WASHINGTON. Due anni dopo l’invasione russa in Ucraina, la Svezia ha aderito formalmente alla Nato. Decisivi – e tanto sudati – gli ultimi via libera degli alleati, dapprima la Turchia e infine l’Ungheria che hanno dato semaforo verde all’ingresso di Stoccolma nel club occidentale. Il primo ministro svedese Ulr Kristersson ha consegnato al segretario di Stato Usa Antony Blinken la documentazione necessaria per l’adesione. «Le buone cose arrivano per coloro che sanno aspettare», ha commentato il capo della diplomazia statunitense ricevendo il premier svedese e rimarcando che «il momento è storico per la Svezia e per le nostre relazioni transatlantiche».

La Svezia e la Finlandia – entrata nella Nato qualche mese fa - condividono 1340 chilometri di confine con la Russia e la loro adesione all’Alleanza rappresenta uno smacco per Putin che ha sempre cercato di evitare l’allargamento della Nato. La Svezia, ha detto Blinken, «incarna e promuove i valori al cuore della Nato, democrazia, libertà e stato di diritto».

Stoccolma beneficerà dell’ingresso nella Nato per la propria sicurezza e difesa, secondo Barbara Kunz del think tank Sipri, citata dall’agenzia Reuters, «aderire alla Nato è per Svezia come acquistare una polizza assicurativa ed il maggior provider di questa garanzia sono gli Stati Uniti».

«Con l’odierna aggiunta della Svezia, la Nato è più unita, determinata e dinamica che mai: conta oggi 32 nazioni», ha detto il presidente Biden. «Oggi riaffermiamo ancora una volta che i nostri valori democratici condivisi – e la nostra volontà di difenderli – sono ciò che rende la Nato la più grande alleanza militare nella storia del mondo».

Negli ultimi vent’anni la Svezia ha coordinato sempre di più il suo apparato di difesa e la sua strategia con la Nato; tuttavia, l’adesione formale è una netta cesura rispetto al passato. In 200 anni, infatti, Stoccolma si è sempre tenuta distante da alleanze militari e ha invocato la neutralità in tempi di conflitto. Dopo la Seconda Guerra mondiale è diventato un Paese campione nella difesa dei diritti umani e dal crollo dell’Urss nel 1991 anche il suo budget militare è stato progressivamente ridotto.

Sino a qualche anno fa quando fra timori di interferenze russe, e le operazioni di disturbo e conflitto negli Stati limitrofi – dalla Georgia, alla Moldova e sino ovviamente all’Ucraina – hanno spinto Stoccolma a modificare il suo approccio. Sino appunto all’adesione codificata ieri. La Finlandia è entrata lo scorso anno, la Svezia invece ha avuto scontri con Turchia e Ungheria che hanno rallentato il processo di ratifica. Con Erdogan in particolare il nodo è stato sin dall’inizio la protezione che Stoccolma dà alla comunità curda e ad alcune persone che Ankara considera terroristi; con Budapest invece lo scontro è stato più sui diritti civili, Orban ha sempre lamentato le ingerenze svedesi nella sua politica interna in tema di tutele per la comunità gay, libertà sessuale e istruzione. La fine dello stallo si è avuto il 23 febbraio con la visita di Kristersson a Budapest. In quell’occasione i due premier hanno finalizzato anche un’intesa commerciale sui caccia, l’Ungheria comprerà da Stoccolma 4 Saab Jas Gripen.

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