Piede cavo

Piede cavo: introduzione

È un piede con la volta plantare molto accentuata, che include una serie di varianti anatomo patologiche molto diverse tra loro.

In verità il dismorfismo più importante del piede cavo non è rappresentato dall’altezza dell’arco longitudinale interno, ma da:

piede cavo

rotazione esterna del retropiede in varo sul piano sagittale

piede cavo 2

rotazione interna dell’avampiede in pronazione

A seconda infatti che la sede della deformità predominante interessi l’avampiede o il retropiede, si distingue un piede cavo anteriore in cui la deformità iniziale è costituita dalla pronazione dell’avampiede, causata da uno squilibrio muscolare, che a sua volta determina la varizzazione secondaria del calcagno (Forefoot-driven hindfoot varus) e un piede cavo posteriore in cui il retropiede stesso per la sua morfologia alterata, costituisce l’alterazione primaria (Hindfoot driven cavus foot).
Se immaginiamo infatti il piede come una specie di tripode in cui l’appoggio anteriore è costituito dalla testa del primo (A) e del quinto metatarso (B) e quello posteriore dal calcagno (C), è facile comprendere che in un piede con avampiede pronato, il primo metatarso appoggerà per primo al suolo, costringendo con il carico il calcagno a ruotare esternamente, assumendo il classico aspetto in varo (Piede Cavo Varo).

Allo stesso modo se la deformità primaria interessa invece il retropiede, per appoggiare il piede in piano sarà l’avampiede a dover ruotare internamente (pronazione).

Perchè insorge la patologia?

Piede cavo: cause

Distinguiamo:

  • Un piede cavo idiopatico benigno
  • Un piede cavo secondario patologico

Tra tutte le varianti di piede cavo quello più frequente è quello idiopatico,in cui la componente genetica e familiare è predominante.

Per la sua frequenza rappresenta quasi una variante anatomica di quello normale, presente nel 25 % della popolazione, che nella metà dei casi rimane asintomatico per tutta la vita.

Si tratta di un piede cavo anteriore generato da uno squilibrio muscolare, in cui la contrattura del muscolo peroniero lungo e quella del gastrocnemio causano la flessione dorsale del primo metatarso, determinando così la pronazione dell’avampiede.

Come abbiamo visto per bilanciare tale rotazione interna il retropiede è costretto a ruotare esternamente (supinazione), caratterizzando una deambulazione sbilanciata verso il bordo esterno del piede.

Il piede è una leva ammortizzata, diviso funzionalmente in una metà interna il piede astragalico con funzione di adattamento al suolo e di ammortizzamento del passo e della corsa, e una metà esterna detto piede calcaneare che al contrario essendo rigido ha una funzione di leva durante la fase di stacco del passo.

Quando camminiamo o corriamo nel momento in cui prendiamo contatto con il suolo, il piede si adatta alla superfice e ammortizza l’impatto del peso del corpo che tende a schiacciarlo contro il terreno. Fa questo grazie ad un movimento di rotazione interna o pronazione che avviene grazie all’articolazione tra astragalo e calcagno (sottoastragalica) che viene lasciata libera rilasciando muscoli e tendini che la governano. Tale pronazione fa sì che il peso del corpo si sposti verso la metà interna del piede (piede astragalico) particolarmente flessibile. In tal modo la volta si appiattisce per ammortizzare l’impatto e per saggiare la forma del suolo ed adattarsi ad esso.

Terminata tale fase, è necessaria una fase propulsiva, ed ecco allora che il piede si irrigidisce, la sottoastragalica effettua un movimento di rotazione esterna (supinazione), e sposta il peso sulla metà esterna del piede (piede calcaneare) piu rigido di quello interno per dare una spinta capace di spostare il nostro corpo in avanti.

Nel piede normale tali fasi di ammortizzamento e irrigidimento si alternano perfettamente, nel piede cavo invece il varismo del retropiede sposta il carico all’esterno verso la metà esterna del piede, le cui strutture osteo legamentose subiscono un sovraccarico e vanno incontro ad usura e possibili lesioni, esattamente al contrario del Piede piatto che invece sovraccarica le strutture della metà interna del piede astragalico.

 

Tale atteggiamento all’inizio è un atteggiamento posturale, poi col tempo la deformità si struttura divenendo rigida e permanente, favorendo una serie di problemi che analizzeremo nel capitolo delle conseguenze cliniche.

Ma sicuramente il piede cavo più severo è quello secondario ad altre patologie, specie quello che compare in età pediatrica legato a cause neurologiche tra cui la più frequente è la malattia di Charcot-Marie Tooth, l’atassia di Friedreich, le paralisi cerebrali infantili o altre sindromi degenerative neurologiche centrali e periferiche. Tra le altre cause troviamo:

  • Piede cavo esito di piede torto
  • Piede cavo da Artrite reumatoide
  • Piede cavo in esito a fratture e sindromi compartimentali

Tali forme secondarie rappresentano il vero piede cavo patologico, più severo rispetto al comune piede cavo idiopatico (Subtle cavus foot) e generalmente richiedono una correzione chirurgica.

Come si evidenzia?

Le manifestazioni cliniche del piede cavo

Nel piede cavo anteriore la supinazione del piede obbliga il paziente a sovraccaricare la metà esterna del piede, che diviene rigido e perde la capacità di assorbire gli shock dell’impatto contro il suolo.

Tale supinazione del piede si manifesta spesso clinicamente con un’instabilità laterale della caviglia con facilità a traumi distorsivi della caviglia, eventi ricorrenti in pazienti portatori di piede cavo varo.
Inoltre il camminare sul bordo laterale del piede porta a possibili fratture specie da stress del quinto metatarso e lesioni acute o croniche dei tendini peronieri, eventi frequenti soprattutto negli atleti e negli sportivi.

Il sovraccarico dell’avampiede si manifesta spesso con callosità e dolore sotto la testa del quinto e del primo metatarso, sotto al quale i due sesamoidi possono andare incontro a infiammazione cronica e a frammentazione da stress.
Altra caratteristica patologica del piede cavo anteriore è la retrazione di tutto il sistema Achilleo plantare, con eccessiva trazione della aponeurosi plantare che favorisce la comparsa di

  • fasciti plantari e
  • tendinopatie inserzionali dell’Achilleo.

Inoltre la retrazione della muscolatura posteriore della gamba con l’atteggiamento in equino del piede, determinano un ipertono compensatorio dei muscoli estensori delle dita e dell’alluce, che porta alla classica retrazione ad artiglio delle dita tipica dei pazienti con piede cavo.
Tale deformità inizalmente flessibile si struttura con il tempo e diventa irriducibile deformando a martello le dita e spingendo i metatarsi ancora piuì verso il suolo, peggiorando la metatarsalgia.

Infine vanno considerate le conseguenze posturali sovrasegmentarie che l’ipersupinazione del piede comporta.

A livello del ginocchio è facile osservare dolore per lo stiramento dei legamenti collaterali e della bendelletta ileo-tibiale, inoltre tendendo a varizzare il ginocchio favorisce l’usura e l’artrosi del compartimento mediale.

A livello della caviglia, l’ipersollecitazione del compartimento esterno può favorire oltre a lesioni legamentose come già detto, anche la comparsa di lesioni osteocondrali fino allo sviluppo anche se raro di artrosi.

Come avviene la diagnosi?

Piede cavo: diagnosi

Se sospettate di avere un piede cavo varo, mettetevi di fronte ad uno specchio con i piedi perfettamente paralleli tra loro.

Se vedrete il tallone far capolino dietro al malleolo interno, siete portatori di un calcagno varo.

È questo infatti il “Peek-a boo heel sign”, indice di retropiede supinato al quale corrisponde da una veduta posteriore un angolo tibio calcaneare alterato.

Questo normalmente deve essere perfettamente parallelo all’asse della gamba o aperto in fuori fino ai 7 gradi di valgismo.

Quando tale angolo è invertito siamo in presenza di un calcagno varo, tipico del piede cavo.

Dopo che la diagnosi di calcagno varo è stata effettuata, è necesssario sottoporre il paziente ad un test, il Coleman block test, per comprendere se è il primo raggio metatarsale a “condurre” in varo il retropiede, o se la deformità primaria nasce nel retropiede stesso.

Si esegue osservando da prima il piede da dietro per valutare il grado di varismo del calcagno. Viene quindi chiesto al paziente di salire su un libro o su una tavoletta in legno ponendo il primo metatarso fuori dal bordo mediale dello spessore. Si osserverà quindi il comportamento del calcagno, se il varismo migliora o scompare, la sottoastragalica è ancora flessibile ed è la pronazione dell’avampiede che determina la deformità del retropiede.

Ci troviamo davanti ad un piede cavo anteriore.

In caso contrario o la deformità è iniziata come un piede cavo anteriore ma l’irrigidimento della sottoastragalica ha ormai reso irriducibile il varismo del calcagno, oppure si tratta di un piede cavo “a conduzione posteriore”.

Lo specialista osserverà quindi tutte le caratteristiche del piede, con particolare attenzione alla presenza della retrazione del gastrocnemio effettuando un test specifico per tale alterazione (Silverskold) e alla iperattività del muscolo peroneo lungo.

Controllerà la flessibilità o meno della sottoastragalica, valuterà la presenza di sovraccarichi dell’avampiede e porrà attenzione ad eventuali conseguenze posturali come la lassità legamentosa laterale della caviglia e l’integrità o meno del sistema achilleo plantare oltre alla presenza di retrazione degli estensori delle dita con deformità a griffe delle stesse.

Un esame radiografico sotto carico ci permetterà di quantificare il grado di deformità e valutare i progressi terapeutici.

L’ Esame Tac sarà inoltre utile per escludere fratture da stress ed eventuali coalizioni tarsali, mentre la risonanza magnetica ci fornirà informazioni sullo stato dei tendini e delle cartilagini articolari.

Come avviene il trattamento

Piede cavo: il trattamento

Il trattamento del piede cavo idiopatico è quasi sempre conservativo.

Consiste in una combinazione di esercizi di stretching del muscolo gastrocnemio (almeno 5 ripetizioni da 25 esercizi al giorno) nella progettazione di un plantare specifico, adatto alla deformità in questione.
A tal riguardo osserviamo purtroppo che la maggior parte dei plantari utilizzati per il piede cavo sono progettati per colmare il vuoto della volta, allo scopo di aumentare la superfice d’appoggio per scaricare il sovraccarico dell’avampiede.

In verità in tal modo si ostacola la pronazione della sottoastragalica già limitata in tale condizione, portandola all’irrigidimento in supinazione, spostando cosi’ ancora più il carico sulla metà laterale del piede che invece è proprio l’atteggiamento da combattere.

Il plantare corretto invece deve essere customizzato su ciascuna condizione anatomo-patologica, e deve avere come scopo quello di favorire la pronazione della sottoastragalica, quindi con un minimo sostegno dell’arco longitudinale interno, con un recesso per la testa del primo metatarso in modo da consentire al calcagno di valgizzare e con un rialzo di materiale assorbente sotto al tallone per attutire gli stress ed evitare la tensione eccessiva della fascia plantare e del polpaccio.

Anche la scarpa deve seguire questi principi, quindi suola di gomma in modo da assorbire l’impatto del suolo, tacco più alto della suola, tomaia ampia per non creare callosità alle dita a griffe, e soprattutto assenza di quei rialzi dell’arco longitudinale interno presenti soprattutto nelle scarpe sportive utili invece per i pazienti con piede iperpronato.

Seguendo tali regole per 2 o 3 mesi solitamente 3 pazienti su 4 vanno incontro a notevole miglioramento della sintomatologia oltre a migliorare la loro condizione posturale.

Quando dopo un appropriato trattamento conservativo i disturbi persistono o peggiorano, specialmente nelle gravi forme di piede cavo secondario, allora bisogna prendere in considerazione il Trattamento Chirurgico.

I nostri trattamenti chirurgici seguono le linee guida dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons, le quali cercano di correggere le deformità riallineando il piede mediante osteotomie e release dei tendini e legamenti in modo da lasciare integre le articolazioni per preservare la flessibilità ed il movimento.

 

Possono essere effettuati singolarmente o combinati a seconda dei casi:

L’allungamento dell’aponeurosi del muscolo Gastrocnemio, che pratichiamo attraverso una piccola incisione mediale 15 cm sopra al malleolo interno, e sotto controllo visivo diretto di un artroscopio, per non lasciare cicatrici ed evitare lesioni del nervo surale

La trasposizione del peroneo lungo sul breve, nei casi di primo raggio metatarsale dorsiflesso flessibile, a livello del tubercolo del calcagno.

Il Release percutaneo della fascia plantare

L’osteotomia a V del primo metatarso per correggere la dorsiflessione rigida del primo metatarso, estensibile anche agli altri metatarsi o alle ossa del tarso quando indicato,

l’osteotomia di lateralizzazione del calcagno, uguale a quella usata nel piede piatto ma traslata nella direzione opposta,

Quando siamo invece di fronte a deformità rilevanti e con notevole rigidità come nei casi di piede cavo secondario a patologie neurologiche o reumatiche allora sarà necessario ricorrere alla Triplice artrodesi, cioè alla fusione in posizione corretta delle tre articolazioni del retropiede : sottoastragalica, calcaneo cuboidea e astragalo scafoidea.

PatOLOGIE TRATTATE