MANFREDI FANTI. LA VITA

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llANFREDO FANTI GENERALE D'ARMA T A

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MARCHESE FEDERICO CAilANDINI . già Ufficiale del Corpo di Stato Maggiore

PUDDt.ICATA PER CURA DI

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1-e~ mn:rgiore. (elicità, e piio alla gloriA che po""" n n i un uomo toce aro, è quella di giovare colle BUC sesta 1\IIR Patria; Jn(\ i• a·ara fortuna conl!essa R pochi.

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VERONA STABII.IMENTO GIUSEPPE CIVELLI f òiugno. 1!17:!.


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ESERCITO ITALIANO CHE VOLLE ONORATA CON SOLENNE MONUMENTO LA MEMORIA DEL GENERALE

MANFREDO FANTI l FIGLI

CA M I L L O E A N T O N I O RICONOSCENTI

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DEDICANO QUESTE PAGINE CHE RAMMENTANO L'OPEROSA VITA DEL PADRE LORO.

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AL LETTORE.

Quando precoce ed infausta morte rapì alr Italia il Generale r.f Armata-MANFREDO FANTI, e Soldati e Cittadini, memori del suo operato a pro' della causa nazionale, vollero unartimi erigergli un monumento che testimoniasse della pubblica riconoscenza, a me - che onorato di lunga e costante sua amicizia conoscevo ,'Ili atti della vita di lui nacque desìo di fare note quelle gesta per le quali la sua figura fu tra_ le _ più- lum.in.ose apparse nel travagliato periodo del risorgimento del nostro Paese. Datomi all' opra, ben presto mi sentii sgomento _per il timore di non saper rendere al vero le virtù civili e militari di questo illustre italiano. Venuta per altro circostanza, in cui osai pubbÙcare e ottenne favore un mio studio militare r>, mi rinfrancai nel proposito e ripresi l'opera abbandonata. Non. ri..~parmiai cure nè fatiche pere/tè il lavoro corrispondesse al soggetto. Esaminai, confrontai colla più solerte <•> La Gtten·a in Italia nrl 1866, ossia l'Eser·cito, la Flotta e i 'VolotJtari Italian.i.- Studio Militare, Milano 1867.


attenzione le carte, le memorie lasciate dal Generale, i documenti ufficiali degli Archivi governativi, le storie più accreditate de' nostri giorni; percorsi i campi su cui eran. successi i fatti di guerra che dovevo descrivere, consultai testimoni oc·ulari de' medesimi, e da tutto questo potei formarmi il pii't giusto e più sicuro criterio sovra ogni cosa. Ora lw terminata l'opera mia e la presento al pubblico, e mi chiamerò perfettamente compensato delle lunghe mie (aliclte, se esso giudichet·à che io abbia raggiunto lo scopo e/w 1ni ero prefisso. Roma, Dicembre 1871.

FEDERICO CARANDINJ.


PART .E PRIMA

FANTI NEL DUCATO DI MODENA. [1806 - 1831].

SOMMARIO: Gli Italiani ognor valenti in guerra. - Modenesi illustri nell'arte militare.- Antica origine della famiglia Fanti. -Primi anni di Manfredo Fanti.- Coltiva le Matematiche e vi si distingue. - La Scuola Politecnica di Parigi e quella Matematica dei Cadetti Pionnieri in Modena. Prognostico sul Fanti del Maresciallo Coronini. - Fanti laureato in Matematica. - I moti italiani nel 1831. - Segreti accordi fra Ciro Menotti, Misley e Francesco lV Duca di Modena. - Il Duca tronca le sue relazioni con Menotti. - Come combinata l'insurrezione modenese. - Fanti prende parte alla medesima. - Come arditamente il Fanti si porta al convegno insurrezionale. - Combattimento fra gli insorti e i ducali modenesi attorno alla casa Menotti. - Gli insorti si arrendono ai ducali. - Contegno del Fanti nel narrato combattimento. - Fanti prigioniero del Duca. - Fuga del Duca da Modena e liberazione dei prigionieri politici. - Il Governo insurrezionale modenese nel 1831. - L'intervento degli Austriaci nell' Italia Centrale. - Ritirata degli insorti italiani verso Ancona. - Fatto d'armi di Rimini. - Capitolazione di Ancona. - Fanti si decide ad emigrare in Francia. - Navigazione degli emigranti italiani da Ancona a Marsiglia. Fanti condannato a morte. Italiani È verità storica, <li cui possiamo esser lieti, che le popola- ognorGlivalenti In zioni nate sul suolo italiano manifestarono mai sempre una spe- guerra. ciale attitudine alle armi, e che tra loro sorsero preclarissimi uomini di guerra. Non occorre il dimostrarlo pei tempi primissimi d'Italia quando l'abitarono gli Etruschi, e meno per quelli in cui gli Italiani, sotto il dominio dei Romani, debellarono in guerra ogni popolo allor conosciuto, e se lo resero soggetto.


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PARTE PRIMA

Tornerà. piuttosto in acconcio il dimostrare che crollata la potenza romana per opra delle invasioni dei popoli settentrionali divenuti padroni di tutta l'Europa Centrale, e affievolita alla sua volta la preponderanza di questi ultimi, col riapparire di una nuova civil tà, da quell'epoca ai giorni nostri, anche quando più avverse corsero le sorti d' Italia, in essa non andò mai spenta l'antica virtù guerriera, e rifulse ogni qual volta se ne presentò propizia occasione. Di ciò troveremo a profusione le -prove nelle nostre storie. Appena spuntano, infatti, i primi albori della indicata nuova civiltà, ed armi ed ordinanze, diverse da quelle dei Romani, vengono usate nelle nuove guerre, sono gli Italiani i primi che le denominano con vocaboli che durano anche oggi, e fissano i precetti del loro impiego ; ed è da essi Italiani che le rinnovate teorie guerriere si propagano ai popoli vicini. Fra i bei fasti di questa prima epoca del risorgimento dell'arte militare, si trovano citati quelli delle popolazioni meridionali d'Italia, che poi formarono il Regno di Napoli, le quali, sotto il dominio di una famiglia di origine normanna, ma naturalizzata italiana da lunghi anni di soggiorno fra noi, compiono in Oriente, contro l'Impero Greco,· veri portenti di guerra, ed in Italia debellano un Imperatore d'Alemagna, che vi è disceso per. conquistarla. Dopo questi primi fatti il cre_scente progresso della risurta civiltà, dà vita e forza ad alcune Repubbliche formatesi sulle nostre coste marittime a Venezia, a Genova, a Pisa, ed anche a quella di Firenze, le quali tutte primeggiano di ricchezza e potenza in Italia. A ciò le ha condotte l'istintivo valore nelle armi dei loro cittadini, che se pur troppo non furono mai scrupolosi nel batter i contro fratelli italiani, ben di frequente ancora lo fecero, c sempre gloriosamente, cogli stranieri. Eccitate dal prosperare di queste Repubbliche, cento altre città italiane si danno a reggersi a Comune, ed esse pure, per discordie municipali, si macchiano di lotte fratricide, ma poi sono ammirabili_quando disperatamente si battono, collegate, contro li tranieri, che vogliano assoggettarle a vassallaggio. Tutle le storie di quei tempi mostrano chiaramente che ogni ittadino italiano allora era soldato, e che l'ardor bellicoso era il sentimento predominante in Italia. Ma dall'abuso del medesimo dovea venirne la stanchezza, ed in effetto a poco per volta, alle milizie cittadine, andaronsi surroganùo quelle formate sotto particolari Condottieri, i quali ne


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vendevano i servigi al miglior offerente. Decadde allora in seno alle moltitudini il vero spirito militare, e con esso i costumi e le virtù civili di Repubbliche e Comuni: dimodochè fu possibile a non pochi Condottieri, più abili e più fortunati degli altri , di formarsi piccoli Stati che dominarono tirannescamente per lunghi anni. Veniva intanto il doppio Impero di Carlo V nelle Spagne e nella Germania, e lo stabile fissarsi, or di Spagnuoli, or di Francesi, or di Germani, nelle nostre contrade ; e da questo momento lino alla grande rivoluzione francese, fatte ormai infingarde le Repubbliche di Venezia e Genova, e ligie agli stranieri, le famiglie che comandavano a Firenze, a Napoli, a Parma, a ManLova, a Modena, e bén anche i Papi di Roma, rimasero in permanenza gli stranieri in Lombardia, e tacquero in ogni altra parte d' Italia le armi, e se pur talvolta vi risuonavano di nuovo, non era rumore d'armi italiane, ma di straniere che si contrastavano il possesso d' Italia. Due fatti ammirabili per altro anche in questo periodo di massimo decadimento, fanno fede del non spento valore delle moltitudini italiane, cioè: l'insorgere dei Napoletani, guidati da Masaniello contro l'insolenza e oppressione dei Castigliani, e quello dei Genovesi, che al grido di Balilla cacciano dalla loro città i Tedeschi. Ma mentre poltrisce in cosiffatta guisa l'amor delle armi per quasi ogni dove in Italia, se ne colti va e conserva il sacro fuoco nel remoto angolo della medesima ove scaturisce il Po. lvi, una uagliarda principesca stirpe, la Sabauda, signora della Contea di Moriana e di altra parte ancora della Savoia, varcando l'alto crine delle Alpi, ha messo piede nel versante italian~ dello medesime, ~- a poco per volta stendendo anche da questa parte il suo dominio, or colla forza delle sue armi, or con fini accorgimenti politici, ha saputo preservare i suoi popoli da ogni servaggio e intluenza straniera. E questi popoli, gelosi del prezioso dono, tenaci di propositi e agguerriti nei costumi, non si sono mai stancati di dar sangue e sostanze ai loro signori, col solo patto di non dover obbedire che a loro. È nel vecchio Piemonte pertanto che, nell'ultima discorsa epoca, si rifugia e si mantiene viva ogni tradizione e virtù guerriera italiana, e le storie ci apprendono che allora, come abbiamo poi visto anche ai giorni nostri, non pochi erano gli Italiani d'altre contrade che accorrevano in quel paese per consacrarsi al mestiere delle· armi.


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PARTE PHll\IA

Fra le tante gloriose memorie delle guerre combattute da quelle forti popolazioni d' Italia, e che fanno fede del loro costante valore, ci limitiamo a citarne le più rinomate, quali, per e empio, le belle campagne dei Duchi Vittorio Emanuele I, Vit-. torio Emanuele Il, quindi le vittorie di Carlo Emanuele III a Guastalla, a Camposanto, a Piacenza, e le vigorose difese di Cun o e di Torino, e il brillante successo sui Francesi al Colle della Ascietta. Per questo valor guerriero delle nostre popolazioni subalpine i Conti di Mariana sono divenuti Duchi di Savoia e Piemonte, e quindi Re li Sardegna, e loro è serbata ben più ambita corona. In pari tempo che nella estremità settentrionale d'Italia s'era andato formando questo importante e robusto Regno, se ne era pure costituito alla estremità opposta, ossia alla meridionale, un altro, quello delle Due Sicilie, che non altrimenti di quello Sardo avrebbe potuto fiorire nelle armi, se le famiglie d'Aragona, e poi dei Borboni, che vi dominarono successivamente, avessero avuti gli istinti medesimi della Casa di Savoia. Sventuratamente cosi nou fu, e resta perciò al solo Piemonte il vanto di avere conervata in Italia la scintilla dello spirito marziale dai tempi di Carlo V a quelli della rivoluzione francese. E fu giusto pertanto che al valoroso Esercito di questo paese fosse serbato l'onore di formare, ai giorni nostri, la base su cui si edificò l'Esercito italiano. Ma da' tempi passati veniamo ai più recenti, e rintracciamo pur empre le vestigia del valore degli Italiani. Gli avvenimenti che cagionò per tutta Europa la grande rivoluzione francese sul finire del secolo scorso e sul principiare del presente, produssero una nuova era politica e militare per l'Italia, nella quale questa ultima, legata ai destini della Francia dalla potente mano di Napoleone Buonaparte, dovè chiamar sotto le armi indistintamente i figli d'ogni sua contrada. Ma non è ancora per la loro patria che questi debbono puuare per 15 anni consecutivi : è per la Francia; e nemmeno tutti coloro che passeggiano vittoriosi nei vari Stati d'Europa, possono chiamarsi Italiani, perchè tali figurano soltanto quelli rac' olti nel Lombardo-Veneto, nel Ducato di Modena, nelle Romagne e nel Reame di Napoli, mentre quelli nati nel Piemonte, nel Parmigiano, nella Toscana e persino a Roma, vestono assise francesi e sono detti Francesi. Comunque vestiti per altro, od appellati, il angue degli uni e degli altri è italiano, ed è vanto che niuno può Logliere all'I talia quel valore t.:h' essi spiegarono in cento battaglie,


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nelle quali non rimasero mai indietro dai loro camerata Francesi che si qualificavano allora pei primi soldati del mondo. Di ciò, su cui ci fanno testimonianza gli stessi storici fran.cesi, non dovrebbero simulare di essere dimentichi i nostri alleati del 1859, quando ci rinfacciano il sangue da loro versato a nostro pro' in quell'anno a Magenta e a Solferino. Se volessero tener conto di quello da noi versato ad unico loro vantaggio per quindici anni di seguito su tutti i campi d'Europa, si convincerebbero facilmente che il loro non fu che una minima parte del sangue da noi versato per essi, ·e vedrebbero perciò che se fra noi può esservi anche una partita di gratitudine da saldare, non è certo dalla parte nostra che sia scritto il dare, ma bensì piuttosto dalla loro. Nè parlando delle guerre prodotte dalla rivoluzione francese e dal primo dominio napoleonico, vogliamo tacere due altre circostanze che tornano ad onore delle armi italiane; La prima concerne le brave milizie piemontesi, che distese lungh'esso le Alpi, dalla Tarantasia fino al Genovesato, fiaccamente sostenute dagli Imperiali Austriaci, ma ben secondate da uno scelto corpo di Cavalleria napoletana, tengono in rispetto i Repubblieani di Francia, che vogliono invadere il Piemonte, per ben tre anni consecutivi, ossia dal1793 al1796. Che se bruscamente la pace di Cherasco pone fine alla loro valorosa resistenza, ciò non avviene che allorquando comparisce sul teatro della guerra il gran genio militare di Napoleone Buonaparte. La seconda si riferisce alle giovani e poco numerose truppe napoletane che nel 1815, sotto il temerario loro Re, Gioacchino Murat, battono gli Austriaci nell'Emilia, e non ripiegano dinanzi a loro che allorquando avvenimenti successi altrove consigliano al loro duce il ritorno nei propri Stati. Ed ora avvicinandoci sempre più ai tempi presenti, noi vediamo fra il 1847 e 1849 in primo luogo, quanto sia potente il furore di popolo armato italiano nelle insurrezioni di Palermo, di Milano e di Brescia: ed in secondo luogo come, se anche sventurati, si sappiano battere in Lombardia e nel Veneto, nella fatale giornata di Novara, a Vicenza, a Venezia, a Bologna, a Roma, l'Esercito Sardo e quante altre truppe italiane, più o meno regolari, hanno dato di piglio alle armi per ottenere l'indipendenza nazionale. Dal 1855 al 1830 un piccolo Corpo di Piemontesi, che si conduce in Crimea al fianco degli alleati Franco-Anglo-Turchi, contro i H.u!'lsi, eccita, pel suo contegno, l'ammirazione degli amici e degli stessi nemici.


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PARTE PRTMA

Nl'l lt 59 l'Esercito Sardo, accref;ciute le proprie file di ben più che 10,000 volontari, accorsi da ogni parte d'Italia, basta da solo in prima ad arrestare le grosse forze austriache che irrompono in Piemonte, e quindi raggiunto dai Francesi le caccia di là clcl Ticino e le batte a Palestro, a Confienza e a S. Martino. Nel 1 60 un pugno di Mille audaci, che seguono Garibaldi, approtla in Sicilia e vi atterra la potenza borbonica : s'ingrossano alquanto, passano lo stretto, e da Reggio di Calabria corrono al Volturno, oyo in pochi più che 10,000 tengono fronte a 40,000 soldati horùoni(.i, i quali sono Italiani essi pure, ma si battono per una causa cho avversa quella sacrosanta della unità e indipendenza ilaliann. Si lrrma a Torino per l'arrischiata posizione di Garibaldi sul Voli umo, e forse anche per altre speciali condizioni politiche delle proYi nei meridionali, e per ciò si corre con circa 30,000 uomini eli truppf' ù,i Piemonte, Lombardia, Emilia e Toscana, ed in pochi g-iorni si hattono e si catturano nelle Marche e nell' Umbria non mrno di 18,000 uomini delle bande cosmopolite papaline del Lamoricit'•rf', e quindi si entra nel Napoletano, e ben presto vi si clispcrclnno i 40,000 Borbonici, i di cui ultimi avanzi fanno bella onorata difesa entro le forti mura di Gaeta. È deplorevole anche in qw•. In caso il vedere Italiani che si battono contro Italiani; ma P •l nn 1'nso il farlo per quelli che sostengono il sacro diritto na7,ium1.1c, c ntro chi non oppugna che interessi dinastici. V1 no fin almente il1800, ed è ormai costituito, per la prima volta n i srrn\i, l'Esercito di terra e l'Armata navale italiana: una fortuna la alka m.a ci permette arrischiare l'ultima cacciata dello stranim•o cbl nostro suolo. Sventuratamente tocchiamo doppio disa:-::1 ro p •r l erra e per mare ; ma i nostri soldati, i nostri marinai si sono hr::n·amente battuti; lo attestarono i nostri stessi nemici; se fm·uJtO brtttuti si fu per difetto di sapiente direzione e per terra e per mare. l.hC' più ? Se vogliamo prove ulteriori del valor delle moltiludini italiane, le troviamo perfino fra le file di coloro che pugnarono rontro di noi : bella e onorata memoria hanno lasciato neli'F:scrl'i lo Austriaco tutti quei Reggimenti reclutati nei possessi italimti ,],,Il' Impero Austriaco, i quali combatterono con brillante arrlo1·c nelle guerre d'Italia e di Ungheria. l\fa forse che se non mancò mai in Italia il collettivo valor mililar delle masse, fecero, per avventura, difetto gli uomini di speciali rapacità militari? Mai no, che anzi su questo riguardo il nostro paese primeggia forse sugli altri nel più incontestabile modo.


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Fra i più insigni Duci supremi di eserciti e di armate, chi può vantare come noi un Ambrogio Spinola, un Vittor Pisani, un Tiepolo, un Pescara, un Alessandro Farnese, un Giacomo Triulzio. un Raimondo Montecuccoli, un Eugenio di Savoia, un .Mas ena, ed in fine un Napoleone Buonaparte ? Egli è ben vero ~h e pochi di questi poterono impiegm t i loro talenti in servigio della patria natale, e che la maggior pat'le di essi, per dare sfogo al prepotente istinto militare che li dominava, li consacrarono a benefizio rli altri paesi ; ma è forse crciò meno vero che tutti non siano nati in terre italiane, e rhn le loro menti non fossero vivificate da sangue italiano? Quante glorie militari non avrebbero oggi di meno la Fran ia e la Germania, se parecchi di questi nostri illustri Italiani non fossero mai comparsi fra le file dei loro eserciti! (1). Nè solo abbondarono fra noi i grandi Condottieri di armali, ma vi fiorirono tuttavia i più preclari ingegneri militari e i veri fondatori deHa moderna arte della Fortificazione. Nel mentre, infatti, eh~ al di fuori d'Italia, la prima o rra che tratta di simile materia venne pubblicata in Francia nel ·1020 dal ben noto ingegnere Bar-le-Due, presso di noi, fino dal 1351, il Tartaglia da Brescia aveva stampato in Venezia un'opera, intesa a proporre un nuovo metodo di fortificazione che più fosse confacente, delle antiche torri e delle mura merlate, a resi tere all'opera distruttrice, con cui allora, mercè l'invenzione della polvere e..c;plodente e delle bombarde, si abbattevano gli antichi fortilizi. In questa opera erano chiaramente gettate le prime basi (]!.l sistema che poi fu detto Bastionato. E non era ancora finito quel secolo, che un Lanteri, uno Zanca, un Lupicini, un Mag~i, un Castriotto, un Cattaneo, un Al visi, pubblicavano altri lavori, i n eu i viemmeglio si andava sviluppando detto sistema per la difesa d Ile piazze: e che successivamente un Capitano Marchi da Bologna, alle trovate teorie di difesa, aggiungevane altre da lui scoperte per l'attacco, le quali consistevano appunto in linee trincierate che avvolgevano le piazze, e vi si avvicinavano gradatamente, a cui più tardi (l) Il celebre Voltaire, che non poteva parlare ancora nE\ di un Napoleono nè di un Masscna, scriveva nel suo Le Siècle di Louia XlV, queste rimarrlwvoli parole, al proposito degli illustri militari che andava producendo n talin: « Si è osservato cho i più grandi generali dell'Impero d'Aiemagn.a ouo « venuti dall' Italia. Questo paese, nella sua decadenza o nel suo servng,:rin, « produce ancora degli uomini, i quali fanno rissovenire di ciò che esso rn « in altri tempi. Il solo Montccmccoli era degno di stare a fronte di un Tu-

« renna~.


PARTE PRIMA

fu dal il uome di Paralelle, altribueudone, a torto, l'in venzionè al france e auban. Al San Micheli poi sono dovuti gli ultimi p rfezionamenti del sistema bastionale, e fu desso che diresse la co truzione di gran numero di fortilizi nei Dominii Veneti, nel Ducato di Milano, .negli Stati Ecclesiastici, nelle Isole di Candia e di Cipro, e nella Morea. Le denominazioni completamente italiane, che anche fuori d' Italia conservano le .varie parti od opere del si tema moderno di fortificazione, attestano. della loro origine dovuta a ltalianl. Modenesi iDu· onstalata dal fin qui detto la dovizia ·di gloriose memorie elri aoll'arte mi· militari, di cui è ricca a sua volta ogni contrada d'Italia, non sia ut.ara. di caro ai noslri benevoli lettori, che noi consacriamo ancora qualche altra parola per dimostrare che fra queste diverse <!ontrade ve ne ha una, sul di cui suolo è quasi lecilo il dire, che allignarono i talenti miliiari in maggior copia che nelle altre ; e questa è precisamente quella su cui si estendeva per lo pasato il dominio degli Estensi nel Ducato di Modena. È modene. e un Guido Rangone, che capitanò nelle Fiandre , con tanto valore, alcune schiere francesi nei primi anni del decimo e to s colo, da maritarsi di venir nominato, poco appresso, Luogotenente Generale del Re di Francia e Generalissimo delle sue Armate in Italia. Fu in questa circostanza che egli compì quella stupenda mano vra strategica con cui riesci a liberare Torino, ased.iata dall'li Imperiali. Dalla Mirandola, cui avea posto assedio, l'ar ito Rangone, marciò diretto su Genova; e vi campeggiò sotto mina cio o. A ttirata cosi da quella parte l'attenzione del nemico, sollecito ei l va le tende da Genova, e quasi inaspettato piomba sugli Imperiali che circondan Torino, li batte e fa libera l'amica ciltà. Altre belle imprese di guerra compi Guido nel tempo in cui fu apitano Generale della Repubblica di Venezia. Anche un Claudio Rangone, nipote di Guido, si procacciò in iandra i b Ila fama fra gli Eserciti francesi, che n'ebbe onori e gradi di tinti imi, e fu dei pochi, cui il Re di Francia d'allora, rivenùo, chiamava Cugino. ella famiglia dei Montecuccoli di Modena fu per lungo tratto ereditario il tal nto ed il valor nelle armi. In sul finire del decimosesto secolo troviamo un Enea Montecoccoli rinomato Generale Cesareo nelle lunghe guerre germaniche. Poco appre o un Ernesto Mòntecuccoli comanda gli Imperiali con bella riputazione nelle guerre contro la Svezia e l'Olanda. Alli vo prediletto di Ernesto è il celebre Raimondo, che fu M re cialto e P L'in cipe del Sac1'0 Romano Impero; sapientissimo


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l<'AN'l't NEL DtJCATO DI MODENA

condottiero d'eserciti si acquistò nome di moderno Vegezio per

l. suoi scritti militari. Un altro Enea- Montecuccoli sul finire del decimottavo secolo fu pure buon Generale Imperiale e fini la sua carriera recandosi a comandare in capo le truppe degli Stati Ecclesiastici. Anche distintissimi ingegneri militari nacquero in queste medesime epoche nel Modenese, e basti il citare Jacopo Seghizzi, che da sè stesso si intitolò il Capitano frate , il quale prima che si chiudesse il decimosesto secolo avea già. scritto sul modo di fiancheggiare le diverse opere delle fortezze, ed anche un trattato sulle Mine; ed il Galasso Alvisi, da Carpi, che nel 1570 stampava ed, illustrava con disegni le famose sue teorie sui Forti Bastionati e sulle Opere a dente di sega. Venute le guerre napoleoniche, e costituito dal novello Imperatore il cosi detto Regno d'Italia, egli, l'uomo che s'intende di cose militari, chiama a Ministro della guerra di esso Regno il modenese Generale Fontanelli , e ve lo mantiene fino al 1813, in cui gli ·affida , nella campagna di Sassonia , una Divisione italiana: Si leggano nella storia del Thiers , le belle opere compite presso Dresda da questo Generale e dalla sua Divisione. Nel piccolo Esercito del suddetto Regno, ove abbondano Generali francesi, e pochissimi sono gli italiani, due di questi appartengono a Reggio di Modena, e sono Zucchi e Peri, dei quali si di sovvente parlarono i bollettini della Grande Armata pel loro· brillante valore. E modenese quel Generale Paolucci, che militò nelle Russie sotto Alessandro I , e fu anzi suo Capo . di Stato Maggiore nelle ultime guerre contro Napoleone. Che se per ultimo gettiamo lo sguardo sulle nostre guerre d'indipendenza, troviamo che nelle medesime pugnarono nel piccolo Esercito Sardo non meno di tre Generali Divisionari mode-nesi, Fanti, Cialdini e Cucchiari, e quando fu costituito l'Esercito Italiano, e II).orte precoce ebbe rapito il Fanti, che pure era stato il primo Ministro del nuovo Regno Italiano, e Generale d'Armata, noi troviamo all'aprirsi della guerra del1866 che di quattro Corpi d'Armata che si sono formati, due sono comandati da .Cialdini e Cucchiari, modenesi, e finalmente vediamo, dopo il disastro di Custoza, affidato il Comando Generale dell'Esercito al primo di questi due. Non è dunque, come abbiamo asserito, produttore fecondo di talenti militari il suolo modenese? Lo stesso Napoleone deve aver pensato qualche cosa di consimile , perchè quando egli ebbe a


PARTE PRIMA

destinare una località per istituire in Italia una Scuola che gli fornisse Ufficiali del Genio e di Artiglieria, decretò che si aprisse in Modena, mentre quella per la Fanteria l'avea stabilita in Pavia. Antica origlEd è appunto in questa contrada privilegiata per dar vita a ne delln rarn ls!la • 1806 Fnntl. speciali capacità militari, che nacque nel 26 FebbraJo , precisamente nella città di Carpi, Manfredo Fanti, figlio di Antonio, Patrizio Carpense e Dottore in Matematiche, e di Silea della nobile prosapia dei Corbolani. Noi. non portiamo certamente opinione che alla bella e distintn rlputazione militare e civile che seppe procacciarsi colle proprie opere il Fanti sia per accrescer lustro il saperlo nato di famiglia di antico e nobile lignaggio, ma dal momento che il fatto esiste, consideriamo come nostro particolar dovere il constatarlo nella sua integrità storica, come risulta dalle più autentiche memorie. Il Muratori, il Tiraboschi ed altri minori scrittori di cronache o memorie locali modenesi e carpensi, provano che la famiglia rlei Fanti ebbe comuni le origini con quelle dei Pio, Conti di Carpi, dei Pico, Duchi di Mirandola, dei Pedocca, dei Papazzoni, dei Padella e degli Azzolini, le quali tutte diramarono da un solo ceppo antichissimo, che fu un Manfredi, celebre guerriero dei tempi d Ila Contessa Matilde, e Signore del castello di Limiti, sul territorio di Carpi. I primi figli di questo Manfredi, chiamavansi generi .amen te Infanti di Manfredi; divisi poscia in tre rami vennero disli nti come Infanti, Pio e Pico, dai quali successivamente emanarono i rami collaterali che costituirono le altre famiglie più sopra menzionate. Per naturale corruzione rli vocabolo gli· Infanti variarono in Del Fante, e più tardi in Fanti, come si chiamano ancora al giorno d'oggi. I due rami degli lnfanti e dei Pico, furono ricchi e potenti sul territorio mirandolese, mentre quello rlei Pio si teneva sul Carpigiano. Fra i due primi nacquero discordie ùi preminenza, e toccò la peggio agli Infanti, che vennero scacciati dalla Mirandola, e spogliati dei loro beni dai consanguinei Pico; che poterono così far i Signori e Duchi di quel paese. Ripararono allora gli Infanti a Modena, ove furono considerali Patrizi , e vi soggiornarono per alcun tempo col nome già cangiato in Del Fante. Da Modena passarono a Ferrara ove pure furono adetti al Patriziato , e si chiamarono Fanti. Quivi caduti in basso stato di fortuna, si risolsero a trasportare la loro dimora in piccola terra, e scelsero a tale uopo la borgata di S. Possidonio, su quel di Modena. Modesta ed economica esistenza trassero i


PANTt NEL DUCATO DI MODENA

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Fanti in S. Possidonio, fino al finire del secolo decimottavo, 1 lla qual'epoca si condussero a vivere in Carpi. Le più cospicue personalità di questa antica famiglia , ono un Gherardino ed un Giovanni, di cui le cronache modene i arIano come di benemeriti Patrizi di quella città. Altri due Fanti, entrambi col nome medesimo di Edoardo, si distiusero l uno in Giurisprudenza e Diplomazia, e l'altro nelle Scienze Mediche, h professò .con molto plauso in Bologna, e di cui diede pubbliche lezioni in quell'Università. Un Sigismondo Fanti, sul principiare del decimosesto secolo, coltivò in Ferrara, con molto succ o, lo studio dell'Architettura e dell'Astronomia, e pubblicò scrilli in proposito, che allora e poi vennero assai riputa.ti. Da questa antic..1. e nobile famiglia pertanto avea i natali n Ila Primi a nni di Mnnrredo l~a nU. indicata epoca, il nostro Fanti, e si direbbe quasi, che allorquan lo il padre Antonio e la madre Silea gli imponevano il nom 1li Manfredo, tolto all'antico guerriero, stipite di loro razza, v ni!':ser ispirati da un segreto presentimento della naturale inclinazione che dovea avere il' loro figlio per la carriera delle armi. Il carattere benevolmente sereno del padre e l'istiutiva il 1cezza d'animo della madre, valsero certamente ad istillare nel u re di Manfredo, fino da' suoi più teneri anni, quell'indole alma serena, che addimostrò per tutta la sua vita. I pochi agi a cui le circostanze domestiche di sua famiglia lo abituarono, gli resero superflue per sempre le raffinate comodità del lusso. L'inconscio, ma pur continuo ascoltare dei propositi, con cui dalla sua na cita fino dopo h caduta dell'Impero Napoleonico, deve avere il gi vinetto Manfredo sentito commentare, in prima la sperata felici!:\ d'Italia, e deplorarne quindi la ricaduta, avrà sicuramente influito sull'animo suo impressionabile ad eccitarvi quel sentimento misto di ammirazione e di compianto pel suo paese, dal quale dovca poi scaturire quell'ardente amor di patria che fu legge ad ogni azione della sua vita avvenire. Comunque, noi non intendiamo dir meraviglie dei sentimenti e delle opere dei primi anni del nostro giovinetto amico, co e uol farsi in consimili casi, ma con poche e veritiere parole riassumeremo brevissimamente la storia dei medesimi. Da bimbo e da giovinetto Manfredo Fanti fu docile e stur1ioso abbastanz..1. per contentare i suoi genitori e i suoi maestri : al fratello e alle sorelle che ebbe a lui minori, ispirò fino da allora quel cordiale affetto che gli mantennero poi sempre: pre so quei suoi coetanei, coi quali ebbe a convivere, lasciò grata memoria di lieto e ottimo compagno negli studj e nei sobzzi.


PARTE PRIMA

Non è di moltissimi, che, fra i giovinetti di quella età, si possa sempre dire altrettanto. Coltiva le MaCresciuto negli anni, e venuto pel giovine Fanti nel 1824 il tematiche e vi si dlstlnlflle. momento in cui gli fu mestieri scegliere una carriera che potesse essere profittevole a lui e alla sua famiglia, ei non esitò a decidersi per quella battuta dal padre suo, ossia per lo studio delle Matematiche. In quell'epoca, nei piccoli Stati del Duca Francesco IV di Modena, a cagiorie di alcune turbolenze che nel1821 erano scoppiate fra la gioventù che frequentava l'Università modenese, questa era stata chiusa, e per lo insegnamento delle facoltà Mediche e Legali si erano istituiti parziali Stabilimenti, detti Convitto Medico e Convitto Legale, nei quali sotto rigorosa sorveglianza governativa, convivevano e studiavano l'una o l'altra materia, i giovani che si dedicavano alle medesime. Per quelli poi che intendevano applicarsi alle Matematiche erasi stabilito che dessi avessero ~ far parte integrante di un piccolo Corpo di Pionnieri, nel quale i soldati erano istruiti nelle arti del muratore, del falegname e del fabbro ferrajo. In esso Corpo, quali Cadetti, i giovani datisi alle Matematiche, formavano un ditaccamento speciale, e quantunque non astretti a giuramento, nè a servizio militare, pure vestivano uniforme ed erano retti a militare comando. Non si era ammessi che per esito di concorso d'esami: la durata degli studi abbracciava cinque anni, in ognuno dei quali cinque nuovi allievi Cadetti entravano, e cinque già addottorati in Matematica uscivano. Buon numero di Professori di questa istituzione erano quei medesimi che avevano già insegnate le discipline Matematiche nella cessata Scuola del Genio ai tempi di Napoleone. E noi, senza preoccuparci dello scopo politico, che avea questa istituzione di Francesco IV, diremo solamente che i risultati pratici della medesima furono veramente eccellenti, avendo essa forniti non pochi distintissimi Ingegneri. Nel 1825, il giovine Fanti, subiti lodevolmente i suoi esami di concorso, venne ammesso alla Scuola dei Cadetti Pionnieri matematici in Modena, e potè cosi dar principio ai suoi studj facoltativi. Noi non lo 8eguiremo nei medesimi, per segnalare la particolare attitudine che ben presto manifestò in essi. Ci limiteremo a citare due fatti, che ne fanno ampia testimonianza. La Scuola PauPer abitudine invalsa fra l'antica Scuola del Genio di Modena, teeniea di Parigi • d · · S ta b"l' t' Mao queua ~ate- e la Politecnica di Parigi , questi ue superwn 1 1men 1 llll\llca del ca. . . delll Plonnleri 1n tematici dell'epoca Napoleonica, costumavano d1 scamh1ars1 fra loro Modena.


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le soluzioni di alcuni ardui problemi or di un ramo, or d'un altro delle particolari loro scienze. All'aprirsi della Scuola dei Cadetti Pionnieri Matematici, la Scuola Politecnica di Parigi avea ripr a mandare in Modena i problemi che proponeva ai suoi proprj allievi, e cosi la Scuola di Modena faceva al riguardo di qu ila di Parigi. . Orbene, fra i più fortunati risolvitori dei problemi venuti da Parigi, figurò ben di sovente il nome di Manfredo Fanti , 11 i vedremo più tardi quale grande servizio ebbe a rendergli in crili o momento, la bella notorietà che per ciò avea acquistato il suo n m presso la Scuola Politecnica di Parigi. Progo011lieo auJ Per questa specialità, e per ben altre consimili, che i Profe - Fanti del Mnr • sclallo Cororuol. sori del Fanti avevano a rimarcare nella di lui particolare capa ilà egli era venuto in nome di si distinta intelligenza presso i . UI riori del Corpo dei Pionnieri, che un giorno il Comandan te d l medesimo, Barone Coronini - Ufficiale austriaco, provvisoria n l al servizio del Duca di Modena, e che poi fu Maresciallo, Bano di ldiCroazia, ed Ajo dell'attuale Imperatore Francesco Giuseppe tando il giovine Cadetto Fanti ad un signore di Modena, dal quale abbiamo questi particolari, gli diceva con tuono di profond onvinzione : Ebbene, questo giovane, Fanti, farà la sua strada. Bisogna convenire che il futuro Maresciallo austriaco a eva saputo valutare al giusto la capacità del suo allievo ! l urea lO Nella estate del 1830 si compivano gli studj del giovine Fanli, ID Fault Mat m Uca, e con pienissima lode egli sosteneva gli esami finali per nuna delle apprese materie. In seguito di ciò veniva laureato in Mat matica, e gli si conferiva il diploma di Ingegnere civile. Passato alcun po' di tempo in seno alla propria famiglia a Carpi, non andava molto che il Fanti faceva ritorno a Modena, per darsi all'esercizio pratico delle imparate teorie. Ma qui lo attendevano avvenimenti, che ben altro indirizzo di quello dello Ingegnere civile dovevano dare alla futura sua vila ed a noi corre l'obbligo di fornire qui appresso quelle notizi he sono indispensabili per far conoscere le circostanze che motivaron si importante cangiamento nei destini di Fanti. moli IIAIJ DI Dal1815 in poi, malgrado l'insuccesso che nel 1821 av v no nell 1831. avuto .i tentativi dei Carbonari, e le singole dimostrazioni d i d u Eserciti di Sardegna e di Napoli, non era mai cessato il s cr to lavoro degli ardenti patrioti italiani per condurre le co d l loro paese a meno tristi condizioni di quelle in cui il Co gr o di Vienna le avea gettate. Venuti in comunanza di aspi razioni coi patrioti francesi, essi pure mal <;O n tenti della ristaurazione


PARTE PRIMA

borbonica, l'opra era andata gradatamente camminando, e le intemper nze- J.:eazionarie della Corte di Carlo X H.e di Francia nel lu~jlio del 1830, avevan permesso a questi ultimi, fatti forti dalla popol zione operaja di Parigi , di alzare barricate , e demolire il tr no della Ristaurazionc per surrogarvi quello, detto allora, della ivoluzione, su cui avea avuto l'arte di farsi condurre il Re cittadin Luigi Filippo di Orleans. Nel frattempo in cui si predisponeva e si compiva in Francia que l cangiamento che toglieva il potere di mano alla antica aritoerazia, e lo poneva in quello della borghesia, raddoppiava l'attività dei cospiratori italiani per venire essi pure a qualche risultato pratico ; e in ciascuna delle diverse sfere d'azione - in cui si mno divisi per far camminare più lesta e spiccia l'opera generale - si progrediva alla voluta meta, la quale se ben anche non anora peTfettamente definita, sembrava dovesse esser quella di pervenire ad avere regimi costituzionali in ciascheduno dei singoli Stati esistenti, e forse ancora alla unione di taluni di questi in uno solo. SegreU aceordi Come a capo della trama che a tale scopo si andava ordendo fra Ciro leuolli, ?llisloy e ~· r n• o IV Duca nella sfera d'azione che abbracciava i Ducati e le Romagne, e che ili . lodena. lava in contatto con quelle di Toscana, del Piemonte e di Lombardi , si trovava in Modena l'animoso e intraprendente Ciro Meuotti, che da natura avea sortite le doti di carattere e di censo le più adatte alla rischiosa impresa a cui s'era dedicato. 'ol più ardente zelo, ed operosità egli avea raccolti numerosi ad pti che si tenevano pronti a' suoi cenni, e li ordinava e pensava provvederli d'armi, per quando fosse venuto il momento d'agire : ma nel tempo stesso per altro egli medesimo forse non era at che ben sicuro dello indirizzo che preciso avreLbe dovuto dare al n vimento, perchè agli occhi di tutti avesse a sembrare chiaro e po itivo. A sovvenire il Menotti in questa specie di titubanza vennegli opportuno un suo adepto, certo Avvocato Misley, non nativo, ma stabilito in Modena; spirito eminentemente adatto ai raggiri ed agli intrighi di qualsiasi genere. Venuti questi due a completa espansione d'animo fra loro sui mezzi di far vie meglio progredire, e dar forma alle cose, nella bizz rra e paradossale mente del Misley, sorse il pensiero di far neorrere al buon successo della cospirazione in senso liberale la ste sa persona del Duca di Modena, Arciduca d'Austria Frano IV, impropriamente detto d'Este. Eran note al Misley le attive mene che nel '1821, il detto Duca, marito alla primogenita del Re Ji Sardegna avea fatte, onde


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riescire a che la eredità di Casa di Savoja, - che dovea devolvere a Casa di Carignano, nella Persona del Principe Carlo Alberto, malvisto dalla Diplomazia per l'avvenuto in Piemonte nel detto anno 1821, - passasse invece in mano della moglie sua, e quindi a lui medesimo. Questa manifesta smania d'ingrandimento di potere che si appalesava in Francesco IV, doveva essere per Misley il punto di leva su cui basare ogni sua manovra (1). Se questa riesciva si avevano le casse ducali a disposizione della cospirazione, la Polizia del Duca diventava cieca e sorda per la medesima, e final· mente pei timidi e titubanti aderenti alle volute innovazioni, il nome di un Arciduca Austriaco compartecipante a quella dovea persuaderli che non si rischiava troppo a farne parte. Finalmente una qualche indiscrezione colle Potenze estere per fare loro credere che non si avevano idee sovversive, ma che si accettava un Principe di Casa d'Austria per sovrano costituzionale, avrebbe fatto guadagnare non poco alla causa dei congiurati. Fatto persuaso il Menotti della possibilità e importanza di riescire ad acquistare un ::.imile proselite pei loro fini, Misley ottenne il consenso di farne il tentativo. Abile costui nell'usufruire di qualsiasi mezzo pel proprio intento, si prevalse in questo caso della seguente favorevole circo· stanza. Nella sua qualità di Avvocato egli trattava gli affari della famiglia di un certo Ferioli di Reggio, la quale grandemente soffriva per un sequestro imposto sui beni del Ferioli medesimo, che da lunghissimo tempo giaceva nelle prigioni di Stato per imputazione politica. Chiesta pertanto e ottenuta una udienza dal Duca, il Misley gli si presentò e con un ardire affatto insolito osò reclamare contro la misura crudele che vincolava i soli mezzi di sostentamento . che avesse la famiglia dello sventurato prigioniero. Sorpreso il Duca di cotanta temerità, chiese al Misley come non temesse le giuste rappresaglie di lui pel suo tracotante parlare, e questi, fidando nell'arte sua finissima di persuasiva, rispose impavido: credere il suo Sovrano migliore della fama che gli si faceva, e non essersi perciò peritato a cimentarne lo sdegno perché convinto che una volta che egli lo avesse ascoltato, avrebbe (l) Avvertiamo che quesli particolari, finora incogniti sugli avvenimenti di cui parliamo, ci vennero comunicati da integerrima e cospicua persona che fu nelle più intime relazioni con Ciro Menotti e collo stesso Misley, unitamente ai quali cospirò iu Modeua.


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PARTE PRIMA

certo saputo apprezzare meglio del passato i suoi veri interessi ersonali e dinastici. La novità di un consimile linguaggio, spinse Francesco IV ad invitare il suo interlocutore a più chiare spiegazioni del suo dire. L'astuto Misley allora, abilmente toccando le più sensibili rde della a lui nota ambizione del Duca, ponendo in scena e la strettissima parentela sua colla Casa di Savoja e la prossima ventuale successione a questa della Casa di Carignano nella perna di Carlo Alberto, che pei fatti del 21 erasi reso male accetto a tutti i partiti, e finalmente le ognor crescenti aspirazioni degli Italiani a forme di governo rappresentativo, anzichè assoluto, si mostrò persuaso che fosse possibile dare un insieme a tutte quete cose, e fece brillare agli occhi del Duca un quadro affascin .nte delle conseguenze che per lui poteva avere il prestarsi a fa.r causa comune dei suoi interessi dinastici colle aspirazioni il liane. Toccato nel più vivo del suo cuore dalle ammaglianti parole d l seduttore, Francesco IV senti riaprirsi in cuore una speranza lungamente vagheggiata, ma poi venuta meno, e non è a meralgliarsi se inesperto a sì ·fatto genere di tentazioni, cadde nel laccio tesogli, e fatto buon viso al Misley, senza darsi per vinto ancora, fissò nuovo e più confidenziale convegno al medesimo per riparlare sull'argomento. Ottenuta cosi la chiave del cuore e del gabinetto del Duca, il Misley in pochi altri colloqui, che ebbe col medesimo, palesand gli quel tanto che ritenne conveniente dirgli sul già operato ol Menotti, lo condusse a questa combinazione: i liberali dell'Italia Centrale si pronuncierebbero in favore del doppio dominio del Duca su questi Stati e su quelli di Sardegna, ed egli dal . canto suo si impegnerebbe a regnare cpn forme rappresentative. Per condurre le cose a questo risultato, Menotti entrerebbe in immediate relazioni personali col Duca, e tratterebbe ogni cosa con lui: Misley, sotto il pretesto di condurre vaste combinazioni ommerciali e industriali, avrebbe avuto agio di percorrere l'Italia l'estero per agire nell'interesse comune specialmente col partito liberale francese, che si sapeva in procinto di tentare grandi inn vazioni. Il Duca avrebbe fornito denari e ogni altra sorta di appoggio alla macchinata impresa. Cosi camminarono per alcun tempo le cose di pieno accordo fra Ciro Menotti e il Duca, per quanto si riferiva alle combinazioni interne, ed anche il Misley era riescito, almeno egli lo assicurava, di ottenere dai liperali francesi, che non appena essi


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avessero avuto in mano il potere, e l'Italia Centrale avesse ini- • ziato il suo movimento, avrebbero imposto all'Austria di non intervenire per contrariare quanto fosse per avvenir fuori de' suoi possessi italiani, come le era stato permesso di fare· nel1821 per il Piemonte e pel Napoletano. Se non che allorquando fu compita la rivoluzione francese n Duca tronca le sue relazioni del Luglio 1830, e i liberali di quel paese ebbero posto in trono con Menotti. Luigi Filippo, cui era ben noto quanto si passava in Italia da parecchio tempo, pare che il Duca Francesco avesse ragioni di credere che il nuovo Re dei Francesi, - più sollecito ormai di cattivarsi la l)enevolenza delle diverse Corti europee per assicurarsi vie meglio il trono, di quello che favorire i combinati mutamenti italiani, - avesse lasciato trapelare all'Austria qualche cosa di quanto accadeva nella Italia Centrale, e che in conseguenza di ciò r Austria sorvegliasse attentamente la condotta di esso Duca. . Pare inoltre che il medesimo Duca non si facesse più oltre illusione sulla possibilità che il partito liberale italiano fosse per fare sincera adesione alla sua persona, e quindi si convincesse di giuocare una partita assai rischiosa senza fondata speranza di un positivo successo. Comunque, egli è certo , che il Duca nell'autunno del 1830 aperse le ostitità contro il partito liberale, rifiutando di riconoscere il nuovo Re dei Francesi, che a lui come agli altri Principi d'Italia avea inviato apposito messaggiero per avvertirlo del suo avvenimento al trono. Dopo di ciò anche le sue relazioni personali col Menotti subirono il più notevole raffreddamento, fin che negli ultimi giorui del Dicembre 1830 cessarono completamente, dichiarandosi l'un l'altro reciprocamente sciolti dagli impegni presi, e solo, come si assicura, promettendosi scambievoli personali riguardi pel caso in cui avessero a pronunziarsi quei moti a cui non voleva più partecipare il Duca. Come bene può credersi il ritiro del Duca non valse ad arrestare il Menotti dal proseguire nella ormai avanzata sua opera, tanto più che allora, per la rivoluzione avvenuta in Francia, tutti i liberali italiani più che mai erano persuasi che il nuovo Governo francese si sarebbe opposto risolutamente a qualsiasi intervento dell'Austria negli affari dell'Italia Centrale. . Comeeombinl\PlÙ cauto e più guardingo soltanto procedè il Menotti nel ta l'iDllurrezione dare l'ultima mano ai preparativi del moto insurrezionale che modelleee. dovea scoppiare nel giorno 5 del prossimo Febbraio, e ciò naturalmente, perchè ormai la Polizia ducale non aveva più interesse a chiudere gli occhi. Tale moto, per quanto si riferisce al Ducato 2


f'AltTg f'ltlM.\

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. di Modena, del quale solo noi dobbiamo ora oc~;upard, era convenuto che avesse effetto nel seguente modo. Verso la mezzanotte del giorno 5 dovevano trovarsi armati attorno a Modena forti drappelli dei congiurati delle campagne e paesi circostanti, e tenersi pronti a penetrare in città per le porte che loro dovevano essere aperte da altri congiurati cittadini che armati essi pure, sarebbero piombati improvvisi sulle guardie ielle medesime. Contemporaneamente a questo, una più grossa mano di congiurati, raccolti in casa dello stesso Menotti, poco discosta dalla residenza ducale, con rapido colpo di mano avrebbe assalite le guardie del Palazzo, fattele prigioniere e preso il Duca e la sua famiglia in proprio ostaggio. Ottenuto ciò , si sarebbero uniti .tutti li congiurati, ormai raccolti in città, e sarebbero marciati verso la Cittadella, ove erano accasermate le truppe ducali, e quivi o colle buone, o colla forza, facendo anche valere l'ottenuta cattura della famiglia ducale, se ne sarebbe paraliz· zata l'azione. Nel giorno appresso una Giunta di Governo rivoluzionario ·si sarebbe fatta proclamare in Modena, e questa poi avrebbe pensato ad accordarsi con altre consimili che dovevansi proclamare altrove, onde venire al definitivo assestamento delle cose dell'Italia Centrale. Questo era il piano fissato pel 5 Febbraio, ma che venne contrariato dal sospettoso Duca, il qu:.de sorvegliando gli antichi suoi complici, fino dalla notte del 2 al 3 Febbraio avea fatti arrestare alcuni dei più intimi amici di Menotti. Ciò era segno manifesto che il Duca era in sull'avviso del pericolo che gli sovrastava, e conseguentemente Menotti per non veder naufragare sul più bello ogni suo piano, risolse di anticipare il moto insurrezionale, e nella stessa giornata del 3 spedì messi per ogni dove, onde avvertire che nella notte medesima si avesse a compire il fissato per quella del 5. ~"""~~ prendP Condotte a questo punto le cose relative al .movimento insurra..w alla cO'Ipi· Z"inns mode n.... razionale pronunziatosi nel 1831 nel Ducato di Modena, possiamo ra venire a parlare della parte che vi ebbe il nostro Fanti. Nei cinquè anni di continua dimora in Modena fra mezzo a tutta la gioventù di quel paese, ancora fresca delle recenti memorie del Regno Italico di Napoleone, e dei gloriasi fasti di quella breve ma fulgidissima epoca, era cosa troppo naturale che anche Il giovine Fanti non potesse simpatizzare per il nuovo stato di l:ose, che sempre 'più ~ndava accentuandosi nella via del dispotismo, e che si sentisse attratto a vagheggiare migliori sorti· pel ·uo paesè.


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FANTI .Nf':L DUCATO DI MODENA

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Di così fatti sentimenti che il Fanti non nascondeva ai suoi amici, quelli fra i medesimi che appartenevano alla ordita congiura, che conoscevano le belle doti di cuore e di mente dj lui, non avevano mancato di pensare che la sua adesione alle loro iòee sarebbe cosa assai vantaggiosa per essi. · E. fra que$ti era· app\mto Ciro Menotti, il ·quale per essere nativo di Carpi come il Fanti, ed anche in:· particolari rèlàzioni colla sua famiglia, quantunque assai meno giovine di Manfredo, era secolui legato della più cordiale dimestichezza ed· amicizia. Convinto pertanto di tutta la serietà del carattere del giovine suo amico, e dei patriottici suoi sentimenti", deliberò il Menotti di associarselo nella impresa che an da va apprestando, e messo perciò il Fanti a parte di quanto stavasi tramando, lo richiese del· l'opera sua a beneficio del suo paese. Per questa spontanea offerta, tostamente accettata con entu- · siamo dal Fanti, il giovine nostro amico fino dagli ultimi mesi del 1830 pose il piede in quella carriera politica, in cui dovea perseverare fino all'ultimo dei giorni suoi, sempre fedele e costante in un medesimo principio, quello della indipendenza e libertà d'Italia. Una volta ammesso nella confidenza di Menotti, se non fu uno dei più attivi cooperatori del medesimo, il nos.tro Fanti però fu tra i pochi, pei quali il Mei10tti aveva più particolare deferenza, cui non si peritava a mettere a parte.di cose di alto rilievo. Venuto il momento reputato apportuno per pronunziare il m~m: Fa::~ta.; movimento insurrezionale, speciale incarico affidato al Fanti era ra~ .:~:: stato quellq dj. quadagnure alla CO!:!pirazione parecchi fra quelli IUlle• operai gi Modena, che avevano servito nel Corpo dei Pionnieri sulla esperienza dei quali nel maneggiare le armi ·si riponeva particolare fiducia. In ciò egli era perfettamente riescito, e dieci o ·dodici di questi esperti soldati gli avevan dato parola di seguirlo ove e quando li avesse chiamati. Allorchè pertanto, a norm_a di quanto abbiamo narrato, venne stabilito che avesse ad agirsi nella sera del 3 Febbraio, e Fanti coi suoi adepti era destinato a far parte del gruppo che doveva radunarsi in casa di Menotti, per muovere poi sul Palazzo ducale, non mancò uno solo all'appello che egli aveva fatto in .giornata ai medesimi, .e poco dopo l'imbrunire s'erano tutti radunati nell'alloggio di Fanti. Ma quando, guidati da lui, furono per avviarsi alla suddetta casa, apparve manifesto al Fanti, e a quelli che lo seguivano, essere il Governo in sull'avviso di quanto stava per avvenire,


PARTE PRIMA

giacchè le vie della città erano percorse da grosse pattuglie di truppe ducali, che impedivano qualunque circolazione. A molti altri dei congiurati modenesi, che in quella sera dovevano recarsi ai convegni fissati o in casa Menotti, o nelle altre località, d'onde dovevano portarsi alle porte urbane, avvenne la mede ·ma cosa, e da simile contrattempo derivò che parecchi mancarono di condursi nella stessa casa di Menotti, e andarono affalto deserti i convegni di quelli, destinati ad impadronirsi delle suddette porte, con grave scapito dell'esito della sommossa. Non fu così per altro dal canto di Fanti e de'suoi compagni. E o, con quella risolutezza e calma d'animo che dovea più tardi formare uno dei più distintivi pregi del suo carattere, non si lasciò intimidire dall'apparecchio delle forze ducali, e volte acconce parole ai suoi seguaci, perchè non venissero meno alla data fede, ora coll'arte, schivando destramente le pattuglie, ora imponendone loro con pretesti, ed anche con la violenza, pervenne a farsi strada fino alla casa di Menotti, ove condusse tutti li suoi uomini. Combi\Uimento Quivi intanto s'erano già potuti raccogliere una sessantina lr11 gh Insorti ed i ducali modenll- dci più animosi congiurati, e quantunque ormai convinti di non ·' 11ll0r M nlla casa MeooiU. poter più cogliere alla impensata le truppe ducali, pure erano parimenti deliberati di tentare l'ardito colpo di mano, e già tutti stavano armandosi e divìdendosi le munizioni per essere pronti a ombattere. ln sulle 8 e mezzo della sera per altro, un improvviso rumoreggiare nella via di armi e d'armati, li fece accorti che numel'Ose truppe ducali circondavano per ogni dove la casa di Menotti. E noH andò guarì che un drappello delle medesime, trovata aperta la p rla della strada, penetrato nel cortile e salite le scale, bussò alla porta del quartiere abitato dal Menotti, intimando di aprire in uome della legge. Alcuni colpi di arma da fuoco, scaricati attraverso della porta stessa, risposero alla fatta intimazione, e poco appresso, dalle finestre del suddetto quartiere, gli animosi amici di Mel'lolli cominciarono il fuoco contro le soldatesche del Duca, che si tenevano asserragliate nella sottoposta via. Queste in allora, riparatesi dietro i pilastri e le arcate di un pori ico delle case che prospettavano quella di Menotti, e penetrando uelle case stesse, e postandosi alle finestre delle medesime c perfi no sui loro tetti, si ~diedero a rispondere colla veemenza che loro permetteva la grande superiorità numerica. Non si sbigottiscono i bravi patriotti modenesi, e sperando che il rumore del cominciato combattimento ecciti ,i· compagni


J:.'AN'rl ~t DÙCATO DÌ MoDltNA

che debbono agire alle porte, e quelli ancora che d~bbono accorrere dalle campagne, a fare ogni sforzo per condursi in loro soccorso, persistono nella più ostinata difesa, e, benchè pochi, si mol.. tiplicano per rispondere al fuoco dei molti soldati ducali. Si tenta allora da questi, con auova invasione nel cortile e so per le scale, di abbattere la porta del quartiere per entrarvi a viva forza; ma ripetute scariche dei congiurati attraverso alla porta medesima, mettono in piena dirotta i più arditi che si sono ad essa appressati. Fra cotali trambusti erano intanto trascorse le 10 di sera, quando d'un bel subito si tacque la fucilata dei ducali e in mezzo alla via apparve l'alta e magra fìgura di Francesco IV, il quale con un coraggio personale che vogliamo riconoscergli, fattosi sotto la casa del Menotti, con alta voce s'indirizzava a lui medesimo e lo invitava a cessare da ogni ulteriore resistenza, perchè vana ed inutile cosa in quel momento. Alla coraggiosa sovrana intimazione risposero nuove fucilate, e ben tosto si riprese il fuoco dalle due parti, senza che i ducali ottenessero il più che piccolo vantaggio. Impensierito il Duca di una resistenza, il di cui prolungarsi ben egli comprendeva esser suggerito dalla speranza di esterni soccorsi, deliberò troncarla senza ulteriore indugio per mezzo del cannone, e fattone piazzare uno nello svolto di una contrada che quasi imboccava la casa Menotti, ordinò che tirasse a palla coDtro la medesima fra le finestre d'onde partiva il fuoco dei congiurati. La distanza dal pezzo alla ·casa non era maggiore , come può verificarsi anche oggi, di 50 metri, e quindi è facile immaginare l'effetto dei primi colpi sulle deboli pareti. Ma nemmeno questo atterriva i prodi amici di Menotti, che imperterriti mantenevano il loro fuoco, :malgrado il cominciato cannoneggiamento. Nel cuore di Menotti per altro si agitava allora una crudele tempesta, fra il suo amor patrio e la dolorosa convinzione di non potere ormai sperare verun esterno soccorso. Ei si sentiva perciò responsabile di aver condotti a sicuro eccidio quei pochi bravi che lo circondavano, e ne provava il più cocente dolore. In si angosciosi pensieri e non travedendo veruna via di scampo pe' suoi amici, gli balenò improvvisa alla mente un' inspirazione, che a lui parve salutare : cioè, dare se stesso in mano al Duca, come volontario olocausto per gli altri, e aver campo cosi di parlare al medesimo ·e invocare a pro' de' suoi amici i convenuti patti di personali riguardi.


PARTE PRIMA

Detto, fatto, in un baleno, Ciro Menotti, senza comunicare nulla ai propri amici, perché non lo distolgano dal suo proposito, corre in una stanza appartata del suo quartiere, che ha una fin~ stra prospiciente su di un remoto viottolo che passa dietro la sua casa, e presa l'unica precauzione di gettare innanzi di sé stesso un. materasso dalla finestra sul lastrico del viottolo, per ammortire l propria caduta sul medesimo, vi si getta dietro, senza veruna e itanza, deciso a presentarsi -senza più al Duca. Ma vegliavano anche su quel viottolo due sentinelle ducali, e non appena sentono aprirsi una finestra della casa attaccata, e vedono prima l' informe massa del materasso, poi il corpo di persona che la segue, entrambe fanno fuoco su quest'ultima. Per tal motivo lo sventurato Ciro non avea ancora toccato terra che. veniva se non gravemente, però abbastanza feJ•ito per non potersi rialzare, quando si trovò sul lastrico della via. Alle due sentinelle che gli si fecero sopra disse tosto il suo nome, e premurosamente domandò ad esse e ad altri soldati accorsi sul luogo. di essere ·condallo o portato al cospetto· del Duca. Ma costui, avvertito della preziosa cattura di chi possedeva ogni suo secreto, si rifiutò a qualsiasi colloquio, e dispose perché sull'istante il Menotti venisse tradotto, otto forte· scorta, nella Cittadella, ed ivi rigorosamente custodito. Frattanto continuava il fuoco dei congiurati, quantunque si fossero avveduti e non sapessero spiegarsi· la scomparsa del loro Capo, e il cannone ducale avea già · aperta una larga breccia nel muro interposto fra due finestre della facciata della casa. Non era qnindi diflicile il prevedere una imminente catastrofe quando per alcun poco ancora proseguisse il fuoco del medesimo. Ora conviene sapere che negli altri quartieri della casa di Menotti alloggiavano famiglie completamente estranee al moto insurrezionale che in essa avea luogo, e che ad esse, malgrado le piùdisperate grida supplichevoli, non era stato permesso dalle solda1esche inferocite del Duca di uscire dalla c;1sa attaccata. Nel _caso pertanto della. prevedibile catastrofe, il prolungarsi della resistenza dei congiurati involgeva necessariamente nella medesim·a anche quelle sventurate famiglie. Alla mancata compassione ducale, supplì la pietosa riflessione Gli insorti 11 arn~odooo &l Du· dei congiurati, i quali, perduta ormai ogni speranza (era allora "li. già suonata la mezzanotte) di veder giungere soccorsi, e convinti· d'aver fatto il proprio dovere fino agli estremi, non per schìvare una morte che già prevedevano sicura sul patibolo pel giorno ap-presso, ma per risparmiare l'eccidio di vittime inn(lcenti, si risolsero a cessare finalmente dalla inutile resistenza.


FANTf NEL DUCATO DI MODf,NA ·

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Di questo atto che onora quei prodi altrettanto quanto l'audace valore con cui si erano battuti per tante ore, n'ebbero essi un immediato ben triste compenso, perché le codarde soldatesche ducali, non sì tosto li .ebbero inermi nelle mani,. inveirono su di loro colle ·più vitupèrevoli e crudeli sevizie. Ammanettati poscia, · e legati in un sol gruppo, vennero fra i dilegi e gli insulti di bocea e di mano, tratti prigioni in Cittadella. A rendere se non scusabili almeno spiegabili questi eccessi di soldati che pure erano italiani, <'rediamo bene rammentare, in via puramente incidentale, che in ·quell'epoca il Duca Francesco IV che abborriva istintivamente le truppe formate per legge di leva regolare, reclutava le sue poche forze per arru,olamento volontario · di quanti volevano prendervi servizio. Di quale sorta poi di gente si ,componessero questi .volontari, .lo si può dedurre dalle circolari del cosi detto Buon Governo Estense (Ministero degli Interni) che tuttavia esistono agli atti di quel Dicastero, colle quali si ingiungeva ai diversi Comuni dello Stato di adoperarsi ·affin.chè i più pregiudicati soggetti delle rispettive loro popolazioni, si inducessero a prendere servizio militare. Ciò basterà a spiegare da quali sensi generosi poteva e~sere animata co tal sorta di milizia l Narrammo le peripezie del combattimento che i congiurati contegno del . .1831 ne Ila casa dl• combaltimeuto. Fanti nel narrato d mo enesl• spstennero neJla notte del 3 Febb. rruo Menotti in M;odena, . senz~ venire ad alcun particolare . di quanto personalmente ebbe a fare in quella memorabil~ circostanza il nostro amico Fanti. Il genere tutto speciale di quel · combattimento non permet• teva nè a lui, nè ad altri di distinguersi in singolar modo. Sti tale proposito pertanto noi non diremo altro che quanto abbiamo sentito· confermare da tutti coloro· che furono compagni al Fanti in quella notte, nella quale può dirsi che egli ricevè il sacro. battesimo del fuoco, ossia essersi il medesimo fatto rimarcare. fra i più risoluti, cal-p1i ·e .sereni in mezzo al pericolo, che sfidÒ costantemente col più imperturbabile coraggio. Nè, sempre al dire dei menzionati· compagni, venne meno Fanti pricio· · niero del D~Aca. questa cal ma seren.ità d'animo nel giovine Fanti, durante ì tre angosciosi giorni, nei quali egli e gli altri cattura~i dell~ casa Menotti, rimasero prigioni del Duca di Modena entro l'ergastolo che si. trovava allora nella Cittadella di quella· città. Per quanto .inchinevoli alla speranza potessero essere lè diverse loro indoli, una sola prospettiva loto dovea lasciar scorgere ogni precedente poli.tico. del Principe, nelle di cui .mani erano caduti dopo la più ma~ nifesta ribellione al medesimo : quella del ·patibolo.


Nel rammentarsi, più tardi, quelle angosciose tre giornate, il Fanti si compiaceva di assicurare che il solo grave cruccio che gli Lringeva il cuore allora, si era quello di dover morire senza vedere il Padre suo e la prediletta sua Madre, e di non potere loro domandare perdono di essersi posto nel cimento, che procurando immatura e violenta morte a lui, ad essi cagionava profondissimo dolore. Ma i futuri destini d'Italia non esigevano che per allora si Fuga drl Duca da Mo..lcna e li be· rB•ione del pri· sagri ficasse altra vita dei congiurati modenesi, che quella del loro Il ionieri pollhci, generoso capo, Ciro Menotti, e di altra innocente vittima della cieca vendetta ducale, lo sventurato Borelli, e conseguentemente (ruella di Fanti dovea conservarsi per giorni migliori, che avevano a sorgere pel suo paese. Per ciò negli accennati tre giorni avvenivano fatti che non perm ettevano al Duca di godere gran chè dell'ottenuta vittoria. E in primo luogo da Mantova, ove avea spedito a domandare pronti soccorsi di truppe austriache, gli si rispondeva non potersi ciò effettuare se non veniva espresso ordine da Vienna. Per continua re dunque a frenare le proprie popolazioni, che si moslf':wano in un palese fermento insurrezionale, non poteva contare il Duna altro che sulle poche e stanche sue truppe, colle quali avea giudicato bene chiudersi in Modena, per garantirsi dall'attitudine minacciosa delle vicine città e paesi del suo Stato. Ma non era solo questo il pericolo che lo minacciava, giacchè altro a.~sai maggiore gli sovrastava dalla vicina popolosa città di B l gna, la quale riescita ad atterrare fra le sue mura il Governo Pontificio, e proclamarne uno di sua propria elezione, stava, per quanto si assicurava da persone venute di colà, raccogliendo armi ed armati per venire in soccorso .di Modena, e darle mano per libel'arsi dal suo Duca. In tale critico stato di cose il Duca non osò "prendere sull'istante misure di estremo rigore verso i suoi prigionieri, per non inasprire inopportunamente l'animo della cittadinanza mo· denese. Cosi passò il giorno 4, ed anche il successivo 5 Febbraio, durante i quali più insistenti si fecero le voci di prossimo arrivo di buon nerbo di Bolognesi armati, che dovevano unirsi con quanti erano ormai insorti, e a Carpi, e a Reggio, e in altri minori paesi, per attaccare le forze ducali in Modena. Venne meno allora il coraggio ·di Francesco IV, e prese se.. crete misure nel giorno 5, a notte inoltrata, esso Duca con tutta la sua famiglia, i principali membri del suo Governo, in mezzo


FANTt NEt DUCA'l'O Dt MODÌ!:NA

alla scorla delle ·truppe ducali, abbandonarono tutti insieme la città di Modena, e volgendo solleciti per Carpi e Novi si ripararono nel territorio austriaco dei Distretti Mantovani, seco conducendo dei prigionieri fatti, il solo Menotti, di cui premeva al Duca tenersi in potere perchè non svelasse le cose fra loro passate. Nel mattino del 6 la città di Modena si avvide esser rimasta eurrezJonate n G?vemomtnopadrona di sè, ed orientatasi alquanto in sì inaspettata condi- denese nel i83t. zione, finì per nominarsi un Governo che la reggesse provvisoriamente, chiamandovi quelle persone che più notoriamente si sapevano legate agli intendimenti di Menotti. Non si tosto queste furono insediate, ed ebbero improvvisato un simulaçro di guardia cittadina, la inviarono per prendere possesso della Cittadella ove il Duca avea lasciato alcuni pochi dei suoi più infingardi soldati. e prontamente far uscire dall'ergastolo i prigionieri politici, che si sperava, ma non si era anche certi, vi si trovassero tuttavia rinchiusi. Per cotal guisa sul far della sera del giorno 6, Fanti co' suoi compagni inaspettatamente si trovarono sciolti dai ferri, e portati in trionfo per le vie di Modena dai loro concittadini. Non occorre qui, che per noi si dica, come fallissero le spe- ~·~:~!~~n~r. ranze italiane sulle promesse avute di Francia, circa all'opporsi a f.uaua Centrate. che l'Austria intervenisse nell' Italia Centrale per domarvi colle armi la compita rivolta. Se pur anco qualche vaga parola in proposito fu detta a Vienna dalla diplomazia del Re Cittadino Luigi Filippo, non venne certo ascoltata, perché non appena scorso il tempo che allora era indispensabile per mandare informazioni dall' Italia a Vienna, averne analoghe prescrizioni, ed allestire un Corpo di truppe di 20 o 25 mila uomini per metterli in marcia, che dai Distretti Mantovani, un mese dopo la partenza del Duca da Modena, questo Corpo, diviso in tre colonne, contemporaneamente mosse pel Farmiggiano da Gonzaga, pel Modenese da S. Benedetto, e da Revere e Ferrara per le Romagne. Al primo apparire sui confini modenesi della colonna diretta su Novi, e preceduta dalle truppe ducali, opposero qualche resistenza quei pochi armati che il Governo provvisorio del Ducato di Modena avea potuto raccogliere in si breve tempo. Non arrestata la marcia dei Ducali e degli Austriaci dalla 1118!!:f~rf breve resistenza di Novi, il Go\'erno Modenese, aderendo alla pro- AncoDL posta del bravo Generale Zucchi, onorato avanzo delle guerre napoleoniche, e che allora comandava le truppe insurrezionali del

Modenese, stabill ohe avessero a raccogliersi tutte le sue truppe


PARTE PRIMA

in Modena ed a l'ipiegarsi su Bologna, ove si sperava che riunite a quelle più numerose, che ivi pareva dovdssero b"Ovars~ fossero in grado di dar battaglia formai~ agli Austriaci, e batterli. Cosi fu fatto, in fretta e in furia, e il giovine Fanti, che nel frattempo era stato nominato Capitano nel Genio, in compenso della sua bella condotta in casa Menotti, parti da Modena esso pure con quelle truppe, e non potendo avere incarico adatto alla sua qualità di Ufficiale del Genio, accettò il posto di Capitano comandante di una Compagnia di Fanteria. E qui si noti, .che tale e tanta era nei Governi insurrezionali dell'Italia Centrale la convinzione che si avesse a rispettare il non intervento arma,to dall'unp all'altro Stato, che il Governo di }Jologna per lasciare entr~re sul suo territorio le truppe modenesi spinse lo ~.crupolo, sul primo momento,. .fmo ad. esigere .che deponessero le armi, e non fu che allorquando venne nella più positiva certezza dell'ingresso degli Austriaci nel Modenese e nel · Ferrarese, che si indusse a ridarle ai medesimi. ·AI Generale Zucchi, pervenut9 che fu in questa ci'ttà, venne affidato il comando generale di quante forze e modenesi e romagnole ivi si trovavano· allora rac~olte, le quali, per vero dire, se poco contavano in numero, non potevano contar meglio per. la loro qualità. Non fu quind~ possibile al suddetto Generai~ di ritenersi .in grado, colle medesime, di contrastare agli Austriaci l'ingresso in Bologna,, e pensò meglio gettarsi alla. campagna. ripiegando lungo l'Emilia verso la celebre posizione della Gattolica, ove la na~ura pòteva forse aiutarlo a tentare )a sorte delle armi. l'atto d 'armi di Ma gli Austriaci, indovinandone forse le intenzioni, si getta1\lmlai. rono alle sue calcagna, e raggiuntolo innanzi ·Rimini, attaccarono isolatamente i sucii pochi, male ordinati e peggio istrutti soldati. Nel breve,.ma pur brillante fatto d'armi che ivi ebbe luogo, anche la Compagnia di Fanti ebbe. viva parle all'azionè, ed il giovine suo · Capitan-o, che in quella occasione riceveva come un · secondo battesimo del fuoco i·n campo aperto, si fece rimarcare non solo per la .sua calma e risolutezza personale, ma ben anche per· aver saputo ispirare ai suoi su~alterni un contegno non dissim.ile dal suo. · · Malgrado il buon contegno ·che queste ed altre truppe dello Zucchi conservarono innanzi a Rimini,: l'esito del combattimento riuscì ad esse sfavorevole, e conseguenteme.nte la loro ritirata da quel punto fino ad Ancona si compi in guisa che non fu più pos- · sibile .il prendere posizione alla Cattolica, come era intenzione del lor~ Generale. · ·


l<'AN'l'l NEL DÙCA1'0 DI MODENA

Nè tampoco, una volta che .esse si trovarono racchiuse· entro la piazza forte d'Ancona, il loro stato permise all' esperto Zucchi di tentare una difesa della medesima, perchè in breve ora egli si trovò completamente avvolto, .dalla parte . .di terra, .dalle truppe austriache, le quali avevanlo inseguito senza posa, e chiuso ben anche da quella di mare per parte di alcuni Legni da guerra austriaci, prontamente fatti accorrere da Venezia all'uopo. <'apitoluiooedl Convinto pertanto il Generale suddetto che una pronta pro- Ancona. posta di resa fosse il miglior mezzo per ottenere meno duri patti di capitolazione, si sollecitò a venire a simil passo, e infatti riesci ad accordi, che pei tempi e le circostanze che correvano, si potevano considerare pur abbastanza favorevoli a quanti erano cosi caduti in mano degl~ Austriaci. Eccoli : ·A. quanti volevano tornare alle loro· case era lasciata libera la strada, senza garanzia di ciò che fossero per fare i Governi interess.'lti; a quanti non intendevano approfittare di ciò, era fatta facoltà di imbarcarsi nel. porto di Ancona,· e di emigrare per dove più a loro piacesse. Le Autorità pontificie ristabilite in Ancona, avrebbero rilasciato a ciascuno i necessari passaporti per l'estero. Come bene si può immaginare, il nostro Fanti, che si sapeva raoti .t decide dei più compromessi col ristaurato Governo modenese, non esitò ~~· 111 troppo a decidersi alla· forzata emigrazione, e uni tosi con quanti altri seco lui intendevano fare altrettanto, noleggiarono insieme un Trabaccolo mercantile che si trovava in porto, per farsi trasportare fino a Marsiglia. Vocifera~asi -intanto fra quegli sventurati emigranti, che ·.la condizione imposta del passaporto non fosse altro che un'arte usata dagli -Austriaci per potere eonoseere. il vero nome dei più compromessi ·nell'avvenuto movimento, onde.impadronirsene tosto e consegnarli .ai rispettivi loro Governi. A premunirsi quindi contro un siffatto pericolo, il nostro Fanti pensò bene di qualificarsi personalmente· quale Man(redo Manfredi, e sotto questo nome ottenne la voluta carta, e potè recarsi a bordo del noleggiato Trabaccolo, al di cui fianco stavano nel porto di Ancona altri consimili legni con egual carico di emigrauti' ital~ani. Ma quasi che gli Austriaci fossero .pentiti della soverchia dolcezza con cui avevano trattati i ribelli italiani, nel momento preciso in cui se li lasciavano sfuggire di mano, sotto i più futili preteSti loro negarono il permesso di partire, e 'li trattennero nel porto per due o tre giorni, guardati a vista d.alle imbarcazioni dei loro legni da guerra.


Spiace il dover rammentare che da queste imbarcazioni, sulle quali si affollavano gli Ufficiali austriaci, che venivano a vedere i poveri derelitti che emigravano, non si seppe rispettare la sventura, o compiangerla, ma invece la si svilaneggiò nel più codardo modo, con ogni sorta di dileggi, e motteggi contro i giovani patriotti italiani. Ma la sua ora viene per tutti che si macchiano di consimili brutture, e nel 1860 Fanti e Cialdini, che si erano trovati nel 1831 fra i vilipesi nel porto di Ancona, colla rapida e brillante espugnazione di questa città, strappata di mano al partito che ventinove anni prima li avea codardamente ingiuriati, saldarono degnamente una partita, rimasta per si lungo tempo aperta. Vennero finalmente lasciati partire tutti li Trabaccoli, sui quali emigrarono numerosi italiani, ed è nota la mala fede con cui se ne catturò dall'Austria taluno, su cui stavano alcuni compromessi che essa riteneva suoi propri sudditi. ~avigazio~e .deMa noi non dobbiamo preoccuparci che •di quello sul quale era• gh em1grat1 1ta• • • liani d~ :'ncona salito il nostro Fanti per condurs1 m Franc1a, onde vedere qu&.li • Marslsha. nuove peripezie egli avea ad attraversare prima di colà pervenire. Questo piccolo Trabaccolo avea salpato da Ancona, e con esuberanza di passaggeri - e quindi i conseguenti incomodi pei medesimi - era andato veleggiando lentamente nell'Adriatico fino presso le acque di Brindisi. In quei paraggi esso venne avvicinato da un legno da guerra napoletano, che volle visitarne il bordo, e quindi gli impose di seguirlo nel porto di Brindisi. Convenne obbedire alla arbitraria intimazione ed arrestarsi per più giorni in detto porto, sempre sotto la più molesta sorveglianza delle Autorità napoletane, che non lasciarono scendere a terra veruno, e appena permisero che si facesse qualche provvista di vittovaglie. Nè si lasciò al legno degli emigranti di riprendere la sua via pel Mediterraneo, se non che sotto scorta di un Brigantino napoletano, che l'accompagnò e sorvegliò fino a Messina, ove, dopo averlo fatto soffermare alquanto e usategli nuove angherie, fu lasciato finalmente libero di navigare verso la Francia. .-.ou condanCosi questa navigazione, per penosa ansietà cagionata dalle nato a morte. molestie della Polizia napoletana, per estrema angustia di posto fra gli imbarcati, e per penuria di viveri, sopravvenuta in forza dei molti giorni di prolungamento della traversata, non fu per il nostro giovine patriotta e tutti i suoi compagni, che un seguito di patimenti e di privazioni fino al momento in cui poterono met• tere il piede in Marsiglia.


FANTI NEL DUCATO DI MODENA

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E fortunato ancora dovea chiamarsi il nostro Fanti, in quanto che per cotal mezzo almeno era pervenuto a mettersi in salvo dalla vendetta del Duca di Modena, il quale, non appena tornato padrone dei propri Stati, s'era dato a punire, t'\0. singolare rigore quanti più avea potuti avere nelle mani :· ''-lro che avevano partecipato più o meno direttamente alla pa · '--v.oluzione. Creati appositi Tribunali Statarii che gi . non a tenore di legge, ma del talento del loro Signor di morte venne decretata in massima per quanti avevan .4~dto nella casa Menotti, ma non eseguita che sul capo .,.r infelice Ciro, parl~one di ca'!a, perché solo rimasto in potere del Duca. Gli altri la sfuggirono perché sottrattisi al medesimo. Al già menzionato Barelli fu data la morte perché, quale pubblico Notaro, avea avuto incarico dal Governo rivoluzionario di rogare la decaderiz( di Francesco IV dal Ducato di Modena. Il turno del processo di Manfredo Fanti, presso li suddetti Tribunali Statarii, non si presentò che nel 1839 , e fu trattato unitamente a quello di un Silvestro Castigliani e di un Av~ocato Nardi. Si noti che in quell'epoca era pubblicamente noto per Modena che il Castiglioni e il Nardi erano defunti da parecchi anni, e che il Fanti. militava allora con molto onore nella Spagna. Ciò malgrado per altro, la sentenza del Tribunale Statario, pubblicata in Modena contro i tre ribelli, li condannava alla morta per aospmsione sulla forca, da eseguirli, stante la loro contumacia, per effigie. Stupida e forsennata nequizia, che non sembra propria dei tempi si prossimi ai nostri! Col triste esordire di una forzata emigrazione, avca primo compenso l'amor patrio che Fanti spiegava in casa Menotti. Non vacillò per altro l' animo suo, né disperò delle sorti del suo paese. Con questa speranza in cuore si senti l'obbligo di riescire personalmente a divenire qualche cosa, per potere un giorno essere utile all'Italia. Ed è su questa via, per la quale egli intende incamminarsi, che noi andiamo a seguirlo.


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PARTE SECONDA

FANTI lN FRANCIA, E IN SPAGNA, [1831 -

1848] •

.SOMMARIO: Gli Italiani emigrati nel 1S31 in Francia. - Soggiorno di Fanti in Marsiglia, e Macon .. - Si reca a Parigi. - Onorevole proposta che gli à fatta dall'astronomo Arago. - È destinato ai lavori delle fortificazioni di Lione. - Importanti incarichi, che gli sono affidati in quei lavori. - Il Ge~erale Fleury dirige gli studi militari che compie il Fanti. - La spedizione di Savoja nel 1833. - Nella sommossa degli operai di Lione,· Fanti salva da grave pericolo la famiglia ·del Colonnello Daigremont. - Rifiuta UDa brillante posizione militare oft'ertagli nelle Indie. - Va nella Spagna per combattervi guerra di libertà. - Non lo si vuole ammettere al servizio.- Rara freddezza d'animo, e presenza di spirito c_he spiega il Fanti in un sinistro evento. - Per prova data di cognizioni militari, Fanti è amme880 nelle truppe Cristina. - L'Esercito spagnuolo · ed i profughi italiani ehe vi militavano - Rapida e brillante carriera del Fanti nei Corpi Franchi Cristini. - 1835 - 1836 - 1837 - 1838 - 1839. - Fanti ricomincia la carriera gerarchica nell'Esercito nazionale spagnuolo. - 1840 1841 - 1842. - Fanti si ammoglia con una giovine spagnuola. - 1843 1844 - 1845- 1846 - 1847 - 1848. - Fanti lascia la Spagna per correre a combattere la prima guerra nazionale italiana. O h 1111h elDJ L'accoglienza che s'ebbero i profughi italiani dalle popola- «M'li nel1831 in Fr&neia zioni francesi fu benevola anzichè no, giacchè ovunque loro si add.imostrò quella simpatia, e si Ulilarono quei riguardi che si , meritava la nobile causa, per cui s' eran dovuti allontanare dalla patria. Da parte del .Governo peraltro non si tardò molto ad avvedersi che la loro presenza cagionava al medesimo un certo tal quale imbarazzo. Quegli stessi uomini infatti che allora sedevano n1

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PARTE SECONDA

al potere, dovevano rammentare i corsi impegni coi loro amici d'Italia, ed avere anche presente che quei medesimi principii pei quali questi si erano compromessi, erano quei dessi in forza dei quali si era proclamato il nuovo regime francese; ragion voleva pertanto che ogni riguardo si usasse verso i suddetti emigrati. Ma ciò facendo si sarebbe urtata la suscettibilità di tutte le Corti di Europa, le quali in loro non vedevano che ribelli ai loro legittimi Sovrani, e sovvertitori dell'ordine pubblico, e sarebbe quindi andato perduto il frutto delle continue e secrete assicurazioni che si davano ad esse Corti sulle più fenne intenzioni del nuovo Governo Francese, di rispettare, e far rispettare in casa propria e altrui la tranquillità pubblica. Per cavarsi da un tale impiccio, si deliberò di attenersi ad una misura, la quale, mentre provvedeva ai più urgenti bisogni della gran massa dei profughi italiani, non poteva non accontentarli e per altra parte dava soddisfazione alle esigenze della diplomazia europea, sospettosa del molto accumularsi di elementi rivoluzionari in Francia. Nella considerazione che ben pochi fra gli emigrati italiani erano quelli che avessero mezzi proprj di sussistenza, e che la quasi totalità avrebbe dovuto venir sovvenzionata o dal Governo o dalla pubblica beneficenza, si determinò lasciar liberi i pochi non bisognosi di stabilirsi in qualsiasi punto del Regno, mentre gli altri per maggiore semplificazione e comodità amministrativa dovevano essere raccolti in due o tre gruppi, che sotto il nome di Depositi fl emigrati italiani si sarebbero organizzati in alcune determinate località. In cotal guisa il Governo Franj!esc garantiva la più vigile sorveglianza sugli ardenti patrioti italiani alle varie Potenze che voleva tenersi amiche, e si mostrava nel tempo stesso soccorrevole e benigno verso quei profughi. Erano questi atti i prodromi di quella politica anodina che caratterizzò il regno di Luigi Filippo. Soisiorno di Il modo quasi inaspettato con cui Fanti avea dovuto partire Fanti a Marsislia e Macou. da Modena, marciare fino ad Ancona, quivi imbarcarsi, e veleggiare per Marsiglia, aveva fatto si che egli non aveva potuto mai corrispondere colla sua famiglia, e che intanto avea esaurite tutte quelle poche risorse pecuniarie che dalla sua casa e dal suo stipendio militare gli erano state fornite anteriormente. Dopo il suo sbarco a Marsiglia, visse modestissimamente in quella città, e quando da Parigi venne l' ordine di formare i Depositi, a cui sopra accennammo, il nostro giovine amico dovè inscriversi fra quelli a cui occorreva un sussidio giornaliero per vivere, e venne


FA~TI 1:-i FRANCIA E IN SPAGNA

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quindi destinato al Deposito di Macon. L'oziosa vita che necessariamente doveva condurre in quel piccolo paese , privo di qualsiasi risorsa, anche per chi avesse voluto darsi al lavoro, ed il dolore di dover mangiare un pane non guadagnato, e che sapea di sale come ogni pane altrui, formavano per Manfredo Fanti un supplizio, cui sentiva di non potere sopportare a lungo. Fece dapprima appello al grande amore che gli portava la sua famiglia, ed ottenne cosi un po'di denaro, tutto quello che nelle loro strettezze finanziarie, i suoi genitori poterono raccogliere. Ricevuto questo piccolo soccorso non fu difficile al Fanti di provare alle autorità da cui egli dipendeva in Macon, che avrebbe potut() trovarsi un'onesta occupazione in Parigi, e potè cosi ottenere di lasciare il Deposito, e recarsi in questa ultima città. SI reca a PaQuivi pervenuto, sperò il Fanti - stante la fortunata· combi- rlfJL nazione che alla Scuola Politecnica dovea essere noto il suo nome, a motivo di quei tali problemi matematici che egli era riescito a risolvere con lode, nel mentre studiava matematiche quale Cadetto Pionniere in Modena - di poter essere ritenuto capace di coprire qualche impiego di ingegnere, e conseguentemente di ottenerlo. Ooore"role proDatosi alacremente alle pratiche necessarie per conseguire il poeta che gU A fatta utrodesiderato scopo, volle il caso che Fanti entrasse in qualche re- nomo dall' Ar&Jo. lazione personale col celebre astronomo Arago, e più ancora che a questo non riuscisse nuovo il nome del giovine italiano, in quanto che egli stesso, l' Arago, era stato fra i professori dalla Scuola Politecnica, i quali avevano per lo appunto segnalate le belle soluzioni dell'allievo della Scuola Matematica Modenese. Da ciò venne un particolare interesse che l'Arago si .prese per la posizione del Fanti, interesse che nòn tardò a crescere quando meglio e più da vicino potè apprezzare il suo protetto. Adoperatosi quindi grandemente per lui, mercè la meritata influenza che godeva nelle sfere governative, potè annunziare un giorno al Fanti, che qualora accettasse, il Governo Francese lo avrebbe ammesso quantunque straniero- quale allievo ufliciale nella Scuola dì Applicazione d'Artiglieria di Metz. Non era certo nè poco lusinghiera, nè poco promettente per Fanti ·una simile proposta, ma per accettarla gli sarebbe stato d'uopo imporre nuovi aggravi, e sagrifizi alla sua famiglia, che già ne avea fatti molti per lui, ed egli ebbe .perciò il coraggio di rifiutare le proposte di Arago, di .pregare il suo buo~ ·IU~ico di trovargli meuo brillante ma più proficua posizione, onde non. aggravare· i suoi· genitori· delle forti spese che avrebbero dovuto addossarsi pel suo mantenimento. 3


34 !: destinato al lavori delle ror-

PARTE SECONDA

Un sì bel tratto ebbe degno compenso, perché in pochi giorni Fanti, quale ufficiale del Genio italiano, venne destinato ai lavori ne. di fortificazione che stavano allora compiendosi attorno a Lione, sotto il comando e la direzione particolare del Generale del Genio Fleury, resosi celebre nelle guerre napoleoniche. Se si riflette per un solo istante alla alta importanza che in quel momento si dava in Francia a quei lavori, i quali dovevano chiudere il passo ad una eventuale invasione austriaca operata dalla parte d'Italia, non si starà molto a convincersi che al giovine Fanti non veniva dato un qualunque impiego per assicurargli una esistenza, ma che invece lo si inviava là· dove si voleva che lavorassero - sotto un'intelligentissimo ed esperto capo - giovani che offrissero sicure garc1nzie della loro capacità. ll Fanti poi si chiamò doppiamente fortunato per la toccatagli destinazimie in quanto che essa non solo sovveniva ai suoi attuali bisogni pecuniari, ma gli apriva il campo ben anche a con~ sacrarsi a quegli studi militari, che, per un costante presentimento dell'animo suo, .egli sperava venisse il giorno, in cui potessero esser utili alla sua patria. Questo presentimento del Fanti s'avverò, e non si può invero non restare meravigliati uel vedere come il caso, o se pur si voglia la provvidenza, prepari gli elementi . che debbano concorrere. al· compimento di un prestabilito fatto. All'uomo che dovea essere nel 1860 il primo fortunato orgauizzatore delle forze militari tutte d'Italia, si apriva come per incanto trent'anni prima, una scuola di guerra della quale, in quei tempi, invano si sarebbe cercata la migliore. Misteriosa potenza, che regge i destini degli uomini e· della nazioni! ImportaaU Ili• Recatosi ben presto al suo posto in Lione, il giovine Fanti, caricbl cbe sii wono allldaU la venne addetto ai lavori di costruzione del forte di Brotteaux, che quei lavori. si eseguivano sotto la particolare direzione del Capitano Depigny, ed ivi rimase per sei mesi continui, soddisfacendo pienamente il predetto Capitano per la sua attività e intelligenza. Gli furono poscia affidate alcune levate topografiche di terreno a curve orizzontali geometriche per studi speciali di nuove costruzioni. L'esattezza meccanica dei disegni eseguiti dal Fanti, e lo spicco dimostrativo della precisa configurazione del terreno da lui rilevato colpirono l'occhio del direttore in capo delle fortificazioni, Generale Fleury, allorquando ebbe ad esaminare cotali rilievi, in guisa che ei volle conoséere personalmente il giovine italiano che li avea eseguiti. Vistolo e trattenutosi ~on lui alquanto in discorsi tecnici attinenti alla loro scienza, ebbe sì buona impressione del Fanti,

tiftca&ionl di Lio-


FANTI IN FRANCIA E IN SPAGNA

che siccome dovevasi allora intraprendere un piano generale di rilievo di tutto il terreno su cui giacevano le nuove fortificazioni - fatto nella proporzione di 1/1o,cm su di una superficie che non contava meno di una lega e mezza di raggio attorno alla cittàcosi venne affidato al Fanti questo importantissimo lavoro, nel quale egli impiegò gran parte del tempo trascorso in Lione. Con· temporaneamente poi al datogli incarico, disponeva il Generale Fleury, perchè d'ora in avanti la residenza del Fanti fosse nell'Uffizio Superiore Direttivo dei lavori. I continui e necessarj rapporti che per ragione d' utlizio si stabilirono allora fra il Generale Fleury e Fanti, valsero a stringere viemaggiormente le loro relazioni personali,. e derivò da ciò che alla sempiice stima che da principio Fanti avea ispirata al suo super,iore, si uni be.n presto uno schietto sentimento di viva amicizia per parte di questo. Potè il Fanti per ciò aprire completo l'animo suo a chi gli si proferiva quasi secondo padre, e come no:n gli tenne secrete le pas· sate traversie e le deluse speranze che avevano segnato il suo primo ingresso n~a vita pubblica, così pure non gli fece mistero della speranza da lui nutrita, che giorni migliori avessero a spun· tare per lui e pelsuo paese. E nel toccare questo particolare si mostrava Ueto di aver avuta una destinazione che lo poneva in grado di app:.:endel'e .e impratichirsi in uno dei più. importanti rami della scienza di guerra, la fortificazione, e soggiungeva essere suo fermo proposito di darsi pure allo studio degli.altri rami dell'arte militare nei brevi intervalli .di ri~o che gli lasciavano i suoi lavori. A cio essere irresistibilmente tratto dall'intimo convincimento che prima o poi tali cognizioni avessero ad essergli necessarie ed utili. Confortava il ·Generale Fleury con belle parole questi saggi e nobili intendimenti del giovine suo protetto, e per aggiungere· i fatti alle parole gli. si proferiva a guida e maestro de' suoi studi. Si fu pertanto dietro sì buona scorta, che durante il suo soggiorno a Lione, Fanti. nelle ore che gli rimanevano libere dal lavoro e dal servizio, potè consacrarsi allo studio d'ogni più importante materia che si riferisce· all'arte della guerra, ed affinché degli appresi precetti gli potesse restare esatta memoria e traccia, egli pazientemente reddasse per proprio uso dei piccoli trattati teoretici su d'ogni materia studiata. Data quindi, come ben si vede, da questo momento, e proviene da si buona fonte, quale si era quella dell'uom~ che lll diresse, quella chiara e profonda istruzione teorico-militare, che nessuno ha mai potuto contrastare al nostro Fanti.


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PARTE SECONDA

Nel mentre che si fortunate camminavano le cose pel nostro Fanti, fra alcuni suoi compagni d'esiglio - fiduciosi nelle future sorti d'Italia, ma al tempo stesso troppo facili ad illudersi sull'esito di qualsiasi temeraria impresa - si era costituita una patriottica associazione, denominata la Giovine Italia, il di cui precipuo scopo dovea essere di promuovere tutto quanto potesse favorire gli interessi nazionali italiani. Misteriose diramazioni di essa si distendevano· per l'inter:ì Italia, e facevano del tutto un corpo solo che ubbidiva ad un giovine patriota genovese, esso pure emigrato, Giuseppe Mazzini, di mente ed ingegno chiarissimo, più forse che di tatto pratico delle cose. Le solite esagerate informazioni che dall'Italia giungevano in Francia, dipingevano il paese ormai maturQ a scuotere il giogo che l'opprimeva, e le solite compatibili, ed anzi lodevoli illusioni degli esuli nel prestar fede a tali esagerazioni, avevano fatto credere possibile che presentandosi ad una frontiera qualunque di Italia, una mano di giovani risoluti, i quali alzassero il grido della insurrezione, tutta la penisola si sarebbe sollevata. Ottimo progetto pertahto parve quello di radunare nella Svizzera gli audaci giovani· che si consacravano a si pericoloso tentativo, là organizzarli e poi gettarli in Savoja, ove si credeva trovar numerosi aderenti: quindi dalla vetta delle Alpi, quasi valanga, precipitarli nel Piemorite, per invadere ogni vicina terra, ingrossando sempre di più le loro forze. Era assai problematica la riescita di un simil piano, per quanti vi riflettessero sopra spassionatamente, ma non era questo il caso pei nostri giovani profughi italiani, e non fu piccolo il numero dei medesimi, i quali fatta adesione alla progettata invasione si recarono in Svizzera per dar corso alla ardita i mpresa. Non occorre il dire che Fanti era fra i componenti la GiotJine Italia e nemmeno che quantunque non sentisse grande fiducia nella combinata spedizione, pure si riteneva in obbligo di prendervi parte, e ne avea data parola, nè certo avrebbe mancato, ove causè da lui indipendenti non gli avessero impedito di parteciparvi. Di queste cause non terremo certo parola, se non ci fosse necessario spiegare il perché Fanti non figurò nel tentativo patriotico, denominato la Spedizione di Savoja del 1833. Doveva comandare detta spedizione un vecchio soldato napoleonico, che nella guerra d'insurrezione della Polonia, s'era fatto nome di buon generale. Era desso il genovese Ramorino, il di cui nome sventuratamente suona fatale alla nostra causa. Noi non vogliamo, nè possiamo qui investigare se la grande confusione, ed


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il completo disordine che regnavano 'in tutte le preventive disposizioni date dal Ramorino per l'impresa, che dovea capitanare, fossero opra del caso, o di quegli accordi dei quali si dice e~istano prove che afferma.no aver egli presi col Governo Sardo. Ci limiteremo a constatare la esatta verità del fatto, ed a soggiun · gere che in conseguenza di ciò al Fanti, come a molti altri che dovevano far parte della impresa, non pervenne in tempo l'avviso di recarsi al convegno generale. Da ciò la fortuita combinazione per lui di non avere assistito a quegli inconcludenti fatti che av· vennero sui confini di Svizzera, e Savoia. · Facemmo particolare menzione di questa circostanza della vita di Fanti, in cui egli fu pronto a sagrificare la sua -bella po.. sizione· in Lione per l'avventurosa propostagli spedizione, non perchè essa abbia qualche importanza storica, ma unicamente per dimostrare una volta di più che o\'unque egli si trovò a decidere fra il suo particolare interesse e l'utile del suo paese, non si peritò mai a preferire quest'ultimo. Che se il disinteresse fu qualità caratteristica di Fanti, non fecero difetto in lui nemmeno lo slancio di generoso sentire e la gagliardia nell'azione. Volgevano i funesti giorni del 18..'=l4, in cui una seconda e san• Nella eommde. . sa decll operai gwnosa sommossa degl.1 operai. d.1 L.Ione t eneva VIva per l e con- di Lione, Fanu trade di questa ricca città una vera battaglia fra le truppe ed il ~J:o~:· tfRrV:.. mlgUadelCo. . . . . popOl o. Con grave st en t o le pnme nesc1vano a conservarsi pa· Ionnello Daisredrone di alcuni quartieri della città, mentre in altri comandavano mont. · gli operai: Non un solo uomo di quanti appartenevano alle truppe del presidio ed a quelle del Genio, che particolarmente erano oc-· cupate nei lavori di fortificazione, mancava·.nei punti ove si com·· batteva accanitamente. Solo con pochi impiegati civili e con alcuni operai addetti. aWutlicio superiore direttivo di tutti i lavori - in vicinanza dei lillaggi di S. Foy, e Oullins - si trovava in tale circostanza il nostro Fanti, come colui che non portava veste militare per pren· dere parte alla repressione della sommossa. · Fra le mille voci che correvano nel suddetto ufficioj intorno agli eventi che si succedevano nella vicina città, eravi .pur questa! che alcune bande di operai~ più amanti del facile bottino che di combattere nelle vie della città, erano ·usciti da quest.'\ e scorraz.. zando per le vicine campagne, commettevano eccessi d'ogni sorta per depredare le pròprietù, saccheggiare e· derulilare ·le .ville cir.. costanti. Si assicurava poi, in particolar modo che una di questè feroci bande fosse già diretta verso S. Foy e Oullins, dove avea


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PARTE SECONDA

residenza la famiglia del Colonnello del Genio Daigremont, come punto sul quale sperava fare grasso bottino. A tale notizia Fanti, che sapeva trovarsi il suddetto Colonnello occupato in Lione a combattere la rivolta, e la sua famiglia rimasta.. sola ed inerme in una casa sita in mezzo all'apena campagna, comprese sull'istante il grande pericolo che poteva correre questa od almeno l'impressione di spavento che avrebbe ricevuto al solo P.resentarsi alle porte della sua abitazione della turbolente e minacciosa canaglia. Decidersi ad impedire a qualunque costo, un tale evento tu l'opera· di un solo minuto di riflessione pel generoso nostro Fanti. Egli chiama i pochi impiegati e lavoratori dello ufficio, loro brevemente espone quanto intende di fare, e li esorta a coadiuvarlo. Poi dopo averli armati con quanto avea trovato di meglio, e animati del suo nobile ardore, s'avvia con loro all'in· contro della banda, che sa diretta verso l'abitazione dei Daigr~ mont, in modo però che l'incontro avvenga assai discosto da detta casa, e senza che da questa possa esser visto. La voce corsa era perfettamente esatta, e non andò molto che Fanti si convinse dell'appressarsi di numerosa turba di gente. Egli fa arrestare i pochi che lo seguono, e solo · muove incontro ai minacciosi operai, che puré avanzano verso di lui. Giunto a breve portata di voce, Fanti si ferma e rivolge calme e risolute parole a coloro che sempre più gli si avvicinano. Beffe e minaccia accolgono i suoi detti, ma Fanti riprende a parlare con tale e tanta fermezza di voce e di contegno, che non può a meno di colpire i malintenzionati e di persuaderli che questo giovine che li arringa e loro intima di retrocedere, per conservare tanta calma e freddezza d'animo deve esser sicuro della sua propria forza. Da ciò argomentano, che dietro i pochi uomini che accompagnano Fanti, altri e ben più numerosi siano nascosti. Tale idea si pro· paga ben tosto fra quell'orda, composta più di codardi e di ladri che di veri insorgenti, e basta per indurii ad obbedire alle inti· mazioni di Fanti e volgere indietro i proprj passi~ senza che la famiglia Daigremont abbia nemmeno potuto avvedersi del pericolo ohe la minaf!mava. Fanti allora temendo che codesta canaglia potesse tentare per altra parte un'aggressione sulla medesima casa, si condusse ·colla sua poca gente ove era la famiglia del Colonnello, e senza menomamente allarmarla pel già avvenuto, o per quello che dubitava potesse avvenire ancora~ con buone ragioni la indusse a permet~ tere ·a lui ed ai suoi compagni .di trattenersi colà in previdena di qualsiasi evento.


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Nello esporre i particolari di questo bel tratto compito dal Fanti, noi confessiamo che ci troviamo incerti nel decidere se sia stato più ammirabile in lui lo esporsi a si grave cimento, o l 'aver saputo trovare in si critici momenti tanti delicati pensieri per non cagionare allarme alla famiglia dei suoi protetti (1 ). Non molto tempo dopo del narrato fatto si presentava al Fanti· brlllante Rlftuta .u~· • • poe1ZJoaltra CirCOStanza, nella quale dOVea Vle maggiormente risaltare que} De militare ol!er. . . h . . . ili d tqll nelle lDtlle. fiemnssuno proposito c e m cuor suo aveva stah' to i mantenere (l) A non dubbia testimonianza di tatta la riconoscellJl& che l'inttera famiglia Daigremont provò allora, e più tardi pel bel tratto usatole dal Fanti 9 noi citiamo qui appresso una lettera, che lo stesso Daigremont, divenuto P.iù tardi Generale del Genio, 61Criveva al Fanti nel 1859, Eccola letteralmente tra· dotta: •

c Mio caro Generale,

c Leggendo la mia firma vi rammenterete senr.a tallo 1ln vecclhio ttmclal6 c del Genio, sotto sli ordini del quale voi vi siete per alcun poco trovato a c Lione nell'epoca in cui noi cingevamo di fortificazioni quella grande cittàt c divenuta oramai una piazza di guerra - ed è con vero sentimento di rico-c noscènza, ~be riportandomi colla mente all'anno del 1834, di triste rimem· « branza, io mi ricordo la nobile abnegazione colla quale voi circondaste e c proteggeste mla moglie ed i miei figli, presso i villaggi di S. Foy, e Oulline, c nel matre che io ero lontano da loro, e stavo noa le mara di Lione comc battendo gli insorti. c In quell'epoca in cui eravamo insieme in quella città, mio figlio aveva c appena otto anni. - Oggi egli è nn uomo, un padre di famiglia, ed è uno c del primi ingegneri delle ferrovie Lombardo·Venete. c Se egli ricorre a voi, o mio buon Generale, se chiede la vostra protec zlone in qualche cosa che gli possa occorrere, non gliela rifiutate. e aju· c tatelo, pensando a colui, che in altri momenti è stato vostro amico, e va. c stro protettore. c Ricevete~ .... c n LaQIOt-te Oenlrale del ~

« D.UGUIIOIII'f· .. Non. oeeo1'lle al Fanti, per dir vero di far grandi cose pel g!ovhte t!gliò del suo antico Colonnello; ciò non pertanto in occasione in etti si apriva n'el 1861 il tronco di ferrovia fra Milano e Piacenza, ed il nostro Re in persona veniva ad inaugurarlo, è seco lui trovavasi pure il Generale Fanti, allora Ministro della guei'!'a, U giovine ingegnere Daigremont. che per parte della Società delle ferrovie dell.'Alta Italia presiedeva alla solenne cerimonia, dopo avere comp~entato il Re, si volse al Generiùe Fanti, e con commosse parol6 in preaellJl& di tutta l'illustre comitiva, gli rammentò il suo bel tratto nel 1834. e a nome della IlDa famiglia gli rinnovò i phl caldi ringraziamenti. n Gen8"" rale Fanti, egli pure commosso, rispose modestamente con una semplice stretta di mano.


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ad ogui costo, ossia di adoperarsi con ogni sua possa ad esseré in grado di" prestare pronta mano al suo paese, in qualsiasi momento in cui se ne prèsentasse propizia l'occasione. Farsi valente soldato era hi. meta d'ogni suo pensiero, e nello stesso tempo ~enersi abbastanza vicino alla sua terra natale, per potervi accorrere sollecitamente al primo istante in cui vi si manifestasse qualche movimento nazi'onale. Con tale intendimento egli aveva già in animo, non appena avesse finiti i lavori e gli studi ·militari intrapresi a Lione, di recarsi nella Spagna, ove si combatteva allora grossa guerra, nella quale avevano parte molti altri. profughi italiani; egli intendeva con ciò praticamente perfezionarsi nelle teoriche già studiate. In tale stato di cose avvenne che sul finire del 1834 giunse a Lione, per rivedere il suo antico compagno d'armi, il Generale Fleury, il distinto ufficiale napoleonico Alhard, che caduto l'Impero non avea voluto servire la Ristorazione, e si era recato nelle Indie ove era divenuto Generalissimo delle truppe del Regrio di Laor, non ancora· assoggettato dagli Inglesi. Alhard era accompagnato da u~ ·certo Ventura, nativo del Finale di Modena, comp_romesso politico fino dal 1821, ed esso pure divenuto Generale nel suddetto Regno in ricompensa della bella condotta tenuta nella guerra contro gli Inglesi. A quest'ultimo, il Generale Fleury si affrettò di far conoscere il suo compatriota Fanti, come giovine delle più belle speranze. Stretta vic~-n~evole· conoscenza· fm 'i due Italiani, il Ventura non tardò a provare pel Fanti quei medesimi sentimenti che questi aveano ecci.tati in Fleury, e fattosi persuaso che l'acquisto di un· si distinto giovine potesse essere prezioso per lui, e pel Generale Alhard, e nello stesso tempo convinto di formare la fortuna del Fanti, con piena adesione del Fleury e dell'Alhard, propose. al giovine compatriota· di condurlo con sè al Laor, e quivi di fargli avere un grado superiore nel Genio militare di quel paese, con. cospicuo assegnamento. di stipendio e colle più seducenti lusinghe di rapidissimo avanzamento. , La prospettiva che una tale proposta apriva dinanzi agli occhi di Fanti non poteva essere per vero dire più attraente, ma pure essa· non valse a sedurlo. Egli opportunamente rifletteva che ndla guerra ·che· sarebbe andato a combattere in quei remoti paesi non avrebbe potuto apprendere i veri principj del:e nostre guerre europee. Inoltre poi una volta che egli si fosse condotto in si lontane regioni, quanto non avrebbe tardato ad aver notizie della eua Italia~ e quanto tempo non gli sarebbe occorso per tornarvi


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se ne faceva mestieri? Per tali ragioni quindi, coll'animo riconoscentissimo per chi gli proferiva sì· splendida otl'erta, si mostrava risoluto a non accettarla, e si maq.teneva fermo nel pensiero che la Spagna avesse ad essere la sua vera scuola pratica di guerra. Spa· _Quivi infatti da parecchi anni· ferveva grossa e sanguinosa gnaVapernella combat· tervi guerra di gu"erra civile, suscitata ed alimentata dai due opposti principj di libelÙ.. libertà e di dispotismo. Tenevan pel primo i partigiani di .Donna Cristina r~ggente il Regno in nome della propria figlia. Isabella, la quale prometteva di governare costituzionalmente. Teneva.no pel secondo quanti volevano a Re assoluto, l'Infante Don Carlos, il quale rifiutava riconoscere. per sua Regina la figlia dell'estinto re suo fratello. Da ogni parte· d'Europa accorrevano ai due campi nemici, ed in ispecie a ·quello di Cristina, volontari combattenti per sostenere il principio per cui simpatizzavano. Per tale ragione abbondavano ·1e .file dei Cristini di buon numero di profughi italiani, che vi pugnavano per ottenere alla Spagna quella medesima libertà che avevano tentato invano di procurare alla loro patria, l'Italia. Si era dunque fra le file di questi che Fanti, ultimati i .suoi studi e i suoi lavori di Lione, avea stabilito di arruolarsi. A tale uopo, con previdenza egli aveva accumulati alcuni risparmi per !;occorrente viaggio e pei primi bisogni appena giunto in Spagna. Il Fleury poi, che encomiava il nobile proposito di Fanti, gli dava commendatizie per alcune conoscenze che egli avea .fatte nel tempo in cui guerreggiava in Spagna, e vi univa un onorifico atte· stato dei buoni servigi prestati dal Fanti nel tempo trascorso sotto il suo comando (1). Ma chi saprebbe oggi indovinare qual fu il primo di ostacolo che si oppose all'adempimento del progetto di Fanti? Nientemeno che la più decisiva opposizione fatta dal liberale Governo Francese d'allora a qualsiasi Italiano che si recasse in Ispagna per prender parte· alla guerra. Un tal fatto non si spiegherebbe certo, se non si dovesse ormai riconoscere per indubitato che i Francesi per (l) Lo riferiamo qui appresso, letteralmente tradotto, perchè fa fede di

tutta la stima ed a1tetto che il Flenry nudriva pel Fanti. c Lione 16 Luglio 1835.

c Io sottoscritto, Luogotenente Generale, Direttore superiore delle fortific eazioni di Lione, dichiaro di avere avuto sotto i miei ordini in qualità di « ausiliare del Genio per lo spazio di tre anni, il signor Manfredo Fanti, alc lievo della Scuola Pratica del Genio di Modena, e rifugiato italiano, Lo


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istinto e per antica condizione di cose - considerando sempre l'Italia come una succursale politico-militare della loro nazione furono, sono e saranno sempre avversi a tutto ciò che possa condurre lo spirito degli Italiani alla coscienza di sè ·stessi, ed a quanto possa portarli ad emanciparsi dal protettorato francese. Da ciò l'anomala misura dei Governo di Luigi Filippo, che vietava ai pro· fughi italiani il pa.~ggio nella Spagna. Fu per questo necessario al Fanti, onde avere un passaporto per varcare la frontiera, di ricorrere per una seconda volta a mentito nome, e gli convenne appropriarsene uno di origine non italiana, perché cosi soltanto gli si aprivano le frontiere. Chiamatosi quindi Guido Wilner, potè ottenere il desiderato passaporto. Sul finire del Luglio 1835 mise piede in Ispagna e si recò a Barcellona ove credeva trovare le persone per le quali avea le com• mendatizie del Generale Fleury, e che sperava potessero ajutarlo per farsi ammettere nei Corpi franchi stranieri, i quali si reclutavano allora in Catalogna. In mal punto avveniva un tale suo arrivo, perché era quello il preciso momento in cui Barcellona era il teatro sanguinoso di accanite cittadine lotte fra le due fazioni dei partiti politici Cristino e Carlista, i quali si contendevano il potere. Le più crudeli rappresaglie quasi giornalmente si esercitavano dagli uni contro gli altri, e la sicurezza pubblica pareva bandita dalle contrade di quell'infelice città. .!:a~:'e~vuo~ Un sl miserrimo !ltato di cose non impedl al Fanti di far ri· aervisio. cerca delle persone cui era raccomandato, ma vani furono i suoi sforzi, inquantochè quasi tutte erano morte, o scomparse dal paese. Una sola ne potè rinvenire, certo Blanchet, ed anche questa ebbe

« impiegai nella sorveglianza delle costruzioni del forte di Brotteau; in lec vate topograflche, ed in fine negli uffici particolari della Direzione. D signor « Fanti si disimpegnò egregiamente In ogni ramo di servi.zioche gli venne at« ft.dato, e mostrò costantemente zelo, intelligenza e istruzione, mantenendo « sempre la migliore condotta. « lo pertanto adempio al mio dovere di ano Capo, rilasciandogli queaf.c) « attestato, ed auguro che possa essergli utile, convinto, come sono, che ovun« que egli sia messo alla prova, giustificherà. l sentimenti di stima e di ate fetio e di vivo interesse, che ispirò a me e a tutti gli unlciali, coi quali c egli si trovò in rapporti di servizio. c Il Luosoteaeate Generale C Barone HBRAOLT DK FLBOB.T. »

Questo Generale et'll. il padre del Fleary, ajUtante di eampo di Napoleone 111.


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a dichiarargli he ben poco avrebbe potuto fare per lui, stante la sua limitata influenza nelle pubbliche faccende. Fu quindi d'uopo al Fanti di presentarsi agli uffici di arruolamento, privo di q-q.alsiasi appoggio locale, non d'altro munito che dell'attestato del Generale Fleury, e ciò perchè una volta penetrato in Spagna, ei non avea. più voluto portare il mentito nome di Wilner, ed avea ripreso quello della sua famiglia. Più che giovevole· per altro gli fu nocivo codesto attestato, giacchè in esso il Fanti era qualificato di rifuggiato italiano, e bastò questo perchè le autorità Cristina --:- alle quali molto importava di tenersi in buoni rapporti col Governo Francese, che sapevano quanto fosse contrario a che gli Italiani prendessero servizio militare in Spagna - respingessero decisamente la sua domanda di essere ammesso nei Corpi franchi. Dolente per questa contrarietà, ma non disperando però ancora di miglior fortuna, il Fanti per soddisfare .a quanto gli aveva richiesto il generale Fleury all'atto della partenza, gli scriveva dandogli esatto ragguaglio di sua attuale posizione e come fosse deciso di trattenersi in Barcellona, attendendo miglior circostanza per riescire nel suo intento (1). E si fu in questo frattempo che avvenne al Fanti un malau- d·!':i:o~d~ gurato accidente, nel quale egli ebbe campo di spiegare quella :e..:aa il.;riri~ freddezza d'animo e quella presenza di spirito, che non lo ab- 2: n.::,. 81• bandonarono mai nei momenti più critici della sua vita. Nel suo soggiorno in Barcellona gli era occorso di avvicinare e stringere amichevole relazione con altro profugo modenese, certo {l) La risposta che fece immediatamente il Generale Fleury al Fanti é tale, che ci pare meriti di e88ere riferita qul appresso a sempre più convincente pl'OV& del particolare interesse, che Il giovine italiano aveva saputo ispirare al detto Generale. · Eccola:

c Al signor Mant'redo Fanti, Ufficiale del Genio, rifuggiato in Francia, ime piepto per 3 anni in Lione, sotto 1 miei ordini, c Lloue, t 7 AiJolto t835.

c Mi atfrétto1 o mio caro Fanti, a rispondervi : la vostra lettera mi viene t coiU!egJl&ta in questo momento, ed io ne attendo con molta impazienza c bn'altra di data posteriore che mi tolga dalla inquietudine, in cui mi tiene c il sapervi in mezzo alla spaventevole crisi di Barcellona, di cui i giornali c di detta città, cl danno gli inqualidcabili particolari. c Io sono bene addolorato di apprendere che tuttl i miei vecchi amici e c intime relazioni Bieno scomparsi, non potendo quasi capacitarmi che ciò « debba essere avvenuto per l'età che essi dovevano avere.


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PAlt TE SECONDA

Virgilio Beaufort, r.he al pari di Fanti faceva pratiche per essere arruolato nei Corpi franchi. Nelle lunghe ore di forzato ozio che giornalmente doYevano passare insieme i due giovani compatrioti, Fanti, che fra le cose appre~e quando era Cadetto dei Pionnieri, aveva pure impaJ"ato il maneggio militare del fucile, conduceva nella propria abitazione l'amico Beaufort, digiuno affatto di tale manovra, e gliela insegnava nei suoi più minuti particolari, valendosi all'uopo di un fucile che apparteneva al suo padrone di casa. Ora è da sapersi, che dei violenti tumulti, di cui più sopra dicemmo essere allora teatro Barcellona, i suoi abitanti a torto od a ragione accusavano come principali promotori gli stranieri venuti nella loro città per arruolarsi nei Corpi franchi; e conseguentemente contro di essi erasi concepito un tale risentimento da fare temere i più funesti effetti pei medesimi, pel primo caso in cui dessero motivo di lagnanza agli abitanti. In tale surreccitazione degli animi, che ben era nota al Fanti ed al suo amico, vennero questi a sapere un bel giorno, che la popolazione del quartiere da loro abitato aveva sospetto che dai forestieri si volesse promuovere una delle . solite funeste scene tumultuose, e che il segnale dell'allarme dovesse essere un colpo di fucile, fatto partire da qualche punto del quartiere stesso. Al « Voglio lusingarmi ciò non pertanto che potrete ancora incentrarvi coi

« Generali Manso, e Saliestleld : dessi si rammenteranno di me, e più di loro .: fors'anche se ne ricorderà il Generale de Fournas, che si vigorosamente mi « battè a Oiarona nel 1809, all'assalto del Mont-Joay; egli fu poi Governatore ~ di Lerida nel 1823. Non è possibile che il più attivo, il più abile, il più ~ energico fra i difensori di Oiarona possa essere dimenticato in Spagna men« tre fra noi Francesi, suoi nemici, il suo nome è ancora coperto di gloria. c Sono assai contento che il Si1Jnor Blanchet ricordi ancora come io mi « condussi in Catalogna : la stima degli uomini onorevoli è la più grande fra « le ricompense, che possa desiderare un uomo d'onoro. Io aggiungerò a qua« sta mia un'altra lettera per lui, che mi lusingo possa cattivarvi sempre « maggiormente la sua benevolenza e deciderlo ad agire con ogni impegno « per voi, o mio caro Fanti. c Addio, mio caro 'Fanti: voi non dubitate sicuramente, non è egli vero 1 « di tutti i voti che io faccio, perchè la cat ti va fortuna si stanchi di essere « attaccata ai vostri passi, e vi riesca infine di trovare quella posizione fe« lice, di cui vi rendano si meritevole il vostro carattere e le vostre doti. c Addio ancora, non tardate a rispondermi. -.Vi spedisco la presente per « mezzo del Ministero degli Esteri per essere più sicuro che vi pervenga. • Vostro aiTczionato

« DB FLBURT. ~

tln piLIÌre rtort potl'ebbé n1ostl'al'e maggiore atretto vel'So del proprio tiglio!


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riguardo di ciò, i più terribili propositi si udivano formulati da quanti pubblicamente ne parlavano per le vie. Fanti Beaufort che stavano tranquillamente passeggiando, nell'udire cosi fatti minacciosi parlari, per togliere qualsiasi pre· testo a collisioni, reputarono prudente il ritirarsi in casa, e quivi giunti, per ingannare il tempo, dato di mano al fucile cominciò la solita lezione del maneggio d'armi, la quale fatalmente in quel giorno versava sopra la carica ed il fuoco. Eseguiti dal Beaufort i movimenti della carica, il Fanti lo invitò a passare a quelli del fuoco, e fattagli portar l'arma alla spalla, e ben dirigerla al suo fronte, che stava a pochi palmi dalla bocca del fucile, diè il comando dello scatto. Datavi pronta esecuzione dal Beaufort partiva il colpo e una palla rasentando le tempia al Fanti andava a conficcarsi nel muro dietro il medesimo. L'im· provvisa detonazione, e il denso fumo di cui si riempi la stanza sbalordirono per un momento i due amici, ed il Beaufort in ispecie rimase come atterrito dal pensiero di aver quasi ucciso il Fanti. Questi in un baleno riacquistò tutta la calma e presenza di spirito necessarie per comprendere le conseguenze che pota. vano derivare da quell'accidentale colpo di fuoco, che il vicinato avrebbe udito, attribuendolo agli stranieri e credendolo il segnale della temuta sommossa. Da ciò dedusse l'urgenza di far scomparire immediatamente ogni traccia che potesse dare indizio della loca· lità da dove era partito il colpo. Anzitutto era mestieri che il fumo non escis.c:.~e dalla aperta finestra della ·stanza, c richiamasse cosi l'attenzione pubblica: e perciò Fanti si slancia tosto verso la finestra, e la chiude rapidamente. In secondo luogo importava far scomparire la grossa scrostatura che sul muro vi aveva prodotta la palla nel penetrarvi: Fanti vi pone prontamente contro un quadro di immagini, che toglie da altro posto. Infine faceva d'uopo non lasciarsi sorprendere dai padroni della :casa nella stanza ancor piena di fumo, e col fucile ancor caldo: e Fanti trascina seco nella stanza vicina il Beaufort; lo conduce alla finestra che guarda sulla strada, e con esso lui finge indagare da qual parte sia venuta l'esplosione udita, come vede fare da tutto quanto il vicinato, e dalla folla accorsa nella contrada. Tenuta ignota cosi a tutti la vera località su cui portare le indagini per scoprire chi aveva esplosa l'arma, non avvennero tumulti nè rap· presaglie, ed in breve ora tutto tornò nella primitiva calma. Che sarebbe invece avvenuto se Fanti non avesse avuto la forza d'animo di superare l'emozione fortissima che dovea aver provata per l'imprevisto accidente del fucile trovato carico'?

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PARTE SECONDA

dt:C:J:::i~~ Scorrevano intanto i ·giorni e le settimane senza che la sorte ~:!~~:an!'eu: facesse miglior viso al Fanti, ossia senza che egli potesse rielruppe crtstillo. scire, per quanto si adoperasse,

ad ottenere un posto nelle truppe Cristina. Il caso, o per dir meglio, il vivo interesse che l'allievo di Fleury portava a tutto quanto gli offriva oggetto di particolare studio militare, valse meglio di qualunque altra. sua più assidua pratica a fargli conseguire il posto desiderato. Ed ecco brevemente in qual modo. Dalle storie delle guerre d'indipendenza sostenute al principio di questo secolo dagli Spagnuoli, contro gli Eserciti napoleonici, il nostro giovine amico avea veduto quale e quanta importanza strategica si avesse la famosa posizione denominata del Brulk, che travasi non molto lungi da Barcellona, e precisamente ove si incrociano le strade di Manresa e di Yguçllada, in quanto 'Che dal possesso .della medesima dipende il dominio assoluto del vicino sistema montuoso di quella regione. Il sangue che avevano sparso in quell'epoca e su quella posizione Spagnuoli, Francesi ed Italiani per conservarsene padroni, nonchè quello che già vi avevano versato e Carlisti e Cristini nella guerra che si stava ora combattendo erano prova di tutta l'importanza del Brulk. Nei giorni di cui parliamo, i Cristini, che sì erano potuti mantenere in possesso del Brulk, per vie meglio ratforzarlo. e conseguentemente assicUrarSi il dominio tutto .all'intorno, si erano decisi a co~uirvi opere fortilizie, che aumentassero ·singolarmente la. forza tattica difeìlSiva di quella posizione e rendessero cosi assai più difficile ai Carlisti il poterla riprendere. Per tutte queste circostanze era naturale che Fanti sentisse vivissimo desiderio di visitare la suddetta posizione ed anche le opere di cui la si muniva in quel momento. Era una grata distrazione che si procurava alla vita oziosa che da sì lungo tempo gli toccava ·di condurre. Recatosi infatti al ·Brulk , e attentamente osservata ogni cosa locale, e studiato il terreno circostante, Fanti rimase veramente colpito nel vedere quanto fosse forte quella posizione e quanto propria a venire munita di opere difensive; ma nello stesso tempo gli parve che quelle vi si stavano allorà costruendo non fossero gran chè adatte al loro vero scopo. Egli allora, per sua propria istruzione, si propose di studiare come meglio si potesse fortificare il Brulk, e vi si dedicò con particolare passione. Fatta quindi come meglio poteva perchè privo dei necessarj strumenti topografici, una 'levata a vista della località e sue adiacenze, vi aggiunse il tracciato di quelle opere di fortificazione che a suo avviso erano opportune. Compiuto


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questo lavoro, fece ritorno a Barcellona, e quivi felice di aver trovata finalmente una a lui gradita occupazione, si diede a fare quei calcoli e quegli studi che sarebbero occorsi quando il suo progetto di fortificazione dovesse essere messo in esecuzione. Ebbe per caso conoscenza del lavoro di cui s'occupava il Fanti, un suo amico italiano, già entrato al servizio spagnuolo, e ne fu si bene impressionato, che consigliò èd insistè ripetutamente col Fanti, perchè presentasse tale lavoro al Capitano Generale di Barcellona che era allora il celebre guerrigliero dell'epoca napoleonica, Mina, ottimo giudice di cose di guerra. Fanti ascoltò i consigli del suo amico, e non andò guari che Mina spediva al Ministero della guerra in Madrid il piano di fortificazione del Brulk, redatto dal nostro giovine italiano. Poco appresso, il Capitano Generale Mina riceveva indietro il piano suddetto con ordine espres'so dal Governo di far ricerca di chi lo avea fatto, proporgli il grado di Tenente in uno dei Corpi franchi della Catalogna, e come tale inviarlo immediatamente .al Brulk per ivi essere utilizzato nelle costruzioni che vi si facevano. Non commendatizie dunque, non protezioni, nè verun altro intrigo decisero dell'ingresso di Fanti al servizio militare spa.gnuolo, perchè ciò fu unicamente frutto del suo ingegno e del suo sapere. Siamo finalmente giunti al punto in cui possiamo considerare ~-=::,:::: Fanti come entrato nella carriera militare dal momento ohe lo ~~~;:!o~· vediamo ammesso a far parte delle truppe Cristina. Prima per altro di venire ai particolari di quei fatti, pei quali egli quantunque straniero ottenne si bel nome e si elevati gradi in quelle truppe, crediamo opportuno di far precedere alcune parole sull'Esercito spagnuolo e sui profughi italiani, che vi servirono lungamente. Noi non sapremmo spiegarne il perchè, ma egli è positivo clfe presso una gran parte dei nostri militari si è sempre parlato, e forse si parla ancora, molto superficialmente di quanto riguarda le lunghe guerre civili che funestarono la Spagna all'epoca dei Cristini e dei Carlisti. Pare che. quelle si credano imprese di partigiani, o anche di briganti, piuttosto che operazioni condotte colle migliori regole dell'arte militare. Per togliere un si fatto errore noi crediamo che dovrebbe bastare il richiamare alla memoria come i combattenti che figuravano quali partitanti sia della Reggente, sia del Pretendente, erano tutti egualmente figli di quelle forti popelazioni, che venti o vep.ticinque anni prima avevano formate quelle terribili milizie cui il solo Napoleone in persona riuscì a sconfiggere,· ma che ben tosto fecero indietreggiare un Massena, un Marmont, un Sorilt, e non pochi altri dei migliori Generali napoleonici.


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PARTE SECONDA

Tale considerazione potrà darci un' idea più giusta sul valore delle milizie spagnuole sia regolari che guerrigliere. Per poter poi apprezzare al giusto l'alta. direzione di quelle guerre, si pensi che gli uomini i quali ebbero il comando supremo delle medesime furono un Oraa, un Espartero, un Narvaez, un Mina, un Cabrera, un Rancali, un Zumalacarregui, i quali tutti si erano distinti nelle guerre passate contro la Francia ed avevano imparata l'arte della guerra scacciando dalla Spagna quei Francesi, che si intitolavano, come dicemmo altrove, i primi soldati del mondo. Né ci si dica che furono i soli Inglesi di Wellington quelli che operarono tal meraviglia, come ha voluto provare Thiers nella sua storia: gli storici spagnuoli hanno fatto la dovuta giustizia di simile menzogna. D'altronde quando un paese possiede, come fin d'allora pos · sedeva la Spagna, delle rinomate istituzioni militari - quali ad esempio la Scuola d'Applicazione ~el Genio Militare in Guad~lajara, quella per l'Artiglieria in Segovia, il Deposito Generale di Caval leria in Alcalà di Honares, la Scuola Generale Militare in Toledo finalmente la Scuola d'Applicazione del Corpo di Stato Maggiore Generale in Madrid. ove pure stanno il Deposito della guerra ed il Museo d'Artiglieria e del Genio -non si può assolutamente am. mettere che il suo Esercito non sia istrutto in ogni buona regola di guerra.· Caratterizzato così l'Esercito spagnuolo, torna in acconcio fare altrettanto - come più sopra ci siamo proposti - per quei profughi italiani che fecero carriera n.el medesimo. Taluno ebbe il. malvezzo di qualificarli soldati di ventura e null'altro. Valga a smentirlo il seguente fatto. Nel 1837 dopo sanguinosissimo combattimento, circa 500 soldati, la maggior parte italiani del Reggimento Cacciatori di Oporto dovettero ar1·endersi prigionieri alle .forti bande del feroce Comandante carlista Mosen-Beut, che ben tosto ne fece fucilare a tamburo battente una buona parte. Informato più tardi che fra i risparmiati si trovavano due Ufliciali, li chiamò a sé e loro promise salva la vita se passavano al servizio di Don Carlos. Questi sdegnosamente respinta la proposta di farsi spergiuri alla loro bandiera, che pur era quella di libertà, poco dopo bravamente·morirono vit- . time della loro fedeltà alla causa liberale spagnuola, che era pur quella d'ogni altro paese. Questi due prodi erano due profughi italiani; il Luogotenente Belli di Parma l'uno, il Luogotenente Grillo di Genova l'altro. MQstrarono essi forse sentimenti da avventurieri ?

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Premessi questi cenni sull'Esercito spagnuolo e sui profughi Rapida. bril• 1'l vero loro merito • all e az10ru . . laatecarrleradel megl'10 att r1'b wre Faau aei Corpi t d l . . d . t utte per le qual1 ve remo success1vamen e proce ere a carnera &anchi Crlatbii. che sta per imprendere il Fanti fra le truppe al servizio di Spa. gna. Nel compiere a questa parte del ~ostro assunto noi crediamo poterei esimere dal fornire ampj particolari sull'andamento generale ed anche sui fatti speciali delle diverse campagne di guerra di cui dovremo .parlare. Stante la subalterna posizione, in cui si trovava -u Funti durante le medesime, sarebbe· assolutamente superfluo al nostro scopo un cosi improbo lavoro, il quale d'altronde non presenterebbe abbastanza interesse per noi Italiani. Restringeremo q_uindi ogni nostro dire a quel tanto che sia necessario di far conoscere. onde rendersi giusta · ragion~ dei rapidi passi gerarchici che vedremo fare dal Fanti. Dal Dicembre di questo aJ}no dala .l.a nomina di Fanti a Te- ADDo t835. nente nel 5. 0 Battaglione franco di Catalogna, e la. sua destinazione ai lavori delle fortificazioni del Brulk. Della direzione .di questi lavori aveva avuto speciale incarico il Colonnello Osorio, fattosi celebre Capo guerriglia nelle pa88ate guerre della indi'pendenza. Prode ·e intelligente soldato, non meno che egregio patriota, le sue cognizioni militari non. si estendevano . molto in là. nella difficilissima arte della fortificazione, e non è quindi a meravigliarsi se quanto avea iniziato al Brulk, non era· apparso al Fanti conforme alle buone regole da lui apprese. Era missione assai delicata quella . che per ordine governativo dovea compiere il Fanti presso il detto Colonnello, trattandosi di modificare o rifare non poche delle cose da lui fatte. Fortunatamente l'a1rrea indole dell'Osorio - che lo faceva persuaso, dover sapere ih materia di fortificazioni assai più di lui, che non ne avea fatto studio particolare, un esperto Ufficiale del Genio, quale si era il Fanti - spianò ogni ostacolo alla missione di quest'ultima, e in ·breve tempo, anche per i mille riguardi delicati che Fanti sapeva conser~are nel .suo contegno, il Colonnello Osorio mìse la più completa fiducia in ·quanto fosse per fare il nuovo arrivato e gli lasciò compiere, nel modo da lui progettato, i lavori destinati a fortificare il Brulk . .Non erano ancora completamente terminati quei lavori, quando ADa" ts36. col 16 ,Marzo del nuovo anno ebbe il Fanti propizia occasione per battersi contro . i Carlisti sotto le mura stesse dei fortilizi da lui innalzati al Brulk. Il sùo ·contegno in questa circostanza fu tale, che gli procurò la distinzione di venire fregiato della croce di Cavaliere dell'Ordine di S. Ferdinando di I.• classe. · SI· potra• 1'tali am,

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PARTE SECONDA

In sullo scorcio dell'Aprile anda va finita l'opera di Fanti al Brulk, ed egli preventivamente aveva fatto domanda di potere essere ammesso nel Corpo dei Cacciatori di Oporto, comandati allora dal Colonnello genovese Borso di Carminati, e del quale gli era noto che facevano parte molti Italiani, e fra questi parecchi Modenesi suoi com patrioti, come Nicola Fabbrizi, Cialdini, Cucchiari, Beaufort ed altri ancora. Col primo Maggio egli ell"ettivamente fu nominato Tenente in questo Reggimento, e con esso marciò verso il regno di Valenza, e si trovò al fatto di Rosèll il 20 di Luglio. Venuto poi il Settembre, e condottasi il Reggimento presso Tortosa, nel paese di Pinell, Fanti ebbe incarico, con una partita de' suoi Cacciatori ed un'altra di Volontari di Gandesa, di operare una sorpresa contro due compagnie di faziosi Carlisti, operazione che condusse egregiamente a fine, facendo prigioniere le due compagnie nemiche. Aano t8S7. In quest'anno il Reggimento Cacciatori di Oporto, rinforzato da un altro, avea formata la Brigata ausiliare di cui si era dato il comando al Colonnello Borso di Carminati, promuovendolo a generale e chiamandolo colla sua Brigata a far parte dell'Esercito, detto dell'Ebro, comandato in capo dal Generale Oraa. La suddetta Brigata combattè sempre valorosamente sulla destra di quell'Esercito nelle operazioni da esso compiute, e Fanti in varj incontri potè distinguersi di nuovo. Venuto perciò in particolare considerazione del Generale Borso - cui d'altronde già eran noti i bei lavori diretti dal Fanti al Brulk - questi pensò bene di applicare all'uffizio del comando della sua Brigata il Tenente Fanti, la di cui completa istruzione militare gli era garante dei buoni servizi chè vi poteva rendere. Vogliamo notare in questa circostanza, che si deve al fino senso del Generale Borso di Carminati nell'apprezzare le attitudini militari de: suoi subalterni, se parecchi fra questi - come oltre al Fanti, i fratelli Durando, il Cialdini, il Cucchiari e taluni altri ancora - poterono nelle guerre di Spagna pervenire a cariche e gradi, che loro procurarono quella esperienza nell'armi per cui si resero poi tanto utili nelle nostre guerre nazionali italiane. Il passo per cui Fanti usciva dai ranghi delle truppe e si portava al fianco di un Generale negli uffici del comando e nelle fazioni di guerra è il più importante che mai possa fare un giovine ufficiale, il quale voglia seriamente apprendere l'arte sua; giacché egli è principalmente in questa seconda posizione che si arriva a ben comprendere tutto il meccanismo materiale e scientifico per cui funzionano in campagna gli eserciti. Così l'intese l'amico nostrC\,


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e nello stesso tempo che si propose di mostrarsi degno della toccategli fortuna, si prefisse pur anco di approfittarne per sempre meglio impratichirsi in ogni ramo del servizio militare. Non andò guari che a lato del suo Generale potè battersi a Torreblanca nel giorno 21 Gennaio del cominciato anno 1837, e vi guadagnò una menzione onorevole. Poi nei giorni 4, 10 e 12 di Maggio a Cenia e Rosell, a Caty, ed a Balcon de Morella si battè di nuovo, e nel 20 Giugno alla fazione di Cherta, al passo dell'Ebro, si distinse ancora tanto da maritarsi una seconda menzione onorevole. Nel 15 Luglio alla battaglia di Chiva, comandata dal Generale Oraa contro il Pretendente Don Carlos in persona, Fanti si diportò in guisa che gli venne concessa una seconda croce di S. Ferdinando di I.n classe, oltre la speciale croce commemorativa di quella sanguinosa giornata. Col 30 Luglio, Fanti si battè nuovamente a Linares, quindi a Caty nel 25 Settembre e nel successivo 26 a Villar de Canes, e finalmente ad Alcora nel19 Novembre dopo di che i due Eserciti belligeranti presero i quartieri d'inverno Nel corso della faticosa ed accanita campagna di quell' anno, il Generale Borso aveva singolarmente utilizzato il Fanti commettendogli speciali ricognizioni di terreni, delle quali questi rendeva sempre conto con esatti rapporti per iscritto e con disegni dimostrativi di rimarchevole chiarezza ed esattezza. Questa specialità, che diremmo quasi topografica del Fanti, erasi a poco per volta divulgata per tutto il Corpo d' Esercito comandato da Oraa e questi informatone, in più circostanze, avea fatto richiesta al Generale Borso perchè gli mandasse il Fanti, al quale voleva commettere qualche ricognizione, o levata di terreno di cui aveva d'uopo. Epperò il Fanti veniva addetto alla Sezione Topografica del Quartier Generale di Oraa, ove ebbe cosi campo di far conoscere le sue non comuni cognizioni matematiche ed anche geodetiche. Nel Marzo di quest'anno rientrarono in campagna i Cristini Anno 1838. ed i Carlisti, e nel 21 e 22 di detto mese si rinnovava in Alcora il combattimento già quivi avvenuto nel19 passato Novembre, e Fanti vi prendeva parte. Nell'Aprile seguente, durante l'assedio di Lucena venne segnalato il bel contegno di Fanti, quando nel giorno 19 si preludiò con alcune operazioni alla levata dell'assedio. Nel6 Luglio avvenne un quarto fatto d'arme ad Alcora, e Fanti che vi prese parte anche questa volta, vi si diportò cosi lodevolmente che gli venne conferito il grado onorifico di Capitano per merito di guerra. Col nuovo grado Fanti rimase presso il Quartier Generale di Borso, che allora era stato promosso a Generale di Divisione, e comandava la 2.• Divisione dell'Esercito, denominato del Centro.


PARTE SECONDA

Questa Divisione fu di quelle inviate, nel Luglio, a stringere di assedio la piazza di Morella, operazione che andò a _vuoto, perchè do:Po 23 giorni d'inutili sforzi per l'attacco, i Cristini dovettero levare l'assedio. In questo periodo di tempo, Fanti presenziò le operazioni contro la piazza, eseguite nel 20 Luglio, e poscia il fatto d'arme deHa Cabrita, successo il 30 di detto mese innanzi alla piazZa. Nel giorno 3 Agosto poi, egli ebbe viva parte nel respingere uu tentativo di sorpresa fatto dai Carlisti, contro le Divisioni di Borso, e di Pardinas, accampate la prima nella Sierra di S. lsidoro, e la seconda sul monte di S. Pedro Mal'tir. Fu pure presente ai combattimenti avvenuti nel 5 agli Estrets de Portes, e sulla Sierra di Betrol, e quindi ai fatti avvenuti sotto Morella nei giorni 8, 11, 12, 15 e 19 Agosto, e per il suo contegno in questi venne proposto alla effettività del grado di Capitano nell'Esercito regolare. Tornò di nuovo al fuoco il Fanti, nel successivo giorno 20, pel fatto d'arme di Pobleta. · Non termineremo di parlare della parte presa dal Fanti alle operazioni tutte avvenute attorno· a Morella, senza citare un fatto esclusivamente personale che gli reca sommo onore. Avuta missione dal Generale Borso di portarsi con piccola scorta a riconoscere un dato punto della piazza di Morella e di farne un piccoli)· schizzo topografico, non appena Fanti giunse in opportuna locillità per eseguire il ricevuto ordine, che venne scorto dalle mura della città assediata e in un momento fatto segno al più vivo. fuoco del nemico. Calmo. rome se nulla succedesse attorno di lui, il nostro bravo giovine non si distolse perciò dal cominciato lavoro di ricognizione del terreno, e soltanto quando lo ebbe ·condotto a terniine, volse tranquillamente Ie spalle al nemico insieme alla sua piccola scorta, e ritornò a render conto al Ge~ nerale Borso della eseguita ricognizione, mentre che i pochi uonrlni eh~ lo avevano accompagnato, esaltavano. ovunque il raro coraggio del loro giovine Ufficiale (1). Ed in vero quel valor per(l) Su questo particolare proposito, ia un certificato che il Generale Borso Comandante generale la 2.'a Di visione dell'Esercito di operazione di Catalogna rilasciava nel 15 Febbrajo 1840 al Fanti, si trovavano le seguenti testuali parole: « l'ertUlco :· Che don Manfredo Fanti Tenente graduato di Capitano ecc. ecc. « Che tu proposto per l'e:trettività del suo impiego, nel Reggimento dei c Cacciatori di Oporto, al quale apparteneva per le azioni del. 30 Luglio, 3 e c 5 Agosto del 1838, dinanzi alla piazza di Morella, nell'assedio della quale c prese una parte molto attiva, sia pel valore che dimostrò nei diversi comc battimenti avvenuti nei 23 giorni dell'assedio, come per la bella levata di c un piano topogradco, eseguita sotto il vivo fuoco della piazza durante la. sua


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sonale che in mezzo al grandinar delle palle vi lascia la tranquillità d'animo necessaria per eseguire un rilievo di ricognizione, si trova forse più di rado che qmilunque altro. In questo medesimo anno Fanti prese· parte ad altro assedio, quello di Caspe, diretto dal Generale dell'Esercito del Centro, W anHallen, ma· una sol volta vi si trovò al fuoco, e fu nel18 Ottobre. La bella riputazione che sempre maggiormente si procncciava il Fanti ovunque era chiamato a prestar l'opera sua, aveva indotto il suo Generale in capo, Oraa, a proporre al ·Governo di farlo ·pas. sare dal servizio dei Corpi franchi in quello dell'Esercito nazionale. La cosa per altro era talmente insolita .e pareva di tale gravità che si giudicò bene rimetterla ad altra circostanza. Nella nuova campagna che andava ad aprirsi in quest'anno, ADao t838. succedeva nel Comando Generale dell'Esercito del Centro il Generale don Leopoldo O' Donnell al Generale Oraa. Fanti rimaneva allora più particolarmente addetto al Quartier Generale del comando in capo, sotto la direzione del Generale Aspiroz. · Nella celebre ·giornata di ·Sierra de las Useras, nel Regno di Panu r~cem~a­ Valenza, fu si rimarchevole la condotta di Fant~ che il suo Capo ~,.:..~rr:= Aspiroz, rinnovò al Generale supremo la proposta di farlo passare nell'Esercito nazionale, e questa volta la raccomandazione di O' Donnell decise della adozione della proposta già prima fatta dal Generale Oraa. Un cosi segnalato favore non si otteneva per altro a troppo buon mercato, giacché faceva d'uopo rinunziare al grado conseguito nei Corpi franchi, e riprendere la carriera dall' infimo ~ado gerarchico d'Ufficiale nelle truppe regolari. Per tale motivo, dovè ~oggettarsl il Fanti a rinunziare al grado effettivo di Capitano, già concessogli nei Corpi suddetti, e contentarsi di quello di Sottotenente, accordatogli in data 12 Settembre nel 6 Reggimento Fanteria leggero, Volontari di Navarra. Ciò non pertanto gli fu conservato il suo posto al Quartier Generale del Comando supremo dell'Esercito del Centro, ove ben presto gli si offriva occasione di distinguersi, e riguadagnare un nuovo grado. Pel fatto di Torre

r.::...:::.-

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c ricognizione. Per le azioni dell'Il, 12, 15 e 19 dello stesso Agosto, meritò di « essere proposto alla etl'ettività del grado di Capitano nell'Esercito regolare, « per giusta ricompensa del suo merito personale e delle sue estese cognic zioni militari. E perché possa, l'interessato, farlo valere ove convenga, gli c rilascio, dietro sua domanda, il presente certificato fatto qui in Tarragona, c li 15 del meiJe di ~ebbr8jo 1840.

« .OABTANo.tloaso DI c.uxnu.TI ,,


v--r ... PARTE SECONDA

di Miravet avvenuto ai 29 di Ottobre, egli fu promosso a Tenente per merito di guerra. Anao 1840. Poco appresso il Fanti veniva nominato membro .di una speciale Commissione d'ufficiali di armi dotte, la quale dovea formulare un progetto di strade militari che unissero la piazza di Morella coi paesi di Vinaroz, Castellon, Teruel e Alcaniz. Fatti gli studi preparatorj necessari, l'intiera Commissione ad unanimità deliberò che Fanti ordinasse e desse forma al complessivo progetto da presentarsi al Governo. Manifesto segno della stima particolare che si aveva della sua capacità. · Pei due successivi assedj - susseguiti dalla presa dei forti di Aliaga e Alcalà della Selva - a cui nella prima metà del corrente anno assisteva il Fanti, dovea singolarmente avvantaggiarsi la ·sua esperienza nella difficilissima arte dell'attacco e della difesa delle piazze, ed in essi egli personalmente si poteva distinguere nei giorni 11, 15 e 30 Aprile. Poscia per i due fatti della Cenia delli 20 e 30 Maggio, si rendeva talmente degno della superiore approvazione, che per merito di guerra veniva promosso Capitano. Nè meno encomiata andò la sua condotta in quell'anno durante le operazioni che ebbero luogo nel Giugno sulla linea dell'Ebro, e nel Luglio per la spedizione nell'Alta Aragona, e nel Regno di Valenza. Così in cinque anni di continue guerre che ormai egli avea combattute in Spagna e quasi sempre addetto ai Comandi superiori, si era potuto completare la sua istruzione in ogni ramo di operazioni di guerra, sia in aperta campagna, che negli speciali lavori degli assedi. ÀJIDO isu. Tacquero le armi in quest'anno fino verso il Settembre, ma quando nell'Ottobre ripresero le ostilità fra Cristini e Carlisti nell'Aragona, nella Navarra e nelle provincie Vascongadas, Fanti fu chiamato al Quartier Generale del Corpo d'operazione, e vi si di... portò in guisa da farsi promuovere, sempre per merito di guerra, a Maggiore, ossia per valersi del termine usato in Spagna, a s~ condò Comandante di Battaglione. In questo medesimo anno Fanti fece parte di una seconda Commissione speciale, incaricata di proporre quali fossero nella Capitania generale di Valenza i punti fortificati da conservarsi, e quali quelli da demolirsi. Aano 1842. Andavasi frattanto indebolendo sempre maggiormente il par.. tito carlista, le di cui truppe successivamente battute dai Cristini, non potevano ormai più tenere l'aperta campagna, anche perchè si erano man mano assottigliate di numero e di forze. Contro le poche bande di faziosi che osavano mostrarsi nel Maestrazgo,


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ebbe ordine di agire il Capitano Generale di Valenza, presso del quale trovavasi allora il Fanti, e questi naturalmente marciò colle truppe della Capitania. La dispersione dei faziosi fu cosa di breve momento, nè diede occasione a fatti che meritino di essere segnalati. La tranquillità del soggiorno di Valenza, nel frattempo in cui m~~~ c~n ~':; Fanti era addetto al Comando della Capitania Generale di questa ~"ineapapuo­ vasta provincia, gli fu occasione di avvicinare e prendersi di vivo affetto per una giovine figlia di un agiato signore di quella città, Luigi Tio. Saputosi corrisposto di pari sentimento dalla giovine Carlotta, e facendo calcolo sulla sua carriera militare ormai assicurata, il Fanti chiese la mano della donzella di cui s'era invaghito. Le informazioni che la famiglia Tio assunse sul conto dell'Ufficiale italiano, gli furono tanto favorevoli, che in breve venne conchiuso e celebrato il matrimonio il 3 Settembre 1842. Nel Marzo, nuove bande di faziosi si presentarono nel Mae- Auo i863. strazgo, e Fanti marciò di nuovo contro di esse. Battute che queste furono, egli venne invitato a recarsi a Madrid per ivi essere assog· gettato agli esami, che regolamentarmente dovevano subire tutti quelli ufficiali, che si ritenevano capaci di far parte del Corpo di Stato Maggiore Generale; giacchè il Fanti era stato giudicato e proposto per essere ammesso in questo Corpo. In seguito al brillantissimo esito del suo esame, Fanti vennè ammesso col suo grado di Comandante in 2. 0 (Maggiore), in detto Corpo. Come tale venne tosto inviato dove si era riaccesa la guerra fra Cristini e Carlisti; vi giunse in tempo per assistere ai successi ottenuti dai primi sui secondi a Reus, a Tarragona dal mese di Aprile a quello di Luglio. Passato quindi all'Esercito che com• batteva in Andalusia, si trovò presente nell'Agosto al fatto di Puerto Real, e vi si comportò si degnamente, che fu proposto subito ad una prima promozione nel suo Corpo, la quale gli fu poi concessa in data delli 11 Settembre successivo, col titolo e grado di Primo Comandante di Cavalleria nell'Esercito, lo che equivaleva ad un grado intermedio fra il Maggiore ed il Tenente Colonnello Finita la campagna, Fanti col nuovo grado speciale nel Corpo di Stato Maggiore venne inviato presso la Capitania generale di Valenza, e interinalmente ebbe l'incarico di disimpegnare le fun .. zioni di Capo di Stato Maggiore. Le sollevazioni di Alicante' e di Cartagena obbligarono il Alino tsU. Governo di Isabella Il ad inviare forze sufficienti per domare tali rivolte. Fanti fu Capo di Stato Maggiore delle truppe che assediarono e presero le suddette due città. In benemerenza dello


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f»Ak1'E SECONDA

Anno 1st5.

Anno 1846.

Anno iM7.

zelante ed intelligente servizio da lui prestato in tali circostanze, venne. promosso, per merito di guerra, con data 6 Marzo, al grado speciale nel suo Corpo, di Tenente Colonnello di Cavalleria nell'Esercito. ' Il rimanente tempo di quest'anno, Fanti lo passò in Madrid presso la sede principale del Corpo di Stato Maggiore, e quivi con molta lode disimpegnò parecchie commissioni scientifiche proprie della sua arma. Rimane addetto al Comando del Corpo, e vi compie nuovi importanti lavori, non che particolari missioni di cui è incaricato su vari punti .del Regno. In ricompensa dei molti pregevoli servizi da lui prestati al Comando superiore del Corpo di Stato Maggiore, viene concesso al Fanti il grado di Primo Comandante nel Corpo dello Stato Maggiore Generale, con data delli 26 Aprile. Nel successivo Maggio, quando per divergenze insorte fra il Portogallo e la Spagna, vi fu un momento in cui quest'ultima sembrava decisa a prendere le armi, il nostro Fanti ebbe avviso di tenersi pronto per far parte del Corpo di spedizione, ed occuparvi cospicua posizione. Non andò guarì per altro che le cose si composero amichevolmente e Fanti non ebbe a muoversi da Madrid. Molto onorifico incarico egli si ebbe invece in sul finire dell'estate di questo anno, allorché sulle montagne di Chelva e del Maestrazgo comparvero bande armate di faziosi Carlisti, le quali accennavano a voler riaccender la guerra civile. Venne dato allora al nostro Fanti il comando indipendente di un Corpo leggero di spedizione, perché si portasse prontamente a disperdere le comparse bande. L'abile marcia che eseguì, ed il modo minaccioso· con cui si presentò sulle infestate contrade dinanzi agli insorti, sconcertò questi in guisa che senza nemmeno combattere si dispersero e rientrarono alle loro case. Fu in quest'epoca, e anche posteriormente, che tornato a Madrid, Fanti si applicò con particolare ·interesse allo studio della piccola guerra dei partigiani' sulle montagne, e pubblicò anzi, nel giornale della Rivista Militare Spagnuola, alcuni rimarchevoli articoli di cui parlarono con lode parecchi altri giornali militari. Nel Luglio e nel Settembre, si mostravano ancora altre bande di ribelli nel Maestrazgo, capitanate da un certo Morté che godeva fama di accorto guerrigliero, e Fanti ehbe nuovamente l'ordine di comandare il piccolo Corpo che si spedì loro incontro. Esse questa volta tennero più forte piede della precedente, ma le operazioni immaginate dal Fanti vennero si bene e si rapidamente


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eseguite, che in breve e con poco spargimento di sangue, le suddette bande faziose furono battute ed in massima parte disperse o fatte prigioniere, compreso il loro capo Morté. L'abile e pronta repressione del movimento insurrezionale del Maestrazgo valse al Fanti la sua nomina al grado superiore del suo Corpo, ossia a Colonnello di Cavalleria nell'Esercito, ed anche questo per merito di guerra, in data delli 23 Ottobre. Dal Comando generale del suo Corpo ove ormai avea sede Anno i84R. quasi stabile sui primi rli questo anno, Fanti veniva destinato alle funzioni di Capo di Stato Maggiore della Capitania Generale di Madrid, la prima di tutto il Regno. E tale egli trovavasi in quella grande città sui primi del Maggio, quando in es.sa avvennero alcuni moti insurrezionali contro il Governo della Regina, per reprimere i quali fu d'uopo ricorrere alla forza dell~ armi. In tale dispiacevole circostanza l'abilità spiegata dal Fanti nel secondare le mire del suo Generale comandante la Capitania, or con pronta energia, or con savia moderazione, ma sempre con provvido e ben inteso impiego delle truppe, venne così fattamente apprezzata dallo stesso Governo, che ne era stato testimonio oculare, che lo si giudicò degno di essere decorato di uno dei più insigni Ordini cavallereschi della Spagna, conferendogli la croce di Commendatore dell'Ordine di Isabella la Cattolica. Coi già ottenuti onori nella Spagna, nei 12 anni di servizio Fanti Jueia 1a - sette dei quali trascorsi in quasi continua guerra - e coll'e- ~:.:U: !:~:'.~: . te gradO aVU tO nel piU · ' d'IS t"lllt O COrpo . deIl'E serci't O, - le nazionale te!"(!. la cuena mmen Italiaquali cose gli potevano essere garanti di più splendido avvenire na nel t8t8. ancora - il Colonnello Fanti poteva ormai considerarsi come indissolubilmente legato a quel paese che lo avea adottato per figlio, e non preoccuparsi più d'altro. E cosi sarebbe forse stato se meno costante e fervido non avesse egli continuato· a· riudrire in petto l'antico suo vivissimo ·amore per l'Italia. Ed infatti, da qualche tempo ansiosamente egli seguiva col suo pensiero quanto i pubblici fogli narravano di ciò che stava avvenendo in Italia. Facili speranze, dolorosi disinganni si avvi-·. cendavano in lui, di mano in mano che gli sembrava prendessero buona o cattiva piega le cose italiane. In questa alternativa di sentimenti gli sorrideva però sempre il pensiero che se in Italia si fosse finito per venire alle mani fra oppressi ed oppressori, egli fortunatamente aveva e poteva offrire ai primi una spada fatta esperta alla dura scuola della guerra. Non è a dirsi quindi quale e quanta emozione provasse il Fanti, e seco lui quanti altri Italiani si trovavano allora tutta\~ia esuli


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PARTE SECONDA

dalla loro patria, allorquando pervennero a Madrid le prime incerte voci della cacciata da Milano delle truppe austriache, mercè l'audace rivoluzione di quella eroica città, e il pronto inseguimento delle medesime intrapreso dall'Esercito Piemontese, guidato in persona dal Re Carlo AlLerto, che all'antica bandiera sabauda, avea sostituita la nazionale italiana. A quelle prime voci tenne dietro ben presto un formale invito, che il Governo insurrezionale costituitosi provvisoriamente in Milano, diresse personalmente al Fanti e agli altri Italiani che seco lui avevano militato nelle Spagne, affmchè non indugiassero punto a restituirai in Italia, ove in quei momenti sarebbe stata preziosa la loro esperienza militare. Nell'interno dell'animo di Fanti non vi poteva essere ombra di esitanza nell'accettare la gradita offerta: se non che dovea pur pensare che essendo ormai padre di famiglia, non poteva esimersi dal dare qualche garanzia del suo attaccamento alla medesima dinnanzi a colui che gli avea affidato l'avvenire di sua figlia. Col suocero pertanto venne convenuto di far in modo che il Governo spa· gnuolo anzi che rilasciargli il definitivo congedo dal servizio, gli concedesse soltanto alcuni mesi di licenza per recarsi all' estero, col tacito consenso che in questo frattempo egli potesse prendere parte alla guerra nazionale italiana. Allo spirare della sua licenza sarebbe libero al ranti di rientrare al servizio spagnuolo, o di rinunziarvi per sempre. La stima e simpatia universale che godeva ranti presso i suoi superiori; e quelle che pur si nutrivano per la giusta causa che egli correva a difendere, facilitarono la combinazione immaginata~ e ranti munito di regolare permesso e passaporto, partiva verso la metà del Giugno 1848 alla volta d'Italia. Noi non crediamo di poter meglio descrivere lo stato dell'a· nimo suo in quel momento di svariate e forti emozioni, che riportando testualmente ciò che egli medesimo ne scriveva in alcune !lue particolari memorie, redatte in un momento in cui era ancor viva in lui la triste sensazione delle traversie, che funestarono i primi anni del suo ritorno in Italia. Scriveva dunque il Fanti in un momento di pieno abbandono dell'anim() suo, quasi confron· tando la grandezza del sagrifizio da lui fatto colia pochezza del compenso avutone : « lo era salito ai primi gradi ed onori nell'armata spagnuolaj « ove ero conosciuto ed amato, perché vi aveva combattuto per « più di sette anni per la libertà. Rendevano lieta la mia vita una « giovine sposa, un bambino, e la famiglia di mia moglie, che


FANTI IN FRANCIA E IN SPAGNA

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« mi adorava, e mi faceva godere di tutti gli agi possibili della « vita. e: Tutto questo io abbandonava, e con piacere, con entusias o

« per correre a prestare l'opera mia pel bene della mia pati in.

« Chi mi avrebbe detto allora che in premio di tanto sagri« fizio, io non doveva trovare nei primi tempi di mio ritorno in c Italia, che ingratitudine e dolori d'ogni sorta, e che solo dopo « molti anni di amarezze e disinganni si sarebbe fatta per me « quella luce di verità, che si fa sempre strada in mezzo al mondo « ad onta d'ogni sforzo della perfidia! »


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PARTE TERZA

F A N T I I N L O M B A R D I A. (1848].

SOMMARIO: Le prime vicende di guerra in Italia nel 1848. - Come tu accolto il Fanti a Milano - Giudizio di Fanti·sulla guerra in corso in Italia nel 1848. - Fanti è nominato Maggiore Generale nelle truppe Lombarda. - Gli armamenti lombardi nel lS&S. - La Brigata. di Fanti al blocco di Mantova. - I disastri dei Sardi sull'Adige e sul Mincio.- Fanti chiamato dal campo a ~ilano per consigli sulla guerra. - È inviato a Brescia per coman.:. darvi un Corpo. - n Comitato di difesa in Milano. - Fanti nomiDato mem · bro del medesimo. - Piano immaginato· dal Fanti per arrestare gli Austriaci fra Piacenza e ~ilano. - L'Esercito Sardo votge in ritirata su Milano, anzi cbe su Piacenza. - Fanti inviato al Quartiere Generale del Re pex: fargli cangiare determinazione. - Saggi provvedimenti del Fanti per la difesa di Milano. - L'Esercito Sardo in Milano. - Fanti assiste al combattimento di Porta Romana. - Milano si prepara a resistere - La resis~nza è giudicata impoBSibile dai Generall Sardi, e si tratta per la resa. - Contegno di Fanti nei tristi t'atti di M1lano nel giorno.5 Agosto 1848. - Fant1 dirige ia ritirata dei Lombardi da Milano al Ticino.

Negu avvenimenti che più o meno da vicino precedettero e Le

•.

prime .t-

dJ suerra produsSero nel 1848 la prima guerra per l' indipendenza italiana, IDceade Italia Hl tlt8. non poteva naturalmente avere avuta parte alcuna il nostro Fanti, in forza della speciale sua posizione all'estero, durante i medesimi. Noi potremmo quindi sorvolare sugli stessi, senza farne il bencM minimo cenno, se la convenienza e meglio ancora la necessità di far conoscere l'origine di quei fatti, a cui d'ora in avanti andrà collegata bgni petsonale azione· di Fanti, non ci ìnducesse a preseutarne qui un quadro generale ed a larghi tocchi. Non oi


\ PARTE TEHZA

occorrerà d'altronde soverchio lavoro per accennare i più essenziali dei suddetti avvenimenti. Benedetta - per la prima volta nell'andar dei secoli - dalla mano di un Sommo Pontefice Romano, e protetta dalla spada di un Re sabaudo, l'Italia avea sentito istintivamente che i suoi destini erano prossimi a cangiare, e le popolazioni d'ogni sua contrada avevano unanimi proclamato di non volere più essere schiave di nessuno. Sorpresi e sgomentati dall' imprevisto turbinio, il Borbone di Napoli ed il Lorena di Toscana, cercarono scongiurar la tempesta simulandosi pronti ad introdurre quelle riforme nel governo, che, iniziate a Roma, s'erano poi anche concesse a Torino. L'Austria oltanto nel Lombardo-Veneto e ne' suoi due proCQnsolati di Parma Modena, irosa reagiva contro ogni aspirazione nazionale italiana comprimendola brutalmente nei propri dominj, si mostrava deci a a fare .altrettanto in quelli de' suoi vicini che la tolleravano o, forse meglio, la incoraggiavano. Da ciò il più ostile atteggiamento sulle due sponde del Ticino, dove da un lato stavano baldanzosi gli Austriaci, e dall'altro audaci e fidenti nella santità della loro causa i Piemontesi. Un bel giorno Milano, la ricca, la forte Milano, stanca di soffrire più oltre le contumelie e i soprusi delle soldat«;Jsche straniere, dà mano ai moschetti, alza barricate, e fa tremendo sterminio de' suoi oppressori. Dal vicino Ticino s'ode il grido d'insurrezione nazionale, si fiuta ancor caldo l'odor di polvere, non s'indugia un minuto, si Yalica il fiume e si corre in soccorso dell'audace Milano. Ma è tardi, poiché la baldanza austriaca è venuta meno dinanzi al furor popolare della città, e le truppe imperiali si sono già date ad un'accorta si, ma pur non meno precipitosa fuga, per riparare sotto le fortissime mura del Quadrilatero. Sull'orme nemiche si precipitano tosto lè truppe Sarde, che lo sul Mincio ne trovano le ultime vestigia. Fra questo fiume e l'Adige, al cospetto di Mantova, Pe. chiera e Verona, comincia allora una guerra in cui i Sardi rinforzati da qualche migliaio di truppe regolari Toscane, dai v lontari Toscani e dei Ducati, non che spalleggiati sul Tonale ed allo Stelvio dai corpi franchi formati in Lombardia urtano vittoriosi, ma senza gran frutto, contro le formidabili posizioni tenute dal nemico, a cui altro non cale che guadagnar t mpo finchè gli giungano i domandati soccorsi dall' interno del... 1' Impero.


FANTI lN LOMBARDIA

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Questi non tardano infatti a presentarsi sull'lsonzo e sulla Piave, senza gran fatica giungono a sfuggir di mano ai corpi .volontari e regolari Pontifici e Veneti, i quali erano accorsi nel Friuli per contrastare loro il passo, ed impedire che raggiungessero Verona. Intanto da Napoli marciavano due forti Divisioni di quel Regno verso il teatro della guerra, onde porsi al fianco dei Sardi. Anche la Flotta Napoletana raggiungeva nelle acque Veneta la Flotta Sarda, per ivi operare insieme. Quand'ecco che appena giunte le due suddette Divisioni a Ferrara, un improvviso ordine del Re Borbone le richiama in patria ed altro simile ordine richiama a Napoli la Flotta. Alla svanita speranza di si potente rinforzo dà breve compenso una seconda vittoria dei Sardi a Goito e la caduta in loro mani dell'assediata Peschiera, ma ben tosto nella Venezia, Vicenza, col migliore e più forte nerbo delle forze che agivano in quelle provincie, e Treviso ricadono in mano degli Austriaci. Così gli avvenimenti della guerra ci hanno:condotti dal Marzo alla prima mètà del Giugno, a questo stato di cose : che gli Austriaci hanno riconquistato il Veneto, meno la sola città di Venezia, e che i Sardi, quantunque vittoriosi in ogni singolo combattimento fra il Mincio e l'Adige, non hanno però guadagnato un palmo di terreno, e si trovano ora a fronte di forze triple di quante ne avevano al cominciare della guerra. Urgeva pertanto il dare nuovo e più energico impulso all'azione militare dellé armi italiane per avere il disopra contro le austriache, e perciò, come è noto, si ricorse all'espediente di far proclamare dalle popolazioni del Lombardo-Veneto e dei Ducati la loro annessione a quelle del Regno Sardo, onde Re Carlo Alberto avesse meglio in pugno tutte le forze che gli occorrevano per venire a capo dell'impresa da lui capitanata. A tale misura, cui si mostrava favorevole la maggioranza delle suddette popolazioni, opponevasi per altro un partit~, che sotto le ispirazioni di Giuseppe Mazzin i, condottosi allora in Milano , sosteneva non aversi a decidere nulla in proposito se non che ·a guerra finita. Ed era appunto in quest'epoca che giungeva dalla Spagna in eome ru acMilano il nostro Manfredo Fanti, e non si tosto egli vi giunse, che :'~~ FlUiti • un'imprevista e fortuita circostan1..a metteva a dura prova quel patriottismo che lo aveva indotto a porsi a repentaglio di perdere la sua sicura posizione in Spagna, per un'altra assai incerta e pericolante. Ed ecco il come.


, PARTE TERZA

Mazzini e gli amici suoi che, come si disse, avversavano la annessione al Piemonte, ed alla .guerra regia volevanQ sostituire una guerra di popolo, sapendo il prossimo arrivo in Italia del Fanti e di altri suoi antichi compagni di Spagna, avevano creduto poter far calcolo su tutti questi antichi addetti alla Giovine Italia, e già pubblicamente andavano dicendo che quegli emigrati avrebbero convenuto nelle loro idee. Non è a dirsi qual senso avesse fatto nel partito annessionista, e specialmente nel Gov~rno Provvisorio Lombardo, una simile asserzione che si riteneva fondata. Si era amaramente deplorato l'invito fatto aglì emigrati di Spagna; perché fruttava il ritorno di persone di spiriti contrarj a quello scopo che allora volevasi CQnsegQire. Temevasi poi ancQra grandemente che la nomina di uomini cosi fatti a. gradi · supefiori nelle truppe Lombardè, che allora erano in via di organizzazione, fosse assai male accetta al Quartier Generale Sardo. Si era perciò deciso nei consigli governativi di maneggiarsi in modo da potersi liberare delle compromettenti personalità che si attendevano dalla Spagna. E fu in seguito a questa linea di condotta adottata, che Cialdini e Cucchiari, giunti a Mihmo prima del Fanti, si videro accolti in modo tale che :rinunziarono a prel)der servizio sotto quel Governo 1 e si condussero a Modena, ove· trovat-e prevenzioni meno sfavorevoli contro di loro, ottennero onorevoli gradi nelle truppe di. quello Stato. Non dissimile pertanto dov~va essere, e non fu l'accoglienza che vi trovò il Fan.ti, allorché si fece ad offrire i suoi servìzi a chi sapeva benissimo di averglieli richiesti.· L'animo calmo "è ·ritlessivo per altro del Fanti non si conturbò troppo per si inaspettata accoglienz;1, e indovinando rhe sotto vi covasse qualche equivoco, si decise ad attendere che venisse schiarito. Nel frattempo egli si diede acc~,Iratamente a studiare lo stato delle cose tutte, per norma di sua · futura condotta. Fattosi quindi legge di 1ion mettersi troppo in vista, non cercò . nessuno, ma nemmeno respinse quelli che lo cercavano, e cosi non andò guarì che i ·pochissimi i quali da principio lo avevano conosciuto ·e avvici'nato, trovatolo uomo di non comune ingegno, invogliaJ"oho altri di farne la conoscenza personale. L'apprezzamento generale del carattere e dell'intelligenza di Fanti, che consegui dalle relazioni ;personaii che egli andava contraendo or con questi or con quelli, e ben soventi ancora coi più influenti e riputati personaggi della città e perfino del Governo, cangiò ben presto l'opinione che :s1 avea sul di lui t;Onto, ed in


-~.'-

FANTl IN LOMBARDA

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ispecie venne altamente decantata la sua rara perspicacia nelle cose di guerra, sulle quali più di frequenti cadeva il suo discorso. Il modo chiaro, assennato e pratico con cui egli giudic~va ·degli avvenimenti ·in corso sul teatro della guerra,. formava Oigetto di giusta ammirazione per tutti. E giacchè abbiamo toccato tale proposito, non sembrerà F eu~~~1&1 o di . .....1acuercerto estraneo al nostro. soggetto, se in questo punto noi crediamo r:.·~-r~~·ta· opportuno riferire .per esteso il preciso giudizio che formulava, fino da allora il Fanti, sull'avviamento che si era dato alla guerra sotto VerQna e nel Veneto. Non è cosa che noi gli attribuiamo gratuitamente, giacchè la desumiamo quasi letteralmente da brevi appunti militari' da. lui. scritti in. quell'epoca, lo che. d'al.ttonde dà · un. valore tutto par.ticolare a· tale giudizio. Ei non sapeva anzitutto capacitarsi del grandè frazionamento . di tutte le forze che concorrevano alla guerra, e meno ancora del· come si fosse. lasciata buona parte delle medesime,· affatto indipendente da chi reggeva i grossi destini della lotta: A ciò principalmente. dovevano attribuirsi gli infelici successi dei Poniificj e dei. Ven.eti nel Friuli e nel. Vicentino, per cui s'erano scemate le file dei nostri combattenti di quasi 30,000 :uomini. Del pari non lo soddisfaceva .il c·ampeggiare quasi in disparte dal .}P'osso dei Sardi, · dei piccoli Corpi Toscani e Modenesi nei dintorni di Mantova, alla quàle dessi nessun danno potevano arrecare, mentre ne avevano invece ricevuti di gravi, a Curtatone. Anche dei Corpi Lomb~rdi distaccati ad inutile guardia del Tonale e dello. Stelvio, trovava sprecate le fatiche e le forze, che meglio assai potevano essere utilizzate coi Toscani ed i Modenesi ad ingrossare l'Esercito Sardo, del quale avrebbero accresciuta la forza· in momenti decisivi ·di non meno che 12 o 15 mila uomini. La costante separazione che manifestamente si voleva esistesse fra volontari e· truppe ·regolari sarde, foi'Se in cuor suo sapeva spiegarsela il Fanti attri.buendola a falso calcolo politico del Go· ve:l'no Sardo : non la manifestava per altro ad alcuno e ·si contentava· di deplo:rarne le tristi conseguenze eh~ pur troppo ne vennero di fatto. · Passando poi ad esaminare l'attitudine parziale del Corpo · d' Esército, comandato personalmente dal Re Carlo Alberto, il Fanti non poteva nascondere il suo st:npore nel vedere come i vecchi Generali Piemontesi si ostinassero a tenere quei 6Q o 70 mila uomini, di'cui potevano allora disporre, disseminati in una lunghissima e sottilissima linea che correva da Rivoli fino a Governolo, 5

.


PARTE TERZA ~enza curarsi di avere nè una seconda

linea, nè una riserva in ostegno della prima. Guai per noi, egli pensava, quando pel nemico sarà giunto il momento opportuno per agire offensivamente: la debole linea sarda si spezzerà in qualsiasi punto essa venga urtata, e allora chi 'può prevedere le 'conseguenze di un simile fatto? Queste erano le riservate e confidenziali riflessioni che il Fanti faceva co' suoi più intimi, o almeno con quei tali sulla di cui prudenza sapeva di poter calcolare. Che se poi questi o quelli ~ i facevano a richiederlo del come, a parer suo, si sarebbe dovuto iniziare e condurre il primo periodo deU'attuale guerra, egli allora ~. ·ternava- queste idee, che pur prendiamo dal menzionato suo scritto. Varcato il Ticino l'Esercito Sardo doveva correre difilato su Cremona e gettarsi rapidamente su Mantova, per vedere d' imposs ssarsi , d'accordo cogli abitanti della fortezza : ove il colpo l'iescisse, ogni nostra ulteriore operazione ne avvantaggiava di 4uanto ne soffrivano quelle del nemico; quando per altro Mantova restasse in mano ai Tedeschi, il Corpo principale dei Sardi dovea nel frattempo raggiungere il Mincio, e passatolo fra Volta e Valeggio, senza punto preoccuparsi di Peschiera -allora insi;'nificante piccola piazza - condursi con sollecitudine fra Verona Legnago sull'Adige, e qui vi stabilire un doppio passaggio fra Ronco e Cologna. Delle cinque Divisioni Sarde, allora una si sarebbe prrtata a Nogara e vi si sarebbe disposta in osservazione di Mantova, nel mentre che il Corpo Modenese, quello Toscano ed il Napoletano avrebbero fatto altrettanto da Ostiglia, da Revere, da Governolo e da Borgoforte, proteggendo in pari tempo i Ducati da qualsiasi e cursi one che potessero farvi i nemici. Avrebbero completato il blocco della piazza dodici Battaglioni delle riserve, già chiamate ·otto le armi in Piemonte, e condotti unitamente ad un Reggimento di Cavalleria, a postarsi, bene trincerati, sull'Oglio ed a lVIarcaria. A viemmeglio poi assicurare questa prima linea di blocco e di osservazione, le rimanenti riserve Piemontesi si sarebbero portate a presidiare Brescello, Cremona, Pizzighettone e Cassano. Finalmente la piazza di Piacenza fatta gran deposito per l'Esercito, e contemporaneamente munita di opere di fortificazione campale, arebbe stata in grado, in una occorrenza, di appoggiare una eventuale ritirata degli Italiani dal Mincio al Ticino. Intanto le altre quattro Divisioni Sarde, lasciate a cavallo (lell'Adige fra Ronco e Cologna, impiegherebbero immediatamente


FANTI IN LOMBARDIA

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un corpo proporzionale di truppe per assediare ed espugnare in breve la piazza di Legnago. Il necessario parco d'assedio si farebbe venire pel Po, imbarcandolo a Torino e sbarcandolo ad Ostiglia. Presa quella piccola piazza, l'azione diretta contro Mantova resterebbe assai più libera. Le rimanenti truppe delle quattro Divisioni verrebbero impiegate a manovrare sulle due sponde del· l'Adige, in modo da tener libero il territorio fra il Mincio e l'Adige, e fra questo e il Brenta dalle scorrerie nemiche; a molestare Verona; ed a tenersi in stretta relazione coi Corpi Pontificii e Veneti, stabiliti verso il Brenta. Incarico speciale di questi, una volta che avessero passato il Po a Ferrara, avrebbe dovuto essere quello di andarsi a concentrare attorno a Bassano, come punto da dove si signoreggiano tutte le vie che dal Cadore, dalla Ponteba e da Gorizia conducono a Venezia o a Verona, e come centro da dove per la Val Sugana, e per quella di Schio si poteva dar facile mano alla insurrezione che minacciava scoppiare nel Trentino alle spalle di Verona, e finalmente come località dalla quale per Vicenza e Lonigo si poteva mantenersi in perfetta comunicazione coi Sardi sull'Adige. Non v'ha dubbio che una siffatta posizione saggiamente occupata, e tenuta dai 20 o 25 mila Pontifici e Veneti che erano a disposizione di Durando, chiudeva la strada a qualsiasi soccorso che o dal Cadore o dalla Ponteba, o da Gorizia tentasse avanzare su Verona, e v'era il caso pur anco di poterlo fare nella Val d'Adige attraverso della Val Sugana. Conchiudeva il Fanti, se in cosi fatta guisa si fosse iniziata e condotta la guerra nel primo aprirsi della medesima, ora sarebbero forse ben diverse le condizioni nelle quali si trovavano rispettivamente e Italiani e Austriaci sotto Verona e altrove. Un si perfetto ragionare sugli avvenimenti che 'tanto da vi- Fanti è nomina• to llea'IIorGenecino toccavano coloro coi quali il Fanti esprimeva le sue opinioni, rale nelle truppe Lombarde. apriva sempre maggiormente gli occhi ai medesimi sulle rare cognizioni e sul retto giudizio del Fanti in ogni cosa di guerra. Siccome poi d'altra parte erano a poco per volta svanite completamente anche le erronee idee politiche concepite sul suo conto, ne venne perciò che il Governo Lombardo si convinse che avrebbe fatto cosa grandemente utile alla causa italiana, e profittevole in particolare alle poche truppe che si andavano allora ordinando in Lombardia, nominando il Fanti al grado di Maggior Generale nelle medesime. Ciò avveniva in data del 10 di Luglio, ossia poco meno di un mese dopo l'arrivo di Fanti in Italia. L'incarico' speciale che si dava al Fanti era il comando di una delle due Brigate della


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PARTE TERZA

ivi...;ione che stavasi organizzando dal· Generale Perrone, e che fra breve doveva entrare in campagna. L'antico profugo italiano, il valente soldato di Spagna, era Jinalmente divenuto un Generale Italiano, e gli si apriva dinanzi il pi ù liel campo che mai avesse potuto desiderare per mettere. a prufi lto ed a benefizio della sua patria le apprese discipline militari. E di . ciò sarebbe stato completamente ·lieto il nostro Fantj, ~e ollre alle· gravi apprensioni che provava · in cuor suo per la sol'l • delle nostre armi sull'Adige, non avesse nudrito ancora più mole to pensiero al riguardo delle truppe di. cui andava a~ assumere il comandq. Sarà bene il dirne alcun che !li particolare in propo:-;ilu; ciò potrà tornarci utile di sapere non solo ora, ma ben anche uel seguito di questa narrazione. ( .11 nrntnrn ..n· Ma preced~ntemente. va fatto cenno delle fatali illusioni che li tnmiJAr·tll ud lll\8. allu coppiare della gu~rra, avevano indotto il Governo provvi:ol'i di Lombardia a non occuparsi più che. tanto del pronto Ol'tlinamento militare di tutti quegli elementi che gli avrebbero . }totuto fornire buon numero di truppe da inviare al campo; ed i n Yece ·a farlo persuaso che fossero sufficienti alla bisogna ·quei Curpi di volontari che s'erano fin dalla bella prima costituiti per rnoto spontaneo, e che erano immediatamente partiti per la campngna. E del pari va detto che cessate queste illusioni e venuti a più sani apprezzamenti delle cose, s'era posto mano a riparare al u1•d fatto, ed alla meglio si era progrediti al voluto intento. Ma prr la pura verità il progettato non era proporzionale a quanto. si poteva esigere in un paese si popolato e si ricco quale la Lomh.mlia, e per le eccezionali circostanze a cui dovea soddisfare: uu11 più di una semplice Divisione di guerra, er~ quanto il Governo aveva stabilito di armare pel primo momento. Non va certo dimenticato che le ordinarie leve che la Lombardia fum i va all'Esercito Austriaco annualmente, mancavano allora dalle luro case e figuravano nelle file nemiche, ad eccezione· di pochi H~1 Uaglioni, i quali nei· passato trambusto della generale ritirata su Verona, erano riesciti a passare alla nostra causa. Ma oltre dt · il numero di tali leve non era troppo grande in allora, e la. iava cosi margine a chiamare nuova gente sotto le armi, la gra:. v i l:'t del momento era di cosi fatto rilievo, che se anche sul paese i fossero operate alcune coscrizioni eccezionali, la cosa · era abba ·lanza giustificabile. · Non si volle però, o non si osò venire· a simile misura, e si lim itò _ogni analoga disposizione a raccogliere per via di volon~ larj arruolamenti, quel numero di soldati che potesse completaré


. ...AN'l'I IN i.OMBARl>tA i quadri della progettata Divisione, la di cui formazione era, come si è detto, affida~ · al Generale Ferrone, venerando ed illustre patriota piemontese,. compromesso nel1821, e fattosi prima egregio militare sotto l'Impero Napoleonico. Completata questa si· sarebbe passati a formarne una seconda, e cosi di seguito, quando ne fosse il caso. · Per ·mezzo di tal rp.etodo d'arruolamento la bassa forza della · Divisione erasi lentamente andata costituendo di quei soldati che . s'eran sottratti allà bandiera austriaca nel modo anzidetto ; di moiti altri che antecedentemente vi avevano servito .e finalmente di qUanti individui si sentivano più o meno inclinati al inestier delle armi. In quest:à bassa forza ·pertanto, compresi i Caporali e Sottiufficiali, · eravi tale rimescolìo d'individui, che prima di essere bene assimilato per prestarsi alle necessarie discipliné militari, sarebbe occorso non poco tempo; e ferrea .mano di Ufficiali d'ogni grado. · E questi per lo appunto non· ·potevano essere, nella massima parte, ·che di qualità scadente, come è facile il dimostrare. La Lom.. bardia non aveva nelle file austriache che pochi Ufficiali suoi nativi, perchè le bennate. persone abborri vano da un tale servizio, e fra quelli pochissimi erano riesciti a rientrare nelle loro ·case ·per offrire la pr:opria spada al Governo di Lombardia. Per questo motivo il suddetto Governo aveva invitato il Sardo a vo· lergli inviare quanti· veechi o dimessi Ufficiali potesse raccogliere, ed anche dei Sott'ufficiali, loro promettendo, almeno, l'aumento · dì un grado al già· posseduto,· qualora acconsentissero ad entrare al servizio lombardo. Ora, di questi due disparati elèmenti ai quali s'era misto talrmo dei vecchi ufficiali napoleonici, e qualche ardito giovine che nella recente insurrezione aveva dato belle prove .. di coraggio ·- s'era alla beli;~ meglio composto l'intiero corpo d'Uflicialità delle diverse armi della Divisione· Perrone; . Per chi lia pratica di cose militàri, e fors'anche per chi non ne ha, sarà facil~· il comprendere quali e. quanti .ostacoli presentasse ·t'insieme· di· tutte queste cose p~r poter .maneggiar bene un corpo di truppe di cosi fatta spec\e, e tanto. più se si aggiunga, che lento ed imperfetto ne riesciva l'armamento e l'equipaggia· mento delle medesime, e che il loro vestiario si componeva esclu· sivamente di oggetti confezionati· in tela. Si dovrà riconoscere pertanto che un tale stato di cose preoc· éupava giustatnente, conié più sopra abbiamo osservato, il nostro Fanti. Abituato per. altro a· non disperàre mai di nulla, e a con• fidar sempre molto nella realizzazione de' suoi propositi , egli


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PARTE TERZA

accettò con rieonoscenza l'affidatogli comando, e decise di consacrare ogni più solerte ed assidua sua cura al miglioramento delle truppe p ste sotto i suoi ordini. Da questo momento in avanti le singole azioni individuali del Fanti, intimamente collegate alle vicende che andarono sviluppandosi in Italia, assumeranno una influenza sulle medesime, la q ale gradatamente crescerà d'importanza, e noi dalla fedele espoizione dei fatti, che verremo narrando, speriamo che risulti mani festo quanto questa sia sempre stata favorevole alla causa italiana. La Brigata d i Nei piani dei Generali Sardi, era stato deciso che non appena FanU l blocco di MtlntOVQ, le truppe Lombarùe di nuova formazione fossero sufficientemente ordinate le si sarebbero fatte prender parte al blocco già intrapreso della piazza di Mantova. In conseguenza di ciò la Divisione del Generale Perrone - composta delle due Drigate, di cui la prima era comandata dal ;Gt>nerale Poerio, napoletano, e la se- · conda da Fanti - poco dopo la metà del Luglio era stata inviata a tale destinazione, ed erasi fatta accampare a Bozzolo, dove si trovava precisamente nel giorno 25 Luglio. J dlsaetri dei Sventuratamente a quest'ora avevano già cominciato a veriSardi sull'Adige e 6Ul Mincio. ficarsi i tristi prognostici che Fanti avea fatti sugli effetti della improvvida direzione ,data alle nostre operazioni di guerra, ed in i pecie sulla imprudente dislocazione delle nostre forze in una sol linea sottilissima da Governolo a Rivoli. Gli Austriaci, una volta che si erano trovati riordinati, e·rinforzati come a loro sembrava necessario per prendere una risoluta offensiva, lo avevano fatto nel senso che pur era stato prevvisto dal Fanti. Richiamata l'attenzione dei Sardi sulla loro estrema inistra, a Rivoli, mercè di un attacco abbastanza accentuato, improvvisamente uscivano in grandì masse da Verona, c si gettavano sul centro sardo fra Sommacampagna e Custozza. Valorosissimamente si difesero i nostri per tre giorni di seguito, ma poi dovettero cedere al numero in causa della infelice loro posizione. Una savia ispirazionn del bravo Generale De Sonnaz che comandava la sinistra verso Rivoli, lo persuase a non- osti~ narsi nella difesa di quel punto, e a ripiegare piuttosto verso il centro. Se ciò non avveniva, egli col suo Corpo era tagliato fuori dal resto dell'Esercito Sardo, e gettato nel Lago di Garda. Il suo ben inteso movimento retrogrado gli permise di tenersi unito al centro e alla destra, e di seguirli oltre al Mincio, quando, sforzati a Sommacampagna ed a Custoza, dovettero riparare prima a Villafranca e Valleggio, e quindi dietro il suddetto fiume.


FANTI IN LOMBARDIA

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Le sconsolanti notizie ùi si triste piega che andavano pren- Fanti chiamato dal campo a Mi· dendo le nostre cose di guerra erano pervenute a Milano n~l !ano per consigli sulla suerra. giorno 24 Luglio, ed il Governo Provvisorio allarmatosene giustamente, avea deliberato di chiamare presso di sè i migliori uomini di guerra, che avesse a sua disposizione, per consultarli sul da farsi in tale momento ; tra questi non venne dimenticato il Fanti,.e gli fu spedito un apposito messo a Bozzolo con invito di recarsi indilatamente a Milano. La progettata adunanza avea luogo la sera del 27 al 28 al Palazzo Marino, sede del Governo Provvisorio, e fra i militari figurava il vecchio Generale Lecchi, cui si era dato il Comando Supremo di tutte le Truppe Lombarde, il Ministro della Guerra di Lombardia, il sardo Generale Sobrero, e finalmente il vecchio Generale Zucchi, al quale si era dato il comando delle Guardie Nazionali di Milano. Nel discutere le prossime eventualità della campagna, si ri· tenne potere ammettere che l'Esercito Sardo avrebbe certamente sostato dietro la buona linea del Mincio , e si credè opportuno che per parte dei Lombardi si facesse ogni possibile sforzo per dare appoggio ai Sardi su detta linea. Un forte concentramento di quante più forze si potessero raccogliere a Castel Goffredo, sulla sinistra del Chiese, sembrò la miglior misura all'uopo. Stabilita in massima questa determinazione, per quasi unanime voto dei presenti si propose al Fanti di as..qumere il comando superiore di tutte le forze che si sarebbero fatte convergere a detto punto; ma Fanti con singolare modestia personale, e lodevole riguardo ad un vecchio soldato, rammentò a tutti che simile onore competeva al Generale Zucchi, più elevato in grado di lui, e forse anche più esperto nello esercizio di un cospicuo comando. · Una tal riflessione, trovata giusta, fece adottare l'idea del Fanti, a Fanti Bresciainviato per ma nello stesso tempo modificò ancora il primiti vo pro!letto rela- corpo, comandarvi un tivo a Castel Goffredo. Si pensò esser meglio dividere fra Brescia· e Castel Goffredo la presenza dei soccorsi che si collocherebbero in seconda linea tra il Mincio ed il Chiese, e si stabili che Zuc.: chi avrebbe comandato il nucleo principale a Castel Goffredo, e Fanti quello che si sarebbe raccolto attorno a Brescia. S'invitava pertanto il Fanti a partire immediatamente aBa volta di quella città, su cui egli dovea tosto richiamare i Corpi dei Volontarj, che si trovavano allora nel Tonale ed a Rocca d'Anfo. Zucchi avrebbe condotto con sè a Castel Goffredo la Divisione Perrone7 e altri piccoli Corpi di Volontari. v


l PAit1'E TEÌtZA

Fanti non aveva potuto giungere a Brescia che nel mattino del 28, e quivi non aveva tardato ad apprendere che i Sardi, improvvidamente abbandonato Valeggio e Borghetto, a c~vallo del Mincio, e cacciati di viva forza da Voltà s'erano dovuti porre in piena ritirata verso il C.hiese, e che manifestamente accennavano a proseguirla fin oltre all'Oglio. Da ciò naturalmente conseguiva fallito lo scopo del concentramento dei Lombardi a Castel Goffredo e a Brescia. In quest'ultimo punto per altro. sembrò al Fanti convenisse mantenersi colle forze che già vi erano radunate, .perchè, se, come egli supponeva, l'E.sercito Sardo si fosse arrestato all'Oo-lio , da Brescia era possibile colle sudd.ette forze molestare il fianco destro , ed anche le spalle del nemico procedente verso l'Oglio. Il nostro giovine Generale pertanto, nello ~tesso ·giorno 28, i 'diede a tutta possa a disporre ogni cosa non solo per la difesa interna della città, ma ben anche allo scopo · ora indicato. A peggio andare poi , egli pensava che colle · sue truppe avrebbe sempre potuto aprirsi la strada per Bergamo, e gettarsi .colle medesime sulle circostanti montagne per dar continua molestia alla destra nemica .. 11 Comltnto dl Se non che le crescenti cattive novelle che dal campo sardo d if81a In ldllano. arrivavano giornalmente a Milano, avevano gettatò nel paese, ed in seno al Governo stesso, un ·ben giusto allarme per le sorti di quella città che a buon diritto poteva tutto attendersi dàlla ven~ detta degli Austriaci. . · ·Per una strana coincidenza. di eventi , ·si era allora alla vigl.lia del· giorno, in cui -· ~ seguito della effettuata votaZione per l'annessione al Piemonte - il Governo pro,·visorio di Lombardia dovea cedere i suoi poteri in mano del R. Commissario Sardo, che da Torino. si era mandato a tal .uopo. Non era quindi fuori di luogo il timore che si nudriva; che nel momento di simile scambio di poteri avesse· :,td avvenire un rallentamento .di quelle misure militari, che si. reputavano urgenti al caso e meritevoli della più pronta esecuzione. Ad evitare pertanto il temuto inconveniente si éra convenuto fra il suddetto Governo ed il Commissario Sardo, che quello, prima di ritirarsi, avrebbe nominato un Comitato di Difesa; conferendogli i pieni poteri per qualsiasi misura militare.,. e che il Commissario, tosto salito al potere, avrebbe confermata al detto Comitato la sua rnissìone. Cqsl non si sarebbe arrestato il corso di quanto si voleva operato per le incalzanti circostanze. ranll nominato . In esecuzione del convenuto, per unanime voto del Governo, membro del Co· 1:011 to. venne .nominato Fanti quale membro di esso Comitato, coll'inca-


l<'AN'rl. l~ LO~lBAÌWIA

rico speciale di quanto più direttamente si riferiva. a cose mil~­ tari: Restelli fu scelto per la parte amministrativa, e Maestri per la politica. InerentemeJJ.te a ciò venne ·scritto a Fanti perr.hè avesse· lasciare .sull'istante Brescia , affidando le sue attribuzioni per detta città a chi gli sembrasse più adatto, e si recasse a Milano, ove lo attendeva altra speciale.mi.ssione .. Questo invito perveniva. al Fanti nel mattino del 20, e nella stessa giornata, dopo ·aver la.sciate le ·opportune istruzion.i a chi destinava a sùrrogarlo, egli. partiva alla volta di M.ilano. . · · Al suo arrivarvi trovò insediato il nuovo R. Commissa.rio, che era ·il Generale Olivieri, vecchio ·soldato napoleonico dell' Eser-· cito Sardo, e già in piene funzioni il Comitato , a cui detto Commissario avea aggiu~ti. per· la parte. militare il Generale Chiodo Comandante del Genio Sardo, ed il Generale Sobrero .. d'Artiglieria. · Pialio _.,... Sapeva8i allora che la ritirata dei Sardi proseguiva non in- Dato dal Faldi . aneetareldl · · terrot~a dal Chiese·all'Oglio, e ben anche all~Adda. Occorreva quindi per Aualriacl fra Plil• . · non perdere ·un istante per quelle disposizioni colle quali si voleva provvedere alla salvezza di Milano, ed in pari tempo rinforza)'e l'azione dell'Esercito Sardo. Di comune 'accordo fra tutti i .~; membri d~l. Comitato si ·affiqò al Fanti la cura di redigere un ..3 '~ piano generale per simile intento, onde avere cosi norme opportune per le singole diverse disposizioni da prendersi. . ... ~j'?.. Nel dar opera all'onorifico incadco che gli avea procurato . _., l'alta stim~ ' ispirata sul suo conto a 'quanti lo avv~cinavano, . .il :1 il nostro Fanti .ritenne di dover porre per base ad ogni sua com~1 binazione l'id~a che l'EserCito Sardo avesse per mfra n~lla su·a attuale ritirata di concentrarsi fra Pizzighettone e Piacenza , per ivi richiamare· il grosso del ne~ico, e aver ·tempo di tenerlo . a ~ada fino a tan~o c~e dal P~emonte e d3:i. Dueati -gli pervenissero rinforzi, con cui. dar l~.10go o a nuovo perio_do · di guerra~ o . :,1 a traitative nelle quali il · peso della di lui spada potesse avere · ancora qualche efficacia. Su questo dato, che ogni. buon principio dell'arte di guerra fàceva ritenere per non dubbio al Generai Fanti, egli volle coordinata ogni· altra misura cq.e gli sem~rava propria a tutelare la . città di Milano. Al suo modo di vedere la presenza.dell'intiero Esercito Sardo fra: Pizzighettone e Piacenza, non avrebbe mai permesso agli Au~triaci di fare qualche serio ten~ativo contro· Milano'· e quindi ·ei riteneva che questa .città potesSe' premunirsi a sufficienza contro attacchi di minor conto mediante le seguenti disposizioni ..

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PARTE TERZA

Approfittare delle ricchissime acque di 1rnga1.ione delle piauur milanesi per praticare su grande scala artificiali innondazioni fm 'Milano e l'Adda, e rendere cosi impraticabili buon numero Jclle strade che da quella parte potevano condurre i nemici sotto la città: armare ed animare del più sacro fuoco di patriottismo la popolazione numerosissima di quella città, e ridestarvi quello spi rito che pochi mesi prima era bastato a metter in dirotta le file straniere: con corpi scelti nella parte valida di questa -mentre l'allra parte avrebbe custodito le mura - si poteva forse anche venire a campale battaglia negli stretti aditi lasciati aperti dalle pra ticate innondazioni, nel caso che per essi si avanzassero di!-llaccamenti nemici : infine richiamare prontamente da Brescia, dallo Stelvio, e da Como i Corpi Volontarj che ivi tuttora si troYavano, concentrarli a Bergamo, e di là farli incessantemente agire alle spalle e sul fianco destro nemico. Così gli Austriaci, nel loro avanzarsi dall'Adda si sarebbero ll'O va ti di fronte le innondazioni ed il popolo armato di Milano, sulla sinistra l'Esercito Sardo trincerato fra Pizzighettone e Piacenza e sulla destra gli audaci Volontarj di Giacomo Durando e ùi Garibaldi, e certo non avrebbero avuto poco da fare per proseguir vittoriosi nel loro cammino. l.' F.<errito '~r­ Pienamente approvato dai suoi colleghi, il piano di Fanti stava ,,,, volge In ritlr.ttu su !llllnnl) per ricevere pronto impulso di esecuzione per ogni analoga sua nn•ld1~ su Pin· con:za. misura, e per quanto spettava alle innondazioni lo stesso Fanti coi Generali Chiodo e Sobrero, accompagnati da parecchi Ingegneri iùmulici milanesi, si eran già recati sui luoghi per le opportune disposizioni se non che improvvisamente si venne a sapere che l'E ercito Sardo anzi che volgere i suoi passi verso Pizzighettone e Piacenza, dirigevasi tutto intiero alla volta di Milano. Sì sconsigliato pensiero, contrario alle più elementari teorie dell'arte militare, mandava a monte ogni ben combinata idea del Fanti, e richiamava sulla infelice Milano tutti gli orrori che do\'CYano attendersi dalla lotta che dinanzi o dentro delle sue mura anrl rebbe ad impegnarsi fra Sardi ed Austriaci. Non sì tosto fu conosciuto con sicurezza un così fatto divisa· w nto dal Comitato di difesa, lo si deplorò vivamente, e si volle anzi tentar modo di scongiurarne le conseguenze. Venne perciò deliberato che lo stesso Generale Fanti avesse a recarsi al Quartier Generale del Re, comunicargli le determinazioni prese dal Comi· tut di Milano e tentare ogni via per ottenere che si secondas"-ero le medesime, anzichè dar corso alla funesta decisione di ùirigere l'Esercito Sardo su Milano.


PAN'tl tN LOMBARDIA inviato Fanti vola a Lodi, ove sa trovarsi il Quartier Generale del al Fanti Quartier Generale del Re Re, e domanda presentarsi al Generale Bava, che allora eserci- per rargli cambiar detennioatava le funzioni di Capo di Stato Maggiore del Re. &iooe. Spiegato al Bava l'oggetto di sua missione, questi risponde al Fanti che la marcia su Milano è stata da lui vivamente combattuta ed avversata, e propugnata per lo incontro la marcia su Pizzighettone e Piacenza; che tutto però è stato vano , giacché fu Re Carlo Alberto stesso che ordinò tale marcia, forse credendosi in obbligo di coscienza di sagrificar tutto per coprire Milano dalla temuta vendetta nemica. Dopo tali spiegazioni, il Generale Bava suggerisce al Fanti , di presentarsi in persona al Re, per cercare d'indurlo a cangiare determinazione. Chiesta, e ottenuta l'udienza reale e trovatosi il giovine nostro Generale al cospetto dello sguardo severo e indagatore di Re Carlo Alberto, egli pronuncia franche e concise parole intorno ai pericoli cui può condurre la marcia su Milano e dimostra all'evidenza i vantaggi dell'opposta misura. Il Re lo ascolta con interesse e par quasi rinvenga dalle sue idee; ma poi rammentando che già tutti gli ordini sono dati , e che anzi molti Corpi sono in piena marcia su Milano, dice essere impossibile ormai il rinvenire dal già deciso e licenzia il Fanti, confortandolo a sperare il bene. Saggi pro\'VP• Coll'animo affranto per l'insuccesso della sua missione , ma dimenti del Fanti per la difesa di col più fermo proposito di non risparmiarsi per quanto stesse in Milano. lui a render meno funesta la regia determinazione, faceva ritorno in Milano il Fanti, e comunicata ai suoi colleghi la triste notizia, con essi loro consacrasi ben tosto a disporre le cose per un nuovo ordine di fatti, vale a dire: per accogliere, alloggiare e nudrire le numerose truppe che fra breve dovranno entrare in Milano ; per dar quel poco di assetto che si poteva meglio alle ordinanze della Guardia nazionale della città; per rimettere un po' d'ordine nella Divisione di Ferrone, già ritornata dal campo; e finalmente per asserragliare con barricate o altro quei punti esterni che più sembravano minacciati dall'approssimarsi del nemico. Nè facile per noi , nè interessante pel lettore sarebbe una particolareggiata esposizione delle cento e cento cose a cui nel breve svolgersi di dlle o tre giorni, dovè consacrarsi la mente· di Futi. Diremo soltanto che egli fu la vera anima del Comitato, il quale senza di lui certamente non avrebbe avuta nè la pratica, nè l'ardente attività, che si esigono in simili circostanze per rie• scire a qualche utile risultato.


PARTE TEkZA . L' &iftl'1:iloSar-

ùu '" Milauu.

Veniva finalmente il 4 Agosto, e l'attonita e sbalordita Milano v deva stanche , affrante di fatiche e di farne, le povere truppe

.~ arde, tuttavia oi·dinate però nelle loro file, penetrare in ci~là da Porta Vicentina e andarsi ad accampare nelle piazze, sulle mura e in altri principali punti, che loro casualmente venivano indicati, e che. pur troppo nessun ordine avea prima stabiliti. IDtime ad . arrivarvi furono le due Brigate di Savoja e delle Guardie,· che non entrarono nell'abitato, ma rimasero fra Porta Romana e Porta Vicentina, onde sorvegliare le còlonne. nemiche che già si presen..: lavano sotto alle mure della città. . . F nti noslate diEd infatti non andava guari che queste s'ingrossavano al comb~llinton­ IO di P ortll 1\o- nanzi. a Porta Romana ed impegnavano il fuoco coi Granatieri della Ulanu. Guardia, che, può dirsi, coprivano dei loro petti la pers_ona del Re, rimasto col suo Stato Maggiore l'ultimo a ·ritirarsi· entro la città. . · Il rimbombo del cannone di Porta Romana venne i.uteso · da Fanti, che trovavasi, come al solito, nel Palazzo Marino, se~e ~s­ sata al Comitato. Lasciata ogni cosa, fu ratto a balzare a cavallo e correre là dove ferveva. il combattimento. Dalla giornata di Rimini in poi~ Fanti non. aveva più visto Italiani pugnare èontro gli oppressori. del loro paese, e non fu cosa di poco momento per lui, come più tardi amava ripeterlo In. famigliari discorsi, l'ammirazione che gli eccitò nel cuore il contegno tenuto al fuoco dai bravi" Granatieri Piemontesi, e soleva dire che ~e aveva ben augu.. rato ·per la causa italiana per momenti meno tristi di quello; Solo al fitto imbrunire ce~s6 il combattimento di Porta Romana, nè Fanti lo abbandonò fino che nori se· ne ritrasse lo stesso Carlo Alberto, quando cioè ormai attaccati ed attaccanti non potevano· più scorgerai nemmeno a· breve distanza. Pria di partir~i per altro egli djede il suo pieno consenso alla misura repu-: · tata allora necessaria· di appiccare if fuoco alle case del. vicino obborgo, più prossime alla Porta Romana, allo scopo di impedire un colpo ·di mano ·.per parte del nemicp ìn quella località. Miluno •• ptP' Accompagnato il corteggio del Quartiere Generale che recapar4 11 re•iat•rG· vasi a prendere alloggio · nel Palazzo Greppi, il Generale Fanti fece ritorno al Marino, per ivi attendere di nuovo a quanto esi..: . gessero le circostanze. E là gli pervenivano notizie da tutti i quartieri della città che l'ingresso delle truppe e quello .dello stesso fie in Milano, nonchè lo spettacolo dell-e ardenti case, avevano fatto persuasi tutti che effettivamente il Re· yoleva difendere Milano fino agli estremi, e che per ciò anche i cittadini, nella grande maggioranza7 si disponevano a secondario del loro meglio. Della

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FANTI ll':f LOMBARDIA

Guardia Nazionale poi, che invero non contava che 6000 armati, si facevano i maggiori elogi pel suo spirito, e se ne prognostica· 'vano i più utili servigi. . · Pi ·fatti favorevoli sintomi· approfittava ·abilmente il Fanti per dar pronto corso a quelle misure ·con cui intendeva provve· dere ai più urgenti bisogni di alcuni corpi delle truppe Sarde, e di· spon-e pnr anco il paese al previsto prossimo comb~ttimento per. la sua difesa; · . ........ Ma ben diversamente dalla pòpolazion.e di Milano dovèva giu· è La ctu41cata illl· pouibile dal Gedi care la situa'zione . presente un .Con$iglio di Guerra, ch·e nella nerali Sardi. e al sera del 4 :veniv:a .:radunato nel Palazzo Greppi alla presenza del tratta perla~ Re. Quivi presa a spassionato esame la generosa, ma .pure in· consulta deliberazione del Re, non si era potuto a meno .d.i non riconoscere tutta la gravità delle circostanze, le quali ne rende. vano assai malagevoli la. sua. pratica . esecuzione,. ~e pur ·anche non .foSKe il caso ·di tri~tissime conseguenze, in ·primo luogo ·per la città che· si voleva proteggère, ed in secondo per l' Esercito Regio. Come infatti impedire agli Austriaci di bombardare da qual· siasi punto. delle circostanti ·campagne quella parte di città che loro più aggradisse? Qua~ e resistenza .efficace potevano oppon-e. le deboli mura di cinta, e con quali parapetti avrebbero esse coperti i propri difensori? Quanto più ostinata e lunga fosse la resistenza, tanto maggior pensiero bisognava prendersi per alimentare la ·popolazione e le. truppe chiuse in città. E queste ultime, già stanche fisicamente ed alquanto scosse moralmente, avrebbero esse sopportati nuovi per~coli, nuove fatiche per una popolazione che non si mostrava granchè benevole .verso di loro? E se anche popolo e soldati avessero gareggiato d'abnegazione e di coraggio per tener lo~tano il nemico, come ripiegare al gravissimo inconveniente, di ·cui si era avuto recentemente· notizia al Quartiere Generale, cioè che il Gran Parco d'Artiglieria dell'.Esercito, per ordini mal dati. o mal compresi, non avea seguita la via di Milano, ma si era condotto a Piacenza? Scarse le provvigioni di munizioni presso ogni Corpo, e tolto il solo mezzo di rinnovarle, non era presumi~ile che troppo oltre si potesse protrarre la difésa di Milano. · · . Per queste ed altre non meno potenÙ ragioni, . il Consiglio radunato alla presenza del Re, avea fatto istanza a quesf'ultimo, · perchè, a .scanso ·di mali ·maggiori, si risolvesse a rivocare l'ordine di opporre la forza alla forza in Milano, a piegare invece il capo dinanzi a fatale necessità e cercare di ottenere. dal nemico quei

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PARTE TERZA

patti migliori che si potessero per la città e per !,'Esercito, il quale rinunziava ad una inutile resistenza. Fattosi convinto il Re dell'errore in cui lo avea spinto un generoso pensiero, accondiscese alle istanze del Consiglio e seduta stante, spedì i Generali Rossi e Lazzari al Quartier Generale del Maresciallo Radetzki, onde offrissero lo sgombro di Milano, ottenendo in compenso piena amnistia pei suoi abitanti e libera ritirata dei Sardi fino oltre il Ticino. Accordava ben tosto il nemico la libera ritirata, ma si riservava interpellare la volontà Imperiale circa all'amnistia: e frattanto accondiscendeva che vi fossero 24 ore di tempo utile per quanti avessero voluto lasciare Milano e ritirarsi in Piemonte od in Svizzera. Tornati i messi regi al Palazzo Greppi e notificato l'ottenuto, a tutti sembrò accettabile la proposta e si attese il nuovo giorno per dare pubblicità ai conchiusi patti. Contegno di Ignari di tutto questo -ciò almeno positivamente per parte Fanti nei tristi ratti di Milano del Fanti esso Generale ed il regio Commissario Olivieri, fino nel giorno a Ago· d l · sto tMS. a primo albeggiare del giorno 5, avevano insieme percorse 1e file delle Guardie Nazionali disposte a difesa di parecchi bastioni della città, El rivolgendo loro parole di eccitamento a forte resistenza, avevano cosi lasciato in tutti la più ferma persuasione che la difesa ad oltranza di Milano fosse più che mai decisa dal Quartiere Generale del Re. Tornati poscia al Marino, entrambi vi avevano trovato l'invito di recarsi senza indugio al Palazzo Greppi. Al loro giungere, quivi stavano già radunati i membri del cessato Governo Provvisorio, quelli del Municipio Milanese e del Comitato di difesa, unitamente al Generale Zucchi e al Colonnello Clerici, comandante la Guardia Nazionale cittadina. Fatto consesso attorno ai Generali Bava e Salasco, questi presero la parola e d'ordine del Re esposero particolareggiatamente le molte ragioni che sconsigliavano dalla anteriormente adottata resistenza, e fatte note le ottenute condizioni di resa, esortarono gli astanti ad adoperarsi con ogni impegno presso la popolazione per capacitarla della assoluta necessità di sobbarcarsi al triste fatto, che imponevano malaugurate circostanze. Un muto e costernato silenzio accolse da prima le inaspettate rivelazioni dei due Generali, ma poscia, vinto da irresistibile impeto di patriottismo che forse faceva velo in quel momento alla funesta condizione delle cose, l'Avvocato Restelli, membro del Com~tato di difesa, si lasciò andare alle più energiche proteste


FANTI IN LOMBARDIA

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coritro l'operato del Quartiere Generale del Re. Dopo di ciò senza ulteriori parole, ognuno dei convocati si avviò per uscire di là. Sorpreso, ma pur troppo convinto che non si poteva forse fare altrimenti di quanto era stato deciso nei Consigli reali, anche il Generale Fanti stava per ritirarsi, quando fattoglisi vicino un Aiutante del Re, per parte di questi lo invitò a passare nella stanza regia, ove sarebbe ricevuto da Sua Maestà. Accettato l'invito, il nostro Fanti si trovò al cospetto dello sventurato Carlo Alberto, che con mesto e conturbato sembiante gli disse: averlo voluto vedere perchè ritenevalo capace meglio di chiunque altro di comprendere tutta la necessità delle cangiate sue determinazioni ed il profondo dolore che ne provava. Fatta quindi una breve pausa, come per dar campo al Fanti di mostrarsi del suo avviso, ovvero di suggerirgli· qualche pratico ripiego per sottrarsi a sì duro destino, e visto che il suo interlocutore serbava un espressivo silenzio, colto allora Carlo Alberto da un insolito movimento di necessaria espansione dei crudeli sentimenti che gli straziavano l'animo, commosso ed agitato oltre ogni dire, riprese la parola e si espresse in modo da far capire al Fanti che l'eccesso di sventura da cui si vedeva personalmente colpito, avrebbe finito per persuaderlo ad abdicare la sua corona in favore del figlio, nella speranza che questi potesse essere menò fatale di lui alla santa causa italiana. Con simile proposito, che preludiava a qualito pochi mesi dopo dovea verificarsi a Novara, il Re accomiatava il Fanti, e questi si ritraeva per recarsi a dare la triste novella ai suoi dipendenti. Fattoglisi per altro dappresso il vecchio Generale Zucchi, si accompagnarono insieme per uscire dal Palazzo Greppi e portarsi quindi alle rispettive loro sedi di comando; ma giunti alla soglia di detto Palazzo, questa e le sue adiacenze trovarono gremite di ogni sorta di gente, la quale ansiosamente cercava di leggere sulla fisonomia delle persone che uscivano dalla residenza reale, l'espressione delle disposizioni che ivi si prendevano al riguardo della difesa di Milano. A tale severa ispezione non erano sfuggiti quanti avevano assistito alle comunicazioni di Bava e di Salasco, ma ognuno avea saputo conservare abbastanza impenetrabile la propria fisonomia. Più eccitabile forse d'ogni altro il sistema nervoso del Generale Zucchi, lasciò che dai suoi occhi e da tutta la persona trasparisse, al suo uscire insieme a Fanti dal Palazzo Greppi, il più manifesto turbamento. Voltasi perciò specialmente l'attenzione


P~RTE TERZA

publica su di lui, e fattaglisi attorno gran ressa di gente, gli si hiesero notizie ed .il perchè della sua agitazione. Il vecchio soldato napoleonico allora, incapace di padroneggiare la propria emozione, si lasciò disgraziatamente sfuggire quate malaugurate parole: Tutto è perduto, o signori; e poscia, quasi preso dal rimorso di averle pronunciate, violentemente si sottrasse alla folla che lo circuiva, e si dileguò per una vicina strada seoo ~~ . . Immediata, terribile, vertiginosa si tu 1'. impressione di quelle parole sopra quanti le avevano udite e quanti le sentivano ben to to ripetute. Al Generale· Fanti quindi, che più tranquillo e sereno era proceduto in mezzo alla folla, vennero, senza più, rivolte interpellanze, apostrofi e minacci e d'ogni specie; perchè spiegasse il vero senso di quanto avea detto lo Zucchi. . E qui egli fa abbastanza abile per riescire a calmare alquanto g)i· animi de' suoi interlocutori, senza compromettersi troppo nel far sperare o disperare della difesa .della città. Ma prevedendo n Ilo stesso tempo, quanto sarebbe avver~:uto non appena che le parole di Zucchi avessero fatto il giro di tutta .la città, gli si pre- . scntò alla mente il grave pericolo che poteva correre la perSona reale e l' intiero Comando dell'Esercito Sardo, se essi, quasi perdu ti in mezzo a Milano e· guardati come erano allora da pochi Carabinieri Sardi e ~a poche Guardie Nazionali, venissero fatti egno a qualche moto popol:~:re promosso da una indignazione creduta giusta e patriottica. In cosi critico momento la cosa era troppo supponibile, ed era sano consiglio· il provvedervi per tempo. · Senza perdere un minuto pertanto. il Generale Fanti ordina ad uno degli Ufficiali che lo seguivano come Ajutanti di Campo, di recarsi al Castello e darvi le dovute disposizioni perchè uno d i Battaglioni della Divisione di Perrone, che colà trovavasi radu nata, si tenesse pronto ad accorrere al Palazzo Greppi alla prima chiamata, colla speciate ingiunzione di farsi strada qualunque costo, quando avesse a trovarla ingombra. Spedito un tale ordine pressatite, Fanti non ritenne dover mancare. di dar parte del suo operato' al Quartier Generale Reale per opportuna sua norma in ca~;o di necessità, e perciò rientrando nel Palazzo Greppi, si presentò al Primo Aiutante di Campo del Re, il Generale La Marmora Principe di Masserano, e ìnformatolo di quanto era allora avvenuto e di quarito temeva potesse ancora avvenire, gli comunicò la misura da lui presa, dandogli formale a sictirazione che il Battaglione Lombardo avrebbe fatto il suo dovere.

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FANTI IN LOMBARDIA

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ll Generale La Marmora pensò bene di rendere di tutto informato lo stesso Re per averne istruzioni in proposito, e fatto attendere il Fanti nell'anticamera, gli riportava in breve questa risposta reale: « Essere il Re grato al Fanti per il prev ntivo « pensiero della sua personale salvezza, ma riputarlo egli or ai « come affatto superfluo, in quanto che il testè avvenuto sotto l « finestre del suo Palazzo gli aveva fatto comprendere quanto cc animosamente fosse disposta la popolazione per la difesa delle • proprie mura, ed averlo ciò indotto a rompere ogni iniziata « trattativa, e riprendere il primo proposito di accanita resistenza. « Tornare quindi vana ogni precauzione per la sicurezza p « naie di chi intendeva secondare in tutto e per tutto il volere • dei Milanesi (1) )). Non poco sorpreso di si repentino cangiamento di risoluzioni riparti il Fanti dalle sale reali, e sceso nella via ebbe ad av v dersi che più presto di quanto egli si era immaginato le parole dello Zucchi avevano prodotto il loro effetto. La foll~ cresceva a vista d'occhio, e come ben era naturale, si aumentava dei più e ltati che primi accorrevano da ogni punto della città, ove aveva falto eco il tutto è perduto, per protestare contro ciò che si era già battezzato per iniquo tradimento. Nuove violenti apostrofi, nuove turbolenti minacce accoglievano il .Fanti al suo ricomparire fra quella eccitatissima turba di gente. Chiese egli allora a sè stesso se avesse potuto valersi per calmare lo sdegno pubblico di. quanto pochi minuti prima ·gli av a detto La Marmora per parte del Re, ma se ne astenne non volendo senza autorizzazione avutane, compromettere la parola reale. D'altri argomenti pertanto si valse per riescire nel suo intento, ma troppa oramai s'era fatta la pubblica indignazione, e la particolare irritazione degli animi per riescire a dominarle. Non erano più le sole parole e i sanguinosi improperj che si cagliavano contro il Re Carlo Alberto ed i suoi Generali, ma già si facevano sentire colpi d'armi da fuoco, e parecchie palle penetrando nelle finestre della residenza reale avevano riperco o nelle pareti delle stanze occupate dai Generali e dal seguito. Un incidente gravissimo che non sapremmo affermare . e fosse fortuito o prodotto da malevolenza, venne ad aumentar la

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(l) Crediamo opportuno ripetere che questi come tanti altri particolari di questa giornata sono da noi desunti da parecchi appunti cbe ne lasciò scritti lo stesso Generale Fanti. E vive ancora taluno dei suoi Ajutanti che può far fede della esattezza dei medesimi. 6


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PARTE TERZA

tumulluo.ria agitazione del popolo che si accalcava sotto al Palazzo Greppi. entre dal vicino locale detto del Genio - che serviva da depo ito generale delle munizioni da guerra - si stavano distribu ndo polveri c cartucce a chi ne domandava per battersi contro gli Au lriaci, improvvisamente s'appiccò il fuoco alle polveri, che n ello es lodere rovinarono gran parte del locale di deposito e cagionat·ono gravi danni fra gli astanti. Lo sgomento che in alcuni, ed il furore che in altri produsse un simil fatto resero ancor più spaventoso il tumulto che regnava pre o al Palazzo Greppi, ove instancabile si manteneva tuttavia il .en rale Fanti per impedire si venisse al compimento dei terribili propositi che d'ogni parte si sentivano formulare. A tal punto gli parvero allora giunte le cose da rendere più che necessaria la presenza del Battaglione Lombardo, da lui fatto metter sotto le armi, onde poter dar mano forte ai pochi Carabinieri ed alla e igua ompagnia di Guardia Nazionale, che stentatamente rie~ci vano ancora a frenare l'irrompente folla. Presentatosi di nuovo al La fa rmora, lo pregava gli permettesse di far senz' altro venire il B Ltaglione Lombardo, e frattanto si offriva a porsi egli mede im alla testa dei Carabinieri reali, assicurando che con e si egli si sentiva abbastanza forte per far sgombrare le adiacenze della r idenza regia. Ricorse di nuovo alla persona del H.e il Generale La Marmora per dare adeguata risposta al Fanti, ed in breve ne riferì le seguenti parole: « Non creder necessario venire ai proposti oc e tr mi, perchè la folla si sarebbe ben presto calmata, quando "' avesse aputo, come il Re autorizzava il Fanti a far noto a tutti, t< che si riprendeva il progetto di difendere la città fino agli oc estrem i :o . Que ta nuova e più formale assicurazione della volontà del ovrano ormai deciso a resistenza, non era certo pel Fanti una garanzia di buon successo per l'impresa, Iila gli forniva almeno un m zzo sicuro di calmare alcun poco gli spiriti della circostante e altata moltitudine. Ridisceso di bel nuovo nella pubblica via, il no tro Fanti, ottenuta un po' di calma nei più a lui vicini, loro annunziò solennemente le intenzioni sovrane, che un momento prima gli erano state ufficialmente comunicate, e soggiunse essere perciò c ·ato ogni motivo al tumultuare, e venuto il momento in cui ognuno dovea prepararsi a dare opra alla generale difesa. Ripetute e propalate in un baleno le parole di Fanti, produsero l'eJTello da lui sperato, e gran parle della folla che fino alora . 'era mantenuta tumultuante sotto al Palazzo Greppi, si


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dileguò per portare altrove la notizia della ormai decisa resi tenza e prepararsi alla medesima. I pochi che vi rimasero, forse anche i meno facinorosi, non ispiravano veruna apprensione, e co i Fanti potè credere cessato il pericolo per la dimora reale, tolta la necessità di sua presenza in quel puuto, e ]asciatagli lib rtà di recarsi altrove per provvedere appunto alla riadottata resi tenza. Sembrandogli però che ogni sua decisione in proposito dov e esser presa d'accordo col Comandante Generale delle Guardie Nazionali, Generale Zucchi, che sapeva aver residenza nel Pa1azz del Vicerè, il Fanti si diresse a quella volta; non rinvenutolo p r altro, egli volse indietro, e si diresse al Marino. Un breve sguardo che noi gettiamo sulla Piazza di S. Fedele che fiancheggia detto Palazzo, ci spiegherà quanto doveva ancora · affrontare in questa giornata il povero Fanti. All'annunzio propagato per la città dei chiesti e accettati patti che Bava e Salasco avevano comunicati all'ex-Governo Prov vi ori ed alle altre Autorità da noi accennate, le vicinanze del Palazzo Marino, da dove era partita la tremenda notizia, erano, come quelle del Palazzo Greppi, state invase da immensa folla, che pro t sia va contro gli stabiliti accordi, e gridava voler guerra e guerra d'esterminio. Le alte proteste dell'imperiosa moltitudine avevano indotti gli ex Membri del Governo, unitamente ai loro compacrni del Palazzo Greppi, a formulare una solenne dichiarazione, con cui a nome del paese domandavano a Re Carlo Alberto, che si rompesse ogni iniziato accordo e si venisse di nuovo alle ostililà. Mentre di ciò stavansi occupando le suindicate persone n Il sale interne del Marino, nella vicina piazza correvano le più t l'an e voci, e si affermava, fra le altre cose, essere stati inviati al ampo austriaco nuovi messi per rettificare i primi patti combinati. Contro di ciò inveiva particolarmente la folla, quando improYYi amente sopraggiungevano in Piazza S. Fedele quelli che dal alazzo Greppi avevano sentite dal Fanti le più ampie assicurazioni h in nome del Re egli aveva dale per accertare la decisa resistenza. na tale notizia che urtava manifestamente con quella dei nuovi messi di pace, che si assicurava essere stati spediti recentemen le al Maresciallo austriaco, produceva sugli astanti le più opposte e le più violenti impressioni: chi negava l'invio dei messj, chi lo asseriva e chiamava menzognere le parole del Re, e di Fanti. In questo momento di alta tensione morale fra quanti si trovavano nella Piazza di S. Fedele, il Generale Fanti, a cavallo, s ()"uito da' suoi Aiutanti di Campo, proveniente dal Palazzo del Vie r ·, sbucava da una vicina contrada in detta Piazza. Non app na


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scorto dalla esacerbata folla, ed in ispecie da quelli che lo accusaano di menzogna un momento prima, ei venne circondato da O'ros a mano di minacciose persone, le quali promiscuamente rivol0 ndogli mille interrogazioni ed improperj, gli si fecero addosso, l'afferrarono per le braccia, per le gambe, e puntandogli le armi al petto, accennavano a strapparlo da cavallo~ ccorsi prontamente i suoi Aiutanti, ed inoltre qualche oneto dei circostanti cittadini, furono respinti quei forsennati, che a evano poste le mani sul Fanti, e questi, che non s'era punto alteralo per l'energica resistenza opposta ai medesimi, potè allora continuare, sebbene a stento, il suo cammino per raggiungere il Palazzo del Marino. Piazza, cortili, scale, anticamere, tutto era gremito di gente convulsa che urlava, imprecava e non sapeva alla fin iine quel che si volesse. Penetrava finalmente il Fanti nella sala, ove stavano redigendo, e firmando la menzionata protesta, i Membri del cessato Governo, del Comitato, del Municipio, ed altri che spontanei vi si erano oiTerti. Richiesto anche il Fanti della sua firma, la rifiutò recisamente dicendola inutile, dopo quanto gli avea fatto assicurare il Re. Compito l'atto della protesta, i firmatarj della medesima, riguardati come benemeriti dalla moltitudine che loro I'avea imposta, abbandonarono tutti quanti il Palazzo del Marino, e non vi rimase ·be il solo Fanti co' suoi Ajutan ti, e tal uno di quei benevoli della folla che fino dalla piazza avevano preso a proteggerlo, e lo avevano accompagnato in quella sala. Con questi pochi, il Generale Fanti si trovava in mezzo all'agitato mare della immensa calca, la qu le aveva invaso ogni sala, ogni stanza del Marino, e le attigue piazze e contrade; ed egli si era ben avveduto dal particolare cont gno della circostante folla che lo si considerava come un prezio o ostaggio avuto in mano. Ciò non pertanto non si alterava punto il calmo e dignitoso ·onlegno del Fanti; chè anzi colla più energica e risoluta fermezza ppe imporre e frenare gli incomposti e virulenti modi dei malintenzionati che lo accerchiavano nel seggio stesso di sua residenza al Comitato. E valgan d'esempio, fra i molti aneddoti che potremmo citare in proposito, i due che fra essi prendiamo. Irrompeva improvvisamente nella sala, ove stava Fanti, uno stuolo di furibondi, che seco trascinando ammanettato e vilipeso un qualunque individuo - che presentavano al Fanti, come colto in flagrante delitto di spionaggio - ne domandavano violentemente l'immediata .fucilazione, esigendo che Fanti stesso ne


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stendesse e firmasse l'analoga sentenza. Osservava il Fanti e sere necessario per ciò un procedimento, sommario se volevasi, ma pure indispensabile per la regolarità delle forme legali ed an che militari. Con urli e minacce erano accolte le osservazioni . uddette, e la folla si apprestava a far giustizia da sè sul mal capilalo. D Generale in allora afferra costui, e copertolo della sua propria persona ripete il già detto, e giura, che lui vivo non la i rà oro mettere un così fatto assassinio. Promettendo poscia, di far sottoporre ad istantaneo giudizio l'incolpato, lo affida a taluno dei meno esaltati che gli si trova vicino, e riesce a farlo u eire incolume dalla sala per essere condotto al giudizio. In altro momento, in cui più alte e sonore echeggiavano intorno a lui le accuse mossegli di essere complice del tradimento, e lo si voleva costringere a mettere per iscritto una formale dichiarazione di tale sua infamia e slealtà, minacciandolo, e noi faceva sull'istante, dei più crudeli eccessi, il nostro Generale r spingeva sdegnosamente la codarda intimazione e si dic va pronto a subire qualunque violenza piuttosto che infamare sè e Colui che per la causa italiana aveva esposte sui campi di battagl ia la propria vita e quella dei suoi figli. Fra questi ed altri consimili angosciosi episodi andava. i sempre più aggravando la posizione di Fanti nel Palazzo Marino, quando d'un tratto un fortunato incidente venne a liberarn lo. Improvvisameute un frastuono, ed un vociare più as ordant del solito si fece sentire dalla strada, sulla quale guardavano le finestre della sala ove tenevasi il Fanti. Spinti dal prepotente de. i di conoscere quale fosse la recondita causa di un tal fatlo, lutli coloro che circondavano il Generale si precipitarono ver o le finestre suddette per aver la desiderata spiegazione. N Ilo sl o momento, quasi per incanto, si presentava sulla soglia di una porta della sala un cameriere del Re Carlo Alberto, il quale, malrrrado la sua rossa divisa, di Corte, aveva saputo penetrare fin l:ì attraverso della ostile turba, che invadeva il Marino. Questo p cchiato fedel servitore, di cui ci duole non poter riferire il nom ma che certo deve aver avuto un cuore superiore alla sua condizione vista la fortunata combinazione per cui Fanti era rima to oi oli suoi Ajutanti, e gli altri pochi a lui benevoli in mezzo alla ala, s'avanzò rispettoso verso del Generale, e gli disse aver ordine di pregarlo a condursi immediatamente al Palazzo Greppi , ove ua Maestà desiderava conferire seco lui. Non v'era un minuto da perdere, perchè la folla accorsa alle finestre poteva ritornare da un istante all'altro, ed imp ir co l


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o~mi movimento al Fanti. Egli stesso lo comprese e quanti stavano con lui, e venne perciò immediatamente deciso di cogliere quell'istante per lasciar la sala, e prestarsi all'invito regio. A qual prò d'altronde tenersi ifl mezzo a sfrenata gente da cui nessun partito era possibile ricavare? Uno dei benevoli, pratico, fortunatamente della località, si fece guida agli altri tutti, e fattiJi uscire da una porta della sala che metteva in remoti passaggi, li trasse prima fuori del Marino senza verun disturbo, e poscia per viottoli secondarj li condusse fino al Palazzo Greppi. Strana o per dir meglio provvidenziale combinazione di casi, mercè di cui forse fu salva la vita di un uomo, che molto doveva operare ancora pel suo paese! Non si tosto si presentò il Fanti nelle anticamere reali, che venne introdotto alla presenza del Re, e questi gli veniva subito . piegando come lo stato di estrema agitazione in cui si trovava Milano lasciando troppo chiaramente indovinare essere impossibile poter procedere ad una bene ordinata difesa delle. sue mura ed anche del suo interno, gli aveva inesorabilmente imposto di cangi re ancora una volta di proposito, cioè, di rinunziare ad ogni idea di difendere la città, e per conseguenza lo avea indotto a riannodare le interrotte trattative di resa. Fatta poi qualche cortese allusione al bel contegno che sapeva tenuto dal Fanti in tutta quella triste giornata, gli manifestava il desiderio di non vederlo più dipartirsi dal suo Quartier Generale, ove forse poteva ripresentarsi occasione di rendergli nuovi importanti servigi. In seguito di ciò il Generale Fanti, co' suoi Aiutanti, venne ammesso nelle sale ove stavano gli altri Generali del seguito reale, lo che avveniva verso le 6 del pomeriggio. Frattanto di mano in mano che si alterna vano nella città le ' 'oci di resa e di resistenza, l'agitazione si faceva più generale e crescente, e a dismisura si aumentava il malanimo contro chi solo i voleva responsabile della presente sciagurata e tristissima condizione di cose, l'infelice Re Carlo Alberto. Le povere truppe Sarde, che a stento avevano avuto pane, e che accampavano in diversi punti della città senza un presta) ilito piano, slegate fra loro, e prive d'ogni qualsiasi istruzione, si tenevano dignitosamente calme dinanzi alle mille provocazioni he loro venivano rivolte da ogni ceto di persone. Sapevan comprendere l'immenso infortunio piombato su Milano, e compativano ogni sfogo di giusto dolore. Esse medesime d'altronde si credevano quasi dimenticate dai loro Capi, n è sapevano qual sorte le attendesse.


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Più lilla. e più perturbata che altrove era la m ap ra lte i tintivamente volgeva verso il Palazzo Greppi, ov dovevano d cider i i destini di tutti; gli uni vi si r cavan p r naturale urio ità d'informarsi; gli altri col delib rato pro p i l d' influit'e ulle determinazioni da prendersi, impiell'ando la forza di pubbliche rimostranze. Colà pure s'era cond lta 1 . ac rbala folla del Marino, dopo che, sfuggitole il Fanti, non aveva aputo . u bi altri fogare il suo malumore. Non saremo noi quelli che vogliano impr are in . mente ai tanti, ui l'eccessivo sincero dolore spi na va in 1 i a i riprovevoli atti, ma non ci lascieremo nem meno indurr a farne il pane!ririco, e ad ammettere che non fos_ follì. la loro prete a di salvare ancora Milano. Per noi la gran . as a dei lumultuanli è deana di compatimento, e degli eccessi eh i commi ero non crediamo veramente responsabili che quei tristi e malvacr i oggetti, che agognando al saccheggio ed alla rapina i vol an far credere convinti repubblicani, e quegli antichi partigiani dell'Au~ lria, i quali nell interesse della loro causa, si camufiaYan cla a!'denti patrioti per farsi agenti provocatori d'ogni di ordin . Non è difficile lo immaginarsi che dal rimpa l dei lrc elementi che imprecavano contro al Palazzo· Greppi , sia v nu to un crescendo di degno, di minacce e di frenesie; che gradal.am n l i ia tornati, come parecchie ore prima, dalle arole • fatti, che con ecru nlemente siano ricominciati i colpi di fuoco e nelle pareti della ala, ove stavasi Fanti cogli altri Gen rali ardi a immediato contatto della stanza del Re, sieno di nuovo rimbalzate le palle dei ediziosi. E qui non ci possiamo astenere dal fare part i olar menzi n del commovente . pettacolo che presentò allora la udd lt. ala fatta bersaglio alle offese della tumultuante folla. Da breve ora era riescito al giovine prode rinci1 rdimtnando, secondogenito del Re e Duca di Genova, 1algrallo bizioni avutene dal Padre, di penetrare nel Palazz ove sapeYa in pericolo il suo Re e Genitore. Fedele ed audace c rnpagn gli ra stato il suo Capo di Stato Maggiore, in allora Colounello d'Artiglieria, Alfon o Lamarmora. Quivi giunto il sudù llo Duca in preda alle più forti emozioni, allorchè gli fischiarono all'or cchio i projetlili penetrati nella sala, fatto dimentico .di sè ste. o Il n pensando che all'immeritato oltraggio che si faceva al Pa, lre uo, i Janciò all'improvviso ad una delle vicine finestr ·i diede ad apo trofar la sotto tante irosa folla, che attentava a gi rni sì pre· zio i per lui e per la santa causa per cui aveva c mbattuto.


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Alla vista di un sì cospicuo bersaglio raddoppiarono le fucilat e fu miracolo se il generoso Principe non ne venne colto n l mentre che si teneva esposto. Fortunatamente non sì tosto i Gen rali presenti ebbero scorta la critica posizione in cui s'era g ttato il valoroso Duca, gli si fecero sopra, a viva forza Io strapparono di là e lo ricondussero al Padre che solo potè riedere a più calmi sensi l'esacerbato animo del figlio suo. In si terribile momento per altro tutti deploravano amaramente di non avere accettata la proposta del Fanti pel Battaglione ombardo, ·o almeno poi di non avere altrimenti provveduto a garantire la sicurezza personale del Re. E fu in così triste frangente che il bravo e ardimentoso Colonnello Alfonso Lamarmora 'oiTerse spontaneo ad arrischiarsi di correre in traccia di qualche drappello di truppe regie che venisse a frenare ogni ulteriore moto sedizioso: con pari animo generoso se gli proferse a compagno il giovine lombardo Torelli, allora Capitano di Stato Maggior , ed ora Senatore del Regno e Prefetto di Venezia. Detto, fatto ; poichè tempo non v'era da perdere, i due arditi si lanciano da una finestra nel giardino interno del Palazzo, e da questo scavalcando un muro, riescono in remoto viottolo, da dove ino ervati corrono alla ricerca prefissa. Questo bel tratto del Colonnello Lamarmora e del Capitano Torelli lasciava concepire speranze di qualche più o meno prosimo soccorso; ma nel frattempo l'infuriar della gente dinanzi al Palazzo Greppi prendeva si minacciosa piega da lasciar temere che per pronto che esso potesse essere, non fosse più in tempo di riparmiare qualche grave malanno I pochi Carabinieri rimasti soli a guardia della porta non potevano più ormai contenere la conciLata folla, che penetrata tumultuariamente negli atri, già invadeva le cale e accennava a salirle per introdursi nelle sale reali. Il pericolo quindi si pronunziava cosi imminente per la stessa perona del Re, che il Generale Robillant, pel primo, e dietro lui qua ti altri si trovavano nell'anticamera reale, fra i quali Fanti co uoi Ajutanti, avevano snudate le spade , e si disponevano a vendere a caro prezzo le loro vite prima che si attentasse a quella del loro Sovrano. 11 momento era supremo, ed il pericolo al colmo, quando avventuratamente due quasi insignificanti incidenti valsero a soffermare alquanto la furente turba, e a dar tempo al Lamarmora di sopraggiunrrere colle trovate truppe, ed impedire ogni delittuoso progetto. Il primo di questi incidenti, forse poco noto, ma pure di tutta autenticità , fu dovuto al coraggio e alla presenza di spirito del


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ol nnello Ar· oino - compromesso politico e cond, nnal a mort el 1 , po ia distinto Ufficiale in tutte le campagne i p na, ove erasi l ,.alo d'amicizia col Fanti - ed eccone in br e il racconto. Venuto al Palazzo Greppi per render conto al Fanti dl cerl incarico a lui avuto in quella giornata e per ric ver nuov is truzioni, aveva imano cercato di ritornarsene perch · la ~ Ila a rbala non gli voleva aprire il passaggio. Fermatosi quindi nell'ulti a ala pro ima alla scala, ove c'erano Ufficiali u alt rni allri, aYea potuto o ervare un individuo, che ripetutam nte ' r in lr dolto nella ala facendosi sempre apportatore di qualche all, rmanl o p r altro novella u quanto si passava nella sottoposta via. non i era più presentato da che un Ufftciale subalterno lombardo he pur si trovava nella sala, gli si era fatto inconlr chiamand lo pia austriaca, e cacciandolo violentemente dalla ala. r quand le . aJe ima e da una parte , e dall'altra le spad d nudale dai Generali, ebber onvinto l'Ardoino di tutta la r·avità d l a. , l'intrepido oldato di Spagna non si peritò punto a m tter in p rirrlio egli pur la sua vita per evitare supremi cii. aslri. atlo i perciò ul pianerottolo della scala sn cui avanza a incompo. ta l moltitudine, cercò da prima con savie parole d'amn an arla, p ruaderla a retrocedere. Fiato sprecato erano per allro i u i de ti i, ed errli mede imo anzi era costretto a indietregrriare a petto d i molli cb gli i facevano sopra con motteggi e con in. ulti . ra i più avanzati cor·g improvvisamente quel cotale, eh ra i pm emente ubita la taccia di spia austriaca 1 balena Lo. to alla ment d'Ardoino il partito che può ricavare da si fatta ir~.;o. lanza, all'errato bru. camente pel collo l'indiziato individuo lo a ldi ta alla mollitudin e denunziandolo per spia ben da lui cono. iula lo lascia alla loro libera giustizia. Tale inasp l l<la ri v lazio n eccitava la più violenta reazione contro colui, al qn le prima la moltitudine aveva dato pieno ascolto, e le recriminazioni dei più vicini lo zelo di arrestare e malmenare il turpe n emico del proprio paes , val. ero a trattenere per alcun poco il p rogres. ivo alire ulle scale d Ha folla. E ciò appunto diede luogo al secondo incidente il qual non fu altro che l'opportuno sopraggiungere innanzi al Palazzo, d l Pode là di Milano in compagnia del ben noto e Limalo Curalo di S. Fedele, i quali approfittando di quella momen tanea o la, 'internar ono fra la folla e riuscirono a dominarla per alcun 1 oco ancora, onde non procedes'se più oltre. p r la via pargevasi inlanto la voce per le sale, per gli alrj che giungevano alla corsa da una strada laterale numero i Ber aglieri


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Granatieri Sardi, e ciò bastava perchè venissero ben presto s ombrate le più immediate adiacenze del Palazzo. Erano una C mpagnia di Bersaglieri ed un Battaglione dei Granatieri della Guardia, che Lamarmora e Torelli avevano potuto rinvenire non molto lontano, e che tosto avevano geco tratti all'urgente soccorso. Di queste forze , che ormai assicuravano la persona reale, si ppe trarre immediato profitto per traslocare in meno esposta località la residenza del Re. Il Generale Bava, che avea il suo alloggio nel Palazzo Calchi - Taeggi, indusse il Re a portarsi colà, ove meglio poteva attendere alle importanti disposizioni che erano necessarie alla gravità dei casi. E fu in detta nuova residenza, ove si era condotto tutto il Quartier Generale, e con esso anche il Fanti, che Re Carlo Alber to ebbe a ricevere gli ultimi messi inviati al Maresciallo Rade tzki per trattare della resa della città. Li conchiusi accordi erano conformi a quelli già combinati la sera innanzi, e da noi riporlati, olo si aggiungeva la condizione della immediata consegna di una delle porte di Milano alle truppe austriache, le quali per altro per dar libero campo ai cittadini di restare o abbandonare la città, no n sarebbero entrate che alle 8 pomeridiane del giorno 6. Nell'assegnamento dei varj uffici a cui si destinarono i componenti del Quartier Generale per dare pronta esecuzione ai convenuti patti, il Generale Bava, che ne aveva avuto il supremo incarico dal Re, volle che non ad altri che al Fanti venisse affidata, fra i parecchi Generali Lombardi , la cura di comandare la speciale colonna , che si era stabilito dovesse raccogliere le truppe tutte lombarde. Dovevano queste dai varj punti dei loro alloggi di città recarsi nel mattino del 6 fuori di Porta Ticinese, e quhi ordinarsi in assegnata località, da dove avrebbero poi mosso al Ticino per la strada diretta che mena a Rho , mentre la colonna dei Sardi avrebbe presa quella di Magenta. A tarda sera del giorno 5 ebbe pertanto cura il nostro Fanti di emanare i necessarj ordini perchè ogni corpo Lombardo avesse n l mattino appresso a trovarsi all'indicato punto di convegno, ed alle 2, dopo la mezza notte , egli e i suoi Ajutanti seguendo il Quartier Generale del Re, abbandonarono il Palazzo Calchi- Taeggi, sempre scortati dai Bersaglieri e Granatieri, condotti dal Lamarmora, attraversarono la città e ne uscirono per Porta Ticinese. Le forti emozioni e le tristi peripezie della giornata rendevan upe e severe le fisonomie di quanti formavano il lungo corteggio reale, che s'innoltrava per le squallide contrade, rischiarate da fiaccole che portav~no alcuni soldati. Sovra tutti spiccava, non tanto


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per statura quanto per profonda e straziante mestizia del "olto, la persona dello sventurato Monarca! Così finiva per Fanti una delle più angosciose e travagliate giornate di sua vita, e noi ci credemmo in obbligo di darne minu~mente i particolari , perchè con ciò ci parve rispondere in primo luogo alla strana accusa che il partito repubblicano d'allora rivolse per le stampe al Fanti, cioè quella di aver fatto l'interesse della Monarchia anzi che quello della Nazione, ed in secondo luogo poi alla ancora più strana credenza che per lungo tempo un certo partito in Piemonte affettò di avere sul conto del Generale Fanti, cioè che egli fosse ben poco deferente alla Casa Regnante. Forse che quest'ultima credenza proveniva dal non averlo mai incontrato nelle anticamere di Corte che nei soli giorni di vero e reale pericolo per chi vi si trovava? Fanti dirige la Nella stessa notte della luttuosa giornata or ora descritta, l'at- ritirata dei Lomda Mil).qo territa Milano, più per sommessa voce passata di bocca in bocca, albardi Ticino. che per effetto di pubblico bando, apprendeva esser fatta facoltà a quanti si credessero compromessi in faccia all'imperiale Governo di emigrare oltre Ticino nel termine di ventiquattr'ore. Migliaja e migliaja di coloro che si ritennero in simil posizione, e gli altri moltissimi a cui non reggeva l'animo di tornare sotto il reggime del bastone, lasciate senza esitanza le proprie case, i parenti e gli amici, presero senza più la dolorosa via dell'esiglio. Per ciò nel mattino del giorno 6 , quando i di versi Corpi e Lombardi e Piemontesi si furono raccolti nelle assegnate località fuori di Porta Ticinese, vi si trovavano contemporaneamente quanti fra i cittadini intendevano partire; ed era straziante lo spettacolo che quivi presentavano gli addio fra chi, cauto ma disperato, partiva, e-chi, incauto forse, osava restare. Non fu pertanto affare di poco momento il riescire a predisporre nel campo dei Lombardi l' ordine di marcia per volgere sul paese di Rho e quindi al Ticino ; e più difficile ancora fu il mettere in moto, e mantenerveli regolarmente, i disparati elementi di cui si componeva la lunga colonna affidata al Generale Fanti. Previdente sempre per qualsiasi avvenimento, esso Generale non avea trascurato di pensare che - siccome avviene di consueto nelle ritirate - i maggiori incagli che potevano presentarsi nella colonna a lui affidata, si sarebbero verificati alla coda della medesima, sia per i ritardatarj che non avrebbero mancato in tali circostanze, sia ancora per quei fortuiti incontri che vi si potevano verificare fra questi, e gli Austriaci che li avrebbero seguiti da presso. In conseguenza di ciò avea ordinato, che due Compagnie


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di r ifuggiati Polacchi, le quali erano state assoldate dal Governo Prov-

vi orio Lombardo, e si componevano di vecchi soldati fattisi esperti nelle guerre nazionali del loro paese , si tenessero al retroguardo della marcia generale, e non risparmiassero cautela verona per evitare incidenti che potessero gettar l'allarme nella colonna in ritirata, ove se poco ordinati supponeva che si terrebbero gli stessi soldati, tanto meno lo farebbero quei cittadini i quali s'erano imbrancati fra essi a maggior tutela della loro sicurezza personale. Opportunissima ispirazione era stata questa del Fanti, perchè fTeltivamente avvenne un caso, per cui se la retroguardia non fo e stata composta di vecchi soldati, ma invece di giovani ·ineperli, si sarebbe potuto produrre il più funesto disordine fra la colonna in ritirata. Pervenuta questa all'altezza di Rho , il Generale Fanti avea ordinato che quivi si facesse il grand alt, e con saggia misura ave fatto fermare tutta la sua gente al di là del paese, perchè non i disperdesse di troppo nelle c.ase del medesimo. Al di quà avea t nuto i suoi Polacchi che guardavano la strada di Milano e le laterali ed egli col suo Stato Maggiore s'era fermato in Rho, per tenersi a eguale portata e del grosso di sua colonna e del retroguardo. Mentre ·cosi stavano le cose, sbuca improvvisa da una via laterale a quella su cui si trovano i Polacchi una forte pattuglia di avalleria austriaca, e alla gran carriera si getta sui medesimi. Que ti, fortunatamente , fedeli all'avuta consegna di moderazione e prudenza non accolgono a fucilate il nemico, ma invece attendono colle armi al braccio la spiegazione dello strano procedere della pattuglia austriaca , la quale , senza preoccuparsi di loro, e supponendo trovar maggiori forze più avanti, prosegue la sua corsa, entra in paese, e va a piombare difilata ove si trova Fanti e il suo Stato Maggiore. Non s'altera punto il Generale per un simile inaspettato arrivo, e raccomandata con poche parole la calma ai suoi, spinge prontamente il suo cavallo incontro alla pattuglia che con atti minacciosi, ed alte grida di prigionieri, prigionieri, gli si avventava sopra. Giunto a pochi passi da essa si sofferma il Fanti, ed accenna colla mano di fare altrettanto ai cavalieri austriaci. L'aspetto grave ed autorevole della persona del nostro Generale ebbe per effetto di far cessare d'un tratto le baldanzose intimazioni degli stessi nemici, i quali anzi rispettosi a lui si parano dinanzi in atto di chi attende comandi da un superiore. D Generale Fan li cerca di far comprendere al capo della pattuglia che vuol e sere condotto dal suo Comandante e quegli vi accondiscende


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sull'istante, e fattosi co' suoi uomini scorta al Generale italiano, lo conduce al posto principale, ove Fanti viene pre en to al Generale austriaco che comandava da quella parte. Era de o il principe di Lichtenstein, il quale alle o ervazioni be Fanti gli fece tù contegno della sua pattuglia co lro chi si ritira a in seguito a convenuta capitolazione, rispo e francamen te che a lui, distaccato dal Corpo principale che tava otto Milano, non era per anche pervenuto avviso del convenuto armistizio : prestarvi ad ogni modo piena fede sulla parola del Fanti, ed emanal'e lo t ordini alle ue truppe perchè si regolassero in on cguenza. U ate poi speciali cotiesie al Fanti, gli dava nu va scorta d'onore e sicurezza che lo riconducesse a Rho, e si accomiatava oi modi che sono proprj ai perfetti cavalieri e buoni ilitari quando anche i trovino sopra opposti campi. La cauta misura presa dal Fanti di de tinare al retroguardo quei soldati da cui meglio sapeva di poter oltenere prudente c nlegno , il pronto intervento personale d l enerale l ol nemico, impedirono certamente in questa ir o lanza he dall 'armistizio ignorato dalle truppe del Generai Licht n tein proveni ero serj guai per la colonna degli e uli Lombardi. Ed e s effettivamente entro lo stesso giorno 6, come era onv nuto, potè portarsi oltre Ticino sul territorio ospitale del Piemonte. Tali eran, per mala sorte, i primi servizi che il fortunato soldato di tanti anni di guerre combattute nella parna poteva rendere al paese natio, al suo primo ritorno in Italia, e bisogna onvenire che tutto quanto gli si apriva innanzi agli occhi, non poteva )asciargli concepire grandi speranze di miglior avvenir . Se egli pertanto posto dinanzi alla tris t prosp ttiv che gli i offriva in Italia, e alla ridente che gli si pre entava n Il parrne - ove sapeva r estargli tuttavia aperta la tranquilla e brillante posizione che vi avea abbandonata un anno prima , - preferì correre l'incerta sorte che gli serbava il uo pae , anzi che accettare la sicura che gli garantiva altro a lui . trani r , ragi n vuole si ri ono ca avere allora acquistato il Fanti nuovo e più. segnalato merito di profondo e disinteressato patriottismo.

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PARTE QUARTA

FANTI E LA DIVISIONE LOMBA D [1848 -- 1849].

SOl\:lMARIO : Il Governo Sardo mantiene al suo servizio le truppe Loro barde. - U Generale Fanti le riordina sotto il comando del Genet•al Oli ieri. Fanti è nominato Maggior Generale nell'Esercito Sardo. - Il (ìenerale H.amo. rino so titui ce Olivieri nel comando delle truppe Lombardo - Fanti nominato Membro del Congresso Consultivo Permanente di guert'f\ - Gli .i offre, e Fanti non accetta il Ministero di guerra in Toscana. - Fanli eletto D putato del Colle"'io di Nizza Monferrato. - Fanti propone ·h le Brigatu Lombarda vengano frammiste alle Sarde - Il Generale 'hznrnow ki rimpiazza il Gener•ale Bava nel comando dell'Esercito.- Funti organizza i Lombardi in Di'visione di guerra. - Il Piemonte si decide a ripremlet·e le osL ilità. - Piano di campagna del Chzarnowski - Mala condotta della breve campagna del 1849. - Composizione e forza, con cui la Di\'i:;iono Lombarda entra in campagna. - Istruzioni date al Ramori no pel . uo ontogno alla Cava. - R-amorino trasgredisce gli ordini ricevuti. - i·: tolto al Hamorino, e vien dato al Fanti il comando della Div i ion Lombarda. - Fanti, privo di superiori norme di condotta, prend mi ure opportun al ca o. - Oiu te ragioni che tengono immobile il Fan ti n i giomi 22 e 23 farzo 1849. - Gravi ragioni che inducono il Fanti a marciare u Aie sandria. - Fanti dà parte a chi di dovere della sua ma t' ·i a p r le_~a n­ dl'ia. - Il Comandante dei Cavalleggieri Lombardi ri tluta obbeilienza al Fanti. - La Divi ione Lombarda in Alessandria. - Vi pre ta gi uramento al nuovo Re Vittorio Emanuele. - Si reca in accantonamenti fl'a Tortona, Voghera e Ca teggio. - I duri patti di Novara, e l'insm·reziono di OenoYa. - Gli emissari insurrezionali genovesi in mezzo alle truppe Lombarùe. .Mi ur e apprezzamenti del Fanti sulle cose del momento . ome e con quali ottimi risultati Fanti lascia Alessandria e corre a Tortona. Fanti propone ai Lombardi di recarsi a prendere ser vizio in To.cana, o nello Stato Romano e ne tratta col Governo Sardo. - Abboccamento di Fanti con Alfonso La Marmora. - Il Governo Sardo n cett.a la proposta <li F nti, e invia i Lombardi a Bobbio. - Nuovo abboccamento di Fanti e


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PARTE QUARTA

La Marmora, prima che questi marci sopra Genova. - Proft'erte degli Austriaci e dei Francesi al Piemonte per domare Genova insorta. - Re Vittorio Emanuele, e lo scioglimento delle truppe Lombarda. - Marcia dei Lombardi da Voghera a Bobbio. - Saggi prQvvedimenti di Fan~i in Bobbio. - Dure prove a cui è sottoposto l'animo di Fanti in Bobbio. La marcia dei Lombardi da Bobbio a Chiavari. - Opportuni provvedimenti di Fanti in Chiavari. - Lo scioglimento della Divisione Lombarda.

Il Governo Sal'do mantiene al suo t~P.n·izio le truppe Lombarde.

Sconfitto Re Carlo Alberto sui piani Lombardi, e respinto oltre Ticino il suo Esercito con quanti altri seco avevano pugnato contro la vincitrice Austria, il piccolo ma indomito Piemonte - cui tante altre fiato era toccata simil sorte, eppur se ne era saputo rimettere- non disperò nemmeno questa volta, e datosi a medicar le tocche ferite, e a riparar l'armi contuse, raccolse pietosamente gli esuli fratelli, e loro lasciò sperare che il doloroso esiglio non avesse a durar di soverchio. Alcuni di questi trasmodarono nelle pretese, ma furon pochi, e ben tosto sconfessati dai più. Comunque per altro, nè le popolazioni, nè il Governo Piemontese potevano far troppo a fidanza colle precarie condizioni in cui li avea lasciati la combattuta guerra. E per vero dire lo stato delle cose era tale, che pareva prudente consiglio pel Piemonte quello di disfarsi, almeno momentaneamente, delle truppe Lombarde raccolte sul suo territorio, giacchè la loro esistenza era la più flagrante provocazione all'alterigia austriaca, come atto che minacciava una vicina ripresa d'armi. Egli era ben vero che di pace non s'era ancora parlato; e che Ùn semplice armistizio era stato conchiuso dal Generale Salasco con Radetzki non appena sgombrata la Lombardia; ma ciò non pertanto e comunque si dicesse, la parte piti sana della popolazione Piemontese, e l'intiera diplomazia europea consigliavano al Governo Subalpino di smettere l'idea di nuova riscossa e di subire l'ineluttabile fatalità del destino. A tanto per altro non volle assolutamente venire 1'. alti ero animo di Re Carlo Alberto, cui suonavano anche all'orecchio le tremende parole di Milano, e costante nell'abbracciala causa, dispose perchè il suo Governo vie meglio ordinasse e provvedesse allo armamento ed equipaggiamento delle accolte truppe Lombardo. Così, forse in cuor suo, pensava esser magnanimo il vendicarsi dei recenti tristissimi fatti di Milano. Ed in esecuzione di ciò erasi effettivamente veduto, che non appena era stato ripassato il Ticino, e l'Esercito Sardo si era scaglionato dietro il medesimo dal Lago Maggiore fino al di là di Pavia nel Piacentino, quelle truppe erano state concentrate


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tutte in Novara da prima e quindi in Vercelli · ·hè i i er or~ dine governativo davasi ogni particolar cura a manten l'l nel proposito di restar sotto le armi, a riordinarle e a mi liorare p r ogni erso la loro condizione, parificandole in tutlo p r tutto alle truppe del Regno. Ed è in tal' opra benem rila che n i andiamo a trovare tutto intento il nostro Fanti. ral Era precisamente sulla metà dell'Agosto quan o al Mini lro F11ntlnleGen rlorcLn aotto il comando di Guerra di Torino veniva ordinato che il già R. Commi ario del Generale Oli· di Lombardia, Generale Olivieri prendesse il ornando in apo Yierl. eli quante truppe Lombarde si trovavano in Piem nt , di quelle ancora che vi eranò pervenute dai Ducati, accantonale allora in Vercelli e paesi vicini, e che ne facesse un riordinamento g nerale. ll suddetto Generale, che contava lunga e nomta carriera nell'arma di Cavalleria, aveva avuta la rara virtù di giudicar i non atto ad organizzare armati che non fosser o di Cavalleria, e siccome nelle r elazioni che per ragione d'Uffizio avea dovuto avere col Fanti in Milano s'era convinto che questi anda"a largamente fornilo delle qualità che a lui facevano difetto, c i avea apulo provvedere alla esecuzione dell'ordine ricevuto in gui a eh le proposte del da farsi partissero direttamente dal uo uballerno Generale Fanti, riservandone a sè stesso la pre ntazione al ~fi­ nistero di Guerra per la necessaria approvazione. In vi la di ciò pertanto l'apra, cui veniamo a particolareggiare, deve con id rar i come propria del Fanti. Per ben comprenderla per altro · u cessaria qualche preliminare nozione sulla diver n lur provenienza degli elementi, che il suddetto Generai dov a man ggiare. Nella citata epoca, le truppe Lombarde entrat iu Pie onte si componevano : dei quattro Reggimenti di Fanteria d Ila Divisione Perrone, ridotti pe1· altro, e nei quadri, e n lla ba a forza ai minimi termini, perchè e di truppa e di uffì iali, non lutti eran partiti da Milano, e non pochi d'altronde av an pre a la vja della vicina Svizzera; v'erano ancora gli scheletri di due R ggimenti di Cavalleria, Cavalleggeri e Dragoni, nella mas ima parte montati; una Brigata d'Artiglieria, che avea il suo p r nal quasi completo, ma cavalli e materiale affatto insufficienti per le tre Batterie; eranvi infine una o due Compagnie di Zappatori d l • nio bene ordinate e disciplinate. In aggiullta a questi C rpi, più ditinti per esistenza organica, eranvi poi altre fo rze armal c n idi Pompieri stenti in buon numero di Gendarmi, di Finanzieri che avevano voluto abbandonar la Lombardia e guir le orti ei loro fratelli. Di truppe appartenenti ai Ducati i r- no, due o 7


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lr meschini Battaglioni misti di Volontarj e di soldati Modenesi rmensi Infine alcuni pochi, ma turbolenti a vanzi di una cosi d lla Legione Italiana, che sul cominciare della guerra era stata r clutata a Parigi, e inviata in Italia sotto il comando del Generale A.ntonini, la quale per vero dire non era che una accozzaglia di 0 n te cosmopolita, che invece di rendere buoni servigi avea ca11ionati serj pensieri a tutti i paesi che avevan avuto la disgra:da di arie stanza. Essa, dopo avere stancata la pazienza del Governo eneto, che l'avea licenziata, attraversando i Ducati, era venuta ad offrire i suoi servigi al Governo Sardo, non nascondendo che non li prestava a troppo basso prezzo. Prima particolar cura del Fanti si fu quella di disfarsi di sì fall specie di gente che voleva imporsi, minacciando ben ancile di servirsi delle armi per fare aècettare i propri servigi. Fatti marciare immediatamente su Genova questi riottosi soldali di ventura, qui vi vennero disarmati, e sciolta la Legione, i c mponenti della stessa vennero diretti ai loro rispettivi paesi delle diverse parti d'Europa. Liberate le altre truppe dalla presenza di costoro, che erano on linuo malo esempio alle medesime, si potè meglio procedere~ alla riorganizzazione voluta, che si condusse nel modo seguente: Degli avanzi dei Reggimenti della Divisione si formarono 7 allaglioni, che si dissero Provvisori, ognuno dei quali ebbe 4 com pagnie con 100 uomini per cadauna. Questi Battaglioni si tennero concentrati in Vercelli. Coi Sott'ufficiali eccedenti i quadri reg lari dei Battaglioni, se ne formò una speciale Compagnia che "i di se di Deposito, e in essa si raccolsero i meno istruiti e meno pra tici del mestiere per farglielo apprendere. In Borgo Vercelli si accantonarono sotto un solo comando le mi ere frazioni dei Cavalleggeli e Dragoni. Parimenti sotto un solo comando si raccolsero entro Vercelli i G ndarmi, Finanzieri e Pompieri, e loro si affidò il servizio di vigilanza e pulizia particolare pei Corpi Lombardi. Anche l'Artiglieria e Zappatori del Genio si acquartierarono in Vercelli, in attesa di prossima nuova destinazione Nei dintorni poi di questa citlà vennero formati in due distinti Battaglioni, i volontarj e soldati dei Ducati, essi pure in attesa di altra destinazione. Fu prescritto che si procedesse immediatamente al nuovo impianto organico, amministrativo, disciplinare e d'istruzione di ogni arma e d'ogni corpo a stretto rigore d~i regolamenti

sp.rdi,


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Mercè l'attenta ed energica sorveglianza del Fanti, in pochi giorni tutto prese nuova forma, e le cose camminarono assai me· gJio che non potevano far prima. Ma frattanto sopraggiungevano altri Corpi Lombardi in Piemonte ed erano: quello del Generale Giacomo Durando, che dal Caffaro e dal Tonate, or schivando abilmente i Corpi nemici, or facendo valere ·il conchiuso armistizio, era riescito a condurre i suoi Volontarj al di quà del Ticino; e l'altro del Generale Griftìni, il quale da Brescia s'era creduto costretto a gettarsi in Svizzera per non cadere in mano agli Austriaci, e quivi disarmato,. avea potuto, fra infiniti stenti e fatiche, giungere esso pure sul territorio sardo. Un consimile aumento delle forze Lombarde nella seconda metà dell'Agosto, esigeva altri provvedimenti per dar posto ai nuovi sopravvenuti. Fanti propose pertanto di formare altri 5 Battaglioni, che vennero ripartiti insieme ai 7 già esistenti, in due Brigate provvisorie. Ma oltre ai sopraggiunti due Corpi, di Durando e Griffini, avveniva pure che giornalmente, una quantità degli individui che si erano dispersi nella ritirata da Milano, rientravano ai loro Corpi, e altri emigrati, senza risorse, si arruolavano spontaneamente per poter vivere; cosi non andò guarì che la bassa forza di fanteria si trovò di tanto aumentata da permettere al Fanti di portare a 150 gli uomini delle Compagnie dei 12 Battaglioni, e formare cosi 4 Reggimenti, con 3 Battaglioni per cadauno su 4 Compagnie, che costituirono due regolari Brigate di fanteria. Ai successivi aumenti necessari nei quadri dei Sott'ufficiali provvide molto a proposito la Compagnia di Deposito d'Istruzione. In questo frattempo altre importanti misure otteneva il Fanti che si adottassero per l'Artiglieria, pei Zappatori, e per la Cavai· leria. La prima venne inviata al Campo di S. Maurizio, ove dovea trovare cavalli, materiale e ogni comodo per istruire il suo personale. I secondi, a cui si aggiunsero i Pompieri di Milano, furono mandati a Casale, e qui vi addetti al Corpo del Genio Sardo per potervisi impratichire d'ogni ramo del loro speciale servizio. La Cavalleria poi la si mandò a Savigliano e a Pinerolo, ove le venne fornito ogni occorrente in cavalli e bardature, necessari per costituire i Reggimenti di Dragoni e Cavalleggeri. La Gendarmeria Lombarda passò a Torino, e venne aggregata ai Carabinieri del Regno. Coi Finanzieri, e altri riparti di piccoli Corpi Lombardi, si costituì un Battaglione di Bersaglieri, che dal suo Comandante


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pre e il nome di .Bersaglieri Manara. Un consimile Battaglione i organizzò coi Volontarj Trentini; e con un piccolo Corpo speciale di studenti Modenesi e Parmensi, si formarono altre due Compagnie di Bersaglieri. Infine le poche truppe regolari dei Ducati di Modena e di Parma, composero un primo gruppo di uomini, attorno a cui dovea più tardi agglomerarsi il resto necessario per formare un nuovo Reggimento di Fanteria ed un Battaglione di Bersaglieri. Si l'uno, che l'altro erano destinati a far parte dell'Esercito Sardo. Chi volle restare al servizio fu obbligato ad assoggettarsi alla ferm a di tre anni, e la formola del giuramento imposto alle truppe Lo m barde, fu così concepita:· Fedeltà al Re, allo Statuto e a quelle leggi che emanerebbero dalla Costituente del Regno dell'Alta Italia. Solamente col finire dell'Ottobre furono in pronto le speciali divi e che il Governo Sardo avea fatte confezionare per le truppe Lombarde, e queste poterono finalmente sui primi del Novembre, pogliare le povere vesti di tela di cui erano state fino allora coperte, per vestire tenuta pari a quella dei soldati sardi. Altre importanti misure avea promosso il Fanti, fino dal suo primo giungere in Piemonte, ed ora se ne andavano a provare i benefici efletti. L'esorbitante numero di Ufficiali Lombardi, in proporzione della scarsità della loro bassa forza in ogni arma, era tale, che gran parte ;dei medesimi non poteva avere destinazione .alcuna. Venne perciò suggerito dal Fanti che si formassero Depositi peciali di questi Ufficiali, nei- quali essi farebbero un corso di studi elementari sul loro servizio. Il Governo secondò tale suggerimento, e Biella, Ivrea, e Moncalvo furono le tre località destin te ai Depositi suddetti, dai quali, allorchè occorse allargare i quadri della Fanteria, come si disse più sopra, si ebbero i neces arj elementi per tale operazione. Altro utile provvedimento relativo ai suddetti Ufficiali si fu il seguente. L'urgenza del bisogno e la ristrettezza del tempo avevano fatto sì che n· Ministero di Guerra Lombardo non aveva potuto pesare bene tutte le nomine di Ufficiali da lui emanate, e taluno di questi, che già funzionava nei Corpi come tale, non aveva ancora ricevuto nomina regolare. A togliere pertanto l' inconveniente delle nomine che per imperiosi motivi non si sarebbero dovute fare, e quello che vi fossero Ufficiali senza regolare Brevetto, si costituì una speciale Commissione, che si disse di Scrutinio, la quale ebbe l'incarico rli esaminare i titoli di ciascuno e


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di proporre l'esclusione dai Corpi Lombardi di tutti quelli, il di cui nome fosse pregiudicato, o che non fossero stati ufficialmente nominati. Fanti è nomi• Le solerti cure del Fanti e l'utile pratico che le medesime Dato MagsiorGeaerale nell"eaeravevano procurato pel riordinamento dei Lombardi, erano state cose cito Sardo. troppo evidenti perchè il Governo di Torino non avesse a tenerne speciale conto, e. tanto più in quanto che esso Fanti era quel medesimo, che nei luttuosi fatti di Milano non avea risparmiata, nè la sua persona, nè la sua popolarità per tutelare la persona del Re. In benemerenza di tutto questo, il Ministero di Guerra di Torino~ con data delli 28 Novembr~ 1848, conferiva al Fanti il grado di Maggior Generale nel R. Esercito, e lo nominava Comandante di una delle due Brigate Lombarde. Il Generale - Nel mentre che con ogni buon volere e piena lealtà il Go- Ramorino sostituisce Olivierl verno di Re Carlo Alberto si adoperava ad utilizzare per la causa nel comando deltruppe Lomitaliana le truppe non oriunde del suo territorio, quel partito, lebarde. che allora si diede l'appellativo di Democratico, s'era preso di particolare stima e tenerezza pel celebre Ramorino - il condottiere della spedizione di Savoja nel 1833 - e con ogni sorta di maneggi, comprese le dimostrazioni di piazza, tentava ogni via perchè gli fosse dato il comando delle truppe Lombarde. Noi crediamo poter assicurare che fra i più risoluti oppositori a tal nomina fuvvi lo stesso Re, che forse meglio d'ogni altro conosceva il Ram orino per l'avvenuto nella menzionata spedizione; ma ogni opposizione fu vana, e tanto si fece, che Olivieri fu tolto dal Comando dei Lombardi, e vi si designò il Ramorino. Espressamente dicemmo designò, perchè di fatto esso Ramorino, sotto il pretesto della sua qualità di Deputato alla Camera, fatta una breve comparsa a Vercelli, e rimesso in mano di Fanti il Comando supremo, se ne tornò a Torino, nè punto nè poco preoccupandosi del Comando che gli avevano procacciato i suoi amici. E noi noi vedremo più condursi al suo posto, che pochi giorni prima che riprenda la guerra nel Marzo 1849. Un lato buono per altro offriva questo singolare contegno del Ramorino, ed era che per cotal guisa il Comando dei Lombardi anzi che nelle sue, restava nelle ottime mani di Fanti, che poteva cosi personalmente influire a perfezionare sempre maggiormente e gli ordinamenti, e la istruzione, e la disciplina di quelle giovani truppe. Ed effettivamente egli vi si adoperava con tanto zelo, intelli· Fanti nominato Membro del Con· genza e buon successo da soddisfare pienamente le esigenze del IJ"e880 Conaultivo Permanente Ministro della Guerra d'allora, che era il prode veterano Sardo, di Guerra.


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il Generai

Maurizio di Sonnaz. Perchè anzi il medesimo - che certo avea buon tatto per conoscere gli uomini di guerra, pr ndeva tale, e sì fatta stima personale del Fanti, che persuaso di far o a utilissima al paese, lo avea voluto. nominare (9 Gennajo 18 · ) Membro effettivo del Congresso Consultivo Permanente di Guer1·a. Rara distinzione per vero dire per un Ufficiale che da bon poco tempo era stato ammesso nel R Esercito. Gli i olTre, e è la riputazione d'esimio Generale procacciatasi dal Fanti nei Fnnt1 non accel1 , il tero pochi me i a che dimorava in Italia, restringevasi fra le pareti del d1 Gn~rm in T o. Minist ro di Guerra di Torino, e lo dimostrano i due fatti seguenti. Le peripezie politiche passatesi in Toscana in sullo scorcio del 1 i-8, in forza delle quali il Gran Duca, cavatasi finalmente la ma chera, avea abbandonata la sua Reggia di Pitti, e s'era ricoverato in Gaeta presso il Re di Napoli, avevano permesso ai T . cani di chiamare al loro Governo uomini di sensi italiani, e questi comprendendo tutta l'urgenza di armare il paese, s'eran deci i di rinvenire un uomo che fosse acconcio all'uopo. E siccome fino a Firenze si parlava assai vantaggiosamente del Fanti a tale riguardo, cosi il Governo Toscano fece offrire al medesimo il portafogli o del suo Ministero della Guerra. A tale onorevole offerta, Fanti rispondeva manifestando i più entiti sensi di riconoscenza, ma soggiungeva che « trovandosi q ormai (1) al servizio nell'Es.ercito Sardo; e legato ai suoi destini, cc anelan anzi tutto a dividere con esso le pene, ed i pericoli, a che gli serbava la sorte dell'armi, e non poteva quindi accettare C( l' onor vole incarico propostogli ». F a nti eletto deello tesso Piemonte in alta opinione erano venute le quaputato del CollegiO di lnn- lilà del Fan ti, e lo si riteneva uomo degno di essere occupato nella lll nC~ rm t o. co a pul blica anche all'infuori della sfera delle faccende di guerra. Per iò, il :ollegio elettorale di Nizza-Monferrato, in sul principio del '1 -iD eleggeva ad unanimità di voti il Generale Fanti a suo Deputato pre so il Parlamento Subalpino. Li lo di sì onorevole distinzione, che venivagli da un paese ove egli c rto non avea fatti intrighi per ottenere il mandato offertorrli, il no lro Generale annunziava al Sindaco di Nizza-Monfer.ralo, he a cettava il compartitogli onore, e dopo alcune parole di ringrazi mento, chiudeva la sua lettera con questa specie di programma della condotta che avrebbe tenuta alla Camera: <f Liberale per principj, nemico dei privilegi, cittadino amico « rl lla probità in ogni ramo della gestione pubblica, militare ~lini

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(l) Lettera ùi Fanti al Governo Provvisorio Toscano.


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•: rigido amante della più stretta disciplina, ed entu ia la del! •< patria indipendenza, io cercherò di attingere a queste fonti l'in·< terpretazione dei voti di codesti Elettori, nell' emelt r i miei «. alla Camera, i quali tenderanno sempre al conseguim nto di <( tutto ciò che possa formare il ben essere e la gloria di que lo « paese e dell'Italia ». Queste sobrie e significanti parole in un momento in ui i parlava generalmente con frasi sonore e fiori rettorici, ·appari v, no manifesto segno della profonda serietà del carattere di h i le profferiva. Erano scorsi intanto parecchi mesi dopo la conclu ione del- ch!an1~ Pé~fga~~ l'armistizio, e mercè le accennate misure s'era grand m n l nv- ~:~ ~~1 ;1 ~; vantaggiata l'istruzione, la disciplina e l'ordinamento d' og1 i . 1'- ane arde. vizio in ognuno dei Corpi Lombardi, e Fanti non poteva a meno di non trovarsene assai soddisfatto, ed augurarne bene per quand avessero dovuto entrare in azione. Una sola molestia gli dava qualche pensiero, e que. la nn. ceva dal vedere la ben marcata persistente misura, che il Governo ard avea adottata, di tenere le truppe Lombarde affatto segr gate dalle Piemontesi. Non gli era forse difficile l'indovinare le r, gioni di vario genere, . per cui il suddetto Governo si credeva obblig< to a ciò, ma oltre chè queste non gli sembravano poi tanto . ri gravi, ei ne trovava di quelle, dal lato puramente militar , di co~ì fatta importanza, che avrebbero dovuto far trascurar l prime. E queste ragioni militari si riassumevano in ciò, che fino a tanto che i Lombardi vivessero isolati, avrebbero impi gato doppio, o triplo tempo a diventare esperti soldati; mentre per lo incontro se si trovassero frammisti ai vecchi soldati P iemonte i, ne vedef;sero gli esempi, ne apprendessero le abitudini militari, e potessero ben anche gareggiare con loro, in zelo e capacità, non tlimi andrebbe guari che anch'essi, i Lombardi, addiverreb ber soldati. Di ciò era talmente convinto il Fanti, che ne seri c colarmente al Generale Bava, Comandante Generale dell'. •. rei lo, e questi, toccato forse dalla verità della cosa, invitò il 'an li a recarsi da lui per conferire in proposito. Nel colloquio che ebbe luogo in Alessandria, il Ge nerale antl formulò meglio la sua idea, esponendo il progetto che le due Brigate Lombarde venissero aggiunte in sopranumero all e due Divisioni, comandate allora dai due Principi Reali, il Duca di avoja e quello di Genova. Sotto i potenti auspici di questi due gi vani, sì .amati e stimati nello Esercito, sarebbe certamente cemata a


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p co per volta quella freddezza che regnava fra le truppe Lombar e e le Piemontesi, e a poco per volta le une e le altre si ar bbero avvicinate maggiormente e avrebbero appreso a stimarsi ed marsi come buoni camerata. Il Generale Bava rimase convinto di tutta la ragionevolezza, e opportunità della proposta di Fanti, e assunse l'incarico di promu vere egli medesimo dal Ministero di Guerra di Torino le nec s arie disposizioni per la sua etl"ettuazione. Il G n. Cb arMalauguratamente per altro, in quel periodo di tempo, il nowskl rimpiu• Il Gennrale Dava nel Com<tn- Gen erale Bava veniva esonerato dal Comando Generale dell'Eserdo dell'Esercito. ito, e gli subentrava il Polacco Chzarnowski, e conseguentemente l'adottata misura non veniva posta in pratica. Un fatto si grave quale si era il cambiamento del General in Capo, non può essere considerato a nostro avviso che iccome una vera improntitudine di chi lo promosse, e di chi lo ompì; e fu peggiore improntitudine ancora, non tanto per il rinvio del Bava, quanto per la chiamata di un forestiere a comandare una guerra, a cui si dovea dare tutto il carattere di nazionale. Al Bava, che certo noi non sosterremo fosse un genio di rruerra, potevasi sostituire il De Sonnaz, che ottime prove avea fatte nella precedente campagna, ove si era procacciata la più ella riputazione fra le nostre truppe ; ma chiamare uno straniero che avea guerreggiato nei boschi, e nelle steppe della Polonia, perchè venisse a far guerra sugli accidentati terreni d'Italia, affidargli il comando d'un Esercito che gli era altrettanto sconosciuto, quanto egli lo era all'Esercito stesso, fu cosa talmente intempestiva e s onsigliata, che la non si può spiegare se non che ammettendo per vere le voci corse allora, ossia che un partito potente nella Corte e nel Governo avesse voluto cosi soddisfare ad antiche animosità contro quei due vecchi nostri Generali. Ma basta; nel gran dramma della· rigenerazione italiana era detto che l'infelice Carlo Alberto dovesse bere il calice delle amarezze fino al fondo, e perciò quindi il suo Governo dovea seguire la triste ispirazione, di chiamare uno straniero di niuna fama a comandare le sue armi. Nè per questo noi vogliamo nemmeno dire che lo Chzarnowski foss privo di qualsiasi merito militare : ne avrà forse avuto taluno, ma giunto che fu in Piemonte, sventuratamente per lui, e più ancora per noi, egli condusse le cose in guisa, che nessun intelligente militare potrà mai persuadersi, che un Bava ed un Sonnaz, non avessero saputo fare assai meglio del generale Polacco.


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Questi riflessi ci sfuggirono quasi nostro malgrado dalla penna; ma pur non saranno stati affatto inutili, per stabilire un preventivo criterio sull'uomo nelle cui mani dobbiamo fra poco vedere le sorti dell'Italia, non che la riputazione e l'onore militare del Fanti. Attesa la quasi non interrotta assenza del Ramorino dalla sede di suo comando, continuava sempre il Fanti ad esercitare il comando superiore sui Lombardi, ed i nuovi rapporti che ebbe a contrarre per ragioni d' uffizio col Generale Chzarnowski, riesci vano di comune reciproca soddisfazione. Amiamo anzi soggiungere a questo proposito, che persone, le quali si dicevano bene informate, pretesero allora che il Chzarnowski, il quale avea guerreggiato col Ramorino nel 1831 in Polonia, non nutriva soverchia stima del suo vecchio commilitone, e che anzi si mostrava assai più contento di avere a che fare col Fanti, che col Ram orino. Vuolsi pur anco che il Ram orino pagasse di egual moneta lo Chzarnowski, nè fosse troppo contento di essere sotto ai suoi ordini. Facciamo rimarco di queste due cose, perchè ci pare che forse non siano estranee a quanto vedremo avvenire più tardi, allorchè Ramorino non eseguirà gli ordini di Chzarnowski. Il quale funestissimo fatto non sarebbe certo avvenuto, quando non si fosse troppo debolmente ceduto ai due partiti che avevano imposti al Governo questi due uomini. Fanti organizza Poco appresso che il nuovo Comandante in Capo, col titolo i Lombardi in Vivisione di guerra.. di Generale Maggiore dell'Esercito, era entrato nell'esercizio delle sue funzioni, fece eseguire un cambiamento generale di stanza ai Corpi tutti, che stavano scaglionati sulla frontiera, e le truppe Lombarda in conseguenza di questo, lasciando Vercelli e i circostanti paesi, vennero a prendere accantonamenti in Alessandria, Bosco, Solaro, Cascine, Acqui e Novi. L'Artiglieria per altro e la Cavalleria non .avevano mosso dal Campo di S. Maurizio, da Pinerolo e Savigliano, ove si tenevano sempre in via di riordinamento, e approvigionamento di cavalli e materiale. E fu poco dopo un cotal cambiamento di stanze, che Chzar· nowski si rivolse direttamente al Fanti, che al pari di lui soggiornava allora in Alessandria, invitandolo a rassegnargli un progetto di ordinamento in guerra dei varj Corpi Lombardi, che armonizzasse col resto dell'Esercito Sardo, e di più una motivata proposta nominati va di quegli Ufficiali che egli riteneva capaci di entrare in campagna. Relativamente alla prima domanda Fanti proponeva in mas.. sima che i Reggimenti di Fanteria, i Battaglioni Bersaglieri, e le


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Batterie d'Artiglieria venissero numerizzati coi numeri progressivi dei Reggimenti, Battaglioni e Batterie sarde, come pure le Compagnie Zappatori. Cosi si sarebbe avuta la Divisione Lombarda fo rmata, dei Reggimenti (col 18. 0 finiva l'Esercito Sardo) 19, 20, 2'1 e 22, di tre Battaglioni Bersaglieri, ossia: 6. 0 Manara, 7. 0 Trentini e 8. 0 le due Compagnie degli Studenti Parmensi e Moenesi, e delle Batterie 19, 20 e 21. Uno dei Reggimenti di Cavalleria, quello dei Cavalleggeri, verrebbe addetto alla Divisione uddetta, mentre quello dei Dragoni, resterebbe coll'Esercito Sardo. La Divisione poi, composta di truppe Lombarde, prenderebbe il nome di Quinta Divisione nell'Esercito. In quanto poi alla domandata designazione dei migliori Uflìciali, Fanti ebbe per base nella sua proposta il risultato dello scrutinio operato dalla Commissione di cui facemmo altrove parola, e su questo domandò che a parità di circostanze si avesse sempre a preferire quegli ufficiali che già avessero servito in alIre truppe regolari, e quindi i più istruiti fra quelli che al com inciare della guerra erano corsi _sotto le armi e \i avevano ·piegata attività, intelligenza e attitudine. I non scelti o rimasti in esuberanza, continuerebbero nei soliti Depositi di Ivrea, Biella Moncalvo, i necessari corsi di istruzione militare, onde poterne av vantaggiare e porsi in grado di venir chiamati ai Corpi, quando vi si facessero dei vuoti. Presso i medesimi Depositi, dai quattro Reggimenti di Fan· leria verrebbero inviati quei Sott'ufficiali, Caporali e Soldati che non fossero atti al servizio delle Compagnie attive ed ogni Reg(l'imento formerebbe così una propria Compagnia di Deposito. Non una sola di queste varie proposte trovò abbiezione dal Generale Chzarnowski, il quale anzi ottenne subito dal Ministero eH Torino, la convalidazione generale delle medesime. Se non che il Ministro della Guerra, che allora era il GeneraJ e del Genio Barone Chiodo, fatto accortò dagli elenchi delle proposte di Fanti, che una stragrande quantità di Ufficiali Lombardi rimaneva fuori delle fila dei combattenti, e restava presso i rispettivi Depositi, si fece a interpellare direttamente il Fanti, per sentire se egli non fosse del parere che coi suddetti Ufficiali . i potesse costituire una specie di Battaglione Sacro, cui verrebbero in guerra affidati incarichi di sommo rilievo. Il Generale Fanti faceva tosto osservare al Ministro, che in altri paesi, e con Ufficiali provetti nel mestiere, ciò erasi fatto con oUirni risultati: ma che nel caso nostro, in cui si aveva un misto di Ufficiali giovanissimi e inespe1·ti , con altri _di grave età, non


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era forse opportuno di venire a simile misura. Egli opinava piuttosto che si potessero· suddividere nei diversi Corpi e Reggimenti i giovani Ufficiali col grado di Sottotenente , o Luogotenente, e quivi farli servire come in sopranumero : ma sconsigliava dal mandarvi Capitani o graduati superiori, e ciò perchè i primi non potevano suscitare gelosie o gare, mentre lo avrebbero fatto i secondi. Per queste ragioni il Ministro Chiodo dimise il pensiero del Battaglione Sacro, e parve disposto a dare effetto a quello suggerito dal Fanti; ma gli avvenimenti glielo impedirono. Il Piemonte si Si era intanto giunti al Marzo del 1849 , ed in Piemonte e decide a riprendere le osliUti. nel resto d'Italia , si erano compiti fatti , che per forza ineluttabile di cose dovevano spingere il Governo Sardo alla ripresa delle ostilità contro l'Austria. Ciò si sarebbe potuto chiamar follia, quando si fosse volutò rinunziare alla iniziata impresa nazionale: ma ormai era quistione di onore per la Casa di Savoja il perseverare nella intrapresa via e fu magnanimo e generoso senso che spinse Re Carlo Alberto a giuocar su di un dado la seconda terribile partita. Ei la perdè, è vero, a Novara, ma oggi suo Figlio siede in Campidoglio a giusto compenso della paterna e della propria lealtà nel serbare la data fede. Ma tocchiamo di volo i summenzionati fatti avvenuti in Italia , perchè meglio si possa afferrare la vera condizione delle cose nei momenti di cui andiamo a parlare. Dopo il conchiuso armistizio, gli Austriaci, ripresa Peschiera, rimasta in mano de' Sardi, erano tornati padroni, meno Venezia, di lutti i loro possessi nel Lombardo-Veneto, e benchè respinti da Bologna, avevano occupato Ferrara, Modena, Parma e Piacenza, lasciando però i Sardi accampati a S. Giovanni e Firenzuola nel Piacentino. Ovunque con forti imposizioni di guerra avevano im· pinguate le loro casse. Venezia, circondata da terra, ma libera dal lato di mare, chiamava gente che prendesse le armi in sua difesa, e si apprestava, sotto la dittatura del suo energico cittadino, Daniele Manin, a sostenere la propria indipendenza. La Toscana, abbandonata dal Gran Duca, avea affidato il suo Governo al fantastico Guerrazzi, il quale se prima avea pensato ad armare il paese, come già abbiamo veduto, più tardi si . era sventuratamente occupato assai più di trovare una forma definitiva di reggime, che di raccogliere soldati, che potessero prender parte alla nuova guerra che si voleva muovere all'Austria. Gli Stati Pontifici, essi pure vedovati del Sommo Pontefice e Re, s'eran costituiti in Repubblica, governata da un Triumvirato,


PARTE QUAtlTA

sedente in Roma, e ispirato dal Mazzini, che ne era la pi~ saliente personalità. Nemmeno colà per altro era troppo la cura che si dava ai necessarj armamenti per la voluta guerra, pronosticata imminente. Nel Napoletano, il Borbone, soffocate nel sangue le riforme da lui stesso concesse, aveva ormai sconfessata ogni simpatia alla causa italiana, ed in Gaeta , ove erasi dato ricovero al Gran Duca e al Papa, s'era fatto centro di nracchinazioni politiche e diplomatiche contro la suddetta causa. Le armi Napoletane si apprestavano a domare l'insurrezione Siciliana, che ancor viveva di magra vita. n Piemonte, sempre ossequioso alla volontà del suo Re, chia· mava alle armi fin l'ultimo de' suoi figli che poteva .imbrandire un fucile, e quantunque esistesse un partito che avversava nuovi cimenti, perché li temeva funesti, la gran maggioranza del paese per altro, generosamente impietosita dei casi dei tanti emigrati, cui avea dato ricovero, dimenticava i suoi proprj guai, per tentare di alleviare quelli dei fratelli italiani. Qualche speranza di un pacifico accomodamento coll'Austria l'avea fatta concepire l'avvenuta proposta diplomatica di un Congresso da convocarsi a Brusselles, nel quale l'Europa intiera sarebbe convenuta per eercare una soluzione soddisfacente alla insorta quistione italiana; ma dopo molte peripezie occorse al proposito di un tale Congresso, se ne era dovuta abbandonare l'idea, e lasciar che la cosa si definisse direttamente fra gli interessati. Ciò solo che la diplomazia avea potuto ottenere si era, che l'Austria non avrebbe attaccato il Piemonte, se non provocata da esso. Se dunque la guerra dovea ricominciare, era dal Piemonte che sarebbe partita la prima scintilla e non mai dall'Austria. Il venire per altro a simile passo per parte del piccolo Regno Sardo contro il potentissimo Impero Austriaco, nelle circostanze, in cui, come si è fatto or ora rimarcare, nessun'altra parte d'Italia si trovava in grado di dargli il benchè minimo appoggio materiale, era affare di altissimo momento, a cui esso dovea pensare ben due volte prima di decidervisi. Una sola fortunata combinazione, estranea all'Italia per altro, appariva favorevole alla pronta ripresa delle ostilità. I dissensi interni, che fino dal1848 erano scoppiati fra il Regno d'Ungheria e l'Impero Austriaco , s'erano man mano andati ingrossando, ed alla fine erano degenerati in aperta lotta fra quelle due essenziali frazioni della Monarchia Absburghese: da qualche tempo ferveva accanita la guerra, e già la sorte delle armi si mostrava propizia a.a-li Ungheresi, anzi che agli AustriacL


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Se pertanto in quel momento il Piemonte denunziava le o li-

lit.à, l'Austria si sarebbe trovata impegnata in doppia partita, e le sue forze, in Italia, dovevano necessariamente venir

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di quelle che le occorreva impiegare per fronteggiare l'Ung eria. Non si poteva dunque lasciar sfuggire questa favore olc ir o tanza, che Dio sa quando mai più si sarebbe ripresentata, e per ciò il Governo Sardo , senza ulteriori titubanze, iu sul principiare del Marzo 1849, si decise a rompere l'armistizio ed a ripren ere la guerra sul Ticino. A ciò, convien pur. dirlo, lo spronavano ancora alcune cor e intelJigenze colla Lombardia, col Veneto e coi Ducati p r l quali questi paesi facevano sperare d'insorgere alle spalle e ui lianchi degli Austriaci non appena riprese le ostilità. Cal l va i inoltre che i Governi di Firenze e di Roma , al tuonar d l cannone , avrebbero pur mandato qualcuno de' loro al carnp , tanto più che perfino Venezia aveva fatto sapere esser disposta a . bucare dalle sue lagune con quanti armati avesse in pronto per dar mano alla guerra nazionale. Se dunque audace si potè dire la ripresa delle o Lililà n l H~4 , non la i poteva chiamare altrimenti temeraria, perché , quando ben ondotta, non mancavano buone ragioni per poterla l rar fortunata per le nostre armi. E i aggiunga ancora che se il Piemonte nel pre edeute anno non aveva potuto condurre in campo che circa , uomm1 delle sue truppe, nel presente, esso ne avea già i n pr nto più che 80,000 compresi i Lombardi e le ultime Riserv , che da più mesi ra.no state richiamate nei ranghi. Decisa per colai modo la guerm, il Gabinetto li Torino i era affrettato a far pervenire in Milano, nel giorno 12 Iarzo, al Mares iallo Radetzld, la denunzia dell'armistizio, che dovea t rminare al mezzogiorno del 23 dello stesso mese. PiAno di 1:110\ · Per uno strano disguido burocratico del nostro Mini lero, il pagn& del t.: htar· nowaki. momento preciso della ripresa delle ostilità, no n v nne parcipato al Generale Chzarnowski, Comandante delle no tr truppe, che due giorni appresso di quello in cui lo si era annunzialo al nemico! Le sorti del Regno Sardo, e possiamo dire d'ltali< r no da questo momento riposte nelle mani del Duce stranj ro ogg tlo di tanta fiducia di chi gli avea sagrificati i nostri Generali. È bensi vero , che come a temperare quel fortissimo distacco be dovea passare fra lui e i suoi dipendenti, si era venuti n lla determinazione di dargli per Capo di Stato Maggiore, uno ei no tri


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PARTE QUARTA

nerali più amati e più stimati nell'Esercito, cioè il fortunato reatore dei Bersaglieri, il prode Alessandro Lamarmora; ma, oltre che ciò si era. fatto quasi alla vigilia della campagna, era a ai male trovata la combinazione dell'espansivo e subitaneo · rattere di quest'ultimo, col concentrato e freddissimo del primo; . i produsse per ciò l'inconveniente, che noi teniamo dalla bocca . t ssa del Lamarmora, che il Generale in Capo confidò ben poco de suoi piani al Capo di Stato Maggiore, e questi necessariamente non potè che pochissimo influire sul loro buon andamento. Ma comunque, passiamo a vedere come il Charnowski si prepara alla guerra, cui è chiamato a dirigere. Nè Alessandria, nè Genova vengono da lui armate in difesa, uè altri punti della frontiera sono da lui fortificati, come se fosse impossibile il pt·evedm·e una energica offensiva nemica al primo prirsi della campagna, o anche una dirotta nostra, quando l'offensiva fosse partita da noi. Se Bava e i Ministri della Guerra non a ve vano pensato a ciò prima della venuta del Polacco, questi dovea L ·to correggere l'altrui errore, se aveva mente e capacità militare ·uperiore alla loro. · Si disse che ciò egli non avea voluto fare per non eccitare apprensioni nel paese: fu magra scusa perchè un buon , Generale ::; afl'rontare simili apprensioni, quando si tratta di: dar corso ai più elementari principj dell'arte militare, che non. permettono di pensare all'otlesa, quando non si sia assicurata la ;difesa. Da ciò si può inferire che Chzarnowski inten~esse dare alla guerra il più risoluto carattere aggressivo, quale appunto -si conveniva a quella che stava allora per imprendere il Piemonte. A tale effetto per altro se egli fosse stato una vera capacità militare, non avrebbe certamente mancato di riflettere che nella pt·ecedente campagna, una delle principali cause dei toccati disastri era stata la soverchia dispersione di forze che costantemente si era mantenuta dai Sardi, improvvidamente distesi da Rivoli fino a Governolo, e quindi avrebbe data ogni cura ad evitare la rinnov zione d'un simile pernicioso sistema, procurando invece che per l'energica ofl'ensiva, che si voleva assumere, tutte le for.ze destinate a combattere si trovassero ben raccolte e disposte in guisa da ·occorrersi fra di loro ogni qualvolta se ne presentasse l'urgente occorrenza, e di agire poderosamente unite coll'urto della gran massa. Ma ben diversamente la pem;a il Chzarnowski, il quale alla vigilia della ripresa delle ostilità, dispone nella seguente guisa le ~ Divisioni che ha sotto i suoi ordini. r


lo'ANTI E LA DIVISIONE LmiBAlWA

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La Brigata Solaroli a Oleggio. La terza Divisi n (l rr Galliate dando la maup alla quarta (Duca di Genova cl ~ i ti 11 . l\1at·tino presso il ponte di Buffalora. La seconda ( e s Cerano e Ca alnovo, e si prolunga per Vigevan 1in v r o la Cava, ove de' e trovarsi la quinta Divisione, ossia i om ar l (Ra~ m rino. Come in una seconda linea, la Division · di avoja) sulla strada da Novara a Mortara si anli n vicin alla prima di dette città, e la prima Divisione (D urando accamr a fra Garbagnate e Vespolate. Sulla de tra del Po, a S. Giovanni, è posta la Brigata d tta di Avanguardia (Colonnello Belvedere), che deve omw1icar p l ponte di M zzanacorte colla quinta Divisione (Ram orino) alla Cava. Totalmente distaccata dalle altre, la sesta DivLionc La Marmora Alfonso) si trova Parma, ove è stata spedita dalla I ezi!l e da Sarzana, dopo che gli Austriaci hanno sgombrata qu Ila ·iltà. Che co a intende ora di fare con queste forze, i n rmemenl di seminate dal Lago Maggiore a Parma!) il Generai Pala co? Ecco il uo piano desunto da quanto egli stesso, fin ila la an pagna depose dinanzi alla Commissione, che si disse, incaricala di a pu~ rare la condotta dei singoli Generali. Era noto al Chzarnowski che gli Austriaci si erano on entrali in grandi ma se fra San t'Angelo e Pavia; ora opp ne n lo l ro di fronte (alla Cava) la Divisione Lombarda, egli sp rava iudurli a gettarsi opra la medesima, a passare il Ticino su qu l punto inseguire la Divisione stessa che avea ordine di ripierr 1 ~ i in buon ordine ver o Mortara. ·e Radetzki si lasciava tentare ad un tal passo, Chzarm.> \ ki, riunite le ciuquc Divisioni, che teneva fra Mortara e l ggi , :;i portava dietro la Roggia Birago, e dava battaglia al n mie , in quella po izione, che reputava la più propizia per oll n re vittoria. i l n va Se il Maresciallo Austriaco non cadeva nel la cio ulla inistra del Ticino in atto minaccioso, in allora Chz rnow ki ~ filava, colla propria sinistra in testa, per il ponte di uiTalora portava le sue cinque Divisioni sul fianco destro ne iandogli le ue comunicazioni col Mincio. La Brigata Varesotto, cklvea innoltrarsi alle spalle di Milano molo alla insurrezione di quei paesi. La Brigata di avrebbe osservato Piacenza, e la Divisione La Marmora avea per mi sione in qualunque evento di impadronirsi dell t la di ponte di Brescello sul Po, agendo indipendentemente per proprio conto. Cosi i inutilizzavano sul vero campo d'azione due inliere dello no Lre Divisioni, e si subordinava ogni nostra mo a a quelle

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PARTE QUARTA

che avrebbe fatte il nemico; questo era il parto della preclara mente che eravamo corsi a cercare all'estero, persuasi di non · averne di megliore fra noi. E pur troppo il successo del meditato piano corrispose al suo meri to, come andiamo a vedere in poche parole. M la condotta Radetzki, fedele ai principj seguiti nella precedente campagna, detta bre9e eam· pa,oa del 184?. chiamate da ovunque del Lombardo-Veneto e dei Ducati le diperse guarnigioni, e fattone un solo poderoso fascio di forze riunile , avea deciso prendere l'offensiva dallo stesso scoccare del mezzogiorno del 20 Marzo, e cosi fece. Varcato il Ticino a Pavia, senza quasi molestie per parte no tra, - e ciò per ragioni che risguardano quanto dobbiamo narrare sulla Divisione Lombarda, - marcia compatto su Mortara, e verso la sera del 21 la sua forte avanguardia vi perviene. Quivi Chzarnowski, dopo avere accennato al passo di Buffalora, ed avervi rinunziato, non ha saputo concentrare che tre sole delle ue Divisioni, e di queste anzi, una era a Castel d'Agogna. Gli Autriaci attaccano improvvisamente, fanno prigioniera una intiera Brigata nostra, disperdono le rimanenti, e mentre la Divisione di .. Castel d'Agogna a stento ripara a sinistra, essi rimangono padroni di Mortara. . Tali notizie allarmano nel giorno 2'2 grandemente il Quartier nerale principale. Il Duca di Savoja (ora Re) vuole che si avanzi per riprendere Mortara, e Cbzarnowski appoggia la proposta; ma Re Carlo Alberto non r-rede eseguibile la cosa e preferisce che si prenda una buona posi~ione indietro per ritentare la sorte delle armi con tutte le nostre forze unite; ossia colla Divisione Solaroli unila alle altre quattro disponibili, perchè sulla Lombarda non si poteva più far calcolo. Era questo il easo di persuadere il Re che con ciò si comm lleva un grave errore, che avrebbe avute le più serie conseguenze; ma il Generale Maggiore non ne fu da tanto. · ccettata però la ritirata , egli doveva far risaltare l'assoluta nece~ità , in cui si era che questa si pronunciasse in modo da a' icinare il grosso delle nostre forze ad Alessandria, unico punto u cu i anemmo potuto appoggiarci in caso di un secondo disastro. Dielro la Sesia, fra Vercelli e Candia, era il vero punto indicato per il concentramento nostro in quel momento. Ma nemmeno questo seppe suggerire il Generale Maggiore, he anzi ordinò il concentramento suddetto innanzi a Novara , la ciando così aperta la strada al nemico per tagliarci completam Hle da Alessandria e perfino da Vercelli e Torino.

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FANTf E LA DIVISI O::'o/E LOMBARDA

Nel giorno 23 ~in cui avvenne la disastrosa battaglia di Novara, e Re Carlo AlLerto , abdicato al trono , prese la via di un volontario esiglio - apparve in tutta evidenza l'incapacità tattica del Generale Polacro, come nei precedenti si era addimostrata la strategica. Di cinque Divisioni e mezza, che egli avea sotto mano, tre non complete soltanto agirono efficacemente : gran parte delle nostre artiglierie non accese miccia: quasi quattro Reggimenti di Cavalleria rimasero atl"atto inoperosi su terreno che si prestava al loro impiego: infine con doppie forze in mano di quelle che in detta giornata potè condurre in linea il nemico, Chzarnowski, quantunque postato in vantaggiose posizioni, non seppe approfittare del. vittorioso slancio con cui il prode Duca di Genova aveva respinti per oltre tre chilometri i primi nemici presentatisi in campo, e si lasciò Lattere in vece da quelli che sopraggiunsero in seguito. Furono queste , e non altre , le vere cagioni del disastro di Novara, e!l è ormai tempo che lo si dica allo e chiaro per rivendicare l'onore del vecchio Esercito Sardo, che nemmeno in quella fatale giornata avrehhe mancato alle gloriose sue tradizioni , se meglio fosse stato guidato in tutta quella breve campagna, e strategicamente e tatticamente dal suo nenerale. Tracciato cosi sommariamente il come si passarono i prinComposizione • e forza con cui la cipali avvenimenti della guerra del 1840 ' potremo ormai descr1- barda Divisione Loll}entra m vere la parte poco fortunata che vi prese la Divisione Lombarda, campllj;na. e quanto eLbe a fare il Fanti, senza discendere ad ulteriori particolari, per far comprendere il nesso fra quelli e questa. Dalle stanze, che attorno ad Alessandria, la suddetta Divisione avea occupate negli ultimi tempi , essa alla vigilia della guerra si era portata per Voghera in vicinanza del Po verso il ponte di Mezzanacorte. La forza di questa Divisione constava allora di quattro Reggimenti di Fanteria, divisi in due Brigate, la prima delle quali col 19Y e 20. 0 Reggimento al comando di Fanti , e la seconda col 21. 0 e 22. 0 a quello del Generale Giannotti. Aveva inoltre il 6.0 Bersaglieri Manara, il 7.() Trentini, 1'8. 0 formato dalle due Compagnie Studenti. Due Batterie da 6 pezzi cadauna avevano raggiunta finalmente la Divisione, ed anche una forte Compagnia di Zappatori del Genio. Il Reggimep.to Dragoni Lombardi stava colla Cavalleria di Linea addetta al Quartier Generale Principale e quello dei Cavalleggeri era in marcia per raggiungere la Divisione, la quale allora avrebbe presentata una forza complessiva di poco più che 6000 uomini , compresi i 540 Cavalleggeri. Il Comandante Ramorino avea per suo Capo di Stato Maggiore il 8


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PARTE QUAH.TA

Colonnello Berchet, vecchio ma vegeto ed esperto soldato dei tempi del primo Impero napoleonico. Istruzioni do lo Le i Lruzioni che dal Quartier Generale Principale si erano al Aamorino pel ~uo conteso o alla al Generai Ramorino per le sue prime operazioni di guerra. date cava. vogliono essere conosciute nel loro preciso testo ufficiale, perchè sono l'unica chiave, che possa aprirci la via a ben comprendere la complicata serie di fatti, che dobbiamo qui esporre. Eccole pertanto testualmente:

« QUART!ER GENERALE PRINCIPALE « Alessandria, 16 Marzo 1849. IJ.

Istruzioni confidenziali per le prime operazioni da eseguirsi dalla cc Divisione Lombarda.

« Il giorno 20, nel mattino, senza affaticare il soldato, la Di« visione dovrà prendere una forte posizione alla Cava e dintorni, 1.( pel ca o che gli Austriaci in quello stesso giorno attaccassero. « Si terrà in relazione coi quattro Battaglioni che saranno stabiliti l( in Vigevano, per mezzo dei quali invierà rapporti al Quartier « Generale Principale. Dovrà assicumrsi delle due linee di ritirata, u pei casi occorrenti, di quella cioè del Ponte di 1\lezzanacorte, e « di quella di S. Nazzaro. - Il Ticino sarà sorvegliato da piccoli « clislaccamenti di pattuglie distesi dal ponte di Bereguardo fino « al confluente del Po. - La truppa da quel gioruo dovrà ac« campare. « È necessario assicurarsi delle forze nemiche che stanno a « fronte , e qualora queste non siano superiori, si dovrà tentare « d'impadronirsi di Pavia, nel mattino del giorno 21, a meno di « ordini in contrario. - Il miglior modo di assicurarsi di tali « forze nemiche sarà quello di attaccare l'Isola, 'lungo il Gravel« Ione. Se il nemico la difende debolmente , ciò significherà che « egli ha poche forze, e appena capaci di tener Pavia; se invece « la difende con tenacità, ciò sarà indizio che ha forze superiori. « In tal caso converrà limitarsi ad un combattimento lento, ma (( continuo per distrarre quelle forze nemiche. Nel dimani si rico« mincerà simile combattimento. - Nel primo caso, quando cioè << il nemico si difenda debolmente, non dovrassi esitare ad impa« d.ronir i dell'Isola di viva forza, ed impossessarsi del Borgo ivi « collocato, mentre contemporaneamente si batterà di fronte e si « cercherà girarla con altre truppe che guaderanno il Ticino al <~ di solto dell'Jsola7 verso le Cascint;J Monballone,


FANTI E LA DIVISIONE LOMBARDA

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<< Tosto in possesso di Pavia, Ella dovrà openr n ·aut la « riguardo al nemico, senza compromettersi. - Inv.i rà t l la « narrazione del fatto, e aspetterà notizie ed ordini oll cand i << sulla strada di Lodi, con forte distaccamento sn qu Ila di Bel« giojoso, e rischiarandosi a sinistra verso Melegnano Milan . u Invierà intanto a chiedere al Comandante di V ghera il alla<t glione già destinato pel Presidio di Pavia.

« D'Ordln « Il Capo di S Lo laggiore <<

ALESSANDRO LA ÙRMOfiA n.

A queste prime prescrizioni faceva seguito imm lialo allro dispaccio del giorno posteriore , col quale veu i ano moC:li fì le alcune disposizioni del precedente, in seguito fors alla a ·qui Lata certezza che il nemico era in gran numero a Pavia, eon inl r,1zion di forzare il passo del Ticino. Ed ecco anche qu sto nella sua integr·ale dicitura: N. 4754.

« QUARTIER GENERALE PRINCIPALE « Novara, 17 Marzo 18-t9. u. D'ordine del sig. Generale Maggiore dell'Esercit la ·. . I. ~ i " compiacerà di dare le disposizioni occorrenti acciò pc! giorno ':. . u a mezzogiorno, il Ponte dl Mezzanacorte sia reso imprati abil << togliendone quel numero di barche che sarà giuùical p r ·iò « conveniente , lasciando solo un ponte volante per le comuni· « cazioni. u. Ella avrà cura di far invigilare colla massima alli ,·ilà qua« lunque movimento nemico, e prevenirne colla ma ima sollcci<< tudine e attività questo Quartier Generale Prin ' ipal , e pra« tutto se, per avventura, nello stesso giorno 20 gli Austria i << passassero il Ticino. « D'Ordln

c Il Capo dt Stato Maggiore

« ALESSANDRO LA ~1ARMORA

Risulta evidentemente da questi due dispa ci che e p l primo il Ramorino poteva ritenere necessario al piano gener l di conservarsi libero l'uso delJa sponda ùestra del Po, manLenendo intatto il ponte di Mezzanacorte, ciò era completamente eliminato

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PARTE QUARTA

dal couleuuto del secondo, che prescriveva la distruzione del suddetto ponte. Manifestamente perciò pel ·giorno 20 dovea trovarsi ulla sinistra del Po l'intiera sua Divisione, e nemmeno un sol uomo di questa sulla destt·a. Rnmorlno tr•Or, come tutto all'opposto si decidesse a fare il suddetto Ge~~~rsdioe" !l'li ordm! rlcevutl. nerai , é cosa di fatto, ma i di cui moventi restano tuttavia nel più prufondo mistero; n è certo valsero a spiegarli le dilucidazioni, che più tardi Ramorino pretese di fornire sul suo operato. Senza che dunque possiamo indicare gli intendimenti del· Comandante la Divi ·ione Lombarda, dobbiamo !imitarci a far conoscere le posizioni, che contrariamente agli ordini ricevuti, nel mattino del ...O Marzo, egli fece prendere alle sue truppe. La Brigata Fanti si teneva sulla destra del Po , fra Pinarolo c Barbianello, mentre il· 7. o Bersaglieri (Trentini) coll' 8. 0 (due Compa::çnie Studenti) addetti alla medesima, erano in marcia da Ponte Curone su Casteggio. La rigata Giannotti a.vea il ~2.') Reggimento e quattro pezzi della sua Batteria fra Casteggio e Casatisma. Il 21. u Reggimento poi i teneva con due pezzi sulla sinistra del Po, innanzi al ponte di 1\fezzanacorte, e aveva uno de' suoi Battaglioni distaccato fino a Zerbolò, sul Ticino, ove si era posto in comunicazione colla seconda Divisione. · Il 6. 0 Bersaglieri (Manara) teneva tre delle sue Compagnie ·ul Gravellone in faccia a Pavia, e l'altra in riserva alla Cava. Il Reggimento Cavalleggeri, comandato dal Colonnello Sanfront, faceva tappa da Alessandria a Valenza e Sannazzarro per venire a raggiungere la sua Divisione. Il Quartier Generale di Ramorino era a Casatisma, e in quelJo tcs. o mattino il Generale Comandante , come quasi non sapesse clJe in quel medesimo giorno si riprendevano le ostilità e che gli stava in faccia minaccioso il gran nerbo dell'esercito nemico, senza prcndct i verun pensiero degli ordini ricevuti, si recava personalmeule a S. Giovanni , ove diceva voler prendere concerti col Colonuello Belvedere, che ivi comandava la Brigata d'Avanguardia. Per cosi fatta disposizione delle truppe Lombarda nel mattino del 20, l'Esercito Austriaco, forte di sei Corpi d'Armata, vale a dire di pressochè 80,000 uomini, concentrato tutto quanto attorno a Pavia, potè al battere del mezzogiorno, intraprendere con piena libertà d'azione il determinato passaggio del Ticino, e gettare sulla destra di questo fiume imponenti forze. Dinanzi a queste i pochi uornini del Battaglione Bersaglieri di Manara, fatti alcuni colpi di carabine' dovet~ero necessariamente cedere n passo e ripiegarsi


l<'AN'ì'I E LA DIVISIONI'! LOMBAlWA

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prima sulla Cava, e quindi verso il ponte di Mezzanacorte per riunirsi al 21. 0 Reggimento, ivi postato. Il Battaglione di questo Reggimento, spinto a Zerbolò, pel sollecito movimento in avanti rlel nemico, rimase intercettato dal suo Reggimento, e per salvarsi prese a sinistra verso Vigevano , ove si riunì alle truppe della seconda Divisione. Sull'avvenuto, e sulle imponenti forze nemiche viste a sbuca.re dal Ticino, il Maggiore Manara spediva immediato rapporto al Ram orino, che lo riceveva al suo Quartier Generale di Casatisma non appena che in sul far della sera vi avea fatto ritorno dalla sua gita a S. Giovanni. Un così grave ed allarmante annunzio non commosse punto il Ramorino, che nulla rispose, nè dispose al proposito e lasciò immobili le sue truppe ove si trovavano, anche pel giorno appresso, nel quale egli si tenne tranquillo al suo Quartier Generale, come che nulla si fosse passato di nuovo. Chè anzi, al Fanti, che informato dell'accaduto spediva nella sera del 20 tin suo Ajutante per domandare novelle e istruzioni , namorino rispondeva verbalmente che non muovesse dal suo posto e che si tenesse tranquillo e sicuro. Come ben si vede fu in sommo grado flagrante e sciente la infrazione -del Ramorino agli ordini precisi che avea avuti pel giorno 20, e la sua colpa ben si meritò la pena inflittagli. Ma qui domandiamo noi: fu ella veramente sì grande l'influenza, che coloro i quall avevano chiamato il Generale straniel'o pretesero aver essa colpa avuto sull'esito infelice della campagna? Esaminiamolo spassionatamente perchè tornerà utile al nostro soggetto di averlo preventivamente stabilito. Dato che la Divisione Lombarda si fosse trovata nel giorno 20 al posto prescrittole, è indubitato che dessa non poteva nè impedire, n è tampoco ·trattenere a lungo sulle posizioni della Cava le decuple forze con cui l'intiero Esercito nemico da Pavia e adiacenze sbucava sulla sinistra del Ticino. Essa rl'altronde, in conformità delle ic;truzioni compartitele ' alla vista di forze preponderanti dovea ripiegarsi su Sannazzarro, dopo che le era stato ordinato di guastare il ponte di Mezzanacorte. Ciò posto , come da Sannnzzarro questa piccola Divisione, separata completamente dalle altre, avrebbe potuto contrariare efficacemente la marcia di Radetzki sopra Mortara? Gliene avrebbe certamente tolta ogni possibilità la Colonna nemica, che appena passato il Ticino, Radetzki distaccò sulla sua sinistra per coprirla, e nello stesso tempo per minacciare Casale. Bastava questa a pre• eludere ogni via ai Lombardi per ricongiungersi col grosso del


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PARTE QUARTA

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n tr Esercito, priina dei fatti di l\lortara e di Novara; sola cosa po-sibile per loro sarebbe stata quella di dar mano ai Casalesi , quando bravamente ricacciarono dalle loro mura l'attacco portatovi dalla menzionata Colonna austriaca. La colpevole inerzia dunque di Ramorino non pregiudicò per nulla l'andamento generale della campagna, perchè anche senza rli ciò la Divisione Lombarda , per la falsa posizione in cui la si era messa, veniva immediatamente inutilizzata e tagliala fuori dal gt· ~ del nostro Corpo di operazione. Sola ed unica causa della infelice riuscita della campagna del 49, giova ripeterlo anche una volla, i fu il vizioso piano passivo adottato, da cui derivarono l'imprudente disseminazione delle nostre forze e le cn.ttive manovre trateqiche e tattiche eseguite di fronte alle ardite ed opportune mo e del nemico. !essa in rilievo la tristissima condizione in cui si sarebbe trovata la Divisione Lombarda quando anche il suo Comandante a' esattamente fatto il dover suo, passiamo a vedere qual peg!!iore condizione egli le creò venendo meno al medesimo. toltoat Rnm Non aveva tardato guarì a pervenire al Quartier Generale rìno~'eantì vlann dalo · · }e l a pos1•t•1va no t"rzra · d e}} a mesp · ]"1ca])l"le con d otf a d"1 R ant co- p rmc1pa m ntlodelta [li vi· · t t "} b" · }a rmnova· ~iono Lomoortla. monno, e roppo urgen e era 1 1sogno d"1 prevemre zione di simili fatti, e quindi dare un nuovo Comanda1_1te ai Lombardi. Fu per ciò deciso di chiamare indilatamente Ramorino al Quartier Generale del Re per render conto del suo operato , e ve n n stabilito che al Generai Fanti si affiderebbe provvisoriam nl il comando della Divisione Lombarda. In conseguenza di ciò, alle ore 5 pomeridiane del giorno 2-1, il Fanti riceveva in Barbianello il seguente ordine: «

. 4822.

« COMANDO GENERALE DELL'ARMATA c Trecate, dal Quartier Generale Principale, 20 Marzo 1849.

« Al signor Ìtlaggior Generale Comandante « la l a Brigata della 5B Divisione.

« D'ordine di Sua Maestà la S. V. l. prenderà provvisoria~ <t

mente il Comando della & Divisione, essendo il Generale Ra-

« mo rino, per ora, richiesto al Quartier Generale Principale. « Conoscendo Ella precisamente gli ordini emanati a codesta Di i ione di recarsi cioè alla Cava e dintorni, minardare Pa« Yi::t, tagliare il Ponte di Mezzanacorte ed assicurarsi la ritirata

li

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FANTI E LA DIVISIONE LOMRAR.I)A

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« per Sannazzarro, la S. V. dovrà conformarsi ai me1l e. imi per « quanto lo permetteranno le circostanze attuali. « In attesa di un pronto di lei cenno, per esser me o al « corrente delle cose, passo, ecc. « Il Luogotenente Generale « Generai Maggiore d ll'Esercit

« CHZARNO" SK T )) . Al primo leggere questo succinto dispaccio, dal quale Fanti vedeva quale era stata la condotta tracciata al Ramorino all' prirsi della campagna e come in senso opposto fosse stata quella da lui seguit<t, egli travide tosto che un tal fatto dovea av r cagionate tristi conseguenze, delle quali forse era allora chiamalo a render conto il suo Comandante. Fanli !>ri•·., <Il Nello stesso tempo per altro, fatto avvertito da questo di- Su p<!riori norm di condotta prenspaccio che Ramorino dovea avere le istruzioni, di cui in e o i de mi nl'e oppnr· lune al cn o. parlava, comprese tutta la necessità di aver conoscen za rt Il medesime per poter su di esse regolarsi pel nuovo comando affidatogli. Laonde senza perder tempo, forse anche nella p ranza di poter conferire col Ramorino prima di sua partenza, Fanti lasciò Barbianello, e corse al Quartier Generale Divisionale in Casatisma; ma qui vi giunto apprese esserne già partito il Tenerale. Fattosi allora il Fanti a chiedere al Colonnello Bercbet, 'apo dello Stato Maggiore della Divisione, ove fossero le istruzi ni aYut dal Ramorino, ebbe a sentirsi rispondere non averne e<;"li aiammai vedute, nè tampoco sentito parlarne dal suo Generale. rati a t minute indagini per ogni dove del Quartier Generale, onde veder se pure Ramorino avesse lasciato qualche plicco pel Fanti o qualche verbale ambasciata, nulla si ebbe a rinvenire, che pot ·e rispondere alla necessità del momento . . Preoccupato, ma non sgomento per questo il Generai Fant i non frappone maggior indugio a dare la voluta risposta al di paccio superiore, e la stende annunziando in primo luogo c me foss stato lui, e ogni altro della Divisione tenuto all'oscuro d 11e i lru .. zioni avute dal Ramorino, e come questi era partito senza lasciarn traccia. Fatto poi osservare che stante l'avvenuta occupazione di tutta la sponda sinistra del Po per parte del nemico, gli era a solutamente impossibile dar corso alle sommarie norm che gli si impartivano in allora, soggiungeva il Fanti che in attesa di ordini più opportuni e precisi, egli si sarebbe attualmente adoperato n ll'osservare il nemico dalla destra, ritirandovi il materiale del ponte di Mezzanacorte. Esposta poi la posizione in cui Ramorino avea


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PARTE QUARTA

la ciate le sue diverse truppe, e quella più acconcia alle circo· tanze che egli intendeva loro assegnare pel giorno appresso; t r minava la lettera raccomandando caldamente gli si mandassero ronte ed opportune nuove istruzioni. Spedita questa lettera, Fanti si occupava a dare le disposi· zioni occorrenti pei movimenti che intendeva compissero nel giorno dopo le truppe. della Divisione. In quel frattempo gli per· venivano sicure informazioni circa ad un vivo cannoneggiamento h sul far della stessa sera era stato distintamente sentito in direzione di Mortara. Dalle posizioni che il nostro Generale sapeva dovevano avere le diverse Divisioni nostre, suppose che quella impegnata al fuoco pr so Mortara avesse ad essere la Divisione Durando. Con essa pertanto era in più prossima comunicazione la Divisione di Fanti, e onseguentemente questi pensò bene entrare in diretta relazione olia medesima, onde stabilire una norma reciproca di contegno per qu lsiasi evenienza, anch~ prima di avere le domandate nuove i truzioni. Con tale opportunissimo e saggio intendimento, Fanti . i decise a scrivere una lettera al Generale Durando, ed a spe· dirgliela per mezzo del suo Capo di Stato Maggiore, Berchet, che sperava riescisse. a trovare Durando nelle vicinanze di Mortara, e potesse così meglio con lui verbalmente combinare ogni cosa per a..,.ire di pieno accordo. · La lettera al Generale Durando, era concepita in senso che mo tra quale e quanta fosse la fina percezione, con cui Fanti sap va rendersi conto di quanto poteva essere occorso al Corpo principale, e di quanto in conseguenza dovea fare la sua Di· vi ione.• Spiegato, in essa, al Generale Dul'ando l'occorso alla Divis~one L mharda, e il come ora egli ne fosse Comandante, passava il 'an ti a dire come a parer suo dovea essere la Divisione Durando quella che s'era battuta nella sera stessa a Mortara, e come aveva ra..,.ione per cl'edere che fosse slata sconfitta. In tal caso, egli diceva a Durando, o voi, come lo vogliono le !Juone regole di guerra, insieme alle altre Divisioni, eseguite tosto un vigoroso ritorno offenivo sul punto perduto, manovrando colla sinistra verso Gambolò per tagliar le comunicazioni del nemico con Pavia, ed io lo indovino dal tuonare del vostro cannone, e da Mezzanacorte, rigettando le poche forze del nemico rimaste alla sua coda, io mi faccio strada per Gherlasco fino a darvi la mano verso Gambolò, e sono salvo c 1L mia Divisione: o voi invece preferite concentrarvi dietro la Sesia per coprire Casale ed Alessandria e minacciare la sinistra


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nemica se avanza da Mortara, ed io allora lo indovino parimenti dal cannone che tace, e distrutto il Ponte di Mezzanacorte, marciando rapidamente per Voghera e Valenza, coperto dal Po, vengo a raggiungervi innanzi a Casale. Questa lettera, rimasta agli atti della Divisione Lomba~da, che fa si bella testimonianza della intelligenza e della energia che Fanti spiegava nel critico momento in cui si trovava, non potè giungere al Durando, perchè il Colonnello Berchet, il quale aJ'tiva da Casatisma P<?CO dopo la mezzanotte onde varcare in qualche punto il Po e recarsi in traccia di Durando, trovò guardata costantemente la sinistra sponda di esso fiume, e per quanto facesse in tutta la notte del 21 al 22 e nel giorno appresso ancom, non potè riescire al voluto intento. In seguito di ciò egli faceva ritorno presso Fanti nella sera del 22, e gli restituiva .la sua lette1'a. A questi frattanto nella decorsa giornata s' erano presen Late due circostanze che potevano tornargli molto favorevoli, quando avesse avuto luogo lo sperato ritorno offensivo dei nostri su Mortara. La prima consisteva nell'arrivo finalmente effettuato del neggimento Cavalleggeri presso la Divisione a Casatisma. La secondn proveniva dal fatto che il nemico avea abbandonata la sponda sinistra del Po, in faccia al ponte di Mezzanacorte, e perciò Fanti avvertitone in tempo, avea immediatamente ordinata la rico. ll'Uzione del ponte, per potersene valere nel caso in cui il cannone di Mortara·lo chiamasse verso Gambolò. A tale scopo pertanto Fanti prescrisse ai diversi suoi Corpi un pronto concentramento dietro il ponte suddetto, e ad esplorare le vie sulla sponda opposta, mandò i Bersaglieri Manara con un Battaglione del 21. 0 Reggimento e due pezzi in ricognizion fino alla Cava; e inviò pure pattuglie di Cavalleggeri lungo la destra del Po fino ai passi di Gervasina e Gerola. La ricognizione, spinta verso la Cava, raggiunse un convogli che da Pavia volgeva sulla Cava stessa, scambiò colla grossa scoria del medesimo qualche colpo di cannone, le fece alquanti prigionier1, le tolse alcuni carri, e quindi ritornò a Mezzanacorte, e riferì HYf't' saputo che da Pavia era incessante il passaggio di nuove forze ·ht! ·si avviavano su Mortara. Le perlustrazioni dei Cavalleggeri, senza aver avuto alcuno scontro, informavano che sulla sinistra del Po, Zinasco, Albignola e Sannazzarro erano occupati dal nemico, il quale, si assicurava, che era pur rimasto padrone di Mortara. Nel frattempo che scorreva, gli Zappatori del Genio della Divisione venivano occupati a mettere in istato di difesa la testa dt


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PARTE QUARTA

ini tra del ponte di Mezzanacorte, e anche il grande caseggiato d Ila Dogana che vi esisteva allora, veniva utilizzato all'uopo. Le poco propizie informazioni ricevute, l'ostinato tacer del canGiuste ~io ni che l~ngono im· mobile H F nnli non per tutta la giornata del 22, e finalmente il ritorno di Berchet nei giorn 12'2 e ~3 con fallito esito della sua missione dovevano necessariamente far Mar"o 18-~!1, perd re al Fanti ogni lusinga sulla sperata congiunzione con Duran l verso Gambolò, ed era anzi il caso di decidersi a, muovere p r Voghera su Casale, quando non lo avesse trattenuto il pench e forse nel giorno 23, gli sarebbero pervenute dal Quarenerale Principale le domandate istruzioni. In attesa delle m d. ime pertanto egli si ritenne in obbligo di non muovere an ot·a dalle sue posizioni per tutta la giornata del 23. Per chi voglia rendersi esatto conto delle precise circostanze in cui si trovava allora Fanti, vale a dire col dubbio bensì che l co. e nostre volgessero al male e che gli Austriaci guadagnasro giornalmente terreno su di noi, ma nella assoluta impossibili t.\ di potere indovinare tutta l'estensione della cattiva piega che precipitosamente avevano preso tali cose, in forza delle quali ra ro tta ogni comunicazione fra la Divisione Lomharda e il resto dell' • ercito Sardo , apparirà affatto consentanea alle discipline militari la determinazione accennata. Solo imperiose cirostanze, che allora non si presentavano al Fanti, potevano autorizzarlo a muoYersi dal posto su cui aveva annunziato di tenersi fermo fino a nuovi ordini. Quando questi tardassero oltre il dovuto, in allora spettava al Fanti a provvedere: ma non prima. Questo diciamo ora, e vi richiamiamo sopra tutta l'attenzione !lei no tri lettori, perchè allorquando più innanzi dovremo parlare d I deplorevole fatto per cui il Fanti - in forza della immobili là in cui per le ultime ragioni adotte si tenne presso Mezzanacorle - fu sottoposto a Consiglio di Guerra per accusa di avere scienlem ente compromessa la salute dell'Esercito, possano i nostri lettori aver ben presente la vera condizione delle cose e rendersi . atto conto di tutta l'insussistenza· dell'accusa. Gr'3Vi i~1l izi c h o Ma la ragione stessa che giustamente aveva persuaso Fanti Inducono il F'nnti a mnrci:u~ f!: \J. a non muoversi pei due giorni 22 e 23, cessava per lui una volta Aie-• n<.lrL1. che vedeva trascorso il limite naturale del tempo occorrente per ric vere i domandati ordini, e quando inoltre gli si offrivano indizi abbastanza manifesti per paterne indurre la più urgente nec : ità di non prolungare più oltre il suo soggiorno a Mezza· nacorle, e di condursi altrove con la sua Divisione. Nel mattino del 23, Fanti venne informato che si asseriva e er state vedute pattuglie nemiche sulla sinistra del Po in


FANTI E LA DIVISIONE LOMBARDA

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faccia a Valenza: ciò era segno manifesto pel Generale che il nemico estendeva di molto la sua sinistra, giacchè toccava il Po non molto longi da Alessandria. Nel pomeriggio un interrotto, ma proseguito e crescente cannoneggiamento 'si udiva in direzione di :Mortara , ma meno distinto assai dei due giorni precedenti, per cui era lecito l'inferirne, che desso avesse luogo verso Novara e che fosse prodotto da serio combattimento impegnato fra grosse partite di forze. L'Esercito Sardo dunque s'era dovuto ripiegare al di là di Mortara, e necessariamente quindi aveva dovuto lasciar scoperta la bassa Sesia, e ne veniva per conseguenza che Casale si trovava completamente aperta al nemico. Da Valenza pertanto e da Casale evidentemente era aperta la strada per tentare un colpo di mano su Alessandria, le di cui fortificazioni erano allora insignificanti e la guarnigione affatto insufficiente per tener testa anche a un semplice tentativo di simil genere. Il ponte in ferro esistente sul Po a Casale era naturalmente un incentivo per tentarlo più da quella parte che da Valenza, ove non esisteva ponte di sorta. Tutta la probabilità di così fatta manovra degli Austriaci (ed è noto che la tentarono effettivamente) si affacciò agli occhi di Fanti, dal momento in cui fu convinto che il cannone udito tuonasse nei pressi di Novara, e da quell'istante comprese che missione della sua Divisione doveva esser quella di correre a coprire Alessandria per la supposta evenienza, e quando questa non si presentasse, avvantaggiarsi della già fatta strada per avanzare su Casale in traccia del grosso del nostro Esercito. Abbracciato questo savist.limo partito, e deciso di darvi corso fin dal domani, Fanti approfittò àelle ultime ore del 23 per richiamare sulla destra del Po tutte le truppe che teneva in avamposti sulla sinistra, e per far ritirare il ponte di Mezzanacorte e quante barche e barconi erano nelle vicinanze, con lo intendimento di farli abbruciare nel partire onde non potessero servire al nemico per ricostruire il ponte, ed inseguire la sua Divisione. Contemporaneamente dava disposizioni perchè ogni corpo all'albeggiare del 24 potesse mettersi in marcia. dà parte Al fine poi che la presa determinazione avesse a comp1rs1 n Fanti rhi di dovere della sua marcia con piena conoscenza di quanti avevano interesse ad esserne su Alessandria. informati e questi potessero valutare le particolari ragioni che l'avevano suggerita, il Generale Fanti nella sera del 23 si occupò particolarmente di dar parte al Comando Supremo dell'Esercito, al Ministro di Guerra in Torino, al Generale De Sonnaz


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GoYern atore di Alessandria, al Colonnello Belvedere Comandante la Brirrata Avanguardia in S. Giovanni, e finalmente anche al Generale Alfonso La Marmora Comandante la sesta Dhisione, allora a Parma, di quanto, dopo aver invano atteso per due giorni istruzioni superiori, si era creduto in obbligo di 'fare, in vista delle gravi apprensioni che gli facevano concepire le informazioni e gli in dizi da lui raccolti su quanto avveniva al campo. Con speciale raccomandazione pregava il Colonnello Belvedere arfìurhè facesse immediatamente affondar tutti i porti volanti che :-:i trovassero sul Po, nella sfera d'osservazione della sua Brigata, · onrle il nemico non se ne valesse per conto suo. Al Generale Alfonso La Marmora, di cui conosceva l'energica naiLll'a e la riputazione che si era fatta nella passata campagna, dicrYa in via privata che se avesse creduto di poter correre da Parma a congiungersi seco lui, egli si sarebbe spontaneo assoggett:llo a' suoi ordini e avrebbero manovrato di conserva. Spedite per appositi messi tutte queste lettere, prima dell'al-. h gg-in re del giorno 24 il Generai Fanti metteva in marcia la sua Divisione, facendola fiancheggiare verso il Po,. per Botturone, Pant·m·on e e Cervasina dal Battaglione Bersaglieri Trentini, mentre le ùne Compagnie Studenti si trattenevano a Mezzanacorte e vi . onf'o-Liavano il prescritto incendio del materiale del ponte. Passando per Casatisma e Casteggio, la Divisione giungeva nel pomeriggio a Voghera, ove dovea pernottare. Quivi il Generai Fanti si incontrava con un Ufficiale dello lato Maggiore della Brigata Avanguardia, il quale tornava dal1'<n ere compita una missione in Alessandria, e veniva informato dal medesimo, che in quella città· correva voce assai accreditata t•lte ~li Austriaci si fossero già resi padroni di Casale. Ciò non era effettivamente che· l'esagerazione del tentativo fallo dal nemico contro quella città e andato fallito per virtù d Ila sua brava popolazione, ma Fanti non poteva allora sapere quc to e per lo incontro aveva ogni ragione di felicitarsi per la presa determinazione di portarsi ad Alessandria. A confermarlo in questa personale sua compiacenza venne poco appresso una lettera (1) del Governatore di Alessandria, Ettore ( 1) Crediamo bene citare le testuali parole della lettera: c Alessandria, 24 Marzo 1849.

« Fregiatissimo signor Generale Fanti, ~ Non posso, nelle attuali circostanze, che lodare ·Ja risoluzione prelfà dull" S. V. I. di recarsi colla sua Divisione in Alessandria,


FANTI E LA DIVISIONE LOMBARDA

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De Sonnaz, nella quale era pienamente approvata la marcia d i Lombardi per coprire Alessandria, e si mostrava speranza eh anche la Brigata Avanguardia fosse per fare altrettanto. Avvertito poi confidenzialmente il Fanti che in Alessandria non s'era lasciato che un presidio di 2000 uomini, il Generale Sonnaz arrgiungeva che egli pure da tre giorni, per quanto avesse domandato e a Torino e al Campo, istruzioni non ne riceveva alcuna. Di fronte all'approvazione del prode e intelligente De Sonnnz. per l'operato del Fanti, e al biasimo che tacitamente rivolge al Quartier Generale, ossia al Chzarnowski, perchè lascia sguernita Alessandria e senza istruzioni lui. e il Fanti in si critico momen to quale era l'attuale, non ci reca per vero dire poca meraviglia i l P.ensare che ciò malgrado poco appresso abliia dovuto verifica i il caso che quel Generale in Capo, che lasciava aperta Alessandl·ia al nemico, e teneva De Sonnaz e Fanti senza istruzioni, abbia potuto ottenere dal Governo Sardo che si processasse il Fanti per l'accennato logico suo contegno, e non sia invece stato sottopo t 1 a processo egli medesimo per rendere stretto conto sei tanti gravissimi suoi errori. E dicano pur ciò che vogliono quelli che allora e poi acerbamente attaccarono la mossa di Fanti su Alessandria, sostenendn che miglior utile alle nostre armi ne sarebbe venuto, se egli invece a testa bassa si fosse cacciato a tergo o sul fianco sinistro d l nemico; può egli credersi che le pochissime forze della Divisione Lombarda fossero per produrre sulle molti8Sime austriache um1 diversione capace da paralizzare la loro azione sulla fronte ver o Mortara o Novara? La sola retroguardia austriaca bastava a fai' pentire Fanti e la sua Divisione se mai avessero voluto gettar i in si imprudente avventura. Chi non ha voluto o saputo comprenderlo nè allora, nè p i, si è fatto volontariamente cieco alla viva luce del più chiaro giorno ! E quasi che tutto questo non avesse bastato per sè stesso u rendere assai strano un procedimento contro Fanti per la sua < Penso ch'Ella avrà seco anche la Brigata Avanguardia. - Provvederu c alla meglio pei Quartiel"i. c Credo bene informarla confidenzialmente, che le truppe che sono a i "' miei ordini non arrivano ai 2000 uomini. - Non tengo ordini nè tampo ' 11 .ot direzioni, nè da Torino, nè dal Campo, per quanto da tre giorni io ne d «: mandi. - Non so spiegarrnelo. « Mi creda , Il uovernatore d'Alessandria

« E, DE SoNNAZ. »


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PARTE QUARTA

·ondoLLa iu queste circostanze, perchè la cosa dovesse essere ancora più anormale, il punto di partenza da cui mosse il procedimenl intentatogli più tardi doveva essere un fatto pel quale egli giu ente richiamava l'attenzione dei superiori sopra di un suo ullalterno, che gli avea mancato di subordinazione in faccia al n mico, e su di cui noi saremmo ben volontieri sorvolati, se non i co lringesse a parlarne questa precisa circostanza. Il Coml\lldaDIG Poco appresso il suo arrivo in Voghera, il Generale Fanti doi Cnvallogllerl L ombardi riOu- veniva ufficialmente informato, che il Colonnello Sanfront, CoLa obbedienza ai t 'auU. mandante i Cavalleggeri Lombardi, il quale da che si era riunito alla :Oivisione aveva ottemperato agli ordini emanati dal Comando lella medesima, protestava di non volerlo più fare dal momento che avea potuto convincersi dalle recenti mosse, che invece di condurlo ad affrontare il nemico, lo si allontanava vergognosamente dal m desimo. E a tale sua risoluzione si diceva autorizzato da ciò che egli e il suo Reggimento non erano altrimenti sottoposti al ·omaudo della Divisione Lombarda, ma dipendevano direttam nte dal Comando Generale dell' Esercito. Egli diceva pertanto che e gli si fosse fatto vedere un ordine scrilto di esso Comando Generale, che prescrivesse al Fanti di marciare sopra Alessandria, 'lllora gli vi si sarebbe conformato (1); in caso diverso il Reggim nlo Cavalleggeri, anzichè fuggire dal nemico recandosi in Ale an ria, si sarebbe avviato su Casatisma, ove Sanfront diceva apcrc che avrebbe trovato ]a Divisione La Marmora (che tuttavia era a Par ma) la quale lo avrebbe certamente condotto al nemico. (l) La pretesa immediata dipendenza del Sanfront dal Comando Generale dell' E ercito era contraria agli ordini che desso, al suo passaggio per Alessandria, vi aveva ricevuti dal Governatore Sonnaz, in seguito al dispaccio che qui t estualmente citiamo: • N. ~j05.

« r.Q IJ A ~DO GENERALE DELL'ARMATA c QUABTIER GESER.~LE PRINCIPALE

• Alessandria, 18 Marzo 18\9.

« Al Comandante la Divisione militare di « Alessandria. « Prego la S. V. I. non sì tosto che saranno giunti in questa città i Ca« valleggieri Lombardi, di avere la compiacenza di dirigerli tostamente per « Valenza a Sannazzarro, alli ordini delta 5.a Divisione.· « li 1\laggior Generale Capo di Stato Maggiore Generale

« ALESSANDRO LA MARMORA. » Era dunque, quando meno, inesalta l'asserzione del Colonnello Sanfront.


FANTI E LA DI VISIONE LOMBARDA

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Una tale protesta del Colonnello Sanfront, se poteva far fede del suo ardente desiderio di battersi, non poteva altrettanto attestare del giusto criterio con cui egli allora si rendeva ragione delle reciproche posizioni dei due eserciti combattenti, nè tampoco parlava in favore del suo spirito di disciplina militare. Comunque per altro, il Generale Fanti, con una tolleranza che credè dovuta alle eccezionali condizioni della sua Divisione, prima di venire a misure di rigore verso il suddetto Colonnello, volle cercare di accomodare le cose, facendo chiamare a sè il medesimo, per capacitarlo delle ragioni possenti che lo avevano indotto alla marcia su Alessandria, approvata d'altronde dallo stesso Generale Sounaz: ma il detto Colonnello non si lasciò trovare da chi lo cercava, ed evitò così di presentarsi al suo superiore ed ascoltarne le buone ragioni e gli eccitamenti ad obbedire. Il Generale Fanti allora per sfuggire lo scandalo pubblico a cui pareva volesse trarlo il disobbediente Colonnello, fece pregare l'Intendente della Provincia di Voghera di venire da lui, e pre· sentatosi questi, e spiegatagli la vera situazione delle cose, lo incaricò di vedere il Sanfront e di persuaderlo all'obbedienza de' suoi ordini. Non parve che la delicata missione accomodasse molto a questo pubblico funzionario, che freddamente accolse il dise· gno del Fanti, e se ne partì ben tosto (1). (l) A schiarimento del contegno di questo Intendente e del sano apprezzamento che egli seppe farsi in quella circostanza, delle cose e degli uomini, noi ci facciamo un obbligo di presentare qui appresso, come prezioso documento, il rapporto, che sull'avvenuto egli dirig~va allora al Ministro degli Interni, e tanto più volentieri lo facciamo in quanto che, como più tardi vedremo, fu su di esso particolarmente, che, incredibile a dirsi ma pul' tl'oppo vero, venne basata l'accusa, che diede .luogo alla procedura del Consiglio di Gaerrn contl'o Fanti. Eccolo pertanto in tutta _la sua veramente fenomenale iBgenuità: o N. 230.

« liE81A INTENDENZA DI l. CLASSE • della Pro v. di \"oghera 1

DIVISIOIIE DI SICUREZZA PUBBLICA

« Voghe1·a, 25 Marzo 1SW.

« Al Ministero dell'Interno « Jeri, sul fare della sera, tutta la Divisione Lombarda, attravel'sata la ~ città, sotrermavasi accampata al di fuori della strada di circonvallazione, .. e verso la mezzanotte proseguiva il suo cammino per Tortona. « Al suo passaggio, non un evviva, non un plauso, ma il più cupo silen« zio, e la -massima tristezza regnava in questi abitanti, che in tal modo vede« vano messo in balia delle orde straniere il loro territorio, le loro famiglie.


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Il nostro Generale frattanto, a cui più che ogni altra cosa premeva arrivare sollecito in Alessandria, specialmente dopo che avea intesa la corsa voce dell'occupazione di Casale, disponeva ogni cosa perchè le sue truppe si rimettessero in marcia entro la notte stessa, e lasciato al Comando di Piazza di Voghera nuovo ordine per iscritto al Colonnello Sanfront di partire col suo Reggimento per Alessandria, si disponeva egli medesimo a marciare a questa volta. Forte e straordinaria buffera di neve, pioggia e vento, accompagnò la marcia dei Lombardi per tutta la notte del 24 al 25, ma grazie alla presenza ed alle incessanti cure del loro Generale, che li animava a correre a difesa di Alessandria, dessa procedè ordinata e sollecita al punto, che malgrado il cattivo esempio del Comandante i Cavalleggieri, nel mattino del 25, l'in tiera Divisione, meno i suoi bagagli, si trovò a Tortona. Apprendeva il Generai Fanti al suo arrivo in questa città, come falsa fosse la corsa voce della presa di Casale, .e come per lo incontro il nemico ne fosse stato bravamente respinto nell'attacco che avea tentato. Per tale notizia, che meno urgente ren·

..

.-.·-... ~:

PARTE QUARTA

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C.'

« Più tardi cominciassi a sussurare, essere tal mossa un nuovo tradi« mento del Comandante la Divisione: osserva vasi in modo positivo non avere « egli avuto ordine di ritirarsi, ed in prova di ciò si adduceva il rifiuto del c Comandante la Cavalleria, di seguire la sua colonna. c Alle ore 7 fui chiamato dal Generale Fanti : vidi in esso, e nel suo c Stato Maggiore, una esitanza .nel disporre, una ansietà smodata di conoscere « le mosse del nemico. « Gli notificai, come nel dopo pranzo mi risultasse che verso Zinasco c fosse stato visto un Corpo nemico ripiegare verso Pavia; come in tutta la « giornata del 23, e successivamente, fossero stati veduti carriaggi numerosi « di feriti rivolti precipitosamente a quella stessa volta: mi feci perfino ar« dito ad osservargli che qualora la Divisione Lombarda fosse rimasta al suo « posto, ed avesse avanzate le sue Batterie alla Cava, avrebbe molto mo- · « lestato la ritirata del nemico e ritardandone il movimento, avrebbe forse « deciso di un qualche grande fatto d'arme. Ma ahimè ! in quel momento mi c fu svelato il grande arcano! Prima di abbandonare la looalità di Mezzana« corte e Casatisma, aveva il Generale Fanti fatto dar fondo a tutte le bar« che del ponte ritirata alla nostra sponda, ed altrettanto aveva fatto fare a « quante barche, porti, battelli e barconi esistevano lungo il Po dall'indicato « ponte di Mezzanacorte fino al confine Piacentino. c Da ciò mi appariva chiara la di lui intenzione, di non volere alrron« tare il nemico, ed ebbero fondamento nella mia mente le ragioni del Co« lonnello Sanfront, il quale già tradito per iscritto dal Generale Ramorino, « che al giorno 20 gli scriveva da Casatisma a Sannazzarro di ritirarsi pron« tamente percorrendo la linea di Vig0vano a Costeggio: ·tradimento ed


FANTI E LA DIVISIONE LOMBARDA

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deva il suo presentarsi in Alessandria, risolveva il Fanti di accordare 24 ore di riposo alle sue genti, che dalla disastrosa marcia notturna erano state atl"rante, più che se avessero fatte parecchie ordinarie tappe. A ciò lo induceva ancora il pensiero che simile fermata gli permetteva di essere raggiunto dai bagagli rimasti a Voghera. Frattanto, non vedendosi seguito dai Cavalleggeri, Fanti non poteva più oltre differire quelle misure che i regolamenti militari prescrivono per simili casi, e per conseguenza faceva rappotio particolareggiato al Generale Maggiore dell'Esercito, Chzarnowski, dell'accaduto, e contemporaneamente al Ministero della Guerra in Torino, qualificando la condotta del Colonnello Sanfront come una manifesta insubordinazione in faccia al nemico, e domandava che il detto Colonnello venisse sottoposto a Consiglio di Guerra, il quale giudicasse della pena da infliggergli. E non andò guari che il Ministro della Guerra Generale Chiodo, riconoscendo la giustizia del reclamo di Fanti, ordinava al Generale De Sonnaz, Governatore d'Alessandria; di far trattenere agli arresti in quella piazza il Colonnello Sanfront, perivi essere assoggettato a Consiglio « errore materiale di un giro vizioso di oltre 80 miglia; ed ora vedevasi al« lontanato dal suo posto, senza che si volesse soddisfare le sue giuste c dimande di un ordine per iscritto che indicasse essere tale ritirata co« mandata dal Quartier Generale Principale. c: Fui ripetutamente incaricato di portar parole al bravo Colonnello « Sanfront, dal quale in sostanza venni a conoscere ·non a vero egli ordini « positivi che attaccassero il sno Reggimento alla Divisione Lombarda, e sic« come lui, e tutti li suoi Ufficiali volevano battersi, o almeno stare al loro ..: posto, e non girovagare come Guerrillas Spagnuole, più in fuga, che in « traccia del nemico , cosi persistevano nel fermarsi, come si fermarono, ed c ora ritorneranno a Casteggio per riunirsi alla Divisione La Marmora. « Viva il Colonnello Sanfront, vivano li suoi bravi Cavalleggeri! « Con malinconia io posi la falce nella messe altrui, ma, devoto al Go« verno, ed in buoBa coscienza, io debbo notificarle essere mia opinione, che « la Divisione Lombarda, comandata da tali Capi, aiuterà lo Stato e si bat· « terà non prima del giorno susseguente al giudizio universale. « Ho l'onore ecc. • L'Intendente

« ISOLA. » Stupisce invero che un uomo serio, quale dovea essere un Intendente, possa avere scritta una consimile lettera su cose sì gravi ; ma alla fin fine egli si trovava allora al bujo di quanto era effettivamente avvenuto: ma quanto maggior stupore non deve arrecare, il vedere il peso che si dà a questa lettera alcuni mesi dopo, e quando la verità dei fatti, se non le loro intime ragioni, era pienamente conosciuta da tutti !


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PARTE QUARTA

· Guerra; ordine che rimase in eseguito, perchè il suddetto Colonnello, non sapremmo qui precisare il come, lasciato il Reggimento soggiornò tranquillo a Torino e a Mondovì, senza subire molestia alcuna per lungo tempo. Vedremo in appresso quali strane onseguenze si ebbe pel Fanti questo dispiacevole incidente. Nel giorno di sua fermata in Tortona, Fanti riceveva il r i contro che da Parma avea fatto alla sua lettera il Generale lfonso La Marmora. Questi gli scriveva, essere egli pure nella più completa ignoranza di quanto avveni va al campo, ma nello tesso. tempo .soggiungeva, che nelle circostanze in cui vedeva e sersi trovato il Fanti, egli stesso non avrebbe saputo prendere miglior risoluzione che quella di correre a coprire Alessandria, e di ciò esserne tanto convinto, che siccome da pochi giorni era Lata posta a sua disposizione la Brigata Avanguardia, che trovavasi a S. Giovanni, cosi egli, che pel momento non potevane aver bisogno, la poneva agli ordini di Fanti, perchè lo seguisse in Alessandria: aggiungeva in fine, che se egli non si fosse trovato sì lontano e diviso da Fanti dal presidio Austriaco di Piacenza, non avrebbe esitato a venir egli stesso verso Alessandria, ma che le suddette ragioni , ed anche l'aspettazione di qualche speciale ordine dal Quartier Generale Principale, lo distoglievano da un tal passo. Era una seconda valida approvazione che al suo operato otteneva il nostro Generale, e conveniamone, entrambe avevano altro ignificato e valore, che la disapprovazione del Colonnello Sanfront. Egli poteva quindi serbare calma e tranquilla coscienza di aver fatto il suo dovere. L Divi ione Al mezzogiorno del 26, la Divisione Lombarda entrava in Lo mbarda m A · lessandr1n , lessandria, accoltavi con cortesi parole dal generale De Sonnaz, che domandava al Fanti avesse a tenere una delle sue Brigate entro la città stessa, e portare innanzi l'altra divisa in parti eguali fra S. Salvatore e Valenza, per osservare le due vie da cui poteva temersi un colpo di mano del nemico. Aderito a si giusto desiderio, la Brigata Giannotti marciò nella stessa giornata per le due anzidette destinazioni. Erano allora scorsi tre giorni dalla fatale giornata di Novara, e nulla per anco di positivo si sapeva in Alessandria degli infausti avveuimenti compitisi colà. Vaghe voci allarmanti circolavano per ogni dove, e tutti, ma specialmente le truppe Lombarde, ne provavano funesti presentimenti. La calma per altro. regnava fra cittadini e soldati, nell'angosciosa attesa di positive notizie. J.e prime che s'ebbero vennero portate nella notte del 26 ..l 2.7 da. ~n l}fficiale dello Stato MaB"S"ior~ del Qqartier Generale


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FANTI E LA DIVISIONE LOMBARDA

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Principale, ritiratosi allora a Momo, che portava un dispaccio per Sonnaz e uno per Fanti. Nel primo si annunziava semplicemente l'abdicazione di Carlo Alberto e l'assunzione al trono di Vittorio Emanuele, e si prescriveva che ogni truppa stanziata nella Divisione prestasse immediatamente il dovuto giuramento al nuovo Re. Nel secondo si ordinava al Fanti di condurre la sua Divisione fra Casteggio, Voghera e Tortona.. Vi presta giu· Dal contenuto di questi dispacci e dalle parole dell'Ufficiale rarnentoal nuo\·o Re \'tttorio Ema· che li recava, si potè arguire, se non tutta, almeno gran parte nuele. della gravità dell'infortunio che ci era toccato a Novara, e naturalmente le truppe Lombarde, come per spontaneo istinto sentivano non potere più a lungo protrarsi la loro esistenza legale in un paese, a cui ormai l'Austria andava a dettare le più dure condizioni di pace. Perciò dovea necessariamente sorgere fra loro un irresistibile spirito di malcontento e di angosciosa agitazione disciplinare. E in questo, diciamolo pur francamente, razionale stato degli animi, come si sarebbero esse truppe Lombarda contenute, quando avessero sentito che loro si domandava giuramento di fedeltà al nuovo Re, del quale ignoravano completamente le intenzioni al loro riguardo ? Pur non di meno il Generai Fanti inspirava tuttavia ne' suoi subalterni tale fiducia, che in seguito alle sue calde raccomandazioni perchè avessero a prestarsi al domandato giuramento, non mancarono di farlo nel giorno appresso colla dignitosa calma richiesta in tale circostanza. Compivasi questa formalità nella piazza d'armi d'Alessandria innanzi al Generale Sonnaz unitamente alle truppe Sarde del presidio, e vi concorreva per anche la Brigata Giannotti, richiamata nella notte da Valenza e S. Salvatore. Se non ebbero a deplorarsi in quella circostanza inconvenienti, lo si deve attribuire unicamente all'ascendente che Fanti esercitava sui suoi Ufiiciali e soldati. Finita la cerimonia, per accordi presi col Generale Sonnaz, Si reca in ac· cantonamenti fra le due Brigate lasciavano Alessandria e muovevano insieme per Tortona, Voghe· ra c ca.teggio. recarsi successivamente a Tortona, Voghera e Casteggio, ove erano state destinate dal Comando Generale dell'Esercito. Il Generale Fanti si tratteneva personalmente in Alessandria per ivi attendere all'ulteriore approvigionamento della sua Divisione nelle relative sue nuove stanze, ove quindi l'avrebbe raggiunta. Contrariamente a quanto mai potevasi attendere il Fanti, fu disgraziata questa sua risoluzione, in quanto che aperse l'adito ad un grave pericolo, che per buona ventura egli seppe prontamente scongiurare. Ed eccone le particolari circostanze.


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PARTE QUARTA

Quelle infauste notizie di Novara, che, racchiuse dapprima n Ila stretta cerchia del nostro Quartier Generale Principale, avenova vano incomprensibilmente impiegato quattro giorni a pervenire in Alessandria e ben anche in Torino , una volta librate sulle portentose ali della pubblica voce, erano volate colla rapidità del ful mine per tutto il Piemonte, e vi avevan prodotto generale ango ia e sgomento. Torino, che per un momento si era creduta minacciata d'invasione nemica, corse alle armi e si propose reing-erla come avea fatto Casale. Rettificate meglio per altro le nolizie, e scomparso il pericolo della temuta invasione, gli animi si po ero in quiete e compresero tutta l'importanza di mantenersi calmi tranquilli in sì crudele circostanza, per ripararvi come meglio i sarebbe potuto. L'imposta occupazione del Novarese, la g-uarniO'ione mista in Alessandria, l'immediato scioglimento delle truppe L mbarde, infine il pagamento dei molti milioni domandati per indennizzo di spese di guerra. eran dure e gravose condizioni, ma pure era giuocoforza rassegnarvisi per evitare mali maggiori. Questo assennato contegno di Torino non prevalse in Genova, ove una forte mano di perturbatori, che da lungo tempo teneva arritata quella popolazione, riesci a persuadere alla medesima che fra i patti accettati a Novara vi fosse pur quello della occupazione di Genova. Gridavasi pertanto che ad evitare un tanto scorno e dan no, non v'era altra via che sottrarsi al Governo Sardo e far causa comune coi nuovi Governi installati allora in Toscana e n Ili Stati Papali. Si chiamava per ciò il popolo alle armi, per liberarsi in prima del debole presidio sardo e respingere quindi la prevista invasione austriaca. Il fiacco contegno e le tarde ed incerte misure di repressione, he i funzionarj del Governo Sardo adoperarono in quel momento, produssero breve ma sanguinosa lotta fra le poche truppe e i piu audaci facinorosi; ebbero il sopravvento questi ultimi , che obLligarono le prime a sgombrare i forti e la città. Creossi allora immediatamente una Giunta di Governo con forme repubblicane, che decretò la propria indipendenza dal Piemonte, e la resistenza a ualunque costo ad una occupazione austriaca. Ben comprendevano per altro i capi del movimento di GeGli e mo ri in· •urr 110n li ge· quanto poco avessero a far calcolo sulla popolazione della nova, nov i in nlou.o ali lruppo Lom · città, perchè concorresse armata mano a sostenere le loro idee, e bar.Je. quindi vedevano la necessità di provvedere aHa resistenza di Genova, che non tarderebbe molto ad essere investita o da Sardi, o da Austriaci, mediante altri più acconci mezzi. E loro opportunissimq sj otTriv~ l'ajuto che er~ lecito sperare avrebbe dato la l duro patl dJ o varra e r In·

su rr~~ione di Ge-


i:'ÀNti E LA biVIstoNE toMBARbA Divisione Lombarda, per la eccezionale posizione in cui essa andava allora a trovarsi in causa della sua immediata dissoluzione pattuita a Novat·a. Piuttosto ehe venir consegnata, con mani e piedi l~o-ati in poter del nemico, che l'avrebbe trattata da ribelle e condegnamente punita, doveva certo questa Divisione preferire di accorrere a Genova per assumervi la difesa del nuovo ordine di cose ivi instaurato. Travvista dagli iniziatori della rivolta di Genova questa via di migliorar le loro condizioni, non si indugiò un istante a mettere in azione ogni cosa che potesse condurne la pronta effettuazione. Numerosi messi, muniti di larghe promesse di promozioni, e pur anche di qualche vistosa somma di denaro, partirono sollecitamente da Genova, e si precipitarono là dove seppero che si tene· vano le truppe Lombarde , per potersi intromettere fra esse ed esercitarvi il loro apostolato. Un cosi deplorevole tentativo contro i doveri disciplinari o direm meglio, l'onore delle truppe Lombarde, prendeva precisamente pieno sviluppo durante la loro marcia pei nuovi accantonamenti, a cui, dopo il prestato giuramento erano state dirette, e sventuratamente, come abbiamo più sopra osservato, nel momento in cui la fermata di Fanti in Alessandria, gli impediva di avvedersi di quanto avveniva, e porvi immediato riparo con lo sbarazzarsi dei provocatori agenti genovesi. erediamo superfluo l'annoverare qui le infinite sottilissime arti, con cui costoro si adoperarono nel giorno 28 e nel 29, in mezzo alle giovani truppe Lombarde per subo.rnarle. Basti il dire, che dal preteso tradimento con cui solo si voleva spiegare la disfatta di Novara, alla più nera perfidia colla quale si assicurava combinata la consegna dei Lombardi in mano agli Austriaci, nulla fu dimenticato per ottenere l'agognato vituperoso intento. E ragion vuole che diciamo il vero ; non andò tutto perduto il mal seme che si profuse ·fra le fila di quegli infelici, il di cui animo non poteva a meno di essere grandemente conturbato, e in preda alle più opposte emozioni. Parecchi Ufficiali, illusi forse al punto da non saper più rettamente ragionare, prestaron fede alle arti con cui li si accalappiava, e falsamente persuasi di far opra giovevole alla causa italiana, si fecer complici degli sci3.nourati loro istigatori, e si diedero a far propaganda essi medesimi fra i compagni e i subalterni per indurii a correre ove eran chiamati. Gli incerti, i tiepidi e quanti anche comprendevano tutto l'errore di un tal passo, non osarono opporsi vigorosamente al medesimo,. e così in fra il più o meno Recreto maneggiarsi della


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PARTE QUAR'l'A

tr i te faccenda, si venne alla determinazione che nella notte del 29 al O i Corpi più prossimi a Genova, ossia quelli accantonati a Tortona, avrebbero quietamente levato il campo e si sarebbero m si alla volta di quella città: i più lontani dovevano seguirli d appresso. Soli rimasero esclusi dalla confidenza della presa risoluzione il Generale Giannotti Comandante la seconda Brigata, e quanti altri Ufficiali Superiori nativi Piemontesi, che si temeva potessero darne avviso alle competenti Autorità, e compromettere così la ITettuazione del piano adottato. lisure cd ap Mentre tutto questo si concertava e si tramava a Tortona e a preHamenLi del Fanll s ull cose Voghera, il Fanti avea passata la giornata del 28 in Alessandria del rnom enlo. intento alle cure che ve lo aveano trattenuto, e nel 29 più particolarmente si era occupato intorno a quanto veniamo a dire. Dal Generale Sonnaz egli riceveva comunicazione di un Ordin e del Giorno Generale all'Annata, emanato dal Generai Chzarnowski col N. 51, col quale alla Divisione Lombarda veniva alquanto modificata la sua dislocazione, giacchè invece di !asciarla, come da prima era stato disposto, a Tortona, Voghera e Casteggio, i prescriveva che prendesse quartieri a Voghera, Tortona e Novi . . Su tale ordine il Generale Fanti, cui già era noto l'avvenuto movimento insurrezionale di Genova, non potè a· meno di riflettere, che il mandare le sue truppe, nello stato di fermento e agitazione in cui si trovavano per l'incertezza della loro sorte a Novi, si prossima a Genova, poteva essere un incentivo a qualeh deplorevole fatto, e si fece quindi un dovere di comunicare al Generai Sonnaz una cotale sua apprensione, e di proporgli di la ciare nei già occupati posti la sua Divisione. Pienamente appr vata l'osservazione e la proposta del Fanti dal De Sonnaz, rimase inteso che i Lombardi non avrebbero mosso da dove si trovavano. Fuvvi altra circostanza nella giornata del 29 pel Fanti, e che noi ci crediamo in obbligo di registrare, perchè ci fornisce mezzo di far vedere da quale alto punto di vista egli considerasse allora la situazione militare, che la toccata sconfitta faceva al Piemonte, e come la mente sua - piena di tutte quelle risorse che uperiore ingegno, e vasta scienza pratica di guerra non lavenir meno neanche nei più disperati casi - credesse ancor po ibile il continuare l'interrotta lotta. In esso giorno 29 dunque, riceveva il Fanti una seconda letl ra del Generale Alfonso La Marmora, scrittagli da Parma, alla viP'il ia di lasciare quella città, per far ritorno colla sua Divisione in Piemonte. In essa il giovine Generale Piemontese narrava al

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PANTI E LA mtrsto~ toMBARbA

Fanti di aver ricevuto da suo fratello Alessandro, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, i più tristi ragguagli sulla giornata di Novara, lo informava dell'ordine ricevuto di ripatriare, e quindi dava libero sfogo al profondo dolore che questo tristissimo insieme di cose gli avea cagionato, troncandogli d' un tratto le più care e più liete concepite speranze. Nel leggere una tal lettera, che sì fedelmente riproduceva i sentimenti che opprimevano allora l'animo suo, il Fanti pure a sua volta si senti condotto a versare nel cuore del La Marmora i più secreti pensieri che si alternavano nel suo, e che era certo potevano essere ben compresi dal camerata, che sapeva valente militare e di alti e generosi sensi. Gli rispondeva pertanto con queste poche, ma ben significanti parole : « Generale - egli scriveva - siamo in momenti terribili: « l'Esercito battuto, le popolazioni stordite1 il Governo titubante; « cosa succederà? È questa la domanda che tutti si fanno. « I Tedeschi nella Lomellina e nel Novarese, orgogliosi per « l'ottenuto trionfo, non sono forse fidenti in loro stessi più di « quanto la prudenza loro consiglierebbe? « Di fatti; possono essi andare a Torino e rimanervi lungo « tempo ? lo credo di no; perchè, cosa farebbe Radetzki se noi « ritirando le nostre forze nelle montagne di destra e di sinistra « del Po, lo obbliga.c:;simo a disperdere le sue per venirci a com~ « battere? Le nostre truppe, per scoraggiate che siano, non si 1 batterebbero forse nelle loro montagne? E se noi potessimo a: rimanere in attitudine ostile solo per un mese, cosa non po~ « trebbe avvenire nella Lombardia, nel Veneto, nei Ducati, in « Toscana, nelle Romagne? « Mi piange il cuore pensando, che soli 60,000 Austriaci, che « non di più io credo siano li entrati in Piemonte, impongono « la legge alla intera Italia! » Manifestamente questa lettera alludeva alla possibilità di rompere l'armistizio impostaci a Novara; e di dar luogo all'Italia intiera a correre in soccorso dell'oppresso, ma non domato Pie.. monte. Non ci si dica che ciò era un sogno di mente inferma; era un ardito concetto, se vogliamo, ma per nulla impossibile nell'or· dine dei fatti a cui hanno sempre dato luogo le guerre d'insur• rezioni nazionali, di cui splendido e recente esempio era quella per la quale le poderose armate Napoleoniche avevan dovuto ri· nunziare al possesso della invasa Spagna, dopo .avervi lasciato il fiore dei loro soldati.


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PAR1'E QUARfA

Soltanto nel detto giorno, 29, perveniva in AleRSandria al Fanti H riscontro che il Ministro della Guerra Generai Chiodo, con data cl Ili 26 Marzo, faceva alle comunicazioni che fino dal giorno 23 ~:m ti gli avea trasmesse con sua lettera circa alla sua speciale po izione, ed alla determinazione presa di condurre la sua Divisione a aprire Alessandria. Con esso riscontro si ingiungeva al Comanrtanle dei Lombardi di porsi a disposizione immediata del Generale De Sonnaz, con che impliçitunente si approvava il partito ,.... pr o dal Fanti (1). <> Compite queste ed altre parecchie cose di servizio nel corso Como con qunli oll•m l r•Rllllllll Fnnll tn- della giornata del 29, e venuta la sera, il Generai Fanti, come rln Ales<nml rln corro a Tortonn aveva praticato nei giorni grecedenti, si era recato alla sede del orn ando del Generai Sonnaz per sentire se avesse ordini a darali p r l'indomani; ma giunto in sulla soglia di quel Comando inusitatamente la trovò chiusa. Sorpreso di un tal fatto, e spinto qua i da un subitaneo istinto che gli faceva credere opportuno il conoscerne la cagione straordinaria, bussò alla porta sperando che talu no pur si facesse vivo e gli spiegasse la cosa. Presentatosi allora un subalterno impiegato del Comando, dietro vive istanze del Fanti, confidenzialmente lo informò, che in se!!llito a insistenti voci, pervenute al Generale Sonnaz, assiPur:mti che gli Austriaci si fossero decisi ad occupare Alessandria prima del tempo convenuto nell'armistizio, e che anzi intendessero rado improvvisamente nella notte stessa, desso, il prode veterano D onnaz, non aveva esitato un istante a chiudersi in persona, ( 1) Crediamo meritevole di essere riferita per in ti ero la suddetta lettera t.lel Ministro Chiodo, quale documento che dà positiva sicurezza dello strano fenom eno avveratosi in quella malaugurata circostanza, ossia che nel giorno 26 il Ministro della Guerra, residente in Torino, ignorava ancora completamente quanto era avvenuto a Novara nel giorno 23. La suddetta lettera in data 26 marzo 1849, portava il num. 119, confidenziale, ed era cosi concepita: « Ove la S. V. I. non abbia ordini in contrario dal Generale Maggiore « dello Esercito, si porrà immantinente in comunicazione col Generale De « onnnz, Comandante la Divisione di Alessandria, incaricato di fornirle le « i truzioni apposite, per molestare, ove sia duopo, il nemico alle spalle, e « pie are quindi, se sia necessario, verso la stessa Alessandria. •Questo Ministero non è gnari nella circostanza di fornirle notizie della « guerra, mentre difficilmente può ottenerne anche di quelle non oftlciali: « quando perb gliene pervengano di sicure, si farà premura di l'endernela .: partecipe per suo governo. « Pregiomi ecC. t TI Ministro

« CHIODO ••


tANTt ~LA DI'VISIONE LOMBARDA

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con tutti i suoi pochi subalterni nella Cittadella della piazza, deciso ad impedire a qualunque costo al nemico almeno l'ingresso in essa Cittadella. A simile inaspettata notizia, balenò repente agli occhi di Fanti la sinistra impressione che una cotale precoce occupazione avrebbe fatto sulle truppe Lombarde, le quali per cosi fatto movimento del nemico si sarebbero improvvisamente trovate quasi da esso completamente avvolte. Se le medesime pertanto supponevano che un tal passo non fosse che il primo di quelli forse com·enuti col Piemonte per circuirle del tutto anche dal lato di Novi, e averle così in mano a discrezione, il Fanti vedeva troppa ragione di temere che l'urgente pericolo da cui le sue truppe non potevano esitare a sentirsi minacciate, loro non facesse adottare l'estremo partito di prendere immediatamente la sola strada di rifugio, che loro ancora rimaneva, ossia quella da Tortona a Novi, e vi si precipitassero al momento. E giunte che fossero a Novi chi poteva prevedere se l'irritazione cagionata dal supposto tranello, che loro si era teso, non le spingesse, se non tutte almeno gran parte, ad abbracciare la causa dell'insorta Genova? E allora sarebbe stato macchiato l'onor militare della Divisione Lombarda, e data forte esca per alimentare da Genova la guerra civile contro il Piemonte. Un così logico ragionamento e tanto appt:opriato alle eccezionali circostanze in cui versavano allora i Lombardi, fece persuaso il Fanti di tutta l'urgenza che egli indilatamente si portasse in mezzo a loro per frenarne ogni incomposto e intempestivo moto. Fatta perciò approntare una vettura di posta, Fanti, con un solo dei suoi AjuLanti, senza tardare un minuto, prese rapida la via di Tortona. E fu provvidenziale così fatta repentina determinazione, giacchè siccome andiamo a vedere, un solo istante di indugio, avrebbe impedito al Fanti di giungere in tempo fra le sue truppe per trattenerle da un iniziato atto di infrazione al loro dovere, cui le aveva determinate non già la cagione per cui s'era mosso il loro Generale da Alessandria, ma quelle mene sovversive, delle quali più sopra abbiamo fatto parola. A norma infatti dello stabilito fra gli sconsigliati partigiani della ribellione genovese, nel silenzio della tarda sera del 29, fra le 11 e la mezzanotte, le truppe della 2a Brigata che si tenevano a Tortona, avevano chetamente prese le armi, e formate le ordinanze, sfilavano ordinate per la strada che direttamente volge da Tortona a Novi. Una Compagnia di Fanterin precedeva come avanguardia, e poco appresso la mezzanotte passava tangente al ponte,


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PARTE QUARTA

che da detta strada scavalca la Scrivia, e mette all'altro ramo di strada che va ad Alessandria. In quel preciso momento, strano ma pur verissimo caso, attraversava il ponte della Scrivia la carrozza di posta, in cui si trovava il Generai Fanti col suo Ajutante. Sorpreso il Generale dal vedere in tal'ora, e in tal posto una intiera Compagnia ditesa in marcia, mentre a lui non constava che in quella notte . i avesse ad eseguire verun movimento, fa fermare la carrozza, e manda il suo Ajutante perchè gli faccia venire innanzi il Comandante della piccola colonna. Interrogatolo ben tosto, e trovatolo confuso e titubante nelle ri poste, l'accorta natura del Fanti gli fa travedere un barlume di quanto succede: scende allora di vettura e dà autorevole ordine al Capitano e suoi soldati di retrocedere su Tortona e quivi ritornare ai loro quartieri, assicurando tutti che l' ordine dato di marcia proviene indubbiamente da un malinteso. E ciò raccomanda che sia immediatamente fatto sapere a quanti altri si sono posti in moto, aggiungendo di comunicare ai medesimi il suo arri vo in Tortona, e che ùa lui stesso parte il contrordine di marcia. Come detto, fu fatto, e in poco tempo l'intiera Brigata avea I osate le armi, e dormiva sulla poca paglia delle sue caserme. Se laluno mormorò o imprecò ancora per la fallita impresa, non ebbe p r altro il coraggio di resistere apertamente agli ordini ricevuti. Questo era il prestigio che Fanti sapeva esercitare sulle sue truppe, anche quando, per un breve istante, esse avevano vacillato nel loro dovere. ut~~~t;~o~e1 Nel corso della rimanente notte, Fanti chiamò a sè chi potè recar l 3 pren - presumere più responsabile del trascorso, e avute alcune spiegader servi~io •n T~•cnna o nello ZÌODi COD lui, per le quali Si ritenne SiCUrO che questi non l lo Aom!lflo, e ne tr• u col Go- a vrebbé più deviato dal retto sentiero del dovere militare, fece verno Dnlo. diramar l'ordine che nel mattino seguente avessero a presentarl i si a rapporto tutti gli Ufficiali stanziati in Tortona per ricevere im portanti comunicazioni. Ciò fatto, il Generale - col più sano raziocinio argomentando clelle gravissime conseguenze, che sulla cosa pubblica d'allora, ed in ispecie sulla sorte della Divisione Lombarda, poteva avere una 1ualsiasi misura di rigore che egli adottasse contro i sorpresi colpevoli, e peggio ancora una sua denunzia alle superiori autori tà dell'occorso, e d'altronde convinto di avere in sè stesso sufficiente forza di carattere per mantenere inalterato il suo ascendente sulle proprie truppe -venne nell'acconcio proposito di addimostrarsi inconscio delle vere intenzioni che avevano determinata


rAN'l't E LA DIVISIONE LOMtJARl>A

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l'interrotta mossa dei Lombardi. Evitando così pene da infliggersi e rapporti da farsi, non provocava passioni e disordini, e tutelava l'interesse pubblico. Riconoscendo per altro nello stesso tempo la necessità di calmare alquanto gli animi che non potevano a meno di essere conturbati, cercò e trovò spediente anche per questo, e tale che gli parve dovesse convenire, tanto al Governo Sardo, come ai Lombardi. Doveva essere dell'interesse del primo, che l'imposto scioglimento dei secondi venisse operato in modo da non urtarne troppo l'amor proprio e gli interessi materiali; e -d'altra parte, se si fosse potuto trovar modo di tenerli uniti ed armati come si trovavano, era questo un raro servizio reso a loro ed anche alla causa italiana. Or se il Governo Sardo, col pretesto di inviare per il voluto scioglimento le truppe Lombarde fuori del cuore delle sue provincie, loro avesse permesso di condursi a Bobbio, riesciva facile a queste truppe, da cotale località, il passare o unite o alla spicciolata sul territorio Toscano, e di là portarsi ancora in quello del nuovo Governo Romano, e nell'uno o nell'altro paese prender servizio, e rendersi utili di nuovo, se mai la guerra riprendesse ancora, o allora o poi. Con questo ottimo intendimento il nostro Generale nel mattino del 30 Marzo, quando si trovò innanzi i suoi Ufficiali, loro espose il motivo, che lo avea repentinamente ricondotto fra essi, e dopo aver detto degli ordini ricevuti per la nuova dislocazione a Novi, e delle ragioni, per le quali avea creduto bene di non conformarsi ai medesimi, senza troppo insistere, ma pur toccando abilmente il delicato tasto della fedeltà alla propria bandiera, passò a dire della triste necessità in cui si trovava il Governo Subalpino di dover procedere al loro scioglimento, e su tale riguardo venne alla proposta di quanto più sopra abbiamo accennato, soggiungendo che se la 2& Brigata, a lui presente, accettava la sua proposta, egli l'avrebbe tosto riferita alla 1a, e se anche questa consentiva, in allora si sarebbero inviati alcuni speciali delegati al Governo in Torino per combinare ogni r.osa. ll saggio ed opportuno indirizzo che la proposta di Fanti dava al prossimo avvenire dei Lombardi non poteva a meno di non incontrare approvazione presso tutti, ed accettato l'offerto partito dalla pritna e dalla seconda Brigata, nello stesso giorno 30, il Colonnello Spini, ed il Maggiore Manara, quali incaricati dei loro commilitoni, e autorizzati dal Fanti a condursi a Torino, partivano a quella volta per combinarvi quanto s'era convenuto di domandare al Governo. Nella lettera colla quale il Generale suddetto


14o H accompagnava al Ministero di Guerra, si trovavano queste poche frasi, colle quali era al vivo dipinto il vero stato eccezionale delle truppe sottoposte allora ai suoi ordini : « Dopo gli ultimi casi , queste truppe si trovano nella più « eccezionale posizione , colla incertezza del presente, e con un « avvenire disperato, che loro si affaccia innanzi. Tutte le cattive « passioni si fanno strada fra loro, e non è che a forza di ripieghi ({ che si mantiene l'ordine fra esse-; ma alla più piccola scossa, ({ tutto pu6 scomporsi ». Ed in vero, malgrado che l'autorevole , ed accorto contegno ciel Fanti avesse potuto imporre l'obbedienza anche ai più riottosi, trattenerli dal marciare su Genova, e risolverli all'altro partito, non convien credere per questo che gli animi dei Lombardi non fossero in preda alla più grande agitazione, che per ogni dove si palesava fra soldati e fra Ufficiali. Fomiti a ciò eran pur tuttavia quegli agenti genovesi, che non ancora persuasi di un completo insuccesso, davan opera continuata alla loro missione, mantenendosi celati fra le truppe. Il Generai Fanti comprese che quelli erano momenti, in cui bisognava contentarsi del poco in un senso per ottenere il molto in un altro, e limitandosi quindi a sorvegliare e impedire nuom mossa su Genova, seppe sul resto veder poco e udire meno. Abbntcnm~nto Nella sera di esso giorno 30, il Generale Alfonso La 1\larmora, di FnnU eon Al~ n Ln llll'· che già aveva mosso colla sua Divisione da Parma, precedendola mam. di due giorni di marcia, arrivava in Voghera, ove avea avuto un lungo colloquio col Generai Fanti, e questi restava ben soddisfatto nel sentire pienamente approvato dal primo quanto egli diffusamente gli narrò di aver fatto, da che avea assunto .il comando dei Lombardi. Anche sul progettato passaggio in Toscana e Romagne, La Marmora si dimostrò convinto di tutta la sua opportunità. Biasimò poi severamente la condotta del Sanfront, e dispose perchè tutto il Reggimento Cavalleggeri tornasse agli ordini di Fanti, lasciando intanto che il suo Colonnello si tenesse in licenza a Torino, in attesa del giudizio che Fanti avea domandato si facesse sul conto della di lui disobbedienza. In questo primo abboccamento, che ebbero i due giovani G~ nerali, La Marmora e Fanti, essi simpatizzarono vicendevolmente, e l'uno prese stima ed affetto per l'altro, e ciò fu di gran peso per l'avvenire di Fanti, come a suo tempo vedremo. Deplorevoli male intelligenze , sorte fra loro allorchè la posizione a cui era pervenuto Fanti gli imponeva di toccare alcun che del già fatto dal La Marmora, tolsero più tardi alquanto di quell'armonia che


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avrebbe dovuto regnar sempre fra due caratteri fatti per apprezzarsi scambievolmente; ma noi crediamo poter asserire che non alterarono giammai i loro sensi di reciproca e verace stima. Governo SarNel giorno 31 perveniva lettera al Fanti del Generale Morozzo doDacealta la prodel Fanti della Rocca , allora Ministro della Guerra, colla quale lo si pre- eposta invia i Lomgava a recarsi indilatamente a Torino, per ivi trattare cose relative bardi a Bobbio, alla sua proposta per i Lombardi. Di sì legittima ragione poteva valersi il Fanti per lasciare la dura posizione che gli era fatta in mezzo ai Lombardi, e quando fosse stato in Torino non gli mancava mezzo di trovar modo per fermarvisi, nè più tornare al comando difficile che teneva. Ma ben lontano da siffatti intendimenti, il nostro Fanti, persuaso che la sola sua presenza tener poteva in freno i Lombardi, rispose al La Rocca pregandolo a dispensarlo dal suddetto viaggio, perchè la sua semplice momentanea assenza dai Lombardi stessi poteva esser cagione di grossi guai. Confessiamo sinceramente che non molli altri avrebbero avuta la virtù che dispiegò Fanti anche in questa circostanza, sagrificando ogni sua convenienza al bene pubblico. Col 1.0 di Aprile il Colonnello Spini, ed il Maggior Manara facevano ritorno da Torino, e recavano: che il Governo accettava .tacitamente la proposta che i Lombardi, conservando armi e bagaglio, passassero, a sua insaputa, fuori del Piemonte: che a tale uopo verrebbe loro destinata la stanza in Bobbio, col pretesto di meglio polerli colà disciogliere, e che quivi fino alla loro partenza sa~eb­ bero provveduti di paga e alimenti gli uomini ed i cavalli della Divisione. Onorava veramente il Governo Sardo d'allora una simile condiscendenza verso gli infelici compagni d'arme, di cui era obbligato a disfarsi ; ma sventuratamente nella scelta del luogo di destinazione per loro, non si pensò troppo alle vie che vi conducevano, e fatalmente si supposero ottime , o almeno abbastanza praticabili da ogni arma, mentre per lo iucontro quella che dovevano necessariamente battere i Lombardi era, per i due terzi, una semplice via mulattiera, e non più. • Ora un tale gravissimo inconveniente, all'atto in cui lo si manifestasse alle truppe Lombarde, doveva naturalmente far credere a loro che a bella posta per disorganizzarle e farle scom · porre , le si fossero inviate alla volta di Bobbio, e che Fanti consapevole di ciò, fosse il compiacente complice della tristizia del Governo Sardo. Facciamo tale osservazione in questo punto , per rispondere a quelli i quali a ·tutta forza sostennero e allora e poi questa


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strana accusa contro di Fanti, dicendo che nell'avviarsi a Bobbio egli dovea informarsi in quale stato si era la strada che avea a percorrere. Ciò era veramente ovvio pel caso in cui per sua propria ispirazione Fanti si fosse mosso per quella via, ma allorquando il Governo Centrale di Torino gli scrive che si diriga a Bobbio, una delle città Capo-provincia del Regno, e lo assicura che quivi troverà e riceverà o~ni sorta di provviste, noi domandiamo se può sorgere il dubbio a nessuno che questo paese e le sue strade non siano perfettamente in condizioni da prestarsi allo scopo che loro fu dato dal Governo. Se dunque nella destinazione dei Lombardi vi fu errore e trascuratezza , ciò non provenne certo dal Fanti, ma dal Ministero di Torino ; e quelle traversie e malanni che si generarono in causa di ciò, e di cui tanta parte cadde sul capo di Fanti, vanno tutte addossate ben ad altri che a lui. I nuovi patti portati dallo Spini e dal Manara, fatti conoscere fra gli Ufficiali, perché colle dovute cautele ne informassero i subalterni, soddisfecero generalmente tutti, e Fanti seppe approfittarne, mettendo immediatamente in cammino la seconda Brigata che da Voghera per la valle di Staffora si portò fino a Godiasco, e la prima Brigata che da Tortona si recò a Voghera, ove si unì ai Cavalleggeri Lombardi, coi quali dovea procedere di conserva fino a Bobbio. Nuovo abboc· In questo medesimo giorno un secondo abboccamento ebbe cnmento di Io"anli e La Marmora. luogo in Voghera fra La Marmora e Fanti, ove quest'ultimo apprima che questi marci sopra Gc· prese dal primo come egli avesse già l'ordine di marciare soprd nova, Genova coli<>. sua Divisione, unita alla Brigata Avanguardia, onde rimettere prontamente al dovere quella città. In tale circostanza in cui La Marmora non poteva forse celare qualche apprensione su quanto sarebbe per fare la Divisione Lombarda, che andava a trovarsi in molta vicinanza della insorta città, Fanti non mancò di rassicurarlo che non sarebbe mai avvenuto, che la truppa da lui condotta prendesse causa per Genova, e davane personale garanzia. E giacchè siamo in sul discorrere della insurrezione di Genova, e dei due Generali Fanti e La Marmora, dedichiamo qualche parola a mettere in piena luce il relativo merito che si ebbero questi due uomini nel contribuire alla pronta sottomissione d'i quella città, da cui ne risultò al Piemonte un grande risparmio di interne ed esterne difficoltà, che poteva accagionargli la più lunga durata del suo stato eccezionale. Se alla brillante risolutezza, con cui Alfonso La Marmora attaccò e ridusse Genova alla resa in pochissimi giorni , si deve in parte un tale effetto , per l'altra bisogna convenire che lo si


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deve alla ferma e costante risoluzione con cui Fanti impedì che 6000 ben organizzati ed armati Lombardi, si gettassero in Genova, e rendessero al La Marmora assai più ardua e lunga l'impresa affidatagli. Prollerle de;di Por far poi comprendere tutta l'utilità, che l'azione com- Austriaci e dei Francesi al Piebinata di questi due uomini ebbe, come si disse, per il Piemonte in monte per doGenova inquella circostanza, ci contenteremo di far conoscere ai nostri lettori mare IIOrta, un fatto che forse non avranno finora saputo su questo proposito. Alla notizia della insurrezione di Genova, l'Austria offri va, e insisteva fortemente presso il nuovo Gabinetto di Torino, perchè le fosse concesso di inviare sue truppe - mentre le Sarde eran tuttavia troppo sgominate per farlo - a rimettere l'ordine in Genova. Contemporaneamente, col medesimo pietoso pretesto, anche la Repubblica Francese faceva profferta insistente a Torino per far veleggiare da Tolone una Squadra con truppe da sbarco, che avrebbero tostamente ristabilito in Genova il legittimo Governo. Se nessuno dei due generosi e disinteressati offerenti ebbe campo a porre in atto la proposta cortesia, e fermarsi poi, Dio sa per quanto, nella nostra prima piazza forte marittima, lo si deve dunque completamente, come si è detto, all'azione combinata di Fanti e di La Marmora. li Re Vittorio E proseguendo nel dire degli speciali meriti che per la causa Ernmaouele e lo acioglimen del· italiana s'ebbero in quei tristi momenti or questi or quello dei le truppe toLomnostri uomini di Stato, ci sentiamo veramente trascinati a citarne barde. uno, che crediamo perfettamente ignoto, che si acquistò il nostro Re Vittorio Emanuele, nelle prime ore in cui aveva ricevuto dal Padre abdicante la corona reale. Se lo svelarlo dovesse costarci la taccia di indiscreti, la subiremmo volentieri, purchè si possa contare un nuovo atto altamente onorifico della avventurosa vita di esso Re. A quanti possono avere ancora chiara memoria degli avvenimenti del 48 e 49 non sarà difficile il rammentare, con quali malevoli commenti, dai nemici della guerra regia venne denunziato alla opinione pubblica un abboccamento , che dopo la disfatta di Novara, il nuovo Re Vittorio Emanuele domandò ed ebbe col .Maresciallo Au..(jtriaco Radetzki. Nè allora, nè poi si ritennero meritevoli di mentita le basse insinuazioni lanciate contro chi avea sempre esposta la vita per la causa italiana. Oggi noi siamo lieti di farlo, e reputiamo conveniente non adoperare parole nostre, ma bensì piuttosto quelle di una lettera, che il Generale Alessandro La Marmora, già Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, e allora Comandante la Divisione Militare di Genova, scriveva in

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data dell' 11 Aprile 1849, da questa città al Generale Fanti, in Chiavari. La copiamo testualmente: « Fra le più dure condizioni imposte dal nemico - scriveva • il La Marmora - vi era : « L'immediato rinvio dall'armata di tutti quelli non nati nello « Stato del Re, e l'occupazione d'Alessandria. « Molti del Quartier Generale Principale ravvisarono un di« sonore per noi l'occupazione suddetta, e diedero poca impor« tanza al precedente articolo, relativo ai Lombardi. « Fummo tra pochi a rilevare, che sarebbe stata una infamia « per noi l'abbandonare chi si era gettato fiducioso nelle nostre « braccia. « Il nuovo Re, fra questi, comprese la cosa e decise recarsi « lui stesso per parlamentare in proposito, e invece di insistere « per la non occupàzione d'Alessandria, ottenne che i Corpi po« litici non venissero rimandati tosto, ma fossero sciolti soltanto « quando venisse assicurata per tutti l'amnistia ». Ecco ora spiegato a chi andò particolarmente dovuto, se d'un tratto i Lombardi non furono gettati sul lastrico, e se invece ebbero agio e tempo di assestare discretamente i loro interessi. E se degsi dovettero per ciò grata riconoscem.a a quel Re, che tanto a cuore si prese la loro causa a preferenza ancora di non infondate suscettibilità militari, non vorranno certo negare di dover pure gratitudine a quel saggio e risoluto uomo, che seppe trattenerli dall'inconsulto passo, con cui furono in procinto di rendersi colpevoli della più nera ingratitudine verso di colui che aveva assicurata la loro sorte'? Vogliamo sperare che quei riflessi, e quelle lodi, con cui sovente andiamo commentando le singole azioni del Fanti , non sembreranno ai nostri lettori forzate stiracchiature di panegiristi, ma li troveranno invece naturale e spontanea conseguenza della sostanza dei fatti. Marcia dei LomSe alla nuda e semplice verità delle cose che veniamo narbardi da Voghera a Bobbio. rando, amassimo dar qualche volta maggiore risalto d'effetto con tinte alquanto robuste, saremmo certamente ora nel caso di poterlo fare, anche senza venir meno alla verità storica, che ci siamo prefissi osservare sovra ogni altra cosa. La lunga e disagiata strada, le molte peripezie di marcia, le privazioni, gli stenti, le fatiche, i pericoli infine, fra cui dobbiamo ora accompagnare la Divisione Lombarda da Voghera a Bobbio, e quindi da Bobbio a Chiavari, sempre per alpestri e dirupati sentieri, anzichè per vie battute, ce ne o11'rirebbero il più largo campo. Ma noi saremo sobri di lugubri


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pitture, e diremo solamente quel tanto dei fatti che possa dare una precisa idea dell'inaspettata e gravissima condizione, in cui per oltre 8 lunghi giorni si trovarono le truppe del Generale Fanti, e della irremovibile costanza e forza d'animo , con cui questi si adoperò a provvedere a tutto, e a mantenere inviolata la fede alla propria bandiera. Nel giorno 2 Aprile, Fanti raggiunse in Godiasco la prima Brigata, e mentre la seconda coi Cavalleggeri avanzava da Voghera a Godiasco, egli con quella s'incamminò alla volta di Varzi. Gli abitanti di Godiasco, sentendo come le truppe. Lombarda volessero colle Artiglierie e altri bagagli condursi a Bobbio, avevano osservato essere ciò assolutamente impossibile, giacché era bensì in costruzione un tratto di buona via per quella direzione, ma questo era brevissimo, e al suo finire non si trovavano che sentieri per pedoni o vie mulattiere. Il Generai Fanti era rimasto un po' colpito da simili assicurazioni, ma sapendo per pratica che i non militari esagerano sempre le difficoltà delle vie, sperò ne fosse il caso anche in questo incontro, e si pose in moto colla sua Fanteria, le due Batterie e tutto il bagaglio della Brigata, non che col carriaggio che portav& viveri per tre giorni. Oltrepassata un'ora circa di marcia, ad un tratto la testa di sua colonna trovò la strada del tutto impraticabile, racchiusa ad un lato dal letto della Staffora, e dall'altro dalle erte pendici del versante destro della valle di esso torrente. Accorse in persona il Fanti per giudicare sul da farsi, e dovè convincersi allora della verità che gli era stata detta. Retrocedere per altro non si poteva, nè si dovea, e quindi era d'uopo avanzare alla prescritta meta come meglio si sarebbe potuto. Fu disposto pertanto che le Fanterie proseguissero il cammino, e che le Artiglierie e i bagagli retrocedessero a Godiasco, ove avrebbero attesi ordini, che Fanti andava a provocare immediati con una sua lettera al Ministero, nella quale faceva rapporto di quanto inaspettatamente gli era avvenuto. Colle sole Fanterie, e spesso obbligato a scendere da cavallo, potè il Generale Fanti giungere affaticato e stanco nella sera a Varzi; ma non è a dirsi il malumore delle sue genti nel vedersi costrette a separarsi dalle proprie Artiglierie e salmerie, ed a marciare stentatamente uno per uno , su e giù per vie caprine. Più che mai si rinnovarono i malumori , e questa volta ne fu fatto principale oggetto lo stesso Generai Fanti, cui si accusava, 10


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sommessamente per altro ancora, di avere accettata la triste parto eli condurli a perdizione. • Meno adirata, ma pur sorpresa e indignata di . sapere dalle r trocesse Artiglierie e bagagli quanto era avvenuto, la seconda Brigata stanziava in Godiasco nella sera del 2, disponendosi di mal . animo a proseguire la strada nel giorno appresso, in com~ pagnia dei Cavalleggeri. Nel giorno 3, sotto una battente pioggia le due Brigate prorrredivano nelle rispettive strade, e mentre la 2.• ed i Cavalleggeri co n grandissimi stenti raggiungevano Varzi, la 1.• con immensa fatica s'arrampicava pei fianchi del Monte Penice (1438 metri sopra il livello del Mare) nella Val di Staffora e quindi scendendo quasi a picco in Val di Trebbia, perveniva trafelata a Bobbio, ove appena trovava spazio sufficiente per essere messa al coperto. &ail!l prov v La lunga e penosa marcia delle due Brigate, avea come è nadimeuu di FauU iD Bo bbio. turale, accresciuto sempre maggiormente il malumore fra le truppe, sventuratamente, convien pur dirlo, prodotte non poche defezi oni fra gli Ufficiali d'ogni rango, ed in ispecie fra quelli che sapevano avere assicurato il loro grado nell'esercito · Sardo. L'intiero Uffizio dell'Intendenza, che funzionava presso la Divisione, ra completamente scomparso, e lasciava cosi le povere truppe nella impossibilità di provvedersi regolarmente dal paese di quanto loro occorreva in viveri e foraggi, stante il rinvio a Godiasco dei bagagli e delle salmerie. A tali più importanti inconvenienti, il Generai Fanti cercò pronto riparo, nominando subito al Comando delle due Brigate, rimaste senza i loro rispettivi Comandanti, il ColonneJlo Thalberg per la prima, e il Colonnello Ardoino per la seconda. A rimpiazzare poi l'Ufficio d'Intendenza designò alcuni Ufficiali del suo Stato Maggiore, che su due piedi ne installarono uno nuovo. Recatosi poscia in persona dall'Intendente Generale della Provi ncia di Bobbio, cav. Lodolo, e fattogli un quadro fedele della vera situazione de1la Divisione Lombarda, dei malumori e delle tendenze a condursi a Genova che vi fermentavano, e dimostratagli tutta la necessità di impedire una tanta sventura, lo interessò a seco adoperarsi per quanto poteva, onde scongiurare i serii malanni che loro sovrastavano. Trovata in questo Intendente una natura e una intelligenza b n diverse da quelle dell'Intendente di .Voghera, il Fanti s'ebbe un valido appoggio nel buon volere e operosità, con cui il Lodolo econdò ogni sua disposizione. Per le truppe già arrivate e per quelle che sj attenqev!lno pella domane si raccolsero provviste


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d'ogni genere, e si dispose anche alla meglio perchè tutte indistintamente potessero esser messe al coperto, malgrado l'esiguità dell'abitato di Bobbio e suoi immediati dintorni. Dato sesto cosi a queste prime necessità del momento, il "Generale Fanti non avea tardato ad avvedersi fino dal suo giungere in Bobbio, che questo paese non avrebbe mai potuto prestarsi a quanto era stato fissato che avessero a compirvi le sue truppe, nemmeno se si fosse trattato di soggiornarvi ben poco tempo.· Dovevasene pertanto cercare e trovare un altro che meglio soddisfacesse all'uopo, e Fanti pensò che questo poteva essere Chiavari -coi vicini paesi sulla Riviera di Levante nel Genovesato. E senza perdere un minuto del preziosissimo tempo che trascorreva, il nostro Generale si diede tosto a stendere un lungo e particolareggiato rapporto al Ministro La Rocca, nel quale lo informava delle crescenti diflicoltà trovate nella marcia per Bobbio: soggiungeva quindi essere assolutamente fuori d'ogni possibilità di eseguire da questo paese quanto si era convenuto pei Lombardi, e in conseguenza di ciò domandava di essere autorizzato a condur le sue genti a Chiavari e vicinanze, ove riteneva facile ad eseguirsi quanto non lo era a Bobbio. Spedito il dispaccio in guisa che potesse pervenire a Torino cuPu:esof~v!t: colla massima velocità, Fanti, in attesa di riscontro, riprese a si- l:"~~;b;~~ ~anti stemare nel miglior modo possibile le cose della sua Divisione. Fra essa per altro, - e specialmente dopo che col giorno 4 si trovarono riunite in Bobbio le due Brigate ed i Cavalleggeri crescevano a dismisura il malcontento, l'indisciplina ed uno spirito il più malevolo al riguardo del Generai Fanti, cui s'accusava ormai apertamente, d'essere il solo, e vero autore d'ogni presente mi· seria. della Divisione. Nuovo fomite a questo incrudelir di cose era stato il ritorno di molti degli agenti genovesi, che momentaneamente avean lasciati i Lombardi: essi da Genova per Torriglia, scavalcando il colle della Scoffera eran corsi a Bobbio, e visto il malo stato in cui eran ridotte le povere truppe Lomharde, ne avevan cavato nuovo potente partito per eccitarle a togliersi da si triste e falsa posizione, e volgere risolutamente per Torriglia su Genova. Che cosa costoro dicessero di Fanti, non occorre farne particolare cenno perchè lo si può immaginare: giunsero al punto da voler far credere che una pattuglia austriaca, avanzatasi dal Piacentino su per la Vane di Trebbia fin sul confine Piemontese, e accidentalmente comparsa nelle vicinanze di Bobbio, era la vanguardia del Corpo nemico, in mano del quale Fanti avea assunto l'impegno di consegnare i Lombardi.


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Ma se si può comprendere il giuoco della calunnia per esautorare il Fanti, e cosi influire meglio sulle sue truppe, stringe il cuore allorchè si deve portare l'attenzione su di un altro mezzo, di cui gli agitatori genovesi non rifuggirono di valersi direttamente col Fanti, per obbligarlo a desistere dalla sua perseverante oppoizione ai loro pravi intenti. Devesi sapere che nei mesi trascorsi dal lungo armistizio di Milano, la giovine moglie del Generale Fanti era corsa di Spagna col suo piccolo figlio, per vedere il marito. Alla riapertura delle ostilità, essa erasi trovata col marito in Alessandria, e quando quest'ultimo parti pel campo, egli volle che la moglie e il figlio si conducessero a Genova, ove gli parevano più sicuri per qualia i evento di guerra. Or bene, nel mentre che Fanti era in Bobbio, gli si fece noto he e non avesse desistito dall'avversare la marcia delle sue truppe per Genova, la di lui moglie e il figlio suo sarebbero presi in o taggio per garantirsi della sua condotta. Respinse Fanti indignato la barbara intimazione, ma Dio sa con quale animo rivolse egli allora il pensiero ai cari suoi. E, vergognoso a dirsi pel Governo di Genova d'allora, si osò andare alla casa ove abitava la moglie di Fanti per prenderla:, come si era fatto d'altri, in ostaggio. Fortunatamente un amico, - il buon sacerdote Pietro Fantoli di Alessandria - prevenuto a tempo, avea tolta di Genova, pochi minuti prima, la di graziata donna e in un col bambino, camminando per lunga via a piedi, l'avea condotta in luogo sicuro. Schivò cosi il carcere, e duri trattamenti l'innocente moglie di Fanti, ma lo spavento e l'angoscia che provò furono tali, che, incinta come si trovava, ebbe si fatto colpo alla sua salute, che poco appre o presa da lento, ma incurabile malore, in pochi mesi dovè soccombere, vittima degli eccessi a cui trascinano talvolta i artiti, ma nello stesso tempo della rigida virtù del suo proprio marilo. Un ultimo cimento a cui dovea ancora andar soggetta la forte tempra d'animo del Fanti, gli si presentava sotto forma talmente trana per le sue consuetudini e convinzioni militari, che anche pel modo con cui egli seppe contenersi in esso, non si può a meno di non rendergliene il dovuto merito. Venivagli nel giorno 4 riferito con ogni secretezza dall' Intendente Lodolo, che sobillati dai soliti mestatori genovesi, parecchi dei più esaltati Ufficiali Lombardi avevan presa la risoll!~io!l~ P! c~nvoçarsi in Consie-lio di vuerra1 di esaminare la


FAN'tt É LA DI'VISiONE LOMBARDA

condotta di Fanti, e regolarsi quindi in eonformità del giudizio che se ne sarebbe pronunziato. L'Intendente, che sapeva indicare gli Ufficiali comprom ssi 1 domandava al Fanti il pronto arresto dei medesimi, e severa punizione: ma Fanti con imperturbabile calma rispondeva, che si sentiva abbastanza certo in sua coscienza di tutta la rettitudine della propria condotta, per lasciare che la si discutesse. anche dai mal prevenuti: non dubitar quindi menomamente che il voto del clandestino consesso non gli fosse favorevole, ~ sperarne anzi da ciò un miglioramento sensibile nello spirito delle sue truppe : cl11~ se la sua convinzione non avesse a verificarsi sull'esito del giudizio, in allora gli rimaneva tempo e modo per provvedere. Ebbe luogo effettivamente nella notte dal 4 al 5 il conven uto clandestino Consiglio di Guerra, e dopo animata, ma pur ragiu· nata discussione, venne riconosciuta la piena incolpabilità ~~~JI Fanti, e trovato che gli si dovea tuttavia obbedienza e rispel lo. Con ciò, siccome opportunamente avea riflettuto il Fanti, egli riacquistò la confidenza di gran parte degli Ufficiali, e non rimase che il mal umore, e mal volere della bassa forza, a frenare la quale, meglio che prima si sarebbe ora prestata la grande maggioranza degli Ufficiali. L~ mnrcla Era durante tale sensibile miglioramento dello spirito dei dul Lombnrdl •Ja RoiJllio > Cltla. Lombardi, che nel giorno 5 giungevano in Bobbio il signor Ce al'e V,lrl . Correnti, già Segretario del Governo Provvisorio di Lombardia, ed allora influentissimo fra l'emigrazione, ed un tale signor Rome11, che rappresentava presso il Governo Sardo i due nuovi Governi di Firenze e Roma. Il primo teneva confidenziale missione dai principali capi ùi detta emigrazione e pur anco dal Governo Sardo, di consigliare alla Divisione Lombarda l'adozione del progetto di Fanti,· e Ol'tava le più formali assicurazioni che tutto sarebbe condollu dal Governo nel modo più acconcio perchè ciò avesse sicuro effetto. Il secondo poi, a nome dei Governi da lui rappresentati, assicurava della buona accoglienza che o in Toscana, o nello Stato Romano, avrebbero trovato i Lombardi, e si faceva garante che le loro posizioni e i loro gradi verrebbero rigorosamente conservati. A codeste notizie, che non poco dovevano allietare l'animo dei Lombardi, se ne aggiunsero in giornata altre, che sempre maggior calma infusero fm loro. Un dispaccio del Ministro La Rocca, autorizzava il Fanti alla proposta marcia su Chiavari, e successiva distribuzione delle sue


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Op p o rlu n i provvedlmcnl• ilei Fu nti in Cblav•ri.

PAR.TR QtJAR.TA

truppe attorno a quella· località. Era cosi ripiegato al mal essere dei Lombardi nell'angusto paese di Bobbio. apevasi poi in modo irrefragabile, che il Generale Alfonso L Marmora con rapida marcia e ardita iniziativa era riescito a cir uire dalla Polcevera e dal Bisagno l'insorta·Genova, tagliandole ogni comunicazione coll'esterno. Per simile fortunato evento cadevano da sè le aspirazioni di quei cotali, che pur vagheggiavano tuttavia l'intervento dei Lombardi in quella città. Tutto faceva quindi sperare al Fanti che la marcia da eseuire, per condursi da Bobbio a Chiavari, si compirebbe in buon ordine, e si sarebbero superate senza troppi stenti le difficoltà, che b n si sapeva dover incontrare. Ma dal cielo questa volta, più he dagli uomini dovea trovarsi contrariata l'opera solerte che il anti avea impiegata a disporre ogni cosa, perchè tutto proced e a dovere. Furiosi venti e torrenziali pioggie devastarono l'Appennino consecutivamente nei tre giorni, che dai Lombardi i impiegarono nella marcia da Bobbio a Chiavari, e quelle vie e quei sentieri che essi dovettero percorrere, i quali in tempi normali rano transitabili, divennero perciò quasi impraticabili. Grandi st nli e grandi fatiche, specialmente i poveri Cavalleggeri, ebbero a ostenere per ava111.are alle giornaliere fissate tappe. E queste i divisero nel seguente modo dalle due Brigate, che si seguivano in marcia con la distanza di una giornata. Nel primo giorno (6 Aprile) da Bobbio si rimontò il corso della Trebbia, e per le strette e dirupate gole di Conficate, Ponte Organasco e Monte Fu!Tgio no, si· raggiunse la grossa borgata di Ottone. Nel secondo, dalla Valle di Trebbia passando in quella dell'Aveto, e quindi da tfuesla in quella detta di Borgonasca, si pervenne fino al paese di que ·to nome. Nel terzo, per la Valle di Borgonasca si sboccò in quella di Fontanabona, e scendendo lunghesso di questa si toccò la spiaggia della Riviera di Levante, penetrando nel paese di Chiavari. Fra il 9 e il 10 Aprile, le due Brigate Lombarda stavano ra colte fra Chiavari e Lavagna, e potevano finalmente ristorarsi alquanto dai lunghi disagi sofferti. Buona ventura pel Fanti e pei suoi soldati ancora si fu quella di trovare un egregio e intelligente funzionario, il Conte Cossilla, S Lto In tendente della piccola Provincia di Chiavari., che emulò di zelo e operosità quello di Bobbio, onde provvedere ai più urgenti bi ogni delle letteralmente lacere, scalze e affamate truppe Lo m barde. Fu possibile al Fanti perciò, fino da quel primo momento, di stabilire un perfetto accordo di condotta con esso Intendente, onde ottenere per parte dell'Amministrazione civile tutte


FAN TI E LA DIViSIONE LOMBARDA

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quelle misure, mediante la pronta effettuazione delle quali li venisse facilitato il mantenimento della disciplina fra gente, la di cui precaria condizione rendeva estremamente suscettibile ed eccitabile al tumulto e alla violenza. Con ciò si evitò ogni urto fr, i soldati e le popolazioni, alquanto allarmate dal loro comparir c dai sentimenti, da cui li si dicevano animati. Per altro canto poi il Fanti, non si tosto avea messo il piedt: in Chiavari, e si era visto in diretta e libera comunicazione con Genova, quantunque la sapesse ormai circuita dal La Marmora, pur non di meno ad evitare ogni compromesso che potesse fai' nascere qualche parziale tentativo, che dai più esaltati suoi dip ndenti si volesse fare per penetrare in Genova, con molta opp rtunità, avea dalla più fida parte delle sue truppe scelti alcuni distaccamenti, e piazzatili sulle più immediate vie di comuni n~ zione dal lato di quella città, loro avea data severissima consegna di non lasciar volgere da quella parte nessuno. Altrettanto avra pur praticato sulla spiaggia marina, per impedire che i male intenzionati prendessero quella via. Né mancarono altre saggie disposizioni per tutelare la sic u~ rezza dei cittadini e fordine disciplinare fra le milizie. Sventuratamente queste non bastarono a trattenete un forte gruppo d'i n~ subordinati dal venire, sotto un qualunque pretesto, ad atti i più vituperevoli contro la stessa persona del loro Generale, cui si minacciò di morte, se non avesse aderito allè loro pretese. La solita fermezz.-t di carattere del Fanti, e l'energia e abnegazione di parecchi de' suoi più affezionati subalterni , dissiparono la brutta tempesta, e rimisero l'ordine e la calma. Frattanto nel giorno 10, il Generale Fanti riceveva una lettetu ufficiale dal Generale Alessandro La Marmora, nella quale gli l'i annunziava vinta la resistenza di Genova, e convenuto l'ingres 1 delle R. truppe in detta città per quella stessa sera. Gli si notificava poi che il Generale Alfonso La Marmora era stato nominai o Regio Commissario per la Città e Provincia di Genova, e suo fratello, lo scrivente, Comandante della Divisione militare stessa, con le relati\'e facoltà per tali cariche, e con piena autorizzazion · inoltre di provvedere a quanto potesse occorrere al riguardo delle truppe Lombarda, accantonate sulla Riviera di Levante; s'invitava perciò il Fanti ad inoltrare pronta domanda per quanto gli faces urgenza di avere. Chiudevan la suddetta lettera alcune frasi confidenziali del La Marmora al Fanti , allusive alla speranza che dovesse essere ormai impossibile qualsiasi conflitto fra Piemont si

e LOII\bardi.


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~AkTE.QtlAR'l'A

Rispondeva il Fanti a posta corrente, precisando i piu necea· sarj bisogni delle sue truppe, e soggiungendo inoltre che al convenuto scopo del passaggio delle medesime in Toscana, egli ravvi erebbe conveniente , appena le si fossero rifornite di scarpe , vestiario ed altro , di farle accantonare da Chiavari fino alla pezia. In proposito poi alle ultime frasi della lettera ricevuta, il nostro Generale assicurava il La Marmora che egli « non avrebbe « mai sulla sua coscienza il rimorso di aver fatto versare sangue « italiano da mani italiane, e di aver permesso che la sua Divia: ione si fosse mostrata ingrata verso il Piemonte: essa doveva « rendersi utile alla causa italiana in altra terra parimenti italiana. « A questo scopo - conchiudeva il Fanti - ho dedicato la mia « vj ta e questo non dispero conseguire ». Si fu in riscontro di si nobili e leali sentimenti che Ales· andro La Marmora, in data dell'H , indirizzò al Generale Fanti la lettera più sopra da noi riportata, nella quale gli confidava il bel tratto del nuovo Re Vittorio Emanuele al riguardo dei Lombardi, come per provargli che i suddetti suoi sensi non erano mal diretti. Non andò guarì che da Genova pervennero al Fanti i diversi oggetti da lui domandati, e le sue truppe riequipaggiate furono in grado di prendere le nuove stanze, che pur da Genova si era approvato avessero ad occupare. Esse vennero pertanto cosi dislribuite: La prima Brigata venne suddivisa fra Chiavari, Lavagna, Sestri Levante, Santa Margherita e Rapallo. La seconda coi Cavalleggeri si portò fino alla Spezia e contorni, e vi si accantonò. Amiamo constatare in questo punto , che, dopo le tante traversie sofferte dalla Divisione Lombarda, risulta dai registri uffi .. ciali, che la sua forza, che componevasi, come dicemmo di circa 6000 uomini e 500 cavalli quando entrò in campagna , oggi presentava ancora nei ranghi 5865 uomini e 367 cavalli. Queste cifre formano, a parer nostro, il più bell'elogio al condottiero della medesima. Un si bel nerbo di ordinate e armate forze era uno stupendo contingente che la T~scana o lo Stato Romano potevano ricevere i n un momento in cui sentivano tutta la precarietà della loro effimera esistenza. Se nou che l'Austria, che aveva o indovinate, o penetrate le intenzioni del Governo Sardo relativamente ai Lombardi, venne prontamente a misure1 che render dovevano impossibili


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t;'AN'l'I ~ LA DIViSIONE LOMBARDA

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le progettate cose. Un forte Corpo austriaco, sotto il comando del Generale D'Aspre, valicando l'Appennino per la Cisa ed il erreto, invase improvvisamente il Massese, e si fece barriera in ormontabile fra i Lombardi e la Toscana , ove pur anco , poco appresso , si riservava il nemico di penetrare e ristabilire l'antico ordine di cose. Restava il mare aperto è vero dalla Spezia, o da altri punti della Riviera: ma chi lo crederebbe ? La Repubblica France::; e s'incaricava di sorvegliarlo, perchè i Lombardi non potessero con· dursi o a Livorno, o a Civitavecchia. In conseguenza di ciò, dopo parecchi vani conati per Ye- Lo &eiO(!hnlenlo Jell" DI\"IOIODB dere se pur fosse possibile recarsi al servizio di Toscana o di Roma L ulll bsrda. - in seguito ai quali non riesci che al Battaglione Bersaglieri Manara e a pochi altri di farsi strada e giungere a destinazionela grande maggioranza dei Lombardi dovè adattarsi a subir lo scioglimento imposto dall'Austria, non appena giunse da Vi n ua la domandata e promessa amnistia per quanti avevano militatu contro l'Impero. Come a questo si procedesse gradatamente, e nelle vie più conformi agli interessi degli Ufficiali e dei soldati, non .vale 'eramente il particolareggiarlo in queste pagine, come cosa di poco o nessun interesse storico e militare. Diremo solo, che al buou andamento generale d'ogni pratica relativa, contribuirono in supremo grado il particolare interesse e le vigili cure che vi usacrarono i due fratelli Alfonso ed Alessandro La Marmora, chP dal Governo Sardo avevano avuta l'alta direzione della deli •ala faccenda; ed unitamente a ciò l'instancabile zelo ed operosità co11 cui il Generai Fanti si dedicò a tutelare ogni più minuto bisog-nu de' suoi subalterni. E vi fu circostanza, in cui a quest'ultimo essendo sembr·alù che la sua persona non avesse presso il Governo di Torino quella influenza che tornava in acconcio al caso, non si peritò nè pU!• t o nè poco dal rassegnare le proprie dimissioni, allo scopo onore' ol che altri, più beneviso di lui, potesse meglio far valere le ragioni dei Lombardi. Il pronto e valido intervento, in così fatta vertenza, dei fratelli La Marmora appianò ogni cosa, e così Fanti, al sopravvenire del Luglio, potè aver condotta a termine fortunato anche la difficile e delicata opera del definitivo scioglimento della Divisione da lui comandata. Come il Regio Commissario AlConso La Marmora avesse avuto campo di apprezzare la condotta del Generale Fanti per tutto il tempo che lo avea veduto legato a questa Divisi one,


l PARTE QUARTA

lo dica la lettera che qui riportiamo da lui diretta al Fanti in data 17 Luglio 1849:

«

ro Generale,

« Malgrado i torti palesi ed inescusabili di molti individui <c della

ua Divisione, partecipo io pure al rammarico di vedere iolto un Corpo, che, meglio organizzato da principio, avrebbe « potuto rendere grandi servizi alla causa italiana. Ella però, signor « enerale, avrà sempre il gran merito di non averlo abbandonato, cc e di averlo mantenuto in disciplina per quanto il permettevano « la ua composizione, e le. critiche circostanze, che ebbe ad attra« Y r are. lo sono sempre pronto a rendergliene ovunque la do« vuta giu tizia.

«

c Di Lei aft'ez.Q Compagno

« ALFONSO LA MARMORA ». Eran giuste e meritate queste f1-anche e leali parole d'elogio, e per hi al giorno d'oggi, in cui l'Esercito Italiano è costituito, o ervi fra i suoi quadri, quanti e quanti Ufficiali Lombardi vi ricoprano adi eminenti, e. risalendo alla loro prima carriera militare li trovi provenienti dalla Divisione Lombarda, sì malamente bersagliala da cattiva fortuna, per questi, noi diciamo, non rimarrà dubbio al ~uno del gran servigio che Fanti rese all'Italia in allora per l'avvenire, non permettendo che quella eletta di bollente ma pur generosa gioventù, andasse sfasciata, e quindi perduta per ·empre p r la causa italiana, come sarebbe avvenuto, se egli non ave se aputo impedire la sconsigliata compartecipazione ai moti di Genova.


PARTE QUINTA

FANTI IN PIEMONTE E IN CR IMEA [1849 -

1859].

SOMMARIO: - Come si notifica al Fanti, che la di lui condotta andrà soggetta al giudizio di una Commissione d'inchiesta. - Fanti è tolto dalla atti· Yità di servizio, e passa in disponibilità. -- Fanti riconduce sino in Francia la moglie che inferma riede nella Spagna - Quali erano le prove della colpabilità del Fanti. - Come composta, e come giudica la Commi ione d'inchiesta sul Fanti. - Fanti in attesa del Giudizio del on ~ iglio di Guerra. - Qnesto assolve il Fanti dalla fattagli accusa. - La pubblica opinione al riguardo di Fanti. - Questi conduce vita ritirata, e tudiosa a Torino. - Ritorna in Spagna e vi perde la moglie. - Riprende in Torino la modesta e studiosa vita. - ll Piemonte si decido a prender parte alla guerra in Crimea. - Viene dato al Fanti il Comando di una Brigata del Corpo di spedizione. - Arrivo dei Sardi in Crimea. - Giudizio del Fanti sulla Torre di Malakotr - Marcia otrensiva dei Sardi ulla Cernaja. Ricognizione nella Valle di Baidar.- Il Cholera fra i Sardi in Crimea.La Brigata Fanti nella giornata campale di Traktir. - La Bt•igata Fanti non concorre all'attacco generale di Sebastopoli. - l ardi ni quarti ri d'inverno in Crimea. - Si conchiude la pace fra gli All ati e la Ru aia. - Ritorno dei Sardi in Piemonte, e onorificenze impartite al Fanti. - Fanti prende il Comando della Brigata Aosta, e con e pre idia uc· cessivamente la Savoja, Genova e la Sardegna. - Le voci di guerra coll'Austria. - Idee del Fanti sulla condotta della guerra. - Fanti richiamato colla sua Brigata dalla Sardegna a Tortona, ove gli è affidato un comando di frontiera. - Fanti promosso Luogotenente Oene~le ,

si hot l~ Assistemmo finora al mal giuoco che, si può li•·e, faceva la ficaCome al FaoU, che lll dllul condoll>< fortuna al Fanti in ttaiia, non otTrendogli che tri ti occa ioni e and n!. soggett al giudl~io di un disperati casi in cui prestar potesse li suoi servigi. Fin qui per CommJulone d.l altro, a vero dire, non era contro avversità sue propri , che eQ'li Inchiesta. avesse dovuto lottare, ma bensl piuttosto contro l'infortunio che


perseguitava allora la no8tra causa nazionale. Ma ora le cose vanno a cangiar metro, e noi andiamo a vedere ben tosto lo scatenarsi di fiera persecuzione sul capo stesso del Generai Fanti, per farlo CI'Pdere complice del reato di Ramorino. Noi vorremmo risparmiare ai nostri lettori l'affiiggente spettacolo ora indicato, ma ce lo vieta il sacro dovere che c'incombe ui fare scomparire una volta per sempre ogni qualsiasi più piccola ombra della perfida taccia data al Fanti, mettendo in piena luce tutte le codarde e meschine arti, con cui si tramò l'incolpazione, e la vituperevole e assurda compiacenza, con cui permise il Govemo la relativa procedura contro il medesimo. In mezzo alle mortificanti sensazioni, che dovremo provare per In cattiveria degli uni e la debolezza degli altri, ci sarà di conful'lo il dignitoso e rassegnato contegno del Fanti, e il nobile parleggiare per lui, caduto in sventura, dei due fratelli Alessandro e Alfonso La Marmora. Ed ecco ora per filo e per segno la precisa storia dell'immeritato oltraggio, con cui malauguratamente venne accolto il Fanti al suo primo entrare nell'effettivo servizio dell'Esercito Sardo. Notammo altrove come il Generale Fanti nel giorno 25 Marzo, da Tortona avesse fatto circostanziato rapporto al Generale Maggiore Chzarnowski, sulla disobbedienza formale del Colonnello San ft·ont, domandando che venisse sottoposto a Consiglio di Guerra, il 4uale giudicasse della costui colpabilità. Chzarnowski non aveva potuto occuparsi si tosto di consiJnile affare, e soltanto il giorno 2 Aprile, con suo foglio confirlenziale N. 70, riferiva al Ministro della Guerra in Torino sull"occorso e sulla relativa domanda di Fanti; rassegnava pur anche una pretesa giustificazione del Colonnello Sanfront, e senza prommziarsi chiaramente fra le due parti - quasi che non. gli fossero 11ole tutte le circostanze dei fatti su cui v'era vertenza, e da esse non apparisse lampante la colpa di Sanfront - subordinava il tutto ali. superiore Autorità, perchè vedesse se « non fosse il caso di n rdinare una inchiesta per venire in chiaro di quanto si rife~~ 1·isce alla condotta non solo del Generale Ramorino , ma ben ~~ nnche di tutti gli altri Comandanti dei Corpi, che componevano c. la Divisione Lombarda » (1). (l ) Ecco i precisi termini della lettera di Chzarnowski, la quale~ meritevole di speciale attenzione, e per l'uomo che la scrisse e per le circostanze nelle quali venne scritta: « Mi faccio debito di trasmittere alla S. V. l. un rapporto del Gen&- rale Fanti Comandante interinale la 511. Divisione, intorno al rifiuto che fece


FANTI IN PIEMONTE E IN CRIMEA

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L'argomentare del Generale Maggiore e sulla vertenza FantiSanfront, e sulla parificazione di trattamento fra il Ramorino e i suoi più elevati subalterni, parve forse sì strana e inopportuna cosa al Ministro della Guerra d'allora, Generale Della Rocca, che dato pieno corso alla procedura contro Ramorino, stimò assai giudiziosamente di soprassedere alle altre tutte, compresa quella contro il Sanfront. Scorse cosi l'intiero mese di Aprile e la prima metà del Maggio, quando il giornale L'Opinione di Torino, diretto allora dall'emigrato Bianchi-Giovini, che non le menava troppo buone al Ministero costituito dopo Novara, con un articolo fondato su poco esatte informazioni, narrò il fatto del Sanfront, e domandò al Ministero perchè non si fosse ancora proceduto a rigor delle leggi militari contro di lui. Pochi giorni appresso altro giornale di Torino pubblicò un violento articolo, o lettera, firmato dal Colonnello Sanfront, con cui falsando completamente la verità dei fatti, si lanciavano le più gravi accuse contro il Generai Fanti. A questo inaspettato attacco, cui non conveniva rispondesse direttamente il Fanti, diede calma e dignitosa risposta il Colonnello Berchet, Capo di Stato Maggiore della Divisione Lombarda, « il ColonneJio Sanfront dei Cavalleggeri Lombardi di obbedire ad alcuni suoi « ordini, sotto pretesto che egli non dipendeva dalla Divisione Lombarda, e « la risposta direttami dal prefato Colonnello alle interpellanze da me fate tegli sull'avvenuto. Allo stato delle cose, quale viene dimostrato dalle prec dette carte, io sono d'avviso che il Colonnello Sanfront non meriti puni« zione, poichè l'ordine datogli per iscritto dal Generale Ramorino porta la c impronta della confusione, e gli ordini dd Generale Fanti quella di poca c risoluzione, tanto più che io, nell'incaricare quest'ultimo Generale del Coc mando della Divisione Lombarda, gli diceva che sebbene non potessi dargli c istruzioni precise, non conoscendo la forza che gli Austriaci potevano aver c lasciata davanti a lui, pure conoscendo egli la destinazione, e gli ordini dati c alla Divisione, doveva per quanto le circostanze glielo avessero permesso, c farsi premura di agire nel senso di dette istruzioni, cui il Generale Ramo« rino non aveva seguite (a). « Ad ogni modo la S. V. I., esaminate le carte di cui si tratta, vedrà c se sia il caso di ordinare un'inchiesta per venire in chiaro di quanto si ri« ferisce alla condotta non solo del Generale Ramorino, ma anche degli altri c Comandanti dei Corpi, che componevano la Divisione Lombarda. « Aggradisca « Il Generale Maggiore

« CHZA.RNOWSKI ». (a} Qaando il Generale Chzamowski scriveva qaoslo, aveva già saputo dal Fanti, cbo ciò non era al&rìmeuti voro, come 110i abbiamo altrove J1&1'1'8\0,


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PARTE QUINTA

esponendo i fatti alterati dal Sanfront nella loro più schietta verità. Contemporaneamente il Fanti segnalava al Ministro della Guerra la nuova mancanza del Sanfront al riguardo di un suo superiore in grado, quale egli era, e chiedeva perciò che il medesimo venisse assoggettato a nuovo procedimento (1). Quale non fu la meraviglia, e diciamolo francamente, l'indignazione di Fanti, nel ricevere la seguente testuale risposta dal Ministero di Guerra con data 30 Maggio 1849: << Quantunque già il Generale Maggiore dell'Esercito fosse « d'avviso non doversi far luogo ad una inchiesta contro il Co« lonnello Sanfront per la disobbedienza, di cui la S. V. lo accusa, « tuttavia fu risoluto che egli abbia a subire l'inchiesta; ma deggio « nel tempo stesso prevenirla che anche Ella sarà assoggettata ad « un simile giudizio, e che le Commissioni per entrambi verranno « convocate in egual tempo, cioè dopo che per lo scioglimento « della Divisione Lombarda, la S. V. l. potrà essere in caso di « recarsi alla capitale. c Il Ministro

« Moaozzo DEu.A RocCA. 1.

Ma come? Invocandò il parere già emesso dal Chzarnowski, si faceva comprendere al Fanti di usargli speciale riguardo per sottoporre ad inchiesta la condotta del Sanfront ; e dimenticando poi che lo stesso Chzarnowski avea suggerito l'inchiesta collettiva su tutti i Comandanti dei Corpi Lombardi, e non altrimenti quella sola contro il Fanti, s'imponeva ora a lui, che non avea disertato il proprio posto, una umiliazione si grave, mentre per chi notoriamente lo aven fatto, non si era nemmeno pronunziata una parola (l)

• Genova, 21 Maqio i869

« Al Ministro della Guerra

« Nel giornale Il Risorgimento del 22 corrente trovo inserita una « lettera del Colonnello Sanfront datata da Mondovi 18 corrente, nella quale

« facendosi a rispondere ad un articolo inserito nel Giornale L'Opini~, or« disce un. tessuto di menzogne e d'ingiurie contro di me, come Comandante « tlella Divisione Lombarda. « Come Maggior Generale nella R. Armata, dimando che venga imme« diatamente istruito un processo contro il .detto Colonnello, sul quale pesa « tuttavia impunemente il mio rapporto sulla disobbedienza da lui commessa « in Voghera la sera del 24 scorso Marzo, e che inoltrai all'antecessore della « S. V., in seguito di che veniva emanato ordine d'arresto dal Generale De « Sonnaz nella piazza ù 'Alessandria pel suddetto Colonnello.

« FANTI ».


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di biasimo? Senza tener conto di quanto tutti sapevano che avea fatto il Fanti, si era venuti a voler riconoscere egualmente meritevoli di essere processati tanto colui che effettivamente era accusato di disobbedienza, quanto quegli su cui non pesava veruna nota accusa! Di che dunque dovea discolparsi il Fanti? Non gli era detto, nè certo egli poteva immaginarselo. Era una spada di Damocle, che gli si sospendeva sul capo in compenso di quanto nessuno conscienziosamente poteva m•.gare aver egli fatto a pro del Governo Sardo! Addolorato profondamente nell'animo suo per un tale inesplicabile trattamento, il Fanti non s'abbandonò nè a codardo abbal-:limento, n è a vani reclami e recriminazioni, n è a ostentate rappresaglie, ma forte di sua coscienza tacque, prosegui il suo dovere per lo scioglimento dei Lombardi, e attese fiducioso il giorno in cui gli venisse resa giustizia. Fanti è tolto Compito, come già s'ebbe a dire, sul finire del Luglio l'affi- dalla attività di e paasa datogli scioglimento, accolse con pari calma il Decreto Ministeriale servizio, nella disponibilitl. di Torino, con cui in data dell'8 Agosto , senza una parola nè di ringraziamento, nè di encomio per l'opera da lui allora condotta si bene a termine, lo si avvertiva che da quel giorno egli era posto nella posizione d'Ufficiale Generale in disponibilità, vale a dire che non lo si credeva meritevole di alcun impiego nelle R. Truppe. Ciò era in effetto naturale conseguenza della misura adottata, che lo sottoponeva ad un'inchiesta per la sua condotta in campagna. Frattanto la minaccia di una sventura domestica esigeva spe- Fanti riconduca ' le attenzione, • • provvedi mento dl c1a e so11emto e F anti. per scon- llnoinFrancia tamogliechein• 1 ferma riede nella gturar a. spagna. In seguito alle violenti emozioni che la di lui moglie avea provate nei descritti avvenimenti di Genova, la di lei salute ne era rimasta talmente alterata, che anche in vista dello stato di sua gravidanza, i medici insistevano grandemente perchè essa venisse ricondotta a respirare l'aria natia di Spagna, e da ciò solo facevan dipendere la probabilità di sua guarigione ed il felice esito del parto. Non va tralasciato di dire che Fanti, durante tutto il tempo in cui dovè occuparsi in Chiavari dello scioglimento dei Lombardi, cui conveniva dare le più sollecite cure, s'era imposta l'abnegazione di non recarsi in Alessandria, ave già febbricitante s'era ricoverata la moglie sua in casa d'amica famiglia. E ciò~ cui anelava il cuor suo, non si permise di fare che allorquando ebbe condotto a termine ogni lavoro per lo scioglimento dei Lombardi. Fattosi doverosa premura di non lasciar trasparire alla moglie alcun che dei propri interni all'anni, nè di quelli che lo


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PARTE QUINTA

pungevano per lei medesima, il Fanti seppe delicatamente persuaderla essere conveniente per lei il ripatriare per alcun tempo, onde sollecitare il completo ristabilimento di sua salute. Allontanandola cosi, si evitava ancora l'occasione che ella potesse venire a cognizione del quando a lui sarebbe toccato assoggettarsi agli arresti per subire l'inchiesta. Riescito a persuadere la moglie alla partenza per la Spagna, e fatti gli occorrenti preparativi pel viaggio, volle il Fanti accompagnare egli stesso la sollerente sua amica da Alessandria a Genova, e di là per mare condurla fino a Valenza di Spagna. Ma il breve tragitto da Genova a Marsiglia avea talmente alterato lo stato della povera giovane, che fu mestieri arrestarsi in quest'ultima città, e quivi trattenersi alquanto per rimetterla in grado di riprendere il viaggio. Questo forzato ritardo, avendo assorbito gran parte del breve tempo che Fanti avea creduto necessario di domandare per sua temporanea licenza militare - e d'altronde non volendo egli chiedere proroga alcuna, perchè non si avesse a sospettare, che volesse cosi difl"erire il suo giudizio con mendicati pretesti per guadagnar tempo - seppe egli convincere la moglie sua a proseguire il viaggio insieme col figlio, sotto la scorta del fidato domestico, che. li accompagnava. Anche la nuova angoscia di abbandonare in quel momento la propria moglie inferma , si imponeva il Fanti per non ritardare di un solo giorno l'immeritato, ma pure impostogli giudizio che doveva subire in Piemonte! pr~::à~~~~~~~P~~ Quivi intanto non avevan dormito gli occulti nemici del Gebilita dei Fantl. nerale per aggravare la di lui posizione, e senza che a noi fia d'uopo il perderei in superflui schiarimenti al proposito, ne farà fede questa breve, ma espressiva lettera, diretta dal Ministro degli Interni (allora Pinelli), in data 26 Giugno 181~ con numero confidenziale 'l!J7, al Ministero della Guerra, per trasmettergli copia del Rapporto uftìciale dell'Intendente di Voghera, già da noi riportato, e di altre parecchie lettere, per la massima parte anonime. Diceva dunque questo dispaccio ministeriale : « Nel trasmelterle copia delle qui accluse lettere, credo di « mio dovere l'insistere presso la S. V. l. perchè si esamini a << fondo la condotta del Generale Fanti nell'ultima campagna, mentre << replicate, secrete relazioni gli attribuiscono le più sinistre mire, « sebbene non forniscano alcun dato per poterle conoscere ed « accertare .».

Accuora veramente nel vedere un uomo di preclaro ingegno, ed in fama di dotto Giureconsulto come si era il Ministro Pinelli, caduto totalmente nelle reti tese per perdere il Fanti, prestarsi


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in si completa buona fede a dare tanto peso a secrete, ossia anonime relazioni, che non forniscono dati per conoscere, nè accertare le accuse lanciate contro Fanti e insistere perchè si proceda a danno del medesimo. Ciò rende quasi scusabile se un Ministro della Guerra, uomo di spada più che di legge, si attiene al pa· rere di quello degli Interni. Ed infatti non solo il La H.occa, ma ben anche il Bava, che successe ben presto al La Rocca, quantunque, come già vedemmo, avesse particolare stima del Fanti, in seguito appunto alle insistenze del Pinelli, non si senti capace di sospendere l'iniziata procedura al riguardo di Fanti, e ne sollecitò anzi il compimento. Ciò d'altronde era assai meglio, giacché una volta lanciata la pietra , questa dovea percorrere la ·sua strada, e cosi il processo intentato al Fanti finire per appurare la sua condotta. Il Bava infatti, nel giorno 24 Settembre, scriveva al Fanti : t che avesse a costituirsi agli arresti nella Cittadella d'Alessant< dria, per ivi subirvi gli esami della Commissione d'Inchiesta, relativamente ai fatti imputatigli, ed occorrendo per assoggettarsi • al Consiglio di Guerra Divisionale, che fosse per convocarsi a « giudicare la sua condotta ». Recatosi ·~mediatamente il Generale in Alessandria, e consegnatosi agli arresti nella Cittadella, quivi al dolore dell'umiliante posizioue di accusato , s'aggiunse per lui il martirio quotidiano delle interrogazioni dei varj Membri della Commissione sul suo operato, dai primi momenti in cui prese il comando dei Lombardi, tolto al Ramorino; e ne spieghiamo tosto la relativa ragione. compMta. Per un procedimento della natura di quello a cui erasi assog- Cnme come la Gommls.smne gettato il Fanti, e nel quale eran più da discutersi ragioni stra- dl Inchiesta sul tegiche o tattiche su di operazioni eseguite da un Generale dinanzi Faalt . al nemico, di quello che fatti cadenti sotto il senso di qualche speciale articolo del Codice Penale Militare, non si era stranamente creduto di deviare dalla stretta osservanza letterale dello stabilito dai regolamenti militari. d'allora del Piemonte, e quindi la Commissione d'Inchiesta che dovea giudicare il Fanti venne composta di un Maggiore e due Capitani di Fanteria, con un Vice-Uditore di Guerra. A questi subalterni quindi, ed incapacissimi di poter comprendere e valutare le complesse ragioni che avevano determinato le azioni di Fanti in quelle circostanze, egli dovea passar buone le insulse e strane interrogazioni, e dare schiarimenti su d'insignificanti particolari, che non avevano la benché menoma importanza. l{

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PARTE QUINTA

Ed in effetto, in capo a pochi giorni la Commissione, colla data del 1.0 Ottobre emise il suo voto, che fu tale, quale si poteva attendere da un Consesso, la di cui incompetenza era troppo manifesta; eccone, se non chiare e adatte, almeno testuali le parole: «La Commissione, ecc., manda sottoporre il Generale Manfredo « Fanti a Consiglio di Guerra per avere nelli giorni 22 e 23 dello « scorso Marzo, mentr'egli comandava provvisoriamente la 5.8 Di« visione, situata sulla linea del Po, verso Pavia, scientemente « ommesso di far passare la sua Divisione alla sinistra del Po per << il ponte di Mezzanacorte, per quindi : o riprendere la posizione « della Ca va, stata nei giorni innanzi abbandonata (?) e tentare « poscia la -presa di Pavia, come eragli stato verbalmente (?) e « per iscrillo imposto dal signor Generale Maggiore dell'Esercito ; << ovvero molestare in altro modo il nemico, che recavasi contro « il Corpo principale dell'Armata, nella pianura di Mortara e di « Novara; per avere per mezzo di questa sua inazione facilitato « al nemico il modo di meglio nuocere all'Armata Piemontese.....• « Crede pertanto applicabile al suddetto Generale l'Articolo c del Codice Penale Militare, paragrafo 5. 0 , al numero 259 ...... » Per chi nol sappia, crediamo bene di aggiungere che il suecitato articolo imputava d'alto tradimento eolui che scientemente aveva compromessa la salvezza dell'Esercito, e per lui ne conseguiva quindi la condanna alla pena capitale, quando il Consiglio di Guerra ne constatasse la colpabilità. Contrariamente dunque a quanto avevano ritenuto, e un De Sonnaz, e un La Marmora, e lo stesso Ministro Chiodo, il criterio che sulla condotta di Fanti si erano, certo conscienziosamentc ma poco competentemente, formato un Avvocato Vice-Aurlitore di Guerra, due semplici Capitani e un Maggiore, assoggettava quel Generale a giudizio pel più vituperevole alto, che possa mai commettere un militare nell'esercizio delle sue funzioni. Nel dar comunicazione al Fanti del voto emesso dalla Commissione, lo si invitò a scegliersi un difensore che, a tenore dei regolamenti, doveva essere un militare domiciliato nella Divisione di Alessandria, ove si sarebbe radunato il Consiglio di Guerra, che avea a giudicarlo, e più tardi gli si notificò il nome dei singoli Membri del detto Consiglio, a Presidente del quale era destinato l'illustre e stimato Generale Collegno. Fanli in alteQual senso abbia prodotto nel Fanti la deliberazione presa sa del Giudizio del Consiglio di al suo riguardo, non è a dirsi : non fu certo di apprensione per Guerra. una eventuale condanna, ma bensì piuttosto di tutta la possibile fl.Jilarezza che può provare un onesto uomo nel vedersi costretto


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a dimostrare la propria onestà. Mai si sarebbe creduto il Fanti di dover arrivare a tanto eccesso di umiliazione per lui, e ciò gli era tormento superiore ad ogni altro. A legittimo sfogo di cotanto crepacuore, ei si volgeva con lettera al Generale Alfonso La.Marmora, e, come convinto che la sua mente travagliata da tanto cruccio non fosse per esser atta a suggerirgli buone norme di contegno nella critica posizione in cui si trovava, gli rivolgeva preghiera, in nome della bontà e stima che sempre gli avea dimostrata, a venirlo a vedere in Alessandria, per aiutarlo di buoni consigli. E questi, il La Marmora, cui le funzioni di Regio Commissario in Genova da lui tuttavia esercite, non permettevano di allontanarsi da quella città, si fece premura riscontrargli affettuosa lettera, con cui gli suggeriva quanto meglio reputava convenisse fare nel triste suo caso e spontaneo gli offriva la sua personale testimonianza in di lui favore. E qui, a fedele pittura dello stato d'angoscia in cui si trovava l'animo del Fanti, ci sia permesso citare uno squarcio della lettera con cui egli ringraziava il La Marmora dell'interesse che gli addimostrava, e dipingevagli appunto lo stato dell'animo suo. « Creda - egli diceva in sul finire di detta lettera - che io « non temo il giudizio, ma sono assai angosciato nel veder·e che un « fatale destino mi perseguita da che ho posto il piede in Italia. « Sono quindici mesi di contrarietà, di dispiaceri non interrotti, « che mi hanno istupidito. Mi trovo avvolto in una atmosfera di « tali raggiri, di tante malignità, che prima mi erano all'atto sco« nosciute. Avvezzo in Francia, per quattro anni, ad una vita aperta, o: poi per quattordici in Spagna, trattando con quella franchezza· « che dà la vita del campo, mi trovo, da che sono in Italia, come « avvolto in una maglia di ferro, da cui non posso sortire. Fin le « dirò che la mia esaltazione di dispetto era tale,_ al vedermi « interrogato da un Vice-Auditore su cose di guerra e del mac neggiarsi di truppe, pronte a scoppiare in rihellione al minor « urto, che io stesso ignoro cosa mi rispondessi. Quasi lo stesso « effetto provai nel vedermi davanti ad una Commissione di un « Maggiore e due Capitani. In ciò v'era qualche cosa di umiliante « per me, che le confesso non aver mai sofferto. Cialdini ed « altri ben sanno qual'io mi fossi ; infine non mi riconosco più io « stesso! ·» Altro sfogo benefico al proprio soffrire era per Fanti la corrispondenza che manteneva col suo Capo di Stato Maggiore della Divisione Lombarda, il bravo Colonnello Berchet, il quale accoglieva col più cordiale interesse quanto gli scriveva il suo Generale,


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PARTE QUINTA

e dal canto suo lo animava a sollevarsi col pensiero della sua innocenza e del prossimo fine d'ogni sua angoscia. E a tal uopo si faceva uno studio di tenerlo informato di tutte quelle cose, che a parer suo potevano confortare il Fanti. Cosi, per esempio, un giorno scrivevagli' aver saputo, che il Generale Alfonso La Marmora -che s'era fatto premura di parlare col Collegno, destinato, come si disse , a Presidente del Consiglio di Guerra che dovea giudicare il Fanti, onde disporlo a favore suo - aveva pronunziate queste precise parole: « essere il Fanti un uomo impastato d'ol< nore, nel quale se v'era difetto, non era altro che d'essere forse o. troppo schiavo della legalità >>. Ma dove più calda e più operosa amicizia trovava il Fanti in questa dolorosa circostanza , si era nel Generale Alessandro La Marmora. Di questo raro tipo di prode e generoso soldato, troppo presto rapito alle armi italiane , .vogliamo citare per intiero la seguente lettera, che tratteggia al vero il nobile carattere del La Marmora, e nello stesso tempo dà veramente il colpo di grazia a tutti i detrattori della riputazione del Fanti. Essa era in data del 6 Ottobre 1849 da Genova, e diceva : « Si sono accumulate tante calunnie, e tante esagerazioni sulla « Divisione Lombarda, e necessariamente sopra di Lei, che non << mi fa meraviglia, che Ella sia stata sottoposta ad un giudizio; <' ma anzichè dolermene io vi ravviso invece il solo mezzo di l< far risaltare la sua innocenza, e pulire la di Lei riputazione da « quel poco di dubbio, che la calunnia potesse !asciarvi sopra. « 1l mio primo pensiero era stato di domandare io stesso di << essere suo difensore, ma poscia riflettei, che meglio io poteva « giovarle come testimonio, stante che per sei mesi di seguito ho « avuto secolei relazioni continue per servizio. u. Come Capo di Stato Maggiore dell'Esercito posso d8porre: « come Ella siasi indefessamente interessato a ricostituire la Di<< visione Lombarda, cadente da ogni lato. Dichiarare che Ella t< non ebbe verun ordine altro che la comunicazione di quello di << attaccare Pavia, nel giorno 21, dato precedentemente a Ramo(( rino. - Provare come ricevendo Ella l'ordine suddetto nel prenl< dere il comando della Divisione Lombarda, non poteva più ope<< rare in senso del medesimo , sapendo che già tutta l'armata << austriaca era sulla sinistra del P o, nè tam poco, con i suoi soli l< 6000 Lombardi, non ancora agguerriti , attaccare i 60,000 Au<< striaci avanzati da Pavia , mentre altri erano passati superiort< mente; consimili operazioni, le più difficili in guerra, non si ~ ten~o che a forz~ e~uali, se si vuo~~ ~vitare di ~re rigettati,


« - E infine che la più ragionevole via, che Ella potesse sce« gliere, sapendo d'altronde che Casale era minacciata, era quella « da Lei scelta, ossia di piegare verso Alessandria per avvicinarsi « al grosso dell'Esercito, e all'occorrenza difendere quella piazza. << Posso ancora attestare come Ella sia!li impegnato perchè la « sua Divisione non si recasse a prendere partito per Genova in« sorta, chiedendo anzi per impedir ciò di poter condurre detta c Divisione in Toscana al servizio di quel Governo. - E final« mente, nella mia qualità di Generale Comandante la Divisione « di Genova, posso attestare come Ella sia riescito a mantenere c l'ordine e la disciplina nella sua Divisione, mentre questa stava c sciogliendosi nella Riviera di Levante. « Mi chieda dunque tutte queste dichiarazioni, e quanti altri « atti testimoniati Le possono occorrere, e mi troverà sempre pronto « a fare risaltare la verità, ossia la di Lei innocenza.

« ALESSANDRO LA MARVORA ». Il CoufcUe di Venne finalmente il giorno 22 Ottobre, pel quale era stata Guerra -lftll l'aut! dalla ta&fissata la convocazione del Consiglio di Guerra, e Fanti si pre8entò taallaco-. innanzi al medesimo, con maggiore calma e serenità di quanto aveva fino allora potuto supporre di saper trovare in simile momento. Aveva a difensore il Generale Bussetti; deposero in suo favore : personalmente, il Generale Alessandro La Marmora , e il Colonnello Berchet; per iscritto, il Generale Alfonso La Marmora e lo stesso Generale Chzarnowski. Per due giorni si prolungarono i dibattimenti , e sulla tar<Ja ora del 23, il Consesso dei Generali emise formale sentenza con cui era dichiarato « non essere risultata deposizione alcuna che c: comprovasse un delitto a carico del Generale Fanti, e che quindi « non restava comprovata l'accusa imputatagli ., . Con questo strano fraseggiare si mandò assolto il Fanti, senza pronunziare la sola parola che veramente era del caso, ossia quella di comprovata innocenza. Si preferl coprire la biasimevole compiacenza del Governo nel secondare i detrattori del Fanti, piuttosto che dare equo compenso a questo dell'immeritato oltraggio arre• catogli. Ma volgiamo finalmente altrove lo sguardo , e riposiamolo alquanto dalle tristi scene sulle quali abbiamo dovuto per troppo tempo tenerlo fisso ed attento. Ciò che andiamo ora a vedere non sarà ancora gran che di consolante pel nostro Generale, ma al con• fronto del passato le cose volgeranno per lui al meglio.

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l 166 La pubblica opinione al riguardo ùi Fanti.

PARTE QUINtA

Se l'aspra guerra mossa, da più o meno occulti nemici, al · Fanti non aveva potuto conseguire il voluto supremo intento, essa per altro aveva prodotto frutto abbastanza gradito per quei cotali. L'opinione pubblica, che nei primi mesi del ritorno del Generale in Italia, si era manifestata a lui universalmente favorevole, dopo le difficili circostanze in cui si era trovato in mezzo alla Divisione Lombarda, e sopratutto di fronte al recente processo da lui subito, sul quale pochi potevano avere avute esatte informazioni, era venuta alle più svariate appreziazioni sui meriti reali e sullo stesso carattere del Fanti. Ad esso aveva perfin nociuto quel funesto precedente creato dalla sleale condotta del Ramorino, che convinto di flagrante infrazione disciplinare senza apparente plausibile giustificazione, avea già espiato con la morte la sua colpa. Ed in effetto sarebbe vano il nascondere che molti e gravi appunti, sebbene immeritati, si facevano dal pubblico sul contegno del Fanti or in questa, or in quella delle passate circostanze, e, come spesso :tccade in consimili casi , il partito monarchico attribuiva la pretesa inconseguenza de' suoi atti a tendenza de' suoi principj di fede repubblicana, mentre per lo incontro il partito repubblicano, quello il più avanzato, li spiegava asserendo essere il Fanti venduto alla reazione, o almeno al Governo, poco in voce allora di soverchia tenerezza per la malmenata causa italiana. I meno malevoli al Generale lo qualificavano di dubbia fede e di poca iniziativa nell'arte sua. Pochi, pochissimi anzi, che ben da vicino avevano potuto sanamente apprezzare i fatti, e che conoscevano a fondo il carattere di Fanti, gli mantenevano la piu alta stima, e deploravano la mala stella, che avea presieduto ai primi passi da lui fatti al suo ritorno in Italia. Dal canto suo il Generale Fanti era troppo esperto conoscitore degli uomini e delle loro passioni, per non essersi resa stretta ragione di un tale stato della opinione pubblica al suo riguardo, e con quella padronanza su di sè stesso, che era propria alla sua natura, avea saputo imporsi il più rigoroso rispetto alla ingiusta sorte che lo colpiva, e forte della purità di sua coscienza, si era indotto ad aspettare pazientemente che la verità si facesse strada, e che venisse finalmente occasione in cui il suo vero patriottismo apparisse palese a tutti e gli ridonasse il pubblico favore. A schiudere pertanto , almeno per quanto dipendeva da lui, una qualsiasi via a tale intento, il Generale non volle ammettere un passo, che gli sembrava dovuto omaggio alla verità storica, e perciò s'indusse a seri vere in succinto una esatta relazione de' fatti pei quali avea subito giudizio , traendo argomento a renderla di


FANTI IN FIEMONTE E IN CRIMEA

pubblica ragione l'occasione in cui mise in luce una sua « Mcmoria sul modo di munire e difendere le città aperte ». Fatto stampare un limitato numero di copie di questo scritto, le distribui in gran parte a quei tali, ai di cui occhi più gli premeva comparire i1 nmune da qualsiasi taccia, n è più oltre si preoccupò che le riman n li copie circolassero fra gli indifferenti, e meno fra i suoi nemici. r.,.,,j Consentaneamente poi al deliberato proposito di attener. i a 'it••·nu-11" o ... lu· Ul 'ftH llll). delicata riserva, e in pari tempo di utilizzare nel miglior m dn possibile il forzato ozio, a cui lo condannava la sua presente posizione di disponibilità, si risolse a prendere stanza in Tori 11 n. ove proponeva di darsi al più accurato studio delle vere condizioni in cui allora si trovava lo Stato Sardo e le rimanenti pari i d'Italia, non che di allargare sempre maggiormente le sue coglllzioni teoriche militari. Con sì lodevoli intendimenti il Fanti si diede a vita mod e~l.l e ritirata nella suddetta città, dividendo le sue giornaliere oc upazioni tra il frequentare la stupenda Biblioteca militare parti olare del He , le Camere Parlamentari e la Piazza d'Armi, ] H' t' attingere da quelle tre fonti diverse quelle nozioni con cui voleva accrescere il corredo della sua istruzione. Le poche ore libere che gli rimanevano nella sera le passava in geniali ritrovi con i pochi intimi amici, che fidi gli erano rimasti nell'avversa fortu na. Trascorsi cosi parecchi mesi, e avvicinatasi l'epoca in cui la n,torus in Sp•· ~"" vi penlo lB moglie sua, sempre nelle Spagne, veniva in fine di gravidanza, il 11111Slie. Fanti chiese ed ottenne licenza di recarsi a raggiungere la sua compagna, e potè esserle vicino in quel momento. Le conseguenze del parto per altro furono fatali per la giovine puerpera, in quanlo che travagliatissima era stata per lei la gravidanza, in causa del sol'ferto spavento di Genova, e della strapazzata fuga da qu Ila città. Presa da letal morbo, sviluppatosi in seguito del parto, la giovane sposa di Fanti, nella verde età di 27 anni, gli spirava fra le braccia nel giorno 17 Settembre 1850, lasciandogli per sua memoria i due figli Camillo e Antonio. Era una nuova spina, hP Fanti ben poteva dire infittagli nel cuore dal suo stesso patt·iultismo, perchè se questo non lo avesse indotto a lasciare la Spagnn, forse la sua Carlotta non si sarebbe spenta sì tosto ! A testimonianza dell'alta stima che nell'Esercito Spagnuol ~• conservava tuttavia per l'antico commilitone, alla salma della mogli' del Generale Fanti vennero resi in Valenza que' pubblici onori funebri, che in quel paese si costuma rendere alle mogli dei militari nazionali; e a questi fu presente lo stesso Capitano Generale di Valenza e Murcia. Di ciò informato il Governo Sardo7 ordinò

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PARTI<: QUÌNTA

al suo rappresentante in Madrid , di porgere i dovuti ringraziamenti al Governo Spagnuolo, per la dimostrazione di stima data ad uno de' suoi Generali. In questa circostanza non mancarono le più vive sollecitazioni al Fanti, per parte de' suoi parenti di Spagna , e ben anche di parecchi de' suoi antichi amici, saliti allora in alti e potenti gradi, affinchè si decidesse ad abbandonare il servizio sardo, in cui lo si sapeva assai poco in favore, e rientrasse in quello di Spagna; ma tutto fu vano, e il nostro Generale, fisso nella fede che per lui e per l'Italia avessero a venire giorni migliori , resistè alle lusinghiere tentazioni, e volle far ritorno in Piemonte. Lasciati pertanto presso la famiglia dell'estinta sua Carlotta i due giovanetti suoi figliuoli, onde meglio ne fossero curati dalla medesima i primi anni di infanzia, e prefiggendosi di chiamarli più tardi presso di sè in Italia per avviarli nella carriera militare, il nostro Generale abbandonava di nuovo la Spagna per far ritorno in Piemonte. Fanti riprende Al suo giungere in Torino, sul cominciare dell'anno 1851, il an Torino la mo· desta e studiosa Generale riprendeva la consueta descritta sua vita, e vi trovava vita. pur anche quelle medesime prevenzioni governative a suo riguardo, che facevano si che lo stesso La Marmora, rimastogli sempre buono amico, quantunque divenuto assoluto padrone delle cose di guerra del Piemonte, non osasse ancora di toglierlo dalla mortificante posizione di disponibilità, in cui, contrariamente ai regolamenti, giaceva tuttavia da oltre due anni. . Non si perdeva d'animo per questo il Fanti, e fatto anzi ormai sicuro che Re Vittorio Emanuele, assistito da quel potente ingegno e volontà ferrea, ch'eransi scoperti nel Conte di Cavour, perseverava ardito e tenace nel proposito di sostenere a qualunque costo la causa nazionale italiana, il nostro Fanti, diciamo, riapriva il cuore alle più care speranze sull'avvenire del suo paese, ed anche sulla sua propria sorte personale. Non andò guari infatti che ebbe fine la precaria posizione in cui lo si era tenuto da si lungo tempo. Ed ecco quale ne fu la fortunata circoslanza. Sono note le cagioni che nel 1854 trassero la Francia e l'In· 11 Poemodte ai decide R prender parte alla gueiTII ghilterra ad allearsi fra loro per correre in Oriente ad impedire In Crimea. alla Russia di farsi padrona di Costantinopoli, cacciandone il pro· strato Impero Turco. Vimpresa, che dapprima pare si fosse giudicata di facile esecuzione, eral!li poscia presentata assai malagevole, ed una volta che i due alleati d'Occidente, uniti al loro protetto d'Oriente , il Turco, si trovarono in Crimea sotto le mura di Sebastopoli,


~ANTI IN PIEMONTE E IN CRIMEA

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ravvisarono opportuno cercare talun altro, che secoloro concorresse a mettere alla ragione il potentissimo nemico che avevano attaccato. Rivoltisi per ciò alla Prussia e all'Austria le richiesero di voler portar guerra alla Russia dalla parte della Polonia, e facilitare così i loro successi decisi vi in Crimea; ma la prima vi si rifiutò _ perentoriamente , e la seconda non si prestò che ad occupare i Principati Danubiani, più forse nel suo particolare interesse, che in quelli di Francia e d'Inghilterra. Quest'ultima potenza allora, che assai meno forze della Francia avea potuto contlurre in Oriente, si rivolse al Piemonte e lo invitò a prender parte alla guerra che si stava combattendo , inviando esso pure un Corpo di .spedizione in Crimea. La fina mente del Conte di Cavour afferrò la propizia occasione che gli si offriva per far entrare il suo paese in comunanza di interessi con i due potenti alleati, certo di poterne un giorno o l'altro cavare qualche vantaggio a benefizio della causa italiana. Intavolate quindi le opportune trattative si venne all'accordo, che il Piemonte avrebbe inviato in Oriente un Corpo di truppe non minore di 15,000 uomini, quale ausiliare delle truppe Inglesi. In conseguenza di ciò, nell'inverno del 1854 al 18r>5 stavasi ordinando in Piemonte il Corpo di spedizione che alla primavera sopravveniente dovea salpare da Genova e recarsi in Crimea. Del medesimo dovea avere il supremo comando il fratello del Re, il giovine e prode Duca di Genova; ma immatura fine avendolo nello stesso inverno tolto di vita, l'onorevole incarico era stato affidato al Ministro di Guerra, Generale Alfonso La Marmora, che col solito suo zelo e operosità andava preparando ogni cosa in proposito. Viene dato al Non è difficile l'immaginare con quale interesse fin dal pri- Fanti il comando una Brigata di mo aprirsi della guerra fra Russi e Turchi sul Danubio, e suc- del Corpo di specessivamente nel posteriore sviluppo della medesima, il nostro dizione. Fanti seguisse e studiasse le fasi tutte, per le quali essa andava passando; ma ben più si commosse a1lora quando seppe di certo, che le Armi Sarde avrebbero preso parte alla guerra, perchè la disgraziata posizione inflittagli da' suoi nemici gli faceva fatalmente prevedere che a lui certo non sarebbe toccata la bella fortuna di essere chiamato alla progettata spedizione. Si fu pertanto colla più insperata sorpresa, e grata emozione, che in sui primi del mese di Febbraio 1855. egli leggeva una lettera direttagli da un suo intimo amico, nella quale dopo averlo informato che il Generale Durando Giovanni, era stato avvertito •da~ Ministro La Marmora,


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PAkTE QtriN1'A

che gli sarebbe dato il comando di una Divisione del Corpo di spe-" dizione, e quindi interpellato dal medesimo Ministro perchè gli proponesse qualche Generale di Brigata che gli fosse gradito avere sotto i suoi ordini, era detto: « Durando osò proporti, e parlò « molto in tuo favore. La Marmora accolse assai bene la pro« posta, e solo disse temere qualche forte opposizione e di essere « tacciato di prescegliere forestieri. Nel giorno successivo in un « nuovo convegno, La Marmora ha detto a Durando : Ho pensato « seriamente a Fanti, e spero di potergli aflidare una Brigata ». Nella giornata seguente a quella in cui Fanti avea ricevuta la citata lettera, ossia nel 10 Febbraio, egli riceveva particolare invito dal Ministro di Guerra per recarsi a conferir secolui al Ministero. Qui vi reca tosi immediatamente il Fanti, dal sullodato Ministro gli veniva offerto il comando rli una delle Brigate che dovevano partire per la Crimea. Accettata col più grato animo dal Fanti la proposta del La Marmora, questi comunicavagli in data delli 16 Marzo 1855, la sua destinazione colle seguenti lusinghiere parole: « Le di« stinte qualità militari di cui la S. V. I. va fornita, La fecero « prescegliere per far parte del Corpo di spedizione, nel quale « Le verrà affidato il comando della 2.• Brigata ». Era così alla buona amicizia del suo antico commilitone di Spagna, il Generale Giovanni Durando, e alla franca e cordiale stima ed afTezione che inalterata il La Marmora avea conservata per Fanti, che questi dovea finalmente d'esser tratto dalla umiliante posizione, in cui lo si era tenuto dal finire dell'anno 1849 sino a quel momento. Se più tardi egli ha saputo dimostrare quanto giusta per lui, ed opportuna per la causa italiana, sia stata una tale determinazione, non va dimenticato chi ne. ebbe il vero merito. · Arrivo dei Sardi Col giorno ~ Maggio 18G5 la 2.a Brigata della Divisione Duin Crimea. rando, comandata dal Generale Fanti, sbarcava in Crimea e andava ad accamparsi in casolari di Karany, posti fra il Monastero di S. Giorgio e il porto di Balaklava. Non occorre sicuramente, che noi rammentiamo qui ai nostri lettori tutte quelle circostanze, per le quali il Corpo di spedizione Sardo, condottasi in Crimea, non ebbe occasione di trovarsi impegnato in serii combattimenti, pei quali potesse crescere la sua riputazione: solo gli fu dato di mostrarsi rotto alla vita del campo~ instancabile nelle fatiche, duro ai disagi, rassegnato alle stragi che fiero morbo, il colera, fece nei suoi ranghi, infine rigido osservatore d'ogni disciplina militare.


FANTI IN PIEMONTE E IN CRIMEA

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Per tale ragione pertanto non è il caso per noi di. doYer venire a particolareggiata narrazione di quanto il Generale Fanti colla sua Brigata potè operare durante il suo soggiorno in Crimea. Nè l'uno, nè l'altra ebbero occasione di compiere fatti, cui spetti menzione per speciale merito di guerra. E come di loro altrettanto può dirsi per gli altri Corpi della spedizione Sarda. In conseguenza di ciò, noi limitiamo ogni nostro dire in proposito ad alcuni cenni sommarj su quanto ci pare, cbe di più rimarchevole sia occorso al Fanti e alla sua Brigata durante il tempo di loro fermata fra gli alleati che assediavano Sebastopoli. Sbarcato e stabilito il campo della sua truppa, il Generale Fanti , desiderosissimo come era di vedere fin-almente coi propri occhi quella fortissima piazza di guerra, che tanto dava a sudare agli alleati per rendersene padroni, chiese, ed ottenne un permesso per recarsi personalmente in posizione favorevole onde farsi idea giusta della località, e nello stesso tempo visitare i lavori d'attacco sviluppati contro la piazza. Accompagnato da parecchi Ufliciali della sua Brigata, si condusse sul Ridotto Inglese, detto la Vittoria, da dove dominavasi perfettamente ogni circostante piega di terreno e la stessa Sebastopoli. Giudizio del Merita essere riferito il giudizio che Fanti, in tale circostanza, Fanti sulla Torre portò sulla Torre di Malakotl~ da lui attentamente esaminata al- di llalakoiT. lora, perchè i fatti posteriori lo confermarono pienamente giusto. Egli trovò dunque che per ubicazione e forza intrinseca quell'opera era la più potente difesa della piazza, e di difficilissima espugnazione. In pari tempo per altro osservò che. la di lei costruzione era viziosa, perchè troppo angusta alla gola, e quindi se perduta dagli assediati, non permetteva ai medesimi efticaci ritorni offensivi nell'interno dell'opera attraverso di essa gola. Ora, egli è fatto notorio, che nella celebre giornata dell'8 Settembre 1855, in cui riesci ai Francesi con immenso spargimento di sangue, impadronirsi di viva forza e stabilirsi nell'interno della Torre di Malakoff, essi non poterono più esserne cacciati per quante riprese offensive tentaron<_> eroicamente i Russi; e ciò provenne precisamente da che la gola dell'opera suddetta, ristretta di soverchio, non permise a quest'ultimi di sviluppare sufficiente fronte di uomini per soverchiare quello dei Francesi. Non s'era dunque ingannato l'esperto occhio di Fanti nel suo apprezzamento sul valore intrinseco e relativo delle diverse parti dell'opera di 'Malakofl~ e noi lo registriamo come prova della spa non comune intelligenza militare.


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Poco dopo l'arrivo dei Sardi in Crimea, per fattane domanda, il Generale Canrobert, che fino allora aveva dirette le operazioni d'assedio, veniva esonerato da cosi fatto incarico, e sostituito dal Generale Pélissier in fama di soldato energico e risoluto. n Generale inglese Raglan dovea, come antecedentemente, conformare la sua cooperazione ai piani direttivi del Generale Francese: e il Generale La Marmora riceveva ordini per l'azione comune dal Comandante Inglese, da cui direttamente dipendeva il Corpo au· siliare Sardo. Marcia o!Ten· A seconda delle viste del nuovo Generalissimo, in sul fiOliva dei Sardi sulla Cernaja. nire del Maggio l'intiero Corpo d'assedio prese nuove posizioni, più confacenti a rinvigorire l'azione dell' attacco. In armonia di quanto avevano ad operare gli Anglo-Franco-Turchi, i Piemontesi dovevano avanzarsi sulla ~inistra della Cernaja, scacciando ne quei posti russi che vi si trovassero, per andarsi a stabilire al nord di Kamara, e da qui tenersi padroni di tutta la sinistra della Cernaja e del suo inflt~ente, la Suaja. Questa mossa, cui fu dato il nome di c marcia offensiva sulla Cernaja », ebbe compimento nel giorno 25 Maggio, e le due Brigate Fanti ed Ansaldi camminavano alla testa delle colonne Piemontesi. Dinanzi ad esse, quasi senza opporre resistenza, i Russi si ripiegarono tutti sulla destra del fiume, lasciando affatto libera la sinistra. La Brigata Fanti, pervenuta al Monte Asfort vi si arrestò, ed ebbe ordine di accamparvisi, rinforzando la posizione con qualche opera campale. Su di un tracciato, designato dal Generale Fanti, il Corpo del Genio pose mano immediata a simili lavori, fra i quali, dominante ogni altro, era una specie di Osservatorio costrutto sul culmine di Monte Asfort, dal quale l'occhio spingevàsi su tutte le posizioni occupate dai Russi sull'opposta sponda. L'accennato Osservatorio, che durante tutta la guerra rese importantissimi servigi, fu chiamato nel campo Piemontese « Osservatorio Fanti », in benemerenza di chi lo avea progettato , e dagli altri alleati fu detto genericamente « Osservatorio Piemontese 1. Non appena i Sardi furono stabiliti a Kamara, che nel giorno R icogn iz ione nella valle di Bai3 Giugno, ebbero ordine di prender parte ad una ricognizione dar. che si vo1le spingere assai avanti nella vallata di Baidar. Di ritorno dalla ricognizione essi rioccupavano le posizioni dell'accampamento presso Kamara, da dove non dovevano quasi più muoversi durante il loro soggiorno in Crimea. Il cholera rra Frattanto dal primo giungere dei nostri in Oriente, il terrii Sardi in CriIDea. bile morbo che già avea infierito fra gli a1leati, il cholera, erasi comunicato ai nostri soldati, e rapidamente diffuso mieteva vittime


ll'ANTI IN PIEMONTE E IN CRIMEA

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numerose nelle loro fila, senza distinzione di· grado. Fra queste la più illustre e la più compianta fu il Generale Alessandro La Marmora Comandante una delle Divisioni del Corpo di spedizione sotto gli ordini del fratello Alfonso. Pianse amaramente il Fanti la perdita che faceva l'Italia d'uno dei migliori e più strenui suoi Generali , ed egli medesimo di chi gli era stato si raro amico nella sventura. Le vigil_!...cure che il Generai Fanti non cessò un solo momento di avere per quanti cadevano infermi nella sua Brigata, gli cattivarono l'afletto e la riconoscenza di tutti. Scampato fortunatamente al crudele . contaggio, quantunque il suo Ajutante di Campo, per due consecutive volte fosse colto dal cholera, non andò immune però il Generale da altra malattia, che più tardi lo tenne lungamente e gravemente infermo. Se pote guarirne, i medici, che lo curarono, lo attribuirono non tanto alla .efficacia della cura, quanto ·alla perfetta calma d'animo del· l'infermo, che molto coadiuvò al suo risanamento fisico. Nel mentre che andaYano scorrendo i mesi di Giugno, Lu- La Brigata Fan· glio e parte dell'Agosto, i Russi, dalle forti posizioni esterne alla ~:~: mo~~­ piazza, ove tenevano un poderoso Corpo di soccorso, avevano pre- tir. parato un formidabile attacco, che piombando sul fianco destro degli alleati, dovea produrre sui medesimi i più sinistri effetti. Col giorno 16 Agosto infatti avea luogo la celebre giornata Campale detta di Traktir, nella quale la buona vigilanza dei posti avanzati Piemontesi e il saldo loro contegno contro le prime offese nemiche, lasciò tempo ai Francesi di ordinarsi per sostenere e respingere ripetutamente l'urto gagliardo che, dalla destra della Cernaja, l'oste nemica portò sulla sinistra. In questa circostanza la Brigata di Fanti non ebbe che tre soli de'suoi Battaglioni impegnati al fuoco; le rimanenti sue truppe rimasero lungamente esposte al formidabile cannoneggiamento, che dalla destra del fiume il Generale russo Liprandi mantenne vivo contro di esse serrate in battaglia sulla sinistra di detto fiume. In quel giorno, Fanti di sua persona si tenne quasi sempre presso la cosi detta « Batteria dei cannoni rigati inglesi », che, servita da Artiglieri Piemontesi, mantenne lungo e vivo combattimento colle artiglierie di Liprandi, e fini per ridurle al silenzio. Su quel punto, fatto speciale bersaglio dei projettili russi, il sereno e calmo contegno del Fanti dimostrò in lui l'uomo rotto al cimento d'ogni periglio. Venuto poi il momento, in cui dopo un primo vanò tentativo Pélissier con un generale attacco delle opere nemiche avea

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PARTE QUINTA

d ciso tentare l'ullima sorte dell'assedio - e a tal fine doveva pur oncorrere una delle Brigate Sarde, cui era destinato l'attacco del Gran Bedan in eoncorso cogli Inglesi- venne determinato dal Gen rale La Marmora che fra le sue Brigate si estraesse a sorte uale tlelle medesime avesse ad essere la prescelta. E questa esendo stata quella di Ci~ldini, il Generale Fanti dovè rassegnarsi di rimanere al campo ('1). l rd ì a l Qunr· Caduta nel giorno 8 Settembre 1835 la parte meridionale di ti r i d'io v r no m Crtmca . · bastopoli in mano degli alleati, e ritiratisi i Russi in quella ancor fo rte del lato settentrionale, non rist.ette per questo la guerra, ma :;i fece meno viva, anche perchè il sopravvenire della stagione in vernale, crudissima in quelle regioni, impediva ai combattenti di intraprendere serie operazioni. Dalle due parti pertanto si preero alla meglio i quartieri d'inverno, presso a poco nelle posizioni stesse occupate anteriormente. i onchiudcl" A Londra e a Parigi intanto si pensava al da farsi, e se l'Innac fr g lt Al· li!Jili e la R ussi!\, ghilterra agognava a portar nuova guerra alla Russia sul Baltico l'el' distruggere anche colà la sua marina, ciò non sorrideva punto alla Francia, che non voleva trovarsi sui mari europei sola di ft·.onte alla predominante potenza navale inglese. Vuolsi pertanto che sottomano l'Imperatore Francese tentasse accordi coll'Imperatore delle Russie per finire la guerra. Nel frattempo convocavasi a Parigi una specie di alto Con. igHo di Guerra, a cui eran chiamati i supremi Duci delli Eserciti Ueati onde statuire il nuovo indirizzo, che alla sopravveniente p rimavera convenisse dare alla guerra. Anche il La Marmora parti va di Crimea per assistere a detto consesso, e siccome allora prendeva il comando dei Piemontesi il Generale Durando, così il t' mando della Divisione di questo Generale, passò in mano del F· nti. Poco dopo il ritorno di La Marmora e degli altl'i Generali da Parigi, per le bene avviate trattative fra Napoleone e Alessandro, a cui di buona o di mala voglia avea dovuto finire per p m nder parte anche l'Inghilterra, vi fu sospensione d'armi in ( :l'imea, e quindi col giorno 30 Marzo 1856, venne conchiusa la pace definitiva. (l) Fra le carte lasciate dal Generale, trovasi un piccolo involto su cui ta scritto: Interes&anti.~simo. Dentro vi ha il vigliettino, estratto in tale circostanza dal Fanti, colle parole: « No!l prenderà parte all'assalto ». Con ciò volle forse il Fanti lasciare memoria ai suoi figli del come non prese parte

a detto assalto.


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Col 16 Aprile seguente cominciò l'imbarco delle truppe sarde Ritorno dei in Piemonper tornare in Italia, e la Brigata Fanti sbarcava a Genova nel Sardi te e onorìficenze impartite al Gegiorno 28 di detto mese; nel 15 Maggio poi reca vasi a Torino, nerale FantL ove con festevoli e liete accoglienze celebravasi il ritorno dell'intiero Corpo di spedizione, ai più benemeriti del quale il Re personalmente distribuiva le concesse onorificenze. La meritoria opera del Fanti nella spedizione di Crimea veniva retribuita, e durante e dopo la medesima, con le seguenti onorificenze : col 26 Luglio 1855 gli veniva conferita la Croce di Cavaliere de' Santi Maurizio e Lazzaro: ai 5 Giugno del medesimo anno gli veniva dalla Francia la Croce di Commendatore della Legion d'Onore; col 12 Giugno del 1856 veniva nominato Ufficiale dei Santi Maurizio e Lazzaro, e Commendatore dell'Ordine Militare di Savoja, e riceveva inoltre dal Gran Sultano l'Ordine Imperiale del Medydie. Ciò per altro che assai più apprezzava il Fanti, e se ne compiaceva il suo giusto amor proprio, si erano le infinite dimostrazioni che i suoi superiori, i compagni e i subalterni gli avevano date in Crimea, e continuavano a dargli tuttavia, della più verace stima ed affetto per lui. Ed invero il più favorevole cambiamento nell'opinione pubblica erasi operato a di lui riguardo , imperocchè mentre al suo partire per la Crimea egli non era .stato che oggetto di fredda accogliem.a generale , ora era da tutti considerato come il tipo dell'onestà di carattere, del severo e intelligentissimo soldato, del franco e leale camerata, del perfetto gentiluomo. Ed anzi i suoi più caldi ammiratori si erano ormai fatti quei medesimi che in altro tempo, non conoscendolo affatto, avean prestato facile orecchio all'altrui malignità sul suo conto. Fanti prende Di cotale pubblica estimazione acquistatasi in Crimea, n'ebbe n comando della Brigata Aosta e il Fanti sollecita prova, quando sciolto il Corpo di spedizione, a con essa presidia lui venne conferito il comando della Brigata Aosta, con data dei saccessivamente la Savoja, Genova e la Sardel{na. 26 Maggio del 1856. Di questa vecchia e brava Brigata dell'Esercito Sardo, che per le beUe prove di valore date in ogni tempo della sua esistenza godeva particolare estimazione, il Fanti tenne il comando prolungato nei successivi anni, e con essa fu da prima di guarnigione in Savoja, poscia a: Genova e quindi in Sardegna. Venir dicendo come quei pregi militari, di cui il Fanti avea dato saggio in Crimea, andassero sempre meglio addimostrandosi nell'esercizio delle sue funzioni di comando, anche hi tempo di pace, se pur tuttavia opra giusta e meritata, non sarebbe però


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PARTE QUINTA

altrettanto interessante per la natura delle cose che si avrebbero a citare in prova. Sia dunque sufficiente il rammentare quell'affetto e quella deferenza, che ben sinceri seppe procacciarsi il Fanti da tutti i suoi subaltemi dal più elevato al più basso grado. e quel perfetto accordo, che mantenne colle autorità civili, colle quali gli occorse di trattare pel disimpegno delle sue funzioni. Nè vale l'aggiungere se i suoi superiori ebbero sempre a lodarsi di lui, e se 11 Ministro della Guena in ispecie - che tale era ridivenuto il La Marmora - ebbe a felicitarsi d'aver tolto dall'obblio il nostro Fanti, e con tanto utile dell'Esercito datagli un'occupazione. Son cose tutte codeste che ben ponno immaginarsi dai lettori, senza che occorrano all'uopo troppe nostre parole. ra~Tr~::~:.rL'incontestabile supremazia, che nella recente guerra d'Oriente s'era palesata per le armi francesi su tutte le altre che vi avevano pugnalo, doveva aver convinto il rinnovato Impero Napoleonico d'essere addivenuto l'arbitro delle sorti europee. Fra le svariate evoluzioni politiche, a cui esso pertanto pensava da1·e effetto nell'interesse suo dinastico , e ben anche della Francia, primeggiò quella di distruggere l'ipllu~nza dell'Austl'ia in Italia per sostituirvi quella di Francia. Quali fossero i più reconditi intendimenti finali dell'Imperatore, mal si potrebbe ora precisare - in quanto che i verificatisi avvenimenti gliene contrariarono manifestamente parecchi - ma base palese alla iniziativa del nuovo avviamento di cose dovea esser la guerra all'Austria unitamente al Piemonte, e quindi l'ingrandimento di questo Regno mediante l'annessione al medesimo del Lombardo-Veneto e dei due Ducati di Parma e Modena, con che per altro la Savoja, terra veramente francese, venisse staccata dal Regno Sardo, e passasse a far parte della Francia. Pcl resto d'Italia le cose si sarebbero accomodate strada facendo, e, per avventura, nel senso tuttor nascosto degli intendimenti imperiali. Fatto e stabilito questo piano - in un confidenziale convegno a cui s'era invitato il Conte di Cavour a Plombièrs nello scorcio del 1858, per metterlo a giorno del medesimo , e ottenere il suo consenso di parteciparvi per quanto spettava al Piemonte - si erano stretti i necessarj accordi per darvi pronta esecuzione alla primavera ventura. Per quanto, per altro, si volesse mantenere il secreto sull'avvenuto , un tal che ne trapelò quando si seppe del combinato matrimonio di una Principessa di Casa di Savoja col Principe Napoleone, cugino dell'Imperatore, e più forse ancora da certi indizi che apparvero e in Francia e in Piemonte, di approvvigionamenti e provvedimenti straordinarj, che ben accennavano


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probabile una eventualità di guerra. E non andò guari che per tutta Europa i nati dubbi presero consistenza e divennero certezza. Al sorgere , al propagarsi e all'accertarsi di queste voci , il Idee del Ge· ta d"1 guarm• nenie Fantidell~ sul General F anti, ch e aIlora Sl· t rovava coIla sua Bnga la condotta gione in Sardegna, non indugiò molto a prestarvi la più completa sueiTa. fede, e conseguentemente a sentirsi tratto a darsi immediatamente allo studio di quanto comprendeva potergli tornar utile, quando effettivamente la guerra avesse a scoppiare. Provvistosi quindi di quante buone carte e piani poteva avere del Piemonte, del Lombardo-Veneto e dei Ducati, e delle migliori opere che trattassero delle guerre combattute in questi paesi, si preparò premurosamente un vasto corredo di cognizioni speciali, che all'occorrenza sarebbero state un vero tesoro per lui riell' esercizio delle sue funzioni. E non si limitò a questo solo il suo buon volere , chè allorquando si senti bene in possesso e delle località e delle condizioni tutte del paese, su cui presumeva si sarebbe steso il teatro della guerra , si diede a compilare un accurato studio sul modo, con cui egli riteneva fosse conveniente condurre la vaticinata guerra. Noi crediamo opportuno il fornire qui appresso il sunto delle principali idee su cui veniva elaborato lo studio del Fanti, che a noi pare pregevolissimo, e degno d'essere conosciuto. Intitolavasi dal Fanti il suo lavoro: « Pensieri sul modo di « combattere in Italia una guerra contro l'Austria, essendo il Pie« monte alleato colla Francia »; e in sul bel principio del medesimo era avvertito che pel voluto intento non si era trascurato di tenere il dovuto conto nè dello spirito nazionale che dovea caratterizzare questa guerra, nè delle ragioni politiche da cui era promossa, nè dello impiego delle Strade Ferrate e dei Telegrafi, nè di quello delle Flotte che potevano agire nell'Adriatico, n è tampoeo delle cangiate condizioni del suolo , sia per l'aumentata coltura delle terre, sia per i nuovi fortilizi alzati dall'Austria nel Veneto, ove antecedentemente non ve ne era traccia. Entrando poi nel merito della cosa e indagando da prima per parte di chi s'inizierebbe l'offensiva, non si mostrava dubbioso il Fanti che la circostanza, per la quale al primo dichiararsi della guerra le truppe Francesi non potevano trovarsi al fianco delle Piemontesi, avrebbe certamente consigliato agli Austriaci di gettarsi arditamente in Piemonte , nella speranza di battere prima isolatamente le truppe Sarde, e di qui attendere il primo presentarsi delle forze Francesi, e batterle esse pure prima che si fossero totalmente sciolte dalle strette delle Alpi.


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Ad evitare ciò, opinava il Fanti che fosse bene che i Piemon· 1e i campeggiassero prudentemente fra Alessandria, Casale e Bas·ignana, minacciando i fianchi del nemico , tanto se osasse avvia rsi da Piacenza per Tortona e Novi, quanto se muovesse per Novara e Vercelli. Manovrando così, riteneva positivamente il Fanti che i Francesi potevano aver tempo di entrare in linea coi Sardi, prima che gli Austriaci avessero potuto battere questi ultimi. L'arrivo frattanto dei Francesi doveva pronunziarsi nel seguente rn 1 do : in piccola parte dalle Alpi per rinforzare i Sardi fra Alessandria e Casale, e in parte più grossa. sbarcando per mare a lip nova, Spezia e Livorno, e quindi valicando l'Appennino su varj pu nti per concentrarsi nell'Emilia fra Bologna e Piacenza. Il conl et poraneo apparire de' nostri alleati fra Alessandria e Casale, ed nnche nell'Emilia, dovea necessariamente avere per effetto di far l'l'lrocedere gli Austriaci dal Ticino fino dietro l'Oglio. In questo caso, prima operazione degli alleati dovea essere il meltersi in comunicazione fra di loro, avanzando il Corpo d'Alessandria fino sulla dritta dell'Oglio, e protendendo la sua destra al Po, in modo da potersi congiungere fra Brescello e Guastalla colla in istra del Corpo Francese, scaglionato fra Rubiera, Modena, Co· reggio, Carpi, Mirandola, Bondeno e Revere. Ottenuto questo intento, il nemico era obbligato a ripiegarsi ancora dalla linea dell'Oglio, e riparare dietro quella del Mincio. I n allora il Corpo d'Alessandria andava ad armeggiare sul Mincio, ('ti il Francese concentratosi tutto quanto fra Cento, Finale, Bonde no e Ferrara, o per sorpresa, o di viva forza passava il Po in fJU elle vicinanze, e successivamente l'Adige fra Rovigo e Badia, as. icurandosi le spalle su Ferrara e Revere, e coprendosi i fianchi coi numerosi corsi d'acqua di quelle località, dietro de' quali po1 vano farsi trincera e alzarsi batterie. · Con intelligenti manovre operate di comune accordo dal Mincio c sul basso Adige, era d'uopo allora riescire a che il Corpo FrancPse potesse avanzare e prendere salda posizione sui Colli Berici cd Euganei, fra Este, Padova, Vicenza e Lonigo , senza compromettere per questo le proprie comunicazioni con Ferrara e Bolugna. Da questa vantaggiosissima posizione del Corpo Francese restavano allora tagliate le comunicazioni"fra Verona e Venezia, aperta la Val Sugana per entrare in quella d'Adige, e molestarvi le altre comunicazioni di Verona pel Tirolo coll'interno dell'Impero, e linalmente l'uno e l'altro Corpo alleato erano capacilati non solo iAÙ affrontare in aperta campal:?la nelle più favorevoli conQiziOiti


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il nemico, ma potevano ben anche occuparsi della parziale espu-

gnazione di taluna delle piazze forti del quadrilatero. Nel mentre che per terra le operazioni sarebbero procedute nella accennata guisa, la Flotta alleata, padrona dell'Adriatico, agirebbe sul littorale, e direttamente su Venezia, privata dei rinforzi che da Verona le si fossero potuti spedire. Con un sifl'atto andamento delle cose, la guerra non poteva a lungo mantenersi in esito dubbio, e la vittoria manifestamente dovea piegare dalla parte degli alleati. Tale era il concetto e lo sviluppo generico del lavoro di Fanti, lungo il quale poi egli s'era diffuso ne' più minuti particolari con cui andava suggerendo i più acconci mezzi di pratica effettuazione delle diverse mano"Yre; e strano ma pur vero a dirsi, fra le eventualità di quanto poteva avvenire sul Mincio fra gli Austriaci e il Corpo proveniente da Alessandria, v'era accennata pur quella di un'azione campale sulle posizioni di Solferino (1). Sopravveniva intanto il primo giorno dell'anno 1859, e le famose parole che l'Imperatore Napoleone, nel ricevimento ufficiale dei diplomatici esteri, rivolgeva all'Ambasciatore Austriaco, erano di tal natura, che col giorno 3 Gennajo, da Vienna partivano i primi rinforzi per l'Armata d'Italia, ove ormai la guerra non poteva più tardar molto a pronunziarsi. richiamaAll'accumularsi infatti di grosse forze austriache sulla sinistra toFanti colla aua Bripta dalla Serdedel Ticino, non poteva il Piemonte esitare gran che a prendere sna a Tortona, sii è amdato esso pure misure di precauzione , e disporsi definitivamente alle ove un comando di ostilità. Venne perciò richiamata dalla Sardegna la Brigata Aosta frontiera. con ordine di recarsi a Tortona e prendervi stanza. Col giorno 18 Gennajo, il Generai Fanti giungeva colla sua Brigata alla nuova destinazione, e quivi trovava un ordine del Ministro della Guerra, che gli prescriveva di portarsi immediatamente a Torino per conferire seco lui. (l) A proposito di questo lavoro del Fanti, merita esser conosciuto quanto veniamo a dire. Allorquando sul cominciare della guerra nel 1859 il Generale Fanti ebbe a trovarsi per alcun tempo in Ale88andria col Generale Francese Canrobert, col quale aveva stretti vincoli di particolare amicizia in Crimea, si era presentata occasione, per cui il Fanti aveva creduto poter comunicare al Canrobert il suo lavoro. Questi, dopo averlo letto, avea chiesta al Fanti l'autorizzazione di t'arto vedere all'Imperatore Napoleone, e pochi giorni appresso, nel resti· tnirglielo, gli avea riferito, che l'Imperatore avea detto essere dispiacente di non aver conosciuto prima un consimile lavoro, perchè in tal caso forse ne avrebbe seguite le idee principali.


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PARTE QUINTA

Recatosi al convegno , apprendeva il Fanti dal Ministro La Marmora la vera condizione delle cose, e in pari tempo che gli i conferiva l'onorifico incarico di comandare personalmente quante truppe stavano per raccogliersi nelle Provincie di Novi, Tortona, Voghera e Bobbio , onde averle sotto mano per qualunque evenienza, e a portata della vicina frontiera di Piacenza e Pavia. Gli si dava pur anco la missione di organizzare su detta frontiera un en inteso sistema di spionaggio di guerra, per avere pronte e sicure informazioni di quanto fosse per succedere dal lato degli Au triaci, e informarne minutamente il Ministro di Guerra. Fatto ritorno in Tortona, dava solerte cura il Fanti all'adempimento de' suoi nuovi doveri, ed in breve le due Brigate Aosta e iemonte, che erano state poste ai. suoi ordini, vennero convenientemente accantonate per esser sempre pronte ad un facile concentramento su qualsiasi punto. E parimenii funzionò ben pr to nel modo il più soddisfacente quella rete di corrispondenze e messi, che si inviarono a sorvegliare quanto si passava in mezzo al nemico. Fanti promos· Un cotale delicato servizio del Fanti si protrasse nel Gennajo, so Luosotcoeole Generale. Febbrajo, Marzo e buona parte dell'Aprile , e con tale soddisfazione del Ministero, che, con data 13 Marzo, egli venne promosso al grado di Luogotenente Generale. Ed è con questo distinto e ben meritato grado, che noi dobbiamo vederlo agire nella imminente campagna, alla testa della Divisione che vi comanderà. Da questo momento può dirsi che le opre di Fanti in Piemonte assumano il particolare aspetto ed importanza delle superiori operazioni di guerra, che deve dirigere un Generale di Divisione. E noi pertanto ravvisiamo opportuno dedicare alle mede ime una speciale parte del nostro lavoro, nella quale porremo ogni nostro studio perchè risultino i veri meriti, che il Generale Fan ti e la Divisione da lui comandata si acquistarono nella brillante campagna di cui andiamo a parlare.


PARTE SESTA

FANTI E LA II. DIVISIONE SARDA NELLA CAMPAGNA DEL 1859. [1859].

SOMMARIO: - Sguardo critico sulla Campagna del 1859 in ~talia. - Scopo delle prime operazioni dei due belligeranti. - All'apertura delle ostili~ i Piemontesi cangiano le posizioni già prese.- Distribuzione dei Corpi Au· striaci entrati in Piemonte. - Operazioni della Divisione Fanti tra Alessandria e Tortona. - Incerte manovre degli Austriaci.- I Francesi pronti finalmente per entrare in campagna. - Piano delle prime operazioni of· fensive degli alleati. - Gli Austriaci si atteggiano a difensiva nella Lo mellina, e spingono una ricognizione verso Voghera. - Comincia la grande marcia avvolgente degli alleati. - Operazioni della Divisione Fanti sulla bassa Sesia. - Segue la marcia avvolgente degli alleati. - La Divisione Fanti a Confienza. - Collocamento e intenzioni degli alleati sul Ticino nel 3 Giugno. - Gli Austriaci ripassano il Ticino, e si preparano a ba t · taglia. - Gli alleati muovono ad attaccarli. - Particolari dell'azione com· binata del Corpo di Mac-Mahon e della 2.a e 3.a Divisione Sarda per la marcia su Magenta. - Come ha principio la battaglia di Magenta. - Cause che arrestano la marcia di Mac-Mahon. - I Granatieri della Guardia Imperiale attaccano, e restano padroni della linea del Naviglio. - A chi si deve l'anticipata partenza della Divisione Fanti dal Ticino. - Marcia di questa Divisione. - Arrivo di Giulay con rinforzi sul campo austriaco. Vani sforzi degli Austriaci per riprendere il Naviglio. - Mac-Mahon avanza di nuovo su Magenta. - Fuga dei bagagli della Divisione Espinassa. - Prosegue la marcia della Divisione Fanti. - Poderoso concentramento degli Austriaci sotto Magenta. - Dura resistenza che Mac-Mahon incontra sotto Magenta. - L'arrivo sul campo della Divisione Fanti decide della vittoria a favore degli alleati. - Azione efficace dei Bersaglieri e dell'Artiglieria di Fanti negli ultimi momenti della battaglia. - La Divisione Fanti agli avamposti tra Magenta e Corbetta. - La Divisione Fanti , occupa per la prima il paese di Magenta. - Linea di ritirata degli


l 2 Austriaci.- Nuova linea d'operazione degli alleati.- Spiacevole incidente che impedisce alla Divisione Fanti di catturare una Brigata della Divisione Urban - Marcia della Divisione Fanti da Milano al Mincio. -Incerte manovre austriache Cra il Mincio e il Chiese. - Ultime loro disposizioni per venire a battaglia sulla sinitltra del Chiese. - Gli alleati avanzano dal Chiese al Mincio. - Primo scontro dPi due Eserciti - Ottime disposizioni prese dagli alleati. - l due Imperatori sui campi di Solferino. - Come procede la battaglia di Solferino dalla parte dei Francesi. - Azione speciale dei Sardi a S. Martino e a Madonna della Scoperta. - Le forze Sarde e le Austriache in quelle posizioni. - La Divisione Fanti muove da S. Paolo di Lonato verso Solferino. - Riceve contr'ordine, e le sue Brigate hanno diversa destinazione.- Fanti colla Brigata Piemonte soccorre la l• Divisione a Madonna della Scoperta. - Propone marciar con questa Divisione verso S. Martino. - Come il Generale Benedek ha occupate le posizioni di S Martino.- Come le attaccano i Sardi. - Azione parziale della Brigata Aosta in questo attacco.- Azione parziale della Brigata Piemonte da Madonna della Scoperra a Pozzolengo. - Perdite delle due Brigate. - La Divisione Fanti all'investimento di Peschiera - L'armi si izio di Villafranca. - Fanti comanda interinalmente in Capo l'Esercito Sardo. - Onorificenze compartite al Fanti per questa campagna. - Si offre al Faati onorevole :missione.

SguRrdocritico

La guerra combattuta in Italia nel 1&59 fra gli alleati Fran~

~~~~sr:;::~:?:. . co-Rardi da un lato, e gli Austriaci

dall'altro, porta la caratteristica impronta del poco genio militare, che vi spiegarono i rispettivi supremi duci delle due parti, e di un che di provvidenziale o fortuito, se vuolsi, che dispose della sorte delle armi a vantaggio della causa italiana. ·Non appena infatti si diede mano alle armi, la Francia, forse per meglio rappresentare la parte che s'era imposta di provocata, non è pronta alla guerra, e non entra in campo efficacemente che venti giorni dopo aperte le ostilità, lasciando così per sì lungo tempo il piccolo Esercito Sardo solo alle prese colle esuberanti forze austriache, col manifesto pericolo che ne possa essere gravemente malmenato. Per buona ventura questo Esercito non si sgomenta, e per quanto necessita, osteggia mirabilmente il nemico; ma più fortunatamente ancora, il Generalissimo Austriaco, una volta entralo in Piemonte, s'arresta, tentenna, oscilla or a destra, or a sinistra, né sa fare un passo decisivo in avanti. Per cosi fatta ragione rimane intatto l'Esercito Sardo, e quello di Francia ha tempo di condursi in linea e di ammassarsi fra Voghera e Alessandria, in atto minaccioso da quella parte, nel mentre che i Sardi simulano diversioni sulla bassa Sesia per


FANTI E LA n. DIVISIONE sAttoA

meglio far credere al nemico che da Voghera veramente si inizierà . la nostra offensiva. Questo infingimento si accresce ancora portandosi i Sardi sulla sinistra della Sesia in faccia a Vercelli, onde mascherare la strada che da questa città va a Novara, e frattanto i Francesi, levato il campo da Voghera e Alessandria, non senza !asciarvi simulacro di presenza, sfilano, coperti dal Po, per Casale a Vercelli, e quindi nascosti dai Sardi marciano sul Ticino, per girare la destra nemica. . Il piano è nuovo e bene immaginato , e riesce a meraviglia perchè gli Austriaci non ne hanno concepito il menomo sospetto fino che non sanno gli alleati giunti a Novara colle loro teste di colonna. Ma la marcia dei rimanenti Corpi Francesi è lenta, e disseminata in modo, che quando il nemico, risvegliatosi alfine e ripassato sollecitamente il Ticino, si dispone in battaglia sulla sinistra riva di questo fiume fra Buffalora e Magenta, il solo Corpo di Mac-Mahon e la Guardia Imperiale hanno varcato il fiume, e si trovano a fronte di forze almeno doppie con ben poca speranza che in tempo utile giungano gli altri Corpi. Ma qui pure interviene la Provvidenza, o il caso, e gli Au· striaci, che imperdonabilmente hanno abbandonato il ponte di Buffalora, non sanno respingere la sola Guardia Imperiale, che ~ sbucata per quello, e li tiene a bada per lunghe ore, fin che sopraggiunge Mac-Mahon da Turbigo, e guadagna una battaglia, in cui gli Austriaci hanno condotto al fuoco poco più della metà delle forze che avevano sotto mano. Con queste si può riprendere l'azione nell'indomani, ma due dei Corpi battuti senza attendere ordini, si sono messi in piena ritirata, e con ciò è resa impossibile Ja nuova fazione, e l'intiero Esercito Austriaco si ripiega indietro, e direttamente volge sul Mincio. S'offre allora a Napoleone favorevolissima occasione di gettarsi sullo sgominato nemico, camminargli quasi parallello sul fianco sinistro di sua ritirata, premerlo verso la destra contro il Po, e prevenirlo al passo dei molti· corsi d'acqua che deve transitare durante la sua marcia. Ma l'Imperatore Francese sta inoperoso per due giorni a Magenta, ne perde altri tre in vane pompe a Milano, e si contenta della punta fatta su Melegnano per tutta operazione d'inseguimento del battuto nemico, al quale resta così ogni comodità di tempo e di spazio per ritirarsi senza danni, riordinarsi ove creda meglio, e prepararsi a nuova battaglia. Chi sa dunque come volgeranno le sorti delle armi nel ci· mento che attende gli alleati o sul Chiese o sul Mincio, ove il


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I»AltTE SESTA

. nemico conosce ogni palmo di terreno, e dove ha saputo accumular forze assai superiori a quelle degli alleati ? Tranquilliziamoci per altro, giacché lo stesso Imperatore Austriaco viene in persona a favorire i nostri interessi danneggiando i suoi con malaccorte disposizioni. Egli comincia col C8;Jlgiare, in si critico momento, il Genèralissimo delle sue armi, e ve ne sostituisce non uno, ma due che sottopone agli immediati suoi ordini. Ciò fatto, oggi ordina si difenda il Chiese, e domani lo si abbandoni e si sostenga invece il Mincio, ma non è ben certo se convenga farlo dalla dritta o dalla sinistra sua sponda. Finalmente, ignaro affatto che gli alleati stanno già in gran massa fra Castiglione, Montechiari e Lonato, sulla sinistra del Chiese, e che gli altri lo stanno valicando più al basso, prescrive che si lasci la sinistra del Mincio e si avanzi sulla destra per recarsi a contrastare al nemico il passo del Chiese. Un po' di buona fortuna però si manifesta in questa circostanza per gli Austriaci , perchè gli alleati essi pure ignorano completamente l'ubicazione dell'Esercito Austriaco, e mentre lo banno in vista, e quasi a portata di fucile, non vogliono persuadersi che sia in forza sulla destra del Mincio, e si apprestano a marciare su detto fiume in semplici colonne di marcia, precedute, per esuberanza, da qualche ricognizione armata. Cosi l'uno volgendo sul Chiese, e l'altro sul Mincio, e senza sapere l'uno dell'altro, i due Corpi belligeranti, quasi giuocassero a mosca cieca, vanno ad incontrarsi, e ne nasce battaglia campale. In essa, giustizia al merito, Napoleone è bene inspirato e sa comandare, come sanno obbedire, e manovrare i suoi Generali ; mentre nulla di ciò avviene nel campo austriaco. ~ giusto pertanto che la vittoria arrida agli alleati. Or ci si dica se fu tutta virtù del vincitore quella che dominò la situazione, o se non v'ebbero gran parte i gravissimi errori del vinto? E noi siamo talmente convinti di ciò, che non dubitiamo punto che lo stesso Napoleone, giudicate le cose col medesimo nostro criterio, si lasciò indurre, all'indomani di una clamorosa vittoria, ad offrir pace, perchè convinto, che non conveniva cimentar piu oltl'e quella fortuna, che si benigna gli era !lata fino allora. Sliopo delle Anche di questa campagna - conte delle pl'ecedenti, in cui C'::'u:'b~;~ ebbe qualche parte il Fanti -. non faremo la minuta storia delle di.. raou. verse peripezie, ma in quella vece soltanto toccheremo per sommi capi quei fatti e daremo quelle spiegazioni che ci sembreranno

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rANTI g LA II. DIVISIONE SARDA

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indispensabili per fare giustamente apprezzare la particolare azione di Fanti e della sua Divisione. Perciò sarà primieramente necessario il dare una succinta idea degli intendimenti con cui si iniziarono le operazioni della guerra. E nell'accingerci a ciò amiamo constatare anche in questa circostanza, che non abbiamo tralasciato cura nè fatica per appurare su documenti ufficiali e i più attendibili, la scrupolosa verità di quanto veniamo a dire. Dal momento che l'Austria erasi convinta esser passati secr&ti accordi tra la Francia e il Piemonte per muoverle guerra in Italia, si era data con insolita energia ai necessarj preparativi per apprestarvisi nel miglior modo possibile, ed ecco le fondamentali idee del piano formulato. L'aiuto francese non potendo muovere dal suo confine che a guerra dichiarata, dovea necessariamente lasciar solo per alcun poco l'Esercito Sardo di fronte all'Austriaco. Supremo scopo dell'Austria dunque dovea essere il sapere approfittare di un tale intervallo di tempo per danneggiare quanto più fosse possibile detto Esercito, e farsi padrona del territorio Piemontese, onde validamente contrastare alle diverse colonne Francesi, o per terra o per mare entrate in Piemonte, di congiungersi e agire co~bi­ nate insieme. Aggressiva .e intraprendente pertanto dovea essere la guerra per parte austriaca, e il suo massimo sviluppo dovea aver luogo nel cuore delle provincie Piemontesi. Il Quadrilatero quindi era base troppo lontana a tale uopo , e conveniva formarsene una secondaria, intermedia fra quella e il teatro delle operazioni. Le recenti opere costrutte a ·Piacenza, e altre che alacremente si andrebbero ad inalzare a Pavia, si presterebbero egregiamente a tal uopo, sia per l'offensiva che per la difensiva. Per obbiettivo politico e ben anche militare, non potendosi posporre Torino a nessun'altro, ne veniva necessariamente che la linea d'operazione da scegliersi fosse la più breve dalla base secondaria all'obbiettivo stesso, e per conseguenza da Pavia a Torino sulla sinistra del Po: ove occorresse manovrare sulla destra di questo. fiume, Piacenza e la stretta di Stradella favorivano ogni azione da questa parte. Calcolavasi poter condurre in campo non meno di 200 mila uomini, dei quali più che 100 mila al primo aprirsi della campagna. Sul modo di venire alle ostilità, ottimo quello che più sollecito fosse e riuscisse a sorprendere Francia e Piemonte non anco ben lesti al combattere, mentre per lo incontro lo fosse l'Austria. Per ciò, non appena il Generalissimo Austriaco si credesse a por· tata di agire, dovea inviare sommaria intimazione al Piemonte


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erchè avesse a disarmare, dando tre soli giorni di tempo per ri pondere: se veniva respinto il disarmo, al minuto preciso del ·ompiersi delli tre giorni, dare immediato principio alle ostilità, e quindi la più risoluta azione al sovraindicato scopo. Dal presentarsi dei Francesi poi dipenderebbe il nuovo indirizzo da darsi alle successive operazioni. Per parte degli alleati si era riconosciuto indispensabile il . abbarcarsi a che gli Austriaci nel cominciar della guerra penelrassero in Piemonte, perchè così portava la natural condizione delle cose, ma nello stesso tempo si voleva, che da ciò deriva sero i minori mali possibili pel paese e per l'Esercito, e siccome si poteva esser sicuri che prima mira del nemico sarebbe l'occupazione, o anche un semplice colpo di mano sopra Torino, osi era convenuto in massima, che primo scopo dell'Esercito ardo fosse proteggere Torino. A tale intento era lasciata al Piemonte piena libertà d'azione e solo dovea adoperarsi in modo che le due vie dal Cenisio a Torino, Asti e Alessandria e quella da Genova a Novi e Alessandria restassero sempre libere alla marcia delle colonne francesi, che dal Cenisio e dal Monginevra per le Alpi, e da Marsiglia e Tolone, o anche dall'Algeria e dalla Corsica, per mare sbarcate a Genova, sarebbero penetrate in Piemonte. Queste forze, che la Francia prometteva portare a oltre 150 mila uomini, dovean raccogliersi in Alessandria e dintorni, da dove poi avrebbero mosso unitamente ai Sardi, per iniziare quella offensiva, che si reputasse del caso. Un piccolo Corpo distaccato, sotto lo speciale comando del principe Napoleone, cugino dell'Imperatore, disse la Francia neessano, militarmente, inviare per mare e per Livorno in Toscana, ma invero agli intelligenti la misura parve più politica che militare. Comunque in pratica, essa non ebbe verun effetto militare, ma fortunatamente ancora nessuno politico nel senso voluto forse dai Napoleonidi. Genova e Susa diventavano due grandi piazze di deposito per l'Esercito Francese, che vi accumulava ogni suo occorrente. Finalmente una Flotta Francese unita alla Squadra Sarda avrebbe manovrato nell'Adriatico, avendo per mira speciale di oncorrere alla presa di Venezia. Queste erano le principali norme che regolar dovevano l'azione in comune: per quanto poi più specialmente risguàrdava il da farsi dal Piemonte nel periodo in cui si troverebbe invaso flagli Austriaci, prima che i Francesi potessero dargli valido ap· poggio7 erasi stabilito il seguente piano di condotta.


PAN'i'I E LA ii. DIVISiONE SARDA

Lasciar libero il passo al nemico dal Ticino fino alla Dora Ballea, perchè questo tratto di paese poco atto all'utile difesa. Custodire la linea del Po, mantenendosi sulla sua destra da Bassignana a Verrua, e quindi coprire con maggiore impiego di forze la linea della Dora Baltea, sulla quale, nel tratto compreso fra Crescentino e Mazzè, si alzerebbero opere campali, onde meglio assicurare la difesa di quel tratto, che si riteneva il più atto a contrastare la marcia del nemico su Torino In punto poi alla distribuzione delle truppe volevasi che al momento in cui fosse per cominciare la guerra, la Divisione Cavalleria di Linea si trovasse distribuita sulla sinistra della Dora fra Cavaglià, Borgo d'Alice e Cigliano, per coprire così la nostra estrema sinistra. Due Divisioni miste guarderebbero il tratto fortificato della Dora, suddivise fra Mazzè, Caluso e Rondizzone, l'una e l'altra fino a toccare il Po, fra Verolengo e Caccia.vacca. Altra · Divisione sulla destra del Po verrebbe distesa fra Verrua e Ponte Stura, mentre un'altra, prolungandosi sulla medesima sponda, occuperebbe Casale, Frassinetto, Valenza e Bassignana. La rimanente Divisione dell'Esercito, avea a presidiare il campo trincerato di Alessandria, e sorvegliare il Tortonese. Cosi dovevano essere impiegati i 60,000 uomini di ottime e agguerrite truppe, che il Piemonte avea impegno di condurre al fuoco. Da chi fosse ispirato questo piano difensivo, noi possiamo indicare, ma non crediamo certo che v'abbia avuta parte il Ministro della Guerra d'allora, il Generale La Marmora, giacché ci sembrerebbe impossibile, che al benemerito ed ostinato promotore della doppia testa di ponte di Casale, e del rinnovamento della piazza di Alessandria si possa attribuire un piano, nel quale l'azione di Casale è considerata quasi per nulla, pel caso della marcia di un nemico sopra Torino sulla sinistra del Po. Ciò posto, osserveremo che anche ora come nel 48 e 49 si ca· deva nel solito errore, di disperdere su lunga e sottile linea la nostra fronte difensiva, e così non si aveva consistenza in nessun punto di essa: di più poi,- lasciando indifeso il tratto della Dora fra Mazzè e Ivrea s'invitava quasi il nemico ad approfittarne per aver facile ragione della Divisione di Cavalleria, e girare la nostra sinistra non solo, ma minacciare seriamente Torino dal Canavese, e in pari tempo anche Susa, punto di sbocco dei Francesi. Comunque, tale era il progettato piano difensivo piemontese alla 'igilia della Campagna 1859, quando fortunatamente le circostanze permisero che venisse opportunamente modificato e reso più acconcio all'uopo, come si va a vedere.


188

PARTE S~S'l'A

Conformemente al piano adottato, l'Austria non sì tosto si · campagna, e pO tè SUpporre Ch e ritenne pronta ad entrare lll :i~n~~.~~·iztoni altrettanto non fosse per parte degli alleati, ordinò al Feld-Maresciallo Giulay, cui avea affidato il Comando in Capo delle sue armate in Italia, di far noto al Governo Sardo, che gli erano concessi tre giorni per decidersi a desistere dagli armamenti fatti, e che se allo spirare di quel termine la proposta non era accettata, le sue armi.entrerebbero in Piemonte per ottenere colla forza ciò che il buon diritto non bastava a imporre. Col giorno 24 era giunta a Torino cotale intimazione, e respinta senza indugio, come doveva esserlo, restava inteso che pel giorno 27 d'Aprile, dall'una e dall'altra parte si poteva dar principio alle ostilità. Per la medesima ragione era libero ormai al dichiarato alleato del Piemonte, la Francia , di passare il confine colla testa delle sue colonne, e correre in sostegno di chi si proclamava ingiustamente attaccato; e perciò nella sera del 28 giungevano in Torino, precedendo le loro rispettive truppe, il Generale Ca:nrobert Comandante il terzo Corpo, il Generale Niel Comandante il quarto, e il Generale Froissard Comandante Generale di tutta r Artiglieria dell'Esercito destinato alla campagna d'Italia. Chiamati tosto, questi tre distinti Ufficiali francesi, a dar giudizio' sulle disposizioni difensive già prese dal Piemonte, venne stabilito che essi nel mattino appresso , unitamente al Re Vittorio Emanuele, che avea già preso il Comando in C.apo delle sue truppe, con a Capo di Stato Maggiore il Generale Morozzo della Rocca, si sarebbero recati a visitare la linea della Dora Baltea , sulla quale , come pure su quella del Po , erano già postate le truppe nelle posizioni da noi più sopra indicate. L'esito di questa visita ed il giudizio che pronunziarono i tre summenzionati Generali (1) fecero persuaso il nostro Re degli inconvenienti, già da noi accennati, a cui si poteva andare incontro qualora si rimanesse nell'attitudine e posizioni già prese, e dietro suggerimento dei medesimi si adottò indilatamente questa risoluzione : concentrare tutte le forze Sarde fra Alessandria, Bassignana, Valenza e Casale, dalla quale fortissima posizione, per la testa di Alla aperto· ra delle ostilità i Piemontesi can·

.

(1) Su qttesto proposito i1 Generale Canrobert, con datà delll 30 Aprile, scriveva al suo Imperatore: « L'unico modo di difende:-e Torino contro il nemico, èlle avanzasse con c forze considerevoli sulla sinistra del Po, st è di cagionargli inquietudini sul .: suo fianco sinistro dalla testa di ponte di Casale ••.•.. Il Re considera qttellta ~ disposizione come ia sol11 che possa salvare la sua capitale :..


FANTI E LA IL DIVISIONE SARDA

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ponte di Casale si era sempre minacciosi sul fianco sinistro del nemico se voleva spingersi su Torino, e dalla piazza d'Alessandria per molestargli la destra se voleva condursi su Tortona e Novi. In conseguenza di ciò le truppe Sarde levarono prontament i loro campi, e col 1.0 Maggio si trovarono cosi distribuite : La 1.• Divisione (Castelborgo) a S. Salvatore. La 2.• (Fanti) ad Alessandria e dintorni. · La 3.• (Durando Giovanni) a Valenza e Bassignana. La 4.• (Cialdini) a Casale e Giarole. La 5.• (Cucchiari) a Casale e Frassinetto. La Divisione Cavalleria di Linea (Sambuy) rimase sulla sinistra della Dora Baltea fra Cigliano e la Mandria. Il Corpo dei Volontarj, diviso in Cacciatori delle Alpi e dell'Appennino, stava in Cuneo ultimando la sua organizzazione. D Quartier Generale del Re si stabilì a S. Salvatore con la 1.• Divisione. Frattanto gli Austriaci erano penetrati in Piemonte, non già nello stabilito giorno 27 , ma nel 29 , e ciò in parte perchè nel giorno 27 il Maresciallo Giulay disse non avere in pronto ancora tutti i cavalli occorrenti pel traino de' suoi bagagli, ed in parte perchè una proposta d'amichevole intervento del Gabinetto Inglese per accomodare le cose senza venire alle armi - che poi andò fallita - consigliò all'Austria un breve indugio alle ostilità. Comunque, nel suddetto giorno 29, senza incontrare ostacoli, cinque Corpi d'Armata Austriaci avevano varcato il Ticino, ossia il 2.o, il 3.0 e 1'8.0 da Pavia, e il 5.0 erl il 7. 0 da Bereguardo; ma ben lungi dall'assumere un'ardita iniziativa, e approfittare del libero spazio che loro era aperto dinanzi per avanzare sul loro obbiettivo Torino, quattro giorni dopo dell'operato passaggio del Ticino , ossia nel 2 di Maggio, essi Corpi si trovavano ben poco innoltrati sul territorio nemico, ossia : Il 7.° Cor-po era a Sant'Angelo e Robbio, Il 5.0 a Candia e Terrasa, Il 2.o a Mede e Sartirana, Il 3. o a Torreberretti, L' 8.0 a Pieve del Cairo e Gambarana. La Cavalleria di Riserva a Trumello. Con altrettanto di tempo nel 1849 , il Maresciallo Radetzki s'era battuto fortunatamente a Mortara e alla Sforzesca, e avea guadagnata la battaglia di N ovara. Esordiva dunque alquanto infelicemente il Generalissimo .Au~ striaco in questa campagna!

Dislrobuzionl der C<lrpo A uslriaor "ntrall 111 Premonte.


190 Opc rado ne

i1~lla DiVìlllona

li' n t fra Al• &andria e Tor-

loun.

PARTE SESTA

Or che abbiamo forniti questi indispensabili ragguagli generici, passiamo a parlare particolarmente dell'azione della 2.• Divisione e del suo Generale Comandante. All'approssimarsi della prevista apertura delle ostilità, il Generale Fanti, per onorifica disposizione Ministeriale avea trasportato il suo Comando da Tortona in Alessandria, e qui vi oltre al Comando della sua Divisione gli era pure stata affidata la superiore direzione dell'armamento di quel vasto Campo trincerato, ed insieme la sistemazione del servizio interno del medesimo. Nel giorno in cui gli Austriaci passarono il Ticino la 2.• Diviione, comandata dal Fanti, annoverava una forza effettiva di 12,865 uomini, e compone vasi come segue: Brigata Piemonte, 3. 0 e 4.0 Reggimento Fanteria. Brigata Aosta, 5. 0 e 6. 0 Reggimento Fanteria. 1.0 e 9.0 Battaglioni Bersaglieri. 13.•, 14.• e 15.• Batteria Artiglieria. Reggimento Lanceri d'Aosta. Reggimento Cavalleggeri di Novara. Una Compagnia Zappatori del Genio. Distaccamenti Carabinieri e Guide ; e relativo personale di ervizi Amministrativo, Sanitario e di Sussistenza, non che lo Stato Maggiore pel Quartier Generale della Divisione, di cui era Capo il Colonnello Porrino. In detto giorno le truppe del Generai Fanti, che per l'avvenuto postamento dei Sardi non avevano mosso dalla precedente posizione, erano cosi distribuite: tre Battaglioni del 6.0 Reggimento stavano a Castel Ceriolo; il 9. 0 Battaglione Bersaglieri col Reggimento Lancieti d'Aosta, si teneva al Bosco: il primo Battaglione Bersaglieri stava in Tortona, come a sostegno dei Cavalleggeri di Novara spinti fino a Voghera per sorvegliare con pattuglie il Po ed il confine Piacentino. Il resto della Divisione presidiava Alessandria e le opere tutte del Campo trincerato. Le istruzioni impartite al Fanti dal Quartier Generale Reale portavano: di mantenersi in vigilante osservazione del terreno fra Alessandria e Tortona, lasciar libera l'azione al nemico quando i mostrasse dalle parti di Voghera sulla destra del Po, o anche semplicemente avanzasse sulla sinistra di detto fiume in faccia a Voghera e Tortona. In conseguenza di ciò non appena avea saputo il Fanti dell'effe ttuato passaggio del Ticino, e della occupazione di Zinasco da parte della sinistra nemica, avea ordinata la sospensione del pattugliare dci Cavalleggeri di Novara innanzi, e a sinistra di Voghera,


FANTI ·E LA Il. DMSJONE SARDA

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e fattili tener uniti in questa città. Più tardi , nel 3 Maggio , saputo che la sinistra nemica volgeva su Pieve del Cairo, e elle si apparecchiava a gettare un ponte sul Po presso Cambiò, i suddetti Cavalleggeri vennero richiamati da Voghera, e ritirati fin o a ·san Giuliano Vecchio, e gli altri distaccamenti di Tortona e Bosco vennero richiamati sotto Alessandria. Fu in questo medesimo giorno 3, che giunse in Alessandl'ia la prima Divisione Francese, la quale era quella del Generai Renault, del Corpo del Maresciallo Canrobert. Con essa giunge\'a contemporanemente il suddetto Maresciallo , che nella giornata stessa ispezionò insieme al Generale Fanti- col quale si era l gato d'amicizia in Crimea- tutte le opere del Campo trincerato, sull'armamento e sistemazione di servizio delle quali fece i più lusinghieri elogi al Fanti , che vi avea presieduto. Nel successivo giorno 4, il Generale Fanti, per meglio sorvegliare quanto il nemico sta per tentare dal gettato ponte •l i Cambiò, suddivide i Cavalleggeri di Novara fra S. Giuliano Vecchio, S. Giuliano Nuovo e Piovera, e li fa pattugliare verso il Pn. Ben tosto viene riferito da queste pattuglie, che il nemico ha ri tirato il ponte di Cambiò e ne ha gettato un altro inferiormen te a Gerola, dal quale sono passate sulla destra del fiume due Bl'igate dell' 8° Corpo Austriaco, postato, come già si disse, a Pieve ti i Cairo, e si sono recate ad occupare Casei, Castelnovo di Scrivia e Voghera. Una tal mossa del nemico poteva essere una semplice dimostrazione per richiamare la nostra attenzione da quella parte, e facilitare l'iniziameuto della progettata marcia su Torino dall'alt ra ma non era nemmeno infondato il supporre che la medesima mossa accennasse ad un'abile manovra per eseguire una specie d i scorreria oltre Tortona e presso Novi, e distruggere e rendere i nservibile la ferrovia che conduce da Genova ad Alessandria. C H ciò si sarebbe grandemente ritardato l'arrivo dei Corpi Francesi, sbarcati a Genova, sotto Alessandria. E tal pensiero sorse immediato nella mente di Fanti e Canrobert appena nella sera del 4 vennero informati dell' avv nuto; ed il secondo se ne mostrò preoccupatissimo in quanto che sapeva che della sua Divisione, già pervenuta in Alessandria, non avrebbe potuto valersene perchè tuttora priva delle sue artiglieri1•, e inoltre mancante ancora de1le sue munizioni da fucile, e prrsumeva quindi che la Divisione Fanti, allora sola disponibile in Alessandria , non potesse forse bastare a scongiurare il tem lo pericolo.


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PARTE SESTA

.., -

Ma valse a calmare una si giusta apprensione tuttociò che il Generai Fanti, con pronta iniziativa di propositi per il da farsi, assicurò al Maresciallo Francese di poter operare colla sua sola Divisione, per opporsi, quando ne fosse il caso , all'ardito colpo au triaco. Rinata in esso Maresciallo la fiducia, si venne all'intelligenza, che tosto il Generai Fanti si ponesse all'opera per effettuare i suoi propositi. l mattino pertanto del giorno 5, il Generale Fanti in persona, col 1.0 Battaglione Bersaglieri, 4 pezzi e buona parte dei due Reggimenti di Cavalleria, si avanza in ricognizione fino a Torre di Garofoli, e quivi apprende che il nemico non ha mosso a Casei e da Voghera, ma che da Castelnovo Scrivia ha staccata una forte avanguardia che s'è portata fino a Tortona. Constata inoltre che nessun altro Corpo nemico ha passato il Po da Gerola. Tranquillizzato per quanto può accadere in giornata, ritorna il Fanti in Alessandria, e vi si apparecchia per eseguire altra più forte ricognizione nel giorno successivo, e tale da poter anche affrontare gli Au triaci, ove li trovi in forze proporzionate alle sue. uove infatti nel giorno 6 la nuova ricognizione da Alessandria colle seguenti truppe, e col seguente ordine : Una colonna principale, composta di tre Battaglioni del 6,0 Aosta col 1.0 Bersaglieri, e quattro pezzi avanza sulla gran strada da Aie andria a Tortona. Due Squadroni dei Cavalleggeri Monferrato, da pochi giorni provvisoriamente addetti alla Divisione di Fanti, fiancheggiano a debita distanza la destra della colonna principale, e l'intiero Reggimento Cavalleggeri Novara fa altrettanto a sinistra. Una minore colonna, formata di due Compagnie del 9.0 Battaglione Bersaglieri, due pezzi e due Squadroni Cavalleggeri d'Alessand ria, questi pure per poco aggregati alla Divisione, prende la via di Sale, e deve garantire la colonna principale da qualunque mole tia che il Corpo nemico di Castelnovo Scrivia fosse per darle o sul suo fianco sinistro, o anche alle sue spalle. Questa eccellente disposizione di marcia della ricognizione, [,ruidata in persona dal Fanti, non potè dar buon saggio di sè,. perchè contemporaneamente alla partenza del Generale da Alessandria, gli Austriaci, per ordine superiore ricevuto, abbandonavano Tortona, Voghera, Castelnovo Scrivia e Casei, ripaasavano il Po a Gerola, ne ritiravano il ponte, e si ricongiungevano al loro Corpo in Pieve di Cairo. Venuto in cognizione di ciò, il Fanti arrestò la propria marcia e inviate due Compagnie del6.o- Reggimento Fanteria ad occupare

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Tortona e pernottarvi, ricondusse le altre sue trupp verso Aie sandria, dando loro questa nuova distribuzione : tre Battaglioni del 6.0 Aosta accampò a Marengo, Lungafame e Spi netta. I ersaglieri del1. 0 e del 9.0 si divisero fra S. Giuliano Nuo vo e Vecchio. La Cavalleria copri con estesa catena di avamposti il fronte da Castel Ceriolo fino a Lungafame, e la parte esuberante rientrò ai propri campi. E qui torneranno in acconcio alcune nozioni su quanto nel frattempo avveniva nel campo austriaco. La nuova attitudine· presa dai Piemontesi serrati e compatli fra Alessandria, Bassignana e Casale, aveva ispirate s rie apprensioni al Quartier Generale di Giulay sulla possibilità di eseguire, senza grave scapito, la progettata marcia su Torino otto la patente minaccia di compromettere malamente il proprio fianco sinistro, e quindi l'esito dell'impresa. Un insuccesso, as ai probabile per vero dire, obbligava a ripassare il Ticino, ed era facile l'indovinare il danno morale e materiale che ne sarebbe venuto, tanto più umiliante in quanto che prodotto dal solo Esercito ardo. In cosi fatta titubanza pertanto si era alquanto armeggialo lungo la linea del Po, da Bassignana a Casale, e sempre ancora colla peggio delle armi austriache. A guadagnar tempo qulndi Giulay aveva ravvisata opportuna la dimostrazione ver o Tortona, nella speranza forse, che i Piemontesi accorressero erroneamente da quella parte, e lasciassero meno pericolosa la via di Torino. Ma poi senza nemmeno . dar tempo . che ciò si effettuas · , ia p r propria ispirazione del Giulay, o per intimazioni v nutegli al suo Imperatore, col giorno 5 di Maggio era stata ripresa la risoluzione di marciare su Torino, e richiamate perciò le due Brigate che avevano passato il Po, onde nel giorno 6lo ripa a sero, si erano emanate le disposizioni occorrenti perchè col 7 si operasse da tutti i Corpi un movimento generale da sinistra a d tra con direzione su Vercelli, da dove si sarebbe proc duto verso Torino. Col giorno 8 infatti, grossa mano di nemici occupava Vercelli, e spediva forle avanguardia sulla grande strada di Torino, mentre nello stesso tempo una colonna volante di truppe si avviava verso Biella colla manifesta intenzione di corr re a impadronirsi del passo della. Dora Baltea, che si trova a Ivrea e che i sapeva completamente sguarnito. A tale nuovo e manifesto indirizzo che prendevano le operazioni austriache, il Quarlier Generale Reale Sardo ·ru dapprima propenso ad opporsi portando le sue forze sulle primitive posizioni 18

fncorl o m • no vro desii Au~ l.rìaci.


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PARTE SESTA

forlificate della Dora Baltea, ma tt·attenutone fortunatamente dall'ace rto insistere del Generale Alfonso La Marmora- che senza un Comando effettivo, ma nella non ben chiara posizione di Minitro della Guerra al Campo, stava, come si ùirehbe, ad lalus del Comando Generale - non fu mosso un soldato dalle forti posizioni allora occupate, e si presero invece le seguenti misure: i Volontarj · Garibaldi, ormai abbastanza ordinati, si postarono dietro la Dora Baltea, lungo il tratto già fortificato, e quivi pure vennero invitate ad accorrere quante Guardie Nazionali e di Torino e d'altrove volessero prendere le armi. Anche la Cavalleria di Linea, ila empre alla Mandria, ebbe ordine di prestarsi alla difesa di quella linea. Il Comando Generale di quelle forze venne affidato al prode veterano De Sonnaz, Comandante allora della Divisione di Torino. In cotal guisa il nemico avrebbe incontrata seria resilenza e di fronte e sul fianco sinistro. Ma nemmeno qui, la provvida e giudiziosa determinazione falla prendere dal La Marmora , e prontamente messa in esecuzion , ebbe a produrre verun pratico etl'etto sul nemico, giacchè que ti, dopo esser giunto colla testa delle sue colonne fino a Cigliano e Crescentino, richiamata prima la colonna avviata a Biella, avea poi richiamate le sue truppe da quei due paesi, ,.. e col giorno 11 faggio tutti i suoi Corpi a vean ripassata la Sesi;:t a Vercelli, riaccampavano in Lomellina, lasciando a Vercelli ~vBorgo Vere lli una semplice retroguardia. Cosi si spegneva inotTensiva e qua i diremo risibile, la seconda dimostrazione ofT~nsiva degli inva ori del Piemonte. l Frooco.i pron· Ma intanto da queste incertezze e titubanze austriaclie vetl nnol monto per ntr• re lu cam· niva per noi riparata la imprudente lentezza con cui i nostri JlllgnO. alleati s'erano condotti sul teatro delle operazioni. Finalmente n i pressi di Alessandria, provenienti da Susa e da Genova, brulicavano le truppe Francesi colli occorrenti materiali per entrare in ampagna, e col giorno 14 :Maggio giungeva in Aleseandria lo sles o Imperatore Napoleone, e vi prendeva il Comando . in Capo di tutte le forze alleate, avendo a suo Capo di Stato Maggiore Gen erale il Maresciallo Vaillant, illustre avanzo delle guerre del primo Impero. A vendo già data la composizioue e forza totale dell'Esercito Piemontese, présentiamo qui appresso le relative dell'Esercito ra ncese. Guardia Imperiale. - Generale Regnault de Saint-J eand'Angely. 1.° Corpo. --Maresciallo Baraguay d'Hilliers.


F.ANTI E LA II. DIVISIONE SARDA

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2. 0 ·Corpo. - Generale Mac-Mahon. 3.° Corpo. - Maresciallo Canrobert. 4.° Corpo. - Generale Niel. 5.° Corpo. - Principe Napoleone. Riserva di Cavalleria. - Divisione Generale De veaux - Di· visione Generale Partenneaux. 'L'eiTettivo di questi Corpi, non ancora sul complelo pi de di guerra, ascendeva in sul principio della campagna a poco più che 120,000 uomini. Coi 65,000, che fra truppe regolari e Volonlarj di ;aribaldi aveva in armi il Piemonte, gli alleati potevano ondurre in campo oltre a 180,000 uomini, ben inteso detratti i non valori e ~li ammalati, che conviene sempre diffalcare dai pres >nti al fuoco. P iano dell pri· Sarà ora conveniente far conoscere sommariamente quel piano me pera>loni or· degli al.· di guerra che le iniziate operazioni fra Sardi ed Au lriaci ave- fensivo loaU. vano suggerito allo Imperatore Napoleone. Con grande apparato di forze, ammassate fra Alessandria, Tortona e Voghera, far credere al nemico, accampat in Lomellina, che di là si volesse manovrare per spuntare la ua ·ini ·tra o penetrando per il Po nella Lomellina stessa, o sbu ando dalla stretta di Stradella e sul Piacentino impadronirsi di un passo u d lto fiume inferiormente a Piacenza, e portar la guerra in Lombardia gettandosi sulle comunicazioni di Pavia col Quadrilatero. Avvalorare una simile credenza in esso n mico con dimoia, fra Ca al e trazioni del Corpo regolare Sarao lungo la Vercelli, e contemporaneamente con una rischio a punta fatta eguire dai pochi Volontarj di Garibaldi oltre Ti ino, per "'e to Calende, nel Varesotto. L'evidenza manifesta del vano armeggiare di queste forze sulla destra austriaca, mentre il aros ·o apparirebbe sempre accampato verso Voghera, doveva mantener fì a l'attenzione nemica da questa parte, e rendere cosi possibile una manovra avvolgente dalla parte inversa, ossia v rso N var:1 c.olla quale si sarebbe potuto raggiungere, e forse anche pa are il Ticino, senza trovare serio contrasto da quella parte. In tal caso, correndo difilati su Milano, gli Alleati i sarebbero trovati alle spalle degli Austriaci, ognora accampati in Lomellina, e potevano tagliar loro le comunicazioni ol fin io. Per dare effetto a questa marcia avvolgente, i Corpi france i, cogliendo il momento delle diversioni dei Sardi sulla e ia, dell'ingresso di G-aribaldi nel Varesotto, lasciata a Voahera una dell loro Di~i sioni, che coprisse ogni indizio di mo sa d ll altre, e approfittando delle ferrovie e delle strade ordinarie che mettono


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PARTE SESTA

da Vocrhel per Alessandria, e Casale fino a Vercelli, sfilerebbero tutli quanti per la loro sinistra in direzione di quest'ultimo paese. P r pol re poi proseguire verso Novara , senza che gli Austriaci n avvedessero; i Sardi, dopo avere passata la Sesia presso V re lli, andrebbero a postarsi inferiormente alla grande strada da ere lli a Novara, e quivi mantenendosi a qualunque costo, naconderebbero la rapida marcia delle colonne francesi alla V?lta di ovara e del Ticino. Que Lo era il concetto generale del piano concepito al Quartier G n ral N poleonico, e sarebbe in vero difficile il decidere se in e . fo ero preferibili le due manovre che non si volevano fare o qu Ila h effettivamente volevasi mettere in esecuzione. Certo, n Il due prime bisognava esordire con la non lieve difficoltà del pa . o ul Po in faccia a Voghera per entrare in Lomellina, o con la indi p n abile lentezza dello sbocco delle molte forze francesi aUra er o dell'angusta stretta di Stradella; ma bisogna convenire d'altronde che la riescita della manovra adottata basava completamente u che il nemico non s'avvedesse affatto della lunghissima no tra marcia da Voghera al Ticino sulla destra del Po, e iò, per vero dire, era assai problematico. Ora, se questo avveniva come si sarebbe fatto a raggiungere il Ticino senza essere obbligati a battaglia campale nel critico momento in cui si era in pi no viluppo di una marcia di fianco? Que ·ti riflessi per altro non hanno che un valore astratto, in . quanto che ]a manovra riesci ano intento voluto, appunto perchè rr li u triaci non s'avvidero della medesima, che quando non era più tempo di riparare al colpo che li minacciava. Ma, già lo si eli e altrov , una buona stella era finalmente sorta per l'Italia, e que la fe' iechi e sordi i nostri nemici, e di più, come ben tosto andiamo a vedere, ispirò il Maresciallo Giulay a contegno che meglio non poteva desiderarsi per secondare il piano degli alleati. Gli Au s tri~ci si Ed invero da che esso Maresciallo col giorno 11 Maggio avea DLl Klao o a di· r~nsiva nello Lo- fatti riprendere i loro soliti accantonamenti ai varj suoi Corpi mellina e spin gano un• ricogui- d'Armata, reduci dalla vana spedizione su Torino, tutto faceva 11one verso \'osbero. supporre, avere il medesimo rinunziato definitivamente a qualunque idea oiTensiva, ed anzi apprestarsi egli alla difensiva. In fatti si costruivano ponti stabili sul Ticino, come per assicurarsi più facil la ritirata all'occorrenza: in pari tempo poi le posizioni ocupat dai Corpi d'Armata venivano munite di trincere e opere campali, per aumentarne la forza difensiva quando venissero atta cat : finalmente per non lasciare oziose· le truppe, a cui non si ~seg11ava più azion~ alcun~ di iuerr~ esse venivano giornalmente


~ANTI E LA ii. DMSÌONE SARDA

condotte agli esercizi di piazza d'armi, come eh rossero di sl.abile presidio in qualche località tranquilla. Spiegazione di si nuovo contegno no~ si tro a che ammettendo essere il Maresciallo austriaco ed il suo Quartier Generale caduti in pieno nell'agguato, che loro stava tendendo Napoleone, col grande sfogio di forze dalle parti di Voghera. E ne dan prova l disposizioni che furono ben tosto prese dagli Austriaci, in prima col fare eseguire a tutti i loro Corpi un sensibil movimento da destra a sinistra per avvicinarsi al Po: quindi col gettare un ponte sul Po in faccia a Stradella e munirlo di opere campali sulla sua testata di destra; e finalmente col richiamare p r Piacenza u S. Giovanni e Stradella la Divisione di Riserva del G neral Urban, che fino allora avea manovrato altrove, e far dirigere su Piacenza stessa l'intiero 9.° Corpo di fresco arrivato in Italia dal~ l'interno dell'Impero. Nè questo bastò ancora a calmare le apprensioni che Giulay nudriva sùi pericoli che Io minacciavano dalle parti di Voghera, chè per meglio illuminarsi sulle vere intenzioni ·no tre, ordinò al Generale Stadion, che pel 20 Maggio, raccolti 22,000 uomini fra quei di Piacenza e quelli della sinistra del Po, avanzasse fino oltre in Casteggio, e impegnando combattimento coi nostri, manovra modo da obbligarli a spiegare quali forze avessero in quelle località. Da ciò poi, egli avrebbe dedotti maggiori lumi per ua n rma. A tale operazione, cui piacque agli Austriaci intitolare ricognizione rinforzata, venne dato corso nel giorno tabilito, ma coll'esito il più infelice, imperocchè pochi Squadroni di Cavalleria Sarda, che stavano in avamposti innanzi a Montebello, e la Divisione Forey sopraggiunta alla corsa da Voghera, bastarono a respingere la ricognizione nemica. Questo agitarsi degli Austriaci sulla loro estrema ini tra faceva persuaso l'Imperatore Napoleone di essere ri scito ad attirare tutta la loro attenzione su quel punto, e che per iò era giunto il momento di agire risolutamente per avvolgere la loro d stra. A tale scopo pertanto impartiva gli ordini necessari perchè i Sardi iniziassero le loro dimostrazioni sulla bassa Sesia, e p rcbè i Corpi Francesi, lasciata una forte Divisione che da Voghera a Cervesina, ove si ostentava il getto di un ponte, si distend e in atto minaccioso, incominciassero la loro marcia pel fianco sini tro in direzione successiva di Valenza, Casale e Vercelli, in parte traspor~ tati sulla ferrovia, ed in parte a marcie forzate a pie i. Ed è questo il luogo di riprendere la narrazion su uanto va ad operare la Divisione di Fanti

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198 Op r~nionl del-

la Divisione F'an11 oulln b n Se · SII.

t>AltTF! S~STA

Fino dal giorno 15 Maggio, questa Divisione rimpiazzata in ssandria dalle truppe Francesi erasi avviata a Casale, dove avea stanziato fino al giorno 20, nel quale le si era fatto passare il Po, e la ·i ra mandata ad accampare presso Terranova, rimanendovi ferma pel uccessivo 21, in cui veniva raggiunta da un piccolo quipaggio di ponte militare per valersene nel giorno appre so a . imular il passaggio della Sesia in faccia al paese di Candia. In e ecuzione di quest'ordine, nelle prime ore del 22, si melle in molo da Terranova l'intiera Divisione per la prescritta operazion , ed ecco in qual modo essa vi dà corso. Al Porto della Motta dei Conti, si presenta il 5. 0 .Rego-imento Fanteria d'Ao ta col 1. o Battaglione Bersaglieri, e due obici, e trova il nemico appostato sull'opposta riva della Sesia. Alle 5 1}2 si apre fra le òue ponde un vivo fuoco di moschetteria e di artialieria, che non dura molto per altro, giacchè gli Austriaci in breve lo es ano e si ritirano. I nostri rimangono sulla loro posizione, senza ulteriori molestie per tutta la giontata. In faccia a Candia, verso le ore 7 l'intiera Brigata Piemonte col 6,0 Reggimento Aosta, il 9. 0 Bersaglieri e il rimanente delle Artigli rie, ono stati accolti da un fuoco ben nudrito delle Artiglierie nemiche, piazzate sulla sinistra della Sesia; ma i nostri pezzi ri pondono ben presto con tale superiorità, che i nemici sono ridotti al silenzio, e debbono ritirarsi. In allora il Generale Fanti fa gettare nella corrente del fiume alcuni ponloni del suo equipaggio, e fattovi salir sopra l'intiero 9. 0 Bersaglier i, gli fa attraversare il primo ramo d'acqua, e metter pied in un isolotto che si trova in quella località. Il 3. 0 Reggimento Piemonte, collo stesso mezzo, va a raggiungere nell'isola i B rsaglieri, e di là con essi apre il fuoco contro le fanterie nemiche, che si trovano sulla sponda sinistra e le tengono in ripetlo onde dar campo ai nostri Pontonieri, ajutati dagli Zappatori del Genio della Divisione, di cominciare il getto del ponte, il quale viene compito verso le 3 del pomeriggio, e dà cosi libero acces o dalla destra della Sesia all'isola. Di ciò approfitta il 4.0 neggimen to Piemonte, che va ad unirsi al3. 0 e ai Bersaglieri, mentre il G.o d'Ao ta corona l'argine di destra del fiume. Dura. lìno alle 7 di sera la scambievole fucilata dalle rive e dall'isola, e per parte nostra anche il fuoco di una Batteria, che meglio assicura la protezione del ponte, contro di cui non cessano le offese nemiche. Per tult il tempo di questo prolungato, ma non molto micidiale combattimento, il Re Vittorio Emanuele è stato pre ente


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al medesimo, e nel partire, sulla tarda sera, ha fatto i più lu inghieri encomi alle brave truppe che l'hanno sostenuto, e a hi J ba comandate. L'intera notte dal 22 al 23 si passò sotto le armi dalla Di i ione nelle ue po. izioni, senza che avesse luogo veruno di quei fal i allarmi, che in tanta vicinanza del nemico sono cosa as ai frequente. AU'albe"'giare del 23 una Batteria di grosse Artiglierie austriache ed una di Racchette salutano furiosamente le truppe diFanti piazzate nell'isola e sull'argine , ma anche qu . ta volta le nostre Batterie riducono al silenzio le nemiche , che p iù non si pre entano nella giornata, durante la quale per altro, a più ripre e, si riaccende la fucilala fra le Fanterie. Nuova notte di assidua fazione è quella del 23 al __1. nuovo giorno di fuoco interrotto è quello del 24 per la Di vi ione Fanti, enza che essa muova di un palmo dal suo posto, nè che si mo h·i slanca dalla lunga fatica che sostiene. Un improvviso abbassamento delle acque della Se ia, avvenuto nella notte del 24 al 25, rendeva impossibile di mantenere il pont nella località, ove era stato gettato, e siccome d'altronde conveni va continuare la simulazione di averlo pronto per qualche imp rlante operazione, il Generai Fanti stimò necessario ricostruirlo senz'allro e per ciò venne scelta una nuova località, più al basso della prima di circa 500 metri. Per questo cambiamento venne pure variata la di posizione del1e truppe, e lasciato il 9. 0 Bersaglieri sull'isola con due Ballag lioni della Brigata Piemonte, il resto di questa si di ·t e dietro l'argine del fiume dall'altezza dell'isola fino alla confl uenza d Ila Se ia nel Po: il 6. 0 d'Aosta si prolungò a sinistra di Piemonte i n modo da congiungersi col 5.0 , che stava tuttavia ver o Molta dei Conti. Nel mentre che tali cambiamenti e la ricostruzione del ponte si operavano nel giorno 25, gli Austriaci continuavano a molestarei come meglio potevano. Ai primi albori, essi avevano smascherata una Batteria di dodici pezzi, che tuonava dalle cannoni re aperte nell'argine di sinistra, contro il ponte che si lava (Tuastando e contro le nostre Fanterie. Le tre Batterie di F nli, abilmente collor.ate, risposero con tale successo da far saltar un cas one delle munizioni nemiche e da guastare le cannoniere praticate nell'argine. Iu conseguenza di ciò, alle 5 112 antimeridiane cessava il fuoco dei dod ici pezzi nemici, e solo la fucilata si prolungava fino a11e 7 da entrambe le parti, senza che più ollre ripi"lias, e nella giornata.


PARTE SESTA La lunga dispersione di forze che Fanti avea dovuto adottare p r l'avvenuto abbassamento delle acque, onde custodire i molti unti ove il fiume era divenuto guadabile sul fronte affidato alla sorveO'lianza di esso Generale, lo avea convinto della necessità di enire rinforzato nelle sue posizioni , per impedire che un improvviso attacco nemico non l'obbligasse ad abbandonarle. Fatto pronto rapporto di ciò nel mattino del 25 al Quartier Generale eal , ei riceveva in rinforzo, nel corso della giornata, una Brigata di Granatieri della Divisione Castelborgo, che per Villanova lo raggiunse a Motta dei Conti. Questa Brigata rimpiazzò Aosta nelle sue posizioni di sinistra , e questa appoggiò a destra verso Gazzo, dimodochè la Brigata Piemonte potè serrarsi più compatta a di fesa del nuovo ponte gettato. La Brigata Granatieri rimase con Fanti anche pel giorno 26, ma poi ritornò alla propria Divisione, e nei due successivi giorni 27 e 28, rimase sola la 2.• Divisione in faccia al nemico, che mai avea cessato per tutti Ii tre trascorsi giorni di darle molestia, tna però con semplice fucilata. Nel giorno 29, per ordine ricevuto, il Generai Fanti, ritirato il ponte, concentrava la sua Divisione a Gazzo, da dove per Villanov e Stroppiana aveva ingiunzione di portarsi a Vercelli. Se le sostenute fazioni non presentavano il carattere di serii falli di guerra, nè avevano richiesto, per parte di chi le avea dir tte, l'impiego di grandi talenti militari, esse per altro avevano dato luogo a che fra le truppe della 2.• Divisione e il loro Generale si fosse stabilita in presenza del nemico, e sotto il vivo fuoco, una corrente di reciproca stima ed affetto, che dovea renderli solidali fra loro per quanto avessero ad operare ancora. Le truppe avevano visto Fanti calmo e sereno al fuoco, ove si tratteneva anche più del dovere, e sempre bene ispirato in qualunque di po izione prendesse: avevano quindi detto fra loro: siamo in buone mani, e possiamo andare ovunque il nostro Generale credn p olerci condurre.; il Fanti, dal canto suo, aveva compreso e valutato tutto il partito che poteva ritrarre dalla disciplina, daiJa istruzione pratica e da~la fermezza al fuoco della sua gente. È dalla reciprocanza di tali sentimenti, che sui campi di battaglia, Gen rali e soldati si danno la mano per compiere, alle volte, veri prodigi l ~g~~e ln m11reia Frattanto l'insistenza, appositamente esagerata delle dimostranvv l~~:~nte degli an 11. zioni dei Sardi suJJa Sesia fra Casale e Vercelli, e il ripiegarsi di Garibaldi dinanzi aJJa Divisione Urban da Varese verso Laveno ul Lago Maggiore, facevano sempre più persuasi gli Austriaci


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della vanità del nostro armeggiare sulla loro destra, e delle serie nostre intenzioni contro la loro sinistra. Per questo felice inganno del nemico era stato possibile ai Franchi di far giungere e concentrare inosservato fino a Vercelli buon numero delle truppe dei loro vari Corpi, e s'appressava quindi il momento di dar principio alla esecuzione della seconda parte della iniziata manovra, ossia proseguire la mar€ia da Vercelli per Novara al Ticino. A tal fine dovevano continuare le voluzioni dei Sardi, e accentuarsi sempre più verso l'estrema de tra nemica, per nascondere alla medesima ciò, che dietro di loro, succederebbe sulla strada da Vercelli a Novara e al Ticino. Era perciò ordinato che col giorno 30 Maggio le loro quattro prime Divisioni - chè la 5.• era rimasta a coprire Valenza e asale - pa.~sassero la Sesia in faccia a Vercelli, e convergendo a destra volgessero il fronte a Mortara e le spalle alla strada da Vercelli a Novara, e quindi attaccassero risolutamente, e si impadronissero a qualunque costo delle posizioni di Palestro, Vinzagfio e Confienza, che si sapevano tenute dagli Austriaci. Colla occupazione di quei tre punti veniva coperta la grande strada di Novara da qualunque improvViso attacco degli Austriaci, e veniva o i assicurata la marcia dei Corpi Francesi, che dovevano sfilare dietro i Sardi. Ma perchè su di ciò si potesse fare sicuro calcolo, oc orreva essere ben persuasi, che dato il caso in cui gli Austria i si avvedessero finalmente di quanto avveniva, e si precipitassero in massa fra Vercelli e Novara, le truppe Sarde avrebbero sostenulo il terribile urto con sufficiente fermezza, per dar tempo ai Corpi francesi, marcianti dietro di loro, di ordinarsi in battaglia. Se pertanto ad esse truppe Napoleone e i suoi Generali non esitarono ad affidare la parte, che siccome si vede era la più pericolo. a e la più importante della combinata manovra, ciò prova ad evidenza tutta la fiducia, che riponevano ne' bravi soldati Piemontesi. Senza di ciò si può esser certi, che a loro non si sarebbe affidata la suddetta parte. Non sappiamo se finora altri scrittori militari, nemmeno italiani, abbiano fatto questo rimarco, ma noi speriamo che, se an he nuovo, non sarà trovato da nessuno meno giusto e fondato. Ciò posto, vediamo quale sia la nuova parte che spetta alla La Di-tiBione 2. • Divisione in relazione con quanto hanno a fare le altre lr , oerna. F11.nu a cone cominciamo ad osservare che la crescente importanza d Il operazioni che dovrà dirigere il~ Fanti gli apre il campo a spiegare ormai quella superiore intelligenza e capacità militare, che · finora non avea avuto occasione di mettere in opera.


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PARTE SESTA

Parlila da Gazzo la Divisione Fanti nel giorno 29 Maggio e a a c mpava fra Vercelli e la Sesia, presso Casa Guilli, nel mattino del 30. Poco lontane da essa si tenevano le altre Divisioni di a Lelborgo, Durando e Cialdini. Era prescritto che nel mattino di quel gi orno, la Divisione Cialdini per la prima passasse sul onle in pietra della Sesia, stato guasto dal nemico, ma riattato da noi , volgendo tosto a destra per la strada del Torrione, muove all'attacco e alla presa di Palestro. La Divisione Durando, in seguito a Cialdini, passava sullo stesso ponte, e quindi per Torrione essa pure si dirigeva a Vinzaglio. Ultima a passare que to po nte era la Divisione di Cavalleria di Linea, la quale dov a arrestarsi al Torrione . . u altro ponte, gettato superiormente a quello di pietra, dovea assare nello stesso tempo di Cialdini, la Divisione Fanti, avanzare per la O"rande strada di Novara fino a Borgo Vercelli, e quindi volgere a de tra su Casalino: quivi essa distaccava una colonna sulla propria de tra, che la tenesse in comunicazione con Durando dir llo u \ i nzaglio, e col rimanente delle sue forze porta vasi a Confì nza per impadronirsene e stabilirvisi. La Divisione Castel... Lorgo eguiva Fanti pel nuovo ponte, e si recava a Casalino. Mentre che nella notte del 29 al30 si gettava il ponte su cui dovevano passare Fanti e Castelborgo , una forte piena d'acque, sopravvenuta nella Sesia, avea ritardato di molto i lavori dei Pontonieri, e perciò nel mattino del 30 il ponte non fu terminato all'ora prefì sa per cominciare il passaggio di Fanti, contemporaneo a quello di Cialdini. Per tale motivo Fanti non potè avere le sue !ruppe ordinate sulla sinistra della Sesia che dopo il mezzogiorno, quando il secondo e&a già in marcia su Palestro. All1·o necessario ritardo dovè imporsi la Divisione Fanti in cau. a eh una sua pattuglia di Cavalleria, fatta convenientemente avanzare da Borgo Vercelli pPr la strada di Novara, ebbe ad incontrar i con altra pattuglia di Cavalleria nemica. Caricatala tosto, ed inseguitala fino ad Orfengo, le uccise otto soldati e parecchi ne fece prigionieri. La segnalata presenza del nemico sulla strada di Novara consigliò, come di dovere, al Fanti di non procedere ollre da Borgo Vercelli senza essersi assicurato che dal lato di 1ovara non v'erano forze imponenti nemiche, lo che ottenne mediante una rapida ricognizione che fece eseguire ad altro distaccamen to di sua Cavalleria. Rassicurato su questo, procedè allora risoluto il Fanti su Casalino in una sola colonna, e di là, distaccata quella che dovea volg re u Vinzaglio, mosse col grosso della Divisione alla volta


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di Confienza. Quivi non erano che insignificanti forze nemicbc, le quali sloggiarono ben tosto al primo aprirsi del fuoco d Ile truppe di Fanti e si ritirarono su Robbio, inseguite p r alcun poco da un'avanguardia di dette truppe. Verso sera, la colonna distaccata per Vinzaglio, la quale avea cooperato col Durando nell'impadronirsi di quella località, ritornò alla ua Divisione, e concorse con questa ad occupare militarm nle Confienza, attorno di cui Fanti dispose avamposti in direzione di. Robbio, Vespolate. e Novara. Le Divisioni Cialdini e Durando, e specialm ente la prima, avevano incontrate ben maggiori difficoltà per impadronir i di Palestro e Vinzaglio, ma le aveYano abilmente ed enercicamenle superate, ed esse pure eransi fortemente stabilite in quelle due località, in quanto che non era a presumersi che gli Au triaci non fossero per tentare ben tosto di ripr~ndere le posizioni perdute. Ed in effetto, così veniva stabilito nella stessa era del 30 al Quartier Generale di Giulay, non appena vi giunse la notizia dello scacco sofferto. Lo stesso Maresciallo parti in persona da Mortara e si recò a Robbio per ivi conferire col General e Zobel, he vi comandava la destra del suo Esercito. Combinavasi fra loro che la Divisione Hardy andrebbe a rin · forzare la posizione di Robbio e si ,terrebbe a dispo izione di Zobel, per concorrere, occorrendo, alla ripresa dei pun l abbandonati. Che alla ripresa di questi, si verrebbe nel . eguenle modo: ]a Brigata Dandorf, partendo da Robbio, marcerebbe dir tta u Palestro e attaccherebbe Cialdini di fronte, mentre qu lla di zabo, -p arimenti mossa da Robbio, ma tenendosi a sinistra ver o la esia, gli piomberebbe inaspettata sulla destra. Contro Confì enza marcerebbe la Brigata \Veigl, e cacciatone Fanti, essa pure comet·crerebbe su Palestro, per render più sicura la disfa!ta di Cialdini. Battuti Fanti e Cialdini nelle loro avanzate posizioni, Durando dovea necessariamente ripiegarsi da Vinzaglio, e se noi faceva spontaneo, lo vi si sarebbe costretto colla forza. A sost rrno rinforzo delle tre Brigate operanti, quella di Kudelka si ar l be portata a mezza strada fra Palestro e Robbio. Erano per cotal guisa, come ben si vede, no n meno di i Brigate, compresa la Divisione Hardy, che Fanti e Cialdini potevano avere a combattere nel giorno 30, ed in eli tto fLu ·ono tr quelle contro le quali bravamente lottò il Cialdini e riportò viltoria. Che se dinanzi a Fanti non se ne presentò h una, n andiamo a vedere, come egli sdegnando di attendeme l alta

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di pi fermo nelle sue posizioni, le si fece incontro risoluto, ed in breve la sbaragliò completamente. E veggasi, senza più, come andarono le cose. Convinto, come era il Generale Fanti,· di un immediato ritorno ffensivo degli Austriaci sulle perdute posizioni, ei s'era data ollecita cura nelle prime ore del mattino del giorno 31, di rettificare e migliorare la distribuzione intorno a Confienza, che avea fr ettolosamente data alle sue truppe nella ~era innanzi, e per venire ragguagliato di quanto si passava dalla parte di Robbio vi avea spedita in ricognizione' una Compagnia Bersaglieri, preceduta da uno Squadrone di Cavalleria. E questa non avea tardato a mandargli avviso d'essersi incontrata con forte distaccamento nemico, che da Robbio procedeva su Confienza : ritiravasi essa in buon ordine, scambiando qualche colpo di fucile coll'avanguardia austriaca. ollecito allora il Generale si prepara a non lasciarsi prendere di. mano il conquistato paese, e vi si dispone con questo ordine di combattimento. Con due Battaglioni del 4. o Piemonte, posta ti l'uno alla Cascina Reggenta e l'altro alla Ca Rossa, osserva l due strade di Vespolate e di Novara: il terzo sta nella piazza del paese, pronto a rinforzare dall'indicato lato i due primi: il quarto occupa la sortita di Confienza dalla parte di Robbio e tiene in comunicazione il terzo della piazza, colle forze che attendono il nemico da questa parte. Queste poi sono cosi distribuite: col suddetto quarto Battaglione del 4.0 Piemonte, ne sta uno del 3. 0 , d occupano insieme il ponte del Roggione Busca, presso l'inrlicata sortita di Confienza; gli altri tre Battaglioni del 3.0 Reggimento trovansi più innoltrati sulla via di Robbio, e due stanno a cavallo della strada, sulla sinistra del menzionato Roggione, e l'altro sulla sua destra. Una Batteria d'Artiglieria tiene due pezzi con· qn t'ultimo Battaglione, e quattro coi due altri; il1. 0 ed il 9. 0 Bersaglieri a cavallo del Roggione coprono in catena di cacciatori il fronte dei tre Battaglioni; la Brigata Aosta si tiene dietro il paese i n sr.conda linea, pronta ad accorrere, ove ne sia il caso. ata questa opportuna disposizione alle sue truppe, il Generai Fanti si porta innanzi al fronte delle medesime, e raggiunge la sua ricognizione - che lentamente e sempre scambiando fucilate i ripiega su Confienza- onde poter meglio giudicare co' suoi propri occhi della vera forza, che sta per attaccarlo. In breve eglì può persuadersi, che non più di una Brigata nemica gli è a fronte, ed egl i stesso assiste al disporsi che fa la colonna nemica in dne distinte, una delle quali si ordina a Cascina Dado sulla

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sponda sinistra del Roggione Busca, e l'altra sulla panda de tra presso Casa Nuova, per muovere poi d'accordo all'attacco del pae e di Confienza. Ma ciò non intende permetter loro il Fanti, che sentito i superiore in forze, giudica più opportuno farsi egli medesimo aggre sore. Dato quindi di sperone al cavallo, ritorna veloce u Con.. fienza, e ordina la marcia in avanti a quante truppe tiene dal lato di Robbio, richiamando sulle posizioni di questa parte la Brigata Aosta, che sta in seconda linea. In breve ora, da destra e da sinistra del Roggion , preceduti dai Bersaglieri, avanzano rapidamente i Battaglioni di Pi monte che stavano in prima linea, e quasi contemporaneamente arrivah in faccia a Cascina Dado e alla Casa Nuova, e vi sorprendono le due colonne nemiche, non ancora avviate in marcia. Verso le 10 1/2 tuona il nostro cannone, e tosto risponde quello del nemico: a poco per volta s'impegna la fucilata fra le Fan terie, e in poco più che mezz'ora il combattimento si è fatto assai vivo, al di qua e al di là del Roggione. Non va molto per altro, che a Casa Nuova ce a impro i amente ogni resistenza, e i suoi difensori si ripiegano con poco ordine. Alla Cascina Dado gli Austriaci si tengono as ai meglio e prolungano la difesa con abbastanza energia. Allora il Gen rale Fanti utilizza le Artiglierie; che prima ·battevano Casa Nuova e le fa dirigere esse pure su Cascina Dado, e con ciò obbliga a ripiegarsi anche i difensori di questa posizione. Nel retrocedere le due colonne nemiche si ricongiungono ulla sinistra del Roggione, e sembrano intenzionate di far tesla di nuovo se mai Fanti volesse inseguirle. Ma questi, che ha ià mosso a tale scopo, slancia a passo di carica i suoi Ber aglieri, e quindi i Battaglioni di Piemonte, che più da vicino li seguono, contro la nuova linea di difesa che hanno presa gli Austriaci, e con tale urto la investe, che in un momento si scompongono le loro file, e si danno a disordinata fuga in direzione di Robbio. Per alcun poco le fa inseguire il Generale, ma non lroppo oltre per altro, giacché il fort~ e continuato cannoneggiamento che egli sente in direzione di Palestro, lo avvisa che ivi è impegnato serio combattimento, e ciò gli consiglia 'li non scostar i troppo dalla posizione, in cui sa che lo si suppone. Richiama uindi le poche forze spinte a tergo del nemico, e con queste e con le altre condotte fino a Cascina Dado e Casa Nuova, ritorna in Confienza, e vi riprende la precedente sua posizione m1litare.


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PARTE SESTA

Il combattimento descritto avea durato dalle 10 1/2 alle 12 1 /~­ I no tri vi avevano avuto un centinajo di uomini posti fuori di combattimento, e forse poco più d'altrettanto il nemico. Era stato un fatto brillante per la Brigata Piemonte, perchè essa sola avea J a tato a mettere iu pronta fuga la Brigata austriaca Weigl, e le on eguenze della riportata vittoria erano doppiamente soddisfacenti , perchè non solo avevan lasciati noi padroni di Confienza, m avevano ancora impedito che la suddetta Brigata si portasse, ome ne avea l'ordine, dopo espugnata Confienza, ad attaccare la ini lt'a del Generale Cialdini a Palestro. Della pronta e intelligente iniziativa, e della ottima condotta impressa dal Fanti al combattimento, non vorremo fare le meravirrlie, perchè fu cosa di non gran momento, ma rimarcheremo olla nto che tutto fu regolato con inappuntabile ordine e preciion . Anche alle due brave Brigate della Divisione abilmente coman ata dal Generale Cialdini, col tardo , ma pur utile rinforzo di un Reggimento di Zuavi del Corpo di Canrobert, era riescito di re pingere vittoriosamente l'attacco, che le tre Brigate austriache- Dandorf, Szabo e Kudelka - avevano portato contro Palestro, e I r conseguenza erano rimaste in nostro potere le posizioni anteriormente occupate, e gli Austriaci avevan dovuto ripiegarsi su Robbio, ove per altro si tenevano in forza. In rigorosa vigilanza si tenne perciò la Divisione Fanti nel rimanente del giorno 31, ed anche per tutto il giorno 1.0 di Giugno attorno a Confienza, ed anzi in quest'ultimo spedì ricognizioni u Vespolate e su Robbio, e da quella diretta sul secondo di queti p esi seppe che tuttavia lo occupava il nemico. el mattino del 2 il Generale Fanti, meravigliato che nel campo austriaco non si fossero ancora avveduti di quanto avveni va nel nostro, e temendo che scopertolo finalmente potessero ùa un momento all'altro piomhargli addosso imponenti forze o da Novara o da Vespolate, o anche da Robbio, aveva spedite singole ricognizioni su quelle tre direzioni, e dalle due prime avea potuto con tatare della nessuna presenza di Austriaci da quel lato, e l'ultima soltanto avea riferito essere sempre Robbio presidiato dal nemico. Era inoltre riescito a questa terza ricognizione un fortunato colpo di mano contro un distaccamento di 300 Austriaci, che nella sua marcia avea sorpresi sulla de!:ltra della Roggia Rizza Bir aga, mentre accampati stavano cuocendo il rancio. Gittatasi la no lm ricognizione prontamente sugli accampati nemici, non aveva loro dato il tempo di ordinarsi a difesa, e li avea fugati, riescendo


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a farne pare c hi prigionieri, e ad impadronirsi eU O zaini cl e ave ano lasciati sul campo. llra perlustrazione, che sul mezzogiorno F li avea in viata u Robbio, gl i pedi va sollecito avviso, che il paes ud ello era tato improvvi amente abbandonato dal nemico . In con ruenza del che, Fanti mandava pronto rapporto al Quartier Genera! Real d l fatto avverato, e frattanto, in attesa di ordini, con rapi a mat·cia portava il 1.0 Battaglione Bersaglieri con un p lotlone i aalleria, ad occupare l'abbandonato Robbio. Verso s ra la Divisione Castelborgo, per ordine supet·ioee, giungeva a Robbio e vi rimpiazzava le truppe di Fanti le quali nella loro brev permanenza in quella località, av vano dovuto scaramuccia.re con alcune scorrerie di Cavalleria n mica, he a più riprese si eran presentate sotto Robbio. Neli< sera, perveniva ordine al Fanti, che pel necessi vo giorno 3, ave e col! a sua Divisione a condursi da Con !i nza per Granozzo, Lumelog no e Novara a Galliate, ove ric v rebb nuove istruzioni. nPer intelligenza di quanto deve ancora eseguire que ta ivi- t ~ eCollocam ioten•io n l ntlrn ti n l ione ono indispen abili parecchie Rpiegazioni . u quanl r·a av- degli l!•orno3 GJugno. venuto nei due campi nemici, nei giorni in cui la medesima i era trattenuta a Confienza e parimenti su ciò cb slav i pr parand ull due rive rlel Ticino. Comincieremo bila pa1·Le degli alleati, e ven·em poscia a quella degli Austriaci. Non prima del 2 Giugno, e in ciò peccò l'esecuzione ù l pian di Napoleone, fu possibile ai Corpi Francesi di muovet·e ù. V t'celli v r il Ticino, e in questo giorno, mentre due C rpi procedevano a gean pa si per la strada di Novara i portavano ad accampare. pre. so di quella città, la Divisione ' 1t grriatori ù Ila Guardia Imperic le, con buon numero di Artiglieria pagcrio da pont prese a sinistra di della strada, p r vi s ondarie con rapidi. im a marcia, passando per Galli11Lr, raggiun e in faccia a Turbigo, la sponda destra del Ticino, vi prol e la costruzione di un ponte, che venne ultimato uel ·orso della notlc dal 2 al 3. Attraverso di questo nel giorno segu nle buona parl del2.° Corpo francese, Mac-Mahon, passava sulla inislra del tiume, occupava Turbi o, e distaccava un'avanguardia fin o a Rohccch tto. Questa respingeva u n improvviso attacco di un fort dista amento au. triac spintosi contro di lei dal Corpo di Clam- alla., giunlo allora dalla Germania e fatto marciare da Milano a Ma enta. Nel mentre che nel detto giorno 3 i Volteggiatori della uardia ed il Corpo di Mac-Mahon stavano padroni del pa o sul Ticino


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PARTE SESTA

presso Turbigo, gli altri Corpi alleali erano disposti nel modo eguente: La destra della loro fronte era in Lumelogno, ove tenevasi il '1.° Corpo Francese con la 1.a e 4.a Divisione Sarda. Al centro, sotto Novara, erano il3. 0 e 4.° Corpo Francese unilamenta alle due Divisioni della Cavalleria di riserva generale dell'E ercito. Formavano a\·anguardia del centro sul Ticino i Granatieri d Ila Guardia Imperiale, una Brigata dei quali occupava Trecate l'altra da S. Martino aveva spinto avamposti fino al Ponte sul Ticino, detto di Buffalora, che fortunatamente il nemico avea abbandonato, dopo averlo alquanto malconcio con imperletto impiego di mine, ma non reso impraticabile (1). La sinistra era formata da Mac-Mahon e dai Volteggiatori, a ca allo del Ticino presso Turbigo, come si è detto, e veniva rinforzata in seconda linea dalla 2.a e 3.a Divisione Sarda pervenute a Galliate. (La 5.a era sempre a Valenza). Con questa disposizione generale degli alleati, l' Imperatore Napoleone si riteneva perfettamente in grado di provvedere ai due soli possibili casi in cui si sarebbe potuto trovare, ed ecco il come. O il Maresciallo Giulay accorreva sollecito dalla Lomellina per dargli battaglia prima che potesse effettuare il passaggio del Ticino, ed egli allora concentrava attorno Olengo il 1.0 , il 3.0 ed il 4.0 de' suoi Corpi con la 1.a e 4.a Divisioni Sarde, e facendo fronte a Mortara con questa prima linea, accettava l'offerta batta lia, rinforzandosi con una seconda linea, più prossima a Novara, formata dai Granatieri della Guardia richiamati da Trecate e . Martino, dai Volteggiatori della medesima e dal 2.° Corpo fatti venire da Turbigo, non che dalla 2.a e 3.a Divisioni Sarde chiamate da Galliate. • O il suddetto Maresciallo preferiva ripassare egli medesimo il Ticino, e sulla sinistra di questo attaccare le colonne degli ( l) Nello studio militare redatto e pubblicato dallo Stato Maggiore Pruai ano, sulla Campagna d'Italia nel 1859, è assicurato che un tal fatto pro,·enne

da questa strana circostanza prodotta dalla solita mania ausLriaca, di volere che ad ogni più piccola cosa dell'Impero si provvedesse direttamente da Vieona, e mai sopra luogo. La misura delle cariche necessarie per far saltare gli archi del Ponte di Bu1falora era stata calcolata a Vienna e ad essa dovè attenersi l'Ufficiale del Genio che ebbe incarico di minare il suddetto ponte. Ora. questa mi ura era debole in proporzione della resistenza che aveva da vincere, e da ciò il gravissimo danno che s'ebbe l'Austria intiera lasciando aperto il varco agli alleati, pel ponte di Bu1falora. Chi direbbe cosa poteva avvenire e le cariche fossero state calcolate sul luogo 1


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alleati non appena vi sbucassero esse pure, e in allora l'Imperatore Napoleone faceva raggiungere Mac-Mahon in Turbigo dai Granatieri di Trecate e S. Martino e dal 3.° Corpo francese tolto da Novara, e gettava questa imponente forza verso la gran strada di Milano fra BuUhlora e Magenta in senso quasi parallelo alla medesima, nel mentre che in senso perpendicolare, sbucando pel riattato ponte di Buffalora, e per altro che nella notte del 3 al 4 dovea gettarsi superiormente , e in tutta prossimità di quello, si sarebbero avanzati per detta strada, il 4.° Corpo spinto innanzi da Novara e sussidiato indietro fra Trecate e S. Martino , sulla destra del fiume, dal 1.° Corpo marciato esso pure da Novara, e dalla 2.• e 3.• Divisioni Sarde raccolte da Galliate. A tale concentrica azione di tutte le forze alleate, sia nell'uno che nell'altro caso, era da sperarsi che s'andrebbe debitori del successo finale della grande manovra avvolgente, e che battuti gli Austriaci sull'una o sull'altra riva del Ticino, si potrebbe a loro rendere assai malagevole la ritirata verso il Mincio. Per dar corso per altro a queste bene immaginate disposizioni, riteneva l'Imperatore Napoleone che se anche il nemico finalmente si fosse avveduto della nostra presenza sul suo fianco destro, ciò non pertanto ad esso sarebbero occorsi non meno di uno o due giorni per atteggiarsi o sulla destra o sulla sinistra del Ticino alla decisa offesa, e conseguentemente anche nel campo degli alleati questo tempo si sarebbe avuto per prepararsi ai fatti progetti. Ma così non dovea essere, e d'un tratto si dovea vedere nel Gli Austriaci ripassano il Ti· caìnpo nemico succedere alla imperdonabile inerzia e cecità che cino, e si preparano a battaglia. per si lungo tempo vi avea regnato, la più energica e intelligente operosità per parare alla meglio il colpo mortale che si vedeva sospeso sul proprio capo. Volgiamo dunque lo sguardo da questa parte, e rendiamo conto di quanto vi succede. Per un azzardo veramente strano, e che si direbbe esso pure dovuto a quella buona stella che brillava allora sul secondo Impero Napoleonico e sull'Italia , dal giorno in cui era cominciata la marcia avvolgente degli alleati fino a quello del 2 di Giugno, nulla era trapelato di quanto avveniva da Voghera a Novara sulla destra del Po al Quartier Generale del Feld Maresciallo Giulay, che proseguiva ad occuparsi unicamente di quanto avveniva dalle parti di Voghera, ove erano tutte le sue apprensioni. Sorprende in vero il vedere come male venisse fatto lo spionaggio dagli Austriaci nel nostro campo, ma più ancora fa meraviglia come l'incessante e straordinario movimento della ferrovia, che in molti punti quasi rasentava il Po, a due passi dalla sponda


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ini tra ove stavano gli avamposti austriaci, non sia stato avvertito studiato abbastanza per capire che esso serviva a grandi tra orti di truppe in direzione di Vercelli . .omunque egli è certo che soltanto col giorno 2 Giugno, non apremmo precisare per quale circostanza, si aprirono finalmente gli occhi del Quartier Generale, e si comprese tutta l'urgenza di un im mediato, se pur anche poco efficace, riparo al mal fatto. Le prime informazioni che nel mattino del 2 Giugno erano perv nute ad esso Quartier Generale, accennavano soltanto all'avvenul spostamento del grosso dei Francesi da Voghera a Vercelli ; que to fatto ragguagliato con la prolungata permanenza dei Sardi lra Palestro e Confienza, faceva manifesto l'intendimento degli alleati di guadagnare il Ticino in faccia a Novara, e con quale obbiettivo ra facile lo immaginarlo. reso a pronto esame se convenisse opporsi a tale intendimento. portando rapidamente tutte le proprie forze verso Novara dandovi battaglia, si riconobbe l'impossibilità materiale di preveni re su quel punto il nemico, che vi era si prossimo da Vere lli e Confienza. Fu d'uopo quindi rassegnarsi a ripassare sollecitam nte sulla sinistra del Ticino, per prendervi una buona posi- zione e per contrastare il passo del fiume agli· alleati, se si èra ancora in tempo, o per attaccarli di fianco quati.do fossero in marcia dal Ticino a Milano. ietro questa opportuna determinazione vennero emanate le ccorrenti disposizioni perchè entro lo stesso giorno 2 e nella seguente notte si effettuasse la mossa oltre Ticino , mediante i ponti fortunatamente già preparati su quel fiume presso Vigevano reguardo, e nel successivo giorno 3 si proseguisse la marcia dei diversi Corpi in modo che nella fffira avessero a trovarsi in po izioni favorevoli per esser pronti all'una e all'altra manovra progettata. Nell'indicato tempo si compì, sia lode .al merito, con una pr ci ione di manovra da non invidiare· quella di un Reggimento in piazza d'arme, il ritorno dei cinque .Corpi d'Armata Austriaci e d lla loro D ivisione di Cavalleria di Riserva , dalla destra alla sinistra del Ticino, e la maggior parte dei medesimi avrebbero potuto esser portati sopra Magenta e Buffalora per contrastarvi il passo del Tieino al nemico nel giorno appresso. Ma i rapporti che Giulay aveva ricevuti nel corso della giornata del 3 da ClamGalla ,_lo avevano fatto avvertito che a Turbigo gli alleati avevano già passato il fiume con grosse forze, e che anche presso Buffalora erano già padroni del ponte rimasto praticabile. Esso Maresciallo


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pertanto argomentava n~n convenirgli più contrastare il passo del fiu,me, ma bensì piuttosto disporsi parallelo anzichè perpendicolare alla strada che da Boffalora porta a Milano , e con questo ordine dar battaglia agli alleati, quando d~ Ticino si ponessero in marcia su Milano, presentandogli il loro fianco destro. In conseguenza di ciò, durante il giorno 3 diramava a tutto il suo Esercito d'operazione le seguenti prescrizioni: Alla Divisione Urban- già spedita nel Varesotto per rintuzzare la punta di Garibaldi, e· alla quale era riescito farlo volgere verso Laveno sul Lago Maggiore -veniva ordinato di lasciare in Varese una delle sue tre Brigate in osservazione di Garibaldi, e portare le altre due a Gallarate· per sorvegliare da quel lato il contegno del uemico stabilito a Turbigo.. ll 1.° Corpo di Clam-Gallas dovea occupare fortemente Cuggiono, facendo fronte a Turbigo, e col resto delle sue forze tenersi a Magenta, ove nello stesso giorno 3 sarebbe raggiunto· dal2.° Corpo, che si metterebbe a sua disposizione , unitamente alla Divisione Cavalleria di Riserva, cui era ingiunto di portarsi Corbetta nella . stessa giornata. Con queste ragguardevoli ·forze si poteva tenere in rispetto per alcun poco il primo avanzare del nemico, e aver agio di meglio disporsi a combatterlo più ·tardi. II 7. 0 e il 3.° Corpo accamperebbero nella sera del 3 fra Cerella, Abbiategrasso, Soria e Ozeri, ove, a meno di ordini in contrario, si sarebbe aFrestata finalmente la lunga marcia da loro eseguita. Il 5.0 e 1'8.0 farebbero altrettanto fra Besate, Fallavecchia, Marimondo, Mereguardo e Motta Visconti. Era prescritto· che tutti li suindicati Corpi avessero a riposare sulle rispettive loro posizioni pel giorno 4. ll 9.° Corpo non doveva muovere dalle posizioni che occupava · dalle parti di Piacenza. . A queste generali disposizioni emanate nel giorno 3, non sapremmo accennare per quale preciso motivo reputò necessario il Generale Giulay, nel corso· della notte del3 al4, di dare alcune ·modificazioni, giacchè - da un suo ordine dato quella notte e che nel corso della campagna cadde in mano degli alleati - risulta avere egli prescritto a Clam-Gallas pel mattino del 4 di portarsi con due delle sue Divisioni da Cuggiono sopra Robecchetto per cimentarvi gli alleati, e in pari tempo invitato Urban ad avanzare da Gallarate per concorrere a tale impresa o con attacco diretto, o con qualche diversione. Avvertiamo questa circostanza, perchè più tardi ci spiegherà l'apparire di alcune_scorrerie della Cavalleria di U~ban in prossimità di Castano.

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vano 1.1d allocca re u AuaLrlaci .

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er tutta la giornata del 3 l'Imperatore Napoleone avea completam ente ignorato quanto era avvenuto nel campo nemico, e si teneva per ciò, come più sopra venne detto, pronto ad agire o sulla destra, o sulla sinistra del Ticino a norma che le circostanze lo e igessero. Ogni esitanza per altro cessava poco dopo la mezzanotle del 3 al 4 in seguito a positiva notizia pervenuta ad esso Im er tore del completo abbandono della Lomellina, e del pasaggio operato a Vigevano e Bereguardo di tutti i Corpi nemici, c e i supponeva avessero presa la direzione di Abbiategrasso e Iagenla. pariva cosi ogni incertezza sul da farsi, ed era manifestament sulla sinistra del Ticino , ove bisognava prontamente prepararsi ad agire , perchè forse allo spuntare dello stesso mattino i potevano avere sulle braccia alcune forze nemiche. Manca va quindi il tempo materiale per dar corso alle già fatte e da noi accennate combinazioni per questo caso , ed urgeva provvedere altrimenti. Così fu fatto in sull' istante, e prima dell'albeggiare erano diramate le seguenti disposizioni: A l 1.0 , 3.0 e 4.° Corpo che stavano ancora presso Novara, e più oltre, fu spedito pressante ordine di marciare per Trecate e S. Martino, e trovarsi quanto più presto potevano sulla destra del Ticino per essere in grado di agire, come se ne fosse mostrato il bi ogno. Al 2.° Corpo si faceva sapere che non sarebbe più raggiunto dal 3. 0 , che invece avesse a tenere con sè la Divisione dei Volte('fgiatori della Guardia del Generale Camou, e che sarebbe inoltre raggiunto dalle due Divisioni Sarde 2.• e 3.•, le quali si spedivano da Galliate a sua disposizione. Era prescritto al Mac-Mahon di es er pronto per muovere alle 10 del mattino alla volta di Magenta rovesciando ogni ostacolo che gli si frapponesse. In pros · similà di questo paese si sarebbe messo in comunicazione sulla ua destra colle truppe, che dal ponte di Buflalora marcierebbero e c pure su Magenta, allo scopo di impadronirsene, vi fosse o non vi fosse il nemico. La 1.• e 4.• Divisione Sarda, da Lumolegno p r Novara e Galliate, verrebbero a piazzarsi a Turbigo per a sicurargli le spalle, mentre egli e le altre due Divisioni Sarde avrebbero avanzato su Magenta. I Granatieri della Guardia - raccolti da Trecate a S. Martino, e condotti sul Ticino presso il riattato ponte di Buffalora, e l'altro gettato superiormente, pel quale, stante l'assoluta deficienza di materiale francese da ponte, s'era dovuto ricorrere ai bravi Pontonieri


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Piemontesi e loro affidarne la costruzione (1) - in attesa di es· sere raggiunti dai Corpi richiamati da Novara, prenderebbero possesso della sponda sinistra di Buffalora, e al sopraggiungere d1 quelli, mettendosi in relazione con Mac-Mahon, agirebbero di concerto con lui verso Magenta. In tal modo, veramente consentaneo alle buone regole di guerra, gli alleati si disponevano a sbucare dal Ticino, ed urtar e potentemente con numerose forze il primo attacco che loro presentasse il nemico. Una cosa per altro poteva impensierire il loro Comandante Supremo, ossia la grande distanza che dovean percorrere il t. o, 3 o e 4.° Corpo Francese, per raggiungere i su li Granatieri: il più piccolo incidente nella loro marcia poteva essere funesto, o almeno rendere imperfetto quel successo che si fosse per ottenere. E vedremo di fatti il verificarsi di siffatte apprensioni, che fortunatamente per altro non valse a togliere la vittoria agli alleati. P3rlicolorid~l· Per ben comprendere il vero grado d'importanza che in quant o l'"uone rom!Jiuat~ del COl'fH) va a succedere si ebbe l'operato del Generai Fanti, è necessario •h M~e-Moboro 11 2. c a. IJIaggiungere alle già indicate disposizioni del movimento generale ,tlelln .l•iHne Sartln l'Or la morcia.ou Mndegli alleati, quelle più particolari, con cui, in seguito agli ordini gen! . imperiali ricevuti dal Mac-Mahon, questo Generale intendeva pr ocedere nella marcia su Magenta col suo Corpo unitamente ai Volteggiatori della Guardia, e alla 2.a e 3.a Divisione Sarda. Fino dalle otto del mattino del 4, queste ultime, partite per tempissimo da Galliate, erano giunte sul Ticino in faccia a Tut'· bigo, e vi avevano sostato in attesa di norme di contegno, eh e naturalmente dovevano ricevere dal Generale Mac-Mahon. Colle medesime trovavasi il Re Vittorio Emanuele, che appena arrivato, venne raggiunto dal Mac-Mahon, portatosi a concertare seco lui per la parte che intendeva dovessero prendere h• suddette due Divisioni nella marcia combinata verso Magenta. Dopo avere alquanto conferito fra loro, e ciò in presenza ben anche di Durando e di Fanti, era rimasto inteso quanto segu<' : In conseguenza che la 2.a Brigata del Generale Ducaen delb Divisione Volteggiatori trovavasi tuttavia sulla destra del Ticino, distesa sul lungo tratto da Ponte dell'Uva a Ponte di Lupiate, <' che dessa dovea raggiungP.re l'altra Brigata, onde partire insienw (l) Fu singolare, per non dir peggio, l'inavvertenza dei Francesi nel ve· nire a far la guerra in Italia, ove pur sapevano che dovevano trovarsi sul Ticino, sull'Adda, sul Chiese, sul Mincio e sull'Adige, di entrare in campagna con meschinissimo servizio di ponti militari.


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al 2.° Corpo alle 10 del mattino, reputava conveniente il MacMah n, e il Re vi assentiva, che le due Divisioni Sarde avrebbero diff ri to il loro passaggio sulla sinistra del Ticino, dopo che la uddetta Brigata Ducaen, raccoltasi dai varj punti che occupava, av e operato un tale passaggio. Dietro di questa, sarebbe poi pa ala la 2.a Divisione Fanti, e quindi la 3.a Durando. La marcia delle truppe . francesi si sarebbe sviluppata con queslo ordine: una colonna centrale, formata della Divisione Motterouge del 2.° Corpo, e della intiera Divisione Camou dei Volteagiatori, procedeva da Robecchetto e per Malvaglio, Cuggiono 'a ate si dirigeva su Buffalora: una colonna di destra, composta di lutti i grossi bagagli del 2.° Corpo e della D~visione Camou, cortati dalla Cavalleria, dovea prendere da Turbigo pel prossimo ponte del Naviglio la riva destra di questo -canale, e quindi, al coperto del nemico, avanzare su Buffalora per la via che costeggia d Llo Naviglio. Finalmente una colonna di sinistra, Divisione Espinasse, moveva cauta e guardinga da Turbigo a Castano, a Buscate, a Ineruno, Mesero e Marcallo, e dovea condursi sopra a Magenta. La Divisione Fanti, battendo l'identica strada seguita da Espinasse, lo dovea rimpiazzare di mano in mano che egli abbandonava i successivi indicati paesi, e sorvegliare attentamente il suo fianco sinistro. La Divisione Durando, tenendosi in forza a Turbicro e occupando contemporaneamente Castano, proteggerebbe 11 po nte gettato e guarderebbe le spalle di Fanti e d'Espinasse. Come ben si vede in questa marcia combinata, il più forte pericolo era dalla parte d'Espinasse, che si veniva a trovare quasi in aria sulla estrema sinistra di Mac-Mahon, e conseguentemente il rinforzo della Divisione di Fanti, dietro di lui, dovea seguirlo a brevissimo tratto, ed essere in continua comunicazione con so Generale per non !asciarlo esposto a verun serio pericolo, dal quale ne avrebbe ricevuto gravissimo nocumento il procedere ordinato e compatto della marcia generale. E di tale impèriosa necesilà ella missione che gli si affidava, era rimasto tutto compreso il no tro Generai Fanti, allorquando l'avea conosciuta nello assistere al colloquio del Re con Mac-Mahon. Non dimentichiamo questa ciro tanza, alla quale siamo persuasi che - assai più di quanto si è detto e creduto finora - sia dovuto se la vittoria favorì gli alleati. t!ome hB prioEd è appunto colla più ferma intenzione di riuscire a presenl:i p•o l bBllnglin l M ge ol . tare le più ampie prove di questo nostro asserto - al quale si connette non solo alto onore personale pel Fanti e pe' suoi soldati 1 ma ben anche alcun che di gloria al nome italiano - che

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nel venire a parlare della battaglia detta di Magenta noi ci proponiamo di farlo con quella diffusione, che sia sufficiente a mettere in pienissima evidenza tutte quelle circostanze che dimostrano la verità delle nostre parole. Nè si creda che a tale intento noi siamo per preparare un quadro della suddetta battaglia, accomodato ad arte dalla nostra fantasia; attenendoci a si ingannevole partito tradiremmo la memoria dell'uom~ che vogliamo mostrare benemerito d'Italia, e faremmo torto a nbi stessi. S'abbia pertanto fede in tutto quel particolare impegno, che con vero scrupolo di coscienza aqbiamo consacrato ad opprofondire lo studio di questa battaglia in ogni sua più minuta parte , desumendo i fatti e i giudizi su. quanto di meglio ne venne finora pubblicato in Francia, in Germania e in Italia. Che se in alcune cose noi dovremo scostarci dal finora scritto o creduto in proposito, si ritenga pure per fermo, che in questi casi non lo facem~ò che nella più materiale ·certezza di quanto ci si svelava agli occhi per le convincenti prove che avevamo alla mano. E ciò premesso, . veniamo ai fatti dì questa memorabile giornata: (vedi Tavola 1) Per la decisa marcia in avanti dal Ticino, alle 8 del mattino del giorno 4 Giugno, la Brigata Wimpfen dei Granatieri della Guardia passando sui due ponti, resi già abbastanza praticabili, con due pezzi d'artiglieria, andò a stabilirsi sulla sponda sinistra del Ticino ed eseguite due ricognizioni, una su Boffalora e l'al· tra lungo l'argine della ferrovia, ·in cui si scambiarono alcuni colpi colle vedette austriache più avanzate, si ripiegò sul fiume, e prese posizione a 500 metri dalla testa del ponte in muratura. Non era occorsa questa dimostrazione al Generale austriaco Clam-Gallas per convincersi: che anche da Butl'alora gli alleati sarabbero sbucati in forze: se ne era già dovuto capacitare nel vedere fino daJla precedente notte i lavori di riparazioni iniziati sul ponte minato , e il cominciato getto di un altro prossimo al medesimo. In consegue~za di ciò Clam-Gallas avea giudicato inesegui· bile l'ordine speditogli da Giulay nella notte di condursi con due Divisioni su Turbigo, ed anzi. con vera prudenza avea ·richiamate alquanto indietro le truppe, accampate pre~so Cuggiono, fino dalle prime ore del giorno. Ma quando più tardi le due ricognizioni francesi lo avvertirono dello imminente· pericolo di più serio at· tacco che poteva venirgli e dal Ticino e da Turbigo - senza troppo consultare se fosse nelle intenzioni di Giulay che egli accettasse combattimento nella sua posizione di Magenta - prese la


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ar itraria risoluzione personale di prepararsi a ricevere l'attacco da entrambi le parti, e perciò dispose le sue truppe nel modo . e uente : Lungo il Gran Naviglio, e precisamente alla sua sinistra, fra Roh co e Ponte Vecchio di Magenta, postò la Brigata Kinzl ; più a destra, fra la ferrovia e la strada postale, presso Ponte Nuovo di Magenta pose in prima linea la Brigata Burdina, ed in seconda quella di Szabo, e formò cosi il centro della sua po. izi ne sul Naviglio. La Brigata Baltin, inviata a Boffalora e sulla aLLi ua piccola altura di Monte Rotondo, ne formò la destra. ul fronte prospiciente a Turbigo distese altra linea che faceva gomito con quella del Naviglio e piazzò presso Cà Nuova, la ricrafa Kudelka, e più a destra metà di quella di Re~nizek innanzi a Marcallo: queste fanterie staccate fra loro erano tenute in comunicazione dai due Reggimenti Ulani Re delle Due Sicilie postali in località propizia alla loro speciale azione. TI resto del1 .0 e 2.° Corpo rimase occupato attorno a Magenta: la Divi ione Cavalleria di riserva in Corbetta ebbe ordine di spedire ricognizioni oltre S. Stefano, in direzione di Turbigo, per sorvegl iare il nemico da quella parte. Questa attitudine difensiva presa dal Generale Clam-Gallas, era in perfetto disaccordo col piano di Giulay di non dar batta li a che lungo la strada di Milano, e fu d essa che obbligò il Mar . ciaHo ad impegnarsi in formale battaglia sotto Magenta in un giorno in cui avea ordinato il riposo per quasi tntte le sue forz , come abbiamo altrove notato. Circostanza questa che non fu di poco giovevole agli alleati, perchè non permise agli Austriaci di portare rinforzi sul campQ che dopo il mezzogiorno, ed impedì che due intieri Corpi vi si trovassero presenti. Ciò osserviamo per giustificare il già detto sulla buona stella ·d'Italia, che favori molto le nostre armi, suggerendo cattive ispirazioni ai Gen erali nemici. Dalla parte di Turbigo intanto, alla prestabilita ora delle 10 antimeridiane, colla già indicata distribuzione di marcia, movevano le tre colonne di Mac-Mahon, e solo mancava alla Divisione Voltegg iatori la Brigata Ducaen, non.. giunta ancora dalla destra del fiume. In attesa però del suo immediato arrivo, le due Diviioni 'arde, ossia Fanti e Durando, ebbero ordine di lasciare tutt ra libero il passo sul ponte , onde la suddetta Brigata non trova impicci al suo presentarsi sul medesimo. Per questo con• trattempo si alterava di già sensibilmente la distanza di marcia, che dovea correre, pel convenuto piano, fra la Divisione Espinasse


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e quella di Fanti, sulla estrema sinistra di Mac-Mahon (1), e necessariamente più lenta e più guardinga dovea procedere la marcia di questa Divisione, e non coordinarsi più con quella delle altre due colonne. Ed infatti la colonna centrale di Mac-Mahon, non aveva che di poco oltrepassato Cuggiono, quando i Tiragliatori Algerini, che formavano l'avanguardia della Divisione La Motterouge si urtavano contro gli avamposti della Brigata Baltin spinti da Boffalora oltre Bernate e Casate, e li avevano prontamente ricacciati fino alle prime case di Boffalora. Il resto della Divisione, seguita in seconda linea dalla sola Brigata Manèque, dei Volteggiatori Camou, aveva secondato il movimento in avanti della sua avanguardia, e s'era spiegata in battaglia, fra Bernate e Cà Valigio, aprendo un vivo fuoco delle sue artiglierie contro il paese di Butl'alora e l'altura prossima di Monte Rotondo. Questo vivo attacco operavasi fra le 12, e 1'1 pomeridiana, ed Cau•e che er· restano la marcia era personalmente condotto da Mac-Mahon, avanzatosi oltre Cug- di ~lac-Mahon. giono. L'esperto soldato per altro, condottasi in posizione da poter ispezionare il circostante terreno aveva potuto osservare parecchie masse di truppe nemiche, le quali da Boffalora per Cà Nuova si distendevano fmo a Marcallo, e comprendeva per ciò di non potere prudentemente avanzare più oltre col suo centro, quando non si fosse posto in stretta relazione colla sinistra. A tale uopo egli porta in prima linea i Volteggiatori di Manèque sulla sinistra di La Motterouge, onde possano dare la mano a Espinassa; ma nessun indizio si ha ancora dell'approssimarsi di questi, e nessunissima nuova di lui. Giustamente inquieto per simile ritardo del suo Divisionario, Mac-Mahon spedisce messi sopra messi per averne notizia , e sollecitarlo ad avanzare, ma rimasti senza risultato questi tentativi, con opportunissima determinazione il Generale francese, anzichè ostinarsi a rimanere colla sua colonna centrale in si arrischiata posizione, si decide a ritirarla un poco più indietro da Cuggiono, richiamando i Tiragliatori Algerini già pervenuti a Boffalora. Ciò aneniva verso 1'1 f/2 pomeridiana. Questa saggia ispirazione, che a costo ancora del momentaneo sagrificio d'amor proprio, di ritirarsi dinaqzi al nemico, seppe (l) Di questa importante circostanza completamente attribuibile ai Franéesi, non parlarono mai nè le relazioni ufficiali, nè gli scritti particolari pubblicati in Francia. Fortùnatamente esiste una lettera dello stesso Mac-Mahon che ne fa non dubbia fede; e che piit tardi nol citeremo.

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eguire il Mac-Mahon, fu uno dei. principali fattori della vittoria ùegli alleati in questa giornata, perché tolse al nemico la propizia occasione di circuire le tre Brigate di La Motterouge e Camou, e permise più tardi la contemporanea azione risoluta della colonna centrale con quella di sinistra. Data e fatta eseguire questa importantissima disposizio~e, il bt·avo Mac-Mahon, impaziente di sapere cosa avviene sulla sua inistra, retrocede fino a Cuggiono, e di là con piccola scorta di avalleria s'avvia frettoloso verso Inveruno, ove spera trovare· il uo Luogotenente, e non va molto infatti che lo raggiunge in quelle vicinanze. Egli apprende allora che la Divisione Fanti, secondo il convenuto, non è ancora apparsa al seguito d' Espinasse, e che per conseguenza questi, che ha potuto accertarsi della presenza di corpi nemici a breve distanza . dalla sua sinistra, ossia a Lonato Pozzuolo e Bienate (erano pattuglie di Urban) non ha creduto pingersì troppo- innanzi col manifesto pericolo di trovarsi com-. promesso e non poter compiere l'ufficio suo relativamente alla colonna centrale. Tutto quanto egli avea ritenuto essergli permesso, si era stato di prender posizione presso Inveruno col grosso della Divisione, e far avanzare in ricognizione sopra Mesero la Brigata ault, la quale, preceduta da pattuglie di Cavalleria che si erano pinte fino presso Marcallo, aveva constatato che quest'ultimo paese era fortemente occupato dagli Austriaci. Tutte queste cose, che Mac-Mahon apprendeva da Espinasse dm·evano singolarmente preoccuparlo, perché ~ntrariavano i suoi piani, e specialmente poi il ritardo della marcia di Fanti: per altro verso però, dovevano farlo contento della disposizione già presa al suo centro. Non v'era tempo da perdere intanto, e prima di ogni altra cosa, urgeva far giungere presso Espinasse la Divisione Fanti, e a ciò provvedeva il Comandante del 2.° Corpo inviando sollecito un suo Ufficiale direttamente al Re Vittorio, che sapeva f rmo a Turbigo, con sollecitazioni le più premurose perchè mandasse la promessa Divisione a sostenere la marcia d' Espinasse. In appresso, ordinava all'Espinasse di far arrestare in Mesero la Brigata Gault, e di portare innanzi da Inveruno la Brigata Caslagny, metà della quale andrebbe a postarsi sulla dritta di Gault per mettersi in relazione colla sinistra della colonna centrale di La Motterouge, e l'altra metà rimarrebbe dietro Mesero in seconda linea. Con questa disposizione il Generale Espinasse deve attendere il comando di muovere più oltre, che gli verrà spedito da l\fac-Mahon al momento opportuno.


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Provvisto a ciò sulla propria sinistra, Mac-Mahon ritorna al centro~ e vi fa prendere nuova distribuzione alle sue forze, che di-

spone a scaglioni colla sinistra indietro nel seguente modo : fra Bernate e Cà Valigio, lo scaglione di destra avanzato è formato dalla Brigata Polhès : al centrale presso Casate si tiene la Brigata Lefèvre, e quello più ritirato di sinistra lo formano i Volteggiatori di Manèque, non ancora raggiunti da quelli di .Ducaen. Questo ultimo s·caglione deve protendersi a sinistra per dar la mano alla destra di Espinasse, formata presso Mesero dalla mezza Brigata Castagny. Con quest'ordine generale di formazione, che si distende da Bernate a Mesero, il Generale Mac-Mahon si prefigge di esser pronto a muovere non appena venga informato che la Divisione Fanti abbia raggiunto Espinasse, e possa surrogarlo in Inveruno. del· Dalla parte del Ticino intanto - nel lungo intervallo corso lal Gronotiori Guardia lm · pt•riala n.u.occnr10 dal momento in cui s'era aperto il fuoco fra Casate e Buffalora rot;.tuno padroni cldla lmoa d"l fino a quello in cui s'era compita l'ultfma aècennata disposizione ,;,,V Ig ilo, delle forze di Mac-Mahon - erano avvenuti i seguenti fatti. Non appena il cannone del 2.° Corpo avea fatto comprendere all1mperatore Napoleone- il quale s'era portato sul Ticino presso il ponte di Buffalora, e avea fatto raggiungere sulla sinistra sponda i Granatieri di Wimpfen da quelli di Cler ;..._ che Mac-Mahon ayea incontrata resistenza nella sua marcia su Magenta, ossia fra il mezzogiorno e il tocco, aveva esso Imperatore ordinato al Generale Mellinet, di far avanzare le suddette due Brigate de' suoi Granatieri verso il Grande Naviglio, con ingiunzione di muovere su tre colonne, l'una a sinistra su Buffalora, l'altra al centro su Ponte Nuovo di Magenta e la terza a destra su Ponte Vecchio. Il combattimento impegnatosi su queste tre località era stato assai aspro, ma da Ponte Nuovo e da Ponte Vecchio erano stati sloggiati gli Austriaci , e vi si erano stabiliti i Granatieri della Guardia : a Butl'alora per altro la Brigata Austriaca Baltin non si era lasciata smuovere, ed occupava tuttavia le sue posizioni tanto nel paese che sul Monte Rotondo. Questo primo successo sul Naviglio doveva essere bensì lusinghiero per Napoleone, ma nello stesso tempo gli provava che da questa parte aveva a fronte il nemico pronto a contrastar.. gli il passo, come il cannone di Mac-Mahon provava che altret· tanto avveniva da quella di Turbigo. Ora l'Imperatore- che sapeva non avere in quel momento altre forze che la Divisione Granatieri per combattere sul Naviglio, e che quelle che avea chiamate da Novara7 non potevano giungere si presto in suo rinforzo - dove~ ~

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. ere seriamente preoccupato sulla possibilità di mantenersi nelle onquistate posizioni, tanto più che già si vedevano gli Austriaci riordinarsi per venire alla ripresa delle medesime. Nè a ciò solo si limitavano le apprensioni di Napoleone : improvvisamente, dopo il tocco, il fuoco che si era fatto sentire dalla parle di Mac-Mahon avea taciuto , nè più riprendeva. Quale ne po teva essere la cagione, se non quella di un insuccesso del sudletto Generale? Ed in tal caso, era egli prudente mantenersi coi pochi Granatieri sul Naviglio e col Ticino alle spalle? È d'uopo convenire, che una simile condizione di cose, la uale coglieva Napoleone al suo primo presentarsi su di un campo l battaglia, era grandemente imbarazzante, e che l'immensa responsabilità che egli si vedeva dinanzi per quarito sarebbe per fare~ poteva forse suggerirgli il prudente consiglio di richiamare al Ticino i Granatieri, piuttosto che l'audace risoluzione di !asciarli av venturati sul Naviglio. Eppure quest'uomo che riceveva allora il suo battesimo al fuoco, e che mai avea comandati eserciti , si ispieò giusto, e non indietreggiò d'un palmo di fronte al grave pericolo che gli sovrastava. E a ciò si deve il secondo fattore per cui la vittoria si posò sulle sue aquile imperiali, anzi che sulle austriache. Confidando nella propria fortuna, e ben anche sul noto valore rle' suoi soldati, l'Imperatore de' Francesi prescrisse che si mantenessero a qualunque costo le prese posizioni , e sola misura di cautela adottata si fu quella di spedire nuovi messi per sollecitare l'aerivo dei chiamati rinforzi. Dal fin qui detto sul modo con cui si iniziava la battaglia appare manifestamente, che dessa, in questo momento sia per le ondizioni speciali di Mac-Mahon , sia per quelle dei Granatieri, non si presentava con troppo felici auspici pei Francesi. A t hl oi de-·o Se non che, ciò che noi chiameremo il terzo fattore della l'aot•clp~tn p.'lrlenzn della Divi- vi Lloria di Magenta, e che vedremo ben tosto a chi va retribuito, io ne Fanti dal T icl uo. ra in via di compimento, siccome andiamo a dire. Lasciammo le due Divisioni Sarde, giunte da Galliate, innanzi al ponte di Turbigo in aspettazione che la Brigata Volteggi tori Ducaen l'avesse oltrepassato per avviarsi esse pure pel detto I onte alle loro rispettive convenute destinazioni. In tale aspettazione erano trascorse le 10 del mattino, e già tutte le truppe agli ordini di Mac-Mahon erano partite, senza che per anco si avesse novella dai Sardi, che la tmddetta Brigata fosse prossima a presentar i al ponte. Chè anzi da informazioni avute risultava che non andrebbe sì breve il tempo in cui essa lo potesse fare, stante le


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grandi distanze ·a cui si trovavano i diversi suoi distaccamenti sul Ticino da P~nte Uvo Ponte di Lupiate. Il Generale Fanti, il quale - come si disse - avea appreso dalla stessa bocca di Mac-Mahon quale dovea essere la sua particolare missione, e che ben si rendeva ragione di tutto l'inconveniente che per l'andamento generale della marcia poteva venirne dal prolungato ritardo della partenza della sua Divisione, pensò di condursi sull'altra sponda del Ticino, ove stava il Re con tutto il suo Quartier Generale, e di proporgli, in vista del sicuro ritardo di Ducaen, di approfittarne per fare nel frattempo passare la sua Divisione, e averla pronta a marciare tostamente in coda del suddetto Generale fino a Turbigo, e quindi mentre questo avrebbe preso per Robecchetto, essere più sollecito a muovere per Castano e Buscate, onde raggiungere Espinasse e prestargli quell'appoggio che gli era necessario. L'opportunità e ragionevolezza di simile proposta venne immediatamente riconosciuta dal Re, il quale assunse sopra sè stesso la responsabilità di derogare al convenuto con Mac-Mahon, e ordinò al Fanti di dare pronta esecuzione al passaggio del Ticino della sua Divisione. Poteva cosi questa Divisione, verso il mezzogiorno trovarsi tutta quanta in colpnna al di là del fiume, ed anche del Naviglio presso Turbigo e tenersi di fianco alla strada lasciata sgombra per i Volteggiatori, onde avessero libera marcia appena si presentassero. Intanto per altro udivasi distintamente il cannone del combattimento impegnato dopo mezzogiorno da Mac-Mahon col nemico, e si seguitava a non aver notizie dell'avvicinarsi dei Volteggiatori. Più intenso si faceva allora nell'animo del Fanti il convincimento che l'assenza della sua Divisione dal posto - ove a tenore delle istruzioni date dal Mac-Mahon si poteva da esso credere che dovesse ormai trovarsi - fosse per tornare funesta allo insieme delle operazioni di esso Generale. Ripresentatosi quindi il Fanti al Re, gli esponeva francamente il suo modo di vedere, e domandava nuova autorizzazione per essere dispensato di attendere più oltre l'arrivo dei Volteggiatori per mettersi in moto, e di essere invece lasciato partire in sull'istante; lo che d'altronde non pregiudicava per nulla l'ulteriore marcia di Ducaen. Anche a questa nuova proposta, assenti volonteroso Re Vittorio, e sempre sulla sua responsabilità personale permise che la Divisione Fanti si mettesse in marcia, lo che fu fatto poco dopo del.tocco.

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enza dunque l'intelligente ed insistente iniziativa del Fanti, la non meno avveduta e saggia appreziazione di Re Vittorio su quanto le circostanze imponevano di fare, in onta ai presi conv gni, la 2.a Divisione Sarda nella giornata di Magenta non sar bbe partita , e dalla destra del Ticino in prima e quindi da Turbigo, abbastanza in tempo p~r giungere -come vedremo che giun e - sul campo di battaglia, e decidere della vittoria. Vuoi quindi rendersi il dovuto onore ai due benemeriti, cui si deve qu slo fatto, che noi qualificammo di terzo fattore di tale vittoria. larcla d ~ll ~ 01Ed or seguiamo per alcun poco la marcia di detta DiviVlslone FM ti. ione. Verso le 3 del pomeriggio Fanti poneva piede in Castano, e quivi gli si presentava l'Ufficiale spedito da Mac-Mahon al Re illorio per sollecitare la marcia della 2. 8 ·Divisione, dandogli parte d Ila missione avuta, e conseguentemente !asciandogli capire quanl urgente fosse la sua presenza alla spalle d' Espinasse. Non r serruiva il suddetto Ufficiale, senza essere stato informato dal Fanti delle vere cause che avevano ritardata la sua partenza, e contemporaneamente assicurato di tutta la diligenza che egli avrebbe posto nell'avanzare quanto più rapidamente gli fosse po sibile. Poco dopo di questo incontro, una pattuglia dei perlustratori di Cavalleria che Fanti distaccava sul suo fianco sinistro, rientrancl , gli riferiva essersi incontrata dalle parti di Lonate-Pozzuolo con altra pattuglia nemica, e avere scambiati alcuni colpi di fu co con essa. Erano avamposti delle Brigate di Urban, avanzati da Gallarate, per secondare a norma delle istruzioni ricevute. l'attacco che le due Divisioni di Clam-Gallas dovevano portare rso Turbigò, del quale superiormente· facemmo menzione. Più cauto e. guardingo quindi procedeva Fanti da Castano su Buscate, e nel frattempo veniva di nuovo raggiunto dall'AjllLant di. Mac-Mahou, reduce dall'aver conferito' col Re, il quale lo avea fatto accompagnare da un suo Ufficiale di Stato Maggiore, eh recava a Fanti l'ordine preciso di porsi a totale disposizione del Generale Mac..:l\fahon. Verso le 4 il Generale Fanti avea di poco oltrepassato il paese di Buscate, quando gli si presentava nuovo messo di Mac-Mahon, nella persona del suo primo Ajutante di Campo, Comandante Borrel, direttamente inviato al Fanti colle più calde raccomandazioni di avanzare su Inveruno per surrogarvi Espinasse, cui lo avverti va di aver già ingiunto di portarsi avanti per attaccare Marcallo ..

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Nuovo incentivo era questo al Fanti per sollecitare il passo, se gli fosse stato possibile il farlo ancora; ma nello stesso tempo doveva essere per lui speciale argomento di felicitarsi per avere saputo promovere la propria marcia. E qui ci occorre lasciare la Divisione di Fanti, perchè se vogliamo ben comprendere tutta l'importanza della ulteriore sua azione in questa giornata, è necessario far conoscere prima quanto andava passandosi sugli altri punti del campo di battaglia, ed anzi tutto l'avvenuto dalla parte degli Austriaci. rio Giu • Frà le 11 e le 12 del mattino del 4 Giugno era pervenuto ln \.,\ mvo con l'in forzi • u"l CtinJpo AU· al Quartier Generale di Giulay, in Abbiategrasso, l'avviso spedito a:tn;.wo. da Clam-Gallas dell'avanzare dei Francesi dal Ticino e da Turbigo su Magenta, e delle disposizioni da lui prese per contrastare loro il passo, e s'era dovuto riconoscere che una tale arbitrari;t misura presa dal Comandante del -t.o e 2.° Corpo d'Armata, rendeva indispensabile il rinunziare al già stabilito piano di aspe!tare a dar battaglia lungo la strada di :Milano, e di prestarsi invece ad accettarla nella giornata stessa, colle forze disseminale come si trovavano. Sarebbe stato infatti perniciosissimo il lascia l' battere isolatamente. i due Corpi di Clam-Gallas per mantenersi fedeli al piano prestabilito. Vennero quindi spediti celerissimi messi al 3.0 , 5. 0 , 7.0 e 8:° Corpo, cui s'era accordato quel giorno di riposo, con ordini perchè senza indugio. prendessero le armi,· e i a.vviassero a marcia forzata .verso Magenta, per le diverse strad che loro venivano tracciate. Stante però, che tali ordini partivano dopo mezzogiorno, non era lecito lo sperare che dei diver i Corpi chiamati potessero giungere in tempo utile sul campo altro che il 3.0 ed il 7.0 assai prossimi dalle loro stanze di Abbiat grasso, Ozero e Soria; ma per gli altri due la cosa era as. ai dubbia trovandosi essi ben più lontani, ossia a Besate, Fallavecchia, Marimondo, Mereguardo e Motta Visconti. · Comunque, date queste sollecite disposizioni, .il Maresciallo Giulay partiva da Abbiategrasso, e giungeva a Magenta poco prima delle 2 pomeridiane. Ispezionato il campo e prese le necessari e informazioni sullo stato delle cose, esso Maresciallo approfittando del già cominciato arrivo in linea· del 3. 0 e 7.° Corpo, diede il seguente nuovo assetto al fronte di battaglia, che già avea preso Clam-Gallas. Sulla sua sinistra, da Robecco, le due Brigate Hartung e Ra mming, per Casterno e Carpenzago, dovevano avanzare sul fianco di Ponte Vecchio, di cui· si mantenevano padroni i Granatieri Francesi, e mentre la Brigata Kinzl, già respinta, avrebbe ripreso


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un al{acco di fronte, esse avrebbero cercato girarvi alle spalle e ta••liar i Francesi dal Ticino, obbligandoli a gettarsi su Ponte Nuo o. ul centro ossia a Ponte Nuovo, ove la Brigata Burdina era tata p sta fuori di combattimento, e non restava in linea che quella di Szabo, dovevano rivolgersi le due Brigate Gablenz e L bzeltern, alle quali era prescritto che, una volta riuscite a riprend re quella località, si portassero a destra per dar mano alla rigata Baltin, che tuttora si manteneva a Buffalora e Monte Rotondo, onde aiutarla a respingere un nuovo attacco che vi dirigevano i t,rancesi. La Brigata Szabo intanto sarebbe rimasta a ustoùi di Ponte Nuovo ripreso. . ulla destra del fronte, che sensibilmente piegava in direzione di uffalora-Marcallo, dovevano spiegarsi: all'altezza di Cà Nuova, fra questa casa e Buffalora parte della Brigata Baltin; presso la asa uddetta quella di Kudelka; quindi fra la Cà Nuova e Marcallo i due Reggimenti Ulani del Re delle Due Sicilie, e innanzi a Marcallo la metà della Brigata Reznizek, che già prima vi si Lenev.a, e l'altra metà che vi si spediva da Magenta. ulla estrema destra poi, vale a dit·e da Corbetta, dovea ordinar i una forte colonna - composta della Divisione Lillia, ivispe· dita, e della Brigata Palffy di Cavalleria- alla quale era affidato un movime nto avvolgente sulla sinistra dei Francesi, una volta che qu sti i trovassero impegnati solto Marcallo. Norme di contegno per que la colonna erano: che la Fanteria innosservata andasse a piazzar i a Santo Stefano, tenendovisi pronta ad agire al momento opportu no , e che la Cavalleria si spingesse fino ad Ossuna per meglio trovarsi alle spalle del nemico, e nello stesso tempo ve· dere se era possibile comunicare con Urban, cui si supponeva che le Ltruzioni mandate di avvicinarsi a Turbigo avessero fatto avanzare da quella parte. In tal caso anche le Brigate di Urban avrebb ro agito alle spalle di Mac-Mahon. L rimanenti truppe di Clam-Gallas, e del 3. 0 e 7.° Corpo sta ano in riserva a Corbetta, Magenta e Robecco. i prescriveva che l'azione di combattimento si iniziasse con vigorosa offensiva sul Naviglio, e con forte difensiva, in sulle prime, fra Magenta e Marcallo: in seguito si darebbero istruzioni. Era cosi di quattro Corpi d'Armata, delle due Divisioni Ca· valleria di riserva, e della Divisione Urban, che il Maresciallo · iulay sperava potersi valere contro le forze, che avevano in campo i Frane i, le quali si riducevano alle due Divisioni Granatieri e Volteggi lari della Guardia Imprriale, e alle due del Corpo di


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Mac-Mabon, giacche ben poche altre Brigate del 3. o e 4. o Corpo giunsero in tempo sul Naviglio per prender parte al combattimento. La partita pertanto anche in questo momento si presentava in condizioni assai più favorevoli per gli Austriaci che per gli alleati. sfoni deMa non sempre il numero decide delle sorti delle battaglie, gliVani Austriaci per riprendere e questo caso ne tu una delle più luminose prove. Inutili infatti viglio. il Nafurono gli sforzi delle sei Brigate, che abbiamo detto destinate dal Maresciallo Giulay a riprendere la perduta linea del Naviglio, quantunque non si trovassero a fronte in sul primo combattere che le sole due Brigate di Granatieri, cui più tardi si univano quelle di Picard, del Corpo Canrobert, di Charriere e parte di quella di Martimprey del Corpo di Niel, le quali finalmente giungevano in rinforzo dei valorosi Granatieri. Ostinato e sanguinoso ferveva if combattimento su tutta questa linea dalle 2 1/2 circa del pomeriggio fino oltre alle 5, senza che la superiorità numerica degli Austriaci riescisse a smuovere efficacemente i Francesi dalle loro posizioni ; chè anzi verso le 5 perdettero terreno gli Austriaci, ed in prima furon cacciati da Buffalora e da Monte Rotondo, poi vennero respinti da Ponte Nuovo in modo da non osar più riprenderne l'attacco, e finalmente anche da Ponte Vecchio, ove era riescito vano il tentato avvolgimento della posizione. Da questa parte del campo, ove la battaglia ebbe fine nell'indicato modo non ci occorrerà più volgere l'occhio, ma necessita diciamo che i gravi danni soffertivi dai Francesi e la prostrazione delle forze fisiche delle poche truppe, che vi avevano si lungamente e accanitamente combattuto , erano tali, che rendevano assolutamente impossibile l'approfittare dell'ottenuto successo per condursi innanzi verso Magenta. E siccome d'altronde'--non si avevano allora da quella parte altre truppe giunte dal Ticino, che potessero prestarsi a tale uopo, cosi bisognava contentarsi di tenersi in posizione sulla conquistata linea del Naviglio, e rinunziare a qualsiasi moviment.o da essa verso Magenta per coadiuvare l'al· tacco che, dalla parte di Turbigo, andava a iniziare vigorosamente il Generale Mac-Mahon. l\lac-)!ahonav· E questi, che n'era conscio, sapeva ormai di non poter cal- vanza di nuovo colare che sul suo Corpo, sui Volteggiatori di Camou, sulla Bri- su )!agenta. gata Martimprey.- posta a sua disposizione dall'Imperatore, dopo la presa di Buffalora - e sulla Divisione Fanti; che prima o poi sarebbe giunta in linea. Egli però non era uomo da indietreggiare davanti a nessuna più temeraria impresa, e sotto il potentissimo ausilio di quella piena fiducia in sè e nei suoi soldati, ~·-

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he tanto favorisce le proprie operazioni in guerra, l'illustre Gen r le Francese- una volta che fu sicuro, per quanto gli avevano rit rito i suoi messi, del prossimo sopraggiungere di Fanti alla ·oda della Divisione Espinasse - aveva ripresa arditamente la sua marcia offensiva contro il nemico. Staccati dalla Brigata Lefèvre due Battaglioni Cacciatori li v inviati ad occupare Buffalora e Monte Rotondo, onde permetter alla Brigata Martimprey di concorrere alla marcia verso Magenta. Contemporaneamente la Cavalleria del suo Corpo d'Armata eh faceva parte della colonna di destra avanzata per la destra lel aviglio coi Bagagli fino presso Buffalora, passava il suddetto canale sul Ponte di Bernate, ed aveva ordine di collocarsi innanzi a uffalora in guisa da mettere in comunicazione la sinistra dei rpi sul Naviglio colla. destra del fronte di Mac-Mahon. Questo fronte poi era così costituito : A destra, presso Buffalora, la Brigata Martimprey, che avanzerà convergendo alquanto a in i tra per dirigersi su Magenta. Al centro, iu faccia a Cà uo a, si tengono in prima linea, a destra la Brigata Lefèvre, a sini tra quella di Polhès: in seconda linea la Brigata Manèque dei olteggiatori, che ben presto sta per essere raggiunta da quella di Ducaen, la quale finalmente ha passato il Ticino e marcia per la breve via da Turbigo a Cuggiono. A sinistra, la Divisione Espinas e si tiene innanzi a Mesero nella disposizione con cui la lasciò il , nerale Mac-Mahon, ossia: la mezza Brigata Castagny a sinistra d l villaggio di Mesero per tenersi in comunicazione colla destra di l tterouge: l'altra metà nel viJlaggio stesso in seconda linea; in prima, avanti a Mesero, l'intiera Brigata Gault col fronte a Marcallo. Alcuni Squadroni di Cavalleria Francese e Sarda, custodivano quel poco di spazio scoperto che restava tra Espinasse e Iolterouge. Con quest'ordine le truppe di Mac-Mahon muovevano dalle loro posizioni rispettive alle 4 circa del pomeriggio, e la de tra , e il centro si dirigevano all'attacco del nemico stabilito attorno a Cà Nuova: la sinistra su quello che difendeva Marcallo. Ed ecco i risultati finali dei combattimenti che s'impegnarono sui due punti assaliti. A Cà Nuova dura, fin verso le 5 pomeridiane, incerta la lotta tra i Francesi, che dirige in persona il Mac-Mahon, e le Briga1 e Baltin e Kudelka. Ma queste in quell'ora ricevono rinforzi che Giulay ha preso dalle Brigate Gablenz e Lebzeltern, già respinte come si disse da Ponte Nuovo, e stanno per prendere il sopra vvento, quando, per buona fortuna, alcune Compagnie di Marlimprey trovatesi casualmente sul fianco sinistro degli Austriaci


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presso Cà Nuova, con quella iniziativa e quello slancio che sono proprj del soldato Francese , piombano improvvisamente da quel lato sopra al nemico, e in un momento ne hanno disordinate tutte le ordinanze in modo, che non può più tener piede dinanzi al rinvigorito attacco, che alla vista di ciò Mac-Mahon ha diretto di fronte su Cà Nuova. Per ciò, poco oltre alle 5, esso Generale resta padrone su questo punto delle posizioni nemiche, e può disporsi a proseguire la sua marcia per venire all'attacco di Magenta. Non altrettanto fortunate per altro vanno le cose dal lato di Mesero e Marcallo. Quivi, innanzi a quest'ultimo paese, verso le ore 4 1/2 si era impegnato il combattimento fra la Brigata Gault e quella di Reznizek, e la prima avea respinto oltre Marcallo la seconda. Ma un pronto ritorno offensivo· di questa, rinforzata da alcuni Battaglioni spediti da Magenta , avea di bel nuovo ricacciato Gault verso Mesero. Pronto alla riscossa, il bravo Espinasse riordina la Brigata respinta, la rimanda su Marcallo, e frattanto coi due Reggimenti stranieri della Brigata Castagny, che raccoglie e inosservati spinge sulla sinistra del nemico, gli piomba addosso da questa parte, e minaccia tagliargli la sua ritirata su Magenta. L'evidenza di un simile pericolo obbliga gli Austriaci a ripiegare di nuovo da Marcallo su Magenta. In allora Espinasse ordina a Gault di rioccupare Marcallo , di raccogliervi tutti i bagagli del Parco d'Artiglieria e degli altri servizi divisionali e di Lrincerarvisi per meglio essere al sicuro, ed egli coi due menzionati Reggimenti si getta alle calcagna di Reznizek , lo incalza vigorosamente fin presso a Magenta, ove anzi si dispone ad attaccare la stazione della ferrovia , che sta al nord del paese. Ma quivi si trovavano grosse forze nemiche , le quali ben presto si fanno sopra agli imprudenti Francesi, cercaf\dO avvilupparli. In si grav.e pericolo, unica salute è quella di una immediata ritirata, e questa si compie, come lo comportava la critica circostanza, in pieno disordine e sotto la più incalzante pressione degli Austriaci. Rapidamente chiamata dall'Espinasse arriva la Brigata Gault da Marcallo, e giunge in tempo per arrestare a mezza strada il nemico, e dar campo alla Brigata Castagny di riordinarsi dietro le sue spalle. Erano allora di poco passate le 5 del pomeriggio, ossia l'ora medesima in cui la posizione di Cà Nuova era venuta in mano di Mac-Mahon, e conseguentemente questo Generale poteva volgere su Magenta non solo colla sua destra e il suo centro , ma ben anche colla sua sinistra. Ma prima che noi veniamo a descrivere quest'ultimo' periodo della battaglia, nel quale la Divisione Fanti


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col u arrivo decide della vittoria, è necessario si conosca anti·ipalamente quale conseguenza si ebbe sulla sinistra fmncese il m m nlaneo scacco subito da Castagny, e ben anche il come era t·oceduta la marcia di Fanti dal punto ove lo lasciammo presso Inveruno. La prima delle due indicate cose è sommamente delicata, er hè risguarda un fatto, al quale si è creduto bene allora e poi di non dare veruna o almeno pochissima importanza, e del quale noi- enza tampoco volerlo esagerare - non possiamo a meno di t r er il dovuto conto, perchè concorre a far risaltare il merito he r an ti e la sua brava Divisione si acquistarono in questa giornata. Ciò posto veniamo al fatto, non senza premettere, che quanto siamo per dire è della più scrupolosa verità storica, quanmnque non si trovi registrato con precisione dagli scrittori franesi, nè tampoco da altri, che si occuparono di questa campagna. l-ul!a del baA nessuno esperto delle vicende di un campo di battaglia l'nsl i doiiR Divi tono E pm ae. poll'à sembrare strano che non tutti i soldati della Brigata CaLagny, respinti violentemente da Magenta, abbiano dato ascolto alla c iamata che li invitava a riordinarsi dietro l'altra Brigata di .ault, e che non pochi dei medesimi, presi dal panico, siano inv ce corsi disordinatamente fino a Marcallo per riparare più al icuro nelle case di quel villaggio. E si troverà parimenti nell'ordine naturale delle cose in simili casi, che il loro apparire n l mezzo del poco disciplinato personale dei bagagli, ivi raccolto e orvecrliato da piccola scorta, abbia prodotto il più sinistro effetto fra quella gente impressionabilissima. e poi a questa si voglia aggiungere l'altra circostanza della voc aJ,lora sparsa fra il detto personale, che nel vicino paese di Mendrago stavano grosse masse di Cavalle1ia nemica (erano le ,·ed ll della Brigata Palffy, fatta avanzare, come si disse, da Corb Lta insieme alla Divisione Lillia) non farà meraviglia alcuna lo apprendere, che fra quella spaventata turba, la di cui massima parte non erano militari , in un baleno si venne alla più con fusa ed esagerata interpretazione di quanto avveniva dalle parti li Magenta e di Mendrago, e dai più paurosi usci il terribile grido di si salvi chi può. E dal detto al fatto non corse un istante, perchè i ped ni pei primi, e quindi i conducenti dei carri, volgendo indi etro, ,si diedero a scompigliata e precipitosa fuga, per la via d'ond erano venuti, onde riguadagnare il Ticino. In conseguenza eli un consimile falso allarme , la strada da Marcallo a Mesero e nveruno, fra le 5 e le 5 'h del pomeriggio, come lo rammentano pur sempre gli abitanti di quei paesi, non fu ben tosto che un


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lungo ingombro di uomini, cavalli e carri fuggiaschi nel più c m ~ pleto disordine. P rosegue la Ed era appunto in quest'ora che la testa di colonna della Di- marcio dcll~ Pi\" i&ìoae Fanti . visione Fanti, dopo avere respinta dalla piazza stessa di In eruno verso Ossuna una pattuglia di cavalleria nemica (essa pur della Brigata Palffy) procedeva dal detto paese verso Mesero. Prontamente avvertito il Fanti dello sgraziato incontro d Ila sua avanguardia, egli era accorso sul luogo e ben presto vi av a appreso le esagerate cause, che i fuggiaschi adducevano a u a di loro codardia, senza che egli in allora potesse essere in grado di apprezzarle al giusto. Ciò nullameno, il fatto positivo che li stava innanzi agli occhi non era di natura a }asciargli grandi spe~ ranze che la battaglia dalla parte di Espinasse procedesse troppo favorevolmente per questi. Un animo meno calmo e meno risoluto di quello del Fanti avrebbe forse esitato un poco nel decidere a quale partito alt ner i in cosi fatto frangente, e si sarebbe domandato se tornas e più opportuno l'arrestarsi alquanto per prendere più sicure in forma~ zioni sull'avvenuto, o l'avanzare ad occhi chiusi per giungere for e tardi, e Dio sa in mezzo a quale confusione e dirotta della ini tra di Mac-Mahon. .Ma il nostro bravo Generale sapeva che era atteso e h e perciò nulla dovea arrestarlo, qualunque fosse il pericolo che gli si ·parasse dinanzi. Senza esitare un minuto pertanto dié opera immediata a che la marcia della sua Divisione avesse a proseguir . Se non che, quantunque forzatamente arrestata dinanzi ai no lri la disordinala masl?a dei bagagli francesi, ciò non pertanto l'ingombro della strada era tale e tanto che non lasciava sperare i poter essere tolto che in lungo tempo, e ciò naturalmente rilardava di nuovo l'arrivo di Fanti al fianco di chi lo attend va. A sciogliersi da un cotale impiccio provvede immediatamente il no lro Generale col dare ordine alle sue due Brigate di gettarsi a dri tta a sinistra della gran strada, e di marciare innanzi attraverso dei a mpi. Questo tratto del Fanti, intorno al quale noi siamo ben lun ai dal voler dire che egli abbi-a fatto nulla di più del suo preci. o do vere, dimostra per altro come egli sapesse farlo senza pr n dere veruna di quelJe cautele, che forse la prudenza avrebbe r se di rigore. Gli animi della tempra di quello del Fanti sono piti rigorosi nel compiere il loro dovere, e meno prudenti là do v il pericolo è maggiore. Presa l'indicata determinazione, e in.conseguenza delle udite Yoci di presenza di grosse mas.'3e di Cavalleria nemica che venivano


PAktE SESTA dalle parli di Mendrago, il Generale fece assumere alla sua Divisione il seguente ordine di marcia a cavallo della strada che va da Me ero a Marcallo: A ini tra camminava innanzi il 9. 0 Battaglione Bersaglieri, e uilo da quatt ro pezzi, cui tenevan dietro due Battaglioni del3. 0 Reggimento Piero nte. Più a sinistra ancora di questi tenevansi dipo ti a scagli ni i quattro Squadroni del Reggimento Cavalleggeri d'Aosta rinforzati da due pezzi d'Artiglieria. Le rimanenti truppe dell Briuata Piemonte, a debita distanza degli altri due Battaglioni d l 3.0 R eggimento, seguivano la direzione dei medesimi. A d stra della strada, ma alquanto più indietro dell'altra colonna, marcic va la Brigata Aosta col 1.0 Bersaglieri in testa. Con simil disposizione delle sue truppe che permetteva al Fanti d'e e1· pronto a parare qualunque colpo che potesse portargli il nemico sulla sua sinistra, egli riprendeva la propria marcia dirigendo i su Marcallo. Vuoi i notare in questo punto che in causa dell'incontro dei fugcriaschi Francesi e del nuovo ordine di marcia dato alle truppe, cose tulle indipendenti dalla volontà di Fanti, egli avea dovuto perdere non poco tempo , e la rallentata sua marcia attraverso dei campi allr ne avea fatto perdere ancora; non sarà certo esagerazione limitando a un'ora questo tempo perduto : e se noi sommiamo questa colle due perdute sul Ticino , vediamo come ]'arri vo d l •anti presso Espinasse - ove non contrariato da cau e indipendenti da lui - sarebbe avvenuto tre ore prima di quello h avvenne. Se cosi non successe manifestamente la colpa fu dei ' rancesi, e nelle loro relazioni ufficiali essi doveano lealmente dir! , anzi che mendicare le frasi ambigue con cui accennarono al ritardo del comparire sul campo della 2.• Divi· arda. sion Tiunta ali altezza di Marcallo la Divisione suddetta - e trovato questo pnese quasi abbandonato, nello stesso mentre che vi si corgevnno principiati alcuni lavori di difesa campale - il Generale Fanti stimò opportuno lasciare a presidio di quella locali Là un Battaglione delJa Brigata Aosta. "aputo 1 oi dai pochi soldati Francesi trovati in Marcallo, che la Di visione E pinasse avea marciato direttamente per la strada di Magenta, upponendo che fosse ordinata in battaglia a cavallo della medesima, deliberò di non pro~eguire oltre 1a sua maria in avanti come aYea fatto prima colle due Brigate a destra e a sinistra della strada, e volle invece portarle entrambe :mlla sinistra, onde al momento ; in cui raggiungesse il Generale


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Espinasse potesse trovarsi al proprio posto di combattimento ulla sinistra di esso Generale. La Brigata Piemonte pertanto appoggiò sensibilmente a sinistra, e lasciò campo a quella d'Aosta di frapporsi, alquanto più indietro,· fra la sua destra e la strada da Marcallo a Magenta. Del resto, l'ordine generale di marcia non venne menomamente alterato. Di tutte queste disposizioni date presso Marcallo, stimò bene il Fanti mandarne speciale avviso al Generale Mac-Mahon, ed a tale uopo inviò uno dei Capitani del suo Stato Maggiore, il quale dovea in pari tempo annunziare l'immediato arrivo in linea della · sua Divisione. Poderoso cal'l.· E per vedere quanto urgente e propizio fosse un tale ar- csnlramonto dl!lt'li Auolri cl ~otto rivo, gettiamo un ultimo sguardo sotto Magenta, ed osserviamo Mngenta. quanto vi è passato da che Mac-Mahon è rimasto padrone di Cà Nuova, ed Espinasse ha fermato gli Austriaci fra Marcallo e Magenta, ossia poco dopo le 5 pomeridiane. Con molto sano apprezzamento delle cose, il Maresciallo Giu~ lay \ista respinta l'intiera sua fronte verso le 5 pomeridiane ùalla resistenza che avea incontrata sul Naviglio e dalla intraprendente offensiva che si era manifestata fra Cà Nuova e Marcallo , argomentava come i Francesi non fossero ormai per agire gagliardamente che da questa ultima parte: era da questa pertanto che dovea volgersi ogni suo sforzo, perché; respinto Mac-Mahon, la battaglia si potesse dire vinta. E pensava il Maresciallo di averne i mezzi , imperocchè non tutte ancora le sue truppe avevan sofferto dal fuoco , e di quelle che lo avevano sopportato, pochissime non erano in grado di tornarvi. Restavagli dunque un nerbo di forze certamente uperiore a quelle che fino allora gli alleati avevano Spiegate, e ben manovrando con esse si era tuttavia in tempo di assicurarsi la vittoria. A tale intento, nelle viste del MarescialJo, ottimo dovea e ere Serrare compatte queste forze sotto Magenta e quivi mantenerle fino che ben si Cosse spiegato l'attacco nemico ; in allora era il momento di fare agire la Divisione Lillia, chiamandola da S. tefano sulla sinistra ftancese, e ben anche la Cavalleria di PaUI' alle spalle di quella. Quest'ultima mossa assicurava il succes o. Con simile intendimento il Maresciallo Austriaco dispo. e quanto segue ~ Sulla sua sinistra , le due Brigate Hartung e Ramming non riescite nell'attacco di Ponte Vecchio, ma ben ordinate ancora e volonterose, da Robecco daranno molestia verso Ponte Vecchio


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PAR'l'E SES'l'A

alla de tr d i Francesi, come a minaccia di tagliarli dal Naviglio dal Ticino e osassero avanzare dal primo. Di fr ont al Naviglio, fra Ponte Vecchio e Bufl'alora, fa dit nder un 01·done di avamposti che osservi i Francesi, i quali si m an t ngono mpre sulle due sponde del medesimo, senza muovere pas o. ulla part del fronte ripiegata alquanto indietro, colla quale i prefìcrcr di coprire Magenta, i..l Maresciallo forma su due linee le ue Lru ppe: nella più avanzata sta a sinistra, presso al Cimitero, la Bricrat Gablenz ; alquanto più a destra parecchi Battaglioni raccolti d Reggimenti stati malconci lungo la giornata, quindi la Brirrala Ballin e finalmente a destra la Brigata Reznizek che ta n ll'anrrolo che formano la via di Milano e quella di Marallo, ave que ta raggiunge quella. Nella seconda linea si tengono la Brigal Lebzeltern, Kudelka e Szabo. . ulla estrema destra ·la Cavalleria di Riserva, meno Palffy, deve mo~ trar i la Corbetta sulla granrfe strada di Milano e sarà tenuta in comunicazione con Magenta dai resti della Brigata Burdina, eh i t rrà in seconda linea fra Corbetta e Magenta. e due Brigate della Divisione Lillia e quella di Cavalleria di PaliTy, inviate le due prime a Santo Stefano e l'altra ad Ossuna, ricevo n l'ordine di avvicinarsi alla sinistra nemica, e ten r i pronte a gettarvisi sopra. La prima linea di battaglia è irta di numerose Artiglierie, e si ti n nelle pi ù vantaggiose condizioni di terreno. enza calcolare le due Brigate tenute a Robecco, Giulay può disporr al momento contro di Mac-Mahon di nove Brigate di Fant ria e quattro di Cavalleria. n ura re islen· La forza Austriaca è dunque rispettabile, e non sarà sì facile tll rhe lac-Mnrac-Mah on d"l averne ragwne . hon ìnconlrn sol- i mpr a p r co Ila sua, 1a quale t u tt o 10 tngeota. compreso - colla Brigata Martimprey e la Divisione Fanti che sta p r ragcrìunr.rerlo - conta bensì nove Brigate di Fanteria e due di Cavali ria, ma deve attaccare una posizione bene occupata e rinf rzatn. da un grosso villaggio che ofl're le più grandi risorse al ·uo ] ifen ore. Ed in effetto noi stiamo per vedere come vadano ad e s re incerte, in quest'ultimo momento, le sorti della giornata. Anch il Generale Francese, come l'Austriaco, presentava il suo fi'On!e di battaglia disposto su due linee.: provenienti da Cà Nuova i teneva no nella prima, a destra la Brigata Martimprey, al cenlTo l due di Lefèvre e Polhès della Divisione LaMotterouge; n lla . conda, la Brigate Manéque e quella- finalmente giunta di Ducaen, a p. rtenente alla Divisione Volteggiatori Camou; a


FANTt E LA II. Dr1ISIONE SARDA

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sinistra, proveniente da Marcallo, precedeva in prima la Brigala Gault, seguita in seconda dagli avanzi di Castagny della Divisione Espinasse. Poco dopo le 6 pomeridiane s'impegnava il combattimen lo su tutta la linea e si prolungava fin oltre le 6 1/2 senza mani~ ti vantaggi nè da una parte nè dall'altra. Se non che in quest'ora sia che la prima linea francese non si sentisse in pari colla nemica - anche perchè l'Artiglieria di Espinasse pel ca\tivo stato d Ila strada da Marcallo a Magenta non era ancora giunta in linea - o sia che Mac-Mahon credesse opportuno pronunziare più risoluta la sua offensiva, fatto si è che alquanto prima della suddetta ora egli ordinò che i Volteggiatori di Camou avanzassero dalla secon da linea e si andassero a collocare sulla prima a sinistra della rigata Gault di Espinasse, il quale per parte sua dovea richiamar avanti gli avanzi di Castagny. Malgrado di questo, per altrò, i Francesi non guadagnavano terreno, e con grandissime perdite cagionate dalla numerosa Artiglieria austriaca si tenevano in pogizione. Mostravasi assai dubbia perciò la possibilità di spingersi avanti , perchè fino l'ultimo dei loro soldati era impegnato al fuoco, e non una sola riserva restava al Mac-Mahon per decidere l'azione; unica sua speranza era il pronto arrivo della Divisione Fanti sulla estrema sinistra, la quale da un momento all'altro egli temeva veder attaccata dalle forze nemiche, che gli avevano ·denunziate le pattuglie di Cavalleria incontrate da Espinasse e da Fanti. Se ciò si verificava prima dell'arrivo di Fanti, egli· era gravemente compromesso, per non dire quasi sicuramente perduto. L ' arrivo sul La situazione dei Francesi era dunque gravissima, e ben lo cnmpo delln Do'""'ioo ul FMli de· lasciarono trapelare le parole che pronunziò il suddetto Mac-Mahon cido dell vittor ia 8 r \'01"8 tlo· in quello stesso momento, nel quale gli si presentava l'Uflìcial gh spedito da Marcallo dal Generale Fanti, per annunziargli l'im inente arrivo della sua Divisione. « Ebbene D - egli esclamò con vero trac;porto di soddisfazione e riconoscenza - « dite al voslro « Generale, che oggi egli mi ha reso un grande servizio » e non indugiò un istante a diramar l'ordine per un generale attacco. Nè meno significante ed espansivo di queste precise parole i fu poco appresso l'alto grido di esultanza e di applauso, che p roruppe dalle fila della Divisione Volteggiatori di Camou, allorqua ndo si fece udire lo stridulo squillare delle trombe del 9. 0 Bersagli l'i che alla corsa giungeva in linea sulla sinistra di detta Division . E le parole di Mac-Mahon e il grido de' suoi soldati furono allora l'irresistibile spontanea espressione, con cui l'uno e gli altri a ll ~all,


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PARTE SESTA

manil tarano d'aver compreso tutto il pericolo della loro posizione e l rrrande importanza dell'arrivo di Fanti. Se di ciò si per la memoria più tardi' e non ne fecero mai verbo le storie frane i, dobbiamo registrarlo noi che vogliamo rivendicata all'IIalia orrni loria, per piccola che sia, che le spetta. o altrettanto retto criterio, ma nel senso opposto, giudicaa i nel campo austriaco l'apparire di una Divisione Sarda sulla ini tra francese, e dovea naturalmente produrvi sfiducia e sgom nto. Il resciallo Giulay infatti, non appena avea saputo per mezzo della Cavalleria di Palffy, la quale si era scontrata con Fanti a Inveruno, dell'avanzarsi da quella parte dei Sardi - cui egli non poteva conoscere se fossero una o più Divisioni - aveva dovuto convincersi non essere ormai più possibile la mossa di Palffy i Lillia, e convenire anzi richiamarli sollecitamente su Magenta, perché non rimanessero tagliati fuori dal grosso dell'esercito. Ogni sua difesa pertanto veniva limitata dal comparire dei Sardi dalla pa1'le di Mi! no a non perdere le sue comunicazioni con quella cillà .._e anche in quel giorno la forza delle cose gli imponeva di abl andonare Magenta, nel susseguente, in cui egli avrebbe avuto solto mano la totalità delle sue truppe, perchè raggiunto dal 5. 0 e .° Corpo, poteva riprenderla e ricacciare sul Ticino quell forze alleate che si trovassero sulla sponda sinistra del m d imo. In virtù pertanto del doppio descritto effetto che produceva l'arrivo d Ila 2.a Divisione sulla estrema sinistra francese in faccia a Magenta, ne venne, che mentre Mac-Mahon potè decidersi ad ordinare un assalto generale di tutto il suo fronte su quello del n mico, que ti dal canto suo reputò conveniente piegare il capo p r quel 0 io rno alla impostagli necessità, e si predispose a ritirarsi da ·Magenta, deliberato di ritentar la sorte delle armi su quel med imo luogo nel giorno successivo. al qu ste necessarie ed esatte spiegazioni su ciò che può At lone oMeacc d l Berl!llglleri e (] ll'Arll !Ieri• di con iderar i effetto morale dell'arrivo delle truppe di Fanti, pasJo' oli n li ullim,mom entl del- . iamo a v rlere quello materiale, che giunsero in tempo per poter lo baUo.glia, produrr sul campo di battaglia. E per far ciò, riportiamoci su d llo campo nel preciso momento in cui si pronunzia su tutta la lin a l'assalto ordinato da Mac-Mahon, poco dopo le 7 di sera, erchè si è in allora che entra in azione il 9. 0 Battaglione dei n r agli ri di Fanti, che precedeva il resto della Divisione, unitament ai quattro pezzi di Artiglieria. Non i tosto il Maggiore Angelini Comandante il detto Bat· taglione, fu prossimo al posto ove ferveva il combattimento, fatti


PANTI E LA ÌÌ. l>IVISIONE SARDA

deporre i sacchi ai proprj soldati, pe:r: averli più lesti alla mano, parti con essi alla corsa, dirigendosi sul fianco sinistro, ove finivano le file dei Volteggiato ri Francesi, e nel giungervi si trovò a fronte della stazione ferroviaria- del paese. Visto che li suddetti Volteggiatori avanzavano risoluti all'assalto delle posizioni nemiche, anche i nostri bravi Bersaglieri si slanciano contro lo :steccato che chiude la stazione ferroviaria, dietro del quale si tenevano coperti numerosi Austriaci. Dopo accanita zuffa gli Austriaci vengono ricacciati indietro, e i nostri Bersaglieri ·inseguendoli alle reni, penetrano nel paese insieme ai Francesi, e contribuiscono validamente a fame sloggiare gli Austriaci. A ciò ha pure efficacemente contribuito il ben aggiustato fuoco dei quattro pezzi, che accompagnavano i Bersaglieri, i quali son corsi a piazzarsi sulla estrema sinistra della linea di battaglia, e fulminando di fianco le file austriache, e anche le ca e del villaggio, hanno resi mirabili servizi in quel momento. Per questi ed altri fatti parziali pronunciavasi la ritirata ge~ nerale dei Corpi nemici e verso le 8 t/2 il paese di Magenta era quasi completamente sgombro dai medesimi. Il Generale Ma Mahon, che avea le truppe stanche e disordinate dal lungo combattere, non stimò prudente occupare in quell'ora il detto pa se, e gettò soltanto momentaneamente alcuni distaccamenti nel medesimo, per respingere i ritorni offensivi che vi facevano le ultime retroguardie del nemico in ritirata. E fu appunto in questo mentre, che il 9.0 Bersaglieri - il quale dalle conquistate posizioni avea respinto verso Corbetta uno dei suddetti ritorni offensivi, e retrocedeva su Magenta - ebbe improvvisamente a trovarsi sul fianco sinistro un grosso nerbo di Cavalleria Austriacaj che volgeva su Magenta. Non si confon le per questo il braV'o Angelini, spiega la fronte del suo Battaglion contro la Cavalleria, e con rapida triplice salva delle carabine d i suoi Bersaglieri, fa volgere precipitosamente le spalle ai cavallieri nemici, ed impedisce il disordine che i medesimi potevano apportare fra le file dei Francesi, che stavano riordinandosi poco lungi da loro. Appena compito questo, si presenta ad Angelini un Col onnello di uno dei Reggimenti dei Volteggiatori, gli dice aver ordine di portarsi fin sotto Corbetta col suo Reggimento per os rvare quanto vi avviene, e lo prega a prestarsi coi suoi soldati per coprirlo colla necessaria catena di tiragliatori. Non domandano di meglio il bravo Angelini ed i suoi uomini, e fieri di precedere al fuoco i Volteggiatori della Guardia


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PARTE SESTA

Imperiale ull'abbujare della sera si pongono a loro dinanzi nella indicala dir zione, e scontratisi con un forte distaccamento Au~ lriaco, l < ri ano animosamente alla bajonetta: e lo inseguono lìno alle pri m case di Corbetta. Richiamati allora dal Colonnello d i olt crgial ri tornanO" verso Magenta, quale retroguardia dei Vol tegcriatori ·tessi. Mentre ciò fanno, una pattuglia di Turcos che loro passa ,·icina, li previene che a breve distanza, quantunque già buja la sera, si scorge una massa di fanteria nemica, che silenziosa rnarda u 'laiTenta. Pronto il Maggiore Angelin:i, fa volgere i suoi uonini d lla indicata parte, e. vista l'incerta massa che si muove, l fa bet·saglia:re finchè non la vede disperdersi e scomparir . 'iò fal lo il bravo Angelini è lasciato finalmente libero di raggiung re la propria Divisione. f,a Dl\"isio ne Qu sta nel frattempo s'era tutta quanta raccolta pres8o la Fanti nRil avam · po ti frn Magenta stazione d lla ferrovia, e per ordine ricevuto dal Mac-Mahon, stava e CurbeUo.. di. tendendo i in avamposti fra Magenta e Corbetta per coprire la parte più e po la dell'accampamento dei Francesi, per quella notte, da qual ia. i molestia delle molte forze nemiche, che. si erano vi le rilit'ar i in quella direzione. Era qu . la destinazione una bella testimonianza di piena · fiducia che il Generale Francese dava al Fanti e alle sue truppe, non andò per vero dire smentita, perehè con tale e tanta calma e vigilanza v nne fatto detto servizio, che malgrado per tutta la notle fm Mag nta e Corbetta vi fosse incessante movimento di . bandati e di pattuglie d'entrambe le parti, pure non venne dalo nel campo un olo allarme, e tutta la notte si passò tranquilla per gli alleati. Ln Di,'isiDn,. 'allra onorevole missione venne nel mattino del giorno 5 Fanti oc~upB per la prim Il pa <·s incarica la Divisione Fanti dal vincitore della battaglia del di d i logenta. ante denle e questa si fu l'occupazione militare del paese di Mag nla, alla quale, come si disse, non si era reputato prudente il venire nella sera stessa deJla battaglia. Nel menLre pertanto, che le truppe Francesi, agli ordini di ifac-Mahon - nella verosimile previsione che il nemico volesse rialtaccar l all aglia su quella località - al primo albeggiare prendevano o•·dine di combattimento colle spalle al Naviglio, e il fronte a Magenta - rinforzate indietro da quelle che avevano combattuto . ul d llo anale - la Divisione Fanti raccoltasi dai mantenuti avamposti, penetrava da diverse parti in Magenta, . e superando la vi va r i tenza che da parecchi grossi fabbricati opponevano forli grup i di nemici, quivi rimasti rifuggiati, potè prendere completo


~ l FANTI E LA II. DIVISIONE SARDA

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possesso del paese, dopo avervi fatti ben oltre a 500 prigionien. i 'JUali si fece premura di consegnare nelle mani dei Francesi. Ciò fatto, e sempre per ordine di Mac-Mahon, la Divisi nf' che continuava ad occupare gli avamposti verso Corbetta, si fon nò in battaglia fra questa e Magenta, come ad avanguardia pronla n sostenere il primo urto del nemico, se, come credevasi, ei fosse per dare nuova battaglia. Tale è la storia, scrupolosamente fedele dell'operato dal Fa11ti e dalla 8Ua brava Divisione nella memorabile giornata di Mageut :1, e nella notte e nel mattino seguente. E noi lungo la faltane nnrrativa, crediamo averne abbastanza dimostrato tutto il vero w erito per spendere altre parole in proposito (1). (l) A solenne conferma della verità d'ogni nostro dire a questo riguardo, riportiamo qui appresso una lettera che il Generale Mac~Mahon scriveva p111 tardi al Fanti, in occasione che questi si era veduto tacciato in certi Rl'tlcoli di Capitano De la Fruston, inserti nello Spectateur Militaire di Par i~i, di avere mancato di trovarsi al posto assegnatogli nel giorno 4 Giugno. ~" in questa lettera vedremo velate alcune cose ed altre tacciute, non se n1' dovrà far troppo carico alla lealtà del Gt~nerale Francese, il quale dovea b e11<1 giustificare Fanti, ma non gettare troppa luce su fatti dispiacevoli avvenuti nel campo fhulcese. Ed ecco la lettera fedèlmente tradotta nella sua integrità:

un

• Lilla, i& Marzo 18ìll .

« Mio caro Generale, « Mi faccio premura di trasmettervi le spiegazioni, che mi avete fàt t.u « l'onore di domandarmi al riguardo della battaglia di Magenta, e del concor'"'' c che in esso cl ha prestato la Divisione, che allora era ai vostri coman1ll. c Si è detto che i Piemontesi avrebbero potuto arrivar prima che uul c fecero sul campo di battaglia di Magenta. Tutte le volte che ne ho a vnrn • occasione, io mi sono opposto a questa opinione, la quale da me non 'i « spiega in altro modo, se non per una incompleta cognizione dei fa tti, r « degli ostacoli che l'Armata Piemontese ha incontrato sulla sua via. « Allorquando la suddeLta Armata si presentò nel mattino del 4 Gill« gno illB&Dzi al ponte sul Ticino, noi avevamo ancora sulla dritta di q ue ~w « fiume, non già una Divisione, come pare che voi crediate, ma la sola Bt·i c gata Ducaen dei Volteggiatori della Guardia. c Io aveva ricevuto ordine di partire alle lO del mattino, con tut il « 2.o Corpo, e colla Divisione Camou dei Volteggiatori della Guardia. Ve ~o « le 8 t/'> circa, seppi da un Ufficiale dello Stato Maggiore Sardo, che il Re « si trovava sulla sponda del Ticino, e voleva far passare immediatamentC' • il ponte alla sua avanguardia. Io mi portai immediatamente presso S. 111 .. • gli mostrai gli ordini ricevuti, e dopo viva insistenza, ottenni che le .11 .. « truppe non avrebbero mosso, che allorquando :la Brigata Ducaen fosse pa<« sata sulla riva ilinistra. Iaviai immediatamente a questa Brigata l'ordin • •h « mettersi in via il più presto possibile.


PARTE SESTA T.inea di r lti· r11l11. de l1 AU· 5ltlt.Ci.

Re pinto da Magenta il Maresciallo Austriaco, non si era credul battuto in modo da rinunziare ad ogni ulteriore difesa del terreno frapposto fra il Ticino e Milano, ed anzi - certo che per V rso le ore 9 1/J tutto il 2.o Corpo e la Brigata Manèque della Di-

« vi ione Volteggiatori presero le armi, e poco appresso si misero in moto. « Per facilitare la marcia di queste truppe, che si trovavano accampate sulla ini tra del Canale (Naviglio) io aveva prescritto che tutti i bagagli si di« rigessero u Bu:fl'alora per la strada che costeggia la riva destra del Canale: « perciò i bagagli erano obbligati di passare il canale sul ponte presso Tar· « bigo. iò spiega naturalmente come su questo ponte, pel quale voi mede« imo dovevate passare per venire dal Ticino a Turbigo, siasi avverato un « grande ingombro, e il ritardo che in seguito di ciò ha dovuto provare la « vo tra Armata nel suo movimento. Ma passo senz'altro al momento della « azione (a). « Pri ma di eseguire il movimento offensivo su Magenta, io dovei pre« occuparm i di assicurare la mia sinistra, e le mie spalle. A tale scopo la « Brigata Gault della Divisione Espinasse fu lasciata a Inveruno con ordine « di raggiuncrere la sua Divisione, dal momento che ella sisarebbe veduta « urrogata in detto paese dalle vostre truppe, le quali, a norma di quanto « mi avea detto il Re nel mattino medesimo, dovevano seguire la strada per« corsa dalla Divisione Espinasse. Siccome io avea il più grande interesse a di porre il più presto possibile di questa Brigata, così io vi aveva inviato « il mio Primo Ajutante di Campo, Comandante Borel, al fine di pregarvi a « ollecitaro la vostra marcia, per trovarvi in grado all'occorrenza di proc egge1·e il nostro fianco sinistro, e le nostre spalle. Questo Ufficiale Supe · «: riore mi r iferiva avere incontrata la vostra Divisione all'altezza di Buscate, « mi aggiunse, che voi avevate prese tutte le disposizioni necessarie per « effettuare il movimento che io vi avea domandato. « Ed in e:fl'etto le vostre truppe arrivarono abbastanza in tempo, onde · « permettere alla Brigata Gault di raggiungere la sua Divisione prima che « qne ta avesse intieramente occupata Magenta, e il vostro Battaglione Ber· « aglieri, il quale con quattro pezzi di cannone avea preceduta la vostra Divi« Rione pot · prender parte al combattimento. Piti tardi la vostra Divisione, dopo avere in prima bivaccato (b) presso «. la Ferroria sulla nostra sinistra, rilevò in seguito da Magenta le truppe del « 2.o Corpo che l'avevano occupata (c), di guisa che nel giorno 5, prima del « sorgere del sole, tutte le truppe ai miei ordini si trovavano formate in 'bat« taglia fra Magenta ed il canale (Naviglio). « lo non posso dunque che ripetervi oggi ciò che ebbi già a dire ad « uno dei vostri Ufftciali di Stato Maggiore nel giorno della battaglia, e che « piu tardi ho ripetuto a voi medesimo in Brescia, cioè che « la Divisione (Il) Con questa plausibile, ma non esatta spiegazione, Mac·?tlahon trovò modo di p888&1'e soUo l!rand e ritardo della Brigata Ducaen, che fece perdere tanto tempo alla Divisione Fanli. (Il) La frn.se non sarebbe meno esatta, ma più chiara, se avesse meglio fatto comprendere cbe la D1v· ione Fanti, bivaccando, fece il servizio degli avamposti poi Francesi della parte di Corbetta. (c) Aoche questa è una nuova inesattezza, che commette il Mac-Mahon per non essere eoetreUo a dire che fu la Divisione Fanti la prima ad occupare Magenta. Se Cosae vero l'll98erto di Mac•Mahon, com e mal le truppe Francesi che vi sarebbero state prima di lei, vi avrebbero lasciati quei 1100 AuiLriacì, cbe dessa vi Cece prigionieri nel mattino uel 5? s•len~io il


FANTI E LA Il, DIVISIONE SARDA

23\l

l'indomani egli avea pronti a combattere e perfettamen l fre bi il 5.0 e 1'8.° Corpo che non lo avevano potuto raggiungere n l gior-

no avanti (v'ha chi pretende che fossero arrestati in

arcia d l

c Fanti, nella battaglia. di Magenta. mi a."eva. reMJ un gran servizio pri· c miera.mente coll'opportu.no appoggio da. lei prestato alla. sinistra fran cese,

c e quindi permettendo al Generale, che comandava. da. questa parte di di-

« sporre di tutte le me forse :.,

« Vogliate aggradire, mio caro Generale, le proteste della. mia piò distmta considerazione. 1

Il Maresciallo di Frannoa 1

Duca di l ugenl

c MA c-M uto ». Ed ora, che dalla autentica lettera del Mac-Mahon delli 14 Marzo 1861 emerge piena la verità del nostro racconto, ed anche gt•an parte della importanza dell'operato dalla 2.a Divisione Sarda nella battaglia di Magen ta, non po siamo a meno di mettere sott'occhio ai nostri lettori le precise paPol con cui nella pubblicazione ufficiale del Governo Francese- che sotto il titolo di

campagne de l'Empereur Napoléon III en Italie t·edig~e au Depof de la Guerre, era venuta in luce a Parigi nel 1863 - si rendeva conto della parte presa in detta battaglia da quella Divisione. Eccole tradotte: « Al fianco della Divisione Volteggiatori, la Divisione Fan ti cominciò a « formarsi lungo la ferrovia : il 9.o Battaglione Bersaglieri in te la alla o« lonna si spiega io Tiragliatori sulla nostra estrema sinistra, e può accoro• pagnare ancora con qualche colpo di fucile gli ultimi Battaglioni Au t'iaci «. che si ritirano sopra Corbetta :.. Ciò per q nanto si riferiva alla battaglia: per quanto poi all'incai·ico dato dal Mac-Mahon alla suddetta Divisione e nella notte e nel mattino successivo, la medesima relazione ufficiale soggiunge laconicamente : « La Divisione Fanti accampò a Marcallo » In questo paese non avea accampato che il sglo Battaglione di Ao ta, che vi avea lasciato il Fanti nel passarvi, come già da noi si di c. Questi rimarchi non ci vengono ispirati da riprovevole de io di met.tere in vista nuovi torti francesi a nostro riguardo: lo facciamo oll.tl.n o perchè risulti spiegato il come, e allora e poi, non si è tenuto il vero calcolo che si dovea dell'operato della brava Divisione Fanti, e delle aggo e utilissime ispirazioni del suo Comandante nella giornata di Magen ta. E. iamo convinti che se tanto si fosse operato da un Generale e da troppe France i, in allora non avrebbero mancato gli scrittori di quella nazione di paragonare la loro azione a quella di Dessaix a Marengo, e di Blticker a Waterloo. Noi per lo incontro, che pochi giorni prima, avevamo sen tito il gran vanto che dai nostri alleati d'allora s'era menato pel Reggimento di 7.uavi, cbe avea pugnato al fianco di Cialdini nell'ultimo momento del !atto di Palestro, non li imitammo, e ci «Uardammo bene dal reclamare da c i quel po' di gloria che spettava alla bandiera Sarda e che si usurpava la France e. Chè anzi lasciammo perfino che impunemente si accusasse il Fanti di non aver fatto il suo dovere. E si noti, che al Qoartier Generale Principale ardo. ove erano note tutte le circostan~ <lell'&vvelluto, 1i era dato il dovuto :pe o


·~ PARTE SESTA

Mar sciallo Hess, che al campo non avea comando, ma teneva l'alta · arola dello Imperatore) e che buona parte degli altri potevano ne ra tornare al fuoco- avea deliberato di dar nuova battaglia nel giorno 5 in vicinanza al Ticino, per meglio opprimere co' suoi i Corpi d'Armata quelle forze degli alleati che sole erano passate sulla sinistra del fiume. Ltimo era l'intendimento, e chi sa cosa ne sarebbe avvenuto per noi, se anche qui il buon genio d'Italia non avesse suggerito al Generale Austriaco Clam-Gallas una nuova funesta risoluzione p r l'Esercito Imperiale, ossia quella di non attendere ordini superiori per sua norma di condotta, e di volgere, nel corso della notte dal 4 al 5, in piena ritirata su Milano col 1.0 e 2.° Corpo d' 'mata e la Riserva di Cavalleria di cui avea il comando. Queta improvvida mossa che lasciava completamente scoperta la detra. austriaca sotto Magenta, rendeva impossibile pel giorno appr s o la progettata nuova battaglia, e costringeva necessariamente il Maresciallo Giulay a pronunziare la sua ritirata generale dal Ti i no verso il Mincio. E cosi fu fatto sino dal mattino del giorno 5, · r ando mascherarla con qualche simulacro di ritorno offensivo h le due Brigate Ramming e Hartung ebbero incarico di operare da Robecco verso Ponte Vecchio. all'operato dal Fanti e della sua Divisione. Citiamo in prova di ciò la seguente lettera del Generale Morozzo della Rocca, allora Capo di Stato Maggiore del Re: • Brescia, 20 Giugno 18:i9.

« Mio caro Genérale, « l rapporti sui diversi fatti d'armi che ci furono trasmessi dai vari Comandanti delle Divisioni saranno stampati sul Giorna~ Ufficiale. « Il suo, sulla battaglia di Magenta, non fa, a mio avviso, risultare ab« b tanza l'appoggio che l'arrivo della sua Divisione prestò al Maresciallo « Ma -Mahon, e la brillante condotta del Q,o Battaglione Bersaglieri. c: lo la prego quindi a mandarmene un altro, perchè amo che sia conoiuta come le sue truppe, e per conseguenza Ella medesima, che le comandava, si siano distinti nella giornata del 4 Maggio. « Aggradisca ..... . • AIT.mo

« Generale DELLA RoccA ». Questo rimprovero alla soverchia modestia del Generai Fanti - che non crediamo abbia il Generale Della Rocca dovuto ripetere ad altri delli suoi subordinati in quella campagna - onorava in pari tempo chi lo faceva, e chi lo riceveva, ma siccome, come era ben naturale, non otteneva che Fanti dicesse di è quello che prima non gli era parso conveniente di dire, così lasciava le co e c me erano. Auguriamoci che questa tarda ma fedele nostra narrazione avr·à messo in piena luce la 'erità dci fatti.

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FANTI E LA Il. DIVISIONE SARDA

Di tal maniera resa indispensabile per gli Austriaci la ritirata, il Maresciallo Giulay - nella speranza di nou venire troppo pres-

sato nella medesima dagli alleati - si propose fino da quel momento di non arrestarla che al Chiese, ove si prefiggeva riprendere attitudine minacciosa. A tale uopo dispose come appresso. Una più forte colonna doveva formarsi coi Corpi tuttavia raccolti attorno a Magenta, la quale colonna per Abbiategrasso, Binasco, Landriano si sarebbe condotta a Lodi e di là per Crema, Soresina, Verolanuova e Leno - riunita ai due Corpi di ClamGallas, chiamati d a Milano per Melegnano essi pure a Lodi si sarebbe portata a Castiglione delle Stiviere, di là del Chiese. Una minor colonna composta dei Corpi più prossimi a Pavia e Piacenza, le quali piazze sarebbero tosto abbandonate, dovea muovere dall'uno e dall'altro punto e raccogliersi a Pizzighettone, da dove per Cremona e Piadena, essa pure si condurrebbe sulla sinistrd del Chiese a Marcaria. Con questa marcerebbero i grossi bagagli de11' Esercito. Per proteggere il passo dell'Adda, da operarsi a Lodi e Pizzighettone, una forte retroguardia, lasciata a Melegnano, terrebbe in dovere le prime minaccie del nemico. Su entrambe quelle colonne si ripiegherebbero tutti i presidi dei paesi che venivano successivamente lasciati scoperti dall'Esercito di operazione. Con tale ordine di marcia era sempre possibile far fronte agli alleati, da qualunque parte si fossero presentati sul fronte, o sulla destra; il Po copriva la sinistra. Nuova linea dl Mentre il disgraziato Maresciallo Austriaco prendeva queste operazione decli alleati. saggie disposizioni, il fortunato Generalissimo degli alleati, in causa delle non perfette misure della sua grande manovra avvolgente , come il giorno prima avea difettato di truppe per combattere, cosi oggi non avea quelle che sarebbero occorse per approfittare della riportata vittoria, gettandosi alle reni dello scompigliato nemico e apportandogli nuovi e più forti danni. E ciò fu certamente la cagione precipua di quelle inconcludenti manovre che per alcuni giorni si videro eseguire dai diversi Corpi Francesi colla più manifestata inopportunità. Infatti nel giorno 5 non una sola ricognizione si pone sulle traccie dello scomparso nemico, n~ una sola scorreria gli reca molestia. Solamente nel giorno 6 il Corpo di Canrobert muove a destra su Abbiategrasso, e Mac-Mahon a sinistra fino a Rho, mentre Fanti è spinto fino a Nerviano. Nel giorno 7 si dà il vano spettacolo ai Milanesi della vista del nuovo Maresciallo di Francia 16


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PARTE SESTA

e Duca di Magenta, Generale Mac-Mahon, e nel successivo 8 quello dei due Sovrani alleati e della Guardia Imperiale. In questo medesimo giorno Mac-Maholi e Baraguay d' Hilliers fanno grandi evoluzioni coi loro due Corpi d'armata per respingere da Mele· gnano due o tre Brigate Austriache, che riescono a ritirarsi tranquillamente su Lodi. Si direbbe ora che trovata la pesta del nemico i diversi Corpi degli alleati frettolosi dovessero correre da quella parte per obbligarlo a nuova battaglia prima che avesse raggiunte le sue fortissime posizioni fra il Mincio e l'Adige. Ma nulla di tutto questo, e invece adducendo per ragione. che non conveniva gettarsi alle spalle di esso nemico per non trovarsi in un paese depauperato da lui medesimo, ed essere assai preferibile lambire il piede delle Alpi per meglio sorvegliarn.e gli sbocchi da cui potevano giungere rinforzi di Germania (1), si fanno lentamente appoggiare tutti i Corpi Francesi da destra a sinistra, e solo col giorno 12 essi sono a portata di passare l'Adda fra Cassano e Albignano, ossia cinque •iorni dopo che tra Lodi e Pizzighettone lo passarono gli Austriaci. Lasciando per altro a storici più illuminati di noi la· cura di spiegare queste manovre del Quartier Generale Imperiale Francese, noi crediamo aver detto ora abbastanza per far comprendere il come si spiegò finalmente la vera linea di operazione, ossia di marcia, che desso Quartier Generale avea scelta per avanzare sul Mincio. Dessa avea per normale Milano, Treviglio, Antignate. Orzivecchi e Montechiaro, e su questa dovea marciare il grosso dei Corpi Francesi, spalleggiati a destra da minore colonna Francese ed a sinistra dallo Esercito Sardo regolare, che dovea procedere da Milano per Vaprio, Coccaglio, Ospitaletto e Brescia. I volontari di Garibaldi, già avanzati da Como su Bergamo, dovevano aprire il cammino ai Sardi fin sulle rive del Chiese innanzi a Brescia. Giunti su questo fiume nuove disposizioni verrebbero ema. nate a tenore delle circostanze per tutti. Fornite queste necessarie spiegazioni per l'opportuna intelliSpmce--olo inci· d ente eh impedi· • •o ali D1visione genza di quanto segue, raggiungiamo la Divisione Fanti, che laonti d1 cauurare un HrigMa della sciammo nel giorno 5 agli avamposti innanzi a Magenta, e seguiaDivisioo e ·rban. mola nella sua marcia fino al Mincio. Nel mattino del 6 essa avea avuto _ordine di muovere per Ossuna, Casarezzo e Villa Stanza fino a Nerviano, per trovarsi sulla sinistra di Mac-Mahon, che in detto giorno avanzava fmo a (l} Ciò è stampato nella relazione ufficiale del Deposito della Guerra Francese, di cui più sopra parlam.mo.


FANTI E LA Il. DIVISJONE SARDA

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S. Pietro dell'Olmo e. a Rho; e dopo buona marcia, lungo la quale era stata raggiunta dal Re col suo Stato Maggiore, era arrivata a destinazione alle 3 pomeridiane. Qui vi, poco appresso, da una delle pattuglie , irraggiate attorno, vennero tradotti innanzi al Generai Fanti .due soldati Austriaci , fatti prigionieri nelle vicinanze di Cantalupo, i quali dissero appartenere alla Brigata Rupreckt, proveniente da Varese e Tradate, e diretta per Lainate su Monza. Fu chiaro per Fanti che questa Brigata dovea trovarsi isolata a breve distanza da lui, e gli parve possibile riescire a catturarla . con un pronto colpo di mano. Fattane la proposta al Re, e ottenutane piena autorizzazione, purché si desse parte a Mac-Mahon di quanto si andava a fare , in poco d'ora furono pronti a marciare il1.0 e 9.0 Bersaglieri, con quattro pezzi, l'intiero Reggimento Cavalleggeri Aosta e due Squadroni di quelli d'Alessandria. Di questa colonna leggera Fanti affida il comando al suo Capo di Stato Maggiore, Colonnello Porrino, e gli prescrive di condursi con ogni maggior possibile sollecitudine per raggiungere la colonna nemica, e trovatala, intimarle la resa, e se rifiuta, costringervela di forza. Partiva sull'istante il Porrino, ·e seco lui accompagnavansi, come attratti dal desiderio di assistere a si bel colpo di mano, il Generale Morozzo della Rocca , Capo di Stato Maggiore del Re, ·il Colonnello di Stato Maggiore Govone e direttamente volge.vano su Lainate. .E qui. ci sia permesso spiegare con br~vi parole il come giustamente avesse Fanti indovinata la pòsizione critica in cui si trovava la Brigata di Urban. Come altrove dicemmo, per ordine diretto di Giulay, questo Generale nel giorno 4 si era portato colle due Brigate Schaffgotche e Augustin· verso Turbigo fino a Venzaghetto e Binate, e di là in detto giorno e nel seguente avea spinte ricognizioni di Cavalleria fino a Castano , ove malamente erano state accolte da Durando che vi teneva forte avanguardia. · Non visto avverato l'annunziatogli attacco delle due Divisioni di Clam-Gallas sopra Turbigo, e non ricevendo notizie nè istruzioni da verona parte, il Generale Urban, nella sera del 5, inviò messi a Monza e a Milano per aver novelle e ordini, e contemporaneamente ripiegò le due Brigate di Schaffgotche e Augustin a Castagnate, dietro· l'Olona, e richiamò Rupreckt da Varese a Tradate. Giuntegli poi, nella stessa notte del 5 al 6 le domandate novelle, e saputa la disfatta di Magenta, non perdè. tempo a levare il campo da Castagnate, e a prendere a marcia forzata la via di Monza , mentre scriveva a Rupreckt di seguirlo da Tradate per Castagnate


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PARTE SESTA

e inate nella stessa sua via per Monza. Ed ecco pertanto come ul Lardi del giorno 6 la Brigata di Rupreckt si trovava in marcia Cantalupo a Lainate, e si offriva preda della Divisione Fanti. E lo sarebbe certamente rimasta se non interveniva il dispiaceaie incidente che veniamo a narrare. Giunto. il Porrino a Lainate vi apprende che da pochi istanti è cessato lo sfilare della Brigata nemi a, che ha difilato per Garbagnate. Allora il bravo Colonnello galoppa co' suoi sei Squadroni sulla strada di questo ultimo paese, pervenuto sulle rive del Lura, vi sorprende e vi fa prigioniero l'ullimo drappello della retroguardia Austriaca, lo fa rimettere ai B r aglieri che lo seguono velocemente, ed egli prosegue oltre certo ormai del felice esito della sua ardita impresa. Improvvisamente per altro viene raggiunto da due Ufficiali Francesi , scortati da pochi Lancieri , che gli annunziano essere pediti dal Generale Mac-Mahon per intimare la resa al Generale n mica, giacchè egli si trova completamente avvolto da truppe francesi. In conseguenza di ciò pregano il Colonnello Porrino a o pendere il suo inseguimento, perchè il suo solo apparire alle spalle austriache potrebbe far andare a vuoto la già avanzata apel'azi one francese. Esita alquanto il Colonnello Sardo a rinunziare alla bella preda, che ·si teneva quasi in mano, a benefizio altrui, ma riferitosi al parere del Generale Morozzo e del Colonnello Govone, lasciò che i due Ufficiali Francesi proseguissero verso Garbagnate, ed egli rallentò la marcia della sua Cavalleria per dar tempo che si facesse l'intimazione della resa prima. che il nemico si avvedesse della sua presenza. In questo frattempo i Bersaglieri raggiungevano, oltre la Lura, la Cavalleria di Porrino e tutti insieme proseguivano lentamente su Garbagnate, quando s'incontrano coi due Ufficiali Francesi di ritorno dalla loro missione , che dicono completamente fallita, perchè il Generale Rupreckt non ha voluto dare ascolto alle loro rar•ioni, nè credersi circondato da forze francesi. Ed effettivamente il vantato avvolgimento non era che nella mente dei due messi di Mac-Mahon, i quali, con simile non lodevole vanteria, non ottennero altro che di rallentare la marcia dei nostri, e di dar campo o ì al nemico di mettersi in salvo. Imperocchè il tempo scorso da che Porrino avea aderito ·ai loro desideri a quando gli ricomparirono innanzi, non solo era ba ta to perché gli Austriaci prendessero un bel vantaggio di strada, m avea ben anche condotta la sera ed in tale ora era impo sibile l'esecu~ione del colpo tentato. Si rassegnò pertanto il


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Porrino a rinunziarvi, e ripreso il già fatto cammino si avviò per tornare a Lainate; ma giunto sulla Lura trovò il resto della Divisione, che Fanti avea fatto rapidamente avanzare da Nerviano, spoglia dei sacchi dei soldati e dei bagagli divisionali per marciare più sollecita. Riunite così le proprie forze, il Generale si portò fino a Garbagnate, e quivi accampò lungo la grossa strada che da Varese per Saronno conduce a Milano. . Perchè si sappia poi il vero valore dell'accerchiamento preteso, diremo che in seguito all'avviso che Mac-Mahon ricevette dal Fanti, avea spedite truppe per secondario nella sua operazione, ma non fu che alle 9 di sera che poterono giungere a Garba. gnate dieci Battaglioni del Corpo di Mac-Mahon con due Batterie, e alle 11 l'intiera Divisione di CavalJeria del Generale Desveaux. Saputo per altro come erano passate le cose, nel corso della medesima notte, le suddette truppe fecero ritorno verso Rho e rientrarono al loro Corpo. Cosi, per la intempestiva jattanza dei due Ufficiali Francesi la nostra brava 2.a Divisione perdè l'occasione di compiere il brillante colpo di mano, che sì abilmente le avea apprestato il suo Generale. · Marcia delta DI· Nel giorno 7 mentre il Corpo del Maresciallo Mac-Mahon faceva visione Fanti da Milano al Mincio. il suo trionfale ingresso a Milano , la Divisione Fanti marciò da Garbagnate fin presso a quella citta ed accampò a Bettola. Da qui, in forza del nuovo ordine generale di marcia, essa seguì la linea ·assegnata ai Sardi, e senza notevoli incidenti , e per successive tappe da Bettola a Briavacca, a Trezzano e Vaprio, passò l'Adda in faccia a questo paese nel giorno 12, e quindi per Pagazzano, Coccaglio, Roncadelli, Ca.-;tenedolo e Calcinato, ebbe a trovarsi nel giorno 23 Giugno presso Lonato e precisamente accampò nella regione denominata S. Paolo di Lonato, poco lungi da dove stavano por anche le altre Divisioni Sarde. E qui siamo giunti alla vigilia della famosa giornata delli 24 Giugno 1859, nella quale fra Austriaci ed alleati incontratisi in marcia dovea, quasi imprevedutamente, impegnarsi nuova sanguinosa battaglia campale, e siccome in questa, se fu saggio e opportuno, come di consueto, il manovrare del loro Comandante, brillò per altro in ispecial modo il valore dei soldati della 2.a Divisione, così ne diremo quei particolari, che meglio valgano a mettere in evidenza e l'una e l'altra cosa, dopo aver date le necessarie spiegazioni preventive. Incerte mano• Au•tria. Coll'H Giugno il Maresciallo Giulay era giunto col grosso civrefradegliil Chiese e Il Mincio, delle sue forze sul Chiese, e di là avea emanato un ordine del


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I?Ait'l'E SESTA

giorno, con cui anhùnziava alle sue truppe che quivi intendeva arre tarsi, e volgere di nuovo il fronte !il nemico. Ma nello stesso giorno, da Verona, l'Imperatore Francesco · iuseppe bandiva allo intiero suo Esercito d'Italia assumere egli in ersona il comando superiore del medesimo, e questo ormai rinforzato di un nuovo Corpo (1'11. 0 ) venire riordinato in due Armate, delle quali la prima col 3.0 , 9. 0 e 11.° Corpo sarebbe all'li ordini del Generale Wimpffen, e la seconda col1. 0 , 5. 0 , 7.0 e 8.0 a quelli del Generale Schlik: quest'ultimo per altro, dopo lo Imperatore, avere comando su tutti gli altri. La caduta del Maresciallo Giulay non fece èhe si rinunziasse al uo piano di sostenersi al Chiese, perchè di questo medesimo parere era il Generale Schlik, · a cui l' Imperatore avea · laseiata iena facoltà di dar corso alle sue idee. Ma, poco appresso che le truppe Austriache. stavano dispon ndosi sul Chiese, un perentorio ordine da Verona prescriveva he si avesse ad abbandonare la linea del Chiese e accampare fra il Mincio e l'Adige, dove il Maresciallo Hess, l'antico. precettore dello Imperatore, asseriva essere il vero punto invincibile dell'Austria in Italia, ed ove egli medesimo sorveglierebbe la disposizione nuo vamente adottata. Se non che riprende favore nella mente imperil~le il progetto di ~hlik, e non si tosto l' intiero suo Esercito si è condotto sulla si11i tra del Mincio, riceve nuovo ordine di rivalicare suJia destra; nello intendimento di portarsi ad affrontare gli alleati che sisuppon stiano passando il Chiese. ~ non vuole ulteriori dilazioni lo · Imperatore, · avvegnacchè ragioni militari e politiche lo spingono a pronta azione decisiva. Pt·ecipua fra le prime sta la convenienza di dar battaglia formale finché si banno sotto mano tutte le forze disponibili, ·e che agli nll li non giunse per anco il rinforzo del ·5.° Corpo che il Principe Napoleone ha già messo in marcia dalla Toscana. Altra ragion militare che consiglia pronta battaglia, si è quella di ,farlo ptima che il previsto pros.c;imo arrivo· della Flotta Francese nel:l'Adriatìco non richiami sul littorale di questo mare forti distacca.. menti delle forze ora concentrate sotto Verona. Fra le politiche, l'ur-. genza di venire ad un fatto importante, perchè la Prussia, con sua Nota delli 14 Giugno, ha francamente dichiarato che non si decide a minacciare la Francia dal Reno, se non vede prima grossi av· ven im~mti di guerra. · Per questi validi motivi pertanto era stato deciso che· nel giorno 23 l' intiero Esercito Austriaco ripasserebbe il Mincio, e

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PAN'l'l E LA h. DIVtSIONE SARDA

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siccome il Quartier Generale dell'Imperatore Francesco Giuseppe pare che non fosse informato di quanto avveniva nel campo degli alleati, meglio di quello che lo era stato Giulay, così supponendo che i soli Corpi Sardi avessero passato il Chiese in faccia a Lonato e che i Francesi si disponessero a passarlo nel giorno 24, erasi progettato che per questo giorno con una marcia combinata dello intierQ Esercito si volgesse allo incontro. del nemico per attaccarlo nel momento critico in cui il medesimo sarebbe per sbucare dal Chiese. Le particolari disposizioni delle manovre dell'uno e deWaltro giorno erano queste : Nel cors~ del 23, sul ponte di q.o~to , . e per altri gettati a1 Borghetto e a Monzambano, le duè Armate passassero il Mincio, e si disponessero. in guisa, che sulla destro, a Pozzolèngo, stesse l '8.o Corpo; a Solferino, Cavriana e Foresto formassero centro il 1 o, 5. 0 e 7.0 Corpo dell'Armata di Schlik; nel mentre che il 3. 0 , 9. o e 11. 0 dell'Armata di Wimffpen, ·distribuiti fra Medole, ·Guidizzolo, Castel G1imaldo e Gazzoldo costituissero la sinistra. A Tezze sarebbe postata la Cavalleria di Mensdorff. J.a Divisione Jellacic composta delle truppe richiamate dalle Romagne e dai Ducati, e raccolte allora sotto Mantova, dovea condursi per Ospitaletto fino a Re· dondesco. · ll Quartier· Generale dell'Imperatore si terrebbe a Valeggio sulla sinistra del Mincio. Pel giorno 24 - nella certezza che i Sardi si trovavano a Lo. nato e nella supposizione che i Francesi fossero per · passare i1 Chiese nel tratto che corre dal Ponte S. Marco fino presso Acquafredda -la destra, S.o Corpo, avanzando da Pozzolengo, dovea tenete in rispetto i ~di; il centro, .1.o, 5. 0 e 7.° Corpo; dovea marciare concentricamente su Castiglione delle Stiviere, da dove si presumeva incontrerehbe il nemico proveniente da Montechiaro; la sinistra~ 3.0 , 9; 0 e 11.° Corpot spiegandosi a po.co per volla verso il Chiese si porterebbe sul fianco destro francese, gli chiuderebbe il ritorno sopl,"a detto fiume; e lo· spingerebbe sul proprjo centro: la Divisione Jellacic dovea ~ener d'occhio Cannetto e Piadena sull'Oglio; ove si temeva comparisse il 5. o Corpo del Principe Napoleone, che si · sapeva: giunto al Po. · .. . . . ·Ogni Corpo ·avrebbe prese le armi per marciare alle o~e 9 1/ 2 del mattino, dopo avere mangiata la zuppa; questa or.a di partenza era stata calcolata in ragione del tempo che si voleva lasciare al nemico di avventurare sulla ~inistra. del Chiese la. maggior parte delle sue forze.


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PARTE SESfA

Nel desiderato caso di buon successo di questa marcia combinata, si sperava di riescire a tagliare gli alleati dalle loro comunicazioni con Milano, e a rinserrarli fra il Lago di Garda e .la Val Sabbia. A prudenziale misura per altro, per un caso sinistro, si era ordinato che le prime truppe, le quali nel giorno 23 pervenissero ulle posizioni di Pozzolengo, Solferino e Cavriana, avessero a praticarvi immediatamente quei lavori di difesa campale , i quali nel caso presumibile di un forzato ritorno sul Mincio, potessero favorire l'ostinata difesa di quelle località, che conveniva tenere fino che non fosse compito il passo di detto fiume. Non v'ha dubbio che questo piano era bene immaginato e h ne studiato, ma peccava essenzialmente per la sua assoluta inopportunità, avvegnacchè supponeva trovare il grosso degli alleati poco al di qua del Chiese, mentre già da due giorni gran parte delle loro truppe lo avevano passato, ed erano disposte in guisa da rendere completamente vana ogni manovra progettata. E non olo ciò andava a verificarsi, ma per di più in forza del piano di marcia che gli alleati si prefiggevano nel giorno 23 per condursi ul Mincio nel successivo 24, dovea avvenire che gli Austriaci fo sero sorpresi quasi ovunque nei loro accampamenti senza avere ancora potuto pronunciare la loro marcia. Ma ci affrettiamo a soggiungere che un tal fatto non era il prodotto di predisposte miure del Comando in Capo degli alleati, ma di semplice e fortuito ca o, giacchè, per bizzarra combinazione di poco huon servizio nei due Quartieri Generali, come gli Austriaci ignoravano la prosima presenza dei Francesi, così questi ignoravano la loro. Gli alt Bll nvo.nE di questo dànno prova la più manifesta le disposizioni che t:ano dnl Cbi e nel giorno 23 emanavano dall'Imperatore Napoleone pel da farsi al ll lnciu. nel giorno 24. Egli - cui era noto che da più giorni gli Austriaci s' rano portati tutti sulla sinistra del Mincio ed ignorava compie-· tamente che nel 23 stavano ripassando sulla sua destra - avendo ricevuto nella sera di esso ~ i rapporti di tutte le esplorazioni pinte verso il Mincio, vi avea trovato che Pozzolengo, Solferino, Cavriana e Medole, erano occupati da forti Gran Guardie nemiche, che vi si erano trincerate. La presenza di questi forti distaccamenti austriaci sulla destra del Mincio era spiegata dallo Imper:1tore Napoleone come intesa ad opporre alla sua marcia su quel fiu me sufficiente resistenza per poter comprendere i veri punti per dove egli si proponesse pas.c;are il detto fiume. In conseguenza di questo ragionamento, che non mancava di iustezza, volle Napoleone che per tutto il fronte della marcia


FANTI E i..A n. DIVISIONE sARDA

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che si prefiggeva compiere nel 24 per avvicinarsi al Mincio, ogni colonna fosse preceduta da speciale ricognizione armata, abbastanza forte per espugnare da sè sola quei punti che trovasse fo rtemente occupati e difesi dal nemico. In previsione poi di simi li speciali combattimenti venne ordinato che le ambulanze reggimentali avessero a seguire le dette ricognizioni, o almeno tenersi a portata delle medesime per qualsiasi occorrenza. In punto all'ordine generale di marcia, esso era normale alla stanza dei Corpi nella sera del 23, ed era così concepito : Canrobert , che tuttavia sulla destra del Chiese , a Mezzane, formava la destra degli alleati, dovea passare il fiume e muovere direttamente su Medole. Niel colle due Divisioni di Cavalleria Desveaux e Parleneaux più a sinistra in Carpenedolo, muovere fino a Guidizzolo. Mac-Mahon a Castiglione, e Baraguay d'Hilliers a Esenta, formanti insieme il centro, marciare l'uno su Cavriana, l'altro su Solferino. La Guardia, come riserva dei Francesi, da Montechiaro, sul Chiese portarsi fino a Castiglione. La sinistra, formata dalle quattro Divisioni miste Sarde, e da quella di Cavalleria (la Divisione Cialdini coi Volontari Garibaldini era stata spedita da Brescia su per la Valle Trompia e la Camonica in osservazione dei passi alpini che vi si trovano) marciare in questo modo: la 1.a, 3.a e [).a Divisione partire da Lonato, Desenzano e Rivoltella, e convergere per tre vie verso Pozzolengo; la 2.a Divisione, Fanti, e quella di Cavalleria rimanere in riserva, la prima a S. Paolo di Lonato, la seconda presso Rivoltella. Era prescritto che ogni Corpo avesse ad aprire la sua marcia alle 3 precise del mattino, e che prima le truppe avessero bevuto il loro caffè. La zuppa l'avrebbero mangiata una volta giunte a destinazione, ove comodamente potevano trovarsi prima delle cald e ore del giorno. Ragguagliando fra loro le misure prese nell'uno e nell'altro campo per la giornata del 24, si scorge a prima vista come pe r le savie disposizioni di Napoleone, quantunque ignaro della presenza immediata di tutto l'Esercito nemico, gli alleati, fin dal primo momento in cui incontrarono gli Austriaci, si trovassero in migliori condizioni di questi, perchè avevano le proprie Avanguardie pronte a combattere, mentre per lo conlrario la tarda partenza prescritta agli Austriaci li fece sorprendere tuttavia accampati. Nelle più avanzate ore della sera del 23 perveniva avviso all'Imperatore Napoleone, nel suo Quarlier Generale di Montechiaro,


PARTE SESTA

he grosse forze nemiche si erano condotte nella giornata da ManL va verso Redondesco (era la vera , ma esagerata marcia della ivisione Jellacic). Preoccupato alquanto di un simile eccessivo rolungarsi della sinistra nemica, da Mantova al Chiese, l'lmpe.. ra.tore stimò bene provvedere con altrettale prolungamento fatto eguire alla sua destra, e per ciò fare, nel corso della notte, spedì elere messo al Maresciallo Canrobert, che gli portasse l'ordine di non marciare più direttamente da Mezzano a Medole, ma di avan~ z ·e sulla destra del fiume fino a Visano, passare il Chiese fra questo paese e Acquafredda, e volgere quindi su Castel Goffredo, tenendosi bene in guardia per quanto potesse operare il Corpo nemico omparso a Redondesco. Accennammo a questa modificazione portata. alle già date di posizioni, perché essa fu causa di qualche disequilibrio nelle mosse di tutti gli altri Corpi , come vedremo, ma diede ·in -pari t mpo luogo ai diversi Comandanti dei medesimi dr aceonciamente ri mediare al nato inconveniente. Dietro questi preliminari schìarimenti possiamo ora seguire Primo s~oD lro del due E3erciU . le fasi della battaglia che va ad impegnarsi. Fra le 5 e le 6 del mattino avveniva su tutto il fronte di marcia degli alleati l'incontro delle avanguardie delle prescritte ricognizioni , le quali precedevano _ciascuna colonna, colle piò vanzate vedette dei diversi accampamenti austriaci, e ovunque a poco per volta si impegnava il combattimento in guisa che mal ifestamente- accennava a prendere sempre maggiori proporzioni. Da ogni parte partivano messi pel Quartier Generale Imperiale r.he recavano notizie di constatata forte presenza. del nemico su ,iascun punto. Essi raggiungevano l'Imperatore, men~re fra le 6 c l 7 con tutto il suo Stato Maggiore camminava già da Montechiaro a Castiglione delle Stiviere, udendo il cannone , il di cui tuono glì perveniva da ogni direzione del suo fronte di marcia. Giunto alle 7 1/2 a Castiglione, l'Imperatore era salito su di Ottime diaposi· tlopl pr·ese dogli un campanile, e giudicando dalla vivacità della cannonata che vi alle tL si faceva sentire, e dalla es~ensione delle nubi. di fu_mo che si scorgevano del numero di truppe c~e ormai dovevano essere entrate in combattimento sui varj punti, non ritenne più oltre che gli Austriaci si trovassero sui medesimi in poca forza, come aveacreduto nel giorno prima , e si persuase invece,· e lo disse a pert, mente ai Generali del suo Stato Maggiore~ di avere a che fare c ll'intiero esercito nemico. · Considerando poi la grande estensione, che dai rapporti allora ricevuti gli risultava avere il fronte occupato dal medesimo da ·


FAN'i'i E LA It. DIVISIONE SARDA

S. Martino .fino a Medole, e argomentando dalla notizia avuta nella notte che dovesse prolungarsi ancora fino a Castel Goffredo pel Corpo uscito da Mantova, e avanzato per Redondesco, ne trass sano argomento per indurne una viziosa debolezza su tutta la linea n mica, e prefiggersi conseguentemente di raccogliere quan te più forze poteva al suo centro per sfondare con esse il centro nemico, che manifestamente dovea trovarsi presso Solferino. E a tale opportunissimo intento, mirarono ben tosto tutti li ordini cl te egli diramò nel proprio campo. Fatto il giusto calcolo, che l'ordinata deviazione a destra, ver o Castel Goffredo, toglieva a N.iel, innanzi a Medole~ l'efficace appoggio di Canrobert, e che la marcia prescritta a· Mac-Mahon dn Castiglione .a Cavriana, lasciava sempre. più isolato ed esposto il suddetto Niel, egli raccomandava al Mac-Mahon di appoggiare al quanto a destra per dargli mano. Le Divisioni Desvea!JX e Pàrteneaux di Cavalleria, avrebbero d'altronde servito a congiungerli meglio fra loro. A ·chiudere poi il vano che l'appoggio a ··destra di MacMahon lasciava fra questi e Bar~cr\Iay d'Hilliers, marciante da Esenta a Solferino, si provvedeva con che la Cavalleria Morrys della Guardia vi accorresse ~ollecita da Montechiaro come anche le Fanterie di detta Guardia, le quali però si sarebbero tenute più serrate a Baraguay d'Hilli.ers per rafforzarlo coritro il centro nemico. Pei Sardi non venivano variate le istruzioni per la 3.• e 5. • Divisioni miste e per quella di Cavalleria, ma si invitava il RP a disporre perchè la 1.a, che dovea e8sere in marcia verso Madonna della Scoperta, e la 2.a, mantenuta al suo accampamen t di S. Paolo, venissero spedite con sollecitudine verso il Corpo rll Baraguay per dargli mano contro Solferino. Cosl l'Imperatore Napoleonç facendo convergere le tre Divisioni di Baraguay, rinforzate dalle due della Guardia Imperiale e dalle altre due di Fanti e Durando, senza sconcertare il resto del suo fronte, saggiamente predisponeva le cose per riescire a sfondare il centro nemico. l !1 >111 ! mperrt· ~ se quest'ottima ispirazione, di cui gli resero gran meril gli intelligenti, dovea rendergli propizia .la sorte delle armi iu el i vlferloHo. quella giornata, gliela dovea cattivare puranco la condotta pel·sonale che egli ebbe nella medesima, quando specialmente la si ponga a confronto con quella del suo imperiale avversario. Fin dalle 5 del mattino infatti Napoleone III monta ·a cavallo in Montechiaro, e alle 7 1/l da Castiglione ha compreso che si tratta di generale battaglia, ed ha diramate le opportune f ul l

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PARTE SESTA

disposizioni. Portasi quindi in prima linea fra i combattenti sotto olferino e vi si tiene in pericolosissimo posto (1), finchè non vede pup-nata la posizione. Raggiunge allora, e sempre in prima linea, le truppe che guadagnano terreno verso Cavriana, e non le lascia be quando è ces~ato il fuoco. L'Imperatore Francesco, per lo incontro, non si trova sul campo che alle 9 del mattino, si ferma colle riserve, che occupano allora Cavriana, e di là non sa persuadersi, se non dopo le 10, che sia impegnata formale battaglia. Sono ptchi gli ordini che egli fa diramare alle sue truppe, e quei pochi ancora giungono lardi alla bisogna: alle 2 del pomeriggio ha compreso che tutto ' perduto, e da Cavriana volge diretto su Villafranca in mezzo alle fuggiasche sue truppe. Conveniamo che il primo dei suddetti due Imperatori avea più diritto del secondo alla vittoria. Sotto si diverso comando pertanto sui due opposti campi, la attaglia avea preso generale incremento, e noi ne riassumiamo fi n d'ora brevissimamente le peripezie estranee all'azione della Di visione Fanti per potere poi di seguito esporre quelle in cui essa ebbe bella parte. (voot Tavola n.) Niel, sulla destra francese, lottò alla lunga da solo contro il grosso dell'Armata di Wimpffen, fra Medole e Guidizzolo ma quando finalmente nel pomeriggio potè ricevere rinforzi da Canrobert, avanzò risoluto su Medole, prese Cà Nuova, Baite, e Rebecco, e verso le 6 cacciava da Guidizzolo le ultime truppe di Wimpffen che gli stavano ancora di fronte. Il Niel ebbe la più gloriosa parte in questa giornata, e ben a ragione ottenne in compenso il bastone di Maresciallo di Francia: Wimpffen, fu o inetto o disgraziato, chè ben non sapremmo dirlo, perchè fra le altre cose non potè valen~i delle due Divisioni della Cavalleria di Riserva di Mensdorff, che tanto potevano essergli utili sui piani del campo Medolano, perchè il Mensdorff, adducendo di avere i ca' 'alli affamati da 24 ore, si rifiutò ad entrare in azione. Mac-Mahon, prima del meriggio, osteggiò innanzi a Casa Mori no sul çampo Medolano e si sbarazzò bravamente di alcune rigate di Wimpffen, e dopo il meriggio, quando Solferino cadde in potere de' suoi camerata, volse a sinistra su San Casciano e avriana, e coadiuvato dai Volteggiatori della Guardia , scacciò (l) Sul Monte Fenile, ove parecchi del suo seguito vennero feriti, ed il I!I Uo Medico particolare, Barone Larey, ebbe ucciso il cavallo da palla ne-

mica.

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successivamente gli Austriaci da queste posizioni, di cui verso le 3 si trovò in possesso. Baraguay d' Hilliers colle sue tre Divisioni, dalle 5 fino oltre le 11 del mattino procedè con ostinata bravura dalle Grole verso Solferino lottando con due intieri Corpi Austriaci. In quest'ultima ora fu raggiunto da Regnault de Saint-Jean-d'Angely, che gli inviò i Volteggiatori di Camou sulla destra, e gli permise così rinvigorire gli assalti che per tre lati portava contro il centro austriaco. Per cotal guisa, non era ancora suonato il tocco, che il nemice fu costretto ad abbandonare a Baraguay l'intiera posizione di Solferino, volgendo in disordinata ritirata al Mincio, nelle tre direzioni di Pozzolengo, Monzambano e Valeggio. pee&ale Le tre Divisioni Sarde impegnate al fuoco dalle 5 fin'oltre al delAtlooa rdl 11 San . IRrtlnn a la· meriggio non avevano avuto sorte egualmente propizia dei Corpi don n delta Scoperta., Francesi. La 1.• avea da principio avanzata la Brigata Granatieri a Madonna della Scoperta, che poi s'era dovuta ritirare, e non era che verso il tocco, che la Brigata Savoja giungeva sul campo a rinforzare i Granatieri. Pendeva allora indeciso il combattimento da quella parte. La 3.• e la 5.•, le di cui deboli avanguardie verso le 7 avevano potuto respingere gli avamposti nemici oltre S. Martino, le avevano dovute ritirare, non appena contro di esse era avanzato il grosso dell' 8.° Corpo Austriaco. La 3.• era allora accorsa e avea riguadagnato alquanto terreno, ma poi lo avea di nuovo perduto verso le 9 1/2. Succedeva ben tosto altro isolato attacco della 5.• dopo le 10 1/2, ma anche questo riesci va infruttuoso contro le esuberanti forze austriache, le quali dopo mezzogiorno restavano padrone di tutta la posizione di S. Martino, mentre le nostre due Divisioni dovevan riparare alquanto indietro per riordinarsi a nuovo attacco. Da questo momento il nostro racconto cessa dalle generalità sullo sviluppo della battaglia al centro e alla destra, ed entra nei particolari di quanto va a passarsi sulla sinistra, ove debbono avere brillante parte le due Brigate della Divisione Fanti. E giacchè dobbiamo necessariamente intrattenerci di ciò, ne approfitteremo per far risaltare col nostro veritiero racconto tutta la erroneità di due asserzioni, che la stampa militare francese e germanica ha emesse al riguardo dei fatti di S. Martino , e che nessuno dei pochi scrittori italiani su simile argomento ha finora cercato di rettificare. Verte la prima sulla pretesa grande superiorità numerica dei Sardi sugli Austriaci: la seconda sulla gratuita opinione che 1'8.0 Corpo Austriaco, comandato dal Generale Benedek,


PARTE SESTA

non abbia abbandonate le sue posizioni di S. Martino perchè cacciatone di viva forza dai Sardi, ma per lo invece solamente quando la ritirata degli altri Corpi dell'Armata di Schlik :ai di là del Mincio, ha fatto credergli inopportuno il mantenersi più oltre in dette posizioni. . L'inesattezza di questa seconda asserzione apparirà manifesta di mano in mano che andremo sviluppando il racconto dell'ultimo periodo della battaglia attornQ a S. Martino, e non è quindi il caso di occuparcene ora: per lo contrario ci sembra opportuno farlo fino da questo momento per quanto riguarda la forza numerica delle due parti. Le forze Sarde Le quattro divisioni Sarde che combattevano sotto S. Martino • le forze Austriache in quelle non presentavano certamente in quel giorno un effettivo completo poai&.ionl. di 40,000 combattenti, ed una di queste ancora non entrò in azione che dopo il pomeriggio, ossia nell'u~timo periodo della battaglia. Fino oltre il meriggio pertanto non furono che 30,000 Piemontesi che affrontarono gli Austriaci di Benedek. Ora, stando ai rapporti ufficiali di questi ultimi le cinque Brigate di cui constava 1'8.0 Corpo dj Benedek presentavano un effettivo di 27,800 uomini, ai quali va aggiunta la Brigata Reichlin del 6.° Corpo, messa a disposizione di esso Generale, presso Pozzolengo, e inoltre le due Brigate Gaal e Koller del 5.° Corpo, che furono quelle contro rli cui ebbe a sostenersi la 1.• Divisione a Madonna della Scoperta. Per poco che si calcoli l'effettivo di queste tre Brigate in ragione delle altre non si può a ineno di sommarie ad altri ·15,000 uomini. È innegabile dunque che se anche le intiere sei Brigate delle tre Divisioni Sarde fossero state condotte al fuoco dalle 5 al tocco, lo che disgraziatamente non fu, esse si sarebbero trovate a fronte di otto Brigate austriache, le quali ai 30,000 Piemontesi potevano opporre non meno di 42,800 Austriaci. E quando più tardi la Divisione Fanti portò al fuoco il suo contingente di altri 10,000 uomini, non si trovarono per questo scemate le file nemiche, e rimasero puranco inferiori i Sardi di oltre a 2000 uomini degli Austriaci. Queste cifre autentiche e storiche danno la più solenne mentita a chi ebbe il mal vezzo di esagerare le forze nostre, e diminuire le nemiche, e valgçmo cosi a provare luminosamente il nostro primo asserto. Nè con minore evidenza rimarrà dimostrato il secondo da quanto siamo per dire in seguito. L'invito che poco dopo le 8 l'Imperatore Napoleone avea inLa Divisione Fanti muove da S. Paolo di Lo- viato a Re Vittorio Emanuele perchè la 1.• e 2.• Divisione avesnato versO Sol· sero a rinforzare il Corpo di Baraguay, pel tempo impiegato a ferino.

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trovare il Re e queUo occorso per farlo pervenire fino a S. Paolo di Lonato al Generale Fanti ivi accampato, non era giunto in mano di quest'ultimo che passate le 10 del mattino, e per quanto la sua Divisione avesse sollecitato a levare il campo e .ordinarsi pron~ente in marcia, non era stato possibile alla inedesima di porsi in cammino prima delle 11. Riceve controre le •ue BriPer anguste e disagevoli strade precedeva la Brigata Piemonte dine gale hanno di versotto il comando del Generale Camerana,~ seguiva quella d'Aosta, a. destinazione. agli .ordini del Generale Cerale, e camminando per la prescritta via verso le Grole, alquanto prima dell'una pomeridiana pervenivano al Cascinale detto_Fenile Brusa, e quivi stavano facendo una piccola fermata per riordinare la colonna di marcia. In detta posizione venne raggiunto il Fanti da un nuovo messo reale, che gli significava non ~ere più necessario il suo concorso dalla parte di Solferino, e quindi potere egli inviare una delle sue Brigate direttamente verso S. Martino per rinforzare la 3.• e 5.• Divisione, e l'altra Brigata a Madonna della Scoperta per fare altrettanto colla 1.• Di· visione. Questo contr'ordine spedito al· Fanti non era che la conse· guenza del buono andamento· ormai assicurato a Baraguay sotto Solferino, per cui non gli ç>ccorreva più il soccorso delle due Divi· sioni Sarde. Di ciò pertanto il Quartiere Generale del Re aveva saputo approfittare per valersi dalla Divisione di Fanti, onde cercare di ristabilire, tanto dalla parte di S. Martino, come da quella della Madonna della Scoperta, le vicende della giornata, che siccome abbiamo già fatto vedere, non erano avviate troppo favorevolmente per le tre Divisioni ivi combattenti {1). Fanti colla BriNon si tosto il Generale Fanti avea ricevuto il riferito con- sata Piemonte t.a soccorre tr'ordine, faceva eseguire alla Brigata Aosta, che stava in coda, Divisione ala Madella Scouna contromarcia nell'angusta via ove si trovava, e prescritto a donna perta. Cerale di marciare sollecito per Navicella, Castel Venzago, Contrada S. Pietro e la Venga , per giungere a S. Zeno , ove si sarebbe posto a disposizione della 4.• e 5.• Divisione. Egli stesso poi, col Generale Camerana e la Brigata Piemonte, dirigendosi verso Ma· donna della Scoperta- ove sapeva doversi trovare la 1.• Divisione \l) Il merito a chi va: in una lettera che il Generale Fanti scriveva dal campo in data 5 Luglio ad un amico, era detto : c L'ispirazione di staccare la Brigata Aosta per mandarla in rinforzo c della 3.• e 5.• Divisione, e di dirigere quella di Piemonte, con me, in ajuto ~ a Dorando, appartiene al ~. e fu veramente una ispirazione stupenda, che c da quella parte del ~mpo di be,t~lia 4a deciso della giornata in nostro c favore».


PARTE SESTA

passata al comando del Generale Durando , dopo che Castelborgo era rimasto Comandante a Milano - si prefisse di seguire questa via: condursi alla fattoria d'Astore, quindi salire sul monticello di detto nome, e di là scendere per la via che attraversa la valletta del Redone e s'innoltra fra Monte Castellero e Monte Codignolo. Da questo punto avrebbe prese nuove determinazioni. Poco dopo il battere delle 2 la colonna che seguiva Fanti perveniva al designato posto, e distintamente sentiva il cannone a poca distanza. Salito il Generale Fanti sull'altura di Monte Codignolo, d'onde si domina tutta la Val di Quadri, ebbe a vedere che Durando non stava alla Madonna della Scoperta, ma più indietro assai, e impegnato in serio combattimento sulle alture che si distendono sulla sinistra della strada da Castel Venzago a Madonna della Scoperta, fra Porterosse, S. Carlo Vecchio e Casellin Nuovo. Le due Brigate dei Granatieri e di Savoja si tenevano in posizione si, ma non avanzavano punto. Chè anzi, il Gene"raJ Fanti potè scorgere che la loro destra, fra Casellin Nuovo e la Fossetta era minacciata d'avvolgimento da una colonna nemica, la quale si vedeva avanzare cautamente fra Cà d'Urin e la Sujeta per sbucare improvvisa in Val dei Quadri sulla dritta di Durando. (Erano truppe della Brigata Koller, spedita da Solferino prima del mezzogiorno in rinforzo alla Brigata Gaal presso Madonna della Scoperta). Il nostro Generale comprende immediatamente tutto il partito che può ricavare dal suo opportuno arrivo colla Brigata Piemonte a vantaggio di Durando e dà queste disposizioni : Fa salire la Batteria di essa Brigata sull'altura di Codignolo e le ordina di puntare due obici contro la sinistra della Brigata Gaal, che sta di fronte a Durando. Formata poscia una colonna leggiera del 9. 0 Bersaglieri con altri due Battaglioni delle sue Fanterie, li fa marciare al coperto del nemico fino a Cà d'Urin, da dove improvvisamente comparira11no sul fianco sinistro della colonna che cerca avvolgere Durando, la quale per tal guisa si troverà avvolta essa medesima. Il resto della Brigata si tiene in posizione, pronto ad agire a norma delle circostanze. Non va molto che le opportune disposizioni del Fanti producono il loro effetto. La sinistra di Gaal comincia a dar segni manifesti di essere molestata dal fuoco degli obici di Monte Codignolo, e la comparsa dei tre Battaglioni avviati su Cà d'Urin, arresta la marcia della colonna di Koller, e poco appresso la fa pur anco retrocedere. Rinfrancato Durando dall'efficace appoggio delle manovre di Fanti, può raccogliere più compatto il suo fronte, e riguadagnar


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terreno su Madonna della Scoperta, perchè ora colle sue due Brigate unite non teme affrontare le due di Gaal e di Koller. Lento per altro procede l'avanzarsi di Durando , perchè il nemico cede lentamente il terreno : ma d'un tratto si vede la seconda linea austriaca, che ripiega su Madonna della Scoperta, mettersi in piena confusione e scomparire per Ja strada che conduce a Pozzolengo, e poco dopo con meno confusione, ma eguale precipizio, anche la prima linea si mette in piena ritirata nella medesima direzione e la Divisione Durando si trova, come per incanto, senza nemici ·a fronte. Un tal fatto, inesplicabile allora per quanti ne furono spettatori, era cagionato ·da quanto siamo per dire. Rimasti padroni i Francesi di tutte le alture attorno a Solferino, era occorso che da una delle medesime il Generale Baraguey d'Hilliers e il Generale Forgeot, Comandante dell'Artiglieria del suo Corpo d'Armata, avevano osservato il combattimento che si passava fra Madonna della Scoperta e S. Carlo Vecchio. ll Generale Forgeot, rettamente giudicando che dal punto ove si trovava a quello ove si battevano non vi fosse distanza supe' riore alla portata delle nuove sue artiglierie rigate (oltre 1500 metri), d'accordo col Baraguay avea fatta venire una batteria sulla località indicata, e ordinatole di fulminare alle spalle gli Austriaci innanzi a Madonna della Scoperta. Ed erano stati i projetti di questa Batteria, che Gaal e Koller non potevano nemmeno vedere, la causa del panico manifestatosi fra le loro file, colpite alle spalle da un invisibile nemico. . . Erano circa le 2 1 / 2 pomeridiane quando avveniva tutto questo, ~ d_a. quel momento, rimasti già padroni i Francesi di Solferino, e Durando delle vicinanze della Madonna della Scoperta, riesciva ~~festamente. inutile la ulteriore dimora delle tre Brigate che F~ti e Durando avevano presso questa ultima località. Fanti propone : E di ciò ben si rendevano chiara ragione i due esperti Ge- marciare con la 1. Divisione verso ne1'8li, che rimasti padroni del campo , stavano raccogliendo le S. Martino, Ior.Q· truppe attorno a Casellin Nuovo e vi si erano abboccati. Nel mentre che fra loro stavano discutendo sul da farsi, perché niuno avea ulteriori istruzioni , sopraggiungeva presso di essi il Generale La Marmora, che ognora nella sua consueta indefinibile posizione di Ministro della Guerra al Campo, non mancava mai di trovarsi ovunque si combatteva. Il Generale Fanti in allora, argomentando dall'ordine avuto di mandare Cerale in rinforzo verso S. Martino , che da quella parte potesse essere opportuna anche la presenza dell'altra sua 17


PARTE SESTA

Brigata e della Divisione Durando , mentre ormai nulla avevano più a fare verso Solferino e Madonna della Scoperta, faceva la proposta che il La Marmora prendesse il Comando delle loro tre Brigate, e le conduce.~se fra Pozzolengo e S. Martino, per attaccare la sinistra del Corpo Austriaco, che vi stava combattendo contro la 3.• e 5.• nostra Divisione. Tutta l'opportunità di tale proposta venne riconosciuta e dal LaMarmora e dal Durando, ma ostava l'anormalità della posizione del primo al campo. E fu deplorevole che, con insolita cautela , non osasse allora il La Marmora assumersi una così fatta responsabilità, perchè se egli lo avesse fatto in quel!' ora - erano circa le 3 del pomeriggio - le Brigate unite di Fanti e Durando potevano piombare sul fianco sinistro di Benedek nel momento m·edesimo in cui dopo le 5 lo attaccavano di fronte le Divisioni Cucchiari e Mollard colla Brigata di Cerale: Non fa .di mestieri spender parole per dimostrare quanto utile si sarebbe ricavato dando esecuzione al progetto di Fanti. Nel mentre si discutevano le notate cose fra i tre Generali menzionati, si presentò al Fanti un Ufficiale Francese, che si~ mandato dal Generale Bazaine (Comandante allora una delle Di- · visioni del Corpo di Baraguay) coll'incarico di . complimentare il Generale Fanti per la bella manovra, di cui Bazaine era stato testimonio da lontano e che aveva liberato Durando dal minacciato avvolgimento. L'elogio era certo lusinghiero pel Fanti e tanto più che proveniva da parte, ove non s'usa troppo r~conoscere i meriti altrui. Andato a vuoto, per l'esposta r-agione, il ben concepito progetto di Fanti, il Generale Durando, le di cui due Brigate, ed in ispecie quella dei Granatieri, erano assai maloo11cie pel combattimento sostenuto, trovando inutile di trattenerle più a lungo nella avanzata posizione di Casellin Nuovo , avea deeiso di condurle alquanto più indietro verso S. Martino, e precisamente alla Taverna, per ivi riordinarle, coperte come sarebbero dalla Brigata Piemonte, che Fanti si proponeva di tenere verso Madonna della Scoperta in attesa di nuove istruzioni, le quali non potevano tardar molto ad arrivare. raJ~o~:n~d~~n:; E noi ora lasciando definitivamente Durando coudoUosi alla ~~~~g:at;; J~.J:;: Taverna, da cui non deve più muovere nella giornata, e per alcun uno. poco Fanti colla Brigata .Piemonte innanzi a Casellin Nuovo, per seguirlo ancora quando muoverà su Pozzolengo , ci porteremo sulle alture di S. Martino per vedere come vi si disponga 'Benedek per mantenervisi a qualunque costo onde proteggere lo sfilare


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in piena ritirata dei Corpi battuti a Solferino , che riguadagnano la sinistra del Mincio, in parte per Pozzolengo e Monzambano ed in parte per Borghetto e Valeggio. Dopo di ciò vedremo quali siano le disposizioni con cui la 3.• e la 5.• Divisione, rinforzate dalla Brigata· Aosta di Fanti, si preparano a portare nuovò e più forte attacco contro il suddetto Benedek. Sarà in· questa circostanza che potremo dimostrare· l' insussistenza della più sopra menzionata asserzione relativa al preteso spontaneo e non forzato abbandono degli Austriaci delle posizioni da loro occupate fra Pozzolengo e S. Martino. Vale a prima dimostrazione del nostro asserto il modo stesso con cui Benedek - approfittando saggiamente del lungo periodo di tregua !asciatogli dai Sardi fra il mezzogiorno e le cinque - si atteggiò a poderosa difesa del terreno da lui occupato. L' intiero suo Corpo d'Armata, ossia cinque Brigate, viene impiegato in prima e seconda linea ed in riserva per custodire il fronte settentrionale della posizione di S. Martino e quello occidentale, e non solo vi pone truppe allo scQperto, ma vi ordina pronti lavori campali, sbarramenti ·di strade, case messe a difesa, cinte di muri rotti a feritoie, e finalmente ognì altro industrioso mezzo "per rendere più formidabile la difesa di quelle località. . Ma non è tutto ancora, pef:'chè prevedendo, e ·con savio criterio invero, che dalla parte della Madonna della Scoperta possa venire qualche nostro assalto quasi alle sue spalle, raccoglie gli avanzi delle menò disordinate Brigate che passano per Pozzolengo e si dirigono a Monzambano , quali sono quelle di Bils , Reichlin e Gaal, ne porta il nerbo più forte sul Monte .Serino, al sud di Pozzolengo, e ne spinge minori gruppi al di là del rivo Redone, facendo loro occupare Contrada del Bosco e Contrada Rondotto. Stacca inoltre numerose pattuglie, cui fa battere le vicine campagne. Si convenga con noi che simili disposizioni non sono quelle che prende un Generale quando non vuoi sostenersi che brevemente in una data _posizione, ma bensì quelle di cui si vale allorquando si vuoi .difendere palmo per palmo il proprio terreno. Ed effettivamente vedremo in breve che fu così nel caso presente. Contro si forte resistenza che loro apparecchiava il nemico, Come le attaccano i Silt"di, stavansi intanto organizzando la 3.• e la 5.• Divisione cui s'era già congiunta la Brigata Aosta che verso le quattro del pomeriggio eta pervenuta a S. Zeno. Queste ·due Divisioni, in· seguito ad ·ordine espresso mandato dal Quartier Generale del Re, non più isolate ed a spizzichi, come nel mattino, ma congiunte.fra loro, e colla_ Brigata Aosta dovevano

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risalire le alture di S. Martino, scacciarne il nemico e impadronirsene. Erasi per ciò convenuto fra il Comandante della 3.• Divisione (Generale Mollard che avea rimpiazzato Durando passato, come si disse, alla 1.a) e quello della 5.• (Cucchiari) il seguente piano d'attacco. Mollard, sulla dritta, staccava una colonna leggera che avrebbe minacciato girare la sinistra nemica, e col grosso della Divisione attaccava il fronte occidentale di Benedek nelle forti posizioni di Controcania e Colombara. Cucchiari, sulla sinistra spingeva la sua Divisione sul fronte settentrionale austriaco e per Chiodino dovea impadronirsi di Caselle e Presco. Cerale, colla Brigata Aosta , doveva marciare fra Mollard e Cucchiari, e avanzando di conserva con loro, impadronirsi successivamente di Cà Azimonti, di _Cà Nuova, Cà Arnia, Cà Monata e San Martino. Al primo muovere dell'indicato nostro fronte d'attacco, imperversava un furioso temporale, che minaccioso da qualche tempo, sc"Oppiava repente con tale violenza da rendere impossibile l'ordinata marcia dei nostri. Non andava guarì per altro che,·dissipata la buffera, la marcia riprendeva, e noi andiamo a seguirla nella linea battuta dalla Brigata Aosta, solo occupandoci di quanto avviene altrove per ciò che può connettesi colla parziale azione di questa Brigata. Contro Cà Azimonti, in sulle ore 5 •~t - ma senza essere Azione parziale della Brigala Aosta in quo3to at- seguita dalla sua Batteria, cui non permette ancora di muoversi tacco. il terreno oltremodo inzuppato dalla caduta pioggia - avanza la vecchia Aosta col 1.0 Bersaglieri in testa, disteso in catena di tiragliatori, e coi due Reggimenti su due linee spiegati in battaglia su colonne di divisioni per Battaglione. Dopo breve zuffa essa Brigata rimane padrona di Cà Azimonti e vi si atteggia a difesa per mantenervisi, se riattaccata, nel mentre che attende l'avanzare di Cucchiari sulla sua sinistra. Ma visto che ciò ritarda alquanto - forse in causa del pessimo stato in cui la diluviale pioggia caduta avea lasciate le campagne - e che rimane scoperto il suo fianco sinistro , Cerale si copre da questa parte col 1.0 Bersaglieri e col 6.0 Reggimento fatto avanzare dalla seconda linea ove si teneva (1). (l) Ci corre l'obbligo di dichiarare fin da questo momento, ehe se su quanto . siamo ora per esporre si troverà qualche divergenza da quanto ei lesse allQra~n«li rapporti pubblicati su questa bat~l~ non lo si devo


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Non riattaccato Cerale su Cà Azimonti, e pensando che deve pur dare appoggio a Mollard, che ha già mosso sulla sua destra verso Controcania, egli si decide ad avanzare, e quantunque sempre senza la propria Batteria, col solo fuoco dei fucili e colle bajonette, questo ardito ed intrepido soldato attacca e prende suecessivamente Cà Nuova, Cà Arnia e Cà Monata col suo 5. 0 Reggimento (1). . Sventura volle per altro che nemmeno Mollard potesse avanzare efficacemente, perché quello de' suoi Reggimenti, cui era affidato l'assalto di Controcania , per sbaglio di direzione nell'avanzare, avea fallito il colpo ed era stato costretto a indietreggiare. Solo, isolato pertanto il Cerale - col suo 5.0 Reggimento in• nanzi e con un poco più addietro il 6. o e i Bersaglieri - si trovava alla Monata sotto il più formidabile fulminare delle Artiglierie austriache, postale sul~ ciglio della posizione della chiesa di S. Martino. Rimanervi era colpa più che follia, e perciò il Cerale stimò bene concentrarsi alquanto più al coperto e indietro , portandosi alla Perentonella, sulla quale si ripiegò in perfetto ordine. Ma gli Austriaci imbaldanziti dal non riescito attacco di Con· trocania , e dal vedere Aosta che retrocede , si scagliano sopra a questa ultima e la investono per ogni parte. Fortunatamente in quell' istante Cerale viene raggiunto dalla sua Batteria, unita ad un'altra che Mollard gli invia in rinforzo, e la pronta azione di tali Batterie gli permette di tenere a dovere il nemico e di non indietreggiare di un passo da Perento• nella. Le perdite che vi soffre per altro sono grandi, ed egli medesimo viene ferito da non lieve colpo in un fianco: ma intrepido e sereno, questo tipo del vecchio soldato piemontese, non abbandona il suo posto e continua a dirigervi l'azione de' suoi soldati. Riesciva intanto a Mollard e Cucchiari, di spingersi innanzi coi loro rispettivi attacchi, e Cerale é ormai sicuro sui propri fianchi. Con ardita iniziativa allora, da Perentonella fa muovere a destra il 6.0 Reggimento verso la posizione di Controcania, e si attribuire ad inesattezza nostre, perchè quanto noi andremo a1fermando lo deducemmo dal più imparziale e accurato confronto di circostanze e di ratti che abbiamo potuto fare sui documenti più autentici, e su informazioni di testimoni oculari. (l) Ci Sia permesso qui il dite che il felice succeaso che in questa giornata coronò le temerarie imprese del Generale Cerale, deve certamente essere stato Ja causa principale dello intempestivo ardire, col quale nel 1868, presso Oliosi; egli compromiSe pur troppo ie sorti della giornata di Custoza. Sperò egli forsè allora che a pari ardlre dovesse corrispondere pari fortuna.


PARTE SES'l'A t rene pronto a gettarvisi col G. o da sinistra quando il 6. 0

stia per pronunziare il proprio assalto. Le due Batterie preparano intanto il terreno innanzi ai flue Reggimenti, spazzanrlolo da qualunque nP mico. Il colpo riesce a meraviglia, e non solo cade in potere d'Aosta il 0 TOsso cascinale di Controcania, ma ben anche l'attiguo pog· g tlo che vi sta a cavalliere, su cui il nemico avea piazzati al· cn ni suoi pezzi, uno dei quali resta in mano dei soldati di Cerale. In poco d'ora questo instancabile Generale ha piazzate con,. ·nientemente le sue -truppe s.ulla conquistata. posizione, e le sue rliglierie, dal menzionato ·poggetto, fulminano il nemico che si man tiene ancora padrone di Colombara, Casette e Val del Sole. E qui il successo rende più audace il Cerale, che, sotto la prolezione delle sue Artiglierie, preso l'opportuno momento slancia in colonne d'attacco e a bajonetta spianata sulle anzidette località le sue truppe, che ne fugano il nemico, ne prendono possesso e vi atturano altro cannone con un carro di Racchette. Ma un tanto veloce procedere della lkigata Aosta non può e sere seguito dalle due laterali Divisioni, cui fortemente osteg:;riano le Brigate di Benedek. Questa temeraria Brigata pertanto si trova di nuovo, e per ben mezz'ora di tempo, ·sola e isolata, ro ntro i ripetuti ritorni offensivi, che d'ogni parte volge su lei il nrmico. Non si sgomentano i bravi soldati d'Aosta,. e saldi tenendosi al loro posto, danno campo a Cucchiari e Mollard di condursi finalmente ai loro fianchi, c di procedere con essi alli ultimi asalti delle posizion.i di Corbù di Sopra, e Ponticello, ove si ·sostiene ancora il nemico prima di ritirarsi su Pozzolengo. Conquistate tutte queste posizioni, allo imbrunire della sera, os ·ia verso le 9 pomeridiane, dinanzi a Cucchiari e l\lollard, al di là di Ponticello, prende posizione la Brigata Aosta, che si distende sulle alture di Monte Ingrana e Monte S. Giacomo, a pochi. pa si da Pozzolengo. . · Una parola adesso in proposito della ·ritirata degli Austriaci, t he si vorrebbe volontaria e non forzata. Si è visto che le truppe di Benedek ostinatamente sostennero le loro posizioni, perdendole, riprendendole e tornandole ancora a perdere, con si poca dispo~iz ione ad abbandonarle, che nel ritirarsene precipitosamente, vi lasciavano cannoni, che caddero in nostre mani. Come dunque può reggere un tal fatto, troppo constatato per metterlo in dubbio, t·olla gratuita supposizione, che il Generale austriaco, o per sua }lropria ispirazione, o per istruzioni superiori ricevute, non


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intendesse difendersi seriamente a S. Martino ? Si cessi una volta dal sostenerlo, e si convenga che Benedek dovea necessariamente per la salute del resto dell'Esercito Austriaco mantenersi sulla destra del Mincio fino a notte inoltrata, anche per poter eseguire con più sicurezza il proprio passaggio sul fiume. Se egli noi fece, si fu perchè glielo impedirono i Sardi, che l'obbligarono a ritirarsi avanti sera da S. Martino, e abbandonare Pozzolengo immediatamente dopo. Lo dicono palesemente i fatti e l'inesorabile logica dei medesimi. Azione parziale Torniamo ora alla Brigata Piemonte e seguiamone i passi dalla Brigata Piada CIISelin che, in proporzioni minori, saranno essi pure gloriosi come quelli monte Nuovo a Pozzolengo. d'Aosta. . Non è rimasto il Generale Fanti lungamente inoperoso sulla posizione di_ Casellin Nuovo, che ricompare presso di lui il Generale La Marmora, ann'!nziandogli di avere ricevuto allora ordine dal Re di raceogliere la Divisione Durando -e la Brigata rimaBta al Fanti, assumerne il Comando superiore, e condurle immediatamente sul fianco sinistro del nemico a S. Martino, onde per tal guisa cooperare all'attacco di fronte che stavano per porl.argli Cucchiari e Mollard. Un tale ordine, perfettamente conforme al non seguito progetto di Fanti, non era ora più eseguibile, in quanto che Durando erasi già accampato alla Taverna , e per richiamarlo a Casellin Nuovo si dovea perdere soverchio tempo, e quindi non si sarebbe giunti a destinazione che troppo tardi. La cosa era tanto evidente, che pareva dovesse far pentire il La Marmora di non aver seguito precedentemente il consiglio di Fanti. Ma come questi era stato pronto al consiglio prima, fu parimenti pronto ora all'opra, e senza esitanza si offerse di seguire il La Marmora colla sola Brigata che avea allora a sua disposizione. Non è a dirsi se quest'ultimo si fece pregare troppo per accingersi ad una rischiosa impresa. VersO le 5- pertanto, dopo avere fatto perlustrare parte della via che necessariamente si dovea percorrere al prefisso scopo, e lasciato sfogare la burrasca, che dicemmo aver imperversato anche a S. Martino, la Brigata Piemonte, preceduta da Fanti e da La Marmora, si pose in moto da Casellin Nuovo, seguendo la via che per Casella,. Contrada Rondotto e Contrada del Bosco passa il Redone e conduce a Pozzolengo. Strada facendo il Generale Fanti avea potuto osservare che sulle alture interposte fra la strada da lui percorsa e le posizioni .;li S. Martino, s'aggiravano numerose frazioni di truppe nemiche


PARTE SESTA

(erano le pattuglie spedite da Benedek di cui si fe'cenno più sopra) e aveva perciò stimato prudente, una volta che ebbe oltrepassato Casella, di fare occupare sulla sua sinistra le case Coscione e Casone da due Battaglioni del 4. 0 Reggimento, che dovevano assicurarlo da qualunque molestia su detto fianco e alle spalle. Questa misura ebbe ottimo effetto, perchè non andò guarì, che una forte schiera di Cavalleria nemica comparve in vista dei due suddetti Battaglioni, accennando a condursi sulla colonna di Fanti in marcia. Questi Battaglioni allora, lasciata avvicinare a giusta portata la Cavalleria nemica, con poche scariche la costrinsero a retrocedere precipitosamente, lasciando cosi procedere tranquilla la marcia di Fanti. Questi cammina rapido intanto eol grosso della sua Brigata, quando sente dalla testa dell' avanguardia che la precede un vivo fuoco di moschetteria. Accorre sul luogo .il Generale, e vede che la lunga fila di cascinali della Contrada Rondotto che sbarrano la sua strada, è occupata da soldati nemici postati e sulla strada medesima, e alle finestre .delle case circostanti. Di null'altro sollecito che di non perder tempo, ei pensa che se attende a passare coll' intiera colonna quando abbia espugnate le case, ritarda di troppo il suo arrivo sul campo, e quinqi con pronta risoluzione ordina a Camerana di lasciare sotto le suddette case alcune Compagnie per impadronirsene, e quindi raccolto attorno a sè un drappello di Bersaglieri, fa loro spianare le bajonette, e dato di sprone al cavallo, fra le palle che gli piombano sopra dalle fine.; stre e dalla via, conduce egli stesso alla carica i Bersaglieri con~ tro coloro che gli sbarrano la strada. Bello e lodevole atto di personale coraggio, che raddoppia l'ardore de'suoi soldati, i quali ben presto han fatta libera la via e aperto il passo alla Brigata, che bravamente avanza sotto i colpi che dalle case le scagliano sopra gli Austriaci. Altro consimile intoppo trova la Brigata al suo giungere presso la Contrada del Bosco, ma superatolo presso a poco nella stessa guisa dell'altro, essa continua a marciare verso Pozzolengo. Frattanto La Marmora , strada fàcendo unitamente al Fanti~ avea osservato sulle non lontane alture di S. Martino un movimento retrogrado che già cominciava a pronunziarsi fra le truppe Austriache in direzione di Pozzolengo, e l'attivo Generale, che non sapeva forse dimenticare di essere stato un distinto Ufficiale di Artiglieria, giudicava a colpo d'occhio che la distanza di quelle colonne alle alture ove stava egli allora camminando, non dovesse essere eccessiva per i pezzi da campagn~. di grosso calibro.


FANTJ E LA 11. DIVISIONE SARDA

Con tale idea lasciando che il Fanti avanzasse per la grossa strada, egli s'era portato sulla sinistra della medesima, e pervenuto alla piccola altura di Monte S. Giovanni, attigua alla Contrada del Bosco, e trovatala opportuna all'uopo, era tornato rapido presso la Brigata, e presi con sè i pezzi da 16 delle due Batterie che stavano con essa, li avea condotti sull'indicata altura, e fatto aprire il loro fuoco a grande gittata contro le lontane colonne nemiche, avea avuta la compiacenza di vedere che i colpi non andavano in fallo. Frattanto la colonna preceduta dal Fanti - raggiunta ormai, e dai due Battaglioni lasciati a Casone e Coscione, e dalle Compagnie che avevano espugnato le Contrade di Rondotto e del Bosco - giungeva sul Redone in tutta prossimità di Pozzolengo, e vedeva sull'opposta sponda schierati sul Monte Serino gli avanzi delle Brigate Bils, Reichlin e Gaal, che già dicemmo vi avea postati il Benedek. Non perde tempo il Fanti, e mentre ordina le sue fanterie in colonne di attacco per gettarle al di là del Redone all'assalto della linea nemica , fa avanzare i pezzi che gli ha lasciati La Marmora , e fattili postare nella favorevole altura circostante al Feniletto, in faccia a Monte Serino , mitraglia a breve portata le file austriache. E allorchè vede che il fuoco delle sue Artiglierie comincia a ·mettere lo scompiglio fra i difensori di Monte Serino, lancia una delle già pronte sue colonne di attacco attraverso del ponte del Redone sul fronte dei medesimi, e l'altra più a sinistra superiormente al ponte stesso , sulla loro destra, per tentare di tagliarli fuori da Pozzolengo. Come può credersi, non è ostinata la resistenza che presen~ tano gli Austriaci, i quali in breve hanno sgomberato Monte Serino. Ben tosto le colonne di Piemonte e del 9. 0 Bersaglieri, ne prendòno possesso e si formano in battaglia col fronte a Pozzolengo. Una Compagnia anzi del 4. 0 Piemonte, comandata dal Capitano Ravelli, che precedeva la colonna di sinistra, inseguendo il nemico é penetrata nelle prime case di detto paese e vi si è stabilita. Durante l'attacco e la presa che le Fanterie avevano fatto di Monte Serino, i pezzi condotti da La Marmora sul Monte S. Giovànni, e quelli piazzati da Fanti presso il Feniletto , dalle loro dominanti posizioni tuonavano ancora contro le ultime colonne, che l'imbrunire della sera loro lasciava scorgere in piena ri~ tirata. Erano allora le 9 pomeridiane, ossia l'ora medesima in cui dalla parte di S. Ma_rtino l'altra Brigata di Fanti, Aosta, stendeva i suoi


PARTE SHS'tA

avamposti a pochi passi da: Pozzolengo fra Monte Ingrani e Monte S. Giacomo. Cosi al chiudersi della battaglia, il Generai Fanti tornava ad avere raccolte e unite le sue due Brigate, e poteva esser fiero dei servigi prestati da entrambe, perché l'una avea spianata la via a Cucchiari e Mollard da S. Martino a Pozzolengo , e l'altra dopo avere liberato Durando da grave impiccio, avea sbaragliato e cacciato oltre Pozzolengo l'ultimo Corpo Austriaco che vi si teneva ancora. Nè Fanti, nè La Marmora stimarono prudente occupare nel corso della notte il grosso paese di Pozzolengo , quantunque alle 11 della sera . venisse abbandonato definitivamente dalle ultime Compagnie di Cacciatori Tirolesi, Reggimento Kaiser, che vi si erano mantenute dalla parte di Monzambano. La sola Compagnia Ravelli fu lasciata nelle case occupate, e il resto delle due Brigate serenò sulle conquistate posizioni. du:eo~~~ieUe Questa fu la par.te onor~vole ed efficace che ebbe la Divisione Fanti nella Battaglia di Solferino e S. Martino , e che le costò gran sagrifizio di sangue. De' suoi combattenti, che non atTivavano in quel giorno a 9000, fra morti e feriti ne contò 1008, dei quali 48 Ufficiali e 960 di bassa forza. La perdita generale dei Sardi essendo stata in quel giorno di 5521 uomini fra morti e feriti , non fu poco il contingente che la .Divisione Fanti forni a questo totale, se si riflette che le altre tre Divisioni combatterono ripetutamente dalla mattina al pomerigRio, mentre essa non si trovò al fuoco che dalle 5 alle 9 di sera. È dunque forza il riconoscere che se ·essa fece tante perdite in si breve tempo , ciò . non può essere per altra ragione , che quella di essersi strenuamente battuta nelle poche ore passate al fuoco. F~~~ ~~~~!0.: ~el gio~o ~ tutti ~ Co~pi .degli alleati pro.nunciarono un aumento di Pe- movimento mnanz1 verso Il MmClo. Il 1.° Corpo s1 condusse fino ecblera. a Pozzolengo,· il 2.o e la Guard"1a Imperiale rimasero a Cavriana, il 4.0 occupò Volta ed il 3. 0 si tenne dalle parti di Guidizzolo. I Sardi si concentrarono attorno a S. Martino, e perciò la Divisione Fanti lasciò Pozzolengo e andò ad accampare alla Cà Nuova, sotto S. Martino. Nel 26, il 1.° Corpo si porta a Monzambano e il 2.0 a Castellano, e gli altri si t~ngono ove sono. I Sardi fronteggiano Peschiera dalla destra del Mincio , e Fanti cangia di poco la propria posizione. Finalmente nel giorno 29 Niel passa il Mincio da Borghetto a Valeggio, e nel giorno appresso su ponti costruiti a Monzambano


FAN1'1 E LA Il. DIVISIONE SARDA

e Borghetto e su quello di Goito, buona parte delle forze degli alleati passano sulla sinistra del Mincio. Base a qualunque operazione su questa parte deve essere l'investimento e presa di Peschiera, a cui sono destinati il1.° Corpo Francese con qualche Divisione Sarda, fra cui la 2.• di Fanti. A tale uopo, nel giorno 27 questa Divisione prendeva posizione di primo investimento ad occidente della piazza fra Casa Raveglia e Casa Grilli, a cavallo della ferrovia. Col f.o di Luglio per altro, Fanti veniva destinato al più importante incarico di. formare l'estrema sinistra dell'attacco della piazza, postandosi fra la riva del Lago di Garda, sulla destra del Mincio, e Casa Gri_lli coll'intiera sua Divisione. A lui incombeva così guardarsi dalla piazza ed anche dalle imprese della· flottiglia che mantenevasi padrona del lago stesso. Dal suddetto primo giorno di Luglio a tutto il 7, la 2.• Divisione attese a stabilire convenientemente il proprio campo, ad iniziare-alcuni preliminari lavori di trincera e ad organizzare ogni particolare servizio pel nuovo c6mpito che le era affidato. Poche e insignificanti scaramuccie ebbe essa a sostenere in questi giorni con alcune pattuglie u.qcite dalla piazza. Frattanto l' intiero . campo degli alleati, ove era finalmente per- L'armlsUdo di venuto ancora il 5.° Corpo del Principe Napoleone, s'atteggiava Villafranca. minaccioso ~erso l'Adige, e di giorno in giorno si attendevano ordini di nuove mosse offensive in avanti; quando improvvisamente nel suddetto di 7 Luglio con universale stupore si_apprese che le ostilità restavano sospese per un armistizio conchiuso a Villafranca fra: i due Imperatori, yenuti a colloquio fra loro, e che ben presto si tratterebbe della pace definitiva. A noi non spetta ind~oare le ragioni di si repentina risoluzionè dell'Imperatore Napoleone, che ·era stato il primo a far simili proposte a Francesco Giuseppe; ma ci permetteremo soltanto di ripetere quanto in proposito dicemmo in sul principio di questa parte del nostro lavoro: più che l'attitudine ostile delle potenze che non vedevano di buon occhio l'umiliazione imposta all' Austria, più che la stanchezza che già mostravasi tra le file francesi per questa guerra - che si credeva allora affatto disinteressata per la Francia - deve avere influito a decidere l'Imperatore Napoleone a troncarla poco dopo l'ultima sua brillante vittoria, il segreto convincimento suo particòlare: non essere prudenza il cimentare più oltre una fortuna, che gli era stata tanto propizia fino allora. Qualunque' fossero le ragioni, per cui ~la guerra era finita nell' indicata inaspettata guisa , i due Eserciti belliseranti in attesa.


26S

PARTE SESTA

che si stabilissero i patti definitivi di pace, prendevano per linea divisoria fra loro quella del Mincio, e quindi gli alleati ripassavano sulla destra del medesimo, e si accantonavano nelle ricche contrade lombarde. La 2.• Divisione fu destinata al presidio di Brescia, e il suo enerale assunse anche il Comando della Divisione Territoriale Militare, che si era istituito in detta città. Fanti coman Pel ritorno del Re a Torino, non appena erano cessate le da lnterin~lmen­ le In capo l' er- o tilità, il Comando in Capo delle Divisioni Sarde era passato in e ilo S"l'do. mano del Generale La Marmora, ed allorquando questi acconsenti a succedere nella Presidenza di un nuovo Ministero al Conte di Cavour, che l'avea abbandonata dopo l'armistizio di Villafranca, pettò al Generale Fanti di assumere detto Comando in Capo, stante che il Generale Durando più anziano di lui, era stato mand to a Milano colla sua Divisione. Ma sciolto col 1.0 Agosto l'ordinamento in guerra delle Divisioni Sarde, se ne sciolse pure il Comando in Capo, e Fanti riassunse il Comando della sua Divisione e quello di Brescia. OnorillcenCrediamo bene registrare in questo punto, che le onorifiche u cornp>rtite al lì'110li per questa rimunerazioni di cui fu stimato meritevole il nostro Generale per campagtL>. la fatta Campagna furono: la Croce di Grande Ufficiale della Legione d'Onore, che gli conferi l'Imperatore Napoleone, e quella li Grande Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoja, datagli da Re Vittorio. Si ofl're o.l Fan · Altro lusinghiero compenso per lui era, se por anche grave Uonorevol m i•&oon di responsabilità, l'offerta che precisamente sui primi di Agosto gli perveniva di assumere un incarico della più alta importanza per le sorti d'Italia intiera. In tale incarico, come più avanti vedremo, potevasi correre aravissimo rischio di non riescire, e per tal caso prevedibile, il nostro Generale poteva ben vedere quanto sarebbe per soffrirne la riputazione, che ormai egli si era solidamente formata. Ma ciò dovea nel nobile animo suo cedere il posto al vero interesse del suo paese, e quindi prevalse questo ultimo per fargli accettare la pericolosa offerta. Valse a sorreggerlo in tale determinazione, quella salda fede che poteva avere ormai nel suo buon volere, n elle sue cognizioni e nella sua esperienza. Ed ora che momentaneamente vedremo sospendersi il servizio di Fanti nell'Esercito Sardo, ci sia permesso volgere con com• piacenza lo sguardo indietro per vedere l'immensa differenza che passa fra la considerazione che Fanti aveva allorché entrò nel

medesimo dopo lo scioglimento della Divisione Lombarda, e quella


FANTI E LA II. DIVISIONE SARDA

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che il suo carattere, la sua capacità, i suoi meriti gli hanno oggi procacciata. Il cominciare la sua carriera in questo Esercito, otto l' imputazione di averlo scientemente compromesso in guerra, l'e ervi stato tenuto in perfetto ozio ed obblivione per ben cinque anni, e poi con altri cinque di attivo servi.zio esservisi guadagnato grado e riputazione suprema, sono cose tutte codeste, che co tituis ono uno di quei fatti, i quali non si ponno compiere, che da uomini di gran lunga superiori asii altri.



PARTE SETTIMA

FANTI GENERALE IN CAPO DELLE TRUPPE DELLA LEGA DELL'ITALIA CENTRALE.

[1859-60].

SOMMARIO: - In causa della guerra del 1859 cadono gli antichi Governi dell'Italia Centrale, e sono surrogati da Regi Commissarj Sardi - Gli accordi di Villafranca fanno ritirare dall'Italia Centrale i Regi Commi sarj.La Toscana, le Romagne, i Ducati proclamano Governi autonomi.- Gravi pericoli di reazione ·nei suddetti paesi. - Deficienza di forze militari nei mede&mi. - Le Truppe Toscane messe a disposizione del Governo dei Ducati. - Si combina una Lega militare fra la Toscana , le Romagne e i Ducati. - Fanti Generale in Capo delle Truppe della Lega.- Non accetta. il grado di Generale d'Armata. - Fa nominare Garibaldi Luogotenente Generale, Comandante in Secondo le Truppe della Lega. - Prime cure del Fanti per l'armamento della Lega. - Animo riconoscente ùel Fanti. - Suoi progetti relativi all'ordinamento delle forze mobili della Lega. Altri relativi alla difesa territoriale della Lega. - Fermezza di contegno del Fanti coi Governi di Toscana e Romagna. - l Ducati e le Romagna ai fondono in un solo Governo, detto dell'Emilia. - Progressi dell'armamento dell'Italia Centrale. - Dissensi tra Fanti e Garibaldi. - Le dimisSIOni di Garibaldi. Nuovi progressi negli armamenti della Lega. Lettera di Cavour al Fanti. - Fanti studia il tracciato del Campo trincerato di Bologna. ..;.. Si ofrre al Fanti il Ministero della Guerra e larina in Piemonte. - Giudizio sull'operato dal Fanti nell'Emilia

In ca11u dello. Stanno ora per volgere le opere individuali del Fanti in fj'Uerra del 1!!59 dono on!Jchi una sfera d'azione assai ·più vasta delle già percorse, e la di lui Gll••rniglidell" Il•· li• Gentro.le,e mente non dovrà più limitarsi al solo disimpegno dei doveri di no urrog '' do-· Comm i"" • un Generale di Brigata o di Divisione , per la saggia esecuzione rlRIRi sardi, dei.i ordini altrùi, ma dovrà invece inspirarsi iall'alta scienza. che


272

PARTE SETTIMA

deve possedere colui, che imprende a farsi organizzatore delle forze militari di un paese. Sarà quindi il caso di poter giudicare se il nostro Generale oltre alle riconosciutegli qualità militari possieda pur anco quei talenti di uomo di Stato che sono indispensabili, per compiere degnamente la ·missione da lui accettata. E perché ciò possa farsi co·n piena cognizione di causa, è necessaria una succinta esposizione dello stato delle pubbliche cose in quella parte d'Italia, ove veniva chiamato il suddetto Generale. Al cominciare della già da noi descritta guerra, la Toscana, mossa da generoso sentir di patria, avea a chiare note fatto comprendere al suo Gran Duca, non intendere essa veder inoperose le proprie truppe nel momento in cui,. a breve distanza, si stava combattendo pei futuri destini d'Italia. Il Gran Duca, tocco a sua volta dagli aviti sentimenti della razza Austriaca di Casa di Lorena, s'era schermito dal pubblico desiderio fino che avea potuto; ma posto alle strette, e fatto certo che le truppe toscane simpatizzavano più pel proprio paese che per la sua dinastia, s'era indotto lodevolmente a lasciare la Toscana libera di sè, allontanandosene con tutta la sua famiglia. In allora i Toscani s'erano dichiarati soggetti al Regno costi.:. tuzionale di Vittorio Emanuele, e s'eran dati ad apprestar le armi per ispedirle al campo. Da Torino si era inviato loro sollecitamente un Regio Commissario, che in nome del"proclamato Re, avea preso a governare quelle provincie. Nel frattempo per altro con qualche meraviglia si era vista sbarcare a Livorno una forte mano di Francesi , che sotto l'immediato comando del cugino dell' Imperatore, nominato Comandante del 5.° Corpo della spedizione in Italia, accennavaa muover guerra dalla Toscana nelle Romagne, ove stavano pochi Austriaci. . Le accorte menti etrusche dissero tal mossa un tentativo _politico-dinastico, piuttosto che una mossa strategica, ma comunque noo se ne commossero, e continuati i loro apprestamenti militari , furono in grado di far marciare per alla volta del Mincio una completa Divisione di guerra, quando vi volsero anche le truppe del Principe Napoleone. Nel medesimo frattempo - e precisamente dopo la disfatta toccata agli Austriaci sotto Magenta - ogni distaccamento austriaco, tenuto a presidiare i Ducali di Parma e Modena e le vicine Romagne, lasciò improvvisamente quelle stanze e frettoloso accorse sul Mincio per rafforzare le schiere d'Austria, passate allora agli ordini immediati del loro Im peralore. In seguito a tale parten:z;a dal Parmigiano, la Duchessa Reggente avea rimandate alle


FANTI NELL' ITALIA CENTRALE

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loro case le sue proprie truppe , e s'era personalmente ctmdotta in Germania; nel Modenese il Duca avea persuase le sue soldatesche a seguirlo al campo austriaco, e vi si era recato più che in fretta; nelle Romagne, non essendovi truppe Pontificie, le Autorità politiche non avevano appoggio alcuno per mantenervisi in seggio. In questi tre Stati pertanto, rimasti seuza Governi, le popolazioni poterono imitare l'esempio delle Toscane, e proclamarsi annesse al Regno costituzionale di Re Vittorio, che non tardò ad inviare alle medesime altrettanti Regi Commissarj con alquanti soldati per tutela dell'ordine pubblico. Gli accordi di Allorquando pertanto sui primi del Luglio venivasi agli ac- Villafranca fanno ritirare dall'Itacordi di Villafranca, gli Stati dell'Italia Centrale - Toscana, lia Centrale i Re• Romagne, Modena e Parma - si reggevano in nome del Re di Sar- gi Commissarj. degna in persona di altrettanti. suoi ·Regi Commissarj, e ciò trovavasi in aperta opposizione con uno dei patti. convenuti, che ammetteva, senza specificarne nè il come nè il quando , ma in via generica soltanto, che nei detti Stati sarebbero richiamati i pristini Governi. Rendevasi quindi indispensabile pel Governo di Torino, da cui allor;1_si .era ritirato_ H Cavou~, e che. era passato in mano di La Marmora e -Rattazzi, di richiamare i suoi Regi Commissarj da quei paesi, e dar così luogo a che nei medesimi sì potesse compiere l'enigmatico ritorno dei vecchi Governi. La Toscana, le Se non che l'avversione che la vera maggioranza della parte Romagne, i Du. cati proclamano colta di ·quelle popolationi, sentiva per Un tale ritorno al passato, Governi autono• suggerì il modo alle. medesime di sottrarsi all'imposto patto. Ovun- mi. que si lasciarono partire li speciali Commissarj, ma nello stesso tempo si proclamarono in loro vece alcune proprie Autorità au~ tonome, cui si affidò la somma del ·Governo, in attesa c}_le una Assemblea Costituente, che ciascuno dei diversi paesi dovea convocare regolarmente, potesse esprimere il proprio voto sul Governo, cui intendevano ·assoggettarsi. La manovra era abile, perchè basata _sul principio medesimo in virtù del quale esisteva il Governo Napoleonico_. In 'roscana fu Governatore un Bettino Ricasoli, nelle Romagne un Lionello Cipriani, a Modena e a Parma - dichiaratesi formanti un solo Governo - si conferirono i poteri di Dittatore a Carlo Maria Farini, che prima era stato Regio Commissario a Modena, ma che poi s'era dimesso da tale carica, e s'era fermato a Modena quale semplice cittadino. Questa evoluzione politica delle popolazioni dell'Iia.Iia Centrale non era però di natura a provvedere bastantemente a tutte le occorrenze della situazione precaria del paese, fra le quali. emergevan"o gravissime le seguenti. . . i8


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PARTE S~TTIMA

Sui confini di Romagna, dalle prossime Marche, s'erano acc.ii JfllltifUte noi .Olli•l~lll p ~si cumulate grosse forze pontificie, che manifestamente accennavano a marciare contro le insorte Romagne per ricondurle al dovere sotto il dominio papale. Quanto avevano già operato al riguardo ùi Perugia, essa pure insorta, era un saggio di quanto avevano i n animo di fare per le Romagne. Dai Distretti Mantovani, improvvidamente lasciati all'Austria, . ulla destra del Po, in seguito agli accordi preliminari di VillaJi·anca, le truppe che avevano seguito l'ex-Duca di Modena, e si tenevano allora nel Mantovano a breve distanza del Po, accennavano manifestamente al prossimo loro ritorno nel Modenese per ricondurvi il Duca. A dare un legittimo pretesto ai Pontifici o ai Ducali di avauwre sarebbe bastato un solo grido che nelle Romagne o nel Modenese avesse invocato il ritorno degli antichi regimi; e per vero dire non mancava in quei paesi, se pur anco in minoranza, un partito che lo anelasse. Quali forze dunque avevano i tre Governi inaug·urati per ncnciOUlR <11 fon e m1ill:lrl n~1 tenere a dovere nell'interno il partito avverso al nuovo ordine di m~d.,.Jmi ~;ose, e frenare all'occorrenza, un tentativo armato dei Pontificj c dei Ducali? Con poche parole esse sono enumerate. Fra Parma e Modena, quantunque vi si fossero iniziati pronti i.l. rmamenti dal Dittatore, non vi erano che poche centinaja diVolontarj, i quali, sotto il noine di Cacciatori della Magra, il Generale Ribatti avea arruolati nel Massese e per la Cisa avea condotti a Parma e quindi a Modena, da dove s'erano .trasferiti alla Mirandola in osservazione del confine del Tramuschio, di fronte ai Ducali. Nelle Romagne s'erano dapprima raccolti alla meglio alcuni Uattaglioni di Volontarj. malamente armati, che sotto gli ordini del Generale Rosselli, avevano occupata la posizione della Cattoliea sul confine delle :Marche, per osteggiare i Pontificj, accampati nel Pesarese. Poco appresso la Divisione di Volontarj, che i fratelli Mezzacapo aveano organizzata in Toscana mercè le sovvenzioni del Governo Sardo, con un effettivo che superava forse di poco quello di una Brigata, s'era condotta nelle Romagne e quivi avea rinforzato H.osselli verso la Cattolica. In Bologna poi, con quadri venuti da Torino insieme al Regio Commissario e rimasti vi dopo la sua partenza, s'andava formando una nuova Brigata di Fanteria, un H.eggimento di Cavalleria e tre Batterie <l'Artiglieria, il di cui materiale era pure venuto di Piemonte con buon numero di cavalli. Otal'l p•rwoli

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Di queste forze raccolte in Romagna, le sole che fossero alquanto in grado di agire erano quelle di Mezzacapo, ma des e difettavano completamente di Cavalleria e di Artiglieria. Il resto o era in formazione, o poteva considerarsi come un non valore. La Toscana era la sola dei tre Stati che possedesse un Corpo ordinato di truppe, che si poteva calcolare dagli 8 ai 10,000 u mini, e si formava di due Brigate di Fanteria, con quattro Batterie di Artiglieria e due Squadroni di Cavalleria, cogli occorrenti servizi e materiali di guerra. Questo Corpo, costituito in Divisione, acrJi ordini del Generale Girolamo Ulloa, trovavasi allora di ritorno da Campo sul Mincio, ove era giunto tardi col Principe Napoleone e stava attraversando il Ducato di Modena, e volgendo su Bolog a per passare quindi l'Appennino e rientrare in Toscana. Dalla fatta enumerazione delle forze militari dei tre Stati d ll'Italia Centrale risulta palese quanto poche esse fossero in pr porzione dei bisogni di detti Stati, ed inoltre che la maggior parte delle medesime apparteneva a quello fra li suddetti Stati, che p r posizione geografica si trovava più al coperto dal pericolo di t a ristaurazione del vecchio Governo. E di tale favorevole circostanza seppe trarre ottimo partito Le truppe To· •cane m eo.se a il Dittatore di Parma e Modena, a cui più assai che al Governa- d1 posizione d l Governo del Du· tore delle Romagne per guardarsi dai Pontifici, mancavano armati cali, per coprirsi dai Ducali. Con pronta risoluzione ottenne il Farini dal Governo di T scana che le truppe del medesimo, attraversanti allora il 1\Iodenese, vi si arrestassero, e dessero mano forte al suo Governo p r· qualsiasi evenienza, passando ogni spesa di loro mantenimento giornaliero e accasermamento a carico di Modena e Parma. A meglio accentuare poi il carattere risoluto e decisivo di una consimile misura contro un eventuale tentativo di ritorno d l Duca e delle sue truppe, si combinò fra Modena e Firenze, che il Comando delle truppe Toscana, tuttora nelle mani del Generai Ulloa, avesse a passare in altre di una energia e risolutezza ben più notorie, come sarebbe quella del Generale Garibaldi, il qual allora appunto avea cessato dal comando dei Cacciatori delle Alpi e dell'Appennino, stati sciolti in seguito agli accordi di Villafranca. Con questo doppio opportunissimo provvedimento, il Farini ebbe mezzo d'imporre, nell'interno, al partito che sospirava il ritorno del Duca, e di schierare sul confine di fronte alle truppe del medesimo più che sufficiente nerbo di forze per impedire loro un colpo di mano tentato allo scopo di ricondurre il Duca.


276 SI combina uoa J, ga mlllc re tra l Toscana, le Rom•gne e l Ou · cnll,

PARTE SETTIMA

Dall'utile ottenuto per gli avvenuti accordi militari fra Mad na e Parma da un lato e Toscana dall'altro, apparve manifesto quello che si poteva ripromettere da un accordo collettivo consi-

mile fra tutti i tre Governi dell'Italia Centrale. Si concluse per ciò ben tosto la Lega Militare fra li suddetti tre Stati, a norma d lla quale ognuno dei medesimi conservava autonoma la propria forza militare, mercè di un rispettivo Ministero di Guerra, restando i n teso per altro, che pel comune interesse le truppe di uno dei tre Stati potessero venire impiegate a pro' di un altro dei me· d imi. In seguito a ciò si riconobbe la necessilà di avere una auto· rità superiore militare, la quale si inspirasse ai bisogni e alle onvenienze collettive della Lega, e vi facesse concorrere i parziali provvedimenti dei singoli tre Stati. Tale autorità dovea costituire il Comando Supremo delle forze della Lega, e chi ne venisse in· caricato assumerebbe il titolo di Generale in Capo delle Truppe della Lega, cui sarebbe annesso il grado di Generale d'Armata. Esso Generale non potrebbe ricevere ordini per misure di intere e comune, che dai tre Governi collettivamente intesi al proposito; i Ministeri di Guerra dei singoli Governi riceverebbero il primario impulso d'azione dal Generale in Capo; qualunque nomina a gradi, o comandi che conferissero i Ministeri, dovrebbe e sere approvata dal suddetto Generale; ogni Arma, ogni Corpo dei singoli Governi dipenderebbero direttamente dal Comando m Capo della Lega. FanU GenoraStipulata con solenne convenzione questa Lega, i tre Stati cerle io capo dello Truppe della Le· ano la persona nella quale si potesse fare sicuro assegnamento g. di trovare le qualità necessarie al perfetto disimpegno delle funzioni di Generale in Capo delle Truppe della Lega. Non altrove che nell'Esercito Sardo conveniva in quel momento rivolgere gli guardi, ed in effetto si diede incarico al Commendatore Marco Minghetti di Bologna di intavolare trattative con taluno dei più eminenti Generali del medesimo per indurlo a prestare l'opera ua alla Lega. Non andò guari, che in seguito alle ben condotte pratiche del Minghetti, il nostro Generale Fanti si mostrò disposto ad assumere la difficilissima missione, purchè a ciò non ostassero le viste del Governo sotto del quale egli allora militava, e purchè nello stesso tempo non dovesse scapitare nella sua carriera, quando avvenimenti politici, che pure potevano avverarsi, rendessero vani rrl i sforzi che stavano facendo gli Stati dell'Italia Centrale per sottrarsi agli antichi loro Governi,


FANTI NELL'ITALIA CENTRALE

A si legittime esigenze del Fan.ti seppe provvedere l'incaricato della Lega, combinando col Governo Sardo un compon imento, a norma del quale esso Governo accondiscendeva ad accettare le temporanee dimissioni che avrebbe offerte il Fanti, onde esser libero di prestare i suoi servizi alla Lega, garantendo al medesimo per altro, che ogni qualvolta egli volesse rientrar nell'Esercito , vi sarebbe ripreso nel suo grado attuale e senza veruna perdita di anzianità (1). In simil guisa erano camminate le cose, per cui - come si vide sul finire della precedente parte di questo lavoro - verso la metà dell'Agosto pervenne al Fanti l'onorevole offerta, della quale più sopra abbiamo parlato. E fu sul finire del medesimo mese che il Generale suddetto si recò in Modena, ove era convenuto che avrebbe fissata la sed del suo Comando. Non ~tta !l Non va ammesso di rammentare in questo momento eh grado di G~ne ­ nelle trattative corse, i. tre Governi della Lega avevano insistito rnl e d'A.rmatb. perchè il Fanti accettasse il grado di Generale d'Armata, già da loro fissato per l'incarico del Comandante in Capo, e che egli non avea creduto bene accettarlo, dichiarandosi contento di quello che avea ottenuto nell'Esercito Sardo. Fa nnminnro E va del pari ricordato che non appena accettata la mission Garibaldi Luo{loleuente Genera lo propostagli, il Generai Fanti, nell'intimo convincimento che la bene Comandante lo le Trupspiccata individualità di Garibaldi - sia per quel prestigio pro- paocondo d ella Lega. (l) Citiamo qui appresso la lettera che in seguito alle pratiche fatte dal Minghetti, il Ministro degli Interni, Rattazzi, scriveva, in data 23 Agosto 1859, al Generale Fanti: < n Commendatore Minghetti mi partecipò il desiderio della S. V. I. di c presentare le sue dimissioni dal grado, che si degnamente Ella ricopre di « Luogotenente Generale nell'Esercito Sardo, aggiungendo però che Ella non « intendeva prendere una simile determinazione se non Le si desse l'affida« mento di oonseguire lo stesso grado, senza veruno scapito di anzianità, sempr e « quando Le fosse piaciuto di ritornare al servizio. « n Governo del Re è lieto di fare cosa grata a Lei, e se può essere « dolente che Ella voglia per ora abbandonare il servizio, vedrà sempre con « soddisfazione il giorno, in cui Ella stimerà ritornarvi. Per ciò l'avverto, che « laddove si disponga a rinunziare attualmente al suo grado, il Ministero ac« coglierebbe senza fallo la domanda, che Ella in seguito fosse per fare, di « riprendere il se11vizio temporaneamente abbandonato , e ·di riprenderlo col c grado attuale, e colla anzianità che Le competerebbe, se avesse ognora con« tinuato nel servizio. « Colgo questo incontro ecc. • Il llillistro

t RA.TTAZZI ».


~ARTE SETTtMA

cacciatogli dalle sue gesta di guerra~ quasi riluttanti alle severe d.lscipline militari, sia per quelle rare qualità che in lui hanno un modo di espandersi tutto speciale - poteva costituire un prezioso elemento per le cose di guerra della Lega allora formata, avea opportunamente divisato di proporre ai tre Governi collegati di mantenere·il Garibaldi nel comando delle Truppe Toscane, promuovendolo per altro al grado di Luogotenente Generale, e nel tempo stesso di nominarlo Comandante in Secondo di tutte le Truppe della Lega, ossia dargli il posto immediatamente appresso a quello occupato dal Fanti stesso. Più tardi ci tornerà utile il richiamare alla memoria questa spontanea iniziativa del Fanti a riguardo di Garibaldi, perchè fa manifesta fede dei sentimenti che fino d'allora il primo nudriva pel secondo. Prime cure del Prima cura che si prendeva il Fanti, non appena si era rel'anti per l' armamento della cato alla sua nuova sede ·di Comando, fu quella di venire alla Lep. personale conoscenza dei più elevati Ufficiali che allora erano divenuti suoi soggetti, e in pari tempo di farsi una giusta idea delle speciali condizioni in cui si trovavano le loro truppe. Da ciò avrebbe appreso quali fossero i più urgenti bisogni, ai quali dare immediato provvedimento. E siccome era persuaso, che nelle Romagne più che altrove occorresse pronta l'opera sua, così dopo brevissimo soggiorno a Modena, si condusse a Bologna, e quindi si spinse fino a Rimini e alla Cattolica, ove erano accantonate le truppe di Rosselli e di Mezzacapo. lvi passò a rassegna le suddette truppe, visitò tutte le posizioni di confine pel tratto lungo del quale campeggiavano allora i Papalini, e non riparti che dopo essersi fatto un giusto concetto dello stato organico di quelle milizie e del modo di rinforzare con alcune opere campali le posizioni da loro occupate, per renderle più forti nel caso d'improvviso attacco. In questa circostanza si appalesò più viva del consueto una Animo ricono· acenta del ~·nn ti. qualità dell'animo del Generale Fanti, la riconoscenza, e ci è grato di farne parola. Era rimasto scolpita nella sua memoria l'accoglienza affettuosa che nel 1831, a lui, profugo allora da Modena, avea fatto una famiglia di Savignano, che dandogli alloggio lo aveva colmato di nttenzioni d'ogni sorta. Or bene, al suo ritorno da Rimini 1 nel passare per Savignano, attentamente egli cerca nel paese la casa ove era stato alloggiato, la riconosce, fa fermare la carrozza, e si presenta ai padroni della casa, loro rammentando quanto fecero per lui nella suddetta epoca. È facile immaginarsi la sorpresa


FANTI NELL'ITALIA C~N'tRAt~

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e l'emozione di quella famiglia , che però non furono maggwn della soddisfazione provata dal Generale per aver potuto far comprendere alla medesima che mai aveva dimenticato il benefizio ricevuto. E ciò noi crediamo un merito non molto comune per chi, specialmente, é salito molto in alto. di FanNel ritornare a Modena anche la località di Bologna venne liProgelli rei Llvi all'or• dinn mento dell" attentamente studiata dal Fanti in questa circostanza , e ciò allo forze mobili della l.ep.. scopo che accenneremo alquanto più innanzi. Altra consimile visita di truppe e di posizioni eseguì il Fanti dalla parte della Mirandola, punto minacciato dai Ducali, e qui vi pure vide coi suoi propri occhi quanto occorreva fare. Tornato definitivamente in Modena, ove tenevasi il maggior nerbo delle truppe Toscane, e che per conseguenza egli vedeva giornalmente, fu in grado di potere scegliere fra tutto il personale a lui soggetto, e ormai a lui noto, quel numero di Ufficiali, che gli erano sembrati i più atti a comporre il Quartier Generai del suo Comando in Capo, e in pochi giorni essi tutti si trova ~ rono raccolti in Modena, e ordinati in regolare ufficio. Provvisto così al funzionare della superiore direzione dell cose di guerra della Lega, il Fanti si diede a fissare le basi, su cui intendeva stabilire l'organamento militare dei tre Stati collegati, il quale naturalmente dovea raggiungere due distinti ~copi, ossia, raccoglierne e ordinarne tutte le forze mobili e attuare sul loro suolo un sistema difensivo territoriale, confacente alle attuali contingenze politiche e militari dei medesimi. Al primo riguardo , ossia per ciò che si riferiva alle forze mobili, il Generale avea già potuto vedere, che per quanto alacremente e intelligentemente si fossero adoperati, nei Ducati il Colonnello Frapolli, nelle Romagne il Colonnello Pinelli, ed in Toscana il Colonnello Cadorna, a far progredire gli apparecchi militari, ciò non pertanto ovunque si difettava grandemente di Ufficiali di qualsiasi grado, del personale inerente ai varj servizj Sanitario, Amministrativo, di Sussistenza e dei Comandi di Piazza. Se di soldati, o bassa forza, non scarseggiavano troppo la Toscana e le Romagne, molto per altro mancava ancora al loro completo assetto, e tale inconveniente era ben più grave nei Ducati. In quanto poi ad armi, munizioni, vestiario, equipaggiamenti , cavalli, bardature, carriaggi d'ogni specie, e materiali d'artiglieria , eravi una quasi assoluta deficienza in proporzione dei bisogni, e cosi pure in riguardo ai casermaggi e ospedali militari. Ciò stante, se si voleva addivenire al voluto naturale aumento delle già esistenti forze mobili, e al completo approvigionamento


PARTE SETTIMA

di guerra d~Ile medesime, faceva d'uopo anzi tutto determinare il numero complessivo a cui esse si dovevano far salire nelle relative proporzioni delle singole popolazioni di ciascuno dei tre Stati collegati. Ora il Generai Fanti, ragguagliando queste popolazioni con quella degli antichi Stati Sardi e facendo calcolo ancora che buon numero· di Volontarj d'ogni parte d'Italia fosse per venire a prendere le armi nelle truppe della Lega, riteneva che in poco volgere di mesi questa potesse raccogliere sufficienti forze per condurre in campo non meno di quattro o cinque Divisioni completamente armate in guerra. In conseguenza di ciò egli avvisava che i tre Stati della Lega avessero fino da. quel momento a predisporre ogni cosa, perchè e di uomini e di cavalli e di materiale d'ogni genere, si avesse a far raccolta ed incetta nella indicata proporzione. Per chiamare uomini sotto le bandiere si provvederebbe nei Ducati e nella Toscana, mercè le leggi di leva iv1 in vigore, nelle Romagne, inaugurandovi la legge di leva del Regno Sardo. Per stimolare maggiormente il concorso dei Volontarj, si stabilirebbero forti premi di arruolamento. Con questo doppio mezzo si sarebbe portata al completo la bassa forza dei diversi Corpi. A formare. poi i necessarj quadri degli Ufficiali occorrenti per ogni arma, avea dapprima sperato il Fanti che buon numero di questi gli potessero essere inviati dal Piemonte ; ma visto che quel Governo non osava assumere la responsabilità di una simile misura - perchè in troppa opposizione allo spirito degli accordi di Villafranca - s'era deciso a fare appello a tutti coloro che avevano servito come Ufficiali o anche come Sott'Ufficiali in qualsiasi Corpo regolare o volontario nelle passate guerre :di indipendenza, e di più avea concepito il progetto di istituire in Modena, a spese comuni dei tre· Stati collegati, una numerosa· Scuola di giovani, che vi sarebbero ammessi dietro esame di concorso e gratuitamente mantenuti e istruiti, onde renderli. idonei al grado di Sottotenenti di Fanteria. In quanto agli approvigion~menti d'armi, vestiario, cavalli e altre necessarie cose, ogni Stato dovea su vasta scala fornirsene all'interno o anche all'estero. Per le munizioni di guerra si dovevano ampliare e perfezionare le fabbriche esistenti. Pei carriaggi d'Artiglieria in Modena dovevasi adattare uno Stabilimento di co· struzione, già esistente, a tale uso speciale, e in Parma, sotto persona tecnica già ~esignata, si sarebbe avviata una fonderia completa di pezzi d'Artiglieria di campagna.


FAN'!II NELL1 ITALtA CEN'tRAtE

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Finalmente in vista che le forze mobili delli tre Stati dovevano ormai agire promiscuamente fra loro, e da un giorno all'altro potevano essere chiamate ad operare unitamente a quelle pel Regno Sardo, colle quali anzi si voleva che avessero a finire per fondersi; ravvisava opportuno il Fanti, che presso le singole truppe dei tre Stati avesse a cessare ogni particolare ordinamento delle medesime, sia per leggi organiche che per regolamenti tattici, amministrativi, disciplinari e campali, e vi sl. dovessero sostituire le leggi ed i regolamenti in vigore nello Esercito Sardo. Tali erano i cardini fondamentali, su cui il Generale Fanti intendeva basare l'opera sua nel por mano allo assestamento delle forze mobili della Lega. di Fan • Relativamente poi al sistema difensivo da adottarsi, per raf- IlProgetU relativi al h• diterritoriale forzare il territorio della medesima, egli partiva da queste consi- fesa della Lega. e derazioni. In primo luogo le temute irruzioni dei Papalini e dei Ducali consigliavano di rafforzare l'azione delle giovani milizie della Lega per simili eventualità, mediante qualche opera fortificatoria lungo le parti di frontiera più immediatamente minacciate. Pensava quindi il Fanti che dal lato delle Romagne, ove i Papalini si potevano supporre intenzionati di avanzare per terra dalle posizioni della Cattolica, e ben anche di prevalersi del poco di loro Marina Militare che stava raccolta nel Porto di Ancona, per tentare uno sbarco di truppe sotto Rimini, occorresse innalzare qualche opera campale nelle suddette posizioni della Cattolica, e in pari tempo altre attorno a Rimini e lungo la più prossima sua spiaggia. Armare di alcuni pezzi d'Artiglieria un qualche bar~ eone, messo in istato di sopportarli, e di valersene in mare sotto la protezione delle opere della spiaggia fortificata di Rimini, era altro mezzo, che il suddetto Generale giudicava opportuno da quella parte della frontiera. A premunirsi poi da un colpo di mano che i Ducali, accampati a Sanguinetto, presso Ostiglia poco lungi dalla sinistra del Po, fossero per tentare marciando per Tramuschio sulla Mirandola, egli stimava opportuno, mettere in istato di difesa e armare quest'ultima città, già fortezza una volta, riattandone le mura e aggiungendovi qualche opera ~vanzata sui due fronti che domi· nano le strade provenienti da Revere e da Modena. . Questi erano i più urgenti lavori che si potevano considerare di circostanza immediata; ma a ciò solo non si dovea limitare la difesa territoriale occorrente per la Lega. Faceva d'uopo provvedere ben anche ad altre pressanti eventualità, quale era quellQ


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di costruire più solidi baluardi sul suo territorio i quali, in armonia con quelli del sistema difensivo delle vecchie Provincie Sarde, concorressero alla comune difesa, qualora ·l'Austria ristorata della toccata sconfitta si accingesse a nuova guerra per instaurare in Italia l'antico ordine di cose, e in pari tempo si prestassero pel caso in cui favorevoli circostanze permettessero a noi di attaccarla nelle sue formidabili posizioni del Veneto onde cacciamela definitivamente. Occorreva inoltre che i nuovi fortilizi da erigersi non soddisfacessero soltanto a questi due scopi parziali di circostanza, ma potessero essere coordinati al sistema generale di difesa per l'Italia, quando- come era lecito allora lo sperare- questa o per compita unità nazionale o per alleanza de' suoi diversi Stati, avesse a combattere con tutte le sue forze riunite un'invasione straniera. Sebbene apparentemente disparate fra loro queste tre esigenze a cui dovea soddisfare il sistema difensivo adottato per gli Stati della Lega, in sostanza per altro combinavano in una sola idea fondamentale, che si concretava nel concetto di iniziare nella parte superiore dell'Italia centrale la costruzione di opere fortilizie stabilit le quali avessero ad essere come le basi del futuro sistema difensivo generale dell'Italia intiera. A sciogliere questo difficile problema volevasi, a norma de' sani precetti della scienza militare, fondare ogni relativa indagine suno studio accoppiato della geografia e della storia militare di questa parte del nostro paese, in relazione con quella delle rimanenti. Da ciò solo potevano venire additati i più acconci punti strategici· all'uopo, e le condizioni topografiche poi dei medesimi avrebbero deciso se essi erano tatticamente validi. Postosi pertanto il Generale Fanti a studiare attentamente la carta d'Italia, e richiamando alla sua memoria le più celebri guerre combattute nella penisola, egli faceva questi rimarchi. In Piacenza che lambe la destra del Po, ove affiuisce la Treb· bia, si trova a pochi chilometri dall'Appennino un centro geografico, sul quale attraverso della famosa stretta di Stradella mettono capo in una sola tutte le strade provenienti dal Piemonte e dal Genovesato, le principali di Lombardia e taluna del Veneto, non che· tutte quelle dell'Emilia , per mezzo della via chiamata con tale vocabolo. Questo centro geografico dunque costituisce nell'Italia superiore un eccellente punto strategico. Osservate le condizioni topografiche del piano su cui si asside, le si trovano abbastanza favorevoli per costruirvi, a cavallo del Po, una doppia testa di ponte,


l<'.AN1'I N~LL1 l't ALIA CEN'l'R.A~

svilùppata a grande campo trincerato. Le storie militari dimostrano tutta la importanza strategica di questo punto, e provano che la sua sfera d'azione strategica, legandosi con quella della stretta di Stradella e del sistema delle piazze forti piemontesi - Alessandria, Genova, Casale - abbraccia il Lodigiano, il Milanese, il CreM monese, parte del Bresciano e buon tratto dell'Emilia ·fino al di là di Parma. In Bologna- posta al piede dell'Appennino là dove sboccano nel piano le due vallate del Reno e della Savena - trovasi altro maggior centro geografico, sul quale concorrono a metà della Via Emilia tutte le primarie strade dell'Italia continentale e ben anche quelle dei due versanti adriatico e mediterraneo della peninsulare. È pertanto Bologna il vero nodo delle viabilità d'Italia , e come tale diviene un punto strategico di primissima importanza. Le qualità topografiche del piano e dei colli, a lei circostanti, favoriM scono singolarmente la costruzione di opere fortilizie, che formino in quella località un vasto campo trincerato (1). In quanto all'azione strategica che fosse per esercitare questo campo trincerato, dalle storie militari non se ne poteva dedurre nessuna norma, perchè le guerre altre volte combattute in Italia non avevano mai avùto un indirizzo da cui fosse potuta risultare l'importanza strategica di Bologna. Era troppo palese per altro, nelle attuali condizioni dell'arte militare, che a chi si teneva pa.. drone della posizione di Bologna, addossata all'Appennino, restava aperta la più efficace influenza nell'Italia per tutta la bassa valle del Po fino alla riva dell'Adriatico e gli erano mantenute libere attraverso dell'Appennino toscano le comunicazioni fra l'Italia continentale e la peninsulare. Piacenza e Bologna pertanto erano i due punti strategici che Fanti trovava negli Stati della Lega, sui quali reputa va necessario costrurre stabili opere di fortificazione. Ed ecco ora i vantaggi che, al suo vedere, ne derivavano pei diversi casi a cui si sarebbe provveduto colla loro costruzione. Dall'azione combinata di Piacenza e Bologna, in funzione con quella di Alessandria, Casale e Genova - cui era sperabile che l'ingrandito Regno Sardo fosse ben presto per aggiungere l'altra di Pavia, fortificata sul Ticino, di Pizzighettone, ampliata sull'Adda, e della Spezia, fatta, come erasi già de.cretato, gran centro marittimoM (t) Di questo s'era potuto accertare il Fanti nella visita fatta a Bologna, di cni si parlò più sopra, e nella quale esso Generale era accompagnato dal• rautore di questo scritto.


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t>AltTE SETTIMA

Lerrestre- si poteva ripromettere grandemente accresciuta la forza dell'alta, media e bassa valle del Po in senso difensivo e offensivo al riguardo d~lla Venezia occupata dagli Austriaci, lo che costituiva il primo scopo che si voleva ottenere. Era evidente infatti che qualora essi dal Mincio o dai Distretti Mantovani fossero per muoverei nuova guerra, le truppe Sarde e della Lega, appoggiate a Piacenza e Bologna, avrebbero validamente contrariate le loro prime operazioni nella Lombardia e nell'Emilia, ed efficacemente contrastato il loro avanzarsi nel Piemonte ed in Toscana. Che se anche il nemico fosse riescito a rompere le comunicazioni dirette fra Bologna e Piacenza, pel Mediterraneo e per la Riviera di Levante, era sempre possibile far comunicare il Piemonte e la Toscana mercè dei valichi appenninici di BolognaLivorno alla Spezia e di Piacenza-Genova. Qualora poi l'aggressiva si potesse pronunziare da noi contro la Venezia, in allora Piacenza ci offriva il mezzo di rinforzare ogni nostro attacco verso il Mincio, e qualunque operazione sul medio Po. E quando si fosse persuasi che piuttosto di attaccare gli Austriaci di fronte su quella parte ~ convenisse meglio manovrarvi cQn poche forze e portare la grossa guerra alle spalle del quadrilatero nel Vicentino e nel Padovano, per questo caso Bologna offriva un'ottima base per appoggiarvi ogni nostra operazione sul basso Po e sul basso Adige , non che un sicuro rifugio in di toccati disastri. Prendendo poi a considerare quale potesse essere l'azione dei due ripetuti punti strategici nell'ultima supposizione fatta- ossia che l'Italia, libera d'ogni occupazione straniera, e con tutte le sue singole forze riunite avesse a sostenere guerra che le provenisse o dal levante, o dal ponente delle sue frontiere alpine - risultava manifesto pel Fanti quanto veniamo a dire. Se la guerra Viniva da levante, Bologna e Piacenza , facendo sistema colle opere che avremmo avute allora sulla sinistra del Po, agirebbero in comune con queste contro i primi attacchi del nemico. E quando poi noi fossimo battuti nel Veneto e nel Mantovano, Bologna ci ofl"rirebbe un sicuro rifugio nella più propizia posizione protetta dall'Appennino per ristorarvi le forze battute, e richiamarvi da ogni altra parte d'Italia quei rinforzi e quelle risorse d'ogni genere che potessero ridarei forza onde ri.prendere l'otl"ensiva.. Piacenza, nel frat· tempo coprendo il Piemonte, potrebbe prestare l'opera sua molestando la destra del nemico accampato sotto Bologna, e rendendogli malagevole la via della Cisa se volesse gettarsi per essa in Toscana.

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E quando l'invasione straniera avesse luogo dalla frontiera d'occidente, e l'antico sistema difensivo del Piemonte non la potesse arrestare, in allora Piacenza sarebbe una tappa di riposo e riordinamento delle nostre truppe, costrette a piegarsi su Bologna in cerca dei rinforzi e delle risorse della parte ·peninsulare d'Italia; e una volta che il nemico ci avesse cacciati anche da Piacenza, Bologna sussidiata dalle opere che noi avremmo sulla sinistra del Po, funzionerebbe nel medesimo modo che abbiamo accennato pel caso di un nemico proveniente dal levante. Incontestabilmente dunque il sistema difensivo che Fanti pro· gettava per i tre Stati della Lega , soddisfaceva ad ogni voluta esigenza del momento, ed anche pel futuro, stabilendo fino da allora che perno primario di difesa dell'Italia continentale e peninsulare avesse ad essere Bologna. Ciò avea. visto l'acutissimo suo occhio militare fino dal1859 e ben pochi allora furono gli intel• ligenti in materia, che dividessero le sue idee in proposito, chè anzi moltissimi le avversarono come inopportune e dannose. Ma oggi le guerre del 1866, 1870 e 1871 hanno fatto meglio apprezzare da tutti il vero spirito di cui deve informarsi il sistema difensivo di un territorio, e si è riconosciuta tutta l'importanza strategica di Bologna. Va quindi meritamerite considerato il nostro Gen~rale Fanti come il vero precursore del concetto fondamentale del grande sistema difensivo ·territoriale d'Italia. Dietro queste risultanze dello studio strategico del Fanti, egli avea proposto, poco dopo il suo giungere a Modena, al Governo dei due Ducati la co.struzione del Campo trincerato di Piacenza , per le occorrenti spese del quale erano passate intelligenze col Governo Sardo per un suo concorso, stante l'utile che ne avrebbe ricevuto esso medesimo. Pel campo di Bologna poi dovevano concorrere nelle spese i Governi di Romagna e di Toscana, interessatissimi a vederlo sorgere. Nè questi studi avevano menomati l'attività e lo zelo di Fanti negli altri rami dell'impresa opera, chè a tutti attendeva e provvedeva con ogni possibile solerzia. Ma noi reputando non molto utile e interessante e quindi superfluo il fornirne i minuti particolari, ci riserbiamo di farne noti i risultati fmali quando potremo presentare come compita la suddetta opera. Intanto tornerà meglio in acconcio il narrare due speciali conf;": 0~ incidenti occorsi al Fanti durante la sua missione nell'Italia Cen- ~'::':!:Uf'::l''.;:~ trale, nei quali gli vedremo spiegare quella :rettitudine di senso ;~· 11 Roma· politico, e quella fermezza di personale carattere che sono le doti non solo del valente Generale ma ben anche dell'uomo di Stato.


PARTE SETTIMA

Dal Settembre all'Ottobre erano corse voci contradditorie su quanto andavasi assicurando che fosse per avvenire nelle Marche e nell'Umbria. Alcuni pretendevano che l'attitudine dei Papalini annunziasse imminente il loro irrompere nelle vicine Romagne: altri per lo incontro assicuravano che essi si rassodavano nelle loro , posizioni, perchè temevano prossima Wla sedizione nei paesi da loro occupati, e si preparavano a sofTocarla coi medesimi rigori usati a Perugia qualche mese prima. Comunque era certo pel Dittatore Farini, che si teneva in diretta relazione col La Farina, Capo della Società. Nazionale, che i Comitati di questa Società. si adoperavano grandemente nelle Marche e nell'Umbria per promuovervi un movimento insurrezionale che riescisse a sottrarle, come le Romagne, al dominio papale. E pareva effettivamente in sulla seconda metà. di Ottobre, che la cosa avesse qualche probabilità di successo, perchè si erano potute introdurre armi e munizioni in quelle Provincie, e non pochi degli abitanti delle medesime si mostravano intenzionati a valersene contro le truppe che giornalmente li maltrattavano e vilipendevano. Accertavasi anzi dai suddetti Comitati che tutto era già pronto per insorgere, e si attendeva la novella da un momento all'altro, che la cosa fosse avvenuta. Di tale stato di cose il Farini avea informato il Fanti e d'accordo fra loro avevano deciso che - sia in previsione di un improvviso attacco della froniiera dei Papalini, sia dello scoppio di una rivalta nelle Marche e nell'Umbria, dal quale ne sarebbero derivate nuove barbarie dei Papalini sulle popolazioni - faceva d'uopo che le truppe della Lega accampate fra Rimini e la Cattolica si tenessero pronte non solo a respingere i Papalini se li attaccassero, ed inseguirli ancora al di là del confine, fin dove potessero, ma ben anche a prestare soccorso a quelle popolazioni che domandassero appoggio e protezione contro le soldatesche papali. Autorizzava la prima delle due accennate determinazioni il riflesso che se il Governo Pontificio veniva ad aperte ostilità contro quelli della Lega, esso si esponeva a tutte quelle conseguenze che in tal caso il diritto della guerra dava a questi. Per la seconda, la stessa natura e scopo apertamente nazionale di che s'informava l'esistenza de'suddetti Governi, loro non permetteva di restar freddi spettatori di una lotta, in cui le truppe papaline facessero scempio di popolazioni alle quali non si poteva rinfacciare altra colpa che di volersi unire ai propri fratelli italiani, ed imponeva anzi il sacro obbligo di accorrere per proteggerle e ajutarle a conseguire un sì legittimo intento.


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La giustizia e indiscutibilità di tali principj erano sì manifeste pel Fanti - ed egli era tanto convinto che come il Dittatore di Modena e Parma, anche i Governatori di Toscana e Romagna le avrebbero ammesse - che non si peritò punto a prendere pronte misure per dare esecuzione al convenuto col Farini, senza interpellarne preventivamente i Governi di Firenze e Bologna, e solo prevenendoli del fatto nell'urgenza della circostanza. In seguito a ciò il Fanti mandò ordini al Rosselli e Mezzacapo, che custodivano sempre il confine della Cattolica, di concentrare le loro forze più da vicino, che non lo erano state fino allora, a quel punto, e al Garibaldi, che teneva il comando dei Toscani in Bologna, prescrisse di fare avanzare verso Rimini parecchie delle sue truppe, percbè fossero pronte ad accorrere in rinforzo degli altri due Generali, quando ne fosse il caso. Allo stesso Garibaldi. poi veniva aflìdato il Comando superiore di tutti i Corpi raccolti verso la Cattolica, come all' uomo a cui meglio che ad ogni altro si confaceva il genere delle operazioni che avrebbe a compiere. E perché esso Garibaldi avesse norme ben precise di contegno per ogni evenienza, il Generale Fanti, con suo foglio riservato di Ufficio N. 112, in data delli 19 Ottobre, gli compartiva le s~enti istruzioni : « 1.0 Tenersi in difesa sulla frontiera. « 2.0 Resistere al nemico se attaccasse. « 3. 0 Dato questo caso e supposto di poterlo respingere, inse· u guirlo allora oltre il confine sin dove la prudenza consigli arre· • starsi. c 4. 0 Quando ciò avvenisse, altre truppe della Lega accorre« rebbero immediatamente in appoggio di quelle che avessero c: oltrepassata la frontiera. « 5.0 Qualora una intiera Provincia, o anche una sola città si « sollevasse e proclamasse volersi unire alle Romagne, e doman· « dasse soccorso per essere protetta contro un nuovo eccidio, si« mile a quello di Perugia, e per mantenere l'ordine pubblico, « in tale evenienza , doversi spedire ai sollevati armi ed armati, c in queJla misura che le circostanze consiglieranno. « 6.° Finalmente se il nemico tentasse colla forza di ripren« dere quei luoghi, le truppe della Lega dovranno opporvisi di• fendendoli energicamente, nè desisteranno dalle ostilita contro • i Pontifici, se non quando abbiano occupato tanto terreno quanto « riterranno necessario per garantire la loro sicurezza :&. Citammo appositamente il testo preciso di queste istruzioni percbè si possa rettamente giudicare del senso delle medesime, il


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quale non può che apparire completamente proprio alle circostanze e allo spirito da cui dovevano essere animati gli atti della Lega. Ma non furono di tale avviso i due Governi di Romagna e Toscana, quando ne ebbero partecipazione dal Fanti. Noi non possiamo dire per quali intime intelligenze corse fra quei due Governi, e per quali speciali viste politiche dei medesimi avvenisse quanto siamo per narrare, ma è certo però che in seguito ad un abboccamento personale, che in sul finire d'Ottobre ebbero nel paese di Filigare, sulfAppennino, il Governatore della Romagna e quello di Toscana, al quale non era intervenuto il Dittatore di Modena e Parma, egli è certo, dicemmo, che fra i due convenuti si credè trovar ragioni per disapprovare le massime ammesse dal Farini e dal Fanti , e si decise di opporsi risolutamente ad ogni compartecipazione delle armi della Lega in quanto potesse avvenire nelle Marche e nell'Umbria. E pronto effetto si ebbe la presa risoluzione nel seguente modo. Nel giorno 30 Ottobre il Generale Fanti riceveva dal Governatore delle Romagne il seguente telegramma: « Al Generale Fanti.

« Il Barone Ricasoli telegrafa in cifra il seguente dispaccio, che io Le partecipo coerentemente alla volontà del Governo <t Toscano. cc

« Il Governatore tt CIPRIANI J.

« Al Governatore Generale delle Romagna « Bologna.

« Trasmettete anche a nome vostro quànto segue al Generale « Fanti. « Il Governo Toscano, coerentemente al trattato della Lega, (t nell'interesse supremo della causa italiana non può sanzionare ( le istruzioni date a Garibaldi di entrare nelle Provincie rimas~ <c al Papa nel caso di una insurrezione~ e sconfessa formalmente (( simili istruzioni, ingiungendo al Fanti di considerarle immediate tamente come nulle e di dare sull'istante le disposizioni opporcc tune per prevenire e impedire qualunque intervento od ajuto t< nelle Marche, ponendo sotto la responsabilità di esso Fanti di ( fare il possibile per evitare di compromettere in qualsiasi ma<c niera gli Stati della Lega. « Procurate che anche Farini si associ a questa prescrizione « al Fanti. « fuCAsOLI ».


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Questo dispaccio cifrato del Ricasoli era seguito da altro consimile del Cipriani personalmente diretto al Fanti e concepito in questi termini perentori: 1 Ella partirà immediatamente per Rimini , appena riceverà " il presente dispaccio, onde eft'ettuare senza dilazione la ritirata u di tutte le truppe dalla frontiera , concentrandole sopra Forli , a: perchè la rivoluzione sta per scoppiare nelle Marche, ed intendo « che Ella impedisca ad ogni costo qualunque intervenzione dei • nostri. « Ella emanerà un Ordine del giorno generale, col quale an• nunzierà all'Armata che essa prende i quartieri d'inverno, al c: fine di procedere alacremente alla sua organizzazione, e diven« tare capace di corrispondere agli alti destini ai quali la chiama « la grandezza della patria. « In attenzione di riscontro, ecc. « ll Govel'Datore Generale

« L. CIPRIANI ». Il Generale Fanti comunicava immediatamente al Farini i ricevuti inaspettati dispacci , ed entrambi non poterono a meno di non riconoscere che qualche macchinazione contraria ai veri interessi nazionali italiani dovea avere influito, a loro insaputa, sui due Governi, i quali esigendo il ritiro delle loro truppe dal confine pontificio d'altrettanto favorivano gli interessi della Santa Sede di quanto pregiudicavano i loro e quelli della causa nazionale. Non dovevano essi comprendere che le popolazioni delle Marche e delle Umbrie avevano quelle stesse ragioni di insorgere contro il Governo papale, che avevano avute le popolazioni di Romagna, Toscana e quelle dei Ducati? Il rinnegare ai principj che legittimavano la propria esistenza era un suicidarsi da sè medesimi pei Governi della Lega. Speravano forse, con questa specie di apostasia alla causa nazionale italiana, di farsi perdonare la loro origine rivoluzionaria? Si illudevano grandemente se ciò pensavano , perchè cosi essi medesimi davano le armi in mano ai loro nemici per non riconoscerli legittimi Governi, sorti da legittimo voto popolare e nazionale. Unico mezzo di mantenersi in vita era quello di saper farsi rispettare, mantenendosi conseguenti ai principj in forza dei quali si esisteva, e per questo appunto era da bandirsi qualunque titubanza nel decidersi a favorire in qualsiasi modo le aspirazioni nazionali delle limitrofe popolazioni. In vista pertanto di queste considerazioni, che facevano presentire al Fanti e al Farini quanto potesse essere pernicioso il secon1.11


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PARTE SETTIMA

dare l'inconsiderata misura voluta dal Cipriani e dal Ricasoli, il Generai Fanti, valendosi del diritto che egli avea per le cose di comune interesse della Lega, di non dar corso ad ordini che non partissero collettivamente dai tre Governi della medesima, si determinò ad opporre un primo ostacolo alla esecuzione dell'inti· ma togli con questo telegramma che diresse a Bologna e Firenze: cc Non accetto ordini, che dai tre Governi riuniti.

« F.um: ».

Poco dopo di aver spedito questo telegramma esso Generale riceveva da un altissimo personaggio di Torino una lettera tutta confidenziale, con dàta del 29, nella quale gli era manifestato « il « timore che nell'Italia Centrale andasse a compiersi qualche fatto, « che turbasse lo stato attuale delle cose, e per cui v'era motivo « di credere che si volesse togliere a lui (Fanti) e a Garibaldi i « rispettivi loro comandi. Stimarsi per ciò opportuno, che esso « Fanti rassegnasse le sue dimissioni e tornasse in Piemonte, sug« gerendo a Garibaldi di fare altrettanto ». Le autorevoli affermazioni contenute in questa lettera non lasciavano più dubbio alcuno nella mente del Fanti e cosi pure del Farini, che i Governi di Bologna e Firenze fossero caduti in un àgguato diplomatico a loro teso, e raddoppiò quindi in essi il fermo proposito di riescire a sventare l'ordita· maligna trama. Pensò quindi opportunamente il Fanti che il rassegnare le proprie dimissioni, piuttosto che mostrarsi disposto a seguire viste politiche dei menzionati due Governi, potesse dar luogo ad evenienze, per le quali essi si ravvedessero in tempo, o anche fossero impediti dal mandare ad effetto le intempestive loro intenzioni. E non andò errato questo apprezzamento del Fanti , imperocchè avendo egli effettivamente con lettera motivata, nel giorno 31 Ottobre, trasmesse le proprie dimissioni ai due Governi di Tosèana e Romagne, Ii.on si tosto se ne sparse la novella e se ne conobbero le cagioni fra. le più cospicue: personalità, che allora circondavano i Governanti della Lega, se ne deplorò altamente il caso e si volle porvi riparo. Qui pure a noi non è dato fare di· pubblica ragione i minuti particolari del còme ·a ciò si reputasse necessario .venire, ma è positivo che l'Assemblea delle Romagne fu convocata in seduta secreta, e innanzi ad essa fu chiamato il Cipriani (che pare fosse· il vero promotore della misura concertata col Ricasoli) a

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FANTI NELL'ITALIA CENTRALE

spiegarne categoricamente i motivi ; e siccome le date spiegazioni non soddisfecero forse abbastanza la suddetta Assemblea, e venne biasimata la condotta del Cipriani, cosi questi non indugiò un giorno solo a dimettersi dalla carica di Governatore Generale delle Romagna. Dal~e risullanze di questo fatto anche il Governo To· scano poté avvedersi di essere stato tratto in errore, e quindi il Generale Fanti venne pregato di ritirare le offerte dimissioni, come egli fece di fatto, dal momento in cui fu sicuro di non dover abrogare le sue disposizioni. l Ducati e le Questi tre Governi per altro in conseguenza del ritiro di Ci· Roma«ne si fonio un sopriani andavano a ridursi a due soltanto, perchè l'Assemblea di dono lo Governo detto Bologna nell'accettare le dimissioni del predetto, avea decretato dell'Emilia. di chiamare al proprio Governo il Fadni che reggeva quello dei due Ducati, e con questo si era convenuto di non formare ormai che un solo Stato, il quale avrebbe assunto· il nome. di «Regie Provincie dell'Emilia » con a capo un Governatore Generale che doveva appunto ess~re il Farini, la di cui resid~nza governativa si trasporterebbe da Modena a Bologna. La Lega pertanto dell'l· talia Centrale veniva cosi a comporsi dei due distinti Stati di Toscana e dell'Emilia. Progressi nelScomparso il pericolo di complicazioni politiche, e tornata la l'armamento del· l'Italia Centrale. ·calma nelle sfere governative, prosegui il Fanti nell'opra sì bene incominciata dell'armamento di questi due Stati." ·Nei mesi trascorsi di Settembre e. Ottobre. ogni cosa era stata sbozzata: ora voleva essere maggiormente sviluppata e perfezionata. Erano, per esempio, ormai organizzati e funzionavano regolarmente i tre Ministeri della Guerra della Lega, non .che le Intendenze ed i Commissariati. Trattavasi al momento di fondere cotali servizi dei Ducati e delle Romagne, in uno solo pel nuovo Governo dell'Emilia. I Reggimenti di Fanteria, avevano raccolto dalle leve e dal· l'arruolamento di Volontarj sufficiente numero di uomini per l'effettivo dei due primi Battaglioni ed anche per qualche Compagnia del terzo, oltre del quale era · intenzione del Fanti , che fino a nuova disposizionè i Reggimenti non avessero a formarne altri. La disciplina e istruzione delle truppe d'ogni ~rma avea sensi· bilmente progredito. Le truppe Toscane, che vestivano ancora l'antica loro assisa ben prestò avrebbero avuta quella foggiata alla Piemontese; ma quelle dell'Emilia l'indossavano di già, perchè gli arruolati la vestivano dal momento che entravano nelle file, i maggazzini essendone ampiamente. provvisti.


PARTE SETTIMA

Le armi, esse pure atnuivano nei magazzini, e di mumz1oni ·d'ogni specie se ne erano già fabbricate in quantità rispettabile. Dalla fonderia di Parma si cominciavano ad avere pezzi rigati secondo il nuovo sistema francese, e la lavorazione degli affusti e carriaggi, in Modena, avea preso il migliore possibile sviluppo. Di cavalli per Artiglieria, Cavalleria e Treno, ne giungevano senza interruzione da diverse parti, ed anche di bardature pei medesimi se ne avea in buon numero. Il personale tecnico del Genio e dell'Artiglieria era onnai in gran parte organizzato, e i Comandi e le Direzioni locali delle suddette due Armi erano in pieno fw1zionamento. Il Corpo del Genio avea già un Battaglione di Zappatori, ed altro stava formandosi. Quello d'Artiglieria aveva pure i singoli personali di Campagna, Piazza ed Operai. Il Treno prestava utile servizio pei trasporti giornalieri dei diversi Corpi, e per l'invio delli oggetti dall'una all'altra località. I Comandi di Piazza e i Tribunali Militari erano ovunque organizzati, secondo la fatta circoscrizione militare, in cui s'eran divise le Provincie. Al servizio sanitario poi si era data speciale attenzione per poter tosto avere particolari Ospedali militari, con personale medico e farmaceutico militare, ed anche per avere presso ai Corpi un buon personale di Medici-Chirurgi. Finalmente la decretata Scuola Militare di Fanteria erasi organizzata in Modena e promelleva buoni risultati. Più di 1,300 giovani erano stati ammessi agli esami di concorso, e poco più di 500 avevano ottenuto voto favorevole. La massima parte dei medesimi avevano già fatta la campagna come Volontarj, e moltissimi erano laureati in qualche facoltà. Lo spirito poi, dal quale tutti erano animati, non poteva essere migliore. E tutto questo era gradatamente e ordinatamente proceduto mercé l'operosa e intelligente superiore direzione del Fanti, e quell'ardente zelo e perseveranza che indistintamente tutti i funzionari e Ufficiali dell'Emilia e della Toscana gli prestavano per secondario. Di così fatta guisa era sperabile che avessero continuato a camminare prosperamente le cose fino al definitivo compimento della difficile missione accettata dal Fanti. J>iss~n•i tra i Se non che sorse improvviso altro incidente che minacciò GcnerHii Fanti e Garibaldi. intorbidare seriamente la cosa pubblica nell'Italia Centrale. Anche in questa circostanza per altro l'energica e ferma mano del Fnnti fu quella che impedì sì grave inconveniente, come risulterà dal racconto che veniamo a farne,

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l<' ANTI NELL'l'tALIA CENTRA L~

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Non era andato guarì dall'epoca di cui più sopra parlammo, nella quale Farini e Fanti avevano creduto imminente un moto insurrezionale nelle Marche e nell'Umbria, che dessi avevano dovuto convincersi di avere prestata soverchia fede alle esagerate relazioni che i Comitati della Società Nazionale avevano fatte sullo spirito di quelle popolazioni. Si era positivamente saputo, che pochi e impotenti erano coloro che s'eran detti pronti ad insorgere, e che inoltre i più ardimentosi fra questi, venuti in sospetto alla Polizia Pontificia, erano stati arrestati dalla medesima, la quale inoltre avea potuto scoprire e impadronirsi di alcuni depositi d'armi. Indubitatamente pertanto non vi era a far più verun calcolo sulla sperata sommossa spontaneamente iniziata da quelle popo-. lazioni non solo, ma non era nemmeno sperabile che le medesime si trovassero in grado di pronunziarla quando dal di fuori vi fossero provocate. Conveniva quindi rinunciare per allora ad accogliere nella grande famiglia italiana quelle popolazioni, e attendere pazientemente più favorevoli circostanze. Sventuratamente queste convinzioni non erano condivise dal Generale Garibaldi, il quale - sia che prestasse troppa fede alle altrui relazioni, sia che facesse soverchio calcolo sulla sua influenza personale fra le masse popolari - fatto si è che senza farne soverchio mistero andava predisponendo dal suo Quartier Generale le più compromettenti misure per provocare nelle vicine Marche un movimento insurrezionale, il quale per cotal guisa avrebbe avuto tutto il carattere della non spontaneità, ma bensì quello di movimento eccitato dal di fuori. Farini e Fanti, a cui era noto il dimenarsi degli agitatori che avevano circondato Garibaldi e lo tenevano in credenze prive di fondamento , per indirette vie cercarono in sulle prime di far aprire gli occhi a detto Generale dandogli le prove del quanto erano state fallaci le prime informazioni che avevano fatto suppoiTe possibile una riYolta nelle Marche. Ciò malgrado per altro avevan dovuto vedere con rammarico che le imprudenti pratiche non desistevano, e che anzi fra le truppe accantonate sul confine marchigiano si lasciava fare impunemente propaganda diretta a trovare proseliti che si impegnassero a passare pei primi la frontiera, ed eccitare le popolazioni alla rivolta contro il Governo Pontificio. Ora, era troppo evidente che se un simile fatto avesse a verificarsi, senza che prima effettivamente vi fosse stata rivolta alcuna, nè tampoco un invito di qualsiasi paese ad accorrere in suo

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t>An.TE SETTIMA

j uto contro le truppe papaline , non si poteva sperare ·in verun modo che la diplomazia si mostrasse disposta a permettere che gli Stati della Lega potessero impunemente dar molestia ai loro vicini e intervenire ove non erano chiamati. Potevano quindi sserfl gravissime le conseguenze di una imprudente invasione delle Marche, non giustìficata da plausibile ragione, e poteva ve· nirne minacciata l'esistenza degli Stati delhi Lega. Nuove pratiche pertanto, e sempre per mezzi indiretti, si fecero presso il Garibaldi per sottrarlo alla pressione che gli si faceva attorno, ma anche questa volta senza frutto alcuno. In allora il Generale Fanti si decise a prendere qualche mi..; sora di rigore per dimostrare che non intendeva di tollerare più oltre maneggi che ei giudicava pregiudicievoli alla causa italiana in genere, ed in ispecie poi alle truppe poste allora ai suoi comandi, fra le quali seminavano l'indisciplina ed anche dissensi politici. Per ciò essendo egli venuto nella più positiva certezza che il Ministro della Guerra dei due Ducati, a sua perfetta inaputa, aveva inviati a Garibaldi, armi, munizioni, vestiarj ed altre cose che dovevano servire al progettato colpo di mano, fece togliere in sull'istante al medesimo il portafoglio e affidarlo adaltra persona di cui sapeva potersi pienamente fidare. Ma nemmeno questo valeva ad arrestare le inconsulte mene ei raggiratori di Garibaldi , nè tampoco a fare aprire gli occhi c quest'ultimo. Pareva ormai necessario che per troncarle si avesse a ricorrere a qualche misura energica, che se pur anco efficace, sarebbe però sempre dispiacevole perchè più o meno direttamente dovea essa andare a colpire Garibaldi allora come sempre amatissimo dai soldati e dalle popolazioni. Si volle quindi tentare altra via che conducesse al medesimo intento, e sotto un pretesto qualunque fatto venire il Generale Garibaldi a Modena, presso il Governatore dell'Emilia, Farini, ivi lo si fece trovare insieme col Generale Solaroli, Ajutante di Campo del Re, col La Farina, Presidente della Società Nazionale, e con altri distinti particolari suoi amici. Non fu lìeve fatica di tutti questi convenuti in Modena quella di riescire a persuadere il Garibaldi della inopportunità ed imprudenza del passo che egli voleva fare, ma finalmente parve che vi si fosse riesciti, ed alle 9 1/2 di sera, dopo avere promesso di rinunziarvi definitivamente, perchè ormai convinto della sua inopportunità, egli partiva per Bologna, lasciando ferma fiducia ·nei suoi amici, che mercè dei loro sforzi si fosse evitato il grave pericolo che avevano corso i destini dell'Italia Centrale.


FANTI NELL'ITALIA CEN'rR.AtE

Ma non erano ancora suonate le 11 della medesima sera, che lo stesso Garibaldi , da Bologna , telegrafava a Modena, presso a poco. con queste parole: « Essere scoppiata la rivoluzione nel le « Marche: stimare egli suo dove1·e l'accorrere, come l'avea pr « messo, in soccorso della medesima ». Contemporaneamente altro dispaccio del Ministro della Guen :t delle Romagne, Colonnello Pinelli, annunziava che batteva la g nerale per Bologna, e che le truppe che ivi si trovavano avevanu avuto ordine di partire sull'istante alla volta di Forlì e Rimini lasciando i sacchi per marciare più sollecite. Sorpresi Fanti e Farini di simile fatto, in piena opposizione colla parola data poche ore prima, innanzi di prendere una determinazione qualunque, telegrafano alle Autorità civili e militari et i Rimini e Cattolica per sapere quali notizie ivi si abbiano della scoppiata rivolta. Viene immediatamente risposto: non aversi cogniZione alcuna di tal fatto, e per lo incontro· aver motivi di cr derlo insussistente. Da ciò appariva manifesto come Garibaldi fossP vittima di una falsa notizia fattagli pervenire da coloro che ml ogni costo volevano farlo passare nelle Marche, e quindi più che mai si riconobbe la necessità di impedirgli di commettere sì gran ' errore. E siccome era ormai inutile lo sperare che egli fosse pet· cedere a dirette personali raccomandazioni o comandi, così venn presa altra via, che si ritenne di più facile successo. Mentre pertanto Farini rivolgeva alle Autorità civili pressa11 Li dispacci perchè si adoperassero a dar voce nel pubblico per smentire la corsa notizia della pretesa sommossa delle Marche e a tranquillizzare gli animi al proposito, il Generale Fanti, nel cuor della notte, faceva partire parecchi degli Ufficiali addetti al suo Quartier Generale, i quali recandosi fino a Bologna per ferrovia, e quivi salendo in celerissime vetture di posta dovevano avviarsi lungo la Via Emilia, raggiungere quei Corpi che vi trovassero in marcia verso Rimini, presentarsi ai loro singoli Comandanti eò intimar loro di arrestarsi dal cominciato movimento e retroceder ' sui propri passi per tornare nelle rispettive stanze, e premunirl i che ove non obbedissero prontamente a quest'ordine perentorio del Generale in Capo delle Truppe della Lega, sarebbe pesata sul loro capo tutta la responsabilità della flagrante loro insubordinazione. Anche verso Ferrara e Ravenna, d'onde si sapeva eh Garibaldi avea pur fatto muovere i rispettivi presidi, s'inviarono consimili messaggi. Queste pronte ed energiche misure bastarono perchè nel corso .di ventiquatt' ore ogni Corpo o frazione di Corpo, che s'era posto


l'ARTE SE'n'IMA

·in marcia, facesse ritorno al punto di sua partenza. Se in qualche parte vi fu chi si mostrò renitente all'obbedienza - e furono ben pochi - la grande maggioranza degli ufficiali e soldati, non si mostrò propensa a subire la loro influenza, e l'ordine superiore venne rispettato ed eseguito. Alla sola altissima autorità morale che il Fanti avea saputo conquistarsi presso i suoi dipendenti di qualunque grado, fu dovuto in questa circostanza se vennero rispettate ed osservate le sue ingiunzioni a preferenza di quelle di Garibaldi, e se noi riporteremo la nostra mente a quei tempi, resteremo facilmente convinti che non fu questo un piccolo trionfo pel nostro Generale. l.e dimissioni La grave infrazione disciplinare commessa con tanto scandalo di Garibaldi. pubblico da Garibaldi non doveva andare impunita: ciò per altro poteva dar luogo a dispiacevoli avvenimenti, che la prudenza consigliava di evitare. Venne perciò deciso da Fanti e da Farini di approfittare della immediata risoluzione che avea preso esso Garibaldi - non appena veduto che le truppe avevano ubbidito a Fanti piuttosto che a lui - di rassegnare le proprie dimissioni, sia dal posto di Comandante delle truppe Toscane, che da quello di Comandante in Secondo le forze unite della Lega. Esse vennero pertanto accettate, e senza nominare un nuovo Comandante in Secondo della Leg~ si provvide soltanto a rimpiazzarlo col Generale Stefanelli nel Comando dei Toscani. Non mancarono allora di pervenire alle Autorità civili e mi~ litari informazioni da cui si poteva argomentare che allorquando fosse pubblicamente nota la concessa dimissione al Garibaldi, e 111i sapesse che egli si disponeva a lasciare l'Emilia, sarebbero certamente avvenuti moti perturbatori della pubblica quiete non solo fra cittadini, ma ben anche fra militari. Il Generale Fanti non esitò punto a farsi mallevadore del facile mantenimento della pubblica tranquillità, ed in ispecie a guarentire che la disciplina delle sue truppe non sarebbe venuta meno. Ed in fatti, sia nel giorno in cui fu annunziata alle truppe la dimissione di Gari· baldi, che in quello ancora in cui egli parti da Bologna, nè la cittadinanza, nè i soldati si commossero. Qualche grido per le contrade, qualche altro in una o due caserme furono i soli sin· tomi che accennassero a disapprovazione dell'operato del Governo. La grande maggioranza del paese riconosceva che se con Garibaldi si perdeva un ardente e valoroso cuore di patriota, la mente che seco lui partiva era più atta allo agitare, che all'ordinare; ed in quei momenti la Lega avea piò bisogno d'ordine che di altro.


FANTI NELL; ITALIA CENTRALE progres • L'avvenuto dispiacevole incidente non aveva prodotta vèruna al 'u~vi n•11ll armaconseguenza nociva al progresso generale degli armamenti, cui si meoti dello La p dava opera con tanta operosità nell'Emilia e nella Toscana. Tutto si andava sempre meglio completando, ripulendo e perfezionando, e per vero dire a chi dall'Agosto non fosse più stato in quelle parti d'Italia fino al finire dell'anno, sarebbe apparso ben sorprendente il cangiato aspetto di quelle contrade, spoglie in prima ed ora seminate per ovunque di soldati d'ogni arma che si istruivano nei singoli particolari esercizi. Latter8 oJI ~­ E come tutto ciò non fosse vana mostra teatrale, ma condotto vour al Faoli. con sapiente mano, e posto in opera seriamente e con ottimo successo, noi non verremo a dirlo con troppo lunghi e forse anche inutili particolari, ma lo faremo risultare da una lettera che il Conte di Cavour in data delli 8 Gennaio 1860 dirigeva allo stesso Generale Fanti, allo scopo di raccomandargli un nipote di Bixio (il fratello del nostro Generale, che si era acquistata alta posizione in Francia) il quale si recava nella Emilia per prendervi servizio militare. In essa lettera, dopo aver parlato del soggetto or accennato, il Conte di Cavour soggiungeva: « Io mi rallegro con Lei del buon andamento delle cose mi« litari dell'Emilia mercè le diligenti sue cure. È di suprema im« portanza, vi sia, o non vi sia Congresso » (di ciò come è noto si era fatta la proposta dalla Francia, che poi non ebbe verun effetto), « che l'Italia Centrale si presenti al cospetto della diplo« mazia fortemente armata, e in condizioni da poter respingere « colle proprie forze qualunque tentativo di restaurazione, che « tentassero con forze mercenarie gli antichi Governi. ' So che il Commissario spedito dal Governo Inglese nel« l'Emilia (1) fece relazioni molto favorevoli su quanto vide. Questo « ci gioverà assai, laonde sarà bene mantenere col medesimo le ' migliori intelligenze ». Queste testimonianze, noi speriamo che avranno abbastanza valore per accertare il da noi affermato. studo Frattanto per l'avvenuta riunione in uno solo dei tre Governi Il tF'nn!i oace ia t o del trinceradei Ducati e delle Romagne, la di cui sede era convenuto che si Cllmpo IO di Bolovn stabilisse in Bologna, anche il Quartier Generale del Comando in Capo della Lega dovea trasferirsi da Modena a Bologna, ove era

(l) tb-a il Colotìnéltd Cad()gatt, oggi Generale, e altora applicato mi~ l.itare all'AmbMciata Inglese presstl il Governo Sardo. Questo egregio e intel~ ligentissimo Ufficiale tnglesé per oltre IL due mesi si tenne presso al Quartier Generale di Fantit ed ebbe sempre col medesimo le più cordiali relazioni.


298

PARTE SETTIMA

già stato anticipatamente inviato il Ministero. della Guerra dei due Ducati per fondervisi con quello delle Romagne. E la cosa avea avuto luogo nell'ultima metà del mese di Decembre . Di tale circostanza avea tratto immediato profitto il Fanti, onde recarsi personalmente sul piano e sui colli circostanti a Bologna per potervi determinare quei punti principali che su l'uno e sugli altri fossero come i capi-saldi del tracciato generale del Campo trincerato, che già erasi decretalo di innalzare in quella località. Da essi avrebbe avuto norma lo sviluppo delle opere minori a seconda delli accidenti topografici del suolo (1). Nelle varie e prolungate escursioni che il Fanti compi a tale uopo, mentre ovunque il terreno era coperto d'alto strato di neve, nelle osservazioni pratiche, nei faorrionamenti tecnici che ad ogni istante esso Generale faceva per giudicare del valore relativo delle tante posizioni che visitava, ben si scorgevano le profonde cognizioni che in materia di fortificazione permanente o campale possedeva l'antico allievo del Generale Fleury , fatto esperto nelle costruzioni della grande piazza di guerra di Lione, e nei varj assedj a cui aveva assistito nelle guerre combattute in Spagna. Non è questo il luogo di venire , come potremmo, a minuti particolari sul fondamentale tracciato , che riesci il frutto dello studio locale fatto dal Fanti; ci basterà riassumerne in brevi parole il concetto generale. Questo fu basato sull'essenzialissimo scopo che allora voleva conseguire il Fanti, ossia di avere, nel più breve tempo possibile un vasto sistema di opere di facile pronta costruzione, che formassero di Bologna il voluto potente perno strategico, ed eccone il concetto generale. Il Generale Fanti stabiliva che al piano, approfittando delle borgate, o cascinali che sorgono a proporzionale distanza della città, lungo le principali strade che affluiscono alla medesima, se ne traesse partito per sistemarvi opere primarie di difesa; queste dovevano essere collegate con altre consimili intermedie. Dal ponte di Casalecchio, sul Reno, fin presso a quello di S. Rufillo, sulla Savena, dovevasi girare attorno al corpo della piazza con dette opere staccate, alcune delle quali più avanzate, altre più prossime alla città. L'antica cinta di questa dovea essere, come meglio si poteva, adattata a difesa. Se si fosse avuto tempo, una solida trincera dovea unire le opere della linea meno avanzate.

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(l) Anche nelle molte escursioni che fece il Generale a tale scopo, l'autore di queste pagine, unitamente ad altri, gli fu compagno, e con quésti fu testimonio di quanto ora riferisce. .

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FANTI NELL'ITALIA CENTRALE

Sui colli , alcune opere nei punti culminanti della Madonna. di S. Luca e di Monte Albano, avrebbero agito con quelle di Casalecchio per chiudere la strada, che per Val di · Reno conduce a Porretta e in Tosca,na con via ordinaria ed anche con una ferrovia, che allora era in costruzione. Lo sbocco di Val di Savena, pei." la quale passa l'altra strada che per le Filigare mette in Toscana, resterebbe chiuso da forti costrutti a Camaldoli e a Monte S. Donato. Sulla sinistra del Reno e sulla destra della · Savena, altri baluardi avrebbero fatto sistema coi già menzionati, per meglio sbarrare dette valli. Finalmente , pel caso in cui un nemico, presentatosi sotto Bologna fosse abbastanza forte e ardito per girarne la posizione al meriggio - circuendo le alture più prossime alla città - per questo caso, fra le opere di Monte Albano e di Monte S. Donato, altre se ne sarebbero alzate sulle elevate posizioni di Ronzano, S. Vittore e Barbiano, che dominano tutte le vallette interposte fra quelle di Savena e di Reno , e per le quali il nemico poteva avanzare da mezzogiorno sopra Bologna. Fu questo il generico risultato delle escursioni e degli studi di Fanti attorno a questa città, e sul medesimo egli volle che il Corpo del Genio coordinasse il piano regolatore del Campo trin· cerato da costruirsi. Più tardi, allorquando Fanti, come fra breve vedremo, fu chiamato in Piemonte per assumervi il Ministero di Guerra, egli inviò il Generale del Genio Menabrea, con altro di· stinto Ufficiale Superiore di quen·arma, per riesaminare la località e modificare, quando credessero opportuno, il suo progetto. Essi per altro attenendosi al primitivo semplicissimo del J.4~anti, pei punti principali da lui scelti, lo modificarono alquanto in altre parti. Non furono pochi allora e poi i detrattori delle fortificazioni di Bologna, sia pel loro valore strategico , che pel tattico, ma se ormai è universalmente riconosciuta la grande importanza stra· tegica di essa località, non andrà molto che avverrà altrettanto per la tattica. E ciò avrà luogo non appena si facciano gli studi occorrenti per dare ai lavori attorno a Bologna quelle dimensioni che si esigono per lo scopo a cui· deve soddisfare. . · . offre al Fan• · Nel tempo che. Fanti aveva si utilmente impiegato a benè• ti SiIl Ministero di a Marina Guerra tizio degli Stati della Lega, dotandoli di una forza militare che In Piemonte. ormai era rispettabile , la linea di condotta che il Ministero La Marmora-Rattazzi aveva seguita dopo la sua assunzione al potere, gli avea tolto il pubblico favore delle popolazioni di Piemonte e di ·Lombardia. Lo si accusava specialmente di due gravi errori: di poco opportune misure, che mediante i pieni poteri di cui


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PARTE SETTUdA

godeva, aveva adottate nella Lombardia, allora annessa al Regno :->ardo : e di mancato coraggio politico pel costante suo rifiutarsi a favorire ed accettare la dedizione dei popoli dell'Emilia e di Toscana. E sui primi dell'anno nuovo 1860 tanto era aumentato questo sfavore, che il Ministero suddetto si decise a rassegnare le sue dimissioni in mano del Re, onde questi potes.qe trovare altri uomini che meglio sapessero contentare il paese. Evidentemente il Re dovea rivolgersi a persone, le quali osassero porre in cima al loro programma la pronta accettazione della uaccennata dedizione, e capo naturale di queste era, senza fallo, il Conte di Cavour, che già s'era dimesso per non sobbarcarsi rti patti di Villafranca. Venne pertanto chiamato esso Conte a formare un nuovo Ministero , coll'ardua missione di andare a sanzionare un fatto che, ad eccezione dell'Inghilterra , si sapeva av· versato da tutte le altre potenze d'Europa. Non si rifiutava il Cavour alla difficile impresa, e ben presto presentava alla Corona la lista degli uomini , che riteneva capaci di secondario al voluto intento: fra questi figurava, quale Ministro della Guerra, il nostro Manfredo Fanti , il quale per altro dovea ontemporaneamente conservare il Comando in Capo delle Truppe della Lega. In seguito di questa combinazione a cui, senza affettata esitanza, ayeva acconsentito il Fanti dietro il lusinghiero invito avutone dal Cav~mr, dovea necessariamente il nostro Generale trasportare la sua residenza da Bologna a Torino, ove avrebbe esercitate le sue doppie funzioni, le quali per altro sostanzialmente si fondevano ormai in una sola. mu~iJio sull'o. Al momento in cui egli sta per allontanarsi dagli Stati della ~~fl'ltm~~~-Yu•lti Lega, ove ha già dato largo sviluppo all'armamento dei medesimi, tornerà in acconcio il portare un giudizio su quanto venne da lui operato fino a questo momento, e perchè esso non possa essere ospetto di parzialità o di incompetenza, amiamo emetterlo colle stesse parole , con cui lo pronunziava il Generale Alfonso La Marmora in una lettera che dirigeva al Fanti, ·alla vigilia di lasciare il Ministero. Ecco la lettera per intiero:

« Torino, 17 Gennaio 1860.

« Caro Generale,

« Prima di abbandonare il Ministero, darò ordine di spedirle C<

i quattro obici e le cartucce, che mi ha domandate.

« La prego di essere persuaso, che se non ho fatto di più « per l'Esercito Italiano, che Ella sta organizzando con tanto s~no


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_FANTI NELL'ITALIA CENTRALE

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« e perseveranza , lo si deve solo attribuire alla tema c di compromettere la causa comune. c Mi creda con ecc. c Il di Lei aff,mo compagno Il ALFONSO LA MARMORA >>.

Senno e perseveranza, erano i distintivi di cui giu lame n l il La Marmora caratterizzava l'opra del Fanti, e che in [ello le convenivano per ogni rapporto. E valga il vero, quanto essa fu commendevole dal lalo tecnico, altrettanto fu praticamente proficua per la causa italiana, imperocchè- sia detto senza voler togliere a niuno la parte di merit o di gloria che può spettargli - noi nutriamo profonda onvinzione che se alla fermezza ed all'energia che spiegarono e Farini e Ricasoli , per conseguire l'intento voluto dall'Emilia e dalla Toscana, non si fossero aggiunti il senno e l'esperienza mil itar ù l Fanti, sarebbero certamente stati vani e frustranei gli forzi d i due primi. Ciò che impose alla reazione latente all' int mo minacciosa dal Mantovano e dalle Marche, furono i rapidi forti armamenti compiti dal Fanti; e furono pm· dessi, che più tardi fecero rispettare dalla diplomazia i voti delle popolazi01 i della Lega, ai quali non si sarebbe dato ascolto, se presentati o alfalt inermi o anche malamente armati. L'Italia dunque va in prlncipal modo debitrice al Fanti se nell'Emilia e nella Toscana sa poté far valere per la prima volta quel voto di popolo, che g nerò in seguito la sua completa unità nazionale. Giustizia storica vuole che se ne renda il dovuto merit a chi spetta.

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PARTE OTTAVA

FANTI MINISTRO DELLA GUERRA IN PIEMONTE. [1860]

SOMMARlO: - Perché Cavour volle con llè Fanti, quale· Ministro di Guerra e Marina. - Fanti rinunzia al Ministero della Marina. - Condizioni dell'Esercito Sardo nel Genna.lo 1860. - Primi provvedimenti del Fanti pel medesimo. ;.... Annessione dell'Emilia e della Toscana al Piemonte. - Come è regolata dal Fanti l'unione delle Truppe della Lega a quelle dell'Esercito Sardo. - Ordinamento generale del nuovo Esercito. - Provvedimenti per la difesa territoriale. - Modiftcazioni ed ampliamenti degli organici ·di parecchi Corpi ed Armi. - Nella cessione della Savoja e del Nizzardo, Fanti rifiutA il suo assenso pel Nizzardo. - Coalizione dei Governi Pontificio e Borbonico contro il Sardo. - La spedizione. del Mille. -,- Contegno imposto al Governo Sardo dagli avvenimenti delle Due Sieilie. - Cavour segue il parere del Fanti per assicurare il successo delle armi italiane nel Napoletano. - Fanti nominato Comandante in Capo la Spedizione per le Marcbe e l'Umbria. - Lascia interinalmente il Ministero della Guerra.

Àbhiamo testè finita la precedente parte di questo nostro Perche Cavour \'•··Ile con sè Fanscritto affermando avere avuta grandissima influenza l'opera del t i quale Mini•tro di liuerra e Ma· fanti al servizio ·della Lega nel predisporre l'annessione dell'E- nna. milia· e della Toscana al Piemonte : ora non esiteremo ad agg~tÌngere, che fu su di quest'opra medesima, che fece· grande assegnamento il Conte di Cavour, quando riassumendo le redini del Governo Sardo si prefisse di mandare a compimento la suddetta annessione. Ed invero, come era stato necessario per quei due Stati di essere· forti in armi per poter sostenere i loro propositi, così non meno lo <Uveniva per questo ultimo, dal giorno in cui si mostrava


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d oiso ad accettare la loro dedizione. · Era troppo evidente, che qu nto più pronti e robusti fossero gli armamenti con cui, in f ia all'Europa, l'ingrandito Regno di Vittorio Emanuele si atteg· gia se a far rispettare il diritto di nazionalità italiana - da lui abracciato e propugnato -scemerebbe d'altrettanto l'opposizione che gli si volesse fare con mezzi più o meno violenti. Per buone e l ittime che siano le ragioni di Stato, esse acquistano sempre maggior valore quando vengono appoggiate dalla forza delle armi. In conseguenza di ciò, il Conte di Cavour vedeva chiaro in ua mente, che se per u11 lato egli colla sua finissima arte poliLica e diplomatica poteva sperare di riescire ad ottenere pacifiente il consenso dell'Europa alla voluta annessione, ciò non p r lanto faceva d'uopo premunirsi pel caso in cui non si potesse vitare di ricorrere alle armi. E per questo caso appunto non era fuO'gito a questo espertissimo uomo di Stato come le condizioni militari in cui versava allora l'Esercito Sardo, non erano tali quali ~a rebbero occorse ai suoi intendimenti. Ave va quindi pensato es, .t'e urgente il trovare un uomo che prontamente e rettamente a esse far cangiare quelle condizioni e renderle proprie al bigno. Ora un tale uomo gli si era rivelato nel Fanti, il di cui a gio ed energico operat·e egli aveva potuto ammirare nell'Emilia, ·ome ne faceva fede la lettera, che noi altrove abbiamo riferito i n proposito. Agli occhi del Conte, per le circostanze in cui andava a metter i il nuovo Regno ingr·andito, conveniva che Fanti rinnovasse nelle volute proporzioni, quanto aveva fatto per la Lega, e siccome da lui solo si potevano avere buone garanzie per riescirvi, cosi a vour nel decidersi al cimento che andava ad affrontare, aveva alorosamente fatto invitare il Fanti ad associarglisi nella difficile impresa. Come ben si vede pertanto non fu casuale la chiamata del Fanti al Ministero della Guerra in Piemonte, ma positivamente ''oIuta per assicurare la riescita degli arditi piani del Cavour, ed è in <tue to senso che essa torna ad altissimo onore del Fanti, perchè e prime quale e quanta fiducia l'eminente uomo di Stato italiano riponesse nella sua capacità e nelle sue cognizioni militari. Messe in chiaro queste cose, che danno il meritato rilievo alla dputazione dell'uomo, di cui narriamo le gesta operate a benefizio della patria nostra, riprendiamo il filo della narrativa. Col giorno 20 Gennaio 1860 il nostro Generale, conservando anll rmut~cl a ll\Jmi•lero.Jella il 'ornando in Capo delle truppe della Lega, assumeva in Torino Mar•u•. il Portafoglio del Ministero di Guerra, a cui in allora era pure


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annesso quello della .Marina Militare per vecchia consuetudine degli Stati Sardi. Di quest'ultimo per altro ben a malincuore aveva acconsentito il Fanti ad assumere l'incarico, come che si trattasse di cosa alla quale egli era affatto estraneo. Per non creare difficoltà alla for~ mazione del nuovo Gabinetto E-gli aYeva finito per accettare an~ che questo, n:ta era inteso col Cavour che si sarebbe trovato pronto mezzo di soJlevarnelo. Per tale motivo il nostro Generale si f~ce delicato riguardo di non toccare a quest'amministrazione se· non per quel tanto che lo esigessero gli affari in corso. Unico provvedimento, che non esitò a prendere su cosa di alta importanza in questo ramo di azienda, si fu di ordinare l'immediato armamento in guerra della Squadra Navale dello Stato, perché all'occorrenza potesse prendere il mare in qualunque istante. Questa provvida misura emanata dal Fanti fino da quel mo~ mento fu efficacissima; perehè si ehbe campo di mettere in pieno assetto di guerra tutte le nostre navi abbastanza in tempo, per cui poco di poi esse furono in grado di rendere utilissimi servizi dap.prima per la Spedizione dei Mille, poi per i successivi assedj di Anconà, di Gaeta e di Messina. L'antica Marina Sarda pertanto, che fra i suoi Ministri annovererà anche il .Generale Fanti, rammenterà sempre con. graiitudinè che deve alla .sua breve animi.:. . nistrazione ·se il suo Naviglio fu provvidamente pronto per potere al momento voluto prestare grandi servizi alla causa italiana e comp1ere. gtoriosì ·ratti· di mare. Poco appresso .questa saggia. disposizione, non avendo il Ca"' vour trovato. l'uon10 che glj sembr~sse acconcio a maneggiare la Marina, si decise a farne l'esperimento egli medesimo, che non a:veva affatto dimenticato le scienze . positi-ve militari . apprese allorquando era stato' Ufliciale del Genio. Passò quindi dalle mani di Fanti in quelle di Cavour il Portafoglio della Marina, e cosi il primo potè esclusivamente consacrare ogni sua cura alle forze t;li _terra del n\}ovo ~-t~to. · Di queste occorre ora dire in qual~ preciso stato venivano Condi1iooi del• l'Eeerclto Sardo lasciate dal La Marmora al suo successorè, non senza ayere prima nel Geaoaio del 1800. avvertito come l'indirizzo politico, che già si disse seguito dal Ministero La Marmora-~attazzi, avea naturalmente influito perchè le cose militari del R~gno non avessero ricevuto durante. i poteri del· detto Ministero quel completo sviluppo, che non si repu.tava necessario· al caso. Comunque, senza pr{loccuparci .di ciò, ecco in succinto le condizioni nelle quali il Fanti trovava l'Esercito Sardo al momento in cui_assumeva il Ministero della Guerra.


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Coll'acquisto della Lombardia il Governo Sardo avea creduto p tere aumentare l'effettivo del suo Esercito sul piede di guerra formando tre nuove Divisioni attive da aggiungersi alle cinque gia esistenti. I soldati Lombardi, che l'Austria andava man mano rimettendo al Piemonte dovevano bastare a fornire il necessario d'uomini che, a orma degli organici piemontesi, accorrevano pel decretato aumento dell'Esercito. Nei mesi trascorsi per altro dal Settembre in poi, la formazione dei dodici nuovi Reggimenti di Fanteria era proceduta assai lentamente, e solo si erano costituiti quelli che dovevano formare le Brigate Como, Valtellina, Cremona, Brescia e Bergamo; quella di Pavia era ancora da formarsi. Mancava pure il personale di bassa forza per la nuova decretata Brigata Alpi, che in sopranumero delle tre nuove Divisioni si era voluta mantenere in memoria dei Volontarj Cacciatori delle Alpi, utilizzando buon numero degli Ufficiali che in essi avevano servito. Tre nuovi Reggimenti di Cavalleria erano ormai organizzati ed equipaggiati. Il personale di bassa forza d'Artiglieria era aumentato di molto con quello dei Lombardi avuti dall'Austria, ma non si erano ancora completate le Batterie di campagna, di cui dovevano essere dolate le tre nuove Divisioni. Anche i Zappatori del Genio e il Treno d'Armata non erano in grado di provvedere al rispetti vo loro servizio per le accennate tre Divisioni, e cosi pure potevasi dire del personale del Corpo d'Amministrazione, del Sanitario, dell'Amministrativo e di quello delle Sussistenze. Finalmente non erano ancora nominati gli Ufficiali di Stato l\ aggiore e altri, che dovevano formare i Quartieri Generali delle nuove Divisioni. Se poi si passava ad esaminare lo stato numerico dei diversi Corpi e vecchi e nuovi, si trovavano i loro quadri scarsissimi di forza , imperocchè buona parte dei Lombardi avuti dall'Austria non si erano fatti venire sotto le bandiere, ma invece erano tali mandati alle loro case, o vi si erano lasciati se già vi si trovavano. Delle classi di leva Piemontesi, non era molto che se ne et·ano mandate in congedo tre. E come soverchio era stato reputato dal passato Ministero il numero degli uomini sotto le armi, cosi si era giudicato di quello dei cavalli e muli, che servivano alla Cavalleria, Artiglieria e Treno, e quindi se ne erano fatti vendere più di 1~00.


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Gli arsenali ed opifici d'Artiglieria lavoravano pel nuovo ma~ teriale occorrente per tale arma, senza però che il lavoro procedesse in via straordinaria di urgenza. I magazzini possedevano lo stretto necessario, ma non al di la. Gli organici dei Comandi delle Armi speciali e dello stesso Ministero della Guerra - quantunque avessero ora ad attendere ad un lavoro aumentato di un buon terzo dal passato - non avevano subito variazione nè di numero; nè d'altro. A riguardo della difesa territoriale delle nuove provincie acquistate in Lombardia non si era creduto necessario verun provv6dimento, e solo era stato formulato un vago progetto, a seconda del quale pareva fosse intenzione del Ministro della Guerra d'allora di far costrurre sulla destra del Mincio, e a breve distanza dal medesimo, una lunga linea di opere a intervalli che da Lonato si estendesse fino alle Grazie sotto Mantova. Ma ogni cosa in proposito si era ridotta a questo solo progetto. Tali, presso a poco, erano nel Gennajo 1860 le condizioni in cui il Ministero La Marmora-Rattazzi non credeva pericoloso per il paese di lasciare l'Esercito Sardo, nel momento in cui J.a Francia stava per ritirare dalla Lombardia i suoi soldati, e l'Austria restava formidabilmente accampata nel Veneto, e mal sofferente che i patti di Villafranca, convalidati a Zurigo, non venissero eseguiti nell'Italia Centrale. Quelle condizioni naturalmente non erano tali quali venivano reclamate dal nuovo contegno, che il Conte Cavour stava per far prendere al Governo Sardo in faccia all'Italia e all'Europa intiera, e conviene pur dirlo il cambiamento da operarsi; perciò era opera di non lieve momento, e per riescirvi a dovere si richiedeva una mano che non fosse meno energica ed esperta di quella del Fanti. P rimi provveE questi datosi a studiare profondamente il da farsi era venuto dimenti del Fanti per l'Esercito nello intendimento di procedere con questo ordine : prendere anzi Sardo. tutto per l'Esercito Sardo e per le Truppe della Lega quelle più importanti misure, che potevano facilitare la loro prossima fusione compita questa, senza alterare i preesistenti organici, su cui ideo· ticamente erano formate le une e le altre truppe, trovar modo di dare al nuovo Esercito costituitosi, il massimo possibile sviluppo di forze numeriche e nello stesso tempo dargli un ordinamento tattico il più acconcio perché la sua mobilizzazione in guerra potesse farsi, per cosi dire, istantaneamente e garantisse al paese di non venire mai sorpreso all'impensata. Da questo doppio proposito, che si prefiggeva conseguire Fanti, vennero suggerite tutte quelle misure, che nei primi mesi del suo Ministero furono introdotte


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nel nostro ERereito e delle quali noi ci limiteremo a far conoscere le principali, ossia quelle che ebbero maggiore importanza. Il bisogno di . surrogare soUecitamente i cavalli ed i muli venduti, e quello pur anc~e di averne · sufficiente numero pel deciso aumento dell'Esercito, consigliavano al Fanti di non perder tempo per ordinarne l'acquisto in proporzioni adeguate a tali bi· sogni. Fatti pertanto i dovuti. calcoli, vennero organizzate speciali Commissioni, che in breve dovevano provvedere non meno di 12,000 fra cavalli e muli: · · Anche per larghe provviste di Artiglierie da muro, per stoffe, per cuoj, per calzature e bardature da sella e da carreggio, e per armi d'ogni specie si ·fecero ordinazi()ni ·su vasta scala. · · . A riempiere i vuoti lasciati nelle (ile dei Corpi ed a .fornire la bassa forza delle Brigate Pavia e Alpi, nei primi del Febbrajo si chiamarono sotto le armi le· ultime leve Lombarda e negli ·ultimi dello stesso mes~ richiamaronsi le classi congedate in. l>ierponte.. Ad aumentare convenientemente l'effettivo dei Reggimenti di Fanteria, senza troppo pregiudizio dell'esistente organico dei medesimi, fu prescritto che le Compagnie, che già contavano 150 uo· mini, fossero portate a .170 , . .e che .ogni Reggimento- avesse· uao Stato Maggiore e due Compagnie di Deposito con 22 uomini per cadauna di .personale .gtabiJe. Così ogni. Reggimento. di ·FQ.nteria, senza calcolare. il Deposito, avrebbe avuto un effettivo di guerra di 2880 uomini e unendo i 32 Reggimenti, di cui allora fra Gra· natieri e Linea si componeva il nerbo delle Fant.erie Sarde., si sarebbe avuto un effettivo totale di 92,160 uomini di Fanteria. Consimile aumento ebbero i Reggimenti di Cavalleria. Gli Squadroni si composero di 140 uomini e 112 cavalli, ed ogni Reggimento ebbe un piccolo Stato Maggiore ed uno Squadrone di Depositò con 61 uomini. In pari tempo era ordinata la formazione di un nuovo Reggimento di Cavalleria, che si sarebbe composto di cinque Squadroni di Guide, le quali dovevano prestare speciale servizio presso i Quartieri Generali dell'Esercito. Meno le Guide, gli· altri Reggimenti ·avrebbero ciascuno presentato in campo 571 uomini e 498 cavalli. Con ciò, la Cavalleria formata allora di 13 Reggimenti saliva a 7173 uomini e 6586 cavalli. Stante il triplicato lavoro che si era affida~ all'A,rsen!lle d'Artiglieria, il personale degli Operaj di detta Arma riceveva ragguardevole aumento di bassa forza. · E l'Accademia Militare di Torino, e le Scuole Militari di Ivrea e di Pinerolo, venivano autorizzate ad ammettere maggior numero di allievi di quanto lo avessero fatto per lo passato.


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Da ultimo il Ministero di Guerra - in seguito agli studj fatti dalla Commissione .nominata nello scorso Ottobre - decretava venisse· adottato nell'F..sercito il fucile da Fanteria del -modello rigato in uso nell'Armata Francese, e prescriveva che immediatamente si ponesse mano alla riduzione degli attuali alla nuova foggia. Tutto questo venne emanato dal Fanti nel corso del Febbrajo; nella prima metà del Marzo seguivano queste altre disposizioni. n Corpo d'Amministrazione veniva ampliato e si componeva di 11 Compagnie fra soldati Infermie~ e delle Sussistenze, la di cui complessiva forza saliva a 3137 uomini. Al Treno d'armata veniva assegnato un suo proprio Stato Maggiore ed aveva H Compagnie attive con 320 uomini. e 480 cavalli per cadauna. Eravi inoltre una Compagnia di Deposito con forza d'uomini e di cavalli pari a quella delle attive. In tutto, meno il Deposjto, il Treno avrebbe annoverato in campagna 35~ uomini e 5760 cavalli. Ampliato e riordinato alquanto il Comitato d'Artiglieria, nuovi quadri di formazione si ebbe il resto dell'Arma, che venne cosJ · divisa~

1 Reggimento Operai. 1 Reggimento Artiglieria da Piazza. 2 Reggimenti da Campagna cadauno composto di sedici Bat.. terie a sei pezzi ciascuna. L'intiero Corpo dovea constare quindi di 12,904 uomini, 4870 cavalli e 192 pezzi. I Zappatori del Genio formarono un Reggimento che, modellato sull'organico di quelli di Fanteria, contava perciò 288o uomini. I 16 Battaglioni di Bersaglieri non subirono modificazioni di sorta e presentavano il loro normale effettivo di 600 uomini per ciàscuno, ossia· complessivamente di 4600 uomini. Con queste prime disposizioni emesse dal Generai Fanti nell'intervallo di tempo corso fra il 20 Gennajo ed il 15 Marzo, l'Esercito Sardo, senza troppo sensibili perturbazioni al suo vecchio organico, aveva già in pronto dei quadri per ogni Arma, nei quali potevano essere raccolti sul piede di guerra non meno di 127,000 uomini, e ciò all'infuori di" quelli che stava .per ricevere belli e ordinati, coi rispettivi loro quadri, dagli Stati della Lega. Nel mentre che queste cose operavansi dal Fanti in senso ,Aaneeslonedet. lEmllla e della mil1tare, non ·stava negh'1ttoso 1'l C,avotir nel lavoro diplomatico, To~eana a1 Pie· con cui . intendeva far accettare dall'Europa l'annessione dell'E- moa~. milia e della Toscana ai dom~ni di Re Vittorio Emanuele. Assicuratosi ·l'abile Ministro dell'appoggio dell'Inghilterra, e condotte pur anche segrete pratiche all'uopo coll'Imperatore Napoleone,


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in forza del1e quali potè calcolare di non averlo - come si era temuto dal precedente Ministero- avverso in così fatta faccenda, la quale sembrava in aperta contraddizione con quanto s'era convenuto coll'Austria, eg1i non dubitava punto che ogni altra Potenza d'Europa fosse per dargli soverchia molestia, quando il fatto fosse compiuto. La sola Austria ne avrebbe certamente avuto il desiderio, ma per questo caso il Conte di Cavour non disperava che l'Inghilterra e la Francia si trovassero d'accordo nel consigliarla a non venire a vie di fatto, e si lusingava ancora che gli armamenti che si stavano attuando fra noi, le suggerissero di andar cauta ad impegnarsi in una nuova guerra, dopo la solenne sconfitta recentemente toccata. In vista pertanto di ciò il Conte di Cavour, dopo avere diramato a tutte le Corti amiche, sotto forma di Circolare, un'abile dimostrazione della impossibilità in cui si trovava il Governo Sardo di rifiutarsi più oltre ad accettare la spontanea dedizione , mercè della quale l'Emilia e la Toscana volevano assoggettarsi al dominio di Casa Savoja - e ciò non solo in vista degli interessi della patria comune italiana, ma ben anche a garanzia dell'ordine pubblico europeo - avea fatta condurre ogni cosa nell'Italia Centrale in guisa che pel 1.5 Marzo avesse ad aver luogo una pubblica votazione, colla quale le popolazioni di quelle provincie avrebbero esplicitamente dichiarato se volevano o no far parte del Regno di Vittorio Emanuele. E questa effettivamente avea avuto luogo h eli' indicato giorno col più splendido successo in favore dell'annessione. la~d~rF~n;:ru: Era per ciò venuto il momento in cui dovevasi procedere lllo':t~t;:'t::P; all'unione delle truppe della Lega, ormai organizzate, con quelle ~:~~~~'El... dell'Esercito Sardo, ed a noi spetta il dire quanto si praticò dal Fanti in proposito. A predisporre un tal fatto - che presentava assai maggiori difficoltà di esecuzione nell'ordine morale che in quello della materiale fusione dei due elementi - esso Generale fino dal primo momento in cui era divenuto Ministro in Piemonte avea scelto nelle diverse armi dell'Esercito Sardo buon numero degli Ufficiali più anziani di grado, e promossili a grado superiore li avea inviati nelle Truppe della Lega. Ciò avea dato luogo a numerose promozioni per quelli che erano partiti e per quelli che avevano dovuto occupare i loro posti nelle file dei Sardi, e naturalmente avea prodotto un eccellente effetto, stabilendo un primo reciproco contatto fra le vecchie e le nuove truppe, destinate; a formare ben presto un sol tutto.


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Altro consimile provvedimento veniva preso all'atto in cui stavasi operando la fusione, ma questa volta si praticava in proporzioni più vaste. Divisioni e Brigate Toscane e dell'Emilia ebbero Comandanti Piemontesi ; e vecchi Capitani e Tenenti Sardi, con o senza promozione, andarono a riempiere i larghi vuoti, che appositamente si erano tenuti nelle file delle giovani Truppe della· Lega. In seguito a ciò rimasero vacanti n elle file sarde moltissimi posti, che vennero occupati con nuove promozioni fatte nelle vecchie truppe ; in cotal modo si predisposero queste ultime a bene accogliere quelle ancor giovani della Lega. Per cotal guisa gradatamente si andavano amalgamando gli Ufficiali dei due distinti elementi ed il terreno si trovò allora egregiamente disposto per poter mettere a contatto immediato i nuovi coi vecchi Corpi, senza pericolo che ne nascessero difficoltà o inconvenienti. Anche in questo per altro andò cauto e prudente il Fanti, perchè volle che la cosa avvenisse a poco per volta e con queste norme. Decretata col giorno 18 Marzo l'annessione dell' Emilia e della Toscana al Regno Sardo veniva prescritto che l'Esercito Piemontese avesse ad eseguire un movimento generale, mediante il quale le sue truppe :che stavano allora nei presidj delle vecchie Provincie si portassero in Lombardia, d'onde ne erano allora partiti i Francesi, e quelle più numerose che fino allora s'erano tenute in Lombardia vi rimanessero in parte, ed in parte si trasferissero nell'Emilia e nella Toscana, da dove dovevano partire le Truppe della Lega per venire tutte nei presidj delle vecchie Province Piemontesi e Genovesi. i..a dimora di queste ultime Truppe in paesi di tradizioni e costumi militari, e l'essere più immediatamente sotto l'occhio e la mano del Ministro, doveva necessariamente influire ad avvantaggiarle in disciplina e spirito militare. Aggiungi ancora che mentre s' inviavano sul Po, e verso le Marche, Truppe già agguerrite e che ottimamente avrebbero guardato quei confini, si dava campo a che i giovani e poco esperti soldati della Lega, nelle tranquille guarnigioni del Piemonte, potessero meglio di prima occuparsi incessantemente della loro istruzione. Ed ora che abbiamo esposto l'avveduto modo seguito dal Fanti nell'accennata operazione, vuolsi pur anca dire a quanto ascendessero di fatto le forze che le indefesse sue cure e il buon volere delle popolazioni degli Stati della Lega avevano saputo mettere insieme per versarle a tempo opportuno in quelle del Regno Sardo. Esse presentavano: 5 Divisioni attive, in pieno assetto di


guerra, composte di 20 Reggimenti Fanteria, 11 Battaglioni di. Bersaglieri, 4 Reggimenti di Cavalleria e 2 Squadroni di Guide, 2 Battaglioni Zappatori del Genio, 10 Batterie di Campagna, un numeroso Corpo del Treno e tutti gli occorrenti personali pei servizi Sanitari, Amministrativi e per i tecnici del Genio e dell'Artiglieria, non che pel servizio speciale delle Piazze. La forza numerica complessiva di tali truppe saliva ad oltre 45,000 uomini, dei quali 15,000 appartenevano alla Toscana, e gli altri 30,000 all'Emilia. Se questa cifra pare un poco scarsa in ragione di quanto normalmente avrebbero dovuto avere le cinque Divisioni sul \'ero pied~ di guerra, vuolsi tener conto che nei venti Reggimenti di Fanteria non si era formato il 4. 0 Battaglione e che negli altri Corpi i quadri organici non si trova vano ancora al completo. Del resto non crediamo che siavi alcuno che voglia negare che la stessa cifra di 45,000 uomini non constati un risultato ben onorevole per chi aveva saputo ottenerlo. Riunite in un sol fascio le forze Sarde e della Lega, per Ordinamento 1enenle del nuomaneggiarle convenevolmente sembrava poco adatto il vecchio TO Eeercito. sistema sardo delle Divisioni territoriali, o anche di quelle di guerra, dipendenti in tutto e per tutto dal Ministero di Guerra nel primo caso, e da un solo Comando Supremo nel secondo. Immaginò per:. tanto il Fanti di ripartire l'intiero Esercito in tante Divisioni attive e di queste formarne speciali gruppi, che mettessero capo a distinti centri di comando, dai quali le suddette Divisioni dipenderebbero direttamente in via disciplinare, e per quanto riguarda il servizio di guarnigione. Speravasi ottenere da ciò un pi~ pronto diramarsi degli ordini fra i diversi Corpi, e una sensibile diminuzione di affari negli Uffici del Ministero delhi Guerra. In adempimento di questo piano, sul finire del M~o si pubblicò ·n grande riparto territoriale militare dello intiero Règno, che fu diviso in cinque grandi zone, ossia: Piemonte, Lombardia, Ducati, Romagne e Toscana. In ognuna di queste dovea risiedere !Jn Grande Comando Militare, dal quale dipenderebbero tutte le Di visioni stanziate nella ~ua zona. L'intiero Esercito poi venne ripartito in tredici Divisioni o.nli· nate sul piede di guerra, più una Disione di Cavalleria, formata ·coi quattro Reggimenti di Lirtea di quest'arma.· le due Brigate di Savoja e delle . Alpi rimanevano isolate, senza formare Djvisione fra loro. Arialo.gamente a quests disposizioni vennero scelti e nominati 1 personali dei cinqu~ Grandi Comandi e· qu-elli delle Divisionl


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e Brigate attive, non che quelli ·per ogni speciale servizio Sanitario e AmministratiYo adetto ai Comandi e Divisioni. Per cotal modo si pose in piena attività ogni funzione di comando per tutti i Corpi dello Esercito, relativamente al servizio promiscuo dei medesimi senza incagliare quello che ogni Corpo avesse a compiere nel proprio interno. Altro notevolissimo vantaggio di un tale nuovo ordinamento si era quello che esso si prestava mirabilmente alla pronta mobilizzazione di parte e anche dello intiero Esercito, perchè colle Dhisioni già formate in guerra, per condurle in campagna riunite in Corpi d'Armata, non si aveva che a cangiare il nome dei Grandi Comandi, in quello di Comando di Corpo· d'Armata, e tutto era fatto. Dato il primo necessario assetto a quanto pi\ì. specialmente . Provvedimenti spettava alle forze mobili dello Stato; non venivano trascurate dal ~~~~~;~~:r sa tarFanti le cure dovute alla difesa territoriale dello stesso. Altrove parlammo particolarmenle su questo proposito, e nòn occorre ora· ripetére le medesime cose, perchè ci basterà il richiamare aJla memoria del lettore che il Generale Fanti avea fatto decretare e cominciare nella Emilia la costruzione dei due campi trincerati di Bologna e Piacenza, e che fino da allora avea calcolato che il Piemonte completerebbe dal canto suo l'accordo del suo sistema difensivo con quello della Emilia modificando le opere costrutte dagli Austriaci a Pavia sul Ticino, ed ampliando sull'Adda l'esistente fortezza di Pizzighettone. Il Generale Fanti in conseguenza di tali sue viste, non poteva certo dare grande importanza al piano di fortificazione sul Mincio da Lo.nato alle Grazie. progettato dal suo predecessore~ eq era naturale che seguisse le proprie ispirazioni anzichè le altrui. E perciò nel 29 Marzo usciva un Decreto, col quale approvando in ·massima le costruzioni cominciate a Bologna e Piacenza, ed i nuovi lavori che si volevano fare a Pavia e Pizzighettone, era detto che il GoverHo si assoggettava alla spesa· occorrente calcolata incirca· a 40 ·milioni. Non si scosse, non si allarmò la pubblica opinione al sentire l'ingente somma che occorreva impiegare in fortilizj,· e ciò non fu tanto perchè s'era .perfettamente sicuri che questi erano allora indispensabili, quanto perchè si aveva piena fede in · chi domandava quella somma. · ·Altra disposizione emanata nel mese di Aprile, risguardava ampliamenti Modillca•io.nied de· . il Corpo Reale dello Stato Maggiore, i di cui quadri vennero assai ~!clt,a~idl P"ci allargati, portandoli a 79 Ufficiali d'ogni ·grado, facienti parte ef- Arml, rpt e fettiva del Corpo, e aggiungendovi 19 Luogotenenti d'altre armi, come aggregati1 ed in esperimento ·di loro capacità.

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Coi primi dell'Aprile venne aumentato il Corpo del Treno di quattro nuove Compagnie, e così presentò un effettivo complessivo di uomini 4,440 e di cavalli 6,040. Nei Battaglioni Bersaglieri, che allora salivano a 27, venne fatta qualche modificazione organica, mediante la quale si ebbero oltre ai medesimi, altre 14 Compagnie di Deposit.o, e l'effettivo dei Battaglioni attivi fu di 16,994 uomini. · Nel Maggio e nel Giugno si compirono queste altre riforme. Venne costituito un secondo Reggimento di Zappatori del Genio, e questo e il già esistente ebbero tre Battaglioni per cadauno. Saliva così la forza degli Zappatori a 4080 uomini. Per gli Ufficiali del Genio formavasi un Comitato direttivo dell'arma, e un compe. tente personale pel servizio delle Direzioni e Sotto-Direzioni territoriali, non che pei Reggimenti Zappatori. Sensibile nuovo aumento subiva il Comitato e lo Stato Maggiore d'Artiglieria pel servizio dei Comandi Territoriali e Locali, Direzioni e Stabilimenti dell'Arma. I suoi Reggimenti venivano portati a 8, dei quali uno di Operaj, tre di Piazza e quattro di Campagna. Ognuno di questi ultimi avea dodici Batterie attive, ed una di Deposito. La forza complessiva dell'Artiglieria poteva calcolarsi a 16,782 uomini, 5,944 cavalli e 288 bocche da fuoco. Per le Armi di Fanteria e Cavalleria venne istituito un Comitato che dovea particolarmente occuparsi degli studi relativi a dette Armi e illuminare il Ministro della Guerra su quelle quistioni, al cui riguardo si fosse fissata la sua attenzione. In quanto poi agli organici delle suddette due Armi, nessuna ulteriore innovazione venne fatta, e solo si curò che per mezzo delle nuove leve in corso, e colla chiamata delle ultime rimaste alle loro case in Lombardia, fossero portati al loro completo i rispettivi quadri di formazione. Pei Reggimenti di Fanteria provenienti dalla Toscana e dall'Emilia, detti quadri furono mantenuti su tre soli Battaglioni, di guisa che il loro effettivo numerico non presentava in linea che 2160 uomini in luogo di 2880. Complessivamente pertanto i 56 Reggimenti di Fanteria, che allora annoveravansi nell'Esercito, potevano raccogliere sul piede di guerra non meno di 13!5,360 uomini. E la Cavalleria, che saliva allora a 17 Reggimenti, comprese le Guide, poteva condurre in campo 9707 uomini e 8466 cavalli. Sommando le rispettive forze delle diverse armi, noi troveremo che nel Giugno il nuovo Regno di Vittorio Emanuele aveva quadri sufficienti per condurre in Campagna non meno di 190,000 uomini, senza calcolare i personali non combattenti. E si noti, che

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per tali forze esisteva pur anco l'occorrente materiale di guerra in proporzioni sufficienti all'uopo. Altre importanti misure prese nei due mesi di Maggio e Giugno furono le seguenti : Si attivò il servizio regolare dei Tribunali Militari in base al nuovo Codice Penale Militare, andato in vigore fino dall'anno pre· cedente, istituendo il Tribunale Supremo di Guerra, e nominando l'intiero personale che doveva funzionare per quello e pei Tribunali secondari. Il Ministero di Guerra si riordinò su più ampia scala, in guisa che potesse bastare al disbrigo dei triplicati affari che ora doveva trattare. La Scuola Militare di Fanteria di Modena ebbe un nuovo ordinamento e per ammissione degli allievi, e per interno andamento dell'Istituto, nel quale veniva a raccogliersi tutto il personale dell'altra Scuola che fmo allora era stata aperta in Ivrea. In forza poi della avvenuta cessione della Savoja e del Nizzardo alla Francia - per la quale l'antica Brigata di Fanteria, detta di Savoja. che si componeva esclusivamente di soldati ed Ufficiali Savojardi aveva dovuto abbandonare le nostre file per passare nelle Francesi - occorse al Fanti di formare una nuova Brigata di Fanteria che fu detta del Re , per sostituirla a quella di Savoja. E non bastò il rifare questa sola Brigata, perchè in occasione della spedizione dei Mille, di cui parleremo in breve, per gravi inconvenienti avvenuti nella Brigata Ferrara, essa venne sciolta, e ne venne fonnata in breve una nuova in sua vece. Anche sulla divisa della Fanteria ebbe a portarsi l'attenzione del Fanti, imperocchè, stante il triplicato numero dei Reggimenti di quell'arma, rendevasi ormai quasi illusoria la distinzione dei vari Reggimenti mediante il diverso colore delle mostre delle divise. Si venne pertanto alla determinazione dj adottare una divisa uniforme per tutti i Reggimenti, e, come a particolare ricordo della Brigata Savoja , venne adottata quella speciale che dessa avea sempre avuta nell'Esercito, aggiungendovi le spalline anche per la bassa forza per renderla un po' più appariscente. Diremo infine di un'ottima e provvidenziale determinazione, che nell'Agosto venne presa dal Ministro Fanti, allo scopo utilissimo di dare avviamento a migliorare in tutte le Provincie dello Stato le razze equine, mediante l'introduzione di Depositi governativi di buoni cavalli stalloni, da distribuirsi, in diverse Stazioni per la propagazione del buon sangue e belle forme di cavalli per

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qualunque uso. Fu nominata una Direzione Generale per orga· nizzare e sistemare questo nuovo pubblico servizio, e contemporaneamente si fecero grandi acquisti di cavalli d'ognuna di quelle razze, che si ritennero più confacenti a migliorare le condizioni delle nostre italiane. I risultati che da questa istituzione, dovuta completamente al Fanti, si sono ottenuti al giorno d'oggi in molte delle nostre Provincie, e quelli che si potranno ottenere quando la si sappia sempre meglio perfezionare, fanno fede del merito intrinseco e della opportunità della medesima. Abbiamo con ciò finito di citare le principali disposizioni, mercè delle quali, in pochi mesi, sotto l'energica e speciale mano del Fanti, l'Esercito Sardo, senza troppe scosse, ma con ordine continuo e moto equanime, si trovò, quasi senza accorgersene, triplicato di forze, modificato in parecchi suoi secondari organici ed ordinato in guerra in Corpi d'Armata senza che avesse perduto nulla della primitiva solidità nel suo ordinamento generale, nè tampoco nei parziali delle diverse armi e servizj. Noi non vorremmo per questo chiamare portentosa l'opera ;del Fanti, ma nessuno vorrà contrastarci che essa venne egregiamente condotta, e che fu sommamente opportuna e meritoria per le circostanze in cui versava il paese. Si può dunque con tutta sicurezza affermare che il Generale Fanti aveva pienamente giustificata la fiducia che si era riposta in lui. Nella ressione Abbiamo esposto continuatamente quanto si riferisce all'operato dellnSavoiae do l Nir.zardo, Fanti del nuovo Ministro della.Guerra, perchè ci parve il ·miglior metodo rifiuta il ns• senso pel l'iiz· per far bene afferrare l'assieme armonico di tutte le singole dispozardo. sizioni, lo che non si sarebl,>e forse ottenuto quando a cosi fatte. cose avessimo interpolato fatti od osservazioni totalmente estranei alle medesime. Vuolsi pertanto ora riparare ·alla volontaria ammissione commessa col venire a render conto di quegli avvenimenti che erano occorsi nel frattempo, i quali pur si comprendevano nella sfera d'azione del Ministro della Guerra. E sarà bene che prima di venire a parlare di argomenti, i quali presenteranno il dòppio carattere politico e militare, noi dichia· riamo, una volta per sempre, che non ·intendiamo considerarli che sotto qùell'aspetto che più specialmente dovea interessare un Ministro della Guerra, ossia il militare. Se poi Ie·considerazioni po· litiche dovessero prevalere sulle militari, nella specialità dei· casi, . questo è ciò che noi non dobbiamo incaricarci di mettere in rilievo, perchè nutriamo ferma convinzione che ad uno scritto come il presente n-on spetti altro dovere elle. di motivare le ragioni per cui il Generale Fanti, come Ministro della Guerra, ifudicava le ~no


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cose di carattere misto politico-militare, in un senso, piuttosto che in un altro. Ciò premesso una volla per sempre, veniamo agli anzidetti argomenti. · Nell'atto, in cui il Conte di Cavour proponeva al Fanti di far parte del nuovo Ministero, che egli stava componendo, lo aveva lealmente informato che per venire alle volute annessioni, che facevano parte del programma di esso Ministero, sarebbe stato d'uopo di dare esecuzione ad un ·segreto patto concluso a Plomhiérs fra esso Cavour e l'Imperatore Napoleone, a tenore del quale, ove la fa,tta guerra avesse permesso al Piemonte l'acquisto del Lombardo-Veneto e dei Ducati, in allora la Savoja sarebbe stata ceduta. dal Piemonte alla Francia. In tale comuniCazione il Fanti non vedeva nulla che potesse distoglierlo dall'associarsi al programma del nuovo Ministero, perchè se ben anche a lui personalmente potesse dispiacere di vedere la Savoja staccarsi dal Regno Sardo - di cui era la. più vecchia Provincia - ciò non pertanto dovea riconoscere che per ragioni di nazionalità e di geografia essa apparteneva alla Francia, e quindi per quel medesimo diritto che ora si invocava dagli Italiani per unirsi fra loro, la Savoja dovea far parte della grande famiglia francese; E rifletteva inoltre·il Fanti, che, militarmente parlando, la perdita della Savoja, pel nuovo Regno Sardo, non poteva considerarsi menomamente dannosa alla ·sua difesa territoriale, comechè fosse provincia sita oltre Alpi, e quindi fuori della naturale sfera d'ogni suo sistema difensivo. Con piena tranquillità di coscienza pertanto, il nostro Generale aveva dichiarato al Conte di Cavour di aderire alla cessione della Savoja alla Francià. Ma poco dopo che fu costituito ed in funzioni il nuovo Ministero, il Presidente del medesimo, Conte di Cavour, ebbe _a manifestare ai suoi colleghi, come l'Imperatore Francese, di fronte al fatto che il Piemonte dopo aver avuta la Lombardia stava per annettersi ancora non solo i Dncati, ma ben anche le Romagné e la Toscana, non ammetteva che quest'annessione dovesse equivalere alla Venezia, ma che invece costiti.iìsse · un caso speciale, pel quale egli credeva poter esigere che oltre alla Savoja gli fosse ceduta ancora la Contea di Nizza, se si voleva che egli lasciasse effettuare l'annessione delle Romagne e della Toscana. Di ciò si mostrava dolentissimo il Conte di Cavour, ma opinava dovervisi assoggettare pel meglio della causa italiana; domandava quindi ai suoi compagni la sanzione di tale cessione. E l'ottenne da tutti, meno che dal Fanti, il quale osservava con molta opportunità çhe quelle medesime ragioni che gli

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avevano fatta approvare la cessione della Savoja, gli vietavano di fare altrettanto per quella del Nizzardo. In fatti, la giacitura geografica di quella Provincia e l'idioma parlato dalle sue popolazioni la qualificavano tanto per terra italiana, che, diceva il Fanti, lo stesso Napoleone l, nella sua stupenda descrizione geograficomilitare dell'Italia, la confermò per tale. Anche la storia particolare di quella contrada la mostra sempre unita ai destini delle altre parti d'Italia, e mai a quelli della Francia. Perché dunque cederla alla Francia in nome di un diritto nazionale? Ma altre ragioni ancora, di ordine puramente militare, influcevano il Fanti a respingere recisamenle la proposta cessione. Nella sua qualità di Ministro della Guerra ei si sentiva l'obbligo di non vulnerare gli interessi della difesa territoriale del nuovo Regno permettendo che alla buona frontiera militat·e che il Varo formava dalle parti di Nizza, ne venisse sostituita una che certo sarebbe più scadente di quella. In virtù pertanto di queste ragioni - per le quali egli dissentiva dal parere del Cavour e degli altri suoi colleghi - il Generale Fanti preveniva il suddetto Conte che avrebbe rassegnate le sue dimissioni da Ministro della Guerra piuttostochè accondiscendere alla cessione del Nizzardo. A scongiurare un tal fatto, il Conte di Cavour - che non voleva nè perdere l'abilissimo Ministro della Guerra che si era trovato, nè tampoco lasciare apparire al pubblico il vero motivo del ritiro ùel Fanti - pose in opera ogni mezzo, e coll'aiuto di comuni amici che egli avea col Fanti, riesci atl accomodare alla meglio le cose colla seguente combinazione. A norma delle volute formalità diplomatiche, l'atto di cessione da stipularsi fra il Piemonte e la Francia, come atto che racchiudeva interessi diplomatici e militari, dovea essere controsegnato dai Ministri · degli Esteri e della Guerra dei due paesi, e quindi, per il Piemonte, dal Cavour e dal Fanti. Or bene, siccome a ciò appunto rifiutavasi recisamente il Fanti, cosi il Conte di Cavour trovò modo di evitare che il Ministro della Guerra fosse presente al contratto di cessione, e così non avesse a segnare un atto che non approvava. Questo si può verificare negli Archivi del Governo, nei quali esiste tuttavia il suddetto atto di cessione, al quale manca la firma del Ministro della Guerra, Generale Fanti. Viene dimostrato da quanto abbiamo ora esposto, che allorquando le profonde convinzioni dell'animo suo sconsigliavano il Fanti da un'azione qualsiasi , non v'era influenza di uomo, per quanto egli stimasse grande, che lo facesse cangiare di proposito.

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E prima di por fine alle nostre parole al proposito della cessione di Nizza, non post~iamo tenerci dal seguente riflesso. Se il Generale Garibaldi, allorquando con giusto risentimento, ma con forme e modi poco costituzionali, mosse amare rampogne al Ministero che avea strappata dall'Italia la sua terra natale, e volse anzi particolari censure al Ministro della Guerra, avesse conosciuto quale era stato il contegno di questo in tale congiuntura, non dubitiamo punto che dalla lealtà del suo carattere sarebbe stato spinto a stendere la mano al Generale Fanti, anzi che mostrarsi tanto a lui avverso. CoaliJiooe del Altri avvenimenti, cui, siccome al narrato or ora, noi sorvo- Governi PonUft· cio e Borbonico lammo per non interrompere la completa narrazione degli arma- cootro il Sardo, menti operati dal Fanti, furono le gravi complicazioni, soprav· venute nella prima metà dell'anno 1860 negli affari dei Governi di Roma e di Napoli, sui quali stava rivolta la più seria attenzione di quello di Torino. Ne parleremo ora pertanto, e con pochi preliminari cenni richiameremo alla memoria dei lettori le principali fasi delle medesime, che in ispecial modo dovevano interessare il Ministro della Guerra. Il Governo Papale, fatto accorto dai pronti armamenti dei tre Stati della Lega, che colle poche forze da lui concentrate nelle :Marche non avrebbe potuto riconquistare le perdute Romagna, - quasi ad imitazione della Lega dei suddetti Stati - avea intavolate trattative col Borhone di Napoli, perchè all'opportunità, volesse fornirgli soldati i quali dessero mano ai suoi quando alcuni moti reazionarj - che si sarebbero promossi nelle Romagna e anche in Toscana - otrrissero propizia occasione di ristabilire in quei paesi gli antichi Governi. A ciò avea aderito Re Ferdinando, e fino dall'autunno del 1859, sotto un qualunque pretesto, avea inviato come avanguardia, un piccolo Corpo di truppe sul confine abruzzese dalle parti di Ascoli, d'onde in brav'ora poteva congiungersi nelle vicine Marche ai Pontifici. Contemporaneamente a queste pratiche, da Roma, per sempre meglio garantirsi il ricupero delle perdute provincie, bandivasi per tutta Europa una specie di Santa Crociata per chiamare dovunque fedeli e fervidi cattolici, che accorressero a prendere Je armi in favore della Santa Sede spogliata de' suoi Stati. E anche quest'abile tentativo aveva pieno effetto, imperocchè durante gli ultimi mesi del 1859, e i primi del 1860 ben più di 15,000 fra Irlandesi, Francesi, Belgi, Olandesi e Tedeschi , si erano raccolti e stavano già in armi nelle Provincie ancor soggette al Santo Padre.


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E quasi che di cotali straordinarj armamenti la Corte Romana volesse ohe ben chiaro e manifesto spiccasse tutto il senso aggressivo al riguardo del nuovo ordine di cose instauratosi in Italia, a. capitanare le cosmopolite genti da essa raccolte, avea chiamato un abilissimo Generale Francese, il Lamoricière, il quale, strana anomalia. quantunque per sentimenti repubblicani avesse rifiutato di· servire l'Impero Napoleonico nella sua patria, pure recava la propria spada in Italia a favore della reazione. . . Vigile e attento, il-Conte di Cavour seguiva l'andamento di queste macchinazìoni tendenti naturalmente al -danno del suo Governo, e certo trovava ragioni di rallegrarsi per la risoluta via politica in cui avea avviato il medesimo; .e p.er avere affidato al Fanti l'incarico dell'armamento generale del paese. Non si poteva infatti far troppo a fidanza che in breve non si fosse obbligati a venire alle mani cogli stranieri del Papa, uniti ai Borbonici di Napoli, e non era forse ~m meno fuori -d'-ogni · probabilità1 che l?Au~tria, per poco che vedesse esitante la Francia a ridiscendere in Italia, non si mettesse della partita. Per cotali giustissime ragioni pertanto, ·n Conte di Cavour incoraggiava sempre maggiormente n· Fanti a sollecitare· i bene avviafi armamenti, per· essere pronti a qualunque· evenienza. L• •rcdizionc · · D'un tratto per altro, a scongiurhre la burrasca che· pareva dei Mille. · minacciasse le sorti d'Italia, sorsero avvenimenti che le favorirono. Da prima la morte del Re Ferdinando di Napoli, antesignano di ogni pit\ fiera reazione , poneva in mani meno ferme· e· risolute lo ~cettro di .quel Reaine, passandolo al figlio .Francesco .. Poco appresso nell'Isola di Sicilia - sia per moto spontaneo qelle sue popolazioni a ciò preparate,· o per impulso dato dalla Società Nazionale_ presieduta dal Siciliano La Farina, agente ogoora sotto .le ispirazioni del Conte di Cavour, ciò che noi non sapremmo ben precisare -:erano stati combinati alcuni moti insurrezionali, .che su varj punti dovevano scoppiare nella prima metà d'Aprile. Un simile disegno - che se pur anco non vogliamo ammettere promosso direttamente dal Cavour, gli erà per altro noto -· lasciava travedere all'accorta sua mente un ottimo mezzo per mandare a vuoto le combinazioni di Roma e Napoli, obbligando il nuovo Re Francesco ad impiegare -le sue forze a combattere l'insurrezione siciliana, anzichè inviarle iri soccorso delle Pontificie. Riconoscendo per altro la necessità di dare una consistenza ai moti siciliani per meglio assicurare la voluta diversione, conferì col Ministro Fanti in proposito. Questi conveniva ben tosto nelle idee del Cavour , ed osservandogli che anzi tùtto bisognava dare un


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abile capo militare per dirigere l'insurrezione, opinava che a tale missione potesse essere ottimo l'antico suo commilitone di Spagna, Ribotti, allora Generale nell'Esercito Sardo, perchè ben conosciuto in Sicilia, ove altra volta nel 1847 avea diretta la rivoluzione, per cui anzi ne avea subito in Napoli duro carcere durante parecchi anni. A mezzo di Fanti, facevasi la .proposta al Ribotti , ma siccome questi soffriva ormai di quel male, che poco appresso lo condusse alla tomba, e non si ritenne in caso di assumere l'impresa proffertagli, cosi da chi agiva sotto la più o meno palese ispirazione del Cavour si venne ad altre combinazioni ; parve che l'uomo atto al caso potesse essere il Garibaldi, e gliene fu fatta parola, ma esso in sulle prime, forse perchè addoloratissimo della cessione di Nizza, non si mostrò disposto ad accettare; poi spronato dagli amici, e spinto dall'istintiva sua passione àlle più avventurose imprese - purchè potessero tornar utili al suo paese -:- aderi a capitanare un gruppo di audaci, i quali sotto Bandiera su cui sarebbe scritto Italia e Vittorio Emanuele l'avrebbero seguito in Sicilia, ove già s'era pronunziato qualche movimento insurrezionale , per dar mano a questo, diffonderlo e farlo trionfare, proclamando l'annessione di quell'Isola al Regno di Vittorio Emanuele. Se ciò come speravasi riesciva, non solo si otteneva l'intento di impedire ai Borbonici di agire di conserva colli stranieri assoldati dal Papa, ma si poteva anche avere un saldo punto di appoggio nell'Isola per far leva in terra ferma, onde demolirvi il Governo Borbonico, e se anche questo. potesse avverarsi, in allora la causa nostra nazionale avrebbe fatto un passo dei più decisivi. A tale supremo intento anche nelle Provincie di terra ferma, si dovevano predisporre le popolazioni ad insorgere quando ne fosse il momento opportuno (1).

(l) In prova della verità del riferito su questo proposito, che forse non combina con quanto finora si è voluto far credere, citiamo per intiero la seguente lettera del Generale Fanti diretta al Ribotti in Rimini: • Torino, 6 Aprile 1860.

« Amico carissimo,

« Ho parlato con Cavour dell'all'are del Forte di S. Leo. Pel momento il fare sarebbe nuocere alla causa. Vi è tanta legna al fuoco, che ve ne sarà.

per tntti. « Desidero sapere: - se si facesse la rivoluzione in Sicilia, se tu vi andresti, dando però prima le dimissioni -. È una interrogazione che mi ha fatta oggi Cavour. 21


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A tutto questo era assenziente e connivente il Cavour - che che se ne sia voluto dire in contrario - come ben lo dimostra la riportata lettera del Fanti, non già dal giorno in cui si videro i prodigio i successi di Garibaldi, ma tino dal 6 Aprile, e lo proarona ben anche gli ajuti d'ogni sorta, che furono dati all'impresa. rattanto la Spedi~ione capitanata da Garibaldi, che poi fu detta dei Milis dal numero dei prodi che vi presero parte, salpava da Geno'Va col giorno 6 Maggio e coll'H approdava a Marsala in icilia, e innoltrandosi ben tosto nell'isola, batteva a Calatafimi nel 15 i primi Borbonici che le si facevano incontro. Simulando allora di olgere nell'interno, con abile mossa Garibaldi piomba impro viso nel giorno 20 su Palermo, sbaraglia la fortissima guarnigione be vi trova e la riduce in pochi giorni a imbarcarsi e a far ritorno a Napoli. Accorrono intanto, ben pochi dall'isola: ma parec hie migliaja di arditi dalle altre parti d'Italia, e cosi rinforzato Garibaldi s'avvia allo stretto di Messina per passare nelle Calabiie. Strada facendo batte di nuovo i Borbonici nel 20 Giut>no a Milazzo, e quindi raccolte nuove forze sotto Messina, e predisposto ogni cosa pel passaggio dello stretto, lo effettua nel giorno 9 Agosto, e nel 20 tiene in Calabria sufficienti forze per alta care e impadronirsi di Reggio. Da quest'ultimo giorno al 7 Settembre , in cui Garibaldi entra in Napoli, abbandonata la vigilia dal giovine Re Francesco, può dirsi che cessa ogni azione militare del Condottiero dei Mille, perché le truppe Borboniche non oppongono seria resistenza a' suoi Volontarj e in numero di ben 35,000 (cifra ufficiale) depongono le armi loro affidate dal Borbone, non già per riprenderle a pro. del loro paese, ma per lornarsene alle loro case. Triste spettacolo che diede allora quell'Esercito, cui Re Ferdinando non avea voluto e saputo ispirare altro sentimento che quello della cieca obbedienza alla sua volontà! c Pre to chiamerò la tua Divisione a Piacenza, e sarai rilevato dalla ..: Divisione Decavero. ~ Addjo in fretta • Tuo.\a.mo .: M. F.&.NTI. »

AUorquando il Generale Fanti scriveva questa lettera, comprendeva tanto l'importanza del passo che faceva, che fra le sue carte si trova copia della mede ima con questa nota: Questa lettera fu scritta da me, Ministro della Guerra, al Generale ... Ribotti in Rimini. » Ed in elfetto noi la crediamo un prezioso {\ocumento ller la spiegazione di molte co e finora controverse,


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Per ciò, quantunque con aspre fatiche e disagi, . ma pure senza incontrare ostacoli, la marcia dei Garibaldini poteva proseguire non interrotta da Reggio di Calabria fino a Napoli, ove le prime colonne· ponevano piede nel giorno 9 Settembre ed altre nel 'L . Da qui, solo nel giorno 14 esse, che complessivamente contavano allora appena 12,000 uomini, vennero inviate su Santa Maria di Capua per fronteggiare i Borbonici concentrati sotto Capua, o ve i fortunati soldati dell'audace Garibaldi trovano finalmente nuov truppe che non abbassano le armi e si mostrano· anzi dispost a combattere. Erano circa 45,000 uomini, gli ultimi ma i migliori avanzi dell'Esercito Borbonico, che Re Francesco avea opportunamente fatti concentrare sul Volturno attorno a Capua, ottima Piazza di guerra, a cavaliere di questo fiume. In seguito a questi sconvolgimenti che Garibaldi avea prodotti nel Reame delle Due Sicilie, dal Maggio al Settembre, non solo era scomparsa ogni possibilità che truppe Borboniche pot sero dar mano agli stranieri Pontificj per la progettata ripre a delle Romagne, ma si era venuti invece fra la Corte di Roma e quella di Napoli agli accordi opposti, ossia che le forze capitanate dal Generale Lamoricière, si disponessero a portar soccorso alle Borboniche, ove queste ne abbisognassero. E in sul finire dell'Agosto s'era veduto etrettivamente i Papalini, i quali dapprima in massima forza stavano accantonati sui confini delle Romagne, spostarsi a poco per volta, e raccogliersi invece su quelli degli Abruzzi. Per questa nuova combinazione facevasi grande conto sulla b n nota capacità militare del Generale Pontificio Lamoricière, che si sperava potesse tener testa a quella di Garibaldi. Contegno 1mI grandi successi di Garibaldi, i quali tanta parte delle noslr·e poJ<to al o verno Sardo dagl O'' · Provincie Meridionali guadagnavano alla causa italiana, avevano venimenll delle Due IC t!l e . superate le speranze del Governo Sardo, perchè compiti qua i senza il concorso delle popolazioni. Ma per esso Governo, che da tanti anni avea assunta la direzione suprema degli interessi n· zionali italiani, conveniva guardare in fondo alle cose, e ved re se l'avvenuto in quelle Provincie presentasse le più serie garanzie di stabilità, e nel caso contrario, provvedere premurosamente all'uopo. Faceva dunque mestieri esaminare, con occhio spregiudicato la vera condizione in cui si trovava allora Garibaldi. Indubbiamente, e ciò appunto faceva la sua""principale gloria Garibaldi doveva i suoi bionfi per la massima parte al saggio ed opportuno impiego delle sue armi, con cui avea sbalordite e confu e le truppe Borboniche. Era però parimenti indubitato, che le popolazioni meridionali per quanto si fosse fatto - quelle specialmente


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di terra ferma, e sovratutto di Napoli - perchè dessero mano a demolire il Governo Borbonico, non si era riesciti ad indurv le che in proporzioni le più insignificanti. Era quindi lecito il domandarsi, se una volta che potesse riescire al Re Francesco e a quelli la di cui fortuna si legava alla sua, di raccogliere in buon punto numerose forze e quivi attendere di piè fermo l'attacco, che necessariamente dovevan loro portare i Garibaldini per debellarle al completo, era lecito il domandarsi, abbiam detto e i pochi prodi seguaci di Garibaldi, non ancora bene provvisti e rdinati in guerra, potessero di nuovo riescire vittoriosi, ed in modo veramente decisivo. Ora di mano in mano che Garibaldi da Reggio di Calabria i era avanzato su Napoli, gli uomini del Governo Sardo, ed in i pecie il Fanti come il più competente, vedendo che nessun moto in urrezionale nè di Napoli, nè di altri punti del Regno delle Due icilie veniva a distrarre l'attenzione delle truppe Borboniche, e tutte le lasciava disponibili per un colpo decisivo contro i Garibaldini, sentivano accrescere le loro apprensioni pel grave pericolo che~ vedevano andarsi ammassando contro i medesimi. Era p rfettamente nota a Torino l'enorme sproporzione esistente allora fra le forze condotte da Garibaldi e quelle dei Borbonici, e per n umero, e per armamento, e per disciplina, e per istruzione. Sapeva i convenuto il concorso delle soldatesche Papaline e del Generale Lamoricière, che avrebbe assunto il Comando in Capo di tutti. ome si poteva quindi assennatamente far calcolo sicuro su nuovi portentosi trionfi di Garibaldi, mentre le difficoltà cui andava ora incontro, erano ben altre di quelle passate? Si poteva forse" non di perarne, ma il non provvedere ad un riparo pel caso contrario, sarebbe stato errore e colpa, più che follia. ; r::avourd& ue Per queste ragioni d'ordine puramente .militare, che colpivano ol o1 ··an· · · li per as•icura.ra la mente direttrice del Governo Sardo ossia quella del Conte di Il sue<:e• o <Ielle . ' armi italian e Gel Cavour questi non avea mancato di consultarsi col Ministro della Nopoletono. ' uerra, il Generale Fanti, che si era mostrato non meno in pensiero p rciò del Presidente del Consiglio, e fra loro s'era convenuto nell'opinione, che il Governo di Vittorio Emanuele, nell'interesse upremo della sacra causa italiana che da sì lungo tempo propugnava, avesse l'obbligo e il diritto di venire a misure, le quali d sero luogo aft assicurarsi, che i fatti del Napoletano, sì favorevolmente avviati nel senso italiano, non avessero in verun modo a precipitare in senso inverso. In seguito a tale accordo in cui ra convenuto ogni aUro membro del Ministero Sardo, il Cavour, convinto che ogni misura relativa dovea essere essenzialmente p~rcr


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militare, avea richiesto al Fanti il suo parere in proposito, e qu sti non aveva esitato ad emetterlo nel seguente senso. Egli escludeva anzi tutto l'idea, che più naturale si offrim alla mente in tale circostanza , ossia quella di tenersi pronti ad inviare grossi rinforzi di truppe regolari per la via di mare nel Napoletano, come intempestiva e perchè impresa questa complicata e lunga, quindi non efficace forse per la circostanza. Opinava piuttosto per un'azione militare condotta per terra, mediante della quale al momento opportuno si fosse pronti a penetrare, armata mano, nelle Marche e nell'Umbria, e battervi e disperdervi le straniere bande di Lamoricière: con ciò s'impediva l'unione di queste alle forze Borboniche, si permetteva alle popolazioni delle suddette due Province di unirsi al nuovo Regno italiano, e si avea aperta la strada al Napoletano per quando occorresse marciarvi. La proposta era estremamente ardita perchè conteneva una seconda provocazione a tutte le Potenze europee per quanto specialmente risguardava l'invasione de' paesi ancor soggetti alla Santa Sede ; ma non era un Conte di Cavour che potesse conturbar i per questo, e non applaudisse ad un'idea , che d'un colpo solo faceva di tanto avanzare l'unità d'Italia. Venne pertanto approvato in massima l'opportunissimo progetto del Fanti, ed egli ebbe facoltà di avviare cautamente ogni preparativo occorrente per darvi esecuzione quando che fosse. non1inll· E l'occasione non si fece troppo aspettare, perchè allorquando o F~nll ConHindanlo l in Capo in sui primi di Settembre fu noto che l'Esercito Borbonico s'an- >,ione per la ped•· Mor· dava concentrando sul Volturno attorno alla forte Piazza di Capua, che I"Umbri • appoggiato alle spalle dalla buona linea del Garigliano e dall'al tra fortissima Piazza di Gaeta, e si seppe del paro che le popolazioni non correvano alle armi~ e che anzi nelle campagne di parecchie Provincie s'armavano e sorgevano i contadini a dife a della Monarchia Borbonica, in allora si decise di non porre più indugio alla fissata azione, e Fanti ebbe ordine di prendere il Comando di quante forze credesse necessarie al compimento del suo piano, e disporle alla voluta spedizione nelle Marche e nell'Umbria, per aprirsi così la via alle operazioni, che potessero poi occorrere nel Napoletano. Il Conte di Cavour riserbava a sè l'azione diplomatica per fare accettare dalle amiche Potenze l'ardito fatto che si andava a compiere in nome del diritto nazionale italiano , conculcato da straniere soldatesche negli Stati Pontifici ed avversato nel Napoletano da un Governo, manifestamente abbandonato dalle sue popolazioni, le quali applaudendo al motto scritto sulla bandiera di Garibaldi: Italia e Vittorio Emanuele, accettavano il

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Lnsei. ln le · rinnlmente Il ~l , nlatero del hl Guerra.

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prin ipio dell'unità italiana. Ed è noto, come anche in questo seppe rie cir l'abile Ministro, specialmente coll'Imperatore Napoleone, cl e più d'ogni altro interessava~ ammansare perchè col suo Corpo d'occupazion in Roma non desse molestia al nostro operare. Dal anto suo, il Ministro della Guerra con chiaii e precisi ordini faceva eseguire un generale movimento del suo Esercito, in forza del quale in pochi giorni l' intiero IV Corpo stanziato nelle Romagne venne concentrato verso Rimini, e il V della To cana i r ccolse fra Arezzo e Borgo S. · Sepolcro. Entrambi questi Corpi nel breve periodo di sette o otto giorni ricevevano quel tanto che loro potesse occorrere per entrare in campagna. Apparve in questa circostanza tutta la bontà e saggezza del preventivo r inamento che Fanti avea dato all'Esercito per la sua più pronta mobilizzazione. I rimanenti tre Corpi d'Armata furono fatti avvicinare alle frontiere Venete in osservazione di quanto pote ero farvi gli Austriaci.· Domandava poi il Fanti al Conte di Cavour, che reggeva tuttavia il Ministero di Marina, che volesse disporre perchè la Squadra navale - che già per suo ordine era stata armata in guerra- nell'Adriatico e nel Mediterraneo potesse concorrere alle operazioni che egli &tava per intraprendere. Prese queste ed altre misure, consentanee alle circostanze, il Generale Fanti rimetteva in mano del Generale Alliaud l'interinaie ammini trazione del Ministero di Guerra, e si disponeva a prendere il Comando della spedizione affidatagli, che egli poteva dire con tutla compiacenza che se era stato possibile l'apprestarla in sì breve tempo, a lui solo ciò era dovuto. Ed ora noi lo seguiremo nella breve, ma brillante Campagna da lui comandata, la quale al suo partire da Torino egli assicurava con 1 irabile previdenza, che avrebbe condotto a termine in quindici o venti giorni, avvolgendo e disperdendo il Corpo di Lamorici ·re fra Macerata e Osimo, come effettivamente avvenne.

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PARTE NONA

FANTI NELLA CAMPAGNA DI GUERRA DELL'ANN O 1860. [1860].

SOMMARIO : - Quale il vero merito di Fanti nella Campagna delle {arelle e dell'Umbria. - Le forze Papaline e loro distribuzione prima delle o tilità. - Le forze Italiane destinate alla Spedizione. - Piano di Spedizione del Fanti. - fanti denunzia le ostilità a Lamoricière. - Questi si di pone a concentrare le sue forze sotto Ancona. - Marcia di Della Rocca opra Perugia. -Cialdini si impadronisce di Pesaro e Fano, e occupa Sinigaglia. Della Rocca prende Perugia, e marcia su Foligno. - Brignone prende poleto, e marcia su Terni e Rieti.- Marcia di Cialdini da Sinigaglia a Osimo. - Marcia di Lamoricière fino a Loreto. - Fatto d'arme di Ca tellldardo. - Cialdini fa prigionieri i battuti di Castelfidardo. - Attacco e p1·esa del Forte di S. Leo. - Operazioni di Della Rocca fra Macerata e Ascoli - Prime manovre del Fanti per investire Ancona. - La Piazza di Ancona. - Piano d'attacco della Piazza. - Come Lamoricière si dispone a difesa. - Primo investimento completo della Piazza. - Assalto e presa delle Lunette di M. Pelago o M. Polito. - Lavori contro la Piazza. - I Bersaglieri penetrano in Borgo Pio. - La Squadra tenta rompere la catena del Porto. - I Bersaglieri s'impadroni2cono del Lazzaretto. - Nuo,·o tentativo della Squadra contro il Porto. - Saggi provvedimenti del Fanti per rinfol'zare l'attacco. - Condizioni interne della Piazza. - Lamoricière tenta riprendere il Borgo e il Lazzaretto. - Attacco della Squadra contro il 1olo. Temeraria manovra della Fregata Vittorio Emanuele.- Capitolazione dell Piazza. - Sguardo critico sulla passata Campagna.- I Garibaldini e i Borbonici sul Volturno. - Il Governo Sardo decide l'intervento armato nel Napoletano. - Fanti è nominato Generale d'Armata e Capo di tnto Maggiore del Re. - Considerazioni del Fanti per iniziare la Spedizione. - farcia del Corpo di Spedizione. - Piani dei Borbonici. -Il Generale Griffini batte i Borbonici al Macerone. - Ricognizione di Cialdini da Isernia a Venafro. Ritirata rlei Borbonici dal Volturno al Garigliano. - Provvedimenti contro le bande armate borboniche. - Consiglio di Guerra in Isernia e determinazioni prese. - Abboccamento di Cialdini e Salzano. - Operazioni prescritte a Cialdini e a Della Rocca. · - Incontro di Re Vittorio con Garibaldi.


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-- ombattirocnt di S. Giuliano. - Della Roccl\ attacca Capua. - Re Vitlorlo vi ita i lo.v rì contro Capua. - Bombardamento di Capua e sua capitolazione. - Rico izione offensiva sul Garigliano.- Preparativi per passare il Garigliano. - l Borbonici abbandonano il Garigliano. - Marcia in avanti della Divi ione De onnaz. - Intenzioni dei Borbonici e del Fanti. - I Borbonici a Mola di Gaeta. - Brillante fatto d'armi di Mola di Gaeta. - l Borbonici inseguiti da De Sonnaz si dànno prigionieri ai Francesi. - Abboccamento di F nti con Salzano. - Sguardo critico sulla Campagna. Fanti la~cia il campo. - Gaeta, Messina, Civitella del Tronto.

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im pre a che il Generale Fanti andava a capitanare non pr enlava for e lroppo gravi difficoltà di riescita, se la si consinell C mp.1gn<1 1l~lle t !'<.'ho o dera a dal lato d Ile forze materiali che egli aveva a combattere, ù~n· rn~rln. per h più numerose e più fatte alla guerra erano quelle di cui gli poleva valersi. Ma se la si prendeva a considerare dal lato d lla esp rienza e capacità del Generale nemico, il Lamoricière, eh occorr va aper superare per averne rapido e decisivo suece so, in allora la cosa cangiava d'aspetto e l'impresa diveniva di non facile momento. Or dunque, ammessa la preponderanza e per numero e per qualità dei oldati del Fanti su quelli del Lamoricière, se noi v dr mo che que ·ta lungo lo svolgersi della breve Campagna a cui andiamo ad a sistere, non avrà che minima influenza sull'eito delle inrtole operazioni che si andranno compiendo, e che p ,. lo incontro ve la eserciterà grande ed efficacissima la fina arle con cui Fanli saprà contrariare e mandare a vuoto ogni combinazion dei I ian i del Lamoricière, dovremo necessariamente int rirne che i talenti e la scienza del primo superarono quelli del secondo. E siccome poi in tali casi la riputazione del vincitore viene fatla da quella del vinto, così pel nostro caso particolare onviene dir eh se il Lamoricière ebbe meritata fama di ottimo .enerale fra le armi francesi, maggiore della sua deve essere quella proca ·ciatasi dal Generale Fanti, che seppe batterlo e vin· cerio completamente. E questo è quanto, speriamo, verrà dimotrato evident mente dal complesso dei fatti che stiamo ora per 11arrare con quella estensione, la quale si addice a cose che si collegano tutte ad un concelto direttivo emanato dal preclaro uomo di guerra, di cui raccontiamo le gesta. Le rorze Papa· Dalle esatte informazioni, che da parecchio tempo il Generale 11t~Jbu~;o~:' P~ì: Fanti riceveva ul successivo aumento delle truppe che stava orgam• delle odlliiA. nizzando il averno Pontificio, gli risultava che sui ,primi del ettembre il loro effettivo totale saliva verso li 25,000 uomini, dei Qu 1a il v rn

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quali per altro non più di 20,000 avrebbero potuto tenere la campagna. Ogni ordinanza normale alle diverse Armi di queste truppe era foggiata alla francese con poche e insignificanti modificazioni. Il loro personale si componeva di un quarto appena di indigeni degli Stati Pontificj, essendo il rimanente composto di Belgi, Francesi, Tedeschi e Svizzeri, con circa un migliajo di Irlandesi. La massima parte dei soldati erano di Fanteria : l'Artiglieria poteva condurre in campo sei o sette Batterie, e di Cavalleria si avevano circa 1000 uomini. Nella suindicata epoca dei primi del Settembre tutte queste forze erano ordinate e stanziate nel ~eguente modo :

1.4 Brigata - Generale Schmidt. [Quartier GP.nerale a Foligno].

2. Reggimento di Linea. 2. 0 Reggimento Straniero. Una Compagnia di Gendarmeria mobile. Un Distaccamento di Gendarmi a Cavallo. Una Batteria d'Artiglieria. 0

2. 11 Brigata -

Generale Pimodan.

[Quartier Generale a Terni].

1.0 e 2.0 Battaglione di Cacciatori. 2.0 Battaglione di Bersaglieri. Un Battaglione di Carabinieri. Mezzo Battaglione di Tiragliatori Franco-Belgi. Due Squadroni di Dragoni. Uno Squadrone di Cavalleggeri. Una Batteria d'Artiglieria.

8.0 Brigata. -

Generale De Courten.

[Qttartler Generale a Macerata].

1.0 e 2.0 Battaglione di Bersaglieri. 1.0 Reggimento di Linea. Uno Squadrone di Gendarmi. Due Batterie d'Artiglieria.

Riserva. -

Colonnello Cropt.

[Quartier Generale a Spoleto].

Lo Reggimento Straniero. Uno Squadrone di Volonlarj Pontificj (Guide). Una Batteria d'Artiglieria.


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lu i m Ila i:~ rva trovavasi pure il Quartier Generale di Lamorici 're. I r idj i P e a ro, Perugia, Orvieto, Viterbo, Spoleto, S. Leo, Pallian 1 Civita a te1lana, non che d'Ancona e Roma erano fornili da ven ti C mpartn ie, alcune delle quali appartenenti alle Brigat atlive. D qu La di. tribuzione generale di forze dei Pontificj e speiaJmer te poi dal fallo che essi tenevano forti distaccamenti delle . uddelle rigate in Velletri, in Ascoli ed altri minori sulla frontiera abruzze e apparisce manifestamente che la loro attenzione era ormai rivolla più verso il Napoletano, che verso il nuovo Regno ardo. • . i ma cheravano, è vero, una tale misura dicendola preauzion ne e aria contro una invasione garibaldina, ma il prele ·to era a urdu tante che Garibaldi stava ancora nelle Calabrie, dove a sbam.zzar i di quasi 50,000 Borbonici prima di potere dar molestia al ant Padre. r... rone ital iaCom i di e più sopra, il Generale Fanti avea creduto che ne d•stlnnt nU. peddono. per di far i prontamente dei Papalini, e agire in seguito, all'occorr nza 1 n l Nap letano, fossero più che sufficienti il IV e il V Corpo la iand l'effettivo delle loro forze quale si trovava allora, s nza porl~ul o al completo piede di guerra. In conserruen7.a di iò le cinque Divisioni componenti i due suddetti Corpi, nn h in au a che i Reggimenti provenienti dalla Lega non avevano formati i loro quarti Battaglioni, contavano per cadauna nna forza he in m dia toccava i 7000 uomini. L'intero Corpo di , 'pedizion pm'lanlo presentava complessivamente circa 351000 uomini. Le ifr gr nel mente superiori a questa che ne pubblicarono i cl ri ali , furo o esagerazioni fatte con maggiore o minore buona fecl . Particolareggiamo qui appresso la composizione del Corpo di • pedizione r ), più facile intelligenza di quanto dovremo dirne in serruilo.

IV. CoRPO. -

Generale Cialdini .

.1. 11 Divisione attiva. - Generale Di Villamarina. Btiaala negina ( 9. 0 e 10.° Fanteria). Brigata avana (15.0 e 16.° Fanteria). 6. 0 7. 0 attagliohe Bersaglieri. Re rrimcnto Lancieri Novara. Due Batterie d Artiglieria.


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7. 11 Ditl-isione attiva. -

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Generale Leotardi.

Brigata Cuneo (23. 0 e 24.° Fanteria). Brigata Bergamo (25. 0 e 26.° Fanteria). 11.0 e 12.0 Battaglione Bersaglieri. Reggimento Lancieri di Milano. Due Batterie d'Artiglieria.

13.4 Divisione attiva. -

Generale Cadorna.

Brigata Pistoja (35.0 e 36.° Fanteria). Brigata Parma (49. 0 e 50.° Fanteria). 22.0 e 24.0 Battaglione Bersaglieri. Reggimento Lancieri Vittorio Emanuele. Due Batterie d'Artiglieria. Artiglieria di Riserva e Zappatori del Genio.

V. CORPO. -

Generale Morozzo Della Rocca.

1. 4 Divisione attiva. - Generale De Sonnaz. Brigata Granatieri di Sardegna (1.0 e 2.0 Reggimento). Brigata Granatieri di Lombardia (3. 0 e 4. 0 Reggi mento). 14.0 e 16.0 Battaglione Bersaglieri. Due Batterie d'Artiglieria.

Divi&ione di Riserva. -

Generale De Savoiroux.

Brigata Bologna (39. 0 e 40.° Fanteria). 9. 0 23.0 e 25. 0 Battaglione Bersaglieri. Brigata Cavalleria di Linea (Piemonte Reale e Nina Cavali.). Zappatori del Genio. Oltre a queste truppe, parecchie Compagnie di Volontarj, for· mate sollecitamente éon buon numero di emigrati politici delle provincie ancor soggette al Papa, e pur anche della Venezia erano state poste sotto gli ordini del Colonnello Masi, romano. Anche la Squadta Navale, che Fanti avea fatta armare, come più sopra ebbimo a dire , dovea concorrere per secondare le operazioni di terra, e specialmente quelle contro la piazza di


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Ancona. Quattro grosse Fregate e altri sette legni rli minor conto sotto il comand del Contrammiraglio Persano, con poderose Artiglierie da bordo, costituivano la forza navale chiamata nell'Adriatico per ollecitare sempre maggiormente la disfatta dei Pontificj. d l•ro~:~et~ s~~ì~ Il piano, con cui Fanti avea prestabililo di agire colle enum rate forze t reestri e marittime, era stato da lui concepito dietro l'a curata in uzione di quanto il Generale nemico fosse per fare quando si vedesse da lui attaccato. Per questo caso, sembravagli che il Lamoricière non poteva attenersi che ad uno dei eguenti partiti. O con cio della propria debolezza al nostro riguardo, e indovino del vero obbiettivo di Fanti, ossia di disfarsi prontamente di lui per e ser libero di correre su Napoli, il Lamoricière con prudente temperamento gettava entro Ancona una delle sue Brigate, colle altre si teneva quasi inattaccabile sul fortissimo gruppo montuoso che l'Appennino forma presso Gubbio, e di là molestava ogni nostra mossa nelle circostanti valli estendendo la . ua sfera d'azione su Ancona, Perugia e Foligno; o, parimenti presidiando Ancona, ripiegava le sue truppe verso il territorio d lle campagne romane, quasi sotto la protezione del Corpo d'occupa7.ione Francese, e toglieva cosi ogni libertà d'azione al Fanti, e gli rendeva impossibile quel pronto successo che egli voleva con eguire per vere aperta la via di Napoli ; o infine sdegnoso di confessar i inferiore a chicchessia, e oltremodo fidente in sè, prezzava la prudenza e voleva cimenti e battaglie, e allora concentrava rapidamente tutte le sue forze, e cercava raggiungere Ancona colle medesime prima che vi fossero sotto i nostri, onde, sorretto a t rgo da questo fortissimo baluardo, sfidare all'aperto ogni no tro attacco. A quest'ultimo più audace partito ritenne fermamente il Fanti be si sar bbe attenuto il vecchio soldato d'Africa, e volle per conseguenza che il suo piano d'invasione nelle Marche e nell'Umhria, lasciando margine ad agire, e verso Gubbio e verso Roma, iù ~pe ialmente si prestasse a contrariare l'ultimo dei supposti prorretti del nemico. Egli deliberava pertanto in massima di operare da due punti su linee convergenti, allo scopo di liberarsi di quanti distaccamenti nemici trovasse per via, e serrarsi sopra da due parti al più forte dei medesimi, attaccarlo, batterlo e disperderlo prima he ave . e potuto raggiungere Ancona. Ottenuto questo scopo, la adula della Piazza marittimo-terrestre di Ancona, coi mezzi di


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cui Fanti sapeva poter disporre, diveniva per lui quistione in cui si potevano calcolare i giorni e le ore che sarebbero per occorrere. · In seguito a questo 'concetto fondamentale del suo piano, Fan li, non appena decisa la spedizione, avea fatto concentrare il orpo di Cialdini fra Rimini e la Cattolica sulla frontiera delle Mar h , e quello di Della Rocca fra Arezzo e Cortona al confine dell'O bria. Alquanto più a destra, in Val di Chiana, il Colonnello Masi coi suoi armati stava di fronte a Città della Pieve. Alla vigilia di rompere le ostilit..1, ossia col giorno 8 Settembre, Masi ebbe istru'l.i ni per condursi a Città della Pieve, impadronirsene e quindi 1 a ·sando da Val di Chiana in quella del Tevere avanzare per rvieto fino a Montefiascone, onde dar campo alle popolazioni li quei paesi di liberarsi delle truppe straniere, che le manten <no sotto il Governo Pontificio. Cialdini riceveva ordine di t n r. i pronto a passare il confine pel giorno 11, e marciare diretto olle sue tre Divisioni lungo il ·littorale fino presso Ancona : quivi avrebbe lasciati sufficienti distaccamenti in osservazione della piazza, e colle rimanenti forze avrebbe proceduto oltre per Osimo Macerata allo sèopo di sbarrare la strada d'Ancona alle colon ne papaline, che si supponeva sarebbero richiamate dal Lamori ciere dalle loro stanze di Perugia, Terni e Spoleto su Foligno, e quindi a""iate per Tolentino e Maceratà verso Ancona. Della Rocca, avanzando esso pure nel giorno 11 oltre al confine, per Borgo • . 'epolcro dovea volgere per Perugia su Foligno; da qui sta car buona guardia che occupasse Spoleto e Terni, onde tenere i padrone della strada di Roma e di quella che da Rieti condu c I r Val d'Aquila nel Napoletano, e col resto delle due sue Divi:i ni marciare sollecito alle spalle delle Brigate di Lamoricière re pinte da Perugia e Foligno, e tentare di raggiungerle a tergo verso -Macerata, quando Cialdini loro si presentasse di fronte. In quelle località, il Generale Fanti faceva: sicuro assegnamento eh i P palini si sarebbero trovati serrati da tre par-Li ~a' suoi due : t-pi d'Armata, e nella quarta dal mare, e non avendo quindi alcuna via di scampo, d'un tratto avrebbero dovuto cessare da o. ni resistenza e darsi per vinti. Ciò ottenuto, col concorso della , quadra - che, comandata da Persano, già doveva a quell'ora troYar i nelle acque d'Ancona - gli intieri due Corpi d'Armata inv Lirebbero immediatamente e quindi attaccherebbero la Piazza uddetta, la quale nelle condizioni in cui necessariamente doY va trovarsi, non avrebbe potuto opporre valida resistenza con tro poderoso attacco che soli pochi giorni.


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Tale fu il concetto e lo sviluppo parziale del piano che Fanti i prefisse porre in opera per l'ordinatagli spedizione contro i Papalini, e nessuno potrà negare che il medesimo ben )ungi dal basarsi sulla preponderanza delle forze materiali, si appoggiava quasi completamente sugli indo\inati intendimenti nemici e sulla ben combinata opposizione strategica ai medesimi. f'n.nt daounzl Col giorno 7 Settembre il Conte di Cavour avea diretto al le o•Uh a L&m o rlcl~re. Governo Pontificio una nota diplomatica, in forma di ultimatum, nella quale erano spiegate le ragioni di diritto nazionale, per cui il Governo Sardo, in nome della causa italiana, si credeva nell'obbligo di agire, anche con la forza delle armi, per impedire che i voti nazionali delle popolazioni delle Marche . e dell' Umbria fossero più oltre repressi dalla presenza delle truppe straniere assoldate da esso Governo. Invitavasi per ciò perentoriamente il Governo suddetto a dichiarare d'esser disposto a far cessare prontamente un simile stato di cose, senza di che il Governo Sardo arebbe stato costretto a prendere tutte quelle misure che gli sembrassero necessarie all'uopo. Trascorsi tre giorni dalla comunicazione fatta dell'ultimatum il Generale Fanti, nel giorno 10 Settembre, spediva da Arezzo un Capitano dello Stato Maggiore del suo Quartier Generale con lettera diretta al Generale Lamoricière, nella quale gli significava avere ordine dal suo Re di passare immediatamente le frontiere colle truppe poste ai suoi comandi, qualora esso Generale non si dichiarasse pronto ad accettare le seguenti condizioni appena gli fossero state notificate, ossia : che i suoi soldati non facessero uso delle armi, quando si trovassero in un paese per comprimervi una manifestazione ehe vi si facesse in senso nazionale; che non si ordinasse ai medesimi di marciare su di un paese, ove si fosse già prodotta una manifestazione in detto senso ; che se in un paese si fosse già pronunziata una simile manifestazione, e fosse stata repressa dalle truppe Pontificie, queste venissero immediatamente richiamate per lasciar libera l'espressione dei voti della popolazione. Nel pomeriggio del giorno 10, il Generale Lamoricière nceveva in Spoleto, ove teneva il suo Quartier Generale, il messo e la lettera del Fanti, e tosto per telegrafo faceva sapere ad esso Fanti non avere egli nè qualità, nè poteri per rispondere alla sua comunicazione, e che intanto trasmetteva a Roma la medesima domandando istruzioni in proposito. Sollecito rispondeva coll(l stesso mezzo del telegrafo il Fanti, dicendo che le sue istruzioni non gli permettevano valutare le


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ragioni che impedivano al Generale Pontificio la pronta adesione alle condizioni impostagli, e che solo gli prescrivevano di tener conto del fatto rifiuto. Che per ciò, uniformandosi ad esse istruzioni, lo preveniva che nel giorno appresso le truppe del Corpo di Spedizione avrebbero passate le frontiere; pregavasi poi il Lamoricière di rimandare senza più il Capitano di Stato Maggiore che gli era stato inviato. La moncièro si Cosi le ostilità venivano dichiarate pel giorno 11 Settembre, dispone a con· cenlrnre sua e per vero dire al Lamoricière non rimaneva gran tempo per for1.c sottole An· conrt. pensare ai casi suoi, cui era d'uopo provvedere senza perdere un minuto. Vuolsi per altro render giustizia al merito, e riconoscere che quantunque lo si fosse colto quasi all'improvviso non si perdè d'animo l'esperto Generale Francese, e in quanto dispose e fece per prepararsi ad imminente guerra - se anche soverchiamante audace per le sue particolari condizioni- non venne meno alla reputazione che meritamente si era guadagnata (1). E qui per render conto di quanto esso Generale si prefisse di fare nel suddetto giorno 1O, è necessario far precedere qualche notizia su ciò che anteriormente egli aveva disposto, quando nel giorno 8 gli era pervenuto rapporto dei moti avvenuti verso Urbino e verso Orvieto, e del passaggio della frontiera dei Volontari di Masi. Fino da quel giorno egli avea prescritto al De Courten, in Macerata, di partire colla sua Brigata da quella città e condursi rapidamente a reprimere i moti di Fossombrone e Urbino. Al Generale Schmidt poi, stabilito colla sua Brigata a Perugia, era stato ordinato di portarsi, con due dei suoi Battaglioni ed una Sezione d'Artiglieria, per rioccupare Città della Pieve. Per simile motivo pertanto la posizione da noi già citata delle Brigate Papaline era d'alquanto cangiata al momento in cui Lamoricière stava per chiamarle a nuove destinazioni. E queste destinazioni furono in effetto quali le avea preconizzate il Fanti, imperocchè il Generale Pontificio, senza la menoma esitanza, quando seppe che bisognava combattere, prese il pronto partito di richiamare su Foligno le due Brigate di Pimodan e Schmidt, non che la H.iserva di Cropt, e avviarle tutte per Tolentino e Macerata alla volta di Ancona, ove dovea pur volgere quella di De Courten, richiamata tosto da Fossombrone e Urbino. Sperava forse il Generale che tutti questi movimenti potessero esser (l) Avvertiamo che quanto siamo per dire sull'operato dai Papalini, lo abbiamo potuto desumere dal rapporto dello stesso Lamoricière al De Merode, ldinistro delle Armi a Roma.


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falti 1 rima del sopraggiungere degli Italiani nei posti su cui doveano p sare Schmidt e De Courten, e quindi non prescriveva al una misura in proposito. Per la sola Rocca di Spoleto ordinava eh vi rimanesse un presidio di oltre 500 uomini, la maggior part d i uali erano Irlandesi. A predisporre la marcia di Pimodan e di Cropt occorse tutto il giorno H , e quindi essi non poterono mettersi in moto da Spoleto e da Terni che nel successivo 12, seguendosi a distanza di una giornata e con tappe ordinarie per la via di Foligno e Tolentino a Macerata. Schmidt, rientrato a Perugia, dovea seguirli, esso pure a distanza di una giornata, verso Ancona. Fatte note cosi le intenzioni dei due Generali nemici, ora lar ia d1 Dell a R neca aoprn f'e. po iamo eguire con piena cognizione di causa le loro reciproche rus•a. mo s. In eguito al rifiuto del Lamorici.ère di aderire alle intimazioni mandategli dal Fanti, questi aveva dato ordine al Cialdini al Della Rocca, perchè nel giorno 11 dessero principio alle operazioni precedentemente particolareggiate ai singoli loro Corpi. el mattino di detto giorno pertanto il V Corpo si poneva in m vimento da Borgo S. Sepolcro alla volta di Città di Castello. Formavano avanguardia il 16.0 Battagione Bersaglieri, la Brigata Granatieri di Sardegna ed una Balteria. Quest'avanguardia giunse a Cillà di Castello al tocco, e trovatala chiusa e difesa da pochi Gendarmi Papalini, col concorso di alcuni abitanti sfondava le porte della città, vi penetrava, e dopo pochi colpi scambiati coi Gendarmi, ricoveratisi nel Palazzo Governativo, faceva prigioni que ti ultimi e restava padrona della città. otto di questa accampava nel giorno 12 l'intiero v· Corpo, e n l meriggio l'anzidetta avanguardia, aumentata di uno Squadrone di Cavalleria e di una Compagnia Zappatori, sotto il diretto comando del Divisionario De Sonnaz, avanzava fino a Fratta sul Tevere. ella notte gettavasi un ponte su questo fiume, e nel mattino succe ·ivo De Sonnaz marciò colla avanguardia fino al Bosco, pre so Perugia, ed il rimanente del Corpo passò esso pure il Tevere ed accampò dietro De Sonnaz. Clald•m s 'ìmpa· Anche il IV Corpo muoveva nel giorno 11, e lo faceva con droa•aco wPeoa· ro, e Fano, ad oc- que la disposizione. cupa inigaslla. La 13 ... Divisione da Saludeccio avanzava per Urbino, e senza Lrovar o tacoli raggiungeva Fossombrone. · La 7... da S. Giovanni in Marignano, per Tomba e Pozzo, . c nd va in Val Foglia, da dove per Candelara e Valle Arzilla dov a condursi fino a Fano; ma lo stato pessimo della strada da

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lei battuta rallentava talmente la sua marcia, che fu dato alle sole sue truppe di raggiungere Fano in giornata, mentre i bagagli rimasero molto indietro da queste. La 4.• Divisione, preceduta da una specie di avanguardia del Corpo, che Cialdini avea formata col 7.o, 11. • e 16.0 Battaglioni Bersaglieri, coi tre Reggimenti di Cavalleria Novara, Milano e Vittorio Emanuele, e seguita dalla Brigata di grossa Artiglieria, passò il confine alla Cattolica e marciò su Pesaro, sotto il comando diretto del Generale Cialdini. I tre Reggimenti di Cavalleria leggera, con una Sezione d,'Artiglieria, condotti al trotto dalla Cattolica fino presso alla città, vi erano apparsi improvvisi e l'avevano circondata per ogni dove, e non appena essi furono raggiunti dai tre :eattaglioni Bersaglieri, prima di pronunziare qualsiasi attacco, si inviò un parlamentario al Comandante di Pesaro, per intimargli la resa. Al rigetto della medesima, si fecero avanzare le Artiglierie sulle due opposte porte di Rimini e dei Cappuccini, ed anche i Bersaglieri s'approssimarono alle mura della città ; e da entrambe le parti si aperse un fuoco assai vivo. Questo durò poco più d'un'ora, ed avendo nel frattempo il nostro cannone sfondate le porte, i Bersaglieri penetrarono nella città, e malgrado che da alcune case e conventi;della medesima si continuasse a:Car fuoco contro di loro, di mano in mano che avanzavano nelle contrade, essi riuscirono a spostare da ogni dove i Papalini, i quali si ricoverarono tutti nel piccolo forte, che munisce la città dal lato del mare. Di là con tre pezzi. P.he vi tenevano in batteria, e col fuoco di moschetteria, che permettevano numerose feritoje, arrestarono il vivo insegtJmento · dei nostri. , A prontamente troncare la resistenza di questo forte si pensò approfittare del dominio che esercitava sul medesimo la posizione del prossimo colle, detto di Loreto, e là si condussero, per lunga e malagevole via, alcwii pezzi di grosso calibro, .i quali per altro non essendo giunti in posizione che verso sera, non poterono · fare che pochi colpi contro il forte. All'albeggiare del giorno 12 riprende il cannone del colle di Loreto, e in breve ora esso riesee a persuadere i ricoverati del forte a spiegare bandiera bianca, per dichiararsi pronti ad arrendersi. Il Generale Cialdini accetta la resa, ma per altro a discrezione, ed in tal maniera fu fatto prigioniero di guerra il presidio composto di più che 1200 uomini, nei quali erano ~ompresi il Generale Zappi e il Cardinale Delegato Governativo. Insignificanti furono le perdite sw.T~rte dal IV Corpo, perché non ebbe che dieci feriti.


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Pro egue ben tosto Cialdini colla · sua 4.• Divisione, sempre pr dula dalla indicata avanguardia, e sul tardi del pomeriggio toc a Fano già venuto in mano della 7.• Divisione. Questa, che n Ila nolte era stata raggiunta dai Lancieri di Milano, aveva di buon mattino circondata la piccola città, che si sapeva presidiata da oltre 300 Papalini, e senza nemmeno attendere che le Artiglieri a v sero sfondate le porte, avea scalate le vecchie mura di cinta, cacciatine i difensori, e fattili prigionieri nell'interno del pa dopo breve combattimento. Nel giorno 13 la 7.• Divisione, precedendo la 4.• e l'avanguardia, a v a marciato tino a Sinigaglia, e qui vi erale pervenuto avviso che una forte colonna di Papalini stava sfilando sui colli di Sant'Anu l in dii·ezione "di Ancona. Erano le Truppe della Brigata D ourt Il spedite, e quindi richiamate, come si è detto, da Fosombrone. Il Generale Leotardi allora si pone alla testa dei Lanied di Milano, e fattosi seguire da alcuni Battaglioni della Brigala er mo, si getta su pei circostanti colli in traccia della ol nna nemica. Raggiuntala, l'attacca impetuosamente, la mette in pi no disordine, le fa 200 prigionieri, e quindi ritorna a Sini aglia, non avendo subite altre perdite che un morto e dieci r riti. uivi trovava tuttavia la sua Divisione mentre la 4.• stava alquanto più indietro, a Mondolfo presso la foce del Cesano, e l'avanguardia tenevasi fra quella e questa sulla lingua di terra, che " para il corso del Cesano da quello della Misa. u queste posizioni il Generale Cialdini decidevasi a dar riposo all stanche sue truppe nel giorno 14, anche perché i suoi agagli, per il pessimo stato delle strade, non avevano potuto seguire i Corpi marcianti, ed erano rimasti indietro dai medesimi poco meno di una tappa. ralt anto la 13.• Divisione, pervenuta ad Urbino, avea ricevuto ordine improvviso dal Generale Fanti di staccarsi dal IV Corpo e volger per Cagli su Gubbio - per potere assicurare le comunicazioni fra il IV ed il V Corpo - ed era pervenuta in Gubbio iJ briorn 13. D Ila Rocu on meno fortunata in pat·i tempo di quella di Cialdini procepren•le P erugia • m-..rcìa su Fo .. deva la marcia di Della Rocca, col quale trova vasi il Generale Fanti. ll11no. Nel mattino del14l'avanguardia, condotta dal Generale De Sonnaz, parli la da Bosco, erasi presentata sotto Perugia e si disponeva ad attaccar eletta città che si sapeva ben difesa dalle sue mura, da una robusta Cittadella, oggi demolita, e da un forte presidio di oltre a 400 uomini !asciatovi dal Generale Schmidt , allorquando era marciato su Città della Pieve.

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Nel mentre per altro che De Sonnaz stava prendendo le misure necessarie all'attacco, egli veniva informato che poco prima del suo arrivo, il Generale Schmidt, di ritorno da Città della Pieve con oltre a 1000 uomini, e quattro pezzi, era rientrato in Perugia, e da essa e dalla Cittadella militarmente occupate, si disponeva a resistere gagliardamente al suo attacco. Non si trattiene per questo il bravo De Sonnaz dal deciso attacco, e lo combina in guisa, da eseguirlo per due diverse vie. La colonna di destra - con cui sta lo stesso Generale De Sonnaz, formata di un Reggimento Granatieri col Battaglione Bersaglieri - deve attaccare la porta, che mette alla contrada, per la quale si va direttamente alla piazza della Cattedrale della città, e quella di sinistra- composta dell'altro Reggimento Granatieri, colla Compagnia dei Zappatori - ha ordine d'impadronirsi della Porta Santa Margherita, da dove avanzerà per la via che conduce alla Porta di S. Pietro, su cui sbocca la strada, proveniente dalla Gittadella. La prima delle suddette due colonne scaccia i difensori della porta, avanza per la prescritta contrada e sempre combattendo contro i Papalini, i quali dalla via e dalle case oppongono viva resistenza va guadagnando terreno passo per passo, e riesce finalmente a sbucare n~lla piazza del Duomo. Ma qui è ricevuta dal raddoppiato fuoco, che le fanterie nemiche le volgono sopra da ogni parte della piazza e ben anche da quello delle Artiglierie della Cittadella, che dominano quella località. Si tenta allora controbattere coi nostri pezzi quest'ultimo fuoco ,. ma è impossibile tenersi in posizione coi medesimi sotto il dominio del nemico , e conviene ritirare il solo dei detti pezzi che ha potuto mettersi in batteria sulla piazza. S'arresta perciò . in capo alla strada la colonna di destra, per diaporsi a nuovo e più vigoroso attacco. Quella di sinistra intanto, trovata fortemente sbarrata la porta di Santa Margherita, contro di cui non ponno agire le Artiglierie, e protetta dal fuoco di numerosa Fanteria, risponde a questo col fuoco dei suoi Granatieri e fa audacemente avanzare gli Zappatori del Genio, che fra le palle nemiche si danno a demolire, a colpi di accetta il tavolato della porta. Abbattutolo in breve· ora, e fatto libero l'accesso ai Granatieri, questi irrompono animosi nella vicina contrada, ed or colla bajonetta spianata, or col fuoco dei loro fucili respingono quanto loro si para innanzi e successivamente avanzando pervengono fin presso la porta di S. Pietro, che mette alla strada di Foligno. Di questa s'impadroniscono ben tosto i Granatieri e ne approfittano per inviare sulla detta strada un forte distaccamento onde precluderla al nemico, se volesse ritirarsi per essa..


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Contemporaneamente, l'Artiglieria che segue i Granatieri, corre a postarsi fuori della porta e precisamente nel Giardino pubblico, da dove essa ha visto che può battere in pieno la porta soccorso della Cittadella, dalla quale si accede alla strada per Foligno. Altro brillante fatto compiva nel frattempo la Compagnia degli Zappatori, che avea atterrata la Porta di Santa Margherita. Chiamata dal De Sonqaz per condursi alla piazza della Cattedrale, onde far qualche trincea che coprisse i pezzi, con cui si voleva controbattere da quel punto il fuoco della Cittadella, cammin facendo, essa si era incontrata nelle vie della città con un forte drappello di Cannonieri Papalini, i quali l'avevano accolta con una scarica a bruciapelo. I Zappatori si gettarono sui Papalini e dopo accanita zuffa , riescirono a farli prigionieri in numero di 60, e si impadronirono pur anche di 40 cavalli che essi custodivano. I parziali successi ottenuti dalle due colonne del De Sonnaz avevano fatto cadere in sua mano, dopo circa tre ore di vivo combattimento nell'interno della città, la massima parte della medesima, ed ormai le truppe dello Schmidt erano quasi tutte ritirate nella Cittadella , essendo loro preclusa la strada di Foligno. Ritenne pertanto il Generale De Sonnaz che fosse il caso di far cessare un inutile ulteriore combattimento, il quale più che altro cagionava danni e spavento alla città. Egli inviava pertiò al Generale nemico un parlamentario, e facendogli dire che fra brevissim'ora stava per giungere la rimanente forza dello intero V Corpo d'Armata, lo invitava a desistere da una vana resistenza e venire a capitolaz~one. A ciò rifiutavasi il Generale Schmidt, ma domandava per altro una sospensione del fuoco che durasse fino alle 3 pomeridiane. Ciò gli accordava il De Sonnaz, e frattanto spediva immediato avviso al suo Capo di quanto avveniva. Il messo del De Sonnaz incontrava per via il Generale Della Rocca e il Generale Fanti che marciavano colle colonne delle truppe del V Corpo, partito da Bosco e avviato su Perugia. Il Generale Fanti allora ordina al Della Rocca di prendere con sè la Brigata Bologna, colla Brigata·!,di Cavalleria di Linea (Piemonte e Nizza), sollecitat·e la marcia, oltrepassare Perugia, girandola attorno, e postarsi sulla via di Foligno in modo da precludere ogni ritirata ai Papalini da quella parte. Coi due Reggimenti poi dei Granatieri di Lombardia, col 9. 0 ed il 14.0 Battaglione Bersaglieri e con due Batterie, egli stesso, il Fanti, avanza su Perugia, . vi giunge al tocco dopo mezzogiorno, e apposta le sue truppe in


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modo da compiere l'investimento attorno alla cittadella ove è rifugiato il Generale Schmidt. Data esecuzione a tutto questo solto gli occhi stessi del nemico, il Generale Fanti invia in proprio nome una nuova intimazione allo Schmidt, e questi risponde domandando un abboccamento personale col Fanti, che vien tosto concesso ed ha luogo alle 2 e 1/2 nel Palazzo Municipale della città. Nel mentre che quivi si dibatte fra Schmidt, che pretende buoni patti di resa, e Fanti che la vuole a discrezione, interviene il Cardinale Delegato di Perugia, ed esorta i due Generali ad accordarsi per risparmiare nuovi eccidj alla città. Fallito il meritorio tentativo del Cardinale, perchè nessuno dei due Generali crede dover desistere dalle prese risoluzioni, il Generale Fanti prolunga la sospensione del fuoco dalle 3 alle 4 e 1/ 2, sperando che prima di questo termine il nemico venga a miglior consiglio. Egli frattanto, uscito dal colloquio, si conduce fuori di porta S. Pietro per ispezionare la precisa località della Cittadella e sue arliacenze, e scopre che presso al Convento dei Cappuccini havvi un rialzo di terreno, da cui ·si domina la parte più elevata di essa Cittadella, e quella ancora foggiata a opera di corno dal lato settentrionale, in modo che le si possono battere entrambe senza arrecare la minima molestia alla vicina città. Ben soddisfatto di consimile scoperta, il Generale Fanti ordina che sul detto rialzo siano immediatamente condotti e piazzati una Batteria di pezzi rigati da 16 e due altri pe~zi di minor calibro, e che vi siano protetti da suftlcienti scorte di Fanteria. Stabilitosi poi egli medesimo su quel punto per meglio rendersi conto dello effetto che produrranno le sue Artiglierie quando abbiano ad agire, spedisce ordine al Generale De Sonnaz di non aprire il fuoco dalla parte della città che quando i primi colpi siano partiti dai Papalini, sui quali vuole che ricada tutta la responsabilità di una inutile rinnovazione di combattimento. Prima delle 4 e 1/2, si presentava al Fanti un messo dello Schmidt., che lo richiedeva di prolungare l'armistizio fino alle 5 e 1/2 e Fanti lo accordava. Venute però le 6, senza che lo Schmidt avesse denunziata verona determinazione, il Generale Fanti, sicuro che i colpi delle Artiglierie piazzate ai Cappuccini non avrebbero danneggiata la città, ordinò che queste aprissero il loro fuoco contro la Cittadella, ed esso ebbe tale effetto, che non andò guarì si vide sventolare sulla medesima la bandiera bianca in segno di proposta di resa. E questa fu bentosto conchiusa ai patti voluti dal Fanti, ossia a discrezione.


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I trof i d lla prohla espugnazione di Perugia furono 1700 prigioni ri compreso lo stesso Generale Schmidt, due pezzi da campaQ'na e quattro da muro, molti cavalli, viveri ed attrezzi d'ogni sorta. Le perdite subite dal V Corpo si limitarono ad 8 morti e 60 feriti. _ .osi, quale giusta punizione, toccava a quello stesso Generale cbimdt, che un anno prima aveva tanto infierito contro gl'inermi abitanti di Perugia, l'umiliazione di capitolare fra le mura della m ed si ma città dopo poche ore di combattimento l Nella era dello stesso giorno 14, mentre la 1.• Divisione prendeva po e ·so della espugnata città e della Cittadella, la Divisione di Riserva i 1 ortava avanti presso Ponte S. Giovanni, sul Tevere, ed accampava sulle ultime alture che ivi toccano la sponda sinistra di quel fiume. · Pervenivano nella medesima sera sicure notizie da Foligno al nostro Generale, che lo informavano, come nel giorno 13 fosse passato per quella città il Generale Lamoriciére colla sua Brigata di Riserva, e nel 14 la Brigata di Pimodan, dirette entrambe per Tolentino e Macerata. Ciò .faceva ormai sicuro il Fanti, che il nemico s'era appigliato al partito da lui attribuitogli, e si riprometteva quindi il migliore successo per le operazioni da lui progettate all'uopo. Datone quindi pronto avviso al Generale Cialdini, per via telegrafica, onde avesse norma pel suo particolare contegno, il Generale Fanti prescriveva a Della Rocca, che pel giorno 15 uccessivo facesse avanzare la Divisione Riserva da Ponte 8. Giovanni fino a Foligno, e che la 1.• da Perugia si portasse a Madonna degli Angeli, sotto Assisi, da dov~ nel giorno 16 raggiungerebbe in Foligno la Riserva; e quivi prenderebbero insieme un po' di riposo. Recatosi personalmente in Foligno il suddetto Generale Fanti nel giorno 15, ed ivi appreso come in Spoleto il Lamoricière ave ·e lasciato forte presidio a custodia· della _Rocca di quella cillà, deliberava di inviare a quella volta un distaccamento del V Corpo, che potesse impadronirsene · e quindi occupare Terni, Narni e Rieti al doppio scopo di osservare la strada che viene da Roma, e assicurarsi l'accesso a quella che per Rieti conduce nel Napoletano attraverso della Valle di Aquila. Nel giorno 16 in Foligno, attorno di cui era concentrato l'in· tiero V Corpo, costituivasi sotto gli ordini del Generale di Brigata Brignone il piccolo Corpo che dovea volgere su Spoleto, il quale veniva formato del 3.0 Reggimento Granatieri di Lombardia, del 9.0 Battaglione Benaglieri, di due Squadroni Nizza Cavalleria e


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di una Batteria. Esso dovea muovere nella stessa giornata per la sua destinazione. Le rimanenti truppe del V Corpo avrebbero marciato unite nel giorno 17 per Colle Fiorito fino a Serravalle, e nel 18 e 19 avrebbero raggiunto Muccia e Tolentino. Alla 13.• Divisione del IV Corpo, che si sapeva giunta a Gubbio senza contrare ostacoli, si mandava ordine di volgere da quel paese Ru Gualdo Tadino e quindi valicare l'alto Apennino per scendere in Val di Potenza, regolando la sua marcia in modo da potersi trovare col giorno 19 in S. Severino, e mettersi così in diretta comunicazione· col V Corpo che in tal giorno sarebbe a Tolentino. Da quel punto ulteriori norme regolerebbero la successiva marcia verso Macerata, a seconda di quanto sarebbe per fare il nemico. prenLasciando che il grosso del V Corpo marci verso Macerata deBriinone Spoleto e marcia au Terni a nel modo prescrittogli, noi seguiremo il Generale Brignone già rueu. volto su Spoleto, nel pomeriggio del 16. Sulla tarda. sera del medesimo giorno egli era pervenuto a S. Giacomo. Avute sicure informazioni da una sua patuglia di Cavalleria, che la sola Rocca di Spoleto era occupata dai Papalini, in numero di non meno che 800, con accorta deliberazione esso Generale volle premunirsi contro il caso che quel presidio potesse sfuggirgli di mano, ritirandosi verso Roma, una volta che si vedesse attaccato. Diede per ciò ordine ai due Squadroni di Nizza Cavalleria, che seco conduceva, di procedere oltre S. Giacomo nella stessa notte, girare attorno a Spoleto e guadagnare la strada che porta a· Roma, onde precluderla al nemico, se mai vi si inoltrasse per ritirarsi. Egli intanto, per viemeglio assicurarsi di non perdere la preda su cui ha calcolato, al tocco dopo mezzanotte, fa levare il campo alle rimanenti sue truppe, le ripone in marcia, e ·alle 6 del mattino si trova sotto Spoleto. Quivi giunto fa occupare la città da due Battaglioni de' suoi Granatieri unitamente a due Compagnie di Bersaglieri, e gli uni e le altre si postano in guisa da tenersi" padroni di tutti gli sbocchi, che vengono dalla Rocca. Invia poi le altre due Compagnie Bersaglieri su Monte Lungo, da dove dominano l'interno della Rocca, la quale è parimenti battuta da due Sezioni della Batteria, che si sono andate a postare a Colle Resciano. I rimanenti. due Battaglioni Granatieri colla terza Sezione della Batteria, sono rimasti in riserva innanzi all'entrata del sobborgo detto di S. Giorgio. Fatta intimare la resa al Comandate della Rocca, questi la respinge, e per ciò le nostre due Sezioni dal Colle Resciano

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aprono il loro tuoco alle 10 del mattino, e lo proseguono fino al mezzogiorno, senza però ottenere sensibili vantaggi, perché la distanza dalle Sezioni medesime alla Rocca, oltrepassa i 1~ metri. Il Generale Brignone allora, invia la terza Sezione presso il ·c onvento dei Cappuccini, e la fa agire: ma dessa pure non produce he insignificanti risultati. In vista di ciò il suddetto Generale si risolve a portare un vi vo attacco contro l' ingresso della Rocca mediante le sue Fan. terie, ed egli medesimo bravamente le conduce in persona. Granatieri e Bersaglieri lo seguono con mirabile slancio e riescono d atterrare la prima porta e penetrarvi ; ma giunti innanzi alla econda, ivi si trovano esposti al fuoco incrociato delle soldatecbe Papaline che dalle feritoje li colpiscono al sicuro. Sarebbe follia il tenervisi esposti più a lungo, senza poter nemmeno ri. pondere. Allora Brignone riconduce indietro i suoi soldati, e fattili passare nelle vie e nelle case, d'onde si possono colpire efficacemente i difensori della Rocca, loro ordina di non cessare dal controbattere la fucilata che vivissima continua dalle feritoje della medesima. Anche le Artiglierie hanno ordine di proseguire il fuoco, e non dar tregua al nemico. Cosi procede il combattimento dalle due parti fino alle 8 di era, ora nella quale il Comandante Papalino chiese una sospensione d'armi per aver campo di ritirare i suoi feriti. Poco dopo che il Generale Brignone ebbe conce.c;sa la domandata sospensione, il predetto Comandante si presentò a lui dicendosi pronto a ti-attare per la resa definitiva della Rocca. Non occorsero troppe parole per intendersi, ed il presidio che contava oltre 800 uomini venne in nostre mani come prigioniero di guemt. Nella Rocca di Spoleto si trovarono buone provviste d'anni, munizioni, buffetterie, ed anche una discreta somma di denaro nella cassa militare. Le perdite subite in questa circostanza dalle truppe di Brignone i limitarono a 5 morti e 48 feriti. Dopo questo brillante e rapidissimo successo, Brignone riposò in Spoleto nel giorno 18, e nei successivi 19 e 20 inviò parziali colonne che occuparono militarmente Terni, Narni e Rieti a norma di quanto era stato prescritto dal Generale Fanti. tarcla diCiaJCon le accennate operazioni avea termine in quelle parti :~"~ 11~·o~i~:~- ]'azione speciale del Corpo di Della Rocca, cui non spettava più altro che gettarsi sulle traccie di Lamoriciére e Pimodan in marcia su Macerata. Era al Corpo di Cialdini che toccava ora avanzare da inigaglia, ove lo lasciammo in un forzato riposo per ventiquatt'ore, in modo da oltrepassare Ancona e sbarrarne la via al nemico.


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Le istruzioni che il Generale Fanti avea date al suo antico camerata di Spagna - di cui conosceva tutta la intelligenza ed energia, e dal quale sapeva quanto poteva ripromettersi di ardite e ben condotte operazioni - erano abbastanza late , ma insistevano perché riescisse ad occupare Osimo prima che vi pervenissero le truppe condotte dal Lamoricière e così potesse sbarrare loro la via di Ancona. Ora al Generale Cialdini - al quale, come si disse, era stata tolta la 13.• Divisione e che pei forzati ritardi dei suoi bagagli avea dovuto perdere un giorno di marcia - incombeva di guadagnare le ventiquattr'ore di marcia perdute, e sopperire alla subita· diminuzione di forze. Prudenza voleva pertanto che a sollecitare la propria marcia Cialdini cercasse evitare, da Sinigaglia in avanti, qualsiasi scontro col presidio di Ancona, che si sapeva forte di non meno che 7 od 8 mila uomini, dopo che vi era entrata la Brigata De Courten. Era perciò conveniente,· che egli non avanzasse da Sinigaglia per Torretta, Posatore, Castro e quadrivio S. Biagio per alla volta di Osimo, perché si esponeva alle molestie del presidio di Ancona, che potevano fargli perdere un tempo prezioso e dar campo a Lamoricière e Pimodan di presentarsi sul suo fronte, mentre De Courten gli sopravenisse sul fianco sinistro. Più lunga ma più sicura appariva a Cialdini la marcia che si poteva fare, onde pervenire ad Osimo, partendo da Sinigaglia e rimontando il Misa fino a Brugnetto, e quindi per il Nevola valicare in Val dell'Esimo e per Montealboddo e Belvedere condursi a ]esi. Da qui per Torre di ]esi si entrava in Val di Musone e discendendo per S. Domenico si perveniva ad Osimo. Lo stato di tutte quest e strade almeno cosi - assicuravano gli abitanti - era tale da permettere la marcia delle diverse armi ed anche dei grossi bagagli. Non esitò dunque Cialdini per decidersi a proseguire la sua marcia su quest'ultima strada , e lo fece prendendo le seguenti opportune misure. Al primo albeggiare del 15 la 7.• Divisione coll'Avanguardia del Corpo d'Armata, lasciati i suoi impedimenti a Sinigaglia, avanzò sulla via di Ancona fino sulla riva sinistra dell'Esimo, e vi prese posizione fra Monte Marciano e Chiaravalle. Onde far credere al nemico che si volesse procedere oltre per quella via, la suddetta Di visione irraggiò ricognizioni al di là del fiume verso Falconara, Castelferretti e Camerata. Nel medesimo tempo la 4.• Divisione, seguita da tutto il car· reggio del Corpo sfilava sollecita per la via di Brugnetto, Montealboddo e Belvedere. L'angustia delle strade e la grande pendenza


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delle salite e discese delle medesime, resero ben lenta la marcia delle colonne oltremodo prolungate, e non permisero che nella era fosse raggiunta Torr~ di Jesi, che dalla Brigata Como con due Battaglioni di Bersaglieri ed una Batteria d'Artiglieria. A Jesi pervenne l'altra Brigata della 4.• Divisione, e tutta la 7.• ripiegaLasi in sul tardi del mattino da Monte Marciano e Chiaravalle. I Bagagli e i Parchi d'Artiglieria rimasero a mezza strada, perché non avevano potuto progredire che a grande stento per strade poco buone, e d'altronde guaste dalle intemperie dei giorni precedenti. Non appena il Generale Cialdini era giunto in Jesi, che gli i dava avviso essere in quella medesima giornata pervenuto il Lamoricière colla Riserva di Cropt in Macerata, e che doveva proseguire il giorno appresso per dar posto alla Brigata di Pimodan che vi era attesa. Da questa notizia arguiva Cialdini che o sull'imbrunire del domani, 16, o di buon mattino del 17 il Generale Pontificio, marciando sollecito, poteva colla sua Riserva occupare Osimo, e avvantaggiare così la sua posizione di non poco. A prevenire un cosiffatto inconveniente, che si sarebbe potuto ccagionare :ai molti ritardi della sua marcia, il Generale Cialdini pedisce immediato ordine al generale Cugia, che comanda la Brigata avan:t.ata fino a Torre di Jesi, perchè faccia in sull'istante partire i due Battaglioni Bersaglieri, e per S. Domenico li volga ad occupare Osimo, su cui debbano marciare senza arrestarsi : egli, il Cugia, colla Brigata Como e la Batteria, li seguiranno di buon passo, per rinforzarli all'uopo. Senza aver ricevuto il loro rancio partono i due Battaglioni Bersaglieri, dopo aver marciato per tutta la giornata: camminano la notte intiera a stomaco vuoto, e ai primi albori del giorno 16, occupano inaspettatamente la piccola città di Osimo, dopo aver fatto in vent'otto ore più di trent'otto miglia italiane di strada! Poche ore appresso erano raggiunti dalla Brigata Como e dalla :Batteria. In sul mezzogiorno, lo stesso Generale Cialdini, colle ri manenti truppe della 4.• e 7.• Divisione e della sua Riserva giungeva in Osimo, dopo essere partito da Jesi alle 2 della notte. Quivi aveva lasciato un sufficiente presidio, con una Compagnia Zappatori, che dovea compiere tosto qualche opera campale per assicurarsi il possesso della città. A Torre di Jesi, vera chiave delle due Valli dell'Esimo e del Musone, Cialdini avea lasciato l intiero 16.0 Reggimento, non tanto per osservare il presidio di Ancona, quanto per assicurarsi il possesso di quell'iJDportantissimo

punto.


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Nel corso della giornata, l'attivissimo Cialdini, che si vedeva sul posto ove prevedeva imminente l'arrivo del nemico , ispezionato rapidamente il terreno , ne ordinava l'occupazione in guisa da poterlQ attendere di piè fermo. Nella ragionevole supposizion che esso per avvicinarsi ad Ancona dovea. necessariamente passar per una delle molte vie che dal versante destro del Musone, volgopo sul sinistro, e quivi metton capo nel gruppo di colline aLbracciato dal corso del suddetto Musone e da quello del suo confluente, l'Aspio, il Comandante del IV Corpo ~eliberò concentrar le sue forze su questo punto sì opportunamente coperto dai du suddetti corsi d'acqua, e conformato· in modo da garantirgli sempr il dominio sulle posizioni per le quali dovevano avanzare i Pontifici. Ed ecco l'ordine assunto. A guardare sulla sua destra le due strade - che l'una da Recanati e l'altra da Macerata, Monte Cassiano e Monte Fano portano al Musone sul ponte di Rostecchietto, e passato il successivo ruscello, il Vallato, conducono ad Osimo - · vennero inviati i due Reggimenti di Cavalleria, Lancieri Milano e Vittorio Emanuele, con prescrizione di accampare nei piani chiusi fra il Musone il Vallato, e di rompere immediatamente i ponti dell\ostecchietto e quello sul Vallato, detto di S. Domenico. Al centro - e spinti innanzi per custodire le due strade, i~ 1 cui, passato il Musone,. si biforca quella che viene da Loreto, l'una per Castelfidardo conduce a Osimo, e l'altra per le Crocette mette a Camerano - vennero impiegati i Reggimenti della Brigata Bergamo, con due Battaglioni Bersaglieri, una Batteria e il Re gimento Lancieri di Novara. Essi si tennero in forza a Castelfidardo, Crocette e Campanari, e spinsero grossi distaccamenti · in avamposti al punto di biforcazione-delle suddette strade, sul Rio Vallato in vicinanza del Musone, alla Santa Casa di Sopra e Santa Casa di Sotto sul Musone stesso, e finalmente sull'Aspio, lungo la via che da Crocette conduce ad Umana. Anche queste truppe eb· bero ordine di rompere tutti i ponti del Musone, del Vallato e dell'Aspio. A rinforzo di questa prima linea 4.a Divisione, meno i Corpi lasciati a Jesi e Torre di Jesi, occupò a destra S. Sabina al centro l'Abbadia, a sin h~ tra S. Rocchetto, e tenne un Battaglion in Osimo, Con essa Divisione rimase l'Artiglieria di Riserva al.. l'Abbadia. Finalmente, per tenere in rispetto la guarnigione d'Ancona, la Brigata Como si portò al quadrivio di S. Biagio sulla gran strada che da Ancona porta ad Osimo. Anche questa Brigata ebbe a

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rli truggere il Ponte della Ranocchia, attraverso il quale la detta traùa transita una diramazione dell' Aspio. ella sera del 16 mia speciale ricognizione condotta dallo te s Capo di Stato Maggiore del Corpo d'Armata, passò l'Aspio, v r o la sua confluenza nel Musone, e riconobbe quel breve tratto di t rreno, che da essa confluenza si stende al mare, e riferì al enerale Cialdini che per la natura paludosa di quei bassi piani non ra a presumersi che il nemico potesse presentarsi da quella arte , per dove nessun'arma avrebbe potuto passare. Venne quin li giudicata inutile una osservanza particolare di quel tratto di t rreno, perchè ritenuto iiBpraticabile. Si tenga nota di questa irco Lanza perchè ci tornerà in acconcio alquanto più innanzi. 'ulle indicate posizioni le truppe di Cialdini riposavano tranquille per tutto il giorno 17 senza vedersi attaccate dal Lamorici 'r , e noi le lasceremo in questo fortunato riposo appunto per spi ()'are quanto era avvenuto nel campo nemico, da che noi lasciammo il Lamoriciére ed il Pimodan partiti da Spoleto e Terni alla volta di Macerata. Mareia di '-"· Bisogna credere che il valente Generale Francese nel prendere morie1èra Ono D. Loreto, l'animosa risoluzione di condursi a campeggiare sotto Ancona, non si fosse reso esatto conto del vero scopo a cui accennavano le moss dei due Corpi d'Armata con cui il Generale Fanti si disponeva ad entrare in campagna contro di lui. Se egli avesse compre~ che gli Italiani, indovinando il suo proposito, tendevano a teingerlo da due parti prima che potesse raggiungere il suo obbi ttivo, o avrebbe cangiato piano, o almeno , persistendo nell'adottato, avrebbe dovuto regolare la sua marcia alla volta di Ancona con una velocità tale, che non permettesse al Corpo di Cialdini di pl'evenire il suo arrivo sotto quella città. Ma siccome sta di fatto che la marcia dei Papalini da Spoleto a Macerata venne fatta a tappe ordinarie, lasciando che Cialdini, malgrado i sofferti indugi, oltrepassasse Ancona ed occupasse Osimo, conviene inferirne avere il La moricière indovinato troppo tardi il piano di Fanti, e solo quan do non era più in tempo di parare il grave colpo che gli si apprestava. Ed infatti non è che a Macerata, nel giorno 15 - ove egli appr nde che Cialdini a gran passi muove su Osimo, non curandosi lli An cona - che si scuote l'attenzione del Generale Pontificio, e che comincia a manovrare con energia. È nella stessa notte del 1 al 16 che egli ha un abboccamento con Pimodan - il quale lo egue ad una tappa di distarrza - e che in vista del nuovo stato di cose, seco ha combinato di non avanzare piu direttamente


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da Macerata su Recanati per la via naturale che attraversa il piano di Val di Potenza e passa per Sambucheto, ma invece di prendere quella che si innoltra fra i due bacini del Potenza e del Chienti, passa il primo di detti fiumi presso la sua foce nel mare, e mette a Porto di Recanati sull'Adriatico. Quivi egli avrebbe imbarcato le grosse somme che seco conduceva pel soldo rlelle truppe, e per i necessari approvigionamenti della Piazza d'An:cona, c volgendo quindi su Loreto colle sue genti avrebbe tentato modo di aprirsi la strada per Ancona per dove gli sembrasse più opportuno il farlo, ma più probabilmente marciando sulla sinistra dell'Aspio, per la strada di Camerano ove sperava trovare meno in forze Cialdini. Ad agevolarsi tale manovra - che per vero dire era quanto di meglio si potesse fare nelle sue tristi condizioni Lamoricière mandava ordine al De Courten in Ancona, perchè nel giorno 16 facesse trovare a Porto Recanati barche o barconi, su cui si potessero trasportare i pesanti carri del tesoro, e nel giorno 18, nel quale egli e Pimodan avrebbero cercato forzare il passo per la strada di Camerano, uscisse colle sue truppe da Ancona e tentasse stender loro la mano da quella parte. La Brigata di Pimodan avea ordine di seguire la medesima strada che avrebbe percorso Lamoricière colla Riserva di Cropt, e teneva speciale ingiunzione di evitare qualunque combattimento fino che non fosse unita alla Riserva, lo che dovea avvenire nella sera del 17 a Loreto. In conformità· di questo piano , la colonna di Cropt, IJrima dell'albeggiare del 16 mosse da Macerata per la prescritta via ; ma questa fu trovata in sì pessimo stato e con rampe e discese si ripide, che non fu possibile raggiungere Porto di Recanati prima delle ore 6 di sera. Non rinvenute quivi le barche domandate ad Ancona, si stavano raccogliendo alla meglio quelle che erano ancorate nel piccolo porto del paese, quando vi arrivò il vaporino S. Paolo spedito casualmente da De Courten a Porto Recanati per avere notizie del Lamoricière. Si· trasse immediato profitto di simile incidente e s'imbarcò sul S. Paolo il tesoro; ma nella fretta con cui si fece tale operazione si dimenticò di prendere dalle casse il denaro occorrente per le paghe e i viveri necessarj alla truppa tino ch e potesse entrare in Ancona. Di più, siccome si era appreso dal Comandante del S. Paolo che gli ordini mandati nella notte precedente al De Courten non gli erano. pervenuti, così si era pensato di rinnovarglieli per mezzo del S. Paolo : ma la precoce partenza di questo vaporino non permise l'invio dei medesimi.


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Frattanto il Lamoricière giungendo a Porto di Recanati, avea puto che a Loreto si erano presentate numerose pattuglie italian : temendo che nel giorno appresso gli si potesse tagliare l'unica via che gli rimaneva per raggiungere Ancona, il bravo oldato d'Africa fa montare a cavallo lo Squadrone delle .sue Guide, lo unisce con un altro Squadrone di Gendarm~ e loro ordina di p rcorrere al trotto i cinque chilometri di strada che corrono fra rLo Recanati e Loreto , e di occupare immediatamente que· . l'ul timo paese. Poco appresso egli stesso chiama sotto le armi il re l della Riserva e marcia su Loreto, ove giunge nel cuore della notte poche ore dopo che vi erano pervenuti. i suoi Cavalieri. Quivi per altro nuovi guai e nuove contrarietà lo aspettavano. Da prima egli viene a sapere che tale e tanta è la scarsità di 0 Tan o e di farine che vi ha in Loreto, che non basterà per dar pane ai soldati condottivi, e meno poi a quelli che stanno per giungervi on Pimodan; ed anche per comperare quel poco che vi si trova, mancano i denari per l'accidente sopravvenuto a Porto Recanati. i adopera per altro alacremente il Lamoricière a togliere simile inconveniente, e alla meglio vi riesce. . Più tardi è avvertito che gran movimento d'armati si osserva nel vicino campo di Cialdini, il quale pare muova su Loreto. Trema il L moricière pel timore d'essere attaccato prima di venir raggiun to dal Pimodan, ma il temuto attacco non si verifica, perchè le mosse osservate nel campo di Cialdini non sono che scambi di vamposti e di Gran Guardie. Finalmente. giunge un messo da Ancona, che porta al Lamoriciè re una lettera del De Courten in cui gli è detto in primo Juoll'o, che nel mattino del medesimo giorno, esso De Courten, informato dal Comandante del S. Paolo della presenza del Lamoricière a Porto Recanati ed a Loreto nella sera precedente, 11e1Ja persuasione che nel mattino successivo egli fosse per marciare risolutamente su Ancona per la strada di Camerano, aveva e eguita una forte ricognizione con buona parte del presidio per quella strada onde dargli mano; ma che dopo essere stato lungamente e inutilmente in attesa di qualche indizio di combattimento dalla parte di Loreto, che gli annunziasse la di lui marcia, era ri ntrato in Ancona. In fine della lettera dicevasi che nel ritornare in Ancona le sue truppe avevano vista la Squadra Sarda, compo ta di undici legni, sfilare dinanzi la città e condursi a dar fondo in faccia a Sinigaglia. Dopo tutte queste sinistre cosr, che conturbar dovevano l'animo el Generale Pontificio nel gi('rno 17 , una finalmente se ne


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presentò che potè confortarlo, e fu l'arrivo della Brigata Pimodan che verso sera entrò finalmente in Loreto : con essa le forze del Lamoricière· prendevano sufficiente consistenza, non certo per grandi risultati, ma almeno per qualche onorevole tentativo. Ma a quale venirne, che offrisse la più leggera probabilità di utile successo, mentre aveva a destra il mare solcato da una Squadra nemica, Cialdini serrato a fronte e minaccioso sulla sinistra, e Della Rocca ormai presso che stretto alle spalle ? Dopo sei soli giorni di operazioni, il Generale repubblicano - erettosi a paladino della reazione europea - trovavasi ridotto nella· sera del 17 settembre, in tale disperata situazione, non tanto per la superiorità numerica del suo nemico, quanto per le bene immaginate e bene condotte manovre strategiche del Fanti. Eppure esso doveva assolutamente trovare qualche via di scampo, almeno per salvare l'onore delle armi; ed ecco quella che egli seppe scorgere, e che effettivamente era la sola che gli rimanesse aperta. Sapeva il Lamoricière esistere una strada - che da Loreto scende a un guado del Musone, poco al di sotto della confluenza dell'Aspio - la quale se non ottima, pure è ruotabile fino a quel punto. Dalla sinistra del Musone in avanti, e precisamente fino ove si trova la buona strada che da Crocette passa l'Aspio e conduce a Umana, per un tratto· di circa tre chilometri, quella via attraversa terreni sì paludosi che nella maggior parte dell'anno è resa affatto impraticabile, e solo gli esperti del paese hanno cognizione di alcune carreggiate di campagna per le quali si può raggiungere la suddetta strada da Crocette a Umana. Una volta su questa, i ruotabili progrediscono liberamente per Umana a Sirolo, a Massignano, a Poggi., e pervengono fino ad Ancona. Risultava al suddetto Generale, che questa strada non era guardata dalle truppe di Cialdini (ne accennammo più sopra il perchè), e deliberava per ciò di tentare gettarvisi con le sue truppe, onde raggiungere Ancona, operando nel seguente modo· La Brigata di Pimodan con dodici pezzi, 250 cavalli e una Compagnia d'Irlandesi, lasciando a sinistra la grossa strada che da Loreto mette al Musone - e quindi si biforca nelle due di Osimo e Camerano, che portano ad Ancona - dovea scendere al Musone per la via secondaria cbe esce dall'estremità orientale di Loreto, e quasi direttamente conduce al guado di detto fiume in vicinanza di Santa Casa di Sotto. Attaccando vivamente gli avamposti che quivi avea Cialdini, e movendo pur anco su Crocette, la suddetta Brigata avrebbe certo richiamata su quel punto tutta

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l'attenzione dei Sardi. Di ciò doveva approfittare la Brigata di Riserva, colla quale sarebbero tutti i bagagli, per avanzare rapidamente fino al Musone lungo la via prescelta dal Lamoricière, passarlo al guado prossimo alla confluenza dell' Aspio e quindi condotta da buone guide del paese attraversare, come meglio si sarebbe potuto, le carreggiate campestri che si sapevano esistere su quel tratto di terreno per raggiungere la strada da Crocette a Umana, e toccata questa, progredire più spiccia per Umana, Sirolo e Massignano verso Ancona. Una volta che la Riserva fosse uscita dai bassi terreni tra l'Aspio ed il Musone, la Brigata Pimodan dovea ripiegarsi da Crocette sull'Aspio, in direzione del ponte sul quale passa la strada di Umana, e su questo o al guado raggiungere detta strada è seguire la Riserva di Cropt nella presa via per Ancona. Giusti ed imparziali, come ci facciamo un dovere di essere con tutti, vogliamo riconoscere che stante l'errore in cui era stato indotto Cialdini dalla sua ricognizione, l'ispirazione del Lamoriciére per tentare modo di fuggire alle strette che gli avea tese attorno il Fanti, era degna di un intelligente e ardito soldato, quale egli si era, e meritava miglior successo di quello che le procurarono. le truppe che la posero in esecuzione. rau11 , 1 armJ di Nel campo italiano frattanto - ove nel giorno 17, come già Cutellldardo. si disse, le truppe non avevano fatte significati modificazioni nella loro distribuzione - durante la notte del 17 al18, era pervenuta al Generale Cugia, poetato colla sua Brigata Como al quadrivio di S. Biagio, la notizia che una forte colonna di Pontificj uscita da Ancona sul far della sera avanzava per la strada di Camerano. A. tale notizia dava conferma l'osservazione fatta dagli avamposti della suddetta Brigata di alcuni lumi che si vedevano procedere in direzione della strada di Camerano, e che si ritennero appar·tenenti alla Colonna in marcia. D Generale Cugia, che non poteva allora verificare se tale notizia fosse inesatta - giacché le truppe marciate verso Camerano da Ancona, come si è già visto, si erano mosse in sul mattino e non verso sera, e d'altronde si erano già ritirate - argomentò assai giudiziosamente che la mossa del presidio d'Ancona in quell'ora annunziasse sicuro l'attacco del Lamoricière da Loreto nelle primissime ore del 18, e si affrettò quindi a mandare sollecito avviso al Generale Cialdini di quanto egli credeva avvenisse dalla parte di Camerano, e in pari tempo aggiunse che in conseguenza di ciò avea creduto opportuno inviare verso Camerano uno dei due Reggimenti (23.0 ) della sua Brigata.


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Il Generale Cialdini approvava la decisione di Cugia e n~ vinto di essere attaccato da Lamoricière ai primi albori del gior n veniente, ordinò che le sue truppe fossero sotto le armi alle or · dopo mezzanotte. Rendendosi poi esatto conto della marcia della colonna per Camerano, dovè naturalmente supporre che il forte dell'attacco nemico dalla parte di Loreto gli sarebbe portato per la strada grossa che mena a Crocette, onde essere in armonia colla colonna uscita da Ancona. L'assicuratagli impraticabilità dei piani serrati fra l' Aspio e il mare non gli poteva lasciar concepire verun sospetto che un Co1·po nemico potesse agil·e da quella parte. Ogni sua attenzione pertanto dovea esser volta sulla strada proveniente da Loreto, la quale attraversando il Musone e il Vallatu porta con una diramazione a Crocette e Camel'ano, e coll'altn a Castelfidardo e Osimo. Insistiamo deliberatamente su questa deduzione a cui le non esatte informazioni pervenute al Cialdini e sulla marcia della colonna d'Ancona e sulla impraticabilità dei terreni prossimi all' spio, dovevano necessariamente condurlo, perchè si possa più tardi facilmente com prendere, come il successo che ciò malgrado egli seppe ottenere nel fatto d'arme di Castelfidardo non fu immediatamente si completo, come non avrebbe mancato di essere quando esso Generale non fosse stato tratto nei due accennati errori. Alle 3 del mattino il campo italiano fu in armi, e numero ·e pattuglie di Cavalleria perlustrarono le vicinanze, e non con tatata nè marcia, nè presenza d'alcun Corpo nemico, rientrarono ai loro posti. Verso le 7 pertanto vennero sciolte le ordinanze, rit nendosi che anche in quel giorno il nemico non avrebbe attacca to. Alle 8 e 'h per altro la colonna di Pimodan - coperta dalla fitta alboratura fra cui passa la strada che essa dovea battere -scendeva da Loreto al Musone, e giunta inosservata al guado in fac ia a Santa Casa di Sotto, verso le 10 e 1/ 2 , col Battaglione di Carabinieri Svizzeri attaccava i primi avamposti del 26. 0 Bersaglieri, distesi lungo la riva del fiume. }Upiegatisi questi sul grosso del Battaglione presso Santa Casa di Sotto, il Generale Pimodan fe ·e passare il Musone dai suddetti Carabinieri, seguiti dai due Battaglioni di Cacciatori e di Tiragliatori Franco-Belgi, e mentre fo rmava in colonna nel letto del fiume le altre sue truppe, tenen do la Cavalleria sulla loro destra, ordinava ai tre Battaglioni fatti avanzare di attaccare Santa Casa di Sotto. Bravamente sostenne il fuoco il nostro 26.0 Bersaglieri contro le doppie forze che lo assalivano, e non solo volgeva i suoi colpi sui Battaglioni più prossimi, ma ben anche contro quelli eh


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stavano più indietro, ordinandosi in colonna, sui quali esso aveva dominio dall'elevata sua posizione. E fra questi avvenne anzi alcun poco di confusione, perchè il Comandante del 2.0 Battaglione Cacciatori, per mala ispirazione, avendo creduto bene di coprirsi con una catena di tiragliatori, questi aprirono il fuoço alle spalle degli assalitori di Santa Casa, e ne colpirono taluno. Ciò produsse qualche confusione fra i medesimi, che cessò per altro ben tosto col cessare del fuoco degli incauti compagni. Ma la resistenza del 26.0 Bersaglieri contro forze tanto superiori non poteva protrarsi di troppo anche pel pericolo in cui si vedeva di essere tagliato fuori dal resto del suo Corpo, e quindi esso Battaglione, con perfetto ordine, indietreggiò verso Crocette _ e pre~ nuova posizione a Santa Casa di Sopra. · Occupavano allora i Papalini Santa Casa di Sotto, e coll'aiuto della Compagnia Irlandese fatti salire fin là due Obici li piazzavano innanzi a detta Casa, per battere di fronte la ntiova posizione dei Bersaglieri, mentre altri due pezzi, collocati opportunamente nel basso, dovevano batterla di fianco, onde preparare lo attacco delle Fanterie. E queste formano una grossa colonna composta di parte dei Car-.:iliinieri , di un Battaglione Cacciatori, di mezzo Battaglione Tiragliatori Franco-Belgi ·e della Compagnia Irlandesi, che deve muovere all'attacco di Santa Casa di Sopra. Le rimanenti forze passano il Musone e av!illzano fmo a 1500 · metri da Santa Casa di Sotto, ove si ·tengono in riserva dietro un filare di alberi. Delle Artigl_ierie, quattro pezzi si avviano per raggiungere i due obici e gli altri quattro si piazzano di fianco ai due tenuti al basso. La Cavalleria non muove dalla sua posizione~ In questo frattempo il rumore dell'impegnato combattimento avea chiamato all'armi le truppe di Cialdini, e dalle Crocette il 10.0 Reggimento era accorso a Santa Casa di Sopra a sostegno del 26. 0 Bersaglieri, sul di cui fronte si erano pur posti 'in batteria quattro pezzi, mentre i19.0 Reggimento, sulla sinistra del26. 0 Bersaglieri, avea spiegata innanzi a sè una catena di tiragliatori coperti dà un tratto di terreno boschivo che si trovava da quella parte. Contemporaneamente, il Generale Cialdini, che, siccome già si disse, aveva ogni ragione di credere che il forte attacco gli sarebbe venuto dalla grossa strada di Loreto - supponendo che quello allora iniziato da Santa Casa di Sotto, non fosse che una dimostrazione per ingannarlo sul vero punto d'attacco -disponeva perché si rinforzassero le posizioni dei due Yillaggi di Castelfidardo e Crocette, su cui si attendeva veder spuntare il grosso delle forte nemiche.

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Egli medesimo frattanto accorreva veloce a Santa Casa di Sopra, ove è già postato i110.° Fanteria, e quivi giungeva nel momento in cui la forte colonna formata da Pimodan, moveva ardita alla carica contro il suddetto Reggimento. Cialdini allora fa apprestare le armi a questo e alle Artiglierie, e quando i Papalini sono a 150 passi, le fa scaricare contro di loro col migliore effetto, perchè il nemico si arresta repente. A tal vista, Cialdini volge alcune calde parole ai soldati del 10.0 e animatili del suo ardore, li slancia sul fronte della colonna nemica che titubante si arresta a poco più di 100 passi. Il 10.0 Reggimento spiana le bajonette, e si getta sopra il nemico con tanto impeto che lo rovescia ben tosto, e lo mette in fuga. Ma giunto in un punto ove i sei pezzi pontificj, collocati sulla riva del Musone, possono vederlo, questi lo fulminano di fianco e lo obbligano ad arrestarsi. Ciò permette alla respinta Colonna di Pimodan di arrestarsi essa pure, riordinarsi alquanto e riformarsi in battaglia a mezza strada fra Santa Casa di Sotto a quella di Sopra. A tal vista, il 10.0 Reggimento si spiega esso pure in battaglia a breve portata del nemico, e dai due fronti comincia uno scambio di fucilate, che si prolunga animato dalle due parti. E fu durante il medesimo che Pimodan ebbe una prima ferita al volto, la quale però non gli impedi di continuare nel suo comando. A questo punto possiamo lasciare i combattenti da questa parte per vedere quanto succede nelle altre del campo. Mezz'ora dopo partito Pimodan, ossia alle ore 9, lo stesso Generale Lamoricière, colla Riserva, che precedeva i grossi Bagagli e il parco d'Artiglieria, seguiva per un tratto la via battuta da Pimodan, e quindi col Reggimento Straniero e lo Squadrone Volontari Pontificj, ossia Guide, prendeva altra strada alquanto più a destra per scendere al Musone, mentre i Bagagli, portandosi ancora più a destra, volgevano direttamente pel guado inferiore allo sbocco dell'Aspio, onde incaminarsi pei primi sulla scelta strada di Umana e Sirolo. Nel mentre che questi ultimi avanzavano nella prescritta direzione, la Colonna personalmente condotta dal Lamoricière perveniva sul letto del Musone e quivi si postava a dritta della Cavalleria di Pimodan, come a riserva della Brigata di questo Generale ed anche per proteggere il passaggio dei Bagagli al di sotto della confluenza dell'Aspio. Per eguale scopo parte degli Squadroni di Cavalleria delle due Colonne riceveva l'ordine di passare il Mu... sone inferiormente all'Aspi o, e di trovare posizione sulla sinistra di esso Musone, atta a proteggere i Bagagli quando volgessero per le carreggiate campestri verso la via da Crocette a Umana.


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PARTE OTTAVA

el mentre che a tali disposizioni attendeva il Generale Lamori i 'r non gli sfuggiva che il combattimento impegnato da Pimodan fra l due Sante Case non volgeva gran che a suo favore, e ciò ntrari:mdolo grandemente, pel timore che i suoi Bagagli non riescis ro a sfilare su Ancona, ordinava a due Battaglioni del Reggim nlo Straniero della sua Riserva di passare il Musone e condursi fin dove erano le riserve di Pirnodan, dietro il menzionato spesso filare d'alberi, per rimpiazzarvi altri due Battaglioni del 2. 0 Reggim nto Straniero e del 1. 0 di Fanteria che da quella seconda linea si facevano avanzare in rinforzo dei combattenti nella prima. Quivi infatti il vivo fuoco che il10.° Fanteria e il 26. 0 Bersagli ri di fronte e quello che dal Bosco di sinistra scagliavano i tiragliatori del 9. 0 cominciavano già a produrre significanti effetti, d in ispecie dal momento che Pimodan, mentre percorreva le file dei uoi per tenerle ferme in posto, aveva ricevuta una seconda } rila giudicata mortale. In seguito di ciò i Carabinieri Svizzeri, pei primi, avevano principiato a volgere le spalle e il loro esempio era stato seguito dal Battaglione Cacciatori. Il disperdersi di qu ·te truppe della prima linea, trasse ben tosto i Battaglioni del Regaimento Straniero postati sulla seconda, a fare altrettanto, e tutti insieme scendendo confusamente al Musone gettarono il diordine fra gli Artiglieri che ivi stavano in batteria e il rimanente d Ile truppe tenutevi in riserva e a protezione dei Bagagli. Il Generale Lamoricière nel vedere un tanto disordine che si produce alle spalle de' suoi combattenti, accorre col Colonnello Cropt per rimediarvi alla meglio , od almeno per ottennere che gli bandati e fuggiaschi passino il Musone, e prendano la via di mana per raggiungere Ancona. A tal fine egli chiama la poca Cavalleria di cui dispone, e cerca con essa di ottennere il voluto int nto. Ma tutto è vano, perchè il panico si è impossessato delle s-ue genti, le quali sentendosi più sicure per la via di Loreto, che p r quella d'Ancona, alla rinfusa si avviano per la prima attrav I'S O dei campi. Ad accrescere lo spavento ingiustificabile di que' ampioni della reazione, venne opportuna una carica di uno Squadrone di Lancieri di Novara, i quali lungo la sponda sinistra del Mu. one si gettaronoJ sopra ai dispersi Papalini facendone buon numero di prigionieri. Di tutto questo che succedeva al basso, e ben lungi dalla portata delle armi, nulla si vedeva dalle posizioni su cui stavano le nostre truppe, nè il Generale Cialdini, che si teneYa fra mezzo ad esse, poteva immaginarsi per conseguenza che dietro i pochi combattenti che aveva sulla sua sinistra 7 il resto dell'oste


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nemica fosse di già in piena fuga. Perciò, sempre convinto della impraticabilità del terreno ft'a l'Aspio e il mare, egli non dubitava menomamente che l'attacco portatogli da quella parte non nascondesse il serio attacco che gli si farebbe di fronte onde aprirsi la strada per Ancona. Pertanto a liberarsi prontamente dalla iniziata supposta diversione e tenersi meglio preparato al grosso attacco, ordinava il Cialdini un più forte assalto contro Santa Casa di Sotto, ove bravamente si sosteneva ancora il 2.0 Battaglione dei Bersaglieri Pontifici e qualche pezzo. Ma quando, cacciati definitivamente anche questi, esso Generale pervenne sul Musone, allora soltanto potè farsi una idea di quanto si era passato, e di quanto avea voluto fare il nemico. Stante però che i fuggiaschi di cui non v'era più traccia, se non che le abbandonate armi e bagagli - avevano ormai preso troppo avvantaggio per sperare di raggiungerli, la cosa non venne tentata al momento, e si pensò invece a manovrare in modo da poterli circuire all'indomani. Era frattanto riescito al Generale Lamoricière, ajutato da alcuni suoi più fidi, di raccogliere circa 350 fantaccini e 80 cavalieri. Con questi l'antico soldato d'Africa volle raggiungere Ancona. Passato il Musone, con essi prese la via a lui nota ; ma giunto sul tratto di strada buona che dal ponte dell'Aspi o porta ad Umana, una forte pattuglia del 9. 0 Reggimento gli fece prigionieri i due terzi de' suoi fantaccini (1). Sfuggito al corso pericolo di cader prigioniero esso pure, il Generale sollecita il passo, e prosegue per Umana e Sirolo, per la strada battuta, ma da qui innanzi, temendo essere veduto e inseguito da Camerano, si getta pei sentieri che conducono al Convento dei Camaldolesi, perdendo però lungo il cammino parecchi dei suoi uomini. Riposa un poco al Convento, e ripresa ben presto la marcia giunge finalmente in Ancona alle 5 1 / 2 del pomeriggio. Nell'ultimo tratto di via per· corsa, gli era apparsa la Squadra Sarda, che avea cominciato a bombardare la Piazza: ultima e condegna angoscia, che in quella per lui funestissima giornata dovea provare. colui, che dettosi ap· passionato fautore d'ogni libertà del suo paese, avea consacrata la sua spada a conculcare l'altrui l Come si è visto erano bastati il 26. 0 Battaglione Bersaglieri. il 10.0 Reggimento di Fanteria, poche Compagnie del 9. 0, alcuni (l) Nella relazione ufllciale pubblicata dallo Stato Maggiore su questa Cam• ll&gna è detto che questi appartenevano alla colonna di Ancona , ma è un errore proveniente sempre dall'avere creduti lntransltablli i terreni pros• simi all'Aspio.


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pe'Zzi d'Artiglieria ed uno Squadrone di Lancieri di Novara per mettere in dirotta in un momento l'esercito della re~zione europea,_ la ciatosi avvolgere dalle manovre del Fanti. Fu dunque uno scherzo di cattivo genere il paragonare i soldati di Castelfidardo ai trecento d Ue Termopoli. In questo combattimento furono appena 3000 uomini che si trovavano da entrambe le parti, e non occorsero che due ore di fuoco per battere i Papalini. Per la facile vittoria che Cialdini avea ottenuta erano venuti ' in sua mano 4 pezzi coi loro cassoni, una quantità grande di armi abbandonate sul campo, bagagli e attrezzi d'ogni genere, e poco più di 400 prigionieri, fra cui 17 ufficiali, in capo ai quali il Gen rale Pimodan, agonizzante per la ferita toccata. Le nostre perdite ascesero a 40 morti e 136 feriti, e di poco maggiori furono quelle dei Papalini. Se per inesatte informazioni avute, l'abile Generale Cialdini Ci ld lnl ra ptlkioolerl l balluti di OUL lndardo. non avea potuto ricavare dalla riportata vittoria quell'immediato partito che si confaceva alla circostanza, egli non era uomo però da tardare molto a rifarsene. Datosi pertanto, col mezzo di pronte p ttuglie di Cavalleria a raccogliere precise notizie sulle princfpali direzioni prese dai fuggiaschi Papalini, e saputo che nella massi ma parte s'erano raccolti attorno a Loreto, diede le opportune disposizioni perchè nella sera e nella notte le sue forze muovessero in guisa, che al far del giorno avessero circuita la posizione dei nemici e si trovassero così disposte: il grosso delle medesime fronteggiasse Loreto dalla linea del Musone ; due Brigate occupassero a destra Recanati, conducendovi numerose Artiglierie, e facendo avanzare per Val di Potenza, a tergo di Loreto, qualche. Battaglione per Sant'Agostino; più al ba.'iso poi, in vicinanza del mare, precisamente a Caselunghe due intieri Reggimenti di Cavalleria dovevano esservi giunti per compiervi l'avvolgimento dei Papalini. Data pronta· e perfetta esecuzione a questi ordini e trovatisi conseguentemente nel mattino del 19 stretti da ogni parte gli scoraggiati soldati del Papa chiesero capitolare e finirono per rendersi a discrezione. Se ne consegnarono circa 4000 con 150 Ufficiali, ma quasi altrettanti, o poco meno, gettate le assise mili1ari e indossati abiti da campagnuoli, erano riesciti ad evadersi e a sottrarsi alla capitolazione per sole poche ore per altro giacchè rlopo due giorni caddero parimenti in nostre mani. Oltre ai prigi onieri di guerra fatti in Loreto, Cialdini raccolse pur anco 7 pezzi, coi relativi approvigionamenti, qualche centinajo di cavalli e numerosi bagagli d'ogni genere.


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Col 20 Settembre dunque, le operazioni cominciate agli 11 avevano fatto scomparire il Corpo Pontificio che avea osato tenere la campagna, nonchè molti di quegli altri, i quali fino allora i erano creduti più si~uri chiudendosi nei paesi o rocche mural . Di questi Corpi non ne restavano più che due, e non dovea andar guarì che anch'essi sarebbero venuti in mano dell'accorto con duttore delle armi Italiane. Stavano essi nel Forte di S. Leo l'uno e nella piazza marittimo-terrestre di Ancona l'altro, e di entramhi andiamo tosto ad occuparci. e pro· Dai primi giorni in cui i Volontarj del Colonnello Masi eran o saAttaceo del Forte di . Leo. penetrati sul territorio pontificio, ed ovunque avevano o fugati catturati i piccoli presidj che si trovavano nei diversi paesi, la sola risoluta resistenza incontrata per venire a qualsiasi patto i era manifestata nel presidio del piccolo Forte di S. Leo, il qual era composto quasi esclusivamente da vecchi soldati Austria i congedati e passati al servizio Pontificio. Tale determinazion basava sovratutto sulla naturale fortissjma posizione del suddetto Forte, che, come é noto, sorge su di una roccia, tagliata a paret i verticali. A ciò si aggiungeva ancora un discreto armamento del medesimo, in proporzione del suo sviluppo. n Generai Fanti avea dapprima sperato, che questa onorevol dt}terminazione del Comandante di quel Forte cangiasse allorch vedesse volgere al male le cose dei suoi camerata, ma quando ebbe ad avvedersi che ciò non influiva punto su di lui, ordinò che si disponesse l'occorrente per la pronta espugnazione del Forl . In conseguenza di ciò col giorno 16 Settembre, due Compagni dei Volontarj di Màsi si erano presentate sotto S. Leo ed· avevano intimata la resa al Comandante. Respinta la proposta, le suddette due~ Compagnie si tennero in osservazione fino al giorno 21 nel quale vennero raggiunte da un distaccamento di 80 Canno-'nieri e di 10 Zappatori del Genio, che seco conducevano duè obici e due mortai. Ispezionato il piccolo Forte dagli ufficiali speciaii, si trov 80vrastare esso di alquanto al paese , e avere un solo accesso nell'angolo rientrante del promontorio su cui giace, al quale i !ale per un'angusta via tagliata nel vivo della roccia. Questa strada che viene dal paese è protetta da una Caserma munita di feritoje, per fucili spingarde. Superiormente alla Caserma una specie di ridotto, facente parte del Forte, armato di due cannoni e di sei grosse spingarde, rinforzava la difesa della strada. Dal lato opposto, ossia dall'orientale, un solo cannone e tre spingarde, munivano il piccolo fronte da quella parte. Il presidio era di circa

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150 uomini. Forte e città, erano dominati dal colle detto della Casa Nuova a cui si arri va per strada difficile, ma non impraticabile, e precisamente per quella che dalla Valle del Mazzocco passa pel colle di S. Severino. Da questa parte si stabili di far volgere l'attacco, e nel 22 con grandi stenti si fecero salire le artiglierie dal fondo del Mazzocco fino al colle di S. Severino. Distese le Compagnie Volontarj per assicurare i lavori che si andavano ad intraprendere per impiantare due Batterie, queste ebbero principio, l'una pei due obici a 900 metri dal Forte, e alla medesima altezza sua, in sulla vetta del colle di Casa Nuova; l'altra pei mortai a breve distanza di questa: entrambe perfettamente mascherate al nemico da spesse boscaglie. Nel 22 e 23, si fecero alacremente progredire i lavori, dimodochè nel mattino del 24 le due Batterie erano compite con un parapetto dello spessore di cinque metri. Aperto in detta mattina il fuoco questo venne dai nostri sì ben diretto, che dopo cinque colpi, per guasti avuti nelle sue feritoje, ammutoli il fuoco del Forte. Si vide allora uscire una piccola colonna, che si suppose volesse marciare sulle nostre Batterie, ma non appena essa comparve fuori della porta venne salutata dai due nostri obici con tale efficacia, che essa, senza indugio, precipitosamente rientrò. Poco appresso, lo stesso Comandante del Forte, preceduto da bandiera bianca, si presentava all'assediante dicendosi pronto ad arrendersi a discrezione, come gli era stato intimato. Con esso Comandante vennero in nostre mani 150 uomini e 5 Ufficiali, non che il poco materiale del Forte. ne~~~~.~~~:; r:!: Col 20 Settembre il V Corpo - meno le truppe marciate co] :~~~~rata ed A· Generale Brignone a Spoleto -proveniente da Tolentino era giunto a Macerata contemporaneamente alla 13.• Divisione di Cadorna, che da S. Severino vi si era diretta per Val di Potenza. I vi erasi pur trovato il Generale Fanti, già informato del successo di Castelfidardo e della conseguente buona presa fatta a Loreto. Era pure a cognizione di esso Generale come molti sfuggiti ad essa presa eransi gettati alla campagna fra il Potenza e il Chienti, e siccome sapeva che da qualche tempo per opera di un Aiutante di Campo del Generale Lamoricière, il giovine legittimista francese Chevigné, nei vicini territorj di Fermo ed Ascoli, s'era organizzata una specie di insurrezione armata fra quelle popolazioni rurali in senso reazionario, cosi egli avea creduto di tutta urgenza il provvedere a che le sbandate soldatesche di Lamoricière non potessero condursi a prestare la loro opera alle fanatiche bande


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degli insorti, e in pari tempo a disperdere queste e ricondurre l'ordine nelle dette popolazioni. Con tali viste pertanto nello stesso giorno 20, Fanti prescriveva al Della Rocca che ponesse agli ordini del generale Pinelli la Brigata Bologna, il 24.o Battaglione Bersaglieri, uno Squadrone Piemonte Reale Cavalleria e quattro pezzi, e lo facesse tosto partire alla volta di Fermo e Ascoli, onde prontamente domare le ammutinate popolazioni rurali, adoperandovi l'occorrente energia. Allo scopo poi di liberarsi con par~ rapidità degli sbandati che infestavano le terre fra Macerata e il mare, il Generale Della Rocca dovea formare tre colonne leggere, le quali movendo dai dintorni di Macerata e marciando parallele fra loro col fronte al mare, perlustrassero paesi e campagne, e catturassero quanti sbandati loro capitassero nelle mani. Immediato ed efficace effetto si ebbero queste misure, imperocchè nel giorno 22 le tre colonne rientrarono in Macerata, dopo aver raccolti circa 3000 dei fuggiaschi di Loreto, e il Generale Pinelli scriveva da Fermo di avere rimessa in quiete quella provincia e la vicina di Ascoli in modo da non lasciare apprensione di nuovi movimenti insurrezionali, quando si usasse la precauzione di lasciare in esse un presidio di nostre truppe. Rispondeva il Fanti impiegasse all'uopo il 24. 0 Bersaglieri, e col resto della sna forza facesse ritorno in Macerata entro il successivo 23 per ricongiungersi col suo Corpo d'Armata. Ben si scorgeva nella vigorosa mano che reprimeva si tosto i germi di una guerra civile, quel tatto sicuro e quella pronta risolutez7.a che in cotal genere di cose aveva il Fanti potuto procacciarsi nelle lunghe guerre combattute nella Spagna. Ma più assai che di queste secondarie disposizioni preoccu- Prima manovra Fanti per inpavasi il Generale Fanti di dar l'ultimo compimento all'opera del vestire A neon a, sua colla presa di Ancona, ove sapeva ormai esser riescito al Lamoricière di riparare. Venuta in così esperte mani la difesa di quella Piazza sarebbe stato per lui e per le armi italiane un più bel vanto il trionfarne. E ciò era in Fanti nobile e legittima ambizione. Onde non perder tempo pertanto alla voluta impresa, fino dal giorno 20, scriveva al Generale Cialdini : che nel mentre il Corpo di Della Rocca stava compiendo le prescrittegli operazioni; il Generale Cadorna dovea ricondurre ai di lui ordini la 13.• Divisione; che frattanto egli senza indugio disponesse le sue truppe onde venire al primo largo investimento della Piazza di Ancona, tenendo conto che ben presto sarebbe raggiunto da Della Rocca ;


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eh nell prossime operazioni d'attacco egli avrebbe agito prin· ipalmente dal lato meridionale della Piazza, e Della Rocca dall' riental ed avvertendolo ancora di coprire il piccolo porto di Umana da qualsiasi colpo di mano del nemico, perchè nel med imo era sua intenzione che avesse ad effettuarsi lo sbarco del Parco da as edio che seco recava la Squadra. Alla uddetta Squadra poi faceva sapere il Fanti, che pel ìorno 2 avesse ad inviare a Porto Recanati un suo legno sul quale egli si sarebbe imbarcato per ispezionare Ancona dal mare: In seguito degli ordini suddetti, il Generale Cialdini che avea rlato riposo nel giorno 19 alle sue truppe, non appena nel 20 o.v va ric vu to l'ordine di Fanti, si era aflrettato di dar ad esse la seguente distribuzione: La Brirr ta Bergamo aveva occupato Camerano , Massignano e l posizioni degli Angeli e del Poggio, coprendosi con numerose ArtigHerie, per meglio guardare il paese e il porto di .Umana, a norma delle istruzioni ricevute. La 4.n Divisione si portò a Bolignano, la Palombara e Monte i curo . I Lancieri di Novara si tennero al ponte delle Ranocchie per <:u lodire Val d'Aspio e Val di Baraccola. Le clu Brigate, retrocesse da Recanati, rimasero in riserva al quadrivio di S. Biagio. fl 1G.o Reggimento, raggiunto dalle Fanterie lasciate a Torre di J si, marciò per Val d'Esino ed accampò a Castelferretti, in · o ervazione dello sbocco di Val Breccia. •inalmente due Reggimenti di Cavalleria, con qualche pezzo Arlicrli ria, postati a Chiaravalle, sulla sinistra dell'Esino, chiudevano ogni accesso dal mare, e sorvegliavano Falconara, Grancetta e Cam rata. Nel giorno 21, questa occupazione venne meglio sistemata, e la 13. 3 Divisione, che raggiungeva il suo Corpo, prendeva posizione in Val fuson e, presso il ponte di S. Domenico. Nel 23, l'intiero Corpo di Cialdini ebbe completo riposo, e solo si diede opera a regolarizzarvi il servizio dei viveri. Quello eli Morozzo Della Rocca, dalla Val di Musone si avvicinò alla Piazza per tener i pronto a prendere nell'indomani le sue posizioni d'in· ve lim nto. Il Generale Fanti, in questo medesimo giorno, dal suo Quartier Generale, che teneva in Loreto, si condusse a Porto Recanati, ed ivi montò a bordo del Governolo, per ispezionare personalmente


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la Piazza e le sue adiacenze dal mare e concretare definitivamente il piano d'attacco contro la medesima. A . tale uopo il suddetto legno navigò in prossimità d'Ancona, movendo verso Sinigaglia. TI Contrammiraglio Persano era venuto a bordo del Governolo ad incontrare il Generale, e lungo il tragitto seco lui combinò in massima quanto la Squadra avrebbe fatto per secondare le operazioni· di terra. Il Generale poi potè attentamente studiare Ja posizione e le opere della Piazza a suo bell'agio. La Piazza d'AnAncona (vediTavotam) presentava allora il seguente insieme di cona. opere fortilizie: sulle ultime falde occidentali di uno stretto contraforte che da Monte Acuto si prolunga in direzione nord-ovest, chiuso dal mare a destra ed a sinistra da un rivo, si distende in senso nord-sud la città il di cui porto viene racchiuso fra il molo del Lazzaretto e l'altro della Lanterna. Sulla sinistra del sovra detto rivo, ·come a largo anfiteatro si svolgono i versanti, che da Monte Acuto; Torre d'Ago .e Montagnolo scendòno al suddetto rivo, e chiudono ogni sbocco dalla città e dal contraforte che le sovrasta. Dalla parte di mare, nel lato settentrionale, una· inaccessibile scogliera a picco ne chiude ogni accesso: nel lato che prospetta il porto, una cinta continua bastionata domina questo e le vicine acque. Le batterie del Mole, del Lazzaretto , del Telegrafo e dei Cappuccini rinforzano ovunque la resiStenza contro attacchi marittimi. Dalla parte di terra continua: la cinta bastionata tutto intorno · all'abitato, e quando è prossima all'ultimo lato meridionale della città, se ne distacca formando una grande opera poligonale, che· prende il nome di Campo trincerato, nel di cui lato immediatamente sovrastante· alla città sorge l'opera minore, detta Cittadella o Fortezza, che batte la via. di Sinigaglia e tutta la marina. Da questo lato, un'altra piccola opera ~vanzata , intitolata Lunetta di Scrima, difende la strada per la quale da Ancona si va ad Osimo. Immediatamente sul mare, innanzi al bastione della città detto di S. Pietro, l'opera a rivellino di Monte Gardetto, posta sull'altipiano della Piana degli Orti , facendo sistema con la Lunetta di Santo Stefano, situata parimenti in detta Piana, e traendo appoggio dal fronte meridionale del Campo trincerato, costituiva il più forte antemurale della immediata difesa della città dalla parte di terra. Più al largo, ossia rimontando all'alto del controforte, proce.. dendo per la grande strada di Piana degli Orti, sorgevano a destra


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ui ripiani di Monte Polito e Monte Pelago, le altre due piccole op r avanzate foggiate a lunette che prendevano nome dalle u d lte due località, e che battevano in pieno qualunque parte i l terreno, pel quale si avanza nella Piana degli Orti. PiPno d'attaeco Tutto questo si affacciava all'occhio intelligente del Generale della Plaua. Fanti, nel mentre che sul Governolo scorreva innanzi alla Piazza: da lui confrontato con quanto stava segnato su di un esatto piano d lla medesima che egli possedeva, serviva ad ispirargli un retto l'iterio pel suo piano d'attacco. Ed in effetto fino da quel momento ei giudicò che il tracciato delle fo rtificazioni d'Ancona ed il loro stato di armamento non fo · l' O tali da potere troppo a lungo resistere ad un vigoroso alla o. Da ciò egli arguiva pertanto essere di tutta convenienza per lui l'attenersi alla più ardita e rapida offensiva tanto daJia arte di terra , quanto da quella di mare, anche pel riflesso che in otal modo avrebbe meglio influito a deprimere lo spirito del pr sidio , la di cui composizione era si anormale. Ma quello su cui faceva maggiore assegnamento il nostro Generale per venire a pronto successo, si era la potenza delle sue Artiglierie rigate, delle quali la Piazza difettava completamente. In vista pertanto delle osservate cose, e dei fatti riflessi il neral Fanti si propose di compiere l'avvolgimento della Piazza da d stra, in prossimità del mare, per Monte Acuto e quindi per Torre d'Ago, Pedocchio e Montagnolo toccare di nuovo il mare colla propria sinistra fra Posatore e Osteria Nuova. Sulla destra avrebbe operato il V Corpo: sulla sinistra il IV. L'attacco principale era a segnato alla destra, cui veniva affidata l'espugnazione prelimiI1are delle opere di Monte Pelago e Monte Polito, da cui si sarebbe quindi proceduto a quella di Santo Stèfano, e per ultimo aJla più importante di Monte Gardetto. La sinistra intanto si sarebbe occupata della Lunetta Scrima, del sobborgo di Porta Pia, del Lazza. retto e del Campo trincerato. Una volta venuti in possesso di Monl Gardetto, Fanti giudicava insostenibile la difesa del corpo prio ipale della Piazza. La Squadra dovea dar molestia continua col bombardamento, far tentativi di penetrare nel porto, battere energicamente il fronte marillim o della Piazza, e specialmente occuparsi di battere al rovescio dal mare l'opera di Monte Gardetto, rendendone così la pre a più facile alle truppe di terra. ol pronunziare il contemporaneo attacco e da terra e da mare i aggravava grandemente il servizio del presidio per la difesa, e si accorciava necessariamente la durata dell'assedio;


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Fissato genericamente questo piano di attacco, e concertati alcuni particolari del medesimo col Comandante la Squadra, Fanti proseguendo il suo tragitto verso Sinigaglia, veniva informato da esso Comandante che la grande penuria in cui le sue navi i trovavano di carbone lo inducevano a tentare di farne provvi la inviando uno de' suoi legni a Manfredonia, e l'altro, sotto un P'' testo qualunque, a Trieste. Si conveniva poi fra i due Comandanti delle forze di terra e di mare, che nella giornata stessa dali Squadra si sarebbe inviato ai Consoli esteri residenti in Ancona la notificazione del blocco - a cui andava ad assoggettarsi la Piazza anche dalla parte di mare - onde potessero provvedere agli intere i dei loro connazionali. Data cura alle summenzionate cose, e toccata terra in Sinigaglia, il Generale Fanti lasciava il Governolo e si recava alla villa La Favorita, in Valle di Baraccola, ove avea dato ordine che da . Loreto venisse in giornata trasportata la sede del Quartier Generale del suo Comando. Come Lamorl· Ed ora che abbiamo veduto come Fanti si disponga ad attac- cière 1 dl opon a care dentro Ancona il Generale che avea si completamente bat- dire a. tuto in aperta campagna,. occorre pur anche il sapere in qual modo costui si prepari ·nell'ultimo suo rifugio a prolungare quanto più gli sia possibile la sua resistenza. · Lasciammo non è guarì il Generale Lamoricière allorquando nel giorno 18, dal Musone per alpestri sentieri era riescito a condursi in Ancona. Entratovi alle 5 1 / 2 del pomeriggio di detto giorno, e prev dendo l'imminente assedio della Piazza si era tosto preoccupato di farla mettere nel migliore stato possibile di difesa. Giudicò rischiosa e inutile la difesa della Lunetta Scrima opera in terra e non ancora compita, e la fece abbandonare. L ' altre tre Lunette di S. Stefano, l\l" Polito e M." Pelago, esse pure in terra e non ultimate, le armò con Artiglierie di campagna con sufficienti Fanterie. Munì poderosamente le Batterie casamattate prospicienti al mare, e fece chiudere la bocca del porto con una robusta catena distesa fra la Lanterna e l'estremità della diga del Lazzaretto. Dal lato di terra, il Campo trincierato colla ua Cittadella, il Monte Gardetto e la Lunetta S. Stefano, armati co plessivamente in un coi diversi bastioni della città di 110 pezzi di differenti calibri - senza però che vi fosse un solo cannon rigato - vennero messi in istato di difesa in gran ft·etta nell parti in cui non ancora lo erano~ e formarono il miglior fro nt di difesa della Piaz1.a.

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Il Pr iùio contava 7,000 uomini fra truppe indigene e strani re ed l'a osi composto: R imcnto Fanteria di linea (indigeni); Battaglioni Bersaglieri (stranieri); u ltro ompagnie di Irlandesi ; u ornpagnie del 2.0 Reggimento (stranieri); na .ompagnia di Gendarmeria; n ùi taccamento di Cavalleria; O Arliglieli; 40 Zappatori del Genio. Di JU le forze, in cui abbondava l'elemento straniero sull'indigeno il Lamoricière si prevalse presidiando i Forti esterni cogli tranleri, e J'int rno della Piazza cogli indigeni. L munizioni abbondavano, ma le diversità dei calibri delle armi r nrleva cabrosa la distribuzione delle medesime. Gli affusti delle Arti,.li rie erano non tutti in buono stato, e per alcuni pezzi man avano a ~ ol utamente. L approvi0 • onamento dei viveri era stato fatto malamente fino dal primo di hiararsi della guerra, ma ciò non pertanto esso era uffici nt percbè la resistenza si potesse prolungare per qualche s llimaJ a. Lo . pirit delle truppe, tanto indigene che straniere non era tro p ras icurante, ma la disciplina era severamente mantenuta da Lamorici ·r e da'suoi più influenti capi subalterni, per cui i p t va red re che pochi avrebbero mancato ai loro doveri. In imili ondizioni, Ancona si disponeva a resistere all'attacco eh Fanti, con una complessiva forza appena di 25,000 uomini andava a portarle contro. l giorn 24, per le disposizioni date da esso Generale, la 'quadra av l , che fino dal 18 avea cominciato a molestare i fr nti marilliroi della Piazza, continuava la sua opera con alcune navi appo itarn nte avanzate dal mare, e quelle che avevano a bord il Patco d'assedio si recavano nel piccolo porto di Umana cominciavano a sbarcarlo. Primo inveauIl I . rpo pie2'Ò a sinistra per dar posto sulla sua destra mento ~mp lftlO ~ doHa Pl na. al V e pr : le posizioni seguenti. La 7.• Divisione occupò colla Brigata \.ugia Torre d'Ago e con quella di Casanova il Pedocchio. La 13.", h Hel giorno 23 erasi avanzata da Ponte S. Domenico, si po tò a Montagnolo colla Brigata Pistoja, ed a Posatore con la Briaala arma che si distese fino al mare. Questa Divisione nel ammino 'in ontrò con forti pattuglie nemiche, munite d'Artiglierie le quali furono tosto da lei fugate con pochi colpi di fuoco.


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La 4.•;Divisione si tenne più indietro delle altre col Generale Avena ti a S. Silvestro e il Generale Regis alla Madonna del Carmine. I Lanci-eri di Novara accamparono in Val Lunga- e la Brigata di Cavalleria (Piemonte Reale e Nizza Cavalleria) si tenne in Val d'Esino tra Chiaravalle e il mare. Il V Corpo venne cosi distribuito: all'estrema destra, da Monte Acuto fino alle scogliere che cingono n· mare, il 25.0 Bersaglieri con due pezzi ; a Monte Baldino il 39.0 Reggimento Fanteria col · 23. o Bersaglieri ed altra Sezione d'Artiglieria ; presso l'osteria· delle Tavernelle il 4.0 Reggimento Granatieri col 16.0 Bersaglieri ed altra Sezione; a Varano, come riserva, la Brigata Granatieri di Sardegna, il 14.0 Bersaglieri e due Batterie. n piccolo paese e porto di Umana erano custoditi dal 40.° Fanteria. Nel corso di questa giornata Cialdini stabili dodici pezzi rigati innanzi a Montagnolo e fece loro aprire: il fuoco a 3000 metri dalla Piazza ; ma se ne ottenne poco efletto. Essendosi potuto ·constatare che la Lunetta Scrima era ab~ bandonata dal nemico, venne fatta occupare in sul far della sera dal 22.0 Bersaglieri. Poco appresso una Compagnia di Zappatori vi si recò per tagliare il saliente dell'opera e chiuderne la gola, onde potervi collocare nostre Artiglierie contro la Piazza. Il vicino Campo trincerato e la Cittadella ancora, avvedutisi di ciò, mole~ starono per tutta la notte i lavoratori. Nel 25 dalla parte di Cialdini si prosegui nei lavori della Lunetta Scrima e in altri iniziati per una nuova Batteria presso la chiesa di Posatore. Dalla parte di ·Della Rocca le operazioni cominciavano già a prendere un senso un po' più .aggressivo, come da quella da cui dovea effettivamente partire il più serio attacco. L'intiera Brigata Bologna da Umana s'era avànzata fino presso a Pietra della Croce verso Monte Baldino, e il 23.0 e· 25.0 Bersaglieri si erano spinti fino ad Altavilla, da ·dove dominavano tuttè le posizioni adiacenti a Monte Pelago.. . Dalla piccola opera di Monte Pelago, il nemico non tralasciava di cannoneggiare per ogni dove vedesse o movimenti o accam~ pamenti di truppe. n villaggio di Pietra della Croce era occupato dal 3.0 Battaglione Bersaglieri Stranieri. Nel mattino. del23, il Generale Fanti si era portato verso Monte delle A«alto e presa Lunetle di Baldino, quindi ad Altavilla, e, studiate le posizioni, avea stabilito :~~i~ :o~\~!.o Q che di viva forza si dovesse assalire e prendere ·le due piccole opere di Monte Polito e Monte Pelago. A tale uopo ordinava che sulla posizione dominante di Altavilla si alzassero trinceramenti capaci


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di proteggere una o due Batterie di obici, colle quali voleva che i battesse la Lunetta di Monte Pelago. Appena le nostre granate avrebbero prodotto utile effetto sul Forte, la Brigata Bologna e i Bersaglieri muoverebbero arditamente all'assalto del medesimo. A tale effetto anche la Squadra avea avuto invito di dirigere il fuoco di alcuni de' suoi legni su questa opera, fino che non le venisse fatto segnale di cessare, per dar luogo all'azione della Fanteria. Nel mentre che si preparano le suddette Batterie di obici, Fanti fa avanzare verso Pietra della Croce la Brigala Bologna sostenuta indietro dai due Reggimenti dei Granatieri Sardegna c da uno di quelli di Lombardia, i quali nelle rispettive loro posizioni sono stati rimpiazzati da truppe del IV Corpo, a ciò fatte chiamare dal Fanti. Procede intanto il lavoro delle Batterie, quantunque molestate dalla Lunetta Monte Pelago, e finalmente fra le ore 2 e le 3 dalle ùue Batterie nostre si apre il fuoco contro Monte Pelago, su cui già da più ore con poco frutto gettavano projettili le navi la Maria Adelaide e la Costituzione. Risponde arditamente il nemico dall'opera, e dal suo fuoco comprende il Fanti che prima di sera l'opera stessa non potrebbe essere ridotta a tale da permettere un assalto contro di essa. Rimette perciò l'attacco al domani e lascia le sue truppe nelle po- ,\ sizioni a loro già date. Ma queste, impazienti di agire e d'altronde invitate da un favorevole momento, prima dello imbrunire bravamente attaccano e scacciano dalle case di Pietra della Croce il Battaglione Bersaglieri Stranieri, che vi si tiene, obbligandolo a riparare più indietro. Quando pertanto nel mattino del 26 il Generale Fanti, prem urosissimo di far progredire ogni cosa, tornò sul posto, trovò già in suo potere le suddette case , che meglio gli aprivano la via all'assalto della Lunetta. Questa però, che nella notte avea sempre risposto al rallentato nostro fuoco, lo avea ripreso con noi più vivace all'albeggiare, e alle 9 del mattino lo avea ancora aumentato di frequenza allo scopo di preparare il terreno ad una sortita del Battaglione Bersaglieri Stranieri, il quale mosse infatti dall'opera per riattaccare Pietra della Croce, lo che per altro non potè nemmeno tentare, perchè il fuoco delle nostre Batterie lo costrinse a retrocedere, dopo aver fatti pochi passi fuori della Lunetta. Allora il Generale Fanti giudica ormai venuto il momento opportuno per pronunziare l'assalto, e mentre ordina innanzi a Pietra della Croce la Brigata Bologna in due colonne, ognuna


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preceduta da un Battaglione Bersaglieri (23. 0 e 25. 0 ), per impadronirsi della Lunetta, manda ordine all'11. 0 Bersaglieri accampato a Torre d'Ago, perché allorquando veda impegnato il combattimento sotto Monte Pelago, marci coperto verso la gola di detta opera, che.si sa aperta, e per essa attacchi alle spalle il presidio. Ciò disposto, alle ore 10 i139.° Fanteria preceduto dal ~. 0 Battaglione Bersaglieri, e sostenuto in seconda linea, dal 40.° Fanteria e 25.0 Bersaglieri, avanza risoluto pel tratto che lo separa dalla Lunetta di Monte Pelago. Ma questa, lasciati avvicinare i nostri a giusta portata, li mitraglia improvvisamente, e li obbliga a ripararsi dietro le case di Pietra della Croce. Sopraggiunge intanto il 40.° Fanteria col 25.0 Bersaglieri, e allora restando in riserva il 40.0 , i due Battaglioni di Bersaglieri sostenuti dal 39. 0 si slanciano bravamente all'assalto ed in breve, senza arrestarsi per la mitraglia del Forte, arrivano fin sulla scarpa del fosso d'onde impegnano viva fucilata col nemico. Questa dura alcun poco, ma repentinamente cessa, perché il presidio della Lunetta ha potuto vedere 1'11.0 Bersaglieri, che già sta per raggiungere la gola dell'opera e non ha perso tempo a mettersi in salvo verso Monte Polito. Padroni della Lunetta di Monte Pelago, ove hanno trovato sette pezzi, i Bersaglieri e il39.o Fanteria, marciano senza indugio · sull'altra Lunetta di Monte Polito, ove hanno veduto ricoverarsi il nemico, e senza colpo ferire se ne impadroniscono, perchè prima di essere attaccati i Papalini già scoraggiati hanno ripiegato sulla città, seco portando le Artiglierie di campagna, di cui era stato armato quel Forte. Ciò rende più arditi i nostri soldati, che si dispongono senza altro a portare nuovo assalto alla Lunetta di S. Stefano, che credono nelle medesime condizioni delle due precedenti. Ma avvedutisi nell'approssimarsi, che dessa è chiusa alla gola ed ha fortissima cinta esterna in muratura, che non si può abbattere che col cannone, debbono rinunziare al progettato colpo di mano, e si ripiegano sulle conquistate posizioni. Quivi il Generai Fanti, in previsione di un probabile ritorno offensivo dei Papalini, ha fatto disporre le sue truppe nel seguente modo: la Brigata Bologna col 23.0 e 25.0 Bersaglieri in prima linea a Monte Polito, i due Reggimenti Granatieri di Sardegna col 14.0 e 16. o Bersaglieri a Monte Pelago. Nè si ingannò il Fanti nelle sue previsioni, perché non andò guari, che mentre appunto stavasi operando lo scambio fra la prima e la seconda linea e perciò si trovavano contemporaneamente sul Monte Polito il 14.0 7 16.0 , 23.0 e 25. 0 Bersaglieri, comincia un vivissimo fuoco

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che dal Gardetto, dalla Lunetta S. Stefano, dal Campo trincerato, perfino dalla Batteria dei Cappuccini si concentra fra Monte Polilo e Monte Pelago, e poco dopo una forte sortita si getta ul fronte dei quattro Battaglioni dei nostri Bersaglieri. Come venisse accolta da questi è facile lo immaginarselo. Respinta la sortita, ripigliò il fuoco dai Forti nemici, e continuò assiduo per tutta la giornata contro le nostre truppe che rimasero a custodia delle conquistate posizioni. E premeva molto al Fanti di restarne padrone, perchè sulle Lavori r:ootro la P1aZ.U. medesime egli voleva immediatamente dar mano ai lavori necesarj per la pronta espugnazione delle opere Gardetto, Cappuccini, . Stefano e Campo trincerato che costituivano la sola vera e reale forza difen i va della Piazza dalla parte di terra. I lavori coi quali Fanti, unitamente al distinto Generale del Genio Menabrea, faceva tosto por mano, onde procedere all'attacco di quel sistema di opere, si riassumevano principalmente in questi: in uuo spalle giamento per due pezzi da 16 rigati, da alzarsi sulla sinistra di Monte Pelago per battere il Campo trincerato, ed in un altro sullo spalto dell'opera, di fronte al suo saliente, per tre pezzi da W rigati, che dovevano dirigere il loro fuoco sulla Lunetta di S. Stefano e sulla Batteria dei Cappuccini. A Monte Polito poi si costruiva una Batteria per sei obici da campagna contro Monte Gardetto. Finalmente si piazzava un pezzo da 40 alle Casette del Castellano sull'altura di Monte Baldino in prossimità di altri due pezzi rigati da 8 che tino dalle prime ore del mattino vi si erano stabiliti. Dalla parte del Corpo di Cialdini, nella notte del 25 al 26, dopo un as iduo e molestato lavoro di tutto il giorno precedente, i era chiusa la gola della Lunetta Scrima e vi si erano posti in Batteria dodici pezzi, che nel mattino avevano aperto il loro fuoco contro il Campo trincerato, e ben anche contro il sottostante Lazzarelto. Sulle medesime opere battevano pure le Artiglierie della Batteria che già si disse cominciata sulla strada, che da Posatore discende al Borgo di Porta Pia. l Ber•• l'l ieri Nel pomeriggio Cialdini ebbe ordine di impadronirsi del ptmetrano in Bor~o Pio. Borgo Pio, per mettersi a portata di poter poi venire in pOS&esso del Lazzaretto. Il 7.0 Battaglione Bersaglieri esegui l'ardita impresa sfidando il vivo fuoco che gli scagliava contro il Campo trincerato, e tosto entrato provvide con lavori campali alla propria sicurezza in quella pericolosa località. Venuta la notte il 6.0 e 12. 0 Bersaglieri raggiunsero il 7, 0 in Borgo Pio, e ne rmforza.vanQ maggiormente la difesa.

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Nel corso di questa notte, la Squadra, che nei precedenti giom i lA Squadra lent11 rompere h avea continuato a bombardare specialmente le opere della Piazza, ralena del porto. veniva ad un ardito tentativo. Il Monzambano, seguito da grosse barche del suo naviglio, si avvicinava al molo della Lanterna, per tagliare la grossa catena che chiudeva_ l'accesso del porto. Segnalato per altro dalle guardie del porto il suo appressar. i, venne fulminato dalle Batterie adiacenti e dovè rinunziare alla sua impresa ormai divenuta ineseguibile perchè il nemico stava in guardia. r\'uu\' 1 lator1 Per tutta la giornata del 27 le truppe del IV e V Corp11 d"auuro. non fanno movimenti rimarchevoli su nessun punto, e ovunque si attende a perfezionare i lavori di spalleggiamento delle Batterie costrutte o che sono in via di costruzione. Si aggiungono per esempio altri otto obici ai due pezzi da 6 rigati, già in Batteria su Monte Polito. Per battere poi d'infilata il Gardetto si dà man11 alla costruzione di altre due Batterie, collocate a sinistra della strada che da Pietra alla Croce conduce a Porta Farina. Il grosso Parco d'assedio, già fatto sbarcare ad Umana, andava intanto giungendo sulle alture di Monte Pelago e Mon lt~ Polito, e collocavasi a posto nelle Batterie che ivi si stavano ustruendo. l Oe"'•8hrrt •i Nel pomeriggio il violento fuoco che dalle Batterie del Po a- Jmp del Lauaretto. tore colpiva i1 Lazzaretto, vi aveva cagionato un incendio nei magazzini interni. Il presidio di quella località, accorso tosto per estinguerlo, dovendo per ciò salire sui tetti del fabbricato, si trovù in vista delle sentineJle dei nostri Bersaglieri, stabiliti dalla sera precedente in Borgo Pio: alcuni colpi di fuoco ben diretti, cht-' uccisero o ferirono qualcuno dei saliti sul tetto, gettarono lo spavento nel resto del presidio, il quale, non senza avere pri ma saccheggiato i magazzini, inchiodò gli otto pezzi dell'opera e si ritirò in citta pel ponte di legno, che vi conduce dal Lazzaretlo, ponte che venne in parte distrutto e in parte abbruciato dai fuggiaschi. Nel frattempo in cui ciò succedeva al Lazzaretto, i Bersa· glieri, già padroni di buon tratto di Borgo Pio, respingendo i posti nemici che ne occupavano la rimanente parte, s'erano avanzati fino a 600 metri dalla Porta Pia, che dà accesso alla città. Altri Bersaglieri poi, quelli del 6. 0 Battaglione, essi pure stabiliti nel Borgo suddetto, accortisi di quanto era avvenuto nel prossimo Lazzaretto, si erano gettati in alcune barche trovate nel braccio di mare che separa il Borgo dal Lazzaretto, ed erano penetrati e si erano stabiliti in quest'ultimo. dront~ron.,


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In questa notte ancora alcuni legni della Squadra, condotti dallo stesso Persano, ritentano la rottura delle catene del. porto, ma ome nella precedente notte sono scoperti e debbono ritirarsi s nz aver compita l'opera. Snggl provveL'ottenuto completo possesso di Borgo Pio e del Lazzaretto d l me~oll del ~'ttn­ l! pur rlnrorza re ra lata cosa di cui grandemente si era compiaciuto il Fanti, l'a \laMa. perchè da quella parte indeboliva di molto la difesa della Piazza. Da uomo però eminentemente pratico delle cose di guerra indolnava che il Generale Lamoriciére non starebbe molto a fare ocrni sforzo per riprendere quelle posizioni, o almeno per rendergliene assai malagevole la conservazione. Prevedeva pertanto il Fanti che nel giorno successivo. (28) i suoi Bersaglieri ~vrebbero a sostenere fieri attacchi dalla Piazza. Di ciò non si sarebbe dato gran pensiero il Fanti, se avesse potuto calcolare che pel suddetto giorno 28, le grosse batterie he tavano costruendosi fra Monte Pelago e Monte Polito, avessero potuto agire, perchè in allora egli avrebbe saputo richiamare l'attenzione del nemico da quella parte; ma non era che pel 29, che gli faceva sicuro assegnamento di avere finite e armate quelle alterie: conveniva dunque ricorrere ad a,ltro mezzo per scongiurare il pericolo che minacciava pel giorno 28 il possesso di Borgo Pio del Lazzaretto. A tale uopo pensò il nostro Generale che più immediato provedimento avesse ad essere una forte Batteria che nell'interno les o di Borgo Pio sarebbe costrutta durante il corso della notte, in posizione la più acconcia per ribattere i fuochi delle opere sovrastanti al Borgo e al Lazzaretto. Ma siccome poi era chiaro p r lui che il più micidiale fuoco che si sarebbe aperto contro l'una e l'altra delle suddette località, sarebbe quello delle Batterie d l Molo e della Lanterna , così deliberava il Fanti di mandare invito al Persano, perchè volesse adoperarsi colla sua Squadra ad attaccare dal mare le Batterie del Molo, .onde non pregiudicasero troppo le nostre posizioni del Borgo Pio e del Lazzaretto. Queste erano le saggie ed opportune misure speciali , che il Fan ti adottava per garantirsi il possesso delle due or nominate località, pel giorno 28; quelle generali, emanate all'intiero Corpo d'a sedio pel medesimo giorno, non prescrivevano verun movimento e attacco di truppe, e raccomandavano la sollecitazione di ogni lavoro in guisa che fosse compito il tutto pel giorno 29, il quale giorno era destinato all'apertura del .fuoco generale dell'attaccante contro la Piazza, a norma degli effetti del quale poi ver· rebbe regolata l'azione delle truppe.

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A proposito degli opportuni e giudiziosi provvedimenti sovt·accennati amiamo constatare, per amore del vero, e non certo per meschine gare personali , che l'ispirazione, la quale condu se i legni della Squadra Sarda sotto il Molo del porto d'Ancona nel giorno 28 Settembre 1860- in conseguenza del che ne venne la resa della Piazza - è unicamente dovuta al Generale Fanti. E ciò sia detto per quelli, che non mancarono di volere far credere che l'iniziativa di quella fortunatissima mossa fosse un merito altrui. Ed ora due parole sulle condizioni non troppo favorevoli in Candidoni hl· !erne della Pia• cui già cominciava a versare la Piazza. za. Le successive perdite che ogni giorno si andavano fac ndo or d'una, or d'un'altra posizione, i danni di morti e feri ti be gli avvenuti combattimenti e i cannoni delle Batterie di te rra c quelli della Squadra quotidianamente cagionavano in una medi a assai forte , erano da per sè stessi sufficienti motivi per scoracrgiare le soldatesche del presidio, per quanto si voglia ammetter ancora che fossero esaltate da fanatismo religioso, del che per altro .. dubitiamo grandemente; ma v'era di peggio ancora. Per certa famosa lettera, che l'Ambasciatore Francese a Roma, il ben noto signore di Grammont, avea scritta al Console Francese in Ancona, assicurante che l'Imperatore Napoleone si sarebb opposto colla forza alla invasione dei Sardi negli Stati Pontifi i, e che anzi a Civitavecchia erano giunti rinforzi al Corpo di Occupazione per tale intento, la guarnigione di Ancona·, cui 'era fatta nota tale lettera, avea sperato, nei primi giorni delle aperte ostilità, prossimi e potenti soccorsi' o almeno un pronto indietreggiare dei Sardi dalle invase Provincie per intimazioni pervenute da Parigi. A queste prime voci incoraggianti altre se ne erano aggiunte nll'arrivo di Lamoricière, che pure avea fatto vedere lettere pervenutegli da Trieste, le quali accertavano che in quel porto stavasi armando una Squadra Austriaca, la quale dovea recarsi tosto nelle acque d'Ancona per impedire ogni azione ai Sardi. Malgrado queste più o meno ufficiali assicurazioni, passavano i giorni, e da terra si attendevano invano i soccorsi francesi, e sul tnare non appariva una sola vela amica. Per cotali disillusioni pertanto lo spirito degli Ufficiali e soldati erasi andato deprimendo grandemente. 1~ Ciò malgrado per altro l'energico Lamoriciére, secondato dai tontai.emorici' rlprrnderto BOrlfO od il migliori suoi subalterni, riesci va ancora a mantenere esatto e vigo- ilLeu~nretto. roso il servizio della difesa; di guisa che nel mattino del 28, come lo avea previsto il Fanti , egli potè far volgere il più violento


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attacco d'Artiglieria, contro i nostri Bersaglieri postati al Borgo e al Lazzaretto, dalle opere circostanti e più ancora da quattro pezzi di campagna, che si erano fatti collocare sulla Spianata detta di Capo di Monte. Rispondevano del loro meglio i pezzi della nostra Batteria costrut.ta nella notte, ma a stento riuscivano i Beraglieri a tenersi in posizione. I nostri Bersaglieri padroni del Lazzaretto, e quelli del Borgo Pio, non risparmiavano di porsi in ogni più rischiosa posizione pur di fare il loro colpo di carabina contro i poco lontani Artiglieri Papalini, ma se anche si liberavano da taluno di questi , ciò non diminuiva il terribile fuoco che da ogni parte dirigeva l'assediato, e più micidiale che da ogni altra dalle Batterie della Lanterna e del Molo. Era a temersi per ciò non andasse guari che i nostri Beraglieri si trovassero costretti a sgomberare quelle posizioni, divenute quasi insostenihili : allorquando, in forza della previdente ispirazione avuta dal Fanti si produsse un fatto, che non solo distolse un cotale pericolo, ma d'un trailo troncò ogni ulteriore resistenza della intiera Piazza. E a noi è grato poterlo raccontare con particolari, che non crediamo troppo conosciuti, e che danno bella gloria alla nostra Marina. Attacco della In seguito all'invito avutone dal Fanti, il Contrammiraglio .~q~t~~~ conlro Persano nel mattino del 28 avea destinate le Fregate Governolo, Costituzion6, Vittorio Emanuele e Maria Antonietta, a portarsi di conserva sotto la Piazza per attaccare le Batterie del Molo e della Lanterna, onde distrarre il loro fuoco dal Borgo e dal Lazzaretto. pirava gagliardo il vento in quel mattino , e non era stato che in sul mezzogiorno che le tre prime di dette Fregate avevano potuto imbozzarsi a 400 o 500 metri del Molo: la quarta, contrariata dal vento non era per anco entrata in linea con esse. Le nostre navi, benchè prese tosto di mira dalle Batterie nemiche, aprivano il loro fuoco contro quella in barbetta della Lanterna e colpivano si giusto, che in breve tempo essa ne venne smantellata; buon numero de' suoi Cannonieri rimasero uccisi o feriti, e il resto dovè mettersi al coperto nella casamatta. Frattanto il rinforzare del vento trascinava fuori di linea la Fregata Vittorio Emanuele , che era obbligata a bordeggiare per ritornare al combattimento. In seguito di ciò il Contrammiraglio Persano che stava col resto della Squadra al largo, ordinava all'altra Fregata Carlo Alberto di avanzare a rinforzo della Costituzione e del Governolo, rimaste sole al fuoco. Riesci va a questo nuovo legno di iirare da settentrione la punta del Molo e di prendere di

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rovescio la Batteria in barbetta che guardava la bocca del porto. Venivano cosi i difensori della medegima colpiti senza poter ri pondere coi loro pezzi, altrove puntati. Giustizia al merito per altro, anche quando si trova sul campo nemico : i due Ufficiali che comandavano quelle Batterie, lo straniero Westminsthal e l'italiano Piana, secondati dai loro bravi Artiglieri, rivolgono i loro pezzi, e con essi, alla scoperta, ribattono i colpi del Carlo Alberto. Ma non va molto che i potenti projettili di questa Fregata, che s'è condotta a poco più che 200m tri dalle spalle del Molo, e alcune sue scariche a mitraglia, hanno smontato gli scoperli cannoni pontifici e messi fuori di combattim nto non pochi dei loro inservienti: gli illesi pertanto, come quelli dell'altra Batteria, dovevano riparare nelle casematte. Frattanto dalla Batteria casamattata della Lanterna, armata di nove pezzi, si manteneva viva la cannonata col Governolo e la Costituzione. Anche la Maria Adelaide, entrata finalmente in combattimento, attaccava di fronte questa Batteria, che avea !rià sofferto non pochi danni, perchè i nostri projettili esplosivi ne demolivano i muri ed allargavano le troniere dei cannoni. Temel'll rim ma· Nel mentre succedevano queste cose, era finalmente riegcito novra della F ra r ata l'ulorlo B· al Comandante Albini, della Vittorio Emanuele, vecchio ed intre- "'"""ele. pido marino, di vincere la resistenza del vento, e quasi che volesse rifarsi del tempo perduto fuori d'azione, lo si era visto volgere sul Molo , oltrepassare le Fregate compagne e spingersi audacemente fin sotto alla Batteria della Lanterna a minima distanza di colpo da fucile. Dalla Piazza e dai circostanti accampamenti, d'onde migliaja e migliaja di assediati e assedianti stavano ansiosi spettatori dell'attacco navale portato al Molo, stupiti e gli uni e gli altri raddoppiarono di attenzione in attesa dell'esito del temerario duello, al quale la fragile nave andava a sfidare la massiccia rocca; e chi tremò, chi sperò che il forte opprimesse il debole. Ma non fu così avventurosamente perchè l'animoso Albini e i valorosi suoi marinari, or con grossi projettili, or con mitraglia si danno a fulminare a fior d'acqua l'opera nemica. Questa risponde con pari veemenza di fuoco e la nostra Fregata riceve in pieno parecchi de' suoi colpi. Nella Batteria casamattata per altro un pezzo è già smontato dai nostri, e mentre il bravo Westminstbal sta puntandone egli medesimo un altro, cade estinto per palla penetrata dalla troniera del suo pezzo. Altri morti e feriti adono pur gloriosamente vittime della mitraglia e degli obici che ormai si sono fatta larga strada attraverso delle sfiancate feritoje della


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ca amatta. Ad un tratto, densa nube di fumo e macerie s'alza e rico r il posto ove siede la Batteria, s'ode immediatamente dalla Piazza e dagli accampamenti una cupa violenta detonazione , e di sipata la nube, non si vede nel luogo della Batteria, che un ammasso di rovine. Un obice scagliato dalla Vittorio Emanuele, penetrato in una troniera della casamatta, infilando forse la via. che portava al aO'azzino delle polveri, era andato a scoppiare in questo, e vi avea appiccato il fuoco , per cui n'era saltata la Batteria seppellendo !':Otto le sue macerie 150 Artiglieri che l'avevano sì valor amente difesa. E quasi che ciò non bastasse a danno della Piazza, cadeva pur atterrata la parte di muro del Molo, a cui stava attaccata la aro . catena che chiudeva il porto, e per cotal guisa, dall(parte del mare res~va aperta nel corpo della Piazza una breccia di ben 500 metri di larghezza da cui la Squadra poteva penetrare impunemente e farvi sbarcare quante truppe si volesse. Capito! •Ione L'avvenuta catastrofe avea fatto cessare come di comune condejla P u12t &. oso il fuoco dalle due parti, e non andò guarì che gli assedianti vi d ro sventolare sulla Piazza la bandiera bianca, in segno di voler venire a patti di resa. A ciò dovea necessariamente indursi il Lamoricière in seguito agli irreparabili danni sofferti e alla completa demoralizzazione cui egli ben comprendeva dovevano questi prod urr sulle sue truppe. Per uno strano procedere del Generale suddetto, il Parlamen· tario, il quale dovea trattare della resa non venne inviato al Generale Fanti, ma al Comandante della Squadra, e questi na.. turalmente lo respinse. In seguito di ciò, il Parlamentario - Maggiore Mauri d'Artiglieria - non potè presentarsi al Quartier Generale di Fanti, se non verso la mezzanotte del 28 al 29. Per tale motivo scorsero molte ore da che, e per lo scoppio della Batteria e per l'alzata bandiera bianca, era cessato il fuoco senza che il Fanti avesse visto presentarsi alcun inviato dalla Piazza, che venisse a manifestare le intenzioni degli assediati. Da un imil contegno pertanto era lecito a lui l'arguire che il nemico vole se in tal modo prolungare la sospensione del fuoco per aver ampo e tempo di riparare alla meglio i danni sofferti, e con ciò facilitarsi il prolungamento della resistenza, o quando meno esigere migliori patti per la resa. er questa legittima supposizione che poteva fare il Fanti, le consuetudini di guerra·, le più universalmente riconosciute, li davano il pieno diritto di far riprendere il fuoco, e continuarlo


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finchè non avesse acquistata la positiva certezza, che la Piazza non lavorava a riparare i danni subiti e che voleva arrendersi senza indugio alcuno. Basato su ciò, e venute le 9 di sera senza che nessuna proposta gli fosse anche pervenuta dal Lamoricière, il Generale Fanti avea ordinato che alle 10, a meno di ordini in contra~io, da quan t Batterie erano in grado di far fuoco lo si aprisse e mantenes e fino a nuovo suo avviso. Contemporaneamente le truppe del Corpo d'assedio ricevevano ingiunzione di tenersi pronte per entrare di viva forza, ad un segnale convenuto, nell'interno della Piazza dalle Porte Pia, Farina e Colanco. · Allo scoccare delle 10 pertanto il nostro fuoco avea ripreso più intenso e più violento di prima, inquantochè parecchie Batterie, le quali nel mattino non erano ultimate; s'eran compite ed armate nella giornata, e quindi nella sera esse . pure potevano agire (1). Giungeva finalmente alla mezzanotte il Maggiore Mauri al Quartier Generale di Fanti , domandando in primo luogo la sospensione del fuoco e quindi presentando le proposte di resa, che aveva incarico di fare, non senza aver prima spiegato il motivo del suo ritardato arrivo. D Generai Fanti non accettava le proposte del Lamoricière, e in seguito a ciò, e ~la incongruenza dei motivi adotti per spiegare il ritardo del Parlamentano - la quale lasciava supporr motivi più conformi agli interessi della difesa - faceva prevenir il Generale nemico, che avrebbe continuato il suo fuoco finchè non fossero conchiusi i patti di resa. Alle 9 del mattino successivo tornava il Maggiore Mauri, con . nuove facoltà, e in breve si convenivano le condizioni della resa, in seguito a che si faceva cessare il nostro fuoco. Le ultime firme della (l) Ci siamo Indotti a fornire questi non molto interessanti particolari sulla continuazione del fuoco di Fanti, anche a malgrado della bandiera bianca alzata dagli assediati, perché spiegano le giustissime ragioni che ne ebbe il suddetto Generale per l'indicata circostanza, che il Parlamentario Pontificio senza un plausibile pretesto perdè gran tempo sul mare per vedere Persan , e non si presentò al Fanti che nella mezzanotte. E tale spiegazione ci par ve necessaria, se por anch~ tarda, per ridurre alloro vero valore le menzognere accuse, che in quell'epoca non solo tutta la stampa reazionaria europea, ma pur troppo alcuni Ufficiali che avevano preso parte alla difesa d'Ancona e che non Ignoravano certamente l'avvenuto inconveniente,_ non si peritarono di scagliare contro la persona del Generale Fanti, mossi dal vergogno10 desio di difamare colul che li avea vinti.


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capitolazione conchiusa non furono apposte che alle 9 della stessa era, e poco dopo venivano consegnate alle nostre truppe la porta Pia, il Campo trincerato, la Cittadella, il Gardetto, la Lunetta di S. tefano le porte Calanco e Farina, e quelle della Lanterna e del Molo. el mattin successivo la guarnigione in numero di 3 Generali, 348 Ufficiali e 6,000 soldati, usciva dalla piazza cogli onori di guerra e andava a deporre le armi a Torretta, costituendosi prigioniera r es ere trasportata in Piemonte. Alle 7 1/z del mattino del giorno 30 il Generale Lamoricière si im areava sulla Maria Adelaide che dovea condurlo a Genova. Egli avea perduti durante l'assedio circa 400 uomini fra morti e feriti, mentre gli assedianti non ne avevano avuti fuori di combattimento che 180. Colla Piazza d'Ancona vennero in nostre mani due Battelli a vapore della Marina Militare Pontificia e sei Trasporti, 154 pezzi d'Artiglieria, undici dei quali da campagna, con tutto l'occorrente; 1 O cavalli e 100 bovi. Si trovarono nei magazzini 2500 quintali di fari na e 25,000 razioni di viveri e foraggi, uonchè qualche provvi ta di vestiari ed armi. Nella cassa militare giacevano 1,125,000 franchi. SiuRrdo critiAve vano le operazioni condotte dal Fanti raggiunto appieno ~o •ulla passat Campo na. lo scopo a cui erano state dirette? Vediamolo. ulla · an d to fallito di quanto egli avea prestabilito: indovinato il piano nemico, i due Corpi della spedizione, non hanno avuto che a seguire le due concentriche linee d'operazioni loro tracciate per avvolgere e serrare nel punto designato il maggior nerbo dell forze pontificie, il quale dopo breve combattimento è obbligato ad abbassare le armi, come lo hanno già dovuto fare i minori gruppi, che lungo le vie percorse i due Corpi marcianti hanno potuto sorprendere, battere e catturare. A Castelfidardo dunque è finita la Campagna all'aperto. on resta poi che l'impresa più ardua, quella di espugnare i forti baluardi di Ancona; ma con mirabile precisione, da terra e da mare, tutto è pronto per l'immediato loro attacco. Con ardita iniziativa s'assaltano, e si prendono successivamente le Lunette di Monte Pelago e Monte Polito, il Borgo Pio ed il Lazzaretto ; e scelto accortamente l'istante per fare agire la Squadra dal mare, ne segue l'attacco navale e la catastrofe in forza di cui la Piazza si arrende. Da questo momento a quello in cui erano cominciate le ostilità non sono corsi che diciotto giorni, e le truppe di Fanti hanno


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attaccate e prese cinque città murate, due forti rocche e una piazza di guerra ; hanno guadagnato un grosso fatto d'armi campale , si sono impadroniti di 500 cavalli, di 28 cannoni da campagna di 20,000 fucili e di quant'altro dicemmo trovato in Ancona. Di più hanno fatto 18,000 prigionieri, fra i quali il loro Duce Supremo. E tutto ciò è ottenuto dalle suddette truppe non perdend o che 579 uomini fra morti e feriti, e cagionando al nemico perdite presso a poco doppie. Si concludenti e pronti risultati avea saputo conseguire la Ca m· pagna comandata in Capo dal nostro Generale Fanti, e non crediamo quindi possibile il conservare dubbio sull'avere essa raggiunto lo scopo a cui era diretta. Egli era quindi con giusto orgoglio che Fanti poteva considerare l'opra da lui guidata contro di un o dei più reputati Generali dell'Esercito Francese. Garlb !dlnl Ed opportunissimi venivano i bei risultati ottenuti dal Fanti e ll Borbonici ul Vollurno. avvegnachè i fatti successi nel Napoletano - dal giorno in cui i era ravvisato conveniente il predisporre un intervento armato delle forze di Re Vittorio in quelle contrade - ne reclamavano più che mai l'attuazione, se colà si voleva prevenire un eventuale tri te avviamento dei nostri interessi nazionali. Tali fatti si improntano del doppio carattere politico e militare, ma noi fedeli al proposito nostro di non considerare le cose che dal solo lato militare, anche in questa circostanza le osser\ remo· da questo solamente, tanto più che siamo indotti a credere essere quello che presenta la maggiore importanza. Dicemmo altrove come col 14 Settembre Garibaldi da Napoli aveva potuto inviare non più di 12,000 dei suoi Volontarj fra Santa Maria e Caserta, per fronteggiare i 45,000 Borbonici che i erano concentrati sul Volturno attorno a Capua. Or bene, da quel giorno fino agli ultimi di detto mese, quantunque le forze dei primi avessero potuto aumentarsi fino a 21,950 uomini, ed i secondi non si fossero accresciuti affatto, ciò no n pertanto i Garibaldini.non avevano più mosso un passo innanz i, dopo che nel giorno 19 avevano fatta una simulata dimostrazione contro la Piazza di Capua, per nascondere l'attacco di Cajazzo, che effettivamente avevano preso in quel giorno, ma poi perduto due giorni appresso. Si aveva un bel dire, e far pubblicare dai giornali, che una simile inazione era l'effetto dei grandi preparativi per l'attacco di Capua e della successiva marcia per liberare Roma e la V nezia; ma quelli che avevano un certo occhio militare non si facevano troppe illusioni in proposito.


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Sapevasi che i Borbonici avevano non meno di 60 pezzi di ottima Artiglieria, e ben 5000 uomini di Cavalleria, con un completo Equipaggio di ponte militare e che protetti dalla forte Piazza di Capua e dalle acque del Volturno si trovavano in condizioni, che fino allora non avevano avute le migliori. Era notorio, per lo incontro, che Garibaldi non avea che 50 Usseri Ungheresi a cavallo, 25 pezzi di mal montata Artiglieria, e non una barca, non un cavalletto pel servizio di ponte e tutto ciò mentre la sua prima azione dovea volgere su di una forte Piazza di guerra, e su di un'acqua di qualche importanza. Come potevasi ammettere che con tale sproporzione d'ogni mezzo offensivo, Garibaldi seriamente pensasse di impadronirsi di Capua, che armava oltre a 200 bocche da fuoco in batteria, e di condursi al di là del Volturno, senza l'occorrente per valicarlo e ciò in presenza di 45,000 nemici ? Del resto, contrariamente a quanto si era soliti a veder fare da questo abilissimo Condottiero d'armati, appariva manifesto ora che egli si disponeva a difesa anzichè ad offesa in tutto il lungo tratto di sviluppo del fronte che occupava da Aversa a S. Tammaro, S. Maria, S. Angelo, S. Leucio, . Caserta Vecchia e Maddaloni. Ovunque si sbarravano strade, si alzavano trincee, si praticavano feritoje nei muri delle case, delle cinte; si costruivano anche regolari Batterie sulle vie per dove era più probabile l' avanzare dei Borbonici ; e · la grande strada da Capua a S. Maria si era meglio d'ogni altra protetta, facendo dell'antico anfiteatro romano, che vi sorge vicino, una specie di ampio ridotto con regolari traverse, e fiancheggiato da due laterali Batterie. Questi manifesti segni delle intenzioni puramente difensive di Garibaldi palesavano chiaramente come egli non si sentisse abbastanza forte per marciare innanzi colla sua solita audacia, e rendevano più probabile il caso che fossero per avanzare contro fii lui i Borbonici, se non altro rinfrancati dalla sua attuale ina.. zione, schietta confessione della attuale sua debolezza. E per tale eventualità si poteva forse essere gran che sicuri, che le sole Fanterie dei Volontarj potessero far fronte ovunque fossero per sbucare su Napoli lé colonne dei Borbonici'! E se una sola di queste colonne, col prestigio di aver battuti i Garibaldini, si fosse presentata ad una porta di quella città, gri· dando: « Vi v\\ Re Francesco »1 si sarebbe risposto dai cittadini con fucilate, o con acclamazioni 'l E se mai i Borbonici fossero stati accolti con acclamazioni anzichè con fucilate, dove era ito.. tutto il frutto della spedizione dei Mille?

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r· Questo vedevano e temevano quanti esperti nelle cose di doIl Go•erno d Bel d& l'IO • lervenlo rmalo guerra e sinceri amanti del loro paese non volevano che la ort nel NapoleLMo, d'Italia, in quel supremo momento, avesse a tenersi per più luugo tempo librata sulla punta della sola spada di Garibaldi, la quale, precisamente in quel periodo ùi tempo non brillava del suo consueto splendore. Nel vero interesse della causa·nazionale era nec ssario che altra spada accorresse a rinforzare l'opera inizia la dalla prima per condurre a compimento la portentosa impre . Cosi naturalmente vedeva le cose di Napoli il Generale an li in sul finire del Settembre, e siccome in tal'epoca, espugna An· cona, egli si era recato a Torino chiamatovi dal Conte di avom appunto per conferire in proposito, cosi non aveva esitato ad insistere presso il Presidente del Consiglio dei Ministri, perchè enisse prontamente deciso l'intervento armato del Regno ardo nelle Provincie Napoletane, e ciò per urgente misura di precauzione militare. E siccome era allora il caso che per ragioni politiche anche il Conte di Cavour reputava opportunissimo un tale intervento, cosi nei Consigli della Corona la cosa venne decisa e anzionata, e Fanti ebbe incombenza di allestire prontament ogni cosa per dar corso alla presa deliberazione. FnoU è no· Con previdente e delicato pensiero ei ravvisava opportuno di m1naLo Gooer 111 t• e Ca po consigliare a Re Vittorio Emanuele di prendere personalmente il ddi' Artu~ t.!Ho 1 gglo· comando della nuova spedizione, e ciò in vista che anche i or- re del Re. bonici erano comandati dal loro Re, e perchè inoltre nell operazioni che si andavano ad intraprendere, e per le quali naturalmente era necessario vi fosse unità di comando fra le truppe regolari e i Volontarj, il Generale Garibaldi, il vero conqui tatore delle Due Sicilie, non avesse a dipendere da altri che da quel Re in nome del quale aveva compita la sua prodigiosa mi ion . A Capo di Stato Maggiore del Re veniva chiamato il anli, che continuava perciò a lasciare nelle mani del Generale Alliau l'interinale amministrazione del Ministero della Guerra. In seguito a tali cose, il Re era andato ad Ancona nel giorno 6 Ottobre, e quivi aveva passate a rassegna, e debitamente neoroiate le sue truppe di terra e di mare per la bella loro condotta nella recente Campagna. A speciale compenso poi di chi avea si bene progettata e comandata tale Campagna, veniva dal Re Vittorio Emanuel conferito al Fanti il grado di Generale d'Armata. Altrettanto nel giorno appresso, si faceva pei Generali Cialdini e Della Rocca, e il Contrammiraglio Persano era in pari tempo promosso a Vi e

Ammiraglio.


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Ed ora spettava al Fanti di disporre ogni cosa pel deciso inl rvento nel Napoletano. Corulderat iOOi de l Fanto per lnJ· &t re la pedi ~ looe.

A tale riguardo, le idee sulle quali il Generale Fanti fondava o•mi analoga sua disposizione, si compendiavano nelle seguenti. tante che la marcia da farsi dal Corpo di Spedizione, prima di trovarsi nel cuore delle provincie Napoletane, non esigeva meno di quindici o venti giorni, ed era presumibile che in que to frattempo i Borbonici tentassero un colpo di mano su aribaldi per aprirsi la strada di Napoli, sembrava opportuno e urgen Le anzi tutto il trovare modo di rinforzare lo stesso Garibaldi nelle . ue posizioni con buon nerbo di truppe regolari. Disponeva p r iò il Fanti che il Generale Brignone rimettesse al Generale I asca il comando delle forze da lui condotte a Spoleto, e si porlas e a Genova, ove si sarebbe imbarcato colla Brigata del Re. un Battaglione Bersaglieri e una Batteria per approdare a Napoli, e quivi assumere il comando di altro Battaglione Bersaglieri e di allra Batteria, che si tenevano su di un nostro legno da guerra in porto, e a disposizione del Ministro Sardo. Con queste truppe di poneva pur anco il Fanti che partisse un piccolo Equipaggio da ponte militare, il quale avrebbe potuto servire sul Volturno, ove i Garibaldini, come si disse, neppure avevano una barca per tranitarlo. Con queste forze il Generale Brignone, giungendo a Napoli, do veva porsi a disposizione del Dittatore. Con un rinforzo di oltre a 5000 uomini e due buone Batterie fatto pervenire a Garibaldi in aumento dei suoi Volontarj, i poteva considerare come scongiurato un prossimo pericolo dalle parti di Napoli, e quindi si avea agio di fare avanzare da ncona il Corpo comandato dal Re, e manovrare onde giunge e in tempo per agire d'accordo coi Garibaldini contro il forte Corpo Borbonico che si teneva ancora in armi ed averne pronta ragione. :Ma qui sorgeva il vero problema da risolvere per trovare il miglior mezzo onde riescire allo scopo. L'incognita che a prima vista si presentava nel medesimo, e che embrava la più difficile a determinarsi, era quella della località, su cui, al momento nel quale le forze Sarde sarebbero giunte a portata delle Borboniche queste - in seguito agli avvenimenti che potevano essere successi fra esse e i Garibaldini- si sarebbero trovate. Ma su di ciò per vero dire il Fanti non ammetteva grande incertezza, in quanto che nutriva ferma opinione che la rispettiva posizione dei due be1ligeranti di poco avrebbe potuto cangiare dalla attuale sul Volturno per la ragione che i Garibaldini, selr ben anche rinforzati da Brignone, uon erano pur tuttavia in grado


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di far smuovere i Borbonici dalla fortissima loro posizione, e che questi per lo contrario edotti ormai del prossimo intervento Sardo, anzichè tentare nuovi colpi rischiosi contro Garìblildi, avrebbero preferito tenersi interi e compatti, per agire poi più efficacemente contro il nuovo nemico che attendevano. Trovata con questo logico ragionamento la prima incognita del problema, restava a determinarsi l'altra relativa allo indirizzo da darsi alle proprie operazioni , nella fatta supposizione che i belligeranti si mantenessero sul Volturno attorno a Capua. Vero punto di partenza per tali operazioni stimava il Fan li che fosse Isernia, nell'alta Valle del Volturno, come quello al quale conducevano le buone strade su cui egli poteva marciare colle truppe fatte muovere da Ancona, da Spoleto e da Terni ; da quel punto gli sarebbe lecito di progredire ollre per Venafro e Teano sulla destra del Volturno alle spalle dei Borbonici, o di girare a sinistra attorno al Matese e riescire a dar la mano a Garibaldi sulla sinistra del detto fiume. Fissato in Isernia il punto su cui si dovevano concentrare le sue forze marcianti per diverse vie , chiedeva il Fanti a è stesso quale delle due strade, che di là gli restavano aperte per muovere contro il nemico, fosse da scegliersi per venire a più pronti e decisivi risultati contro il medesimo. Non v'era dubbio alcuno che quella per Venafro, Teano e Calvi era la più breve e più naturale per trovarsi alle spalle dei Borbonici e dar loro battaglia da quel lato , mentre di fronte li avrebbe attaccati Garibaldi. Ma non era presumibile che i Gen ra1i di Re Francesco si lasciassero cogliere in si falsa posizione. Se pertanto, all'indicato scopo questa via tornava affatto inutile, prestavasi essa forse meglio pel caso in cui i Borbonici, rinunziando a qualsiasi colpo di mano su Napoli, e lasciato un buon presidio in Capua si ripiegassero dalle loro posizioni sul Volturno verso Gaeta, e si collocassero su quelle assai migliori, che copre il Garigliano da Sujo al mare. Per questo caso occorreva c.he la suddetta strada permettesse ai Sardi di condursi da Venafro al Garigliano, prima che da Capua per Francolise e Sessa, potessero giungervi i Borbonici; ma dalle carte e dalle nozioni che avea il Fanti su quei paesi , non gli risultava esistere via che permettesse una tale manovra. In conseguenza di ciò, se si voleva impedire la ritirata dei Borbonici dal Volturno al Garigliano era indispensabile l'avanzare da Venafro tino sotto Teano. Ora il Generale Fanti era informato che in quella forte posizione i Borbonici - non appena avevano potuto lontanamente sospettare le


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intenzioni del Governo Piemontese - avevano posto mano ad alzarvi forti opere campali, le quali riuscissero a chiudere la marcia ad un· Corpo che provenisse da Venafro. Un tal fatto pertanto, rendeva assai problematica la possibilità di riescire per la menzionata strada ad impedire ai Borbonici di raggiungere il Garigliano quando essi vi si fossero avviati. In vista quindi di tali circostanze, riteneva il Fanti che una volta che egli fosse pervenuto ad Isernia , anzi che volgere su Teano per perdervi tempo in sterili combattimenti contro le opere campali costrutte in quella località, potesse convenirgli meglio volgere a sinistra , girare il Matese per unirsi con Garibaldi, e venire ad aperta guerra col nemico, dalla quale egli si riprometteva decisivi risultati. Che se i Borbonici non avessero voluto accettare la sfida sul Volturno e si fossero. ripiegati sul Garigliano, egli avrebbe allora saputo manovrare in guisa, che la guerra avesse pronto fine egualmente. Passando poi da quest'ordine di idee a quello delle forze, che occorrerebbe condurre nel Napoletano al voluto intento, il Fanti, ui dati sicuri che si era procacciati sapeva che i Borbonici fra i presidj che allora tenevano in Capua e Gaeta , e i Corpi che campeggiavano sul Volturno, non erano meno di 40,000 uomini, senza tener conto dei parziali distaccamenti, che stavano tuttora in armi negli Abruzzi, in Messina e in qualche parte del R~rrno. Ei desumeva da ciò, che la forza di cui complessivamente potevano disporre i Generali di Re Francesco saliva dai 45 ai 50,000 uomini. Ora riteneva il Fanti che non fosse necessario condurne maggiore quantità di quella dei Borbonici per avere pronta e completa ragione di loro. Calcolando quindi che Garibaldi contava 21,500 de' suoi Volontarj, ai quali Brignone stava per condurre un rinforzo di altri 5000 buoni soldati, gli sembrava sufficiente che a poco più di 25~000 salisse il Corpo che doveva capitanare il Re. Ciò gli permetteva di staccare dal medesimo quel numero di truppe , che era conveniente lasciare nelle Provincie allora aggiunte al Regno, senza perciò indebolire le guarnigiotù. d'altrove, e specialmente quelle che prudenza consigliava di tenere più forti in sul confine austriaco. Pertanto, senza pregiudizio veruno per la pedizione, proponeva il Fanti, che dal Corpo di Spedizione ·delle Marche e dell'Umbria si togliesse la 13.• Divisione del Generale Cadorna e la Brigata Bologna, le quali rimarrebbero ad occupare le· suddette Provincie. Coerentemente a questa decisione e alle considerazioni strategiche più sopra accennate, il nuovo Capo di Stato Maggiore del


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Re emanava nel giorno 6 Ottobre le seguenti disposizioni di marcia verso il Napoletano. d~l Prime a muovere, nel giorno 7, erano la 4.• e 7.• Divisione, or110lo<I'Cin dì ·~ed• · che costituì vano allora il Corpo del Generale Cialdini, le quali zione. dovevano marciare da Ancona per Macerata fino a Fermo, quindi volgere al litorale Adriatico e seguirlo per Grottamare e Giulianuova fino a Pescara, d'onde internandosi, per Chieti, Guardiagrele, Casoli, Palena e Castel di Sangro, trovarsi a Isernia non più tardi del giorno 22. Del Corpo di Della Rocca, una forte colonna - formata della Brigata Granatieri di Sardegna, del 16.0 e 24. 0 Battaglione Bersaglieri, del Reggimento Piemonte Reale Cavalleria, di due Squadroni di quello di Nizza, di due Batterie e dei relativi Zappatori del Genio - partiva col giorno 9 da Ancona e fino a Chieti seguiva la medesima via presa da Cialdini. Da Chieti risalendo la Valle del Pescara, per Turri, Popoli, Solmona, Pettorano e Castel di Sangro, essa pure doveva pervenire a Isernia col giorno 23. Con questa colonna marciava il Quartier Generale del Re. Altra minore colonna - formata col 3.0 Reggimento Granatieri di Lombardia e 9.0 Bersaglieri, più un Battaglione fanteria e due Squadroni Nizza Cavalleria, che occupavano sempre Spoleto, Terni e Narni, sotto il comando del Generale Isasca, che avea rimpiazzato Brignone si sarebbe concentrata a Rieti e per Antrodoco, Aquila, Navelli, Solmona e Castel di Sangro, dovea trovarsi in Isernia col giorno 24, e riunirsi alla colonna principale del suo Corpo. Finalmente, il Generale De Sonnaz, Comandante la Divisione dei Granatieri, col 4.0 Reggimento Granatieri di Sardegna, il14.o Bersaglieri ed una Batteria si sarebbe imbarcato in Ancona su qualche legno della Squadra nel giorno 8, avrebbe preso terra in Manfredonia nel 9, e di là avanzando per Foggia, Bovino, Ariano e Benevento, dovea trovarsi fra il18 ed il 20 fra Sant'Agata dei Goti e Maddaloni, per mettersi in comunicazione con Garibaldi e con Brignone. Quivi egli riceverebbe ulteriori istruzioni. Con questa marcia, il Generale Fanti avrebbe raccolto iu Isernia fra il 22 e il 24, quasi 25,000 uomini, pronti ad operare nel senso che allora apparirebbe conveniente, e se questo fosse precisamente quello da lui supposto il preferibile - ossia di volgere da Isernia a sinistra per girare il Matese e congiungersi con Garibaldi - in allora la colonna comandata da De Sonnaz riunita alla Brigata Re condotta da Brignone - formanti un effettivo di circa 7000 uomini e tre Batterie- avrebbe manovrato sulla destra di. Garibaldi,- in _modo da assicurare la congiunzione del Co.rpo


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condotto da Re Vittorio coi Volontarj di Garibaldi, e di poter prendere insieme a questi la più viva e risoluta offensiva contro i Borbonici, se tuttavia si tenessero sul Volturno. Per vero dire, ci pare che il più severo e critico militare, (Juando voglia tener giusto conto di tutte le circostanze del caso peciale, debba riconoscere nella combinazione di questa marcia servate le migliori regole della strategia ed opportunamente impiegati tutti gli elementi di cui si poteva disporre per renderla adatta all'uopo. Stante la grande estensione di territorio da essa abbracciata, non si ha che ad aumentare le proporzioni dei singoli Corpi messi in movimento, per trovarla un esempio non comune di marcia strategica, come etl"ettivamente fu riconosciuta per tale dall'egregio scrittore militare il Colonnello Federale Svizzero Lecomte. Vuolsi m·a vedere come i Borbonici si preparavano a ricevere il nuovo nemico che li minacciava. La poca energia e la minore capacità militare che i Generali ·p ; ani dei Bor· bonica. Borbonici nel· giorno 2 e 3 Ottobre avevano spiegate nel condurre le loro truppe all'attacco delle posizioni dei Garibaldini a 'ant'Angelo, a S. Maria e a Maddaloni, avevano permesso al valore dei pochi Volontari, alla fermezza dei loro Comandanti e alle belle ispirazioni tattiche di Garibaldi di rendere vano il loro tentativo su Napoli. Si direbbe quasi che un tale insuccesso riuscisse a paralizzare la mente e le membra dei Generali e soldati del disgraziato giovine Re Francesco, perchè da quel giorno in poi, quantunque già fosse nota fra loro la prossima venuta in campo delle forze Piemontesi , non si ·videro prendere altre misure precauzionali che le seguenti. Vennero ordinati e cominciati con molta sollecitudine lavori campali nella stretta di Teano, che dovevano formarvi una specie di Campo trincerato, per sbarrare la strada che da Venafro conduce a Capua. Al Generale Scotti-Douglas si prescrisse di condursi a S. Germano e di raccogliere quivi quante truppe regolari e fanatici partigiani del Re potesse condurre in armi dagli Abruzzi e da Terra di Lavoro. Altra consimile operazione veniva affidata al Colonnello Lagrange nei paesi siti nella Valle del Liri. Con queste forze~ allorquando si avesse sicura cognizione della via per la quale s'innoltravano i Piemontesi si dovea scegliere una opportuna località per attenderli ed arrestarne la marcia prima che pervenissero su Teano. Da queste misure prese si direbbe quasi che il Quartier Generale di Re Francesco nudrisse abbastanza spe1·à'nza che le


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poehe forze raccolte da Scotti-Douglas e Lagrange, potessero riescire ad arrestare sull'alto Appennino la marcia di Re Vittorio e di avere cosi il tempo di fare nuovo e più efficace tentativo contro Garibaldi col grosso delle sue forze, dopo di che si sarebbe potuto marciare all'incontro dei Sardi al di là di Teano , o anche attenderli in questa posizione. Questo e non altro doveva essere il progetto dei Borboniei, a termini delle disposizioni or ora menzionate; per la pura verità, date le loro peculiari circostanze, ci pare che fosse il solo, a eu-i la prudenza li consigliasse di attenersi. Staccarsi o tutti o in parte da Capua e dal Volturno per correre incontro alle truppe di Re Vittorio , era un tirarsi alle spalle i colpi furiosi che loro non avrebbe risparmiati Garibaldi; col tenersi. immobili , per essere presi di fronte e da tergo, si veniva a un volontario suicidio. Unica tavola dunque di salvamento a cui attenersi era C'..apua ed il Volturno, e la guerra insurrezionale attorno all'invasione Sarda. · TI G•nerale Ma ogni bel sogno a tale proposito, dovea svanire al primo Groffinl batte l llorbooicl al Ma· urto delle armi di Re Vittorio con quelle dell'infelice figlio di Re cerone. Ferdinando, come ci accingiamo a narrare. Il Generale Cialdini nel partire da Ancona - col perspicace acume della sua mente pensando che dovea attraversare paesi dei quali non esistevano buone carte , e non si avevano che imperfette nozioni - con ottimo consiglio formò una speciale avanguardia per la sua marcia , composta di due Compagnie di Zappatori del Genio, due Battaglioni di Bersaglieri (6. 0 e 7.0 ) , due Reggimenti di Cavalleria (Lancieri di Novara e di Milano), e quattro pezzi , e ne affidò il comando al Generale Griffini, attivissimo e intelligente Ufficiale , non facili ad arrestarsi davanti a nessun ostacolo. Questa avanguardia dovea precedere di ventiquattr•ore la marcia del grosso delle due Divisioni, tutto predisponendo per il sollecito avanzare della colonna. Le difficoltà incontrate pel passo di fiumi senza ponti, per lo stato pessimo delle strade e per la provvista di viveri e foraggi furono immense. Ma non venne meno l'abnegazione dei soldati e la persistente solerzia del Generale Cialdini nel superarle e vincerle. E tanto si fece con questa ammirabile gara di zelo, che in soli dieci giorni si percorsero non meno di 360 chilometri di strada, e nella sera del giorno 19, ossia due giorni prima del fissato, il grosso del Corpo di Cialdini .perveniva a Rionero, ultima tappa per raggiungere Isernia. L'avanguardia poi , sempre comandata dal Generale Griffini, veniva spinta innanzi fino al Vandra, sostenuta dalla Brigata


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Regina, fatta avanzare a metà strada da Rionero al Vandra, e precisamente all'altezza del villaggio detto Forli. Al suo giungere sul Vandra, il Comandante della avanguardia avea saputo, che un forte Corpo Borbonico - dicevasi una intiera Divisione - era nel giorno medesimo pervenuto in Isernia. A intelligenza di quanto segue è bene il dire, che queste Truppe erano quelle che Scotti~Douglas aveva potuto raccogliere dagli Abruzzi e da Terra di Lavoro, attorno al suo Quartier Generale di S. Germano, e consistevano in 2000 soldati di truppe regolari con quattro pezzi, e circa 4000 fanatizzati contadini cui s'erano distribuite armi per accorrere a difendere il loro Re. Il Generale Griffini avea spedito pronto avviso al Cialdini in Rionero della presenza dei Borbonici in Isernia, e questi con opportunissima ispirazione avea ordinato immediatamente al Co~ mandante della sua avanguardia, di fare occupare nella notte stessa l'alto passo del Macerone - che è la chiave delle valli del Volturno e del Garigliano in quella località - da due Battaglioni Bersaglieri (6. 0 e 7.0 ), quattro pezzi d'Artiglieria, una Compagnia Zappatori del Genio, e da uno Squadrone di Novara Cavalleria. In conseguenza di ciò, nel mattino del 20, la fortissima p~ sizione del Macerone era già in possesso dell'avanguardia del Generale Cialdini, la quale vi teneva le sopraindicate forze. Ciò non pertanto - appunto per la esiguità di tali forze a petto di qUelle Borboniche che si sapevano in Isernia - non era poca l'apprensione in cui si trovava il Generale Griffini pel timore che il nemico potesse attaccarlo e batterlo prima che il grosso del IV Corpo d'Armata potesse raggiungerlo e rinforzarlo nella sua posizione. Con ogni più solerte cura pertanto egli procurò di te· nere continuamente informato il Cialdini di quanto succedeva fra Isernia e il Macerone, e frattanto egli medesimo, scortato da alcuni de' suoi, scendeva verso Isernia per constatarlo coi propri occhi. E non andò guarì che , quantunque l'albeggiare fosse annebbiato di molto, il Generale Griffini ebbe a scorgere che i Borbonici partiti da Isernia si avanzavano formati su tre colonne per attaccare la forte posizione del Macerone. Una colonna centrale, formata dalle Truppe regolari e Eeguita dai quattro pezzi, moveva sulla grossa strada, mentre due altre Colonne laterali, formate coi contadini armati, salivano pei contrafforti del Macerone con manifesta iutenzione di avvolgere la posizione. Retrocesso allora il Griffini, e raggiunta la sua poca truppa, la dispose opportunamente per guardare sul centro la grande strada e colle due ali i contrafforti pei quali salgono i contadini BorboniciJ

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e così attende di piè fermo l'attacco del nemico, nel mentre che invia celere messo al Cialdini per avvertirlo , che egli risoluta-

mente si dispone a sostenersi con forze minime a petto di quelle dell'attaccante. Fermi e impassibili si tennero lungamente i soldati di Griffmi contro qualche colpo di saggio che le Artiglierie nemiche andavano facendo contro di loro, e non sprecarono munizioni inutilmente prima che il nemico fosse giunto a portata. Frattanto giungeva l'avviso al Cialdini dell'avanzare dei Bor• bonici, ed esso, partito tosto da Rionero, si era fatto seguire dalla Bngata Regina - presa dalle vicinanze di Forli, ove accampava - ed era arrivato sul Macerone al momento in cui il nemico, trovandosi a giusto tiro, aveva aperto il fuoco contro i nostri. Ad esso per altro non fu dato tenersi troppo in sulla of· Censiva, perchè il1.0 Battaglione del 9.° Fanteria - giunto sul Macerone insieme Cialdini - fu spinto contro la colonna nemica, che si era avanzata fino a pochi passi dalla sinistra di Griffini. n 6.0 Bersaglieri, stanco della lunga inazione in cui era stato te-nuto, caricò risolutamente esso pure la colonna della sinistra nemica, ed il 7.0 fece altrettanto sulla centrale. Alla vista delle punte delle nostre bajonette venne meno lo spirito belligero degli armati contadini, che disordinatamente e precipitosamente si diedero a fuggire giù per i fianchi del monte. La sola colonna di truppe regolari tenne piede per un momento, ma ben presto essa pure oscillò e volse le spalle ritirandosi per la grossa strada. n Generale Griffini allora si pone alla testa dello Squa· drone Lancieri di Novara, che seco avea condotto sul monte, e si getta lungo la strada sulla colonna disordinata, con tanto impeto, che fendendola in due l'oltrepassa sulla via di Isernia. Fatto quindi un rapido fronte indietro coi suoi Lancieri, arresta i fuggiaschi nemici, e loro intima la resa. Questi oppongono qualche resistenza, ma poi ne cessano e abbassano le armi. Finiva cosi il brillante fatto d'arme sul Macerone, il quale, mercè la bravura del Generale Griffini e de' suoi eoldati e il pronto soccorso loro portato da Cialdini, aperse favorevolmente per noi le ostilità contro i Borbonici, rendendoci padroni di una importantissima posizione, che Dio sa quali sacrificj ci sarebbe costati, quando vi ci fossimo lasciati prevenire dal nemico. Ma valga il vero, se ciò fu possibile, lo si deve principalmente alla rapida marcia eseguita dal Generale Cialdini, che guadagnando due giorni sul tempo prefissogli potè avere la sua avanguardia sul Macerone qualche ora prima che vi giungessero i Borbonici.

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Frutto della vittorl.a ottenuta furono quattro pezzi, due Bandiere e circa 2,000 prigionieri, fra i quali 37 Ufficiali subalterni, 5 Colonnelli e lo stesso Generale Scotti-Douglas Comandante quel Corpo di truppe. In seguito della medesima poi si liberò in Isernia buon numero di Volontarj di Garibaldi fatti prigionieri a Cajazzo il 21 di Settembre, i quali erano stati inviati nella suddetta città. di ~~~~~~~~~~ Sgombratosi nella indicata guisa il passo, da ogni nemico, il Jmoia a vena- Generale Cialdini, nello stesso giorno 20, colla sua avanguardia e rro. la 4.• Divisione avanzava ed occupava Isernia, ove postava le sue truppe nel seguente modo. D 7.0 Bersaglieri si portò per la strada di Venafro fino al Volturno, e ne occupò il ponte. Il 6.0 Bersaglieri, coi due Reggimenti di Cavalleria e i quattro pezzi, si tenne a mezza strada fra Isernia e il detto ponte. La 4.• Divisione , in parte occupò la città d'Isernia, e in parte accampò fuori della medesima. La ':1 ." Divisione fu lasciata a Rionero. Nel giorno apprei!ISo, il Generale Cialdini, avendo saputo che dalle parti di Pettorano si tenevano grosse bande di contadini armali, vi invitò in perlustrazione la Brigata Savona, lasciando le altre truppe attorno a Isernia nelle precedenti posizioni, ove vennero raggiunte dalla 7.• Divisione. Esso Generale poi scortato dal Reggimento Lancieri di Milano, si spinse in ricognizione fino a Venafro. Lo scopo che si prefiggeva il Generale Cialdini ron questa ricognizione era nuova prova Jel suo retto giudizio nelle cose di guerra. Ben comprendendo che l'avvenuto fatto del Macerone dovea sconvolgere tutti i piani formati dai Generali Borbonici, e far loro presentire tutta la necessità di concentrare ogni più energica difesa sulla più forte linea che fosse tuttavia a loro disposizione, esso Generale non ammetteva dubbio veruno, che in breve l'intiero Corpo nemico concentrato sul Volturno, colle dovute cautele, ripiegherebbe da quella linea e andrebbe a collocarsi dietro quella più serrata del Garigliano in tutta prossimità di Gaeta. Supremo scopo pertanto delle nostre forze che stavano per concentrarsi in Isernia dovea essere, a suo credere, quello di impedire al nemico una tale manovra, e per ciò fare, nulla di meglio che di prevenirlo noi stessi sulla linea del Garigliano. Ora marciando da Isernia per Venafro, Mignano e Teano per quindi volgere a SessD., la cosa non era forse impossibile, ma presentava gravi difficoltà, e perchè noi dovevamo percorrere una distanza non minore certo di quella che spettava al nemico, e perché ancora le opere alzate a ·Teano, con pochi difensori che vi si


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disponessero bastavano sempre a farci perdere un tempo prezioso. Sorgeva perciò nella mente del Generale Cialdini il pensiero che se si fosse potuto troyare una strada abbastan~a buona, che lasciando a sinistra le posizioni fortificate di Teano attraversasse il gruppo di montagne circostanti a Rocca Monfina, e mettesse sul basso corso del Garigliano, per questa bisognerebbe gettarsi arditamente onde tagliar fuori i Borbonici e dal Garigliano e da Gaeta, e averli così a discrezione, stretti fra i Garibaldini e le truppe nostre regolari. E fu per assumere informazioni "in proposito , che personalmente nel giorno 21 si era recato a Venafro il suddetto Generale il_ quale, ol,tre all'avere inviate scorrerie verso Teano per sapere se il nemico vi si fosse già stabilito, avea pure spedita speciale perlustrazione de' suoi Lancieri per avere notizie sulla cercata strada. E questa perlustrazione avea riferito esisterne una ~ffettivamente, la quale per.Rocca Monfina conduceva verso Sessa, ma che per un tratto di parecchi chilometri era molto malagevole, però non insuperabile. Ciò era pure stato confermato da persone del paese, opportunamente interrogate. Fatto tesoro di queste nozioni locali, il Generale Cialdini era tornato sul tardi della sera in Isernia , ove nel giorno dopo, a norma del prestabilito; perveniva pure la colonna del Generale "Della Rocca, con la quale marciava il Quartier Generale del Re. Spettava a questo di dare definitivo indirizzo alle operazioni da cominciarsi ; ma prima di narrare quali esse furono , crediamo opportuno il far conoscere quanto, nel frattempo delle discorse cose, era successo nel campo Borbonico. Ritirata del BorNon esistono, almeno che noi· conosciamo, documenti auten- bonici dal Vol· turno Ili Gari· tici dai quali si possa desumere con sicurezza i moventi e gli glia no. scopi che suggerirono norma di contegno al Quartier Generale di Re Francesco, dopo. il completo insuècesso del Generale ScottiDouglas al Macerone, ·in seguito del quale svaniva ogni concepita speranza di riescire ad arrestare la mal·cia dei Piemontesi all'ingresso della valle del Volturno. A noi pertanto non è ~ato di far cenno di tali moventi e scopi, e dobbiamo limitarci a registrare quel tanto che si può argomentare dai fatti che si viddero compiersi nel campo borbonico, dopo la suddetta epoca. E questi furono i seguenti. Tolto al Generale Ritucci il comando superiore del Corpo di Operazione, ne vennE) incaricato il Generale Salzano, che diede le seguenti disposizioni. Le grosse Artiglierie, di cui erano staté armate alcune Batterie costrutte nelle vicinanze di Capua. sulle


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due ponde del Volturno, vennero prontamente ritirate ed avviate v r Gaeta. Da ciò potevasi arguire abbandonato qualunque pensiero di valersi delle già iniziate opere campali nei pressi di Teano, perché, ove cosi non fosse stato, le suddette Artiglierie si sarebbero spedite a Teano stesso e non a Gaeta. A maggiore conferma del su esposto si vide che i Corpi distaccati a Cajazzo e a Sant'Agata venn ro diretti nel giorno 22 sopra Calvi, ove dovevano tenersi in o s rvazione della strada proveniente da Isernia, Venafro e Teano, p r sorvegliarvi qualunque nostro movimento. Col giorno 23, il gro , o del Corpo Borbonico, lasciata a Capua una guarnigione di circa 12,000 uomini , dovea sfilare dal Volturno al Garigliano prendendo la grossa strada che per Francolise e Sessa porta a Gaeta. Quando la coda di questa lunga colonna avesse abbandonato il Volturno, allora le truppe in osservazione a Calvi, dovevan marciare a sinistra di Teano, e andare ad occupare S. Giuliano per continuare la loro protezione sulla destra della colonna marciante e quando la coda di questa avesse oltrepassato Sessa, Je uddette truppe, lasciando S. Giuliano, per Sessa esse pure si sar bbero dirette a raggiungere le altre. La distribuzione delle succe ive tappe di marcia era calcolata in guisa , che l'intiero Corp d'Operazione dovea trovarsi dietro il Garigliano col giorno 27. Non i prendevano grandi precauzioni per difendersi da un inseguimento dei Garibaldini, perché si sapeva che essi, non avendomezzi per passare il Volturno .che a pochi per volta, non potevano dar seria molestia. Il ripiegarsi al Garigliano, colle spalle a Gaeta, alla frontiera Pontificia e all'insurrezione reazionaria eccitata negli Abruzzi, indi ava un totale cambiamento nei piani del Quartier Generale Borbonico, e faceva succedere una grande prudenza al fiero campeggiare di prima quasi alle porte di Napoli. l'rovvcdlmentl Intanto~ come più sopra si ebbe a dire, col giorno 22 era rontro le bondo Mmnle borboni- giunto in Isernia il grosso del Corpo di Della Rocca, e con esso il r aw. Quarlier Generale del Re. lvi, in seguito ai rapporti pervenuti da divers parti dei circostanti paesi, si era saputo che l'eccitata insurrezione armata nelle campagne e nei paesi produceva gravissimi disordini e perturbava la tranquillità pubblica. Prima dell'anivo delle nostre truppe a Castel di Sangro , a Rionero e in Isernia stessa i fanatici partigiani del passato regime avevano infierito contro chiunque fosse in voce di sentimenti liberali con rapine, incendj ed uccisioni a danno dei medesimi. Urgeva pertanto far cessare un si triste avviamento di cose colle più eners-iche misure; a questo attese il Quartier Generale del Re non


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appena fu giunto in Isernia. Venne quindi bandita prontamente la legge marziale per quei paesi e nominati i competenti Tribunali Militari , che dovevano giudicare i colpevoli delle nefande· sevizie. Di questi si posero in traccia alcune colonne mobili perlustrando i vicini paesi e dando così campo alla giustizia di procedere col dovuto rigore. E non andò guari che l'ordine e la calma vennero in gran parte ristabiliti, senza per altro che si riescis.'>e ad estirpare quel mal seme da cui germogliò poi, a poco per volta, e si dilatò il funesto flagello del brigantaggio. Cn n · l~lio d i Presa questa misura utile tanto a garanzia della tranquillità gu vrrn Hl ~ ~~'·m • o d etermm!\ tlulll della popolazione, quanto ad assicurare le spalle e le comunicazioni del Corpo di Spedizione, si era tosto pensato a precisare il da farsi militarmente, e la cosa era parsa di tanta importanza ul Re, che si era deciso a convocare un Consiglio di Guerra per discutere e determinare il piano da seguit·si. In esso Consiglio, il Generale Fanti - sempre nella ferma credenza che i Borbonici non fossero per abbandonare la linea del Volturno , che ·quando vedessero espugnate le fortificazioni preparate a Teano - propugnò la messa in esecuzione del suo pian u già formulato nel partire da Ancona, ossia di avanzare da Isernin, girando il Matese, pet· andarsi a congiungere sulla sinistra d ·l Volturno con Garibaldi. Il Generale Cialdini, per lo incontro, dicendosi convinto che i Borbonici fossero in procinto di ripiegarsi dal Volturno sul Garigliano, vol~va che non si perdesse tempo per prevenirli su quel fiume e suggeriva di prendere all'uopo la strada di Rocca Monfina, per evitare il pericoloso passo per Teano e per guadagnar tempo ancora. Non nascondeva per allro esso Generale gli inconvenienti che presentava la suddetta strada, ma li reputava superabili. Dibattute le due opinioni dal Consiglio, si respinse quella d 1 Fanti, perché non si credeva che i Borbonici fossero per tratle . nersi ancora sul Volturno, e quella del Cialdini, perchè non si volle arrischiare il Corpo di Spedizione su per una strada pocn praticabile; venne deliberato invece di marciare avanti per la buon. strada che da Isernia passa per Venafro , Mignano e conduce d irettamente al Volturno per Teano. Il contegno che sarebbero per assumere i Borbonici durante la nostra marcia alle loro spalle darebbe norm!l alle operazioni ulteriori. Colla consueta nostra imparzialità riconosceremo che in questa circostanza il Generale Fanti prese un equivoco sulle intenzion i del nemico, giacchè, contrariamente a quanto stava avvenendo, suppose che tali intenzioni consistessero nel tenersi nella fortissi ma pr ltJol ~ ,

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po izione che occupava, d'onde il più piccolo successo che potesse ottenere gli riapriva le porte di Napoli, mentre per lo incontro esso andava a rifuggiarsi sotto Gaeta, e in un estremo angolo del suo Regno. Nell'ammettere per altro lealmente codesto equivoco, non possiamo a meno di non osservare, che in tali vedute il Fanti si mostrava forse più saggio. apprezzatore di quanto sarebbe convenuto fare ai Borbonici, di quello che lo fossero essi medesimi, e ciò ben in leso nella supposizione che essi avessero ancor fede nelle proprie forze, senza del che era vano, ed anzi colpevole, il prolungare 1 guerra sia sul Volturno che sul Garigliano. In seguito alle determinazioni del Consiglio di guerra del giorno 24, mentre giungeva in Isernia la colonna del Generale Isa ca, marciata da Spoleto per Aquila, e si riuniva cosi al Corpo di D Ba: Rocca, il grosso di quello di Cialdini si trasportava da Isernia a Venafro, e la sua avanguardia si spingeva verso Mignano, di dove inviava perlustrazioni di Cavalleria fino sotto Teano. Da queste il uddetto Generale veniva a sapere che il nemico non occupava altrimenti quella posizione e che soltanto a Calvi era collocato un grosso distaccamento del medesimo. A.bboecnmen! o Fatto rapporto di ciò al Quartier Generale del Re, quest' ul· di Cisldlol e Sal· r. ano. t imo, di sua iniziativa, mosso dal desiderio di evitare il conflitto imminente fra Italiani e Italiani, avea ordinato a Cialdini di far doniandare a mezzo di parlamentario spedito a Calvi, un abbocca mento al Generale Salzano, Comandante Supremo dei Borbonici, pel giorno appresso. Ove ciò venisse accettato, doveva il Cialdini u e ogni via persuasiva per far· comprendere al suddetto Generale quanto fosse compromessa la posizione delle sue truppe, e come la loro causa fosse irremissibilmente perduta. In seguito di che, a nome di Re Vittorio, .il Cialdini avrebbe ·fatte al Salzano l più onorevoli proposte per le sue armi, qualora volessero fralemizzare colle nostre e porsi al servizio della comune patria. Accettato dal Generale Borbonico il proposto colloquio, e con· venuto che avesse luogo al quadrivio della Taverna della Catena, vi i trovarono i due Generali all'ora combinata. Riuscirono pero \ani gli sforzi del Cialdini per venire a un utile risultato, imper· iocchè Salzano si rifiutò a considerare la quistione sotto altro aspelto, che non fosse quello dell'onore e del dovere militare, i quali, soggiunse, non potersi sempre accordare colle convenienze pol itiche e colle idee di nazionalità. Questo colloquio diede luogo ad un incidente, pel quale i Borbonici a torto, come si vedrà, ci accusarono di violate leggi di guerra. Ed eccolo in poche parole.


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Era stato convenuto che piccole scorte di Cavalleria avrebbero accompagnati i due Generali fino a breve distanza dal luogo di convegno. Ora avvenne, che dal campo Garibaldino - appena rimarcato il totale abbandono della linea del Volturno per parte dei Borbonici- si era fatto transitare detto fiume alla poca Cavalleria che si aveva con ordine di esplorare sulla destra del medesimo quanto vi facesse il nemico. Volle il caso che i pochi Usseri Ungheresi di Garibaldi, ignari completamente del convenuto abboccamento, venissero a cognizione della località su cui si trovava il drappello che avea scortato il Generale Salzano. Saper questo e piombare sopra ai pochi cavallieri Borbonici, malmenarli e farli in gran parte prigionieri, fu opra ben presto compita, tanto più che questi furono sorpresi, mentre tranquilli e senza sospetto di un attacco stavano aspettando il ritorno del loro Generale. Questa è la vera e precisa spiegazione di un fatto, che fu deplorevole certamente, ma non attribuibile ad altro che alle non ancora stabilite comunicazioni fra i Garibaldini e le Truppe del Re. Per la medesima ragione, infatti non andò guari che avvenne altro consimile inconveniente di cui parleremo a suo tempo, e nel quale vedremo lo stesso Re Vittorio correre grave pericolo per un equivoco preso da un distaccamento di Volontarj Inglesi, ' che combattevano nelle file di Garibaldi. Operazioni pre· La verificata assenza dei Borbonici da Teano - ormai con- scr1tte n Cialdini statata dai rapporti di Cialdini al Quartier Generale del Re in Ve- e a Della Rocca nafro nel giorno 24- e la occupazione di Calvi, aveano fatto comprendere essere già forse deliberata e cominciata la loro ritirata dal VoJturno al Garigliano, e quindi aveano suggerito al Generale Fanti le seguenti operazioni pei due Corpi di Cialdini e di Della Rocca. Col giorno 25 Cialdini dovea avanzare da Venafro, e colle sue forze unite oltrepassare Mignano, Presenzano e andare ad accampare all'altezza del villaggio di Vairano. Della Rocca da Venafro lo avrebbe seguito, arrestandosi però fra Mignano e Presenzano. Da questi accampamenti si dovea predisporre nuova distribuzione di forze. Col Generale Cialdini rimanevano la 4. 11 e 7. 11 Divisione coi rispettivi Bersaglieri e Artiglieria, nonchè tre Reggimenti di Ca .. valleria (Novara, Milano e Vittorio Emanuele). Col Generale Isasca si terrebbero presso al Quartier Generale del Re la Brigata Granatieri Sardegna, il 3.0 Granatieri Lombardia, il 24. 0 Bersaglieri, due Batterie, il Reggimento Piemonte Reale Cavalleria e due Squadroni di Nizza.

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Con Della Rocca andavano il 16. 0 Bersaglieri, quattro Com• pagnie Zappatori del Genio, due Squadroni Nizza Cavalleria e una Batteria di posizione. Mosse e scopo prescritti a questi Generali erano i seguenti. Cialdini nel giorno 26 avanzerà per Teano e S. Giuliano, onde condursi sopra Sessa, ove cercherà giungere in tempo per attacare o di fianco o iri coda il nemico che marcia verso il Garigliano. Al Della Rocca è prescritto di recarsi ad assediare prontamente la Piazza di Capua: perciò colla sua piccola colonna, nel .riorno 26, da Presenzano per Pietravairano volgerà verso Alife quindi sopra r.ajazzo. Fra questi due paesi egli deve incontrarsi colle forze di De So nnaz e con quelle di Brignone, le quali - in armonia col piano preventivo, ed ora abbandonato, di Fantihanno già avuto ordine di dirigersi dal campo di Garibaldi a quella volta. Dovrà allora il Generale Della Rocca tenere presso di sè il 4. 0 Granatieri di Lombardia, che accompagna il De Sonnaz, far partire immediatamente questo Generale col 14.0 Bersaglieri. e la Batteria, seco venuti da Manfredonia, più un'altra Batteria di campagna di quelle di Brignone, e ordinargli che per la . trada di Alife marci in guisa da trovarsi pel giorno 28 in Teano, ve si congiungerà colle rimanenti truppe della sua Divisione, affidata momentaneamente al Generale Isasca. Ciò fatto il Della nocca, colle forze ormai riunite sotto i suoi ordini marcierà da Cajazzo sulla Piazza di Capua, ove, coadiuvato dai Volontari di Gal'ibaldi darà pronta mano per attaccarla. A tale uopo riceverà da apoli il Parco d'assedio e due Compagnie di Artiglieri da Piazza, che la Squadra devé avervi trasportati da Ancona, e potrà valersi ancora dell'Equipaggio da ponte, che seco condusse da Genova la Brigata Re. Date queste disposizioni per le truppe di terra , il Generale Fanti mandava invito al Vice Ammiraglio Persano, perché da apoli conducesse la sua Squadra nelle acque del golfo di Gaeta p r poter concorrere alle operazioni, che dovevano intraprendersi . ul litorale di quel golfo. Con quest'abile impiego di tutte le forze di terra e di mare, che il Fanti aveva a sua disposizione, e colle opportune loro mosse .- ullo scacchiere del teatro d'operazione, ben provvedeva esso Generale al pronto sviluppo della più energica offensiva contro il n mico. Incon tro di Re Ed ora, prima di venire a particolareggiare i fatti a cui diedero Vittono con Ga r ibaldi. luogo le combinazioni progettate dal Fanti, ci sia permesso di far cenno dell'incontro che, nel mattino del giorno 26 - in cui quelle


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avevano principio d'esecuzione -avvenne fra Re Vittorio Emanuele e Garibaldi. De~o ritrovo fu combinato per modo ch'ebbe luogo nel medesimo posto ove Cialdini si era abboccato con Salzano, ossia al quadrivio della Taverna della Catena. Quivi, quasi contemporaneamente, giunsero il Re - che avea abbandonata la avanguardia di Cialdini in marcia su Teano - e Garibaldi, avanzatosi da un suo distaccamento spinto a Calvi. Fattosi l'uno incontro dell'altro, Garibaldi trovò la felice parola, che rimarrà storica, di: Salute al Re d'Italia, e n'ebbe in contrac~bio una stretta di mano, che forse meglio d'ogni altra cosa gli espresse l'ammirazione e la riconoscenza di colui, in nome del quale egli avea proclamato di agire. Nel mentre che ciò succedeva, i1 Corpo di Cialdini marciava lo~mbattimen• di s. GiuUano. verso Teano, e ivi perveniva sul mezzogiorno. Qui dopo essersi riposato alquanto, s'era riposto in marcia per la malagevole strada che conduce a S. Giuliano , quando dopo lungo cammino la sua avanguardia, giunta in vicinanza di detto paese, vide la cima delle alture che sovrastano al medesimo coperta di nemici. . Avvertitone Cialdini, questi accorreva sollecito sul posto, e osservata ogni cosa ordinava ai quattro Battaglioni e alle Artiglierie, che teneva in avanguardia, di attaccare senz'altro il nemico, e frattanto spediva ordine alla Brigata Bergamo, Generale Casanova, di avanzare sollecitamente in appoggio dell'avanguardia. Il 6. 0 e 7.0 Bersaglieri presero a salire le alture a destra della strada e attaccarono la sinistra nemica, che vi era disposta a battaglia; 1'11.0 ed il 12.0 marciarono per la strada di S. Giuliano, cercando avvolgere la destra dei Borbonici. La prima linea di questi non oppose grande resistenza e si ripiegò lasciando padroni del paese i nostri Bersaglieri ; ma due grossi Battaglioni di Cacciatori, sostenuti da due pezzi di montagna- postati dietro un prpfondo burrone di lungo sviluppo sulle alture attaccate dalla nostra destra - opposero ostinata resistenza al 7.0 Bersaglieri, che procedeva da quella parte. Questo Battaglione non si arresta per ciò, e quantunque per le accidentalità del terreno si trovi staccato dagli altri che gli stanno dietro a sinistra, avanza risoluto contro i1 fuoco micidiale che parte dal ciglio opposto del burrone, e superando ogni ostacolo ricaccia indietro i Cacciatori e le nemiche Artiglierie. Questi per altro si riformano in altra favorevole posizione su di una altura dominante il villaggio di S. Giuliano, da dove la loro fucilata e la mitraglia dei pezzi da campagna battono in pieno il terreno su cui avanza ancora il 7. o Bersaglieri; ma ciò non vale


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ad arrestare il suddetto Battaglione, il quale, dopo alcune scariche,. attacca alla baionetta la posizione dei Borbonici e se ne impadronisce cacciando questi in direzione di Carano. Il 6. 0 Bersaglieri intanto, che agiva sulla destra del 7. 0 e ne guardava il fianco, aveva spazzato completamente il terreno da ogni rimasuglio di tiragliatori nemici, e, convergendo a sinistra, si congiungeva finalmente col 7. 0 • L'H.o ed il 12.0 dopo essersi impadroniti di S. Giuliano, si erano collocati al di là di questo villaggio, a cavallo della strada che conduce a Carano, e fortemente guardavano l'avvallamento per cui s'inoltra detta strada.. La Brigata Bergamo, avanzatasi fino presso S. Giuliano, aveva mirabilmente postate le sue due Batterie, le quali battevano in pieno il nemico che dalla strada di Carano e da un contraforte laterale alla medesima, tentava inviare soccorsi verso S. Giuliano, e glielo avevano impedito tanto dall'una che dall'altra parte. La sopravvenuta sera poneva fine al cannoneggiamento e consigliava Cialdini dall'avanzare più oltre dalle posizioni conquitate, anche perchè si sapeva che grosse forze nemiche si trovavano accampate fra Carano e Sessa. Se queste volevano tener piede, prima di toccare il Garigliano, la partita poteva giuocarsi nel giorno appresso, ed allora egli avrebbe le sue truppe meglio ripoate che in quella sera. Il Re ed il Generale Fanti, che avevano assistito a questo brillante combattimento, erano del medesimo avviso, e cosi le truppe bivaccarono attorno di S. Giuliano. Al farsi della luce del giorno 27, dalle alture da noi occupate dalle quali si domina il pendio dei movimenti montuosi che van no a morire al mare e al corso del Garigliano- non si scorgeva traccia di accampamento o di mosse nemiche. Le pattuglie fatte avanzare in esplorazione, riferi,ano essersi le ultime colonne dei Borbonici avviate pel Garigliano durante la notte stessa. E ciò era consono ai piani già fatti, e le truppe Borboniche impegnate a S. Giuliano non erano altro che quelle già inviate a Calvi colla missione particolare di proteggere i1 fianco destro e la coda del loro Corpo principale in ritii·ata sul Garigliano. Le relazioni delle suddette pattuglie davano ormai sicurezza che i Borbonici stavano già riparati dietro la forte linea del predetto fiume, e diveniva perciò necessario che noi pure conentrassimo convenientemente le nostre forze per condurci ad attaccarli. In conseguenza di ciò il Generale Fanti prescriveva a Cialdini che per quel giorno avanzassè da S. Giuliano a Sessa, e che qui vi.


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avesse a soffermarsi anche pel giorno 28 per dar tempo alla Divisione De Sonnaz di riunirsi in Teano, e raggiungerlo n l 29 portandosi sulla sua sinistra a Carano. Per ulteriori mosse, e so Generale Cialdini non tarderebbe a ricevere nuove istruzioni. n oc a Approfittiamo del momento, in cui da questa parte i due ulUIOetln Cl\ Cnpu , combattenti si trovano a distanza da non poter venire alle mani per rendere conto di quanto dalla parte di Capua, stava per intraprendere il Generale Della Rocqa. Questo Generale, rinforzato la sera del 26 in Alife dalle truppe !asciategli da De Sonnaz, e da quelle comandate da Brignon marciava nel giorno 27 su Cajazzo, e lo occupava. Quivi deliberando da qual parte del Volturno, su cui giace la Piazza di Capua gli convenisse investire la medesima: aveva stabilito tenersi sulla sinistra del fiume suddetto, dalla qual parte egli non solo stava in più diretta comunicazione con Napoli - da cui attendeva il mal riale del grosso parco d'assedio - ma chiudeva inoltre i molti boechi che da quel solo lato la guarnigione avrebbe avuto sulla a erta campagna. Se invece egli avesse intrapreso l'investimento dalla sponda destra del fiume - da dove questo cinge completam nl colle sue risvolte la città - si sarebbe trovato in più difficili comunicazioni con Napoli, e avrebbe avuto un ostacolo di più nel fiume da superare per impadronirsi della cinta bastionata h circonda la città lungo lo sviluppo del corso delle acque. Venuto in tale proposito, nel giorno 28 Della Rocca la ciò Cajazzo, passò il Volturno allo Scafo detto di .Cajazzo, e portandosi al sud di Capua, marciò verso la piazza dalla parte di S. Maria venendo le sue truppe accolte da viva fucilata per parte dei numerosi avamposti che il nemico aveva fatti avanzare in qu Ba direzione. Inviato immediatamente un parlamentario per intimar la resa al Comandante nemico, a cui si faceva nota tutta la precarietà della sua posizione, questi rispondeva essere deciso a compi re il proprio dovere nel modo impostogli dalle leggi e dall' nor militare. Frattanto aveva luogo un abboccamento fra il Generale Della Rocca ed il Dittatore Garibaldi a S~ Angelo, in cui quest'ul timo informava il primo di aver ricevuto dal Re notizia del fatto d'armi avvenuto presso S. Giuliano nella sera del 26 e della ritirata completa dei Borbonici al di là del Garigliano. In forza di ciò riconoscendosi ormai superflua la cooperazione delle truppe dell' sercito Meridionale di esso Dittatore, il Re gli aveva ordina to di ritirare da Calvi il Corpo che egli vi avea portato, consigliandolo


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a concorrere colle sue forze alle operazioni che andavano ad intraprendersi sotto Capua. Per tale nuova condizione di cose, che riuni11a in una sola azione l'opera dei Volontarj e del Corpo di Della Rocca, il Generale Garibaldi esprimeva l'opinione che fosse necessaria runità di comando, e siccome egli si diceva nella necessità di far ritorno a Napoli per attendere ad impegni della sua carica dittatoriale, così invitava il Generale Della Rocca ad assumere il comando delle forze che egli lasciava sul Volturno, agli ordini del Generale Sirtori. Dietro un tale accordo convenuto, il Generale Della Rocca pel giorno 29 poté dispoiTe sotto Capua, oltre alle truppe che vi avea condotte egli medesimo~ anche di quelle dei Volontarj di Garibaldi. Con questo sensibilissimo aumento di forze poteva il detto Generale venire al completo investimento della Piazza su di entrambe le sponde del Volturno. Malgrado di ciò, non si ravvisò opportuno variare di molto il piano digià fatto, e stabilendo iu massima che il vivo attacco si porterebbe sui fronti posti sulla sinistra del Volturno, si venne alle seguenti consentanee disposizioni. La destra del fronte di attacco, compresa fra la parte superiore del fiume e la strada da Capua a Napoli, sarebbe occupata dai Volontarj colle loro Artiglierie, e da alcune truppe regolari; la sinistra di esso fronte, sita fra l'accennata strada, e il tratto inferiore del fiume rimarrebbe aflidata alle rimanenti truppe regolari. Forti distaccamenti di Volontarj stazionerebbero poi in Cajazzo e agli inferiori due passi del Volturno - detti Scafo l1i Cajazzo e Scafo di Formicola - non che al villaggio di Bellona, posto a metà strada della via che da Scafo di Formicola .conduce a Calvi. Altro consimile distaccamento di regolari si porterebbe sulla destra del Volturno e si stabilirebbe sulla strada che esce da Capua e conduce con un ramo per Calvi negli Abruzzi, e con nn altro per Sessa a Gaeta. Da questo distaccamento e da quello di Bellona si sarebbe tenuto in osservazione il lato settentrionale della Piazza e si sarebbero impedite le comunicazioni di questa coi paesi, ove non era ancora assopita rinsurrezione. Al collocamento, tracciamento e costruzione delle Batterie e degli altri trinceramenti, il Genio coi suoi Zappatori e cogli Artiglieri aveva già dato opera fino dal giorno prima, sotto la suprema direzione del Generale Menabrea - messo al fianco di Della Rocca per questa speciale missione - e del Luogotenente Colonnello Botacco, Comandante l'Artiglieria del Corpo d'assedio. ll sistema d'attacco adottato portava 11n numero di sette Batterie, le

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quali dovevano formare un semicerchio attorno al fronte meridionale delle opere di Capua, che si partiva da sinistra in ri a al Volturno, e con un raggio fra i 1,000 e i 2,000 metri avvolgeva la cinta della città tornando a toccare la sinistra del fiume, superiormente alla Piazza. Le principali e più formidabili fra le de tt Batterie si costruirono presso Casa Colorata, Casa Capece, Cascim1 Avalle ai Cappuccini, Casa Saulle e a Boccascorza. Lo stabilimento deile truppe nelle posizioni rispettivamente a loro assegnate pel giorno 29, ed i primi lavori di trincee per le Batterie vennero in detto giorno alquanto disturbati dal fu oco delle Artiglierie della Piazza, e nello stesso tempo da parecch ie colonne che eseguirono sortite otTensive su varii punti. Poco dan no .produsse il primo, e le seconde vennero ovunque. respinte. Nel 30 e 31 diminuirono di molto le sortite, ma si mantenn vivo il fuoco della Piazza, a cui già rispondevano gagliardamente alcune nostre Artiglierie. Nel mattino del 1.0 Novembre si trovarono quasi compili i lavori delle sette Batterie, e di alcune traverse che si era ravvisato necessario costruire per ripararsi meglio dai projettili nemici. Erano già collocati in Batteria ventisette pezzi di grosso calibro, fra i quali quelli pervenuti il giorno prima da Napoli. Nel pomeriggio dovevasi aprire il fuoco da tutte ·1e nostre Batterie, dal cui insiem speravasi ottenere un pronto risultato. · Vttlorio vi· Poco prima del cominciare del pomeriggio perveniva in S. An- S 1lot.fieì lavorl c-ontro Cnpun. gelo Re Vittorio, partito da Sessa e giunto per Calvi e Scafo di Formicola, dopo aver corso pericolo di restar vittima di un disgraziàto equivoco. Nel tragitto da Calvi al Volturno - che siccom si disse era guardato da un distaccamento dei Volontarj -egli col suo Stato Maggiore e la scorta che lo seguiva, si era trovato a fronte di un avamposto o pattuglia della piccola a poco disciplinata Legione Inglese, la quale alla vista di uniformi per lei affatto sconosciuti, avea ritenuto trovarsi in presenza di Borbonici , e senz' altro avea scaricate le proprie armi contro quel gruppo di militari. Fortunatameute nessuno era rimasto colpito da questa scarica e ben presto, schiarito l'equivoco, il Re avea potuto proseguire il euo cammino alla volta dei colli di S. Angelo. Da queste alture egli potè assistere all'aprirsi del nostro fuoc contro la Piazza, ed al vivo controbattere della medesima contro di noi. Da entrambe le parti il combattimento si mantenne animato fino all'imbrunire, ma poi rallentò sensibilmente da parte del nemico, che a tarda sera sospese del tutto i suoi tiri. Per parte nostra si continuò a lunghi intervalli per tutta la notte. Tra ques to


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quello dei giorni precedenti si erauo gettati sulla Piazza i pr jettili d'ogni specie. tlooubar<ltmCII • 'aver poluto in sì pochi giorni spiegare una tanta forza di 1 ~111 'np ua r 11.1 1)\. lO) I tJOmJ, rli li rie doveva necessariamente impressionare molto la popolazi ne e la t a guarnigione di Capua, e far loro comprendere l'inu ulilà di w1a più lunga resistenza contro i potenti mezzi di cui Yedevan h poteva disporre il Della Rocca. Si fu per questo che nella n U dal 1.0 al 2 Novembre fra i più caldi partigiani Borh ni i del cel civile- che in sulle prime avevano proclamata la re ·i L nza ad ogni costo - e la parte più animosa del presidio, si Y nn a più miti consigli e si cessò dal far pressione sul Comanclanl militar , Generale De Corné, pet·chè prolungasse la difesa. Da altr parte il f unicipio prese animo per raccomandare apertamente la ce azione di uno stato di cose che danneggiava ogni i11 ter dei cittadini, senza una speranza di favorevole risultato. \'enne co. ì facilmente indotto il vecchio De Corné ad iniziare tratlativ p r venire alla reddizione della Piazza. Prima dell'alba del giorno 2 si presentò ai nostri avamposti un parlament rio ma~dato dal De Cornè, il quale domandava al enerale Della Rocca di ricevere i parlamentarj inviati per trattare della re a di Capua. All 7 1 h questi presentavano a Della Rocca una lettera di De Corné, nella rruale era domandata una sospensione d'armi, ed un . al acondolt per un suo Ufficiale che si recasse a domandare al l France o la facoltà di capitolare. Re pinta recisamente una tale domanda, ed espressa la ferma ri oluzione di non consentire a trattare che in base della immediata r a della Piazza col presidio prigioniero di guerra, i parlam nlarj i dissero non autorizzati a tanto, e fecero ritorno a Capua, colla intimazione del Generale Della Rocca che se fra un'ora e un qual'Lo la pr posta non era accettata , ripiglierebbe il fuoco su t 1lla la linea. Un po' pi ù tardi dell'ora assegnata, il Generale Liguori con altri du Ufficiali Superiori si presentò al Della Rocca, munito dei pieni pot ri per conchiudere i patti, con cui la guarnigione, salve alcune picc le condizioni che furono concesse, si arrendeva prirrioniera di guerra cogli onori delle armi. Ali 4 ù l pomeriggio si firmava la convenzione e nel mattino ucc ivo, la guarnigione deponeva le armi uscendo dalla Piazza, per e ere in camminata su Napoli e quivi imbarcata per Genova. E a :i componeva di 11,700 uomini marcianti e di 700 ammalati cl1 rima ero negli ospitali di Capua. In essa Piazza si rinvennero:

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290 Bocche da fuoco in bronzo. · 180 Metri di Ponte militare ripartiti in due equipaggi. 20,000 Fucili. 10,000 Sciabole. · 160 Affusti da. cannoni da muro. 80 Carri da trasporto. 500 fra cavalli e muli. · Si trovarono inoltre i magazzini de1la Piazza riccamente for· niti di viveri' foraggi, munizioni, vestiario, bardature da cavalli, buffetterie ed altri generi militari. · Tanto ci avea procurato, con cinque soli giorni d'attacco , la pronta ed energica iniziativa che Della. Rocca, secondato dai SJ.l.Oi subalterni, avea saputo imprimere alle proprie operazioni. RIC41!n ld one Venuta in nostre mani Capua col suo forte presidio, era scom· o!fen•iva sul Gaparsa ogni traccia di pericolo alle spa11e del nostro Corpo che si rigliano. dirigeva sul Garigliano, e. più libere così potevano proseguire da quella parte le operazioni, che già vi si ·erano iniziate e che noi · passiamo ora .a descrivere. Lasciammo il Generale Cialdini in Sessa nel giorno· 27, con ordine -di non muovere fino che il sapraggiungere al suo fianco della Divisione De Sonnaz non gli permettesse di agire verso il Garigliano. Ora, il Generale Fanti prima che ciò avvenisse voleva di persona ispezionare le posizioni e la collocazione dei Borbonici su detto fiume, e stante che nel giorno 29 era ormai certo che la Divisione Sonnaz sarebbe arrivata a Carano, s'era prefisso per detto giorno di eseguire una ricognizione offensiva, ed a tale uopo, fmo dalla sera del 28, avea costituito il seguente nerbo di forze, che dovevano seguirlo in tale operazione : quattro Bal· taglioni Bersàglieri (6. 0 , 7. o , 11.0 ·e 12. o), tre Reggimenti di Cavalleria, una Batteria di obici e unç1 Sezione di cannoni rigati . Il Generale Savoiroux doveva prenderne il comando e avea ricevute le opportune istruzioni per il contegno da tenersi, onde obbligare il nemico a spiegare le proprie forze. ·Di buonissimo mattino partiva la ricognizione e l'accompagnavario i Generali Fanti e Cialdini. Alle 9 e 1/ 2 antim., a circa 2000 metri dalla testa del ponte di ferro sospeso, per cui la strada da Napoli a Roma sorpas a il Garigliano, la nostra avanguardia si scontrò con circa 1000 Borbonici, che distesi in catena di tiragliatari e postàti sulla sini. tra del fiume a cavallo della strada, coprivano l'accesso al ponte. La conformazione del terreno su cui giace la strada per cùi si avanzava, ·non lasciando spazio per spiegare truppe che sulla


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nostra sinistra dalla parte del mare - giacchè a destra la strada è co tantemente fiancheggiata a brevissima distanza prima· del rivo d Jla. Travata e quindi dallo stesso Garigliano fino al ponte di ~ rro fu d'uopo al Generale Savoiroux di spiegare unicamente a inistra della strada le forze di cui disponeva. Egli inviò quin~i u questa il '12. 0 Bersaglieri che occupò una piccola elevazione su.ll'orlo dei terreni boschivi che stanno fra il mare e la strada. Fra questo Battaglione e la suddetta strada collocò a scaglioni due de' suoi Reggimenti di Cavalleria. Sulla strada, rasente il suddetto rivo Travata, spinse innanzi il 7.0 Bersaglieri spiegato in catena, e lo fece sostenere dal 6. 0 e dall'11. 0 disposti in colonna lateralmente alla strada. Su questa, e più indietro, tenne in riserva il Reggimento Piemonte Reale Cavalleria. Col 7. 0 Bersaglieri avanzarono due obici; presso i due Reggimenti di Cavalleria - tenuti a sinistra della strada - andò a postarsi la Sezione dei cannoni rigati in una posizione da cui infilava il ponte sospeso. Con tale numeroso dispiegamento di forze sulla nostra linea più avanzata si lasciava ragionevolmente supporre al nemico che altre più poderose ne avessimo immediatamente indietro collo intendimento di impegnare grosso combattimento e ciò doveva indurlo a condurre innanzi sul Garigliano buona parte delle sue truppe ivi accampate, nella disposizione che più acconcia gli sembrasse per respingere il nostro attacco. Così il Fanti avrebbe potuto osservare e studiare il terreno e la relativa sua occupazione e desumerne quindi il come gli sarebbe poi tornato conveniente attaccare la posizione. All'indicato fine pertanto i nostri Bersaglieri e le Artiglierie apri rono il primo fuoco, e poco appresso il Reggimento Piemonte Reale Cavalleria avanzò sulla grande strada, e si atteggiò a caricare per la medesima. A tale vista i tiragliatori nemici, che sostenevano la fucilata contro ai nostri, temendo di venire tagliati fuori dal ponte, solo loro rifugio, si affrettarono a ripiegare indietro concentricamente verso il ponte medesimo e lo attraversarono togliendone la parte del tavolato prossima alla sponda sinistra. Allora, il 7. 0 Reggimento er aglieri, non rendendosi esatto conto dell'operazione che si stava facendo, nell'inseguire i Cacciatori nemici, commise l'imprudenza di avanzare fin sulla sponda sinistra del fiume, e in parte si distese lungo la medesima, e in parte occupò i due casotti laterali al ponte ospeso. Per questo brillante sì, ma intempestivo ardore, avvenne che non appena i tiragliatori nemici aveano sgomberato la riva sinistra, edici pezzi delle loro Artiglierie, dalla destra del fiume, aprironQ

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un violento fuoco contro gli imprudenti nostri flersaglieri, e contemporaneamente la detta sponda fu coperta di Cacciatori Borbonici che colpivano i nostri pochi uomini mentre alle spalle dei Cacciatori, avanzavano ordinate in colonna numerose truppe Borboniche accorrenti da ogni parte. La Sezione dei pezzi rigati che doveva battere sul ponte da essa infilato fu obbligata al silenzio, perchè vi stavano i Bersaglieri del 7.0 e lasciò cosi· bel giuoco alle Artiglierie nemiche contro di quelli, e anche contro i due Reggimenti della nostra Cavalleria collocati sulla sinistra della strada. Le altre nostre Artiglierie. cercavano invàno sui terreni paludosi attigui alla strada di trovar buona posizione per controbattere i pezzi da 16 del ~emico, che sempre più infuriavano, vedendo la nostra impotenza di loro rispondere. Che fare pertanto? Inviare il 6.0 e 1'11.0 Bersaglieri a sostegno del 7. 0 era un aumentare , anzi che diminuire i danni che si sopportavano, e d'altronde si sarebbe dato luogo cosi ad impegnare un'azione assai più seria di quella che si era prefissa. In tale stato di cose, il Generai Fanti, che nel frattempo della impegnata azione aveva potuto esaminare il terreno e le forze che il nemico avea spiegate, non volendo più oltre prolungare la falsa posizione in cui l'intempestivo ardore del Comandante del 7.0 Bersaglieri avea poste tutte le rimanenti truppe, ordinò la ritirata generale. Si dovette subire allora un'altra conseguenza del troppo zelo del predetto Comandante, perchè nel ritirare i suoi Bersaglieri dal pericolosissimo posto ove li avea condotti dovè !asciarne 29 in mano ai Cacciatori Borbonici, i quali dal ponte si erano precipitati su di loro. Al mezzogiorno la nostra ricognizione era in piena ritirata, senza che il nemico accennasse nemmeno ad inseguirla. Lo scopo della medesima poteva dirsi raggiunto, ma l'occorso inconveniente, oltre che ci avea fatti perdere 29 prigionieri, e 50 fra morti e feriti, diede campo ai Borbonici di bandire ai quattro venti una vittoria, che ben sapevano di quale natura si fosse. Propnrntivi per • Dalla compita operazione, il Capo di Stato Maggiore del Re, passare il Garigliano. Generale Fanti, avea potuto convincersi che i Borbonici tenevano accampati, fra il Garigliano e Monte Scauro, lungo la grande strada di Gaeta, non meno di 20,000 uomini ; che la posizione coperta sul fronte dal Garigliano era fortissima al centro e chiusa ai fianchi dal mare e dalle alture di Traetto; che all'infuori di alcuni lavori semplicemente abbozzati, non si erano costruite opere campali e


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nemmeno Batterie parapettate; che il ponte, già disfatto in parte, lo sarebbe completamente quando noi muovessimo a quella volta : fin almente che la natura e la configurazione del terreno adiacente alla strada su cui noi avremmo dovuto manovrare per assalire il fronte nemico, erano in pessime condizioni per noi, giacchè sfavorevolissime al libero muoversi di qualunque arma ed in ispecie de H' Artiglieria. In conseguenza di ciò il Generale Fanti riteneva non conveniente che si procedesse di fronte per forzare la linea del Garigliano , e proponeva invece al Re di venire al medesimo inLento, operando il passaggio del fiume da due diversi punti sui fia nchi del nemico, dai quali convergere poscia sul medesimo cercando avvolgere l'attuale sua posizione. Accolta una tale proposta, Fanti prendeva immediatamente le opportune misure per l'e ecuzione del suo piano. Il sinuoso corso del Garigliano sarebbe custodito da numerosi avamposti distesi dalla sua foce nel mare fino dirimpetto a Sujo, allo scopo di sorvegliare il nemico e nascondergli ogni nostra mossa all'indietro. Tutta la Cavalleria coi Parchi e Bagagli accamperebbe a cavallo della grande strada innanzi a Sessa, e precisamente a Santa Maria della Piana. Cialdini colle sue fanterie andrebbe a destra, in Castrese, e quindi guardando il Garigliano dal confluente del rivo degli Arecari fino sotto Sujo, darebbe opera solerte per raccogliere materiale onde gettare un ponte presso la villa Codecchio. Per facilil rgli tale operazione si spediva un messo al Generale Della Rocca con ordine di far partire prontamente da Capua la Sezione di ponte militare, che stava con lui, e inviarla a Castrese. Il giorno in cui si doveva gettare e passare tale ponte sarebbe indicato. Il Generale De Sonnaz, pervenuto già a Carano colla sua Divi ione nel giorno 29, moveva nel 30 per Sessa, l'oltrepassava e quindi volgendo a sinistra della strada per Cellole, arrestava il gr so delle sue truppe sull'antica via Appia, precisamente a Casa C ntore, a distanza di sei o sette chilometri dal ponte sospeso, e co' suoi avamposti guardava il fiume dalla foce fino al conil uente del rivo degli Arecari ove giungevano quelli di Cialdini. Anche De Sonnaz doveva apprestarsi per gettare un ponte sul fiu me, e perciò dal Generale Fanti si mandava invito a Persano, percbè dalla sua Squadra - già portatasi nelle acque del golfo di Gaeta - facesse condurre da Napoli alla foce del Garigliano il mat riale che occorreva al D.e Sonnaz per l'ordinatogli ponte, il di cui getto verrebbe poi precisato.


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La Squadra era invitata a tenersi pronta per battere dal mare colle sue potenti Artiglierie il fianco destro degli accampamenti nemici fra il Garigliano e Monte Scauro, quando ne ricevesse avviso, per coadiuvare l'attacco delle truppe di terra. A norma di tali disposizioni, Cialdini nel pomeriggio del 30 occupò Castrese, e parimenti De Sonnaz si trovò alla Casa Centore. Gli avamposti di entrambi si distesero sul Garigliano, e quelli del secondo che furono portati alla estrema sinistra presso la foce del fiume, occuparono in quella posizione un' antica torre, che servì loro di ·eccellente punto d'appoggio. Contro il nuovo nostro fronte stavano numerosi avamposti nemici, le di cui vedette, opportunamente appiattate, non trascurarono di fare i loro colpi contro di noi ogni qualvolta se ne offriva loro propizia occasione. Nel 31 Cialdini raccoglieva materiali pel ponte, ma De Sonnaz non poteva ricevere dalla Squadra quello arrecatogli da Napoli, perchè un fortunale di mare avea spezzate le gomene, con cui lo si era attaccato alle diverse navi e lo avea disperso. In questo giorno il Generale Fanti, che avea saputo della occupazione fatta dalle truppe di De Sonnaz della Torre sul Garigliano, sperando di potere da quel punto dominare le posizioni della destra nemica, vi si era portato, e mancando quella vecchia torre di scala, quasi a braccia d'uomini e sotto l'incessante fuoco dei Cacciatori nemici, postati sull'altra sponda, vi era salito in cima ed avea potuto osservare quanto gli premeva vedere. Di ritorno al Quartier Generale Principale, riceveva pressante avviso da Persano , che al suo apparire nelle acque del Garigliano, l'Ammiraglio francese, che con parecchi legni incrociava innanzi a Gaeta, gli avea fatto sapere ufficialmente, che si sarebbe opposto colla forza a qualunque cosa egli fosse per intraprendere dal mare contro le opere o le truppe Borboniche. Sl strana intimazione contrariava grandemente le viste di Fanti, ma le nostre relazioni colla Francia erano tali, che non ci permettevano di non tenerne conto, ponendoci a repentaglio di una conflagrazione della nostra marina colla francese. Fu quindi deciso che il Re telegrafasse direttamente all' istesso Imperatore Napoleone, chiedendo spiegazioni su tale proposito. Nel giorno seguente, un responso imperiale ordinava all'Ammiraglio francese di « lasciar libera l'azione della Squadra Italiana nelle acque del Garigliano •; ed in conseguenza di ciò si potè calcolare, che al momento voluto non ci avrebbe fatto difetto la cooP.erazione dei nostri legni da guerra.


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el 1.0 ovembre Cialdini, raggiunto dalla Sezione di ponte fatta ve ir da Capua, comincia i lavori occorrenti sul Garigliano, ma questi trovano gravi intoppi per le ripide e profonde ri lel nume, e per la malagevolezza delle strade, per cui convien condurre il materiale radunato. De Sonnaz, che ha potuto avere dal mare quello che a lui occorre, lo ha raccolto presso la torre, ma non può condurlo in riva al fiume, perchè il nemico o talo sull'altra riva mantiene un fuoco vivissimo. Per superare anche que lo ostacolo, la Compagnia dei Zappatori, che gli era lata data pel getto del ponte stesso, comincia a fare un cammino coperto che dalla torre avanza sul fiume. l mattino del 2, il fnoco nemico diviene sempre più mo l sto, d i preparativi del ponte ne sono talmente ralentati, da far temer che il medesimo non sia in ordine al momento voluto. In allora sessanta Bersaglieri del 24. 0 Battaglione, che sta in avampo li in quella localih1, entrano su di una Lancia inviata dalla . quad ra , approdano sulla sponda nemica, si slanciano gagli<rdamen te sui Cacciatori Borbonici, ne uccidono parecchi, fra i quali il loro stesso Capitano, ne fanno prigionieri un centinaio re Lano cosi in possesso di detta sponda. Si possono allora intrar rend re liberamente gli ultimi preparativi per venire al getto del ponte, senza che il nemico osi riprendere la perduta posizione. Era lecito per ciò lo sperare che pel giorno seguente i due ponti sarei ber o compiti, e che Cialdini e De Sonnaz avrebbero potuto passarli ed inziare il loro attacco delle posizioni nemiche. In pr vici nza di . ciò, il Generale Fanti avea fatto pervenire al Vice Ammiraglio Persano l'invito di avvicinarsi colla Squadra nel corrent giorn o alla spiaggia su cui accampavano i Borbonici, e di aprire contro di essi il suo fuoco per gettare l'allarme e il diordin fra loro e facilitare cosi il successo che si voleva ottenere nel giorno successivo. La nostra Squadra infatti; all'una del pomeriggio avea dato 1 llorbonici abb•nOonano ll Gaprincipio ad un forte cannoneggiamento sul campo Borbonico, ed rlgllnno. in breve vi avea cagionato danni, ma più ancora spavento e terrore. Le Fan terie avevano preeipitosamente levato il campo portandosi al coperto del nostro fuoco sugli ultimi declivi dei colli di Traelto, e di là attraverso ai campi e per piccoli sentieri, volte le paU al Garigliano, avevano presa la via verso Gaeta. La Ca''alleria l'AT'tiglieria, i Bagagli, confusamente si accumulavano ulla grande strada, ed essi pure si ritiravano nella stessa dire· zione. Non era andato guari pertanto, che l'intiero accampamento


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si era trovato deserto d'uomini e cavalli, e solo vi erano rimasti attrezzi, armi e bagagli abbandonati. Un tanto panico del nemico era ·stato prodotto da brevissima durata del fuoco della Squadra, perchè poco appresso il suo prin~ cipio, l'Ammiraglio Francese avea fatto invitare Persano a desistere, osservandogli che egli agiva fuori delle acque del Garigliano, lo che non poteva da lui permettersi. Comunque, i Borbonici,. abbenchè fosse cessato il fuoco della Squadra, non si arrestarono per questo nella loro precipitosa ritirata. Si tentò dai più animosi dei loro Ufficiali di fermarli nell'ottima posizione di Monte Scauro per ivi riordinarli; ma tutto fu indarno, e la disordinata moltitudine non si ridusse a sostare che allorquando si trovò sicura dietro i villaggi di Mola di Gaeta e Castellone, quasi a portata del cannone di Gaeta. Il De Sonnaz, che dal suo campo aveva potuto vedere un tanto scompiglio, mandava sollecitamente il 3. 0 Reggimento Gra~ natieri ad occupare il ponte sospeso della grande strada di Gaeta, che fu trovato col tavolato e le traverse abbruciate, e quindi inservibile. Il 14.o Bersaglieri poi si portò a rinforzare il 24.o. presso Torre del Garigliano, onde meglio proteggere e assicurare la costruzione ed il possesso del ponte che già si era cominciato a gettare. :'>farcia in aL'abbandono del Garigliano rendeva manifestamente inutile vanti della Diviper noi il progettato attacco pel giorno appresso, ma ci consigliava sione De Sonnaz. per altro di non indugiare punto a renderei padroni della sua sponda destra, onde impedire un ritorno sulla medesima delle forze nemiche. Conseguentemente il Fanti , nella sera del 2, mandava ordine a Cialdini perchè nel mattino del 3, facesse passare il fiume a due de' suoi Battaglioni Bersaglieri, i quali perlustrassero le terre di Traetto e Castel Onorato, non che la valletta dell'Ausente, e riferissero prontamente sul risultato. Anche al De Sonnaz venne prescritto di far avanzare dalle posizioni, che egli avea prese sulla destra del Garigliano, due Battaglioni Bersaglieri fino oltre Monte Scauro, per far pronto rapporto del come il nemico si teneva da quella parte. Nel frattempo che ciò si sarebbe operato, le rimanenti forze di Cialdini e De Sonnaz, dovevano effettuare il loro passaggio sul Garigliano pei rispettivi ponti da loro costrutti, e guadagnare così la destra del fiume, portandosi De Sonnaz in prima linea fino a Monte Scauro sulla strada di Gaeta , e Cialdini tenendosi, più indietro sulla medesima strada, presso il ponte sospeso. In effetto però solo il primo potè in giornata eseguire l'ordinatogli passaggio


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o cupar Monte Scauro; il secondo - in forza che il ponte g1a gettato in faccia a Sujo, era riescito di un difficilissimo accesso, . p cialment pei carriaggi e le Artiglierie a motivo della grande altezza d ile sponde e del basso livello delle acque del fiume, ed an he er ssere la strada che vi conduceva assai malagevole dovè rinunziare a passarlo. Venne per ciò stabilito che si levasse il ponte cr ttat in faccia a Sujo, e lo si inviasse presso il ponte . o pe o della grande strada, ove sarebbe ricostrutto per dar passaggio alla 7. 8 Divisione e alla Cavalleria, che vi si dovevano dirirrere dc anta Maria della Piana. La 4.• Divisione, coi Bagagli, movendo da Castrese, si sarebbe condotta all'altro ponte sulla foce lel fiume, già costruttovi da De Sonnaz. on que la modificazione alle anteriori disposizioni sperava il Generale anti, che pel giorno successivo avrebbe avuta la totalità delle ue forze sulla destra del Garigliano per valersene ad attaccare risolutamente il nemico, il quale, dalle ricognizioni operate dai quattro Battaglioni Bersaglieri, gli era risultato aver sgomberato completamente tutto il tratto di paese dal Garigliano a Mola di Gaeta d esser-si fortemente postato innanzi a questa grossa b01•crata. lnh!hl ion l del E grandemente importava al Capo di Stato Maggiore del Re Borbonic i e de l l''B fi\ 1. di venir enza indugio a tale attacco per le seguenti ragioni: Per quan to gli era noto, le forze Borboniche ripiegate dal Vollurno, dopo avere lasciato il dovuto presidio in Capua di oltre a 12,000 uomini, dovevano contarne ancora verso i 25,000, ai quali, ragli stato riferito, che stavano per unirsi altri 5, o 6000 che il Colonnello Lagrange avea raccolti dai presidj di Sora, Arpino, Monte S. Giovanui, Arei e Pico, e che già, per la strada conducente da quest'ulljmo paese ad Itri, erano in moto alla volta di Gaeta. Ora al credere d l Fanti, i Generali Borbonici coi 30,000 uomini di cui andavano a disporre, avevano di che completare il presidio occorrente per difendere la Piazza di Gaeta, e mantenersi all'aperto con un Corpo no n minore di 25,000 uomini, che tenendosi padrone della strada da Gaeta a Itri , e delle due che da questo vanno a Pico e C pr<mo sulla destra, e a Fondi e Terracina sulla sinistra, restava in diretta comunicazione col territorio Pontificio per rica' 'arn ogni sorta di risorse, e quindi era perfettamente in grado di manovrare verso Gaeta contro di noi, che l'andavamo a cingere l'a~ sedio. Con ciò la guerra non poteva più avere quel pronto termine che p r ragioni politiche e militari urgeva avesse. Per mandare a vuoto queste manifeste intenzioni del nemico, il Generai Fanti non vedeva miglior mezzo di quello di marcia~


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risoluto nel giorno veniente con tutte le sue forze contro le posizioni occupate dai Borbonici, e attaccarle per ogni dove da terra e da mare con impeto tale da rompere e sfondare ogni loro ordinanza. Ponendoli cosi in pieno disordine e dirotta, Fanti era persuaso di poter riescire a cacciare la maggior parte dei loro Corpi battuti contro la Piazza di Gaeta, e loro precludere la strada, che subito al di là di Mola di Gaeta e Castellane volge per Itri. Ottenendo simile risultato, la guerra era fmita ad un tratto, perché le battute e demoralizzate truppe 'Borboniche, )errate entro e attorno a Gaeta, dovrebbero ben tosto darsi per vinte. Con tale risoluzione, che certo non poteva essere più acconcia al caso, il Generai Fanti faceva noto al De Sonnaz di tenersi pronto a combattere pel giorno appresso, e raccomandava al Cialdini di fare il possibile perché nell'indomani il suo Corpo avesse passato il Garigliano, e potesse avanzare su Mola di Gaeta per prendere parte al combattimento , che non mancherebbe di impegnarvisi. Al Vice-Ammiraglio Persano dom1r11dava che dal mare facesse molestare la destra borbonica presso Mola di Gaeta e Castellane. Egli medesimo avrebbe preso il comando in persona per dirigere l'azione generale. t llorbonicl a Vuolsi ora gettare un colpo d'occhio dalle parti di Gaeta per Mola di Gaeta. osservare come vi si disponessero i Borbonici per ricevere l'attacco che dovevano prevedere imminente. Essi erano divisi in tre distinti Corpi, uno dei quali costituiva la forte guarnigione della Piazza di Gaeta, e gli altri due sommanti ognuno a più che 10,000 uomini, con 46 pezzi e 4000 cavalli complessivamente - stavano agli ordini dei Generali Salzano e Ruggeri. Il primo occupava Mola di Gaeta e Castellone e più indietro la spianata di Monte Secco, ai piedi della Piazza di Gaeta. n secondo si teneva come ~n riserva nella Valle di Sant'Angelo, lungo la strada di Itri a breve distanza dal punto ove questa mette capo in quella che da Mola di Gaeta va a Gaeta. La posizione, che in prima linea doveva difendere il Generale Salzano si prestava mirabilmente all'uopo, perché conformata nella seguente guisa. Gli elevati e scoscesi colli che sovrastano ai due paesi attigui di Mola di Gaeta e Castellone, lasciano fra il loro piede e la spiaggia del golfo di Gaeta un' angusta striscia di piano, che forma stretta, sulla quale sorgono i caseggiati dei due suddetti paesi. Dinanzi all'ingresso orientale di Mola corre al vicino mare un largo e profondo rivo , detto il Fossatello, che quasi ad arco, per un buon tratto, avvolge la strada che conduce al paese , e quindi sale dirupato lunghesso i colli fino oltre il

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villaggio, detto di Maranola, e costituisce per cotal guisa una eccellente linea difensiva sul fronte di Mola da questa parte. La strada per cui da Monte Scauro si accede a Mola , costeggia il mare, si distende in linea retta sull'ultimo dolcissimo pendio del colle che di.qcende da Maranola , ed è pienamente dominata di fianco da questo e di fronte dalle alture vicine di Madonna di Ponza e di Sant'Antonio. Sulla medesima strada, a due chilometri innanzi, passa altro rivo, oltre il Fossatello, detto Acquatraversa, e che forma una nqova linea avanzata difensiva assai buona. Di queste favorevoli posizioni il Generale Salzano aveva saputo approfittarne nel seguente modo. Una prima linea di ava~posti si distendeva lungo l'Acquatraversa dal mare fino ai cascinali del vicino colle, denominati Acqua-lunga. Parecchi Battaglioni occupavano come in riserva il ponte della Croce, a metà strada da Mola. Il villaggio di Maranola, discosto circa tre chilometri da Mola, era òccupato sulla sinistra da quattro Compagnie di Carabinieri Esteri, che difendevano quell'altura con quattro pezzi di montagna. Minori distaccamenti si tenevano lungo il corso del Fossatello, scendente verso Mola e sulla propizia elevazione di Madonna di Ponza si 'erano collocati altri due pezzi da montagna, che battevano di fianco la grossa strada al piano e tutte le pendenze vicine. Più indietro di questa elevazione, sull'altra di S. Antonio, erano stati trascinati (lue pezzi di grosso calibro, che colla loro lunga portata prendevano quasi d'infilata la grossa strada. A destra e a sinistra dell'ingresso del paese, tutte le case e cinte che vi si trovarono erano state preparate a difesa, e all'imboccatura della strada due forti Batterie parapettate vi si erano costrutte ed armate di grosse Artiglierie, che spazzavano la strada e i laterali terreni. Più a destra, e precisamente presso la foce del Fossatello nel mare, si erano fatti condurre cinque grossi cannoni, di cui si poteva valersene tanto per battere allargo il mare~ quanto la spiaggia laterale alla strada. Lungo i due paesi di Mola e di Castellone, al momento opportuno si sarebbero disposte altre truppe per formare la seconda linea dei combattenti ; più indietro, fra Castellone e il sobborgo di Gaeta detto la Spiaggia, le riserve. All'occorrenza anche Ruggeri potrebbe intervenire al combattimento. llrlll.une r.• tt., Muoveva intanto la Divisione di De Sonnaz da Monte Scauro d' orml ti! ~1011• tl l u~riA. verso Mola di Gaeta, e non era partita che alle ore 11~ perchè cosi il Corpo di Cialdini, che si sperava avesse già passato il Garigliano, potesse seguirla da presso. La marcia progrediva


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in quest'ordine precedeva, sulla grande strada il 24. 0 Bersaglieri seguito da una Sezione d' Artiglieria, poi veniva la Brigata Granatieri Sardegna, quindi il resto delle Artiglierie, e formava coda il 3.0 Granatieri di Lombardia. A guardarsi e rischiararsi sulla destra, il14. 0 Bersaglieri, sotto l'immediato comando dello stesso Capo di Stato Maggiore della Divisione, dovea battere le colline da quella parte e volgere in direzione di Maranola, ove era noto che si trovavano alcune truppe nemiche. Poco dopo che s' era posta in marcia, la suddetta Divisione era stata raggiunta dal Fanti, il quale, appunto allora avea ricevuto avviso da Cialdini delle molte difficoltà che nella notte scorsa e nel mattino stesso avevano contrariata la costruzione e l' assodamento dei ponti sul Garigliano, per cui era prevedibile che egli assai difficilmente avrebbe potuto in giornata far passare le sue truppe ed avanzare verso Mola di Gaeta. Dispiacentissimo di un simile contrattempo, il Fanti - senza disperare che Cialdini riescisse a raggiungerlo in tempo utile si era fatto seguire da due Squadroni di Novara Cavalleria, che alla bell'e meglio avevano passato il fiume e, nel congiungersi con De Sonnaz, gli avea rinnovato l'ordine di avanzare risoluto sopra Mola di Gaeta e di attaccare il nemico ovunque lo incontrasse, e ciò anche in vista del molto effetto che sperava produrrebbe sul medesimo l'azione a cui era stata invitata la Squadra. Cammin facendo infatti si erano viste alcune navi di questa avvicinarsi a Mola di Gaeta e aprire il loro fuoco contro di essa, a cui rispondevano i pezzi collocati presso la foce del Fossatello; ma poco dopo si videro pure due legni staccarsi dalla Squadra francese, ancorata presso Gaeta, e andarsi ad interporre fra Mola di Gaeta e le navi nostre che la cannoneggiavano, impedendo cosi a queste di continuare il loro fuoco. Anche ciò era una nuova contrarietà agli intendimenti del Fanti; ei non volle però darvi troppo peso e preoccupatissimo di non lasciar tempo al nemico, si mantenne fermo nel proposito di attaccare senza veruna esitanza colla sola Divisione Granatieri, sul Generale e soldati della quale aveva completa fiducia. E que!lta non andò fallita come vedremo qui appresso. Verso il tocco e mezzo le prime nostre vedette di marcia, giungendo presso Acquatraversa, s' erano scontrate colle vedette degli avamposti nemici, e ne avevano mandato pronto avviso al De Sonnaz, che insieme al Generale Fanti marciava coll'avanguardia. Tosto si fece prendere alla Divisione il seguente ordine di combattimento. Il 24. 0 Bersaglieri distese la sua catena di


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tiragliatori dal mare fino al piede dei colli vicini, coprendo la Sezione d'Artiglieria che lo seguiva per la strada; presso di essa Sezione avanzò un Battaglione del 2. 0 Granatieri. Le altre due Sezioni della Batteria, conducendosi a sinistra della strada, verso il mare, si tennero dietro i Bersaglieri, nella· stessa linea. deW altra Sezione, e furono protette da altro Battaglione ·del2. o Granatieri. Il i.0 Granatieri prese a destra della strada e si dispose a scaglioni di Bat.taglioni, con quello di ~estra avanzato fin presso i Bersaglieri. Dietro il 1.0 Granatieri si tennero seiTati fu colonna i due rimanenti Battaglioni del 2. 0 • Più indietro ancora, ma lateraliminte alla sinistra della strada, rimase in riserva il 3. o Granatieri Lombardia, con cui si fermarono pur ·anco le altre tre Batterie di cui disponeva la Divisione. I due Squadroni di Novara rimasero in riserva. Impégnatosi il fuoco di Arti-glieria e di Fanteria fra le due parti, ben presto si pronunziò .il nostro avanzare su tutta la linea · e il ripiegarsi dei Borbonici : ma quand~ le nostre truppe· si trovarono a ·portata !;lei pezzi piazzati alla foce .del Fossatello, alle due barricate centrali, a Madonna di Ponza e a S. Antonio; convenne arrestarsi per rinforzarSi onde. poter procedere oltre. Nè a progredire voleva indursi il Fanti, se prima non era sicuro che il combattimento già impegnato sulla nostra estrema destra, a Maranola dal 14.0 Bersal{lieri, non avesse avuto pieno successo. Quivi l'azione s'era fatta molto calda, perché i Carabinieri Esteri coi loro quattro pezzi da mq.ntagna, si sostenevano gagliardamente contro i ripetuti ·attacchi del suddetto Battaglione. · A decidere il combattimento da quella partè si risolse fra il · Fan ti e il De Sonnaz di inviarvi il più avanzato Battaglione degli scaglioni del 1.0 Granatieri, il quale salendo sui ~anchi del colle abbracciato dal Fossatello e dall'Acquatraversa, doveva accennare ad · avvolgere la posizione di Maranola. L'effetto di questa manovra non tardò molto a pronunziarsi, e perciò le quaitro Compagnie ·Ca:. . rabinieri Esteri, vedendo minacciate le loro comunicazioni· con Mola, cominciarono a ripiegarsi v~rso questo villaggio per unirsi ai distaccamenti che si tenevano lungo il corso del Fossatello. Ma il 14.0 Bersaglieri non ne dà loro il tempo, e con pronto movimento portatosi sulla propria sinistra, e spianate le bajonette, carica arditamente le Compagnie e loro preclude la strada di Mola , costringendole a ripiegarsi confusamente al ·settentrione di Màranola. Ottenuto questo successo ìl Comandante del f4. 0 Bersaglieri lascia un distaccamento nell'ora detto villaggio e col resto del Battaglione prende la via che scende da Maranola su -Mola per unirsi al Battaglione Granatieri che gli si. é inviato

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incontro, e agire col medesimo sulle posizioni in cui i vede ancora piazzata altra truppa nemica, ossia a Madonna di Ponza e a S. Antonio. · Frattanto, non si tosto che dal piano i Generali Fanti e De Sonnaz si erano avveduti che il 14.0 Bersaglieri era rima to padrone di Marano la, avevano ordinato a tutto il l ro fronte, che momentaneamente, come si disse, erasi arrestato, di avanzare di nuovo, e a tal fine lo avevano riordinato in quPsto modo. Comprendendo tutta l'importanza di sbarazzarsi della ~inislra nemica prima di attaccarne il centro, a rinforzo dei Her~aglieri e Granatieri avviati su Madonna di Ponza si {aceva avanzare un,, dei due Battaglioni del 2. 0 tenuti in seconda linea. Il Battaglione che stava colla Sezione postata sulla grande lrat!a uye;1 appoggiato a destra in sostegno dei Battaglioni del 1.", rim<tsli sempre in scaglioni da quella parte. L'altro Battaglione 1lcl ~. o che stava in seconda linea dei menzionati scaglioni, esso purP avaH:laY<t a sostegno sulla destra della prima per surrogarvi il Raltag-liuJto già inviato verso Maranola. Una intiera Batteria, di qu Ile l 11ult> in riserva, si portava avanti sulla strada e andava a cullncarsi al fianco della Sezione ivi stabilita, per darle mano a control,atlcre il vivissimo fuoco dei pezzi , che munivano le due Bnllerie parapettate nemiche. Il 3.0 Reggimento Lombardia seguì la suddetta Batteria, e si tenne presso la strada a scorta della m d sima c pronto a muovere innanzi, quando ne ricevesse l'ordine..\ sinistra della strada, verso il mare, non si giudicò occorrere vcruH rìnforzo alle due Sezioni d'Artiglieria che vi stavano eu lotlite da l quarto dei Battaglioni del 2. 0 Granatieri. Tutta la catena dci Bersaglieri che copriva il nostro fronte si restrinse sulla sj u istra, e a destra venne surrogata da qualche Compagnia dei Granatieri. Rinforzato cosi il proprio fronte , fu possibile il progredire sensibilmente verso la forte linea del Fossatello. Ma quivi i Borbonici sono in si favorevole posizione, che nbn si ponno attacLare con troppa impi'udenza. Postati dietro il Fossatello - c!Je fra. il mare e l'altura di Madonna di Ponza, in forma di arco anolgc lil strada per cui si perviene à Mola e le adiacenze di essa - l1tngo lo sviluppo di questo vasto arco, contro di cui cammina la Divisione De Sonnaz, stanno i pezzi della foce del suddetto rivo, quelli delle Batterie dell'ingresso del paese, i pezzi di montagna clrlla ~la­ donna di Ponza, e alquanto più indietro quelli di Sant'AuloBio. Lunghesso poi la sponda del torrente, si tengono appi;tllali numerosi tiragliatori, che si distendono dal mare fino oli u a ~la· donna di Ponza. Il fuoco che Artiglierie e tiragliatori r.wenlllu


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om ergere sulla strada, rendeva estremamente pericoloso l'avanzarsi per l med ima a chi doveva assalir~. e impadronirsi dell'ingre o di .Mol . Era manifesto che un tale colpo non si poteva tentar con peranza di buon successo , se non che' allorquando i fo e p lato il nemico dalle dominanti posizioni della sua sini tra tù F ssatello, sulla Madonna di Ponza e su Sant'Antonio. Allora ollant i nostri Granatieri, non molestati sul loro fianco de tro, potevano cimentarsi al pericoloso attacco di fronte. Coer nt mente a ciò, il Generale Fanti avea convenuto col De onnaz, elle si avesse a ordinare al 14.0 Bersaglieri, che stava discendendo da Marauola, e ai due Battaglioni Granatieri inviati in suo rinforz , di manovrare d'accordo fra loro per attaccare di li neo la ini tra nemica fra Madonna ùi Ponza e Sant'Antonio, onde rica ciarla in ietro. Mentre ciò si elfetluerebbe sulla nostra destra, l Artiglierie della strada avrebbero raddoppiato il loro fuoco contro quelle dell'ingresso di Mola per danneggiarle il più possibile e facilitar cosi l'assalto delle Fanterie , il quale dovea pronWlziarsi contemporaneamente contro le Batterie dell'ingresso del pae e e contro la linea del Fossatello nel piano. A norma delle indicate prescrizioni i tre Battaglioni, che diremo di faranola, con ben combinata manovra sonosi volti contro la sini l.-a n mica, e dopo serio combattimento sono riesciti a cacciar il nemico e dall'alto del Fossatello e da Madonna di Ponza, ed anche da 'ant'Antonio, avendo potuto impadronirsi di parte d Ile rticrli rie postate in dette posizioni. Gli otlo nostri pezzi in batteria a cavallo della grande strada, essi pure hanno~ ottenuti vantaggi sulle Batterie parapettate nemiche, percl.t · ne hanno smontato qualche pezzo , e cosi hanno re o m no micidiale il loro fuoco. Il Geu ral Fanti pertanto - che insieme al De Sonnaz si era ·empre tenul in prima linea per rendersi esatto conto di quanto avveniva e ùi quanto si"dovea fare -reputò giunto il momento proI izio per venire all'attacco generale. ~'attone cenno al Generale De onnaz, q u ·ti ordina la carica alla bajonetta su tutto il suo fronte, li medesimo alla testa della colonna che marcia per e po tosi la grande strada contro le due Batterie parapettate, la guida e la pre·ede all'ordinat assalto; e col De Sonnaz s'accompagna pur anco hravam nte il Fanti. · Vivis ·imo fuoco d'Artiglieria e moschetteria, che per ogni dove parte dall'intiera linea del Fossatello, accoglie il nostro asalto, ma 1 on arresta i Bersaglieri e i Granatieri, che si gettano audacem nte . ul Fossatello e sulle Batterie. Gli stessi Fanti e

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De Sonnaz, messo piede a terra, da prodi soldati, marciano fra i primi sulle due Batterie nemiche. L'impeto del nostro assalto generale e l'apparire sulla sinistra del nemico dei Bersaglieri e Granatieri scesi da Madonna di Ponza .finiscono per scacciare dal Fossatello, quindi dalle cinte murate, dalle case e dalle stesse Batterie i loro difensori, che in pieno disordine si ritirano attraverso Mola di Gaeta Quivi penetrate le nostre truppe, si sono alquanto riordinate, e quindi hanno di nuovo proceduto oltre. Al giungere però là dove, dopo un certo tratto di terreno aperto, riprendono i caseggiati dell'altra parte del villaggio che si chiama Castellone, s'incontrano di nuovo col nemico, che vi si è stabilito con Fanterie e Artiglierie postate sulla strada, nelle case e a sinistra nel recinto del Campo Santo. La colonna centrale di De Sonnaz si spinge allora contro i caseggiati di Castellane, e i Granatieri e i Bersaglieri avanzati da Madonna di Ponza e Sant'Antonio assaltano il Campo Santo. Non si prolunga molto la resistenza dei Borbonici su questi due punti, dai quali vengono vigorosamente scacciati. Uno dei pezzi, piazzati allo sbocco di Castellone in Mola, sta per cadere in nostre mani, ma l'Ufficiale, che lo comanda, vi si fa bravamente uccidere sopra, e riesce a salvarlo. Padrone ancora di Castellone le nostre colonne si riordinano di nuovo e stanno per gettarsi alle calcagna del fugato nemico, ma il Generale Fanti ordina che si sospenda ogni ulteriore inseguimento. La poca forza di cui egli sa di poter disporre, in causa che il Corpo di Cialdini non ha potuto giungere sul campo del combattimento, lo consiglia alla prudenza e gli impedisce di fare quanto si era proposto, ove avesse avuto sotto mano la totalità delle sue forze, come si disse altrove. Viene pertanto da lui ordinato che due obici avanzino sollecitamente da Castellone con sufficiente scorta e vadano a piazzarsi al bivio delle due strade di Gaeta e Itri , e di là aprano il loro fuoco contro le ultime colonne nemiche che si vedano in ritirata , protette da una numerosa massa di Cavalleria. L'effetto di questo fuoco fu efficacissimo, perché in breve si scompaginò e volse in disordine verso Gaeta la Cavalleria; e molti dei fantaccini, già fuggiaschi, per non restare in coda alla colonna che si pressava sulla spiaggia del mare, si gettarono in questo per sopravanzare al nuoto i loro compagni e trovarsi fuori del tiro dei nostri obici. Fu tale lo scompiglio e lo sgomento che s'impadronì delle truppe Borboniche, in seguito alla toccata disfatta, che tutte si 27


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pr cipitaruno v rso Gaeta per saharsi entro le sue mura, a talh la Piazza dovè chiudere improvvisamente le sue porte per imp dire eh il lo ro tumultuoso ingresso produce~se gravi inconv ni nli nel suo interno. ompat a b en presto ogni ulteriore traccia di nemico e venuta l buja ra Fanti fece porre il campo nel seguente modo. ue Batla0'1i ni ersaglieri, coi due Squadroni Lancieri Novara , i po l rono in avamposti sulle due strade di Gaeta e di Itri. Il : , 0 Granalieri Lombardia, si tenne a loro .sostegno al bivio delle udùeltc strade innanzi a Castellane e con esso rimasero i due obici. 11 re lo della Divisione· con quattro Battaglioni Bersaglieri del orpo di 'ialdini, allora giunti, accampò dietro ·Mola di Gaeia, guardand i a de tra, con numerosi avamposti distesi sulle vicine allure, ùa duv . i poteva temere qualche molestia da colonne legger n m ich . Il brillauto fatto d'arme da noi descritto, era dumto dalle 'l tj 2 alle 5 l l l omeriggio. La Divisione De Sonnaz vi aveva fatti 300 pri(Tionieri e presi dieci cannoni e vi avea perduti 75 uomini fra i f]Uali o Ufficiali. Il contegno del Generale De Sonnaz fu up riore ad ogni elogio: quello del Generale Fanti e per ardita e intelligente iniziativa tattica e per bravura personale venne giudica o meritevole dell'onore più ambito dal soldato, la Medaglia d'or al valor militare. I BorboniCJitJ e· l mattino del giorno 5 la Divisione De Sonnaz veniva ragjlll iÙ da De n· nu ai dà n no pr1· giunta dall'intiero Corpo di Cialdini, e siccome il Generai Fanti I(IOO I~ tl ai I- ran • e§l. av va ili già deliberato di valersi della suddetta Divisione per gettarla dietro alle truppe che sapeva tenere il Generale Ruggeri in al ngelo o i dispose immediatam•mte che i nuovi venuti la urro 0 a ero in prima linea, e questo si operò nel seguente modo. I q ualtro Battaglioni Bersaglieri furono fatti salire sul Monte onca e di ·lrihuiti in avamposti sui fianchi del versante che prospetla a Gaeta, e dell'altro che si chiude all'ingresso della Valle di . Angelo. La 7.a Divisione si portò innanzi a Castellane e accamp. nd n l piano che forma lo sbocco di detta valle presso la spiaggia del mare, spinse i suoi avamposti sulla strada che conduce a Gaela lì no a Colle S. Martino, collegandoli a destra con quelli dei B r ucrlieri di Monte Conca. Anche dal lato della valle i allocarono al tri avamposti a cavallo della strada di Itri, i quali si po ero in relazione a sinistra coi Bersaglieri, e a destra si prolw guron sul Jìanco meridionale di Moute Costamezza. La 4.a Divi ion fu lenuta al di là di Mola, e dietro di essa rimasero i Reggim nli Lli Cavalleria, meno quello dei Lancieri di Milano


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che fu addetto alla Divisione De Sonnaz, alla quale veniva erbato l'incarico più sopra accennato genericamente, e che ora veniamo a specificare. Da un dispaccio intercettato ad una stazione telegrafica in vicinanza di Gaeta, si era visto che il Generale Ruggeri scriveva al Comandante Generale in Capo Borbonico, essersi egli ritirato colla sua Divisione per la strada di Itri, fino alla stretta gola di S. Andrea ove si era arrestato, ed aveva occupata la posizione, non che i ùue fortini che la difendono con otto pezzi di grossa Artiglieria. Un tale annunzio 'faceva ragionevolmente supporre al Fauti che il Generale Ruggeri, da quel punto si proponeva di attEmtlerc i rinforzi che dovea condurgli il Colonnello Lagrange, per poi operare insieme in ajuto di Gaeta. Volevasi pertanto non perdere tempo per fare abortire un tale progetto, e quindi il Generale Fauti colla consueta rapida iniziativa di propositi, prescrisse al De :Sonnaz di marciare sollecito colla Brigata Granatieri Sardegna, il t'~." e 24.0 Bersaglieri, le sue Batterie e il Reggimento Lancieri di Milano, per raggiungere Ruggeri e disporsi ad attaccarle il giornu appresso sul fronte della sua posizione di S. Andrea. Da tergo pui si sarebbe pronunziato contemporaneamente altro attacco rlal 3.0 Reggimento Granatieri di Lombardia, il quale venuta la era del 5 si sarebbe imbarcato su alcuni legni della Squadra, e allo spuntare del giorno sarebbe sbarcato in conveniente posizimte per mardare alle spalle di Ruggeri e attaccarlo non si tosto eutisse aperto il fuoco da De Sonnaz. Da questo doppio atta cn sperava il Fanti di ottenere la cattura dell' intiero Corpo di R ug geri, e di torre quindi a Gaeta lo sperato soccorso delle sue truppe nonchè di quelle del Colonnello Lagrange. Il colpo per vero dire era stupendamente preparato, e se falli non fu per intrinseco suo difetto, ma perchè Ruggeri nello s te~::;o giorno 5 riceveva un dispaccio da Re Francesco, nel quale gli cnr ordinato di abbandonare 'la sua posizione, condursi a Terraciltf'l sul territorio Pontificio e quivi deporre le armi. In consegue11za di ciò esso Generale si era affrettato a partire verso la prescrittagl i destinazione, che non era certo molto onorifica nè per lui, ue per chi gliela avea imposta (1), quando anche la si voglia supporre suggerita da speranze fatte concepire al giovine Re, ·!t quei soldati e quelle armi potessero in seguito venirgli rese Jal (l) Della precisa esattezza di questo fatto fa fede un dispaccio che al parr del precedente cadde in mano del Generale Fanti, nel corso del giorno 6 11 che è registrato fra gli atti del suo Quartiere Generale.


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Ponli(icio. Comunque per altro noi abbiamo fatto men· z.ior di qu to rdine di Francesco II, perchè ci pare che la rep nsabilità d l bru tto atto compilo in quella circostanza dalla ivi. ione I'u " ri venga per cotal guisa a cadere su ehi glielo pr cri e anzi che su di lei, che pure era formata di soldati ilitliani. Ciò ia detto per altro al riguardo della sostanza del fatto, percbè circa al odo con cui esso venne condotto dal Generale Ru (l'geri- e non poniamo con lui i suoi subalterni, che forse erano ignari completamente dell'ordine da lui ricevuto - le cose non furouo condolt come si conveniva alla franchezza militare. A norma delle prescrizioni ricevute, il Generale De Sonnaz colle forze assegnategli era partito dal suo accampamento, e nella era del 5, senza aver incontrato traccia dei Borbonici, era pervenuto a Itri, d'onde nel mattino successivo avea ripresa la strada " rso Fondi, per uaso di dovere ben presto incontrarsi col nemico. D'allra part , il Generale Isasca, venuta la sera del 5, si era imbarcato ol 3. 0 Granatieri sulle Fregate Vittorio Emanuele, Governolo Tancredi, e sulla cannoniera la Veloce, comandate tutte dal Capitano Albini. Allo spuntare del 6 questi legni entravano nelle acque di Tenacina, e la l'eloce si era fatta avvicinare a terra nella parte d l confine napoletano per trovare un punto acconcio allo barco d i ranatieri. Ben presto per altro essa avea fatto ritorno, riferendo al Generale Isasca, che essendole risultato nella ua e plorazione che l'intiero Corpo Borbonico erasi condotto sul t rritorio Pontifi io e accampava attorno a Terracina, essa aveva creduto bene avv icinarsi al porto di detta città per verificare la co a. oggiung v poi,_che al suo presentarsi innanzi a quel porto era lata avvicinata da una barca, nella quale stavano un Colonnello, un Capitano Borbonico ed un Capitano di Stato Maggiore France. e, i quali le avevano domandato di salire al suo bordo per e ere condotti a conferire col Comandante della piccola quadra Sarda che si vedeva poco lungi. Venuti a immediato colloquio i suddetti tre Ufficiali col Generale I a a il Capitano Francese gli espone come avendo i Borbonici passata la frontiera Pontificia, custodita ora da truppe France i, egli aveva ricevuto ordine dal suo Generale Goyon di far deporre le armi i medesimi. Che avendo per altro sentito da questi come avrebbero preferito venire a trattative cogli Italiani, e o Capitano i era creduto autorizzato a sospendere l'esecuzione del ricevuto ordine per dare campo a che si aprissero le dette traltative, e a questo fine egli avea personalmente accompagnati i due fficiali Borbonici. '

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Il Generale Isasca si mostra disposto a entrare in trattati e, ma significa ai due Ufficiali Napolitani, che le medesime non po sono aprirsi se non che in base alla loro immediata resa a di cr zione. Questi domandano sia loro accordato di spedire a Gaeta un Commissione per esporre al Re Francesco le condizioni attual i del Corpo di Ruggeri, e prendere ordini in proposito: p o h e ore sarebbero bastate per averne risposta, e queste si potevano anzi fissare. Frattanto essi ponevano per base alla loro resa i seguenti patti: consegna d'armi, cavalli e materiale; Ufficiali e soldati libet'i di rientrare nelle loro famiglie; viaggio e trasporto assicurato a tutti, con quindici giorni di paga; tempo quindici giorni agli ffìciali per decitiersi a lasciare il servizio, o riprenderlo neli'Esercit Italiano, per chi si ritirerà, assicurata la pensione se vi abbia ùiritlo, e conveniente sussidio a chi non lo avesse; per chi riprend rà servizio, gradi attuali garantiti. Il Generale Isasca rispondeva non avere poteri che per accettare la resa incondizionata, e che delle domande rivolt 0 li non poteva far altro che riferirne al Capo di Stato Maggiore d 1 Re, e al suo Geuerale Divisionario De Sonnaz, a cui ne anda a a dar parte immediatamente per mezzo della Veloce. Soggiungeva nello stesso tempo, che se il Generale Ruggeri avesse creduto bene venire a bordo, potevasi forse secolui combinare meglio per una base di trattative. Tale invito recato a terra dai due Ufficiali Borbonici veniva accettato dal Ruggeri, che poco appresso in compagnia d l menzionato Capitano Francese si recava a bordo presso Isa ca. Si discute allora fra i due Generali, il primo dei quali vuole amm si i patti già esposti dai suoi Ufficiali, ed il secondo per lo incontro dice non credere che si possano concedere altre condizioni he quelle accordate ai capitolati di Capua. Una tanta divergenza di idee non permettendo di venire ad alcuna conclusione pratica, il Capitano Francese dichiara che non può differire più a luniTo l'esecuzione degli ordini ricevuti, e che se nulla sarà conchiuso prima delle ore 4 del pomeriggio, egli vi darà corso immediato. Con ciò Ruggeri torna a terra. A noi non è dato di sapere se il passo fatto dal Generale Ruggeri fosse in piena buona fede, e inspirato da ripugnanza a dar corso all'ordine del suo Re, o se diretto a guadagnar tempo per qualche riservato motivo, e non osiamo pertanto il fa rrrliene carico. Ciò che consta soltanto si è che al suo ritorno a Terracina egli ebbe un lungo colloquio coll'ex Ajutante di Campo del Lamoricière , Colonnello Martillet, e vuolsi ancora col fratello del


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ll i, e pare che in seguito di ciò egli prendesse luzione. cl mentt· l e queste cose succedevano nelle acque di Terracina, il n rate e Sonnaz nel mattino del 6 era partito da Itri per Fondi d era marciato fin presso alla frontiera pontificia, ove la ua a an uardia lo avea informato che i Borbonici l'aveano varcata e lavano accampati attorno a Terracina, su cui sventolava bandiera bianca. Nello stesso tempo gli perveniva il rapporto del Generale Isasca, nel quale gli si narrava l'avvenuto. Il vivo de iderlo di dare una pronta soluzione all'urgente caso elle· gli si pre entava, consigliò il suddetto Generale a far sostare le sue truppe tra Fondi ed il confine, ed a condursi personalmente a Terracina per abboccarsi col Generale Ruggeri, e proporgli quei più larghi palti he potessero risolverlo a consegnarsi nelle nostre mani . Trovati i i due Generali, sempre in presenza del Capitano France e De onn z si disse autorizzato al riconoscimento del grado per tutti gli Ufficiali , all'incorporamento dei soldati nel no tro E ercito, al riconoscimento dei prestati servigi per la penione, infine a garantire per le truppe estere il viaggio gratuito per ripatriare e quindici giorni di paga. Ruggeri, già vinto forse dalla conver azione avuta, rispondeva non potere accettare simili patti , e oslenere sempre quelli fatti ad Isasca. Si" attendesse quindi che la Veloce portasse la risposta dal Quartier Generale di Re Vittorio, ed allora egli si sarebbe deciso. Tali parole non erano che una fina arte adoperata dal Ruggeri per ma cherare la deliberazione già presa e nasconderla a De Sonnaz. nfatti quest'ultimo appena uscito dall'abboccamento avuto, mentre riprendeva la via di Fondi, venne raggiunto dal Capitano France e, il quale lo prevenne, che da quel momento le truppe Borboni be dovevano considerarsi prigioniere del Corpo d'occupazione Francese, ed in prova di ciò gli fece leggere il seguenle critto, all ra firmato dallo stesso Ruggeri: « Io sotto critto Giuseppe De Ruggeri, Generale Comandante « d l Corpo d'Armata Napoletano radunato a Terracina, dichiaro « i m pe(Tnarmi formalmente a depositare in Velletri · fra le mani (C delle Autorità Francesi o Pontificie, tutte le armi appartenenti " alle truppe, e mettermi in marcia oggi stesso per Velletri. <K

Terracina, 6 Novembre 1860. Cl

RUGGERI ».

• Per Copia conforme • Il c aplto.oo di Slato l4arsiore

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Per cotal guisa, ci sfuggirono di mano ben 12,000 uomini, che allora stavano a Terracina, e ciò che per vero dire fu pe gio aL ai, perdemmo le loro armi, i loro cavalli e le numerose loro Artiglierie. Come ben si vede codeste perdite non furono altrimenti attribuibili a mancanza di previdenza e di proYVedimenli per parte del Generale Fanti. Il modo per altro, con cui gli i tol ro di mano le Truppe del Ruggieri non deve aver lusingato gran eh l'amor proprio di chi vi era riescito. Nel giorno dopo anche le truppe raccolte da Lagrange imitarono l'esempio di quelle di Ruggeri, passando sul territorio Pontifici9, al confine di Ceprano. romento Nel corso della giornata del 6 il Generai Fanti avea p tito d iAbbo F ali con tz no. al campo Borbonico un suo Parlamentario al Generale alzan per domandare lo scambio dei 29 Bersaglieri fatti prigionieri al Garigliano con altrettanti prigionieri Borbonici, ed in riscontro aveva ricevuto un invito di esso Generale Salz;mo per venir ad un abboccamento sécolui nella sera medésima per trattare appunto dello scambio di altri prigionieri. Combinato il convegno alla Casa Arzano, sulla spiaggi , o ebbe luogo nelle prime ore della sera; ma non andò uari che il Fanti potè comprendere dall'avviamento del discor o d l al'Zano, che questi sotto il pretesto di scambiare un migliaj di prigionieri Garibaldini, che stavano in Gaeta, tastava il terreno p r indagare se mai fosse possibile il venire a trattative p r una capitolazione delle truppe battute due. giorni innanzi a M la, le quali, in numero di oltre a 12,000 uomini in più della norma! ll'Uarnigione della Piazza, erano un aggravio più che un vantaggio p r questa. Il nostro Generale, che precisamente su questa ir o tanza faceva.calcolo per la più pronta reddizione di Gaeta, non tralasci di far comprendere al suo interlocutore tutta l'impo ibilità h egli giungesse mai ad· ottenere consimil cosa. E ciò d llo pos fine ad un colloquio che non poteva avePe nessun utile t'i ultato. Nel giorno 7, essendosi ricevuta notizia del pas aggio delle Fanti lescla Il campo. truppe di Lagrange nello Stato Papale e non restan o per iò verun Corpo nemico che tenesse ancora la campagna, men quello addossato contro le mura di Gaeta entro di cui ben pr l aYr bbe a riparare, le nostre truppe non avevano più che ad intrapr ndere l'assedio di questa Piazza. Cessava per ciò la on enienza che il Re Vittorio rimanesse fra le medesime, ed era anzi necessario che egli partisse alla volta di Napoli, ove era chiamato da cure di Stato e dal voto di quanti; qualche giorno prima, con so· lenne plebiscito lo avevano proclamato loro Re.


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Il G nerale Fanti rimaneva sotto Gaeta onde attendere a sistemarvi il orp che veniva affidato al Generale Cialdini per in- . traprendero l'assedio di quella fortissima Piazza; quel Corpo si ompo d Ila 4.a e 7.a Divisione unitamenle al Reggimento dei Lancieri di 1\fllano, cui dovevano ben tosto aggiungersi gli occorr nti 1 er onali d'Artiglieria e del Genio. La Divisione di De Sonnaz, erli altt·i C rpi che avevano assediata Capua e la Cavalleria venivano de Linati a fornire i pregidj di Napoli, di Palermo e delle altre città del n uovo Stato aggiunto al Regno. Date que te e molte a.ltre occorrenti disposizioni, il Generale f anti nel aiorno 9 lasciava il Campo sotto Gaeta e raggiungeva in Napoli il Re, presso del quale lo chiamavano urgenti provvedimenti di pettanza del Ministero della Guerra, di cui egli da quel giorno rip rendeva l'alta amministrazione. "' 1!1Ulr."dwl!lro Vuol i ora dire alcun che sul merito intrinseco della seconda su11a Campagna eh il Fanti, quale Capo di Stato Maggiore del Re, avea diretto nel 18 . Es a presenta un carattere affatto diverso da quella combattuta poco prim nelle Marche e nell' Umbria, imperocchè questa si ria urne tutta in un ottimo preconcetto piano strategico, che ebbe la sua piena effettuazione sul teatro della guerra, e quella nel apoletano, per lo incontro, venne risolta mediante operazioni he ebbero ad ispirarsi alle circostanze del momento. Un piano preconcetto e generico lo aveva pur anche in questa Campauna il nostro Generale, come si ebbe a dire, e ciò nel suppo to che il ne mico colle poderose sue forze - nella robusta posizione su cui si teneva attorno a Capua a cavallo del Volturno, e nella posizione di Teano rafforzata da opere campali - fosse per attendere il suo attacco di piè fermo; ma quando Fanti vede di aver pre o abbaglio, non perde un solo giorno a dar nuovo indirizzo alle sue operazioni. Ogni mezzo, di cui egli può disporre p r terra e per mare viene da lui abilmente posto in opera: in tre giorni ha r accolto sotto Capua le occorrenti forze e il materiale per a ediare quella Piazza, e in altrettanti ha spinte sul Garigliano di fronte sul fianco del nemico tre Divisioni e la Squadra Navale. Studiata la posizione dei Borbonici e trovatala forte al centro, Fanti si di pone ad attaccarla sui fianchi, ma questi gliela abbandonano intiera quando, per invito del Fant~ la Squadra dal mare ha annoneggia to il loro accampamento. Il nemico però s'è chiuso innanzi a Gaeta in fortissima stretta, fra il mare e il monte, e sfida a baltaglia il Fanti. Questi non si. fa guari attendere e quantunque non ubl•ia in pugno che un terzo della forza di cui dispone :u op::1~~~~ .

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il nemico. lo attacca, ne sbaraglia ogni resistenza e lo rin er a sotto Gaeta: un solo drappello Borbonico gli sfugge, ma nel giorno appresso egli sta per afferrarlo, quando questo con armi bagagli si da prigioniero ad estera Potenza. Così ponno dirsi ultimate le operazioni in aperta ca pa(Yna, e non resta che l'assedio di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto perchè la guerra sia finita. Hanno potentemente contribuito a questi successi otlenuli dal Fanti, lo zelo e l'energia spiegata da Cialdini e da Della R cca, il primo dei quali, guadagnando due giorni sulla sua marcia ha potuto farsi padrone del Macerone, e il secondo spiegando ibrata operosità s'è impadronito di Capua in soli cinque giorni. La peonta ed ardita azione di Griffini al Macerone e la brillante bravur di De Sonnaz a Mola di Gaeta hanno esse pure mirabilmente e· ndata l'opera del Fanti. E lo zelo, l'instancabilità, la sofferenza ù ri disagi, delle privazioni e delle fatiche, che in questa e nella precedente Campagna, spiegarono indistintamente tutte le trupp Piemontesi, Lombarde, dell'Emilia e della Toscana di cui i componeva il Corpo di ·spedizione, furono pure ottimi elementi pei successi ottenuti dal Fanti e dai suoi Generali. A complemento dei fatti di guerra che appartengono a qu ar ia , M essinn. C;v ol Ila d•l sta Campagna dovremmo narrare le operazioni d'attacco e difesa Tronto. delle Piazze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto, ma siccom in esse l'opera del Generalè. Fauti si limitò alle pure disposizioni, con cui questi, in qualità ·di Ministro alla Guerra, died cul'a perchè non mancassero i materiali occorrenti alla espugnazione delle medesime, così non ravvisiamo opportuno il fornire a tal proposito, che alcuni cenni generali su quanto può presentare maggiore interesse. Gaeta non venne investita dal Generale Cialdini che n l 12 Novembre, con una forza che superava di poco i 17,000 uomini. La Piazza contava allora l' esuberante presidio di 20,921 uomini, ed armava in Batteria, fra i due fronti eli terra e di mare, 767 bocche da fuoco. Mediante la presenza di una Squadra Francese, la Piazza potè disfarsi per la via di mare dell'esub ranlc personale, e provvedersi all'incontro di munizioni e viveri. ol 19 Gennaio 1860 partiva però la suddetta Squadra, e da nllora soltanto può considerarsi cominciato il vero assedio di Ga ta, altre volte durato tre o anche cinque mesi. In questa, dopo 2- giorni di completo accerchiamento, ossia col 13 FebLrajo, la Piazza doYè arrendersi per gravissimi danni sofferti, dopo aver fatti 35,250 olpi contro gli_assedianti, i quali dal canto loro ne avevano fatti 567727


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cagliati d. 1 8 bocche da fuoco. La Piazza aveva avuti morti di fu o o o er ferita 510 fra Ufficiali e soldati, e feriti 1495; gli a di n ti 160 fra gli uni e gli altri. I lavori compiti dall'attacco, ov mbre 1860 al 13 Febbrajo 1861, consistevano in 22 dal 2 7/iO metri di trincera a zappa volante, 22 chilometri di lra l o ll'Utle di nuovo con frequenti piazzali di ricambio e 2 ponti. i erano inoltre preparati cavalli di frisa per oltre a 300 m lri di lunghezza, riempiti 80,000 sacchi a terra, e confezionati gabbioni e 13,400 fascine. In questo assedio - il quale form una d Ile belle glorie del Generale Cialdini e del Genio e dell'At·tio"lieria del giovine Esercito Italiano - si fece la prima applicazione delle nuove Artiglierie rigate e dei projettili esploivi pre~ r nd l'intensità dei fuochi curvi al battere in breccia, applicazione be nella recente Campagna .di guerra del 1870-71 in Francia hanno ripetuta i Prussiani. La difesa, sia detto ad onore ùel ver , se pur anco ridotta dietro ai baluardi della Piazza, fu intellig nte e valorosa. La Cittadella di Messina venne cinta d'assedio dal Generale Cialdini on poche forze, sul finire del Febbrajo 1861,. e dopo 19 Q'iorni di l vori - nei quali furono costruite sei Batterie che vennero munite di 59 bocche da fuoco - capitolò nel giorno ·12 Marzo a endo data poca prova d'intelligente e ardita difesa. L furono sca liati sopra 4234 colpi, la massima parte dei quali n l olo Q'iorno in cui si arrese. . .. ivitella d l Tronto, ove nel Novembre del1860 si erano rifugiali G ndarmi Pontifici e contadini insorti (detti Caffoni) in grosso nu ero, ra lata tenuta in osservazione dalle truppe del Generale Pinelli fino al Febbrajo, nella speranza che al cadere di Gaeta a pure i arrendesse. Ma fallita questa speranza, in detta epoca il G net·aJ l( zzacapo vi si era condotto con 24 bocche da fuoco, e n l 1 1arzo, dopo aver fatto contro di essa 7860 colpi, era rieit ad impadt·onir8ene, non senza grandi stenti e fatiche del pi colo r r o d assedio. Nello voluersi e nel compiersi di tutti i fatti, or ora da noi de rilti 1 l'Italia avea potuto vedere assicurato il definitivo suece so della mirabile impresa di Garibaldi, e nello stesso tempo se n tiz ~i sicura di possedere nel Generale Fanti l'uomo di guerra che l or.correva per prepararla e condurla quando giungesse l'ora dell'ultima cacciata dello straniero dalle sue contrade. Le belle prove h di sè avevano recentemente date le giovani truppe, formale da esso Generale, al fianco delle valorose vecchie milizie Sarde sanzionavano la già fattagli riputazione di abile organizzatore


FANTI NELLE CAMPAGNE DI GUER.kA DEL 1860

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di forze militari. I ben concepiti suoi piani, e le ben condotte sue operazioni di guerra, lo qualificavano rrnai quale apient strategico e ardito Condottiero d'armati. Era quindi dato lo sp rare bene dall'opera efficace di quest'uomo, ormai proval , quando fosse per arrivare quell'ora sospirata. Sventuralam nle peraltro, quest'ora non suonò pel compimento dei destini l'Ilalia che allorquando la vita di un tale uomo si era già spenta l



PARTE DECIMA

FANTI MINISTRO DELLA GUERRA NEL REGNO D'lT.\LL\ . [1861]

SOMMARIO: -Fanti riprende il Ministero della Guerra. -Motivi che In tntlu cono a sciogliere l'Esercito Borbonico. - Come provvede all'incorpommento delle truppe Borboniche nell'Esercito Italiano.- Perchè Fanti si oppone alla unificazione dell'Esercito Meridionale con quello regolare del Regno.- L'Esercito Meridionale ricostituito in Corpo dei Volontarj Italiani . - Como si scioglie l'Esercito Meridionale.- Fanti istituisce in Napoli una Di1·czinnc Generale della Guerra. - Provvedimenti pel Corpo dei Volonta1·j Italiani. - Provvedimenti per gli Ufficiali dello sciolto Esercito Borl11miro. Lavori fortilizi ordinati per la Piazza di Ancona. - Primi ,;intom1 rli grave malattia in Fanti.- Nuovo ordinamento organico per lo E!'errito. Il Generale La Marmora interpella in proposito il Ministro Fanti n!lP Camere.- Per la mal ferma sua salute Fanti vorrebbe ritirarsi dal l\lini~i <' ro, ma lo si induce a rimanere. - Nuovi provvedimenti militari df'l l"ant... - Le accuse di Garibaldi contro il Ministro della Guerra innan zi ulla Camera. - Fanti proclama l'Esercito Italiano e gli distribuisce le llll•n·e flandiere. - Morte di Cavour. - Fanti lascia il Ministero della CllH'tTa. Disinteresse del Fanti.

F .•nlt Abbiamo percorso quel periodo della vita di Fanti, nel rrualc ti ~~·n hl"'" d~ Ila IU. essa - svolgendosi attraverso i fortunati eventi, che gli anni 18;)() e 60 segnarono per le sorti d'Italia - presentò i suoi più ulili e più luminosi fatti. Quanto ci resta a dire pertanto sulla Iuedesima, siccome appartiene ad un'epoca assai meno feconda di grandi avvenimenti nazionali così non potrà più offrire quel grado d'attraenze che presentarono le ultime cose narrate. i'\ ui Ye· dremo però, che ciò malgrado non sarà per scemare lo zelu e l'ardore con cui il Generale Fanti si occuperà degli i11l res i

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affidati alle sue cure, chè anzi lo troveremo tanto immerso ad apr f n dirne lo studio per trattarli nel miglior modo possibile, che b n r to, pur troppo, la sua salute, già scossa alquanto dalle fati he delle ultime campagne, ne soffrirà siflattamente da costrinaerlo aJ abbandonare il Ministero della Guerra. Ma non anticipiamo ucrli eventi, e riprendiamo il filo della nostra narrazione. Prima gravissima cura che ebbe esso Generale, non appena nel aiorno 9 Novembre 1860 ebbe raggiunto il Re in Napoli, si fu la ol uzione di due ardue quistioni, che racchiudevano in sè i più vitali interessi delle Armi Italiane. Trattavasi di consigliare l Corona su questi due argomenti, che presentavano il doppio aratlere politico e militare. L'E ercito Borbonico- parte del quale era stato rimandato alle u a e dal Dittatore Garibaldi , e parte era nostro prigioniero Ji guer·ra - doveva esso conservarsi nella sua anteriore costituzione, v nir , quale era, aggiunto alle Armi Italiane? L'E ercito Meridionale, ossia dei Volontarj Garibaldini, doveva o venire parificato nei suoi diritti alle truppe regolari del H gno? Il doppio voto, che a questo riguardo, emise allora il Fanti, fu ggelto di commenti e giudizj di encomio e di biasimo, ed anche di qualche insinuazione, che mal si confaceva al carattere personale del Generale. È nostro debito pertanto il raddrizzare l'opi· nione pubblica al proposito, affinchè la memoria del Fauti passi all'avveni1'e senza taccia di solo atto inconsulto nella sua vita. Ma l'indole di questo nostro lavoro non essendo tale che ci perm tta di venire a minuta discussione sul pro e contro di quanto fu detto Bora e poi, ci limiteremo a dire, sulle ragioni che motiarano il suo voto alla Corona, quel tanto che metta in piena vid uza il retto criterio che lo avea dettato. Dopo di ciò aggiungeremo quali furono le opportune misure da lui suggerite per provved re all'uopo. [OliVI Che i.D· A rirruardo dell'Esercito Borbonico osservava in primo luogo dU CODO ~·anti & CIOghere J'E!!er- il en ral Fanti, che dovendo ricostituirlo nel suo pristino organico cl Borbonico. - nel mo mento in cui ben 25,000 soldati del medesimo stavano lullavia in armi al servizio di Re Francesco entro le mura di Gaeta, Iessina e Civitella del Tronto, e altri 20,000 circa si tenevan a ·ua disposizione col Ruggeri e il Lagrange negli Stati Pontifici - non sarebbe cosa di poco momento il riescire a riavere otto le n uove bandiere i 35,000 soldati che Garibaldi avea creduto bene ou ottimo criterio, di rinviare alle loro case. In che sarebbe dunque consistita la forza veramente disponibile di esso


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Esercito Borbonico ? Nei 15, o 16,000 uomini che si erano fatti prigionieri a Isernia e a Capua e nelle leve lasciate a casa. Ma supposto ancora che i 35,000 rimandati da Garibaldi, e le altre leve non in servizio attivo, venissero sotto la bandiera italiana, faceva questa veramente un buon acquisto e per la Lassa forza che stava per raccogliere, e per buon numero della totalità de' suoi Ufficiali ? Esaminiamolo. La bassa forza, che da quarantasei anni non aveva fatto che guerra ai proprj concittadini, per istinti ispiratile, avversava ogni aspirazione nazionale italiana. Essa nel1848 era stata impassibile ai trionfi e alle sventure di altre armi italiane1 e nel 49 aveva dato mano agli stranieri per combattere la bandiera italiana innalzata su Roma e ne era stata punita colla vergognosa sconfitta di Velletri. La facoltà di ammogliarsi durante il servizio militare, che largamente accordava il Governo, avea fatto si che in certi Corpi la metà dei soldati era ammogliata, e con prole, e conviveva nelle Caserme deturpando la vita militare in cento modi. La Camorra era altra piaga funesta allo spirito e alla disciplina d'ogni Arma e d'ogni Corpo. Queste erano le condizioni·generiche in cui il Governo Borbonico non aveva arrossito tli mantenere le sue truppe nazionali. Ma non è a stupirsene quando si rifletta che la vera forza armata sulla quale esso faceva assegnamento non era questa, ma bensì piuttosto quei 12, o 15,000 Svizzeri che ad altissimo prezzo gli vendevano il loro servizio pretoriano. In quanto agli Ufficiali, il Generale Fanti li considerava suddivisi in parecchie categorie , in capo alle quali poneva quelle individualità rispettabili per talenti e sincero amore del loro paese, cui qualsiasi Esercito si sarebbe sempre onorato di possedere ; poi venivano quelli che appena pronunziati i moti siciliani s'erano uniti ai medesimi, e avevano combattuto fra le file di Garibaldi, ed anche questi formavano elemento ottimo per entrare al servizio italiano. La grande maggioranza però dell'Ufficialità apparteneva ai Corpi che avevano abbassate le armi lungo la marcia di Garibaldi dalle Calabria a Napoli, e a quelli che erano stati fatti prigionieri al Macerone e a Capua, ai quali si erano garantiti i gradi, quando si rif!olvessero a prendere servizio sotto la bandiera nazionale. Eranvi infine anche gli Ufficiali dei Corpi rimasti al servizio Borbonico entro Gaeta e Messina, e quelli passati nel territorio Pontificio, dei quali prima o poi si sarebbero dovuti riconoscere i loro servizi. Evidentemente pertanto , .la grande massa degli Ufficiali Borbonici non si poteva ritenere animata da sentimenti consoni alle aspirazioni nazionali italiane.


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r l u con questa grande maggioranza di Ufficiali e coi ovra de. c illi soldati sarebbe egli prudente, politicamente e mililarm nl , dar nuova vita nello Stato ad una istituzione quale i r. il v c hio Esercito Borbonico e considerarlo in piena parità 1li m rili di diritti con quello formatosi ora dall'unione del Sardo con gli altri di Lombardia e dell' Italia Centrale? Oltre che sarebbe as urdo un tal fatto - pel quale in faccia all'Italia dovevano ~ vere eguale v !ore i suoi figli che avevano versato il loro sangue per l i e quelli che lo aveyano sparso a suo danno - v'era anche il pericolo d.i un antagonismo che non poteva a meno di sorgere fra i du ppo ti elementi. Avversava pertanto recisamente il Fanti la conservazione di una qual ia i utonomia alle vecchie truppe Borboniche, ed opinaYa invec che avessero a fondersi a poco per volta nel nascente E ·ercito ILaliano colle seguenti norme generali, per la bassa forza e gli

fficiali.

Relativamente alla prima egli stimava potesse essere pernicioso pei no ll'i oldati il solo contatto delle più anziane classi BorborM n ll'l:;•erCILO uich , a moo liate in gran parte e abituate agli usi ed abusi del HrutaM. :i tema militar suddescritto. In conseguenza di ciò, in attesa delle nuo" leY , he si andavano a fare nelle Provincie Napoletane, proponeva di non richiamare per ora ehe le più giovani leve già venute ollo l armi nel 57, 58, 59 e 60, fra le quali el'a assai miuor h n Ile più vecchie il numero degli ammogliati. Quelle ·arebb ro in viale ai Depositi dei Corpi loro destinati, e qui vi con O!mi cura i Lruite nei nuovi esercizi ed informate allo spirito militar e patriottico, da cui dovevano ormai essere animate. Ogni Arma, ogni Corpo, dovevano ricevere il loro numero proporzionale di Borbonici. Per gli ffìciali fissavasi in massima che tutli - o capitolati o mandati all e case da Garibaldi o venuti spontanei ad offrire i loro ervizj prima o poi alla causa nazionale, e finalmente anche quelli eh cm battevano tuttavia pel Re Francesco - avessero diritto ·he il nuovo Governo riconoscesse i loro passati servizj e ne tenesse il ovuto conto. In quanto poi ad ammettere nel nostro ercito qu Ili che vi si mostrassero disposti, proponeva il Ministro che la co a avesse a regolarsi con queste norme. In vi l ·he il Re Francesco avea volontariamente abbandonal apoli n l giorno 7 Settembre, abdicando di fatto, se non di dil'iLlo, alla propria autorità regia, dovevasi considerare come non avv nuta qualunque nomina e promozione di grado fatta fra le Lrup e Borboniche dopo quell\:poca. Questa m1sura, ollre che t'ome rr.oV\'Odu r"ntl ull' incnr· p '"noento dell o truppe llurbotu·


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logica e legittima, era pur anco dettata dal fatto, che dopo quel tempo, appunto per esaltare lo spirito della sua ufficialità, il Re Francesco avea fatte numerose e ripetute promozioni in ogni Arma ed in ogni Corpo, senza che ve ne fosse una necessità. In base a questa massima fondamentale. qualunque Ufficiale dell' ex-Esercito Borbonico, che volesse prender servizio nell'Italiano, vi poteva essere ammesso dietro giudizio di una Commissione mista di Ufficiali Generali e Superiori dell'Esercito Borbonico e del Sardo, la quale, sotto la Presidenza del Generale Napoletano De-Sauget, esaminerebbe i titoli, l'idoneità e i meriti che potesse avere ogni singolo Ufficiale per essere assegnato ad una delle tre seguenti categorie: J.a degli atti al servizio attivo; II.a degli atti al servizio sedentario; UI.a di quelli da pensionarsi definitivamente. Pei giudicati ammessibili al servizio sia attivo che sedentario, verrebbe provvisto in modo che potessero presentarsi al disimpegno delle loro nuove funzioni, dopo averne già avuta qualche preliminare istruzione in speciali Depositi che verrebbero tosto istituiti. L'opportunità e la ragionevolezza delle misure che proponeva il Generale Fanti alla sanzione della Corona, erano si manifeste ed innegabili, che vennero senza più messe in corso di pratica esecuzione mercè Decreti Reali, che andarono mano mano pubblicandosi. E noi crediamo che il paese, e sovratutto l'Esercito nostro, abbia avuto a lodarsi delle medesime, perchè furono desse che versarono fra le file di detto Esercito quel ristretto, ma scelto groppo di Ufficiali d'ogni arma e d'ogni grado delle Provincie Meridionali, che non fu secondo a nessun altro per zelo, patriottismo, istruzione e valore. Senza di ciò e con una improvvida ammissione generale, fatta alla cieca, o con una sconsigliata esclusione complessiva non si sarebbero certamente assicurati i veri interessi nazionali. La seconda quistione, sulla quale il Ministro Fanti era chia· Percbi!Fanu si • • • . oppoue alla uoifi· mato a dare consigli alla Corona, era quella relatlva alla parlfìca· cazionedeJt:Escr· · d ei• Corpi• de1• VO1ontarJ· {Esermto • Meri'd'IOnale ) ai. rego lart. c1to Mend1ouale ZlOne con quello rego. . l C b . d l . . laredeiRegno. d eIl 'Esermto naz10na e. ome en SI ve e a cosa si presentavaJn quel momento sotto l'aspetto della più palpitante attualità, in quanto che i recenti fatti compiti a mezzo di Corpi di Volontarj non potevano a meno di non esercitare una grande influenza sulle determinazioni che sarebbero per prendersi in proposito. Era presumibile per ciò che il voto pubblico trascinasse nella sua corrente quello del Governo, e siccome manifestamente il voto della grande massa della popolazione era favorevole a tale parificazione, cosi


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pareva che la cosa dovest~e venire ben tosto sancita con Legge dello Stato. Il far osservare che con ciò si sarebbero lesi i veri interessi dell'Esercito regolare, e quindi pregiudicati pur anco quelli dell'intiero Stato, era un opporsi alla corrente popolare col grave rischio di lasciarsi travolgere dalla medesima e perdere tutta quella aura di favore di cui si fosse prima goduto. A cosi fatto rischio non si peritò punto ad esporsi il Fanti in questa circostanza, nella quale si ritenne obbligato dalla sua carica di Ministro della Guerra a tutelare quegli interessi dell'Esercito e del paese, di cui egli era il naturale tutore. Con nobile abnegazione d'ogni sua personale popolarità, il Fanti si oppose allora ad un passo che giudicava intempestivo pel momento, predisponendo però fino da allora le cose in modo, che più tardi esse potessero dare buoni frutti per le Armi Italiane. Questo è quanto noi speriamo verrà dimostrato da quello che siamo per dire in proposito, giacchè se allora le passioni partigiane e le simpatie personali fecero velo ai serj ragionamenti, oggi le menti debbono essere calme e serene, e uoi non dubitiamo punto che letto quanto siamo per esporre, ai dovrà necessariamente conchiudere che le misure fatte adottare dal Ministro Fanti al rig11ardo dei Volontarj sul finire del 1860 e al cominciare del 61 nel mentre che evitarono il prodursi di un mal germe di discordie e di partiti nell'Esercito nazionale prepararono egregiamente il terreno per rendere possibile ai successori di esso Ministro , la misura che si prefiggeva prendere egli medesimo in avvenire, di versare cioè nelle file di detto Esercito un elemento che non poteva a meno di non infondere nuovo vigore nella sua fibra. All' epoca di cui stiamo parlando, ossia in sui primi del Novembre 1860, era noto al Fanti che l'Esercito dei Volontarj accorsi sotto gli ordini di Garibaldi annoverava nei suoi ruoli matricolari 51,400 uomini, di cui per altro non figuravano che 33,000 i quali ricevessero razione giornaliera di pane e 25,000 di altri viveri in natura. Di più altri 2,400, appena cessata la guerra sul Volturno, avevano chiesti e ottenuti i congedi e se ne erano iti alle loro case. D numero poi degli Ufficiali nominati pei quadri dei Corpi già esistenti, e forse ancora per quelli che si sperava organizzare per le vagheggiate imprese di Roma e Venezia, saliva a 7,002, e siccome questi ultimi Corpi non si erano potuti fonnare, cosi se anche si avevano nei ranghi 51,000 uomini di bassa forza, rimanevano almeno due terzi di più di Ufficiali degli occorrenti, in q11anto che per ogni 7 soldati si

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annoverava un Ufficiale. La vita di questo Esercito Meridionale si riassumeva in 8 mesi di dura fatica del campo e nei gloriosi fatti . di Calatafimi e Palermo - ove avevano pugnalo i primi Mille - poi in quello di Milazzo - al quale avevano assistito circa 8, 000 - quindi nella presa di Reggio, ed infine nei fatti compiti sul Volturno in cui s'eran trovati presenti complessivamente più che 21,000 uomini. In conseguenza di ciò i gradi degli Ufficiali si erano dovuti conseguire con una straordinaria rapidità e necessariamente quindi ai più elevati ed anche ai subalterni si era pervenuti, nella grande maggioranza dei casi, senza che si avessero in generale molti precedenti e grande esperienza militare. Tale era l'anormale condizione che presentava l'Esercito dei Volontarj, pel quale allora era stato domandato al Re che ne venisse formato un Corpo d'Armata che si intitolerebbe dei Cacciatori delle Alpi e che sarebbe composto di cinque Divisioni ordinate come quelle delle truppe regolari con ferma, per la bassa forza, di 18 mesi, e coi gradi degli Ufficiali riconosciuti a parità di quelli degli Ufficiali dell'Esercito regolare : sarebbe fatta facoltà inoltre alla bassa forza e agli Ufficiali volontarj di passare nell'Esercito regolare coi loro rispettivi gradi riconosciuti, in caso di scioglimento del Corpo d'Armata (1). (l) A maggiore intelligenza d'ogni cosa in proposito, citiam-o qui per intiero il decreto che si era proposto alla tlrma del Re : c L' Esercito Meridionale verrà riorganizzato in un Corpo d'Armata, che si intitolerà dei Cacciatort il1le. .llpi, e verrà ordinato colle seguenti norme: « 1.0 D Corpo d'Armata si comporrà di cinque Divisioni, ordinate a seconda dell'organamento del nostro Esercito regolare. . « 2.o In esso Corpo saranno ammessi: a) Tutti i Volontarj dell'Esercito Meridionale che vorranno rimanere; b) Tutti coloro che per legge non siano soggetti a leva; c) Gli uomini idonei delle provincie italiane non libere; d) ·Potranno essere accettati, sotto condizione da stabilirsi, stranieri volontarj. « 3.0 I gradi degli Ufdciali Meridionali saranno riconosciuti a parità di quelli regolari, salve quelle eccezioni, che farà una apposita Commissione, che si regulerà a norma dell'articolo seguente (da tlssarsi;. « 4.o « 5.o Per gli Ufdciali e soldati che cesseranno dal servizio si prenderanno misure di giustizia, come determinerà la Commissione sopra accennata. c 6.o Gli Ut'flciali riconosciuti, come all'art. 3.o, saranno muniti di Bre.. vetto Regio, e avranno gli stessi obblighi e diritti 'dei regolari, a termini della legge sullo Stato degli Ufficiali. « 7.o Sarà obbligatoria la ferma di 18 mesi pei Volontarj, e in caso di guerra, flno ad un mese dopo la conclusione della pace. Per tutto il resto i Cacciatori delle Alpi saranno soggetti ai regolamenti vigenti.


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Nello esaminare la proposta presentata al Re, il Generale Fanti si vedeva dinanzi un caso nel quale si trovavano accumulati e in disaccordo i più molteplici interessi, e sovratutto compromessi quelli dell'Esercito regolare; di quell'Esercito che allora più che mai era l'ancora di salvezza della nostra patria, il forte braccio su di cui essa contava per il finale trionfo della sua causa. Esso Generale moveva - in ogni sua considerazione a questo riguardo - dal principio che il paese, ossia il Governo, dovea riconoscere e premiare in giusta misura quelle migliaja di giovani che con nobile ardire e generosità d'animo si erano accinti alla bella ma rischiosa impresa di dar mano all'opra di atterrare nelle Due Sicilie un ordine di cose che avversava la nostra causa nazionale; ma ne veniva forse per questo che codesti giovani ardenti dovessero avere acquistati dirianzi allo Stato quei medesimi diritti che per lunghi e lunghi anni di servizio - parimenti spesi a benefizio della patria, e non per una sola, ma per parecchie e ben dure campagne - si erano acquistati i vecchi Ufficiali dell'Esercito regolare? Non reggeva il confronto dell'analogo fatto compito recentemente per le truppe Toscane e dell'Emilia, perchè gli Ufficiali Toscani venivano da truppe regolari di antica istituzione, e quelli dell'Emilia senz' eccezione avevano tutti servito precedentemente o in Italia o all'estero;- e d'altronde questi e quelli avevano seco portato ogni sorta di materiale da guerra, e un numero di truppe eccedente l'effettivo degli Ufficiali di modo che dalle file dei Sardi si erano potuti inviare e nuovi nominati e nuovi promossi fra quelle. E qui, per lo incontro, quando pur anco i soldati Volontarj rimanessero tutti sotto le armi, essi porterebbero in dote allo Stato due terzi di più degli occorrenti Ufficiali, i quali bisognerebbe pure tenerli e utilizzarli versandoli nelle file dei regolari. Ora qual senso, quali conseguenze sarebbe per produrre una misura, in forza della quale le straordinarie promozioni che si erano dovute fare nei Corpi dei Volontarj venissero ad urtare gli interessi e l'amor proprio della grande massa dei vecchi Ufficiali ? « 8. 0 In caso di scioglimento, gli Ufficiali e soldati avranno facoltà di passare nell'Esercito regolare. « 9.0 n vestiario del Corpo sarà: di giubba di panno rosso alla foggia dei Bersaglieri regolari, di un cappello di foggia eguale a quella dei Bersaglieri, di pantaloni e cappotto simili a quelli della Linea regolare. I Cacciatori sarRnno 1\l'mati di carabina :.,


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Era indiscutibile che per formare dal niente, come avea fatto Garibaldi, il suo Esercito, tali promozioni erano state un' assoluta necessità; ma, era egli giusto per questo, che tale necessità dovesse pesare unicamente sull'Esercito Regolare? Considerava poi il Fanti, che ben in altri paesi ancora, e per guerre nazionali, e per guerre d'insurrezione e d'indipendenza, si erano formati Corpi di Voloritarj che avevano resi segnalati servizi; ma ciò non pertanto, nè soldati nè Ufficiali dei medesimi non erano mai stati parificati alle truppe regolari del paese e, finite le guerre che avevano combattute, erano stati ringraziati e più o meno compensati con qualche mese o anno di stipendio. L'America nella sua guerra d'indipendenza , la Francia in quella della sua rivoluzione, la Spagna essa pure nelle guerre per la sua indipendenza e libertà, lo stesso Piemonte in fine nel 1848 e 1849 e nel 1859 offrivano esempi perfettamente analoghi al caso. D'altronde, al parere del nostro Generale, la stabilità che si voleva dare alla istituzione dei Corpi Volontarj, era in perfetta opposizione colJa speciale natura del Volontario, il quale come pronto e potente sente l'eccitamento a -correre all'armi nel giorno in cui tuona il cannone, e più o meno riluttante si assoggetta alle discipline e alle privazioni della vita del campo fino che dura la guerra, altrettanto al cessare di questa si trova incapace di adattarsi alla vita delle Caserme e delle Piazze d'armi. Non ammetteva perciò il Fanti la possibilità,· che i Volontarj accorsi d'ogni parte d'Italia neJle Due Sicilie~ per combattervi la Monarchia Borbonica, si prestassero ora a proseguire un servizio che invece dell'attrattiva delle emozioni del campo loro metteva in prospettiva i pesi della istruzione e della disciplina militare. E di più ; il mantenere sotto le armi il numeroso Corpo Garibaldino, se pur anco lo si poteva ottenere, come cosa che esprimeva intenzione di immediata guerra, non sarebbe forse una imprudente provocazione gettata dal nuovo Regno Italiano ai molti nemici che esso avea allora ed in ispecie all'Austria? E gli stessi nostri pochi amici ce la passerebbero buona? Per questo cumulo di ragioni pertanto il Generale Fanti aveva la convinzione che l'Esercito Meridionale non sarebbe :per man· tenersi quale era allora nella sua bassa forza ; e siccome d'altronde lo Stato ·non poteva obbligare i Volontarj a rimanere sotto le armi, cosi egli riteneva che in brevissimo tempo di esso Esercito non sarebbero rimasti che i soli Ufficiali, col loro diritto acquisito~ se lo si fosse ad essi concesso, di entrare nell' Esercito regolare eon immenso pregiudizio di questo. Non si peritava quindi


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menomamente II Ministro della Guerra a sconsigliare nel modo più reciso il Re dallo accondiscendere alle domandategli concesioni pei Volontarj. Non osava il Re assumere su di sè solo la responsabilità di una cotale misura e si consultava al proposito col Farini, da lui insediato allora nel Napoletano quale suo Luogotenente Generale per quel Regno, e pur anco col Gene·rale d'Armata Morozzo Della Rocca. Costoro essendosi dichia'rati del parere contrario a quello emesso dal Fanti, e questi non cangiando perciò di proposito, fu convenuto che la quistione venisse deferita innanzi all'intiero Consiglio dei Ministri in Torino ; e il Generale per ordine del Re parti immediatamente da Napoli, e per mare si recò a Genova, d'onde a Torino. Quivi dal Consiglio dei Ministri sotto la presidenza del Conte di Cavour, ad unanimità di voti, venne confermato il parere del Fanti e deciso perciò che si avesse a respinaere la domandata parificazione e dar corso invece alle proposte al riguardo, che Fanti avea fatte conoscere ai suoi colleghi e che da essi erano state approvate. Ripartiva sollecito il Fanti e per la stessa via di mare tornava a Napoli, ove dietro preventiva sanzione reale si dava corso alle seguenti disposizioni relative ai · Volontarj. L'E.ercllo MeL'Esercito Meridionale era dichiarato benemerito della patria rldiooalo ricosU• tuì!o In Corpo e veniva ricostituito in Corpo dei Volontarj Italiani con queste do Volontarj Jtaliao . particolari norme : si comporrebbe di un Comando Superiore e quattro Divisioni di guerra; la bassa forza, componente il medesimo, avrebbe ad assoggettarsi alla ferma obbligatoria di due anni, quale limite minimo imposto dalla necessità di equilibrare la spesa occorrente per vestire e armare il volontario, con la utilità relativa del suo servizio effettivo; gli Ufficiàli avrebbero una loro speciale scala di anzianità e avanzamento; e una Commissione di Ufficiali Generali e Superiori, composta di Volontarj e regolari, farebbe la scelta fra quelli da tenersi e quelli da congedarsi. Pei Volontarj feriti e resi inabili ad ulteriore servizio militare, sarebbe applicata la legge in vigore nel Regno Sardo. A quanti di bassa forza volessero tornare in seno alle loro famiglie si rilascierebbe l'analogo congedo, sarebbero pagate le spese di viaggio e concessa una gratificazione corrispondente a tre mesi di stipendio (ossia a Lire 86), perchè potessero con questa campare i giorni occorrenti per trovare nuova occupazione. Giova qui il far notare che la proposta originale del Fanti, relativamente alla gratificazione da darsi ai congedati, si limitava ai suddetti tre soli mesi di stipendio. Ma poi, per moto spontaneo o


fi'ANTI MINISTRO DÈLtA GUERRA IN trAtTA

del Re, vennero aggiunti altri tre mesi di st.ipendio, e quindi, dietro istanza del Comando Superiore dei Volontari diretta al Re medesimo, e da lui ammessa, venne aggiunto l'importare del prezz della razione viveri di sei mesi , equivalente a lire 90. In cons guenza di ciò ogni volontario, che voleva ripatriare, ebbe il viaggio pagato e 162 franchi a sua disposizione. Abbiamo dati questi minuti particolari e precise cifre pel' mettere in chiaro la falsità della voce che si fece correre allora, la quale asseriva che il Generale Fanti aveva ad arte elevata l:t gratificazione per quelli che volessero ritirarsi, onde adescarli :1 farlo, e riescire così a dissolvere l'intiero Corpo dei Volontarj Sarebbe stato dovere del Comando Superiore dei Volontari lo smentire tale menzogna , che per vero dire faceva più torto ai Volontarj stessi, che al Fanti; ma ciò non avvenne n è allora n è poi , e quindi era per noi obbligo speciale di mettere in piena luce un fatto, del quale d'altronde esistono tutte le prove , nel sen o da noi adotto, nei carteggi che si conservano al Ministero di Guer r: e presso gli Archivj del Corpo di Stato Maggiore. ~i J'!r.i~~giHl Riservandoci di fare note a suo tempo le ulteriori misur l'Come E.'ercilq Merlche Fanti adottò a riguardo dei Volontarj Italiani, ormai istituili, d.ton ale. dalle quali egli si riprometteva. cavarne ottimo partito a pro delle Armi Italiane, dobbiamo ora far conoscere quale fu l'effetto immediato della pubblicazione di quelle misure, avvenuta dopo il 1H Novembre, ma colla data dell'H. In meno che due mesi dei 51,400 Volontarj che avevano figurato sui ruoli dell'Esercito Meridionale, ne rimasero sotto le armi. fra Sott'ufficiali, Caporali e soldati 238. Dei 7002 Ufficiali, 3266 rassegnarono le loro dimissioni , l' rimasQro al servizio 3736, fra i quali 1970 che non avevano mo :~o piede dalla Sicilia. Questo fatto parve, o si volle allora battezzare per straord ,_ nario~ e lo si attribui alla pretesa tentazione venale, in cui Fan ti sarebbe riescito ad indurre i Volontarj. Ma ora si sa come le cose sono andate a questo riguardo, e non occorre discolparlo di un allo compito - strano a dirsi - da quegli stessi che glielo impu · tava».o. D'altronde il ritiro dal servizio della quasi totalità dei Volontarj al finir della guerra, era la cosa più normale; e has la leggere la storia di tutte le guerre, ove entrarono Volontarj, per vedere costantemente; come questi tornino alle loro case non appena si tratta di pace. Vavvenuto per altro anche in questa circostanza era solenne conferma delle previsioni del Fanti, ossia che dell'Esercito dei


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Volontarj non resterebbe allo Stato che il solo Corpo de' suoi Ufficiali. Fnnli istituiscA Colle misure fatte adottare a riguardo dei Borbonici e dei in Napoli una Di· rezione Generale Volontarj era provvisto pel momento alle più urgenti necessità a cui della Guerra. dovesse allora pensare il Ministro della Guerra per le Province Meridionali ; ma volevasi por anco provvedere alla esatta e sollecita loro effettuazione, e ad un generale assestamento dell'amministrazione militare nelle medesime, col trasformare a poco per volta e convenientemente nel nuovo ordine portato dalle leggi militari sarde quanto ivi esisteva in precedenza. A tale riguardo osservava giustamente il Generale Fanti , che se poteva darsi da Torino, sede del Ministero. della Guerra, l'impulso generale agli affari, mal si potrebbe però attendere minutamente e prontamente ai moltissimi particolari in cui ogni co!la dovea necessariamente suddividersi. Assai meglio avrebbe potuto dedicarsi e sorvegliare a ciò un'autorità locale che si fosse stabilita in Napoli stessa, dipendente bensì dal Ministro residente in Torino, ma munita di larghe facoltà pei casi normali. In vista di questo, esso Generale propose e ottenne di istituire in Napoli uno speciale Ufficio, che s'intitolerebbe: « Direzione Generale di Guerra delle Provincie « Meridionali », formato con personale preso dagli Uffizi del Ministero di Guerra Borbonico, delle Amministrazioni dei Volontnrj e del Ministero Sardo. A questo Ufficio sarebbe affidato il disbrigo di tutti gli atlari inerenti più direttamente alle cessate Amministrazioni dei Volontarj e dei Borbonici, che si trovavano tuttavia in corso di trattazione. A reggere questa generale Direzione venne nominato il giovine, ma intelligentissimo Generale Cugia, che pel primo impiantò e fece funzionare il nuovo Uffizio fino che, chiamato poi al Ministero in Torino, cedè il posto al Colonnello Revel. Poco dopo compite in Napoli le suaccennate cose, il Generale Fanti accompagnò il Re quando si recò a Palermo, e quindi fece definitivamente ritorno a Torino, ove riprese senza indugio l'interrotta sua Amministrazione della Guerra. P•·ovvedimenti Quivi giunto, egli si faceva particolare premura di nominare poi•:mpodPiVo· lontarj Italiani. la Commissione , cui era affidato, a norma del Decreto 11 Novembre, l'incarico di riconoscere e fissare i gradi e l'anzianità degli Ufficiali Volontarj. Con data dei 23 del medesimo essa venne costituita e fissata la sua sede a Napoli, e le sue istruzioni portarono che dovesse ammettere tutti quelli Ufficiali, i quali non risultassero disertori - quantunque già. amnistiati - dall'Esercito regolare, o dichiarati renitenti alla leva, o giudicati


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immeritevoli di appartenere a un corpo di Ufficiali per condotta anteriore alla recente Campagna. Affincbè poi di mano in mano che dett3; Commissione riconoscesse ammissibili i giovani Ufficiali subalterni del Corpo dei Volontarj, questi potessero immediatamente approfittare di ciò per istruirsi militarmente, con data 20 Dicembre si disponeva che in Ivrea si avesse a formare uno speciale Deposito di Istruzione per i medesimi. All'atto di entrarvi essi riceverebbero il grado di Sottotenente nell'Esercito regolare. Condizioni di ammissione erano: età dai 18 ai 20 anni: buona condotta civile e militare: dare saggio, mediante esame, di sufficiente cultura per quelli che non avevano compiti i corsi di filosofia o delle scuole tecniche. Finalmente, per terminare qui complessivamente quanto si riflette ai Volontarj, con data dei 16 Gennaio 1861, essendo ormai compite tutte le operazioni di congedo della loro bassa forza, veniva sciolto il Comando Generale del Corpo dei Volontarj, richiamata da Napoli a Torino la Commissione di scrutinio e parimenti fatti venire in Piemonte tutti i quadri degli Ufficiali, rimasti tuttavia formati, dei diversi Corpi Garibaldini, loro conservando la paga di accantonamento, e distribuendoli nel seguente modo. A Torino - Personale Sanitario, ·Amministrativo, Farmaceutico, Tribunali militari e Treno, A Pinerolo - Cavalleria, Alla Veneria - Artiglieria, A Casale - Genio, In Asti - Divisione Cosenz, A Biella- Divisione Medici, A Vercelli - Divisione Bixio. In pari tempo, un altro decreto dei 18 dello stesso mese aveva determinato l'uniforme per la Fanteria dei Volontarj Italiani. Nel mentre che Fanti attendeva ad assicurare cosi la posizione perPro't'vedlmenti ,u umciall dei VolontarJ· rimasti al servizio dello Stato, predisponendo le cose serdt.o d•llo aeiott.o E· Borboni· in guisa che ove non fosse il caso di fare un nuovo appello di co. Volontarj sotto le armi, essi potessero essere utilizzati a tempo opportuno nelle file regolari, d'altrettanto si preoccupava a riguardo degli Ufficiali Borbonici. I risultati ch;e la Commissione presieduta dal Generale De Sauget andava rassegnando al Ministero, riassumendo il suo lavoro, dimostravano che ben pochi erano quegli Ufficiali di qualsiasi grado che acconsentissero a riprendere servizio e che fossero trovati idonei all'uopo. Pel sedentario taluni potevano anche passare, ma per l'attivo non si avevano che i più giovani, fra i ·quali pochissimi


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tocca vano i gmdi supet·iori. Per gli uni e per gli altri il Generale Fanti trovò conveniente che prima di venire ammessi nei Corpi attivi o nelle cariche sedentarie, fosse opportuno il dar loro qualche preliminare istruzione sui nuovi regolamenti che dovevano porre in pratica nei rispettivi loro servigi. Furono perciò istituiti con .decreto 20 Gennaio due speciali Depositi di Istru:7.ione a Chiavari ed a Savona, per raccogliervi tutti gli Ufficiali che venivano giudicati ammissibili nel Regio Esercito e quivi far loro compiere un corso di studi teorico-pratici su d'ogni ramo dei nostri regolamenti. Anche questa misura produsse ottimi e.R'etti, perchè istruì i giovani Ufficiali Napoletani in guisa che al loro entrare nei Corpi vi figurarono assai bene. Abbiamo fatta particolare menzione di questi soli provvedit.n~•lTi (or\tli7J ord•noli p~r 13 menti relativi ai Volontarj e ai Borbonici, perché dessi offrono P laJJ:n interesse ed importanza assai maggiore dei tanti altri che con .. temporaneamente furono presi dal Fanti per le occorrenze militari dello Stato. Fra questi ultimi per altro non vanno dimenticati quelli che risguardano la Piazza d'Ancona, e ne facciamo quindi il dovuto cenno. Non si tosto la conquista di Ancona ci ebbe assicurato il posesso di quella forte Piazza terrestre e marittima, il (!enerale Fanti che avea potuto convincersi che le sue fortificazioni mal corrispondevano alla sua importanza strategica e tattica, tanto relativamente alla sua azione combinata con Bologna nell'Italia Centrale, quanto per quella che poteva e doveva esercitare nell'Adriatico per una futura guerra coll'Austria, avea tosto fatto intraprendere accurati l!ltudi per ridurre quella Piazza un buon campo trincerato dalla parte di terra ed una robusta base d'operazioni marittime nell'Adriatico. Compiti tali studj, si era decretata la pronta costruzione delle opere progettate, e così Ancona potè considerarsi come il complemento del nostro sistema difensivo e offensivo contro gli Austriaci nella Venezia. Relativamente alla Spezia poi, al grande centro marittimo e terrestre che ivi allora il Conte di Cavour, come Ministro di Marina, stava iniziando mercé la intelligente cooperazione del Generale Chiodo, non furono scarsi i consigli che il suddetto Conte domandò, e gli eccitamenti che Fanti gli fece percbè si spingesse con tutta alacrità il compimento della grande opera, che doveva assicurare l'avvenire della nostra marina militare. Nello scorrere intanto del breve tempo che era passato dal Primi !III(Of!ll di @"ra\'" malntfinire delle due recenti campagne, alcun che di insolito si manilia ID Fanti, restava nell' abituale salute del Generale Fanti. A piti riprese (1li ~r~rwnttl'


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era avvenuto di perdere la voce, e qualche alterazione appariva · pur. anche nelle normali funzioni del respiro. Poco o nulla preoccupandosi di ciò, non diede ascolto a chi gli consigliava moderarsi nell'assiduo lavoro a cui si dedicava e di giorno e di notte, e proseguì in esso con crescente suo svantaggio, perchè sventuratamente quei vaghi sintomi di malessere che allora si facevano in lui palesi non erano altro che i forieri di quel malore, che - in parte per naturale predisposizione del suo individuo, in parte per gli ultimi strapazzi e disagi del campo, e in parte ancora per le gravi cure dell'animo suo - si faceva ormai latente nel Generale Fanti e doveva cagionargli lunghe e dolorose sofferenze e precoce fine. Noovo ordinaE tanto più, quasi si direbbe per fatai legge di destino, egli mento organico per l'Esercito. era allora tratto non curarsi di sua salute, in quanto che precisamente in quel volgere di giorni, ogni suo pensiero, ogni suo più accurato studio lo avea dedicato a dare completo sviluppo ad un nuovo ordinamento organico generale tattico dQll'Esercito, che riteneva potesse. meglio del preesistente corrispondere alle cangiate condizioni del Regno ed ai progressi, che il perfezionamento delle armi da tiro avea fatto fare alla tattica militare. Con l'accorta previdenza che esigevano le circostanze del momento, le quali da un giorno all'altro potevano trascinare il nuovo Regno in una immediata guerra coll'Austria, il Generale Fanti avea combinato il suo progetto in guisa che le innovazioni da lui credute necessarie si compissero senza che la solidita dei Corpi esistenti ne venisse menomamente scossa, e che quella dei nuovi da costituirsi venisse garantita col formarli· di elementi, già esperti nelle armi. A produrre poi nelle file dell'Esercito quell'aumento di forze che rendeva necessario l'ingrandimento del Regno, si sarebbe gradualmente provveduto introducendo successivamente fra i vecchi soldati · le nuove leve, le quali verrebbero annualmente chiamate sotto le armi. Di cotal modo le nostre forze mobili, quantunque per un determinato numero di anni avessero a trovarsi in un continuo aumento numerico, rimarrebbero però costantemente composte nella loro ·grandissima maggioranza di vecchi elementi, e per cio sempre in buone condizioni per entrare in campagna, quando se ne presentasse la necessità. Tracciate queste norme fondamentali pel voluto nuovo organico, conveniva pur anco fissare il limite massimo, al quale si credeva potessero pervenire in un determinato numero di anni le suddette forze vive di gue:.;ra pel nuovo Regno, onde preventiva~ mente proporzionare e preparare i quadri che sarebbero oçcorsi

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per condurle in campo. Base a questo calcolo era naturalmente la legge di leva, a seconda della quale si avrebbero dalle pro.inci e i contingenti annuali. A tale proposito il Generale Fanti non era lontano dal desiùerare che alla vigente legge di leva sarda se ne potesse sostiluire una più consona agli attuali bisogni, ma nello stesso tempo l'iconosceva tutta l'inopportunità di venire in quel momento a qualsiasi alterazione della medesima. Per ciò, fissando che nel corso del 1861 tale legge andasse in vigore su tutta la superficie del Regno, e analogamente calcolando sul numero di vecchie e nuove classi, che proporzionalmente potevano aver fornito nel 1862 le vecchie e nuove provincie regnicole, riteneva che le diverse Armi e Corpi dell'Esercito avrebbero allora potuto presentare un efliettivo di guerra non minore di 300,000 uomini comprendendovi l'Arma dei Carabinieri, ed anche il personale attivo dei Depositi. Questa era la cifra normale, per la quale si dovevano preparare proporzionali quadri tattici d'ogni Arma e d'ogni Corpo faceva d'uopo perciò aumentare di un terzo i già esistenti. Quando nuovo aumento occorresse . all'Esercito, si provvederebbe oppor· tunamente, ma intanto si predisponevano le cose in modo che ne11863 si potevano condurre in campo, e in prima linea non meno di 200,000 uomini, e averne quasi altri 100,000 in seconda e nei Depositi delle nuove leve. Spiegato il concetto cardinale delle idee del Fanti per ottenere mediante il suo nuovo organico il voluto aumento di un terzo dell'Esercito, passiamo a vedere quale fu il pratico sviluppo da lui trovato al proposito. Per le provvide misure già prese all'atto in cui vennero inf'Orporate nell'Esercito Sardo le truppe dell'Emilia e della Toscana, tutte le Armi ed i Servizj diversi, dipendenti dal Ministero rlella Guerra, avevano ricevuto un ordinamento da poter non solo corrispondere alle circostanze del momento, ma ben anche da prestarsi ad un successivo maggiore sviluppo, senza turbarne gli rganici, la disciplina e l'amministrazione. In conseguenza: di ciò al momento presente l'Artiglieria, il Genio e la Cavalleria senza alterare i principali loro elementi organici erano suscettibili del· l'aumento di un terzo della forza colla semplice creazione di nuove Batterie, Compagnie e Squadroni, colle quali si sarebbero formate nuove unità tattiche primarie o secondarie, senza pregiudizio delle loro normali unità amministrati ve. Altrettanto poteva farsi in via tattica pei Corpi dei Bersaglieri, dei Carabinieri e del Treno


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d'Armata; ma per questi il loro aumento numerico rendeva necessaria qualche modificazione amministrativa, la quale si sarebbe limitata ad una semplice scentralizzazione. Ciò si cercherebbe ottenere con mezzi che fossero pur anco giovevoli a favorire il miglioramento nei suddetti Corpi dal lato della istruzione e della disciplina. La Fanteria era l'arma per la quale il Generale Fanti vedeva la necessità di apportare qualche sostanziale modificazione organica nelle sue piccole e grandi unità, non solo per viste tattiche, ma ben anche per convenienza economica. A riguardo di quest'Arma, egli e molti altri competenti come lui, avevano potuto convincersi che la forza numerica dei nostri Battaglioni (600 uomini) non corrispondeva al bisogno, e voleva quindi essere portata ad una cifra maggiore, come si trovava già adottata nei più accreditati Eserciti Europei (dagli 8 ai 900 uomini). Anche la costituzione tattica dei Battaglioni su quattro Compagnie presentava il grave inconveniente che sul campo di manovra e nelle formazioni centrali, le quali sono le più usate in guerra, nessun Capitano comandi la propria Compagnia. Di più, ove un Battaglione avesse a distaccare una o due Compagnie .per un servizio o per una fazione di guerra, l'intiera unità tattica diveniva come inservibile e per la minima forza a cui era ridotta e perché non aveva più le volute ordinanze per manovrare. Circa al primo rimarcato inconveniente, già dal suo primo entrare al Ministero il Fanti si era dato pensiero per rimediarvi mercè l'aumento di venti uomini per ogni Compagnia. Ma ciò erasi fatto per l'urgenza del momento, in cui conveniva non toccare menomamente gli organici, e in pari tempo accrescere l'ef· fettivo dei Corpi ; ora che le circostanze lo permettevano si doveva agire a norma delle buone regole dell'arte ed occorreva riconoscere che le Compagnie composte di 170 uomini, erano troppo forti e volevano essere ridotte al primitivo normale di 150. Con questo per altro si sarebbero ridotti di nuovo i Battaglioni a 600 uomini, ossia troppo deboli. Si provvedeva a ciò, e nello stesso tempo alla poco buona formazione dei Battaglioni su quattro Compagnie, portando queste, con 150 uomini per cadauna, a sei per ogni Battaglione. Con tale innovazione si potevano ridurre gli esistenti Reggimenti a tre soli Battaglioni per ciascheduno, e la loro forza ~ffettiva, che prima costituivasi di sedici Compagnie, saliva a diciotto senza che ne scapitasse menomamente la loro solidità tattica. In via amministrativa poi si risparmiava lo Stato Maggiore di un Battaglione per ogni Reggimento, e di uno intiero Stato Maggiore reggimentale per ogi1i nove Reggimenti.


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Altra innovazione che introduceva il Fanti nelle Fanterie -si era quella di aumentare di una terza le due Compagnie di Deposito di ciascun Reggimento, formando delle tre un Battaglione che si chiamerebbe di Deposito e nel quale ognuna delle tre Compagnie corrisponderebbe ai tre Battaglioni attivi. Questo aumento del personale dei Depositi era necessario, onde provvedere alle molte classi, che andavano a chiamarsi dalle quadruplicate provincie del Regno. Ultima innovazione, ma non esclusiva alle Fanterie ed estensibile anzi a tutte le Armi, voleva il Fanti che fosse la ripristinazione del grado gerarchico nei Corpi di Luogotenente Colonnello, stato da parecchi anni soppresso, e in pari tempo la destinazione alla carica di Ajutanti in 1.0 nei Reggimenti di Capitani, anziché di Luogotenenti. Riteneva il Ministro che con ciò ne avvantaggerebbe sensibilmente ogni ramo di servizio nei diversi Corpi. Su queste massime generali veniva il Fanti a concretare il suo progetto di ordinamento, dal quale doveva risultare il nuovo organico speciale d'ogni Arma, e complessivamente quello ·dell' Esercito, e noi lo riassumiamo brevemente qui appresso. Si disse già nella Parte Settima di questo scritto come il Fanti avesse lasciati i Reggimenti venuti di Toscana e dell'Emilia formati su tre soli Battaglioni, mentre gli altri 34 erano composti di quattro. Or bene togliendo a questi ultimi i loro quarti Battaglioni, si aveva di che formare 12 nuovi Reggimenti di Fan· teria con truppe già esperte nel seguente modo. I quattro Battaglioni che avrebbero forniti le due Brigate Granatieri Sardegna e Lombardia costituirebbero 2 altri Reggimenti Granatieri che si direbbero di Napoli, con due soli Battaglioni per cadauno in sulle prime, ma che in breve verrebbero portati a tre, a norma dello stabilito nuovo organico. Coi quarti Battaglioni dei Reggimenti di Linea si formerebbero altri 10 Reggimenti su tre Battaglioni· per cadauno, essi pure di truppe esperte. In cotal modo venivansi ad avere 6 Reggimenti Granatieri e 62 di Linea con quattro Compagnie vecchie per ciascuno. Per formare le due nuove adottate, "tanto per gli Ufficiali che per la bassa forza, si dava tempo tino al 1.0 Aprile 1862, perchè a poco per volta, colle nuove leve che si stavano raccogliendo da ogni parte del Regno, venissero gradualmente costituite. Altrettanto dovea operarsi per la terza Compagnia aggiunta ai Battaglioni Deposito. Quando col1. 0 Aprile 1862 ogni Battaglione attivo e di Deposito fosse sul prescritto piede di guerra la Fanteria - Granatieri e Linea - doveva presentare un totale etfetti vo di circa 200,000 uomini.


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l Bersaglieri coi '1:1 Battaglioni esistenti fornirebbero i quadri e parte della bassa forza per costituire altri 9 Battaglioni attivi e 6 di Deposito. Il loro Comando Generale e l'Amministrazione unica che fino allora eransi mantenuti in Cuneo, verrebbero sciolti e si formerebbero gruppi di sei Battaglioni attivi e uno di Deposito per ciascuno, e presso quest'ultimo Battaglione risiederebbe un Colonnello Comaudante di ciascun gruppo che cosi costituirebbe un Reggimento Bersaglieri, con amministrazione regolata come quella dei Reggimenti di Fanteria. La forza che col 1.0 Aprile 1862, potevano accogliere i nuovi quadri di quest'arma saliva a circa 25,000 uomini. La Cavalleria veniva aumentata nella voluta proporzione senza accrescere il numero dei 17 Reggimenti esistenti, ma portando il numero dei loro quattro Squadroni di formazione a sei, e mantenendo sempre quello di Deposito. Il Reggimento Guide però, doveva contare sette Squadroni atti vi, e uno di Deposito, e ciò pel suo particolare servizio presso i Quartieri Generali. La forza complessiva della Cavalleria sarebbe cosi constata di 17,000 uomini e 14,000 cavalli. Nell'Artiglieria si formava colle Compagnie Pontonieri un nuovo Reggimento, che faceva salire a 9 quelli dell'Arma. Poi salivano dieci le Compagnie del Reggimento Operai, a sessanta quelle dei tre Reggimenti Piazza, e ognuno dei quattro Reggimenti di Campagna, che contava dodici Batterie attive e una di Deposito, accrebbe le attive di altre quattro. Con tali accrescimenti l'Artiglieria poteva presentare 25,340 uomini, 7880 fra cavalli e muli e asi bocche da fuoco. Il Genio formò i suoi 2 Reggimenti di Zappatori su tre Battaglioni per cadauno a sei Compagnie attive e una di Deposito per Reggimento. Potè cosi l'Arma del Genio fra i diversi suoi personali annoverare non meno di 6,000 uomini. Il Treno d'Armata aggiunse altre 8 Compagnie alle esistenti, e fu organizzato su 3 Reggimenti, ciascuno dei quali ebbe otto Compagnie attive e una di Deposito. Il suo etl"ettivo toccò gli 8988 uomini, e 11,340 fra cavalli e muli. ll Corpo d'Amministrazione si accrebbe di 2 Compagnie e contò 3697 uomini. I Carabinieri Reali ebbero nuova organizzazione, con un Comitato dirigente l'Arma, la quale venne divisa in 13 Legioni, dette territoriali perchè presero il nome della località di residenza di ciascuna Legione. Si discentralizzò cosi il Comando e l' Amministrazione , e si sorvegliò meglio il servizio e la disciplina del

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Corpo. Fuvvi un'altra Legione detta Allieui, perché destinata a istruire i nuovi venuti in ogni ramo del particolare servizio dell'Arma. La forza dei Carabinieri sali a 4468 per quelli a cavallo, e 13,460 per quelli a piedi : complessivamente a 17,928 uomini. Il Corpo di Stato Maggiore venne riordinato con un Comitato speciale pel Corpo, un Ufficio Superiore ed una Scuola apposita destinata all'istruzione dei giovani Ufficiali, che si credevano in esso ammissibili. Il totale degli Ufficiali venne fissato a 210. Con questo nuovo ordinamento le forze attive dell'Esercito nel 1. 0 Aprile 1862 potevano presentare sotto le armi circa 310,000 uomini, 38,000 cavalli e 384 bocche a fuoco da Campagna. Per venire al nuovo riparto, che si esigeva per condurre in campo le accresciute nostre forze mobili , il giudizioso processo seguito dal Fanti nello aumentarle gli dava mezzo semplicissimo di conseguire tale intento. Coi nuovi 2 Reggimenti di Granatieri e cogli altri 10 di Linea egli formava 6 Brigate di Fanteria, dalle quali ricavava 3 Divisioni di Fanteria, cui l'aumentate altre Armi di Bersaglieri, Cavalleria, Artiglieria, Treno, ecc., permettevano di aggiungere l'occorrente per costituire 3 nuove complete Divisioni di guerra. Con queste si sarebbe formato un Corpo d'Armata, che avrebbe preso il numero di 6. 0 , senza che la sua formazione portasse il più che piccolo perturbamento nell'ordine generale dell'Esercito. Questo fu il metodo immaginato dal Generale Fanti per venire al necessario aumento delle forze del no8tro Esercito, e nello stesso tempo soddisfare a quelle esigenze tattiche ed amministrative, che richiedevano le cangiate condizioni delle cose. Esso venne pubblicato con Regio Decreto 24 Gennajo 1871, seguito poi da dettagliate istruzioni, che spiegavano e facilitavano ogni particolare di pratica esecuzione. u Generale La Non occorre forse essere molto profondi nella scienza militare Marmora mtrrpell.a sul nuov.o per vedere che le innovazioni introdotte dal Fanti sia in riguardo ordo namento 11 G e ne,~ale Fanti alle modificazioni tattiche sulla Fanteria e la Cavalleria, non che a 1 1 e amere. al ripristinamento delle cariche di Luogotenente Colonnello e di Capitano Ajutante Maggiore in 1. 0 non avrebbero certo prodotto nei ranghi dell'Esercito una perturbazione tale da doverne temere funeste conseguenze per il presumibile caso di una gueiT"a non molto remota. Si poteva differire dall'opinione del Generale Fanti su questo proposito , ma pure il suo parere , convalidato allora da quello dei Comitati speciali da lui interpellati all'uopo, e dai Generali più riputati fra le nostt·e file, doveva avere un qualche peso. D'altronde dovevasi pure nmmettere che non senza profondo

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esame e bu01ie ragioni esso Generale si fosse indotto ad apportare ·te modificazioni introdotte nel vecchio ordinamento sardo. Di tutto questo per altro non pare che fosse altrimenti compenetrato il Generale. Alfonso La Marmora: il quale, nella seduta della Camera· dei Deputati del giorno 23 Marzo 1861, mosse severe interpellanze al Ministro della Guerra in proposito del nuovo ordinamento, cui disse non solo biasimevole sotto il rapporto tecnico militare, ma altresì pericoloso· il dare ad esso anche un solo principio di esecuzione. La discussione che si impegnò allora dinanzi alla Camera non potè essere, per vero dire, trattata nè dall'una, nè dall'altra parte con quelli argomenti, che dovevano valere a farla sciogliere; perché non era quello il luogo adattato ove avessero a svilupparsi ragioni di un ordine di idee a cui la grandissima maggioranza dei Deputati era affatto estranea. Convien dire per altro che quelle, meno accalorate, ma più serie addotte dal Fanti colpissero e convincessero la Camera sull'opportunità e utilità di dar pronto corso al suo ordinamento dei 24 Gennajo 18tH; perchè allorquando il La Marmora propose alla medesima questo voto : « La Camera, invitando il signor Ministro della Guerra, onde, « senza incagliare e ritardare la formazione dei nuovi Reggimenti, « faccia esaminare la convenienza dell'opportunità degli altri carne biamenti ordinati col Regio Decreto 24 Gennajo ultimo scorso, « passa all'ordine del giorno »; Essa Camera lo respinse, e manifestò così la sua piena fiducia nella capacità del Fanti, e nella conscienziosa applicazione dei singoli atti della sua Amministrazione. E che tal voto di fiducia della Camera sull'operato dal Fanti era meritato e conforme ai veri interessi militari dello Stato se ne ebbe solenne sanzione dal fatto che in seguito ebbe a verificarsi, del quale crediamo opportuno il fare qui menzione. Allorquando nel 1866 si ebbe a mobilizzare improvvisamente l'Esercito per venire a guerra coll'Austria, l'aumentato numero delle leve venute annualmente sotto le bandiere aveva permesso un nuovo sensibile accrescimento delle nostre forze armate, talchè le 16 Divisioni attive lasciate dal Generale Fanti (non compresa quella di Cavalleria) erano state portate a 19. Nell'eseguire per altro una tale operazione, si era creduto }:,ene di abrogare agli organici della Fanteria, fatti adottare dal Fanti, ed erano stati rimessi iu vigore i precedenti, ossia i Reggimenti erano di nuovo stati portati a quattro Battaglioni su quattro Compagnie per cadauno, a 150 uomini, per cui ogni Reggimento di


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Fanteria, degli 80 che allora esistevano, ebbe 300 uomini di meno nelle sue file, e fra tutti complessivamente ne presentarono in campo 24,000 di meno di quello che avrebbero potuto condurre coll'organico Fanti, del 24 Gennajo 1861, il quale portava a soli 68 Reggimenti la Fanteria, ma formati su tre Battaglioni, ognuno de'quali avendo sei Compagnie a 150 uomini cadauna, presentava un effettivo di 900 uomini. E siccome vedremo che lo stesso Generale Fanti proponeva nel 1863 che - in seguito all'aumentato numero delle Leve venute sotto le armi - i Reggimenti di Fanteria fossero accresciuti fino a 72, quelli di Cavalleria portati 18 e quelli d'Artiglieria a 10, cosi coll'organico Fanti si sarebbe nel 1866 potuto entrare in Campagna con altri 12,000 uomini oltre ai 24,000 sopra menzionati. In conseguenza pertanto del fatto ritorno al vecchio sistema organico si fu costretti, allorché si entrò in Campagna - per dare sfogo alla necessaria forza che pure offrivano le leve fatte - di formare nuovi Reggimenti, oltre gli 80 esistenti che furono detti provvisorj, pei quadri dei quali occorse depauperare le file dei vecchi colla creazione dei quinti e sesti Battaglioni per ognuno di essi, operata in parte alla vigilia delle ostilità e in parte iniziata mentre ferveva tuttavia la guerra. Se ciò fu un provvedimento proficuo o nocivo al nostro Esercito in quel momento, lo lasciamo giudicare dagli esperti militari: ciò solo che noi osserveremo al proposito si è che se improvvidamente non si fosse voluto annullare l'organico del Fanti per le nostre Fanterie, non si sarebbe aovuto ricorrere a quella ,malaugurata misura. Ci pare che questo solo fatto valga per sé stesso a troncare ogni quistione sulla preferenza che si doveva dare alle idee propugnale dal Fanti, o a quelle sostenute dai suoi avversarj. Per ta mal rer· Rendevansi frattanto ognor più sensibili e molesti quei germi r.~u·u~o.~L'~ di malessere che s'erano manifestati nella salute del Generale, e rillr rei ma dal!oMlai· al punto Ch e ben SUO ma1gradO egl"l avea dOVU t O lD · dU~l· a dare nl tero, ~~~~e • rima- ascolto ai medici, i quali a più riprese vollero che per qualche giorno almeno ei sospendesse l'assiduo lavoro a cui quotidianamente si dedicava. Un cosi fatto incaglio che si frapponeva alla trattazione e allo studio dei tanti affari che gli sembrava urgente di dover risolvere, faceva concepire al delicato suo modo di sentire il dubbio di potere degnamente e convenientemente soddisfare agli obblighi della sua carica, e la sua coscienza quindi gli imponeva di non esitare a rinunziare alla medesima, perché tosto altri, meno affranto di salute di lui, vi si potesse dedicare con quell'impegno e perseveranza che ad esso non era più dato di consacrarvi incessantemente.


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E fu appunto per questo che nella prima metà dell'Aprile il Fanti manifestava al Conte di Cavour la sua intenzione di ri· tirarsi dal Ministero di Guerra. La recisa opposizione che questi fece alla risoluzione del Fanti , e le calde sollecitazioni che gli rivolse per distoglierlo dal suo proponimento, e quelle pur anco che da molte altre parti non mancarono di venirgli fatte, lo decisero a rinunziare momentaneament.A alla presa determinazione e a tentare di continuare nel suo Ministero e vin· cere in pari tempo quel male che lo travagliava, in ispecie quando soverchiamente si occupava. NuoYI proneFu in quest'epoca, e precisamente nel 4 Aprile, che ema- dhuento milotarl l'antl. del narono dal Ministero di Guerra le occorrenti disposizioni per costituire nelle Marche, nell'Umbria e nelle Due Sicilia il nuovo riparto territoriale militare di tutte quelle Provincie, che venne regolato in conformità di quello delle altre parti del Regno. Le Marche furono addette al IV Grande Comando avente sede a Bologna, l'Umbria al V in Firenze, e le Due Sicilie costituirono una nuova zona, che dovea dipendere da un VI Gran Comando, la cui sede sarebbe in Napoli. A tutti i personali dei Comandi Divisionali, d'Amministrazione, degli Ospedali, dei Comandi di Piazza, Tribunali e d'altro fu provveduto, e in pari tempo anche a quelli per gli. speciali· servizj dei Comandi Locali di Artiglieria, non che delle Direzioni e Sotto-Direzioni del Genio, tanto nel Napoletano quanto nell'Isola. Molte altre cose ancora attrassero in questo frattempo Je particolari cure del Fanti, ma siccome esse furono di un'importanza all'atto secondaria, ci dispensiamo dal farne cenno. Di una speciale per altro ci dobbiamo occupare in particolar modo, perché diede origine ad un fatto, nel quale vedremo più tardi, come i retti sentimenti e le buone ragioni che dirigevano mai sempre le opre tutte del Generale Fanti gli valsero un secondo voto favorevole della Camera contro un nuovo formidabile competitore, quale si fu il Generale Garibaldi. Questi, disgraziatamente, sotto prevenzioni che a torto erano state suscitate e alimentate in lui contro Fanti, portò innanzi alla Camera, esso pure - come avea fatto il La Marmora per l'Esercito regolare -severa accusa per quanto il primo aveva fatto pe' suoi Volontarj. Affinch·è si possa ben comprendere quanto fosse priva di fondamento e quindi immeritata l'accusa suddetta, diamo qui appresso speciale ragguaglio sulla disposizione relativa ai Volontarj che prestò occasione alla medesima.


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Per circostanze affatto indipendenti dal Ministero, la ComUfficiali Volontarj durante il tempo che aveva dovuto risiedere a Napoli, non i era potuta radunare e trovarsi al completo che pochissime volte, n'era quindi derivato, che per tutto quel tempo il suo lavoro era stato quasi nullo, ed a pochissimi Ufficiali Volontarj era stata fi ata la loro sorte. Per facilitare il suo còmpito, Fanti l'avea chiamata a sedere in Torino al 16 Gennajo, quando gli avanzi del Corpo Volontarj erano stati chiamati nelle vecchie Provincie Piemontesi, e da quel giorno l'opera sua era proceduta abbastanza recrolare e spedita. Questo incaglio subito nei lavori di detta Commissione avea prodotto per primo effetto che il Deposito di istruzione decretato in Ivrea col 20 Decembre, non avea per anco potuto ricevere gli Ufficiali Volontarj, giacchè non essendo stati ancora riconosciuti i loro gradi, nessuno avea potuto domandarne l'ammissione. Altro effetto sopravenuto si era quello che la prolungata incertezza della propria sorte, ingenerando in molti il sospetto che ciò si facesse ad arte per non mantenere le fatte promesse, li avea indo tti a rassegnare le proprie dimissioni senza attendere il giudizio della Commissione. Quest'ultimo fatto, unito a quello dei non pochi Ufficiali Volontarj che la Commissione avea già rimandati, e continuava a rimandare come non idonei , o non meritevoli , o non muniti di re olare brevetto, avea fatto scemare grandemente il numero degli Ufficiali suddetti rimasti dopo i Decreti dell'11Novembre, e se si teneva conto che non pochi di quelli ammessi dalla Commissione potevano ormai far passaggio al Deposito istituito in Ivrea, saltava naturalmente agli occhi una palmare verità, ossia che il numero decrli Ufficiali Volontarj che andavano ad essere riconosciuti idonei dalla Commissione non era sufficiente per coprire i quadri dell'or· dinamento del Corpo Volontarj decretato il16 Gennajo scorso, formato su quattro Divisioni e analoghi servizj. Era perciò conveniente re tringere questi quadri e ridurli a sole tre Divisioni. Nel convincersi di questo il Genèrale Fanti riconosceva in pari tempo che ammessa ormai fra le istituzioni dello Stato quella rlei Volontarj, faceva d'uopo corroborarla su ferma base militare, ch e -senza toccare alle altre- assicurasse a questa nuova istituzione il più utile e positivo successo. Parvegli pertanto che anche l'ordinamento tattico dei Volontarj, dovesse conformarsi a quelli organici d'Arma e di Corpo, che meglio potevauo funzionare nel genere di guerra proprio ai Volontarj. Così quindi, riflettendo che mi ~ ione mista nominata per esaminare i titoli degli


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la Cavalleria è Arma poco compatibile colla natura del Volontario, e che l'Artiglieria ed il Genio non vi possono appartenere che in proporzioni assai minori che negli eserciti regolari, mentre che per lo incontro la Fanteria di linea e la leggera sono il vero elemento del guerreggiare dei Volontarj, cosi, diciamo, il nuovo ordinamento che Fanti immaginò pei Volontarj venne logicamente improntato a questi principj, e constò in massima di pochi Squadroni di Guide per fare il servizio dei Comandi di Divisione e qualche piccola ricognizione ; e di una sola Batteria ed una sola Compagnia di Zappatori del Genio per ogni Divisione. La Fanteria poi, che di rado poteva essere chiamata ad agire in grandi masse, avrebbe avuti i suoi Reggimenti formati su due soli Battaglioni, di sei Compagnie cadauno, e cosi avrebbe una mobilità proporzionale all'indole delle sue speciali operazioni. Per avere poi Fanterie anche più mobili , e se vogliamo più scelte, si sarebbero formati Battaglioni di Cacciatori, ognuno su quattro Compagnie. Quattro Reggimenti di Linea e due Battaglioni Cacciatori avrebbero costituito il grosso nucleo d'una Divisione del Corpo Volontarj. Gli analoghi servizj di Stato Maggiore, d'Intendenza, Sanitario, del Treno e altri si sarebbero ordinati nelle volute proporzioni. Le proposte dei relativi quadri del nuovo ordinamento, dovevano esser fatte dai Generali dei Volontarj radunati in apposita Commissione. Gli Ufficiali proposti e nominati con Brevetto Regio rimarrebbero in disponibilità e aspettativa per riduzione di Corpo sino all'epoca di chiamata sotto le anni; nel qual caso il Governo fisserebbe la sede di reclutamento e concentrazione di ciascuna Divisione, o Corpo, o frazione. · Uno speciale articolo poi del Decreto 1.1 Aprile 1861, che sviluppava il progetto di Fanti, diceva: « Sulla richiesta dei Comandanti di Divisioni , ed allo scopo « di farli assistere ad un corso d' istruzione, potranno gli Ufficiali « essere chiamati in sedi fisse da determinarsi dal Ministro di c Guerra, per ogni Comando di Divisione. e: Durante la permanenza degli Uffiziali nelle sedi fissate, essi c avranno diritto alla paga del loro grado sul piede di pace. « Tali depositi temporarj d'istruzione saranno sotto la dipen« denza dei Comandanti Generali di Dipartimento, o delle Divi« sioni in cui si troveranno ». Questo articolo che portava il numero 13 del Regio Decreto suddetto, stranamente interpretato dagli animi non ancora calmi degli Ufficiali Garibaldini, propagò fra essi la credenza che fosse diretto ad esercitare su di loro una fiscale vigilanza delle Autorità

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... PARTE DECIMA

regolari militari, ed eccitò quindi fra essi il più caloroso malcon· tento. Noi siamo perfettamente convinti che oggi tutti quelli che allora diedero tale significato alle innocenti intenzioni del Fanti, si meraviglieranno di non avere potuto persuadersi allora, a prima vista, che lo Stato , per quanto loro accordasse una esistenza speciale militare, non poteva però sottrarla alla dovuta dipendenza militare delle Autorità dell'Esercito regolare, costituite e funzionanti nei diversi paesi. Il pretendere che dovesse essere diversamente era uno sconvolgere ogni idea di ordine non tanto militare, quanto ben anche sociale. Le accuse di Comunque, la mala impressione del Decreto 11 Aprile 186f Garlbaldl contro Il Mlnlatro della in genere, e del suo articolo 13 in ispecie, commosse tanto tutto Guerra Innanzi alla Camera. l'elemento Volontario, che lo stesso Garibaldi non esitò a recarsi, cosa insolita per lui, personalmente alla Camera a presentare un controprogetto di Legge, che intitolava per l'Armamento nazionale, e a denunziare l'intiero Ministero, ma particolarmente il Fanti, come animato dalle più ostili intenzioni a riguardo dei Volontarj. Per nostra buona fortuna, di mano in mano che esponemmo tutte le misure prese dal Fanti sul conto dei Volontarj, ne spiegammo pur sempre i motivi e gli scopi, e ciò pertanto ne dispensa ora dal ripetere le suddette ragioni per iscolpare esso Generale da una imputazione, la quale non aveva fondamento che nella riscaldata immaginazione di quanti allora non vedevano nel Fanti che il fautore delle più avverse idee al mantenimento dei Volontarj sotto le armi. Quanto fu detto al proposito venne ribattuto dal Fanti, dal Cavour e dal Generale Cugia, colle ragioni medesime di cui ci valemmo noi per legittimare le analoghe misure all'atto in cui furono prese. Agli assalitori -del Fanti diede pur mano in questa circostanza il Generale Petitti, che accusò Fanti di poca reverenza e riguardo pel Generale La Marmora. Che più? Perchè era sfuggita una frase forse troppo espressiva al Fanti~ quando avea qualificate di favolose parecchie promozioni avvenute nell'Esercito Meridionale, si fece lampeggiare agli occhi della Camera la minaccia di una dimissione in massa di tutti gli Ufficiali Volontarj. Ma anche questa volta prevalsero le rette intenzioni e le buone ragioni che manifestamente avevano regolate le azioni del Ministro Fanti, e quando la Camera ebbe a risolversi fra l'ordine del giorno del Deputato Bettino Ricasoli, che diceva : « La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero , persuasa « che la franca attuazione del Decreto 11 Aprile, e specialmente « l'immediata applicazione di ciò che è disposto dall'articolo 13,


FANTI MINISTRO DELLA GUERRA IN ITALJA

« che dovrà considerarsi come deposito di istruzione, mentre provvederà convenientemente alle sorti del valoroso Esercito Meri<i dionale, varrà ad accrescere e coordinare in modo efficace le 1: nostre forze~ e sicura che il Governo del Re alacremente darà « opera all'armamento e alla difesa della patria, come a lui solo ~< spetta, passa all'ordine del giorno »; E l'altro del Deputato Garibaldi, cosi concepito: « La Camera persuasa che nella concordia dei partiti nell'osservanza delle Leggi sta la forza della nazione esprime il ({ voto che il Ministero, tenendo conto dello scrutinio operato dalla Commissione, riconosca la posizione degli Ufficiali dell'Esercito << Meridionale, in forza dei Decreti Dittatoriali, e lasciando al M.i(' nistro stesso d'ordinare la chiamata dei Volontarj, quanto prima (' lo troverà opportuno, metterà in attività i quadri dell'Esercito, lt in quel modo che meglio giudichi, passa all'ordine del giorno»; La Camera , dicemmo, non esitò a dichiararsi favorevole al primo con 140 voti di maggioranza su 273 votanti, quantu nque quest'ordine del giorno di Garibaldi, non fosse che una pallidissima espressione delle idee che egli e i suoi amici avevano e ternate durante la discussione. Non faremo parola di quanto in questa circostanza venne fallo extra-parlamentarmente per abbonire l'animo di Garibaldi, e meltarlo su di una via più calma e più ragionevole; a tutto ciò ri mase affatto estraneo il Generai Fanti, cui non premeva che il su lfr~lgio della propria mente e coscienza, in tutto ciò che reputava suo dovere di fare pel pubblico bene. proela• Poco dopo questo spiacevole incidente , compite le el zioni maF'aoti l'Esercito l· talla Do e su di· politiche su tutta la superficie del nuovo Stato, dal Parlamento $lrlbUIBCO teDUGNazionale veniva solennemente proclamato il Regno d'Italia e Vit- \'e Bandiere. torio Emanuele II Re di Casa Savoja, Monarca Costituzionale di esso Regno per volontà della Nazione. In seguito ~i ciò il valoroso combattente di Casa Menotli nel1831, il bandito e dannato a morte dal Duca di Modena, il vilipeso d'Ancona, il soldato di libertà nelle Spagna, il sapiente Generale del Regno Sardo ebbe a trovarsi il primo Ministro di Guerra del Regno d'Italia, e dopo averne organizzate tutte le forze potè col 4 Maggio 1861 proclamare ch 1esse ormai costituivano l'Esercito Nazionale, e nel 2 Giugno gli fu dato di far sventolare fra le sue file il tricolore vessillo, su cui finalmente erano scritte le sospirate parole « Esercito Italiano ». Ma quasi nello stesso momento in cui si poteva dire che Fan ti Norle dl C6· vour. avea sciolto il voto dell'intiera sua vita, esso, in un con tutta Italia, era (1

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lt t.la irreparabile imprevista sventura. Col 7 Giugno 1864 pira a il Conte Camillo di Cavour. n diremo qual senso profondo di mestizia personale e di tr pid nze per le sorti del nuovo Regno1 testè proclamato sotto li au pi ·i di quel potente e audacissimo ingegno, si producesse nel cuor e nella mente del Generale Fanti per cotanta sventura, rch fo r e non riesciremo ad esprimerlo al giusto. Non vi fu certo ' r crgiamento in lui, ma sentì che veniva tneno al paese quella mano ic ra e ferma, la quale l'avea guidato con tanta maestria al u ris alto, e dubitò che se ne potesse trovare una seconda, la u le vale ·se altrettanto per condurre a termine il molto che re tava ancora a farsi. J'o.nU lucia il Al uo personale riguardo poi, o per dire meglio come MiUnìolero d e!I B ni Lro della Guerra, comprese irrimediatamente il Fanti che gli Guer" era. v 1 ulo meno il più forte appoggio che lo sosteneva nell'aspra lotta eh ormai gli si era dichiarata da due opposte parti. Contro di quesla, da sè solo, e afTrantb come era in salute, non volle imperrnar una battaglia che forse poteva tornare perniciosa al paese, e ri ol e quindi ritirarsi dal Ministero, anche perchè voleva curare la ua al ute per essere in grado poi di combattere l'ultima pugna della nostra indipendenza, quando fosse per suonarne l'ora. P r ciò col 9 Giugno 1861 ei rassegnava alla Corona le sue di· mi i ni, che venivano accettate. on si può negare che non sia per ogni verso memorabile Dismtere e del Fantì. J'ep ca d rante la quale Fanti tenne il Portafoglio della Guerra, e p t' gli avvenimenti imprevisti e straordinarii, ai quali egli dov far fronte, e per il grande incremento che gli fu duopo di dare alle forze da lui dipendenti. Come egli seppe provvedere ai menzi nati avvenimenti lo addimostrarono le narrate cose : come rie isse ad aumentare i uostri armamenti lo dice il fatto, che dopo aver per 16 mesi amministrato le cose della guerra quei 100,0 uo mini, che egli avea ricevuti dal suo predecessore, erano lali porlmi a più che 235,000, e non sarebbero passati altri ·10 me i, che si troverebbero accresciuti fino a 310,000, e se non tutti an ora fatti vecchi ed esperti soldati, almeno armati e provvisti d'o., i occorrente per entrare in campagna, ed appoggiare le loro operazioni a nuovi soliili baluardi appositamente costrutti sui migli ri punti stratcgid. Ciò vale pertanto a dispensarci dal commentare l'opera del Fanti come Ministro di Guerra, e amiamo meglio finire ogni nostro dire su questo riguardo citando un tratto compilo dal medesimo negli ultimi mesi, in cui sedette al potere; tratto che ci pare abbia una impronta tutta sua particolare.


F'AN'tl MINISTRO DELLA GUERRA IN ITALIA

in quell'epoca, essendo tuttavia l'Esercito sul piede di guerra, il Ministro di Guerra era considerato come Capo di Stato Maggiore del Re, e come tale avea diritto ad uno stipendio assai superiore a quello di Ministro. Il Generale Fanti non volJe percepire che lo stipendio minor che gli perveniva come Ministro, e senza nessun apparato di form e senza farne pubblicità alcuna si contentò di domandare una semplice ricevuta attestante la restituzione da lui fatta delle somm . percepite in più le quali ammontavano complessivamente ad oltr 10,000 franchi. E si che il nostro Generale non era in condizioni di troppo opulenta fortuna: ma la delicatezza del suo sentir . voleva che posto nel caso di poter accettare un maggiore o un minore assegnamento di stipendio, egli si attenesse al minore (1). Conveniamo, che di cotal specie di uomini, non se ne trova ad ogni piè sospinto.

(l) Copia della suddetta ricevuta. • Torino, 19 Febbraio 19tH.

c CORPO REALE DELLO STATO IIAGGIORE c Ricevo da S. E. il Ministro della Guerra, Generale d'Armata, Commendatore Fanti, la somma di L. 1974.60, che unita a quella di L. 2514.65 di già ricevuta dalla prefata Eccellenza nel giorno 30 Agosto 1860, pitl ad altra di L. I'S923,75 da me riscossa con mandato quitanzato dalla stessa E. S. forma Il totale di L. 10,413, ammontare delle somme state pagate dalla Cassa del Real Corpo di Stato Maggiore per competenze in Aprile, Maggio, Giugno e Luglio 1860, nella qualità di Capo di Stato Maggiore Generale all'Arma ta e che riversa nella Cassa medesima, preferendo di esigere , per il tempo succitato lo stipendio minore, dovutogli come Ministro della Guerra. In fede

« BBRGALLI Maggiore ' Arcblvi9ta e Ufficiale Pagatore J,

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PARTE UNDECIMA

FA N T I GENERA L E D'ARMA T A. [1861-1865].

SOMMARIO: - Onorificenze compartite al Fanti durante il suo Ministero. Fanti é inviato dal Re al Campo di Ch&lons in Francia. - Bella fama che godeva il Fanti nell'Esercito Prussiano. - Opinione del Fanti nel 1861 sulla quistione Romana. - Viene abrogato l'ordinamento Fanti per l'Esercito, e richiamato in vigore il precedente. - Fanti nominato Comandante del V Dipartimento Militare in Firenze. - Memoria del Fanti sulla difesa territoriale della frontiera che nel 1862 guardava i possessi Austriaci in Italia. - Fanti pubblica alouni scritti a proposito dell'ordinamento dello Esercito. - È offerta al Fanti la carica di Primo Ajut.ante di Campo del Principe Ereditario. - L'Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena nomina Fanti a suo Socio. - Fanti va in Francia per farvi una cura di acque minerali. - Fanti passa un inverno in Egitto per rimettersi in salute. - Si propone al Fanti di riprendere il Ministero della Guerra. Crudeli sofferenze degli ultimi mesi di vita del Fanti. - Pubbliche dimostrazioni in occasione di sua morte. - La vita del Fanti.

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olgiamo al termine della nostra narrati va, perchè quella stessa mano fatale, la quale ·testè avea tolto all'Italia l'eminente uomo di Stato che osò e seppe imporre all'Europa l'indipendenza e unificazione della sua patria, verrà ben presto a rapire pur anco il preclaro uomo di guerra, dal quale essa era stata fortemente armata. Ma ciò non ci amareggi precocemente, e non ci divaghi dal condurre a termine col dovuto impegno le poche pagine, che ci restano a scrivere sugli ultimi anni della vita del Fanti. · A testimonianza dell'alto pregio in cui la Corona teneva i servigi prestati dal Fanti nella sua qualità di Ministro della Guerra, per moto spontaneo del Re, egli era stato nominato già fino dal

Onoriftceaa comparlile al .Faotl duraote U suo Mlolstero.


PARTE UNDECIMA

29 Febbraio 1860 Senatore del Regno, e poco più tardi lo si era fatto Cavaliere di Gran Croce e Decorato del Gran Cordone dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Lasciati i pensieri e le fatiche del Ministero di Guerra, il nostro F'uoli inYialo dal Ro a l Lampo dl Chl\lons in Generale erasi con ogni buon volere dato alla cura della propria none . salute, per modo che vivendo calmo e senza troppo lavoro in Torino, trascorso breve lasso di tempo aveva già provato notevole vantaggio dall'essersi ritirato dagli affari. Non andò guari infatti, che Re Vittorio potè affidargli una particolare onorifica missione, inviandolo ufficialmente - accompagnato da parecchi distinti Ufficiali dell'Esercito - quale suo rappresentante presso l'Imperatore Napoleone, che assisteva allora alle grandi manovre del Campo Militare di Chàlons. Ciò avveni va nell'Agosto, dopo che il riposo avuto dalle pas::;ate fatiche ministeriali avea alquanto migliorata la salute -del Fanti, e quindi questi poteva accettare la propostagli missione. Egli giungeva a Parigi il 13 Agosto, e tosto veniva messo in relazione colla Casa Imperiale, che lo faceva accompagnare al Campo di Chàlons sur Marne, ove già si teneva l'Imperatore. Al Campo venne ricevuto da un Ufficiale d' Ordinanza di S. M. l. , tosto ammesso alla presenza della medesima, e quindi alloggiato nello ~ tesso Quartier Generale. Foruitigli cavalli dalla Corte, giornalmente accompagnò l' Imperatore che assisteva alle diverse fazioni, e fu sempre convitato alla mensa imperiale. Il Ministro clelia Guerra Randon ed il Maresciallo Canrobert lo colmarono d'ogni sorta di attenzioni. Dalla antica Brigata Sarda, detta di Savoja - passata allora al servizio francese, e che tuttavia intatta si trovava al Campo di Chàlons -ebbe il Generale una calorosis. ima manifestazione di simpatia e di rimembranza come ad antico commilitone. Passati alcuni giorni al Campo, Fanti fece ritorno a Parigi ve visitò i pri.marj stabilimenti militari, accolto ovunque con quegli onori dovuti al suo grado, e colla deferenza che si dimostra alle persone che si sanno in alta stima nell'opinione pubblica. Da Parigi passò a visitare le Piazze di guerra di Metz e di Strasburgo e quindi fece ritorno in Italia, ove appena giunto presentava al Governo un dettagliato rapporto sulle sue osservazioni a riguardo delle cose vedute. Bello. rnrn n eh o Durante il suo soggiorno al Campo di Chàlons, il Generale ROd.,va. ti nPI\O E'~rc1to Fanti era stato molto festeggiato dal Principe di Baden, fratello del Prus.•iano. G·ran Duca, e da parecchi Ufficiali Ptussiani, che assistevano alle manovre; ed anzi il primo, in particolar modo lo avea sollecitato ~ · aflfl


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perchè si recasse al gran Campo di manovra Prussiano, che in quell'anno si teneva nelle vicinanze del Reno, poco sotto a Kiel. Desiderosissimo di vedere l'Esercito Prussiano, il nostro Generale non avrebbe esitato un momento ad accettare l'invito, m· siccome allora la Prussia non aveva ancora riconosciuto il nuo vo ordine di cose in Italia, e si manteneva in relazione col Governo di Torino come Regno Sardo, cosi egli che al Campo Francese aveva una veste ufficiale d'inviato del Re d'Italia, non sapeva quale accogliePlza potesse ricevere al Prussiano, ove non era convenien le> che nascondesse la sua qualità di Generale italiano. Per non creu pertanto imbarazzi al Governo, ravvisò opportuno di seri vere al Barone Ricasoli -allora subentràto al Cavour nella Presidenza del Consiglio dei Ministri - narrandogli gli inviti avuti, e doma ndandogli norma di contegno. Il Ricasoli rispose consigliandolo a non andare, e così fece il Fanti. Egli permise per altro che il Maggiore Mattei e il Capitano Rossi, Ufficiali d'Artiglieria che lo accompagnavano, si recassero privatamente al Campo Prussiano. lvi essi vennero accolti con ogni sorta di cortesie e vennero presentati al Re Guglielmo: il quale parlando del Generale Fanti con cu1 sapeva essere essi stati al Campo di Chalons, ne disse cose assai lusinghiere per l'abilità di cui aveva dato prove e mostrò esser assai dispiacente che non fosse venuto al suo Campo per paterne fare la personale conoscenza. Non lascieremo di parlare dell'andata di Fanti in Francia Opinione d l Fanti nel lSf•f lln io no in questa occasione, senza riferire altra cosa, estranea alla sua Ron1a.n1t. missione, ma che risguarda un suo giudizio politico su di una quistione che allora come poi preoccupava altamente tutti i patrioti italiani. Come forse molti dei nostri lettori rammentare po sono ancora, nei primi mesi in cui· il Barone Ricasoli era subentrato al Conte di Cavour, erano corse le più accreditate voci eh egli avesse trovato un modo qualunque di sciogliere la question Romana. Un amico del Generale Fanti, sapendolo a Parigi e in mezzo agli alti funzionari dell'Impero, scrivendogli in proposito delle voci suddette, gli manifestava la sua convinzione e speranza che fossero vere, e gli chiedeva il suo parere in proposito. Il Generale Fanti, in data 6 Settembre 1861 da Parigi, rispondeva al riguardo queste assennatissime parole, che hanno poi avuta tanta conferma dai fatti posteriori alle medesime : « Sei in errore, credendo che siamo prossimi alla soluzione c della quistione di Roma. -·Io penso che non siamo mai stati c tanto lontani come adesso da tale soluzione. - Verrà; ma prima ~;u

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bisogna essere forti in casa, e non lo saremo che quando il Governo sarà più forte dei partiti ». Chi non direbbe profetiche queste parole del Fanti, quando si J)ensi che Aspromonte nel 63 prolungò l'occupazione francese in Roma., che Mentana nel 67 la richiamò a Civitavecchia, e che nel 70 l'Europa permise al Governo italiano d'entrare in Roma per la breccia di Porta Pia? I soli uomini, di gran lunga superiori agli altri, possono pronunziare di tali giudizi sull'avvenire. 1ene brosato Tornato dalla Francia in Italia nel Settembre del 1861, aveva l'ordioam ~ nt o Fanti pt r l'Eser- potuto il Generale Fanti preoccuparsi seriamente della sua salute cito, e ricbi m• to i D Vi@'Ore Il p re • prendendo stabile soggiorno in Torino, ove per alcuni mesi non cedl!nle. attese ad altro lavoro che a quello moderatissimo della sua carica di enatore del Regno. Ciò gli aveva giovato non poco, e se anche non lo si poteva considerare come perfettamente ristabilito, iò non o tante il miglioramento era tale da far concepire le più liete per nze. Ben presto però avveniva cosa che dovea turbare non poco l'animo del Fanti cagionandogli apprensioni per l'avvenire delle no. tre armi, perciocchè mentre egli viveva in tranquillo ritiro a Torino, e seguiva con compiacenza i progressivi passi che a norma dello stabilito si facevano nei Reggimenti e Corpi d'ogni Arma per venire al nuovo ordinamento, che dovea essere compito col l,o Aprile 1862, venne a sapere di certa scienza che il Ministro, che allora reggeva il Portafoglio della Guerra, per erronee convinzioni tattiche ed amministrative si era deciso a non lasciare che ave::; e compimento il progrediente suo organico, già fieramente combattuto dal La Marmora innanzi alla Camera, e stava predisponendo ogni cosa onde richiamare in vigore, specialmente per le Fanterie, il precedente organico di quattro Battaglioni per Reggimento, con quattro Compagnie per ciascuno, a 150 uomini. In fatti nel giorno 2 Marzo del 62, ossia sette giorni prima, che tutto il nuovo impianto del Fanti si trovasse attuato e in funzione, usci un Recrio Decreto, nel quale era detto, che volendo il Ministero della Guerra costituire un « Esercito forte per numero e per beninte i ordinamenti » gli era d'uopo non lasciare compiere l'ordinamento 24 Gennajo 1861, e procedere a un nuovo « organamenlo dell'Esercito, con mezzi uniformi e con principj sanciti da diuturne esperienze ». E questo nuovo ordinamento non era altro he quello stato abolito dal Fanti. Una cotale risoluzione governativa, oltre che dava manifesta taccia al Fanti di incapacità per quanto avea creduto bene di fare durante il suo Ministero, involgeva in sè effetti, che ben più assai

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interessavano esso Generale, che il suo stesso amor proprio personale, in quanto che, a parer suo, tornavano in pregiudizio del buon ordinamento tattico dell'Esercito. Quali fossero le ragioni tattiche e amministrative per le quali Fanti avesse convizione che il suo 01 dinamento fosse superior a quello ora richiamato in vita, lo dieemmo altrove e non torna il ripeterle qui, e solo le richiamiamo alla memoria del lettor per convincerlo che sul vivissimo dispiacere provato in questa circostanza dal Generale Fanti influiva assai più il bene pubblico che una meschina quistione personale. E fu perciò che fino da quel momento egli si propose di valersi della sua qualità di Senatore per meglio illuminare il Governo sulla grave vertenza, che ormai si era posata fra lui e i suoi avversari tattici, onde non avesse poi a soffrirne il paese e l'Esercito. Vedremo in breve a quale partito eg'li si apprese per tale intent e quanto poco frutto ne ricavasse. Erano frattanto scorsi ben dieci mesi da che il Fanti giaceva '" Fac~!'m~~~~~~~ inoperoso per non avere funzione alcuna di comando nell'Esercito, \~ ~u~.~~.C::t!\: ed il Ministro della Guerra, sapendolo abbastanza rimesso in salute, rmc. si decideva a confidargli incarico proprio al suo grado. Con data quindi del 16 Aprile 1862, esso Generale veniva destinato al Comandò Generale del V Dipartimento Militare, con sede in Firenze. cui era soggetta l'intiera Toscana e l'Umbria. Memoria del Recatosi in breve al suo nuovo posto, non passò molto tempo Fnnll sullad>fe.torr•toriale che il Generai Fanti venne interpellato dal Ministro della Guerra fronUera chedell& nel 1$tH guard""" l a riguardo di alcune proposte che una apposita Commissione avea !'""""'" Au trla· formulate, sul sistema di difesa territ0riale da adottarsi sulla fro n · c1 In ltnll~. tiera che guardava allora i possessi Austriaci in Italia. Quanto egli in questa circostanza rispose al proposito offriva un adeguato saggio delle superiori viste strategiche della sua mente, e siccome in pari tempo il modo con cui egli sviluppava le sue idee, offre un rimarchevole esempio del suo stile serrato, chiaro e conciso, così noi siamo indotti a riprodurre qui per intiero la memoria ch e egli trasmise .allora al Ministero suddetto. E a ciò ci consiglia pur anco la convinzione in cui siamo, che non pochi dei principj strategici emessi in questa memoria dal Fanti sulla difesa territoriale di uno Stato, possano avere una certa importanza, al momento presente, in cui con tanto studio e caloro si discute fra noi, quale abbia ad essere il sistema territoriale difensivo del nostro paese. Ecco pertanto nella sua integrità originale lo scritto compilato dal Fanti : nel pubblicarlo oggi, non temiamo di compromettere gli interessi dello Stato :

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« Risposta ai Queaìti contmuli nel Dispaccio Ministeriale delli 26 Maggio 1862, N. 3667 confidenzt'ale, Direzione (ì-enerale Armi speciali, Divisione Tecnica Genio e Stato Maggiore, Sezùme Materiale. « Firenze, 4 Giugno 1862.

« Richiesto a dare il mio parere sulla costruzione di una lloppia testa di ponte sul Po, oltre alle già esistenti, e sulla più o veniente posizione della medesima in relazione col sistema di tlife a già stato elaborato da un'apposita Commissione per tutta la frontiera che guarda i possessi dell'Austria dalle Alpi al Po, io mi permetterò colla franchezza del soldato, cogli scarsi dati che ho ottomano, e senza che io intenda menomamente scemare il grave giudizio dei Generali cotanto rispettabili per scienza e per pratica della guerra, di fare le seguenti osservazioni : « 1.° Che la difesa delle regioni Val Sabbia, Val Trompia, Val Camonica e Valtellina può essere fatta dagli abitanti del paese dalle Guardie Nazionali Mobili delle province fmitime a quelle Valli, come cointeressate con essi molto meglio che dalle truppe, e i e!!cettui la guarnigione di Rocca d'Anfo, la quale converrà ia sempre composta di truppe regolari e solide. « Che se mai avvenisse il bisogno di arrecare soccorso a quel forte di uomini (da che per viveri e munizioni si può anticipatamente provvedervi con abbondanza) assai meglio convenga che l'aiuto si porga dai montanari di Val Sabbia e di Val Trompia, di quello che azzardare una Divisione esposta a mille difficoltà per viveri e trasporti, e che potrebbe essere condotta a male ondizioni finché il nemico sia padrone del Lago di Garda e possa correre sul Caffaro da Riva e da Trento. « 2.° Che le valli profonde, come le citate, non si difendono dalle alture, ma nelle valli stesse, ed in queste si hanno a munire unicamente i centri popolosi dove si trovano maggiori interessi compromessi, dove si riuniscono le Autorità, dove è più facile fare raccolta e custodire viveri, armi, munizioni e trasporti. « Nè mi par necessario di assicurare con opere di fortificazione le principali comunicazioni dall'una all'altra valle , perchè, come ben dice la Commissione, il nemico non farà mai discendere dalle Alpi numerose forze, nè potrebbe inoltrarsi 'in quelle trette e lunghe valli con copia di viveri carreggiati, come esigerebbe la povertà dei luoghi, e meno ancora con Artiglierie da campo per la impossibilità di ritirarle in caso di rovescio. « Meglio parmi si raggiungerebbe, e con minor dispendio di forze e di denaro, lo stesso scopo rovinando prestamente ed alla


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opportunità quelle strade nelle parti più scoscese dei monti, che quanto a comunicare dall'una all'altra valle per la difesa, quei montanari, che le abitano, ben troveranno modo di farlo. « Nel caso concreto sarei di opinione di fortificare con opere di muro n feritoje (che sono le migliori difese nei monti ove il nemico non possa condurre che Artiglierie da montagna o Batterie di razzi) unicamente Sondrio in Val d'Adda, Edolo in Val d'Oglio, e di tenere Rocca d'Anfo in Val di Chiese; come credo (e qui convengo pienamente con la Commissione) che debbasi convenientemente ampliare l'azione di Rocca d'Anfo, per esempio, con qualche opera in Lavenone, perchè un tale passaggio è la più facile e diretta strada che abbia il nemico per giungere dal Tirolo Italiano in Lombardia, oltre a ché si lega col suo sistema di strade militari in Val d'Adige. « In quanto poi alla Guarnigione di tale fortezza essa o resisterà o capitolerà, ma non sarà mai il caso che possa ripiegarsi, a meno che abbandoni la Piazza prima di avere esaurito ogni mezzo di buona difesa, e di qui a parer mio, la inutilità di assicurarle una ritirata, la quale non dovrà mai verificarsi. E questo ragionare essendo giusto, ne deriva per me il concetto che le fortificazioni di Tresenda, la Caserma difensiva ail'Aprica, il Corpo di guardia d#'ensivo a Croce Domini e l'opera staccata a Monte Suello, se questa non sia sotto il J,iro dell'Artiglieria del Forte di Rocca d'Anfo, sono opere che si possono risparmiare. « 3. 0 Opino che Brescia non possa servire di ridotto di sicurezza per le forze operanti nelle valli sopra menzionate, eccetto per quelle bande· che si gettassero in Val Trompia, dacché le altre valli sboccano fuori di ogni azione di Brescia. Neppure codesta città potrebbe servire di appoggio ai distaccamenti di Desenzano e Salò, perchè questi punti sono più vicini a Peschiera· di quello che lo siano a Brescia. Quelle truppe sarebbero quindi al tempo stesso battute dalle Barche Cannoniere Austriache dalla parte del Lago ed involte dalle· forze nemiche uscite dalla suddetta Piazza. c Aggiungo che l'opera fortificatoria sulla vetta di Santa Croce nè può difendere la città , né battere la strada di Sant'Eufemia, nè impedire lo stabilimento delle Batterie nemiche contro il castello e la città al piede della collina medesima, molto erta ed elevata, almeno per quanto ricordo dal 1848, epoca in cui ebbi motivo per visitarla minutamente. « Ne deriva di conseguenza, che credo .basti il castello e buona mano di Guardie Nazionali Mobili di quella valorosa Provincia per preservare la città di Brescia da un colpo di mano, mentre 30


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maggiori opere di fortificazione non servirebbero assolutamente che a compromettere l'Esercito il quale sarebbe chiamato a staccarsi dal Po, sua linea naturale tanto per l'offesa çhe per la difesa, e ciò per accorrere ad ogni allarme di quella città colla ondizione ancora più rilevante che l'Esercito per trasportarsi dal Po a Brescia, bisognerebbe che presentasse continuamente il suo fianco destro alla base del nemico, e che per assicurarsi, ad esempio, la marcia da Cremona a Brescia , si sentirebbe più tardi la necessità di fortificare Pontevico sull'Oglio, e cosi passo passo fino · chi sa dove. « 4. 0 Premesse le anteriori considerazioni e venendo all'argomento precipuo della quistione , e convenendo colla Commissione sul concentramento a farsi sul Po delle nostre forze alla prima minaccia di guerra , sono dolente di non trovarmi dello stesso avviso rispetto a concentrarle davanti al nostro fronte di operazione Piacenza-Pizzighettone, a due marce appena dalla fortissima base del nemico Mantova-Peschiera; nè mi adatto all'opinione che chi più si avvicina al nemico, meno possa essere tratto in inganno sulle sue intenzioni , giacchè a me sembra che per discernere se i movimenti dell'avversario siano veri o falsi, faccia d'uopo presumerlo anzi tutto da un giusto criterio della guerra, desunto dall'interesse del nemico in quelle condizioni proprie ed esterne in cui egli e noi verseremo; cosi, per esempio, in condizioni ordinarie, non crederò mai che il nemico voglia dirigersi sopra Brescia con tutte le sue forze , ma con una parte tutto al più e per una mossa simulata, altriment,i. battuto colà, arrischier ebbe assai di trovarsi addossato alle Alpi, o quanto meno dovrebbe fare molti sforzi per svincolarsene, mentre restando vincitore non potrebbe in alcun modo impedire a noi la ritirata dietro l'Adda. « Sono adunque da queste riflessioni tratto al parere che se la doppia testa di ponte a Casal Maggiore non conviene, quella a Cremona non è maggiormente vantaggiosa, e per chiarire meglio l'argomento aggiungerò le seguenti ragioni: « a) Per posizione di offesa verso il Mincio, l'essere in Cremona o avanti Pizzighettone costituirà sempre l'essere noi a non più di due marce dal nemico; giacchè al rompersi della guerra. l'Esercito Austriaco, non fosse altro che per coprire le sue mosse, avanzerà una parte delle sue truppe sull'Oglio. « Come posizione di difesa trovo preferibile Pizzighettone, perchè più indietro di Cremona, e per essere a cavalli ere di un grosso iiume com'è l'Adda, prossimo alla sua foce in Po, e


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comunicante con Piacenza e Milano colle Ferrovie. D'altronde se si voglia prendere una posizione simile a quella che si occupò nel1859 dall'Esercito Sardo fra Tanaro e Po, noi potremmo raccoglierei fra Po ed Adda, gettando un ponte sull'Adda in Grotta d'Adda, ed un altro sul Po al passo tra Castelnovo e Monticelli. « b) Essendosi dimostrato più sopra che Brescia nè può raccogliere i difensori delle valli alpine, e meno ancora proteggere le forze che fossero sul Lago di Garda, nè credersi punto prescelto dal nemico per disfida ad una battaglia, ma che invece Brescia fortificata sarebbe . d'immenso pregiudizio per l'Esercito d'operazione e ci costringerebbe a nuove opere sull'Oglio, ne deriva la conseguenza che a questo riguardo Cremona non può tampoco riuscire vantaggiosa per detta città più di quello che lo sarebbe Pizzighettone, distante essa pure due sole marce da Brescia, e col vantaggio maggiore, venendone n caso, di eseguire tali marce, più lontano e più coperte dal nemico per la strada di Soresina e Soncino. « c) Neppure è più adatta Cremona per difendere gli exDucati, dacchè ·Piacenza si trovi più vicina a Fiorenzuola di quello che Io sia Cremona; d'altronde l'Esercito in Cremona bisogna che passi, in tale ipotesi, il Po, e che marci per ben dieci chilometri per una sola strada, e per un fronte ristretto fra due inflessioni del fiume. a: d) La Commissione pensa di dover fare una nuova Piazza in Cremona per correggere il difetto che ella crede abbiano le fortezze di Piacenza e di Pizzighettone, ossia di fare una nuova fortezza perchè le due esistenti sono troppo vaste, difetto per altro che io contesto, perchè Piacenza e Pizzighettone non sono fatte per sostenere degli assedj, ma per essere base di offesa o di raccolta dopo una battaglia sfortunata: d'altronde con le gittate che hanno oggi le Artiglierie vi vogliono grandi Piazze, le quali hanno avuto sempre ed incontestabilmente sommi vantaggi sulle minori, sia per la maggiore facilità che in quelle si trova di mettere al coperto dalle offese le truppe, gli ospedali, i magazzini e cose simili, come per obbligare il nemico ad impiegare forze proporzionalmente assai maggiori per attaccarle e sopratutto poi se la fortezza trovasi a cavalliere di un fiume. « E ne sia una prova Peschiera che se nel1848 avendo, se non erro, 1500 difensori, potè essere investita da una sola Divisione, nel 1859 essendo stata ampliata con forti esterni, e non avendo più di 3000 a 3500 uomini di guarnigione, richiese quattro Divisioni per l'investimento.


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« In quanto poi a considerare Cremona come sostegno di difesa delle Piazze di Piacenza e di Pizzighettone, mi pare che se l'Esercito sia ridotto alla difesa passiva delle Piazze, assai meglio in tal caso risponda il rientrante di Pavia, di quello che possa ervire il saliente di Cremona. « e) Cremona non è sopra una linea di difesa perché è davanti all'Adda, e un'armata battuta sotto quelle mura, potrebbe e sere respinta in gran parte sul basso del fiume. Nè vale il dire che le nostre batterie sarebbero armate di artiglierie di grosso calibro da avere superiorità su quelle da campo del nemico, perché se questi si sente in forza per attaccarci non. troverà alcuna difficoltà a farne venire subito altre uguali e in maggior numero dalla ·Piazza di Mantova. cc () Fortificando Cremona per raccogliere, come si dice, l'Esercito, bisogna os~ervare che in tal modo si pregiudica il piano di campagna che sarà seguito, o quanto meno si diminuisce l'Esercito di un gran nerbo di truppe per custodire quella Piazza, mentre il piano a seguirsi deve naturalmente dipendere dal modo con cui verrà la guerra, dalle cause che la produrranno, dalle alleanze che avremo, dall'obbiettivo che ci prefiggeremo, e finalmente noi apriremmo la campagna ponendo un Esercito dietro parapetti, ciò che non si addice certamente ad una guerra di prudente iniziativa, se si vuole, ma guerreggiata in campo. cc g) Se il nemico irrompe in Lombardia, ripeto che noi abbiamo Pizzighettone, che per la sua posizione a cavalliere dell' Adda ed a dieci chilometri circa dalla sua foce in Po, e con due ferrovie che la mettono in contatto con Piacenza-:Pavia e Milano, presenta condizioni anche tattiche molto superiori a Cremona c se il nemico invaderà gli ex-Ducati, sarà di molto preferibile Piacenza. E siccome un Esercito da 250 a 300,000 uomini può ben !asciarne 40,000 in Bologna e tener testa con tal forza, e per molti giorni a doppio numero di Austriaci, se fosse il caso; così non abbiamo a preoccuparci di Bologna, dacché il nemico per avanzare con sicurezza dal Po e stabilirsi negli ex-Ducati, o invadere la Romagna e la Toscana, dovrebbe anzitutto impadronirsi di quella Piazza ed osservare gli sbocchi di Toscana e delle Marche, presentandoci in tutta questa operazione il suo fianco. « Tenendo quindi il grosso del nostro Esercito, per esempio fra Piacenza e Pizzighettone, come sopra venne detto, ovvero porLandolo più avanti sul Po, se gli eventi lo suggeriranno, potremmo in questo secondo supposto gettare dei ponti provvisori sul detto fi ume, e levare. parapetti alle nostre Batterie e cosi senza legarci


PAN'l'f G~AL~ b'AitMA'l'A

a. punti prestabiliti, nè diminuire le nostre forze, mostrare al nemico quell'audacia d'iniziativa che più spesso è foriera di felici successi, e che meglio si addiée al carattere italiano. • Riassumo dicendo che col fortificare nuove città, si pregiudicano le operazioni, si diminuisce l'Esercito operante, si creano delle speranze e delle esigenze tanto più perniciose quanto più popolose e patriottiche sono quelle città, le quali ci obbligheranno a degli assurdi strategici, perchè saremo condotti a soccorrere l'una. e poi l'altra, dando cosi bellissimo campo al nemico . per trarci dove convenga gli e scompigliarci: sarà un mettersi per una via di cui non sapremo il fine, ciò che successe in una scala pie~ cola· al Generàlè Durando nel 1848 in Vicenza, come io gli avevo scritto in previdenza fin dalla Spagna, e che egli stesso aveva presentito senza poter vincere l'ostinazione popolare. • Le Piazze - diceva Napoleone - devono essere pooh8, grandi e strategicamente situate; e sono nocevoli - aggiunse Saint Cyr se non siano di un'evidente utilità; perchè rOtJinano le risorse tkl tesoro e l'effettivo dell'armata - scrivevano Paixhant e Jomini; infine, ripeteva Napoleone a S. Elena che: il costrurre un gran numero di piazze da guerra, era rarte di far battere le grandi armate dalle piccole e di nulla fare con armate immense. « D Generale d'Armata « M. FANTI. »

Noi ci crediamo dispensati dal fare commenti a proposito di questo breve scritto del Fanti, perchè ci pare cbe esso porti una tale impronta di scientifico e pratico ingegno militare, che non può sfuggire a nessuno che lo legga, se pur anco non è profondo nell'arte della guerra. Solo ci permetteremo di osservare che di questo voto del Fanti a proposito di Cremona, al sopravvenire della guerra del 1866 ne fu tenuto il medesimo conto che s'era fatto del suo ordinamento per l'Esercito, come pure del ben noto suo piano che voleva portare la guerra grossa contro il Quadrilatero dal basso Po anzi che dal Mincio. E qual pro' se n'ebbe rlall'aver voluto avversare ogni idea del Fanti? Dal ripristinato vecchio ordinamento la necessità di sfibrare tutti i Corpi alla vigilia della guerra per far nuovi quadri, lo che non sarebbe avvenuto coll'ordinamento Fanti ; l'inutile spreco di parecchi milioni per le opere iniziate a Cremona senza l'ombra di un effetto qualsiasi, e infine il volersi cacciare nel cuore del Quadrilatero, anzi che prenderlo alle spalle, diè luogo alla fatale giornata di Gustoza,


~70 Fanti puliblica lcuni scrìth pr posi lo dcll'ordlnameuto dell'E· aorclto.

PARTI'! UNDECIMA

Non scemava intanto nell'animo del Fanti l'apprensione che gli aveva eccitato la misura di far ritorno al vecchio ordinamento Sardo, giacché egli prevedeva che con esso l'Esercito non poteva onvenientemente assumere quelle proporzioni di forza materiale quella sodezza tattica che poteva occorrergli da un giorno a un altro di dovere sviluppare. A tentare pertanto di porre qualche riparo a ciò, venne il Generale nella risoluzione di attendere che i diversi Ministeri presentassero i bilanci passivi pel 1B62, onde far nascere innanzi al Senato la questione sull'opportunità di adottare definitivamente il suo sistema, o l'antico Sardo per l'ordinamento dell'Esercito. E come per illuminare opportunamente i suoi colleghi del Senato, egli rivolse ai medesimi, per mezzo della tampa alcune « Osservazioni sull'Esercito Italiano», nelle quali con vera maestria era messo in chiaro e alla portata di tutti come fosse per essere pernicioso allo Stato e all'Esercito il non ritornare all'ordinamento tattico da lui promulgato nel 1861. Il dire alcun che di questa pubblicazione che aveva allora tutta l'importanza dell'attualità, e che ora non ne presenterebbe forse che ben poca , in causa dei grandi cambiamenti avvenuti nei principj tattici degli ordinamenti militari, sarebbe opera più fa ticosa che utile e interessante, e ci limitiamo quindi a far puro cenno della suddetta pubblicazione. E da ciò deriva parimenti la convenienza di non dire che poche parole sulle altre consimili pubblicazioni, che nel corso del1863, vennero fatte dal Fanti, esse pure rivolte sempre ai suoi colleghi Senatori. La seconda venne provocata da una specie di risposta che il Petitti, già surrogato al Ministero di Guerra dal Della Rovere, avea fatto per le stampe alle « Osservazioni » pubblicate dal Fanti;: era una chiara, logica stringente confutazione degli argomenti prodotti dal Petitti per sostenere le proprie erronee idee. Finiva ogni suo ragionare il nostro Generale dicendo ai suoi colleghi, che pP.rsuasi, come perava che fossero rimasti dalle sue parole, della convenienza di richiamare prontamente le sue ordinanze del 61., avessero ad adope1·arsi solertemente perché il nuovo Ministro Della Rovere, ve· nisse a tal passo, e procurassero cosi a lui, Fanti, in compenso delle molte cure che s'era date nell'Italia Centrale, e per avere amministrato le cose della Guerra in momenti difficili e memo· rabili, la consolazione di avere anche una volta procurato il vero bene dell'Italia. La terza delle suddette pubblicazioni del Fanti , sempre ri· volta al Senato , accenna va ai metodi che egli proponeva, in via pratica per disfare gli eil'elti del Decreto Petitti del Marzo 1862,


FANTl tlENEitALE D'ARMATA

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e tornare al portato dal suo del 24 Gennajo 1861. Da questo opuscoletto rimaneva dimostrato che per l'anno 1864, col suo ordinamento del 1861 - ma portando a 72 i Reggimenti di Fanteria, aumentando di 1 i Reggimenti di Cavalleria, e formando 12 Squadroni Scorridori, nonchè accrescendo l'Artiglieria di Campagna di un altro Reggimento - si potevano avere le seguenti forze nei Corpi attivi : 72 Reggimenti Fanteria . . . . . . . . . . 216,000 6 Reggimenti Bersaglieri . . . . . . . . . 25,000 18 Reggimenti Cavalleria e 12 Squadroni Scorridori (1) 24,000 10 Reggimenti Artiglieria ' 30,000 2 Reggimenti Zappatori 6,000 3 Reggimenti Treno 9,000 20,000 14 Legioni Carabinieri 1 Corpo Franco 2,000 1 Corpo Amministrazione 5,000 Leva in corso ai Depositi

337,ÙOO 75,000

Totale 412,000 Questi opportuni e savissimi suggerimenti che il Fanti rivolgeva allora al Ministro della Guerra non vennero ascoltati, perchè anche il Ministro Della Rovere dal più al meno condivideva le idee del La Marmora e del Petitti, e cosi convenne attendere malauguratamente che la Campagna del1866 dimostrasse col fatto come cogli 80 Reggimenti di Fanteria del Petitti, non si potevano avere nei quadri di guerra dell'Esercito che appena 250,000 uomini, e quando si volle aumentare tale forza, fu d'uopo creare nuovi Reggimenti Provvisorj a danno dei vecchi. Che se per altro nelle sfere militari aveva ormai ottenuto il più manifesto sopravvento lo spirito avverso alle viste tecniche del Fanti, nelle altre governative la sua persona, il suo carattere e le sue cognizioni erano tenute nel più alto concetto, e ne fa prova luminosa la proposta che sotto il Ministero Rattazzi, nel1863, venne (l) Questi Scorridori erano un mezzo, che il Generale Fanti proponeva allora che venisse esperimentato per combattere il Brigantaggio nel Napoletano, ove non ~apeva capacitarsi che si dovessero impiegare 120,000 uomini (cifra uftlciale) contro poche centinaia di briganti. Questi Scorridori dovevano euere Squadroni liberi con Deposito a Caserta, e sarebbero montati su cavalli del paese atti ad inseguire i Briganti. L'armamento degli Scorridort doveva essere sciabola, revolver e carabina americana a retrocarica

È all'orla al Fa.oli IR car.c• Primo AHl lnnla di Cornr, Jel Principe E:O re<l1lnrio, <1 1


l>ARTE UNDECÌMA

rivolta ad esso Generale perchè accettasse di essere collocato al fianco del Principe Umberto, nella qualità di suo Primo Aiutante di Campo, e colla immediata dipendenza dal solo Re. Era l'epoca allora, in cui il giovine Principe Ereditario stava per fare i suoi primi passi nella vita pubblica e il Re, Padre suo, e i suoi Ministri dovevano pensare a porgli vicino una specie di Mentore, che su d'ogni cosa potesse parlargli in quel senso sotto di cui dovea giudicare un futuro Re Costituzionale d'Italia, e fosse guida occulata e ascoltata per l'inesperta età ed il bollente animo del Principe. L'avuto invito quindi era pel Fanti il più solenne attestato della illimitata fiducia che in lui riponevano il Padre, il Re e il primo Ministro ; l'onorevole missione poi per sè stessa non poteva essere nè più simp'atica, nè più accetta all'animo eminentemente -patriotico del Fanti e francamente affezionato alla Famiglia Regnante. E certo egli non avrebbe mancato di accettarla, quando nel fondo della sua onestissima coscienza non avesse sentito il convincimento, che lo stato di bel nuovo aggravato di sua salute, fosse per impedirgli di consacrarsi all'assunto impegno con quello zelo ed attività che si confacevano al medesimo. Rispose pertanto il Generale di non potere accettare in causa della cattiva sua salute (1). Fu questo un nuovo tratto della vita del Fanti, nel quale il vero interesse della patria e della Casa Regnante fece tacere ogni vantaggio e sentimento personale del Generale, e diciamolo pure, con uno scrupolo di delicatezza che da molti altri non sarebbe stato ascoltato. · (l) Per chi ami la prova di questo fatto, poco noto, eccolo qui appresso: (Dispaccio Telegrafico)

« Al Generai Fanti - Firenze

• 31 .Maggio 1863.

c Rlse"ato a lui solo

« Mi dica come accoglierebbe la proposta di essere collocato Primo Ajutante di Campo del Principe Ereditario con diretta dipendenza da S. M. La ç, proposta partirebbe dal Ministero. La prego darmi risposta per domani. • n .Ministro

11:

« DBLLA ROVBRll »

ta risposta te1egra1lca del Fanti fu : c Firenze, t Giugno 1868.

« Ringrazio. - Sono splaoentissimo di non poter accettare per la mia ~

cattiva salute.

· ~FANTI •


FAN'fi GENERALE D'ARMAtA L' Accademia L'indicato onore di cui s'era creduto meritevole il Fanti, come di Scien&e, Le ttere di pubblico funzionario, veniva ben presto seguito da altro che si Mod•naed Arti nomina a suo So· riteneva competergli per la ben nota sua capacità nelle scienze el'anti io. positive. Quel riputatissimo consesso di dotti Modenesi che si intitola Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, in seduta del 5 Luglio 1863 avea ad unanimità di voti, proclamato suo Membro, nel ramo delle scienze , il Generale Manfredo Fanti, quale preclaro ingegno di cui si onorava la Provineia di Modena che pregiavasi di avergli dati i natali. Fu sensibilissimo e oltremodo grato il Fanti a questa distinzione che spontanea gli veniva accordata da quella città, ove egli avea fatti i suoi studj scientifici, e che egli avea sempre considerata come .la sua seconda patria. Fanti va in Man mano che passava il tempo da che Fanti attendeva Francia per rarvi una cura di in Firenze alle cure del Comando del V Dipartimento, come ben acque minerali. lo disse il rifiuto della carica di Primo Aiutante del Principe Umberto, la sua salute aveva subite significantissime alterazioni, e ai bronchi, ai polmoni e al cuore s'erano di già manifestati sintomi allarmanti. Molto affanno, ostinata tosse, e concitazione del cuore per ogni più piccolo eccitamento fisico, o morale; cominciavano a dare serie molestie al sofferente Generale. I primarj Medici di Firenze da lui consultati vedevano con qualche apprensione che tali sintomi non cedevano alla efficacia della cura da loro prescritta, ed avevano finito per consigliare il Fanti a recarsi in Francia per fare la cura delle acque che si trovano a Eaux Bonnes negli Alti Pirenei. In pari tempo avevano suggerito, che passando per Parigi, il Generale consultasse taluna delle celebrità mediche di quella città. Partiva in effetto al cominciare del Lllglio 1863 il nostro Generale, e si recava a Parigi, ove dietro consulto di non meno che cinque delle suddette celebrità, si decideva a condursi non più alle Eaux Bonnes, .ma bensi invece a quelle, poco discoste dalle medesime, dette Eaux de Conterets. Qui vi per un mese, faceva l'ordinatagli cura termale, e quindi ritornava in Italia, .senza aver risentito sensibile vantaggio dalla medesima. Fanti paaaa un In conseguenza di ciò, i Medici di Firenze - ed in ispecie inverno in Egitto per rimeltersi in il celebre professore Cipriani, nel quale il Fanti avea una spe- salute, ciale fiducia - prevedendo che al sopraggiungere della stagione i,nvernale ne scapiterebbe sempre maggiormente la salute del Generale, lo persuasero a recarsi in Egitto prima del sopravvenire dell'inverno, assicurandolo che il clima temperato di quelle regioni, anche nei rigori invernali, avrebbe lasciato campo alla cura, che gli stavano allora applicando, di trionfare dei progressi del

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male, cosa che non potevano garantire, ove si fosse fermato in Italia. Non poco si preoccup!) la mente del Fanti per determinarsi l proposito, perchè egli vedeva chiaramente quanto, nella sua ttuale posizione sociale, la gita e il soggiorno consigliatogli in Egitto fossero per costare alle sue ristrettissime finanze ; ma poi, i tituito un calcolo sulla convenienza di perdere per sempre la alute e forse anche la vita per. risparmiare una momentanea spesa, pensò che per provvedere alla educazione de' suoi due figli che egli amava tenerissimamente, e che appunto allora erano nel momento di venire iniziati alla carriera militare, cui egli s'era proposto di dedicarli entrambi, gli conveniva meglio curare la sua alute, e si decise quindi al viaggio in Egitto. Imbarcatosi a Livorno il 9 Novembre 1863, toccò Napoli nell'H, ove ebbe cortesi profferte dal Generale Alfonso La Marmora che ivi stava come Regio Commissario, e col17 approdò ad Alessandria d'Egitto. La lWlga traversata lo avea alquanto molestato~ ma col 2 Dicembre potè andare al Cairo, e quivi sentì veramente il benefico influsso del clima di quei paesi. Incoraggiato da ciò non seppe resistere alla tentazione di recarsi a visitare l'Alto Egitto, e tosto manifestatane l'intenzione, dal Vice Re gli venne offerto un suo particolare Vapore perchè a maggior aggio potesse fare tale gita. L'offerta era lusinghiera ed onorifica, e venne accettata. Per una vera fatalità, nei ventiquattro giorni che durò il viaggio, regnarono costantemente sul Nilo venti freddissimi, e ciò unito alle fatiche sostenute dal Generale per visitare tutti gli antichi monumenti di cui non volle trascurarne nessuno, fece perdere di nuovo alla sua salute quel tanto che avea già guadagnato durante il soggiorno al Cairo. Una nuova fermata in questa città per quasi tutto il mese di Febbrajo lo rimette in benessere, e di nuovo egli si sente eccitato a visitare i grandi lavori già iniziati dal Lesseps pel taglio dell'Istmo di Suez. Il medesimo Lesseps si offre per accompagnarlo e ve lo conduce nella prima metà del Marzo. Anche per questa nuova fatica ne prova danno la salute del Generale, ma dopo breve riposo il clima del Cairo lo ha ristabilito. In sul finire di Marzo Fanti lascia l'Egitto, e sui primi d'Aprile sbarca a Livorno e si restituisce a Firenze in migliore stato di quando ne era partito nel Novembre, ma non troppo rassicurante ancora. E se poco lieto in quell'epoca era lo stato di salute del Generale Fanti, non molto diverso era quello dell'animo suo, allorquando, raccogliendosi in sè stesso, prendeva a considerare l'andamento della cosa pubblica d'allora in Italia. Quali a questo-


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proposito fossero i suoi pensieri lo diranno chiaramente le seguenti giustissime parole che dal Cairo, con data del 30 Gennajo 1864, Fanti scriveva ad un suo amico in Italia: cr La benevole opinione che avete di me mi prova che ho pur « fatto qualche cosa di buono pel nostro paese, e mi consolo delle 1 patite ingiustizie. « Credo io pure, che bisogna approfittare dei buoni momenti 1 per non lasciarsi prender la mano dagli avventati, ma mi pare « che il Governo la pensa diversamente, se debbo. giudicarlo da « quello che fa, o per dir meglio da quello che tralascia di fare. « Sapete voi, che per buona che sia la nostra Armata, am« messo anche spento il brigantaggio nel Napoletano e acquietata 1 la Sicilia, ci vogliono sei mesi per passare dall'attuale piede di 1 pace a quello di guerra? Oggi, militarmente parlando, siamo v: impotenti, e lo siamo perché non si sa volere, e non si saprà 1 fino che prevarranno le vecchie tradizioni, risorte dopo la morte « del povero Cavour. « Vorrei sbagliarmi, ma temo che dovremo vedere impassibili « passare una dopo l'altra le buone occasioni, e finiremo per tro« varci nella impossibilità di agire quando ne fosse il caso. « In quanto a me sarò sempre là, dove il Re me lo comandi, 1 e il paese lo esiga, finché la precaria mia salute me lo permetta, « e vi sarò con tutta l'anima e con tutto il cuore, perchè sono « nato e voglio morire nel principio d'Italia una, libera e indi« pendente. « E dico questo, perchè non abbiate a credere che io con« servi rancori, nè agli ipocriti, nè agli speculatori di patriottismot c che altamente disprezzo, quantunque pensi che non vanno di« menticati per quanto possono fare di danno all'avvenire del « paese. cc Quando poi alzo gli occhi sulle attuali nostre condizioni,· « dico: cosi non va e bisogna cangiar strada; la buona volontà cr: non basta, conviene avere vista di lince, mano di ferro 1 e ini« ziativa anzitutto; altrimenti la fortuna passa, e ogni cosa iste~ « rilisce e muore. « Speriamo per altro nella stella d'Italia ». Quanto savio e previdente fosse il giudizio di Fanti nel dire che per compire le sorti d'Italia occorreva occhio di lince e mano di ferro, mossi da abile iniziativa, venne dimostrato dal fatto che l'Italia non fu, se non allorquando essa, dalla forza delle cose, si trovò avvolta nella sfera della potente azione del Cavour della Gennania, vale a dire di BiAmark.


PARTE tJNDEctMA 'l prop"n nl Mnlt •Il rol'rBn· •1• o Il Mini 11'1'0 lldl Ourrra ,

E che le cose nostre, ed in ispecie quelle dell'armamento nazionale, non volgessero guari in bene nell'epoca della quale ar1iamo lo vedeva, e ne temeva non solo il Fanti, ma non pochi altri autorevoli personaggi dello Stato, come lo fa risultare la seguente lettera che, colla data delli 25 Aprile 18M, perveniva al Generale Fanti da persona sua amicissima alto locata nella gerarchia militare: 1t Mi pare dall'insieme di tutto quanto va succedendo, che si u preparino gravi difficoltà interne. Oltre a ciò la quistione finan'1 ziaria sta sul capo del Ministero come spada di Damocle. Prevedo <c non lontana forse la caduta del Ministero, benché da tutti si « senta la difficoltà di formarne un altro. « Tempo fa, trovandomi a Torino, e parlando delle possibili « eventualità, notammo essere per molte ragioni necessario, che ~ tu riprenda il Portafoglio della Guerra, troppo soverchiato da viste « meschine e partigiane. « È indispensabile una nuova Legge sulla Leva, che permetta <r di restringere l'effettivo dei presenti sotto le armi, quanto posn sono esigerlo le nostre condizioni finanziarie. Abbiamo bisogno u di poter mandare a casa due terzi dei soldati, conservando in a pari tempo quadri larghissimi. Abbiamo bisogno insomma di scio« gliere questo problema: ridurre in tempo di pace l'Esercito ad « una cifra minima, assicurandone però il rapido ritorno al piede t( di. guerra, e mantenendo con ampi quadri i mezzi di pronta e « buona istruzione. « Importa inoltre che i graduati rimangano sotto le armi. u Quindi il sistema delle classi vuole essere mutato. « Di più conviene alleggerire l'amministrazione di tante pe· 1< danterie, ed il Ministero di un eccessivo accentramento. « Tu potresti e sapresti fare tutto ciò. Se l'occasione si pre.. t senta, accetteresti il portafoglio? Rispondimi dopo averci ben « pensato ». Chi scriveva questa lettera, come ben si comprende, era una mente che fino dal 1864 comprendeva la necessità di fare quello che poi si è riconosciuto urgente iniziare nel 1811, e ci si con• cederà quindi che lo si può ammettere per buon giudice in cose militari. Se dunque esso portava piena fiducia che il Fanti fosse il solo uomo del nostro tsercito capace di attuare gli ordina.. menti militari che accennava, dai quali ne sarebbe venuto un ompleto cangiamento al sistema che ostinatamente si voleva allora seguire, ciò prova che noi non asserimmo sulla nostra sola autorità, che in allora le cose nostre· militari non volgevano al


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bene, e che a buon diritto il Fanti se ne crucciava amaramente prevedendo conseguenze che sventuratamente dovevano veri· ficarsi. Rispondeva il Fanti al suo amico - con lettera in data del 28 Aprile, che per conteuere affari d'interesse personale crediamo semplicemente di riassumere :-- dicendogli in primo luogo che lo stato di sua salute, malgrado il fatto soggiorno in Egitto, esigeva tali riguardi e cure, che gli rendevano impossibile l'accettare il Portafoglio della Guerra. Aggiungeva inoltre che anche indipendentemente da questo, difficilmente si addatterebbe ad una combinazione ministeriale, perché le sue idee non si confacevano con quelle allora in voga; che credeva che in Torino si poteva ingrandire il Piemonte, ma che non si farebbe niai l'Italia; ignorava se si voleva davvero andare a Roma ; diceva che quanto allora si faceva non lo persuadeva, e quanto si dovrebbe fare non si voleva, o non si sapeva, o non si osava farlo. « Noi - aggiun« geva Fanti - seguiremo perciò tutte le fasi consuete delle ri« voluzioni, solo che i disordini presso di noi saranno di minor << durata di quello che furono in altri paesi, perché a noi mancano « le vere cagioni che li promuovano, e perchè il nostro popolo « ha molto buon senso ed e estremamente positivo ». Conchiudeva dicendo rincrescergli di vedere le cose nostre della guerra condotte colla imprevidenza del 48 e del 59, per cui, egli riteneva, checché ne dicessero i nostri politici, e quegli uomini la cui bestia nera é il potere militare assai peggiore per essi dell'anarchia e d'ogni altra sventura, che se avremo presto altra guerra, non ci troveremo pronti. Sclamava infine che la sola forza militare poteva compiere i destini d' Italia. Quanta saggia antiveggenza dei prossimi avvenimenti che nel 65 e 66 si compivano in Italia, non v1 ha chi non .debba ammirarla nelle riportate parole del Fanti. Crudoll soffeMa ormai, fatalmente, noi non dovremo più occupar.ci di nes- renze degli ulllml mesi di vita sun'altra cosa del Fanti, che non risguardi la sua salute per- del Fanti. ché i pochi mesi che rimangono di vita al nostro Generale, non sono che una serie di prolungate sofferenze fisiche, le quali non gli permetteranno, che di occuparsi a stento del puro esercizio giornaliero delle sue funzioni di comando. La breve sosta che il soggiorno in Egitto avea portato al crudele morbo che lo travagliava, aveva avuto fine, e ricominciava il lento, · ma inesorabile progredire del malore. Le lesioni organiche del cuore, i vizi polmonari, rendevano più frequenti le soffocazioni di respiro e più strazianti, La scienza medica veniva


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meno innanzi alla invadente malattia che sempre più andava gua· dagnando terreno. Per sollevare alquanlo la straziata vita del Generale lo si con· igliò di condursi a soggiornare in riva al mare presso Livorno, e anche questo egli fece, e ne sperò profitto: ma se pur anco un tal poco ne risenti, fu di breve durata e di nessuno effetto. Passava cosi l'estate e l'autunno del 1864, e buona parte pur anco dell'inverno successivo, e già nell'animo del Generale s'era indotta la certezza del suo prossimo fine, ma rassegnato non se ne rammaricava che per due sole cose: per dovere abbandonare i suoi figli, quando erano giunti all'età in cui avrebbero potuto essere da lui direttamente regolati nella loro educazione e sovvenuti opportunamente per condurla al compimento , che egli deiderava: e per non poter prendere parte all'ultima guerra d'indipendenza d'Italia, la quale prevedeva non lontana. Calmo e sereno per altro, e durante gli strazj del suo male, nelle brevi tregue che questo gli dava, non cessò mai dal preoccuarsi degli avvenimenti politici , ed in ispecie di quelli del suo paese. Il nostro Esercito che ben a ragione egli considerava come in gran parte sua opera speciale, stava sempre in cima ad ogni uo pensiero, e con ansia affannosa seguiva ogni progresso che si fa ceva nel medesimo, sperando pur sempre, che prevalessero le b uon~ massime pel suo riordinamento. Pochissimi de' suoi amici ~li poteva vedere, perché gli era vietato il parlare, ma coi pochi che vide lasciò perenne memoria di ammirabile forza d'animo nel sopportare l'atroce soffrire di sua esistenza. Quando .ebbe convincimento di essere in sul finire del suo penare , raccomandò al suo camerata di Spagna , al costante e fedele suo amico nella prospera e nell'avversa fortuna, al Generale .ialdini, i suoi figli; e fu certo d'aver trovato per loro un secondo Padre. Era scorso cosi l'inverno, e cominciava la primavera del 1865 quando sul finire del Marzo s'aggravava di tanto il soffrire del Fanti, che fu chiaro per tutti il suo vicinissimo fine. Corsa la voce per Italia intiera dell'imminente infortunio che la minacciava, parve che la luce si facesse improvvisa sui preclari meriti di colui ch'ella andava a perdere, e fu mestizia nazionale. Le primarie e minori ciUà non si contentarono dei bollettini che la Gazzetta ufficiak pubblicava sulla salute del Fanti ; ne chiesero e ne vollero particolari novelle. L'Esercito si senti tocco di speciale cordoglio e da ogni presidio, da ogni guarnigione pervenivano a Firenze dispacci dei cento Corpi, o_ Reggimenti, o distaccamenti, che chiedevano


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no~ie dell'illustre infermo. Lo seppe il Fanti di questo vivissimo interesse che spiegava per lui l'Esercito, e ne fu commosso alle lagrime, perchè vide così ricambiato quello immenso affetto, che sempre egli avea nudrito pei suoi camerata d'ogni grado. Ma sfinito finlilmente dal lungo penare, senza aver persa per un solo istante la lucida e serena sua mente nemmeno nel più crudo infierire de' suoi tormenti, parve si calmasse d'un tratto il suo soffrire, e gli fosse concesso un istante di calma ...... ma quell'istante fu l'ultimo di sua vita, e la sopravvenuta calma fu quella dell'eternità. Era la sera del 5 Aprile 1865, e da due soli mesi il Generale Fanti avea raggiunti i 59 anni di sua età, 39 dei quali erano stati <'.Onsacrati al bene d'Italia l Pubbliche di· China la fronte, mestissimo il cuore ci .lascia l'aver dovuto moalrazion i i n ocscrivere come fini la vita, che abbiamo diffusamente narrata. Solo D10rte. casione di sua conforto che ne rimanga è il poter soggiungere che la morte del Fanti fu giudicata come sventura nazionale , ed il ricordo delle sue virtù civili e militari una gloria patria. Il Governo decretò solenni pompe funebri in onore del preclaro uomo di guerra estinto; Firenze vi prese maestosa parte e reclamò i resti mortali del Generale per darvi onorata tomba in Santa Croce; Carpi, superba d'essergli stata terra natale, essa pure ne chiese le spoglie per riporle in monumeQ.tale sepolcro, e le ottenne, perchè l' illustre suo cittadino, nel testare, avea chiesto d'essere tumulato nel paese natio ; l'Esercito Italiano, dal soldato al Generale, si quotizzò per consacrargli altro monumento in Firenze, che testimoniasse dello speciale affetto e venerazione cbe le Armi Italiche dedicavano al loro primo sapiente organizzatore.

Abbiamo finito il nostro dire su quanto fu di Marifredo Fanti. La vita del FanU. Serbammo modesto linguaggio nel toccare de' suoi meriti e delle sue virtù, perché avremmo temuto offendere la sua memoria adoperando frasi pompose da cui tanto abborriva l'indole severa e aliena da ogni vanto del Generale. Se bene siamo riesciti a far comprendere il vero significato delle azioni tutte dell'intiera vita di questo benemerito italiano, noi speriamo che sia risultato evidente, per quanti hanno voluto leggerei, che da tutte queste azioni emerge al momento voluto, pel bene d'Italia, ora l'ardente patriota, ora il preclaro uomo di guerra, ora l'accorto uomo di Stato. Ripassando al volo le narrate cose, potremo meglio concretare nella nostra. mente questa verità,


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PARTE UNDECIMA

E il patriota, che nel 1831 cospira col Menotti, si batte audac nte in sua casa e quindi a Rimini per la causa italiana, e eh per mantenersi fedele ad essa emigra in Francia. L'istinto dell'uomo di guerra per altro lo porta a Lione al fianco del Generale del Genio Fleury, che gli apre la mente alle sane teorie militari. La spedizione di Savoja nel18.13 risveglia i sensi patriottici, e Fanti, lasciando la bella posizione avuta, è pronto ad ogni cimen to pel suo paese. Ma si accende una guerra; è guerra di libertà nella Spagna, e Fanti vi accorre, vi combatte per molti an ni, vi guadagna onori, gradi e brillante posizione ; ma lascia tutto in quel paese non appena il suo patriottismo lo chiama a combattere per l'Italia. Riede infatti nel 1848 in Italia, quando tutto travolge al male per le Armi Sarde ; ma il patriota tiene il soldato in Ito.lia, gli fa sopportare dure traversie in Milano, colla Divisione Lombarda, dinanzi ad un immeritato Consiglio di Guerra, e finalm nte gli fa tollerare con rassegnazione cinque anni di forzato ozio. Nel 1855 finalmente migliorano le sorti del soldato, inviato in Crimea. Nel 1859 Alessandria, la Sesia, Confienza, Magenta e an Martino, hanno luminosamente formata la riputazione dell'uomo di guerra. Di Lui si abbisogna nell' Italia Centrale per crea'r e armati; in allora il patriota obbliga il fortunato Generale ad ssumere la difficile impresa, e gli impone pur anco la necessità di divenire uomo di Stato. Da questo momento le azioni del Fanti deb bono alternativamente ispirarsi al triplice carattere che ormai han no assunto. È il militare che organizza le truppe della Lega, è l' uomo di Stato che manda a monte un· intrigo governativo e che frena lo intempestive bramosie di Garibaldi. È di nuovo ap iente militare il Fanti al Ministero di Guerra Sardo, ove Io ha chiamato Cavour, e con esso è patriota, uomo di guerra e uomo di Stato, quando, per abbattere la reazione che si fa pot nte a Roma, trama una insurrezione in Sicilia, e progetta una spedizione nel territorio Pontificio e nel Napoletano. Splende per scienza, esperienza e valore l'uomo di guerra che comanda nel l 60 le spedizioni contro i Papalini e contro i Borbonici ; ed è . aggio e giusto l'uomo di..Stato che scioglie l'Esercito Borbonico, e non vuole l'unificazione del Meridionale col regolare. Nel primo Mi11istro di Guerra_ del Regno d'Italia riful~e ancora una volta l'abile organizzatore di armati, ma ben presto la morte di Cavour, c la già aiTranta salute del Fanti sospendono ogni azione benefica dell'uomo di guerra e di Stato a pro del suo paese, e ridestano qu Ila del patriota per fargli sopportare dignitosamente le dispiacenze che ormai gli si impongono.

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Se le opere del Fanti , . considerate sotto uno qualunque di · questi tr~ distinti Caratteri , abbiano sempre avuto una efficacia più o meno potente sui destini del suo paese , noi lo lasciamo dire a ciò che abbiamo narrato sulle medesime, loro conservando, per quanto ci fu possibile, quella maschia e severa impronta, che ~umeva ogni cosa che emanasse dal Fanti. Ma v'ha pur anco un altro lato sotto del quale non vogliamo tralasciare di tratteggiare l'uomo distintissimo di cui sì a lungo ci siamo occupati, e desso si è quelto dell'uomo privato, dell'uomo . della società famigliare. · Perchè anche in questo il nostro lavoro possa riescire della più scrupolosa esattezza e verità storica , crediamo non potere meglio riescire· all'uopo , che riportando fedelmente le parole di una lettera, che ci scriveva in ·occasione. ·della morte del Fanti un nostro amico, il quale lungamente aveva convissuto con lui e fra le armi e nella vita .privata. Le parole che vanno a leggersi · non erano certo scritte allora nella supposizione che dovessero esser fatte di pubblica ragione, e quindi saranno apprezzate come la più schietta e meno studiata espressione del vero : e: Tu sai·- ci scriveva l'amico - quale fosse il carattere è del Generale: buono fra i buonissimi. Gli Ufficiali che lo avvi.c cinavano furono sempre suoi figli. Pel bene non aveva secreti, e: il solo male teneva celato, e lo compativa perché lo diceva con« seguenza delle umane passioni. Nei lunghi anni che passai al c. suo fianco non sentii dal suo labbro una parola amara contro « gli occulti nemici ed invidiosi che avea; nell'animo suo non « potè mai allignare un sentimento di durevole rancore. Messo a c dure prove negli ultimi anni di sua vita per tristissime disillu« .sioni sofferte , chiudendo in sé quell'amarezza ; che grande gli « ingombrava il cuore, non fu mai nè più virtuoso d'animo, nè « più sublime d'abneg-d.Zione; spirò, dolente soltanto.di ·non poter « combattere· l'ultima battaglia dell'indipendenza italiana, ma sod~ disfatto di avere egli medesimo molto contribuito ad apprestare « le armi occorrenti per essa ». Tale fu l'uomo che si chiamò MANFREDO FANTI.

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APPENDICE

A COITedo e èomplemento di quanto in questo libro si e venuto esponendo sulla vita del Generale Manfredo Fanti, reputiamo conveniente l'aggiungere i discorsi, che in occasione della inaugurazione - avvenuta nel 1.o Aprile 1872 - del Monumento che lo Esercito Italiano fece erigere in Firenze al suddetto Generale, furono pronunziati dai più cospicui personaggi che presiedevano alla solenne funzione. Da tutti, e specialmente da quello del camerata, dell'amico del Fanti, il Generale Cialdini, si gettano i più vivi sprazzi di luce sulle precipue doti d'animo e di cuore, e sulle più meritorie gesta del Fanti, per cui ne viene bellamente riepilogata la vita, e classificata la riputazione che egli seppe procurarsi fra i suoi contemporanei. DISCORSO DEL GENERALE ENRICO CIALDJN[.

Fra le più antiche e sapienti tradizioni della umana famiglia vi ha quella di onorare in modo solenne la memoria degli uomini che resero grandi servigi alla Patria. Nobile e fecondo pensiero che soddisfa al debito di cittadina gratitudine, mentre prepara con provvido consiglio un possente stimolo di gloria alle generazioni future: non essendovi cosa che inllammar possa un cuore patriottico ed onesto, che possa spingerlo ad utili e magnanime azioni, quanto la speranza di lasciare sulla terra, ove nacque, un nome venerato e caro. Si r nobile e fecondo pensiero è questo, che cancella pietosamente ogni traccia, ogni ricordo delle basse invidie, delle lotte e delle ire di parte, ond'è contriatata l'esistenza dell'uomo pubblico, e vuole che la memoria soltanto delle opere sue e delle sue virtù sopravviva splendida ed eterna come l'anima da cui ebbero ispirazione e vita. Di opere e di virtù raccogliamo copiosi esempi nella carriera del Generale Manfredo Fanti , al cui glorioso nome consacrano questo monumento l'Esercito riconoscente e molte cittA d'Italia, fra le quali Firenze, maestra di civiltà e prima nel culto delle grandi memorie. Compiuti appena gli studi matematici in Modena, Manfredo Fanti fu nel numero di quei prodi che con temeraria audacia iniziarono il moto del 1831, pugnando contro le truppe del Duca nel palazzo di Ciro Menotti, nome santissimo nel martirologio italiano. Sfuggito miracolosamente al patibolo, il Fanti esulò in Francia e vi fu per quattro anni impiegato nelle fortificazioni dl Lione. Passò quindi al servisio


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APPENDICE

della Spagna, ove t•aggiunse il grado di Colonnello di Stato Maggiore, ove acquistò fama di ufficiale peritissimo e .di molto avvenire. Ritornato in Italia, il giro avverso de' casi militari e politici gli riusci funesto nel 1849. Vittima del sospetto o dell'errore, benchè pienamente assolto da un Consiglio di guerra, ei rimase per quasi sei anni dimenticato o malvisto. Ma il Generale Alfonso La Marmora, conoscendolo· e stimandolo altamente, ebbe il generoso coraggio di dargli la mano e di condurlo seco in Crimea. Colà nel comando di una Brigata giustificò la scelta e la fiducia del Generale in Capo, ottenne la stima e l'aft'etto di ognuno e mise in evidenza la · sua capacità. Nel 1859 Io troviamo al comando di una Divisione, che si copre di gloria a Confienza, a Magenta, a Solferino. Dopo la pace di Villafranca egli è Generale in Capo a Bologna delle truppe· della Lega, e lo vediamo creare con febbrile operosità un Esercito in pochi mesi, modellato, nella previdenza di prossima ·annessione, al Subalpino; ed un aJstema generale di difesa tracciato con quella sicurezza di viste strategiche che rltrovasi in tutti i suoi militari criteri. Convien riconoscerlo! L'opera ed il concorso di Fanti resero possibile l'ardito e sagace concetto politico di Luigi Farini e Bettino Ricasoll , che di tanto a1frettò. il pieno risorgimento italiano. Prima che accadesse l'annessione della Toscana e dell'Emilia, Mani'Ndo t anti, Generale in Capo della Lega, venne prescelto per Ministro della Guerra dal Conte di Cavour, genio moderatore e sintetico di quegli eventi straordinarj. Organizzò rapidamente e con mirabil senno il primo Esercito Italian(}, e quindi nel settembre seguente dirigeva in persona l'invasione dell'Umbria e delle Marche. Fu una brillante Campagna di venti giorni, nei quali le piazze del nemico, le ~ruppe, lo stesso Generale in Capo, tutto in una parola, cadeva nelle sue mani. Fu· una Campagna-modello, che diede a conoscere di quali maggiori cose sarebbe stato capace. Ai primi di ottobre 1860, il Fanti, come Capo di Stato Maggiore di S. M. il Re, condusse le operazioni di guerra nel Regno di Napoli e acontlsse le truppe Bol'bonicbe ln varj scontri, ma in !specie e per ultimo a ~ola di Gaeta. In quei giorni per lui di soverchia fatica, divennero palesi e gravi i sintomi della crudele malattia di cuore, che dovea condurlo prematurar;nente al sepolcro. Sciolto l'Esercito e rientrato a Torino , egli sostenne il Ministero della Guerra sino alla morte del Conte di Cavour. Poi ritirassi atrranto, e venne più tardi incaricato del Gran Comando militare di Firenze. · Da quell'epoca all'Aprile 1865, in cui spirò, la sua vita fu una lotta penosa contro l'bavadente malore, fu lunga ed orrenda agonia. Ecco di volo la vita, i servigi, i titoli di Manfredo Fanti alla patria ri~ noscenza. Nella sua retta e intemerata carriera el non mutò mai. di opinioni. Fran• camente liberale, segui con entusiasmo il nazionale risorgimento, l'affrettò e lo sostenne coll'opera e col consiglio. L'Italia libera ed una fu Il sogno de' suoi primi anni, il culto del suo cuore, la méta della sua vita. · Al pari degJl aomini antichi, egli ebbe semplicità di modi, di abitudini, di gusti e di parole. Ad un animo schietto ed aperto ai più nobili affetti, &l sentimenti più elevati, egli uni va vasto e nitido intelletto, criterio esatto e sleuro. Esponeva le aue idee dimessamente, ma con rara chiarezza, da uomo modesto

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-f. APPENDICE ed intelJigentissimo. Le sosteneva poi con tenace f~rmezza, indizio di salde convinzioni e di forte carattere. Cordialissimo ed eguale cogli amici ne' giorni tristi e lieti, fu sempre l&l!go e benefico con tutti più di quanto consentisse la sua fortuna. Morl poverissimo, e dopo aver coperto le più alte cariche dello Stato, lasciava ai tlgli un capitale di 14,000 lit:"e, unico frutto de' suoi risparmi, Ma ciò che megliQ svelava la nobiltà dell'animo suo, ciò ch'io mlfJgior.mente anim.irava in quell'indole generosa ed eletta, era il facile oblio, era il perdono i!ltero e pronto delle patite o.trese. Tale e tanta fu dunque la mia stima per Manfredo Fanti, che ne rammento con emozione profonda l'affettuosa ed inalterata amicizia come cosa che più d'ogni altra mi onora, come sacro ricordo di un bene che pa.seò. Va diradandosi ogni giorno la schiera gagliarda di quegli uomini, ohe, raggruppati attorno a Re Vittorio Emanuele, seguirono il saggio ed intrepido Duce nella sua splendida nazionale impresa, di quegli uomini che p~ diverse vie,· con mezzi differenti ed in varia misura furono esecutori del gran pensiero e concorsero a far l'Italia qual'è. Dopo Manfredo Fanti, quanti tltri sparirono dolorosamente in questi ultimi tempi l Pochi anni $11COI'& e tatti saranno sotterra. Ma it Fanti ed i Sommi Italiani che lo seguivano nel sepolcro, anziché· di pianto a me sembrano degni di grandissima invidia. Ad essi toccò la maggior forl.una che anelar possa un'anima cittadina, quella cioè di spendere la vita a pro della Patria, di ottenere iJ trionfo de' loro voti, de' principj loro e di riposare le ossa atratica~ in grembo a quella terra che tanto anulrono, per l"lui so11'.rirono tanto, a quella terra che vollero tolta al serv(l;ggio antico, e che prima di chiudere gli occhi per sempre, videro innal~ta alla gloria, alla potenza, alla dignità di libera Nazione.

DISCORSO DEL CONTE CAMBRAY-DIGNY VICE·PRESJDENTE·DBL Sli:MATO.

Signori,. Chiamato all'alto onore di presentarmi a voi alla testa della O&putaalone che il Sena~ del Regno ha delegata a rappresentarlo nella occasione in cui si onora la memoria di un uomo cbe fu ~ra i suoi membri più amati e rispettati finchè visse, e tra i più compianti dopo la morte, io sento il dovere di non rimanermi in silenzio. · lo non mi proverò a parlarvi delle virtù militari di Manfredo Fanti. Oil\ I•autO.revole ·parola dell'amico, del fratello d'armi che avete udita, tanto ·ha detto che ogni aggiunta che io vi facessi tornerebbe pallida e inenl.cace. Ma lo vi prego di ripensare alla intemerata esistenza di uno di quei nostri concittadini i quali, negli ultimi cinquanta anni della storia d'Italia, seppero prima svegliare da secolare letargo le·popolazioni italiane, ed aprire i cuori al sentimento nazionale colle audaci imprese giovanili e con i martlrj dignitoaamente so1ferti, e seppero · poi nell'esilio imporre agli stranieri il rispetto e l'ammirazione del nome italiano. Manfredo Fanti fu tra coloro uno dei più nobili esempi. Guadagnata colla punta della spada la fama di eccellente nelle militari discipline, nelle lotte


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APPENDtc~

che agitarono una Nazione sorella, egli potè poi grandemente giovare alla patria quando essa combatteva le supreme battaglie della libert! e della indipendenza. Cresciuto in mezzo alle politiche agitazioni, l'esperienza, le fatiche, i patimenti temprarono il forte animo suo a quel senno politico, a quell'affetto ai principj d'ordine, a quel rispetto delle leggi che sono necessarj a conservare la libertà· e la indipenden&a conquistata nell'entusiasmo dei politici rivolgimenti. A ragione adunque quel magnanimo Re il quale col valore e col senno ba saputo ricomporre ad unità. le membra sparse dell'antica madre delle nazioni, a ragione chiamò il prode soldato, il virtuoso cittadino a seder nel Senato e nei consigli della Corona. E fu allora che gli toccò la sorte di riunire alle valorose falangi raccolte intorno alla gloriosa bandiera di casa Savoia, quelle che rapidamente si erano ordinate in tutte le parti d'Italia, e di formare per la prima volta quel patriottico Esercito italiano che oggi lo ricompensa inalzandogli questo monumento. E quest'uomo che dopo una esistenza sift'attamente travagliata giungeva cosi a cuoprire in patria ufftcj tanto elevati, tanto delicati, quest'uomo fatto segno ad invidie ed a calunnie, come del resto In tutti i tempi lo furono i pari auoi, finiva l'austera sua vita lasciando la sua famiglia nella modesta condizione in cui l'aveva trovata. Né di questo io faccio un merito speciale al Generale Fanti : imperoccbè in questa terra fortunata, non pochi oramai (e sia detto 11. lode del vero in tutti i partiti) sono gli uomini in cui la morte ha rivelato il fatto medesimo; ed io non dubito di &d'armare che lo stesso accadrà per molti altri. Tanto che l'Italia potrà menare questo vanto, che se tra coloro i quali dettero opera al suo rinnovamento, non molti furono gl'ingegni eccezionalmente superiori e meritevoli degli onori che noi rendiamo oggi a Manfredo Fanti, moltissimi furono i nobili caratteri e le coscienze intemerate e incorrotte. Non è, o signori, senza emozione che io vedo in mezzo a noi, in questa solenne commemorazione dell'egregio cittadino, due giovani ufficiali suoi figli. Il grande esempio del padre gl'invita ad imitarlo, e ad offrire alla patriat com'esso fece, e braccio e mente, e vita e sostanze. Ma esempi siffatti non limitano l'effetto loro nel seno di una famiglia. Essi trovano eco nei cuori di un popolo intero, e sono il mezzo più efficace di educarlo alle civili virtù, al sapiente uso della libertà. Cosi gli uomini come il Fanti non solo onorano coloro che ne portano il nome, ma servono la patr·ia colle opere prima, coll'esempio dopo la morte.

brsCORSO DEIL10N. MoRDINI VICE-PRES. DELLA CAMBRA DEI DEPUTATI.

A quanto di Manfredo Fanti disse splendidamente l'amico intimo suo, il compagno d'armi, il tutore dei figli, neppur'io aggiungerò parole. Sarebbe impresa temeraria. Dirò piuttosto come il Fanti, questo amico e compagno di Ciro Menottl iu Italia, questo volontario delle guerre di libert! nella Penisola Iberica; assunto poscla ai gradi supremi della milizia nostra, simboleggi mirabil• mente la fortunata fusione nell'Esercito dell'elemento non regionale sorto da11s

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APPENDICE

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rivoluzione, con quello Subalpino :per tanti fasti earo al paese e glorioso nella Storia militare di Europa. Dirò altresì come le rappresentanze di tutti i corpi dell' Esercito, mentre, imprimono a questo maestoso convegno un carattere così altamente marziale, rendano la immagine viva e gradita dell'Esercito stesso nella sua potente unità. Non vi ha istituzione in Italia che più dell'Esercito sia rispettata ed amata universalmente, a cominciare dalla Corona fino all'ultimo dei cittadini. Da ciò deriva che in perfetta consonanza di concetti e di sentimenti col Principe Augusto, cui la voce popolare acclamò primo soldato dell' Indipen· denza, Paese e Parlamento sono deliberati di non indietreggiare davanti a verun sacrifizio per tenere l'Esercito, e con esso la marineria militare, all'altezza dei nuovi destini nazionali. Paese e Parlamento vogliono che il soldato torni dopo il servizio attivo al domestico focolare contento di avere adempiuto al primo dovere di libero cittadino e con una grata ricordanza del tempo passato sotto le bandiere. Vogliono che l'uffiziale non abbia da pentirsi mai d'aver prescelto l'ardua carriera militare e trovi nella estimazione universale dei cittadini un adequato compenso morale alle sue onorate fatiche. Vogliono finalmente che l'Esercito italiano non sia a verun altro secondo, e per istruzione, e per valore, e per disciplina. Egli è perciò che anche più eh~ negli ostacoli naturali e più che nelle fortificazioni onde possiamo munirei e ci muniremo contro ogni eventuale assalto straniero, noi riponiamo la nostra fiducia nell'Esercito saviamente e solidamente ordinato. Ecco la vera rocca adamantina d'Italia contro cui si romperanno, come l"onda del mare contro gli scogli, tutti gli .sforzi di chiunque osasse attentare con insano consiglio all'unità della Patria. Salutiamolo dunque, noi che non abbiamo l'onore di esserci ascritti, salutiamolo con cuore di già riconoscente e sempre più aperto alla speranza questo giovino Esercito, al quale dobbiamo in si gran parte l'affratellamento delle popolazioni italiche da Susa a Marsala, e il quale, ispirandosi agli esempj virtuosi dei più illustri generali ed alla voce rispettata e paterna di tutti gli uftlziali d'ogni grado, è fin d'oggi scuola di liberi sensi, di civiltà, di abnega· zione, di osservanza a tutte le leggi, di riverente affetto a quella suprema che Italia ha data coi plebisciti a sè stessa. Ed il saluto acquisti carattere suo proprio, mandato com'è da questa pa· triottica città di Firenze ove dettò sue pagine immortali Nicolò Maechiavelli il grande unitario, il grande incitatore d'Italia alle armi proprie, il grande avversario della politica papale allora come oggi più nemica alla patria di tutti i nemici stranieri. Ricordiamo poi tutti quanti siamo qui convenuti come la 11toria insegni che nessuna nazione sorge e si mantiene potente se non eolie armi, e che il miglior mezzo di godere della pace, sta nel prepararsi alla guerra. Si vi1 pacem para bellum. Viva l'Esercito! Viva l'Italia!


APPENDICE DISCORSO DEL COMM. PERUZZI SINDACO DI FIRBNZE.

Per il popolo fiorentino e per il suo Comune io rendo grazie a Voi, o illustre Generale, al benemerito Comitato da Voi presieduto, ai Sottoscrittori e principalmente all'Esercito per questo monumento aggiunto, la mercè Vostra, ai molti che già stanno nelle Chiese, nei Palazzi, nei Portici, nelle Piazze di questa Città ad attestare la pubblica riconoscenza verso i magnanimi i quali, anche nei tempi più tristi onorarono la patria, rie apparecchiarono il risorgimento al giorni nostri felicemente compiuto. E questo monumento per opera di due egregi artefici nostri eretto ad onorare il generale Manfredo Fanti da Carpi, noi custodiremo con quel geloso amore col quale le opere d'arte e le patrie ricordanze son qui custo· di te; lo custodiremo per la memoria di quell'aft'etto che il ~anti seppe procacciarsi fra noi quando, in sul declinare dell'operosa e nobilissima· sua vita fu Capo del nostro presidio ; lo custodiremo perché gl'Italiani traggano da esso generose ispirazioni ed utili ammaestramenti. Io non ridirò quello che della vita del Fanti fu detto testè meglio ch'io noi saprei: dirò bensi che nel contemplare questo monumento, gl' Italhmi potranno additare ai figliuoli l'esempio da lui dato di una vita iniziata nell'adolescenza eolio apparecchiarsi con severi studi a divenire un atile cittadino un ~perto ufficiale, e nella giovinezza col tentativo animoso di liberare la patria da uno del più odiosi fra i tirannelli che la tenevano divisa ed oppressa. Potranno poi soggiungere, come nella emigrazione, al cospirare dal di fU ori spesso sterile e talvolta dannoso, Ei preferisse l'operosità di soldato combattente per far trionfare presso a.ltri popoli le libere istituzioni ; la espansività delle quali glie ne faceva sperare il trionfo anche in patria: dove ratto accorreva, lasciando gradi e famiglia, appena stimò poterle giovare colla esperimentata sua spada.' E finalmente diranno come, fallito anche il tentativo del 48, il Duce de' volontari Lombardi accorresse sotto il regio vessillo quando nel Re, fattosi nel giorno della sventura propugnatore della impresa nazionale, ravvisò Colui che avrebbe procacciato all'Italia l'unità, l'indipendenza, la libertà; diranno come sotto questo glorioso vessillo~ il Fanti. fosse tra i primi nella eletta schiera degli ordinatori e de' condottieri di quello Esercito, che ebbe tanta e cosi efficace influenza nel compimento dei nostri destini, perché all'ilil'dore del patriottismo e del coraggio vanno in esso congiunti, come lo furono singolarmente in quegli che oggi onoriamo, il severo sentimento del dovere, l'incrollabile virtù del sacritlzio, il rispetto ossequente alla volontà nella Nazione,


JNDIC~ DELLE q'AATERIE

DEDICA

pag III

AL LETTORE

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PART.E PRIMA -

Fanti nel Ducato di Modena [1806-1831] .

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PARTE SECONDA- Fanti in Francia e in Spagna [1831-18481

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31

PARTE TERZA -

. . . . . .

»

61

Fanti e la Divisione Lombarda [1848-18401

»

95

Fanti in Lombardia [1848] .

PARTE QUARTA -

» 155

PARTE QUINTA _:_Fanti in Piemonte e in Crimea [1849-1859] PARTE SESTA -

lt'anti e la 2. a Divisione Sarda nella Campagna del 1859 ·[1859]

PARTE SETTIMA -

. . . . . . . . . . . .

» 181

Fanti Generale in C!!-pO delle Truppe della Lega •

» 271

PARTE OTTAVA ---·Fanti MinistrodellaGuerra in Piemonte [1860]

» 303

.PARTE NONA- Fanti nelle Campagne di Guerra dell'anno 1860 [1860]

» 327

PARTE DECIMA -Fanti Ministro della Guerra nel Regno-d'Italia (1861]

, 429

PARTE UNDECIMA - · Fanti Generale d'Armata (1861-1865]

» 459

APPENDICE .

» 483

dell'Italia Centrale [1859-1860]

. . . . . . . . . . . . .

• . . .



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2:> j (po"til:a S•) 35 37 40 26 102 l 107 28 109 31 120 40 128 44 182 16-17 210 30 211 33 218 15 226 24 ')~

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232

42

252 260 266 307

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inYece di

leggasi

da Ancona redasse avevano Ma•trizio Firenzuola del 23 Gherlasco Costeggio da Madonna della Scoperta all'una e all'altra dare alcune Lonato a sinistra colla destra appartenente S. Casciano Caselle Castellano orerarsi j perciò 7 73 uomini e 6586 cavalli

verso Ancona redigette aveva Ettore Fiorenzuola del 20 Garlasco Casteggio da Casellin Nuovo all'una o all'altra fare alcune Lonate a destra colla sinistra appnrtenenti S. Cassiano Casette Castellaro operarsi perciò 7594 uomini e 6562 cavalli non compresi i depositi

308

26-27 36

309

29

314

16 3

4600 5760 cavalli 4440 e di cavalli 6040

315

26 2

essa venne Brigata Cuneo 400 Maria Antonietta 1864 e levare Ministero Rattazzi

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331

S58 374

456

468 471

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24 l 42

35

9600

5280 cavalli 4800 e di cavalli 7200 non compreso il deposito que!lta venne Brigata Como 665 Maria Adelaide 1861 elevare Ministero Minghetti

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