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Se l’azienda rinuncia al preavviso mi deve pagare?

3 Aprile 2024 | Autore:
Se l’azienda rinuncia al preavviso mi deve pagare?

Quando il datore deve pagare il preavviso e quando invece il dipendente perde l’indennità?

Cosa accade quando un dipendente si dimette e l’azienda decide di rinunciare al periodo di preavviso? Quest’ultima è tenuta a versargli la cosiddetta “indennità sostitutiva”? Quali sono i diritti del lavoratore? La Corte di Cassazione ha modificato quello che era il proprio tradizionale orientamento, sposando un’interpretazione più favorevole al datore di lavoro (si veda da ultimo l’ordinanza 6782/2024).

In questo breve articolo risponderemo alla domanda che spesso si pone in questi frangenti: «Se l’azienda rinuncia al preavviso mi deve pagare?».

Il problema

Ipotizziamo un dipendente che dia le proprie dimissioni, dando il preavviso per come previsto dal contratto collettivo.

In risposta, il datore comunica al lavoratore di non voler più la sua prestazione e di rinunciare pertanto al periodo di preavviso. Di conseguenza, lo invita a non presentarsi più in azienda.

Il dipendente, per tale motivo, esige il pagamento dell’indennità sostitutiva di preavviso. Ne ha diritto? La riposta è no.

Cosa dice la Cassazione sul diritto all’indennità di preavviso del dipendente?

La Cassazione ha chiarito che, in caso di dimissioni volontarie, se l’azienda rinuncia al preavviso, non sorge alcun obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva al lavoratore.

In parole semplici, se il datore di lavoro ti permette di non lavorare durante il periodo di preavviso, non è obbligato a versarti la retribuzione per quel lasso di tempo.

La Cassazione ha infatti stabilito che:

«In caso di dimissioni del lavoratore, il datore di lavoro che rinuncia al preavviso non è tenuto al pagamento dell’indennità sostitutiva».

Ciò significa che il dipendente non ha diritto ad alcun compenso per il periodo di preavviso non lavorato.

Perché non mi spetta l’indennità di preavviso?

La logica della sentenza è facilmente intuibile e anche condivisibile. Difatti, semmai il dipendente vuol lavorare di più e accreditare altre mensilità può sempre rimandare le dimissioni a un momento successivo.

L’indennità di preavviso è un termine che si dà a favore del datore e non del dipendente, ossia per consentire al primo di trovare un sostituto e non veder così danneggiata la produzione. Ma se il datore non ha bisogno di tale preavviso, allora al lavoratore che comunque non presta la propria attività non è dovuto nulla.

Questa interpretazione ribadisce la concezione dell’efficacia obbligatoria del preavviso, vedendolo come un semplice obbligo al quale il datore di lavoro può rinunciare senza dover corrispondere l’indennità al dipendente dimissionario.

Quando il datore deve pagare l’indennità di preavviso?

Esistono però alcune eccezioni a questa regola. Il datore deve versare l’indennità di preavviso:

  • se il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), applicato al rapporto di lavoro in questione, prevede il pagamento dell’indennità sostitutiva in caso di rinuncia al preavviso da parte del datore di lavoro. In tal caso il CCNL prevale sull’interpretazione della Corte;
  • se le dimissioni del dipendente avvengono per giusta causa, ossia per una grave violazione del contratto di lavoro commessa dal datore;
  • se il datore di lavoro ha rinunciato al preavviso per motivi discriminatori o vessatori.

In questi casi, il dipendente ha comunque diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva.

Cosa fare se il datore non paga il preavviso?

Se il datore di lavoro non paga il preavviso, il dipendente ha cinque anni di tempo dalla cessazione del rapporto di lavoro per agire contro di lui in un giudizio civile e ottenere dal giudice la condanna.

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