13 settembre 2019 - 08:30

Sporcizia ovunque, trasporti, parchi Il declino di Roma si può arrestare

E’ tempo di coraggio nelle scelte: va ad esempio respinta l’idea che i termovalorizzatori non siano una buona soluzione ma la peste della modernità

di Edoardo Segantini

Sporcizia ovunque, trasporti, parchi Il declino di Roma si può arrestare
shadow

L’esperienza personale di ognuno, unita alla lettura delle cronache romane e in particolare della rubrica dei lettori, formidabile rivelatrice del sentimento popolare, testimonia d’un progressivo peggioramento delle condizioni di vita nella Capitale, in atto da alcuni anni. I servizi principali – quelli da cui la qualità della vita dipende – sono gestiti male: dalla raccolta dei rifiuti all’organizzazione dei trasporti alla gestione dei magnifici parchi urbani, tra i più belli del mondo, lasciati all’incuria.

La discussione sui «pieni poteri» alla sindaca Virginia Raggi sarà anche giusta, anzi sicuramente lo è, ma nessun pieno potere, nessuna corona prefettizia potrebbe risolvere i problemi se, ad esempio, si è sinceramente e caparbiamente convinti che i termovalorizzatori non siano una buona soluzione, come in tutto l’Occidente sono, ma una specie di peste della modernità. O se non si sanno gestire aziende complesse come le municipalizzate della nettezza urbana e dei trasporti. O se non si è in grado di governare, mettendolo davvero al servizio dei cittadini, l’esercito dei dipendenti comunali.

Lo stato critico della città crea in molti rassegnazione, depressione e convinzioni sbagliate. I più giovani, per esempio, potrebbero essere spinti a pensare che Roma sia sempre stata così, che il degrado sia il suo destino ineluttabile. Ma non è vero. La Capitale, come i più anziani sanno, ha avuto nel suo passato periodi d’oro e amministrazioni eccellenti.

Francesco Rutelli, Walter Veltroni, tra le recenti. E prima di loro sindaci come Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli, Franco Carraro. Oso spingermi ancora più indietro, saltando al mondo della grande letteratura dell’Ottocento. Thomas Mann, nel suo romanzo «I Buddenbrook», pubblicato per la prima volta nel 1901, a un certo punto racconta di un personaggio e del suo viaggio in Italia. E scrive: «Si mise a discorrere di Venezia, di Roma e del Vesuvio, parlò di Villa Borghese dove il defunto Goethe aveva scritto una parte del Faust; e si entusiasmava alle fontane rinascimentali che rinfrescano l’aria, ai viali ben potati dove si passeggia così piacevolmente». Oggi i viali non sono ben potati, tutt’altro: certi percorsi di Villa Borghese, di Villa Ada e di Villa Doria Pamphili sono una pena a guardarli. Ma volendolo (ed essendone capaci), potrebbero tornare all’antico splendore. D’ineluttabile, cari ragazzi, non c’è proprio niente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT