La memoria è il futuro del passato

La memoria è il futuro del passato

Nella savana la Giraffa non è famosa per la memoria. Per quella c'è l'elefante. Proprio per questo la Giraffa ci rumina parecchio sul tema della memoria. Ne è affascinata, perché le permette di fare infiniti voli pindarici. Tanto che ora ne parlerà, ma non finisce qui: a maggio 2024, con il team della savana, i colleghi di Bridge Partners, ritorneremo con il nostro evento annuale, tradizione interrotta dolorosamente dal Covid, che avrà come argomento proprio la memoria. E allora prepariamoci.

Quel genio di Daniel Kahneman irrompe sulla scena della memoria mettendoci di fronte a un possibile inganno cognitivo partendo da un semplice racconto. Un partecipante a una sua conferenza aveva detto di aver ascoltato estasiato una musica per oltre 40 minuti, e che poi un graffio sul disco nel finale, causa di un orrendo suono, gli aveva rovinato l'intera esperienza. Kahneman riflette : "Confondere l’esperienza con il ricordo che se ne ha è un’inesorabile illusione cognitiva, ed è la sostituzione a farci credere che un’esperienza passata possa essere rovinata. Il sé esperienziale non ha voce. Il sé mnemonico a volte si sbaglia, ma è quello che segna i punti, gestisce quello che apprendiamo dalla vita e prende le decisioni." Ad essere rovinata non era l'intera esperienza ma il suo ricordo. L'esperienza reale non conta nulla, si chiede Kahneman? In sintesi, il ricordo batte l'esperienza?

Costruire ricordi o vivere?

Non a caso, seguendo il filo del discorso dello studioso nel suo saggio, Pensieri lenti e veloci, se prendiamo la parola memorabile, questa indica la capacità di un qualcosa di farsi ricordo, e in molti casi noi compiamo delle scelte proprio sulla base della bontà dei ricordi che prevediamo di registrare.

Questo spiegherebbe anche l'ansia, oggi esasperata dallo smartphone e dai social, di conservare e subito condividere la memoria di ogni momento della nostra vita, finanche rinunciando a viverlo. Parrebbe che questa indomabile ansia di costruire ricordo sostituisca il piacere di vivere l'esperienza stessa che si vuole ricordare. Sono stata di recente all'Arena di Verona, e alle 21.04 era previsto il passaggio delle Frecce Tricolori. Tutti intorno a me si sono persi il passaggio impegnati a registrarlo, per mandarlo subito dopo a qualche amico o pubblicarlo sui social. E io, tra i pochi a non filmare, quando mi sono girata per condividere l'entusiasmo dell'esibizione, ho trovato intorno a me umani chini sui loro device, qualcuno pure arrabbiato per la difficoltà di connessione. Mi sono chiesta: ma quante volte andranno a rivederselo? Forse una? E che ne è del piacere invece di vederli sfrecciare dal vivo? Costruire ricordi è più importante di vivere?


Sceglieremmo di vivere una esperienza per il piacere di viverla in sé, se dicessero che però dopo non ne avremmo il ricordo?


Altro aspetto legato alla memoria è la qualità delle fonti da cui attingiamo informazioni per costruirla. Se la fonte è esterna, saranno soprattutto la semplicità, la ripetizione e la spettacolarità della storia a renderla credibile, a creare quelle convinzioni, quei credo appunto, che poi si trasformeranno in memoria. Lo storytelling ha la meglio sulla competenza e il nostro cervello non archivia sulla base dell'autorevolezza della fonte, ma in base a come il messaggio è stato confezionato e veicolato.

E allora si pone un'altra questione che suggerisce un rovesciamento di prospettiva: la memoria, pensata comunemente come qualcosa che ha a che vedere con il passato, è invero la matrice del nostro futuro, perché essa plasmerà le nostre scelte del domani. Quello che noi oggi accumuliamo sul web, massa informe dove, a dire il vero, informazione e opinioni sono un tutt'uno, è la memoria del domani e se su questa memoria ChatGPT e sorelle costruiranno le loro risposte alle nostre domande. La responsabilità nel costruire una memoria corretta si fa dirimente. Il focus non è più solo che cosa ricorderemo, ma chi saremo.

Spazio per una ulteriore prospettiva della memoria si trova nella prefazione di "Le non cose", di Byung-Chul Han. Nel citare il romanzo distopico giapponese, "L'isola senza memoria" di Yoko Ogawa, in cui "gli esseri umani vivono nell'inverno infinito dell'oblio e della perdita...tanto che chi mette segretamente alla ricerca di ricordi viene arrestato da una polizia segreta", è facile il parallelismo con il nostro oggi. Non abbiamo polizia segreta o stati totalitari (c'è chi ha anche quelli, a dire il vero), ma siamo sopraffatti da informazioni, non cose, con il potere di crearci continui quanti fugaci stimoli, che fanno sbiadire la realtà con un effetto di breve periodo da cui il ricordo è bandito, anzi non ha neppure il tempo di formarsi.

Il potere dell'oblio

Ma mi chiedo, dobbiamo poi davvero ricordare tutto? Non merita anche un po' di spazio l'oblio? Ricordare tutto, sapere tutto, non toglie spazio all’immaginazione, alla voglia di vivere, di provare nuove esperienze e creare nuove connessioni? A dire il vero la questione si pone in modo diverso a livello individuale e collettivo. La memoria individuale, forse, può trovare persino conforto nell’oblio, se aiuta a costruire alibi innocenti e a mitigare il dolore. La memoria collettiva deve invece essere guardinga: ogni sua alterazione, mistificazione, manipolazione e finanche l’oblio possono nuocere. Che cosa insegna la storia? Nulla. I figli vogliono fare le loro esperienza e l’io collettivo mnemonico lo si mette a tacere, in nome del valore dell’esperienza. Anche quando è scontato che sarà dolorosa.  

Se la memoria è spesso maestra, dall’altra può inibire la scoperta e ciò che ne deriva. Resta un dilemma: scegliere tra che cosa dover ricordare, e che cosa possiamo ed è finanche bene lasciare andare.
Monica Gocilli

Valorizzo l'identità dei brand e amo la Responsabilità Sociale. Conduco workshops di scrittura, musica, teatro e danza.

10mo

Quanti spunti Alessandra Colonna ‼️ Da principio, sono felice che ritorni l’evento a cui ho partecipato e mi ha fatto conoscere più da vicino chi siete. In questo già un esempio di memoria. Ne ricordo infatti alcuni tratti salienti che non sono hanno arricchito le mie conoscenze, ma mi hanno fatto stare bene. L’intelligenza emotiva c’entra molto con la memoria. Perché e’ legata all’esperienza, al bisogno di vita, alla necessità di esprimersi. Dicendo la nostra identità diciamo il nostro presente, il nostro passato e il nostro futuro. La memoria collettiva e’ anche coscienza di se’ stessa. Così riprendere un concerto e’ un puro mezzo, che si può autoregolare. Mi e’ capitato di recente con Marco Mengoni. Alcuni frame che ho ripreso li riascolto, li riguardo, mi fanno pensare. Ma la gran parte del concerto ho cantato, ballato, battuto le mani. Cosa ricorderò? La qualità del concerto, le reazioni delle persone, il boomerang positivo di quante volte e’ stato detto “grazie”. Anche se ho fatto qualche ripresa. Ritorno sulla consapevolezza di se’. La base da cui ripartire per generare una memoria personale e collettiva. E questo ora sta diventando anche la mia mission lavorativa. Poi c’è la memoria storica. E qui si aprono altri capitoli.

Maria Alessandra Pasqualini Galliani

Sono consulente e trainer in Bridge Partners®. Amo molto quello che faccio ed il team con cui lo faccio, sono fortunata!

10mo

Cara ale, pensavo la stessa cosa mentre al meraviglioso spettacolo dei Coldplay, tutti avevano il cellulare in mano per registrare il concerto…mi chiedevo quanti si stessero davvero godendo l’attimo, la musica, l’insieme…fino a quando lo stesso cantante Chris Martin ha esplicitamente chiesto di metterli via e di partecipare a quel momento così indelebile!

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Maria Teresa Guerra

Head of Legal Finance at Banco BPM S.p.A

10mo

Buongiorno cara Alessandra, anche oggi un tema di "vitale importanza": il ricordo. Personalmente ho una memoria scarsa per nomi, titoli, citazioni ecc., ma ricordo, con dovizia di particolari, le emozioni provate (vedendo un film, leggendo un libro o trascorrendo una serata da qualche parte) quelle percepite nonché gli sguardi delle persone incontrate. Il ricordo delle emozioni è la mia guida nella vita ciò che mi consente di fare delle scelte e di evitarne altre. Tuttavia ho ormai da anni un dilemma che non riesco a sciogliere, ovvero quando inaspettatamente mi riaffiora alla mente un ricordo, rivivendo quindi le emozioni provate, seppur belle, provo contemporaneamente un forte dolore che mi impone di rimettere immediatamente il ricordo nel suo cassetto per richiuderlo velocemente. Continuo ad interrogarmi sul perché, sarà forse perché è passato? Un abbraccio e a presto,

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Simonetta Santinello

Principal Manager @ E.ON Digital | PROSCI Certified Change Manager, Business Process Transformation | Mentoring

10mo

Cara Giraffa, grazie per questo nuovo spunto di riflessione. Mi soffermo sul tema del #lasciareandare (che non vuol dire #dimenticare) e di quanto sia importante #scegliere di lasciare andare cio´ che non solo non ci serve piu`, ma potrebbe limitarci nel vivere appieno le esperienze future.

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Giovanni Magni

International Manager in Business Effectiveness, Performance Analytics & Supply Chain optimization | Data Driven , Human Centric | Organization Enhancement

10mo

Cara Giraffa , argomento che merita meditazione sicuramente. Introduco una riflessione o se voi una provocazione relativa alla memoria individuale: ma se la verifica della nostra memoria, di cui si parla in alcuni commenti, altro non fosse che l'adeguamento della stessa al presente? Se le sensazione contingenti fossero la guida non solo a cosa ricordare ma anche come ricordarlo: la creazione del ricordo come processo continuo di risposta all'esperienza presente. Se fosse vero riporterebbe l'esperienza in primo piano, anzi questa sarebbe la generatrice non solo del nostro futuro attraverso le scelte...ma anche della memoria.

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