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L'obbligo è scattato il 17 dicembre per le imprese con più di 50 dipendenti

Whistleblower, una nuova incombenza per denunce in maniera anonima

Dal 17 dicembre, imposto da una Direttiva UE, è scattato l'obbligo per le aziende che hanno più di 50 dipendenti (settore ortofrutta compreso) di adeguare i canali aziendali a tutela dei whistleblower, cioè di coloro che avendo rapporti con l'impresa ne denunciano eventuali illeciti riscontrati durante la propria attività. A tal proposito interviene l'avvocato Gualtiero Roveda, consulente di Fruitimprese, chiarimenti in materia.

FreshPlaza (FP): Quali sono le ragioni per le quali l'Unione europea ha introdotto nuovi obblighi per la protezione delle persone che segnalano violazioni?
Gualtiero Roveda (GR): Il whistleblowing è uno strumento di compliance aziendale finalizzato a proteggere le persone che segnalano violazioni del Diritto dell'Unione o di norme nazionali di cui abbiano avuto notizia nell'ambito della propria attività lavorativa. La UE è intervenuta in materia, al fine di far sì che tutti gli Stati membri adottino standard elevati di protezione nei confronti di coloro che denunciano illeciti. Una protezione insufficiente può, infatti, avere effetti negativi non solo sul singolo Stato membro ma sul funzionamento delle politiche dell'intera UE. Spesso, solo coloro che operano in un determinato contesto lavorativo possono essere a conoscenza di condotte illegali attuate all'interno di organizzazioni o istituzioni.

L'avvocato Gualtiero Roveda

FP: In pratica, la nuova disciplina europea consente a dipendenti, collaboratori, fornitori o clienti di un'azienda di segnalare, in modo assolutamente anonimo, riservato e protetto, eventuali illeciti di cui siano a conoscenza.
GR: È così. I gravi danni che le attività illegali causano all'ambiente, alla salute, alla sicurezza e all'economia evidenziano le caratteristiche di un processo di globalizzazione che impone di affrontare le sfide contemporanee come problematiche sovranazionali. Con la nuova disciplina il legislatore europeo intende costruire un rapporto di fiducia tra segnalante e istituzioni, promuovendo il ruolo del whistleblower come un valore fondamentale per tutelare gli interessi della collettività.

FP: Si deve, però, rilevare che gli italiani sono inclini a considerare la denuncia, la delazione quasi una sorta di tradimento che rompe il legame sociale con il gruppo di appartenenza.
GR: Non si può negare. Lo strumento del whistleblowing, tipico della cultura anglosassone, impatta su un problema culturale italiano. È sintomatico che nella nostra lingua non esista nemmeno una parola per indicare il concetto. Al contrario, spesso i media si riferiscono ai whistleblower con termini negativi quali gola profonda, talpa, spia contribuendo, così, a formare un clima culturale favorevole al silenzio.
Nel nostro Paese si è inclini a considerare lo spazio pubblico come un campo occupato da gruppi politici o confessionali gestito per interessi di parte. In questa visione non vi è un'etica pubblica condivisa, con la conseguenza che l'unico obbligo in capo al singolo è la fedeltà al proprio gruppo. In buona sostanza, l'omertà è considerata un inconfessabile valore.

Ma è una logica sbagliata. La normativa in questione dovrebbe contribuire a cambiare tale mentalità e ad affermare il valore civile della denuncia.

Foto d'archivio

FP: Le segnalazioni potranno riguardare violazioni del diritto dell'Unione europea e di norme nazionali?
GR: Sì. Ad esempio, irregolarità relative ai settori degli appalti pubblici, alla prevenzione del riciclaggio, alla sicurezza e conformità dei prodotti, alla tutela dell'ambiente e al riciclo dei rifiuti, alla sicurezza degli alimenti alla protezione dei consumatori e protezione dei dati personali.

FP: Sono previste sanzioni in materia per chi non ottempera all'obbligo?
GR: È stabilito un quadro sanzionatorio con sanzioni fino a 50.000 euro, la cui applicazione è demandata all'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).