Il potere della risata: umorismo e spiritualità

Serenella Bertolone, co-autrice del libro “Psicosofia. Un ponte tra psicologia e spiritualità” , ci parla del potere della risata e del suo collegamento con ciò che ha a che fare con la spiritualità.

08 Febbraio 2023  

Nel contributo che ha dato al libro “Psicosofia. Un ponte tra psicologia e spiritualità” con il suo scritto, la dottoressa Serenella Bertolone ha approfondito il tema della forze e potenza della risata, argomento estremamente interessante.

E cita una frase di Giacomo Leopardi («Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno si trova difeso da ogni parte. Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo») «che risulta piuttosto insolita rispetto all’idea che fin dalle scuole medie ci facciamo di questo autore spiega la stessa Bertolone. Questa frase esprime secondo l’autrice «una sorta di doppio paradosso che ha solleticato la sua curiosità e sollecitato alcune domande. La prima riguarda proprio quale sia questo grande potere che Leopardi attribuisce al riso e poi: quali funzioni svolge il riso sul piano sociale, della vita collettiva? Fa bene ridere? Che succede a livello bio-psico-fisiologico quando ridiamo? C’è un collegamento tra il senso dell’umorismo e ciò che definiamo “spiritualità”? E anche: potremmo considerare il senso dell’umorismo un utile strumento di lavoro, un “arnese” che non dovrebbe mai mancare nella “borsa degli attrezzi” dello psicosofo sinergetico?».

Seguendo un filo di ricordi e di letture l’autrice esamina il fenomeno da diversi punti di vista, con l’intento di trovare possibili risposte che siano rispettose e inclusive delle diverse sfaccettature della realtà. 

«Sul piano sociale si mette in evidenza il ruolo di “giustiziere” del riso: dai Giullari a Henri Bergson esso rappresenta il “castigo” per gli atteggiamenti e i comportamenti eccessivi e incoerenti del potere che risultano palesemente sconnessi dalla logica naturale della vita - spiega Bertolone - In questa ottica ridere diviene un atto eversivo che svela e rivela, apre la strada al cambiamento, ma così facendo svolge pure una funzione conservativa perché contribuisce all’auto-regolazione della società e rinforza la percezione di coesione sociale: ridere insieme è una esperienza di intesa che fa riecheggiare la sensazione di condivisione e “complicità” nella comunità. Sul versante corporeo gli aspetti coinvolti sono molteplici, uno per tutti: le moderne neuroscienze confermano ciò che la cultura popolare da secoli tramanda e cioè che questa “peristalsi della gioia”, a volte irrefrenabile e più “contagiosa” dello sbadiglio, favorisce la salutogenesi e il benessere. È proprio vero insomma che il riso “fa buon sangue” perché provoca l’immissione, in quel flusso umorale che è lo spazio di comunicazione del nostro ambiente interno, di neurotrasmettitori (endorfine, serotonina) che agiscono sull’equilibrio del sistema ormonale e immunitario in antagonismo con le sostanze che produciamo in risposta allo stress (cortisolo, adrenalina)». 

«Non è straordinario e buffo anche, che oggi si scopra ciò che qualche secolo prima di Cristo era già noto a Ippocrate e Galeno? La ricerca delle nostre radici sapienziali regala sempre sorprese – aggiunge la dottoressa Bertolone - Non fa eccezione la ricerca delle radici etimologiche. Sappiamo ad esempio che “umorismo” viene dal latino “humor” e definisce sia uno stato liquido o fluido della materia, sia una disposizione dell’animo, che è invece del tutto immateriale ma forse allo stesso modo inafferrabile. E ancora: se hai il senso dell’umorismo, l’attitudine a cogliere aspetti divergenti, comici e paradossali della realtà sei “spiritoso” cioè dotato di spirito, parola che, come “spirituale”, deriva pari pari da “spiritus”, il nome latino del respiro, del soffio che rende vitale la materia». 

Che tra spiritualità e umorismo ci sia un rapporto stretto, di fratellanza, secondo l’autrice è reso ben evidente dai cosiddetti “koan”, gli assurdi e un po’ folli rompicapo senza soluzione logica che il buddhismo zen utilizza proprio per indurre l’esperienza degli angusti limiti della mente cognitiva, per spostare l’attenzione, e con essa l’energia, dalla indagine mentale volontaria alla percezione spontanea, intuitiva (dal latino: intuere, vedere dentro). «In questa prospettiva umorismo e spiritualità sembrano condividere addirittura alcune qualità con la poesia, come l’immediatezza evocativa, l’intelligenza agile e una percezione di leggerezza sottile e profonda che non si confonde con la superficialità - spiega sempre Bertolone - Umorismo quindi come elemento dinamico del pensiero, per affinare la capacità di osservare la realtà con un certo distacco, sia mentale che emozionale, a favore dell’intelligenza creativa e dell’immaginazione che parla un linguaggio simile a quello del sogno e dà accesso ad una comprensione più attinente al vedere che al pensare razionale. Ecco già un buon motivo per considerarlo uno strumento da mettere nello zaino di guide e viandanti dei viaggi psicosofici, ma se ne sottolinea anche la funzione “sdrammatizzante”, che alleggerisce istantaneamente ogni cupezza emozionale e prelude alla possibilità di lasciare andare, perdonare e perdonarsi».

«Si può ridere allora delle cose serie, dei drammi della nostra vita, degli errori, dei dolori e delle nostre paure? Oh sì! E quando possiamo farlo vuol dire che siamo oltre, abbiamo saltato l’ostacolo, scavalcato il muro o la pozza di fango nella quale eravamo finiti; come recita il Tao-te-ching: “Se non se ne ridesse, la Via non meriterebbe di essere considerata tale”».

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di Terra Nuova


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