il presidente di Banco Bpm

L’uscita di Fratta Pasini, l’ultimo cavaliere delle Banche Popolari

di Stefano Righi

L'uscita di Fratta Pasini, l'ultimo cavaliere delle Banche Popolari

L’inatteso passo indietro di Carlo Fratta Pasini dalla presidenza del Banco Bpm, tre anni e una settimana dopo la grande fusione tra le banche ex popolari di Verona e Milano, è un momento a suo modo storico che dischiude nuove prospettive. Fratta Pasini era l’ultimo cavaliere di quella genìa di banchieri popolari saliti in sella negli anni Novanta. Era il ’95 quando entrò nel consiglio di amministrazione della Popolare di Verona-Banco di San Geminiano e San Prospero, chiamato dall’allora presidente Giorgio Zanotto, che l’anno successivo lo incoronò vicepresidente, indicandolo così come suo successore.

Di Zanotto, Fratta Pasini ha portato avanti l’eredità, facendo della popolare veronese il centro di gravità permanente di molteplici interessi e cavalcando vent’anni di fusioni e di crisi che nessuno avrebbe potuto preventivare. Dentro il Banco veronese sono finite la popolare di Novara e quella di Lodi, gli affari di Italease e anche lo scandalo dei diamanti. Popolare e cattolico, tanto che definisce la finanza cattolica un ossimoro, strenuo difensore dei principi del credito cooperativo, Fratta Pasini si è scagliato con forza contro la riforma del settore voluta dal governo Renzi, ma dimostrandosi abile interprete della realtà ha anche firmato la prima (e unica) fusione realizzata sotto la vigilanza della Banca centrale europea.

Proprio questa sua capacità di vedere oltre lo ha probabilmente portato a valutare l’opportunità di non ricandidarsi nella prossima primavera al vertice del Banco Bpm. E ha scelto la via più comoda: è sceso per tempo e con eleganza da cavallo sorprendendo gli osservatori, quando gli altri presidenti con cui iniziò l’avventura al vertice di una banca popolare sono finiti tutti disarcionati e a gambe all’aria. Lascia una banca più grande, l’ex popolare è diventata la terza realtà italiana, ma anche meno veronese. E questo forse è il suo grande cruccio.

Con l’uscita di Faroni e Saviotti e con la prossima di Fratta Pasini l’anima veronese del gruppo risulterà più impalpabile. Chiunque sarà il successore non sarà scelto in funzione di rappresentanza territoriale e anche questo è un segno dei tempi. Verona poi, che resta ricca e bellissima, in attesa di una nuova alba deve confrontarsi con una pallida realtà: oltre all’uscita di Fratta Pasini va considerata la marginalizzazione della Fondazione Cassa di Risparmio, che Paolo Biasi ha prosciugato nel tentativo di perpetuare se stesso al vertice decisionale di Unicredit. Mentre anche l’altra realtà finanziaria scaligera, la Cattolica di Assicurazioni guidata da Paolo Bedoni, sembra aver vissuto tempi migliori, come dimostra l’assemblea straordinaria attesa tra febbraio e marzo.

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