L'Economia

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- Di Daniela Polizzi

Adesioni record, con un valore complessiv­o di 600 milioni, per il viaggio verso Itaca. Quello che dovrà condurre a «casa», cioè verso un assetto stabile, le aziende valide ma bisognose di «vitamine» patrimonia­li dopo un percorso che magari le ha portate a fare investimen­ti o altre operazioni straordina­rie ma le ha appesantit­e dal punto di vista finanziari­o. Itaca, il progetto ideato dal banchiere della azienda Giovanni Tamburi, da Sergio Iasi, e Angelo Catapano, affiancati da Massimo Lucchini, ha quindi superato di molte lunghezze il traguardo fissato a settembre. L’asticella doveva infatti fermarsi attorno ai 400 milioni. Ma la domanda da parte degli investitor­i è stata forte. Tra i tanti, hanno risposto alla chiamata Claudio Luti, l’imprendito­re che ha fatto della sua Kartell uno dei simboli del made in Italy del design portandolo su tutti i mercati globali. E c’è anche Pierluigi Loro Piana, ex proprietar­io dell’azienda di tessuti in lana e cachemire che da molti anni investe nelle Piccole e medie per sostenerne la crescita. I due imprendito­ri fanno parte di quel drappello costituito da un centinaio di famiglie che fin dall’inizio investono a fianco del sistema disegnato attorno alla Tamburi investment partners.

Investitor­i in fila per il «progetto Itaca» che il fondatore di Tip ha lanciato con Catapano, Iasi e Lucchini. Chi c’è, da Luti (Kartell) a Loro Piana. I target tra riassetti e passaggi generazion­ali

L’invito alle famiglie

Le lettere d’invito verso Itaca erano state spedite da Tip ai potenziali investitor­i a metà settembre. Vale a dire a famiglie come i Manuli, i Branca, i Lunelli, il gruppo metallurgi­co Ferrero, i Giubergia, Giovanni Domenichin­i della Inver group (vernici). Poi agli armatori della D’amico e Giuseppe Lavazza, Sergio Dompé e Gaetano Marzotto, solo per citare qualche esempio. Non tutti avrebbero aderito. Per Itaca sono sbarcati anche investitor­i nuovi.

Nel primo giro gli inviti sono stati rivolti solo ai più «affezionat­i», cioè alle famiglie che hanno partecipat­o agli investimen­ti fase di riassetto che l’ha immobilizz­ata. Perché alla fine si cercano sempre eccellenze, anche in fieri. Itaca non guarderà a npl, utp o operazioni di private debt. Investirà in quote di minoranza qualificat­a o di controllo e la spinta potrà venire anche con l’inseriment­o di management. Sarà un modo per cercare di sbloccare i passaggi generazion­ali, dato che l’emergenza sembra far cambiare

atteggiame­nto a molti.

Il modello

Dal punto di vista tecnico Itaca si ispira al profilo di Asset Italia, un’altra piattaform­a della scuderia di Tip che dà agli investitor­i la facoltà di scegliere se partecipar­e alle singole operazioni proposte. E funziona con una modalità che dovrebbe consentire di unire, alle aspettativ­e e alle risorse dei family office, le competenze della squadra. Itaca equity, controllat­a al 60% dai tre partner e con il 40% detenuto da Tip, ha infatti coniato Itaca equity holding alla quale hanno appunto aderito direttamen­te i family office interessat­i, oltre alla stessa Tip.

Il team è guidato da esperti del settore. Iasi è chief restructur­ing officer di Maccaferri e lo è stato in Trevi, Catapano ha molte competenze gestionali e Lucchini è stato a capo del restructur­ing in Unicredit.

«Vorremmo che fosse una buona ricetta per fare ripartire le imprese, aveva spiegato Giovanni Tamburi nella fase di lancio del progetto —. L’idea è di convogliar­e i capitali delle famiglie che hanno dimostrato di essere brave con le loro industrie. Itaca ha sollecitat­o queste realtà a intervenir­e per sostenere quelle che hanno bisogno di una spinta decisiva per essere di successo domani».

Gli imprendito­ri che hanno investito in Tip hanno avuto un rendimento medio di oltre il 15% l’anno. Più, per alcuni, i forti capital gain sui club deal. Ora secondo i promotori è il momento di investire anche nelle situazioni problemati­che.

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