Cultura e Spettacoli

Maricoltura, ultima frontiera ittica

L’allevamento del pesce di mare non è cosa recente, essendo praticato già dai tempi degli egizi. Ma se per gli antichi si trattava solo di assicurarsi cibo di qualità senza fatica, oggi è diverso, dovendo sette miliardi di esseri umani fare i conti con mari la cui fauna si va impoverendo. La differenza è percepibile nella tipologia dei  ‘contenitori’ : Ai romani bastavano piccole vasche in prossimità del mare o di laghi salmastri dove allevare murene e anguille, a noi servono enormi gabbie galleggianti poste in mare aperto per far crescere e riprodursi spigole, orate, dentici… E’ questa la risposta della Scienza al sovra sfruttamento della fauna marina, fenomeno che non esclude mari una volta assai pescosi come l’Adriatico e lo Jonio. Nessuna meraviglia, perciò, se la maricoltura è largamente praticata in Puglia. Sono più di venti gli impianti attivi. Sei sono in funzione nel barese, cinque nel brindisino e nel foggiano, quattro nel tarantino e uno solo nel Salento. E’ quest’ultimo di tutti il più innovativo. L’allevamento di Torre Suda, non lontano da Gallipoli, consiste in 14 maxi gabbie installate a due chilometri dalla costa. Vi nuotano e si accoppiano orate, spigole e ombrine. L’alimentazione è assicurata in parte da madre natura attraverso il plancton, le alghe e le altre sostanze organiche che filtrano attraverso le reti delle gabbie, in parte dal personale della ditta che rifornisce il vivaio di un ‘mangime’ a base di farine di cereali e farine di pesce. L’esposizione del sito di produzione a forti correnti marine, oltre ad evitare accumuli di metabolici sul fondale, costringe i pesci a un continuo movimento, il che ne rende le carni più sode e prive di accumuli di grasso. Malgrado il successo, l’impianto salentino non è esente da critiche. Gli ambientalisti vedono in esso una potenziale e grave minaccia alla variabilità genetica delle popolazioni ittiche di quell’habitat. I rischi nascono dal fatto che gli impianti in gabbia non sono invulnerabili, le mareggiate possono aprire varchi nelle reti. In questo caso un’enorme quantità di pesci della stessa specie viene immessa in uno specchio d’acqua ridottissimo, che subito egemonizza a scapito di  altre specie e della biodiversità in genere (per ovviare a questo inconveniente in Norvegia questi impianti devono essere spostati periodicamente). Un inconveniente di questo tipo si verificò anni fa a Molfetta. Ebbene, per effetto della corrente, un branco enorme di orate si riversò sulla costa barese. Appena si sparse la voce, centinaia di baresi si precipitarono sulla costiera di Fesca San Girolamo armati di canna e lenza. Girò male nelle pescherie per una settimana buona.

Italo Interesse


Pubblicato il 11 Ottobre 2014

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