L'inconciliabile coesistenza delle visioni di Giorgetti e Salvini sulle pensioni

Luciano Capone

Il leader della Lega vuole Quota 103 che incentiva i lavoratori ad andare in pensione, il ministro dell'Economia punta sul Bonus Maroni che li incentiva a non usare Quota 103. 

“Un pensiero va a Bobo Maroni, perché entra in vigore questa norma che è sua. Gli avevo scritto per parlare di ciò, ma purtroppo non mi aveva risposto. Ora sappiamo il motivo”. L’anno scorso, presentando la manovra per il 2023 poche ore dopo la scomparsa dell’amico “Bobo”, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti annunciò l’introduzione del “bonus Maroni”, che prevede uno sgravio contributivo integrale per chi resta al lavoro avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata. All’epoca sembrò poco più che un omaggio all’ex segretario della Lega ed ex ministro del Lavoro, ma in realtà quella norma – che ha impiegato nove mesi per entrare in vigore in attesa di una circolare dell’Inps partorita solo pochi giorni fa – rappresenta qualcosa di più. Una visione dell’economia e del mercato del lavoro diametralmente opposta a quella contenuta nei programmi della Lega e propagandata per anni da Matteo Salvini.

 

Giorgetti l’ha spiegato, ovviamente senza fare riferimenti al segretario del suo partito, in maniera chiara nella conferenza stampa di presentazione della Nadef: “Ho questo mantra dei problemi di offerta – ha dichiarato il ministro dell’Economia – che vuol dire che abbiamo bisogno di imprese e di lavoratori”.  Questo riguarda, ha proseguito Giorgetti, “alcuni settori e professioni in cui abbiamo carenza di figure professionali. Forse, invece di incentivare il pensionamento, è il caso di incentivare il restare a lavoro e monetizzare in busta quello che è l’ammontare del cuneo contributivo. Il nostro interesse è che la gente continui a lavorare invece che accedere alla pensione. Quella norma l’ho voluta riproporre. Sono convinto che abbia delle grandissime potenzialità”. Il ministro dell’Economia, che  guarda con preoccupazione l’evoluzione della spesa pensionistica (ormai vicina al 17% del pil) di un paese in crisi demografica, punta su una policy che ha presupposti e obiettivi opposti alla Quota 100 realizzata da Salvini e alla Quota 41 del programma della Lega alle ultime elezioni.

 

L’idea di Salvini, inconsistente dal punto di vista logico ed empirico, è che attraverso i prepensionamenti  aumenta l’occupazione: tutti ricorderanno lo slogan fasullo dei tre giovani assunti per ogni pensionato, propagandato da Salvini e dal governo Conte. Si è verificato l’opposto: un assunto per ogni tre pensionati. La logica di Giorgetti è, invece, opposta ed è analoga a quella che ha motivato le riforme pensionistiche, dalla Dini alla Fornero, per rendere il sistema sostenibile. Bisogna trattenere le persone al lavoro, sostiene Giorgetti, non solo per non far crescere la spesa pensionistica ma per aumentare gli occupati e la produzione.

 

Ciò che non ha molto senso, nella politica del governo Meloni, è tenere contemporaneamente due misure contraddittorie: Quota 103 incentiva il lavoratore ad andare in pensione, il Bonus Maroni lo incentiva se non usa Quota 103. Coesistono perché contraddittoria è la linea della Lega, dato che la propaganda di Salvini è in contraddizione con la realtà. Sarebbe più coerente usare le risorse di Quota 103 per incentivare, secondo la stessa logica del Bonus Maroni, le assunzioni dei giovani.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali