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Adesioni record, con un valore complessivo di 600 milioni, per il viaggio verso Itaca. Quello che dovrà condurre a «casa», cioè verso un assetto stabile, le aziende valide ma bisognose di «vitamine» patrimoniali dopo un percorso che magari le ha portate a fare investimenti o altre operazioni straordinarie ma le ha appesantite dal punto di vista finanziario. Itaca, il progetto ideato dal banchiere della azienda Giovanni Tamburi, da Sergio Iasi, e Angelo Catapano, affiancati da Massimo Lucchini, ha quindi superato di molte lunghezze il traguardo fissato a settembre. L’asticella doveva infatti fermarsi attorno ai 400 milioni. Ma la domanda da parte degli investitori è stata forte. Tra i tanti, hanno risposto alla chiamata Claudio Luti, l’imprenditore che ha fatto della sua Kartell uno dei simboli del made in Italy del design portandolo su tutti i mercati globali. E c’è anche Pierluigi Loro Piana, ex proprietario dell’azienda di tessuti in lana e cachemire che da molti anni investe nelle Piccole e medie per sostenerne la crescita. I due imprenditori fanno parte di quel drappello costituito da un centinaio di famiglie che fin dall’inizio investono a fianco del sistema disegnato attorno alla Tamburi investment partners.
Investitori in fila per il «progetto Itaca» che il fondatore di Tip ha lanciato con Catapano, Iasi e Lucchini. Chi c’è, da Luti (Kartell) a Loro Piana. I target tra riassetti e passaggi generazionali
L’invito alle famiglie
Le lettere d’invito verso Itaca erano state spedite da Tip ai potenziali investitori a metà settembre. Vale a dire a famiglie come i Manuli, i Branca, i Lunelli, il gruppo metallurgico Ferrero, i Giubergia, Giovanni Domenichini della Inver group (vernici). Poi agli armatori della D’amico e Giuseppe Lavazza, Sergio Dompé e Gaetano Marzotto, solo per citare qualche esempio. Non tutti avrebbero aderito. Per Itaca sono sbarcati anche investitori nuovi.
Nel primo giro gli inviti sono stati rivolti solo ai più «affezionati», cioè alle famiglie che hanno partecipato agli investimenti fase di riassetto che l’ha immobilizzata. Perché alla fine si cercano sempre eccellenze, anche in fieri. Itaca non guarderà a npl, utp o operazioni di private debt. Investirà in quote di minoranza qualificata o di controllo e la spinta potrà venire anche con l’inserimento di management. Sarà un modo per cercare di sbloccare i passaggi generazionali, dato che l’emergenza sembra far cambiare
atteggiamento a molti.
Il modello
Dal punto di vista tecnico Itaca si ispira al profilo di Asset Italia, un’altra piattaforma della scuderia di Tip che dà agli investitori la facoltà di scegliere se partecipare alle singole operazioni proposte. E funziona con una modalità che dovrebbe consentire di unire, alle aspettative e alle risorse dei family office, le competenze della squadra. Itaca equity, controllata al 60% dai tre partner e con il 40% detenuto da Tip, ha infatti coniato Itaca equity holding alla quale hanno appunto aderito direttamente i family office interessati, oltre alla stessa Tip.
Il team è guidato da esperti del settore. Iasi è chief restructuring officer di Maccaferri e lo è stato in Trevi, Catapano ha molte competenze gestionali e Lucchini è stato a capo del restructuring in Unicredit.
«Vorremmo che fosse una buona ricetta per fare ripartire le imprese, aveva spiegato Giovanni Tamburi nella fase di lancio del progetto —. L’idea è di convogliare i capitali delle famiglie che hanno dimostrato di essere brave con le loro industrie. Itaca ha sollecitato queste realtà a intervenire per sostenere quelle che hanno bisogno di una spinta decisiva per essere di successo domani».
Gli imprenditori che hanno investito in Tip hanno avuto un rendimento medio di oltre il 15% l’anno. Più, per alcuni, i forti capital gain sui club deal. Ora secondo i promotori è il momento di investire anche nelle situazioni problematiche.