7 maggio 2021 - 18:08

Allarme cooperazione: in calo i finanziamenti per l’aiuto allo sviluppo

L’analisi sulla cooperazione internazionale in Italia condotta da Aoi e ActionAid, dati Ocse certificano un calo. I fondi dell’aiuto pubblico sono calati di 270 milioni di euro. Marina Sereni: «Aumento graduale delle risorse»

di Paolo Riva

Allarme cooperazione: in calo i finanziamenti per l'aiuto allo sviluppo
shadow

«Sono dati che non possono lasciarci soddisfatti», dice Marina Sereni, viceministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. «Siamo un Paese del G7 - prosegue - e, pur avendo una storia diversa da quella di altri Stati europei, è chiaro che c’è un problema». I dati di cui parla Sereni sono le cifre Ocse sull’aiuto pubblico allo sviluppo, rese note ad aprile. Certificano che l’Italia, nel 2019 e nel 2020, ha destinato a questo settore lo 0,22 per cento del reddito nazionale lordo. Poco, considerato che il nostro Paese si è impegnato a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo Onu dello 0,70 per cento. Non solo. In termini assoluti, da un anno con l’altro, i fondi stanziati sono calati di 270 milioni di euro, su un totale di circa quattro miliardi. E a risentirne è stata anche la risposta alla pandemia. «L’Italia ha impegnato 98 milioni di dollari in attività relative al Covid, nulla di fronte ai più di 2 miliardi della Francia o al miliardo e mezzo della Germania e persino inferiori ai 208 milioni della più piccola cooperazione spagnola», spiega Francesco Petrelli, senior policy advisor di Oxfam Italia. Certo, gli effetti negativi della pandemia vanno tenuti in conto, ma il «problema», però, non riguarda solo il 2020.

I dati Ocse

«A prezzi costanti, l’aiuto pubblico allo sviluppo dell’Italia si è ridotto progressivamente per tre anni consecutivi, dal 2017 ad oggi: una decrescita sistematica poco felice che non si è osservata in nessun altro Paese del G7», spiega Eduardo Missoni, esperto del settore e docente al master in cooperazione dell’Ispi. Lo scorso anno, l’aiuto pubblico allo sviluppo dei maggiori donatori mondiali (i Paesi Ocse Dac) è tornato a crescere, con 16 Stati su 29 che hanno aumentato l’impegno. In Europa l’hanno fatto, tra gli altri, Francia e Germania. Non l’Italia, che ha visto calare soprattutto l’aiuto bilaterale, quello diretto tra Paesi donatori e riceventi. Secondo Petrelli così il nostro Paese rinuncia a «giocare qualsiasi ruolo in aree strategiche, come il Mediterraneo e l’Africa. Al contrario di quanto esternato più volte sia dal Ministro degli Esteri Di Maio, che dal premier Draghi».

Le proposte dell’Aoi al presidente del Consiglio Draghi

Proprio al presidente del Consiglio Mario Draghi si era rivolta alla vigilia del suo insediamento l’Associazione delle Ong Italiane (Aoi), con una serie di proposte. Tra le prime, stanziare maggiori risorse, tornando già dal 2022 a un rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo almeno dello 0,30 per cento. Per Sereni, «le richieste del mondo dello sviluppo sono comprensibili». «Penso che il governo - aggiunge la viceministra - dovrà fare una riflessione per rimettere l’Italia su un sentiero di aumento graduale e realistico delle risorse per la cooperazione, ma non abbiamo ancora cifre da indicare».

La ong ActionAid e l’analisi della Legge di Bilancio

Gli unici numeri certi sono quelli della Legge di Bilancio 2021, approvata dal Governo Conte e analizzata da ActionAid. In un rapporto, l’Ong spiega come le aspettative di un’inversione di tendenza siano «rimaste disattese nonostante, durante l’iter parlamentare di approvazione, siano state avanzate proposte per importanti aumenti di risorse. La spesa in aiuto pubblico allo sviluppo prevista per il 2021 sarà di 5,34 miliardi di euro». La cifra, in realtà, è maggiore di quella del 2020, ma vanno fatti alcuni distinguo. Innanzitutto, nella Legge di bilancio vengono indicati i fondi stanziati, mentre l’Ocse conteggia i fondi realmente spesi durante l’anno. Poi, c’è il capitolo dell’accoglienza o del cosiddetto «aiuto gonfiato». L’Ocse considera parte dell’aiuto pubblico allo sviluppo anche le spese per l’accoglienza dei rifugiati nel Paese donatore. L’Italia, quindi, stanzia dei fondi a questo proposito, ma negli ultimi anni sono stati spesso sovrastimati, finendo, secondo molte Ong, per «gonfiare» l’aiuto. Come si legge ancora nel report di ActionAid, per il 2021 «sorprende lo stanziamento di 1,05 miliardi di euro per le spese in accoglienza nonostante questa spesa nel 2019 sia stata di appena 397 milioni di euro». Insomma, diversi elementi fanno pensare che, per la cooperazione italiana, il trend negativo potrebbe continuare anche quest’anno. Se arriveranno, i cambiamenti arriveranno col 2022, ma già i prossimi mesi daranno indicazioni importanti sulla direzione che l’esecutivo Draghi deciderà di prendere. In materia di strategia e di fondi. La prima dovrebbe arrivare con il Documento triennale di programmazione e indirizzo 2022-2024, di cui Aoi ha chiesto «quanto prima la definitiva approvazione». Per i fondi, invece, bisognerà attendere la prossima Legge di Bilancio. Cini, un’altra coalizione di Ong, lo scorso novembre, raccomandava per il 2022 almeno 300 milioni di euro aggiuntivi, al netto delle spese per l’accoglienza spiegate poco sopra. Difficile prevedere se la richiesta verrà ascoltata, soprattutto in tempo di pandemia. Quel che è certo, ragiona Missoni, è che «con i buoni propositi senza allocazione di risorse non si va lontano». «Credo però - conclude - che se ci fosse una chiara visione e una solida volontà politica, anche con poche risorse si potrebbe fare di più».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT