OPERA OMNIA VOL X

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VOLUME X

OPERA OMNIA DI

BENITO MUSSOLINI

EDOARDO E DUILIO SUSMEL

LA FENICE - FIRENZE

X. DAL PIAVE AL CONVEGNO DI ROMA

(30 OTIOBRE 1917 - 12 APRILE 1918) ,

OPERA, OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
LA FENICE
FIRENZE
-

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COPVJUGHT. 1952 11Y LA PBN"lCI! - Plltl!N"ZB
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I nwneri arabi fra !Jarentesi tonda indicano le pagine alle quali si rimanda per opportuni confronti o per maggiori particolari; i numeri romani fra parentesi tonda indica.no i volwni dell'Opera Omnia.

Le note contrassegnate con numeri a.rabi sono riportate dagli originali; qudle con asterischi sono dei curatori.

I titoli fra parectesi qtiadra degli scritti e dei discorsi sono stati dati dai curatori perché gli originali ne erano privi.

Gli scritti anonimi contrassegnati con ({) sono attribuiti a Benito Mussolini da Giuseppe De Falco (vedi voJ. I X, pag VI)

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON

(30 OTIOBRE 1917 - 11 GENNAIO 1918)

Dal 30 ottobre 19 17 ali' 11 gennaio 1918, Mussolini tiene due discorsi (69, 98) e redige qua.si quotidianamente articoli, in aJcuni dei quali richiede:

a) una comunicazione del governo che dia la cronistoria della settimana 24 ottobre- 1 novembre 1917 ·e che richiami tutti i cittadini all'adempimento del proprio dovere (;3, 50, 86):

b) un piano di ·mobilitu ione civile di uomini e donne e la chiusura di tutti i luoghi di divertimento ( %, 102);

,) W1 appello alla naziane ~r Ja costituzione di un'armata di volontari che potrebbe raccogliere g li elementi fra i giovan i delle classi 1900.1901 e fra gli uomini dai quarantaquattro ai cinquant'anni (28, 39);

a) l'arresto e l'internamento dei sudditi nemici residenti in Italia e la confisca dei Joro beni mobili ed immobili per costituire un fondo pro combattenti e famiglie dei combattenti (17,"32, 105, 124, 158, tn, 210).

In altri articoli, Mussolini contemporaneamente rincuora Ja na:zione ( 14, 29); invoca la disciplina all'interno (44, 71) e l'intervento del Giappone per salvare la Russia (dove in seguito al conflitto tra il governo provvisorio e iJ comitato rivoluzionàrio del Sovièt il 9 novembre si era costituito un governo con Lenin presidente del commissariato del popolo) da una completa invasione tedesca (41); commenta un articolo di Arturo labriola ( '.5'.5), u n'intervista concessa dall'on. N itti al Co"iere d ella S eriZ (92), ·un'intervista concessa dall'on, Orlando ad un giornale francese {121) e la notizia che il governatore militare d i Parigi ha chiesto l'autorizzazione a procedere, per cospirazione contro lo stato, avverso il deputato Caillaux, ex-presidente del consiglio ( 134); si occupa della sottoscrizione a favore de Il Pop<>lo d'Italia (120, 133, 189); scrive sulle cause, le conseguenze . e gli sviluppi d ell'o ffensiva austro-tedesca ( 5, 8, 18, 20); sulla soluzione della crisi m inisteriale (IX, 155) : il 30 ottobre il nuovo ministero è formato dall'on. Vittorio Emanuele Orlando con uomini d i t utti i partiti, tranne i sociafati ufficiali ( 11); s ul movimento plebiscitario delle maestranze industriali italiane contro l'invasore (23); sull'attacco a ustriaco nel Trentino del 4 novembre (26); sul proclama di Vittorio Emanuele III diffuso il 10 novembre (45); sulla riapertura della camera dei deputati ( 14 novembre) ( 48) e sui discorsi pronunciati in q uesta circostanza ('.52); su un discorso tenuto da Lloyd George a Parigi ( 58) ; ~ull'andata al potere in Francia di Giorgio Clemenceau (16 novembte) (61, 73) ; su un progetto di legge proposto dalJ'on. Ettore Ciccotti (67); sulla nostra situazione politica e milita.re (64, 75, 80, 8 3); sul problema dei profughi ( 89); sulle proposte di lord Lansdowne per porre fine alla guerra (95); sul discorso pronunciato dal ministro degli esteri germanico dinnanzi alla commissione del bilancio del Reichstag il ?,O novembre (107); sulle conseguenze . dell'armistizio firmato fn. gli eserciti tedesco e russo sulla linea d alla riva meridionale del Pripet al sud della Lipa (1 dicembre) (111) ; sul contributo dell'America alla guerra (114);

contro eventuali commissioni parlamentari di controllo e contro evennuli riunioni della camera dei deputati in èomitato segreto (117, 130); sulla proclamazione della zona di guerra estesa a tutta la valle del Po ( 124); sulla dichiarazione di guerra degli Stati Uniti all'Austria.Ungheria (7 dicembre) (127); sulla delibe. razione de lla camera dei deputati (approvata nella tornata del 14 dicembreriaperlura - con voti 274 contro 6)) di riunirsi in comitato segreto (1}7, 14}); sull'«aristocrazia del domani:. la trincerocrazia» (140); sulla costituzione de l « fascio di difesa nazlonale • formato da un centinaio di deputati e sorto in con· trapposto ali'« unione parlamentare» (146); sull'armistizio firmato a Brest.Litovsk per tutti i fronti russi sino al 14 gennaio 1918 (1' dicembre) (149); sul miglioramento della razione viveri ai soldati (1)2); sulle manovre dell'« unione parlamentare"» ( 154); sulla necessità di nominare un· generalissimo che assuma la direzione delle operazioni militari della quadruplice_intesa ( 157); sul discorso pronunciato il 21 dicembre dall'on. socialista Oddino Morgari a Montecitorio (161), dove, dopo due settimane di agitate sedute pubbliche e private, il 22 dicemb re \'on. Orlando pronuncia un discorso (approvato con voti 345 contro 50) ncl quale invoca la più energica resistenza ad oltranza a fianco degli allt'31ti ( 164); iui risultati dei postulati ( 166); sul discorso tenuto alle truppe da Guglielmo II sul fronte di V t_rdun (172) e su uno d el d eputalo francese Moutet (179); sui principali avvenimenti del 1917 (182); sulle dichiarazioni fatte a Brest-Litovsk: dal conte Czernin a nome degli imperi centrali il 26 dicembre ( 185); sul bombardamento di Padova effettuato da. velivoli austriaci nelle notti del 28 e 29 dicembre ( 188); sul discorso pronunciato il 31 dicembre dall'on. Orlando al Senato che vota a.ll'unanimìtà un ordine del giorno di fiducia nd min_istero (191); su un messaggio indirizzato dall'on. Orlando a Lloyd George ( 194); sul quinto prestito nazionale di guerra· ( 197); sulla politica interna italiana ( 199); sugli avvenimenti russi del 3·6 gennaio 1918: proposta del governo massimalista agli imperi centrali di continuare i negoziati a Stoccolma (la proposta ! respinta); rifiuto r1:1sso alle proposte austro-tedesche; il termine posto dai ttdeschi per ['adesione degli. altri belligeranti a.i negoziati di pace russo-tedeschi scade senza che sia presentata a lcuna dichiarazione di adesione (202); sul d iscorso pronun· dato il 6 gtnna.io 1918 a.i sindacati operai inglesi da Lloyd George (204, 207); sui Ji.ni di guerra de i neutralisti italiani (212); infine sul discorso pronunciato 1"8 gennaio dal presidente Wilson al congr esso degli Stati Uniti , discorso che precisa gli scopi di guerra degli alleati, confenna le condizioni di pace proposte da Lloyd George e determina in quattordici punti il programma della pace mondiale ( 2 15).

DAL
PIAVE :AL MESSAGGIO DI WILSON

NELLA Più DURA IPOTESI

[.... -,rmuraJ.· L'offensiva ausuo-tedesca è prodotta dalla inazione russa. L'inefficacia totale della Russia dal punto di vista militare : ecco la causa del s uccesso austro-tedesco.

La Germania, sicura ad oriente, si volge ancora una volta verso occidente a cercarvi disperatamente la soluzione ·della sua g uerra.

Contro le linee russe, o piuttosto a vigilare la Russia, bastano poche divisioni di vecchi territoriali.

La Germania sembra avere rinunciato ad avanzare in oriente, semplicemente perché lo spazio non si vince, anche quando non è difeso, e perché la pace, anche separata, non si ottiene e non si firma che fra i poteri legalmente costituiti, politicamente e. storicamente responsabili. .

La R;ussia non è più uno Stato. :È. un caos.

Il Governo, ancora e sempre provvisorio, <( mobilita » l'esercito, non già per ritentare la prova contro i tedeschi, ma semplicemerite per reprimere l'anarchia all'interno. E poiché l'esercito stesso è nelle sue masse profonde squisitamente anarchico e leninizzato,. i risu1tati di questa nùsura di Kerensk y si possono facilmente prevedere.

Ci sarebbe argomento di itonia, se i tempi fosse ro meno tragici.

Ora, l'o ffensiva austro-tedesca che minaccia l'Italia - e co n l'Italia tutta la Quadruplice Intesa - pone sul tappeto H problema r usso.

Passata l'ora più critica bisognerà affrontare quest o problema. Bisognerà domandar.si se un?- Russia fedele agli Alleati es ista ancora, e, in subordine, se questa fedeltà pOtrà esprimersi in forma concreta, in aiuti militari, o in altre manifestazioni d'ordine equivOCo o subdolo, come l'annunciata passeggiata a Londra e a Parigi dei soci del Sovièt, - ·

Bisognerà ricordarsi, in terzo luogo, se, perdurando ed imperversando ancora il sovietismo a Pietrogrado, la Quadruplice Intesa non abbia altre carte militari e politiche da mettere risolutame nte e immediatamente nel giuoco, per fiaccare la Germania.

Ma intanto, mentre in Russia continua la grottesca accademia massimalista, tocca .a noi l'onore e l'onere grave di respingere il nuovo assalto austro-tcdesco, i cui moventi e obi~ tiv ì di o rdine

militare e politico abbiamo completamente illustra~o 6n dalla prima notizia che i bothu si co ncentravano su l'Isonzo.

Tocca a noi il dolore di vedere contaminato un piccolo tratto dì territorio nazionale dall'orda barbarica. Tocca a noi l'arduo còmpito di dare la grande - forse la decisiva - battaglia agli Imperi Centrali.

Ebbene, noi ci sentiamo cosl sicuri del valore dell'esercito nostro e della resistenza morale del Paese, che possiamo tranquillamente formulare anche la più dura delle ipotesi : quella cioè che l'avvenuto sfondamento della nostra ala sinistra supponga l'arretramento generale delle armate del centro e d ella d estra.

Formuliamo l'ipotesi che si renda necessario abbandonare l' Ison zo, e portarci più indietro, sui formidabili sbarramenti del Tagliamento. Che valore avreb~ dal punto dì vista territodale, questo arretramento?

Limitatissimo.

Il nemico potrebbe vantare ]a conquista di m ezza provincia dì Udine. Che cosa sarebbe in confronto, per esempio, "della Francia, che ha avuto. undici dipartimenti invasi, e che ha ancora i tedeschi ad un centinaio di chilometri dalla capitale?

La perdita di una breve zona di territorio nazionale non· d eve essere sopravalutata per un sentimento nobile ed alto che tutti proviamo. Sono le . necessità di indole militare, che devono prevalere e prevalgono, nel determinare i piani del Comando. Piani che nessuno conosce. Piani che nessuno può prevedere, nemmeno i cosidetti competenti, se non in . modo del tutto approssimativo.

I buoni cittadini n on ·si abbandonino in ques ti giorni ai calèoli dì una strategia fantastica. Non sì lascino mistificare dalle notizie allarmistiche che circolano ad opera dei complici dello stesso nemico ; e anche al realizzarsi della più dura eventualità, contengano Ja loro ansia in un atteggiamento dì fierezza e di dìgnità.

AJtendere con calma e ton fidllda: questa, la parola d 'ordine.

Il duellQ terribile è appena cominciato.

Siamo ancora lontani dall'epilogo, e noi abbiamo fortissime ragioni per credere che l'atto finale non si svolgerà come i tedeschi pensavano. l!"Jtanto una delle carte sulle quali i tedeschi contavano, per rendere più speditiva e punitiva la loro offensiva, è completamente mancata.

La speranza che al semplice apparire dei tedeschl' di Germania ai nostri confini, tutta l'Italia si dissolvesse nei torbidi della guerra civile, miserevolmente caduta.

L'Italia combatte tenacemente . sull'Isonzo.

OP.E.RA OMNIA DC BENITO MUSSOLINI

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WJLSON

L'Italia - quantunque non abbia ancora un governo - dà in questi giorni uno spe~acolo gtande di calma e di djsciplina.

In questa constatazione di fatti noi troviamo la consolante cer· tezza che l'ora difficile sarà superata.

Da Ii Popolo d'Italia, N. 301, 30 ottobre 1917, IV. Pubblicato anche sull'ediz.ione di Roma (IX, 252), N. 300, 30 ottobre 19 17, IV.

ASPETTI DEL DRAMMA

Un popolo degno di un grande avvenire ha - specialmente nelle ore critiche della sua storia - il coraggio cli guardare in faccia alla realtà nei suoi aspetti negativi e positivi.

Ora, l'aspetto « negativo>> della realtà attuale, della quale noi siamo al tempo stesso attod e spettatori, può essere sintctizuto nei termini seguenti: da invasori siamo invasi.

Pochi giorni di offensiva austro-tedesca hanno annullato, almeno in un settore del nostro fronte, i risu1tati di due anni di guerra: pazient e, tenace, eroica che aveva commosso d'ammirazione H mondo, Come ciò sia avvenuto, e perché ciò· sia avvenuto, è questione che vedremo poi.

Ci sarebbe veramente da disperare di noi stessi se, a tormenta passata, non avessimo il coraggio di indagare le responsabilità e stabilire le sanzioni necessarie. Ma la realtà dolorosa ci offre altri aspetti che si possono definire «positivi)> . Uno di ordine interno, uno di ordine internazionale.

All'interno, il colpo austro-tedesco-tartaro, è completamente mancato. I nemici speravano molto sull'aiuto che avrebbero dovuto ricevere dagli italiani stessi. Ma l 'Italia non è la Russia.

Il socialismo italiano è piuttosto uno stato d'animo localizzato in d eterminati g ruppi, non g ià tendenza generale delle masse.

Roma non ha due secoli di . vita come Pietrogrado.

Il nostro temperamento ci porta a valutare l'aspetto concreto dei problemi, non già le loro sublimazioni ideologiche o mistiche. Pet quest~ ritroviamo facilmente l' equilibrio.

I nemici ci ·conoscol).o male. Sono rimasti all'Italia del 1896, quando la democrazia, rinW1ciataria da Cairoti in poi, volle completa.re con una rivolta all'interno il disastro di Abba Garima.

Le nuove generazioni Sono di altri tempi.

Le masse stesse, le più anonime, le più lontane, comprendono 'che in questo g iuoco terribile chi diserta è p erduto.

Ci sono ancora - .fra noi - i ruderi, i superstiti della v ecchia mentalità. Qualche stridula voce irosa, si fa appena sentire. Ma tutto intorno è H lavoro delle giornate normali, la tranquillità, la fiducia.

Le storie narrano che dopo la battaglia di Canne, il Senato romano vietò alle donne di mostrarsi in pubblico, perché temev a che con il loro atteggiamento di dolore indebolissero i cittadini, ansiosi della rivincita.

Oggi sono i cittadini che provvedono a se stessi. Il Goveroo non c'è. [CensNra].

Eppure il popolo italiano non cede. Non vacilla. Non dispera.. Riprende. Si raccoglie. Il blocco, che rion c'era, si forma. « L'unione sacra )) comincia.

Gli stessi operai si rivoltano al pensiero dell'invasione. Comprendono che il proletariato è nella Patria, e non già fuori di essa.

Questo aspetto « positivo» della realtà legittima le nostre più grandi speranze e provocherà nei nostri odiati e feroci nemici la più acerba delle delusioni.

Ma l a realtà ci offre un altro aspetto positivo : il fronte unico sta per diventare un fatto.

Dodici conferenze interalleate - e un'altra era annunciata in questi giorni - fi umi di inchiostro e montagne di parole, torre.nti di sangue non avevano condotto alla realizzazione del fronte unico, che l'opinione pubblica dei Paes_i alleati aveva insistentemente reclamato da anni.

Il fronte unico non era stato realizzato nemmeno nella simultaneità degli attacchi. Qualche scambio di materiale e niente più, Eppure in occidente la condizione essenziale per l'attuazione del fronte unico esisteva. Esisteva, cioè, la continuità territoriale fra gli Alleati. Quali forze, quali ·uomini avevano sin qui impedito di realizzare quello che la coscienza pubblica invocava, e ciò che la esperienza della guerra dimostrava sempre più urgente e necessario, no n è il caso di diclo ' in questo moffiento. ·

Il ritardo è stato deplorevole, dannoso. Ci voleva il fatto: l'invasio ne, la minaccia. Oggi i Governi di Parigi e di Londra provv edono. I giornali inglesi e francesi, che hanno come quelli italiani il privilegio di precedere il Governo, annunciano che finalmente il fronte unico dell'Intesa sarà attuato in ciò che esigono i bisogni immediati per fronteggiare la coalizione nemica, e nelle necessità fu. ture per batterla. [Cen.rura]. · ·

Ma noi rinunciamo alla superbia vana della originalità L'essenziale è che questo fronte unico, dopo essere stato per trenta mesi una specie di vaga astrazione, diventi una cOncreta realtà,

E giacché siamo in argomento, precisiamo.

Gli Alleati ci aiutano. Sta bene. È loro dovere, Ma è anche nel loro interesse, o meglio nell'interesse comune, poiché la sorte d egli uni è legata indissolubilmente a quella. degli altri.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO D[ WILSON 9

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Ora, un aiuto deg li Alleati non può essere limitato :id una rapprc· sentann di solidarietà, che potrebbe lusingare il nostro ·senti~ento, ma riuscirebbe assolutamente inadeguata ai bisogni della situazione. Non vogliamo il soccorso : vogliamo i1 concorso degli Alleati[•... tenS11ra]

Per questo noi confidiamo che il grande colpo sarà vibrato, e prestissimo ,_ prima ancora che i bothu si siano ingrottati.

L'aiuto dei franco-inglesi non può avere che questo scopo.

La battaglia del Friuli diventerà t>urto immane, e forse decisivo, delle due ~oalizioni nemiche.

Questo il popolo italiano ha compreso. Per questo si mantiene raccolto, disciplinato, fidente.

L'ansia dolorosa di questi giorni è legitt;ima.

I n emici tripudiano, ma la loro g ioia potrebbe esseie di breve durata. Siamo al prologo. Questo è un d ramma che non può essere valutato prima c he il velario sia caduto sull'ultima scena.

I tedeschi, nel 1914, credevano di entrare trionfalmente a Parigi. Ma trovarono la Marna.

Da Il Po polo d'Italia, N. 302, 31 ottobre 1917, IV. Pubblicato anche s ull'ed izione di Roma, N. 301, 31 ottobre 19 17, IV.

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M,

L'ORA E GLI UOMINI

L'ora non con sente commenti analitici alla risoluzione della crisi ministeriale, m a, d 'altra parte, il fatto della crisi e del s uo epilogo è cosi legato a1le v icen de attuali e future della noStra g uerra, ch e u n commento e un g iudizio- - sia pure in forma sinte tica -n on è una superfluità o urui. esercitazio:rie .

L a crisi è s tata ris'olta in un termine di tempo relativamente breve. Sotto questo aspetto le esigenze dell' opinione p ubblica e della coscienza nazionale sono state soddisfatte.

Non g ià - intendiamoci - che l'Italia avesse u~gentissimo bisogno di un G overno per l'interno, p erché il Paese non è mai sta to cosi tranquillo , cosi disciplinato, così fiero di sé, cosi fiducio so d ella sua sorte, come in questo momento. Ma per le supreme necessità di ordine nazionale e internazionale che si collegano alla g uerra e alla sua fase attuale, che può essere decisiva, il corso de lla crisi è stato breve e la sua soluzione soddisfacente.

Poteva essere mig lio re?

Forse, ma vi è se riamente da dubitare che il P arlamento attuale potesse darci qualche cosa .di mèglio.

MOiti dei nostri desiderata sono stati accolti. &a nostro con vincimento ch e l'o n Boselli fosse impari a reggere il g ravè pondo del po t ere a cagione della sua tarda età. L'on , Boselli se n 'è andato. A nche questo suo ultimo gesto di _ rinuncia dev e essere considerato come un servizio r eso aUa Patria.

Altre critiche ve nivano rivolte alla composizione trop po pletorica del primo Ministero nazio nale. Era troppo frondos o . I ministri senza portafoglio - un a copia n on molto felice di quanto eta avvenuto altrove - sono stati aboliti. I « consigli » troppo numei:osi sono spesso incoodusivi. G li organi di esecuzi~:me devono essere essenzialmente qualitativi, cioè, non quantitativi.

Anche per gli uomini il nuovo :Ministero non delude qualcuna delle n òstre più ferme aspettative.

L'on. Sonnino rimane aJ su o posto. È una gararu:ia per noi, ma deve essere anche una amara delusione per i nemici, i q uali avrebbero salutato la sostituzione dell'on. Sonnino come una ·grande vitto ria.

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Anche l'ori. Bissolati rimane

Il dicastero che gli è stato affidato è stato scelto con criterio che corrisponde pienamente alle attitudini e al temperamento personale dell'on. Bissolati.

Il termine di « Assistenza militare» è un po' vago, ma non poteva essere diversamente, perché le attribuzioni, i confini, il contenuto di questa « Assistenza militare». saranno volta a volta determinati dagli avvenimenti.

Abbiamo motivo di ritenere che l'on. Bissolati continuerà ad essere, come per il passato, l'uomo di collegamento - d'ora innanzi più che mai necessario _ - fra il Comando Supremo ed il Governo centrale.

Il dicastero delle « Pensioni cli guerra » è una innovazione di una indjscutibile utilita. O consta che la benemerita Associazione nazionale dei ·mutiliati di guerra aveva fatto pratiche in questo senso, con l'intento di ottenere almeno l'istitu.zfone di un sottosegretariato. I voti dei mutilati sono stati esauditi completamente e di questo _ci compiacciamo, perché finalmente la vasta, dolorosa materia delle pensioni di guerra, disporrà di un ufficio centrale autonomo che potrà agire con la dovuta sollecitudine.

Anche l'on. Sacchi rimane al ministero di Grazia e Giùstizia, E sta bene.

11 generale Giardino, invece, ha insistito nelle sue dimissioni ed è stato sostituito dal generale Alfieri.

Comprendiamo lo stato d'animo dell'ex ministro della Guerra. Ed apprezziamo altamente le ragioni che lo hanno indotto a questa decisione. Quello del generale Giardino è un gesto simpatico.

Egli era certissimo in buona fede quando, alla vigilia dell'offen. siva nemica, proclamò che i confini n ostri non sarebbero stati mai violati dall'orda barbarica. Questa certezza è stata smentita.

L'on. G iardino - ferito nella sua qualità &italiano e di soldatoha voluto, con una sensibilità politica che lo onora, lasciare il suo posto al genenùe Alfieri, il quale ha tutti i requisiti per saperlo tenere degnamente.

L'on. Nitti va al Tesoro, l'on. Orlando alla Presidenza, e questo en1. nelle previsioni generali. Non si capisce p·erché l'on. Bonomi sia stato sostituito.

Nel complesso, il nuovo Ministero non è, nella sua cÒmposi· zione politica, molto diverso da quello di ieri; ma è migliorato e ringiovanito. Avevamo· chiesto un comitato di guerra, e il comitato sarà istituito E di questo comitato farà certamente parte l'on. Bissolati, a ragione delle sue funzioni cli « assistenza di g uerra ».

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E ora noi attendiamo il secondo :Ministero nazionale ali' opera. II momento è particolarmente delicato e difficile. Ma molte delle difficoltà sono eliminate dal magnifico spettacolo dì unità morale e di disciplina civìca che il popolo italiano offre in questi giorni.

L'on. Orlando ha esordito nella sua. carica di Presidente del Consiglio con Wl fiero telegramma al Comando Supremo : ·telegramma che farà ottima impressione. Ma dopo le parole, la coscienza nazionale esige dei fatti, e immediati.

Fatti, diciamo.

E, tanto per cominciare, noi insistiamo tenacemente sul nostro postulato : arresto dei sudditi nemici, confisca di tutti i loro berù, che devono costituire un fondo per le famiglie dei combattenti.

Altri provvedimenti, cli altra indole, devono essere presi.

Questo Ministero deve agire. Sentire al più alto grado J>impulso, lo spasimo ·deU'az.ione. Non parole, non accademie1 non manovre, non preoccuflazion.i parlamentari.

Tutto ciò oggi è basso, è vile, è inutile

Oggi dal capo del Governo all'ultimo dei cittadini, una sola preoccupazione, un solo pensiero, una sola volontà diretta, precisa, implacabile deve dominare : sterminare i barbari che profanano il territorio della Patria. Respingerli oltre i confini, e vincerli, una buona volta per sempre. Di modo che non abbiano più in avvenire il desiderio e la for2a· per muovere alla strage e alla rapina ~el mondo.

Da Il Popolo à'/Jali.t, N. 303, l novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 302, 1 novembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 13
M.

L'OFFERTA

Come nel maggio.... Si rivivÒn o le giornate del maggio. Si respira l'atmosfera ardente di passione del maggio. Quando si scorro no le cro nache di questi giorni~ vien fa tto di chiedersi se un nuovo prodigio si avvera> o se un sogno, o una illusione ci inganna. Realtà. I mmediata, tangibile, superba. Veramente, il maggio del 191,: la data capitale di tutta la n ostra storia. Tutta una lenta maturazione esP.lose in quei giorni memorabili. Veniva dal profondo. Noi st esSi non l'avevamo avvertita. Ma da quel maggio l'Italia si prcsenu come una creazione nuova. Ecco : in questa fine di ottobre noi siamo stati percossi dal dolore e umiliati dalla delusione. Una volta queste ferite terribili avrebbero fatto sang uinare pochi cuori di solitari e urlare di rabbia pochi veggenti. Pensate al 1866 o, se volete, ad Abba Garima. O ggi è tutto un popolo che sente lo st razio vivo della Pat tia, come se si trattasse della sua stessa carne fisica cui venisse inflitta la più feroce delle t orture. La diminuzione che è parziale, che sarà -n oi lo crediamo fermissimament e - transitoria., del nostro organismo di N azio ne, si riflette su n oi stessi. Noi sentiamo il peso dell'ingiuria, anche per coloro che durante un secolo lottaro no, soffersero, morirono, per lasciarci, dopo un millennio di schiavitù, una Patria libera.... Questa ingiuria ci è insopportabile. Il nostro pen· siero non la tollera. È il nostro incubo. Pensare che sul casteUo di Udine - la gentile e forte vedetta di nostta gente - sventola il giallo-nero, ci opprime di angoscia, No. Non può essere. Non de v'essere. La profanazione del nostro suolo non può durare che il tempo strettamente necessario per ricacciare l'invasore. Sino a ieri abbiamo assistito all'invasione, oggi la « sentiamo», la subiamo nei suoi aspetti immutevoli e tragici. Casolari abbandonati, ponti saltati, villaggi in fiamme, città devastate, fughe a masse delle ~polazioni : la desolazione e il terrore, dove ventiquattro oi::e prima ferveva" la vita tranquilla delle retrovie. E nell'esodo precipitoso, gli occhi spauriti dei fanciulli domandano un pei::ché, -al quale nessuno risponde. Questo significa il « ben vengano » d'infame memoria.... Lo spetta· colo è nelle nostre anime Il dolore ci percuote, ma non ci abbatte. Ci forgia. Qui si rileva la nobiltà della nostr~ stirpe. Tutta l"Italia,

oggi. - è ·un cuore solo. Tutto si riduce alla nostra qualità fondamentale e gloriosa di italia.ni..

In altri tempi ua rovescio cosi imprnvviso, avrebbe scatenato le collere popolari, oggi rinsalda la comune e ferrea volontà di rivincita. Ci ritroviamo tutti. Ci se11tiamo tutti della stessa famiglia. C'è una madre, oggi, che riassume e protegge tutte le madri, le madri dei vivi e le madri dei morti .... Ebbene : ci può essere stato·un momento di debolezza e di v ergogna. Si, c'è stato. Ma, badate, è di tutti gli eserciti, di tutti i popoli, di tutti i tempi. È accaduto qualche volta ai legionari di Roma di sbandarsi-in seguito all'improvviso apparire nel cielo di uno stormo di malefici uccelli. Anche nel nostro cielo si aggiravano i corvi.... Ma il nostro soldato tornerà d omani quello di ieri. La tempra non è cambiata. Sono ancora i soldati che nel 19I l davano la scalata ai cigliorii perpendicolari del Carso, che nel 1916 respingevano gli austriaci dagli altipiani e p oi, con manovra fuhnin ea, s'impadronivano dello scabroso San Michele e ·del lugubre Sabotino, aprendosi il varco a Gorizia nostra; sono g li stessi che nel 1917 espugnavano il Santo e la. Bainsizza. Il valore del soldato italiano è consacrato ·neUe undici battaglie dell'Isonzo, è consacrato dalla lunga teoria dei cimiteri. che da Saga a Molfalcone segnano le tappe del nostro sacrificio.

La Nazione ha fiducia nei suoi soldati, perché ha fiducia in se stessa. È la Nazione che esprime dal mo seno i combattenti. Quando la Nazione è grande, risoluta, d ecisa al sacrificio, i combattenti lo sono del pari. E l'Italia oggi è tutta protesa verso i suoi figli che d evono salvarla da ogni pericolo e riscattarla dall'onta subìu; Oggi il popolo italiano, come gìi nel maggio, dice agli uomini che reggono i destini della Patria : Ecco ; i o vi offro tutto : i miei 6g li, il mio denaro, le mie speranze, il mio dolore. Sign ori del' Governo, la storia vi presenta ancora un'occasione unica per afferrare e tene re nel pug n o questo popolo unico al mondo. Anda te verso di lui.

Andate verso le su e masse profonde. N on con astrazioni, ma con realizzazioni, Toccate le corde del sentimento e quelle dell' interesse. Date ai combattenti e alle famiglie dei combattenti la certezza di un domani migliore e questo popolo, paziente, laborioso, teniice, non conoscerà più le stanchen:e del lungo calvario di sangue e terrà duro, con ostinazione romana, sino alla vittoria. Con questo materiale umano, tutto è possibile : anche il capolavoro, quando ci sia negli uomini, che la Nazione ha posto in alto, lo spasimo ·dell'arte, e non soltànto la pratica abitudinaria di un mestiere. Il capolavoro della nostra storia, e della storia mondiale, avrà dunque nome dal fiume sulle cui rive affluisce in questi giorni

DJr.L PIAVE
15
AL MESSAGGIO DI WILSON
2. · X.

la migliore giovinezza d'Italia, di Francia e d'Inghilterra? Avverrà, dunque, nella pianura del Tagliamento il nuovo grande 1.:1rto fra i mediterranei e ì teutoni, fra la civiltà e la barbarie?

È, forse, scritto nel libro del destino che la disfatta del pangermanismo, cominciata sulle rive di un fiume di Francia, debba conchiudersi sulle rive di un fiume d ' Italia?

Lo ' sapremo fra poche settimane o fra pochi giomi. ·

E nell'attesa, in alto i cuori I L'Italia non è una piccola Nazione come la Serbia, la Romania o H Belgio. L'Italia ha milioni di soldati e può mettere in campo altre ingenti forze. U~a N azione di quaranta milioni d'abitanti non si vince. Per vincerla, il nemico dev'essere aiutato dall'interno. Ma quando all'interno il Paese - in tutte le categorie di cittadini - fermo e prnnto a qualunque sacrificio, com'è .l'Italia in questi giorni, la coalizione nemica va incontro al cLisastro.

Prima dell'offensiva austriaca, il terzo inverno di guerra era · la nostra preoccupazione.

Oli vi pensa più oggi ? Le domande angosciose di ieri erano queste : « Avremo del carbone ? Avremo del pane ? Avremo_ della legna? ».

Oggi, non più. Oggi i cittadini si domandano: « Avremo ferro suffi.cente - schegge di granata e lame di baionette - per sterminare il maggior numero possibile di unni ? ». ·

Soffriremo H freddo e la fame. N on impotta. L'invasione è freddo, è fame , è,. ~oprattutto, umiliazione. Non vogliamo soffrirla. Vogliamo, dobbiamo vincere e vinceremo.

D:11 li P(lp(l/o d'!tt:Na, N. 304, i novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 304, 3 novembre 19 17, ]V, con , il titolo : Com e n el maggio.

16 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
·

SEQUESTRATE I BENI DEI SUDDITI NEMICI!

In queste ore di passione struggente il Governo deve dare una soddisfazione _ al popolo italiano I Non è il momento di perdersi in considera2ionì circa le cause vicine e lontane, che ruulno creato l'attuale stato di cose. Per i procèssi c'è tempo. Solo vogliamo che il Governo sappia q uesto : per l'Italia intera scoi:razuno ancora oggi sudditi di stati nemici, che fanno la spia, che comp iono un lavoro pericolosissimo di sabotaggio morale

Cotesta gente possiede fabbriche, proprietà. Altre possessioni sono state abbandonate dai p roprietari nelle mani di procuratorl o di amministratori. Nel momento in cui tutta l'Italia vera sanguina perché nemici han varcato i confini, ogni altra considerazione, t endente ad impedire il sequestro dei beni nemici, diventa un insulto. li Governo deve dare al popol~ la soddisfazione che esige. Diversamente si ricade nei vecchi errori che, rinnovati, potrebbero essere fatali.

I beni dei sudditi nemici detJ()no essere sequestrati I

Se la violenza, trionfatrice per poco, ha dato ai lurchi cd ai tartari la possibilità di ~)care un lembo de_l nostro suolo, non vogliamo che stupide considerazioni squisitamente conservatrici diano a' nemici la legittimità del possesso sia pure su una sola zolla italiana. [CentNra].

Da ~J Popolo d'Italia, N. 304, 2 novembre 1917, ]V ([).

LA BATTAGLIA DEL FRIULI

Il grande esercito di manovra tedesco-austro-bulgaro-turco è sboccato _ co n impeto nella piana fri ulana, per la battag lia decisiva. Hìnd enburg riversa nel Veneto quasi tutte le forze già scaglionate in Russia e importanti contingenti prelevati dai fronti di Macedonia e di Francia. Il suo piano ha mezzi p oderosi e finalità decisive. Il maresciallo tedesco cerca in Italia la fine d ella guerra, e perciò compie ]o sforzo supremo, ro vesciando sul campo della battaglia manovrata tutte le riserve, senza risparmio.

È la battaglia decisiva, la seconda _ Marna.

È doloroso per noi che l'urto si svolga sul suolo italiano, quando le circost anze ci facevano sperare e quasi ritener sicuro che si sarebbe effettuato su terra austriaca. Ed è ugualmente doloroso che gli Alleati giungano per la riscossa all'ultimo momento, meri.tre avevamo sperato di averli a fianco per una g rande avanzata verso il cuore dcli'Austria, ndla via che vide le aquile di Napoleone.

Ma ·soffochiamo ogni pena, e forgiamoci un animo ferreo per la dura realtà d'oggi.

Se l'Intesa non ha voluto imporre alla Germania la battaglia decisiva sullo scacchiere italiano, la Germania l'ha imposta all'Intesa. E poiché l'ltalia si è trovata sola a sostener l'urto di quattro potenze, il primo periodo della lotta è stato vantaggioso per la Germania.

Ma occorre che siano risparmiati altri errori. Gli Alleati comprendano J N o n è questa una piccola battaglia comune, una manovra con fini locali, una di quelle azioni di guerra di trincea, che eravamo soliti a chiamare <<offensive» o « spallate >>, Qm.rla ì la .rero11d4 Marna , nel v,,,,10 oggi .ri de(ide la .rorle del/'Europa, [Censura],

La battaglia, fornùdabile, decisiva,, richiede pertanto lo · .rforz.o massimo degli Alleati. [ Ct11sura ] per vincere occorre celerità. Napoleone vinceva le battaglie anzitutto con la celerità degli spostamenti.

Questo concetto deve penetrare nel cervello dei responsabili. [CtnsNra).

Occorre finirla con la g uerra episodica, con la g uerriglia, con le

offensive locali, con gli attacchi frontali contro un monte o un colle, 0 una quota, o un villaggio, o un casola~e. Abbiamo grancli mezzi: dobbiamo avere grandi scopi I

Generali d'Italia e di Francia, ricordatevi di Napoleone che non era ·un tedesco I Generali d'Inghilterra, ricordatevi del vincitore di Napoleone, WeUington, che non era un prussiano I Tornate alla vera guerra I

Oggi la Germania stessa ci offre la battaglia manovrata, il grande urto in campo aperto, fuori dalle trincee.

Cogliete l'occasione, che può essere fortuna; abbiate l'audacia di }offre e di Gallieni, e rinnovate la Marna. Audacia, ma con grandi mezzi I

L'Intesa li ha I Deve impeg narli !

.E certo la storia non saprebbe perdonare un errore o una indecisione o un ritardo da parte degli Alleaci I

Nelle campagne di Polonia, di Serbia, di Romania, la Germania poté colpire un Alleato alla volta, i solatamente. Ma nella campagna del Friuli non esiste iso lamento. La continuità territorial~ tra Italia e Francia permette il « fronte unico », [.... cenmra].

Noi, sin dal dicembre 191, - e la collezione deJ. nostro giornale lo prova - reclamammo 11n grande esercito interalleato per una campagna inanovrata sul fronte italiano, .come l'unico che permette la manovra.

Oggi torniamo alla richiesta, più saldi che mai nel nostro convincimento, poiché i fatti testimoniano che abbiamo e avevamo ragione.

L'Intesa non si accordò allora. Abbiamo ferma persuasione che si accorderà o ra.

E se forze poderose saranno lanciate contro l' invasore, egli potrà subire una sconfitta più decisiva cli quella della Marna.

Intanto ai nostri soldati che da soli frenano l'impeto dei tedeschi

diciamo : Ricordatevi di Legnano I Ricordatevi degli altri italiani che batterono il Barbarossa I

Da Il Popo/r, d'/lalia (edizione di Roma), N. 303, 2 novembre L917, IV {/).

DAL PIAVE AL MESSAG<;IO DI WILSON 19

NELL'ATTESA

Il Bo llettino annuncia i primi piccoli scontri di pattuglie sulle rjvc del Tagliamento e l'inizio del fuoco delle" artiglierie. A qua ndo la battaglia?

C'è nella nostra attesa un'ansia spasmo dica. Abbiamo fretta. Confessiamoci : non la p erdita di tutti i territori conquistati in undici battaglie e l'invasione d el Friuli ciò che ci fa desiderare un ritmo veloce degli avvenimenti. N o . È il m o do che ci offen de. Sono le -cause. Il rovescio n o n è nella perdita di Udine, è n el Bollett ino che parlava di deficiente resistenza di alcuni reparti. Ecco perché t u tta l'Italia ha fretta di sottràrsi a quest'ombra gettata sul quadro vermiglio e glorioso di trenta mesi di gue r:ra. Non già che il successo iniziale dell'offensiva della Quadruplice nemica abbia pregiudìcato le sorti della guerra mondiale. Noi non siamo vinti, non possiamo essere d ei vinti, a meno eh~ il Paese, in un accesso di criminosa e spaventosa follia, non si consegni spontaneamente alla dominazion e · del Kaiser.

Ma dal momento che il Paese si raccoglie tutto in · un proposit o ostinato di riscossa, ogni p essimismo, nell'esame della s ituazione, è assolutamente superficiale ed ingiu s tificato.

La Germania non h a vinto nemmeno· i piccoli popoli aggrediti, perché a nessuno di essi è riuscita ·ad imporre o far accettare la «sua» pace. Vitto rie militari ? Apparentemente. La Germania ha schiacciato il Belgio, ma il Belgio e ra i nerme. A v eva affidato le su e sorti e la sua esistenza ad un trattato, cioè ad uno straccio di carta. Ha sommerso la Serbia, ma la Serbia è una piccola nazione che usciv a da due precedenti- sanguinosissime guerre. Ha inv aso la Romania, perché la Romania è stata tradita dalla Russia degli Stiirmer e dei Protopo poff.'

Anche noi siamo stati traditi daUa Russia dei Cernoff e dei Lenin, ma i t edeschi non oltrepasseranno il Tagliamento e saranno ricaccia ti al di là dell' Isonzo.

Il nostro caso diverso. Una Nazione di quaranta milioni d "abi· tanti, entrata in guerra dop o dieci m esi, ha in6.nite riserve d i uomini.

Di più. Il nostro esercito è intatto {Cens11raJ.

Delle nostre cinque armate, una sola è quella che è stata provata

- - ~::.:. • • • •:.,. ·-.- • ·. ::, .--: _ '; J. 0>....Jt.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO 01 WILSON 21 e nella zona limitata d ell'Alto Isonzo, Abbiamo la classe del '99 al completo e i depositi e le guarnigioni rigurgitanti di uomini. Le nostre disponibilità in materiale umano sono v aste. Se domani il Governo rivolgesse un appello alla Nazione, l'Italia darebbe ancora. zoo mila v olontari come nel maggio del 191 J• Le riserve cui possono attingere i nostri nemici, sono molto più limitate delle nostre. Le famose t enaglie tedesche hanno stretto soltanto lè nazioni inermi o indebolite o tradite,

In Francia la tenaglia non ha << portato». In Italia sarà lo stesso Anche se dovessimo lottare da soli. C'è nei cittadini di tutte le claSsi una tale decisione, tale un fervore, tale uno spirito d i sacrificio, che anche lasciati soli, riusciremmo a spezzare il piano della Quadruplice nemica.

Ma gli Alleati sono con n o i. Totalmente. Dopo tre anni di dure l ezioni, il sistema petilr paquets è stato abbandonato. Alle masse bisogna opporre le masse. A una coalizione un'altra coalizione. Al fronte del nemico, il fronte unico dell'Inte~a. che diventa un'Alleanza · fraterna, intima, definitiva.

L'Intesa aveva n e eserciti; oggi, non c'è che un esercito d ell'Intesa. L'invasione nemica ·ha realizzato in pochi giorni quel progetto di fronte unico che si era trascinato irigloriosamente per due anni da una conferem:a interalleata a un'altra.

Sulle rive del Tag liamento si concentrano milioni di soldati. L'urto Sarà formidabile, ma il suo esito non può essere dubbio. Molti clementi che n o n possiamo rendere di pubblica ragione confortano la nostra ferma fiducia. Diremo sòltanto che il concorso degli Alleati è g randioso, [.... ,tnsura].

Noi crediamo che l'attendere sarà corto. Non sappiamo se convenga ai nemici dare il segnale della battaglia per forzare il campo trincerato de.l Tagliamento, ma sappiamo che è nell'interesse supremo dell'Italia e degli Alleati non dar tregua ai tedeschi, p er impedire loro di convertire in guerra di posizione quella che dal 24 ottobre è guerra di movimento. -

Non bisogna lasciare un altro pegno territoriale, sia pure modesto, nelle mani della Germania. Ma soprattutto è necessario rivincere, e non solo per la riconquista dell'Udinese.

Due anni cli guerra eroica ci avevano riscattati da una più che secolare umiliazione. Il nemico stesso, dopo Gorizia e il Santo, n on ci scherniva più come dei «mandolinisti» incapaci di battersi. Ci ammirava. Ò ggi per un'ora di confusione, di smarrimento, di p anico - l':iustriaco, che ci aveva voltato le spalle in undici battaglie, parla ancora di « mandolinisti». [ Censura].

N o n diventeremo mai degli schiavi, [ ctnsma].

So lo la vitto ria e una grande v ittoria [.... ctnsura.. .. ] sarà l' opera d ei soldati, ma anche dei cittadini. O gnuno al suo p osto , og nuno co m.pia il suo dovere.

IL T agliamento po trebbe essere la nuova Legnano dell'ultimo Barbarossa

D a Il Popolo d'llnlia, N. 30~, 3 novembre 1917, IV. Pub blicato anc he sull'edizione di Roma, N. 305, 4 novembre 1917, IV.

,~~·•' ·" - -- ---- ,.::.,\ 22 OPERA OMN IA DI BE NITO MUSSOLINI

ONORE AGLI OPERAI

Continua il movimento plebiscitario delle maestranze industriali per la 'resis tenza cont ro l'invasore. È un fenomeno del p iù alto i nteresse sia che venga eSaminato _dal punto di vista nazionale, come da quello sto rico e sociale. Movimento spontaneo. Non p reordinato. Non organizzato. Non provocato dalla nostra propaganda. Sta di fatto che da qualche tempo H proletariato delle plaghe i ndustriali era sottop ost o allo stillicidio insidioso e quotidiano della propag anda neutralista. La massa op eraia non era discesa ancor a alle aberrazioni grottesche e crirnµlose del leninismo, malgrado le p asseggiate degli argonauti dei Sovièt, ma sembrava ormai lontana dal subire la n ostra influenza, o da ll'accettare le nostre idee sul conflitto mondiale. Insomma, la massa operaia e.ca stata abbandonat a -:-- per un complesso di cause ch'è perfettamente o:.i:ioso di enumerare in questo momento - alla propaganda dei disfatti sti, facilitata da altri clem enti e da altri uomini. Ebbene, quest'opera di corruzione e di demolizione morale, perseguita tenacemente da trenta mesi, non è giunta al cuore pro fondo delle masse, non è riuscita a fe rmare gli aneliti generosi dell' anima proletaria. Dev'essere rimasta, è rimasta alla superficie. N o n è andatà oltre - in fatto di solidarietà coi disfattisti - al so ldino spillato, coll'intimidazione e col ricatto d ei gal oppini dci circoli e che veniva abitualmente e fatalmente inter pretat a dal giornale t edesco come un'adesione piena ed incondizionata alla sua linea· di Condo tta anti-italiana. È bastato il fat to dell' invasione; il fatto della g uerra che si svolge non più oltre i confini , ma sul nostro suolo patrio, per capovolgere l'atteggiamento della massa lavoratrice, la quale ha dimostrato di essere ancora una v o lta infini~ tamente mig liore d ei suoi m alvagi pasto r.i. Gli intellettuali o i -fana-· tici incretiniti o .j complici del nemico, avevano dato alla massa una parola d'ordine ch'è parola di matricida: « ben vengano i t edeschi » ; e poiché g li operai non avevano reagito immediatameote, la carriarilla dei politicanti che presumono di interpretare, d i dirigere, di pcdaS:ogìz:zue, di trarre a salvam~nto il proletariato, si illudevano che questo avesse aderito alla loro dottrina di ignominia e di schiavitù. Il pro letariato non ha patria, ghignarono i teorizzatori della v iltà; e

invece, ecco che il proletariato salda le sue fortune e quelle della Patria, balza in piedi ora c~e la Patria è minacciata e il ritenuto pacifondaio di ie ri diventa l'oltra~ista di oggi, per la resistenza e per la vittoria. Leggete gli ordini del g iorno -delle maestranze operaj.e, leggete i loro manifesti. C'è in essi un forte soffio di patriottismo, una nota viva di italianità, un · proposito fermo di battaglia.

Quale delusione · per i tedeschi, i quali sognavano lo sciopero generale, la ri~olta annata in aiuto dei loro eserciti, un po' di _leninismo anche in Italia I Questo plebiscito di patriottismo da parte della classe operaia è gravido di conseguenze ed è, forse, più importante d ei plebisciti stessi di prima del '70, Anzi, è questo il vero plebiscito, il grande plebiscito, in quanto riconsacra la Patria nella coscienza dì milioni di cittadini. Ed è anche un segno indubbio cli maturità civile ed un auspicio di certa vittoria I

A questi operai che, dopo aver resistito cd i mprecato alla guerra, oggi ne riconoscono la ferrea necessità ; a questi operai che comprendono - oggi - davanti l'evidenza ·terribile della realtà, che cosa significhi perdere e vincere, noi vogliamo dire la nostca aperta parola. E ne abbiamo il diritto, Noi non abbiamo lusingato - nel tempi della pace - il panciafichismo istintivo delle folle. Siamo noi~ che nella gelida e idiotizzante predicazione elettoralistica del Partito Socialista Ufficiale che continuava ininterrotta da Sala Sivori in poi, abbiamo aperto la parentesi del blanquismo: Siamo· noi che nel dizionario socialista, ricco soltanto di termini schedaioli, abbiamo introdotto certe lo cuzioni che facevano tremare le vene e i polsi a quella tranquilla parte di borghesia italiana passata a capeggiare il movimento socialista. Siamo noi che abbiamo parlato di « giornata storica», di « bagno di sàngue ». C'era nella" nostra predicazione socialista una nota guerriera· che urtava i timpani accuratamente ovattati dei sommi sacerdoti dd socialismo. Noi non indicavamo alle folle l'ideale sotto l' aspetto di un lardoso stato perenne cli quietitudinc soddìsfatta, ma solo quello del sacrificio, dello sforzo, della lotta. Ebbene, noi - quantunque oramai irrimediabilmente lontani cd estranei al mondo equivoco della politica socialista - possiamo in un certo senso e per un gioco complesso di circostanze storiche,· riprendere quella predicazione che si conèhiuse con una subcosciente profetica·« tregua d'armi». Noi diciamo agli, operai italiani: La vostra « giornata storica >) è venuta. Non importa se sarà. o no accompagnata dal « bagno di sangue». Siete :ù bivio. Come italiani e come lavoratori. E come italiani e come lavoratori - davanti alla minacciosa invasione dei tedeschi - non potete avere che una parola d'ordine : respingerli, vincerli, disarmarli per sempre. · Che cosa è l'invasione

24 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON

per la cb.sse laVoutricc vi i!: noto. Se j tedeschi vengono, voi cliventetete degli schiavi. Sai:ete tradotti in servitù, Le officine dove voi producete saranno tase al suolo. A forza - colla baionetta nelle reni - andrete in Germania a lavorare nelle miniere e n egli alti forni o nelle trincee, Il vostro salario sarà il bastone dell'aguzzino. E che avverrà delle vostre mogli, dei vostri piccini, delle vostre case ?

Dove gli unni moderni passano, non cresce più per .molti anni un filo d'erba. È terra maledetta. È deserto. È la morte. C'è, pei tedeschl, il sesto senso: q uello della distruzione sistematica, cosciente, culturizzata. Alla classe op eraia italiana non rimarranno che gli occhi per piangere se i criminali_ della Mitteleuropa riusciranno a frantumare la nostra resistenza.

Ma non rfosciranno. Non riusciranno, anche perché l'aiuto sul quale speravano è completamente mancato . Gli operai italiani non abbandonano -la Patria nell'o ra del pericolo, ma si stringono a lei, come figli amorosi utoroo alla madre. Soli, in disparte, come teologi irosi che vedono saltare i loro dogmi, stanno pochi uomini, ma il gelo e il ribreno li circonda e li isola. Avevano il cuore : non hanno più che la lettera della loro legge demolita dal _martello della storia,... Ma gli operai - i veri operai - lavorano freneticamente; tengon o un contegno disciplinato e-grave quale l'ora esi.ge ; si dichiarano pronti anche ai sacrifici estremi. Spettacolo magnifico, confortante, nuovo nella nostra storia.

Dalle officine italiane escono oggi gli ordigni di guerra, ma domani, se gli eventi lo imponessero, usciranno i battaglioni operai armati a contendere ai b arbari il p ossesso delle nostre città, quartiere per quartiere, casa per casa, barricata per barricata....

Da lJ Po polo d'Italia, N. 306, · 4 novembre 1917, JV, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N 307, 6 novembre 19 17, IV.

" ·

L'ATTACCO NEL TRENTINO

Il fatto nuovo nella n ostra situazio ne militare è rappresentato dall' attacco au striaco ne! Trent ino occidentale e precisamente n elle G iudicarie. L'attacco è stato jnfra n to - dice il Bo llettino. -d o p o v iv acissima lotta, il che sig nifica che g li austro-tedeschi h anno impegna to ingenti forze anch e in q u est a azione preliminare. La fra se del Bollettino è confortante anch e perch é doçumenta che lo spirito di combattività d ei n ostri soldati è alto .

Quello delle G iud icarie è un se t t ore dove Fattività b ellica è stata assai limitata. Un reggimento d i b ersaglieri giunse sino a Condine ed o ltre, q uasi senza colpo fe_~ire e v~ rimase indisturbato per quindici mes i. Il te mpo per sistemare a difesa quella zona impo rta ntissima non è dunque mancato e ci consta infatti che le p o sizioni, già nat uralmente difficili, so no state fort ificate e munite con ogni specie di lavori, t anto da renderle in espug nabili. Una invasione delle G iudicarie minaccia direttamente Brescia e tut t3. la L ombardia. l ntanto il p rimo attacco è fallito Ma è da rite nere c he gli austro-germanici ritente ranno la p rova, estendendo la fro nte d ' attacco a tutte le valli del Trentino, d alla Val L agarina a lla Val Sugana, ripromettendosi di p u n tare là dove la resistenza sarà più d ebole . ·

Le operazioni m ilitari che si annunciano nel Trentino ,sono d unque d ella massi ma i mportanza. Le co n seguenze di u no sfond amento sono evidenti : se ciò avvie ne ad o riente del Garda è tutto l'esercito del Taglia me nto che viene preso a rovescio ; se ad occidente del G arda, è il cuneo piantato fra la Lombardia e il Veneto . M a accanto a ques te ipot esi che formuliamo, per prospettare ai lettori il quadro complet o di t-utte le eventualità, c'è l'altra ipotesi: che cio è l'attacco generale fallisca completamente, co m ' è fallit o l'attacco iniziale nelle Giudicarie Difatti, uno sfondamento in Val Lagarina è impresa arduissima. Certe g ole, certi passi n o n foro n superati dagli austriaci nel 191 6. P asso Buole è stat a la t o mba di decine di battaglioni n emici. Più ad est, vigil2; la mole gigantesca del Pasubio imprendibile. Tra la Vallarsa e la Val Sug ana il n ostro fortissimo sistema d i d ifesa, creato dopo l'o ffensi va del maggio r 9 16, può render v ano qualun que t entativo nemico.

-·--·· - - - -:.._.-_ . ·. ,_

Insomma l'entità dell'attacco nemico C il suo risultato dipenderà dalla resistenza delle nostre truppe. I tedeschi si limiteranno ad azioni semplicemente diversive e dimostrative, se vednnno che l'imprCSa è tro ppo rischiosa e costosa; s'impegneranno a fondo, nel caso contrnrio, perché i risultati -compenserebbero ampiamente lo sforzo . Ma noi sappiamo che le truppe del Trentino sono p ro~te e decise a resistere. La terribile lezione dell'Alto Isonzo non è andata perduta. I soldati dell'armata del Trentino sanno che dalla loro maggiore o minore resistenza non dipende soltanto la sicurezza, alle spalle, dell 'esercito n ostro schierato al di qua del Tagliamento, ma anche la salvezza della Lombardia e del resto del Veneto dall'invasio ne nemica, I soldati dell'armata d el Tren tino hanno sotto gli occhi - sugli altipiani - lo spettacolo di desolazione dell'invasione. I soldati del T ren tino sentono tutta l'ansia d eUa Nazione, che n on ha mai g ua rdato con tanta simpatia, co n tanto amore, con tanta fiducia - come in questo momCnto - i suoi soldati che dev ono proteggerla dall'o nta e dallo sterminio dei t edeschi Noi siamo certi che la resistenza delle nostre truppe nel Trentino frustrerà le spera02e e i piani della Germania. E aJlora, sventata la nuova minaccia, inchiodati gli austrotedeschi n elle lo ro posizioni, dove, col sopravvenire dell'inverno , • avranno paralizzato ogni movimento, la situazione del n ost ro esercito sul Tag liamento sarà grandemente avvantaggiata.

Da quanto ci risulta, appare che H Tagliamento dev e funzionare da primo ostacolo sulla strada dell'invasione. Altre lince potentissime sono pronte. Non bisogna assolutamente preoccuparsi, davanti alle supreme necessità militari, d ella perdita più o m eno vasta di territor i, È d oloroso, lo sappiamo. P er ogni metro quadrato di suolo nazionale che v iene calpestato d ai vandali, n oi sentiamo uno strapp o alla nost ra carne v iva, ma n on bisogna che il sentimento p rev alga sulla ragione. Una nazione finch é h a un esercito no n è vinta, anche se - come è avvenuto per il Belgio, la Serbia, la Romania - è t otalmente o quasi t otalmente sommersa dal nemico ; ma una nazione è vinta se - anche avendo tutto il territorio nazionale intatto _ non ha più un esercito capace di difenderlo.

Un esame della situazione ci porta a questa conclusione : alla necessità, in primo luogo, che il concorso degli Alleati sia grande: tale, cioè, da render p ossibile nel più breve termine di t empo, una battaglia minovrata di rivincita. Bisogna scartare l'idea di mandare delle rapp.rcsentanzc di solidarietà. È esiziale. È pericoloso. Gli effetti sarebbero insig nificanti dal punto di v ista morale.

Precisati cosl gli obblighi degli Alleati, n o i chiediamo al nostro Governo, il quale siede in permanenza ed ha più di no i elementi

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 27

di fatto per giudicare la situazione, di lanciare un appello alla Nazione per costituire, nel termine di un mese, un esercito di volontari*·

È un momento qucs~o. in ari tutti gli uomini capaci di reggere un fucile, e pronti a combattere sino alla morte, risponderebbero : presente I A decine di migliaia.

La Nazione che dimostra fo questi giorni tutta la sua grandezza spirituale, tutta la sua cOcsiooc morale ed esprime dall'alto al basso l'unanime proposito di continuare la lotta ; la Nazione che ha dato i meravigli~si combàttenti della prima ora, esprimerà dal suo seno i combattenti - non meno eÌoici - dell'ora suprema.

La Nazione, o signori del Governo, è oggi un vivaio di energie, un crogiolo di ·passione, un fascio di volontà;. non è esausta, non è codarda, no n si rassegna alla sconfitta e soprattutto no n si rassegna alla vergogna. Chiedete alla ·Nazione un altro sforzo e la Nazione lo compirà.

Ripetiamolo ancora una vOlta e non sarà l'ultima : agire I

Da Il Popolo d'Italia, N. 307, novembre 19 17, IV. Pubblicato anche sulJ'edirione di Roma, N. 307, 6 nov.embre 1917,. IV.

• Il novembre 1917 Benito Mwsolini indirizza al presidente d~l consiglio, on. Vittorio Emanuele Orlando, il seguente telegramma;

· « A.r,endiamo un appello supremo del Got1erno nazionale per la (OJlituzione immediata di un'armata di 110/ontari. Siamo urti che il Pu1a ri1ponderà magni· fitamente Non }a;date tra!(orrere, 1enza t rarne tutto il rendimento poùibile, qu es(ora di unione 1acra e di grande enu11ittJmo popolare. Attendiamo anche l'arrwo dei u,dditi nemi<i e la ctinji!ta dei /01'0 beni pro famiglie Jei ,omba11en#. Laicùzu almeno rhe la 1tampa nazionale agili que1te nereuità. Oueq11i ». (UN TE·

LEGllAMMA, da Il Pope/o d'llaUa, N. 308, 6 novembre 1917, I V).

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OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
M.

UN DATO DEL PROBLEMA

Al di sopra delle necessità s trategkhe che bisogna accettare senza discutere, con animo incrollabilmente deciso, al di sopra delle vkende varie di una lotta che è mondiale e non ammette altra soluzione che non sia. mondiale, c'è nèl ~nflitto italo-austriaco un « dato». di natwa squisitamente morale che noi vogliamo prospettare ai nostri l ettori , Si tratta cioè di domandarsi sè lo Stato austriaco, che noh è una na2ione, non è un popolo, riuscirà a vincere una Nazione che è anche uno Stato. Questi sono i termini precisi del nff.ronto.

L'Austria non è una nazione, ma è uno Stato. Noi, prima della guerra, non eravamo tra quelli che predicavano il ftnis A,,rtriae a d ogni stormir di fronda nazionale. Lo Stato austriaco non rappresentava una nazione, cioè u n complesso omogeneo di popolazioni, con lingua, tradizione, storia in comune, ma si reggeva solidamente sul tripode rappresentato dall'esercito, dalla burocrazia, dal suffragio universale, con in più un diffuso sentimento di dev02ione per la dinastia degli Absburgo. Le famose « centrali>> proletarie cli Vienna non erano, forse, uno dei tanti organi funzionanti da connettivo nel « nesso » imperiale ?

Questo Stato senza naz:ionc, ha subito nel cono della g uerra catastrofi che sembravario irreparabili . Più volte il panico si è impadronito cli Buda-Pest. Più volte i tedeschi di Vienna e i magiari cli BudaPest hanno visto sfilare nelle strade i cortei miserabili dei profughi della Bucovina e della Galizia. Più v olte l'apparizione dei russi sui Carpazi - i russi non leninizzati del 1914 e del 1916 - ha messo in allarme tutta la vasta pianura danubiana. E lo stesso spettacolo si è rinnovato all' epoca dell'invasione romena della Transilvania. Le perdite di prigionieri e di cannoni della mona.rchia danubiana sOno state qualche volta enormi. Il generale Potjorek, nd suo primo tentativo d'invasione in Serbia, ha perduto 60 mila prigionieri. In Bucovina e in G~a, più volte l'esercito austriaco ha conosciuto la disfatta e gli inevitabili sbandamenti delle ·ritirate sotto l'incalzar del nemico. Decine cli reggimenti si sono arresi senza colpo ferire, tanto che in Russia - nella Russia di alcuni mesi fa - si pensava di creare un esercito di boemi e czeco-slovacchi che sarebbe stato forte di

BENITO MUSSOLINI

300 mila uomini. Gli ordini dd giorno. coi quali Francesco Giuseppe cancellava dai ruoli dell'esercito i reggimenù che avevano defe2ionato in massa, sono noci, Rico rdate la resa di Przemysl cOn I 20 mila p rigionieri ? E L eopoli ?

Accanto alle disfatte nùlitari, la crisi all'interno soffocata cogli arresti· e le impiccagioni. Ebbene, malgrado tutto ciò, questo Stato austriaco si è rialzato· dopo gli immensi disastri militari della Galizia e della Bucovina; ha cercato di s uperare la. duplice crisi economica e politica nell'interno; tenta di risolvere il suo problema costituzionale

La ·domanda che noi rivolgiamo a noi stessi e al pubblico italiano. è questa : « l'Italia - Stato e popolo - sarebbe dunque inferiore aJl'Austria, Stato e non popolo ? »

No . N on può essere. Ecco pe rché l'Italia deve vincere e .vincerà.

La lotta fra uno Stato e un popolo deve concludersi col trionfo del popolo. Questa lotta non è cominciata il 14 maggio del 1915 . Dura da un secolo È comincia~ n el 1811. Le sue fasi son o segnat e da queste date: 1848-' 49, xs,9, 1860, 1866, e da un calvario di e ro ismi. Ha ripreso dopo sessant'anni. Le maestranze operaie di M ilano che esalt ano la Patria, che imprecano allo straniero, hanno lo stesso spirito che animava i fieri artigiani del 1848. È lo stesso dramma. Non c'è una sola2ione di continuità nel tempo. Dieci, vent'anni cli sosta o cli at1:esa, sono un intervallo quasi insignificante in un ciclo millenario di storia. Ma soprattutto manca ogni solU2ione di continuità morale, È ancora e sempre il popolo italiano che insorge co ntro lo Stato austriaco. Questa l'antitesi fondamentale. ·

Da una parte la forza naturale, un p opolo, che è stato _semp re « popolo » anche quando era oppresso e dh•iso e che cerca di conquistare attraverso uno sfor zo sanguinoso e secolare le garanzie naturali e politiche del su o sviluppo e della sua esistenza ; dall' altra parte una forza artificiale, uno Stato dinastico, un anacronismo sempre più palese in questi tempi di vangeli democratici echeggian ti dall'uno all' altro continente. In una lotta tra uno Stato e un popolo, chi v.inGC è il popolo, Chi ha vinto finora fra popolo italiano e Stato austriaco è stato il popolo italiano.

Metternich è stato battuto. L'Italia espressione geografica, secondo lo statista austriaco, è diventata, col r 866, un'espressione politica.' È passato un cinquantennio. Oggi l'Italia è un'espressione morale. Qui è 1a certezza della nostra vjttoria. Siamo all'ultima scena. AU'epilogo. Si tratta di coronare l'ed.i6.cio. Di compiere l'opera. Di risolvere l'antitesi fra Stato austriaco e popolo italiano. La nostra responsabilità è enorme. Il nos tro dovere è unico. Assoluto . Non si transige. Si resiste. Ma occorre, ad alleggerire la somma dei sacrifici n ecessari,

30 OPERA OMNIA Dl

cb,c questo popolo italiano abbia anche uno stato e - togliendoci dall'astrazione costituzionale - che ci sia un governo.

Finora non abbiamo che dei telegrammi più o meno indovinati. Mancano le «misure>), Cioè i « fatti >), Verratu10? Lo crediamo. Ma non c'è tempo da perdere. Ogni ora decide di secoli. « Qui si parrà la vostra, nostra nobilitate ». Qui si vedrà se abbiamo diritto alla storia, o semplicemente alla cronaca. Noi non vogliamo essere, nell'avversa fortuna, inferiori - per resistenza morale, per volontà e capacità di riscossa - all'austriaco. Metternich dev'essere battuto per la seconda ed ultima volta.

Questo è il nostro « credo».

Da Il Popola d'Italia, N. ;os, 6 novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'cdi2ione.di Rom:a, N . 308, 7 novembre 19 17, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 31
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3. • X

IL NOSTRO « DELENDA CARTHAGO »

Siamo sempre in attesa del provvedimento contro i sudditi e i beni nemici.

A nesto immediato e relegamento fuori d'Italia pei primi; confisca non meno immediata e desti naz ione dei secondi a un fondo per le famiglie dei combattenti, per j profughi delle regioni inva~.

Siamo sempre in attesa.

Ostinati, p azienti, fiduciosi. Ma l'attesa comincia ad essere un po' lung a . È strano che noi siamo quasi soli ad invocare · questo provvedimento. Il Mtst({ggero ha ammesso in una breve n ot a che uri altro regime s'impone per i sudditi ricmici, ancora e impunemente circolanti per le città italiane, ma tutta l'altra stampa tace.

La v erità triste e tragica è questà : se noi non arrestiamo i sudditi nemici , ci troveremo di fronte a terribili sorprese. E i tedeschi sono ancora dovunque. Sono nelle- Banche, n elle Industrie, nei Port i, nel giornalismo, -nelle Università, perfino in certe commissioni governative. [Censura],

Voi credete che i sudditi _ ted esc hi siano stati s.pa2zati via dalla Liguria? [Ce,uura].

Potremmo continuate. M a oramai la nausea tj prende. Abbiami;> il cuore grosso davanti a tanta insipienza. Ma in n ome della Patria, si può sapere p er ché non si arrestano i sudditi nemici come si è fa tto_ in tutti i p aesi d el mo ndo ? P erché non si confiscano i beni dei nemici, cooi'è avvenuto perfino nel Sjam ?

E attendiamo ancora.

Da li Popolo d'Italia, N. 308, 6 novembre 1917, IV (/).

I NOSTRI POSTULATI I.

UN MANIFESTO ALLA NAZIONE

N on è questo il momento . dell'_indagine retrospettiva su quel che si è fatto o non fatto, su quel che si sarebbe d ovuto fare o ~on fare. È melanco nico rileggere sui giornali articoli costellati di «se». Certo è che se si fosse addivenuti al fronte unico; se si fosse i st itu itO u n comando unico ; se la Quadruplice Intesa avesse colle s ue ingenti riserve costituito un esercito di manovra, gli Imperi Centrali non avrebbero osato nemmeno di vibrare il loro colpo disperato contro di noi Ci sarebb_e facile _di allineare un'altra fila di «se» nei riguardi di quanto è avvenuto in questi ultimi mesi in Italia: dall'agost o, e precisamente dal q agosto al 2.4 ottobre; ma in nome della (< co ncordia nazionale » lascia mo nella nost ra penna questo discreto muc chio di particelle condizionali. Ci limitiamo a un « se». Questo. Che « se » invece di attendere l ' urto nemico, avessimo noi attaccato p er i primi, avremmo a nche no i t ratto largo e forse decisivo vantaggio d a quella crisi morale che non è una rivelazione improvvisa d i alcuni reparti del nostro esercito, m a è comune e diffusa - in maggiore o minore gravìtà e profondità - a tutti gli eserciti e in particolar modo a quello austro-ungarico.

Al punto ln cui sono g iunte le cose, questo recriminate sul passato è perfettamente ozioso. Quando un bandito mi afferra alla gola e mi p one il dilemma omicida : o la borsa o la vita, io non mi pongo il quesito se passando da un'altra strada avrei p o tuto o no ev~tare l'incontro disgraziatO. Il quesito che io mi p a:ngo dev'essere uno solo : come liberarmi presto e bene dell'aggressore. Il confronto calza perfettamente anche se trasportato dal caso individuale al caso nostro nazionale, Ciò c h•è stato è stato. Tutte le recriminazioni, i lamenti, le critiche, le ipercritiche dell'universale e banale senno del poi , non faranno r etrocedere di Un sol metro ·gli austro-tedeschi. È inutile, è grottesco e alla fine può essere esiziale dissertare accadcmicamCntc o men o su quel che si .doveva fa re. Bisogna affro ntare e risolve re

,, ; - - ;

l'altro problema, il vero problema : bisogna stabilire quel eh, si «deve» fan. ·

I nostri postulati, le misure chè noi invochiamo sono chiare, esplicite e rappresentano le necessità del momento. L'opinione pubblica ci conforta per mille segni della sua adesione. La coscienza nazionale , sente e intuisce che se gli atti del Governo non sono adeguati alla grandezza e alla gravità dell'attuali vicende nazionali, la crisi, invece di ·risolversi, ci porterà molto lontano e molto in basso.

Anzitutto il Governo nazionale deve lanciare un appello alla Nazione. Ci sono stati i messaggi telegrafici del!'on. Orlando, ma non bastano. Occorre un gesto collettivo del Governo. Il manifesto dei deputati è luz:z"attiano. È prosa che non si eleva dalla media Comune. Nell'ora dell'invasione e del pericolo, Luigi Luzzatti, tempentmento evangelico, non ba trovato, perché non poteva trovare, gli accenti della virilità. Quella non è prosa di guerra. Nella letteratura del genere - letten1tura che ha i g randì ordini del giorno di Napoleone ed i proclami di Garibaldi - il manifesto Juzzattiano può andare sl e no nell'appendice. È il Governo che deve parlare. Parlare al popolo. Al popolo italiano che non mai stato cosl italiano, cosl forte, cosl sereno, come da quando i turco-bulgari sono entrati in Udine, avanguardia barbarica di quegli Imperi Centrali che attendevano la rivoluzione italiana e la vanno annunciando ancora alle loro popolazioni affamate. Parlare il linguaggio della v erità. Fra le nùlle versioni che passano da bocca a bocca - versioni qualche volta fantastiche - il Governo deve darci la sua versione. Dire come è avvenuto che alcuni reparti abbiano opposto una « deficente resistenza». Il Governo deve ave re il coraggio di sottopo rre all'attenzione e alla coscienza degli italiani il fen omen o del nostro rovescio, soprattutto nel suo aspetto «morale». Il popolo italiano nòn si acca.scierà nell'inerzia di un fatalismo rinunciatario e suicida, se gli si dirà che il pro blema dèlla vittoria è un problema mon1le, esclusivamente morale. CheZcosa importa, ci chiedevamo noi alcuni mesi fa su queste stesse colonne, avere migliaia . di cannoni e di mitragliatrici, se a questa aumentata efficenza degli strumenti bellici corrisponde una d eficenza spirituale degli animi ? Quante volte abbiamo scritto e insistito, sino alla sazietà, sino alla noia, su questo argomento del « man.le » delle truppe ? I Il Governo non può lasciare il Paese sotto al turbamento provocato dal primo bollettino Cadorna. Noi ci sentiamo maturi anche per le verità più ingrate e più tristi. .Sono i popoli d eboli che hanno bisogno di esser e illusi. Se voi volete tendere gli animi e gli sfor2i di tutti i cittad ini verso l'obiettivo comune della vittoria, non nascondete nulla, non attenuate nulla : piuttosto che inerti, siate brutali. Per far compren-

OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINJ

dere al PAese che non combatte ciò che deve fare per riSolvere il più rapidamente possibile la crisi di eafard che si jmpadronita di alcuni contingenti d ei nostri soldati> bisogna presentare il quadro di questa crhi. Dite : abbiamo perduto tanti uomini e allora il Paese comprenderà che tutte le misure, a nche le più draconiane, per colmare i vuoti e riorganizzare le unità combattenti, devono essere accettate con entusiasmo. Dite : abbiamo perduto tanti cannoni e allora le maestranze delle quattro mila officine italiane non vorranno riposo sino a quando non siano al completo le nostre dotazioni di rru.teriale guerresco, Dite che il concorso degli Alleati è stato pronto e che sarà adeguato ai bisogni. Fate risaltare il significato e le conseguenze di questa cònsacrazione « militare >> della nostra Allc:aru:a colle nazioni liberali dell'occidente. Dite che gli italiani devono oppo rre la b arriera dei loro petti alla avanzata au stro-tedesca per salvare d all'inva• sione il territoriO nazionale> pet salvare l'I talia daUa schiavitù e il m ondo dal dominio medioevale d egli Hohenz:ollern.·La voce del Gov erno deVe giung ere a tutti i Comuni, a tutte le famiglie. Deve giungere a tutti i combattenti, Dev'essere ferma, risoluta, guerriera. Sappiamo : il Governo parlerà alla riapertura della Camera. Ma perchl n on cominciare col rivolgersi direttamente a questo popolo se mplicement e meraviglioso, che trae dalle avverse fortune motivo non g ià di disperazione o di disgregazione, ma di unione e di incitamento ~la l otta ?

Da Il Po-po/() d' Italia, N. 310, 8 novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'ediz ione di Roma, N. ~10, 9 novembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO
D[ WILSON 3)
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I NOSTRI POSTULATI II

DISCIPLINA DI GUERRA

Questa disciplina di gue rra è stata invocata da molti e da noi, ma sempre invano, da due anni a questa parte. Col magro pretesto che n on si doveva turbare j1 « normale svolgimento della -v ita naziq,nale », il Governo ha preso alcuni provvedimenti omeopatici, ma non ha mai adottato le grandi, radicali misure che dovevano - p er amore o per forza - inquadrare tutti g li italiani nella disciplina di guerra .

Se noi vogliamo eliminare tutte le cause della demoralizzazjone Qei soldati, bisogna battere altra strada, ben diversa da quella seguita sino ad oggi. Pretendere di conservare il <e n ormale svolgimento d ella v ita nazionale » mentre g li avven im enti sono di una eccezionalità che n on si è mai vista nella storia, è il colmo dcl·grottesco·e dell'assurdo. Ma noi ci contentiamo v o lentieri delle apparenze. Cosi abbiamo creduto che· il r itmo della v ita nazionale fosse no rmale, so ltanto p er~ ché s i lasciavano prosperare tutte le abitudini - non escluse le più i d iotC - d ei tempi di pace. Accadeva questo : che mentre nelle campagne il famoso n o rmale svolg iment o della vita nazio nale non esisteva affatto, perché la guerra aveva letteralmente spopolato i vil~ laggi) nelle città - almeno nell'esterio rità - si poteva affermare che la guerra n o n era nemriieno «avvertita ». E il buon villico, vestito in grigio v erde, che aveva occasion e di passare per le nostre città, era costretto a fare moite di quelle dure constatazioni e meditazioni che g li debilitavano il « morale »....

Ci banno tràstullato colle fr~i. Si è detto : tutta la Nazione è un esercito i ogni cittadino è u n soldato Ma in questo esercito si sotio o si erano formate d ue categorie un po' diverse, se .t1.on ahtitetiche. Quelli che all'interno n o n «avvertivano» n emmeno la g uerra e gli altri che l'avvertivano tant o sino a rimaneine stron cati o massacrati... .

Mettetevi nei panni di u n soldat o che h a al suo attiv'o due anni di

trincea. Rendetevi prima di tutto conto di qu el ch e sia la trincea. La vera trin cea. 11 fosso te rribile d ove ci si infanga, ci si impidocch,ja, ci si insa nguina. Un giorno dopo l'altro, cosi per mesi e per anni. ,, Al soldàto che tornava in licenza, quale spettacolo hanno offerto le n ostre città dove lo « svolgimento della vita» continuava ad essere normale ? L o spet tacolo del lusso, dei divertimenti, della leggerezza, dell'imboscamento elevat o a sistema., tanto che nell'animo del combatt"ente veniva . radicandosi la convinzione che la g uerra la facevano soltanto gli imbecilli, mentre gH ..,altri - molti, troppi I - non l'avvertivano o - peggio - la sfruttavano.... Una propaganda, che in F rancia è stata definita « infame», lavorava questo stato d'animo e lo spingeva ad eccessi criminosi. C'è voluta l'invasione del territorio per rimettere sul tappeto la questione di un più austero regime di vita.

Basta colla normalità che ci conduce alla disfatta. È tempo che la Nazione - anche, e soprattutto quella ch e non combatte - accetti o subisca la disciplina morale della guerra. Non è lecito divertirsi, mentre c'è chi soffrè. Non è degno ridere, mentre c' è chi piaàge. È delitto di alto tradimento l'ozio e l' infingardagg ine in un momento nel quale tutte le energie ·nazionali d evo no essere utilizzate e movimentate, Le o rchestrin e .devono tacere. L'invasione del te rrito rio è un « lutto nazionale ». La musica leggera dei caffè-concerto e dei g randi rist oranti, mentre milioni di italiani vanno raminghi e squallidi da città a città, è una irrisione. Anche i teatri devono rimanere chiusi. Non è tempo di spiritosaggini, di freddure pochadesche. Non è tempo di distrazioni. Le riunioni ippiche siano mandate a miglio r tempo. Tutto ciò, insomma, che sto na colle necessità del momento ; tutto ciò che conduce a una dispersione di forze morali sia bandito

Le città assumano finalmente ciuel « volto di gue rra» che fino ad oggi è stato u na parola, malgrado la velatura dei la mpioni La guerra - questa gue rra - n on consente frivolezze, specialmente ogg i ch'è giunta alla sua fas e decisiva. Accanto a queste misute d'prdine negativo, noi invochiamo la mobilitazione generale civ ile degli uomini e delle donne dai I 6 ai :; o anni. N on fermiamoci dinanzi ai diritti della libertà indiv iduale. Spazziamo questo feticcio Lo ha spazzato l'Inghilterra, d o ve la dottrina e la pratica del liberalismo haono ·secoli di vita, L'Inghilterra è andata dal volontariato alla coscrizipne militare e alla mobilitazione civile,

Non ci può essere diversità di trattamento e di reg ime fra eh.i combatte e chi non combatte. N on èsistono due libertà. Due discipline. Due ' modi di v ivere e di morire, Se noi vogliamo vincere la guerra, non ull solo u omo deve essere lasciato libero di sottrarsi ai sacri doveri della s o lidarietà nazionale. Ogni uomo, ogni donna dev'essere

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 37

utiliz:>:ata. Ai tecnici, ai giuristi scendere ai dettag li concreti. A noi basta fissare le direttive generali. Il nostro c6mpito è di preparare l'opinione pubblica a questi eventi necessari. Diciamo la parola: tuffa la Naz,,ione deve essere militarizzata. Togliete il troppo atroce e stridente squilibrio materiale e morale tra fronte esterno e fronte interno ; distribuite - con opportuni provvedimenti rotatori - il tributo d el sangue che finora ha pesato in massima parte soltanto su talune categorie della popolazione ; costringete al lavoro i fannulloni: alla dignità della vita g li scialacquatori, alla serietà o al silenzio i fatui ; togliete dalla circolazione i parassiti; fate insomma che la Nazione all'interno, invece di presentare l'as petto normale dei vecchi tempi, present i l'aspetto di un arsenale dove o gnuno e tutti lavorano - secondo le proprie attitudini e capacità - in vista di un o biettivo comune ; e i soldati nostri ri torneran no quelli d'una volta, quando · la loro resistenza ai disag i, il loro coraggio dinanzi al n emico, strapparono inni d'ammira:>:ione al mondo.

Se la lezione ddl' Alto b onzo non c'insegna nulla, n oi perdiamo per sempre il diritto al nostro do mani di grandezza e di- libertà.

D a li Po polo d'Italia, N. 311, 9 novembre 1917, IV, Pubblicato anche sull'edizio ne di Roma, N . 311, 10 novembre 1917; IV.

. ·: ...·--:-·-· _.-_- --,,..,- e:-
38 OPERA OMNIA DI BENITO MUS SOLINI
M.

NOSTRI POSTULATI III.

L'ARMATA DEI VOLONTARI

Allo scoppio della guerra italo-austriaca, i volontari di guerra affluirono a migliaia nelle nostre caserme. Una cifra esatta non è ancora data dalle autorità competenti, ma si ritiene che i volontari di guerra siano stati duecentomila, comprendendovi quelli tornati spontaneamente da oltre Alpe e oltre Oceano.

Ma questi volontari, che potevano e dovevano costituire nelle file regolari dell'esercito nuclei di fermento ideale, furono trnppo disseminati nella immensa -moltitudine e la loro influenza morale sui commilitoni fu necessariamente limitata. D'altra parte, il trattamento fatto a molti volontari, fu - usiamo un delicato eufemismo - semplicemente penoso. Molti nostri amici, che avevano le qualità individuali e fisiche per essere ufficiali, furono respinti o bocciiti, [.... censura]. Mentre i soldati non potevano comprendere il valore e l'essenza di questo sacrificio spontaneo, nelle alte sfere j volontari furono sospettati [.... &8MNra]. Molti nostri amici hanno dovuto percorrere la più dolorosa delle JJias crucis per essere ammessi nelle 61c dell'esercito'·; [.... cm111ra].

Una circolare Cadorna, nell'agosto del 1916, [.... cen111ra ••••] richiamava i Comandi dipen denti al deferente rispettq verso i volontari, T roppo tardi I Quella circolare doveva portare la data del maggio 19q I

Ad oini modo non è questa - ripetiamolo - ·l'ora delle ~iminazioni. I nostri amici hanno sofferto in silenzio. Si sono battuti valoro'samente. Hanno fatto, a migliaia, olocausto della loro vita. I nomi, divenuti· sacri, sono nelle memorie di tutti, Oggi è tornato il tempo di ricorrere nuovamente alla Nazione per Una nuova armata di v olontari. La impongono, soprattutto, ragioni di ordine morale. Un'armata di volontari espressa dalla Nazione dimostrerebbe al mondo che l'Italia non cede, ma è pronta e decisa a tenere il suo posto di combattimento sino alla vittoria. Dimostre-

rebbe ancora che sarebbe sui,rema ingiustizia far ricadere su tutto un popolo ch e h a trenta m esi di splendida gloria militare, [ , tlnSJITa •• ••] la [.... ttntnra ....] deficente resistenza di fronte al· nemico. Intendiamoci, pregiudizialmente. A proposito di volontari noi non vogliamo risuscitare il passa·to. Non ci piace rimasticare. Mutate circostanze ambientali impOngono una diversa linea di condotta. Del « garibaldinismo )> accettiamo l'immortale spirito animatore, non le forme ' nelle quali - a quei tempi - si espresse, e che, oggi, non sono più adeguate alla terribile realtà di questa guerra mondiale.

N o i pensiamo : I. Che il Governo debba lanciare un vibrato appello alJa Nazione per chiederle e dimostrarle la necessità di questo sforzo ; II. Che si debbano costituire, sottÒ - 1a diretta vigilanza del ministero della ·Guerra, dodici uffici regionali di arruolamento e di mobilitazfone dei volontari e d o dici campi di istruzione che dev'essere rapida e adat tata alle necessità del combattimento ; III. Che i volontari non debbano essere disseminati nei reggimenti, ma costituire unità speciali n ei quadri regolari d ell'esercito, Noi crediamo che dopo un mese dall'appello, avremo le prime unità di volontari pronte per la guerra. Il successo dell'iniziativa dovrebbe essere affidato -----:- per la necessaria propaganda - alla stampa, alle società dei mutilati e alle società patriottiche in genere.

Intanto il nostro appello è stato raccolto Piovono le adesioni a centinaia. Sono giovani studenti delle classi non ancora chiamate che si offrono a g ruppi; sono impieg ati che chiedono di rinunciare ·a.i privilegi dei loro moduli; sono profCssionisti o borghesi che si dichiarano prnnti a tutte le rinuncie e a tutti i sacrifici ; sono vecchi che vogliono prodigare le superstiti energie alla causa della Patria invasa e conculcata dal nemico.

Che domani un appello scenda dall'alto e questi appelli si moltiplicheranno e l'armata d ei volontari sarà un fatto compiuto I Ma occorre non perdere tempo. Non sciupare - con un ritardoquest'ora di santa collera e di non meno santo entusiasmo.

Fra qualche giorno, molta gente, per un fenomeno irresistibile, d'ordine psicologico, si «adagerà», si adatterà allç nuove contin: genze create dall'invasione austro-tedesca, Di qui la n ecessità di cogliere l'attimo. [Cen.rura] .

Attendiamo.

L'armata_ dei volontari sarà I

Da Il Popolo d'Italia, N 3 12, 10 novembre 1917, IV Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 312, 11 novembre 19 17, IV.

40 OPERA OMNIA
DI BENrro MUSSOLINI
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M•

AVANTI, IL MIKADO!

Dopo i su ccessi navali e terrestri riportati dai tedeschi nel Golfo di Finlandia, parve a certuni che fosse nei piani della Germania marciare alla .conquista della capitale russa. L'impresa, dal punto di vista militare, non avrebbe inc0:ntrato altre difficoltà all'infuori di quelle naturali dello spazio. Davanti agli eserciti di Hindenbu rg il disco so.victista segna sempre la « v ia libera». Ma il Gi::ande Maresciallo invece di andare· innanzi, preferl retrocedere di qualche decina di chilometri per sistemare più convenientemente le sue truppe nei pressi di Riga. Anche una guerra fatta col gesso - come fu quella, secondo gli storici, fatta da Carlo VIII in Italia nel XV secolo - impone un certo logoramento di uomini, impegna un certo numero di soldati, non fosse che per segnare col « gesso >> le tappe della facile conquista. Hindenburg - allo sperpero folle degli uomini che fu la caratteristica della prima fase della guerra tedesca ..::_ ha sostituito il metodo d ella parsimonia, Hindenburg non è andato a Pietrogrado, sc mpliccmeritc perché a PietrogradO t ornato Lenin, o altrimenti d etto Uljanov o - col vero nome di battesimo e di razzaCeorbaurn.

Colla odierna .rivolta dei massimalisti1 la Germania ha conquistato senza colpo ferll'e Pietrogrado. Gli altri tre signori che compongono la . tetrarchia bolscevica hanno questi nomi : Apfclbaum, Rosenfdd, Bronstein. Siamo, come ognuno vede, in piena, autentica tedescheria . Che il colpo d i stato massimalista - preparato e condotto dall'uomo tornato in Russia attraverso la Germania·- costituisca l'inizio di uno stabile regime estremista, non sappiamo. Il dramma, se dramma rivoluzionario può dirsi, ha l'aspetto paradossale. Il Gov ~ no provvisorio non ha o pposto resistenza. Quegli atti di energia, quei provvedimenti di « ferro e fuoco» tante volte minacciati nei discorsi di Kerens ky, sono rimasti allo stato di intenzioni platoniche. Come Nicola Due, anche Kcrensky ha lasciato il potere senza che un pugnO di seguaci l o abbia difeso. Forse b. scomparsa misteriosa di Kcrensky prelude a qualche altro colpo di scena? È possibile. Ma non si vede quali siano le forze s ulle quali Kerensky potrebbe fare assegnamento per tentare la riscossa. [Cen111ra]

D o p o l'esperimento di Korniloff, non c'è da coritare sulle truppe che si trovano in uno stato di disòrganizzazione totale. Altre forze civili « capaci » di reag ire al Sovièl n o n esistono. L'unico partito orga• nizzato , quello dei <<cadetti», raccoglie - è vero - molti rappre· sentanti della famosa «intelligenza>) russa, ma non ha influenza a lcuna sulle masse operaie~di Pietrogrado. Nell' attesa delle altre scene de lla· tragico mmedia moscovita, noi - modestamente e umilmente - ripetiamo quel che dicemmo venti giorni fa all'inizio dell'offensiva tedesca contro di noi : che cioè è necessario co nvocare sollecitamente·

.i rappresentanti delle Potenze Alleate p er d iscutere il problema russo.

L'inazione militate russa ha permesso agli austro -tedeschi di tentare il colpo contro l' Italia, ma l'avvento al potere degli estremisti russi può significare 1a pace separata.

In "fondo questa pace separa ta è ormai un fatto compiuto, dal moment o che i soldati russi invece di battersi tengono dei comizi o fraterniz~no coi tedeschi, ma quandq domani la pace fosse cOnsacrata in maniera ufficial e, sarebbero aperte agli austro-tedeschi le disponibilità g ranarie della Russia divenuta una grande colonia cont inentale d ella Germania.

O ra, non v'è dubbio che il movimento massimalista a Pie trogrado è inspirato, sovvenzionato, armato dalla Germania. Non v'è dubbio che la Germania difenderà con t utti i mezzi il colpo di s tato di L enin. D avanti a questa situazione, quale può, quale « deve» essere la linea di condotta d elle P otenze Alleate? · ·

Insomma si tratta di esaminate e stabilire : a) se la Russia è ancora da considerare come alleata ; b) se - nel caso affermativo ....:.... questa alleanza avrà ancora nel futuro una qualche efficen2a)nilitare; , ) se - nel caso negativo - non ci siano nel nostro gioco altre carte diplo matiche e militari.

Noi opiniamo che l'ora ·del Giappone sia v enuta. I recenti accordi nippo-americani potrebber o essere il p reludio di u n i ntervento giapponese più fattivo di quello che s i è avut o sino ad oggi. La ragione addetta contro l'inte rvento in Europa di un esercito giapponese dal capo della missione .finanziaria agli Stati Uniti non ci persuade. La distanza è grande, ma non è meno grande quella che separa gli Stati Uniti dalla Francia. Non solo. Ma la strada Vladivostok-Pierrogrado è sicura, mentre non è altrettanto sicura la traversata dJ un convoglio di truppe attraverso l'Atlantico. I competenti affer-· mano che la transiberiana -convenientemente organizzata - dare bbe il flecessacio « rendimento » p er t msportare in Europa, in uno spazio di tempo rela tivamente breve, almen o mezzo milione di g iapponesi

L'idea di inquadrare i russi Con contingenti di ufficiali e soldati giap -

•..,- ,.,_,\ '-/:. 42 OPERA
,
OMNIA
DI BENITO MU SSOLINI

ponesi è da scartare, come insufficcnte. Occorre un grande esercito, al quale - nella primavera prossima - potrebbero unirsi quelle scarse unità dell'esercito russo che non sono ancora in balia completa d el leninismo. Le eventuali richieste di compensi da parte del Giappone non devono costituire difficoltà insormontabili, data l'immensa utilità di una partecipazione diretta dell'impero giappo nese alla guerra europea.

Non si può imporre alla Russia sovietista di combattere contro i tedeschi, dal mome nto che non ne ha 1a capacità e soprattutto la volontà, ma si può imporre alla Russia di accettare o subire l'intervento giapponese contro i tedeschi.

Questi sono i problemi che stanno dina02i ai diplomatici della Quadruplice Intesa. Questi sono i problemi che inquietano l'opinione pubblica. La quale, col suo intuito .infallibile, esprime, in una i nvocazione, il suo g iudizio sulla situazione russa e le sue speranze:

Avanti, il Mikado I

: . .. . .:..-r ... . -:~- '~· DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 43
M. Da Il Popolo d'llalia, N. 313, li novembre 1917, IV.

I TEDESCHI SONO BUONI....

È la voce che i nemici che abbiamo in casa vanno diffondendo con insistenza amorosa. Son buona gente, non fan male a nessuno, a Udine·non han torto un capello ad anima viva, anzi.... Sono passati subito ad organizzare la vita della città, hanno ristabilito .il servizio d el tram, riducendo il prezzo delle corse, sfamano gli affamati, dànno sussidi ai miserabili, han perfino portato della birra dalla Germania che distribuiscono «gratis» agli assetati. [Cmsura].

Siamo evjdenremente di fronte a quella ignobile forma d i organizzazione n emica all'interno, 1a quale, quando le cose andavan bene, diffondeva voci di immani disas tri, quando le cose incominciarono ad andar male, diffuse v oci di vittorie assurde. Ed ora che .i t edeschi discendono, nella speranza che continuino a discendere, va diffondendo la voce che i tedeschi son buona gente. Come possono attestare i belgi, i. serbi, i rumeni [..,. tensura].

Il Gove.rno, che sa quali sono le cause generali del disastro nazionale, q uando vorrà decidersi a governare, a mostrar che c' è, a provvedere ad eliminare le cause ? Credo che dovrebbe sapere che lui salva il Paese o il Paese salverà se stesso. Si. Senza dubbio, sicurissimamente. Perché c'è ancora de lla gente che crede ai destini e ai diritti delt>Italia. Si, nel peggiore d ei casi, l'Italia si salverà da sé; contro tutti, tedeschi di fuori o tedeschi di dentro.

Intanto a dimostrare la bontà infinita dei barbari, stralciamo da una lettera pervenutaci da un soldato :

H o visto uccidere ttt- bambini innocenti, senza poterli vendicare. Non vogl io cadere nelle Wlghie dei barbari. Sono stato in trincea trenta mesi. Ma resisterò sino all' ultimo e piuttosto di cadere nelle loro mani mi sopprimerò da me stesso...

Signori del Governo, non perdete più un minuto. Abbiamq ancora tanta coscienza e obbediamo ancora a tanta disciplina, da far appello a voi....

Fate che non perdiamo l'ultimo resto di fiducia....

Da J/ Popt;/o d'Italia, N. 313, li novembre 19 17, IV (/)

NON DIMENTICHIAMO!

Il manifesto alla Nazione che noi abbiamo invocato, è sta to lanciato ieri e - aggiungiamolo subito - esso è di gran lunga superiore per il contenuto e per la forma a quel povero docU:mento slavato uscito d alla penna dell'on. Luigi Luzzatti. E. un m anifesto forte, vibrante, deciso. È un manifesto guerresco. Il proposito di resistere vi è esptesso in termini inequivocabili. È un ma nifesto che rimarci profondamente inciso nella coscienza del popolo italiano. Non poteva dire di più. Non poteva dire di meno. Non poteva il manifesto diluirsi a spiegare per quale <( straordinario concorso di circostame )> è riuscito relativamente facile al nemico spezzare le nostre linee e Invadere la nostra-terra.

Ora, su questo « straordinario concorso di circostanze >> ·una parola dovrà essere ancora detta. Non più sotto la forma troppo solenne di un proclama, ma sotto quella più semplice di una « comunicazione del Governo». Sappiamo che ci sono state circostanze meteorologiche favorevo li al nemico - e precisamente quella nebbia densissima, ben nota a coloro i quali, come chi scrive queste linee, so no stati in trincea fra il Vrsig e il Rombon - per cui i reparti d'assalto nemici poterono - non visti - ammassarsi immediatamente sotto la nostra prima linea Ci sono circostanze d'indole militare, come l'impiego di certi gas asfissianti da parte del nemico.

Infine - ed è questo che inquie ta più · di qualunque altra cosa la coscienza nazionale - ci son o state, a determinare il nòstro rovescio, altre circostanze d'ordine politico-morale, C'è stata una resistenza deficente da parte di alcuni contingenti di soldati.

Come è avvenuto ? Perché ?

Il silep.zio del Governo su queSta pagina della nostra guerra non ha senso. Non ha giustificazione. Le notizie che il Governo vuol far ignorare, sono quelle che Circolano .impunemente. deformate ed esagerate. Se la Nuione attraversasse un momento di crisi morale, fosse divisa, fosse discorde e agitata da torbide correnti, sì capireb be che il Governo sottacesse 1a v~rità o parte della verità. Ma non è questo il caso. La Nazione è cosi sicura di sé, che accetta la verità, senza debolezze o a bbattimenti.

,)

I governanti n on devono fare come certi medici pietosi che nasco ndo n o la gravità del male al paziente, ed è uman o I I governan ti p o ssono liberamente p arlare a q uel g ran de e t0ico « pazien te~ c he è il popt?lo ita1iano ; dirgli tut to e ~hiedergli tutto .

Gius to è, per esempio , che s i citino all' ordine del gìoino quei cavalleggeri, quei bersaglieri, quegli arditi ~ e si fanno massacrare per trattenere l'invasione; giusto è l'omaggio a quella 36a dìv ìsione che h a resistito per una settimana a forze soverchianti; giusto è f o n ore ch e si è tributato a quei manipoli di alpini, che sulle cime d el Monte N ero, del Vrsig, del V rata, han dato molto filo da torcere ag li 2ustrotedeschi ; e non è altrettanto giusto che siano bollati col marchio d ella ve rgogna quei reparti che si sono arresi?

O ggi, su tutta la seco nda A r mali grava la colpa [.... cen.1'1'ra]. Ma pure , er an o della seconda A r mata quei fanti che died ero la scalata al Monte San t o ; e ran o della seconda A r mata q uei regg imenti che con• quis taro no l'altipiano della Bains izz a; e rano della second a Armata q ueì bersag lieri che nella stretta di Auzza hann o trattenuto ,Per d ue gìorni l'urto formidabile d el ne mico. N o n è logico, n on è o ppo rtuno che sia sceverato dal branco dei v ili chi h a combattuto co n valo r e e co n lealtà ?

N o i àbbiamo sofferto ......:.. indicibilmente dolorato - per il « modo » con cui il rovescio è stato provoca to e non soltanto per le propor2ioni che h a assunto. In questa g uerra, c he m ette di fronte milioni e mili oni di u o mini, si capisce che certi ev enti acquistino aspetti ecce2ionali N on e'~ da meravig liarsi se m ovimenti incomposti dì panico e di sbandamento si verificano i n un'Armata di un milio ne di u ominì' che son o costretti ·a rit irar si. L'Aus tria h a m olte di queste p agine nella sua s toria mìl.i tarc recente....

Ma n oi ab biamo an cora ferma fid ucia n elle qualità dei nostri s ol· dati [.. .. çens11ra]. Ma n oi siamo certi che le qu9:lit à fondamentali d ella n ostra r azza t orneran no in luce

Questo r ovescio ci coglie dopo trenta mesi di g uerra ver aménte ero ica. Chi è stato sull'A lto I son zo, chi è stato sul Carso, chi ha visto q u ellè posizioni, sa che solda ti mediocri non .le avrebbero mai conquistate e nemmeno tenute. Per t utto i1 1915 il soldato italiano ha fatto la guerra in condizioni di assoluta inferiorità. Battag lioni su batt1.g lioni s ono andati q ualche v o lt a all'assalto, aprendosi il varco nei reticolati, con le vangh ette, i fu cili, le mani. Reggimenti su r eggim enti sono stati per mesi e mesi ag g rappati a costo ni d i m ont1.g n e, d ove il macig no ro to lato ·dall'alto bastAva ag li austriaci p er la loro difesa.

L'esercit o ~tallano ha - oltre gli ep isodi della g uerra alpina -

~< _ - - -~ -~ -· 46 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI

tre pagine splendide : Gorb:ia, il Carso. la Bainsi2za. Pagine che 'rimangono.

Non dimentichiamolo. Non diffamiamoci oltre il lecito. La razza, che ha dato gli uomini per trenta mesi della nostra terribile guerra, ne darà ancora - p assato questo periodo di turbamento - quanti occorrono per la rivincita e per la vittoria.

Da Il Popolo d'llafù1, N. 314, 12 novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 314, 13 novembre 1917, IV, con il titolo: Guardiamo in f,uda alfawenire con animo virile.

_., ·' ·,. '· • ~,..,. ·..- , · DAL PL\VE AL MESSAGGIO DI WILSON 47
M,
.. 4.. • X.

LA CAMERA SI RIAPRE

Domani la Camera italiana si riap re Si annuncia una seduta « storica ». E lo sarà, infatti, non già e non tanto per ciò ch'è avvenuto in questi· ultimi giorni nd mondo parlamentare, ma per la grandezza e la gravità degli eventi, che hanno percorso ed esaltato l'anima del Paese, Basta pensare che l'Austria è p enetrata in quel Veneto redento all'Italia u na nel 1866, per comprendere che la nostra storia è tornata in dietro di mezzo secolo e che l'opera già compiuta è da 1 ricominciare. Qui è la _g randezza dell'ora I

Noi abbiamo già d etto il nostro p ensiero sulla m anifestazione politica che la Camera ci ha dato in questo intervallo di sessione. [Censura]. Di altre: m anifestazioni politiche avremmo voluto parlare - e ci ripromettiamo di farlo in t ermini assolutamente conformi ai dettami della concordia nazionale che no i accettiamo « con lealtà » - ma la censura ci ba tagliato la penna con le sue forbici intdligenti, [Cen111ra].

« Non dist raete il paese dall'Isonzo», invocavamo n oi, quasi presaghi di quanto stava per accadere.... Ma p oiché la parola d'ordine della concordia nazionale è « non recriminazioni» sul passato anche r ecente, n oi n on vogliamo a ttardi rci nella rievocazione. [Cm111ra].

Noi v ogliamo credere che la Camera sarà d omani'. all'altezza d ella situazione. Noi amiamo credere ch e i deputati dimenticheranno ·- domani - ( centura ] per ricordarsi soltanto di essere degli italia ni che lottano, so ffrono, sper ano e fermissimamente vog lion o resist ere fino alla vittoria che consacrerà una pace di giustizia. ·

Dalla <::a.mera deve partire una parola degna del Paese. La Camera deve -[.... ctnJura ...•] - essere degna del Paese. Il quale ha rivelato - nelle attuali contingenze -la sua potente vitalità. e il suo indiscutibile diritto ad un grande avvenire. Il Paese~ - nella sventura - non è fosorto, Non si è avvilito Si è raccolto. Ha c o nte~ outo il suo dolore. Si è levato a riscossa. I più umili - gli opera.isono quelli che si trov ano all'avanguardia ; quelli che sembravano i più lontani, sono, oggi, i più vicini

I nemici che si attendevano un esperimento supplementa re di ' leninismo in Italia confessan o ormai la loro acerba delusione e La

vanità delle loro speranze. È della storia italiana questo «ricominciare», questo irrigidirsi contro le forze avverse, questo sfidare le cose è il de~tino.

I deputati che sono italiani e sono uomini,· devono sentire questa passione, devono - domani - esprimere in facèi\ al mondo neutrale · che guarda sorpreso o al mondo dei · nemici che ghignano la lor soddisfazione pel momentaneo successo, la inflessibile volontà del popolo italiano di tenere e di vincere.

L'offensiva nemica è stata scatenata soprattutto in vista di un o biettivo politico : h. pace. Dica domani la Camera solennemente, decisamente, conforta ndo della sua sincera attiva solidarietà jl G overno nazionale, che l'Austria e la Germania non avranno pace se non quando i f.o.i di guerra politici e morali della Quadrup ~ice Intesa saranno raggiunti.

Infine, noi esprim.iamo un altro augurio Questo Che i deputati non si « esauriscano>} nella seduta storica di domani con il fervore degli applausi e l'urumimità del voto. Chiusa la Camera, se i deputati sentono veramente l'aculeo del dovere civico e nazionale, devono recarsi nei rispettivi collegi, a contatto delle masse, nelle quali albeggia la coscienza. nazionale;\ per confettarle, spronarle, correggerne ]e storture, il giudizio, tenderne le energie materiali e morali verso un unico fìne.

Più volte si è lamentato o constatato che fra Camera e P aese .esisteva un dissidio profondo.

È venuto il momento in cui i deputati possono tencarç di risolverlo. E il mezzo è se.mplice : Marciare al passo èolla Nazione.

Da Il Popolo d'l1ali a, N. 31'.5, 13 novembre 19 17, IV. Pubbl icato anche sul· l'edizione di Roma, N . 315, 14 novembr e 1917, IV. .

DAL PJAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 49
M ,

TRA L'ONORE E L'ONTA

Il Meuagg,ero , col beneplacit o della censura romana, ha potuto stam pare quanto segue :

« Noi esprimiamo il voto che il G overno possa presto riassumere gli avve. nimenti dell'offensiva dal 23 ottobre in poi. All'estero tra gli Alleati e fra i neutrali, all' interno fra i cittadini che soffrono e sperano in silenzio, è necessario costituire la versione ufficiale dell'offensiva austro-tedesca. Non bisogna lasciare a lungo la parola solo ai nemici; ·non è savio lasciar p regiudicare la storia da.i loro bollettini, dai loro gazzettieri, dai mani fest ini stampati dalla loro propaganda, che non si limitano a diffondere solo fra s tranieri e fra neutra li, ma che osano far piovere dall'alto dei loro 11eroplani anche sulla semplicità e sulla buona f ede delle nostre campagne1>.

Fatto strano, ma vero I La censura milanese non ci ha permesso di riprendere il motivo, di illustrare questa necessità. La situazione morale che si è creata nel Paese i n seguito all'offensiva austro-tedesca, si riassume in questi termini : il Paese è in balia completa delle «voci », esagerate, inventate, diffuse ovunque - e specialmente fra le campagne - da informatori in buona e in mala fede, e, forse, da quegli Stessi tedeschi, travestiti da ufficiali e soldati italiani, la cui presenza è stata segnalata e controllata dalle auto rità in varie zone della valle padana. La parola è ancora ai nemici. Anche i' n questo campo morale lasciamo a loro il vantaggio dell'iniziativa [.. .. &enmra].

Di quando in quando vogliamo un r endiconto su questa gigantesca imp resa che impegna la vita di molti e l'onore di tutti gli italiani.

11 mutismo del Governo è un insulto - involontario, speriamoal buon senso e alla fermezza del popolo. Siamo trattati come femminette che si « emozionano » e non sanno padroneggiare i nervi.

Tutto ciò è vecchio gioco. Tutto ciò è vecchio governo.

Che non si permetta la pubblicazione dei bollettini nemici, si può comprendere, ed oramai è troppo tardi per questa innovazione. Che non si dia la cifra delle nostre perdjte in morti, feriti e mutilati, possiamo concedere. Nei giornali inglesi, immediatamente sotto al bollettino inglese, c'è quello tedesco. I g iornali inglesi pubblicano tranquillamente e quotidianamente la lista delle perdite, che occupa tal-

volta parecchie fitte pagine. Noi abbiamo seguito . altro metodo, ç sia. Ma che il Governo o on abbia niente da dire e ci lasci completamente dig iuni, all' ind omani di un avvenimento co me quello che ·l:h portato il nostro fro nte dalla sinistra dell'Isonzo a11a destra del Piave, è procedimento che no n possiamo accettare. [Censura]. Tra il dire tutto o il dire niente o il dire a goccie o il lasciare la coscienza nazio nale alla mercé dei chiacchieratori insulsi e allarmisti, e'è una v ia di mezzo che può essere adottata e che esprimiamo in questa formula :· si deve dire al Paese t11fla la verità, che non avvantaggia direllamente o indi,-ellamenlt il nemico (Censwa].

Il proble ma militare e morale che abbiamo sul tappeto è questo : ridare - il più sollecitamente possibile - l'efficcnza militare e m orale alla s econda A rmata.

Ma a raggiu ngere questo scop9, non basca l'invi o dei mutilati fra quelle truppe. [Censura]

II G o verno n o n- de ve più oltre ind ugiare a Jllettere l e cose a post o . [C ensura]. Ecco p erché noi - e non soltanto no i - invo chiamo dal Governo una c ronistoria degli avvenimenti svoltisi dal z4 o t t obre al primo novembre.

Non per « recriminare>>, ma per utilizzare la lezione dei fa tti.

Un po' di v erità per il Paese I Un po' di giustizia per i so ldati I

Da 11 Popolo d'ltt1litt, N . ~16, 14 novembre 19 17, IV. Pubblicato anche sulJ'cdiUone di Roma, N. 316, 15 novembre 1917, IV.

DAL
PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON

I DISCORSI

Brevi chiose alla seduta di ieri e ai discorsi che sono stati pronunciati. Il discorso dell'on. Orlando è stato, come al solito, elevatissimo nella forma, ma, quanto alla sostanza, avremino d esiderato maggiore precisione per taluni punti. In complesso, è un discorso che sarà accolto con simpatia e compiacimento · dalla Nazione, Nell'esordio, l'on, Orlando ha voluto esaltare il nostro esercito. Malgrado l'av versit à dell'ora, con « animo immutabile », ha detto l'on. Orlando, n~i volgiamo il nostro memore p ensiero ai soldati che s ui fium.i del Veneto difendono non solo l'Italia come entità tcrritotiale, ma l'Italia come valore inorale e come entità storica.

Chi ci ha seguito in questi giorni, sa quello che noi - modestamente -abbiamo invocato. La parola d el Presidente del Consiglio ci compensa delle molte amarezze che ci procurano le forbici dei censori. Non è tenendo un'intera Armata avvolta in un'atmosfera di sospetto e di avversione, che si contribuisce al sollecito ristabilimento di quel moraJe soldatesco, ch'è il primo, se non l'unico fattore di vitt o ria ! Bene ha fatto l'on. Orlando a rinnovare· ai soldati italiani l'attestazione della fiducia del Paese, e noi siamo sicuri · - cc ne fa fede il bollettino odierno - che i s·oldati non deluderanno le n ostre più ardenti speranze. Ma le parole non bastano [Censura].

Alt[O punto essenziale del discorso Orlando, è quello che riguarda il conèorso degli Alleati. Le dichiarazioni dell'on. Orlando accrescono il valore del gest o di solidarietà della Francia e dell'Inghilterra. La Francia ci ha prevenuti, l'ausilio degli Alleati ci è stato recato spontaneamente - cosl, testualmente - ha detto il Presidente del Consiglio. Questa parte del discorso, v ibrante e commossa, susciterà ottima impressione nell'opinione pubblica.

Esisteva un' Intesa, ma quando l'on. Orlando ci dice che il Ministero, dopo gli eventi militari sulla n ostra fronte, decise d:,i « stabilire illllD.ecliati e più intimi rapporti cogli alleati», noi siamo tratti a dedurre, anche in base ad altre informazioni, che l'Intesa è divenuta un'Alleanza, con tutti i diritti e i d overi che un trattato dI alleanza co mpo rta.

D~ questa trasformazione dell'Intesa in Alleanza noi altamente ci

compiacciamo, rammaricandoci solo che ali' Alleanza si sia giunti t ardivamente - sotto il peso e il pericolo di un'offensiva dei boches - mentre, 'anticipando, av remmo potuto aprirci, attraverso l'altipiano della Bainsiua, la strada di Lubiana.

La successiva dichiarazione ,riell'on. Orlando è diretta a sventare una delle tante insidie nemiche. Una manovrà banale dei tedeschi e dei loro amici, consiste nel presentare un'Italia presa per il collo e costretta alla guerra dalla perfida Albione. Queste manovre sono conosciute in Inghilterra, come lo prova una interrogazione alla Camera dei Comuni. Ora sta di fatto che l'Inghilterra ci aiuta con « l eale cameratismo»; sta di fatto che le « vessato rie condizioni » non esistono se non nella staffipa nemica che inventa queste menzogne come inventa la rivo luzione a M ilano; sta di fatto che Francia e Inghilterra non hanno p osto e non potev ano avanzare richieste· che ci potessero in qualche modo, anche indirettamente, dimi nuire. È un atto cli solidarietà franco, leale, onesto, da galantuomini e, diciamolo, da alleati.

L'on. Orlando ha rievocato la g uerra di Crimea e quella del '59; i nomi di Solferino e di Magenta ech eggeranno nell'animo di tutti i soldati di Francia venuti qui, a riprendere, insieme con noi, l'impresa che allora non fu. compiuta.

Noi non sappiamo se a Rapallo si sia veramente provveduto alla _<( organizzazione pratica e spedita>> del!'Alleanza, nei suoi aspetti politici e militari. A Rapallo è stato creato un Co nsiglio Supremo politico fra gli Alleati e un Comitato militare consultivo permanente. "B certo un grande passo verso la realizzazione di quanto l'opinione pubblica ha reclamato lungamente e invano, ma noi pensiamo - e anche in Francia pensano - che il Comitato militare consultivo debba cedere il posto a un Gen"eralissimo, comandante supremo di tutti gli eserciti, su tutti i fronti dell' Intesa. La discussione svoltasi alla Camera dei Comuni legittima il nostro dubbio circa la capacità funzionale del nuovo organo creato a Rapallo. Ad ogni modo lo attendiamo alla prova dei fatti.

Dopo aver prospCttato i risultati del congresso di Rapallo, l'on. Orlando h a toccato la politica interna. Qui notiamo delle incenezze. Verissimo che non esiste che un'Italia, che un esercito e che non può esserci altra politica che non sia cli guerra, ma allora bisogna andare alle conseguenze logiche che scaturiscono da queste constatazioni di fatto e ci~ che n on ci possono essere due libertà, due discipline, due regimi ; ma un solo regime, una sola disciplina, tanto per i soldati che portano la divisa come per i civili dell'interno.

Siamo lieti che l'on. Orlando abbia riconosciuto ·che la distinzione fra Nazione che combatte e Nazione che non combatte arbi-

DAL PIAVE AL MESSAGGIO
DI WILSON

traria e supremamente ingiusta. Ora si tratta di agire in conscgueiua, perch é e l'on. Orlando non lo ignora - i nemici interni non dis armano colle loro jnsidie. Attendiamo che l'on. Orlando li tratti non da stranieri, ma da nemici. Attendiamo, per esempfo, che l'on. Orlando ci liberi dall'onta e dalla prov ocazione della presenza -di sudditi nemici che vivono e « lavorano» indisturbati nelle nostre città. L'on. Orlando non ha accennato alla serie di provvedimenti che la coscienza nazionale reclama, ma vogliamo credere che i «fatti» non saranno lontani.

La perorazione del discorso è più particolarmente diretta ai nemici, i quali cominCiano ad ammettere - con molto digrignare di dentiche uno degli obiettivi della loro impresa è completamente e pietosame nte fallito~

II merito di questo fallimento spetta tipicamente al popolo italiano. E d è pensando all'atteggiamento ammirevole del nostro popolo che noi crediamo - fermamente - alla nostra riscossa,

Gli altri discorsi non meritano lunghi commenti. Gli ex-Presidenti del Consiglio non hanno detto niente di nuovo e anche il loro ordine del giorno non ci soddisfa completamente. Le dichiarazioni di Prampolini sono state superficiali, involute e anti-italiane. Non ci aspettavamo niente di diverso e non ci meravigliamo.

La Camera nella sua seduta di ie ri ha consacrato solenneme~tc jl patto della « concoi:dia nazionale». ma de v 'essere concordia di pensieri e di azioni, in vista di un obiettivo solo : vi ncere.

Da Il Popolo d'Italia, N . 317, 1~ novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 317, 16 novembre 19 17, IV, con il titolo: Agi,e!

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
" ·

PATRIA E TERRA

In un giornale r o mano, l'on, Labriola riprende il mòtivo che noi abbiamo - in questi ultimi tempi _;_ parecchie volte sviluppato. Il motivo è questo : come e qualmente si possa e si debba dare un « contenuto sociale» alla nostra guerra.

Certamente, quando l' on. Labriola, in un discorso pronunciato prima del 14 ottobre. denunciava come « non democratica» o reazionaria la nostra gUeira, intendeva riferirsi alla mancanza di un p rogramma di rivendicazioni sociali interne, che un Governo, all'altezza della situazione, d ovrebbe propugnare e tradurre in atto. Sta di fatto che in Italia n o n solo non si sono delineati programmi in gi;andc stile, programmi di innovazione, ma non sono state. nemmeno int rodotte quelle misure parziali che - come la sospensione del pagamento delle pigioni in Fraocia - servooo ad attenuare il disagio economico, inevitabile, provocato dalla guerra. [Censura].

L'on. Labriola prospetta il nostro programma nazionale interno nei_termini che seguono :

« C'è però un" programma italiano " della guerra, che proprio net1·ora della mortificazione e dd fangoscia deve essere rizzato in faccia alle classi dirigenti ; non per minaccia, né per vendetta, ma in omaggio alfa. concreta realtà; oserei dire: tutto il problema d ella. terza Italia, quel problema che la classe governante in trent'anni, nonché risolvere, non ha saputo intendere.

« Il p roblema può essere formulato cosl: tro vare un meno per includere le d a.:isi lavoratrici, specialmente il proletariato campagnuolo, nella N azione; trovare un mezzo p erché le classi Javoratrid, ed in i specie la massa dei nostri cafoni, nel perseguimento dei loro interessi e dei loro ideali particolari, lo facciano con l'anima specifica di chi appartenga alla Nazione e l'essenza civile della Nazione riflettano nelle loro azioni p articolari

« Vera Nazione non c'è fin quando le masse lavoratrici non sentono di appartenere. alla. Nazione. Per a ltro nemmeno e'è d asse e nemmeno esiste N u ìone fin quando esse non abbiano una consapevolezza d_i coltura nazionale, che è l'essenza morale, ci~ la sola reale della Nazione».

. La situa7Jooe di fatto è questa : il proletariato industriale italiano, le maest.canze delle officine - tanto nelle g.candi come n elle piccole città - si avvicinano alla Nazione, entrano nella Nazione. Il proletariato industriale Sa o intuisce che il suo benessere, il suo saJario, il suo

·.

avvenire è legato all'avvenire della Nazione. La classe è «parte» della Nazione. È nella Nazione. Il prnletariato ìndustriale sente[ ... . muura ....] - che una nazione vinta è una nazione economica.mente svalutata e vassalla, che non può offrire alle sue masse IaVoratrici che un salario di fame e l'incertezza del domani. Gli operai dei grandi· cantieri di Liguria o delle potenti officine lombarde, hanno sotto gli occhi - perché ne sono gli artefici - il meraviglioso sviluppo industriale dell'Italia nuova. Apprezzano - soprattutto - il valore enorme del fatto che la nuova industria italiana è una creazione autonoma. L'operaio ha la coscienza che un primo passo gigante verso la sua emancipazione è stato compiuto, nel momento in cui' grazie ·alla guerra - ha potuto luminosamente dimostrare che la sua « capacità tecnica», la sua diligenza, la sua genialità, il suo « rendimento », insomma, non erano niente affatto inferiori, ma superiori allo strombazzato tecnicismo dei tedeschi.

La sconfitta ricaccerebbe fatalmente indietro e stroncherebbe completamente il nostro sviluppo industriale, al quale sviluppo l'o~raio non è meno interessato del capitalista ; di più, anzi, se è vero, còme sta scritto nelle sacre tavole ·della legge socialista, che l'operaio debba raccogliere la eredità del capitalismo. Ecco perché il proletariato industriale non può, non vuole scindere il Suo destino dal destino della Nazione.

Ci sono altri fattori a detcrminare questo fenomeno - fattori d'ordine morale - ma qui n on vogliamo tenerne discorso.

Una politica di stato saggia e previggente, può saldare per sempre alla Nazione il proletariato industriale. Previggcnte, diciamo, anche per la inevitabile crisi di trapasso d allo stato di guerra a quello di pace.

Ma, accanto al proletariato industriale, vi_ è - più numeroso~più amorfo - il proletariato dei campi. È quCSto proletariato che ha dato il più vasto .contributo di sangue alla guerra. È questo proletariato che - salvo alcune zone come il Parmig iano - si mantiene estraneo alla Nazione. Quale è il mezzo, si domanda Arturo Labriola, per in~ eludere il proletariato campagnuolo nella Nazione? Non certo, rispondiamo noi, il mezzo della propaganda o rale. Non diciamo che questa sia assolutamente infeconda, ma non può agire - come. la scuolache quale elemento secondario e concomitante. Anche i mezzi politici sono fosuffi.ccnti.

Il famoso suffragio universale si è esaurito nelle rissose competizioni paesane e oon ha dato la « coscienza nazionale » nemmeno jn embrione ai contadini. La religione cattolica - col suo univer• salismo - allontana in un certo senso e non avvicina le masse agricole alla Nazione. Bisogna avere il coraggio di affrontare il grande

)6 OPERA OMNIA D[ BENITO
MUSSOLINI

problema - per l' oggi della guerra vittoriosa e per ~il domani della pace laboriosa - con animo spregiudicato e con audacia. P er Ialdare i contadini alla Naz,ion,, bisogna dare la terra ai contadini Dire, come ha detto l' on. Bosdli, che i contadini tsono in cima ai pensieri del Governo -[ cen111ra ] - significa trastullarsi colle parole. Bisogna che il G o verno lanci la parola, segni la direzione, dica la formula di massima. All'applicazione concreta penseranno i competenti e gli interessati.

Questo è il « contenuto sociale » della guerra che noi reclamiamo come necessado per vivificare la resistenza delle popolazioni ru rali. Pensate all'influe nza enorme che avrebbe tra i co ntadini che po p olano le . trincee e fra i contadini rimasti nei campi, una promessa formale del G overno d'I ~lia che facesse apparire vicina -e co me premio interno della vitto ria - la real.inazione del sogno che t o rmenta da millenni l'anima d el contadino : il p ossesso della tena. I co ntadini soldati si b atterebbero da l eon i, p erche la Patria, astrazione che oggi stentano a comprendere, si presenterebbe domani ai lo ro occhi e alla loro coscienza come una realtà tangibile, un tesoro da salvare o da conquistare.

, Sarà affrontato il problema? Lo auguriamo, ma aggiungiamo che è questo il momento in cui è necessario -' per ~incere - far entrare la massa contadina nell"orbita della Nazione, E per il contadino chi dice terra, dice Patria ! M,

Da Il Pqpolo d'Italia, N 318, 16 novembre 1917, I V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 318, 17 novembre 19 17, IV

DAL PIAVE
AL MESSAGGIO DI WILSON

Il discorso pronunciato da Lloyd George a Parigi - in occasione della colazione offertagli dall'ex-Presidente del Consiglio Painlevé - è jl più ardito, jl più spregiudicato esame di coscienza che sia mai s tate fatto dagli uomini di stato che reggono dal 1914 le sorti della Quadruplice Intesa.

Eravamo un po' abituaci ai gesti e alle parole di sincer ità del primo ministro ing lese, ma a Parigi egli ha superato se stesso, ha avuto il coraggio della d iag no s i più p r ofonda, della critica più tagliente : ha abbandonato le espressioni volutamente involute della dìplomazia, per parlare il linguaggio rude ed esplicito del popolo.

Ma il discorso di Lloyd George dev'essere completato. A un certo punto egli ha detto :

« Se vi fosse stata una vera coordinazionro, saremmo ora occupati in Italia non a stornare dai nostri Alleati un'invasione, ma ad infligsere un disastro ai nostri nemici »

E allora, l'uomo della strada, per usare una idiotistica frase inglese, l'uomo della strada che può essere l'uomo della trincea, o l'uomo che ha dei figli in trincea, o li ha feriti, o li ha morti; l'uomo che vive quest' ora di passione angosciosa, ha diritto di chiosare il « se >> di Lloyd George e di chiedere : come mai, dopo t re anni di guerra, non si è ancora realizzata la vera coordinazione delle forze e degli sforzi fra gli Alleati? Le conferenze interalleate di Roma, di Parigi, di Londra sono dunque state infeconde di risultati ? E allora, perché, al finire di ogni riunione un comunicato ufficiale annunciava ai popoli che la unione fra gli Alleati era diventata più intima, più fattiva, più risolutiva ?

La lezione della guerta era chiara : solo una coalizione omogenea poteva battere una coalizione come quella capeggiata dagli Hohcnzollern Ma questa lezione - che pure era avverùta dai semplici uomini della strada, i quali invocavano che l'Intesa diventasse un'Alleanza, che i particolarismi nazionali finissero, che i « sacri egoismi >> na2ionali si fondessero in un « sacro egoismo >) comune a tutti 1 popoli

L'ETERNO «SE» ....

minacciati, - questa terribile lezione ha lasciato indifferenti sino a ieri i nostri reggitori, tanto che Lloyd Gc:orge può reclamare che « se avessimo compreso q uesta lezio ne soltanto tre mesi fa, quale differenza ci avrebbe prodotto I »

Il ministro inglese ba detto ancora qualche cosa di più : ha citato l'opinione dei critici militari americani, secondo i quali « se le forze alleate inviate in soccorso dell'Italia fossero state gettate nella bilancia quando gli italiani erano a meno di quaranta miglia da Lubiana, gli Alleati avrebbero potuto forzare la strada di Vienna.... ».

L'eterno «se»

Quali forze, quali uomini, quali eventi hanno impedito che si colpisse al cuore la monarchia danubiana ? Perché non si è fatto quello che si poteva e, quindi, si doveva fare ?

Ecco la lacuna n el diScorso di Lloyd George. Manca una seconda parte - che sa.rcbbe stata non meno interessante della prima - al suo discorso.

Questa ricerca dei fattori che hanno impedito la catastrofe aust riaca, dopo la vittoria italiana della Bainsizza, è resa più interessante e suggestiva dalle rivelazioni della T he N ew E1m;pe. Sembra che il piano cli Cadorna e di Bissolati. cioè l'attacco a fondo contro l'Austriasia stato scartato. La responsabilità di ciò non cade dunq ue sull' Italia che proponeva il piano e chiedeva l'ausilio degli Alleati.

Su chi allora ?

È un fatto che, come pòtere di esecuzione, la Quadruplice Intesa ha . dato uno spettacolo miserevole di indecisione e di Jent ezza. Al momento di agire, sull'attimo di menare un colpo, quali clementi - bancari, politici, diplomatici, religiosi - lo ritardarono o lo sventarono ?

C'è voluta l'invasione tedesca in Italia per rimettere sul tappeto un pr oblema che l'opinione pubblica credeva risolto. Ma noi ci permettiano di dubitare che a Rapallo il problema politico-militare della Quadruplice Intesa abbia trovato la sua soluzione logica e da tanto tempo auspicata. Certamente, un p asso - un al~o passo - è stato compiuto per giungere alla m~ta che dev'essere la fusione e la comunione completa, solidale e fraterna dei popoli e degli eserciti in ~rmi contro la Germania ; ma un altro passo, l'ultimo, resta ancora da fare, Chl legge i patti della Convenzione di Rapallo, che Lloyd George ha reso di pubblica ragione, creando un simpatico precedente, ha l'impressione che la Quadruplice Intesa non abbia ancor-a nettamente tagliati i ponti col suo passat o : no n sia ancora da « massa » diventata « organismo » funzionante e vitale.

Ma ormai, dopo il discorso di Lloyd G eorge, l'opinione pubblica,

DAL PIAVE AL MESSAGGJO DI
l9
WILSON

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

la coscienza dei popoli, è investita dd problema. I popoli hanno già «realizzato» - inglesismo efficace I - la comunione dei loro ideali. ·Gli uomini delle trincee - che formano la· grande opinione pubblica di quest'epoca di fecce e dì sangue - chiedono ai Governi responsabili di restringere la parte del caso, dell'jmpre'Visto o del premeditato. I popoli della Quadruplice Intesa, che resistono e lottano da tre anni e si accingono con immutata tenacia a continuare, esigono o ·sperano che nel 1918 non ci sia sulle labbra di qualche ministro un altro « se» più o meno. condizionale, che spieghi o meglio non spieghi affatto la vittoria mancata o dilazionata.

Lloyd George ha precisato :

« Se lo sfono per organizzare la nostra azione solidale diviene una realtà, non ho dubbio sul risultato della guerra-.

Cancelliamo questo ultimo « se» : bisogna tradurre nel fatto questa azione solidale, perché «vogliamo» vincere.

D a I/ Popolo d'Italia, N. 319, 17 novembre 1917, IV.. Pubblicato anche sul- · l'edizione d i Roma, N. 319, 18 novembre 1917, JV.

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IL SENSO DI UNA CRISI

Dopo tre anni di fiera, battaglia e di incessante polemica giornalistica, Giorgio Clemenceau va al potere. Egli era già indicato a coprire l'altissimo posto all'indomani del suo memorabile discorso al Senato, quwdo notomizzò spietatamente e condannò sen za attenuanti la politica interna dell'on. Malvy. Ma i parlamentari preferirono un altro periodo di transizione rappresentato dal Gabinetto Painlevé, il quale è stato rovesciato l'altro giotno, nel modo che può apparire il più strano e impensat o.

Evidentemente la Camera francese non ha voluto abbattere il Ministero per una _questione di politica generale, il che, all'indomani del Convegno di Rapallo, avrebbe potuto dar luogo ad equivoche ed oblique interpretazioni r;iel mondo neutrale o nemico, ma ha atteso Painlevé al varco di una questione secondaria e d'ordine * interno, ·come la discussione sugli scandali, che Painlevé - non si comprende bene per quali motivi - avrebbe voluto anc ora una volta dilazionare.

Cominciamo col constatare che la solu::zione della crisi è extraparlamentare. ·Ce ne dispface tanto per i bigotti del costituzionalismo ortÒdosso, ma sta di fatto che Clemen ceau non è stato indicato dalla Camera, perché la Camera non ha proceduto a indicazioni di sorta; l'on Ocmenceau è stato indicato, o meglio, imposto dal Paese. Ed è raccogliendo ed obbedendo alla voce· della Francia, che il Presidente Poincaré ha offerto al dittatore dcli' Homme E nchailli la somma e la responsabilità dei poteri politici. Noi pensiamo che il gesto di Poincaré sia stato opportuno e felice. Noi crediamo che l'opposizione dei socialisti e degli elementi caillautisci non riuscirà a stroncare sul nascere il nuovo Ministero. D ' altronde le ragioni dei socialisti a·on ci sembrano convincenti. Gli episodi - certamente tristi di Drereil, Villcneuvc St. Georges - non possono cond.annare all'estracismO perenne un uomo politico del valore e della forza di Ocmenceau. Ricvocat li in questo momento significa. tentare vanamente di adeguue l'infinitamente piccolo all'infinita.mente grande, un episodio

* Lacuna del testo

della lotta di classe alle grandiose vicende cli questa lotta fra le nazio~ l'obiettivo di un aumento di salario all'obiettivo della liberazione umana dall'incubo e dalla barbarie del militarismo p russiano. Del resto Clemenceau ha compiuto un gesto che non può lasciare dubbi sulle s ue disposizionì d'animo nei rigua rdi della classe operaìa : ha offerto il portafoglio del lavoro a J o uhaux, segretario della Confederazio ne generale del lavoro. Questo vuol dire che Clemenceau n o n s i propone - anche assente il Jouhaux che ha rifiutato l'offertadi instaurare una politica interna ostile ·alla classe] operaia organizzata, la qual cosa non esclude una politica. di· energia e dì inflessibilità nei confronti del disfattismo che può essere operaio, ma è anche borghese e non soltanto in Francia. Può accadere che l'opposizione socialista e radiq.le-socialista al nuovo Ministero, si attenui in un atteggiamento di diffidenza o di critica, no n già di ostilità preconcetta che potrebbe straniare gli elementi socialisti dal Paese che molto spera e molto attende dall'avvento al potere di Oemenceau.

Cè un altro aspetto nella soluzione di questa crisi, che ci piaèe • di sottolineare. L'ascesa al Ministero, dopo tre anni di incertezze e di delusioni, di Clemenceau, può essere considerata come un tentativo - si vedrà in seguito quanto riuscito - di risolvere la ctisi fondi.m entale che sta al centro della nostra guerra. Se il tentativo riuscirà, vorrà dire chiaramente che questa crisi non si può risolvere nelPam biente, con mezzi o con uomini del Parlamento.

Inso mma : i fini della guerra possono essere, come sono infatti, democratici, rivoluzionari, ·u1tra-rivoluzioò.ari; ma la condotta della guerra - specialmente all'interno d elle nazioni - non può essere democratica, pena la disfatta. Quando diciamo « condotta deaioeratica » della guerra, i nostri lettori ci CC?mprendono perfettamente. ESsi Sanno che questa « condotta democratica » della guerra, impor~ tando, di necessità o dì volontà, una pratica parlamentare di t olleranze, di transizioni, di debolezze, di conciliazioni, frustra lo sforzo guerresco e defrauda le nazioni della vittoria.

In questi tempi di guerra. per ·1a vita o per la motte, la democrazia è una di quelle sirene che trascina gli incauti naviganti alla perdi:z.ione. La guerra condotta t< democraticamente »"':- nel senso che c'intendiamo - è un assurdo, quando non sia ~n delitto. La guerra ha in sé le su~ leggi ferree e a queste leggi bisogna eg uaglia.re le iStituzioni e gli uomini. La <( condotta ·democratica >> della guerra vi conduce logicamente, fatalmente al regime del Souièl, ai comitati di operai e di soldati,· alle assemblee di soldati che discutono .e respingono i piani strategici dei generali ; vi conduce al grottesco e all'assurdo, poiché uno dd p rlvìlegi della logica è appunt o quello di

62 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

condurre - terminalmente - all'assurdo. Ma l' assurdo nella vita, oggi, può significare la roV'ioa. .

La condotta della guerra no n può essere democratica, perché se la democrazia è ]a regola, la guerra è una formidabile eccezione ; perché se la democrazia è la normalità, questa guerra è la più grande anormalità di tutti i secoli ; perché tutto ciO che serve alle collettività umane in tempi tranquilli, dalle istituziorù alle leggi, si appalesa di una . deficenza sconcertante durante una guerra che mette in gioco i d estini del mondo. Quando noi - io base ai dati di una triennale esperienza - dimostriamo l'impossibilità e l'assurdo della « condotta democratica» d ella g uerra, vuol forse dire che invochiamo il reg ime permanente del plotoni d'esecuzione? No. Vuol dire semplicement e che se i plotoni di esecuzione occorressero, si dovrebbe farli funzionare, senza attardarsi a meditare sui principi e le regole della « democrazia ». E abbiamo prospettato il caso estremo. Caso difficile a verificarsi quando il Governo sia di guerra, adeguato alle n ecessità della g uerra.

G iorgio Clemenc:eau rappresenta, o intende rappresentare, no n la politica democratica o aristocratica, sanculotta o paolotta della guerra, ma la politica della guerra, t out court. Rappresenta un tentativo, una tendem:a, una d irezio.ne. È un uomo che ha molti difetti, manonostante la vecchiaia - è un cervello elastico. La sua settantenne carcassa è ancora piena di acciaiosa vitalità.

Nella nostra aspettativa c'è un po' di curiosità, un po' d'ansia e molta fiducia. M ,

Da Ii Popolo d'/lalia, N. 320, 18 novembre 1917, IV. Pubblicato anche su ll'edizione di Roma, N, 320, 19 novembre 19 17, IV.

' ' ':< :
DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 63
5 . • X.

POLITICA DI GUERRA

Un amico nostro - un uomo p olitico noto e autorevole che non la pensa totalmente come noi - ci teneva ieri questo discorso :

« Io credo, ci diceva, che abbiate valutato esattamente la portata e il senso dtl· l'avvento al potere di Gi orgio Clemenceau. Si tratta di un tentativo per rnliuare - .6.nalmente ! - anc he nei paesi della Quadruplice una politica di guerra, ed è ,, naturale che sia la Francia a fare il primo passo su questa strada Non già - ben inteso - che la Francia si trovi in condizioni interne peggiori delle a!tre nazioni, , ma perché in Francia il senso dell e nec~sità politiche è più raffinato Badate però • che una politica di guerra non è u na cosa facile. Enunciarla è un conto, applicarla è W1 a ltw. Il peso di un secolo di democrazia grava sulle n ostre spalle. ln Italia si parla di istituire commissioni parlamentari di controllo militare e molta gente si inalbera davanti a questa possibilità. In Francia queste commissioni funzionano dal principio della guerra ed è appunto nella. sua qualità di membro o pres idente di una di queste commissioni che Oemeoceau ha potuto circolare liberamente al fronte e tenersi a contatto coli~ truppe. lo penso che si può trova.re una linea di conciliazione e di equilibrio fra i dettami d ei santi vangeli democratici - nei q uali credono ormai milioni di elettori - e le inderogabili necessità d ella guerra. .E: app unto qui che si "pare la nobilitate" di un uomo di governo. Non vi pare?».

Noi portiamo Ja discussione sulle colonne del giornale, in faccia al pubblico. Ammettiamo ·che non si può prescindere da un secolo di democrazia, d a tutto ciò - leggi, istituzioni, costumi, m odi di pensare - che forma la materia dei « santi vangeli>> democra tici per usare l'espressione leggermente ironica dell'amico nostro. Ma noi domandiamo, però , se si deve g iurare sempre e dovunque e in ogni occasione sulle pagine di questi santi vangeli, Noi ci domandiamo se la demoC:razia, o per meglio intenderci la mentalità « democratica», non sia t erribilmente insufficente di fronte alle necessità di questa guerra. E a questa domanda noi abbiamo, per conto nostro, risposto in modo affermativo. Usciamo un momento dalle discussioni astratte e scendiaino ai casi concreti. E. qui che noi potremo trovare la pietra di paragone, pet giudicare i vantaggi e i danni ·di una condotta t< democratica )> della guerra.

Tutti i giornali hanno raccontato l'episodio dell'on. De Giovanni che in treno - all'indomani delle dichiarazioni di Prampolini - teo~va propositi di lenitl.ismo qualliicato. Tutti i giornali hanno d o-

mandato se ciò poteva essere iollerato : se cioè, era ammissibile che un rappresentante della Nazione, stipendiato dall'erario, p otesse fare impunemente propaga nda jgnobile di disfat tismo.

Non ci risulta che il Governo sia intervenut o. Pare çhe la faccenda non lo riguardi Von. De Giovanni circola indisturbato e si v ale della medaglietta come di un magico talismano per disarmare funzionari alti e bassi e per continuare nel suo ignobile mes tiere cÌi ruffiano della Germania. Siccome noi conduciamo la guetra « d emocra·ticamente » non c' è da stupirsi che il Governo si disinteressi d ella questione e lasci impunito il reato. Ora, in un paese governato d a ministri di stampo e calibro diverso, il ministro dell'Interno av rebbe ordinato alla Questura di Genova un'inchiesta telegrafica sull'accadut o; e se dall'inchiesta fosse risultato quanto i giornali di tutta Italia hanno pubblicat~ senza essere smentiti, lo stesso ·miaistro d ell'Interno avrebbe ordinat o a due carabineri, muniti di un solido p aio d i manette, di t radurre immediat i.mente in ca rcere il nomin at o D e G iovanni. ...

Si capisce che chi cond uce la g uerra « d emocra t icarnentè >>, cioè parlamentarrnente, non arrischi nulla e si tenga rispettoso dell'immunità parlamen~re, (.... cmmra].

Questo è un caso. U più cecente, [Censura]. La mentalità democratica non osa mai di prendere le misure estreme, i provvecUmenti radicali. Si ferma sempre a metà. Ogni decreto ha un'eccezione. Q uando, dopo trenta mes i di g uerra, una serie di episodi gravissimi e u na ostinata campagna g iornalistica, si prende in esame 1a questione d ei su dditi nemici in Italia, voi credete che si affronti il pro blema col proposito di risolverlo sul serio e per sempre ? Mai più. I. sud diti nemici non v e ngo no arrestati. Ma soltanto d iffidati di scegliersi altra r esidenza 11 pro vvedimento non è generale, ma limitato a" tre regioni Non è a effetti immediati, ma -si dà a quel signod quind ici giorni d i tempo e ·anche p iù.

Risultato briliantissimo : i t ed eschi son o aumentati in T oscana e nel Lazio e non so no diminuiti nel Piemont e, nella Lombardia e n ella Liguria. Questa è la guerra condotta << democraticamente ».

Ancora. A Roma, dopo trenta mesi, si chiude un h8tsl Pal acc, ritrovo di spioni tedeschi, ma si lascia in libertà la proptietaria Perché pianti le tende io un altro albergo della capitale....

Ma a che pro continuare? Si riempirebbero dei v olumi. I casi sono identici. Si ras somigliano tutti. Sono il prodotto della « mentalità democratica ». Questa stessa (e m entalità )) spiega gli errori della Quadruplice in ma.tcria economica. N o n si è fatto .ìn I talia un dec reto ann onario che no n sia stato una burletta, a ·cominciare dal fa moso « pane unico » per finire alla benziD2. p er gli auto mo bili. E n on tocchiamo

DAL PIAVE AL MESSAGGIO
65
DI WJLSO N

la politica estera, nella quale la condotta democrat ica della g ueua ha accumulato errori su errori.

Insomma : se le nazioni cercano gli uomini di energia, [.. .. tt11111ra ], ciò significa - chiedendo tanto di permesso alla censura italiana che non vuole toccati certi tasti.... delicati - ciò significa che la condotta democratica della guerra ha fatto il suo tempo - ingloriosamente - e che è tempo di _inaug urare altri sistemi. Che no n sono necessariamente nuovi. Potrebbero essere antichi.

Da li Popolr> d'Italia, N. 321, 19 novembre 1917, IV. Pubblicato anche su lJ'edi:zione di Roma, N. 321, 20 novembre 1917, IV.

66 OPERA
OMNIA D[ BENITO MUSSOLINI
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LA PATRIA AI COMBATTENTI

(PROGETTO DI LEGGE D(ETTORE CICCOTTI)

Finalmente c'è qualcuno che pensa ai combattenti e in modo abbastanza pratico e serio I Questo progetto d'iniziativa parlamentare viene reso di pubblica ragione, in contemporaneità con altra iniz iativ a privata dei signori Brusadelli e Bernocchi di Legnano, i quali avevano officiato l'on. Agnelli di lanciare l'idea dalla tribuna parlamentare durante la famosà seduta storica e hanno -tanto per ben cominciareofferto oltre mezzo milione per costituire un fondo pro famiglie dei combattenti. Il progetto dell'on, Ciccotti risponde a un requisito essenziale : è semplice e non sarà quindi macchinoso nella sua applicazione reale. In fondo uno dei nostri postulati è stato - almeno parzialmente - accolto.

Approviamo senza riserve la prima parte del progetto. Ma il comma a ci sembra strano. È strano infatti che si debba stabilire la preferenza degli italiani sui sudditi nemici per le assunzioni di personale da parte dello Stato, Enti pubblici, Opere pie, case commerciali, etc. Quest o dovrebbe essere fuori di ogni discussione. Stato, Enti publ;ilici, Opere pie, come potrebbero dare la preferenza a sudditi nemici durante e dopo la guerra ? Per le aziende private bisognerebb e vietare - almeno per un lunghissimo periodo di tempo dopo la pacel'assunzione di personale appartenente ai paesi che sono stati in guerra contro di n o i.

Il comma terzo del progetto Ciccotti dice cbe « entro sei . mesi dev'essere ·creato un istituto di credito a pro dei contadini ». E aggiunge l'elenco dei mezzi e degli Enti che dovrebbero finanziarlo. Qui cade a proposito 12. foiziativa dei signori Bernocchi e Brusadclli. Questo fondo non dovrebbe essere statale, ma nazionale. Dovrebbe essere costituito, almeno in parte, dai citt.adini facoltosi e patriotti. V'è ..chi opina. che se tutti i ricchi facessero il loro dovere, seguendo l'esempio partito da Leg nano, si potrebbero raccogliere almeno cento milioni. Qualche ottimista va al mezzo miliardo.

Certo è che, anche tenendoci sulla cifra minore, la. somma sarebbe ragguardevole e potrebb'cssere integrata dai beni confiscati ai tedeschi .

li progetto dell'on. Ciccotti non parla di << sequestro dei beni nemici» ma solamente di attività conE.scate a quelli che facciano traffico vietato dalla legge con sudditi di Stati nemici

Avremmo desiderato maggiore precisione in questo articolo del pr6getto di legge. Il quatto articolo è un primo passo verso la realizzazione del nostro programma massimo : la terra ai contadini Giusto è che·si faciliti il riscatto dei beni espropriati per d ebiti di imp o-: sta ed è anche giusto che i prigionieri volontari siano esclusi dalle preferenze stabilite dalla legge e che i disertori siano privati di tutte le facoltà e diritti del cittadino. Chi ha tradito la Patria nel momento del pericolo d iventa uno straniero e un nemico : né può vantare diritti di sorta in avvenire.

Abbiamo più volte reclamato e insfatito : date un « contenuto sociale » alla guerra e per ragioni formidabili che si riassumono in qUcste due semplici parole : Per meglio e p iù presto vinçert I Siamo lieti .... di salutare nel proge tto Ciccotti il primo tentativo di realizzazion e di questi fini di g uerra all'interno.

E siamo ancora lieti che al progetto dcli'on. Ciccotti abbiano aderito deputati di ogni settore della Camera, il che conferisce maggiore significazione alla iniziativa e fa sperare che il progetto sarà Votato dal Parlamento.

È tempo che la Patria offra al combattenti l'attestWone tangibile della sua riconoscenza e della sua fiducia.

Da J/ Popolo d'fotlia, N. 322, 20 novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 322, 21 novembre 1917, IV.

68 OPERA
OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
f' I

T erminati gli inni, appare alla tribufta il 110//ro direttore Benito Mussolini, accompagnato da due uf/iciali mutilati e accolto da 11n grande applauso e da grida di: « Viva Muuolini ! Viva il Popolo d'Italia I. ». .Ristabilitosi il silenzio, Mus.rolini comincia:

L'Associazione fra i mutilati e gli invalidi di guerra mi ha fatto l'altissimo onore di scegliermi quale delegato a portare il saluto ai fratelli d'armi ; altissi mo onore - dico - perché a nessuno di noi è ignota l'opera mirabile dei mutilati, che, stroncati, feriti, hanno ancora l'energ ia di accorrere contro l'odiatissimo nemico. (Applausi viviuim1).

Sono lieto - continua roratore - di salutare i soldati francesi e la Francia che noi amiamo e che, forse, · giudicammo qualche volta male, attraverso uqmini che erano soltanto espressioni di tendenze parlamentari. (Nuovi vigorosi applatui). La Francia ha dimostrato una vitalità possente. Quando la Germania, che premeditava la guerra, l'ha presa alla gola, la. Francia tutta.~ sorta in piedi cd ha gridato:

« No, Kaiser I Tu non arriverai a Parigi I » E a Parigi non arriverà mai I (Vivissime acclamazioni; grida di: « Bene I Bravo I »)

E amiamo l'Inghilterra - continua Muuolini - la quale ha operato il miracolo di creare un esercito che non cede, tenace, e non cederà fino alla vittoria completa. ( ApplaNsi)

Ma poi permettetemi cli salutare il :rappresentante del Belgio che noi adoriamo per questo semplice ma grande motivo : ha. scelto il martirio piuttosto che il mercato. (Appla11si calorori, replfrat,).

Ed ora - continua I'O(alore - veniamo a noi che viv iamo la passione nostra più grande. Oggi abbiamo soffecto, ma non piegato. Se fossimo stati un popolo malato, fradicio, sacemmo, a quest'ora, in fondo all'abisso I (Benisrimo !). Noi avremo il coraggio, non qui, ma in altra occasione, di fare il nostro esame di coscien~, di fic-

• Discorso pronunciato a Milano, al teat ro della Scala, la seta del 20 novembre 19 17, du rante una manifestazione patriottica in onore dei soldati fn. ncesi e inglesi indetta dall'Associazione nazionale fra mutilati e invalidi di guerra. {Da Ii Pçp olo d' I1ali~, N. n3, 21 novembre 1917, IV)

.--:·-· ." ;'" " -
[«MORTI SI, MA SCHIAVI NO, SCHIAVI MAI! »] *

care lo viso in fondo nella ferita che ci fu inferta. Ebbene, io vi chiedo, ora, le attenuanti per i nostri soldati perché li ho visti battersi, soffrire in silenzio, morire I Chi ha visto il Carso, chi ba assistito ai mirabili sforzi compiuti su la nostra fronte, non può, non deve disperare del valore dei soldati d 'Italia I (Lunghissima ovaz_ione Grida di: « Viva l'Esercito I Viva i mfltilati I»).

Non è il caso - pro.1egue Muuo/ini - di indagare le caUse di questa nostra crisi, perché dovrei andare molto lo ntano e.... molto vicino. (Approvazioni). La Russia ci ha danneggiato non perché i suoi soldati non si battevano più, ma per l'ondata dei gas asfissianti pacifisti che da essa si è sprigionata. (Appla,m).

I soldati d 'Italia si riprendono. [.... censura]. In nove giorni i ted e· schi non hanno passato il fiume e non lo passeranno più I (Applausi vivissimi. Molle voci si levano dal pHbblico : « Non pamranno I>)).

Mussolini ripiglia :

Dal momento ch'è presente un m embro del Goveioo nazionale, ,, g li voglio dire: Siate all'altezza del momento ! Bruciate della nostra , passione I Non dateci delle frasi : dateci dei fatti .... Dite al Governo che il p o polo di Milano è disposto agli ultimi ·sacrifici, a tenere: a tesistere, è ·disposto a rinnovare il giuramento : « Non tregua al Barbarossa ». (Applatm).

Parta da questa· assemblea l'espressione della nostra ferma fede. Noi prenderemo l'Italia come nel maggio glorioso del 191s, Facciamo ora questo giuramento: «. Morti sl, ·ma schiavi no, schiavi mai I )>,

Lo giuriamo J (Una vera ovazione corona il vibrante disrorso di Benito · Mussolini. Il pubblico lancia fiori sul palcosceniro).

70 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

COL FERRO E COL FUOCO

[ unmra]. È con un regime di ferrea disciplina - ferrea in alto e in basso - accettata o imposta - che l'esercito nostro ricalcherà le strade della vittoria. Va da sé che questo regime che può chiamarsi negativo, dev'essere integrato dall'altro : quello positiv o, sul quale più volte abbiamo tenuto discorso.

Ma noi, [ (ensura .•..] ripensiamo a una frase dcll'o n. Orlando. Noi rkordia mo le parole colle quali egli volle abolire la distinzione fra Italia che combatte e Italia che non combatte e parve tendere ad acco munare tutta l'Italia, e quella in armi e l'altra dell'interno, sotto l'imperio di' una stessa disciplina. Sono passati molti giorni ormai da quel discorso. Ma noi cerchiamo invano i segni èli questa disciplina all'interno. [Censura]. All'interno sono lasciati tranquillamente in libertà gli individui responsa.bili morali di quei fatti. :Mille episodi che noi raccogliamo, e che il Governo naturalmente non ignora, dimostrano che l'azione del Governo stesso non si è determinata secondo una direttiva precisa, ma va a tentoni ancora come p rima, nella vana ricerca della conciliazione dei contrari.

I sudditi ted eschi sono ancora fra noi ad insidiarci con manovre di disfattismo catastrofico od ottimista. I telegrammi di vittorie fant astiche che a un dato momento giungono contemporaneamente in diverse città d'Italia, partono da qualche clandestina stazione radioteleg rafica [ tenlfl!"a]. Sentiamo attorno a noi qualche cosa di sinistro, di oscuro, di obliquo che si muove, che si agita, che non riesciamo ad afferrare, semplicemente perché ci mancano gli strumenti dell'indagine e della rcpreSsione. [Censura ] chi conosce i retroscena della vita politica italiana,·dal processo per alto tradime nto di R oma a quello di Ancona, è indotto a non meravigliarsi p iù di nullanoi ci domandiamo : dov'è la politica di guerra che il Ministero nazionale - nuov a edizione - ci aveva promesso ? Dov 'è la disci-plina di guerra?

Anche la faccenda dei prigionieri è strabiliante. Abbiamo una collana di episodi che farebbero ridere, se i tempi lo permettessero. Nelle campagne lombarde, nelle immediate retrovie del territorio stabilito come zona d'operazione. i prigionieri se la spassavano alle-

gramcntc come nella più ,onjortabl, delle villeggiature, in mezzo ai « bùoni villici », specialmente femmine, pronte a credere che la Germania una· nazione innocente, civile, cavalleresca e che, se i tedeschi venissero, soltanto i « signori)) avrebbero qualche cosa a temere.... I prigionieri, . i nefasti prigionieri austriaci, questi nemici che dimostrano - anche in istato di prigionia - di essere nostri astuti e implacabili nemici, sono o non sono stati ritirati e concentrati nelle fortezze? Non lo sappiamo.

Così, non si vedono le misure che il Governo dovrebbe adottare per imporre un più austero reg ime di vita alle città. Si balla ancora in certi sobborghi.... si balla - capite I - coi tedeschi sul Piave. E che cosa fa il G overno contro il disfattismo che - passati:> il primo momento di angoscia - torna alla sua opera infame ? Niente. Adopera le forbici. Censura. Il regime della concordia nazionale ·sta . per diventare il regirrie della « complicità » nazionale. Al Governo no n sono, non debbono essere ignoti i nuovi « modi » d ella pro· paganda disfattista che viene ripresa specialmente nelle campagne e anche f~ il popolino delle ciltà. [Censura}. Qriesta propaganda ha già avuto le sue piccole, spo radiche _ sia pure, .ma non meno sinto· maliche manifestazioni [.... unsura]. Gli organi del Partito Socialista

Ufficiale sono saturi di disfattismo. [Censura].

Noi respingiamo questa nuova, più grande, più pericolosa menzo. gna, che come l"altra della « libertà per tutti >) potrebbe condurci ad altre tristi ·giornate. Concordia, sl, ma per la resistenza e per la vit· t oria. Fuori di qui ci sono gli stranieri e i nemici. Ma il Governo, invece di prendere una buona volta di fronte questi nemici e schian· tarli - in questo momento propizio - li tratta coi g uanti. È pieno di riguardi verso di l oro. Guai a toccarli ! Censura I E quelli non disarmano. In alto le dichlarazioni ificerte di p ochi screditati ex-apo· steli, in basso il disfattismo dei Maffi, dei De Giovanni [ cen.rura].

Il veleno viene di nuovo propinato a gocce a gocce, quo~dianamente. E noi che v ivendo a contatto continuo col pubblico ne sentiamo i .movimenti, le vibrazioni, gli stati d'animo, noi che denunciamo i sintomi dei' mali che più tardi ci affliggeranno, passiamo per degli allucinati che dan corpo alle ombre Eppure> non una· sola delle nostre previsioni è fallita....

Se non ci sono due Italie, on. Orlando, non ci possono essere due discipline. Bisogna decidersi. Ferro e fuoco ci vuole, ma . non soltaO:to tra il Mincio e il Po.

72 OPERA OMNIA DI BENITO MUiSOLINI
M,
Da li Popolo d'Itaii.s, N 324, 22 novembre 1917, IV Pubblicato anèhe sull'edizione di Roma, N . 324, 23 novembre 1917, IV.

IL GIGANTE DI STOPPA

La crisi francese, colla soluzione Clemenceau, può offrirci ancora qualche utile in segnamento. L'esordio del nuovo Ministero ·è stato felice, Il voto della Camera quasi unanime. Non c'ingannavamo, nel nostro scetticismo, circa i propositi aggressivi o rovcsciatori del socialismo unificato e della frazione caillautiana. Clemeoceau è uscito dalla prima seduta trionfante e questo trionfo gli è stato riconsacrato dopo la discussione sul suo discorso. Dove sono andati a finire gli uomini c he in nome del proletariato ___: e chi non s'anoga oramai, fra i s~ialisì.i, il diritto di parlare in n ome del «proletariato» Iavevano posto il loro «veto» a un Ministero Oemenceau ? Nessuno li ha rintracciati. Aviebbero, molto probabilmente, p referito di non contarsi per non dare .al mondo la prova numerica e decisiva che l'odiato « Tigre>> può contare sulla quasi totalità della Camera francese e sull'unanimità del Senato, e - quel che più conta - sull'unanimità ddla ·Francia.

I socialisti unificati hanno rivelato la loro debole2za, la loro disunione, aggravata dall'astensione . di gran parte di essi. Durante i Ministeri Ribot e Painlevé i socialisti parevano i padroni della situazione, i dominatori del Parlamento, . gli arbitri della vita e della morte dei Ministeri semplicemente p~rché_i signori Ribot e Pain• levé mancavano della necessaria energia per fronteggiarli, ma quando viene Clemenceau , la scena cambia d' aspetto con rapidità impressionante. Pareva che non si potesse nemmeno concepire in Francia un Ministero nazionale senza un certo numero di portafogli consegnati ai socialisti, ed ecco che Clemenceau compone il Ministero senza i socialisti, presenta il Ministero senza cercare l'appoggio o la. bene_volenza dei socialisti, si prepara a vivere anche « contro » i socialisti o quella parte di essi che relollt' de RPssie sovietizzano, dimenticando che i tedeschi sono a Noyo~····Il socialismo francese ci appare, oggi, in una difficile situazione, dal momento che la sua << indispensabilità » è sfumata coll'avvento del nuovo Ministero. Eppure, nel socialismo francese non mancano le teste pensanti, gli uomini di valore, gli orga.nizzator~ formidabili come qucll'Alberto Thomas che ha portato il rendimento delle officine francesi a percentuali imponenti in con~

fronto dcll'ante-guerra o dei primi tempi della guerra. Di più : il socialismo francese ha avuto sino a pochi mesi fa i suoi rappresentanti al governo della Repubblica e non dimentichiamo che il socialismo francese ha una dottrina e una storia, ha avuto dei pensatori e dei martiri.... Malgrado ciò, è dimostrato, diciamo dimost!ato, da.i fatti, che si può governare la Francia, al quarto anno di guerra, senza l'appoggio dei socialisti, e che il Governo non perde per questa lacuna il diritto - a giusto titolo - di chiamarsi Governo

« nazio nale ». Anzi I

In I t alia il socialismo non ha una storia, non ha nemmeno una cronaca, 21.l'infuot;i ·di quella elettorale. Non ha avuto pensatori di grande stile, all'infuori di Antonio Labriola, che era estraneo quasi completamente . al movimento dei partiti. Qualche buon libro d'idee è venuto molto tardi da cx-socialisti, passati al sindacalismo o al riformismo. [Ct nJ"ura].

Se il Governo non vive nelle nuvole, deve aver notato questo fatto : che il proletariato indus triale ha voltato la schiena al Partito Socialista Ufficiale [.... çen..rura}. Se il Governo teme d'instaurare una politica di guerra, in vista dell'opposizione eventuale dei socialisti ufficiali, è un Governo di una miopia politica fenomenale e di una debolezza morale impressionante. [Censura].

Oemenceau insegna. ·Modifichiamo : insegni I

Da Il Popolo d'I1alia, N. 32~, 2} novembre 19 17, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. }2S, 24 novembre 1917,· IV

74 OPERA OMNIA DI
BENITO MUSSOLINI
M.

DOPO UN MESE

È passato un mese da una delle date più infauste della storia italiana. Il 10 marzo del 1896 è una giornata quasi insignificante paragonata al 24 ottobre del 1917. Non sappiamo bene come e qualmente sia avvenuto che dopo undici battaglie vittoriose, sul terreno p iù difficile della guerra europea, si sia perduta la dodicesima, senza combattere.

La voce pubblica indica le cause, g li agenti respo nsabili della disfatta, ma la censura - in regime di concord ia nazionale - evita, con tagli violenti di forbici , ogni indag ine. E il Governo continua a tacere. Inesplicabilmente.

Riceviamo ogni giorno a decine lettere di cittadini che chied_ono un po' di luce s u - questa ch'è la più triste «avventura » d ella nostra vita nazionale; un po' di luce per non ricadere negli stessi errori; un po' di luce per scegliere un'altra strada. Ma il regime del Governo è quello d el silenzio. Che cosa nasconda, non si riesce a capire. Non c'è oramai, in Italia, nessuno che non co nosca le proporzioni d el nostro ro vescio, non fosse altro perché sono segnate « territo rialmente >) fN .due fiumi che sono l'I sonzo e il Piave ; no n c' è nessuno che non sappia il numero dei prig ionieri e dei cannoni che abbiamo perdutò.

Quando, poi1 il Musaggero, consenziente la è.ensura, può liberamente parlare dei « fuggiaschi di Caporetto )>, noi ci domandiamo che valo~, che significato, che giustificazione ha l'ostinato mutismo del Governo.... Ma perché non si vuol dire la verità « vera )> ? Perché si continua nell'omeopatismo politico? O si vuole tenere la Nazione « in piedi )) ritta fieramente in faccia al nemico che ac~mpa a 24 chilometri da Venezia e allora si dica la v erità che dev e servire da eccitante, da stimolante; oppure si vuole che la Nazione si adatti, si « ~dagi » nella nuova situa2ione di fatto e allora il silenzio del Governo preparerà fatalmente il terreno a una nuova fioritura di calcoli m achiavellici, a base di possibili eventuali « combinazioni » disonoranti ....

Infine, dopo un mese, possiamo affermare di aver rasentato l' abisso - soprattutto dal punto di vista morale - ma di esserci ~ lvati. I giorni

T - ,-•. _, •; <· , ";'"

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

bui· sono ·finiti, Andiamo di nuovo verso la luce. Gli «sbandati» sono al fu oco e si battono coraggiosamente, Noi - senza voler scendere a èsibiziorli di pessimo gusto - abbiamo inte nsamente . sofferto e come soldati, perché in - quelle formidabili posizioni ddl'Alto IsOnzo abbiamo trascorso parecchi dei primi mesi della guema e ritenev amo oramai il nostro possesso sicuro e le nostre trincee iriespugnabili, e come cittadini, per ragioni che è inutile dire. Ma non ab biamo mai disperato, nemmeno q uando, da coloro che avevano assistito allo spettacolo di un esercito in ritirata e della fuga di Un popo lo, giungevano a noi, per iscritto o a voce, le parole della catastrofe.

Non abbiamo disperato, perché e ra nostra ferma conv inzione che, trasco rso il periodo dell'al1u cinazi on e ·cui erano soggiaciuti migliaia di uomini, sarebbe uriva to il periodo della «ripresa » e soprattutto p erché u na fede non meno ferm a ci sorreggeva nelle v irtù della Nazion e che n on poteva Jinire in un episodio . [Cemll1'a].

La crisi non è certamente ancora risolta, ma il suo momerito culminante è sorpassato,

Dal punto di vista «morale », il contegno delle nostre truppe tema ad essere quale fu sempre in trenta mesi di guerra aspds~ sima e sang uinosa : ammirevole ; e - dal punto di vista militare - la situazione è migliorata, malgrado la minaccia dagli altipiani. Noi siamo ottimisti e crediamo che un eventuale sbocco dei nemici, nella pianura, offrirebbe - seco ndo taluni - molte possibilità favorevoli alla nostra riscossa.

Comunque, noi attendiamo g li eventi militari, senza impazie02e e senza trepidazioni ,

Ma c'è una crisi che non vediamo av viata a una soluzio ne. La. crisi della n ostra politica interna. I giorni passano e si rassomigliano nella loro oscura vuotaggine ; passano i t elegrammi e i discorsi ; si annu nciano ·dei p rovvedimenti saltua ri e parziali qua e là; ma la linea manca, ma l'energia non si rivela, ma l'indirizzo generale con· tinua ad essere « parlamentare )> nel senso più lato e peggiore della parola. [Cem-Nra].

L a situazione è questa : abbiamo oramai un fronte sul quale le truppe s i b atto no; un Paese che - quasi unanime - sta diCtro ~.ll'esercito ; un Paese «eccezionale)> che non domanda altro, se non di es sere inqu!).drato - con tutti i suoi u omini, con tutte le sue for2e - per la vittoria ; ma il Governo che dovrebbe essere l'eSaltatore, l ' animatore di questo Paese, è lo ntano . [Cenmra]. Il Governo ha lanciato una nuova formula · : « la concoI'dia nazionale ~. Sta b ene. Siamo s tati i primi ad accettarla. Con lealt à. Ma qu~do v cdi~o

76

che con ques~ nuova formula si p erpetua la politica di ieri ; quando vediamo che la censura . - in nome della concordia nazionale - diventa id~otà. a ta1 punto da non permettere nemmeno di vigil.a.ce H disfattismo e i disfattisti, allora noi abbiamo il diritto di cominciare a sospettare.... a domandarci, cioè, se la « concordia nazionale » non sia un trucco (. ... ctnrNra].

Finché non vedremo i «fatti)>, noi rimarremo concordi soltanto con coloro che vollero_ la guerra e vogliono la vittoria.

Da Il Popolo d'llalia, N. 526, 24 novembre 1917, iv. Pubblicato anche sulJ'edizione di Roma, N. 326, 25 novembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 77
M

MINE E SILURI

INESATTEZZE E PRECISIONI

Il nostro Direttore ha mandato la seguCflte letterina alla Ba1aille S yndirali!le di Parigi:

MISE AU POINT

Chers amìs, Je lis dans la Batail/e du 2 0 novembre un arcide signé A. S. où l'on écrit que: « l'Italie a appelé sous les a.rmes 26 dasses comprenant Ics hommes nés en 1874 jusqu'à ceux nés en 1890 ».

L'auteur ajoute que « chez nous (c'est-à-dire en France) les hommes nés en 1897 portent l'unifÒrme »

Il faut de la precision.

Chez nous (c'est-à-dire en Italie) no n seulement les hommes nés cn 1897 portent l'uniforme, mais aussi ccux qui sont nés cn 1898 et ceux qui sont nés « en 1899 >~, agés d'à peine r8 ans, sont d éjà en ligò.e sur le PiaYe où ils se sont battus heroi'quement.

Faut pas avoir l'air dc faire croire que l'ltalie fasse la guene av ec le sang des autres Alliés.

Merci bien, si vous publierez.

MUSSOLINI

Per i no-stri lettori che non conoscessero il france~ , crediamo opportuno tradurre la lettera:

COSE A POSTO

Cari amici, leg go nella Balaillt del 10 novembre un articolo firmato A. S. nel quale s.i scrive: « L'Italia ha chiamato sotto le armi 16 classi comprendenti gli uomini nati nel 1874 sino a quelli nati nel 1890 »-

,.·-•~ ,··-··.• ..v. ' .- . ,~.

L'autoxe aggiunge che « da noi (cioè in Fr1ncia) gli ·uomini nati nel 1897 portano l'uniforme ».

Occorre precisare

Da noì (cioè in Italia) non solo gli uomini nati nel 1897 portano l'uniforme, ma anche quelli nati nd J 898 e quelli che sono "nati « nel I 899 », di appena i 8 anni, sono già in linea sul Piave ove si sono battuti eroicamente.

Non bisogna aver l'aria di far credere che l'Italia faccia la guerra col sangue degli altri Alleati. · Grazie, se pubblicherete.

MUSSOLINI

D.a Il Popolo d'Italù,, N. 326, 24 novembre 1917, IV. Pubblic.ata .anche sull' edizione di Rom.a, N. 327, 26 novembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 79
6 - X

SULLO STF.SSO TEMA

Ricominciamo. Se la pausa è stata breve, la colpa non è nostra, La coscìenza pubblica torna ad esse re inquieta. Non siamo noi che provochiamo questo stato d'inquietudine. Noi lo registriamo. Lo raccogliamo. Lo analizziamo. Soprattutto non lo inventiamo noi per trovare il pretesto ai n ost ri attacchi. Le lettere che riceviamo, i discorsi che ascoltiamo t occan o tutti lo stesso argomento, rivelano tutti la stessa ansia; manifestano tutti lo stesso d esiderio. Qualcuno ammonisce: date tempo all'on. O rlando.... Ma ci è facile rispondere : quanto t empo ? Oggi i giorni valgon o anni e gli anni secoli. Quanto tempo occorre all'o n. Orlando per dare aU'ltalia una po litica interna che sia una politica di guerra? Non si tratta di tempo. Non si può ri_; manere eternamente ad un bivio, specialmente q\larido l'occasione di scegliere c'è stata e solenne e terribile. Noi saremmo ancora disposti a fare credito di tempO all'on. Orlando, se qualche indizio ci facesse intravvedere una innovazione nei metodi che furono seguiti sino a ieri. Ma nessuno - per quanto dotato di buona volontà - scorge questi segni. Se dal mattino si conosce la giornata, è lecito prognosticare un meriggio tempestoso, dal momento che il mattino ci offre l'orizzonte grigio e oscuro colle nuvole dense di . elettricità. Usciamo d alle metafore meteorologiche. Scend iamo in terra. D obbiamo ripetere - per l'ennesima v olta - che nessuna arùmosità particolare ci spinge a rinnovare queste critiche? È superfluo. Noi non facciamo dell'o pposizione professionale. Il Comitato d'Azione di Milano, non sospetto di tenerezza per l'on. Orlando, gli ha mandato un teleg ramma di plauso per i suoi messaggi ai Governi Alleati. Se alle parole seguissero i "fatti, è certo che l'on. Orlando potrebbe contare sull'entusiastico appoggio delle forze interventiste. Ma gli è che i fatti non solo non seguono alle parole, ma danno torto alle medesime. Abbiamo le prove di quanto affcrtllamo. Episodi reali e non prevenzioni fantastiche ci impongono di spezzare la tregua. Ritorniamo al 14 novembre. [Censura]. L'on. Orlando, ca.me Presidente del Consiglio e ministro dell'Interno , ba mancato un'occasione per dire qualche cosa, nella materia che - dopo la condotta politica~diplomatica• militar-e della guerra - interessa più da vicino gli italiani : la p oli·

tica interna. La frase : « non ci sono due Italie », acquistt un senso totalmente diverso da quello .che le fu affidato nei primi commenti. Nòn c'è che l'Italia del Parlamento e del Governo. [Cens11ra], Per comprendere esattamente il valore di questa frase, bisogna tornare alle polemiche di prima del 24 ottobre. Non diciamo di più. L'altra frase dell' on. Orlando divideva gli italiani in due schiere: da una. parte gli italiani, dall'altra i nemici. Accettato. Ma co me si trattano i nemici? &co il quesito . Noi domandiamo che il Governo proclami lo stato di guerra fra l'Italia e i suoi nemici i ntern i. In Francia, coll'avvento di Oemenceau, ciò è avvenuto, A llleno che l'oo. Orlando non ritenga, a giustificazione del suo ·sistema, che i nemici interni non esistono pJù. Che l'on. Orlando sia m'.'-le infor mato dai suoi pref~tti e da.i suoi questori, è positivo. È nella. psicologia. dei funzionari il desiderio di evitare noie o «grane ». Le segnalazioni che da tutte le località d'Italia dovrebbero giungere quotidianamente a Roma, si fermano a metà strada o non partono affatto. Ci sono dei ministri che vivono nella più beata ignoranza di quanto succede. Sembrano di uo ·altro mondo. Una pallida progenie di un altro secolo. Ma noi siamo 4iformati. Precediamo i funzionari. I nostri .informatori sono legione e non ci chiedono nulla. Non attendono il 27 Lavorano per amore di }'.)atria. Con disinteresse assoluto.

Ora, quando noi affermiamo che il socialismo ufficiale italiano non vuol saperne di concordia e deve, quindi, essere trattato come un nemico più pericoloso di quello che accampa sulla sinistra del Piave, non siamo mossi dal desiderio di piantar grane all'on. Orlando o dalla soddisfazione - che sarebbe mediocre - di veder sbaragliati i nostri avversari politici; no, ma dal deside rio di non vedere nuo~ vamente compromesse le fortune d'Italia, di non vedere posti nuovamente in gioco ì sacrifici immensi di trenta mesi di guerra. Informiamo, dunque, l'on, Orlando : a) che la sezione milanese del Partito Socialista Ufficiale ha energicamente deplorato il manifesto della Giunta : b) che a Firenze i massimalisti o leninisti hanno disapprovato il cli· scorso Prampolill4 malgrado la sua rinnovata dichiarazione cli ostilità alla guerra, quindi anche alla guerra che deve ricacciare i tedeschi dal Veneto: e) che il segretario del PartitÒ Socialista Ufficiale, ·Costantino Lazzari, in una circolare datata col 1 5 novembre, invita le sezioni a costituire .un ·fondo di soccorso, non già per i profughi, ma per i i< petsegu.itati » di Torino, e riafferma al tempo stesso il suo incrollabile atteggiamento di opposizione alla. guerra ; a) che nelle campagne e particolarmente fra le donne, la propaganda disfattisu ha ripreso con questi due modi : getta il sospetto sui franco-inglesi ed esalta la gentilc~za, la cavalleria., l'ordine dei tedeschi « che non

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 81

farannQ del male alla povera gente, ma ai ricchi che hanno voluto La guerra )>,

T ornano a circolare dei volantini eccitatori. Dunque : il socialis mo ufficiale, nelle sue rappresentanze, è leninista. Non disarma. Non intende disarmare[.... censura, ... ], finché non vedrà un gesto di coraggio continuerà a fare il leone. Domandiamo: l' on. Orlando intende tollerare o intende impedire che il morale della Nazione sia[.... çtnJ"llf'a•••• ] insidiato e indebolito? L'on. Orlando intende darè o riegare la libertà ai sabotatori della guerra? Noi sappiamo che queste n ostre domande susciteranno ire e sprop ositi nelle file de l Partit one. Ma la cosa non ci riguarda. Conosciamo quella gent e· [ cens11ra .••.] çion usciranno mai dalla zona degli o rdini d el giorno, naturalmente «vibrati ». [CenJura] E cco : noi chiediamo la r eazione, Perfettamente [.... ce1.1111ra]

Chjediamo la cc .reazione» contro pochi [.... muura J pei; salva.re la cc libertà» di trentasei milioni di italiani.. ..

Da li Popolo d'foJia, N. 327, 2) novembre 1917, IV, Pubblicato anche sulJ"edizione d i Roma, N. 327, 26 novembre 1917, IV.

82 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI
M .

NON PASSANO Più!

Il linguaggio dei nostri riemici non è più « lirico » come nella settimana dal .24 ottobre al 1 ° novembre, È diventato laco nico. Non c'è niente da segnalare, secondo i tedeschi ; la situazione è quasi invariata, aggiungono gli austriaci. [CenJ'll/'a].

I p opoli di Germania e d ' Austria che attendevano nuove marce fulminee attraverso i fiumi del Veneto - sin o a ll'obiettivo supremo : Milano I - devono in questi g iorni provare il m orso della delusione più acerba.

Oramai l'equilibrio ritorna, una situazio ne si ristabilisce, u na nostra contro-offensiva non può essere lontana, la rivoluzione leninista in Italia è mancata, g li inglesi marciano su Cambrai e su Gerusalemme, l'America ann uncia ufficialmente che per la primavera pro ssima un milione di soldati saranno in Francia,. i sottomarini non affamano l'Intesa, mentre il nostro « blocco » fa sempre più duramente sentire i suoi fre ni : ecco le ombre nel quadro austro-tedesco.

La pace che g li imperi Centrali agognano non è stata avvicinata dall'offensiva contro l'Italia, ma piuttosto allont:mata nel più incerto futuro.

Hanno o rdinato la vacanza in tutte le scuole austriache al 3 novembre; Hindenburg ha fatto sparare a salve in Prussia e· in AlsaziaLorena ; c'è st~to lo scambio d ei soliti telegrammi fra gli alleati « uniti per la vita e per la morte», ma l'obiettivo militare - la distruzione del rtostro esercito - non è stato . ragg iunto ; l'obiettivo politicoquello di piegare l'Italia a una pace « separata» - meno ancora.

E nella cronaca, c'è un episodio strano, che, sulle prime, parve una delle troppe favole che passano da bocca a bocca, mentre i nvece corrisponde alla più genuina verità. L'imperatore d'Austria ha corso serio pericolo di annegare nelle acque torbide di un affluente dell'Isonzo Gli antichi avrebbero riconosciuto in un fatto cosl singolare b. mano misteriosa del Destino....

Da quindici giorni, i tedeschi sono sulla sinistra del Piave e non sono riusciti a passare Noi abbiamo la certezza che non passeranno. I motivi che confortano questa nostra certezza sono obiettivi e soggettivi: d'o rdine militare e d'ordine morale.

Chi ·stato in guerra, sa - per esperienza personale - che cosa vuol dire disporrè di un pò di tempo, per si stemare le posizioni a difesa. All'indomani delle nostre spallate carsiche -e quella del novembre dell'anno scorso che ci fruttò undicimila prigionieri e ci condusse a mezzo clillometro da J amiano sui primi cont rafforti dell'Hcnnada, fu semplicemente magnifica - che cosa era la n ostra trincea di prima classe ? Un muricciuolo tortuoso, eretto coi sassi raccolti sul terreno. Uno scheletro. Un simulacro. Un segno appena visibile. Non difendeva dalle g ranate, riparava appena dalla fuc;ileria e dalle· pallette degli shrapnel.r, Ma alla notte, fra un contrattacco e l'altro, venivano lanciati oltre al muricciuolo i primi cav alli di Frisia con pkchi e v anghette, si scavava il fo sso, m entre colla terra si riempivano i. sacchi.... Alla mattina la trincea era già abbozzata. · Dopo alcune n otti di lavoro accanito, la trincea era quasi al completo. Seguiva il lavoro di perfezionamento : trasversoni, ..ricoveri, ttne di volpe. Intanto, dietro di noi, si stabilivano le bombarde e più indietro ancora, si schieravano nei nuovi appostàmenti le batterie, La stessa cosa è a vvenuta, in queste due ultime settimane, sulla riva destra del Piave. I tedeschi si trovano di fronte a un'organizzazione difensiva. Non devono soltanto varcare il fiume - e non è facile gettare dei p onti - ma giunti sulla riva opposta, devono superare i reticolati, gli ordini successivi di trincee, i nidi di mitragliatrici, i fuochi delle artiglierie.

Ma- soprattutto - e questo è il motivo principale della nostra certezza - de vono ributtare i soldati italiani. E poiché i soldati italiani sono decisi a morire, ma n on a indietreggiare, ceco che l'esercito nemico è obbligato a segnare il passo. È un fatto che g li austrotedeschi sono giunti al Piave non in seguito alla maggiore genialità d ella loro strategia, o alla più alta combattività delle loro truppe - presso le quali molto diffuso era il cafard --' o alla s!'lperiorità dei loro mezzi materiali; no. Hanno vinto, perché alcuni dei nostri reparti hanno opposto una « de6.centc resisteru:a » [Censura].

Sono entrati, perché qua e là hanno trovato la pòrta aperta. Ora che la p orta è chiusa, e vi fanno buona guardia i nostri soldati, la strategia tedesca non può vantare nessun successo positivo. Il che prova che l'elemento «uomo» è il (ondamentale e che tutti i mezzi meccanici del mondo sono insuffic.enti a dare la vittoria, se: l'animo dei soldati è insuffic.entc e viceversa.

Andiamo, dunque, verso il ristabilirsi dell'equilibrio sul nostro fronte. L'invasione è fermata. Ma noi non vorremmo che alriotemo del Paese si fermasse qucll' ond_a di passione che tutti ci ba presi e esalt1ti n: i. giorni scorsi. Non vo.cre~mo che il Paese - per g radi

84
OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

più o meno sensibili - si adattasse al pensiero della Patria invasa. L'invasione di tre provincie del Veneto è un aculeo che dobbiamo tenere infisso nelle nostre carni e nella nostra anima. È un fatto che dobbiamo avere sempre dinarizi agli occhi. Non dobbiamo .concedere tregua a n oi stessi. Contenuta l'invasione, un proposito solò deve tendete tutte le nostre energie : ricacciare il barbaro. Ma soprattutto bisogna mettersi in mente che la necessità suprema della rivincita non è legata alla sorte d ei nuovi e dei vecchi territori da -redimere, ma al nostro prestigio, alla nostra dignità, al nostro onore nel mondo.

Il 24 ottobre non si cancella se non colla vittoria. Là nostra rivincita è il nostro riscatto morale. La nostra riabilitazione. La nostra purificazione da una colpa enorme. La nostra espiazione deve essere la nostra vittoria. Abbiamo perduto [momentaneamente]; ora bisogna ·combattere per vincere, e vincere per riguadagnare - oltre i territori - la nostra riputazio ne di popolo. Gli «sbandati» che t ornano al fuoco rappresentano, nella parte, il tutto. Tutta la Nazione deve tornare a l fuoco.

La nostra guerra è, oggi, dominata da una necessità morale. Il popolo se ne rende conto. Attendiamo che il Governo faccia altrettanto.

Da li Po polo d'Italia. N. 328, 26 novembre, 1917, IV. Pubblicato anche sul. t'edi:i:ione di Roma, N. 328, 27 novembre 191 7, IV.

•· . ~ ;~\~ ., DAL PIAVE
MESSAGGIO
85
AL
DI Wli.SON
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NOSTRI POSTULATI PER LA STORIA DI UNA SETTIMANA

Il fuoco della nostra più grande passione di italiani arde ancora impetuoso e purificatore. D omenica scorsa ha fiammeggiato da Un capo all'altro d ella penisola. A Todno , che rfrorna T orino, le truppe franco -ing lesi di p assaggio sono state oggetto di una g rande dimostrazione di simpatia ; a Gen ova, una delle t re cit tà che imposero la g ue rra, una moltitudine immensa ha rinno vato il giuramento della sagra di Quarto; a Parma, la consegna di una bandie ra ai mutilati è stata la consegna di migliaia di cuori alla causa d ella vitto ria e d ella riscossa ; a Pisa, col concorso di u n membro del Governo, si è levata alta e fiera la voce della T oscana che non dimentica i precursori di Curtatone e Montanara. Accanto a queste manifestazioni collett ive, gli episodi individuali, che vanno dalle prove della solidarietà fraterna coi profughi alle rinuncie di esoneraù, che abbandonano il tornio e pre ndono il fucile.

· Il Bollettino dei prof11ghi, rifugiati 11.ella provincia di Modena, è, per esempio, una lettura confortante : ci so no elenchi lunghissimi di famiglie che hanno adottato un'altra famiglia delle provincie invase, p er dimostrare coi fatti, che l'Italia è una sola, una grande famiglia. Molti operai sono passati nei nostri u~ci a sal utarci prima di andare al fronte e n on h an no voluto nemmeno che il loro gesto fosse segnalato dai g iornali. Anche in q u esto quadro ci sono delle ombre. C'è l'eccezio ne r appresentata dalla tirchieria, dall'egoismo o dall'incoscienza e qualche volta dalla malvagità, ma, nel co mplesso, il morale del nostro popolo è eccellente. Certe p~ivazioni o limitazioni che parevano insopportabili prima del .2.4 ottobre, sono accettate oggi senza nessuno di quei brontolamenti che, sulla g uis a del famoso « piove, governo ladro », parevano un « dato » insopportabile della n ostra mentalità. La gente fa la coda dinanzi agli spacci, ordinata e tranquilla, L'attesa qualche volta è lunga; q ualche volta è v ana ; qualchè volta è irritante per i contrattempi che. la burocrazia si diverte, spesso, a suscitare; ma nessuno protesta. C'è un « pudore civico» che trattiene le lingue già cosJ pronte ad imprecare. Che cosa sono infatti le privazioni o

-. ·~· . .

le limitazioni dei viveri dì fron te alla miseria indicibile, all'inopia totale dei profughi ?

In tutte le manifestazio ni di questi giorni, dalle adunate di popo lo alle sottoscrizioni per i profughi, c'è un fervore cosi vibrante da sembrare esasperato . Le città rispondono. Le città tengono. Anche nelle campagne il pericolo dell'invasione scuote le masse. Con quuto popolo è ancora ~ssibik fare o rifare tutto. È possibile avere la calma necessaria all'interno durante la guerra, la produzione raddoppiata nelle officine, il nume ro sufficiente di soldati per l'esercito. Il popolo italiano è in questo momento un masso di minerale preziosò. Bisogna fonderlo, pulirlo dalle scorie, lavorarlo. È ancora possibile u n'opera d'arte. C( vuole un governo. Un uomo. Un u omo che abbia, quando occor"ra, la maflo dal tocco delicato dell' artista, e il pug no pesante del guerriero . Un sensitivo e un volitivo, Un . uomo che conosca il popolo, ami il popolo, indirizzi e pieghi - anche colla violenzail popolo. Un governo di g uerra, che viva soltanto della guerra. U n governo c he p referisca la verità alla menzogna e la b rutalità agli eufemismi. Un governo d utti1e che adegui la sua azione alle circostanze e agli ambienti. La propaganda per gli ingeo,ul e per gli ignari, il piombo per le canaglie, Un governo quale vaghegg iamo noi avrebbe già dato agli italiani la storia della settimana che va dal z4 ottobre al 1° novembre. Noi ci sentiamo diminuiti. N on sappiamo nulla. Abbiamo cento versioni, ma quella « ufficiale» non ancora. D opo un terremoto, possiamo sempre leggere ciò che dice Padre Alfani. A quando un comunicato di Padre Orlando s ul terremoto del 24 ottobre che ha fatto c rolla re il nostro fronte dalle Dolomiti al mare? Non chiediamo perché. Chiediamo «come» è avvenuto. I «perché» li elencheremo poi, q uando sarà suonata l'ora delle resporisabilità e della g iustizia. :È al <(come» è avven uto che deve rispondere il Governo. Noi non vogliamo più essere umiliati. Non vogliamo leggere i giornali inglesi, o francesi," o svizzeri per farci un'idea degli avvenimenti o, per d irla con lingtiaggio aulico, di quello straordinario concorso di circostanze che hanno portato i tedeschi sul Piave. [Cen.rura].

Cadorna ba parlato di « deficente resistenza di alcuni reparti » e siamo rimasti a boe.ca asciutta. Ora, dopo un mese, visto il contegno sotto ogni rapporto lodevole d ella popolazione, considerata la ripresa d ella combattività dell'esercito, il silenzio d el Governo deve cessare. Il .Governo deve farci misurare l'abisso nd. quale per p oco n on siamo precipiu.ti. Questa cronistoria che noi domandiamo anche un'opera, di giustizia e d i rivendicazione. I reparti deficenci devono essere conosciuti. I no:mi d elle Brigate che non hanno tenuto, devono essere notificati. Viceversa il Governo ha l'obbligo di illustrare il valore di

~. ·~ DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI W ILSON 87

quei regg imenti che ha.nno conteso passo a p asso i1 tcneno al barbaro, Perché, ad esempio, n o n dare qualche dettaglio sui combattimenti sostenuti $ul Monte S. Simeone da q uella 6a Divisione, che il nemico stesso in uno dei suoi bollettini ha Chiamato « eroica >> ? È tempo di cambiar metodo . Questo popolo non s'impressiona più. Potete dirgli tutto . Date le cifre, piuttosto che far galoppare le fantasie . V'illudete, forse, di far credere che l'Italia - soltanto l'Italia - faccia la guerra senza perdite, in m orti e p rigionieri? Signori del Governo, non respingete a priori la parola che parte da noi uomini della strada : non lasciate tutto il materiale della storia ai posteri lontani, né vi semb ri insolente il diritto che rivendichiamo di conoscere almeno un po' di quella storia che fra un secolo si scriverà coll'in~iostro. mentre, oggi, noi la scriviamo col sangue....

Da Il Popolo d'l:alia, N . ; 29, 27 .novembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N 329, 26 novembre 19 17, IV.

88 OPERA OMNIA D[ BENITO MUSSOLINI

I «COMANDAMENTI » DELL'ORA

AMARE I PROFUGHI

Non basta soccorrere i profughi che i treni e le tradotte dal Veneto rovesciano, ogni giorno, a migliaia e migliaia nelle nostre città Bisogna comprenderli. Non basta comprenderli : bisogna amarli. La ospitalità dev'essere - soprattutto - amore.

La commiserazione che si esuarisce nella ~cric delle interiezio ni esclamative, non t di un p opolo forte. La pietà in se stessa può apparire pesante e ingrata a chi riceve. Quas i sempre il gesto della mano che porge nobilita l'offerta, anche se esigua.

Bisogna amare i profughi. È il comandamento di quest'ora. Amarli come si ama l' Italia. Essi sono l'Italia viva e do lorante. Dobbiamo spezzare con loro il nostro pane. Sono, nella nostra famiglia, i fratelli percossi dalla sventura. Non hanno più nulla. La loro casa dov'è? -Qualcuno, volgendosi indietro nella fuga precipitosa, l'ha vista già preda alle ·fiamme. Quasi tutti non sperano più di ritrovare ancora · una casa, quando l'ora del ritorno sarà suonata. Bisognerà ricostruire daUe fondamenta.

Non c'è da nutrire illusioni - dopo l 'esperienza triennale della guerra - sulla longanimità, sulla civiltà dei barbari culturizzati. Tutto ciò che i loro complici dall'interno vanno cautamente propalando, è pura, sfrontata menzog na.

Deserto nei campi, rovine nei paesi ; ecco la sorte che attende il Friuli dolce e sacrificato. Tutti i profughi non h anno più una casa, ma molti di essi non hanno più nemmeno una famiglia.

Il ciclone improvviso ha separato violentemente, ha sbalestrato agli opposti orizzonti i componenti delle famiglie. Ora si « ricercano ». Ci sono delle madri che ricercano i figli; dei figli che domandano no tizie delle madri. L'esodo è stato cosi repentino e tumultuoso, che le famiglie sono state sommerse nella moltitudine senza nome.

Ci ·sono IIµgliaia di «dispersi». La marcia al di là dei .fiumi, verso il suolo della Patria non minacciato~ ha le tappe seg nate cli mo.rti. Sono stati travolti dalle acque, o la pioggia e il freddo o la fame li

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ha uccisVo sono stati straziati daUe bombe e dalle mitragliatrici degli aeroplani tedeschi.

Queste folle dolenti sono state lasciate per giornate e notti intere lungo i bin ari mo rti delle stazioni o abbando nate nell'aperta campagna, alla sete, a l freddo, alla fame. Dopo v iaggi interminabili, sono giunte fra no i. Ma la loro odissea non è ·finita; si può dire che comincia Fra le mura della grande città si sento n o ancora « dispersi». La grande città può sembrare loro egoista. Non vedono i segni evidenti di una partecipazione al loro dolore. La g ente li guarda appena. E , forse, in questo grande mare umano in movim ento dalla mattina alla sera, essi sentono più acut'amcnte la loro condizione di naufraghi.

Ma nelle grandi città l'egoismo è nelle case. Viviamo · stretti, pig iati , accatastati in questi alvea[i, in qu este caserme i siamo - pur v ivendo n ella stessa casa, allo stesso p iano - estranei g li uni agli altri. Nelle n ost re case moderne non e·~ posto, no n ci sono i focolari impo nenti, com e n el Friuli. Il nosuo spazio è misurato, le scale n on finiscono più ; i cortili, fra le mura g rig ie, rassomigliano a quellì delle prigioni. Ma nelle vecchie città di provinci a, l'ospitalità per i pcofug hi - Yospital.ità. della casa - è più facile. Le case non sono moderne. Non sono sempre brutte scatole di p ietra. Mancano del comfort mediob o rghese, m a sono grandi. Il posto p er i nuovi venuti c'è sempre. Ed è Ja casa che i profughi cercano con un desiderio, fatto di n ostalgia e di rimpianti.

Date le case ai profughi J R equisite gli appartamenti vuoti ; requisite - almeno!, se non avete il co raggio di misure più radicali .g li appartamenti, le ville, le fabbrkhe, gli alberghi dei sudditi nemici. M a soprattutto non fate della burocrazia dinanzi ai bisogn i primordiali della vita. Non avvelenate il socco rso. Che importa il denaro, se è accompagnato da una smorfia di i ndifferenza, di noia? Non b isogna st upirsi, né tanto meno i r ritarsi, se qualche volta accade che i profu ghi siano insistenti o si lagnino o esagerino.... È umano. Non tutti sanno affrontare la rovinà, con a nimo fiero. Molti si accasciano. Il passaggio tra !'ieri e l'oggi è stato t roppo rapido e tempest oso. L'equilibrio delle anime è profondamente turbato. Un po' di tempo dovrà passare, prima che sia ristabilito , Ma soprattutto l'amore nazionale deve andare con predilezione magg io re vers o i profughi che sono più profughi deg li altri. Verso quelli che non hanno parenti, conoscenti, amici : che non hanno nessuno. Sono costoro che d evono sentire onnipresente, frat erna, devota la solida rietà d ella Nazione che li p rotegge, li soccorre, H. fa s uoi. Si cerchi che questa solidarietà acquisti il meno possibile l'aspetto odioso di una elemosina timbrata e burocratizzata Forse un po' cli

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OPERA OMNIA. DI BENJTO M USSOLINI

burocrazia è inevitabile. Ma accanto alla burocrazia, al disopra delle sue pratiche, dei suoi numeri, dei suoi sussidi, deve essere caldo il soffio dell'amore.

L'invasione nemica deve renderlo più delicato e profondo, deve string~re più forte il vincolo tra le genti che vivono dalle Alpi alla Sicilia, oggi affratellate nel comune d olore e nel comune proposito di lottare e di vincere ; unite, domani, nella esultanza e nella rico nsacrazione della Patria conquistata sino a Trieste I

Da li Popolt> d'Ila/fa, N. 330, 28 novembre 1917, IV. Pubblicato anche sul1' ed12ione di Ro ma, N. 330, 29 novembre 19L7, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 91
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NITII E LA REALTA

L'on, Nitti, dopo la parentesi americana sui risultati della quale il buon pubblico italiano è tenuto gelosamente al buio, si è ripresentato sulla scena parlamentare come « l'uomo ddla realtà )>,

sotto certi riguardi1 una fama sccoccata. L'On. Nitti è l'uomo di una realtà : q uella d elle m ezze tinte ambigu e, e cc ne siamo convinti ieri, leggendo l'intervista da lui concessa al Corriere della Stra. Osiamo umilmente sperare che la gentile censura n on vorrà infliggerci altri sfregi colle sue cerebrali cesoie. Una critica, diceva quel tale, è sempre una collaborazione

L'intervista dell'on, Nitti rassomiglia a certi quadri dove non c'è niente dì_ })reciso, di finito, ma tutto è incerto, vaporoso, :senza confini. Sembra che l'on. Nitti non sappfa enunciare un'affermazione recisa, senza diminuirla, diluirla immediatamente dopo. Nel complesso le parole dell'on: Nitti lasciano l'animo in sospeso. Siamo ben lontani dagli squilli di fanfara di Clemenceau

Quando l'on. Nitti afferma che << il fatto decisivo della guerra sono gli uomini e che la guerra prima che dalle armi è fatta dalle anime », non fa che riprendere un motivo fondamentale della nost!':ll predicazione interventista. N oi abbiamo sempre proclamato che il morale è il fattore precipuo della vittoria. Ma se la guerra è fatta dalle atU,me, se bisogna tener presenti t utte le anime, ne consegue c he doveie supremo del Governo è vig ilare a che le anime non siano corrotte, insidiate, traviate. Ne consegue che ogni propaganda capace di insidiare le anime deve essere repressa.

L'on. Nittj afferma che << sino a ieri si poteva essere divisi, oggi non è possibile. Non vi è alcuno, anche nei partiti estremi, c~e crede alla pace separata.... >).

Ragioniamo un poco, on. Nitti. La g iusti6cazione delle << divisioni » di ieri, è audace. È un po' forte. Il fatto nuovo che rende « impossibile » la divisione, qual ~? L'invasione. E quando l'invasione sia fermata o respinta, si potrà cli nuovo essere divisi ? Ancora : tutte le « divisioni » di ieri potevano, veramente e italianamente, essere permesse? Comprendiamo l'indulgenza per un dissidio ideale, per una diversa valutazione politica, ma, ier4 le nostre « divisioni »

È,

avevano nomi e si sono affermate in episodi che non si possono dimenticare. ·

Questo per quanto riguarda le « divisioni»; e per quanto riguarda la pace sepanita, è troppo assoluta la dichiarazione dcll'on. Nitti, che nessuno, proprio nessuno, vi pensi, nemmeno nei partiù estremi. Non ci sarebbe da meravigliarsene perché di « pace separata » non hanno parlato mai, nemmeno i bolscevichi, prima di arrivare al governo, ma se non si parla di pace separata, si parla di « pace » semplicemente, e questo, coi tedeschi sul Piave, non è il mezzo più acconcio per tener vigili e pronte le anime degli italiani.

L'on. Nitci ci sembra perseguitato da un babau: quello della rivo!U2ione. Vi accennò nel suo discorso alla Camera, vi ritorna nella sua intervista. Tutto ciò è strano. È strano che un ministro insista a dimostrare che la rivol02ione è impossibile, come se la rivoluzione fosse alle porte, Se la rivoluzione è oggi impossibile, non è già o non è soltanto perché gli Alleaù ci ridurrebbero alla fame, ma perché per fare la rivoluzione ci vogliono i rivo luzionari, e di ri voluzionari neutralisti, in Italia, o non ce ne sono più o sono di una defice02a e di una pusillanimità eccezionale. {Censura]. D'altronde lo spirito delle masse operaiè è, oggi, orientato decisamente verso le necessità della Nazione e· della guerra e non si comprende come l'on. Nitù agiti ancora il fantoccio di una rivoluzione che nessuno pensa e nessuno vuole.

Più oltre l'on. Nitti proclama che« noi non abbiamo né aspirazioni territoriali, né sogni cli grandezza che non rispondano alla situazion e cli reàltà.... ». Tutto ciò è straordinariamente involuto. . V'è qualcosa di più inquietante ancora. << E però - dice il ministro del Tesorol'Italia. non deve mai col suo contegno costituire -un ostacolo alla pace ». Quel «mai» è curioso I V ero è che a questa frase n e segue un' altra e cioè: « che l'Italia dev'essere unita ag li Alleati sino a qualunque sacrificio», ma non si vorrebbe assistere a questo g ioco di luci e di ombre.

Gioco che conùnua quando l'on. Nitti riprende l'argomento dell'urùone degli spiriti. Egli dice che bisogna evitare qualunque discussione sul passato. È inteso. Un bel colpo di spugna e basta. Chi ha avuto ha avuto Chi ha tradito ba tradito.

In Francia non si accetta quest'ordine di idee. Malvy va ali'Alta Corte, Sembra che in Francia si voglia discutere il passato, sebbene i tedeschi siano a Noyon. L'on. Nitti opina che si debbano « persuadere» gli avversari, non soffocarli. Delizioso 1 Ma quando gli avversari si ostinano a non voler essere persuasi? Bisog nerà so ffoarli I Sembra dello stesso parere l'on, Nitti, quando proseg ue dicendo che

DAL PIAVE AL MESSAGGIO D( WILSON 93
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« la guerra dev'essere difesa contro ogni pericolo e contro ogni insidia)>. Come si vede il gioco d'ombra e di luce non ha fine.

A un certo punto l'on Nitti afferma che <<forse)> occorrerà ardvare alla « mobilitazione civile», Perché quel (<forse» ? Si vuole forse arrivare a questa· mobilitazione quando il bisogno urgente sarà cessato?

Più curiosa ancora è la parte dell'intervista che riguarda le insidie ne miche. « Vi sono - dice l'on. Nitti - dei nemici "invisibili "». L'on Nitti scherza. I nemici sono visibili, perché sono corporei, di carne e ossa, vestono panni, mangiano il nostro pane, vivono nelle n ostre città, lavorano nelle nosuc fabbr iche, insegnano - come risulta da un pavido decreto luogotenenziale - nelle nostre scuo le. Noi. che non siamo ministri e nemm eno funzionari di ministri, potremmo presentare all'on. Nitti un lungo elenco di questi « inv isibili » nemici ....

Certo , se chiudiamo gli occhi, i nemici diventano invisibili. Noi, in verità, non sapevamo ,che l'on. Nitti avesse dei p enchan!I per questo occultismo alla Offenbach....

Dunque ci sono dei nemici che ci insidiano. Ma allora perché non li arrestate ? O trovate nella l oro da voi asserita e non esistente « invisibilità » l' alibi e la giustificazjone p er la v ostra inco mP,rensibile to lleran2a?

Ma tutto si spiega quando alla fine dell'fotervistil l'on. Nini dice che non si può vincere « perseguitando i . nemici)). C'è da rimanere trasecolati. Non perseguitare? E alloca? [Censura]. Perché citare Goethe? N o n abbiamo noi tra i nostri poeti e i nostri pensato ri, qualcuno che abbia detto qualche cosa di simile ? 11 dantesco

. • . seggendo in piuma, in fama non si iiien, né rollo coltre ;

non vuol dire forse che la fama - cioè la g randezza di un popoloè il prodotto del suo perseverante lavoro, dd suo sforzo eroico ?

L 'on, Nitti è l'uomo delle realtà . ...

Da // Popolo d'Italia, N. 331, 29 novembre 1917, IV. Pubblicato anche s ulredizione di Roma, N. 332, 1 dicembre 1917, IV.

94 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI
M,

IDEE, RICETTE E SABOTAGGIO

C'è un sabotaggio della guerra che viene compiuto nella maniera più allegra e più inconscia dai nostri giornali non esclusi i maggiori e n on escluso nemmeno - in linea assoluta - il nostro : questo sabotaggio avviene per mezzo ddlc notizie che i giornali passano senza controllare e senza chiedersi - perentoriamente - quale influenza - felice o funesta - possano esercitare sull'opinione pubblica.

È un fatto che i giornali italiani hanno troppo parlato di pace. Noi, dal fronte, segnalammo , a suo tempo, il fenomeno, ma inutilmente Si continuò nello st esso sistema. I gi o rnali giungevano nelle trincee pieni di titoli come i seguenti : la Svizzera e la pace; Stoccolma e la pace ; il Papa e la pace; Michaelis e la pace; Ribot e la pace; Czernin e la pace I soldati si fermavano al titolo perché più seducente ; non leggevano o non capivano troppo chiaramente il resto .e 1 veniva fo'rm~ndosi nella loro coscienza u.no stat? d'attesa., che le circostanze tragiche o penose ddla loro v1ta acmvano : l'attesa della pace, da un giorno all'altro, dal momento che re e ministri e giornali ne parlavano sempre....

Noi che eravamo in grado di constatare l'effetto pernicioso di tali lett ure, scrivemmo: voi parlate troppo poco di vittoria e troppo spesso di pace, e còntribuite a debilitar e il « morale» dei soldati, già scosso per altre ragioni. Pa r ole al vento. Anche dopo la lezione del 24 ottobre, non si muta sistema.

Prendiamo il Corriere della Sera di ieri, 29 n ovembre Leggiamo nelle « recentissime » un titolo di que~to genere : ù idee di LJJrd La,11downe per porre fim alla guerra.

Dunque c'è un signore, ex ministro degli Esteri, per giunta, che ha delle idee non già per vincere la guerra, ma per metterci fine. Questo è il significato del titolo. Il soldato non va a leggere tutto il resto. Gli basta il titolo. E nigiona rozzamente e logicamente cosl : se·con delle idee si può finire la guerra, è inutile battersi coi fucili e coi cannoni; è inutile soffrir e ; è inutile morire.

Ora noi domandiamo : era proprio assolutamente necessario fa r conoscer e al pubblico ·italiano - non escluso, s'intende, il grande pubblico italiano schierato tra Brenta e Piave - le idee del signor

7. · X.

La nsdowne? E non si è pensato all'effetto illusionistico che tale lettera p uò suscitare in Italia? Non si è pensato che il sollevare delle speranze d i pace, quan do i tedeschi sono sul Piave, è un gesto di leggerezza ? Sappiamo : il giornalismo ha le sue esigenze ; ma anche l a guccra, anche la v ìt"i:oria ha· le sue esigenze.

D'altra parte che cosa ci dice cli nuovo il signor Lansdownc?

Proprio nulla. Nella prima parte della sua lettera, egli riprende il m o tivo wilsoniano, secondò c ui i 6ni di gu~rra giuridici - società delle nazioni, disarmo, arbitrato i nternazionale - sono più impo rtanti degli altri fini terri to riali politi.ci, e sta bene; quantunque ci sia da osservare che - se non si riesce a sist emare le nazioni n ei 1oro naturali confini e secondo le leggi e le tendenze del lo ro sviluppo storico - non è possibile, per la conttaddizion che nol consente, equilibrio stabile e pace; duratura fra le gent i. ·

In seguito, Lord Lansdowne afferma che tutti i belligeranti sono d'accordo per ciò che riguarda il « domani >) ; ed è vero, perché g li Imperi Centrali, quando per bocca dei loro Michaelis e Czcrnin, parlano cli disarm o o di ar bitrato, non si impeg n.ano e non impegnano nessuno. Chi detta legge, in definitiva, è Hindenburg e quello Stato Maggio re il cui sotto-capo ha pubblicato un opuscolo sulla fut ura guerra della Germania. È sull'« oggi » che i due gruppi belligeranti non sono d'accordo; è sull'« oggi » che i Governi della Mitteleuropa sono irriducibili; tanto è vero ch'essi perseguono ancora la ! ealizzazione po litico-territoriale-econ omica del sogno pangermanista. E se l 'oggi n on si sistema, come si può andare incontro al domani?

Ci sono, dunque, accanto ai problemi del domani, i problemi territoriali. Lord Lansdowne r itiene « che co nvenga completare e riesaminare il quadro delle aspirazioni territo riali degli Alleati in base alla situazione p resente soprattutto per quel che rig uarda l 'Europa sud-orientale )>, Parole di colo re oscuro, queste, che abbisognano di q ualche chla rimento. Lord Lansdowne ritiene che gli Alleati debb an o incoraggiare il «pacifismo» dei tedeschi. N oi crediamo ch'egli riesca colla ~ua lettera ad incoraggiare soltanto e precipuamente l'appetito dei tedeschi. Le dichlarazioni che gli Alleati dovrebbero, secondo L o rd L a nsdowne fare, sono state già fatte. Nessuno deg li A lleati vuol « distruggere» la G er mania come « grande potenu )). Ciò che si vuol distruggere è il su o m ilitarism o aggressivo e criminale. G li u omini di Stato della Intesa hanno precisato e insistito su questo punto mille volte. in mille occasionL Nessuno cerca d'« imporre» mutamenti di governo all'inter no della Germania. Se i tedeschi, incapaci di pensare e di v incere in libertà, vog liono continuare a godersi il ·regime degli Hohenzollern, padronissimi ; purché l'Hohen-

96 OPERA
OMNIA DI BENlTO MUSSOLINI

zollern sia reso innocuo all'esterno. È stata anzi, crediamo su queste colonne, sostenuta la tesi - dallo aspetto paradossale - che una Germania orpellata di democrazia alla superficie e di tendenze imperialiste nel fondo, potrebbe essere piò pericolosa di quell'attuale, Che gli Alleati siano pronti ad aderire a un « patto internazionale ~. questo risulta da tutti i loro atti, da tutti i loro discorsi.

Insomma le cinque dichiarazioni di Lord Lansdowne figurano già nei « fini di guerra » della Quadruplice Intesa. L'accordo non è stato e non è possibile, semplicemente perché la Germania si rifiuta di accedere sul terreno delle riparazioni e d elle garanzie reali, secondo il linguaggio di M. Asquith. Gli Alleati possono, nella loro odierna riunione di Parigi, rimuovere quelle dichiarazioni Dire, come già dissero la volta scorsa, che la g ue rra ha ~per obiettiv o la distruzione del militarismo prussiano, ma il risultato sarà nullo. La Germania non c ede. È ancora alla « carta di guerra ».

Qual~, in conclusione, il costrutto della lettera di Lord Lansdowne?

Questo : ch'è possibile, e anche presto, u na pace per accordi. Il Corriere della Sera divulga fra il pubblico italiano combattente e non combatte~te la speranza o la hducia di quCsu « possibilità )>. Perché, allora, continuare il « flagello », come è detto in un sottotitolo della stessa cortispondenza londinese ?

Questo è il «sabotaggio» che viene perpetrato da noi, senza badarci, in buona fede. È tempo di smettere col seminare nuove illusioni Ciò che va bene a Londra, non va più bene in Italia. Diverso pubblico. Diverse mentalità. Condizioni diverse.

Noi, abbiamo i tedeschi sul Piave, e dopo il 2.4 ottobre....

Da Il Popolo d'/Jaiia, N. 332, 30 novembre 1917, IV, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 333, 2 dicemb(c 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGG[O Dl WILSON 97
M

[PRODURRE PER VINCERE)*

Q11ando Ii aÌza per parlare il no.rlro Direttore una grande ovazione lo 1a/111a. La folla i n piedi applaude /ungomtnle, acclamando al P opol o d'Italia, o/l'Italia ed agli Alleati La manifertazione dura pareuhi -minulì, mentre 111/ palcoscenieo, ai piedi di M 11uolini, 1«/ tavolo al quale egli si appogi,ia, cade una nuova pioggia di fiori. Quando l'indimenlùabi/e dimos/raz.ione acunna a fini re, Benito M:moliln inizia il suo discorso.

L:ivoratori I Cittadini !

L ' altra sera, dopo t r e anni d i s ilenzio, hO parlato al p ub blico della Scola : pubblico imponente, sala grandiosa, ma io preferisco questa frat erna riunione di operai e di soldati, perché malgrado tutto io sono e resto sempre l'uomo della folla che p roduce e lavora, l'uomo che avversa implacabilmente ogni parassita. (Applatui).

Sono qui a parla rvi di guer ra ed a ricordarvi un articolo che qualcuno di voi ricorda ancora, nel quale, in ce rto qual senso, p revedevo questa tregua ! « Tregua d'armi», dicevo allora, ed il motto oggi ripeto J (Appla,m). Quando si parla di guerra bisogna farlo con purità di coscienza, senza i soliti ·fronzoli della rancida ·le tteratura di ma.niera; bisogna pensare che .in questo medesimo istante in cui noi siamo q ui raccolti per elevare ad essi il nostro pensiero, i nostri mig lio ri uomini, i n ostri fratelli, i vostri figli, i vostri mariti sono 11 a macerarsi, a soffrire e forse a morire per noi, per la no.stra Patria, per la nostra civiltà I

L a guer;a noi l'abbiamo v oluta., è vero. ma perché gli altri colla loro prepotenza ce l'hanno imposta. Ci eravamo illusi che fosse p ossibile .realizzare il sogno della Internazionale fra i popoli ; ma mentre da n oi si credeva sinceramente alla bella chimera, in Germania gli « internazionalisti» si dichiaravano - con Bebel alla testa - prima

• Riassunto del discorso pronunciato a Sesto San Giovanni, nel cinema-teatro, la sera del 30 novembre 19 17, durante una grande manifestazione operaia».

Prima di Mussolini avevano parlato i l sindacalista D ino Roberto e l' operaio belga

AJfonso Gaspar: (Da Il Popolo d'Ita/ù,, N . 333, 1 dicembre 1917, IV) .

tedeschl: e poi socialisti. E nei congressi internazionali i tedeschi rifiuta!ono sempre sistematicamente di impegnarsi con i socialisti deg li altri paesi in azioni decisive, sotto lo specioso pretesto che la costituzione retriva del l oro paese non consentiva lo ro, senza mette re a repentaglio la loro organizzazione, di stringere accordi i nternazionalisti. Essi tenevano troppo alle loro organizzazioni, ai centodieci deputati, alla· ping ue cassa gonfia di marchi, l' unica cosa che si sia salvata di quella turpe cosa c he è il socialismo tedesco. (Gran di app/(}Jm).

Co11Ji1111ando, M11mJ/ini afferma reti.ramente che, mentre la Germania prep arava la g uerra, organizzando il più formidabile strumento di dominio e di strage , n essuno in Italia, i n Francia, nell'Inghilterra e nella Russia, pensava all'imminenza del terribile flagello . .Conoscevamo male la Germania J - uclama l'ora/ore. Conoscevamo solo la Germania delle m argh erite stoppose, dei romanzi nostalgici, ma non quella dei von Bernhardi, degli Harden, degli Hohenzollern.

O,i ha voluto la guerra è stata la Germania. L'ha detto Ha rden in un impeto di sincerità sconsiderata. L'hanno reclamata i socialisti . revisionisti pretendendo più terra per J'espansiòne del popolo tedesco ; l' h anno preparata i pro fessori occhialuti, incapaci di sintesi ma terribili nell'analisi ; l' ha imposta la casta militare.

Il pretesto per scatenarla_"fu subito trovato. Due colpi di rivoltella scattati nel 1914, qualche bomba, due cadaveri imperiali trascinati a corsa sfrenata in una berlina di corte furo no il pretesto. La guerra, alla quale gli Imperi Centrali si erano p reparati, divampò su tutti i campi.

Noi, socialisti interventisti , fummo per la guerra perché intuimmo che essa por tava in grembo i germi della rivoluzione. Non è il primo esempiò di guerra rivoluzionaria Lo furo no quelle napoleoniche, queUa del 1870, le imprese gari baldine e n oi, se fossimo v issuti in quelle epoche, vi avremmo partecipato con eg uale animo e con la stessa fede.

Anche Carlo Marx fu guerraio lo. Nel 1 8j 5 scrisse che la Germania avrebbe dovuto dichiarare la guerra alla Russia e nel 1870 diceva dei francesi: « Bisogna batterli I Non saranno mai battuti abbastallza » . E quando nel 1871 i socialisti di Francia, con ingenuità lati~a, dopo aver dichiarato la Repubblica, lanciavano ai ted eschl un appello appassionato p er ~a pace, Carlo Marx diceva : « Quegli imbecilli di francesi pretendono che per il lo ro straccio di Repubblica rinunciamo ai vantaggi di q uesta guerra ».

Si pu ò essere socialisti e caldeggiare certe g uC;rte. Quando la patria è in pericolo non si può essere pacifisti.

L'uomo non può ignorare la patria come l'àlbero non può ign o~

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 99

rare il suolo che l' alimenta. (Appia/I.Ii 'tttiorosi), 11 n ostro popolo l'ha compreso e voi, che portate nelle vene qualche goccia del sangue dei guerrieri di Legnano che scacciarono H Barbarossa e dei popolani delle Cinque Giornate, vi unite a me oggi nell'incitamento ai soldati perché il territorio nazionale venga liberato dall'onta del servaggio. (Grandi appla,ui). Rinnegare la Patria, v uol dire rinnegare la madre, specie quando la Patria sta attraversando un'ora critica.

L'oratore arcmna alle came d1t possono aver prodotto tma momentanea rila.riatrz.za mila difesa alla fronte. [Censura].

Si è credil.to che lo sciopero -dei soldati portasse la pace, ma quando i nostri soldati si accorsero che il nemico, invece di buttare il fucile, piazzava cannoni e mitragliatrici ; che invece cli fraternizzare, massacrava uomini, donne e bambini, e lungi dall'arretrare versQ i suoi paesi avanzava in casa nostra, ·i nostri soldati hanno aspettato che un fiume con sufficiente acqua li dividesse dal nemico per opporre ad esso la barriera infrangibile dei petti italiani. (Applausi vi viuimi, ince.uanli) .

L'oratore nega che il nostro arretramento sia dovuto alla paura dei tedeschi, I vincitori di undici battaglie, i soldati del Carso, della Bainsizza, di Monfalcone, del S. Michele, del Vodice, del .Monte Santo, del Cucco, del Sabotino non temono gli elmi a chiodo.

Tutti gli eserciti dei paesi in lotta ebbero momenti di smarrimento, ma nessuno si riprese con la prepotenza colla quale noi ci siamo ripresi. Dopo una sola settimana dalla ritirata, le nostre truppe fronteggiavano nuovamente il nemico, respingendolo.

Abbi.amo rasentato l'abisso, potevamo perderci, ma ci siamo salvati. Mentre i tedeschi spera vano in un supplemento di: rivoluzione, i soldati ritrovavano la forza di resistenza smarrita, cd ora alla fronte non si fraternizza che a fucilate. (Appla,m) .

Sempre ascoflalisllmo, Mussolini afferma le ragio11i ideali, o/Ire ,he ma/triali, della noslra guerra, dkendo che quando la bufera sarà passata, saremo orgogliosi di av c:1: fatto il nostro dovere. A&eenna all'esempio di WiJson, pacifista convint"o, attratto alla guerra da un alto sentimento umanitario Che gli fece concepire il proJungarsi della neutralità come una intollerabile complicità colla Germania brutale.

La guerra finirà colla nostra vittoria, ma per vincere occorre che voi operai produciate di più. Occorrono cannoni, proiettili, fucili, bombe in grandi quantità. Le armi e le munizioni i:appresentano in questo momento la nostra salve:z:2a. Oggi, il nostro d overe è di produrre, D omani, quarÌdo trasfém:ncremo le nostre officine e pi:odurremo aratri, zappe, strumenti di lavoro, sarà in noi la gioia del do vete compiuto.

100 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Oggi. e 6no a quando i barbari siano vinti per sempre, bisogna che g li strumenti d ella morte s'accumulino sotto l'i mpulso della vostra decisa volontà di vittoria. (Una grande acclamazione accoglie le 11llime parole di Muuolini. La folla in piedi applaude lungamente rinnovando al nostro Dirti/ore 111111 ajfell11osissima dimostrazione di simpatia e di so/ida·tùtd. A Mussoli ni ed a Gaspar vengono ojf,rti molti fiori, e mentre il pubblico si avvia alle usdte, nuovi applaun· salutano gli oratori. La dimostrazione a Muuofùti -ed a Gaspar si rinnova all'nterno tra nuove acclamazioni e grida rinnovate di: ·« Viva l'Italia I Viva Muuolini I Viva il Belgio I Viva il Popolo d'Italia I »).

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 101

) NOSTRI POSTULATI

BOSCO E IMBOSCATI

D opo trenta mesi di guerra, il p rob lema grave e delicato degli imboscat i attende ancora di essere affro ntato e risolto.

I ministri della Guerra che si sono su cceduti dal maggio 191 j ad oggi, si sono lim itati ad emanare delle circolari. Il minis uo Z u pp elli, che doveYa dare il primo colpo· di accetta al t roppo lussu reggian te bosco nazionale della incoscienza e della pusillanimità, lasciò Corre re Il generale M a rro ne man ifestò degli eccellenti proposiù disbo_sca to ri, ma tutto rimase su lla car ta Il g ene rale G iardino cercò cli iniziare L'opera del disboscamento, ma il suo tentativo può d ir si so ltanto p ar zialmente riuscito.

Oggi, l'o n. Alfieri fa ann~nd are' che si « disboscherà)> finalmente e sul serio e senza indugio ; ma il p ubblico non sa nasco ndere il suo scetticismo, giustificato pienamente dall' esperienza vissuta di tre n ta "' mesi d i g uerra.

E p pure, bisogna accingersi a questa fatica. Bis ogna d isboscare È urgen te. D ilazionare, o, more itaÌico, lasciare nùovamente le cose a metà, sarebbe esiziale È, innanzitutto , una questione di d ig nità nazio nale. Oggi, abbiamo i soldati degli Alleati che passaO.o dalle nostre città e osservano la folla. Che cosa d evono pensare di noi, p er esempio, i fra ncesi, i quali hann~ mobilitati g li uomini di 48 àn ni, quand o ved o no circolare impunemente e i n g ran numero giovanotti d alle spalle q uadrate, abilissimi al servizio di guerra e di trincea ? E che cosa devon o pensare, davanti a questo spettacolo, ì nostri g rigio -verd e, mo lti dei q uali hanno al loro attivo tutta la guerra, dall'inizio a d oggi ? Non è supremamente ingius ta questa sperequazione nel co ntributo d el sangue?

Ebb ene : se si vog liono riempire i v uoti pro dotti nelle no stre file, bisogna disboscare. Se no n sì v uole debilitare il m orale dei combattenti e delle loro fami glie, bisogna dfab oscare e dimostrare coi fatti che nessuno - quando sia do tato di quel minimum di q ualità fisiche che la guerra richiede - può sottrarsi all'adempi mento d el suo sacro dovere di soldato ,

Il disboscamento' deve avvenire in alco e in basso, prima di tutto nell'esercito stesso. t semplicemente enorme che dopo trenta mesi di guerra, si debbano chiedere degli elenchi di chi stato e di chi non è stato al fronte·; enorme, dicillmo, perché tutti dovrebbero esserci stati. Nell'esercito non ci devono essere che dei combattenti. Gli ufficiali non devono essere che· ufficiali combattenti. Un ufficiale « contabile l> amministratore è un non senso, almeno in tempi di guerra. Si prenda, a sostituirlo, un ragioniere che non abbia obblighi di leva.

In questi giorni si è scoperto un piccolo bosco a Roma, nel quale nidificavano ben 18 5 ufficiali. Quel bosco s'intitolava « Ufficio Stralcio» annesso al Ministero del Tesoro e aveva per compho di « rivedere» i conti della guerra libica. Un'opera lunga come il Dizionario della Crusca. Non è buffo - per lo meno buffo - un ufficiale, con tanto di stellette e magari relativo nastrino dei due anni di guerra, che poltrisce sui registri, sbadiglia sulle emarginate, schiaccia un sonnellino sulle <e pezze» giustificative, mentre al fronte, da due anni, migliaia e migliaia di ufficiali, suoi colleghi, si battono e muoiono?

Se autore del provvedimento disboscatore dell'Ufficio Stralcio è l'on. Nitti, ci compiacciamo vivamente con lui. Ma non basta. Altri uffici a Roma e altrove sono 2eppi di ufficiali e di ·soldati che non sono mai stati al fuocò. Bisogna disboscare la sanità, la sussistenza, la croce rossa, l'automobilismo, l'aviazione. Sembra che l'on. Chiesa · sia deciso ad agire, almeno per l'aeronautica Gli elementi delle classi giovani devono essere utilizzati nelle armi combattenti. Donne, riformati definitivamente e uomini senza obblighi dì leva, potranno colmare i vuoti prodotti da questo rastrellamento boschereccio.

Ripulito l'esercito, bisogna armarsi di una scure ben affilata., e · continuare l'opera nel Paese. G li «insostituibili)) sono troppi. Con un po' di quella buona volontà che finora è mancata, il loro numero potrebbe diventare insignificante, Il criterio dell'« insostituibilità» è troppo lato e si presta quasi sempre ad interpretazioni troppo benigne.

Altra misura che s'impone : la revisfone degli esoneri rielle officine. I veri operai - che sono anch'essi artefici della vittoria - banno tutto l'interesse materiale e morale a n o n voler essere confusi cogli operai d 'occasione improvvisati alla vigilia della guerra, o alli vigilia della chiamata delle clas~i. Questi pseudo-operai devono ·perdere il loro duplice, eccezionalissimo privilegio : quello di salvare la pelle e quello di prendere un salario che non è di fame. Sono stati risparmiati sino ad oggi. Non si lagnino, se la cucC1.gna finisce. Ha durato ben trenta mesi.

. 11 problema degli imboscati ha altri aspetti. Gli imbosati non sono tutti necessariamente vili. Spesso sono semplicemente dei fan-

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 103

nulloni, che più dei pericoli, temono·i disagi della g uerra. Qualche volta degli « imboscati per forza », che finiscono per accet ta re la loro situazione di comodo. Da tutti costoro . è pOssibile t rarre qualche rendimento militare. Ci sono g li imboscati per paura. Quando voi vedete un professionista - con tanto di laurea universitaria - che si acconcia ai mestieri più bassi di un piantone di ospedale, vc;,i avetC certamente dinnanzi un imboscato per paura. Gente di siffatto calibro fa più male che bene nelle file dei combattenti. O si adotta il sistema di farli avanzare a .... suono, cioè, a raffiche di mitragliatrici, o s i adotta l'altro, che è quello di costringerli al lavoro più duro - retribuito con due soldi al g io rno - nelle officine o nelle miniere.

Perché il disboscamento riesca, non bas ta emanar""è una circolare che finirebbe come le precedenti. msogna: a) attuare la mobilitazione · civile di uomini e donne d ai 16 ai _so anni; b) comminare pene se- · verissime per g li imboscatori; e) giovarsi d ell' opera dell'A ssociarione nazionale dei mutilati e invalidi di g u erra, i quali sono i più « indicati » per coadiuvare gli organi governativi.

Non transigenze. Il turno d eve venire per tutti. Lo impongono i morti che attendono la rivincita; lo impongono i vivi che, dopo trenta mesi di guerra, hanno il diritto di un po· di riposo, A questa esigenza di squisito ordine mòrale non può sottrarsi nessuno, specialmente oggi che la Nazione deve raccogliere tutti i suoi uomini, rutti i s uoi mezzi, tutte le sue riserve umane per fermare il barbaro, ricacciarlo dal Veneto, res pingerlo oltre ai naturali confini d'Italia. Abbiamo i tedeschi sul Piave.

Disboscare, senza pietà I

Da li Popolo d'/Jalia, N . 3H,- l dicemb re 1917 , IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 335, 4 dicembre 1917, IV.

..., .:;_,.. .,·.•··................ --:: 104 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
M.

IJ NOSTRI POSTULATI SUDDITI NEMICI

Siamo cosl profani di geografia elettorale che non sappiamo precisamente chi sia l'on. Falconi, in qual partito militi, qual collegio rappresenti, da quante leg islature sieda in Parlamento. Ma le interrogazioni ch'egli ha mandato alla Presidenza della Camera dimost rano ch'egli è vicinissimo a noi almeno p er ciò che riguarda ta lune p iù urgenti necessità dell'ora L'on. Falconi chiede anzitutto l'espulsione dal reg no degli stranieri nemici Che anco ra vi si trovano. Quali siano, non è precisato. A Ro ma, soltanto, supe rano i cinquecento. A · Mil ano sono parecclùe centinaia, ed è per lo meno curioso questo fungheggiare di tedeschi dopo il provvedimento annunziato, ma e videntement~ non attuato, di alcuni mesi fa, per cui ai sudditi nemici era proibito il soggiorno in Liguria, Piemonte, Lombardia. L'on. Falconi propone l'espulsione d al regno di tutti questi ospiti ingrati. È una misura radicale. Ma noi preferiamo l'arresto immediato di tutti i. sudditi nemici senza distin zione di sesso, di qualità, di età ; il loro internamento in un'isola remota finché duri la guerra e la loro espulsicine dall'Italia al momento opportuno. Un'altra richiesta formuliamo : la revisione delle naturalizzazioni. Una fac cenda questa che potrebbe dare delle sorprese straordin:lrie.

La secOnda interrogazione dell' on. Falconi è intesa a far prccisa1:e senza ritardo i n o mi - o individui o reparti - dei responsabili della mancata resisten za contro ·n nemico invasore. È Un pe220 che noi invochiamo la cronistoria della nostra. settimana tragica. Non si può, non si deve tenere più oltre tutta un'Armata che si è riscattata sul Piave, e sta preparandosi alla riscossa, sotto l'ombra fosca del comunicato del .z6 ottobre. ·

I giornali inglesi e francesi hanno già presentato al loro pubblioo le cause, i modi, le conseguenze del n ost ro rovescio. Il Times ci ha raccontato che degli ufficiali bulgari - truccati da ufficiali italiani e impartendo ordini in dialetto piemontese- sono riusciti - dopo la prima irruzione-a p o rtare lo scompiglio nelle n ostre retrovie ; [.... mima] .

La terza interrogazione dell'on. Falconi rig uarda il div ieto della

·censu ra sulle pubblicazioni delle gesta eroiche di corpi e reparti del nostro eser cito durante la riti rat a. Questo divieto è stato tolto, ma è stato eminentemente g rottesco. Il Daily Mail pubblicava n otizie interessantissime sull'aùone svolta dalla nostra cavalleria fra l'Isonzo e il T agliamento ; noi tentavamo di r iportar e e la censura.,., imbiancava. Si è finalmente compresa l'eno rme strlpidità del d ivieto e oggi stesso noi possiamo pubblicare nella nostra t erza pagina una cordspoàdenza che riferisce - con dati di fatto e nomi - g li eroismi dei ·nostri cavalleggeri e dei nostri aviatori.

Noi torniamo a domandare : s i decide o non si d ecide il Governo a prendere d ei p r ovved imenti contro i sudditi nemici? L'aumentata sorveglianza. che ci viene a nnunciata dalle agenzie u fficiose non basta. :È. la presenza di quest i signori, il semplice fatto della loro presenza - fors'anche assolutamente innocua, il che è fortemente . da dubitare e in moltissimi casi d a escludere - quello che urta e offende i cittadini italiani.

Il Governo si decide sl o no a darci la « versione italiana » deg li av venimenti svoltisi fra il 24 ottobre e il 1° novembre o ci v uo l costringere alla lettura quotidiana dei giornali esteri?

Il Governo si d ecide sl o no a impartire istruzioni generali e tassative, circa la requisizione degli appartamenti abitati da t edeschi nell'attesa del sequestro dei loro beni ?

A Genova questa requisizione av viene giorno p er g iorno. I} pre- .. fetta di Genova, ~omm Poggi, requisisce I nostri fratelli pr ofughi trovano un rifugio. Milano è o non è in Italia? [Cenmra].

Qui in città ci sono centinaia di a p partamenti ; sui laghi lombardi ci sono decine di sontuosissime ville e di alberghi. Ma n on è inumano co ndannare i profughi d el F riuli a dormire sulla paglia, in pieno inve rno ? Requisite g li appartamenti dei tedeschi, fateli dis infettare potentemente e consegnateli ai p rofughi delle nostre t erre invase.

Insomma, quasi un mese è passato dalla teatrale seduta. parlamentare del 14 novembre; abbiamo av uto altri molti telegrammi con belle sirn.ilitudini e proclami e messaggi, ma un piccolo, un umile, un semplice « fat to », capace di da re agli italiani la certe2za - finalmente I - che si adotti una politica di guerra, non l'abbiamo avuto ancora. A nzi ! Basta· pensare che per revocare un professore borhe si deve riunire il Consiglio dei Ministri, e si comprende ~he si ha fo ani mo di seguire· la massima angeJicale dcll'on. Nitti che è quella di « non perseguitare i n emici I ». M,

Da Il Popolo d'Itrdia, N . 334, 2 dicembre 191 7, IV . Pubblic~to anche sull'ed izione di Roma, N. 334, 3 dicembre 1917, JV .

106 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

IL « BRAMITO » DEL « BOCHE »

11 con te Hertling, parlando dell'Italia, non ha voluto scoprire del , tutto il s uo pensiero per ragioni facili a comprendersi, quando si rico rdi ch'egli proviene dal centro cattolico, ma il suo segretario di stato per gli esteri Ki.ihlmann, levata la maschera delle ipocrite convenien ze diplomatiche, si è o fferto in una laida smorfia d i g ioia, ci ha presentato brutalmente, senza · infingimenti e senza veli, l'anima antica e m o d erna del germano invasore, r apinato[e e nemico mortale della latinità. Egli ha parlato delle cc luminose pianure n d'Italia, col senso i nvido di chi è condannato a vivere fra le gelide nebbie del nord; ha ricordato la « magica forza d'attrazi~ne )) che queste pianure esercitano sulla « bram?sia tedesca » sin dal tempo degli Hohenstaufen, cioè sin dal 1 2.00.

Fermatevi un momento su queste parole : bramosia tedesca, e voi avrete il senso storico, vorremmo dire immanente· e trascendente, di questa guerra. È ancora e sempre la vecchia tribù dei germani, che cerca discendere verso le spiagge solatie del M edite rraneo, v erso l'Italia, ponte immenso gettato fra i mari a congiungere tre continenti. Noi conosciamo la storia della « bramosia tedesca» dalle invasioni barbariche che segnarono la caduta dell'Impero Ro mano a quest'ultima che segnerà la caduta del gra nd e Impero ch e g li Hohenzollem volevano risuscitare a Berlino. Ma sappiamo anche che, come la « bramosia tedesca» fu sempre arrestat a e schiantata dagli italiani dei liberi Comuni, cosl sarà vinta e domata dagli italiani che si addensano - oggi - sul Piave. La «bramosia» dei vecchi germani era, in un certo senso, meno esecrabile dei germani m oderni. Gli Unni di Attila o i lanzi degli H o henstaufe n, non uscivano dalle caserme, ma d alle foreste; erano dei barbari primitivi, selvaggi, che potevano qualche rara volta diventare umani; non erano già dei barbari scientifici, cultur.izzati, come quelli che nel 1914 si rovesciarono sul Belgio e sulla Francia. In fondo, malg rado la vicenda dei secoli, l'anima boche non è cambiau.. Le parole di Kiiblmann sono te nibilmente rivelatrici. I tedeschi vogliono spog liare, saccheggiare, distruggere l'Italia. N el piano pange[manìsta l'Italia dovrebbe diventare una colonia tedesca, senza ·autonomia politica, senza indipendenza econo-

miai : una specie di mercato chiuso delle merci tedesche con quaranta milio ni d'abitanti schiavi del Kaiser. I teorici fo lli del pangermanismo hanno tentato la più ridicola mascheratura della nostra storia ; i nostri filo sofi, i n ostri p oeti, i n ostri artisti, i . n ostri co ndo t tieri s arebb er o t e deschi. Un mezzo co m e u n altro per giustificare la « bram osia ted esca )> e per di mostrare la nostra inferiorità fisioJogica e spirituale.

Se la Germania vince, l'Italia come grande nazione è 6 nit~. Non sfuggirà al suo destino . Sarà inghiottita dalla «bramosia » vorace e insaziab ile dei tedeschi.

G li italiani devono profondamente riflettere sulla confessione aperta e brutale di quest o minist ro tedesco. I nostri più feroci nemici n o n n ascondon o le loro intenzioni ; ostentano, a nzi, nella ebbrezza della facile vittoria, il l oro stat o d'animo. Il piano s trateg ico-politico della Germania, n ei rigu ard i d ell'Italia, è conosciuto: l'offensi va del 2.4 ottobre a veva per obiettivi Brescia e M ila no. Soltanto , com'è avvenuto mo lte altre volte nel corso di q uesta lo tta seco lare fra germanismo e .ro manis mo, la « belva » t ed esca n on ha p o tuto so ddisfare le sue «brame » ingorde. Quando Kiihlmann parla di « martellate furibonde » mentisce sapendo di mentire. Più ch e un martellamento, c'è stato uno scassinamento delle n ostre porte. Più c he la forza, ha giovato ai ted eschi la fro de. E q u ando la frode è Stata svent3ta, l e martellate furibonde non han no fatto retrocedere d i un "' passo solo g li italiani. Kiihlmann esagera e mentisce quando afferma ·ch e <1 l'intera forza dell'esercito n ost ro » è cro llata. No. È crollato il fronte dell'Isonzo , n on la forza di tutto l'esercito . È crollata un'armata, n o n t utte le ar mate dell'esercito italiano . Se questo c rollo delfi n tera nostra for2a militare foss e avvenuto, non solo i tedeschi p asseggerebber o - ora - in Piazza S. Marco, ma forse anche in G alle ria a M ilan o. Chi resiste sul P iave da q u indici giorni? Chi h a ributtato d urante q uindici giorni g li a ssalti d elle migliori truppe tedesche sulle c reste m on tan e t ra Brenta e Piave? Chi ha messo fuo ri combat timento ottan tamila austro-tedeschi, dei q u ali -secondo i giornali tedeschi stessi - trentamila son o i morti ? Chi altri, se non quella forza militare che Ki.ihlmann simula di p resen tare al pubblico di T eut o nia come crollata e distrutta p er sempre ?

« Con ness un paese della terra, ha soggj uoto Kilhlmann, il mondo spirituale della Germania manteneva relazioni cosi intime come, prima di questa ·g uerra, coll'Italia~

Sta di fatto, inv ece, che il mon do spirituale della Germania, che m anteneva relazioni intime co ll'Italia, è s comparso da almeno cin-

108 OPERA OMNIA DI B ENITO MU SS OLINI

quant'anni. Platea, Goethe, Wag ner e g li altri sono di un aluo tempo. E in molte di queste relazioni non esisteva l'int imità affettiva, degli uguali, ·ma l'intimità sostenuta, disdegnosa, pedantesca di coloro che si credevano 6g li di una stirpe eletta, n ei confronti di una stirpe inferiore.

Da cinquant'anni, la Germania non ci mandava p iù i suOi poeti, i suoi musici, i suoi romantici. Ma i suoi commessi v iaggiato ri, i suoi banchieri, i suoi agenti, le sue femmine, scaltrite nell'arte s-qb dola dello sp ionaggio. Esisteva, certo, un'intimità fra noi e lo ro , come esiste una in timità fra il co ndannato e l'aguzzino, fra il padrone e lo schiavo , fra chi sfrutta e chi si lascia sfruttare.

C'era u n 'o mbra nella n o stra storia, ma non e t?- q uella della potente Triplice Alleanza, che secondo Killilmann ci ha condotti ·a1 livello di grande Potenza; era l'ombra della nostra umiliazione, della nostra incerte~za, del nostro vassallaggio, i mpostaci dalla Prussia coi confini veramente iniqui del 1866. E quest'ombra sarebbe diven tata la tenebra della nostra morte civile, se noi avessimo, anche col semplice stato di neutralità, favorito l'aggressione tedesca, Colla Germania a Calais e coll'A ustria a Salonicco, che cosa sarebbe, che cosa pot rebbe essere l'Italia?

Il rovescio che ci ha colto a Caporetto non significa l'espiazione del nostro errore. No n « cupidigia di territori », ma necessità di vita ci hanno impos to la p olitica della guerra. Per salva.rei dalle « bramosie tedesche» non c'è che un mezzo : essere padroni delle nostre Alpi, essere padroni del i:;iostro mare. E, frattanto, sterminare il maggior numero p ossibile di tedeschi.

Da I/ Popolo d'I1aUa, N. 3n, 3 dicembre 1917, IV. Pubbli~ato anche sul· l'edh:ione di Roma, N. 335, 4 dicembre 1917, 1V.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 109
M.

IL NAPOLEONE DELLA VILTA

Meravigliosa carriera quella dell'aspi rante Krylenco. Un momento È venuto fuori anche il vero nome di costui. Ci aspettavamo di sapere che si chiamasse Schoenberg o Zimmermann. Invece si chiama Abram. Alt ro impasto di lettere che puzza di tedesco e di sinagoga.

A bram è passato in cinque m inuti da aspirante a generalissimo. Napoleone impiegò qualche mese per passare da tenente a generale. I marescialli napoleonici sortiro no umili origini, ma fecer<? rapida carriera.

Abram li supera tutti, Marceau è generale, quando : .... alla morie radiosa pnro i suoi vmtistfle anni abbandona to111e alù brar(ia d'arridente sposa.

Kr ylenco-Abram si abbandona invece a z.o anni alla resa lucrosa. Egli è l'Alessandro della paura; il Garibaldi della fuga; il Giulio Cesare del tradimento ; il Napoleone deUa viltà.

Fulmine di pace vergognosa, egli percorre il fronte esortando i soldati a sollevare le mani e ad abbassare le armi, incitando li a sttin• gersi eroicamente i ntorno a lla b andiera bianca.

Con una energ ia meravigliosa, libera l'esercito da quei gencralis~ simi maniaci che osano ancora ·parlare cli onore e di fede.

Sentiremo presto che ne ha fatto fucilare qualcuno. Se però riesce a trovare un plotone che non abbia paura dello sparo dei propri fucili.

Napoleone lasciò le più generose schiere dei suoi veterani nella ritirata di Russia. Krylenco~Abram saprà condurre tutto l'esercito russo nella ritirata. Ritirata nel suo significato di «latrina».

Da Il Popolo d'lttzlù:, N. 335, 3 dicembre 1917, IV (/).

LA PACE DELL'INFAMIA

Che la Russia risorga, fra qualche tempo, dall'abisso dell'abbiezione ·in cui è - precipitata, può darsi e non sarebbe che un'altra d elle tant e, più o meno terribili sorprese di quCsta guerra, ma non b~sogna più contare sulla Russia.

Quanta parte di responsabilità i'n questo precipitare di eventi spetti alla Quadruplice Intesa e soprattutto alla sua « condotta democratica» della guerra per cui anche oggi, di fronte all'armistizio, si parla un linguaggio ambiguo e gesti cli energìa ·non si · vedono, a m en o che n on si debba considerare come un gesto d'energia la nota delle missioni militari deg li Alleati, sarebbe interessante di determinare, se n on vivessimo in regime ccnsoriale.

Comunque, inutile recriminare s ul passato, Il Governo di Lenin è tedesco, Bisogna sempre ricordare che Uljanov è tornato in Russia attraverso la Germania. La Germania conclude in realtà un armistizio con se stessa, i n quanto che il Governo di Pietrogrado è c[eatura della Germania.

Che Lenin sia o no rovesciato; che l'armistizio co nduca o n o a una pace separat a, è certo che per un pezzo, se non p er sempre, la Russia è perduta per la caÙsa d egli Alleati È importante, ora, di esaminare quali possono essere· 1e conseguenze militari e queUe generali della defezione ruSsa.

Militarmente la nostra situazione non peggiorerà. Non è da ieri che data l'ineffi.cenza totale militare della Russia. È da un anno . La crisi militare della R,ussia si acuisce quando il vecchio regime agonizza e prorompe colla caduta dello czarismo.

L'on. Raimondo, retour de lbmie, ha dato, nella sua lettera pubblicata dal Messaggtro, dei particolari interessanti, quantunquC retrospet!ivi : i disertori toccavano·una cifra iperbolica, il che sigD:"1-ca che l'esercito era ormai una finzione. Ci fu la fiammata del luglio, che sollevò nuove illusioni, qia si trattava veramente di un episodio destinato a esaurirsi rapidamente in se stesso. Non è da ieri che la Germania ritira le sue truppe migliori dalla fronte orientale; n on è da ieri che sul fronte italiano ci troviamo dinanzi a reggimenti reduci dalla Galizia.

8 · X.

Anche conclusa la pace con la Russia, non aumenteranno di molto le disponibjLità umane degli Imperi Centrali. C'è la questione dei prigionieri. La Germania n e ha relativamente pochi in Russia e resta a vedere s'essi non preferiranno rimanere in captività piuttosto che ritornare in patria colla certezza di essere rimandati a combattere nelle Fiandre.

l prigionieri austriaci sono molto più numerosi e superano forse il mezzo milione, ma è da considerare che la stragrande maggioranza di essi sono sloveni, czechi, slovacchi, italiani, romeni - disertori più che prigionieri - che non vorranno certamente tornare in Austria, per essere impiccati, o, nella più mite delle ipotesi , per subirvi di nuovo la g uerra sugli altri fronti.

Inoltre, un eventuale scambio di prigionieri richiederà molto te mpo, date le condizioni interne della Russia .

U n altro aspetto del problema è sintetizzato in questa domanda : l'eventuale p ace separata colla Russia migliorerà la situazione eco nomica de lla Germania, annullando o diminuendo _ l'efficacia del b locco sempre più severo degli Alleati?

Che 1a Russia- disponga oggi di grandi quantità di cereali, tali da poter alleviare il regime di quasi carestia che - a confessione degli stessi tedeschi - imperversa in Germania ed in Austria, è da mettere fortemente in dubbio. La Russia stessa soffre della carestia..

Che - firmata la pace di tradimento e anche prima -'- bande di tedeschi si buttino avida'mente e famelicamente sulla Russia per succhiarne le risorse economiche, è certo, ma la Russia non potrà appagare tutte le brame ingo~de della Germania.

La Russia è un paese immenso e la Germania non Ìte ha conquistato che una minima parte.

Oltre. all'immen sità del territorio, i trasporti> già difficili e lenci in tempo di pace, sono oggi divenuti pressoché impossibili, data la disorganizzazione totale del servizio ferrov iario. E d'altra parte g li

Imperi Centrali non potranno spingere la loro opera di spogliazion e della Russia . oltre un certo segno, per non suscitare altre crisi di regime e rimettere in gioco i benefici ottenuti, Né dal punto di vista militare, né dal punto di vista economico, la defezione russa può essere fatale alla Quadruplice Intesa.

Nella conferenza di Parigi, alla quale hanno partecipato gli Stati Uniti e il Giappone, il problema russo deve essere st ato esaminato in tutte le sue possibilità, in tutti i suoi aspetti. Il posto della Russia fedifraga è già stato preso dall'America. Tutto un continente si è schierato dalla parte degli Alleaci. Di più : noi crediamo che il Giappone, di fronte alla nuova situazione russa, sentirà il bi~ogno di riv edere il

112 OPERA OMNIA Dl BENITO MUSSOUNI

suo atteggiamento, che fu sinora di astensione dalle operazioni militari terrestri. i..

Noi non siamo addentro alle segrete co"se della diplomazia. J:rl3. s·entiamo - cosl per un fenomeno, qua.si sensorio, di intuizioneche l'ora del Mikado è suonata I

Da Il Popolo d'llt1lù1, N. 336, 4 àicembre 1917, IV Pubblicato anche sull"edizione di Roma, N 336, 5 dicembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WJLSON 113
M.

LO ZIO SAM . IN GUERRA

UN MILIONE DI SOLDATI, MILLE NAVI, VENTITREMILA AEROPLANI

Non è senza un pr ofondo significato che il colonnello H ouse rappresentante degli Stati Uniti alla conferenza di Parigi - abbia pronunciato uno dei discorsi di chiusura,

« 6 mi a profonda convinzione - egli ha detto - che mediante g li sforzi unificati e concentrati, potremo raggiungere lo scopo che ci siamo prefissi )).

Parole chiare e forti, Come g ià allo scoppio della guerra accadde che j tedescofili di casa nostra svalutassero in anticipo --=- per partito preso - i futuri eserciti inglesi, cosl è di moda oggi fare dello scetticismo su quello che potrà essere e sarà il concorso degli Stati Uniti. Si detto che era impossibile il trasporto di un grande esercito americano in Francia ed ecco ì falsi «competenti», i «tecnici>> d'occasione s mentiti dalla realtà, Gli Stati Uniti annunciano in fo rma ufficiosa che, alla primavera del 191 8, i sammies pronti a combattere in Francia sarann o un milione, mentre altri milio ni - arruolati e istruiti - attenderanno il loro turno in America. ·

Non parliamo del concorso fi nanziario che è potente e basta pensare che g li Stati Uniti sono il paese più ricco del mo ndo . Ma rimportanza decisiva della partecipa2ione degli Stati Uniti alla guerra si farà sentire - sui mari e nei cieli; nella flotta marittima e nella flo tta aen:2..

È un fatto ·che noi non ci rendiamo ancora esattamente conto del valore e norme dell'intervento degli Stati Uniti ai fini della n o stra vittoria. I tedescofili possono ostentare fin che vogliono il loro scetticismo, ma i tedeschi sanno quel c h e significa la partecipazione nordamericana alle vicende dirette - militari, marittime, economiche, pecuniarie - del conflitto europeo.

Le cifre che seguono - cifre, naturalmente, ufficiose - conforteranno l'ottimismo di quanti credono che, malgradO le « vittorie senza domani >~ e le manovre pacifond aie, la Germania no n po trà evita.re la disfatta.

Lloyd Gcorge ha rivolto un appello ali'America per invitarla a costruire entro un 2.n.no una flotta di sci milioni cli tonnellate, E il Shipping Board di Washington .tisponde che gli ~Ucati possono contare su questa cifra. Difatti 1036 bastimenti sono in cantiere, per un tonnellaggio totale di 5,914.700. Queste 10;6 unità navali si compongono di: 3J3 vascelli di legno~ 2.1s d'acciaio, 58 misti e 400 navi diverse costruite per conto degli Alleati.

Tutti questi bastimenti saranno pronti a navigare prima della fine del-1918 e 100 di essi, per un tonnellaggio di circa un milione,prima del prossimo marzo. .,,

Inoltre il Shipping Board elabora attualmente dei piani per la ·costruzione di una seconda Botta di s milioni di tonnellate che sarà messa in cantiere la primavera prossima. Le leggi e i crediti necessari sono stati votati dal Congresso. Non dunque sei milioni, ma undici milioni di tonnellate sono quelle ,ch e l'America mette a serv izio della causa comune per la guerra e anche per il dopo guerra, quando la crisi del tonnellaggio non p otrà subito attenuarsi. Davanti a questi pianì grandiosi l'azione dei sottomarini - per quanto grav enon può togliere agli Alleati il dominio dei mari, quindi la possibilità e la certezza di vincere.

Ma lo zio Sam, Une/e Sam, non prepara soltanto le navi per gli oceani, prepara le « ali per la vittoria » come dice l' Anterkan R eviev oJ Revitv del mese di ottobre.

Il Congresso ha votato per l'aviazione la cifra che p uò sembrar favolosa di 720 milioni di dollari. L'Armata AmeriCana del ciclo avrà 100 mila soldati, dei quali 10 mila piloti, Gli St.ati Uniti preparano una squadriglia di 23 mila aeroplani.

Ma tutti questi apparecchi non voleranno sul _ fronte. Si calcola che molti saranno distrutti nei campi d'istruzioò.c. Molti nei combattimenti. L'av iazione britannica, per esempio, ha perduto s6 uomini nel gennaio del 1917, 119 in febbraio, 152 in marzo, 319 in aprile. Un'armata di un milione di uomini ha bisogno di un mig liaio cli velivoli in servizio-permanente e di 3000 di riserva. L o scrittore dell' AmtrktJII Reviev of &viev, stima che nella primavera del 1918 g li americani avranno io Europa 5000 aeroplani e che nel 1919 ce ne sa.ranno 30.000, colla possibilità di· fabbricarne 4000 al mese I

Potremmo dare altre cifre interessantissime circa il legno per la costnizione degli apparecchi (gli Stati Uniti devono fornire 50 milioni di metri cubi di legno alla Francia e all'Inghilterra), la tela di lino, ma ci limitiamo ai motori. 11 capitano La Grange, mandato in America dal Governo fra..ncese, ha ottenuto l'impegno da parte degli Stati Uni~ di costruire xo mila motorì prima de~ 1° aprile 19 18

DAL PIAVE AL MESSAGGÌO Dl WILSON 115

e 46 mila prima del 1° dicembre dello stesso anno . Inoltre si è concepito un motore di o uovo tipo, il Liberty Motor, disegnato da un colleg io di 50 ingeg neri e che p uò essere costruito in un t empo brCvissimo a « pezzi » da fabbrìche diverse, in modo che all'infuori di pochissimi iniziati, nessuno può conoscerne la potenza, il peso, il fun2ionamento.

Un consigli o di specialisti raccolto n ell' Aircrajt ProductiOn Board studia e risolve tutte le questioni inerenti all'aviazione. I « t ipi » d'apparecchio sono stati ridotti · a cinque (l'Inghilterra aveva 70 tipi, la Francia 40) e cioè: a pparecchi da istruzione, da combattimento, da r icognizione, da controllo dei tiri, da bombardame nto.

Dominio dei mari, superiorità assoluta nei cicli, certezza di vincere ; ecco quel che significa l'intervento americano cd ecco perché la Germania di Hindenburg cerca disperatamente una soluzione della guerra, prima che il pugno dello zio Sam cada a martellare la proterva cervice tedesca.

A noi di resistere, per da r modo all'America d i entrare in pieno combattimento. È il peso del Nuovo Mondo che finii:à per schiacciare la Germania.... M,

Da li Popolo d'Italia, N. 337, 5 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche s ul~ l'edizione di Roma, N. 3:38, 7 dicembre 1917,.IV.

116 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

PIAVE E MONTECITORIO

Dal 2.4 ottobre ad oggi - salvo per la seduta <<storica>> del 14 novembre - noi non ci siamo affatto occupati di Montecitorio e dei suoi u omini. Cerano e ci sono, a nostro modesto avviso, argomenti più inte ressanti da agitare davanti all'opinione pubblica. Cosi non abbiamo interloquito nella noioSa e inconcludente polemica svoltasi sui g iornali [Omanì a proposito delle Commissioni Parlamentari di Contro llo. Questo m ovimento, il cui carattere « frondisu >> e di opposizione è a mala pena dissimulato, da chi è partito ? Dalla famosa Unione Padamentarc e per essa dall'on. Coc~Ortu.

Noi siamo contrari all'istituzione di queste Commissioni sino al g iorno in cui ci v errà dimostrata la loro pratica utilità. Controllare che cosa? La condotta · politica, militare, diplomatica, economica della guerra ? E in che modo ?

O questo «controllo» è quotidiano, e allora è assai difficile determinare l'estensio ne e le relazioni coi ministri che dovrebbero essere controllati; o questo «controllo» deve avvenire cli quando in quando, a intervalli più o meno lunghi, e allora non si capisce perché il Parlamento tutto intero debba essere privato di questa facoltà. Il con t rollo, da quanto si arriva a comprendere, sarebbe una specie di « sorveglian- · za » che ùcuni deputati eserciterebbero sulle applicazioni pratiche delle direttiv e generali della n ostra guerra. O il controllo vuole avere il significato più benigno di «collaborazione)> coi ministri responsabili?

Avevamo un Ministero pletorico. L'abbiamo sfrondato, sveltito. Mettete a fianco di ogni ministro dicci deputati e avrete una specie di Ministero composto di ben 140 membri. Credevamo di andare verso il Comitato di guerra, cioè yerso il potere di deliberazione e <:li esecuzione limitato a p o chissimi, verso una deiermina2ione esatta di re·sponsabilità e invece ci propongono da Montecitorio una specie di Spvi~I parlamentare. Grazie I Ché, se poi le Commissioni si proponessero solnnto di <<collaborare», allora non si comprende perché dov rebbero essere composte di soli deputaci e non anche di cittadini. Quando pensiamo che i capi di questo movimento son o, n el Senato, il senatore Tittoni e al.la Camera l'on. Cocco-Ortu, abbiamo diritto di manifestare la nostra diffidenza.

Mentre i deputati e. i senatori manovrano in vista dell'obiettivo . delle Commissioni di Controllo, si riparla d i Comitato segreto. Protestiamo e subito . Non vogliamo Comitato segreto . Dare un Comitato segreto a un Paese che è affamato, assetato di verità, è un'at roce irrisione. Noi siamo contrari, decisamente, al Comitato seg reto:

1. Perché non è segreto. Non è stato segreto in Francia e meno ancora lo è stato in Italia. Anche i barbieri dei nostri onorev oli sanno che cosa si è detto nel Comitato segreto del giugno. Non continuiamo col sistema delle finzioni stupide. E allora, se il Comitato segreto no n è più segreto, manca del requisitò fondamentale che potrebbe renderlo tollerabile.

z. [Cenmra....] la Nazione italiana, nOn si può negare a questa il diritto di conoscere la verità; anzi, la Nazione ha la priorità di questo diritto, nel confronto dei signori deputati, in 1 quanto è essa ch e li investe di un mandato P erché a qualche centinaio di personaggi, più o meno autorevoli, più o meno intellig enti, deve essere concesso - in tempi di guerra <i democratica» - l'inaudito privilegio di poter tranquillamente conoscere ciò che rimarrà i gnorato a quei milioni e milioni di cittadini che fanno la g uerra, col sangue e col denaro ?

3. La N azione n o n comprende il « Comitato segreto)>, Non lo vuole. Vuole il Comita(o p ubblico. Il più «pubblico)> possibile. Non si diran no cose che non s ieno g ià a conoscenza dei nemici e quelle che si diranno non ·potranno pregiudicarci per l'avvenire in quanto riguardano il passato. Il Governo deve, dfiU:tando la eventuale proposta del Comitato segret o, da re il primo attestato di fiducia al p opolo ·itàlia no. Il CÒmita to segr e to non farebbe che rendere più pesante l'atmosfera di chiacchiere, di voci, di v er sioni che circolano da u oppo tempo La verità, nuda e cruda, d et ta senza eufemismi, a un popolo che ha dimostrato di essere forte nd mome nto in cui il colpo nemico p ote va fatlo vacillare, è l'unico mezzo per dispe rdere q uell'atmosfera per dare al pubblico la nozione reale delle cose e degli avvenimenti e dei doveri che l'ora critica impone a tutti, deputati compresi.

Noi speriamo che i deputati interventisti [ censura.••. ] - si opporranno alla richiesta di., Comitato segret o e chiederanno invece che Ja discu ssione sia pubblica, davanti n on solo all'as semblea d i. M o ntecitorio, ma all'altra g rande ass emblea del popolo italiano.

Mentre siamo costretti ad occuparci di queste cineserie parlamentari, la lotta infuria nuovamente sul n ostro . fronte. Conrad sferra i Suoi attacchi e tenta il grande colpo, che, riuscendo, ci costringerebbe ad a bbando nare la linea del .Piave. Noi continuiamo ad essere ottimisti. Le n o tizie che ci giungono d al fronte, attestano tutte, con una

\-', ... ;_·~~~--> ' 118 OPERA OMNIA Dr BENITO MUSSOLINI

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 119

unanimità confortevolissima, che il morale delle nostre truppe. è tornato quello dei primi giorni.

È sul morale che noi precipuamente contiamo, non solo suj cannoni e sulle mitr2gliatrici.

La nuova battaglia potrà avere varie vicende, ma noi sentiamo che gli austro-·tedeschi non riusciranno a raggiungere la pianura vicentina.

La nostra ansia è dominata dalla nostra ferma fiducia.

Da Il Popolo d' ltali4, N, 338, 6 dicembre 1917, IV, Pubbl ioto anche sull'edhione di Roma, N. 339, 8 dicembre 1917, IV.

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GLI ITALIANI PEL «POPOLO»

S1Jttoscrizione iniziata per itnp11/Jo spontaneo il 20 /11glio 1110

Somtna raccolta nel IJìI6 L. 47.ol;, So

Nel IfìI7:

S011Jma preudmte L. IZJ. 67 4,1 0 (+)

Totale L. 12 6.72;,1 0.

POSTILLA ALLA SOTTOSCRIZIONE

Noi, in verità, ·non ci ricordavamo più della famosa sfida ·corsa fra noi e i clericali a proposito della sottoscrizione*. Sorio passati alcuni m esi, è venuto il 24 Ottobre, Ja concordia nazionale e mo lte altre cose di maggior interesse e questa lotta di cifre non ci interessav a più, Ieri ce ne siamo ricordati leggendo la « cinquantesima lista » di oblazioni al Momento di Torino. C'è un forte gruppo di cittadini del Comune di Armeno, provincia d i Novara, i quali, col loro Reverendo in testa, (< protestano vigorosamente contro la sfacciata sfida mussolittlan.a e il suo blasfemo g iornale libello )},

Accidenti! Non scherzano i « buoni villici » di Armeno Dicono pane al pane e vino al vino e peccatore - ahinoi I - al peccatore. Ma n o i ce ne infischiamo solennemente e tiriamo innanzi.

Anche il circolo jJ11Jcnflls di Ovada è in collera con noi. Ma n oi non s iamo in collera con loro. Noi ci limitiamo a far notare che iJ totale della_ nostra sottoscrizione supera quello dell' Avvmire d 'Italia, del Corriere d'Italia, del Momento, del Meuaggero Toscano, di quattro, cioè, sui cinque giornali del tr1ut cattolico italiano. È inferiore soltanto all'Italia di Milano, Questo detto, per i nostri.lettori che non leggono i giornali clericali, n o n aggiungiamo altro . C'è altro pane sulla plancia....

Da ti Popolo d'llt,li~, N. 338, 6 dicembre 1917, IV (l).

* (IX, 19~, 202, 229).

LA « MANIERA DOLCE» ....

Un messaggio al popolo francese, un .messaggio al popolo americano, un discorso alla Sorbona, due interviste dopo la conferenza interalleata · Ecco: non si può veramente dire che l'on. Presidente del Consiglio dei nostri ministri sia dispensiere parsimonioso o usuraio delle sue parole Al contrario I Abbiamo sul tavolo il P etit Journal di ie ri (le plus fori tirage du monde), con 0:n gcosso titolo su due col onne che dice: L'on. Orlando, Presidmle del Consiglio italiano, ci afferma la sua inrrollabift sptranza nella villoria degli Alleati. Leggiamo insieme per vedere se le confidenze fatte al nostro confr2tello parigino danno sul serio ·questa impressione di« speranza incrollabile,, nella vittoria. Nell'esordio l'on. Orlando enuncia l'idea motrice di tutta la sua condotta politica in q uesti termini :

« Il mio principio politico - C"g!i ha dC'tto - consiste a non mai con5idC'rare g li altri come del ti.lito e5tranei a me stesso».

Terenzio, se la memoria non c'inganna, alludeva a qualche cosa di simile, col suo nihil humanum a m t alienum puto.

Tutti gli uomini che popolano la terra, hanno in comune certe qualità fondamentali, sono sottoposti a certe l eggi cui nessuno può sfuggire. Queste ide ntità, alla cui ricerca sembra inclinare di preferenza la teoria «terenziana» dcll'on. Orlando, sono u n dato di fatto naturale. Ma accanto alle identità ci sono le antitesi. Anzi, secondo talune filosofie, l'universo non sarebbe che un immenso gioco di elementi contrari che si cercano, si elidono, -si sovrappongono, armonizzano. Ma dalla filosofia scendendo al terreno della politica,. noi ci permettiamo di domandare : chi sono « gli altri» cui non si sente del tutto estraneo l'on. Orlando ? Quegli « altti » che non han voluto la guerra? Ciò che segue spiega meglio lo stato d'animo, l'orientamento spirituale dell'on. Odando:

« Io ho l'orrore di dò che si chiama Ja maniera forte. Perseguitare o averne l'apparenza, significa suscitare degli odi assa.ssinj e ferire Ja sensibilità qualche volta esulcerante di una collettività d' individui che, a torto o a ragione, qedono o pretendono detenere la verità o delle particelle della verità» .

Tutto ciò è perfettamente all'unisono col nittiano : « Non bisogna perseguitare i nemici ». Gesù Cristo, il buon Gesù, non amava certo le maniere forù, eppure, una volta, ha p reso a scudisciate i mercanti del Tempio. I nostri ministri hanno un'animula più candidamente evangelica di quella di Gesù. E più che l'ep isodio m:inesco del Tempio, t esoreggiano il comandamento : a chi ti percuote sulla guancia des tra, porgi la sinistra È incantevole I In a stratto sarebbe l'ideale di poter vincere, all'interno e all'estero, coll'impiego della « maniera dolce ». Non più arnesi di morte, ma pallottoline umanitarie, capaci appena appena di arrossare, per semplice c0ntusione, l'epidermide; e tratto tratto qualche « dolce» fraternizzazi one fra le opposte trincee e all'interno, non persecuzioni a base di ca rcere o internamento, ma o pera di persuasione, di « suasione » morbida, vaselinosa....

Non bisogna suscitare g li odi, non bisogna ferire le sensibilitl specialmente quando siano « ukerate » o, aggiungiamo noi, pus.dolose, Unguenti delicati, empiastri emollienti, camomille soporifere : ecco l'ar madio farmac eutico di un ministro dell'Interno che ba in orrore la « maniera forte». Bellissimo. Solamente, osiamo osservare, g ettando un'occhiata melanconica sul calendario, che siamo nel quarto anno della guerra mondiale e che oggi, 7 dicembre, abbiamo - noi italiani -i tedeschi sul Piave a vento_tto chilometri da Venezia. [Censura].

Vero è che l'on. Orlando profetizza che « non passeranno due mesi che il nostro fronte sarà ristabilito», ma, in questa guerra, i profeti h anno avuto sempre e regolarmente torto.... Vorremmo ingannarci. Vorremmo che l'evento profetizzato si verificasse non in due mesi, m a in due settimane. Sappiamo soltanto che se non si cambia metodo, i due mesi potrebbero diventare due anni. E che si voglia cambiare metodo non sembra, appunto leggen do questa inte cvì~ta dell'on. Orlando. Quest'uomo o sì il1ude o vuole illudersi o vuole illudere la gente. Ma come si fa a dire che in I talia « ognuno si inginocchia d avanti all'altare della Patria in pericolo, che socialisti, sindacalisti, repub.blicani, conservatori e liberi pensatori vibrano d elle stesse emozioni»? Anche il consigliere Fassina, dd consiglio comunale di Milano, si è inginocchiato davanti all'altare scappando vergognosamente in Svizzera, alla vigilia del suo richiamo alle armi ? Eccezioni ? Si. Eccezioni, fortunatamente, Ma di queste eccezioni bisogna tener conto, a meno che non si voglia blandirle, tollerarle, ,persuaderle, nella ricerca affannosa, impossibile, assurda, grottesa, perico losa di una identitl fra la guerra e l'anti-guerra, fra Lenin e anti-Lenin, fra leali smo patriottico e tradimento sedicente internazionalista. [C,nn,ra].

122 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Messaggi e messaggi; telegrammi e telegrammi; discorsi e discorsi; inter viste e interviste. La parola v ittoria ripetuta dicci,- cento volte, ma nessuno scorge - nella nostra vita p olitica interna - un apprestamento di mezzi adeguato al fine grandioso che ci proponiamo di raggiungere. Si chiede una politica di guerra e vi si risponde cl!e la « maniaa forte » non va ; si chiede una politica di guerra e vi preparano una politica ancora e sempre parlamentare.

, Il Presidente del Governo divise gli italiani in due categorie : italiani e stranieri o nemici ; ma questi ultimi. italiani o t edeschi che siano - circolano liberamente nelle nostre città, trincano liberamente sulle nostre momentanee sciagure, insidiano la n ostra resistenza con ogni gene.re di manovre, ci fosultano sanguinosamente col fatto stesso della loro presenza. [Censura], ·

Da Il Popolo d'llalia, N. 339, 7 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione d i Roma, N. 340, 9 dicembre 1917, IV.

DAL PIAVB AL MESSAGGIO DI WILSON 123
M.

ZONA DI GUERRA!

Una delle necessità di questo momento è stata finalmente accolta La prÒclamazione della zona cli g uerra estesa a tutta la valle del Po figurava tra quei nostri « postuJati » che cosi largo movimento di simpatie e di adesioni hanno raccolto> durante .questo mese cli :msic e di passione> fra 'il pubblico italiano. Le ragioni «militari» che imponevano i l provvedimento non hanno bisogno di essere lungamente illustrate, anche per ciò che rig uarda precisamente Milano, il centro bellico ~azionale di maggiore importanza, che si trova quasi immediatamente dietro ·a1 territo rio segnato come « zona di o perazione>>. Anche ragioni «morali» consigliavano questa misura.

N o i non abbiamo mai compreso questa assurda separazione fra zona di guerra e zona non di guer~a> quando ci si vetÙva cantando in tutti i toni che la Nazione era un solo esercito, che ogni cittadino doveva considerarsi, anche nell'interno del Paese, come un soldato. Non comprendiamo nemmeno come alcuni nostri confratelli si siano affrettati, con uno zelo fuor di luogo, ad avvertire il pubblico che la proclamazione di zona di guerra no n _ cambia nulla, non ((vincola)) nulla, lascia le cose nel lo ro stato solito, mentre invece sarebbe necessario dare al pubblico la sen sazione perfettamente opposta: ch e cioè la proclamazione deHa zona di guerra non è e non dev'essere considerata come una specie di misura p latonica e che qualche cosa cambierà e deve cambiare. Z ona di guerra deve voler dire un più alto senso di disciplina civica e nazionale, Certo là proclamazione di « zona di guerra )> ammette - di necessità - un certo numero di provvediment i d'indole politico-militare, sen2a dei quili la zona non è più di g uerra. Siamo alla questione dei sudditi nemici e dei falsi neutri e aUa repressione - inesorabiledi ogni tentativo, anche larvato, di sabotaggio della Nazione. Due episodi recentissimi dimostrano che non si può indugiare di un giorno solo ad ordinare l'arresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici. A Genova, direttore teè:nico dei trams, del servizio più delicato e importante di una grande città, era un tedesco autentico. Costui, durante trenta mesi della nostra guerra, .ha tenuto chiuso, nel suo cuore ~eloso di borhe, il suo _sordo feroce rancore contro di noi. Ma alla

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sera del 14 ottobre, quando si delineava a.ppena l'urto nemico -e il boche doveva esserne informato - ecco l'anima del tedesco prorompere, sotto fa. maschera del capo-tecnico delle tramvic genovesi; bottiglie di champagne e canti di gioia. Le tramvie genovesi, a coÒoscenza del fatto, licenziano - finalmente I - il loro ,impiegato. Questi se ne va tranquillamente a Roma e solamente dopo ben quaranta giorni si procede ad arrestarlo. Il fatto è di una g ravità eccezionale. E non è isolato. Non più tardi di ieri, a Milano, è stato processato e condannato - in verità troppo mitemente I - certo signor Sigismund, tedesco di ra22a, naturalizzato italiano, ma te<;1.esco aute ntico dalla p unta dei capelli alla radice dei piedi. Gli esempi potrebbero continuare, ma è inutile, perché le autorità sanno b enissimo che non ci sono mai stati a Milano tanti sudditi ne mici, come in questo momento. E questi ospiti ingrati, sfruttatoti, tengono un contegno - dal 14 ottobre in poi - piuttosto insolente. Porse qualcuno di loro aveva già preparata la bandiera da espone alle finestre nel caso che i compatriotti dall'elmo a chiodo fossero g iunti a Milano ; qualcun altro - ingegnere, capo-tecnico - s i riprometteva di fa re da guida alle colonne del Kaiser, come avvenne a Bruxelles·e ad Anversa, fra la stupefazione angosciata dei belgi che avevano ospitato - · creduli e ingenui ·- la mala, pe:r6da bestia tedesca.

Anche a Milano i tedesdù hanno sturato bottiglie di champagne, quando si seppe che « la bandiera giallo-nera sventolava sul castello di Udine>>. E se a Milano i tedeschi non osano di mostrarsi interamente quali sono, gli è perché ricordano le sante giornate di distruzione del 26, 17, 28 maggio dd 19q .

Ora, cli tedeschi ce ne sono nelle banche, nelle officine, nei negozi, nel m ondo scrio, nel mondo allegro. Come si esercitano a sabotare la nostra guerra., diremmo qui, con copia impressionante di documenti, se la censura non avesse posto il suo in,comprensibile «veto>) a pubblicazioni del gen ere. La « zona di guerra » dev'esse re una zona ossigenata, dove l'atmosfera non deve essere inquinata dalla presenza dei t~deschi, maschi e femmine, grandi e piccole, vecchi e bambini. E perché molti di costoro portano sulla faccia la comoda maschera di una naturalizzazione italiana [ cen111ra ] fatta -alla vi.;, gilia della guerra o dopo, è necessario «rivedere» queste naturalizzazioni e adottare un provvedimento radicale anche contro i « naturalizzati)) senza distinzione di sorta, dal momento che - vedi Sigismund - la « natuaùizzazionc » nofl fa che renderli più pericolosi. Insomma : a Milano, nella sola Milano, i sudditi nemici, [ mm1ra•• ,.] i naturalizzati per commedia, superano forse il migliaio. Un buon r ude colpo di scopa ci vuole per questa zavorra nemica e non si co-

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 12§

r:ninci - per carità - ad aprire delle eccezioni, ad ascoltare delle raceomandazionJ anche se venissero d a deputati o da senatori, a fare una « casistica>> nuova sui gradi maggiori o nÌ.inori d'innocuità dei sudditi nemici. E canone principale, unico, di guerra è quello di dann eggiare in tutte le forme, in tutti i modi il nemico. I sudditi nemici che sono rimasti qui, fra n oi - colla relativa autorizzazione delle autorità germaniche o austriache, sono dei belligeranti. Non combattono col fucile, ma si gioviano d i tutte le altre armi per aiutare la Ge rmania. La longanimità, l'indulgenza, l'umanità verso costoro è una stupidità quando non sia d elitto. ,

Noi attendiamo di giorno in giorno quest'alta, vera, profonda, imp rorogabile operazione di « pulizia urbana>). Anche gli amici ~ei tedeschi sono pochi, a Milano, e quasi tutti d'importazione, ma csi. st ono. Sino ad oggi, sono s tati tollerati, perché il Governo ha « in orrore Je maniere forti>). Vedremo Ora se anche l'autorità militare, che assume da oggi il compito delicato cd essenziaJissimo di mante· nere l'ordine nelle retrovie, segui rà la massima nittiana dd « non perseguitare i nemici)>.

Da Il Popolo d'Italia, N 340, 8 dicembre 1917, IV Pubblicato anche sul. l'edizione di Roma, N. 341, 10 dicembre 1917, IV.

126 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

VIVA WILSON!

Nel suo g rande messaggio al Congresso, il Presidente Wilso n aveva preannunciato Pimi,ninente dichiarazione dello stato di guerra fra Stati-Uniti e Austria-Ungheria con queste precise parole:

« Un ostacolo molto imbarazzante sulla nostra strada è che siamo in guerra colla Germania e non coi suoi a lleati. Per conseguenza io propongo formalmente che il Congresso dich iari lo stato di guerra fra gli Stati-Uniti e l'Austr ia-U ng her ia L'Austria-Ung heria - pròseguiva Wilson - non è in questo momento padrona di se stessa, ma semplicemente un :vassallo del Governo tedesco».

Abl;,iamo voluto ricordare questo brano del messaggio di Wilso n a confutazio ne di troppi che hanno accolto la nuova dichiarazione di guerra senza eccess.ivo entusiasmo, attribuendole un valore quasi del tuttci formale o pJatonico.. Le cose non stan no precisamente i n questi termini, se Wilson ha parlato di « un ost acolo m olto i mbarazzante sulla nostra strada)) : ostacolo che l'avvenuta dichiarazione di guerra ha eliminat o. Il voto unanime meno uno del Serua.to, costituisce, dunque, un evento di grandissima importanza diplomatica, militare, mo rale.

Dal punto di v ista diplomatico, la dichiarazione di g uer ra degli Stati-Uniti è un colpo decisivo, mortale inferto a certe tendenze che di quando in quando affiorano negli ambienti politici eu ropei e secondo le quali l'Austria-Ungheria meriterebbe u n trattamento diverso dalla Germania. b il << tradizionalismo diplomatico » che voleva un'A u stria ingrandita alle sp ese della Germania. Vecchia mentalità terribilme nte in ritardo.

Il capo deµa più giovane democrazia del lJlOndo ha stabilito il rapporto che esiste fra Germania e Austria che << non è più padro na di se stessa, ma semplicemente un Vassallo del Governo tedesco ». Non dunque indulgenze che sarebbero colpevoli nei confronti d cli'Austria, ma un trattamento militare e politico identico a quello fatto alla Germania.

D al punto di vista mo rale, certo che l a nuova dichiarazione di guerra esercite rà un'influenza deprimente sulla popolazione e su l'esercit o austriaco. Si _ e ra fatto credere e sperare in un prossimo avvento

9, • X.

della pace : la campagna d'Italia e le vicende russe avevano contribuito aUa dilfusìone d i ques te speranze ed ecco che, mentre si apre il quarto inverno di guerra, Wilson, in n ome di u no Stato potente, di u o milioni d'abitanti, dichiara la guerra all'Impero a ustro-ungarìco. Per noi, -italiani, l'atto deg1i Stati Uniti dev'essere considera t o co me una profonda attestazione di solidarietà. Gli Stati Uniti potevano - senza il nostro 2.4 ottobre - ritardare ancora il compimento di q uello che gli eterni insod disfatti chiamano una formalità, ma le nostre vicende militari hanno fatto precipitare le decisioni di Wilson. Il Presidente ha voluto d imostràrci che gli Stati Unit i sono in a rmi non soltant o contro gli H ohen zollern, ma anche contro gli Absburgo. Il Pres idente, proponendo lo stato d i guerra fra gli Stati Uniti e 1'Austria- Ung heria, è venuto a riconoscere implicitamente e solc;nnemente la legittimità e la santità delle nostre rivendicazioni nazionali nei confronti dell'Austria C'è un chiarim ento della situazione. È uno dei tanti perché che fi nisce. G ià si chiedeva da varie parti : perché g li Stat i Uniti n on sono in gu erra coll'Austria-Ungheria? E s i lavora va qualche volta di fantasia a supporre reconditi motivi. Oggi ques ta penombra scompare. Gli Stati Uniti sono con noi, non soltanto co~tro la_ G ermania, ma anche co ntro l'Austria.

Dal punto di vista militare, abbiamo già illustrato su queste colonne che cosa significa l'inter vento ameticano, È un còntinente intero che si schiera dalla nostra parte. Un continente co i suoi soldati, i suoi opera.i, le sue officine, le sue n avi, il su o denaro, i suoi racco lti. Un continente popolato da una razza giovane, senza passato e che vuol fare onorevolmente il suo ingresso nella strada mondiale. Già centinaia di migliaia di soldati son o in Francia e i siluri tedeschi non posson o m enar vanto di ave r t olta la vita a un solo soldato a mericano e g ià s i parla di mandarne a nèhe in Italia. Nella primavera p rosSima si valuterà tutta la straordinaria importanza dell'in terv ento americano. Prima della battaglia della Somme, si credeva nell'efficienza, anzì, nell'esistenza stessa d i un grand e ·esercito ing lese?

Lo sanno - ora - i tedeschi, i quali vedono minacciata n eJl' implacabile p ressio ne inglese la famosa linea di Hindenburg , se esi~te o n o un esercito inglese. Lo stesso Hindenburg è costret to ad ammettere_ la superio ri tà dei mézzi degli odiatissimi inglesi.

Il p eso che grava sulle spali~ degli italiani, dei francesi, degli ing lesi, in q uesta fase della guerra europea, non è leggero. U n fronte, quello russo, è liquidato. Il rap porto d em ografico fra i belligeranti si è eguagliato, apparentemente, p er ò. L a pop olazione dei tre Stati occidentali eguaglia q uella degli Imperi Centrali. Ma l ' Inghilterra e la Francia hanno dietro due Imperi. Ma gli Alleati occidentali possono

128 OPERA OMNIA Dl BEN ITO MUSSOLENJ

contare sul grande co ncorso degli Stati Uniti e, forse, del Giappone, mentre gli lmperi Centrali devono trovare in se stessi le risor:se umane per continuare la guerra. È vero che in Russia non si combatte più, ma "i morti a migliaia e migliaia - tedeschi e austriaci - che dormono nelle pianure di Galizia e nelle gole dei Carpazi, non risorgono a :riempire i quadri degli eserciti decimati del Kaiser. Non dimentichiamo ·che la Russia ha, durante due anni, indebolito seriamènte la ·potenza militare degli Imperi Centrali.

Il nostro pro blema è tutto qui : tenere, r esistere. Resistere militarmente, resistere alle blandizie e alle manovre avvolgenti, terribili, d i quella « quinta arma» che la Germania ha saputo maneggiare in ogni senso e presso Ògni popolo. Dopo aver arrestato l'offensiva delle armi, bisogna evitare una possibile offensiva diplomatica. La Germania alterna i suoi colpi : avvicenda i suoi uomini : dopo i generali mette in scena i diplomatici. È il suo gioco, condo tto senza scrupoli1 sino al mercimonio, all'attentato, al delitto. Ai cannoni opponiamo i cannon i e alJa « quinta arma» opponiamo misure inesorabili p reventive e repressive e quella fede tenàce nella v~ttoria che v ibtava alta e so leone in ogni parola del messaggio di Wilson.

Da // Po pol o d ' l talù,, N. 341, 9 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N _342, 11 dicembre 1917, ÌV.

DAL PIAVE .AL MESSAGGIO DI WILSON 129

NON UMILIATE LA NAZIONE !

Se le informazioni parlamentari che giungono da Roma sono esatte, il Consiglio dei ministri, nella sua ultima riunione, si è dichiarato co ntrario all'istituzione di quelle famose <( Commissioni ~i Controllo» attorno alle quali si è svolta p er alcune settimane la più tediante e inutile accademia del mondo. Mentre la Nazione trepidava per le sue sorti ed aveva tutta l' anima· dolorante, ma fiera, tesa verso la riva del Piave, dove siamo riusciti ad a rrestare l'irruzione nemica, a Montecitorio - eterna Bisanzio della politica nazionale - la gentC medagLiettata varava la « trovata » delle Commissioni di Controllo. [Cens«ra]. ·

Alcune settimane di discussione a base di articoli, lettere, interv iste. e alla ti.ne nessuno ha capito che cosa avrebbero dovuto essere c ·çome avrebbero dovuto funzionare le « Commissioni di Controllo» escogitate dalla feconda fantasia insoddisfatta dell'on. Cocco, n onché Ortu e dai suoi accoliti dell'Unione parlamentare. [Cenmra]. Noi crediamo che di « Commissioni di Controllo» non si riparlerà nelle prossime sedute della Camera. Ad ogni modo, d.ato l'atteggiamento del Governo, l'eventuale propos ta sarà bocciata, e questa specie d 'incidente politico-parlamentare sarà liquidato.

Escluse le << Commissioni di Controllo » si torna a parlare d i « Comitato segreto» e sembra che ~1 Governo n on sia alieno dall'accettarlo. Ora noi torniamo a dichiarare che quest~ « Comitato segreto»

è un errore politico che potrebbe avere conseguenze imprevedibili.

Il Governo deve rendersi conto dello s ta to d'animo del ' Paese, Noi scongiuriamo la censura di non straziare questa illustrazio~e che noi facciam o dello stato d'animo del Paese. Non si tratta di questiOni militari o diplomatiche per le quali noi accettiamo tutti i .divieti-della cen sur a : qui si tratta di far sapere in alto che cosa pensa la~azione che combatte, lavora e soffre, in basso . I nostri ininistri ci appaiono qualche volta come segregati dal mondo : sembra che l'esercizio del potere li isoli e li allont:..ni, invece di avvicinarli, di compenetrarli nella vasta grande anonima collettività nazion~le. Ora lo stato d'animo della Nazione si può sintetizzare in queste precisC parole : Sete di verità, spasimo di ço,wsçere la verità.

Il colpo del 14 ottobre ci ha dapprima storditi e percossi. Ognuno di noi, davanti a questo cadere r epentino del nostro fronte, davanti a questo subitaneo capovolgimento della nostra situazione militare, ha posto a se stesso una terribile domanda : Come mai, perché mai i OVlltntl/0?

A questa domanda il Governo, cioè quel gruppo di uomini che · hann~ in mano· tutti gli elementi della situazione, non ha ancora risposto. E poiché l'anima nazionale era ossessionata dal bisogno di «sapere», ogni voce assurda, o fantastica, o criminosa ha trovato credito, almeno per una giornata, nell'opinione pubblica. La coscienza pubblica ha istruito - per suo conto - un processo : ha additato le cause fontane e vicine della disfatta, si è afferrata a tutti gli episodi, è passata in breve tempo dalla esecrazione dei soldati al riconoscimento del loro lealismo e del loro valore e in mezzo a tutto ciò, un mi· scuglio di fatti, di dicerie, di menzogne che vanno dagli apocrifi comunicati di (adorna alle fucilazioni in massa dei « traditori della patria>>....

E mentre in Italia eravamo costretti a vivere in quest'atmosfera asfissiante, all'estero, nella stampa degli Alleati e in que~la neu trale, si discuteva e si dis.sertavS. tranquillamente sui motivi prossimi e remoti del n ostro rovescio. I giornali francesi hanno pubblicato serie di articoli sulla giornata del z.4 ottobre. Abbiamo provato a citarne qualcuno, ma la censura ci ha rifo:rbiciato. Ancora ·oggi, leg giamo sulla stampa estera, giudizi che rappresentano un'offesa più o meno lieve a quella che crediamo la verità. Cosl Alberto Thomas ha p otuto dire in un suo recente discorso che lo « sforzo tedesco, sapientemente composto cli rriezzì materiali e di manovre morali, ha avuto rag ione cli truppe che non erano state temprate a Charleroi e a Veid un », come se le undici battaglie dell'Isonzo, la scalata del Carso, l:l presa del S. Michele, la conquista della Bainsizza, la lotta degli Altipiani, siano state scaramucce di poco conto! (Censura].

Durante tutto questo periodo di tempo, nel quale fiumi d 'inchio· stra venivano consumati nella stampa di tutto il mondo ad esaminare le.cause del nostro disastro, HGoverno non ha aperto bocca. La versione 1< italiana )> degli ·avvenimenti manca. La versione « ufficiosa » degli avvenimenti non c'è ancora. Si ~iapre la Camera. L'opinione pubblica pensa che finalmente p otrà essere soddisfatta la sua arigosciante sete di verità ed ecco che si parla di « Comitato segreto». Sembra una irridente turlupinatura I La Camera ha l'aria di dlre al pubblico: « Ah, voi, milioni d i madri e di padri che avete dato il sangue dei vostri figli alla Patria, voi, milioni di italiani combattenti e non combattenti che soffrite, sperate, lavorate,- :resistete, siete p resi dal " capric·

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 131

do" di sapere com'è andata? No. Non saprete nulla. Voi non avete <liritti. Io- Camera - chiuderò i portoni di Montecitorio, isolerò poche centinaia di uomini dai quaranta m ilioni d'italiani, e discuterò in segreto. Voi, Nazione, n on esistete: esiste soltanto Montecito rio ; voi, quaranta milioni d'italiani, siete nulla; quattrocento deputati sono tutto >). È di un grottesco spaventevo]e, I eri siamo stati trascinat i dalle« dicerie» sull'offensiva auStro-tedesca; domani a quelle si aggiungeranno le « dicerie» sul Comitato segret~, e cosi la coscienza nazionale subirà l'una e l'altra specie di sabotaggio.

On. Orlando, ascoltate gli uomini d ella strada, respingete il Comitato segreto. Evitate che il turbament o de1la Nazione si accent ui anco ra. Qudlo che si può dire in Comi/alo segreto ai deputati, Ji può dirlo anche in p11bblico, e quello che non 1i può dire in pubblico i opportuno, i conveniente non dirlo nemmeno in Comitato 1egreto.

La Nazione - oggi - non ha paura d ella verità. La cerca an zi. La vuole. Bisogna andare incontro alla Nazio ne. Dire tutto. I popoli, p e r diventare forti, devono essere educati cosi. Devono essere messi colla fro nte e coll'anima innanzi alle loro debolezze. La verità è semp re un tonico altjssimo, e il fatto che il popolo italiano la cerchi, con ansia acuta, indica che h a raggiunto un g rado più alto di__ maturità civile. ·

Noi vorre mmo che le prossime sedute alla Camera fossero una specie di grande pubblico esame di coscienza del nostro Paese. E invece ....:_ ahimè ! - ci preparano la conventicola al buio. Nessuno fa eco al nostro grido : Non m1tilù1te la Nazione !

Da // Popolo d' Italia, N. 342, 10 dicembre 1917, IV Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 343, 12 dicembre 1917, IV.

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OPERA OMNI A Dl BENITO M USSOLINI
M.

« IL POPOLO D' 1TALIA» NEL 1918

Col 191 8, il Popolo d'Italia, entra nel suo quinto anno cli v ita. Dico vita, intenzio nalmente. Vita nel senso buono, sano, profondo della parola. Quali saranno gli aspetti di questa vita non lo so. La mèta rimane sempre la stessa : contribuire alla vittoria. La rotta è n ecessariamente determinata dalla mèta. Non è il caso di tracciare programmi o scio rinare promesse. Roba d'altri tempi, meno eccezionali di quelli che attraversiamo. Vivremo co me siamo viss uti. Senza vincoli all'infuori di quelli che spontaneamente accettiamo e che l'ora impone, Quello che il Popolo ha fatto è la migliore garanzia p er quello che farà nd 1918.

Il prezzo degli abbonamenti annui è aumentato di dodici lire. Un numero del giornale costerà dieci centesimi. Non è questo aumento un capriccio degli editori. È imposto dalla crisi del mercato cartario. Un quintale di carta per rotativa costava ~o-H lire quintale nel 191,; costa oggi 140 lire e non è un prezzo d efinitivo. Tutto i l resto è aumentato in proporzione. La Francia ha già adottato da t empo i due soldi. Conviene abbonarsi. L'abbonamento è una prova di amicizia. È solidarietà in atto. :è. quello che il P opolo chiede ai suoi lett ori, che lo hanno seguito fino ad oggi con costante crescente affettuosa simpatia. M .

Da Il Po polo d'Italia, N . :)43, 11 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma., N . 346, 1'.5 dicembre" 1917, IV.

M. CAILLAUX

LA QUINTA ARMA

La notizia appartiene veramente al genere delle <( sensazionali ». Giuseppe Caillaux, l'onnipotente Caillaux, il capo del Partito RadicoSocialista francese; Caillaux, l'ex Presidente del Consiglio Caillaux; il m ultimilionario Caillaux ; il sostenitore del Bonnt l Rouge disfattista scarlatto, e il creatore del P ays disfattista grigio ; Caillaux, il marito di sua moglie; Caillaux, l'uomo, infine, che dall'inizio della guerra ad o ggi costituiva il centro m orale e m ateriale di tutta quella vasta, obliqua, Sotterranea, terribile organizzazione tedescofila che ha sabotato, in mille guise, lo sforzo militare delle nazioni occidentali ; Caillaux andrà davanti al Consiglio di guetra, come Malvy andrà all'Alta Corte di Giustizia.

Se il generale Dubail, governatore d i Parigi, domanda a1la ea..: mera di sospendere l'immunità parlamentare nei riguardi di Caillaux e di un altro deputato, segno è che le accuse mosse da tempo a1l'on. CaiUaux hanno assunto, in questi ultimi tempi, la figura concreta, g iu ridicamente perseg ui bile, di veri e propri reati di tradimento.

Alcune settimane fa, in seg uito ad alcuni articoli di Gustavo H er vé, l'on. Caillaux annunciò che avrebbe querelata il direttore della Vùtoire, citandolo, non già alle Assis e di Parigi, ma a quelle della Sarthe e Moselle, capoluogo del suo collegio.

Il s ig nor CaiJJaux, con questa trovata « diversiv a », ~ostrava di non sentir si più sicuro, come una volta.

Cleme~ceau, nel suo Hommt En,hafni, aveva polemizzato con Caillaux accusandolo di disfattismo. Ma il Ministero Painlevé - debole nei suoi componenti e nella sua s tessa costituzione organica - non osava attaccare il grande Caillaux.

L'avvento al P!?tere di Clcmcnceau pone termine brutalmente al periodo delle tolleranze, delle indecisioni, delle complicità cogli amici e cogli alleati della Germania.

Oemenceau tiene sinceramente fede al motto d'ordine col quale è salito al Governo : « Presto e tutto I Tutta la luce I Tutta la giustizia I».

Oemenceau si è accinto, con quella fredda implacabilità che è la nota dominante del suo t emperamento, a liq uidare il disfattismo in alto e in basso.

Ex ministri, deputati, senato ri, gio rnalisti, uo mini politici, avventurieri, dovranno far e i conti colla giustizia civile e militare. La Francia fa il bucato , il grande bucato, di tutti i suoi panni sporchi, e per molti degli amici della Germania è a ssai. probabile che questo bucato sarà compiuto nei fossati delle fortezze, con la potente lisciva dei plotoni' di esecuzione.

Finalmente ! Finalmente si adotta - in Francia - la politica interna d ella g uerra . Finalmente si « perseguita » q ualcuno I

.Finalmente si osa essere « reazionari)> contro qualcuno I

Finalmente c'~ qualcuno che abbandona le maniere« dolci » [. ... censura ] per far valere il codice, nell'at tesa di « far cantare · i fucili ».

Se questa politica di guerra fosse stata fatta fin d al principio o fin da quando Ja Germania cominciò j) suo dumping pacifondaio, for se gli eventi avrebbero avuto u n o svolgimento diverso I

Oggi, a distanza, ci appare in tutta la sua grandiosità la manovra del pacifismo tedesco.

Un bel giorno - sono passati moltissimi mesi - furono diffuse in tutto il mondo notizie di un movimento pacifista all'interno della Ge.rmania. Il gruppo socialista del Reichstag si era diviso, appunto perché in ogni commedia bisogna dividersi le parti, in maggiorita.ri e minoritari.

I primi per uso interno, gli ultimi per uso esterno. Sudekum e Haase ; Scheidemann e Ledebourg.

Incidentucoli di p rimo maggio furono sino all'iperbole gonfiati dallà stampa cretina, desiosa di vedere e d( far vedere quello che n on esisteva : una crepa profonda nel blocco tedesco. Unico risult ato : eccitare, incoraggiare il mimetismo dei latini.

Si parlò di una dichiarazione d ei sindacati che al principio aveva raccolto n firme di funzio nari. Poi si afinunciò che i firmat ari erano arrivati a 200. Po i non si seppe più nulla.

Un atto della commedia fu recitato in pieno Reichsta g colla famosa mozio ne per la pace. Altri episodi di questa gigantesca m anovra pacifista potremmo citare, ma è inutile : sono recenti e non possono essere dimenticati. .Va da sé che alJ'esterno un'oida di diplomatici, giornalisti, spioni, contrabbandieri, principi, principesse e donnine, in relazione con altrettanti diplomatici, giornalisti, spioni, contrab· bandieri, ecc., lavorava freneticamente a indebolire Ja resistenza morale delle Nazioni occidentali : Francia e Italia. E da mesi e m~i abbiamo avut o la quotidiana cronaca degli scandali.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 135

Gli effetti politici e milita ri del dumping pacifondaio, li conosciamo tutti.

O ggi che lo scopo è silurato, t rovate un cane di tedesco che vi faccia la se ren ata al chiaro dì luna m assimalista : Né annessioni, né ìndennità. Trovate, se potete, un can e di t edesco, che voglia, in omaggio al santo verbo deg li Swiedrig ailoff e simili ubriaconi di Pietrogrado , rinuncfa.re, per esempio, al possesso di Riga o a quello di Strasburgo e di Trieste.

Con von Below sul Piave e con Lenin commissario del popo lo, il vangelo pacifista è.diventato 1innl oI internazionale? Ah no! Prima 1 in ogni caso H Deutsthland iiber alle.r in dcr We!t. E noi, noi per modo di dire, siamo stati dupn di q uesta prodigiosa mistificazione . P er tre anni, anzi p er cinquanta lunghissimi anni. È umiliante. Spezzeremo finalmente la quin ta arma ,ne lle m ani d ella Ger m an ia ?

Tendiamo l'orecchio Vecso Parigi. 11 giorno in cui ci giungerà l'eco di un a nutcita scari ca d i fucili, si comincerà a credere che la politica della guerra, la p o litica della vi tt o ria, è cominciat a, e che la p olitica d el tradimento e del semi•tradimento è finita. M.

Da Il Popolo d'Italia, N. 34S, 13 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'ediziooe d i. Roma, N. 344, 13 dicembre 19 17, IV.

136 OPERA OMNIA DI -
BENITO M USSOLIN[

FRA IL SEGRETO E IL PUBBLICO

Noi Ìlon ci siamo mai illusi sui possibili risultati della nostra campagna contro il Comitato segreto. Il nostro grido : Non umHiate la Nazione ! non è stato accolto ; non poteva esserlo

Fra noi e la gente medagliettata· c'è una specie di incompatibilità di car a ttere, dichiarata e i nsanabile.

La Camera si riunisce, dunque, a porte chiuse. Come ogni processo samdaloso. Ma siamo lieti di constatare che non tutti i deputati hanno accettato {.... censura]. L'on. .federzoni ha ri vendicato con parole, ncHe quali abbiamo ritrovato una forte ·eco deUa n ostra passione, la necessità di una discussione aperta.

L'on. Colonna Di Cesarò ha ripreso il nostro punto di vista che la Camera non ba diritto alcuno di sostituirsi al Paese e di conoscere essa sola le ragioni e le cause della sconfitta. E molto opportunameqte ed energicamente ha ricordato che le prerogative parlamentari non possono soffocare le libertà popolari.

L'on. Marchesano con bell'impeto ha dimostrato l'assurdità del Comitato segreto, e facendo l'elogio del buon senso del popolo italiano, ha dichiarato di non scorgere i pericoli di um. discussione pubblica sulle cause e gli agenti della nostra disfatta.

Questi deputati, che hanno parlato contro il Comitato segreto, devono essere additati alla gratitudine del Paese, .che non vuole più essere sottoposto ad un regime tutelativo ed ol traggioso.

Si capisce che l'on. Alessio - il tremebond o on. Alessio - si è dichiarato di parere contrario. In ogni modo, una discussione c'è stata. Un contrasto si è delineato. Non c'è stata l'unanimità.

L'on Torre, d' altra parte, presentatore della proposta di Comitato segreto, ne ha limitato la portata dicendo che i n Comitato·segreto non si deve discutere tutta la politica nùlitare, ma soltanto quella parte di essa che non si potrebbe denunciare al pubblico, senza arrecare danno al Paese .

Sono frasi queste. Prima di tutto temiamo forte che il Comitato non sarà segreto. Abbiamo il precedente del lug lio. Ben lungi da noi il pensiero di supporre che fra i nostri deputati ci sia qualcuno capace di trasmettere il resoconto della seduta ai Governi nemici.

In Francia, però, ciò è acci!,duto. U n bel giorno Michaclis ha le tto al Reichstag il resoconto stenografico delle sedute segret e del Parlamento fran cese. Di 11 a poco è scopp iat o Yaffare Turmel. Non sappiamo se questo onorevole, alcoolizzato al p unto di mettere i granì di pepe nel P ernod p er· rende rlo più drogato e piccante, abbia v eramente t rad ito. L o ·sapremo.

In Italia non ci sarà un T u rmel ; ma il segreto d el Coinìt ato sarà un a burletta, Bisognerebbe inchiav ardare le lingue dei deputati, mettere s ulle loro bocche il cinto del silenzio ; e forse trovereb bet0 mo d o d i p arlare, come le veneziane t rov avano il mezzo, secondo le cronach~ cli allentare o infrangere il lo ro cinto di castità.

Conosciamo dei deputati più chiacc hierini delle lavandaie.

Ammettiamo , per danna ta ipotesi, che si mantenga il seg reto.

Pe r q u anto tempo? N o n può essere certo il segret o dell'eternità Nessuno fissa i li miti di tempo nei quali la prop alazio ne delle notizie av ute in Comitato seg reto p uò nuo cere alla Nazione.

Ciò lasciat o all'arbitr io e - p ar dfJn - alla coscienza dei deputati.

C'è c hi si terrà legato a l seg reto tin o al tormento. C'è chi, g iu di-: cando la situazione mutata, ceno propalerà il famoso segreto fra u n paio di g io rni. Di più ancora. D o po il Comitato segreto, ci sarà il Comitato pubblico. Ma è perfettamente inutile. La discussione in p ubblico, se sarà seria, rivelerà quello che si è detto in segreto.

P o tremmo continuare in questa specie di esercitazione i ncesa a d imostrare q uanto siano per niciosi gli effetti d el cretinismo p arlament are ; ma n on vogliamo annoiare o ltre il lecit o il n ost ro p ub b lico

La Camera va al Co mitato segret o . Dopo un discorso d ell'on. O rlando che ha lasciato nella penom b ra molte delle p iù urgenti questioni di p o litica i nterna e un discorso leninista dell'on Modig liani, con ap o logia d i T ra:tzky e simili canag lie vendute alla Germania. _

Naturalmen te il deputato di Budrio si è appropriato la rappresent anza monop olistica del proletariato. È buffo I

Prop ri,_o questa mattina è ve nuta nei n ostri uffici una rappresentann di autentici operai, dell'au tentico proletariato ligure, ad informarci di un passo che sarà co mpiuto p resso il Governo e co n intendimenti radicalmente opposti a quelli che l'on. Modigliani rit iene.

N o , egregi padri eterni I Il proleta~iaÌÒ n on è con voi, p erché no n è disfattista, non è leninista. Non accetta la disfa~a, no n accetta Capore tto e n emmeno la p o litica che ci ha portat o a Capo retto.

Intend a chi deve.

N o i siamo g iovani e n on vogliamo essere tutelati dai vecchL Siamo vivi e non vogliamo essere so tterrati dai morti. A b biamo brac·

138 OPERA O.MNJA
DI BENITO MUSSOLINI

eia valide e garretti elastici ; non portiamo al piede la pantofola del liberalismo che tenta di rimettere a nuovo, colle vernjci fradice delli. letteratura, la «bacheca » delle sue ideologie cadaveriche. Noi' sappiamo dove vogliamo andare.

C'è dì meg lio. Noi sappiamÒ ~he arriveremo. {Cen.rura].

Il proletariato che ·non nega più la Patria, intende di conquistarsela e la v uole libera, grande, sicura.

I vigliacchi di tutte le spede indietro : al rigagnolo o al muro I M

Da I l Popolo d'Italia, N 346, 14 dicembre 1917, IV. Pubblicalo anche sull' edizione ài Roma, N H5, 14 dicembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 139

TRINCEROCRAZIA

L a parola è brutta. Non importa. Ce ne sono di più brutte che h anno g ià da tempo diritto di cittadinanza nella lingua italiana. Ce ne infischiamo dei «puristi» che ringhiano davanti ai « neologismi » Eterno conflitto fra la sensibilità v ecchia e quella nuova I La trincecocra zia è l'aristocrazia della trincea. È l'a ristocrazia di dOmani. È l'aristocrazia in funzione. Viene dal p r ofondo. I suoi « quarti di nobiltà )> hanno un bel colore di sangue. Nel suo blasone ci può essere dipinto un « cavallo di Frisia», una fossa di trincea, una bomba a mano.

L_anciare una bomba è un esercizio brillantissimo, a nche quando vi scoppia fra le mani e vi costringe a pensare che forse è stata fabbricata da un imboscato negligente.

Ci sori.o tante qualità di bombe. Le Sype, le Besozzi, le B. P. D , le T threnil ecc. Sono eleganti. Molto chic.

Ce n'è una che ha una camiciola. Noi nel nostro gergo di trincea la chiamavamo la « signorina ». Si portavano le bombe -nel tascapane, insieme alle scatolette di carne e al pane. Si gettavano o si gettano sul grugno degli austriaci. Bellissimo J, Non si capisce perché n essuno, in Italia, abbia mai preso l'inizia . tiva di fondare una scuola per addestrare i futuri soldati nd lancio delle bombe. Nelle quarte pagine dei giornali c'è molta pubblicità di imboscamento, a base di scuol e per tornitori; mo to ciclisti, chaHjj t Nrs; pubbUcità che d ovrebbe essere vietata. M a vedrete che fra poco so rg erà anche una scuola per lanciare delle bombe.

Tut ta questa divagazione sj spiega. È la nostalgia del mestiere. Inoltre, la_ bomba, è un argomento. Passiamo.

Cè una nuova aristocrazia in vista. I miopi e gli idioti non la vedono. Eppure, questa aristocrazia muove ·già i primi passi. Rivendica g ià la sua parte di mondo. Delinea già con sufficiente precisione i suoi tentativi di « presa di possesso» delle posizioni soci:..li. È un travaglio oscuro, intenso, di elab<;>razione, che rico rda quello della. borghesia francese di prima dell'89.

Cè un volume di Giovanni J aurès, dedicato al sorgere, suU'oriz· zonte di avanti ' 89. della borg hesia francese . È una lettura proficua. L'Italia va verso due g randi partiti: quelli che ci sono stati e quelli

che non ci sono stati ; quelli che hanno combattuto e quelli che n on ha.nno combattuto ; quelli che hanno lavo rato e i parassiti. I segni annunciatori di questo evento abbondano.

A .Milano tutto il movimento di propaganda e di resis.tenza interna è nelle mani del Comitato di Azione fra i mutilati e gli invalidi di guerra, A Torino si è costituito un vero e proprio partito fra i « reduci dal fronte» con esclusione assoluta degli imboscat i. A Bologna si annuncia la prossima pubblicazione di un giornale che avrà questo titolo : La 11oce dei reduci, Se c'è qualche anima livida che si proponeva la grave ed infame speculazione sui mutilati ed invalidi, deve sentirsi, oggi, totalmente delusa. I mutilati e gli invali4i della g rande guerra non si mettono ai cantoni pe r impietosire il cuore e la borsa dei passanti colla esibizio ne della loro infermità. Non si prestano agli «imbonimenti » di tutti quelli che piangono sugli «orrori » della guerra, senza conosce rli.

Quale immensa forza morale c'è in C{uesto atteggiamento patriottiro dei reduci dal fronte.

Pensate al contrario. Fate il caso contrario, il caso « negativo » e ve ne convincerete.

Oggi, questi mu tilaci, questi invalidi, sono le avanguardie del grande esercito che rfrornerà domani. Sono le migliaia che aspettano i milioni di reduci. Questa enorme massa - cosciente di ciò che ha fatto - produrrà inevitab ilmente deg li spostamenti di equilibrio.

Il rude e sanguinoso tirocinio delle trincee significherà qualche cosa. Vorrà dite più coraggio, più fede, più tenacia.

I partiti vecchi, gli u omini v ecchi che si accingo no , co me se niente fosse, all'exploilation dell'Italia p o litica di .domani, saranno travolti. La musica di domani avrà un altro tempo. Sarà un anda11tinÒ !(!SUnuto e non sarà esclusò un fòrtiuimo con calo re. Ci saranno anche mo lti diesù in chiave. È questa previsione che ci conduce a guardare con un certo dispreglO t utto ciò che si dice e si fa dagli otri vecchi, ripieni di presunzione, di sacre formule e di imbecillità senile Sono amnùrevoli nel loro candore quelli che si tengono ancora disperatamente aggrappati ai vecchi schemi mentali. È gente che perde il treno. Il treno passa e quelli rimangono sul trotioir della stazione, co n la faccia smorfiata fra l'ebetismo e il dispetto. Le parole repubblica, democrazia, radicalismo, liberalismo ; la stessa parola «socialismo » non hanno più senso : ne avranno uno d omani, ma sarà quello che da ranno loro i milioni cli « ritornati ». E p otrà essere tutt'altra cosa.

Potrà essere un socialismo anti-marxista, ad esempio, e n azionale. I milio ni di lavoratori che to rne ranno al solco deì campi, dopo essere

DAL ·PL\VE AL MESSAGGIO DI WILSON 141

142 OPERA OMNIA Dl BENlTO MUSSOLINI stati nei solchi delle trincee, realizzeranno la sintesi dell'antitesi : classe e nazione.

Anche qui g ià i segni rivelato ri si scorgono, e non più tardi di ieri ne parlavamo a proposito dell'ambasceria vera ·e propria degli operai g enovesi.

Ora, quelli che non combattono, quelli che - p er motivi più o m eno giustificati - non sono lassù, hanno l'obbligo - se veramente amano e di un amore disinteressato l'Italia - di non mai astrarre nei loro disco rsi, nei loro p ropositi, nelle loro azioni dagli « altri » che soffrono e muoiono perché l' Italia viva.

Colo ro che-in undici battaglie avevano ricacciato l'Aust ria o ltre l'I so nzo ; coloro che hanno fermato Austria e Germania, Bulgaria e Turchia sul Piave, guardano, ascoltano, intendorlo.

· L'Italia d'oggi è là. L'Italia d i domani, anche.

Noi raccogliamo la passio ne dei combattenti e saremo con loro domani per il compi men to delle s upreme .g iustizie.

Da Il Popolo d' l 1alia, N. 347, 1:i dicembre 19 17, IV. Pubblicato anche sul· l'edizione di Roma, N. 346, 15 dicembre 1917, IV,

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MALESSERE

Hanno sprangate le porte di Montecitorio. Hanno citcondato il palazzo con for ti contingenti di armigeri. Ma è inutile. Potrebbero inserire nelle fessure delle porte dei batuffoli di ovatta, come fanno talvolta quelli che intendono di 'suicidarsi sul serio, al carbone. E sarebbe ancora inutile. È attributo dei miasmi quello di filtrare attraverso gli interstizi più microscopici, j pori più impercettibili, le screpolature' più sottili.

Voi non sapete precisamente da dove viene, ma sentit e cosi, olfattivamente, le emannioni che trapelano da Montecito rio. ( Una riga di censura). Non è precisamente odore dì violetta (Tre righe) .

Che la Camera sia aperta, che la Camera si chiuda, nella sua aula miserevole dal punto di vista semplicemente architettonico, si capisce, è sempre lo stesso. Con una differen~a sola. Una sfumatura. Quando le porte sono spalancate, i cattivi odori escono a folate e il vento li spazza velocemente via. A porte chiuse, questo processo di purificazione è più lento. (Due righe).

Come le bestie cicche che g irano attorno alla macina, m olti in ltalia, come i somari dei mugnai, ricominciano sempre allo stesso punto.

I predicato ri sermoneggiano. Uno d{ questi sermoni noi lo abbiamo letto anche stamane. Bisogna - si dice - Che la Camera sia all'altezza della situazione. Che il Parlamento prenda una buona volta coscienza di quella enorme e orribile cosa che è l'avvenuta mutilazione della Patria. Che i deputati abbiano, se non la nozione storica e morale, almeno la nozione geografica di .ciò che significa per l' Italia difendersi sul Piave, per non ritornare totalmente al pre '66, con le relative pagine di umiliazione.

Bisogna.... già. Ma sono parole al vento. La Camera, peccatrice incorreggibile, ascolta e continua a fare il suo mestiere. È come predicare la redenzione m.orale a certe donne. L'astinenza agli alcoolizzatL La .laco nicità ad un chiacchierone. È ridico lo. C è del vino dentro q uella botte e voi vorreste spillarne dello ,hampagne. Noi, per conto nostro, siamo usciti da questo circolo vllìoso. N on ci divertiamo più a questo giuoco puerile che consiste nel pretendere l'impossibile. Noi siamo degli anti-parlamentari

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Una delle condi2ioni per vincere la guerra è questa : chiudere il Parlamento. Mandare i deputati a spasso. Wilson, fler esempio, esercita la dittatura. II Congresso ratifica ciò che Wilson ha deciso. La più giovane democrazia, come la più antica, ql.lella di Roma, sente che la condotta democratica della guerra è la più sublime delle stu-. pidità umane.

Un parlamento non vi può dare che la condotta democratica della guerra. E la condotta democratica d ella guerra non vi può dare che la disfatta. Il Paese - e intend iamo con questa parola dì sintetizzare tutto quel complesso di forze che in alto e in basso si rendono conto della situazione e avvertono con maggiore o minore sincerità ch e la vittoria militare della Germania sar ebbe la fine della libertà europeail Paese, al di fuori del Parlamento, e, se occorre, sopra o contro il Parlamento, risolverà questo problema.

Il passo degli operai del Genovesato, )n rappresentanza di almeno zoo mila compagni, è l'avvenimento più importante di q u est'ora d ella n ostra vita nazionale.

Questi operai, guidati da un mutilato, senza l'ausilio degli onorevoli, sì sono presentati dall'on. Orlando e gli hanno (mezza riga) parlato un linguaggio assai preciso, Quello (due righe) che - pure sentendone nel segreto l'imperiosa necessità - non osano d o mandare i patrioti invischiati nella formula del liberalismo e della deffiocrazia, l o hanno domandato qriesti prole tari autentici e coscienti, anche senza la tessera della chiesuola socialista. Hanno domandato questi operaiap rite l aprite ! dunque le o recchie, o. b igotti scimuniti d ella libertà, che uccide la libertà perché ci conduce al servaggio nazionale Ibanno domandato la revisio ne degli · esoneri e la mobilitazione civile. Hanno domandato l'internamento di tutti i sudditi nemici, anche se naturalizzati con altre nazionalità, prima e durante la gu erra. Han no domandato la confisca dei beni n emici. Non basta. C'è ancora qualche cosa.

Oh I noi vediamo 1a smorfia della più idiota stupefazione che si delinea ~ulle vostre faccìe. Gli operai liguri, gli operai che lavorano, gli operai che hanno aumentat o la p roduzione del materiale bellico dell' 8o per cento - il che servirà presto a limitare quel disquilibrio tre mendo fra noi ed i nemici in fatto di cannoni - gli operai hanno domandato all'on. Orlando, presidente del Consiglio dei Ministri dell' Italia mutilata, la soppressio ne di tutti gli organi disfattisti.

E narra la cronaca che l'invalido di guerra Vitgilio Galbiati e l'operaio Alberto Bartolomai, con serrata argomentazione e dati ·di fatto circostanziati, con logica rettilinea che non ammetteva discu ssione, prospettarono sinteticamente q ua.le fosse veramente il disagio

144 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

spirituale della Nazione per il tentennamento costante della politica governativa. E dissero anche qualche cosa di meglio l'invalido di guerra Virgilio Galbiati e l'operaio Alberto Bartolo ma.i, ma la censura non permette di riferirlo, ·

Insomma le maestranze operaie di Liguria hanno domandato una politica cli guerra. Scriviamo a caratteri di scatola : Hna poiitù a di guerra. Onorevole Orlando, non esitate più. Chiudete Montecitorio. Sino a sessanta giorni almeno dopo la conclusione della pace. Andate a.I popolo, al popolo italiano, generoso e profondo. Uscite da questa atmosfera che soffoca. Ve lo diciamo ancora una volta. [Sei rig,he,ensllf'ale].

Da Il Po polo d'l1alù1, N. 348, 16 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 347, 16 dicembre 19 17, IV.

• h, .,~ • DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 145

DALLA IPOCRISIA ALLA REALTA

Dopo un mese appena dalla proclamazione a Montecitorio della unione, cosl detta sacra, dopo cinque lunghe giornate di Comitato cosl detto _segreto, un centinaio di deputati ha già sentito il b isogno di o rganizzarsi in « Fascio di difesa nazionale».

Il titolo è bene scelto e deve rispondere ad una situazione di fatto preesistente, in verità, al Comitato segreto, ma che il Comitato segreto ha precipitato a maturazione, con rapidità inattesa.

L'annuncio che ci viene da Montecitorio è l'atto di decesso con relativo funerale di infima classe di quel tale feto ch e tutti i bottiglioni di spirito del patriottismo retorico non sono riusciti a conservare. Il feto della concordia nazionale. Seppelliamolo una buona volta e non se ne parli più.

Era un nome, non una cosa; una larva, non una realtà ; una menzogna) non una verità.

Se la concordia nazionale fosse sta.ta veramente la concordia nazionale, i deputati che si ricordano ancora di essere italiani non avrebbero costituito un « Fascio di difesa nazionale» : un segno, dunque, chiaro ed evidente, che bisogna dife ndere 1a Nazione ; che bisogna opporre una concordia di animi e cli opere all'altra concordia; che bisogna fronteggiare con la concordia nazionale di tutti quelli che vogliono la vittoria, l'altra concordia, semi-nazionale, o a-nazionale, o anti-nazionale, di tutti quelli che vagheggiano o p~eparano una pace di tradimento e di vergogna.

Il dissidio è finalmente esplicito, dichiarato. È stato latente per tre anni, ha gravato, questo dissidio, dal 14 maggio ad oggi, sulla vita politica Parlamentare e nazionale.

Si è voluto, con artificio, far vedere una unanimità che ·esisteva soltanto nella finzione stomachevole dei voti pletorici di maggionnza ai Ministeri che si sono succeduti. Méntre la (.amera era ed è profondamente divisa non già a seconda dei settori o de.i pa.rtiti traclizionali, ma a seconda degli atteggiamenti presi durante la oeutnli.tà e durante la guerra.

Evidentemente quei signori dell'Unione parlamentare debbo no avere scoperto totalmeflte le loro batterie mascherate sino a ieri con

le frasche della salvaguardia del prestigio delle prerogative parlamentati; certamente i seguaci di Cocco Ortu e di Bruno di Belmonte, con i relativi Bovetti, Taverna e Grosso-Campana, debbono aver precisato i loro obiettivi e il loro bersaglio, i loro uomini o il loro uomo per la successione, s,e gli elementi patriottici e interventisti della Camera, i quali non sono mai stati esuberanti di attività, si sono affrettati a correre alle difese della Nazione minacciata nei suoi interessi · materiali e mo~li, attraverso manovre parlamentari oscure come la disfatta dcll' Alto Isonzo. Insomma, c'è un fatto nuovo. Che determina una nuova situazione. « Unione parlamentare» da una parte, « Fascio di difesa nazionale» dall'altra. Gli «unionisti » superano, secondo i dati statistici dell'ineffabile. Cocco, il centinaio ; ma i « fascisti)> che sonq già. 100 possono diventare agevolmente· zoo.

Di più ancora. Se i «fascisti» - introduciamo questa termioologia a scopo abbreviativo - daranno prova di "energia .ed alfronteranno con impeto e con vigore i loro avversari ·« unionisti», molti elef:llenti incerti della Carne~ i timidi e gli indecisi, quelli che hanno bisogno per scegliere una strada, di ricevere preventivamente un rude spintone, ingrosseranno di molte altre diccine il « Fascio di difesa nazionale», che verrà, -cosi, a costituire la maggiottanza del Parlamento.·

Il Governo avrà, naturalincntc, il suo problema da risolvere : o con gli uni o con: gli altri.

Dovrà scegliere fra le due concor~e : quella dei patrioti e quella dei disfattisti.

Il Ministero nazionale che accontentava tutti e non accontentava nessuno è destinato a cedere H posto a un Ministero di colore, ma non nel senso partigiano, cromatico, della paròla ; a un Minist ero, cioè, che potcebbe essere composto degli clementi originariamente i più disparati cd antitetici, purché siano uniti nel v olere il raggiungimento dello stesso obiettivo e nell'adeguarvi i mezzi e gli uomini necessari.

Si presenta ancora una volta - ma potrebbe essere l'ultimaall'on. Orlando l'occasione di fare una politica, di governare e non soltanto di amministrare. ·

Se tutto ciò che l'on. Orlando ha detto e scritto in questi ultimi tempi ba ·un senso, egli non può andare coi disfattisti, ma non può nemmeno assidersì arbitro e neutra.le in ·mez20 alle due frÙioni che dividono nettamente la Camera. ·

Egli deve appoggiarsi ai « fascisti» e soprattutto cercare l'ausilio e l'aiuto della Nazione, Gli «unionisti» non sono, nella. loro grande maggioranza, che dei leoni truca.ti. Hanno fatto i baldanzosi, gli

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 147

spavaldi, gli insolenti perché hanno tro vato libero il campo. [Censwa].

Un p o' di energia da parte dei «fascisti » ; .un pq ' di energia da parte del Governo, e il disfattismo ptdue sarà ridotto al silenzio e alla i nnocuità. È necessario. ·

E abbiamo i tedesdù sul Piav e....

Da Il Po polo d' l lalia, N 3.SO, 18 dicembre 1917, IV, Pubblica to anche sull'edizione d i Roma, N . 349, 18 dicembre I 9 I7, IV.

148 OPERA OMNIA 01 BENITO M USSOLINI

IL PATIO DELLA SCHIAVITÙ

ll tradiment o russo è consumato. Almeno nella sua prima fase. Veramente, la defezione russa non è cominciata ieri, se non in fo rma ufficiosà. Ma durava da un anno. Da un anno il fronte orientale non esisteva più come fronte di guerra.

Da un anno i comunicati del Grande Stato Maggiore di Pietrogrado non segnalavano stereotipatamente che un fuoco di fucileria ad intermittenze

Da un . anno i tedeschi prelevavano le loro truppè migliori dal fronte russo. Tutto ciò accadeva ancora prima che lo zar fosse destituito. La verità è che l'agonia della guerra procedeva insieme con l'agonia dello zarismo, Ecco perché l'opinione pubblica occidentale salutò con gioia la rivoluzione russa. Bisogna ricordarlo a coloro che oggi col troppo facile senno del poi rimproverano come un gesto di leggerezza. o di incoscienza il g iubilo manifestato dovunque alla n otizia che lo zar era stato detronizzato. Lo zar nel febbraio 191 7 significava la pace s~parata. La rivoluzione che ebbe nel primo tempo carattere liberale, ch e ebbe nel suo primo tempo come personaggio d ominante Miljukov, significava la prosecuzione della g uerra e l'adempimento agli obblighi dell'alleanza. Non bisogna dimenticare Stiirmer, Protopopoff e Rasputin. La Russia zarista andava verso la Germania La fine della Russia zarista apparve come l'eliminazione di un pericolo ormai accertato e imminente : quello della pace separata. Le reminiscenz.e e i ricordi della ferocia zarista contro i rivoluzionari russi, entravan o ben poco nella gioia colla quale gli occidentali esaltarono la fine della dinastia dei Ro~off. Il fatto della prosecuzione della guerra era l'esse02iale, non già lo stabilirsi di un nuovo regime. E sino al giorno in cui questo nuovo regime non ebbe chiaramente mOstrato le sue ten~ denze germanofile, fu perfettamente giustificato l'entusiasmo d egli occidentali. Siamo, oggi, alla finC delle illusi9tµ.

Di ·tradime nto russo bisog na parlare, non solamente di t radimento leninista. Gli ultimi disperati tentativi degli anti-massimalisti dimostrano con il loro insuccesso che la Russia non ha p iù forze capaci per opporre una diga alla travolgente marea dei bolscevichi. Se costoro

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firmano l'armistizio ,e iniziano trattative di pace, è segno che si ritengono e sono i padroni della situazione.

L a defezione russa ci p one dinanzi a questi interrogativi : la Q uadruplice Intesa e in particolar modo la Francia, l'Inghilterra e il Giappone, ha fatto tuttq quello che si poteva e doveva fare per cercare di evitare il tradimento russo?

A questa domanda si può rispondere negativamente. Tutti gli atteggiamenti pubblici delle Potenze occidentali hanno risentito - specialmente nei confronti della Russia - del male profondo ché mina la Quadruplice Intesa : la condotta democratica della guerra. Ci sono state delle -note di un grottesco squisito , come quella r ecentissima in cui si ricordava alla Russia che l' Ing hilterra aVeva mandato delle munizioni perché fossero impiegate n el miglior modo possibile ; o dei discorsi sconcertanti, come quello tenuto da Buchanan ad una commissione di giornalisti russi. Ma ricordiamo u n episodio. Nel luglio, K c rensky si decide a reprimere il movimento bolscevico. L'insurrezione di Lenin e compagni v iene soffocata nel sangue. Lenin stesso fugge. Per al~uni mesi n On si sa dove sia. Ma. poi ritorna tra nquillamente a Pietrogrado. La Q uadruplice Intesa ha aiutato Kerensky?

Ha contribuito, come avrebbe dovuto, ad aiutare le fotte fedeli alla Russia e agli Alleati ? Ab biamo motivo di dubitarne.

Da tutto quello che si è visto e inteso, si ha l'impressione che la Quadruplice Intesa abbia assistito «passivamente >> allo svolgersi dd dramma russo. Un'azione non c'è stata.

Oh I g li scrupoli falsamente democratici, stupidamente umaniuri che conducono a risparmiare la vita di qualche d ozzina di u omini e a sacrificare quella di milioni e mili oni I

Non si osa commettere un piccolo delitto , che sarebbe totalmente giustificato e santificato dal fi ne, e si lascia che gli altri, liberi e vivi, ne commettano uno infinitamente più grave.

Oggi si amo all'armisti2io. E i tedeschi non lo avrebbero annunciato -a- tutto il mondo, se non fossero sicuri della conclusione della pace.

Bisog~ava averlo fatto molto tempo Prima. E non lo si è fa tto perché le illusioni più ,rosee a proposito della Russia dominavano an~ cora alla fine di ottobre gli ambienti anche diplo~atid. -

Ma si ancora in tempo : bisogna avere il coraggio di non contare più sulla Russia. Il che significa - se non vogliamo diventare entro un quinquennio schiavi p oliticamente, moralmente ed econoinicamcntc dei tedeschl - che con le n ostre forze. dobbiamo riparare alla defezione russa.

Noi dobbiamo trovare i n noi st essi quel di più che è necessario,

1)0 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

pena la disfatta. Alla aumentata disponibilità umana degli Imperi nomici, dobbiamo far fronte con una migliore utilizzazione del nostr6 materiale umano.

Revocare gli esoneri di nove classi e poi salvarne la metà almeno con il sistema delle cccc:zioni nelle quali ogni poltrone vede contemplato il suo proprio caso personale, è una farsa di pessimo gusto I

Non è questo il mezzo per trovare fra gli Alleati quei due milioni di nuovi soldati che secondo i competenti occorrono, nell'attesa del!'Amedea, per reggere allo sforzo degli Imperi nemici.

Per quello che riguarda l'Italia bisogna arrivare alla mobilitazione civile di uomini e donne, dai 16 ai j o anni,. e anche ai J , anni, Questa mobilitazione permetterà di aumentare le nostre riserve.

Ma non bisogna indugiare. Non fermarsi a meno. Non avete paura delle misure troppo radicali. Non saranno mai radicali abbastanza. Bisogna creare nuovi eserciti. Lloyd Ge0tge ba. parlato chiaro. E il suo monito deve essere raccolto anche e soprattutto da noi che abbiamo i tedeschi sul Pia.ve.

Da Il Popolo d'Italia, N. 351, 19 dicembre 1917, IV. -Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 350, 19 dicembre 1917, IV.

MIGLIORAMENTO DELLA RAZIONE VIVERI AI SOLDATI Roma, 17

(Ritardat o). - Il Governo e il Comando Supremo, in considerazione delle mutate esigenze di vita del nostro esercito, le quali richiedon o una intensa attività Opt!ratìva anche durante l'inverno ed un maggior consumo d i energie, hanno r iconosciuta la neceuità di una più abbondante ali mentazione dei soldati. Si è pt'rtanto stabilito che la razione giornaliera di viveri di guerra si componga come segue: pane grammi 700 ( come primat carne fresca grammi 350 (in luogo di 2'0) o carne congelata grammi 33.5; pasta o riso gr:tm.mi 1'0; formaggio grammi ,o; patate grammi 1 50 (oppure grammi 80 di legumi secchi); grammi 200 di verdu ra; caifè tostato grammi 20 invece di 15; zucchero grammi 30 invece di 10; vino sette distribuzioni settimanali invece di tre (centilitri 25), più i condimenti. Inoltre è stabilito L'aumento di centesimi tre d ella quota individuale per mi. g lioramento del rancio alle truppe di trincea o immediatamente a tergo. Po. tranno es~re distribuite anche d ue razioni giornaliere di vino, di cui una di vino caldo con l'aggiunta di dieci grammi di z ucchero. Le due razioni si intendono concesse all'infuori di quelle date come genere di conforto. Compresi questi generi di conforto la razione giornaliera di ciascun soldato in vino, cognac, «c., può raggiungere un massimo di un litro al giorno In due giorni della settimana, dato il desiderio di variet.l dei nostri soldati, la r:i.zìone di carn e sarà sost ituita con una di baccalà (grammi 200) o di salame ( g rammi 266). Si provvederà inoltre, per le truppe in zona di operazioni, a somministrazioni speciali di pasta (grammi ,o in più della razione), di farina d i granturco, di arance, di frutta sm:he (tre giorni per settimana), di the, ecc.

L'aumento reale della razione di carne sarà per ora di soli cinquanta grammi perché la razio ne attuale è effettivamente di 3,0 grammi, ·essendo stati aggiunti 50 grammi in sostituzione del formaggio. I.a razione territoriale è pure essa no,. tevolmente a umeotata. Cosl si sono introdotti nelle razioni di guerra g eneri che aumentano, variano e migliorano assai l'alimentazione d el soldato, l a razione attuale supera per qualità e quantità quella stabilita all'inizio della guerra.

Il Paese apprenderà con legittima soddisfazione che, pure nelle difficoltà at· tuali degli approvvigionamenti, il Governo ed il Comando hanno rivolto le prov• vide e doverose cure ai combattenti.

Bene perdio I Finalmente si comincia a capire che cosa occorre, insieme con la propaganda, per t enere elevato il morale dei soldati. Gli ordini del giorno, i vuoti disc9rsi, la p oesia, sono una bella cosa. Ma i cento grammi di pane di più al giorno per i soldati che ci di-

fendono sono una cosa bellissima e utilissima insieme. Era assurdo - e adoperiamo questa parnla per non impiegarne un'altra - era assurdo diminuire, sia pure di solo cento grammi, la pagnotta, la pagnotta « sacra» dei soldati, mentre la po polazione civile poteva ancora mangiare il pane a volontà. Era assurdo costringere al digiuno della carne i soldati, m entre all'interno se ne mangiava a volontà.

E il vino?

Le statistiche enologiche ci dicono che quest'anno i vigneti italiani hanno dato un raccolto superiore a quello del I916 di ben J, milioni di ettolitri. Non era assurdo dare il vino ai soldati al fronte solo tre volte alla settimana ?

D'ora innanzi sarà dato tutti i giorni.

Noi, che siamo stati in trincea sedici mesi, siamo certi di non ingannarci quando diciamo che questo pcovvedimento del Governo av rà un effetto notevolissimo sul morale dei soldati. I nostri v alorosi grigio-verdi diranno : (< Finalmente la Nazione si rico rda di n oi, dei nostri bisogni e si sforza di lenire i nostri disagi, rendendoci tollerabile fin o al possibile la vita sotto il fuoco e nel fango )>.

Ma occorre - e qui facciamo appello vlvhsimo a coloro che presiedono agli organi di esecuzione (intendiamo dire l'Intendenza generale dell'esercito) - occorre che la razione del soldato vada veramente al soldato, e non sia falcidiata, come qualche volta è avvenuto, ungo le tappe intermedie. '

Insomma, se qualche cosa deve mancare, manchi piuttosto alla Nazione e non mai all'esercito combattente, manchi nella zona dell'interno e delle retrovie, ma non mai nella zona delle operazioni. Se qualche cosa deve mancare nella zona delle operazioni, manchi alle truppe · che sono a riposo e a quelle delle armi speciali, ma non mai alle truppe che stanno in prima linea nell'immediato contatto con il nem.ico Diciamo all'umile gloriosa e decisiva fanteria nelle sue specialità -di fanti, bersaglieri · ed alpini

Se questi criteri guidano i fattori responsabili, se accanto a questo miglìoramento delle condizioni materiali della vita del soldato sarà continuata ed intensificata la propaganda morale, è certo che l'efficenza del nostro . esercito ridiv enterà in breve tempo formidabile. .

Al Ministero della Guerra e al Comando Suprcino, che hanno provocato dal Governo l' odierno provvedimento, giunga il plauso sincero· di questo giornale difensOre dei trinceristi d'Italia.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO
DI WILSON
D a Il Popolo d'Italia, N. 3H, 19 dicembre
1917, IV (() .

RITIRATA IN BUON ORDINE

Ciò che è venuto alla luce del Comitato cosi detto segreto - e. oramai i lustrascrape di tutti i quadrivi di Roma conoscono perfettamente il valore dell'estensione del « segreto » montecitoriale - può riassumersi in questi t ermini. L'Unione parlamentare ba mosso all'attacco del Ministero. L'Unione parlamentare, spe2zando il patto della concordia nazionale, concluso nella seduta del t4, novembre, con l'intervento e coi sacri «cari smi» dei 4 ex Presidenti del Consiglio, ha delineato una ma'nov ra di opposizione contro il Ministero Orlando e, soprattutto, contro due membri di esso Ministero. Che le divisioni germaniche operanti nel settore cli Montecitorio volessero scatenare una offensiva, dopo la tregua del 14 novembre, apparve chlaro. sino dalla seduta che precedette il Comitato segreto.

Giovandosi delle tenebre, gli unionisti cercarono di spingere l'attacco a fondo. Cinque giorni durarono gli assalti. Obiettivo: un saliente, occupato il quale tutta la posizione ministeriale sarebbe precipitata: il saliente Sonnino. Contemporaneamente il senatore T ommaso manovrava a palazzo Madama Manovrava a tenaglia. Stile hindenburg h.iano. Il giuoco è stato serrato. La l otta accanita.

Ad un dato momento l'on. Pietravalle ha parlato di « bolg ia » parlamentare.· Era l'o ra del contrattacco vittorioso. Oggi, collo spalancarsi dei p ortoni di Montecitorio a quèsto sole radioso di ROma., ecco che la situazione appai:e mig liorata., se non capovolta G li « unionisti » mariìfestano una evidente tendenza allo squagliamento. Si ritirano in buon ordine.

Potrà -esservi ancora qualche saltuaria azione di artiglieria, ma si trattcrl di fuoco « dimostrativo diversivo » fatto dai piccoli calibri. Il grosso « 42.0 » che ci intendiamo non ha ancora aperto bOC:ca. Sta seduto.

È assai probabile che le batterie wtloniste rinunceranno alla offensiva, attendendo tempo migliore.

Ma è destinato che a Montecitorio tutte Je battaglie finisc100 in una commedia. Adesso, a quanto pare, gli « unionisti» cambiano tattica. Fraternizzano~ alla russa.

Non hanno potuto abbattere il Ministero votandogli esplicitamente

contro ; lo danneggiano, lo conipromettono votandogli in favore, confondendo i loro voti con quelli dei «fascisti», creando ancora una volta. l'unanimità equivoca, insincera e infeconda der voto pletorico. Eppure un dissenso si ! dichiarato nelle sedute del Comitato segreto ; eppur"c questo dissenso ha. avuto manifestazioni acute e iriequivocabili. Ha posto di fronte uomini contro altri uomini ; una politica interna_ e un'altra politica interna ; e - soprattutto - una politica estera, quella di Sonnino, cd un'altra politica estera, candidati alla quale sarebbero, secondo gli « unionisti », gli on. Tittoni e - perché no ? - l'on. Nitti.

E c'è anco ra qualche còsa di più: che gli « unionisti » confessano a se stessi quello che non osano ancora di confessare apertamente in pubblico : il desiderio che essi mascherano con una pretesa necessità obiettiva di trovare una via di mezw per andare alla pace.

Perché dunque, se la logica ha ancora un senso e la sincerità non è diventata una favola, de vono confondersi insieme i ·voti cli coloro che pensano, come Lloyd George, - non ésservi via di me:zzo fra la yittoria e la disfatta - e coloro che in questa ·via di mezzo credono o fingono di credere, tanto che vorrebbero indirizzarvi con una sostituzione di uomini tutta la politica d ella Nazione ?

Ormai il Paese, ·anche attraverso il Comitato segreto, ha la nozione e la coscienza di questa antitesi. I palliativi non contano. Ed è supremamente buffo credere di trarre in inganno i nemici fabbricando le nostre case politiche sulle sabbie mobili della ipocrisia

È meglio, è molto meglio che il dissenso si esprima attraverso un voto chiaro. Che gli « unionisti» abbiano qualche buona ragione per non contarsi e per e vitare di afferrri.arsi con un voto che fa rebb e assumere loro definite e non vaghe responsabilità, può essere, ma noi pensiamo che non convenga al Fascio parlamentare d i difesa nazionale di cadere in questo pièg,. Altrimenti non varrebbe la pena di essersi cosl nettamente differenziati.

E crediamo anche che il Governo dell'on. Orlando abbia tutto l'interesse a provocare un voto che divida la Camera piuttosto che unirla. -

Si può governare con una maggioranza, ma colla ùnanimid è difficile. La unanimità appartiene al genere degli « amplessi che soffocano».

Noi non siamo tra coloro che temono chissà ma.i quale catasttofica conseguenza da q'uesto frazionarsi del Padamento, e creano distinzioni su ciò che è permesso in tempi di politica e ciò che è severimcnte vietato in tempi di storia.

Che l'unanimità sia desiderabile, augurabile, possiamo ammettere,

UAL PIAVE AL MESSAGGIO
DI WILSON

1)6 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

purché si tratti di « unanimità sincera»~ di « coricordia fattiva », Come quella che nel 1914 accomunò insieme g li interventisti delle più o pposte idee. Ma quando l'unanimità è una menzogna convenzionale, allora vale meglio la frazione o, se vi piace, la fazione . Le fazioni coll'urtarsi con le loro passionì possono anche imprimere un r itmo alla storia, fare della storia,- ma l'unanimità artificiosa non può darvi ch e della politica e di qUella parlamentare,

D a Il Popolo d'Italia, N. 352, 20 dicembre 19 17, IV. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 351, 20 dicembre 19 17, N.

M ,

UN GENERALISSIMO !

Il Popolo d'Italia ha continuato ainsistere, fino dal 25 maggio 19 1,:, sulla necessità che venisse stabilita subito la fronte unica. Noi m1livamo che solo cosi. saremmo riusciti a dare uniciti di indirizzo alla condotta della guerra, utilizzando sagacemente, n ella comunione dello sforzo e degli intenti, le energie .delle singole nazioni dell'Intesa.

Solo dopo trenta mesi e per effetto di un comune pericolo, quando cioè j genenli della Quadruplice si furon lasciati anche una volta sorprendere sull' Iso nzo dalla compattezza di piani e di masse deg li Imperi Centrali, l'unità del fronte - relativa, non assoluta - venne istituita.

E i risultati benefici non tardarono a v erificarsi. O ggi, s ul Piav e, italiani, francesi e inglesi combattono di conserva e tengono mirabilmente, in attesa che arrivino i fratelli d'Amedea.

Ma n on si è fatto tutto quello che si doveva. In momenti d'estrema gravità, occorrono misure estreme. Noi reclamiamo un Generalissimo della Intesa.

« Soltanto un Generalissimo - ha dichiarato un antico minisl:J:o di Frtnci a, il signor Millerand .:._ può prendere la direzione delle operazioni. T ale~ stata sempre la legge della guerra.

« Un solo Orazio abbatt~ t re Curiazi. Annibale, tra l e Alpi e J'Etruria, sconfisse tre generali romani d ivisi. A Roma, due capi messi contemporaneamente alla testa d ell'esèrcito causarono la disfatta di Cannes l 'esperienza napoleonica oggi più che mai eloquente».

Domandiamo dunque un Generalissimo e un esercito di m anovra interalleato

li Popolo d 'Italia insiste già sulla necessità assoluta del Generalissimo della Intesa da parecchi mesi. E vedrete che si finirà per arrivarcL Ma bisognerà battere, bisognerà gridare, bisognerà s;raziame degli orecchi sordi, scuoterne delle poltronerie, vincerne degli scetticismi I

li Popalo d ' Italia - fedele al suo costume - non 1110/1,rà; ma confida nella solidarietà cordiale degli italiani compresi della urgenza dei più risoluti provvedimenti, per essere assistito nella. sua quotidiana battaglia : e la solidarietà dev'essei:e sostanziata, a nzitutto· nell'abbonamento.

Da Il Popolo d' I1rJia, N. ~52, 20 d icembre 1917, IV (/).

LA PIOVRA « BOCHE »

Con un discorso poderoso - anche per la sua analitica e impressionante documenta.2:ionc - l'on. Pirolini ha affrontato, nella seduta di ieri, un problema che inquieta e angoscia sempre più acutamenn:: la coscienza nazionale : il problema dei sudditi nemici che continuano a circolare ancora, perfettamente liberi e indisturbati fra noi, agenti o complici di quella terribile organizzazione di spionaggio e di disfattismo che minaccia cli paralizzare - alle spalle - le nazio ni della Quadruplice Intesa.

La documentazione dcll'on. Pirolini, malgrado qualche inesattezza trascurabile, impone al Governo l'obbligo di prendere, senza indugio, il· provvedimento che noi invochiamo non da ieri, ma dal 191, : l'arresto immediato e l'internamento di tutti i sudditi nemici, nessuno escluso, e di · tutti coloro che si sono naturalizzati neutri o italiani, poco prima della guerra o durante la guerra.

Noi possiamo completare - col [nostro] douitr voluminosola documentazione dell'on. Pirolini, e, permettendolo la censura, dimostra.re che non si può colpire il disfattismo, se non si comincia ad effettuare quest'opera salutare, necessaria, improrogabile di « nettezza nazionale ».

Ci sono, nel nostro douùr, dei casi ancora più brillanti cli quelli portati alla tribuna di Montecitorio dal deputato di Ravenna, e non rig uardano soltanto i nemici [ cehmra]. Ma noi siamo e restiamo profondamente convinti - sino a prova contraria I - che il Governo non oserà di vibra!e il colpo di scure alla piovra bo,ht. Delle due l'una. O il Governo non era informato, prima del discorso Pirolini, C allora noi non sappiamo che cosa pensare del Governo che non chiede dì essere informato e dei suoi agenti che trascuNOo d'informarlo. Ma questa prima ipotesi è assurda I Il Governo .rapet1a, era informa.to.

Noi, con piena coscienza, affermiamo che il Governo dell"on. Orlaado, ancora prima del discorso Pirolini, conosceva esattamente il numero dei sudditi nemici, quello dei falsi neutri ed era minuziosamente informato delle loro più o meno criminose gesta.

Ne consegue, per illazione logica, che se il Governo, informato,

non ha. agito, gli è perché non ha voluto agire. E non diciamo « potuto», perché questo participio ci porterebbe in un campo di dubbi, nel quale non vogliamo, in questo momento, entrare. Ma al lora, perché il Governo non ha « volutC? » agire? Perché il Governo, e per esso la censura, ci ha soppresso totalmente un articolo dì Paolo Orano sulle « Mogli t edesche»? Salvo poi a permettere la pubblicazione di un articolo sullo stesso argomento neµ.a Gazzetta dti Tribunali di Torino?

P erché la censura ci ha soppresso, continuamente, sistematicamente, ogni documentazione - con nomi e fatti - in appoggio alla nostra campagna contro i sudditi nemici ? Contro g li amici italiani dei sudditi nemici ?

Ecco gli interrogativi che turbano l'opinione pubblica, la quale trova per lo meno strano, inconcepibile, questo .reg ime di tolleranza, di benevolen~a, di riguardo, di privilegio, quando in tutte le altre sedici nazioni del mondo che sono in guerra contro gli Imperi Centrali, le misure che noi reclam.iamo sono state adottate « contemporaneamente » all'annunciç dello << stato di guerra».

C'è, si dice, il Patto Bollati-Jagow. Ma questo famoso patto, anche quando non lo si voglia considerare alla stregua bollweghiana dei chijfons de papier, offre, col suo paragrafo 2., la facoltà di arrestare e internare tutti i sudditi nemici. Dice di fatti, quel paragrafo, che il diritto reciprocamente stabilito di libera circolazione e dimora dei rispettivi sudditi nemici, è subordinàto alle necessità politiche e m.ilitari. Dunque, oggi; coi tedeschi sul Piave, a 18 chilometri da Venezia, l'arresto e l'interna~cnto di tutti i sudditi nemici non v iola né nel testo, né nella lettera, il concordato Bollati-Jagow.

Che cosa bisogna pensare? Che non si «vuole» interpretare il « patto» nel senso « restri~tivo o negativo», ma che si vuole, viceversa, continuare a interpretarlo e ad applicarlo nel modo più largo, abbondante, generoso. , Ora, il problema dei sudditi nemici non ha solo un aspetto poliziesco, come_ sembrano credere i nostri reggitori, ma ne ha uno anche militare. E non solo dal punto di vista della necessaria sicurezza delle retrovie e del fronte. Ma anche dal punto di vista « morale ». [Cen.rura].

Ma la ragione fondamentale della nostra campagna è un' altra. La nostra guerra h a un senso, solo e in quanto sia u112. guerra antigermanica. L'Austria è l'incidente, la Germania è l'essenziale. Anche per le rivendicazioni di indole nazionale. Non sono soltanto le associazioni austriache e il Governo che ci negano il Trentino e l'Alto Adige, ma i pangermanisti Baviera. Il «veto» su Trieste non è soltanto pronunciato a Vienna, ma parte soprattutto da Berlino.

DAL PIA.VE AL MESSAGGIO DI WILSON 1)9
X.

160 OP6R.A OMNlA DI BENITO MUSSOLINI

Perché l'Italia sia l'Italia, perché gli italiani diventino gli italiani, perché, insomma, ci sia possibile di essere noi, e non soltanto n ella spesso irrisoria indulgenza politica, ma nella più sostanziale autonomia economica e spirituale, bisogna imp rimere sempre più ne ttame nte alla nostra guerra il carattere di guerra anti-germanica, di guerra di liberazione dal tcdesdùsmo, che nelle sue forme p iù diverse - dalle università alle officine, dalla banca al cantiere navale - ci aveva ridotto quasi completamente alla sua mercé. La guerra « nùlitare » antitedesca, dev'essere completata all'interno. L'arresto dei sudditi nemici, la confisca dei loro beni, sono alcune ddle forme di questa g uerra'. Attendiamo che gli on. Orlando e Sonnino si decidano a colpire sul serio la piovra teutonica, Ma quanto durerà quest'attesa ? Altri 30 mesi?

Da I/ Popolo d'Italia, N n4, 22 dicembre 1917, IV Pubblicato anche sul. l'edizione di Roma, N. 3:;3, 22 dicembre 19 17, IV.

- -·.. . .. ·
M,

LA FARSA N ELLA TRAGEDIA

IL DISFAT TISMO DEL BONZO

La beneficiata pacifon daia di Oddin o Morgari non merita soltanto u na strappata di o recchi, ma un vivo e co rdiale r in g raziament o .

~{e la saluta lei.... - per dirla nel ger go di Oro nzo l'immortale Ila sig no ra concordia nazionale con questi italiani sovie tizzat i ?

Eppure in un primo tempo, malgrado il d iscorso dell"on. Pramp o lini, che riaffermava - nella seduta storica del 4 n ovembre -l'immutabilità dell'atteggiamento del Partito Socialista Ufficia le ; malg rado la condotta del g iornale austriaco che esce in lingua non sempr e italiana a Milano, l'on. Orlando ha creduto alla possibilità dì una concordia nazionale, anche coi socialisti ufficiali [.... censura].

L'on Orlando era vittima delle più assurde illusioni e non interr ompc~do l'on. Morg ari, nei m omenti in cui il bonzo torinese v arcava ogni limite dfafattista, ha riconosciuto implicitame nte il suo erro re. Non v'è e non vi può essere concordia possibile fra c oloro che, · come noi, vogliono la vittoria, o anche fra coloro che d esiderer ebbero una pace cli compromesso, e l'o rato r e del gruppo parlamentare socialista ufficiale, che vorrebbe una pace qualunque : q u indi, necessariamente tedesca, una pllce « per sfasciamento interno », seCjondo l'appropriata espressione del Presidente del Consig lio .

Ma il gfo dizio sul discor so dell'on. Morgari è stato dato dallo stesso on. O r lando, q uan do ha rilevato una identità perfetta fra il linguaggio del deputato socialista alla Camera italiana(?), e il linguaggio de i generali tedeschi.

È almeno deplorevole che un discorso cò sl stupidamente e ig nobilmente d isfattista sia stato pro nunciato alla Camera, anche per il fa tto che questo discorso, a me220 dei giornali, arriverà alle trincee. Ma almeno, dopo la giornata p arlamentare di ieri, si comprenderà che la concordia nazionale ammette un minimo denominatore ·di idee comuni, senza d elle quali la concordia n on può esistere e n on può nemmeno essere decentemente invocata, o imposta col regime censoriale del Governo.

C'era un mezzo, una parola, una semplice parola per «gelare»

fino dal principio della sua concione massimalista l'on. Morgari. Bastava gridargli « Lulù >1 . E il bonzino, smontato dalla improvvisa evocazione, non avrebbe inflitto al Parlamento lo stillicidio mortale della sua o rato ria prolissa.

Allo scoppio della guerra ron. Morgari fu quasi interventista . Anzi, interventista Voleva arruolar si volontario. Cosl, pet « ernozfonare » un po' la sua vita di frate zoccolante del socialismo italiano. In una specie cupio di.uolui. Un uomo che si è lavato una vo lta sola in vita sua, quando andò a noz.ze, può a ve.re di questi momenti di tetraggine. Sono spesso dei fatti di indole materiale, volgare, che determinano gli stati d'animo « più complicati»....

Si dice che Schopenhauer n on sarebbe staÌ:o cosi pessimista, se avesse p o tuto digerire meno labotiosamente.· Ma t orniamo al nostro montone. Voleva arruo larsi volontario.

NC parlò con l'on. Turati, il" quale in fatto di emozione gli consigliò amichevolmente un salto dalla finestra sita al terzo piano del n umero 2.3 dei Portici Settentrionali. Ne scri sse all'o n. C hiesa. G li scrisse : « Tie nimi il posto nel caso si costituisca un'armata garibaldina>) . Perch é il bonzo aveva allora degli scrupo li repub blicani e sdegnava di combattere n ell' esercito regio

Dopo alcuni mesi, nel 1916, l'avv. Plinio Ghe rardini, leader u n tempo del Partito Socialista torinese, partl volontario E l'on Morgari gli mandò una cartolina con quest e parole solenni : <{ Ti invid io I »

L'avv entura di F ord è nota. L'on. Morgari no n aveva scrupolo di prendere il denaro bo rg h ese che reputava necessario alla sua propag anda. Pe nsate: 50 milioni: « C'es/ l'argenl qui Jait la paix... . ». Ma l'argento di Ford ·adesso fa dei cannoni, delle mitragliatrici, delle bombe e altri piacevoli arnesi umanitari del genere.

Meno nota è l'avventura di Lulù. La scena si svolse a P arigi, dove l'on. Mo rgari si t rovava in q u alità di missionario della nuova Internazionale. È il solito colpo di fulmine per una Lulù dei Boulevards. Vi fu uno scambio di lettere Quella di Morgari, destinata a figurare fra i cimeli della ricos tituente internazionalista, era di pagine l9 con un poscritto. . Ma vi fu an che uno scambio di padrini. Poco mancò che il pacifondaio o n. Morgari scendesse sul t erreno in fiera t enzone co ntro un rivale, un g iovan e pallido, momieur Alphonse, sedicente architetto g reco : l'amante·.d el cuo re di Lulù . L'avventura è niente. L'impo rtante è il duello.

Continuiamo.

Siamo all' Aja. L'on. M orgui, nell'attesa di Stoccolma, inganna il tempo k:ggendo dei romanzi francesi. Lo va a trov are il gior nalista belga Luigi Piérard. La conversazion e condusse a Stocc~lma. Ad un

162 OPERA OMNIJ\ DI BENITO
MUSSOLINI

certo punto l'o n. Mo rgari confessa: « I tedeschi nù darebbero il transito per la Germania, ma io non accetto » Prendiamo atto di questo residuo di pudore, ma.la confessiÒne è decisiva. ] tedeschi fanno passare g li amici nei loro territori, n on già e non mai i nemici.

Certo il discorso dell'on. Morgari sarà riprodotto d a tutti gli organi dell'imperiale. re&ia forca. Ecco perché bisognava impedirlo con il grido, maga ri ripetuto a cadenza, di « Lulù » I Ma intanto, mentre alla Camera italiana(?) jl disfattismo celebra i suoi saturnali più ignobili, abbiamo i tedeschi sul Piave; e non bisogna dimenticarlo, dopo la vicenda « o scura » di Caporetto.

· E poi ci sono uomini seri, giornali seri, che accusano noi d i avere · inventato il disfattismo per am ore di polemica....

Per essere seri , sono anche troppo buffi.

D a 11 Popol o d'llizlià, N . n~. 23 dicembre 1917, IV: Pubblicato anche sull'ed izione di Roma, N. 354, 23 dicembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL .MESSAGGIO Dl W I LSON 163
M.

ED ORA, AI FATTI!

Ci soddisfa la chiusura dei lavori parlamentari? [CensNraJ.

Nelle risultanze della _ breve sessione di fin d'anno, complessivamente considerata, questa chiusura ci lascia, se non più soddisfa tti, un po' meno insoddisfatti delle precedenti.

Per più :ragio ni : per la costituzione del Fascio parlamentare di difesa nazio nale ; per l'e ffi cacia d'azione che esso ha saputo esercitare, e per il discorso dell'o n. Orlando.

Ma intendiamoci : una volta di più il Presidente del Consig lio ha messo in evidenza specialissime do ti di eloquenza e d i abilità p arlamenta re, e non sono dav vero queste che soddisfano ; ~Imeno fino a quando egli non dimostri coi fatti di averle messe ìn una speciale situazio ne di equilibrio, al servizio di quella politica energica ed inflessib ile che noi r eputiamo necessaria per realizzare la vittoria.

L'on. Orlando, ancora una volta, ha abusato delle argomentazio ni a contrappeso.

Basta rilevare, in ptoposito, la · deplotazione dei « feticismi » e delle « fobie>), Ah I on. Orlando l noi che dopo Capotetto fra i disputanti sulle t esponsabilità demmo esempio di concordia e di dnuncia alle recriminazioni, ben av remmo voluto, o ggi, che la clausola delle «fobie» fosse stata distrutta !

Ma v oi ben sap ete ch e avrebbe potuto distruggerla soltant o una franca, esplicita dichiarazione dell'on. Giolitti.

E la dichiarazione non venne. Peg gio, come disse l'o n. Cola ianni, ·venne « incomplet a e capziosa». [Censura].

Ma vi riconosciamo il merito di avere risposto.... all'on. Turati. E di averlo messo colle spalle al muro ; e di esservi, in tal modo, avvicinato sensibilmente al « Fascio di difesa nazionale ».

Poiché, se vi rivolgevate quasi esclusivamente all'on. Turati, noi abbiamo compreso benissimo che voi parlavate anche ad altri, almeno per una parte delle risposte, e specialmente per quella relativa alla politica estera, o per lo meno v oi patia.vate all'on. Tu.rati io quanto lo consideravate, giustamente, un giolittiano.

e: Se qualcun~ crede di poter risolvere diversam ente si faccia avanti ! »

Qui voi no n invitavate certo l"on. Turati ad assumere la Presidenza del Consiglio ; né il « deputato di Caporetto >), on. Treves, e, unto meno, immaginiamo, l'on. . Morg ari.

Ma, qualcuno, non si fece avanti, anzi rimase al suo posto ; seduto, impassibile sempre, senza nemmeno partecipare alle acclamazioni deUa Camera, per le affermazioni più virili del vostro discorso e si distingueva dall'atteggiamento dei Socialisti soltanto n el voto. Non parliamo dell'on. Gambarotta.

Riconosciamo anche il merito della straordinaria efficacia del vostro dire contro i disfattisti, per suasiva, utile ; opportuna per_co ntrobattere la propaganda, quella dell'arma che voi avete equilibrato ai gas asfissianti di invenzione tedesca. Invece vorremmo, e non o siamo ancora, riconoscervi l o stesso merito, dal punto di vista del vostro ufficio di minist ro degli Interni, e capo del Governo impegnato con i I s uo sangue e con il suo onore; colla sua esistenza, nell'aspra guerra. Voi avete accennato a propositi energici co ntro disfattisti.... ipotetici. Troppe similitudini per (( ipotesi n, on. Orlando.

Il ministro d eve vedere la realtà e provvedere, anziché trastullarsi l'intelletto con le ipotesi.

Vi riconosciamo per altro che il vostro « stile>> di ieri fu dive rso dal vostro stile di altre volte ; diversissimo dallo «stile» abituale, anche dopo Caporetto, del vostro collega Nitti.

E tlon pretendiamo da voi il « nostro >) stile. Soltanto vi diciamo : Le parole ci soddisfano a seconda di quello che significano.

Vogliamo vedere i fatti per apprezzarne il signi6cato, perché i disfattisti no n fanno soltanto delle «paro le » o delle « ipotesi», ma anche dei fatti.

E a nche le parole e le ipotesi del disfattismo, portate fra le mas se, sono dei fatti.

Da Il Popolo d'Italia, N. 356, 24 dicembre 19 17, IV. Pubblicalo anche sull'edizione di Roma, N. n:., 24 d icembre 1917, IV (/)

;. . ,_,,. _ · . . • -;·_. : DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 16)

CIO CHE ABBIAMO OTTENUTO

All'indomani del rovescio « oscuro » di Caporetto, noi scrivemmo che « le dilncoltà dell'ora più crttica della nostra storia nazionale non si sarebbero vinte se non ricorrendo a misure eccezionali)), Dopo due mesi, rfreniamo opportuno di mettere a confronto quello che chiedevamo e quello .che abbiamo ottenuto.

11 primo dei nostri postulati diceva : occorre un appello alla Nazio ne per illustrare 1a fase della lotta, le sue conseguenze, e per richiamare tu1:f:i all'adempimento dei doveri di cittadini. Un appello fu lanciato dai deputati, ma poiché redattore del medesimo fu l'on. Luigi Luzzatti, non poteva essere che una cosa floscia, scialba, senza nervi, senza anima. Non p iacque.- Non poteva piacere. Assai meglio, nella forma e nel contenuto, fu l'appello lanciato dal re, e firmato dai ministri, in data 11 novembre. In esso si parlava, per spiegare la triste avventura di Caporetto, di uno « straordinario concorso d i circostapze eccezionali». Frase troppo lata ed incerta. Noi chiedemmo allora, collle secondo nostro postulato, ur:ia comunicazione del Governo che fosse la cronistoria della settimana che va dal 24 ottobre al 1 ° novembre. Questa comunicazione u fficiale no n v'è stata. Ma non può tardare. Ad ogni modo, da quanto è emerso dalle recenti discussioni padamentari, la disfatta dell'alto Isonzo ebbe in un primo tempo cause e carattere quasi esclusivamente militari e in un secondo tempo le manifestazioni che accompagnarono la ritirata furono d'ordine «morale>;, con seg uenza ·e prodotto della propaganda « russa» fatta per troppo tempo e troppo impunemente in ltalia.

Quanto al piano di « rnobilitàzione civile», la necessità ·di u na misura in- tal senso è stata riconosciuta dall'on, Nitti. Si parla di una « mobilitazione agricola». Ma noi pensiamo che occorre affrontare e r isolvere il problema, partendo da questa formula : <( tutti gli uomini e tutte le donne debbono essere utilizzati nel miglior modo possibile per la vittoria».

Chiedemmo « l'invio presso le truppe combattenti d i uffici~ e soldati mutilati» e la legione dei mutilaci è un fatto compiuto. I primi nuclei sono:partici da Milano e da Roma. La lo ro propa~ndà, fatta t ra le truppe di prima linea s ug li Altipiani e lungo il Piave, è stata

efficacissima. Noi pensiamo che ogni grande unità operante deve avere la sua legione di mutilati, e per la propaganda al fronte, e per il collegamento n ecessario colle iniziative all'interno del Paese. .

Non abbiamo ottenuto che il Governo lanciasse alla Nazione un appello per la costituzione di un'armata di volontari (e le ragioni del suo atteggiamento ci sfuggono), né abbiamo ottenuto la chiusura dei locali di divertimento. Nei primi giorni, quando la nùnaccia urgeva, alcuni provvCdimenti furono presi, ma, oggi - ed è deplorevolesi ritotna all'indulgenza.

Non abbiamo ott enuto l'arresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici. Questa misura è invocata a gran voce dalla coscienza nazionale. Non si può oltre tardare. È uno dei «fatti » che deve immediatamente seguire le parole, se si vuole veramente sventare, come ha d etto l'on. Orlando, le multiformi e formidabili insidie del n emico interno. Intanto noi non abbandoneremo questo postulato, come continueremo ad inshte re su1l'altro che lo completa: .« la confisca dei beni mobili ed immobili dei sudditi nemici ».

Abbiamo ottenuto che tutta la valle del Po fosse ·dichiarata in <{ stato di- guerra )>.

Un. postulato che la censura ci soppresse regolarmente è stato accolto dal Governo. Il rancio del soldato nostro è stato migliorato. Non solo, ma l'on. Baslini ha presentato una interrogazione per <( aumentare il soldo ai sofdatì e il sussìdio alle famiglie dei richiamati >> , Malgrado gli oneri finanziari che non devono contare quando ,si tratti della vittoria o della sconfitta, crediamo che un provvedimento in materia non tarderà molto ad essere preso,

« Disboscamento radicale in alto e in basso, negli uffici e ·nelle officine )) era il nostro decimo postulato. Qualche cosa qui si è fatto. Gli esoneti co'a.cessi agli uomini delle classi più giovani, dal '92 al '991 saranno riesaminati e revocati. Avremmo preferito che il d ecreto provvidenziale noo avesse l'eterno codicillo delle eccezioni Comunque, una «volontà» del Governo di disboscare sul serio Si è rivelata e la N azione ne prende atto con grandissima soddisfazione. Anche questo è un « tasto» che rimane sul nostro pianoforte.... .

Propagànda disfattista. Siamo alle buone intenzioni. Do(>o l'auf aut dell'on. Orlando al Partito Socialista Ufficiale, l'opinio ne pubblica - qudla p roletaria compresa - non saprebbe piò spiegarsi u n regime di blanda t o llera nza verso la « gande associazione a d di nquere )) dei leninisti nostrani Quelli che rivendicano a se stessi le responsabilità e l'orgoglio della disfatta di Caporetto, non sono stranieri : sono nemici, e nem.ici iruinitamente pèggiori di quelli che segnano il passo da oltre un mese fra Brenta e Piave. I nemici devono essere combat-

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WtLSON 167

tuti e vinti:· Il no stro esercito, che ha ritrovato - per virtù della razza che non vuole su.icidarsi - la sua anima guerriera, d eve essere tutelato alle spalle dai colpi obliqui e criminosi dei Lenin italiani. Caporetto non deve avere un bir.

Tutta la Nazione no n deve avere che un'anima oggi: l'ani11111 della rivincita. La parola «resistere» non basta. Bisogna dire : ruistere per vincere I

E poiché i disfattisti, uscendo dalle ambiguità intellettualoidi e sentimentali, si sono finalmente rivelati, ·coi discorsi Modigliani. e Morgari e cogli articoli citati dall'on. Orlando, in tutta la loro laida figura di mercenari della Germania, ~ne ha fatto l'on. Orlando a bollarll' col marchio dcli'« associazione a delinquere», e meglio farà se ridurrà questi delinquenti allo stato cli assoluta innocuità.

Avremo, dunque, la « politica di guena »? Cominciamo a crederlo, G iunge tardi, ma, ·per fort ~na, ancon in t empo.

Da li P()pole, d'Italia, N. 3:57, 25 dicembre 19 17, IV Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 356, 25 dicembre 1917, IV.

168 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
" ·

IL CONVEGNO Di UD!Nff

Le rivelazioni dell'on. Cirfani, deputato di Spilimbergo nel Friuli invaso, sul convegno clericale d i Udine, non sono soltanto « impressionanti» perché inedite, ma sono di una gravità eccezionale, estrema, che investe in pieno la condotta del rappresentante la massima organizza:done del « laicato cattolico » italiano.

li conveg no d iocesano udinese fu tenuto H 30 lug lio, alla vigilia di quella nota papale, che l'on. Sonnino , nel suo ultimo disco rso, q ualifica co me appartenente al genere delle manovre ted esche Il convegn o passò allora inosservato o quas i. L'Italia g uardava a Udine come alla sua capitale di g uerra, n on già co me a luogo di ritrovo e di adunata di organizzazioni politiche. Ma di U a poco, si ebbe un avvenimento clamoroso. Il Corriere del F riuli usciva, qualche giorno dopo alla pubblicazione della nota papale, con un articolo di acre sapore socialista, intitolato : La parola alle trincee I Il Comando Supremo ordi"nò la sospensione del giornale. L'Autorità pontificia ratificò la decisione della nostra suprema autorità militare. Contro il direttore del g io rnale, don Pagani, e il suo collega che firmava Max, fu intentato u n procedimento giudiziario , che terminò coll'assoluzione deg li imputati.

L'o n. Pirolini, avendo nel suo discorso alla Ci.mera dei deputati posto in relazione l'articolo Qisfattista : LA parola ali, trincee I col convegno diocesano tenutosi in precedenza a U dine, e presenziato dal conte G iuseppe D alla Torre, questi h a ma ndato una lettera ai giornali nella quale dice :

A me preme però smentire nel modo più assoluto e ne invoco se mai la testi• moniaru-a di tutti gli intervenuti che sia o possa essere intercorso rappo rto a lcuno fra i fatti che decisero Ja soppressione del Corriere del Friuli e l'opera mia. e la mia parola in quella adunanza. Ad Udine come ovunque in simili assemblee rispettai con scrupolosa coscienza quei p rincipi e quelle direttive dei cattolici italiani a cui ispiriamo il nostro cristiano e patriottico dovere durante la guerra per il maggior bene dèl Paese Mi creda cordialmente

Dunque : il signor conte Giuseppe Dalla T orre smentisce nel modo più assoluto un rapporto qualsiasi tra l'opera sua nella famosa adu nanza e l'articolo : La parola alle Jrintee ! Ma il 5ignor conte Giu-

... .- ... · .... .- ,...·, . : .,.. .. , ··
GlllSl!PPll DALLA T ORII.E

seppe Dalla Torre dovrà smentire, in forma altrettanto assoluta, anche H deputato «cattolico» di Spillmbergo, on. Ciriani, il quale, in base al memoriale presentatogli da don Pagani e ad altre testimonianze raccolte, affe rma, nella sua lettera al Giornale d'Italia e da noi riprodotta:

1. Che il conte Dalla Torre nella sua qualità di presidente dell'Unione Popolare Cattolica espose ai sacerdoti e ai la.id clericali radunati a convegno il 30 lug lio ad Udine i disagi ed il malcontento d ella popolazione, la stanchezza nel sopportare (subire) la guerra più ohre, i l morale depresso delle truppe.

2. Che la propaganda dei socialisti ufficiali faceva proseliti fra le masse cattoliche, le quali avrebbero finito per fuggire in gran parte le file della organizzazione, se i cattolici non si fossero subito posti sullo stesso campo, e nelle medesime linee praticate dai socialisti ufficiali

3. Che bisognava quindi fare macchina indietro; quindi mutare immediatafTlente l'intonazione interventista che don Pagani aveva dato e conservato nel g iorna le cattolico.

4. Che bisognava quindi far comprendere la ne<essità di concludere la pace, e il dovere d ei cattolici di seguire le direttive del Papa.

D opo queste rivelazioni, il pubblico, che era rimasto alquanto sorpreso per l'assoluzione di don Pagani, si renderà facilmente conto della ragione e del nesso degli eventi. Se qualcuno doveva andare in galera, non era già il don Pagani, ma il suo diretto inspiratore, il suo massimo superiore spfriruale ; quello che gli aveva ordinato di fare « macchina indietro » perché altrimenti la propaganda dei (< socialisti ufficiali>> avrebbe attratto alla nuova il gregge stanco e deluso della vecchia chiesa. Questione di concorre_nza i nsomma I Noi domandiamo: era proprio necessario di tenere un convegno a Udine, zona di guerra e d'operazioni ? Era proprio necessario d'invitarvi il successore ·.di Gentiloni? E perché concedere il permesso per quella riunione «politica» quando tutte le riunioni di partito erano tass ativamente. proibire ? Non attendiamo una risposta a queste domande. L'episodio, in se stesso, ci interessa mediocremente. La sua importanza g li proviene da un altro o rdine di ragioni.

D'ora innanzi, sarà assai difficile e temerario negare l'esistenza di un « disfattismo» nerO) in concorrenza con quello « rosso n. La piccola·cronaca giudiziaria alimentata abbondantemente dai preti, denunciav a già il fenomeno. Oggi, le rivelazioni dcll'on. Ciriani non consentono più dubbi. Noi ci spieghiamo, del resto, abbastanza chiaramente il fe~omcno stesso. Il cattolico italiano, in quanto cristiano, de ve seguire ie direttive spirituali del successore di Pietro e le d irettive di Benedetto XV si riassumono in una neutralità assoluta, trascendentale, che agghiaccia l'animo. Anche ieri, il Papa, nella sua allocuzione natalizia, ha parlato di una « truce strage », con una piccola modificazione d'aggettivi. Nell'agosto la strage era «inutile ».

170 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Vero che la storia si è allegramente cd ereticamente vendicata. L'<< foutile » strage ha giovato almeno a riscattare dopo secoli e secoli j luoghi sacri che videro la passione umana e divina del fondatore del cristianesimo. Dunque la strage non è stata <i inutile» e senza la strage - sem:a la gucxra - Gerusalemme sarebbe ancora turca e la croce sopraffatta dalla mezzaluna di Maometto, Se Pier l'Eremita che andò ramingando attraverso l'Europa a suscitare i crociati, col grido di « Dio lo vuolè >>, risorgesse dalla sua polvere, è certo che non sottoscriverebbe al giudizio del Papa sull'inutilità di una guerra che riconsacra al cristianesimo e alla civiltà la terra che fu un giorno bagnata dalle lacrime e dal sangue del Redentore. In omaggio alle direttive del Vicario di Dio, il cristiano italiano dovrebbe essere neutrale, è neutrale Ma questo rispetto alle direttive del Papa deve conciliarsi coi doveri del « cittadino » nei confro(l.ti dell'Autorità profana. Il cattolico italiano, come cattolico, deve obbedire al Papa; come cittadino, allo Stato. Deve servire, per usa re una frase degli evangeli, Dio e Mammone. E deve servirli, nd momento di uoa grande guerra, non mai vista nei secoli. Q u esti sono gli elementi della tragedia ioterìore, intima, che trav ag lia il cattolicismo fo generale e quello italiano in particolare.

Noi ci fochineremmo davanti a questa tragedia e agli sforzi compiuti dai cattolici sinceri per trovare una linea di conciliazl one e di equilibrio, se un terzo elemento che non è né d ivino, né profano, ma sempliceme~te volgare e materiale, non venisse a tur bare, abbassandolo, il rappotto che abbiamo esaminato. Questo terzo elemento è il clericalismo; cioè Ja deformazione .politica d ella (<mist ica >> cristi ana (adoperiamo le parole- di un credente, che è morto - in stato di eroica santità - per la sua Francia: Charles Péguy); definizione che trova la sua espressione tipica nel discorso tenuto dal Dalla Torre a Udi nè. Quel discorso non poteva non tradu"rsi nell'a r ticolo di d on Pagani : La parola alle t rincee ! Il cattolicismo che va in cerca del « favor popolare», che scimmiotta il socialismo, anche nei suoi atteggiamenti pratici, che si preoccupa delle elezioni, che offre lo spettacolo di un Miglioli, conduce naturalmente al disfattismo. Noi n o n vog_liamo generalizzare, ma il disfattismo nero - come quello ad esempio dell'Unità Cattolica, ché trova soltanto« vivace» il discorso dell'on, Morgari - non può, non deve essere dimenticato, quando si voglia intrapre ndere l'esame di quello « straordin~rio concorso di circostanze)>

ehe h anrio portato i tedeschi sul Piave....

Da Il Popolo d'Italia, N. 3:.i8, 27 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sull'edizione di :Roma, N. 3:.i8, 28 dicembre 1917, IV.

DAL PIAVE: AL MESSAGGIO DI WILSON 171

L' ULIVO DEGLI HOHENZOLLERN

Il Kajser ha tenuto, sul fronte di Verdun, la sua ennesima concione alle truppe. Poiché il mondo rimane sordo alle invocazioni della Germania falsamente pacifondaia, il Kaiser minaccia di « sfond are col pugno ferreo e con la spada lampeggiante l e porte di quelli che la pace non vogliono ». ·

Guglielmo II, grazie ai bolscevichi imperversanti nella Russia se ttentrio nale, to rna a parlare in tono maggio re, in stile hindenburg hiano. Pugno ferreo, spada lampeggiante ed altre frasi del genere ricorrevano spesso nei discorsi dell'ante-guena. Anche allo ra l' oratoria del grande predone si dilettava con« la spada affilata)>,« le polveri asciutte» e simili immagini, che -a quei tempi - non mancavano di emozionare, almeno per ventiquattro o re, l'opinione pubblica- europea, la quale, grazie ai narcotici della propaganda e dell'illusione internazionalista, ricadeva poi, immediatamente dopo, in uno stato di leta rgica incoscienza malgrado l'imminenza del pericolo segnalata da pochi solitari e inascoltati preveggenti.

Non bisogna impressionarsi per le fanfaronate mo rali del Kaiser. Ma sarebbe grave errore non tenerne conto. Il discorso del Kaiser un sintomo. Annuncia veramente una nuova grandC offensiva sul fro nte franco-ing lese ? O - come si opina da taluni - il discorso del Kaiser, come molti altri fatti, rientra in un piano cli manovra, inteso a distrarre le forze e l'attenzione dal fronte italiano, ad isolarlo, per poi rinnovare contro di esso, più impetuosa e più formidabile, l'offensiva ? Nessuno può saperlo. Si procede per induzioni. Comunque, n o i dobbiamo agire come se invece di essere sul terreno delle previsioni. foSsimo già in quello deUa certezza.

La Germania può tentare questo nuovo colpo? Crediamo di sl. I mezzi meccanici non mancano ai suoi eserciti, e nemmeno - in un certo senso - gli uomini. Teniamoci piuttosto abbondanti nei nostri calcoli. È opinione di noti scritto ri di cose militari che Germania e Austria possano, una volta conclusa b. pace con la Russia di Lenin, racimolare sul fronte orientale dai seicento agli ottocento mila uomini. Diciamo un milione. Questi uomini non si trovano certamente tutti allo stesso grado di efficenza militare Non daranno tutti il massimo

di « rendimento». Non si rimane sedici mesi t otalmente i.nattivj su di un fronte - con l'aggiunta della. fratcrni.zzuione - senza che il « morale» d elle truppe si abbassi sino allo zero o quasi. Alcuni episodi verificatisi in due divisioni germaniche dimostrano che il vif'Mj massimalista ha toccato anche qualche reparto di truppe t edesche.

In ogni caso, da una massa di un milione di uomini è sempre possibile ricavare un centinaio e forse più di reggimenti composti d i elementi solidi, accuratamente scelti, ferreamen te inquadrati, che portati su di u n altro fronte costituiscano quel di più di forze d'attacco o di riserva, che bastano a minacciare l'equilibrio delle lince O degli eserciti.

Nell'attesa d el concorso americano, la Triplice Intesa - ltalia, Francia, Inghilterra - è di fronte al problema che Lloyd George ha g ià prospet tato : alla necessità urgente di creare nuovi eserciti. Un grande sfo rzo in questo senso non può essere do mand ato alla Francia, per molte ragioni ch'è inutile d ire. Deve, dunque, essere soSt enuto daJrlnghilterra, la quale può co n tare anche sui suo i D omini e Colonie, e d all'Italia, che essendo entrata in g uerra dieci mesi dopo ed avendo provato la g uerra di masse dopo un anno daUa dichiarazion e di g uerra e cioè all'epoca della prima offensiva austriaca nel T rentino, ha ancora vaste risorse in fatto di materiale umano.

Breve : per fronteggiare i nuovi colpi della G ermania e dell'Austria bisogna che Ing hilterra, Francia e Italia apprestino nel più breve termine di tempo possibile due milioni almeno di nuovi soldati. La cosciCJW1. di questa necessità appare già manifesta dai discorsi d i Lloyd Geor ge.

Anche il Governo italiano dev'essere nello stesso o rdi ne di idee, e lo d imostra il decreto che revoca l'esonero pe r sette classi più gio~ vani. Per sostitui re gli uomini validi nelle officine e negli uffici bi~ sogna rastrellare tra la popolazione maschile che non ha obblighi di leva e tra le do nne: ecco perché noi invochiamo la « mobilitazione civile ». E d eploriamo vivamente .che le sfere ufficiali siano ancora sospese nell'eterno limbo dei piani e dei progetti, mentre l'ora esige fatti e realizzazio ni. Due mesi sono passati dal 24 o ttobre. .Ch e; cosa si aspetta?

Lo stile minaccioso del Kaisei e di Hindenburg ci pone innanzi ad un altro problema d'ordine interno. È evidente, per mille segni, che il nuovo sforzo militare tedesco sarà preceduto, sostenuto e seguito da manov re disfattiste nell'interno della Francia e d ell'I talia. Un tedesco, il barone Lanken, ha dichiarato che cinquecento Unine, sparsi in l talia e in Francia, possono facilitare enormemente il compito deg li·cscrciti impeciali, No n ci sareb be da stupirsi soverchiamente

.. .. . .·~_,, ~ . . ·. ..,,. · DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 173

se alcuni dei p~igionieri italiani condotti in Germania, fossero scelti per questa bisogna infame. Ma anche a prescindere da quest o ci sono sempre, jn ItaUa, i buoni amici di cui parlava il B erliner Tagublatt e gli altri a cui non si può negare qualche simpatia, secondo la frase di KUhlmann.

La politica, all'interno delle nazioni, diventa, specialmente in questo momento, un fattore di primissima importanza. Poiché se questa politica.indulgesse al disfattismo, che varrebbe lo sforzo militare degli eserciti?

Pe r questo ordine di considerazioni, in vista della necessità e d egli ·eventi di domani, siarÌlo lieti che Oemenceau governi la Francia e che Orlando, abbandonando la maniera « dolce)>, si accinga a preferire la politica dell'ene rg ia e della disciplina p er tutti.

N o i domandiamo ancora: è lecito, è tollerabilè, è g iusto che, m entre il Kaiser ed Hindenburg tuo nano a base di « pug ni e di spade », restino in Italia, p erfettamente libe ri e indisturbati, i su dditi dei paesi coi quali siamo in guerra ? N on costituiscono, co n la loro s tessa prese nza, e malgrado tutte le sorveglianze della Polizia, un perico lo eccezionale ? Non è tempo di arrestare e di internare - sènza pietà e senza eccezioni - tutti quei collaboratori volontari e straordinari, ma non per questo meno disciplinati, del comando tedesco?

A Berlino è · stata aperta al pubblico l 'asta degli oggetti rubati nelle nostre due provincie che soffrono lo sfregio dell'invasione_

Nel resto d'Italia _circolano - - a notare, a spiare, a catalo garegli a1lri ladri, pronti ai furti da perpetrare - eventualmèn te - domani. ...

D a li Popol o d'/Jalia, N, 3}9, 28 dicembre 19 17, I V. Pubblicato anche su l· l'edizione di Roma, N 3}9, 29 dicCJnbre 1917, IV.

I I I I I I l :l 174 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

I NOSTRI POSTULATI

LA CONVENZIONE BOLLATJ-JAGOW E DECADUTA!

L'on. Orlando, nel suo discorso alla Camera, ba riconosciuto, rispondendo all'on. Pirolini, l'esistenza in Italia di un'organizzazione disfattista ai servizi del nemico. Stralciamo, d al testo stenografico del disco rso pubblicato dal Giornal~ d'Italia, il brano che ci interessa, a proposito dei sudditi di paesi in gueru con noi.

« Il n emico - ha detto ron. Orlando - aveva una preparaziòne form idabile di spionaggio. Durante il primo periodo della guerra essa fu attiva specialmente nella forma di offesa e di danno militare; ed era rimasta poi, se mi si permette l'espressione, latente in cauta attesa nel c3:mpo politico. Nella fase che la g uerra ora attraversa, il nemico ha smascherato tutte le sue batterie e intende condu rre a fondo quella sua offen!iva in alto stile, diretta• a detenninare lo sfacdo del Paese attraverso un' infnione generale dell'organismo, non soltanto propinando i veleni middiali del tradimento, ma disseminando anche i germi sotti li d ell'insofferet:iza e della viltà! (Ap pro vazionr).

« Questo pericolo, che per oscure e multiformi insidie ci minaccia all' interno, . non è men grave; anzi io affermo essere ancora più grave di quello che incombe sul fronte dei g loriosi combattenti. (Approv,rzionr). Dirò di più: esso è veramente pericolo morta.le, perché attenta alle ragioni stesse della nostra esistenza, mirando al dissolvimento della compagine nazionale.

«Onorevole Turati,~ solo cosl che l'ltalia può ped re ! (Vi vi e prolung4li appla1111). . .

« Per fronteggiare questo pc-rkolo, occorre un'attività instancabile, u na r isoluzione fredda e dKisa, un'energia costante da parte del Governo. Questo lavoro io riconosco, e assumo l'impegno di assolverlo senza esitazioni e senza debolezze! (Vivissimi generali e pro/JmgaJi 4ppla1m) »:

Questo linguaggio è esplicito. Ma noi e con noi tutti gli italiani, non vediamo ancora, quantunque siano passati già due mesi e più dalla sconfitta « oscura» di Capof:ctto> i :segni di questa attività instancabile, di quella risoluzione fredda e decisa, di quell'energia costante che veramente occorrono. nell'attuale fase critica e risolutiva della guerra. Decine di associazioni di ogni colore, migliaia e miglia.ia di cittadini, invocano l'atresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici, ma questo provvedimento, che sarebbe veramente con siderato come il primo fatto dopo le parole, tarda ancora ad essere adottato

12. - X.

e non si capisce bene per quali ragioni. La convenzione Bollati-Jàgof?

Ma anche ammettendo - oggi - la validità di quel documento stipulato il u maggio 191,, n oi abbiamo già dimostrato che si può prendere la misura che reclamiamo. Meglio ancora. Quella co nvenzione, non ha più valore reale, è decaduta di diritto e di fatto, come ci dimostra - con ragionamento piano ed eminentemente persuasivo, pur senza esulare dallo stretto campo del giure internazionale :-- l'amico avvoéato che ci scrive la seguente lettera. La convenzioo.e BollatiJagow appartiene veramente al genere dei çhiffons de papitr chC: si possono, si debbono stracciare senza preoccupaz.ioni, tergiversazioni o rimorsi.

Caro Popolo d'Italia, a proposito dell'articolo 1A pio-wa bo,h,, pubblicato sul numero del 22 corrente, mi preme di esprimerti alcune considerazioni per Je quali ritengo che i provvedimenti da noi invocati contro i beni e le persone tedC"Schi in Italia sieoo legittimati non già dall'applicazione dell'art. 2 - e cioè dalla esecuz.iooe della convenzione Bollati-Jagow del 21 maggio 1915 - ma bensi dal fatto che questa convenzione è oggi decaduta per essere venuti meno i suoi presupposti di fatto e di diritto. Poiché, ove noi dovessimo ritenerci. tuttora vincolati da detta convenzione, parmi evidente che la sua applicazione non potrebbe portare che ad una semplice esclusione di libera residenza dei sudditi tedeschl in certi territori

•<; località del Regn? ed a provvedimenti limitativi di polizia nei loro ·cooftonti, ma non potrebbe mai giustifu:ue l'adozione delle invocate misure (arresto, internamento, sequestro di ~i) di fronte a quanto espressamente stabilito Df'$1i articoli 2 e 3 della convenzione stessa.

Ma quel patto oggi decaduto; infatti :

La convenzione Bollati-Jagow, come ognì altra convenzione d'effetto continuativo per il futuro, è subordinata alla clausola del reb11; Jiç ; Jantibu t e cioè alla pe,manenza di quelle condizioni di fatto e di diritto per le quali i contraenti si determinarono a stipulatla.

La convenzione Bollati·Jagow, che porta la data del 21 maggio 191!i, è stata stipulata per avere vig0tt • duran te la guer ra » italo-austriaca e della Germania contro i suoi nemici, ai 6ni di regolare i rapporti di neutralità non benevola" che venivano a stabilirs.i fra Italia e Germania· per effetto della dichiaràzione di guerra all'Austria alleata di questa, e della conseguente rottura delle relazioni diplomatiche fra Italia e Germania. Lo stesso articolo 3 rispecchia implicitamente ques·to stato ,di cose pattuendo che i tedeschl io Italia e gli italiani in Germinia non dovranno sottostare ad alcun'altra limitazione cbe quella d i « neutri soggiornativi».

:B bene ricordare che mentre l ' Italia .nel 1915 tratta con ·r Austria per la integrazione del proprio territorio, la Gennania assume la funzione di mediatrice, riconosce, almerto in parte - in buona o in mala fede non importa - la ragioncvoleua delle nostre pretese, e si · porta anche garante; le trattative abortiscono; l'Italia si accinge alla sua impresa nazionale contro l'Austria_ e le dichiàra la iuerrll..

Con la Gennania si dichiarano semplicemente rotte le relazioni diplomatiche, ~r modo che pochi giorni dopo l'on. Salandra, nel suo discorso ìn Campidoglio, ringraziava ancora la Germania dei suoi buoni uffici che per mezzo di Bill()w aveva invano prestati....

I l. ! r I I t 176 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

Neutralità dunque, non benevola pen\ io quanto le due potenze divent.a.oo tenute a fornire eventuali a.i uli :li propti a lleati per le necessiti. stesse delle ri. spettive guetre nelle qu ali venivano a trovarsi impegnate : ed fo previsione ed a disciplina di questo stato di cose che sorge, come dicemmo, nel maggio 191S, la convenziooe in parola.

Che dai presupposti di fatto e di diritto che la convenzione Bollati·Jagow volle contempl:ue esuli l'ipotesi dello stato di guerra fra le stesse d ue parti contraenti, oltre ch e intuitivo per quanto sopra, indiscutibile pel fatto che l'ipotesi stessa non venne fatta nella convenzione, la quale dicendo durante la guern. » non può perciò riferini che a quella guerra che allora esisteva fra la Germania ed altre potenze, ed a quella che stava per si:oppiare fra l'Italia e l'Austria.

Occòrre appena nofare che l'art. S della convenzione intende semplicemente a tener fenni gli effetti d i essa anche per j rispettivi sudditi residenti in quei nuovi territori che venissero militarmente occupati, in conseguenza delle operazioni guer· resch e, dall'It alia o da lla Germania; sempre però in di pendttW. delle rispettive gue rre suaccennate, e ferma restando la neutralità, per quanto non benevola, fra Italia e .Germania; ma non mai in dipendenza di un vero e proprio stato di guerra fra queste due nazioni.

Senonché nel settembre 19Hi l'Italia d ichiara di riconoscersi i n slato di g uerra con la Germania, la quale, alla nuova situazione giuridica creata da questa nos tra dichiarazione, dà concreta dlettuaz.ione nell' ottobre u. s. portando direttamente contro di noi la sua azione bellica.

Ora dunque: a meno si arrivi all'assurdo di considerare anche la mossa fatta ora contro di noi dalla Germania quale ahra sempli ce prestazione (compatibile e scusabile colle n eces,ità della neutralità non benevola) di aiuti invocali dall'Austria; ed a meno di considera.re alttesì la n'ostra dichiarazione di stato di guerra alla Germania come una semplice constatazione fatta dal Luogotenente ( delegato agli atti di ordinaria ammini5trazione) di uno stato di f atto, la qu ale, non emanando dal re non abbia avuto valore di mutate i rapporti giuridici fra le d ue nuioni; ne consegue all' evidenza che le due contraenti del pa tto Bollati-Jagow sono venute direttamente a trovarsi in vero e proprio stato di guerra aperta e dichiarata.

Son o perciò radicalmente mutate quelle considerazioni d i fa tto e di diritto, che erano il presupposto logico e necessario della convenzione in parola, ed in contemplazione delle quali l e parti si ·erano determinate a stipularla, e la con· venzione s tessa ! caduta n el nulla.

u,, dfll!ocàJo aJiid1/o let1ore d el Popolo!

Dopo di che torniamo a domandare : A quando il buon colpo di scopa? Che i sudditi nemici, residenti ancora fra noi, siano nella loro totalità, degli agenti boèhu, Io si è visto alfindomani di Caporetto. Allora i nostri « ospiti» sgradevoli e ingrati, hanno levato la maschera; ~o i.nneggiato - con abbondanti libazioni di ,hampagm - al successo delle armi tedesche, nell'attesa e coll'augurio. che la marcia t rionfale non ·si àrrestasse prima di aver raggiunto la detestata, la odiata, ma nello stesso tempo agognatissima Milano. Il programma massimo non I! stato attuato e no n lo sarà più. Oggi i sudditi nemici tornano a fare i sornioni. Ma sono semJ're gli stessi.

OAl l>IAVB AL MESSAGGIO 01 W[LSON 177

Ed è giusto, infine. Sono tedeschi e sarebbe assurdo pretendere- ·dopo tutto quello che si è visto - che la pensassero come noi, cbe sentissero come· noi. Ma non è assurdo pretendere che gli italiani - specialmente quelli che sono al potere e hanno la responsabilità terribile di guidare la Nazione in porto - pensino ed agiscano, soprattutto, da italiani. A meno che non si voglia che l'Italia continui a essere la femmina carducciana che « nuda, sull'urna di Scipio si dà». Ora il problema dei « sudditi nemici» - a prescindere ·da tutte le questioni d'indole politica e morale - è anche problema di dignità. La nostra tollera02a è la nostra mortlficuione. È quasi un riconoscimento della nostra minorità. La Germania ha trattato gli italiani come una razza inferiore, una razza - quella del brachicefalo alpino. che secondo le teoriche manicomiali dei pangermanisti non può costituire che l'esercito destinato alle fatiche più dure, fo profitto dei dominatori tedeschi, dolicocefali biondi ; la Germania esibisce - a Carlsruhe, a Monaco - i nostri prigionieri agli insulti della folla; la ·Germania orgaoi2Za a Berlino Fasta del latrocinio consumat~ nelJe nostre due provincie invase ; la Germania non ha per noi - attraverso la ·prosa dei suoi giornali e l'oratoria dei suoi ministri - che parole di vituperio e noi, invece di praticare la necessaria e umana legge del taglione, preferiamo di applicare - con sommo pericolo cd evidente disdoro nostro - la legge evangelica.... Si direbbe che· i nostri governanti non «osino» far la guerra in tutti i sensi contro la Germania. Si direbbe, perché ci ripugna il crederlo.

Dice Maeterlinck, nd suo libro La sagtut ti la Dulinée, che un uomo, il quale ha la responsabilità di guidare in qualche modo i suoi simili, ha l'obbligo di essere intelligente. Ma noi aggiungiamoci permettiamo di aggiungere - che l'intelligenza a poco giova, se, in talune circostanze, non è accompagnata dall'energia volitiva. Riconosciamo e apprezziamo altamente nell'on. Orlando il dono dell'intelligenza, ma vorremmo pur apprezzare, collo stesso sincero entu~iasmo, l' altra qualità: l'enctgfa. nelle decisioni e nelle esecuzioni. Non si lagnino i nostri lettori se insistiamo sugli stessi problemi. Diventeremo monotoni a furia di ripeterci. Ma noj che abbiamo la nozione precisa - fornitaci da dati di fatto e dai documenti che costituiscono il nostro 'douier - del pericolo estremo rappresentato dalla libera circolazione dei sudditi nemici in Italia, sappiamo che è necessario combattere e insistere. Non daremo tregua al Governo. M.

Da Il Popolo d'llalia, N. 360, 29 dicembre 1917, rv. Pubblinto anche sull'edizione di Roma, N, 360, 30 dicembre 1917, IV.

i t I i![ ! .I i ! l I I r, 178 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

AL CITTADINO MOUTET

« Se dovessimo parlare degli accordi italiani - ha detto il deputalo soci.alista Moutet durante la grande reanti~ima discussione sulla politica estera a lla Camera francese - vedremmo che oltre Trento e Trieste, l'Italia reclama i l Tirolo tedesco, l'Istria, le iso le dell'Adriatico, l' Albania, il Dodecanneso, senza contare i vantaggi nell'Asia Minore Oso dire che il diritto dei popoli non è tutelato da accordi di questo genere e che se venissero applicati semineremmo per l'avvenire molteplici germi di rooftitto ».

. 11 rrùnistro degli Esteri, Stefano Picho n, un amico sincero dell' Ita: lia, e non dell' ultima ora, h a replicat o brillantemente cd efficacemente. in questi teanioi, all'on. Moutet :

« Avete parlato de( nostri accordi con l'Italia. Vi rendete voi conto della gravità che potrebbe costituire il metterli in causa? l'!. in virtù di un contratto che l'Italia è intervenuta nella nostra guerra (appla1111); è un contratto che stringemmo con qut"sto grande Paese" entrato in guerra pt"r il suo amore per il d iritto, per i" supremi intt"re-ssi che doveva difendtte, per il completamento d ella sua unità. Mai vi furono accordi più importanti di q uesto fra. i popoli (,zp plauu), mai vi fu un'i ntesa più significativa, più apt"rta, più pratica. (Appl,nm).

« Non vi è d ubbio - ha replicato Moutet - che il movimento italiano fu profondamente" popolare e nazionale, e di ciò saremo sempre riconoscenti all'Ita. lia. Ma fu. ciò cbt" volle" H popolo italiano e gli accordi conclu si dal Govt"Tno italiano, faccio una distinzione. Dico al popolo i taliano: Vì rendete conto di ciò che sart"bbt" la pace di domani se le rivendicuioni italiane sul Dodecanneso, sul· l'Albania e sulla Dalmazia fossero mantenute? (A.pp/aUJi all'eùrema sìnhtra) ».

La discussione svoltasi alla Camera francese ci riguarda direttamente anche perché l'on. Moutet, nella sua contro-replica, si è rivolto al popo lo italiano.

Sfamo grati all'on. Pichon di aver rivendicato - a Piena voce e senza so ttintesi - i diritti sacri e imprescrittibili dell'Italia ; la significazio ne e la portata profondamente morale e idealista della nostra partecipazione a] conflitto ; le ragio ni nazionali - il completamento cioè ddla nostta. unità politica - che ci imponevano di scendere in campo contro l'Austria.

Prendiamo atto con piacere del riconoscimento esplicito dato da parte dell'on. Moutet del carattere eminentemente p opola re e nazio-

nale che ebbe il n ostro movimento interventista, ma n o n possiamo accettare la sua d istinzione fra volontà del popolo italiano e accordi conclusi dal Governo italiano. Non vogliamo, oxa, sollevare la questione. d ell' opportunità del discorso dell'on. Moutet, date le nostre attuali contingenze militari. Vogliamo soltanto ri'sponderc al suo discorso, ip quanto mira a po rre sul tappeto la r evisione degli scopi di guerra dell'Italia. Che questa « revisione » sia fatta « in solido » da tutti gli Alleati è un conto; che tutti gli Alleati precisino ancora una. volta i loro scopi, anche dal punto di vista delle reintegrazioni e rivendicazioni nazionali, può essere utile ; ma noi pensiamo che u na even- · male revisione potrà modificare qualche dettaglio, non già la sostanza dei nostri fini di guerra. O sono dei 6ni essenziali, pregiudiziali, sui quali è inutile ogni discussione. Il Trentino può rimanere ancora, come oggi è - con .q uali conseguenze lo abbiamo visto I - un cuneo piantato nel collo dell'Italia, fra il Veneto e la Lombardia? No, certa• mente E i nostri confini ad oriente possono rimanere domani simili a quelli di ieri? È concepibile anco ra l'Austria sull'Judrio ? I ndubbiamente, no, L'on. Mo utet sembra concederci .Trieste, ma fa le sue riserve sull'Istria. P erché ? Forse che l' Istria non appartiene geograficamente all'Italia? F orse che nell'I stria n on è largamente rappresentato l'elemento italiano ?

Quanto alla Dalmazia, g li acco rdi di Londr~ tritelano equamente i diritti delle na:zionalità italiana e serbo-croata. L'Italia non può rinunciare alle isole dell'arcipelago dalmata e nemmeno a quel tratto di litorale che va da Zara a Traù e dove l' italianità è ancora potente, m alg rado un cinquantennio di feroci persecuzioni austriache.

AJ no rd di Zara, lungo il cana1e della Morlacca, i croati avranno un ampio respiro sul mare Adriatico ; al sud di Traù, la «finestra,> marittima pei ser bi avrà tutta l'ampiezza suffi.cente per i bisogni di un'economia a tipo quasi esclusivamente agricolo.

QuantO alle isole del Dodecanneso, all'Albania, all'Asia Minore, il punto di vista, in materi~ del Governo; è condiviso pienamente dal popo lo italiano, eccezion fatta dei socialisti ufficiali, i quali s' infischiaClo dell'Egeo, dcli'Adri;itico , di Trieste e -anche dì Udine e di Belluno.

Noi crediamo che il Governo italiano non rifiuterà mai una revisione di quei fini di g uerra che si potrebbero chiamare « subordinati» o secondari. Non crediamo che la creazione di uno Stato autonomo albanese, sia pure sotto l'alto pro tettorato dell'Italia, possa far correre un pericolo qualsiasi alla pace di domani. L'A lbania - Stato autonomo - sad un fattore di garanzia pct quella sistemazione della penisola balcanica che deve uscire dalla guerra. Non sarà certo l'Itali~

180 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

che praticherà anche nei confronti del famoso « Dodecanneso » una politica d"intransigenza assoluta e, q uanto all' Asia Mino re, il punto di vista, espresso in un suo discorso dall"on. Sonnino, è m olto chiaro. Se l'impero turco cesserà di esistcrè, è logico -e sarà bene6co per le popolazioni oppresse - che l'Italia si assuma nelle regioni bagnate dal Mediterrarieo orientale la sua quota-parte di influenza politica, economica, cultura.le : la sua quota-parte di resp onsabilità. Questo non contravviene. in nessuna guisa, ai fini « democratici » della guerra. A meno che n on sia « democratico)> per l'on. Moutet conservare l'impero o ttomano....

Ci sembra di scorgere, dietro le paroIè dell' on. Moutet, il riflesso di una illusione' perniciosa, che di tempo in tempo traspare in certi ambienti dei paesi alleati. L'illusione cioè che, riducendo gli «appetiti>) d ell"Italia al minimo p ossibile, sia facile conducrc l'Austria a separare Ja sua ca.usa da quella della Germania. Pura follia I Col risultato unico di «aumentare» gli appetiti dcli' Austria stessa. L'on. Moutet non ricordava certamente, quando ha parlato, il discorso cli Czernin « Noi combattiamo - ha detto Czernin :- non solo per Trieste, ma per Strasburgo» e truppe austro-ungariche sono, infatti, segnalate sul fronte franco-inglese. L'Austria è legata indissolubilmente alla Germania. E anche ammesso - per dannata ipotesi - che l'Austria fosse, domani, capace di inaugurare una politica di autonomia nei confronti della Germania; anche ammesso che l'Austria inclinasse alla conclusione di una pace separata · colla Triplice Intesa, nessuno può certamente pensare o ammettere che tale pace debba concludersi col sacrificio tcrrfro riale delle n ostre terre invase e di quelle da redimere o coll'umiliazione mora1c dell'Italia.

Per fortuna si tratta di calcoli puramente fa ntastici. Austria e Germuùa sono due corpi. ma un'anima sola. Se invece·di discetta.re - in base alle reminiscenze della vecchia sCuola diplomatica - sul maggiore o minore nemico, si fosse cercato - con una concentrazione di sforzidi colpire nel blocco nemico l'Austria-Ungheria, a quest'ora - molto probabilmente - gli Alleati sarebbero oltre Lubiana, mentre invece 11.bbiamo i tedeschi sul Piave....

Da Il Popolo d' Italia, N. 361, 30 dicembre 1917, IV. Pubblicato anche sulJ'editionc di Roma, N. 361, 31 dicembre 1917, IV.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 181
M.

DIVAGAZIONE

Il 19.17 sta per finire. Fra poche ore, entrerà nel mare del passato, dal quale emergono - a guisa di scogli - gli avvenimenti deg ni di storia. La ruota secolare del tempo compie un altro giro. Noi sappiamo che la misura del tempo è una convenzione più o meno esatta e arbit raria : che non è già il tempo che passa, ma siamo noi che passiamo nel tempo. diretti a quella c he il Poeta ha chfa.mato « la scogliera bianca della morte ».

Eppure, quando staccate l'ultimo foglio del alenda.rio, una punta sottile di melanconia vi penetra nell'animo inquieto. È l'anno che muore, che finisce, e pur vi sea;ibra - per uno dei giochi complicati del sentimento che sfugge al controllo raziocinante dell'intelligenza - che quaklie cosa di voi, di noi, muoia e finisca ; e pure, quando l'orologio batte l'ora fatidica del trapasso, non vi par di sentire nel vostto mondo interno rintocchi funebri di çampane e squilli alleluianti d'amore ? · ·

Il 1918 è l'ignoto. C'è chi si sente agghiacciare davanti all'ignoto custodito misteriosamente nel grembo dell'avvenire; c'è chi va incontro all'ignoto con un giovanile spirito di avventura. E una domanda fiorisce sulle labbra di tutti: « Che cosa ci porterà il 1918? ».

Ognuno di noi - dal più alto al più umile - dal 1914 ad oggi, h a nella sua vita molte date memo rabili. Costituiscono la nostra storia individuale. Come dimenticare il giorno in cui si ebbe il battesimo del fuoco ? O si v ide cadere l'am.ico più fedele? O si conobbe l o strazio della carne ferita ?

Ci sono i giorni che passano senza lasciare tracce nella monotona successione delle ore : sono i giorni grigi, sotto un cielo grigio, uniforme, unicolore. Ma ci sono i giorrù di tempesta, i giorni d'eccezione, i giorni di tumulto, i giorni cli creazione e di distruzione : i giorni che valgono gli anni. Il 10 agosto del 1914 è forse un giorno comè tutti gli altri?

Da tre anni noi - centinaia di m.ilioni di uomini - viviamo una vita. « collettiva » sino all'iperbo le. La nostra piccola storia individuale si inseris~ si salda, scompare nella grande storia dei popoli in guerra. Gli avvenimenti « collettivi >', quelli, cioè, che ci interessano come

collettività belligerante, ricacciano tutti gli altri nella moltitudine ano· nima delle cose quasi iosjgni6canti,

Oggi, mentre l'anno 1917 ago nfaza, n oi rievochiamo appena i fatti più impor~nti della .nostra vita individuale o famigliare. Siamo presi in un altro turbine. La memoria torna ad altri avvenimenti, stacca. altre date. Torniamo indietro. Evochiamo il passato, per afferrare, per sentire Ja « continuità» della vita e trovare dall' ieri le ragioni dell'oggi e nell'oggi gli elementi necessari del domani. Il 1917 è ricco di date. Denso di avveniÌnenti. È stato, ben più del 1916, d i una dinamicità eminentemente drammatica.

Nel febbraio i tedeschi - sospinti dagli inglesi -'- si ritirano « strategicamente» per oltre quaranta chilometri di profondità e la Francia sente allentata la stretta che la minacciava. dalla Marna in p oi.

Nel marzo, un'autocra2ia crolla, p er disfacimento int eriore, più che per urto esterio re. Il mondo saluta - osannando - la nuova democrazia che sorge sulla riva· della Neva. Ma la d emocrazia russa sorta dalla. guerra, finisce, dopo alcuni mesi di convulsioni, per rivolgersi contro la guerra, mentre la Russia si sfalda nelle diciotto nazionalità che Ja componevano ai tempi degli czar

Nell'aprile un nuovo mondo entra in guerra e s i schiera al fianco nostro : gli Stati Uniti,

Nel maggio si scatena la nostra offensiva da Tolmino al m a re, vittoriosamente. Varchiamo il Timavo. Ci spingiamo ai contrafforti dell'Hermada. Trieste è sotto il tiro dei nostri canno nL Nel lug lio, K e rensky e Brusilo ff riescono a galvanizzare, per l'ultima volta, alcuni corpi d'armata russi. È una. pucntesi breve. Un tentativo d isperato.

Nell'agosto, la manovra del Papa, cui fa seguito la n ostta brillan tis~ sima o ffensiva della Bains~za. I francesi liberano d efinitivamente Verdun dalle tenaglie del Kronprinz.

Nell'o ttobre, c'è una data che ci pe rcuote e ci umilia. Per quel complesso di circostanze, sulle quali non si è fatto ancora luce, gli austro·tedeschi riescono a sfondare le nostre lince dcli'Alto Isonzo, a invadere due provincie, a raggiungere la riv a s inistra dt:l Piave, . Si è d et to: cinquanta giorni I Cinquant'anni I Quale italian o , degno di questo nome, n on si è sentito.invecchiare - orribilmente - nella setti.mana che va dal 24 ottobre al 1° novembre ?

lnvecchiare, perché tutto il nostro passato di ieri, tutte le nostre tare di ieri, dalle qua.li credevamo di esserci riscattati, sembravano riprc n· dccci, schiacciarci, annullare, in un attimo, il tra.vaglio sangui noso e prodigi oso di trenta mesi di guerra. Il 14 ottobre ci è apparso - in un .primo tempo - come un improvviso colpo di spugna sulla nostra

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 183

storia più gloriosa e recente, N o i eravamo saliti verso le cime luminose della vittoria cd ceco il Destino ci ha preso e ci ha rovesciati. ric:ac. ciati nel fondo, nel buio della disfatta. Ma il Destino era in noi, poiché quello che si clùama Destino non è che la confessione della nostra imperfetta conoscenza delle cause che presiedono allo svolgersi delle vicende umane. La causa della disfatta è in noi. Le ragioni della ripresa sul Piave, le forze della riabilitazione sono in noi. Il 1918 sad. quello che noi vorremo che sia.

Esiste una fatalità esteriore, meccanica, ma esiste anche una volontà umana, che non piega davanti a.i colpi che sembrano improvvisi, ma li domina e ne trae esperienza. La «fatalità>>, se cosl può chiamarsi, di Caporetto, è stata dominata dalla nostra volontà di vittoria.

Il 1917 muore e lascia al 1918 il suo retaggio di sangue. L'urto di milioni di uomini armati continua, sulle terre, nei cieli, nei mari. L'orizzonte è ancora buio. La fiaccola slava sembra spegncrsi. Chi non sa fare la guerra, molto difficilmente può fare la pace. 8. dunque la guerra che bisogna continuare, con tutte le nostre energie, con esasperata passione, se .si vuole che ;i mondo di domani sia un mondo di tranquilla pacifica convivenza delle genti. È la guerra che bisogna continuare, se vogliamo - noi italiani - rivendicare - una volta per sempre - dalle Alpi all'Adriatico, i «termini)> sacri della nostra P atria. È la guerra che bisogna continuare, se non vogliamo disono.:. rard - defezionando - per tutte le generazioni e per tutti i secoli. È la guerra- che bisogna continuare, se vogliamo che i nemici renda.no conto dell'eccidio tremendo ch'essi hanno deliberatamente, scientemente provocato ; se non vogliamo « tradire » i nostri morti che atten·dono,. nei cimiteri v iolati dall'invàsore....

Resistere per vincere I V incere per la Libertà e per la Giustizia l Ecco le parole d'ordine e di fede con le quali_ salutiamo l'anno che muore e quello che sorge.

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M. Da Il P()po/o d'l1aJit1, N. 362, 31 dicembre 1917, IV. P ubblicato anche sul· l'edizi6ne di Roma, N. I , 1 gennaio 1918, V.

LEALTA, CONTRO INSIDIA!

Gli Imperi ·Centrali hanno voluto chiudere il 191 7 con un altro dei loro « tn1cchi » pacifondai. Nella risposta alle proposte dei delegati massimalisti convenuti a discutere di pace coi generali e diplomatici d'Austria .e di Germania a Brest-Litovsk, il conte Czcrain ha dichiarato che « i principl fondamentali delle proposte russe possono costituire una base discutibile p er una pace generale » nel caso soltanto che « gli alleati della Russia rico noscano onestamente e senza riserve le condizioni stesse anche verso g li Imperi Centrali». La stampa della Quadruplice Intesa - non esclusi gli organi più temperati e proclivi alle soluzioni medie co.me il Dail_y News - ha già svent.ato il nuovo trucco e messo a nudo l'imprecisione, la insincerità, la perfidia della «mossa » tedesca. Dei Governi alleati, il primo a respingere l'offerta insidiosa, è stato quello francese, con un discorso del ministro degli Esteri, Stefano Pichon, al quale caillautisti, zimmerwaldiani e stoccolmisti no n hanno saputo che rispondere Non mancherà, perch~ non «deve» mancare, nei prossimi giorni, un atto co llettivo dei Governi alleati. Non deve mancare, diciamo, per:ché è pericoloso, e Jo si è già visto in precedenti occasioni, lasciare sempre e completamc;:nte ai nemici i vantaggi dell'iniziativa diplomattéa. Siamo dinanzi a un altro episodio della offensiva cosidetta pacifista degli Imperi nemici : tocca, ora, alle nazio ni democra.tkhe dell'Intesa, il compito della contro-offensiva sullo stesso terreno. Il fin de non r eauoir è èerto ed inevitabile, ma le sue motivazioni non devono essere lasciate soltanto alla stampa, devono essere elaborate dai Governi responsabili. Si comprende perfettamente che la Germania, sia pure per mezzo dell'austro-ungherese Czernio, voglia trascinare a negoziati di pace la Quadruplice Intesa, sul terreno che chiameremo «massimalista». Il . calcolo che presiede la manovra è evidente : se b. Quadruplice Intesa. accetta, siamo alla pace «bianca)), che è poi la pace « tedesca » ; se la Quadruplice Intesa respinge categoricamente - come farà. - il ramoscello d'ulivo, il dissidio fra Quadruplice Intesa e Russia sarà sfrutt ato convenientemente, in tutti i sensi, dalla Germania. Ma il nuovo gesto rivela, documenta questa verità : per gli Imperi Centrali è indifferente oninai di addivc.nlre o nòn addivenire a un trattato formale

di pace con la Russia: la pace che gli Imperi Centrali vorrebbero è la pace ad occidente. E s.i capisce. Perché un trattato di pace colla Russia avesse un senso e non fosse soltanto una specie di commedia diplomatico-bolscevica, bisognerebbe che una Russia - cioè uno cc Stato» solvibile e responsabile - esistesse a ncora. Questo non è. Si parla ancora di Russia, ma questa parola è vuota di significato. Ne ha uno storico. Uno attuale non più. Il posto della Russia antica è preso dalle nuove nazionalità. C'è una Finlandia che chiede già il rico noscimento delle altre Potenze ; c'è una Siberia che ha proclamato la sua completa autonomia e il s uo distacco da Pietrogra~o ; c'è _ - soprattutto - nel sud-est un nuovo · Stato, l'Ucraina, che conta trenta milioni d'abitanti, ha un Parlamento: la Rada, una capitale: Kiev, un esercito con relativò Stato Maggiore e anche un Soviìl, ma innocuo. L'Ucraina è già stata riconosciuta dalla Quadruplice lntesa, con wia dimarcht fatta ai primi dello s~orso dicembre . Per ·comprendere l' importatlZa della creazione di questo nuovo Stato, basti clire - prendiamo queste cifre da una pubblicazione ufficiosa ucraina che esce a Losannache la produzione totale in cereali dell'Ucraina nel 191 0 è stata il H per cento di quella di tutto l'Impero russo, pari alla cifra sbalorditiva di 2. 1 s milioni di quintali. Alla vigilia della guert'.a gli Ucraini possedevano 30 milioni di capi di bestiame. Gli altri territori moscoviti non esportavano in g rano che il o, 7 per cento; la sola Ucraina _il 2.7 per cento. Ancora qualche cifra; per illustrare il valore grande - dal punto di vista economico - del nuovo Stato anti-leninista, quindi anti-tedesco, sorto nella )\ussia meridionale. L'Ucraina produce 50 milioni di . quintali di barbabietole; 4 milioni di libbre russe dì tabacco.• Le ricchezze del sottosuolo sono immense. Le miniere di ferro cl.cl Donetz producevano annualmente So milioni di tonnellate e quelle di carbone 20 milioni. ·Le miniere di sale e i pozzi di petrolio - soprattutto in Galizia - rifornivano tutta la Russia. Se Pietrogrado è alla vigilia della carestia, gli è perché l'Ucraina in guerra coi massimalisti e non esporta più derrate alimentari. A ltre n az.ionalità minori rivendicano la loro indipendenza.

Con chi dunque farebbe la pace separata la Germania ? Con una parte della Russia, colla parte più povera, la più disorganizzata ; e con un Governo che comincia ad ammettere spontaneamente la. sua fragilità.

Ecco perché la Germania tenta, attraverso il viottolo massimalista, di sboccare nella grande strada della " pace generale». Ma la Quadruplice Intesa è ben d ecisa a non farsi mistificare dalle formule gènerali. Formule simili a vasi che tutto possono contenere. E difatti, mentre non contengono che vuote parole per ciò che riguarda i 6ni

186 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

di guerra, le mille volte proclamati dalla Quadruplice Intesa, sono invece dura mente esplicite p er ciò che interessa la Germacia. Ne consegue che la Quadruplice Intesa non può che adottare il punto di vista della Francia, espresso dall'on. Pichon in questi chiari termini :

« Il giorno in cuì saremo direttamente oggetto di una proposta di pace la esamineremo..•. ».

La manovra tedesca è già sventata, ma ai fini della resist enza morale delle nostre popolazioni, è bene che l'episodio sia chiuso sollecitamente con una solenne dichiarazione dei Governi alleati. Non bisogna fare il gioco della Germania, çhe cerca di turbare il « monùe » dei popoli, facendo di tempo in tempo balenare agli orizzonti la p ossibilità della pace, e ne approfitta, intanto, per preparare nUovi colpi niilitari. Agli Stati Maggiori il compito d i « parare» in t empo utile le nuove minacce e ai Governi l'altro compito non meno essenziale di ann ullare le possibili ripercussioni d'ordine spirituale delle offensive «pacifiste» di Panteutonia, dimostrando che se la guerra continua, non è già p er un capriccio di uomini, ma per una dura necessità, poiché il dilemma di oggi non t cambiato da quello di ieri ; o la libertà colla vittoria, o la schiavitù - politica, morale, economicacolla d isfatta. M ,

Da 1/ P opolo d'll4iii:t, N. 1, 1 gennaio 19 18, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N . 2, 2 gennaio 1918, V, con il titolo: E111r1111do ntl 1918.

,., :;: ; . , -~ DAL PIAVE AL MESSAGGIO DJ WILSON 187

RAPPRESAGLIE !

La voce è oramai unanime I Anche giornali che non militano certo all'avanguardia dell'inter. ventismo, come ad esempio la TribHna di Roma, sono co n n oi. I feroci bombardamenti di Padova impongo no la rappresaglia. Intendiamoci.

Le rappresaglie possono, dèvono essere di due specie: militari e non militari. Sul modo e il te mpo delle prime, noi non entriamo. È il Comando Supremo che deve decidere. Noi ci limitiamo ad atten~ dere un comunicato Diaz che ci dia notizia di un buon bombardaffiento di una qualche città tedesca. Ma c'è un altro ordine di rappresaglie che noi invochiamo e da un pezzo : l'arresto e l'internamento di tutti i sudditi nemici che in cuor l oro gioiscono delle stragi compiute in Italia dai loro compatriotti, e la confisca dei loro beni. Un deputato che non è fra i più accesi, l'o n. Ruini, ha posto ancora una volta il problema dinanzi al Governo. Tutti, tutti si domandmo che cosa si attende. I barbari ci assassinano donne e bambini~ ci ·devastano interi quartieri di città, e noi li trattiamo ancora da « ospiti» non da nemici. I barbari ci saccheggiano e noi continuiamo ad avere i l più sacì::o dei rispetti per le loro proprietà (.... 6 righe di mu11ro).

Il Fascio padà.mentare di difesa· n azionale n on deve dare segno . di vita soltanto a Camera aperta, m a anche quando il Camerone è chiuso.

I 1 5z deputati fascisti - dinanzi al ·ripetersi d elle stragi feroci di Padova d evono chiedere e imporre al Governo l'unica· politica possibile e degna di una nazione : quella delle rappresaglie.

Altrimenti bisognerà pensare - con infinita tristèzza I - che il Governo consegna alle bombe del barbaro le popolazioni inermi delle nostre città.

Basta coll'umanitarismo, dal momento che esso giova soltanto ai criminili I

Da Il P-o/)(tio d'Italia, N. 1, 1 gennaio 1918, V.

M.

GLI ITALIANI PEL « POPOLO •

Sottourizione iniziata per impulso spontaneo dei lettori il 20 /11glio 1916.

Somma racco/la nel 1916 L. 17. 0·11,80.

Somma rafco/ta nd 1917 · L. 11 4. .2;1,70.

NEL 1918

Iniziamo la sottoscriUone dell'anno nuovo. Meglio e più esattamente, Sono i nostri lettori, i nostri amici fedeli che ci seguono - fiduciosamente - da ormai quattro anni; sono i nostri abbonati che iniziano - colle loro offerte spontanee - la sottoscrizione del 1918. N oi non esalteremo le cifre dell'anno ch'è finito. La profonda sig nificazione « morale» di quel totale, è evidente Non ci si accusi d'immodestia, se diciamo ch'è un fatto assolutamente n uovo nella sto ria del giornalismo italiano e nella n ostra v ita po litica nàzionale, un'attestazione cosl vasta, cosl grandiosa, cosl ta ngibile di solidarietà con un giornale che non è organo di nessun partito, di nessun gruppo, di nessuna chiesuola, perché è un giornale « personale» del quale rfaponde - nella sua qualità di fondatore e di dir ettore - un uomo solo : quello che traccia queste poche linee di preambolo. Siamo commossi e un po' orgogliosi. Abbiamo attraverso queste cifre, attraverso le parole affettuose con le quali i nostri amici accompagnano le loro . offerte, attraverso mille altre m anifestazioni - la sensazione precisa, la certezza consolante, che il n ostro lavoro non va perduto ; che questo nostro sforzo ·quotidiano e appas- · sionato per contribuire alla formazione di un'Italia più grande e di ·un mondo più libero, è riconosciuto e apprezzato ; che le nostre idee e tutta l'cstrinsecaz.ione pratica delle nostre idee trova consensi sempre più diffusi e simpatici. E comprendamo anche il significato di questa solidarietà. Essa ci indica una direzione. Ci grida : Bisogna continuare I Non stancarsi I Non dare tregua. I Il buon lavoro non

manca I Certo : cd è l'impegno che ooi prendiamo verso noi stessi e verso gli altri. ·si dice che ì giornali siano un' arma. -Non tutti.

Molti sono ua foglio di cana o un sacco di notizie. Molti altri, un'arma sl, m a da rigagnolo.

Questo è e vuole essere, in"."ecc, una bella spada castigliana - temprata al fuoco dei nostri amori e al ghiaccio dei nostri odi -e piuttosto che vederla arrugginire; la spezzeremo nell'impeto di una bu ona battaglia. E avanti, la bella brigata libertaria del Popolo d ' I talia I

Da Il Popolo d'llalia, N, 1, I g ennaio 1918, V.

190 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

SUDDITI E BENI NEMICI

L'on. ·Orlando ha pronunciato al Senato un discorso sotto certi aspetti migliore di quello che alla Camera ebbe cosi g rande successo. In materia di politica interna e i n risposta a u n discorso del giolittiano senatore Rolandi-Ricci, l'on. 5Jdando ha fatto dichiarazioni esplicite, che ci piace di reg istrare al posto d' onore, perché rispondono alle necessità del momento.

L' on. Orlando ha cosi parlato :

« Il popolo italiano si è dimostrato virile, paziente, eroico, all'avanguardia delle sofferenze e delle privazioni ( 4pplauJ1), o nde se questa lode è diretta ad esso, è ben meritata ; ma non ha a vederci. il ministro deH' Intcrno. Quando invece l'on. Rolandi-Ricci parla di un' infima minoranza che va presa con le buone, io, ministro dell'Interno, devo d ire di no. (Vive approvaziont). Q uesti anni di guerra sono cicli storici, e la qÙestione della resistenza interna va cons iderata co me indissolubilmente legata alla vita del Pae~, onde ogni atto diretto ad indebolirla è senz'altro un atto di tradimento (AltiJ!imi, pro/ungari ap pla:m) ·

+: Nel momento che si traversa, q uest 'attività contro la guerra si collega con l'attività nemica (App/azm). I! questione di essete o di non essere~ non vi p uò essere metodo diYerso e, soprattutto, non vi può essere volontà diversa».

Ci sia concesso di osservare che noi da mesi e mesi non abbiamo detto niente cli div erso e, n on sembri vanitoso il constatarlo, con. parole quasi identiche a quelle impiegate dal Presidente del Consiglio. · La « maniera dolce» applicata a coloro la cui attività è collimante e concomitante con quella del nemico, equivale a praticare la politica suicida d ella disfatta.

Siamo lieti che l'on. Orlando sia ritornato sull'argomento e abbia precisato il suo punto di _vista, ma ci rammarichiamo che l'on. Orlando non abbia toccato un'altra questione che turba e appassiona sempre più vivamente la coscienza nazionale : la questione dei beni e dei sudditi n emici. L'on. Orlando non ha escluso la p ossibilità del sequestro, ma l'ha fatto in termini assai vaghi. Secondo l'on. Orlando « non è detto che il sindacato debba avere un carattere provvisorio ;

..,·~--:- ......... ·-
MARTELLANDO
lB, X ,

esso è indefinito, pur potendo trasformarsi in misure più gravi, come quelle del sequest ro o della liquidazi one ».

Che cosa significa tutto ciò? Che il Governo non ba ancora, dopo trenta mesi di guerra. deciso Ja sua linea di condotta nei confronti delle proprietà e delle aziende d ei nostri nemici. Lo stesso dicasi per i sudditi dei paesi che sono in g uerra con noi.

Il senatore Pellerano ha detto che « col tedesco in Italia ogni debolezza deve essere bandha » e, dichiarando la sua fiducia nel Governo, propone l'estensione a tutta l'It alia dello stat~ di guerra per rompere ogni rete d'intrighi intessuta a favore del nemico; p ropone pure di espellere o concentrare in dati luoghi tutti i sudditi nemici.

Ora, l'on Orlando ha rispost o a tutti i senatori che avevano partecipato alla discussione, ma si "è dimenticato cli rispondere al s enatore Pellerano. È da un p ezzo che la stampa nazionale « investe » il Governo della questione dei sudditi n emici ; ma senza risultato . Dopo gli eccidi e le distruzioni di Padova, alla Camera, con un'interrogazione dell'o n. Ruini, al Senato, con un discorso del senatore Pellerano, è stato risollevato il problema. Ma il Presidente del Consiglio lo evita. studiatamente. Il perché di tutto ciò, mistero. La piccola . cronaca d elle città registra i casi di sudditi nemici che abusano sempre più spavaldamente della nostra dabbenaggine. Ma il Governo ignora. È il grottesco che si sovrappone. alla trag edia. Sono passati due mesi dalla giornata buia di Caporetto. Il tempo per costruire in qualche ·remota plaga delle nostre più lo n tan e isole le baracche per un campo di concentrazione,' c'è stato. L 'occasion e per denunciare la decadenza della convenzione Bollati-Jagow, decadenza già avvenutà de facto, c'è stata. Il contegn o tenuto d a molti sudditi nemici giu stificava pienamente una rriisura d'indole generale contro di l oro. Un movimento d ell'opinione pubblica c'è stato. L'esempio di tutte le altre nazioni, dagli Stati Uniti al Siam, ci ha preceduto. Anche dopo il 24 ottobre, anche coi tedeschi saccheggiatOri a Udine e impiccatori a Belluno, l'Italia è l'unica Nazione, fra le diciassette nazioni in guerra contl'o gli Imperi Centrali, che tratti da <e ospiti )) i sudditi nemici. ·

Ci si domanda : quanto tempo ancora dovrà durare questa situazione incredibile, ma vera? Ci si domanda : quanti misfatti dovranno ancora essere compiuti. prima che il ·Governo si d ecida ad agire ? Ma non è chiaro, preciso, pacifico, documentato che i sudditi dei paesi nemici appartengono a quella categoria di persone la cui attività - impieghiamo le parole del P r esidente del Consiglio - si collega necessariamente coll'attività nemica?

Siamo Pronti a riconoscere - e lo abbiamo già fatto in altra acca-

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

sionc - che l'on. Orlando tenta di imprimere un1 nuov a direttiva - più realistica - alla sua politica interna1 ma la faccmda dei su d· dici nemici è la macchia nera n el qJJ,adro . L'attcggiàmento ambiguo e negativo del Governo, nella questione, fa nascere per forza nel pub· blico il più grave dei dubbi : e cioè che l'impotenza. dd Governo sia in r appo ttO di causa a effetto colle influenze di a1ti personaggi, della banca1 dell'industria, della diplomazia, della Corte, che non devono essere disturbati.

Ebbene, fi nché il grande gesto non sarà compiuto, n oi continueremo a titenere che la nostra guerra non osa essere -come dovrebbe essere .....:.... anti-germanica; _ che la Germania è an cora t utelata - nei suoi interessi ·materiali e morali - dai suoi amici e dai suoi complici disseminati al di qua del Piave, e che il Governo - per p aura - non si accinge mai a t ogliere la mala pianta del disfat tismo bocht all'interno.

Essere o non essere, ha detto amleticamente l'on. Orlando. Già. Biso g na essere, · E agire.

Da Il Popolo d ' ltalù1, N . 2, 2 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N 3, 3 gennaio 1918, V.

DAL PIAVE J\L MESSAGGIO DI WILSON 193

RESISTERE PER VINCERE !

La parola d'ordine lanciata in Parlamento dall'on. Orlando alla fine· del suo discorso, è stata completata n el messaggio - in v erità assai vibrante - da lui mandato_, in risposta a Lloyd George, al popo lo i1:1glese. Resùlere per pincere I E. compl~to. Perfetto. Non si c[eda ch e sia questione di bizantinismi. Dire che bisogna « r esistere» non bast a In qua nto si può resis tere per evitare il peggio, c o me sarebbe l'invasio ne di altre provincie, invasione che i « tecn ici» avevano già preventivat o, oppure per guadagnar e t empo nel·J'attesa degli eventi o di una pace di t ransazione ; ma quando si dice « resiste re p e r vincere » si d à alla re sisten za uno scopo, un obiettivo, una mèta :· resistenza p er . p o i .vincere e imporre al nemico quella pace che deve ·consacrire il trio nfo dei nostri diritti nazionali sulle Alpi e sul mare. È necessario i nsistere su questo punto, perché ]a coscienza nazionale non si « adagi)) nell'attuale stato di fatto della nostra difensiva : non creda che d'ora innanzi il nostro compito, nella · guerra mondiale, sia s o ltanto quello d ' impedire ai bcthn di scendere dagli altipiani o di vatcare il Piave, m a s i co nvinca ch e bisogna aumentare i n ostri mezzi materiali e utilizzare le nostre risorse umane per passare nel_ più b r eve t ermine di tem~ possibile dalla difesa a ll'offesa· per liberare anco r prima della ~onclusio ne della guerra le n ostre provincie; poiché è « essenziale)> di togliere, colle armi, q u esto prezioso pegno italiano d alle mani dei nostti nemici . Nei messaggi di Capodanno che i capi degli Stati alleati si sono scambiati, le spera nze e la certezza di vittoria vibrano altissime in ogni parola.. Malgrado la defeziQne di un alleato - la ex Russia (non dimentichiamo t uttavia che il famoso rouleau compressore moscovita ha « stritolato » molti tedeschi durante i primi due anni della guerra e quei tedeschi e austriaci e turchi convenientemente strito lati non.. .. risorgòno più) - gli Alleati d ' Europa sono in piedi, incrollabilmente decisi a non deporre le armi prima che la libertà dei p opoli e la giustizia nel mofldo abbiano trionfato . Libertà I Giustizia I Voi inèontrate queste due parole ad ogni riga dei messaggi dei nostri ministri. Si è fatto cosl largo uso di queste parole dal 1914 ad oggi, che l'orecchio vi si,è abituato e l'animo deg li uomini si è u n po' troppo famigliarizzato con queste grandi,

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solenni, quasi divine entità E il disfattista vi sogghigoa che si tratta di dithls o di luoghi comuni. N o . Queste parole· di libertà e ,di giustizia non hanno perduto il loro senso « concreto ». Come i (( miti » o rappresentazioni ideali di una possibilità futura, anche il mito della libertà dei popoi4 della fine del militarismo p~ssiano, serve-:- pragmatisticamente - a tendere le volontà, a rinsaldare la fede dei combattenti, ma un riferimento storico, immediato, dimòstra che la vittoria dell'Intesa sarà veramente la vittoria della libertà e della giustizia. Non è forse «giustizia » clie il Belg io , la Serbia, la Romania, la Polonia, la Boemia siano ricostituiti a nazioni libere e indipendenti ? Non - è fors e « giusto » che le nazioni mutilate prima o durante questa guerra, ritornino alla lo ro integrità nazionale ? E l'avvento della « libertà » non sarà consacrato dal fatto che, scomparsò un militarismo come quello prussiano che ·considerava e con sidera la g ue rra come l'industria più r edditizia della Germania, i popoli - sicuri nei loro confi ni - potranno Vivere e prog redi re senza l' incubo di nuove stragi? È fodubitato che la si stemazione del m ondo quale appare dai messaggi di Wilson e dai disco rsi degli altri ministri deUe nazioni alleate, è quella che più corrisponde ai principi di libertà o di- giustizia fra le genti. Ma noi pensiamo che sia . opportuno specifica re ancora una volta - specificare, diciamo, geograficamente e politicamentei fini di guerra d ella Quadruplice Intesa. Un anno fa, in rispost a a Wilson, la Quadruplice Intesa d'allora emanò un documento collettivo nel quale erano esposti i nostri fini di guerra. Ora, per sventare la manovra pacifista concordata coi massimalisti a Brest-Litovsk e p er dimostrare che la pace bocht-leninista è ben lungi dal portate all' Europa la libertà e la giu stizia, s'impone un gesto collettivo di tutti gli Alleati, Evidentemente questa nota o didùarazion e non farà che ripetere quanto è stato detto, ma la sua efficacia, soprattutto dal p unto di v ista morale, non andrà perduta La stampa di tutte le nazioni alleate è unanime nel riconoscimento di questa Òecessità. Ma no n bisogna p erdCre tempo. L'antidoto, non deve essere ·propinato quando il veleno si è già impadronito dell'organismo e di quell'organismo sensi.bile che è l'opinione pubblica dei paesi alleati. Non c'è b4ogno di molte parole per illustrare l'importanza di una dichiarazione che rechi la firma di Wilson, del rappresentante di ·una nazione che avrà fra pochi. mesi, ·al fro nte di Francia, un milio ne di u om ini. Sl. La parola «giustizia » che gli eserciti dell'Intesa pOrtano scritta - a lettere di sangue - sulle loro bandiere, non è v ~cua_ astrazione. Ma la giustizia è armata Non h a s.oltanto le bila n~ per « p esare » il bene e il male ; ma h a la spada, per colpire e punire. Bisogna a rmare la << g iustizia ». Bisogna armare noi stessi. Materialmente, nel senso di intenSi-

DAL PlAVE AL MESSAGGlO DI WILSON 195

ficare,. sino al limite del possi bile, la nostra produzjone guerresca e non guerresca ; moralmente, nel senso d i resist ere a tutti gli inevitabili di. sagi e dolori resi più acuti dal prolungarsi del conflitto. Il fattore « mo~ ralc >> diventerà nell'ultima fase della guerra il fattore dominante della situazione.

Per quanto riguarda l'Italia noi crediamo che la giorna ta di Caporetto abbia precipitato e risolto la nostra crisi mo rale. O ggi la situazione, da questo punto di vista, è migliorat.a. L o spettacolo offerto al mondo dall'Italia nel novembre e nel dicembre del 1917, ci assicura che il nostro popolo non sarà vinto sul « fronte interno >>. Ma bisogna vigilare. Occone - ora che il gioco diventa serratoche gli clementi iriter vencisti agiscano senza tregua e che il Governo, valçndosi dei m ezzi e deg li organi che ha a sua disposizione, tuteli, con assidua cura, l'integ rità m orale della Nazione.

196 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI
M ,
Da Ii Popok, d'/Jalia, N. 3, 3 gennaio 1918, V . Pubblicato anche sull'ed izione di Roma, N. 4, 4 gennaio 1918, V.

IL PRESTITO . DELLA RISCOSSA

Il terzo prestito di guerra francese è stato un grande su ccesso finanziario e quindi politico e morale. Il ministro delle Finanze, Klotz, annunciandone i risultati daUa tribuna della Camera, ha illustrat o in questi t ermini la prova di ardente patriottismo, offerta dai risparmiatori di Francia:

« No i abbiamo d omandato dieci miliardi. Il risparmio ce ne ha portati 10.276.529.0H. E in questa cifra non entrano le Sottoscriziòni fat te all'estero. Per il secondo prestito, il risparmio aveva portato 9 6 13.497.625, e, soltanto ag• g iungendovi le sottoscri zioni all'estero, ·jl tota le aveva raggiunto d ieci miliardi e 82 milioni. la proporzione del numerario è di circa la metà delle sottoscrh:ioni. Il d enaro è venuto al Tesoro con abbondanza e con la più grande fiducia. :B confortante vedere qu~la _battaglia vinta dal risparmio francese. Questa manifestazione di fiducia fo se stessi dopo quaranta mesi di una terribile guerra prova J'unànimità d el oostro paese. lo ringrazio - ha concluso Klotz - tutti quelli, senatori, deputati, maestri, vescovi, prefetti, militari, associazioni operaie e sindacaliste, che hanno contribuito a realizzare questa vittoria del credito della Francia, vittoria · che prepara l'a ltra del diritto, della giustizia e della civiltà»

Anche l'Italia ha lanciato in questi giorni l 'appello per il suo n uovo prestito nazionale. È il quinto . Non è fissato il t otale, come è avvenuto in Francia. Non abbiamo sott'occhio i risultati dei prestiti precedenti, ma ricordiamo che nessuno di ess i ha superato ì quattw miliardi I «competenti» dicono che è molto. Ma ques ta volta bisogna raggiungere e superare i cinque miliardi. Noi lasciamo ai competenti » in materia il compito di dimostrare - e deve essere fatto nella maniera più accessibile a tutte le intelligenze - la convenienza, dal punto di vista meramente. utilitario, di sottoscrivere al prestito: nazionale. Noi ci soffermiamo sulla necessità morale che il nuovo prestito - che può essere chiamato il prestito della riscosSa o della rivincita - dia risultati superiori ·a quelli passati. Questo prestito viene dopo Caporetto e dopo il Piave. Caporetto, la disfatta ; il Piave, l' inizio dd].a riscossa. Ora le cifre dei prestiti nazionali non vengono considerate all'estero, fra gli amici, i nemici e i neutrali, soltanto come indici della resistenza finanziaria delle nazioni, ma come indici della loro resistenza morale. Il risparmiato re che vuota la sua« calza di lana»

non lo fa soltanto per l'interesse, ma p er alimenta.re la gµerra, per contribuire alla vittoria. È un atto di fiducia verso lo Stato. Un risparmiatore scettico, che non crede più alla vittoria, non investe le sue disponibilità finanziarie in ~rtell~ di preStiti. I died e più miliardi raccolti lO Francia hanno questa duplice «utilità» : permettono allo Stato di far fro n t e ai .suoi impegni eccezionali, senza :rico rrere all'aiuto di altre nazioni,· e dimostrano che la fede nella vittoria e lo spirito di sacrificio sono ancora ben yivi e radicati n ell'animo di una grande massa di cittadini~ tanto che il ministro K.lotz ba potuto pa rla te di « unanimità nazionale )),

li quinto prestito d i guerra italiano è da considerare come una nuova pro va d ella nostra volontà di non deporre le armi prima della vittoria. Di questa volontà ci sono state in questi ultimi teO'lpi manifestazioni grandiose1 che vanno d alla mirabile resistenza dei n ostri soldati sulla improvvisata linea del Piave ai plebisciti delle maestranze industriali, t akhé i nostri stessi nemici si sono « sgannati » sul nostro conto; ma un'altra attestazione - specie n ella d elicata m ateria pecuniaria - non è superflua, anz i, in certo senso, è decisiva. Insomma : il ris11llato del n()J /ro prn lilo nazi onale deve dimo1trare la nostra ferma volontà di continuare la lotta iMieme coi noilri Alleati 1ino alla vittoria che consacri una pace giu1/a e umana . Il dovere, dunque, degli italiani che amano l'Italia, è preciso, categorico. Bisogna sottoscrivere. Chi ha poco, poco ; chi ha molto, molto. Ma nessuno deve rimanere assen te. N esSuno deve disertare. Chi n on dà il sangue, dia l'oro. E lo dia, fino a sentire il « sacrificio>> che sarà semp( e minimo, in confronto del sacrificio di quelli che dan no la vira Il iisu ltato del prestito è u n •discorso in cifre. Un discorso diretto ai n emici. Per disilluderli definitivamente, n el caso che n utrissero ancora qualche speranza sull'opera dei loro amici. I risparmiatori devono essere deg ni dei soldati e dare all'esercit o; ch e fa la guerra, il denaro necessario. Col 1 s gennaio l' Italia fa la chiamata d elle classi dei suoi rispar miatori e noi siamo sicuri che all'appello sarà largamente e prontamente risposto.

198
OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
D a /1 P opolo d'!Ja/i,i, N 4, 4 gennaio 1918, V Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 5, 5 gennaio 19 18, V.

SI FA SUL SERIO?

Mettiamo ancora un piccolo interrngativo Ci auguriamo di poterlo cancellare domani. Ma oggi non è una superfluità. La politica interna italiana ci ha avvelenati di scetticismo. Per trenta _ mesi. Per lunghi trenta mesi di guerra. Sono passati - nelle raccolte delle sacre cane costituzionali - centinaia di decreti più o meno lu ogotenenziali ; migliaia di circolari - più o meno riservate - sono partite da Roma a riempire gli archivi e gli scaffali di migliaia di u ffici ; la macchina legislativa non ha mai lavorato come in questi tempi. Oltre Je leggi e i decreti e le cirèolari e i r egolamenti, ci sono stati i discorsi> ·le interviste, gli articoli dei ministri. Ma il risultato di tutto questo enorme travaglio giustifica lo scettiscismo più disperato. L a verità è che, a cominciare dalla materia dei consumi, non. si è fatto sul serio.

Rico rdate il fainoso pane unico? Per mesi e mesi è stato una favola. Poi è venuto il <( contingentamento ll, ma anche qui non si è fatt~ sul serio. Idem per la tessera che eè e non c'è . I d em p er i dolciumi, permessi e non permessi. Il n ostro legislatore, scaltrito e prevident~ non ha aspettato di essere ingannato, COme vuoJe l'antico proverbio ; ha offerto lui stesso, gentilmente e modest amente, al pubblico il modo di eludere la leg ge, creando un ·sistema di eccezioni, con una · enumerazione di casi cosi completa, da annullare la regola.

Prendiamo un altro a r gomento : il bosco e gli imboscati. Anche qui - in qu esta materia di cosi dolorosa e scottante attualitàchi può affermare che il Governo abbia fatto sul serio ? Certo : regolamenti e circolari non sono mancate. Ma la veri tà è che il bosco è ancora lussureggiante. Il Governo, in molti dei suoi provvedimenti, dà l'impressione di un malato che appare fermamente deciso a trangugiare · una m edicina ingrata, ma poi, al minuto topico, quando si tratta di obcre, l e indecisioni, i pentimenti, la p aura, allontanano l'amaro calice dalle labbra... . I malati, in genere, vogliono sempre dilazionate, rinviarè La tattica del nostro Governo è quella di « fare le cose a metà ». Avremo~ finalmente, una ·eccezione per ciò che r iguarda i sudditi nemici? Anche nei loro confronti non si è fatto « sul scrio»

Sino a quakhe mese fa essi er:ino degli ospiti che no n subivano alcuna limitazione deUa loro libertà personale. DÒpo i « fa tti di Torino» il Governo emanò un decreto che interdiva il soggiorno d ei sudditi nemici in Liguria, in Lombardia, in Piemonte , Un decreto, ma non « sul serio » Difatti, all'indomani di Caporetto, abbiamo visto pullulare n elle città dell'Alta Italia centinaia di tedeschi- uomini e donneche no n nascondeVano la loro gioia per la nostra disfatta La cronaca ha d ovuto occuparsì del caso Lochcr, direttore delle tramvie elettriche genovesi e della signora Haas, proprietaria dell'Hòtel Pa~ace a R oma. A Milano, i Sigismund hanno avuto una settimana di g ra nde notorietà. Ora, gli ing enui - ce ne sono ancora I - che credono che le leggi si faccian o p er essere rispettate (la formula è appunto : si «manda» a chiunque di rispettare e far rispettare!), che credo no nei « sigilli » di Stato d i cui sono munite prima di entrare nella « raccolta», ccc ecc., davanti al caso del L o cher, si saranno domandati : ma che burle tta è questa? Come avviene che il si gnor ·Locher sia an dato a Genova e vi sarebbe r imasto indisturbato, se non si fosse « co mpromesso» bevendo uoppo champagne in onore del suo Kaiser? Abbiamo dunque ragione di accogliere con scetticismo le notizie che ci g iungono da Roma. Intanto, quello che si è escogitato per i sudditi nemici non è un vero e proprio internamento. Quattro intere provincie sono state messe a disposizione di questi sig nori. P er fare « sul serio >) non eta meglio creare dei campi v e ri e propri di concentramento, in due o tre l ocalità, e i vi riunire tutti i sudditi nemici ? Questo avrebbe semplificato enormemente la faccenda. La sorveglianza - affidata all'Autoricà militare - sarebbe stata più facile e soprattutto si sarebbe evira to qualunque contat to co lla popolazione. Ma p oi, saranno mandati verame nte tutti i sudditi nemici ? T utti, senza esclusione di sesso, di età, di censo , di relazioni, di parentele, di raccomandazioni? Per convincervi che questa volta - a h per Dio Isi fa veramente sul serio, ci è sta to citato il caso cli una vecchia aust riaca, che da 68 anni v ive in Italia, che non è mai stata in ·Aus tria e che sarà « regolarmente >> e spietatamente internata. Bene. Non vorremmo- però che si trattasse cli una vecchia-parvente.... Noi ci ripromettiamo di controllare attentamente l'applicazione dì questo decreto. E tributeremo inni di lode all'oo. Orlando, se ci dimostrerà che ha « fatto sul serio ». Almeno una volta I

Il cosidetto internamento dei sudd iti nemici è una misµra preliminare di tutto quel complesso di misure che devon o arginare e combattere il disfattismo. Noi sappiamo - e· quindi anche l'o n. Orlando

d eve sapere - che in questi g iorni c'è una ripresa del movimento per « la pace a qualunque costo».

200 OPERA OMNJA DI BENITO MUSSOLINI

Non pubblichiamo documenti per non dare lavoro al censore. Ma la nostra affermazione non teme smentite, Si delinea una nuova manovra disfattista. Si è già scelto l'ambiente da «lavorare». Volantini, circolari sono diffusi ncllè campagne. Noi siamo certi che la massa della Nazione resisterà ad ogni tentativo ·idiota e nefando, ma il Governo deve aiutare questa resistenza. Qualche esempio, qualche buon esempio; qualche salutare lezione e il disfattismo, che è. soprattutto sornione e pusillanime, sarà sgominato per sempre.

Da 1/ POpolo d'Italia, N. 5, 5 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roffia, N . 6, 6 gennaio 1918, V.

.,_, : _ ·.- ···. DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI \VILSON 201
M.

IL «NEGOZIO» CHE NON VA

Prima di tutto, una domanda : quale credito si può dare alle notizie che vengono dalla Russia ? Non sappiamo. Certo è che ''oècidente è mal servito in fatto di notiz ie, sia dalle Ag'enzie cosidette ufficiose, come dai corrispondenti dei grandi giornali. Bisogna leggere i giornali inglesi, dove il notiziario diretto russo è abbondimtissimo, per farsi un'idea - approssimativa, si capisce - dell'immenso imbroglio russo." Già tutto il giornalismo, e specialmente quello quotidhno, è approssimazione, è un à pe11 prèr Il g iorllalismo periodico ha il torto cli arrivare in ritardo. Le informazioni politiche russe dell'ultima ora si riassumono in queste : i negoziati russo-tedeschi di Brest-Litovsk sono sospesi perché la Germania si è rifiutata di accettare - in quanto concerne i territori della Polonia, Curlandia, Estonia, Lituania - l'interpretazione massimalista del principio di libertà dei popoli di disporre dì se stessi ; i massimalisti tornati a Pietrogrado hanno scritto nel loro giornale un articolo per annunciare alla Germania che « la maschera è caduta» e lo hanno scritto in t edesco, lingua famig liare a Bronstein ; il capo della delegazione russa ha telegrafato ai delegati tedeschi proponendo di trasferire la sede dci negoziati a Stoccolma : Ki.ihlmann ha respinto la proposta.

In occidente ognuno si domanda : è una commedia combinata insieme e che avrà un lieto fine per gl'interessi della G e rmania o si tratta realmente di una divergenza non sanabile? Tutte e due le ipotesi possono essere confor tate da vas_ta copia di a rgomenti. Ma sarebbe precipitoso rifare una riputazione ai bolscevichi. Sarebbe - allo stato attuale delle cose - un eccesso d'onore. Se le trattativ e di Brest.:r.itovsk sono incagliate, se falliranno del tutto, non è già per una resipiscenza dei leninis ti, i quali hanno - nei fatti - consegnato la Russia alla Germania, È questa che ha bn11q11ée la situazione. Finché la Germania ha covato la sperÌlnza dì trascinare al tavolo verde l'Intesa, ha fatto mostra di concedere molto alle ideologie dei russi e Gernin ha dichiarato di accettare il famoso « né annessioni, né indennità)>, Ma dopo i discorsi di Pichon, Orlando, Lloyd George, ogni illusione è sfumata. Come dicemmo, p er la Germania e[a ed· è .indifferente di conclu~ere la pace colla Russia, dal mori:iento che

la Russia non è più da COnsiderare come un « nemico » ; l'essenziale per la Germania ! . la còndusione di una « pace generale» Fallito questo obiettivo, la Germania è ritornata alla carta di guerra, all' jnterpretazione ~ndenburg hiana del diritto dei popoli A v rebbe fatto lo stesso, .nel caso che fosse riuscita a trasdnare la Quadruplice Intesa a una conferenza generale. Un conto è l'accogliere certi principi astratti, un conto è l'applicazione di questi principi ai casi conc reti. La ·malafede della Germania è doc umentar.a - per l'ennesima Volta - nella maniera più schiacciante. Ed è anche documentata 1a malafede dei massimalisti. Crederli dei semplici ideologi illusi, è fare oltraggio alla verità.. I massimalisti s~pevano che la Germania non avr ebbe potuto mai accettare una pace di giustizia pei popç>li. Lo sap eYano perché il « giammai I » di Kiihlmann per l'Alsazia-Lorena è stato ·pronunciato prima di Brest-Litovsk. Lo sapevano perché la Germania non ha mai· definito i suoi proget ti circa il Bel8io D opo le dichiarazio ni di Czernin, con l'invito su bdolo alle altre P otenze, ness.un dubbio era più possibile per gen te in buona fede.

D'altronde, i massimalisti, annientando la efficenza militare della Russia hanno già aiutato potentemente la Germania, più di quello che non avi-ebbero fatto, firmando una pace separata a Brest-Litovsk.

Quanto poi all'invito ·rivolto ai proletari tedeschi, il t entativo è destinato alla s terilità. Il socialismo tedesco non è mai stato e non è nemmeno in questo momento capace di influire sulla p o litica della Germania. Il pr?gramma d'azione imffiediata del « Partito Socialista Indip endente» - quale lo leggiamo in una n qta dell'/ 11/o;mation - non chiede la rinuncia ad ingrandimenti territo riali de11a Ger mania, ma semplicemente una « dichiarazione sui fini di guerra l* e - ciò ch'è sinto· tnatico poiché rivela u n'identità di propositi colla d iplomazia imperiale - non una pace separata, ma una. « pace generale )).

Non possibile prevedere quali fasi immediate avranno i rapporti tedesco--russi. L'episodio di Brest-Litovsk ha avuto la sua utilità. Quale sia, non ci piace dire colle nostre p arole, ma con quelle di un giornale socialista di Lipsia :

« Il Governo tedesco - dice la Gazzetta del Pop.o/o di Lipsia - ha ora svelato i suoi fini di guerra ad . oriente. Si sa ora dunque che la Germania cerca i n questi negoziati non g ià la pace senza annessioni sulla base delle nazionalità nel senso dcmocr:atico, ma una pace assicurante l'accresdmcnto della sua potenza p olùfra, mililttr4, 1çono mica. ~.

Lo sapevam o da un pezzo, ma non è superfluo che sia stato documentato ancora una volta.

Da Il Popolo d'Italia, N . 6, 6 gennaio 19 18, V. Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N. 7, 7 gennaio 19 18, V.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 203
M.

UNA SOLENNE RISPOSTA

Una risposta collettiva della Quadruplice Intesa alla manovra degli I mperi Centrali non è ancora venuta e, forse, non verrà più. Noi ci rammarichiamo che gli Alleati non trovino modo e tempo di consegnare in un documento collettivo, che dovrebbe portare in aùce le firme di O rlando, demenceau, Wilson, Lloyd George, il loro punto di vhta sui fini di guerra - territoriali e giuridici - ; comunque, i discorsi di Pichon, di Orlando, e quello odierno di Lloyd George dimostrano che l'accordo fra le nazioni alleate è completo. Il discorso di Lloyd Geotgc è importantissimo, prima di tutto per la rag ione che l'ha provocato e per il luogo dov'è stato tenuto. Il premier inglese si è recato al congresso aruiuale dei sindacati inglesi, per chiedere ai 1avoratorì un più largo contributo di uomini per la guerra. La defezio~e russa, non ancora compensata dall'intervento americano, impone alle nazioni occidentali di utilizzare sino al limite del possibile le loro risorse umane. L'Jnghilterra deve creare nuovi eserciti. I lavoratori britannici - non strettamente insostituibili - devono accingersi a lasciare le officine, nelle quali possono essere sostituiti dalle donne, per andare nelle trincee. IJ discorso di Lloyd George prova che l'Inghi1terra non intende di fare la guerra « usuraia», secondo l'accusa che gli amici della Germania mettono in circolazione a intermittenze tanto in Italia qua nto in Francia, ma è disposta a gettare nella mischia altri milioni di uomini, oltre ai cinque che sono già alle armi. Nd discorso di Lloyd George è tracciata la carta geografica dell'Europa di domani. Siamo finalmente I - almeno su certe ques tioni - a quella precisione materia.le, topografica che noi abbiamo reite rate· volte invocato. Il Belgio dev'essere restituito alla sua condizione di ieri. Altrettanto dicasi per la Serbia, per il Montenegro, per Ja· Romania. Anche la Polonia deve essere indipendente. .Qui Lloyd George ha toccato un argomento delicatissimo : le relazioni fra g li Alleati e la Russia. Dalle parole del premier inglese si deduce che l'ln-:ghilterra non ha rinunciato a tutte l e speranze su una resipiscenza della Russia. Non sappiamo se questo o ttimismo abbia giustificazioni sufficenti.

Lloyd Gcorge ha· lanciato un monito alla Russia o per meglio

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dire agli clementi superstiti della Russia che non vuole precipitare nell'abisso di una pace separata, di una pace di schiavitù, quando ba detto testualmente che « sotto una denominazione qualsiasi - e il nome poco importa - ]e provincie russe faranno parte d'ora innanzi della Prussia ». ·

In secondo luogo Lloyd George ha dichiarato che l'Inghilterra si considera ancora alleata della Russia (di quale Russia?, o siamo modestamente d omandare noi), ma che -e qui c'è una dichiarazione la cui importanza potrebbe essere forse, fra non molto, illustrata clamorosamente dagli avvenimenti - l'Inghilterra e gli. Alleati « non interverranno ad impedire la catastrofe di cui 1a Russia stessa sarà la prima vittima ».

In altri termini Lloyd George ha voluto dire che se la R ussia conclude rà una pace separata, gli Alleati l'abband oneranno al suo destino. Oppure: che gli Alleati sono sempre decisi a battersi per i Compagni deboli o per q uelli che tengono fede ai patti, ma non g ià per quelli che tradiscono o disertano. Malg rado la forma molto corretta cd anche abile, ò un vero e proprio ultimatum quello che Lloyd George ha lanciato al governo dei« bolscevichi)>. Vedremo con quale risultat o.

Un altro punto del discorso di Lloyd George che particolarmente ci interes sa è quello che riguarda i nostri fini nazionali d i guerra. Lloyd George non ha specificato, ma il senso delle sue parole è chiaro e non ammette equivoci. « Gli italiani chi? vogliono essere uniti ai loro fratelli di stirpe e di lingua >) - e lo hanno dimoJ/ralri ((}/ martiriosono gli italiani del Trentino e d ell'Alto Adige; gli italiani del G oriziano, quelli di Trieste e dell'Istria ; quelli di Fiume, quelli di Zara e del lito rale dalmata.

Trento, Gorizia, Trieste,' Piume, Zara: ecco la pentarchia delle città che devono tornare all'Italia, per quella indiStruttibile fraternità della stirpe e della lingua che la guerra odierna ha poi santificato col sangue di migliaia di volontari e colle forche di Battisti, di Sau ro, di Rismondo. Noi non abbiamo mai dubitato - nonostante le amene trovate dei MacDonald e dei King - sulla lealtà piena cd assoluta dell'Inghiltern, per quanto concerne il compimento delle nostre . rivendicazi? ni nazionali, per cui le dichiarazioni di Lloyd George ci allietano ma non ci sorprendono.

Né ci- socprende troppo il mutato atteggiamento dell'Inghilt erra di fronte al destino dell'Austria-Ungheria. Lloyd G eorgc - .~o scopo, evidentemente, di incoraggiare le tendenze anti-german.iche d ella duplice mo02rchia - presenta ali' Austria-Ungheria un programma mi· nimo che ha questi capisaldi : sòddisfazioni delle aspirazioni nazionali italiane e ro mene e autonomia per le altre nazionalità. Quindi, niente

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 205

smembramento dell'Austria-Ungheria. Ma questo esclude, forse in tes~ assoluta, la creazione d i uno Stato di Boemia indipendente per il quale esiste già un impegno solenne della Quadruplice Intesa nella nota di risposta a \Vilson, e di uno Stato jugo-slavo indipendente? No. Non ci potrebbe essere domani un « tetralismo » composto dei regni di Boemia, Austria propriamente detta, Ungheria e Croazia ? Una confederazione di q uattro stati ? Questa soluzione del p roblema austro-ungarico non ci sembra t otalmente estranea alle idee di Lloyd George, Comunque, il non smembramento dcli'Austria è prospettato solo peÌ il caso che l'Austria-Ungheria accetti - oggi - il punto di vista dell'Intesa, perché, nel caso contrario, col prolungarsi della guerra, il suo destino potr~ essere diverso, cioè più catastrofico. Anche per ciò che riguard i l'impero ottoman o le idee di Lloyd Geo rge ci appaiono leg germente modificate. Costantinopoli resterebbe turca e soltanto gli stretti sareb bero internazio nalizzati. Ma le regioni che la Turchia opprimeva godranno d 'ora innanzi ìl diritto « di un' esistenza sepa rata». La frase è un po' vaga, ma essa s ignifica in ogni mòdo la fine della dominazione turca su l'Arabia, l'Arme nia, la Mesopotamia, Ja Siria, la Palestina.

Quanto al problema delle colonie tedesche Lloyd George ne h a rinviata la soluzione al congresso della pace.

Di indennità, non una parola. Ma risarcimenti « pct quanto può essere fatto >) dei danni provocaci dalla condotta di guerra degli eserciti tedeschi.

Infine Lloyd George ha dato Ja sua adesione di massima « all'idea di un'organizzazione internazionale, la quale consenta di limitare gli ar~menti e di diminuire le p robabilità di guerra ».

Nel discorso di Llody George i n ostri « fini di guerra » hanno trovato una chiara, lucida, eloquentissima illustrazione. Queste sono - e nessun'altre I - Je condizioni essenzìali, pregiudiziali per una pace · c he non sia una semplice tregua - come si ripromettono le caste militariste di Prussia - ma l'inizio di una lunga era di tranquilla conviyenza di tutte le genti.

Da li Popolo d' Italia, N. 7, 7 gennaio 1918, V, Pubblicato anche sull' roizione di Roma, N. 8, 8 iennaio 1918, V.

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OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLlNl

DOPO IL DISCORSO DI LLOYD GEORGE

« LA SANTITA DEI TRATTATI »

Quando Llo yd George pone tra i fin.i di guerra della Quadruplice Intesa e, in primo luo'go, (< la reintegrazione della santità dei trattati )>, egli non fa che continuare la direttiva generale e ideale della politica ing]ese da oltre un secolo a questa parte. È menzogna che La « fedeltà» sia la virtù· dei tedeschi; ma è indiscutibilmente vero che « la lealtà », il rispetto ai patti e agli obblighi liberamente e consensualmente assunti, è una delle qualità dominanti del carattere inglese. Tutti gli uomini di Stato-inglesi, che si sono succeduti al potere dal 1914 ad oggi, hanno nelle loro manifestazioni pubbliche additato nella brU:tale violazione della neutralità belga il motivo fondacrl.entale dell'entrata i n guerra dell'Impero britannico.

Il 18 settembre del 1914 - quel tempo ci.sembra oramai infinitamente lontano I - il premier inglese di alloraJ Asq uith, i n u n discorso pronunciato ad Edimburgo, cosl si esprimev:.i. :

« Noi siamo eolrali in guerra, in primo luogo per rivendicare la santità dei trattati e tutto ciò che si chiama diritto d elle genti; in secondo luogo, per assicurare e salvare l'indipendenza deg li ,Stati indipendenti, ma deboli e piccoli, dalJ"usurpaziooe e dalla·violenza dell a for:r:a bruta; in terzo luogo per opporci - come noi. crediamo che sia nell'interesse non solo del nostro imp('tO, ma della civiltà in senso lato - ,1(l'an ogante pretesa di una singola potenza di dòminare lo sviluppo dei destini di Europa».

I fini di guerra esposti l'altro giorno da Lloyd George sono contenuti - in sintesi - in questo discorso vecchio oramai quattro anni.

Ma come la politic:.i. di Lloyd George si ricollega a quella di A squith, cosl nel disco rso che abbiamo sott"occhio, pubblicato ndla collezione dei War rpeechts by Britùh Mini.rier a pag. 2.6-2.7 (London, T. Pischer), Mr. Asquith cicongìunge la sua politica a quella dei suoi grandi predecessori : Pitt e Gladstone. Fra tutti gli uomio.i che presiedettero ai destinì dell'Inghilterra, il meno bellicoso fu certamente Pitt. Per tre anni; dal 1789 aJ 179:i, egli si rifiutò d'int ervenire in qualsiasi guisa

14., • X .

nelle faccende rivoluzionarie di Francia e nella guerra che ne derivò. Nel febbraio del I 79z, io un memorabile discorso alla Camera dei Comuni, Mr. Pitt garantiva quasi, per almeno venticinque anni, .il regime di pace per gli inglesi. Che cosa lo condusse, dunque, poco tempo dopo, alla guerra? Traduciamo il discorso di Asquith :

« Per duecento anni le grandi Potenze di Europa avevano garantito all'Olanda l'esclusiva navigazione nella Schelda. La Francia, dopo aver inva.so quei territori che oggi costituiscono il Belgio, come primo atto di ostilità contro l'Olanda, dichiarò aperta e libera Ja naviga2ione sulla Schelda. Il nostro interesse nella questione era allora, come oggi, relativamente piccolo e insignificante. Ma quale fu la condotta del pacifista Pitt? Io - continua Asquith - riporto le parole testuali da lui pronunciate nel 1793 puché sono applicabili alle contingenze attuali.

« Pitt disse: "L'Inghilterra non consentirà mai che un'altra potenza s'arroghi il potere di aMullare a suo piadfl'lfflto il s istema politico europeo stabi lito da trattati solenni e garantito dal consenso d elle Potenze ".

« Anche Gladstone era un pacifista fervente e c.onvinto; ma sentiva così pro· fondamente la santità dei trattati che nel 1870 prese impegno tanto colla Francia come colla Prussia di entrare in guerra con uno dei belligeranti, se l'altro avesse violato Ja neutralità del Belgio. E dieci anni dopo in un discorso egli poteva dire: " Se noi fossimo entrati in guerra - come eravamo pronti a fare - noi saremmo entrati in guerra per la libertà, per il diritto delle genti, ·per salvare il genere umano d a un potere illegale e tirannico, Questa, o signori, è ciò che io chiamo una buona causa " ».

Gli scettici e gli amici della Germania che sono rimasti al luogo comune della <( perfida Albione » diranno che questo rispetto ai trattati una verni.cc che nasconde ragioni più contingenti e prosaiche e sostanziali. Ma sta di fatto che questa politica non è una politica d ell'ultima ora, una politica di ripiego, ma rappresenta una grande tradizione secolare, Sta di fatto che per questa politica l'Inghilterra ·entrata nel g rande conflitto cd è certo che l'Ingh.ilterra non 4cporrcbbe le armi, nella dannata ipotesi che la Germania, p ur accettando gli altri fini di guerra, respingesse quello che in una forma o nell'altra deve riconsacrare il rispetto e la fede ai patti giurati.

Il discorso di Lloyd George, che tutta la stampa - anche qudla dei nOstri disgraziati estremisti del socialismo ufficiale - deve, per forza, giudicare come un discorso non oltranzista, ma piuttosto « conciliazionista », è importante anche perché sfata. un'altra delle menzogne più grossolane e per ciò stess~ assai diffuse, Quella cioè che sia il Governo inglese che vuole la guerra per la guerra, la guerra di distruzione per la distruzione, la g uerra d'impoverimento del continente europeo. Uno dei motivi della propaganda dei nostri bochei non appunto quello dì mostrare alle loro turbe un'Inghilterra assetata di sangue francese e italiano, più ancora che tedesco ? Or _ ecco che la voce del-

208 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

l'Inghilterra, attraverso le parole del suo primo ministro, pur essendo dignitosa e ferma, come si conviene a chi sa di possedere la forza e la ragione, non è ripulsiva e negativa a priori, nel caso che gli lmperi Centrali - abbandonato il concetto della « carta di guerra » - accettassero quel «minimo » di condizioni che Lloyd George h a enumerato e senza d elle quali è pregiudizialmente impossibile oltreché umiliante parlare di pace.

Dietro Lloyd George c'è oggi - in una unanimità impressionante che va da lord Lansdowne, quello della famosa lettera, al laburisu Hende rson - tutta l'lnghilterra, e coll'Inghilterra tutto un Impero, sul quale non tramonta mai il sole. E coll'Inghilterra stanno la Francia, l'Italia, gli StaÌ i Uniti e altre tredid nazioni che for mano tutte insieme un mondo, un complesso formidabile di energie. Come dubitare che - resistendo e combattendo - la pace di domani sarà quella che noi vogliamo?

Da Il Popolo d' I talia, N. 8, 8 gennaio 19 18 , V. Pubblicato anche su ll'edizione di Roma, N. 9, 9 gennaio 1918, V.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 209

INTERNAMENTO O VILLEGGIATURA ?

V eramente, noi n o n ci sia mo m ai illusi. La nostra spera nza che il G o verno facesse una b uona volta sul serio era turbat a d al d ubbio de l.. .. viceversa. A bbiamo a t t eso il decreto luo go tenenziale ; ci siamo d ile ttati alla lettura delle notizie ch e c i giungev ano d a R o m a , sui presi o m in accia ti ptovved imcnti « d raconiani >> contro i suddi ti nemici, ma oggi, malgrado il caso d ella vecchia tedesca residente da ben sessantotto anni a N ap oli e i nte r nat a, siamo più f e r"m.i ch e m ai n ella nostra melanconica certezza che non si è fatto e non si fa niente d i ·serio .

A nzit ut to che cosa dcv; in tendersi per « internamento» secondo le t avole giuridiche e la «p ratica>> degli altri paesi in g uerra ?

L' in ternamento è una misu ra che partecipa del «co nfi no» ·e del « domicilio coatto », con t utte Je ag gravanti che lo stato di g uerra impone.

Vi è « internamento )> qua ndo i sudditi degli Stati nemici vengono raccolti in determi nate l ocalità e ·sottopo_sti a una vigilanza speciale.

L'internamento è u na for ma di prigionia. Invece di essere enfermé i n una cella, l'internato è ch iuso in una baracca, ln un campo, cint ato e vig ilato ed è sott oposto a un regime u niforme d i vita . ·

Q uello che ci è stato annunciato come l'internamento d ei sudditi nemici, che è e che cosa i nterna ? Vediamo:

i. I Sudditi nemici, invece di ess·ere raccolti in alc uni campi baraccati, e la cosa cÌ:a facile, d ato che il numero d egli internandi no n supera - si dice - i cinq uemila, hanno a loro disposizione, per la scelta del l o ro d o micilio, ben quattro prov incie.

- 2, Continueranno ad avere contatto colla popo lazione civile, il che fa mancare ai suoi effetti pratici l'internamento s tesso e potranno continuare tranquillamen te nelle loro abitudini dì vi ta, magari all'h61, t.

~· Poiché g li internati -anche per il fatto dei locali disponibili -d ovranno disseminarsi in t utti i paesi, si r enderà mo lto più difficile e o nero so il ser vizio di vigilanza.

4. Ma poi che razza d 'inte rnamento è quello che permette a un p rof. Beloch di trasferirsi da Ro ma a Siena o di un Sigismund

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I .

che mentre continua a tenere aperto il suo negozio di Milano se ne va a curare la succursale di Torino e di infiniti altri, che a Milano, a Firenze, a Tradate,- a Bergamo no n si muovono e Se ne vantano ?

Si pàrli tutto al più di un « divieto di soggiorno », ma non di « internamento)), a meno che non si voglia gettar polvere negli occhi agli imbecilli, fra i quali, noi, modestamente, non ci contiamo.

EppU[e la soluzi~ne del problema era ed è semplice.

Dopo la giornata di Caporetto, presa finalmente la decisione d'internamento per tutti i sudditi nemici, si doveva dare incarico al Genio Civile di costruire in tre o quattrq località remo te e adatte una cinquantina o più di baracche, cintate da reticolati di filo di ferro, e in quelle - venuto il momento - si sarebbero raccolti tutti i sudditi nemici, uomini e donne.

Cosl ha fatto l'Austria coi n ostri connazionali. Ma - ahimèi nostri internati in Austria sono operai, gente del popolo, povera gente ; mentre i sudditi nemici da internare in I talia sono, in gran parte, signori e signore d'alto bordo, professori, negozianti, banchieri, albergatori. Come si fa a condannarli - poverini - alla vita della baracca?

Le misure adottate dal Governo dell'on. Orlando non ci soddisfano: •

1 ° perché invece di un decreto d'internamento. siamo dinanzi a un semplice « divieto di soggiorno » ;

2.0 perché questo divieto di soggiorno non è generale in alto e in basso, ma tollera una infinità di eccezioni.

Siamo ancora al sistema disgraziatissimo delle « cose fatte a metà». Quanto alla confisca dei beni dei sudditi nemici siamo sempre in alto mare. Vedremo se si oserà di porre finalme nte la mano sU questi cinque o sei miliardi che rappresentano in Italia il frutto della pacifica e v io lenta quarantennale rapina dei bocha.

D a li Popolo d'llalia, N. 9, 9 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 10, 10 gennaio 1918, V.

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON 211

IL MOTIVO

Si nota, dicono le cronache romane, un improvviso risveg lio dell'at tività parlamentare. La Camera non si riaprirà che all' 8 o 9 febbraio, quindi il movimen·to che ci viene segnalat o da Roma non è quello, solito, di ogni vigilia di sessione. È un m ovimento improvviso, che ·ripete le sue cause, in altro o rdine di fatti. E qua.li sono dunque i motivi, che hanno spinto, ad esempio, l'o n. Cocco-Ort u, a convocare lo stato maggiore dell'Unione parlamentare e il Gruppo parlamentare di Caporctto a ìndin: due riunioni;- una delle quali colla Direzio n e lazzaresca e colla Confederazione del lavoro ? Che cosa c'è di nuovo ? All'interno d'Italia, p oco o niente. L'avvenimento politico più importante è d'ordine fin anziario: il quinto prestito nazionale, ma l ' armeggio dei sodal-g iolitti ani non può esser.e messo in r elazione co l prestito. Questa ripresa anticipata ddl'attività neutralista dei nostri « seimila )) è in relazione co l discorso di Llpyd George e precisamente con quella parte del discorso che riguarda il destino del1'Austria-Ungheria.

È da ricordare che i neutralisti italiani vagheggiano u na pace di transazioni e d i accordi coli' A ustria, magari sulla base d el risuscitato <C parecchio » che, oggi, coi tedeschi sul Piave, è più « p arecchio >) di ieri. Ma la prima condizione per fare questo genere di p ace coll'Austria è che ci sia un'Austria. Ecco perché le parole d i L loyd George sul non smembramento dell'Austria hanno fatt o trasalire cli gi oia i nostri t riplicisti.

Il discorso di Lloyd George esclude dunque a priori e in tesi assoluta lo smembramento dell'Austria? Vedremo d o mani ·che cosa significa, in concreto, smembrare o n on smembrare l'Austria-Unghe ria ; per oggi limitiamoci ad osse rvare che è per lo meno inesatta l' interpre tazione che di quel brano del discorso di Lloyd George hann o d a to gli amici italiani di Gernin. Il Time1 dichiara che « i patti offerti , da Lloyd George alle due Pote n ze : Austria-Ungheria e Turchia, sono s traordinariamente favorevoli, m a essi dipendono completamen te dalla piena onestà e pronta accettazione delle condizioni ch e li accomp agnano. Se questa accettazione n on è immediata, l'o fferta scade e il discorso rimane ciò che lo giudica l'opinione americana, do~ un n otevole dn-

for20 alle energie che combat tono ·per la pace vitto riosa ». Ora, che l'Austria-Ungheria abb ia in a nimo di accettare pieM111t11te, onestamente e prontamente i patti offerti da Lloyd Georgc, è da escludere e basta leggere i primi commenti dei giornali per convincersene Vienna può essere transigente ad oriente, verso i russi, ma è irriducibile ad occidente verso gli italiani. C'è un « mai » di Czernin per Trieste, che fa il paio co n il « mai>> di KU.hlmann per Strasburgo. Ma questo n o n disarma i nostri neutralisti. Il loro gioco consiste nell'imporre all'Italia una politica di rinuncie, di tutte le rinuncie pur di otten ere la pace. Tra i seguaci di Cocco -Ortu e quelli de!l'on. Modigliani sono moltissimi quelli che sognerebbero u na pace che ci riportasse all' Iudrio . È la tristissima verità ben n ota d'altronde ai n ostri nemici. L 'Unio ne parlamentare muo v e nuovamente all'attacco co ntro la politica di Sonnino, che è accusato -di soverchie intransigenze nei confronti d cll'Austria. Pet q uanto concerne il nesso statale austro-ungarico, n oi sappiamo che l'o n. Sonnino non ha mai parlato d i «smembramento», ma questo non basta ai neutralisti social-g iolittiani. Costoro vogliono condutre l'Italia a rappresentare nel sen o della Q uadruplice Intesa e nei rigu ardi dell'Austria l'elemento pronto a tutte le transazioni, a tutte le condiscendenze.

I social-giolittiani v ogliono che i n ostri fini di guerra siano riveduti e ridotti al m inimo, e questo minimo potrebbe co nsistere in un ritorno allo sta/11 q uo ante o in qualche trascurabile rettifica di frontiera, che r Aùstria ci elarg irebbe, come una elemosina mortificante, e che ci lascerebbe anco ra - st rategicamente, politicamente e moralmente - a1la mercé d egli Absburgo. E poiché si pensa che Sonnino sia rimasto ostinatamente ai p atti di Londra, i quali garantiscono il co mpimento d i quelle rivendicazioni che Lloyd George ha chiamato « esseru:iali », ma che per i nostri neutralisti son o invece affatto seconda rie, cosi costoro d irigono nuovamente la loro manovra contro il ministro d egli Esteri Uno dei capi d ella Unione parlamentare non disse - in modo da essere udito - uscendo dall'ultima seduta del Comitato segreto queste rivelatrici parole: questa v olta abbiamo silurato Cadorna, quest'altra volta silureremo So nnino? Naturalmente la caduta di Sonnino provocherebbe la crisi generale del Ministero. Le speran2e e l'audacia degli « unio nisti » non sì spingono sino a varare per la successione l'uo mo dagli obliqui con tatti che riceve in questi giorni gli orru.ggi cordiali e calorosi della stampa nemica. Si p ensa a un interregno, durante il quale dovrebbero maturare quegli avvenimenti, che renderebbero a u n dato momento possibile il ritorno dell'« esule»

Un articolo della Stampa i ntitolato sintomaticamcnt e Gli 1KJmini

DAL PIAVE AL MES SAGGIO DI WJLSON 213

, i mezzi rivela i piani e i progetti ambiziosi del superstite neutralismo italiano.

Qui non è question~ di Sonnino o di 'anti-Sonnino. Siamo molto lontani, noi, da ogni forma di feticismo personale. Ma gli è che sj vuole sostituire Sonnino, non già in causa della sua parsimonia di parole, ma per cambiare l'indirizzo da lui impresso alla nostra politica di guerra nei confronti specialmente dell'Austria-Ungheria ; si vuol cambiare Sonnino, perché si crede stoltamente che un altro ministro degli Esteri possa realizzare più sollecitamente la pace, la pace di compromesso e di t ransazione ; si v uol sostituire Sonnino per preparare - attraverso mille manovre insidiose di stampa e di parlamento e di banca e di chiesa - la Nazione alla rjnuncia delle nostre rivendicazioni adriatiche. diciamo la parola. alla rinuncia di Trieste. di Fiume. della Dalmazia. all'accettazione della partita nulla.

Questi gli obiettivi mediati e i mmediati della manov ra che rico• mincia dopo la brevissima tregua.

li compito del Fascio parlame ntare di difesa nazionale è seg nato e anche chiaro e imperioso è il dovere degli elementi interventisti del Paese.

Da J/ Popolo d'Italia, N. 10, 10 gennaio 1918, V . Pubblicato anche .sull'edj. 2ione di Roma, N. Il, Il gerinaio 19 18, V.

214 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
M.

PROGRAMMI E FORMULE

Il messaggio di Wilson, venuto immediatamente d opo il discorso di Lloyd George, è un altro episodio di quella controffensiva diplomatica che deve paralizzare gli effetti del falso pacifoÌldaismo austrotedesco. Accettiamo, nel complesso, il discorso del Presidente e l'accettiamo anche nella parte che riguarda le aspirazioni dell'Italia. Llo yd George aveva detto testualmente:

« Conside riamo come essenziale la soddisfazi.one delle legittiène rivendicazioni deglì icalian i che vogliono essere uniti ai loro fratelli di stirpe e di lingua ».

Wilson ha detto :

« La s istemazione delle frontiere dell'Italia dovrà essere effettuata second o le linee di naziona lità chiara.mente riconoscibili ».

La _formula adottata dal Presidente appare a ptirna vist a un po' vaga, ma esaminandola più da vicino e interpretandola nell' unico senso possibjle, si può concludere che in essa sono contemplati i nostri sacri imprescrittibili diritti Wilso n dichiara che « le frontiere dell'Italia devono essere sistemate ». E in ciò è il riconoscimento solenne deUa necessità della n m;tra guerra. Le frontiere del 1866 ci mettevano in ·una condizione di cosl evidente e avvilente inferiorità di fronte all'Austria, che n on si può ammettere - senza la piena e confessata disfatta - un ritorno puro e semplice allo stato di prima. Ammesso, dunque, come una specie d'imperativo categorico> che le nostre frontiere devono essere sistemate, resta il problema del «come» deve avvenire quèsta sistemazione j il problema dei criteri da seguire, perché questa sistemazione sia giusta e - possibilmente - definitiva. Per tale sistemazione si devono seguire criteri prevalentemente geografi.ci o storici o etnog rafici o strategici ? Wilson risponde che « la sistemazione delle" nostre frontiere deve essere effettuata secondo le ~nee di nazionalità chiaramente riconoscibili ».

J;Junq ue : in base al principio di nazionalità che tale sistemazio ne

deve avvenire. Ma la « nazionalità n una risultante di molti dementi storici, linguistici, culturali, religiosi, geografici, morali. Per fortuna,. le lince di nazionalità sono tali verso le nostre frontiere, che in esse sono comprese tutte le città e i te rrito ri che formano il nostro programma di rivendica:zìone nazionale.

Si capisce che tracciando le linee di nazionalità non bisogna tener conto soltanto del presente, ma anche del passato, perché la nazionalità dev'essere rivendicata e liberata, anche e soprattutto dove era minacciata di annientamento d2lla sopraffazione violenta d i altre razze immigrate o dalla denazionalizza.z.ione artificiosa di uno stato nemico. Per fare un esempio, la linea d ella nazionalità italiana non può essere - per quel che riguarda il Trentino - la linea di Salorno, che rinchiude una zona unilingue, ma anche l'altra che [va] sino a Bressanone (zona bilingue-Alto Adige) o - il che risponderebbe a una nostra suprema necessità di sicurezza - la linea geografica dello spartiacque al Brennero. Le linee della nazìonalità italiana sono, per fortuna, chiaramente riconoscibili, malgrado tutte le mistificazioni degli imperialisti · jugo-slavi.

Mr. Withney Warren, che vediamo molto citato in questi g iorni in Italia a proposito di certi suoi scritti, stampati. su l' Homme libre, ci manda il suo volume, pubblicato presso la Rmaù.rante di P arigi, che porta per titolo: Lu jurtes revendi.alions de l'ltalie.

Si tratta di un eminente concittadino di Wilson, di un membro dell'Istituto, di uno studioso, cui non fa velo, nell'esaminare i problemi di nazionalità, l'amore che sente per l'Italia.

Il libro di Withney Warren è molto importante. Le giuste rivendicazioni dell'Italia comprendono Trento, Gorizia, Trieste, Piume, Zara. Nessun dubbfo che queste città rientrano nelle « linee di .nazionalità)> italiana di cui parla Wilson. Il Warren esamina ad una ad u na le nostre rivendicazioni e ne stabilisce la legittimità. Fa bene sentir dire certe cose da un americano . ·

Il Trentino - dice Warren a pag. 11 - è italiano per tutte le ragioni che possono decidere della nazionalità di un territorio. Non una manca: il Trentino è -:manifestamente il complemento della. penisola italica; la lingua che vi si parla è !"italiana; la razza che lo popola è romanizzata da duemila anni ,..

Quanto a Gorizia e al Goriziano, il Warren ricorda fra l'altro che sin da tre secoli fa l'imperat o re Leopoldo riconosceva la piena italianità della città, scrivendo che <( il paese, il clima, il fatto anche di non sentire altro linguaggio all'infuori dell'italiano», lo obbligava a scrivere in italiano. Malgrado l'immigraiione slovena, il carattere italianissimo di Gorizia facilmente riconoscibile.

216 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Quanto all'italianità dell'Istrja, che era romana duecento anni prima di Cristo, n essun dubbio è possibile Gli slavi apparvero in Istria verso il ] X secolo, quando l'impronta romana aveva già mille anni. Si trattava di contadini che non riuscirono mai a determinare una civiltà slovena.

« Che cosa c'è - si domanda Wam:n - di più italiano di Capodisttia,. di Pirano, di Parenzo ? Dove si t rovano i segni dello slavismo ? a l'Italia stessa che vi si respira : l'ltalia di Roma e di Venezia. Tutta la costa è latina, popolata della razza Ial ina, la lingua che vi si parla è l'italiano. li progresso dello slavismo alrintcrno, dal 1797 e soprattutto dal 1866, è dovuto a u n disegno artificioso di politica austriaca, che ha incoraggiato con violenza tutto ciò che poteva opporsi alla civiltà italiana».

L'Istria rientra, dunque, nella linea di nazionalità italiana. E con l'Istria, Trieste.

4( Che T r ieste sia tutta italiana - dice Warren - è indicato dal censimento, con una evidenza che niente può alterare. Il censimento del 1910, " lavorato" a Vienna, dava presen ti a T r ieste 118 9'.59 italiani, 29.439 r~nicol i, contro 11 .8'.56 tedeschi, 56.916 sloveni e 2403 serbo-croati».

Ma Warre n avyerte che l'aumento degli sloveni è ·dovuto a un fenomeno di immigrazione artificioso

« Dal 1866 lo slavismo divenuto nelle mani dell'Austria lo strumento denazioaalizzatore delrl stria, di Trieste, di Gorizia...

« Ma da. dove vengono - si domanda Warren - questi sloveni dei quali non vogliono riconoscere l'esistenza o gli interessi, ma limita.re la zona d'esten· sione e subordinare l'infiuenza, relativamente recente sul litorale, àll'influenza millenuia d' Jtalia? Vengono dalla Carniola, dalla Stiria, eia.Ila Carinzia là.~ il loro focolare II loro centro è Lubiana, non Trieste Non appartiene a loro il territorio sul quale si' sono distesi.... ». ·

Anche Fiume entra nella (( linea di nazionalità» italiana.

o:: Niente - dice Warren - riesce a togliere a Fiwne il suo carattere e la s ua fisionomia italiana»,

Sopra un territorio di .u kmq. vivono 2.6 mila italiani, u. mila slavi e 6400 magiari. ·

« Si spiega - afferma Warren - come la monarchia degli Absburgo non abbia mai saputo definire esattamente se la città è ungherese o croata: t,n-•hl ? itaUana ,,_

Quanto alla Dalmazia, ecco come si esprime il Warren.

« Qualunque sia il loro numero, gli italiani cli Dalmazia SOflO i proprietati autoctoni della regione e ne sono legittimamente i padroni.... L'Austria ha favorito,

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI \VILSON 217

anche e soprattutto qui, lo s lavismo, ma Zara e Spalato sono rimasti inespug:nt.bili baluardi d'italianità Ho visitato le città della costa, vi ho soggiornato. Ho trovatò a Zara, Sebenico, Ragusa la stessa atmosfera che di fronte ad Ancona, nelle Marche, · nell' Umbria, atmosfera unica e che non· si può confondere con nessun'a ltra ».

La formula wilsoniana delJe linee di nazionalità chiaramente riconoscibili è Ja consacrazione luminosa dei diritti dell'Italia. E si può facilmente prevedere che oon sarà accettata dallo Stato austriaco, perché esso rappresen~, d al 181,: ·ad oggi, la negazione del principio di nazionalità.

D a Il P opolo d' [Jalia, N . 11, 11 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 12, 12 genn_aio 19 18, V.

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218 OPERA OMNIA DI BENlTO MUSSOLINI
M,

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA

(1 2 GENNAIO 1918 - 12 APRILE 1918)

Anche durante questo periodo l'attività di Mussolini è intens issima : egli tiene quattro discorsi (344, 363, 430, 448) e .redige moltissimi articoli Jn alcuni, seguita. ad occuparsi dei discorsi di Wilson e di Lloyd George (223, 227, 231, 236) e del caso Caillaux (che è arrestato il 14 gennaio) (240); invoca un'intesa italo-jugoslava (243) e l a costituzione di « un esercito czeco-slovacco da recfo. tarsi, mediante arruolamenti 50Jamente ed esclusivamente "volontari " fra i nostri prigionieri» (249); si interessa dell'emanazione di nuove no rme circa i sudditi nemici residenti in Italia e nelle colonie (2 52); insiste perché Orlando p arli a Milano ( 264); propone che siano premiati con cartelle del prestito nuionale i rrparti citati nel bollettino del comando supremo ( 299, 447); commemora la scomparsa del giòvinetto ebreo Roberto Sarfatti (305); celebra il sessantesimo anniversario delle cinque giornate (390); chiede al governo di corrispondere un aumento dj sussidio alle famiglie dei .richiamati residenti io Francia (307); de, plora un dispaccio della Rt uter (313); abolisce la cronaca delle sedute parlamentari (330); analizza una fr:ase pronunciata da Costantino l.azzari, segretario del partito socialista italiano, dinnanzi al tribunale militare di guerra di Roma nel corso di un processo contro lo. stesso per opera rivoluzionaria e disfattis ta (358) (il 28 febbrai o I.az2ari sarà condannato a. due anni ed undici mesi di .redu· sione); attacca Filippo Turati (378); polemizza con Gaetano Sa!vemini· (252) ed Enrico Corradini ( 415).

Contemporaneamente scrive contro i « plebisciti » (230) e contro i disfattisti (246, 342); su un discorso di LJoyd George (225); sul quinto prestito na2ionale (258, 280, 302); sulle risposte deg li imperi centrali a.i discorsi di Wilson e Uoyd George {270, 273); sull'intesa dei popoli contro l'Austria Ungheria (267, 276, 283, 287, 332) ; sulla costituzione di un esercito garibaldino ( 290); s u un discorso pronunciato al parlamento ungherese dal presidente del consiglio Wekerle ( 239); sul convegno del consig lio supremo di g uerra interalleato tenutosi a Versailles, sotto la presidenza di Giotgio Clemenceau, dal 30 gennaio al 2 febbraio (296); su una circolare d iffusa nel 1915 dall'ufficio stampa del ministero deg1i esteri di Berlino, tendente a logorare la resistenza interna delle nuioni alleate (310); sul problema:« i giornali sono necessari?» (316, 320); sul discorso pronunciato da!l'on. Orlando H 12 febbraio (323}; sul lesto del trattato speciale - letto alla camera dei deputati dall'on. Bevione nella tornata del 13 febbraio - per il quale l'Italia, entntndo in guerra nel 1915, si è associata al patto di Londra (327, 339); sulla ripresa delle ostilità fra gli imperi centrali e la Russiil ( 3;6, }50); sullo scandalo della « società filatura cascami di seta» di Milano (commercio col nemico ~ r meno di un ufficio speciale creato a Zurigo con apparenze svizzere e sotto il nome di Gamhandt/) scoperto in seguito a rivelazioni fatte alla camera dej deputati dall'on. G. B. Pirolini (3 53, 3Y5, }66); sul trattato di pace fumato a Brest.Litovsk tra la Russia e gli imperi centrali

il 3 mano 061, 372, 384," 39 2); sul discorso pronunciato dall'on. Orlando al senato il 3 marzo (369) e su quello pronunciato da Clemenceau al p a.rlamento frtncese il 9 mano (3 75) ; sull'« esercito delle miniere e delle officine» e sul1'« esercito d egli imboscati» (381); sugli atteggia.menti neutralisti del p apa (387, 428); su un processo in corso presso il tribunale militare di Genova contro alcuni sudditi nemici imputati di alto tradimento (39,, 400); sul violento attacco sferrato dai tedeschi contro le lio~ inglesi della regione Cambra i-Sainl Quent in e dell'Oise nell'ultima decade di marzo (398, 402, 405, 407, 410, 4 12, 419, 422); sul discorso pronunciato da Czernin durante un ricevimento alla delega zione municipale di Vienna il 2 aprile (424).

la sera d el 7 aprile parte alla volta di Roma, invitato al convegno delle naz.iooalità. soggette all'Austria (cecoslovacchi, italiani, jugoslavi, polacchi, romeni) con interven10 di rappresentanze italiane, francesi, inglesi, americane (4:50, 433). Il convegno si tiene in Campidoglio dall'S al 10 aprile · (436) e l'll il presidente d el consiglio italiano riceve i capi delle delegazioni intervenute al congresso che gli presentano il testo delle risoluzioni votate, ossia il cosiddetto « patto di Roma » ( 440).

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 221
I

POSTILLA AL COMMENTO

Ci sono due punti nel discorso di Wilson, sui quali ci permettiamo di fare le nostre riserve e di esercitare il nostro diritto cli critica : il primo che riguarda i bo]sccvichi e l'altro che tratta dell'Austria-Ungheria. È certo che all'opinione pubblica francese ed italiana è apparsa eccessiva l'indulgenza .e la longanimità. del Presidente verso coloro che governano in questo momento una parte della Russia. Noi ci rendiamo perfettamente conto delle ragion.i che hanno consigliatÒ a Wi~on unta mitcua di linguaggio, ma - pur spogliandoci di tutte le nostre passioni nel giudicare certi uomini - i « fatti » non si possono dimenticare. E i fatti ci dicono quale parte abbia avuto Lenin e la sua banda n ella rivolta del luglio. I fatti ci dicono che i « massimalisti>) si sono impadroniti del potere con un colpo di mano e lo detengono ancora, in forza di <( metodi » che non sono precisamente j più « democratici )> nel senso wilsoniano della parola. P er giudicare i bolscevichi e i loro uo mini basta domandarsi : Come sono_giunti al potere ? Come si mantengono al potere ? Prescindiamo - oca - nel giudizio sui massimalisti, dai metodi della loro rivoluzione (ogni rivoluzione ha i suoi metodi) e considèriamoli invece sotto la specie dei loro atteggiamenti di fronte alla g uerra mond iale. Qual il fatto che ha più rudemente urtato, più profondamente ferito la coscienza civile del mondo? La laccraiione da parte della Germania di un patto: quello che garantiva la neutralità del Belgio. La Germania si è macchiata allo ra di una colpa, che dovrà essere espiata. Se la Russia dello czar avesse concluso - come sembrava deciso - la pace separata, avesse cioè stracciato il Patto di Londra, non l'avremmo noi «bollata)) col marchio dell'infamia? Ma la Russia di Lenin non ha già. tent ato di realizzare quella « p ace separata» che era tra i progetti dello czarismo all'agonia? La. sospensione delle conversazioni di Brest-Litovsk non cancella il resto. Il mercato rimane. Il tentativo rimane. Per concludere, il linguaggio di Lloyd Georgc ci sembr1. più appropriato alle circostanze.

Hl. - 1:.

L'Austria- Ungheria ha avuto dei« buoni» discorsi, troppo buoni, forse. Tanto Lloyd George, come Wilson hanno escluso lo « smembramento » dell'Austria-Ungheria. I primi a criticare - è sintomatico e per noi confortante - questa parte del prog ramma della Quadruplice Intesa, sono stati alcuni giornali francesi, E si capisce I P_roprio in questi giorni Ja Francia ha ~reato un esercito czeco-slovacco, emb r ione dell'esercito che dovrà o dovrebbe . presidiare l'indipenden za della risorta Boemia. Che l'obi ettivo dei discorsi di Lloyd George e di Wilson possa essere raggiu nto, che, cioè, si riesca a separare la causa degli Absburgo da quella degli H ohenzollern, è ormai da esclude rsi. I lettori vedano, più oltre, una no tizia dell'ufficiosa R e11/er s ull'accordo s tipulato dagli Imperi Centrali Non c'è da farsi illusio ni. Il problema austriaco rimane . Esaminiamolo. C'è un programma massimo e minimo austriaco e non programma massimo e minimo d ella Quàdruplice Intesa. Il programma « massimo» austriaco è il ritorno allo sfa /11 quo ante territoriale con in più la m anomissione - almeno economica - della Serbia e del Montenegro; con in più il protettorato sull'Albania; con in più alcune rettifiche di frontiere verso di noi e verso la R ussia. Programma minimo, quello enunciato a Brest.: Lltovsk da Czernin : né annessioni, né ind ennità. Sta/11 quo a11te territo riale. Il problema d elle nazio nalità risolto, ma nell' ambito d ella imperiale costituzione austriaca.

La Q uadruplice Intesa, quali soluzioni offre del problema austriaco ? La soluzione pàtrocinata dalla vecchia scuola diplomatica francese e che consisteva nell'arricchire l'Austria della Baviera per diÌninuire la Germania e n ello stesso tempo compensare l'Austria delle .eventuali su e mutilazioni verso l'Italia e la Romania, è· sepolta definitivamente. Nel gennaio del 1916, la parola d'ordine d ella Quadruplice Intesa era: D elmda ÀMfria I Nel gennaìo del 1918 è: Amlria nolJ delenda. Il progranlm3: minimo della Quadruplice Intesa si riassume in questi capisaldi : appagare il soddisfacimento delle aspirazioni nazionili italiane e romene (e perché n on il soddisfacimento di quelle serbe . sulla Bosnia-Erzegovina ?), conservare l'attuale Stato austriaco, ottenere le autonomie per le nazionalità che ne dovrebbero far parte. Ora .l' Austria, cioè l'elemento tedesco e quello m agiar o, respinge il primo punto e accetta l'ultimo, ma rivendica a sé il diritto- di fissare i limiti delle au to nomie delle singole nazionalità. D a ricordare che ques to programma minimo delb. Quadruplice Intesa è in contrasto

224 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 225 colle aspirazioni delle singole nazionalità stesse che non vogliono autonomia, ma indipendenza vera e .propria I L'atteggiamento degli slavi d el n ord e di quelli del sud (ricordiamo il patto di Corfù) non lascia dubbi in proposito. Una soluzione « mediana» del problema austriaco potrebbe essere)! « tetralismo », cioè la costituzione di quattro Stati: Boemia, Austria, Croazia, Ungheria, completamente autonomi, ma «confederati», con vincoli da stabilire fra g li interessati, al congresso della pace. Infine la soluzione radicale : lo smembramento del!'Austria-Ungheria. Vediamo se questa parola «smembramento» ha un senso e quale. Bisogna distinguere Stato da popolo o da p opoli. Quando lo Stato s'identifica con un popolo, smembrare o mutilare lo Stato · significa smembrare o mutilare un popolo, Ma nel caso del/'Amlria-Ungheria, lo smembramento dello Stato non significa lo smembramento o la m11filazione, ma l'aurucimenlo e la liberaz.io11e dei popoli Da chi è ·t~ppresentato lo Stato austriaco? Da una dinastia: quella degli Absburgo e d~ due razze dominanti. Smembrare lo Stato austriaco, significa e liminare la dinastia degli Absburgo e il pre-potere d ei tedeschi e dei magiari, non già smembrare un <i p opo lo )) austriaco, una « razza » austriaca, una « nazione» austriaca che non esistonO. Ne conseg~e che il non smembramento dello Stato austriaco, vuol dire in de6nitiva la conservazione della dinastia degli Absburgo, che di quello Stato è - per molte ragioni - l'espressione dominante ed essenziale.

La Quadruplice Intesa Sarebbe, per caso, preoccupata della sorte che toccherebbe a Carlo I, qualora il suo « iffiperial mosaico)}. saltasse? Carlo I da imperatore potrebbe discendere . - nell'attesa di qualche più trìste eventualità - al grado ·di semplice re di uno Stato che raècoglierebbc i tedeschi dell'Austtia e che potrebbe aggiungersi ai 46 Stati della confederazione germanica, come p ropugna André Chéradame, l'autore del libro capitale Le pia~ pangermanùle déma~qué, in omaggio al principio di nazionalità e anche in considerazione del fatto che -68 più 11 o 14 milioni di tedeschi che formetebbero un totale di 80 milioni, sono meno temibili dei 68 attuali, con suppleme1_1to dei jz milioni d'abitanti dell'Austria-Ungheria, Va da sé che i popoli dell'ex-Stato austriaco dovrebbero essere lasciati liberi di ·scegliersi il proprio regime politico, Sotto questo rappotto, la Boemia non potrebbe essere che repubblicana....

Di tutte queste soluz_ioni, qual'è quella da accettare? Se la soluzione ptospcttata da Llyod George conducesse alla pace generale immediata o quanto meno a una pace separata fra l'Austria-Ungheria e la Quadruplice Intesa, varrebbe la pena di rinunciare allo smembramento dello Stato austriaco, s membramento che potrebbe essere, do-

mani, l'opera rivoluzionaria dci pop oli stessi; ma eselusa questa eventualità di pace immediata, noi crediamo che ai fini « democratici » della guerra sia necessario riprendere il programffia che fu bandito .nel 191 6 e che consist èva nello smembrare 1o (< Stato » absbu rgico per liberare i popoli Questo è inoltre l'u nico mezzo p er « fax leva » sugli slavi austriaci del nord e del sud; per orientarli sempre ·più decisamente verso di noi, il che significa indebolire dall'interno H blocco nemico e accrescere le nostre posSibilità di vitto ria.

P. S. - Nell'articolo di ièri è passato uno svarione che altera profondamente il senso del d iscorso e che perciò mi preme di rettificare: là dove è dettò « questi sloveni dei quali non vogliono riconoscere l'esistenza o gli interessi » doveva invece essere : « questi sloveni dei quali non vog liamo m isconoscere», etc etc.

D a ll Popolo d'Italia, N. 13, 13 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 13, 13 gennaio 1918, V.

i ., 226 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

UN PIATTO DI LENTICCHIE? NO

Bisog na chiarire e completare, per quello che riguarda l'Italia, le dichiarazioni di Lloyd George e di Wilson. Chiarire e completare, ma presto , perché il male ssere che turba la coscienza nazionale sia rapidamente eliminato.

Gli Alleati hanno parlato per n oi. È tempo che l'Italia parli per se stessa e per gli Alleati. Questa condizione di continuo << minoratico » alla fine riesce p esa nte. 11 co mpito di dare un contenuto alle fras i non deve essere lasciato alla stampa Noi non ci contentiamo delle delucidazioni del Times. Il Tù11es è un giornale, un grandissimo giornale, ma è il Timu e niente ci fa cre dere che le spiegazioni del giornale inglese siano state dettate da Lloyd George, e rappresentin o il suo pensiero.

Anche noi abbiamo dato dei discorsi di Lloyd George e di Wi1son la nostra interpretazione. Anzi, a proposito di quest'ultimo, abbiamo fatto parlare un americano. Ma non basta. Intanto la S1tfani, come al solito, ci ha trasmesso una traduzione impossibile ' d el d iscorso di Lloyd G eo rge.

Lloyd Geo rge ha detto in inglese :

« On the same grounds we regard as vital the satisfacti on of the legitimate da.ims of the l talians for union with t hose of their own race and tongue ». « Per le stesse ragioni noi consideriamo come vitale la soddisfazione delle legittime aSpiraz.ioni degli italiani di unirsi con gudli della propria razza e lingua 1>.

Nessun dubbio che la formula è vaga. Ma poi, siccome i t rentini sono di raZ2a e di lingua italiana; i triestini sono di razza e lingua italiana

ne la patria de Roueti

110 .re parla che italian ;

i fiumani sono di lingua e di razza italiana; i dalrrui.ti del litorale sono di razza e lingua italiana; gli istriani di Capodisttia, Rovignò, Pi ra.no, Pa.renzo sono di razza e di lin gua italiana, la frase di Lloyd George p uò comprendere nel complesso tutte le nostre .rivendicazioni nazionali. Ma allo ra, ci si d omanda; perché n on si dice chiaramente che

Trento, Trieste, Gorizia, Fiume, Zara (citiamo le cinque città principali e italianissime) devono tornare all'Italia? Questa omissio ne nel linguagg io, nasconde forse qualche reticenza nel pensiero?

Ancora più evanescente è la formula di Wilson. Nel solito testo che ci fu trasmesso dalla solita Stefani, si pa:rlava di «sistemazione » di frontiere. I giornali franccsi, tutti i giornali francesi, parlano invece di un r i aju.rltment. Tra sistemazione e raggiustamento la differenza non è cosl trascurabile come può sembrare. Anche qui lo sforzo interpretativo supplisce alla indeterminatezza della frase, ffia che cosa significa - nel concetto del Presidente - questo « raggius tamento » delle frontiere italo-austriache ? N on sentite attraverso questa parola, rimpiccolito, diminuito a incidente quasi secondario> quello che per l'Italia è invece un problema fondamentale .di essere o non essere·?

La parola d'ordine della Quadruplice Intesa è in questo momento mlnagtr l'Austria-Ungheria i il che significa mlnager la dinastia degli Absburgo e le caste dominanti dei tedeschi e dei magiari; il che signi6ca ribadire le catene dell'oppressione per quei popoli ai quali la Quadniplice aveva in un primo tempo annunciato l'indipendenza e la libertà. Le condizioni artuali della guerra consigliano di risparmiare lo Stato austriaco, di rinunciare nei suoi confronti alla tesi estremista dello smembramento? sia. Vedremo i risultati di questo att eggiamento. Quello che ci preme di domandare è : l'Italia deve forse fare le spese di questo mbtagement dell'Austria-Ungheria? Insomma: è 1'Italià che dovrebbe contentarsi del biblico piitto di lenticchie di un «raggiustamento» di co nfini, mentre l'Austria-Ungheria uscirebbe - moralmente e territorialmente - ingrandita dal coòflittp? C'è forse qualche italiano al Governo o fuori, che v uole incamminare la Nazione sulla strada d~lle .cinuncie e dei coffipromessi obliqui? L'Italia avrebbe dunque fatto la guerra - la sua san guinosissima guerra - per conseguire un semplice « raggiustamento dei suoi con6ni » ? Ah, ben sappiamo. Ci sembra di udire voci di questo genere : Ma che cosa importa oramai cli confini, che cosa importa se . le frontiere di domani saranno più al nord o più al sud, più ad occidente o più ad oriente, se coincideranno o non coi confini naturali, quando domani saremo tutti fratelli, senz'armi, sottoposti · al Tribunale Internazionale e soci della Società delle Nazioni ?

Grazie. Questa Società europea di dolci, cari, affettuosi, teneri fratelli, ci piace tanto. Ma lo stesso Wilson, parlando della libertà dei mari, non esclude la possibilità <li altre guerre. P.coprio cosi. Ebbene sl : n oi accettiamo tutta l'ideo logia wilsoniana sull'avvenire del mondo ; accettiamo l'arbitrato internazionale che deve venire ; l'abolizione della diplomazia segreta che deve venire; la Società .delle Nazioni che deve

228 OPERA OMNIA · DI BENITO
MUSSOLINI

venire; . il disarmo che deve venire; il sole dell'avvenire, con tutte le costellazioni note ed igno te dell'Universo; ma nell'attesa di tutto ciò noi vogliamo - una yolta per sempre - sprangare le porte di casa nostra, vogliamo liquidare per sempre la secolare partita fra l'Italia e l'Austria-Ungheria, vogliamo tutti gli italiani all'Italia, dai monti all'Adriatico. ·

Anche· Trento e Trieste sono i termini di un problema mondiale come Metz e Strasburgo I Delle due l'una : o si crede che domani tutta l'Europa sarà inerme e democratica, un vero eden di libertà per tutti i popoli, e allora è proprio inutile portare qualche chilometro più avanti o più indietro i pali delle frontiere (che si potrebbero bruci.are....) ; o si opina che tra la fine della g uerra e questo regime di tranquillità e di perfetto equilibrio dovrà passare qualche tempo, e allora i « raggiustamcnti >) della frontiera - in quanto parziali - possono ritardare invece di accelerare la marcia verso questa . meta. R esti in. teso che molti italiani, piuttosto che accettare il piatto di lenticchie .rappresentato da un contrattato, mercanteggiato « raggiustamento » di confini, preferiscono il ritorno allo s/a/11 quo ante nell' attesa di quello stato di beatitudine universale che cancellerà le frontiere e confonderà, in uno solo e feli~, tutti i popoli della terra....

Se i nostri Alleati si tengono sul terreno «vago», il compito di precisare spetta all'Italia. Che ciò avvenga in un discorso di uno dei nostri ministri o in una dichiarazione collettiva della Quadruplice, non impo rta. h vitale, per usare 1a parola di Lloyd George, che sia riaffermato - senza perifrasi - il -diritto sacro· dell'Italia mutilata, a completare se stessa. E come si parla di Alsazia-Lorena, è tempo c~e si parli di Trento, di Gorizia, di Trieste, di Fiume, di Zara.

MUSSOLINI,

Da li Popolo d' ltaiiiZ, N. 13, 13 gennaio 19 18, V. Pubblicato anche suJl'edizione di Roma, N, 14, _ 14 gennaio 19 18, V.

DAL MESSAGGIO DI WILSON Al CONVEGNO DI JlOMA 229

I PLEBISCITI....

L' Humaniti di Parigi, o ccupandosi del discorso di Wilson, ha avuto l'idea di r iportare la risposta che la Commissione del Partito Socialista Unificato di Francia diede al questio nario diramato da quella famosa Commissione o landese-scandinava che doveva imbastire la famigerata Conferenza di Stoccolma. Per ciò che co ncerne le nostre rive ndicazioni, i socialisù francesi, .o la loro maggioranza, lO cotal guisa si esprimono:

« Doivent itre également consu ltées !es populations des tenitoi res jtaliens d' Autriche, laissées jusqu'ici en deho rs de l'Unité italicnne. Elles seront unies à l'Etat q ue cette coruultation aura désigné ».

D al che si deduce :

1. Che i socialisti francesi n o n a mmettono - nel caso dell'Italia - quel principio di nazionalità che vale o deve o dovrebbe valere per tutte le altre nazioni

2. Se si tratta di « territori italiani d'Austri2'>> perché non devono tornare, puramente e semplicemente all'Italia?

I socialisti francesi non lo escludo no. Ma prima vogliono il plebiscito ; qu~l plebiscito che la maggio ranza di essi non accetta per l'Alsazia-Lorena e la minoranza accetta, ma a aru1essione compiuta No. N oi non vogliamo p lebisciti. Noi abbiamo dei « p lebisciti » che valgono p iù di qualunque altra cosa al mondo : sono .i plebisciti consacrati dal martirio.· ·

Il nostro plebiscito per il Trentino si chiama Cesare Battisti; per Trieste, si chiama Guglielmo Oberdan ; per l'Istria, si dùama Nazario Sauro; pe; la Dalmazia si chiama Rismondo e non contiamo i minori di fama, ma non meno eguali agli altri per fortezza d'animo e e per intrepido sentimento d'italianità .

Le forche valgono più delle schede dei plebisciti. Il sangue vale più della carta dei plebisciti. ·

Da li Popolo d'lldlùi, N. U, 13 genoafo 19 18, V, Pubblicato anche sull"edi· zione di Roma, N . 16, 16 gennaio 1918, V ,

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DOPO I DISCORSI

« PONTI D' ORO !... »

È la frase che ha definito l'atteggiamento di Lloyd George e in particolare modo quello di Wilson di fronte all'Austria-Ungheria :

« Ai popoli dell'Austria-Ungheria, il cui posto desideriamo ,·edere tutelato e garantito fra le nazioni, si dov rà dare più lasgamente occasione per uno svil uppo autonomo» . ·

I padroni del b oia Lang devono avere accolto l'attestazione di tanta simpatia con un risolino di soddisfazione.

Noi non vogliamo discutere in questo momento il d esiderio del Presidente Wilson di Veder tutelato e guantito, fra le nazioni civili, il p osto d ell'Aus tria-Ungheria, il che significa - lo ripeteremo sino alla noia - garantire la dinastia degli Absburgo e la grande expl oitatiçn tedesco -mag iara su le altre più piccole nazionalità. Ma noi ci permettiamo di d omandare - cosi, come può essere lecito a « uomini della strada», - che cosa vuol dire, nel concreto, « dare più largamente occasione per uno sviluppo autonomo ai popoli dell' Austria-Ungheria»? Chi deve dare questa occasione ? Lo Stato austro-ungarico. Ma chi regge il timone di questo Stato? In Austria, i tedeschi, In Ungh eria, i magiari. La storia dì ieri e di oggi toglie ogni illusione sulla capacità di queste razze dominatrici a concedere un regime di autonomia, quindi di uguaglianza agli altri popoli dell' Impero.

Abbiamo sotto gli occhi, tradotto dallo NovosJi e riportato in un giornale che ha fatto un·1ungo giro, il discorso tenuto dal deputato Dott. Tresit -Pavisit al Parlamento di Vienna nella seduta del 19 ottobre 1917 sul regno del terrore e delle perseeu2ioni in Dalmazia e in Bosnia-Erzegovina durante la. guerra. L'oratore non ha parlato delle persecuzioni inflitte all'elemento italiano, e si è limitato soltanto ai serbo-croati, e quindi la sua d ocumentazione non è completa, ma basta per dare un'idea del regime austro-ungarico, applicato « ai popoli».

« Non appena scoppiata la guerra - ha detto Tresié-Pavisiè - infuriò pure la burrasca che invc-stl tutti i patriotti jugo.slavi. In tutta l a regione è sorto tanto

lamffltO e clamore, tanto spavento come se fosse scoppiata la peste Nella sola Ragusa sono state arrestate in un sol giorno 75 persone Si levò tale un clamore che le mura di quella nobile città non ebbero, dal" grande terremoto in poi, a sentirne l'uguale.

« La vecchia Atene aveva c retto nell'Acropoli un altare al dio della pietà. Gli odierni superuomini invece la divelsero perfino dal loro cuore, quale debolezza perniciosa, col proposito di perseguitare tutti coloro che non vogliono inchinarsi dinanzi a loro.

« A q uesto scopo avevano preparato già da lungo tempo la pro5crizione per arrestare in un dato momento tutti i capi del popolo e servirsene quali ostaggi, per decimare il popolo e trasformarlo in ilota.

« Quando dopo Ire mesi di carcere a Marburgo sono stato per la prima volta interrogalo da un a uditore, questi mi disse: "Non so di che cosa siete imputato, ma certo lo comprenderete di leggeri, se considerate che solamente in Dalmazia, Istria e Carniola abbiamo arresta.to oltre 5000 persone". Pensate ora quante ne fu rono arrestate in Bosnia, in Erzegovina, in Slavonia e nell'Ungheria meridionale. ·

« Allorché a ·Spalato d imbarcarono a centinaia a bordo d'un piroscafo e ci frammischiarono con delinquenti della pE"ggior specie; .allorché a Fiume, sotto una pioggia d irotta che non lasciò asciutto il minimo pez«-ttino delle nostr e vesti, ci condus~ro alla stazione; allorché pE"r tre giorni e quattro notti dovrmmo viaggiare per Zagabria e Budapest fino a Marburgo in carrozzoni sudici, senza pane, senza acqua e senza poter dormire; allorché fummo esposti, come prigionieri serbi, alle bestemmie della canaglia magiara: molti sono al lora impazziti e io stesso ho veduto coi miei propri occhi u n in felice buttarsi, mentre il treno corr~a con tutta velocità, fuori dal finestrino nel buio de lla notte e della morte.

« Molto più terribile era la sorte degli arrestati a Mostar, Doboy ed Arad . Di Mostar m'informarono due testimoni, i guaii '1anno soggiornato coJi e che più tardi hanno diviso mero la sorte di Marburgo, e precisamente il deputato Ivo Lupis ed il pubblicista Srecko DomiC A Mostar quegli infelici dormivano in un ambiente sotterraneo su l suolo nudo, in cumulo con ladri, malfattori e zingari.

« Ma il p iù terribile i n questa pestilenza era il custode, il famigerato capo secondino Gasparo Scholier. Questo tomo, armato d'un bastone di ferro ad unc.ino., bastone ch'egli chiamava "Kronprinz " , visitava i' disgra:iiati p ìù spesso di q uanto essi lo desideiasscro, pe r batterli alla cieca col suo ·· Kronp rinz " per le spalle e per la testa. Zampilli di sangue scorrevano· agli sventurati lungo la faccia. .8 superfluo ricordare le sue bestiali bestemmie e ingiurie, le sue grida e le sue fu rie da satanasso. Unicamente col denaro si poteva turare le fauci e , quietare per.un momento l'ira di questo cerbero. Fra questi disgraziati erano anche Rinda Radulovil, redattore del Narod, ed il pope ortodosso Tichy, che più tardi , ad Arad, soccombette in seguito alle sevizie di questa bestia. Il Tichy, pieno di pietà, offriva agli affamati parte del proprio cibo; se ne irritò lo Scholier, il qua le lo colpl col suo "Kronprinz" tanto spietatamente da farlo stramazzare a terra privo di sensi. In seguito a.i colpi gli scorreva il sangue lungo le spalle e lungo il petto, dal quale il gancio del "Kronprinz" gli strappò un puzo di pelle Egli è perito da vero martire.

4 Gli ostaggi veniVano scelti di nottetempo. L'orribile faccia del capo secondino Scholier, accompagnata da baionette come da torce mortuarie, s'introduceva in silenzio per scegliere col suo occhìo di tigre le vittime. Nemmeno i compagni di Ulisse nella grotta di Polifemo, quando venivano tocnti dalle dita di quei

232 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOl.lNI

mostri, che nella ricerca dei più ben nutrili li palpeggiavano, non hanno provato tanto terrore, quanto questi disgru:iati per gli occhi infocati di quel boia

« D alla paura molti incanutirono in Wla sola notte; ieri giovani fiorenti ed oggi vecchi decrepiti. Oii voleva prolungare di alcuni giorni questa triste vita. doveva indica.re colla mano quanta moneta era di •. Essere scelto come ostag· gio voleva dire essere condannato alla pena di morte. Cosl Ile' perirono a. centi• naia. Per essere breve ricorderò dueo soli casi, Alla stazione di Rastelice fucilarono senza alcun processo un certo Damié, quale ostaggio. Sulla linea Doboj-Tuz.la uccisero cld pari senza processo il pope Georgje Petrovié.

« l rimanenti disgrariati li trasportarono da Mostar ad Aràd," dove ne erano già a migliaia e migliaia sepolti vivi dalla Bosnia, dall'Er:zegovina e dal Sinnie. lungo il viaggio la plebaglia magiara li malediva, li copriva di sputi, li minacciava e li prendeva a sassate. Affamati, nudi e cadenti per il sonno, li trasdna.rono, al pari di gregge muto, a forza di calci e stoccate di baionetta, nelle casematte di questa fortezza, dove pidocchi e cimici brulicavano in gruppi di milioni. Appena riuscivano a pigliar sonno, venivano tosto des tati dagli attacchi dei nominati insetti, che ricoprivano loro le vesti e la cule.

« Il vitto era tan to ribut1ante che molti, non potendo il loro stomaco sopportare cibi cosi nauseanti, pativano per più giorni la fame. Acqua in complesso non ce n'era, ma però alcool in abbondanz~ perché il capo secondino Rosner (aceva collo stesso ottimi affari. Questi sciagurati bevevano per istordirsi , per dimenticare la vita, per passare quanto prima, da quell'aria pestifera e da quella paglia infetta coo bacilli di tifo petecchiale, alla fredda tCfra.

« Si calcolano da tre a quattromila i casi di morie ad Arad. Molti anche sono decessi dopo rilasdàti da Arad, pure in conseguenza delle tribolazioni sof ferte, come il negoziante Kondié da Gradisca, che a· stento raccolse la forza necessaria per arrivare a casa e morire nel p roprio letto

« Cito a testimoni di tutte queste crudeltà il vice pod~tà di Gradisca, Gjorgje Gjurié, ed i medici clott. Vladimir Kujundzié e dott. Jovo Malié, che erano rinchiusi ad Arad.

« lo stato di cose a Doboj era ancor più spaventevol~; il suo circondario è la maggior necropoli d i queste· vittime innocenti dei terribili tempi che attra• versiamo. Il 27 diCt"mbre 1915 giunse colà un trasporto di prigionieri serbi e man• tenegrini .assieme a molti abitanti della Bosnia e dell 'Erzegovina, che avevano do. vuto ·abbandonare la loro patria. Tutti, donne, vecchi e fanciulli furono cost retti a viaggiare in carrozzoni aperti, adibiti al trasporto del bestiame, esposti a.1 freddo; alla pioggia, al vento, alla fame, alla sete, obbligati a veglia forzata.

« J bambini gridavano e chiedevano alla mamma pane, e la mamma offriva loro solamente Jagrime. Si è verificato spesso che fa madre fosse già m~rta, e che il figliuolo la scuotesse e piangendo le chiedesse del pane. Da principio ne morivano da quindici a vent i al giorno; il 1:5 aprile 19 16 ne morirono 92. I cadaveri venivano trasportati a mucchi di pieno giorno su carri lungo le vie di Doboj , fra la costernazione degli abitanti. Secondo i calcoli di penane degne di fede, hanno lasciato colà la vita oltre 8000 vittime fonocenti.

« Degli orrori di Doboj ,potrei addurre molti testimoni; per brnità nominerò unicamente il sacerdote Slavko Trninié.

« Nomino solamente le persone più colte ·perché coi nomi dei contadini non finirci più. Non c è fantasia umana che possa descrivere come questi. venivano uccisi. Li fucilavano con mitragliatrici,· Ji annegavano nella SI.va, li legavano su

• Lacuna del testo.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI R.OMA 233

mucchi di fieno, che poi incendiavano. Molti giacevano insepolti per settimane intere fino a che i corvi strappavano loro gli occhi.

« A Semlino uccisero nella sua p ropria abitazione il prof. Dusan Savif, Jo derubarono di ~O.ODO corone ed il suo corpo lo gettarono n el Dmubio.

« Nd circondario di Zubac sono stati impiccati al principio della. guerra, senza qualsiasi processo, 82 uomini; a Trebinje in tutto 103, dei quali 39 per il fondato morivo che si trattava di persone ragguardevoli. Per la stessa ragionc ne impiccarono a Foca 71. Non posso i ndicare il numero delle persone impiccate a Sarajevo, Bjelìna, Srebinica, Zvomik, Avt avac, Visegrad, Bilek, ecc., perché non ne presi nota: mi consta però di certo che anche coli non si ebbe a far economia di capestri.

« Gli evacuati dall'Istria, concentrati a Leibnitz, Gmunden, Mollersdorf, «c., morivano come l t'! mosche, di fame, di freddo, di tifo petecchiale e di altre ma; lattie. Il sacerdote istriano Ljubimir Nikolié ha pubblicato nei giornali croati una dichiarazione, nel la qua le afferma d'a ver eg li solo a Gmunden e Mollérsdorf benedetto le salme di oltre 2000 croati evacuati dall' Istria. Un testimonio mi racconlava d'aver visto egli stesso in un solo g iorno ed i n una sola baracca 11. Leibnitz 41 morti. Baica Martinié, studentt'! in med icina, montenegrino, racconta d ' aver veduto morire in Stiria oltre 8000 croati evacuati dall'Istria »

Abbiamo voluto riportare ampiamente questo discorso, per meglio documentare le benemerenze verso. la civiltà di quell'Austria-Ungheria che il presidente \Vilson desidera vedere « tutelata e garantita fra le nazioni)). Ora questo regime cli barbarie e di infamie è stato inflitto non solo agli slavi del sud, ma in misura infinitamente più orribile agli italiani e agli slavi (czeco-slovacchi) del nord. Altrettanto dicasi dei r omeni. I tedeschi e i mag iari hanno condannato al più atroce calva.rio le nazionalità più deboli d ' Austria.Ungheria.

Cor:i quale coraggio, con quale animo si parla di riconsegnare queste popolazioni a.i carnefici di Vienna? Anche nella più benigna delle ipotesi non continuerebbero Vienna e Budapest la l oro opera insidiosa· e tenace di denazionalizzazione degli a.Itri popoli ? Ah sap· piamo: l'Austria-Ungheria - a mezzo di suoi diplomatici più o meno accreditati - fa di quando in quando proposte di pace all'Intesa. Ma questo avviene dietro autorizzazione dd la Germania stessa che ha solidamente afferrato per la gola l'Austria-Ungheria. In un opuscolo che ci rip!omettia.mo cli far conoscere prestissimo ai nostri lettori (l..ts benefices de guerre de l' AJ/emagne) di Andrea Chéradame, è chiaramente dimostrato il vassallaggio completo dei minori alleati della Germania al Governo di Berlino. I rapporti finanziari fra Germania e Austria-Ungheria sono tali che « solo nell'ipotesi di una Germania totalmente vinta», l'Austria-Ung heria può sperare di liberarsene. Dice Otéradame, a pagina 11 :

t: Questa servitù finanziaria. degli alleati di Berlino permette anche di "realizzare" perch! i Governi turco, bulgaro, austro-ungarico non potrebbero firmare

234 OPER.A OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO. DI WILSON AL CONVEGNO DI JtOMA 235

con l'Intesa altra pace all'infuori di quella che, segretament~, sattbbe stata voluta dalla Germania _ •·

Credere dì poter scindete Vienna da Berlino, facendo balenare delle « condizioni d'oro» all'Austria-Ungheria,' è pure illusione. Varrebbe forse meglio adottare - ai fini d'una pacC immediata - la tattica opposta.

Domandiamoci : quali sono le forze interne d ell'AustriaUngheria e che potrebbero determinare l'evento sul quale calcolano Lloyd George e Wilson? Un gesto di ribellione contro Berlino non partirà certo dalla corte austriaca. I re, specie in questo tempestoso crepuscolo di un mondo, hanno bisogno di rinsaldare le loro alleanze. Gli Absburgo e gli Hohenzollern si appoggiano l'un l'altro, an che e sopn.ttutto per semplici ragioni di « concezione dinastica ». Sadowa è lontana e dimenticata. Chi può determinare il !ou van Ber/in ? N on certo le forze economiche, bancarie, industriali che erano e sono oggi più ch e maì dipènd enti dalla Ger mania. G li esercìù più che uniti sono confusi insieme. Le forze politiche dei tedeschi di Ausuia. tendono naturalmente e Jogicamente a rinsaldare la Mitteleuropa e quanto all'elemento magiacq esso è pienamente nel raggio d'azione di Berlino. C'è, anzi, più intimità fra Berlino e Budapest che non fra Budapest e Vienna. Le forze politiche delle nazionalità oppresse lavorano, come gli czeco-slovacchi, dal dì fuori, ma nell'interno dell'Austria-Ungheria la loro influenza è scarsa, specialmente dopo le ferocissime persecuzioni subite. Quanto· ai socialisti, essi si limitano a qualche articolo, molto temperato: di protesta e di critica contro l'impetialismo dei tedeschi. ·

La co nclusione è questa : n o n ci sono attualme nte in A u.striaUng~eria forze capa.ci di provocare una separazione dalla Germania, e le forze d'opposizione, già scarse e d ecimat e, ìnvece di essere incoraggiate dalla Quadruplice Intesa, vengon o abbandonate alla m ercé della futura «autonomia.» presidiata da Lang.

MUSSOLINI

Da li Popolo d'lt.Jia, N. 14, 14 gennaio 1918, V. Pubblicato anche -sull'edizione di Roma, N. 15, 15 gennaio 1918, V.

ARMI E DIRITTO

Nelle alte sfere della nostra politica estera, dev'essere giunta noti2ia del vivissimo senso di disagio che, dopo le dichiarazioni di Lloyd George e specialmente di Wilson, angustia la coscienza nazionale, perché in data di ieri il giornale che ha fa riputazione di essere organo dell'on. Sonnino, ha pubblicato la seguente nota che sembra in particolar modo diretta a noi :

« L'Intesa ha precisato molto chiaramente i propri obiettivi, ma non si può pretende-re che essa scenda a deliniziooi minute e a dettag li particolareggiati, B per questo che non d sembra possa essere accolto il desiderio di coloro i quali vorrebbero dagli Alleati non soltanto la proclamazione di principi comuni, ma addirittura la indicazione di un dettagliato e particolareggiato programma dì pace che dovrebbe contemplare la solu2iooe di tutte le questioni poste sul tappeto <falla conflagrazione europea. ·

Questo procedimento offrittbbc al n emico l'occasione di dedicarsi alla sua prediletta opera di disgregazione in seno all'Intesa e non servirebbe che a favorire le manovre dei Ì;omuni nemki e dei loro agenti nell'interno delle Nazioni del. l"Jntesa. Alcuni giornali .italiani vorrebbero che il nostro programma na2iooa.!e venisse ulteriormente precisato.

« Ora il programma delle rivendicazioni italiane è stato precisato nei sacri patti dell'alleanza di guer ra, patti che nessuno fra gli Alle.a.ti ha m.ai inteso d i contestare.

La diplomaz.ia italiana non h.a n essuna ragione di sottoporre a revisione i patti, i quali sono rigorosamente fondati sul diritto e sulla giustizia e son o pienaménte conformi ai fini generali d ella Lega dei popoli democratici. L'Italia rappresenta. nelrlntesa un elemento vitale ed avendo da parte sua l ealmente adem· piuto con grande sacrificio ai doveri imposlile dalla allcama di g uerra, è ptt· fellamente logico che mantenga immutati i propri diritti. Né da alcuno fra g li Alleati è stato, neanche lontanamente, toccato il sistema degli accordi sul quale l'Italia fondò Ja propria. entrata nel conflitto. L'Intesa non ha dunque bisogno di ulteriori prove d ella ~rfetta legittimità dei suoi fini di guerra e i popoli che ne fanno pane sanno perfettamente di battersi per la giustizia · e per la democrazia contro la violenza e l'autocr.azia.

« Questo è il sentimento unico ddl'lnlesa, ben più importante e decis ivo di qualsiasi documento unico».

Se con questo pezzo i giornalisti ufficiosi della Consulta credono di tranquillizzarci e di convincerci che non sono in vista rinuncie dei sacri diritti dell'Italia, sbagliano. L'Intesa non ha affatto precisato

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 2~7

chian.mente i suoi obiettivi. L'ultimo documento collettivo dell'Intesa del dicembr~ 1916 e vi si prospettava esplicitamente fra l'altro la necessità dello smembramento dell'Austria-Ungheria e della scomparsa dell'impero ottomano. Tutto ciò prima dt lla ri11ol11z/ont r11ua e ddl'inltrvento americano. .Documenti collettivi che precisassero chiaramente, come dice il Giornale d'ltal~a, gli obiettivi dell'Intesa, non ce ne sono stati più.

Ci sono s tati discorsi di singoli ministri ai parlamenti e al pubblico, come quello dell'on. Sonnino a Londra; ci sono s tati convegni parziali o generali di rappresei:itanti della Quadruplice Intesa a Roma, a Londra, a Parigi, a San Giovanni di Mariana, a Rapallo e nuovamente a Parigi, i quali si chiudevano colla formula st ereotipata della « constatazione del ·perfetto accordo » etc::. etc. ; ma dichiarazioni collettive non si sono avute. Ora, Je ultime manifestazioni diplomatiche della" Quadruplice Intesa, rappresentano un pi!tinemrnt dei capisaldi banditi nella risposta a Wilson del dicembre t9l 6. Quella dichiarazione faceva « testo » sino a ieri : ogg i è diventata anch'essa un chiffon dt papitr.... E non è già - si noti - una dichi arazione collettiva, che annulla la precedente dichiarazione, ma sono discorsi di singoli ministri che~ in contrasto colla ,harta dd dicembre 19 16offrono dei «ponti d'oro» a due dei peggiori nemici: l'Austria e la Turchia. ·

Il Giornale d'lldlia ci consiglia a contentarci dei « principì comuni» a tutti gli Alleati e trova quasi pazzesco chiedere un dettagliato particolareggiato programma di pace. Adagio, signori ufficiosi. Noi e co n noi moltissimi italiani cluediamo quei (< particolari» e quei dettagli che si prodigano alla Turchia. Si è parlato chiaro almeno nei riguardi della Turchia: si è detto : voi, umanissimi turchi, Continuerete ad avere in Costantinopoli la vostra capitale; g li Stretti però sa~anno internazionalizzati ; non avrete più la Sir ia, la Palestina, l'Armenia, la Mesopotamia. In regola come un bilancio Attivo e passivo. Dare e avere.

Quando si parla . dell'Alsazia-Lorena, · nessuno ricorre ad ambiguità di linguaggio. Si dice, in termini non sofisticabili, che l'AJsaziaLorena deve tornare alla Francia. Si dice che il torto del '71 dev'essere riparato. Perché dunque, domandiamo, quando si parla dell'Italia, le formule impiegate sono quasi inafferrabili nella loro indeterminatezza?

Se si dice che Bagdad e Gerusalemme non dovra nno più tornarè alla Turchia, p erché non si dice che Trento e Trieste no n dovranno rimanere in soggezione dell'Austria? Ma il Giornale d'lia/itJ diventa ancora più comico, quandò giustifica le reticenze dicendo che lo spc-

cificarc il programma di pace « offrirebbe al nemico l'occasione di dedicarsi alla s ua prediletta opera di disgregazione in seno dell'Intesa e non servirebbe che a favorire le manovre dei comuni nemici e dei loro agenti a1l'interno ».

Queste sono chiacchiere, O la concordia fra gli Alle;ti circa i fini di guerra c'è, e allora non vediamo come qualmente i nemici possano disgregarla, specialmente se tale concordia giunge - come deve giungere - sino ai particolari ; o questa concordi:1. non c'è, e allora i signori governanti ci vendono e ci hanno venduto del fumo, Ma poi noi protestiamo contro l ' ufficioso sonniniano che ha l'aria di relegare fra (dettagli o questioni di second'ordine le questioni che , interessano l'Italia e sono invece, nei riguardi nostri ed europei, questioni d'importa02a capitale.

Il Giornalt d'Italia assicura che « il programma delle rive ndicazioni italiane ! stato precisato nei sacri tntti dell'alleanza di guerra », del che non dubitiamo.

Questo ci rende più inesplicabile il silenzio, le r eticenze di alcuni nostri Alleati, i quali sembrano, quando devono toccare d ei rapporti italo-austriaci, preoccupati di una cosa sola : non urtare eccessivamente l'Austria-Ungheria.

Ebbene : dal momento che i nostri ministri tacciono o fanno par lare dei giornali che non danno affatto le « precisioni » reclama te dall'opinione pubblica, è questa che deve levare la sua voce, Gli italiani devono « realizzare>> per dirla all'inglese o comprendere :

r , che il mutato atteggiamento dell'Inghilterra e dell'America, nei confronti dell'Austria-Ung heria, è dovuto alla nostn disfatta di Caporetto ;

1 . che però le alterne vicende della guerra n o n devono O non d ovrebbero fra Alleati m ettere in p rescrizione dei diritti· 1iconosciuti giusti e sacri ;

3. che la Na2ione deve appoggiare energicamente quella politica che non ci incammini a rinuncie disastrose ;

4. c_he la Nazione deve rastrellare: tutti i suoi uomini per formare nuovi eserciti, visto e considerato che con articoli cli giornali o ordini del giorno non si arriva a Trieste.

C'~ una morale in questa che all'inizio del quarto anno di guerra sembra davvero una favola: noi abbiamo dei diritti, ma per farli valere dòbbiamo contare precipuamente, se non esclusivamente, su noi stessi. Quando dalle prime pendici dell'Hermada avevamo Trieste s otto i tiri dei nostri cannoni, nessuno cantava serenate d'amo re alla bella faccia di Carlo I ; oggi che la nostra situazione militare è r ov e· sciata, l'Aust ria-Ungheria trova ancora degli amici. O noi accettiamo

238 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI RO){A 239

questo capovolgimento della situazio ne, e allora rassegnamoci ai « riaggiustamenti » di fro ntiera che ci vengono prom essi da o ltre Oceano ; o no i, come sembra, accett2mmo Caporetto soltanto come un insuccesso militare, e no n già e non mai come una stro ncatura in piena regola della nostra vita presente e futura di Nazione, e allo ra bisogna armare i nostri diritti. ·

Ricominciare, con disperata ostinazione, la guerra.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 15, 15 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N. 16, 16 gennaio 191 8, V.

16, • X.

«EXllCUT!l» !

« Tendiamo l'orecchio verso Parig i. Il giorno in cui ci giungerà l'eco di una nutrita scarica di fucili, cominceremo a credere che la politica d ella guerra, la politìca della v ittoria è cominciata e che la politica del tradimento e del semi-tradimento è finita)>. Cosl scrivemmo un mese fa, quando ci pen1 enne il primo annuncio che Dubail, governatore di Parigi, aveva domandato alla Camera francese di sospende re l'immunità parlamentare nei riguardi di Caillaux. Il giorno cui accennavamo si è avvicinato ancor più. Potrebbe essere nell'immediato domani. La cronaca registra un altro cpisodìo nelle gesta di Caillaux. L'ex-potentissimo Presidente del Consiglio dei ministri di ·Francia è stato· arrestato. Da quarant'otto ore, l'uomo che era abituato ai saloni immensi e dorati dei ministeri di Francia ; al comfort lussuoso dei grandi hOJt/s ; all 'applauso delle assemblee; all'adulazione dei gregari di quel partito radicale (ma « radicale)) i n che cosa?) ; che si era quotato per «tirare» a dueçentomila copie l'ulti mo dd suoi discorsi pronu nciati alla Camera ; Caillaux è diventato da quarant'otto ore un numero, un semplice numero nella cella buia del carcere che raccoglie i campioni d i tutti i rigagnoli di Parigi. Caillaux sino a ieri aveva un ex soltanto dinanzi alla sua qualità di Presidente del Consig li o dei Ministri, di deputato ; da oggi egli è un cx anche nella s ua qualità fondamentale di uomo. I cronisti dicono c h e la moglie - quella stessa che andò a revolverarc Calmette . - ha assistito all'arresto del marito senza dare il minimo segno d'agitazione, È rimasta tranquilla, si dice ; quasi indifferente, si aggiunge. Ma questo non è un. mistero né psicologico, né tanto meno politico, per tutti coloro che conoscono /es petiies potitu della vita parigina....

La catena delle respo nsabilità, delle colpe e - necessariamentedelle sanzioni, si snoda dinanzi ai nostri occhi colla regolarità fredda e spietata dì un movimento meccanico. Si ha l'impreSsionc visiva della discesa di quest'uomo. Un passo dietro all'altro. Uno scalino dopo l'altro. Sempre più giù, sempre più in basso, Mandato di comparizione, sospensione dell'immunità parlamentare, arresto. Poi verrà il processo.

E col processo la condanna. E con la condanna l'espiazione,

P o iché Caillaux d ovrà espiare . il dditto tentato , se no n consumato , co ntro la Francia U destino di q uest'uo mo interessa enor memente anche noi i taliani. È in I talia e precisamente a Ro ma, che Caillaux a,vev a piantato il quartier generale della ·sua campagna dìsfattjsta. Non h a lavorato soltanto co ntro la Francia, ma anche co ntro l' Jtalia . E chi può escludere a priuri, ch e nel t orbido ribollire del nostro peggiore neut ralismo, dal m aggio, coi movimenti donneschi in alcune plaghe agrico le all'agosto [.... u11.mra ], all' ottobre, collo [.... censura ] sfonda men to di Caporetto, non ab bia avuto rapporti di causa a effetto co ll' azio ne svolta da Cailla ux e dai suoi compari in Italia? In Fra ncia le conseguenze di q uest'o pera deleteria, non sono state co s) evide nti e t remende come in Italia. Se o g gi abbiamo nel passivo d el la no stra g uerra la pagina o scura di Caporetto ; se oggi due delle n o stre p rovincie son o invase ; se oggi migliaia e migliaia d i italiani n o n h an no più tetto e foco lare, men t re altre migliaia - f rimasti -sono n uovamente so ttopost i alla sferza e alla p ersecuzionè d el nemico ; s e o ggi dobbiamo « ricomincia re>> mentre p ot ev amo <<co ntinua re»· la guerra, la causa, se n on u nica, certo pred ominante, è da ricerca re nel gioco compless o d i un complesso di fattori « imponderabili )) che nella p rimavera e nell'esta tè ag irono sulla coscienza italiana, st ran iando la q uasi dalla guerra c he av evamo portata oltre le vecchie frontiere e ci portarono la << sorpresa » della fine d'ottobre. Chi muoveva tut ti i fili di questa ma novra? Chi era il centro irradiatore di quest'attività criminosa ? A chi facev an o capo i disfattisti - palesi e la rv ati - che versavano il 6ele d el loi:o scetticism o o il b alsa mo delle loro « so luzioni » p acifiste s ulle piag he profond e che la guerra aveva aperto nel fian co d elle nazioni latine ? Caillaux e la sua banda. N oi reclamiamo p er i so ldati italiani l'on ore di parteci p are a lla esecu zione d i M . Caillau x... .

Ecco : n oi non·ci siamo dunque ing annati q uando in u n a rticolo n el quale esaminavamo il « senso della crisi )> scop pia ta in Francia dop o un seg uito di ministeri inconclu denti, dicemmo che il T ig re av rebbe fatto onore alla sua riputazione di e nergia e di inflessibilità. I.a v erità è che la Franc ia soffriva da mesi e mesi, perché co stretta a y i vere in un'atmosfera viziata da tutte le compromissioni, d a tutte le debolezze, dai tradime nti e dai semi-tradimenti. Era « l' interno » che a p oco a poco d ecadeva, Era il morale dei « civili>> che andav a sfaldando si. I p oilm d elle trincee n on conosceva no il cajard malgrado q inranta mesi di sanguinosa fatica, Ma la N azio ne n e era av velenat a. O cèor reva un uomo. Un uo mo feroce Inte n diamoci. Un uomo ch e sapesse odiare. ·colpire. Pu nire. Che av esse il coraggio d i p rendere di fro nte i nemici interni, gli age nti della Germania La N 11:2ione che

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 2 41

voleva vivere e non morire, combattere e non cedere, ha imposto Oemenceau. Le sinistre radicali e socialiste hanno gridato alla t< reazione>>, ma ciò che il popolo vuole, supera la volontà dei sei o dei quindicimila. E l'ex direttore de l' H omm, Encholni, non amministra, governa. La Francia respira. La m o ltitudine parigina ha accolto con manifesti segni di giubilo la noti::da dcll'arrcsto ·dì Caillau:x:. La coscienza francese aveva già processato e co ndannato, l'attuale inquilino dclb. Santé. La giustizia militare farà il resto. Anche in questo dramma, come in tutti quelli, grandi e piccoli, che si svolgono sulla scena del mondo, c ' è un elemento di indicibile comicità : rappresentato, in questo caso, dal Partito Radicale. Questi signori avevano già accolto, per conto lo ro, il duce del Partito. Lo avevano ovazionato alla Camera. Volevano « affiggere » il suo discorso. I socialisti ufficiali, che in Francia come in Italia hanno il non i nvidiabile privilegio di sposare le cause più equivoche, ritenevano ·già liquidato l'affare Caillaux e scossa la posizione di Ciemenccau. L'arresto di Caillaux li mette in una posizion e delicata. P uò essere che i più fanatici avver sari del Tigre, si sgolino a gridare che Marianna è in pericolo (vedi l'inchiesta sulla campagna anti-repubblicana promossa dalla Bataille Syndicalisle), ma n on troveranno in tutta la Francia una dozzina di gogos capaci di prendere sul serio le loro lamentazioni. No, Marianna> la nostra Marianna, la Marianna che noi amiamo e che soffriva da vario tempo « disturbi gravi » e misteriosi è in via di guarigione. Non più empiastri, Non più droghe. Non più polveri, C'è H chirurgo. Il buon chirurgo. Un « buon coltello >) come si dice nel gergo granguignolesco dei teatri anato mici. E questo chirurgQ è capace di « alte operazioni ». Chissà quale costernazione a Berlino, f ra gli amici di Caillaux I La Francia fa sul serio la sua politica di g uerra, perché la Francia vuol vincere I Un bel gioròo, fra non molto, la Stifani getterà sul nostro tavolo questo laconico dispaccio : ·« Stamane, all'alba, nei fossati di Vinccnnes, è stato fucilato Caillaux >>. MUSSOUNI

Da J/ Popolo d'Italia, N. 16, 16 gennaio 1918, V. Pubblicato anc~ sull'rdi2:ionc di Roma, N. 17, 17 gennaio 1918, V.

242 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

I POPOLI CONTRO L'AUSTRIA-UNGHERIA

Coloro che seguono, come noi facciamo, attentamente le manifestazioni politiche ufficiali e non ufficiali degli jugo-slavi - a cominciare d al Bolle/lino jugo-.rlavo che esce a Londra - avranno n o tato un cambiamento abbastanza notevole nella condotta degli jugo-slàvi nei confronti dell' Italia. Si capito o si comincia a capire che le pretese degli sloveni da una parte e dei' croati·dall'altra, su territori completamente italiani, rendevano impossibile quclfintcsa che può avere le più utili ripercussioni ai fini d ella v itto ria L'ideale sarebbe cli p oter raggiungere cogli s lavi del sud quell'accordo totale, e più che l'accordo quclJ'intimità fraterna, che regna fra gli italiani e gli slavi del nord o czcco-slovacchi. È possibile toccare questa me ta ? Lo crediamo. Intanto, giova - in v ista di qualunque discussione - t en"er sempre presente questo fondamentale dato di fatto: perché una Jugo.slavia indipendente sorwi, e comprenda gli sloveni, i croati, i serbi della Bosnia. Erzegovina e la Serbia, col Montenegro, occorre smembrare l'Austria, attraverso la vhtoria. Altrettanto dicasi per il compimento delle rivendicazioni italiane.

Ma dal momento che un' intesa italo.jugo·slava - intesa che potrebbe raccogliere in uaa vera e propria charla tutti i popoli soggetti alla dominazione dei tedeschi e dei magiari - è una delle condizioni per vincere, ne consegue che bisogna realizzarla, se sì vuole conseguirc_la vittoria. I tedeschi in Austria sono 11 milioni 998 mila, se· condo il censimento del 1910, I magiari 1 0 milioni circa. Ora queste due razze tengono sotto al lo.ro dominio 9 milioni di czcco-slovacchi, j milioni di polacchi, 3 milioni di ruteni, , milioni di serbo-croati, un milione e 300 mila sloveni, 3 milioni di romeni, un milione e 100 rrùla italiani. ·

Esclusi i polacchi, che tengono nei riguardi dcli'Austria un contegno in un certo senso lealista, i croati del partito frankista e alcuni scarsissimi elementi sloveni che il dottor Sustersic non riuscirà a comporre in partito, rimane . sempre all'intetno dell'Austria-Ungheria una massa imponente di venti milioni, sui quali la Quadruplice Intesa può « far leva ». Sono t azze oppresse che anelano alla liberazione, e il martiriò è il titolo che le rende degne di un avvenire migliore.

Qual'~ la Nazione più indicata - anche per ragioni, diremo cosi, d'immediatezza geografica - a fa c leva sulle popolazioni antiaustriathe dell'Impero d'Austria-Ungheria? L'lt?-lia. L 'amicizia storica coi boemi, l'affin ità ·di r azza co i ro me ni facilitano il compito storico dell' Italia. Q uando fosse superato quella specie di punto-morto che è il dissidio ita1o-jugo-slavo, l'Italia diventerebbe, quasi au!omaticamente, la vessillifera della liberazione per tutt i i popoli ch e dolorano sotto al g iogo degli Absburgo.

« Il risultato di quest'accordo sarebbe cosl grand ioso - scriveva· il ·corriere della Sera di ieri - che, a non essere di animo gretto e ostinato, si debbono considera re come tollera.bili g li eventua li sacrifici a cui quest'accordo coslringerebbc l'una e l'altra delle d ue parti contraenti ».

Dato il punto di pa~ten za del no stro interventismo, che eb be moventi prevalentemente d'ordine morale, noi siamo i meglio d isposti a entrare sul terreno, nel quale il Corriere invita italiani e jugoslavi. Per noi la realizzazione dei fini territoriali di guerra è essenziale in quanto offre maggiore o m inore garanzia circa l'assetto del mondò di domani e la pacifica convivenza delle genti Ecco perché siamo irreducibili su certi fini di g uerra, d'ordine nazionale, perché sappiamo che dal loro raggiungimento dipende la maggiore o minore s tabilità . della pace.

Precisiamo : il dissidio italo-jugo-slavo ha un aspetto terrestre e uno marittimo. Noi accettiamo che l'Adriatico diventi un mare italojugo-slavo, commercialmente parlando. Dal punto di vista m ilitare - ammesso che questo punto di vista possa avere ancora u n valo re nelle mutate condizioni del mondo di do mani - l'Adriatico non può essere che italiano. Fissato che Gor izia, Trieste, Fiume, Zara debbono essere politicamente italiane, i croati della Jugo-slavia avranno come fines tra che guarda al mate tutto il litorale della Mqrlacca, lungo olt re 140 chilometri e sul quale non mancano località adatte per la creazione di porti sufficenti ai bisogni di una economia prevalentemente agricola e- destinata a rimaner t ale per lunghissimo tempo . La fin estra marittima dei serbi potrebbe essere t utta la costa che va dal Naren ta in g iù sino ali'Albania e che Comprende Ragusa, già fio rente nel medio-evo, di commerci marittimi Se il Patto di Londra ci assegna, come pare, un tratto ancor più limitato di Dalmazia e precisamente quello che va da Zara a Traù e che comprende Sebenico, ma non, ad esempio, Spalato, profondamente italiana, - come Ragusa del resto - noi ci rassegniamo al Patto d i Londra. Nelle zone miste terrestri, l'idea diret t rice di un accordo potrebbe essere questa : d ove l a maggioranza è italiana, garanzie e rispetto per 1a minoranza slava; dove gli slavi

244 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI

sono preponderanti di numero, garanzie e rispetto p er la minoranza italiana. Va àa sé che queste garanzie dovrebbero essere ammin istrative, econo miche e sopratt utto scolastiche, per evitare ogni dena• zionalizzazione artificiosa e forzata. ·

Queste, secondo noi, sono e possono essere le basi di un'intesa fra italiani e jugo-slavi. Chi può e deve prendere l'iniz.ìativa di questa intesa? Si è costituito l'altra sera a Milano un organismo politico che reca per titolo : « Democrazia Sociale Irredenta ». Il suo programma è il ddenda AJ1Jlrin, cioè la liberazione di tutti i popoli oppressi d alla duplice monarchia. È la « Democrazia Sociale Irredenta» di nazionalità italiana che può e deve, secondo noi, assumersi l'iniziativa di un'intesa fra italiani e jug o-slavi. Anche perché gli slavi del nord e del sud non possono pjù appoggiarsi - come in passato - sulla Russia ch e si sfalda, mentre invece la ·« Democrazia Sociale Irredenca ); h a d ietro d i ·sé - sosten itrice armata dei su oi diritti - una grande N a zi on e come l'Italia. È questo il mo ment o in cui t u tti i popoli opp ressi del· l'Austria possono raccogliersi sotto la bandiera -mo rale - dell'Italia. E questo il momento in cui tutte le forze capaci di affret ta re la vittoria devono essere utilizzate. Se la diplomazia non può agire perché [le} rip ugna di entrare - almeno ufficialmente - in rappo rti con organismi non anco ra assurti a dignità e funzione di stato, posson o bene le rappresentanze dei popoli sostituirsi alle diplomazie e tracciare quelle linee che la diplomazia non potrà cancellare. Solo nel cas o che il tentativo di un'intesa italo-jugo-slava fallisca, si p o trà sostenere che il d issidio fra i due popoli è insanabile : ma oggi, allo stato d ei fatti, nessuno può affermarlo . N oi siamo dispos t i agli (~ even tu ali sa. cdfici » di c ui parla il Corriere, ma i n ostri vicini slavi dell'Adria tico devo no riconoscere la « santità » del n ostro diritto su Gorizia, Trieste, F iume, Z ara.

MUSSOL IN I

Da Il Pof1olo d ' ! Jali a, N. 17, 17 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 18 , 18 gennaio 1918, V,

DAL

UN COLPO MORTALE

Il 2.0 novembre scorso, presentandosi per la prima volta alla Camera francese, Giorgio Clemenceau, in nome del Ministero, pronunciava q ueste parole :

« Ahiniè ! Ci sono stati dd delitti, dei delitti contro la Frani:ia, che 1ichiedono un pronto castigo Noi Prendiamo dinaJ).zi a tutti, dinanzi al Paese che domanda giustizia, l'impegno che g iusti:t.ia sarà fatta secondo il rigore delle leggi. N~ considerazioni di persone, n~ foga di passioni politiche ci a llootaneranno dal dovere o cc- lo faranno oltrepassare. Troppi att11n1a1i 1ono già Jlal i pagali, u,l noJtro fronte di b,maglia, con un di pii, d i 11mg1111 fr,mceu, Saremo senza debo. lezze, come senza violenze. Tutti g li incolpati andranno al Consiglio di guerra. Il solda to al pretodo, solidale col soldato in combattimento, Non p iù campagne pacifis te, non più trame tedesche". Non tradimento. Non semi-tndimerito: la guerra. Soltanto la guerra. I nostri eserciti non Saranno presi fra due fuochi. La giusti zia passa . Il Paese saprà che è difeso 1>.

Parole alte, solenni, appassionate che hanno in questi giorni una evidente e decisiva corrispondenza coi fatti. Gli uo mini che di ventano celcbd - e la celebrità può essere una linea che comincia nel salone dj un Mfoistero e fini sce nella ceUa di un ergastolo.:.... pronunciano delle paro le che i cronisti si affrettano a mettere nella grande circolazione, Sono i « detti>) celebri degli uomini celebri. Chi non rico rda il « tremate pur voi nel pronunciare la sentenza» etc. di Giordano Bruno, o l'« eppur si muove )> di Galilei, o - saltando ad altro - il Finalmmt i mma di Vittorio Emanuele II, o il « non accetto» di quel g rande artefice dell'umorismo che fu il Ferravilla ? Ebbene, la frase pronunciata da Caillaux, non appena ebbe presa visione del mandai d'emmmer-, ha un leggero sapore tecoppesco : « questo Governo è capace di tutto.... » Verissimo, Capace anche di arrestare Caillaux, verso il qua1e andavano sino alla vigilia le attestazioni fratellevoli del :radicalismo sociale. No. È veramente buffo il radicalismo I Quando poi diventa « sociale », allora fa la più attiva delle concorrenze ai « classici del ridere ». Il radicalismo, specialmente in Fra.pcia, ·ma. anche in Italia, t un miscuglio di plutocrazia e di demagogia. Ha un p iede nelle banche e un altro nei circoli e lettorali. Quando un uomo v i dice : « io sono un radicale I », vi fa la stessa strina impressione di un uomo

J'', ···

.

che si auto-confessi : « io sono un genio I » L'ambieote radicaloide è il più putrido che si possa immaginare. Quel digra.z.iato ubriacone di un Turme! era anche lui un radicale più o meno socialista. Il signor Lousta.lot, anche. E Malvy ? Della stessa congrega. c.aillaux era il capo riconosciuto del Partito. Ma il dramma non è finito. Altri personaggi stanno per entrare sulla scena e sono tutti dello stesso miJie11. '

In fine, queste carogne che dimenticano la Patria per ricordarsi soltanto del Partito, avranno la sorte che si meritano. Oemenceau ha vibrato un colpo mortale a questa sordida cospirazione germanofila. Tutta la maJa genia che attraverso la frontiera manovrava per facilitare il trionfo del Kaiser, è atterrita. È come se un tizzone ardente fosse stato gettato in un groviglio di vipere. Pareva impossibile I Caillaux non lo credeva . Non si sarebbe giunti sino a lui.... E invece. Ecco che noi abbiamo dinanzi agli occhi, in una visione completa, tutto il quadro clinico della malattia che ci angustiava. Non soltant o in Francia si è vcri6cato il fatto che gli attentati dell'interno siano stati pagati con un di più di sangue sparso sul fronte di battaglia. Anche in Italia questo è avvenuto e con episodi che ci hanno · percosso di dolore e di umiliazione, Ma è facile, purché lo si voglia, trovare in Italia le traccie della p'ropaganda caillautista, I nostri neutralisti conservatori non tenevano per vangelo che questa guerra fosse, come fu detto da un giornalista ben morto e che fu io vita commensale di Caillaux, la guerra della. « sterlina contro il marco » ? Non è strano che quel blocco delle nazioni latine che Caillaux voleva creare, per aggiogarlo poi alla Germania, sia tornato in una recente intervista di un ministro italiano? È oramai innegabile che

· Ca.illaux, durante il suo soggiorno in Italia, ha dato il « 1a )> alla campagna anti-inglese, cogli argomenti che conosciamo a memoria. Lo scandalo non solo francese, ma anche italiano Il fenomeno del disfattismo ha avuto in Francia e in Italia, con un'analog ia impressiona.ate, gli stessi uomini, le stesse manifestazioni. Nel giugno scorso le donne dei dintorni di Parigi reclamavano « i mariti » esattamente come le risaiole che tumultuarono un mese prima alla periferia di Milano. Anche in Francia come ·in Italia sono sorti giornali, grandi giornali, il cui atteggiamento ambiguo ricorda gli o,gani disfattisti pullulati a Parigi. Ma mentre in Francia un ministro imposto - al di sopra e contro il Parlamento - dalla volontà popolare osa i grandi colpi, in Italia H disfattismo quasi tollerato ancora. Tutto ciò che è stato fatto fino ad oggi è f rammentario, parziale. Qui si mettono in pratica le evangeliche massime nittiane del non « perseguitare i nemici». Qui si bruciano ancora incensi

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO O( ROMA 247

al simulacro di una .concòrdia nazionale che non può esistere. Qui si vuole - .e il Governo si acconcia di buon grado a questa grandissima ipocrisia - una unanimità parlamentare fra coloro che vogliono la vittoria e coloro che vogliono un Capore"tto più grande,

· sia pure non più militare, ma djplomatico. Qui i Grosso-Campana, i Ricci, i Mig1ioli, i Taverna, i Caroti e i cento altri che sabotano la N azione, circolano indisturbati. Qui un Morgari ha potuto, daHa tribuna parlamentare, proporre una specie di armistizio, senza essere nemmeno interrotto. Qui ci sono degli altissimi personaggi che prospettano le soluzioni medie, a base di <<parecchio» più Trieste città libera Qui, insomma, il Governo non si decide ancora ad imitare demenceau. Eppure i disfattisti d 'Italia sono in preda al panico. Sono sbigottiti, Cercano di intorbidare la visione degli avvenimenti, rievocando il caso Dreyfus, che divise cosl profondamente la Francia, e non vedono, questi illustrissimi signori, che, oggi, la Francia n on è divisa, ma unita attorno a Clemenceau, tanto che i partigiani dì Caillaux, come il socialista Lafont, sono costretti a <(rifarsi» s ul maggiore o minor rispetto alle norme procedurali. Quale meschinità davanti a cosl vasto dramma l

Come nella settimana che segui Caporetto, cosl oggi è possibile - se il Governo Io vuole - vibrare un colpo mortale al disfattismo. li Governo d']talìa non ha ancora dato segno dì vita, eppure non sentite come strillano forte i socialisti•uffìciali ? :È. la paura. Ma noi domandiamo : quanto « di più )> di sangue italiano dovrà ancora essere versato al fronte, in conseguenza degli attentati impuniti dell'interno?

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 18, 18 gennaio 1918, V. Pubblirato anche sull'edi2ione di Roma, N 20, 20 gennaio 1918, V

248 OPERA OMN(A DI BENITO MUSSOLINI

TUTTE LE ENERGIE !

È opinione diffusa e i circoli dirigenti e responsabili alimentano, colle loro manifestazioni, questa opinione, che la guerra sia giunta alla sua fase risolutiva. Veramente, non è la prima volta che lo si dice, ma, oggi, un complesso di dementi fa ritenere che la decisione della guerra non sia più tanto lontana. I belligeranti si accingono allo sforzo supremo. L'Inghilteqa prepara nuovi eserciti e a nnuncia che prima dell'aprile ben cinquecentomila dei suoi g iovani operai, sino a ieri esonerati, verranno arruolati per fronteggiare le conseguen ze del tradimento russo ; la Francia, che pure ha portato il peso più tragico della guerra, ha ordinato l'inizio delle operazioni di leva per la classe del 1899 e richiamerà, se sarà necessarìo, alcune classi di anziani per i lavori da compiersi nelle :retrovie ; in Italia il problema degli « effettivi » e del modo di aumentarli, torna io discussione. Si trat ta di <' raStrella:re » fra il nostro materiale umano e crediamo, se la rastrella:: tura sarà intelligente ed energica, che alcune centinaia di migliaia di uomin~ potranno jngrossare le nostre masse armate. GH Stati Uniti accelerano la loro p reparazione, Gli effettivi di parecchie divisio ni sono già sbarcati in Francia. Abbiamo motivo fondato di ritenere che l'esercito americano sarà la « grande rivelazione)) dell'imminente primavera

Non si può, non si deve i n questo momento, r inunciare o tra,.scurare l'utilizzazione di tutte le energie, grandi e piccole, se verame nte si vuole resistere e vincere. La Francia ha creato delle legioni polacche e recentemente un vero esercito czeco-slovacco. P e rché l'Italia non fa altrettanto ? Noi abbiamo pubblicato, tempo fa, una lettera che un gruppo di prigionieri ci aveva mandato. Erano slavi che chiedevano l'onore di combattere a fianco dei soldati italiani. Noi non possiamo dare, per ragioni comprensibili, la cifra dei prigionieri czeco-slovacchi disseminati pci nostri campi di concentramento. Diciamo solo che sono alcune decine di migliaia. D iciamo che di questi, ben diecimila soldati e quattrocento ufficiali, erano pronti, alcuni mesi fa, ad arruolarsi nell'esercito italia no. Aggiung iamo che le alte sfere militari non sono, in massima, contrarie alla creazione di questa armata di ìrredenti boemi. L 'opposh:ione o, piuttosto , le riserve partono dagli alti personaggi

dirigenti la nostra politica estera. Si dice che i trattati internazionali viet~no la creazione di armate di prig ionieri cd è vero. Ma si tratta dei trattati dell'anteguerra, che i tedeschi, per i primi, hanno allegrament e e cinicamente calpestato.

Il caso dei prigionieri czcco-slovacchi che chiedono 110/011/ariamente di tornare al fuoco contro YAustria-Unghcria, è tutt'affatto speciale. La Francia, che pure si è mostrata sempre rispettosissima delle vecchie concezioni dello j 11s genJi11m , ha costituito l'esercito e2eco-slovacco, che potrebbe, l o diciamo tra parentesi, essere meglio utilizzato sulla nostra fro nte che su quella franco-inglese. Un'altra obbiezio ne che è stata mossa ai propugnatori della creazione di questo esercito, è che l'opinione pubblica italiana non è preparata a questo evento. L'obbiezione nò n ha valore. L'opinione pubblica italiana comincia a rendersi perfettamente conto dell~utilità grande che un' iniziaùva del genere potrebbe avere, ai fini della vittoria. L 'opinione pubblica italiana saluterebbe con la più fervida simpatia l'entrata in campo dei boemi. Da questo lato, nessun inconveniente. Gli italiani so no uniti da secoli, con vinco li di grande solidarietà spirituale coi boemi, e la g uerra attuale invece di spezzare o allontanare quei vincoli Ji ha rinsaldati ; in quanto non vi è oramai italiano che non sappia che la n obile nazione boema lotta ad armi corte da un secolo oramai contro l'Austrfa-Ungheria, E questa lotta è stata ed è il duro calvario di tut to un popolo I T e rza o bbiezione : le eventuali rappresaglie su nostrì prigionieri. Questa obbiezione impone di riflettere. Ma, oramai , non si vede come in fatto di trattamento ai prigionieri l'AustriaUngheria potre bbe superare se stessa. È documentato ufficialmente che i nostri prigio nieri sono stati e sono adibiti a lavori in zona di g uerra, nelle prime linee. La quarta e ultima obbiezione è la più seria : ragioni d i umanità, si pensa nelle nostre sfere, vietano di creare l'arm ata czeco-slovacca, percht ciò equivarrebbe a mettere i fratelli contro i fratelli e a espofre alle feroci vendette dell'Austria quelli che cadessero prigionieri. Osserviamo, anzitutto, che se un esercito czecoslovacco fosse un fattore d i vittoria, determinasse cioè, si~ pure in piccola pàrte, uno scioglimento più rapido del dramma mondiale, sarebbe altamente « umanit.ario >) precisamente il viceversa. Ma poi questa « fraternità>> le cui leggi sae.te sarebbero violate non esiste fra soldati boemi e soldati austriaci di razza tedeSca o magiara, per il solo fatto dell'appartecÌenza., come sudditi, allo stesso Stato ; tale fraternità esiste soltanto fra soldati slavi e questo spirito cli fraternità non solo non sarebbe violato, ma potrebbe costituire un elemento dì disgregazione nelle file dell'esercito austro-ungarico. Noi siamo dunque favorevoli alla immediata costiturione di un esercito czcco-

250 OPERA OMNIA Dl BENJTO MUSSOLINI

slovacco da reclutarsi, mcdh.ntc arruolamenti solamente cd esclusivamente « volontari », fra i nostri prigionieri, per le seguenti ragioni : t, i soldati boemi sono valorosissimi, quando combattono · contro l'Austria (la legione czeco-slovacca ha compiuto veri miracoli d'eroismo in Russia e in Francia); 2.. i soldati boemi sono amici fidati e leali dell'Italia e sono nemici acerrimi e irreconciliabili dell'Austria-Ungheria ; 3. il loro esempio avrebbe un altissimo valore « morale » per i nostri soldati, Poiché quella dei boemi sarebbe veramente, come ci diceva un amico nostro, membro del Consiglio Nazionale czeco sedente in Roma, una « dedizione suprema». I soldati boemi sanno quello che li attenderebbe, se la sorte li facesse cadere in mano ali' Austria ; e sart!lo anche quello che attenderebbe le loro famiglie. Ma ciò non li sgomenta. La lotta ch'cssi hanno impegnato Contro l'Austria-Ungheria è urui lotta all'ultimo sangue. « C'era una Boemia p rima dcli°AustriaUngheria 1 , vi sarà una Boemia dopo l'Austria-Ungheria I»: questa è la parola d'ordine lanciata dal profeta della nazione czeca, a tutti coloro che, esuli, vanno raminghi per le contrade del mondo, a tutti coloro che soffrono in Austria, nell'attesa del gran giorno della liberazione.

Una cosa è cetta intanto: che la creazione dell'esercito czecoslovacco in Francia ha suscitato vivo allarme e vive p reoccupazioni fra i dirigenti di Vienna e di Budapest, Ed è certo anche che l'appa-rizione al nostro fronte di una legione czeco-slovacca porrebbe l'Austria.Ungheria dinnanzi ad un altro problema di difficile soluzione. Noi speriamo che l'azione del Comitato vincerà le ultime resistenze della Consulta e che sarà presto concesso ai boemi che lo vorranno di riprendere le armi contro il nemico comune.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'lt•lia, N. 19, 19 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edi, zione di Roma, N. 21, 21 gennaio 1918, V.

DAL MBSSAGGIO DI \VJLSON AL CONVEGf'.i!O DI I\OMA 251

POLITICA INTERNA

BENI E SUDDITI NEMICI

Le nuove norme pei sudditi nemici residenti in Italia, che la Stefanf ha diramato ieri ai g iornali, non ci soddisfano completamente, perché ci appaiono non decise e precise. Abbiamo· già dimostrato, al pdmo annuncio dei tanto invocati provvedimenti, che non e ra « l'inte rna mento >> quella che veniva o sarebbe stato applicato ai s udditi nemici, ma un semplice divieto di ~aggiorno in determinate località e « l'obbligo di dimo ra» in altre deter m inate località .

Sta di fatto che i sudditi tedeschi hanno a loro disposizione quattrO provincie, secondo il verbo ministeriale, ma i nostri informatori ci assicurano che le provincie a disposizione dei tedeschi sono ancora 67, se è vero che il prof. Bcloch si sia trasferito da Roma a Siena, come qualcuno, vecchia conoscenza del pubblico milanese, se n'è andato da Milano a Torino. Inoltre le «norme» che abbiamo davanti ammettono delle eccezioni per <e gravi ragioni di equità, di pietà o d'interesse pubblico».

Non comprendiamo bene, quale « interesse pubblico italiano » possa essere tutelato o vulnerato dalla presenza o meno di un suddito tedesco in una certa località. È forse per gravi ragioni d ' interesse pubblico che sfuggirono, sino ad oggi, ad ogn'i internamento i signori [ cen1ura ], pru~sia no autentico, [ cen1ura ] e [ m,mra ] a Torino, del quàle possed iamo la fotografia in uniforme di ufficiale di artiglieria tedesco?

Se l'intçrnamento fosse stato « internamento >> vero e proprio in baracche, allora si potevano anche comprendere certe indulgenze, per « ragioni gravi di pietà»; ma dal momento c he i sudditi nemici possono vivere come vogliono, anche in un grande albergo, la «pietà>) è fuori di questione.

Ma poi anche l'« obbligo di dimora», ché a tale misura si riduce l'inte rnamento, soffre delle eccezioni in quanto il decreto ammette la t< facoltà d i risiedere in una località diversa da quella assegnata». Vero

è che questa facoltà è revocabile ad ogni momento e che non può essere concessa, qualora due cittadini italiani non diano garanzie

circa la innocuità del suddito nemico, ma in certi luoghi i cittadini che si presterebbero a rendere quest o servizio, sono più di due....

Veniamo ai beni. Noi ci attendevamo un decreto g overnativo di sequestro ; cioè una misura generale per tutta Italia. Al contrario, la facoltà di sequestrare, o meno, i b eni dei sudditi nemici, viene lasciata ai singoli p refetti Ci fosse - almeno - un ordine t assativo ai prefetti di procedere al sequestro dei beni ! È detto inve ce che i prefetti << posso no» fulo, quindi anche non farlo. Ci sono dei prefetti che si affretteranno ad applicare il decreto, n el senso di appro~ttare della facoltà che viene loro concessa : ci sono dei prefetti che - ave ndo mano libera - lasceranno indisturbati i beni d ei sudditi nemici. E si può star certi che la maggiore o minore audacia prefettizia, dipenderà dalla qualità e dall'importanza d ei proprietari dei beni da sequestra re Può verificars i questo caso : che i beni d ei tedeschi in una data prov incia siano sequestrati e, nella fi nitima provincia, rispettati

Ma la faccenda si complica an cor di più, qua ndo si pensi che gran parte del patrimo nio dei tedeschi in Italia - valutato ìn cifra tonda a sei miliardi - ha subito dal 1914 ad oggi le più raffinate truccature neutrali o italiane. Pe r cui può accadere che un povero diavolo dì prefetto qualunq ue, debba, per arrivare al (( bene >> del tedesco, passare sul corpo di qualche italiano o dì qualche neutrale Ora, i prefetti rifuggono p er la Jo ro costituzione organica da queste tragedie e sono rarissime volte capaci d i prendere di fronte certi <i pe2Zi grossi » dai portafogli imbottiti, i quali si valgono anche di p ressio ni politiche, che fanno eserdtare dai s ig nori deputati. Non si pu ò chiedere ai p refetti u n coraggio leonino I I I Tanto più che u n discreto n u mero di questi funzionari preconizzava p iù o meno larvatamcÒtc u n accordo parecchìsta colla Ger mania....

- Dunque : i beni dei sudditi nemici saranno o non saranno sequestrati. Ma nella diffici le ipotesi di un sequestro, le rendite dei beni sequestrati potranno essere pagate ai proprietari. I quali, alla fin e, non ci perderanno nulla, no n essendo esclusa a priori, in seguito a nuovi eventi, una « revoca )> del sequestro. Domandiamo : per qua nto tempo d ovranno essere pagate le rendite ai proprietari dei beni tedeschi? Noi siamo certamente degli inco lti profani in materia d i diritto internazionale, n ella quale materia l'on. Orlando ha fama di cru.estro, ma pensiamo che il Paese avrebbe accolto con vera, intima, profonda soddisfazio ne un d ecreto concepito in questi termini, che - modestamente - ci sembrano precisi.

Articolo 1 - T utti i beni mobili e immobili dei sudditi n emici passano in p roprietà dello Stato italiano.

DAL MBSSAGGIO DJ W JLSON AL CONVEGNO DI ROMA 253

Articolo 2: - Le rendite di detti beni saranno devolute a un fondo nazionale pro combattenti e loro famiglie.

Un decreto di questo genere semb ra ferire la coscienza g iuridica dei nostri puritani, ma n on v'è altra misura da adottare, per rifarci un poco dei danni immensi che la rapina e la strage perpetrate dai vandali ci hanno inflitto.

I tedeschi ci saccheggiano, ci spogliano, ci rubano tutto. Il bottino « mobile >> fatto dalla Germania in questi tre anni di guerra raggiunge la cifra enorme di alcune decine di miliardi. E noi siamo a!lcora al periodo delle mezze . misure.

Ma quando si decideranno i nostri goverrianti a fare la guerra integrale?

MUSSOLINI

Da Il Popolo d' llalia, N. 20, 20 gennaio 1SH8, V. Pubblicato anche su.ll'edizione di Roma, N. 22, 22 gennaio 1918, V ,

2l4 OPERA OMNIA Dl BBNITO
MUSSOLINI

L' INTERMEZZO Il FINITO

La serie dei discorsi pacifisti apertasi a Londra col discm:so di Lloyd George è stata chiusa a Londra con un discorso dello stesso ministro e con un contraddittorio che i giornali·italiani hanrio trovato interessante, sinto matko -a seconda dei gusti - fra ministro e delegati operai.

I tradc-unionisti hanno « questionato >) il Premier inglese su m olti argo menti di politica, di. economia, di diritto. Lloyd Gcorge ha risposto più o meno ·efficacemente e pare che le sue dichiarazioni abbiano r accolto il consentimento dei r appresentanti delle p o te nti o r ganizzazioni operaie inglesi.

Noi - è quasi pleonastico il dirlo - non ci « formalizzia mo » dinnanzi a questi che sembrano nuovi «procedimenti>> di goyerno. Noi troviamo che può essere assai proficuo ai fini dell'utilità pubblica questo contatco d iretto fra governi e governati al di sop ra d elle rappresentanze legali. che « siedono» nei parlamenti, il che s ignifica - sia detto per incìdente - che si va verso 1a trattazio ne diretta degli affari di stato fra gli interessati, la qual cosa può voler dire la fine dei parlamenti trad izion ali,

Ma di ciò riparleremo a migliore occasione.

Il disc orso di Lloyd Geor g e è n o tevole, per ch é chiude la parentesi d elle illusio ni pacifiste germogliate d ai discorsi che ha nno echeggiar o in q ues ta prima metà di g ennaio dall'uno all'altro con tinente, in milioni e m ilioni di cuo ri .

Si è cr eduto, a un certo momento, che ·si fosse già ai preliminari di pace. Che i discorsi tenuti a Londra o a Washington fossero u n p reludio degli altri discorsi da tenere a Berna o a Madrid ;·che m ancasse, fra i belligeranti, soltanto il contatto materiale o topografico, ma che ci fosse già una specie di contatto morale, un punto d'intesa, a lmeno sulle questioni fonda mentali; che si fosse, in altri termini, alle prime battute del grande dialogo, agli esordi della discussione che porrà fin e al conflitto fra le genti d'Europa e d'oltre mare.

Anche fra il pubblico delle persone intelligenti vi apitav a di sentir formulue questa. proposizione : dal m o mento che Lloyd Gco r gc e W ilson parlan o in ta.l mo do, qualche cosa « sotto » ci dev'essere. .. •

17 • X

E «sotto» non vi era e non c'è proprio niente. Lo ha dichiarato lo stesso Lloyd George nel suo ultimo discorso, con una immagine.... bancaria, molto efficace. L'Inghilterra e l'America, C!)i discorsi Lloyd G eorge e Wilson, avevano spiccato uno rhiq11e cli pace che la Germania avrebbe dovuto ritirare. Ma 1a Germania di Hindenburg e Ludendorff ha respinto lo cbJq11e. Quando diciamo la Germania di Hindenburg e di Ludendorff, intendiamo dire tutta la G ermania, p erché i movimenti d'opposizione alla politica annessionista del militarismo prussiano - rappresentato a Brest-Litovsk dal brillante generale Hoffmann - n on esistono o sono insignificanti. Tutta la Germania respinge le offerte inglesi o americane, perché tutti i partiti della Germania - socialisti di ogni qualità compresi - sono annessionisti se no n ad ovest, ad est; se non per questa guerra, per q uella che smembrò nel I 87 I la Francia. Coloro che si attendevano un dialogo, un contraddittorio .a base di discorsi fra Londra e Berlino, sono rimasti delusi. Berlino tace, di fronte all'Intesa, e parla di fronte ai russi, per sostenere i diritti della Germania sulle regioni baltiche.

E allora, qualcuno si domanda, quale «utilità)) hanno avuto i discorsi di Lloyd George e di W iJson ? Vediamo: nel confronto d ei bolscevichi, l'utilità di quei discorsi non c'è stata, perché i seguaci di Lenin e d i Trotzky continuano a sostenere che l'Intesa fa una guerra imperialistica; e quanto ai bolscevichi d'occidente, che si chiamano « pellegrini di Kienthal » in Francia o so cialisti ufficiali in Italia, niente c'è di mutato nel loro atteggiamento, dopo i discorsi « mìnimisti » pronunciati a Londra e a Washington . La riduzione dei fin.i di guerra ha lasciato, nell'interno delle nazioni, le cose come prima. MacDonald e King sono sempre gli stessi petulanti tediatissimi rappresentanti del pacifismo in glese; Brizon è sempre Brizon; Lazz:ari è sempre Lazzari.

I sig nori ministri p ossono « ridurre>) a volontà i fini di guerra, ma non arriveranno a rallier alla guern le minoranze sovietizzate che sono all'opposizione sul terreno antinazionale della lotta di classe, Quelli che _ sono nella « concordia nazionale», intesa questa pure nel sènso di « lealismo patriottico », ci restano ; gli altri, che sono fuori, rimangono fuori. Dunque, agli effetti interni l'utilità dei discorsi è stata nulla o quasi, anche per le polemiche che hanno provo• cato, Nei riguardi internazionali non si è fatto un passo avanti, Ma si ·può andare più in là. Noi dubitiamo che i discorsi, non ·certo per le intenzioni di coloro che li hanno pronunciati, ma per il tempo e per il modo col quale sono stati presentati e comment ati, possono avere esercitato un'influenza negativa sul popolo armato delle trincee.

OPERA OMNIA DI BBNITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI \VILSON AL CONVEGNO DI ROMA 2,7

Se al pubblico in genere. che non « fa » la guerra, è apparsa in un certo momento non più lontana, ma quasi immediata l'eventualità della pace, la stessa imp"ressionc - ma rafforzata dallo speciale stato d'animo che la guerra crea nelle masse - devono aver ricevuta, l'hanno ricevuta i combattenti. Non è « pericoloso » questo continuo gioco cU alti e bassi ? Non sarebbe meglio parlar di pace quando ci sia veramente il fatto nuovo che permetta di sperare nella conclusione della guerra ?

Da Il Popolo d ' Itali&t, N. 21, 21 geonaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 23, 23 gennaio 1918, V.

IL PRESTITO DELLA RISCOSSA

MILANO DARA UN MILIARDO ?

Un'agenzia -n on ufficiosa - di Roma e un confntello milanese assicurano che solamente nella prima giornata del nuovo pu:stito le sottoscrizioni a Milano raggi unsero complessivamente un quarto di miliardo, cioè 2.50 milioni. A questa cifra cospicua sarebbe da aggiun• gcre la sottoscrizione di Bo milioni fatta dalla Cassa di Risparmio. A quest'ora dovremmo dunque, se le cifre che abbiamo riferito sono esatte, essere vicini ai 4 00 milioni. Non ricordiamo i totali precisi dei prestiti precedenti. Il primo non superò i duecento milioni, il secondo toccò i duecentocinquanta; il terzo iliede trecento milioni ; il quarto ne diede quattrocentosessanta circa. Può, dunque, d irsi che Milano ha dato complessivamente nei prestiti precedenti oltre un miliardo. Ora, noi crediamo che quest~ Cifra sarà raggiunta con l'attuale prestito della riscossa. Non voglimo, in questo momento, esaminare se l'accentramento chè è stato effettuato a Roma nel Consorzio presieduto da Bonaldo Stringher, sia stato efficace o dannoso ai fini della propaganda per il prestito. Forse, valeva meglio lasciare un pò di libertà ai singoli iStìtuti, per la necessaria rlcla111t che deve variare a seconda delle regioni e delle città. A Milano, per fare un esempio, erano stati « obliati » per le inserzioni del p restito tre giornali come la Perrtveranza, La Stra, L'Italia. L'erro re C stato riparato, ma q uesto dimostra che da Roma non si può saper tutto, pesar tutto, conoscere tutto. Solo ieri è stato affis~o per le mura della città un manifesto murale a colori;: molto indovinato e suggestivo, Speriamo che tutta la necessaria réclame sia fatta, perché non sono pochi quelli che hanno bisogno di essere solleciçati a compiere il loro dovere d'italiani, specialmente in materia fina.miarfa. Una delle manifestazioni più imponenti e sint o matiche della classe industriale milanese ha avuto luogo sabato, a proposito appunto del prestito della riscossa. Tutto il grande mondo dell'industria milanese e lombarda era rappresentato. Fu deciso, come abbiamo già riferito nella nostra cronaca di ieri, una sottoscrizione globale al prestito della riscossa per cifra che dovrà essere tale da affermare la potenza economica della industria lombarda.

Questa cifra globale no~ è stata 6ssata. È stato invece stabilito che giovedl 24, si inizierà la sottoscrizione collettiva. Certo che questa cifoi globale non potrà essere esigua o , pci: cscmpfo, inferiore a quella votata. dalla Cassa di Risparmio. Perché, in tal caso, sarebbe stato inutile di aver votato un cosi fiero ordine del giorno, nel quale si parla di « potenza economica dell'industria lombarda, di fede inconcussa nella vittoria e negli alti destini della Patria~. Ma l'ordine del giorno è importante anche perché in esso la classe industriale lombarda dichiara « il suo fermo proposito di esercitare l'i nfluenza che le compete nella economia e nella vita della Nazione ». Siamo lietissimi di questo proposito. Siamo lieti che la classe i ndustriale:, cioè la classe dei padroni - produttori (e non soltanto «sfruttato ri)> , come: si diceva nel vecchio gergo del socialismo) - prenda co scienza della sua forza, della sua importanza, del suo compito sto rico. Di ciò appro6ttcrà - .venuta l'o ra, se quell'ora fatale dov rà venireanche la classe operaia. E il mezzo migliore per dimostrare ch e la classe industriale lombarda ha diritto di esercitare un'influ enza sulla vita economica e politica della Nazione, è quello di dare al prestit o una cifra « global.e » che sia veramente potente. Gli industriali intelligenti e i cittadini in genere sanno ch6 (hi dà il dmaro alla N azione lo dà a 1e !lesso. Noi attendiamo, con una certa impazienza, la g iornata di giovedl 24, che deve darci il « polso» della classe industriale lombarda, Abbiamo motivi di credere che la nostra 6ducia non sarà delusa.

Non è qui il caso di ripetere le ragioni Urgenti; supteme ch e impongono di dare, dare. dare sino al limite del possibile e o ltre. Ci sono delle ragioni d'ordine mondiale: co me il n ostro prest igio morale, il nostro credito politico-economico di fronte alle nazio ni amiche, neutre e nemiche ; ci sono delle rag io ni d ' indo le: nazionale come la necessità di rimettere al più presto p ossibile il nostro esercito nella sua piena c:ffi.cenza di mezzi materiali e di mig lio rare ancora le condizioni dei combattenti: c'è infine una ragione che chiameremo « milanese » in quanto interessa Milano, com e Milano e nessun'altra città, Milano non deve soltanto fare onore alla sua quali6c.a di «capitale . morale » d'Italia, ma deve mostrare al nemico la sua tenace, superba, secolare anima anti-tedesca. Oggi specialmente che il nemico rivela tutto il suo odio contro Milano.

Coloro fra noi che sono incerti, esitanti o spilorci, riflet tano su queste parole pronunciate dall'on. Crespi, Commissario generale dei Consumi, nel suo discorso tenuto recentemente al Teatro dei Filodrammatici:

o: La meta dd nemico ! questa nostra Milano che comanda strategicamente Genova e Torino. Occupata Milano, il nemico avrebbe in mano il 50 per cento

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 259

delle nostre industrie di guerra, e distruggertbbe il resto, distruggendo con facili bombardamenti aerei le officine di 'forino e di Genova.

Nessuno più s'illuda nl itali&no né alleato, I.a conquista di Milano darebbe a lla causa dell'umanità il più t erribile crollo. Guardi a noi il mondo civile se vuol salvare se stesso! E bisogna d'altronde che il nostro popolo sappia che noi stiamo avvicinandoci alla czisi acuta in ogni campo: militare, economico, civile». È

chiaro?

Ma chi difende Milano, e con Milano la causa, l'esistenza stessa dell'Italia e l'avvenire della civiltà ? Chi ci protegge dalla strage e dalla rapina dei ba.rbari? I soldati che sono in linea fra Brenta e Piave. Bisogna armarli, nutrirli, equipaggiarli ; bisogna aiutare sempre più generosamente le loro famiglie ; ma per nutrire e armare il popolo delle trincee che difende l'altro popolo che lavora, all'inte rno, occorrono dei miliardi. Chi ha dei denari, li dia I Che nessun cittadino debba amaramente pentirsi o sentirsi lacerato dal più tragico dei rimorsi, domani I

Da J/ P.opolo d'}talùl, N. 21, 21 gennaio 1918, V

260 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DISCUSSIONI

L'Unità reca nel suo ultimo numero un articolo di Gaetano Salvcmini in polemica con noi per ciò che abbiamo scritto in questi ultimi giorni sulle questioni che ci dividono dagli slavi del sud. D ice Salvem.ini :

« Volere, come fa Mussolini, la Dalmazia e volere lo smernbnmento del1'Austria, una contraddizione in termini. Chi vuole la Dalmazia deve volere che gli ,lavi del sud rtitino divisi ».

Adagio. Precisiamo.

Anzitutto non inutile ripetere quello che su queste colonne stato detto più volte, che cioè per noi le questioni d'indole territoriale hanno un valore più o meno donùnante a seconda che la soluzione di esse, in un senso o nell'altro, garantisce o meno u n periodo più lungo di tranquillità fra i popoli. Questo si spiega quando si ricordino i « movimenti)> ideali del nostro interventismo. Siamo stati certo fra i primi a rilevare che. dopo la rivoluz ione russa e l'intervento americano, le questioni d 'indole territoria le che di videvano gli Stati sembravano passare in seconda linea davanti a.i fini generali di guerra, arbitrato, disarmo, ecc. Ma ecco che a Brest-Litovs k le questioni d'indole nazionale tornano al primo piano, perché <Qnditio sine q11a non al libero disporre di se stessi, è che si sia liberi da ingerenze o dominazione straniera. Qui c' è una vera e propria contrad~ dizione in termini. Per esemplificare : i popoli della Curlanclia, della Lituania e dell' Estonia, come potranno disporre di se stessi, se saranno mutilati o oppressi dal punto di vista nazionale ? Condizione dunque pregiudiziale perché le nazioni nell'Europa di domani Vadano d'accordo e il pericolo di nuove guerre sia eliminato, non è già di concertare in a nticipo arbitrati e tribunali, ma di sistemare nel miglior modo possibile le nazioni stesse.

I problemi d'indole. nazionale hanno ancora un'imporu.nza assai grande, in questo t erzo tempo della guerra europea. Ma noi non voglia.mo sopravalutarla. Non vogliamo vedere la guerra, qu~ta guerra, soltanto sotto la specie dei fini nazionali da raggiungere, ma - non

astraendo da questi e in armonia con questi - vogliamo a.ffermarc - se p ~ssibile - e « realizzare » il senso della guerra nei suoi fini che vanno al di là degli interessi di una nazione sola, per comprendere quelli dell'umanità. Dato questò nostro stato d'animo, questa nostra orientazione mentale, noi siamo sempre pronti a ri vedere, a ristudiare certi problemi oggetto di controversia, poiché non abbiamo verità ri velate o dogmi . che ci leg hino a perpetuità.

Il nostro punto di vista circa il problema italo-a~striaco, in questo momento, si riassume nei capisaldi seguenti :

1. L'Austria-Ungheria non si può far « sa~tare >) dall' esterno, battendo solamente sulla sua corazza militare ch e è oramai germanica. La co mpagine militare a ustriaca ha superato crisi formidabili. Oggi è in balia della Ger mania. È ass ai difficile vibra re aUa dinastia bicefala un colpo tale - militarmente parlando - da pote rne determinare lo sfacelo dall'interno.

z. Per ottenere questo scopo - essenziale, perché provoche. rebbe immediatamente il crollo della potenza militare di Mitteleuropa - è ·necessario « far leva» sulle nazionalità oppresse dell'interno, su quei venti milioni di czcco-slovacchi, serbo-croati, sloveni, romeni, ruteni, italiani, che anelano alla liberazione dal giogo degli Absburgo.

3. JJ braccio di questa leva dev'essere l'lta.lia. L'Italia deve mettersi alla testa di tutti << gli irredenti» dell'Austria-Ungheria. L'Italia deve affratellare questi irredenti per l'azione comune di oggi, che sa.rà una preparazione necessaria ed eccellente alla p acifica convivenza di domani,

4. Dal momento che un dissidio non ancora composto fra italiani e jugo-slavi impedisce l'avvento di questa v eramente santa alleanza di tutti i popoli anti-austriaci, oppressi dalla razza tedesca e da quellà magiara, è necessario tentare· di comporre questo dissidio, elaborando quelli che saranno i futuri accordi delle diplomazie, con intese dirette fra i popoli interessaci. La Democrazia Sociale Irredenta è in quest'ordine d'idee e sta organizzando un convegno italo-jugoslavo-czeco-slovacco.

E qui casca - secondo Gaetano Salvemini - la nostra conttaddizionc, « L'intesa italo-jugo-slava non è possibile finché voi vorrete la Dalmazia». E per illazione : senza intesa italo-jugo-slava, niente in.tesa e azione anti-austriaca di tutti gli irredenti, e senza quest'azione

262 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

niente disfatta dell"Austria e relativo smembramento, e senza disfatta dell'Austria - lapalissiano - niente vittoria....

Va bene, ma dove l'amico Salvemini ha pescato che noi vogliam~ la Dalmazia? Noi non abbiamo énai sostenuto la tesi che il Salvemìni chiama « imperialista ». Mai. Sia detto, per la verità. In un primo tempo, e precisamente nel novembre-dicembre 1916, abbiamo sostenuto questa tesi : Dalmazia, o meglio litorale dalmata da Zara al Narenta. In seguito al Patto di Londra, noi ci siamo ralli!s a questa tesi : litotale dalmata da Zara a Traù. Come si fa a dire o nestamente -e parliamo a un galantuomo - che questo significa ptetendere la Dalmazia, quando si rivendica il diritto dell'Italia su di una sola città che è Z ara, e su un tratto di costa che non arriva, forse, ai 90 chilo me tri ? Insomma : se gli sloveni, i croati e i s erbi h anno diritto di no n essere italianizzati per forza, lo stesso diritto di non essere viole ntemente serbizzati o croatizzati lo hanno o non lo hanno anche gli ita liani c!elle città e dei villaggi lungo il litorale dalmata? Perché questi italiani esisto no. Diciamo : esisJono. N o n solo, ma rappresentano l'elemento indigeno. Saranno pochi: saranno 40 mila come pretendeva il goriziano Graziano Ascoli, oltre a 2.0 mila bilingui ; saranno 40 mila come_ calcolavano il Samminatelli e Pasquale Villari ; saranno 18 mila come pretendono le statistiche ufficiali austriache o 80 mila secondo a1tri studiosi ; ma, insomma, esistono; ma, insomma, Zara ha ·avuto un municipio italiano sino alla vigilia ·della guerra e altri municipi furono croatizzati per fot2a dall'Austria-Ungheria.

È un erro re, secondo noi, un grave errore reclamare tutta la D almazia, dal mare al displuvio delle Dinariche e da Zara alle b ocche di Cattaro , ma è altrettanto grave errore, dal punto di vista politico e morale, abbandonare al suo destino la « valorosa p opolazione del litto rale dalmata», come leggiamo in un documento riportato nello stesso numero d ell'UniJà .

Ciò ch'è serbo, sia dei serbi; ciò ch' è sloveno, sia degli slov eni ; ciò ch'è croato, sia dei croati; e se questi tre popoli riunendosi insieme vogliono poi associarsi coi serbi e coi montcncgrirù, noi non abbiamo nulla in contrario ; ma Gorizia, ma Trieste, ma Fiume, ma Zara. che sono italiane, italiane devono diventare, se si VU(?le" rispettare e attuare il « principio di nazionalità» per tutti i popoli.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d' ll.li.., N. 22, 22 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 24, 24 ~nnaio 1918, V.

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Mf!SSAGCIO DI WJLSON AL CONVEGNO DI ROMA

POLITICA INTERNA

ORLANDO DEVE VENIRE A MILANO

E d ora che la visita di Orlando a Milano ha subito ancora un rinvio, ci permettiamo di r iprendere l' a rgomento che ba fatto sco rre re ta nto inchiostro q ui e a Roma.

Anzitutto precisiam o il carattere d ell'invito, che è s tato, nel p rimo e od secondo t empo , interventista. La prima volta sonò andati a Roma due interventisti del Comitato d'Azione fra mutilati e invalidi di guerra, uno dei quali, il Gilardi, decorato con t re m edaglie d 'argento al valore e proposto per una medaglia d 'oro. La seconda volta - dopo una serie di riunioni alle quali non abbiamo assistitosono partiti per la Capitale a ripetere l' invito altri personaggi autore voli dell'interventismo milanese. Ora, se in tutto questo v olere, disvolere, rivolere, c't qualcuno che non ci fa del tutto una brillantissima 6gura, non è già l'on. Orlando, il quale non si è auto -inviuto, ma - sia detto con t utto jl si ncero rispetto che abbiamo per alcune istituzioni e alcuni uomini -l' interventismo milanese Tutto questo retrosce na ha (<pregiudicato» in un certo senso Ja visita stessa, ma p oi sono sopraggiunti nuovi avvenimenti, dinanzi ai quali le facccndllo]e interne dell'interventismo milanese passano in seconda o ultima linea, mentre si rende necessario che il Governo parli e parli precisamente a MiJano. L'a tteggiamento di certuni di fronte all'eventualità d i una visita O rlando , è stato ed è abbasta nza strano, per n on dire grottesco. È sembrato ad un dato momento - per la frequenza d i certi terribili e minatòri punti interrogativi - che la venuta dell'~n. Orlando a ·Mil:m o costitufase una specie di profanazio ne, d i contaminazione della città, o ppure una specie di lavacro di tutte le co lpe dell'on. O rlando, con il conseguente rito di pud6cuione e di riconsacrazione. Di qui il proposito - espresso colla sequenza dei punti interrogativi - d'impedire la v enuta dell'on. Orlando a Milano.

Se c'è qualcuno che n on p uò essere sospettato di soverchie tenerezze per l'on Orlando, quel qualcuno è da ricercarsi fra noi. Anche d opo il mutato atteggiamento dell'on. Orlando - mutamento che noi ab-

biamo rilevato, perché sonq soltanto i pazzi o g li imbecilli che non si inchinano alla evidenza dei fatti - noi siamo di fronte all'attuale Presidente del Consiglio in istato di a.rpettativa diffùknte. Ma da questo al non volere che il Capo dd Governo d'Italia visiti Milano, c'è un bel salto. Se ci sono delle ragioni per « impedire» la venuta delJ'on. Orlando a Milano ; se ci sono dei motivi cosi forti da rendere intollerabile la presenza - anche per un giorno solo - dell'on. Orlando a Milano; se insomma si ritiene che l'on. Orlando - oltre alla parte grande di responsabilità che gli spetta e che noi gli abbiamo addossato anche prima di Caporetto - ha tutta intera la responsabilità della disfatta - anche in ciò che fu il risultat o di deficcnze t ecnic he e puramente militari (e vedi all'uopo la impressionante documentazio ne dell'on. Gasparotto) - allora, illustri signori, è troppo poco impedirgli di visitare - con dei ringhiamenti, che sarebbero simpatici, se non ci fossero dei retroscena - Milano. BiJ()gna itnpedirgli di gQvernare l'Italia, bisogna impedirgli di rovinare per sempre l'Italia. Bisogna rovesciarlo. E p oiché a.Itri ministri, come l'on. Sonnino e l'on. Bissolati, h anno esternato da ben due anni a questa parte più volte e solennemente la loro solidarietà all'on. Orlando, è tutto il Ministero che deve andare all'aria.... E siccome la Camera italiana è quella che è - coi suoi Taverna, Grosso-Campana e simili - l'avvento quasi inevitabile di un Governo disfattista con in testa il « noto » personaggio, dovrebbe essere impedito [.... censura ] non soltanto con articoli o «vibrati)) ordini del giorno [Cenmra]. Bisogna, dunque, prima di fare dell'opposizione, sceg liere il terreno, e non varcare - salvo il caso in cui fossimo costret ti ad optare tra una rovina certa e una rovina incerta - j limiti segnati daUa ragione e dal buon senso. ln Italia, malgrado tutto, non siamo ancora a questi estremi.

La v isita dell'on. Orlando è stata persino presentata come una specie di de<lizione, di resa della città. Ora, Milano, -e intendiamo con queste parole di sintetizzare gli elementi direttivi deUa vita cittadina - non abdica. L'on, Orlando non com{'ra Milano, perché Milano non si vende. Non ci risulta. che fra i numeri della cerimonia ci sia anche l'atto di o maggio, alla guisa medioevale, quando i ·consoli del Comune reca vano su di un vassoio d'argento le grosse chiavi delle porte al nuovo signore che veniva da lontano, •., È tempo di spogliare le visite dei ministri di tutto quell'apparato etichettistico e spagnolesco, residuo ingrato dei secoli della nostra servitù. I popoli liberi ricevono i ministri non in ginocchio, ma in piedi, a fron te alta, colla cortesia - non smancerosa - degli uomini forti e coscienti, poic~é sono i « ministri )> che ripetono la. loro sovranità dal popolo

DAL MESSAGGIO DI WlLSON AL. CONVEGNO DI JtOMA 26~

che combatte e che lavora, non già questi da quelli. Cosi avvccrà per la visita dell'on. Orlando a Milano. Noi non gli abdicheremo quel diritto di critica e di opposizione che abbiamo esercitato ieri, esercitiamo oggi cd cScrcitcremo, secondo le circostanze, più o meno accanitamènte anche domani.

Ma una parola del Governo nOn può tardare. E noi preferiamo che sia detta a Milano, piuttosto che a Mo ntecitorio. Al popolo di Milano, e quindi al popolo di tutta Italia e non soltanto ai colendissimi «seimila» che si riunisco no di quando in quando nel Camerone, senza che il Paese lo desideri. La coscienza nazionale soffre da due o tre settimane di un oscuro disag io. Si ha l'impressione e non è solt a nto nostra, che l'Italia sia un po' in ritardo, col pericolo di « p erdere la co rsa )} ; si ha l'impressione che certi circoli dirigenti la n os tra politica nazionale siano rimasti indietro, parlino un linguaggio quasi arcaico, pratichino sistemi che in qu esto formidabile rivolgimento dei mondi appaiono s11rannù; s i ha l'impressione che bisogna · alzare di quando in quando le portiere felpate dei gabinetti diplomatici, per prendere più diretto contatto colle correnti vive che si agitano nel profondo, poiché a Roma non si sta « senza 11n'idea 11niver1ale » ; per tutto ciò e pe r altro ancora ch'è inutile dire, ma che tutti intuiscono , è necessario che il cittadino investito della più alta carica e autorità dello Stato parli ai cittadini. Ma non per fare il solito discorso. Colle solite frasi. Colla solita retorica. Non vogliamo una « oraz.ionc ». Oramai q uesta roba fa venire il latte cagliato a quei marronr glarh che stan no ·sotto .1ll'ombellico. Vogliamo un discorso sincero, veridico, s chietto sino alla brutalità. Incitamènti a resistere sono superflui. Milano sa che deve resistere, che non vi è altro da fare che resistere. Non dunque un discorso di « propaganda >) che potrebbe essere pronunciato indifferentemente a Milano o, senza offesa, a Pescoboscosolido. Un discorso che si stacclù dal genere di tutti g li altri. Perché diverso è l'ambiente e diversa è l'ora.

MUSSOLINI

Da J/ Pop olo d'IJali«, N. 23, 23 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'e-cfj 1:ionc di Roma, N. 25, 25 gennaio 1918, V.

266 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Al principio della guerra, ma soprattutto dopo il nostro intervento, fu più volte creduto imminente il finis A1utria~. La vecchia monarchia, presa fra due fu~hi l'itiliano e il russo, avrebbe dovuto decomporsi e sparire. Qu.a.ndo il famoso rouleau moscovita si spingeva sino alle gole dei Carpazi, oppure quando gli italiani compivano un 2.ltro sbalzo verso Trieste o verso Lubiana, il ritornello della catastro fica pro-fezia tornava in circolazione e se ne attendeva in breve volgere di tempo il compimento. È certo che molti in Europa, e specialmente in Italia, ignari delle trasformazioni o peratesi nell'Impero d egli Absburgo, ritenevano questo incapace di reggere a una lunga prova, ma chi aveva qualche conoscenza della reale situazione i n Austria-Ungheria, sapeva che lo Stato si appoggiava ben saldamente sul tripode dell'esercito, della burocrazia e del suffragio universale,

certo, però, che una grande disfatta militare, spezzando l'anello più forte della catena, cioè l'esercito, avrebbe provocato lo sfacelo di tutto il resto. Ma oggi questa eventualità deve esseÌ:e scartata. La Russia militarmente non conta più. La Romania nemmeno. L'Austria-Ungheria ha un solo fronte - il nostro - sul quale può convergere tutte le sue energie. L'Austria-Ungheria può essere ancora sconfitta dalle nostre armi e lo sarà. Ma da esclUdere dal calcolo delle possibilità una sconfitta tale da determinare il crollo d ello Stato. A meno che l'urto degli eserciti nostri non sia aiutato all'interno con movimenti insurrerionali deUC nazionalità oppresse. ·

Delle due l'una: o noi accettiamo per il problema italo-austriaco le soluzioni mediane, e allora prepariamoci, per quello che ci riguarda, a grandi o piccole rinuncie ; abbandoniamo alla dominazione tedescomagiara 20 milioni di uomini ; lasciamo mano libera nei Balcani ali'Austria-Ungheria e ai suoi due brillanti «secondi >).

. Oppure noi crediamo che la soluzione del problema austriaco non possa essere che la soluzione radicale del dtlmda Amtria - inteso questo dtl,Ma nel senso di uno Stato da demolire, di una dinastia da detronizzare, di cinque popoli da liberare una volta per sempree allora tutta la nostta azione nazionale e internazionale deve essere orientata verso questa mèta.

PROBLEMI
È

E venuta l'ora di scegliere La nostra p olitica deve avere UJla direzione precisa. Bjsogna, secondo noi, allargare in un certo senso i fini della nostra guerra. La nostra g u erra deve diventare anti-austriaca anche p er gli altri popoli soggetti all'impero degli Absburgo.

Bisogna dire chiaramente, Senza equivoci> che l'Italia combatte non soltanto perché Trento e Trjest e e Fiume e Zara siano italiane, ma perché Lubiana possa essere domani il centro politico e spirituale degli sloveni, cosl come Zagabria per i croati e Praga per i czecoslovacchi.

Bisogna che l'Italia, anche quella ufficiale, allarghi il suo irredentismo e abbracci per risolverli, sècondo giustizia, tutti gli irredentismi. Mentre la Russia dei bolscevichi abbandona a Czernin gli slav i del nord e del sud (il telegramma del comitato jugo -slavo di L o ndra a Tro t zky è una protesta inutile), è l'It alia che deve raccogliere e bandìre il prog ramma della liberazione di tutti i p opoli che lo ttano per costituirsi a nazionalità, Deve farlo. P erché la collabora2ione - anche soltanto passiva - di quei popoli può essere un fattore dominante della nostra storia.

Noi ci guardiamo bene dal voler detta re coosigli ai supremi reggitori della nostra politica estera : noi domandiamo soltanto che in questo gioco, la cui posta è veramente la nostra vita o la nostra morte nazionale, siano giocate tutte le carte che possano fard vincere la partita. Anche le carte di indole morale, anche quelle che esercita.no una influenza decisamente spirituale. Sono sordi da questo orecchio alla Consulta, o lo sono stati fino a questi u ltimi tempi, È stata, p er esempio, la stampa, che ha illustrato la necessità di lavora re l'opinione pubblica nei paesi alleati e neutri e si è visto quali deplorevoli co nseguenze abbia àvuto in certi momenti la non conoscenza all'estero d ei nostri problemi più vitali. Noi crediamo c he l'Italia, i n q uesta fa se delicatissima della guerra, possa e debba assolvere un compito di importanza decisiva per ciò che riguarda il sud-o riente euro peo. È necessario prima di tutto convincere gli Alleati e le opinioni pubbljche dei paesi j.lleati della necessità che l'Austria-Ung heria sia condannata a scomparire dal novero degli Stati, perché altrimenti il principio di nazio nalità sarebbe ancora rinnegato e rimarrebbe il pericolo di nuov i disordini e cli nuove guerre.

È necessario anche che l'Italia, ufficialmente o no, prenda contatto col mondo slavo dell'Austria-Ungheria. Non c'è bisogno per questo di incomodare jJ signor Ante Trumbié , La Serbia è nostra alleata ed è impegnata, col patto di Corfù, alla creazione ddla Jugo -slavia.

È colla Serbia che noi p oss iamo trattare l'accordo i talo- jugo -slavo. Quanto agli slavi del n ord o czeco-slovacchi, il pegno che essi ci chic-

268 OPBR.A OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

dono è, in realtà, un'offerta preziosa del loro sangue. Respingerla sarebbe supremamente odioso. Non spetta a noi di rilevare l'enorme importanza che avrebbe, anche agli effetti delle nostre relazioni cogli jugo-slavi, la creazione in Italia di una legione czeco-slovacca. Dopo l'esempio d ella Francia, le riluttanze della Consulta non si spiegano più. A meno che a Roma non si tema che la creazione di questa legione significhi adesione al ddenda Austria.

Noi tracciamo cosl « grosso modo» le linee di quella che potrebbe essere la nostra azione di grande popolo che assume la salvaguardia dei diritti di tutti i piccoli popoli oppressi, ma poiché sappiamo ch e le voci della strada non riescÒno a varcare certe porte, è alle rappresentanze di questi popoli che noi ci rivolgiamo. Noi auspichiamo l'intesa - consacrata da un patto solenne - fra tutte le nazionalità oppresse dell'Austria-Ungheria, dagli italiani ai czeco-slo vacchi, ai serbo-croati , E. questa missione che può dare all'Italia di domani uno dei primi posti nella gerarchia delle g randi nazioni. A l di fuo ri delle combinazioni diplomatiche, vecchio giuoco che può riuscire o fallire, è lo spirito garibaldino, è l'insegnamento stesso divjnatorio di Manioi, che noi invochiamo in questo momento, perché la quarta ed ultima guerra dell'inclirendcnza italiana si concluda non soltanto colla rivendicazione delle terre che sono nostre. ma colla consacrazione luminosa del nostro diritto di vivere liberi fra popoli liberi.

MUSSOLINI

Da ti Popolo d ' fo,Ji,r, N. 24, 24 gennaio 1918, V Pubblicato anche sull'ed izione di Roma, N. 26, 26 gennaio 19 18, V.

DAL ME~SAOGIO DI WlLSON AL CONVEGNO DI llOMA 269

DOPO IL DISCORSO DI CZERNIN

IL « NO » AUSTRO-TEDESCO

Le risposte degli Imperi Centrali ai di scorsi di Lloyd Gcorgc e di Wilson sono venute. E saminiamo questi discorsi e sarà palese che Germania e Austria sono ancora ben lo ntane dall'accettare quel famoso « minimo indispensabile» al quale sono stati ridotti i « fini di guerra dell' Jn tcsa ».

Siamo dinanzi a un fin de non rerevofr La forma può apparire un po' meno b rutale e insolente delle altre volte,· quando, ad esempio, Bcthmann-Hollweg r o teava e faceva balenare la pesante sciabola hindenburghiana, ma la sostanza è identica. Rilev iamo anzi tutto che la solidarietà fra i due alleati è pie na. Anzi, c'è nel discorso di .Czernin una specie di ostentazione cli questa solidarietà. Avviso a coloro che vanno ancora sognando di una possibile separazione fra Austria e Germania. Lasciamo da parte, nei due disco rsi, tutta la decora2ione avveniristica, tutta l'ideologia che conosciamo. Prendiamo i discorsi st essi nei punti do ve questa ideologia tenta di tradursi in dati concreti e sarà facile smascherare ancora una v olta l'insidia che si cela, sotto l'accettaiione della massima « né annessioni, né indennità». Lo Czernin ha ammesso che i negoziati d i Brest-Litovsk sono da qualche giorno arenati. La Germania., egli ci assicura, non ha intenzione di p rocedere a violenti acquisti territ oriali in Russia, ma il dissidio d'idee è d uplice. La Germania si attiene al giustificato punto di vista che le numerose manifestazioni verificatesi della v olontà di indipendenza e di autonomia, da parte dei corpi legislativi o comunali, « debbono valere quale indice provvisorio dell'opinione popolare da riesaminarsi poi con voto su base più ampia ».

Insomma, la Germania ·non vuole an nettere manu mi/iJJJri, violentemente, Preferisce giungere allo stesso scopo, per altra via, facendo agire le sue « rappresentanze», cioè quelle poche migliaia di baroni e feudatari che rappresentano il z per cento sul toule della popolazione delle provincie baltiche : baro ni e feudatari che non sono andati alla guerra, ma sono rimasti in quelle regioni a lavorare per il trionfo del DtNlrchland iJb,r 4/J,r Ora, prendere come indice sia pure provvi-

DAL MHSSAGGIO DI WILSON AL CONVBGNO DI ROMA 271 sorio, le manifestazioni di volontà di questa infunissinu. minoranza.1 è creare un fatto compiuto. Posta questa prima base, tutti i mezzi per ottenere che il suffragio più ampio dia lo stesso risultato, saranno escogitati e applicati. Il ladrone annessionista tedesco tiene in questi termini il suo discorso : (< Alcuni ceti delle popolazioni baltiche hanno votato per l'annessione all'Impero tedesco. Questo intanto mi autorizza ad insedanni in quelle regioni. Una volta insediato, vedremo dù sarà capace di mandarmi via. Se si dovci. venire ai suffragi stabilirò che il voto q11alitativo dei miei cavalieri, baroni e feudatari, abbia lo stesso peso del voto fJNanlilalivo delle masse popolari e in ogni caso approfitterò dell'intervallo fra il primo voto e l'ultimo, per radicarmi sempre più profondamente nel suolo conquistato>>. Questo annessionismo palese, malgrado la forma velau dei suffragi, questa violentazione della volontà e delle aspiraUoru della enornie maggioranu. delle popolazio ni di Curlandia, Estonia, Livonia, viene gabellato da Czernin come procedimento pienamente (< giustificato».

Ma ciò che ha detto Czemin, circa il dissidio numero due, fra russi e tedeschi, cioè il dissidio circa lo sgombro o no dei territori occupati da parte delle truppe imperiali, ci dimostra che la Germania ha già «annesso,> nel «fatto» le regioni baltiche. Un improvviso sgombro col ritiro degli orgaru amministrativi, degli organi che dirigono il traffico e l'industria che si trovano nelle mani dei tedeschi, provocherebbe una immancabile completa anarchia, ha detto Czcrnin, Dunque : tutta la vita economica, politica, amministrativa, t utti gli organi di questa vita - dai porti alle ferrovie, dalle scuole ai commerci - sono già nelle maru dei tedeschi. Dunque : la Germania ha già realizzato ad oriente il piano pangermanista, perché le provincie baltiche sono già annesse all'Impero tedesco.

Per quanto concerne l'Italia, c'è un primo periodo che rinunciamo a decifrare. Sono gli scher:d delle traduzioni della S l tjani:

« Rifiuto - dice il ministro - di rendermi garante per le avvmlure guerre $che nemiche, ri6uto di fa~ concessioni unilaterali ai nostri nemid, che ostinatamente rimangono ne l punto di vista della guerra Dno alla vittoria finale, concessioni che pregiudichino in modo duraturo la Monarchia e che diano aJ l'avversario l'incommensurabile vanla88iO di J>Oler trascinare la guerra all'infinito relativa. mente senza rischio ».

Che cosa voglia significare questa garanzia « per le avventure guerresche nemiche » non si capisce. Ed poco chiaro anche in tutto il resto. Ma lo Czernin diventa assai esplicito quando esemplifica coll'Italia che « ha perduto per sempre il vantaggio che una volta poteva ave re». N on vogliamo in questo ·momento ricordare quale carattere

18, • L

ebbero le trattative biilowiane pcl famoso « parecchio >> : carattere di perditempo; l'essenziale è di prendere atto che l'Ausuja-Unghcria rifiuta categoricamente di riconoscere e soddisfare le rivendicazioni italiane. Nessuna illusion·c è più possibile. Siamo diw.nzi al« giammai I » di absburgica memoria. ·

Anche Hertling si è affrettato ad accettare nei postulati wilsoniani quelli che riguardano H futuro e che non impegnano per il presente. Su tutto il resto il « no » tedesco è preciso, brutale.

Alsazia-Lorena alla Francia? No. Sgombro dei territori russi occupati ? No, E il Cancelliere giusti6c.a la condotta della Germania col pretesto della mancata adesione delle Potenze della Quadruplice Intesa ai « negOziaù » di Brcst-Lltovsk.

Il Belgio ? Niente annessione « violenta >1, Il problema belga deve essere esaminato al congresso della pace. L'Hcrtling fa capire che il Belgio non sarà annesso «violentemente» solo nel caso che l'integrità dell'Impero tedesco sia rispettata, che non si parli cioè di una restituzione dell'Alsazia-Lorena alla Francia. La Germania assicura che non vuole annettersi violentemente il Belgio, ma, come per le provincie baltiche, anche nel Belgio e precisamente nelle Fiandre spuntano certe manifestazioni elettorali che non possono lasciar dubbio sulla reale intenzione della Gernu.nia, di mettere - almeno sotto il controllo dell'Impero - la pane fiamminga del Belgio.

La Turchia ? Deve rimanere intatta. « È - ha detto Hertlinguna questione vitale per l'Impero tedesco». Si a.pisce. Pcrch~ la Turchia il ponte della grande linea Bcrlioo-Bagdad.

La Polonfa ? Mano libera, per la sistemazione, agli austro-tedeschi.

Aµa fine del suo discorso l'Hertling ha rigettato sull'Intesa la non volontà di pace dinanzi alle questioni concrete 111, ha messo in risalto la « situazione militare che nòn fu mai cosl favorevole» e ha invitato l'Intesa a « presentare nuove proposte ».

È interesse evidente della Germania cli prolungare all'infinito questa specie di accademia paci6sta, per illudere i popoli, mentre la coppia Hindenburg-Ludendorff sta raccogliendo le forze per l'imminente offensiva,

I Governi alleati faranno bene a parlarci di guerra. MUS$0LtNI

Da li Popolo ll' ltttlia, N. 26, 26 Bennaio 1918, V. Pubblicato anch~ sull'f!dj. Uooe di Roma, N . 28, 28 8fflll&io 191~, V.

272 OPERA OMNIA Dl BENITO
MUSSOLINI
* ••

IL PIANO DEI « BOCHES »

Le formule della ideologia democatica - da quella temperata che emana da Washington a qudla esasperata che si diffonde da Pietroburgo - ci porteranno dunque a non vedere più - nei suoi aspetti immediati, concreti, plastici - la realtà terribile del presente?

Il pericolo che minaccia l'Intesa è appunto questa ecciti volontaria o involontaria, questo volontario o involonwio immergersi e naufragare nell'universalismo che è democratico oltre oceano e demagogico nella Russia dei leninisti.

Mentre le pa.rolc magiche rimbalzano nei cervelli e oei cuori - le parole magiche dell'arbitrato internaz.ioii.ale, dd disarmo, della Società delle Nazioni, della pace eterna - si vuole o non si vuole vedere, si vuole o non si vuole comprendere che la Gcrmimia ha già militarmente realizzato il piano pangermanista e lo sta realizzando anche politicamente ?

Il piano pangermanista comprendeva l'annessione delle regioni baltiche : Lituania, Curlandia, Estonia e questa annessione è già un fatto compiuto.

Il ministro degli Esteri tedesco è stato cosl cinico che ha ricordato il precedente dello Schleswig-Holstein.

« Riteniamo - ha detto Kiihlmann - che sia doppiamente insensato quanto esigono gli avversari: cancellare ci<>! e spazzare via quello che esiste e poi costruire qualche rosa sul vuoto. La politica del governo consistette e consisterà nell'ampliare ciò che esiste storicamente in modo da poter dire di avere r espmsione della volontà della stragrande maggioranza della popolu:ione ».

Il senso di queste ·frasi- è chiaro : ciò che storicamente esiste è il feudalismo dei cavalieri e dei baroni tedeschi impcr2nti e imperversanti nelle provincie baltiche ; ciò che storicamente esiste è 1•avvcnuu « presa di possesso » di tutto il Baltico da parte della Germania ; ciò che dovrà essere ampliato è la volontà .delle minoranze che rappresentano la J(,Jhlf',

Le tendenze e i propositi degli annessionisti tedeschi sono stati rivelati da un oratore liberale, il quale ricordando che nelle provincie baltiche c'è 1'80 per cento di analfabeti, ha negato a queste masse di

«primitivi>> il diritto cli auto-decisione. Il destino delle regioni baltiche segnato. •

La Russia dei bolscevichi non può contenderne il possesso alla Germania e i tentativi di rivolta delle popolazioni sarebbero repressi ferocemente, com'è sempre avvenuto - da parte dei tedeschianche durante il regime dei Romanoff.

E ad occidente? La Germania procede inflessibilmente all'attuazione del suo piano. La tentata separazione dei fiamminghi dai valloni con la creazione del Consiglio delle Fiandre, deve dare - in una forma più o meno larvata - alla Germania il possesso di Anversa. Non ricordate la famosa frase pangermanista che « voleva ulais e Anversa per tener la pistola tedesca puntata sulle tempie dell'Inghiltcrn » ?

Il 13 novembre del 1917 Wilson diceva:

« Ho visto una carta dove il nero (vedi in terza pagina) si estendeva da An,. burso a Bagdad. la Germania può conservare tutto ciò, la sua potenza potrà turbare il mondo fintanto ch'essa lo conserverà ,,,

E difatti, ecco lo sviluppo preso dal 1914 ad oggi dal milit2rismo prussiano. Nel 1914 si era esteso su 540 mila kq. con 68 milioni d'abitanti. Nel 1917 si è esteso su 3.6oo.ooo kq. contenenti 180 milioni di abit2nti. Bisogna considerare la Mitteleuropa, per comprendere che il piano pangermanista stato Rhora realizzato, Andrea Chéradamc, in un pamphlet di cui iniziamo la pubblicazione in questo stesso numero, dimostra tutta l'insidia che cela la formula « né annessioni, né indennità» accettata dagli Imperi Centrali Lo Chéradamc dimostra - con una documcntaz.ionc impressiortantc - come l'accettazione di detta formula da parte degli Alleati sarebbe il rico noscimento esplicito e clamoroso del trionfo militare e politico della Germania, poiché la Germania ha già annesso quello che voleva annettere e non cederà, se non vi sarà costretta dalla forza ddle umi, un metro solo quadrato dei territori rapinati in altri tempi.

E passabilmente buffo, Czem.in, quando angeliamente proclama che non chiede né un soldo né un pahno di terra alla Russia, mentre - rievocando il precedente dello Schleswig-Holstein - la Germania ha già inghiottito il vastissimo territorio del liton.le baltico e si prepara ad inghiottire le Fiandre ; e non rinuncia nemmeno - se gli eventi militari le saranno ancora propizi - a qualche nuova mutiluione della Francia.

Davanti ·a questa realtà, continuare a trastullarsi colle « idee generali » è segno di grande incoscienzL Oggi il militarismo pN5Siano

274 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI I.OMA 27'

mostra di nuovo il suo ceffo bestiale. Oggi Hertling parla colla « carta cli guern,. sotto gli occhi. E questa « carta di iuern. >' che si estende eh Anversa a Riga, dal Mare del Nord e Baltico al Mediterraneo e al Ma.r Nero, non potrà essere modificata, se non colla fon.a, se non colla guerra. Pa.rlarc di andare al « tappeto verde » in queste condizioni follia, a meno che non si voglia consegnare l'Europa e quindi il mondo in potere della Germania.

MUSSOUNI

Da Il Popolo d'It.Jù,, N. 27, 27 gennaio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 29, 29 gennaio 1918, V.

.,.. , ,

I PROBLEMI DELL'ORA

L'INTESA DEI POPOLI

CONTRO L'AUSTRIA-UNGHERIA

Da Roma ci giunge un mònito : adagio colle crociate. Piano col prog ramma massimalista anti-absburgico che si riassume, latinamente, nel delenda nt A111lria I nostri coUcghi romani sono, come dichiarano essi stessi, « i primi a riconoscere quanto vi di nobilmente ideale, quanto anche vi può essere di utile ai fini della nostra futura p olitica, creandoci campioni e militi delle cause dei piccoli popoli abbandonati al loro destino>). Ma i nòstri avversari che chlameremo minirl'la-listi - tanto per rimanere sul terreno della stessa terminologiapensano:

o) che il programma massimo anti-austriaco sia troppo gravoso per le nostre spaJle ;

b) che le nazioni più potenti della coalizione anti-germanica, l'Inghilterra cio~ e gli Stati Uniti, hanno definitivamente rinunciatocoi discorsi di Lloyd Gcorge e di Wilson - alla distruzione dello

4< Stato » austriaco ;

r) che dal punto di v ista italiano rimane dubbio se sia opportuno o no bandire « il programma di una completa disgregazione della monarchia danubiana» :

d) che non è lusingante il pensiero di aver ·addosso, o prima o poi, una Germania aumentata delle provincie tedesche dell'Austria (ma, aggiungiamo subito noi, diminuita di una massa di ben 41 milioni di abitanti, ci~ di tutta la popolo.ione « non » tedesca che oggi abita i tenitori dell'Austria-Ungheria).

In una seconda nota sullo stesso argomento « non si esclude che noi si possa e si debba, in via subordinata, - dopo aver ci!X garantiti e assicurati i nostri diretti interessi - assumerci anche il patrocinio degli interessi ddle nazionalità dell'Impero nemico nei limiti dd programma enunciato dai nostri maggiori alleati ». E i programmi più recenti sono due : sincere autonomie per tutti i po poli (Lloyd Gcorge), linea di uno sviluppo autonomo (Wilson).

Questi progrnnmi sono di um. imprecisione sconcertante. Ad ogni modo si può domandate : la Triplice Intesa (Francia, Inghilterra, lta· lia) ha dunque defuùtivamentc scartato il programma massimo antiaustriaco, che fu lanciato nella nota collettiva in risposta a Wilson ?

Non è possibile dirlo. Sappiamo che tutti i mtn11gemenls accordati dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti all'Austria-Ungheria lo furono in vista di una immediata, pronta. completa accettazione da parte dell'Austria-Ungheria . delle « condizioni d'oro» proposte dagli Alleati; e siccome questa accettazione non è venuta, è da ritenete che Inghilterra e Stati Uniti abbandoneranno il programma minimo, Ma poi perché l'Italia non potrebbe, acanto ai programmi minimi degli anglosassoni, sostenere un suo programma massimo ? Sostenerlo in nome suo e in nome di tutti i popoli oppressi dalla Monarchia danubiana ? Noi non comprendiamo che si debba accettare un punto di vista solu.nto perch~ è quello degli Stati p iù grandi della coalizione antig ermanica.

Il criterio da cui si deve partire è quello di valutare al concreto l'uno o l'altro punto di vista, per accettare quello che si presenta .il più utile ai fini della vittoria, anche se sia bandito dal più microscopico degli Stati che sono in lotta contro Pangermania. Noi insorgiamo contro l'eterno « minoratico » che si vuole infliggere all'Italia. Noi ci rifiutiamo di credere che l'azione politico-diplomatica degli inglesi, per esempio, sia stata, sino ad oggi, più acuta o antiveggente di quella italiana. Glirsofll, per non appoggiar troppo....

Il programma massimo anti-austriaco deve essere esaminato da parte degli Alleati nel suo valore intrinseco, indipendentemente dal fatto che sia sostenuto o no dall'Italia.

Noi, a questo punto, diciamo che l'Italia deve farsi banditrice in nome suo e degli altri popoli danubiani del programma estremista nei confronti ddlo Stato austro-ungarico, e deve quindi cercare di intendersi cogli slavi del nord e del sud.

Il problema va posto in questi termini :

o) è da escludere che l'Austria-Ungheria accetti di soddisfare le rivendicazioni italiane. I discorsi dei ministri responsabili non permettono speranze o sofisticazioni. L'Austria-Ungheria non _ consentirà mai alla cessione di Gori%ia, cli Trieste, di Fiume, di Pola, di Zara, Nemmeno nel caso - prospettato, ci sembra, da Hervédi un « compenso» a spese della Polonia russa. L'Austria e soprattutto la Germania non può rinunciare ali'Adriatico e quindi al Mediterraneo ;

b) anche ammesso - per assurdo - che l'Austria-Ungheria si acconciasse a questa mutiluionc periferica sulle Alpi e sull'Adtiati~

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVBGNO DI R.OMA 277

è da vedere se il nostro acquisto sarebbe sicuro, con un'Austria-Ungheria ingrandita della Polonia. russa, mentre il nostro p ossesso sarebbe fodistwbato, se al posto dello Stato austro-ungarico sorgessero piccoli Stati nazionali, nessuno dei quali avrebbe più di quindici milioni di abitanti, mcntte l'Italia ne conterà, fra un ventennio, cinqu:uita ;

,) la tesi dell'Austria-Ungheria, antemurale contro la discesa del panslavismo, verso i « mari caldi»; ha fatto il suo tempo e quindi questa funzioQe storica che fu affibbiata all'Austria, è finita. È scompario anche il pericolo - ventilato nelle polemiche durante il periodo della nostra: neutralità - che la Serbia, ingrandita a Jug1>,slavia, possa diventare l'avanguardia del panslavismo, per il semplice fatto che il « panslavismo » è ormai un puro ricordo politico, o meglio, letterario, di altri tempi ;

d) lo smembramento dell'Impero austro-ungarico non può più avvenire dopo la defezione russa per effetto di urti semplicemente militari e questo spiega perfettamente le riserve dei recenti discorsi di Lloyd George e di Wilson;

e) ma se al fattore militate si aggiungono altri fattori, se insomma si mettono nel gioco altre carte - ci& l'intesa coi popoli anti-austriaci per un'azione solidale - non è da escludersi a pri{)rf che si provochi · lo smembramento dell'Austria-Ungheria. In ogni caso questa intesa coi popoli dell'Austria-Ungheria avrà ripercussioni sulla sua compagine interna, il che può facilitare enormemente l'azione militare italiana e quella della Quadruplice Intesa. Si è già visto quale profonda impressione abbia suscitato in Austria-Ungheria la Cl"ea:zione in Francia di una legione czeco-slovacca. Non minor sensazione provocherebbe in Austria-Ungheria la notizia che quale:he cosa dì simile si è fatto anche in Italia ;

/) noi abbiamo motivo di ritenere che H programma del nonsmembramento dell'AustrÌìl sia italiano e non degli Alleati e siamo convinti che gli Alleati - q ualora l'Italia lo richiedesse - accetterebbero il programm~ massimo anti-austriaco ;

g) dato che l'Italia si faccia d'ora innanzi banditrice del dtlenda

A.miria, è possibile un'intesa cogli slavi del nord e del sud sullo stesso programma? 1n altri termini : czcco-slovacchi e jugo-slavi sono fautori altrettanto convinti del dtlenda A111tria ? E riferendoci a questi ultimi, è possibile l'intesa cogli italiani? ;

b) che gli clementi czeco-slov acchi agiscano su un terreno nettamente nazionale e anti.austriaco è positivo. Le manifestazioni p arlamentari e popolari recentissime all'interno della Monarchia, non lasciano alcun dubbio in proposito. All'estero i czeco•slovacchi sono già considerati dall'Intesa come sudditi cli uno Stato che M un pro-

278 OPERA OMNIA Dl Bl!NJTO MUSSOLINI

prio cs«cico e una propria bandiera. Il decreto di costituzione d.ell'ar. mata czeco-slova.cca. in Francia. dice al para.grafo I : che « gli czcchi combatteranno sotto la loro propria bandiera contro gli Imperi Centrali». E al para.grafo II : « questa armata nazionale» ccc. La creazione in Francia di un'arma.ta na.2:ionalc e2cco-slovacca, non significa, forse, l'accettazione del programma di smembramento dell'Austria.Ungheria? È possibile dopo tutto ciò di riconsegnare gli ciechi ali,Austria e gli slovacchi all'Ungheria?

Dimostreremo ampiamente, in un prossimo articolo~ come gli slavi del nord e del sud si muovano su un terreno di rivendicazione antiaustriaca, qufr~di sullo stesso terreno degli irredenti di stirpc ·iuliana, quindi sullo stesso nostro terreno, Riconosciuta questa identità fondamentale, è possibile conciliare il dissidio fta italiani e jugo-slavi?

Certo finché gli sl2.vi del sud si tengono fermi al loro programma imperialista, ogni intesa è assurd.a. Sappiamo che fra gli jugo-slavi non sono pochi qudli che la pensano come Agostino Uljevich, autore della lettera che pubblica.mmc l'altro giorno; ma, purtroppo, nei circoli dirigenti - a Parigi e a Londra - [circa] la politica jugoslava si è ancora intransigentissimi. Infatti, il The Southern Slavs Btdktin, che ci è giunto, reca anc.ç>ra in prima pagina la famosa cartina che assegna Dalmazia, Fiume, Trieste, Godzfa e ·perfino Cividale alla Jugo-slavia futura I I I Se questi signori non modificano la lo r!=) carta e non riconoscono il n ostro sacro, sacrosanto diritto sulle città italianiuime di Gorizia, di Trieste, di Fiume, di Zara, è pregiudizialmente inutile qualsiasi discussione.

Riassumendo, noi crediamo che la politica italiana debba bandire .il de/uu/a Amtria perché solo in questo modo noi siamo sicuri del com· pimento delle nostre rivendicazio ni nazi.anali e della nostra sicurezza :avvenire e, qu:anto alle intese da cercare e da realizzare cogli elementi anti-austriaci che possono agire - ed agisco no effettivamente - all'interno della Monarchia bicefala per accelerarne il disgregamento, l'Italia, pur larg heggiando in garanzie agli d ementi sloveno-croati, non può né deve fare rinunzie .che tocchino Gorizìa, Trieste, Fi ume, . Zara, città che furono, sono e saranno italiane. MUSSOLINI

Da li Popolo d'Ita/i,z, N. 28, 28 gennaio 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI 'WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 279

IL PRESTITO DELLA RISCOSSA

MILANO DARA UN MILIARDO ?

SIAMO A ::;oo MlllONI

Parigi. Agosto del 1791. Gli « uomini dalle picche» banno preso . al 10 ks Tllil,riet. Le masse dei sobborghi popolari di Sant'Antonio e S. Marcello hanno sgominato le resistenze degli svizzeri, al grido dì : « Tradimento I Morte al re I Morte all'austriaca l » Luigi XVI ha chiesto protezione all'assemblea che ancora indecisa. Ma la Comune, che a mezzo delle sue sezioni e.$Crcitava già il potere dentro Parigi, taglia corto alle esitazioni dell'Assemblea Legislativa e trasferendo la famiglia reale prigioniera nella torre del Tempio, decreta, nel fatto, la decadenza della dinastia. Nove giorni dopo I 30 mila tedeschi marciavano su Parigi, per « abolire la costituzione, ristabilire il potere assoluto del re, annullare i decieti delle due assemblee, condannare a morte i rivoluzionari ».

Gli emigrati a Coblenza pregustavano la gioia del ritorno a Parigi; gli elementi monarchici restati in Francia si preparavano ad aiutare gli invasori. Parig i viveva una delle sue grandi ore di febbre, di esaltazione, di passione, d' eroismo Al Palazzo cli città sventolava il vessillo della « Patria in pericolo», i tamburi rullavano n ei quadrivi, agli uffici d'arruolamento si addensavano migliaia e migliaia cli volontari Le notizie che giungevano d'ora in ora aumentavano l' cccitazionc -dd popolo. Il 2.1 agosto si conosce il tentativo di Lafayette. Il Vecchio generale tentato di tradire. Volev a marciare su Parigi. I soldati si sono rifiutati. Longwy è caduta. Intanto la Comune ha equipaggiato e armato sessantamila .volontari. Quella stessa Comune, che il pavido Guadet della Gironda voleva disciogliere, lancia il 1 ° settembre un appello solenne a.i volontari, invitandoli a riunirsi al Campo di Man:~ per muovere di ll, contro i prussiani, già arrivati a Verdun. Suonano· le campane a stormo in tutta Parigi, il cannone d'allarme spara tre colpi ogni quarto d'ora, nelle vie gruppi di volontari ·si dirigono al Campo di Marte al canto delle vecchie canzorù, mentre il popolino che resta - preso da un delirio di disperazione - massacra i realisti rin-

chiusi nelle prigioni. È questa· una pagina fosca nclb storia della Rivoluzione fnncese, Ma accanto a questa. pagina di orrore e di terrore, quante pagine sfolgoranti dei più nobili sentimenti dell'anima umana. Leggiamo insieme il capitolo 3° del libro 70 della Storia della Rivo/11zione Fran"Ie di Michelet. Anche allon. la Francia invitò i suoi cittadini ad offrire le loro· sostanze, la loto vita. Non fu- un « ptestito nazionale » ma fu qualche cosa di più e di meglio : fu una « dedizione . nazionale ».

« Ah - dice Michelet - come vorrei poter mostrare la Francia in questa grande e sublime luce! Non basta veder Parigi. Io vorrei che si potessero vedere i dipartimenti del Gard, dell'Alta Lorena, in piedi, in otto giorni appffia... Le offerte individu:iJi erano innumerevoli. Due uomini, da soli, armano ed equipag.giano uno squadrone di cavalleria per ciascuno. Afo/Ji dinùro 111110 ci& ch8 a11~114110. In un villaggio non lontano da Parigi, quando fu erett:a. la tribuna pt"r ricevere gli arruolamenti e le offerte, tutto il villaggio si offerse e diede trecrnlo· mila lir8." , pei padri offrivano i loro Jigli Ognuno si rivolgeva a tutti, parlava, pregava pe.r la Patria. Ognuno si faceva reclutare; andava di casa in casa , offrendo a quello che poteva partire delle armi, una uniforme, ciò che aveva.... Erano canti, grida, lacrime d"entusiasmo o di addio. E sopra a tutto q uesto rumore, una grande voce e<:heggiava nei cuori; voce muta, ma tanto più profonda La voce stessa de lla Francia, eloquente in tutti i suoi simboli, patetica nel più tragico dì tutti, la bandiera santa e terribile della " Patria in pericolo " appesa alle finestre del Palazzo di città, Bandiera immensa, che sventolava e sembrava ·incitare alte legioni popolari di marciare in fretta dai Pirenei all'Escaut, dalla Senna al Reno. La Francia si riconobbe, fremette di ammirazione. Essa si mise una mano sul cuore e vi senti montare la fede. I.a Patria non aleggiò più dinanzi agJi occhi, incerta e vaga: fu vista reale e vivente. II sacrificio fu, in quei g iorni, veramente universale, immenso, senz.a limiti.... Nelle colonne interminabili di questi doni infiniti di un popolo, prendiamo alcuni casi. Dt:lle povere donne del mercato portarono quattro mila lire, ricavato evidente di alcuni grossi gioielli, · le loro "vere" di matrimonio, Una madre della Rue St. Martin diede la sua croce d' argento. La fig lia, una piccola bambina, diede ciò che aveva, un piccolo oggetto di argento e alcune monete,... •.

ll popolo che si « offriva » tutto per la salvezza dclli. Patria, respingeva a Valmy i prussiani e spazzava i re a Jemapes. La Francia era salva, e aveva dimostrato per. sempre il suo diritto a vivere libera e repubblicana. Non si leggono queste pagine di Michelet s~a provare una profonda emozione, e senza che il pensiero, per le evidenù analogie della shuazione, non corra agli eventi di cui siamo attori e spettatori. Anche oggi una coalizione di re tedeschi si è abbattuta sulla Francia e sull'Italia. Anche oggi l'esistenza cli queste due Nazioni è in gioco. Anche oggi, come allo:ca, bisogna dare, soffrire, morire, perché la Patria viva. La Patria che « impone » il sacrificio del sangue, chiede quello del denaro. Ma i cittadini coscieoù dell'ora, obbediscono. Oggi, il vessillo della « Patria in pericolo» non sventola più

DAL
"MESSAGGIO DI WlLSON AL CONVEGNO DI B.OMA 281

ai palazzi vetusti delle nostre città; non più stormo di campane; non più rullo di t amburi; non più cannone d'allarme, ma la Patria è in pericolo ugualmente ; la Patria nostu, l'Italia mutilata è in pericolo. I tedeschi sono sul Piave e i loro banditi straziano dall'alto le .città del Vcneto. La lista dei morti si allunga: Sono donne, sono bambini, sono creature innocenti. Davanti a questa barbarie, davanti alla mi~ naccia che rimane, noi vorremmo v edere i cittadini precipitarsi agli sportelli delle sottoscrizioni per dare tutto : il milione e la lira ; il gioiello prezioso e il piccolo ditale d'argento...•

Noi diciamo che Milano deve sottoscrivere un miliardo. È un impegno che Milano ha accettato. È questa la risposta che Milano la Tenace dev e dare~ dopo e malgrado Caporetto, agli Imperi Centrali,

MUSSOLINI

Da li Popolo d '!lalì"', N. 29, 29 gennaio 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 3I, 31 gennaio 1918, V.

282 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

AUSTRIA DELENDA

Gli . slavi del nord e del sud, gli czeco-slovacchi, do~. e i scrbosloveni-croati, si muovono veramente, realmente su di un terreno di Hlegalismo nei confronti dell'Austria-Ungheria? Sono veramente e realmente anti-austriaci ? Vogliono veramente, realmente, finirla coll'Austria-Ungheria e quindi con la dinastia degli Absburgo, la cui funzione e il cui prestigio non bisogna mai dimenticar~. quando si prende in esame l'esistenza. dell'Impero danubiano? Queste sono le domande che si muovono dagli elementi dubbiosi o incerti dell'opinione pubblic2. italiana. A queste domande bisogna rispondere e nd modo più efficace e persuasivo : coi" documenti alla mano, Nd numero di dicembre della Nation Tchèque, edita dal Consiglio Generale dei paesi czechi, troviamo molte_ notizie che dimostrano coffic gli czcchi lottino non più per l'autonomia, ma per l'indipendenza formale, totale, integrale del nascituro Stato di Boemia.

Nelle sedute alle Delegazioni e al Parlamento « i czcco-slov acchi formavano un blocco interamemte omogeneo. Dall'estrema destra, all'estrema sinistra, lutti i partili senza emzione espongono ad alta voce e in ogni occasione il loro programma politico e il loro scopo di guerra : indipendenza completa dello Stato czeco-slovacco; diritto delle nazioni di disporre delle loro sorti>). Nel novembre ci sono state al Reichsrat delle sedute tempestosissime. Al Parlamento di Vienna le battaglie fra slovacchi e magiari hanno raggiunto il più alto diapason, tanto che i magiari hanno chiesto all' imperatore una dichiarazione pubblica ripudiante le richieste czcche e la dichiarazione è venuta in data 2.0 novembre. Wekerle, Presidente del Consiglio ungherese, ha parlato della « inespugnabile fortezza magiara. » e ha assicurato che S. M. farà fallire tutti gli attentati « contro l'integrità dello· Sta.to ungherese ».

Questa dichiarazione dovrebbe, fra l'altro, snebbiare le menti di Coloro che vanno sognando la possibilità di un pacifico feudalismo austriaco a base di autonorie I I I

Non riportiamo qui il lungo discotSo dello Stanck, ma la conclusione cli esso. è cosi fissata dalla rivista :

1 . Gli czcco-slovacclù sono non solamente in lotta aperta contro

i magiari e contro i tedeschi, ma anche contro la corona , la casa r,gnate.

z. Gli ultimi p onti fra essi e · l'Austria-Ungheria sono rotti. Difatti, aprendosi nuovamente le D elegW oni il ; dicembre, i sei membri czcchi ddla Delegazione aus tri.aca non a ssisterono, per la prima volta dopo tanto tempo, alla lettura del discorso del trono. Ma pjù ancora che nella lotta parlamentare all'interno. della duplice Mo narchia l'avvCl'Sione irriducibile degli czcchi si è manifestata all'est ero, in Europa e jn America, coll'arruolamento di m igliaia di volontari neg li eserciti della Quadruplice Intesa. Per gli czcchi arruolatisi in Francia, un gior no memorabile è il 9 maggio del 1915, quando conquistarono attorno a Carcncy le linee munitissime dei tedeschi e combatterono con tale impeto da far esclamare al colonnello Pcin che li comand~va :

« Sono orgoglioso di comanda.re gli czechi ». Più tardi, nell'agosto del 1916, il generale Pétain passando in rivista la legione czeco-slovacca n e decorava la bandiera colla Lcgion d'onore e diceva a.i legionari: « Avete diritto di essert:. orgoglio!>i I ». Le gesta delle brigate czccoslovacche in Russia sono note, ..

Il generale Brusiloff in una intervista concessa alle B irgevia V ùd()mo11i diceva :

« Nelle fonnazioni czeco-slovacche le perdite degli ufficiali iaggìungono quasi il cento per cento. Questi czeco-s lovacchi si battono come tanti diavoli. Col bottino preso al nemico possono gareggiare coo una intera armata».

Un giornale russo scriveva che « l 'alto morale e 1a disciplina delle formazioni czeco-slo.vacche hanno rialzato lo spirito combattivo delle truppe russe più \"icioe >> . Purtroppo, c'erano le truppe russe più. ... lonta.ne che fraternizzavano con i tedeschi oppressori degli slavi di Boemia. Le colonie czeco-sloyacche di America hanno dato un esempio meraviglioso e magnifico. Il capitano comandante l'ufficio d i teclutamento a Chicago scriveva allo Smetanka, segretario dcli'Alleanza · nazionale q.cca degli Stati Uniti, che « nessun groppo .cli americani si è pt'ecipitato alla difesa dcll:a. P:a.tria con tanto entusiasmo come gli attiericani cli origine o di nascita czeca ». A1la fine di giugno, la ressa dei soldati czcchi imp~ienti di arruolarsi nell'esercito americano en. tale che secondo la dichiaraz/om delle a11torità americane in qu,11',po,a gli çz_ethi f ormavano i' So per e,nJo dei t10/3nfari ne/l'e,erdto americ11no.

Spjgoliamo ora altri documenti comprovanti l'atteggiamento antiausW2co de-gli c:zech.i. La dichiarazione dei cinque partiti c.zechi riuniti nella« Unione parlamentare dei deputati czechi » fatta il giorno 2j lu· glia 1917, contro - si noti I - la partecipazione degli czechi ai lr

284 OPERA OMNIA DI BENITO MU SSOLINI

vori della cosidctta « C.Ommissionc costitu.2.iooalc » del Parlamento austriaco, dice esplicitamente :

« Noi ci dichiariamo contro Ja partecipulone dei rappresentanti della Nazione czeca ai lavori di questa Commissione, i quali mfrano ad una riforma della costituzione dell'Austria. Una tale partecipazione sarebbe contraria alla dichiarazione dell'unione parlamentare czca del giorno 30 maggio 1917. Il nostro- diritto ed obbligo verso la Nazione è ,hieJere nQn una riforma d ella ,011il11zÙ>'le rumria~a, ma una Stato aero.Jlova"a indipendente ,on tulli gli 11J1rih111i della 1011rarrità Jlatale; uno Stato comprendente l'intera Nazione aeco-slovacca nei suoi confini storici. Per risolvere questa questione non è e non sarà unità competente né il Parlamento austriaco né una qualsiasi Commissione di esso». ·

· Quale l'atteggiamentq dei socialisti di fronte alla questione· nazionale? 11 23 settembre del 191 7, al Parlamento austriaco, il leader socialista affc.rmava :

• Si. può perseguituli, ma non si potrà. mai costringere nessun cz«o a desistere dal programma dell'assoluta indipendenza d ello Stato o:e«l-slovacco ».

L'on. Batin, dell'Università di Praga, già concLmnaco a morte e poi amnistiato, pubblicava un articolo nel quale era detto :

« Per la condotta i,olitica czeca, la dichiarazione del 30 maggio di questo anno resterà la pietra milia"re GI; 1ropi deNa guerra ha'1nO poJlo il probletnd ,u:ro innanzi agli occhi non soltanto della Nazione czeca, ma anche agli orchi del morrdo inlero. Niente poteva chiarire meglio la posizione aera della propaganda per la Mitteleuropa. L'Austria-Ungheria dovrebbe insieme colla Bulgaria servir da strada per l'ingresso dell'imperialismo tede,co nel Golfo Persico via Costan· tinopoli e Bagdad.... &, (Alrune right j(fflo sJau Joppresu daJ/4 unsura)

« L, polilfra nostra no" ha neu11n'altra via che quella rhe , onduu diretta. m,nle alla pima ÌndipmJenu di tulta la Nazione a eço-slovaua Tutta la sua opera all'estero deve essere diretta a per1uttder, 111l1i di un f(IJJ o: ,h, 1olttm10 in queslo modo p11ò essere auicNrala la lran q11illità t la pare dell'Europa n tll'a11• 11eni" ».

Il socialismo e2eco è completamente anti-austriaco. I suoi deputati hanno aderito 2.lla dichiarazione del 30 maggio 1917, n ella quale si proclama « come programma politico della Nazione czcco-slovacca la formazione dello Stato czeco-slovacco indipendente ». Il presidente del club dei socialisti democratici è il deputato HaberDlao, il quale nel suo giornale cosi caratterizza il programma dei socialisti e2echi:

L'Unione' cuca è soltanto la fonna e l'espressione dei sentimenti di altee il 90 per cento del popolo aeco. Il popolo cz«o, gli operai czechi e tutta l'organizzazione del Partito Socialista Democratico formano oggi 11na f#ange cc m p4Jld, di """ 1cla 110/cm14, che richiede la soluzione del problema czeco colla f01'rn.4Zion, dello Shllo indipe11denle tzeu,-slo11a"o d,m(lfralico e s ulla base del diritto di voto gfflerale ed uguale. · ·

« Gli operai socialisti czechi richiedono lo Stato aeco-slovacco anche perché

DAL MESSAGGIO DJ WILSON AL CONVEGNO DI J.OMA 28,

v-cdono nella giusta soluiione del problema nazionale un avvicinamento csst'tWale alla soluzione dei supremi fini del socialismo•.

Il deput2to socialista Modracek cosl si è espresso a proposito delle illusioni autonomistiche :

<t Come l'odierna situazione delle forze politiche nell'Austria-Unghe1ia esclude un sistema governativo alquanto durevole con direzione democratica e liberale, cosi risulta dagli avvenimenti e dalla psicologia politica dei governanti in Austria che non è né matura né possibile una trasformazione dell'Impero nel senso della giustizia verso le nazioni e d ella l oro autonomia. Tutti i progettati esperimenti veno una conciliazione delle nazioni, verso una riforma ddtorale in U ngheria e verso un governo parlamentare ne ll'Austria non hanno nessun altro fine che di salvare il vecchio sistema e farlo sopravvivere ai più critici momenti deJla storia mondiale •·

Lo stesso depntat o - e queste parole potrebbero essere meditate anche in Italia da quei pc,chi socialisti che sono rimasti in buona fede - d.ichiaraVa in un suo scritto indirizzato alle masse:

« La minùm e del i odalùmo n on Jla nel lavorare per l a pare aJ ogni corto o con .Jemplire ' ' I la/11 quo", ma Ila nel far lrionfa,e; principi dai quali Jr,rgerebbe un migliore e pili giu1to aueslamenlo dell'Europa

« La vecchia Europa è crollata. Non deve risorgere d alla guerra ; il suo ritorno sarebbe un disastro per le nazioni e per la democrazia »

Quèsta documentazione potrebbe continuare, ma ci sembra gfa suffi.ccntc. Dalla università alle ·officine, dal Parlamento alla piazza, dalla borghesia al socialismo, all' interno e all'estero; all'intcrno ·col martirio, all'estero col contributo militare alla causa dell'Intesa, tutto un popolo si leva compatto per rivendicare il diritto di vivere libero senza più tedcsCbi che opprimano gli czcchi, $enza più magiari che opprimano gli slovacchi. Le analogie col nostro « risorgimento » sono evidenti. È un -popolo di 10-1 x milio ni d'abit.anti, ma, dal punto di vista spìrit}lilc, rappresenta una grande forza. Che cosa era il Piemonte prima del 185 0 ? I.a Boemia è ora at punto culminante della sua« rivoluzione anti-austriaca ». E poiché. anche la nostra rivoluzione anti~ austriaca non ternùnata, ma si trova. anzi, dopo ù.porctto, in Un tempo di arresto, neUa logica delle cose che le rorze di questi d ue popoli si riuniscano, p er rendere più facile e rapido il raggiungimento dell•objcttivo comune

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'l 1alia, N 30, 30 gennaio 19 18, V. Pubblicato anche- sull'edizione di Roma, N. 32, 1 febbraio 1918, V.

286 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

LE PIETRUZZE E IL MOSAICO

Andrea Cbéradame ha già risposto nel modo più persuasivo, più convincente, più radicale alla chitarronata austriaca. del signor Bainvillc, E soprattutto, c'è un <<fatto», la cui significazione, od confronti delle discussioni che si sono svolte in questi giorni nella stampa italiana, non ha bisogno di essere sottolineata. Alludiamo al colloquio Orlando-Trumbit. Un primo contatto fra l'Italia ufficiale e una delle <<pietruzze» del mosaico austro-ungarico c'è stato. Quei signori che ghignano la loro stupida ironia di neutralisti saturi di rancori, contro la nuova orientazione dell'opinione pubblica italiana e chiamano cervellotici i nostri piani, sono enfoncés.

Ah,· sl. Sono e< pietruzze» i popoli oppressi dell'Austria-Ungheria I Ma la pictruzn « czeca », per esempio, è più grande del Belgio e tutte le« pietruzze» messe irisieme danno il ragguardevole totale di 26-1.8 milioni d'abitanti ; contro venti milioni nemmeno di tedeschi e di magiari. E poi, appunto perché siamo dinanzi a un mosaico, basta togliere o spexz.ace una « pietruzza » per deturpare o rovinare il mosaico intero. La Francia, per esempio, ha inteso di staccare dal mosaico absburgico la più grande delle « pietruzze » quando ha costituito .la legione czcco-slovacca; ora potrebbe essere la volta dell'Italia.. Noi non diciamo che l'accordo fra tutte le « pietrll2Ze » del mosaico, sul qua.le martella l'Italia e dovrebbe martelfa.tC" tutta la Quadtuplicc Intesa, possa condurre ipso facto alla catastrofe dello Stato austriaco ; diciamo soltanto che il non voler giocare questa carta, oltre ad essere in antitesi cOlle innumeri dichiarazioni di democrazia e di libertà, fatte dagli Alleati, può anche voler dire, rinunciare a un non trascurabile fattore di successo militare. Le vittorie della Russia zarista ·si spiegano così. Né l'Austria può fare a meno dei soldati d'origine slava, per il semplice fatto che gli sbvi del nord e dd su~ sono circa 19 milioni.

Abbiamo dimostrato l'altro giorno, sulla scorta di documenti. come _gli ·c:zechi agissero su di un terreno nettamente anti-austriaco,

1'1, ' • X.

E gli slaVi del sud? Prima della guerra, il « lealismo » croato era, certamente, molto più diffuso e profondo che non si.a oggi. .Il Pltttito Prank.ista - decicale austriacante - non ha oggi il seguito che aveva ieri . Le persecuiioni atroci inflitte soprattutto · dai magiari agli slavi del sud, hanno cambiato radicalmente la situazione. Recenti manovre tentate dal Governo austriaco, pc! dividere gli slavi del· sud o quanto meno per indebolirli nella loro azione unitaria, sono fallite. Cosl il progetto di un cetto dott. Pìlar, agente di Vienna, per la creazione di uno Stato jugo-slavo autonomo sotto gli Abshurgo (senza Fiume, che rimarrebbe ai magia.:ri), ha suscitato l'opposizione unanime di tutta la stampa jugo-slava. Un giornale ha detto che « il progetto del dott, Pilar no n trova un solo croato pronto ad accettarlo e che le circostanze attuali ·esigono che si reclami la soluzione completa del nostro problema intero. Tutto o nulla». Notevole l'atteggiamento dei socialisti, i quali, nel lc;,ro giornale. dichiarano (Edinost, 9 novembre 1917):

.: Noi non vogliamo più essere una s ua:W"Sale della organfa:zaz.ione socialista vitnnese; noi vogliamo essere dei socialisti democratici jugo-slavi. Noi dobbiamo raccogliere sotto la nostra bruldiera tutto il proletariato jugo-slavo e in conseguenza di questo pensiero, noi modifichiamo la. nostra tattica e se sari necessario il nostro programma. Come scopo nazionale supremo, noi vogliamo uno Stato jugo-slavo indipendente, anche se noi dovessimo continuare la lotta per uo secolo intero•

Un altro tentativo ha. fatto l'Austria-Ungheria sempre in omaggio al famoso diJJide et impera, per spezzare il blocco jugo-slavo e questa volta attraverso l'arcivescovo di Scrajevo . Ma contro di lui insorto il vescovo cattolico di Lubiana, Del resto, l'atteggiamento degli slo~cno-croati di religione cattolica è fissato uffici::ilmente nelle dichiarazioni fatte il j dicembre al Rcicbsrat di Vienna dal deputato cattolico Spincic, il quale ha ciOncluso un discorso con queste parole :

« Noi domandiamo una patria serbo-croata-slovena libera e indipendente come Stato da un !'1tro popolo, straniero».

L'accordo fra jugo-slavi e czeco-slovacchl è completo, tanto che i ·due clubs parlamentari hanno deciso di àgirc continuamenre di conserva, Anche gli jugo-slavi hanno dato dei volontari all'esercito russo e all'esercito serbo.

288 OPERA OMNIA Dl BENITO MUSSOLINI

È dunque pacifico che gli slavi del sud sono nell'ordine di idee che si riassume nel delenda Amtria, ·La possibilità che chiameremo «fondamentale» cli un'intesa fra noi e loro è possibile. L'opinione pubblica italiana è già preparata a questo evento e agli eventuali sacrifici che può richiedere. Ora sarebbe interessante di conoscere il pensiero degli ceco-slovacchi sulle nostre rivendicazioni adriatiche. B . anche il pensiero de"gli jugo-slavi. ·Se dobbiamo giudicue dal loro ultimo «bollettino», g li jugo-slavi sono ancora intransigenti. Basta dire che nel loro bollettino di dicembre si parla di un'Italia che odia i dalmati 11 1 Atteodiamo - per ·erudirci - U bollettino che uscirà dopo l'intervista Orlando-Trumbic, È tempo che aeco-slovacchi e jugoa slavi entrino nella cliscussione, altrimenti invece di un dialogo che può essere utile, non ci sarà che il nostro monologo senza risultati: Attendiamo. J.ft1SSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 32, 1 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'edi• zione di Roma, N. 34, 3 febbraio 1918, V.

DAL MESSAGGIO D[ WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 289

TORNA, TORNA GARIBALDI....

A -pòc~ a poco, con un movimento· che vorremmo più celere, sotto la spinta e la Ie2ione formidabile degli avvenimenti, la nostra guerra che si era «involuta» torna ad essere quale noi la .volemmo : una guerra di libertà per tutti i popoli oppressi. L'intesa anti-austriaca che l'opinione pubblica italiana ha già accettato - non . per niente noi siamo il popolo dalle intui,joni piU rapide I - si disposa oggi ad un altro avvenimento d'ordine militare: l'annuncio della creazione di un esercito garibaldino. È certo che ieri, quel telegramma che vecùva da Roma, ha «rimescolato» il sangue a. migliaia e migliaia di persone di ogni condizione, di ogni età. Ci avevano detto che l'epoca del « garibaldinismo » era inesorabilmente chiusa. Ci eravamo abituati alla macchia. Il tedesco ci vinceva perché noi non abbiamo fatto che copiarlo. La materia er:i tutto, lo spirito umano nulla. Si chiedevano dei cannoni, soltanto dei cannoni e non si pensava aUe anime. Si è visto, noi abbiamo visto, che la efficenza dei meni meccanici non basta ad evitare la disfatta, quando ci sia una deficema negli spiriti.

Fra Ulla ~ssa ,di automi e un'altra massa di automi, riporta vittoria la massa· più attrezzata e disciplinata; ma tra una massa bruta e una massa cosciente - anche quando ci sia sproporzione di numero, ma eguaglianza di mezzì - nessun dubbio che la massa cosciente sgominerà la massa bruta. La storia dei popoli si riassume in questo dinamismo universale. E che cosa hanno fatto, in questi ultimi tempi, gli strateghi che guidano gli e-serciti, se non rendere omaggio a_ questa verità colla creazione di reparti speciili di assalto, collo sceverare cioè dalla massa alcuni dementi « volontarionistici », elementi di urto, di dedizione totale al sacrificio? Tutti gli eserciti di tutti i tempi non hanno avuto questi g ruppi di volontari, quesii gruppi che dovevano fare, essere un « di più » degli altri ?

lodubbiamcote alcuni procedimenti della guerra garibaldina non sono più possibili oggi : la camicia rosu è abolita, come sono abolite le t11lott,s rouge, dei francesi; ma il garibaldinismo non tutto nel panno di una uniforme, il garibaldioismo nello spirito con cui si affrontano i disagi della guerra, è nella volontà disperata di vincere

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVBGNO DI ROMA 291

per ~ui si va « alla. . morte » come « allo splendi~o convito » della canzone lcopardiaoa.

Noi abbiamo qui sul tavolo una grande busta che contiene le ade,. sioni mandate a noi all'indomani del nostro appello per la creazione di un'armata di vÒlontari, ·sono documenti del più vivo interesse psicologico. Nell'ora tragica e oscura di Caporetto, quando il nostro fante franava dalle Alpi al Golfo di Panzano, né si sapeva ancora a qual fiume si "sarebbe fermata la ritirata - anche qui l'anima ha celebrato la sua rivincita sugli automi che in nome della strategia volevano «camminare» sino·aU'Adige o al Mincio I - noi invocammo dal Governo un grande appello alla Nazione per la costituzione di un'armata di volontari. Noi avevamo l'intima certczz:a che la Nazione avrebbe risposto, anche se non si fosse rievocato il nome sempre luminoso e abbacinante di Garibaldi. Siamo lieti che il Governo ci abbia in un certo qual modo oltrepassati i siamo lieti che il Governo non abbia temuto - come avvenuto in altri tempi remoti e vicini in ossequienza più idiota dei bigottismi dinastici - di risuscitare il nome e la fiamma garibaldina. Per questo gesto di 4< spregiudicatezza » politica noi siamo pronti a riconciliarci col Governo attuale.

Nella nostra guerra, si sentiva che mancava «qualcuno» o « qualche cosa». Si en condannato Garibaldi all'ostracismo - in una guerra come questa anti-germanica. Eppure - lo diciamo colle parole di Alfredo Oriani, del grande. Oriani - Garibaldi, dimentico di Mentana, « in nome della storia latina, univenalc da tremila anni, era corso in Francia. a frenare l'ultima invasione germanica, opponendo agli eccessi di un popolo, fatto esercito cd impero per diventare nazione, la dem~ia repubblicana di tutte le nazioni d'Europa».

È in nome della storia latina che Garibaldi risorge suJle rive del Piave a. ricacciare l'ultima - vogliamo che sia l' ultima I - invasione germanica. Non ci sarà più l'« obbedisco » tragico che fermò le colonne rosse sulla strada di Trento L'esercito garibaldino formerà la massa d'urto e di sfo_ndamento, per la necessaria rivincita, perché, anche se ci offrissero l'Austria intera, la pace non può essere firmata sul Piave, Bisogna vincere. Finalmente nelle masse statiche, viene annucleato un elemento dinamico. Finalmente viene gettata nel gioco una carta il cui valore morale è immenso e non soltanto per noi italiani, La. formazione dell'esercito garibaldino offre la soluzione di un altro problema : quello della co~titw:ione di una legione c:zeco-slovacè:a.

C'erano, nel giugno 1917, 400 ufficiali e diecimila soldati prigionieri in Italia - d'odgine czeco-slova~ - che volevano a.rruolarsi nel nost;ro esercito. Gli scrupoli - in certa misura comprensibili - della Consulta, oggi non hanno più ragione d'essere. Gli czechi saranno

orgogliosi di indossare la camicia rossa. Non è forse questa l'uniforme dei soJ:ol o società ginnastiche della gioventù di Boemia ? Italiani e slavi : unione annata dei popoli contro l'Austria.Ungheria; anticipazione o su"ggcllo di quell'intesa verso la quale si orienta la nostra diplomazia. ·

Un giorno, che non può, non dev'essere lontano, muoveranno all'assalto i battaglioni rossi. Gli austriaci, che da Gorizia al mare hanno conosciuto in undici battaglie l'impeto degli italiani, al balenlo vermiglio, si domanderanno : « chi è, chi è che viene ? » Voi lo conoscete. o tedeschi, non vi è ignoto, o magiari : è il vostro amico, o slavi che attendete l'ora di spezzare il giogo d'Absburgo. È Garibaldi che torna, Garibaldi.. ..

Ci sono, fra noi, in alto, dei vivi che sono troppo vecchi, per condurci a Trieste; è tempo di chiamare i morti che vivono a ncora e che guideranno la gioventll d'Italia, oltre l'ultima trincea nemica.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 33, 2 fd,hraio 1918, V. Pubblicato anche sull'~i%.iooe di Roma, N. 3,, 4 febbraio 1918, V.

e;. ·. ' ' ; 292 OPERA OMNIA
BENITO MUSSOLINI
DI

LA TIRANNIA ABSBURGICA

« I GERMI DA SOFFOCARE >>

Se le parole hanno un senso~ quelle pronunciate al Parlamento ungherese dal Presidente del Consiglio Wekerle, dovrebbero disperdere tutte le residuali superstiti illusioni circa la capacità ·di rinnovamento in senso democratico, della monarchia danubiana.

« D esideriamo - ha detto Wekerle - una pace onorevole fra gli Stati, ma non permetteremo mai che si seminino fra noi i germi dello sfacelo. N on possiamo permettere che gruppi di popoli in formazione alzino il atpo in modo distruttore: citi significherebbe, sotto la sonante parola di pace, scatenare 1a g aerra perpetua dei popoli. Noi rispettiamo i diritti popolari, dichiariamo lo stretto rispetto dell'ordine sociale e consideriamo nostro dovere soffoca.re j germi di tali sintomi distruttori. Ma sia prossimo l'avvenire che ci rechi il .wno d'ulivo della pace o sia n«essaria una ulteriore lotta, qut<StO noi certammte desideriamo: mantenere e rafforzare l'alleanza colla Germania come una fra le più efficaci garanzie di pace». ·

Questo discorso offre materia a vario o rdine di considera:zioni. Anzitutto, il Presidente del Consiglio ungherese ammette « ufficialmente» che nell'interno della Monarchia ci sono g ruppi di popoli in forma:ziooe. Finché la parola « formazione » si riferisce agli slavi del su~ ha un senso ; ma per gli czechi, n o , percb~ essi erano g ià stato e nazione nel 1 500 e da allora, pur cessando di essere « stato)), si sono sempre mantenuti « nazione » compatta e cosciente dei suoi destini. Questi popoli in formazione alzano la. testa in « modo distruttore », secondo Wekerle, e difatti gli czechi hanno dichiarato guerra alla dupliceJMonarchia.

Come l'Austria-Ungheria ri~pctti i « diritti popolari » è documen• tato nd discorso dell'on. Tresi6, discorso che molti. giornali riportarono soltanto ieri, mentre fu dato da noi due setti.mane fa. Che cosa pensi di fare l'Ungheria, nel futuro, lo dichiara esplicitamente lo stesso Wekerlc qw.ndo dice· che « soffocherà i germi di tali sintomi distruttori ». Il P residente del Consiglio ungherese addita con questa minaccia la strada buona alla Quadruplice Intesa : che è q uella di portare, il ·più rapichmente possibile, a maturazione i germi distruttori del

mosaico austro-ungaricò. La riaffermazione di Wckerle sull'indissolubilità dell'alleanza colla Germania non può sorprendere chi abbia notato quale corrispondenza d'amorosi sensi ci sia fra Berlino e Budapest. Dopo questa dichiarazione solenne ed esplicita, si continuerà ancora a inseguire la chimera di una possibile separazione dei due Imperi Centrali ?

Riassumendo: 10 le nazionalità oppresse dai tedeschi e dai magiari alzano la testa ; z0 tcdcSchi e magiari sono diSposti a soffocare colla violenza i movimenti dei popoli aggiogati; ; 0 tedeschi d'Austria e magiari d'Ungheria riaffermano la loro solidarietà e quella dello Stato che governano colla Germania

Il discorso di Wckcrle t una dura mazzata per gli austro6li di Francia, d'Inghilterra, e - pur troppo I - anche d'Italia (lasciamo da parte gli Stati Uniti, che sanò troppo grandi e troppo lontani per afferrare subito il senso di certe crisi storiche e la neccs.sità di derer- . minate soluzioni), mentre è un appoggio a coloro - e sono moltissimi I - che in tutti i paesi alleati accettano e propugnano il programma massimo dello smembramento dello Stato austro-ungarico. Risparmiare l'Austria-Ungheria significa mettersi sotto i piedi il programma pel quale é scesa in campo la Quadruplice Intesa. Libertà per tutti i popoli I si disse cento volte Delle due l'una : o noi asse: gnN:mo a questa guerra obiettivi veramente democratici, e allora in contraddizione stridentissima con questi obiettivi è la conservazione di uno Stato che è - per la sua stessa intima composizione e natura - eminentemente antidemocratico ; o si vuole che la g uerra sia dominata dai criteri « metternichfani » della pura e semplice « ragion di stato», e allora facciamo pure ponti d'oro a U' Austria-Ungheria; conscgnamole pure, perché li martirizzi ancora, con la denazionaliz~onc a base di carcere e di forca, i popoli oppiessi, ma smettiamo - almeno per pudore - di decantare questa guerra come apportatri~e cli libertà e di giustizia alle genti I Perché tra chi pone come fine della guerra ancora un << concerto europeo di Stati>) e chi, come noi, vagheggia un'intesa di popoli, rafforzando quella ch'è stata santi6ca.ta dal sangue e dal fango delle trincee, c'è un dissidio profond_o e insanabile.

È evidente che in questa tena e decisiva fase della nostra guerra, risorge il dissidio delle origini fra coloro che concepivano la nostra guerra come un fatto soltanto nazionale alla stregua del « sacro egoismo» e gli a.Itri che la volevano inserita nella guerra intctnazioru.le e mondiale : il dissidio fra l'interventismo ufficiale, l'interventismo dello Stato italiano e l'interventismo del popolo italiano. Gli eventi hanno dato ragione a. quest'ultimò. Ci sono ancora delle resisten2e

294 OPERA OMNIA DI BBNITO MUSSOLINI

da superare, ma c'è un « fattle andare» che nessuns forza arresta e il fa.t1le andare ci porta ad assegnare alla nostra guerra - in parti. colar modo alla nostra guerra l - quel compito di liberuione dei po· poli oppressi che è comune alla Quadruplice Intesa, Wekerle ha pat· lato ancora una volta il linguaggio del carnefice. Gli slovacchi. i ro-meni del Banato e di Transilvania. i serbo-croati, gli italiani, gli a:cch4 gli sloveni, i ruteni, anche i polacchi, hanno visto dietro le minacce del ministro, profilarsi la forca cli Lang. È la lotta a coltello che riprende. L'ora del secondo «intervento» dell'Ihllia è suonata. Se l'Austria-Ungheria alza il patibolo, alzi l'Italia la bandiera d ella libertà,·e mentre dà la spada a Garibaldi, dia la parola a Mazzini. È questa una pamla che avrà vaste risonanze di simpatia e di fede nel cuore delle geDti· che soffrono, lottano e aspettano.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 34, 3 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'cdi. zione di Roma, N . 36, , febbraio 1918, V .

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI
29.5
ROMA

DOPO VERSAILLES

Il convegno di Versailles si è chiuso e con esso si è chluso l'intermezzo pacifista. Veramente, il punto fermo alle divagazioni e ai discorsi, lo hanno mesSo i Gotha bombardando ferocemente Londra e Parigi. La qual cosa dimostra che è inutile dire delle paroline dolci a.i tedeschi, come ha fiitto Wilson, nel suo ultimo messaggio, colla ingenua speranza di ricondurli all'ovile dell'umanità, I tedeschi sono sempre quelli di Lovanio, del LNsitania e dell'inno di Lissauer : anche ' nel 1918,. come nel 1914, massacrarono donne e bambini e nofl affrct- · tiamoci - per carità - a« perdonarli» prima che la guc~ra sia finita. Troppi cuori « teneri » ci sono fra i governanti della Quadruplice Intesa e questa è una delle cause per le· quali abbiamo pietilll s11r plau.

È trmpo d'inaugurare la serie degli uomini duri, spietati, inflessibili, come . Oemenceau. Ciò detto, esaminiamo la nota ufficiale sul convegno di Versailles.

I punti principali sono i seguenti : Primo : fra i fini di guerra, moderati, dell'Intesa e quelli banditi dagli Imperi Centrali, non esiste possibilità di accordo. Gli Imperi Centrali sono anti-anncssionisti in tesi cli principio, ma annessionisti sul campo pratico. Come tali sono stati denunciati «al mondo » da un radiotelegramma dei leninisti. D'altronde quello che succede in Livonia e in tutte le provincie baltiche, toglie ogni dubbio. E che cosa è la creazione del Consiglio delle Fiandre, se non il primo passo verso l' annessione - larvata o palese, dipenderà. dal seguito degli avvenimenti - del Bdgio ? Il Consiglio superiore di guerra, dopo questo episodio, dichiara che « il suo do.;ere immediato è di assicurare la continuazione, con·estrema energia e con la più stretta e più efficace cooperazione, dello sfoÌzÒ militare degli Alleati ».

Fermiamoci qui. Questo è l'essenziale. Tutto il resto è secondario. Molti credevano che dalla riwùone di Versailles dovesse uscire il Generalissimo cli tutta l'Intcu, ma questo sarà.... per un'altra volta.

Dunque : L'Intesa 11110/ conli1111are la !!""a con es/rema ener1.ia. Non e'~ altro da fare. N aturalmente, lo diciamo ,n passant, la politica .in-

terna. delle varie nazioni dev'essere orientata « con estrema energia» a questa dichiarata, proclamata necessità.

Noi, tornando all'argomento militare, osiamo sperare che il Con. siglio superiore di Ve:ès~lles avrà esaminato, se sia nell"interl:sse degli Alleati, di lasciare o no l' iniziativa delle operazioni ai nemici. Si parla da troppo tempo di una «grande» offensiva dei bo,her. Noi azzardiamo domandare : conviene aspettarla o non è più conveniente prevenirla con una nostra offensiva? Non faremmo questa domanda se Lloyd Gcorge non ci avesse cliclùarato che, malgrado lo sfacelo dell'esercito russo, e il non ancora cfficente intervento · amcricmo, la superiorità numerica appartiene sempre agli Alleati. Non faremmo questa domanda se il Premier inglese non ci avesse detto che, insieme con quella del numero, noi abbiamo la superiorità o quanto meno la parità negli armamenti. Non faremmo questa domanda se uomini responsabili degli Stati dell'Intesa e ministri generali - in diecine e diccine di documenti ufficiali -non ci avessero detto e ripetuto e diffiostrato che chi attacca ha sempre dei vantaggi e che assumendo l'iniziativa delle operazioni le cha11ces di successo aumentano. Posto tutto ciò, noi umilm:ente domandiamo : è buona tattica - anche ai fini morali - di aspettate che i tedeschi ci diano un poderoso pug no nello stomaco? È buona tattica di guerra questa specie di « passivismo» ? Non è meglio date che ricevere? Il tenersi sulla difensiva offre forse rischi minori che il prendere l'offensiva? Le perdite in uomini e materiali non si uguagliano o quasi ? E come evitare ché i successi iniziali galvanizzino i popoli nemici?

L'esperienza più recente e più uagica della guerra dimostra a quali enormi pericoli si vada incontro, aspettando i colpi dei nemici. Alla vigilia del 24 ottobre un comunicato del nostro Comando Supremo pr~maVa : « l"urto nemico ci ttova saldi e ben preparaci.... » sul Piave. sl; s ull'Isonzo, a Caporetto, no. Chi può escludere a priori che in una seconda fase di una. potente offensiva dell'Intesa, non contribuisca ad allargare il nostro successo quell'insieme di fattori d'indole morale, che agirono, èontro di noi, fra Iso nzo e Tagliamento ? Se siamo costretti a tenerci sulla difensiva, allora è perfettamente inutile ogni discussione; ma, se abbiamo mezzi e uomini sufficentf- come pare dalle dichiarazioni dei governi - le cagioni per cui invece di vibnrc .il colpo, lo si attende, ci sfuggono. È uno di quei misteri che rinunciamo a decifrare.

DAL MESSAGGIO DI \VILSON AL CONVEGNO DI llOMA 297

Notiamo che la Quadruplice Intesa dichiara di essere risoluta a far trionfare i principi di libertà> cli giustizia e di rispetto per il diritto delle Nazioni. Questa è l'accettazione del programma massimo antiaustriaco. perché la giustizia e il rispetto delle na2ioni sono inconciliabili coll'esistenza della duplice monarchia.

Ed ora, attendiamo gli evenù.

D a Il Popolo d'I1aJìa, N. 36, , l~uio 1918, V. Pubblicato anche sull'cdi2iooe di Roma, N. ~8. 7 febbraio 1918, V.

298 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
MUSS0L1NI

TUTTO AI NOSTRI SOLDATI

PREMI ALLE BRIGATE GLORIOSE!

I fanti della Brigata Sassari - una brigata che merita veramente gli aggettivi al superlativo - sono scesi a riposo, dopo aver conquistato il Val Bella e il Col del Rosso. a Vicenza, e hanno ricevuto nella magnifica città del Palladio accoglienze trionfali. I piccoli, silenziosi, eroici figli dell'isola ferrigna, sono stati salutati da tutt2 la popolazione che si è recata in massa - col gonfalone glorioso - a incontrarli; è in quell'istante di commozione indicibile si è quasi suggellata l'urùtà. spirituale della Patria fra combattenti e popolo. Si dice oggi che ai fini del « morale >> sarebbe conveniente, necessuio sta.bilire di quando in quando il conta.ho fra esercito e popolo, immeigere - come -in un bagno salutare - nell'anima grande delle città i reparti più valorosi delle nostre truppe. La Nazione si riconoscerebbe in questi uomini che dovrebbero giungere fta noi, non ripuliti e .rii/Jr come accade per le ordinarie parate in piazza d'armi, ma laceri e sporchi ancora dal fango delle trincee, cd essi si riconoscerebbero nella Nazione. Ci sarebbe, cosi, modo cli esprimere - nella forma più simpatica - nelle nostre strade, nelle nostre piazze, nelle nostre case, la riconoscenza della Nazione a quelli fra i suoi figli che - col sangue - la difendono nella sua integrità e nel suo onore

Perché soltanto oggi si sia pensato a far riposare nelle città i no- · stri tcggimenti reduci dalle trincee ; perché solo oggi si sia capito che accoglienze del genere di quelle tributate a Vicenza, hanno le più benefiche tipercussioni sulla psiche dei nostri soldati, noi non sappiamo, o ineglio sappiamo, quando pensiamo che molti di coloro che ci governano - politicamente e militarmente - non conoscono" affatto, o conoscono in una. maniera rudimentale, la psicologia delle masse popolari. Noi invece ci vantiamo di possedere il meccanismo psicologico delle m.assc, Meccanismo non troppo complicato j ma nemmeno troppo semplice. B per questa nostra conoscenza - risultato della lunga dimestichezza con quelle masse - noi abbiamo propugcatogià da molto tempo - centinaia di cerimonie simili a quella di Vi-

Quando Milano, nel settembre scorso, si apprestava a cclcbca.rc la festa nazionale, parti da noi l'idea di chiedere al Comando Supremo l"invio delle rappresentanze dei reggimenti che avevano conquistato la Bains~za, perché la N azione - attraverso una delle sue più ·grandi città - avesse occasione di acclamare i vincitori dell'undicesima battaglia dell'Ison20.

L'iniziativa diventò una « pratica » La «pratica)> diventò « emarginata », come si conviene ad ogni pratica che si rispetti ; la « emarginata» provocò - come al. solito - una specie di scaricabarile fra Udine e Roma ; allo scopo di superaie le difficoltà, alcune .egregie persone si misero in treno j lette re, telegrammi, chiacchiere, e la pratica, come si conviene ad o gni «pratica» che si ri spetti, restò «inevasa~.... Mifano celebrò cguahnente e con g rande solennità il 1 0 settembre, · ma quell'occasione ci dimostrò che si era scavato una specie di « sepanzione » assurda fra esercito e Nazione, e il risultato si ebb~ un mese dopo.

Era appunto quello il momento di mandare in una città come Milano, in una manifestazione -come quella del .10 ·settembre, _- reparti dell'esercito operante. C'era il precedente di Parigi, il precedente del 14 luglio, quando rappresentanze della fronte sfilarono per Parig i, fn l' entusiasmo delirante di tutto un popolo. Chi può dire quali vibrazioni morali si determinino nelle anime semplici, dinanzi a cerimonie che hanno caratteri di grandiosità? Gli eserciti - specialmente in una guerra come questa, grigia, sotterranea, anonima - hanno bisogno, di quando in quando, di essere « rinfrancati» al contatto del Paesç, di sentire la riconoscenza delle folle, attraverso a un grido o all'applauso. È questo un « dato)) di psiCOlogia elementare, che i grandi condottieri di tutti i pop oli e di tutti i tempi hanno saputo sfruttate.

·Un primo passo fu compiuto da noi, quando si aboll l'« anonimato » per le gesta dei nostri aviatori e quando si introdusse la « novità » della citazione all'ordine del giorno dei reparti più valorosi.

Un altro: passo è stato compiuto a Vicenza. Il generale che ha pensato cli condurre i suoi fanti a Vicenza, è un uomo che può vincere, perché non è soltanto uno stratega, ma un psicologo e oggi la psicologia vale più della strategia.

I vicentini non hanno dato soltanto fiori, applausi, bandiere, discorsi ; hanno dato anche forme tangibili, pecuniarie alla loro simpatia, hanno tradotto in· sonante m oneta il loro fervido cntusfasmo. Io un battibaleno, fùrono raccolte ottomila lire da distribuire ai sol· dati più meritevoli. E qui parliamo di una nostra iniziativa. L'altro giorno si presentato ai nostri uffici il conte Giuseppe Archinti e ci ha versato soo lire per i combattenti. D'accordo coll'oblatore,. ab-

300 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 301

biamo deciso di comprare tante cartelle del prestito da distribuire ai soldati dei reparti citati nel bollettino del Comando Supremo. Nell'ultimo bollettino sono stati citati il 1 p e il i, 2. reggimento' fanteria j il ,:, 14, 20 reggimento bersaglieri; i reparti d'assalto 4, 1, 2., 16 e i battaglioni alpini Val d'Adige, Stelvio, Monte Baldo, Tirano. Noi pensiamo:che il soldato più meritevole di ogni compagnia dovrebbe ricevere una cartella : ne occorrono un centinaio. Alle cinquecento del nostro amico ne aggiuilgiamo cinquecento nostre. E affidiamo al patriottismo e alli. generosità dei nostri amici il successo dell'iniziativa. Bisogna - per vincerè - che Esercito e Na2ione siano un'anima sola, d'acciaio.

MUSSOLINI

Da J/ Popolo d'JJl11i4, N. 37, 6 febbraio 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N, 39, 8 febbraio 1918, V.

IL PRESTITO DELLA RISCOSSA

MILANO SUPERERA IL MILIAROO ?

ORAMAI n CERTO

Il to~le delle sottoscrizioni raccolte agli Istituti. cons·orziali di Milano, a mezzogiorno del 4 conente, raggiungeva i ,:40 milioni. A questi bisogna aggiungere i 100 milioni sottoscri tti dalla Cassa di Risparmio. Non conosciamo ancora il totale della sottoscrizio ne g lobale promossa dagli industriali, m a ci viene assicurato da persone in g rado di saperlo, che non sarà inferiore ai 300 milioni, il che signi6ca che Milano ha dato a tutt'oggi 940 milioni. al Prestito della Riscossa. Dato che il giorno di chiusura delle sottoscrizioni è stato dilazionato al 24 corrente, è o ramai certo che Milano supererà il miliardo. Non è da escludersi che arrivi al miliardo e mezzo, e se alla sottoscrizione milanese si aggiunge quella delle altre città lombarde, si toccano i due miliardi. Se il prestito da.rà i sci miliardi che l'on, Nitti reclama. sarà titolo di vanto per Milano e la Lombardia l'aver sottoscritto un terzo del totale.

Il successo del prestito per ciò che riguarda Mi1ano, è già deli~ neato, è già sicuro. Milano ha magnificamente risposto. Ci sia permesso di sperare e di credere che Milano supererà quella cifra-limite che noi avevatÌlo chiesto E la supererà, se gli enti cui spetta, faranno quello che devono fare.

Non è soltanto nostra, ma è impressione generale, che questo prestito nen sia sufficentemente «popolare». Si fanno le grosse cifre, perché l'alta borghesia vuota i suoi portafogli e perché le classi medie, come in altre occasioni, sanno compiere il loro dovere ; ma quella im.ggiore partecipazione al prestito nazionale da parte dei ceti popolari che noi vorremmo, manca o non c'è in misura adeguata. Si sarebbe quasi indotti a dire che questo è il prestito delle città e delle grandi città. ; anzi, di tre grandi città.

Ma tre città. - si chiamino pure Milano, Genova, Torino - non bastano a imprimere la caratteristica cli nazionale a un prestito. n il numero dei sottoscrittori, più ancora che l'entità delle somme sotto-

scritte, ciò che dà un maggiore o minore carattere popolare a un'operazione finanzi aria d(questo genere. Vo rremmo -a fine prestitoche oltre alla somma raccolta si dicesse quanti sono stati i sottoscrittori, percht quest o ci, darebbe oltre al valore pecuniario, il valore' « morale» del prestito, la misura esatta della fiducia che la Nazione ripone nello Stato. L'importanza di questo «indice», non ha bisogno di essere illustrata.

Domandiamoci piuttosto : si fa tutto quello che si dovrebbe fare, per popolarizzare il prestito, per far comprare il maggior numero di cartelle al maggior numero di cittadini ? Abbiamo motivi di dubitare.

Non è per le città, che noi parliamo. Qui c'è una « sensibilità civka » che può - fino a un certo segno - riparare la mancanza di propaganda. Ma anche qui, non siamo andati oltre i manifesti murali e alle conferenze. La periferia, i sobborghi, sono trascurati. L'Inghilterra, ad esempio, h a pos to in moto, attraverso le strade di Londra, le sue tank! gigantesche, e ogni tank! è una tribuna p er la propaganda del presti to. Anche nei giomali la rlcla,ne è fatta in modo più vistoso, più pittoresco, mentre in Italia è grigia, scialba. E non sOno precisamente gli inglesi, fra tutti i popoli, quelli che hanno più bisogno di essere so~ecitati, a compiere il loro dovere, cogli scampanii della rldame.

Il Timer, occupandosi l'altro giorno della s ituazione alimentare in Svizzera - aggravata dalla presenza di 2.0- 30 mila disertòri di t u t ti gli eserciti - poteva affermare che nes·suno di questi disertori era inglese. Non un disertore I Quale titolo di sommo orgoglio per un popolo I Eppure,. anche in Inghilterra, si fa la più diffusa e << americana>) rlda111e ai prestiti nazionali.

Non spetta a noi specificare nel dettaglio, quali procedimenti debbano essere adottati, per giungere alle masse popolari e soprattutto a quelle rurali. Noi diciamo che è necessario, indispensabile che i sottoscrittori siano numerosissimi, anch e nel ceto a gricolo.

Il direttore della Banca d'Italia di una piccola Città, fra le risaie, non molto lung i da Milano, ci diceva che, col concorso delle campagne, dove i denarosi non · mancano, si sarebbe potuto superare anche i sci miliardi domandati dal ministro del Tesoro. Dunque : · propaganda nei sobborghi, nelle piccole città e nelle campagne. Bisogna che la città mobilizzi le sue volontà, le sue intelligenze, le sue capacità per·conquistare l a campagna, Bisogna organfazare delle spedizioni. I Comitati dd mutilati in accordo colle altre Associa:zioni possono fare m olto in questo sen so.

Ma non e'è tempo da perdere, Le città, poche città, hanno dato oramai tre miliardi; gli altri

DAL
303
MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA
20. • X,

tre devono essere dati dalle picco)e città e dalle campagne. L'ideale sarebbe di avere sci milioni di sottoscdttori per sei miliardi di prestito; ma se questo «assoluto» n on è raggiungibile, ciò non dispensa dal mirarvi con tutte le energie.

Milano, in questi quindici giorni, deve compiere un altro dei suoi sbalzi prodigiosi. E con Milano tutta l'Italia.

Noi vorremmo che ogni cittadino foss e ben cosciente ddl'cnorme p ortata «politica», della grande significazione morale di questo prestito. La ,cifra dei sottoscrittori e della sottoscrizione deve dire al mondo che noi siamo degni e capaci della riscossa.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 38, 7 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'.edi. 2:ionc di Roma, N. 40, 9 febbraio 1918, V.

304 OPERA OMNI/\ DI BENITO MUSSOLINI

ROBERTO SARFATII

Non aveva ancora diciotto anni. Volontario. È caduto sulla riconquistata cima cli Col d'Eched e. La sua vita potrebbe essere riassunta - laconicamente - cosl.

Ho di questo giovinetto, immolatosi serenamente ed e roicamente per la salute di questa nostra adorabile Italia - adorabile, malgrado tutto - un ricordo lontano e un ricordo vicino, immediato. Lo conobbi tre anni fa, nell'ora della nostra febbre, della nostra passione. Era un bambino, a1to, ricciuto, dai lineamenti armoniosi : germoglio bellissimo. Parlava poco. Ma già, allora, ardeva, anch'egli, del n ostro fuoco e voleva partire. I «regolamenti» infransero il suO sog no. Non era soltanto un sogno, era qualcosa di più : una volontà ferma, un proposito irrevocabile

Alcuni mesi fa, mi scrissero : « Roberto parte volontario. Va negli alpini ». Lo rividi, nel mio studio, una d.iecina di giorni or so no, accompagnato dalla madre. Tornava dal Grappa, in breve licenza di premio. Già caporale per merito di guerra. Non era più il bambino di tre anni fa . Molto più alto, molto più forte, con nella facci a l'impronta, già visibile, della guerra ; con nell'occhio lo sguardo limpido degli adolescenti che n on hanno ancora subito le inevitabili e necessarie contaminazioni della vita. La sua laconicità, che mi aveva già sorpreso, era rimasta la stessa.

Gli chiesi qualche notiz~ del fr onte, dei suoi compagni, delle battaglie, Ma si schermL Egli non aveva fatto nulla di straordinario.... Gli sembrava « naturale» quello che av eva fatto e che g li aveva procurato l'a.mbito premio della ptomozione per merito di guerra.... Né io v olli violare quell'abito di pudore. D oveva partire.. Tornare lassù. Al suo posto. E al suo posto è caduto. La sua offerta alla Patria è stata piena, la sua dedizione totale.

Io penso : per alcuni, la guerra può essere una politica; per altri una speculazione; per altri ancora un dovere penoso o una cor11ie sanguinosa o una maledizione oscura ; per qualcuno può essere un'avventuni : ma per g li ado lescenti, la guerra è religione e poesia insieme C'è - in verità - qualche cosa di religioso, di poetico, di profondo nel sacrificio di questi giovani ; Deve cantare nelle loro anime la voce

della Patria, con accenti e ritmi che ci sono ignoti. Un uomo che cade a trent'anni, dà alla Patria un « di meno>>, perché ha già vissuto ; un fanciullo, invece, che deve ancora vivere, che si è appena :ufacciato alla vita, che flon ·ha (<preso» ancora niente d ella vita, dà tutto: il suo presente e il suo futuro ; ciò che è e ciò che avrebbe potuto diventare. C'è, ci dev'essere in lui quella volontà di rinuncia, che è il segreto e il privilegio di un grande amore.

La P atria, per gli adolescenti come Roberto Sarfatti, per questa creatuta d'eccezione, è un amore, E dell'amore ha tutti "i trasporti, le impazienze, le esaltazioni.

L'amore che non <( ragiona», che non calcola, che non si misura. L'amore che dice : (< Non una goccia, ma tutto il sangue; non un po' di vita, ma tutta la vita, purché l'Italia si salvi I » E l'Italia si salverà.

L'olocausto di questi giovani è il vaticinio più certo. Quando, a di~ ciotto anni, si combatte, come ha combattuto Roberto Sarfatti, quando si accetta la morte, si va incontro alla morte, cosl, senza esitazioni e senza rimpianti, nessun dubbio è possibile: questo sangue col quale ci comunichiamo .come fratelli italiani, è garanzia sicura ch·e la pace di domani non sarà la pace della nostra vergogna,

Q11e/J'anno perdé la J11a primavera

disse il poeta, celebrando la gioventù caduta a Curtatone e Montanara. Anche il 15l18 ha perduto la sua primavera. Ma dopo la primavera devastata dalla morte, verrà il meriggio dolce e solatio. Ci sono delle madri che piangono oggi, perché altre madri possano sorridere, domani, ai figli non più minacciati ; cadono, oggi, i quercioli robusti della nostra razza, perché i v irgulti, pur mo' nati, possano crescere, domani, nella più grande libertà, Oh, non consolazioni v ane. Marg herit a e Cesare Sarfatti non ne hanno bisogno . Essi sapevano che cosa è la guerra, e non impedirono al figlio di correre .incontro al suo destino di sacrificio e di gloria. In nome dell'amicizia e per la memoria di Roberto, io m'inchino al loro orgoglio angosciato e chiedo di soffrire un po' del loro dolore sacro.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 38, 7 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'edj. zione di Roma, N. 41, 10 febbraio 1918, V .

306 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

L'ITALIA NEL MONDO

PROBLEMI CHE ATTENDONO LA SOLUZIONE

Posto come assiomati~o dovere nazionale che lo Stato italiano deve proteggere ' e tutelare gli italiani che vivono oltre Je frontiere, vediamo come lo Stato italiano ha compiuto questo suo categorico dovere, nei riguardi delle fallllglie dei richiamati restate in Francia. Secondo l'ultimo censimento, anteriore al 1914, gli italiani residenti in Francia erano 400 mila. Calcolando che il 1 0 per cento s ia sotto alle armi, risulta che 4 0.000 sono i nostri connazionali ricnuati in Italia per la guerra.

Si può in base a queste cifre stabilire che le famiglie lasciate in Francia sono Composte di più di 100 mila individui. Dato il genere eminentemente proletario della nostra massa emigrante in Francia, la partenza del capo-famiglia ha avuto conseguenze gravi, tanto che molte famiglie hanno dovuto e devono lottare colla miseria. H sussidio del Governo italiano, sussidio uguale a quello fissato per l'i nterno del regno, t, per ragioni troppo evidenti, insufficente.

Ci sono i Comitati. Ne sorse infatti uno a Parigi, per le famiglie degli italiani richiamati nel Dipartimento della Senna e ne sorsero altri in Francia. Quello di Parigi era presieduto dall'ambasciatore.

Ma i fondi raccolti nelle colonie italiane da questi Comitati fu rono ben presto esauriti, mentre i bisogni, co lla chiamata di altre classi, aumentavano, Fu allora che l'organizzatore e l'anima del comitato parigino sig. Parazzoli, insieme con altri due delegati della Federazione, il duca Melzi d'Eril e il cav, G. Lazzaro, venne a Roma, nel maggio del 1916, per prospettare al Governo il problema urgent~ssi mo, che aveva, anche, un aspetto morale.

Si chiedeva che il Governo portasse il sussidio degli italiani in Francia al medesimo livello di quello francese La commissione fu ricevuta dai ministri Boselli, Comandini, e ottenne :

T. Un versamento, per una volta tanto, di franchi 50 mila per il Comitato di Parigi è di franchi 80 mila per il resto della Francia.

z. Un sussidio mensile di franchi 15 mila per il Comitato di Parig i e. cli so mila per il resto della Francia.

Ora, questi 6 j mila franchi mensili non raggiungono la media di un franco al mese per ogni membro delle famiglie dei nostri soldati. Non c'è bisogno di aggiungere altro per dimostrare la loro assoluta insufficenza.

Ora, coll'aver accordato un suppleme nto di sussidi.o, il Go_vcrno ha riconosciuto l'insufficenza del sussidio governativo, ma la misura colla quale lo ha accordato t ben lungi dal permetteie di sollevare la condizione miserrima nella quale versano migliaia di famiglie. Il Comitato di Parìgi è il solo che abbia potuto organizzare e distribuire sussidi regolari mensili, di circa 10 franchi per ogni figlio e di 2.0 in casi speciali. Il Comitato di Pa rigi dà il sussidio di 16 franchi mensili anche ad .ogni figlio illegittimo e 20 franchi alle conviventi aventi fi g li, uniformandosi cosi alle disposizioni vigenti nella Repubblica. Ma se il Governo italiano non aumenta il suo contributo al Comitato di Parigi che da solo sussidia ben 11 00 famiglie, quel Comitato - cosl benemerito - dovrà cessare la sua opera di italianità e· di giustizia. Lo stesso accadrà per gli altri çorrutati sorti in Francia.

Quale destino attende questa massa di 100 mila italiani? 11 dovere del Governo è chiaro. Abbiamo prospettato, parafrasando una relazione, che ci è stata presentata, il problema. Questo problema deve essere risolto. Noi non vogliamo che i nostri connazfonàli all'estero siano costretti alla mendicità. La misura che s'impone è evidente : bisogna aumentare il sussidio quotidiano alle famiglie dei .richiamati, [.... censura .... ] in Francia, [.... censura]. La cifra attuale non basta p iù. Il nostro informatore ci ha detto, e noi conveniamo pienamente con lui, che « il dovere del Governo è indiscutibile, specialmente all'estero, dove, anche fra AlJeati, è necessario cenere ben alto il nome italiano e dove la miglio r propaganda per la nostra dignità nazionale è quella di evitare che i nostri connazionali debbano stendere la mano e chiedere un po' di pane».

Il Gover,no attuale ha dimostrato in questi ultimi tempi e in diverse occasioni, di essersi un po' modernizzato nelle idee e nei procedimenti.

Molti provvedimenti sono stati adottati, sotto la pressione dell'opinione pubblica e la macchina statale, già per se stessa pesante e quasi mostruosa, ha un po' accelerato il suo ritmo . . Bisogna fare di più. È necessario vigilare sul morale dei soldati, ma è altrettanto necessario vigilare sul morale delle famiglie. L'e mogli, i figli dei combattenti, devono avere almeno la certezza quotidiana ~el pane. E quando , come in Francia, al bisogno materiale si aggiunge uM. questione morale di dig nità nazionale, non si d<:ve più oltre indugiare. Ch.e importano alcuni milioni di sussidi in più del preventivato? Que-

308 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

sti nostri connazionali li me+jtano perché prima di tornare a compiere il loro dovere di soldato, hanno contribuito col loro lavoro, coi lo ro risparmi, co i loro « rivoletti » d'oro , alla crescente prosperità della Patria. Ma noi invochiamo un provvedimerito d'indole generale e se certi accenni comparsi sui giornali non ci ingannano, questo provvedimento non deve essere molto lontano.

MUSSOLINI

Da Il Pt>Pt>lt> d'Italia, N. 39, 8 febbraio 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 4 1, 10 febbraio 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 309

I MISTERI SVELATI

Il 2.3 febbraio del 1915 il Direttore dell'Ufficio Stampa del ministero degli Esteri a Berlino mandava a tutti gli ambasciato ri, ministri plenipotenzfari e autorità consolari nei paesi neutri la seguente circolare, pubblicata in questi giorni dal Peti! Parisien :

« Si porta a vostra conoscenza che nel territorio dti paesi dove siete accreditato sono stati fondati degli uffici speciali di organizzazione di propaganda nei paesi della coa li zione in guerra con tro la Germania, La propaganda avrà ~r scopo d i far scoppia.re d ei movimenti sociali accompagnati da scioperi, dei movjmenti separatisti e Ja ·guerra civile, cosl come una agitazione in favore del disarmo e d ella cessazione di questa guerra sanguinosa.

« Voi dovrete proteggere e aiutare con tutti i mezzi coloro che sono alla testa d ì questi uffici dì propaganda. Queste persone vi forniranno gli attesta ti ncc~ssari.

BARTilELEME ».

Alla luce di questo documento, m olti episodi enig matici della p olitica i nterna delle nazioni a lleate, no n esclusa, ben inteso, l'Italia, appaiono perfettamente spiegabili. Importante è la data del documento. All'inizio del 1915 la Germania non conta più sulla vittoria conseg uita dag li eserciti. La guer ra non è più movimento di eserciti, ma logoramento di nazioni. Bisog na, pensano i tedeschi di Berlino, accelerare questo logoramento della resistenza interna nelle nazioni n emiche, La Germania non doveva accingecii al lavoro in un campo totalmente nuovo. No. I b0chu non avevano che da innestare nella fomùdabile pianta mondiale della loro organizzazione spionistica, anltttdenft alla g11tMa, un nuovo, più preciso ramo di attività. E ciò che facilitava il loro compito, era la stupefacente, bestialmente ingenua politica interna delle nazioni nemiche, le quali avcVano lasciato, quasi indisturbati, i sudditi t edeschi. Quando pensiamo che solo in questi ultimi tempi, dopo ben tre anni di guerra, si sono prese alcune troppo benigne misure contro i sudditi tedeschi, ci domandiamo per quale miracolo · - rasentando tante volte l'ab isso - non vi siamo precipitati dentro. Ma il miracolo no n esiste. Se, oggi, malgrado tutti g li uffici di propag~da tedeschi nei paesi neutri e in quelli belligeranti non siamo cli-

scesi al regime dei Sovièt, si è perché nell'occidente europeo agiscono forze storiche e sociali che in Rus sia non ci sono. E queste forze ci affidano che n ell'occidente, diciamo in Francia e anche in Italia, un disfacimento dell'organismo sociale, simile a quello russo, non può avvenire '

Quanto all'Italia possiamo affermare che essa ha superato - in un certo senso - appunto con Caporetto e dopo Caporetto i suoi esami di « maturità nazionale)>.

In alcuni dei movimenti <<interni)> di Francia e d'Italia, in alcune manifestazioni pacifiste che ebbero luogo - con una concidenza straordinaria - p ri ma o durante le nostre azioni offensive, come escludere a priori la presenza o l'influenza di emissari di quei misteriosi uffici di propaganda suscitali dalla circolare pubblicata nel P et# Parisien?

La cronaca degli «atte ntati)> nelle nazioni della Quadruplice Intesa, è ricchissima : non passa giorno, s i p uò d ire, senza esplosioni, in cendi, assassin1. Accant o a quest'azione di ordine individuale affidata agli « agenti distruttori >1 che gli Uffici tedeschi dovevano reclutare fra i rifiuti delle galere internazionali, c'era un'altra azione collettiva a base di dimostrazioni, di scioperi più o meno generali. Oltre a ciò, tutta l'altra vasta o pera di assoldamento e di corruzione e di spionaggio, in favore d ella G ermania, sulla qual'opera il processo Bolo e gli altri che seguiranno dovranno fare piena luce.

Che il Sovièl, in· Russia, sia opera esclusiva d ella German ia, è affermazione eccessiv a, perché non si può attribuire a una causa sola un fenomeno cosl grandioso e complesso; ma che la G e rmania, per mezzo dei suoi .Parvu s, dei Zinovieff, dei Luwekars ky, dei Tro tzk y e compagn i, abbia lavorato sul disfacimento russo, per aggravarlo e render1o irreparabile; che la Germania, a mezzo delle sue migliaia e migliaia di agenti, prima e durante la rivoluzione russa, abbia cercato di tramutare in paralisi generale della Russia, come Stato e come Nazione belligerante, quella ch e ai t empi d i Miljukoff e Rodzianco, pareva soltanto una crisi d i regime, nessuno _.:.... onestamente - può mettere in dubbio. E che la Germania si proponga di «coltivare>> i germi di disso luzione interna negli altri paesi nemici, è cer to, anche per le esplicite confessioni degli stessi tedeschi.

Che i n ostri o rganismi nazionali siano in g rado di resis tere è, dopo tante p covc, positivo ; ma bisogna evitare le cdsi, le malattie, anche se non son o mortali. E quando si delin eano movimenti, agitazioni, sCloperi dall' o rigine non ben chiara, il Gov erno si rico rdi d ella circola re dell'Ufficio Stampa del ministero degli Esteri di Gcr• mania e non si fermi alla ricerca delle cause immediate.

Bisogna rimontare; andare lontano, perché q uello che a un dato

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO Dl ROMA 311

momento può accadere in I talia, ha 111, sua chiave di spiegazione a Zurigo o a Lugano.

Insomma : i Governi alleati, ora che posseggono la trama del d isfattismo bocbe, possono, .devo no vibrargli un colpo decisivo. Sca~ teni o non scateni la s ua offcnsjva, quello che importa è che la Germania no n trovi d ei complici nell'interno delle nostre nazioni.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'It4li«, N. 40, 9 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sutr~izionc di Roma, N. 42, 11 febbraio 19 18, V.

312 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DISFATTISMO COLPOSO

COME FACCIAMO IL «LORO» GIOCO

I tedeschi annunciano da ormai due mesi una loro offensiva k c,/011al. Nugoli di agenti in Olanda, in Svizzera, in Danimarca, diffondono ogni giorno notizie impressionanti sul nuovo sfono d ei bochu. I giorni passano, l'offensiva non comincia, ma la manovra continua. È una manovra «psicologica», il cui obiettivo è questo : stancheggiare, ·· logorare, indebolire il sistema nervoso dei popoli nemici.

Ora, che i tedeschi facciano tutto ciò, facciano, ci~. u na anticipata rlrla111e di eccezione alle loro gesta, si comprende; ch'essi vogliano «colpire» l'immaginazione dei popoli nemici, è spiegabile; ch'essi vogliano conservare presso ai neutri, la loro fama.... di invincibilità, è logico; ma che gli Alleati o per meglio dire la stampa degli Alleati contribuisca - i nconsciamente - a favorire i piani dei tedeschi, ecco un assurdo dei più strani e penosi. C'è, per esempio, un lunghissimo dispaccio Re11ter, diramato ieri e ripubblicato in lungo e in largo dai nostri maggiori giornali, che è una vera e propria apologetica, superlativamente apologetica, esaltazione cli questa eventuale nuova offensiva tedesca. Leggiamo insieme :

« Le forze tedesche che si concentrano in Francia ·ascenderanno quanto prima a un totale di circa 200 divisioni e cioè circa a un milione e meno d i truppe d i fanteria e a un numero quasi eguale di truppe delle altre, armi ».

I tre milioni di tedeschi - continua la Reuter - concentrati in Francia, potranno disporre dcli'« intero» materiale di artiglieria della Germania, che comprende 1 790 batterie· di grosso calibro ; dai pezzi da 10 centimetri ai «formidabili)) (gli. aggettivi sono sempre della R t 11t,r) mortai da« 4.zo », oltre alle batterie da costa; qo batterie da 90 millimetri; « innumerevoli» cannoni da campo da 77 millimetri e gli eventuali rinforzi di artiglieria austriaca. Sembra ovvio al corrispondente che ·con questa « immensa» massa di bocche da fuoco e con una cinquantina di divisioni soprannumerarie, i tedeschi possano per~ . mettersi il lusso di una offensiva <C due volte» più poderosa di quella

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tenuta a Verdun e che possàno, anzi, dividere'« persino» le proprie forze per attaccare simultaneamente su due fronti di tre nta chilometri ciascuno in due settori.

Tutta questa esposizione cosl d ettagliata a che cosa vale? A infoì:mare i generali? No, perché probabilmente sono i generali che hanno informato 1a Reuter. A preparare il pubblico, forse? Ma questo, forse, il miglior modo di prepararlo, esibendogli, in un quadro completo, statistico, pittorico, lo sforzo dei nemici ? Non il caso di « impressionare>> il pubblico in senso negativo?

Almeno, ci fosse, nel dispaccio Reuter, l'antidoto. Si dicesse, cioè, che se i bochu hanno migliaia di batterie «formidabili», non meno « formidabili » sono le b ocche da fuoco franco-inglesi; si dicesse che se i bothes sono tre milioni, altrettanti sono i franco-inglesi .... No. La R e11ter continua col dire che la shuazione n o n è - dopo tuttomalvagia, in seguito aì combattimenti dell'estate scorsa che permisero agli inglesi di impadronirsi di posizioni dominanti. Po4 aggiunge che lo sforzo tedesco « per quanto poderoso, non potrà riuscire che a formare un saliente più o meno vasto nelle linee degli Alleati e a cat-· turare parecchie migliaia di prigionieri, ma non potrà modificare la situazione st rategica)>.

C'è da trasecolare! Un'agenzia ufficiosa degli Alleati ammette in anticipo il successo d ei bochu e consegna loro in anticipo « parecchie» migliaia di prigionieri e un saliente « più o meno vasto>>, salvo - more solito - la situazione strategica, gentile eufemismo di consolazione, che non cambierà....

Non basta. La Reuter n o n è soddisfatta. 11 servizio al Kaiser dev'essere completo. Bisogna atterrire, in anticipo, le popolazioni e i combattenti ; sconvolgere le l or o menti nell'attesa di questo evento catastrofico ; ed ecco la Re«ter - agenzia quasi ufficiosa - ammettere che le probabilità di vittoria so no scarse, ma che però c'è da supporre « che il Comando nemico faccia ancora assegnamento sugli effetti di qualche nuova sorpresa, sia che si tratti di un nuovo metodo d'attacco o di qualche diavoleria del genere dei gas ·asfissianti e dei getti di fuoco liquido»."

Inteso?

Anche le << diavolerie» tedesche. Anche il diavolo. Non eè più soltanto il « vecchio dio)), Dopo tutto questo po' po' di roba, i disgraziati che si trovano nelle trincee, sarebbero - in un certo sensogiustificati se si domandassero di qual mai nuova, t erribile, diabolica, misteriosa morte d ovranno morire....

Ebbene, tutto ciò, alla fine, è pericoloso, idiota. Anche se è « incosciente >) Alla vigilia di ogni progettata offensiva tedesca, si ripete

314 OPERA OMNIA DJ DENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 315

lo stesso fenomeno. Si parla di gas nuovi, di cannoni spaventevoli, di attacchi in nuovo stile, etc. etc., e tutto ciò al semplice scopo d i « impressionare» le popolazio ni avverse presentando loco a vecchio dio Thor dei bochu sempre più infuriato, invincibile, infernale.... I g iornali non vedono quale enorme insidia al morale deUe famiglie e dei combattenti ci sia in tutto ciò, e quantunque si sia già v isto che i famosi cannoni, gas e simili nuove « diavolerie» non esistono perché son sempre quelli, i giornali continuano a stampare che _la G ermania per le sue offensive ha in serbo qualche cosa di nuovo, di folgorante, di irresistibile....

Da una parte la r~dame dell'offe~siva tedesca, dall'altra l'ampia cronaca del processo Bo lo, che ieri un giornale francese ci presentava in una dozzina d i diverse « pose>) fotografiche, più o meno artistiche e patetiche.

Ma che sia il destino, il tragico destino della Quadruplice Intesa, quello cli trastullarsi e di trastullare il pubblico coi processi « clamorosi» mentre si addensano all'orizzonte i segni della tempesta ? Sopprimiamo i giornali, che sarà meglio, MUSSOLINI

Da lJ Popolo d ' Italia, N. 41, 10 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sulredi. zione di Roma, N. 4~, 12 febbraio 1918, V.

UN PO' DI VERITA N EL PARADOSSO

I GIORNALI SONO NECESSARI ?

Un giorno, dopo Caporctto, un amico che combatte e medica dal 2.4 maggio 1915 - e che ha, quindi, molto combattuto, molto medita to e molto soffe rto - mi s criveva una lettera cosl concepita :

Caro Mussolini, bisogna sopprimere t utti i g iornali, tutti, senza eccezione. Se sapeste quanto male hannÒ fat to ! Se sapeste quale enorme respoosabilità essi hanno nel nostro rovescio dell'Alto Isonzo ! Se sapeste quanto male continua no a fare coi loro titoli, colle loro note, collt' loro corrispondenze, colle loro cron.ache, coi Joro pettegolezi.i, colla loro rédame imboscatrice della 4• pagina, ·a base di. scuole per motociclisti, coi loro teatri, assemblee, coi loro scandali, coi loro resocorui pa.rlamentari ! La frase terribile· dell'on. Caporetto, perché fu conosciuta in tutte le trincee, in tutte le retrovie, in tutte le caserme? Perché i giornali, i grandi g io rnali la riprodussero a milioni, a milioni, dico a milioni di copie....

Non pubblicai l.a lettera di questo mio vecchio commilitone, perché mi ·aveva l'aria un po' paradossale e perché una proposta di suicidio collettivo di tutti i giornali -partendo da mc -poteva du luogo a ipotesi dubbie di gelosia. Vero è che li Popolo d']Jalia - lo dico senza stupide modestie - è un grande giornale, un grandea pa ragone di molti altri ventilabro di idee, ma non ha ancora la « grandezza >> degli altri, che si esprime nelle cifre alte dei bollettini di tiratura. Ma oggi - pensi ognuno quello che vuole - io sono convinto, fermamente convinto, dico fermamente convfoto, che bisogna sopprimere tutti i giornali, che non si può tardare un giorno solo ad afnmazzare tutti i giornali, che è urgente, supremamente urgente - ai fini della salute pubblica italiana - ordinare la strage di tutti i giornali.

C'è o n on c'è un decreto Sacchi ? Lo si applichi senza indugio, perché tutto ciò che i giornali, tutti i giornali compiono per deprimere lo spirito pubblico, è semplicemente incredibile, fantastico : il disfattismo incosciente - voglio credere incosciente - dei giornali è a;aille . volte più pericoloso di quello c he può essere fatto nei caffè, nelle borse, nei circoli virùcoli, nei -confessionali, nelle assemblee da nde-

stine. Una persoru. intelligente che alla mattina cominci a leggere i giornali, è sicuro di sentirsi rovesciare i nervi, dopo dicci minuti. · I titoli sono sempre più idioti. Io dico che se certi giornali italiani fossero fatti o impaginati da redattori della Neu, Freie Preue di Vienna, non rìuscirebbero a rendere - come rendono - i più segnalati servigi all'Austria-Ungheria. C'è una notizia ingrata? Bene in vista, perdio I, in prima pagina, con un titolo che non lasci dubbi, che si imprima nettamente nella retina cerebrale di chi legge e determini, quindi, dei movimenti psicologici negativi nella massa del pubblico....

I giornalisti dovrebbero essere « medici» di questo «paziente » che è il pubblico dei tempi di guerra. Macché medici l Non sono nemmeno dei Vachler, il falso maggiore medico arrestato dopo trenta mesi di professione abusivamente sl, ma lodevolmente esercitata. Nemmeno dei flebotomi. Sono dei tagliacalli che assassinano - con una incoscierl2:a che in altri campi e tempi sarebbe semplicemente leggiadra - la povera malata.

Insomma : che cosa ci stanno a fare i giornali in tempo di guerra ? A che cosa servono ? Qual'è la loro funzione? E se barino una furl2:ione è utile o non è il viceversa ? Un amico mi diceva che l'utilità dei giornali è data dall'ultimo e più frequente impiego della loro carta. E in base a questo criterio aveva stabilito una specie di scala del valore dei giornali. Amico feroce I Freddurista I Ma in fondo....

·Si dice che i giornali devono agitare delle idee, trattare deUe questioni, svis.cerare dei problemi.... Ma fatemi un po' il piacere I Prima di tutto, i giornalisti hanno la preparazio ne sufficente per agitare, t rattare, sviscerare, 11,otomizzare (zuppi6care), etc., etc ? Ammettiamolo per amore di colleganza.

Passiamo alla subordinata. Dato che questa preparazione morale e culturale esista, serve oggi a qualche cosa? No. Prima di tutto c'è la censura. Voi potete essere l'uomo più geniale dei tempi attuali, ma non potete pellsare diversamente da quello che v uole il censore. La censura vi fissa - preventivamente o no, poco importa· - le opinioni, le idee, i problemi che potete o non potete trattare. Vi mette nello steccato delle sue ordinanze ; vi taglia il figurino colle sue forbici. Ma poi, anche senza cenSore, credete voi che i giornali potrebbero compiere una funzione più utile di quella che consiste nel riempire il sacco colla paccottiglia telegrafica delle agenzie ?_ Voi potreste essere un filosofo sublime, un economista insigne, un politiQJ, uno storico di razza, ma in questa guerra, tutta la vostra filosofia, tutta la vostra

p;.;--~-.· -· ····: .-· DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 317
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* * .

storia, t utta la vostra economia, non vi permetterebbero d i saperne di più di quello che non sappia un farmacista oscuro o un tavolineggiantc da caffè o un giornalista che commenta con dei deliziosi a peuprès (il giornalismo è soprattutto approssimazione), perché ·questa guecta è al di fuori di tutti gli schemi filosofici, politici, economici i ·perché tutto quello che filosofi, politici, economisti (e non aggiungiamo per l'amor di Dio, se c'è, i diplomatici e gli strateghi J I) hanno detto prima e durante, è stato sommerso, ridicoleggiato talvolta dagli avvenimenti, il cui svolgimento sembra sfuggire a tutte le possibili previsioni e forse a1 controllo stesso d ella ragione umana. Davanti a un dramma che vi offre, ad ogni atto, una cosi fantasmagorica varietà di scene e di protagonisti, parlare tutti i g iorni è un po' troppo.

Mi dicono : E le notizie? Bisognerà pur far sapere che cosa succede in Italia e nel mondo. Siamo d'accordo. Ma anche qui io do· mando se, per le notizie, è necessaria l'esistenza dei giornali. Ci so~o delle notizie che si possono dare e altre che non si possono dare. La censura è arbitra" e suprema.

La censura ha già soppresso sostanzialmente i giornali. Siamo sulla buona strada. Si può compiere ancora un passo e finirla. Il pubblico è già preparato . Era abituato ai giornaloni di dieci pagine, oggi è già abituato ai g iornalini di un foglio . È già razionato. Lo si può mettere a digiuno totale che non fiaterà. C' è chi aH"crma c he starà meglio ....

Al concreto. Non si p otrebbe sopprimere tutti i giornali a dat.are dal 1° marzo ? E iniziare colla stessa data le pubblicazioni di un Giornale Unico· della Nazione italiana - in sei identiche edizioni regionali per ottenere la sua più rapida diffusione - che conterrebbe i bollettini di guerra, le notizie più interessanti nazionali e internazionali e qualche breve nota, la cui redazione sarebbe affidata a un comitato speciale di tre o quattro persone ?

I vantaggi del sistema sono evidenti. Sopprimendo i giornali, si viene a sopprimere - automaticamente - la censura e resta a disposìzione di altri bisogni il b11dgtl relativo.

Il Giornal, Unico sarebbe indubbiamente attivo e le attività potrcb-

318 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

bero concorrere ad opere di ·solidarietà nazion ale. Migliaia di addetti ai g iornali - dai direttori ai redattori agli operai - potrebbero andare aì reggimenti. Non p iù disfattismo incosciente, né cosciente bo11rrage de mllln; né qualche altra cosa di meno pulito ancora.

Io non ho elaborato troppo al dettaglio il mi o punto di vista, L'ho espòsco cosi grouo modo. Q ualcuno dirà che sono matto, qualcun altro che esagero, e che sono bizzarrie, ma io credo che molti trov e ranno che - dopo t utto - ho ragione . Pur troppo, per quanto il gw.rdo io g iri, non vedo in g iro l'Erode che sia capace di ordin are questa n o n inutile strage

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'ltalitr, N. 4 2, 11 f ebbraio 1918, V . Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N. 44, 13 febbraio 1918, V .

DAL
DI WJLSON
MESSAGGIO
AL CONVEGNO DI ROMA 319
21• • X.

MOLTA VERITA N EL PARADOSSO

EHI DEL LOGGIONE, UN PO' DI SILENZIO !

Siete a t eatro. Il dramma lirico o prosastico è giunto alla scena culminante. Sta per sciogliersi l'intreccio degli amori, degli odt,.. delle passioni, in un addio, in un colpo di revolver o in qualche cosa di simile. Il vostro animo è sospeso. Può essere che, alle prime scene, vi siate interessato dell'aspetto del teatro, dei vostri v icini di platea, della recitazione degli interpreti, ma giunge un momento in cui il mondo esterno non esiste più per voi, p erché quello che sta per accadere vi prende, vi assorbe, vi annulla fino allo spasimo. Ebbene, supponete che in quel momento, che si potrebbe chiamare di « comunio ne dionisiaca », scoppi un alterco in piccionaia o anche un chiacchiericcio molesto. Ne avrete una irritazione immediata, frrefrenabile. Non vi è capitato mai di vedere delle platee intere, in piedi, furibonde, gridare <( fuori I fu ori I >> contro un imbecille q_ualunque che turbav a e disturbava lo spettacolo ?

C'è nel mondo un teatro grande come il mondo, nel quale si svolge un dramma che sta per arrivare alle scene decisive del lo be or noi to be, Tanta è l' ansia, che vi mozza il respiro. Sfamo in uno di quei minuti d'attesa, che accelerano il battito del cuore, come nei febbricitanti in delirio. Fra poco, i protagonisti di questo dramma che sono milioni e milionì, dalle quinte delle loro trincee, verranno al proscenio per urtarsi in questo « supremo g iudizio» di tutta la storia e di tutta l'umanità. Migliaia e migliaia di questi p rotagonisti n on vedranno il sole d ella primavera, perché il dramma ri gioca al nalnrale.

Ora il chiacchiericcio - leggero, fatuo ·- di molti, di troppi giornali, non vi urta, come l'incidente che interrompe, nel piccolo teatro, nel piccolo dramma, la scena risolutiva? Vien voglia di gridare ! Ehi signori del loggione giornalistico, un po' di silenzio I Non mescolate la vostra voce fessa al concerto profondo dei canno ni, risparmiated le vostre superficialità inconcludenti, mentre la Morte arrota le sue falci p er la mietitura imminente....

Ma ll chiacchiericdo non cessa· e allora io dico : basta di giornali. Sospendeteli tutti. Dateci il « giornale Unico ». I giornalisti stessi dovrebbero associarsi entusiasticamente alla mia proposta, In nome della loro « dignità professionale f), Mi spiego. Una volta - nella pluralità dei casi - erano i gi ornalisti che facevano i giornali. Oggi non più. Oggi il giornale lo fa il Govc.rno. È il Governo che ci fornisce una cronaca quotidiana delle operazioni militari (cioè dell'avvenimento più importante della nostra vita) sotto la forma di.un « bollettino>>. Spesso, o ltre al bolletti no, c'è una nota esplicativa. Un giorriale che fosse così ricco da permettersi il lusso di avere cinquanta corrispondenti. alla fronte, potrebbe, in base ai loro t elegrammi quotidiani, presentare ai suoi lettorj un « bollettino» di guerra? No. Delle note? Nemmeno. Il giornale può pubblicare delle corrispondenze di guerra, ma anche queste preventivamente censurate, o dei commenti alla situazione; i quali co mmenti non sono - i n cealtà - che parafrasi più o meno balzane delle comunicazioni ufficiali . _Dunque: ciò che oggi c'è di «essenziale » nei giornali, ci viene bell'e fatto dal Governo.

Oltre ai boUettin.i di guerra, il Governo ci dà - in certo sensotutti i telegram mi Stefanì; tutte le comunicazioni ufficiose, et c. etc, Il giornalista può scrivere un articolo di fondo, ma anche questo glielo sa:ive v irtualmente il Governo in quanto accorda o vieta certe pubblicazioni per det'erminati argomenti. Ci sono dei giornalisti che hanno qualche volta la lucida visione degli avvenime nti.... Ma non g iova a nulla. Io ricordo, per esempio, gli articoli di Hcrvé su l' Épint Bulgare. Risultato ? Zero. La spina bulgara c he potevamo - con una promessa di revisione del trattato di Bucarest - piantare nd fianco tedesco, l'abbiamo nel nostro.

A che cosa sono ridotti i giornalisti? A registrare g li avvenimenti, a registrare soltanto tali e tali avvenimenti, a registrarli con·t ali e t ali parole, ma allora io dico che per questa <i registrazione notarile» un solo giornale basta e che tutti gli altri sono necessariamente superflui.

Come ? I Volete da1e allo Stato un altro incarico, un altro compito ? Niente paura. Abbiamo affidato allo Stato dei compiti ben più delicaù, ben più pond ecosi, di quello che non sia la pubblicuiooe d el giornale unico, Lo Stato fa la g uerra per noi, ci procura i viveri, provvede molte cose per noì. Come dà i cannoni all'esercito e la farina ai

r DAL MESSAGGlO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 321

fornai, può benissimo dare un giornale unico ai cittadini. In questa sua nuova mansione, lo Stato non farebbe né più brutta, né più bella figura, di quanto non gli succeda in altre faccende.

Dateci dunque il « giornale unko ))' il « giornale di guerra)> 1 Tanto i giornali del bene non ne p ossono far più ,e non fanno che del male I

Io dico : 11 giornalismo non ha cambiato i suoi metodi del tempo di p ace. Crede ancora di avere il pubblico di una volta. Tratta H pubblico ancora coi· sistemi di una volta. Non vede che un pubblico, quello dell'in~erno, al quale sono serviti ancora i v ecchi rago1111, e ignora il g rande pubblico delle trincee. Il giornale dovrebbe essere fatto per i soldati. Prima di dare una notizia, prima di scrivere una nota, il g iornalista dovrebbe domandars i : quale impressione susciterà questa n otizia - data in questa o quest'altra forma - sul pubblico delle trincee ?

P rendo un caso recente. La notizia della pace fra Ucraina e Imperi Centrali. Un solo giornale ha dato l'annuncio [e] in modo che nello s tesso titolo era svalutato l'avvenime nto: Il tr11uo tklla prima pace separata. Tutti gli altri, no Potrei citare decine di casi analoghi.

La conclusione di tutto ciò è questa : o i giornali si unifo rmano alle necessità della guerra - sotto tutti i suoi aspetti, dai politici ai psicologici - o diamo al Governo l'incarico di tenerci informati, con un foglio quotidiano di carta stampata.

Lo fa già. Non si tratta che di definire la situazione. MUSSOLIN!

322 OP.ERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI
Da. li Po polo d'Italia, N. 43, 12 febbraio 1918, V.

DOPO IL DISCORSO INTERPRETATE, SIGNORI!

L'on, Orlando ha parlato bene, ma poteva parlar meglio . La mia attesa è stata delusa. È un buon discorso quello pronunciato dal Presidente del Consiglio, ma io non ci trovo quelle «precisazioni» che tutti attendevano dopo le famose discussioni provocate dai discorsi di Lloyd George e di Wilson. Durante Ja conferenza di Versailles, corse suì g iornali _:. ma che cosa non corre sui giornali I I I - la notizia che in un «comunicato» della conferenza si sarebbe chiaramente specificatò l'ol;:,iettivo territoriale e nazionale dell'Italia e che i nomi di Trento e Trieste sarebbero stati scritti in tutte lettere « a suggel ch'ogni uomo sgannì >). Non sono ancora sgannato. Credevo che l'on. Orlando avrebbe pronunciato lui, ministro italiano, i due e più nomi di città, attorno ai quali si costellano le nostre rivendicazioni nazionali, ma l'on, Orlando si è t eÒuto ancora una voltà sul terreno della perifrasi.

« Per quanto riguarda l'Italia - ha dctto J'on. Orlando - quelle . supreme ragioni di assoluta legittimità e nec:essità che si affermarono nei nostri scopi di g uerra, permangono ora, qua li si rivelarono nell'ateo in c:ui, c:on deliberata volenti, affrontammo il gigantesco cimento. Ora, c:ome allora, l'llalia non può volere di più, ma non può volere di meno: il c:ompimenlo della sua unità nazionale e la sicurezza d~ suoi c:onfini verso terra e verso mare ».

Va benissimo, ma queste parole abbisognano di un codicillo interpretativo. È strano. ma è un fatto, che, mentre i ministri francesi parlano sempre e in termini ben precisi di Alsazia-Lorena, i nostri ministri - quasi avessero il ~ue sulla lingua - non hanllo mai. parlato di Trento, Trieste, Fiume, Zara. Mai I Cosl stando le cose, io penso che l'on. Orlando abbia tatto di « addolorarsi perché da qualcuno si sospetta sui fini della nostra "guerra )>. Il sospetto esisterà, finché non usciremo dall' ambiguità delle frasi, finché ci manterremo sul terteno vago delle affermazioni di principio, senza scendere mai ·alla concretezza della nomenclatura geografica. ·

Se si dice che l'It2.lia deve « compiere la sua urùtà ~azionale»,

r

se sì dice che questa guerra deve portarle << la sicurezza dei suoi confini verso terra e verso mare)>, allom si dica - non fosse altro allo scopo di « variare », dopo tre anni di ripetizi.oni, il discorsoche p er completamento della unità nazionale deve intend ersi che le città e i territori italiani di Trento, Gorizia, Trieste, Fiume, Zara, devono entrare a far parte . - politicamente - dell'Italia e che per sicurezza dei confini terrestri e marittimi, devesi intendere, perché non si può intendere altro, che il nostro confine di domani toccherà il Brennero, le Alpi Giulie, il litorale dalmata da Zara a Traù e le iso le antistanti.

O sotto la voluta latitudine d elle frasi devesi intendere qualche cosa di diverso? '

Un altro punto del discorso Orlando, che non mi soddisfa, è quello che riguarda l' Italia e i popoli oppressi dall'Austria.Ungheria. Nei giorni scorsi l'opinione pubblica italiana ha manifestato alla quasi unanimità le sue tendenze che si riassumono in questi capisaldi : 1° accordo con tutti i popoli oppressi d all'Austria-Ungheria ; 2° impiego dì tutti j mezzi perché quest'accordo conduca allo smembramento deUo Stato austro-ungarico, çondilio sint qua non per la liberazione dei popoli oppressi; 30 creazione di uri esercito czeco-slovacco e aiuti ai movimenti interni anti-austriaci.

Di tutto ciò io non trovo t raccia nel discorso Orlando. Vi s i legge che « le aspirazioni delle varie n azionalità che gemono sotto l'oppressione di razze dominatrici» sono considerate con g rande simpatia dall'Italia. Ma l'o n. Orlando si guàrda bene dal no minare gli czeco. slovacchi, gli jugo-slavi, i romeni, gli stessi ·polacchi - il cui atteggiamento deve essere seguito colla più grande attenzionee, dopo aver taciuto i nomi delle razze che gemono, l'on. Orlando non menziona le razze che fan n o gemere, cioè i tedeschi e i magiari, cioè l'Impero d'Austria-Ungheria.

Simpatia I Simpatia I È venuta l'ora di tradurre nel fatto questa simpatia. O voi credete che sia possibile ottenere dall'Austria-Ungheria, n o n smembrata (e fin o ra nemmeno vinta), « il complemento dell'unità n3.zionale italiana e la sicurezza delle frontiere», e allora non offrite - perché sarebbe ironia atroce - la vostra sòlidarietà platonica agli altri popoli oppressi ; o voi credete che solo colla decomposizione nei suoi clementi naturali dello Stato austro-ungarico, sia possibile che l'Italia abbia Trento, Trieste, Gorizia, Fiume, Zara, e allora associatcvi ai popoli che, agendo sul terreno anti·austriaco, possono contribuire - dall'interno colla agitazione · politica, dall'esterno con l'azione militare - al raggiungimento dei nostri obiettivi .

Ma è v enuta l'ora di scegliere. Non si può fare il doppio gioco.

324 OPERA OMNIA Dr BENITO MUS_SOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO Dl ROMA 32'

La diplomazia deve togliersi - ma lo potrà? - dalla sua terribile insufficenza mentale.

Io mi aspettavo un altro discorso. Credevo che l'Italia si fosse decisa a mettersi alla testa dei popoli oppressi dall'Austria-Ungheria, con programma anti-austriaco ; credevo che dal Parlamento italiano dovesse partire una parola d'ordine per le nazionalità che lottano nell'interno dello Stato che ci è nemico e ne rendono incertissima la vita -politica, com'è dimostrato dalle innumerevoli e continue crisi di governo, Niente di tutto ciò. Non siamo usciti, non vogliamo u scire dal vicolo cieco. Si continua a credere che sia possibile - senza il concorso dei popoli anti-austriaci - di battere l'Austria-Ungheria, cosl clamorosamente, schiacciantemcnte, da indurla a concederci quanto reclamiamo. Ma poiché una disfatta di questo genere è da escludersi - qualora non intervengano ad aiutarci i popoli slavi dall'interno e dall'esterno - cosi resta l'altra ipotesi, dell'(< accomodamento)) fra Italia e A~stria-Ungheria e dell'abbandono di quei popoli al loro destino. Ma quale accomodamento? Statu quo ante o «parecchio))?

Io credevo che la nostra politica avesse - dopo Caporetto e Brest-Litovsk - scelto una strada. Fosse diventata dinamica. E. ancora statica. Pesantemente statica.

Niente legio ne czet:o-slovacca. [Ceniura]. Niente Austria de/enda. Noi stiamo fermi, immobili, quasi impenetrabili.

Purché qucsb immobilità di stiliti non ci conduca alla paralisi.

Da Il Popolo d'Italia, N. 4~, 14 febbraio 19 18, V. P\lbblicato anche .sull"edizionc di Roma, N. 47, 16 febbraio 1918, V.

MUSSOLINI

IN CASA NOSTRA

In seguito a un dissenso di natura essenzialmente ed esclusivamente politica - dipendente da u n diverso punto di vista - Giuseppe De Falco cessa dalle sue funzioni di redattore-capo del Popolo d'Italia. Il ricordo della lunga diméstichezza di lavoro, che ora finisce, mette una nÒta di melanconia in questa separazione. A Giuseppe De Falco, che in ispecie durante la mia assenza e in momenti critici della vita nazfonale, tenne alta - con devozione d'amico e con fede d'italianoquesta bandiera, mando il mio saluto cordiale e i l mio r ingraziamento sincero.

MUSSOUN(

Da Il Popolo d'I1alia, N. 45, 14 febbraio 1918, V.

POSTILLE Al DISCORSI

DOV'ti L'IMPERIALISMO ?

Adesso che l'on. Bevione ha letto dalla tribuna parlamen tare il t esto del Patto di Londra, si potrà « dir male di Garibaldi» senza correre il rischio di essere lapid ati ?

Perché, tu lo sai, o ignoto, che leggi queste li nee, che cosa succedeva nel « bel Paese » etc. in questi ultimi tempi ogni qualvolta si discuteva del Patto di Londra.

Chi lo accettava, cosi, nelle sue precisioni e d et crminà1ioni t erritoriali, veniva accusato di imperialismo e - per certe curiose archeolog iche mentalità italiane - la t accia d i imperia li.sta è peggiore d ell' altra di aver dettO << male di G aribaldi »: È da concedere che non tutti h anno l'obbligo d i sapere che l'imperialismo o l'i mpero o in altri te rmini la « volontà di d ominio» è la legge fondamentale della v ita dell'universo, da lle s u e forme più r udimentali a quelle più elevate,

Ed io comprendo anche che la parola « imperialismo » facc ia, come si dice, « senso », perché, oggi, dobbiamo lottare contro u n jmperialismo militarista e barbaro; ma ci sono state, ci sono e ci possono essere altre forme di imperialismo, che n on siano quelle d i Hindenbu rg e della casta soldatesca di Prussia.

Se il Patto di L ondra è j mperialista, io m i dichiaro - co n nome, cognome e domicilio - imperialista, Soltanto, date le nozioni correnti, non trovo traccia d'imperialismo - secondo la frase dei nostri deliziosi rinunciatari - nel Patto che presidiò l'e ntrata dell'Italia in guerra. Ci tro vo, caso mai, delle rinuncìe da parte nostra.

N o; per quanti sforzi facessero, p er quante commedie - scientifiche o quasi - giocassero i << democratici», io non sono mai riuscito a foggiarmi un'Italia imperialista, affamata d i territori, malata di « kilometrite »

Mi pareva un po' difficile, che quest'Italia esistesse, dato il nostro temperamento, le nostre tradizioni cairoliane, H nostro « piede di casa» con la relativa pantofola, e tutte le tendenze spidtuali dd nostro popolo .

Ma poiché taluni propagandisti jugo-slavi gridavano da Parigi e da Londra : imperialisti I, e imperialisti si ripeteva - con una insistenza, una virtuosità spaventevole - anche da italiani in Ita lia, si otteneva lo scopo di ve ramente far credere che qualcuno avesse detto tlla!c di Garibaldi ..., che qualche imperialista esistesse, che il Patto cli Londra consacrasse ufficialmente )e mire eccessive, i propositi smodati dell'imperialismo italiano

Oggi il Patto di Londra è pubblico. Vediamo se taluni jugo-slavi, che più forte strillavano contro l'imperialismo italiano, hanno qualche giustificato motivo.

Che cosa pretende l'Italia ? Il litorale e il retroterra dalmatico da Tribani a Punta P1anca. È compreso in questo tenitorio la città di Zara, di cui nessuno, nemmeno i più feroci dei nostri anti-impcria. listi, osa contestare l'italianità purissima, e Sebenico, patria di Nicolò Tommaseo. Che cosa dà l'Italia ai croati? L'intera costa che ogg i appartiene all'Ungheria, l'inte ra costa croata, il porlo di Fiume, i piccoli porci di Novi e di Carlopago, Je isole antistanti di Veglia, Pervicchio, Gregorio, Goli e Arbe. Si lagnavano i croati dì non avere una finestra sul mare I Mi pare che abbiano - secondo il Patto di Londra - non una finestra, ma una balconata magnifica.

Dove si vede l'Italia « imperialista» che abbandona il porto di Fiume ai croati : Fiume italianissima I E i serbi ce l'hanno o non ce l'hanno la loro finestruola sull'Adriatico? Ce l'hanno e ben larga: il Patto di Londra, il Patto « imperialista )> di Londra, assegna alla Serbia e al Montenegro « l'intera costa da Punta Planca al fiume Drin, con gli imporiantùsimi porti di Spalato, Ragusa, Cattaro, Antivari, Dulcigno, San Giovanni di Medua >>.

Tutto il resto del Trattato può offrire materia a discussioni, a ri• duzioni , a compensi, ma mi sembra molto difficile èbe, per quanto riguarda la sistemazione adriatica, l'Italia possa falcidiare quello che nel Patto di Londra è una specie di riduzione al « minimo indispensabile» delle nostre rivendicazioni nazionali. C'è piuttosto da discutere sulla sorte di Fiume.

BisogÌla avere il coraggio di dire che nelle loro linee essenziali i 6n.i di guerra, fissati da Sonnino, sono oggi - malgrado Capo· retto e Brest-Litovsk - accettabili da tutti, percht, mentre salvaguardano i nostri, non attentano ai diritti di neSsuno.

Piuttosto, è su.i « mezzi n che si può discutere, appunto sui meni, dopo Caporetto e Brcst-Litovsk.

Il Patto di Londra non può essere realizzato, senza un'Austria disfatta ; e l'Aµstria non può essere b attuta disastrosamente, se non con una sincronia fra azione militare e lotte politiche delle naziona•

328 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

lità oppresse all'interno, le quali lotte politiche si ~ipercuotono necessatiamcnte sulla compagine militare, Chi vuole il PattO di Londra non può nutrire illusioni e deve volere i mezzi, tutti i mezzi : cioè l'intesa e l1az.ione - sotto l'egida dell'Italia - di tutti j popoli oppressi dalla Monarchia degli Absburgo.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 46, n febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'edi, zione di Roma, N , 48, 17 febbraio 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 329

BOICOTIO [ .... censura]

Dopo Caporetto ho_soppresso la" rubrica degli spettacoli pubblici. Se io avessi potuto ~vrei ordinato un mese di lutto nazionale, consacrato alla meditazione, all'espiazione, alla riscossa. Un mese di penitenza, di «macerazione>> nazionale Io sono un pericoloso foattuale. Questi procedimenti convcn2ionali, ma le cui influenze sull'anima dei popoli sono immense - perché non c'è altro modo per costringere a rendersi conto della s ituazione i b ruti, i vigliacchi, i superficialinon possono essere attuati da un Governo che ha pauxa della sua ombra, fa le cose a metà ed è un gaffeur d i primo ordine.

La mia decisione di sopprimere completamente la rubrica degli spettacoli è stata accolta con vivo plauso dai soldati alla fronte. Credo che con plauso non meno fervido sarà accolta [.... cens11ra••. •] la mia nuova decisione che consiste nel boicottaggio assoluto di un altro spettacolo che si gioca da t roppo tempo ormai [.... unmra] .

A vvùo i le/lori del Popolo ,be da oggi abolisco la cronaca deJ/e sed11te parlanttnfari. È tempo d'iniziare l'antiparlamentarismo pratico n ella sua forma più radicale che è quellà di ignorare tutto ciò che si dice, si fa e - soprattutto - non si fa a Montecitorio.

Un giornale anti-padamentare, come è q uesto, è un poco illogico quando consacra le sue colonne a l Parlamento [. ... ttn.ruraJ. Come non dò la cronaca delle manifestazioòi ecclesiastiche, anche quando sono solenni ed hanno carattere di eccezionalità, perché per questa cronaca i preti hanno i loro g iornàli, cosi da oggi non darò più la cronaca bianca e nera di Montecitorio. Chi vorrà leggerla si rivolga altrove. Può accadere che qualche volta s i d icano d elle cose interessanti, ma 1o sonO in se stesse o p er coloro che le pronunciano, [.... ctns11ra].

Riporteremo l'essenziale in questi termini: « Ieri l'on. Orlan do ha detto, oppure l'on. Crespi ha detto)) ecc. Accadrà , molto di rado che l'onore altissimo della citazione su questo foglio t occhi ai deputati. [Censura].

Io spero che non ci sari un letto re solo del Popolo che si rammaricherà di q uesta mia misura di igiene. Nessuno si dorrà ·_ specialmente a Milano - [.... çensura].

8 questo il tempo di imbrattare la carta coi nomi e le storie di

un D e Giovanni, con Je chiacchierate al poncino diluito di un Modigliani, sia pure Emartude, con le discorse eternamente evasive di Don Prudenzio , con le interruiioni del più grande cretino che p asseggi Iobre lo dem,bierl de la tierra (come si dice in lin gua castigliana o spagnuola), alludiamo a Beltrami, con i contorcimenti utero-cerebrali pacifondai di Lab riola, con le acidità re!?lunerés e disfattiste di un generale silurato , che mette a profitto · 1a sua qualità di deputato, per prendersi le sue rivincite, come g enerale, con i « violenti t umulti », le « ingiuriose apostrofi» e - soprattutto - con « l'ilarità · prolungata», i « ru mori altissimi)>, con tutta questa noiosa [.. .. tenJNra ••• • ] insopportab ile 6nzione d i vita ch e si esibisce a Roma?

Se molti giornali imitassero il Popolo, non se ne avvantaggerebbe enormemente [ censura . ] la Nazione?

I deputati padano forse perché hanno qualche cosa da dire al G overno o alla Nazione? No. Parlano per « imbonire» qualche dozzina dì eletto ri, che - ing enui come i ({ nostri buoni villici » - li prendono a ncora sul serio. [Censura].

Una volta la ffiedaglietta incuteva venerazione o terrnre. Nell'Italia nuova - in questa Italia nuova che è, sia pure in piccola parte, anche una nostra creatura - la medaglietta è un bersaglio lucente che « chiama )) gli sputi. Se i gio rnali sopprimono o limitano il resoconto parlamentare, i deputati sono 1< gelati», Sono colpiti nel lo ro punto vfral e : la v anità. Quando Mazzoni, ad esempio, si v ede « riportato» dai g iornali, egli si ritiene -senza bisogno di toccarsi la fronte I - un « grande Uomo >)•• •• I giornali hanno il mezzo per « punire » i deputati. Un mezzo decisivo, atroce : ignorarli.

Il provvedimento che adotto, rientra in un piano che voglio attuare per rendere questo fog lio totalmente div erso d ag li altri. Vog lio tentare o ritentare il g iornale che è di guerra, si occupa di guerra e soltanto di guerra. T utto il resto non conta. O è trascurabile. O è dannoso. [C ensura] . ·

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'Italia, N. 48, 17 febbraio 191 8, V. Pubblicato anche su ll'ediz.ione di Roma, N. '.iO, 19 febbraio 19"18, V.

DAL MESSAGGIO D[ WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 331

LA POLITICA DI LANG, NO !

Si domanda a Bevione, ai bevionizzati e ai bevionizzanti ; si d omanda a tutti i neutralisti e simile infame genia rispuntata, come fungaia, dopo la disfatta dei parecchisti che si sono ritrovati, riconosciuti, rispecchiati in lui ; si domanda a tutti quelli che sono rimasti spaventosamente indietro e vag heggiano rifacimenti della carta politica europea, in base alle form ule, ai procedimenti, alla mentalità della vecchia diplomazia, in ba se alla « rag ione di stato >> e non al diritto dei p opoli ; si domanda a tutti costoro - e e'è nella nostra domanda una trepidaz ion e angosciosa -· se è l'Italia, se è proprio l'Italia, Ja Nazione che deve sostenere nel 1918 - anno quarto della guerra mondiale - la politica del bo ia, la politica della forca, la politica di Lang.

Ci sono dei dati di fatto incontrovertibili e sono questi. L'AustriaUngheria attraversa un periodo di crisi politica acutissima, crisi che si aggiunge, si sovrappone ed esaspera la crisi economica, sulla profondità della quale abbiamo oramai fasci di testimonianze certissime. Il dato di fatto è questo. La Boemia, cioè gli czeco-slovacchi, cioè 10 milioni e più di abitanti - pari un qu..into del to tale d egli abitanti della Monarchia - è in stato di dichia rata sollevazione contro lo Stato austriaco.

La riunione dd 6 gennaio , tenutasi a Praga e alla quale parteciparono tutte. le rappresentanze politiche di Boemia, alle Diete e al Reichsrat, è l'atto d i battesimo di un nuovo Stato. Il popolo di Boemia non vuole autonomie illusorie, non vuole compromessi tetralistici o _unioni personali colla dinastia degli Absburgo ; il popolo di Boemia v uole l'indipendenza totale assoluta, vuole lo Stato di Boemia, che potrà essere, che dovrà essere repubblicano.

Uno Stato, come l'austro~unguico, che ha nella sua compagine un cos) forte elemento di dissoluzione, non può vivere tranquillamente, e che la vita statale austro-ungarica sia tormentata e instabile, lo dìmostrano le innumerevoli crisi ministeriali che si susseguono, si rassomigliano e si rinn~vano ad ogni volgere di stagione.

Io domando : se in una nazione dell'Intesa, esistesser o dieci milioni di cittadini, che si considerano non più sudditi, ma nemici dello

Stato, nel quale sono incorporati, che cosa non farebbero Germania e Austria per soffiare· nel fuoco, per alimentare questo g erme cli discordia e giovarsi di esso per paralizzare l'azione politica e · militare d ello Stato nemico ? La G ermania ha o non ha tentato - attraverso al tentativo insunezionalc: di Pasement - di sfruttare a suo vantaggio il dissidio anglo-irlandese ?

A prescindere dai vantaggi che lo stato- di virtuale insurrezione degli czeco-slovacchi ci può recare, in quanto indebolisce lo Stato austriaco che ci è nemico, c'è una questione di principio che bisogna porte, a chiare note, che bisogna urlare, se è necessario, dai tetti : gli czeco-slovacchi hanno o non hanno il diritto di vivere liberi? Lo hanno questo diritto, come qualunque altro popolo e - di piùin quanto il loro dirfrto è stato santificato dal martirio.

I leader! attuali del movimento czeco-slovacco sono tutti degli amnistiati, sfuggiti alla forca.

Kramar, d eputato, fu, all'inizio della guerra, condannato a morte. Ratin, professo re all'Università di Praga, g raziato dop o tre anni di galera. E con Kramar e con Ratio, tutta la I/ile di Boemia ha sofferto e superato in questi tre anni di guerra terribili prove. Non è possibile, è ignobile fare del cinismo o assumere un atteggiamento d'indifferenza davanti al calvado di questo popolo. Se la Quadruplice Intesa abbandona ·al loro destino i popoli che sono degni della libertà, allora dobbiamo concludere che la guc:cra è stata democratica nelle parole, ma che nei fatti, questa parola « democrazia» ha subito Ja più odiosa delle mistificazioni.

Noi abbiamo scelto, avevamo scelto Per n oi n o n c'è nemmeno da discutere Se c'è qualcuno che dev'essere « couservato >> è il popolo di Boemia, i popoli di tutta l'Austria, n on già e non mai lo Stato absburgico, monopolizzato da una dinastia e da due razze rapinatrici.

Noi invochiamo il rispetto agli ideali pei quali entrammo in guerra. Troppo si è parlato di guerra di popoli, perché s ia lecito a qualcuno i1 tentativo di farne una guerra di Stati alle spese dei popoli I Tanto più che l a meta ideale ·che noi dobbiamo tenere presente, si concilia mirabilmente col nostro interesse pratico immediato.' Bisogna «lavorare>) la crisi austro•ungarica, Crisi, ripetiamolo, giun ta - per mille segni - a uno stadio catastrO:fico. Gli czeco·slovacchi sono in armi contco la Monarchia bicipite; g li slavi del sud sono passati nettamente, in questi ultimi tempi, su un terreno di opposizio ne precisa; i polacchi - in seguito alla pace ucraina - hanno abbandonato il lo ro atteggiamento di ambiguo lealismo e sono passati ad ingrossare le file dell'opposizione: slava; anche i rute ni manifestano - in seguito

DAL
MESSAGGIO DJ W'ILSON AL CONVEGNO DI ROMA 333

alla pace ucraina - una certa inquietudine : la crisi abbraccia trenta sui cinquanta milioni di abitanti delJa Monarchia. La diplomazia degli Imperi Centrali aveva creduto di realizzare una specie di capolavoro colla pace ucraina, ma i popoli non s i lasciano mercanteggiare più. La teoria d ei « compensi » ha fatto il suo tempo. Czernin ha creduto di tacitare gli ucraini d'Austria cedendo all'Ucraina il distretto po lacco di Chdm. Ma questo mercato ha sollevato proteste violente da tutte le parti. 11 capolavoro m inaccia di essere frantumato dal movimè nto dei popoli. La confusione non è stata mai così grande e Je probab~tà dell'avvenire più incerte dal giorno in cui fu concluSa - con una finzione di Stato non ancora ben nato e, forse, a quest'ora, già mortola Br()tfrird, la pace del pane coll' Ucraina. Pare che il pane non ci sia, e che la pace debba lasciare nuovamente il posto alla g uerra.

Dal 15p4 ad oggi non ci fu mai p er la Quadtuplice Intesa momento più favorevole di questo per svolgere un'azione anti-austciaca. Gli elementi sùi quali si p uò contare p er il successo, sono numerosi e impo rtanti : disagio economico, insurrezio ne delle nazionalità oppresse, senso di delusione profonda nelle masse della popolazione, anche tedesca e magiara, perché la pace v era, quella generale - che era stata promessa coll'offen siva dell' Isonzo - è ancora di là da venire.

Non trovate una d ocumentazione cli questa crisi nel · fatto che l'Austria-Ungheria non s'impegna più a combattere contro la Russ ia e si limita a presidiare taluni punti dell'Ucraina? Vedremo come l'Austria-Ungheria potrà entrare nei territori dell'Ucraina, per sostenervi la Rada, senza incontrare le truppe massimaliste già padrone di Kiev.

Questo è il mome nto nel quale la Quadruplice deve smettere di rivolgere discorsi melati ai ministri degli Absburgo, paroline dolci ai carnefici di Vienna e di Budapest; questo è il momento di parlare il linguaggio della libertà ai popoli oppressi. È l'Italia che può e deve far prevalere in seno alla Quadruplice I ntesa il punto di v ista antiaustriaco. i! l' Italia che - in nome dei suoi interessi - deve insistere perché l a Quadruplice Intesa abbracci il programma del delenda Amtria·, cioè il programma della liberazione delle nazionalità. È l'Italia che deve mettersi alla testa di queste nazionalità.

A Trieste non si va. ·finché lo Stato austriaco non sia schiantato. Solo uno· Stato austriaco battuto, catastroficamente battuto, si rassegnerà a s traniarsi per sempre dall'Adriatico destinato a diventare un mare· italo-slavo. Ma per battere l'Austria-Ungheria in modo cosl catastrofico, decisivo, bisogna che lo sforzo milita.re sia combinato coll'azione negativ a e anti-austriaa dei popoli all'interno.

Se gli uomini dirigenti la nostra politica. estera non si rendono

}34 OPERA OMNIA DI
BENITO MUSSOLINI

conto delle nuove necessità ; se non avvertono ancoca l'inadeguatezza dei mezzi coi fini; se insomma non compre ndono che i mezzi m ilitari, i (<nostri>> mezzi militari, no n bastano più a raggiungere l'obiettiv o della totale esclusione dello Stato austro-ungarico dall'Adriatico , e che per ciò è necessario butta~e n el gioco altre carte, « tutte)> le altre carte, questi u o mini d evono andarsene. Sono insufficcnti. So no statici, La Nazione cammina.

Da Il Popolo d'Italia, N. 49, 18 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N . ~1, 20 febbraio 1918, V.

r DAL
MESSAGGIO DI WILSON Al CONVEGNO DI ROMA 33'.5
23. • X.

DOPO BREST-LITOVSK

IL CANNONE HA LA PAROLA!

I giornali di ieri recavan o questa notizia:

« Un comunicato ufficiale tedesco dice : "Fronte òclla grande Russia. L'armistizio è spirato ·il 18 fc:bbraio a mezzogiorno" ».

Il che significa che lo stato di guerra torna in vigore fra Germania e Russia o, per megHo intendersi, quella parte dclla~Russia che è dominata dai commissari del popolo. L'avvcnjmcnto è d e1la più grande importanza Non già e non tanto per le sue immediate conseguenze d'ordine militare. In tutt'altre condizioni di fatto un armis tizio che scade vuol dire l'immediata ripresa delle ostilità, ma il caso della Russia è diverso, poiché essa non è più una potenza belligerante c~pace di battersi. Ha demobilitato. È inerme. È vero che un appello è stato lanciato per la costituzione di un esercito «rosso» di volontari, ma molto tempo dovrà passare prima che questo esercito sia in grado di reggere all'urt o delle div]sioni tedesche. E i mezzi ? La Russia dei bolscevichi non potendo resistere all' invasione tedesca, non può adottare che una di queste due tattiche : o resiste nza passiva o guerriglia a carattere ìnsutrezionale contro gli occupanti. In ogni caso la serie delle « sorprese» russe non è ancora finita. Ma la denuncia dell'armistizio è importar:ite per u n altro ordine di ragioni. La ripresa delle ostilità - in grande o in pi ccolo stile - -sulla fronte russa pe.rmetterà ancora ai tedeschi di scatenare quella loro troppo strombazzata offensiva sul fronte occidentale? La Russia è inerme, ma non si può pensare di occuparla con truppe di scarto : appunto perché si tratta di un'occupazione le truppe di presidio devono essere scelte, poiché truppe vecchie o stanche potrebbero più facilmente subire il contagio dell'ambiente. Cannoni e mitragliatrici devono nuovamente rifluire j ad est, Tutta una serie di problemi e di preoccupazioni che non esistevano più, ricompaiono a turbare i sogni e i sonni delle classi dirigenti tedesche, Con questo cambiamento nella situazione generale,:con: questa incertezza ad oriente, diventa impro-

babile che la Germania voglia rischiare l'offensiva ed è p robabile il v iccv ei:sa.

Anche perché le ripercussioni d e11a man cata p ace fra le masse ted esche, saranno profonde e s i dsolvera nno in un colpo fortiss imo alla resistenza morale. Bast a, p er co nvincersene, rico rdare con q uali inni di g ioia fu salu tato da tutta la stampa l'inizio delle trattative di Brest-Litovs k. D apprima si credette che a Hrest-Litovsk « passasse la via che conduce alla pace generale », per u sare la fra se di un foglio tedesco. Una p rima delusione l 'chbero i tedeschi, q uando d ovettero cons tatare ch e la Q uadru plice Intesa non andava a Brest-Litovsk e ch e quindi le speranze dì una p ace generale sfum avano. Rimase ancora una speran za : la p ace separata. E si era anche trovato la parola -n aturalmente co mpo sta - per q ues ta pace. La Brotfried. o pace del pane, doveva sost it uire la non conclusa Weltfried, o p ace del mondo. Ma a nche questa speranza superstite cadde. Nien te Brotfried colla R u ssia e q u anto alla pace conclusa coll'Ucraina, nient e d i positivo, d i d efi nito . La Rada pacifondaia non esis te p iù. Da Ch arcov i massimalisti sono arrivati a Kiev nella capitale della terra nera, e di là ann u nciano che g li austriaci non port eranno via un solo vagon e di g rano I Si capisce I Se grano c'è, i massimalisti lo manderanno a Pietrog rado, razionata da tem po a cent o grammi q uotidiani per abitante... .

Le p opolazioni d i Germania e d'Austria c he si e rano voltate ad o riente, n ell'attesa del sospirato g iorno della pace, vedono 'sorgere di n uovo ai confini lontani lo sp ettro sa ngui!].OSO della guerra. Non sarà, almeno in un primo tem p o, una grande guerra, ma è semp re guerra cd ('. p o ssibile ch e t orni ad essere una g rande guerra. Ancora u na volta si leva , nella coscienza delle moltitudini tedesche e magiare, il fo rmidabile e p auroso interrogativo : Dove andiamo ? Q ual domani ci attende, ora che la guerra ripren de anche sul fro nte della g rande R ussia ?

Negli avvenimenti d i questi gio rni v ' è materia di sco raggiamen t o, di depressione, di avvilimento per i nemici, v'è mo tivo di immenso co nforto p er noi. G li avvenimenti ci dànno ancora -u na volta rag ione. Quando n oi dicevamo che se la g uerra continua, la responsabilità non è d ella ·Q uadr uplice Intesa, che ha ridotto al minimo i suoi o biettivi, ma ricadé solta nto ed unicamente sulla G er mania ch e vuo le satollare, con annessioni vio lente di t erritori e di popoli, il suo imperialismo criminale, noi e rav amo n el vero. I nemici della pace non sono da ricercare tra le n azioni democratiche d'occid ente, m a in Germania e soltanto in Germania. Chi vuole spogliare della liber tà e dei beni altri popoli; è l a Germania e soltanto la Ger m ania.

DAL MESSAGGI O DI W ILSON AL CONVEGNO DI ROMA 3 37

Chi prolunga la guerra è 1a Germania e soltanto la Germania. Lasciamolo dire ai commissari del popolo. Nel messaggio, che t raduciamo dal Tin,es del I 3 febbraio, che lo ha integralmente pubblicato, i bol-

!:.ccvichi dicono :

« Comp'1gni/

« I negoziati di pace sono finiti. I capitalisti, i banchieri, gli agrari tedtschi, sostenuti dalla silenziosa cooperazione della borghesia francese e inglese, ci p resentano condizioni che la Rivoluzione russa non può accettare.

« I G tJverni di Germania e di A1mria voglio-ne, il dominio di popoli e di terrirori ronquistaii rolla forza».

Ma non lo diciamo noi - interventisti sovversivi - dal 1914 · ad oggi ? E non è forse quest3. l'inoppugnabile verità?

Il messaggio dei bolscevicbl continua col dire che pur non segnando la pace coi governi borghesi di Germania e d'Austria, la Russia rivoluzionaria n on intende di fare la guerra ai contadini e agli o~rai austro-tedeschi. Ma questo proponimento presuppone che contadini cd operai austro-tedeschi facciano altrettanto nel riguardo dei Russi. Il che è da escludere. I soldati austro-tedeschi marcerannò e allora ì massimalisti dovranno scegliere: o fare la guerra contro gli strumenti incoscienti della borghesia austro-tedesca o soccombere sotto ai colpi della medesima.

Se tra i socialisti ufficiali italiani ci fosse ancora qualcuno in buona fede, la lezione dì Brest-Litovsk non dovrebbe andare perdura. E la lezio ne si riassume in questi termini: Non c'i che 11n ostacolo alla pace : il militarismo tedesco ,· non e'è che un mez.z.o per arrivare alla pare .' abbattere il militarismo tede1co.

Ora questa catastrofe non sarà provocata dall'interno della Germania, dove i socialisti mag gio ritari stanno già faticosame nte escogitando nuove giustificazioni alla denuncia dell'armistizio coi russi, ma dall'esterno, con l'urto podèroso dei nostri eserciti. La· parola è ancora uni volta al cannone,

MUSSOLINI

Da// Popolu d'lla/ia, N. ~o. 19 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N, 52, 21 febbraio 1918, V.

338 OPERA OMNJA DI BENITO MUSSOLINI

PATTO DI LONDRA

AUSTRIA DELENDA

Se la nostra politica estera deve avere un senso e una « direzione ». i n ostri poteri responsabili non possono tardare più oltre a convincers i d i questa verfrà fondamentale : Patto di Londra e conservazione dell'Austria-Ungheria o per essere più esatti dello Stato austroungarico, sono termini assolutamente inconciliabili fra lo r o . Il Patte;, di Londra ammette, presuppo n e - implicitamente, automaticamente - lo smembramento dell'Austria-Ungheria e se - viceversa - s i ammette la conservazione dello Stato austro-ungarico, s i viene ad annulla.re il ))atto di Londra. Che cosa significa il Patto di Lond ra?

Semplicemente quC:sto : l'espulsione dell'Austria-Ungheria dall'Adriatico. Qui non siamo dinanzi a una semplice mutilazione periferica d'ordine territoriale, che non attenta alle necessità vitali di un grande Stato ; qui siamo dinanzi a una <e soffocazione)> dello Stato austro-ungarico e uno Stato « soffocato» è uno Stato finito. Lo Stato austroungarico può - in un eccesso di finta generosità o in seguito a compensi d'altra natura - cedere all'Italia il Trentino e fo rse anche· il Tiro lo sino al Brennero e - sempr e in t ema di ipotesi ottimistiche I - anche la zona del Basso I sonzo; ma lo Stato austro-unga rico non può esi liarsi volontariamente e spontaneamente dall'Adriatico, cioè dal mare, perché con ciò firmerebbe la sua sentenza di m orte, Ora il Patto di Londra asseg na Trieste e l'Istria all'Italia, il porto di Fiume - ma questa rinuncia non dev'essere definitiva I - e la p arte settentrionale del litorale della Morlacca li.Ila Croazia, la costa dalmata da Zara a Traù all'Italia; il resto - più a sud sino a S. Gfovanni di Medua - :a.Ua Serbia e al Montenegro. Ciò vuol dire : · esclus ione dall'Adriatico dei tedeschi e dei magiari, quindi d ell'Austria-Ungheria ; ma quando il Patto_ di Londra parli di una Croazia che dovrebbe avere il porto di F iume e di una Serbia che d ovrebbe avere i porti dalmatici al su d di T r aù, viene a creare - in diritto almeno - una Jugo-Slavia e - si noti - una Jugo-Slavia indipendente, perché non è possibile di concepire altrimenti la cessione di Fiume, oggi in possesso dei magiari, alla Cro.u:ia cli domani. Conservare lo Stato austro-unga-

rico cd escluderlo dall'Adriatico è un nonsenSo palese, un assurdo ih termini. Si può vivere e morire contemporaneamente ? Una politica che voglia conservare l'Austria-Ungheria e· nel tempo stesso escluderla dall'Adriatico, è concepibile solo nel caso che si ptoponga di aprire all'Austria-Ungheria il corridoio balcanico sino al mare Egeo. Salonicco sarebbe il compenso alla perdita di Trieste. Ma anche questa ipotesi è ass urda. Non si può conciliare l'inconciliabile : dare alla Serbia la finestra sull'Adriatico e poi farla calpestare al di là delle Dinariche dagli austro-magiari, Una Serbia ingrandita della BosniaErzegovina, come quella che uscirebbe dalla realizzazione del Patto di Londra, sbarra per sempre la strada di Salonicco. Torturatevi il cervello fin che volete, a formulare ipotesi su ipotesi, ma alla fine d ovrete convenire che se l'Italia prende Trieste; la Croazia . Fiu me; la Serbia Ragusa, lo· Stato austro-ungarico è finito. E di un'altra cosa bisogna convincersi oramai: che solo un'Austria-Ung heria battuta a morte, colla fl otta distrutta, come s i legge nel Patto di Londra, può rassegnarsi a scomparire dall'Adriatico. Terza cosa di cui bisogna rendersi conto : lo Stato austro-ungarico non può es sere battuto, sino al punto di fargli accettare il Patto di Londra, se non gettiamo nel gioco altre carte, oltre a quella militare. Noi crediamo che - attualmente - le forze dell'Italia e quelle dell'Austria-Ungheria si eguagl ino.

Data questa situazione di fatto, una nostra offensiva non può essere risolutiva, anche se ottiene: b rillanti successi iniziali. Ma se ai fattori miHtari noi aggiungia mo altri fattori d'indole politica e morale, allo ra possibile che l'offensiva, acuendo e precipita ndo la crisi interna austro-ung arica, p rovochi la catastrofe dello Stato. Noi abbiamo oggi di fronte uno Stato di , 2 milioni di abitanti, ma se noi proclamiamo apertamente: e solennemente la nostra solìdarietà colle nazionalità oppresse, n oi avremo da combattere soltanto contro venti milioni fra tedeschi e magiari. Ed esclusa a nche l'ipotesi di una insurrezione, è certo che la collaborazione passiva dei trentadue milioni di slavi, romeni, polacchi etc. potrebbe avere risultati grandiosi. Chi è stato al fronte sa che i disertori dell'esercito austroungarico rarissime volte erano tedeschi o magiari, ma quasi sempre boemi , polacchi o romeni. È certo ancora che la costituzione di le4 gioni slave, sull'esempio di quanto fa, con lungiveggente accorgimento, fa. Francia, avrebbe ripercussioni immediate e profonde fra i soldati slavi, che sono reclutati fra trenta milioni d'abitanti, cioè fra la maggioranza degli abitanti dell'Impero au stro-ungarico. Noi pensiamo che il Patto di Londra deve orientare la nostra politica estera......verso queste necessità: 1a l'intesa, patrocinata dall'Italia, con

340 OPERA OMNIA DI BEN1TO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 341

tutti i popoli che reclamano la loro indipendenza dallo Stato absbu rgico ; 2.a la creazione immediata di leg ioni di Volontari slavi. Ci si dice che un programma massimalista anti-absburgico, bandito dalle rive del Piave, è utopistico. Ma noi diciamo che appunto il fatto di trovarci sulle rive del Piave ci impone il programma massimo. O il Patto cli Londra - programma massimo - o la pace fi rmata sul Piave. Ma quest'ultima ipotesi non è ammissibile, pct l'onore e l'avvenire d'Italia l

MUSSOLINI

Da Il Popolo d"llalia, N. 51, 20 febbraio 1918, V. Pubblicato anche su lredizione di. Roma, N. 53, 22 febbraio 1918; V.

UNA POLITICA

Se un soldato qualunque teriesse i discorsi che un ge.flerale come il M arazzi ha pronunciato a Montecitorio, abusando della sua qualità duplice d i g ene rale e di deputato, quel soldato qualunq ue andrebbe filato filato al Tribunale di Guerra ; se un cittadino qualunque dicesse in un luogo qualunque che la guerra è un inutile immane flagello come è stato detto dal pi~ perfi do, velenoso, ignobile dei disfattisti del socialismo ufficiale, diciamo Oaudio Treves von Caporetto ; se un çit tadino qualunq ue esternasse i p ropositi e le idee d ell'on. Serramanico o di Fabrizio Barbataglia ta, q uel cittadino, contravvenendo al decreto Sacchi, a ndrebbe a fin ire in galera. O ra, le leggi hanno u n valo re, se sono applicate a tutti, comp resi, anzi, per i primi, i sign ori che le fann o .

L 'immunità parlamentare è un ·privilegio odios_o. b tempo di far rientrare nella comune dei cittadini questi j08 (<seimila », [.... censura]. È un colmo che il decreto Sacchi sia v iolato i n faccia al ministro che lo ha escogi tato. Non è tempo di commedie, ·questo. Non fate leggi, se vi manca il fegato di farl e rispettare.

I mpress ione diffusa è q uesta : la nostra politica interna to rna ad essere incerta. L'on. O~lando n o n vi ha accennato - nemme no d i sfuggita - nelle sue dichiarazioni . Passato i l primo momento d i energ ia o di p seudo-energ ia, p iù imposto dalle forze este! n e d el Paese che dalle intime convinzion i dei n ostri governa nti, torniamo adagio açlag io allo stato di prima.

Un a sola settimana di « lavori » p arlamentari, e l'at mosfera morale della N azione non è più q uella. b grigia C'è d el malessere Si Sente che qualco sa sta nuovamente degenerando.

Il Governò è, là, a Roma, da o rmai due settimane, passiv o ; e lascia dire e lascia fare. Chi tiene la t ribuna è il disfartismo Gli uomini che s iedon o al banco dei ministri, sembrano svuotati di ogni passion e. Salvo una parentesi sonninian a, a proposito del paragrafo 1 s del Patto di Londra, i 01inistri tacciono, mentre i disfatt isti parlano e imperversano. N on un gesto, n on ·una paro la. Ah sl, alla fine, ci sarà un discotso, ancora un discorso, un altro discorso~ poi calerà il sipario

Quest o è il momento in cui n on hanno diritto di governare quelli

che mancano di idee chiare, vorremmo dire<( geometriche». I« buoni», quelli che sono per naturale temperamento « buoni », non possono reggere il timone in mezzo a questa tempesta.

Non è tempo di angeli questo, è tempo di diavoli. Non mite2za, ma ferocia, ci vuole, la necessaria, intelligente ferocia d ei grandi chirurghi. Gli uomini dall'animo dolce vanno bene in tempi d) Arcadia, ma io non vedo ·in giro niente che rassomigli all'Arcadia, coi suoi pastori, le sue ninfe e le sue preziose stupidità. Ripetiamolo, dal momento che ci infischiamo solennemente della qualifica di reazionari: ci vuole molto ferro e moltissimo fuoco, per estirpare il disfattismo professionale. O questo o la disfatta. O questo o la Russia. O questo o l'egemonia tedesca su noi e sul mondo.

Tessere l'apologia del massimalismo, quando Lenin e Trotzky si prosternano ai piedi dell'Hohenzollern e gli spalancano le porte della Russia sino a Pietroburgo e gli cedono migliaia di can noni - inglesi Iche vedremo prossimamente funzionare contro di noi, ·sui fronti occidentali; tessere l'apologia di questo socialismo che abdica, che si prostituisce e non trnva nemmeno un po' di quella disperata passione antitedesca che fiammeggiò nei cuori dei comunardi; è semplicemente obbrnbrioso e criminale.

Bisogna avere il coragg io di <(bruciare» quel po' di Russia che il nostro abbietto sodalismo ufficiale va diffondendo in combutta con taluni elementi del clero, fra le masse rurali. Un volantino diffuso in questi giorni nelle campagne toscane, reca questa 6rma : « I socialisti>); ed è stato stampato nella tipografia dell'Unità Cattolica a Firenze. Non temiamo smentite.

Abbiamo i tedeschi sul Piave. Ogni notte i loro banditi seminano la morte sulle città del Veneto. La parte del Veneto ,non invasa è straziata. Siamo alla vigilia di un urto formidabile. In Francia, Clemenceau scopre un altro covo <li disfattismo a Saint-E.ticnne ; sventa un altro pericolo che avrebbe potuto essere, scatenata l'offensiva te. desca, mortale. Dei Saint-Étien ne ce ne sono anche in Italia. I delinq uenti dell'Associazione cui accennò l'on. Orlando, tornano ad agire. È tempo che il Governo reagisca.

O c'è bisogno di un'altra lezione?

Da Il Popolo d'Italia, N, 54, 23 febbraio 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WJLSON AL CONVEGNO DI ROMA 343
MUSSOLINI

[L'ITALIA E IMMORTALE!]*

Cè forse, fra di voi, qualcuno che ricorda un comizio interventista che tenemmo tre anni fa in una delle piazze di Roma ? Fummo dispersi dalla poluia, ma avevamo ragione. Noi passammo, e ]a storia passò, con noi I

Tre città fecero la storia. Non importa. Sono le città che fanno la storia; i villaggi sì contentano di subirla.

Noi, dopo tre anni di guerra, nonostante Caporetto, rivendichiamo altamente e solennemente tutto ciò che cli profond o, di puro, di immortale si ebbe n ell e giornate di maggio.

Ricordate I Fu appunto nel maggio 19r, ch e l'Italia non ebbe paura di saper vivere, perché non ebbe paura di saper morire I

Ma allora noi commettemmo un g rande errore, che abbiamo p~i du ramente espiato. Noi, che avevamo voluto la guerra, noi dovevamo impadronirci d el potere I (Applausi scrosdanli da tutta l'asse;?1blto).

Il popolo italiano - il quale n on è la plebe che si ubriaca n elle cantine; perché non per nulla siamo stati politi e raffià.ati da venti secoli di storia. - il popolo italiano ebbe allora l'oscura intuizione dei pericoli che minacciavano la sua missione [.... rensura].

Nel mag gio 1911 la Nazione t u tta offerse un matcdale umano meraviglioso Noi, gente dcll' 84, quando varcammo la gola dell'A1to Isonzo, pensammo che essa non doveva mai, mai più, essere oltrepassata dai tedeschi. Noi, quando g iungemmo oltre, ad una voce gridammo: « Viva l'Italia I ». (Applausi formidabili da tutta l'autmblea In piedi, il pubblico fa una IHJ1ga ovazione, ripetendo: « Viua l'Italia! »).

Era un ma teriale umano meraviglioso quello che noi allora consegnammo a gente che faceva la guerra come si fa una corvée penosa, più tediante delle altre.

• D.iscorso pronunciato a Roma, al l'Augusteo, la mattina del 24 febbraio 1918, durante una manifestazione patriottica indetta dal comitato nazionale dei mutilati di gunra per invitare la nazione alla resistenza. Prima di Mussolini avevano parlato i mutilati, tenenti Fulcieri Paulucd di Calboli e Ciprfano Facchinetti, il sen. Prospero Colonna, sindaco di Roma, ed il sen. Aotoruno Di Prampero, (Da // Popolo d'Italia, N. ,s, 27 febbraio 19IB, V).

Noi consegnammo questo materiale per una guerra che dopo venti secoli era la prima guerra del popolo italiano, a gente cbe non pot eva comprenderla. A gente che rappresentava il passato, a burocratici che hanno versato molto, troppo inchiostro sulle piaghe vermiglie del popolo. Abbiamo consegnata questa nostra guerra a dei superficiali, a dei leggeri, a persone che oggi si adagiano nel « fatto nuovo>).

Ma noi siamo qui a dirvi : « Signori, i tedeschi sono sul Piave I Signori, i tedeschi hanno abbattuto una porta del Veneto e stanno stringendo l'altra porta ! È tempo cli vedere se i nostri cuori sono di acciaio I » (Applausi entu1iastin).

Io li ho visti, questi soldati, perché ho ·vissuto tra loro, soldato semplice, la vita del soldato semplice. Li ho visti in tutte le più diverse contingenze della vita militare. Li ho visti nelle caserme, nelle tradotte mentre si andava alla fronte, nelle trincee, nelle caverne sotto il bo mbardamento , quando tutti si chiedono se il rimbombo finirà una buona volta, quando le granate piovono, piovono a morte. Li ho visti quando t utti i cuori sono sospesi, perché si attende che l'ufficiale dica : <e Fuori dalla trincea I ». Io li ho visti questi figli d'Italia, e vi dico che non sono stati dei soldati, ma dei santi e dei marti ri l (S,oppia un appla1110 getJerale, fragoroso. Il pubbli.o, d.1t aveva ugui lo itl un silenzio commouo l'oratore, 1i ÙPa 0 in piedi acclamando).

Come dunque è avvenuto Caporetto ?

Guardiamo nella nostra coscienza, facciamo il n ostro esame, il nostro coraggioso esame di coscienza, di grande popolò.

Ah I si. Ci può essere stato, in un primo tempo, il fatto militare; ma in un secondo tempo, no I Nel seco ndo tempo siamo dinanzi ad una allucinazione gigantesca. (ApplauJi).

Erano passate delle g randi parole attraverso g li orizzonti. Erano giunte dalla Russia le formule salvatrici e da Roma era partito un giudizio negativo e feroce, quando si disse che la guerra era una << inutile strage I» (Applau1i. Grida: [. ... muura]) .

Voi non lo immaginate il turbamento profondo che questo g iudizio deve aver provocato ne11a coscienza della moltitudine. E, come 11.on bastasse, ecco giungere dal Parlamento, senza che in quel momento nessuno avesse avuto il coraggio di fare g iustizie sommarie, un'altra parola sacrilega: 1( ll prossimo inverno non più in trincea». (App lausi. Grida formidabili contro Trerm).

Ed ora, infatti, non siamo più in trincea oltre l'Isonzo, ma al di qua del Piave I (Applausi. Grida: [.... mu.11ra]).

Tutto ciò fu il prodotto di una menzogna che era alla base della nostra vita nazionale.

Si era detto : « Libertà politica J >> Ah I libertà di tradire, di assas -

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 345

sinare la Patria, cli far versar(' più sangue, come ha detto un uomo che oggi in Francia esercita le funzio ni di grande chirurgo. (Appla,ui gd!urali, fragoro1i. Si grida: « Viva Clemettcea« I») .

Questa libertà politica è paradossale. :E: criminoso p ensare che si requisiscano , si vestano, si armino, si mandino a farsi u ccidere d egli uomini, ed a questi uomini si neghi o g ni libertà di parola o di protesta e si puniscano t erribilmente i soldati ad ogni minimo atto o parola non consona all'ordine avuto ; e contemporaneamente, indietr o , ncUc conventicole segrete, nei circoli degli alcoli1.2ati abbrutiti, nelle sagrestie, si pe rmetta di preparare Jc azioni e di pronunciare le fra si che assass inano la g uerra ! (Grandi 11pplausi. Approvaz_ioni generali. Il pubblico ; tutto in p ùdi)

Si sono fatti sul corpo d ella P a tria dei calcoli demagogici ed ele tt o rali! (Grandi applausi).

Ma, dopo il 2.4 Ottobre, non avete sentito voi stessi che c'e ra qualche ~osa di mutato in noi, come collettività e come individui? Non avete sentit o che l'avvoltoio vi aveva strappato le carni e conficcato gli artigli nelle ferite vermiglie? ( Applausi) . Non avete com p reso ch e si ritornava indietro, al ' 66? Non vi rendete conto del pericolo che il ' 66 militare sia accompagnato da quella manovra diplomatica che non abbiamo ancora espiat o? ' (Applt:um).

La Patria r.o n si nega. Si conq,,;.ista I (Ovazione gtneralt, fa/oro.sa).

Prendete esempio da q uello che succede in Russia. Dicev ano i saggi latini che la natura non fa salti. lo non prendo alla lettera questo detto~ Credo, anzi, ch e talvolta la natura faccia qualche salto. Ma in Russia ne hanno voluti fare t roppi. Hanno abbattuto lo c zarism o, per costitui re la Repubbl ica democratica d i R odzianco e di Mi ljukoff. Era già un g ran passo ; e trascuriamo l'i nt ermezzo del g rand uca Michele. Ma insoddisfatti di questa Repubblica, h anno voluto renderla ancora più sociale, ed hanno chia mato Kere nsky, Ke rensky se ne è andato, perch é era un dittato re di cartone (si ride) ; ed ecco nuova gente che v u o l fare il salto più di fficile, sempre più diffici le. Ah I Ma adesso i tedeschi sotto la maschera d el futuro pseudo -democratico hiinno rivelato i loro ceffi brutali e barbarici di annessionisti. A Piecrogrado si dice : « Tutti i cittadini d ebbono co struire trin~ee, e Coloro che sara nno trovati in attegg iamenti sospetti di vagabondaggio e di spio naggio, s aranno fuc ilati senz'altro>>.

Ma intanto i tedeschi ava nzano e credo che obbediscano ad un triplice o rdi°nc di motivi :

il m otivo militare ;

il mo tivo politico ;

il motivo dinastico.

346 OPER.A OMNIA Dl BENITO MUSSOLINI

Credo che l'Hohcm:ollem si proponga di riporre sul trono il RomanofF.

Ebbene, io me ne infischio I (Gra11de 011azione). Dopo che il popolo russo no n ha saputo vivere in libertà, viva pure da schiavo I (Applmni. Si grida; « Bene I») Ma intanto la defezione .russa acc.resce il nostro compito.

Non è tempo di piange.re, di fare la politica dolce. Non è i l tempo degli angeli in cj_uesta guerra d emonica.

Io chiedo uomini feroci. Chiedo un uomo femce che abbia della energia, l'ene rgia di spezzare, la inflessibilità di punire, di colpire senza esitazione, e tanto meglio, quanto più il colpev ole è in alto . (Grande ovazione Tullo il p11bb/ico, comprendendo le allmioni, 1i alza in piedi, acclnHJando).

Voi mandate al Tribunale di guerra il soldato semplice, carico di famiglia, pieno di preoccupazioni, ed al quale n on avete mai insegna to che cosa fosse la P atria (applausi), perché ha trasgredito qualche o rdine. Se voi conducete al muro questo soldato, io approvo, perché son o partigiano di una inflessibile disciplina. Ma voi non dovete fare due pesi e due misure, Se c'è un generale che contravviene al d ecreto Sacchi, colpitelo I (Applausi). Se c'è un deputato che dopo l'esperienza di Caporetto torna a dire anco ra ch e la guerra è un inutile macello, io vi dico che quello lo potete, l o dovete arrestare, punire, colpire I (Ovazione).

Chi è stato al fronte, chi ha vi:;suco nelle trincee, sa che cosa v u ol dire sull'animo dei soldati la let tura di certi d iscorsi e di certi resoconti, Il po vero soldato d ella trincea si domanda : « Perché io d ebbo soffrire e debbo madre, se a Ro ma si discu~e a ncora se la g uerra si doveva o non si doveva fare? se a Roma, colo ro che devono dirigere le cose J'Italia n on sanno ancora se si·fa bene o male a combattere?». Accademia deplorevole e criminosa è quella, o signod I·

Ed o ra, anche dopo Caporetto, anche dopo la disfatta, si permette ancora a della g en te, a degli irrespo~ sabili.... (gli applallli roprono la 1/(J(t d,1/'oratore).

Dopo Caporetto sono ri spuntati degli uomini che noi credevamo di avere spazzati via per.sempre I ·

· D opo Caporetto è rispuntato da Dronero (t1rla generalt) l'apportatore di sciagure, e con lui molti altri sono usciti alla luce di questo nostro crepuscolo, Ma noi li abbiamo ricacciati ancora una volta nella terra, perché siamo ancora in piedi.

Sl. Molti d ei n ostri compagni sono rimasti sul Carso e s ulle Alpi. Ma noi ne portiamo la memoria sacra nel cuore.

Io penso allo strazio ineffabile d i quei soldati della terza Aìmata

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI
347
ROMA

quando dovevano abbandonarè il Carso, Penso che essi abbiano pianto, che abbiano do mandato : « Per quale motivo, per q uale· mostruosa forza, quale inopinata ca tastrofe ci costringe ad abbandonare questa pietraia?)). Perché si finisce per amare il solco, la pieua, il fosso, la caverna dove si vive e si muore. Si ama il Carso, questa pietraia punteggiata di piccole croci che segnano le tombe di coloro che sono caduti per la libertà della Pa tria nostra. (Applausi ripetuti) . Si ama i l Carso da cui si godeva la v ista della riviera agognata, della riviera di Trieste nostra. (Ovaziot1e). Noi portiamo ancora la fiaccola <lei morti ben viva e splendent e, la fi accola di coloro che· sono caduti i n faccia al nemico. E noi non siamo m ossi da idee di lucro. Vogliamo .il riconoscimento esplicito, chiaro, che abb iamo fatto il nostro d overe I Ed oggi siamo ancora sulla b reccia per dire a questo popolo, caso mai lo avesse scordato : « Non si torna indietro ! ».

Non c'è possibilità d i scelta J A rro vellatevi il cervello fin ch é volete. Non c'è altro da fare I Non si può peOsare ad altro I

Il g iuoco è tale che dobbiamo continuare, perché non è possib ile v i sia altra soluzione che questa : o vinti o vine.iteri I E la posta è la vita o la morte della Nazione. A nche coloro che erano andaLi al pote re col proposito di fare diversamente, di accomodare, hanno d ov uto ricredersi,

Non si torna indietro. Bisogna vincere I

L'esempio è venuto dalla Russia. ·J governanti russi hanno creduto appunto di tornare indietro, di fare la pace. Hanno discusso dei g iorni, delle sett imane, dei mesi, e non hann o concluso nulla, perché se il massimalismo aveva mandato degli avvocati più o meno eleganti, la Prussia aveva mandato un generale, con l'elmo a chiodo e ]o spadone lucente, che di tanto i n tanto faceva battere sul tappeto, perché m eglio si comprendesse qu.1.li erano le ragioni della G er mania.

Poi hanno accettata la pace, Ma la Prussia assetata di territorio, la Prussia dell'Hohenzollern insaziabile e implacabile, marcia nell'i nterno della Russia ed occupa territori I

Dunque, se c'è qualcuno che oggi no n vuole la pace, che impedisce di parlare di pace, che vuole continuare la guerra, questo qualcuno non dovete ricercarlo fra i popoli , ma a Berlino, nella cricca di Hindenburg e di Ludendorff. Là sono i nemici del genere umano e contro questi nemici non si sta in g inocch.io ! Noi, stirpe latina, siamo in piedi I (G'rande ouaz.ione) . Noi che volemmo la g uerra e ci vantiamo di averla voluta, noi clic non andiamo mendicando collegi eletto rali, noi non seguiremo la v iltà demagogica di chi vuole ing raziarsi la plebe. Dem ocrazia no n sig nifica scendere al basso. Democra:zia signifi.01 salire I Significa elevare quelli del basso, in alto I E. allora p er tutto il san g ue

348 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

che è stato versato e che noi non abbiamo dimenticato, sangue puro, giovane, sacro, puro come quello col quale gli antichi cristiani nelle catacombe facevano la comunione dei cuori, quando si incidevano sotto le ascell e e bevevano il sangue comune in. un solo vassoio; per tutto il sangue italiano versato, per tutto quello che dovrà v ersarsi ancora, rinnoviamo H patto solenne della nostra fede, della certezza della vittoria.

No I L'Italia non muore, perché l'Italia è immortale I ( Salve di applau.ti calorosi accolgono la chiusa del discorso. T uJ/o il pubblico f a a Mrasolini t1na co,nmoua dÙ!lostrazione di stima e di affetto Molti si affollano intorno a lui e lo ftbbracdano).

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO 01
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ROMA

L'INVOLUZIONE RUSSA

Rivedremo Nicola ?

Io non so di preciso dove si trovi relegato Nicola II.

È stata annunciata tante volte la sua evasione.... dalla Siberia. Non so se sia in qualche comunicazione con il mondo. Ma se le notizie gli giungono, egli, che aveva n ei bei tempi di « Tzarkoje Selo >) le freddure in fran cese, dirà che phu fa (bmige

Lo rivedremo ancora sul trono questo personaggio abulico, cui forse non sorride nemmeno più la prospettiva di farsi chiamare « piccolo padre » dai suoi 90 milioni di mongoli, malamente occidentalizzati, che si chiamano russi ?

La nuova campagna di guerra della Germapia contro la grande Russia obbedisce a tl'.e ordini di motivi : militare-politico, economico e dinastico.

Militarmente la Germania vuole occupare le provincie baJtiche, o con il proposito di annettersele p u ramente e semplicemente, creando in .esse una nuova «terra .di impero ». come ad occidente fu chiamata l'Alsazia-Lorena, o con l'obiettiv o d i controllare economicamente e politicamente quelle regioni dove la RillerJChajt tedesca, pure rappresentando il due per cento della popolazione, aveva g ià funzioni rli, rettive di élite n eUa vita sociale.

Dal punto di vista economico la nuova campagna « rende>> molto alla Germania~ che ha sempre considerato la guerra come una industria.

Il bottirio è ell.orme: parch i interi di artig lierie sono s tati graziosamente ceduti ai tedeschi con tutti i depositi di viveri.

A -prCscindere dai vantaggi economici che la Germania si ripro• mette di ottenere a scadenza più o meno lontana, ci sono degli «utili >> immediati costituiti dalla razzia di tutto ciò che di « commestibile », le divhioni tedesche trovano e troveranno nelle città e nelle ampagne, lungo Jc strade. L'esercito a vanzante t< mangia sul posto». pe.t impiegare la frase del gergo militare : è da escludere: che ce ne sia anche per i civili dell'interno della Germania . Ma, intanto, q uesta non ha preoccupazioni d'intendenza. [Colle razioni r usse si risparmiano le razioni tedesche.

Ma io credo che il tctz0 motivo, quello dinastico, sia il prem~nente.

Guglielmo di Hohenzollem è un esaltai:o del diritto divino dei re, Tutti j s uoi discorsi, i suoi atteggiamenti ce lo rivelano sotto l 'aspetto più mistico della religione m onarchica. Egli considera i re come degli investiti da dio : per cui una rivoluzione che depone un imperato re e frantuma una monarchia d eve apparirgli sotto l'asp etto di un sacrilegio inaudito che chiama il castigo.

Oltre a questa conceziòne della missione e della funzione dei re, concezione n ettamente medioevale in antitesi con quella borghese - la ing lese, dove il re è considerato come un personaggio semplicemente decorativo - entrano nel gioco "le strette parentele di corte, P er Guglielmo II la prigionia della zacina e in genere di t utti i componenti la famig lia dei Romanoff è una specie di offesa personale

Può essere che la Germania miri alla realizzazione di questo duplice piano : to llerare le istituzioni repubLlicane n egli stati periferici, Finlandia cd Ucraina, e r istabilire la mo narc hia nella grande Russia. Monarchia ch e potrebbe essere sufficentemente costìtuzionale e ch e non sarebbe più p ericolosa nel fu t uro, in quanto dominerebbe una Russia rido tta a 80-90 milioni di abitanti e sottoposta alla egemonia tedesca, consacrata nel patto di pace.

E che questo piano a lunga portata n on sia da escludere, lo dim o stra il fatto che i tedeschi puntano su Pietrogrado , Niente può impedire loro di arrivare alla capitale. Non le nev i che paralizzaro no Napoleone, perché i tedeschi possono avanzare anche sui treni, sui comodi treni russi. Non le trincee che i massimalisti vogliono far scavare all'ult imo minuto per farvi combattere un esercito che non s i sa dove sia Nemmeno il radio telegramma d i Trotzky che si dichiara di sposto a fi r mare anche una pace «umiliante » (oh I la rivoluzione socialista che si inginocchia all'elmo chiodato I)....

È troppo facile la passegg iata sino a Pietrogrado, perché il militaris mo tedesco vi rinunci o ra ch e l'ha cominciata.

E giunga a Pietrogrado I

E v i ristabilisca lo zar I

Non sono d egni di v ivere in libertà i p opoli che, dopo averla strappata al l o ro tiranno, no n sanno difenderla dai tiranni stranieri. E se anche un Romanoff qualunque prende il p osto di Lenin, non ne risulterà peggiorata la nostra situazione politica o militare.

Ma davanti alla resa senza. condizione dei leninisti alla Germania imperiale e militarista, noi ci domandiamo : Che coSa è e che cosa significa questo .socialismo che dà cosl miserabili prove di sé nel suo primo esperimento in g rande stile? Che cosa è questo c ristianesimo r ovesciato, che dell'antico non p ossiede la volontà e la capacità d i sacrificio ? Che cosa è, che cosa s ignifica. q u esto socialismo che arma

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una patria e disarma tutte le altre; che è un patto nazionale per la Germania, e diventa un patto inte rnazionale soltanto Per le altre nazioni ? Che cosa è questo socialismo che nel 1870 vi dà Blanqui, e dopo. cliventato prussiat10, v i dà, nel 191 8, Krylenko?

Il socialismo, il cosi detto socialismo, questo compICsso di dottrine più o meno divertenti, questa religion e che promette ancora un paradiso - un altro paradiso I - per il giorno che vedrà spunt are il famoso sole... ; questo partito di professionali della politica che mistificano il proletariato, che può esser e .« coscien:tlato >> per ~ia della t essera, ma non è ancora cosciente; questo socialismo, infine, che assassina le pattie, a beneficio di u na sola : la patria tedesca. La patria della caserma e della sciabola, n on sa rebbe per caso una parte dello spaventevole congegno che la Prussia militarista ha creato per muovere aUa rapina e alla st rage del m ondo ?

(( Bismarc k lavora p ei n oi>>, diceva Ma rx nel 1870 .

Se Cado Mar x, che fu sempre fe rocemente ami-russo, pot esse levarsi dalla fossa, chissà ciuali inni di g loria lever ebbe a 1-lindenburg !

MUSSOLIN[

Da li Popolo d'Italia, N. n, 26 febbraio 1918, V. Pubblicato anche sulredizione di Roma, N. l7, 26 febbraio 1918, V.

352 OPERA OMNIA DI BENITO MUSS0L1NI

CON UN LACCIO DI SETA ....

Lo scandalo clamoroso di Milano si presenta, o per meglio dire presenta al grande pubblico un'altra faccia -e non esitiamo a dire che è la p iù ig nobile e JX'tVersa - dd disfattismo che congiura a danno e alla rov ina d'Italia. Ci si è fermati troppo, forse, sul disfattismo delle circolari, dei discorsi ; sul disfattismo p o litico.

Ceno è cosa abbominevole lavorare le anime e prepararle allo scoppio della sedizione nel m o mento di maggior perico lo della Nazio ne. Ma è ancora più nefando - perché non si può accampare giustificazione alcuna di indole dottrinale - fo rnire ai nemici armi e s trumenti e mezzi per la guerra contro di noi.

È veramente questo - come disse !'on. Pirolini - un delitto senza nome. La genesi cli questo delitto è chiara.

Nella Società Cascami di seta c'era un tedesco : Hassmann. Non c'è, pur troppo, da meravigliarsene.

La nostra vita economica defrante-gucrra e d el durante- guerra era satura di tedeschi. Dichiarata là guerra alla Germania, l'Hassmann, se ne va. D ove ? A Zurigo I Esce dalla Societ à, ma pro for ma. Le relazioni epis tolari coi dirigenti della Società, continuano La Germania ha bisogno di fibre tessili, seta e cotone. Il contrab bando co mincia. Questo giornale lo denuncia. Censura. Insistiamo. Censura anco ra. Ci si dice che dei provvedimenti sono stati presi. Menzogne, Riproduciamo l 'argomento. La censura1 c he d oveva obbedire a chi sa mai quale m isterioso padro ne, a chi sa mai quale misterio sa ordinanza, ci costringe al sile nzio.

Oggi finalm ente lo scandalo è di dominio pubblico.

Si capisce I Perché soltanto oggi alla Direzione generale della P. S. c'è Sorge, e poi perché l'esempio della Francia ha scosso un po ' le nostre autorità p olitiche.

CasÒ curioso. Il comm. Donacossa ha un nipote arrestato : e questo nipote - caso curioso - è addètto al Comando Supremo

E, caso più curioso ancora, le due funzioni sono di indole q uanto mai delicate. Oh, Dio I Ben lung i da noi il pensiero di voler stabilire una relazione in questi termini. Bonacossa al Comando Supremo : Bonacossa alla Società Cascami sete : Hassmann a Zurigo e....

Ma, insomma, non vi pue un po' strano che p otesse tenersi al Comando Supremo il nipote di un contrabbandiere, e che si sia pensato soltanto otto giorni fa tl mandarlo via ?

Mettendo insieme tutti quest i d"ati di fatto, n o n stupisce più la cifra dei guadagni dèlla Società. Era una cuccagna per i bo,hes ricevere seta per gli aeroplani, cotone per gli esplosivi e qualche cosa d'altro di più utile ancora 1

Adesso non mi sembra più del tutto stravagante la frase di mons. Bolo, che deponendo in favore del fratello ha dichiarato che p er la riconquista della Bainsizza Ja Germania ha speso mezzo mHiardo .

È curioso - ma Wtto è assai curioso in Italia 1 - che nessuno si s ia soffermato un istante a meditare su questa terribile affermazione di un uomo che n on è poi l ' ultimo venuto, dal momento che è uno degli altissimi dignitari della Chiesa cattolica apostolica romana. Una domanda : Come è potuto avvenire questo ·criminoso, enorme contrabbando ? Chi l o ha permesso ? Non ci sono altre e più alte responsabilità da precisare ? La frase d i Clemenceau ci ritorna in questo momento alla memoria.

*' Si speso - egli ha detto nel s uo ultimo discorso - un po' c:li sangue a lla fronte in conseguenza dei tradimenti e dei semitradimenti c:lell'interno ».

Questa frase può essere adattata allo scandalo di cui parliamo. Se - come ha affermato l'on. Piro lini nel suo ordine del giornoil co ntrabbando del cotone e della seta allontanò la pace europea cli qualche ann o, molto sangue di più è stato spatso e dovrà esserlo a l fronte,

Oca per tutti i nostri soldaù che il cannone nemico ha ucciso o straziato n elle carni, per le vitùme innocenti delle ba rbare incursioni aeree, bisogna and:ilre fino in fondo ed avere il coraggio delle esecuzio ni capitali. Se la Nazione è tutto un esercito, questo esercito n o n può avere due cliscipli_ne. E se c'è una giustizia severa ed è tal~ volta implacabile per i soldati, questa stessa giustizia deve essere anco ra più severa e implacabile contro questi commendatori lucranti s ul san gue migliore della Patria, Cè del buon lavoro per i plotoni di esecuzione'. Ma vogliamo che Io spettacolo si svolga in piazza del Duomo. Coram popsilo. Il morale, co ndizione essenziale d ella vittoria, si forti.fica e si csa.lu. cosl. MUSSOLINI

Da li Popoh, d'/JaJia, N . 59, 28 febbraio 1918, V. Pubblicato anche $Ul· l'~izione di Roma, N. 59, 28 febbraio 1918, V.

354 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DATE UN ESEMPIO

Il tradimento della cricca dei setaioli e dei cotonieri offre finalmente al Governo l'occasione di dare un esempio. Un grande esempio, Uno di queg li esempi che si incidono profondamente nella immagin~zione e nella coscienza dei popoli.

Il commercio col nemico è ev idente.

Agli foizi della g uerra la ditta non avc:Va una g rande potenzialità. Le cifre delle sue esportazioni annuali in Svizzera eran modeste. Poche mig liaia di quintali. Ma p oi v iene il p eriodo delle vacche grassissime. L'esportazione r aggiunge cifre iperboliche

Quando noi levammo la voce su' questo contrabba ndo, ci si rispose che i cascami di cotone e di seta non uscivano dalle frontiere svizzere. Obiettammo .che non ci spiegavamo bene come la Svizzera consumasse per i suoi bisog ni indùstriali una quantità decupla di cascami di cotone e di seta.

Allora gli amici della Società ricorsero all'argomento supremo : quello di rego lare i permessi di esportazione rilasciati dal co mpetente ministero d elle Finanze.

La censura stroncò la nostra voce che g ià si era levata per denunziare altre forme di contrabbando di viveri.

Intanto la Società realizzava guadag ni fantastici ed era costretta a .falsificare i suoi bilanci. ·

.Ma a questo punto una domanda è lecita La Sod,tà Casca mi di seta aveva soltanto rapporti commerciali con la German ia, o non le rendeva qualche altro servizio ?

È curioso - come dicemmo ieri - che questa Società fosse riuscita a collocare al Comando Supremo, e precisamente nel gelosissimo ufficio d'informa:zioni, un nipote del Bonacossa. E questo Signor Bonacossa del Comando Supremo si recav a settimanalmente in Svizzera, Non è lecito dubitare che uno dei mezzi di comunicazione fra l'Hassmann di Zurigo e la Società Cascami di seta fosse precisamente questo informatore del Comando Suprettlo ?

Si domanda : co me e qualmente è avvenuto che il sig nor Alberto Bonacossa, nipote di Primo, ora domiciliato al Cellulare di M ilano, sia stato addetto all'ufficio di informazioni del Co ma ndo Supremo ?

Quali titoli aveva ?

Chi l'ha raccomandato?

Chi l'ha protetto - diciamo protei/o - quando qualcuno h a avvertito chi di dovere dell'anomalia del caso?

Noi non vogliamo precorrere le indagini. già chiaco come la luce del sole che ci troviamo dinanzi ad un caso tipico, specifico, di commercio col nemico.

I hbri, i brogliazzi, i copialettere potranno arricchire di dettagli l'episodio, ma la documentazione s u oncante c'è già.

La cifra delle esportazioni, la cifra dei. guadagni, la giustifica:,,fone dei permessi di esportazione può valere fino all'agosto 1916. Ma non oltre E anche a questo proposito facciamo osservare che non è da. escludersi una formn, sia pure indiretta, di commercio col nemico, in quaoto la Germania, pute n on· essendo a ncora ìn istato di dichiarate ostilità contro di noi, riforniv a l'Austria della q uale era alleata e che combatteva contro l'Italia.

Ma dal 28 agosto 1916 nessun leg ulei o può trovare cavi lli g iustificativi. Da quel giorno subentra lo stato di guerra fra noi e i tedeschi.

Ma il commercio coi tedeschi, diven uti nemici, non cessa. Continua per tutto il resto del 1916; per l'intero 1917 e ieri, specificando la data e il numero dei vagoni ed il carico di ogni vagone, abbiamo documentato che il commercio non era ancora cessato, almeno sino aUa prima metà del corrente febbraio di quest'anno 1918.

Tutto ciò è semplicemente spaventevole.

Sono decine e d~cine di migliaia di quintali di cotone e di seta che sono andati in G erma nia, e c'è da rabbriv idire I In conseguenza logica, natu rale, fatale, di questo co ntrabba'ndo migliaia e 111igliaia di morti, di m11lilati e di feriti dì pìH sul nostro fronte .

Quanto sangue grida vendetta I

Noi invochiamo un esempio.

Un processo sommario : l'esecuzione L'invochiamo per l' Italia che n on può uscire vittoriosa se n on ha il coraggio di colpire i suoi assassini, Vogliamo un esempio che produca una immensa vibrazione nella psicologia popolare.

Vogliamo che nelle città, nelle campagne, dovunque c'è una casà. e ci sono degli italiani, ed anche laddove non ci sono più case m a ci so no ancora degli italiani e senza dubbio i migliori italianivog liamo che sì possa dire : Sapete ? C'erano a Milano dei personaggi che da tre anni riforniv11.no la Germania e prolungavano la guerra. Lì hanno arrestati . Li hanno processati Li hanno fucilati in piau a.

Legaù alle sedie ; come si prat:b, altrove per gente colpevole di un minuto di paura o di incoscienza o di follia.

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OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 357

Erano commendatori. Ma li hanno fucilati.

Erano ciechi a milio ni : non importa. Il denaro lucrato sul sangue non li ha salvati. Avevano ville e paJazzi, parentele e relazioni. Niente : sono stati fucilati. Là, in presenza di una moltitudine immane che urlava la sua soddisfazione.

Le scariche di:-.i plotoni echeggiarono. Da paese a paese, da trincea a trincea, ovunque, cittadini o soldati, sarebbero indotti a questa meditazione: Finalmente c'è una giustizia e ci sono dei giudici. Finalmente si stabilisce il regime della eguaglianza, n ecessario e sacro, di tutti i cittadini dì fronte alla Patria e alla guerra.

L'assurda distinzione tra fronte e non fronte è cessata.

Un gesto d.i ta!e genere rinfrancherebbe per almeno due anni ancora il morale della Nazione

Ma, domandiamo dubbiosi : e.i sono a.I Governo gli uomini capaci di questa crudeltà salutare?

MUSSOLINI

Da J/ Popo]() d'lldiia, N. 60, l marzo 1918, V. P ubblicato anche sull'edizione di Roma, N 60, 1 marzo 19 18, V.

DIVAGAZIONI

Il rappresentante del socialismo ufficiale italiano, difendendosi l'altro giorno al tribunale di guerra, ha sintetizzato in una frase che si pot[ebbe d efinire « di riduzione alle bestialità» il pensiero animatore del suo Partito.

«< Se la Russia sta male - egli h a detto - i russi stanno bene».

È facile dimostrare, mettendosi per un momento da un punto di vista socialistico, che questa frase è tutto ciò che di più squis itam ente. anti-socialistico si possa pensare.

P er consegu enza, tutto ciò che reca ancora etichetta di socialismo italiano è un intruglio alterato e com p osito, creato per l'occasione della guerra, e con uno scopo ben determinato in ·vista : « quello di fa vorire la vittoria tedesca >>.

Il cittadino LaZ2ari ammette che la Russia stia male, ma soggiunge che i russi stanno bene. Questa separazione antitetica fra Russia e xussi è arbitraria, è anti-socialista ed anche anti-bolscevica. Si comp rendeva prima questa differenziazi~ne fra stato russo e popolo russo ; fra patria russa, dominata dallo e:zaxis mo , e popolo russo. O gg i no n più. Oggi si è stabilita nel pensiero dei massimalisti la fusione intima fra patria russa e popo lo russo : fra patria socialista e russi come individui.

Per cui, se la Russia masSimalista sta male, i russi non possono star bene; per cui se la vittoria della Germania fa male alla Russia governata_ dai massimalisti, non può far bene ai singoli russi.

E se la vittoria tedesca, pur facendo star male ]a Russia fa star bene i sfogali russi, vuol dire che essa rappresenta fra i due il minore dei mali, e in tal caso non si potrebbe pensare a condanna più clamorosa e definitiva del regime massimalista,

Il senso della frase di Lazzari è questo : La Germania è g rande. E se anche schiaccierà il massimalismo, cioè il regime dell'ideale, non impo rta. I russi staranno eg ualmente bene.

Sapevamo che i socialisti italiani anteponevano gli interessi materiali e morali della Germania a quelli dell'Italia, a quelli ddl'Intes~

a quelli di tutto il mondo. Ma non avremmo ma.i creduto che, posti a scegliere fra Germac.ia e massimalismo, fra la Germania borghese, militarista, imperialista, e la Russia socialista, super-socialista e b olscevica, avrebbero sacrificato quest'ultima.

La pace tedesca reca la felicità dei singoli russi, anche se umilia il regime socialista.

Il socialismo ufficiale italiano è soprattutto, essenzialmente, esclusivamente panciafichista. Ripugna dal sacrificio. Anche quando si tratta d i difendere se stesso, le sue posizioni e le sue conquiste. Precisiamo Quando si tratta di difenderle dalla Germania.

Oh ! se il regime massimalista fosse stato, ~r dannata ipotesi, minacciato dall'Inghilterra o dalla Quadruplice Intesa, avremmo forse assistito ad uno scoppio di eroici furori in seno all'Internazionale.

F orse Krylenko sarebbe riuscito a raccogliere un esercito, e forse questo esercito avrebbe combattuto ; ma di fronte alla Germania cli Ludendorff o di Hindenburg , i super-socialisti russi e quelli italiani · piegano in g inocchio. Se ne infi schiano di salvare la patria, quantunque sia divenuta la patria socialista, e si rifan no sugli individui. Il socialismo si frantuma nell'individualismo e questo individualismo obbedisce ad un solo isùnto : quello primordiale della conservazione : vivere, mangiare e riprodursi.

Che in alto ci sia il Kaiser o lo Czar o Lenin è lo stesso.

La frase di Costantino Lazzari può tradursi cosi : Meglio schiavi sotto il Kaiser che liberi sotto Lenin.

Il socialismo internaiionale è un'arma tedesca. È una inv enzione tedesca. Sino a ieri disarmava la patria borghese e sino a un cer to punto questo pote va essere spiegato. Oggi disarma anche l'unica patria so~ cìalista esistente in Europa e nel mondo.

ll socialismo, dopo avere insegnato ai proletari di tutti i paesi, esdusi i tedeschi, che le pattie erano di « lor signori)) e che non dovevano essere difese, insegna oggi che quando si tratta della Germania non s i difende la patria, anche se nel frattempo è divenuta la patria di lor proletari.

D 111tschla11d iibr:r allu ; iibcr sozialùmus.

Il contegno dei cosl detti social-democratici tedeschi è quanto mai sintomatico.

Essi non levano inni di gioia. Tacciono con discrezione furbesca, perché altrimenti potrel;>bero compromettere il loro gioco, il d11mping pacifondaio per g li altri paesi. Ma non fanno nulla per impedire che la Germania si annetta amplissimi tenitori ad oriente a danno della patria socialista russa, e non faranno nulla domani per impedire le annessioni ad occidente. I bacini di Bdey e di Longwy, il porto di An-

DAL MESSAGGIO Dl WILSON AL CONVEGNO
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DI ROMA

versa non fanno gola soltanto ai ·siderurgici dell'industria tedesca, ai p an germanisti e militaristi. No. Suscitano la cupidigia anche dei Geno1sen.

T irpitz e Scheidemann non camminano sulla stessa strada; ma su strade p a rallele che, contrariamente aila geomet.ria, finiscono per incontrarsi nello stesso proposito di d o minazione mondiale.

L'idea centrale. che pareva guidare la politica bolscevica è fallita , La rivoluzione per contagio no n scoppia in G e rmania e non scoppierà. Per questo bisogna battere la Germania, :non aprirle graziosamente e bolscevicamente le porte di Pietrogrado.

MUSSOLINI

Da// Po p olo d'llalia, N. 61, 2 marzo 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 6 1, 2 marzo 191 8, V .

360 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

IL TRAGUARDO

Gli avvenimenti politici e militari che si sono svolti i n questi ultimi tempi, e dei q uali protagonista è stata la Russia massimalista, hanno un senso che noi dobbiamo raccogliere. G o ffrono una lezione che non deve andare perduta. La lezione può essere sintetizzata in queste parole : « Chi cade prima di arrivare al traguardo paga, e fo rse paga per tutti >~ . I belligeranti dell'un gruppo e dell'altro che arriveranno al traguardo no n avranno una pace disastrosa, salvo l'AustriaUngheria e la Turchia, contro le quali sono in giuoco altre forze storiche ; ma chi defeziona durante il percorso, chi getta le armi prima del tempo, va incontro ad una pace catastrofica più della guerra. Il problema essenziale è dunque questo : arrivare al traguardo. Tc-.nere fino al momento necessario. Questo « dato » deve essere ben chiaro nella mente e nella coscienza dei governanti e dei popoli.

L'ultima tappa di una lunga marcia è la più faticosa. È qUella che richiede il massimo 1forzo. Ma questo sforzo deve essere compiuto per queste .due ragioni fondamentali:

1° perché la meta è vicina e sarebbe doloroso non raggiungerla;

2.0 perché non raggiungendo Ja meta viene ad essere annullata tutta la precedente fatica, La Russia ha defezionato. La Russia paga. La Germania le pone una pace rovinosa e la Russia, che ha dovuto rinunciare all'ultima tappa della marcia, è costretta ad accettare le draconiane condizio ni tedesche. Cosl avverrebbe domani per qualunque altra nazione dell'Intesa che imitasse la Russia. Risparmierebbe qualche mese di guerra, ma la pace sarebbe peggiore della guerra.

Ora si _ è visto che in questa guerra di popoli la defezione di uno Stato non t provocata dalle vicende militari, anche disastrose, perché in questo caso Austria e Turchia da una parte, Belgio, Francia, Serbia e Italia dall'altra, avrebbero ·dovuto abbandonare in tempi diversi il campo della lotta. No.

Indipendentemente dai successi o insuccessi militari uiio Stato cade prima di arrivare al traguardo se il popolo all'interno cede, se all'interno la resistenza morale del popolo si sfalda.

La Russia, che aveva superato catastrofi militad immense, come

q uella che prende il nome dai laghi Masuri, o dalle pianure di GaJi. zia, è caduta in seguito a una crisi interna del suo regime. Certo. le vicende militari hanno aggravato tale crisi. Ma le sconfitte sul fronte non avrebbero fatto piegare in ginocchio la Russia davanti al Kaiser, se non fosse sopravvenuta la dissoluzione completa del suo organismo statale. Una volta, quando gli eserciti non avevano la paurosa mole di quelli attuali, poteva accadere che una Erisi di regime, anche rivoluzionaria all'interno, non si ripercuotesse sulla efficenza dell'esercito che continuava a combatte re cosl per suo conto; oggi non più. la crisi del regime diventa immediatamente crisi della sua forza militare e al quarto anno di guerra una crisi di questo genere prende di necessità una piega pacifista.

Comincia da Miljukoff e finisce con Trotzky. Crisi di regime oggi significa la d isfatta. Ecco perché la Germania calco la sull'elemento dissolvente di ogni Stato nemico per raggiungere la vittoria. Ecco perché la Germania ha posto nelle sue condizioni di pace alla Russia la curiosa clausola, accettando la quale, i massimalisti che s'illudevano di poter diffondere su tutto l'occidente europeo il contag io dei loro Sovièt, devono impegnarsi a non fare propaganda alcuna che possa in qualche modo danneggiare le is tituzioni civili e militari della Ger• mania e dei suoi alleati.

Il massimalismo in Russia è una cosa eccellente, dicono i .po-tenti di Berlino. Che il massimalismo facfj.a dei proseliti in Francia e in ItaHa lo desiderano ardentemente quei signori di Berlino. Ma quella stessa Germania, che offerse un vagone sa/on delle sue ferrovie a Lenin per tornare in Russia, si vedrebbe costretta, ora che il ser vizio è fatto, a v ietargli l'entrata o a cacciarlo in galera, qualora l'apostolo bolscevicq avesse la malinconica idea di intrapren• dere in terra tedesca la predicazione della sua verità massiinalista.

Il pericolo della disfatta non è al fronte Peéché un esercito di milioni di uomini, in una g u erra di trincea, non può essere definitivamente battuto. Il pericolo della disfatta è all'interno. Il fronte non cede, se fintemo _tiene. Ma se l'interno cede, il fronte non può tenere, Se il fronte cede, si può avere un rovescio come Ca poretto; ma se la nazione cede, il .covescio è la resa a discrezione, come è avvenuto in Russia. La pcilitica interna è, adunque, il fattore dominante della guerra. Le sorti della guerra non dipendono più dalla st.categia dei generali, ma dalla saggezza fatta cli previdenza e cli energia dei Governi La nostra politica interna è orientata alla suprema necessità di farci arri· v are al traguardo ?

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'IttJ ;a, N. 62, 3 marzo 1918, V , Pubblicato anche" sutrcdi· rione di Roma, N. 62, ; mano 1918, V .

362 OPERA OMNIA
DI BENI TO MU SSOLINI

I MOTIVI DEI PACIFONDAI AD OGNI COSTO*

. Benito Mmsolini comincia il suo dire, dirhiarando1i lit io di p ar/art a Parma, p erché egli ha sempre avuto ptr q11esta dl!à 1111a .tptdale prtdilez.iont. Se Garibaldi poteva dire di non avere fra i suoi volontari dei contadini, Parma ouò invece dire di avere dato molti volontari co ntadini. E questo raPPresenta socialmente un fatto nuovo e di importanza non t!ascurabile. Gli umili che combattono nelle trincee fan gose sono consci di partecipare ad un'opera grandiosa che darà principio ad una nuova era nella Storia. I cont adini sanno di essere gli att ori di una grande tragedia che rinnoverà il mo ndo. E sono fi eri dei sacrifici che compiono talché anche jl più umile montanato, che abita sul più scosceso declive dove non arrivano gli occhi delle petulanze cittadine, tornando ferito al suo paese, non dimentica mai di frrgiarsi del distintivo della campagna e di quello della ferita, Questo ha un significato.

I lavoratori che con slancio affrontano oggi la morte, ben a diritto andranno domani fieri dell'opera compiuta ed esigeranno dalla società borghese altri riconoscimenti verso il trionfo della g iu stizia sociale e della vera civiltà. Ma chi per gretto egoismo , per ignavia, per malvagio sentire, si apparta dalla vita difficile di cui vive la Patria, o chi, p eggio ancora, approtitta indegnamente a solo v antaggfo personale, queJlo sarà dichiarato domani fu ori della legge comune e ritenuto indegno di vivere con gli uomfoi.

Il soldato che sta nelle trincee sa tutto questo perché non è un automa come qualcuno ha. voluto far credere. La vita di trincea se può talvolta infiacchire le energie fisiche, rafforza certamente lo spirito del cittadino. Quando in trincea non si combatte, si medita.

Chi vuole la pace oggi ? Tutti -e governanti e popoli dell'Intesa nel senso che nessuno pensa di prolungare la guerra un solo

• Riassunto del discorso pronunciato a Parma, la mattina del 3 marzo 1918, durante una manifestazione indetta dal comitato di resistenza interna in accordo con l'assoduione dei mutilati invalidi e vedove di guerra. (Da li Po p olo d' ltalia, N. 63, 66, 4, 7 marzo 1918, V).

minuto di più <lei tempo necessario per rendere innocua la follia ~di P angermania. Ma chi vuole la pace a qualunque costo, la pace di dedizione, la p ace dell'infamia, la pace « umilia nt e » come abbiamo letto nel radio che Trotzky ha inviato a Berlino ? Mettiamo in prima linea, fra questi p acifondai, nuclei scarsi di umanitari in buona e in mala fede Si tratta di gente che - o per educazione o per temperamentoaborre dalla violenza, dall'effusione del sangue. Ma questi umanitari illusi dimenticano che con una pace p rematura si risparmia un p o ' di sang ue oggi, ma si corre il pericolo di farne versare molto di più domani ; si abbrevia la guerra oggi, ma c'è il rischio di vederla riclivampare più violenta e micidiale domani. Accanto a questi umanitari che colorano di teo rie più o meno i ridescenti e captivanti il lo ro stato d'animo , ci sono i v ig liacchi di tutte le specie ; quelli che h anno la p aura fi sica o fisiologica della guerra in quanto può toccare le loro persone, turbare le loro abitudini di cinico parassitismo, metterli allo sbaraglio, a uno sbaraglio. Questa categoria d'individui ·cli venta molesta e detestabile, ,1uando muove alla ricerca di motivi ideali o dottrinali, per spiegare o giustifie2re la propria pusillanimìt3. Molte v o lte, levando il velo di tante professioni di fede neutralistica, urna• nitaria, cristiana, voi scoprite un'anima conigliesca, che respinge la guerra, ma per gli stessi m otivi rifugge da qualsiasi sforzo o sacrificio per q ualsiasi altra i dea La te rza categoria della gente che v u o le 1a pace ad ogni costo, che ha fretta, una fretta spasmodica di veder conclusa la pace, è costituit a dai « nuovi ricchi ». Costoro, in modi più o meno loschi, hanno d empito di carta monetaria i forzieri. Hanno inau g urato - nei limiti imposti dalle circostanze - un regime fas to so d i vita. La g uerra, prolungandosi e complicandosi e assumendo sempre più nettamente gli aspetti di un cat.aclisma delle societ à uma ne, assilla di punti inter rogati vi inq uietanti l'anima dei nuovi ricchi Essi vorrebbero avere una certezza, la « loro» certezza : la certezza del «pacifico» godimento delle ricchezze accumulate in un tempo favolosamente rapido e invece il mondo è ancora pieno d 'incertezze e a ncora tutto è in g ioco cosi p e r le nazioni come per gli individui che le compongono.

Quarta categoria di pacifondai : gli imboscati. Cotesti signori che n on sono mai stati in guerra, che hanno escogitato tutt i i m ezzi più ig nobili per non andare in guerra, son o te rribilmente stufi deUa medesima. Il motivo delle loro impazienze pacifondaic è chiaro Se la guerra continua, la Nazione dovrà rastrellare sino al limite del possibile le sue riserve u mane, d ovrà dare colpi di scure sempre più numerosi alla. selv a e allora sarà fu1ita la cuccagna deg li imboscati, i q uali, in n ome della loro « i nco lumità persona!~» salvata sino ad oggi,

364 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

vorrebbero la pace immediata, che li salverebbe per sempre. Finalmente, i più tenaci zelatori della pace irr.mediata sono g li agenti dei bo,hes, i complici della Germania, i neri, i rossi, i grigi, i kultu rizzati , gli spioni, i contrabbandieri, i quali sanno che la pace, oggi, è inevi. tabilmente, fa talmente la pace del Kaiser ch'essi riverfacono nel segreto del loro cuore, ripromettendosi di prosternarg lisi schiavi dinnanzi, a gueua finita.

Contro q uesta vasta mandra di disfattisti stanno gli altri, che n on . vo gliono e non possono volere 1a pace ad ogni costo.

Sono i soldati, i nostri soldati, che n on vogliono una pace d ' igno~ minia e di schiavitù. Questo spiega perché, dopo Caporetto, si sono fermati per resistere fra Brenta e Piave. Sono i nostri mutilati, i nostri feriti, ai qu ali ripugna una pace impost a dal grande predone e assassino di Po tsdam, perché sarebbe una pace di iniquità e di ingiustizia. Sono le madri dei caduti che avrebbero amaregg iato e avvelenato il loro dolo re p uro, per tutta la v ita, se una pace vergognosa suggellasse l'inutilità del sacrificio dei loro fig li . Contro la pace ad o gni costo stanno, infine, tutti g li uomini liberi e ragionanti, che si re-odono conto non solo dell'assurdità, ma anche della impossibilità di una pace mendicata in ginocchio.

E allora, sentimento, raziocinio, interessi, ci ind icano una direzione, ci dico no una sola parola : Resistere ! Resistere, oggi, è già vincere I

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL
365
CONVEGNO DI ROMA

DATO DI FATTO

Che la censura torni a roteare le sue forbici castratrici, p oco importa oramai. Il pubblico, la coscienza popolare è investita dell'affare, Questi signori sono già stati con dannati. Il processo non è che una. superfluità giuridica, atto rno alla q uale lavoreranno inutilmente gli avvocati che - sciame gaietto di gente dal fiuto delicato - si sono precipitati - è la parola - su questa fav olosa a.uittte au beNrrt di milionL Ma il p rimo «comunicato» è già esauriente, oseremmo dire definitivo. Comprendiamo· perfettamente il contegno della stampa clericale, che è un po' seccata di tanto clamore e insorge contro i giornali piaz.zaioli, fra ì quali il primo posto è certamente occupato da questo, e p arla di « strombazzature di certa stampa )>.

Strombazzature non ce ne sono. O sono soltanto quelle del (< comunicato » che riferendo l'esito di perquisizioni minu:i:iosissime dice:

« Sono stati rinvenuti e sequestrati atti contabili e corrispondenza dai q uali emerge come la Società Filatura Cascami, per continuare agevolmente il commercio per ingenti partite di merci con ditte a ustriac he e germaniche, aveva istituito -a Zurigo una. ditta che avrebbe dovuto avere un'apparenza di casa commerciale autonoma, ma era in realti un fedele org;ino di esecu~ione della Società Filatura Cascami. Questa Ditta creata in Zurigo dalla Società Filatura Cascami, con a tto 10 maggio 19 15, per continuate il proprio commercio con l'Austria e la Germania, va sotto la ragione sociale di A. S. fiir Garnhandel »,

Questa è una sentenza di condanna. Manca soltanto la p ena . In questo documento ufficiale si parla di « ingenti partite» di mccci Non era- soltanto un -piccolo traffico, ma un contrabbando a treni completi. In questo documento si parla di ditte austriache e germaniche. Il contrabbando è stato perpetrato anche a favore dell'Austria, malgrado il divieto formale, a favore della Germania, nonostante il divieto delrottobre t 9 i6, divieto che giun geva ben due mesi dopo la nostra rottuta decisiva colla Germania, Questo comunicato parla d i « commercio con ditte austriache e germaniche». La fig ura del reato è chiara : n on contrab bando sem• plice - e sarebbe già g rave reato lo stesso - ma vero e proprio co,n. lfltrdo ,o/ n emico, che d,v',uere consideralo tradimento.

C'è qualche giornale, che con uha disinvoltura stupenda, vuol butwe sull'Autorità Milita.re una parte della responsabilità. Si dice che se i militari avessero informato il ministero delle Finanze sull' ifflpiego a scopi bellici dei cascami di seta, il divieto sarebbe stato anticipato. Il mondo non è popolato d•imbccilli. Tanta seta non doveva certo servire per le camiciole delle setolose damigelle di Germania, Ci voleva poco a capire che i cascami di seta erano u t ilizzati in altro modo : per le cartucce e per gli aeroplani.

Dopo il comunicato ufficioso, si può stabilire :

J. che la Società Filatura Cascami ha violato subdolamente un decreto deUo Stato italiano ;

2. che questa violazione è avvenuta per commerciare con ditte austri2che e germaniche;

3. che questo commercio ha aumentato l'efficenza bellica militare dei nemici, a danno nostro.

Q uesta triplice constatazione di fatto è g ià « realizzata )> dalla coscienza ('<>polare. Da ogni parte ci giungono voci che i nvocano giustizia. Sono madri di caduti in guerra, madri e spose di combattenti ; soldati e ufficiali dalle trincee, mutilati e invalidi, feriti dagli ospedali, che reclamano l'applicazione inflessibile d elle leggi che devono tutelare l'Italia e i suoi destini. Non dev'essere possibile di dire domani che ancora una volta i pesci grossi sono riusciti a rompere la rete ; non si deve poter dire domani che sono sempre gli stracci che vanno all'aria, Guai se ciò avvenisse I

La Magistratura, pure procedendo meticolosa nelle sue indagini, deve rendersi conto del desiderio spasmodico che es3.Ita la coscienza nazionale: quello che si faccia presto. Non lung2ggini. Non processi eterni e g ià il numero imponente degli avvocati c i rivela l'esi stenza di questo pericolo, Siamo in tempo di gu erra e v ogli amo dei processi di g uerra. Non troppe chiacchiere. C'è della gente che guarda e che atte nde : è la gente delle t rincee, sono i nost ri fratelli delle trincee ; sono i nostri fratelli schierati fra Brenta e Piave. Essi conoscono una dura giust izia, un codice spietato, e qualche volta per reati involontari. La vita dell'ultimo soldato d'Italia vale infinitamente più di quella di un J\onacossa contrabbandiere, Davanti a certi reati e a certi delinquenti, la Giustizia alza la sua spada e ignora la pietà. Il senso, il mito, la religiçme della Giustizia è ancora un vfocolo possente che tiene legati insieme gli uomini. Se voi spezzat e questo vincolo, se voi fat e entrare nella coscienza delle moltitudini anonime la co nvinzione disperata che invece di una giustizia due sono le giustizie e che mentre l'una è troppo implacabile cogli umili, l'altra è troppo condisccn-

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 367
2 4., • X.

dente coi ricchi, non meravigliatevi poi se le moltitudini si rivoltano e t entano di fondare regimi nuo vi. Una tradizio ne malefica b a pesato dal 18 70 al 1914 sulla nostra piccola storia nazionale. Nei drammi g iudiziari più complicati, i p rotagonisti erano sempre com·mendato d e quasi semp re trovavano dei g iudici benevoli. La giustizia aveva perduto mo lto del suo d ecoro, molto della sua riputazione. Oggi, un nuovo episodio si aggiunge alla lunga serie dei precedenti e -naturalmente - i protagonisti sono « commendatori ».

Noi pretendiamo che la. giustizia non solo non perda ciò che le resta dell'antica fama, ma riacquisti ciò che ha perduto.

Migliaia cli voci si aggiungono alla nostra. E. un coro immenso, nel qua1e tutti i sentimenti dell'indignazione, della collera, della tris tezza, dell'umiliazione, hanno una espressione viva e profonda.

Porteremo un giorno questi docu menti a chi di ragione. Perché si veda che cosa pensa il popolo , che cosa vuole il popolo, che cosa impo ne il popolo. Il Popol o che sente , che lavora, che combatte.

Evitategli la più acerba delle delusioni I Non to g lietegli l'ulti mo brandello di fede I N on convertite alla più feroce delle iconoclastie quelli che vogliono ancora credere nella giustizia !

Da 1/ Popolo d' llalia, N. 64, 5 marzo 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 66, 7 marzo 19 18, V.

368 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DOPO IL DISCORSO ORLANDO « GIUSTIZIA INESORABILE ! »

Nell'attesa d i riconciliarmi del tutto coll'on. Orlando, mi ricon- · cilio un poco col Senato. Recito il . mio confiteor. Anch'io, nell' epoca in cui e~ di moda dichiararsi «sovversiv i >>, e ognuno di n oi credeva, in buona fede, di essere il milite di una grande crociata purificatrice di tutte le ignominie della « putrida borghesia» universale...; anch'io, neì tempi che mi sembrano molto lontani e nei quali non crà peccato mortale essete discretamente imbecilli, ho Janciato gli strali della mia ironia sul Senato, che veniva appellato gerontocomio, e sui senatori, che ci facevano la figura - nelle concioni mitingaiedi essere un branco. di rammolliti.

Oggi, a ragion veduta, mi convinco che la Camera cosiddetta g entilizia, vale molto di più dell'altra Camera elettiva. Ci sono anche nel Senato i Camporeale, i Frassati e simili Cefaly, ma non si fanno vivi. L'ultima sessione del Senato è stata dominata da due discorsi non comuni : quello di Ruffini e quello di Marconi Basta - tra parentesi - la presenza di un Marconi per onorare un'assemblea. Anche il discorso dell'on . Orlando è stato assai buono. Ho scritto contro l'attuale Presidente del Consiglio cose atroci. Ma non sono disposto a recitare l'atto di contrizione. E ra necessario. C'è stato un momento in cui i nostri politici sembravano affetti da una sordità totale, Bisognava urlare al megafono per farsi intendere. E l' urlare non è sempre chir. Siamo riusciti a togliere l'ovatta soffice che r iempiva, sino ai padiglioni esterni> le orecchie dei nostri ministri. Ci hanno ascoltato. In ogni discorso dell'on. Orlando noto un'acccntua- · zione sempre più decisa verso i nostri punti di vista. Si diiebbe ·che, dopo infiniti brancolameriti, l'on. Orlando abbia trovato la sua strada diritta. Si direbbe che l'on. Orlando abbia r-ipudiato le due g randi men2ogne convenzionali che ante e po.rl Caporetto hanno avvelenato la nostra vfra nazionale : quella della libertà per tutti e quella della concordia fra i nemici.

L'on. Orlando mi appare, oggi, come liberato da un'ossessione, che alcuni dei suoi più vicini consigliCri gli mantenevano cd csaspe-

ranno: l'ossessione del neutralismo rosso. Oggi, l'on. Orlando sa che questo socialismo ufficiale che ri nghiava a rivolta è, soprattutto, impo tente. Il segretario del Partito è al cellulare e i socialisti - che non hanno voglia di andargli a tener compagnia - hanno taciuto, salvo la diffusione di alcuni volantini che nessuno prende sul serio.

I dep utati socialisti sono, oggi, in armi per la tutela dell'immunità padamentare, che essi interpretano nel senso di impunità parlamentare e si capisce che questi ciceroni del proletariato parlino pro lo ro bottega.

Ora, noi prendiamo atto cori vivo, vivissimo piacere che l'on. O rlando « riconfermi l'incrollabile r isoluzione del Governo di mantenere ferma la compagine politica e m orale del Paese, come necessità di guerra non meno importante che 1a resistenza delle truppe al fronte))

Benissimo l

« Quale persona di buona (eJe - ha soggiunto !'on, Orlando - può dubì. tare che ogni tentativo di scuotere o turba.re l'intima saldezza del Paese cost ituisca un ·tradimento nel senso più stretto della· paro la?»

An_cora meglio. È verità che j( Paese è. saldo. È saldo dopo tre .anni di guerra. :E: saldo dopo il 24 ottobre. È docile, paziente. È il Paese p iù facile da governare, almeno i n un certo senso. Il Paese continua a dare uomini e denari, in silenzio, con fierezza. Il Paese soffre di g ra ndi disagi e tace. Tace, poiché anche nelle masse più inco lte e n ei ce rvelli più oscuri, è penetrata l'idea che non si può fa r altro che resistere, se non si vuole precipitare nel caos materiale e morale nel quale è precipitata la Russia, se non si vuole pagare le spese e scontare, con secoli di sofferenza e di umiliazion i, un momento solo di d ebolezza o d i v iltà .

Ora, come si tur ba e come s i scuote la intima saldezza del Paese, c he l'on. Orlando ha riconosciuta ed elog iata? Non soltanto coi v olan tini stampati a lla macchia, n o n soltanto coi raduni clandestini, no n soltanto con i disco rsi allarmistici e peggio. La intima saldezza d el Paese può essere turbata -e irreparabilmente I - anche, e vorrei quas i dire soprattutto, dal Governo, quando si dimostri inadeguato di fronte aI1e necessità del momento.

L'on. Orlando ha detto che « dovere precipuo del Governo è di raggiungere e di colpire tutti coloro a qualsivoglia classe appartengano cQe i doveri vCrso la Patria violano e obliano. Giova ed è anzi essenziale che con l'arma d i una g iustizia inesorabile siano paraù i colpi proditori del nemico. Il Governo assicura al Pulamento e al Paese che la g iustizia avrà il suo corso severamente cd inesorabilmente cd a nche, per quanto è possib ile, rapidamente ».

370 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Vibra un po" dell'eloquenza di Oemenceau in queste parole. Ci piace soprattutto la dichiarazione che l'appartenere a una classe o all'altra, l'essere squattrinato o milionario, è indifferente per il corso della giustizia. E questo attende il Paese. L'on. Orlando, che è giùrista di grandissima fama e conosce quindi le vicende ·delle .istituzioni politiche nella storia del nostro e degli altri paesi, sa che cosa significa perdere o· conservare la fede nella giustizia. Decadono precipitosamente i regimi nei quali la giustizia diventa partigiana. In tempo di guerra, poi, questo senso di giustizia, questo bisogno di giustizia, è più acuto, più profondo. Non avrebbe senso la frase « giustizia di fronte ai popoli», se non ci fosse, all'interno deUe nazioni, una giustizia in confronto degli individui. L'on. Orlando ci promette questa gius tizia. La!giustizia armata della spada. E urgente cli rinfrancare questo senso, intimo e quasi innato, della giustizia, fra colo ro .che ci difendono dal nemico e che osservano e attendono. Non avvenga che i giudici di oggi debbano essere a lo r volta giudicati. Tutti coloro che hanno. tradito, non possono sfuggire alla sanzio ne estrema.

Siamo sul Piave. Siamo sul Piave e no n sull'Isonzo.

È delitto la pietà per gli individui, quando è in gioco l'esistenza di un popolo.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'llalia, N. 66, 7 marzo 1918, V , Pubblicato :inchc sull'edizione" di Roma, N. 68, 9 mano 19 18, V.

DAL MESSAGGIO DI W(LSON AL CONVEGNO 0[ ROMA 371

GUAI AI VINTI I

IL « RE DI PRUSSIA »

Un laconico telegramma da Zurigo annuncia che secondo una n otiz.ia della quasi ufficiosa Vouische Zeitung « il duca Urach de! W Urtemberg ha definitivamente accettato il trono della Lituania offertogli dagli Imperi Cen t rali». Il piano pangermanista verso Oriente si attua anche nei dettagli dinastici. Io credo di non essermi inganna_to, q uando, alla ripresa della campagna tedesca contro la Russia, 2ttribuii soprattutto obiettivi di riconsacrazione monarchica alla marcia verso Pictrogrado çlelle divisioni di Hofmann. Non è da escludere, che nonostante l'accettazione della « pace senza esame, inaudita e rpogliatrite », come è stata definita dal giornale ufficioso del SoviU, i ·tedeschi arrivino a Pietrogrado, anche per garantire -con l'occupazione della capitale - la pace che, firmata dai plenipotenziari di BrestLitovsk, non è stata ancora rati6cata dal SotJièt dei SotJiU della vecchia Russia. E se i tedeschi arrivano a Pietrogrado, niente impedisce di supporre che vi ristabiliscano la monarchia.

Per convincersi che la pace imposta dai tedeschi è veramente inaudita e spogliatrice, basta esaminarla sotto al triplice punto di v ista territoriale, economico, politico.

T erritorialmente tutti i distretti della Polonia russa, per un to tale di d odici milioni d'abitanti, passano .si& et simplidter a lla Germania.

« Nessun obbligo - dke l'articolo 3 del t rattato - di fronte alla Russia deriverà ai- territori in i,arola, per il fatto di avere precedentemente appartenuto alla Russia»,

Con un re tedesco sul trono dello Stato lituano, la Lituania entra a far parte della confederazione imperiale germanica. Quanto all'Estonia, non è escluso che debba s ubire · il destino delle altre provincie del Baltico : nell'attesa della sistemazione de6niti~, l'Estonia s:lrà occupata da forze di polizia tedesche. Non occupiamoci dc11e altre mutilazioni che la Russia ha dovuto subire, a vantaggio della Turchia.

Economiramente, a prescindere dal ripristino del vecchio trattato

di commercio enormemente favorevole alla Germani2., sta di fatto che coll'occupazione d elle provincie baltiche, e colla creazione dell'Ucraina, la gunde Russia o Moscovia viene ad essere esclusa da ogni mare. Politkammle, la pace russa è un disastro. L'autonomia repubblicana che le provincie del Baltico avevano proclamato, viene strango1ata a beneficio degli Hohenzollern," mentre i bolscevichi s'impegnano di non « propagandare » più le loro idee in mezzo ai popoli degli Imperi Centrali e lo stesso Governo bolscevico corre serio e imminente pericolo di distruzione.

Ricordate la famosa o famigerata mozione pacifondaia del Reichstag dr-1 luglio scorso ? Era quello un momento piuttosto critico per la Germania! Pareva che la Russia si galvanizzasse per un ulteriore sforzo militare. Allora la maggioranza del Reichstag votò una mozione di pace orientata alla formula « né annessioni né indennità». I pacifondai degli altri paesi gongolarono. Si vede oggi come la Germania interpretava la formula russa. Essa annette immensi territori, nei quali i tedeschi rappresentano il 2. per cento della popolazione totale. Non si vide mai più sanguinosa viçilazione del diritto delle genti I Ma i russi, massimalisti l'hanno merìtato. Invano, oggi, i leninisti imprecano alla social-democrazia tedesca. Il Vorwoerls, organo della medesima, li prende in giro. « Non lagnatevi, - dicono gli scrittoti del Vorwaerls, rivolgendosi ai leninisti, - se avendo spalancato le porte, il ladrone imperialista tedesco si è precipitato nella vostra casa)), Il Vorwo,r/J no n lo dice, ma fa capire che la social-democra.zJa tedesca sarà. lieta di partecipa.re al bottino. La pelle dell'orso russo è a disposizione delJa Germania, quindi, anche dei social-bo,hes solida.li col Kaiser.

Quanto alla rivoluzione tedesca non c' è nemmeno d a pensarci. Solo una catastrofe - prodotta dagli esercìti dell'Intesa e dal blocco · economico - poteva indurre i tedeschi a liberarsi dalle loro gerarchie militariste e a costituirsi in regime democratico. Oggi chi trionfa in Germania è Hindenburg e Lenin gli regge lo spadone. ...

Davanti a questa realtà, a questa tragica rèaltà, davanti alla 1ealtà d'una Germania che ingoia· territori ad oriente, che pi?-nta i suoi re io questi territori, che si prepara a prussHicare questi territori, io mi

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO D.I ROMA 373

domando a che cosa giovano le episto le del signor I..ansd owne, che va ricercando col lanternino le possibilità che non esist ono, e a che giovano ì convegni dei socialisti. N iente di più pietoso e grottesco della contraddizione fra i socialisti dell'Intesa che si affannano a diminuire, a restringere, a minimalizzare i fini di guerra, per renderli accetti ai boches e questi che se ne infischiano, che tengono bordone al loro Governo, che si compiacciono - apertis verbis - dcli'espansione tedesca e fanno dell'ironia atroce su quei primitivi di russi, che credevano di bolscevizzare, con discorsi e telegrammi, la Germania e il mondo.

Invece di elaborare nuov i memorandum e nuovi chiffons de papiers, i socialisti dell'Intesa e - se fossero in buona fede - anche i socialisti u ffi ciali italiani, dovrebbero bandire la crociata antitedesca tra i p opoli dell'occidente, n on cercare co ntatti e organizzare co nvegni coi socialisti degli Imperi Centrali, servi fedeli dd l oro governi. Ah sl : la Germi.nia sottomette alla schiavitù della sua c ricca militare altri popoli, e a mini stri inglesi, come Lmsdowne, rispo ndono con una lettera; la Germania allarga la sua dominazione imperiale e Henderson replica con un meHJorand11m.••. È 1.ii u na ingenuità sublime e bestiale, I tedeschi saziano la loro fame di t erritori - chi non ricorda il famoso mehr Land dei socialisti revisionisti ? - - e i socialisti dell'Intesa si tras tullano ndl'elaborazione dei nuovi santi principJ generali; Hind enburg ha spinto le sue di visioni sino alle porle di Piet rogrado e a Londra s i discute, si scrive e si vota.... La Germania getta la maschera e mostra le sue mandibole voraci, ma c'è sempre qualcuno che vuol coprire con un'altra maschera di mitezza questa faccia da ban· di to . C'è qu alc uno che vuol vincere la Germania coi «principi >>, coi sacri principi. Anche i russi avevano questa illusione. Da una p arte le formÙle della felicità universale, dall'altra i cannoni Krupp. << Noi vinceremo colle formule», p roclamavan o i russi. « Noi vi schiacceremo . coi cannoni », risp ondevan·o i tedeschi.

Cosi è avvenuto, Per fortuna, malgrado le lettere dì Lansdowne e i memoriali di Hendcrson, i popoli d'occidente sono guidati da un intuito profondo di vita : essi sanno che mai come in questo momento : filai ai vinti I

374 OP.ERA OMNIA DI BENITO MUSS0L1N1
Da
N.
V.
N.
V.
MllSSOLINI
li Popolo d'I1alia,
67, 8 marzo 19 18,
Pubblicato anche sull'ediz.ionc d i Roma,
69, 10 mano 19 18,

« L'ULTIMO QUARTO D 'ORA»

« VIVE LE TIGRE ! »

Finalme nte dopo una serie di manifestazioni oratorie assai i ncerte da parte di taluni uomini politici d,...lla Quadruplice Intesa, abbiamo un discorso di gucua, uno di q uei discorsi che rinfrancano le speranze e riaccendono le fedi. Questo discorso lo ha p ronunciato Clemcnccau. Quest'uo mo non va a caccia di mosche o di fa rfa lle. Non s i illude. Non illude. Non appartiene· al manipolo di quegli. ir.genui - ma son o soltanto ingen u i ? - ch e credono d i ammansare il taco tedesrn, sciorinandogli innanzi lo straccio rosso dei principi sublimi.... Oemenceau si rende conto della rcalrà e parla chiaro. Chiama << trad itori» in tutte ]e lette re, ouei russi massi malisti, che ricevettero, no n più tardi di un mese fa,·l'omaggio di grandiosi bo11q11els di 6.ori da p arte della democrazia transoceanica, disposta a vedere gli angioli anche in mezzo all'infemo

Giorgio Clemenceau rappresenta, oggi, la più tenace, la più incrollabile, l a più dirit ta volontà di guerra. È u na tigre. Una tigre non bda. Sono le pC<'ore che belano. Certe pecore ben grasse. che credono dì salvare il lo ro vello patteggiando col ·lupo e prestando al lupo l e lo ro intenzioni evangeliche, il loro stat o d'animo paradisiaco e le l oro illusioni balorde. Perderanno la lana e il resto Non c'è bisogno di scrivere degli articoli, dei terribili articoli a continuazione p er combattere uno sconforto che in Francia non esiste. La Francia è in piedi. Come non lo fu mai I Dopo quattro anni cli guerra e di una guerra che in Francia è stata particolarmente crudele e tragica, Clemenceau è al potere con questo programma semplice : non petJ1are, non agire che per la gue"a, La Nazione - quella che combatte e l'altra che lavoraè tutta raccolta fiduciosa dietro di lui. I socialisti u fficiali corrono il rischio, colla loro opposizione di d ettaglio, di isolarsi completamente dal Paese. È stato facile a Clemenceau cli batterli i n breccia. Questi socialisti che si arrogano il diritto di nuovi salvatori d ella classe operaia, che - alla guisa di re Sole - dicono : il proletariato siam o noi I, eh.i sono fo realtà? Dei borghesi più o meno rati,; dei professionisti della politica che c redon o di interpretare i bisogni, le aspirazioni di

25. • X.

altri uomini ch'essi non conoscono, co i quali n on hanno dimestìchezza di abitudini e nemmeno di idee Quando il p ri ncipe Kropotkine volle r endersi conto di ci ò che fosse la vita d elle fabb riche ca mbiò il suo nome in quello di Boro di ne e lavo r ò p arecchi mesi come semp lice op eraio in un'offi cina di Pietrogrado. Ma i b orghesi del socialismo n o n hanno la curio sità di certe esperienze. Nei confronti della g uerra, il loro pacifismo è oggi di una incoerenza fenomenale. D elle due l'una : o i socialisti delle nazioni democratiche d ' O ccide nte son o solidali coi loro compagni di R ussia, che il Kaiser sta per schiacciare e ha già in parte schiacciato, e allora essi dovrebbero invocare no n la pace, ma la guerra santa contro la Germania, che strozza s ul nascere il primo faticoso e «rad io so » esperimento di regi me socialista ; o v ogliono la pace anche se si fa a lle spese dei russi, e allora t radisco no la. Russfa e favo riscono e legittimano il tcionfo della Ger mania anche in questo obietti vo prettamente anti-socialista, m ilita rista e imperialista d ella sua guerra. Ma è oramai evi dente che i socialisti occ id entali abb andonano al loro destino i (< primitivi » russi e .i loro tent ativ i d i rifacimento dell'universo.

Sino a ieri vi fu un socialismo c he all'idea di pace sacrificava le ragio ni e g li ideali e gli interessi d ella « democrazia)) e questo s i po teva; sino a un certo punto, comprendere ; o ggi il socialismo, nel suo gro ttesco cupio dissoftoi, va più in là: p urché ci sia la pace, an nien ta se s tesso.

Contro questi suicidi, sono andate al giusto segno le frecce acu min ate della p olemica di d emenceau . Io credo in Clemenceau. Qu es t'uomo è, per me, una garanzia d i vittoria. Q uest' uo mo odia. Ha delle passioni. H a dei ran cori. Anche I È and-bocht> da cin quant'anni, da quando era 111aire dì u n sobborg o d i Parig i. Si è abbeverato, saturato d i q uest o suo odio anti-tedesco . Non è lui l'esegeta, che v a a sottilizzare sui discorsi d ei nemici N o n si lascia ingannare dalla vol uta elasticità delle frasi di un H er tling , Clemenceau g uarda a1la dura r ealtà dei fatti di L udendorff.

« I.A gue r,4 .continua - egli h a detto - sino a/l' ultimo quarto d' ora, poirhé ; aremo noi che avremo l'ultimo qua,rUJ d'ora t> ,

Q u est o d oveva essere d etto, ripet uto, pro clamato : la g uerra continua. Lettere, messaggi, disco rsi non hanno avvicinato b. pace di un minut o solo . I dirigenti ang lo -sasso ni h an no « rido tto )) i fini dì guerra e si è vist o con qual ris ultat o . Noi « rid ucia mo » e loro

1< a llargano» N oi, t utti presi dalle v isioni celesti del basso mond o futuro, q uando gli u omini languiran no e m oriranno di « fraternità»,

376 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI

abbiamo fatto delle rinuncie tcrritoriall, ma i bo,hu estendono i loro confini. Noi siamo pronti a «digiuni» altruistici. «Loro» si satollano. Giorgio Oemenceau ci riporta sul terreno d ei fatti C'è nella conclusione del suo discorso le ragioni e il « m otivo» profondo della resistenza : bisogna resistere un quarto d'ora di più. Clcmenceau aggiunge : m;i resisteremo i l (j11Qrlo d'ora in più mceuario .

Ecco : fa bene di quando in quando sentire che il timone di questa nostra barca è affidato a un pilota dalle braccia e dal cuore di ferro. Il mare di venta sempre più tempestoso, ma demenceau ci assicura che giungeremo in porto.

MUSSOLINl

D a Il Popo/q d ' fr,Jia, N. 69, 10 mano 1918, V . Pubblicato anche s ull'edizione , di Roma, N. 7 1, 10 marzo 19 18, V.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 377

NEL TERZO TEMPO

VORREI PARLARE CON TURATI....

Io non so se Filippo Turati sfa ancora « qualcuno» nel Partito Socialista Ufficiale. Non so se il suo cervello di letterato perdutosi nella politica, abbia ancora la elasticità necessaria. per afferrare e valutare le «novità» che si presentano nella situazione. Non so soprattutto, se, concessagli questa eJascicità, il Direttore della Critka Sodale abbia il corag gio degli o ri entamenti eretici. Io voglio ammettere, per un momento, che Turati sia ancora « qualcuno » e che non gli m anchlno penetrazione e ardimento. Gli vorrei dire : Egregio Turati, vi siete o non vi siete accorto che la guerra, con e .dopo Brest-Litovsk, è entrata in un terzo tempo, che impone, dico « impone», ai socialisti neutralisti in buona fede di rivedere il loro atteggiamento? Ascoltatemi. Nel primo tempo, Ja guerra ebbe carattere nazionale. Apparve ed era infatti, un altro, l'ultimo episodio, nel calvario delle nazioni europee, verso la loro integrazione politica. La coscienza mondiale, fefita dall.'11/timafllm brutale dell'Austria alla Serbia e dall'invasione del Belgio, fu portata a vedere la guerra sotto la specie di valori nazio nali minacciati, d'unità nazionali mutilate e tutto il problema della libettà e dell'indipendenza dei popoli, che era stato il travaglio oscuro e sanguinoso del secolo XIX, tornò a dominare gli spiriti. In quel primo tempo, la guerra era eu ropea. A malgrado della sua colorazione nazionale, la guerra - anche per l'atteggiamento di perfetto lealismo germanico osservato da f1llfi i socialisti tedeschi, compreso Liebknecht - determinò una crisi mortale nel socialismo europeo. E voi, Turati, non ne foste immune. A un dato momento, voi sentiste che anche nel suo aspetto limitatamente nazionale, di libertà e di rivendicazione nazionale, la guerra delle nazioni occidentali era guerra di difesa e guerra di giustizia. L'enorme pericolo del militarismo tedesco - pericolo che oggi sì delinea nella sua paurosa immensità e immediatezza - non vi lasciava indifferente, È vostro il grido: « Guai agli assenti I» Ma rimaneste assente. AveVate torto. E il torto vostro divenne ancora più grave nel secondo tempo della g uerra, quando coll'intervento di WHson - il pacifista

guerriero - la guerra da e uropea diventò mondiale, Si operò allora una trasposizione di valori, e le soluzio ni dei problemi nazionali nella lo ro forma p o litico-territoriale passarono in seconda linea per cedere il post o alla soluzione di altri pro blemi più vasti che si riferiscono alla sistemazione periodica delle società umane. Se nel primo tempo la guerra vi era apparsa come una rissa di nazioni o un conflitto di imperialismi economici - talché il famoso determinismo storico v i serviva per giustificare il vostrÒ atteggiamento rollandiano, atteggiamento odioso e assurdo perché co me italiani non si può rimanere estranei al destino dell' Italia - nel secondo tempo· la guerra assumeva - nei suoi fini - una colorazione, direi quasi, metafisica o t rascendentale. I p roblemi parziali - Alsazia-Lorena, Trento-Tries te, ecc. - erano assor biti, annullati n el problema generale che dalla Casa Bianca di Washington veniva prospetta to in questi termini : come garanJirt la pace dtl monda. Questo nuovo contenuto, qu est'anima n uova della g u erra, fu più volte esami nata - nei suoi sviluf)pi, nelle s ue conseguenze - su queste colo nne. Sta d i fatto - e q ui i o lo v o glio soltanto constatare - che coll'intervento dell'America in guerra, ciò che nel primo tempo, e cioè per tutt o il I9I5·'16, era essenziale, diventò incidentale; .che gli interessi immediati p olitici e territoriali delle singole nazioni passarono in seconda linea d i front e all'interesse « mediato » d ell'umanità. lo - ripeto - non discuto il valore di queste ideologie. Mi limito .a constatare la loro esistenza e la loro influenza sul cor so della g uerra. Dopo l'intetvento di Wilson, voi, Turati, sentiste che c'era qualche cosa d i nuovo. Che la guerra non era 'più Ja stessa. Che il s ocialismo, i nvece di tenersi ancora in atteggia· mento di opposizione ring hiosa, sterile, sabotatrice, poteva prendere contatto colla realtà e agire in modo che l e ismu della guerra, fossero realmente n el1'interesse s upremo della classe operafa quali Wilson andava vaticinando. Era, quella, la vostra seco nda crisi d i coscienza, e per la seconda volta rimaneste assente.

Oggi, do po Brest-Litovsk, la guerra mo ndiale è entrata nel suo terzo tempo. C'è un'alt_ra novità. L'annessionismo pangermanista. in atto e ai danni della Russia massimalista. La Quadruplice Intesa ha minimizzato i suoi obiettivi, ma come leggo sull'o rgano uffici.aie dd VO· stro Partito, il militarismo tedesco s ta per diventa.re padrone d'Europa, Può un bécero qualunqué come Caroti, fare dell'agnosticismo circa le responsabilità della Germania nell' origine della guerra, ma un deputato socialista tedesco a smentire il su o collega italiano proclama al Reichstag che la guerra è stata voluta, or ganizzata, premeditata d alla Germania e solamente dalla Germania. Nel I9t h erano in gioco le nazioni ; nel 1917, le democrazie ; oggi, la Germania. minaccia di

DAL MESSAGGIO DI WlLSON AL CONVEGNO DI ROMA . 379

morte quel regime ch e voi Turati avete esaltato. Un socialist~ si~cer o, dovreb be, oggi, diventare fe rocissi mo g uerraiolo . La Germania mutila la Russia socialista, fucila i ·russi massimalisti, fa l a g uerra all'unico reg ime socialista esiste nte n el mond o. Ma come ? I Voi non ave te un palpito di so lidar ietà per questi vostri compagni di Pietro · g rado ? Assenti siete stati, ·quando la guerra della Germania minacciava le n azioni e simbolo della guerra poteva essere Vandervelde ; assenti av ete voluto restare q ua ndo Wilson vi chiamava all'azion e, in nome dello sviluppo democratico e d ella pace futura del mo ndo ; siete assenti oggi, quantu nque siano in gioco il vostro SoviU, la vostra R ussia, il vostro so cialismo .

Non guerra, dunque, nemmeno quando si tratta di salvare v oi stessi ?

Ma quand'è che risponderete « p rese nte>) ? Q uando vi chiamerà per nome e cog nome Guglielmo II di Hohenzollcrn, re di P russia....

MUSSOLI NI

D a li Popolo d' Italia, N . 7 1, 12 marzo 191 8, V. Pubblicato anche suiredizione di Roma, N. 73, 14 marzo 1918, V

380 OPERA OMN IA DI B EN ITO M USSOLINI

L'ALTRO ESERCITO

Sono stato anch'io alla Staia e ho ammirato la film , edit a dal ministero delle Armi e Munizioni, per mustrare i progressi compiuti in tre anni d alle industrie belliche italiane. È una film altamente istruttiva e confortante, salvo la prima pa~te che può essere abolita : tutti sanno che i nostri antichissimi padri u sacono, come anni d i" guerra, le pietre acuminate e che no i moderni siamo giunti ai « 305 ». Ma tutto il res to dà l'impressione visiva di ciò che l'Italia ha fatto in· questo campo. Ciò che h a fatto è gigantesco. P rima della guerra la nostra produzione di armi e proiettili era minima, trascurab ile. La mobilitazione industriale che accoglie e controlla parecchie migliaia di stabilimenti ha - in certi casi - centuplicato la produzione. Gli operai sono 600 mila, le do nne 100 mila. Quando si pensi alla deficenza delle nostre materie prime, alla impreparazione delle nostre fabbrich e, dei nostri tecnici e delle nostre maestranze, è lecito esaltare questa « improvvisazione )) come la prova delle buone qualità fon_damentali della nostra stirpe. Anche noi sappiamo fare e meglio degli altri. Tre anni di guerra hanno cancellato ogni traccia di quella pretesa inferiorità, in fatto di organizzazione, che. - a furia di esserci ripetuta - ave. vamo finit o per ritenere come un attributo della nostra q ualità di italiani. Altrove bastava organizzare o aumentare il rendimento della preesistente organizzazione, noi abbiàmo dovuto « creare ». Giusto è, dunque, che si chiami « esercito» quello delle miniere e delle officine, che produce gli strumenti necessari alla nostra offesa e alla nostra difesa. Esercito necessario, non meno dell'altro.

Ma, a proposito di questo esercito, noi vorremmo :

1. Che la partecipazione dell'elemento femminile fosse molto maggiore di quello che in realtà non sia. Io credo che altre 100 mila donne potrebbero sostituire altrettanti giovani validi.

2., Si dovrebbe stabilire un «. turno )), una specie di rotazione fra questi due eserciti. Non è giusto che un esercito stia sempre nelle trincee e l'altro esercito stia sempre nelle officine. E non è vero ·che l'effettuarsi di questi turni nuo cerebbe alla produzione, perché in molti rami della produzione, pochi giorni di apprendisaggìo basterebbero a rendere «qualificato)> il soldato reduce dalle trincee.

3. Io dico ancora che i comp onenti di quest o altro esercito, aventi obblighi di leva e temporaneamen te esonerati, dovrebbero essere vestiti da soldati e considerati come un vero e proprio corpo militare con t utti i diritti e doveti che ne conseguono. Non mi faccio illusioni circa l'accoglimento che queste mie idee avranno in alto loco Sono inattuali Mi preme di'segnare questa« direzione» p er un Governo che sia capace dei grandi gesti innovatori. Accanto all'esercito delle trincee, e a quello delle officine, c'è un a1tro esercito, che io chiamerei quello della menzogna: l'esercito degli imboscati. Aggiungo subito -pe r l'onore d'Italia - ch'csso è molto meno numeroso di quello che non si pensi, ma, anche cosl r idotto, la sua esistenza è sempre un fenomeno di demoralizzazione e di viltà. Circolari ne sono state « diramate>) a centinaia, ma il risultato è stato sempre inferiore alle aspettative. In giro nelle nostre città, non ci dovrebbero essere -legittimamente - che le seguenti categorie di persone: 1 . gli_uomini di classi anteriori al 1873; 2, i giovani non ancora chiamati alle armi; 3. i leciti convalescenti e gli invalidi di guerra; 4. i soldati del « Corpo d elle Officine di G uerra)) (i quali dovrebbero portare la divisa militare u guale a quella di tutti g li a ltri soldati, più un d istintivo speciale da portare sul berretto); J . i visibilmente non ido nei, per palesi infermità fisiche, a servire la Patria nelle trincee ; 6 gli stranieri di nazioni alleate o neutre che dovrebbero esse re riconoscibili da un distintivo. A ltri uomini non dovrebbero circolare. Non ci dovrebbero essere. Ma invece ci sono e circolano. Nei l uoghi di divertimenti, alle tavole dei ristoranti, per le strade, voi incontrate - a gruppi - giovani ben piantati, ben rubicondi, che non sono zoppi, né gobbi, né ciechi e che non sono alla guerra. Perché ? Esonerati, forse ? Ma se moltissimi di essi non portano nemmeno il bracciale. Riformati ? Per quale infermità? Dietro quali pratiche ? Col concorso di quali « imboscato r i » ? Dico, tra parentesi, che l'irn~ boscatore è più nocivo dell' imboscato. Da quafr infermità. segrete sono afflitti? Da nessuna : mangiano, bevono, ridono, si divertono, e c'è, fra loro, qualcuno che ha il cÒraggio o il cinismo della pro pcia abiezione . Come liberare le città d a qu esto spettacolo? Il mezzo semplice e decisivo c'è: [.... ctmura... .] rastrellare questi imboscati, sottoporli, se riformati, a visite ·mediche improvvise; mandare al fronte quelli che p ossono dare un rendimento militare e schiaffare i pusillanimi << fi sio logici » a lavorare, per la paga del soldato, nelle miniere.

Con quest'opera 'di « nettezza u rbana» molte città offrireb bero, dopo un paio di mesi, un aspetto più simpatico per coloro che tornano in meritata licenza dalla fronte.

Ai quali commilitoni io vorrei dire : disprezzate l'i111b()seato1 ma

382 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

non illl)idialelo. Non invidiatelo per quello che è oggi, e soprattutto per quello che sarà domani. Non invidiategli la sua momentanea e ignobile fottuna. Quelli che si <( risparmiano» oggi, saranno g li esclusi, i rifiutati, i segnati, i co ndannati di domani, quand o, per circolare onestamente e liberamente in Italia, ci sarà bisogno di un passaporto per l'interno, munito dei timbri rossi delle trincee.

MUSSOUNI

Da Il Popolo d'llalùt, N. 72, 13 marzo 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 74, 15 marzo 1918, V.

DAL MESSAGGIO D1 WILSON AL CONVEGNO DI
383
ROMA

LA SOCIAL-DEMOCRAZIA COMPLICI DI LUDENDORFF

Qua l è stato l'atteggiamento dei socialisti tedeschi, di fronte alla pace imposta, colla spada in pug no, ai massimalisti russi, dalla camarHla militare prussiana ? E cco : che qualche raro socialista abbia elevato v oci più o meno fio che di pro testa è vero, ma è altrettanto v ero che la protesta non è u scita dai co nfini plato nici di un di scorso parlamentare o di un a r ticolo s u qualche g iornale minoritario . Tutti gli altri social-democratici, che costit uisco no l'enorme m aggioranza del Partito, hanno approvato l'operato del Governo, alcuni con riserve ipocdte j altri apertamente, senza eufemismi.

1 «militari)> di Berlino sapevano p erfettamente che potevano con. tare sulla solidarietà attiva o passiv a delle masse operaie tedesche. Mentre le masse armate tedesch e marciavano nell'interno della Russia, fucilando le guardie rosse, disperdendo i Sovièt, all'interno d ella Germania le altre masse operaie seg uiv ano con simpatia la passeggiata degli eserciti chiodati ve rso Pictrog rado. Ludendorff po teva impo rre co ndi zioni ancor più feroci e draconiane ai rus si, nella certezza che non avrebbe suscitato alcun m ovimento scrio di opposizio ne fra i Gmosun, Abbiamo già riportato un brano del Vorwaerls che scherniva i massimalisti. Quel b rano non era st ato provocato dalla << maledizione» lanciata dai commissari del popolo sulle t este dei socialisti tedeschi, ma rap p r esentava il pensiero intimo, la direttiva d i tutta la politica sodai-democratica tedesca di fronte alla Russia. Difatti, nel numero del 3 marzo, sentite, in quali termini untuosi - bisogna pur salvare cene apparenze per poter continuar e il dumping pacifondaio l - L'o rgano massonico del socialismo tedesco crlebra la vittoria sulla Russia disarmata dalla burocrazia czarista p rima e dalla impotenza leninisbil. p oi:

« I s uccessi - dice il Wo r watrl! - ottenuti gino ad og.gi dalla Germania superano le più grandi aspettative. Terminare felicem ente questa guerra restando sulla difensiva e mantenendo l'integrità del nostro territorio, pareva superasse la forza del popolo più capace. O ggi la Germania ha riportato ad oriente una 11ittoria che n essuno oserà contestarle e ad occidente ( attento, lettore italiano !) lQ

stato delle cose è tale, che la nosua antica fiducia in una difensiva fort unata i: diventata una modestia. Ci sono dei desideri e delle speranze che vanno ben più lungi : la G ermania trionfatrice assoluta di Wl mondo inimediabilmente vinto, det tante all'ovest le sue condit ioni di pace come le ha detla te all'est. La classe o~n.ia tt.ksca ( attentissimo, lettore italiano!) non ha soltanto augurato al proprio pac-se i l successo attuale delle armi, ma ha considerevolmente contri. buito a ottenere questi successi».

Non vj pare di scorgere una smorlia di g ioia sulla faccia di questo bo,ht carlmarxista, al pensiero che all'ovest la Germania, invece di difendersi, può attaccare e che può anche - q uesta ipotesi sorride in particolar modo a tutta la social-democrazia I - dettare la pace all'ovest, d ettare la pace «russa» anche ad o vest? Strangolare, cioè, anche ad occide nte, altri popoli, come ha fatto ad o riente? Non c'è - ch iaro, palese, tentatore - in questa prosa socialista u n incitamento a Ludendo rff di sferrare - sen za ulte rio ri indug"i - la nuova offen siva?

M e la sal~tate voi l'adesio ne dei socialisti tedeschl alla formula « né annessioni, né indennità>> ?

Un altro giornale socialista, L' À1JJÌC0 del Popolo dì Bra u nschweig, nega che la pace di Brest-Litovsk sia una « brutale v io lazione del diritto di libera d isposizione dei popoli ». Una pace come q uella conclusa colla Russia è « mille volte p referibile!ad un prolungamento della g uerra in vis ta di una intesa futura. Noi salutiamo, dunque, · la conclusione della pace ad est e speriamo che la sistemazione definitiva delle questioni orientali, che richiederà ancora q ualche anno, contribuisca allo sviluppo progressivo dell' umanità .. .• )> .

Nel giornale socialista LA Voce del Popolo d i Francofotte, un dep utato socia l-boche scrive che « in nessun Parlamento dei paesi occident ali, c'è, cosl grande come in Germania, una maggioranza pronta a cercare la strada di u na pace d'accordi sinceri.. .. ».

È il colmo d'ironia dopo Brest-Lltovsk. L'autore dello st esso articolo aggiunge che << nel Reichstag è mancata - totalmente. una critica alla fo rma nettamente autoritaria dell.' 11/tù11alu111 tedesco di pace>).

Ed è vero. Ci sono s tati dei discorsi, ma nessuna p ro testa a fatti. Tutto ciò è perfettamente marxista. La social-democ razia tenne lo stesso stessissimo atteggiamento nel 1871 : Scheidemann che ride alle spalle dei bolscevichi degno·discepolo di Karl Marx che qualificava « imbecilli>> i comunardi. Se qualche residua illusione si ostinasse a fiorire nei cer velli, drca la capacità e la volontà ri voluzionaria dei tedeschi, q uest e parole del Vorwatrls, che vediamo riportate nella Victoire, dov rebber o disperderla.

DAL MESSAGGIO DI WIL SON AL CONVEGNO DI RO MA 385

4t Gli operai tedeschi non faunno né lo sciopero generale, n é l'fosurraio"ne, anzitutto perché non vi sono preparati e poi, perché saMO che, facendo ciò, si renderebbero complici degli imperialismi d ell ' Intesa. D'altronde g li ultimi avvenimenti p rovano a luce meridiana, quanto siano funesti i metodi m assimalisti, da tutti i punti di vista)) ,

Che i socialisti tedeschi, in p ieno accordo collo Stato Maggiore del Kaiser, si accingano a mettere 1a corda al collo ad altri popoli, è comprensibile. Ma quello che non si può né si deve tollerare è che, {ra questi popoli minacciati, abbiano ancora libertà di parola e d 'aiione j complici di Ludendod f.

MUSSOLIN I

Da Il Popolo d ' Itali4, N. 73, 14 mano 1918, V, Pubblicato anche su ll'~izione d i Roma, N . 75, 16 marzo 19 18, V.

386 OPERA OMNIA
BENITO
DI
Mt!SSOLINI

INTERMEZZO QUASI FILOSOFICO

IL PAPA E L'ALTRO DIO

Io mi metto - per un momento - nei panni di quell'esploratore, ritornato l'altro giorno in Europa, dopo quatt ro anni dì peregrinazioni attraverso le ghiacciate solitudini del P olo. I g iornali hanno detto che quest'uomo partito pdma dell'agosto 1914, aveva « ignorato», non aveva avuta notizia alcuna della guerra La g uerra era dunque la prima «novità», la prima formidabile novità che l'attendeva al ritorno. N o n so perché, tutto ciò mi ricorda certi racco n ti d i François Arouet, più generalmente noto col nome di Voltaire, nei quali racconci, protagonisti curiosi viaggiano attraverso mari lontani, verso spiagge misteriose.... Quest'uomo, arrivato alla vigilia, ha aperto, ieri, per la prima volta, i giornali e ha letto, fra il mucchio delle altre notizie, questo telegramma :

Santo Padre, deplorando nuovamente incursioni aeree così funeste per pacifici cittadini, invia V. E. espressione suo paterno cordoglio per lutto pietosissimo cotesta amata città e pregando pace alle povere vittime, benedice di gran cuore Vostra Eccellenu e fedeli.

Firmato : GAS PARRI

Io, uomo che torna dall'altto mondo, quindi un po' inattuale, non più « al corrente» della situazione, lascio libero corso alle riflessioni e in cotal guisa ragiono : « Questo telegramma mi dice che c'è ancora un Santo Padre, cioè un Papa, cioè il Vaticano, Quantunque il telegramma non lo dica, ritengo che il Vaticano sia ancora a Roma, Il Santo Padre « deplora nuovamente incursioni aeree » Ciò significa che g li aeroplani « incorrono » attraverso le nazioni. Che lo fanno per sistema. Che il Santo Padre lo deplora, E sta bene. Ma qui io mi confondo. Un mucchio di piccoli interrogativi assilla la mia grande curiosità. Dove sono avvenute queste in~rsioni aeree? In quale emisfero ? Al nord o al sud? In Italia o nella Papuasfa. ? QueSt2 imprecisione geografica mi turba un poco. D opo aver vissuto quattro anni n elle plaghe che non hanno . confini - nello spazio e nemmeno nel tempo - io sono assetato di concret~ geografica.

Vorrei sapere la località dell'incursione. Anche per una questione di sentimento. Ma vorrei - soprattutto - conoscere chi ordina, chi esegue queste i ncu rsioni. QuaJe è la bandiera degli aeroplani. Chi sono gli aviatori. Sonò inglesi, francesi, tedeschi, italiani? O - putacaso - pellirosse del bacino del Missisipl o negri del Damaliland ? Perché il dispaccio firmato Gasparri non specifica, Parla di « incursioni aeree)) cosl in generale. Io non so, se queste incursioni aeree avvengano sul Pianeta Terra - e del - quale ho cercato di fissare gli u)cimi limiti viaggiando sui ghiacciai polari - oppure su1 suo satellite che è la Luna. Sono i « t errestri» che bombardano o sono gli ab itatori della Luna? Ma il seguito del telegramma mi dice che questi eventi << funesti» hanno 1uogo tra gli animali poco «graziosi » e niente benigni che popolano la terra. Anch'io vorrei pregar pace alle pove re vittime Ma vorrei im precare cont10 g li artefici della strage. Impreca re, non è cristiano? Fatemi almeno con oscere l'origine di questi uomini che gettano la morte d all'alto sugli innocenrì. D ev on o essere di un'altra umanità. Sono, certamente, più feroci dei pinguini, che ho veduto prima di perdermi nelle bianche immensità degli oceanì cli ghiaccio. Io rimango un po' stupito, vedo che la p iù alta autorità del mondo cristiano deplora le incursioni, e non dice verbo sugli incursori, su coloro, cioè, che l e premeditano e le compiono. Quando io ricevo una sassata, non deploro la pietra, ma chi l'ha !:anda ta.... Quando una bomba cade sulla mia casa, io non deploro la bomba, ma gli assassini che l'hanno lasciata cadere di lassù.... ». Restituisco i suoi panni all'esp1oratore. Torno io, italiano del seco lo XX, italiano di g ue rra, italiano nell'anima. Il Pilato del catto licismo con tin ua a fa re il Pilato. Deplorare gli austriaci ? Ja maù. l o lo c o mprendo. 11 v icario di Dio giudica le cose di questo basso mondo, sotto la specie della morale eterna. Gli. « agenti » sono l'incidente, il «fatto» è l'essenziale. È vero che il Papa non è sta to sempre cosl. N ella storia del Vatican o si è v isto più volte il Papa ab bandonare la Cattedra, per scendere in mezzo agli uomini, patteggiare cogli uni o cogli altri, fare la guerra cogli uni o cogli altri ; gettare l'anatema s ugli uni, impartire la benedizione agli altri. Questa « neutralità » cattOlica è sovrumana e anti-umana. Questo Papa non è un uomo come Giulio secondo o anche, per venire più vicino a noi, Pio decimo; questo Papa è una formula m etafisica, nient'altro che una formula cli una trascendenza che fa rabbrividire. Rabbrividire come il massacro degli innocenti.

Come un fallo gittò gli affetti 11mani

Ei 10/itario n,J/'antÌ<a età

388 OPERA OMNJA O[ BENITO MUSSOLINI

dice Carducci di Pio IX. Benedetto XV supera Mastai La sua neutralità non è soltanto an ti-u mana : è u na neu tralità deicida. È una neutralità che uccide Dio nel cuore di milioni e milioni d i uomini. Benedetto XV è l' apostolo dell'ateis mo. Sino a ieri D io g iudicava e i n questo giudizio estremo le fo lle dolenti riponevano le lor o segrete consolatrici speranze e il g iudizio di Dio aveva due nomi: Inferno e Paradiso ; ogg i Dio non giudica più. Gli sono indifferenti e l'innocenza e il p eccato . Gli è indifferente l'umanità. E come pot rebbe l'umanità - se non muta nella sua intima essenza - adorarlo ancora ? L'antropomorfismo delle religio ni nelle quali l'uomo aveva creato Dio a sua immagine e somiglianza è fin ito: l'epoca nella quale la relig ione umanizzava gli Iddii è tramo ntata Ogg i gli Jddii ci appaiono tremendamente lontani ben al di là delle nubi d elle vecchie pitture. O si ri nuncia a raggiungerli o bisogna per raggiungerli - per <,comunicare» con loro - innalzarsi ancora; spogliarsi di a lt re scorie terrene ; svestirsi di t utta la nostra carne che pesa. Se la neutralità d ì Benedetto XV è inspirata da calcoli politici, essa è odiosìss ima; ma se questa neutralità, se questo atteggiamento è un tentativo fatto allo scopo di abitua re g li uomini all'adorazione di un altro Dio , il tentativo è disperato, ma sublime. Benedetto XV pone gli uomini dinanzi a questo dilemma : o un altro Dio o _ non più Dio . 11 Dio che g li uomini hanno sino ad oggi mescolato famiglia rmente alle loro pkcole vicende ; il Dio che è stato « sfruttato» dagli uomini per re ndere più avvelenati i loro odi o più dolci i loro amori ; le loro alleg rezze più lunghe, i loro affa nni più brev i, non c'è più. D'ora innanzi bisognerà ado rare Dio , senza chiederg li n ulla: né la v ittoria per noi, né la sconfitta per i nos tri nemici. Ado rarlo non nel tempo, ma nell 'eternità. Oppure rinun ciare a D io. È in questo a1'1-a fll il senso riposto d ella neu tralità del Pontefice? Forse. Ma intanto essa ci appare ed è anti-umana.

MUSSOLINI

Da Il Popolo d' I talia, N. 74, 15 marzo 1918, V. Pubblicato anche sull'ed izinne di Roma, N. 76, 17 marzo 1918, V,

DAL MESSAGGIO DI W ILSON AL CONVEGNO
389
DI ROMA

NEL GLORIOSO ANNIVERSARIO DELLE CINQUE GIORNATE

Mentre qua e là nel Paese, il disfattismo che il Governo non sa reprimere, perché non osa bruciarne i centri e g li organi massimi, ha ripreso sotto mille subdole forme la sua opera di ignominia ; mentre alle frontiere si addensano a milioni gli uomini nell'imminenza di altri cimenti forse decisivi, Milano ha voluto riaffermare ·ieri, con una giornata di fervido instancabile patriottismo, la sua tenacia indomabile, la sua fede profonda nei destini . d'Italia.

Una ricorrenza storica, che suscita ogni anno vibrazioni intense nell'anima popolare milanese, ha dato il sigillo a tutte le manifes tazioni che ha nno avuto luogo ieri nella nostra città. Ieri mattina, un comunicato della Banca d'Italia diramato ai g iornali, annunciava che Milano aveva sottoscritto un miliardo al quinto prestito nazionale. Noi, che con una serie di articoli aveva mo po~to il raggiungimento di questa cifralimite come jl compimento di u n grande dovere civico, siamo lieti di aver contrib uito colle nostre forze al risultato magnifico e siamo, soprattutto, lieti di constatare che la nostra fid ucia non è andat2 de~ Jusa. Mille milioni al quinto prestito nazionale I Non si esagera dicendo che Milano sostiene q uasi da sola il peso enorrrie della g uei'ra. Ma Milano ha dato qualche cosa di più, qualche cosa di meglio del suo Oro j ha dato il suo sangue alla guerra ; ha svuotato le vene della sua gioventù più gagliarda, colla stessa generosità colla quale apre i suoi forzieri, quando la Patria chiama. E proprio nel_giorno stesso - ieriin cui veniva annunciato l'esito del quinto prestito nazionale, nel cortile amplissimo di una caserma si svolgeva una -cerimonia che documentava e consacrava il sacrificio di sangue. di Milano.

La diffamazione sottile del neutralismo abietto, che da internazionalista cliventa anche campanilista ; il fatto che una dozzina di miserabili aveva scclu Milano - come città più vicina alla frontieraper il loro igno bile commercio col nemico, non cancella le cifre superbe che testimoniano in faccia a tutta Italia, come Milano abbia di~ mostrato il suo patriottismo col sang11t e soprattutto col sangue. I richiamati alle armi sono stati novantamila. I volontari dagli otto ai

dieci mila. Le cifre statistiche dei primi mesi di guerra ci mancano, ma sui primi ciglioni dell'altopiano di Trieste, fu sparso il sangue più ardente .della gioventù milanese. Quanti sono i volontari del 68° Fanteria, to rnaci dalle battag lie dell' ottobre 191s? E quelli del u 0 Bersag lieri ? E quelli dei reggimenti alp ini ?

Nel solo 19t6, Milano città ha avuto 2.700 morti in g uerra e oltre 7000 feriti,

Prigionieri una cifra irrisoria: 633.

Diamo q ues te cifre per smascherare la secoiida diffamazione n eutralistica intesa a dipingere una Milano favorevole alla guerra, p erché realizza ingenti guadagni.

Ieri, alla Caserma Lamarmora, Milano ha chiamato, ed era la quinta volta, per nome e cognome i suoi morti. I morti che ricevettero ieri, attraverso il simbolo della medaglia, la loro consacrazione di gl oria, sì ricongiungono in ispirito ai morti che nel 1848 - in un episodio meraviglioso di guerra di p opolo - riuscirono a cacciare fuo ri delle mura l'austriaco. G li uni e gli alt ri - quelli del 1848 e quelli caduti in questi tre anni di g uerra - indicano ai vivi che hanno il coraggio di vivere, ai vivi che non vogliono essere degeneri, e ai vivi che non vogliono tornare indietro, qual è il dovere di quest'ora suprema. Il dovere si si ntetizza i n questa parola : resistere. So ffrire, ma resistere. Morire, ma resistere. Ogni altra parola è sinonimo di schiav itù per i secoli.

Al vento tutte le bandiere, oggi, sessantesimo anniversario delle Cinquç Giornate. Un lembo della Patria è violato, ma non lo sarà per lungo tempo ancora Il tricolore alle finestre sia l'espressione dell'anima. tenacemente, disperatamente anti-tedesca cli Milano. La città che schiacciò già l'Hohenstaufen è decisa a <e tenere », decisa più che maì a « tenere>> sino a quando non sia vinto l'Ho henzollem I

Da I! Popolo d"l1Jia, N . 77, 18 marzo 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 79, 20 marzo 1918, V, ·

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 391
26. • X.

L'HANNO VOLUTO !

Si può discutere se la catastrofe della Russia massimalista costituisca al tempo stesso la bancarotta definitiva più o meno fraudolenta del socialismo mondiale e dell'idea socialista in sé, ma quello che già oggi appare come fuori di dubbio è che gli eventi di Brcst-Litovsk e i successivi sono un colpo terribile per il socialismo ufficiale italiano in quanto esso aveva, solo e unico tra tutti i Partiti socialisti europei. leg ato indissolubilmente, ostentatamene~, ]e sue fortune a quelle di Lenin e compagni. La pace peno1a, forzata, disonorante che i plenipotenziari russi hanno firmato a Brest-Litovsk è la pace del socialismo ufficiale italiano

Si comprende perfettamente che i migliori avvocati del leninismo indigeno vadano ora escogitando faticosamente le attenuanti per i responsabili dell'immenso sfacelo politico e morale nel quale è pio mbata la Russia.

D ifendend·o i bolscevichi di Mosca, i socialisti ufficiali italiani difendo no in gran parte sé stessi, ma le esercitazioni dei sofisti non riescono a cancellare i fatti della cronaca più recente, né riescono ad assolvere quelli che hanno voluto, deliberatamente voluto, condurre la Russia alla pace dell'infamia.

Siamo pronti ad ammettere che Ja crisi militare russa esisteva anche prima della rivoluzione. b evidente che la crisi militare stessa ha precipitato la caduta della dinastia. Siamo pronti a riconoscere che l'eredità dello zarismo era pesante e che l'organismo russo era profondamente malato. Ma, malgrado ciò, allo scoppio della rivoluzione l'esercito russq esisteva, esistevano dei cannoni, tanto che i tedeschi hanno annunciato di averne catturati, ultimamente, oltre 2.000. C'erano delle officine di guerra, c'erano delle trin_cee, c'erano dei gei;terali, alcuni d ei quali valorosissimi1 ed esistevano, soprattutto, dei socialisti rivoluzionari che vedevano a quali mortali pericoli andava incontro una Russia completamente inerme,. Questi socialisti erano uomini conosciuti in tutto il mondo per il loro valore intellettuale e morale. Si chiamano, fra gli altri, Kropotk.ine e Plekanoff. Non furono ascoltati. Tutti i tentativi per riorganizzare l' esercito furono sistematicamcate sabotati dal leninismo e quando nel luglio scorso Kercnsky tentò di

l

galvanizzare alcuni corpi d'armata p er una ripresa della guerra, i lenì· nisti scatenarono l'insurrezione in Pietrogrado.

Si capisce che fra tutte le frazioni del socialismo russo fossero i bolscevichi quelli che acquistavano la più grande popolarità. Essi non avevano che un programma: la pace. La pace subito. La pace a qualunque costo. Abolite le trincee con la fraternizzazione, sospeso il lavo ro nelle officine di guerra, disorganizzata tutta la macchina statale, i bolscevichi convertirono il desiderio umano della pace, in un'ossi~ssione delirante e vile di tutto un popolo. Artefici di questa ossessione, prima di diventarne le vittime, i b olscevichi andarono al potere.

Le frazioni socialiste dissidenti furono ridotte al silenzio, i giornali avversi soppressi, i giornalisti gettati in carcere, la Costit uente sciolta. Quanti non volevano la pace tedesca furono oggetto del ludi. brio delle masse. I socialisti anche zimmerwaldiani, come Ccrnoff, dovettero abbandonare la compagnia malvagia e scempia, mentre dalla Germania, a treni comp leti, ritornav:ino i profughi russi e falsi russi per realizzare il piano d'Hindenburg.

Il socialismo ufficiale italiano non ha solidarizzato col ,rp11lùla Kerensky, né col marxista Martoff e nemmeno col zimmerwaldiano Cemo ff; ma soltanto e sempre con Lenin.

Né annessioni, né indennità, diritto dei popoli all'autodecisione. Con queste formule i russi sono andati a Brest-Litovsk e dopo settimane di discussioni sono ritornati a Mosca con una pace che traiforma in proviMie germaniche le regioni limitrofe ruJst, cht dà un appoggio armalo agli oppreuori contro i lavoratori ai11landoli a ristabilire il giogo ,he la rivoltr.{iont r11.ua tZDeva infranto t melle i lavora/ori alla "'erd degli 11.flffai ....

Questa è la pace che il le ninismo h a regalato alla Russia, questa è la pace c he il leninismo italiano vorrebbe regalare all' Italia Il militarismo germanico celebra· oggi i s uoi 1at11rnalia sul corpo della Russ ia in dissoluzione. I tedeschi stanno per occupare Pìetrogrado e niente impedisce loro di spingersi fino a Mosca a soffocarvi l'ultimo anelito della rivoluzio ne, Una pace che assassina la rivoluzione, ecco il capolavoro di Lenin. Una pace che consacra il trionfo territoriale e politico del militarismo tedesco, ecco il risultato di un semestre appena di di ttatura leninista. Se questo trionfo della forza brutale non avrà un domani, ciò avverrà non in conseguenza di uno scatto rivoluzionario del socialismo tedesco, perché il socialismo tedesco, eccettuata un'infima minoranza (che perde - come si è v isto in due recenti elezioni 1 - continuamente terreno), marcia co1 Kaiser ; non avverrà nemrncnò in seguito alla riscossa della milizia sociale leninist a, perché un popolo invig liacchito dall'ossessione della pace non

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI
ROMA 393

394 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

tiprende più le armi una volta che le abbia gettate ; ma sarà la conseg uenza della vittoria che i p o poli d'occidente sono più che mai decisi a conseguire.

A h J co m e la storia ci ha d ato e ci d à continuamen te ragione l Co me sia mo lieti, orgogliosi di aver contribuito a g ettare fra le ruote d el carr o militarista germanico stritolatore dei popoli, il ~astone dell'intervento italiano I E noi se ntiamo che se si domandasse al n os tro p opolo delle officine e a quello delle t rincee: volete una pace che rid uca l'Italia, l'Europa e il mondo t utto allo stato miserevole in c ui è precipitata la Russia?, un n o so lenne sarebbe la risposta.

Da Il Popoh, d'llalùz, N 80, 21 marzo 191 8, V.

MUSSO LI N I

IL PROCESSO DI GENOVA

Il processo che si svolge in questi giorni al Tribunale dì Genova e nel quale sono imputati alcuni svizzeri tedeschi e quattro autentici boches, merita di essere seguito con diligente attenzione. Prima di tutto perché siamo al quarto anno di guerra e pare che solo oggi le n o stre autorità politiche e militari si siano decise ad agire energicamente contro i traditori ; in secondo luogo perché questo grupp o di stranieri nemici dell'Italia aveva scelto come suo campo di azione il maggior porto d'Italia e del Mediterraneo. In te rzo luogo il processo di Genova è tipico e caratteristico per documentarci in qual modo la Germania procedeva tra noi : la penetrazione economica e l'accaparramento delle industrie si accompagnavano allo spionaggio cli natura politico-militare.

Ci rammarichiamo vivamente che i quattro maggiori imputati siano latitanti, mentre avremmo voluto vederli al banco dell'infamia e al muro dell'esecuzione. Il Locher stesso, che è la figura predominante fra gli imputati in istato d'arresto, ha potuto drc<?lare liberamente in Italia fino a 40 giorni dopo la nostra sciagura di Caporetto A difendere gli imputati sono accorsi molti dei miglio ri avvocati di Genova e anche quello che ha fama di essere il principe del foro genovese, diciamo l'avv. Erizzo, il cui figlio, pure avvoc.ato, avrebbe, se f nostri info rmatori non ci hanno ingannato, sposato una ricca austriaca alcuni giorni dopo il 2.4 ottobre 1917.

Certo che gli avvocati cercheranno di salvare dalle pene ·estreme i loro clienti, ma tutti gli artifici legulei di questo mondo non riusciranno a modificare il ve!detto di condanna che la coscienza popolare ha g ià pronunciato, Risulta intanto :

1. che uno dei servizi pubblici più importanti di una delle più importanti città d'Italia e anzi, della più importante dal punto di vista marittimo, era completamente nelle mani dei tedeschi ;

2. che questi tedeschi, mentre da una parte realizzavano g uadagni vistosi dalla loro impresa, rendevano servigi di natura spionistica alla German ia ;

3. che durante la neutralità e durante il primo periodo della

nostra guerra queste imprese d'indole economica dei tedeschi si tramutavano in organi politici per sabotare la nostra guerra;

4. che troppo tardi l'Italia ufficiale si è resa conto della necessità di estirpare questi centri d'infezione della nostra vita nuionale;

5. che quasi tutte Je vkende più tragiche e apparentemente oscure della nostra guerra si spiegano colla libertà lasciata a uomini, a gruppi, e a grandissime aziende tedesche, per cui è nella storia di queste aziende industriali, ·commerciali e bancarie che l'altra st oria del nostro Paese è contenuta, Il processo di Genova può rappresentare una soddisfazione per l'opinione pubblica italiana, ma esso n o n ripara in nulla il danno enorme che i tedeschi e i falsi neutrali ha nno cagionato alla nostra causa. Non si tratta tanto di colpire gli individui quanto di estirpare tutta la organizzazione ·spaventevole, infernale dello spionaggio tedesco. Bi· sognava averlo fatto prima. Anche d urante il periodo della n ostra n eutralità il Governo aveva l'obbligo di vigilare attentamente s u tutte le manifestazioni dell'attività germanica in Italia. Il Governo lasciò fare e avvenne che appunto durante il periodo della nostra neutralità i tedeschi indiSturbati cercarono di rafforzare tutte le posizioni. Dichiarata la guerra ali'Austria, e n on alla Germania, il Governo italiano non osò di affrontare il formidabile problema dello spionaggio tedesco. Passarono altri mesi che la G ermania utilizzò per mo ltiplicare la rete dei suoi informatori. Nemmeno colla dichiauzione ufficiale di guerra alla Germania il nostro Governo osò di prendere le misure necessarie contro i tedeschi, i quali sono rimasti indisturbati fino a pochi mesi fa e, malgrado Caporetto, se non ci fosse stata una vio lenta campagna d ei giornali, è assai probabile che le n ostre città anche in zona di g uerra sarebbero t utto ra deliziate dalla presenza dei s udditi nemici.

Noi diciamo che se non si riesce a colpire nella parte vitale la mostruosa piovra dello spionaggio tedesco, la vittoria dovremo pagarla a più caro prezzo di sangue, Troppi tedeschi più o meno nat uralizzati sono in grado di nuo-: cerci e tro ppi italiani che hanno funzioni delicatissime sono coniugati co n donne tedesche. Quella Frida Lieb enthal, moglie di un maresciallo di marina che mandav a a Berlino le informazioni confiden2iali sul contegno della stampa genovese, della stessa natura di tutte le alttc mogli tedesche che sono ancora in Italia.

Anche noi, come il popolo di Genova che ha urlato g li imputa.ti e li ha schiacciati sotto un coro di imprecazioni, anche noi chiediamo che la giusfrzia dia un verdetto severo cd ammonitore; ma

396 OPERA 0.MNlA DI BENITO MUSSOLINI

noi vogliamo qualche cosa di più : vogliamo che il Governo con una serie di misure spietat.amente radicali liberi l'Italia dall'incubo dei tedeschi e g11.rantisca le spalle d ei nostri soldati che ci difendon o tra Brent.a e Piave. E soprattutto non tante lung aggini, non vogliamo processi eterni come quelli che sollazzavano l'Italia in tempo di p ace. Il mondo oggi va terribilmente in fretta; anche la giustizia deve accelerare jJ suo passo, altrimenti i colpevoli che camminano più di essa eviteranno la sua spada.

MUSSOLINI

Da Il Po/'(>lo d'Italia, N. 81, 22 mo.tzo 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N, 83, 24 marzo 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONV.EGNO DI ROMA 397

L'ATTACCO DEI « BOCHES » SUL FRONTE INGLESE

Quell'attacco potente di fanteri e tedesche che, il comunicato inglese anfiuncia, è da considerare c6me l'inizio di quella famosa strombazzata offensiva che i bochu reclamizzavano da mesi e mesi o è _ semplicemente un assaggio in grande s tile? Non sapp iamo. Certo è che l'ampiezza del fronte d'attacco, il numero delle forze imp(:gnate e la risolutezza nell'azione, avvalora no la prima ipotesi, e cioè che si tratti di quell'offensiva che la coppia Ludendorff-Hindenburg an nunciava da tanto tempo.

Il comunicato fo glese dice che la battag lia continua, ma c he il nemico non ha raggiunto alcuno dei suoi obiettivi su nessun punto del lungo fronte d'attacco.

Certo, le prime trincee livellate dal fuoco d'artiglieria sono state occupate dai tedeschi, i quali possono avere raggiunto, qua e là, anche le trincee della seconda linea, ma lo sfondamento, colla possibilità degli aggiramenti, non si è verificato e non si verificherà. Nella più dura delle ipotesi, i tedeschi possono sviluppare i loro vantaggi iniziali fino a riconquistare parte del terreno perduto all'epoca della ritirata di Hinde nburg, ma q uesto s uccesso territorial mente insignificante e politicamente nullo, non è quella v itto ria schiacciante colla quale il Kaiser si ripro mette di avere' la decisione della g uerra, pri ma che le forze del continente americano e del continente asiatico, siano entrate totalmente nel g ioco.. Noi attendiamo il seguito di questa g ig antesca battaglia con p iena, pienissima fiducia. I tedeschi n on passeranno. Primo: Perché la sorpresa non c'è stata. Gli inglesi erano prepa rati all'attacco, Lo attendevano. E precisamente sul settore dove si è sviluppato. Mancando la sorpresa, manca uno degli elementi principali di successo. Secondo : Lo ~ch ieramento inglese è soprattutto profondo. Non c'è trincea, anche a dieci-venti chilometri dalla linea d~gli avamposti, che non sia presidiata T erzo : La superiorità aerea degli inglesi è uri ostacolo potente all'offensiva tedesca. Quarto: Il fa ttore u omo. Il soldato inglese n o n defeziona. N o n si arrende.

VInghllterra non ha disertori. Il soldato inglese sa p erché si batte .

H a il senso, la coscienza individuale della propria resp o n sabilità. L'esercito inglese non si t «sbandato» nemme no quando - nei primi

tempi della guerra - le sue forze stavano di fronte a quelle tedesche nella proporzione di uno contro dieci. La battaglia sulle dune di Newport durante la quale alcuni battaglioni di inglesi accerchiati si fecero massacrare sul posto tutti, dal primo all'ultimo, piuttosto che arrendersi, ci dice che la stoffa individuale del soldato inglese è eccellente L'inglese sa di essere il soldato di un grande Impero e il _ difensore di una grande causa e sa che, se i tedeschi vincessero, la prosperità e la libertà della sua stirpe sarebbero finite per sempre. L'esempio russo è di una eloquenza tragica 1

Mentre scriviamo queste linee, la battaglia: infuria. Le masse che si fronteggiavano nella stasi delle trincee, sono ora travolte nella tempest a di ferro e di sangue. Ci pare quasi di sentir vibrare nella calma notte, il clamore e il furore delle ondate di questo oceano umano. M a il Kaiser non riuscirà ad imporre la sua « pace tedesca». Riuscirà soltanto a rinnovare per la s ua gente un più g rande massacro di Verdun. Che l'offensiva continui nel settore sul quale è cominciata o si sposti altmve, su altri fronti, noi abbiamo la certezza, ch e, dovunque e comunque attacchino, i tedeschi non passeranno. I popoli d'occidente sanno qual'è la posta del gioco terribile : o la libertà o la schiavitù.

Non passeranno I MUSSOLINI

Da Il Popolo d'T1ali4, N. 82, 23 marzo 1918, V. Pubbliuto anche sull"ed{. 2ionc di Roma, N. 84, 25 marzo 1918, V.

DAL
399
MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA

IL PROCESSO DI GENOVA E GLI AVVOCATI SANTA PARCELLA!

j;', certo, certissimo anzi,. che gli ultimi più clamorosi episodi della nostra mala politica interna, non sono destinati a migliorare la riputazione degli avvocati, già scossa per molte ragioni, da moltissimo tempo.

I commendatori contrabbandieri non erano, si può dire, ancora stati rinchiusi nelle solide celle del carcere che già si precipitavano a S. Vittore, a gruppi a gruppi, gli avvocati, per sollecitare l'onore di difendere e di salvare gli· uomini che hanno tradito la Patria .

A Genova, nel processo per alto tradimento contro quattro tedeschi; hanno indossato la toga persino gli avvocati repubblicani e inte rventisti.

I nostri lettori - come il sottoscritto d'altronde I - devono essere rimasti non poco trasecolati di fronte alle dichiarazioni che codesti avvocati interventisti hanno fatto al nostro corrispondente genovese. È evidente che, posti a scegliere fra l'interventismo e la parceUa. i signori avvocati del processo boche si afferrano alla parcella. L'inte rventismo è il fumo, la parcella è l'arrosto, Ebbene, io affermo, io, in prima p ersorla, che il contegno di questi avvocati genovesi, di parte interventista, è semplicemente indecente, scandaloso, vergognoso. Che cosa non avrebbero grida.to, che cosa non avremmo gridato noi - interventisti - se in un processo di questo genere avessimo visto allineati in bell'ordine, per la difesa, avvocati -neutralisti o, peggio anco r~ socialisti ufficiali? Lo so che cosa avremmo detto. Lo so, Ma appunto per questo sarebbe odioso risparmiare questi avvocati, il cui interventismo non ripugna da.ll'assumere il patrocinio di una impresa economica nettamente tedesca, la difesa di uomini e donne autentici boches che facevano la spia ai danni della Patria.

Anche per il momento gravissimo - giungono dalla Francia i primi comunicati del nuovo assalto dei barbari - la condott2. di questi avvocati è sommamente deplorevole.

I soldati v alorosi della « Liguria » che già fermarono l'invasore

sul Pasubio, che cosa p enseranno di questi avvocati interventisti, leggendo le cronache del processo genovese ? N o i siamo qui - essi diranno - da tre anni arespingere, a uccidere e a farci uccidere, da quei tedeschi, che nell'interno - alle no1fre ,palle - sono rimasti liberi e impuniti sino a Caporetto, e quando alcuni di questi ted eschi son o acciuffati dalla giustizia, mucchi di avvocati ·si mettono, con uno zelo degno v eramente di miglior causa, al lavoro, per mistificarla.

Le scuse d ei signori avvocati interventisti valgono poco, Che gli imputati anche p er i delitti più atroci debbano essere assistiti, lo ammetto. M a un conto è tutelare un cliente perché tutte le norme procedurali siano rispettate, e un conto è «sposare » la causa del cliente. Per salvare Locher e soci, che cosa dovranno dire i signori avvocati che li difendono ? Forse che Ja O . E . G. era italia na nelle origini finanziarie e negli uomini che la dirigevano? Non credo,. p erché i « fa:tti », più eloquenti di tutti g li avvocati, sono là a dimostrare ad or11/01, come dicevano i legulei nel medioevo, la vera natura boche dcli ' Azienda tramviada gen ovese. Tenteranno forse g li avvocati di dimostrare che il Locher è una perla di svizzero e che la Liebcnthal è una damigella innocua e che Je relazioni da essa mantenute co n due ufncìali dell'esercito italiano - dei ,quali vorremmo avere qualche notizia I - erano puramente sentimentali ?

La Liebenthal è una spia, nient'altro che tedesca, e gli avvocati lo sanno.

L'O. E. G. è tedesca e nient'altro che tedesca, e gli avvocati lo sanno. Gli uomini dell'O. E. G . erano agenti della Germania e gli avvocati lo sanno. G li avvo cati di parte interventista n o n potevano accettare, in un processo d i questo genere, che la difesa d'ufficio, dopo aver tentato invano di declinarla.

Ora questo interventismo che g rida: mo rte ai t edeschi· e li va a difendere nei processi, mi fa lo stesso schifo del neutralismo cretinamente pacifondaio dei socialisti e dei preti.

P . S. - H o n otato che fra i testi a difesa degli imputati di Genova, c'è il ca.po-ufficio del Questore. Strano I La polizia militare accusa, la polizia civile difende. Curioso I

D a I/ Popolo d'ltdliia, N. 82, 23 marzo 19 18, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 84, 25 mano 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI R.OM A 401
"'·

« OLD ENGLAND »

lo vorrei incontrare qualcuno di quei neutralisti che quando non potevano manifestare apertamente 1a loro incurabile tedescofilia, si sfogavano a domandare di quando in quando con un'aria di nw..ignità imbecille : « cosa fanno g li ing lesi ? )).

Trovato il mio individuo (e non è difficile), vorrei strappargli le prop;ggini asinesche dalla ghigna di boche e vorrei chiedergli : « Avere visto cosa fanno g li inglesi?)),

Questa domanda calunniatrice e p iena di sottintesi a base dì perfida A lbione è stato un luogo comune dei neutralisti fino dal principio della g uerra, Già negli u ltimi del 1914 c'era chi domandava : « cosa fanno g li inglesi ? » Eppure gli inglesi avevano trasportato nel Belgio l'unico esercito che avessero a loro disposizione : un primo esercito di tjo mila legionari che un ministro inglese poté chiamare giustamente l'esercito più eroico che l' Inghilterra abbia mai avuto durante i secoli della sua storia. Una q uindicina di divisioni che cosa rappresentavano di fronte alla valanga formidabile che ruinava d 'oltre Reno attra verso le violate frontiere del Belgio ? Una quantità trascurabile dal punto di vista numerico. Ma c'era la qualità, e quei legionari opp osero .il prim o ostacolo alla marcia degli invasori : l'ost acolo dei loro cadaveri. Di quel piccolo esercito inglese non restano che poche decine di mutilati.

« Che cosa fanno gli inglesi? » ritornavano a chiedere nd 19 15 quei soliti mal dissimulati amici della Germania.

E gli inglesi facevano un esercito. Dapprima col sistema dell'arruolamento volontario col quale si raccolser.o oltre 3 milioni di uomini, avvenimento senza precedenti nella storia. L'influenza morale di questa massa di volontari suHe schiere che dovevano venire poi è stata . enorme, Accanto all'esercito delle trincee, gli inglesi facevano l'esercito delle officine di guerra. Il 19q è, per l'Inghilterra, l' anno della potente creazione delle industrie belliche. I progressi di questa prod112ione sono stati fantastici.

Accanto a questa tensione spasmodica di tutte le sue energie nazionali p er la produzione dd.materiale di guerra, l'Inghilrcrra manteneva il suo dominio sul mare ; spazzava via dall'Oceano fino le ultime

....

vestigia della potenza marittima tedesca; legava alle sorti della Metropoli colonie e domini le cui prove di lealismo sono state splendide; strappava alla Germania tutto, letteralmente tutto, il suo impero coloniale, e si apprezzerà al momento della pace l'enorme importanza di questo pegno, l'unico pegno territoriale che gli Alleati posseggano; tentava di colpire la Turchia con un'impresa audace, anche se non fu coronata da successo; metteva a disposizione degli Alleati il suo danaro e il suo carbone.

Eppure, malgrado tutto ciò, molto spesso vi accadeva di incontrare dei neutralisti dal so["c-isetto scettico o il boche socialista ufficiale che vi domandava : « cosa fanno gli inglesi ? »

E gli inglesi, che nell'inverno 1915-'16 si erano 011/illés per la guerra, esauritosi l'attacco tedesco contro Verdun, presero a loro volta l' offensiva di luglio sulla Somme. Da allora fino al crollo to tale della Russia gli inglesi conservarono l'iniziativa delle operazioni sul fronte occi- · dentale e diedero, durante dieci battaglie vittoriose, fulgide prove d'eroismo.

Che cosa fanno gli inglesi oggi ?

Gli inglesi fanno semplicemente questo : sono l'incudine sulla quale il martello tedesco. batte i suoi colpi disperati. Gli inglesi, oggi, si fanno massacrare a nùgliaia e migliaia sopra una linea lunga ottanta chilometti e profonda oltre trenta, Le nostre perdite sono considerevoli - dice il comunicato del maresciallo Haig - cd è certo Quando tuonano migliaia di cannoni e cadono milioni di granate, il sangue scorre, non metaforicamente, a torrenti.

La Germania, dopo aver visto che pur avendo messo fuori di co mbattimento gli avversari d"oriente, non ha ottenuta la decisione, si volge a occidente contro l'esercito inglese, perché sa che se un colpo mortale fosse vibrato a questa potenza, la situazione gCnerale della Quadruplice Intesa diventerebbe critica e disastrosa Con la sua odierna offensiva la Germania d ocumenta l'insuccesso della sua intensificata campagna sottomarina.

· Se coi sommergibili ci fosse stata qualche fondat~ speranza di prendere alla gola l'Inghilterra, molto probabilmente la Germania si teneva sulla difensiva e non gettava allo sbaraglio un al'tro milione d"uomini. Fallita la campagna dei sommergibili, la Germania torna a cercare la decisione sul fronte occidentale.

Ma non la troverà, Le. mirabili divisioni inglesi, che il bollettino di Ha.ig addita all'ammirazione del mondo, combattono anche per noi. Da loro dipende anche il nostro destino.

Ma noi siamo fiduciosi : gli inglesi non paumw di là - come avvenuto altrove - in un intervallo di incoscienza o di follia.

DAL :MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 403

404 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Resistono. Contrattaccano già, Sono superbi di tenacia e di eroismo. Al principio della guerra il Kaiser ostentava il suo disprezzo per il miserabile eiercilo i nglm Oggi sente il bisogno di avventarvi contro le masse migliori dei suoi soldati. Può darsi che sia cominciata l'ultima battag lia dcJla guerra. Non mai vi fu momento più solenne di questo dalla battaglia della Marna in poi.

Resistere I Rcsist-ere fino al traguardo !

MUSSOLINI

Da I/ Pnpolo d'Italia, N. 83, 24 marzo 19L8, V. Pubblicato anche sulrNlizione di Roma, N . 8'5, 26 marzo 1918, V,

.._..

ONORE AGLI INGLESI !

Il Kaiser, dopo avere invocato per l'ennesima volta il vecchio dio tedesco ridotto ormai alla funzione di complice e manutengolo degli assassìni, si è messo alla testa degli eserciti che cercano d'irrompere in direzione di Parigi. È la prima volta, dall'inizio della guerra, che il nome dd Kaiser appare sui bollettini tedeschi come il duce diretto dell'offensiva. Non è soltanto la Germania che gioca in questi giorni la partita decisiva, ma anche il Kaiser che mette allo sbaraglio il su? prestigio persònale· e dinastico. Fino -a ieri gli sconfitti sulla fronte occidentale erano, dalla battaglia della Marna in poi, generali e principi : lo sconfitto di domani sarà G uglielmo lI.

I dati di fatto e gli elementi che ci permettono di considerare la situaz.ionc con pieno ottimismo sono i seguenti :

Primo: non c'è fra i due eserciti una sproporzione numerica tale che renda facile una vittoria schiacciante. La superiorità numerica dei tedeschi è _bastata per ottenere il successo iniziale, ma non è suf6.cente per determinare il crollo di tutto l'esercito inglese forte di parecchi milioni di uomini.

Secondo : j tedeschi non possono vantare una superiorità dei loro armamCnti su quelli degli inglesi e sino a questo momento, eccezion fatta per il cannone che spara su Parigi, nessuna delle diavolede o delle novità che ci erano state a nn unciate dai reclamisti dell'offensiva, è entrata in funzione. Se fu· p ossibile ad altri eserciti infinitamente meno douti cli mezzi meccanici di ritirarsi combatÌ:endo fino alle posizioni prescelte per la resistenza ad oltranzà, l'arretramento di pochi chilometri finora effettuato in alcuni tratti della fronte dall'esercito inglese non può avere· conseguenze di vasta portata strategica.

Terzo : gli inglesi mantengono la superìorità nella lo tta aerea e un'offensiva che n o n può essere preceduta né accompagnata da operazioni di ricognizione e di bombardamento di aeroplani, non può conseguire che obiettivi tattici limitati. Ma la ragione fondamentale che conforta le nostre speranze, che tiene viva e·accesa la nostra fede, è una ragione di natura essenzialmente morale. Il soldato inglese, preso individualmente nella sua qualità e nei s uoi attributi di u o mo, vale molto cli più d el singolo soldato tedesco. Il soldato tedesco dà un

i:endimento come quantità, quando cioè sia inquadrato in una massa ; il soldato inglese dà invece un rendimento come qualità, e neJJa dllensiva ciò è di un'importar12a capitale. È da escludere che la battaglia possa diventare manovrata in t.erreno libero. Sul fro nte di Francia le trincee si succedono all'infinito cd è contro una trincea che è destinato a spezzarsi e a esaurirsi lo sforzo dei tedeschi.

Noi seguiamo con animo ardente di ammirazione le gesta eroiche dei combattenti inglesi. h forse scritto nel libro del destino che il Kaiser trovi in Francia, nel cozzo disperato contro la Gran Bretagna, la sua Waterloo.

Attendiamo con fiducia il corso deg li eventi. La barbarie no n può, non deve prevalere sulla civiltà. La dèmocrazia armata dei p opoli dell'occidente è pronta· ad affront.ace tutti i . sacrifici nccessa.ci perché l'ossessione e H pericolo del miliwismo tedesco siano fugati per sempre,

MUSSOLI.NT

Da li Popq/() d'Italia, N. 84, n mano 1918, V. Pubblicato anche sull'edJ. zione di Roma, N. 86, 27 marzo 1918, V.

406 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

RICHIAMO ALLA REALTA

Dopo un vaneggiare inutile di alcuni mesi, nei cicli delle ideologie più lusingatt:ici, la offensiva scatenata dai tedeschi fra la Somme e l'Oise, ci riconduce brutalmente alla realtà che dal 1914 aveva cd ha un nome solo : guerra. L'illusione si era a poco a poco insinuata in molti dei cuori che soffrono e attendono da quattro anni. Fra l'una e l'altra capitale dei due gruppi belligeranti era incominciato u n gioco diplomatico, che pareva preludere - nell'aspettativa degli ingenuia una pace verde. Il Presidente Wilson lanciava un altro dei suoi. messaggi , 'nel quale specificava - enumerandole - le condizioni sufficenti e necessarie per addivenire ad un accordo permanente fra i popoli. Da Londra, Lloyd George riesponeva i fini di guerra dell'Intesa, riducendoli al minimo, nella Joro pane « territoriale>>, Czernin, minis tro di un Imperatore che non osa rituffare i suoi popoli in un nuovo più grande bagno di sangue, faceva - senza, naturalmente, impegnarsi sul concreto - atto di adesione equivoca alle idee avveniristiche di Wilson e soltanto a quelle, mentre Hertling; di messo il tono arrogante dei suoi predecessori, cantava anche lui - in t ono più sostenuto del suo collega ungherese - una serenatina a Wilson, sempre su «tema» avvenirista Il signor Lansdowne lo prendeva sul serio e scriveva un'altra lettera per annunciare agli inglesi un pò increduli che Hertling. stava per diventare pacifista sincero. A lato di questa attività diplomatica ufficiale si svolgeva - con la radunata di Londra - un episodio dell'at tività diplomatica dei socialisti intesisti ; episodio che ha un seguito nel viaggio in America e dovrebbe averne un altro nella convocazione di una conferenza internazionale socialista, una specie di commedia uso Stoccolma, traslocata in qualche oscuro villaggio della Svizzera.

Mentre le inutili ciarle e i discorsi superflui si incrociavano e si disperdevano agli orizzonti, la Germania «realizzava>> ad oriente il suo piano annessionista, in una misura quale nessuno dei suoi più esaltati imperialisti avrebbe sognato e si preparava silenziosamente e formidabilmente per l'attacco sulla fronte occidentale. Il solito trucco : sbandieramenti pacifisti per il popolino delle nazioni nemiche e mitragliatrici e cannoni per il nuovo « colpo )>. Per me non è C2..gione

27. • X.

d i troppa sorpresa il cannone che spara a 1 1 s ·chilometri di distanza. Gli ingegneri di Krupp non han no •risolto un p roblema nuovo, hanno semplicemente quadruplicato le formule del vecchio . Ciò che mi sorprende è il fatto che l'esistenza di questo - cannone sia stata completamente ig norata sino a jeri. -Il che significa che il nostro servizio di informazioni dall'interno della Germania è insufficente. D'altronde il segreto a ssoluto può essere meglio conservato in Germania, per la semplice ragione che stranieri alla direzione delle fabbriche di materiale bellico non ce ne sono assolutamente, mentre in Italia, i n tutte le industrie p iù delicate e gelose, voi trovate, vicino o lontano, l'agente dei hoches. 1l processo di Genova informi.

11 cannone mostruoso che da 115 chilometri manda le sue g ranate sulla inerme popolazione parig ina, è il richiamo brutale aUa realtà L'eco di quegli scoppi, che si succedono con una cadenza di venti in venti minuti, si ripercuotono nell'an imo nostro. E la guerra. Nient' alt ro che la g uerra. È la guerra che ha in se stessa la sua soluzione, col d et ermi nare la vittoria di un popolo e la sconfitta dell'alt ro . E lementi estranei non possono risolvere la guerra. Nemmeno abbreviarla. Noi ci siamo sempre resi conto d i questa verità indiscutibile : questo conflitto fra due mondi e due civiltà no n offre soluzioni intermedie

Le guerre non si fanno a metà, perché, altrimenti, anche la pace che ne risulta è a metà, La pace russa ad esempio. Ecco perché la guerra ha ripreso. Ecco perché la g uerra continuerà sino a quando uno dei g ruppi chiederà - da vinto - la p ace.

Q uale?

Io sono ottimist a, I vantaggi territoriali conseguiti dai bodJu sono insignificanti. Il nu mero dei prigionieri catturati è esiguo ; venticinque mila appena, su un fro nte di battaglia di oltre cento chilometri, d opo tre g iorni di lotta, nella q uale sono impegnati, di sola fanteria, non meno di 800 mila uomini. Le perdite dei tedeschi sono invece ingentissime, Cosi stando le cose, disperare sarebbe da sciocchi. La n ostra fede è incrollabile e trae a limento dai fatti. In questa guerra un esercito non ha mai vinto. un esercito; in ques ta guerra si può v incere un p opolo e di conseguenza un esercito . È possibile che l'esercito tedesco vinca il popolo i ng lese? Bisognerebbe supporre che il popolo ing lese, temprato da niolti secoli di storia unitaria, fosse meno resistente del p opolo italiano che si è perduto a Caporetto, ma si è ritrovato s uperbamente sul Piave. L'ipotesi è assurda. Le notizie che giungono da L ondra sono unanimi nell'attestare che il popolo inglese - dall'alto al basso, dal re all'ultimo facchino dei dor/es - è un blocco di puro .m etallo. Non c'è inglese alla fronte o nell' isola, ch e non « rea.tizzi » le conseguenze cli una sconfitta. Il più incolto dei t ommits

408 OPERA OMNIA DI BENITO MU SSOLINI

sa che. se l'Ing hilterra perdesse la partita, l'Impero inglese andrebbe in frantumi, la bandiera inglese sa.rebbc spazzata vU. dai mari ; co n una economia colpita a mo rte - anche d all'imposizfon e di una indennità fantastica - il po polo inglese, che avCva raggiunto il più alto g rado del benessere individuale, sarebbe ricacciato al livello di un branco di miserabili schiavi. Il t oml!I.J foglese sa che nella ipotesi di una vittoria tedesca, Francia e Italia po trebbero ottenere condiZio ni n on del tutto iugulatrici, ma l'Inghilterra, no. Contro l'Inghilterra il Kaiser getterebbe, come Brenno, la spada sulla bilancia.

Non solo l'esercito tedesco non vincerà il popolo i nglese, ma non vincerà nemmeno l'esercito. Milioni di soldati, migliaia di cannoni non si v o latilizzano con una irruzione che non supera ancora, nel suo punto di massima profondità, i dodici chilometri. Intanto, oltre Oceano, la battaglia ha i suoi echi solennemente incitato ri. Gli Stati Uniti accelerano la forma zione dei loro eserciti. E ssi possono attingere il loro materiale umano da un popolo di oltre cento milio ni di abitan ti che non ha ancor provato la g uerra, mentre la Getmania, d op o quattro anni di stragi e dopo questo sforzo disperato, non po trà più sfruttare la sua popolazio ne decimata e affamata. La lotta indeboLisce tutti i belLigeranti, è vero, ma dalla no stra parte vanno schieraridosi tutte le energie umane e matedali di u n continente, Qui, è la ragione unica d ella offensiva anticipata del Kaiser, Ma il tempo è galantuomo. E Wilson, del pari. MUSSOLINI

Da J/ Popok d'It.Jù,, N. 85, 26 marzo 1918, V. Pubblicato anche su ll'edi· zione di Roma, N . 87, 28 marzo 1918, V .

DAL MESSAGCJO DI WILSON AL CONVEGNO DI RO?.{A 4 09

«CAMERATISMO»

La Stefani ci comunica questo dispaccio :

« Londra., 26. - :E. stato inviato al maresciallo Haig il seguente telegramma :

«

n Gabinetto britannico desidera esprimere all'esercito i ringraziamenti della Na2..ione per la sua magnifica difesa. Tutto l'Impero è pieno di fierezza nel contemplare l'eroica resistenu delle sue valorose truppe ogni volta che l'onore del loro Paese dipende da esse, L'Impero attende con fiducia il risultato' d i questa lotta per infrangere l'ultimo disperato sforzo del nemico per schiacciare le libere nazioni. del mondo. Noi , in paese, siamo pronti a fare quanto è in nostro potere per dare l'ai uto con vero spirito di camera tismo. Gli uomini necessari per colmare i vuoti sono ora i n Francia o già in viaggio, ed altri nuovi rinforzi in uomini e cannoni sono pronti ad essere g~ttati nella battaglia.

«Firmato: LLOYD GEORGE ».

Questo messaggio che Lloyd George ha mandato ai combattenti inglesi in F.rancia, rappresenta, in forma sintetica, 1o stato d'animo di tutta la Nazione inglese, dai capi che hanno le supreme r esponsabil)tà, agli ultimi cittadini. L'Impero britannico ha ragio ne di essere fiero dei suoi soldati. La loro condotta è m;i.gnifica. Attaccaù da forze soverchianti, non si sono verificate rese in massa o sbandamenti. Il soldato inglese non ah:a le braccia. Il bollettino tedesco che troviamo completo sui giornali foglesi [.... censura .... ] n on può celebrare il bottini? dei prigionieri, perché è stato di una esig uità impressjonante. Alla fine delle prime tre giornate di combattimento - e tutù sanno che le grandi catture di prigionieri avvengono nel primo tempo di ogni azione offensiva - il bollettino bocbe annu nziava in cifr:i. troppo tonda per- corrispondere al vero, 15 mila prigionieri fatti dal g ruppo d'.eserciti del principe Rupprecht di Baviera e 1 0 mila altri racimolati dal g ruppo d'eserciti del principe ereditario. Nient'altro. È poco, per un'offensiva in così grande stile e diretta - nientemeno I - che dal Kaiser in persona Anche il vantaggio territoriale· è lieve. Basta gettare un'occhiata sulla carta contenuta nel fascicolo La guerra dell'agoilo del ·ljJ?, edito presso Darling and Son dì Londra dal mi~ nistero della Guerra inglese, per convincersi che i tedeschi non hanno ancora ripreso tutto il territorio Ì,CrdutÒ dall'inizio dell'offensiva degli Alleati il 1° luglio del 1916.

Nel suo messaggio Lloyd Geor gc non parla di territori, ma di onort La rico nquista di Bapaume e Péro·nne, da parte dei tedeschi, un episodio dolo roso, ma non decisivo. L'esscnziaJe è che l'onore dell'esercito inglese sia stato splendidamente salvaguardato e che l'efficcnza materiale e morale ddl'esercito stesso non sia stata g ravemente indebolita.

Il Gabinetto britannico annuncia al mondo q ua1 è l'obiettivo ultimo degli eserciti imperiali : schiacciare le libere nazioni, Schiacciare ìl Belgio come è stata schiacciata la Romania ; schiacciare le regioni d ell'occidente, com'è stata schiacciata la Russia. Contro questo ultimo disperato te ntativo del nemico si battono oggi ing lesi e francesi, mentre non sembra lontana l'ora della ripresa anche in Italia. L'America, e lo dimostra il telegramma di Wilson, segue con g rande attenzione le vicende della battaglia e ne trarrà motivo per affrettare sino a l limite d el possibìle la preparazione dei suoi eserciti.

Ma la parte più importante del messaggio di Lloyd George è l'ultima. Quella d ichiarazione di cameratismo è altamente simpatica anche nella fo rma colla quale è espressa. T utta la Nazione inglese si considera un e_sercito e si ritiene impegnata nel combat timento sino all'ultimo uomo.

La battag lia ha prodotto dei vuoti nelle file inglesi ? Q uesti vuoti saranno colmati da ri nforzi che sono g ià in Francia e da a ltri che sono già in v iaggio. Alcune decine di cannoni sono stati perduti? Ce ne sono p ronti nelle retrovie e nelle offici ne, migliaia. Quel po' d i malessere politico che si era notato in taluni circoli conservat ori e laburisti inglesi, è scomparso. Cont ro la Germania non si p uò far altro che la guerra. La guerra cogli uomini e coi cannoni. C'è nel messaggio di Lloyd George la fiera determinazione di tutto un I mpero di continuare la lotta Cè fa dichiarazione che· le possibilità per continuare la lo tta non mancano. La guerra mondiale è g iunta a uno dei suoi episodi più intenSamente drammatici. Tutto contro tutto, Ma noi non abbiamo dubbi sull'epilogo del dramma. MUSSOLINI

Da Il P.opalo d' Italia, N. 86, 27 marzo 1918, V. Pubblicato anc he S.J.! eedizione di Roma, N 88, 29 marzo 1918, V

DAL M ESSAGGIO DI WILS ON AL CONVEC,NO DI
411
ROM A

PASSIONE

La settimana della passione cristiana - favola meravigliosa e crudele che suscita ancora vibrazioni nelle anime malgrado l'attenuazione delle distanze secolari - coincide quest'anno colla nostra più grande passione.

Ognuno di noi sale in questi giorni il Calvario. Ognuno di noi si carica un poco le spalle colla Croce. Jl martirio di Cristo che cosa è di fro nte al martirio dei popoli d 'occidente, èh e lottano disperatamente contro le forze del male ? Una croce sola sul Golgota e milioni di croci lungo le trincee d'oriente e d'occidente ; un morto solo e milioni di morti....

Non ancora due croci furono levate per inchiodarvi i ladroni che premeditarono, vollero e vogliono l'eccidio senza fine. Eppure la Pasqua, cioè - nel senso letterale e storico ebraico - il« passaggio», verrà. Noi passeremo, Passeremo da quest'ora dì trepidazione e di trjstezza a un'altra ora di tranquillità raccolta, come avviene a chi ha molto soffer to e non sa più far spettacolo della sua gioìa.

Ben più cupa disperazione dovette attanagliare l'animo delle folle~ che seguivano il Rabbi, lungo la strada del suo ineffabile martirio . Quando. a sacrificio compiuto, tremò la terra, si velarono di nub i gli orizzonti, fuggirono i soldati romani e le croci rimasero, alte fino al cielo, nella solitudine crepuscoJare. le folle dolenti pensarono che l'ora della fi ne del mondo fosse suonata. Ricordarono la predicazione del Maestro, le parole che aVevano annunciato più volte la catastrofe imminente,

No. Era il segno di una grande crisi. Non finiva il mondo, incominciava. Qualcuno era morto, ma per risorgere. e rivivere mille vite. La croce, simbolo dell'infamia, sarebbe apparsa, fra poco, simbolo della redenzione, alle genti, che attendevano da tanto tempo - nella povertà, nella schiavitù, nell'ignoranza - la sapienza, la libertà, la ricchezza del regno di Dio....

La crisi che ci angoscia oggi ben più vasta. Non ha per teatro il piccolo pianoro fra H Mar Morto e il Lago di Tiberiade, ma tutti i cinque continenti della terra e i mari e l'aria ; non ha per protagonisti pochi pescatori e un Profeta, che si moriva d 'amore

per gli uomini, ma popoli e popoli innumerabili. Tutti siamo protagonisti in questa tragedia.

Non c'è oramai una casa sola, alla cui porta non abbia bussato la morte; non c'è oramai un uomo solo, dai venti ai trent'anni, che non r echi sulla carne i segni di una ferita ....

Questa tragedia è, oggi, in una delle sue scene culminanti. Si potrebbe credere decisiva. Gli uomini che non sono dei bruti vivono oggi colle poche linee di un comunicato ufficiale. Le ore che inter:. corrono fra l'uno e l'altro comunicato, sembrano eterne. Quelle poche linee di un comunicato arido come un bollettino clinico contengono materia suffic.ente per un poema che non sarà mai scritto : contengono gli clementi per la storia. Sono la storia. E noi viviamo di e in questa storia.

È tra Somme e Oise che si gioca il nostro destinò. Essere o non essere. Civiltà o Kultur. Diventare tedeschi o rimanere noi. Noi, coi nostri difetti e colle nostre virtù Noi, Nazione; oppure noi colonia tedesca. È questa la posta della battaglia che infuria da otto giorni al fronte occidentale. Ebbene, noi non dubitiamo. Non vogliamo dubitare. Non mettiamo nemmeno come ipotesi una vittoria del Kaiser. È imp9ssibile. A fronteggiare le orde germaniche, ci sono milioni di uomini e ci sono tre popoli. Di più. C'è il mondo. La battaglia può avere ancora delle oscillazioni. Tutti i belligeranti - compresa la Germania, che subì al principio della guerra l'invasione della Prussia orientale - conoscono queste ore di crisi. All'epoca della .rtrafe-expedition, noi italiani, abbiamo trepidato per tre settimane, e per un mese, dal 24 ottobre al .2.6 novembre 1917, siamo cimasti nella più triste delle incertezze. Il t erritorio non è la posta del gio co. h il tappeto sul quale si gioca. Questo non bisogna stancarsi d i ripetere a coloro_che si impressionano per la profondità dell'avanzata tedesca. Altra volta, i tedeschi si spinsero sino alle porte di Parigi e poi rifecero la strada La battaglia non è finita È appena incominciata. Dura da otto gior.òi e può durare alcuni mesi. C'è, forse, una crisi degli eserciti franco-inglesi? No. La loro efficenza è al massimo. C'è, forse, una crisi dei po poli dell'Intesa ? Nemmeno. Il rinno_vato attacco tedesco fortifica la coesione nazionale tanto in Inghilterra,· quanto in Francia.

Durando questa 'tituazione di fatto, il successo tedesco non può diventare una vittoria. Venti villaggi, tre città, poche decine dì migliaia d i prigionieri. Questo è il bottino ancor~ troppo modesto per g iustificare inni di vittoria. Per vincere, la Germania deve sfasciare g li eserciti e abbattere i popoli. Ma l'occidente n o n è la Russia. Non ci sono in Inghilterra ? in Francia del bolscevichi disposti ad

DAL
MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO Dl ROMA 413

aiutare il militarismo tedesco, o rganizzando il tradimento aUe spalle dei soldati. I soldati non hanno «fraternizzato» n elle trincee, Settimana dì passione. Di sacraicio. Del più grande sacrificio che i popoli liberi e pacifici del Mediterraneo abbiano conosciuto nei millenni della loro storìa. Del sacrificio che non può essere inutile, Esso deve aprire la Pasqua, il <e passaggio» verso il regno degli uomini in tçrra.

Bisogna vivere quest'ora di fede e di sangue, religiosamente.

MUSSOLINI

Da li Popolo d'Italia, N. 88, 29 mano 1918, V. Pubblicato a.oche sull' edizione di Roma, N. 90, 3 1 mano 1918, V.

414 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLJNI

QUALE DEMOCRAZIA ?

(UN PROCESSO)

Il processo non è quello di Genova. b un altro. È quello che Pantaleoni .sulla Vita lnt"nazionale ed Enrico Corradini ncll' Idea Nazionale muovono contro la democrazia. L'Avanti I sovietista e qui ndi ultra democratico si affretta ad ospitare·come articolo di fondo la r equisitoria del duce del nazionalismo italiano. Questo processo alla democrazia comincìa ad essere sufficentemcnte noioso, Tutte le volt e che la guerra giung e a una delle sue crisi fot midabili sorgono i pubblici ministeri del nazionalismo italiano e, nel caso attuale, con un senso di squisita intempestività, ad imprecare contro la democrazia,- a caricarJa di tutti i mali possibili e i~maginabili dell'universo, Una domanda e parliamoci chiaro. Tempestando periodicamente contro la democrazia è forse la Quadruplice nemica, dalla Germania alla Turchia, che ci proponete a campione e modello ? Perché, se dobbiamo andare a scuola dai nostri nemici, è perfettamente inutile non che stupido, combatterli. Ma i nazionalisti n on sanno che cosa dicono e nemmeno che cosa vogliono, Fo rse, non avendo ancora il coraggio di .esibire al pubblico le loro segrete non che ardenti simpatie per Hindenburg, si sfogano sputando sugli avversari del Grande Maresciallo cli Prussia.

Insomma qucstì signori con chi ce l'hanno ? Con la d emocrazia in assoluto, in astratto, sotto la specie d ell'eternità o con un tipo speciale di democrazia ? Oggetto dei l oro scherni e delle loro contumelie sembra

« la democrazia - regime di scrocco per poche minoranze a carico dello Staio - non già la democrazia sana nell'onesto regime delle classi produttive ». Ma. allora, a confessione dello stesso Corradini, ci sono o ci possono essere due democrazie o quanto meno due forme di democrazia. Il regime· di scrocco non è necessariamente democratico, può essere benissii:n_o ancùn rlgime, pre '89 o zarista. Lo zarismo cn democn .tico? Afhtto." Eppure era il regime più spaventevole dì scrocco che la storia abbia mai conosciuto. Era la cuccagna per una minorarw. di nobili fannulloni, dì burocrati imbecilliti e di una Corte dominata da un v illano alcoolizzato e abbrutito come Rasputin. Questo regime che era la negazione assoluta della democrazia ha saputo

fare almeno la guerra ? N o. Dunque è assurdo accusare il regime democratico, in quanto tale; di incapacità di front e alla guerra. A)tri regimi possono trovarsi nelle stesse condizioni. Una democrazia tipica, invece, co me quella inglese, sa fare la guerra. Saprà farla anche la più grande delle democrazie : quella americana. Corradini dice che l'impexialismo germanico colpi in Europa nazioni che erano in piena vitalità. Vero. Ma poiché il reg ime politico dì queste nazioni era democratico, ne consegue che esso non ba impedito lo sviluppo di qùesta Jòro piena vitalità. Dunque : si può essere vivi e vitali anche in reg ime di democrazia. Caillaux può essere l'esponente d ella democrazia di scrocco, Clemenceau è l'esponente della democrazia · sana, produttiva, e, quando occorre, guerriera.

D'accordo che democrazia e ìmperialismo non sono termini necessariamente antitetici, Ogni essere che vive è imperialista nel senso che tende ad affermare nei riguardi del mondo esterno l a sua volontà Ma è il modo col quale l'imperialismo viene praticato, ciò che distingue un imperialismo dall' altro : l'imperialismo tedesco, per esempio, da quello inglese, L'imperialismo non è necessariamente anti-democratico e la democrazia non è necessariamente anti-imperialista. La politica di LJ oyd G eorge è democratica ma imperialista al tempo stesso. La parola impero è quella che ricorre più frequentement e nei discorsi del primo ministro ing lese. Ma volete forse mettere Lloyd George sullo stesso p iano di van Bernhardi o di Bismarck ?

Un conto è la democrazia; un conto è la condotta democratica o piuttosto parlamentare della guerra. Mi direte che un regime di democrazia non ammette altra condotta d ella guerra che non sia democratica. Vi rispondo che Roma democratica accettava la dittatura in tempo di guerra. Più volte noi abbiamo fatto il processo non alla democrazia. ma alla condotta democratica della guerra. Del resto una tendenza. sempre più marcata a sottrarre 1a guerra, nel suo svolgimento, ai criteri, ai pregi udizi, allo stato d'animo infido dei p oliticanti d i professione, c'è stata. ·

Le nazioni anche democratiche hanno a poco a poco accentr11.to il potere reale in p ochi u omini o in un uomo solo. In un certo senso Lloyd George, Clemenceau, Wilson sono trC dittatori democratici, Dunque non c'è antitesi insuperabile fra ditta"tUra e democrazia, come n on c'è fra democruia e imperialismo. Se le cose della guerra non sono andate e non vanno ancora secondo i nostri desideri, tre ipotesi possono

416 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

essere formulat e. O questa tendema alla dittatura democratica o alla democrazia dittatoriale non è ancora abbastanza pronunciata o non è ancora munita di tutti i poteri o è la guerra che p er Ja sua vastità, per i suoi imprevjsti e per il suo stesso carattere enormemente democratico, consacra e documenta l'insuffi.cenza di tutti gli uomini e di tutti i regimi : dalla democrazia federalista di Wilson alla monarchia castale di Guglielmo II. Bisogna ancora domandarsi se nei paesi d'occidente una condotta della guerra copiata dalla Germania non avrebbe prodotto inconvenienti assai gravi, d'altra nat ura. In una guerra come questa ·i criteri puramente militari devono essere i predominanti, non i soli.

Ma la condotta della guerra, condotta che noi p er nostro conto vorremmo sempre meno democratica, sempre meno parlamentare, sempre più dittatoriale, non esclude che i fini della guerra possano essere democt9tici. Dittatura nei mezzi, democrazia nei fini. E per democrazia n oi intendia mo il sano ed onesto regime d elle classi produttive, non il parassitismo delle caste nobiliari o militariste. Ci sembra che .indicare come fine di guerra l'avvento nella nostra e nelle altre nazioni di questo sano regime d elle classi ·produttive, possa g iovare assai al morale dei. combattenti e al conseguimento della vittoria.

Scendendo in campo per discutere e svalutare i fini che debbono essere democratici della nostra guerra, invece di criticare e di opporsi alla condotta democratica della guerra, il Corradini offre ai sabotatori della guerra stessa e ai socialisti ufficiali che hanno portato e vogliono portare alle estreme conseguenze il reg ime dello scrocco eco nomicO e politico, armi nuove e insidiose.

Che cosa vuol dimostrare Corradini ? Che la democrazia è incapace di darci la vittoria ? Gli faccio osservare:

1 . Che nemmeno gli Imperi Centrali sono riusciti sinora a vincere, malgrado la loro brillante ed esclusivamente militare condotta della guerra.

2. Che se i popoli dell'occidente hanno resistito e resistono> segno è che 200 anni di democrazia come in Inghilterra o 1 oo come in Francia o 60 come in Italia non li hanno imputriditi.

3. Che le nazioni democratiche dell'occidente non ~nno vinto perché l'unica nazione della Quadruplice Intesa, non d emocratica e anti-democratica, la Russia czarista, non ha saputo fare la guerra. Se l'avesse saputa fate, non scoppiava la rivoluzione. L'impero dei R omanojf ì andaJo a p,z.z./ perchl non ha .raputo fare IA g111rra.

Dunque : anche un'autocrazia come una qualunque v iLissima democr2zia può non saper fare la guerra. E allora la tesi nazjonalista che nega alle democrazie, in quanto tali> le capacità guerriere è solennemente

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO 01 ROMA 417

sfatata d all'evidenza che splende eroica fra Somme e Oise in t erra di Francia.

O non è più questione di regime o i n questa tragedia immensa tutti i r egimi e tutti gli u~mini sono insufficenti, Partendo in guerra contro la democrazia, Enrico Corradini no n spiana la via a un ritorno di altri regimi condannati, ma apre la strada al regime dei Sovièt.

Ecco perché Enrico Corradini è diventato collaboratore o rdinario del giornale che si ripromette le maggiori fortune ai danni della Pat ri:t, dalla diffamazione tenace e i n malafede della condotta, ma soprattutto dei fini della nostra guerra, L o spettacolo è abbastanza grottesco. Corradini è in compagnia d i co loro che tra le autocrazi~ e le democraz.ie - considerandole tutte alla stessa stregua e tutte quante ree di imperialismo - sono andati a cercare il vangelo della salute univer sale a Zimmerwald.

D a l i Popolo d'/Jalùr, N B9, 3o ·marzo 1918, V. Pubblicato anche s ull'edizione di Roma, N. 93, 4 aprile 191S, V.

418 OPERA OMNIA Dl BENITO MUSSOLINI

P A U S A

Le ultime notizie che g iungono dalla fronte di Francia indicano che il punto più critico della battaglia è stato superato. La pressione dei tedeschi è diminuita e i franco-inglesi si consolidano sulle linee, in attesa ch e il flusso incessante delle riserve p ermetta di sviluppare la contro-manovra.

Non è da escludere che i t edeschi, dopo la breve sosta pasqua.le, riprendano l'offensiva, ma oramai il primo slancio è spezzato e le condizioni che hanno assicurato il successo iniziale ai tedeschi non esistono più o stanno per essere eliminate.

L'o ttimismo di Clemenceau, che « ha dormito dopo alcune notti d'insonnia)> , sarebbe sciocco e pericoloso, se non si appoggiasse - come è certo ___..: a d ati di fatto che legittimano più che la speranza, la certezza della riscossa. Se le interviste di Hindenburg non fossero ancora fresche cli inchiostro; se i telegrammi del Kaiser non fossero cli ieri, potrebbe riuscire facile ai tedeschi - ora che la vittoria agognata si allontana - ridurre al minimo gli obiettivi che la Germania si riprometteva di conseguire colla tanto strombazzata offensiva. G li obiettivi non erano soltanto tattici; erano strategici e quindi politici.

L'offensiva scatenata il 21 marzo doveva inftangere il fronte occid entale e costringere alla pace l'Intesa. Che l'offensiva si pwponesse obiettivi g randiosi; che nel pensiero degli imperialisti e dei militaristi cli Berlino questa offensiva dovesse reca re là decisione e la pace, è dimostrato prima di tutto dall'ampiezza e dalla violenza d ell'attaC:Co ; dal fatto che l'imperatore ha assunta ufficialmente' la direzione delle operazioni e dal tono e dalle parole degli stessi comunicati tedeschi. '

Dopo dieci giorni di combattimenti fierissimi, come si presenta la situuJone? All' attivo tedesco suono : la cattura di alcune decine di migliaia di prigionieri e di alcune centinaia di bocche da fuoco ; la conquista di un · territorio abbastanza vasto, sulla maggio r parte del quale dal 1914 non cresce filo d'erba. Successo, dunque, no n vittoria.

"E il successo stato pagato a carissimo prezzo. il. sintomatico

che il b ollettino tedesco abbia sentito il bisogno di calmare le apprensioni so rte in Germania, dichfarando che le perdite sono rimaste nei « limiti normali)>.

R esta a vedere che cosa significa « limiti normali » secondo le idee dello St ato Maggiore tedesco. La verità è che le perdite dei bo,be.r sono state fortissime, g iustificate se lo sforzo, il sacrificio fosse stato coronato dalla vitto ria, spropor2:ionate al ·successo relativamente magro di bottino in uomini, armi e t erritori. La Germania p o teva cantare vittoria, se gli eserciti imperiali fossero riu sciti a separare i francesi dagli inglesi, se - sopcattutto - l 'azione militare tedesca avesse minato la compagine nazionale in Francia e in Inghilterra.

Ma un generale tedesco - e non dei minori - è costretto a consta tare melanconicamente c h e nemmeno in Italia la scon fitta m ilitare. dell'ottobre ha determinato il crollo morale del popolo. Se questo n on è accaduto in Italia, non era semplicemente folle sperare che Francia e Inghilterra si sarebbero sfasciate sotto l 'urto nemico?

I popoli s ono in piedi, superbamente. Gli eserciti si sono fusi. C'è un solo esercito in Francia, oggi, e u n solo comando. Quel generaJissi mo che' da v arie parti e in occasioni diverse era stato i nvocato, n on soltanto da noi, ma da uomini come l'Hanotaux, è stato imposto dalle circostanze

Bisogna p ersuad ersi, che se in seno alla Quadruplice Incesa c'è una nazione che ha i titoli per assumere la direzione della guerra su tutti i fro nti, questa nazione è la Francia. La Francia che ha u na tradizione militare unica in Europa : una letteratura militare di primo ordine e ha rivelato in q uesta g uerra ~ei generali che · si chiamano } offre, Nivelle, Pétain, Foch. I fran cesi sono gli artisti, anzi i v irtuosi della g uerra.

Quando u n ufficiale francese si volge al passato , trova, nella storia della sua n azion e, nomi di capitani e di v ittorie che abbagliano di luce imperitura il mondo. Date a questi generali un materiale umano magnifico - pieno d 'impeto come è quello francese, e d o- · tato di san g ue freddo eccezionale e di consapevolezza come quello ingJese - e non vi sembre ranno più lontane o cecvcllotiche le possibHità di vittoria.

La falla di Caporetto ci diede il Consiglio permanente interalleato di g uerra; l'odierna offensiva ted esca ci ha dato il generalissimo .

È un po' triste, però, c he solo la lezione delle cose spin g a i G overni all'adozione di p r ovvedimen ti, la cui necessità e ra stata da tempo intuita dalla coscienza popolare.

420 OPER.A OMNIA
BENITO
DI
MUSSOLlNI

Foch, l'eminente stratega, ·oggi generalissimo, è la garanzia che la Germania non riuscirà nell'attuazione del suo piano.

L'opinione p\lbblica sente che una controffensiva in g rande stile degli Alleati che annullasse il successo te.r.ritotìale conseguito dai tedeschi, potrebbe avete ripetcussioni gravissime all'interno della Germania.

Da quanto è lecito arguire, questa contro-manovra non può tardare. Attendiamo, con immutata fede.

Da Il Popolo d'Italia, N . 90, 31 marzo 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma., N. 91, 2 aprile 191 8, V.

DAL
MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO O( ROMA 421
MUSSOLINI .

LA BATTAGLIA COMUNE

L'agenzia Hava.s, ufficiosa o q uasi ufficiosa del G overno francese, annuncia la presenza di trnppe austriache e bulgare sulla fronte occid entale. • ·

Non truppe dì artig lieria, si noti bene, perché l'artiglieria austriaca ha avuto sempre una rappresentanza, più o meno notevole, nell'esercito tedesco, da qua ndo i mortai Skoda da (( 305 » sinantellarono i forti di Liegi ; ma d ivisioni d i fanteria. Se il numero di 13 divisioni è esatto, le truppe austro-ungariche al fronte occid entale salgono alla rispettabile cifr a di 140- 15 0 mila soldati. Il primo annuncio d ella partecipazione dell'esercito austro- ungarico all'« offensiva dell'imperatore» fu dato dai giornali tedeschi e ci fu qualcuno èhe trovò strano il fatto

Niente di s trano I I tedeschi ci tenevano a far sapere a tutto il mondo che gli austriaci - conformemente alle dichiaraz ioni di Czernin - si battevano non soltanto p er Trieste, ma anche per Strasburgo .

A vviso eloquente agli imbecilli - di ingenui n o n è più il caso di p arJare 1 - che si ripromettevano con dei ménagemenfr a Carlo I di staccare l 'Austria-Ung heria dalia Germania. Perfino il Tempr, che ha fama di giornale « serio », m etteva in dubbio la partecipazione degli austriaci alla campag na in occidente e « ammoniva» g li au striaci di non creare a colpi di canq.one l'irreparabile I Quando si dice l'a us t rofilia I Come certi amanti, che più si vedono respinti e più s'infiammano, cosl gli austrofili di Francia e d'Inghilterra -no nostante l'esperienza di quatfro anni di guerra - continuavano a spasimare per Vienna. Se la co mmedia non finisce ora, v uo l dire che l'Austria non ha soltanto degli amici sciocchi, ma dei complici pericolosi,

V Austria-Ungheria si batte Marcia dove tuo na il cannone, secondo la frase napoleo nica. Volentieri o no , p oco impo rta. G li austriaci sono mischiati ai tedes<:hi, fra Oise e Somme.

...
::-:. .;-.

Questo è il fatto, La. battaglia fra Somme e Oise è diventata la battaglia di tutti i belligeranti; la battaglia dei vecchi eserciti, dei nuovi e dei nuovissimi, come l'esercito a mericano; è la battaglia di tutte le nazioni. Anche dell'Italia. Difatti il bollettino francese annuncia che i nostri capronisti sono sul fronte occidentale e si comportano magni6camente. [Cmsural

MUSSOLINI

Da Il P(lpolo d'l1alia, N. 92, 3 aprile 1918, V. Pubblicato anche sull' edi~on.e di Roma, N . 94, 5 aprile 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WlLSON AL CONVEGNO DI ROMA 423
SI,• X.

ACCADEMIE

COLPI ALTERNATI

Dopo dieci giorni di furibonda offensiva degli eserciti impeciali, nella pausa breve in cui tace il cannone, ecco levarsi a Vienna la vocé patetica del conte Czernin, che a primo udito può sembrare il canto cli una sirena nell'intervallo d i una tempesta. Ma la sirena C2ernin, esaminata da vicino, e volendo con6nuare nelle similitudini acquatiche, è un mostro della stessa identica specie degli altri c he hanno voluto e scatenato l'offensiva del Kaiser.

Esaminiamo il discorso nei punti essenziali e ci sarà facile denunciarne tutta· 1a doppie2za e l'insincerità.

Non si fantastica ritenendo questo discorso falsamente pacifondaio come il preludio dell'offensiva austriaca sul nostro fronte.

È interessante anzitutto rilevare 1a genesi - assai materiale - del discorso. Il discorso Gcrnin, destinato ad avere una ·eco mondiale, come tùtti i discorsi degli uomini politici responsabili in quest'ora, è nato ·dalla fame. Una commissione presieduta dal borgomastro d i Vienna, Weisskirchner, riunitasi il venerdl santo <( per esaminare la trùle sit11azione alimentare », decise di compiere un passo verso Czcrnin, in quanto - cd è verissimo I - il problema dei viveri è strettamente legato alla sit uazione politica generale. Dunque : malgrado la « pace del pane» conclusa ad oriente, pane non c'è e non ne arri va. Se la situazione nella capitale è - per confessione del borgomastro - triste, nelle provincie dev'essere tristissima. Nelle provincie me no simpatiche alle due caste dominanti dei tedeschi e dei magiari, il problema dei viveri ha -questo nome : carestia.

Ciò stabilito, i punti essenziali del discorso sono i seguenti :

1. Riaffermazione dell'alleanza indissolubile colla Germania. Dichiarazione pleonastica perché solo dei ciechi, affetti da cecità volontaria, potevano e possono supporre il contrario. Dal 1916, l'AustriaUngheria è «inquadrata>> nella Germania. Credere di distaccare queste due nazioni unite per la vita e per la morte, è semplicemente follia 1 •

1 Cztf'nin ri 1in1e a far sapere rhe « le truppe austro-ungariche e tedesche combattono a fianco a fianco, unite ptt la difesa dell'Austria-Ungheria e della

2., Rinnovata adesione ai principi generali di Wilson, · che riguardano la futura possibile sistemazione politico~giuridica del mondo. Adesione ai principl generali, non alle altre condizioni concrete, che pure figurano nel messaggio wilsoniano.

3. Un~ menzogna circa una démarche di Oemenceau. La smentita del Presidente del Consiglio francese è secca e categorica I

4. L'affermazione di avere concluso colla Romania una pace senza annessioni è di un cinismo unico I Il conte Czemin ammette, però, che alcune piccole rettilicbe di confine sono state effettuate I Piccole?

« Mercé lo spostarn~to del confine fino all'altezza di Turo Severin - ha detto il ministro - mercé l'appalto per cinquant'anni al preuo di mille "lei " per anno dei preziosi impianti del cantiere presso la città di Turn Severin, insieme con le strisce della sponda poste tra il cantiere ed il nuovo confine, nonché l'acquisto del diritto di appalto delle isole di Ostrovumare, Corbe e Simaanu, sono garantiti la tutela e lo sviluppo delrimportantissimo naviglione (sfr] sul Danubio in(e. riore e la sicurezza delle Porte di !eiro.

« Con lo spostamento del confine nella zona carbonifera <li Petrosmy di pareçchi chilometri verso sud oltre al Passo di Surdak viene in nostro possesso anche il punto dominante di La.inia e si garantisce meglio il nostro bacino cat· bonifero. Nagyszobs e yolgarasz ottengono un nuovo confine di garanzia largo in media da 15 a 18 chilometri.

« In tutti i passi importanti come Pnedeal, Be<fza, Cymies Bokas e Teelgies il nuovo confine è spostato sul suolo rumeno quanto lo richiedono le r agioni militari. L'angolo fra i tre Stati diventa con:6ne nostro, cosicché è possibile una congiunzione meglio s icura tra l'Ungheria e la Bucovina. Lo spostamento del confine ad est d i Czernovitz d eve protc-ggere efficacemente la capitale della Bucovina sinora in balla delle aggressioni nemiche» .

Queste che Czernin ha strappato non sono « rettifiche» di confine, ma mutilazioni vere e proprie della Romania, veri e propri attentati al diritto delle genti che nessuna untuosità di linguaggio può conciliare coi famosi principi generali enunciati da Wilson.

, . Nonostante la pace coll'Ucraina - nel quale Stato la sìtuaziorie è ancora enormemente confusa e dà luogo a continue sorprese, come ad esempio la riconquista di Odessa, evento che Czernin si è «dimenticato ~) di ricordare - il problema dei viveri è lungi dall'essere nonché risolto, avviato a una soluzione. Le cifre date dallo Czer-

Germania . 1 nostri eserciti - ha con#nJJd/() il ,niniJ tro - dimostreranno all'Jn. tesa che le aspirazioni francesi e italiane sui nostri territori sono utopia e che si faranno terribile giustizia da sé». Notewle, chi Czernin i:1bbia messq su llo Jtesso pianq l e rivendicazioni franresi per I' Alsa:.ria-/.brena, come le rivmdir.aioni it11lùme sulle terre i ffednue. Ba.ueranno queste f,af'Ole e .sopraJJutto i fatti a persuadere g/i {IJ/SJrofiJi_?

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 425

nin, devono aver « gelato », letteralmente gelato, i comnùssari del Comune di Vienna. Il Governo ucraino - cioè la Rada· - aveva promesso un milione almeno di tonnellate di g ranaglie. E finora, do~ sett e-otto settimane dalla firma d ella pace, ne sono giunti in Austria lrtnla vagoni. Una irrisione I Il conte Czcrnin si è affrettato ad aggiungere che altri 600 vagoni sono p ro nti, ma << le difficoltà p er la importazione sono grandi». Si capisce I L'Ucraina è in piena guerra I Fra b re ve tutto procederà bene, ha detto Czernin. Resta a vedere che valore ha, nel tempo, quel « breve » czerniniano...•

6. Per noi, oltre a queste consolanti affermazioni circa la situazione alimentare dell'Austria-Ungheria, il punto più importante del discorso è l'ultimo, cioè l'attacco agli czechi, coll'anatema bassamente ingiurioso lanciato sulla testa dell'apostolo di questa g rande nazione : Masaryk. Il furore di Czcrnin contro gli ciechi si spiega per· fettaroen te. In Ucraina i volontari czechi dànno molto 6.lo da to rcere agli imperiali e rendo no infinitamente penosa e aleatoria l'esportaz.ione di quel milione di tonnellate di grano che la vacillante Rada aveva promesso.... In Francia, i n Italia, negli Stati Uniti, legioni di volontari czechi militano negli eserciti degli Alleati. Nell'interno del1'Austria-Ungheria i boemi si accampano come nemici contro uno

· Stato nemico. I rapporti fra Stato austro-ungarjco e Nazione acca devono essere tesi all'estremo, se Czernin ha sentito il bisogno di dedicarvi la parte più infiammata del suo discorso.

« Quale terribile ironia! - ha esclamato Czernin. - I nostri fratelli e figli combattono come leoni. .Milioni di uomini in patria implorano dall'Onnipotellte una rapida pace e cer ti capeggiatori del popolo e rappresentanti del popolo t es· sono macchinazioni contro l'alleanza tedesca affermatasi cosl splendidamente e compilano ordini del giorno che non tengono il menomo conto dell'idea d i Stato; non hanno una parola di biasimo per le truppe czeche che combattono ddittuosa· mente contro la patria ed i fratelli d' arme; vogliono strappare parte dello Stato austriaco; tengono protetti dall'i'mmunità discorsi, i quali non possono essere in· terpretati che come un appello all'estero nemico di continuare l a lotta per appog giare le loro tendenze politiche e ravvivano continuamente il morente futore guerresco di Londra, Roma e P arigi.

« Masaryk, il miserabile e spregevole Masaryk, non è il solo della sua specie. V e ne sono" anche entro i confini della monarchia. Dice che non muoverà accuse generali. Conosce la Boemia e fa le dovute distinzioni».

Questa requisitoria del ministro austro-ungarico dimostra che bene ha fatto la Quadruplice Intesa a sposare apertamente e lealmente la causa dei boemi e in generale di tutti j p opoli oppressi dai tedeschi e dai magiari. Qui, è il punto vulnerabile della monarchia bicefala. È su questa strada che d'ora innanzi bisogna più decisamente -che

426 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DAL MESSAGGIO DI WJLSON AL CONVEGNO DI ROMA 427 per il passato - camminare. La coscienza popolare ba avuto più

·rapidamente l'intuizione di ciò che doveva essere tentato, per inde· bolire la compagine interna e quindi estema della monarchia, Ed ora che Czernin ha parlato, vorremmo formulare un augurio : che non si ricominci un'inutile accademia a base di discorsi. I tedeschi che non erano più a Noyon, sono oggi a Montdidier e noi, italiani, li abbiamo ancora sul Piave. Questa è la realtà. Non ricadiamo nelle panie pacifiste di Vienna. Czemin è u~ maschera. Il volto è Ludendorff.

MUSSOLINI

D a Il Po polo d'l1alia, N. 94, 5 aprile 19 18, V. Pubblicato anche sull' edizione di Roma, N . 97 , 8 aprile 1918, V.

POLIFEMO CRISTIAN....

IL GREGGE SENZA PASTORE

I cattolici di Francia hanno atteso invano che dalla Cattedra di Piero scendesse una parola cli esecrazione per l'eccidio compiuto, dal cannone tedesco, il vcncrdl santo, in una chiesa di Parigi. Sette sono le parole" di Cristo, nel Mistero che si celebrava, e il suo Vicario non ne ha aggiunta una sola di pietà pei morti, nell'adora2ione del, l'altea Morto. I cattolici di Francia hanno atteso invano. Benedetto XV ha taciuto, tace. E. neutrale, Sì. Qualche cosa h a fatto . Ha incaricato il segretario di Stato, l'obliquo monsignor Gasparri, di spedire un telegramma di condog1ianza. Niente altro. Un telegramma qualunque come per un qualunque altro «affare)> di Stato. Un telegramma banale e odioso, perché in ultimo parlava di soccorsi materiali, in denaro, come se un pugno di monete bastasse a lenire tanto stra.2io.

Anche il telegramma all'arcivescovo di Milano si basa s'u di una equivocazione e restrizione mentale. Monsignor Ferrari d eplora « l'eccidio barbaro ». Cioè l'eccidio in sé. Ma anche lui tace di fronte a coJoro che l'haMo compiuto. ·È l'eccidio che è barbaro, non già barbari sono quelli che l'hanno perpetrato Distinguo...•

Eppure all'annuncio del massacro parigino, passato il p rimo brivido di emozione, tutti g li sguardi dei credenti, e anche quellì dei non credenti, si volsero a Roma. Il modo, il tempo, il luogo della nuova gesta feroce, sospingevano milioni di anime, all'attesa illusoria.

Venerdl santo Una chiesa, Settantacinque morti e cento feriti.... Innocenti che pregavano.... Donne, bambini.... Dalle moltitudini dei credenti, -che non hanno teologizzato la religione di Cristo che fu profondamente umana -non forse si deEniva il Figlio di Dio anche Piglio dell'Uomo ? - sino a spogliarla di ogni residuo di umanità, si levava una voce implorante. Era il gregge sorpreso, angosciato, sgomento che si volgeva al Pastore. « È mai possibile, si domandavano gli umili, che davanti a questo sacrilegio di sangue non insorga il Vicario di Cristo ? È mai possibile che il papa non trovi, contro l'impcnttore, una di quelle apostrofi che fulminavano i re pre potenti ,

n ell' alto me9,io evo? Non sigilli, colla sua, la maledizione di .A.mette ?

Non è quella s tessa Cattedra di G regorio VII ? ».

Un tempo la chiC:sa e ra l'asilo che n essuna potenza profana. poteva varcare. Bastava che il vescovo, tenendo alta la croce, si pon esse sulla porta, e Sant'Ambrogio lo fece durante quel periodo di creazione comunalista, n ella quale _Milano, come dice Orfani, fu l',wanguardia eroica della Nazione, perché monarchi e principi -e baroni e cavalieri abbassassero Je armi, chinassero la t esta dinanzi alla casa di Dio e al rappresentante della potestà divina. Se in quel period o una chiesae fosse stata l'ultima dell' ultimo villaggio I - avesse subito la profanazione orribile della chiesa parigina, i papi avrebbero chiamato i credenti alle armi per la guerra santa. La scomunica avrebbe raggiunto i colpevoli e i loro seguaci Il delitto sarebbe stat o duramente espiato.

Oggi non più.

Oggi, il teologo t eologante chiuso nel Vaticano. è un ragiona4 tare freddo, che non h a « trasponi » sentimentali ; un p olitico calto latorc, senza passioni. Egli dice : « Dio vede, prevede, controlla utto ciò che accade n ell' Universo dall' infin.itamente piccolo d el mi• crocosmo all'infinitamente grande del macrocosmo . Dio p oteva i m• pcdire l'eccidio. Non lo ha fatto. Dunque n on lo ha voluto, Se l'ecci4 d io è avvenuto, l'eccidio doveva essere. Forse nell'eccidio stesso c'è il dito di Dio. Porse Dio ha voluto l'eccidio, e in quelle speciali determinate circostanze di t empo, di modo, di luogo, perché .maggiore somma d i odii si accumulasse sulla gente tedesca. Ad ogni modo, i disegni della Provvidenza sono imperscrutabili. Io, papa, n on li discuto. Li reg istro)>,

Ma la gente umile ribatte : « Perché gli altri papi non facevano gli stessi ragionamenti e si comportavano in modo diverso?>>.

Perché - rispondiamo - gli altri n o n erano soltanto papi, ma eran o a nche uomini. . Perché non erano neutrali. Perché q uando il gregge era assalito dai lupi, essi lo difendev a no e non lo abbandonavano ai lupi. Pe rché erano papi ch e propagavano la fede in Dio, mentre Benedetto XV è il papa deicida. E cosi accadrà che il gt'egge avrà ribrezzo del su o p astore. Si a~ontancrà dall'ovile, in cerca di un altro dio, di un altro pastore, di un'altra fede.

Da Il Popolo d'l!alia, N. 95, 6 aprile 1918, V.

DAL
4 2 9
M ESSAGGIO DI WJLSON AL CONVEGNO DI ROMA

[PER IL PRIMO ANNIVERSARIO DELL'INTERVENTO AMERICANO]•

Si affaccia quindi alla ftmslra il nostro Direltore, all'indirizzo del q111Jle la folla rinnova ,ma ~a/da dimostrazione d'affetto. Prima ch'egli potsa parlare trascorrono alrnni minuti d11ranle i quali grida inteuanJi di « Viva M,asolini ! Viva Il Popolo d' Italia I » vengono ripetute da migliaia di dltadini. Rfrtabilitosi un relativo Jilenz.io, Mu.uolini inizia il suo di!(orso.

Cittadini I

Il tempo non consente lunghi diScorsi. Non parlo del tempo che chiamerò meteorologico, ma del tempo storico che da qualch e settimana ha precipitato il suo ritmo. Oggi in tutta Italia si svolgono manifesta~oni df::gne di questa ora unica nella storia del mon do, ( Applausi).

A Pontida si reca la gente bergamasca a rinnovare il giuramento che già la Lega dei Comuni lombardi fece sette secoli fa quando sces~ in campo contro il Barbarossa ; a Ro ma una imponente dimostra·2:ione di popolo va all'ombra del Colosseo ; qui il popolo di Milano esprim e con la sua moltitudine e con il suo entusiasmo tutta 1:1. s impatia profonda e ardente che sente per la nobile democrazia americana (Grandi acclamazioni).

Si compie uh anno, oggi, dal giorno in c ui Wilson, che a ·giusto titolo potrebbe essere chiamato Wì lson il saggio, dopo av er ~ealmente atteso che la Germania tornasse alla ragione,,snudò la spada e scese in campo. (Grida di: « Viva Wilson I>> Applall.fi).

Seimila leghe di oceano non hanno ·trattenuto gli Stati Uniti dal compiere il loro preciso dovere. L'importanza dell'intervento ameri-

• Discorso pronunciato a Milano, da una finestra della sede del consolato ame· ricano sita in via Bocchetto, il pomeriggjo d ei 7 aprile 19 18, durante una manifestazione indetta dal comitato milanese d 'azione fra mutilati, invalidi e fer iti di guerra i n onòre del popolo ameriGfoo. Prima di Mussolini, aveva parlato l'unbasdatore degli Stati Uniti, Nelson Page. (Da Il Popolo d'I1alù1, N 97, 8 aprile 19 18, V)

cano non sta già solamente nel fatto che l'America ci dà e ci darà munizioni, uomini e provvigioni. Vi è qualche cosa di più profondo che dà un senso di più intima sicurezza alla nostra coscienza di uomini e popoli civili. Wilson il saggio non avrebbe mai sposato la nostra causa se non avesse avuto la ferma, assoluta convinzione che si trattava r ealmente d i una causa giusta e santa. (Grida di: « Viva Wiùon I))) [CenmraD.

Cittadini I

È per noi un orgoglio e una soddisfa2ione trovarci in buona compagnia, t rovarci insieme .con 2.3 popoli che lottano contro il.barbaro militarismo prussiano, ma deve essere anche una so ddisfazione p er gli Stati Uniti trovarsi _a fianco di una Inghilterra potente e grande, che no n trema per variare di vicende militari, accanto a una Francia che è semplicemente sublime nel suo eroismo (grondi appla,ui, grida di: « Viva la Francia!») e anche accanto all'Italia, alla nuova ltalia che ha p reso decisamente il suo p osto nella lotta m ondiale. (Applausi fragorosi).

Come l'Italia ha scoperto l 'America, cosi l'America ed il nuovo mondo d evono scoprire l'Italia, non solo nelle sue grandi città fervide di vita e sonanti di industrie,· ma anche nelle campagne dove la più umile gente attende con rassegnazione tranquilla che l'ora della pace vittorio sa e giusta sorga sull'orizzonte.

Non ci può essere più nessuno in buona fede, nemmen o l'ultimo oscuro cervello, che possa ritenere o pensare che non è la Germania che ha voluto la guerra e che non è la Germania che vuol continua~e la guerra p e r ridurre tutto il mondo in una orribile caserma prussiana (A((/amaz.ioni. Grida di : 1< M orte alla Germania I))).

Tutto ciò è n ella nostra coscienza e nella coscienza del popolo degli Stati Uniti, di un grande p opolo che conta cento milioni di abitanti, dispone di riserve immense e si è già sottoposto ad una magnifica disciplina guerresca.

Un episodio lontano mi torna alla memoria: quando Cristoforo Colombo m9sse la prora delle sue tre pòvere caravelle verso lidi non ancora esplorati e spiagg e lontane, ci fu chi lo disse pa~o ed esaltato, e certamente durante .i tre mesi cli navigazione qualche v o lta il senso ddla disperazione discese nel cuore degli uomini sperduti in me2zo all'oceano ignoto.

Ma un mattino la ciurma che era sopra coperta vide qualche cosa che si profilava all'orizzonte. Era una linea oscura, indefinita. La ciurma g ridò : « Terra I Terra ! » E tre mesi dì miseri e fu rono dimenticati nell'a ttimo consolatore. ·

DAL MESSAGGIO DI WJLSON AL CONVEGNO DI ROMA 431

Verrà giorno fo cui dalle nostre trincee fosanguinate e gloriose sorgerà un altro grido altissimo : « Vittoria I Vittoria I )} (Ent11siasti:he a,damazJoni),

E sarà la pace giusta per tutti i popoli, la pace del diritto per tutte le genti.

Cittadini l

A nome del Comitato d'Azione fra mutilaci ed invalidi di guerra, vi ringrazio per la vostra solenne manifestazione e v'invito a gridare: Viva l'America I Viva l'Italia I (li @plùe grido } ripehlto dalla folla enlmiasla Ira applausi deliranti, mentre le musfrhe inlonano gli inni patriottici. Il Console ameri,a,w, i generali Angelo/ti e Ricrardi, il comandante Fùcher, gli on. De Capitani, Valvauori~Peroni e le altre p ersonalità prmnli al/orniano M 1mo/ini çomplimentandolo vivamente. Dal basso la folla rinnova i 111oi appl(1Jlsi. La manifeslaz_ione Jjinila, ma i l p11bblico non sfolla. Allende i mutilati e M,molini are/amandoli vivamenle. I ramions partono colmi di 11j/ifiali e soldati Ira appla11si incessanti. Il nostro Direi/ore prende posto sopra uno dei camion.r ed i fatto .segno a n11011e dimo.rlraz.ioni di simpatia).

432 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

L'ADUNATA DI ROMA

Il convegno di Roma, fra i rappresentanti di tutte le nazionalità oppresse dalla monarchia austro-ungarica, è di una grande significazione e avrà certamente ripercussioni immediate e mediate della più alta portata storica. I1 convegno inizia i suoi lavori nel momento stesso in cui il ministro degli E steri austriaco getta un acuto grido d'allume contro il pericolo czeco e denuncia gli apostoli della rivendicazione nazionale aeco-slovacca, con Masaryk in testa, . quali colpevoli di alto t radimento. Consacrazione più lusing hiera d ella causa boema non si poteva sperare. I poteri responsabili d'Austria-Ungheria trattano gli czcchi come nemici, più pericolosi - secondo la frase testuale di Czernin - di quelli che stanno a Parigi, Londra e persino a Roma. La minaccia czerniniana non farà che alimentare la fiamma che arde viva nel cuore dei figli di Boemia. Il congresso cli Roma è la risposta immediata all'olttacotanza dei tedeschi e dei magiari, uniti ormai nella stessa socie/a! steleri!, per la vita e per la morte. Ma accanto agli czeco-slovacchi, sull'atteggiamento anti-austriaco dei quali non v'è dubbio possibile, in quanto esso è documentato da un lungo e sanguinoso martirio, scendono a Roma gli slavi del sud, i rappresentanti della Jugo-slavia, cioè dei serbi, dei croati, degli sloveni. Che i tedeschi e i magiari abbiano perseguitato - coi mezzi più feroci, dalle deportazioni in massa agli assassini in massa - le popÒlazioni slave del sud, è storia che non si cancella. 8 d 'ieri il discorso col quale Tresit-Pavicit, deputato croato, denunciava al mondo le infamie compiute dagli organi statali austriaci, durante la g uerra, contro i serbo-croati-sloveni.

Che gli jugo-slavi si siano messi - in accordo cogli czeco-slovacchi - sul terreno inteso.6.lo e anti-austriaco, è un fattO certo e le ultime manifestazioni del plebiscito fra le popolazioni lo confermano. Se fra gli slavi del sud la lotta anti-austriaca non ha ancora assunto i caratteri violenti che distinguono quella ingaggiata contro Vienna e Budapest dagli slavi di Boemia, Moravia, Slesia, lo si deve al fatto che il sentimento nazionale è fra gli czeco-slovacchi piò profondamente radicato, in quanto la Boemia fu già Nazione ed ha una sto ria ricca di pagine gloriose, Inoltre il dissidio italo-jugo-slavo ba « pe-

sato » sull'atteggiamento degli slavi del sud. Il convegno di Roma dke che questo dis~idio è già, almeno nelle sue basi fondamentali, f elicemente composto.

Ma la significa:zione storica peculiare e, vçrremmo quasi scrivere, o rigfoale del convegno di Roma, sta in ciò : esso stgna l'initio di 1111 n11ovo orimtamenlo polilùo, spirituale dd mondo slavo del/' E11ropa 111doaidentale. Il solo fatto che ci sia quest'inizio, questo cominciamento, è di una importanza grandiosa. Gli slavi che sino al 1917 guardavano a Pietrogrado nell'attesa della liberazione dalla stretta sempre più oppressiva dei tedeschi e dei magiari, oggi guardano a R oma, a Roma che è stata, è e sarà sempre più grande - inteso questo aggettivo nel senso storico - della città che Pietro di Russia volle, quasi con artificio, costruire sulle rive della Neva. Gli slavi si volgono a Roma, cioè alla madre antica di tre civiltà, sono ospiti della città nella quale nessun uomo civile può entrare o rimanere senza essere afferrato dal fascino che promana d a trenta secoli di storia mondiale. Roma è la città degna per il suo passato, per il .suo presente e per il suo avvenire di tenere _a battesimo la lega dei popoli oppressi. A Roma il sacro egoismo, formula statale negativa, si completa col sacro altruismo, formala popolare positiva, che concilia gli interessi ..di tutti in vista· cli uno scopo comune da raggiungere.

L'Italia che si mette alla testa delle nazionalità anti-austriache, è i mperiale. L'impero non si attua soltanto colla dilatazione territoriale delle frontiere, ma si attua, e vorremmo quasi dire soprattutto, colla estensione del prestigio morale e politico della Nazione. E se questo prestigio fosse minacciato da possibili divergenze in materia di delimitazioni territoriali, è politica saggia e lungimirante tentare le vie della conciliazione, poiché, oggi, i valori morali hanno una quotazione più alta dei semplici valori t erritoriali. Chi ~i ha seguito in questi ultimi mesi, sa che la politica delle rinuncie a priori, non è la nostra, ma non è nemmeno nostra la politica dell'intransige02a assoluta, quando la situazione militare, politica e morale, è formidabilmente cambiata. Rendere oggi popolare il nome e la guerra dell'Italia fra i trenta milioni di slavi che vengono a noi, cioè all'unica nazione armata che sposando la loro causa sia io grado di spenare le loro carene, non significa. soltanto accreScCrc di uno i fattori della nostra vittoria; ma significa gan.ntirci meglio per il futuro da possibili nuove aggressioni del pangermUU.smo ; significa creare vaste sfere di inAucnza politica e morale, per cui l'Italia terrà degnamente il suo p osto, fra le poche nazioni « direttrici » della civiltà europea e mondiale di domani. Né ci sembra necessario aggiungere che queste sfere di influenza m orale e politica, ·questo che si potrebbe chiamare

OPERA
434
OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

espa111io11is1110 rpirituale, preparerà, faciliterà l'erpan.rionismo uonomico, per il quale è ptonta a sostituire i tedeschi in tutti j mercati balcanici, la giovane, ma già gagliarda e potente industria italiana.

Quel convegno di tutte le naz.iorialità anti-austriachc, che nei mesi scorsi propugnammo ~pn tanta tenacia, è ormai un fatto compiuto. Si comprendono le preoccupazioni dei tedeschi e dei magiari. la fine del loro vecchio gioco, che consisteva nel gettare l'uno contro l'altro i popoli. È la paura delle ripercussioni che tale intesa può avere nella compagine militare e statale austro-ungarica. Il convegno cli Roma gioverà anche a ?<Jr.re tutta la Quadruplice alleata su un terreno netumente anti-austriaco.

Ai rappresentanti· delle nazioiù oppresse che, riuniti nella Città eterna, rinnove ranno il g iuramento della libertà, vada il nostro cordiale saluto.

Noi sentiamo onnipossente in questi g iorni lo spirito di Mazzini. Una politica che trae la sua ispirazione dal Profeta del diritto dei popoli, non può fallire.

MUSSOLINI

Da J/ Popoh> J'Jr.:zlia, N. 96, 7 aprile 1918, V. Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 96, 7 aprile 1918, V.

DAL MESSAGGIO DI WJLSON AL CONVEGNO DJ ROMA 435

DURANTE IL CONVEGNO

BATTUTA POLEMICA

Il convegno fra i rappresentanti di .tutte le nazionalità oppresse dallo Stato absburgico che si tieoe in questi giorni a Roma ha avuto nd complesso una « buona stampa». Tutti i giornali, da quelli che usando la vecchia terminologh possono essere definiti interventisti agli altri non interventisti, hanno salutato con parole di simpatia gli adunati sul colle capitolino.

In alcuni di ·questi gio rnali la simpatia per 1a iniziativa del conv egno, per lo spirito che lo informa e per gli uomini che vi partecipano si accompagna a rherve di ordine politico che ci piace di controbattere senza indugio.

Uno scritto del Tempo di ieri dice :

« Da una parte noi manteniamo le nostre riserve sulla possibilità di rea1inare un programma massimo di guerra che dovrebbe proporsi il completo smembramento dell'Austria-Ungheria, un programma che se dovesse esulare dai voti di un oon,gresso e divenire elemento di pcatica p olitica, complicherebbe oltre misura i problemi della guerra e della pace e ci rid()Sserebbe verosimilmente un fard ello di r esponsabilità quanto mai grave in .rapporto soprattutto alla durata della gue-rra. D 'altra parie, in relazio ne appunto a questa nostra. dubbiezza e dkiamo pure a questo nostro scetticismo, noi consideriamo inopportuno Ogni accordo che, oltre un ragio nevole e desiderato proposito di prendere contatto con popoli a noi vicini e che consideriamo cordialmente amici, implichi rinunzie p reventive ai nostri danni o diminuzione di quei diritti e interessi che ci fu rono riconosciuti dagli Alleati in un solenne patto intemn ionale che è stato reso di pubblica ragione•.

Questa è la tesi centrale dell'articolo pubblicato ieri mattina sul Tempo.

È una tesi che non sta in piedi e crediamo di poterlo dimostrare. Crediamo cio~ di poter dimostrare che volC1' la botte piena e Ja. moglie ubriaca, volere cioè la conservazione dell'Impero .austro• ungarico e la realizzazione del ·Patto di Londra, semplicemente una assurdità Jogka e st orica. Lo scrittore del T, mpo non tiene cont:o dì questo dato del problema : non l'Italia, non è soltanto l'Itàlia che si propone lo smembramento dell'Impero austro-ung.uico : sono i

popoli soggetti allo stesso Impero o, p er meglio dite, alJe due razze dominatrici dell' Impero che vogliono lo smembramento dello Stato di cui sono sudditi forati.'

Se l'Austtia·Ungheria fosse uno Stato o mogeneo o se i popoli dell'I mpero, pur nelle antitesi molteplici da cui sono travolti, dovessero favoijre la conservazione del nesso statale austro-ungarico, nella speranza e nell'attesa di più o meno illusorie autonomie interne, u na politica italiana che si proponesse come fine di guerra lo smembramento dell'Impero nemico sarebbe folle. Ma la situazione di fat t o è diversa:

I, sono i p o poli stessi dell'Austria-Ungheria che ba ndiscono il programma massimo del delenda Austria. Sulla sincerità a nti-austriaca dei boemi lo scrittore del Tempo non ba dubbi. Sarebbe difficile averne, dopo il v io lento grido di allarme dì Cz:ernin. Ma come si può pensare che l ' indipendenza totale della Boemia non intensificherebbe il fer- . mento fra le altre nazionalità oppresse?

2. i popoli slavi. non possono g ua rdare più a Piet rog rado, rìtomata bolscevicamente Pietroburgo.

Agitazioni p o litiche e attrazioni spirituali spingono ora il mondo sud-orientale verso _ di noi. Dobbiamo noi forse respingere queste correnti?

No, assolu tament e, Prima di tutto per una ragione generale di principio, per lo spirito informatore della nostra g uerra che in centinaia di manifest azioni ufficiali dei Governi è stata chiama ta guerra di libe razio ne d ei popoli. Che cosa rimarrebbe del1a gu erra di liberazione dei popoli, quando si sacrificassero al g ioco di due razze monopoli2-zatrici dello Stato absb urgico quei popoli che reclaman o il diritt o di v ivere liberi e tale diritto santifiano col martirio? Ma il rispetto per l 'ideale p er cui combattiamo si concilia con l'interesse nost ro di italiani.

La fine dell'attuale Austria-Ungheria, non s olo è la fine d ella nostra g rande nemica, ma costituisce anche la condizione fondamentale onde può effettuarsi la nostra espansione economica e spirituale n el sud-oriente europeo. _

Il n ostro campo è là, l' Italia deve inorientarsi, deve -diventare balcanica, ha in sé i requisiti per farlo. Ma se voi l asciate in p iedi nella sua costituzione a ttuale (e altre costituzioni trialistiche o tet ralistiche non so no possibili che come ripiego interno di b reve durata) l'Austria.Ungheria, l'o riente balcanic o è ·strada er meticamente sbarrata per noi. L'Austria-Ungheria riprenderà più violent o il suo Drang 11arh Ostm e caccierà l'Italia dalla penisola balcanica. La n ostr a espansione nec.essaria e natunle nel sud-oriente europeo assoluta-

DAL Ml!SSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 4 37

mente condizionata alla scomparsa dello Stato austro-ungarico e alla costituzione o integrazione in Stato nazionale delle nazionalità latinoslave oppresse dall'Austria_-Ungheria.

Sulla possibilità di realizzare questo p rogramma le opinioni possono csseie divise ; ma quanto all' utilità e alla santità del programma. non abbiamo dubbi dì sorta, Diciamo ancora : come è possibile conciliare il Patto di Londra e la conservazione dcli'Austria nella sua forma attuale ? Ma non è il colmo della assurdità soffocare l'Austria-Ungheria, poiché uno Stato espulso dal mare è uno stato soffocato, e pretendere di conservarlo ? La Mona.rchia nemica ci può, in un eccesso di mentita e subdola gen erosità, dare il .Trentino magari fino al vecchio -confine napoleonico....

È una mutilazione, un taglio p eriferico che non tocca i centri vitali dello Stato. Ma (se] Voi volete togliere alla Monarchia, secondo il Patto di Londra, non solo il Trentino, ma Trieste, cioè l'emporio marittimo unico dello Stato, e non solo Trieste, ma· Pola, il ~he suppone, non dimentichiamolo, la distruzione o la cessione della flotta militare austro-ungarica, e non solo Pola, ma Fiume, e non solo Fiume, ma un vasto tratto di litorale dalmata al nord e al sud, dal quale tratto si affaccerebbero al mare i serbo-croati. E poi, dopo aver strappato i polmoni all'Austria-Ungheria, pretendete di farla respi-' rare ancora, di farla vivere ancora?

Sembra uno scherzo.

Non discutiamo, ora, se il Patto di Londra deve essere riveduto, se e come deve essere rifatto, e noi, lo ripetiamo, non siamo rinunciatari a priori; ma quello che si può fissare è che il Patto di Londra nei suoi postulati del 16 aprile 19is e negli altri, nella diversa situazione militare e politica, si p11ò imporre e realiz.z.are solo e in q11anto .ria .rcomparso lo Stato ax.rtro-11ngarico.

L'Austria-Ungheria combatterà 6.no all'ultimo uomo per salvare Trieste, Pola e Fiume, onde è che fra tutti i programmi, quello dì Londra, _ che espelle l' AUJtria-Unghlria, i il più indicato a pl"()l1111gare i11definiliva111e11te la gue"a.

Se, per ipotesi, l'Austria-Ungheria fosse costretta ad accettare il Patto di Londra, la rinuncia non potrebbe essere che temporanea questione di vita o di morte: l' Austria-Ungheria sarebbe forzata a una nuova guerra e le sarebbe facile scatenere contro di noi non solo i t edeschi e i magiari ma anche tutti gli altri slavi. Il Patto di Londra presuppone lo smembramento dello Stato austro-ungarico, ma questo smembramento è reso difficile dalla defezione della Russia. Occorre riempire il v uoto, unire all'azione militare l'azione politica, unire al-

•., , > . ,.,.. +, 438 OPERA
OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

!;azione militare dell'Intesa e in partico lar modo a quella dell'Italia, l'a zio n e dei p opoli anti-austriaci.

Per quest'azio ne ·è necessaria un'inresa, per questa intesa è necessario tro vare tra i p o poli intetessati una linea. di equilibrio fra le divers e aspirazio ni nµ io nali; .inso mma nulla deve rimanere n on tentat o di ciò che p uò contribuire alla nostra vii:toria. Quest o è il significat o ·dell'adunata di Roma. MUSSOLINI

Da Il Po polo d' Italia, N . 100, 11 aprile 1918, V. Pubblicato anche sul1'edi2ione di Roma, N. 100, 11 aprile 1918, V.

DAL MES S AGGIO DI WJLSON AL CONVEGNO DI ROMA 439
29 - X

COMMENTO

Nel messaggio che ha chiuso il congresso delle nazionalità non c'è il messaggio. C'è un preambo]o, una dichiarazione di principio che non dice nulla di nuovo e·queJlo che dice è troppo involuto, astratto e dottrinale. C'è troppa diplomazia e poca p assione. Avremmo preferito il messaggio vero e proprio, i l manifesto ai popo li e !lon questa <~comunicazione)> che lascia necessariamente un po' freddi chl legge · e chi ascolta. Ciò detto, aggiungiamo subita che il resto, cioè le ri• soluzion i votate, sono molto soddisfacenti, non solo nella loro sostanz~ concreta, ma anche nello spirito animatore.

L'importanza straordinaria cli questo convegno sta nel fatto che l'intesa fra tutti i popoli oppressi dalla duplice Monarchia è st.tta possibile e che le decisioni sono state votate all'unanimità. Non erano pochi coloro che prevedevano maggiori difficoltà. Ma queste non potevano essere. Prima di tutto perché il lavoro preliminare condotto a Londra aveva appianato gli ostacoli che d'altra parte esistevano soltanto nei confronti degli italiani e degli jugo-slavi e soprattutto perché ~è nuove formidabili necessità politiche avevano provocato una t rasformazione nella voce e vorremm o dire nelle mentalità più intransigenti di taluni leaders del movimento jugo-slavo. A Roma l'Italia ha preso contatto col mondo slavo-latino della duplice Monarchia.

Questo contatto è stato cordiale, simpatico, fraterno. N on solo n elle riunioni plenarie aperte a più vasto pubblico, ma anche in seno alle quattro commissioni. C'era della buona volontà in tutti. Quello che si compiva era un lavoro in comune in vista di uno scopo comune contro i comuni oppressori.

L'Italia, che ha sposato la causa dei popoli oppressi dalla dinastia degli - Absburgo, non è soltanto quella popolare, ma è anche l'altra che si dice ufficiale. Il colloquio Orlando-Trumbit a Londra è stato il primo passo su questa strada. Il ricevimento di oggi da parte del Presidente del Consiglio dei capi delle ddegazioni ha un suo partico,. lare e netto signiiicato. L'on. Orlando sa valutare certamente in tutta la sua portata storica e in tutta la sua profonda significa2ione morale l'adunata cli Roma. Le sue dichiara2ioni affermarono l'identità tra la volontà dell'Italia ufficiale e la v olontà dell'Italia popolare.

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 441

Nella partita mortale chC noi abbiamo impegnato contro lo Stato austriaco è stata gettata da Roma un'altra carta. Nessuno può affermare che sia la d ecisiva, ma nessuno può escluderlo a priori. Q uello che si può dire con certezza è che l'intesa di Roma aggraverà la crisj interna d ello Stato nemico. E poiché questa crisi da 'mille segni, non ultimo il discorso di Czernin, appare giunta al suo stadio acutissimo, è possibile che il Patto di Roma la faccia predpitate. Siamo finalmente all'offensiva politica contro lo Stato nemico e sembra che a Vienna si tema di più questa offensiva che l'altra delle armi.

Non ci soffermiamo ad analizzare le formule del Patto italo-jugo. slavo. Sono formule di massima che, interpretate con spirito di cordialità, salvaguardano le no stre rivendicazioni nazionali. Non per nulla si parla di « completamento ddl'unità nazio naJe italiana ». Ora si tratta di agire perché il Patto, stipulato sul colle di R oma e gettato come un cartello di sfida suprema ai reggito ri della Monarchia d'Absburgo, si. realizzi nei fatti . L'esercito italiano -cc ne fa fede il Prcsiderite del Consiglio nel suo messaggio a Diaz - si è p ienamente ritrovato dopo la crisi di ottobre cd è prorito a sostenere H nuovo urto austriaco. Attendiamo - e sappiamo che la nostra attesa non sarà vana - attendiamo che i ribelli al giogo austriaco, slavi del nord e del sud, polacchi e romeni aiutino lo sforzo militare dell' Italia intensificando con tutti i mezzi l'opera di disg~egazionc dell'Impero austroungarico, alimentando - con l'accordo di Rom.a - il fuoco che arde in milioni di anime contro magiari e tedeschi. Non fissiamo i modi e limiti [di questa cooperazione. Cj basta che questa volontà agisca. Siamo sicuri che agirà.

Da ultimo ci piace sperare che il conveg no di Roma segni la fine della riso tgente austro6lia in taluni ci rcoli dell'Intesa. Il dilemma è chiaro ormai : Ri1parmiare lo Staio ut,utro-1111garico si"'gnifita sacrificare i popoli che 11og/i()1to euere liberi; liberare q11esli popoli significa Jacrijicare il 111/la11alo di Vùnna - B11daput, 1econdo l'efficace upreuione di W ickham Steed.

Se la Quadruplice Intesa fa veramente, come si è proclamato in mille solenni occasioni, una guerra di liberazione dei popoli, dovtà inspirare d 'ora jnnanzi la sua politica, pel' ciò che concerne il destino dcll'Austria-Ungheria, alle decisioni!.deI::_congresso di Roma.

MUSSOLINI

Da Il Pop olo d'lu1/ia, N. 101, 12 aprile 1918, V, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 101, 12 aprile 1918, V.

- -· -··- -- - '""·" ~ ......-.. . . .

APPENDICE

Milano, 2 gem,aio 1g1S *

Caro ed esimio Montanelli, un saluto dal m io vecchio e non dimenticato Maestro di violino

in quando, riprepdo lo strumento adorabile e suono, insieme con mia figlia settenne, che va a scuola di violino, qualche studio di Dankle o qualche esercizio del Liszt., Le mando il mio ritratto da poi/11 perché tale mi sento e mi onoro di essere ancora, n onostante la mia invalidità, Mi creda, caro Montanelli, Con fervidi auguri e cordiali saluti, suo

• Da: YvoN DE BEGNAC - Vita di Benito MuJJo /in i, voi . Ili - Monda. dori, M ilano, 1940, pag. 626,

Romt1, 10 marzo I!Jr3 *

Caro Dinale,

mi trovo qui, a Ro ma, per vedere di dare un pò d ì vita al gior nale. Qui mi trasmettono la tua n ota che mi avevi indirizzat o personalmente e che riporto con me a Milano, domani mattina, Sono già d'accordo col Maggiore Bastiani, del Battaglione Negrotto, per tutto ;~fc~:od~te ifoSitbb~ct1eeJ~~i~t!~~:Jt~!~h~~st~t~i 1:.11\e~:r~:~: giornalistica dilaga. Si carisce I Dal momento che non si versa sangue, si versa dell' inchiostro Ma non sarà l'inchiostro che ci riporterà dov'eravamo ti 11/tra I Quanto al giornale che farete, io potrò farv i un pò di rldanu Qui il marciume affiora. Ciao.

MUSSOLINI

• Lettera ad Onavio Dinale (VJU, 294).

LETTERE
:~J/l;Y:zi~~i.PGli ~::d~~tilint:~~i-a
J~.td~0qi~~!
MUSSOLINI

Cari amici,* per telefono ho già fissata la data per la cerimonia che state pre-

non negano la Patria ma la conquistano col lavoro e col sacrificio. Una cordialissima stretta di mano,

MUSSOLIN I

• Lettera ai membri del comitato operaio genovese per la consegna deJJa bandiera alla batteria Cesare BdJJisti, Fu scritta jJ 20 marzo 1918, (Da Il Popolo d' /Jalia, N. 95, 21 ap-rile 1923, X).

·Carissimo *, ricevo il programma del Rinnovamento e lo riporto nella terza pa~· ~na del Popolo d'Italia. Ecco un primo aiuto che dò alla tua iniziativa.

MUSSOLINI

• Lettera diretta all'on. Alceste De Ambris, per aderire al programma de li Rinna vennewto, rivista quindicina.I~ àd revisionismo socialista, fondata àirdta dal medesimo. (Da // Rlnnov,zm1nlo , N. 2, 4 aprile 1918, I),

446 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
~=d~ i~~edia~al~~~e %.!~F;li :~:r~eta~~o~~l;~:s:~
ch~a~~~oa ;;;:~~~--~ fe~j~~tcfaiJ puoi star certo _

DOCUMENTARIO

I PREMI ALLE «BRIGATE» GLORIOSE*

La nostra iniziativa ha avuto un successo grandioso. Le offerte sono numerosissime, ma quel che più conta sono simpatiche e sinto-

Na2ione verso i suoi figli che la difendono Più che il dono, il modo, la forma, la parola. che accompagna il do no, ciò che ne accre-

braio, vigilia del giorno stabilito per la chiusura del prestito nazionale. Quanto alla distrib uzio ne delle cartelle, abbiamo già preso accordi col o.pitano L o reo dell'Ufficio Doni del Comando Supremo. A suo

Sarfatti, madre dell'eroico Roberto. È un morto che offre il suo segno d'amore ai superstiti. commilitoni :

Il 1 2 febbraio del 1918.

Mio nobile amico,

fruito dei suoi risparmi di bimbo, vi mando queste quattro cartelle del pre, stito che appartennero aJ mio figliuolo Roberto.

Voi, che difendete aJle spalle i nostri soldati che ci difendono al fronte .Voi che conoscete il loro animo e i loro bi sogni materiali e spirituali - fa tele avf're, vi prego, a quattro fratelli d'anne del mio Diletto, della Compagnia 32 a. del VI Alpini, Battaglione Monte Baldo, che fu la Sua, e lo ebbe per proprio nella vita e nella morte. •

· Alle (Jllfl/lf'O canelle, aggiungetene una quinta, offerta fraterna di un nostro caro « a un ignoto Alpino, fratello dolente e lontano, sulle montagne che si inscivano di croci »

Ci stringiamo intorno a Voi, Mussolini: Voi che lo potete, fate die t anto sacrificio dia tutti i preziosi suoi frutti.

E vi ringraziamo, amico, con strazio e con orgoglio di genitori e di italiani, per le Vostre parole, in cui tanta parte di nostro figlio è trasfusa, e r ivive la sua mocte di vita. · J.iARGHBRlTA SARPA1TI

• Da Il Popolo d'Italia, N . 4,, 14 febbraio 1918, V.

:i~~t\Ji~ 1i~ aJ~~:):&c'!~~~le~ q;:lilicJ~a:~fee1Jell!
:~: ~:!r;:: ~tbfa~~d!~s~ ~~:1tt~1s~3 t~b=
tem~~~J:::~Ka~~~~~:11!t~~:a

MUSSOLINI A MONZA *

Monza., 19.

Per iniziativa di un gruppo di cittadini e soldati stata organizzata questa sera, al P oliteama Monzese, una serata riuscitissima per il g rande concorso di p ubblico. D avanti a una Vera folla di ascoltatori, Benito Mussolini - presentato da un g lorioso tenente volontario degli A lpini che ha pro nunciato poche vibranti parole ed ha offerto, a nome del Comitato monzese, un pacco di cartelle del Prestito per l'iniziativa dei pre mi alle Brigate -h a iniziato la sua conversazione sul t ema: L'ora presente.

L'orato r e, dopo u n breve esordio, ha trattato minutamente e analizzato con sicurezza le cause che produsseto il rovescio di Caporet to, cause che non provengono dai selciati i talfani, valorosi e pieni di fede e d i abnegazione, ma dalle trame dis fattiste e dalla leggerezza dei governa nti.

vasione nemica, dimostrare i loro v eri sentimenti e disingannare i predoni tedeschi.

Oggi i l do vere della resistenza incombe su tutti i cittadini : il dovere d'Italia è l'appoggio più completo ai suoi figli che si battono.

E ssredt~~!;::~1: di b::ft~t~:s~oli~ts~~:as:tea;r~n~~l~e interrotte da vivi applausi e coronate alla Enc da una vera ovazione.

• Da // Popolo d'/Jafia, N. 51, 20 febbraio 1918, V.

IRONIE SFERZANTI

Dunqu e t utta la sfolgorante gamma degli accesi colori interventisti à avuto di q uesti g io rni, nella Monza proletaria e .... disfattista, [.. .. censura..•.] la serata di gala. Il duce e vessillifero dei partiti jusqu' auboutisti, che da tre anni col suo giorna le ci continua con stile infuocato a .dichiarare immondi, ci à concesso l'onore della sua parola alata, suggestiva, incitatrice I

Ma quanta diversità di tono e di sfumature IQuanta ·acqua nel calice dello champagne contumelioso I Non ci sembrava p iù nemmeno di trovarci al coseetto del grande direttore del foglio cannobiano, tanto co razzato. dai nu mi d'oro del Grande Dig nita rio e Grande Architetto d ell'Universo I

• D a I.A Bria'!'lza di Monza, Period ico settimaoale socialista, N . 8, 23 febbraio 1918, XXI.

448 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
put;:5~~~ ~::~i~;!~sts:~~!2:llt~i:::,tr!;;:~~~~nr\;rdu;!J1:rr~=
*

E quasi quasi avemmo l'impressione che l'insigne uomo, portato tanto sugli scudi dalla canea ultra-nazionalista, cercasse una tnncea di distacco, si arrovellasse ];>CI gettare un ponte, qui nella città che lo acclamò entusiasticamente 10 veste di truce Barbarossa in altri tempi non troppo remoti, per riaccostarsi all'anima follaiola che non è rinnega.ta, non apostata, sempre coerentemente socialista.

Lo riconosciamo, fu quasi sereno, fu pressoché obbiettivo, limitandosi al concetto della resistenza, da noi mai abiurato, non infamando più tutti noi socialisti, che pure rappresentiamo una parte non trascurabile nella compagine nazionale I

E rivendicò con accenti di asceta il soldato proletario d 'Italia, lo mise fuori causa dalle ultime dolorose vicende, conclamò che bisogna adorarlo perché è sacro come il sangue di Cristo I

Non era dunque infame che l'indomani di Caporetto fossero descritti i piccoli soldatini d'Italia come tutti traditori?

B come non Aagellò i tanti sfruttatori di questo disgraziato periodo, che mentre urlano che bisogna fare una g rande Italia, non avvertono che tutto bisogna dare ai combattenti, alle lo ro famiglie, invece che essere protervi ?

Non flagellammo noi sempre coloro che al posto del cuore, ànno un sasso nero e ànno sempre desiderato la guerra per la guerra, in tutti i campi ? e in tutti i tempi?

Come s1 saranno trovati almeno i tre quatti de~li intervenuti della cosiddetta platea di cresi dorati, alle enunciazioni conclusionali che i soldati proletari d'Italia ritornanti non dovranno trovate l'Italia dei parassiti, dei rammolliti, dei fannulloni ? Che passeranno su questi cadaveri sopravvissuti ?

Che l'operaio deve tornare non più operaio, ma produttore interessato, cooperatore ?

Che la terra dovrà essere dei contadini che la lavorano, che la fanno germogliare?

Che il regime sociale non un regime di fannulloni sinistri gaudenti?

Che la ricchezza sociale deve andare in tutte le case, che il treno dovrà correre sui binari della g iustizia, dive rsamente il proletariato lo farà deragliare?

Che il domani dovrà essere migliore, che tutte le lagrime dov ranno essere asciugate ?

Che è indispensabile un po' più di giustizia, W1 po' più di benessere, un po' più di libertà?

Ma non è dunque per queste sublimi rivendica:doni umane che noi deprecammo sempre tutte le guerre, che allontanano. invece di avvicinare questo processo economico?

bon~e ~~bi~~:;g/jff0iu::i!~:~a~~~~~~ a~~~i~r~~l~J;is~J; !~~1;1;~ il duce a parlare solo di çueru, a invelenire contro la libertà dei socialisti, che sono pure essi cittadini italiani~ a calpcswc solo g li ideali del socialismo che si accostano fatalme nte irrimediabilmente?

O Satana diabolico, tu vivi più che mai, e domani tutto travolgerai per la salute delPumanicl I

APPENDICE: DOCUMENTARIO 449
R.01\ICO

INVITO AL NOSTRO DIRETIORE *

È giunto al nostro direttore jl seguente telegnmma:

Pregola in nome Comitato promotore di voler p:utecipare alla rappresentanza italiana che interverrà alla conferenza fra le nazionalità soggette ali'AustriaUngheria che si terrà. Ìil Roma nei giorni 8, 9, 10 corrente, AMBNDOLA

Il nostro Direttore parte questa sera.

Da /I Popolo d'llalia, N. 96, 7 aprile 1918, V.

UNA << MOSTRUOSITA GIURIDICA ED UMANA» DELL'ON. ORLANDO

QUAN DO LE PROVfNCIE DEL VENE'rO ERANO MINACCIATE DAL NEMICO IN ARMI, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NE ORDINAVA

IL SACCHEGGIO I 11 *

Nel tristo perio do che segul Caporetto, quando il nemico avanzava a grandi pass1 nel territorio veneto, Sua Eccellenza Orlando -allo ra Capo del Governo - con telegramma del 15 novembre 1917 ore .t di notte, impartiva alle prefetture delle provincie non ancora invase le disposizioni infami delle ~uali si earla più sotto.

In seguito appunto a tali disposizioni, un comitato di cittadini delle proyincie minacciate, inviava al Popolo d'Italia questa vibrante protesta che sarebbe a pparsa nel numero del 20 n ovembre 19 17••,. 5e non fosse stata censurata dalla prima all'ultima parola.

« SDEGNO E DOLORE

« A voi, cittadini italiaru, che date il miglior sangue dei vostri figli alla Patrfa, a voi soldati nostri, a voi francesi, inglesi, americani, che combattete per la redenzione delle nostre terre e dei paesi oppressi dalla tirannide di crudeli nemici, a voi tutti che avete un ideale di libertà, che abborrite le infamie, leggete

• Da 1/ Popolo d'lt4'ia, N. 25, 29 gennaio 1925, XII.

_ ,. 4)0
OPERA OMNIA DJ BENITO MUS SOLINI UN

le principali disposizioni che ha premeditato contro di noi il patrio Governo pel cuo di un'invasione nemica delle provincie:

« " I. .Asportue i depositi alimeqtari, il bestiame, i va lori, le somme, i titoli, le macchine, le messi, ecc., insomma tutto quanto costituisce la ricchezza del Paese".

« Il Governo ordina cioè iJ saccheggio, lo immiserimento completo, calcolato, preordinato delle regioni - nell'imminenza dell'invasione - e delle famigli e nostre.

« " 2. Consigliate tutta la popolazione a rimanere nel proprio paese anche se avviene l'invasione, eccetto gli uomini dai D ai 60 anni, cioè di quanti posrooo essere abili al lavoro " ,

« Ma è un consigJio che nel caso pratico si trasforma in comando

« Nel Cadore, dove l'ordine di imporre queste disposizioni giunse fortunatamente in ritardo, donne, vecchi, bambini fufflno buttati giù dai treni come materie ingombranti. Colonne di profughi, che avevano iniziato a p iedi il loro triste pcllegrina3Bio, sono state arrestate nel loro cammino di dolore e convinte da.Ile mitragliatrici a. rima.nere nelle loro terre.

« I ponti furono fatti saltare per impedire la foga di quella disperata popola:r:ione.

4C Per quali recondite e losche ragioni la stampa clericale appoggi il G overno raccomandando con insistenza, alla popolazione di rimanere serva e schiava del nemico, Jo sapranno solo gli infami mercanti di popoli e di coscienze che hanno combinato insieme il progetto dei Joro traffici occulti. Ma noi non possiamo spiegar questi mostruosi connubi che immaginando i più obbrobriosi rapporti fra il Governo e il V aticano.

« 3. Eccettuati i professori d' univel5it3., il personale delle prefettur e e delle questure, tutti coloro i quali coprono pubblici uffici - dai sindaci ai ma.estri, dai magistrati ai portalettere - sono obbligati a rimanett, perclK, secondo le leggi internazionali, l'invasore deve rispettare gli abitanti, i loro averi e gli uffi:d dei paesi. invasi ".

« I!: perfido, e sembra un'atroce ironia dopo quanto hanno commesso i nc»tri nemici nei paesi invasi della Francia, del Belgio, della Libia, ecc., la finzione del Governo di fidare sull'osservanza de lle leggi internazionali, da parte dei nostri nemici.

« Chi non ricorda i bombardamenti di città aperte, l' uso dei gas asfissianti e accecatori, gli affondamenti di navi inermi, il getto di liq uidi in fiamma sui soldati, i tentativi di creare epidemie spargendo germi di terribili ma lattie, le mutilazioni di bimbi, le deportazioni di fanciulle, di giovani donne e di uomini e il loro internamento in orrend i campi d i concentrazione, il martir io e l'uccisione dei borghesi, di preti e di monache, le sevizie, gli stupri, le violentt innominabili a cui furono sottoposte per nefando diletto e libidine di delitto giovani vergini e spose, monache e ragani dai nostri nemici ?...

C1ù non sa in quale conto tengono essi i legami nei trattati intemnionaJi de /1s ,hiffons d• pap;e, che si recidono con un colpo di spada ? _

« Ma il p aterno Governo 6nse dimenticare tutti questi delitti, i quali sono la più sfacciata negazione dell'osservanza dei patti internuionali e del diritto delle genti, percht non wole donne, bimbi, ve«hi, inabili al lavoro. Es.so non vuole bocche inutili e le abbandona come un peso oneroso a l nemico!

« I maiali, i prefetti, i buoi, gli impiegati di prefettura, le bestie da soma, i professori di università, i questurini, le pecore questi sl vanno salvati !

« Ai soldati permesso fuggire quando sono sopraffatti dal nemico, ma non alle donne, non ai fanciulli, non ai deboli, percM sarebbero d'aggravio. alla

~.-..." -... , ·
OOCUMENTIJUO
APPENDICE:
451

· Nazione, p erché diverrebbero nuovj profughi da presidiare, perché disturbeiebbero il quieto vivere delle città lontane, dove si partecipa alla guerra leggendo i bollettini al caffè-concerto o nell'atrio del teatro.

« li G overno pensa che abbandonando al d estino, cioè alla mercé del nemico, questi infelici dopo averli ben bene spogliati di d errate, d' armenti e èl'ogni cosa che rap presenta valore, risparmi erebbe oltre i sussidi che dovrebbe pagare ad essi come profughi, anche quelli che ora paga ai profughi dei paesi sgomberati che tuttora si trovano nel Veneto, e quelli all e famiglie dei militari. Tratterebbesi di .... economia che pel Gov:erno vale ben più dell'esistenza della popolazione debole di un'intera regione.

q. Ole importa al Governo del Re se per reafozare questa economia le famigli e saranno smembrate e pri vate di ogni valido sostegno e difesa! Se le do nne, se le figliole dei nostri sold ati saranno in balia delle voglie e delle crudeltà del nemico, se i loro v«chi e i loro figlioletti, estenuati dalla fame e dalle fatiche a cui saranno sottoposti, mo riranno perché la Patria li ha respinti e condannati al servaggio?

« Queste sono cose cosl trascu rabili in confronto dei vantaggj, ch e p er esse realizzerebbe il Governo, che giorni fa S. E. Orlando nel suo p roclama a lla Francia ha po1uto sfacciatamente affer mare:

« " La li~ rtà dei popoli e la civiltà del mondo non possono e:ssere sopraffalli da lla barbar ie , e noi sentiamo di diCendere qua nto di più alto, di più gen eroso e di più grande ·può esservi nel mondo. ln questa fed e palpitano ora più che ma.i gli animi nostri ".

« Assassino e spergiuro te, Orlando, e i ministri complici t utti del tuo nefando e turpe G overno e del delitto che hai premedilalo contro la no~tra popolazione !

« Cù1ad;ni e Mldati d'Italia! Governi d egli Stati Alleati!

« Invochiamo il vostro aiuto. ln nome del diritto delle g enti e dell.t l ib ertà, per la qua le combattete e sopportate sacrifizii, n on permettete che s i compia il crimine, il disdoro della nostra civiltà!

« E tu, o popolo italiano, non dimenticare m.ti il delitto premeditato contro di te da ll'attuale Governo.

Sullo stessç, argomento il Popolo d'Italia faceva seguire questa lettera del nostro corrispondente da Vicenza :

Caro Direttore, evviva l' Italia, perdio! Il paterno G overno ci ha già preventivam ente: condanni.ti a divenire tedeschi. In caso di invasione: saremo abb.tndonati al nttnico come bottino di guerra 1 Ai soldati solo sarà permesso sgombrare:, ma noi saremo costretti a ri manere, a divenire schiavi del n emico. Così è già avv~uto in Cadore, ma solo parzialmente, perché il Governo p rese troppo in ritardo il saggio provvedimento; ma p er noi sono g ià state date le opportune d isposizioni.

452 OP.ERA
OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
« I CIITADINI ITALIANI DRLLD PROVlNCt:: VliNBTE MINACCIATE»

Ed è percM siamo ceduti al nemico come materiale ingombnnte, sul quale esso potrà sfogare il suo odio e l e sue vendette, che i noscri soldat i combattono. Le deportazioni, gli. internamenti d i cittadini, che sono stati costretti dal patrio Governo italiano a rimanere, sono già incominciati nel Cadore. Evviva l'Italia!

Se avverrà l'invasio ne nemica anche d ella n ostra terra, dì quali sussidi vivranno le spose, i figli, i vecchi genitori dei nostri soldati? E con q uale cuore, con quale sentimento verso la Patria matrigna e traditrice potranno combattere j nostri soldati ?

Saluti cordiali

E Benito Mussolini - oggi Capo del Governo italiano e Duce del Fasdsmo - allo ra ... , Direttore del Popolo d'/lalitz, commentava cosi:

« L'appello dc' cittadi ni che non vogliono diventare austriaci e l'amara lettera del nostro corrisponde nte vicentino rivela no· un p ro v~ vedimento inaudito, che non sappiamo bene se defini re infame o idiota, È tutto l'essere nostro che si ribella all' idea che cittadini ita~ liani possano venir costretti ad attendere, umiliati e frementi, l'anivo del nemico nelle loro case, nelle città, che saran straziate e q1esse a taglia, come nel Belgio. Né a questa tremenda prospettiva sarebbero condannati i cittadjni dei paesi invasi, dalla fatalità o da circostanze inevitabili, ma dal Governo italiano, il quale costringerebbe quegli abitanti a diyentare, sia pure per breve tempo, sudditi austriaci, o tedeschi, o t urchi I È un'infamia che non ha riscontro nella st oria, un'infamia che autorizzerebbe i cittadini delle plaghe invase a fa r delle città loro ciò che fecero i russi d'un tempo d i Mosca : un'immensa for!'-3-ce. È un' infamia ina~dita, che non ha e non può_ avere giustificaztone, che - qualora s1 palesasse vera - farebbe msOrgere t utta l'Italia. Da circa tre anni il popolo italiano si batte per sottrarre akune provincie sue ad un servaggio straniero ed il mondo dal giogo d'un'egemonia percuotitrice, ora il Governo v uole aumentare il numero degli schiavi, vuole offrirli graziosamente al n emico I Da u i:i pezzo sentiamo che da Roma partono cattivi odori di ' 66 ; no n sappiamo bene dove tencla il Governo ; ma è certo che non ci fasceremo cogliere impreparati. Ed a qualunque costo impediremo che l'infamia compiuta nel Cadore sia ripetuta altrove. La libertà di abbandonare le città minacciate dall'invasione è un diritto sacrosanto dei cit tadini. Non attenti a q uella libertà il Governo ; diversamente la concordia alla quale si richiama cosi spesso -e quasi sempre a spropositosi rivelerà un'ipocrisia e come tale sarà infranta. E si sappi.a, il '66 non si rinnova. A costo di qualunque altra guerra I »

!~utile dire che anche la vivace ma g iusta n ota fu completament e sacrifica~ d a Madama Anastas ia,

L o stesso Mussolini ne dava noti2ia al Franceschini, il giorno dopo (21 novembre 191'7), con questo big lietto.

« Il tuo appello e il commento sono stati censurati. Qui il pubb lico comincia ad essere inquieto davanti a certi atteggiamenti i nesplicabili d el Governo. Saluti solidali».

APPENDICE: OOCUMENT,UUO 453

454 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Nel successivo mese di dicembre - e più esattamente il giorno jBenito Mussolini inviava al Pranceschini quest'altra breve :

« Ho parlato con Gallenga. Quella circolare -infame - non può essere pubblicata. Ho detto , anz:i ab biamo detto, poiché tutti i direttori del. giornali milanesi erano presenti, che quella ciuolare i una ,nq1Jr11ofità gù1ridica e 11mana. Saluti.

(( MUSSOLINI »

Ed Orlando è tutto qui.. ..

Adesso, insieme a Giolitti ed a Salandra, egli fa l'oppositore al Governo di Mussolini I I I

INDICI

so... z.

INDICE DEI NOMI

A

Absburgo, la dinastia degli, 29, 128, 213, 217, 224, 22".i, 228, 231, 235, 244, 262, 267, 268, 283, 288, 292, 329, 332, 334, 440, 441.

Alessio Giulio, 137.

Alfani, il padre, 87.

Alfieri Vittodo, il generale, 12, 102.

Ambrogìo, sant', 429.

Amendola, 450.

AmMiran R eview of Rn4ew, 115.

Arnette Léon-Adolphe, 429.

Amico (L') del Popolo, 385.

Angelotti, il generale, 432.

Annibale, 157.

Apéelbaum, 41 ,

Archinti Giuseppe, 300

Ascoli Graziano, 263,

Asquith Herbert Henry, 97, 207, 208.

Attila, ·107.

Av11.n,i!, 415.

Avvenire (L') d'lt.dìa, 120.

B

Bainville J acq ues, 28 7

Barbatagliata FabrWo, 342.

Bartheleme, 310.

Bartolomai Alberto, 144, 14'5.

Baslini Antonio, 167

Bastiani, il maggiore, 445.

Ba1aill.e (LJI.J J:,ndicaliite, 78, 242.

Batin, il deputato, 285

Battisti c~arc, 20), 230.

Bebel Fer dinando Augusto, 98.

Beloch, il professoce, 210, 252.

Delow, Otto von , 1%.

Beltrami Francesco, 331.

Berlitw Tagnblau, 174.

Bernhardi, Friedrich von, 99, 41 6.

Bernotchi Antonio, 67.

Bethmann-Hollweg, Teobaldo v on, 270

Bevione Giuseppe, 220, 327, H2

Birgevia Viedom oili, 284

Bismarck, Ottone di, 3".i2, 4 16

Bissolati Leonida, 12, 5?, 265.

Blanqui Augusto, 352

Bollati Riccardo, U 9, 175, 176, 177, 192.

Bolo, il monsig noreo, ~54.

Bolo Paul-Marieo, detto Bolo Pascià, 311, 315.

Bonacossa Alberto, 3}3, 355.

Bonacossa Primo, 353, 355, 367.

Bonnr:# (Le) R ouge, 134.

Bonomi Ivanoe, 12.

Boselli Paolo, 11, 57, 307

Bovetti Vincenzo, 147

Brenno, 409.

Brianza (LA), 448.

Brizon, 256.

Bronstein (v~di Trotzky).

Bruno Giordano, 246.

Brusadelli, 67.

Brusiloff Aleksej Aleks«vit, 183, 284.

Buchanan, 150. •

Billow, Bemard von, 176.

.

eCadoma Luigi, 34, 39, 59, 81 , 131, 213.

Caillaux Joseph, 2, 134, 220, 240, 241, • 242, 246, 247, 248, 416

Cairoti Benedetto, 8.

Calmette Gaston, 240.

Camporeale, il seruitore, 3,69.

Carlo I, 22 5, 238.

Carlo VIII, 41 .

Ca roti Arturo, 248, 379

Cefaly Antonio, 369.

Cernoff, 20, 393.

Chirada.me .André, 225, 234, 287.

Chiesa Eugtnio, 103, 162

Ciccotti Ettore, 2, 67, 68.

Ciriani Marco, 169, 170,

Clemence11u George, 2, 61, 62, 63, 64, 73, 84, 92, 134, 174, 204, 220, 221, 242, 246, 247, 248, 296, 343, 346, 354, 371, 375, 376, 377, 416, 41 9, 425.

Cocco-Ortu Francesco, 117, 130, 147, 212, 213.

Colaianni Napoleone, 164.

Colombo Cristoforo, 431.

Colonna di Cesarò Giovanni Antonio, 137.

Colonna Prospero, 344,

Comandini Ubaldo, 307.

Conrad von H Otz.endorff, Franz, 118.

Corradini Enrico, 220, 415, 416, 417, 418.

Corriere del FriNli, 169.

Co,rière del/" Sera, 2, 92, 95, 97, 244, 245.

Corriere {li) d'Italia, 120.

Crespi Silvio, 259, 330.

Crùha Sodale, 378.,

Czemin, Ottokar von, 3, 9.5, 96, 181, 185, 202, 203, 212, 213, 221, 224, 268, 271, 274, 334, 407, 422, 424, 425, 426, 427, 4H, 437, 441.

Oinale Ottavio, 445.

Di Prampero Antonino, 344.

Domié Srecko, 232.

Dreyfus Alfred, 248.

Dubail Auguste Yvon Edmond, 13-4, 240.

Edino.rt, 288.

Epine Bulg,::re, 321.

Erizzo, l'avvocato, 395. Erode, 319.

Facchinetti Cipriano, 344.

Falconi Gaetano, 105, F~erico I Barbarossa d 'Hoheustaufen, 19, 100, 391, 430, 449.

Federzoni Luigi, 137.

Ferraci, il monsignore, 428.

Ferravilla Edoardo, 246, Fischer, il comandante, 432.

Foch Ferdinand, 420, 421.

Ford Henry, 162,

Franceschini Innocente, 453, 454.

Fra ncesco Giu seppe, 30, 83. Frmati Alfredo, 369.

DJUJy Mail, 106.

DaiJJ News, 185.

DaJla Torte Giuseppe, 169, 170, 17 1.

Damié, 233.

Dankle, 445.

De Ambris Alceste, 446.

De Begnac Yvon, 445.

De Capitani d'An:ago Giuseppe, 432.

De Falco Giuseppe, V, 326.

De Giovanni, 64, 65, 72, 331.

Degli Aldobrandeschi Ildebrando (Gregorio VJJ), 429.

Della Chiesa Giacomo (Benedetto XV), 95, ]70, 171, 183, 387, 388, 389, 428,429.

Della Rovere Giuliano (Giulio 11), 388.

Diaz Armando, 188, 441.

Di Belmonte Bruno, 147.

GaJbiati Virgilio, 144, 14 5.

Galilei Galileo, 246.

Gallenga, 4)4.

Gallieni, 19.

Gambarotta Guglielmo, 165.

Garibaldi Giuseppe, 34, 290, 291, 292, 295, 327, 328, 363.

Gaspar Alfonso, 98, 101.

Gasparotto Luigi, 26:S.

Ga.sparri Pietro, 387, 388.

GazzeJti, (La) dei Trib,mali, 159.

G a.zzma (La) del Popolo , 203.

Gectilon.i Vincenzo Ottorino, 170.

Gherardini Plinio, 162, Giardino Gaetano, 12, 102

Gilardi, 264.

Giolitti Giovanni, 164, 4=,4,

4l8 INDICE DIH NOMI
D
E
F
G

Giornali (li) d'llalia, 170, 17'.i, 237, 23 8.

Gjurié Giorgje, 2H.

Gladstone Willìam Ewart, 207.

Goethe Wolfang, 94, 108.

Grosso-Campana Gaetano, 147, 248, 265.

Guglielmo d'Hohenzollern, il Kronp rinz, 193, 410.

Guglielmo II d'Hohenzollem, 3, 20, 69, 96, 108, 125, 129, 172, 173, 174, 200, 247~ 3 14, 343, 347, 348, 351, 3 :59, 362, 365, 3H, 376, 380, 391, 393, 398, 399, 404, 40:S, 406, 409, 410, 413, 417, 419, 424.

J agow, von, 159, 17:s, 176, 177, 192.

Jaurès Jea.n, 140.

}offre Cesar J oseph Jacques, 19, 420

Jouhaux Leone, 62.

Kaiser (vedi Guglidmo Il d'Hohenzo]. lern).

Kerensky Aleksandr Fedorovié, 5, 41, 150, 183, 346, 392, 393.

King, 205, 256.

Klotz, il ministro, 197, 198.

Kondiè:, il negoziante, 233.

Korniloff Lave Georgievic, 42.

Kramar, il deputato, 3H.

K ropotkine Pctr, 376, 392.

Haas, la signora, 200

Haase, il deputato, 135.

H aberman, il deputato, 285.

Haig Pouglas, 403, 410.

Hanotaux, 420. ·

Harden Massimiliano, 99

Hassmann, 3:53, 35'.L

Havas, l'agenzia, 42 2

Henderson, 209, 374

Hertling Georg, 107, 272, 275, 376, 407.

H ervé Gustavo, B4, 277, 321.

Hindenburg, Paul Ludwig von, 18, 41, 83, 96, 116, 128, 173, 174, 256, 272, 327, 348, 3'.!>2, 359, 373, 393, 398, 415, 419.

Hoffmann, il gmerale, 2:56, 372.

Hohenstaufen, la d inastia degli, 107.

Hohenzollem, la dinastia degli, 35, 58, 9·6, 99, 107, 128, 172, 224, 235, 373. '

H omme (L') P.n,httiné, 61, 134.

H omme (L') libre, 216.

House, il colonnello, 114:

Hr,manilé (L'), 230.

Krupp Berla, 374, 408.

Krylenco .Abram, llO, 352, 359.

Kiihlmann, Richard von, 107 , IOB, 109, 174, 202, 203, 213, 273.

KujundziC Vladimir, 233.

Labriola Antonio, 74.

Labriola Arturo, 2, 55, 56, 33 1.

LafayeHe, 280.

Lafont, 248.

La Grange, il capitano, 1 15.

Lang, il carnefice, 23 1, 23:S, 295, 332.

Lanken, il barone, 173 .

Lansdowne H enry Charles, 2, 95, 96, 97, 374, 407.

Lazzari Costantino, 8 1, 220, 256, 358, 3:59.

Lazzaro G., 307.

Ledebourg, 135.

Lenin (al secolo Nikolaj Vladimir 11Jié Uljanov), 2, 20, 41, 42, 111, 122, 136, 150, 168, 172, 223 , 256, 34 3, 351, 359, 362, 373, 392, 393

Leopoldo, l'imperatore, 216.

Liebentha.l Frida, 396, 401.

Liebknecht Karl, 378.

Idea (L' ) Nazù:mttle, 41:5.

ln/ormatìon ( L' ), 203.

Italia (L') , 120, 258.

Lissauer, 296.

Liszt Franz, 445.

Lloyd George, 2, 3, 58, 59, 60, 115,

INDICE DEI NOMI 459
H
K
L

01, 173, 194, 202, 204, 205, 206, 207, 208, 209, 212, 2B, 2D, 220, 223, 224, 225, 227, 229, 231, 235, 236, 2:15, 2:16, 270, 276, 278, 297, 323, 407, 410, 411, 416.

Locher, 200, 395, 401.

Loren, il capitano, 447.

Loustalot, 247.

Ludendorff Errico, 256, 272, 348, 359, 376, 384, 385, 386, 398, 427.

Luigi XVI, 280.

Lupis lvo, 2>2.

Luwekarsky, 311.

Lu:zz.atti Luigi, 34, 45, 166,

Morgari Oddino, 3, 161, 162, 163, 165, 168, 171, 248.

Morrone, il generale, 102 Moutct, il deputato, 3, 179, 180, 18L.

MacDonald, 205, 2:56.

M u terlinck M aurice, 178.

Mafli Fabrizio, 72.

M alié Jovo, 233.

Malvy Louis-Jean, 61, 93, 134, 247.

Marazzi Fortunato, 342.

Marceau, 110.

Marchesano Giuseppe, 137.

Marcon i Guglielmo, 369.

Martinié Baica, 234.

Martoff, 393.

M ane Carlo, 99, 3H, 385.

Masaryk Thomas~Gardque, . 426, 4:H .

Masta.i Ferretti Giovanni Maria (Pio IX), 189.

M azzini Giuseppe, 295, 435,

Manoni N ino, 331.

M elan.i, 44 5

Melzi d 'Eril, il duca, 307,

M eu4ggero (Il), 32, 50, '75, 111,

M euagge,,,o (Il) Tommo, 120.

Metternich Gemente, 30, 31.

Mkhaelis Georg, 95, 96, 138.

Michelet, 281.

Miglioli G uido, 171, 248,

Mil jukoff Pavel Nikolaevié, 149, 311, 346, 362.

Miller:and Etienne Alexandre, 157,

Modigliani Giuseppe Eman uele, 138, 168, 213, Hl. -

Modracek, il dep utato, 286.

M omenJ,:, (Il), 120

Montanelli, il maestro di violino, 445

Napoleone Bonaparte, 18, 19, 34, 110, 351.

Nd1'1Jd, 232, N11tio n (La) Tchèque, 283.

Neue (Die) Preie Presse, :H7.

N e w (The) Europe, 59, Nicola Il, 41, 347, 3SO, 359, Nikoli~ Ljubimir, 234

Nitti Francesco Saverio, 2, 12, 92, 93, 94, 103, 106, l'.i:S, 16:S, 166, 302.

Nivelle Robert-Gcorge, 420 No vosJi, 23 1.

O berdan Guglielmo, 230.

Offembach, 94, Oran o Paolo, 1S9.

O riani Alfredo, 291 , 429.

Orlando Vittorio Emanuele, 2, 3, 12, 13, 28, 34, 52, 53, 54, 71, 72, 80, 8 1, 82, 87, 121,1 22, 132,138, 144,

:S,

158, 161, 164,

168, 174, 175 , 178, 19 1, 192, 193, 194, 200, 202, 204, 211, 220, 22 1, 2S3 , 264, 265, 266, 287, 289, 323, 324, 330, 342, 343, 369, 370, 371, 440, 441, 450, 4 52, 4 54.

Pagani, don, 169, 170, 171.

Page N elson, 430.

Painlevé Paul-Prudent, S8, 61, 73, 134.

Pantaleoni Maffeo, 41:S.

Parazzoli, 307.

Parvus, 3 11 ,

Paulucci di Calboli Fukieri, 344.

P111s (Le), 134.

Pég uy Charles, 171.

460 INDICE DEI
NOMI
M
N
o
p
14
147, 154, 1'5,
165, 167,

Pein, il colonnello," 284.

Pellerano Silvio, 192

Peruveranza (LA), 258.

Péta in H enri-Phìlippe, 284, 420.

PeJil (Le ) j Q11mal, 121.

Petil PariJien, ;.uo, 311.

Petrovié Gjorgje, 233.

Pichon Stefano,

Piera.rd Luigi, 162.

Pier l' Eremita, 17 1.

PietravalÌe 11'.ichele, U4.

Pietro il grande, 434

Pilar, il dott., 288.

Pirolini

Pitt W illiam, 207, 208.

Platen, Augusto von, 108.

Plekanotf, 392.

Poggi, i l prdetto, 106.

Ratin, il professore, 333."

Reuter, l'agenzia, 220, 224, H3, 314.

R.ibot Alexandre, 73, 95.

Riccardi, .il generale, 43 2.

Ricci Francesco, 248.

Rinnof/4mento (Il ), 446.

Rismondo Francesco, 205, 230

Roberto Dino, 98.

Rodzianco, 3 11, 346.

Rolandi-Ricd Vittorio, 191.

Romanoff, la d inastia dei, 149, 274, 351, 417.

Rosenfeld, 41.

Rosner , i! capo secondino, 233.

Rossetti, 227.

Ruffini Francesco, 369.

Ru ini Meuccio, 188, 192

Ruprecht di Baviera, i l principe, 4 10.

s

Sacchi Ettore, 12, 316; 34 2, ~47

Salandra Antonio, 176, 454 .

Salvemini Gaetano, 220, 261, 262, 263

Sammin atelli, 263.

Sarfatti Cesare, 306.

Sarfatti Margher ita, 306, 447.

SarCatti Roberto, 220, 305, 306, 447.

Sarto Giuseppe (Pio X), 388.

Sauro Nnario, 205, 23 0.

Savié Dusan, 234.

Scheidem.ann, 135, 360, 38 5.

Scho lier Gasparo, 232 .

Schopenhauer Arturo, 16 2

Sera (La.f, ns.

Serramanico, il deputato, 342.

Sigismund, 125, 200, 210.

Smetanka, 284.

Sonnino Sidney, 11, 154, 155, 169, 18 1, 213, 214, 236, 237, 265, 328.

Potiorek , il

29.

Prampolini Camillo, 54, 64, 81, 161.

Protopopoff, 20, 149. R

Radulovic Rinda, H2.

Raimondo Orazio, 11 l. Rasputin, 149, 415

Sorge, il direttore genera.le d ella P. S., 353- . .

SoNthern (Tbe) S/4111 8 11/letin , 279.

Spincic, il d eputato, 288.

Stamp4 (LA) , 2 13.

Stanck, 283

Steed Henry Wickham, 4 41 .

Stefani, l' agenzia, 227, 228, 242, 252, 271 , ;'2 1, 410.

Stringher Bona ldo, 258.

Stilrmer B oris V ladimirovié, 20, 149.

INDICE DEI NOMI 461
179, 185, 187, 202, 204.
G
158, 169, 17 5, 220, 353.
. B.,
Popolo (Il) d'Jt4'ia, 2, 7, IO, 13, 16, 17, 19, 22, 25, 28, 31, 32, 35, 38, 40, 43, 44, 47, 49, H, 54, 57, 60, 63, 66, 68, 69, 72, 74, 77, 79, 82, 85, 88, 91, 94, 97, 98, 101, 104, 106, 109, 110, 11 3, 116, 119, 120, 123, 126, 129, n2; B3, B6, 139, 142, 145, 148, 151 , 153, 156, 157, 160, 163, 165, 168, 171 , 174, 176, 177, 178 , 181, 184, 187, 188, 189, 190, 193, 196, 198, 201, 203, 206, 209, 211, 214, 218, 226, 229, 230, 235, 239, 242, 245, 248, 2 51, 254, 257, 260, 263, 266, 269, 272, 275, 279, 282, 286, 289, 292, 295, 298, 301, 304, 306, 309, 312, 315, 316, 319, 322, 325, 326, 329, 33.0, 33 1, 335, 338, 3 4 1, 343, 344, 352, 354, 357, 360, 362, 363, 368, 371, 374, 377, 380, 383, 386, 389 , 39 1, 394, 397, 399, 401, 404, 406, 409, 4 11, 4 14, 4 18, 421, 423, 427, 429, 430, 4n, 4 39, 441, 446. 447, 448, 4 50, 452, 453.
generale,

Sudekum Albert, 13), SustenU, 24).

Vachier, 317.

Valvassori-Peroni A ngelo, 432.

Vandervelde Emilio, 380.

Virtoire (LA), 134, 3B5.

Taverna Ludovico, 147, 248, 26S.

Tem po (li), 436, 437.

Temps (I.e), 422,

T ereru:io, 121.

'fhomas Alberto, 73, 131.

Tichy, il pope, 232

T;mes ( The), 105, 212, 227, 303, 338.

Tirpitt, Alfred P. von, 360,

Tittoni Tommaso, 117, IS4, 155.

Tommaseo Nicolò, 328.

Torre Andrea, 137.

Tttsic-Pavisié, il deputato, 23 1, 293, 43}.

Trev~ Claudio, 165, 342, : HS.

TribumJ (La) , 188 .

Trninié Slavko, 233.

Trotzky (al serolo Leo Davidovich Le iba Bronstein), 41, 138, 202; 2S6, 268, 311, 343, 351, 362, 364.

Trumbié Ante, 268, 287, 289, 440.

Turati Filippo, 162, 164, 165, 175, 331, 378, 379, 380.

Turme!, 138, 247.

un;,à (l'), 261 , 263.

Unìlà (L') CaJtolica, 171 , 343.

Ulj~ich Agostino, 279.

Urach, W ilhelm, duca d', 372.

Villari Pasquale, 263.

Vita lrtternazionale, 415.

Vittorio Emanuele II, 246.

V ittorio Emanuele Ili, 2.

V ore (La) dei Ret'11à, 141.

V o re ( La) del Popolo, 3B5.

Voltaire, F. M. Arouet de, 387.

VorwaerlI, 373, 384, 3B5.

Voniirhe (Dii:) Zeitung, 372.

Wagner Riccardo, 108.

Warren Withney, 216, 217

Weisskirchner, il borgomastro, 424.

W e kerle, 220, 283, 293, 294, 295.

Wellington, 19.

Wilson Woodww, 3, 100, 127, 128, 129, 144, 195, 204, 206, 215, 216, 220, 223, 224, 227, 228, 230, 231, 234,' 235, 236, 237,·255, 256, 270, 274, 276, 277, 2 78, 296, 323, 378, 379, 380, 407, 409, 411, 416, 417, 425, 430, 4~1.

Zinovieff, 311.

Zuppelli, il ge nerale, 102.

462 INDICE DEI NOMI
T
u
V
w
z
Avvertenza N ota INDICE DAL PIAVE AL ME S SACGIO DI W(LSON (30 ottobre 19 17 - li gennaio 19 18) N ella più dura ipotesi (30 Ottobre 1917) . pag . V Aspetti del dramma (31 ottobre 1917) 8 L'ora e gli ·uomini (1 novembre 1917) 11 L'offerta (2 novembre 1917) , 14 Sequest rate i beni dei sudditi nemici! ( 2 ·novembre 1917). 17 La battaglia del Friuli (2 novembre 19 17) . 18 Nell'attesa (3 novembre .1917) . . . 20 Onore ag li operai (4 novembre 191 7) . 2 3 L'attacco nel Trentino (5 novembre 1917) . 26 Un dato del problema (6 novembre 1917) . 29 11 nostro « delenda Cart hago » ( 6 novembre 19 17) 32 I nostri postulati. I. Un manifesto alla nazione ( 8 novembre 19 17) 3 3 I nostri postulati. Il. Di sc iplina di guer ra ( 9 novembre 19 17) . 36 I nostri p ostulati. Ili . L'armata dei volontari (10 novembre 19 17). 39 Avanti, il Mikado! (11 novembre 1917) . . 4 1 I tedeschi' sono buoni.... (11 novembre 1917) . 44 Non dimentichiamo! (12 novembre 1917). 45 La camera si riapre (13 novembre 1917) . 48 Tra l'onore e l'onta (14 novembre 1917) . 50 I discorsi. (15 novembre 1917). 52 Patria e terra (16 novembre 1917) . 55 L'eternò «se>>.... (17 novembre 19 17) . 58 Il senso di una crisi (18 novembre 19 17} . 61 Politica di guerra ( 19 n ovembre 19 17) . 64 La patria ai combattent i (Progetto di legge di Ettore C iccotti) (20 novembre 1917) . . . . . . . . 67
464 INDICE pag. « Morti sl , ma schiavi no, schiavi mai!» (20 novembre 1917). 69 Col ferro e col fu oco (22 novembre 1917) 71 Il g igante di stoppa ( 23 novembre 19l7) . 73 Dopo un mese {24 novembre 1917) 75 Mine e siluri. Inesattezze e precfaioni {24 ·novembre 1917) 78 Sullo stesso tema (25 novembre 1917) 80 Non p assano più! ( 26 novembre 1917) . 83 1 nostri postulati. Per la storia di una settimana (27 novembre 19 17) . . . . . . . . 86 « comandamenti» dell'ora. Amare i profughi (28 novembre 19 17) . . . . 89 Nitti e Ja realtà (29 novembre 19 17) . 92 Idee, ricette e sabotaggio (30 novembre 1917) . 95 Produ rre per vincere ( L dicembre 1917) . . 98 Bosco e imboscati (1 dicembre 1917) . 102 Sudditi nemici ( 2 dicembre 1917) . . . 105 Il « bramito )> del << boche » (3 dicembre 19 17) . 107 Il Napoleone delJa viltà (3 dicembre 19 17) . 11 0 la pace dell' infamia (4 dicembre 1917) . . . . 111 Lo zjo Sam in guerra. Un milione di soldati, 1000 navi, 23 mila aeroplani ( 5 dicembre 1917) 114 Piave e Montecitorio ( 6 dicembre 191 7) . . . . . . . . 117 Gli italiani pel «Popolo». Postilla alla sottoscrizione (6 dicem· b,e 19 17) . . . . 120 La « milfliera dolce» .... (7 dicembre 1917) . . . 121 Zona di guerra! (8 dicembre 1917) . 124 Viva Wi lson ! (9 dicemb re 1917) . 127 Non umiliate la Nazione! ( 10 dicembre 19 17) • 130 « Il Popolo d'Italia» nel 1918 (11 d icembre 1917) 133 M. Caillaux. La quinta arma (13 dicembre 1917) 134 Fra il segreto e il pubblico (14 dicembre 1917) . 137 Trincerocrazia (15 dicembre 1917). . 140 Malessere (16 dicembre 1917) . . 143 Dalla ipocrisia alla realtà {1 8 dicembre 1917) . 146 Il patto della schiavitù (19 dicembre 19 17). 14 9 Miglioramento della razione viveri ai soldati ( 19 dicembre 1917) 152 Ritirata in buon ordine (20 dicembre 19 17) 154 Un generalissimo! (20 dicembre 19 17) . : 157 La piovra << boche » (22 ·d ice~bre 19 17) 1 58 la farsa nella tragedia. Il disfattismo del bonzo (23 d icem.· bre 1917) . . . . . . 16 1
INDICE 46, pag. Ed ora, ai fatti! (24 dicembre 1917) 164 Ciò che abbiamo ottenuto (25 dicembre 1917) 166 Il convegno di Udine (27 dicembre 1917) . • 169 L'ulivo degli Hohenrollern (28 dicembre 1917) . 172 I nostri postulati. La convenzione Bollati-Jagow decaduta! (29 dicembre 1917) . . . . . . · 17S Al cittadino Moutet (30 dicembre 1917). 179 Divagazione (31 dicembre 1917) 182 Lealtà, contro insidia! (1 gennaio 1918) 185 Rappresaglie! (1 gennaio 1918) . . . 188 Gli italiani pel «Popolo». Nel 1918 (1 gennaio 1918) . 189 Martellando.... Sudditi e beni nemici. (2 gennaio 1918) 191 Resistere p e r vincere! (3 gennaio 1918) . . 194 11 prestito della riscossa (4 gennaio 19 18) . 197 Si fa sul serio? (5 gennaio 191 8) . . . 199 ll «negozio» che non va (6 gennaio 1918) . 202 Una solenne risposta (7 gennaio 1918) . . · . 204 Dopo il discorso di Lloyd George. « La santità dei trattati » (8 gennaio 1918) . . . . . . . . 207 Internamento o villeggiatura (9 gennaio 1918) 210 Il motivo (10 gennaio 1918) . . . . . 212 Programmi e formule (11 gennaio 1918) 215 DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA (12 gennaio 1918 - 12 aprile 1918) · Nota . .... . 220 Postma al commento (13 gennaio 19 18) . . 223 Un p iatto di lenticchie? No. ( 13 gennaio 1918) . 227 I plebisciti.... (B gennaio 1918) . . . . 230 Dopo- i discorsi. « Ponti d 'oro! ... » (14 gennaio 1918). 231 Armi e diritto (15 gennaio 1918) . . 236 « Exécuté » ! (16 gennaio 1918) . . . . . . 240 I popoli contro l'Austria-Ungheria (17 gennaio 1918) 243 Un colpo mortale (18 gennaio 1918) . . . . 246 Tutte le energie! (19 gennaio 1918) . . . . . . 249 Politica interna Beni e sudditi nemici {20 gennaio 19 18) . 252 L'intermezzo è finito (21 gennaio 1918) . · . . 255 Il prestito della riscossa-. Milano darà un miliardo ? ( 21 gennaio 1918) . . 2S8 Discussioni (22 gennaio 1918) . 261

.

Molta verità nel paradosso. Ehi del loggione, un po' di silen zio! (12 febbraio 19 18) . ·

Dopo il discorso Interpretate, signori! (14 febbraio 1918)

casa n ost ra (1 4 febbraio 1918)

Postille ai disçorsi. Dov' è l' imperialismo? (1 5 febbraio 1918)

politica di Lang, no! (18 febbraio 19 18) .

Dopo Brest -Litovsk. Il cannone ha la parola! (19 febbraio 1918).

P atto di Londra. Austria delenda (20 f ebbraio ·1918) .

politica (2 3 f ebbraio 191 8) ,

Ja,cio di seta , (28 febbraio 19 18)

( 2 marzo 1918)

466 INDICE pag. Politica interna, Orlando deve veni re a M ilano (23 gen na io 1918). 264 Problemi (24 gennaio 1918) 267 Dopo il discorso di Czernin. 11 «no >, austro-tedesco (26 gennaio 19 18) . 270 Il piano dei « boches » (27 gen naio 19 18) 273 I problemi dell'ora. L'intesa dei popoli contro l'Austria-Ungheria (2 8 gennaio 1918) 276 Il prestito della riscossa, Siamo a 500 milion i (29 gennaio 19 18). 280 Austria delenda (30 gennaio 19 18) . . . 283 Le pietruzze e il mosaico (1 f ebbraio 19 18) . 287 Torna, torna Garibaldi.... (2 febbraio 1918) 290 La tiran nia absburgica. « I germi da soffocare» (3 febbraio 1918). 293 Dopo Versailles (5 febbraio 1918) 296 T utto ai nostri sol dati. Premi alle brigate g loriose! ( 6 feb. braio 19 18) 299 Il prestito della riscossa. Milano supererà il miliardo? Oramai è certo (7 febbraio 1918) 302 Roberto Sar/atti (7 febb raio 19 18) 305 L'Italia nel mondo. Problemi che attendono la soluzione (8 febbraio 1918) 307 misteri svelati (9 febbraio 191 8) . 310 Disfattismo colposo Come facciamo il «loro » gioco (10 febbraio 1918) · 313 Un po' di verità nel paradosso. I g iornali sono n ecessari? ( 11 febbraio 19 18)
316
320
323 In
326
327 Boicotto
330
332
(1 7 febbraio 19 18)
La
336
339
342 L'Italia
344 L'involuzione
350 Con
3'3
355 Divagazioni
358
361
Una
è immortale! (24 febbraio 19 18)
russa (26 febbraio 1918) .
un
D ate un esempio (l marzo 1918) .
Il traguardo (3 marzo 1918)

APPENDICE

INDICE 467 pag. I motivi dei pàcifondai ad ogni costo (3 marzo 1918) . 363 Dato di fatto · (5 marzo 19 18) 366 Dopo il d.is<orso Orlando. << Gìusti:zia inesorabile!» (7 marzo 1918) . . . 369 Guai ai vinti! J1 « re di Prussia» (8 mar:zo 1918) . 372 « L'ultimo quarto d'ora» « Vive le tigre!» (10 mar:zo 1918) 375 Nel ter:zo tempo. Vorrei parlare con Turati.... (12 mar:zo 1918). 378 L'altro esercito (13 mar:zo 1918) . 381 La social-democra:zia. 1 complici di ludendorff (14 mar:zo 1918). 384 lnterme:z:zo quasi filosofico. Il papa e l'altro dio (15 marzo 1918). 387 Nel glorioso anniversario delle cinque giornate (18 marzo 19 18). 390 L' hanno voluto! (21 marzo 191 8) . 392 Il processo di Genova (22 marzo 191 8). 395 L' attacco dei « boches » su l fronte inglese (23 marzo 1918) 398 11 processo di Genova e gli avvocati. Santa parcella! (23 marzo 1918) 400 « Old England » (24 marzo 191 8) 4 02 Onore agli inglesi (25 marzo 1918) . 4 05 Richiamo alla realtà_ (26 marzo 1918) 407 «Cameratismo» (27 marzo 1918) 410 Passione (29 marzo 1918) . . 412 Quale democrazia? ( Un processo) (30 marzo 1918) . 415 Pausa (31 marzo 19 18) 419 La battaglia comune (3 aprile 19 18) . 42 2 Accademie. Colpi alternati (5 aprile 1918) 424 Polifemo Cristian .... Il gregge sen:za pastore (6 aprile 191S) . 428 Per il primo anniversario dell'intervento americano (7 aprile 1918). 430 L' adunata di Roma (7 aprile 1918) . 433 Durante il convegno. Battuta polemica (Il aprile 19 18) . 436 Commento ( 12 aprile 1918) 4 40
LBTI'ER.E: Lettera a Montanelli (2 gennaio 191 8) 445 Lettera ad Ottavio Dinale ( 10 marzo 1918) 445 Lettera ai m embri del comitato operaio genovese per la consegna della bandiera alla batteria << Cesare Battisti)> (20 marzo 1918) 446 Lettera ad Alceste De Ambris (4 aprile 1918). . 446
468 INDICE pag. DOCUMENTAltlO: I premi alle << brigate » gloriose ( 14 febbraio 1918) . 447 Mussolini a Monza (20 febbraio 1918) . . 448 lronie sferzanti (23 febbraio 1918) . 448 Un invito al nostro Direttore (7 apri le 1918) , 450 Una « mostruosità giuridica ed omana» dell'on. Orlando. Quando le provincie del Veneto erano minacciate dal nemico in armi, il presidente del consiglio ne ordinava.... il saccheggio (29 gennaio 192S) 4SO Indice dei nomi . 457

Finito di stampare il U utumbre 19)2

n t llt Officine Grç;ffrht Fratelli S tianli Sanrauiano V al di Pesa (Firmze)

Sono 1 /ale anche tirate 100 copie numerate in caria specù.tle fu ori commercio

Articles inside

INVITO AL NOSTRO DIRETIORE *

7min
pages 456-459

DOCUMENTARIO

4min
pages 453-455

APPENDICE

1min
pages 451-452

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 441

1min
page 447

DURANTE IL CONVEGNO

6min
pages 442-446

L'ADUNATA DI ROMA

4min
pages 439-441

[PER IL PRIMO ANNIVERSARIO DELL'INTERVENTO AMERICANO]•

3min
pages 436-438

POLIFEMO CRISTIAN....

3min
pages 434-435

LA BATTAGLIA COMUNE

7min
pages 428-433

«CAMERATISMO»

16min
pages 416-427

RICHIAMO ALLA REALTA

4min
pages 413-415

ONORE AGLI INGLESI !

2min
pages 411-412

IL PROCESSO DI GENOVA E GLI AVVOCATI SANTA PARCELLA!

6min
pages 406-410

394 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

6min
pages 400-405

L'HANNO VOLUTO !

3min
pages 398-399

NEL GLORIOSO ANNIVERSARIO DELLE CINQUE GIORNATE

2min
pages 396-397

INTERMEZZO QUASI FILOSOFICO

5min
pages 393-395

LA SOCIAL-DEMOCRAZIA COMPLICI DI LUDENDORFF

4min
pages 390-392

L'ALTRO ESERCITO

4min
pages 387-389

NEL TERZO TEMPO

4min
pages 384-386

DOPO IL DISCORSO ORLANDO « GIUSTIZIA INESORABILE ! »

13min
pages 375-383

I MOTIVI DEI PACIFONDAI AD OGNI COSTO*

9min
pages 369-374

DIVAGAZIONI

7min
pages 364-368

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 357

1min
page 363

L'INVOLUZIONE RUSSA

10min
pages 356-362

[L'ITALIA E IMMORTALE!]*

9min
pages 350-355

UNA POLITICA

3min
pages 348-349

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 341

1min
page 347

PATTO DI LONDRA

3min
pages 345-346

DOPO BREST-LITOVSK

5min
pages 342-344

POSTILLE Al DISCORSI

12min
pages 333-341

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO Dl ROMA 32'

1min
pages 331-332

DOPO IL DISCORSO INTERPRETATE, SIGNORI!

3min
pages 329-330

MOLTA VERITA N EL PARADOSSO

4min
pages 326-328

UN PO' DI VERITA N EL PARADOSSO

5min
pages 322-325

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 315

1min
page 321

DISFATTISMO COLPOSO

3min
pages 319-320

I MISTERI SVELATI

3min
pages 316-318

L'ITALIA NEL MONDO

3min
pages 313-315

IL PRESTITO DELLA RISCOSSA

6min
pages 308-312

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA 301

1min
page 307

TUTTO AI NOSTRI SOLDATI

3min
pages 305-306

LA TIRANNIA ABSBURGICA

7min
pages 299-304

TORNA, TORNA GARIBALDI....

4min
pages 296-298

LE PIETRUZZE E IL MOSAICO

3min
pages 293-295

AUSTRIA DELENDA

6min
pages 289-292

IL PRESTITO DELLA RISCOSSA

4min
pages 286-288

I PROBLEMI DELL'ORA

6min
pages 282-285

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI I.OMA 27'

1min
page 281

DOPO IL DISCORSO DI CZERNIN

7min
pages 276-280

POLITICA INTERNA

9min
pages 270-275

DISCUSSIONI

4min
pages 267-269

IL PRESTITO DELLA RISCOSSA

4min
pages 264-266

DAL MESSAGGIO DI \VILSON AL CONVEGNO DI ROMA 2,7

1min
page 263

L' INTERMEZZO Il FINITO

3min
pages 261-262

POLITICA INTERNA

4min
pages 258-260

I POPOLI CONTRO L'AUSTRIA-UNGHERIA

14min
pages 249-257

«EXllCUT!l» !

5min
pages 246-248

DAL MESSAGGIO. DI WILSON AL CONVEGNO DI JtOMA 235

7min
pages 241-245

I PLEBISCITI....

9min
pages 236-240

UN PIATTO DI LENTICCHIE? NO

4min
pages 233-235

DAL MESSAGGIO DI WILSON AL CONVEGNO DI ROMA

8min
pages 225-227, 229-232

DOPO IL DISCORSO DI LLOYD GEORGE

17min
pages 213-224

UNA SOLENNE RISPOSTA

4min
pages 210-212

SUDDITI E BENI NEMICI

20min
pages 197-209

AL CITTADINO MOUTET

17min
pages 185-196

I NOSTRI POSTULATI

7min
pages 181-184

L' ULIVO DEGLI HOHENZOLLERN

4min
pages 178-180

IL CONVEGNO Di UD!Nff

5min
pages 175-177

CIO CHE ABBIAMO OTTENUTO

4min
pages 172-174

LA FARSA N ELLA TRAGEDIA

6min
pages 167-171

160 OP6R.A OMNlA DI BENITO MUSSOLINI

1min
page 166

UN GENERALISSIMO !

4min
pages 163-165

1)6 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

1min
page 162

RITIRATA IN BUON ORDINE

3min
pages 160-161

DALLA IPOCRISIA ALLA REALTA

10min
pages 152-159

« IL POPOLO D' 1TALIA» NEL 1918

17min
pages 139-151

LA « MANIERA DOLCE» ....

17min
pages 127-138

GLI ITALIANI PEL «POPOLO»

1min
page 126

PIAVE E MONTECITORIO

3min
pages 123-125

LA PACE DELL'INFAMIA

7min
pages 117-122

IL NAPOLEONE DELLA VILTA

1min
page 116

IJ NOSTRI POSTULATI SUDDITI NEMICI

8min
pages 111-115

) NOSTRI POSTULATI

4min
pages 108-110

[PRODURRE PER VINCERE)*

5min
pages 104-107

IDEE, RICETTE E SABOTAGGIO

4min
pages 101-103

NITII E LA REALTA

4min
pages 98-100

I «COMANDAMENTI » DELL'ORA

3min
pages 95-97

I

4min
pages 92-94

SULLO STF.SSO TEMA

8min
pages 86-91

COL FERRO E COL FUOCO

11min
pages 77-85

LA PATRIA AI COMBATTENTI

5min
pages 73-76

POLITICA DI GUERRA

4min
pages 70-72

I DISCORSI

17min
pages 58-69

TRA L'ONORE E L'ONTA

2min
pages 56-57

LA CAMERA SI RIAPRE

2min
pages 54-55

I TEDESCHI SONO BUONI....

5min
pages 50-53

NOSTRI POSTULATI III. L'ARMATA DEI VOLONTARI

6min
pages 45-49

I NOSTRI POSTULATI I. UN MANIFESTO ALLA NAZIONE

9min
pages 39-44

UN DATO DEL PROBLEMA

5min
pages 35-38

L'ATTACCO NEL TRENTINO

5min
pages 32-34

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON

1min
page 31

ONORE AGLI OPERAI

3min
pages 29-30

LA BATTAGLIA DEL FRIULI

6min
pages 24-28

SEQUESTRATE I BENI DEI SUDDITI NEMICI!

1min
page 23

L'OFFERTA

4min
pages 20-22

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

2min
pages 18-19

L'ORA E GLI UOMINI

1min
page 17

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WJLSON

4min
pages 13-16

NELLA Più DURA IPOTESI

2min
pages 11-12

DAL PIAVE AL MESSAGGIO DI WILSON

4min
pages 7-9
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