gerberto d’Aurillac, divenuto papa Silvestro II, sognò di riportare l’Impero alla sua primitiva grandezza, riunificando l’Occidente e l’Oriente.

200 La graNDE rINa SCIta Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Com’è l’andamento demografico dopo il Mille? 2. Come venne modificato l’aratro e perché questi cambiamenti resero migliore l’aratura dai campi? 3. Che cosa si intende per rotazione triennale delle colture? 4. Quali sono le principali caratteristiche di Cluny? 5. Quali furono gli ordini nati in Italia sull’esempio di Cluny? 6. Che cosa fece San Bernardo di Chiaravalle? 7. Quale fu il sogno di Ottone III? 8. Chi era Silvestro II? 9. Chi successe a Enrico II? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso 910 Fondazione dell’abbazia di Citeaux 1002 Fondazione dell’abbazia di Cluny 1037 Morte di Ottone III 1098 Constititutio de Feudis di Corrado II Esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. L’incremento della popolazione dopo il Mille fu favorito a. dal generale miglioramento del clima. b. dal generale miglioramento del clima ma anche dall’aumento della produttività agricola. c. dal miglioramento delle tecniche della medicina. Il monachesimo benedettino era entrato in crisi perché a. i giovani non erano più attratti dagli ideali della vita monastica. b. gli abati erano spesso persone corrotte e immorali. c. nel corso del tempo i monasteri si erano arricchiti allontanandosi dalla pratica della regola di san Benedetto. La Renovatio Imperii di Ottone III consisteva a. nella restaurazione dell’Impero di Carlo Magno. b. nella riunificazione dell’Impero d’Occidente e di quello d’Oriente. c. nel rinnovamento del papato e nella fine della corruzione della Chiesa. Durante il governo di Ottone III a. vi fu la fine della lotta tra imperatore d’Oriente e imperatore d’Occidente. b. la Chiesa ebbe un grande sviluppo. c. vi fu il pieno accordo tra imperatore e papa.

CAPITOLO 9 201

Corrado II concesse l’ereditarietà dei feudi minori. a. per indebolire i grandi feudatari del regno. b. per controllare meglio il territorio. c. per rafforzare la sua autorità sullo stato. Esercizio 4 · Completa la seguente mappa concettuale inserendo al posto giusto i concetti suggeriti. Innovazioni tecnologiche in agricoltura Miglioramento della produzione agricola Ulteriore aumento della produzione agricola Clima

coltivabili: bonifiche, disboscamenti Situazione politica e religiosa più tranquilla e sicura Clima migliore demograficoIncrementoSituazione politica e piùreligiosatranquilla e sicura

NecessitàIncrementomiglioredemograficodinuoveterre

versioneintegrativoon-lineaudioon-line

Capitolo 10 La Chiesa si afferma L’apogeo della Chiesa medioevale? Passata attraverso una dura crisi, la Chiesa di Roma era riuscita a rinnovarsi, e ora sembrava più forte e pronta a guidare la scena europea e a raccogliere le nuove sfide che provenivano da Oriente: lo scisma ortodosso e l’arrivo minaccioso dei Turchi. Due furono i momenti, nella seconda metà dell’XI secolo, che sembrarono segnare l’apogeo della Chiesa medioevale: quando a Canossa l’imperatore si umiliò a piedi nudi nella neve di fronte al grande papa Gregorio VII e quando, alcuni anni dopo, decine di migliaia di uomini partirono per la crociata al grido «Dio lo vuole», rispondendo all’appello di un altro papa, Urbano II. Mai in tutto il Medioevo dei papi avevano goduto di un potere così grande, anche sul piano politico. Tuttavia questa situazione non durerà a lungo. Come vedremo nei prossimi capitoli, nuove forze si affacceranno sulla scena europea a ridimensionare il ruolo del papato: i Comuni in Italia, i nuovi stati nazionali nel resto d’Europa. E anche l’Impero, grazie agli imperatori dalla dinastia sveva, riprenderà ben presto vigore. Assedio di Antiochia Miniatura dalle Storie d’Oltremare di Guglielmo di Tiro (XII Municipale,Bibliothèquesecolo),Lione materiale

CAPITOLO 10 203

1 · La subordinazione della Chiesa al potere imperiale Un grave problema da risolvere

2 · La lotta per le investiture

I vescovi-conti: più conti che vescovi Anche la presenza dei vescovi-conti costituiva un problema. Nei feudi ecclesiastici, infatti, il vescovo-conte svolgeva funzioni reli giose ma anche di governo politico, detenendo quindi sia il potere spirituale che quello temporale . La sua nomina o investitura era duplice: riceveva dal papa l’autorità vescovile, e dal sovrano quella politica. In Germania addirittura, come abbiamo visto, erano gli imperatori stessi che nominavano i vescovi-conti, conferendo loro entrambi i poteri. Ciò finì per determinare conseguenze negative per la Chiesa, in quanto spesso i vescovi-conti erano scelti più per le loro virtù guerriere e la loro fedeltà politica, che per le qualità mo rali e spirituali che possedevano. Potevano quindi diventare vesco vi abili politici, più preoccupati di rafforzare il loro potere e di arric chirsi che di guidare i fedeli sulla via del Vangelo.

Il programma di Gregorio VII Era di fondamentale importanza risolvere questi problemi. Già nel 1059, papa Niccolò II aveva introdotto una sostanziale modifica nel modo di eleggere i pontefici, stabilendo che da quel momento in poi tale elezione sarebbe stata di competenza dei soli cardinali, senza più alcun intervento né dell’imperatore né del popolo romaPerché alla undeinelladell’imperatorel’interventolunganominapapirisultòfattonegativo?

L’opera di rinascita e di rinnovamento della Chiesa, portata avan ti, come abbiamo visto, dalle nuove fondazioni monastiche, fu im portantissima. Sarebbe stata però incompleta se non si fosse risolto anche un altro problema, quello dell’elezione del papa e della nomina dei vescovi. Da tempo, infatti, era l’imperatore, attraverso il Pri vilegio Ottoniano, a decidere chi dovesse essere papa e a nominare i vescovi a cui affidare i feudi e i poteri di governo dei territori. In tal modo, scegliendo persone di sua fiducia, egli finiva per esercitare un controllo su tutte le autorità della Chiesa, che così perdeva la sua libertà. È vero che, all’inizio, questo aveva permesso di sottrarre l’e lezione del papa all’influenza nefasta delle famiglie aristocratiche romane ma, col passare del tempo, aveva finito anche per creare una subordinazione della figura del papa a quella dell’imperatore.

204 La ChIE sa sI affERM a Cardinali sono i più collaboratoristrettidel papa. Un tempo erano i preti delle più antiche chiese di Roma e i vescovi delle sette diocesi vicine a Roma (tra cui Ostia e frascati) che insieme formavano il sacro collegio. Dalla fine del XII secolo questo titolo venne esteso anche a vescovi di città lontane da Roma.

Potere spirituale Potere che il papa, e in via subordinata i vescovi, hanno di guidare dal punto di vista religioso la Chiesa e la vita spirituale dei fedeli. Potere temporale Espressione usata per indicare il potere esercitato dal papa e dai vescovi nel campo del governo politico o dell’amministrazione di un territorio o di uno stato. Perché si dice che i cheunesercitavanovescovi-contisiapoterespiritualetemporale?

Risolvere questo problema voleva quindi dire ridare al papa la sua piena autorità e difendere la libertà della Chiesa (come si diceva con un’espressione latina allora in uso la libertas ecclesiae).

Gregorio VII

fMunicipale,Bibliothèque(XIIsuDipintopergamenasecolo),Douai,rancia

CAPITOLO 10 205 no. Far accettare questa riforma all’imperatore non era però facile: era necessario che dopo Niccolò II ci fosse un papa disposto, per questo motivo, anche a scontrarsi con lui. E questo papa fu Ilde brando di Soana, un monaco benedettino di nobili origini che prese il nome di Gregorio VII. Egli, per la verità, si era già dedicato a un’ampia opera riformatrice durante gli anni in cui era stato sem plice monaco e poi in quelli in cui era divenuto cardinale a Roma, dove aveva combattuto la corruzione del clero e la simonia. Da papa volle continuare in quest’azione impegnandosi a liberare la Chiesa dalla subordinazione all’Impero e ribadendo in modo particolare l’autorità del pontefice, che poteva anche giungere, in casi partico larmente gravi, a destituire l’imperatore. Gregorio VII intendeva difendere la nuova regola per l’elezione del pontefice, introdotta dal suo predecessore; inoltre non era più disposto a tollerare che fosse l’imperatore a nominare vescovi e abati.

206 La ChIE sa sI affERM a Lo scontro con l’imperatore Quando, nel 1073, Ildebrando fu eletto papa secondo la nuova re gola, non ottenne l’approvazione dell’imperatore, che non accettò l’elezione perché avvenuta in contrasto col Privilegio Ottoniano. Enrico IV non era neppure disposto a rinunciare al diritto di inve stitura dei vescovi-conti. Continuò quindi a nominare vescovi sen za dare ascolto alle proteste del papa. Nel 1076 fece addirittura di chiarare dai vescovi da lui scelti che Gregorio VII non era un papa legittimo e che, per questo, era da considerarsi decaduto e andava sostituito. Ma Gregorio non era certo un uomo da farsi intimidire, neanche dall’imperatore. Immediatamente promulgò la scomunica contro Enrico, liberando tutti i suoi sudditi e vassalli dall’obbligo di fedeltà nei suoi confronti.

Solo dopo questa umiliazione, Gregorio lo ricevette e lo perdonò, ritirando la scomunica. La lotta però non era finita. Dopo questa umiliazione, subita con trovoglia, Enrico passò al contrattacco. Tornato in Germania ritrat tò tutto e riprese la sua lotta contro il papa che qualche anno dopo dovette nuovamente scomunicarlo. La reazione dell’imperatore questa volta fu però diversa: scese in Italia con un forte esercito e assediò Roma. Il papa dovette rifugiarsi in Castel Sant’Angelo men tre Enrico nominò al suo posto un antipapa. Alla fine, Gregorio VII ricevette soccorso da Roberto il Guiscardo, capo dei Normanni in Italia, che giunse a Roma, lo liberò ma, nello stesso tempo, sottopo se la città a un terribile saccheggio. Gregorio, ormai debilitato, morì nel 1085 a Salerno, pronunciando la celebre frase: «Ho amato la giustizia, ho odiato l’iniquità, perciò muoio in esilio».

L’umiliazione di Canossa Enrico raggiunse il papa che era ospite presso il castello di Matil de di Canossa, grande feudataria e sua alleata e sostenitrice. Il ca stello si trovava sull’Appennino reggiano e le cronache del tempo dicono che l’imperatore, giuntovi nel gennaio del 1077, dopo aver chiesto umilmente al papa di essere ricevuto, dovette rimanere tre giorni in penitenza, a piedi nudi nella neve, prima di poter entrare.

L’imperatore, per evitare di trovarsi solo e abbandonato dai suoi vassalli, dovette trovare un modo per riconciliarsi col papa. Scese in Italia per chiedere personalmente perdono a Gregorio, umiliandosi davanti a lui, affinché gli fosse ritirata la scomunica.

Il Concordato di Worms Questo scontro, chiamato dagli storici “lotta per le investiture”, si protrasse ancora a lungo. Il nuovo imperatore Enrico V, che aveva spodestato il padre, arrivò a un certo punto persino a far imprigio nare il papa Pasquale II. Il successore di quest’ultimo, Callisto II, giunse nel 1122 a un accordo con l’imperatore, il cosiddetto ConScomunica atto con cui il papa esclude un fedele dalla comunità cristiana e in particolare gli proibisce di accedere ai sacramenti. Nel Medioevo questo atto aveva conseguenze anche sul piano politico: i sudditi infatti non erano più tenuti a obbedire a un sovrano scomunicato che, quindi, perdeva ogni potere. Perché la scomunica era un atto grave per i sovrani del siPerchéEnricol’imperatoreVIIPerchéMedioevo?GregorioscomunicòIV?EnricoIVumiliòaCanossa?

Cattedrale di San Pietro Worms, Germania

cordato di Worms. Con esso si stabiliva che l’elezione e la consa crazione dei vescovi, con la consegna dell’anello e del pastorale, spettava solo alla Chiesa, al clero e al popolo dei fedeli; l’imperatore poteva, ma solo in un secondo momento, conferire al vescovo pote ri di governo. Solo in Germania egli poteva presenziare all’elezio ne, dirimere eventuali contrasti e conferire l’autorità temporale (lo sceptrum) prima della consacrazione. Lo scontro prosegue: i guelfi contro i ghibellini Il concordato di Worms sembrò affermare, una volta per tutte, il diritto del papato alla nomina delle autorità religiose. Secondo gli storici, rappresenta il primo passo verso un chiarimento sui diffe renti compiti spettanti alle due autorità del papa e dell’imperatore (si parla infatti di una prima distinzione tra potere spirituale e po tere temporale). Non per questo però il problema poté dirsi risolto una volta per tutte. Questo scontro durato mezzo secolo tra la due massime istituzioni della cristianità medioevale non poteva non la sciare strascichi e conseguenze che sarebbero proseguiti nel tem po. Si erano, infatti, formati due partiti politici nemici, tra loro for temente ostili, uno a favore del papato, l’altro a favore dell’impero. Si trattava dei guelfi e dei ghibellini Questi due partiti si scontra rono ovunque, ma soprattutto in Germania e in Italia, per circa due secoli, con guerre e conflitti che turbarono la vita delle città e dell’intera società. Guelfi e ghibellini Termini usati a partire dal XII secolo. Guelfo deriva da Enrico di Welf, duca di Baviera; ghibellino dal castello di Waiblingen, sede del duca di svevia Corrado di hohenstaufen. Questi due principi tedeschi si contesero la corona: il duca di Baviera era appoggiato dal papa, il duca di svevia dall’imperatore. Perciò, con il passar del tempo, i termini da essi derivati finirono per indicare i due partiti, quello filo-papale (guelfi) e quello filo-imperiale (ghibellini). Perché gli storici diilimportanteritengonoconcordatoWorms?

208 La ChIE sa sI affERM a 3 · Il regno dei Normanni nell’Italia meridionale La famiglia degli Altavilla Nella lotta contro l’imperatore i papi ebbero come alleati i Nor manni, che si erano da poco tempo insediati nel Meridione d’I talia. È giunto ora il momento di conoscere più da vicino questo popolo così importante nella storia del nostro paese e che già abbiamo visto all’opera nel IX secolo, quando si stanziò nel Nord del la Francia, nell’odierna Normandia. Agli inizi del nuovo millennio alcuni gruppi di Normanni, forse pellegrini sulla via della Terra Ruggero II incoronato da Gesù Cristo Mosaico (XII secolo), Chiesa di santa Maria dell'ammiraglio detta della PalermoMartorana,

4 · L’Europa guarda a Oriente: le crociate Lo Scisma d’Oriente Da Oriente arrivavano intanto nuove preoccupazioni per la Chie sa di Roma. Nel 1054 il patriarca di Costantinopoli Michele Cerula rio, volendo affermare la sua autorità sulle chiese orientali, entrò in contrasto col papa e, dopo molte tensioni dovute anche a divergen ze teologiche, giunse fino alla separazione da Roma. Accusò il papa di eresia e, considerandolo un vescovo come tutti gli altri, rifiutò di riconoscerlo a capo della Chiesa universale. Era lo Scisma d’Orien te, dal quale nacque la Chiesa Ortodossa . Da quel momento la cri stianità fu spaccata in due: Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa. Roma e Costantinopoli erano sempre più lontane e ostili. La minaccia dei Turchi Selgiuchidi Altre notizie gravi arrivavano a Roma e in tutto l’Occidente dalla Terra Santa: i pellegrini cristiani che si recavano in quei luoghi per venerare il Santo Sepolcro dove era stato sepolto Gesù subivano

Santa, si stabilirono nel Sud Italia, mettendosi al servizio dei Lon gobardi nei loro conflitti contro i Bizantini e gli Arabi. Attorno agli anni Trenta uno dei loro clan, quello degli Altavilla (così chiamati perché originari della città di Hauteville nella Normandia france se), conquistò la Puglia, che allora comprendeva anche l’odierna Basilicata, togliendola ai Bizantini. Il loro signore, Guglielmo, la trasformò in una contea con centro a Melfi. Successivamente gli Altavilla ingrandirono i loro domini strappando terre sia ai Bizantini che ai Longobardi, finché non si affermarono due tra i più abili esponenti della famiglia: Roberto il Guiscardo (che significava “l’a stuto”) e Ruggero. Da Roberto il Guiscardo a Ruggero II Roberto il Guiscardo si fece riconoscere dal papa duca di Puglia e di Calabria, dichiarandosi suo vassallo e promettendogli fedeltà. In tal modo il papa assoggettava alla Chiesa il territorio dei Normanni, facendoseli alleati. Da questo momento in poi l’avanzata di questo popolo in tutto il Meridione d’Italia si fece inarrestabile. Mentre Roberto portava a termine la conquista della parte continentale, il fratello Ruggero, dopo una guerra trentennale, cacciò gli Arabi dal la Sicilia. Alla morte dei due, il figlio di Ruggero, Ruggero II d’Alta villa, unificò tutto il territorio nelle sue mani, facendosi incoronare nel 1136 re di Sicilia e di Puglia, col consenso del papa. Nasceva così il Regno normanno con il quale si realizzava la definitiva unificazio ne politica dell’Italia meridionale.

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Perché il territorio dei Normanni fu assoggettato al papa? Scisma È il distacco, la separazione di una parte dei fedeli dalla Chiesa universale in quanto non riconosce più l’autorità del vescovo di Roma. Ortodossa Che segue l’ortodossia, cioè l’opinione corretta (dal greco orthòs “corretto” e doxa “opinione”). È il termine usato dalle Chiese bizantine per autodefinirsi dopo la separazione dalla Chiesa di Roma. MichelePerché Cerulario diede avvio allo Scisma d’Oriente?

210 La ChIE sa sI affERM a violenze e vessazioni da parte dei Turchi Selgiuchidi , una popola zione proveniente dall’Asia centrale che, all’inizio dell’XI secolo, aveva conquistato l’Impero musulmano. Rispetto agli Arabi, questi nuovi dominatori, che pure si erano convertiti all’Islam, erano meno tolleranti e più aggressivi nei confronti dei pellegrini prove nienti dall’Europa. Inoltre, con il loro espansionismo, minacciava no lo stesso Impero Bizantino, tanto che l’imperatore Alessio I Comneno aveva chiesto aiuto all’Occidente, nonostante ci fosse appena stato lo scisma, nella speranza di ricevere truppe in soccorso.

Un disordinato moto popolare Il papa aveva rivolto il suo appello, prima ancora che ai sovrani, direttamente ai fedeli: dopo quattro secoli di invasioni, saccheggi e violenze subite, per la cristianità era giunto il tempo di passare al contrattacco. Questo appello fu diffuso capillarmente in ogni città e villaggio da instancabili predicatori come il francese Pietro l’E remita, e immediata fu la risposta popolare. Ne nacque un grande movimento (la cosiddetta “crociata dei poveri o dei “pezzenti”), che si diresse, senza una guida e senza un ordine, verso i “luoghi santi”, anticipando persino la partenza della crociata organizzata dai prin cipi. Fu un’avanzata tragica, poiché questa massa di persone si ri versava nei villaggi che incontrava sul suo percorso spesso saccheg giandoli per procurarsi da mangiare. Soprattutto nei villaggi abitati da Ebrei i saccheggi si concludevano con terribili stragi.

La paura per la loro scomposta avanzata spinse le popolazioni loca li e i signori, soprattutto in Ungheria, a fermarli con la forza. Furono perciò in buona parte sterminati prima ancora di arrivare alla meta. Turchi Selgiuchidi Popolazione guerriera di origine orientale che prende il nome dal condottiero selgiuk, che diede inizio al processo di espansione. Indulgenza Nella dottrina cattolica indica la totale o parziale cancellazione davanti a Dio della pena che il peccatore dovrà scontare nel Purgatorio dopo la morte, pena che è proporzionale alla gravità dei peccati commessi. Perché fu indetta la prima crociata? Perché si parla di “deicrociatapezzenti”?

L’imperatore bizantino non poteva immaginare cosa sarebbe acca duto in seguito alla sua richiesta! Viene bandita la prima crociata Nel 1095, infatti, papa Urbano II, già continuatore dell’opera ri formatrice di Gregorio VII e molto vicino agli ideali cavallereschi, raccolse l’invito di Alessio I e durante un concilio tenuto nella città francese di Clermont, pronunciò un celebre discorso nel quale in vitava i cristiani a prendere le armi per liberare il Santo Sepolcro.

Per incoraggiare la loro partenza, il pontefice promise l’indulgen za a tutti coloro che avessero seguito il suo appello, impegnandosi a combattere per Cristo con un solenne giuramento. Questi combat tenti avrebbero indossato, come segno della loro promessa, una croce rossa cucita sulla veste bianca. Il motto di questa spedizione divenne: «Deus vult!», cioè «Dio lo vuole!». L’appuntamento per la partenza venne fissato per l’anno seguente e la risposta della cri stianità occidentale fu sorprendente: dall’Europa partì alla volta dell’Oriente uno dei più grandi e dirompenti movimenti popolari di guerra che la storia ricordi: la crociata.

La presa di Gerusalemme si risolve in un tragico massacro Alla crociata per così dire “ufficiale” non aderì nessun sovrano europeo, tanto meno l’imperatore. Così non vi fu un capo assolu to della spedizione, ma un insieme di signori di varia provenienza, ciascuno con un proprio esercito. Col passare del tempo, si affermò la figura di Goffredo di Buglione, duca della Bassa Lorena, da tutti riconosciuto, alla fine, come il vero e proprio capo della spedizione e artefice del suo successo. Goffredo di Buglione

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212 La ChIE sa sI affERM a La crociata durò nell’insieme tre anni. Partito nel 1096, l’eserci to cristiano, dopo essere passato per Costantinopoli (dove Alessio Comneno, terrorizzato, rifiutò ogni collaborazione) e aver attraver sato i deserti dell’Asia Minore, giunse alle porte di Gerusalemme che venne conquistata, dopo un breve assedio, il 14 luglio 1099. La conquista si trasformò in una strage: i crociati superstiti, stanchi ed esasperati dal lungo viaggio, dai mille pericoli corsi e dalle ingenti perdite subite a causa della fame e delle malattie, una volta entrati in città, accecati dalla sete di bottino, massacrarono gran parte del la popolazione. Il Krak dei Cavalieri Provincia di homs È(siria)lapiù grande fortezza crociata giunta quasi intatta fino a noi.

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Nascono i Regni Latini d’Oriente La conquista di Gerusalemme suscitò ampie reazioni in tutta l’Europa. Finalmente, dopo più di quattro secoli, il Santo Sepolcro era liberato e i pellegrini potevano di nuovo tornare a farvi visita senza pericolo. Per organizzare i territori liberati vennero costi tuiti alcuni regni, chiamati Regni Latini d’Oriente e affidati ai vari capi della spedizione. A Goffredo di Buglione fu affidato il Regno di agli altri condottieri la Contea di Edessa, la Contea di Tripoli e il Principato di Antiochia. A salvaguardia di questi ter ritori vennero edificati imponenti castelli, come il celebre Krak dei cavalieri, e venne introdotto il sistema di organizzazione feudale. Le crociate successive Al termine di questa grande impresa, però, i musulmani non po tevano dirsi del tutto sconfitti. Essi rimasero in possesso di molti territori, soprattutto nell’entroterra, e da lì portarono continue minacce ai Regni cristiani. Nel 1187, guidati dal Saladino, giunsero anche a riconquistare Gerusalemme. Per queste ragioni le lotte dei cavalieri crociati in Terra Santa durarono a lungo e dall’Europa, nei secoli successivi, dovettero partire nuove crociate per riprendere i territori perduti. Vi furono, a tale scopo, ben sette altre spedizio ni (a cui se ne devono aggiungere alcune non ufficiali e condotte da singole città con obiettivi diversi). Di qualcuna di queste avremo modo di parlare nei capitoli successivi. Non sempre tali spedizioni furono animate dallo stesso spirito religioso che aveva contraddi stinto la prima. Talvolta prevalsero motivazioni politiche ed eco nomiche, ad esempio nel caso della IV crociata nella quale, come vedremo, intervenne pesantemente Venezia, che mirava a consoli dare i propri interessi sul Mediterraneo. 5 · Il significato delle crociate Le “crociate” non si chiamavano crociate Sulle crociate si è detto e scritto tanto, sia al momento dei fatti che nei secoli successivi. Sono perciò entrate in quello che si chiama “l’immaginario collettivo”, quel bagaglio di conoscenze e credenze, talvolta basate su pregiudizi e fantasie, che le persone finiscono per fare proprie spesso in modo acritico. Tutti noi quindi ci siamo fatti una certa idea di tale fenomeno, idea che non sempre corrisponde alla verità storica. Per questo è importante seguire quanto ci dicono gli

Gerusalemme;

Partiamostorici. dal nome: la parola crociata non è contemporanea agli avvenimenti ma ha cominciato ad essere usata solo nel XV secolo. Allora si usavano altri termini: peregrinatio (pellegrinaggio), iter

214 (itinerario militare), passagium (traversata via mare) e altri anco ra, termini che non fanno certo pensare a una guerra per la fede. Talvolta i partenti erano chiamati crucesignati per via della croce che portavano cucita sull’abito, ma sia i Bizantini che gli Arabi li chiamavano semplicemente Franchi. Non furono una “guerra santa”, ma un pellegrinaggio armato Da questa precisazione terminologica si può ricavare un altro mito da sfatare: le crociate non furono delle “guerre sante” miranti a diffondere la fede cristiana, come il jihad islamico. In chi partiva non c’era nessuna intenzione di imporre il Cristianesimo ai mu sulmani con la forza delle armi. La motivazione fu essenzialmente quella di liberare i luoghi santi dalla dominazione turca. Chi partiva Sigillo templare

Possiamo dire, quindi, che i crociati univano in sé due figure ti picamente medioevali: il pellegrino e il cavaliere. Erano sia l’uno che l’altro.

Per noi la figura del monaco combattente è un po’ difficile da com prendere, in quanto pensiamo che la religione non debba essere le gata all’uso delle armi e alla pratica della violenza. Allora invece le cose erano diverse. Per l’uomo del Medioevo la fede era così pro fondamente radicata nella vita personale e sociale per cui si poteva persino arrivare a combattere per essa. Il più importante e famoso degli ordini monastico-cavallereschi fu quello dei Templari, fon dato nel 1118. Ad esso se ne aggiunsero altri, tra cui gli Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme, dediti inizialmente a fornire assistenza e ospitalità ai pellegrini (oggi sono chiamati Cavalieri di Malta) e l’Ordine Teutonico. Un fenomeno complesso In sintesi, le crociate furono un fenomeno ampio e complesso. Le motivazioni religiose non erano le uniche; ad esse se ne potevano aggiungere, e di fatto se ne aggiunsero, altre, di carattere più schiet tamente economico o politico. Per le crociate partivano infatti an-

Perché la crociata non è paragonabile alla “guerra santa” islamica?

era inoltre animato da una forte motivazione personale: si trattava per lui di compiere, anche a rischio della propria vita, una sorta di pellegrinaggio prendendo la croce e seguendo Gesù, verso i luoghi in cui aveva vissuto. Nel Medioevo il pellegrinaggio verso i santua ri e la Terra Santa era una pratica molto diffusa, che riprese vigore dopo l’anno Mille, in coincidenza con la grande riforma della Chie sa. A differenza, però, dei pellegrinaggi che si erano tenuti fino ad allora, rigorosamente senza armi e pacifici, in questo caso era concesso ai “pellegrini” di portare armi per difendersi e per lottare. Gli studiosi parlano perciò di “pellegrinaggi armati”. Naturalmente, viste anche le condizioni in cui tale pellegrinaggio si svolgeva, era facile che questi pellegrini armati si trasformassero in predoni a caccia di bottino, tradendo le motivazioni ideali ma ciò non cam bia il significato di fondo del fenomeno. A riprova di questo sta il fatto che, di coloro che giunsero in Terra Santa, solo il 15% circa vi rimase; gli altri fecero ritorno in Europa, proprio come si faceva al termine di un pellegrinaggio.

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Il frutto più rappresentativo di questa visione religioso-militare fu la nascita, connessa alle crociate, degli ordini monastico-caval lereschi. Si trattava di ordini religiosi i cui membri erano essen zialmente monaci che praticavano la vita religiosa nella povertà personale, nella castità e nell’obbedienza al loro superiore, ma che accoglievano anche le regole della cavalleria: si impegnavano a di fendere, anche con le armi, i luoghi santi e le loro vie di accesso.

Nascono gli ordini monastico-cavallereschi

Un bilancio finale controverso Quale fu il risultato delle crociate? Quale bilancio trarne? È una questione su cui ancora oggi gli storici stanno dibattendo, senza aver raggiunto un’opinione condivisa. Vi è chi dà di esse un giudizio sostanzialmente negativo e chi vi vede dei risvolti positivi. Un luo go comune piuttosto diffuso, e tornato di moda negli ultimi anni a

che avventurieri, poveri in cerca di fortuna, cavalieri senza terra e feudatari impoveriti (un celebre capo che partecipò alla prima crociata “popolare” fu un nobile francese dal nome significativo di Gualtieri Senza Averi). Questo può forse spiegare anche il loro com portamento: non avendo nulla da perdere e non riconoscendo nes suna autorità, erano disposti a tutto, anche alle violenze più atroci.

Le crociate furono anche una “valvola di sfogo” per l’enorme in cremento demografico che si stava verificando in Europa, e che face va salire di molto il rischio di miseria e carestie. Quando, come ve dremo, vi prenderanno parte anche i re e le repubbliche marinare, le motivazioni (a parte l’eccezione del sovrano di Francia Luigi IX) si faranno di carattere più marcatamente politico e commerciale.

Perché le crociate furono un complesso?fenomeno

causa delle vicende legate al terrorismo islamico, è quello che vede in esse una specie di “scontro di civiltà”. Con le crociate sarebbe emersa per la prima volta la radicale opposizione tra la civiltà cri stiana occidentale e quella islamica. Esse avrebbero interrotto ogni possibilità di dialogo tra questi due mondi. Questa visione risente però di un modo parziale di leggere la sto ria, che privilegia le guerre e gli scontri armati. La storia, invece, non è fatta solo di guerre. Tra una guerra e l’altra ci sono molti periodi di pace, e in questi periodi si sviluppano tra le persone e i popoli contatti commerciali, economici, ma anche culturali e spirituali. Questo è accaduto anche nel caso delle crociate, che videro molti momenti di scontro, distribuiti però su due secoli e intervallati da lunghi periodi di pace durante i quali i contatti e gli scambi erano molto più frequenti e positivi di quanto sembri. Circolavano merci, ricchezze, conoscenze. Attraverso la dura esperienza della guerra passavano segnali positivi e la stessa mentalità dell’uomo europeo, fino ad allora piuttosto chiusa, a contatto con popoli così diversi, cominciò a cambiare e a farsi più aperta.

218 La ChIE sa sI affERM a

Per che cosa il papa sfidò l’imperatore: la libertas ecclesiae

METTIAMO A FUOCO

La lotta per le investiture che contrappose papa e imperatore non fu una lotta fra queste due au torità per la supremazia e il potere sull’Europa. Né fu il tentativo, da parte del papa, di mettersi al posto dell’imperatore nel governo dell’Impero, cioè delle “cose temporali”, come allora si diceva. fu qualcosa di molto diverso. Con questa lotta il papa intendeva difendere innanzitutto la libertà della Chiesa dalle intromissioni dell’imperatore che ne voleva fare uno strumento al suo servizio. si trattava del valore della libertas ecclesiae per la quale da sempre, fin dalle origini, i cristiani si era no battuti. In gioco c’è la coscienza Nei primi secoli i cristiani non si contrapposero all’autorità dell’imperatore in quanto tale e cer carono di essere sempre suoi sudditi corretti. Un grande padre della Chiesa, Tertulliano, scrisse a questo proposito: «Il cristiano non è nemico di nessuno, tanto meno dell’imperatore; sapendo che questi è stato costituito da Dio, è necessa rio che il cristiano lo ami, gli mostri ossequio e lo onori». solo in un caso essi si ribellarono, an dando per questo anche incontro al martirio, e fu quando l’imperatore pretese di prendere il posto di Dio nella coscienza degli uomini. Per i cristiani solo Dio è il signore ultimo della coscienza, solo a lui l’uomo si inchina e obbedisce, non a un im peratore che è pur sempre un uomo, per quanto grande. Per il cristiano le leggi di Dio sono supe riori a qualsiasi legge umana. Ogniqualvolta quin di la volontà dell’imperatore si poneva in contra sto con la volontà di Dio, come disse san Pietro, bisognava «obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (at 5,29) e questo riprendeva la famosa frase evangelica che dice «date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» (Mt 22, 21). È interessante notare che i cristiani applica rono questo principio non solo nei confronti de gli imperatori pagani ma anche di quelli cristiani, quando questi ultimi con il loro comportamento violavano la legge di Dio.

Difendere la Chiesa vuol dire difendere la libertà della coscienza da ogni potere terreno fin dall’inizio i cristiani riconobbero che l’autorità suprema nelle Chiesa era il papa in quanto suc cessore di Pietro, e con lui i vescovi, successori degli altri apostoli. Erano loro le guide per chi avesse voluto seguire in modo corretto l’inse gnamento di Gesù e la legge di Dio. Per questo motivo diventava essenziale, per la vita stessa della Chiesa, difendere la libertà del papa e dei vescovi di insegnare e trasmettere la vera fede. se il papa e i vescovi non fossero più stati liberi di insegnare il Vangelo ma fossero stati costretti a obbedire a un’autorità esterna (come accadeva con la nomina dei vescovi-conti da parte dell’im peratore), anche la fede di tutti i cristiani sarebbe stata messa in pericolo. Gli uomini non avrebbero più avuto la certezza di seguire il vero insegna mento di Gesù e la vera legge di Dio. Ecco quindi l’origine di ogni lotta per la libertas ecclesiae che si svilupperà in modalità diverse e complesse per tutto il Medioevo e poi anche nell’età moderna: difendere la libertà dell’uomo di abbracciare nella sua coscienza la fede nel vero Dio. L’esempio di Ambrogio Il vescovo di Milano, ambrogio, nel IV secolo scrisse: «La Chiesa è di Dio e a Cesare non deve essere assolutamente assegnata, perché non può essere diritto di Cesare il tempio di Dio… L’impe ratore è nella Chiesa e non sopra la Chiesa». a queste parole fece seguire anche l’esempio: non esitò a mettersi contro l’imperatore Valentinia no II quando questi volle favorire l’eresia ariana, e contro l’imperatore cristiano Teodosio quando questi ordinò una strage di civili innocenti nella città greca di Tessalonica. Le sue parole e il suo esempio divennero un modello per tutti i secoli successivi: in tutto il Medioevo papa e imperatore ebbero talvolta rapporti positivi, di sincera colla borazione, ma spesso, nelle questioni riguardanti la fede, l’insegnamento della religione, la nomina dei vescovi, arrivarono allo scontro. Da tutti que sti ambiti l’imperatore doveva essere escluso. E nel campo di competenza esclusiva della Chiesa

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rientrava anche il giudizio sulla fede e sul com portamento di quegli imperatori che si dicevano e volevano essere cristiani. Un valore difeso sempre È questo che bisogna tener presente ogni volta che assistiamo, nel Medioevo o anche nell’età moderna, a scontri tra papa e imperatore o papa e stati nazionali. La priorità principale per i papi, salvo naturalmente qualche raro caso legato ad ambizioni personali o nepotistiche di papi moral mente non irreprensibili, sarà sempre quella di di fendere la libertà della Chiesa. Diverso, come ab biamo visto, fu il caso dell’Impero Bizantino, dove l’autorità dell’imperatore si estendeva in modo assoluto anche sulla Chiesa. Un valore per tutti Un’ultima precisazione, forse difficile da com prendere per noi, ma necessaria. Quando la Chie sa si pone contro il potere politico che pretende di determinare i convincimenti profondi e la libertà della coscienza di fronte a Dio e nel campo della religione e della morale, compie un’opera che va a vantaggio di tutti gli uomini, non solo dei cristiani, perché ricorda a tutti che la coscienza e la libertà sono valori che nessuno, neanche l’autorità poli tica di uno stato, può cancellare. se questo avve nisse l’uomo perderebbe la sua libertà più profon da e sarebbe in balia di qualsiasi forma di potere. Sant’Ambrogio Mosaico (V secolo), basilica di Sant’Ambrogio, Milano

220 La ChIE sa sI affERM a PROTAGONISTI

Una donna intrepida e coerente… Tra le grandi donne che hanno lasciato un segno profondo nella storia medioevale vi è sicuramen te la contessa Matilde di Canossa. Nata attorno al 1046 da Bonifacio di Toscana, questa grande donna si trovò a governare un vasto territorio dell’Italia centro-settentrionale che andava da Mantova, Bergamo e Brescia fino ai territori emi liani e a quelli toscani di arezzo e siena, proprio negli anni drammatici e cruciali dello scontro tra il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV. Profondamente religiosa e dal carattere fiero ed energico, fu sempre schierata apertamente con il papa che ospitò nel suo castello a Canossa nel 1077, proprio in occasione del famoso episodio dell’umiliazione dell’imperatore. sembra sia stata proprio lei ad adoperarsi per la riconciliazione tra i due grandi nemici e a convincere l’imperatore alla sottomissione.

… che non si arrese mai nelle difficoltà

Dopo questa vicenda la sua fortuna cominciò però a declinare. Come sappiamo, infatti, l’im peratore, tornato in Germania, riprese la guerra contro il papa e, sceso di nuovo in Italia, si im possessò di gran parte dei territori della contessa, spogliandola di tutti i suoi diritti feudali. Gli stessi vescovi toscani, favorevoli all’imperatore, si ribel larono al suo potere. Matilde però non si perse d’animo: in quei momenti difficili seppe mante nere fede ai suoi ideali politici e religiosi, con in telligenza e ardimento, non di rado mettendosi essa stessa al comando delle sue truppe in bat taglia. Continuò a sostenere il papa, aiutandolo anche finanziariamente con le ricchezze che era riuscita a conservare nel suo tesoro privato. Nel 1089 arrivò a sposare il giovanissimo duca Guelfo di Baviera (aveva diciassette anni mentre lei ne aveva quarantasei), per rinforzare con l’appoggio di quest’ultimo la sua lotta anti-imperiale. Tradita anche dal marito che in breve tempo passò dalla parte dell’imperatore, Matilde continuò quasi da sola la sua lotta, che si placò soltanto alla morte di Enrico IV. Col suo successore, Enrico V, riuscì infatti a trovare un accordo che la reintegrò nei suoi possedimenti precedentemente persi. Ormai in pace, negli ultimi anni della sua vita si dedicò all’attività benefica a favore di chiese e mo nasteri. Morì nel 1115, lasciando tutti i suoi beni al papa, circondata da immensa fama. Il suo biogra fo Donizone la definirà «onore e gloria d’Italia». a sottolineare l’importanza che questa donna stra ordinaria ebbe nelle vicende della Chiesa, nel 1632 papa Urbano VIII ne farà traslare il corpo nella ba silica di san Pietro, in una tomba eretta dal grande architetto Bernini. Enrico IV a Canossa invoca la contessa Matilde e l’abate di Cluny perché intervengano in suo favore presso papa Gregorio VII Miniatura dalla «Vita di Matilde» di Donizone (secolo XII), Biblioteca Vaticana, Roma

Matilde di Canossa: grande protagonista in un’epoca drammatica

Lo splendore dei Normanni Il duomo di Monreale, in sicilia, non lontano da Palermo, è forse la più straordinaria creazione risalente al periodo normanno e rappresenta an che uno dei massimi esempi di come in campo artistico diversi stili e culture (in tal caso quelli normanno, bizantino e arabo) possano fondersi armoniosamente, dando vita a un capolavoro. fatto costruire in breve tempo da Guglielmo II d’altavilla (detto anche il Buono) nel 1174, si pre senta con dimensioni imponenti (100 metri circa di lunghezza e 40 di larghezza) ed è affiancato da un magnifico chiostro appartenente a un antico monastero benedettino annesso alla chiesa. Già dalla facciata esterna si nota la fusione degli stili: spesse mura perimetrali e due grandi torri ai lati dell’ingresso, una trasformata in campanile, ricor dano le chiese nordiche, mentre le decorazioni, in pietra lavica e tufo, sono di netta impronta ara ba. alla chiesa si accede attraverso uno splendi do portone bronzeo opera di un maestro pisano, Bonanno. sul portone si trovano 46 formelle che rappresentano episodi biblici.

CAPITOLO 10 221 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Il duomo di Monreale: quando culture diverse convivono in armonia

La magnificenza dei mosaici Una volta entrati nella chiesa si rimane estasia ti dallo spettacolo: straordinari mosaici a sfondo dorato ricoprono tutte le pareti (è la superficie musiva più estesa al mondo!). Qui emerge tutta l’influenza dell’arte bizantina, con il grande Cristo pantocratore (cioè “onnipotente”), alto ben 12 metri, che domina sopra l’altare nell’abside cen trale e che sembra aprire le braccia per accogliere tutto il mondo. Gli altri mosaici sulle pareti e le absidi laterali rappresentano invece scene bibli che e figure di santi. si vedono anche iscrizioni in Lagreco.chiesa è divisa in tre navate ma la parte absida le, dove è situato l’altare, è separata nettamente dal resto della sala (e questo è un altro elemento di influenza bizantina). Di influenza araba invece sono le arcate di forma ogivale e le decorazioni geometriche sul soffitto. Come si vede, quindi, si può ben dire che tutti i grandi popoli che hanno occupato l’isola sono rappresentati al meglio in questa straordinaria opera. Cristo Pantocrator. Duomo, Monreale

222 La ChIE sa sI affERM a

A chi si rivolge il papa? Come definisce questo popolo nel suo intervento? Che compito gli affida e perché? Qual è la “dolorosa” notizia giunta al papa Adall’Oriente?qualepopolo orientale si imputa l’invasione dei luoghi santi? Stando a quanto hai studiato è esatto questo riferimento o si è trattato in realtà di un altro popolo? Che cosa si intende per “regno dei Greci”? Che cosa si dice di questo regno? Quali nefandezze vengono attribuite agli invasori? Assedio e presa di Gerusalemme Miniatura dalla «Cronache d’oltremare» (XIV secolo), Bibliothèque Nationale, Parigi

Il testo del discorso col quale Urbano II lanciò l’ap pello alla prima crociata non ci è pervenuto nella sua forma originale. Di esso possediamo cinque versioni posteriori, alcune di seconda mano (cioè che riportano testimonianze di altri presenti all’e vento), altre di testimoni oculari che però redas sero il testo alcuni anni dopo. È questo il caso del passo che riportiamo, opera di un monaco di un monastero di Reims, di nome Roberto. Questi era presente al concilio ma ne annotò il testo solo nel 1107, cioè dodici anni dopo il fatto. Ciò natural mente crea qualche problema agli storici, che lo devono esaminare con estrema cautela, cercando di confrontarlo con altre testimonianze al fine di accertarne la totale o parziale veridicità.

PARTIAMO DALLE FONTI Urbano II chiama alla crociata

Il passo che riportiamo è comunque ritenuto ge neralmente attendibile e da esso emergono al cuni aspetti interessanti a partire dai destinatari dell’appello. È da notare anche una certa impre cisione nella conoscenza dei fatti: evidentemente allora era meno facile di oggi avere notizie certe su vicende accadute in terre lontane dall’Europa.

Leggi attentamente il brano e rispondi alle do mande «Popoloproposte:deifranchi, popolo d’oltralpe, popolo eletto e amato da Dio, distinto tra tutte le nazio ni sia per la posizione del vostro paese che per l’osservanza della fede cattolica e per il servizio che prestate alla santa Chiesa, a voi ci indirizzia mo con il nostro discorso e la nostra esortazione.

Vogliamo che sappiate quale doloroso motivo ci ha condotto nelle vostre terre, da quale necessità vostra e di tutti i fedeli siamo stati attratti qui. Da Gerusalemme e da Costantinopoli ci è giunta più di una volta la dolorosa notizia che i Persiani, po polo del tutto lontano da Dio e molto diverso da noi, hanno invaso le terre dei cristiani di quei luo ghi, le hanno devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e in parte ne hanno portati prigionieri gli abitanti nel proprio paese, in parte li hanno uccisi con una miserevole strage. Le chiese di Dio o le hanno rase al suolo o le hanno destinate al culto della propria religione. anche il regno dei Greci è stato tanto pesantemente colpito e sconvolto. a chi dunque spetta il compito di fare vendetta e di riconquistarlo, se non a voi ai quali più che a tutti gli altri popoli Dio ha concesso la gloria nelle armi, la grandezza d’animo, l’agilità del corpo, la capa cità di umiliare coloro che vi resistono?» adatt.

224 La ChIE sa sI affERM a

Col principato di Kiev nasce la Russia I rus’ Nell’Europa orientale, nelle immense pianure sol cate dai grandi fiumi della Dvina, del Dnepr, del Don e del Volga, tra gli ultimi secoli del primo millennio e gli inizi del secondo, si consolidò un principato che ebbe la sua capitale a Kiev. Que sta città, di antiche origini slave, fu conquistata nell’860 dai Variaghi (o anche Vareghi o Varingi), una popolazione di mercanti e guerrieri di pro venienza svedese (quindi Normanni), che erano giunti fin lì seguendo le rotte commerciali lungo le grandi vie d’acqua. Nell’882 il principe Oleg fece di Kiev la capitale di un principato detto anche Rus’, nome forse di origine finnica (significhereb be “rematori”), usato per indicare le popolazioni nordiche e in seguito anche quelle slave con cui i Variaghi si fusero. Con il tempo il principato di Kiev si estese fino a comprendere un territorio molto vasto che anda va dal golfo di finlandia fino alle foci del Danubio e del Volga. Un baluardo della cristianità a est I russi di Kiev, convertitisi al Cristianesimo dopo il battesimo del loro capo Vladimiro I il Grande nel 988, mantennero buoni rapporti con l’Impero bi zantino e divennero ben presto un caposaldo di fensivo da questa parte dell’Europa contro le nuo ve minacciose migrazioni di nomadi della steppa orientale. Con Jaroslav il saggio, nell’XI secolo, la città e lo stato raggiunsero il loro più grande svi luppo. I Russi adottarono anche l’alfabeto cirillico, derivato da quello greco e introdotto, come già vi sto, da san Cirillo che aveva evangelizzato nel IX secolo gli slavi e tradotto la Bibbia nella loro lin gua; fondarono anche molte città (in slavo grad) e costruirono fortezze (dette kreml) per la difesa del territorio. Una di esse, il Cremlino, diverrà il nucleo originario dell’attuale Mosca. Lo splendo re del principato di Kiev finì nel 1240 quando la capitale dovette subire la devastante conquista dei Mongoli che la distrussero quasi interamente. Dopo questa invasione il principato non tornò più allo splendore di un tempo. secondo molti studio si, è a queste popolazioni che si deve l’origine del grande stato russo che poi ritroveremo nel corso dei secoli successivi tra i protagonisti delle vicen de europee e mondiali. Statua di Cirillo e Metodio. Monti Beschidi, Polonia

METTIAMO A FUOCO

Perché usiamo la parola cristianità Chi erano i cristiani avrai notato come in questo capitolo appaia con una certa frequenza un termine nuovo: cristianità. Che cosa significa? ha lo stesso significato di Cri stianesimo oppure ha un significato diverso? Partiamo da lontano. Nei primi secoli il termine cristiani, apparso per la prima volta forse ad an tiochia, in asia Minore, indicava i discepoli di Cri sto, coloro che credevano in lui e abbracciavano il suo insegnamento. Con la parola Cristianesimo quindi si indica la religione che accomuna tutti i credenti in Cristo. si tratta pertanto di un termine prettamente religioso. Chi non crede che Cristo sia figlio di Dio e che sia morto e risorto per la nostra salvezza non può dirsi cristiano. se uno poi crede in questo ma non obbedisce all’inse gnamento del papa, può dirsi cristiano, ma non cattolico (è il caso ad esempio dei cristiani orto dossi, nati dopo lo scisma d’Oriente che abbiamo appena studiato).

Cristianità non equivale a Cristianesimo

Il termine cristianità ha invece un significato di verso. Esso designa non la religione o la Chiesa in senso stretto, ma l’insieme dei popoli che nel corso del Medioevo si sono convertiti al Cristia nesimo. Presso questi popoli, poco o tanto, i valori cristiani sono penetrati nella società e l’hanno in fluenzata, ne hanno condizionato le leggi, le usan ze, i comportamenti, la cultura e l’arte. si pensi ad esempio al valore dell’uguaglianza di tutti gli uomini, che ha portato al rifiuto del concetto di schiavitù e quindi all’abbandono della sua pratica, nonché al riconoscimento della pari dignità della donna, all’amore per i poveri e per i deboli e così via. Questi valori erano riconosciuti importanti anche da chi magari non credeva in Cristo o non obbediva al suo insegnamento, per cui si può dire che tutti appartenevano alla cristianità, anche se non erano personalmente cristiani, poiché vive vano in una società profondamente legata al Cri stianesimo (d’altra parte ancora oggi molti, pur non essendo credenti, riconoscono al Cristiane simo di aver dato un contributo fondamentale al progresso dell’umanità). Infine, siccome pratica mente tutti i popoli europei nel Medioevo presto o tardi abbracciarono la religione cristiana, non è improprio usare il termine cristianità anche come sinonimo di Europa medioevale, almeno a partire dall’XI secolo Cristiani ma anche peccatori Un’ultima avvertenza, però: quando si dice che il Medioevo era una società ispirata ai principi cristiani, non si intende che in quel periodo gli uomini fossero particolarmente virtuosi e seguis sero sempre i precetti della Chiesa, anzi. Corru zione dei costumi, violenze, vizi e peccati di ogni genere erano pratiche diffuse allora come oggi e penetrarono anche nelle gerarchie ecclesiastiche e nei monasteri. spesso, come abbiamo visto, in nome della fede si commisero i più atroci delitti. Gli uomini del Medioevo, però, si sentivano co stantemente in rapporto con Dio ed erano sem pre consapevoli che, peccando, violavano i suoi comandamenti. Perciò, a grandi peccati seguiva no spesso grandi pentimenti e grandi penitenze.

CAPITOLO 10 225 IL PERCORSO DELLE PAROLE

La

226 La ChIE sa sI affERM a NON TUTTI SANNO CHE…

Le crociate dei poveri: spedizioni disordinate e tragiche Le crociate furono un vasto movimento popolare che attraversò gran parte dell’Europa cristiana e che non solo coinvolse cavalieri, nobili e principi ma penetrò anche negli strati più bassi della so cietà e presso i ceti più umili. a ondate successive, partirono infatti, alla volta della Terra santa, mas se di poveri, mendicanti, contadini privi di terre, cavalieri impoveriti e giovani cadetti. ad animarli non era solo la fede, alimentata dalle parole in fervorate di predicatori itineranti e rozzi monaci irregolari, ma anche la speranza di fare fortuna, di trovare ricchezze, di costruirsi una vita miglio re in Oriente. E lungo il percorso queste masse di persone, prive di guida e disciplina, finivano per vagare disordinatamente e disperdersi nei villaggi che incontravano sul loro cammino, dove si ab bandonavano spesso a violenze e saccheggi. Tra i più colpiti da queste violenze vi furono soprat tutto i villaggi dei contadini ebrei, che vennero spesso difesi dalle stesse autorità locali, i nobili e i vescovi. E in effetti questa massa disordinata di persone preoccupava molto principi e sovrani, che temevano i disordini provocati nei territori da loro attraversati. Per questa ragione furono so prattutto loro a intervenire. Prima ancora che dai Turchi, queste masse di sbandati vennero infatti disperse o ridotte all’impotenza dagli stessi eser citi dei sovrani cristiani, ungheresi o bizantini.

30.000 fanciulli in marcia

Una crociata singolare e tragica fu quella condot ta da migliaia di fanciulli, forse 30.000, che radu natisi nel 1212 in francia e Germania, si misero in cammino, del tutto inermi e privi di guida e prote zione, alla volta della Terra santa. Poche notizie si hanno dell’esito di questa “crociata dei fanciulli”, malvista e osteggiata, come le altre crociate “ir regolari”, dalle autorità e dagli abitanti dei luoghi attraversati. Molti di loro persero la strada o tor narono a casa. altri riuscirono a imbarcarsi nei porti italiani sulle navi dirette in Oriente (si hanno notizie di imbarchi a Genova e in Puglia), ma di loro si sono poi perse le tracce. Probabilmente molti, una volta giunti alla meta, furono uccisi o catturati; altri furono venduti agli arabi come schiavi dagli stessi marinai che li trasportavano. altri infine morirono in mare o per fame e stenti. crociata dei fanciulli Incisione di Gustave Doré (XIX secolo)

Le crociate “irregolari”

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5. Da Oriente intanto giungevano notizie gravi e preoccupanti. Nel 1054 le Chiese bizantine si erano staccate dall’obbedienza al papa, costituendo la Chiesa scismatica ortodossa. In Terra Santa invece i Turchi Selgiuchidi, che avevano sostituito gli Arabi, commettevano violenze e vessazioni a danno dei pellegrini cristiani. 6. Nel 1095 il papa Urbano II bandì la prima spedizione armata per liberare i “luoghi santi” dalla dominazione turca. Era l’inizio delle crociate, un fenomeno complesso che sarebbe durato per alcuni secoli (in totale ci furono 8 crociate ufficiali più altre irregolari) e che avrebbe portato l’Europa cristiana a scontrarsi duramente con il mondo islamico. La prima crociata si concluse nel 1099 con la presa violenta di Gerusalemme e la successiva creazione di Regni Latini in Oriente. muore Ottone III 1054 scisma d’Oriente 1076 scontro tra Gregorio VII ed Enrico IV 1098 fondazione di Citeaux 1099 1122 Concordato di Worms 1136 Ruggero II d’altavilla diventa re di sicilia e di Puglia

Raccontiamo in breve

4. In questa lotta i papi trovarono un certo aiuto in un nuovo regno formatosi al Sud, ad opera dei Normanni, il Regno di Sicilia. Fu un regno forte e accentrato, vassallo del papa. Con esso i Normanni divennero per un certo tempo protagonisti delle vicende politiche nell’area mediterranea.

3. La conclusione sembrò arrivare con il concordato di Worms (1122) che rappresentò una parziale vittoria delle posizioni del papato. In realtà non si trattò di una conclusione definitiva. Il conflitto si protrasse ancora a lungo, coinvolgendo principi e città attraverso la creazione di due fazioni: i guelfi (filo-papali) e i ghibellini (filo-imperiali) che si diedero lungamente battaglia.

CAPITOLO 10 227

1. La lotta per la libertà della Chiesa mirò soprattutto ad eliminare l’influenza del potere politico nelle nomine ecclesiastiche e per questo venne chiamata “lotta per le investiture”.

2. La fase più drammatica di questa lotta si ebbe con lo scontro durissimo tra il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV. In un primo momento, con la scomunica da parte del papa e l’umiliazione dell’imperatore a Canossa (1076), sembrò che la vittoria arridesse a Gregorio. In realtà l’imperatore non depose le armi e lo scontro si trascinò ancora per parecchi anni.

5. Da dove provenivano i Normanni che si insediarono nell’Italia meridionale?

6. Chi era Pietro l’Eremita? 7. Che titolo assunse Ruggero II d’altavilla? 8. Chi guidò la prima crociata e come si concluse? Che cos’è il Krak dei cavalieri? 10. Che cosa sono e quali furono gli ordini monastico-cavallereschi? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1054 Urbano II bandisce la prima crociata 1076 Concordato di Worms 1095 Presa di Gerusalemme 1099 scisma d’Oriente 1122 Ruggero II d’altavilla diventa re di sicilia e di Puglia 1136 scontro tra Enrico IV e Gregorio VII Esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. I vescovi-conti detenevano solo il potere spirituale. V F Niccolò II affidò l’elezione del papa ai soli cardinali. V F Enrico IV accettò con favore la nomina a papa di Gregorio VII. V F I ghibellini erano i sostenitori del papa. V F I Normanni sottrassero la Puglia agli arabi. V F La prima crociata fu indetta in seguito alla conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi. V F La prima crociata si concluse con la costituzione dei Regni Latini d’Oriente. V F

9.

228 La ChIE sa sI affERM a Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Come viene modificata da Niccolò II la modalità di elezione del pontefice? 2. Che cosa fece Enrico IV dopo l’elezione di Gregorio VII a papa? 3. Quali furono le celebri parole pronunciate da Gregorio VII prima di morire? 4. Che cosa stabiliva il Concordato di Worms?

Perché occupa questa posizione? In che atteggiamento è Enrico IV? Da cosa si capisce che è l’imperatore?

Quale delle tre figure è rappresentata in dimensioni più grandi? Che cosa significa, secondo te, questo particolare? Che gesto sta compiendo?

La nomina dei vescovi-conti fu una grave minaccia per la vita della Chiesa perché a. questi vescovi erano poco amati dal popolo. b. questi vescovi disubbidivano al papa. c. questi vescovi erano più interessati all’azione politica che alla vita religiosa. Gregorio VII ebbe l’obiettivo di a. affermare la libertà della Chiesa. b. sottomettere l’imperatore, guidandone le scelte. c. riformare la vita dei monasteri. Dopo che il papa gli tolse la scomunica, Enrico a. si sottomise definitivamente alla sua volontà. b. riprese la lotta contro di lui. c. si dedicò a consolidare il proprio potere in Germania. Con l’accordo di Roberto il Guiscardo con papa Niccolò II a. il papa riconosceva le conquiste di Roberto che in cambio accettava di diventare vassallo del papa. b. Roberto diventava re della sicilia. c. Roberto riconosceva l’autorità del papa sull’Italia.

CAPITOLO 10 229

Esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato.

Quale delle tre figure è seduta sul trono e che gesto sta compiendo?

I Regni Latini d’Oriente sono a. dei regni costituiti in Europa dai principi che ritornarono arricchiti dalle crociate. b. dei regni costituiti in Oriente dai capi crociati su modello feudale. c. dei regni orientali derivati dell’Impero Bizantino. Le crociate furono a. una forma di guerra santa per la diffusione delle fede cristiana. b. un tentativo di conquistare l’Oriente per sfruttarne le risorse. c. un pellegrinaggio armato per liberare i luoghi santi dalla dominazione turca. Esercizio 5 · Leggiamo un dipinto. Ti proponiamo di analizzare attentamente la celebre miniatura tratta Vita di Matilde del biografo Do nizone, un testo risalente al 1114, nel pieno dello scontro tra Papato e Impero per le ”investiture”. In questo dipinto, che trovi a pagina 220, compaiono tre figure: l’imperatore Enrico IV, la contessa Matilde di Toscana e l’abate Ugo di Cluny. Noterai subito che le dimensioni di queste figure non sono tra loro proporzionate: evidentemente chi ha realizzato il dipinto (un autore anonimo) non conosceva ancora la tecnica della rappresentazione in prospettiva e quindi per fissare le dimensioni dei personaggi raffi gurati si affidava ad altri criteri che non ti sarà difficile scoprire. Dopo aver osservato attentamente il dipinto puoi rispondere alle domande che ti proponiamo.

Capitolo 11 Nasce la civiltà comunale

San Gimignano che protegge la città Dipinto di Taddeo di Bartolo (1391 circa), Musei Civici, San Gimignano (Siena) materiale

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Una nuova dimensione politica Con la nascita dei Comuni nell’Italia centro-settentrionale si affermò una nuova concezione della politica. Cittadini ormai liberi, mercanti, artigiani, i “borghesi” insomma, decisero di diventare protagonisti delle scelte che li riguardavano e di non lasciarle più in mano ad altri. Volevano cioè “partecipare” e più ancora autogovernarsi nelle loro città. Si tratta di un inizio di quella che possiamo chiamare la moderna “democrazia rappresentativa”. Naturalmente, questo processo provocò lotte, anche durissime, con coloro che prima detenevano il potere: l’aristocrazia feudale e soprattutto l’imperatore. Si trattò di uno scontro dal quale i Comuni, dopo fasi alterne, uscirono vincitori. Questa vittoria non fu però senza conseguenze, anche problematiche: se è vero, infatti, che da queste vicende l’autorità imperiale uscì indebolita, è anche vero che, con l’affermarsi dei Comuni, si rese difficile per molto tempo, addirittura per secoli, la possibilità di realizzare, almeno nell’Italia centro-settentrionale, un’unità politica. Con la democrazia comunale, infatti, cominciarono a prevalere sempre di più i particolarismi.

CAPITOLO 11 231

La parola “comune” deriva dal latino communis che significa “di tutti”; ciò vuol dire che la città era considerata un bene di tutti, ap parteneva a tutti i suoi abitanti che, quindi, se ne dovevano far ca rico governandola. In realtà originariamente con tale termine si intendeva indicare prevalentemente un accordo privato, un patto “giurato” fra i borghesi più influenti, che si accordavano tra loro (si mettevano “in comune” appunto) per difendere i loro interessi e per sottrarre potere al vescovo-conte o al feudatario, rappresen tanti in città dell’autorità imperiale. A volte si trattava di persone che lavoravano nello stesso settore e che avevano interesse a sta bilire regole comuni per promuovere ed esercitare al meglio la loro attività

Perché rinascono le città?

Lavoratori autonomi Sono coloro che gestiscono il proprio lavoro senza dipendere da commercianti,nessuno:artigiani e liberi professionisti (medici, avvocati, banchieri ecc.) , cioè persone che svolgono un’attività qualificata che richiede una competenza.particolare Perché si dice che i Comuni nascono come accordi fra privati?

232 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale 1 · I Comuni Rifioriscono le città Nel corso dell’XI e poi del XII secolo le città italiane conobbero una grande rinascita. Anche prima, durante l’Alto Medioevo, esse non erano del tutto scomparse, ma sicuramente non rappresenta vano più il centro della vita economica e sociale. In seguito alle in vasioni barbariche, inoltre, si erano in parte spopolate. La gente allora viveva prevalentemente nelle campagne, attorno ai castelli signorili, e si dedicava a un’agricoltura di sussistenza che rendeva difficile, come abbiamo visto, lo sviluppo dei commerci. Con la cre scita della produzione agricola e, per quanto riguarda le città di mare, lo sviluppo dei contatti con l’Oriente dovuti anche alle cro ciate, si ebbe dopo il Mille una grande espansione dei commerci: c’erano prodotti da vendere e le città divennero sempre di più cen tri di fiere, mercati e attività artigianali che richiamavano molte persone. Si sviluppa la borghesia All’interno dei centri urbani si creò un nuovo ceto sociale, la bor ghesia cittadina e imprenditoriale, costituita da mercanti, artigiani (detti mastri), notai, banchieri, medici, quelli che oggi chiamerem mo lavoratori autonomi . Con lo sviluppo delle attività economi che questo ceto si estese e i borghesi, forti anche della loro crescen te ricchezza, cominciarono ad avanzare pretese di governo all’interno delle città e questo fu all’origine di una importante tra sformazione politica: nacquero i Comuni, una delle più caratteri stiche e significative istituzioni della società medioevale. Ma se guiamo nei dettagli questa evoluzione. Che cos’erano i Comuni: da accordo privato…

… a forma di governo cittadino Questo accordo finì ben presto per assumere un significato più ampio. Con esso infatti i cittadini, in numero sempre maggiore, me diante assemblee convocate talvolta al suono della campana e chia mate “parlamenti” o “arenghi”, cominciarono a prendere decisioni riguardanti l’intera città, fissavano norme, leggi, un vero e proprio “statuto”, un insieme di regole valide per tutti gli abitanti. Il sem plice accordo tra privati si trasformò perciò in una vera e propria nuova forma di governo della città, una nuova istituzione. La parola Comune, a questo punto, finì per indicare proprio l’insieme di citta dini che si assumevano il compito di governare autonomamente la loro città, sottraendo gradualmente tale governo al feudatario rap presentante dell’imperatore.

Città sul mare Dipinto su tavola di ambrogio lorenzetti (XIV SienaPinacotecasecolo),Nazionale,

234 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale Il Comune diventa una nuova entità politica, una specie di città-stato Ben presto il Comune assunse anche il controllo dei territori in torno alla città, il contado, fino a diventare, almeno nel caso di quel li più importanti, come una vera e propria città-stato di rilevanti dimensioni.Ricordiamo che i territori su cui si estendevano le città erano sot to la giurisdizione di feudatari laici o vescovi-conti e sotto l’autorità ultima dell’imperatore. Questi però, essendo lontano in quanto im pegnato in Germania, e talvolta debole, non era in grado di imporre un controllo ravvicinato. Dal punto di vista formale, i Comuni rico nobbero sempre l’autorità superiore dell’imperatore e non miraro Vita al mercato Miniatura (XV secolo), Bibliothèque Nationale, Parigi

centro-meridionale?nell’ItalianonPerchécittà-stato?delleconsideratipossonoComuniessereformediiComunisisvilupparono

no mai a liberarsi totalmente da essa; nei fatti, tuttavia, cercarono di ritagliarsi spazi sempre maggiori di autonomia: emanavano leg gi, riscuotevano imposte, amministravano la giustizia, provvedeva no alla difesa della città costruendo mura. In pratica esercitavano autonomamente queste funzioni di governo, chiamate anche re galìe in quanto di diritto appartenenti al re I Comuni non si svilupparono nell’Italia centro-meridionale…

CAPITOLO 11 235

Perché i

La nascita dei Comuni fu un fenomeno che riguardò prevalente mente l’Italia centro-settentrionale e un certo numero di città co stiere. Dove esisteva un forte potere centrale invece, come nello Stato della Chiesa (il Patrimonio di San Pietro) e più a sud nel Re gno Normanno, i Comuni non si svilupparono, perché mancavano le condizioni perché questo avvenisse. E, d’altra parte, in quei terri tori le città non avevano conosciuto lo stesso sviluppo economico e imprenditoriale che si era registrato al nord. … e non furono un fenomeno solo italiano Va anche aggiunto che i Comuni, pur legati nella loro origine e nel loro straordinario sviluppo all’Italia, non furono un fenomeno solo italiano. Si ebbero esperienze simili anche in alcune aree dell’Euro pa, soprattutto settentrionale: nelle zone costiere del mar Baltico, con città quali Lubecca, Amburgo, Danzica, Riga che costituirono la Lega Anseatica, e nelle Fiandre, corrispondenti alla regione setten trionale dell’attuale Belgio. Qui la città di Bruges divenne uno dei più importanti mercati d’Europa. 2 · L’evoluzione delle forme di governo comunale Una grande varietà di forme Le forme di governo che si affermarono nei Comuni furono diver se da città a città. Ogni Comune si diede propri organismi di gover no che cambiarono poi in tempi e con modalità differenti rispetto ad altri. Per questa ragione appare difficile tracciare uno schema costante e valido ovunque. Il Comune consolare Ciononostante, gli studiosi hanno individuato una linea evoluti va che pare emergere con più frequenza studiando da vicino queste istituzioni. Essi parlano di una prima fase in cui nei Comuni avreb bero governato i consoli. Si trattava di persone provenienti dalle famiglie nobili, che esercitavano soprattutto il comando militare

L’ultima fase: i capitani del popolo Una terza fase, che si sviluppò dalla metà del XIII secolo, è quella contrassegnata dalla figura dei capitani del popolo. Si trattava di una carica che affiancava il podestà e che rappresentava i ceti della media e bassa borghesia (chiamati anche popolo minuto). Questi, riuniti nelle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri di cui avremo modo di parlare più avanti, tenevano assemblee proprie e intende vano far sentire la propria voce nel governo cittadino, spesso crean do tensioni e conflitti soprattutto con i magnati.

236 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale e detenevano il potere esecutivo, davano cioè esecuzione alle de cisioni delle assemblee cittadine o dei Consigli di Anziani. Tali as semblee detenevano il potere legislativo, ossia avevano il compito di emanare le leggi e di fissare le norme di governo della città.

I Comuni erano forme di democrazia?

Al termine di questa panoramica ci si può porre una domanda: i Comuni possono in qualche modo essere considerate forme di go verno democratico? Si tratta naturalmente di una domanda comPerché si dice che con i consoli si afferma il potere nobiliare? Fazione Gruppo di persone che hanno idee o interessi comuni (soprattutto in campo politico) e li affermano anche in modo violento. delisiPerchéaffermaronocapitanipopolo?

I consoli erano in numero limitato (da due a più di venti) e dura vano in carica per poco tempo, al massimo un anno. Le prime città in cui si ha notizia della presenza di consoli sono Milano, Pisa e al tre città toscane, attorno agli ultimi decenni dell’XI secolo.

I piccoli mercanti, gli artigiani e i lavoratori salariati impiegati nelle botteghe non avevano nessuna possibilità di influire sul go verno cittadino. Ai consoli succedono i podestà Ben presto, però, il grande afflusso di nuovi cittadini e l’arricchi mento dei ceti mercantili e imprenditoriali portarono a lotte e scontri. Infatti i ricchi borghesi (chiamati anche popolo grasso) mi ravano a conquistare il potere sottraendolo ai nobili. Le violenze e le lotte tra fazioni arrivarono a un punto tale che i borghesi otten nero la creazione di una nuova carica di governo, quella del podestà. Il podestà, che governava per un periodo molto breve e con poteri limitati, di tipo solo esecutivo, spesso proveniva dall’esterno ed era un esperto di materie giuridiche o di tecniche militari. Era perciò in grado di garantire un governo neutrale, al di sopra delle parti, e di provvedere a difendere al meglio la città nei conflitti che potevano nascere dentro e fuori le sue mura. I governi podestarili si afferma rono all’incirca dalla fine del XII secolo.

Il governo consolare era in gran parte espressione del ceto nobi liare (i nobili erano detti anche magnati o maggiori). In città infatti vivevano nobili che avevano lasciato la campagna perché avevano perso i loro feudi o perché li avevano ceduti. Trasferitisi in città, essi cercavano ancora di esercitare un potere attraverso i consoli.

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plessa, che va affrontata con cautela proprio perché l’esperienza che noi abbiamo della democrazia è tipicamente moderna e si è svi luppata molti secoli dopo la fine del Medioevo. Si rischia perciò di commettere l’errore che gli storici chiamano anacronismo, ossia giudicare fenomeni antichi con un metro di giudizio che non è il loro perché è il frutto di idee e modi di pensare che sono nati dopo. In generale, però, possiamo dire qualcosa riguardo alla questione. Se per democrazia si intende “governo del popolo” nel senso in cui tutto il popolo, nessuno escluso, può partecipare alle decisioni che riguardano la vita della città, allora quella comunale non era una democrazia “compiuta”. Vi erano, infatti, categorie sociali che ne erano escluse. In primo luogo, le donne, e poi i lavoratori salariati, che non facevano parte delle corporazioni e che quindi non poteva no nemmeno essere rappresentati dai capitani del popolo. Certamente, però, rispetto al tipo di potere feudale, in cui le cari che di governo erano attribuite “dall’alto”, dall’imperatore, si tratta di un passo avanti. Nei Comuni si afferma, infatti, il principio che chi governa deve in qualche modo rappresentare il volere di alme no una parte del “popolo”. Possiamo pertanto dire che i Comuni Democrazia Dal greco démos “popolo” e krátos “comando”; indica una forma di governo in cui il potere appartiene al popolo, che lo esercita votando le leggi direttamente o scegliendo rappresentativa).lorappresentantiproprichefacciano(democrazia Palazzo dei consoli Prima metà del XIV secolo, Gubbio (Perugia)

rappresentarono un passo avanti in quanto a forma di governo de mocratico, anche se restarono ancora molto lontani da forme “com piute” di democrazia.

Perché

Consolidate le loro istituzioni all’interno, i Comuni puntarono anche a estendere i loro domini al di là delle mura cittadine. Quelli più grandi e potenti miravano a impossessarsi dei territori del contado, sottraendoli ai signori feudali che ancora vi abitavano e che li controllavano, oppure a conquistare i Comuni più piccoli. Si aprì perciò una fase di lotte e guerre, anche molto violente, di cui le cro nache del tempo ci danno ampia testimonianza. Spesso tali guer re si inserivano nello scontro in corso tra il papa e l’imperatore. Vi erano Comuni che si alleavano col papa, e che perciò erano detti guelfi, e Comuni ghibellini, sostenitori della politica imperiale. Una caratteristica di queste guerre è che, per la prima volta dalla caduta dell’Impero Romano, si fece uso di eserciti cittadini: la guer ra non era più riservata, come nell’età feudale, ai signori e ai cava lieri, ma tutti i cittadini del Comune in età adulta erano chiamati a far parte dell’esercito. Chi non aveva denaro per pagarsi il cavallo e le armi, era arruolato nelle fanterie: la libertà che i Comuni garan tivano doveva essere accompagnata dalla responsabilità di provve dere alla loro difesa armata.

Un grande sviluppo commerciale Un tipico caso di sviluppo delle città italiane fu rappresentato dalle cosiddette repubbliche marinare. Si trattava di alcune città costiere che, sfruttando loro posizione geografica, divennero ric che e potenti con il commercio marittimo, anche se questo generò tra loro una serie ininterrotta di lotte e conflitti. Le più importanti furono quattro: Amalfi, Pisa, Genova, Venezia. Amalfi, Pisa e Genova Amalfi, la più antica, si era distinta da sempre nella guerra con tro i musulmani. Nell’XI secolo, però, fu conquistata dai Normanni e poi sconfitta definitivamente da Pisa nel 1137. Pisa, a quei tempi collegata al mare dall’Arno, divenne a sua volta una potenza mari nara in seguito alle guerre vittoriose contro i musulmani, condotte sempre insieme con Genova, ancor prima delle crociate. Già nell’XI secolo le due città avevano riconquistato la Corsica, la Sardegna, le Baleari e spesso attaccato le coste africane. Durante le crociate, poi, seppero trarre grande vantaggio dai commerci con l’Oriente. non si può dire che i Comuni sono forme di democrazia?inunrappresentanomacompiuta,democraziacomunquepassoavantidirezionedella

238 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale

I Comuni estendono i loro territori

3 · Le repubbliche marinare

CAPITOLO 11 239

La condivisione della medesima porzione di Mediterraneo portò però allo scontro tra le due città, scontro che si concluse con l’affer mazione definitiva della più potente Genova nella decisiva batta glia della Meloria nel 1284. Lo scontro tra Genova e Venezia Genova entrò ben presto in conflitto con la più potente di queste repubbliche, Venezia, i cui interessi commerciali erano in concorrenza con quelli genovesi. L’attrito fra le due repubbliche fu aspro e durò a lungo finché nel Trecento prevalse definitivamente Venezia. A differenza di Amalfi e di Pisa, Genova non scomparve tuttavia dal la scena in quanto potenza marittima. Riuscì infatti a mantenere un proprio spazio nel Mar Nero, dove la sua presenza in Crimea durò fino al 1475, e a sviluppare con grande profitto attraverso lo stretto di Gibilterra commerci con il Nord Europa fino al Mar Baltico, alla Scandinavia e all’Islanda. Come quella di Venezia anche la Repub blica di Genova durerà sino alla fine del secolo XVIII quando sarà travolta dalle invasioni napoleoniche e più tardi ceduta ai Savoia. Perché finì la potenza di Amalfi? E quella di Pisa? Cattedrale Sant’Andreadi(Duomo) Fine X secolo, amalfi (Salerno)

La città, sorta nel periodo delle invasioni barbariche, si era nel tempo sviluppata autonomamente pur conservando con Costanti nopoli rapporti privilegiati che le garantivano notevoli facilitazioni commerciali.Aguidarela repubblica vi era un doge , eletto fra le famiglie nobili che detenevano il controllo della città. Nei primi tempi il doge ave va molto potere; successivamente, però, tale potere si ridusse a vantaggio di alcune famiglie aristocratiche ricche e potenti, che fi nirono per garantirsi il governo della città. Venezia divenne pertan to una sorta di repubblica oligarchica.

La Repubblica di San Marco, chiamata anche la Serenissima, di venne nei secoli uno dei più ricchi e potenti stati italiani ed europei.

4 · Lo scontro tra i Comuni e l’imperatore Federico Barbarossa I motivi dello scontro Abbiamo già accennato al fatto che i Comuni, almeno formalmen te, erano sotto l’autorità dell’imperatore, cioè svolgevano funzioni che di diritto competevano a lui. Abbiamo anche detto, però, che Doge Capo dello stato nelle repubbliche di Venezia e di Genova; è una parola veneziana che deriva dal latino dux-ducis, ossia “condottiero”, “guida”.

La lunga vicenda della Repubblica di San Marco

Le navi veneziane raggiungevano tutti i porti del Mediterraneo; i suoi mercanti arrivavano fino all’Estremo Oriente, come ci testi moniano i celebri viaggi di Marco Polo. Venezia ampliò progres sivamente i suoi domini, fino a costituire un vero e proprio impe ro, che andava dalla terraferma, verso il Veneto e la Lombardia, al mare, lungo la costa adriatica, fino a raggiungere la Grecia, Rodi e la lontana Cipro. Importante fu la dominazione veneziana sulle coste orientali dell’Adriatico, in particolare dell’Istria e della Dalmazia, dove ancora oggi sono visibili, nell’arte e nella cultura, i segni della sua presenza. Verso Oriente si trovò a combattere per secoli contro i Turchi, difendendo strenuamente l’Europa dalla loro minaccia.

La sua lenta e graduale decadenza inizierà nel XV secolo, prima con la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453) e, poi, con la scoperta dell’America (1492), che sposterà l’asse dei commerci europei dal Mediterraneo all’Atlantico. La sua storia di stato indi pendente, continuerà però ancora a lungo e terminerà solo nel 1797, con la conquista di Napoleone e la successiva cessione all’Austria.

Perché oligarchica?didivenneVeneziaunasortarepubblica

240 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale

Di straordinaria rilevanza fu la storia di Venezia, detta anche Re pubblica di San Marco, perché particolarmente devota a questo santo, le cui reliquie, secondo la tradizione, erano state trafugate da due mercanti ad Alessandria d’Egitto nell’828 e portate in città dove erano oggetto di grande venerazione (sono tuttora conservate nell’omonima basilica).

Danubio Reno Nilo Atene Genova Costantinopoli Milano

AlessandriaAntiochia

Venezia Trebisonda Maurocastro

VeneziaTerritoriXVall'iniziodiTerritoriVeneziadelsecolodidopo il XV CittàoImperonavicontrollatoTrattosecolodimaredallevenezianettomanoimportanti

Mar Nero

l’imperatore era lontano, in Germania, e ciò consentiva loro di go dere di una certa autonomia. La situazione poteva durare soltanto finché non fosse salito al trono un sovrano deciso a far valere la pro pria autorità e i propri diritti. Questo personaggio arrivò: si trattava di Federico I di Svevia, detto il Barbarossa. La politica del Barbarossa Il Barbarossa era salito al trono imperiale al termine di un pe riodo piuttosto contrastato. Dopo la morte di Enrico V, infatti, era scoppiata in Germania una lunga guerra per la sua successione, combattuta tra la casa di Baviera, a capo del partito guelfo, e quella di Svevia, a capo del partito ghibellino. Alla fine prevalsero i ghibel lini e divenne imperatore proprio Federico I di Svevia che si trovò a governare senza incontrare alcuna opposizione interna. Egli volle da subito esercitare la sua autorità, ponendosi anche al di sopra del papa. Inoltre, forte dei suggerimenti degli studiosi di diritto romano allora attivi presso l’università di Bologna, decise di riprendersi i poteri che gli spettavano all’interno dei Comuni (le regalie), di cui i governi comunali si erano appropriati in modo, a suo dire, illegittimo, quando si erano sostituiti al potere dei feuda tari o dei vescovi-conti. Diritto romano È l’insieme delle leggi romane dell’età repubblicana e imperiale, tramandato nel Medioevo attraverso il Corpus Juris Civilis fatto redigere da Giustiniano. Mar Mediterraneo

Tripoli Napoli Domini veneziani sul Mediterraneo

CAPITOLO 11 241

242 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale La pressione dell’imperatore sul papa e sui Comuni Il Barbarossa, nel suo tentativo di restaurazione dei poteri impe riali, entrò in conflitto con il papa, i Comuni italiani e i grandi ari stocratici guelfi della Germania. Egli dovette scendere in Italia parecchie volte, scontrandosi fin dall’inizio con i Comuni, primo fra tutti Milano. In una dieta tenuta a Roncaglia, presso Piacenza, comunicò loro di voler nominare un podestà, suo rappresentante, in ogni città; quindi si fece incoronare re d’Italia. Successivamente, si recò a Roma dove pose fine alla ri volta di un monaco eretico, Arnaldo da Brescia, che guidava la città dopo che il papa ne era stato cacciato. Federico lo fece giustiziare, rimise sul trono il papa e si fece consacrare da lui imperatore (1155). Si arriva allo scontro aperto Negli anni successivi, la situazione italiana tornò però a farsi cri tica. Milano riprese la lotta contro l’imperatore attaccando e di struggendo la ghibellina Lodi. Il Barbarossa si vide, perciò, costret to di nuovo a scendere in Italia; ottenne la resa di Milano dopo due mesi di assedio e convocò una nuova dieta a Roncaglia, dove impose a tutti i Comuni italiani la sua autorità, obbligandoli ad accettare il governo di suoi rappresentanti.

A questo punto scoppiò la rivolta: i Comuni dell’Italia centro-set tentrionale, tra cui Milano, Brescia, Crema e Genova, cacciarono il rappresentante imperiale, sfidando così l’autorità di Federico che reagì con durezza e decisione. Dopo un terribile assedio distrusse Crema e, successivamente, nel 1162, la stessa Milano. Sembrava or mai avere la vittoria in pugno, ma stava per scendere in campo il papa.Ilnuovo pontefice, che gli si oppose fieramente, era Alessandro III, uomo forte e deciso quanto il suo lontano predecessore Grego rio VII. Il Barbarossa non lo riconobbe come papa legittimo e gli contrappose, come già era accaduto in passato, un antipapa. Ales sandro allora scomunicò l’imperatore e incitò alla ribellione antiimperiale tutti i Comuni guelfi d’Italia. La Lega Lombarda e la battaglia di Legnano Questi Comuni, riunitisi a Pontida presso Bergamo nel 1167, dopo un solenne giuramento costituirono la Lega Lombarda e decisero subito di ricostruire Milano e fondare una nuova città fortificata, chiamata Alessandria in onore del papa. Si rinnovava così la sfida dei Comuni contro l’imperatore che de cise di scendere di nuovo in Italia per farla finita una volta per tut te con i suoi nemici. Non riuscì però a conquistare Alessandria e, in difficoltà, dovette rifugiarsi a Pavia. Allora i milanesi, guidati da un certo Alberto da Giussano, lo attaccarono e lo sconfissero dura mente nella battaglia di Legnano, nel 1176. Sette anni dopo, nel Dieta assemblea dei maggiori feudatari, degli alti ecclesiastici e rappresentantideidelle città dell’Impero o del Regno. Prendeva il nome dalla parola latina dies, che significa “giorno”, perché in origine indicava il giorno stabilito per l’adunanza. Perché i Comuni si conscontraronol’imperatore?

1183, Federico fu costretto a stipulare con i Comuni italiani la Pace di Costanza. Con essa veniva riconosciuto ai Comuni il diritto di mantenere i poteri di governo di cui si erano impossessati e che già esercitavano, ma essi dovevano impegnarsi a garantire all’impera tore un riconoscimento formale della sua autorità, vale a dire trat tarlo con gli onori dovuti. Poca cosa rispetto a quanto Federico aveva preteso agli inizi della lotta: in pratica i Comuni avevano ot tenuto la piena vittoria. Il Barbarossa: un imperatore sconfitto o vincitore? Tornato in Germania, il Barbarossa si prese le sue rivincite. Dap prima sconfisse il cugino Enrico il Leone, capo del partito guelfo. Poi fece sposare suo figlio, il futuro Enrico VI, con Costanza d’Alta villa, ultima discendente dei Normanni in Italia ed erede del Regno di Sicilia. Con questo matrimonio egli poneva le basi per l’unifica zione dell’Italia meridionale al suo Impero, coronando il sogno di molti imperatori precedenti. Il figlio, infatti, gli diede un nipote che sarebbe diventato a sua volta un grande imperatore e una delle fi gure più importanti nella storia medioevale, Federico II di Svevia.

A questo punto l’imperatore, ormai ottantenne, volle chiudere la sua vita in pace con Dio e con la Chiesa: allestì un imponente eser Perché la pace di perunapuòCostanzaconsiderarsivittoriaiComuni?

Federico I Barbarossa assedia la città di Crema e lega i prigionieri alla torre di legno Incisione della prima metà del XIX secolo

244 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale cito e partì per una crociata, la terza, facendosi paladino della cri stianità. Anche in questo caso, però, non ebbe fortuna: morì anne gato mentre cercava di attraversare un fiume nell’odierna Turchia (1190). La notizia della sua tragica morte commosse tutti e anche a Roma si pregò per la sua anima. Il suo progetto di ridare piena di gnità e autorità all’imperatore sembrava fallito, ma in realtà, come vedremo, egli aveva posto le basi perché questo sogno si realizzasse dopo di lui, attraverso il nipote. ilfuPerchéimportantematrimonio del figlio del Barbarossa con d’Altavilla?Costanza Federico Barbarossa tra i figli Enrico e Federico Miniatura dalla Cronica dei Guelfi (fine XII secolo), landesbibliothek Fulda (Germania)

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5 · Le lotte all’interno dei Comuni Lo scontro tra guelfi e ghibellini si riproduce all’interno delle città e tra le città Anche dopo la sconfitta del Barbarossa, non bisogna credere che la vita all’interno dei Comuni scorresse tranquilla e pacifica. Le lotte interne per il potere proseguivano e si saldavano su scala più vasta con quelle tra guelfi e ghibellini. All’interno dei Comuni si formavano fazioni guelfe e fazioni ghibelline, con i nobili di origine feudale che si schieravano dalla parte ghibellina, mentre il popolo grasso, i mercanti e i borghesi sostenevano prevalentemente i guelfi. A questi motivi di contrasto si aggiungevano rivalità di ca rattere personale o familiare, accentuate da vecchie ostilità covate nel tempo tra cittadini di opposte città o quartieri. Quando poi i Comuni cominciarono ad ampliare i propri domini nel contado circostante, strappando territori ai feudatari, il conflitto si trasfor mò in scontro fra città e campagna, fra vecchio potere feudale e nuovo potere comunale. In questo contesto la sconfitta dell’impe ratore ebbe come conseguenza, in molti casi, anche la definitiva sconfitta della nobiltà e del potere feudale che non potevano più godere del suo appoggio Il caso di Firenze Il Comune che meglio illustra questo insieme di conflitti è pro prio Firenze, forse la città-simbolo dell’età comunale italiana. Firenze si era costituita in Comune verso la fine del XII secolo. Fino al 1250, a predominare furono i nobili, che cercarono di man tenere anche in città le loro forme di potere. Lo dimostra, ad esem pio, la costruzione dentro la cerchia delle mura di case-torri simili a castelli. Quando, dopo la morte del grande imperatore svevo Fe derico II, i guelfi cacciarono i ghibellini dalla città, gli artigiani e i commercianti, membri delle corporazioni, riuscirono a imporre, a difesa dei loro interessi, un capitano del popolo. In seguito, nel 1260, i ghibellini, appoggiati da Siena, riconquista rono la città con la battaglia di Montaperti, ma il loro successo fu di breve durata. Furono, infatti, di nuovo sconfitti, quando il figlio di Federico II, Manfredi, che li sosteneva, venne a sua volta sconfitto e ucciso.Nelfrattempo, però, Firenze aveva cominciato a estendere il pro prio controllo sull’intera Toscana, sconfiggendo la ghibellina Arez zo nella battaglia di Campaldino. Nel 1293 con un provvedimento politico molto importante, gli Ordinamenti di Giustizia, promossi dal priore Giano della Bella, la borghesia guelfa segnò la sua defi nitiva vittoria sui magnati. Con questo provvedimento si stabiliva, infatti, che potevano partecipare alla vita politica soltanto coloro che erano iscritti a una corporazione e il suo intento era chiaro: Perché scoppiarono lotte all’interno dei Comuni?

246 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale escludere dalla partecipazione alla vita politica della città i nobili, che non facevano parte di alcuna corporazione. Una volta vincitori, però, i guelfi si divisero a loro volta in due fa zioni: i “bianchi”, contrari alle ingerenze del papa nella vita della città, e i “neri”, che invece erano favorevoli. Anche il grande poeta Dante Alighieri fu coinvolto in queste lotte. Quando nel 1302 i neri presero il sopravvento egli, che era uno degli esponenti più in vista della parte bianca, fu mandato in esilio. Il caso opposto di Venezia Mentre in molti altri Comuni si andò progressivamente affer mando il potere del “popolo”, cioè la borghesia, a Venezia avvenne il contrario. Nel 1279 fu attuata una riforma del parlamento cittadi no, chiamata Serrata del Maggior Consiglio. Con questa riforma si stabiliva che potevano far parte di questo organismo solo i membri delle famiglie che già in passato vi avevano partecipato. Si trattava di un provvedimento che andava chiaramente a favore dell’antica aristocrazia cittadina, escludendo invece dal potere i borghesi che si erano arricchiti di recente con le loro attività. Venezia, quindi, che dal punto di vista formale era ancora una re pubblica, andava trasformandosi sempre più in un’oligarchia. Perché con gli diOrdinamentigiustizia a Firenze si Perchéladefinitivamenteaffermaborghesia?la

Serrata del Maggior Consiglio andò invece a dell’aristocrazia?favore di Venezia con il Leone di San Marco

Gonfalone

CAPITOLO 11 247 IL PERCORSO DELLE PAROLE Borghesi nel Medioevo e borghesi oggi: quante differenze! la parola borghese (dal latino medioevale burgensis) era usata all’inizio per indicare chi abi tava nella città, il “borgo”. Questo termine fece la sua comparsa a partire dall’XI secolo e la sua valenza era innanzitutto giuridica: il borghese era colui che era libero e non servo né nobile o eccle siastico. la sua libertà si esprimeva innanzitutto nel poter praticare un lavoro non servile e quin di non dipendente da un signore feudale e que sta condizione di libertà era garantita proprio dal fatto che egli risiedeva in città, dove l’autorità del signore non arrivava. Il termine aveva quindi un valore essenzialmente positivo. essere borghese era motivo di vanto: significava non avere padro ni, essere indipendenti e creativi nel proprio lavo ro, saper utilizzare al meglio le proprie energie e le proprie capacità per raggiungere il successo. Col passare del tempo il significato e la valenza di questo termine sono però cambiati. Soprattutto in seguito allo sviluppo dell’industrializzazione e alla diffusione delle grandi ideologie politiche del XIX secolo, in particolare il socialismo, borghese ha finito per indicare una persona ricca e agiata, magari un “capitalista” cioè un proprietario di in dustrie, un “padrone” insensibile alle dure condi zioni di lavoro dei propri operai, se non addirittura un loro sfruttatore. Con la contestazione giovanile degli anni ’60 e ‘70 del Novecento poi, l’aggetti vo “borghese” ha assunto un’accezione partico larmente negativa sul piano morale. “Vivere una vita borghese” era diventata quasi un’accusa. Significava praticare uno stile di vita interessato innanzitutto agli aspetti formali ed esteriori, egoi sticamente teso al proprio benessere materiale e disinteressato ai bisogni degli altri. Praticamente l’opposto, come abbiamo visto, di ciò che carat terizzava la borghesia nel Medioevo. Non è così nei paesi dove l’influsso delle ideologie più so pra ricordate non è stato così forte come da noi o in Francia. ad esempio in Svizzera, compresa la Svizzera Italiana, dove ci sono associazioni e partiti che si definiscono “borghesi” senza che ciò implichi alcuna connotazione negativa.

248 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale

I comuni di allora e i comuni di oggi: proprio la stessa cosa?

Come saprai anche oggi esistono i comuni ma non sono certamente simili a quelli medioevali, anche se usiamo la stessa parola per indicarli. I Comuni medioevali furono infatti delle piccole città-stato, indipendenti, che si autogovernavano e che spesso erano in conflitto tra loro o con l’im peratore, e che potevano quindi avere un proprio esercito, fare guerra o battere moneta. Il comune di oggi invece, è un’entità amministrativa locale che su un piccolo o grande territorio può decidere su molte materie (pensa alla raccolta dei rifiuti, ai trasporti urbani, alle attività culturali) ma sempre rimanendo nell’ambito di leggi decise dallo stato. Non può inoltre occuparsi di politica estera né, tanto meno, coniare proprie monete o fare guerre. Tutti questi sono compiti che oggi spettano allo stato di cui i comuni fanno parte. un aspetto però è abbastanza simile: chi è a capo di questo orga nismo rappresenta, oggi come allora, i cittadini. È infatti eletto da loro, un po’ come nel Medioevo, quando erano i “borghesi”, attraverso le loro cor porazioni e associazioni, a esprimere i governanti.

IL PERCORSO DELLE PAROLE

Una struttura a raggiera Dal centro si dipartivano a raggiera le vie che por tavano verso l’esterno, verso le mura, e che divi devano il territorio in spicchi (se erano quattro si parlava di quartieri se sei di sestieri). Viste dall’al to, quindi, le città medioevali hanno una forma tendenzialmente circolare. ancora oggi molte cit tà, per quanto si siano ingrandite nei secoli suc cessivi, conservano nel loro centro storico questa struttura, che si può facilmente riconoscere (la si ritrova quasi ovunque con poche eccezioni: tra queste Roma che conserva l’impronta assunta in età classica).

La struttura urbanistica delle città medioevali La piazza era il cuore della città a differenza delle città edificate dai Romani, che presentavano una pianta quadrata o rettangolare (la pianta è la forma della città osservata dall’al to) con le vie parallele che si intersecavano for mando tendenzialmente angoli retti, le città sorte o modificate nel Medioevo presentano una forma assai diversa. avevano, infatti, un centro ben pre ciso, un cuore nel quale si trovavano le piazze più limportanti.apiazza,come scrive lo storico arsenio Frugoni, fu «la tipica e mirabile creazione del Medioevo», luogo di incontri tra persone, di attività e di vita in comune in una società dove l’individualismo non esisteva. le piazze cittadine erano sostanzial mente tre (a volte coincidenti a volte distinte, ma collegate o vicine): la piazza religiosa, quella poli tica e quella commerciale. la prima era la piazza della cattedrale, non grande ma con edifici bassi per far risaltare maggiormente la grandezza della chiesa; occupava una posizione un po’ appartata, sulla quale non sfociavano le vie di grande traffi co, quasi a favorire il silenzio e il raccoglimento. Sulla piazza politica, più grande e centrale, si af facciavano i palazzi del governo (che potevano avere vari nomi: palazzo della ragione, palazzo del broletto, palazzo del podestà, palazzo del ca pitano del popolo, palazzo pubblico, arengario, a seconda del tipo di governo e delle autorità che vi erano nel Comune). Qui si radunavano i cittadini per discutere e prendere le decisioni politiche. la piazza commerciale era quella su cui si teneva il mercato (a volte si chiamava anche piazze delle erbe perché vi si vendevano i prodotti agricoli).

CAPITOLO 11 249

METTIAMO A FUOCO

Le case-torri simbolo del potere nobiliare un’altra caratteristica delle città medioevali, so prattutto agli inizi, nella fase consolare, era la pre senza di “case-torri” che assomigliavano a piccoli castelli turriti, costruiti entro la cerchia muraria. erano le abitazioni fortificate delle famiglie no biliari trasferitesi in città, edificate in questa ma niera sia per difendersi dagli attacchi delle forze nemiche (era il periodo in cui vi erano frequen ti lotte cittadine), sia per esprimere di fronte a tutti la loro potenza o il loro prestigio. Spesso le case-torri di famiglie alleate o imparentate erano vicine, per consentire, in caso di assedio, di co municare attraverso passerelle installate fissando dei pali in fori praticati sulla muratura esterna. In tal modo ci si poteva scambiare provviste, armi, uomini armati. oggi visitando le città medioevali si fa fatica a ri trovare le case torri. Quando infatti finì il potere nobiliare, le autorità cittadine imposero l’abbatti mento o l’abbassamento di queste abitazioni. Delle città a “misura di pedone” È importante, infine, ricordare che la città medioe vale era, per così dire, “a misura di pedone”, senza traffico, con vie molto strette e case molto ravvici nate. Ciò permetteva di godere dell’ombra e ripa rarsi dal sole d’estate e di proteggersi dal freddo o dal vento d’inverno. I portici, poi, riparavano anche dalla pioggia. In questa situazione, il contatto rav vicinato fra i cittadini era frequente: si viveva pra ticamente per strada e la privacy, come diremmo oggi, allora non esisteva. Ma questo non costitu iva un problema per dei cittadini abituati alla vita comunitaria. altri erano i reali problemi: quello dell’igiene pubblica (ad esempio non vi erano fo gnature e gli scarichi avvenivano direttamente in strada) e soprattutto quello degli incendi. le molte parti in legno degli edifici, infatti, esponevano le abitazioni a questo rischio costante.

L’import-export fra Occidente e Oriente

METTIAMO A FUOCO

Un commercio senza concorrenza Come visto, il commercio delle città marinare italiane con l’oriente era molto florido e favorito dalla totale mancanza di concorrenza. Non vi era no, infatti, altre città affacciate sul Mediterraneo in grado di competere con le loro flotte mercan tili. Il risultato fu un generale arricchimento delle repubbliche, vanificato in parte, però, dei molti conflitti che le videro contrapposte e dai quali uscì alla fine vincitrice Venezia. Ma quali erano i prodotti più ambiti e ricercati in questi fiorenti scambi commerciali? L’importanza delle spezie Tra i prodotti importati, grande valore avevano le spezie. Si trattava di aromi di origine vegetale usati o per insaporire i cibi e allontanare il cattivo odore che essi potevano emanare in caso di lun ga conservazione o come medicinali (per questo i farmacisti di allora erano chiamati “speziali”). Tra i primi ricordiamo la cannella. la noce moscata, il pepe; tra i secondi l’aloe e la canfora. un cen no particolare merita il pepe, chiamato nel Me dioevo l’“oro nero” tanto era prezioso. originario dell’India, oltre a insaporire i cibi, veniva usato per conservare la carne perché non andasse a male e la sua importanza era tale che, in certi periodi, veniva usato addirittura come moneta di scam bio per pagare altre merci. In un primo tempo il commercio del pepe avveniva sul Mediterraneo ad opera soprattutto delle navi veneziane e sarà per cercare nuove rotte per commerciare questo prodotto che i portoghesi nel XV secolo, come ve dremo più avanti, inizieranno a solcare l’oceano atlantico circumnavigando l’africa e dando inizio all’epopea delle esplorazioni geografiche. Prodotti di lusso altri prodotti importati e molto ricercati erano quelli che noi chiameremmo “di lusso”. Vi erano l’avorio, proveniente dell’africa, gli smeraldi egi ziani e, dall’asia, perle, rubini, diamanti, giade. a questi si aggiungevano tessuti preziosi, sete e broccati, che vestivano le dame dell’alta società e ornavano le chiese e i palazzi dei signori e i colo ranti usati per la tintura delle stoffe. Dalla Persia poi provenivano i tappeti che venivano impiegati per rendere caldi e accoglienti gli ambienti spesso non riscaldati. Spezie

250 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale

Tra i prodotti esportati quello più importante era il grano, venduto soprattutto nei porti bizantini. Gli arabi, invece, acquistavano legname per la costruzione delle navi. Sviluppata era anche l’e sportazione di lana e lino. Purtroppo, va anche detto che tra le “merci” più apprezzate vi erano gli schiavi. Per aggirare l’opposizione della Chiesa al ritorno della schiavitù, molti mercanti esercitava no questo turpe commercio al di fuori delle terre ove giungeva l’autorità del papa. Vendevano come schiavi nei paesi arabi persone rapite nelle lonta ne terre slave, ancora per lo più pagane. Questo spiega perché la moderna parola schiavo derivi in modo evidente da “slavo”. Si vendevano schiavi anche a Venezia, a condizione che si trattasse di persone già schiave al momento del loro acquisto e non ridotte in schiavitù dai loro venditori!

Le acquisizioni dal mondo arabo e dall’Estremo Oriente accanto ai prodotti commerciali molte furono anche le conoscenze e le acquisizioni tecnologi che provenienti dall’oriente. agli arabi dobbiamo l’introduzione nelle aree mediterranee degli agru mi e del grano detto, per questo, saraceno. anche la carta, in realtà un’invenzione cinese, fu da loro introdotta in europa. la coltivazione del gelso è invece di provenienza bizantina. Nel campo delle tecniche di navigazione l’occi dente ha accumulato molti debiti nei confronti degli orientali. la bussola fu un’invenzione dei Ci nesi ancor prima che gli amalfitani ne diffondes sero l’uso in europa. Dall’estremo oriente giunse l’uso della vela latina: si trattava di una vela di for ma triangolare, introdotta nel Mediterraneo da gli arabi che però, a loro volta, l’avevano ripresa dagli Indiani. le flotte mediterranee l’adottarono presto per la loro maneggevolezza, preferendola alla più ingombrante vela quadrata. Grande mercato del pesce Dipinto di Jan Brueghel il Vecchio (XVII secolo)

Grano, legname, stoffe… e anche uomini

CAPITOLO 11 251

Quando nel Comune vi è un buon governo esaminiamo insieme un celebre dipinto di am brogio lorenzetti, un artista vissuto a cavallo fra XIII e XIV secolo, in piena età comunale. Si tratta dell’affresco intitolato Gli effetti del Buon Governo in città che si trova nel Palazzo Pubblico di Siena, il palazzo del Comune, che si affaccia sulla celebre piazza dove si svolge ancor oggi il palio. In questo affresco è rappresentata la vita che po teva svolgersi in un Comune governato con giu stizia e in cui tutti i cittadini si comportavano in modo onesto e virtuoso. Sulla parete di fronte invece è rappresentato il cattivo governo, in cui, sotto la tirannia, dominano l’orgoglio, la crudeltà, il Dopotradimento.averosservato attentamente le immagini riprodotte rispondi alle domande proposte

252 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale LEGGIAMO L’ARTE

CAPITOLO 11 253 Che cosa sta facendo in città il pastore col suo gregge? Quante case-torri riesci a individuare? Chi le aveva fatte costruire e vi abitava? L’impressione complessiva che emerge dal dipinto è di festa e di allegria oppure di tristezza? C’è qualche particolare che te lo fa capire? Quali attività mercantili e commerciali si possono riconoscere nell’affresco? Che cosa fanno le giovani donne al centro della scena? Che cosa ha in mano una di loro? Si può riconoscere la presenza di una scuola? Dove si trova? Che posizione occupa l’insegnante rispetto agli allievi? Ci sono personaggi a cavallo? Ti sembrano personaggi ricchi e potenti? Era importante, secondo te, possedere un cavallo a quei tempi?

NON TUTTI SANNO CHE…

L’inventore della bussola… che non è mai esistito la bussola, una piccola scatola di legno conte nente un ago calamitato che si volge sempre ver so nord, consentendo in tal modo di orientarsi, è probabilmente di origine cinese Fu diffusa tra il XII e il XIII secolo in europa dai marinai di amalfi che se ne servivano nella loro navigazione in mare aperto. la tradizione vuole che a inventarla sia stato uno di loro, un certo Flavio Gioia, ma in re altà questo presunto inventore non è mai esistito. Tutto per colpa di una virgola Come è sorta dunque questa leggenda? Si può dire che tutto deriva da un clamoroso equivo co. un cronista e letterato del XV secolo, infatti, un certo Flavio Biondo, fu il primo che parlò di questa invenzione attribuendola agli amalfitani. Qualche anno dopo, un altro studioso riportò la notizia scrivendo: «ad amalfi, fu inventato l’uso della calamita [cioè la bussola], da Flavio è det to». evidentemente intendeva dire che la notizia dell’invenzione della bussola era stata tramanda ta da questo Flavio. la sua frase però fu in seguito riportata da altri spostandone la virgola, e si tra sformò in: «ad amalfi fu inventato l’uso della ca lamita da Flavio, è detto». Insomma, da cronista, Flavio finì per diventare l’inventore della bussola. un altro storico ha poi creduto di individuare in una località della Puglia, Gioia del Colle, il luogo di origine del presunto inventore. Così alla fine l’inventore fantasma si è ritrovato anche con un cognome, Flavio Gioia. Tutto per colpa di una vir gola, è proprio il caso di dire.

254 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale

3. Favorite dalla loro posizione si svilupparono, grazie ai commerci marittimi, quattro città chiamate repubbliche marinare. Si trattava di Amalfi, conquistata poi dai Normanni; Pisa, sconfitta da Genova, un tempo sua alleata nella lotta contro gli Arabi; Genova, che lottò con Venezia per il predominio nei traffici con l’Oriente; infine Venezia, la più potente di tutte, che si batté a lungo contro i Turchi e costituì un vasto dominio sulla terraferma, sulle coste slave e su alcune isole del Mediterraneo.

1. Con l’incremento della produzione agricola e la rinascita dei commerci le città tornarono a rifiorire, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale e nelle zone costiere. In esse nacque una nuova realtà politica, i Comuni, frutto dell’accordo tra gli abitanti più attivi e più in vista, allo scopo di darsi delle regole e uno statuto con cui governare l’intera città. Si trattava di commercianti, artigiani, professionisti (la futura borghesia) e nobili che si erano trasferiti in città.

4. L’imperatore Federico I Barbarossa, raggiunto uno stabile potere in Germania, scese in Italia per riaffermare la sua supremazia sui Comuni. Qui, dopo alcuni successi iniziali, si scontrò con le città guelfe dell’Italia settentrionale, unite nella lega Lombarda e sostenute dal papa. Fu da questi clamorosamente sconfitto nella Battaglia di Legnano (1176) e costretto, con la successiva pace di Costanza, a rinunciare alle sue pretese egemoniche sui Comuni che, in sostanza, divennero delle specie di città-stato pienamente autonome rispetto all’autorità imperiale.

CAPITOLO 11 255

versione

2. I Comuni conobbero al loro interno una notevole evoluzione dal punto di vista delle istituzioni di governo. Inizialmente furono governati dai consoli, che rappresentavano il ceto nobiliare. In seguito, con l’ascesa della grande borghesia, subentrarono i podestà. Infine si affermò la figura dei capitani del popolo, che rappresentavano gli interessi della piccola e media borghesia riunita nelle Corporazioni della Arti e dei Mestieri.

5. Particolarmente significative sono le vicende del Comune di Firenze. Questo Comune conobbe sempre al suo interno, fin dalle origini, scontri e lotte di carattere sociale: popolo minuto contro magnati, guelfi contro ghibellini. Dopo il predominio della nobiltà feudale legata ai ghibellini, si affermò la borghesia guelfa che, con gli Ordinamenti di Giustizia, escluse dalla vita politica chi non era membro di una delle Corporazioni. In seguito il partito guelfo si divise nelle fazioni dei bianchi e dei neri, rispettivamente contrari e favorevoli alle ingerenze in città del papato. I neri, sostenuti dal papa Bonifacio VIII, presero il sopravvento nel 1302. 1122 Concordato di Worms 1155 Federico incoronatoBarbarossaimperatore 1176 battaglia di legnano 1183 pace di Costanza 1220 Federico II di Svevia diventa imperatore 1260 battaglia di Montaperti 1266 muore Manfredi, ultimo candidato al trono imperiale, inizia il interregno”“grande 1273 Rodolfo d’asburgo diventa imperatore 1284 battaglia della Meloria 1293 ordinamenti di Giustizia a Firenze 1294 diventa BonifaciopapaVIII la dellineatempo audio on-line

Raccontiamo in breve

I Comuni non possono considerarsi una forma di democrazia compiuta perché a. erano ancora sotto l’autorità dell’imperatore. b. alcuni ceti sociali e categorie di persone erano esclusi dalla partecipazione alle scelte politiche. c. governava solo la borghesia. Le regalie erano a. i privilegi concessi dall’imperatore ai Comuni rimasti fedeli. b. le leggi con le quali i Comuni si autogovernavano. c. i poteri di governo delle città che i Comuni avevano strappato ai rappresentanti dell’imperatore. Venezia fu una repubblica oligarchica perché a. era governata dai dogi. b. potevano partecipare al governo della città solo famiglie nobili antiche. c. aveva tanti domini sul mare. Federico Barbarossa e i Comuni entrarono in conflitto perché a. i Comuni esercitavano le regalie sottratte al potere imperiale. b. i Comuni erano alleati del papa e sostenevano la sua politica. c. i Comuni non intendevano sottomettersi all’imperatore.

256 Na SCe la CIVIlTà CoMu Nale Attività e verifiche esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Che cosa si intende per borghesia? 2. In quali aree fuori dall’Italia si svilupparono realtà simili ai Comuni italiani? 3. Chi erano i consoli, i podestà, i capitani del popolo? 4. Quali furono le repubbliche marinare? 5. Quali furono i domini di Venezia? 6. Quali furono i motivi dello scontro fra il Barbarossa e i Comuni? 7. Che cos’era la lega lombarda? 8. Chi uscì vincitore dalla battaglia di legnano? 9. Quali lotte si svilupparono all’interno dei Comuni? 10. Che cosa stabilivano gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella? 11. Quale grande poeta fu vittima delle discordie fra guelfi bianchi e guelfi neri? Come si concluse la lotta tra queste due fazioni? esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1155 Battaglia di legnano 1176 Pace di Costanza 1183 Federico I Barbarossa incoronato imperatore esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato.

CAPITOLO 11 257

1000 1050 1100 1150 1200 Italia 5,2 5,8 6,5 7,3 8,5 europa 42 46 48 50 61 Dati in milioni di abitanti. Dal libro di a. Bellettini, La popolazione italiana dall’inizio dell’era volgare ai giorni nostri, einaudi.

La pace di Costanza stabilì che a. ai Comuni spettava l’esercizio delle regalie. b. ai Comuni spettava l’esercizio delle regalie ma l’imperatore conservava la sua autorità formale. c. tutti i poteri dovevano tornare all’imperatore. esercizio 4 · Completa il seguente brano nelle parti mancanti. al vertice delle istituzioni comunali in un primo tempo vi furono i che detenevano il potere . Il numero dei loro membri variava da un minimo di a un massimo di la loro carica era di breve durata ed essi erano espressione del ceto ossia i magnati. Il potere legislativo, ovvero era invece detenuto da . Quando i ceti imprenditoriali e mercantili divennero più forti, entrarono in conflitto con i magnati, e imposero la creazione di una nuova autorità, il . Questi aveva poteri limitati e proveniva da era inoltre spesso un esperto di . egli doveva garantire un governo cioè al di sopra delle parti. Infine, nel secolo, la piccola borghesia (chiamata popolo ) e raggruppata nelle ottenne la creazione di una nuova autorità, il del popolo, che aveva lo scopo di . esercizio 5 · I dati che ti presentiamo riguardano la crescita demografica in Italia dal 1000 al 1200, raffrontata all’Europa. Prova con questi dati a realizzare due istogrammi, uno per l’Italia e uno per l’Europa, disponendo su colonne parallele le cifre indicate (se necessario, fatti aiutare dall’insegnante di matematica).

diFondazioneAlessandria Affresco di Spinello SienaPalazzo(1407-1408),AretinoPubblico,

CAPITOLO 12 259 Capitolo 12

medioevale

dellaL’apogeociviltà

L’aria delle città rende liberi… e creativi L’età comunale si caratterizza per un rinnovato clima di libertà. All’interno dei Comuni, infatti, la servitù non esisteva più e non vigevano le regole feudali che sottoponevano gli individui a superiori da cui dovevano dipendere. In tutti i campi, da quello economico a quello politico, da quello religioso a quello artistico e culturale, questo clima favorì un rinnovato fervore che si tradusse in creatività, voglia di protagonismo, spirito di intraprendenza e nello sviluppo di idee nuove e originali. Le nuove tecniche mercantili e bancarie, le corporazioni, le confraternite, gli ordini mendicanti, le università, lo sviluppo del romanico e del gotico ne sono alcuni significativi esempi. Purtroppo, però, vi è anche il rovescio della medaglia. Quella comunale era una società fortemente strutturata nella quale tutti i suoi membri erano legati da profondi vincoli di appartenenza e condividevano valori e ideali comuni. Chi in qualche modo non si riconosceva in questi valori e stili di vita, come gli ebrei, o li contestava alla radice, come i càtari, veniva visto come una minaccia e quindi era emarginato, escluso, combattuto anche con estrema violenza.

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Una grande esplosione di libertà e creatività L’età comunale rappresentò probabilmente uno dei vertici nello sviluppo della civiltà medioevale, almeno in molte aree del nostro paese. Nel precedente capitolo ci siamo occupati soprattutto degli aspetti politici e istituzionali connessi allo sviluppo dei Comuni. Ora invece ci occupiamo di tutti gli altri aspetti, compresi quelli le gati alla vita quotidiana. Un primo dato emerge con evidenza: nei Comuni italiani si respirava un’aria nuova, un’aria di libertà e di creatività. Nelle città si lavorava intensamente, si costruiva, si stu diava, si produceva e si commerciava, si creava. L’uomo comunale viaggiava, entrava in contatto con molte persone, imparava e tra smetteva conoscenze. Aveva un orizzonte sempre più ampio. «L’aria della città rende liberi»

Un primo dato è quello della libertà. Nei Comuni non esisteva più la sottomissione feudale. Chi viveva in città non era più sottoposto ai vincoli feudali, non aveva un “signore” da cui dipendere. E per questo non era infrequente che contadini servi della gleba fuggisse ro in città per essere finalmente liberi da questi vincoli e cercar for tuna lavorando “in proprio”; una volta qui, il signore non era più in grado di riprenderseli. «L’aria della città rende liberi» si diceva, e questo era in gran parte vero. Anche i provvedimenti adottati dai Comuni spesso affermavano questo principio. Ad esempio, quando il Comune di Bologna procedette all’affrancamento (cioè alla libe razione) di tutti i servi della gleba abitanti nel suo territorio, emanò un decreto in cui si affermava che tutti gli uomini «sono creati libe ri dalla natura» e che nel territorio della città non ci sarebbe dovuto essere più nessuno ridotto in condizione servile. Un ricco ventaglio di appartenenze: l’uomo non viveva da solo Non si trattava però di una libertà intesa in modo individualistico. L’uomo libero non si concepiva da solo e isolato ma si associava con altri cittadini in molteplici modalità, era inserito all’interno di una ricca vita comunitaria. Una delle caratteristiche della vita comuna le infatti era la presenza di varie associazioni. Ve ne erano di tipo territoriale come quartieri, rioni, contrade, “porte”. Vi erano le Corporazioni delle Arti e dei Mestieri, associazioni di cui facevano parte tutti coloro che esercitavano la stessa professione e che difen devano gli interessi dei lavoratori delle varie categorie. Vi erano le confraternite religiose, che erano associazioni di fedeli che si ritro vavano insieme a pregare e a celebrare riti religiosi, ma anche a compiere opere di carità, assistere i bisognosi e i malati. Nelle città

Perché si diffuse il «L’ariamottodelle città rende liberi»?

260 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe

1

· Verso il pieno sviluppo della società comunale

Le appartenenze territoriali Il territorio cittadino era diviso, come detto, in quartieri (o anche sestieri), in “contrade”, “porte”, “rioni” (i nomi potevano cambia re da città a città). Ognuno di essi aveva propri responsabili, gonfaloni, costumi, in parte riscontrabili ancora oggi. Ogni cittadino era orgoglioso di appartenere al suo territorio e questo sentimento si manifestava sia in tempo di pace che in tempo di guerra. I cit tadini, infatti, erano fieri di difendere la loro patria combattendo, come cavalieri o fanti, all’interno del proprio reparto costituito da persone che abitavano nella sua stessa zona. Ciascuno cercava di combattere con valore anche per non gettare discredito su tutta la sua comunità di appartenenza. Un’eco di questo fatto, e anche delle rivalità che spesso si accendevano tra i vari quartieri, è ancor oggi costituito da quello straordinario spettacolo che è il Palio di Siena.

CAPITOLO 12 261 odierne che furono Comuni medioevali, quasi tutti gli ospedali oggi esistenti vennero fondati allora, per opera appunto di confraterni te; sono dunque ininterrottamente in funzione da 700-800 anni!

Perché si dice che all’interno della vita comunale la libertà non era concepita in individualistico?modo Bandiere delle diverse contrade senesi

2 · Un’economia dinamica sostenuta dalle Corporazioni Che cos’erano le Corporazioni delle Arti e dei Mestieri

262 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe

Le Corporazioni assomigliavano un po’ alle associazioni professio nali che esistono oggi, anche se allora avevano più potere. Spesso, infatti, assumevano, come abbiamo visto, compiti importanti nel governo dei Comuni e nominavano, scegliendoli tra i loro aderen ti, le persone che dovevano rivestire cariche importanti nella città.

L’importanza dell’appartenenza famigliare

Perché si dice che la famiglia era allora concepita in modo più ampio rispetto ad oggi? Censimento operazione con la quale si accerta il numero degli abitanti in un determinato territorio e le caratteristiche.loro

Ogni corporazione aveva un suo statuto che stabiliva la paga dei la voranti, il prezzo dei prodotti, l’orario del lavoro e del riposo, previ sto la domenica e nelle altre feste religiose. Fissava, inoltre, le mo dalità con cui i prodotti dovevano essere realizzati (le dimensioni degli oggetti, gli ingredienti dei cibi, i tempi di cottura ecc.). Erano “regole” da rispettare per realizzare un prodotto perfetto (si diceva, e si dice ancor oggi per questo, fatto “a regola d’arte”). In tal modo chi acquistava il prodotto era sicuro della sua qualità.

L’individualismo era bandito anche dall’attività economica e lavo rativa. Gli “imprenditori” erano consapevoli che il loro lavoro era al servizio dell’intera comunità cittadina e che, associandosi tra loro, potevano meglio sviluppare la loro attività, affinando regole e com petenze acquisite e consolidate nel tempo. Per questo, all’interno dei Comuni, diedero vita alle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri, associazioni che riunivano coloro che esercitavano la stessa profes sione e alle quali era d’obbligo essere associati per poter lavorare.

La famiglia era concepita con un’estensione molto più ampia ri spetto ad oggi. Questo perché nella stessa abitazione convivevano numerosi parenti. Al suo interno esisteva una marcata catena ge rarchica: era forte l’autorità degli anziani sui più giovani, dei geni tori sui figli, dell’uomo sulla donna, dei fratelli maggiori sui fratelli minori. Per queste ragioni si parla di famiglia patriarcale, anche se non è esatto dire che ciò implicasse una radicale subordinazione della donna. Nel Medioevo anzi non mancarono i casi di donne che raggiunsero posizioni di grande prestigio, e in generale la donna aveva allora un ruolo sociale ed economico di maggior rilievo ri spetto a quello che avrebbe poi avuto nei secoli successivi, ad esem pio nei ceti borghesi del XIX secolo. Questa struttura patriarcale era caratteristica di tutti gli strati della società, non solo della nobil tà, ma anche delle famiglie borghesi e contadine. L’importanza del la famiglia è confermata dal fatto che quando si effettuavano censimenti non si conteggiava il numero degli abitanti di una città ma quello dei “fuochi” cioè dei nuclei famigliari.

alarimaserocittà,inComedelmPergamena,useodell'operaduomo,orvietosivede,questacomeinaltreleCorporazioniinvitalungo,almenofinoXvIIIsecolo.

Avevano anche una funzione sociale Le Corporazioni, però, non si limitavano a questo; sostenevano i loro membri con aiuti economici e morali in caso di bisogno e li assistevano in caso di malattia. Finanziavano la costruzione di cap pelle e di chiese dedicate al loro santo protettore e pagavano artisti perché le abbellissero con opere d’arte. Spesso, poi, i membri di una corporazione andavano a risiedere nella stessa strada dove apriva no le loro botteghe una di fianco all’altra (ancor oggi in tante città si possono trovare vie che portano il nome di queste attività come via dei conciatori, via degli orefici ecc.). In molte città le corporazioni finirono col tempo per dividersi in “arti maggiori” e “arti minori” a seconda del livello economico e di ricchezza e dell’importanza che le varie attività rivestivano all’interno del Comune. “Andare a bottega”: così si iniziava a lavorare I ragazzi che venivano avviati al lavoro si mettevano, come ap prendisti, sotto la guida di un maestro. Andavano perciò “a botte ga” da lui per apprendere i segreti del mestiere sotto la sua guida.

avevanolePerchéCorporazionianche una funzione sociale? Emblemi delle arti di Orvieto del 1602

264 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe

Il maestro forniva all’apprendista anche la sussistenza materiale e, spesso, dei consigli di vita. Terminato il periodo di apprendistato, il giovane poteva aprire a sua volta una bottega, divenendo maestro e prendendo uno o più apprendisti presso di sé. Spesso i giovani si recavano a bottega in un’altra città proprio per fare un’esperienza più ricca. Nella bottega poi, oltre agli apprendisti, vi erano uno o più lavoranti, retribuiti con un salario. Questi lavoranti non facevano parte di nessuna corporazione e non godevano dei diritti concessi a chi invece ne faceva parte.

Un fiorire di fiere e mercati Una conseguenza della rinascita dei commerci fu, come già ac cennato, lo sviluppo di grandi mercati, tenuti in determinati perio di dell’anno, le cosiddette fiere, che si affiancavano ai mercati locali, più piccoli e a cadenza settimanale. Le fiere erano organizzate in occasione di festività religiose (il nome derivava dal latino feria che significa “giorno festivo”), erano di grandi dimensioni e avevano cadenza annuale. Fino a tutto il XIII secolo le fiere più importanti d’Europa si tenevano nella Champagne, una regione del NordOvest della Francia. Qui ve ne erano ben sei all’anno, della durata di due mesi ciascuna a rotazione in quattro città diverse; la loro im portanza era tale da richiamare mercanti da tutti i paesi europei e non solo, ed erano regolamentate da precise leggi. Col XIV secolo si affiancheranno a queste anche importanti fiere nelle Fiandre, l’at tuale Belgio, soprattutto a Bruges. Il mercante: una professione nuova In questo rinnovato contesto economico la figura del mercante divenne una tra le più importanti. In una società statica, infatti, dove chi nasceva generalmente intraprendeva la professione pater na e si manteneva per tutta la vita nelle condizioni economiche ini ziali, senza alcuna possibilità di miglioramento, il mercante era in vece colui che, con pochi affari ben riusciti, poteva arricchirsi e così elevarsi di rango, raggiungere il successo e diventare una persona importante. Poteva, però, anche perdere tutto se l’affare andava male, se le merci per qualche motivo si rovinavano o non giungeva no a destinazione, e questo succedeva con una certa frequenza per via dei briganti che infestavano le strade o a causa delle vie di comu nicazione impervie e rischiose o di eventi meteorologici imprevisti. In tal caso la sua situazione si capovolgeva ed egli si trovava sul la strico, in miseria; ritornava al punto di partenza. Per questo la qua

3 · Mercanti e banchieri sempre più protagonisti dell’economia

Riprende a circolare la moneta La rinascita dei traffici creò anche nuove esigenze riguardo ai si stemi di pagamento. La moneta, che con il declino dei commerci in età feudale era pressoché scomparsa, sostituita dal baratto, ora ri prese a circolare. Divenne però necessario utilizzare per i pagamen ti monete accettate in paesi diversi. Le più importanti erano quelle messe in circolazione nelle città o negli stati dalle economie più ric che. La moneta più utilizzata divenne perciò in quel periodo il “fiori no”, coniato a Firenze, che assunse la funzione di moneta interna zionale un po’ come ora sono il dollaro o l’euro. Altre monete diffuse traPerchéledoti richieste a un mercante vi era soprattutto il coraggio? Fiorino d'oro Staatliche museen, Berlino

lità principale richiesta al mercante era il coraggio, l’amore per il rischio. Naturalmente non da solo: occorrevano spirito di intra prendenza e spregiudicatezza, astuzia e un buon bagaglio di cono scenze (“far di conto”, conoscere le leggi, le lingue e la geografia).

Soprattutto occorreva avere soldi da spendere (“capitale da investi re”) per poter comprare merci e organizzare il trasporto, comprese le scorte armate per proteggere i convogli. Segno dell’importanza sempre maggiore che i mercanti stavano assumendo nella società è il fatto che essi sono protagonisti di molti racconti e novelle di quel tempo, tra cui quelle indimenticabili raccontate nel Decameron dal grande scrittore fiorentino Giovanni Boccaccio.

265

erano il “bisante”, chiamato così perché coniato a Bisanzio e che an che nell’età precedente era rimasta insieme alle monete arabe l’uni ca utilizzata per gli scambi internazionali, e il “genovino”, coniato da Genova. Col crescere della potenza veneziana cominciò ad essere usato anche il “ducato” o “zecchino” coniato in questa città. Col fio rino, fra l’altro, si tornò dopo tanto tempo alla coniazione di monete d’oro che era stata interrotta in Occidente dopo Carlo Magno, quan do l’oro era stato sostituito dalla monetazione argentea.

I cambiavalute e le banche La circolazione di differenti monete tra una nazione o una città e l’altra, rese indispensabile l’opera dei cambiavalute. Si trattava di persone che avevano dei banchi nei vari mercati sui quali scambia vano, per i mercanti, le monete straniere in valute locali. I cambia valute però non si limitavano solo a queste operazioni: ricevevano anche denaro in deposito dai loro clienti e, quando la Chiesa comin ciò a permetterlo, prestavano denaro a interesse. Queste attività ci fanno dire che i cambiavalute possono essere considerati i primi “banchieri” (il nome stesso, si rifà ai “banchi” su cui operavano).

Il problema dell’usura

Gli usurai dipinto della scuola di marinus van Stibbert,(1540),ReymerswaelemuseoFirenze

Un’attenzione particolare merita il problema dell’usura. Per usu ra si intendeva allora il prestito di denaro a interesse, qualunque fosse l’entità di questo interesse, e questa pratica era stata condandivennePerché importante il iPerchéfiorino?nacquerocambiavalute?

CAPITOLO 12 267

nata e vietata per lungo tempo dalla Chiesa sia per ragioni di princi pio che pratiche. In linea di principio si riteneva immorale un arric chimento basato non sul lavoro ma sullo sfruttamento del tempo, che è un dono di Dio (e anche nella Bibbia si ritrovano condanne di tale pratica). Sul piano pratico il divieto era motivato invece dal fatto che, in un’economia di sussistenza come quella altomedioeva le, il prestito di regola era utilizzato dalla famiglie povere per poter acquistare generi di prima necessità e non per investimenti. Quasi sempre perciò colui che riceveva il prestito si trovava a spenderlo interamente e non era poi in grado di restituirlo, e questo provoca va drammatiche conseguenze per lui e per la sua famiglia. Vietando il prestito a interesse la Chiesa limitò quindi i mali dell’usura che altrove invece divennero una tragedia sociale (si pensi ad esempio che in Cina non era raro che i contadini per pagare i debiti vendes sero le loro figlie). Con lo sviluppo dell’economia e dei commerci dopo l’XI secolo divenne più frequente l’uso dei prestiti per investi menti, per creare cioè lavoro e quindi per aumentare la disponibi lità di denaro; chi riceveva il prestito e lo faceva fruttare in attività lavorative redditizie, si arricchiva ed era perciò in grado di restitu ire il denaro ricevuto. Ciò spinse la Chiesa dopo lunghe riflessioni, anche sotto la pressione dei primi economisti, che erano per lo più studiosi francescani, a considerare legittimo questo tipo di prestito, purché l’interesse non fosse eccessivo. Il prestito a interesse venne così a distinguersi dall’usura vera e propria che si aveva quando l’in teresse era elevatissimo. Nuove tecniche finanziarie Per i mercanti poteva essere un grave problema il trasporto in giro per l’Europa di grandi somme di denaro: molto elevato era il rischio di perderlo, nonché di essere depredati. Ciò portò all’inven zione di nuove modalità nell’effettuare i pagamenti. Il mercante, alla partenza per un lungo viaggio, versava al “banchiere” il suo de naro, ricevendo in cambio da questi una lettera ufficiale (lettera di cambio) in cui si dichiarava la somma versata. Una volta giunto a destinazione, il mercante poteva presentarsi a un banchiere locale associato a quello presso cui aveva depositato il suo denaro e, con segnando questa lettera, otteneva la somma pari a quella versata alla partenza. Così il mercante aveva sempre a disposizione i soldi senza doverli trasportare. Allo stesso modo, per i pagamenti da un mercante all’altro non era più necessario consegnare materialmen te il denaro: bastava che un banchiere autorizzato dal mercante tra sferisse la somma da pagare dal conto di questo al conto di colui che doveva essere pagato (giroconto). Come si vede, la difficoltà aguzza l’ingegno e l’ingegno era proprio la qualità fondamentale che ga rantiva il successo a un mercante. Perché la Chiesa proibì

diricorsoPerchél’usura?inizialmentesifacevaalle“letterecambio”?

268 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe 4 · Una religione per laici sempre più intraprendenti

Rimane viva l’autorità morale della Chiesa In campo religioso rimase viva anche nell’età comunale l’autorità della Chiesa. Il suo insegnamento continuava ad essere ascoltato e a influire sulla vita delle persone. Nelle città la cattedrale rimaneva uno dei punti di riferimento per tutti anche visivamente, in quanto situata nel cuore del perimetro urbano. La vita della gente era anco ra scandita dal tempo della Chiesa: gli uomini si riposavano la do menica e nelle festività, partecipavano ai riti religiosi, facevano pe nitenza nei periodi importanti dell’anno liturgico come l’Avvento e la Quaresima e facevano feste grandi a Natale e a Pasqua o in occa sione della ricorrenza dei santi patroni . Spesso le grandi fiere e i mercati si svolgevano, come detto, proprio in occasione di festività religiose. In campo economico la Chiesa forniva precetti che tutti seguivano, come abbiamo visto a proposito del problema dell’usu ra. I monasteri continuavano a svolgere una funzione sociale. Nel tempo si erano arricchiti grazie a generose donazione e ricche ere dità lasciate dalle persone più abbienti. Con questi proventi garan tivano protezione ai ceti più poveri, costruivano e amministravano ospizi per pellegrini e ospedali (ancora oggi, molti antichi ospedali portano nella loro intitolazione alla Madonna o a un santo il segno di questa origine). Va detto, però, che spesso questo eccessivo arric chimento poteva favorire nei monaci una certa mollezza di costumi e la ricerca di una vita più comoda e agiata. Per questo motivo gli ordini monastici tradizionali non sempre erano ben visti dalla po polazione cittadina e si avvertiva l’esigenza di nuove forme di vita religiosa. I “laici” diventano protagonisti della fede La novità proviene proprio da questo: gli abitanti delle città av vertivano l’esigenza di vivere la fede secondo forme nuove, più adatte alla vita cittadina. Volevano seguire da vicino l’insegnamen to di Gesù, senza per questo farsi monaci, ritirarsi lontano dal mon do, rinunciare alla famiglia, al lavoro e alla vita di tutti i giorni. Era no laici che ritenevano di poter vivere fino in fondo da protagonisti la vita cristiana. Nacque così l’interessantissimo fenomeno delle confraternite a cui già abbiamo fatto cenno: mercanti, artigiani, im prenditori, membri delle Corporazioni si radunavano in questi gruppi per pregare insieme, riflettere sulla loro vita, avviare opere di carità, costruire o abbellire chiese. Alle confraternite, come alle Corporazioni, si deve, come già visto, la costruzione di ospedali e ospizi oppure l’edificazione o l’abbellimento di molte chiese.

Cattedrale È la chiesa principale di una diocesi, dove ha sede il vescovo che vi celebra l’eucaristia. Il nome tardo latino cathedralis deriva da cathedra, il seggio su cui il vescovo esercitava il proprio ruolo di pastore. Santi patroni Sono i santi riconosciuti come protettori di una città o di un paese. Ad essi è dedicata la chiesa principale che ne conserva solitamente delle reliquie. Perché gli ordini cittadina?popolazionebennontradizionalimonasticieranosemprevistidalla

Laico Si dice di persona che non è ecclesiastica né appartiene a un ordine religioso. Ne abbiamo già fatto cenno parlando dei feudatari laici che si differenziavano dai “vescovi-conti”.

Perché il’uomoimportantieranopermedioevalepellegrinaggi? Conchiglie, zucche e bastoni usati dai pellegrini di Santiago de Compostela Il bastone serviva da sostegno nel cammino, la zucca purificazionediconchigliacomeall’internosvuotataservivaborraccia,laerasimbolorigenerazioneedi

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I pellegrinaggi Un altro esempio di questa volontà di vivere in prima persona la fede era costituito dalla pratica dei pellegrinaggi cui abbiamo già fatto cenno parlando delle crociate. Si trattava di viaggi compiuti in gran parte a piedi o per mare, verso i luoghi ritenuti santi dal la Chiesa. Le mete principali erano, oltre alla Terra Santa, dove si potevano visitare i luoghi in cui aveva vissuto Cristo, anche Roma, sede del successore di Pietro (i pellegrini diretti a Roma erano detti Romei), Santiago de Compostela, in Galizia, nella parte nord-occi dentale della penisola iberica, dove vi era il santuario contenente le reliquie di san Giacomo Apostolo. Altra meta importante era San Michele sul Gargano, in Puglia, dove la tradizione voleva fosse ap parso l’arcangelo Michele. Questi viaggi duravano mesi. Con un bastone, una bisaccia, un cappello a larghe tese per proteggersi dalla pioggia, il pellegrino si metteva in cammino verso la sua meta per fare penitenza dei propri peccati, per imparare a seguire Gesù, magari per sciogliere un voto. Vi erano percorsi stabiliti, quali ad esempio il camino di Santiago, che portava a Santiago di Compostela e la Via Francigena che, come indica il termine, dalla Francia raggiungeva Roma attraversando la parte occidentale della penisola. Lungo questo cammino vi erano ospizi gestiti dai monaci e alber ghi presso cui si poteva alloggiare di notte e trovare conforto. Nono stante questo, i pellegrinaggi rimanevano molto pericolosi: si pote va essere assaliti e uccisi dai briganti, le donne potevano subire violenze e aggressioni, si potevano contrarre malattie che minava no la salute, ma tutto questo non frenava la fiducia e l’entusiasmo di chi partiva. I pellegrinaggi avevano anche il merito di avvicinare persone provenienti da diverse località e paesi: le facevano sentire unite su uno stesso cammino e parte di un unico popolo.

Gli ordini mendicanti Una forma più estrema di vita cristiana fu quella degli ordini mendicanti. In un’età in cui il richiamo del denaro e del successo economico prendeva sempre più piede all’interno della società borghese, molti giovani erano attratti invece dal messaggio cristia no nella sua radicalità: abbandonare tutto e seguire Cristo in totale povertà. Si distinsero per questa scelta due grandi personaggi vis suti a cavallo tra il XII e il XIII secolo: l’italiano Francesco d’Assisi e Domenico de Guzman, originario della Spagna ma attivo in Francia e in Italia. Costoro, vivendo alla lettera il richiamo evangelico alla povertà totale, cominciarono a raccogliere intorno a sé altri giovani affascinati da questa proposta di vita. Da loro nacquero i grandi or dini mendicanti medioevali, quello dei Francescani (detti anche Frati Minori) e quello dei Domenicani (o Frati Predicatori). I primi si dedicarono specialmente all’aiuto ai poveri e ai diseredati (i leb brosi ad esempio) mentre i secondi alla predicazione della fede. In entrambi i casi gli appartenenti a questi ordini vivevano senza nul la, di sola elemosina.

Perché Francescani e mendicanti”?sonoDomenicanidetti“ordini

Papa Innocenzo III sogna san Francesco che sostiene la Chiesa Affresco di giotto (fine del XIII secolo), Basilica superiore, Assisi

Perché l’eresia catara costituiva una minaccia per la società medioevale? Legato Ambasciatore, inviato.

CAPITOLO 12 271 5 · Gli “esclusi”: eretici ed ebrei Gruppi e categorie sociali non assimilabili La società europea che si era venuta a creare a partire dall’XI secolo si presentava compatta e ben strutturata attorno a princi pi e valori cristiani accettati da tutti e sotto la guida unitaria della Chiesa. Per questo, come già abbiamo visto, poteva ben definirsi cristianità. Tuttavia nella realtà le cose erano più complesse. Si incontravano infatti anche gruppi e categorie di persone, numerica mente minoritarie ma significative, che non condividevano questi punti di riferimento comuni, che non erano facilmente assimilabili all’interno della societas christiana o che, addirittura, si ponevano in aperta contestazione di essa. Si trattava da una parte degli ebrei e, dall’altra, degli eretici. L’eresia càtara Verso la metà del XII secolo si diffuse a partire dalle regioni meri dionali della Francia, nella Linguadoca in particolare, una corrente religiosa ereticale chiamata Catarismo. Il cuore di questo movi mento fu nella città di Albi (e per questo i càtari furono chiamati anche albigesi) ma la sua origine sembra essere ancor più lontana: alcuni studiosi ipotizzano addirittura che provenga da antiche reli gioni orientali diffusesi prima di Cristo. Secondo i càtari (parola di origine greca che significa “i puri”), solo lo spirito è puro, mentre la materia, e quindi anche il corpo umano, è interamente corrotta dal male. Esaltavano perciò la morte in quanto solo con essa l’uomo può liberarsi dall’impurità, sottraendo il suo spirito alla schiavitù del corpo. Anche avere dei figli era, per in càtari, sbagliato, in quan to ogni nuovo nato sarebbe stato anch’esso prigioniero della mate ria. Nonostante questa visione negativa della vita umana, il loro comportamento ascetico, fatto di penitenze e rinunce allo scopo di mortificare il corpo materiale, incuteva rispetto sia ai signori feu dali che alla gente comune che li guardava talvolta con ammirazio ne. Tuttavia, la loro presenza e la diffusione delle loro idee costitui vano un oggettivo pericolo per l’ordine della società: essi infatti non riconoscevano alcuna autorità né politica né religiosa, non rispet tavano le leggi, non pagavano le tasse e non ritenevano si dovesse prestar fede ai giuramenti. Con loro, le nascite sarebbero diminuite e i matrimoni e le famiglie si sarebbero sfaldati. Inoltre, non rifug givano, se necessario, dalla pratica della violenza. La “crociata” contro i càtari Quando dei sicari càtari assassinarono un legato pontificio, il papa Innocenzo III bandì una crociata contro di loro (1209), affi dandone l’esecuzione ai feudatari del nord della Francia i quali ne approfittarono per saccheggiare e conquistare le regioni meridio-

Particolare era la condizione degli ebrei. Essi vivevano dai tempi dell’Impero Romano all’interno della società occidentale ma erano visti con una certa diffidenza e ostilità soprattutto da parte del po polo. Era infatti diffuso un atteggiamento che potremmo chiamare di antigiudaismo, in quanto essi erano ritenuti colpevoli della con danna a morte di Gesù, il figlio di Dio, e per questo accusati di essere un popolo deicida. Si trattava quindi di un’ostilità che aveva alla sua origine una motivazione religiosa e non razziale (come avverrà per l’antisemitismo dei nazisti nel XX secolo). Questa accusa verso gli ebrei era del tutto infondata e le autorità della Chiesa non l’avevano mai legittimata, come non avevano mai giustificato atteggiamenti persecutori nei loro confronti (un decreto di papa Gregorio Magno difendeva anzi i loro diritti), ma purtroppo era diffusa a livello po Abiurare Rinunciare solennemente e pubblicamente alle proprie idee, in particolare in campo religioso.

Un altro movimento ereticale fu quello sorto, sempre in Francia, a Lione, ad opera di un ricco mercante, Pietro Valdo. Egli, colpito dal richiamo alla povertà contenuto nel Vangelo, decise di dare tut te le sue ricchezze ai poveri e di dedicarsi a una vita pura e casta. Nel 1173 costituì, con un gruppo di seguaci, il movimento dei “poveri di Lione”, che inizialmente non vollero porsi al di fuori della Chiesa. Purtroppo, però, una serie di incomprensioni, aumentate quando i seguaci di Valdo vollero dedicarsi alla predicazione delle verità di fede pur non essendo ecclesiastici e non avendone la preparazione, portarono allo scontro con il papa che li scomunicò. A seguito della scomunica, i “poveri di Lione” uscirono dalla Chiesa cattolica co stituendo una Chiesa alternativa, detta da allora valdese, che esiste tuttora e che ha la sua sede principale in Italia, in alcune valli del Piemonte, dette perciò valli valdesi. Gli ebrei: un corpo estraneo della società occidentale?

272 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe nali che erano le più ricche del paese, massacrando brutalmente migliaia di persone. La fine della guerra contro di loro avvenne solo nel 1244 con la distruzione dell’ultima roccaforte che essi detene vano sui Pirenei, distruzione che pose termine in modo violento alla diffusione di questa dottrina. All’ultima fase del conflitto aveva preso parte direttamente anche il re di Francia, che ne approfittò per porre i territori meridionali sotto il suo potere. La fine dell’ere sia catara coincise quindi anche con il pieno assoggettamento a Parigi di tutto il meridione francese. A questo va aggiunto che nel 1231, per combattere la diffusione di queste idee era stato creato dalla Chiesa un tribunale speciale, che dava la caccia agli eretici per sot toporli a processo (era l’inizio della cosiddetta “Inquisizione”). In tal modo, gli eretici che non si pentivano e non abiuravano erano affidati alle autorità civili che, nei casi più estremi, li mettevano a morte. I “poveri di Lione”

Càtari espulsi da Carcassonne miniatura dalle Grandes Chroniques de France (Xv secolo), Bibliothèque Nationale, Parigi

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polare. Va detto anche che il sentimento popolare, soprattutto in quelle zone d’Europa in cui era massiccia la presenza di ebrei sin dalla fine dell’Impero Romano, faticava ad accettare la presenza di persone che, all’apparenza uguali a tutti gli altri per fattezze e lin gua, non erano assimilabili al resto della società per usi e costumi derivanti dalla propria religione, e che, anzi, affermando con fierez za la propria diversità, potevano a buon diritto essere considerati un popolo a sé stante. Con le mutate condizioni economico-sociali la situazione peggiora La situazione cominciò a peggiorare a partire dall’inizio delle cro ciate. In tale circostanza, come abbiamo visto, si registrarono vio lenze e massacri ad opera dei crociati soprattutto nelle aree renane e danubiane dell’Europa centro-orientale. In questo caso, però, alle motivazioni religiose si erano ormai aggiunte cause di tipo econo mico e sociale: agli ebrei non si perdonava il fatto che, potendo dePerché erano diffusi laantiebraicisentimentipressopopolazione?

274 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe dicarsi al commercio e soprattutto al prestito a interesse (pratica allora vietata dalla Chiesa) essi potevano arricchirsi, a danno dei cristiani poveri o di bassa condizione sociale, che erano quelli che avevano dato vita alle crociate “popolari” sorte spontaneamente e senza guida. Oltre che di violenze gli ebrei erano fatti oggetto anche di calunnie (tra cui quella infamante e assolutamente infondata di praticare omicidi rituali, di uccidere cioè cristiani, soprattutto bambini, per sacrificarli nei loro riti). Per la verità anche in questo caso le autorità, sia civili che religiose, cercarono di difenderli, im pedendo, ove riuscivano, queste violenze dettate dalla rabbia po polare. Lo stesso san Bernardo di Chiaravalle, intransigente predi catore della seconda crociata, intervenne in loro difesa con parole molto chiare («chiunque colpisca un ebreo per prendere la sua vita, è come uno che danneggia Cristo stesso…») e papa Innocenzo IV nel 1247 dimostrò l’assurdità dell’accusa di omicidio rituale. Rimaneva comunque diffusa l’idea che gli ebrei fossero un corpo estraneo con cui i cristiani non dovessero avere a che fare: nel IV Concilio Late ranense del 1215 si stabilì infatti che essi portassero dei segni iden tificativi (una rotella gialla cucita sull’abito) proprio per avvertire i cristiani della loro vicinanza e metterli in guardia dall’entrare in contatto con loro. L’espulsione dai maggiori stati europei Quando, verso la fine del XIII secolo, la società europea cominciò a vivere i primi drammi della carestia e poi della peste e della guerra, gli ebrei divennero, nel sentire popolare, i capri espiatori a cui im putare tutte le colpe di questa situazione. Anche i sovrani, purtrop po, ne trassero conseguenze e iniziarono le espulsioni: gli ebrei ven nero cacciati dall’Inghilterra nel 1290 e dalla Francia nel 1306. Sul declinare del Medioevo comunità ebraiche erano presenti ormai solo in Spagna, in Italia e in Germania. Al di là di atteggiamenti della Chiesa che sembrano contraddittori, almeno alla nostra mentalità moderna, va detto che per tutti i mille anni del Medioevo, Roma e lo Stato della Chiesa furono l’unico luogo nell’Europa occidentale dove gli ebrei non subirono mai violenze ed espulsioni. 6 · Un eccezionale sviluppo artistico e culturale Un contributo determinante I Comuni diedero alla cultura italiana ed europea un contributo determinante. Al loro interno, infatti, furono realizzati splendidi monumenti architettonici e capolavori artistici, si scrissero ope re letterarie e filosofiche di fondamentale importanza. Mercanti e Capro espiatorio Nel linguaggio comune è qualcuno a cui viene attribuita la responsabilità di mali diffusi nella società; si pensa perciò, in modo del tutto irrazionale, che sacrificandolo, la colpa venga espiata e il male allontanato. Il termine fa riferimento al sacrificio rituale del capretto presso gli antichi ebrei.

CAPITOLO 12 275 banchieri con i loro proventi finanziarono la costruzione di splen didi palazzi e di meravigliose cattedrali. Soprattutto nacquero all’interno delle maggiori città dei nuovi importantissimi centri di elaborazione culturale, le università. Con le università si va verso un sapere più laico Le università sorsero quando, nell’XI secolo, gruppi di studenti, bisognosi di accedere al sapere, anche allo scopo di avviarsi verso attività professionali sempre più complesse, si accordarono con dei docenti affinché divenissero loro insegnanti. Nacquero così queste nuove scuole che erano delle vere e proprie corporazioni di maestri e studenti, organizzate dapprima sulla base delle nazionalità poi in modo sempre più aperto. Prima il compito di trasmettere il sapere alle giovani generazioni era prevalentemente affidato alle scuole istituite presso le cattedrali o presso i monasteri. Si trattava però di un sapere finalizzato quasi esclusivamente all’accesso alla carriera ecclesiastica e basato su studi di carattere religioso e teologico. Ora invece, pur rimanendo la teologia e la filosofia la base di tutte le di scipline, si affrontavano anche materie pratiche, “mondane”. Le prime università di cui abbiamo notizia sono quella di Salerno, dove esisteva già una scuola di medicina, e quella di Bologna (fondata nel 1088) per lo studio del diritto; altri centri di studi di grande presti gio divennero Orléans per la grammatica e la retorica , Chartres e Oxford per le scienze, Parigi per la dialettica , la filosofia e la teolo gia. I docenti e gli allievi provenivano da ogni parte d’Europa e po tevano essere sia laici sia ecclesiastici. Retorica disciplina del parlare e dello scrivere bene cioè del saper organizzare un discorso in modo da convincere chi ascolta. Dialettica disciplina del ben argomentare cioè del ragionare in modo logico e razionale. Perché si dice che con le università si afferma un sapere sempre più laico? Studenti in lettura tomba di giovanni da JacobelloLegnano,ePier Paolo dalle masegne (fine XIv secolo), museo Civico, Bologna

276 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe Che cosa si studiava L’insegnamento era rigorosamente in latino, vera e propria lin gua internazionale del tempo, e questo facilitava l’accesso agli studi a giovani provenienti da diversi paesi d’Europa, che si trasferivano dal loro luogo di origine in cerca delle università più prestigiose (e per tale ragione venivano anche chiamati “chierici vaganti”). Le università si dotavano di un proprio statuto, assumevano i docenti, provvedevano al loro alloggio e a quello degli studenti. Godevano di larga autonomia, garantita loro dalla protezione della Chiesa, e del particolare privilegio del “diritto d’asilo”, per cui non poteva essere arrestato nessuno che si rifugiasse in una sede universitaria. Que sto creava negli studenti un clima di libertà e di spensieratezza che a volte si esprimeva anche in atteggiamenti indisciplinati o in gros solani scherzi (goliardia ) che agitavano la vita delle città, destando anche qualche preoccupazione riguardo all’ordine pubblico.

A riprova di ciò vi sono i grandi studiosi che fiorirono all’interno di queste università, dai filosofi san Tommaso d’Aquino, sant’Anselmo d’Aosta, sant’Alberto Magno, Pietro Abelardo, Giovanni Duns Sco to, agli scienziati Roberto Grossatesta, Giovanni Buridano, Rugge ro Bacone, al giurista Graziano. La concezione della vita propria dell’uomo medievale fu espressa, tra il XIII e il XIV secolo, in opere monumentali e insuperabili come la Summa Theologica, di san Tommaso d’Aquino, che in effetti è una vera e propria enciclopedia del sapere medioevale, e la Divina Commedia di Dante Alighieri.

Gli studi comprendevano il trivio, cioè le arti cosiddette libera li (grammatica, retorica e dialettica) e il quadrivio, che prevedeva l’insegnamento di aritmetica, geometria, musica e astronomia. Ad essi facevano seguito gli studi specialistici superiori, che duravano fino a sei anni per la medicina e il diritto e otto per la teologia. Al termine di questo ciclo di studi l’allievo otteneva il titolo di dottore, che lo autorizzava anche a insegnare (dottore deriva dal latino do cere che significa appunto insegnare).

Le grandi stagioni del romanico e del gotico Con l’XI secolo si ebbe in gran parte dell’Europa anche un risve glio delle arti, a partire dall’architettura. In molte città furono edifi cate bellissime cattedrali secondo uno stile che verrà definito roGoliardia termine che deriva dal personaggio biblico di golia, considerato nel medioevo alla stregua di un diavolo. Con questo termine gli studenti volevano indicare, in modo anche provocatorio, il ecomportamentoloroscanzonatoavoltescandaloso. Perché il metodo di lavalorizzavanellepraticatoinsegnamentouniversitàragione?

Un metodo che valorizzava la ragione Il metodo d’insegnamento nelle università si basava sulla lettura di un testo scritto, che poi veniva commentato dal docente e discus so liberamente dagli studenti. L’apprendimento era prevalente mente orale e, contrariamente a quanto si possa pensare, non si trattava di un insegnamento mnemonico e ripetitivo (lo diventerà nei secoli successivi); al contrario, si valorizzavano la discussione, la curiosità di approfondire, il ragionamento critico e la dialettica.

CAPITOLO 12 277 manico in quanto riprendeva alcune caratteristiche dell’architettura romana. Questo stile venne utilizzato anche nella costruzione delle chiese abbaziali dei monasteri e non solo nelle aree meridionali dell’Europa. A partire dal XIV secolo, invece, prevalse un nuovo sti le architettonico che si diffuse soprattutto nel nord Europa, e in particolare in Francia. Per questo venne chiamato gotico (cioè “bar barico”). Le chiese si fecero più alte e slanciate, con facciate e cam panili arricchiti da molteplici guglie e con finestre illuminate da splendidi vetrate. I costruttori di cattedrali, veri e propri maestri apprezzatissimi, anch’essi appartenenti a una corporazione, custo divano le tecniche di costruzione gelosamente, come dei segreti che si tramandavano di generazione in generazione. Tra i più im portanti costruttori vi erano quelli provenienti dal nord Italia detti Maestri Comacini o Campionesi perché originari della zona compresa tra Como e Campione d’Italia. Perché i due nuovi stili sidall’XIdiffusisiarchitettoniciapartiresecolochiamavano romanico e gotico? Danubio Reno Nilo SalernoSalamancaValladolid Oxford Cambridge Vercelli BolognaPadova Siviglia RomaPerugia OrleansAvignonePoitiersParigi ColoniaFriburgo Cracovia Alcalà Lovanio Treviri MagonzaViennaIngolstadtPavia Le finouniversitàalXVsecolo prima del dopo1300-14001300il1400

Francesco da ricco mercante a “poverello di Dio” Francesco nacque ad Assisi in Umbria, nel 1182, da un ricco mercante, Pietro Bernardone. grazie alle sue agiate condizioni economiche, poté per mettersi una giovinezza frivola e spensierata nella quale partecipò anche a una delle tante guerre, di piccole dimensioni ma violentissime, che allora si combattevano tra i vari Comuni italiani. Sempre più insoddisfatto, però, di questa vita si avvicinò al vangelo dal quale maturò la sua conversione e la decisione di dedicare tutta la sua esistenza a Cristo e ai poveri emarginati, a partire dai leb brosi, vivendo nell’assoluta povertà. La fama della sua vita si diffuse rapidamente e attorno a lui si raccolsero migliaia di giovani decisi a seguirlo, vi vendo come lui in povertà, preghiera e carità. Il grande spirito di obbedienza alla Chiesa Un’altra caratteristica che lo contraddistinse fu lo spirito di obbedienza alla Chiesa e al papa. A quei tempi infatti non era infrequente che persone de siderose di una autentica vita evangelica, di fronte allo scandalo dato dal comportamento degli alti ecclesiastici, si ponessero al di fuori della Chiesa e contro di essa, diventando eretici e fondando delle proprie chiese alternative. Francesco non fece nulla di tutto questo: cercò sempre, al con trario, di rimanere dentro la Chiesa, chiedendo ai papi l’approvazione per il suo operato. Potremmo dire che Francesco mise in pratica un principio fondamentale del Cristianesimo: che di fronte allo scandalo, più che la ribellione è utile l’esem pio. Nel 1210 fu approvata per la prima volta dal papa la regola del suo ordine che egli chiamerà dei Frati Minori. molte altre esperienze importan ti contrassegnarono la sua vita instancabile: dal tentativo, nel 1219, di convertire il sultano d’egitto alla fede cristiana, alla predicazione fuori dai con fini del nostro paese, all’esperienza straordinaria delle stimmate, le ferite sul corpo simili a quelle di gesù, che egli ricevette in modo miracoloso, nell’eremo della verna, nel Casentino. Fu canoniz zato da papa gregorio IX, appena due anni dopo la morte (nel 1228) e, insieme a Caterina da Sie na, è patrono d’Italia. Ricordiamo anche che una sua composizione poetica, il Cantico di Frate Sole (conosciuto anche come Cantico delle Creature), costituisce una delle prime e più alte manifesta zioni della letteratura italiana.

San Francesco e san Domenico: come correggere la Chiesa con l’esempio e non con la contestazione

METTIAMO A FUOCO

San Francesco e San domenico, pur molto diver si nel temperamento, ebbero in comune il senso dell’assoluta fedeltà al vangelo e alla Chiesa e, per questo, diedero un contributo decisivo al rinno vamento della vita religiosa cristiana in una fase di tumultuosi e anche drammatici cambiamenti. Con una vita esemplare rafforzarono la fede dei loro contemporanei e riavvicinarono al Cristiane simo molti che se ne stavano allontanando. Con la loro dottrina contribuirono a combattere le più pericolose eresie che si stavano diffondendo e che mettevano in pericolo la corretta trasmissio ne della fede.

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San Domenico: il battagliero predicatore della fede domenico de guzmàn nacque da una nobile fa miglia a Calaruega, in Spagna, nel 1170. dopo gli studi universitari, divenne sacerdote all’età di ventisei anni. Spinto da un forte desiderio di di fendere la fede cristiana in un’epoca di crescenti eresie, fondò nel 1206 l’ordine dei Frati predicatori, dediti alla vita di preghiera, allo studio e alla pre dicazione. La sua decisione incontrò il consenso di papa onorio III che ne approvò la regola e, da allora, l’ordine dei frati domenicani si diffuse rapi damente in tutta europa. domenico morì nel 1221 a Bologna, dove aveva istruito i suoi primi frati, e fu canonizzato nel 1234 da gregorio IX.

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La lotta tra il bene e il male rappresentati dall’arcangelo Michele e da altri angeli che combattono contro il drago Miniatura istoriata di incerta datazione proveniente dall’Italia centrale

METTIAMO A FUOCO I càtari: “puri” da morire Un Dio buono e un Dio malvagio I càtari erano ossessionati dalla purezza (anche il loro nome trae origine dall’antico greco katharòs, che significa puro). essi credevano che il mondo, in quanto materiale, fosse impuro e pieno di male e per questo fosse opera non di dio, che è som mamente buono, ma di una divinità malvagia (Sa tana). dio avrebbe creato solo lo spirito e tutto ciò che è spirituale mentre la materia, e quindi i corpi, sarebbero opera del dio malvagio. La loro era quindi una concezione dualistica della divini tà e di tutta la realtà. Per loro Satana, che per la religione cristiana è semplicemente una creatu ra, sebbene ribelle e votata al male, era invece un vero e proprio dio, avverso e nemico del dio buo no ma potente quanto lui. Ciò non pare differente da quanto affermavano talune religioni orientali dell’antichità come, ad esempio, lo zoroastrismo, diffusosi in Persia attorno al vI secolo avanti Cri sto e giunto, per vie traverse, fino all’occidente. Il male è nella materia Come detto, essi identificavano il male principal mente con la materia e con il corpo, anche quel lo dell’uomo, mentre il bene era identificato con lo spirito, l’anima. da ciò derivavano una serie di conseguenze, anche singolari, sul piano della vita pratica. essi rifiutavano e negavano tutto ciò che riguardava la materia e ne favoriva l’esistenza e praticavano un rigorosissimo ascetismo spiri tuale. Per questo rifiutavano i rapporti sessuali e la procreazione, negavano il matrimonio e, per quanto riguarda la vita sociale, non riconosceva no alcuna autorità. Rifiutavano inoltre il lavoro e il servizio militare, non pagavano le tasse e ritene vano i giuramenti privi di valore. Riguardo poi alla figura di Cristo, essi pensavano che fosse vissu to sulla terra solo come spirito e che il suo corpo materiale fosse stato solo un’apparenza, mentre l’intera Chiesa era opera di Satana. L’astinenza, anche totale, dal cibo L’aspetto sicuramente più singolare è che la mag gior parte di loro si asteneva da determinati cibi e alcuni, chiamati “perfetti”, ne praticavano ad dirittura la rinuncia totale fino a lasciarsi morire, pensando così di raggiungere la completa purez za (questa pratica si chiamava endura).

METTIAMO A FUOCO Essere bambini nel Medioevo

Una difficile sopravvivenza Le condizioni di vita dei bambini nel medioevo, come in tutte le società povere, non erano delle più facili. già sopravvivere dopo la nascita costi tuiva un problema. gli studiosi hanno calcolato che un bambino su tre moriva entro i primi cinque anni di vita e le cause di questa elevata mortali tà erano le più svariate: malattia, malnutrizione, mancanza di latte nelle mamme; a volte i bam bini restavano soffocati durante il sonno, perché venivano posti nei letti degli adulti per riscaldarli dal freddo. ma non era questo l’unico pericolo: purtroppo essi a volte venivano rapiti, o per chie derne riscatto o per essere venduti come schiavi. Un’infanzia serena ma breve Crescendo, però, il bambino era amato e circon dato dall’attenzione da parte di tutta la famiglia. gli storici Arsenio e Chiara Frugoni, in un libro dal titolo Storia di un giorno in una città medioevale, descrivono la vita dei bambini nell’età comuna le partendo dall’osservazione attenta di dipinti e miniature da cui ricavano curiose informazioni. I neonati erano fasciati in modo molto stretto come delle piccole mummie, perché si temeva che le ossa potessero crescere storte, e venivano posti in culle a dondolo (in qualche caso curio samente appese al soffitto per economizzare lo spazio). Appena usciti dalle fasce, venivano ve stiti come dei piccoli adulti (non esisteva la moda per l’infanzia!). Quando cominciavano a cammi nare, usavano girelli a ruote, esattamente come oggi. Anche i giochi erano in parte simili a quelli odierni: giocavano a palle di neve, alla guerra con spade di legno, a palla, a nascondino, con le trot tole, con i fischietti, con cavallini di legno. Addi rittura si giocava a colpire la palla con una mazza come una specie di hockey. Si facevano anche dei palloncini con le vesciche di maiale gonfiate. Troppo presto al lavoro Purtroppo, rispetto ad oggi, il tempo dell’infanzia allora era molto più breve. La vita media era più bassa e quindi si era costretti a diventare grandi prima. Ci si sposava in giovane età e i bambini di famiglie povere già a otto-dieci anni erano avvia ti al lavoro. L’istruzione avveniva fino a sei anni in casa e generalmente se ne occupava la madre. Poi, se le famiglie se lo potevano permettere, iniziava la scuola vera e propria. Le famiglie più ricche pote vano ospitare in casa un precettore per i loro figli, che insegnasse a leggere, scrivere e far di conto. Altrimenti vi erano le scuole monastiche destinate a quei bambini che avrebbero intrapreso la carrie ra ecclesiastica. Solo successivamente si crearono scuole aperte a tutti e gratuite, presso le sedi ve scovili. Inutile dire, è una costante del passato, che tra i metodi usati per far apprendere vi erano la memoria e… le bacchettate, che potevano essere sulla schiena o sulle mani. Per i più bravi e fortuna ti, al termine di questa scuola, vi era l’università. In questo percorso scolastico era quasi impossibile che trovassero spazio le bambine. esse rimane vano per lo più in casa ad apprendere le nozioni di vita domestica per prepararsi ad essere brave mogli e mamme. Non era però infrequente il caso di bambine di nobile famiglia a cui veniva data la possibilità di accedere agli studi. Anche le mo nache all’interno dei monasteri avevano questa possibilità e spesso conseguivano ottimi risultati, come dimostra ad esempio la celebre Ildegarda di Bingen, badessa e insieme grande studiosa nel campo delle lettere e della scienza.

280 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe

Il teatro nel Medioevo Secoli difficili per il teatro Nella tarda antichità romana il teatro aveva cono sciuto un notevole degrado. gli spettacoli comici erano pieni di volgarità e oscenità e nei circhi si assisteva ai giochi cruenti dei gladiatori o alle ter ribili uccisioni dei cristiani che venivano divorati dalle belve. tutto ciò aveva finito per gettare una cattiva luce su tutto il teatro che, nel medioevo, fu spesso osteggiato e guardato dagli uomini di Chiesa con diffidenza e sospetto. Le uniche for me di spettacolo comico sopravvissute erano le esibizioni nelle fiere e nei mercati di giocolieri, mimi e altri artisti girovaghi che intrattenevano il pubblico con giochi e scherzi piuttosto rozzi e di scadente qualità. Si diffonde il teatro religioso molto diffuso fu invece il teatro religioso che ac compagnava la liturgia e che si svolgeva inizial mente all’interno delle chiese. Si trattava per lo più di dialoghi recitati in latino, in occasione di ricorrenze religiose, che rappresentavano episo di biblici in modo piuttosto semplice e con testi ripresi dai vangeli senza nessuna particolare ag giunta (ad esempio il presepe vivente, che la tra dizione attribuisce a san Francesco, con la visita dei pastori e dei re magi alla capanna, l’annun ciazione, le scene della passione di Cristo, la sco perta del sepolcro vuoto la mattina di Pasqua). A poco a poco queste rappresentazioni si fecero più complesse e articolate: i dialoghi si arricchirono di nuove battute e frasi inventate, i personaggi acquistarono più importanza e vennero meglio caratterizzati, i costumi divennero più preziosi e ricercati. Anche le vicende rappresentate si fece ro più complesse: si mettevano in scena, infatti, vite dei santi oppure racconti allegorici conte nenti insegnamenti morali. Queste rappresenta zioni, diffuse in molte parti d’europa a partire dal XIII secolo, presero nomi differenti. In Francia si chiamarono misteri e miracoli, in Spagna Autos sacramentales, in Inghilterra Morality plays. In Ita lia si svilupparono le Laudi drammatiche. La più celebre fu quella di Jacopone da todi, un poeta umbro dell’ordine francescano, intitolata Donna de Paradiso. Questa lauda rappresenta la morte di gesù sulla croce con il pianto e il dolore della madonna che assiste alla drammatica morte del figlio. Anche il linguaggio cambiò: in coincidenza con lo sviluppo della nuova religiosità cittadina, il latino venne sostituito dalle nuove lingue volgari. gli spettacolo non vennero più allestiti nelle chie se ma all’esterno, sui sagrati o nelle piazze, con veri e propri palchi. gli attori non erano professio nisti o monaci, ma cittadini, spesso membri delle corporazioni. Le “feste dei folli” In particolari circostanze, ad esempio durante il carnevale, si organizzavano spettacoli comici singolari nei quali i partecipanti si divertivano a prendere in giro le autorità, spesso capovolgendo i ruoli. In questi spettacoli gli inferiori si burlava no dei superiori; gli studenti delle università, ad esempio, ridicolizzavano i loro professori rappre sentandoli a cavallo di un asino oppure mette vano l’asino in cattedra. Questi spettacoli erano chiamati “feste dei folli” e, anche se ufficialmente proibiti dalle autorità, erano però poi nella pratica tollerati perché rientravano in quel clima goliardi co diffuso presso gli ambienti universitari. Un’al tra forma particolare di spettacolo era quella dei trovatori (così chiamati nel sud della Francia, con una parola di origine provenzale che significava grosso modo “compositore”). Si trattava di poeti girovaghi che andavano di corte in corte o nella piazze dei mercati raccontando storie di dame e cavalieri o recitando testi poetici con l’accom pagnamento musicale. Saranno questi trovatori i primi poeti della storia della letteratura europea.

CAPITOLO 12 281

METTIAMO A FUOCO

Quanto fu difficile introdurre in Occidente i numeri arabi

Le grandi resistenze Nonostante l’evidente progresso, l’introduzione di questo nuovo sistema di numerazione incontrò molte resistenze. Ancora nel 1299, ad esempio, lo statuto dell’Arte dei cambiavalute di Firenze proibiva di farne uso pena una multa severa per ogni infrazione. Quali furono le ragioni di queste resistenze? Innanzitutto l’abitudine: chi è abitua to a un sistema millenario, per quanto complesso e macchinoso, diffida sempre un po’ delle novità. vi erano, però, anche altre ragioni: soprattutto si temeva che, essendo ancora ignorato da molti, questo sistema potesse portare a errori di calco lo o, peggio ancora, che potesse essere usato da chi era più impratichito per truffare o ingannare chi era meno esperto. Per queste ragioni ci volle ancora un secolo perché si arrivasse, verso la fine del trecento, alla generale accettazione di esso. Prima che nei commerci, i numeri arabi fecero perciò la loro comparsa nei sistemi di scrittura delle date: un cronista importante quale il fioren tino giovanni villani, ad esempio, vissuto a caval lo tra il XIII e il XIv secolo, ne farà ampio uso nelle sue opere. arabe orientali Cifre arabe occidentali XII secolo XIV secolo dei numeri arabi

282 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe NON TUTTI SANNO CHE…

Cifre

Cifre del

Cifre del

Il mercante e l’aritmetica Il sistema di calcolo basato sui numeri arabi fu introdotto in occidente dal pisano Leonardo Fi bonacci. Questi, vissuto a cavallo tra il XII e il XIII secolo, ebbe modo di soggiornare a lungo, lavo rando in campo commerciale per conto della sua città, presso gli Arabi sia in Algeria che in egitto e in Siria. Qui accumulò molte esperienze riguardo alla matematica e, tornato in patria, le fece cono scere attraverso un trattato, il Liber Abaci, pubbli cato nel 1202. Si trattava di una specie di enci clopedia dell’algebra nella quale egli introduceva la numerazione araba e mostrava come essa rap presentasse un grande vantaggio nell’esecuzione dei calcoli. Il suo non era un interesse “puro”; non era un matematico di professione, attratto dai nu meri. A lui interessava la matematica in funzione dell’attività commerciale. Le cifre arabe consen tivano, a suo avviso, calcoli più agevoli e veloci rispetto a quelle romane fino ad allora usate. e per questo erano più funzionali alle esigenze di rapidità che i mercanti avevano nelle operazioni di compravendita e nelle transazioni bancarie.

Cifre attuali L’evoluzione

SanPROTAGONISTITommaso

San Tommaso d’Aquino Dipinto di Carlo Crivelli (part.), XV secolo, National Gallery, Londra

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d’Aquino: quando la fede incontra la ragione Ragione e fede camminano insieme San tommaso d’Aquino è il più grande fra i teo logi cristiani e uno dei maggiori sapienti dell’u manità. La sua opera ha lasciato un segno inde lebile nella cultura europea, soprattutto perché ha saputo, seguendo l’insegnamento del grande filosofo greco Aristotele, valorizzare enorme mente la ragione umana, mettendola in rapporto con la fede. egli ritenne, infatti, che chi crede in dio non deve rinunciare a cercare di capire con la ragione chi è dio e com’è fatto. mentre, al contrario, chi cerca la verità con la ragione deve, con umiltà, riconoscere che essa non può spie gare tutto e che quindi è possibile completare la propria ricerca affidandosi alla fede. Può sem brare, per un ragazzo della tua età, una questio ne molto difficile ma in realtà, se ci pensi bene, questo è ciò che ci accade tutti i giorni. Nella vita quotidiana, infatti, quante volte ci capita di fidarci di quello che altri ci dicono, ma poi voglia mo essere noi stessi a “vederci chiaro”, e quan te volte, al contrario, se non riusciamo a capire tutto, ci convinciamo che è bene fidarci di quello che altri, di cui abbiamo stima, ci dicono. È esat tamente questo che, con discorsi naturalmente più complessi, ha cercato di spiegare san tom maso in tutti i suoi numerosi scritti. La scelta di farsi domenicano tommaso nacque attorno al 1224, o forse nel 1221, nel Castello di Roccasecca, nelle vicinanze di Aquino in Ciociaria. Il padre era signore di quei luoghi mentre la madre era di origine normanna; la sua famiglia era legata all’imperatore. Avvia to agli studi nell’abbazia di montecassino, prese la decisione di farsi monaco, ma fu duramente ostacolato dai parenti che arrivarono a rapirlo e a imprigionarlo in un castello per circa un anno per fargli cambiare idea. tommaso, però, restò fermo nel suo proposito, anche se poi scelse di entrare, nel 1244, nel nuovo ordine dei predicatori, anzi ché nei benedettini. Compiuti poi gli studi nella nuova università di Napoli, fondata da Federico II, venne avviato dai superiori a Colonia a continua re la sua carriera universitaria sotto la guida del grande maestro Alberto magno. Gli anni di insegnamento Qui seppe conquistarsi grande fama al punto che gli fu assegnata la prestigiosa cattedra alla Sor bona di Parigi, dove insegnò insieme al più cele bre teologo francescano del tempo, Bonaventura da Bagnoregio. I due ebbero un grande seguito presso gli studenti che affollavano le loro lezioni, anche se le loro visioni filosofiche erano diverse e non di rado contrastanti. Più legata all’opera del grande filosofo antico Aristiotele, quella di tom maso, più vicina a Platone, altro grande filosofo greco, quella di Bonaventura.

Un sapere enciclopedico molti sono stati gli scritti di tommaso, in gran par te frutto del suo insegnamento e del suo rapporto quotidiano con gli studenti; tra essi il capolavoro rimane la Summa Theologiæ (“Somma teologica”), in cui egli raccolse con linguaggio chiaro e rigoro so tutto il sapere cristiano del tempo nei vari cam pi della teologia, della filosofia, della morale, della politica e persino dell’economia. morì nel 1274, nell’abbazia cistercense di Fossanova, mentre era in viaggio per recarsi a un concilio a Lione, dove era stato invitato dal papa, come suo consigliere.

Misurare il tempo, misurare la vita

284 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe

I primi, posti sulle torri delle città, comparvero attorno al 1300 e non erano altro che dei gran di “svegliatori”: segnavano infatti ancora le ore limitandosi a batterle. Successivamente, com parvero i primi quadranti per segnare le ore, ma con una particolarità: l’indice che segnava l’ora (quella che chiamiamo lancetta) era fisso ed era il quadrante che ruotava attorno ad esso. Solo in un secondo tempo le parti si invertiranno e sarà l’indice a muoversi e il quadrante, con marcate le ore, rimarrà fisso. Il battere delle ore poi veniva affidato sempre più spesso a degli “automi” mec canici che riscuotevano grande successo presso la gente. Si trattava di uomini o animali in ferro che battevano sulle campane o emettevano suo ni (il più antico in Italia pare sia quello di orvieto detto “maurizio”, che risale al 1351; a Strasbur go tre anni dopo fu costruito un orologio con un gallo meccanico che ad ogni rintocco batteva le ali e cantava). Questi strumenti erano costosi e ancora imprecisi, soprattutto per gli attriti che frenavano i movimenti degli ingranaggi, e anche perché non si usava ancora la lancetta dei minuti, che fu introdotta solo sul finire del XvI secolo. Il margine di errore poteva variare dai venti minuti all’ora, al giorno: un po’ troppo per noi così abitua ti alla precisione! L’orologio segna il tempo della città e del mercante Ben presto la vita delle città venne regolata da questa nuova misurazione, soprattutto le attività di lavoro: l’apertura delle botteghe, le consegne delle merci, le udienze dei giudici e dei notai, le at tività delle banche, l’inizio delle lezioni nelle scuole e nelle università verranno scanditi in questo nuo vo modo (qualche studioso parlerà di “tempo del mercante” che si affianca al “tempo dei monaci”). gli uomini si abitueranno a svolgere le loro attività non più regolandosi sulla luce del giorno, ma guar dando l’orologio e il ritmo della loro vita comince rà ad avere un andamento diverso, più frenetico e, come si direbbe oggi, sicuramente più stressante.

Il tempo del contadino e il tempo del monaco Quando la vita dell’uomo si svolgeva prevalente mente nelle campagne, non si sentiva l’esigenza di misurare con precisione lo scorrere del tempo. A dettare il ritmo del lavoro era, infatti, la natu ra e a illuminare l’uomo per le sue attività era la luce del sole: l’uomo si alzava all’alba, terminava il lavoro al tramonto, si coricava col calare del buio (e questi tempi, come sappiamo, variavano da stagione a stagione). Affidandosi alla natura l’uomo ne adottava i ritmi molto blandi, senza avere l’assillo della precisione. Per la verità, con la diffusione del monachesimo, fu introdotto un altro criterio per misurare il tempo: la preghiera. Più volte al giorno, a intervalli regolari, i monaci si radunavamo per recitare le loro preghiere e la giornata era scandita da questi momenti che si al ternavano a quelli in cui si svolgevano altre attivi tà. Al tempo del contadino si aggiungeva, quindi, il tempo del monaco. e in questo secondo caso l’esigenza di una misurazione più precisa del tem po, con la quale calcolare esattamente l’intervallo tra una preghiera e l’altra, cominciò a farsi sentire.

Fu all’interno dei monasteri che si crearono quin di, attorno al XII secolo, le prime “macchine” per misurare il tempo, macchine più comode e pre cise rispetto alle antiche meridiane (che di notte non si potevano usare) e clessidre. Si trattava di “svegliatori meccanici”, strumenti con meccani smi capaci di azionare rudimentali suonerie a in tervalli regolari, così da indicare ai monaci il mo mento di radunarsi, soprattutto di notte. Gli orologi “a scappamento” : dal pressappoco alla precisione Questi strumenti erano detti “a scappamento” e consistevano per lo più in una ruota che girava azionata da una forza esterna, un peso (e, in un secondo momento, una molla), che era controlla ta da un dispositivo che la frenava nel suo movi mento, così da farlo procedere a scatti distanziati con assoluta regolarità. Senza questi dispositivi frenanti, la ruota si sarebbe mossa rapidamente e l’energia impressa su di essa si sarebbe esaurita subito. Fu da qui che nacque l’idea dell’orologio.

METTIAMO A FUOCO

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METTIAMO A FUOCO Il romanico e il gotico: l’arte della pietra e della luce Le chiese romaniche: luoghi di pace e di raccoglimento Come detto, dopo il mille fiorì, soprattutto nell’eu ropa meridionale, uno stile architettonico chiama to “romanico” perché riprendeva alcuni caratteri dell’antica architettura romana. Le chiese in stile romanico, pur con qualche differenza, presentano molti tratti comuni e caratteristici e tutto, al loro interno, favorisce una profonda sensazione di pace e di raccoglimento. Innanzitutto presentano una facciata abbellita da decorazioni e con una grande finestra circolare, il rosone, che proietta la luce del sole fin sull’altare, mentre il resto della chiesa è in ombra per la quasi totale assenza di finestre late rali. L’interno è di solito diviso in tre navate, gran di corridoi separati tra loro da pilastri e colonne di varie forme e dimensioni. di queste, la navata centrale confluisce verso l’altare rialzato sotto cui è situata la cripta, una cappellina sotterranea che conserva le reliquie del santo a cui la chiesa è de dicata. Il tetto, non più in legno ma in muratura, presenta soffitti con volte a crociera (a forma cioè di croce), che poggiano sui pilastri. La pianta è a croce latina, cioè con il braccio verticale più lungo di quello orizzontale (si dice a croce greca invece quando i due bracci hanno lunghezza uguale). Il gotico, lo stile del nord diverso è invece lo stile delle chiese che verran no costruite, a partire dal XIv secolo, in Francia e che si diffuse poi in tutto il resto d’europa. Questo stile verrà chiamato “gotico” proprio perché pro veniente dal nord, la terra che si riteneva popolata anticamente dai goti. La chiese gotiche sono più alte, tese verso il cielo come a significare l’uomo che vuole innalzarsi verso dio. Le facciate sono riccamente decorate e arricchite da moltepli ci guglie appuntite, coronate a volte da statue di santi. L’interno, molto più elaborato rispetto alla semplicità delle chiese romaniche, è illuminato da luci multicolori provenienti da splendide vetrate a mosaico che ricoprono le grandi finestre laterali. Caratteristico dello stile gotico è poi l’uso di archi allungati verso l’alto, detti “a sesto acuto” che con tribuiscono a rafforzare l’idea di un innalzamento verso il cielo. Queste chiese sono molto più grandi, spaziose e riccamente decorate rispetto a quelle romaniche, ma forse per questo anche meno rac colte. L’imponenza e la maestosità infatti possono, a volte, rendere più difficile la concentrazione e la meditazione dei fedeli. Sia le chiese romaniche che quelle gotiche sono ricchissime di sculture (si può parlare per loro di una vera e propria “arte della pietra e della luce”): statue, decorazioni, capitelli (le parti terminali delle colonne) che rappresen tano Cristo o altre figure sacre, scene bibliche, ma anche animali fantasiosi, mostri che simboleggia no i peccati e i vizi dell’uomo. talvolta queste figu re mostruose sono poste all’esterno per significare che il peccato non trova posto nella chiesa. Abbazia di Sant’Antimo, località nel comune di Montalcino (Siena) Cattedrale di San Pietro di Beauvais (Francia)

L’arte del fabbro (in alto) L’arte dell’edificare (in basso) Formelle del campanile di Giotto, Bottega di Andrea Pisano (metà XIV secolo circa), Museo dell'Opera del Duomo, Firenze

286 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe LEGGIAMO L’ARTE

Il lavoro dell’uomo nel ciclo delle formelle del campanile del duomo di Firenze Il campanile del duomo di Firenze, alla cui rea lizzazione ha partecipato anche il grande pittore giotto, si erge imponente a fianco della cattedrale e ospita sulle sue pareti esterne splendidi bassori lievi realizzati molto probabilmente dalla bottega dello scultore Andrea Pisano. Questi bassorilievi rappresentano con straordinaria efficacia il lavo ro umano in relazione con l’opera di dio. va detto che la rappresentazione del lavoro umano, visto in particolare attraverso lo scorrere dei mesi dell’an no, fu una delle caratteristiche originali dell’arte medioevale. Cicli di rappresentazioni scultoree o pittoriche di questo genere si trovano ed esempio, solo per citarne alcuni, sulla fontana maggiore di Perugia, sull’ingresso del duomo di modena, in una sala del castello del Buonconsiglio a trento. mai, nel mondo antico, il lavoro umano era sta to rappresentato con così tanto interesse, segno del fatto che è stato con l’avvento del Cristiane simo che esso è stato nobilitato fino a diventare, ricordiamo il motto benedettino «ora et labora», il completamento della preghiera. Il ciclo delle formelle Le formelle del campanile del duomo di Firenze sono di grande interesse perché spiegano con chiarezza, più di altre raffigurazioni, il significato che gli uomini medioevali attribuivano al lavoro. Sono bassorilievi di forma sia esagonale (l’esa gono era la figura che simboleggiava i sei giorni della creazione) che romboidale, che decorano la parte bassa delle quattro pareti esterne. Si parte, sul lato ovest, con la rappresentazione della cre azione di Adamo ed eva da parte di dio, segno che il lavoro dell’uomo, raffigurato nelle formelle successive, non è che la prosecuzione dell’opera creatrice di dio. Seguono sugli altri lati le descri zioni del lavoro come frutto dell’ingegnosità uma na con la quale l’uomo si realizza (tra questi l’a stronomia, l’arte delle costruzioni, la medicina, la tessitura); il lavoro guidato dalle arti liberali cioè le discipline studiate nelle università e nelle quali la ragione umana assume un ruolo importantis simo e l’uomo raggiunge la perfezione con le arti della scultura, della pittura e dell’architettura; in fine, sul quarto lato, la rappresentazione dei sa cramenti, cioè l’opera con la quale gesù trasfor ma l’uomo e lo eleva alla perfezione della santità, completando così la creazione divina.

4. In questo fervore religioso presero piede anche forme ereticali quali quelle dei càtari e dei valdesi. Contro di esse, però, la Chiesa fu durissima: non vennero in alcun modo tollerate e vennero estirpate con la forza. Purtroppo in questo periodo si accentuò, soprattutto per motivazioni economiche, l’ostilità nei confronti degli ebrei. Durante le crociate si verificarono i primi massacri nei villaggi dell’Europa orientale e successivamente cominciarono le prime espulsioni dagli stati europei.

diventa imperatore 1290 espulsione

Raccontiamo in breve

5. Nacquero in questo periodo anche le università, come corporazioni di studenti e professori. In esse si trasmetteva un sapere più aperto alle materie di uso pratico e si valorizzava molto l’uso della ragione e l’apprendimento critico. La lingua usata da studenti e professori era il latino. Grande sviluppo ebbe, infine, l’arte, soprattutto con la fioritura dei grandi stili architettonici del romanico e del gotico. d’AssisiFrancesco Pace di Augusta contro i càtari Federico II di Svevia d’Asburgo degli

1170 nasce domenico di guzman 1182 nasce

ebrei dall’Inghilterra 1294 Bonifacio vIII papa la dellineatempo versione audio on-line

2. Le Corporazioni delle Arti e dei Mestieri erano organizzazioni che accompagnavano e sostenevano la vita dei loro membri e di cui dovevano far parte tutti coloro che esercitavano un lavoro qualificato. Esse fornivano aiuto ai membri in difficoltà, stabilivano le regole di svolgimento del lavoro, i prezzi dei prodotti, le modalità con cui i prodotti dovevano essere realizzati, paghe e orari dei salariati. Grande sviluppo ebbero anche l’attività mercantile e quella bancaria; nacquero nuove forme di pagamento che garantivano più sicurezza nella circolazione del denaro: la lettera di cambio, antenata del nostro assegno, e il giroconto.

CAPITOLO 12 287

diventa imperatore 1273 Rodolfo

1. L’età comunale, che raggiunse il suo culmine nel XIII secolo, rappresenta uno dei vertici della civiltà medioevale. All’interno delle città italiane si respirava un grande clima di libertà e ferveva uno spirito di intraprendenza e di creatività; era forte, inoltre, lo spirito comunitario: i cittadini appartenevano a comunità più vaste, come la famiglia, il quartiere, il Comune appunto, la corporazione e la confraternita, e questa appartenenza era vissuta con orgoglio e con entusiasmo.

3. In campo religioso, l’autorità della Chiesa rimaneva ancora molto salda, ma nascevano nuove realtà ed esperienze a testimonianza del bisogno, sempre più avvertito dai fedeli, di vivere da protagonisti la propria fede. Essi si riunivano in confraternite per pregare, partecipavano ai pellegrinaggi. Seguivano la predicazione di personaggi carismatici come san Francesco d’Assisi e san Domenico di Guzman che crearono ordini mendicanti, subito accolti dalla Chiesa.

1183

1209 crociata

1220

288 L’AP ogeo deLLA CIvILtà medIoevALe Attività e verifiche esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Che cos’erano le confraternite? 2. Come si svolgevano i censimenti nel medioevo? 3. dove si tenevano le fiere più importanti? 4. Quali erano allora le monete più utilizzate? 5. Quali furono le nuove tecniche finanziarie create dai mercanti e dai banchieri? 6. Quali erano le mete principali dei pellegrinaggi? 7. dove si diffuse l’eresia càtara e in che modo fu estirpata? 8. Chi erano i “poveri di Lione”? 9. Quali accuse infondate venivano rivolte contro gli ebrei? 10. Come nacquero le università? 11. Quale lingua era usata nelle università? 12. Quali erano le caratteristiche dell’architettura romanica, e quali quelle del gotico? esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1209 e spulsione degli ebrei dall’Inghilterra 1231 Crociata contro i catari 1290 Creazione del tribunale dell’inquisizione esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Le Corporazioni delle Arti e dei Mestieri erano a. associazioni che si occupavano di carità e di assistenza. b. organismi che consentivano di governare i Comuni. c. associazioni di liberi imprenditori che si davano delle regole per tutelare meglio il loro lavoro. Nel Medioevo la famiglia a. non aveva nessuna importanza. b. era molto importane e in essa avevano un ruolo fondamentale le donne. c. era molto importante e al suo interno era fortemente gerarchica. Per usura si intende a. il deposito di denaro presso le banche. b. il prestito di denaro a interesse. c. l’esistenza di diverse monete per ogni Comune.

I càtari erano a. una setta ereticale diffusa soprattutto in Francia e combattuta aspramente dalla Chiesa. b. un ordine mendicante diffuso nel sud della Francia. c. una corrente religiosa che si poneva contro la Chiesa e che si affermò in tutta l’europa. Le università erano frequentate a. da coloro che intendevano intraprendere la carriera ecclesiastica diventando vescovi o abati. b. da giovani provenienti da tutta europa che volevano imparare a svolgere nuove professioni. c. dagli apprendisti delle corporazioni.

esercizio 4 · Dopo aver letto attentamente le parti riguardanti le attività mercantili e bancarie, immagina di essere un mercante e racconta in una specie di diario le attività da te svolte. In tale diario devi raccontare di un tuo viaggio verso una fiera del nord Europa, i preparativi, le difficoltà incontrate durante il viaggio e le attività svolte una volta arrivato alla meta. La tua narrazione non deve naturalmente contenere elementi anacronistici. esercizio 5 · Spiega i significati delle espressioni sotto riportate riguardanti i fenomeni religiosi diffusi nel medioevo, mettendo in luce somiglianze e differenze. ordini monastici tradizionali ordini

omConfraternitemendicantiovimentiereticalirdinimonastico-cavallereschi

CAPITOLO 12 289

Federico II e Bonifacio VIII: impero e papato a cavallo tra Medioevo e modernità Federico II di Svevia, che si trovò investito, oltre che della corona imperiale anche di quella del Regno di Sicilia, fu sovrano energico e potente. Volle, con la sua azione spesso spregiudicata, ridare prestigio e autorità all’Impero, puntando, soprattutto nei suoi territori italiani, a realizzare uno stato accentrato ed efficiente, superando i particolarismi, limitando i poteri dei nobili e dei Comuni e scontrandosi in maniera anche durissima con il papato che temeva il suo eccessivo potere. Aperto nei confronti della cultura, mostrò idee innovative anche riguardo ai rapporti con l’Islam, verso il quale abbandonò ogni forma di politica aggressiva e cercò invece il dialogo. Lo scontro nuovamente drammatico tra papato e impero, riaccesosi in questo frangente, occupò i decenni centrali del secolo XIII. La temporanea vittoria del papa in questo scontro favorì il declino dell’Impero, e della casata sveva in particolare, ma al tempo stesso permise il rafforzamento dei nuovi stati nazionali, tra cui, soprattutto, quello francese. Per questo papa Bonifacio VIII, quando vorrà riaffermare il principio medioevale della superiorità del papato, si troverà di fronte come nemico non più, come in passato, l’imperatore, ma proprio il re di Francia, e sarà un nemico potente e senza più scrupoli. Monte,

Castel del

Capitolo 13 I due poteri universali dall’apogeo al declino

CAPITOLO 13 291

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1 · Federico II, la “meraviglia del mondo”

Perché i papi erano preoccupati dalla salita al trono imperiale di Federico II?

292 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno

L’infanzia Federico nacque a Jesi, nel 1194, figlio dell’imperatore Enrico VI e di Costanza d’Altavilla. Dalla madre ereditò, ancora bambino, il Regno di Sicilia (1198) mentre dal padre ricevette in eredità il Sacro Romano Impero (1220). L’unione di queste due corone, però, era tale da suscitare preoccupazione nei papi che, trovandosi circondati a nord e a sud dai domini imperiali, temevano di perdere la libertà tanto faticosamente acquistata con la lotta per le investiture. Fin dalla giovane età, rimasto orfano di entrambi i genitori, Fe derico fu affidato a papa Innocenzo III, che ne divenne il tutore. Il papa lo fece allevare con ogni cura, si occupò soprattutto della sua istruzione e formazione culturale, ma cercò in tutti i modi di man tenere separato il trono di Sicilia da quello imperiale. La contrarietà del papa alla sua nomina imperiale Per questo motivo, nel 1209 Innocenzo III incoronò imperatore un altro pretendente al trono, Ottone IV di Brunswick, capo del partito guelfo. Ottone, però, tradì le aspettative del papa in quanto scese egli stesso in Italia per impossessarsi anche del Regno di Sici lia. Innocenzo, allora, lo scomunicò, mentre Federico colse al volo l’occasione per recarsi in Germania e lì ottenere, nel 1212, l’incoronazione a re da parte dei grandi feudatari. Oramai, tra lui e Ottone era guerra aperta. A questo punto il papa appoggiò la candidatura di Federico, in cambio della promessa di rinunciare alla corona di Si cilia. Successivamente Federico promise anche di organizzare una nuova crociata. Federico ottiene l’Impero Lo scontro decisivo per la conquista del trono imperiale non tardò ad arrivare e fu uno scontro dalle dimensioni europee. Da una parte, infatti, con Ottone era schierato il re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra, mentre dall’altra vi era il re di Francia Filippo II Augu sto (di questi due sovrani parleremo nel capitolo seguente). Il 27 luglio 1214 i due schieramenti si affrontarono a Bouvines, nel nord della Francia, in quella che verrà chiamata la “battaglia delle nazio ni” perché, per la prima volta nella storia del nostro continente, si combattevano eserciti di nazioni europee: quello francese, quello inglese e le truppe tedesche dei due rivali. Da questo scontro uscì sconfitto Ottone IV; Giovanni Senza Terra perse tutti i suoi posse dimenti francesi e, soprattutto, Federico rimase l’unico candidato al trono imperiale. Senza dover rinunciare allo scettro di re di Sici lia, ottenne così di venire incoronato imperatore, a Roma, col nome di Federico II.

Perché la battaglia di Bouvines fu definita la “battaglia delle nazioni”’?

AlessandriaGerusalemme Cordoba

L'impero ai tempi di Federico II domini diPatrimoniodaSicilianRegnogImperoSacroHohenstaufendegliRomanoermanicoormannodiereditatoFedericoIISanPietro

PomeraniaSlesia

diRegnoFrancia diRegnoAragona

MediterraneoDanubio Nilo RavennaRoma Arles Veneziad’UngheriaRegnoRegnodiPolonia

CAPITOLO 13 293

La crociata pacifica La visione dello stato che aveva Federico II era innovativa rispet to alla tradizione medioevale. Ai suoi occhi l’autorità imperiale era tendenzialmente assoluta e in questa prospettiva cominciò a contra stare non solo il potere dei feudatari e dei Comuni, ma anche quello della Chiesa. Ben presto entrò in conflitto col nuovo papa, Onorio III, che inutilmente gli chiese di mantenere fede alla promessa fat ta di organizzare una crociata, e col suo successore, il più energico e battagliero Gregorio IX, che giunse persino a scomunicarlo. A questo punto, Federico decise di partire ma, una volta giunto in Terra San ta, anziché combattere contro gli infedeli, firmò un trattato col Sul tano d’Egitto con cui ottenne il controllo di Gerusalemme, di cui si autoproclamò re. I pellegrini vi avrebbero avuto, in tal modo, libero accesso. Egli non voleva sicuramente un conflitto dispendioso ma, soprattutto, sembra che non condividesse l’idea di una crociata e che fosse animato da un’intima simpatia verso l’Islam (già in precedenza aveva dimostrato questa apertura ad esempio reclutando mercena ri musulmani come sue guardie del corpo). Il papa, naturalmente, si sentì ingannato da questo atteggiamento e lo scomunicò di nuovo invadendo con le sue truppe il Regno di Sicilia. Federico, tornato in Italia, raggiunse un accordo col papa che gli revocò la scomunica in cambio della sua promessa di rispettare i diritti della Chiesa. Mar

Reno

LorenaBorgognaProvenzaAlsaziaSassoniaBrandeburgoTuringia

Fu un duro colpo per l’imperatore: questa volta, infatti, i grandi feudatari guelfi ne approfittarono per dare avvio a una nuova ribel lione. Anche i Comuni partirono alla riscossa e lo sconfissero in uno visione stato Federico II Comuni?

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294 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno

Il sogno di una collaborazione tra i due massimi poteri del Medioe vo stava definitivamente tramontando. Il papa successivo, Innocenzo IV, convocò un nuovo concilio, que sta volta a Lione in Francia, dove si era rifugiato per avere maggiore protezione. Qui Federico fu nuovamente scomunicato e, addirittu ra, deposto. I suoi sudditi furono quindi sciolti dal giuramento di obbedienza nei suoi confronti.

Con le Costituzioni Melfitane organizza il Regno di Sicilia Ora Federico era pronto per dedicarsi ai due compiti che riteneva importantissimi: organizzare il Regno di Sicilia, ponendolo sotto il suo pieno controllo, e sottomettere i Comuni dell’Italia settentrio nale.Nel 1231 promulgò le Costituzioni Melfitane, un insieme di leggi con le quali diminuiva il potere dei vescovi e dei baroni, ad esem pio assumendo su di sé l’amministrazione della giustizia, e poneva fine ad ogni intromissione degli uomini di chiesa in campo politico e amministrativo. Per rafforzare anche simbolicamente il suo pote re, diede il via alla costruzione di castelli e palazzi, tra cui il più ce lebre fu Castel del Monte in Puglia. Diede anche un grande impulso allo sviluppo della cultura: fondò, infatti, l’Università di Napoli, che oggi porta il suo nome, e favorì presso la sua corte, a Palermo, la na scita di una importante scuola poetica, la scuola poetica siciliana, le cui opere costituiscono una delle prime testimonianze della lette ratura in lingua volgare italiana. In lotta contro i Comuni Con i Comuni dell’Italia centro-settentrionale, invece, Federico arrivò allo scontro. Revocò i privilegi che suo nonno, il Barbaros sa, aveva concesso con la pace siglata a Costanza nel 1183. Quando poi i Comuni riorganizzarono la Lega Lombarda, egli li affrontò e, con l’aiuto del potente feudatario veronese Ezzelino da Romano e di alcuni Comuni ghibellini a lui fedeli, come Cremona e Pavia, li sconfisse duramente nella battaglia di Cortenuova nei pressi di BergamoGregorio(1237).IX,allora, lo scomunicò nuovamente e convocò un con cilio a Roma con lo scopo di dichiararlo decaduto dal trono. La rea zione di Federico fu però durissima: fece arrestare i cardinali che si stavano recando al concilio e marciò su Roma per catturare il papa che però, nel frattempo, era morto. La resa dei conti finale Lo scontro ormai era al culmine. Si era giunti alla resa dei conti fi nale non solo tra papa e imperatore ma anche fra guelfi e ghibellini.

CAPITOLO 13 295 scontro a Parma nel 1248, mentre l’anno seguente in una cruenta battaglia a Fossalta, presso il fiume Panaro, anche suo figlio Enzo venne battuto dai bolognesi e catturato. La situazione si stava fa cendo molto difficile, ma Federico II era ancora pronto a ripren dere la lotta quando la morte lo colse improvvisamente nel 1250, all’età di cinquantasei anni. Tomba di Federico II Cattedrale di Palermo

296 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno 2 · Il Sacro Romano Impero inizia il suo declino

Con la morte di Federico, la dinastia sveva si avviava al tramonto.

A questo punto rimaneva l’ultimo degli Hohenstaufen di Svevia, Corradino, che, sebbene giovane e con un esercito ridottissimo, cercò di opporsi a Carlo d’Angiò. Ancora una volta le città italiane si divisero: i guelfi si schierarono con gli angioini e il papa, i ghibellini con Corradino. La battaglia decisiva avvenne a Tagliacozzo, nell’I talia centrale, dove l’esercito svevo fu distrutto. Lo sventurato Cor radino, caduto prigioniero di Carlo, fu fatto decapitare senza pietà a soli sedici anni nella Piazza del Mercato di Napoli.

A ereditare il trono imperiale fu in un primo momento il figlio Cor rado IV, mentre il Regno di Sicilia fu usurpato dal fratellastro Manfredi, figlio naturale di Federico. Corrado IV morì però quasi subito, nel 1254, lasciando erede un figlio giovanissimo, Corradino. Man fredi, allora, riuscì a governare al posto del nipote, poi si fece inco ronare nel 1258 re di Sicilia. Anche stavolta il papa non gradì questa scelta e offrì il trono di Sicilia a Carlo d’Angiò, fratello del re di Fran cia, a condizione che accettasse di essere suo vassallo. Carlo accettò e scese in Italia con un consistente esercito per impossessarsi del regno. Nel 1266, nella battaglia di Benevento, sconfisse Manfredi, che disponeva di truppe di molto inferiori e che morì da valoroso in battaglia. Il tragico tentativo di Corradino

Manfredi: ambizioso quanto sfortunato pretendente al trono

Finiva così in modo tragico la dinastia imperiale sveva. Erano passati poco più di tre secoli da che era stato incoronato Ottone I. Il grande interregno Con la morte di Corrado IV, l’ultimo imperatore legittimo, e con il fallimento del tentativo di Corradino, si apriva un periodo di vuoto nella successione al trono imperiale. Si trattava di quello che venne chiamato grande interregno: non vi era un imperatore e i vari prin cipi tedeschi si scontravano tra loro senza ottenere nessun risulta to. Questa fase durò fino al 1273 quando riuscì a conquistare la co rona imperiale Rodolfo, esponente di una nuova casata, quella degli Asburgo, detti così perché provenivano dal castello di Habsburg in Lotaringia. Sia lui però, che il suo successore Alberto, si occuparono prevalentemente dei loro possedimenti in Germania (riuscirono ad esempio ad acquistare il Ducato d’Austria) trascurando però l’Ita lia. In ogni caso, lo stato di salute dell’Impero non era dei più floridi: pur essendoci ora formalmente un sovrano che si fregiava del titolo imperiale, il suo potere sia sui principi tedeschi sia sui Comuni ita Perché il papa offrì il trono di Sicilia a Carlo d’Angiò?

liani era, di fatto, ridottissimo. Tuttavia, questa dinastia, che partì in sordina, avrà modo di crescere nel tempo fino a diventare un fat tore determinante di tutta la scena politica europea almeno fino alla Prima guerra mondiale. Gli angioini a Napoli. La Guerra del vespro Carlo I d’Angiò, preso possesso del regno, non riuscì però a con quistare l’apprezzamento dei suoi nuovi sudditi. Attuò, infatti, una politica accentratrice, affidando l’amministrazione dello stato a funzionari francesi e inasprendo la pressione fiscale. Inoltre, i sol dati francesi si comportavano spesso in modo sprezzante e vessato rio, attirandosi le ire delle popolazioni locali. Questo portò, il 30 marzo del 1282, allo scoppio di una rivolta generale dei palermitani contro gli angioini. Questa rivolta venne chiamata dei vespri sicilia ni perché ebbe inizio quando un soldato francese maltrattò una dama siciliana che all’ora del vespro usciva di chiesa. La rivolta di vampò ben presto in tutta l’isola e si trasformò in guerra (la Guerra del vespro) allorché i siciliani chiesero l’aiuto di Pietro III, re del regno spagnolo di Aragona, a cui offrirono la corona. Gli angioini dovettero lasciare l’isola e Pietro III venne incoronato re a Palermo il 4 settembre 1282.

Il conflitto tra angioini e aragonesi durò vent’anni e si concluse con la Pace di Caltabellotta del 1302. Questa pace stabiliva che la Sicilia sarebbe passata agli aragonesi spagnoli, mentre la parte con tinentale del regno, chiamata ora Regno di Napoli, sarebbe rimasta agliDaangioini.questomomento

il Meridione d’Italia fu diviso in due, e la Si cilia, ormai parte del Regno d’Aragona, rimarrà in mani spagnole fino al 1715. Perché si parla di declino del Sacro Romano Impero? Vespro Parola di origine latina (vesper) che indica l’ora del tramonto. I vespri o vesperi sono le preghiere recitate, nella liturgia cattolica, proprio al calar del sole. Perché Carlo I d’Angiò si inimicò i Perchésudditi?scoppiò la Guerra del vespro? Duello tra un cavaliere francese e Manfredi Affresco proveniente dalla tour Ferrande (XIII FranciaPernes-secolo),Les-Fontaines,

Gli succedette, allora, il cardinale Benedetto Caetani, fiero rivale di Celestino, che prese il nome di Bonifacio VIII. Egli fu l’ultimo pontefice che tentò di dare supremazia al papato nel Medioevo.

Lo scontro col re di Francia Bonifacio VIII inaugurò il suo pontificato proclamando quello che fu il primo giubileo della storia della Chiesa. Migliaia di pelle grini accorsero a Roma nella settimana santa del 1300 a pregare sulla tomba di Pietro, a fare penitenza e ad acclamare il papa. Successivamente, forte anche del prestigio acquisito con il giubi leo, emanò la bolla Unam Sanctam, nella quale ribadiva, in forma ancor più forte, quanto già affermato dai papi precedenti: il papa è l’autorità a cui tutti gli uomini devono sottostare per raggiungere la salvezza e anche i sovrani e gli imperatori devono, in quanto uomi ni, sottomettersi a lui in tutto ciò che riguarda la salvezza della loro anima. Al papa, inoltre, spetta anche il controllo della corretta ge stione del potere politico. Questo documento acuì le tensioni in atto tra il papato e il re di Francia, Filippo IV il Bello, che si erano già scontrati in precedenza. Il motivo dello scontro riguardava sia la tassazione che il re voleva imporre al clero francese, sia il controllo sull’operato dei vescovi. Di fronte alla bolla pontificia la reazione di Filippo IV fu durissima. L’oltraggio di Anagni Filippo IV nel 1303 inviò contro il papa una spedizione militare, guidata dal suo cancelliere Guglielmo di Nogaret e dal nobile roma no Sciarra Colonna, esponente di una famiglia nemica dei Caetani. Raggiunto mentre si trovava nel suo palazzo ad Anagni, Bonifacio fu aggredito e si disse anche che fosse stato colpito al volto dal Co lonna (è il celebre schiaffo di Anagni). Fu un oltraggio gravissimo per il pontefice che ne morì poco dopo, per il dolore e l’umiliazione subita.Dopo di lui, il papato non riacquistò mai più il prestigio e la forza Conclave È l’assemblea dei cardinali che si riuniscono a porte chiuse (conclavis significa “che si chiude a chiave”) per eleggere il papa. Perché Celestino V rinunciò al papato? Giubileo Particolare ricorrenza (celebrata inizialmente ogni 50 anni, successivamente ogni 25) nella quale viene concessa un’indulgenza plenaria (cioè totale) e straordinaria a coloro che si recano in pellegrinaggio a Roma. Perché Filippo il Bello si scontrò con Bonifacio VIII?

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3 · Anche il papato medioevale verso il declino

La rinuncia di Celestino V e l’elezione di Bonifacio VIII

Dopo un lunghissimo conclave durato più di due anni, nel 1294 fu eletto papa un vecchio monaco eremita in fama di santità, Pietro da Morrone. Questi, timoroso di non essere in grado di svolgere questa missione e restio a lasciare la vita eremitica, non voleva assolutamente accettare l’incarico. Fu però convinto, e divenne papa col nome di Celestino V. Dopo qualche mese però, sentendosi in balìa di forze più grandi di lui, impaurito dell’enorme potere conferitogli con questa carica e a disagio per lo sfarzo della corte papale, decise di rinunciare e tornare al suo eremo.

di un tempo. Come vedremo Clemente V, un papa francese, decide rà nel 1309 di spostare la sede del papato da Roma ad Avignone in Francia. Lì i papi rimarranno fino al 1377, chiaramente sottomessi alla monarchia francese. Busto di Bonifacio VIII Scultura di Arnolfo di Cambio (XIV CittàAppartamentisecolo),Pontifici,delVaticano

METTIAMO A FUOCO

Il feroce Gengis Khan artefice del più grande impero della storia nel XIII secolo, proprio quando in europa avveni va il durissimo scontro tra il papato e Federico II, si profilò all’orizzonte una nuova terribile minac cia proveniente da oriente. Si trattava dei Mon goli, cavalieri nomadi che popolavano le steppe asiatiche e che dal secolo precedente avevano iniziato a espandersi sia verso est che a occiden te. Li guidava un leggendario condottiero, gengis Khan, che unì sotto il suo comando l’intero po polo e portò le sue conquiste fino all’Impero ci nese da una parte, all’Afghanistan, al turkestan, alla Persia, all’Armenia e alla Russia orientale dall’altra: probabilmente il più grande impero mai realizzato nella storia. I Mongoli erano forti di un’inarrestabile armata a cavallo, chiamata Orda d’oro, ma questo termine non deve trarre in in ganno. Se per orda intendiamo una massa scom posta e disordinata, essi erano tutt’altro. Ciò che li rendeva forti era la perfetta organizzazione dell’esercito: cavalieri abilissimi nel combatti mento a cavallo, rapidi negli spostamenti, con re parti ben strutturati a gruppi di dieci, cento, mille uomini e disciplina ferrea. nelle loro conquiste essi diedero prova anche di particolare crudeltà e ferocia: morte e devastazione, infatti, li accom pagnavano e spesso, al loro passaggio, i villaggi venivano completamente distrutti e intere popo lazioni sterminate. La minaccia giunge al cuore dell’Europa La morte di gengis Khan, avvenuta nel 1227, non frenò la spinta espansionistica di questo popolo. Sotto il suo successore, ogodai, essi arrivarono fin nel cuore dell’europa dove vennero chiamati

300 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno

Un’orda d’oro minaccia l’Europa: i Mongoli

Arabia BizantinoImpero 1221 1223 1222 1221 Bolgar DarbandTabriz Rey UrgencNishapurMervOtrar

CAPITOLO 13 301

I Mongoli nella loro avanzata diedero indubbia mente prova di brutalità e ferocia (anche se non dobbiamo mai dimenticare quanto di positivo racconta di loro Marco Polo nel suo celebre libro Il Milione). tuttavia, la loro espansione non ebbe solo effetti negativi, ma produsse anche inne gabili benefici. essi, infatti, con il loro dominio, misero in relazione popoli e civiltà sino ad allora distanti e separati e aprirono nuove vie commer ciali tra l’europa e l’Asia, dopo che queste erano state rese difficili dall’avanzata araba. Per questi motivi gli storici hanno parlato positivamente della pax mongolica, usando un’espressione simi le a quella usata per l’antico Impero Romano (la pax romana), che aveva avuto la stessa funzio ne: unificare vasti territori e consentire fecondi scambi e comunicazioni. L'impero di Gengis Khan d’origineterritori di gengis Khan domini mongoli nel Conquiste1206 di gengis Khan

I benefici della pax mongolica

anche tartari o tatari. Intorno al 1240 conqui starono Kiev e il territorio dell’attuale ucraina; nell’aprile del 1241 sconfissero in pochi giorni due eserciti europei mandati ad affrontarli, uno composto da tedeschi e polacchi e l’altro da un gheresi, e dilagarono poi nelle regioni occidentali. Invasa l’ungheria si mossero alla volta di Vienna e Spalato (nell’attuale Croazia). Alcune avanguar die raggiunsero udine e si spinsero fino all’Adria tico. Fu solo la morte del loro condottiero, avve nuta nel 1241, a fermarli. Morto ogodai infatti, le truppe mongole presero la via del ritorno in Asia per riunirsi in una grande assemblea che doveva eleggere il suo successore. In europa non torne ranno più: continueranno invece le loro conquiste in Asia. Importante fu nel 1258 la presa di Bagh dad come pure la ripresa espansionistica sotto un altro mitico condottiero, tamerlano, che nella seconda metà del XIV secolo mise a ferro e fuoco intere aree dell’Asia, dall’India fino alla Siria.

Kirghisi Tatari Tibet India Impero cinese dei Sung 1219 1226-27 Ningxia Khbalik (Pechino)

NON TUTTI SANNO CHE…

302 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno

Il tentativo di convertire i Tartari al Cristianesimo una quarantina di anni dopo partì un altro mis sionario francescano, giovanni da Montecorvino, inviato dal papa in oriente, su richiesta dell’im peratore mongolo Kublai desideroso di istruire il suo popolo alla fede cristiana. di lui si hanno poche notizie. Sembra che abbia tradotto in ci nese il nuovo testamento e abbia iniziato a ce lebrare la messa in quella lingua, operando molte conversioni. dopo alcuni anni riuscì a mettersi in contatto con il papa che lo ordinò vescovo di Pe chino e inviò altri missionari che collaborassero con lui. Purtroppo della sua opera e di quella degli altri frati si persero in occidente le tracce, ma il ricordo del Cristianesimo rimarrà vivo nel popolo cinese e quando, due secoli dopo, missionari ge suiti arriveranno in Cina, troveranno, per questo, accoglienza e disponibilità all’ascolto. Grande muraglia cinese

In missione nel lontano Oriente Inviato speciale in Oriente in missione diplomatica non fu solo Marco Polo l’unico europeo a percor rere le vie del lontano oriente. Altri, sia prima che dopo di lui, compirono lo stesso viaggio. Ricor diamo, tra i primi, il frate francescano giovanni da Pian del Carpine che può, a buon diritto, es sere considerato una sorta di inviato speciale in missione diplomatica, il primo europeo giunto in oriente per avviare relazioni con quei lontani po poli. nel 1245, infatti, egli percorse oltre 10.000 chilometri per promuovere, su incarico del papa, la conversione dei tartari al Cristianesimo e per chiedere loro di rinunciare alla conquista dell’eu ropa e di stipulare un’alleanza contro l’Islam. egli riuscì, nel luglio del 1246, a raggiungere la corte del temutissimo imperatore guyuk, nipo te di gengis Khan, che lo ricevette con cortesia e rispetto ma rifiutò le sue proposte. di lui, an che dopo il suo ritorno in europa, si conserverà il ricordo e, quando i Polo arriveranno a Pechino, scopriranno che alla corte imperiale il Cristianesi mo e le usanze occidentali erano ben conosciuti. di questo suo avventuroso viaggio egli diede uno straordinario resoconto nell’opera Historia Mon galorum, “La storia dei Mongoli”, opera che con tribuì a far conoscere in europa gli usi e i costumi di questo popolo lontano.

L’interesse per il mondo islamico

In anticipo sui tempi fu anche il suo interesse per il mondo musulmano, da cui provenivano molti sapienti che lui chiamò alla sua corte per essere istruito nei campi che più lo appassionavano: l’a strologia, la geografia e le scienze. Inoltre erano musulmani anche i mercenari che si occupavano della sua protezione personale. Questa sua apertura verso il mondo islamico non poteva essere gradita e neanche compresa a quei tempi: per questo i suoi avversari finirono per accusarlo di eresia e lo descrissero spesso come l’Anticristo, anche a causa della sua politica anti papale. Viceversa i suoi sostenitori lo esaltarono come se fosse un “secondo Cristo” che avrebbe purificato la Chiesa da tutti i suoi mali.

Una cultura ricca e aperta dotato di intelligenza brillante, unita a una vasta cultura e a una grande sagacia politica, Federico II si meritò dai contemporanei l’appellativo di Stupor mundi (cioè “Meraviglia del mondo”). egli seppe, con le sue qualità e la sua spregiudicatezza, pre correre i tempi, tanto da suscitare contemporane amente entusiasmo e stupore nei suoi ammirato ri e odio profondo nei suoi detrattori. dotato di un carattere ombroso e difficile, sapeva però anche mostrare grandi passioni ed entusiasmi. Il suo amore andò sempre alle terre del sud che aveva ereditato dalla madre e, per questo, si sentiva sia italiano che tedesco. Sviluppò perciò una cultura molto aperta, fondendo insieme elementi italici, tedeschi, mediterranei e anche arabo-musulmani. Il tentativo di creare al sud uno stato moderno dal punto di vista politico, egli si sentiva a tutti gli effetti un imperatore romano, chiamato a re staurare l’antica grandezza dell’Impero. Per rea lizzare questo suo progetto partì dal Meridione d’Italia dove cercò di realizzare uno stato moder no, accentrato ed efficiente. Per questo, limitò il potere dei grandi feudatari, come del resto era già avvenuto con i re normanni, e cercò di favorire la nascita di una moderna burocrazia, composta da amministratori pubblici e giuristi in grado di ope rare con fedeltà e rigore.

METTIAMO A FUOCO Federico II: la meraviglia del mondo

Per sostenere i costi della sua politica e far fron te alle spese per l’esercito che voleva forte e ben addestrato, introdusse un sistema fiscale gravo so, ma equo e uguale per tutti. Favorì lo sviluppo economico del regno attuando misure volte ad accrescere i commerci e le attività manifatturiere. Arrivò anche a coniare la prima moneta d’oro dai tempi di Carlo Magno, l’augustale. Un grande amore per la poesia nella sua corte, Federico II favorì un grande svi luppo culturale. Raccolse infatti molti poeti di varia provenienza, tra cui Jacopo da Lentini, Pier delle Vigne (che fu anche suo cancelliere), gia comino Pugliese. egli stesso, oltre a un trattato sulla caccia col falcone, una delle sue grandi pas sioni, scrisse testi poetici. Le opere di questi poeti, ispirate ai temi dell’amore cavalleresco e cortese, così come era cantato dai trovatori provenzali, pur non raggiungendo elevati vertici artistici, co stituirono uno dei primi esempi di letteratura ita liana in lingua volgare.

CAPITOLO 13 303

304 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA

L’ossessione delle geometrie perfette Castel del Monte è uno dei capolavori architet tonici più affascinanti e misteriosi che la civiltà medioevale ci ha lasciato. edificato da Federico II, probabilmente tra il 1240 e il 1250, troneggia ancora oggi, massiccio e imponente, dall’alto di una collina posta sull’altopiano delle Murge, in Puglia, nel territorio di Andria. La sua forma è uni ca al mondo, per certi aspetti bizzarra, originale, ma allo stesso tempo geometricamente perfetta fino all’esasperazione. Presenta, infatti, una pian ta rigorosamente ottagonale, con otto torri, non più alte del corpo dell’edificio, poste sugli angoli dell’ottagono. All’interno si trovano sedici stanze disposte su due piani (quindi otto per piano) di forma trapezoidale, da cui si accede alle scale e alle camere delle torri. Il cortile interno segue la forma dell’edificio: è quindi anch’esso ottagonale. L’ossessivo ripetersi del numero otto e la forma complessiva della pianta hanno spinto coloro che si rivolgono al passato in cerca di segreti e misteri a ipotizzare la presenza nell’opera di qualche si gnificato misterioso, magari un codice segreto che riveli chissà quale messaggio rivolto a qualcuno, o pochi, in grado di decifrarlo (si tratterebbe, perciò, di un messaggio esoterico). oppure si tratterebbe di riferimenti astrali, tenendo conto degli interessi culturali di Federico II, incline a occuparsi anche di queste tematiche. Si può notare, infine, che esso riprende, nella sua forma, quella della corona sve va con cui fu incoronato imperatore. In realtà, la maggior parte degli studiosi nega la presenza di tutti questi significati nascosti e ritiene più sempli cemente che la forma dell’edificio riveli un grande interesse per la geometria e la voglia di creare fi gure geometriche perfette e armoniose. Essenziale all’esterno, raffinato all’interno, e con colori straordinariamente cangianti Costruito in vari materiali, la pietra calcarea loca le, il marmo, la breccia corallina, presenta un’altra singolare caratteristica: i colori delle pareti cam biano sfumatura a seconda della luce del sole e dell’ora della giornata, con il prevalere di tonalità bianche oppure rosa, a seconda dei casi. essen ziale nelle linee e nelle decorazioni esterne, il ca stello doveva essere raffinatissimo all’interno, con rivestimenti colorati e mosaici, anche se purtrop po di questi non è rimasta che una piccolissima parte. dell’arredo interno ci sono pervenuti intatti solo cinque camini, di cui tre al piano superiore, e le latrine. A cosa serviva? non esistono informazioni certe riguardo alle funzioni di questo anomalo castello. La maggior parte degli studiosi ritiene però che non avesse funzioni militari o difensive, in quanto non ha né un fossato né un ponte levatoio. non fu neanche una residenza (non è sicuro infatti che Federico vi abbia mai soggiornato). È probabilmente un edificio destinato a ospitare l’imperatore e il suo seguito quando si dedicava alle battute di caccia (anche se non vi sono stalle per ospitare i cavalli) e doveva fare da sfondo scenografico per eventi di rilievo. Vi si tennero, infatti, alcune feste nuziali di nobili del regno. Caduto in disuso e semiabban donato dopo la fine degli Svevi, ha conosciuto vari restauri a partire dal XIX secolo e oggi si presenta tra le costruzioni meglio conservate di quel perio do. L’unesco nel 1996 lo ha inserito nel patrimo nio mondiale dell’umanità.

Castel del Monte: un capolavoro affascinante e misterioso

Come si comportò Sciarra Colonna nei confronti del papa? C’è traccia in questa testimonianza del celebre schiaffo di cui altri hanno parlato? A chi viene paragonato il papa quando si parla della sua prigionia? Come si comportò il popolo di Anagni? È un comportamento simile a quello dei Qualicardinali?particolari della narrazione ti fanno capire che l’autore del racconto parteggia apertamente per Bonifacio VIII? L’oltraggio di Anagni in una stampa ottocentesca di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville

Di quante persone si servì Sciarra Colonna per entrare in Anagni? Che insegna portava?

Perché Bonifacio VIII parla di tradimento?

CAPITOLO 13 305 PARTIAMO DALLE FONTI L’oltraggio di Anagni Quella che ti proponiamo è la narrazione dell’e pisodio dell’oltraggio di Anagni fatta dal cronista fiorentino giovanni Villani che fornisce dell’episo dio una versione favorevole al papa. Bonifacio VIII emerge, infatti, per la sua serenità e grandezza d’animo, mentre i suoi avversari, intimiditi dalla sua personalità, non osano colpirlo. Altra notizia rilevante che emerge dal racconto è quella della rivolta dei cittadini di Anagni che cacciarono i Co lonna e liberarono il papa. «trovandosi papa Bonifacio, coi suoi cardinali e con tutta la sua corte, ad Anagni, dov’era nato, in casa sua, nel mese di settembre 1303 Sciarra Colonna, con 300 uomini a cavallo e con gente a piedi, una mattina presto entrò in Anagni con le insegne e bandiere del re di Francia. giunti al palazzo papale senza incontrare resistenza, vi salirono e lo occuparono, perché l’assalto era stato improvviso e il papa e i suoi non stavano in guardia. Papa Bonifacio, sentendo il rumore e ve dendosi abbandonato da tutti i cardinali, fuggiti e nascosti chi per paura chi perché gli era ostile, e vedendo che i suoi nemici avevano preso la ter ra e lo stesso palazzo ove egli era, si considerò morto; ma, valente e generoso com’era, disse: “Poiché mi tocca essere catturato a tradimento e morire come gesù Cristo, almeno voglio morire come papa”. e giunti presso di lui Sciarra e gli altri nemici, lo schernirono con villane parole e lo arrestarono in sieme coi familiari che erano rimasti con lui. Ma nessuno ebbe l’ardire di mettergli le mani addos so; lo lasciarono, così parato com’era, sotto sor veglianza, e si misero a rubare il tesoro del papa e della Chiesa. Il valoroso papa rimase prigioniero dei suoi nemici per tre giorni, in questo dolore, vergogna e tormento; ma, come Cristo al terzo giorno risuscitò, così dio volle che papa Bonifacio fosse Senzalibero.preghiere o altri mezzi, per sola opera divi na, il popolo di Anagni, pentito del proprio errore e uscito dalla sua cieca ingratitudine, si levò im provvisamente in armi, gridando: “Viva il papa e muoiano i traditori!”; e, correndo per la città, ne cacciò Sciarra Colonna e i suoi seguaci e liberò il papa e la sua famiglia».dagiovanni Villani, Cronica, adatt.

In quale dei due dipinti la figura umana ti sembra più piatta e in quale invece si nota una certa profondità e un certo spessore?

Che cosa rappresenta, secondo te, lo sfondo dorato?

306 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno LEGGIAMO L’ARTE Giotto cantore dell’età comunale giotto (1266-1337) fu probabilmente la massi ma espressione pittorica dell’età comunale di cui esprime i valori e la sensibilità. La sua pittura è altamente innovativa e si discosta dai modelli bizantini su cui si reggeva tutta la tradizione ar tistica precedente. Analizzare la sua opera con sente, quindi, di mettere ancora più a fuoco le caratteristiche della nuova mentalità comunale. Prendiamo in esame, a questo proposito, uno dei suoi tanti capolavori, l’affresco raffigurante san Francesco che restituisce le vesti al padre, che fa parte del ciclo di affreschi che il pittore dedicò, nella basilica di Assisi, al grande santo di cui era un ammiratore. La scena raffigurata in particola re mostra il momento in cui il santo consegna le sue vesti al padre ed è coperto con un manto dal vescovo presente nella piazza. Attorno vi è la folla dei curiosi e dei notabili della città, che esprimono sui loro volti vari sentimenti e varie reazioni (uno di essi trattiene per la mano il padre adirato). Mettiamo a confronto questo dipinto con un’o pera più antica, dallo stesso soggetto (un santo) ma di impronta bizantina. Si tratta di Sant'Irene d'ungheria raffigurata in un mosaico della chiesa di Santa Sofia Le domande che riportiamo possono essere di aiuto nello sviluppare tale confronto: ti suggeriamo, a questo punto, alcune conclusio ni. giotto rappresenta il santo colto in un momen to di vita quotidiana, in mezzo agli uomini del suo tempo, nella sua città. non è isolato, circonfuso di luce e lontano dagli uomini. La città, poi, è rap presentata in tutta la sua vivacità e ricchezza. Vi sono i palazzi visti nella loro profondità (è la tec nica della “prospettiva” con cui si cercava di rap presentare la dimensione spaziale) e i personaggi non sono immobili come statue ma si muovono, esprimono sentimenti. Il santo, per giotto, era un uomo profondamente immerso nella vita cittadi na. Viveva la sua fede, pregava, compiva gesti di carità, nel rapporto quotidiano con le persone che aveva intorno. non fuggiva fuori dalla città e dal mondo per cercare la beatitudine in luoghi appar tati e lontani. tutto questo corrispondeva proprio alla nuova sensibilità cittadina e comunale: gli abitanti del Comune erano attivi, intraprendenti, vivevano all’interno della loro comunità dove cer cavano di vivere la loro fede e di realizzare la loro vita dentro le attività quotidiane.

In quale ambiente è inserita la scena di san Francesco?

In cosa si differenziano i due sfondi?

Ti sembrano più espressivi i volti dei personaggi di Giotto o quello del santo dell’icona bizantina?

In quale dei due dipinti il santo si muove e in quale invece è fermo e immobile?

CAPITOLO 13 307

METTIAMO A FUOCO

308 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno

Quanto è difficile giudicare i personaggi della storia

Il personaggio di Celestino V appare uno dei più controversi e discussi della storia della Chiesa. Considerato a quei tempi quasi un inetto, inca pace di assumersi un compito così gravoso come quello del pontificato, da dante è stato accusato addirittura di “viltà” e posto alle porte dell’inferno come ignavo. A lui sembra, infatti, riferirsi il gran de poeta quando nel III canto parla di «colui che fece per viltade il gran rifiuto». Il giudizio negativo di dante è spiegabile, oltre che con la sua visione eroica della missione papale, che non tollerava cedimenti e debolezze, anche col fatto che la con seguenza della rinuncia di Celestino fu l’elezione di Bonifacio VIII grande nemico di Firenze e suo personale. In sostanza, il giudizio di dante nei confronti di Celestino non poteva essere del tutto sereno perché egli era troppo personalmente coin volto nella vicenda. Al contrario papa Clemente V, il primo papa avignonese, evidentemente avverso alla politica di Bonifacio VIII, lo canonizzò procla mandolo santo e come tale oggi è venerato nel la Chiesa. Ancora oggi però questo personaggio è discusso: la storia, come saprai, non si fa con i “se” e i “ma”, ma molti si chiedono cosa ne sareb be stato della Chiesa se egli non avesse abdicato: sarebbe riuscito a condurla in modo forte e au torevole in un momento così drammatico come quello che si stava verificando? o con la sua linea riformatrice ed eccessivamente spirituale l’avreb be resa più debole di fronte alle potenze del mon do? Sono domande che non avranno mai risposta ma che ci insegnano quanto uno storico nel valu tare i personaggi del passato debba muoversi con cautela estrema. egli deve, innanzitutto, vagliare attentamente le opinioni dei testimoni diretti e chiedersi se sono imparziali, e quindi attendibili, o meno (è il caso del giudizio di dante), ma deve anche evitare di porre al passato domande che non possono trovare risposta perché anacroni stiche, in quanto si basano su problematiche che nella storia sono emerse successivamente ai fatti (è il caso delle domande che abbiamo riportato poche righe sopra). Celestino V in preghiera Miniatura da un codice medioevale

CAPITOLO 13 309

2. Una volta incoronato imperatore, Federico II entrò in contrasto con i pontefici, soprattutto perché si rifiutò di partire, come promesso, in una crociata e di mantenere separate la corona di Sicilia e quella imperiale.

6. Anche il papato si avviava verso un momento di crisi. Dopo la rinuncia di Celestino V al pontificato, venne eletto Bonifacio VIII, che organizzò il primo giubileo della storia, con enorme successo, e nel 1302, con la bolla “Unam Sanctam”, affermò il diritto del papa di destituire i sovrani, considerati suoi vassalli. Si scontrò però col re di Francia Filippo IV il Bello che non esitò a umiliarlo, infliggendogli l’oltraggio di Anagni. Il papa successivo, il francese Clemente V, succube del re di Francia, nel 1309, trasferì la sede papale da Roma ad Avignone 1214 battaglia di Bouvines 1220 Federico II di Svevia diventa imperatore 1237 battaglia di Cortenuova 1240 i Mongoli giungono a Kiev 1250 muore Federico II 1266 battaglia di Benevento 1268 battaglia di tagliacozzo 1273 Rodolfo d’Asburgo diventa imperatore 1282 inizia la guerra del vespro 1302 Pace di Caltabellotta 1303 oltraggio di Anagni 1309 il papato si trasferisce ad Avignone la dellineatempo

3. Rivendicando per se stesso un’autorità tendenzialmente assoluta, nel Regno di Sicilia, con le “Costituzioni Melfitane”, limitò il potere dei feudatari e della Chiesa, e cercò di creare un’amministrazione moderna ed efficiente. Nell’Italia settentrionale riprese la lotta contro i Comuni guelfi che sconfisse nella battaglia di Cortenuova (1237). A questo punto papa Innocenzo IV lo scomunicò di nuovo sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di obbedienza. La morte inaspettata di Federico nel 1250 pose, però, fine allo scontro.

Raccontiamo in breve

1. Federico di Svevia ereditò dal padre Enrico VI la corona imperiale e dalla madre Costanza d’Altavilla il Regno di Sicilia. La presa di possesso di questi territori fu però per lui difficile: i papi cercarono in tutti i modi di impedire che le due corone si unissero nella sua persona. Il conflitto fra il papa e Ottone IV di Brunswick, incoronato imperatore al suo posto, e la vittoria nella battaglia di Bouvines (1214) favorirono però il suo successo. Egli riuscì a diventare sia imperatore che re di Sicilia.

versione audio on-line

4. Inutili furono i tentativi di succedergli sul trono da parte, prima del figlio naturale Manfredi e poi del nipote Corradino. Entrambi vennero sconfitti e uccisi dalle truppe francesi di Carlo d’Angiò a cui, dal papa, era stato offerto il Regno di Sicilia. Con la morte di Corradino finiva la dinastia sveva e il trono imperiale rimase vacante fino al 1273 (è il cosiddetto “grande interregno”) quando divenne imperatore Rodolfo d’Asburgo.

5. Contro la dominazione angioina insorsero i siciliani nella Guerra del vespro. Essi chiesero l’aiuto di Pietro III d’Aragona che divenne re di Sicilia. Al termine di un conflitto ventennale il regno del sud fu diviso: agli angioini andò la parte continentale (Regno di Napoli) mentre gli aragonesi si insediarono in Sicilia.

310 I due P oteRI unIVeRSALI dALL’AP ogeo AL deCLIno Attività e verifiche esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Quali territori ereditò Federico II dai genitori? 2. Quali schieramenti si affrontarono nella battaglia di Bouvines? Chi ne uscì vincitore? 3. Come si concluse la crociata di Federico II? 4. Che cosa stabilivano le Costituzioni Melfitane? 5. Quali furono gli interventi di Federico II in campo culturale? 6. Qual era l’atteggiamento di Federico II nei confronti del mondo musulmano? 7. Chi successe a Federico II? 8. Che cos’è il grande interregno’? 9. Come si concluse la guerra del vespro? 10. Che cosa affermava la bolla Unam Sanctam? 11. Come si concluse lo scontro tra Bonifacio VIII e Filippo IV il Bello? esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1214 Battaglia di Cortenuova 1237 Morte di Federico II 1250 Inizio della guerra del vespro 1266 oltraggio di Anagni 1282 Battaglia di Bouvines 1303 Battaglia di Benevento esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. A Federico II successe Manfredi che consolidò il potere imperiale. V F Con l’uccisione di Corradino IV si estinse la casata sveva e iniziò il grande interregno. V F Al termine del grande interregno il titolo imperiale passò agli Asburgo. V F gli angioini erano una dinastia spagnola. V F Celestino V rimase papa a lungo. V F Col giubileo del 1300 migliaia di pellegrini giunsero a Roma. V F

Con la Pace di Caltabellotta a. si concluse la guerra del vespro e la Sicilia andò agli angioini mentre napoli passava agli aragonesi. b. si concluse la guerra del vespro con la sconfitta degli aragonesi. c. si concluse la guerra del vespro e la Sicilia andò agli aragonesi mentre napoli rimase agli angioini.

I papi ostacolarono la salita al trono imperiale di Federico II perché a. avrebbe realizzato un impero grandissimo. b. avrebbe unito la corona imperiale al Regno normanno di Sicilia. c. avrebbe minacciato la Chiesa.

CAPITOLO 13 311

esercizio 5 · Questo brano contiene parecchie inesattezze e imprecisioni. Riscrivilo sul tuo quaderno di lavoro, correggendole. Federico II, assunta la carica imperiale nel 1214 dopo la battaglia di Cortenuova, iniziò ad attuare una politica innovativa rispetto alla tradizione imperiale medioevale. Volle infatti dare un potere presso ché assoluto all’imperatore e per questo cercò alleanze con i feudatari, i Comuni e la stessa Chiesa. Per ingraziarsi il favore del papa organizzò una crociata che si concluse con la conquista di gerusa lemme. Con le Costituzioni Melfitane, cercò di organizzare al meglio il governo del Regno di Sicilia, ri ducendo il potere dei vescovi e dei baroni ma lasciando loro l’amministrazione della giustizia. Sco municato e deposto dal papa Innocenzo IV, Federico accettò questa decisione e cercò di riconciliarsi con lui, ma inutilmente. Morì, nel 1250. all’età di cinquantasei anni. Sul trono imperiale era pronto a succedergli il figlio enzo.

esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato.

Attuando le Costituzioni Melfitane Federico II a. intendeva ridurre il potere della nobiltà e della Chiesa nel suo Regno. b. intendeva favorire lo sviluppo dell’economia e dei commerci. c. intendeva realizzare un’alleanza con gli arabi musulmani.

Con la bolla Unam Sanctam Bonifacio VIII stabilì a. che sovrani e imperatori dovevano sottomettersi al papa. b. che sovrani e imperatori dovevano sottomettersi al papa per raggiungere la salvezza della loro anima. c. che l’imperatore era superiore al papa.

CAPITOLO 14 313 Capitolo 14

L’Europa nel XIII secolo: nascono gli stati nazionali

Un nuovo volto per l’Europa: il Medioevo si avvia al suo termine Nel corso del XIII secolo prese consistenza in Europa il processo di formazione degli stati nazionali. La Francia e l’Inghilterra, in particolare, assunsero, seppur in modo diverso e opposto fra loro, le caratteristiche di veri e propri regni ormai del tutto svincolati da papato e Impero, e sempre più apertamente in competizione con essi. I due grandi poteri sovranazionali che avevano fino ad allora guidato la cristianità, sia sul piano politico che su quello spirituale, sembravano così avviarsi a un lento, ma inesorabile declino. Ma c’è un altro elemento che evidenzia la crisi, anche ideale, del Medioevo. Si tratta del fallimento delle ultime crociate ormai allontanatesi dagli ideali originari. I nuovi crociati che partivano per i luoghi santi erano infatti sempre meno animati da ragioni ideali e religiose e sempre più mossi da interessi politici o economici. Le figure dei monaci-cavalieri erano ormai un ricordo del passato. Anche da questo si capisce che il Medioevo stava volgendo al termine. Luigi IX discute con i suoi consiglieri al ritorno della crociata Miniatura da Le livre des faits de Monseigneur Saint Louis (XV secolo) Bibliothèque Nationale, Parigi materialeversioneintegrativoon-lineaudioon-line

In Francia i re della dinastia capetingia riuscirono, nel corso del XII e del XIII secolo, a indebolire e a sottomettere i grandi feudata ri, come i duchi di Normandia e di Aquitania. Rafforzarono, quindi, gradualmente la loro autorità e il loro potere, riuscendo a costituire uno stato forte e accentrato e a farsi accettare da tutti come legitti mi sovrani. Un elemento che concorse a rafforzare la monarchia capetingia fu l’alone di sacralità di cui questi re seppero circondarsi, innanzitutto facendosi ungere con l’olio santo al momento della consacrazione. A questo si aggiunse ben presto la credenza popola re che essi sapessero, con l’imposizione delle mani, liberare le per sone da alcune malattie molto diffuse. Lo storico Marc Bloch ha parlato per questo di “re taumaturghi” cioè operatori di miracoli. Questa credenza è documentata già nella seconda metà dell’XI se colo e si rafforzò soprattutto con la figura del grande re Luigi IX, che raccolse fama di santità già durante la sua vita (e fu poi canonizzato dalla Chiesa nel 1297). Si trattava evidentemente di una leggenda ma la gente finì per esserne convinta. Accorreva con venerazione dal sovrano e si rafforzava nell’idea che fosse un personaggio ecce zionale, dotato di particolare assistenza divina, al quale quindi si doveva, anche per questo, totale e incondizionata obbedienza.

314 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI 1 · L’affermazione dell’autorità del sovrano nel Regno di Francia Re taumaturghi…

… ma anche molto abili e saggi Naturalmente non fu solo questa la ragione del rafforzamento della monarchia. Questi re seppero essere anche abili politici. Fi lippo II Augusto ad esempio, che regnò dal 1180 al 1223, con accor tezza si inserì, come visto nel capitolo precedente, nello scontro tra i due pretendenti al trono imperiale e combatté a Bouvines a fianco di Federico II contro Ottone IV e l’inglese Giovanni Senza Terra. La vittoria in quell’occasione gli consentì di entrare in possesso di molti territori che i sovrani inglesi possedevano in Francia. Inol tre nella sua azione di governo avviò un’opera di centralizzazione amministrativa, creando dei magistrati regi con i quali controllare l’azione dei feudatari. Luigi IX, il Santo Luigi IX, il re “santo” che regnò dal 1226 al 1270 (anche se nei primi anni sotto tutela della madre), fu uomo molto pio, che sep pe farsi benvolere dal suo popolo con una politica di moderazione e saggezza e con un grande impegno in favore dei poveri, dei ma lati e dei bisognosi. Fu anche un abile governante: con una saggia politica matrimoniale (sposò infatti Margherita figlia del conte di Provenza), unificò i feudi meridionali francesi alla Corona capetinPerché si parla di re taumaturghi a proposito dei sovrani francesi?

315 gia, rafforzando così il regno. Riuscì a far assegnare al fratello Carlo d’Angiò il Regno di Sicilia (che poi divenne Regno di Napoli). Mise ordine nel sistema delle leggi allora vigenti in Francia. Sottopose a controlli i suoi funzionari punendoli nel caso avessero commes so abusi nei confronti della popolazione verso cui mostrò sempre grande disponibilità all’ascolto. Coniò la moneta aurea che impose in tutto il territorio da lui governato. Non ebbero successo, invece, le due crociate da lui organizzate, ma di questo parleremo più avanti. Filippo IV il Bello: la massima espressione dell’autorità regia sullo stato Nipote di Luigi IX, Filippo IV il Bello fu il sovrano che affermò il principio della piena e assoluta superiorità del re all’interno dello stato, rispetto ad ogni altro potere, anche quello della Chiesa. Que sto lo portò, come abbiamo visto nel capitolo precedente, a scon trarsi apertamente col papa. Dopo di lui, però, i suoi immediati successori non si riveleranno altrettanto abili e forti. Nel 1328 finì la dinastia capetingia per li nea diretta. Ad essa subentrarono delle dinastie indirette, prima fra tutte quella dei Valois. Filippo IV il Bello Dipinto da Recueil des rois de France (XVI ParigiBibliothèquesecolo),Nationale,

La politica di Enrico II Plantageneto Con il re Enrico II, salito al trono nel 1154, si affermò in Inghilter ra la nuova dinastia angioina dei Plantageneti, detti così dal loro stemma che riproduceva una pianta di ginestra (in francese plante de genêt). Sua madre, infatti, della casata normanna, aveva sposato il principe della casa reale francese Goffredo d’Angiò. Enrico II vol le dare una forte impronta accentratrice al suo governo, soprattutPerché Guglielmo fu detto il Conquistatore?

316 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI

2 · L’Inghilterra verso una monarchia parlamentare L’Inghilterra prima dell’avvento dei Normanni L’Inghilterra, prima della conquista romana, era abitata da popo lazioni celtiche; poi, con la caduta dell’Impero Romano, subì l’in vasione degli Angli, dei Sassoni e di altre popolazioni germaniche, che la divisero in vari regni. Come abbiamo visto, a partire dal VII secolo iniziò l’opera di evangelizzazione da parte dei missionari cri stiani.Nella seconda metà del IX secolo dovette subire nuovi attacchi delle popolazioni vichinghe a cui cercò di opporsi il re Alfredo il Grande che riuscì ad arginarle, unificando sotto di sé il regno. I suoi successori dovettero lottare ancora contro gli invasori, ma senza successo. All’inizio dell’XI secolo l’isola era diventata praticamente una colonia danese e solo sul finire del secolo riacquistò per un bre ve periodo la propria indipendenza. Arriva Guglielmo il Conquistatore Alla morte del re Edoardo il Confessore non vi erano eredi diretti.

Il trono d’Inghilterra apparteneva ora al normanno Guglielmo, chiamato, proprio in seguito a questa vittoria, il Conquistatore.

Il trono finì nelle mani di Aroldo, potente conte di Wessex e cognato del re defunto. Vi era, però, un altro pretendente, Guglielmo duca di Normandia, nipote per parte di madre di Edoardo. Guglielmo giu dicò quella di Aroldo una usurpazione, anche perché Edoardo ave va designato lui come successore, e mosse guerra al rivale. Giunse dalla Francia con un esercito e sconfisse il suo avversario nella bat taglia di Hastings (1066) nella quale lo stesso Aroldo trovò la morte.

Questa dei Normanni però non fu una vera e propria invasione con masse di persone che si trasferivano in Inghilterra; fu piuttosto una conquista militare da parte di un gruppo ristretto e ben addestrato di guerrieri che poi si insediarono a corte e nei castelli (ne furono costruiti moltissimi in pochi anni), parlando francese e conservan do le loro usanze. Un fatto singolare è che Guglielmo, oltre che re d’Inghilterra, continuava ad essere duca di Normandia e quindi vassallo del re di Francia. Vedremo come questa situazione avrà gravi conseguenze nei secoli successivi.

Battaglia di Hastings Particolare del celebre arazzo di Bayeux (seconda metà dell’XI secolo) che racconta per immagini la conquista (Francia)dell’Inghilterra,normannaBayeux

CAPITOLO 14 317 to nei confronti della Chiesa, cercando di interferire, ad esempio, nella nomina dei vescovi. Si arrivò, così, a un duro scontro: Enrico fece addirittura assassinare l’arcivescovo di Canterbury ed ex can celliere, Tommaso Becket, che difendeva le ragioni della Chiesa contro le sue pretese. Attraverso un accorto matrimonio con Eleo nora, figlia del Duca di Aquitania e già moglie del re di Francia Luigi VII, entrò anche in possesso di ampi territori in tutta la Francia oc cidentale, territori che ormai andavano dalla Normandia, a nord, alla Linguadoca, a sud. Viene concessa la Magna Charta Il figlio primogenito di Enrico fu il celebre Riccardo Cuor di Leo ne, molto amato dal popolo, ma a lungo lontano dal suo Regno per ché impegnato nella terza crociata che, tra l’altro, come vedremo, ebbe un esito fallimentare. Alla sua partenza egli lasciò il Regno nelle mani del fratello minore Giovanni Senza Terra (chiamato così perché non disponeva di propri domini feudali). Giovanni non si di mostrò un abile regnante. Perse molti territori in Francia; sostenne la candidatura di Ottone IV al titolo imperiale e fu sconfitto con lui nella battaglia di Bouvines; non riuscì a imporre la sua volontà ai nobili inglesi. Questi ultimi, nel 1215, l’anno successivo alla sconfit ta di Bouvines, strapparono a Giovanni un’importantissima con Perché Enrico II fece TommasouccidereBecket?

cessione, la Magna Charta Libertatum (letteralmente “Grande Carta delle Libertà”). Si trattava di un documento che stabiliva, tra l’altro, che il re non avrebbe potuto imporre nessuna tassa senza il consenso generale dei suoi vassalli, che nessun uomo libero poteva essere arrestato arbitrariamente, neanche su ordine del re, e che un nobile poteva essere giudicato in tribunale solo da suoi pari.

laPerchéMagna Charta poneva dei limiti al potere del re? Perché si parla di Magnal’emanazioneinparlamentare”“monarchiaInghilterradopodellaCharta?

318 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI

Un popolo mai rassegnato Dall’VIII secolo la Spagna era sotto la dominazione musulmana, ma gli spagnoli non si erano mai totalmente rassegnati a questa situazione. Fin dall’inizio avevano difeso la loro identità e la loro fede cristiana e avevano alimentato speranze di liberazione. Rima nevano, inoltre, zone come il nord montuoso, ai piedi dei Pirenei, dove i musulmani non erano arrivati e dove popolazioni cristiane in fuga avevano trovato rifugio. Qui sarebbe avvenuta la battaglia di Covadonga del 722, nella quale un piccolo gruppo di cavalieri visigoti avrebbe fermato un ben più numeroso esercito musulma no. Questa battaglia, forse solo un piccolo scontro, si connotò di toni leggendari e acquistò un forte valore simbolico: era l’inizio di quella che sarebbe stata chiamata la Reconquista cioè la lotta degli spagnoli per liberare la loro terra dagli Arabi. Sempre nelle regioni dell’estremo nord sorse il Regno delle Asturie, che diventerà il pri mo nucleo della Spagna libera. Nei secoli successivi, a partire dal periodo carolingio, gli spagnoli cominciarono a strappare territori ai dominatori arabi, fino a crea re nuovi regni. I principali tra questi furono, nell’XI secolo, quello di Castiglia (chiamato così per l’alto numero di castelli che lo ca ratterizzavano) e quello di Aragona, il primo nella parte centrale del paese, il secondo nella parte nord-orientale. Accanto a questi, sorsero anche il Regno di Navarra (ai piedi dei Pirenei) e la Contea del Portogallo.

Nasce la monarchia parlamentare La Magna Charta rappresentava un atto con cui i nobili difende vano la loro libertà contro lo strapotere del re, al quale si imponeva no dei limiti che non poteva oltrepassare. L’assemblea dei nobili del regno finì, sotto i sovrani successivi, per prendere il nome di Parla mento: era la Camera dei Lords a cui si sarebbe aggiunta di lì a poco anche la Camera dei Comuni rappresentativa dell’alta borghesia cit tadina. Si tratta del primo parlamento nella storia dell’Europa me dievale. Per questo, d’ora innanzi, la forma di governo inglese si può a buon diritto definire una “monarchia parlamentare”.

3 · La Spagna avvia la Reconquista

CAPITOLO 14 319

Prende avvio la Reconquista La Spagna era ormai pronta per la Reconquista, favorita anche dall’indebolimento del califfato arabo che si stava frammentando in molti emirati. Quest’opera vide come protagonisti personag gi entrati poi nella leggenda come Rodrigo Diaz de Bivar, meglio conosciuto come El Cid Campeador, il quale animò la lotta per la libertà, giungendo a riconquistare l’importante città di Valencia (1094). Attore principale di questa riconquista, purtroppo spes so frenata dalle rivalità fra i vari regni cristiani, fu nei secoli suc cessivi proprio il Regno di Castiglia, mentre il cuore della Spagna cristiana divenne il Santuario di Santiago de Compostela, meta di continui pellegrinaggi. Nel 1212 le forze cristiane, finalmente unite, inflissero una duris sima sconfitta agli Arabi nella battaglia di Las Navas de Tolosa. Valencia Granada Lisbona Portogallo Castiglia Leon NavarraAragona Regno degli Almohadi Algarve Cadice CordobaLasNavas La Reconquista spagnola DirettricibattagliePrincipali reconquistadella Santiago Compostelade città principali

320 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI 4 · La fine dell’epoca delle crociate Un ideale sempre meno puro Abbiamo già accennato al fatto che alla prima crociata ne seguiro no altre. Questo perché la minaccia turca non fui mai definitiva mente allontanata e i possedimenti cristiani in Oriente erano mol to fragili e sottoposti a continui assalti. A volte, però, a spingere a nuove spedizioni non fu solo l’esigenza di riconquistare i territori tornati in mano musulmana. Si aggiunsero, infatti, altre motivazio ni di carattere economico e politico. Vi furono potenze, quali la Re pubblica di Venezia, che cercarono di trarre consistenti vantaggi commerciali e territoriali (parleremo più avanti della quarta cro Perché crociatenellesuccessive El Cid Campeador Monumento equestre realizzato nel 1955, Burgos, Spagna

torna in mano turca

laPerchéquarta

Dopo una seconda crociata che non produsse esiti significativi, i Turchi, guidati dal celebre condottiero Saladino, riconquistarono Gerusalemme nel 1187. Ciò rese necessaria una nuova spedizione, la terza, guidata dall’imperatore Federico Barbarossa in persona, che però morì annegato in Turchia. Ad essa parteciparono anche il re di Francia Filippo II Augusto e quello d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone. Il risultato di questa crociata fu, dal punto di vista militare, fallimentare, anche a causa dei contrasti tra i due sovrani. Si giunse, però, a un accordo con il Saladino con il quale veniva con sentito ai pellegrini cristiani il libero accesso ai luoghi santi. La crociata “deviata”: la quarta Da ricordare è anche la quarta crociata (1202-1204), una delle più tragiche in quanto la spedizione, monopolizzata da Venezia che fornì le navi, anziché puntare sui luoghi santi deviò su Costantino poli che fu presa e saccheggiata. L’Impero Bizantino, retto dalla di nastia dei Comneni, venne abbattuto e sostituito con un “impero latino” che però ebbe vita breve. Questa azione rappresentò un fat to grave; i bizantini si sentirono traditi dai cristiani d’Occidente che cominciarono ad essere visti come nemici, almeno quanto i Turchi musulmani. L’ostilità tra bizantini e latini nata in questa occasione peserà molto, successivamente, sui rapporti tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa romana, rendendo sempre più difficile la pacificazione e la riunificazione. Le ultime crociate La quinta crociata (1217-1221) fu quella in cui avvenne l’incontro pacifico tra san Francesco d’Assisi e il sultano d’Egitto. Il grande santo si presentò nel campo musulmano con l’intento di converti re gli “infedeli”alla fede in Cristo. Poté predicare e fu ascoltato con molta attenzione ma non riuscì nel suo intento. La sesta fu quella intrapresa, dopo lunghe esitazioni, dall’impe ratore Federico II, e si concluse, come visto, con un trattato col sul tano per ottenere il libero accesso a Gerusalemme per i pellegrini. Le ultime due furono quelle, infruttuose, organizzate dal re di Francia Luigi IX. Nella prima fu fatto prigioniero. Nella seconda morì, a Tunisi, di peste. Alla fine, nel 1291, cadde, dopo una strenua resistenza, anche l’ul timo baluardo cristiano in Medio Oriente, la fortezza di San Gio vanni d’Acri. Dopo due secoli tutto era perduto: il grande sogno di sottrarre ai musulmani i luoghi santi per riportarli sotto la bandie ra cristiana era finito. Gli stessi ordini monastico-cavallereschi do vettero riprendere la via dell’Europa. fallì la terza crociata? crociata rese più difficile la pacificazione fra Chiesa romana e Chiesa d’Oriente?

CAPITOLO 14 321 Gerusalemme

Perché

Una grande capitale europea Parigi, nel XIII secolo, si avviava a diventare la più grande capitale europea. Possenti mura, fatte edi ficare da Filippo II Augusto, racchiudevano infatti una città molto popolosa, dalla fervida vita eco nomica e culturale e abbellita da splendidi edifici, chiese e palazzi. Il cuore della città era costituito, allora come oggi, dall’Ile de la cité, l’isola sulla Sen na. Qui si trovavano l’imponente cattedrale di No tre Dame, il palazzo reale, sede del governo, con i suoi bellissimi giardini, e l’Hotel Dieu, il più antico ospedale della città, che ospitava poveri, malati, orfani. I lebbrosi, a causa dell’elevato rischio di contagio di questa malattia, erano invece raccolti in un lazzaretto periferico. In seguito Luigi IX, per ospitare le reliquie della corona di Spine di gesù e i frammenti della lancia con la quale era stato tra fitto sulla croce, farà edificare la bellissima chiesa della Sainte-chapelle con le sue straordinarie ve trate che si possono ammirare ancora oggi. Le attività economiche e commerciali Le attività commerciali si svolgevano sulla riva de stra del fiume, con il porto fluviale e le molte bot teghe artigiane. Qui si trovava il grande mercato fatto recintare da Filippo II Augusto che vi aveva realizzato anche due edifici coperti. Al centro del mercato si ergeva il palo della gogna pubblica. Qui i bestemmiatori e i mercanti che frodavano i clienti venivano esposti per un certo tempo, con la testa e le mani incastrate in due tavole di le gno, mentre la ruota su cui erano collocati girava. I passanti potevano così vederli e lanciare verso di loro insulti, fango e verdure marce. Una celebre università Sulla riva sinistra del fiume si sviluppava invece il quartiere culturale, dove sorgeva l’università del la Sorbona, una tra le più celebri e prestigiose isti tuzioni scolastiche del tempo, meta di studenti e docenti provenienti da ogni parte d’Europa. Qui il clima era molto allegro e goliardico: canti, danze, scherzi e divertimenti degli studenti allietavano le serate del quartiere. A volte questi divertimenti sfociavano in risse sedate a fatica dalle autorità. Molto frequentate erano anche taverne e locan de, con gli strilloni che all’esterno esaltavano ad alta voce le qualità del vino che vi veniva servito per richiamare i clienti.

322 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI METTIAMO A FUOCO

Parigi nel XIII secolo

Vie e strade molto animate, ma col rischio degli incendi Molto animate erano le vie, circa 300, solitamen te pulite perché, a differenza che in altre città, a Parigi le fogne erano coperte. Non era, però, raro imbattersi in greggi e mandrie che uscivano ver so i pascoli esterni intrufolandosi tra la folla e le bancarelle. Sebbene vi fossero precisi divieti, cir colavano per le vie anche i maiali (ogni famiglia ne possedeva qualcuno) che tra l’altro servivano a tenere pulite le strade in quanto divoravano i ri fiuti commestibili abbandonati. tra le bancarelle più caratteristiche vi erano quelle che vendevano frittelle. Molti erano i servizi igienici pubblici con ben 26 bagni sempre molto affollati. Il pericolo più grave in questa come in altre città era quello degli incendi dovuti al fatto che gran parte degli edifici erano in legno. A Parigi però i cittadini era no pronti ad affrontare questo rischio in quanto una legge stabiliva che tutti dovessero aver pron to in casa un secchio pieno d’acqua e, in caso di allarme dato dal suono a martello delle campane, intervenire in ogni parte della città per portare soccorso. Vetrate della Sainte Chapelle, Parigi

CAPITOLO 14 323

L’amore dei cavalieri: la donna al centro di tutto Viene spesso alla mente, pensando al Medioevo, l’immagine di cavalieri che si inchinano riverenti di fronte alla dama, che si rivolgono a lei con paro le cortesi, che combattono giostre e tornei in suo onore. Spesso anche nei film e nei racconti ven gono descritte scene di questo tipo. È un modo di rappresentare i comportamenti del cavaliere che ha origine da alcuni poeti che vissero e compose ro le loro opere nel periodo che va tra la fine del l’XI secolo e gli inizi del XIII. Siccome operavano nelle corti feudali del sud della Francia, la loro let teratura è stata anche definita letteratura cortese, e questo modo di descrivere l’amore, amor corte se. Nelle loro poesie, estremamente raffinate ed eleganti, la donna veniva posta al centro di tutto; era come un sovrano di fronte a cui il cavaliere si inchinava e giurava solenne fedeltà. tutte le im prese che egli compiva erano in onore della sua dama, alla quale doveva devozione totale. Detto questo, non bisogna però lasciarsi ingan nare e pensare per la donna a un ruolo simile a quello che occupa nella società contemporanea: in realtà essa rimaneva, in quel tipo di società, an cora oggetto passivo dell’amore dell’uomo, priva di reale personalità e valorizzazione. tuttavia ri spetto alla scarsissima considerazione di cui essa godeva nel mondo antico, la letteratura cortese rappresentò un indubbio passo avanti. Il mecenatismo della corte di Aquitania Questi poeti venivano anche chiamati trovatori, termine che derivava dal verbo trobar, che in lin gua d’oc, la lingua da loro usata, significa “inven tare”, “comporre versi”. La corte in cui maggior mente si diffuse questo tipo di letteratura e nella quale i trovatori erano accolti e onorati (si può parlare di vero e proprio mecenatismo) fu quel la di Aquitania, a Poitiers. Qui visse, tra l’altro, il primo di questi poeti, che fu addirittura il duca di Aquitania, guglielmo IX. Di lui, spirito un po’ biz zarro e scanzonato, ci sono pervenuti una decina di componimenti interessanti. La nipote fu la ce lebre Eleonora, sposa prima del re di Francia Luigi VII e poi del re d’Inghilterra Enrico II il Plantage neto, nonché madre di riccardo cuor di Leone e di giovanni Senza terra. Anche Eleonora al tempo del suo soggiorno nella corte di Poitiers praticò il mecenatismo, ospitando vari artisti e letterati che a lei dedicarono le proprie opere. Un segno profondo nella nostra mentalità Il modo di intendere l’amore e il rapporto tra uomo e donna nelle opere di questi poeti ha lasciato una segno profondo nella nostra cultura e nella nostra mentalità. Ancor oggi noi spesso ci comportiamo un po’ come questi cavalieri medioevali. Per capir lo è sufficiente riflettere su alcune espressioni che, nate allora, sono entrate nel linguaggio comune e sono da noi ancora usate. Quando si cerca di con quistare il cuore di una ragazza, ancor oggi si usano le espressioni come “fare la corte” o “corteggiare”. Il comportamento gentile viene chiamato corte sia. Quando si tratta con gentilezza una ragazza o una donna si dice che ci si comporta da “cavalieri”. Quale passo avanti è stato questo se pensiamo alla rozzezza e alla brutalità dei popoli barbarici da cui comunque questi guerrieri discendevano! Scene di amore cortese raffigurate su un astuccio in avorio intagliato, prima metà del XIV secolo

324 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI

METTIAMO A FUOCO Nella corte di Aquitania nasce la letteratura cortese

CAPITOLO 14 325 PARTIAMO DALLE FONTI

Che cosa non potrà essere comunque tolto a feudatari, mercanti e contadini che subiscono delle pene? Secondo te, per quale motivo si stabilisce questo? Che cosa si dice dei nobili e degli uomini liberi?

In quali occasioni potranno essere stabilite nuove tasse e a quali condizioni?

Come devono essere le pene (ammende) per i vari reati?

La Magna Charta La Magna Charta Libertatum può essere conside rata una specie di carta costituzionale (negli stati moderni su usa proprio questa espressione), che stabiliva in modo solenne alcuni diritti dei nobili e delle città inglesi nei confronti del sovrano. con cedendola, il re si impegnava a obbedire a ciò che essa stabiliva e quindi riconosceva dei precisi li miti al proprio potere: quelli, appunto, sanciti nel la Charta. Per questo motivo, quella inglese si può considerare una monarchia costituzionale, una monarchia, cioè, in cui il potere del re è limitato da una carta costituzionale. ti presentiamo di seguito alcuni passi di questo documento. Da essi potrai notare che i principi contenuti non sono affermazioni astratte e ge nerali ma si riferiscono a circostanze e situazioni molto concrete, che si possono incontrare nella vita di tutti i giorni. Questa è, infatti, ancora oggi, una delle caratteristiche del diritto inglese, molto attento a fissare leggi che si riferiscono a casi con creti che possono capitare nella vita quotidiana.

«Nessuna tassa e nessun aiuto verranno stabiliti nel nostro regno se non dal comune consiglio del regno [si tratta dell’assemblea dei nobili] e solo per riscattare il nostro corpo, per armare cavaliere il nostro figlio primogenito o per maritare una sola volta la nostra figlia primogenita, e sia un contri buto ragionevole. un uomo libero non potrà essere colpito da am menda per un piccolo reato se non in proporzione a questo reato; non potrà esserlo per un grande delitto se non in proporzione a questo delitto ma senza perdere il feudo. Allo stesso modo sarà per i mercanti ai quali si lascerà il loro negozio. An che i contadini saranno allo stesso modo colpiti da ammenda senza perdere i loro strumenti di Ilavoro.conti e i baroni non potranno essere puniti con una ammenda che per giudizio dei loro pari, e in misura proporzionale al reato commesso. Nessun uomo libero potrà essere arrestato, impri gionato, spossessato della sua dipendenza, della sua libertà, messo fuori legge, esiliato o molestato in nessuna maniera e noi non interverremo su di lui se non dopo che ci sia stato un giudizio di con danna dei suoi pari secondo la legge del paese».

Idee contrastanti: dal disprezzo… In un’epoca lunga e complessa come il Medioevo è difficile fornire una visione sintetica di come era vista e considerata la donna. Si corre il rischio di generalizzare o di fornire un’interpretazione par ziale non rispondente alla complessità del dato storico. Scritti, immagini e fonti iconografiche, racconti, documenti ufficiali presentano infatti vi sioni alquanto contrastanti del problema. Anche se non è vero che nel Medioevo si sia dubitato che la donna avesse un’anima (si tratta di una leggenda del tutto falsa e infondata), è però vero che si possono rintracciare testi nei quali si affer ma che essa è inferiore all’uomo, che deve essere sottomessa al marito, se necessario anche con la forza e la violenza. … alla venerazione più incondizionata Si possono però trovare anche testi dal contenu to del tutto opposto. Pensiamo alle poesie e alla letteratura cavalleresca dove la donna è oggetto di venerazione assoluta, ispira gentilezza e bontà d’animo e l’uomo si pone devotamente al suo ser vizio. Addirittura i poeti stilnovisti del XIII secolo (si tratta di una corrente poetica diffusa soprat tutto nell’area toscana e della quale fece parte anche Dante Alighieri) paragonano la donna a un angelo capace, con la sua grazia, di rendere migliore l’uomo fino a condurlo al Paradiso. Non possiamo non pensare che questa idea angelica della donna sia connessa alla grande venerazione diffusa nel popolo cristiano per la figura di Ma ria, la madre di gesù. In opere come quelle di san Bernardo e dello stesso Dante essa è presentata come l’intermediaria della salvezza, colei che ot tiene il perdono di Dio per gli uomini e apre loro le porte del cielo. Il modello di Maria faceva sì che si guardasse a tutte le donne con uno sguardo di verso e più rispettoso in confronto a come erano viste in precedenza nel mondo barbarico. Nella realtà quotidiana alcune donne contavano molto più di quanto si pensi Se poi dai testi letterari si passa a esaminare le testimonianze della vita quotidiana si possono in contrare interessanti sorprese. È vero infatti che la società medioevale era prevalentemente pa triarcale, cioè fondata sulla centralità dell’uomo, padre e marito, ed è anche vero che, trattandosi di una società in gran parte povera, i più deboli, come le donne e i bambini, ne subivano le mag giori conseguenze, dovendo lavorare come e più degli adulti maschi. È però anche vero, come han no rilevato studi approfonditi di storiche come Ei leen Power e régine Pernoud, che vi erano situa zioni in cui le donne assumevano ruoli importanti, talvolta di comando, sia nel campo del lavoro che della famiglia. È notorio, ad esempio, che secondo la legge feu dale, la donna poteva essere investita della signo ria sulle terre (conosciamo in Italia l’esempio del la contessa Matilde di canossa). È stato scoperto che gli statuti di molti comuni riconoscevano alle donne la possibilità di intraprendere attività com merciali in proprio, che, in Francia, la donna era considerata maggiorenne a dodici anni mentre l’uomo a quattordici. Anche in campo religioso la donna poteva accedere a studi elevati e, nei casi di monasteri doppi (cioè maschile e femminile tra loro collegati), l’autorità suprema spettava alla badessa e non all’abate. Le grandi donne del Medioevo Il Medioevo infine ci fa conoscere molte donne importanti, che esercitarono ruoli decisivi in cam po politico e culturale, trattando da pari a pari con re, papi e imperatori. oltre alla già citata Matilde di canossa, e alle notissime teodora, costanza d’Altavilla, Isabella di castiglia, Eleonora d’Aqui tania possiamo ricordare la badessa Ildegarda di Bingen, studiosa, scienziata e mistica ma anche critica severa del Barbarossa (che rimproverò addirittura di comportarsi «come un bambino»), santa caterina da Siena e santa giovanna d’Arco, che incontreremo nel prossimo capitolo, la scrit trice Maria di Francia, la grande mistica santa Bri gida di Svezia.

La figura della donna nel Medioevo

326 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI

METTIAMO A FUOCO

persecutore di cristiani o modello perfetto di governante? Abile combattente, ma anche saggio politico Il Saladino è uno dei personaggi celebri del Me dioevo su cui sono fiorite storie e leggende di ogni tipo che hanno di gran lunga superato la realtà. Molti, in occidente, hanno dipinto questo perso naggio come un feroce e sanguinario guerriero (“il feroce Saladino” appunto, come appare in alcuni poemi cavallereschi); altri, tra i quali lo stesso Dante Alighieri, lo hanno descritto, al contrario, come un uomo saggio, virtuoso e generoso, quasi un modello perfetto di cavaliere e di governante anche per i cristiani. In realtà Yusuf ibn Ayyub Sa lah al-Din (questo è il vero nome del Saladino), sultano d’Egitto e di Siria, vissuto tra il 1138 e il 1193, fu soprattutto un valido e fortunato uomo politico, che sapeva sia combattere con durezza che, quando serviva, governare pacificamente e con le armi della diplomazia. Un’abile ascesa politica Figlio di un funzionario del califfo di origine curda, non arabo quindi, si trasferì col padre dal picco lo villaggio sul tigri dove era nato a Damasco, in Siria. Qui, prima ancora che alla politica e all’uso delle armi, si appassionò agli studi filosofici e re ligiosi. cominciò successivamente a distinguersi nella pratica militare, affrontando in vari scontri i crociati. Intraprese anche la carriera politica che lo vide raggiungere, in breve tempo, brillanti risul tati. Divenne infatti dapprima gran Visir, cioè una sorta di Primo ministro, e poi Sultano d’Egitto. ot tenuta questa carica iniziò una politica di conqui sta che lo portò a estendere i suoi domini dall’E gitto fino alla Siria e alla Palestina, dove conquistò gerusalemme nel 1187 dopo aver permesso ai suoi abitanti cristiani di lasciare indenni la città. Strenuo nemico dei templari generalmente tollerante in materia religiosa con la popolazione civile, fu invece ferocemente ostile ai templari che considerò suoi acerrimi nemici e contro i quali combatté aspramente fino a stermi narli dopo la conquista di gerusalemme. gli eser citi cristiani d’Europa guidati da riccardo cuor di Leone mossero contro di lui la terza crociata che però si concluse con un nulla di fatto e la terra Santa rimase in mano musulmana. Nonostante i durissimi scontri, nei quali anche le sue truppe su birono pesanti perdite, il Saladino conservò sem pre una profonda stima per il sovrano inglese di cui apprezzava le indubbie qualità di combattente. La stima di Dante Il Saladino morì in povertà, nel 1193, dopo aver donato tutti i suoi averi ai poveri. Segno della considerazione e della stima che godette anche in occidente, nonostante la sua fama di “ferocia”, è il fatto che Dante Alighieri nella sua Divina Com media lo collochi non nel profondo dell’Inferno ma nel Limbo, insieme ai grandi del passato che, pur non essendo stati cristiani, incarnarono e testi moniarono i grandi valori dell’umanità.

IlPROTAGONISTISaladino:feroce

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Raffigurazione del Saladino tratta da un manoscritto arabo del XII secolo

328 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI

Il parlamento: l’organo che emana le leggi di uno stato Negli ordinamenti degli stati contemporanei nei quali vige un sistema democratico, il parlamen to è l’organo politico, eletto dal popolo, che ha il compito di fare (in termine tecnico si dice “ema nare”) le leggi e, in molti casi, anche di esercitare un controllo sull’attività del governo che, invece, ha una funzione esecutiva, cioè dà esecuzione pratica alle leggi e alle direttive del parlamento. Il parlamento si può comporre di una o due “came re” (questo è il caso ad esempio dell’Italia dove esistono la camera dei Deputati e il Senato). Nel caso delle due camere esse possono avere carat teristiche e funzioni diverse (è il caso della ger mania dove esiste un’assemblea nazionale e una che rappresenta le regioni). Pur esistendo forme di parlamenti fin dall’alto Medioevo, la definizione chiara e precisa dei loro compiti risale alla fine del XVIII secolo, con il pen siero del filosofo illuminista Montesqueiu, e la successiva rivoluzione francese, che prenderemo in esame nel secondo volume del nostro corso. Nell’alto Medioevo: organismi con nomi e funzioni diverse Prima questi organismi, che prendevano nomi di versi (Stati generali in Francia, camera dei Lords in Inghilterra, cortes in Spagna), erano in gran parte assemblee di nobili o signori feudali e potevano avere funzioni diverse. Il sovrano le convocava ogniqualvolta doveva prendere decisioni impor tanti in merito soprattutto all’emissione di nuove tasse o all’intrapresa di una guerra o alla stipula di un trattato di pace. In qualche caso tali assemblee raccoglievano le lamentele contro il sovrano o si occupavano di questioni giudiziarie riguardanti i nobili. Il parere emesso da questi organismi non sempre era vincolante per il re (lo fu in Inghilterra in seguito alla Magna Charta). Assimilabili ai par lamenti possono essere considerate le assemblee che si tenevano all’interno dei comuni italiani e nelle quali i cittadini che ne avevano diritto (ad esempio in certi casi gli iscritti alle corporazioni) esprimevano un parere circa le questioni che ri guardavano la vita della città. Anche i popoli bar barici conoscevano forme di assemblee di uomini liberi in armi (i soldati) che affiancavano il re nelle decisioni da prendere in caso di guerra. Lungo sa rebbe invece risalire al mondo antico. Possiamo dire che a roma esisteva una forma assembleare molto importante, il Senato, di cui facevano parte i membri delle più antiche famiglie patrizie. Giovanni Senza Terra firma la Magna Charta alla presenza dei baroni Illustrazione novecentesca tratta da un libro sulla storia dell’Inghilterra

SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA)

1066

2. In Inghilterra, dopo che Guglielmo il Conquistatore aveva portato i Normanni sul trono, si realizzò uno stato con caratteristiche diverse: un suo successore, Giovanni Senza Terra, fu infatti costretto dalla nobiltà a concedere la “Magna Charta”. Con essa i nobili e i Comuni limitarono i poteri del sovrano e ottennero il riconoscimento di vari diritti. Da questo documento nacque poi il Parlamento composto dalla “Camera dei Lords” e da quella dei “Comuni”. L’Inghilterra, in tal modo, si avviò a diventare una monarchia parlamentare o anche costituzionale.

CAPITOLO 14 329

1212 battaglia di Las

1214 battaglia di

3. In Spagna prese avvio, grazie a figure eroiche quali Rodrigo Diaz de Bivar, meglio conosciuto come il Cid, e soprattutto ad opera dei Regni di Castiglia e di Aragona, il lento processo di riconquista del paese con la progressiva cacciata degli Arabi.

1202 quarta

1215 Magna charta 1220 Federico II di Svevia diventa imperatore 1250 muore Federico II la dellineatempo versione audio on-line

4. Per riconquistare i luoghi santi che erano di nuovo caduti, ad opera del Saladino, in mani musulmane, furono promosse nuove crociate, ma i risultati furono deludenti. Nessuna di queste spedizioni raggiunse lo scopo sperato anche perché le motivazioni di carattere più prettamente religiose vennero sostituite da fattori politici o economici. La quarta crociata, in particolare, guidata dai veneziani, puntò su Costantinopoli che venne conquistata e saccheggiata, e l’Impero Bizantino dei Comneni venne abbattuto. Questo fatto, tra l’altro, rese sempre più difficili i rapporti tra il mondo greco-bizantino e la cristianità occidentale. Nel 1291 cadde, dopo una strenua resistenza, anche l’ultimo baluardo cristiano in Medio Oriente, la fortezza di San Giovanni d’Acri. L’ideale delle crociate in Terra Santa era ormai definitivamente crollato. battaglia di Hastings crociata Navas Bouvines

Raccontiamo in breve

1. In Francia la dinastia dei Capetingi consolidò il suo potere, grazie a grandi sovrani come Filippo II Augusto e Luigi IX, che seppero governare con abilità, dando sacralità al loro potere e costituendo uno stato fortemente accentrato. Filippo IV il Bello completerà quest’opera facendo diventare la Francia una grande potenza sulla scena politica europea.

Per politica accentratrice a proposito di Enrico II Plantageneto si intende a. una politica nella quale tutti i poteri erano concentrati nelle mani del re. b. una politica di conquiste e di espansionismo. c. una politica di sottomissione della chiesa al re.

330 L’Euro PA NEL XIII SEco Lo: NASco No gLI StAtI NA zIo NALI Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. In che modo Filippo II Augusto rafforzò il suo potere? 2. come governò Luigi IX? 3. che cosa avvenne nella battaglia di Hastings? 4. come si svolse la conquista normanna dell’Inghilterra? 5. chi era tommaso Becket? 6. che cosa stabiliva la Magna Charta? 7. che cos’è la Reconquista? 8. Quali azioni si attribuiscono a rodrigo Diaz de Bivar? 9. Da che cosa fu ostacolata la Reconquista? 10. come si concluse la quarta crociata, guidata dai veneziani? 11. come finirono le due crociate di Luigi IX? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1066 Battaglia di Las Navas 1212 concessione della Magna charta 1215 caduta della fortezza di San giovanni d’Acri 1291 Battaglia di Hastings Esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Con Filippo IV il Bello la monarchia francese a. divenne la più potente in Europa. b. raggiunse il massimo grado di debolezza. c. impose la sua assoluta supremazia su tutti i poteri all’interno dello stato. Quella normanna in Inghilterra non fu una vera e propria invasione a. perché si trattò di una conquista militare operata da un gruppo ristretto di guerrieri. b. perché i normanni conservarono la loro lingua e costruirono numerosi castelli. c. perché fu il frutto di una pacifica successione al trono da parte di guglielmo. In Inghilterra dopo il 1215 i re persero parte del loro potere perché a. era stata concessa la Magna Charta. b. la dinastia dei Plantageneti si estinse. c. erano stati sconfitti nelle crociate.

CAPITOLO 14 331

La IV crociata ebbe un esito fallimentare perché a. ci furono contrasti fra i vari sovrani europei che vi parteciparono. b. i crociati vennero sconfitti dal Saladino. c. i veneziani, anziché puntare su gerusalemme, assalirono e conquistarono costantinopoli. Esercizio 4 · Rileggi attentamente i paragrafi 1 e 2 e completa il brano riportato.

Nel a seguito della sconfitta di Bouvines e della rivolta dei nobili, giovanni Senza terra dovette concedere la . con tale documento si stabiliva che con esso quindi i nobili ottenevano mentre il potere del re . Inoltre venne istituito in Inghilterra il parlamento nobiliare, chiamato a cui farà seguito successivamente la che rappresentava la È il primo caso in Europa. con questi atti le istituzioni politiche inglesi si differenziano e assumono caratteristiche nettamente diverse da quelle francesi, nelle quali il potere del re era sempre più saldo e si realizzò uno stato fortemente accentrato cioè Esercizio 5 · Dopo aver letto attentamente i box dedicati alla Magna Charta e al Parlamento, scrivi il significato dei seguenti termini. Stato

PoterePotereccParlamentoMonarchiaaccentratoparlamentareameradeiLordsameradeicomunilegislativoesecutivo

versioneintegrativoon-lineaudioon-line

CAPITOLO 15 333 Capitolo 15

Un secolo di crisi Scheletri che irrompono tra la folla terrorizzata, trascinandola verso la morte in una danza vorticosa, o che a cavallo assaltano con le falci in mano cittadini inermi: queste sono le scene che pervadono l’immaginario collettivo in molte parti d’Europa verso la metà del XIV secolo. Sono le danze macabre che simboleggiano in modo drammatico il declino del Medioevo. E, in effetti, il XIV secolo fu un’epoca di profonda crisi i cui segnali furono molti: l’Impero ridotto a rango di principato accanto ad altri, il papa quasi prigioniero ad Avignone, il susseguente scisma che divise la Chiesa d’Occidente, la terribile e devastante Guerra dei Cent’Anni, la peste nera con le sue innumerevoli vittime, la povertà e le rivolte sociali, la fine della democrazia comunale in Italia. A buon diritto, quindi, si può parlare, con lo storico Johan Huizinga, di “autunno del Medioevo”.

Danza macabra Affresco (XV secolo), Oratorio dei Disciplini, Clusone, Bergamo materiale

L’“autunno del Medioevo”

Perché fallì il tentativo di Arrigo VII? Perché la Bolla d’oro ilrappresentòdeclinodel potere imperiale?

I falliti tentativi di Arrigo VII… Con la fine della dinastia sveva, di cui abbiamo parlato nei capito li precedenti, iniziò per l’Impero un periodo di decadenza. Ormai privi dei loro domini nell’Italia meridionale, gli imperatori, a parti re da quelli della nuova dinastia degli Asburgo, si limitarono a occu parsi della Germania. Rare furono le eccezioni. La prima fu quella di Arrigo (o Enrico VII) di Lussemburgo che, divenuto re di Germa nia nel 1308, scese in Italia per riportare l’ordine nella penisola e imporre sui Comuni la propria autorità. La sua venuta fu richiesta a viva voce sia da Dante che dai Comuni ghibellini; questi ultimi spe ravano in un suo appoggio nella ininterrotta guerra contro gli av versari guelfi. I risultati della spedizione non furono, però, quelli auspicati. Arrigo VII incontrò parecchie difficoltà e, dopo essere riuscito a stento a farsi incoronare imperatore a Roma, fu bloccato sotto le mura di Firenze in un lungo e improduttivo assedio. Morì, improvvisamente, nel 1313 a Buonconvento presso Siena, senza ri uscire a portare a termine la sua impresa. … e di Ludovico IV di Baviera Analogo fallimento incontrò la venuta in Italia di un imperatore successivo, Ludovico IV di Baviera (o il Bavaro). Questi, dopo es sersi fatto incoronare a Roma contro la volontà del papa, dovette precipitosamente ritornare in Germania nel 1330, incalzato dalle forze guelfe guidate dal re di Napoli Roberto d’Angiò. Continuò poi dalla Germania la sua lotta contro il papato senza ottenere, però, significativi risultati. La “Bolla d’oro” di Carlo IV Il successore di Ludovico, Carlo IV di Lussemburgo (o di Boemia), sancì l’ormai definitivo indebolimento del ruolo dell’Impero con una riforma, la Bolla d’oro del 1356. Con essa si affidava a sette gran di elettori tedeschi, quattro principi laici e tre ecclesiastici, il potere di eleggere l’imperatore, mentre il papa perdeva il diritto di consa crare il sovrano. Questo significa che l’imperatore era ormai ridotto alla stregua di un principe fra colleghi principi di pari livello, con un’autorità che non era superiore a quella dei suoi elettori. In com penso questi ultimi consolidavano sempre più il loro governo auto nomo nei rispettivi territori. Lo stesso Carlo IV, consapevole di questa nuova situazione, si concentrò soprattutto sul governo della Boemia, dedicandosi in modo particolare all’abbellimento di Praga, che fu la sua residenza.

334 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO” 1 · Il declino dell’Impero

Il papato si trasferisce ad Avignone Analoga crisi conobbe il papato. Nel 1305 venne eletto, dopo un lungo conclave, un papa francese, Clemente V, che decise di trasfe rire la sua sede nella città di Avignone, nel sud della Francia. Il mo tivo di questo trasferimento lontano da Roma fu, a suo dire, quello di garantirsi una maggiore sicurezza rispetto alle minacce che erano rivolte contro di lui dalle varie famiglie aristocratiche romane. In realtà questa decisione fu il frutto di pesanti pressioni del re di Francia che, avendo la sede del papato nel suo territorio, contava di controllare e sottomettere l’intera Chiesa. E così avvenne: la prote zione si trasformò ben presto in sottomissione e il papato finì sotto la soggezione della monarchia francese. Per alcuni si trattò di una vera e propria prigionia e per questo si parlò, già da allora, di vera e propria “cattività avignonese” della Chiesa (dal latino captivitas che significa prigionia).

Il re di Francia, Filippo IV il Bello, impose spesso il suo volere al papa, che, su suo comando, si trovò anche costretto a sciogliere nel 1313 l’ordine dei Templari, consentendo al sovrano di impossessar si delle loro favolose ricchezze. La distruzione di quest’ordine, uno tra i più prestigiosi della cristianità, fu accompagnata da accuse in famanti, violenze, uccisioni, come quella avvenuta sul rogo a Parigi del Gran Maestro Jacques de Molay. Questa vicenda costituisce una delle pagine più cupe della Chiesa avignonese.

Perché Filippo il Bello icondannarefeceTemplari?

CAPITOLO 15 335 2 · La “cattività avignonese” del papato

Palazzo dei papi Avignone, Francia

336 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO”

Roma senza papa: l’avventura tragica di Cola di Rienzo Non più residenza dei papi, Roma si trovò in una fase di decaden za. Vi erano scontri tra le famiglie più potenti, ma anche povertà e insicurezza. In questa situazione emerse la figura di un popolano, Cola di Rienzo, che con le sue notevoli capacità comunicative riuscì ad attrarre dalla sua parte il popolo e a prendere il potere col titolo di tribuno. Mosso da una grande passione per la storia antica di Roma e per la sua gloria passata, si propose l’obiettivo di riportare la città allo splendore di un tempo. Ottenne inizialmente anche l’appoggio del papa avignonese che gli affidò un incarico di presti gio. Col passare degli anni, tuttavia, le sue molte promesse a favore del popolo non vennero mantenute; il suo atteggiamento si fece più violento e autoritario; l’imperatore e lo stesso papa cominciarono a mostrare preoccupazione per i suoi programmi demagogici e la Demagogia Atteggiamento di chi, con lo scopo di ottenere il favore popolare, basa la sua politica su promesse gradite alla gente, ma difficilmente realizzabili. Megalomania Mania di grandezza; si ha quando si presume troppo dalle proprie Cola di Rienzo Statua di Girolamo Masini, eretta nel 1877, presso il Campidoglio, Roma

Perché si verificò il “Grande d’Occidente?scisma”

CAPITOLO 15 337 3 · Lo Scisma d’Occidente

La morte di Gregorio XI, avvenuta l’anno seguente, aprì un nuo vo grave problema di successione. In un conclave reso alquanto turbolento dalle forti pressioni della folla romana, che temeva la scelta di un nuovo papa francese, venne eletto Urbano VI, arcive scovo di Bari. Si trattò di una votazione piuttosto controversa, in quanto i cardinali non agirono nel pieno possesso della loro libertà ma sotto minaccia di violenza. Per questo di lì a poco, in un nuovo conclave, i cardinali francesi, insoddisfatti della scelta preceden te, elessero un nuovo papa a loro gradito, Roberto di Ginevra, che prese il nome di Clemente VII. Questi, a sua volta, impossibilitato a stabilirsi a Roma dove risiedeva Urbano VI, si trasferì nuovamen te con la sua corte ad Avignone. È l’inizio di una delle più gravi crisi nella storia della Chiesa occidentale: il Grande Scisma d’Occiden te. Per quarant’anni a guidare la Chiesa ci furono due papi contrap posti; ognuno di loro nominava i suoi vescovi e vi erano sacerdoti e fedeli che obbedivano al primo papa e altri che obbedivano al se condo; altri ancora, confusi, non sapevano quale autorità ricono scere. Anche le chiese erano spesso contese tra i seguaci dell’uno e quelli dell’altro papa. La situazione peggiorò ulteriormente nel 1409 quando, a seguito di un concilio tenuto a Pisa, i papi divennero addirittura tre. La soluzio ne di questo grave scisma si avrà solo nel 1418 con il concilio di Costanza, che riporterà l’unità nella Chiesa sotto un unico pontefice.

Il ritorno del papato a Roma Fu, finalmente, papa Gregorio XI che decise di riportare la sede papale a Roma (1377), accogliendo le pressanti richieste provenien ti da tutta la cristianità e di cui si era fatta portavoce soprattutto una donna, Caterina da Siena. Quest’ultima, di umili origini (era la ventiquattresima figlia, semianalfabeta, di un tintore senese) ma anche animata da una straordinaria fede, non esitò a rimprovera re aspramente il papa per la sua titubanza (in una lettera lo aveva esortato addirittura ad essere «uomo virile» e «non fanciullo timo roso»). Il ritorno di Gregorio XI fu salutato come una liberazione per la Chiesa, ma questo entusiasmo durò poco. Nuove nubi si sta vano addensando all’orizzonte. Il “Grande Scisma”

La prima fase della guerra Edoardo III diede avvio alla guerra rivendicando per sé il doppio titolo di “re di Francia e d’Inghilterra” e la prima fase del conflit to fu nettamente favorevole agli inglesi, che combattevano utiliz zando nuove strategie e nuove armi, tra le quali la bombarda e so prattutto l’arco lungo, più potente delle balestre. Nella battaglia di Legge salica È il nome dato all’antica legge propriamentegermanica,dei Franchi Salii, che regolava, tra le altre cose, anche la successione al trono e che era ancora in vigore in Francia nel XIV secolo. La compilazione più antica di cui disponiamo risale alla fine del V secolo, all’epoca di Clodoveo. Perché scoppiò la moderno?ilconflittoconsiderarsideiPerchédeiGuerraCent’anni?laGuerraCent’Annipuòl’ultimofeudaleeprimoconflitto

338 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO” 4 · La Guerra dei Cent’Anni Perché scoppiò la guerra È chiamata Guerra dei Cent’Anni una serie di conflitti che videro di fronte Inghilterra e Francia e che durarono, seppur con fasi di stanca e interruzioni, dal 1337 al 1453. Si trattò di uno scontro le cui radici risalivano a tempi molto lontani, in piena età feudale quando, nell’XI secolo, Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia e vassallo del re di Francia, era divenuto re di Inghilterra. Quando in Francia, nel 1328, morì senza eredi Carlo IV, figlio di Fi lippo IV il Bello e ultimo sovrano della dinastia capetingia, si aprì un problema di successione: i feudatari francesi scelsero come nuovo re Filippo di Valois, cugino del defunto, preferendolo, per ché nato in territorio di Francia, a Edoardo III re d’Inghilterra, a sua volta nipote di Filippo IV. Secondo la legge salica che regolava la successione al trono, la precedenza sarebbe dovuta spettare a Edoardo III, il quale, vantando questo suo diritto, dichiarò perciò guerra alla Francia. L’ultimo conflitto feudale e la prima guerra moderna Alle motivazioni del conflitto, di carattere dinastico, si aggiunge vano altri fattori più prettamente economici. Era in gioco, infatti, anche il possesso dei ricchi territori un tempo appartenuti a Eleo nora d’Aquitania, che era stata prima regina di Francia e poi d’In ghilterra. Questi territori, ora in possesso della monarchia france se, erano richiesti per sé dal re d’Inghilterra. A questo va aggiunto il fatto che, da tempo, i mercanti inglesi insidiavano la supremazia di quelli francesi, soprattutto nei mercati delle Fiandre, e ciò recava un danno all’intera economia francese.

Si trattava, quindi, di un intreccio di motivi, alcuni riconducibili a questioni di ereditarietà e di possessi territoriali legati alle vecchie leggi feudali, altri, più moderni, legati allo sviluppo dell’economia mercantile. Su tutti appariva evidente anche un altro elemento de cisivo: in questo conflitto sarebbe stata in gioco la nuova suprema zia sull’Europa. Il regno che avesse vinto sarebbe stato, da allora in poi, il più potente d’Europa, quello che avrebbe preso il posto del declinante Impero germanico nel guidare la politica europea. Ecco perché si può dire a ragione che questo fu l’ultimo conflitto medioevale e al tempo stesso la prima guerra moderna.

Crecy (1346) e nella successiva presa di Calais emerse tutta la su periorità militare degli inglesi. Solo il dilagare della peste favorì un breve ristagno del conflitto che riprese poi però con le scorribande vittoriose del figlio di Edoardo III, anch’egli chiamato Edoardo e soprannominato “il principe nero del Galles”. Nel 1356 persino il nuovo re di Francia, Giovanni II il Buono, venne sconfitto a Poitiers e catturato dagli inglesi. A seguito della pace di Bretigny, che nel 1360 pose fine a questa fase del conflitto, il re d’Inghilterra divenne sovrano di un insieme di territori che erano pari a circa un terzo dell’odierna Francia. Dall’apice del successo inglese… La Francia era ormai in condizioni gravissime: sia a Parigi che nel le campagne regnava la desolazione e scoppiavano rivolte di ogni tipo. Col nuovo re Carlo VI la situazione sembrò ulteriormente ag gravarsi: a partire del 1392 infatti, egli fu sempre più spesso vittima di crisi di pazzia per cui la nobiltà francese cominciò a sostenere la necessità di sostituirlo con nuovi candidati. Da una parte si schie rarono, guidati dal duca di Borgogna, i potenti borgognoni, filo in glesi, che sostenevano la causa di Enrico V d’Inghilterra; dall’altra i Battaglia di Crecy Miniatura (XV secolo), Bibliothèque nationale, SiPariginoti l’uso dell’arco lungo da parte delle truppe inglesi situate sulla destra del dipinto

sostenitori della causa francese e orleanista, detti armagnacchi per via del loro capo, il conte di Armagnac. Enrico V, con l’appoggio dei borgognoni, inflisse all’esercito francese una durissima sconfitta nella battaglia di Azincourt (1415), facendosi poi nominare da Carlo VI, di cui aveva sposato la figlia Caterina, erede al trono di Francia.

… alla riscossa francese Il Regno di Francia era sul punto di essere annientato quando fece la sua comparsa sulla scena politica Giovanna d’Arco, una ra gazzina analfabeta che, dichiarandosi ispirata da Dio, spronò il fi glio di Carlo VI, il futuro Carlo VII, alla riscossa. Sotto la sua guida l’esercito francese liberò Orleans, consentendo al delfino di essere incoronato re di Francia. La cattura e l’uccisione di Giovanna da parte degli inglesi non fermò la riscossa francese: l’entusiasmo del la ragazza era stato contagioso. Carlo VII riprese coraggio e gli in glesi finirono per subire una serie di sconfitte, prima in Normandia, poi in Aquitania, a Castillon (1453). Con esse la guerra si concluse.

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Delfino nome attribuito al principe ereditario della monarchia francese; trae origine dalla regione del Delfinato, che fu appannaggio, per un certo tempo, del figlio primogenito del sovrano. Giovanna d’Arco guida le truppe francesi alla battaglia di Orléans Miniatura tratta da La vie des femmes célèbres (1505) di Antoine Dufour, Musée Dobrée, nantes

Gli inglesi persero tutti i territori in Francia ad eccezione del porto di Calais; i francesi acquisirono la consapevolezza di essere ormai diventati una grande nazione, la prima in Europa.

CAPITOLO 15 341 5 · «Dalla fame, dalla peste, dalla guerra liberaci o Signore»: i grandi flagelli si abbattono sull’Europa

La concentrazione della popolazione nelle città, sommata alla scarse misure igieniche, favorì in Europa, attorno alla metà del secolo, la diffusione della peste nera che raggiunse il suo apice nel 1348. Non tutte le regioni europee furono colpite allo stesso modo dal morbo; si salvarono le aree di montagna e quelle lontane dal le grandi vie di comunicazione, mentre ci fu un numero maggiore di vittime nelle zone in cui la popolazione era già indebolita dalla scarsa nutrizione dovuta alle carestie e alla guerra. La peste era una malattia di origine asiatica, diffusa dalle pulci presenti nei topi, e portata inizialmente dai Tartari in Crimea. Da lì, attraverso le navi, probabilmente genovesi, giunse in Europa (la prima traccia della diffusione del morbo si ebbe a Messina nel 1347). La medicina del tempo era del tutto impreparata ad affrontare questa terribile ma Perché produzionela agricola tra XIII e XIV secolo diminuì?

Le campagne si spopolano, ma i commerci continuano a fiorire Tra il XIII secolo e la prima metà del XIV l’economia europea conobbe importanti trasformazioni. Nelle campagne, a causa di un clima fattosi più rigido e piovoso, le coltivazioni divennero più diffi coltose e le foreste andarono estendendosi. Molti campi vennero abbandonati e rimasero incolti, mentre i contadini spesso finivano per cercare fortuna in città. Le conseguenze furono raccolti più scarsi con conseguenti carestie. Nelle città divenute più popolose, al contrario, continuavano a fiorire le attività artigianali e soprat tutto commerciali. Ancora nei primi decenni del Trecento si ebbe un grande sviluppo di fiere e mercati, in particolare nella regione francese della Champagne e nelle Fiandre, mentre nel nord della Germania fiorirono le grandi città mercantili che si affacciavano sul mar Baltico (la più importante era Lubecca) e che diedero vita a un’alleanza chiamata Hansa. Milano, Venezia, Genova e Firenze sono invece le città italiane in cui i commerci erano allora maggior mente sviluppati. Un fenomeno tipicamente italiano: l’attività bancaria Un fenomeno che ebbe grande sviluppo, soprattutto in Italia, fu la crescita delle banche. A Firenze, in particolare, grandi istituti bancari privati legati a importanti famiglie quali i Bardi e i Peruzzi, divennero così ricchi e potenti da riuscire a prestare denaro persi no ai re europei, diventando in tal modo un sostegno fondamentale per la loro politica. L’arrivo della peste nera

lattia e anche i governanti non seppero adottare provvedimenti per fermare il contagio. Il risultato fu che in Europa, che allora contava dagli 80 ai 100 milioni di abitanti, si ebbero circa 20-30 milioni di morti. Una visione più tragica della vita e della morte Gravi furono le conseguenze della peste, sia sul piano demografi co, sia su quello economico e sociale. Soprattutto però fu rilevante il cambiamento che si ebbe nella mentalità delle persone. Come ha scritto lo storico C. M. Cipolla: «l’età del Cantico delle creature die de luogo all’età della Danza macabra». Questo significa che a un’e poca, quella della civiltà comunale, caratterizzata da una visione serena e ottimistica dell’esistenza, che aveva portato San Francesco nel suo splendido Cantico della creature a guardare con fiducia an che a «sorella morte», fece seguito un’età profondamente diversa e drammatica. Gli uomini della seconda metà del XIV secolo furono dominati da un sentimento di angoscia per una vita che appariva sempre più fragile e precaria e dalla paura della morte improvvisa che non concedeva alle vittime nemmeno il tempo di pentirsi dei propri peccati. Nelle rappresentazioni pittoriche e poetiche si fece ro così strada i trionfi della morte e le danze macabre, mentre nella pratica religiosa prevalsero gli aspetti penitenziali che giunsero fino alle forme più estreme quali quelle dei flagellanti. Costoro percorrevano le vie dei villaggi frustandosi e recitando preghiere la mentose, allo scopo di fare pubblica penitenza per prepararsi alla morte e al giudizio divino. In questo clima di paura, si diffusero le superstizioni più strane, quali la credenza che la diffusione della peste dipendesse dall’influsso negativo di certi pianeti o dall’azione di forze demoniache. In alcune zone, soprattutto dell’Europa orien tale, la popolazione debilitata e inferocita scatenò violenze e perse cuzioni contro gli ebrei, ritenendo che fossero loro i responsabili del flagello. Viene distrutto anche il tessuto sociale Anche la vita sociale venne sconvolta dalla peste. Molte cronache del tempo raccontano di uomini che vagavano soli, in fuga dispe rata, di genitori che abbandonavano i figli e di figli che fuggivano dai genitori, di servi che tradivano i loro padroni, di mariti e mo gli che si separavano, di morti lasciati insepolti per le strade o che venivano sepolti in forma anonima senza il conforto dei parenti e della religione, di case e chiese devastate da persone allo sbando. Quell’insieme di rapporti cordiali e vivaci, quel fiorire di attività, di iniziative, di associazioni, che animavano la vita cittadina solo qualche decennio prima, risultava ormai distrutto.

Perché la peste cambiò la mentalità delle persone?

342 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO”

L’esplosione delle rivolte popolari Le drammatiche condizioni economiche nelle campagne, aggra vate dalla peste e dalla terribile Guerra dei Cent’Anni, alimentarono nella seconda metà del secolo rivolte popolari che si svilupparono in varie parti d’Europa. Furono le prime rivolte di questo tipo che scoppiarono nel Medioevo. In Francia, paese direttamente colpito dalla guerra, si ebbe nel 1358 una violenta ribellione contadina, la jacquerie (termine derivato dal nomignolo dispregiativo di Jacques Bonhomme con cui allora venivamo chiamati i contadini). A questa si aggiunse un’analoga rivolta scoppiata a Parigi ad opera della bor ghesia cittadina. Le regioni centro-settentrionali del paese furono devastate da violenze di ogni tipo, i castelli dei nobili vennero assa liti e saccheggiati e durissima giunse la repressione da parte delle forze nobiliari, repressione che causò circa 20.000 vittime. Analoghe rivolte si ebbero nelle Fiandre e in Inghilterra, mentre in Italia va ricordato il cosiddetto Tumulto dei Ciompi a Firenze. Si trattò di una rivolta dei lavoratori della lana (detti appunto Ciom pi), umili salariati privi di ogni diritto che, guidati da un certo Mi chele di Lando, riuscirono in un primo momento a ottenere il go verno della città ma, successivamente, vennero sconfitti e sgominati dalle forze comunali.

Perché in popolari?esploseroEuropalerivolte Appestati coperti di piaghe Miniatura dalla Bibbia di toggenburg (1411)

Perché nel XIV secolo finisce la comunaledemocraziainItalia?

Il Castello Estense di Ferrara, signoriadell’importantesededegliEste

344 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO” 6 · I Comuni italiani verso un nuovo ordinamento: nascono le signorie Finisce la democrazia comunale A partire dalla seconda metà del XIII secolo in molti Comuni ita liani si ebbero profondi cambiamenti. Con lo sviluppo delle attivi tà mercantili si erano formati nuovi ceti sempre più ricchi che mi ravano a ottenere il potere all’interno delle istituzioni comunali. Ciò diede origine a lotte e a contrasti violenti da cui spesso usciva no vincitori esponenti di grandi e ricche famiglie. Questi, a poco a poco, talvolta con la forza, altre volte col consenso popolare, fini vano per assumere il controllo dell’intera vita cittadina e del suo governo, divenendo “signori” delle città e imponendo la trasmis sione ereditaria del loro potere ai figli. Si formarono, così, le signo rie, un nuovo tipo di ordinamento che rappresentò la fine dei go verni comunali e della democrazia che essi, in qualche modo, avevano realizzato. Quando poi i signori, a partire dalla fine del XIV secolo, otterranno dal papa o dall’imperatore un riconosci mento definitivo del loro potere e della sua ereditarietà, accompa gnato dal conferimento di un titolo (di frequente duca o granduca) si avrà il passaggio a quella forma di governo che, come vedremo, verrà chiamata principato.

L’esito drammatico della vicenda L’esito della vicenda è noto, come pure è nota la fama che nei secoli successivi è caduta su que sto drammatico episodio e sull’intero Ordine del tempio, a partire dal fatto che nel giro di pochi mesi dopo il tragico rogo di Jacques de Molay morirono improvvisamente sia il papa Clemente V, responsabile dello scioglimento, che Filippo il Bello. Su queste vicende fiorirono leggende che legarono i templari a eventi misteriosi, sette se grete e conventicole esoteriche, libri, tesori, verità arcane custodite in un’aura di oscurità e segre tezza. Va detto chiaramente che si tratta di leg gende che non hanno alcun fondamento storico, create ad arte per catturare la curiosità spesso morbosa di lettori digiuni di storia e di metodo storico, ma purtroppo ampiamente divulgate dai mass media. Quel che è certo da un punto di vi sta strettamente storico è che i templari avevano sempre combattuto con onore in terra santa, ma che avevano anche accumulato nel tempo ingenti ricchezze in Francia. Ciò aveva suscitato accanto a diffuse invidie e rivalità, la bramosia del re che sperava, con lo scioglimento dell’ordine, di entrar ne in possesso e di arricchire così le sue finanze.

CAPITOLO 15 345

METTIAMO A FUOCO La fine dei Templari Una straordinaria operazione di polizia… La notte del 13 ottobre 1307 scattò quella che uno storico francese definì «una delle operazioni di po lizia più straordinarie di tutti i tempi». tutti i tem plari di Francia (circa 2.000), vennero arrestati dalle forze del re. Si trattò di una mossa a sorpresa accuratamente preparata in gran segreto (ancora il giorno prima, ignaro di quello che sarebbe suc cesso, il capo supremo dell’ordine, il Gran Maestro Jacques de Molay, era stato in compagnia del re senza sospettare nulla). Quali furono le accuse ri volte ai templari? un manifesto reale diffuso per le vie di Parigi le elencava: apostasia e oltraggio alla croce e alla figura di Cristo, atti osceni e ido latria (avrebbero adorato in gran segreto una sta tuetta diabolica chiamata Bafometto). … e una “campagna mediatica” ben orchestrata Si trattava di accuse in gran parte false e dettate da invidie e gelosie, oppure fondate su confessio ni estorte con la tortura. tuttavia, fatte conoscere in maniera capillare presso la cittadinanza – oggi si parlerebbe di una campagna mediatica per convincere l’opinione pubblica – suscitarono nel la popolazione un grande effetto. I procedimenti contro i cavalieri del tempio si protrassero fino al concilio di Vienne, nell’intreccio tra indagini condotte da tribunali ecclesiastici e tribunali ci vili, confessioni strappate con torture e minacce e ritrattazioni, tradimenti e riaffermazioni di fedeltà all’ordine, esecuzioni sommarie e atti di clemen za. Significativa, a questo proposito, è l’autodifesa redatta nel 1310 da quattro delegati scelti come portavoce dell’ordine: «Se i fratelli del tempio hanno detto, dicono o diranno, finché saranno in prigione, qualsiasi cosa a proprio carico o a carico dell’Ordine del tempio, questo non porta alcun pregiudizio al suddetto Ordine perché è notorio che hanno parlato o parleranno costretti, spinti o corrotti dalle preghiere, dal denaro o dalla paura; e protestano che lo proveranno a tempo e a luogo, quando godranno di piena libertà… ».

346 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO”

PROTAGONISTI

Cola di Rienzo: l’inventore della propaganda politica

Da popolano a capo della città Cola di Rienzo fu il personaggio più singolare e in teressante nella Roma senza papa del XIV seco lo. Egli riuscì, caso più unico che raro nella storia dell’Occidente medioevale, da popolano a rag giungere i vertici del potere, senza usare le armi o la ricchezza ma solo la sua abilità oratoria e il suo intuito politico. Roma, privata della presenza del papa, giaceva in condizioni economiche misere; l’afflusso di pelle grini e di autorità che si recavano alla corte papa le era finito e quindi anche l’economia della città ne risentiva. Violenti erano gli scontri tra fazioni nobiliari rivali, per cui si viveva in un clima di insi curezza. Cola riuscì a far leva su questi problemi: garantì a tutti ricchezza economica e la fine dei soprusi e delle violenze dei nobili. Ciò gli procu rò il favore della popolazione che il 18 maggio del 1347, senza l’uso delle armi, cacciò i funzionari del Comune e gli assegnò i pieni poteri per il governo della città, respingendo poco dopo anche un as salto dei nobili. Ma in che modo quest’uomo di umili origini era riuscito in così poco tempo ad attrarre dalla sua parte il favore della gente? Un uso abile della propaganda… Cola era un abile oratore, colto, brillante, capace di colpire gli ascoltatori con frasi ad effetto e an che con gesti spettacolari e teatrali. Ad esempio, in una circostanza fece pubblicamente il bagno nella vasca dove, secondo la tradizione, Costanti no aveva ricevuto il battesimo; in un’altra occasio ne, al momento della sua investitura a cavaliere, si fece incoronare con ben sei corone. un aspetto singolare della sua azione politica fu l’utilizzo di nuovi sistemi di propaganda, sistemi che defini remmo moderni. usava, infatti, dipinti allegorici (paragonabili ai manifesti elettorali che si usano oggi) in cui rappresentava le sue idee politiche (ad esempio Roma raffigurata come una nave su un mare in tempesta, assalita da bestie feroci che rappresentavano i nobili), oppure gonfaloni con immagini e slogan simili agli spot che usano oggi i politici (sul gonfalone della libertà c’era scritto Roma caput mundi). Questa pratica, che diventerà usuale anche in altre città e in altre rivolte popo lari, ebbe in lui uno degli iniziatori. … che sfocia nella megalomania La sua megalomania però era tanta, almeno quanto la sua abilità nel parlare. Dopo poco tem po si autoattribuì il titolo di tribuno, al quale ag giungeva formule altisonanti come: «tribuno della libertà, della pace e della giustizia, liberatore della Santa Repubblica romana» oppure «Candidato dello Spirito Santo, cavaliere severo e clemente, liberatore dell’urbe». Concepì il progetto di uni ficare l’Italia e di ricostituire nelle sue mani l’an tico Impero Romano, mentre le promesse fatte al popolo non erano realizzate. La gente, che inizial mente gli credette e lo appoggiò, finì per abban donarlo, come pure il papa e l’imperatore, da cui lui aspettava appoggio e sostegno. Conosciamo la conclusione tragica della sua vicenda: in una ri volta popolare abilmente preparata dai nobili suoi nemici, venne massacrato, il suo cadavere muti lato e bruciato, e le ceneri disperse. Fu la tragica fine di un politico abile, diremmo oggi, nel “ven dere la sua immagine”, ma incapace di governare in modo saggio, realistico ed efficace nel tempo.

CAPITOLO 15 347 LEGGIAMO

morte nell’arte: trionfi e danze macabre La vita come qualcosa di estremamente precario L’esperienza drammatica della peste segnò pro fondamente la mentalità dell’uomo europeo. tra il XIV e il XV secolo si diffuse un modo di sentire la vita come qualcosa di fragile e precario, sem pre appesa a un filo che, improvvisamente, pote va spezzarsi. La morte appariva, quindi, come una minaccia continua e ossessiva che toglieva ogni serenità al vivere quotidiano e alle azioni degli uo mini. In ogni momento, si pensava, tutto poteva finire e l’uomo sarebbe dovuto comparire davanti al giudizio di Dio, spesso senza avere il tempo di pentirsi e di chiedere perdono dei propri peccati. L’incombenza della morte Molte rappresentazioni artistiche e letterarie danno voce a questo modo angosciante di inten dere la vita. Sulle pareti delle chiese e dei cimiteri si rappresentavano le danze macabre, dei dipinti nei quali i morti, raffigurati come scheletri, torna no sulla terra e prendono con sé i vivi per portarli, attraverso un vorticoso ballo, nell’aldilà. Si tratta di dipinti presenti soprattutto in Francia e nell’Eu ropa del nord, ma non mancano esempi anche in Italia come quello che si trova a Clusone (Berga mo). In Italia si diffuse anche la rappresentazione dei trionfi della morte. Si tratta di dipinti (ma anche testi letterari) in cui la morte viene raffigurata in forma di scheletro che, con aria truce, impugnan do una falce o altre armi, colpisce dall’alto di un carro o su un veloce destriero, tutti coloro che le capitano a tiro. Gli uomini sono interrotti nelle loro attività e nei loro piaceri e messi di fronte al proprio destino. La caratteristica di tali rappre sentazioni è proprio questa: ricordare che la mor te si abbatte improvvisamente e indistintamente su tutti, senza fare differenze tra ricchi e poveri, potenti o uomini da poco, papi, imperatori, re, mercanti o contadini, sapienti e ignoranti. Davanti alla morte scompaiono tutte le differenze sociali, economiche e culturali. In tal modo, si voleva invi tare i fedeli all’umiltà e a una vita morigerata per essere sempre pronti alla chiamata finale.

Trionfo della morte Affresco anonimo risalente alla metà del XV secolo Galleria Regionale della Sicilia, Palermo

L’ossessioneL’ARTEdella

PROTAGONISTI

Giovanna d’Arco: quando una ragazza può cambiare la storia

348 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO”

Dalla realtà alla leggenda Giovanna d’Arco è uno di quei personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia e i cui tratti tendono facilmente a spostarsi dalla re altà al mito e alla leggenda. nata probabilmente il 6 gennaio 1412 a Domremy, piccolo villaggio della Lorena, regione nord-orien tale della Francia, e figlia di umili contadini, non imparò mai né a leggere né a scrivere, ma dai genitori ricevette una fede forte e un amore pro fondo per la propria patria. nel villaggio in cui Giovanna viveva giungevano gli echi terribili della Guerra dei Cent’Anni che allora sconvolgeva il pa ese. non erano poi infrequenti le scorrerie nella zona di soldati inglesi. Fin dai tredici anni, tra lo scetticismo e gli scherni degli abitanti del villag gio, la ragazza sosteneva di avere delle visioni e di sentire delle “voci”: erano, secondo lei, angeli e santi che le recavano messaggi divini. Prescelta per una grande missione In breve maturò in lei la coscienza di essere stata prescelta da Dio per una grande missione: salva re il proprio paese dalla guerra e dall’umiliazio ne. Finì per lasciarsi guidare da queste voci e per mettersi a capo di una azione di riscatto francese. tradusse questa missione in obiettivi concreti: liberare Orléans che era sotto assedio inglese e riunificare la Francia intera sotto il suo legittimo sovrano. Recatasi dal delfino, il futuro Carlo VII, riuscì a ottenerne l’appoggio e a porsi a capo dell’esercito che marciò su Orléans. Vestita da uomo, coperta da un’armatura di battaglia, con lo stendardo e la spada, subito seppe suscitare nel popolo e nell’esercito francese, ormai rassegnati alla sconfitta, nuova speranza e nuovo entusia smo. L’8 maggio 1429 Orléans venne liberata e in quello stesso anno Carlo VII poté finalmente es sere incoronato re di Francia a Reims. Era il primo passo verso la riscossa e la cacciata definitiva de gli inglesi dal suolo di Francia. Fu a questo punto, però, che le sorti della pulzella (fanciulla) comin ciarono a cambiare. Il re, poco propenso a con tinuare la guerra, frappose ostacoli e Giovanna finì per rimanere sola, senza l’appoggio dall’alto.

Il processo e la condanna a morte Consegnata agli inglesi che pagarono a peso d’o ro questa consegna, fu sottoposta a un proces so pubblico a Rouen (gennaio-maggio 1431) allo scopo di dichiararne la follia e l’eresia. Gli ingle si mobilitarono per questo i maggiori teologi del tempo, allora conniventi con loro. Rinchiusa per tutto il periodo del processo in una gabbia di ferro con pesanti catene ai piedi, alle mani e al collo, venne irrisa e sbeffeggiata per le sue visioni, con siderata indemoniata ed eretica. Fu, alla fine, con dannata al rogo, ma non rinnegò mai le sue visio ni come non rinunciò al suo abito di soldato. Già pochi anni dopo, però, quando oramai i francesi si stavano avviando alla vittoria, la sua figura venne riabilitata e il re Carlo VII dichiarò nulla la senten za di Rouen. Ma prima ancora del re erano stati i francesi a risollevare il ricordo della ragazza: a lei fu attribuito il merito principale della vittoria con tro gli inglesi e le vennero conferiti i tratti dell’e roina. nel 1920 fu proclamata santa dalla Chiesa e nello stesso anno il governo francese le dedicò una festa nazionale; la sua figura poi ha finito per ispirare molti racconti, opere letterarie, pittoriche e cinematografiche, tuttora famose. Sicuramente, da un punto di vista storico, possiamo dire che il suo intervento e la sua azione furono decisivi sia per condurre i francesi al successo sia per con solidare in essi un forte sentimento patriottico. Quello che stupisce ancor oggi è che a realizzare tutto questo sia stata un ragazzina analfabeta e di umili origini.

Venne allora catturata nel corso di una battaglia dai soldati borgognoni, alleati degli inglesi. nulla fu fatto dal re di Francia per liberarla e le stesse autorità ecclesiastiche preferirono lasciarla al suo destino, giudicandola una povera contadina esal tata e visionaria.

CAPITOLO 15 349

Come si manifestavano i primi sintomi della Entromalattia?quantigiorni moriva chi era colpito dal Comemorbo?sitrasmetteva il contagio da persona a persona? Come si comportavano le persone in questa drammatica situazione?

Da queste cose e da altre simili e maggiori nac quero diverse paure in chi era vivo; alcuni pensa vano di mantenere la salute evitando i malati e le loro cose. Altri ritenevano che il vivere modera tamente e il guardarsi da ogni eccesso aiutasse a resistere a questo contagio. Altri ritenevano al contrario che la medicina contro questo male fos se bere assai, divertirsi e soddisfare ogni istinto facendosi beffe della malattia. E così le leggi sia umane che divine non erano più rispettate perché coloro che dovevano farle rispettare erano tutti o morti o infermi. uomini e donne abbandonarono la loro città e le loro case, i loro luoghi e i loro pa renti, un fratello abbandonava l’altro, lo zio il nipo te, la sorella il fratello, e spesse volte la moglie il marito e, cosa quasi incredibile, i padri e le madri i figlioli quasi non fossero i loro». Adatt. Quali erano, secondo il narratore, le cause della peste?

Perché si dice che le leggi umane e divine non erano più rispettate?

PARTIAMO DALLE FONTI La peste a Firenze nel racconto di Giovanni Boccaccio nelle prime pagine del suo capolavoro, il Deca meron, lo scrittore fiorentino Giovanni Boccaccio descrive l’irruzione dell’epidemia di peste a Firen ze nel 1348. Dal suo racconto emergono alcune interessanti osservazioni riguardo alle modalità di diffusione del contagio, alle sue manifestazioni sugli organismi delle vittime e ai comportamenti dei cittadini di fronte a questa tragedia. ti presen tiamo alcuni estratti di questa descrizione che è naturalmente in lingua volgare (così era chiamato l’italiano del tempo). Abbiamo perciò provvedu to a trascriverli nell’italiano odierno ma abbiamo deciso di lasciarne una parte in lingua originale (quella evidenziata in corsivo). ti proponiamo di provare a leggere da solo anche questa parte per vedere se riesci a comprenderla: sarebbe un utile esperimento con cui ti potrai avvicinare alla lingua antica. ti accorgerai, con sorpresa, che è meno difficile di quanto si possa pensare «Già erano passati 1348 anni dalla incarnazione del Figlio di Dio, quando nella egregia città di Fi renze, la più nobile delle città italiane, giunse la mortifera pestilenza. Questa, o per l’influenza degli astri o mandata agli uomini dalla giusta ira di Dio a correzione delle loro malvagità, incomin ciata parecchi anni prima nell’Oriente, dove aveva mietuto molte vittime, senza fermarsi, passando da un luogo all’altro, era giunta fino all’Occidente. nascevano all’inizio, sia ai maschi che alle femmi ne, o nell’inguine o sotto le ascelle certe rigonfia ture, alcune grandi come comuni mele, altre come uova, che la gente chiamava bubboni. E in breve tempo questi bubboni mortiferi si diffondevano in tutte le parti del corpo e poi si trasformavano in macchie nere o livide che apparivano a molti sulle braccia o sulle cosce, ad alcuni grandi e rade ad altri piccole e spesse.

A cura delle quali infermità né consiglio di medico, né virtù di medicina alcuna pareva che valesse o fa cesse profitto: non solamente pochi ne guarivano, anzi quasi tutti infra ‘l terzo giorno dalla apparizione de’ sopraddetti segni, chi più tosto e chi meno, e i più senza alcuna febbre o altro accidente, morivano. E più avanti ancora ebbe di male: che non solamente il parlare e l’usare con gl’infermi dava a’ sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi sta ta tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità nel toccator trasportare.

Curare e guarire nel Medioevo Poche cure, ma tanta carità La medicina, almeno nell’alto Medioevo, non era certamente una scienza praticata e sviluppata. non esistevano cure e terapie efficaci per fron teggiare le malattie più diffuse. né si può dire che esistesse una ricerca in questo campo. Anche le scoperte che la medicina antica, in particolare quella greca, aveva fatto erano andate in buona parte perdute. nei monasteri, però, la medicina naturale era tenuta in grande considerazione: si praticavano cure con le erbe e si prestava grande attenzione alla coltivazione di piante aromatiche e salutari (era in uso per questo allestire un orto partico lare chiamato “giardino dei semplici”). I conta dini, al contrario, si affidavano spesso a pratiche tradizionali al limite della superstizione, oppure confidavano nei miracoli. In ogni caso, ai malati si prestava molta cura: non erano lasciati soli nella malattia; ovunque nei monasteri, presso i san tuari, in appositi ospizi, erano assistiti, accuditi e confortati da monaci e persone caritatevoli che mettevano in pratica l’insegnamento di Cristo di assistere i bisognosi.

350 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO”

METTIAMO A FUOCO

Dopo il Mille: un indubbio progresso La situazione cominciò a cambiare con lo svilup po della vita cittadina e comunale. In generale al benessere del corpo si cominciò a dedicare più attenzione e le tecniche di cura cominciarono a perfezionarsi; la medicina, da semplice forma di carità e assistenza, diventò una scienza. Gli ospe dali, sorti principalmente ad opera degli ordini religiosi e delle confraternite, divennero luoghi di cura, e non più solo di ospitalità, cominciando così a differenziarsi dai semplici ospizi. I medici diven nero dei professionisti, anche ben pagati, che arri vavano a svolgere la loro professione dopo anni di studio. Per curare praticavano salassi, operavano chirurgicamente, somministravano farmaci di va ria natura. L’efficacia di queste cure era tutta da dimostrare e comunque esse non avevano nulla di paragonabile alle cure di oggi. Ricordiamo, co munque, che nel XII secolo fiorì la celebre scuola

Raffigurazioni riguardanti la pratica della medicina Miniature da un codice della seconda metà del XII secolo Sir Hans Sloane Collection, The British Library, London

A dimostrazione della serietà di questa professio ne si ricordano processi per punire ciarlatani che esercitavano la professione medica senza averne il titolo. Anche gli studi medici degli antichi auto ri vennero tradotti e diffusi. Si studiavano i testi di Galeno, Ippocrate, Aristotele. un libro molto importante per gli studi medici fu il Canone dello scienziato arabo Avicenna. Il caso della lebbra: una malattia allora incurabile Particolare era il caso della lebbra, una malattia a quei tempi molto contagiosa, per la quale non esistevano cure, e che portava a una morte lenta e devastante (il volto e il corpo venivano sfigurati e il malato emanava un forte fetore). Oltretutto, risultava facile, proprio per queste caratteristiche, associare la malattia a qualcosa di maledetto, di diabolico. Per tali ragioni, l’unica risposta che la società comunale trovò fu l’isolamento, l’al lontanamento dei lebbrosi dalla comunità civile. Vennero allestiti dei lebbrosari fuori città (nel Duecento se ne contavano circa 19.000 in tutta Europa) in cui il malato doveva vivere senza aver più contatti con le persone sane. Per questo ri sulta ancora più straordinaria la decisone di san Francesco di vivere con i lebbrosi, una grande te stimonianza di carità che giungeva fino a mettere a rischio la propria vita. L’irruzione della peste Il fragile impianto della scienza medica di allora fu sconvolto nel trecento dall’irruzione della peste. Contro questa terribile malattia, che si diffondeva rapidamente anche per la scarsità di misure igie niche e le carenze alimentari della gente, i medi ci non ebbero alcuna possibilità di intervenire e la medicina tutta fece dei passi indietro. Si tornò a spiegazioni di carattere superstizioso (come quella che attribuiva il contagio alla posizione dei pianeti nel cielo) che non aiutarono certo a trova re rimedi efficaci.

CAPITOLO 15 351 medica di Salerno, una vera e propria università di medicina con un corso di studi molto appro fondito (per diventare medici bisognava studia re per tre anni la logica, per cinque la medicina, comprese anatomia e chirurgia, e infine praticare per un anno il tirocinio presso un altro medico).

7. La guerra, unitamente ad altre cause, creò miseria e favorì la diffusione della grande epidemia di peste che si sviluppò in gran parte dell’Europa, raggiungendo il suo culmine nel 1348. La peste trovò una società impreparata Guerra

la dellineatempo 1303 oltraggio di Anagni 1309 il papato ad Avignone 1313 l’ordine dei templari viene soppresso 1337 scoppia la

5. La Francia e l’Inghilterra furono coinvolte in un durissimo scontro militare, la Guerra dei Cent’Anni, che durò quasi ininterrottamente dal 1337 al 1453. Si trattava di un conflitto che aveva origine da controversie riguardanti la successione al trono francese, ma che in realtà nascondeva anche ragioni nuove, di tipo economico e politico: i due grandi stati nazionali, in assenza dell’autorità dell’imperatore, si contendevano il predominio futuro sull’Europa.

Raccontiamo in breve

3. Mentre il papa risiedeva ad Avignone, a Roma, per un breve periodo, si impose la figura di Cola di Rienzo, un popolano che, preso il potere col favore della gente, concepì il disegno anacronistico di riportare Roma all’antico splendore imperiale. Abbandonato dal popolo e avversato dai nobili, dal papa e dallo stesso imperatore, fu assassinato e il suo progetto fallì.

1. Nel XIV secolo iniziò il tramonto della civiltà medioevale (l’“autunno del Medioevo”), tramonto che riguardò molteplici aspetti. Innanzitutto sul piano politico si registrò il definitivo indebolimento del ruolo e dell’autorità imperiale: vi furono imperatori deboli, ridotti ormai a governare pienamente solo i propri territori tedeschi. Anche il nuovo sistema di elezione (la “Bolla d’oro” di Carlo IV di Boemia) di fatto finì per ridurre l’imperatore a un semplice principe al pari dei suoi elettori.

dei Cent’Anni 1348 epidemia di peste in Europa 1356 Bolla d’oro di Carlo IV 1377 il ritornapapatoa Roma 1418 Concilio di Costanza, finisce il grande Scisma d’Occidente 1453 finisce la Guerra dei Cent’Anni versione audio on-line

4. Anche dopo il ritorno a Roma della sede pontificia (1377), la Chiesa non trovò pace. Si sviluppò infatti un terribile scisma che la spaccò in due: da una parte fu eletto un papa italiano, dall’altra un papa francese. Vi furono quindi due Chiese, due autorità e due gerarchie. E questo creò grande confusione e sconcerto nei fedeli.

6. La guerra, inizialmente, vide la netta prevalenza degli inglesi; vi fu poi però la riscossa francese, guidata da un’eccezionale figura femminile, Giovanna d’Arco. Nonostante la cattura e l’uccisione di questa ragazza da parte degli inglesi, alla fine saranno proprio i francesi a ottenere una schiacciante vittoria.

2. Il papato visse in questo periodo la “cattività avignonese”: i papi risiedettero nella città francese e furono praticamente sotto il controllo del re di Francia, succubi della sua politica. Un fatto grave che avvenne durante questo periodo, e che conferma tale sudditanza, fu lo scioglimento dell’ordine dei Templari e la loro successiva eliminazione.

352 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO”

CAPITOLO 15 353

8. Reazione alla miseria e alla carestia diffuse fu l’esplosione, in molte parti d’Europa, di un insieme di rivolte popolari (in Italia vi fu quella fiorentina dei Ciompi). Queste rivolte, le prime di questo tipo nel Medioevo, finirono generalmente nel fallimento e con le più brutali repressioni da parte dei nobili. 9. Anche l’esperienza dei Comuni in Italia andava declinando. In molte città, infatti, si imposero famiglie ricche e potenti che si impossessarono del governo, abolendo le istituzioni comunali e ottenendo l’ereditarietà delle loro cariche. Oramai ci si avviava verso il governo delle “signorie”.

ad affrontarla, causò perciò milioni di vittime, devastò la vita sociale nelle città e nelle campagne, creò un clima di diffusa paura di cui anche l’arte dà testimonianza col fiorire delle rappresentazioni delle “danze macabre” e dei “trionfi della morte”.

4.

2.

1. Che cosa stabiliva la “Bolla d’oro” e da chi fu emanata? Che cosa si intende per “cattività avignonese” della Chiesa? Chi era Caterina da Siena e perché la sua opera fu importante? Chi era Cola di Rienzo e che cosa fece?

354 L’“AutunnO DEL MEDIOEVO” Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande.

3.

5. Come si concluse la prima fase della Guerra dei Cent’Anni?

6. Chi era Giovanna d’Arco? 7. Da dove proveniva la peste e da che cosa fu favorita la sua diffusione? 8. Che cosa fu la jacquerie? E il Tumulto dei Ciompi? 9. Che cosa sono le signorie? E quando si trasformarono in principati? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1337-1453 Concilio di Costanza 1348 Guerra dei Cent’Anni 1356 Ritorno a Roma del papato 1377 Bolla d’Oro di Carlo IV 1418 Esplosione dell’epidemia di peste Esercizio 3 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. Con la Bolla d’oro di Carlo IV a. si stabilì la pari dignità dell’imperatore e dei principi tedeschi. b. si cambiarono le regole per l’elezione dell’imperatore. c. si stabiliva la superiorità dei sovrani europei sull’imperatore. Nel periodo avignonese la Chiesa a. conobbe grande crescita e sviluppo. b. conobbe un periodo di libertà e di riforme. c. fu sottoposta all’autorità del re di Francia. Con il “Grande Scisma” a. la Chiesa d’Occidente si trovò con due papi e venne divisa in due. b. la Chiesa d’Occidente si separò definitivamente da quella d’Oriente. c. la Chiesa d’Occidente fu sottomessa definitivamente all’autorità imperiale. La Guerra dei Cent’Anni può essere considerata la prima guerra moderna a. perché fu combattuta con nuove armi. b. perché fu combattuta per il predominio politico ed economico sull’Europa. c. perché fu combattuta contro l’imperatore.

CAPITOLO 15 355

Le signorie si affermarono a. quando l’imperatore impose i suoi rappresentanti al governo delle città. b. quando terminò il conflitto tra guelfi e ghibellini. c. quando il governo delle città fu preso da esponenti del le famiglie più potenti.

I “signori” detengono tutto il potere e pongono fine alle istituzioni comunali. nascono i Principati. I “signori” ottengono dal papa o dall’imperatore il riconoscimento del loro potere col conferimento di un titolo.

Il potere passa nelle mani dei “signori”. Esercizio 5 · Elenca, in non più di quindici righe del tuo quaderno, i fattori che caratterizzano il declino della civiltà comunale, suddividendoli in fattori politici, religiosi, culturali, economici e sociali.

Esercizio 4 · Completa la seguente mappa concettuale inserendo negli spazi predisposti i concetti e i fatti qui di seguito elencati, in modo da evidenziare i nessi causali rappresentati dalle frecce. nei Comuni si affermano dopo varie lotte alcune famiglie potenti.

La fine della stagione comunale A partire dalla seconda metà del XIII secolo, nei Comuni italiani si verificarono graduali, ma profondi cambiamenti. Ricche e potenti famiglie presero il potere, soppiantando le istituzioni comunali. Si trattava delle “signorie” che, di lì a breve, si sarebbero trasformate in principati. Se questo, come vedremo più avanti, ebbe effetti straordinari sullo sviluppo dell’arte e della cultura, intrecciandosi col nascente Umanesimo e il successivo Rinascimento, sul piano più strettamente politico produsse esiti non del tutto positivi. Innanzitutto finì la breve stagione delle libertà comunali e delle prime nascenti forme di democrazia civica, per lasciare spazio a forme di governo e di potere tendenzialmente assolute. In secondo luogo, l’Italia si frammentò in molteplici stati di dimensioni regionali, aggressivi e bellicosi, che daranno vita a una stagione di guerre locali, alimentate anche dallo sciagurato utilizzo delle truppe mercenarie. Il risultato fu un’Italia sempre più debole e marginale, proprio mentre le grandi nazioni europee si andavano consolidando e all’orizzonte si profilava la minaccia turca.

CAPITOLO 16 357 Capitolo 16 L’Italia

Bartolomeo Colleoni Statua equestre di Andrea (1480-1488),VerrocchioVenezia

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delle signorie e dei principati

Montefeltro

In gran parte dei Comuni dell’Italia centro-settentrionale, a par tire dalla seconda metà del XIII secolo, si ebbe una graduale tra sformazione delle istituzioni di governo. Le famiglie più ricche e potenti, che avevano accumulato ingenti ricchezze grazie alle nuo ve attività mercantili o finanziarie, e che quindi potevano permettersi di avere a disposizione dei propri uomini armati, riuscirono, spesso in seguito a dure lotte contro famiglie rivali, a impossessarsi del potere all’interno delle città. Le cariche di governo esistenti nel Comune finirono per essere occupate da membri di queste famiglie o addirittura vennero soppresse. Spesso l’esponente più autorevole della casata, il “signore”, finiva per governare da solo la città e il ter ritorio circostante, prendendo tutte le decisioni, comandando l’e sercito, amministrando la giustizia e trasmettendo infine questi poteri al proprio figlio al momento della morte. Per queste ragioni si parla di nascita delle signorie. Un panorama variegato Per la verità le signorie si affermarono in modi e tempi diversi. A volte, come detto, i signori prendevano il potere con la forza, dopo avere eliminato o sottomesso le famiglie rivali. Altre volte lo face nacquero Palazzo Ducale di Urbino, residenza della signoria dei

Perché

358 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI 1 · L’evoluzione delle istituzioni comunali L’avvento delle signorie

le signorie? Il

vano col consenso del popolo che, stanco di assistere a lotte che mi nacciavano la sicurezza di tutti, accettava volentieri l’autorità di un signore che garantisse la pace in città. In qualche caso, di fronte a scontri interni al Comune che si protraevano nel tempo e che cau savano, come visto, lutti e devastazioni, i cittadini chiamavano per sonaggi autorevoli provenienti da fuori, nobili o capi militari, a cui affidavano il governo, col compito di dirimere queste lotte. L’inten zione era che si sarebbe dovuto trattare di un governo al di sopra delle parti e, soprattutto, di breve durata, giusto il tempo di ricom porre i contrasti interni. Spesso invece accadeva che questi signori riuscissero ad allargare sempre più i loro poteri e a protrarre nel tempo l’incarico ricevuto fino a renderlo vitalizio, o addirittura ot tenessero di poterlo trasmettere ereditariamente ai figli. La fine delle libertà comunali In ogni caso con l’affermazione delle signorie nelle città italiane cessava di esistere quella forma di libertà e “democrazia” che si era affermata con gli ordinamenti comunali e che i Comuni aveva no coraggiosamente difeso nella lotta contro gli imperatori. Ora, col governo dei signori, le istituzioni comunali (consigli, assem blee, magistrature) perdevano ogni valore. I cittadini non prende vano più parte alle discussioni e alle decisioni che riguardavano la vita della città e pagavano le imposte ai nuovi signori. Non entravano più nemmeno a far parte dell’esercito: per questo infatti si faceva un costante ricorso, come vedremo più avanti, a truppe mercenarie. Una nuova immagine del potere I signori cercarono di rafforzare il loro potere dando ad esso un’immagine di splendore, di raffinatezza, di eleganza, di magnifi cenza. Per questo ebbero una cura particolare nel realizzare splen didi palazzi in cui risiedere con le loro corti, nell’abbellire le loro città facendo costruire grandi piazze o grandi viali, che diventasse ro come dei palcoscenici dove sfilare, mostrarsi al popolo, allestire spettacoli e parate. Per fare tutto questo si circondarono di archi tetti, scultori, artisti e letterati che finanziarono e ai quali chiesero di dare lustro al loro potere e al loro casato. Quando le signorie si trasformano in principati Per consolidare il loro potere inoltre i signori cercarono il soste gno e l’approvazione del papa o dell’imperatore. Senza il consenso di questi, infatti, il loro governo non poteva essere considerato le gittimo. La legittimazione poi poteva avvenire attraverso l’otteni mento dell’incarico di vicario imperiale o più frequentemente di un titolo nobiliare (in prevalenza quello di duca, di granduca o di mar chese). Questo fu il caso ad esempio dei Visconti a Milano (prima

CAPITOLO 16 359

Perché a volte i signori prendevano il eiabbellironoPerchécomunali?finisconoconPerchédelconpotereilconsensopopolo?lesignorielelibertàisignoriloropalazzilelorocittà?

vicari imperiali e poi dal 1395 duchi), dei Gonzaga a Mantova (mar chesi dal 1433), dei Savoia nei loro domini a cavallo delle Alpi Occi dentali (duchi dal 1416). Singolare fu il caso degli Estensi che otten nero il titolo di duchi di Modena e Reggio dall’imperatore nel 1452 e quello di duchi di Ferrara dal papa nel 1471. Col conferimento di questi titoli, i signori potevano essere considerati ormai come dei veri e propri sovrani (per questo si parla anche di principati).

360 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI

“statiPerchéonobiliareottenerepereraPerchéimportanteisignoriuntitolodalpapadall’imperatore?siparladiregionali”?

Nascono gli stati regionali I nuovi “principi” governavano infatti con piena autorità stati che, inizialmente, erano ancora di dimensioni cittadine ma presto si sarebbero ampliati. Infatti i principati più grandi e potenti co minciarono ben presto a ingrandire i loro domini, sottomettendo e inglobando le città più piccole e i territori circostanti. Nacquero così stati grandi all’incirca come le attuali regioni e per questo gli storici parlano di “stati regionali”. L’Italia: un mosaico di stati È giunto a questo punto il tempo di conoscere da vicino i più im portanti tra questi principati. Partendo dall’Italia settentrionale, troviamo innanzitutto le propaggini, negli attuali Piemonte e Val le d’Aosta, del Ducato dei Savoia, con capitale a Chambery (lo spo stamento della capitale a Torino avverrà solo nel 1563) e che allora comprendeva soprattutto territori che oggi fanno parte della Fran cia. Vi era poi il ricco e potente Ducato di Milano di cui parleremo ampiamente più avanti. A est si estendeva il territorio della Repub blica di Venezia, che non divenne mai principato ma, come abbia mo visto, rimase sempre saldamente nelle mani di poche famiglie aristocratiche. In Toscana si andò affermando progressivamente la Repubblica di Firenze, in realtà una signoria sotto il dominio del la potente famiglia dei Medici che otterranno il titolo di granduchi solo nel 1569 ma che ebbero sempre un potere indiscusso sulla cit tà e sullo stato. L’Italia centro-meridionale era divisa fra lo Stato Pontificio, governato dal papa, il Regno di Napoli e quello di Sicilia. Inizialmente questi due regni erano divisi: il primo in mano agli Angioini e il secondo agli Aragonesi. Vennero poi unificati, a par tire dal 1442, quando Alfonso V d’Aragona sconfisse Renato d’An giò e si impossessò di Napoli. A questo punto tutta l’Italia meridionale, insieme con la Sicilia e la Sardegna, costituì un unico grande regno aragonese. In questo quadro vanno anche menzionati dei principati politicamente meno rilevanti ma significativi soprattut to, come vedremo, sul piano dello sviluppo artistico e culturale: si tratta del marchesato di Saluzzo, dei domini degli Estensi a Ferrara e in altri territori a sud del Po, dei Gonzaga a Mantova, dei Monte feltro a Urbino.

CAPITOLO 16 361 2 · Le guerre per il predominio in Italia e lo sviluppo delle corti Il progetto politico dei Visconti A Milano si affermò nel corso del XIII secolo la signoria dei Vi sconti, che presero il potere nel 1277 e governarono la città fino al 1447. I Visconti tentarono di dare ai loro domini dimensioni più che regionali. Fu un progetto politico che giunse al culmine con Gian Galeazzo, signore di Milano dal 1385, il quale riuscì a impadronirsi di Verona, Vicenza, Padova, Bologna e, a sud degli Appennini, Peru gia, Pisa e Siena. Solo la morte improvvisa nel 1402 fermò il suo ten tativo, proprio quando si accingeva ad assediare Firenze. Per dare solidità e lustro al suo potere egli aveva ottenuto inoltre, nel 1395, dall’imperatore Venceslao il titolo di duca e aveva avviato un gran de sviluppo artistico con l’inizio dei lavori per la costruzione del Duomo e della splendida Certosa di Pavia. Il figlio Filippo Maria continuò la politica paterna, ma senza successo: trovò infatti l’op posizione di Firenze e Venezia e da quest’ultima venne sconfitto, nel 1427, nella battaglia di Maclodio, località nei pressi di Brescia. Durante il governo di Filippo Maria scoppiò la guerra, cui abbiamo già fatto cenno, tra Renato d’Angiò e Alfonso d’Aragona per la suc Stemma dei Visconti, signori di Milano Castello Sforzesco, Milano

362 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI

tradiPerchéAngioini?siparlaequilibrioglistatiitaliani?

L’ascesa dei Medici a Firenze: Cosimo il Vecchio Tra gli stati che divennero protagonisti della scena politica italia na, soprattutto nella seconda metà del secolo, vi fu Firenze. Qui si era andata affermando la signoria dei Medici, ricchi banchieri di origini oscure, che avevano saputo con i loro traffici costituire un’immensa ricchezza e raggiungere fama in tutta Europa. A parti-

cessione al trono del Regno di Napoli. Il duca di Milano si alleò pri ma con gli Angioini, ma poi passò dalla parte di Alfonso. L’intento evidente di Filippo Maria era quello di crearsi nel centro-nord dell’Italia un regno di dimensioni analoghe a quello che la casa d’A ragona si era costruita nel Mezzogiorno. I due regni si sarebbero poi alleati per darsi reciproco sostegno. Il contributo milanese fu determinante per il successo della guerra di conquista grazie alla quale Alfonso poté insediarsi come nuovo re di Napoli (1442). La fine delle lotte per il predominio e la Pace di Lodi Nel 1447 Filippo Maria Visconti morì senza lasciare eredi diretti. Per un breve periodo, principalmente per opera dei mercanti della città, i milanesi riuscirono a far rivivere le istituzioni comunali cre ando quella che passò alla storia come Repubblica Ambrosiana. Fu però un tentativo destinato al fallimento: nel 1450 Francesco Sfor za, che aveva sposato la figlia di Filippo Maria e che comandava le truppe milanesi, si impossessò del potere facendosi incoronare duca. Non era più tempo però per una politica di conquista. Il con testo internazionale stava infatti profondamente cambiando e all’orizzonte si andava profilando per la penisola una nuova terribi le minaccia. I Turchi infatti, presa Costantinopoli, come vedremo più avanti, si affacciavano bellicosamente sull’Adriatico. Per gli sta ti italiani era quindi tempo di interrompere le guerre fratricide per unirsi di fronte al comune pericolo. Nel 1454 fu a tale proposito sti pulata tra Milano e Venezia la Pace di Lodi. Con essa finì il decenna le scontro fra i due stati col riconoscimento dei confini lungo il fiu me Adda. Questo accordo fu ratificato anche dagli altri stati coinvolti a vario titolo nel conflitto e pose le basi per un’alleanza comune in funzione antiturca, la “Santissima Lega”, cui aderirono Milano, Venezia, Firenze, il papa e il re di Napoli. Alla base di questa alleanza stava la constatazione del pericolo turco che incombeva sulla penisola come pure del fatto che nessuno degli stati italiani sarebbe stato in grado di raggiungere una supremazia sugli altri tale da poter pretendere di dominare su tutta l’Italia. Esisteva un sostanziale equilibrio tra le forze, equilibrio che questo accordo avrebbe dovuto mantenere e rafforzare, impedendo a qualsiasi sta to di diventare più forte degli altri. Solo così si sarebbe potuto ga rantire la pace. E in effetti da questo accordo derivò un periodo, du rato circa mezzo secolo, di sostanziale pace.

Perché Filippo Maria Visconti sostenne Alfonso d’Aragona nella guerra contro gli

Roma MilanoGenova Napoli Mar Mediterraneo Ferrara ModenaSienaFirenze VeneziaTorino Palermo ChiesadellaStato diRegnoNapoli Regno diRepubblicaSardegnadiGenova di(RepubblicaCorsicaGenova) diRepubblicaVeneziadiDucatoMilanodiDucatoSavoia Domini degli Estensi diRepubblicadiRepubblicaSienaFirenzediPrincipatoPiombino Ducato Mantovadi diRepubblicaLucca dopoL’Italiala Pace di Lodi (1454)

re dal 1434 un autorevole esponente della famiglia, Cosimo il Vec chio, cominciò a imporre la sua signoria in un modo singolare. Non abolì infatti le istituzioni comunali né occupò mai alcuna carica di governo (per questa ragione Firenze continuò a dirsi repubblica): seppe però tenere in pugno la città grazie al favore che si era conqui stato presso il popolo e collocando uomini a lui fedeli nei vari posti di comando e nelle più importanti cariche pubbliche. Altro grande merito suo fu l’impegno a favore dell’arte e della cultura: fu infatti amico di artisti e letterati che incoraggiò, protesse e finanziò. L’astro di Lorenzo il Magnifico L’opera di Cosimo fu continuata con ancora maggior successo dal nipote Lorenzo che, proprio per questo, fu detto il Magnifico (14491492). Egli si adoperò, sul piano politico, per consolidare la pace e l’equilibrio sanciti a Lodi, intervenendo per sanare contrasti, impe dire conflitti, consolidare alleanze. Per questo si meritò anche l’ap pellativo di “ago della bilancia” della politica italiana. Non ebbe però vita facile in questo, anche nella sua Firenze, dove incontrò svariati oppositori e dove dovette fronteggiare una congiura da par te della famiglia nemica dei Pazzi, appoggiata dal papa. In questa congiura, avvenuta nel 1478, trovò la morte anche il fratello Giulia no. Lorenzo, scampato a fatica, seppe però riprendersi stroncare

Perché politicabilancia”“l’agofuPerchédominioanchechiamatacontinuòFirenzeadessererepubblicasottoildeiMedici?Lorenzosoprannominatodelladellaitaliana?

CAPITOLO 16 363

e

Lorenzo il Magnifico Medaglia coniata da niccolò Fiorentino (fine XV secolo), national gallery of art, Washington dC

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con durezza gli oppositori. Da questo però derivò un nuovo conflit to che vide schierate da una parte le forze papali e quelle del re di Napoli Ferrante d’Aragona, dall’altra Firenze e i suoi alleati Milano e Venezia. La pace sembrava di nuovo in pericolo ma ancora una volta Lorenzo seppe, con abilità, risolvere la situazione raggiun gendo un accordo col re di Napoli che pose fine allo scontro.

Lo splendore della corte medicea Lorenzo si distinse anche per il suo straordinario impegno in campo artistico e culturale e per lo splendore di cui seppe circonda re la sua corte. Come già il nonno, favorì e protesse artisti e letterati tra i quali il poeta Angelo Poliziano, i filosofi Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, i pittori Sandro Botticelli e Andrea Verrocchio, l’architetto Giuliano da Sangallo. Fu egli stesso raffinato poeta e in tellettuale, nonché animatore e promotore di spettacoli ed eventi culturali che crearono in città un clima di eleganza e di vivacità. Con lui Firenze poté a buon diritto essere definita la “novella Atene”. Di pari passo però crescevano anche la corruzione e la miseria dei più poveri. Quando ormai la sua salute stava venendo meno, contro tale stato di cose cominciò a scagliarsi il frate domenicano Girolamo Savonarola, intransigente predicatore contro il lusso, la corruzione

3 · Le compagnie di ventura: una costante minaccia per la pace in Italia Cambia il modo di concepire la guerra Con il cambiamento degli assetti politici mutò anche il modo di intendere la guerra. Nell’età feudale combattere era il compito principale dei signori e dei cavalieri che in tale gesto, compiuto con lealtà e coraggio, facevano consistere tutto il loro onore e prestigio. Nell’età comunale l’onere di combattere per la difesa della propria città e delle sue libertà spettava a tutti i cittadini che assolvevano questo compito spesso con orgoglio e dedizione. Ora invece i signo ri e i principi non si rivolgono più ai loro sudditi per costituire gli eserciti e i sudditi non si mostrano certo entusiasti di combattere per il signore. Da qui il ricorso alle truppe mercenarie, soldati che combattevano come dei veri professionisti della guerra in cambio di denaro. Questi combattenti, per cui la guerra era un “mestiere”, non erano mossi più da ragioni ideali o dalla necessità di difendere la propria casa o il proprio paese, ma solo dall’obiettivo di arricchir si il più possibile.

CAPITOLO 16 365

Perché si parla di bilancio “di luci e ombre” a proposito della politica di Lorenzo?

morale e la prepotenza dei fiorentini e dei loro governanti. Amareg giato, tra l’altro, da questi attacchi, Lorenzo morì, ancor giovane, il 9 aprile del 1492. Con lui finiva un periodo di pace e l’Italia e Firenze, da quel momento, andranno incontro ad anni e situazioni terribili. Un bilancio di luci e ombre La Firenze medicea divenne, più di ogni altra città italiana, il sim bolo di quello straordinario periodo di fioritura creativa che venne chiamato Rinascimento e che ha reso l’arte e la cultura italiana fa mose nel mondo. Ad esso dedicheremo ampio spazio nel secondo volume del nostro corso. Qui tracciamo un bilancio sul piano più strettamente politico-sociale. Da questo punto di vista non tutto di questa età si presenta luminoso. Accanto al prestigio delle corti e alla pace che faticosamente si seppe costruire vi sono anche ombre. Innanzitutto la fine, come già visto, delle libertà comunali e di quel la forma di democrazia, seppur iniziale, che era andata realizzando si nel secolo precedente. In secondo luogo la frammentazione poli tica dell’Italia che portò ben presto al suo indebolimento fino a farla diventare terra di conquista delle grandi monarchie straniere. In terzo luogo, non lo dobbiamo mai dimenticare, il fatto che lo sfarzo e la ricchezza che caratterizzavano la vita delle corti, non raggiunsero gli strati inferiori della società: soprattutto i contadini vivevano in condizioni di miseria che le guerre e le scorribande delle soldataglie mercenarie non facevano che accentuare.

Colubrina Cannone di piccolo calibro, molto allungato (richiamava la forma di un serpente, coluber in latino), che poteva essere usata a mano da un solo uomo. Bombarda Cannone di grandi dimensioni, in grado di sparare proiettili di grosso calibro dagli effetti piuttosto devastanti contro muri e fortificazioni. difettava però di precisione ed era di difficile movimentazione in quanto non posizionata su ruote.

I principali “signori della guerra”

La diffusione delle armi da fuoco

366 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI

Un altro fattore che contribuì a cambiare il modo di condurre e di intendere la guerra fu l’utilizzo, a fini militari, della polvere da spa ro, che in Europa cominciò a diffondersi nei primi decenni del Tre cento, e la conseguente invenzione delle armi da fuoco. L’artiglieria fece la sua comparsa nella battaglia di Crecy nel 1346 durante la Guerra dei Cent’anni ma si diffuse poi ampiamente a partire dal se colo successivo. Vennero costruite bombarde e colubrine che lan ciavano a distanza pietre e successivamente palle di piombo e ferro. Perché si diffusero le compagnie di ventura?

Tra i più celebri capitani di ventura ricordiamo l’inglese John Hawkwood, passato alla storia con il nome italianizzato di Giovan ni Acuto, gli italiani Muzio Attendolo Sforza (col figlio Francesco, futuro duca di Milano), Facino Cane, Braccio da Montone, Niccolò Piccinino, Francesco Bussone detto il Carmagnola che combatté prima per Milano e poi per Venezia, Bartolomeo Colleoni, Giovanni dalle Bande Nere. Va detto che non tutti questi comandanti erano dei brutali guerrieri, privi di scrupoli. Alcuni, come Francesco Sfor za e Giovanni dalle Bande Nere, erano abili strateghi che sapevano muovere bene le truppe sul terreno e cercavano di fare meno ricor so possibile allo scontro diretto col nemico, puntando più sulla sor presa e la rapidità (si parlò a questo proposito di “scuola sforzesca” per indicare questa strategia). Inoltre alcuni di questi puntavano, con la forza delle armi, a conquistarsi una signoria personale e una volta raggiunta (è il caso ancora di Francesco Sforza) seppero tra sformarsi in abili politici.

Si diffondono le compagnie di ventura Si diffusero in tal modo le “compagnie di ventura”, veri e propri eserciti mercenari, composti anche da qualche migliaio di uomini, spesso stranieri, guidati da condottieri detti “capitani di ventura” che si mettevano a servizio dei principi che offrivano loro maggior denaro. Questi soldati combattevano spesso con brutalità, infieren do sulle popolazioni civili, saccheggiando e depredando allo scopo di accumulare bottino. A volte si “vendevano” al miglior offerente e non era raro il caso di compagnie che nel corso di una guerra cam biavano schieramento perché allettate dalla promessa di compensi più elevati. Inoltre fomentavano esse stesse i conflitti, allo scopo di avere sempre nuove possibilità di guadagno. Per tutte queste ragio ni le milizie mercenarie, anche se ampiamente utilizzate, non era no ben viste: papi e imperatori ne condannarono l’uso ed eminenti intellettuali quali Francesco Petrarca e Niccolò Machiavelli, a di stanza di circa un secolo e mezzo tra loro, ne denunciarono i danni. Quest’ultimo in particolare le definì la «ruina» (rovina) dell’Italia di allora.

Si trattava di armi inizialmente poco efficaci, più adatte a spaventa re che a uccidere. Col tempo però furono perfezionate, e allora i loro effetti divennero devastanti. Cambiò così il modo di combatte re: lo scontro corpo a corpo perse importanza, come pure la cavalle ria. Si poteva uccidere a distanza e non contavano più nel combatti mento l’abilità e la tecnica nel maneggiare le armi o nel condurre il cavallo. Inoltre si potevano uccidere più uomini con un colpo solo. Anche i castelli e le mura delle città divennero facilmente attacca bili grazie all’uso di cannoni sempre più potenti capaci di perforare e abbattere pareti difensive fino ad allora inespugnabili. I costi del la guerra divennero così sempre più elevati: dotarsi di armi da fuo co costava molto e solo i sovrani più ricchi, quelli che governavano grandi stati, potevano permettersele. Alla lunga quindi questi furo no favoriti rispetto alle piccole monarchie e ai principati italiani. 4 · La fine dell’Impero d’Oriente La minaccia dei Turchi Ottomani Nel XIV secolo si era andata facendo sempre più grave la minac cia dei Turchi Ottomani e per l’Occidente era ormai giunto il mo mento non più di organizzare crociate per riprendere i luoghi sanPerché le armi da fuoco causarono il delladeclinocavalleria? Turchi Ottomani nome di una tribù turca che si affermò in Anatolia e nei Balcani a partire dall’inizio del XIV secolo e che viene fatto risalire al suo antico capo detto othman. Giovanni dalle Bande Nere Scultura di temistocle guerrazzi (XIX secolo), posta all’esterno della galleria degli Uffizi, SullaFirenzespada è scritto il motto delle Bande nere: “non mi snudare senza ragione, non senzam’impugnarevalore”.

368 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI ti, ma piuttosto di difendersi dal rischio di un attacco sempre più imminente. Gli Ottomani giunsero agli inizi del XV secolo a minac ciare Costantinopoli al punto che lo stesso imperatore bizantino

Harem parola di origine araba che significa “luogo inviolabile, sacro”. nel suo uso più comune indica il luogo della casa dove è vietato l’ingresso agli estranei. In particolare nelle case dei signori è il luogo dove soggiornavano le donne, mogli e concubine, del padrone di casa.

La tragica caduta di Costantinopoli Così, nella notte fra il 28 e il 29 maggio del 1453, l’esercito tur co guidato dal nuovo sultano Maometto II, dopo un lungo assedio, conquistò Costantinopoli. Cadde così, dopo più di undici secoli, l’Impero d’Oriente. D’ora in poi la città sarebbe diventata la capita le dell’Impero Ottomano. L’ultimo imperatore bizantino, Costanti no XII, cadde valorosamente con la spada in pugno: decapitato, la sua testa imbalsamata venne portata in giro come trofeo a simbo leggiare l’avvenuto trionfo della mezzaluna turca.

Giovanni VIII Paleologo fu costretto a chiedere aiuto all’Occiden te, promettendo, in cambio, di promuovere la ricongiunzione della Chiesa Ortodossa con quella Cattolica, in un concilio che si aprì a Ferrara e poi si svolse a Firenze nel 1439. Purtroppo però non si ar rivò a nessun risultato: la riconciliazione non avvenne e l’Occidente cristiano non volle impegnarsi in una crociata per difendere l’O riente bizantino.

I Turchi non si fermano qui: l’attacco all’Europa cristiana Nei decenni successivi i Turchi si spinsero sempre più verso occi dente, nella direzione dei Balcani, dell’Ungheria e di Vienna. Le loro conquiste erano sempre segnate da efferati massacri anche se poi, a conquista conclusa, essi si rivelavano spesso buoni ammini stratori. In tempo di pace non esitavano, tuttavia, a compiere razzie e attacchi pirateschi contro i paesi cristiani loro vicini, saccheg giando e rapendo bambini per farli schiavi e donne per i loro harem . Anche l’Italia centro-meridionale visse nel terrore delle loro incur sioni dal mare. Nel 1480 ad esempio essi conquistarono, dopo un’ac canita resistenza, la città costiera di Otranto in Puglia e fecero stra ge degli abitanti che si erano rifiutati di convertirsi all’Islam. Non sempre questi invasori ebbero però vita facile. In Albania un nobile locale, Giorgio Castriota detto Scanderbeg, resistette accanitamen te per circa trent’anni all’avanzata turca infliggendo loro numerose sconfitte. Solo alla sua morte, avvenuta nel 1468, i Turchi poterono riprendere l’avanzata, arrivando a conquistare molte regioni sudorientali dell’Europa, quali la Moldavia, la Valacchia, quasi tutta la Serbia, la Bosnia-Erzegovina e l’Albania. Pur non imponendo la conversione all’Islam dei popoli conquistati, i Turchi la favorirono fortemente garantendo privilegi economici e politici ai cristiani che divenivano musulmani. Passarono così all’Islam la grande mag gioranza degli albanesi e buona parte dei bosniaci.

Dove si svolge l’episodio? Di che cosa si mostra preoccupato Lorenzo? Per che cosa è irritato? Come si comporta il popolo durante la congiura? Da che parte sta? Quale atto eroico compie il giovane Antonio Ridolfi?

CAPITOLO 16 369 PARTIAMO DALLE FONTI Un testimone oculare racconta la congiura dei Pazzi

Il poeta Angelo poliziano, uno dei maggiori lette rati italiani del Quattrocento, fu testimone diretto della congiura dei pazzi. Si trovava infatti con Lo renzo quando i congiurati tentarono di ucciderlo. Questo è il racconto, vivace e drammatico, che lui ne ha dato. nel leggerlo, ricordiamo che si tratta di un testo scritto in latino, si deve tener conto del fatto che l’autore era uomo di fiducia e stret to collaboratore di Lorenzo che gli aveva affida to l’istruzione dei figli. non sempre quindi la sua esposizione dei fatti risulta fredda e distaccata. Al contrario, è viva e intensa la sua partecipazione agli eventi e chiaro il suo giudizio di condanna nei confronti dei congiurati, come pure la insistente sottolineatura dell’appoggio che il popolo fioren tino diede, in tutta questa vicenda, al Magnifico. «Al segnale convenuto Bernardo Bandini, France sco de’ pazzi e altri congiurati si strinsero in cer chio intorno a giuliano; il Bandini lo trafisse con una pugnalata e giuliano, fatti alcuni passi, cadde a terra e fu finito da Francesco de’ pazzi. Lorenzo intanto veniva a sua volta ferito alla gola da un al tro congiurato ma seppe difendersi con coraggio, impugnando la spada, e si salvò rifugiandosi con pochi amici nella sacrestia. nella chiesa intanto era nata una gran confusione; vi erano rumore e lamenti e tutti fuggivano da ogni parte: sembrava che il tempio crollasse. Io e gli altri che ci erava mo salvati nella sacrestia con Lorenzo stavamo di guardia alla porta; e siccome si temeva per la ferita di Lorenzo, Antonio Ridolfi, giovane gene roso, cominciò a succhiare la ferita sanguinante [si temeva infatti che l’arma da cui era stato colpi to fosse avvelenata]. Lorenzo invece incurante del suo stato non cessava dal richiedere come stes se giuliano, irritato per l’inaspettato tradimento. ed ecco che a un tratto molti si avvicinarono alla porta della sacrestia gridando che erano amici e parenti, e che Lorenzo uscisse prima che i nemici si facessero più forti. Fu loro aperto e gli amici, circondato Lorenzo, in modo che non vedesse il corpo di giuliano, lo condussero a casa per alcune stradine secondarie. Il palazzo dei Medici si riem pì di armati, fanciulli, giovani e vecchi impegnati a difenderlo come se si trattasse della loro patria. Iacopo de’ pazzi, fallitogli il piano di ammazzare Lorenzo, preso dalla rabbia, uscì dal duomo e sce so in piazza tentò con pochi amici di fare insorgere il popolo. nessuno però si mosse, anzi tutti inor ridirono per la sua azione scellerata. giunti poi gli amici di Lorenzo al palazzo della Signoria, diedero man forte al gonfaloniere di giustizia [che stava dalla parte di Lorenzo], così tutti i partigiani dei pazzi furono ammazzati. Iacopo de’ pazzi cercò di mettersi in fuga; ma si scontrò con una massa di gente che correva al palazzo dei Medici chieden do vendetta contro i traditori. Francesco de’ pazzi e Francesco Salviati [Arcivescovo di Pisa e anch’egli capo della congiura] furono presi e impiccati alla stessa finestra del palazzo della Signoria». da Agnolo poliziano, La congiura dei Pazzi, adatt.

Quali particolari fanno capire che Poliziano condanna l’agguato contro i Medici? Stemma della famiglia Pazzi. Palazzo Pazzi, Firenze

Vivere a Firenze nel Quattrocento

Una diffusa vita religiosa Intensa era la vita religiosa. All’inizio del Cinque cento si contavano in città più di 100 conventi, di cui 49 femminili. 118 erano le chiese ma mol te famiglie ricche disponevano anche di proprie cappelle private. Una ventina erano gli ospedali e gli ospizi per viandanti e poveri. Caratteristiche, ai crocicchi delle strade, le croci in pietra scolpita, ai cui piedi stavano moccoli di cera e lampade ad olio che venivano illuminate di notte (era l’unica forma di illuminazione per le vie deserte).

METTIAMO A FUOCO

Una grande fioritura artistica nel XV secolo Firenze contava all’incirca 100.000 abitanti e si andava progressivamente arricchen do di straordinari edifici e capolavori d’arte. nel 1436 venne completato il duomo (S. Maria del Fiore) con la cupola realizzata da Filippo Brunel leschi, vero capolavoro di ingegneria. nel giro di pochi anni venne poi consacrata la chiesa di San ta Croce, venne rifatta, ad opera di Leon Battista Alberti, la facciata di S. Maria novella, vennero realizzati, sempre dal Brunelleschi, la cappella pazzi e il porticato dello Spedale degli Innocen ti, probabilmente il primo orfanotrofio d’europa finanziato dalle famiglie ricche della città e dal le Corporazioni. In quegli stessi anni operavano a Firenze Beato Angelico, Masaccio, donatello, Lorenzo ghiberti. tutti hanno lasciato abbondanti tracce del loro genio artistico. Un’intensa vita economica Accanto all’arte ferveva però anche la vita eco nomica. Le strade e le 50 piazze della città erano sempre affollate In piazza del Mercato Vecchio si vendevano pesce, verdura, carne (quest’ultimo cibo destinato per lo più ai ricchi). Su appositi carretti vi erano botti da cui si spillavano bocca li di vino che venivano venduti ai passanti e che pubblicizzavano taverne e osterie. Sul ponte Vec chio vi erano invece botteghe di beccai, conciato ri, fabbri, pescivendoli, che però a volte emanava no un lezzo piuttosto cattivo. Molti erano anche i banchi dei cambiavalute e molto sviluppata era l’attività bancaria. L’Arno era navigabile fino alla foce e su di esso scorrevano chiatte e zattere cariche di legname, pietre da costruzione, sale, balle di lana. Alle porte di ingresso della città poi vi erano i banchi dei gabellieri che tassavano tutte le merci che venivano introdotte per essere vendute. I bagni pubblici erano quattro e sempre affollatissimi, soprattutto di sabato. Molte erano taverne e alberghi. L’angolo più cupo di Firenze ri manevano le Stinche, cioè le prigioni dove, come ci riferisce niccolò Machiavelli, si aggiravano pi docchi «grandi come farfalle».

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Un’atmosfera festosa Soprattutto durante il governo di Lorenzo il Ma gnifico, Firenze fu allietata da feste e divertimenti. Si allestivano corse di cavalli, rappresentazioni te atrali e musicali. nel mese di maggio, in occasio ne dei festeggiamenti di San giovanni, avevano luogo per strada balli mascherati, spettacoli con fuochi d’artificio, esibizioni di giocolieri e acrobati, rappresentazioni di scene religiose o mitologiche. nella festa di san giacomo si teneva sull’Arno un palio di barche. Venivano inoltre allestiti dei carri con rappresentazioni allegoriche, chiamati trion fi, che sfilavano per le vie della città (ad esempio durante il carnevale). nel 1439, in occasione del Concilio tenutosi a Firenze per la riunificazione della Chiesa d’oriente e di quella d’occidente, venne allestita una grande processione nella qua le tre personaggi della famiglia Medici si vesti rono da re magi e sfilarono per le vie della città seguiti da cortigiani e notabili e alla presenza di circa 700 ecclesiastici. Ricchezza e povertà grande era nel complesso la ricchezza della città: nel 1422 ad esempio circolavano due milioni di fiorini; i commerci di beni di lusso prosperavano e crescevano. I mercanti erano sicuramente il ceto più importante, anche se non tutti godevano della stessa condizione di ricchezza. essi non doveva no solo possedere ricchezza, ma anche mostrar la; perciò vivevano in palazzi molto belli, avevano ville in campagna (i Medici ne avevano più di una: le più celebri sono quelle di Cafaggiolo nel Mu gello e di poggio a Caiano). diversa invece era la

CAPITOLO 16 371 condizione dei poveri, sottoposti a tasse spesso gravose e che suscitavano malcontento. Abbiamo a questo proposito la denuncia del frate predica tore girolamo Savonarola che dirà: «I poveri sono oppressi dalle gravezze. V’è chi, con cinquanta di rendita, paga cento di imposta, mentre i ricchi pagano poco, perché le imposte si mettono ad arbitrio». non dimentichiamo che lo sfarzo e la ricchezza del Rinascimento riguardavano soprat tutto i ceti più elevati. Come pure lo sviluppo delle attività culturali. Si calcola che nelle città di allora il 10% circa della popolazione controllasse il 50% della ricchezza. e a Firenze la situazione non era certo molto differente. Cupola di Santa Maria del Fiore, opera di Filippo Brunelleschi (XV secolo), Firenze

372 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI NON TUTTI SANNO CHE… 800 volte “no”: i martiri di Otranto Situata sulla punta più orientale del Regno di napoli sull’Adriatico, a meno di cento chilometri dalle coste albanesi, cadute un anno prima sot to il dominio ottomano, otranto fu vittima, nel 1480, di uno dei più terribili massacri perpetra ti dai turchi nel loro tentativo di penetrazione in occidente. 800 suoi abitanti, che si erano rifiu tati di abiurare alla fede cristiana per convertirsi all’Islam, vennero orrendamente trucidati dai loro aguzzini ottomani. Complicità e connivenze tutto ebbe inizio all’alba del 29 luglio 1480 quan do, minacciosa, si stagliò all’orizzonte un’impo nente flotta turca. Si trattava di 90 galee e altre imbarcazioni con a bordo, dicono le cronache del tempo, circa 18.000 uomini. Li guidava gedik Ahmed pascià che, dietro ordine del Sultano Ma ometto II, lo stesso che aveva guidato ventisette anni prima l’assalto a Costantinopoli, puntava alla conquista dei territori orientali del Regno di napoli per usarli poi come base per l’attacco definitivo a Roma. per la verità dietro a questa azione stavano anche complicità e connivenze di due stati italia ni, la Repubblica di Venezia, che aveva raggiunto l’anno prima un accordo con i turchi, e Firenze, guidata a quel tempo da Lorenzo il Magnifico. entrambi questi stati erano mossi dall’intenzione di indebolire il Regno di napoli, loro grande rivale nella guerra per il predominio sulla penisola, e per questo avevano sollecitato l’attacco turco.

immediatamente

La terribile carneficina otranto era difesa da una guarnigione di 400 sol dati aragonesi, poca cosa rispetto alle imponenti forze turche. per giunta molti di questi soldati, di fronte al pericolo, fuggirono senza opporre resi stenza. Rimasero quindi solo i civili a difendere la città. Ahmed pascià però non procedette subito alla conquista. offrì infatti per ben due volte ai cittadini la possibilità di arrendersi avendo salva la vita. Questi però rifiutarono con fierezza: arren dendosi avrebbero perso la libertà e ogni diritto civile e commerciale. Se i turchi volevano la città, avrebbero dovuto quindi prenderla con la forza. e questo è ciò che avvenne. dopo un terribile asse dio durato due settimane, il 12 agosto gli ottomani aprirono una breccia nelle mura e fecero irruzione in città. e per le vie di otranto fu la strage. ovun que violenze, distruzioni, saccheggi; gli assalitori si accanirono soprattutto contro i luoghi sacri, tra cui un monastero e la cattedrale, che fu ridotta a stalla. Chi osava resistere nelle strade veniva trucidato, tra i primi lo stesso vescovo della città, ucciso brutalmente in chiesa. portata a termine la conquista, Ahmed pascià im pose a tutti gli abitanti rimasti in vita la conver sione all’Islam oltre al pagamento di una grossa somma di denaro in cambio della vita. Qualcuno cominciò a pagare ma molti rifiutarono. A questo punto si scatenò terribile la vendetta del capo ot tomano. presi schiavi tutte le donne e i bambini, ordinò poi che 800 uomini adulti fossero deca pitati. prima dell’esecuzione fu rinnovata loro la richiesta di abiurare al Cristianesimo, ma per 800 volte la risposta fu “no”. Cominciò a questo punto la carneficina. era il 14 agosto e la collina della Mi nerva (ora chiamata “collina dei martiri”) su cui venne portato a termine il massacro si colorò di rosso del sangue delle vittime. Un sacrificio che non è stato inutile La notizia di questo massacro giunse fino a napo li e il re Ferrante d’Aragona ne rimase sconvolto; ordinò al figlio Alfonso, allora impegnato in to scana nella guerra contro Firenze, di dirigersi col suo esercito in puglia per riprendere la città, che rimase però per circa un anno sotto l’occupazio ne ottomana. A favorire la definitiva riconquista da parte dei napoletani fu un fatto imprevisto: la morte nel maggio del 1481 di Maometto II, morte a cui fecero seguito le lotte per la successione tra i figli. Ahmed fu richiamato in patria e la guarnigio ne turca, priva del suo comandante, subì l’attacco dell’esercito di Alfonso, che riprese la città il 10 settembre 1481. I resti dei corpi dei martiri, orren damente mutilati, vennero riesumati e, in parte, trasferiti in una chiesa di napoli dove la popo lazione cominciò a venerarli come reliquie. Suc cessivamente la Chiesa li ha proclamati martiri e come tali ancora oggi sono venerati. La resistenza e il sacrificio dei martiri idruntini (così si chiama no gli abitanti di otranto) non furono comunque vani: oltre a offrire una grande testimonianza di fede, essi consentirono al re di napoli di rendersi conto del grave pericolo che incombeva sull’Ita lia meridionale e gli permisero di intervenire con un esercito che impedì alle imponenti forze otto mane di dilagare nella puglia. I cronisti dell’epoca non esagerarono dunque quando affermarono che da questo sacrificio derivò la salvezza dell’I talia meridionale. nella pagina precedente Reliquie dei martiri, conservate nella cattedrale di Santa Maria Annunziata, Otranto (Lecce)

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Uccidere con le armi da fuoco

METTIAMO A FUOCO

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è la stessa cosa che uccidere con la spada?

Si sconvolgono gli assetti degli eserciti e si comincia a uccidere senza più regole L’invenzione delle armi da fuoco ebbe delle con seguenze molto importanti non solo sul piano strettamente militare, come abbiamo già visto nel testo, ma anche su altri piani. Sconvolse innanzi tutto gli assetti degli eserciti, facendo passare in secondo piano la cavalleria e, di conseguenza, il ruolo dell’aristocrazia nella guerra. prima di allo ra, infatti, combattere era stata quasi sempre una prerogativa dei nobili che si addestravano per tut ta la vita sia a cavalcare che a maneggiare armi a cavallo. Su questo si era costruito l’ideale cavalle resco medioevale con la figura del cavaliere che era un uomo d’onore, rispettoso delle regole e dei limiti alla violenza, posti dalla stessa Chiesa (si pensi alla tregue e alle paci di dio di cui abbiamo già parlato). ora, invece, chiunque poteva, accen dendo una miccia o imbracciando, come avverrà di lì a poco, un archibugio, uccidere colpendolo da lontano anche un cavaliere coperto da un’ar matura. La scala sociale, che vedeva al primo po sto la nobiltà, veniva così sconvolta anche nella guerra e le regole d’onore, che prima cercavano di limitare gli effetti devastanti della violenza (non sempre riuscendoci), ora passavano in secondo piano. non si combatteva più frontalmente, uomo contro uomo, e lo scopo del combattimento di ventava uccidere col minore sforzo il maggior nu mero di nemici. Questa mancanza di regole nel combattere e l’im mensa potenza che le nuove armi sembravano dare all’uomo per uccidere vennero denunciate già da alcuni grandi scrittori. nel ‘300 petrarca

CAPITOLO 16 375 parlò di «strumento infernale» della follia umana Successivamente Ariosto nel suo Orlando Furioso parlò di «abominevole ordigno», opera di «Belze bù». Il grande scrittore spagnolo Miguel de Cer vantes, cantore della fine della cavalleria, nel suo Don Chisciotte esprimerà tutto lo sconcerto per la fine del ruolo della nobiltà nella guerra e scriverà: «… penso che il loro inventore abbia nell’inferno il premio della sua diabolica invenzione! per causa sua un infame e codardo braccio può togliere la vita a un prode cavaliere e, senza sapere né come né donde, sul più bello del coraggio e dell’entusia smo eccoti una palla che tronca e mette termine in un istante ai pensieri e alla vita di chi avrebbe meritato di goderla per lunghi secoli». La morte si vede da lontano C’è però un altro aspetto che va sottolineato e che è stato messo in luce di recente da alcuni storici. Con le armi da fuoco si uccide da lontano e colui che spara non vede quasi più le proprie vittime, non ne vede il volto, il dolore, la sofferenza mentre muoiono. Il legame tra l’azione dell’uccisore, che si limita a premere un tasto, e l’effetto della morte della vittima, si affievolisce nella coscienza di chi uccide. È più facile perciò mettere da parte l’orro re che suscita la morte di un uomo e si finisce per uccidere con più facilità se lo si fa da lontano, se non si vedono le vittime cadere direttamente sot to la propria mano. Anche questo spiega il pro gressivo incrudelirsi delle guerre moderne, anche nei confronti delle vittime civili. Miniature raffiguranti l’assedio di città fortificate con l’uso dell’artiglieria

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METTIAMO A FUOCO Quando finisce il Medioevo?

Un uomo del Medioevo sapeva di vivere nel Medioevo? dividere la storia in periodi è una necessità degli storici che nel ricostruire il passato hanno biso gno di “schemi” che ne facilitino la comprensione e permettano loro di sintetizzare, cioè di racco gliere insieme una sterminata quantità di infor mazioni. Inoltre, dividere in periodi consente di individuare meglio alcuni grandi cambiamenti (di carattere politico, culturale, economico, reli gioso) che indubbiamente ci sono stati nel per corso storico dell’umanità. non dobbiamo però dimenticare che questa divisione è fatta appunto dagli storici, spesso anche molto tempo dopo che i fatti sono avvenuti, proprio perché il senso di determinati cambiamenti si percepisce meglio da lontano, piuttosto che mentre stanno avvenendo. Quando, ad esempio, Cristoforo Colombo pose per la prima volta il piede sulle coste americane, nessuno si rendeva conto pienamente di quanti cambiamenti questo fatto avrebbe prodotto nella storia dell’umanità.

A molte persone di quel tem po poteva addirittura sembrare un fatto di scarsa importanza. Solo dopo, anche molti secoli, inve ce emergerà con chiarezza la rilevanza di questa tscoperta.uttoquesto ci porta a dire che gli uomini del Me dioevo non sapevano di vivere in quello che, dopo, sarebbe stato chiamato Medioevo, e quindi non sapevano nemmeno che il Medioevo stava finen do. Questo è un problema che loro non ebbero ma che gli storici, per le ragioni che sopra abbia mo detto, si sono invece posti. Si possono fare varie ipotesi sulla fine del Medioevo Fatta questa premessa, possiamo individuare, a distanza di molti secoli, alcuni avvenimenti che possono essere presi come date simboliche che segnano il termine di questo lungo Medioevo. La scelta di privilegiare l’uno o l’altro di questi av venimenti dipende dalla chiave di lettura che si adotta per la storia. Se si sottolineano soprattutto gli aspetti economici allora si scelgono determi nati avvenimenti in questo ambito (ad esempio proprio la scoperta dell’America nel 1492, che spostò l’asse dei commerci dal Mediterraneo all’Atlantico, introducendo enormi cambiamenti rispetto a prima). Se si sceglie una prospettiva più di carattere politico allora si può considerare la fine della guerra dei Cent’Anni (1453) dove si affermano gli stati nazionali ai danni dell’Impe ro (tra l’altro questa è anche la data che segna la fine dell’Impero Romano d’oriente, ultimo re taggio dell’antico Impero Romano). Se si sceglie di dare più importanza agli eventi religiosi allora si può scegliere come data l’inizio della riforma protestante di Martin Lutero (1517) con la quale l’europa occidentale rompe l’unità religiosa plu risecolare. Addirittura, si può andare ancora più indietro fino al cosiddetto “oltraggio di Anagni” (1303) nel quale si nota come ormai il papato ab bia perso la sua autorità sulla politica europea. Se si considerano invece gli aspetti culturali,. sicura mente la fine del Medioevo può essere fatta coin cidere con la seconda metà del XIV secolo in cui si afferma, come vedremo nel prossimo capitolo, la cultura umanistica. dal punto di vista invece della vita sociale una data importante può essere il 1348, anno della terribile pestilenza che investì l’europa intera. Come si vede, quindi, ci sono varie ipotesi riguardo alla conclusione del Medioevo. Addirittura qualche storico ipotizza che il Medio evo sia finito solo nel XVIII secolo con la rivolu zione francese. tutte queste ipotesi contengono degli aspetti di verità e sono molto interessanti e stimolanti perché ci spingono continuamente a riflettere e a rimettere in discussione le varie opi nioni, ad essere cauti e non affrettati nei giudizi e a non generalizzare con superficialità. Questo è uno degli aspetti che rende affascinante e inte ressante lo studio della storia: il non dar mai nulla per scontato e l’essere disposti sempre a nuove ricerche e approfondimenti.

diventano duchi di

1309 il

1492

4. Nella seconda parte del secolo XV si distinse l’opera di Lorenzo de’ Medici, signore di Firenze, che si adoperò con successo per difendere l’equilibrio tra gli stati italiani e la conseguente situazione di pace (venne soprannominato “ago della bilancia” della politica italiana). Importante fu anche la sua opera in campo artistico e culturale. Con lui Firenze divenne il più importante centro del Rinascimento italiano.

1. A partire dalla seconda metà del XIV secolo i Comuni italiani conobbero una graduale evoluzione dal punto di vista politico e istituzionale. Le lotte sorte al loro interno fra i vari ceti si conclusero spesso con l’affermazione di ricchi e potenti signori che si impossessarono, con modalità differenti ma con esito simile, delle cariche e dei poteri di governo comunali. Questi signori riuscirono dapprima a trasmettere i loro poteri ai figli inaugurando così delle dinastie; in un secondo momento ottennero l’approvazione dell’imperatore o del papa che conferirono loro anche un titolo nobiliare. In tal modo le signorie si trasformarono in veri e propri principati. Con essi la stagione delle libertà e della democrazia comunale tramontò definitivamente.

6. Conquistata Costantinopoli nel 1453, i Turchi Ottomani diedero inizio a un tentativo di espansione nei Balcani e nell’Europa sud-orientale, diventando una minaccia sempre più grave per i paesi cristiani. papato Avignone Cent’Anni peste in europa ritornapapatoa Roma Visconti Milano V d’Aragona napoli guerra presaCent’Anni,diCostantinopoli pace di Lodi 1492 Magnifico scoperta dell’America

1454

1377 il

la dellineatempo versione audio on-line

CAPITOLO 16 377

Raccontiamo in breve

1337 scoppia la guerra dei

Lorenzomuore il

2. Una volta consolidato il potere all’interno, questi principi cercarono di estendere il loro dominio anche all’esterno delle città, fino a conquistare aree di dimensione regionale. A questo punto i maggiori tra questi stati cominciarono a mirare al conseguimento di un predominio sull’intera penisola. Ma questo causò lunghe ed estenuanti guerre cui presero parte Milano, Venezia, Firenze, il Regno di Napoli, lo stesso papato.

1442 Alfonso

ad

1348 epidemia di

1453 finisce la

1395 i

diventa re di

dei

3. Queste guerre si conclusero nel 1454 con la stipula della Pace di Lodi in funzione antiturca. L’anno prima infatti i Turchi Ottomani avevano conquistato Costantinopoli e da lì minacciavano di attaccare l’Europa. Di fronte a questo pericolo e nella consapevolezza che l’equilibrio tra le forze degli stati italiani era ormai impossibile da infrangere, nacque l’accordo di Lodi accompagnato dalla creazione di una Lega difensiva.

5. Un fattore di grande instabilità e di tensione sulla scena politica italiana fu costituito dall’irrompere degli eserciti mercenari, compagnie, anche di qualche migliaio di uomini, che combattevano per denaro al servizio dei signori e che spesso erano responsabili di violenze e crudeltà e che fomentavano a loro volta altre tensioni e conflitti. La drammaticità della guerra fu aggravata anche dall’uso sempre più massiccio dell’artiglieria e delle armi da fuoco.

I turchi o ttomani conquistano Costantinopoli 1442 pace di Lodi 1453

378 L’ItALIA deLLe SIgno RIe e deI pRInCIpAtI Attività e verifiche esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande. 1. Che cos’erano le signorie? 2. Che cos’erano i principati? 3. Che cos’erano gli stati regionali? 4. Quali furono i principali stati regionali italiani? 5. Che cos’era la “Santissima Lega” e chi vi aderì? 6. Quali attività importanti sono attribuite a Lorenzo il Magnifico? 7. Che cos’erano le compagnie di ventura e in che modo combattevano? 8. Chi era Francesco Sforza? 9. Chi era giorgio Castriota Scanderbeg e che cosa fece? esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso. 1277

I Visconti prendono il potere a Milano 1454 Morte di Lorenzo il Magnifico 1492 Alfonso d’Aragona diventa re di napoli esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa. I signori rafforzarono le istituzioni comunali. V F gli stati regionali italiani mantennero sempre rapporti di armonia e di concordia. V F Filippo Maria Visconti ottenne il titolo di duca dall’imperatore Venceslao. V F I Medici erano una ricca famiglia di banchieri di oscure origini. V F A Firenze sotto il governo dei Medici le condizioni di vita del popolo e dei contadini migliorarono. V F non tutti i capitani di ventura furono brutali guerrieri privi di scrupoli. V F Ad o tranto i turchi sterminarono la popolazione perché si era rifiutata di convertirsi all’Islam. V F esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato. I signori miravano a ottenere un titolo nobiliare dal papa o dall’imperatore a. per rafforzare il loro potere e renderlo ereditario. b. per legittimare il loro potere e renderlo dinastico. c. per aumentare le loro ricchezze.

Lorenzo il Magnifico fu considerato l’”ago della bilancia della politica italiana” perché a. favorì ovunque lo sviluppo dell’arte. b. governò con saggezza ed equilibrio Firenze. c. si adoperò per mantenere e garantire l’equilibrio fra i vari stati italiani.

Milano e Venezia stipularono la Pace di Lodi a. per spartirsi l’Italia settentrionale. b. per porre fine alle guerre e far fronte alla minaccia turca. c. per allearsi e combattere contro gli altri stati italiani.

CAPITOLO 16 379

Le compagnie di ventura erano una minaccia per la pace e la tranquillità dell’Italia perché a. fomentavano in continuazione conflitti e disordini fra i vari stati italiani. b. introdussero nuove armi e tecniche militari distruttive. c. si offrivano al miglior offerente cambiando spesso bandiera.

Le armi da fuoco favorirono il rafforzamento dei sovrani dei grandi stati a danno dell’aristocrazia perché a. negli eserciti fecero passare la cavalleria in secondo piano. b. erano molto più distruttive delle armi usate in passato. c. erano molto costose e solo i sovrani con grandi disponibilità finanziarie potevano permettersele. esercizio 5 · Indica e colora, nella cartina sotto riportata, i principali stati regionali italiani indicando poi nella legenda anche i nomi delle dinastie che li governarono.Legenda

380 Indice delle definizioni a margine del testo A Abbazia 71 Abiurare 272 Amministrativo 30 Anacoreta 70 Anarchia 11 Antipapa 171 Apogeo 184 Apostoli 15 B Bombarda 366 Bonifica 188 Burocratico 30 C Califfo 98 Capro espiatorio 274 Cardinali 204 Cattedrale 268 Cattolicesimo 17 Celibato 170 Censimento 262 Cesaropapismo 50 Chiesa 16 Clan 31 Clausura 190 Colubrina 366 Conclave 298 Concubinato 172 Conio 123 D delfino 340 demagogia 336 democrazia 237 demografia 11 dialettica 275 dieta 242 dinastia 78 diritto romano 241 dissodamento 186 doge 240 E emiro 117 eremita 70 eresia 17 eucaristia 16 F Farisei 15 Fazione 236 Feudo 140 Follatura 187 G gibilterra 98 giubileo 298 giureconsulto 53 giurisdizione 78 giurista 52 goliardia 276 guelfi e ghibellini 207 H Harem 368 I Impero 116 Indoeuropeo 32 Indulgenza 210 L Laico 268 Lavoratori autonomi 232 Legato 271 Legge salica 338 Lingue semitiche 92 Liturgia 123 M Maggiorenti 94 Martire 16 Megalomania 336 Merovingi 39 Messia 15 Millenarismo 173 Monaco 70 Monastero 71 Monofisismo 52 N notabili 123 O ortodossa 209 P paganesimo 74 pannonia 37 pastorale 170 patriarca 31, 50 potere spirituale 204 potere temporale 204 preparazione teologica 95 R Razzia 92 Regno 116 Reliquia 74 Retorica 275 Retroguardia 117 S Santi patroni 268 Scisma 209 Scomunica 206 Simonia 172 Soldati mercenari 11 T turchi ottomani 367 turchi Selgiuchidi 210 U Usurpazione 78 V Vassallo 122 Vespro 297

A

VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Un monastero benedettino METTIAMO A FUOCO La vita quotidiana NON TUTTI SANNO CHE… Ermanno di Reichenau: il disabile DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA) La nascita la dell’Islam La Penisola Arabica prima Maometto Che cosa predicava nuova La diffusione dell’Islam METTIAMO A FUOCO Corano può essere Bibbia? PERCORSO DELLE PAROLE Quante METTIAMO FUOCO

98

Perché il lavoro è importante per l’uomo 86 Capitolo 5

religione 94 4 ·

del monaco: scandire il tempo con la preghiera 84

102 IL

I contributi della cultura araba 104

diffusione

e

diventato genio 85 SPUNTI

parole per indicare i musulmani 103

paragonato alla

Il

la

93 3 ·

di Maometto 92 2 ·

CAPITOLO 16 381 Indice Caro amico… 4 Capitolo 1 Finisce il mondo antico: si prepara un mondo nuovo 7 1 · Perché cadde l’Impero Romano 8 2 · I fattori “interni”: una crisi che durava da tanto tempo 8 3 · I fattori “esterni”: le invasioni barbariche 11 4 · Una nuova religione arriva da oriente: il Cristianesimo 15 5 · Da religione perseguitata a religione ufficiale dell’Impero 18 METTIAMO A FUOCO Che cosa sono i vangeli? 19 METTIAMO A FUOCO Perché il Cristianesimo ebbe successo? 20 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Le catacombe e i simboli cristiani 21 METTIAMO A FUOCO L’“editto” che non ci fu… ma che fu estremamente importante 22 PARTIAMO DALLE FONTI Girolamo e Agostino: due modi diversi di porsi davanti alle tragedie della storia 23 IL PERCORSO DELLE PAROLE I barbari sono scomparsi, di vandali invece ce ne sono ancora 24 Capitolo 2 Il nuovo volto dell’Europa. Nasce il Medioevo 29 1 · I Regni Romano-Barbarici 30 2 · Chi erano i “barbari” 31 3 · Con i Regni Romano-Barbarici nasce il Medioevo 35 4 · Seguiamo da vicino le vicende italiane 37 5 · L’ascesa dei Franchi 38 METTIAMO A FUOCO Il Medioevo: un’epoca misteriosa e spesso fraintesa 40 ComePROTAGONISTImuore un filosofo: Severino Boezio 41 PARTIAMO DALLE FONTI I barbari: rozzi animali o “buoni selvaggi”? 42 NON TUTTI SANNO CHE… Le grandi regine dei merovingi 44 Capitolo 3 La breve restaurazione imperiale 49 1 · L’Impero Romano d’Oriente: una vita più lunga 50 2 · La straordinaria opera di Giustiniano 52 3 · Arrivano i Longobardi: l’Italia si spezza in due 55 METTIAMO A FUOCO Le tracce dell’influenza longobarda in Italia 59 PARTIAMO DALLE FONTI La Guerra greco-gotica: il racconto di un corrispondente di guerra del tempo 60 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA La splendida fioritura di Ravenna 61 LEGGIAMO L’ARTE I mosaici di Ravenna 63 PARTIAMO DALLE FONTI Dalla faida al guidrigildo 64 Capitolo 4 L’Europa diventa cristiana 69 1 · La grande stagione del monachesimo 70 2 · L’ascesa del vescovo di Roma: l’opera di Gregorio Magno 75 3 · Il papa sceglie i Franchi 76 METTIAMO A FUOCO Perché i re venivano “unti”? 80

81

91 1 ·

METTIAMO A FUOCO Le “paci” e le “tregue di Dio” 160 Capitolo 8 Verso l’anno Mille 165 1 · Francia e Italia: due destini diversi 166 2 · Il sogno di restaurare l’Impero carolingio 168 3 · Il “secolo oscuro” della Chiesa Si avvicina Mille METTIAMO A FUOCO intanto Bisanzio… TUTTI SANNO CHE… Frassineto: un avamposto musulmano cuore dell’Europa

nel

194

anche dalla sua corona 177

VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Che cosa rimane oggi Cluny 10 La Chiesa La subordinazione della Chiesa potere La lotta Il regno dei Normanni nell’Italia L’Europa guarda a Oriente: crociate Il

198 Capitolo

192

di

178 Capitolo

A

imperiale 204 2 ·

per le investiture 204 3 ·

campagne 184 2

a

382 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Come è fatta una moschea 106 METTIAMO A FUOCO La donna nella religione islamica 108 SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA) Cristianesimo e Islam: dialogare è possibile 110 Capitolo 6 Carlo Magno “re e padre dell’Europa” 115 1 · Carlo diventa re dei Franchi 116 2 · Dal Regno Franco all’impero cristiano: un lungo processo 116 3 · Natale dell’anno 800: nasce il Sacro Romano Impero 119 4 · Grande combattente… ma anche abile organizzatore e saggio legislatore 121 AlcuinoPROTAGONISTIdiYork: un modello di intellettuale medioevale 125 METTIAMO A FUOCO Che cosa rendeva forte l’esercito franco? 126 IL PERCORSO DELLE PAROLE Duchi, conti, marchesi: con Carlo Magno nasce la nuova nobiltà europea 127 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Aquisgrana, la “nuova Roma” 128 PARTIAMO DALLE FONTI Carlo Magno nella descrizione di Eginardo 130 SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA) È giusto imporre una religione con la forza? 132 Capitolo 7 Il declino dell’Impero carolingio e l’affermarsi del feudalesimo 137 1 · L’Impero carolingio muore col suo fondatore 138 2 · La grande paura: le invasioni di nuovi popoli 141 3 · Si afferma la società feudale 146 METTIAMO A FUOCO La formazione delle lingue europee 151 METTIAMO A FUOCO La società medioevale: una società tripartita e statica? 152 METTIAMO A FUOCO I Vichinghi, dominatori del mare 153 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA I castelli medioevali 154 PARTIAMO DALLE FONTI Bodo, un contadino francese del IX secolo 156 SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA) Quando a tutelare i diritti dei cittadini è lo stato 158

cristiana 175

193

lo

La

fine del mondo…

171 4 ·

E

183 1 ·

al

monastica 189 3 ·

Come

209 5 ·

pane

176 METTIAMO A L’imperatoreFUOCOèilrappresentante di

l’anno

PARTIAMO DALLE FONTI nascono vescovi-conti Dio in terra: si vede

172

e

i

si afferma 203 1 ·

significato delle crociate 213

196

174 NON

SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA) paura della c’è anche oggi? 9 La grande rinascita La ripresa parte dalle · Il rinnovamento della Chiesa della vita Il consolidamento del potere imperiale METTIAMO A FUOCO Gli straccioni che sconvolsero Milano METTIAMO A FUOCO Dacci oggi il nostro quotidiano. Come si mangiava nel Medioevo METTIAMO FUOCO Scienza e tecnologia nel Medioevo

meridionale 208 4 ·

le

METTIAMO A FUOCO Misurare il tempo, misurare la vita 284

METTIAMO A FUOCO Quanto è difficile giudicare i personaggi della storia 308 Capitolo 14 L’Europa nel XIII secolo: nascono gli stati nazionali 313

CAPITOLO 16 383 METTIAMO A FUOCO Per che cosa il papa sfidò l’imperatore: la libertas ecclesiae 218 MatildePROTAGONISTIdiCanossa: grande protagonista in un’epoca drammatica 220 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Il duomo di Monreale: quando culture diverse convivono in armonia 221 PARTIAMO DALLE FONTI Urbano II chiama alla crociata 222 METTIAMO A FUOCO Col principato di Kiev nasce la Russia 224 IL PERCORSO DELLE PAROLE Perché usiamo la parola cristianità 225 NON TUTTI SANNO CHE… Le crociate “irregolari” 226 Capitolo 11 Nasce la civiltà comunale 231 1 · I Comuni 232 2 · L’evoluzione delle forme di governo comunale 235 3 · Le repubbliche marinare 238 4 · Lo scontro tra i Comuni e l’imperatore Federico Barbarossa 240 5 · Le lotte all’interno dei Comuni 245 IL PERCORSO DELLE PAROLE Borghesi nel Medioevo e borghesi oggi: quante differenze! 247 IL PERCORSO DELLE PAROLE I comuni di allora e i comuni di oggi: proprio la stessa cosa? 248 METTIAMO A FUOCO La struttura urbanistica delle città medioevali 249 METTIAMO A L’import-exportFUOCOfra Occidente e Oriente 250 LEGGIAMO L’ARTE Quando nel Comune vi è un buon governo 252 NON TUTTI SANNO CHE… L’inventore della bussola… che non è mai esistito 254 Capitolo 12 L’apogeo della civiltà medioevale 259 1 · Verso il pieno sviluppo della società comunale 260 2 · Un’economia dinamica sostenuta dalle Corporazioni 262 3 · Mercanti e banchieri sempre più protagonisti dell’economia 264 4 · Una religione per laici sempre più intraprendenti 268 5 · Gli “esclusi”: eretici ed ebrei 271 6 · Un eccezionale sviluppo artistico e culturale 274 METTIAMO A FUOCO San Francesco e san Domenico: come correggere la Chiesa con l’esempio e non con la contestazione 278 METTIAMO A FUOCO I càtari: “puri” da morire 279 METTIAMO A FUOCO Essere bambini nel Medioevo 280 METTIAMO A FUOCO Il teatro nel Medioevo 281

METTIAMO A FUOCO Il romanico e il gotico: l’arte della pietra e della luce 285 LEGGIAMO L’ARTE Il lavoro dell’uomo nel ciclo delle formelle del campanile del duomo di Firenze 286 Capitolo 13 I due poteri universali dall’apogeo al declino 291

PARTIAMO DALLE FONTI L’oltraggio di Anagni 305 LEGGIAMO L’ARTE Giotto cantore dell’età comunale 306

SanPROTAGONISTITommaso d’Aquino: quando la fede incontra la ragione 283

1 · Federico II, la “meraviglia del mondo” 292 2 · Il Sacro Romano Impero inizia il suo declino 296 3 · Anche il papato medioevale verso il declino 298

NON TUTTI SANNO CHE… Quanto fu difficile introdurre in Occidente i numeri arabi 282

METTIAMO A FUOCO Un’orda d’oro minaccia l’Europa: i Mongoli 300 NON TUTTI SANNO CHE… In missione nel lontano Oriente 302 METTIAMO A FUOCO Federico II: la meraviglia del mondo 303 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA Castel del Monte: un capolavoro affascinante e misterioso 304

la storia 348

21b · Archivio Franco Cosimo panini editore S.p.A: 270, 307 · Archivio Itaca: Stefano Bombelli 358; Matteo de Fina 17 · the Art Archive/Corbis: Alfredo dagli orti 208 · the British Library: 152, 160, 273, 279, 283, 308, 350-351, 374-375 · adoc-photos/adoc-photos: 21b · deAgostini picture Library/Scala, Firenze: 32, 62-63, 71, 128, 129, 138, 243, 290, 297 · e-codices: 64 · Foto Fine Art Images/Heritage Images/Scala, Firenze: 149 · Foto Ann Ronan/Heritage Images/Scala Firenze: 164 · Foto Scala, Fi renze: 14, 34, 56, 58-59, 124, 156, 188, 197, 219, 230, 252-253, 258, 263, 266, 275, 286, 295, 299 · Foto Scala, Firenze/BpK, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und geschichte, Berlin: 177, 220, 251, 265 · Foto Scala, Firenze - Luciano Romano: 74 · Foto Scala, Firenze - su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali: 6, 114, 136, 233 · Foto Scala, Fi renze - su concessione della Sovraintendenza di Roma Capitale 42-43 · Fotolia: a23 175; Claudiozacc 367; Javier Cuadrado 320; davide_69 237; desmo 24; Sebastian duda 250; Fotografiecor 100-101; erica guilane-nachez 60, 109, 132, 153, 159, 211, 216-217, 247; Sophie James 102; Joserpizarro 269; Juulijs 131; Kartos 86; Fabio Lotti 198; Marcos81 285s; Masson 150, 194; Meryll 224; Mrks_v 93; giuseppe porzani 254; Maurizio Rovati 246; toniflap 104; Usul 336; V. Zhuravlev 221; Wulwais 261 · the J. paul getty Museum: 95, 120, 123, 147, 171, 184 · Lessing/Contrasto: 68, 202, 312 · national gallery of Art (gift of the Circle of the ngA): 364 · national gallery of Art/Samuel H. Kress Collection 28 · national gallery of Art/Rosenwald Collection 19 · Servizio Fotografico «L’osservatore Romano»: 110 · Mark e. Smith/Scala, Firenze: 332 · White Images/Scala, Firenze: 39, 41, 80, 90, 167, 182, 223, 234, 317, 339 · Wikimedia commons: Aljodasch 193; Bender235 51, 226, Jean-Christophe Benoist 10; Bensa 248; Cruccone 81; giovanni dall’orto 361; edhral 44; etrusbarbygere 315; Fingalo 343; Jastrow 324; J. patrick Fischer 79; giorces 214; gnosne 322-323; Hawky.diddiz 244; Hohum 178; nicola Jannucci 344; W. Minor 305; Myrabella 306; Marie-Lan nguyen 48; ofol 302; pepijntje 285d; Jean-Marc Roisier 335; RoterRabe 205; Sail over 207; Sailko 356, 347, 369; Shakko 340; Soerfm 372; Sudodana2048 239; tagishsimon 328; Holger Weinandt 127; Yann 130; Σπάρτακος 36; 123RF.CoM: Alessandro0770 117; Malgorzata Kistryn 371; Lianem copertina; Jasmin Merdan 96-97; Luciano Mortula 54; nehru 20; Vladimir prizemlin 212. resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato una ragazza può cambiare

349

Referenze fotografiche adoc-photos/Contrasto:

365

possibile comunicare e per le eventuali omissioni. Le correzioni di eventuali errori presenti nel testo sono pubblicate nel sito www.itacascuola.it/narrare-la-storia. 1 · L’affermazione dell’autorità del sovrano nel Regno di Francia 314 2 · L’Inghilterra verso una monarchia parlamentare 316 3 · La Spagna avvia la Reconquista 318 4 · La fine dell’epoca delle crociate 320 METTIAMO A FUOCO Parigi nel XIII secolo 322 METTIAMO A FUOCO Nella corte di Aquitania nasce la letteratura cortese 324 PARTIAMO DALLE FONTI La Magna Charta 325 METTIAMO A FUOCO La figura della donna nel Medioevo 326 IlPROTAGONISTISaladino:feroce persecutore di cristiani o modello perfetto di governante? 327 SPUNTI DI RIFLESSIONE (PER L’EDUCAZIONE CIVICA) Il parlamento: l’organo che emana le leggi di uno stato 328 Capitolo 15 L’“autunno del Medioevo” 333 1 · Il declino dell’Impero 334 2 · La “cattività avignonese” del papato 335 3 · Lo Scisma d’Occidente 337 4 · La Guerra dei Cent’Anni 338 5 · «Dalla fame, dalla peste, dalla guerra liberaci o Signore»: i grandi flagelli si abbattono sull’Europa 341 6 · I Comuni italiani verso un nuovo ordinamento: nascono le signorie 344 METTIAMO A FUOCO La fine dei Templari 345 ColaPROTAGONISTIdiRienzo: l’inventore della propaganda politica 346 LEGGIAMO L’ossessioneL’ARTEdella morte nell’arte: trionfi e danze macabre 347 GiovannaPROTAGONISTId’Arco: quando

376

di

PARTIAMO DALLE FONTI La peste a Firenze nel racconto Giovanni Boccaccio METTIAMO A FUOCO Curare e guarire nel Medioevo Capitolo L’Italia signorie e dei · L’evoluzione delle istituzioni comunali 358 2 · Le guerre per il predominio in Italia e lo sviluppo delle corti 361 3 · Le compagnie di ventura: una costante minaccia per la pace in Italia 4 · La fine dell’Impero d’Oriente

16

PARTIAMO DALLE FONTI Un testimone oculare racconta la congiura dei Pazzi 369 METTIAMO A FUOCO Vivere a Firenze nel Quattrocento NON TUTTI SANNO CHE… 800 volte “no”: i martiri di Otranto

372

delle

367

374

350

L’editore

370

METTIAMO A FUOCO Uccidere con le armi da fuoco è la stessa cosa che uccidere con la spada? METTIAMO A FUOCO Quando finisce il Medioevo? Indice delle definizioni a margine del testo

380

principati 357 1

384

Inizi con questo volume un viaggio affascinante che in tre anni ti porterà dagli ultimi secoli dell’Impero Romano fino al nostro passato più recente. Se non si sa da dove si viene, non si capisce nemmeno dove si è, e quindi dove si può andare. Perciò lo studio della storia sarà per te una grande occasione per crescere, per vivere e per lavorare in modo più consapevole e per fare la tua parte nella grande avventura L’Italiadell’umanità.èunmagnifico libro a colori fatto di paesaggi e di antichi documenti. Quando lo sfogli ti imbatti in città, castelli, piazze, monasteri, palazzi, chiese, musei che mettono davanti ai tuoi occhi un patrimonio inestimabile. L’arte, ma anche i modi di vivere e di lavorare, l’artigianato, la cultura e le sapienze tecniche, i cibi e i vini, i paesaggi, la varietà di linguaggi… tutto ti fa capire che il nostro è un Paese per molti versi unico, al centro della millenaria storia della regione euro-mediterranea, crocevia fondamentale della storia dell’uomo. La bellezza dell’Italia è frutto non solo di tante bellezze naturali, ma anche del lavoro, del sacrificio, della creatività e della genialità di uomini e di generazioni, del fecondo incontro – a volte anche drammatico – tra popoli molto diversi, ciascuno dei quali ha dato un contributo di cui restano tracce ovunque. In questo primo anno di corso sei chiamato a prendere coscienza delle nostre antiche radici, a imparare a riconoscere le tracce del passato che ti circondano, a capirne l’importanza. Diventerai così una persona sempre più capace di valorizzare tutto ciò che di buono c’è in te e intorno a te e, insieme, di contribuire alla costruzione del bene comune. Contenuti digitali integrativi www.itacascuola.it/narrare-la-storiasu

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