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Quei commercialisti sono un…MiTo

DA TRADIZIONALI ESPERTI DEL FISCO, SONO ORMAI ASSURTI IN MOLTI CASI AL RANGO DI CONSULENTI STRATEGICI DELLE IMPRESE

di Andrea Giacobino

“Devo prima parlare con il mio commercialista”: quante volte imprenditori italiani anche importanti fanno questa precisazione al banchiere che è venuto a proporre l’affare del secolo o al consulente che dipinge la possibilità di un’interessante operazione straordinaria. Nati come esperto di fisco, i commercialisti, almeno alcuni tra loro, si sono poi affermati nel corso degli anni come vero braccio destro sia del direttore finanziario di un’azienda sia dello stesso imprenditore. Il commercialista, quindi, non è solo il professionista che redige il bilancio e intrattiene rapporti col collegio sindacale e con la società di revisione, ma s’è trasformato in un vero e proprio consulente strategico.

Da qui a pensare di fare strategia di alto livello il passo è stato breve. Nella Prima Repubblica basti pensare a due nomi di commercialisti assurti agli onori delle cronache economiche, finanziarie e anche politiche. A Milano Pompeo Locatelli, di area socialista, classe 1940, appassionato collezionista di quadri e oggi anche imprenditore con la sua Alidem che vende foto d’autore a prezzi ragionevoli, nel suo studio in via San Vittore mise in piedi la cordata tra Silvio Berlusconi, Michele Ferrero e Pietro Barilla per comprare (senza riuscirci) il gruppo alimentare Sme dall’Iri di Romano Prodi che invece piazzò il boccone a Carlo De Benedetti. E ancora Locatelli, qualche anno dopo, fu l’inventore del cosiddetto “patto del cowboy” quando si cercava una via d’uscita allo stallo societario sorto in Enimont tra l’Eni di Gabriele Cagliari e la Montedison-Ferruzzi di Raul Gardini. Su tutt’altra sponda politica, in quel di Bologna possiede il suo quartier generale dove ancora oggi è attivissimo un altro commercialista a 24 carati: Piero Gnudi, classe 1938, che deve parte del suo successo professionale anche alla vicinanza con un altro bolognese “doc”, il citato Prodi. Innumerevoli le operazioni nelle quali è stato coinvolto. Classe 1938, sposato con Francesca dalla quale ha avuto tre figlie (Elisabetta, Maddalena, Elsa), Piero Gnudi è titolare della cattedra di flauto al Conservatorio di Milano e devotissimo della bolognese Madonna di San Luca. Si fa fatica a tenere il conto delle posizioni da lui ricoperte in consigli d’amministrazione e come commissario. Da ultima è arrivata la nomina a commissario straordinario dell’Ilva.

Altri due commercialisti “doc” più giovani sono all’opera fra Torino e Milano e meritano attenzione perché al centro di affari importanti con nomi pesanti della finanza italiana. Nel capoluogo piemontese opera Massimo Segre, classe 1959, figlio di Giulio (scomparso nel 1995) e di Franca Bruna morta nel 2014 a 88 anni. La madre, membro della influente comunità ebraica della città, fondò nel 1981, con altre famiglie torinesi, la riservatissima Banca Intermobiliare, poi quotata, che ha accompagnato a lungo De Benedetti nelle sue scalate nell’alta finanza. Franca Bruna Segre era schiva, solitaria, non amava i salotti: le piaceva dire di non avere amici e di parlare con pochi. Imparò a essere tenace fin da bambina, quando fu colpita dalla poliomielite, e si diplomò ricevendo il premio come primo ragioniere di Torino. Dopo la guerra, avviò a Torino col marito uno studio da commercialista. E negli uffici di via Valeggio ancora oggi opera il figlio che con la madre ottenne successi importanti, quando la Bim fu quotata in Borsa fino all’amara vendita a Veneto Banca e da questa al fondo Attestor. Oggi Segre dal suo studio, dove continua anche l’attività di commercialista, guida attraverso la holding Mi.Mo.Se. una galassia di attività la più importante delle quali è l’immobiliare Ipi rilevata nel 2009, con 300 dipendenti e asset di mattoni per oltre 300 milioni. Nel secondo semestre di quest’anno Ipi si è aggiudicata, nell’ambito di un’asta, il diritto di acquistare l’iconico Palazzo Rai a Torino in via Cernaia, stipulando un preliminare di acquisto per 8,1 milioni e versando una caparra di 1,6 milioni: l’edificio realizzato nel 1966 si eleva per 19 piani fuori terra (oltre a tre piani interrati) e 72 metri di altezza con una superficie fuori terra di 20.400 mq. Segre, che continua a restare vicino a De Benedetti e ai suo tre figli (Edoardo, Marco e Rodolfo) con diversi incarichi societari, è proprietario fra l’altro di quella Directa Sim che è stata pioniere in Italia del trading on line.

Livio Strazzera, classe 1961, ha il suo studio a Milano in via Borgogna. E’ il figlio del defunto Pietro, classe 1928, nato a Trapani ma trapiantato a Milano, dove iniziò a lavorare come funzionario all’ufficio delle imposte per poi approdare, in età già matura, al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, dove da direttore centrale rimase a collaborare con la gestione di Giovanni Bazoli anche per qualche tempo dopo il crack. Il legame della famiglia d’origine siciliana ma milanese d’adozione con il potente “Nanni” proiettò gli Strazzera in partite importanti della finanza meneghina, giocate sia come consulenti sia in proprio con la holding Serfis.

“Non concordo con il concambio proposto. A mio parere è sbagliata la scelta temporale: la motivazione è illogica”. Era il 27 febbraio del 2001 e così Livio Strazzera, nemmeno quarantenne, prendeva la parola all’assemblea straordinaria di Montedison in rappresentanza proprio della Serfis, titolare di un pacchetto del 7,46%. Quel breve intervento contribuì al naufragio della fusione con la Falck voluta da Mediobanca e fu il segnale d’inizio dell’assalto al gruppo di Foro Bonaparte che dell’impero lasciato da Enrico Cuccia fu la prima provincia a capitolare. Oggi Serfis possiede il 10% della Italmobiliare di Carlo Pesenti (Strazzera ne è vicepresidente) e la famiglia di commercialisti è vicinissima ai business della famiglia Rotelli, regina della sanità privata lombarda (con alla testa il gruppo Policlinico San Donato), anche dopo il passaggio di testimone dal defunto fondatore Giuseppe Rotelli al figlio Paolo. Senza dimenticare che gli Strazzera posseggono nel centro di Milano un ricco patrimonio di immobili pregiati.