• Classificazione delle Lesioni Muscolari

    Classificazione delle Lesioni Muscolari

    Un primo elemento da considerare nelle classificazioni è rappresentato dalla natura diretta o indiretta del trauma (Craig, 1973).      

  In tal senso si possono distinguere (Tabella 1): 

  • Lesioni muscolari da trauma diretto, che secondo l’interpretazione classica, implicano l’esistenza di una forza agente direttamente dall’esterno.
  • Lesioni muscolari da trauma indiretto, che presuppongono l’azione di meccanismi più complessi, e chiamano in causa forze lesive intrinseche, che si sviluppano nell’ambito del muscolo stesso o dell’apparato locomotore.  

Riguardo la diversa localizzazione delle lesioni muscolari, che sono definite dirette ed indirette, si deve precisare che, pur nella varietà delle sedi muscolari interessate, l’azione contusiva si esplica, di fatto, preferibilmente sulle masse carnose dei muscoli. Per contro, nelle modalità traumatiche indirette, la via lesiva si estrinseca più spesso in prossimità della giunzione muscolo-tendinea, pur essendo possibili anche localizzazioni a livello del ventre muscolare. In ogni caso, la conseguenza anatomo-patologica dei traumi muscolari, tranne che per la contrattura e lo stiramento, è rappresentata sempre da un danno anatomico della fibra muscolare, con frequente coinvolgimento della parte connettivale ed eventualmente tendinea e delle strutture vascolari. La diversità delle espressioni anatomo-patologiche e cliniche è data, quindi, dall’entità del danno strutturale prodotto dal trauma.  

 

Lesioni da trauma diretto (contusione)
– grado lieve
– grado moderato
– grado severo
Lesioni da trauma indiretto
– contrattura
– stiramento
– strappo
– strappo di primo grado
– strappo di secondo grado
– strappo di terzo grado (rottura parziale o totale)

Tabella 1. Classificazione delle lesioni muscolari. 

 lesione muscolare ecografia

  1. CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI DA TRAUMA DIRETTO Le lesioni muscolari da trauma diretto sono di natura contusiva. Spesso queste lesioni sono considerate come condizioni patologiche di secondaria importanza, destinate a guarire in tempi brevi, senza lasciare reliquati. Tuttavia dal punto di vista anatomo-patologico, la rottura muscolare prodotta da tali traumi non differisce sostanzialmente da una lesione muscolar e dovuta ad altro meccanismo. Poiché, dal punto di vista funzionale, lo stato di contrazione muscolare conseguente al trauma provoca una limitazione dell’escursione articolare, dovuta ad una ridotta estensibilità muscolare, in accordo con Reid (1992). La classificazione delle lesioni muscolari da trauma diretto, si può dividerle in tre gradi, secondo la gravità, indirettamente indicata dall’arco di movimento effettuabile:
        I. lesione muscolare di grado lieve: è consentita oltre la metà dello spettro di movimento;

        II. lesione muscolare di grado moderato: è concessa meno della metà, ma più di 1/3 dello spettro di movimento;

      III. lesione muscolare di grado severo: è permesso uno spettro di movimento inferiore ad 1/3.
  2. CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI DA TRAUMA INDIRETTO   Vi è una certa confusione nella classificazione delle lesioni muscolari da trauma indiretto, soprattutto a causa dei diversi termini utilizzati dai vari autori anche come sinonimi. Si parla, infatti, di: contrattura, elongazione, stiramento, distrazione, strappo, rottura, lacerazione. Tali termini si riferiscono, in ogni caso a gradi diversi di gravità, identificabili dalle diverse manifestazioni anatomo-patologiche e cliniche della lesione. Qui di seguito sono illustrate per sommi capi due delle classificazioni più significative, che servono come spunto per proporre una classificazione che presenti una sua immediata facilità di comprensione ed applicabilità pratica. La suddivisione in tre livelli di gravità delle lesioni muscolari è proposta dall’American Medical Association (Craig, 1973), secondo la quale una lesione di primo grado è dovuta allo stiramento dell’unità muscolo-tendinea che provoca la rottura di solo alcune fibre muscolari o tendinee; la lesione di secondo grado è più severa della precedente, ma non vi è interruzione completa dell’unità muscolo-tendinea; infine la lesione di terzo grado si configura come una rottura completa dell’unità muscolo-tendinea. Reid (1992) suddivide le lesioni muscolari in tre tipi come illustrato nella Tabella 2.    
1. lesione muscolare da esercizio fisico (dolore muscolare ritardato)
2. strappo, di cui riconosce tre gradi (I,II,III):
I^ grado (lieve):
– danno strutturale minimo;
– piccola emorragia;
– guarigione in tempi brevi.
II^ grado (moderato):
– entità del danno variabile;
– rottura parziale;
– significativa perdita funzionale precoce.
III^ grado (severo):
– rottura completa;
– occorre aspirare l’ematoma;
– può essere necessario l’intervento chirurgico
3. contusione (lieve – moderata – severa)

  Tabella 2. Classificazione delle lesioni muscolari, secondo Reid, 1992.   Muller-Wolfart (1992), distingue diversi gradi di lesione, a seconda dell’unità strutturale interessata:

strappo

  1. stiramento muscolare
  2. strappo delle fibra muscolare
  3. strappo del fascio muscolare
  4. strappo muscolare.
Secondo questo Autore, la differenza fra stiramento e strappo sarebbe di tipo qualitativo e non quantitativo; in pratica, nello stiramento non c’è mai rottura, anche se piccola, di fibre muscolari. Come si può notare, nelle proposte di classificazione che sono citate a puro titolo esemplificativo, gli elementi differenziali sono costituiti da alterazioni anatomo-patologiche ben definite. Le terminologie utilizzate hanno per lo più significati analoghi, e in tutte le classificazioni, vengono definiti gradi crescenti di gravità delle lesioni. A questo punto si propone una classificazione che ha la pretesa di essere chiara, pratica e semplice, e che al tempo stesso, tenga conto dei vari contributi presenti in letteratura. La classificazione perciò proposta distingue i traumi muscolari che originano da un meccanismo indiretto, in cinque livelli di gravità che vengono definiti:

  1. contrattura
  2. stiramento
  3. strappo di primo, secondo e terzo grado.

I criteri adottati per distinguere i cinque livelli di gravità sono contemporaneamente di ordine anamnestico, sintomatologico ed anatomo-patologico.  

  1. Contrattura. Si manifesta con dolore muscolare che insorge quasi sempre a distanza dall’attività sportiva, con una latenza variabile (dopo qualche ora o il giorno dopo), mal localizzato, dovuto ad un’alterazione diffusa del tono muscolare (criteri anamnestico e sintomatologico), imputabile ad uno stato di affaticamento del muscolo, in assenza di lesioni anatomiche evidenziabili macroscopicamente o al microscopio ottico (criterio anatomo patologico).
  2. Stiramento. È sempre conseguenza di un episodio doloroso acuto, insorto durante l’attività sportiva, il più delle volte ben localizzato, per cui il soggetto e costretto ad interrompere l’attività, pur non comportando necessariamente un’impotenza funzionale immediata, e del quale conserva un preciso ricordo anamnestico (criteri anamnestico e sintomatologico). Poiché dal punto di vista anatomo-patologico non sono presenti lacerazioni macroscopiche delle fibre, il disturbo può essere attribuito ad un’alterazione funzionale delle miofibrille, ad un’alterazione della conduzione neuro-muscolare oppure a lesioni sub microscopiche a livello del sarcomero. La conseguenza sul piano clinico è rappresentata dall’ipertono del muscolo, accompagnato da dolore.
  3. Strappo. Si manifesta con dolore acuto, violento che compare durante l’attività sportiva (criteri anamnestico e sintomatologico comuni a tutti gli strappi), attribuibile alla lacerazione di un numero variabile di fibre muscolari. Lo strappo muscolare è sempre accompagnato da uno stravaso ematico (criterio anatomo-patologico comune), più o meno evidente a seconda dell’entità e della localizzazione della lesione e dall’integrità o meno delle fasce.

La distinzione in gradi viene riferita alla quantità di tessuto muscolare lacerato (criterio anatomo-patologico) e comprende: •        strappo di I grado: lacerazione di poche miofibrille all’interno di un fascio muscolare, ma non dell’intero fascio;

  • strappo di Il grado: lacerazione di uno o più fasci muscolari, che coinvolge meno dei 3/4 della superficie di sezione anatomica del muscolo in quel punto;
  • strappo di III grado: rottura muscolare, che coinvolge più dei 3/4 della superficie di sezione anatomica del muscolo in quel punto e che può essere distinta in parziale (lacerazione imponente, ma incompleta della sezione del muscolo) o totale (lacerazione dell’intero ventre muscolare).

È importante sottolineare che, sul piano clinico, il confine tra stiramento e strappo muscolare di I grado è molto sfumato, specialmente in fase precoce, quando un eventuale stravaso ematico può non risultare ancora evidente. In tal caso, come si vedrà in seguito, la diagnosi deve fondarsi, oltre che sulle caratteristiche cliniche della lesione anche sulle risultanze dell’indagine ecografica, eseguita dopo 48-72 ore dal momento del trauma. È altresì importante sottolineare che la distinzione in tre gradi di gravità degli strappi muscolari non può essere che arbitraria, data la difficoltà pratica di quantizzare l’entità della lesione.

Per semplicità vengono utilizzati solo tre gradi di gravità, ed il criterio adottato in questa circostanza, può essere definito come anatomo-patologico-funzionale. Infatti, l’entità dello strappo di primo grado può essere facilmente apprezzata mediante l’ecografia, così come la rottura muscolare completa risulta facilmente identificabile. I problemi sorgono quando è necessario stabilire la gravità di una lesione “intermedia” che coinvolge più di un solo fascio muscolare, ma meno dell’intero muscolo. In questo caso si adotta un criterio definito anatomo-patologico-funzionale, che identifica lo strappo di secondo grado, come una lesione che coinvolge più di un solo fascio muscolare ma meno dei 3/4 dell’intera superficie di sezione anatomica del muscolo. Ciò significa che, nonostante la lesione, una buona parte del muscolo è ancora integra, il deficit funzionale è presente, ma non assoluto, ed il processo di guarigione può avvenire nell’ambito di un tessuto la cui funzionalità non è completamente compromessa.

D’altra parte, quando il danno anatomico coinvolge approssimativamente più dei 3/4 della superficie di sezione anatomica del muscolo, la lesione è sicuramente imponente, il deficit funzionale è praticamente assoluto ed il processo di guarigione si deve instaurare nell’ambito di un tessuto la cui funzionalità è da considerarsi completamente compromessa. È interessante notare a questo proposito che è stato dimostrato che quando la lesione muscolare si estende per più del 50% della superficie di sezione anatomica, la riparazione avviene in non meno di 5 settimane (Pomeranz, 1993). È chiaro che l’entità della lesione, cioè la distinzione tra strappo di primo, secondo o terzo grado, può essere stabilita con buona approssimazione, solo grazie all’indagine ecografica.



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