Paolo Fresco: "La pandemia non è colpa della globalizzazione"

Ospite di una conferenza telematica organizzata dai Rotary Club dell'Area Fiorentina, l'ex vice presidente di General Electric difende la globalizzazione del pianeta dalle accuse di aver agevolato la diffusione della pandemia

Paolo Fresco

Paolo Fresco

Firenze, 3 marzo 2021- «Non diamo colpa alla globalizzazione se siamo vittime della pandemia del Covid-19. Perché allo stesso tempo non si è mai visto un vaccino svilupparsi in meno di un anno. Può essersi diffusa velocemente anche grazie al trasporto aereo su cui viaggiano gli umani, ma contemporaneamente il virus è stato attaccato con una rapidità che non avevamo mai visto finora». Non ha dubbi Paolo Fresco, già vice presidente di General Electric e quindi presidente Fiat negli ultimi anni dell’era di Gianni Agnelli. Dalla sua leggendaria dimora di Fiesole, Fresco risponde al fuoco di domande e risposte che gli sono state poste lunedì scorso nel corso di un affollato Interclub (rigorosamente online) tra i Rotary dell’Area Fiorentina, organizzato dal Rotary Club Firenze Ovest, presieduto da Giovanni Gerini. Non una conferenza monologo, ma un vero e proprio talk show al quale l’ospite si è sottoposto volentieri. Spunto dell’incontro è stato il libro che Paolo Fresco (con Enrico Dal Buono) ha pubblicato a fine 2020 e che, non a caso, si chiama proprio «Mr. Globalization». Con un significativo sottotitolo: «La storia dell’uomo che portò il sogno americano alla Fiat».

"Avvocato Fresco, perché ha scritto questo libro autobiografico?" Gli viene chiesto da subito, senza troppe premesse. «Ammetto che non ho una risposta precisa. Dovevo dare il mio contributo per far capire quanto è importante il lavoro di squadra per il proprio successo. Ho capito che se qualcuno ha avuto esperienze particolarmente importanti, come nel mio caso, ha il dovere di condividerle con gli altri. Tutto qui». La globalizzazione è da sempre il cavallo di battaglia di Paolo Fresco. Qualcuno di lunga memoria ricorda anche che - in un convegno alla Legione Carabinieri Toscana di molti anni fa - lo stesso Fresco, parafrasando Andreotti, disse che «la globalizzazione fa male solo a chi non vi partecipa».

«Voglio aggiungere - precisa oggi ai Rotary l’ex presidente Fiat - che non ritengo comunque che la globalizzazione sia la panacea, che risolva tutti i problemi. E che non ne crei alcuno. Come tutti gli stravolgimenti sociali ed economici del mondo ha portato cambiamenti. Non si può però dire: non voglio il progresso perché ci sono effetti negativi. Quello che bisogna fare è introdurre misure di controllo efficaci verso gli eventuali abusi di questo progresso». Un altro punto fermo per Fresco è il lavoro di squadra. «L’uomo da solo può fare molto, ma non come dieci uomini in sintonia. Aggiungo anche che dieci uomini da soli possono fare molto meno bene di dieci uomini che si scambiano impressioni e che lavorano insieme. La comunità umana è più forte della somma dei componenti della comunità stessa». È la filosofia che lo ha portato ai vertici di General Electric e, dopo i 65 anni, alla presidenza della Fiat a seguito di una telefonata ricevuta da Gianni Agnelli. I ricordi «operativi» di Fresco passano attraverso l’acquisizione del Nuovo Pignone di Firenze da parte di General Electric, seguita direttamente da lui dopo il via libera del presidente e amico di sempre Jack Welch, scomparso esattamente un anno fa, il 1 marzo 2020. «Il Pignone aveva una leadership tecnologica a livello mondiale - racconta Fresco - ma non riusciva a sfruttarla perché non aveva una distribuzione dei prodotti sufficientemente forte nel mondo. Con General Electric le cose cambiarono nettamente al meglio».

Le domande continuano sul periodo che Fresco chiama «Torino agrodolce». È la sua permanenza per quattro anni circa (1999-2003) al timone della Fiat durante uno dei periodi più critici del mercato dell’auto. Ma anche la soddisfazione, una volta ritiratosi a Fiesole, di vedere dopo poco salire al vertice del Gruppo quel Sergio Marchionne, stimatissimo da Fresco, che in poco tempo riuscì a risollevare i destini aziendali. Grazie proprio al concetto di globalizzazione, propugnato da Fresco, che spinse Fiat a trovare validi partners in Usa. Lo stesso schema che, appena pochi mesi fa, ha visto l’ulteriore fusione con i francesi di Psa e che Fresco approva senza riserve.

Il talk show al Rotary continua. Fuga di cervelli («chiamiamola invasione italiana nel mondo» chiosa Fresco), la consolidata amicizia ed empatia con Mario Draghi («fino da quando facevamo escursioni in montagna»), la mai tramontata voglia di guardare il bicchiere mezzo pieno («è vero, sono sempre stato un inguaribile ottimista), il fattore C («chiamiamole opportunità che ti passano accanto ma che devi sapere cogliere»). Il dibattito diventa un monologo quando all’ospite, in chiusura, viene chiesto di parlare della Fresco Parkinson Institute. È l’iniziativa maturata dai coniugi Paolo Fresco e Marlène, che lo ha lasciato nel 2015 vittima proprio del Parkinson. La loro volontà è sempre stata quella di donare, aiutando le persone più deboli. Come nel caso dei malati parkinsoniani, non solo anziani ma anche giovani, verso i quali l’assistenza adeguata e professionale non è mai sufficiente a fronteggiare le tante esigenze.

Il messaggio di Paolo Fresco a chi affronta le fatiche di ogni giorno? «Non ho dubbi. Amare. Amicizia, condivisione dei problemi, aiutare chi ha bisogno, vedere gli aspetti positivi delle cose. La molla positiva del mondo è nell’amore. Io poi - conclude con un grande sorriso ‘Mister Globalization’ - ho una teoria forse un po’ estremista. San Francesco era un grande egoista. Sa perché? Gli dava tanta soddisfazione far del bene, per cui tutto quello che faceva lo rendeva felice. Più egoista di così… ».