Ricavi da ragguagliare ai costi da operazioni oggettivamente inesistenti secondo la Corte di Cassazione. Spetta al contribuente dimostrare l’incongruenza

by admintrib

L’Ordinanza n. 32060 del 28 ottobre della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Guida) accogliendo il ricorso del contribuente, precisa le regole sui costi da operazioni inesistenti, riformate nel 2012.

Sul punto il ricorrente aveva censurato l’errore di diritto della C.T.R. che, prima, ha qualifica le operazioni come oggettivamente inesistenti, ma dopo ha negato l’applicazione dell’art. 8, comma 2, d.l. n. 16 del 2012, avente portata retroattiva ed applicabile anche d’ufficio, secondo cui se l’ufficio disconosce i costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti deve però ridurre i ricavi fittiziamente dichiarati dal contribuente in relazione a detti costi inesistenti.

Tale norma prevede infatti:

“Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. In nessun caso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e la sanzione e’ riducibile esclusivamente ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”.

La Corte ricorda al riguardo che per la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 19/12/2019, n. 33915, in connessione con Cass. 08/10/2014, n. 21189, Cass.20/11/2013, n. 25967) «In tema di imposte sui redditi, e con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, grava sul contribuente l’onere di provare la natura fittizia dei componenti positivi del reddito che – ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 44 del 2012 – siano direttamente afferenti a spese o ad altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati e non devono pertanto concorrere alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi».

Secondo i Giudici di Legittimità, quindi, la C.T.R. si è discostata da questo principio di diritto quando afferma (cfr. punto 4 della sentenza) che l’art. 8, del d.l. n. 16 del 2012, trova applicazione soltanto nelle ipotesi di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti. Mentre in quel caso si tratta infatti di riconoscere i costi pur da fornitori irregolari, nel caso delle operazioni oggettivamente inesistenti, cioè di acquisti mai effettuati, si tratta invece di dare conto della fittizietà dei ricavi.

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2023 – Associazione culturale “il tributo” Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481
Restyling by Carmelo Russo