di Evelyn Crippa

Le intercettazioni sono un importantissimo strumento d’indagine, ove indispensabili alla prevenzione e repressione di reati di particolare gravità.

Lo scorso 7 dicembre, il ministro della giustizia Carlo Nordio ha annunciato al Senato di aver intenzione di proporre «una profonda revisione della disciplina delle intercettazioni» e di voler vigilare «in modo rigoroso su ogni diffusione che sia arbitraria e impropria».

Entro giugno il governo presenterà i disegni di legge sulla riforma dell’abuso d’ufficio, del traffico di influenze illecite, della prescrizione e delle intercettazioni; per queste ultime, il fine è “anche di evitarne l’indebita pubblicazione”.

Le intercettazioni, secondo Nordio, «sono diventate strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica». Inoltre, durante un question time al Senato ne ha definito il costo “esorbitante”.

Le intercettazioni si distinguono, a seconda della loro finalità, in processuali e preventive. Quelle processuali hanno la funzione di consentire la prosecuzione delle indagini oppure di agevolare le ricerche del latitante. Quelle preventive hanno, invece, una funzione di pubblica sicurezza, mirano cioè alla prevenzione dei reati.

Nella previsione di riforma del Governo sembra che si voglia puntare ad una “stretta” sulle intercettazioni processuali, potenziando invece quelle preventive (recentemente modificate – art. 1, comma 684, L. 29 dicembre 2022, n. 197 ha modificato l’art. 4, D.L. n. 144/2005).

A fini processuali sono attualmente consentite solo nei procedimenti relativi a reati di particolare gravità, elencati all’articolo 266 co. 1 del codice di procedura penale, e solo quando vi siano gravi indizi e l’intercettazione sia assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (art. 267 co.1). Inoltre, per le intercettazioni ambientali all’interno di abitazioni private, è necessario che vi sia fondato motivo di ritenere che in esse si stia svolgendo l’attività criminosa (art. 266 co. 2).

Nel tentativo di attuare un difficile equilibrio tra la tutela di diritti individuali, come la riservatezza e la reputazione, e le esigenze processuali, si sono susseguite in particolare due riforme legislative. La c.d. riforma Orlando delle intercettazioni ha inserito nel codice penale il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente (art. 617 septies), nonché modificato alcuni articoli del codice di procedura penale riguardanti le intercettazioni, in modo da rendere più stringenti le garanzie dei diritti fondamentali che questo strumento d’indagine mette a rischio.

A favore della riforma troviamo i penalisti italiani che si sono espressi ritenendo che “occorre respingere le speculazioni ed i ricatti giustizialisti, e proseguire con coraggio sulla strada di una vera riforma liberale della giustizia penale.”

Totalmente contrari, invece, sono i magistrati sentiti fino a oggi (alla commissione giustizia al senato), fermi nel ritenere che le intercettazioni non devono essere ulteriormente limitate.

Un punto particolarmente importante di cui si è discusso in questi mesi è quello che riguarda la criminalità organizzata e il terrorismo.

Nordio ha annunciato che “le intercettazioni resteranno per reati gravissimi o quando siano ritenute necessarie, ma ogni ufficio giudiziario deve avere un budget da non sforare” così “come per acquistare una fotocopiatrice”.

Molto netto il parere del Procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo: «Trovo straordinario che in un mondo globalmente interconnesso si stia ragionando sull’abbandono dello strumento che meglio di tutti tiene in contatto gli autori dei reati sul territorio nazionale, da un capo all’altro d’Europa, da un capo all’altro del mondo».

Anche Nando Dalla Chiesa, sociologo, esperto dei fenomeni di criminalità organizzata e Presidente Onorario di Libera, ritiene che non tutti i reati siano perseguibili attraverso una rete di intercettazioni senza limiti e aggiunge: “Quando partecipai in Parlamento a questo dibattito fu escluso che tutti i reati siano perseguibili con indagini condotte attraverso intercettazioni, ma certi tipi di reati chiedono le intercettazioni. Io, per esempio, sarei per l’uso delle intercettazioni anche contro la corruzione”.

Il costo annuale delle intercettazioni non sembra poter essere una concreta motivazione a una cosi prospettata riforma. La criminalità organizzata ha una elevata capacità di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, comportando cosi un elevatissimo costo diretto e indiretto.

Che le intercettazioni abbiano dato un apporto straordinario al patrimonio conoscitivo della Giustizia italiana rispetto ai più gravi fenomeni criminali, contraddistinti dalla segretezza della loro natura e salvaguardati dall’omertà, non può essere messo in dubbio, tanto che si potrebbe e si dovrebbe pensare a interventi sì migliorativi riguardo alle garanzie, ma anche rafforzativi di questo strumento, cosi da ottenere sempre maggiori successi nel campo della giustizia con maggior beneficio per tutta la società civile.

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