Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Archivio

Autarchia dell'immigrazione, ovvero i cinesi in Italia

Agf
Agf 

I commercianti cinesi del quartiere Esquilino di Roma espongono davanti ai loro negozi solo scritte in cinese e c'è voluta una delibera del comune, di qualche anno fa, per invitarli a mettere una scritta anche in italiano, visto che, in fondo, a Roma ci viviamo anche noi che purtroppo non parliamo il mandarino. Nel distretto tessile di Prato, dove vive da oltre un ventennio la comunità cinese più numerosa di Italia, i matrimoni misti sono rarissimi e vengono sempre ostacolati dalle famiglie. Ovviamente da quelle cinesi.

I miei vicini di casa vengono da una regione del sud della Cina, hanno un ristorante cinese, con scritta cinese, figli cinesi, parlano mangiano e vestono cinese, e quando si incontrano per festeggiare qualcosa sono sempre e solo cinesi. Possibile che, con tutta la gente che conoscono, non ci sia un italiano simpatico da invitare a casa! Eppure è così perché questo misterioso popolo orientale possiede una tecnica di immigrazione improntata ad una rigida autarchia. Non è esatto, infatti, dire che i cinesi vengono qui a cercare lavoro ma piuttosto che vengono qui a portare il loro lavoro e a fondare colonie quasi perfettamente autonome e autocefale, in cui vivere e riprodursi nel modo più cinese possibile. Quando si trasferiscono in un quartiere, per esempio, loro non si limitano ad abitarci, loro lo occupano e in un pochissimo tempo mettono su negozi, case, ristoranti e laboratori (dove molto spesso si lavora al nero, né più né meno di come accade nelle nostre regioni del Sud) costruendo un vero micro-ecosistema economico in cui, dal boss, all'operaio, al commerciante, sono tutti cinesi. Ogni China Town, infatti, è destinata a diventare una piccola città stato (all'ingresso di quella di San Francisco, che ospita la più grande comunità cinese d'America c'è una porta con draghi rossi che serve proprio ad indicare l'ingresso in un altro territorio), con le sue regole, la sua economia e persino la sua criminalità.

Se tutti gli immigrati fossero così, non dovremmo neanche preoccuparci di favorire un processo di integrazione, per il semplice motivo che non lo vogliono e che non gli serve quasi a niente. Non è un caso, infatti, che tra gli extracomunitari che vivono in Italia, i cinesi non sono mai andati in televisione a protestare o a lamentare discriminazioni subite da parte delle leggi o della gente del nostro paese. Hanno adottato un antichissimo motto dei saggi greci: vivi di nascosto, e così per loro l'Italia, la Francia o l'America sono la stessa cosa. Gli interessa solo rimanere cinesi il più a lungo possibile.

Guarda anche:

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione