L'Illustrazione Italiana 1945 n.22-23

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LILLISTRAZ ITALIANA

PARTICOLARE DEL « TRIONFO DELLA MORTE », AFFRE3CO DEL TRECENTO NEL CAMPOSANTO DI PISA, COM'ERA PRIMA CHE FOS:

16-23 DICEMBRE, 199

NEGGIATO DALLA GUERRA.


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LAVORO PER L'ARTE

Moti € gravissimi sono problemi politici, eco nomici e sociali che la guer-

ra ha lasciato in eredità

nuova

alla democratica.

Italia

Non meno grave e non meno importante è il danno subito dal patri» monio artistico italiano.

x

Vi sono molti, è vero, che ritengono superfluo, inutile e quasi ozioso occuparsi oggi dei monumenti artistici quando il Paese ha dinanzi a sé il tragico bisogno di ricostruire le case per il popolo, Altri, in-

vece, incolpano gli organi competenti di fare troppo poco, © addirittura nulla, per

sanare le ferite che la guerra ha inflitto al nostro

patrimonio

artistico.

Probabil-

mento gli uni © gli altri hanno torto. Il nostro patrimonio artistico è non solo una delle espressioni più alte, ma anche delle più genuine del nostro popolo, perché popolo furono tutti i nostri più grandi architetti, scultori e pittori; e perciò

esso non può essere considerato un inutile lusso, un semplice avanzo di un. passato che non ritornerà mai Ma a parte queste ragioni di nùtura,

ciamo così, morale, bisogna ricordare che

în Italia l’arte è anche essenzialmente un problema economico. È innegabile, infatti, che l'industria turistica sarà una delle no-

stro « materie prime », e tra Je fonti di ricchezza una di quelle più rapidamente realizzabili. Ma se si dovesse spargere nel mondo la voce che i nostri monumenti son lasciati eadere in rovina, che i nostri musei son chiusi, che le nostre città sono

deturpate dagli sventramenti razionalissi» mi, che îl nostro paesaggio è offuscato da utili © volontarie

brutture, noi correrem.

mo ‘il rischio di veder essiccare questa

ma in parte è urgente, perché in moli casi solo un immediato la o di consolidamento può salvare da una rovina definitiva. Questo bisogno è stato inteso dal Governo, 0 ha dato una prova conereta di volersi impegnare seriamente nel lavoro di salvataggio del patrimonio artistico italiano, assicurando all'Amministrazione per lo Belle Art oltre agli stanziamenti normali, un primo fondo di 500 milioni per restauro dei monumenti danneggiati

stata di grande atuto l’opera attiva e inione alleata telligente della Sottocon per i Monumenti e le Belle Arti, che attraverso i suoi ufficiali regionali ha organizzato i primi soccorsi ai nostri monumenti, via via che le regioni venivano ‘ad essere liberate, E non meno ha giovato e giova la collaborazione, qua ovunque pronta e comprensiva, degli uffici del Genio Civile. Oggi pow mo dire che tutte le Soprintendenze sono trasformate in cantieri. Ma dobbiamo lottare contro gr

Nessun altro Paese, dove è passata la guerra, ha subito tanta distruzione e devastazione al suo patrimonio d'arte come l'Italia.

Le statistiche vi diranno che, rispetto alla totalità di cotesto patrimonio, quel che s'è perduto definitivamente e irrimediabilmente non raggiunge forse un sesto 0 un settimo; e ciò può essere anche argomento di consolazione. Ma città come Verona o Treviso son rimaste sfigurate per sempre; monumenti come San. Ambrogio, come il riminese tempio malatestiano, come San Lorenzo fuori le mura, come la chiesa padovana degli Eremitani, come il Camposanto di Pisa, sono stati totalmente o parzialmeénte distrutti e deturpati; nè varrà amore dell’arte 0 pazienza di restauratori a restituirli alla contemplazione e am-

mirazione del mondo. Privilegiata anche in questo — tragico

privilegio

—, l'Italia ha avuto ancora

una

volta dal destino la

sorte più acerba; per nulla paragonabile a quella che, di secolo in secolo, commosse la fantasia dei suoi poeti, da Petrarca a Leo-

fonte di incremento economico, Sono ben lontano dall'aus

pardi, Allora, il dolore, trovando parole d'alta poesia, nasceva dalla visione, fantasticata 0 reale, d’un angoscioso sentimento di decadenza morale o politica; ora il dolore nasce in noi, e in quanti credono che l'arte sia — secondo la parola di Keats —

ed abbiamo

una”

lia unicamente dèdita all tria « restiero © del turista; noi vogliamo nvere anche qualche altra cosa da

offeire al consorzio delle nazioni europee. Ma è innegabile che proprio le sue riechezze d'arte, accumulate in duemila anni più artisticamente

si che l'Italia

rap-

ta di desiderio.

Paese del mondo con

Vopera artistica dell’uomo sono connesse così strettamente le bellezze naturali. In

Italia la natura stessa appare, dove più è bella, tutta compenetrata dell’opera regolatrice della mano e dell'intelletto umano. In ciò cons il carattere classico delle bellezze d'Italia, Ora, su questa bellezza è

passato il più grande disastro, la più grande distruzione che essa oltre un millennio.

abbia

subìto da

Il bilancio che, a

ruzione

finita, si

sta facendo, è gravissimo. per mole e per lore; anche se possiamo ascrivere a par: ticolare fortuna che le opere d’arte più famose e più alte sono salve. Integralmente salve sono le città di Roma

e di Ve-

mezia, intatte Perugia e Siena, felicemente

recuperate, grazie all'intervento degli alJeati, le centinaia di capolavori che i tedeschi

avevano

portato

da

Napoli

e

da

Firenze nei loro depositi dell'Alto Adige e di Linz. Salva è miracolosamente Ja

« Cena » di Leonardo, sopra l’unico muro

rimasto in piedì fra le macerie del chiostro dello Grazie. Salve seno le maggiori chiese © Piazza Erbe e Piazza dei Signori a Verona; ma, a Verona stessa, il 60% delle

case è distrutto e distrutti

sono

strutta è tutta quella architettura minore, la cornice

necessaria ai mo-

numenti maggiori. Perché proprio in quel'incanto d’Italia;

che le gran-

‘arte non sono degli isolati monumenti,

ma

formano

accordi

squillanti

entro un continuo tessuto armonioso. E

così Vicenza ha perduto la carenata cupola del Palladio e alcuni dei suoi famosi

palazzi, e così Genova; e Padova gli Eremitani affrescati dal Mantegna; e Firenze

è Pisa, squarciate nei Lungarni, sono come una

bella faccia ròsa da un cancro;

© a Rimini il tempio malatestiano è come

un prezioso scrigno spezzato. Il compito che ci sta dinanzi per salvare il salvabile,

risarcire

tutti gli italiani, ai quali la scuola del dolore deve oggi più che mai insegnare che l'offesa contro lo spirito non può non ritorcersi su chi la compie. Enumerando le loro piaghe, rialzandosi fatico-

le ferite, ritrovare

un'armonia dove oggi è un caos polveroso è immenso. In parte sarà lavoro di anni;

no è la più tragica di tu

aleuni

Altrove altri, Oggi

musei

sono

riaperti

e

si tutti, sì stanno riordinando. ognuna delle migliaia di opere

d’arte rimosse va riportata al suo posto, © prima va ripulita © restaurata, e si coglie l'occasione per una generale revisione del materiale e per un riordinamento, sovente con nuovi criteri, dei musei e delle

gallerie, Tanto. che possiamo dire con ce: tezza che questi istituti si presenteranno,

a lavoro finito, a: meglio assestati che a della guerra.

o approfittare di questa occaavere i musei tutti vuoti, per

studiarne il loro riordinamento, non sem plicemente per istituire le collezioni

come stavano prima della guerra, ma per migliorarne il più possibile la sistemazione.

Il museo

contatto

con

non

deve

più essere

in-

teso come un archivio a disposizione e ordinato per uso degli studiosi, ma deve sopra a tutto porre le opere più belle a i più larghi strati del pub-

blico, deve essere una scuola di educazione del gusto, oltre che un documento di storia. Perciò sarà opportuno il principio di raccogliere in un numero limitato di

sale le opere migliori, disposte nel modo confacente al loro godimento, e ordinare le altre con criteri più strettamente scientifici. Un'utile innovazione potrà essere il destinare

una

o due sale di ogni

musco © galleria a mostre periodiche, che renderebbero il museo un erganismo vivo e di continua attrazione. Mostre da alle-

stirsi interamente, 0 perilasmaggior. parte, con opere del muséo stesso. Instal modo si limiterebbe anche il-wezzo di far viag: giare le nostre opere@idlarte)ciluele?mon è mai confacente alla loro salute; mentre

poi dovrebbe essere assolutamente vietato come

altri paesi, il trasferimento all’e-

stero di opere d’arte antica per mostre 0 esposizioni, Invece sarebbe assai auspicabile vincere certi pregiudizi di

e ottenere

campanile

il deposito nelle gallerie e nei

musei dei centri maggiori di quelle opere, che un tempo giacevano sperdute in piccoli paesi © in luoghi isolati. Parallelamente al restauro e al riordina»

samente dalla loro prostrazione, risollevando gli occhi al cielo delle loro città mutilate, ricordino gl’italiani che non esiste tradimento maggiore, e che gli eredi della più splendida tradizi

mento, è in corso l’opera di smontaggi delle protezioni antiaeree, che avevano assunto talora mole imponente, e che impegna anch'essa cifre ed attività notevoli.

d'arte che possa vantare una nazione hanno più d'ogni altro po-

per lo smontaggio delle protezionirantiae-

polo il dovere di collaborare alla civiltà del mondo.

Con questo virile sentimento, non d'orgoglio, ma di dignità, vorremmo che i lettori sfogliassero e leggessero le pagine di que-

sto fascicolo,

in cui abbiamo cercato di documentare, con una rassegna forzatamente incompiuta, la parte maggiore dei danni recati al nostro incomparabile patrimonio artistico dalla guerra

e non di rado dalla fredda e perfida volontà di distruzione dei tedeschi. Ordinando î dati raccolti e la relativa documentazione

fotografica, ci ha guidato un sentimento di filiale pietà per questa nuova sventura d’Italia; meritata sventura, ma che, lungi dal-

l'abbatterci, deve animarci ancor più all'opera difficile della r

costruzione. E insieme con questo sentimento, ci sostenga la speranza che il primo Natale di pace — dopo tanti lutti e miserie e

distruzioni — parli finalmente ai cuori di tutti gli uomini di buona volontà.

dalla guerra. Cinquecento milioni, mezzo fardo, sembrano una bella cifra. Ma ia Direzione Generale delle Belle Arti ha fatto un calcolo abbastanza esatto — e se mai peccante per difetto, poiché i prezzi dei materiali © della mano d'opera accennano piuttosto al rialzo che al ribasso in base al quale sì può affermare che occorre almeno un miliardo e mezzo per le

opere di immediato intervento ancora da eseguire ai monumenti danneggiati. Dico immediato intervento, e non restauro definitivo. Il restauro definitivo potrà essere effettuato in seguito. Ma în molti monumenti dilaniati dalla guerra, il non tervenire con opere protettive immedì significa perdere tutto, significa rinunziare all'esistenza stessa del monumento. In questo lavoro di primo intervento è

Per dare un'idea,

citerò solo una

cifri

ree e il ricollocamento delle opere d'arte dipendenti dalla sola Soprintendenza di

Firenze sono preventivati oltre 39 milioni.

Sì rifletta infine che tutto l'immenso patrimonio artistico italiano è affidato a un

numero di funzionari tecnici che non acriva a 140, e sì vorrà convenite che non

può parlare, in questo caso, di elefan-

tiasi burocratica e che tra i problemi che

la Direzione Generale delle Belle Arti

sta

affrontando c’è necessariamente anche quello della riorganizzazione di questi servizi, oggi decisamente insufficienti e che

si reggono

solo

sull'abnegazione

di un

iguo numero di uomini di buona volonservizi che hanno sì grande importan-

za per mantenere alto il livello civile del

nostro Paese.

G. TITTA

ROSA

i ponti

per le mine fatte saltare dai tedeschi mentre già firmavano la resa. E quindi di. che formava

joy for ever”, dal sentimento che la sparizione o la mu-

tilazione di tanta bellezza è un impoverimento del mondo. Da cotesta offesa l'Italia è uscita dunque menomata; delitto contro lo spirito tanto più inaudito quanto a perpetrarlo concorsero, fino a renderlo fatale, una mostruosa cecità e un’ottusa vanagloria. Motivo di umiliazione e stimolo di rinsavimento per

non il Museo Poldi Pezzoli, non la Villa Reale, non il Museo di Milano. Ma dobbiamo anche dire che la situazione dei musei di Mil

difficoltà trasporto, di materie je e di personale specializzato, che il bilancio non consente di aumentare. Oltre al restauro dei monumenti, anche da provvedere al ricolloca dello opere d’arte: migliaia di quadri e di statue, che erano stati tolti dalle chiese, dai musei e dalle gallerie per esser deposti, imballati e incassati, nei depositi di protezione antiaerea. Soltanto per riportare aMilano le collezioni del Castello Sforzesco rifugiate a Sondalo occorreranno cirea cento camion. Ma il Castello Sforzesco non potrà raccoglierle perché l'interno di esso è ridotto a quattro mura annerite dall'incendio. E per restare a Milano, non potranno per molto tempo accogliere iutte le loro opere la Pinacoteca di Brera, fortemente danneggiata,

Servizi di grande delicatezza e responsabilità. Perehé non è infatti questione soltanto di denaro. Ogni lavoro che si intraprende sopra. un monumento offre un problema diverso; offre, proprio come un malato, un caso di coscienza: come eseguire il restauro, in mòdo da non compiere più quegli abominevoli falsi, che un

tempo fecero aggiungere agli stili architettonici, già elencati nei manuali, un nuovo e deprecabile « stile Soprintendenza »iche vorremmo ben morto insieme al gusto retorico che lo tenne a battesimo.

Sono questi aleuni dei principali problemi — insieme a tutti quelli posti non dalle cose, ma dagli irrequieti temperamenti degli uomini — che vengono a finire sui tavoli

della Direzione

Generale

delle Belle Arti. E il maligno lettore non voglia credere che vi rimangano a dormire più del necessario. RANUCCIO

BIANCHI

BANDINELLI

Direttore generale delle Antichità e Belle Arti


IL

PORTICO

BRAMANTESCO

DI

SANT'AMBROGIO,

A MILANO,

(Disegno di Carlo Vitale)

COME

APPARE

OGGI,


La danneggiata Crocifissione

di Donato da Montorfano che è sulla parete di fronte alla

e è circa un anno, affacciai l'ipotesi, in Nuova Europa, che, se la guerra avesse proceduto con lo stesso ritmo di. struttivo cho l'aveva caratterizzata fino allora, terminato il conflitto avremmo dovuto calcolare su di una perdita del sei o setto per cento del nostro patrimonio artistico. Era un calcolo, quello «he facevo, solo

destinato a dare una idea dell'immenso di astro che anche csto campo #abbutfeva irreparabilmente sulla nostra Patria. Ed arrivavo a tale definizione ragionando a questo modo: più della metà mettiamo il sessanta per cento delle nostre città e paesi dove sono importanti complessi artistici è stata o sarà direttamente colpita dalla guerra, in quelle città e paesi circa un terzo delle opere d'arte © degli a bienti monumentali è stato 0 sarà danneggiato, di questo la terza parte almeno distrutta. Calcolo molto approssimativo e, se vogliamo, semplicistico che oggi va riveduto © addirittura rifatto tenendo conto cue il precipitare degli eventi e il erollo della resistenza tedesca hanno fatto sì che nell'Italia settentrionale le distruzioni, seppure gravissime, siano localizzate nei grandi centri. Si dovrà cioè tener conto oltre che delle distruzioni già avvenute soprattutto della minaccia di non poter eseguire tempestivamente tanti necessari lavori di pronto soccorso, così che è pregiudicata lasorte di molti nostri monumenti colpiti ma rutti, nonché della indisciplina e dell’arbitrio di chi progetta ed esegue con presuntuosa ignoranza 0 megalomanìa di schietta impronta fascista demolizioni o ampliamenti e traccia affrettatamente nuo vi sciocchi piani regolatori che rendono ancora più gravi le già gravissime perdite. Ad ogni modo credo che, se oggi dovessimo calcolare le perdite nel campo artistico limitandoci a quelle che hanno sostanzialmente modificato i termini per

PRIMO una

valutazione

de

contributi

a di Leonardo da Vinci in Santa

BILANCIO dati

dal

genio artistico. degli laliani alla civili cioè alle opere la cui perdita significa modificare un capitolo o cancellare una pagina della nostra storia dell’arte, afferare che s'è perduto il © setto per nto è cc sarivo, La distruzione di ale ne chiese baroeche della Sicilia © dell'Italia meridional quella di S, Chiara a Napoli, quella dello cattedrali di Benevento, di Capua di Te no, quella di aleune chies del Lazio edifici talora importantissimi per la stor! della nostra architettura come la polverirzata S. Maria in Flumine a ( cano erdita degli affreschi di Benozzo Gozzoli del camposanto di Pisa e di alcuni altri del Barna nella collegiata di S. Gimignala demolizione del quartiere medioe dei Lungarno, e dello stesso ponte rinita a Firenze, lo distruzioni di Ancona, di Fano, di Rimini di S. Maria in Porto Fuori a Ravenna, quella dei palazzi più belli e di tante chi se a Genova, quella della maggior parte dell'Ospedale Maggiore, del chiostro gran. de di S. Maria delle Grazie, del portico bi nantes o di S. Ambrogio, di S. Piet in Gessate e dei più bei palazzi di Mil a, ove no, le orrende distruzioni di Vi fra l’altro è andato quasi totalmente d strutto Palazzo Valmarana a San Faust no e sono scomparsi gli affreschi bellissimi del Tiepolo che l’adornavano, come anche le distruzioni di Verona e di Tre viso, e perfino quella che forse è la perdita maggiore, cioè della chiesa degli Er mitani a Padova, che potrà essere archi tettonicamente ricomposta, ma non pot! più riavere i mirabili affreschi del G riento, del Semitecolo © del Mantegna, tutte queste distruzioni, tutte queste irre] rabili perdite e le molte altre che sorebbe

qui

troppo

lungo

clencare,

per quanto

gravissime, sono ben lungi dal rappresentare quel sei © sette per cento che si diva. Soprattutto quando si pensi che, fatte pochissimo cecezio ipinti delle gal. lerio italiano da quelli della galleria di Brera a M a quelli delle gallerie di Bologna, Firenze, Siena, Roma, Napoli sono salvi. E vorrei poter dire altrettanto musei se non sì doves delle raccolte lamentare la perdita oltre che delle cose di maggior pregio del museo Filangieri di Napoli, incendiato per rappresaglia dai tedeschi insieme con l'inestimabile archivio di Stato di quella città, e di gran parte delle raccolte del museo archeologico di Ancona travolte nel crollo dell’edificio. Ma la perdita è una cosa e la menomazione che deriva ad un'opera d'arte dal danno subito è un'altra. Quando la parete dipinta da Lorenzo da Viterbo nella chiesa viterbese di Santa Maria della Verità verrà nuovamente scoperta e rivedremo l'affresco che era stato strappato e ridotto in bricioli dal risuechio d’aria delle bombe, ma fin nei minimi frammenti raccolto e ricomposi con i finita pazienza e religioso amore dai teenici dell'Istituto centrale del restauro, di quanto l'opera d’arte apparirà calata di tono rispetto al suo originario valore? E valutare la diminuita efficienza delle pitture trecentesche del camposanto di Pisa, modificate nei loro raffronti tonali dal gran calore dell'incendio che ha distrutto le coperture del porticato e i rito gli affreschi di Benozzo? E cosa d ‘e poi del « Cenacolo » di Leoardo ancora in piedi, sì, per miracolo, sull'unica parete salvatasi nell’immensa rovina circostante, ma che ha gravemente sofferto ed ora s'accinge ad affrontare un terzo inverno con le scarsissime prot

Maria delle Grazie a Milano.

ni che lo difendono dalle intemperie? La cupola dell'Osservanza a Siena verrà icostruita, la copertura della Basilica di Vicenza verrà rifatta, le pilasirate del Sa anni in Zoccoli a Viterbo sono in parte già rialzate, la basilica di San Lorenzo a Roma verrà reintegrata nelle su strutture, le cupole delle chiese palermi tane verranno un giorno nuovamente voltate, e così pure quelle delle chiese napoletane, © sipotranno reintegrare le strut-È ture dell'Ospedale Maggiore, di S. Maria delle Grazie

e del portico

bramantesco

di S. Ambrogio a Milano via: ma come reintegrare le decorazioni di tutti quegli ambienti? Chi può pensare a ridare la loro mitabile veste polieroma a tante volte é ‘cupole crollate? Chi può seriamente illudersi che tanti e tanti edifici, restaurati che siano e nel modo migliore, riacquisteranno il calore € il senso che secoli © secoli di lenta vita avevano

conferito a quelle

supremo testimonianze della civiltà e del genio degli italiani? E questo senza contare che non è possi bile tracciare una storia dell’arte ital tenendo conto solo di quei quindici o venti genî il cui nome è sulle di tutti. Infatti seno proprio la grande massa dei mdest minori è complessi artistici anchè di secondaria importanza che nel loro insieme dìnno il tono fondamentale al l’ambiente artistico italiano, che formano la base, il comune fondamento sul quale eccellono le manifestazioni del genio © che caratterizzano un'epoca, È come pensare oggi di trovare i mezzi per provvedere loro reintegrazione o al loro restauro? E cosa dire di tanti paesi, di tanti quari ratteristici inesorabilmente, irreparabilmente perduti? Di questi e di tanti altri fatti s'ha da tener conto per stabilire l'ammontare delle perdite in un bilancio orribi mente passiv EMILIO

LAVAGNINO


Piazza San Carlo di Torino, progettata nel 1635 dall'architetto Carlo Castellamonte,

Quei duramente colpito dalla guerra, il Piemonte, a paragone d’altre regioni d’Italia, non' contribuisce per sua fortuna — che in misura ridotta al triste bilancio della menomazione del patrimonio artistico nazionale. Ciò si deve al fatto che i più insigni monumen tutti radunati în quella ‘antica capitale sabauda, e che i maggiori di questi, tolto il complesso urbanistico di Piazza S. Carlo, furono © risparmiati dalle bombe o danneggiati in modo non irreparabile. S'aggiunga che, indiscutibilmente, la ricchezza architetto nica piemontese, considerata nel suo complesso, appare modesta nell’incomparabile panorama dell’arte italiana; e che la sua stessa limitazione sia nello spazio che nel tempo (scarse tracce, ad esempio, lasciò in quest’angolo nord-occidentale della Penisola la epettacolosa fioritura rinascimentale) venne a_ costituire quasi un privilegio nel tragico quinquennio distrutivilegio di chi meno ha nei conha di più durante i grandi enti sociali © le erisi delle civiltà. D'altro canto le opere raccolte nei musei e nelle collezioni pubbliche e private poterono esser messe tempestivamente in salvo e ritornarono poi pressoché denni, nella loro maggioranza, alle sedi primitive finita la guerra: almeno quando le ritrovarono ancora in piedi e tatte, ciò che putroppo non si verificò per la Galleria d'Arte Moderna di Torino le cui sale sono oggi inservibili. Forsé questo settore, il maggior danno toc alla preziosa quadreria del conte Adriano Tournon che perdette, con tre Corot è un Signorini, un cospicuo gruppo di dipinti di maestri piemontesi dell’Ottocento, vandalicamente incendiati dai criminali fascisti a Crescentino: ed alla deliziosa Villa della Regina, sul margine precollinare torinese, dove andò distrutto un into del viennese Daniele Seyter (164905), opera comunque non essenziale se si pensa ai tanti tesori dei vari musei, delle chiese e dei palazzi di Torino e del Piemonte, rimasti incolumi. Ma il popolo subalpino lamenta ugual: mente dolorosissime rovine irrimediabili

una delle più belle piazze d'Ito

fu ripetutamente colpita e danneggiata nei suoi edifici,

PIEMONTE e mutilazioni erudeli in un quadro di lezza che se non si gloriava dei culmin raggiunti in altre parti d'Italia, aveva un suo cai ttere inconfondibile, una sua grazia intima e di; reta, una sua nobiltà un c po” severa, ch perfettamente vano una patto, tutto un sentire. È appunto il senso del Pi te, questo composto gusto estetico cli il suo riscontro in un'analoga co za spirituale, che appare tragicament feso nello spettrale aspetto di Piazza Carlo in macerie, la splendida chitettonica della quale già nel

area ar1686

pre napoletano Gemelli Carrer seri

Ecco come

sono

volete starne a detto mio, ab: n secondo luogo appo que S. Marco în Vinegia ». Aulicità d cadenze, schiettezza ribuivano a’ foggiare, gionale

che

C:

rfetta unità stilist intorno alla metà de Seicento, nell . Una pro» sa della gente sa conforta i torinesi: quelle si te che nei tramonti di maggi ingentilivano e quasi lievitavano nell spett zion

ridotti alcuni piloni del porticato di piazza San

stupendi disegnati da Benedetto Alfieri ed eseguiti da artigiani ticinesi, le cornici squisitamente intagliate delle porte, delle finestre, delle specchiere, le raffinaorazioni pittoriche delle scuole iari e del Rapous, che un giorno ni intenditori francesi in visi al palazzo dell'A, ia Filarmonica, Caraglio Isnardi e poi Solaro del Borgo, suggerivano un confronto vantaggioso con se di Versailles; nessuno cè tuirà gli interai pre polverizzati dalle gli altri sei palazzi tituivano, contigui, le due ali di le piazza. È soprattutto su tanta perduta bellezza, non vistosa, non appariscente.

penombre degli atri iboli, dei salotti se nonte piange. L ferite inguaPalazzo Ma Palazzo d'Adi Palazzo C Univer sità, che dolorosame ci richiamano aî due secoli aurei dell’: imontese, ai nomi illust duo Custellamonte, del lo Juvara, di Benedetto ”4 di tutti gli artist contribuirono a formare le di quelle architettu razioni; i guasti © gl'incendì o quattrocentesche del centro an, del Palazzo Balbo Bertone (uno dei Carmine, del vittozziano Corpus Domini, della nove volte secolare Consolata, della Madonna di Campagna rievocante i fasti dell'assedio e della battaglia di Torino, dei S.S. Martiri, della Trinità, di Santa Teresa; lo scempio, i danni nella Villa della Regina, nella Palazzina di Stupinigi, nella Villa della Tesoreria, nei castelli di Masino e di Cartignano e di Rivoli, nel Palazzo Trotti Bentivoglio d'Alessandria potranno parere poca cosa a chi pensi alle distruzioni di Firenze e di Pisa, di Bologna e diRimi Vicenza e di Verona. Cos'è la perdita d'un Seyter, di un Moncalvo, di un Pozzi, di un Galliari quando il giovanile Mantegna degli Erenon è più che un ricordo? MARZIANO

BERNARDI


Sepe +

Sir

pso coi

pittur:

Il palazzo

D'Agliano

in piazza San Carlo,

costruito

verso

la fine del XVII

secolo

compiuto a metà del Settecento da Benedetto Alfieri, oggi è in gran parte distrutto.

La Vergini lazzo Chial

albi

eyter, che adori ndio che dann

uy,

ricco

i dal fuoci

di

Cappella del Paemente il pa


a F. Juvara, è il più classico e maestoso edificio piemontese. Fu ultimato dal Sacchetti.

Il Palazzo Madama, danneggiato nelle volte deli

La Chiesa del Carmine, dirompenti che ne dem

ita nel 1732 da Filippo Juvar la volta e frantumarono

e le,

del dio i

lese, ricca di pregevoli stucchi e di specchi, distrutta altre belle sale dell'ala prospiciente la Piazzetta Reale.


Alessandria: una delle sale del palazzi della Società storica alessandrina,

dopo

l'

loll'aprile 1944.

ae


Visione

generale

delle

distruzioni

MILANO Tra le citt d'Italia segnate dalla gerea, Milano è forse con

guerra Genova quella che reca, nei suoi monumenti, le tracce più sanguinose, Infatti, nche se, a paragone di altre città ital me, Mi lo ricca di eccezionali espressi d'arte, pure lo svolgimento storico si può dire Sia documentato nella sua integrale progressiva successione, che non conosce né tappe né soste. Il cuore di Milano batté ancora oggi entro le vetuste mura del vecchio Sant'Ambrogio: gli squarci e i crolli non gli hanno impedito di continuare a battere e le sue mura accese dal colorito ardente dei mattoni romani non hanno per questo perduto la loro intens espressione di mistico e intimo fervore. L'armonia mulo composta dalla successione del he componevano l'ucate bramantesche, nico lato della Canoni a costruito da Brainfranta, mante, è stata inve: Lo spostamento d'aria fece deviare dalla perpendicolare la cuspide del trecen sco campanile di San Go legato al palazzo visconteo che sorgeva sull'area dell’attuale palazzo reale. Oggi essa ha riacquistato il primitivo «quilibrio dope una accurata ©) a di ricomposizione. Il Quattrocento locale, ancora improntato di gusto gotico, aveva nella solariana chiesa San Pietro in Gessate e nel Convento iesa di Santa Maria delle Grazie, ata da Bramante al t due

di

sant'Ambrogio, Basilica madre dell'architettura romanica, Ecco quel che rimane dell'abs

LOMBARDIA bilità della « pola bramantesca delle Grazie per lo sj ventoso squarcio che ri tava uno dei pennacchi di pstegno tinto Quanto al Duomo, poi, soprattutto il trecentesca, q sinistro, dove una guglia si inelin colpite, fu anch'esso av» statue furo Ito entro il turbine di fuoco. ne miracolosa

ente pri

e in

architettonica tegro nella sua compa ccorativa Che dire del disastro della Cà Granda Proprio il lato più antico tutte le ite del Filarete e del Solari, fu il crollare. E poi fu un a caniesi

contro quelle mura d etrate

di

distruttrice del p Qua e Ja le b losamente

me

intatte

il cortiletto

di storia

pm di

per

di ospedaliere. taria

»_miracosciar quasi, pa ri di edific di un rinasciment

tana-Sily

di Milano

ebbe

di

no ripetutamente.

Il nu

partico

mane

si stette

sotto

della

insta-

il carat-

reggia per importanza con la romana chiedel ( ù, fu massacrata, in ispecie nella facciata. An he la celebre Accademia ana non fu risparmiata. E quale Ambre più qual meno, numerosissime sono le costruzio! cinquecent nonian di particolare fervor edili di una fa zio in Milano, toccate dal turbine: così un palazzo in Corso Como 15, fuori dal centro della città, come l'antico Palazzo del Tribunale, proprio quasi a ridosso del Duomo, il centralissimo Palazzo Marin di Galeazzo Alessi, e la pittoresca villa suburbana della Simonetta, avvolta da leggende © seg ata dalla incuria degli uo: e dalle ingi; rie del tempo. Tra gli edifici seicenteschi ebbe parti colarmente a soffrire la centralissima chiesa di Santa Maria alla E € tra i pa lazzi, quello del Senato, opera del Mangone e del Richîni, come palazzo Annon anch'esso riferito al Richini. Il settecen-

terno, arricchito da sale riccamente decorate di stucchi e affreschi, fu devastato dall'incendio, pnservò integre le sue pittore:

fu la fisio: omia moderna 0 quella che ebbe dato il maggior

imponenti

l'incubo

scovile,

tesco palazzo Sormani, invece, il cui in-

sconvolte e n parrutte dal turbine della guerra. Fortunatamente in San Pietro in Gessate si salvò il fianco sinistro, dove di maggiore importanza erano le cappelle decorate di preziosi cieli pitto i rinascimentali, e nel Refettorio delle razie resse alla furia distruttrice proprio la parete sulla quale Leonardo di celebre Cena colo, parete opportunamente e preventi vamente protetta Ma per parecchie sett

di

la potenza

Via Piatti, la cui fa ‘cata fu 0 palazzo Fon il quattro invece, fu investito

lazzo

braman

teristico edificio del Pellegrini dedicati alla seuderia, ebbe Ja copertura sfondata; la chiesa gesuitica di San dele, che ga-

tante vice: de di vi avviene in particolare

lifici dedi

eminent ‘0 Sfori

e della canonica

frire; nel palazzo

Un affresco dell'Hayez, nella volta, e quaranta cariatidi sorreggenti una balaustrata adornavano la Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale del Piermarini.

numero

soffrire,

di costruzioni

re-

canti tale impronta; e fu la Milano neoche vide le preziose ed eleganti reti dei suoi edifici, sbriciolate e incete; così fu per palazzo reale del Pierarini, per Ja chiesa di San Carlo dellAmati, e per gli interni dél Teatro alla Scala © dèlla Villa Reale, l'uno costruito dal Piermarini,, l'altra; dal Pollak. Eppure, in mezzo a tale sfacelo, emerse viva una certezza in tutti, che lu vitalità idi questa operosa città italiana non ne sarebbe uscita intaccata, e che se molto era andato distrutto, molto ancora rimaneva a documentare il sno glorioso passato © are impulso all’ayvenire. MARIA,

LUISA

GENGARO


370 cultura e pittura debbono

l'incendio che ha fatto perdere la vi ità delle scene corrodendo i vari colori e in particolar modo i verdi dei fondi di paese. Con questi pure altri affreschi quattrocenteschi, probabilmente degli Zavattari, che adornavano il cortile di passaggio alle uderie, hanno subì notevolissimi danni soprattutto a causa del. l’acqua filtrata nei muri per la rottura del tetto. A Palazzo Fonta pa-Silvestri in corso Vedanni ingentissimi dei nezia, invece, bombafdamenti hanno fortuitamente fatto rinvenire, în seguito al bruciarsi di una tappezzeria in cuoio, una serie di affreschi nella sala sottostante la Biblioteca, Questi affreschi notevolissimi del "400 attribuiti ai pittori Zenale e Butinone, costituis no una nuoya importante traccia per lo studio della pittura lombarda di quel periodo, E per concludere questa rassegna delle cose d’arte più salienti andate perdute o devastate dalla guerra in Milano, citiamo tutta l’ingente decorazione scultorea plasmata sotto la guida del Filarete © del Solari per quel gioiello architettonico che costituiva il vecchio Ospedale Maggiore.

essere asso-

neggiati

ciate all'architettura per avere un quadro generale più completo delle distruzio-

nì portate dalla guerra, Per buona for-

tuna tutto ciò che poteva con facilità essere asporiato è stato posto in salvo co sicché quel che più si deve rimpiangere è la perdita di. quelle cose

connesse

con

le murature,

ed. affreschi, stuechi

strettfitfente

come

mosaici

e decorazioni

vari

A queste si debbono aggiungere opere di scultura cdllegate sp

jalmente

al complesso

Duomo.

architettonico

del

alcune

Le preziose vetrate tolte a tempo opportuno, sono salve; numerose statue, cir-

ca quaranta, che costituivano il corona mento delle guglie e l’ornamento della costruzione, sono invece perdute del tutto 0 mutilate irreparabilmente. È opportuno menzionare in particolare, tra quelle perdute, il « David coronato sonante l'arpa w, di Andrea Biffi (1597) e la figura muliebre attribuibile al Bambaia o a Cri. stoforo Lombardo che si trovava sul quinto contrafforte del lato sud; la « Santa Cri.

stina» 6 il « Giobbe demonio » di Carlo Simonetta rispettivamente del 1671 e del 1667 è il « S, Naborre » di Leone Buzzi del 1877, A questo e a molte altre perdite dobbiamo aggiungere alcune rite subite dalla porta di bronzo specie nella formella con l'« Annunciazione » del Pogliaghi. -, Nelle immediate adiacenze del Duomo vi è Palazzo Reale che in seguito ai bombardamenti del 1943 ha perduto una sei importante di affreschi del Traballesi, del l'Appiani e dell’Hayez e di decorazioni a stucco dell'Albertolli. Nel vecchio «S, Ambrogio », con lo squarcio. dell'abside, ha subito notevolismi danni il mosaico bizantineggiante del IX secolo, opera insigne di vari maestri. X sottostanti stalli del coro, tolo, pure sono

rimasti

UGO

BRESCIA E PAVIA tizzano

A Brescia sono andati distrutti o molto danneggiati la chiesa di S. Fra cresco, quella dei Miracoli, quella di S, Afra, i palazzi Fè d'Ostianî; Fenaroli, Calini, Salvadego, Murtinengo-Villagana, che si sono

lesioniati special.

mente nel lato sinistro e, nella sagrestia

colo. Nella chiesa di S. Maria del Grazie, oltre ad aver sofferto le decorazioni monocromate bramantesche dell'interno della

ite che si riferiscono alla pale città lombarda non: sintetutti i lî arrecati al resto di

questa nostra regione

del XIV se.

delle Messe, è andata perduta una grande opera di Giovan Battista Tiepolo, l’affresco « S. Bernardino in gloria » del 1737 circa. Questa è un'altra delle opere del celebre pittore veneto che è andata distrutta in Milano con gli affreschi di Palazzo Archinti sede della Congregazione di Carità in Via Olmetto. Nelle immediate adiacenze del Monastero Maggiore, nell'interno della torre di Ansperto, costruzione dai ricordi r mani del tempo di Massimifano, il fuoco ha slavato, rendendola quasi irriconosci bile, un'interessante serie di affre varia cronologia cu inante nel X

BICCHI

Come

era

rimasta

la seconda guglia sul fianco sinistro del Duomo i bombardamenti. La guglia ora è stata demolita.

di

Milano

dopo

cupola, hanno avuto danni gli affreschi di Gaudenzio Ferrari sulle pareti e sulle volte della quarta cappella a destra, quelli di Francesco. Vicentini della quinta cappella © nella prima di sinistra quelli de Montorfano. le decorazioni in stueco del. la seconda metà del XVI secolo che adornavano e davano un tono del tutto speciale, © in antitesi col resto della-chiesa, alla cappella del Rosario, hanno subito gli effetti delle fiamme che hanno corroso le modanature, annerito gli ori © fatto scomparire i piccoli dipinti del soffitto. In mezzo alla completa devastazione di questa cappella, ancora intatto rimane lo squisito © geni ssimo affresco del Ber-

gognone con la Vergin che adora il Figlio, ancora: composto in quella sua pace serena, tridente con tutto quanto ora lo circonda. In mezzo alla devastazione di tutti gli lazzo Borromeo, è ambienti di bile ritrovare i muri che formavano la quali cosiddetta stanza di î i è ancora dato di hi quattrocenteschi d scuola lombarda, ata Cristoforo tribuiti ‘con quasi certe: tosissimi dipinti rapMoretti. Questi presentanti « Giuochi di dame in giardi no » 6 particolarmente il « Giuoco del tarocco », della « Balla » e della « Danza a cadenza di mani » sono stati molto dan-

dei morti

Santa

aggionti ai disastri del luglio 1944 che hanno causato la rovina dei palazzi Martinengo-Palatino, Averoldi, della Vittoria za ed altre importanbresciane. a S. Fr cesco d'Assisi (1255) chiaro ese l'architettura lombardo-ogivale dei secoli XII-XIV, ha subito la smozzicatura della torre campanaria e il crollo della copertura che hanno. messo în serio p colo gli interessanti affreschi trecenteschi dell'interno. Inoltre nell’attiguo convento si rimpiange un piccolo chiostro di linee del: primo. Rinascimento. Di fronte alla

con la omonima pia ti e ricche dimo

chiesa dei Miracoli ci sentiamo patticololorati constatando quanto di larmente quel gioie Ilo del XV e XVI secolo, vera gloria del Rinas nento veneto-lombardo è stato ridotto in ma ie. Il crollo della cupola, l'inflessione un lato della fron-

shI

Come

i

era

prima

dell’agosto

1943

il Chiostro

nel convento

costruito da Guiniforte Solari in Santa Maria delle Grazie.

che

si crede

Maria delle Grazie di Milano. Sembra un miracolo che la cupola dal tipico tamburo

e l'abside

bramantesca

abbiano

potuto

salvarsi.


Larsala dell'Alessi a Palazzo Marino, che im regime demacratico fu sede del Consigli indnicipalg. Del palazzo, costruito nel 1558, non rimangono che le mura annerite.

Stato \liarad del porticato a terrena dellelegante villa della, Simonetta, eretta avl 1547 @ Domenico Quintallodî per W' Governatore di Milano Ferrante. Gonzaga.

te hanno pregiudicato orribilmente tutta la costruzione eccetto che la preziosa edicola d’ingresso preventivamente ben protetta.

completa distruzio:

La chiesa di S. Afra, su disegni di Pie-

tro Maria Bagnadore del 1580 e con

freschi del medesimo è irrimediabilmente scompaginata in tu ha perduto veneta ch ancora vi si trovav.

strutture ed i pittura

no.

af-

7

di meglio

bia lasciato

entesco pensello. di Moretto da

La fortuna ha permesso che que josi dipinti di gustosis pr

la fossero

completo,

to danneggiata, cati

salvaguardati quasi al salvo una parte

hanno pot n tutto |

are

mol

ae Joro asset.

Se poi volessimo fare una' visita, fra i tanti, a palazzo Salvadego, in via Dan—Pavia invec ci presenta i resti di quel e coperto sul Ticino ch ti. Ù te, non troveremmo che una totale rovina |vecchio po da Gozzo di tutta la fabbrica ad cecezione di un saliva al 13 opera di Dopo i ripetuti salone terreno dove si conservava di. © di Giovanni da Feri enti del 4, 5 © 26 settembre pinto, per la maggior parte a olio, sulle bombar

1944,

la

MANTOVA

mostra la del a pertura, > fabbrica del-

carattoristica

la di S.

vanni

Nepu-

sopra costruita, la scomparsa del

na arcata oltre numetose

ioni alle altro e

]

la la stabilità, Si sta proget-

erano loro

corso

duti da Mantova

nel

della guerra due specialmente

imporisnti

ci, pur. nella

profonda diversità: il ponte dei Muli-

ni e la casa

dei Gropelli

o della

ta.

Entrambi to della tipica costruzie distrutti. i più grandi vanti Impostato su di una diga millenar di. vide il Lago superiore da quello di mezzo, di Pavia e che ebbe a subir tagli, l'agponte dei Mulin 10 giunta di un ponte levatoio evari piinfor lip 1a i si fatal: Tonno da © interamente coper col t el» degli eventi storie ha za di volte © di finestre costitui cho furono str ledegli enbenil reni con queanta più singolare ac accesso alla dopo che sta città. U. B. il ponte medievale di San Giorgio era

i ;

%

Com'era il grandioso cortile dell'Ospedale Maggiore di Milano iniziato nel 1457 dal Filarete a cui successe Guiniforte Solari ed ultimo il Richini.

‘Quel che resta del bel cortile dell'Ospedale Maggiore di Mili

esempi di munificenza ospitaliera del Quattrocento.

, uno dei primi

I

3


RA

J UD, REAMMDMRIAILILILIPA AIA

7 PA

è

@

D

Come appariva il ponte coperto sul Ticino a Pavia. Sorto su uno più antico, romano, assunse quest'aspetto nel 1 nente distrutto e sostit

eno. Costruito nel 1198 dall’inmantovano Alberto Pitentino, r mu eggiato nel 1250 e nel 1400 è poi cora

restaurato

nel

1608

© nel

17:

que.

ch

una

delle

g

Gropelli,

Ì

e nel XVIII

dei

“mì per

più di trecento monumenti sepol. Gonzaga e di famiglie patrizie

volontà

La cl nel 17: strutta, le per

© la si deve r cornici in

mattoni

che

a

finissime. Il più importante, vasto © ricco c ") ;o monumentale della città, la Reggia

dei Ge pur non essendo stato colpito dir ha subito tutfavia non pochi danni a motivo delle bombe cadute

mausoleo della famiglia or-

secolo.

e a

tanti di Manto l'architetto lecolo. 0

Tra le altre chiesé danneggiate più © meno gravemente &è Sant'Orsola ta, a pari col tero, tra vil 1608, su tdi

‘entesco palazz no di statue e di erme di mantovani illustri, fu pu lo da spezzoni e da

XVII

perdita della scom eb

e mezzo

storicamente

erali

;

bombe che danneggiarono lo scalone e ali. Lì vicino, un’altra chiesa è nneggiata, quella di ip n Ger sorta sull'area di oratorio anti. co, trasformata nel 138: e restaurata nel

a usi milit

secolo

cittadine.

Un terzo monum strutto è la (chiesa di San Leonardo tvata vicino al‘ ponte dei Molini. D'origiantichissima, era stata rìfabbri nel 1155, e poi muovamente nel 1794, conservando pe le romanico. Antifu poi chiesa dinast . Nell’annesso oratorio di San Gottardo « no un bell'affresco di Lo 20 Costa e un ri Cavriani, il cui

da un

della cupola, tanto Ta stro erano stati ricchi di afdi quadri ©di sculture, Essi

più »ingolari costruzioni rina della città, sorgeva a fianco della fi di S e l'a fratelli farmacisti, Gropelis, detti della Cervetta dal rilievo in terrasotta che-stava sulla. f ciata ricurva della casa verso la piazza delle Erbe%Re era ‘Piffgna dea loro bottega.

to più grave è la Ma chiesa di San Francesco ch sacrata

sto ponte che univa lu città al borgo dell Cittadella © dava il passaggio alle strade per Verona ep Brescia, rappresentava iale nel panorama. La casa

La cappelletta è del 1700.

nelle sue immediate vicinan

E una parte di tali danni fu provoc dai tedeschi che prima città, il 24 aprile 1945 pi mine per interrompere il ponte La chiesa di Santa Maria dei Miracoli di Bresci costruita da un maestro comacino e poi ornata con un portale quattrocentesco da Gaspare Pedoni e Stefano Lamberti.

nco destro di S. Pietro in Gessate di Milano, dopo i bombardamenti del 1943. La chiesa fu edificata nel 1460 dai Benedettini sul luogo di un’altra più antica.

di San

Giorgio

a

protezione

frettolosa © definitiva ritirata,

della

loro

6.

Il distrutto ponte dei Mulini a Mantova, lungo circa 200 metri @ interamente coperto, costruito nel 1198 da Alberto Pitentino tra il Lago superiore e il Lago di mezzo.


L’apoteosi di Napoleone I affrescata nelle pareti della Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale

Una delle tante sculture

@

nel cortile dell'Ospedale

Maggiore

di Milano,

di Milano da

Andrea

er peintre

dall'Imperatore.

Altra figura muliebre che faceva parte delle decorazioni del cortile dell'Ospedale,


Palazzo

Rosso

di Genova:

affresco

del soffitto della stanza

enova prima, poi senza interruzione sino alla finedel conflitto, gli @rorì della guerra. 1 primi bombardum i avvennero il giorno stess sta dichiarazione bellica agli Al10 al 21 giugno 1940, data dell'armistizio con la Francia, furono sopra alla città, continuamente, gli aer francesi che giungevano dalla Corsica in minuti di volo. Furono colpite caserme, batterie antiaerce, case d’abitazione, ma per fortuna nessun notevole monuto d'arte. La tregua, interrotta solo da sporadiche appatizioni di aerei, durò più di mezz’anno. Un bombardamenlanciato dalla. flotta inglese dal largo di Portofino scoteva la città di Genova le prime ore del 10 febbraio 1941, e produceva danni gravi alle industrie; colpiva molti edifici, aleune chiese, © tra queste il capolavoro dell’architettura mediverale di Genova, cioè la cattedrale di S.Eorenzo: un obice da 381 mm. penetirava nell'interno della chiesa, forava le navate, si rivoltava su sé stesso e ricadeva a terra senza esplodere. Se fosse esploso là chiesa sarebbe andata in frantumi, Si gridò al miracolo. E Genova visse senza gravi scosse (i bombardamenti aerei, peraltro, continuavano sempre, ma în forma anza blanda...) sino all'autunno de l’anno seguente, Era la calma prima della tempesta, tempesta che tutti ormai presa-

di Fetonte

raffigurante

la ”’ Gloria di Fetonte

, stupenda opera di G. De Ferrari che è stata completamente distrutta.

LIGURIA dellAssunta, di della Morte e M i, ai quali era legata Ja devozione dei vecchi genovesi. « Ingenti », definiva il bollettino di guerra, i danni subiti: ed erano, soprattutto, dar i ai monumenti d’arte. S'aggiunga che tera via Garibaldi, che è la più monumentale strada d’Italia coi suoi splendidi palazzi del Rinascimento, era stata sconciata dalle bombe, Il Palazzo Rosso era; andato in fiamme nei suoi piani su-

periori con.la perdita del fantasioso affre«co di Gregorio De Ferrari; era stato distrutto il « salone del sole » nel Palazzo Campanella; colpiti il Palazzo Tursi, il Palazzo Cataldi-Carrega, il Palazzo Doria ed altri, fra i quali Palazzo Bianco (che fu distrutto în una delle succ sioni). Fortunatamente le opere d’arte delle gallerie, dei musei, delle chiese e persino delle più importanti raccolte pri-

salvo, sì che i danni al patrimoni mobile furono pressoché nulli od insi nti; ma gli affreschi, le decorazioni

in stueco, i complessi ambientali erano devastati. E i bombardamenti continuaro-

no ancora per giorni e giorni; e i dam si aggiunsero ai danni. La Soprintendery alle Gallerie provvedeva a mettere

în salvo

altari, sculture, arredi sacri, e ancora qui dri su quadri ia; la Soprintendenza

ai Monumenti

cercava

di porre ri-

rare frammenti

architettonici.

Fu, almeno

vano

le fatiche compiute.

paro alle offese perché non si aggravassero danni, e a puntellare edifi tetti, e a sgomberare macerie, e a ricup

in parte, un lavoro di Sisifo: poiché le piogge © le successive incursioni annullatalvolta

Tutta-

via le opere di protezione;

sia preventiv

che successive,

nel complesso

risultarono

non soltanto efficaci, ma indispensabili per la salvezza del patrimonio.

Dopo quel terribile periodo dell’oîtobre-novembre 1942 si ebbero ancora ineursioni, e gravi. Così, nell'agosto del 1943

poco prima dell'armistizio. L'otto di quel

mese fu distrutto l'interno del teatro Car-

lo Felice,

nel maggio del 1944 fu compl

vemente

danneggiata

tata la rovina del teatro

Falcone e gra-

la Villa

Cambiaso;

nell'agosto del 1944 fu ripetutamente colpito il Pala:

Doria del

cora nella primavera

Principe; e an-

del *45, perdurando

le azioni belliche soprattutto contro%il por-

Scoppiò nella notte del 22 ottobre 1942,

to, vi furono

data tristemente memoranda: e fu il pri

ulteriori danni artistici. Le

fotografie ne documentano po;

mo veramente grave bombardamento aereo

evidenti; l'elenco ne enumera

lei più

i

note-

dirompenti e 'spez:

voli: ed è un elenco, purtroppo} abbastanza significativo. Il probl della ricostruzione dei monumenti è meno complesso di quanto al-

zoni. incendiari. Terminata Vincursione, Genova era in fiamme. Bruciavano centi naia di edifici, e tra essi importanti mo-

uando questo mantenga ancora una sui

nell'Alta

Italia.

A ondate

ininterrotte

bombardieri passarono sulla Superba, illuminata a giorno dai bengala, scaricando

a

centinaia bombe

numenti

storico-artistici

come

vadano sofisticandp. Il timore di met-

ano sopra un monumento antico,

il Palazzo

funzione di

rispetto

. Giorgio, il Palazzo Ducale, il Palazzo Lamba-Doria, il Palazzo Spinola, l’ospedale di Pammattone e lbergo dei Poveri, mentre risultavano colpite le più in-

igni chiese, da Santo Stefano all’Annunta, da S. Siro a S. Donato, da S. Mari: dei Servi a S. Bartolomeo

andarono distrut

del Fossato;

e

oratorî del Rosario,

vita, è timore dettato non dal

ma dall’incomprensione sia per

il monymenio,stesso, sia per il retaggio che esso rappresenta e che noi siamo chiamati a conservare, Si

dipende

Soffitto raffigurante il ” Trionfo di Apollo ” nel palazzo Campanella. Questo celebr affresco è stato danneggiato in modoztale che il suo restauro presenta ardue difficoltà

dal «modo»

anche per questo scorso.

ANTONIO

MORASSI


La

de

eretta

Chiesa

della

Nunziata,

la cui

mavata

sinistra

fu

olpita

nel

1942.

La

chiesa,

cosmuita nel secolo XVII, era ricca di affreschi della Scuola Genovese del "600.

Interno

della chiesa

della

Nunziata

prima

dello guerra.

Carica di stucchi

e di folte

—decorazioni in affresco, rappresenta l'esempio più caratteristico del barocco genavese,


Delia: sala del Teatro Carlo Felice, decorata sul modello della Scala © col soffitto affrescato dal Gainotti, non rima e la struttura che'ricorda le rovine del Colosseo.

La chiesa di Santo Stefano, dei secoli XII-XIV, con la facciata sul tipo dell'architet. tura toscana. Oggi non rimangono che parte della facciata @ i muri perimetrali.

Palazzo Rosso: interno della ” Sala di Fetonte” come si presentava dopo l'incendio dell'ottobre 1942 che ne distrusse la volta adornata da affreschi del De Ferrari.

—1La navata sinistra della chiesa di San Siro dopo le incursioni del 1943. Costruita —1vérso la fine del Cinquecento, era un altro tipico esempio del barocco genove.


Er A

(1521-1529) ed ampliato su disegno del Montorsoli, risulta composto di vari edifici costituenti un gruppo architetVuga.

Edificato da Andre

Il pala

uasi intatti i soffitti affrescati da Pierin del

tonico singolare. I bombardamenti del 1944 distrussero la ** Fontana del Nettuno

e appariva

il salone del

tutto decorato ad intagli «

. con

Cataldi in via Garibaldi, ora sede

tel

della Camera di Comm

ed affreschi dovuti al pennello di Lorenzo De Ferrari,

po i bombardamenti dell'ottobre 1942. Il magnifico

fu gravemente ma non irrimediabilmentè colpito,


378

Pallad

Se Vonez splendidamente inte4 gra ed intatta nella sua fragile strut; tura di conchiglia marina, attorno a lei quale © quanto strazio di cose belle, che si sarebbero dette belle per sempre, e son ridotte a informi rovine! A Padova, la chiesa degli Eremitani è per gran parte perduta. Della facciata non resta che la zona inferiore, di pietra, col do portale e i nudi nicchi he lo Il «Stfitto di legno, a carena rovesciata non è più che una rada trama di sparuti elli, attraverso i qua

ritmo delle finestre a tre aperture, rivestì di architettonica magi icenza due antichi palazzi preesistenti. Dullo stesso , che da ideò nel 1545, fu paragonata ai più grandi © più belli edifici dell'antichità”.

LE TRE VENEZIE mo meglio, ciò che di quegli affrese restava prima della guerra, poco pi un'ombra, poiché già nell’ottocento esfî rano a tal punto corcosi dall'umidità del muro da, dover essere staccati, Il distacco di allora venne buono al principio della guerra, quando i tre pezzi poterono © trasferiti al sicuro, e così salvati dall” nminente' rovina: piccolo, benché prezioso, compenso all’irreparabile danno,

Se vogliamo trovare, riella iagura, una più adeguata consolazione, “pensi mo che a meno di duecento metri dagli Ere itani ra, 6 c'è, latcappella degli Serove le meraviglie di Giotto. A Vicenza lo spetta più pauroso che a Padova. La gentilissi. ma creatura, uscita perfetta dalla fanta di Andrea Palladio, mostra quasi in ogni

sua

parte

ferite e mutilazioni.

È du dire tuttavia che i monumenti più insigni sono scampati al pericolo mortale. La basilica ebb

il tetto sfondato,

ma

il portico e la loggia e l’aeresf balaustra uscirono quasi indenni; la torre perdette soltanto l’ottagono terminale e il cupolino,

di

che potranno essere rifatti;

il Monte

non è più che una facciata, but-

terata dagli scheggioni, ma poiché Jil sua bellezza tutta lì, in quelle sué atrutture esterne, squisitamente ‘lombprdesche, lo sì può tenere per salvo; (e non parrà

tura se le pitture moderne che lo unto, facciata saranno

npre. Fuori della piazza, cati,

$

riteneva l'impronta di quel maschio mento romanico che a Padova è procasa. Ma la perdita più grave, per per l’Italia eper la civiltà, è quella dégli affreschi di Mantegna, che degli Eremitani erano l’ornamento e l’onore stpremo, Decoravano, come tutti sanno, la cappella degli Ovetari: una cappella absîdata aggiunta all’abside maggiore verso la metà del quattrocento, Le quattro scene della vita dî San Giacomo e le due della vita di San Cristoforo formavano un grande ciclo pittorico, stilisticamente così de finito e unitario, che da solo sarebbe hi stato a caratterizzare l'artista © a disti guerlo dai suoi contemporanei, anche se la sua attività si fosse arrestata lì, Il giovanissimo Mantegna s'inseriva con esse nel processo evolutivo della pittura rinascimentale, prendendo posto accanto a Andrea del Castagno e a Piero della Francesca, î quali, al pari di lui e prima lui, miravano (a stabilire plasticamente nello spazio da forma uomo e a risolvere prosgiéetticamente il problema della terza dimensione, Restano, a memoria della svanita visione, le due scene di San Cristoforo e la Vergine Assunta che sorgeva dietro l’altare, al fondo della cappella: resta, dicia-

di altri vie ma pur necessari’ « far Vice za », quali il Duomo e il palazzo Da Schio ( la Ca” d'Oro di terraferma) e la chiesa settecentesca di San Gaetano Thiene, non restano che gli scheletri, e nemmeno completi. Del palazzo Valmarana di città, in cui il Palladio impresse nettissima l'orma del suo genio monumentale, è sempre viva la facciata; non la 1 resto è ridotto a maceri Anche a Treviso, su cui si abbatté uno bombardamenti più massicci © più idiali ditutta la guerra, la gran pieti è. quella del corpo cittadino, che aveva una grazia così viva e fresca, e così sua. Dei monumenti veri e propri aleuni furono duramente colpiti, tra, gli altri, l'i lustre cappella Malchiostro 6 dell’Annunciata nel Duomo (gran ventura se dal dinerato il grande affresco del Pordenone), la loggia dei Cavalieri che ci parlava dell’età primaverile in cui nella Marca Gi rivano amore e cortesia, e il palazzo dei Trecento che, nonostante i restauri di cinquant’anni fa, era, anch'esso, una vivente immagine della bella stagione comunale. monumenti,

Il Duomo di Vicenza, del sec le tele dell'abside e distrusse

XH. Una bomba ne scoperchiò la navata, danneggiò l'affresco del Mantegna rappresentante la Natività.

m


” San

Giacomo

converte

e

battezza

il mago

Ermogene ", uno

dei

grandi

affreschi

del Mantegna che adornavano

la cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova.


Fra ta sorpresa, l sulla non solo' miseri turo originarie del ch che ora saranno, restaurate, ma, sto; cando i mu rivelarono pure | di affreschi chiare pitture del trecento, da a par n quelle di San Nicolò. Difatti, per aleun nome di Ti paso da Mode: in altre si è tentati di ricono leganza di chiaro:

stampo verone

almeno in pera di difesa © di salvaidenze

ai monumenti

r tutto il'tempo della guerente nell'ultimo: periodo). pra rapida notizia d rento, a Bolzano, al F ndo a Verona. Molto lire che ci manca lo che il racconto vie

sentiamo inevitabi

centrali (pal rtagnolli, pa Tabar palazzo Triangi, palazzo Marza ttero un co pettino al Buonconsigl ma bell amente

fedele,

il San

Marti

ntino. C'erano due

l’anima

gia

‘on gl

pitture del Knoller, e l'Annuv sotto la sua ci splendente di che colorate, completava l’ambiente toresco di piazza del Duo son che rottami, a e e il bel roanche

nanico San Lore il Duomo magn

quecen

La, chiesa degli e compiuta un secolo dopo, subì danni gravis L'abside parte de la facciata, it tetto @la cappella Ovetari con affreschi compiuti dal Mantegna, sono completamente distrutti. H

Pa

ani. E el secok o XI parete port di scuola padov sono polvere di

Santa

e

t'Osval

Giustin

A Udine fu du di San Fi

volte sotto le bombe Ja datata 1290; gli ch’erang.

stati

ri

a terni solo, oggi sono © sgretolati riti dal fumo degl'incendi. Più grave perdita è quella subita dalla chiesa di di Casarsa della Delizia, fondata nel quattrocento © affresci nel se «sivo dal Pordenone e da Amalteo.. L’edifi rmetà distrutto; sopravvive, miracolata, la dolssima Madonna col Bambino tra due santi, del Pordenon e borgo

sulla

chiusa

ento, va il mirabile mune, lla fine del ignoto arcl saputo conciliare spiriti goi © spiriti rinascimentali monioso insieme, pieno di forz Tutto finito: la torre d’an alone esterno, la loggia, il finestrato, il grande leone marciano fu Pola che pagò i primi anni dell

i

Il palazzo Caldono, ora Da Schio, detto la Cà d'Oro, a Vicenza, schiuntati i piani superiori con le belle quadrifore.

ha avuto

Il il secondo

Valmarana di Vicenza di cui sono stati dan piano e il soffitto nella cosìddetta stanza di Enea,

gono in piedi due sol pure intera, Tutto il rimanente è in ma i pezzi potranno essere risaldati me, e il tempio tornerà qual era, col suo snello. pron ta e solenne bel ta Maria Assunt cale a tre na colo © rinnovato nel XV, » iantata la stra n dale, abbatcolonn , © frantumato un mo greco a e alla sa primitiv Infine purtroppo, n è tutto) il chiostro rinascimentale di San Francesco crollò su due lati, per tre © tre arcate, con la loggia sovrappos DIEGO

VALI

RI


L'armonioso palazzo del C che la ton

o

"

or

a Trento, del XVIII secolo, di

hitetto, com'era prima distrutti.

la cupola.

ci

pe

pali

Comunale di Treviso,

di stile lombardo e a trifore,

fu scoperchiiato © în gran parte demolito.

parrocchiale di B a chiesa a volte colpita, ‘colo, più dirl

monumento del XIV

è infine rimasta se

distrutta.

se-

La raccolta belle7

del chiostro rinascimentale della chiesa di o di un bombardamento

San Francesco a Pola, della quale per

crollarono su due lati le arcate con la loggia.


Uno

dei più pittoreschi ponti d'Italia è quello di Castelvecchio, costruito da Can Grande II, con l'arco maggiore di sorprendente ampiezza,

VERONA

tutta

tutti nell'ultima fase del conflitto, ha subito Verona; e se dapprima gli obiettivi furono solo quelli di interesse milicessive e

ed industriali,

più violente

nelle suc-

incursioni

fu ripe-

tutamente colpito, con bombe e con spez-

zoni, anche il nucleo urbano, e purtrop-

po molto gravemente il centro storico monumentale

con

perdite

enormi

e danni

immensi al patrimonio artistico, E quasi

ciò non bastasse, vi fu nell'ultima notte dell'occupazione nazifascista la criminosa ed inutile distruzione da parte dei ger-

manici di tutti i ponti sull’Adige. Una rapida escursione attraverso i va quartieri

può

illuminare

il

lettore

su

l'entità delle perdite. Lasciando a tergo la stazione principale diPorta Nuova con i suoi edifici ed i suoi

impianti

comple»

tamente sconvolti, entriamo in città per la bella porta sanmicheliana,

che fu essa

pure colpita al pari di Porta Vescovo

di molti tratti delle mura magistrali che corrono parallele @ poco lontane dalla faseia

ferroviaria.

Il corso

Vittorio

Ema-

nuele, ampio e diritto, è nella sua pri metà così gravemente colpito che quasi tuti edifici sono Non ve n'è, tra essi, nessuno d'interesse artistico, salvo il palazzo Fracastoro ridotto in forme classiche da Luigi Trezza e che si

dovette demolire quasi interamente.

Esso

fa angolo con la via degli Angeli. La chiesa delle Stimate, seicentesca, appare lì vicino gravemente danneggiata, e quel. la romanica della Trinità assai lesionata. In entrambe si lamenta la perdita di pregevoli dipinti. Più avanti, nella via dei

Cappuccini,

cue

da pibezzi

signorili, molti dei quali sono andati di-

iù di quaranta bombardamenti, quasi

tare, ferroviari

fiancheggiata

nel 1354

hanno subito danni: la chie-

entre altri Hanno

riportato muti.

lazioni gravise

Essa ci conduce verso

cioè al cuore

della città. Qui le bombe

la via Leoni, dov'è una delle porte romano superstiti, e ver la via Cappello, hanno completa! t

ciata marm scannellate,

sttitto

il maestoso

ze colonne joi cui interno adorn

tue e d'un soffitto dipinto

era a

sala di lettura della Biblioteca Comunale, la quale ha subito ingenti perdite anche

Ciò che rimane

del pontò scaligero di astelvecchio: sono crollate non restano che i tronconi delle torri.

nel suo patrimonio librario; Scomparsi no pure la quattrocentesca. casa Berta rme gotiche, e il palazzo Sec ento. La vicina via Stella, una delle più entrali, è per un buon tratto abbattuta, e lamenta Ja perdita

in gran parte, avendo però integre le parti artisticamente notevoli, la fa e le absidi, Ma i pregevoli edifici che le stan: no intorno, il palazzetto quattrocentesco dell'Albergo Accademia, quello cinquecentesco della Banca Commerciale, l’elegani edifici di molto pregio come la bella tissima Casa Confalonieri, una delle pi lipolla. Tra la via San Cosimo e la pure costruzioni della Rinascenza; sono piazza di San Nicolò un intero vasto isostati ‘molto danneggiati. E più: in là, in lato è ridotto ad-un' cumulo di macerie; via Quattro Spade, la gotica casu Doll il caratteristico. palazzo Sansebastiani, con Intorno a questo mirabile complesso la facciata a punte di diamante come il monumentale molte bombe sono cadute, celebre edificio ferrarese, è distrutto. La colpendo tra gli altri il fianco del secen: chi di S. Maria della Scala è demolita co palazzo Cattarinetti în 3 ata elegantissima del i, danneggiando le basiliche di Santa Anastasia © di Santa Eufemia e il stro romanico della Cattedrale e distruggendo la Bibli pitolare ci gante olte migli di libri, Un altro punto del centro ci di 10 gravemente colpito è la Corte Fai e 0 di fronte all’altro sono rovinati il palazzo Mosconi e il } li; © in via Cattaneo. îl palazzo Da Lisca, mentre ritornando alla Piazza Brà è da ricordare che anche l'Arena da alcune bombe, che però hanno appena scalfito il monumento, Prendiamo ora il corso Cavour, un'altra delle più belle arterie cittadine maggiorte danneggiate non solo bomie dallo scoppio delle mine anno fatto saltare i ponti. I guasti non si vedono molto all'esterno degli edifici; ma negli interni essi sono rilevantissimi 1 palazzo Carlotti, coe nei palazzi Bevilacqua e Portalupi ed ù in quello d sa dove è dato perduto uno stupendo soffitto frel Tiepolo, ed un'ala posteriore dige è parzialmente crollata. Neli@kò, del Rinasci

di rimase decapitata, la chiesa dei SS. Apo stoli ed una tipica casa romanica subirono gravi danni, al pari della vicina basîlica di San Lorenzo che registrò forti lesioni alle strutture murarie ed alla volta trale. Sul Jato orientale di Castel è demolito il grande salone del musica, tre lungo lo strado di Porta ‘Palio

Gazola, cinquecentesca, che aveva intori un celebre giardino ora scomparso.

Riprendendo il cammino per il corso

Vittorio, il classico Palazzo del Municipio,

opera del Barbie bruciato; ma la solenne facciata corinzia col pronao centrale è salva. Nulla invece il fuoco degli

il palazzo Orti e

spezzoni incendiari ha risparmiato del Tea-

tro Filarmonico, opera mirabile di Franuna

sala di legno dorato

ch’era un gioiello d'architettura e di eleganza e un palcoscenico vastissimo di cui non

restano che i muri

perimetrali.

Pre-

da del fuoco è rimasto pure il cinquecentesco palazzo Ridolfi, di cui per fortuna si sono salvati sia la facciata brugnolesca sia il prezioso affresco del Brusasorci nel salone centrale. Ma lo stradone San Fi

mo, una delle arterie più aristocratiche

della è una visione di laceranti rovine; e la basilica stessa, che sorge vicinissima al distrutto Ponte delle Nav presenta lesioni gravi nelle murature, nei chiostri e nello splendido soffitto ligneo.

Tutto il caratteristico e pittoresco qua tiere dei Filippini, così ricco di quell’architettura

re che tanto contribuisce a

plasmare il volto di Verona, è sfregiato. Parallela allo stradone San Fermo corre la via

Leoncino,

altra

arteria

elegante,

e

di squisite

sa di San Francesco, che sorge accanto alla tomba di Romeo e Giulietta; il chiostro di San Domenico e l’elegante casa

cesco Bibbiena:

le tre arcate

1 primi danni soffertì dal soffitto affrescato intorno 1760 nel palazzo Canossa, In seguito al bombardamento che distrusse î ponti ilal vasto dipinto andò perduto.

Teresa degli Scalzi, mentre un grappolo di bombe ha distrutto il chiostro dell’ex-convento di © più in là è stato ripetutamente colpito il grande edificio delle militare. Il chiostro del convento di Bernardino, decorato di pregevoli affreschi, è crollato nell’ala. occidentale, e qualche lesione ha riportato pure la basilica di San Zeno. La distruzione dei ponti sull’Adige, ultimo gesto di rabbia e di vendetta teutoniche, se ha creato a Verona una situazione di estremo disagio l'ha anche privata di due dei suoi più celebri e grandiosi monumenti: il romano Ponte della Pietra a cinque grcate (di eni due sole però erano originali) e lo scaligero Ponte di stelvecchio a tre arcat Danni € distruzioni hanno subìto altre chiese è palazzi; ma ci è impossibile, per ragioni di spazio, farne un elenco. GIUSEPPE

SILVESTRI

r —


Leon Battista Il magnifico tempio malatestiano a Rimini, ereo dall'architetto

Nel Tempio malatestiano in Rimini, nella incompiuta facciata incastonata di porfidi e serpentini, di sobria raffina» tezza è di potente impianto costruttivo, era documentata © riesumata quella po rosità romana di cui, dopo Federico II, lo Svevo (il nuovo Cesare, il preteso « viato da Dio », l'Imperatore che si ergesicontro il Papa), si erano ammantate le per gnorie, e quindi il signore di Rimini, periale e prestigio assumere autori cesareo. Infatti qui s'imponeva l'« arco trionfale» ispirato specie all'Arco di Augusto eretto nella stessa Rimini Nella figura di Pallade che stava daipresso più il tempio della Memoria attorniataigismondo membri della fami insi che fu aî Malatesta, il grande capitano volte di Vei di Milano e per due ad nezia, nella decorazione internadi dovuta essere diAgostino diDuccio, vantava l'Aft indente leggendario di Scipione no, Nelle fiancate dell’edifici da possenti archivolti " le tombe onorate anch'essi le forme dell’archo ripeteva «dl ttura civile romana, gli acquedoi i maestri di diritto, i ponti, erano sepolti avevano dato lustro lettere © filosofia che e gloria alla corte malatestiana « perpetuandone la fama ». Un monumento di orgoglio cesareo era dunque questo tempio oggi distrutto ava anche un monumento che document © forza d'idina tale raffinatezza mentale cultura i da rendere creativa la stessaNelle degnori di quel secolo d’oro. Duccio, corazioni scultoree di Agostino di Ferrucci, Simone che successe nei lavori arappresen tate tutte si può dire che fossero le tendenze del pensiero d'allora. infatti Agostino, ottimo decoratore, eracome il classica uno scultore di culturasognante; aveva atBotticelli languido e grandi dei neo-attica scultura tinto dalla medai amato molto era maestri greci ed garbo misto di accenti enati per quel suo Mistici © sensualistici che conteneva la sua opera, Piero della ance a i era pro-

Alber nel 1447 per incarico di Si

mondo

Malatesta,

EMILIA E ROMAGNA

non

è più che

desolate

rovine.

dotto in questo tempio con un affresco votivo datato 1451. Il grande pittore che avetrasporr: negl' cantesimi dell’assoluto ove la scienza stesdiventa metafisica astrale, era dunque Alberti, colui che a Roma, dopo avere e se ne, si era studiato diritto, le deciso di darsi all'arte del costruire, il ssuntore © teorizzatore dell’antico che av ato Vitruvio e lo aveva attualizzato anche con la misurazione dei menti, ben poteva riesumare le forme d offrirle in gloria al Malatesta. ratico dispregiatore di tutti coloro che non operano con la mente, quando il gnoro di Rimini, verso il 1447, gli affidò la costruzione, egli chiamò ad eseguire il suo progetto Pier de' Gennari, Matteo Nuti, Gregorio da Sebenico, il Rossellino, Matteo de’ Pasti, Luca Fancelli ed altri suoi seguaci. Ma nel 1468, alla morte del Malatesta, venuta a meno nza dei signori di Rimini, il lavoro #0. ismondo Pandolfo Maima della costruzione albertiana, gotica dedicata a San Frandopo la trasformazione, erano rimaste la pianta ad una sola navata sata da cappelle e la copertura a ca-

di S. Apollinare in Classe di Ravenna, consacrata nel 549 dal vescovo , fu lambita dalle bombe riportando fortunatamente solo lievi danni,

Ma, scomparsa all’esterno la primitiva facciata, col Malatesta entrò nella chiesa del «poverello di Assisi» una fiammata di fasto pagono, apologetico, profano. Il ificio veniva dedicato ad Isotta donna splendida e colta, prima amante e poi moglie di Sigismondo. Nelle targhe rette da figure a« tutto tondo» sfolgoravano le iniziali d’Isotta e quelle del principe strette allo stesso destino. Così come gli antichi templi eretti al divo imperatore, questo si era trasformato nel culto d’Isotta e Sigismondo. Ellenizzanti erano infatti gli angeli musicanti segnati în quelle linee stilizzate, serpentine che, nel così«detto « bassori lievo schiacciato »; come fecero gl


L’Archiginnasio di Bologna eretto 1 1 XVI secolo su disegno del Terribilia. Fu colpito il rtile a loggiati © distrutti il Teatro Anatomico ed aule ricche di deci razioni. ondulavano maliosamente i po ; elli; mentre all’esterno del tempio il richiamo dell'architettura romana issava l'in. segna cesarea del potere imperia l'interno i putti che danzavano © suona» vano, il «bello stile» greco ed i cicli esaltativi diffondevano estasi © letizia in gloria di Isotta e Sigis Oggi

intorno al

tutto è rovina. 1 . Giuliano, S. Girolamo, S. Bartolo e Martino, S. Gi vanni e Paolo, i palazzi Castrac rampi, chiostri e torri, teat porte

romane, @ persino la

malatestiana sono danneggiati, sem ti 0 polverose macerie. Così l’altro signore, Lodovico il Moro, come gli Estensi nel loro Castello, è stato offeso nel suo Palazzo costruito da Biagio Ross Ferrara dove, dello stesso architetto, è stato vuotato nell'interno il famoso Palazzo dei Diamanti, La chiesa di S, Benedetto, che nello stile richiamava l’arte dell'autore del Tempio malate» stiano, quelle di sa, S. Stefano ed i palazzi Strozzi-Sacrati, con la nota « porta dei leoni », Rovella, che recava sulla fac i corazioni in terracotta, hanno anch'essi subito danni più 0 meno gravi. Sigismondo Malatesta, per arricchire ed abbellire il tuo Tempio di Rimini, asportò i preziosi marini del pavime sino quelli della sacra abside d linare în Classe di Ravenna, nel 549 dal vescovo Massimiano, trasponendo in tal modo la funzione delle belle materie dall'ufficio liturgico cristiano in quello esaltativo personale e pagano. Cosi la Basilica classense dove, nei salvati dal disastro, l’astrazione biz: aveva supplito la figura umana col simbolo, prima di essere lambita dall'ira della guerra, già aveva subito l'offesa di colui che, come Cesare Borgia, fu d ebbe a capostipite l’ateo Federico II. Ma S. Maria in (Porto, costruita nel 1553 da Bernardino Tavella, il Duomo, S. Francesco, S. Vittore, non come S. Apollinare, hanno subito danni! più gravi. Il signore di Rimini si fregiò di quella «bellezza » monumentale che, in altre forme; nòn elassiche ma romaniche, si può dire aveva avuto inizio con la Cattedral di Modena iniziata dal Lanfranco, continuata da Anselmo da Campione € cons erata nel 1184. In questo insostituibile mo-

da due orna

della

bella

torre

detta

mbe, che si Ja « ghirlan-

dina », ci Viligelmo era cominciata, aspetto romanic quella tradizi ata nella bellezza classica rinascimentale, dò ad esaltare il Ten io d'Isotta Siggism do: tutto glorificazione e letizia. Letizi dell’arte, letizia eletta, questa, che prima iservata solo grandi signo: ed

alle corti,

oeratizzarsi della

n godimento al pub-

ri, Ma il T, tro Fare, progettato da G. B, Aleotti nel 1618, lenza delle e M. delle

con più

Hl palazzo della Pilotta a Parma. Particolare dell'emiciclo di destra con la statua equestre di Alessandro Farnese, Il grandioso edificio Jarnesiano è in gran parte crollato,

Grazie, della rinascimentale Si , del Paluzzo del Governo, di S. Giovanni Evangelista (che però ci ha risparmiati i famosi affreschi della cupola del Correggio) stato colp , dunque, con distruzioni dell'imponente « Pelotta », pario e gli ordini di pa legno che ri rdavano l'architettura romana. Ed è scomparso anche l’altro ancor più T da Antonio Le1 1756 costruito in Bologna în legno d’abete con statue di cedro nel soffitto. Con esso andavano distrutti parte d

cortile, la Cappella dei Bulgari ed altri monumenti dell’Archiginnasio che, costrui. to nel 1562 dal Terribilia, vantava il cortile bramantesco ed una facciata simile a quella del Palazzo Malvezzi-Campeggi del Formigine oggi anch'esso danneggiato al pari della Palazzina della Viola, dalla doppia loggia, che era la villa dei Bentivoglio. Ma se la relativa estensione di Faenza lamenta soltanto qualche danno nella chiesa di S. Ippolito, nei palazzi Ghezzi, Marzolani, Rossi e nell'importante Museo delle Ceramiche, come Forlì deplora solo Je diroccate mura di S. Biagio, Bologna invede a terra i muri di parecchie chi : 8. Giovanni in Monte, dalla magnifica , disastrata anini scolaro del Cign sueri compresa la di un gotico francese, consacrata nel 1 con all’esterno isepoleri di « glossatori » del celebre studio © nell'interno l’altare di Jacobello le Masegne, Con la loggia dei Mercanti e con la tomba di Rolandino de’ Passeggeri, sono stati deturpati altri importanti ricordi stori Ma nella rovina di quella edilizia laica di alto rango che dal tempo di Malatesta a tutto il Cinquecento

attestava il gusto

aristocratico dei signori, Bologna assiste oggi allo scempio di quella che fu©una sua caratterisi

: l'ornamentazione

in ter-

ra cotta. Se non il palazzo comunale, con le belle finestre applicate dall’Alessi non col Palazzo già Caprara del see. XII

e la casa Reggiani, di forme gotiche, j pa-

lazzi Serracchioli, Conforti e Ghisli decorati appunto al modo bologne vano ancora degli splendori di stesso Malatesta si fregiò aRimini. Ma poi subentrò stile più divulgato. I deturpati palazzi bolognesi (Biscia, tini, già Guidi, Bianconcini, già Ceri, come del resto lo stesso Palazzo del minario nelle forme settecentesche) perdettero quella signorile specializzazione locale che era, essa stessa, segno di ai cratica

Decorazioni

del tempio

di Du

malatestiano di Rimini: due angeli musicanti io il mali: so &cultore classico del Rinascimento.

di Agostino

clusività,

Ma la Casa dell’Università del « esempio . caratte elle case popo: lari » del tempo, gi i del Quattrocento, profetava il regno dei Malatesta, dei grandi signori e delle corti, era esso alla rovina. VINCENZO

COSTANTINI


L'ala nord del Camposanto

di Pisa, decorata con affre

erivere idanni subiti dal patrimon artistico in T. scana non è facile com. pito. Soltanto ch ha potuto percori lungo © in largo qu ta regione, este dendo la sua visita dalle città ai pus ro. paesi e fino alle più re lote borgate, può farsi un'idea precisa delle menomazioni verificate n tale patrimonio. E i danni arrecati ai complessi urbani d'antica origine sono ancora più gravi di quelli subiti dalle singole opere d'art salvo le dolorosi ne perdite degli affreschi nel Camposanto di Pisa, del grande polittico trecentesco nella Chiesa di S. Maria dell’Impruneta © del Ponte a Santa Trini a Firenze. Infatti, mentre è generalmente possibile il restauro © il ripristino di un’opera d'arte 0 di un edificio monumentale

i dell’Orcagna e del Gozzoli in gran parte danneggiati, în tutta la severa bellezza dei suoi sarcofaghi e dei suoi

TOSCANA to di quella

parte

della

valle

dell'Arno

intorno a S. Miniato e presso Empoli, dopo la distruzione della famosa rocca di Federico IL Le totali distruzioni di singole opere d'arto 0 di monum nti, particolarmente entativi per l'arto e la storia, 301 rap limitate. state vece relativame one per il ate a S. Trinita Fatta ec a Firenze (opera insigne dell’Ammannati,

voluta

da Cosimo

della

I de' Medici),

di g

dell'Osservanza

e

della

facciata

% commi

inche

in estr ie condizioni di deperimento non si potrà alcun modo ricostitui un antico e caratteristico ambiente composto di molteplici elementi formal

ore corativi e coloristici, senza quelle pedisseque riproduzioni © falsifi zioni, ormai tanto opportunamente con-

zioni in fatto

dannate dalle m

di architettura e di restauro. Le distruzioni subite dal nucleo medioevale della città di Firenze, dalla parte medicea della città di Livorno, nonché dagli abitati

— tutti di antica ori

giori

ituiscono

di Castelnuovo di Garfagnana, Pieve S. Stefano, Civitella della Chiana e Castiglion Fiorentino — per citare soltanto i maginfatti

i dani

gravi e dolorosi.

Non meno (grave © irreparabile è la perdita di certe vetuste costi non riyestendo un partie lare inte! tistico; conferivano bellezza e carattere al circostanpaesaggio e all'ambiente ad esse te: basti citare al riguardo il mutato aspet-

Veduta

pens

d'insieme,

finestroni

i Pisa, del Camposanto con gli stu-

dal tetto della Cattedrale Il tetto del monumentale edificio

è andato

di S. Chi

a Siena

(raro

pio, quest’ultima; di architettura ‘re ol periodo romanico) nonché dell'Oratorio di S. Maria degli Angeli a Mezzavia presso Cortona (piccola’ chiesa © greca, derivata, nelle parti strutÎla famosa Basilica turali d Calcinaio), i di i causati anche se ligio:

parte del ciclo di affreschi di Benozi Gozzoli del XIV secolo nel Camposani di Pisa, del grande e pregevole polittico trecentesco di Pietro Nelli e Tom. del Mazza ella Chiesa di 5. Maria dell'Impruneta, della Chiesa di $. Giovanni Battista a Pistoia (una delle poche, perso» nalissime opere di Ventura Vitoni), della Chiesa

ex-Chiesa

colonnati.

interamente

distrutto.

Li

0 gravissimi, no

debbono

ritenersi

GUIDO

MOROZZI

irreparabili. Lo dimostra il fatto che a tutt'oggi, per merito del pronto intervent0 delle Soprintendenze e di numerosi altri Enti, tutte le opere d’arte e tutti gli ntali più importanti e più edifici mo graveme iti sono già in via di completa riparazione, anche se limitatamente all'esecuzione di quei lavori intesi ad e itarne l'ulteriore deperimento. Sono da ricordare al riguardo i lavori di riparazione dei resti degli affreschi nel Camposanto di Pisa e di tu i danneggiatissimi monumenti in tale intà, le riruzioni, ormai quasi ul mate, alla Torre degli Amidei, alla sa di S, Stefano al P e al Palazzo di Parte GuelFirenze, ché i complessi lavori fa di ripristino compiuti alla Chiesa di S. Domenico a Pistoia ed alle Chiese di gostino e della Collegiata inEmpoli; pure sono da segnalare i lavori, veco camente ‘imponenti, intrapresi per la riparazione dei danni alla Chiesa di S. Maria dell’Impruneta e alla Badia a Settimo. Questi risultati, © quelli che indubb: mente si raggiungeranno în un prossimo avvenire, attraverso molte e gravi diffi. coltà di carattere tecnico e finanziario;l non potranno non suscitare la più viva soddisfazione in tutti coloro che hanno a cuore il risorgere del nostro patrimonio artistico, così duramente provato dalle vi. cende della recente guerra.


386

|

|

esca Torre degli Amidei, în via Por Santa Maria

a Firenze, che è stata quasi completamente distrutta, durante i lavori di ricostruzione iniziati dopo il disastro.

La facciata del XIII secolo della chiesa di Santo Stefano al Ponte, in Firenze, origi-

Quello che è rimasto della chiesa di Sant'Agostino in Empoli, di cui è erollata la metà della navata centrale e sono andati distrutti il coro e l’intero campanile,

Il bel campanile della chiesa di San Leo a Corzano presso Anghiari, dell'XI secolo. La parte posteriore della chiesa fu quasi totalmente distrutta dalle cannonate.

naria dell'XI secolo, che subì danni rilevanti, come appare durante la ricostruzione.

7


bino

La parte anteriore della ci la distruzione.

0 subito gravi

Anche è du

L’interno della Basilica dell'Osserv

nessa al Monastero

nei dintorni

danni

di Siena.

(ai

lati

vari

santi

e storie),

di P. Nelli

ava nella chiese collegiata dell'Impruneta.

La bella chiesa, ricostruita intorno al "600, fu quasi interamente distrutta dai

bombardamenti.


%$

MARCHE UMBRIA ABRUZZI ‘elle Marche l’arte romanica ebbe una forte prevalenza; ma; considerato che 5 me tutta 1 getta agl’influssi si spi questa regione l’arte bizantina lunga durata.

Il duomo di Ancona,

ni al XIII secolo. Furono , costruito dall'XI colpite ta parte absidale

ora della crociera

de destra © o la votta della lella cripta.

ebbe, come a Vene:

Ma oggi

San Ciriaco,

gn

MM

cioè il duomo

di

Ancona, è stato duramente provato dai bombardamenti aerei per cui le tracce romaniche, bizantine ed anche gotiche ch questo monumento eternava sono state in parte cancellate, La bella cattedra caratteristico portico, con le decora. ni lombarde ad archetti pensili e le€, sorgeva su un basamento ellenico on una costruzione che, consacrata nel XII secolo, la cupola dodecagona di slancio già gotico, fu compiuta nel secolo di poi. Quindi, distrutta la parte absiabbattuti i muri del braccio della era, crollata la volta della cripta, da San Ciriaco oggi vede ollate tutte le tappe del suo, sviluppo pstruttivo. Romaniche e ino anche le chiese di itglicom Piazza,

fo:San-

vale èSant'Anna, molto rifatta. E di vari

stili ed epoche, importanti erano la Porta Farina, i palazzi: degli Anziani della conda

metà

del

‘300,

ingrandito

nel

se

lo successivo, del Senato, dei Conti Faed altre chiese barocche che, con le opere citate, costituivano un complesso di costruzioni che per le Marche sono una grave perdita. À Fano il palazzo della Ragione, con la loggia arcata © le finestre a colonnine chiuse in una cornice curva alla sommi ad Ascoli Piceno

il ponte di

0 ro*

mano rifatto in tempo medioevale; a Fabriano l'Ospedale del Buon Gesù dalle finestre

Come appare oggi il duomo di Ancona.

L'ospedale del Buon Gesù, a Fabriano, con l'elegante parte centrale squarciata in dw

bifore e la loggia

in basso, assie-

mo ad altre opere distrutte 0 semidistrutte completano l'elenco delle devastazioni marchigiane Ma l'Umbria nella chiesa di San Salvatore ipoleto, costruita nella pr ù del IV secolo, cioè al tempo in chi vano luce in Roma le prime bas è stata gravemente danneggiata; a Foligno, il duomo di San Feliciano ha subito dan: ni alle volte di quasi tutta la parte aniore della eripta, all’estemo della testata destra del transetto, e ha avuto razioni architettoniun’ala di fron all'ingresso di inci, l'esterna ala sinistra d ed è quasi ‘ompletamente distrutto il settecentes santuario della Madonna del Pianto. A Terni sono stati danneggiati la chiesa di San Lorenzo, © quella il palazzo Carrara, sede de la Biblioteca comunale © dei musei ci ha avuto squarciata l'ala orien e sono stati distrutti alcuni materia nmentari della necropoli, e dan il, con la perdita della torre e della facciata, ha subìto il palazzo comun: Nelle provinei l'elenco dei danni, non ancora completato, distruzioni alla chiesa dell'Aonu: iulianova in provincia di Teramo, e ad aleuno chiese di campagna che si ‘tro ‘a del fuoco da Ortona in provincia di Chieti. Ma ha subito nelle sue costru. me la città di Pescara, e altri danni, non ancora precisati, si Jamentano in provincia. Per fortuna, i monumenti aquilani più insigni, dalla chiesa di San. di

Collemaggio

ri

di marmi

di sup di Santa Gi

Il palazzo della Ragione a Fano: l'angolo distrutto dalla caduta

del campanile che fu minato dui tedesch

Il romano ponte di Cecco in provincia di Ascoli Piceno, rico

struito nel medioevo, è completamente distrutto.

to sepolerale dell’Ariscola non hanno su-

bito danni.

Vv. C.


San Lorenzo fuori le mura, costruita da Pelagio Il nu

Basilica di San Lorenzo doveva la sua bellezza non tanto ad una regolaro © preordinata disposizione di parti come, per esempio S. M. Maggiore o Santa Sabina; ma ad un singolare aspetto acquistato attraverso i tempi che ne mo. dificarono la struttura originaria. L'isc zione del mosaico dell'arco trionfale, che rappresenta Cristo sul globo fiancheggiato da San Pietro, San Paolo, San Lorenzo, Sant'Ippolito e Pelagio Il che, con le manî velate, offre la chiesa al Salvatore, € parla del grandioso lavoro eseguito d Pontefice sullo scorcio del VI secolo nella ricostruzione della Basilica, un tempo sufficiente a contenere la folla dei pellegrini che si recavano sulla to ma gli studiosi ancora non i a diradare il mistero che avvarie fasi della costruzione della ica:

certo

è che

essa

subì

ampliata ed ornata col gentile porticato nei primi anni dell'VITT seco

LAZIO LA BASILICA

DI SAN

LORENZO

la cornice scolpita conteneva

fago:

Con

radicali

piccoli mo-

Santa Ciriaca, San-

laterali è

parte distrutti, che narravano

con vivacità di episodi la visione del Santo monaco relativa alla solennità di San Lorenzo. Pure alla metà del XIII secolo furono eretti gli a scopale marn

edia

epi-

Pio

squarciata,

in quella di fronte furono nella seconda metà del XIII secolo, gli affreschi

ora în gran

sulla

parete,

come

un

arazzo,

era

ipinto un affresco con Cristo, SanIX,

tra

il 1862

e

il 1864,

la

enne isolata, restaurata e nuovamente decorata secondo un gusto che noi possiamo criticare per Ja mancanza di serupolo archeologico; tuttavia i lavori porno grandi vantaggi alla chiesa abbanli e l'attaccamento all’antiasilica da parte del Pontefice giovi grandemente alla sua conservazione. Oggi la veneranda chiesa è ferita’ e

to Stefano, San Lorenzo, al Pontefice Ono rio HI e forse all'autore stesso della bella architettura în una modesta figurina inginocchiata presso il Pontefic Entro il portico, nelle pare

l'interno intorno al 1140.

ricostruita

mento tra i più belli di questo stile, in rte andato perduto, Nel c ostro si convano altri fra questo arredamento marmoreo caratteristico de ti: bellissimo, per la sua semplicità, un leggi o nel cristallo. Gli stessi marmorari, n 6, eressero il sedel Cardinale Guglielmo Fieschi nel loro amore per l’arte clas, d'un ‘grande sarcofago romano incorniciato da colonnine ioniche in elegante ntrasto con la pesantezza dell’antico sarto Stefano, San Lorenzo, altri Santi e il Innocenzo IV, oggi perduto.

trasformazioni e da queste ne risultò quell'aspetto tipicamente pittoresco e suggestivo che non si trova in altri edifici della prima cristianità. Il medioevo, con lo spontaneo spirito di adattamento e di interpretazione del passato che lo distingue, specialmente în Roma, aggiunse alla veneranda chiesa nuovi motivi di bellezza. I Vassalletto, marmorari e decoratori romani, così opero nel rinnovamento delle basiliche cris ne, lavorarono al portico che sotto la belsaiei allusivi ai martiri

infine

La Basilica dopo il bomberdamento che distrusse i tetti della bizantina navata centrale.

i

i lavori di sostentamen-

to e di protezione garantiscono l’inoolumità delle parti conservate; la pontificia commissione d’archeologia cristiana, Ju Soprintendenza ai monumenti, scienziati e tecnici stud il modo migliore, non soltanto per ridare alla Basilica di San Lorenzo l'antico aspetto, ma per trarre alla sciagura che l'ha colpita il vantaggio di mantenere în vista le più antiche murature dell’edificio. erto, se; oltre i voti degli intendi. può avere qualche peso ideale l'uvoce del popolo che rivolge gli occhi stati agli squarci delle antiche muraglie quando si reca]in pellegrinaggio allo tombe del Verano, non v'ha dubbio che non passeranno molti anni prima di poter salutare di nuovo risorta oltre la sciagura, nella limpida luce di Roma, Ja veneranda Basilica cristiana. VALERIO

MARIANI

el


AP Dietro

l'arco

trionfale

con

l'antico

mosaico

Panni ai tesori d'arte ch'esso racchiude, no: e,per grazia nemmeno danno allo persone: in quell'ora tarda

del

VI- secolo

nello

CITTA

do

del tabernacolo

DEL

e dell’altare

oe

TA

si vede il coro

RES che

prima

VATICANO

ci erano chiusi, le strade ed i

costituiva

tutta

la

natorato e que boratorio del mità della dis

priccio! La traietto duta delle bo: linea d’aria dal miracolo michelangiolesco che ebbe offesa solo nel nella gloria del R del tamburo, orbite. intorno,

infranti.

ntani, ebbero i v Laboratorio

nese, tutte situate nell’ala sinistra di lazzo; mentre larmente colpito l’api nento di mons. Tardini, all’ultin i della chiesa di quelli ‘che chiuvasta galle a d'onore che vi duce, tutti polverizi . Distrutte trato de liorilievi del Rubino namento ailati del corpo centrale dell'e boratorio del mo } la sala delle scaffalatur

vicini

Ma il

fra il palazzo

de

ria, preso so non ostante lo nento

armato.

E

vest butterata di sbattuti come fuscelli da una parte all’al: ‘anie scopi lenza dell’aria schiantata paga di ro stare nelle stanze, passò poi i corrid a scardinare soffitti. E il tutto r l'eco di subita esecrazione u io ebbe nel cuo borghigiani, romani, degli italiani tutti e del mondo intero. E pensando a quello che poteva essere, siè presi dalle Ma la sorte non volle; e forse non volle l’attentatore, il cui bersaglio non si può ben definire. La cronaca dell'infausta serata dice © la sera del 5 novembre 1943, alle ore 20,10 da un aereo che fu visto per qualche tempo volare a bassa quota, furono sgu jato quattro bombe. Esse caddero su unt diagonale che va' dall’Osservatorio astr nomico alla Stazione ferroviaria: Una bomba cadde presso il serbatoio dell qua: un'altra nell'angolo fra la chiesa di al palazzo del Gover-

che la volle complei mpreso quello di wi smalti.

Contiene

nov

i per custodire i tas una straordinaria varietà di 20,000,

Il gesto, di un'infamia senza nome, scos se profondamente l'animo dei romani che per tutto bato e nella mattinata della domenica affluiron il

Vetrata con la raffigurazione dello Spirito Santo sopra la cattedra di San Pietro.

ff estra del suo privato to per ringraziare l'eco «per 1° lo de attacco a scrisse un altro, che Jo stesso. p delle accuse tra le parti in contesa dimomie, pur nel turbamento della Jott ad; sia stato vivo in tutti senso di una libertà da rispettare di una lità da non offender LEONE


.

f)obbiamo subito dire che la sorte dei monumenti del Lazio è stata meno avdi quanto e [o presumere. Nel campo del nostro patrimonio archeologico un solo vuoto si è fatto, incolmabile: la edita delle Navi di Nemi; per il resto se non sono mancate ferite, non sono manti casì ‘in ui sarà possibile ‘trarre dalle e ragion di salute Attorno a Roma le operazioni di guerra del pomeriggio del giorno in cui l'Urbe fu liberata (4 giugno 1944) han causato danni alle tombe monumentali che o più di tre chilometri dalla porta San Giovanni presso l'Appia Nuova costituiscono il gruppo delle Tombe dell Via Latina. Tre colpi di cannone di pie» colo calibro si sono abbattuti sulla Tomb: Barberini; sette proiettili han danneggiato le pareti della Tomba dei Valeri; schegge di proiettili hanno sforacchilty la copertura della Tomba

dei Panerazi;

stati «mossi

0 dispersi

A Minturno

edificata

per l'azione

di

proiettili di artiglieria, e potranno tibili di ripristino. Da bombe d lano è stato invece distrutto per cir-

presso

monumento che

nell’area della Ja foce

città antica

del Garigliano

gli anni 1942si è abbattuta la furia dell'artiglieria mon saprei se tedesca 0 alleata — durante il periodo in cui la lotta La seconda nave romana

MUSEI

î lavori di recupero

E MONUMENTI

ca la metà il lato sud della qua, così come sono andate

que

durant

conserva d'aedistrutte

delle nove nicchie del prospetto del-

l'adiacente

ninfeo, e talune parti d di porti , Pi contrapposto, leaz

stema ni di guerra acrea han rin in luce, al disotto della distrutta porta medievale © Porta Nettunese, gli avan zi di muri in pep ramente pertinenti ad una preesistente porta antica, stabilendo in tal modo un assai n dato della topogi urbai Nuovi elementi di un muro di sono altresì apparsi nel Borgo S, Giovanni. In Albano i bombardamenti aerei han lusciato intatto il bellissimo ninfeo domizianeo trasformato nella chiesa di S. Ma ria della Rotonda, e il cosidetto sepolero degli Orazi e Curiazi. Dan lievemente è stato uno spige serva d'acqua, colpito è stato il sepolcro detto dì Pompeo, resi più fat stati taluni nuelei murari dell'Anfiteatro Non lontano da Velletri, sulle pendici occidentali dei Monti Lepini, è Cori, un piccolo borgo famoso sia per lu vista su perba che spazia per tutta la pianura giù nuta dai Volsci e dai Rutuli, sia per 1 sue mura « cielopiche », in opera poligo» re ine nale di tipo progredito cui ger la città © a sostenerne i terrazzamenti entro l'ambito urbano. Nella parte più alta del paese si leva il piccolo tempio rastile detto di Ercole, un gioiello dell'architettura romana dell'età di Silla, il primo dei templi di tipo italico che risultasse costruito interamente in pietra. Il bombardamento del 30 gennaio 1941, distruggendo interamente la chiesa r nica di S. Pietro eretta sul fi sini ha rispettato l’edi del Ti mpio di Ercole,

ficio ani ico, limitandosi a provocarvi danni

relativamente

mancato di offrire

liev

a no

nel lago di Nemi.

ARCHEOLOGICI ento, poiché ha Peso magbili

l'angolo

nord-veciden-

tale del pronao e il contiguo tratto suy olla cella, già coperto oparzialmenincorporato nella fronte, della chi Altre desiderate indagini saa possibili all’atto della rimozione macerie, I territorio dei Volsci con AI è quello degli Aurui i è Te cina, A_Te bardamen racina come ad Albo derà possibile la » di un umento antico d'alto valore arci logico. Il bombardamento che ha so volto la regione attorno alla Catt attorno al Foro antico della città — d oggi Foro Emiliano o Piazza del Municipio — ha messo in luce, oltre a un piccolo tratto del tracciato antico dell'Appia sotto il distrutto palazzo « e oltre a un pi olo are ubito all’esterno d valiero dell'Appi di Napoli, anche gli oro in dir avanzi impon pti dell’antico Capitolium Abbiam ricordato il territorio degli ÀAurunci. In questa regione sono state toccate dalla guerta Ja città moderna di Formia e la città antica di Minturno A Formia i bombardamenti aerei han sparmiato Ja cosidetta Tomba di Cicerone, nota anche per la bella incisione del Rossini, e le vetuste

mura p

onali, ed

hanno jnvece gravemente sconvolto il pic unale stabilito in un edi. ficio della Via Rubino, lungo l'antico trucciato dell'Appia. I tedeschi, nel disperato tentativo di impedire alle for i, minarono e fe gli edifici è destra e a 10, e accumularono i macerie Pall'uffici Genio Civile stabilito in Formia si è potuto peraltro ottenere che i vani della collezione antiquaria. comunale fossero

arsi violenta pfèsso la foce del Ga ndo si èavuto, ad opera dei

l'abbattimento eretta da Pandolfo da sinistra del fi del secolo X. Resta a far cenno

go

la Via

essa. Danni

liti han subìto

della famosa torre podiferro sulla sponnella seconda metà delle

città

stabilite

Latina

o a settentrione

i 1

menti

non ancora pienamente

di Cassino; le città di Ferentino e di Ana-

gni sono uscite quasi indenni da questo travagliato periodo, sempre — s'intende per quel che si riferisce ai monumenti dell'età preromana e romana; più provate di tutte sono state, a nord della Via Latina, le città di Palestrina e di Tivoli. A Tivoli l'unico monumento “romano colpito è il Tempio detto di V sta 0 della Sibilla. Un proiettile ha fatu cadere un

elemento della piattabanda già una prima volta restaurata, sulla porta d’ingresso del piccole schegge han guastato qua © là l'esterno e l'interno della cella. Danni di non tà ha subìto anche il piccolo tiguo al Tempio di Vesta o della S Ai piedi di Tivoli, sebbene la battaglia bbia avuto qualche momento di pari e violenza al Ponte Lucano presso il passaggio sull’Aniene, il sepoloro dei Plauxi non porta quasi traccia di offese di guerra. Danni più gravi so p stati invece ferti alla Villa Adriana, dove pi vevano temersi danni infinitamente miaggiori per il fatto che i tedeschi avevano

erano

stati

collocati

gli scafi delle navi

di Nemi.

ve-

cupato la villa, evi avevano a un certo momento tenuto anche una stazione radio di riserva. Uno dei bombardamenti aerei la regione tiburtina ha avuto inizio, > dirsi, dalla Villa Adriana, dove una il4

1944

un

nuele

i muratura

del cosidetto « Pretorio »; e altri danneggiamenti sono stati causati da proiettili artiglieria, soprattutto nei giorni del 1944 quando Tivoli dalle truppe alleate. Uno dei muri del Pecile è stato forato in due punti, così come è stata in qualche punto divelta la cresta

r

dove

di

stabi-

archeologioi

DA C] DI LI DI LI

Una sala del museo

il

più attirava l’attenzione

dei passanti era ilTeatro Romano: il-quale ha conservato preminente importanza anche dopo che, nel 1931, auspice l°Associazione Internazionale per gli studi mediterranei, è stata condotta una fruttuosa campagna di scavo sotto l’alta vigilanza dello Stato italiano. e con l'opera di una missione inviata dal Museo dell'Università a di Filade Romano di Minturno e «pi tro il tratto dell'atbulacro gche era stato ‘aoperta mali cornòj dei osta ‘dlopostiis»

tre can-

nonate han colpito un’altra. delle tombe. Ma i preziosi stucchi bianchi della Tomba dei Valerî, e, più ancora, quelli policromi della Tomba dei Panerazi sono intatti i danni ai muri esterni dei sepolcri sono danni nel complesso non rilevanti stati già risarei Nel suburbio di Roma i danni più gra vi sono stati risentiti dalle piccole città scaglionate în prossimità della Via Appia, verso ui doveva sboccare lo sforzo alleato che partiva da Anzio. Ma non è stato il bombardamento © il cannoneggiamento che ha causato il danno più grave nei riguardi del patrimonio archeologico, sibbene la cieca furia distruttri fan tismo criminoso di un pugno di soldati tedeschi. Questa furia fanatica si nita contro le Navi romane di Nemi. Le Navi di Nemi, nate sotto una cattiva stella, poiché a pochi anni dalla Joro costruzione una improvvisa furiosa tempesta secondo che si pensa — le aveva fatte scomparire sotto il velo d'acqua del piccolo lago, sono oggi definitivamente perite nel corso di un’altra tempesta durante la quale è non abbia a naufragare la civiltà umana. Nella regione dei Colli laziali altri danni al materiale archeologico si sono avuti a Lanivio, ad Albano e a Velletri. In Velletri nel Palazzo Comunale del Della Porta il Museo Civico è stato dio da bombé di aeroplano, ma il maiale archeologico — ad eccezione de vdagliere — è stato rr ato, recu rate sono state soprattutto le pregi recotte policrome che costituivano il principale vanto di quella piccola coll zione. AL imuvio sull'acropoli dove sorgeva il famoso Tempio di Giu ne venerata col in una nome è Sispita Mater Regin: dito il delle cui dipende 2 veniva lanugrosso serpente al quale le fanc vine dovevano portare an ual di farina e di n dite solo iulle non avev no mancato alla rginità — taluni elemen del tempio so-

391

quasi per intero sgombeanti dai rottami. AI materiale recuperato si è dato un pr mo provvisorio ricovero nell'edificio municipale, mentre due teste marmoree di più ulto pregio sono state temporaneamente portate in deposito presso il Museo Nazionale Romano.

Nemi: aspetto, dopo l'incendio, della sala che ospitava la seconda nave.


392

Villa d'Este a Tivoli, che col suo fantasmagorico

e delle cannelle”

di Oraghi” era un giardino di delizie, è ridotta un tuo

La casa di Fra Diavolo e il bel campani è della chiesa di Santa Maria ad Itri (Littoria). Una bomba ridus: e tutto in macerie risparmiando solamente il campanile.

Sageroam

altri danni si sono ver

ranno possibi

ziali di qu »robabilmente pari altrove. Dalle prime rimozioni di macerie fin oggi avvemute sono sta ricupe te parti def muro opera poligo e di uno di sostruzione lementi de rampe, si potuto ra-

o amilo!

an vanto del pala» Sabot dali Rarbagion SARANNO agevolmente tagliare in segm lo line di un antei ore restauro e senza Îl più pi colo danno alla parte ve la superba opera mu | mosaico pnale e

midando sul rio dell voluto

eva

Museo

Ul

porerano stat Romano talune

ò indurre dal Illo di ordin

este rampe

coperti, secondo imento di un con sagome di-

sposte su un p inato rispetto alhi colonna. Uno schizzo ricostruttivo del impe e delle due terrazze ss0 architettonico è superiori. del stato delîn

Bari

bombardamenti aerei una Palestrina d distrutta. Q c si era andata an1 grandioso sanPrimigenia, che Silla se oltre ogni dire . tolta la città ai parMario, ed ordinatane

dell'Aqui antica dive.

di terrazze e all'area sacra de o l’antro primitivo delle Sort ù antico, saliva al sanil centro di fu costruito il palaz berini. Le distruzioni oggi avvenute rendendo indispensabile il completo abbandono corea abitabile delle parti le terrazze

, con una di è possibile fe geRIURLILI

attorno a

vas

ro ». Ma nelcomplesso si tratta di danni riparabili, e che pi ii derarsi di scarsa entità, non avvenuta perdita di tante m i dovute all'estro ar ‘atore fantasioso € raffinati. eppure e l'aspetto urbani. nte ad avvantaggiar: i a Palostrina. i quello che

All’opera

Una desolata visione del chiostro di Santa Maria della Verità, a Viterbo, ch'era adornata da scene sacre dipinte da Lorenzo da Viterbo.

si rendeva più Soprintendenza alle Antichità ha posto già mano. SALVATORE

AURIG. EMMA

\

VM ATSI ì

;

MIRBESA

c*INIST

sad

Ingresso principale del palazzo Vitelleschi a Tarquinia, in yran parte dis ruttà,

La chiesa di Santa Maria, a Fondi (Littoria), subì danni gravissimi nell'interno.


Il danneggiato sepolero di Roberto 1 d’Angiò,

mella chiesa

di Santa

Santa Chiara, la chiesa della regalità napoletana, ricostruita nell'interno durante il Seicento, ricca di sepoleri angioini di T. di Camaino e di Giovanni e Pacio Bertini.

Chiara.

ià prima dell'inizio delle ostilità, tutti sapevano che Napoli, anche al più dimostrativo

bombardamento

‘00, avrebbe

sicuramente perduto qualche monumento d’arte; tanti sono i ricordi che sì assiepano in questa che fu una grande capitale. Molte chiese del tempo romanico è gotico sono state più volte colpite dalle bombe. Ma più che San Pietro, costruita nel sec. XII, restaurata e rifatta dopo il terremoto del 1450; più che Santa Maria del Carmine, consacrata nello stesso secolo ed anch'essa più tardi ampliata; più chiesa angioina di San Pietro a Maiella, gravemente lesionata, San Giovanni in C: bonara con l'annessa Cappella gotica di Santa Monica, desta maggiori preoccupazioni anche per la presenza del monumento sepolerale di Ladislao. Santa Chiara atteggiata alle forme gotiche provenzali al tempo in cui i Cistererano,

oltre

che i creatori,

anche

CAMPANIA E CALABRIA

interne.

Anche le testimonianze del nostro Rinascimento, in Santa Maria del Porto, eretta dagli armatori e dai marinai nel 1554 e în Santa Maria Regina Coeli, sono state oltraggiate dall'ira esplosiva. Così le costruzioni sacro del Sei e Settecento alle quali collaborarono architetti di primisno piano come Ferdinando Fuga, che rifece la chiesa dei Gerolamini; il Vanv telli, che collaborò in San Marcellino; il Fanzaga che, dopo l'incendio del 1640, trasformò la chiesa severiana del V secolo di San Giorgio Maggiore. Anche l'edilizia laica — quella che oggi è la Caserma Garibaldi, dalle torri cilindriche nelle mura

del "400;

i palazzi

Elpidio Rufo.

con particolare

delle Sagrestie, ed accentuarono gravemen-

edenti lesioni nelle strutture di e di volta, che già minacciavano il monumento. Colpita in pieno fu V'exchiesa di Santa Chiara, attualmente sede della Biblioteca Civica, fondata nel secolo XVI, con trasformazioni barocche. Il crollo di una parte della navata, del pre sbiterio e di altre strutture provocò inoltre la grave perdita di parte del prezioso patrimonio librario della Biblioteca. Quasi totalmente distrutto da ‘un incendio il eminario Arcivescovile. Dannî di minore

Ma-

G. B. BARDONE

si presentano

carattere di gravità, soprattutto per lo stato di abbandono nel quale si trova da molti anni questa bellissima e poco nota architettura basiliana. Ma fra i monumenti minori, spesso ricchi di problemi assai importanti per lo studio dell’architettura in Calabria, non pochi e dolorosi sono stati leperdite e i danni, tuttavia raramente irreparabili. A_Cosenza distrutta da un incendio è la esca chiesa della Riforma con i due interessanti monumenti in marmo dei fondatori Principi Firrao, dei quali sono stati salvati e raccolti solo dei frammenti ealcinati. Gravemente danneggiati il Monastero dei PP. Domenicani e la chiesa di S. Domenico, originariamente del sceolo XV. In questo complesso monumentale i bombardamenti dell’agosto-settembre 1943 provocarono il crollo di due bracci del chiostro, dell'ala sud del Monastero, delle strutture di copertura de Battistero e

i

rigliano, Cellamare, Serra di Cassano e lo stesso Palazzo Reale, costruiti nel "600 — ha sofferto danni rilevanti. Gravi danni ha subìto anche il ponte di Benevento, e la Pompei romana, dalla quale si diffuse un vero e proprio stile, anche oggi, si può dire, imitato, ha riportato danni, specialmente nella Casa. di

Per singolare fortuna, le perdite subite dalla Calabria nei suoi edifici monumentali sono limitate. E sebbene queste siano quantitativamente non indifferenti, sembra che la soste abbia avuto, questa volta, occhi per distinguere e rispettare le opere di maggiore importanza storicoartistica, fra le quali in primo piano è rezioso gruppo delle chiese basiliane, Lo pressoché illeso. Tra questi piùù ine monumenti della Calabria soltanto la Iletta © la Cattedrale di Gerace hanno subito alcuni danni, che solo per la Roccelletta

colonizzatori del nuovo stile, ma deturpata più tardi dal barocco, è ancora più importante per i monumenti. Qui Tino di Camaino, nella tomba di Carlo di Calabria, generò localmente il nuovo stile che infatti si ritrova nelle « storie della Santa» scolpite in bassorilievo nella stessa chiesa purtroppo colpita anche in queste decorazioni

Gli angeli sollevano le cortine per mostrare la statua giacente di re Roberto.

entità si lamentano al Castello di {(Cosen-

La chiesa di San Pietro a Napoli, costruita nel XII secolo, restaurata e rifatta dopo il terremoto del 1450, ebbe distrutto il tetto e danneggiate pregevoli opere d’arte.

za, che ancora conserva una belli torre sveva ottagona, alla Confraternita del Rosario del sec. XVIII, alla Cappella di Santa Caterina.


A Reggio

Calabria 1

della copertura della Cappella del Sacrale opera di zione marmorea

seicentesca

rispettata dal

terremoto del 1908, hanno distaccato e cal-

cinato le belle tars reti e gravemente

me delle pa-

danneggiato

le statue

in marmo. A Catanzaro la chies: Cattedrale del. l'Assunta, è in gran parte crol! ta, Fu pos sibile però ricuperare morei della Cappella di £ cho la chiesa di Santa T. gravi

Mari Rosari S. Fran

lesa Cattedrale, di Mo ergino,

la chi

la chiesa del e io di nola, la porta di S. Fri

hiostro

la Fontana Vecchia. A Morano Ca. labro furono colpite la chiesa della Mad-

dannì per il c

perture, della cupo

Nei centri minori d

Com'era la bella facciata di San Domenico a Napoli, del XIV sec., con l'elegante atrio ogivale e lo splendido rosone.

sa di S. Nicola, la

e Paolo, la e la el

pochi in gran parte rifatta;

i altri monumenti di minore importanza, 0 lievemente danneggiati fac lare menzione. tendenza ai Monumenti già s'è rimessa al lavoro con opere di p ervento a protezione dei moi maggiormente colpiti © pericolanti rizie relative ai sono passate alla fase di pratica attuazione. Più confortante azione delle ope-

re d’arte mobili. Fin dall’ della gueril meteciale più importante fu raccolto nel sovero antiaereo di Cosenza in altri ricoveri provinciali. Fu principal. mente per questa previdente protezione salvare il materiale mobile più prezioso della Calabria; anche se contribuirono ad evitare le rapine, verificat in altre regioni, la rapida ritirata tedesca la sì inza che sì ha di me opere come, a titolo di esempio, il Codice purpureo di Rossa no o la Croce bizantina di Cosenza. I danni alle opere d’arte mobili non pro: tette possono dirsi insignificanti. GIOVANNI PACCAGNI

La maestosa parte absidale della cattedrale di Gerace, originaria del 1059 e ricostruita nel secolo XV. La chiesa, che è la più vasta della Calabria ed ospita opere medievali come la tomba di G. B. Caracciolo, ha subìto lievi dann


San Giovanni degli Eremiti, fondata da re Ruggero, con le sue cinque cupole musulmane e le finestre di tipo arabo, era una delle più caratteristiche chiese palermitane. d'arch tecture » dice Maupassant della cilia. E non è amplificazione d'un con sentimento d'artista. Dalla ne poli di Pantalica alle rosse cupole orientali di S. Giovanni degli Eremiti, dal gioiello rinascimentale di Catena al luminoso barocco seppe, su su fino al Teatro Ma centesco, la Sicilia appare davy ro come una splendida piattaforma leni erigono il loro volto con armonio elementi di pietra. Più che travestito dal tempo tale volto viene spesso deturpato dall'uomo, come in quest’ultima guerra. di an toriche, sicule, greche e medioeval mo gli io classico dello stile arabo-normanno, ha sul ni; come è avvennto per il complesso di costruzioni che un tempo formarono EI Cazar e furono dimora splendida dei re mormanni, di Federico II, dei vicerè spagnoli e dei re Borboni. Gravemente danneggiata è rimasta la reale magione, del XII secolo, crollata nel tetto e nell'abside centrale e distrutta nelle opere d’arte che custodiva all’interno. Quasi interamente distrutta è andata la suggestiva chiesa di S. Francesco d'Assisi col magnifico portale e lo splendido rosone del centro. Nella ruina sono stati trascinati i marmi mischi, le statue delle niechie interne, il bel sarcofago gaginesco e gli affreschi. Lesionata la Cattedrale del XII secolo che custodisce le spoglie di Federico II, nelle absidi è nel campanile. Sconvolto il Ci mitero dei Cappuccini del XVII secolo che ispirò il Pindemonte. Rasa al suolo la chiesa della SS. Annunziata della fine del 7400; distrutto il portale laterale, crollato un tratto della navata sinistra e lesionato în parte l’armonioso portico di $. Maria della Catena, attribuito a Matteo Carnelii. La chiesa di S. Giuseppe dei Teail barocco siciliano attinge armonie clamanti di marmi, di stucchi e di

Come appariva la chiesa di Santa Maria della Catena di Palermo, gioiello architetto» ri armonizzò l'ornato stile gotico con quello spagnolo. Carne

nico in cui Matteo

SICILIA E SARDEGNA colori, è crollata nella volta della navata centrale, squarciata nella eupola © lesionata în quasi tutti gli altari interni. Ancho la cupola della chiesa del S. Salva» tore del XVII secolo con gli affreschi di Vito d’Anna è crollata. Distrutti l’altare maggiore, la sagrestia, e la cupola della sa dell’Olivella, del XVI sscolo. An che l’edificio della Biblioteca Nazionale © del Liceo Ginnasio Vittorio Emanuele

con l'arioso chiostro interno a doppio loggiato è andato quasi total stessa sorte ha a alvatore; mentre o Palazzo Lampedusa è stato one d’ingresso, Intera. mente crollato è il Refet rio del Mona. stero della Piet incendiato e distrutto il Palazzo Geraci del XVIII secolo, lata Porta

fabbrica

loggiato del Danneggiato torio

con

quasi

tutta

la

iore del prospetto è parte del Palazzo Sclafani del 1300. in molte parti è stato l'Ora-

di Lorenzo con le celebri deconi a stucco di Serpotta, Per fortuna

sta danneggiata solo negl'infissi ed ha riportato pi lesioni alla volta Ja Cappella Palati

XII secolo.

Delle altre ci cora una volta un caotico aggruppamento di macerie e il suo Duomo, distrutto dal terremoto e riedificato, alza i muri mutilati © gli altari infrant ha subìto l’armonioso catanese nei palazzi settec S. Demetrio, di via Alessi e di v i

e, nelle chi

dei Minoriti,

di S. Benedetto. La bara Agata del primo cinquecento è stata distrutta. Anche la navata centrale del Duomo di Caltanissetta, splendente per gli affreschi del fiammingo Borremans, è crollata, "

A Cagliari è crollata la ch nico, esempio caratteri stile cosiddetto « aragonese » che è sultato d'una logica f fra l'architettura

locale, quella

ranze decorative

gnolo. Danni

gotica

turnino, e così

Ss.

e certe esube-

di gusto prettamente

ha pure

spa-

subito la Basilica

la Parrocchia di

ese di S. Francesco, di

S. Anna, di S. Giuseppe, di S. Caterina e quasi completamente distrutta è stata la chiesa

del Carmine.

Il lavoro delle sovraintendenze, che 0ggi si limita ad un'attenta enumerazione di cose distrutte, domani ‘herà certamente î mezzi più adatti per ricostruire. E speriamo che nessuno possa ripetere quel

Un’agile è sorridente eleganza, nella fastosità del Sei e Settecento, animava le figure berniniarie e le decorazioni del palermitano ‘Serpotta nell'Oratorio di San Lorenzo.

che si disse a proposito delle antichità distrutte di Roma: « quod non fecerunt Barbari fecerunt Barberini ». VINCENZO

GUARNACCIA


Il Palozzo De Spuches o di S. Stefano, della. prima metà del Quattrocento.

0

che faceva parte di un ciclo pittorico andato lafani, gli ammonimenti del Camposanto di Pisa.

ari, preromanica e mo. ca poggiante su massicci pilastri.

La navata centrale del Duomo di Messina. La bella cattedrale dell'XI-XII secolo, ricostruita dopo il terremoto del 1908 secondo la struttura originaria normanna, fu di trutta.

il no della chiesa di San Dome teristico del cosiddetto stile "* aragonese

Cagliari, del XIV-XVI secolo, esempio carat. ”’, dopo il crollo delle volte e di parte dei muri.


Due

particolari

Se i disastri

dell'affresco

dello

Sposalizio

architettonici,

causati

dalle

bombe, sono i più appariscenti, non

tutti sanno

che più gravi ancora

sono

le

distruzioni degli affreschi. Un elenco pre-

risulterebbe troppo lungo, e muto

nei

moltissimi

rovinato

era

casì

nei

fuori

della

quali

di Lorenzo

da Viterbo,

nella ch

a di Santa

Maria della

Verità

a Viterbo,

COME RINASCE UN AFFRESCO

l'affresco

conoscenza

del

pubblico e, spesso, anche degli studiosi, segregato nelle gelose case dei proprietari. È opportuno limitarsi agli infortunî più gravi e almeno alla portata di una notorietà media;

ricamente, nova,

solo si deve, sia pure

accennare

gene-

alle perdite di Ge-

dove cicli di affreschi,

importantis-

simi per il barocco genovese, sono scomparsi senza la traccia, in taluni casì, nep pure di fotografie. Per di più, con og probabilità, molte opere che in parte al-

meno avrebbero potuto essere recuperate, sono andate del tutto perdute per la sf ducia

© l'inesperienza

che si aveva

nella

possibilità di un restauro. Di fronte ad un affresco ridotto a un ammasso

di cal-

cinacci,

ad una

in quanti

si è creduto,

resurrezione, non fosse che parziale? Lavori del genere non si erano presentati per il passato: mancava la tecnica, non s0 correva

la tradizione;

ché

altra

cosa,

bene avvertirlo, è la ricomposizione archeologica dei vasi classici andati in fran

proietta!

e confusi,

secondo

nposanto di Pisa. Un violento strusse in poche ore il: tetto, nticherò lo squallore tragico di quel luogo augusto, due giorni dopo la liberazione. L'impiantito era coperto di piombo fuso, le statue, i sarcofaghi giaceva p spes ti a terra, impillaccherati di piombo come di fango: e gli affreschi pendevano come carte da parati stracciate, dove con orribili ventri in procinto di aprirsi, dove così distaccati dal muro dr potervi infilare comodamente una mano. Sul piombo intanto seguitavano a fioccare i frammenti, minuti come quei pezzetti di carta che in teatro simulano la neve. he quanto rimaneva sospeso muri sistentava a riconoscere. Una ragia azzurrognola ricopriva quel poco che rimaneva, come se si fosse guardato con ri di occhiali appannati. Da vicino la superficio appariva butterata, squammata, polverulenta come le ali delle farfalle. Sotto il sole corrosivo dell'estate la traplazione si svelava senza riserve, allora, quasi senza speranza. A poco a poco che la liberazione proseguiva si constatavano altri disastri: gli eschi melozzeschi di S. Biagio a Forlì, clo di affreschi del Trecento a S. Maria in Porto fuori a Ravenna, il soffitto del Tiepolo n Palazzo Canossa a Verona, gli altri affreschi del Tiepolo a Palazzo

tumi: altra cosa, per le modeste proporzioni di ogni pezzo, e per il fatto che i frammenti non si rinvengono in genere

nti e a S. Ambrogio a Milano e il Tiepolo era già stato, come ognuno ricor-

che avviene

nell'esplosione delle bombe,, ma rimangono sul posto, naturalmente suddivisi per ogni elemento. E tuttavia è stato sempre giusto titolo d'onore e d’ammirazione il restauro del grande vaso Francois, che in quel campo rappresenta forse la ricomposizione più ardua e delicata. I problemi degli affreschi sono assai più comple» i frammenti non posseggono in genere una curvatura che aiuti, come nei vasi, a rintracciare la disposizione originaria: provengono da superfici vaste © si presentano frammisti: almeno per un terzo si sgretolano nella caduta e accusano gravi soluzioni di continuità. Dopo la distruzione totale, per l'incendio durato quasi una settimana, di tutta la splendida decorazione di Santa Chiara a Napoli, il danno certamente più grave, uno dei più gravi anzi per tutta Italia, fu quello della Cappella Mezzatosta della Chiesa di S. Maria della Verità di Viterbo. Decorata nella seconda metà del ‘100 da un rarissimo pittore, Lorenzo da Viterbo, che non è sicuramente superstite în altre opere, non solo rappresentava il ciclo pittorico più importante che, eccettuata Roma, fosse rimasto nel Lazio, ma poteva aspirare a importanza ben maggiore pur l'eccezionale qualità di questo artista, alla confluenza, diremmo, del Gozzoli e di Piero della Francesca, schietto, lucido, luminoso: non inferiore a nessuno dei scani che seguono la generazione di Masaccio e di Piero della Francesca e precedono di poco quella del Pollaiolo e del Botticelli, È Questo, nell'ordine dell'avvenuta liberazione, fu il primo urgente intervento dell'Istituto centrale del restauro, che all’arrivo degli alleati a Roma riprese subito a funzionare. Dopo, è stata la volta

mo subito dopo it bombardamento,

coi

da,

il grande

invalido

dell'altra

guerra.

Ma sopra ogni cosa, perdita incolmabile e forse irreparabile, gli. affreschi del Manlegna nella Chiesa degli Eremitani a Padova, dove la stessa sorte subiva quasi r intero anche la Cappella affrescat

più grave — nel campo artis di tutta la guerra, l'unica speranza di qualche recupero è data dalle sei casse di frammenti, che con estrema sollecitudine furono raccolti di sotto alle macerie, a cura della Soprintendenza ai Monumenti di Venezia. Ma sarà bene non farsi sove illusioni, poiché, se per il Tiepolo di Palazzo Canossa, dipinto su una volta a cannicci, si può sperare in un recupero quasi totale, per Ja Cappella Ove» tari si ebbe il crollo di tutte lemuratur troppe

parti

‘ong

richiede

abilità

essersi

polverizzate

sotto un tale sconvolgimento. Comunque il tentativo sarà fatto. Intanto all'Istituto del restauro mentre il lavoro di ricomposizione di Lorenzo da Viterbo sì trova a buon punto, si è iniziato anche quello per gli affreschi di Pisa. È un lavoro che non

trascendentali,

ma

grande intuito, memoria e ferrea pazienza. Né poca importanza ha il modo col quale si raccolgono i frammenti: spesso l’unico avvio alla ricomposizione è dato dall’aver conservato

All'Istituto centrale del restauro a Roma. I frammenti degli affreschi di Lorenzo da Viterbo, già raccolti in apposite cassette, sono disposti per la ricomposizione.

il ricordo preciso del

punto in cui cadde il frammento. Per questo occorre quadrettare la pianta del locale, in cui si trovavano gli affreschi, e ad ogni quadretto far corrispondere una cassetta, nella quale, con la maggiore ap: prossimazione topografica, si riportano i frammenti. Per Lorenzo da Viterbo si trattava di più che 20.000 frammenti che sì scalavano da un decimetro

a mezzo

cen-


398

La parte info

È

}

re del San Giuseppe dopo la ricomposizione di più di 200 frammenti.

te, e rigidi che può sfidare il tempo, e che più esatta e con metro quadrato il lavoro di prima eercrrà pplicata nel luogo della caduta restauro to» ca Così è nata una te nita, di scolta successiva © d'interpretarispondente. dell'affi co. Ma se non cesto più di un anno. Ora i talmente nuova. lo sono stati riconosciuti Dopo che si sono applicati sul telaio qu sto un problema tecnico troppo imp un'alma, per quanto riguarda le gna , Ja difficoltà da risolve figure, nassima parte ricomposti. so tutta la Cappella di Le tra, sto lavoro di ricomposizioTuttavi, renzo da Viterbo fosse andata in frantu no moli pparironolelacune: taluni frammenti, sebbene identificati p mente sulle fotografie, rimanevano isolati: con ciò siperdeva la continuità delle proporzioni. Per questo occorreva un calco precisissimo degli affreschi, così com'era: no prima del disastro. Lo studio per ottenere questi ingrandimenti, e da fotografie tutt'altro che perfette, richiese molto tempo, ché ci si doveva necessa pie servite ormai di misure prese sui frammenti recuperati, ma evitando al massimo le suture che, per quanto fatte col minimo di adesivo, tuttavia dilatavano inevi mente la superfic la deform: In più si dovette ca zione prodotta dall’obbie ttivo fotografico nelle parti, in alto in basso ai ti, più NOT lontane dall’obbiettivo Una volta raggiunto, con la mig prossimazione, lo scopo, bisog causa d enuria di carta da fotograf in formati così eccezionali, eseguire un disegno dalla proiezione della lastra sul vetro smerigliato. Questo calco veniva poi riportato su una tela preparata a caseina € su un’altra carta trasparente montata su telaio. Sulla prima tela, con un minuto lavoro di livellamento, si attaccavano i frammenti che corrispondevano al disegno. Ma per essere sicuri che il frammento, una volta adagiato sul disegno, non subisse spostamenti sia pure minimi, si sovrapponeva l’altro telaio con lucido fatto su carta trasparente, e così, provando e riprovando, si otteneva la” collimazione perfetta. In un secondo tempo il lavoro è stato reso più veloce dal ritrovato dell'operatore to, in collaborazione col gabinetto chimico dell'Istituto stesso. Sì riuscì ad impressionare e sviluppare direttamente la tela su cui si ricompongono i frammenti. Ormai dunque, all'atto di calare il frammento al suo luogo, è la pittura stessa, com'era în passato, se pure în bianco e in nero, che si offre al reCome appare dopo il restauro il particolare dell'affresco di Lorenzo da Viterbo. stauratore e che favorisce una situazione

che il restauro avrebbe non potuto arre: ramente archeologica della ricomposizione nuda dei frammenti. Ma questo non era il

o, Infatti,

consolidati

accuratamente

sul posto i resti degli affreschi,

zioni, fati ‘osamente recuperate e riu arte indivisa del Mo tornino a fa

bro aspetto archeologico, si verrebbe a sostituire, anche nel caso migliore, un effetto di mosaico nell’affresco, e si produrrebbe una disc gitato un sist che, pur rimanendo sempre percettibi riconoscibile ad una visione ravvicinata (e questo non solo per lo studioso, ma anche per l'osservatore

inesperto),

ri

ad una certa distanza l’unità dell’ ne, che lo spezzettamento dell'intonaco ha purtroppo ridotto ad un caleidoscopio. ica consiste in tanti sottili filamenti e pa roducono alquerello la plast colori. come tessuto di un arazzo: se da vicino si staccano înequivocabilmente dalla stesura larga dell'affresco, da lontano l'immagine si coagula e rifiorise Bisogna pensare infatti che in questi casi la struttura dell'immagine è distruttà, e che perciò, se il restauro è critica del qui i troviamo come il filologo da un testo frammentario e corrotto, dopo averlo riportato alla lezione migliorey cerca di cavarne non più soltanto delle parole storicamente attendibili, ma un nso. Ed è il senso che in definitiva sarebbe mancato alle figure orenzo da Viterbo, se ci si fosse limitati a dare una ne fotografica ai frammenti senza i in modo alcuno. In quanto agli affreschi di Pisa, per i cui fr mmenti è occorso anche il conso» lidamento uno per uno, si prospettano resultati migliori per il Trionfo della Morte © gli Anacoreti che per le stor del Gozzoli. Inoltre a Pisa i pezzi ricomposti non potranno essere applicati direttamente sul muro, perché tutti gli affreschi devono venire s cati, per poterne salvare ‘almeno le reliquie superstiti. CE:

JRE BRANDI


Agquistiamo finalmente una consapevolezza che ci mancavà di vivere negli anni più disgraziati della storia degli uomini. La storia è spesso un museo degli

orrori; 0 almeno era, finché, soddisfatti di noi medesimi,

vita

delle fruste sui banchi dei galeotti incatenati al remo, dalla cavalcata macabra delle forche, con appesi cadaveri imputri diti, avtutti î crociechi delle strade d'Europa. La ballata di Villon intonata da milioni di bocche senza labbra, Era uno spettacolo quasi comune, un rimedio d'uso tanto diffuso che non giovava più a nulla. Mentre la società si avviava a ridiscutere su nuove basi il diritto di proprietà, la legislazione codificata nei secoli che corsero fra il comunismo del Medioevo © stiano © ilsocialismo dell’Ottocento comminava la forca al ladro di un fazzoletto. L'inutile terrore delle pene atroci, delle vendette sociali provocava ritorsioni tremende: di generazione in generazione, le contrade più civili d'Europa, prima la civilissima Francia, conoscevano la « grande paura » del brigantaggio spietato, la morte sospesa su ogni capo in ogni notte d'inverno, capanne © palazzi messi a sacco, la strage di una guerra perpetua, senza dichiarazioni, senza avvisagli

tanto s'era non s'inco-

mineiò, nel secolo scorso, con quello sto-

ricismo ottimista e vanaglorioso, a trovar

che tutto: procede nel migliore dci modi e nell’ottimo dei mondi:

tanto bene che,

guadagnando qualche punto su Leibniz c Pangloss, risultò inconcepibile che le cose potessero correr diversamente. La storia è

diventata, da allora, una specie di cronaca

dinastica ad uso del re del mondo: l'uomo.

Iì buon senso, quando il senso comune non basta, reagisce come può: crolla il capo, dichiara

che ci sarebbe motivo suf-

ficiente ‘per disperarsi.

Ma una

nastica, come i bollettini del mi

propaganda e stampa, non si dà Jai per vinta. Anche al tempo di Carlomagno, quando la tecnica politica e propagandistica non sembrava avere tanta opportunità come oggi d'essere applicata, succedeva che i circoli di corte, bene informati, minimizzassero i guai. La retroguardia dell’esercito dei Franchi, di ritorno dalla spedizione di Spagna, solita in ogni tem-

Giorni d’Avvento

po, per chi scende dai Pirenei, a conclu-

dersi

male, fu tagliata a pezzi, 6 il suo

capo, Rolando conte di Brettagna, ammaz-

zato. Lo storico di Corte, Eginardo, si af-

{rettò a propagare la versione ufficiale del fatto: popolazioni montanare, indipendentemente dalla forza statalmente organizz ta dei

Saraceni,

che avevano

ricevuto

il

sodio

di guerriglia partigiana, benché

le

APOCALISSE

fatto loro dal grosso dell'esercito, avevan teso un'imboscata: niente più che un epiperdite risultassero dolorose.

La tradizio»

ne popolare parlò, invece, di catastrofe: e mentre le sfere politiche stendevano sul fatto la vernice

di un decoroso oblìo, la

poesia innalzò l'episodio ai cieli dell'epopea: il costume cavalleresco del sacrificio individuale,

cioè il primo

segnamento

cristiano,

sforzo di tra-

durre nella prassi politica e militare l’innasce

di lì:

cioè,

sia pure indicettamente, dal rifiuto del po: polo ad accettare la versione ufficiale di una sconfitta, dalla volontà di riviverla come immensa sciagura.

Giorni gialli

Non accuseremo la stampa, gialla 0 rosea che sia, di lesinarci motivi di sconforto. Anzi, ci tengono aggiornati con una puntualità incredibile: la monotonia di un continuo rumore di frana già rende, con. l'abitudine, disavvertiti. della grande politica mondiale. politica presuppone le grandi, potenze, grandi potenze presuppongono un logo di valori affidato alla m tenziale bellico (quello, s'intende, per © sulla carta lo città greche non esi vano nemmeno a paragone dell’eserci della flotta del gran re dei Persiani; quel19 che doveva ragionevolmente vietare ai comuni lombardi di e a difendere le loro franchigie, legalmente riconosciute: Maratona e Legnano: i due episodi preliminari della vicenda politica dei vecchi e dei nuovi tempi) e il potenziale bellico presuppone un diritto d'appello sempre aperto, di là dal diritto, alla forza. Focolai di guerra divampano sulla faccia della terra. Fumacchi del grande incendio che si spegne, o incendi che da un giorno all’altro potrebbero ricongiungersi in una sola cortina di fiamme a tagliare un’altra volta in due la palla del mondo? L’Indonesia divampa da tutti i tralicci dei suoi campi petroliferi © i suoi iddii allargano la faccia nelle smorfie minacciose dei loro sori i. L'Iran vede un gioco abilissimo di alta diplomazia predisporre in termini d politica interna e di schieramento di bande armate uno scacchiere geopolitico che potrebbe domani diventare lo scenario di un conflitto mondiale (non sarà: ne si. mo istintivamente sicuri; ma la possibili mantiene una chiarezza allucinante: persino troppo chiaro perché non paia calcolo astratto © sogno ed incubo). In Argentina s'alza e s'abbassa un sipario giornalistico sopra furibonde lotte intestine pur trattenute in bilico sull'orlo di una situazione insanabile. ‘orremo andare avanti? Guardar più vicino a noi Cercar lungo le

frontiere d'Europa le fenditure dove domani potrebbe strisciare la fiamma La situazione economica non è più alle: gra di quella politica, Le piaghe d'Europa, aperte, possono da un'ora all'altra suppurare. Un divisamento che sarebbe d'alta pietà umana, perciò irriso dai teenici, consiglierebbe d'aiùtare il prossimo disgraaiato: né importa quanta responsabilità abbia in quella disgrazia. Il prossimo disgraziato, tuttavia, tratto dai guai, potre be diventare, domani, ui Sosì la favola della serpicina race un vil. lano che, trovatala intirizzita dal gelo e salvatala, sela rivide poi innanzi minacci o sa alla buona stagione, deliberata a divo» rarlo. Aggiungi che, per disgrazia maggio» re, il miserabile di oggi, rivale di domani, è la stessa madre Europa alla qual Occidente ed Oriente devono la vita della civiltà moderna: toglierla di mezzo potrebbe anche provocare la pazzia furiosa de idee che dall'Europa provennero. Il virus cadaverico della morta. madre potrebbe appestare il mondo. E se domani tornasse la prosperità, le prospettive non sono per questo più allegre. Già il difficilissimo sistema dell'economia controllata a metà consiglia di riaffondare nel mare oceano carichi di ricchezza superflua. Superflua la universale miseria?

Il caffè del Bra-

l'economista deve prevedere anche no dell’eccesso. La favola di Re M ilatarsi a tutti è beni di natura dell'oro: oggi ogni bene minaccia di rilirsi

nella

stessa

inutilità

incantata.

Latrocini, assassini, violenze. I cadaveri di Villarbasse allineati su un marmo di sala anatomica con altri milioni, morti di morte violenta. Chi ricostruirà il costume, la stabilità delle idee di rapporto, la norma della giustizia distributiva? Finora un'istanza morale era chiamata a salvare i diritti del bene e a liberare la dignità dell’uomo dall'inerzia della norma stabita, dal meccanismo della regola sociale. Adesso la violenza pensa di ottenere lo stesso risultato: all’eroe, al santo, ch spalancava le porte del tempo e dello sp trito spazio di questa terra, che rito st si ritraeva in una sfera di libertà senza pur toccare leprovvisorie impalcature della vita sociale, iliuse di durare eterne, si s0stituisce, nell'illusione della libertà, il masnadiero. Quelle impalcature, che hanno solo da temere le operazioni dell'autentica libertà morale, che sono serollate e divelte non dal gesto, ma dalla parola,

anzi solo dallo sguardo degli eroi # dei santi, percosse dall'arbitrio, si rinsaldano, Terrore

3li uomini sono sempre vi uti così, può ribattere lo storico moralista. Anche le nuche del beato Ottocento, che, prolungatesi «ino al 1914, sembrano ‘gàrantirgli il primato delle agevolezze, sono. piene di lutti, se appena le guar tro lo schermo verde delle « magnifiche sorti e progressive », Le guerre duravano qualche settimana; sla pure: però, quei cinquantamila morti di San Martino, popoli di tre lingue a battersi dall'alba al tramonto di un giorno eterno del solstizio d'estate.,. E furono nemmeno poche, tra Waterloo Cernaia, tra l'assedio di Venezia dio di Plevna, E poi le guerre coloniali, anche se era facile dimenticarlo ne l'euforia di una vita comoda, costavano lucrime © sangue: tra la guerra d'Alg ia © la guerra d’Abissi nia, tra la spedizione di Birmania quella dell'Indo ina, la conterritori quista del continente nero colorati non puoi valutarla se tistiche dei soldati e dei marin che vi lasciarono la vita coloniali più che nelle altre (ch'erano e sono guerre civili, nella cerchia di una comune infranta concordia di civiltà, di morale, di religione) gravava sul desti d'Europa il lutto delle vittime ignare più che lo atrazio dei su figli, Forse l'Europa declina perché condannata da quella lunga storia dî orrori delle guerre

di conquista colonia

le guerre metti nel novero le pestilenze, le epidemie di colera e di tifo, a ondate rti nel retroterra, le malattie endehe, la tubercolosi, la sifilide. Libera di sé, în una mirabile scioltezza di operazioni intellettuali, la e d'Eoropa seppe, col progresso della scienza medica, eliminare qualche minaccia. I mali più gravi, quelli meno legati ad una sorte di natura, i mali più propriamente sociali, economici e morali, rimasero a corrodergli i fianchi. Peggio nei secoli anteriori all'Ottocento, La peste, la fame, la guerra, i flagelli somma più vasti dell’umanità, avevano una tale frequenza che ogni generazione se li trovava davanti a turno. Lo stesso ritmo delle loro ricomparse induceva gli astrologi a ritenerlì dovuti a cause celesti: ch'era un modo pronto, seppure poco convincente, di guarir dalla paura: anche Don Ferrante, che negava l’esistenza del morbo, morì come un eroe del Metastasio

prendendosela con le stelle. E la frequenza dei delitti sociali contro la proprietà e la

H. G. Wells, abbiamo letto uno di queati giorni, prevede la fine del mondo, « la fine di tutto ciò che chiamiamo vita p. Dico che siamo in un vicolo cieco, che cerchiamo una via d'uscita « fuori, intorno © traverso » ilvicolo cieco; e che non vi alcuna via d'uscita « fuori, intorno 0 attraverso n. Ma perché non pensa allo ampo nella direzione interiore? Se il nondo è il dominio dei limiti, se le minacce ci spaventano a ogni passo, l'anima è spalancata al . Dopo la a fuga in avanti » di Daniel-Rops, la fuga al dî dentro: usciremo poi dall'anima a trasfi» gurare, forse con un mite miracolo, il mondo, Il presagio delle catastrofi apocalittiche pendeva sopra le generazioni dei vecchi empi come una nuvola nera, perennemen= «Amen dico vobis, quia non praetebit generatio haec, donec omnia fiant » non passerà questa generazione finché tutto questo non accada. Ad ogni declinare dell'anno, quando la liturgia precorro nei canti dell'attesa decembrina la la risorgente natura, si ripetevano gi. Quel sopravvenire ritmico equarituale di guerre, di fami, di atragi aveva un senso grandiosamente e musicalmento epico: anche Ja sciagura poteva avere la sua bellezza: certo, confortata, aveva la sua redenzione, Il terrore, così prevenuto, così armonizzato, così trasfigurato dalle presenze religiose, conduceva la sotà a vivere perennemente aperta sugli abissi dell'anima, profondamente seria di al male. Noi ridiamo, che ei si che i leoni, quando leggiamo di belv fuga che sbranano miserabil ature. Eppure: « Dove sarà îl cadavere, là si aduneranno le aquile ». E ancora: « Chi capisca: allora, quelli che stanno in Giudea, fuggano ai monti: e chi è sul tetto, non discenda a prender nulla di casa sua: nel campo non torni a prendersi pur la sua tunica... E se quei giorni non fossero abbreviati, vita d'uomo non sarebbe salva ». Nella vita dei popoli occorre che accada quello che accade nella vita dei singoli fare che, attraverso il dolore, la sciagura il male e il delitto, detestabili, diventino occasione di acquisto. Vorremmo ricordare, ncora una volta, che cosa significò per noi Italiani quell’8 settembre 1943: abbia mo incominciato allora a i mo ritrovati concordi, allora. Il male ri spuntò subito dopo, e non dal dolore quando una qualunque schiarita permetteva ai pusilli di tornare alle operazioni dei vecchi tristi tempi. Cinquantacinque milioni di morti... Vogliamo rileggere un altro testo, quasi a commento del primo? L'omelia della pestilenza, nei Promessi Sposi: « Diamo un'occhiata a noi, così pochi, che mo a salvamento. Benedetto il Si! Benedetto nella giustizia, benedetto nella misericordia! Benedetto nella morte,

benedetto nella salute! Benedetto în questa scelta che ha voluto far di noi! Oh! Perché l’ha voluto, figliuoli, se non per serbarsi un piccol popolo

corretto

dall’affli-

zione, e infervorato dalla gratitudine? ». MARIO

APOLLON


400

Fu questo îl primo fiotto di rifugia poi, man mano che la guerra andava facendosi più implacabile e erudele, nuov gruppi vennero via via a battere alle. porte del Paese. Essi furono la vera imma gine dell'Europa derelitta: donne russe, contadini greci, operai olandesi, ex-mi cossi spagnoli, giovani -polacchi, 'intellettuali francesi, ebrei d'ogni luogo: gli sfuggiti ai massacri, allo deportazioni, ai lavori forzati, gli evasi dai campi di concentramento in Germania, che avevano seminato le strade ed i passaggi dei loro

hi — la sera d'una domenica di mez z’agosto del 1939 — sbareato alla stazione di Ginevra, sì fosse avviato verso tl’ lago, Girodi iibaiato în su) r6 di gionasti; finite le gare della giornata, essi tornavano incoronati d'alloro, con coppe d'argento sotto il braccio, ordinati nei loro costumi umbertini a strisce bianche e blu. C'era nell'aria una sempliciotta tosità borghigiana, parecchio anacr se subito suscitava m fonzia: memorie della Milano dell’estremo Ottocento, quando il gran cortile del Castello non ancora rimesso a muovo dai restauri ed il cavo ‘all'Arena erano teatro dei trionfi della @ Forza e Coraggio ». E la si costumi degli atlet a maglia, hiusi fino alla cavi: glia, aceresceva l'illusion Bastava quest'incontro casuale per aver lu sonsazione, fisica direi quasi tanto essa era immediata, cho i quarant'anni del se colo non avevano mutato per molti aspetti la vita d'una Nazione, alla quale era stata risparmiata l'esperienza, quella diretta per lo meno, della prima guerta mondiale: sensazione ancor più viva, proprio in qu giorni così carichi. d'una tragedia imminente ed ormai inevitabile.

compagni meno audaci e meno fortunati.

Ma gli alberghi sui quais ginevrini e lo trattorie della città alta fedeli alle tradizioni gastronomiche ed ai nomi ottocen: teschi non bastavano ad ospitare Ja folla cosmopolita che la mattina di i avrebbe riempito le sale del Musée d’Art et d’Histoire. La città chè si gloriava d spitare Croce Rossa © Società delle Nazioni aveva custodito per mesi e mesi i dipinti del Prado portati a salvamento fuori di Madrid contesa dalle due fazioni, ed

ora offriva i più preziosi agli occhi degli aficionados di tutto il mondo, Bianchi lattei © grigi argentei di Goya, rosa fragola © neri fondi e lucenti di Velasquez, li che del Greco distese con pennellate Junghe, sottili, nervose, inconfondibili; di Ti. ziano, il Carlo V a cavallo, nero sullo # do d'un cielo rosso-viola al crepuscolo, ed il Baccanale che aveva allietato le di-

more degli Estensi; il miracolo mantegne100 della Morte della Vergino dinanzi al paesaggio metafisico della laguna mantovana; e, quasi inascoltata voce d'avverti-

mento,

preannunzio d'un avvenire ohi

troppo vicino, gli orrori minuziosam allineati da Breughel il vecchio nel Trionfo della Morte. Ben altri orrori, ben altri trionfi di violenze, di crudeltà inimmagi-

nabili, di sadismi scientificamente raf! ti, stavano preparandosi all'Europa: e ben , quali non da più d'un millennio non si vedevano, ne avrebbero illuminato i giorni e le notti. La folla dei visitatori, tuttavia, s'abbandonava, incosciente più ‘che serena, alla contemplazione di quei capolavori: una folla nella quale era rappresentata tutta l'Europa della cultura, e non soltanto l'Europa, se frammezzo ad essa si poteva riconoscere perfino il volto cinesizzante, grasso ed olivigno, di Edward Robinson, capo gangster negli studi di Hollywood, ma in privato collezionista di Cézanne € di van Gogh. Due

settimane

più tardi,

tutto

Anche oggi centinaia © centinaia di bambini italiani, per iniziativa del ‘Soccorso ai della Croce Rossa elvetica, partono per la Svizzera dove trovano assistenza.

fanciulli

AMICA SVIZZERA DURANTE E DOPO LA GUERRA mismo, che urta tunto spesso la nostra scettica sprogiudicatezza, nol suo amore quasi meticoloso per l'ordine morale e nateriale, che contrasta con la nostra tendi za all'avventura ed al rischio e con la nostra leggerezza nonostante i disast passati © presenti, il popolo svizzero, dai suoi borghesi governanti all'ultimo containo della montagna, ha tenuto fede all'Europa ed alle suo tradizioni di civiltà © di umanità, Parole grosse queste, che si scrivono malvolentieri, specie oggi con il disgusto ed il terrore della retorica, ma che s'attagliano benissimo ai fatti, anche questi fatti passarono quasi inosservati perchè gli scritti dei giornali, le parole della radio, le immagini dei film erano

al servizio d'una propaganda menzognera, perché un atto di bontà doveva per forza scomparire in un mondo inferocito, Nel febbraio del 1871 i restì dell’armadi Bourbaki, per sfuggire alla prigionia tedesca, avevano chiesto ed ottenuto asilo in Svizzera; la vicenda si ripetè quasi settant'anni dopo, nel giugno del 1940, al momento del nuovo crollo della Froncia, ma stavolta l’avvilimento del deporre lo armi lo conobbero le divisioni polacche, Esse costituivano una compagine ancora militarmente forte © ben disciplinata, che si mantenne tale nei cinque anni d'esilio; il lavoro e lo studio aiutarono questi uomini nella monotonia dell'attesa © nella durezza del trapianto.

questo

era finito, ben finito: ci si avviava al precipizio con orribile sicurezza. a

La Svizzera, con il mondo in pace, era stata il rifugio dei dipinti del Prado; in guerra fu quello degli innocenti e dei perseguita! Seatenate le peggio furie, l'Europa era diventata ormai soltanto un campo aperto alle scorribande dei carri armati e degli aeroplani; nella guerra totale, nei massa eri orgonizzati con freddo rigore, nei tradimenti della diplomazia, non soltanto si andavano perdendo a milioni le vite fisiche, ma quella civiltà e quello spirito curopei che neppure la nascita dei nazioottocenteschi era riuscita a sbanLa Svizzera era isolata: più che isolati minacciata da ogni lato e decisa, se necessurio, ai saerifici più estremi, Essa non si chiuse tuttivia in un egoismo che avrebbe potuto anche esser ragionevole è giustificabile perchè era l'egoismo di chi di. fende la propria patria. Nel suo confor-

I bambini dell’Ossola, come altri bimbi d’Italia e migliaia di piccoli esseri di altri paesi d'Europa, furono accolti con generosa ospitalità nel territorio della libera Svizzera

Così, in modo ben diverso di quello degli anni di pace, rinasceva fra le montagne svizzere una specie d'Europa; ognuno che aveva vissuto la tragedia, gonerale, ne recava visibili tracce nel corpo è nell'anima e siabbandonava alla triste voluttà di ripetere fino alla monotonia il racconto dei propri casi, quasi esso servisse a sollevarlo e lo aiutasso.a riattaccarsi alla vita. E in tutti come un. desiderio, un'ansia di riconoscersi finalmente fratelli, accomunati in un destino egualmente triste, un bisogno — nei migliori di rinunzia a quelli che erano sembrati finò ad allora gli scopi della vita e di scoprirno per la prima volta i valori essenziali. Più d'uno, credo, ha riletto n quei momenti con mente,nuova le pagine della prigionia di Pietto in Guerra € Pace. In questa specie d’antologia europea mancavano i nostri; essi erano allora dall’altra parte della barricata. Ma aelle giornate di settembre del 1943 e poi in quelle che seguirono, quando le speranze si alternavano alle delusioni, le violenze alle vendette più basse, e quando la lotta si faceva via via più accanita, le Alpi e le Prealpi videro le file dei profughi: diecine di migliaia, dapprima ufficiali e soldati, poi civili d'ogni ceto e d'ogni età, poi partigiani inquieti e decisi a rinunziare solo momentaneamente al combatt mento, è bimbi. Tristissime teorie di bimbi, stanchi, spauriti, con uno sguardo che nessuno potrà mai dimenticare: il medemo sguardo dei bimbi di Mulhouse e di quelli della Savoia, che attraversavano soli le montagne e si consegnavano soli alle guardie di confine. Ed ancor oggi, costanze fortunatamente meno tragiche, nuovi treni di bimbi, dall'Italia e dagli altri Paesi d'Europa, attraversano la frontira, centinaia, migliaia di piccoli esseri che vanno a trovare un’ospitalità affettuosa, in un'atmosfera di vera pace, di quella di cui noi abbiamo perduto persino il ricordo e che essi non conobbero mai. Per una benedizione che si ripete da centocinquant'anni, la Svizzera è uscita anche stavolta salva dalle rovine della guerra: miracolo, prudenza di governanti, fortunato caso della storia? Non so? ma basterebbe ciò che quel Paese, anzi i suoi cittadini hanno fatto e fanno' tuttora per i bimbi d'Europa per dire che essi hanno inteso l’unica lezione che si poteva trarre dal disastro generale ed hanno saputo operare silenziosamente secondo lo spirito della vera Europa. L’opera generosa della Svizzera ufficiale può essere stata sminuita talvolta dagli intralei della burocrazia (« quale Paese non ha la sua?), dalle compli cazioni dei regolamenti, dalla stessa irrequietezza dei rifugiati; ma è un fatto sche nelle cast svizzere i bimbi d'Europa, vale a dire le più innocenti di tutte le vittime, hanno ritrovato una famiglia ed hanno potuto dimenticare quello che i loro occhi non avrebbero mai dovuto vedere ed loro orecchi udire. Non conosco le « re esatte, ma certo più di centomila piccoli esseri furono salvati grazie ad un’ospitalità di mesi, talvolta addirittura di anni; e va aggiunto che le case dei ricchì come quelle dei poveri "i apersero senza distinzione per quest@opera bellissima e spontanea di pietà. Chi ha vissuto in mezzo a quei bimbi, chi li ha seguiti dal loro arrivo, quando ancora essi erano segnati dalla tragedia della guerra, al momento in cui il sorriso era tornato ad apparire sul loro volto, non può dimenticare e vorrebbe che gli altri sapessero e non dimenticassero. LAMBERTO

VITALI


Armanpo

Spapini

- Pacchini

Olio su tela, 58x73


| COGNAC RENÉ BRIAND


Gi

ORE S QU ÙQer pr AI

QI

SA

Trasferimento. Alla stazione solito ca

Gruppo di Russi che lavora attorno a un mucchio di strame. Giornata nebbiosa e rigida. Bruciano paglia e le figure s'in° grandiscono nel fumo.

rico nei vagoni bestiame. L'inizio è alle-

gro, come sempre. Si canta, perfino. Ognuno si assesta come può. Serpeggiante disagio all'idea di essere chiusi nel vagone con lucchetti e chiavi. Viene sera. Altri cori, Altro tono. I rinchiusi parlano generalmente @ due a due, con toni assorti

La mattina, uscendo per l'appello, tutto il terreno è coperto di foglie cadute, gialle. Il vento le muove a colpi.

e

Allievo

ufficiale tedesco-italiano.

tettore, falso e carogna. Alle volte si ver-

in modo

strano

cercando

di nou

fi-

sica, del comunismo li spinge ad affermazioni e adesioni basate principalmente sul” Ma

senza

gli

ismi

Con l’aiuto di un amico che conosce il russo, riesco a vendere i miei stivali per pane.

totalitari si arriva al comunismo ””. In ge-

nerale non sanno cos'è il comunismo. ” È

quella tal forza che rende tutti uguali e abolisce le famiglie ””. Aliri, sempre a orecchio,

Tramonto, giallo, blu, rosso, grigio. dicono:

”° Bi-

Spiazzo per il movimento dei prigionieri. Sabbia, Ribrezzo della sabbia sotto ì piedi. Fuori, a sinistra, bosco uguale a semicerchio. Cimitero. A destra, dentro il filo spinato, baracche e materiale ammucchiato. Chiazze di neve.

sogna arrivare al comunismo ””,

trasuoni. Il lis ni non udibili si chiama soglia di dolore.

Partenza di milleduecento internati. Nel recinto, rivista e appello mentre nevica.

Quasi due ore di adunata sotto la pioggia perché il conto dei presenti non torna. I Tedeschi gridano e non capiscono. Umido nelle ossa.

All’adunata per l'appello. Freddo. Ritmico rumore dei piedi pestati sulla neve.

Molte pulci. Non saltano. Corrono.

C'è la luna. Alle inferriate dei sotterranei vedo i profili dei Russi rinchiusi in cella di punizione.

Dopo tre mesi di prigionia arriva la prima posta. Scarsissima. I pochi che ne hanno girano

Hanno cominciato a rinchiudere in cella anche gli Italiani.

si

Maresciallo tedesco che viene a ispezionare la nostra baracca. Gli dicono che ci piove dentro, che fa freddo, che le finestre... Alza le spalle e se ne va dicendo che tanto l'inverno non riusciremo a passarlo egualmente.

Alcuni sono antifascisti, antinazisti,' an-

la considerazione:

Tutti

Una volta al giorno apertura del vagone e qualche minuto d’aria. Sparsi per i binari ognuno provvede ai propri bisogni.

Partenze di colonne di ufficiali. Senso di disfacimento e d'offesa che le colonne di prigionieri dànno. titotalitarî, ma la paura inconsiderata,

preoccupato.

Il treno ogni tanto si muove poi si ferma. Uno russa con energia. Qualcuno comincia a fare versi per sittirlo. C'è chi vorrebbe svegliarlo. Una voce interviene: ” Lascialo stare, non senti che tono disperato ha?" Il treno è immobile.

È di

Riva di Trento. Tipo gentile, educato, proparla

aspetto

mentati e il rivoltarsi inquieto degli altri. Ma anche chi dorme non dorme a lungo.

gogna un po” davanti agli Italiani e allora esprimere un concetto.

segreti,

sistemano. Dispute per il posto. Discussione per una valigia. Buio. Passa il tempo. Si sente il respirare dei primi addor-_

Chiedo a un Russo cosa farà quando arriveranno i suoi. Ha due occhi acuti, intelligenti, in un volto impassibile. ”’ On me tuera...”. Lo ripete due volte poi aggiunge: ” Je le pense...” E si stringe nelle spalle come se ciò non lo riguardasse.

I Bemuminowo, 1945

con

le lettere in mano

riescono ad essere contenti.

e non


mangi stasera? — — Bisogna che cominci a preparare. — — Il nostro magro pasto. — — Il nostro magro pasto, —— Anche stanotte sognerò un piatto di paste asciutta. Uscito presto dalla baracca stamattina. C'era uraria rigidissima, un freddo acuto. Il cielo era sereno, completamente, e l’atmosfera nel freddo, delicata e vasta, piena di angoli e di aperture. C'erano dunque il celeste del sereno, il rosa diffuso del sole che nasceva e il nero di un corvo enorme che volava altissimo. Forza morale e forza volgare di una patata imprevista. Osservazione banale ma non troppo. Ognuno porta în giro il proprio carattere. Desiderio di pulizia fisica e morale. Vivere senza il suono delle campane. Tn Polonia sono ferme dal 1939. Si parla dei soldati morti in guerra. Dell'annuncio dato alle famiglie dai singoli ufficiali. Delle lettere mandate dalle famiglio ai comandi. Alcune sono dignitosissime e altre, per dir così, sonore. Qualcuno commenta: ” Poveretti! Certi credono che si debba essere così quando sì scrive al Governo ””.

Momento crudele. Leggere mentre qual: cuno

vicino fischia la ”” Danza delle Ore ”

a lungo, a lungo.

La mia libertà (ciò che di essa mi segue în ogni occasione) si perde veramente sui particolari della realtà. che non poss so contrastare con il pensiero... È esatto

o serale nel campo pieno di neve, viola e grigio. Assurdo e senza scampo. Desiderio. di rapporti naturali con il Penitminow }

prossimo.

METTI

Il dormire senza gioia,

Leti

Uno mi dice con terrore: " Ma

sto abituando a questa vita?

sai che

Un tale, nel sonno, grida: ” Largo! Tutto l'armamentario degli internati rammenta quello dei « barboni v. Tolle, tollini ©simili legati con cordicelle. Arnesi di filo di ferro. Stracci. Minuscoli recipienti con enormi coperchi. Barboni La

senza libertà.

vita vietata.

31 dicembre. Ricevo noti

da casa. Fi-

nalmente.

Celebrazione della Messa inbaracca. La baracca è lunga. Durante la celebrazione si sente una voce acuta venire dal lato

* Capi gruppo, distribuzione ca-

L'inverno si manifesta in modo ineguale e strano con alti e bassi di temperatura. Oscilla tra bufere di neve con vento gelido

e sgelate improvvise. La presenza di una stagione che si manifesta in modo diverso dal nostro si sente molto. Come ho giù annotato in un altro punto c'è proprio la sensazione della presenza di un personaggio strapotente e invisibile in que» sta vita falsa e costretta,

Dialoghi. — Oh, bravo, hai fatto bune a venire a trovarmi. — — Cino, come va? Nella tua baracca mi trovo bene: cost mangi stasera? — — Mi faccio una sbobba con gli avanzi e le patate. — — Va male, va male. — — Non si può andare avanti con la razione che ci danno. — — Non si può. Vedremo più avanti ma io non garantisco di me. Non si può pretendere l'impossibile, del resto. — — Siamo uomini. — — Siamo womini. — — Guarda quel cane, — — È il cane di un ufficiale arrivato l’altro giorno da Tar-

È un cane piccolo. — — Pienopol. Ti hanno serit. colo, un bastardino. — ma ho avuto to ancora da casa? notizie indirette. Fa freddo oggi. — Sì, pensa che abbiamo già pronto ©l combustibile, — — C'è chi dice che que» sto inverno è clemente, Ma! 1 pisco cosa pretende certa gente. le che vuole essere sempre contenta. Sì, è irritante, In fondo ce l'hanno con noi che siamo di buon senso. — — Plano piano le forze mancano; questo è il fatto. Quel cane è pur piccolo. — Sì, è piccolo; è un bastardi cane fa pensare a casa nostra. — — ( è proprio un elemento del passaîo - Tornerà quel tempo? Parliamo d'altro. — — Sai, alla baracca 4 del nu vo campo hanno mangiato l'arrosto. — Fortunati. — — Sì, fortunati,,. Chissà quanto l'hanno pagato. — — Già. Chissà che somma. Li invidio, Sono bei momenti quelli. ——Senti che vento? — — L’inverno è brutto, — — Specialmente qui. — Come faremo a resistere? — — C'è ch! dice che il freddo può aumentare e fino ad oggi non dobbiamo lamentare’. — Non dobbiamo. Mi piace. lo mi lamento quando voglio. — — Anch'io, non aspetto ordini. Sono passati quei tempi. — — Quel cane gira sempre. Non lo schî ciano mai? È piccolino. — — Sì, è picco» lino. Un povero bastardo. — — Lo schia ceranno.È sempre tra le gambe della gente. (Una

lunga pausa).

Non

è ben piccolo quel cane. Sì, è proprio piccolo. Un bastardino. È sempre tra i piedi della gente. L'ha portato un ufficiale da Tarnopol, — — A che ora

si rieso» a

parlare, con la vita che facciamo. — — S'amo senza argomenti. — — Torneremo in Italia. — — Bisogna sperare. — — Comincio a credere che, in fondo, noi siamo ì più fessi. — — Sì, lo penso anch''o qualche volta. Ma poi ci sono le questioni morali. — — Oh, sì, le questioni morali. — E di fronte alla questione morale tace la questione personale. Io non so: c'è chi dice che non si possono separare. — Scusami tanto, ma di fronte a queste cose io guardo la maggioranza. — — Torneremo in Italic. Ma c'è l'inverno da superare. Tu sai quale temperamento pessimista

io sia.

La vedo

mal

Sono

prove dure, — — Durissime. Ce ne ricorderemo. I Tedeschi la pagheranno: — — Ma Sambosten, 1945

Un tale sta camminando da più di un'ora attorno al tavolo. Camminare affannoso per il campo, solo.


‘C'è un'aria melanconicissima da periferia milanese. Preparandomi la cuccia. manovro la grossa coperta che mi segue dal primo giorno. Mi scivola una mano e mi do un pugno sulla bocca. Mi avvilisco. Poi m'in furio con me stesso per questo avvilimento. Ma rimango fino a notte sotto l'impressione di quel pugno, assurdo. Uno fra i tanti momenti di umiliazione. Quando il soldato armato ci accompagna al bagno. È poco? Non credo.

Primo giorno di primavera Nevica. Da troppi anni tutti idesideri degli uomini vengono contrastati. Spesse volte fac» cio una adunata dei miei desideri per passurli in rivista e mi accorgo che, facilmente, si identificano con i miei doveri. So proprio i miei doveri che si trovano essere

contrastati

attraverso

ì

ei

desi

derî. Così il dovere di tutti gli uomini all'esistenza.

Alle volte una crudele mancanza di partecipazione ai tuoi stessi pensieri. Improvvisi momenti di vitalità, di gioia, di amara gioia, caparbia e segreta. I venti 0 trenta prigionieri che, la sera, si raccolgono intorno alla stufa in una baracca deserta e discutono d'arte, di lette» ratura, di politica, di musica, di filosofia ecc.

La politica implica una idea dell'uomo, Ma la politica troppo spesso ignora di implicare una idea dell’uomo. Continuano le pressioni e le: proposte di adesione. C'è chi cede. La guerra in Italia. Certì attî

lolenti sono prove di insuffi-

cienza.

Vita segreta del campo. Traffici. Part:cipazione di sentinelle, Luoghi base: la cucina, la baracca del bagno, la latrina... l'aperto. Aspetto equivoco dei grup-

tibosten 194

pì notturni negli angoli. Parole dette a bassa voce. Richiami. Ci si aspetta di sentirsi chiamare da una voce femminile pratica degli angoli e del buio.

una ossestiohà UR@Fivatà” Ul ‘Vimpossibie fossero

vere

sareb-

ol senso che indicherebbero segni di vita nel popolo italiano. Vita non soltanto fisica, perciò di consistenza, perciò di esistenza. Operai polacch Ile baracche per lavori di ripari nso della vita libera, Uno canta; "0 sole mio... '". E ride con simpatia guardandoci, Chi esce dalla baracca in piena notte osserva velocemente il campo intorno, Ci sono i fari delle torrette che si accendono © si spengono, danno rilievo ai corpi, alle baracche, ai reticolati ed altro. Ti cerano. Senso di improvvisi pozzi bui, di svolte aperte su distanze non valutabili, di avvenimenti, per dir così, congelati in una impossibile realizzazione dell'ostilità del campo stesso che li suggerisce. Un amico mi dà una sua maglia. Importanza di queste cose anche al di sopra del vantaggio ottenuto e del gesto dell'amicizia. Sensazione di tranquillità, di aumentate possibilità di difesa, date da piccoli oggetti: un cucchisino, un paio di calze... Qui le conversazioni facilmente si ap-

profondiscono quando uno degli interlocutori tocca un punto riguardante la propria vanità Un vecchio capitano di marina piccoli. no e mi;

con una sciarpetta stretta

în-

no al collo, gira per la baracca annunciando che in fondo alla stessa si celebra la Messa. Agita un campanello che sem bra troppo pesante per lui e dice a scatti: "La Messa è pronta, la Messa è pronta”,

Quando vado a riempire î secchi alla pompa, mi stanco. Come tutti, del resto. La ripetizione delle parole, degli atteggiamenti, delle canzoni con voce e fischio, delle battute, delle conversazioni, di mille cose durante la giornata. Ne nasce come Beniaminowo-Simbosten, 194

lità di una protesta Desiderio di violenza

motivata. Angoscia. e di urlo.

Anzino capitano d'aviazione che, seduto nella sua cuccetta, si spoglia per mettersi a dormire. Si gratta le gambe, ferocemente, facendole crepitare, Combattere in noi la nostalgia d'Italia © favorirne il ricordo come attuazione @ scoperta di una verità per se stessa es stente e che non faccia leva sopra occasioni sentimentali. L'immagine di qualche donna è un mo» tivo che rammenta la libertà e la difficoltà.

Crisi improvvise, individuali e segrete, di certuni. Si isolano. Non parlano più con nessuno se non a monosillabi. Stanno soli per due ore, due giorni o quanto è necessario a diventare diversi. Hanno sguardi concentrati, occupati da un pensiero solo che, in un certo senso, li appaga bruciandoli. Spesso si buttano in cuccetta coprendosi con il cappotto o con una coperta tirata fin sopra la testa. Tentano così di stare soli con i loro pensieri o di sottrarsi, di sparire in un modo curioso dall'ambiente che li opprime. Ricordo dell'altro campo di concentramento. Un prigioniero russo punito. Il tedesco ha un fischietto. Fischia. Il russo inizia una corsa. Altro fischio. Il russo sì ferma e si china a baciare la terra. Così quattro 0 cinque volte fino a che riesce a sparire dietro una baracca. Le dittature sono fruttì di concezioni pessimistiche e il risultato di una insufficienza. Esistono milioni di uomini che camminano in su e in giù nei campì di con-

centramento, Inverno

1943-1944,

ROBERTO REBORA Disegni di Giuseppe Novello


LA VIA DEL TABACCO » »- BENASSI NEL « MERCANTE DI VENEZIA »

a ieri. Ma in sede poet ca l'una e l'altra si equivalgono. La Via del tabacco, che fu accolta da consensi e dissensi ugualn be in Luchino Visconti un regista int gente e accurato, ein Laura Adani, in Renata Seripa, nel Calindri, nel Carraro, nel Gassman e nella Ferri interpreti va lentissimi.

na diecina di anni fa, a proposito di Faulkner, cioè del più potente Dopo Amleto, Benassi ha interpreta toro americano moderno, Emilio Ce all’Odeon IL mercante di Venezia. Unaltro parlò dell'America come di un paese vima anche un altro mpio di vento prima dell’incarnazione di Cristo. Shakespeare. Il Mercante opera co Certo il suo giudizio su quella ch'egli di sita, non ha un protagonista che ne riasfiniva un po” sprezzantemente « isteria del suma i motivi e il significato. Elementi benessere »oggi è da rivedere alla luce da commedia fai © idilliaca si al. della magnifica prova data da quel popolo L ano € s'intrecciano, in un pntrappunvolto il mondo, to melodico suggestivo, a elementi dramhe non ci sia molto da mu: matici. Benassi condensa l’azione in due taro nel suo cauto atteggiamento di fronte nuelei quasi nettamente distinti: prima a certe espressioni artistiche americ le scene che si svolgono a Venezia, poi Specialmente di fronte aquelle che ci giun- quelle che si svolgono a Belmonte nella gono circonfuse dell'aureola di successi villa di Porzia. Ne risultano congeste strabilianti. Il non c'incanta mai le prime, e le altre prive della loro w perché non è mai indice sicuro di valore. rea grazia. Ma sin qui, passi. Per quanto Se lo fosse, gli strani ri dovrebbero con- appesantito © disarmonizzato, è sempre sider: ‘e Giovacchino Forzano il più grande Shakespeare, Ma Benassi non si accontendram paturgo italiano dell'ultimo mezzo ta degli applausi che può procurargli Shy colo Pitigrilli il maggiore narratore. Per. lock com'è articolato da Shakespeare, N ci lascia del tutto indifferenti il fatto vuole dî più, e più sonori, E per ottenerli che La via del tabacco di Caldwel e Kirk- inventa lui una scena: ci fa assistere alla land, data all'Olimpia dalla compagnia di disperazione di Shylock quando non trova Laura Adani, abbia avuto in America più in casa la figlia, Urlî su tutti i toni e un di duemila repliche, fracasso del d volo: dozzinalissima scen l'armonia del L'esclusione del termine solenne dell'in: cho spezza paurosamente carnazione di Cristo sarebbe, per querta commedia, troppo ingenua e generosan cato per Benas non per te indeterminata. Perché prima di Cri pspeare. Perché Benassi, ch ha doti ceozionali © tali da fargli imbocca ci fu il mondo ebraico, ci fu la Grec la di Platone e di Eschilo, ci furono la civiltà strada maestra del grande attore, con indiana © quella cinese, dove il dualismo fatto manipolazioni si avvia inavvertitamento ven della gigioneria. E non tra beno © male, e il senso moral possono salvarlo, se continua su tale stra deriva, erano in vario modo e misur: da, i vertici espressi ggiunge qua dine della vita individuale e collettiva serve granché, a definire © legittimare in è là, Diana Torrieri fu una Porzia qualche modo il mondo di Caldwel, il riferirsi a uno stato di paganità o di bar» *P je nella scena del processo. Un inter: barie, Proprio Freud, che troppo spesso, prete intonato fu Giulio Oppi. Gli altri «e © troppo a sproposito, vien citato a con- la-cavarono alla meglio. validaro sul piano artistico il soggiacere GIU È LANZA degli uomini, agli istinti, proprio Freud ha rintracciato nello stato di barbarie il travaglio della coscienza; e, pur spiegando modo

le caus

anifestazioni,

tentato di inda

suo

germi»

il meccanismo del rimorso, non ha nemmeno

nazione del senso della colpa, riconoscen implicitamente come connaturale E difatti èquel c e di

LA

MIA

VIA

hietta 6, lineare ispirazione del film La mia via è avvenuto come di cer(e chiesette romaniche durante il pre inio del barocco: sul vivo sasso fu d posto l'intonaco, sull’into marmo, sul marmo

lo stucco

e sullo

stucco

che

ritiene

figlia sua

è facile;

diventa,

anzi,

dif

una

particolare segnalazione, escluso il pic-

tradimento

uì è stato

affibb

n urto

fat o; a Frank Mac Hugh, lato un accento” parte.

stridente

con

certi accenni

lodia che canta in perfetto. stile . Anche la peregrinità di certe similitudini porta al tradimento del peniero: a proposita dei fanciulli che canin coro, a un certo punto è dette « Cantano divinamente, sembrano angio! del Botticelli ». Dalla quale similitudine parrebbe che gli angioli del Bottitelli sono quelli che più divinamente cantano fra Je gerarchie angeliche. L'universale e

degli alloggi ha creato

ai suoi margini la trametta d'una comme

diola Molta brigata, vita beata in cui si dà modo a Jean Arthur di far luc

cicare le sue qualità di disinvoltura

certa scioltezza di scilinguagnolo e facilit

di pianto acutan è stato posto Mac Cre

il.

alle chiacchiere, agi:

in modo

Vicino le le, tetragono

Jean.

nel

da diven

tare l’affrettatissimo ma legittimo sposo di Ricordiamo

Crea

film l'Ispira-

trice dove sostenne bravamente il paragone con Barbara Stanwick e a vederlo correre dietro questa sola impresa, mal pen sata e debol costruita, ci ha fatto pena.

Il Sogno di Butterfly non ha altra intenzione al di fuori di quella di farci scoltàte la voce di Maria Cebotari con l’accompagnamento della nota musica di

Puccini. Lo scopo di portare l'atmosfera di un alto palcoscenico sacro all'opera, come potrebbe essere la Scala, il Reale « il Metropolitan, umili

ematografi

sullo

schermo

dei

più

di villaggio

può

es-

sere degno di encomio, Tutto il resto appare come riempitivo e ci dispiace che

la

sino

lissima

nopeo

quale sta prendendo il posto della rettorica dei bei sentimenti che dominava

insieme con Ja riprova che anche questo film, nonostante allinei sul suo petto i

nastrini di ben sette premi assegnatigli dai ovemila membri della Motion. Picture quando sul tema arduo si tesse una le Academy di Hollywood, si è abbassato al era trama di commedia che, per. gi ruolo di « pretesto »per dar modo ai due deve realizzarsi nel cinematografo, assi del bel canto Bing Crosby e Risé Stetavia Mac Carey l'ha tentata con esper vens, di farci ascoltare le loro voci preza di soggettista e di regista, e non si pi stigiose. Ora, noi mutriamo un'antica amdire che non vi sia riuscito, almeno fino mirazione per la bella nusica e il bel al punto in cui alle due tendenze catto- canto, a siamo convinti che îl cine natoliche, la conservatrice e la modernista, grafo non può continua c a vivere di preha dato voce ed anima attraverso un vec» testi. o parroco d'una di Nuova York Detto ciò, e m'era nostro dovere, pose un giovane prete coadiutore; e fino al mo anche dire che l'interpretazione del punto in cui il contrasto ha trovato espres Im La mia via ciha pienamente soddi sioni superficiali nei modi di vita 0 ne sfatti. ha recitato con un’abimetodi di carità dei due preti o, addirit- lità perBingnullaCrosby a quella per cui tura, nel loro volto: o di vebchiezza va famoso come inferiore cantante. Il suo moder€ di opaca bonari 10, ispirato e ismo di prete si è sempre mantenuto trasfigurato di luce interiore l’altro. Ma entro limiti di un giovanile fervore inquando sulla linearità ©semplicità di que- frenato i da un sottile senso di dignità sasto contrasto su Î, n conveniamo, erdotale. Certi suoi atteggiamenti di insi agitava un'atmosfera troppo poco re- tensa spiritualità, in contrasto con il conspirabile per un film alla moda corrente —, servatorismo. del vecchio parroco, sono si piantano i chiodi per appendervi i n stati di un equilibrio ammirevole. atri svolazzanti delle canzonette e i festo Barry Fitzgerald gli è stato degnamente voluminosi de to, il film s'imbamisurato anche lui, ha arricchito rocchisce © dire a certe esigenze accanto: la figura del vecchio parroco di elementi di spettacolo traligna dimenticando ledoti caratteristici indovinati. di umana aderenza alla vita e di evanRisé Stevens ha acéresciuto la sc era gelica castità con le quali si era preser tato. È vero che la transazione fra diritto numerosissima degli ammiratori del suo d'arte ed esigenze di spettacolo è stata bel canto. Il regista Leo Mac Carey- ha porata con estrema precauzione e, în certi fuso questi vari temperamenti e il doppio volto della vicenda in una regìa abil ma, scevra d'indugi e tentennamenti e sproporzioni, Se il difetto maggiore dell’opera sta nell'aver voluto illustrare il sacro servendosi del profano, la virtà maggiore sta nell'aver unito sacro e profano con mezzi di un raffinato stile di regis Il doppiato eseguito in America me a non

e la

del triviale, del maleolente,

l'oro.

Diciamo subito che l'impresa di porre in contrasto di fra le ultime tendenzo della Chiesa cattolica, facendosi loned involontaria ata alla storia del primo pvecento con la celebre enciclica di Pap: Sarto,

donna che suo figlio ha sposata; di una madre che, investita da un'automobile guiduta da suo figlio, muore sotto lo sguardo differente di lui e alla quale la figlia toglie subito le scarpe per correre più agevolmente dall’unico uomo che per un attimo ha visto în lei una femmina; di una nonna che sì trascina a quattro zampe senza aprire mai bocca e che nessuno si cura di cercare quando la si suppone morta in qualche angolo della casa. E avrete sentito parlare di una specie di predicatr ce, ex prostituta, che dovrebbe determi» nare un gioso, ma nella quale la religiosità sì risolve in elemento com 00; e di certi eleganti e ben pasciuti borghesi che dovrebbero immettere un ame titesi sociale. Ma tutti questi personaggi mancano del minimo ne cessario a stabilire rapporti di coscienza, e senza tali rapporti non esiste né può esistere poesia drammatica. S'è parlato, per questa commedia, di verismo. A noi sè nbra piuttosto marcia di letteratura, di rettorica: della rettori a del laido,

giovane prete una giustificazione. Ad un

certo punto, seduto davanti alla tastiera, il giovano prete dice: « La religione non è — e fa sentire profondi accordi d'organo — ma è anche questo » © accenn a un allegro ritmo di canzone. Giustifi azione assai debole. Il punto vulnera] della commedia sta proprio qui, soltanto questo

leale

Ora un elementare segno distintivo di uma tà, che non riusciamo a ravvisare nei per sonaggi della Via del tabacco. Voi sapre chi sono questi ersonaggi. Avrete visto o sentito dire di un figlio che insult con tinuam nie adre emadre; di una ragazz «abbandona al marito della in calor e sorella sotto gli occhi divertiti o incuranti del fratello + dei genitori; di un padre Jlegra e loquace bramosia una ragazza

punti) anche con eleganza, ma è altrettanto vero che la passione del prete per la nzonetta e le sue mani spirituali nei i del jazz costituiscono elementi di un’incoerenza psicologica invisibile. solo agli occhi abituati alle superfici. Mac Carey s'è certamente accorto di ciò ed è corso ai ripari ponendo sulla bocca del

Laura

Adan

ci sia cascato

con Gassman

e Calindri in una

scena della Via del tabacco.

chetti.

in mezzo

anchè

Fosco Gia-

v.G.


no visitato in q a Camera

giorni

del Lavor

La signora Truman e sua figlia si politan per assistere al Lohengrin.

La benedizione dell’imma; cortile di « Villa e

a

il dominio nazifasc

Nuovi

e

fl

azionista

Mo sca

a

Lond

nella capitale bi

trovate a

È

e

sventolare

a

i ministri: otto, dem,

(Trasporti),

nell’Ambasciata dovuto

Joliot-Curie, il duca de Broglie, ci Broglie d

a

La 3

c

di quattro grandi Presidenti amer e

mmaso

Jeff:

i, Teodoro

Roos

6 n

Antonio

il liberale del lave

il prof. Langevin lono all'Accademia

Corbi; za

8

Greppi,

del nuovo

Parigi,

(Tesoro) © Postbellica).

daco di Mi celebra

il rito di consacrazione

fonte battesimale

in Sant'Ambrogio.


AL LIRICO

- AL

NUOVO

GELICUM

- ALL’AN-

1 maestro Alceo Galliera ha diretto, lunedì 3 corrente,

fonico

l’ultimo concerto

dell'Orchestra

della Scala,

sin-

al Li-

rico. Il pubblico lo ha salutato ‘con applausi seroscianti al suo salire sul podio gli ha dimostrato calda simpatia per tutta la durata

del concerto,

come

se il

vederselo dinanzi, ora, compiuto artista, gli procurasse una particolare soddisfa zione. Il concerto si è aperto con la Sinfonia in re di Cesare Franck ch'emana dal!

pagine della partitura ‘una gran luce di

amore e di fede. Cesare Franck si

Genio maturò

fecondo e lentamente

pio, ne

l'esercizio severo e assiduo dell'arte, 0 meglio della monumentale opera sua lo

compose a quasi settant'anni, în blocco la Sinfonia per orchestra, la Sonata per violino e pianoforte, il Quartetto per archi. E si badi:

in tutta la vita, e a qu

l'età, quella sola sinfonia, quella sola nata, quel solo quartetto. Ripensavo a ciò, riudendo al Lirico la sinfonia del buon « père » Franck nola mente alla sinfonia dello Schostakovich, eseguita di recente, pur essa, al Lirico: il quale kovich, di nemmeno quarantanni, ne ha già composte sette, D'altra parto rammentavo Mozart, Schubert, Mendelssohn che composero giovanissimi le loro mirabili sinfonie. Il genio è dunque giovinezza, come comunemente si

erede, oppure ponderazione tenacia espe rienza, materia

come dichiarava il Goethe se ne intendeva?

che

i

Per me, sto volontieri con chi reputa che alla sinfonia istrumentale i compositori si debbano cimentare quando abbiano uramente radunato tutte le forze ne sario all’arduo compito; il che non accade spesso di riscontrare, specie oggi. o, maestosa, la Sinfonia di Franck si raccoglie tutta intorno allo spun. to iniziale: tre note caratteristiche del tono fondamentale minore, cioè la tonica, ibile e la mediante, e fra la sensi bile e la mediante l'intervallo ascendente di quarta diminuita, altrettanto caratteri» stico, Così che lo spunto si delinea netto e segna l'avvio del discorso, che si svolge con logica serrata ed esauriente, a trave lo derivazioni, le deduzioni e le conclusioni delle diverse parti concorrenti a formare un tutto organico. Il Galliera ha dato buon rilievo alle linee salienti della sinfonia. Forse, qualche tratto avrebbe dovuto esseri glio misurato. Vogliamo accennare ai « pizzicati »degli archi su cui, al principio del secondo « tempo », si distende il canto desolato del corno inglese. Ma è menda leggera. Ben riuscite l'esecuzione del pezzo dello uzi Zandonai, Il flauto notturno, delicata fantasia che ha in evidenza i pregi del flautista Baldassarre Torchio, e l’esecuzione della « Suite» del De Falla, ricavata dal balletto I cappello a tricorno, fantasia. sbrigliata di canti popolareschi spagnoli e di coloriti e di ritmi orchestrali l'uno più sesttoso è indovinato dell’altro. Tra la Sinfonia di Franck e il pezzo dello Zandonai, ilvioloncellista Mainardi ha deliziato gli ascoltatori col Concerto in la, con orchestra, di Schumann, Stile squisito, suono dolcissimo, bravura tecniimpeccabile. Al Teatro Nuovo si è avuto îl secondo concerto dell'Orchestra sinfonica da caera. Direttore Ermanno Scherchen. Acienze festose a lui pure. Bach per aprire e chiudere il concerto: il terzo « brandenburghese » e l’ultimo frammento, incompiuto, dell’Arte della fuga. Lo Scherchen ha tenuto per molti anni la di rezione dell'Orchestra da camera di Winterthur. Si è dunque specializzato — codice — in fatto di escenzioni per complessi istrumentali’ di questa. sorta. Ciò che si è visto anche nella disposizione degli istrumentisti, da lui variata per Bach e per Mozart, secondo le differenti loro composizioni ineluse nel programma. Lo Scherchen, si sa, usa dirigere senza bacchetta. Si serve del pugno destro chiuso e della mano sinistra aperta. Tanti anni

che, fa meravigliò a Milano, il Safonof alla Scala, diress così. Mi parve, allora, he non giovasse, molto alla buona esecuzione, quel pugn come per mi nacciare 0 colpire, Lo Scherchen, ora, non mi ha fatto mutare opinione. Tuttavia, rionosco volontieri, egli è riuscito a un ottimo esito perché, musicista eminente, sa infondere chiarezza © fervore negli istrutisti da Jui guidati. Particolarmente gustosa l'esecuzione della Serenata e del Mottetto. « Exultate, jubilato »di Mozart. Cantatrice squisita la signorina Ginevra V sante, bella voce, agilità perfetta, sent mento caldo, appassionato. All'Angelicum, giovedì 6 corrente, il lo della Nati. pe teva scegliere. Lo spirito del Serafico sembrava indurre alla pace del cuore la poca gente raccolta nella nuova sula annessa alla chiesa e al convento dei Frati n L'orchestra d'archi diretta dal maestro G relli. ha eseguito la Sinfonia pastorale, del Tartini: il Concerto grosso per il san tissimo Natale, del Manfredini e la Quverture e la Pastorale del a Messia » di Haer del. Composizioni e compositori del Sette. cento: eloquio sereno, ampio, nutrito, da cui fluisce un senso di pienezza © di © piutezza incantevole, « Soliste », le gno rine Pignatelli e Battistoni, violini» All'orchestra d'archi xi sono aggiuni al istrumenti a fiato © a percussione,

Le FRISIA

-

Si

zioni garbate, l'una e l’altra; ben ideate ed elaborate. Quella del Guarino notevole soprattutto per la « tinta» istrumenta! quella del Paribeni per l'ispirata can bilità © l’accurata fattura. polifonic CARLO GATTI

TOZZI

. DA

GROSSETTI

IN BORGONUOVO 15 Mentre tanto’ ci si ccupa, e preoccupa,

ve sentista ».

C'erano invece altri artisti i quali

perché hanno vissuto fuori di Milano, cen. -

tro del

Novecento,

o perché

non

hanno

comunque sentito l'evoluzione del tempo

e lo scadere di certi schemi, che diventa. no facilmente formule, sono rimasti fermi

per domandarsi dove vada la pittura giusta preoccupazione se si vuole investire tutto il campo della cultura d'arte —, nel mondo dei fatti, dei fatti n rori aggiungiamo, possiamo avanzare qualche constatazione che rasserena. Ricorda! come alcune settimane fa fummo lieti di constatare un notevole miglioramento del pittore Monti; oggi è la volta di Donato pone una gradevole serie Gavioli in via Du-

a quell’impianto novecentesco, di costrut

forma una data visione.

Per esempio

ora impegnati in una ricerca più seria. Questi pastelli diFrisia hanno tutti v cerpo. pittorico quasi eccezionale per la materia del pastello. C'è una Venezia con una verdo laguna, dei grigi, dei rossi; il pittore mantiene quella sinteticità tonale cho sfugge al pittoriciamo, pur usando il pastello per ogni passaggio, Egli raggiunge così notevoli risulta . Noi mpre il Frisia ri © a tonalizzare così bene. Spesso la sua visione si frantuma

« Novecento » ci

sono

stati

e un

La pittura a volun

nel particolare pittorico. È la storia di molti actisti nei quali si svolge un perencontrasto tra

Il lombardo

Natale © Cennamelle, fine, il co

loro l’insulto (per quel pubblico) di « n

arti

Donato

natura e cultura pitto;

Frisia è uno di que-

sti, uno dei più dotati fra questi pittori. er qui pdici anni circa pittori come

Donato Fri ia hanno vissuto ai margini del gruppo novecentista, Avevano di comune cen quel gruppo unicamente una tendenza modernizzante. Il grosso pubbli tuato a chiamare « ottocentista » € dipingesse in modo verisimile, senza de formazioni, collocava i pittori come Frisia a destra del « Novecento » e risparmiava

vismo

formale

che oggi

veramente

imba-

razza come ogni cosa del gusto che deca-

da. È questa, parlando sinceramente con tutta la stima che abbiamo per un nobile

pittore come Mario Tozzi, l'impressione che ci ha dato la sua mostra alla Galleria S. Andrea in via S. Andrea. Affinché

cuesta non rimanga impressione siamo indotti a scendere un poco più a fondo per renderci subito conto che si distinguo un gusto strettamente legato alla pittura da un gusto più generale che informalismo.

una

del

forma

a piani geometrici, il chiaroscuro co positivo non pittorico, Velemento stabile di deformazione (la casa piccola, la figu-

ana grande; la frutte enorme in prospettiva geometrica; l'elemento statuario nel complesso compositivo ecc.); l’umiliazione del colore luce, sono

tutti ale

dati di quella pittura che oggi è prei

ria, utile e necessaria preistoria. Finché certi elementi furono assorbiti da nature

pittoriche ricche essi rappresentarono un apporto concreto di esperienza ed un mo-

mento non indegno nella storia della pittura italiana. Quando invece essi furono soltanto intellettualmente assimilati divennero non materia di gusto come forza at-

tiva dell'arte, ma di gusto come elemento passivo che, col variare dei tempi e della cultura, rimane fossile ingrato di una certa invecchiata esperienza intellettuale.

Si veda un esempio invece di gusto, sor-

passato se vogliamo, ma attivo, innestato

cioè su una natura ricca di vita che è capace di assorbirlo © di aprirsi strade nuove. La scultura « sensibile di Broggini non risponde più forse alle ultime esigenze del nostro gusto, per quanto certa plastica squadrata e legnosa c’incominci un po° ad annoiare. Ma guardate di quanta vita, di quanta grazia sono capaci le due figurette esposte all’Annunciata. In una se-

rie di disegni Broggini dà nuovamente pro-

va della sua qualità d’impressione luministica, che si ritrova nella sua scultura. Da Grossetti all'Annunciata insieme a Brogginì troviamo, tra gli altri, tre quadri di De Pisis che ci dimostrano ancora una volta quanto sia pittore questo. estroso ampione della scapigliatura 1930-40, Non ‘è punto di queste tavole dove non senta vibrare la materia pittorica. In ne sun esame dell’arte contemporanea si potrà mai trascurare la concreta espérienza di Filippo De Pisis.

La pattuglia di punta della pittura milanese d'avanguardia non dà tregua. Teri al Fondo Matteotti a saccheggiar premi, oggi in:Borgonuovo 15, una simpatica piccola galleria diretta dal pittore Fumagalli. Vi ritroviamo Morlotti e Cassinari insieme a Treccani a Breveglieri a Fumagalli a Sassu a Tettamanti ed altri. vole della mostra

La cosa più note-

è il cambiamento

che

abbiamo notato nella pittura di Sassu. Due nature morte, una con fiori,

che non>ban-

ro più quell'aria impressionista e quella fantasmagoria di colore che avevamo no. tato a S. Radegonda. Questi due quadri sono dipinti un po alla Marcel Gromaire

Non si può ancora giudicare bene da que sti due quadri. Rimane

un'eccessiva

dol-

cezza del colore nell’abile stesura del dipinto. Una bella energia pittorica in questo quadro di tre anni fa del giovane Ernesto

Treccani, di cui notiamo anche due disegui, che lo dimostrano impegnato in una ricerca molto seria, di cuì questo quadr&* non smentisce le premesse. Morlotti e Casnari non aggiungono rispetto alla Mostra del Fondo Matteottì. Fumagalli è as-

sai lucido e Breveglieri ‘ha, come al so-

lito, una spiritosa invenzione che non disgiunta

da un substrato

di

lura

situa

sempre meglio il Breveglieri in un par-

;colare ma importante settore dell’arte ita-

Bouquet de Marguerites, di Henri Matisse, esposto nel Salon d’Automne a Parigi.

ana.

RAFFAELE

DE GRADA


IL NATALE DELLA DONNA EGOISTA, OVVERO IL SOGNO DI QUANTI, UOMINI E DONNE, IMMEMORI DEL CATACLISMA

DELLA MISERIA

CHE S'È ABBATTUTO SUL MONDO

E NONCURANTI

CHE GEME INTORNO A LORO, CONSIDERANO LA RICORRENZA DELLA NASCITA DI CRISTO UNICAMENTE COME UNA FESTA DEL VENTRE. (Disegno a penna di Titina Rota)


408

IL FUCILE DI PAPA DELLA GENGA racconto (Terza puntata) Scoperto il trucco e passato lo spaghetto,

il signor

Tomaso

stava per

dose di scappellotti a quei

di FRANCESCO

rifilare una

ragazzacci quan-

do una loro sorella, Margherita, venne a dire che, mentre chiudeva la finestra, ave»

da Imola per Massalombarda mena nel

E questa fu la « Morte di Sisara » che i cittadini di Forlimpopoli quella sera me-

di acquitrini, solcato da canali con file di pioppi, esalanti nebbia e malaria.

monti, a tappe ©

magne infuriava la reazione dopo i moti

liazione. moranda

non videro.

va visto nella strada una fila di armati che andavano

in fretta

sotto

la pioggia.

Il canonico Missirini esclamò:

rà mica il Passatore? Ha fatto

sapere ai cittadini di Forlimpopoli che sa-

rebbe venuto a trovarli », Questo

era vero

e sta a dimostrare,

se

ve ne fosse bisogno, fin dove giungeva la spavalda temerarietà del bandito, La partita

fu ripresa sotto l'impressione

di quella frase: un confratello del Mi rini, il canonico Viechi, è distratto e il

precettore dei ragazzi, stro di filosofia

positi

don Lorenzo, mae-

e avaro, commette

spro-

su sproposîti, Ed ecco che dalla vi-

ina piazza viene rumore di colpi © una

vecchia serva sbiancata e senza fiato entra

a dire che dei malandrini stanno abbattendo la porta del Monte di Pietà: glielo ha

riferito una bottegaia loro vicina. Spengono il lume e aprono cautamente la finestra:

partono

casa

poco

lontana:

sono entratî dagli Ar-

soccorso

Sono tutti mezzi

urlando

di;

morti di paura;

le don.

ne 5n ginocchio si raccomandano al Si. gnore, i canonici son due stracci, il’ precettore filosofo va su e giù come

sensato

ripetendo:

un in-

« Portate dei soldi, preparate dei soldi, ne va la vita la vita la vita! »

Finalmente

il signor Tomaso

si racca-

pezza: «i nasconderanno nella legi è in fondo al cortile...; già, ma chi resta per aprire, se vengono? « Io! » si offre Giacomo animosamente. Sua madre lo abbraccia, il padre intanto

è andato a prendere un centinaio di scudi © fa vedere al ragazzo che li mette în un cassetto della scrivania, perché li trovino subito, mentre

le di minor

negozi. In una cintura di cuoio, come

usava allora,

si

stretta alla vita sotto panni,

uveva sistemato le monete d'oro: napo: leoni, doppie e once di Spagna, tenendo il resto nella borsa di pelle. La notte di quella sua liberazione ma-

lauguri la carrozza si fermò finalmente dopo un lungo tragitto, Scesi che furono, il guidatore voltò e senza fare parola

parti al galoppo sferzando è cavalli, Essi proseguirono a piedi per un palo d'ore

tamente; dallo spiraglio una voce doman.

« Vergine Maria,

mente.

passaporto, lasciandosi crescere i baffi che

era uso portare a fil di Jabbro; acquistata un capparella di buon panno, aveva l'aria di un mercante agiato che gira per i suoi

distinti e si vede

da una

tusi! » Infatti le tre ragazze Artusi, infilato l'abbaino, erano uscite sui tetti e di las:

invocavano

ai connotati del

A un tratto, urla stra»

i colpi arrivano

rianti

senza fretta. Si era ra-

sata la barba per adattarsi

ancora finché arrivarono a un caseggiato solitario sulla strada. Uno dei banditi get. tò un sasso contro l'ultima finestra d'an-

verso piazza un chiarore rossastro come

di torcie accese.

nel canterano

lasciano le

conto.

la vecchia

Allora

serva dice che vuol restare col signorino e si bistiecia con don Lorenzo perché rimanga anche lui. « Se no, a trovi ‘e la casa vuota si insospettiscono ». Ma il filosofo da quell’orecchio non ci

sente:

golo v di lì a poco l'imposta siaprì caudò somme

Il Passatore si fece sotto, contro il muro: « Puoi aprire? » « Ho le due camere ocenpate », «Senti, Mora, sono io: Stuvanè; bioico che abbiamo

fanno

con

li

Passano ore di angoscia e di trepidazione, Fuori piove a dirotto. A_un tratto, sul tardi,

ripetuti colpi alla porta li fanno

trasalire: « Eccoli, sono loro! » Il povero Giacomo scendendo trema come se avesse « Chi è?»

a Falcone: « Voi,

qui

intanto, starete qui, poi si vedrà,

siete al

uro;

a voi,

prendete

e

buona notte ». Gli dette una borsa con

del denaro, è voltosi ai suoi uomini ordinò; « Andiamo ».

Falcone attese davanti alla porta, che si

aprì senza rumore. Entrato al bulo allungò istintivamente le mani toccando una donna

che mormorò:

« Fate piano e venitemi

dietro ».

Arrivati di sopra, chiuse l’uscio della camera è accese una lucernetta a olio. Era sui trent'anni, massiccia, con la carne scura, gli occhi neri bellissimi, i seni gonfiavano la camicia sotto il corsetto slac-

ciato; nel letto semiscoperto

c'era l'im»

pronta calda del suo corpo. Sollevò il lume per vederlo in volto: Falcone era pal-

»

altro da prendere su, visto che la porta

del Monte di Pietà non c'è modo di sfondarla. La banda si dispone alla partenza.

Prima, però, è di rito il galoppo finale e l'orchestra lo soffia il meglio che può mentre i banditi lo sgambettano sul palcoscenico.

Rasparono l'incasso, ma il Passatore diede a quei poveracci di commedianti manciata di svanziche che il Traversi dignitosamente

paludato

ri-

da re di

Babilonia con la corona di cartone ancora testn;

in compenso,

le dovette poi ver-

sare tutte alla così detta giustizia con la

bella scusa che erano corpo di reato. La cronaca

non

di aspetto

dice se in cuor

civile.

« Sentite: adesso starete

bene

sto

il me-

del "21, tanto che lo stesso cardinal Con-

salvi dovette intervenire presso i Legati

di Ravenna e di Forlì

pato le

iquali avevano sti-

prigioni, un indomito carbonaro

tutt'occhi e ardore, sospettato di aver avu-

to mano nel ferimenti del Greppi, direttore di polizia inBologna, piove alla lico ©fece colpo sulla ospitale Mariangela. Così venne al mondo Maria detta la Mora

che non conobbe mai quel suo padre perseguitato. Nel ‘33 la primavera portò all’osteria un drappello della colonna mobile del tenente colonnello Freddi che arrestava sensa distinzione ladri e rivoluzionari. C'era

un caporalino ungarico dagli occhi chiari

e è capelli morbidi

come

la seta il quale

pizzicava la chitarra sospirando nostalgiche

canzoni della sua terra sul Tibisco. E s0-

spirò tanto che, fra la primavera e quegli

occhi languidi, andò a finire che Marian.

c'è

un

addormentò profondamente non ne poteva più.

e

perché

Sul mezzodì essa venne a destarlo: gli portava da mangiare. Ma egli si sentiva come

tanto sete,

se lo avessero

la testa;

aveva

che quasi

Elisabetta. Se ne andò con gli altri com'era venuto e non seppe mai che fu una Elisabetta. Adesso Mariangela era una donna tr:

solandosi volentieri in un cantuccio sotto

La Mora era meglio che un uomo: aveso, occhio e badava agli affari. L'o-

steria era come un luogo di tappa dove

capitava gente di ogni risma:

dai bîroc-

che trasportavano

verso

che bruciava,

« Speriamo che vi passi;

mercanzie

la

bassa, ai banditi, ai perseguitati, ai birri. La Mora sapeva il mestiere, era accoglien-

te, gioviale e quando occorreva era buona

di farsi rispettare. L'anno prima, una sera di novembre che la nebbia sitagliava tant'era fitta, un uomo era entrato domandando da cena e un

letto, L'osteria

era vuota e le tre donne

che si era av

, lo sconosciuto disse

sottovoci

« Ci sono fuori due amici che vorrebbero alloggio per stanotte... si pui

La Mora lo guardò negli occl

« Non c'è nessuno, ma se volete vi ser-

virò di sopra »,

nelli. Poco dopo entrarono tin tre. Quando ebbero cenato lautamente, n tre la Mora

sturava

contare

su questa

vostra

osteria? »

La ragazza rimase col cavatappi a mez-

© per poco non lasciò cadere la botIl Passatore la guardava tranquillo

fatta

non si può far

venire il medico, non si può... vero? — egli scosse la testa — ma voi siete robusto e non sarà niente; inoltre dovrete starvene quassù perché non mi fido a mettervi in una stanza... ». La soffitta era vasta, ingombra di cose vecchie e smesse: quella specie di letto era nell'angolo più buio, seminascosto da un telaio da tessere su cni erano dei sticchi ripieni di Jana: essendo leggeri si poteva in un momento e senza rumore ribaltarli sul materasso in modo da nasconderlo. L'osteria della Selice era un casale sper-

duto nella pianura piatta, sulla *trada che

« Voi

siete una

donna

giudi;

armi! E mon so neanche chi Il richiamo veniva da un vecchio con la barba bianca intera e due baffi che vi si

perdevano dentro, il quale cenava a un

tavolo, solo.

« Vengo, Lorenzo, vengo subito ». Lorenzo era un me icastro come ce n'era

tanti a quei tem che adesso: empirici

qualcuno

con

stagioni,

la circola.

l'influsso

« Per m

sto state

gente

alato spedito da tutti i professori e che essi hanno risanato e della gente che rac-

conta

volentieri

sicuro, ma badate che qui

capì

giorno, mentre

sta-

vano per andarsene dopo aver pagato largamente, la ragazza tirò in disparte il Passatori « Sentite; vi raccomando di non compromettermi venendo qui troppo spesso; se succede qualcosa e mi chiudono l’osteria io sono rovinata: siamo tre povere donne sole, voi

siete buono e

suo

male ribelle

molto intuito,

Il vecchio veniva dai monti, dalle parti

di Rossignano, ed era solito fermarsi alla Selice nelle sue peregrinazioni verso il Ferrarese. La Mora gli mise davanti un bel pezzo di agnello profumato. « Giusto voi, Lorenzo, da un po’ non riesce dormire la rott

« Mal d'amore, figlia ». « Macché amore, è insonnia... non avre-

ste qualcosa da darmi? » @ Ce l'ho

sicuro! —

Prese una valigetta

che aveva posatà su una sedia a un lato del tavolo e l’aprì mettendosi a rovistare fra vasetti,

scatole e cartine.

— A voi

fece porgendole ‘alcune pillole grosse quanto ‘mn cecé'— rina di queste e non »

i può prenderne due in una volta? » può, ma dormitete sedici ore in

dente... lo dico per v «Va ‘hene, vi ringrazio: ‘alla vostra! sa: lute! » e levò il biechiere. La mattina, avanti

di un

gli da costoro, Sono nomini centi, dotati di un rapido

sienrissimi di sé. Parlano poco e misura no le parole.

« Si

sono una tomba,

di ogni fatta e...

che spiegano imali

delle

zione degli umori e non sorridono dava: alle ipotesi del malocchio @ dei sortileg infatti i segni di croce sulle parti doleni accompagnati da parole arcane, entrano nei metodi di cura insieme con le pillole, gli unguenti di erbe e il salasso. C'è sempre, nella loro fama, qualcuno che era

finite le orazi

non vogliamo compromettervi, teso ». Essa si riprese rapidamente:

in cuore una tenerezza

le faceva stizza: anche costui

listratta, disattenta, inquieta. me lo portate questo arrosto? »

mi

una bottiglia, uno

loro disse a bruciapelo: « Mora, so sono il Passatore: si può

sorridendo.

era

ne, le mettevano

parlottavano davanti al fuoco: alla Mora

sol-

rardava con gli occhi lucidi mentre inginocchiata presso il materasso, gli

posa; forse era prudente vegliarlo duranto la notte: un bell’impiccio, La Mora era

preoccupata, trovava da ridire con sua madre sulle pietanze e strapazzava Lisa per

niente. Quegli occhi lucidi di lui, che la fissavano come per domandarle protezio-

ba-

« Ma voi avete la febbre! »

"

La sera, Falcone aveva la febbre alta e si rivoltava sul materasso senza trovar

re che lo avrebbe chiamato 0 Stefano 0

tro uscì e le donne si misero ai for-

materasso

begli occhi morati supplicavano. Egli le prese la mano e gliela strinse: « State tranquilla e fidatevi! » Sotto Natale ritornò solo ed essa lo tenno tre giorni nel solaio dove gli sistemò un materasso. Il bandito era malazzato e si ristorò dormendo a lungo e mangiando lo buone cose che essa gli portava lassù. Una sera, davanti a un cappone arrosto, fece per abbracciarlo, ma la Mora lo re: spinse seria: «Se fate così, rompiamo l'amicizia ». Egli stava a guardarla tra sorpreso e sorridente: era un bel giovane e le donne andavano matte di lui. La notte, nel suo letto, essa non poteva prender sonno perché aveva il sangue fervido e il bandito lé piaceva anche a lei, ma si ammoniva: giudizio, Mora, perché se attacchi non te lo cavi più d’attorno; mancherebbe altro: il Passatore... alla larga!!! Così si addormentò.

gela gli annunziò una novità: il capor: lino si commosse tutto e si fece promette

‘onduco in soffi

perché

cate di non far rumore ».

la fronte

Il sacco dura da tre ore e ormai non c'è

cevette

vine

nato e gli doleva

le scale

« Aprite, siamo salvi: sono io, vostro

zio Briganti!

rrise per incoraggiarlo: era un bel gio-

tutto il corpo

la febbre. Grida:

vano. La madre, Mariangela, era stata donna di battaglie e aveva vissuto con l’osteria tempi difficili. Quando sulle Ro-

la grande cappa del focolare; Elisabetta era il ritratto del padre e i suoi 3 sette anni erario pervarsi di languori ignoti e di chimere che la portavano lontano.

lì, vengo » e

delle coperte; toglietevi le scarpe e cer-

mi

La Mora era la padrona perché sua madre e una sorella più giovine non cont

che rimanga

lo spiraglio si chiuse; il Passatore disse

la signora Tellarini non ha il cuore di abbandonare quel figliolo: resterà in casa

Un prete:

il terreno intorno era chiazzato

quilla che si oceupava dei fornelli, api

lido è le tempie gli battevano; essa gli

matto!

Ferrarese;

Aveva parlato a bassa voce ma in tono

reciso. « Va bene:

la

« Fossì

festa, sono degli scomunicati! » « State zitto! » sibila convulsamente il canonico Viechi che suda freddo. Al momento di entrare nel nascondiglio,

SERANTINI

per sì fatta spo-

schino fece dei confronti

queste cose le ci

pit raccomando a voi, Stuvanè! » Gli aveva messo una mano sulla spalla e i

fila», « Bene, Lorenzo, scontiamo sulla cena, vado a portarle in camera». In un baleno fu in soffitta dove Falcone smaniava al lume di una lucerna posata per terra k «Su amico, da bravo: prendete queste che fanno bene per la febbre ». Egli lasciò fare dolcilmente: sollevato gli il capo gli mise in bocca due pillole facendogli bere sopra un bicchiere d’acqua, poi rassettò le coperte dicendo: « Vedrete che la febbre vi calerà, fra z'ora ritorno e vi terrò compagnia ». egli era già addormen(continua a pag. XXVI)


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Piuttosto se fossi in voi mett diversamente: perché non dite che i banditi vi hanno forzato? Potreste ancora salvarvi; un giorno, chissà col tempo le cose possono mutare... ». Il consiglio non era da buttar via © Falcone serisse che i due lo avevano costretto, pistole in pugno, a condurlo alla casa, ordinandogli di far rientrare con una scusa Bastiano perché non vedesse il Passatore salire sul fienile, che l’altro lo aveva scortato al capanno nascondendosi in un cespuglio vicino per sorvegliarlo. Da Lugo-ta-Mora gli portò dei sigari e l'occorrente per radersi. « State così male con quella barba incolta! » Egli la ringraziò con un sorriso triste, ma spese tutta una mattina attorno alla sua barba come era solito fare ai bei tempi. E poiché non poteva starsene eternamente segregato lassì, la Mora confidò alle sue donne la presenza del forestiero, ndo che era un perseguitato politico 0 dalla forza. «E jo che ha del denaro e pagherà indifferenza. bene » d : con Così, qu ndo l’osteria era deserta, Falcone poteva sta ne con loro. Mariangela trovò che era a persona vile, Lisa che era bello. Ti piace? » fece la sorella fissandola L'altra abbassò gli occhi; aveva un corpo erbo e delle vene azzurre a fior di pelle,

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una riga diritta divideva i capelli di stoppa

in due bande lisce annodate sulla nuca, le labbra carnose erano piene di promesse Il giovine cercava di fare qualcosa, la Mora era piena di timori e prefe stesse di sopra, La Selice era isolata ira campagna e valle, ma la strada era molto battuta e in certe giornate l’osteria si impiva. Egli si sfogava a girare di nott andava lungo gli argini dei li ternandosi nelle valli traverso i dossi e le barene. Quando c'era la luna si sedeva sotto ce spugli dei tameri i osservando i volo degli elli acquatici, ascoltandone _il verso o rane gracchiavano in coro a diA volte gli uccelli varcavan: bassi che egli sentiva sul capovil delle penne. Oh, avere di sti ata dope pictiltf i ccco che l'incunto sì rompeva Aileifuogo a pensieri tormentosi che gli scavavano il cervello: Rientrando, la Mora era sempre alzata: lo aspettava e alle volte era tardi e le si vedevano sul volto i segni della stanchezza. « Perchè siete stata su? Non ho la chiave della stalla? » Lei non rispondeva, sprangava la porta gli porgeva il lume dando la buopanotte. Si

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MILANO - VIA DINO COMPAGNI N. 2 (PIAZZA PIOLA - CITTÀ ST UDI - TRAM 7 E 8) TEL. 296-100 IL FUCILE

DI

PAPA

DELLA

GENGA

(Continuazione da pag. 408) Tornò durante la notte: dormiva pesante, immobile come un sasso. Lorenzo aveva detto la verità: si destò gio avanzato, non aveva più ‘agazza gli sorrideva seduta sul telaio, un bicchiere di vecchia albana liquorosa lo rimise în essere. Le prese una

mano

per ringraziarla e cominciò a par-

lare di sé. Fuori era calata la sera e l’ombra aveva invaso la soffitta; essa lo ascoltava senza vederlo, sentendo nel buio il suono desolato di quel dolore: « La mia vita è perduta, che sarà i me, dove andrò? v La donna, vinta dalla commozione, non poteva parlare. Tornò presto recandogli

un po' di cena e discorsero fino a tardi al lume della lucernetta posata per terra. Tra l’altro egli disse che voleva scrivere alla giustizia perché fosse liberato quel poveraccio del suo contadino che aveva famiglia e non c'entrava per null « Domani fate la lettera, penserò io a mandarla ». Vorreste darla a qualcuno? » « State tranquillo, vado io a Lugo a met-

sistemato

camerotto

con

un

Entrarono due nomini; uno, avvolto nel mantello fino agli occhi, come vide la stanza vuota si aprì. Era il Passatore. « Vorrei da cena », disse guardando Lisa.

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usciolo basso che si apriva inun angolo della dispensa; per nasconderlo, bastava spingerci contro un dietto con! gli sportelli a rete, dove erano conservati i formaggi, che era lì accosto. Era una piccola stanza semibuia pere la finestretta dava nella stalla 6 precisa mente sul fienile. Lì Falcone si sentiva abbastanza sicuro essendo agevole, in caso, calarsi nel fieno e uscire per la via della stalla dietro una siepe di marruca che si allungava nei campi. Una sera di cattivo tempo, che non c’era nessuno, stavano davanti al fuoco. Mariangela era undata a dormire, Falcone aiutava Lisa a dipanare una matassa, la Mora guardava distratta la fiamma. Per precauzione, gli seuroli delle finestre erano ribattuti, la porta chiusa a chi ve. È sentiva la ioggia cadere. Fu bussato. Falcone infilò vemente le scale mentre Ja Mora indugiava ad aprire.

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XXVIII

La Mora mandò la sorella a letto mentre egli sedeva davanti al fuoco per asciugarsi. « Portateci intanto una bottiglia e servite qui quello che avete ». Il bandito era di buon umore e si fre-

a bere

per mezzo suo e io penserò a farvi avere il denaro da casa vostra e un passaporto. Intesi? » Ripartì col compagno avanti l’alba. Qualche giorno dopo Falcone bussò all’uscio della Mora che riposava durante « Ho dec perché le notti si accorciano sempre più ». Essa sedeva sulla sponda del letto e non disse una parola. « Vorrei... non ho bisogno di molto... cinque © sei udi mi ba

con

ho era stato messo I»

no contro di voi: la solita nza col Passatore; vi condi pensare ai casi vostri ». Aveva 0 volto di marmo, indifferer me se parlasse di fatti che non lo riguardavan contate di fare? » La giov su Falcone. n ho un disegno preciso, vorrei farmandare da casa del denaro

covi la vostra borsa ». Era quella aveva dato il Passatore. « Ma no, Mor: latemi solo pochi

il resto è per voi... « Non

devo pur pagarvi

voglio nulla!

Prendete

e lasc

temi in pace! » Falcone la guardava come se non avesse detto a lui:

vvivare il fuoco, Fuori, i; il bandito fece per riempire i ma Ja Mora non volle più bere è si levò dicendo che andava a preparargli il letto. Come furono soli, il Passatore dissi Quando ve ne andate di lio di tenervi verso la mo più sttura; Sopra C ponte di Baffadi, stagneto, la troverete facilm date della casa dello Zoi

« Non capisco... perché mi trattate così? Io vi devo quasi la vita... Voi... ». Essa ‘sì èra' coperta il volto colle mani: « Andate

Si èra

via, andate

innamorata

via! »

come

aveva

sempre

temuto di innamorarsi: con un ardore viole che la soffocava e che non riusciva

più a vontenere, si era innamorata col corpo e con l’anima, perdutamente, selvaggiamente come poteva avvampare una donna come Jei. La notte, quando gli occhi le bruciavano per l'insonnia ma l’anima

era senza

sonno,

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facevano sp il cuscino per non urlare. Così non ei durava. Sua madre se n'era accorta ma non aveva fiatato, Falcone non vedeva al di là diquel niente che era ridotta la sua vita. Quante volte s'era detta: bisogna che me lo cavi i dirò di andarsene. Ma se egli cho nap tornassi dava un tormenti Egli posò la borsa sul canterano e uscì senza parlare. La sera, Lisa bussò all’usciolo è gli disse che poteva scendere a cena. Rispose che non aveva fame. Steso sul letto rimuginava di andarsene quella n non avesse un soldo; faceva i conti se prima di giorno foss potuto arrivare alla casa del Zoppo, ma

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capiva che era impossibile: « Non importa, me ne andrò lo stesso

Si buttò giù dal letto, infilò la finestretta, fu nel fienile, aprì la porta della stalla. Fra una notte di maggio senza luna, dopo Selvolò lungo la si pe di

Immobile vicino a lui, a capo chino, i singhiozzi Ja scotevano tutta. Allora egli la preagiper mano e tornò indietro. le file dei pioppi, presero traverso la valle che sciacquava sotto le stelle ed egli l'aiutava a saltare i fossi, a montar finché sedettero sotto un gran ce tamarici. Gli uccelli andavano in amore chiam: dosi da tutte le parti. Nello spe d'acqua lì davanti due germani conversando darono “Mi silenzio lungo gli argini sott

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vano la partita a un tavolo © il sottufficiale li osservò rapidamente. « Chi avete în casa? ® La giovine si sengelare. Balbettò: Ma non ri che Mariangela, accorgendosi che l'altro la squadrava sospettoso, intervenne: « Brigadiore, cosa volete da noi? » sera, un giovane alto, magro, senza barba ha mangiato a quel tavolo, ha dormito qui ... forse c'è ancora ». Mora respirò, si riebbe in un bal si trattava di lui, Avrebbe abbrac. Volò a prendere un luconducendoli in tutte lo mere compresa la sua, quella di sua madre e di Lisa. « Se volete salire in soffitta... per di qua ». (continua) |

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+ Nell'aria invernale — ottima; come titti san. no, a far sentite di Jontand, attraverso le nebbile, | buoni odori, l'edor d'erbe buone, come dice Guelfo Civinini, © l'odor dei tartufi — si sente già da qualche tempo odor di libri buoni Pritio inverno di nisce, sul mondo stanco di tan taxuerra, primo inverno da bibliofiti, primo ritorno all'amor del tibro, Là prima asta milanese, di cui demmo notizia qualche settimana fa, la avuto successo, sotto Ja aruida di un perito giovane © appassiona to, di Sandro Piantinida, che guardava felice, nella saletta dell'asta, coi suoi oschi da saggio giuese, ritrovato tutta intera la famiglia cei buoni bibliofili italiani, venuti da cutte Je città dell'Italia settentrionale, la seconda è imminente, © voglinmo elencare Je. segnala zioni, sono state fatte a cura del mae stro bibliofilia italiano, il prof, Arman. Di, tornato a Milano kol suo sereno sorriso e suoi chiari occhi di fanciullo dopo il lengo csilo nelle zone dov'era sfollato coi suoi tesori, Sotioi classici «cento pezzi» che Armannì sfodera ogni tanto: cento bocconcini ghiotti fra 1 quali non c'è che la difficoltà della scelta. Tigncla, senza pretendere di indicarej miglio i, indica quelli che corrispondono più aisuoi edizione venezina di Aldo Romano:

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soppresse per omaggio a Sua Santità quando fra Giulio Il e Alfonso d'Este scoppiarono le note ostilità. 1 raccogli. tori di libri riguardanti Milano si fermano al l'Historia del Corio sull'origine di Milano, stam. pata dal Minuziano nel 1903, splendida per le xilografie di Melchiorre da Tarma. Per gli iu. namorati di Goldoni, le opere complete edite dallo Zalta ‘in quarantasette volumi illustrati «al Novelli € curati personalmente, volume per volume, dall'autore, | Procediamo a caso, perchè in questi cataloghi i generi sono kempre assortiti, per amor dei contramti, Icco |Costumi d'Europa incisi all'ucquatinta în colore da Mixelle € Jacbaussé sui rlisegni del Sauveur (I'arigi, 180141806); JaCo. usedia col commento del Vellutello (Venezia, Mureolini, 1544); il Tableau hiitorigue des cor fumes, des mocurt et des usages des principeuux peuples de l’antiguità et du moyen-age, dello Spallart [Metz, 1804), sette volumi. cos vomplessive 288 tavole colorate 5 Morana del Gravelot (Paris, Rrunet, 1776) con Je figure del Gravelot; gli albi di botanica del Brchoz, con 200 tavole colorate (Phris, r799); Je Mille & una notte nella traduzione del Mardius (1% Viazza, Paris, 1926), 12 volumi in quarto, {liu strati iln Léon Carre; l'Orlando Jurioso del Na. skerviliè (Mirmingham, 1773) illustrato dai maggiorì disegnatori francesi del tempo; Je tavole di storia naturale degli uccelli esotiki del Pre vost (Paris, 1885); il Gil Mas di Santillana, il strato dal Gavarni (Paris, 1865); l'Enéide nella traduzione del Caro (Patigi, 1760) con | disegni del. Ficquet; La secchia rapita con Je tavole del Gravelot' (Parigi, 166); La Gerusalemme pu. re illustrata dal Cravelot (Parigi, 1771); 1e pre. diche del Savonarola (lirenze, 1530). Due fra i più famosi Grandvilie, Let meta mordhoses du four (Paris, 1654) © Scènes de lu nie privée et publique des animaux (Paris, 1842); le Oruores choislos di Gavarni (Paris; 1846) con la prefazione di Théophile Gautier; il Parnasse salyrigue du discneuviome slice (Bruxellen, 1881) con 3 disegni del Rops; il Voyage senti: menti di Sterne con le illustrazioni di Johan. niet.(Purin, 1841); Les amgurs .pastorales. de Daphnis si de Chiod; con le iliustrazioni del Le Barbier, Prudhon, Gerard e con aggiunte le figure delle pitture che vanno sotto il nome di l'ilippo d'Orléans e le figure dell'edizione del 1747; Le Gerusalemme iMustrata dal Piazzetta (Venezia, 2745); Les Frongols peints par euxmémes (Paris, 3841) con i € le tavole colorate di Daumier, Delacroix, Gavarni, Johan not, ece, Altri due Grandeille (Le favole di Lavallette @ i Cento proverbi), le Oewvres di Ra: cine (Paris, Didot, 1783); l'Orazio di Londra (1733) € la prima edizione illustrata di. Notre Dame de Paris (1835) TIGNOLA

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ANIME STANCHE Quanta fn tel La mattutina luce nascente tibaciava il viso: etera nel tuo sorriso una minace nuvola tuirchina: ed do ti venni accanto quando la gota si rigò di pianto. Ma tw durasti un'alba ed una sera. lo ti guardai stupito: a la freddezza subentrò la freschezza d'un'altra Tuce albal di primavera: vol tempa, piano piano, avanì l'aspetto tuo vivace e strano. 1 Riaba ed ana sera, A poro a poco le chiome brune grigie diverranno:

13

16

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17.

18

20

ani giorno un affanno

»i prenderà di noi maligno gioco finchè, spenta Ia face, { cuori stanchi torneranno in pace! Corsaro Biondo

Parola

progressiva (46-31)

AMOR PRATKRNO Senza di te nel cuor, quale certezza potrebbe la mia fiarama alimentare? L'anima — forte della tua fortezza — può attendere © speraro!.. Quale purezza è in te, quale candore! Quando poggio Îl no capo sul tto seno, posto sognate favole d'amore, più placido e sereno. Uno. to scopo vl una alleanza! Legoti per Ja vita, eternamente, nel vincolo di santa fratellanza : così, tenacemente. IvAUtevo d tnlmma x "a LA PAGODA DEI SACRIFICI

LAURA K PRTRARCA A' certi poeti novegentisti (che vorranno perdonare una dedica necessaria) 1. Donna immortale, inpirutrice amata vision di 1 che in altri tempi visi con alma delicata, teneramente temperato ci ncriase » Vorma larval eh'esige ancor cultura egli è, ma per futura gloria ha sete, 4. © di Voi, gentil donna, creatura tanto amata, che in giuoco il nome avete, $ canta con voce dolce e melodiosa che fa vibrar dell'anima le corde,

19; ora, esemplar di sun progenie forte, cos In pleiade d'astri splende in gicio! 20, Chè udita fu, l'invocazion di morte di un vate che chiedea soccorso, antio 21, di pacet... 108 il riposo sospirato 4 sì lungo vagar fra l'aridezza; 23, al tormerito che un cuore ha martoriato, con tanto acuta € lancinante anprezza, 23 #01 dar può il sonno che non ha risveglio! nel Gran Tosco, tai, laudano il puro

FD; va vie) sale;piscia e alli.imam,

” mentre

24.

pur avendo due stanze in un sol piano

7. In erba è sempre

bi

y

di

un'ardente

fiamma

tormento

l'arde, l'avvampa © intimamente morde e tra i feminei

ii decantato calmo umore serbano, liplgrisoe ed è mo indegno intento » uo di trasurar lavoro ed arte, ma 10, quel fuo spirto divino, in tal fermento ni fa, anzi, forte €or ch'el da vender n'hn

Quello che spetta Joro è un lento fuoco tutte votate ad una stessa fine, moriranno consunte, a poco è poco

14. cui, fra tonta amarezza, s'è aggrappato come @ guida che aulla via Jo metta

Al punto che ce n'entrano a diecine. Attendono d'usere, le infelici strette, i pigiate, inquell'abitazione I rad Pur silludono troppo, poverine!

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13. E voi, che sbavazzando con us fare pigro e chioccio le lime dispregiate,

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17. Oggi, lui non è più...

18. Quel cotpo; n vita materiale unito,

Sme Ramo: (ray 100):

Il Maro Sablno

rt, beneliè sia morto ancor nella più ascosa fibra cd addentro si consumi e abbru ia. nel nostro cel — meteora luminosa — prende a rifulger di più vive luci! 13, R ad in mipremo amore consacrato,

3.11 leone del mare=l'orma delle iene.

ta narrare,

che dal meglio

cuori al bene duraturo!

3.6, ben capaci a contener gli apiriti,

Pr tap airnniia:

E

rile Maestro,

pianti

onde trae l'esistenza — ma che sedatio,

quando d'apritlo non può farki a meno la casa — questo è il bello — non ha porte, ciò nondimeno s'upre lestamente : quando ciò avviene qualchedunn sorte che non farà ritorno certamente. L'ambiente è troppo angusto e disugiato. per contenere tutte le inquiline, ma-per tutte v'è un posto sssicurato,

Del tempo è gito,

ma ciò ch'ei fu s'è detto in un domani! -

Sil asoocria intero pesi ani

pone allo spiedo, fegato d'oca, cuori di lattugn in insalata, ge lato di mandarino alla siciliana, sfogliatine. Le cene familiari, se si distinguevano dai chiassosi «révéillons »per il loro aspet: to patriarcale, eranò ugualmente komposte di squisite vivande. Preferiti erano le ostriche, costituenti il classico antipasto parigino, il sanguinaccio, il fegato d'oca, le Inmache di Borgogna, le trote © Je tinche, il tutto concluso con l'immancabile brindisi augurale con dell'atimo champagne, È l’rista della guerra una delle numerosissime società gustro. nomiehe che allora fiorivano a Parigi, l'Ascademia di rostro mia, fondata nel 1028, si cra resa celebre per l’accuria organizzazione di suoculenti tunchetti natalizi, Per dare un'idea di ciò che vuol dire essersi resa celebre, gioverà tener conto chi Poichè, nonostante i tempi, pare che Ja consegna per le feste tempi, a Parigi, l'Accademia del gusto imbandiva pasti uatalizie sin ancora è sempre quella di mangiare bene e a achequeiduravano cinque ore, con assoluto divieto di alzarsi da ta. profusione, è necessario che, come i salmi finiscono in giorin, vola prima, di tale termine... anche Natale debba concludersi in un buon banchetto, a tavola, del resto, non si son viste solo in Francia Nel passato, allorquando la guerra tion avera imposto lesue PerSocietà tacete d'ogni altra, rammenteremo qui la Società Shakelimitazioni, era tradizione che la mensa natalizia si aprisse con speariana di Filadelfia, la quale, in occasione di nina recita Tin ricco antipasto omato con un smporosissimo pssticcetto di del «Re Lear», si riunì nel giorno di Natale a banchetto © fegato d'oca, al quale dovevano seguire i ravioli, e poi il tac combind una lista così concepita : chino, ò una bella trota del Garda, quindi, per complemento, tina fragrante frittura di cervella, di filone, di laccetto e d'in.. Zuppa Regina teriore. Seguivano l'uva di Pantelleria, il torrone di Cremona e il” «Com'è calda! Manda fumo» (Gentiluomo) tradizionale pimetione meneghino €, per digestivo, un arppino Ostriche al gusc € quindi un ottimo caffè... caffè, «Sqi dirmi come l'ostrica faccia il suo guscio?» 1Buffone). Questo, a Milano, Ma anche fuori d'Italia.,, E Posticcini alla finanzieri A Patigi, per esempio, che è famosa perisuoi dréséillons +, si leggevano liste «di questo- genere: ostriche, brodo ristretto «o valgo più dell'apparenza esterna » (Kent), di selvaggina, timballo di aragosta alla moresca, anatradiSaint Fricassea all'inglese: Menéhonld al fuoco di legna, tacchino ripieno alla perigordina, « Braciola, sthiacciate Je sue ossa» (Kent) Suprema di fegato d'oca, gelatina al vino della Mosella, insalata, Pommes de terre: fiato, frutta, dolci. Oppure: ostriche, brodo consumato, ravioli « Povera creatura della terra » (Edgardo). fatti in cosa, filetto di sogliola del Guaret, sanguinactio, cap

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Vini: Johannisde 1883 Cabinet 1893: « Giurai amor ad ambedw sorelle. Quale, ho da prendere? *mbedue?» (Edmondo) Beccacce: « Vortite qui i-diavoli bruni!» (Lear). _ Insalata : «Io voglio averla liscia ed altosa (Cormwall). Formaggi: « Certo fra mille esiste un solo naso-che non senta ciò che imizza » (Ruffone) Caffè: « Ultimo, ma non da meno » (Lear) Sigari: È «eco, stavanza un fuoco vaganié» (Buifone). Animo, dunque, lettore; e non dimenticare, anche se'ì tempi son quelli che sono, che Milano fu chiamata dal Foscolo « paneropoli »€. i suoi abitanti furono dall'Alfieri classificati tra quelli che han gusto «a banchettare» in virtù delle sue. pacelade, che resistono al tempo. Ed ora, buon Natale! Fortellini alla bolognese. - Tritate finemente so grammi di “mortadella di Bologna, so grammi di midollo di bue, 8o grammi di parmigiano, so grammi di prosciutto cotto. Aggiungete & questo composto un uovo intero, un rosso d'uovo, un po” di pepe © un nonuulla di noce moscata. Intridete ben bene il trito, perchè riesca bene amalgemato. A. parte avrete preparato una sfoglia della quale avrete tagliato tanti dischetti di 3 a 4 centimetri di diametro, Mettete al centro di ciascun disco tn po' d’impasto, poi piegate il disco su se stesso, bosì da formare una mezzaluna, premietelo bene con le dita perch Je parti s'attacchino e riunite Je due punte per formare il «tor. tellino ». Sì Ciociono in buonissimo brodo di manzo o di pol. lo, Si possono anche lessate in sequa € poi condire col ragù,


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Al vbdaltah era un buon auusuimano, Ok senava le Jemi del Coruno serupoosimenie, non sssaggiava vino, © VastohaVa Ja meg su. De Wuorili lesivi, uuao prova con ci Gi grande mogerazi.ne. Ame negii sacri, MIRO di cl CRI APpssiORdsino, MMettava da Afucizivle, adoperanuo pezzi senza "uyute Qi atua © di Mot, poicne il pros avevi Diano qililiasi sumuIItO, Persino per gioSUI, MA da abjuano tempo Ja sua ieoe era MUCHO Bali AOMASMIAR EPA VI SEMPLICE sonvano, € Sion amava sonermarsi in sui introspeitivi 0d in esami di comcsenza : tnetavia UN pendero Melipre pcdcciuto, Ma non per que. Sto huezo JNsistene, Jo ibauoeva a. paragonare ia pla relipivne con quena Gi ira Modesto, UD Inimonano com il quale Kioudva Messo 4 meRcUdI. Auci Dyon IFRLE \cne cru, oltre tutto, Anche Un vUon giotature Gu un sereno Conver Saxote) Don smeva aisunzioni i musulmani, Curci, COpu, tura i miseri uovavano in sui PrziUle Ud Asmslenza. sd sua reinzione cri Uuiyue conì xTuude da ADDraciate € superare owni altra fede Lon tali insoliti pensieri AbuAMMUILIAD: Bi BITTEUVA Vero GdM, IH ques Vigion Gela Tea coscani del Nque, nel: Valibo s214 Qeu'isira, Vamando dinnanzi alla bottega di un info: dele vide capumo tn Presepio € sì sottermo a wuardario, Er piutiosio tusero, con un pie AUb Dalubinco, can Giusppe, la Madonna € due arinelli, Avidenemente, il bottemao non mrera ttovaso Jra le sue Lyme 1 Due, € Jo aveva numituito com un altro axito, ADUADdALlusi era ueusmmizuo, € per dove di resigione Dom amuva 16 ataue @i i slum; dun non DPOlè @ meno di penmire cnc ques” boweyuio doveva essere: più nno dei due asinchi che vegliavano }l lambibo, per avere Un così cutUvo sumo: tanto più che le figurine <rano Uixponve LOPPO AIMIMELTMIDEIA, COM Dan Gite meppe © la ai.touma Uleuru, ui hamwno 10 ven UO Avami, €, piu avanti Ancora, Uno di qu l'altro di iù, 1 une axinelli Ma d'ora tarda lo spingeva è Abu-Abdalluti dine ll menbcvore jo sguardo da quella viione, che nonostigite tuto gir scalaava l'ani. Ulm? © x alireto verso cuni, (iti giunto, il saggio AluAbdallah pensò “i liberarsi dai troppi travagli spirituali jmuendovi ucilo studio di «icumi problemi i mecc; Lifo zuori un giornale curopeo im: PiCnduii Gif TFà diggUno, ventenne Una urea scmocnistica, © sì accise a disporre | persi Get priuio problema cne gli Cadac sot. Uoovnio (vedi diagramma). Ma — ed il tuono serivano poteva appena

cfedere ai auoi occhi.—ecco che î pezzi bian. chi avevano identica disposizione acle tiyu. rinie del f'resepio: il Re e Ja keginu dietro, )l picvolo pedone davanti, e i due Cavalli l'uno di qua, l'atto di Ja, proprio come neila vetrue di quei nexoziame crisino, Lon supersvizioso tumore, AvmAbdallah volle Ciciamere i «quan e Ansa, e Muometto è il go proteut! », Ia un colpo di tosse gii mozzo tn gula IL versetto propiziatorio, Sempre piu coniuso, ADU Jo s.rvano tique, € penso che quilene cosa di grnue, misterioso € poweme SIAVA cerlo per accauere, ponne troppi stanti si Muniicativano; ca In suenzio meio. su) + Problema. Lon sùo immenso supore, vide Cne IÌ Ke ‘nero, simbolo delie powenze vel male, Veniva mattato proprio Gal picco pedone, con l'aluio dea Muuonna (ae Ailan lo. perdoni, voleva que dela segina), Allora, Jo srnvano ripensò al vecchio frate, ud alcune parole udie e Non ascoluite fra l'una € l'altiu partita, alla visobe G1 povo primu, Dupo di cne, sempre. Mieuiundo, Abu: Abiallali, di protessione scrivano, si” addor: mento cun il capo redinato sul petto, ne cal suo sopno della sun uluitsa notte maomettana, A. Ch soluzione Li Dba+, Ri dy matto, Non si Mupissatò i lettori dello scacco iniziale nell'anno 1797 (corrispondente al ru: dell'egi ra lo scacco iniziale era considerato norma: stssmo,

parole difficili.

I TRENI I RAGNI

Testo di E. Ramazzotti

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Testo di E, Ramazzotti, ill. di Patitueei L. 300

LA MERAVIGLIOSA

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Minestrone allo milanese. » Per 6-$ persone. Si prendano Je seguenti verdure, si Javino bene e sì tagiino a pezzi, (enenuo però ben sepatute Je une dalle alue: 1.kg. di verze bianche, 6 cutote, 6 rupe, + sedani piuttosto grossi, 4 porFi, avo grammi di piselli, 30 grani di pomo. dorì pelati © privati dei semi lo wna adeguata quantità di salsa di pomodoro), 206 grammi di faxioli secchi e lemati. dare un pesto con 150° grammi di urto, una cipolla media, 3 apiceni di agio, prezzemolo, un po' di basilico, poch salvia. Metierlo in una casseruola capace di contenere tutti questi ingredienti, tenendo pro. mente che clocendo diminuiscono grandemente di volume; aggionyere al peso So-100 grummi di burro e far sodriggere, Quando la cipolla è bionda, aggiungere per ordine, e Jasciando cuocere un po': le carote, | sedani, Jc rape, È pueri, è cavoli, i pomodori, 1 piselli: madare cne, mentre soffrigiono, Ja ‘casseruola tia ben coperta € il fuoco non troppo forte, rimestare sovente, Pai bagnare con il doppio del_ volume delle verdure,dibrodo e acqua calda, unirvi i fagioli, gustare di sale e pepe, copriré © fur cocere lentamente finchè tutte Je verdure siano Den colte, senza tuttavia ridurle in poltiglia Dicci minuti prima di toglierle dal fuoco mete tervi o urammi di riso, €, quando quento è aucora ul dente, togliere il minestrone dal fuo60 e servirlo accottipugnato da parmigiano arattuglato, Tacchino arrosto alla montanara. Eccovi una

autentica ricetta del Rinascimento, che Vi dari l'impressione esatta della cucina del mcolo del raffimamento asastronomica. di tutte Je arti, compresa. quella Vulire € vuotare un giovane vacchino e lu sciarlo per 48 ore in infusione in un vino bian: 60 paitoso, Dopo questo bagno, ssciugarlo benc anche internamente, salario € sepatio, Kicni, Dirlo con una siscellanea di salvia, rosmarino; cumino, pepe in. grana, magriornta, quale spicchio di aglio, luuro € finocchio. Ingraware queste erbe’ con un battuto di lardo. Atrastiriv poi lentamente allo spiedo, ungendoto all'inizio con lardo pestato € in seguito col utass) che, Neocciolando, rarà stato raccolto dalla Jeccardo Dopo circa un'ora € mezzo l'arrosto è pronto. A questo punto, € si noti bene, non prima; si unga copiosamente l'arrosto.e, fncendolo gi rare, lo si comp.rga di abbondarite pane secco grattugiato, al quale sia stato miscelato abboni. dante sale: Questa operazione potrà durare una quindicina di minuti, facendo attenzione a non bruciare il pane. Alla fine, si consiglia dilac sciare raffreddare un po", quindi gustare ln tute ta la eua delizia questa ricetta, scovata nella Biblioteca Nazionale di Bologna Pane di pollo Sn gelatina, - Per 68 persone. Di un pollo di un chilogramino cotto comunque, prendere la. sola carne. Togliere il fiele a s00 grammi di fegatini di pollo © tagliarli a grossi pezzetti. Tagliare ugualmente a pezzetti 150 gr. di lardo grasso, una cipolla € tre scalogni. Far soffriggere in padella il lardo com un pochino di burro, la cipolla € gli scalogni, divenuti bion.

Pubblicazione autorizzata dd P.WV.É.

Archetipografia di Milano S.A. » Viale Umbria, 54 - Milano

di, augiunsere i fegatini, sale, pepe, saltellan:

doli lino a giusta cottura; metterli su un piatio e versare un po' di marsala nella padella,

tarlo condensare per 3/4 © unire questo fondo al fegatini, facendoti raffreddare. ‘Pestare bene

la carne di polio, aggiungervi i fegatini, continvare a pestare, ridu.endo il tutto a una finis alma pasta, passarla al setaccio, lavorarla iu una concolinerta, aggiungendovi un bicchierino

di buon cognac € 1/4 di gelatina semirappresa 1/4 di panna montati terminando la fattura co) riempirne uno stampo le qui È siano sinte precedentemente rivestite di © incorporarvi

gelatina e di tartufi neri. Spalmare di gelatina semirappresa e mettere lo siampo in ghiaccio Der un paio d'ore.

Per sformarlo, busta immergere per un istante

fo stampo in acqua tiepida, senza l'interno, staccare il bordo con un

bagnarne coltellino,

rovesciario con delicatezza su un piatto; sole: vare lo siumpo, Decorare la base del piatto con selatina triturata € il bordo con una rosa della

stessa xelatina tagliata a triangoli. Panettone di Milano, - Prendete 50 grammi di pasta di pane, aggiungete una cucchiaiata di farina e un po' d'acqua tiepida e formatene una palla su cui traccerete due tagli in eroce. Met. tetela a lievitare per tre ore in Juogo tiepido, dentro un recipiente infarinatò e coperto. Dopo di chie, pesatela © aygîungete un ugual peso di farina impastata com acqua in proporzione :ri. fatta una palla con lo stesso taglio in croce, rimettete a lievitare per altre tre ore, Kifarc tutto ciò una terza volta ancora, e poi togliete da nuesto lievito così preparato una quantità di 250 grammi, che impasterete con 1/2 chilogram. mo di farina, sale, 150 grammi di burro sciolto, s rossi d'uovo € = chiare, 1 etto di zucchero < un poco d'acqua. Lavorale bene la pasta e axxiungete poi 1 to di uvetta e 1 etto di cedro candito. Foggiatene una palla e. mettetela @ lievitare ju luogo tiepido per circa 6 ore, appoggiata x un foglio di carta unto è infarinato. Per la cottura è indispensabile disporre di un forio a mattoni © ricorrere a quello del formalo Prima «i infornare il panettone, fategli un taglio in croce in modo che a metà cottura Ai bossa, sollevando con delicitezza gli angoli {Iel taglio, immergervi qualche pezzetto di buon bOrTO, Per finire. - Silleggismo di Ceccardo Roccata. gliata Ceccardi: «Il vino rende celebri. In fatti, bevendo vino si eccita il cervello; chi eccita "Il cervello ha idee le mette in ati i chi acquista notorietà è inv tar celebre », Ancora del zioto poeta, Una volta un medico uli disse; — Caro mio, 0 la smettete di bere, oppure E il Ceocardi — Che bellezza, essere sempre giovani! IL GASTRONOMO

non diventerete vecchio,

GIUSEPPE LANZA, redattore capo


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