Dadaismo

3 Marzo 2022

Dada means nothing…Dada non significa nulla. Nato durante il periodo della prima guerra mondiale, in una nazione, la Svizzera, neutrale, da un gruppo di giovani in piena rivolta contro il mondo tradizionale e convenzionale, non potendo sopprimere i conflitti, si proposero di sovvertire ogni riferimento alla cultura ufficiale. 

Il movimento Dada si fondava sul nonsenso, perché niente doveva essere ricollegato a qualcosa di conosciuto, ogni pensiero doveva essere illogico, casuale. Per comporre un testo poetico si suggeriva la lettura di un articolo dalla lunghezza della poesia ideata, per poi ritagliarne le parole e porle in un contenitore dove ripescarle a casaccio e così trascriverle, l’incongruità  e la conseguente ermeticità ne avrebbero costituito la forza. 

Ma non solo le correnti realistiche vengono disprezzate e dileggiate, Tristan Tzara, poeta rumeno, tra i fondatori del Dadaismo, si dichiara anche contro il Cubismo ed il Futurismo perché, nonostante siano nate in contrapposizione all’arte classica, come rivoluzione a ciò che era universalmente considerata arte, per lui erano alla stregua di accademie e quindi omologate. Perchè il loro principio è la negazione dei canoni estetici e dei valori tradizionali, nonché di quelli d’avanguardia, in quanto tutti sottoposti all’approvazione del sistema borghese.

Il Dadaismo è un inno alla libertà creativa assoluta, non soggetta ad alcun vincolo sociale e/o culturale, un’anarchia totale votata all’arte, dove l’intento era sovverchiare l’ordine costituito, dove alla pittura si sostituiscono altre tecniche come il fotomontaggio e il collage.

Non condizionata questa non arte si proponeva di presentare un oggetto in quanto tale, non trasfigurato dalle emozioni o dal senso estetico, così nascevano opere di collage, dove su fondi dipinti si sovrapponevano pezzi di foto, ritagli di giornale ed altro, senza forme o significati specifici.   

Ben presto i suoi dettami si diffondono in Germania, patria di uno dei cofonfatori Hans Arp, pittore e scultore, toccandone le città cardine, come Berlino, Hannover e Colonia. Subito fu considerata un’arte degenerata e messa al bando dai nazisti.

Parigi fu il rifugio di molti dadaisti che lì trovarono un ambiente consono per farsi conoscere ed espandersi.

Anche in Italia furono accolti benevolmente, ma perché in un certo senso si confuse con gli ideali futuristi già presenti e radicati in loco. A Firenze, la rivista dada il Centone riporta un’asserzione del

letterato artista Ardengo Soffici che si doveva tralasciare la propria personalità per far posto all’espressione delle opere stesse con i propri mezzi.

Mantova, Trieste e Roma aderirono anch’esse al movimento.

I maggiori artisti che a New York si avvicinarono allo spirito rivoluzionario dada furono quelli che frequentavano la galleria 291, Marcel Duchamp, Man Ray, Francis Picabia. 

Marcel Duchamp fu colui che inventò i “ready-made”, ovvero oggetti reali, realizzati e prodotti per lo scopo specifico di uso comune, presentati come opere d’arte. Con “Fontana” Duchamp provocò una reazione scandalizzata, osò mettere in mostra un urinatoio maschile rovesciato, cambiando il punto di vista, se ne perde il significato primario. L’artista non si esprime attraverso un’opera manuale originale, ma con oggetti già esistenti dandogli una collocazione concettuale. tant’è che lui stesso scrisse: “l’orinatoio non è immorale non più di quanto lo sia una vasca da bagno. Non ha importanza se l’artista abbia fatto o meno la “fontana” con le sue mani. Egli l’ha scelta. Egli ha preso un articolo casuale della vita e lo ha collocato in modo tale che il suo significato utilitario è scomparso sotto un nuovo titolo e punto di vista e ha creato un nuovo modo di pensare quest’oggetto”. 

Chiara

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