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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> <strong>Federico</strong> <strong>II</strong><br />

Dottorato <strong>di</strong> ricerca in Filologia moderna<br />

Coor<strong>di</strong>natore: Prof. Costanzo Di Girolamo<br />

Tesi <strong>di</strong> dottorato<br />

Ciclo XX<strong>II</strong><br />

Portrait de l’artiste en passeur:<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

me<strong>di</strong>atore e critico letterario tra Italia e Francia<br />

Can<strong>di</strong>dato: Dott. Daniela Sannino<br />

Tutore: Prof. Matteo Palumbo<br />

Cotutori: Proff. Maria Cristina Cafisse,<br />

Silvia Disegni, Antonio Saccone<br />

<strong>Napoli</strong> 2009


In<strong>di</strong>ce<br />

Nota introduttiva p. 3<br />

I. L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

1.1 Il cosmopolitismo malinconico e sognante <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> p. 11<br />

1.2 L’«homme double» e la permeabilità delle frontiere culturali p. 24<br />

1.3 <strong>Gualdo</strong> a Milano: tra salotti, caffè e redazioni p. 33<br />

1.4 <strong>Gualdo</strong> a Parigi: la città, i salons e le novità della fin de siècle p. 54<br />

<strong>II</strong>. Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

2.1 Influenza scapigliata e tematica artistica: la produzione critico-letteraria p. 66<br />

2.2 Sulla rinascita dei versi italiani: il caso Alear<strong>di</strong> promosso in Francia p. 84<br />

2.3 Tra poesie e <strong>di</strong>pinti: la recensione all’opera <strong>di</strong> Emilio Praga p. 91<br />

2.4 La commemorazione <strong>di</strong> Adèle d’Affry, scultrice e pittrice p. 106<br />

<strong>II</strong>I. Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i narratori italiani<br />

3.1 Giovanni Verga e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: storia <strong>di</strong> un’amicizia fraterna e letteraria p. 114<br />

3.2 Il critico del critico: le parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> sull’opera <strong>di</strong> Capuana e viceversa p. 138<br />

3.3 De Roberto, “scrittore <strong>di</strong> grande ingegno” <strong>di</strong> “romanzi <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne” p. 152<br />

3.4 Tra reale e ideale: gli ‘esseri eccezionali’ nel Daniele Cortis <strong>di</strong> Fogazzaro p. 161<br />

3.5 Una lettera che vale una recensione: Il furto <strong>di</strong> Carlo Placci p. 175<br />

IV. Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

4.1 Ernesto Rossi, l’Hamlet méri<strong>di</strong>onal p. 186<br />

4.2 Dalle letture preventive alla propaganda critica: il consigliere <strong>di</strong> Giacosa p. 197<br />

4.3a La coppia Duse-Boito attraverso la penna <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> p. 214<br />

4.3b La <strong>di</strong>va ed il passeur: legami, incontri e me<strong>di</strong>azioni in favore della Duse p. 220<br />

4.3c Tra teatro, musica e poesia: la sintonia d’arte e <strong>di</strong> vita con Arrigo Boito p. 233<br />

4.4 Un caso <strong>di</strong> plagio: dal Mariage excentrique al Matrimonio d’un matto p. 254


V. Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali<br />

5.1 Il simile e il <strong>di</strong>ssimile nella ressemblance: Gabriele d’Annunzio p. 267<br />

5.2 L’incontro con Matilde Serao e l’avversione <strong>di</strong> Scarfoglio p. 285<br />

VI. L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

6.1 Due termini <strong>di</strong> paragone imprescin<strong>di</strong>bili: il culto per Balzac e Flaubert,<br />

“l’inventore” ed “il maestro” del romanzo moderno p. 298<br />

6.2 Le Décolleté e le Décolletant: <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Jules Barbey d’Aurevilly p. 317<br />

6.3 Dai Goncourt a Zola: “le nuove formole dalle quali doveva scaturire<br />

nelle sue infinite variazioni il Romanzo quale lo si intende ora” p. 328<br />

6.4a Il contributo nella <strong>di</strong>ffusione della narrativa <strong>di</strong> Zola in Italia:<br />

la ricezione delle opere les moins realiste p. 349<br />

6.4b Agli antipo<strong>di</strong> della critica gual<strong>di</strong>ana: Cameroni lettore del Naturalismo p. 377<br />

6.5 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Paul Bourget: un autoritratto allo specchio p. 399<br />

6.6 Verso il romanzo della decadenza: il carteggio ine<strong>di</strong>to con Barrès p. 433<br />

V<strong>II</strong>. I poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

7.1 Il coinvolgimento nello scenario internazionale: dal Congrès Littéraire<br />

del 1889 all’Anthologie des Poètes Français du XIX siècle p. 454<br />

7.2a Théophile Gautier e gli arcani segreti della Forma p. 468<br />

7.2b Di padre in figlia: l’ere<strong>di</strong>tà artistica <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier Mendès p. 483<br />

7.3a Il legame umano ed artistico più longevo: François Coppée p. 491<br />

7.3b <strong>Gualdo</strong>, Coppée e l’Italie <strong>di</strong> Maurice Faucon p. 506<br />

7.4 La fine, aristocratica e generosa de<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Robert de Montesquiou p. 512<br />

7.5 Mallarmé, “plume évocatrice, dans un tourbillon de rêve et de mystère” p. 524<br />

Bibliografia p. 537<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi p. 566


Nota introduttiva<br />

Quando nel 1859 Carlo Bo, presentando l’opera omnia <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

aveva sottolineato l’importanza <strong>degli</strong> autori cosiddetti ‘minori’ nella storia del<br />

secondo Ottocento italiano, egli si era a lungo soffermato sull’importanza <strong>di</strong><br />

questa categoria composta da “testimoni preziosi per recuperare il cammino<br />

reale della letteratura”. 1 Tuttavia, cimentandosi nel recupero dei testi gual<strong>di</strong>ani,<br />

il critico si era subito imbattuto in una serie imprevista <strong>di</strong> ostacoli, primo fra<br />

tutti la <strong>di</strong>spersione della documentazione relativa allo scrittore in esame, documentazione<br />

che, soltanto al giorno d’oggi, sta lentamente ritornando alla luce,<br />

<strong>di</strong>sseminata in giro per l’Europa tra archivi pubblici e fon<strong>di</strong> privati.<br />

Il primo a rendersi conto delle <strong>di</strong>fficoltà destinate agli stu<strong>di</strong>osi intenzionati<br />

a costringere nelle reti della critica “un pesce <strong>di</strong>fficile da catturare e da cucinare<br />

nella salsa giusta” (Sormani), 2 quale si è pian piano <strong>di</strong>mostrato essere <strong>Gualdo</strong>,<br />

era stato Benedetto Croce, il quale (dopo aver con insistenza chiesto notizie<br />

all’amico Casati) 3 aprì significativamente il proprio articolo sulle pagine de «La<br />

Critica» affermando che lo scrittore in esame, milanese <strong>di</strong> nascita e parigino<br />

d’elezione, “parve appartenere e non appartenere al mondo letterario italiano”. 4<br />

La sua vita, in effetti, risulta fin dall’infanzia talmente movimentata da rendere<br />

impresa ardua il volerne seguire tutte le fasi e gli spostamenti: nato a Milano<br />

il 9 febbraio 1844, <strong>di</strong>scendente da una nobile famiglia lombarda, <strong>Luigi</strong> Gaetano<br />

Giacomo Enrico <strong>Gualdo</strong> Bolis fu costretto al cosmopolitismo sin dalla più<br />

tenera età. Insieme ai genitori (sembrerebbe a causa del coinvolgimento paterno<br />

nei moti rivoluzionari), egli sarà costretto alla fuga, vivendo i suoi primi anni in<br />

1<br />

C. BO, Introduzione a L. GUALDO, Romanzi e Novelle, Firenze, Sansoni, 1959, p. XIV.<br />

2<br />

E. SORMANI, La crisi della mezza età nell’età della crisi. Rileggiamo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in<br />

«Pace e Guerra», 16 giugno 1983, p. 89.<br />

3<br />

B. CROCE, Lettere ad Alessandro Casati, <strong>Napoli</strong>, Istituto Italiano per gli <strong>Stu<strong>di</strong></strong> Storici,<br />

1969, pp. 174-176. Doc. 352 (del 26 aprile 1935): “ti prego <strong>di</strong> rammentarti che mi occorre la<br />

data della morte del <strong>Gualdo</strong>” e doc. 354: “Ricordati <strong>di</strong> mandarmi la data riguardante il <strong>Gualdo</strong>”.<br />

4<br />

ID., <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «La Critica», 20 luglio 1935, pp. 248-256; rist. in La Letteratura<br />

della Nuova Italia, vol. V, Bari, Laterza, 1948, pp. 235-245. Sembrerebbe che, tra gli anni ’30 e<br />

’40, Alessandro Casati e Dante Petaccia – entrambi membri dell’originario consiglio <strong>di</strong> amministrazione<br />

dell’Istituto Italiano per <strong>Stu<strong>di</strong></strong> Storici – fossero in possesso <strong>di</strong> gran parte delle carte<br />

appartenute a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, poi andate <strong>di</strong>sperse. Attualmente è stata ritrovata, nel Fondo Casati<br />

della biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano, soltanto una lettera <strong>di</strong> Émile Zola destinata a <strong>Gualdo</strong>.<br />

3


Svizzera ed in Inghilterra (1848), poi a Marsiglia (1851) e, quin<strong>di</strong>, nell’amata<br />

Parigi, dove si stabilirà insieme alla madre per un breve periodo per infine rientrare<br />

in Italia, appena do<strong>di</strong>cenne, nel 1856. Di queste lunghe migrazioni resta,<br />

oltre ad un passaparto, una sola testimonianza che <strong>Gualdo</strong> ha affidato alle pagine<br />

<strong>di</strong> una sua novella giovanile, La Gran Rivale, nella quale lo scrittore si autoraffigura<br />

celandosi sotto le spoglie <strong>di</strong> un personaggio cui non viene mai attribuito<br />

un nome, menzionato solo come “l’amico <strong>di</strong> Alberto”:<br />

Fin da fanciullo egli era poeta ed essendosi coraggiosamente avviato si era reso<br />

colpevole in breve tempo <strong>di</strong> due volumi <strong>di</strong> prosa e perfino <strong>di</strong> uno piccino <strong>di</strong> versi…<br />

Suo padre, che travolto nelle sfortune politiche aveva dovuto emigrare, aveva scelto<br />

Parigi per <strong>di</strong>mora. 5<br />

Finzione letteraria a parte, i dati della biografia gual<strong>di</strong>ana (ricostruita da<br />

Valeria Donato, 6 Pierre de Montera 7 e Renata Lollo, 8 nonché integrata sulla base<br />

dei documenti custo<strong>di</strong>ti alla Biblioteca Ambrosiana 9 ed all’Archivio <strong>di</strong> Stato<br />

10 <strong>di</strong> Milano) rappresentano il punto <strong>di</strong> partenza per cercare le ragioni profonde<br />

del fascino esercitato sui suoi contemporanei da questo “uomo <strong>di</strong> tendenze<br />

raffinate tipo Carlo Placci, il Carlino del Piccolo mondo moderno del Fogazzaro”<br />

(Pampaloni). 11 Non a caso proprio con il soprannome “Carlino” (semplie<br />

coincidenza?) <strong>Gualdo</strong> sarà noto tra i suoi amici e colleghi; così lo chiamano, ad<br />

5<br />

L. GUALDO, La Gran Rivale, in Romanzi e Novelle, cit., p. 42.<br />

6<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

in «Atti dell’Accademia delle Scienze <strong>di</strong> Torino», vol. 107, 1973, pp. 281-367.<br />

7<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-1898). Son milieu et ses amitiés milanaises et<br />

parisiens. Lettres iné<strong>di</strong>tes à François Coppée. Pages oubliées, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura,<br />

1983.<br />

8<br />

L. GUALDO, Le poesie (1859-1893), Introduzione, notizia biografica e note filologiche<br />

a cura <strong>di</strong> R. Lollo, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1989.<br />

9<br />

Il Fondo <strong>Gualdo</strong>, comprendente lettere dello scrittore <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e libri da lui posseduti,<br />

è stato donato dal marchese Mario Litta Mo<strong>di</strong>gnani alla Biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano.<br />

Giunto dall’Archivio <strong>di</strong> Portoferraio (Isola d’Elba) in data 25 ottobre 2000, il fondo è stato poi<br />

catalogato, con segnatura ms. Z 80 suss., nel <strong>di</strong>cembre dello stesso anno da Gigliola Barbero.<br />

10<br />

I documenti dell’Archivio Litta Mo<strong>di</strong>gnani furono acquistati in data 3 marzo 1990 su<br />

proposta <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta dell’erede gual<strong>di</strong>ano Mario Litta Mo<strong>di</strong>gnani e rior<strong>di</strong>nati da Bernadette Cereghini,<br />

archivista <strong>di</strong> Stato, con la collaborazione <strong>di</strong> Laura D’Ambros, operatore museale, tra il<br />

2001 e il 2002. I registri <strong>di</strong> provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis fanno tutti parte del Tit. XXV.<br />

11<br />

G. PAMPALONI, Introduzione a L. GUALDO, Decadenza, Milano, Il Club <strong>degli</strong> E<strong>di</strong>-<br />

tori, 1961, p. 9.<br />

4


esempio, Matilde Serao, Giuseppe Giacosa e <strong>Federico</strong> de Roberto, 12 in tal modo<br />

contribuendo a sopraffare lo pseudonimo “Neluski” (ispirato ad un personaggio<br />

de L’Africaine <strong>di</strong> Meyerbeer) la cui <strong>di</strong>ffusione era stata in principio alimentata<br />

dallo stesso scrittore. 13<br />

Quasi completamente ine<strong>di</strong>to, almeno fino alla riproposizione <strong>di</strong> tutte le<br />

opere curata dal Bo, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> aveva in realtà conosciuto ai suoi tempi un<br />

<strong>di</strong>screto successo: autore bilingue, aveva esor<strong>di</strong>to giovanissimo nel mondo dell’e<strong>di</strong>toria<br />

pubblicando un libro <strong>di</strong> Novelle (Bona, 1868), presto seguito dai romanzi<br />

Costanza Gerar<strong>di</strong> (Treves, 1871) e Une ressemblance (Lemerre, 1874),<br />

dalla raccolta La Gran Rivale e altri racconti (Treves, 1877), ancora dal romanzo<br />

Un mariage excentrique (Lemerre, 1879), dalle liriche de Le Nostalgie (Casanova,<br />

1883) per concludere il suo percorso letterario con quello che è stato<br />

definito il suo piccolo capolavoro, Decadenza (Treves, 1892). All’infuori delle<br />

pubblicazioni in volume si colloca, infine, tutta una fitta serie <strong>di</strong> testi narrativi e<br />

poetici apparsi tra il 1867 ed il 1897 su numerose riviste nostrane e transalpine,<br />

oltre che – versante, questo, forse <strong>di</strong> maggiore interesse – un insieme <strong>di</strong> brillanti<br />

articoli, saggi e recensioni (anch’essi in italiano e in francese) de<strong>di</strong>cati a scrittori,<br />

artisti, drammaturghi e musicisti coevi.<br />

Quest’ultimo aspetto della produzione gual<strong>di</strong>ana – accennato soltanto in<br />

una rassegna <strong>di</strong> Maria Cristina Cafisse 14 e nel più recente stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Anna Santorsola<br />

15 – rappresenta, senza dubbio, il campo d’indagine più fecondo. Molte<br />

parole, <strong>di</strong>fatti, sono state spese nella seconda metà del Novecento per analizzare<br />

la prosa e i versi <strong>di</strong> questo sorprendente scrittore dagli spunti felici ma dagli esiti<br />

quantomai incompiuti (fatta eccezione, naturalmente, per Decadenza); al contrario,<br />

è rimasto a lungo territorio in gran parte inesplorato il suo lavoro <strong>di</strong> pubblicista,<br />

il cui esame, unitamente alla scoperta e al vaglio dei suoi carteggi, costituisce<br />

quanto <strong>di</strong> più utile a delinearne la figura (sempre segnalata, ad<strong>di</strong>tata,<br />

però mai davvero stu<strong>di</strong>ata e sviscerata) <strong>di</strong> homme double appartenente a più re-<br />

12<br />

Cfr. E. CACCIA, Note e Rassegne. Lettere <strong>di</strong> Matilde Serao a Giuseppe Giacosa, in<br />

«Lettere Italiane», aprile-giugno 1972 e A. NAVARRIA, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> <strong>Federico</strong> de Roberto<br />

a Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Giorgi, in «L’Osservatore politico letterario», settembre 1963.<br />

13<br />

Bilbioteca del Museo del Risorgimento <strong>di</strong> Milano, Civiche Raccolte Storiche, Fondo<br />

Vittoria Cima, c.3 b.40. Si veda, in particolare, la firma apposta in calce alle lettere 2 e 3.<br />

14<br />

M. C. CAFISSE, Rassegna <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> su <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Esperienze letterarie», ottobre<strong>di</strong>cembre<br />

1978.<br />

15<br />

A. SANTORSOLA, <strong>Gualdo</strong> critico e lettore, nella Francia della fine secolo, in «Italia-<br />

nistica», XXV<strong>II</strong>, 1998.<br />

5


altà linguistiche, letterarie e intellettuali. È a questo scopo che la presente ricerca<br />

è stata incentrata sull’indagine del prezioso ruolo ricoperto da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

in qualità <strong>di</strong> passeur culturel, me<strong>di</strong>atore tra i suoi due mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> appartenenza,<br />

quello italiano (tale per nascita) e quello francese (scelto per elezione), senza<br />

<strong>di</strong>menticare, poi, le seppur rare puntate nell’universo anglosassone, tedesco,<br />

americano e – parrebbe – ad<strong>di</strong>rittura nell’ambito dell’Europa dell’Est.<br />

Ricco abbastanza da non avere preoccupazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pratico, egli percepisce<br />

fin dall’adolescenza la vocazione per il mondo delle lettere: come il<br />

dandy baudelairiano <strong>di</strong>spone in abbondanza <strong>di</strong> tempo e denaro, ma possiede anche<br />

una fervente fantasia e soprattutto un’acuta sensibilità artistica. Queste peculiarità,<br />

nutrite dal respiro spregiu<strong>di</strong>catamente cosmopolita della sua formazione,<br />

consentono a <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> imporsi tra i testimoni più notevoli (e al tempo<br />

stesso meno chiassosi, grazie all’autentica <strong>di</strong>screzione che sempre caratterizzò<br />

la sua persona in ogni genere <strong>di</strong> relazione) e più qualificati della profonda trasformazione<br />

<strong>di</strong> gusto operatasi sui due versanti delle Alpi nella seconda metà<br />

del XIX secolo, epoca <strong>di</strong> delicate transizioni in <strong>di</strong>versi settori della cultura nonché<br />

della vita sociopolitica dell’uomo ottocentesco.<br />

La vastità <strong>di</strong> conoscenze e <strong>di</strong> letture, la piena padronanza <strong>di</strong> più lingue e il<br />

fervido interesse con cui seguiva i recentissimi esperimenti delle colonie letterarie<br />

francesi gli consentirono, sin dalla fine <strong>degli</strong> anni ’60, <strong>di</strong> entrare in contatto<br />

con le menti più illuminate della Parigi dei suoi tempi, <strong>di</strong> conoscere maestri del<br />

calibro <strong>di</strong> Victor Hugo, Théophile Gautier, Gustave Flaubert, Dumas fils, Théodore<br />

de Banville, i fratelli Goncourt e Barbey d’Aurevilly, ma soprattutto <strong>di</strong><br />

stringere legami umani e professionali con tanti rappresentanti delle nuove generazioni<br />

emergenti. Diventarono, così, suoi confratelli artisti <strong>di</strong> lui coetanei<br />

come Stéphane Mallarmé, Émile Zola, Catulle Mendès, Ju<strong>di</strong>th Gautier, Robert<br />

de Montesquiou, Gégé Primoli, Henri Cazalis, Maurice Barrès (<strong>di</strong> cui nel presente<br />

stu<strong>di</strong>o verrà riportata una corrispondenza ine<strong>di</strong>ta) 16 e specialmente Paul<br />

Bourget e François Coppée che resteranno, vita natural durante, i suoi più affezionati,<br />

intimi e sinceri amici d’oltralpe.<br />

Il <strong>di</strong>sinvolto protendersi al <strong>di</strong> là delle frontiere casalinghe non impedì, tuttavia,<br />

a <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> legarsi anche a molti gran<strong>di</strong> nomi del belpaese, primo fra tutti<br />

quell’Arrigo Boito incontrato giovanissimo durante le lunghe causeries intrattenute<br />

nel gabinetto vert-pomme <strong>di</strong> Vittoria Cima, la dama salottiera con cui lo<br />

16 BNF, Département des Manuscrits (Site Richelieu), Fonds Barrès, docc. <strong>Gualdo</strong> 1-6.<br />

6


scrittore entrò precocemente in intimità, come <strong>di</strong>mostra il carteggio ine<strong>di</strong>to tra i<br />

due <strong>di</strong> recente portato alla luce, 17 fonte <strong>di</strong> estremo valore per la ricostruzione<br />

dei rapporti interpersonali (e quin<strong>di</strong> lavorativi) gual<strong>di</strong>ani, giacché ricopre un<br />

ampio arco cronologico che va dal 1866 fino all’anno che precede la morte dell’autore,<br />

il 1897. A Boito si affiancò presto Giuseppe Giacosa, etichettato con il<br />

<strong>di</strong>minutivo piemontese ‘Pin’: il trio, ogni giorno più affiatato, si trasformò però<br />

presto in un in<strong>di</strong>ssolubile quartetto contemplante anche Giovanni Verga (meglio<br />

noto, tra <strong>di</strong> loro, come ‘Nestore’). Durante i mesi <strong>di</strong> permanenza lombarda,<br />

la fitta rete <strong>di</strong> relazioni si allargò gradualmente, finendo per includere contatti<br />

vecchi e nuovi: dalle file della Scapigliatura ecco, allora, Emilio Praga e Giovanni<br />

Camerana, tra gli esuli attratti dalla vita milanese figurano poi, Capuana,<br />

<strong>di</strong> Giorgi e de Roberto, cui vanno aggiunte personalità <strong>di</strong> primo piano del campo<br />

e<strong>di</strong>toriale quali Emilio Treves e Torelli Viollier. A cominciare dal penultimo<br />

ventennio del secolo il suo raggio d’azione si estese, infine, sulla capitale e, così,<br />

nell’orbita <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> vennero attratti persino d’Annunzio, Eleonora Duse,<br />

Matilde Serao e Scarfoglio, garantendo al critico duraturi contatti all’interno <strong>di</strong><br />

un vastissimo firmamento <strong>di</strong> astri nascenti o già noti al grande pubblico.<br />

Presi in maniera separata questi due vasti stuoli <strong>di</strong> amicizie d’Italia e <strong>di</strong><br />

Francia potrebbero già <strong>di</strong> per sé essere sufficienti a far comprendere la notorietà<br />

<strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong> godeva ai suoi tempi; eppure, un tale tipo <strong>di</strong> interesse offrirebbe<br />

risultati d’indagine limitati, mentre è invece il panorama globale, inglobante ad<br />

un tempo entrambe le sue <strong>di</strong>rezioni d’influenza, ad essere più che mai stimolante<br />

come campo <strong>di</strong> ricerca. Solo se, dunque, si considera il suo aver fatto letteralmente<br />

da ponte tra i suddetti due universi, il quadro <strong>di</strong>venterà davvero completo,<br />

dando in tal modo la possibilità <strong>di</strong> sottolineare il peso reale che questo silenzioso<br />

me<strong>di</strong>atore ha avuto nel consentire lo sviluppo <strong>di</strong> efficaci interrelazioni<br />

in grado <strong>di</strong> valicare il sempre più permeabile confine delle Alpi.<br />

Simile al Carlino Dessalle fogazzariano che riconosce in se stesso una costruzione<br />

infinitamente composta, “uno specchio delle cose multicolore, mobile,<br />

ora piano, ora cavo, ora convesso”, 18 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> è un personaggio decisamente<br />

complesso e probabilmente, proprio per questo motivo, capace <strong>di</strong> calamitare<br />

attorno a sé una tanto ricca e significativa schiera <strong>di</strong> artisti <strong>di</strong> ogni sorta.<br />

Bell’uomo, eccentrico nel vestire, noto affabulatore e caldo conversatore, questi<br />

17 Fondo Vittoria Cima, c. 3, b.40, docc. 1-28.<br />

18 A. FOGAZZARO, Piccolo mondo moderno, Introduzione <strong>di</strong> A. Dolfi, con uno scritto <strong>di</strong><br />

G. Piovene, Milano, Mondadori, 2009, p. 118.<br />

7


è visto dai più come un gaudente viveur mondano e cosmopolita, un “Carlino<br />

[…] troppo amato” che ha per la testa “troppi quadrilateri <strong>di</strong> marchese, baronesse<br />

e contesse”; 19 i suoi intimi nella società scaligera della Milano umbertina gli<br />

riconoscono, inoltre, eccellenti doti come consigliere <strong>degli</strong> artisti, giu<strong>di</strong>ce letterario<br />

e critico preventivo cui affidarsi prima <strong>di</strong> portare a termine qualsivoglia<br />

pubblicazione. 20 Ma egli non era soltanto questo: solo chi lo conobbe davvero,<br />

chi lo ha frequentato nel quoti<strong>di</strong>ano, chi è stato suo corrispondente non occasionale,<br />

chi ha saputo con occhio attento e minuzioso leggere le sue pagine, ha<br />

potuto scoprire chi fosse in verità, nel profondo, il timido autore che “troppa<br />

piccola parte […] trasfuse <strong>di</strong> sé ne’ suoi libri”, 21 con quel tanto <strong>di</strong> malinconico,<br />

<strong>di</strong> sognante, <strong>di</strong> velleitario, <strong>di</strong> grigio e decadente tipico della sua aura magnetica.<br />

Sempre signorilmente all’ombra in ciò che concerneva questioni private<br />

proprie e altrui, soltanto in rare occasioni egli si è lasciato trasportare per confessare<br />

i più profon<strong>di</strong> moti dell’animo suo e quando, alfine, i suoi sentimenti<br />

hanno avuto modo <strong>di</strong> trapelare, ecco allora venire alla superficie la constatazione<br />

del vuoto esistenziale e l’opprimente peso dello spleen. Risulta pertanto evidente,<br />

me<strong>di</strong>ante lo sfogo <strong>di</strong> tali umori, che quella dell’épicurien subtil è stata in<br />

realtà una semplice maschera indossata per far fronte all’angoscia <strong>di</strong> un relativismo<br />

crescente, alla nostalgia, al rimpianto non del passato, bensì <strong>di</strong> una indefinibile<br />

e ignota felicità passante attraverso la strada dell’arte; teoria, questa, che<br />

trova la sua migliore espressione nell’ultima opera gual<strong>di</strong>ana, Decadenza, il testo<br />

che con felicissima espressione Madrignani ha sinteticamente e brillantemente<br />

definito “il romanzo del tempo e della noia”. 22<br />

Colpito appena cinquantenne, nel 1894, da una grave forma <strong>di</strong> paralisi, lo<br />

scrittore fu costretto ad un dorato esilio nella Parigi fin de siècle dove, tuttavia,<br />

non restò mai solo o isolato, circondato dall’affetto <strong>di</strong> principesse e me<strong>di</strong>ciartisti.<br />

Tutti i suoi amati confratelli d’arte e <strong>di</strong> vita, inoltre, si recarono in pellegrinaggio<br />

al suo capezzale per rendere più dolce la sofferenza dei suoi ultimi,<br />

dolorosi, quattro anni <strong>di</strong> vita. Neppure l’inguaribile male, comunque, riuscì a<br />

stroncare il suo <strong>di</strong>namismo intellettuale. Dopo aver speso un’intera vita a far da<br />

19<br />

Lettera <strong>di</strong> Matilde Serao intestata “Roma, 20 ottobre 1884”, in E. CACCIA, Note e Rassegne.<br />

Lettere <strong>di</strong> Matilde Serao a Giuseppe Giacosa, cit., pp. 222-223.<br />

20<br />

G. ROVETTA, Vita letteraria, in «Don Chisciotte della Mancia», 24 marzo 1892.<br />

21<br />

––, Necrologio. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Corriere della sera», 17-18 maggio 1898.<br />

22<br />

C. A. MADRIGNANI, Introduzione a L. GUALDO, Decadenza, Milano, Mondadori,<br />

1981.<br />

8


instancabile tramite tra le culture dei suoi due popoli, facendo conoscere Dumas<br />

alla Duse, traducendo per primo Coppée in Italia e Verga in Francia, <strong>di</strong>ffondendo<br />

il credo <strong>di</strong> un certo naturalismo zoliano e goncourtiano al <strong>di</strong> qua della cortina<br />

delle Alpi, facendo da cicerone nonché analizzando per il pubblico del belpaese<br />

Bourget, aprendo le porte alle novità <strong>di</strong> Mallarmé e Verlaine per il passaggio<br />

oltre frontiera, recensendo Flaubert, Balzac, Gautier, Barbey d’Aurevilly sulle<br />

riviste nostrane e, contemporaneamente, favorendo la pubblicazione <strong>di</strong> un esor<strong>di</strong>ente<br />

d’Annunzio sulle riviste parigine, quelle stesse sulle quali aveva promosso<br />

dapprima il poeta Alear<strong>di</strong> e poi l’attore Ernesto Rossi, dopo aver fatto tutto<br />

ciò, si <strong>di</strong>ceva, non cessò per un solo istante, dal suo letto <strong>di</strong> agonia, <strong>di</strong> continuare<br />

a mettersi <strong>di</strong>scretamente al servizio <strong>di</strong> coloro che erano stati la sua vera, più<br />

ampia famiglia.<br />

Per tale ragione egli continerà, persino in assai precarie con<strong>di</strong>zioni, a seguire<br />

le sorti francesi dei romanzi della Serao tradotti da Minnie Bourget, a scrivere<br />

saggi sul marito <strong>di</strong> quest’ultima sulle pagine dei perio<strong>di</strong>ci italiani, ad intrattenere<br />

conversazioni letterarie con Montesquiou, a scortare la Duse nel corso delle<br />

sue tournées parigine, a favorire i contatti tra gli amici Arrigo Boito e Giuseppe<br />

Giacosa con Émile Zola e Edmond de Goncourt. Ed è proprio quest’ultimo<br />

che, a testimonianza dello sforzo profuso da <strong>Gualdo</strong>, ha prontamente<br />

annotato, sulle pagine del suo Journal, l’energia adoperata dal povero invalido<br />

nel perseverante tentativo <strong>di</strong> essere – fino agli sgoccioli della sua esistenza –<br />

onnipresente, benché non senza <strong>di</strong>fficoltà, “en tout les lieux du monde et de<br />

plaisir”. 23<br />

Scomparso il 15 maggio 1898 all’età <strong>di</strong> cinquantaquattro anni, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

lasciò un gran vuoto nei cuori e nelle vite <strong>di</strong> molti suoi cari, tutti artisti <strong>di</strong> cui<br />

egli, con animo nobile, non <strong>di</strong>menticò l’affetto e la solidarietà <strong>di</strong>mostrati perfino<br />

in punto <strong>di</strong> morte, decidendo ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> menzionare i più intimi tra <strong>di</strong> essi<br />

all’interno del proprio testamento. 24 I giornali europei (e s’intenda, qui, con<br />

giornali europei i titoli <strong>di</strong> ben quarantaquattro tra le più note testate dei maggiori<br />

paesi del vecchio continente), 25 quasi si fosse trattato <strong>di</strong> un avvenimento <strong>di</strong><br />

23 E. – J. DE GONCOURT, Journal. Mémoires de la vie littéraire, avant-propos de l'Académie<br />

Goncourt; texte intégral, établi et annoté par R. Ricatte, t. IV, Monaco, les É<strong>di</strong>tions de<br />

l'Imprimerie nationale de Monaco, 1958, p. 968.<br />

24 ––, Il testamento <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Il Corriere della Sera», 18-19 maggio 1898.<br />

25 Da – in or<strong>di</strong>ne cronologico dell’apparizione <strong>degli</strong> articoli – «Le Journal» a «La Liberté»,<br />

da «L’Aurore» a «Il Corriere <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>», da «Le Gaulois» «La Gazette de France», da «La Gazzetta<br />

<strong>di</strong> Venezia» a «L’Evènement», da «La Lombar<strong>di</strong>a» a «Le Matin», da «Le Moniteur Uni-<br />

9


isonanza internazionale, de<strong>di</strong>carono tutti prime pagine <strong>di</strong> notizie, articoli e necrologi<br />

per annunciare la morte del compianto <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, lo scrittore italofrancese<br />

proclamato a Parigi, nell’agosto del 1896, Cavaliere della Legione<br />

d’Onore per il merito <strong>di</strong> essersi reso, durante l’intera sua esistenza, ambassadeur<br />

officieux de la culture.<br />

versel» a «La Perseveranza», da «Le Petit Journal» a «Le Petit Moniteur Universel», da «Le<br />

Peuple Français» a «Le Soleil», da «Le Temps» a «L’Univers et le Monde», da «Il Corriere della<br />

Sera» a «La Gazzetta <strong>di</strong> Torino», da «Le Figaro» a «L’Independence Belge», da «L’Intransigeant»,<br />

a «La Perseveranza», da «Le Petit Bleu de Bruxelles» a «Le Ra<strong>di</strong>cal», da «Le<br />

Rappel» a «Le Siècle», da «Il Sole» al «Don Chisciotte <strong>di</strong> Roma», da «Il Fanfulla» a «Il Pungolo<br />

parlamentare», da «La Fronde» a «Le Temps», da «Il don Chisciotte <strong>di</strong> Roma», a «L’Evènement»,<br />

da «Le Moniteur des Théâtres» a «Il Popolo Romano», da «La Tribuna» a «La Gazzetta<br />

<strong>di</strong> Torino», da «La Sera» a «L’Écho de Paris», da – infine – «La Gazette Anecdotique» a<br />

«La Gazzetta Letteraria». Per una rassegna completa ed esaustiva <strong>degli</strong> articoli commemorativi<br />

redatti in morte <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> si veda il punto 3 della Bibliografia.<br />

10


.<br />

Capitolo Primo<br />

L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Le génie de l’artiste peintre de mœurs<br />

est un génie d’une nature mixte.<br />

Observateur, flâneur, philosophe...<br />

Quelque fois il est poëte; plus souvent<br />

il se rapproche du romancier ou du moraliste;<br />

il est le peintre de la circonstance<br />

et de tout ce qu’elle suggère d’éternel.<br />

(Charles Baudelaire, Le peintre de la vie moderne)<br />

1.1 Il cosmopolitismo malinconico e sognante <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

Nell’estate del 1858 un appena quattor<strong>di</strong>cenne <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> re<strong>di</strong>geva in<br />

bella grafia, su <strong>di</strong> un quadernetto dalla copertina marmorizzata, le sue Memorie<br />

<strong>di</strong> Viaggio: nel piccolo fascicolo, pagina dopo pagina, alle avventure dei tre<br />

protagonisti – il giovane scolaro, sua madre ed il precettore <strong>di</strong> lingua inglese,<br />

John Danton Storey – si affiancano, <strong>di</strong> tappa in tappa, numerose comparse <strong>di</strong><br />

ogni estrazione e nazionalità, mentre sullo sfondo si stagliano alcuni dei più<br />

scenografici paesaggi svizzeri, tedeschi e belgi. Com’è possibile leggere nell’incipit<br />

del breve manoscritto ine<strong>di</strong>to, 26 questo gruppetto <strong>di</strong> viaggiatori aveva<br />

lasciato Milano, il 31 luglio, per “abbandonare un cielo che fa ricordar la canicola”<br />

e <strong>di</strong>rigersi, quin<strong>di</strong>, alla scoperta delle bellezze naturali ed artistiche dell’Europa<br />

continentale, spinto specialmente dal desiderio <strong>di</strong> ammirare “le rive<br />

del Reno vantate da celebri scrittori”, 27 ma ancor <strong>di</strong> più le monumentali città<br />

26 Il quaderno, ine<strong>di</strong>to, è custo<strong>di</strong>to all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano (Fondo Litta Mo<strong>di</strong>gnani<br />

Tit. XXV: Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis, Parte 2. Aral<strong>di</strong>ca in ispecie, Gr. 2: <strong>Luigi</strong> <strong>di</strong> Alessandro <strong>di</strong><br />

Giacomo 1844-1862, Altri manoscritti del Nobile Don <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Bolis, Cart. n. 2, Fasc. 1).<br />

27 Ivi, c.1r.<br />

11


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

dell’area centrale del vecchio continente con la loro storia, i musei, le gallerie,<br />

le cattedrali e soprattutto le loro popolazioni multiculturali.<br />

Spostamenti in treno, in <strong>di</strong>ligenza, in barca e a pie<strong>di</strong> fanno da contorno a<br />

fortuiti incontri con baldanzose donne teutoniche, strampalati uomini d’affari a<br />

riposo, artisti britannici ed allegri irlandesi, compagni <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> cui l’adolescente<br />

<strong>Gualdo</strong> annota <strong>di</strong>scorsi, vicende, racconti e leggende e con i quali egli<br />

conversa amabilmente, in qualsivoglia lingua. Dagli appunti scolastici della<br />

medesima epoca, infatti, si evince che il ragazzo dovesse già possedere un’ottima<br />

padronanza dell’inglese, del tedesco e, naturalmente, del francese, i<strong>di</strong>omi ai<br />

quali si aggiungerà qualche anno più tar<strong>di</strong> – come si legge nel carteggio con<br />

Vittoria Cima – almeno lo spagnolo. 28 Il poliglottismo è una caratteristica <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> che viene spesso riba<strong>di</strong>ta dai suoi contemporanei, insistendo tuttavia, <strong>di</strong><br />

norma, in maniera particolare soltanto sulla sua abilità <strong>di</strong> esprimersi in francese<br />

al pari <strong>di</strong> un madrelingua – “il a deux langues à son service” vien detto, ad esempio,<br />

sulla Revue Suisse in un articolo de<strong>di</strong>cato al “romancier franco-italien”.<br />

29 Le sue competenze, ad ogni modo, erano molto più vaste <strong>di</strong> quanto si<br />

fosse soliti affermare e includevano non solo l’eccezionale abilità <strong>di</strong> esprimersi<br />

in molteplici lingue, ma anche l’incre<strong>di</strong>bile capacità <strong>di</strong> servirsene nel più affascinante<br />

e coinvolgente dei mo<strong>di</strong>.<br />

In una biografia lon<strong>di</strong>nese de<strong>di</strong>cata a Giuseppe Ver<strong>di</strong> e all’Otello da lui<br />

musicato è conservato un finora ignorato ritratto <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, incentrato<br />

non tanto sulla sua carriera letteraria, bensì proprio sulle sue attitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ‘uomo<br />

<strong>di</strong> mondo’. Blanche Roosevelt – la cronista che immortala nel suo volume i volti<br />

<strong>di</strong> alcuni presenti il 5 febbraio 1887 alla prima rappresentazione dell’opera<br />

ver<strong>di</strong>ana alla Scala – non si limita, <strong>di</strong>fatti, a ricordare quanto l’italiano fosse devotissimo<br />

amico <strong>di</strong> tutti i più gran<strong>di</strong> scrittori dell’epoca, né si arresta dopo aver<br />

menzionato la sua produzione narrativa bilingue; essa, al contrario, si sofferma<br />

sulle innumerables languages in cui <strong>Gualdo</strong> si esprimeva (includendo nell’elenco<br />

anche il russo) con una tale padronanza da far ritenere impossibile a qualsiasi<br />

forestiero che egli fosse uno straniero; 30 sul suo social stan<strong>di</strong>ng, delimitato<br />

28<br />

Fondo Vittoria Cima, c.3 b.40(5). Lettera datata “Biarritz, 3 agosto ’69” in cui <strong>Gualdo</strong><br />

afferma: “Sapete che intanto incomincio a parlar spagnuolo come fosse niente?”.<br />

29<br />

––, Chronique Italienne (Un romancier franco-italien, M. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>), in «Bibliothèque<br />

Universelle et Revue Suisse», a. LXXX<strong>II</strong>, t. LX, 1887, p. 713.<br />

30<br />

Una vera eccezione che convalida la regola, giacché la biografa afferma: “I always<br />

thought that people could only write well in the tongue in which they had lisped, and this I<br />

12


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

da un lato dal Quirinale e dall’altro da Buckingham Palace; sull’opportunità <strong>di</strong><br />

imbattersi nella sua persona percorrendo i corsi <strong>di</strong> Roma o i boulevards parigini;<br />

sul suo palazzo milanese, la sua villa al Lago <strong>di</strong> Como, i footholds a Roma,<br />

Firenze e Parigi, causa principale del suo trascorrere circa un terzo della propria<br />

esistenza in viaggio, via mare o via terra, tra continental sleeping-cars e railway<br />

carriages. Secondo la stessa stu<strong>di</strong>osa, a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> sarebbe spettata <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

la concessione <strong>di</strong> un «passaporto universale» in quanto perfetta incarnazione<br />

dell’intellettuale ‘modello’ secondo il pensiero <strong>di</strong> Th. Babington Macauley: 31<br />

In conversation he is brilliant, talks very well, and is extrahor<strong>di</strong>narily witty; above<br />

all he has the keenest sense of humour of any Italian I know, and a Yankee could not<br />

be quicker at taking a joke. His voice is beautiful and cultured, and so full of goodnature<br />

and happiness that there is a very mine of content in it; even if he speaks casually<br />

to you on the street, strangers passing turn at the sound of his voice and look at the<br />

man who possesses so charming and universal passport. 32<br />

Una personalità affascinante, dunque, che faceva volgere il capo a chiunque<br />

si imbattesse nella sua figura o solamente sentisse l’accattivante suono della<br />

sua voce, la garbata ironia intrinseca ai suoi <strong>di</strong>scorsi, il magnetismo della sua<br />

conversazione brillante. Cosmopolita, elegante, signorile e <strong>di</strong> raffinato gusto artistico,<br />

<strong>Gualdo</strong> era un osservatore attento ed acuto <strong>di</strong> un mondo <strong>di</strong> cui costituiva<br />

parte integrante, ma nel quale non si sentì mai davvero integrato dacché ne avvertì<br />

fin da giovane la me<strong>di</strong>ocrità, il vuoto e la precarietà. Observateur, flâneur,<br />

philosophe, poéte e romancier, animato da una curiosità che ricorda quella<br />

dell’infanzia, contemplatore della vita in tutte le sue sfaccettature – e specialmente<br />

della vie dans les capitales –, amatore delle folle ma al tempo stesso persona<br />

solitaria, très voyageur e très cosmopolite, quintessenza <strong>di</strong> carattere dotato<br />

<strong>di</strong> un’intelligenza sottile, egli appare come l’esatto corrispondente de Le peintre<br />

de la vie moderne delineato da quel Charles Baudelaire <strong>di</strong> cui egli era stato fin<br />

da giovane fervente ammiratore ed acuto lettore. 33<br />

made a rule; but as there are exceptions to every rule, so an exception must be made in favour<br />

of <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”. La citazione è presa da B. ROOSEVELT, Ver<strong>di</strong>: Milan and “Othello”, London,<br />

Ward and Downey, 1887, p. 209.<br />

31 Ivi, p. 210: “Industry and a taste for intellectual pleasures are peculiarly respectable in<br />

those who can afford to be idle, and who have every temptation to be <strong>di</strong>ssipated”.<br />

32 Ibidem.<br />

33 C. BAUDELAIRE, Le peintre de la vie moderne, in Œuvres complètes, Bibliothèque de<br />

La Pleiade, Paris, Gallimard, 1954, pp. 881-925.<br />

13


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

L’insegnamento dell’autore de Le spleen de Paris non si limita, comunque,<br />

a combaciare con le caratteristiche dell’uomo; sembrerebbe, anzi, che Baudelaire<br />

abbia influenzato <strong>Gualdo</strong> soprattutto attraverso le in<strong>di</strong>cazioni da lui fornite ai<br />

contemporanei relative alle fasi dell’osservazione e della rielaborazione del reale:<br />

artista peintre e artista littéraire ad un tempo, l’autore moderno deve – a suo<br />

parere – costantemente viaggiare, immergersi nel flusso della vita, entrare a<br />

farne parte, carpirne ogni minimo particolare per poi rielaborarlo insieme a tutti<br />

gli altri acquisiti nel tempo dopo un’accurata selezione <strong>di</strong> quanto depositatosi<br />

nella memoria. 34 Un suggerimento, questo, che l’italiano mostra <strong>di</strong> aver sicuramente<br />

appreso 35 all’epoca della stesura <strong>di</strong> Decadenza (1892), se è vero quanto<br />

affermato da Felice Cameroni, secondo il quale il romanziere milanese aveva<br />

raccolto materiale per il proprio volume almeno a partire da tre anni prima che<br />

esso venisse dato alle stampe proprio al fine <strong>di</strong> poter lentamente metabolizzare<br />

l’intera materia prima della sua rielaborazione artistica. In effetti, già <strong>di</strong>versi<br />

anni prima, all’interno della Gran Rivale (1877), racconto che risolve nella<br />

morte della donna amata l’antinomia tra passione e attività creativa, il narratore<br />

aveva affermato che “per creare bisogna aver sentito e sofferto, ma non bisogna<br />

più soffrire né sentire”: 36 l’azione obliatrice e placatrice del tempo rappresentava<br />

pertanto per il nostro scrittore, fin dagli esor<strong>di</strong>, un requisito necessario per<br />

poter svolgere serenamente il proprio lavoro. La pratica messa in atto nel corso<br />

della ‘preparazione’ del suo ultimo romanzo rappresenterebbe, quin<strong>di</strong>, il punto<br />

d’arrivo <strong>di</strong> un lungo percorso <strong>di</strong> formazione dello scrittore, il culmine <strong>di</strong> una riflessione<br />

sui meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca propri <strong>di</strong> un autentico autore letterario.<br />

Ancora riconducibile ad un ipotetico influsso della lettura baudelairiana è<br />

poi la costanza con cui, in gran parte della sua opera, <strong>Gualdo</strong> ripropone il tema<br />

della fuga dal reale 37 come fase necessaria, da un lato, alla sopravvivenza dello<br />

spirito artistico e, dall’altro, alla scrittura narrativa. Ma se nei suoi primi lavori<br />

34 Ivi, pp. 891-892.<br />

35 È indubbio che accanto all’influenza baudelairiana su <strong>Gualdo</strong> agì con altrettanto vigore<br />

anche l’insegnamento dei Parnassiens. A tal proposito si veda E. SORMANI, Il cosmopolitismo<br />

<strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in Prosatori e narratori dalla Scapigliatura al Decadentismo, in La letteratura<br />

italiana. Storia e testi, Bari, Laterza, 1975, p. 589.<br />

36 L. GUALDO, La Gran Rivale, in Romanzi e Novelle, cit., p. 39.<br />

37 Cfr. M. GIAMMARCO, La fuga <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in L’evasione <strong>degli</strong> Scapigliati: percorsi tra<br />

reale e immaginario. Tarchetti, Dossi, <strong>Gualdo</strong>, in Nel tempo del sogno. Le forme della narrativa<br />

fantastica dall’immaginario vittoriano all’utopia contemporanea, a cura <strong>di</strong> C. Pagetti, Ravenna,<br />

Longo, 1988, pp. 71-74.<br />

14


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

l’evasione può condurre alla follia (Allucinazione e Scommessa), alla memoria<br />

e al sogno, 38 oppure al rifugio in mete esotiche (Il viaggio del duca Giorgio), è<br />

soltanto nel suo ultimo romanzo, Decadenza – nella cui invenzione <strong>Gualdo</strong> ha<br />

spremuto il succo amarissimo <strong>di</strong> tutta la sua esperienza umana –, che lo scrittore<br />

<strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver compiuto un passo decisivo nella sua personalissima lotta contro<br />

“l’angoscia / del morbo arcano ond’è lo spirto oppresso”. 39 Egli, <strong>di</strong>fatti, registra<br />

con implacabile minuzia il malessere <strong>di</strong> Paolo, protagonista del romanzo,<br />

me<strong>di</strong>ante la puntigliosa analisi del suo <strong>di</strong>sagio psichico che è causato in lui dalla<br />

consapevolezza “<strong>di</strong> essere uno spirito cronicamente malato, soffocato da una<br />

noia senza rime<strong>di</strong>o che segna il giorno e che sgretola, con il giu<strong>di</strong>zio morale,<br />

ogni attitu<strong>di</strong>ne logico-pratica”. 40 Tuttavia, benché la ragione principale che<br />

spinge Paolo Renal<strong>di</strong> alla consunzione fisica ed all’ine<strong>di</strong>a spirituale sia legata<br />

fondamentalmente all’inutilità esistenziale del suo tanto ambito ruolo nella politica,<br />

della sua raggiunta posizione e della sua inadeguatezza una volta tentato<br />

l’inserimento nella società cosmopolita, 41 un medesimo tarlo corrode la vita<br />

dello stesso <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, anche se per motivi profondamente <strong>di</strong>versi, giacché<br />

questi – a <strong>di</strong>fferenza della sua creatura – apparteneva <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, e fin dall’infanzia,<br />

a quel mondo (che stava, però, <strong>di</strong>ventando sempre meno élitario) in costante<br />

movimento cui il giovane parlamentare tenterà in ogni modo <strong>di</strong> restare aggrappato<br />

per venirne infine sopraffatto.<br />

I carteggi intrattenuti dall’autore milanese con François Coppée e Robert<br />

de Montesquiou parlano chiaro a riguardo: numerosissime sono le lettere nelle<br />

quali il mittente italiano lamenta la lentezza dello scorrere del tempo, le marasme<br />

et l’impuissance 42 <strong>di</strong> gran parte delle sue giornate, alimentate da ogni sorta<br />

<strong>di</strong> ennuis, occupazioni bêtes e tanti, troppi piccoli avvenimenti inutiles. 43 L’ozio<br />

38<br />

Si veda, infra, il paragrafo 2.1 Influenza scapigliata e tematica artistica nella produzione<br />

critico-letteraria.<br />

39<br />

L. GUALDO, Le Nostalgie, in Romanzi e Novelle, cit., p. 1140.<br />

40<br />

G. FARINELLI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-1898), in La Scapigliatura. Profilo storico, protagonisti,<br />

documenti, Roma, Carocci, 2003, p. 166.<br />

41<br />

L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., p. 1033: “Per la prima volta vedeva<br />

il mondo cosmopolita: un quadro per lui affatto nuovo, non mai sospettato, che gli mostrava<br />

la vita sotto un aspetto affatto <strong>di</strong>verso da tutti quelli conosciuti. Non ci si raccapezzava; non sapeva<br />

ben <strong>di</strong>stinguere; giungeva <strong>di</strong>fficilmente, e certo erroneamente, a classificare quella gente,<br />

le donne soprattutto; a parte qualche eccezione”.<br />

42<br />

Lettera V<strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a François Coppée del <strong>di</strong>cembre 1875, in P. DE MONTE-<br />

RA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 213.<br />

43<br />

Lettera V<strong>II</strong>I del medesimo allo stesso del 6 <strong>di</strong>cembre 1879. Ivi, p. 221.<br />

15


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

accresce la tristezza, aveva scritto Flaubert nell’Éducation sentimentale, 44 il libro<br />

in assoluto favorito <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> 45 che – a quanto pare – doveva concordare<br />

alla lettera con l’insegnamento del maestro d’oltralpe. Immergendosi, infatti, <strong>di</strong><br />

volta in volta, in ciò che egli chiama il suo “Nirvana agité” che lo conduce verso<br />

la tristezza estrema, 46 <strong>Gualdo</strong> non può fare a meno <strong>di</strong> precipitare in uno stato<br />

<strong>di</strong> “abrutissement profond” che gli appare – per <strong>di</strong>rla con le sue stesse parole<br />

sempre intrise, anche nei momenti più tragici, <strong>di</strong> una onnipresente vena umoristica<br />

– il lento concretizzarsi della propria trasformazione in un adoratore <strong>di</strong><br />

Budda che trascorre la vita a contemplarsi l’ombelico, 47 oppure – riferisce altrove<br />

– in un abitante della luna che vive nelle più profonde tenebre come una<br />

sorta <strong>di</strong> casalingo Don César de Bazan che ignora tutto quanto accade attorno a<br />

sé ed a cui manca, per giunta, la consolazione del pensiero <strong>di</strong> aver come scusa<br />

la provenienza des pays les plus extravagants. 48<br />

Senza lasciarci fuorviare dal tono in cui non <strong>di</strong> rado lo scrittore si accinge a<br />

trattare un argomento tanto delicato, è indubbio che lo spleen aigu che questi<br />

denuncia 49 costituisca una problematica seria e costante che lo affligge e lo accompagna<br />

vita natural durante. Una sofferenza, la sua, non solo morale, bensì<br />

anche fisica, che ha ripercussioni ad<strong>di</strong>rittura nel tratto della sua penna: non a<br />

caso le lettere in cui sono contenute le suddette <strong>di</strong>chiarazioni sono <strong>di</strong>stinguibili<br />

dalle altre missive primariamente attraverso un’analisi visiva, poiché al loro interno<br />

la grafia dello scrivente è caratterizzata dall’andamento “atassico” – per<br />

citare ancora una volta un’espressione gual<strong>di</strong>ana – dello scorrere della sua piuma<br />

lungo la pagina. 50 Dalla lettura <strong>di</strong> simili affermazioni scaturisce un ritratto<br />

44<br />

G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale (1869), é<strong>di</strong>tion, présentation, notes, dossier<br />

et bibliographie par S. Dord-Crouslé, Paris, Flammarion, 2003, p. 127: “Comme il n’avait aucun<br />

travail, son désœuvrement renforçait sa tristesse”.<br />

45<br />

Cfr., infra, il paragrafo 7.1 Due termini <strong>di</strong> paragone imprescin<strong>di</strong>bili: il culto per Balzac<br />

e Flaubert, “l’inventore” ed “il maestro” del romanzo moderno.<br />

46<br />

Lettera X<strong>II</strong>I a François Coppée (1884), in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 233.<br />

47<br />

Lettera XI. Ivi, p. 230: “Il faut songer à filer. Mais je suis dans un état d’abrutissement<br />

profond e je n’ai envie de rien. Je me sens devenir lentement boudhiste et je passe à contempler<br />

mon nombril. Si je sors de cet état, je vous écrirai un peux mieux que je ne fais aujourd’hui”.<br />

48<br />

Lettera XVI. Ivi, p. 246: “Je ne sais plus rien de rien, je vis plongé dans les plus profondes<br />

ténèbres & pareil à un habitant de la lune, je deviens une espèce de Don César de Bazan<br />

casanier qui ignore tout ce qui se passe, mais qui n’a pas la consolation & l’excuse d’arriver des<br />

pays les plus extravagants”.<br />

49<br />

Lettera IX. Ivi, p. 223.<br />

50<br />

“Mon écriture ataxique” scrive <strong>Gualdo</strong> a Coppée in una del 1884. Ivi, p. 233.<br />

16


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

gual<strong>di</strong>ano che davvero mal si accorda con quello certo più noto e <strong>di</strong>ffuso del<br />

magnetico viveur mondano; eppure esse sono spassionate estrinsecazioni del<br />

vivo tormento <strong>di</strong> un animo frustrato dall’invincibile pigrizia e dalla noia <strong>di</strong> fronte<br />

agli impegni quoti<strong>di</strong>ani e banali. Vittima <strong>di</strong> una “duplice crisi” 51 – quella personale,<br />

intima, e insieme quella propria del suo tempo – <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> non è<br />

mai, però, nei suoi sfoghi, artefice <strong>di</strong> pose calcolate; al contrario le sue righe si<br />

nutrono <strong>di</strong> autentica e toccante umanità, <strong>di</strong> dolorosa incertezza ra<strong>di</strong>cata “nella<br />

malinconica constatazione <strong>di</strong> una incompiutezza interiore che grava sul suo destino<br />

<strong>di</strong> artista, malgrado la sincerità della sua vocazione letteraria”: 52<br />

Je crois et j’ai toujours cru que le temps n’existe pas. 53 […]. Mais du même qu’en<br />

rêve il vous arrive de ne vous pouvoir faire le moindre mouvement, comme frappés de<br />

catalepsie […].<br />

Je pourrais vous parler des mille ennuis qu’on a toujours, de l’eternel ennemi, le<br />

Spleen, qui m’accable, des occupations vaines, et de la Paresse plus pesante encore: je<br />

pourrais <strong>di</strong>re cette chose terrible: je n’ai pu écrire parce que je ne fais rien – mais je<br />

veux vous épargner ces variations perpétuelles sur ce thème tristement plat…. 54<br />

Tuttavia, è proprio attraverso questa sua continua fuga dal mondo esteriore,<br />

nel suo atteggiamento <strong>di</strong> rifiuto del quoti<strong>di</strong>ano, <strong>degli</strong> annessi impegni e nel suo<br />

conseguente ripiego in una <strong>di</strong>rezione tutta intimistica <strong>di</strong> penose prospettive, che<br />

lo scrittore italiano riacquista una sua “valida e moderna <strong>di</strong>mensione”, 55 manifestando<br />

un atteggiamento spirituale riconducibile per molti aspetti a quello tipico<br />

<strong>di</strong> un certo decadentismo francese, che ha il proprio emblema in Des Esseintes,<br />

il protagonista <strong>di</strong> À rebours, un <strong>di</strong>fensore che, al suo pari, tenta il recupero<br />

dei valori interiori me<strong>di</strong>ante il deciso rifiuto del volgare materialismo e<br />

della sor<strong>di</strong>tà spirituale <strong>degli</strong> ambienti comuni e borghesi.<br />

Allo stesso modo <strong>di</strong> Huysmans, lo stesso <strong>Gualdo</strong> aveva inteso investire la<br />

propria opera del compito <strong>di</strong> trasmettere messaggi che non appartenevano sol-<br />

51<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

cit., p. 297.<br />

52<br />

Ibidem.<br />

53<br />

Sulla persistenza <strong>di</strong> tale credo cfr. L. GUALDO, Le Nostalgie, in Romanzi e Novelle,<br />

cit., p. 980: “In certi momenti si sente confusamente questa grande verità che il tempo non esiste,<br />

ed allora non importa il sentire che una data ora è umanamente fugace”.<br />

54<br />

Lettera V, del 1882, a Robert de Montesquiou. V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., pp. 317-318.<br />

55<br />

Ivi, p. 297.<br />

17


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

tanto alle sue creature e che, anzi, palesano un suo coinvolgimento in prima<br />

persona; in questo senso l’assunto <strong>di</strong> Giuseppe Amoroso secondo cui i personaggi<br />

gual<strong>di</strong>ani “non risultano talvolta del tutto autonomi, ma legati alle soluzioni<br />

autobiografiche dell’autore” 56 è verissimo nella misura in cui – seppur traslato<br />

nella realtà <strong>di</strong> un ambizioso borghese – il nobile conte don <strong>Luigi</strong> si preoccupa<br />

<strong>di</strong> far cercare una risposta alle insicurezze ed inquietu<strong>di</strong>ni esistenziali del<br />

suo protagonista, Paolo Renal<strong>di</strong>, attraverso il suo continuo viaggiare ed i suoi<br />

(seppur fallimentari) tentativi <strong>di</strong> inserimento all’interno <strong>di</strong> alcuni <strong>degli</strong> scenari<br />

internazionali più ambiti e alla moda dell’epoca, da Parigi ad Aix-les-bains.<br />

Al contrario del personaggio del suo romanzo, però, – come si è anticipato<br />

– il narratore italiano godeva del privilegio <strong>di</strong> trovarsi perfettamente a proprio<br />

agio tra i rappresentanti dell’alta (e me<strong>di</strong>a) società mondana. Eppure, analogamente<br />

alla propria creatura, forse metafora liberatoria del proprio vissuto, anch’egli<br />

sembrava talvolta non potere e volere appartenere a quella realtà (o, meglio,<br />

ad un’unica ed esclusiva <strong>di</strong> quelle realtà) e cercava <strong>di</strong> condurre quel tipo <strong>di</strong><br />

esistenza errabonda propria <strong>degli</strong> uomini privi <strong>di</strong> patria, benché, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

un qualunque esiliato, egli preferiva ritenere ciascuna terra la propria patria. <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> era, insomma, un citta<strong>di</strong>no del mondo a tal punto personificazione<br />

del perfetto cosmopolita da venir scelto da Paul Bourget come primo, iniziale<br />

modello per Michel Steno, il protagonista <strong>di</strong> un testo (Idylle triste) che sarebbe<br />

poi stato significativamente intitolato Cosmopolis (anche se, nella redazione definitiva<br />

del 1892, l’opera risulterà del tutto reinventata, la figura <strong>di</strong> Steno ispirata<br />

ad un nuovo amico dell’autore, Gégé Primoli). 57 Michel Mansuy, autorevole<br />

stu<strong>di</strong>oso bourgettiano, che ha analizzato la storia redazionale dell’opera lavorando<br />

sui suoi tre manoscritti preparatori, ha affermato – in relazione alla scelta<br />

operata dall’autore <strong>di</strong> ispirarsi all’amico scrittore milanese per delineare i tratti<br />

fisico-caratteriali del proprio eroe – che:<br />

On ne saurait trouver plus cosmopolite que cet homme de lettres qui écrivait tantôt<br />

en italien, tantôt en français. Ce choix prouve que Bourget a eu beau remiser provisoirement<br />

Cosmopolis ses préoccupations demeurent les mêmes. 58<br />

56<br />

G. AMOROSO, Saggio su <strong>Gualdo</strong>, in «Le parole e le idee», n. 3-4, luglio-<strong>di</strong>cembre<br />

1960, p. 137.<br />

57<br />

Cfr., infra, il paragrafo 7.5 Un autoritratto allo specchio: Paul Bourget.<br />

58<br />

M. MANSUY, Prélude et suite de Cosmopolis. Sur un manuscrit de Paul Bourget, Pa-<br />

ris, Les Belles Lettres, 1962, p. 46.<br />

18


<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Bolis (1844-1898) immortalato in varie epoche della sua vita.


Da sinistra a destra: Bianca <strong>Gualdo</strong> Bolis (nata Taccioli), <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

e sua madre a Parigi, Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani (nata Taccioli).<br />

Villa Mirabello (Varese), foto <strong>di</strong> famiglia (1865).<br />

Da sinistra a destra e dall’alto verso il basso: Vittore Veratti, Bianca Taccioli e<br />

Alessandro <strong>Gualdo</strong> Bolis, Selene Ruga, Gaetano Taccioli, Enrico Taccioli,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Bolis, Margherita Taccioli, Gian Luca della Somaglia,<br />

Giulietta Taccioli e Paolo Litta.


Difatti, secondo la griglia elaborata dal critico, il perfetto cosmopolita deve<br />

poter rispondere ai seguenti requisiti: parlare almeno tre lingue, avere un’inclinazione<br />

naturale ad adattarsi volentieri alle abitu<strong>di</strong>ni straniere, saper mo<strong>di</strong>ficare<br />

il proprio modo <strong>di</strong> vivere ogniqualvolta si trovi ad oltrepassare una frontiera,<br />

tenersi informato me<strong>di</strong>ante la lettura <strong>di</strong> tutti i principali giornali occidentali, essere<br />

una persona colta meglio se con tendenza al temperamento artistico, essere<br />

in grado <strong>di</strong> poter sostenere una conversazione su qualsivoglia argomento <strong>di</strong> attualità,<br />

inclusa la politica. Ebbene, sembra a questo punto quasi superfluo <strong>di</strong>re<br />

che <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> possedeva in maniera più o meno innata tutte le suddette qualità;<br />

egli non aveva dovuto sforzarsi in alcun modo <strong>di</strong> inculcare in sé quel “sentiment<br />

– flatteur – d’appartenir à une Europe mondaine et sopranationale” da<br />

molti anelato, 59 giacché esso era, da sempre, un sentimento presente nella sua<br />

stessa indole (si pensi soltanto alla naturalezza con cui il giovane studente aveva<br />

raffrontato nelle sue Memorie <strong>di</strong> Viaggio il giar<strong>di</strong>no d’inverno <strong>di</strong> Schwetzingen<br />

con il palazzo <strong>di</strong> cristallo <strong>di</strong> Sydenham – che sosteneva, nel 1858, all’epoca<br />

della redazione del journal, <strong>di</strong> aver già visto –, alla spontaneità con cui aveva<br />

paragonato Bruxelles ad una Parigi in piccolo ed alla imme<strong>di</strong>atezza con la quale,<br />

infine, si era approcciato ai membri <strong>di</strong> una famiglia inglese stabilitasi a Lucerna<br />

sostenendo – con fare da uomo vissuto – <strong>di</strong> averli già tutti conosciuti anni<br />

prima, durante il 1855, nel corso <strong>di</strong> un precedente itinerario compiuto alla tenera<br />

età <strong>di</strong> nove anni). 60<br />

I riferimenti a luoghi e mon<strong>di</strong> vissuti, assaporati nel corso della propria esistenza<br />

sono continui nell’opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, ma non v’è dubbio che tutta la sua<br />

esperienza <strong>di</strong> viaggiatore possa essere condensata nei suoi soggiorni e nelle sue<br />

considerazioni elaborate a proposito <strong>di</strong> Venezia, la città in cui – non a caso –<br />

Bourget aveva deciso <strong>di</strong> ambientare le vicende <strong>di</strong> Michel Steno (nonostante le<br />

remore dell’amico italiano che, qualche anno prima, aveva scelto come luogo<br />

peninsulare cosmopolita per eccellenza un altro posto: la Firenze capitale che<br />

aveva fatto da scenario al suo primo romanzo francese, Un mariage excentrique).<br />

Quando, infatti, sulle pagine della «Nouvelle Revue» aveva presentato al<br />

pubblico l’argomento della prossima pubblicazione bourgettiana – Cosmopolis,<br />

per l’appunto – <strong>Gualdo</strong> aveva descritto la ‘Perla Regina dell’Adriatico’ nei termini<br />

<strong>di</strong> una “ville qui parfois paraît morte, […], centre spécial de vie cosmopo-<br />

59 Ivi, p. 5.<br />

60 Sul <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Memorie <strong>di</strong> Viaggio del piccolo <strong>Gualdo</strong> cfr. la n. 1 del presente capitolo.<br />

19


lite, centre un peu en dehors de la vie bruyante et intense” e, soprattutto, come<br />

una città in cui ciascuno rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire vittima <strong>di</strong> sentiments étranges. 61<br />

Ma quali sono questi sentimenti cui egli allude? Una prima risposta può esser<br />

ravvisata in un’affermazione <strong>di</strong> Jean-Pierre Bertrand, critico secondo un cui<br />

recente stu<strong>di</strong>o, tanto per <strong>Gualdo</strong> quanto per Bourget, “Venise est la ville de la<br />

langueur et de l’ennui”. 62 La teoria sarebbe comprovata dalle trame delle opere<br />

che entrambi i romanzieri hanno scelto <strong>di</strong> ambientare nella città dei dogi. In<br />

particolare esiste un testo del milanese, la cui vicenda si volge interamente in<br />

laguna, interessante ai fini della posizione <strong>di</strong> Bertrand: si tratta del lungo racconto<br />

L’innamorato <strong>di</strong> Venezia (poi anche nella versione tradotta ed ampliata<br />

Une aventure vénitienne) – nel quale l’autore sembra intersecare il canone delle<br />

psicologismo fin de siècle con quello del nascente romanzo decadente – che costituisce<br />

una vera e propria <strong>di</strong>chiarazione d’amore per la languente metropoli<br />

nei confronti della quale <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong>mostra una pre<strong>di</strong>lezione quasi assoluta.<br />

Specchio che riflette, in una <strong>di</strong>mensione tra l’onirico ed il reale, le sue angosce<br />

e tormenti in qualità <strong>di</strong> uomo e scrittore, Venezia è senza dubbio la più<br />

perfetta proiezione del suo mondo interiore che <strong>di</strong>viene poi, nel racconto, la più<br />

compiuta metarappresentazione <strong>di</strong> un suo innamoramento:<br />

Souvent même, cette ville, où les hommes semblent végéter et les pierres semblent<br />

vivre, finit par fatiguer; le silence obsède, et l’étrangeté même de tout devient monotone.<br />

On est énervé par l’air mou, ennuyé par l’aspect de l’eau, attristé par la sévérité<br />

des lignes et la majesté des palais, troublé par l’éclat des couleurs; un spleen tout spécial<br />

s’empare de vous, et de violents désirs vous prennent de paysage et de civilisation<br />

moderne et raffinée […]. Et, cependant, vous sentez qu’il est <strong>di</strong>fficile de partir. Une<br />

paresse nouvelle vous alanguit, et vous vous apercevez que vos moindres actions sont<br />

déjà des habitudes. 63<br />

A lettura ultimata della novella, volendo azzardare un paragone tra quel<br />

Baudelaire (cui egli aveva sempre guardato con estrema ammirazione) e lo stesso<br />

<strong>Gualdo</strong>, si potrebbe <strong>di</strong>re – parafrasando Jean Starobinski – che se la malinconia<br />

era stata la ‘compagna intima’ dell’autore dei Fleurs du Mal e Parigi ave-<br />

61 L. GUALDO, Paul Bourget, in «La Nouvelle Revue», 1 er décembre 1888, pp. 604-605.<br />

62 J.-P- BERTRAND, “La nostalgie de la lagune”. Une nouvelle entre psychologie et décadence,<br />

in appen<strong>di</strong>ce a L. GUALDO, L’innamorato <strong>di</strong> Venezia – Une aventure vénitienne, a<br />

cura <strong>di</strong> J.-P. Bertrand e L. Curreri, Cuneo, Nerosubianco, 2009, p. 82.<br />

63 L. GUALDO, Une aventure vénitienne, in «La Nouvelle Revue», 1 er décembre 1886,<br />

pp. 575-576 (corsivi miei).<br />

20


va rappresentato lo scenario ideale per la nascita <strong>di</strong> un simile ‘legame’, 64 similmente<br />

(qualche anno dopo, sul versante italiano) lo ‘spleen’ era stato la più costante<br />

delle presenze al fianco dello scrittore delle Nostalgie e Venezia aveva<br />

costituito il luogo per eccellenza congeniale a questa unione. Nella città adriatica<br />

<strong>Gualdo</strong> poteva percepire un silenzio ignoto altrove e avere l’impressione –<br />

proprio come Carlo/Jules Lebrun, il suo personaggio – <strong>di</strong> vivere in un sogno<br />

che nella sua possente realtà può far <strong>di</strong>menticare tutte le cose reali. A detta <strong>di</strong><br />

Luciano Curreri, il paesaggio lagunare così come rappresentato ne L’innamorato<br />

<strong>di</strong> Venezia potrebbe ad<strong>di</strong>rittura essere ritenuto l’anticipazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso<br />

proustiano (il riferimento del critico è all’incipit <strong>di</strong> Un amour de Swan, ovvero<br />

all’arrivo dei Verdurin in laguna). 65 Si aggiungerà, inoltre, che la pre<strong>di</strong>lezione<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> – e del suo alter ego – per questo “espace perdu” rappresentato<br />

dalla città adriatica ha un valore ancor più rimarcabile in quanto essa si carica <strong>di</strong><br />

un ulteriore significato legato alla possibilità offerta da Venezia <strong>di</strong> presentarsi<br />

come condensazione <strong>di</strong> una duplice fuga che è ad un tempo spaziale ed onirica.<br />

Nell’intera opera gual<strong>di</strong>ana esistono, infatti, due metafore che vengono ossessivamente<br />

riproposte, quella del viaggio e quella del sogno (estremizzazione<br />

della precedente) – che assumono <strong>di</strong> volta in volta funzioni <strong>di</strong>fferenti, tutte comunque<br />

collegabili al desiderio <strong>di</strong> evasione dal quoti<strong>di</strong>ano 66 – metafore che, per<br />

l’appunto, raggiungono il loro massimo potenziale espressivo in riferimento a<br />

Venezia, dal momento che recarsi in questo luogo incantato significa per l’autore<br />

non soltanto mutare il proprio stile <strong>di</strong> vita, ma soprattutto ritrovare un’identità<br />

umana davvero autentica, espressa nel ripiegamento verso l’autosufficienza<br />

della memoria o della rêverie. In entrambi i casi si tratta <strong>di</strong> un’autosufficienza<br />

che, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, riusciva a trovare la sua migliore espressione nella scrittura:<br />

nell’attività narrativa, <strong>di</strong>fatti, egli afferma <strong>di</strong> riuscire a trovare la sola risposta<br />

all’intima esigenza <strong>di</strong> esemplificare, <strong>di</strong> risolvere i propri dubbi e, quin<strong>di</strong>,<br />

64 J. STAROBINSKI, La Mélancolie au miroir, trad. it. a cura <strong>di</strong> D. De Agostini, La malinconia<br />

allo specchio. Tre letture <strong>di</strong> Baudelaire, con prefazione <strong>di</strong> Y. Bonnefoy, Milano, Garzanti,<br />

1990, p. 11.<br />

65 Secondo lo stu<strong>di</strong>oso, il romanziere milanese era stato in grado <strong>di</strong> percepire – attraverso il suo<br />

eroe – “quel ‘vuoto’ che è intuibile e traducibile nell’ascolto della piazza sconosciuta, spaziosa<br />

e quasi deserta, e non in quello della recita – e poco importa allora se questa sia goldoniana o<br />

verduriniana” (L. CURRERI, Silenzi, solitu<strong>di</strong>ni, segreti. Approssimazioni a Venezia <strong>di</strong> un innamorato:<br />

<strong>Gualdo</strong> e <strong>di</strong>ntorni, in appen<strong>di</strong>ce a L. GUALDO, L’innamorato <strong>di</strong> Venezia – Une aventure<br />

vénitienne, cit., p. 91).<br />

66 M. GIAMMARCO, La fuga <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 72.<br />

21


<strong>di</strong> rispondere alle proprie domande. 67 Qualora si volesse, però, considerare il<br />

tema della fuga in senso strettamente letterale, vale a <strong>di</strong>re come spostamento da<br />

un luogo verso un altro luogo, anche in questo caso è possibile indagare su teorie<br />

e riflessioni <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> ad esso relative. Alcune <strong>di</strong> queste osservazioni sono<br />

state da lui affidate alle pagine dei propri romanzi, poiché spesso l’autore assegna<br />

ai suoi personaggi l’espressione <strong>di</strong> considerazioni relative alla estrema facilità<br />

<strong>di</strong> movimento dei tempi moderni. Attraverso i mezzi <strong>di</strong> trasporto in ampio<br />

uso nella seconda metà dell’Ottocento sono ormai in molti, afferma ad esempio<br />

Maurice d’Affrey (protagonista del secondo romanzo francese <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Une<br />

ressemblance), a poter <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una nuova fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione, prelu<strong>di</strong>o ad<br />

un sempre più invadente cosmopolitismo <strong>di</strong> massa:<br />

La facilité de mouvement toujours croissante a fait du voyage, de la course, du<br />

déplacement, un élément nouveau de <strong>di</strong>straction […]. Le cosmopolitisme, qui envahit<br />

tout, pénètre les usages, élargit la mode, agran<strong>di</strong>t le cercle de l’existence frivole. 68<br />

Ma se in quest’enunciazione il fenomeno segnalato lascia trasparire una<br />

certa preoccupazione da parte <strong>di</strong> un <strong>Gualdo</strong> che sembra temere una sorta <strong>di</strong> globalizzazione<br />

cosmopolita, altrove egli ha saputo cogliere e mettere in luce soprattutto<br />

gli aspetti positivi della medesima questione. Si deve in questo caso a<br />

Paul Bourget l’aver affidato alla propria pagina ricor<strong>di</strong> gual<strong>di</strong>ani che altrimenti<br />

sarebbero stati destinati all’oblio: nella fattispecie, è all’interno <strong>di</strong> un suo articolo-racconto<br />

intitolato Voyageuses <strong>II</strong>I – Neptunevale (pubblicato su una rivista<br />

significativamente chiamata Cosmopolis, nel settembre 1896) che lo scrittore<br />

francese, aprendo una breve <strong>di</strong>gressione relativa al fatto che ai suoi giorni “tout<br />

le monde aujourd’hui va partout”, narra delle conclusioni tratte su tale argomento<br />

insieme a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, “le subtil romancier italien”. Bourget cita apertamente<br />

l’amico – rimandando però con una certa vaghezza alle teorie elaborate<br />

in un qualche suo scritto non meglio identificabile – per servirsi della vividezza<br />

<strong>di</strong> un’immagine da lui creata e raffigurare così, in maniera iconica, il cosmopolitismo,<br />

fenomeno paragonato ad un tessuto (étoffe) la cui trama – intrecciata<br />

dall’intervento del caso (hasard) – è costituita da fili <strong>di</strong> colori contrastanti, ciascuno<br />

dei quali rappresentazione metaforica dei singoli destini umani. Il passo<br />

in questione costituisce l’incipit del testo, facendo seguito alla sola frase intro-<br />

67 G. AMOROSO, Saggio su <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 138.<br />

68 L. GUALDO, Une ressemblance, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 314-315.<br />

22


duttiva in cui viene esposto il paradosso inerente alla grandezza relativa del<br />

pianeta, immenso sulla carta eppure estremamente ridotto se considerato nella<br />

realtà, realtà dove tout le monde touche à tout le monde:<br />

Le subtil romancier italien <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> appelle quelque part du terme plaisant<br />

étoffe cette trame du hasard qui fait s’enmêler et s’encroiser, comme un fil d’une<br />

nuance au fil de la nuance contraire, des destinées follement contrastées. On sait cela,<br />

et si habitué soit-on aux fantaisies de cette étoffe cosmopolite, plus bariolée que tous<br />

les tweeds et que tous les harris d’Ecosse […]. 69<br />

Forse, proprio a causa del suo ra<strong>di</strong>cato inserimento nel tessuto sociale ed<br />

artistico internazionale, <strong>Gualdo</strong> non sempre riuscì ad essere pienamente compreso<br />

al <strong>di</strong> qua delle Alpi, unitamente alla sua concezione del cosmopolitismo,<br />

inteso – per <strong>di</strong>rla con Ernesto Travi – come “<strong>di</strong>mensione autentica dello spirito”.<br />

70 In Italia, <strong>di</strong>fatti, non c’era stata un’esperienza simile a quella francese,<br />

specie in <strong>di</strong>rezione squisitamente sociale e <strong>di</strong> costume, da poter garantire ai romanzi<br />

gual<strong>di</strong>ani il successo. Questi testi, tuttavia, avrebbero potuto costituire un<br />

prezioso tramite per una <strong>di</strong>vulgazione della contemporanea esperienza estera;<br />

eppure – una volta <strong>di</strong> più – la non <strong>di</strong>sponibilità alla ricezione del pubblico peninsulare<br />

aveva bloccato – o quantomeno rallentato – il processo <strong>di</strong> svecchiamento<br />

culturale del paese. Per questo motivo “<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> rimase «francese»”,<br />

non solo in ottica linguistica, ma anche dal punto <strong>di</strong> vista tematico, venendo<br />

su più versanti boicottata la “<strong>di</strong>mensione inconsciamente europea” proposta<br />

ed avallata dalla sua opera narrativa. 71<br />

Eppure laddove, in qualità <strong>di</strong> romanziere, la sua penna non sempre era riuscita<br />

ad ottenere i risultati sperati (finendo la sua produzione per essere ampiamente<br />

rivalutata soltanto negli ultimi decenni), con molta più efficacia essa era<br />

stata in grado <strong>di</strong> fargli giustizia in quanto giornalista. Benché rimasto a lungo<br />

territorio inesplorato (con le dovute eccezioni <strong>di</strong> chi ha lodato la chiarezza e<br />

l’efficacia anche del suo lavoro da appen<strong>di</strong>cista) 72 è stata proprio l’attività pubblicistica<br />

<strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a consentire a questo me<strong>di</strong>atore culturale tanto sui<br />

69<br />

P. BOURGET, Voyageuses – <strong>II</strong>I. Neptunevale, in «Cosmopolis. Revue Internationale»,<br />

t. 3, n. 9, septembre 1896, p. 705.<br />

70<br />

E. TRAVI, Il cosmopolitismo <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, introduzione a L. GUALDO, Decadenza,<br />

Milano, Bietti, 1967, p. 10.<br />

71 Ivi, p. 11.<br />

72 G. FARINELLI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 166.<br />

23


generis <strong>di</strong> captare e trasportare con successo nella sua terra d’origine i messaggi<br />

dell’epoca nuova. La doppia <strong>di</strong>rezione del suo <strong>di</strong>scorso, dalla Francia all’Italia e<br />

viceversa – per quanto sbilanciata nel primo senso piuttosto che nel secondo –,<br />

ha costituito il primo passo <strong>di</strong> un importante processo <strong>di</strong> osmosi culturale e letteraria:<br />

attraverso la sua “esemplare precisione critica”, la sua vasta cultura, la<br />

puntualità dei suoi riferimenti bibliografici (che spaziavano autorevolmente tra<br />

più realtà europee) e soprattutto la lungimiranza dei suoi interventi, egli è stato<br />

non <strong>di</strong> rado capace <strong>di</strong> anticipare le sorti <strong>di</strong> quegli artisti o <strong>di</strong> quei movimenti artistici<br />

che sarebbero poi risultati “vincitori”, pronti ad affacciarsi sulla ormai incombente<br />

soglia del Novecento. Decadenza sarà la sua sola opera narrativa che<br />

davvero riuscirà ad esprimere efficacemente l’avanzata <strong>di</strong> un cosmopolitismo<br />

che aveva ormai coinvolto gran parte <strong>degli</strong> strati sociali; al tempo stesso – ma<br />

con una potenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione senza dubbio più capillare – la sua produzione<br />

pubblicistica proietterà l’Italia sullo scenario internazionale e il mondo d’Oltralpe<br />

sul panorama peninsulare. La forza del suo messaggio e la riuscita della<br />

sua missione si devono soprattutto alla sua alta competenza, visto che, per <strong>di</strong>rla<br />

con Giuseppe Farinelli, <strong>Gualdo</strong> “sapeva, e la cosa non è frequentissima nello<br />

stesso giornalismo d’oggi, ciò che <strong>di</strong>ceva”. 73<br />

1.2 L’«homme double» e la permeabilità delle frontiere culturali<br />

La figura del passeur – letteralmente “traghettatore che conduce un battello<br />

da una riva all’altra” – culturel corrisponde, in ambito critico-letterario, ad una<br />

tipologia <strong>di</strong> personalità in grado <strong>di</strong> stabilire un collegamento, un <strong>di</strong>alogo aperto<br />

e costante, in doppia <strong>di</strong>rezione o anche soltanto a senso unico, tra il proprio paese<br />

d’origine e quello d’accoglienza. Il fine dell’operato <strong>di</strong> tali figure consiste<br />

nello sviluppo <strong>di</strong> nuovi programmi letterari, ricchi, innovativi e <strong>di</strong>versificati,<br />

che stimolino la creazione, la produzione e la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> nuovi prodotti artistici<br />

contemplanti, allo stesso tempo, il rispetto delle tra<strong>di</strong>zioni dell’uno e dell’altro<br />

universo culturale. Altrimenti detto, il me<strong>di</strong>atore inteso in questo senso<br />

ha il compito <strong>di</strong> favorire l’incontro e la conoscenza delle gran<strong>di</strong> opere d’arte,<br />

73 Ibidem.<br />

24


assicurando “un lien continu avec l’artiste créatur, au moyen d’expériences culturelles<br />

authentiques et significatives, vecues et intégrées au quoti<strong>di</strong>en”. 74<br />

Se il ruolo del passeur appare ormai consolidato con l’o<strong>di</strong>erno sviluppo dei<br />

mezzi <strong>di</strong> comunicazione, altresì non poteva <strong>di</strong>rsi già avvenuto nel secondo Ottocento,<br />

all’epoca in cui questa figura cominciava appena a ricevere un’istituzionalizzazione<br />

(un suo progenitore può, infatti, essere considerato il corrispondente<br />

estero), la rapi<strong>di</strong>tà della circolazione delle informazioni iniziava ad essere<br />

garantita da servizi postali e telegrafici sempre meno ru<strong>di</strong>mentali ed un numero<br />

<strong>di</strong> giorno in giorno crescente <strong>di</strong> e<strong>di</strong>tori dava vita a fogli, riviste e perio<strong>di</strong>ci letterari<br />

destinati con sempre maggior frequenza a non risolversi in effimere avventure,<br />

ma anzi ad affermarsi con successo sul mercato. Certamente, nei due ambiti<br />

in cui <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> si trovò ad operare, la situazione presentava alcune ra<strong>di</strong>cali<br />

<strong>di</strong>fferenze: la pubblicistica in Francia vantava ormai decenni <strong>di</strong> consolidamento,<br />

mentre l’industria libraria e giornalistica ad ampia <strong>di</strong>ffusione in Italia<br />

stava appena iniziando a decollare grazie soprattutto all’operato <strong>di</strong> e<strong>di</strong>tori e redattori<br />

quali Treves, Sonzogno, Fortis e Torelli Viollier che avevano trovato in<br />

Milano terreno fertile e ormai pronto per far maturare le proprie iniziative.<br />

Oltralpe, e specialmente a Parigi, le riviste letterarie ad ampia <strong>di</strong>ffusione<br />

stavano già vivendo la loro seconda stagione: la prima – avviatasi tra 1825 e<br />

1830 – aveva visto l’affermarsi del primato della «Revue des deux mondes»,<br />

testata che aveva permesso l’assestamento “d’une adéquation entre espace public<br />

et élites littrées”; 75 a questa fase aveva fatto seguito la cosiddetta belle époque<br />

des revues (1880-1930) durante la quale le strutture dei giornali si erano<br />

lentamente adattate alla trasformazione del panorama socio-culturale francese<br />

per poi <strong>di</strong>venire, infine, la principale voce – e mezzo fondamentale <strong>di</strong> funzionamento<br />

– delle avant-gardes. 76 Sempre in quest’epoca, inoltre, la stampa perio<strong>di</strong>ca<br />

aveva iniziato a partecipare ormai attivamente anche all’importazione<br />

delle culture straniere in Francia; le riviste, <strong>di</strong>fatti, potevano a tutti gli effetti essere<br />

considerate, sul finire dell’Ottocento,“entremetteurs de relais” che svolge-<br />

74 Traggo spunto per alcune delle mie riflessioni da un articolo de<strong>di</strong>cato all’importanza del<br />

ruolo <strong>di</strong> insegnanti appartenenti a più culture ad opera <strong>di</strong> D. COURNOYER, Le passeur culturel…<br />

une première réflexion, in «Le Diffuseur du R.A.F.A.», vol. 2, n. 4, Octobre 2006, p. 1.<br />

75 T. LOVÉ, Les passeurs culturels au risque des revues (France, XIX et XX siècles), in<br />

AA. VV., Passeurs culturels sans le monde des mé<strong>di</strong>as et de l’é<strong>di</strong>tion en Europe (XIX et XX<br />

siècles), sous la <strong>di</strong>rection de D. Cooper-Richet. J.-Y. Mollier, A. Silem, Villeurbanne, Presses<br />

de l’ENSSIB, 2005, p. 197.<br />

76 Ivi, p. 198.<br />

25


vano un triplo compito nel completamento dei transferts culturels internazionali<br />

in qualità <strong>di</strong> agenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusion, <strong>di</strong> circulation e, ad un tempo, <strong>di</strong> liaison delle<br />

società e delle letterature <strong>di</strong> cui rappresentavano il punto <strong>di</strong> tramite e contatto. 77<br />

L’altro campo d’azione <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> me<strong>di</strong>atore è naturalmente l’Italia,<br />

intesa soprattutto – almeno per quanto concerne i suoi primi passi in ambito<br />

giornalistico – come realtà circoscritta all’area <strong>di</strong> Milano, quel “microscopico<br />

Parigi della Lombar<strong>di</strong>a” 78 in cui al rinnovamento urbanistico andava affiancandosi<br />

uno straor<strong>di</strong>nario boom economico che stava portando l’industria e<strong>di</strong>toriale<br />

a vantare, nel corso <strong>di</strong> un anno molto significativo, il 1875, circa 70 tipografie<br />

attive e 1600 operai impiegati nel settore (Inchiesta Ottino). 79 Se poi ci si sofferma<br />

su <strong>di</strong> una indagine relativa al solo ambito della critica letteraria, andrà<br />

detto che in città, in questo stesso periodo, erano sorte alcune riviste che sarebbero<br />

state destinate al successo ed alla longevità, come «Il Pungolo» (fondato<br />

nel 1859 da Leone Fortis), «Il Sole» (che pur essendo una testata legata alla<br />

Camera <strong>di</strong> Commercio vanterà tra i suoi recensori Felice Cameroni), «La Perseveranza»<br />

(che ebbe come primo <strong>di</strong>rettore il fuoriuscito friulano Filippo Filippi)<br />

o il più tardo «Corriere della Sera» (giornale il cui fondatore, il napoletano<br />

Eugenio Torelli Viollier, era solito ammettere tra i propri collaboratori soltanto<br />

i giovani valenti e “non mestieranti”), per non <strong>di</strong>menticare i fogli ad ampissima<br />

<strong>di</strong>ffusione finanziati dai fratelli Treves, da «L’Illustrazione Italiana», passando<br />

per quella «Universale» e finire con quella «Popolare». 80<br />

<strong>Gualdo</strong> scriverà su ciascuna <strong>di</strong> queste testate (fatta eccezione per «Il Sole»,<br />

quoti<strong>di</strong>ano su cui non firmerà mai nessun articolo, eppure dove, viceversa, si<br />

parlerà frequentemente <strong>di</strong> lui e delle sue opere): redattore altamente richiesto<br />

per la sua precoce esperienza estera e per il suo acume critico, “confidente quasi<br />

esclusivo d’un ambiente, anzi <strong>di</strong> due tra loro comunicanti”, 81 questi si presenterà<br />

al pubblico come un recensore benevolo e giusto, svincolato da qualsiasi tipo<br />

<strong>di</strong> collaborazione fissa con le redazioni dei giornali che stampavano i suoi comptes<br />

rendus. Affatto interessato alla professione – essendo benestante <strong>di</strong> fami-<br />

77<br />

Ivi, p. 199.<br />

78<br />

C. ARRIGHI, La scapigliatura e il 6 febbrajo, Milano, Giuseppe Redaelli, 1862, p. 147.<br />

79<br />

Desumo questi dati da G. ROSA, La narrativa scapigliata, Bari, Laterza, 1997, p. 7.<br />

80<br />

E. PACCAGNINI, I primi decenni postunitari, in AA. VV., Storia del giornalismo italiano.<br />

Dalle origini ai giorni nostri, Torino, UTET, 2004, pp. 163-219.<br />

81<br />

G. SPAGNOLETTI, Dalla galleria <strong>di</strong> Milano e dai salotti <strong>di</strong> Parigi riemerge il personaggio<br />

e il romanziere. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Nuova Rivista Europea 2», a. V<strong>II</strong>I, n. 45, febbraio<br />

1884, p. 41.<br />

26


glia – ed innamorato esclusivamente dell’arte, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> interverrà, pertanto,<br />

su tutti i più rinomati perio<strong>di</strong>ci milanesi (ed in seguito anche fiorentini, bolognesi<br />

e, dagli anni ’80, soprattutto romani) per promuovere i più promettenti –<br />

ma ancora sconosciuti – autori d’Italia e, a maggior ragione, per far conoscere<br />

al <strong>di</strong> qua delle Alpi i più innovativi fermenti letterari nascenti e poi trionfanti in<br />

Francia. Svincolato da qualsiasi tipo <strong>di</strong> contratto egli scriverà, dunque, soltanto<br />

<strong>di</strong> chi vorrà davvero scrivere, e <strong>di</strong>rà, nei suoi articoli, soltanto <strong>di</strong> chi o <strong>di</strong> cosa<br />

meritava, a suo parere, <strong>di</strong> esser detto. Un para<strong>di</strong>gma, il suo, in perfetta sintonia<br />

con la politica del <strong>di</strong>rettore del giornale ambrosiano su cui <strong>Gualdo</strong> firmerà il<br />

suo più cospicuo numero <strong>di</strong> interventi, quel «Corriere della Sera» gestito dall’amico<br />

Torelli Viollier noto per essere solito affermare una frase presto <strong>di</strong>venuta<br />

celebre: “Il pubblico perdona più facilmente un articolo appassionato ed<br />

ingiusto che certi artificiosi silenzi”. 82 Senza dubbio appassionati, gli interventi<br />

gual<strong>di</strong>ani, ad ogni modo, molto <strong>di</strong>fficilmente sbagliavano ad andare a segno.<br />

Attestati non solo dalle sue recensioni, ma anche – come si avrà modo <strong>di</strong><br />

vedere <strong>di</strong> volta in volta nei successivi capitoli – dalle riflessioni critiche e stilistiche<br />

presenti nei suoi carteggi, i meriti gual<strong>di</strong>ani nella sua pluridecennale ‘carriera’<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore culturale erano stati messi in luce già dai suoi contemporanei.<br />

Primo fra tutti era stato Gerolamo Rovetta, che all’indomani dell’uscita e<br />

del gran successo <strong>di</strong> Decadenza, aveva decantato, accanto alle qualità dello<br />

scrittore, quelle dell’ottimo critico preventivo affermatosi nella sua città d’origine<br />

come uno tra i più noti consiglieri <strong>degli</strong> artisti e come punto <strong>di</strong> contatto tra<br />

poeti, romanzieri, drammaturghi, attori, musicisti e giornalisti separati dalla<br />

cortina delle Alpi. 83 D’altronde non è <strong>di</strong>fficile supporre che, se le frontiere culturali<br />

tra i due paesi non fossero state così altamente permeabili, un’osmosi tanto<br />

attiva ed efficace quale quella propugnata da <strong>Gualdo</strong> non sarebbe mai stata<br />

possibile: era piuttosto raro, <strong>di</strong>fatti, che i processi <strong>di</strong> translation culturelle potessero<br />

avere luogo seguendo un’unica <strong>di</strong>rezione; essi avvenivano e tuttora avvengono,<br />

invece, <strong>di</strong> norma – come afferma Vouvelle –, “sous forme de va-etvient<br />

de la source émettrice vers le recepteur et retour, dans un mouvement qui,<br />

82<br />

E. TORELLI VIOLLIER, La stampa e la politica, in AA. VV., Milano 1881, Milano,<br />

Ottino, 1881, p. 142.<br />

83<br />

G. ROVETTA, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Don Chisciotte della Mancia», 24 marzo<br />

1892, rist. in Appen<strong>di</strong>ce a L. GUALDO, Romanzi e Novelle, cit., pp. 1225-1226.<br />

27


sans être perpetuel, peut être recourrent”. 84 Di qui la necessità <strong>di</strong> frontiere storicamente,<br />

geograficamente, socialmente e culturalmente attraversabili. 85<br />

Per sua fortuna i tempi, negli anni dell’operato <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, erano ormai maturi<br />

(se si eccettuano le tensioni, per ragioni politiche, vissute tra Italia e francia<br />

nel corso dell’estate 1888, durante la quale Crispi rinnoverò l’adesione del paese<br />

alla Triplice Alleanza) per riavvicinare le sorti artistiche <strong>di</strong> due stirpi <strong>di</strong> genti<br />

sorelle, tanto simili eppure spesso, specie in passato, tanto contrapposte. Ma<br />

<strong>Gualdo</strong> conosceva perfettamente luci e ombre <strong>di</strong> entrambi i popoli tra cui viveva<br />

ed operava, come avrà modo <strong>di</strong> sottolineare un ignoto cronista de «L’Illustration»,<br />

sul numero del 10 ottobre 1874:<br />

Esprit très-juste et très clairvoyant, c’est lui [<strong>Gualdo</strong>] qui, avec sa science des<br />

deux peuples et ses deux littératures, pourra nous faire connaître les progrès des lettres<br />

italiennes et nous initier à la pensée actuelle de son pays. C’est une tâche qui lui conviendrait<br />

tout à fait et que nous trouverions bien utile. 86<br />

La padronanza <strong>di</strong> più lingue da parte me<strong>di</strong>atori culturali ha <strong>di</strong> frequente avuto<br />

come implicazione il fatto che gran parte <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> realizzati su queste<br />

figure sia spesso rimasta focalizzata soprattutto su una specifica tipologia <strong>di</strong><br />

passeurs, quella dei traduttori, incentrandosi sulle loro mansioni, sulla rilevanza<br />

del loro lavoro in qualità <strong>di</strong> figure poliglotte costantemente in contatto con culture<br />

e i<strong>di</strong>omi <strong>di</strong>fferenti. Lo stesso <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, nel corso della sua intensa per<br />

quanto breve carriera, si era talvolta cimentato nella pratica della traduzione:<br />

non solo egli aveva lavorato in tal senso sulle sue stesse opere, dagli articoli <strong>di</strong><br />

critica letteraria (primo fra tutti quello incentrato su Paul Bourget, apparso tanto<br />

sulla «Illustrazione Italiana» quanto sulla «Nouvelle Revue») ad alcune sue novelle<br />

(come L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, poi <strong>di</strong>venuta – come si è in precedenza<br />

detto – Une aventure vénitienne) per poi terminare con la versione italiana del<br />

suo primo romanzo francese (ovvero quel Mariage excentrique pubblicato da<br />

84 M. VOUVELLE, Les intermé<strong>di</strong>ateurs culturels: une problèmatique, in AA. VV., Actes<br />

du colloque de centre méri<strong>di</strong>onal d’histoire sociale, des mentalités et des cultures (1978), Aixen-Provence<br />

– Paris, Champion, 1981, p. 113.<br />

85 Quello delle frontiere permeabili è un fenomeno che è stato in primo luogo analizzato<br />

dagli antropologi. Cfr. D. COOPER-RICHET, Introduction à AA. VV., Passeurs culturels sans<br />

le monde des mé<strong>di</strong>as et de l’é<strong>di</strong>tion en Europe (XIX et XX siècles), cit., p. 14.<br />

86 ––, Bulletin bibliographique. Une ressemblance par M. Louis <strong>Gualdo</strong>, in «L’Illus-<br />

tration», 10 octobre 1874, p. 239.<br />

28


Lemerre che nell’e<strong>di</strong>zione Treves si chiamerà Un matrimonio eccentrico), ma<br />

aveva realizzato anche la versione in italiano del dramma <strong>di</strong> Coppée Deux deuleurs<br />

mentre, viceversa, era intervenuto nel ruolo <strong>di</strong> consigliere, traduttore e <strong>di</strong>vulgatore<br />

al <strong>di</strong> là delle Alpi della novella La lupa, testo tratto dalla raccolta <strong>di</strong><br />

Giovanni Verga Vita dei campi (operazione, questa, davvero delicata a tener<br />

conto dell’originaria veste linguistica del testo, ricco <strong>di</strong> regionalismi e forme<br />

<strong>di</strong>alettali che l’autore stesso aveva trovato <strong>di</strong>fficili da rendere già in italiano).<br />

Tuttavia, il compito del passeur culturel non può essere limitato al solo lavoro<br />

<strong>di</strong> traduzione, impegno che senza dubbio può costituire una porzione rilevante<br />

(spesso in<strong>di</strong>spensabile) del suo ruolo <strong>di</strong> «homme double», 87 però certamente<br />

non esclusiva. Come ha sapientemente messo in luce Diana Cooper-<br />

Richet, che ha <strong>di</strong>retto un recente convegno sui me<strong>di</strong>atori culturali nel mondo<br />

dei me<strong>di</strong>a e dell’e<strong>di</strong>toria in Europa – scrivendone peraltro l’introduzione agli<br />

atti – il più delle volte i traduttori rappresentano una parte cospicua dei passeurs<br />

(dacché la traduzione rappresenta la prevalente “expression matérielle” della loro<br />

esperienza), 88 eppure nel novero <strong>di</strong> questa categoria rientrano tante personalità<br />

che <strong>di</strong> norma svolgono professioni che, sebbene sempre riconducibili alla<br />

carta stampata, viste nel loro insieme costituiscono un quadro molto più vario <strong>di</strong><br />

quel che ad una prima indagine si potrebbe pensare. Si tratta, cioè, <strong>di</strong> recensori,<br />

scrittori, <strong>di</strong>rettori <strong>di</strong> teatri, critici, animatori <strong>di</strong> riviste, e<strong>di</strong>tori, 89 <strong>di</strong> uomini, insomma,<br />

che – per citare una splen<strong>di</strong>da immagine ideata da Flaubert nell’Éducation<br />

sentimentale – hanno una vera e propria missione da svolgere in mezzo<br />

ai propri simili, quella <strong>di</strong> “servir d’intermé<strong>di</strong>aires” agendo allo stesso modo dei<br />

ponti, ovvero <strong>di</strong> mezzi che permettono <strong>di</strong> farsi attraversare da terzi per permettere<br />

loro <strong>di</strong> poter raggiungere, in tal modo, mete più lontane. 90<br />

87<br />

Per uno stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to della concezione <strong>di</strong> homme double e del periodo storico che<br />

ha favorito l’operato <strong>di</strong> questa tipologia <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atori si veda C. CHARLIE, Le temps des hommes<br />

doubles, in «Revue d’histoire moderne et contemporaine», janvier-mars 1992, pp. 65-72.<br />

88<br />

S. MOUSSAKOVA, Le miroir identitaire, Paris, Presses Sorbonne Nouvelle, 2007, p.<br />

90. Le riflessioni della stu<strong>di</strong>osa si riferiscono all’opera <strong>di</strong> Maeterlinck nella ricezione in Bulgaria<br />

del Simbolismo, ma possono essere estese anche ad altri scenari geografici e culturali.<br />

89<br />

D. COOPER-RICHET, Introduction à AA. VV., Passeurs culturels sans le monde des<br />

mé<strong>di</strong>as et de l’é<strong>di</strong>tion en Europe (XIX et XX siècles), cit., p. 14.<br />

90<br />

G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale (1869), cit., p. 336 :“Il y a des hommes<br />

n’ayant pour mission parmi les autres que de servir d’intermé<strong>di</strong>aires; on les franchit comme des<br />

ponts, et l’on va plus loin”.<br />

29


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Nella storia <strong>di</strong> questi “hommes/ponts” sono piuttosto frequenti i casi <strong>di</strong> personaggi,<br />

talvolta solo marginalmente classificabili come uomini <strong>di</strong> lettere, che<br />

hanno interamente centrato la propria attività nella realizzazione <strong>di</strong> transferts<br />

multiples, finendo per incarnare una tipologia <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atori che è stata in seguito<br />

da varie fonti definita come il genere del “passeur culturel malgré lui”. Sebbene<br />

anche questi personaggi abbiano contribuito alla storia della costruzione culturale<br />

dell’Europa, la loro opera non sempre può vantare lo stesso valore ed i medesimi<br />

riconoscimenti che sono spettati, invece, a coloro che, grazie a quell’insieme<br />

<strong>di</strong> competenze garantite loro dal proprio triplice statuto <strong>di</strong> traduttori,<br />

scrittori e critici, hanno consentito – da un lato – la realizzazione <strong>di</strong> un sempre<br />

maggiore avvicendamento tra “le national” e “l’étranger” e – dall’altro – un’intensa<br />

trasformazione ed apertura sui modelli culturali dei singoli paesi “par<br />

l’intermé<strong>di</strong>aire d’une nouvelle strategie culturelle nationale”. 91<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> poteva, quin<strong>di</strong>, agilmente rientrare a tutti gli effetti in questa<br />

seconda classificazione <strong>di</strong> passeur inteso come figura articolata e complessa,<br />

essendo egli un poeta – romanziere – giornalista – critico – me<strong>di</strong>atore – consigliere<br />

– <strong>di</strong>vulgatore. E come tale, si è accennato, era stato riconosciuto prima <strong>di</strong><br />

tutto dai suoi contemporanei, italiani e soprattutto francesi: in particolar modo<br />

andrà ricordato che, all’epoca della sua scomparsa, quando sulle principali testate<br />

europee era stata riportata la notizia della sua morte, il nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

appariva costantemente affiancato dalla qualifica <strong>di</strong> (nelle rispettive lingue dei<br />

singoli giornali) “Cavaliere della Legion d’Onore”. A questo punto ci si domanderà<br />

in quale maniera tale onorificenza possa avere a che fare con il suo<br />

ruolo <strong>di</strong> passeur culturel. Ebbene, tentare <strong>di</strong> scoprire il motivo alla base <strong>di</strong> una<br />

simile attribuzione non è stata impresa facile e, in fin dei conti, il risultato delle<br />

ricerche permette appena <strong>di</strong> svelare qualche nuova tessera <strong>di</strong> un complesso mosaico,<br />

rimanendo l’informazione ancora in parte incompleta, ma sufficiente a<br />

far comprendere il perché <strong>di</strong> un collegamento tra la carica <strong>di</strong> cui egli era stato<br />

investito e l’operato <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore.<br />

Il mistero ha avuto inizio nel riscontrare, tra i documenti dell’Archivio Litta<br />

Mo<strong>di</strong>gnani, l’assenza del <strong>di</strong>ploma originale rilasciato all’atto del conferimento<br />

del titolo: nonostante esista un fascicolo 92 – il n. 7 della cart. 4, tit. XXV, gr.<br />

91 S. MOUSSAKOVA, Le miroir identitaire, cit., p. 90.<br />

92 Le carte <strong>di</strong> provenienza <strong>Gualdo</strong>-Bolis – fatta eccezione per quelle in possesso della Biblioteca<br />

Ambrosiana – sono inserite nel Tit. XXV <strong>degli</strong> Archivi del Fondo Litta Mo<strong>di</strong>gnani in<br />

gran parte custo<strong>di</strong>ti presso l’archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano (la rimanente documentazione familiare<br />

30


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

2° – che reca in intestazione la <strong>di</strong>citura “1896, agosto 11, Parigi – Diploma <strong>di</strong><br />

Cavaliere della Legion d’Onore conferito al Nobile Don <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Bolis”, al<br />

suo interno non resta altro che una nota a lapis, redatta da mano ignota, asserente<br />

la sparizione del documento; sul foglio si legge, infatti, la seguente frase:<br />

“Manca [probabilmente trattenuto dal depositario] 15-10-02”. Purtroppo, non<br />

avendo avuto i responsabili dell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano alcuna opportunità<br />

per rintracciare Mario Litta Mo<strong>di</strong>gnani (che aveva venduto al suddetto Archivio<br />

i registri <strong>di</strong> provenienza <strong>Gualdo</strong>-Bolis nel 1989) non restava altro da fare che<br />

consultare l’altra fonte – quella originaria – che aveva attribuito la carica: l’istituto<br />

francese della Légion d’Honneur. Anche in questo caso, però, sono sorte<br />

alcune <strong>di</strong>fficoltà poiché – secondo le regole dell’ente – all’epoca del conferimento<br />

della nomina non risultava obbligatorio re<strong>di</strong>gere un dossier qualora il titolo<br />

fosse stato assegnato ad uno straniero. Per quanto francese d’elezione, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> era comunque citta<strong>di</strong>no italiano il giorno della cerimonia d’investitura<br />

– l’11 agosto 1896 –, ragion per cui il suo nome attualmente figura soltanto<br />

all’interno dell’Annuario del 1901 come facente parte <strong>degli</strong> effettivi in data 31<br />

<strong>di</strong>cembre 1899. Tuttavia, nel suddetto volume, una piccola specifica fa seguito<br />

alle parole “M. Louis <strong>Gualdo</strong>”, una breve specifica che, però, nella sua essenzialità<br />

fornisce in<strong>di</strong>zi importanti ai fini della ricerca gual<strong>di</strong>ana, dal momento<br />

che, secondo la menzione dell’annuario, <strong>Gualdo</strong> aveva ricevuto la carica <strong>di</strong><br />

Chevalier – per interessamento ed intercessione <strong>di</strong> M. Émile Zola – in quanto<br />

uomo <strong>di</strong> lettere ed in virtù della sua opera <strong>di</strong> ambassadeur officieux de la culture.<br />

93 La conferma, successiva, nel riscontro <strong>di</strong> un articolo apparso sul «Don<br />

Chisciotte <strong>di</strong> Roma» all’indomani della sua scomparsa: “Emilio Zola – due anni<br />

or sono – pregò pubblicamente il ministro della istruzione <strong>di</strong> conferire al <strong>Gualdo</strong><br />

la Legione d’onore”. 94<br />

È indubbio che una simile onorificenza, riconoscimento della sua attività<br />

da parte dello Stato francese, per giunta fomentato dall’intervento dell’allora<br />

più noto scrittore del paese, dovette rappresentare per <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> – all’epoca<br />

molto malato e quasi in punto <strong>di</strong> morte – il perfetto coronamento <strong>di</strong> una sofferta<br />

è conservata nel Fondo Litta dell’Archivio dell’Ospedale Maggiore <strong>di</strong> Milano, che ha sede presso<br />

l’ala seicentesca del palazzo in cui si trovano attualmente gli uffici della fondazione IRCCS).<br />

93 Si ringrazia, per le ricerche in merito e la preziosa collaborazione, M.me Christine Minjollet,<br />

‘Assistante de Direction’ del Museo, <strong>degli</strong> Archivi e della Biblioteca della Legion d’Onore<br />

Francese.<br />

94 L. SPADA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Don Chisciotte <strong>di</strong> Roma», 19 maggio 1898.<br />

31


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

carriera letteraria e, allo stesso tempo, il consolidamento della sua intima relazione<br />

con quella terra che gli aveva offerto asilo fin dall’infanzia e che egli aveva<br />

a sua volta ripagato partecipando (seppure in maniera del tutto personale)<br />

95 ad un processo <strong>di</strong> ammodernamento, scambio ed integrazione con la storia<br />

e la cultura dell’Italia, sua patria naturale. Attraverso un minuto, attento lavoro<br />

<strong>di</strong> ricezione e <strong>di</strong> trasmissione, con un “travaso <strong>di</strong> proposte”, 96 <strong>di</strong> spunti, <strong>di</strong> nuclei<br />

ideologico-tematici nuovi – o nuovamente orientati –, <strong>di</strong> riflessioni sullo<br />

stile, sulla poesia, sulla novella e romanzo, e, insieme, attraverso i contatti<br />

(spesso non solo professionali, ma il più delle volte anche intimi e personali)<br />

con i maggiori autori letterari, artistici e musicali dell’uno e dell’altro paese, il<br />

egli aveva saputo mostrarsi attento al “colore del tempo” 97 e al consumo <strong>di</strong><br />

nuove ideologie e <strong>di</strong> nuovi miti che andavano affacciandosi sulla scena culturale<br />

e sociale del tempo nelle sue due patrie.<br />

Attento alla produzione e alle innovazioni delle nascenti generazioni, così<br />

come agli insegnamenti lasciati da quelle passate (la sua reverenza per l’insegnamento<br />

dei gran<strong>di</strong> Maestri – da Gautier a Balzac, da Manzoni ad Alear<strong>di</strong> – è<br />

presente in maniera significativa in ogni suo intervento), <strong>Gualdo</strong> era stato tra i<br />

principali protagonisti dello svecchiamento del panorama letterario peninsulare<br />

e, contemporaneamente, <strong>di</strong> una sempre maggior <strong>di</strong>ffusione e conoscenza dei<br />

nuovi protagonisti dell’arte italiana al <strong>di</strong> là delle Alpi. Al contrario <strong>di</strong> chi, nella<br />

sua stessa epoca, aveva fatto della trasmissione del sapere una vera missione <strong>di</strong><br />

esistenziale, egli aveva saputo rendere la propria stessa esperienza <strong>di</strong> vita un<br />

mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione <strong>di</strong> ciò a cui aveva assistito giorno dopo giorno: l’incombente<br />

avvento del Novecento. Se è dunque vero, per concludere, che “c’est<br />

pour l’intermé<strong>di</strong>aire que passe […] la «nouveauté culturelle»”, 98 allora non v’è<br />

dubbio che – servendosi della propria abilità nell’aver intuitivamente colto anzitempo<br />

alcune particolari <strong>di</strong>rezioni che le culture <strong>di</strong> entrambi i suoi paesi (d’origine<br />

e d’elezione) avrebbero intrapreso con successo – <strong>Gualdo</strong> si presentava,<br />

nel cangiante scenario della trasformazione del gusto fin de siècle, come la perfetta<br />

congiunzione <strong>di</strong> uomo <strong>di</strong> lettere e me<strong>di</strong>atore capace <strong>di</strong> farsi portavoce della<br />

95<br />

“La transmission n’est jamais neutre, car tout passeur est inscrit dans la réalité sociale<br />

d’une époque”, afferma M. VOUVELLE, Les intermé<strong>di</strong>ateurs culturels…, cit., p. 115.<br />

96<br />

A. SANTORSOLA, <strong>Gualdo</strong> critico e lettore, nella Francia della fine secolo, cit., p. 37.<br />

97<br />

Ibidem.<br />

98<br />

D. COOPER-RICHET, Introduction à AA. VV., Passeurs culturels sans le monde des<br />

mé<strong>di</strong>as et de l’é<strong>di</strong>tion en Europe (XIX et XX siècles), cit., p. 14.<br />

32


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

“novità”, tra i pochi all’epoca degni <strong>di</strong> poter ricevere un vero e proprio portait<br />

de l’artiste en passeur:<br />

Il <strong>Gualdo</strong>, innamorato delle fini esplicazioni del genio francese, messo a parte <strong>di</strong><br />

molte <strong>di</strong> esse, accolto nell’intimità dei più eletti e dei più formidabili ingegni, ebbe la<br />

serenità e lo spirito <strong>di</strong> non cadere in alcuno <strong>di</strong> quegli engloûments […], e chauvin, a<br />

modo suo nel paese <strong>degli</strong> chauvins, seguì con attenzione, con slancio, stando <strong>di</strong> là, gli<br />

albori <strong>di</strong> quel rinnovamento letterario che si è svolto fra noi in quest’ultimo ventennio.<br />

Si cominciò allora a <strong>di</strong>re che anche al <strong>di</strong> qua delle Alpi si stampavano romanzi che non<br />

erano più il riflesso delle bellicose maschere <strong>di</strong> secoli fa, invocazioni in<strong>di</strong>fferenti e irritanti<br />

per l’oggi; gli spettri e i fantocci della trage<strong>di</strong>a costumata o del dramma romantico,<br />

ma le figure tristi, tormentate e vere della fine del secolo… 99<br />

1.3 <strong>Gualdo</strong> a Milano: tra salotti, caffè, circoli e redazioni<br />

Per le vie <strong>di</strong> Milano […] alle fragranze acute della selvaggina, all’aroma dei tartufi<br />

e de’ pasticci esposti in copia meravigliosa ad ogni passo, si marita sempre il sito<br />

dell’inchiostro tipografico. È un odore oleoso con una punta <strong>di</strong> forte che ributta la gente<br />

volgare e stuzzica piacevolmente i nervi olfattorî dello stu<strong>di</strong>oso.<br />

L’inaspettata convivenza delle industrie del ventre con le industrie dello spirito allarga<br />

subito il cuore al giovinetto piovuto […] sul lastrico della grande città con un<br />

grosso manoscritto in tasca. Che gli volevano far credere che erano nemiche inconciliabili,<br />

se vivono tanto bene insieme? 100<br />

L’efficace istantanea della Milano dei tempi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, magistralmente raffigurata<br />

dalla penna <strong>di</strong> Roberto Sacchetti, giornalista e scrittore scapigliato torinese,<br />

ci mostra una città in trasformazione, che si avvia a <strong>di</strong>ventare metropoli.<br />

Le testimonianze sono tante: chiunque si trovi ad assaporare, anche se solo per<br />

breve tempo, l’intensa vita <strong>di</strong> questa città, ne rimane letteralmente folgorato. In<br />

una lettera del pittore napoletano Domenico Morelli, scritta nel settembre 1880<br />

alla figlia Evangelina mentre era <strong>di</strong> ritorno dall’Esposizione Nazionale <strong>di</strong> Torino,<br />

si legge: “Milano è in tutto più elegante <strong>di</strong> Torino; tutto è più italiano, com-<br />

99 G. ROVETTA, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 1225.<br />

100 R. SACCHETTI, La vita letteraria a Milano, in Racconti della Scapigliatura milanese,<br />

a cura <strong>di</strong> V. Spinazzola, Milano, E<strong>di</strong>zioni per il Club del Libro, 1959, p. 477. Il saggio <strong>di</strong> Sacchetti<br />

era precedentemente comparso in AA.VV., Milano 1881, cit.<br />

33


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

preso il vestire delle donne, senza cappelli, e io che voglio vedere l’italiano in<br />

tutto, sono più contento della vista <strong>di</strong> qui, cioè <strong>di</strong> quello che mi passa sotto gli<br />

occhi”. 101 Appena un anno dopo, Verga ne parlerà come “la più città d’Italia”,<br />

102 dove è in atto uno sviluppo rapido e <strong>di</strong>namico, ma in cui una giovane,<br />

moderna e fiorente industria pubblicistica ed e<strong>di</strong>toriale convive paradossalmente<br />

con gusti ed abitu<strong>di</strong>ni ancora tutti provinciali. Ed infatti, come si evince dalle<br />

cronache dell’epoca, nelle strade del centro della città meneghina si avvertono<br />

intense le “esalazioni grasse e succulente <strong>degli</strong> zamponi fumanti, delle luganeghe,<br />

delle mortadelle” 103 e al loro fianco convive, come narra Sacchetti, l’acre<br />

odore delle stamperie in frenetica attività: basti pensare che – come si è in parte<br />

altrove anticipato – appena un ventennio prima, nel 1861, Emilio e Giuseppe<br />

Treves avevano dato vita alla casa e<strong>di</strong>trice che, oltre a pubblicare numerosi perio<strong>di</strong>ci,<br />

curò la stampa <strong>di</strong> tutti i maggiori autori, italiani e non, del periodo e<br />

che, pochi anni dopo, nel 1878, Eugenio Torelli Viollier aveva fondato uno dei<br />

più antichi e longevi quoti<strong>di</strong>ani italiani, «Il Corriere della Sera».<br />

La cosa non deve stupire: “Milano è finora la sola città nostra”, avverte<br />

sempre Sacchetti, “dove ci sia un vero pubblico: la classe colta coi novantamila<br />

abitanti delle <strong>di</strong>verse regioni vi formano un tutto omogeneo, armonico, che vibra<br />

e risponde tutto insieme, ad un tratto, alla stessa commozione, alla stessa<br />

provocazione”. 104 Novantamila italiani colti su trecentomila milanesi, 105 senza<br />

contare l’enorme quantità <strong>di</strong> visitatori – turisti, ma soprattutto colti letterati, artisti,<br />

<strong>di</strong>plomatici – provenienti da ogni angolo d’Europa. Una vera città cosmopolita<br />

e, al suo interno, una vera ‘Repubblica delle Lettere’: “in qualche altra<br />

città italiana, dove pure la vita artistica prospera e cresce da parecchi anni, gli<br />

artisti fanno società a parte”, mentre a Milano “tutte le persone educate si conoscono,<br />

formano una società sola, dove gli artisti non solo sono ammessi ma godono<br />

<strong>di</strong> particolari immunità”. 106 Tutti, uomini politici e uomini d’affari, nobili<br />

e borghesi, avvocati, banchieri, impiegati, ricercano la compagnia <strong>degli</strong> artisti,<br />

101<br />

Lettera ine<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Domenico Morelli alla figlia Evangelina, con intestazione Milano, 27<br />

settembre 1880. (Carte Morelli <strong>II</strong>/128, Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> – Vittorio Emanuele <strong>II</strong>I).<br />

102<br />

G. VERGA, I <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Milano, in AA.VV., Milano 1881, cit., p. 66.<br />

103<br />

R. SACCHETTI, La vita letteraria a Milano, cit., p. 477.<br />

104<br />

Ivi, pp. 482-483.<br />

105<br />

Secondo le stime dell’epoca, se nel 1860 Milano contava 200.000 abitanti, nel 1880 la<br />

sua popolazione si era quasi raddoppiata.<br />

106 R. SACCHETTI, La vita letteraria a Milano, cit., p. 483.<br />

34


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

<strong>degli</strong> scrittori, dei giornalisti, s’interessano alle loro passioni, si riscaldano alle<br />

loro <strong>di</strong>scussioni.<br />

Ma quali sono i luoghi d’incontro? Dove andare per imbattersi in questa<br />

bohême <strong>di</strong> principi del pensiero e partecipare alle loro amabili e coinvolgenti<br />

conversazioni che non sono mai esclusivamente letterarie, ma dalle quali “la<br />

letteratura non è esclusa mai”? 107 Ogni milanese lo sa: allo Stocker, al Manzoni,<br />

al delle Colonne, al Biffi, allo Gnocchi, al Martini, al Cova, al Campari, ovvero<br />

nei caffè, nelle birrerie, nelle fiaschetterie e nelle osterie della città. Ecco come,<br />

ancora una volta, ve<strong>di</strong>amo coesistere fianco a fianco – per <strong>di</strong>rla ancora con Sacchetti<br />

– industrie del ventre e dello spirito. Sia ben chiaro che si tratta <strong>di</strong> locali<br />

storici, sorta <strong>di</strong> cenacoli letterari, per lo più annessi a teatri – da cui pure spesso<br />

prendono il nome – in cui ci si riuniva alla sera dopo gli spettacoli o in cui avevano<br />

luogo le riunioni dei redattori dei perio<strong>di</strong>ci citta<strong>di</strong>ni: al caffè Gnocchi, ad<br />

esempio, nella Galleria de Cristoforis, si riunivano i collaboratori del «Gazzettino<br />

Rosa», il giornale <strong>di</strong> Cavallotti e <strong>degli</strong> Scapigliati, 108 al caffè Martini – l’ex<br />

caffè della Cecchina –, nei pressi della Scala, si riunivano i musicisti ed i rovaniani;<br />

al caffè Cova, a ora <strong>di</strong> pranzo, si davano appuntamento i corrispondenti<br />

del «Pungolo», e sempre al Cova, ma anche al caffè delle Colonne, alla birreria<br />

Stocker, al Biffi o al Campari, era solito trattenersi ogni pomeriggio, per una<br />

mezz’ora, Arrigo Boito. 109 Nei caffè della Galleria del Duomo, ancora, ci si poteva<br />

imbattere nei giornalisti del «Corriere della Sera» – onnipresente il competentissimo<br />

critico artistico <strong>Luigi</strong> Archinti –, del «Fanfulla» – come Anna Ra<strong>di</strong>us<br />

Zuccari, più celebre con lo pseudonimo <strong>di</strong> Neera, con cui aveva firmato il suo<br />

primo articolo nel 1875 –, del «Corriere del Mattino» e della «Gazzetta Letteraria».<br />

Non va, inoltre, <strong>di</strong>menticato l’ambiente tutto bohème della Polpetta, una<br />

trattoria in via del Conservatorio, dove ci si riuniva, specialmente d’estate, all’aperto,<br />

per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> arte e letteratura. A farla da padrone, quasi ovunque,<br />

era un gruppo <strong>di</strong> giovani intellettuali, il cui nome, o meglio la cui etichetta, sarebbe<br />

rimasta indelebilmente legato alla vita milanese <strong>di</strong> questi anni:<br />

107 Ivi, p. 485.<br />

108 “Dimmi le cronache / dei Scapigliati / che al Gnocchi fremono / la notte e il dì” scriveva<br />

il Ghislanzoni. La citazione è tratta da R. MAGGI, La Milano ai tempi del <strong>Gualdo</strong>, in Decadenza,<br />

cit., p 23.<br />

109 Era questo l’unico momento della giornata in cui Boito era solito uscire dalla sua piccolissima<br />

abitazione in via Principe Amedeo, dove lavorava ininterrottamente dalle nove del mattino<br />

fino alle quattro del pomeriggio.<br />

35


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

I caffè milanesi, quelli del centro per una ragione, quelli della periferia per<br />

un’altra, videro un poco tutti, magari a spizzico e secondo gli umori e le stagioni, soprattutto<br />

la frazione letteraria <strong>degli</strong> Scapigliati. 110<br />

Ed in questa Milano, “capitale morale d’Italia”, tutto il folto stuolo <strong>di</strong> “sovrani<br />

intelletti e patrioti illustri” 111 entrava in contatto e veniva assorbito, in un<br />

modo o nell’altro, come si è visto poc’anzi, dalla stampa perio<strong>di</strong>ca. Ad essa, ed<br />

all’industria e<strong>di</strong>toriale più in generale, sono legati gran parte dei circoli letterari<br />

tardo-ottocenteschi: nel tentativo <strong>di</strong> sprovincializzare la cultura italiana, queste<br />

giovani menti stavano dando avvio al lento processo <strong>di</strong> demistificazione del<br />

ruolo dell’intellettuale e della cultura intesa come raggio d’azione e <strong>di</strong> competenza<br />

<strong>di</strong> una élite privilegiata. Naturalmente il mezzo che essi mostravano <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>ligere per la <strong>di</strong>ffusione delle loro idee <strong>di</strong> cambiamento era proprio la stampa,<br />

perché in quegli anni:<br />

La rivista non si rivolge più ad uno sparuto gruppo <strong>di</strong> specialisti, ma a strati sempre<br />

più ampi <strong>di</strong> pubblico, che vengono agganciati e coinvolti usando espe<strong>di</strong>enti vari. 112<br />

Un simile fenomeno, in Italia, era possibile (almeno fino agli anni ’80,<br />

quando anche l’astro <strong>di</strong> Roma capitale cominciò infine a brillare) soltanto nella<br />

Milano dell’epoca, ovvero nella sola città italiana in cui si era già fatta strada<br />

l’idea che non dovesse più esistere “nessuna rigidezza aristocratica, nessuna<br />

sciocca burbanza borghese”: 113 tutti potevano scrivere <strong>di</strong> e su tutto, anche se,<br />

vedremo, gli argomenti pre<strong>di</strong>letti resteranno arte, teatro e letteratura. “Milano<br />

pullula <strong>di</strong> riviste (alcune delle quali vivono solo pochi mesi), che tentano <strong>di</strong> aprirsi<br />

un varco e <strong>di</strong> inserirsi nel <strong>di</strong>battito, […] acceso e vivace [soprattutto] intorno<br />

alla scuola verista”: 114 ecco allora giornali che importano dalla Francia<br />

l’uso <strong>di</strong> pubblicare romanzi a puntate in appen<strong>di</strong>ce al foglio o in supplementi<br />

mensili, come «Il Secolo», o riviste che sono sintomo e prodotto dell’inquietu<strong>di</strong>ne<br />

politica e che danno voce agli ideali e alle istanze dei gruppi <strong>di</strong> giovani<br />

110<br />

E. GARA – F. PIAZZI, Serata all’osteria della Scapigliatura. Trent'anni <strong>di</strong> vita artistica<br />

milanese attraverso le confessioni e i ricor<strong>di</strong> dei contemporanei, Milano, Bietti, 1945.<br />

111<br />

R. BARBIERA, Giovanni Verga nella vita letteraria e mondana <strong>di</strong> Milano, in «La Lettura»,<br />

a. XX<strong>II</strong>, n. 2, febbraio 1922, p. 168.<br />

112<br />

A. CHEMELLO, “La Farfalla” <strong>di</strong> Angelo Sommaruga, Storia e in<strong>di</strong>ci, Roma, Bulzoni,<br />

1977, p. 8.<br />

113<br />

R. SACCHETTI, La vita letteraria a Milano, cit., p. 484.<br />

114<br />

A. CHEMELLO, “La Farfalla” <strong>di</strong> Angelo Sommaruga, cit., p. 13.<br />

36


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

intellettuali – gli Scapigliati –, come il già citato «Gazzettino Rosa» e la «Cronaca<br />

d’arte». Assume, invece, posizioni più tra<strong>di</strong>zionaliste e <strong>di</strong> recupero del<br />

passato la «Rivista Minima», <strong>di</strong> Ghislanzoni e Salvatore Farina, cui si affianca<br />

con analoghi intenti la «Vita Nuova» <strong>di</strong> Bonghi e De Marchi e cui si contrappone<br />

«Il Prelu<strong>di</strong>o», che prende coraggiosamente posizione contro i falsi innovatori<br />

e stimola le nuove generazioni a valorizzare e <strong>di</strong>vulgare l’esperienza letteraria<br />

<strong>di</strong> Boito, Praga e Tarchetti. In questo clima, percorso da importanti correnti innovative,<br />

si inserisce anche «La Farfalla» <strong>di</strong> Sommaruga, fondata a Cagliari nel<br />

’77, ma poi pubblicata contemporaneamente a Roma e Milano. Cominciano a<br />

<strong>di</strong>ffondersi, infine, riviste <strong>di</strong> respiro internazionale, come «La Perseveranza» <strong>di</strong><br />

Mandriani, che fin dal principio vantò la collaborazione <strong>di</strong> corrispondenti <strong>di</strong><br />

stanza a Parigi, Monaco, Londra e talvolta anche a Madrid e Il Cairo.<br />

Ma le cronache dell’epoca raccontano <strong>di</strong> un vero e proprio re della stampa,<br />

Leone Fortis, considerato colui che a Milano “ha inaugurato la sovranità della<br />

stampa, la tiene e non dà segni <strong>di</strong> volerla ab<strong>di</strong>care”. 115 Suo è «Il Pungolo», sulla<br />

cui testata trionfa l’immagine del <strong>di</strong>avolo volante e zoppo Asmodeo: tra i giornali<br />

più dotti e piacevoli del periodo, «Il Pungolo» non mancava <strong>di</strong> trattare gli<br />

argomenti più svariati, specie in tempo <strong>di</strong> elezioni o <strong>di</strong> qualche importante questione<br />

amministrativa, economica, teatrale, o artistica che potesse stuzzicare<br />

l’interesse e la curiosità del pubblico. Articolista e polemista, il Fortis scrive<br />

anche su un altro giornale assai <strong>di</strong>ffuso e longevo, «L’Illustrazione Italiana»: 116<br />

noto inizialmente solo per i suoi <strong>di</strong>segni, questo foglio assumerà poi notevole<br />

interesse per le sue ‘conversazioni’ letterarie.<br />

E <strong>Gualdo</strong>? <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> scrive in quasi tutte queste riviste, dove la sua<br />

firma compare in calce – si è in parte già detto – a molte recensioni letterarie <strong>di</strong><br />

opere <strong>di</strong> autori stranieri o biografie <strong>di</strong> personaggi illustri, italiani e francesi. In<br />

seguito verrà data un’analisi dettagliata <strong>di</strong> tutti i suoi lavori apparsi sulle riviste<br />

d’oltralpe e nostrane. Accenniamo, per il momento, che, tra i perio<strong>di</strong>ci italiani,<br />

115 R. SACCHETTI, La vita letteraria a Milano, cit., p. 497.<br />

116 Diretta ed e<strong>di</strong>ta da Emilio Treves e redatta sul modello della rivista francese «L’Illustration»,<br />

questa rivista ebbe tra i suoi collaboratori firme prestigiose come quelle <strong>di</strong> Giovanni<br />

Verga, Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Gabriele d’Annunzio, Antonio Fogazzaro, Grazia<br />

Deledda, Guido Gozzano ed Emilio Cecchi. Nel 1939 la casa e<strong>di</strong>trice fu rilevata dalla Garzanti,<br />

che fino al 1962 curò anche la pubblicazione del perio<strong>di</strong>co, trasformato da quin<strong>di</strong>cinale in mensile.<br />

Va ricordato, inoltre, che durante il biennio 1874-75 il giornale aveva avuto anche un supplemento:<br />

si tratta del perio<strong>di</strong>co nato con il titolo «Nuova illustrazione universale», che nel corso<br />

del 1874 cambiò nome in «L’Illustrazione Universale».<br />

37


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

egli intervenne in primis sulle testate milanesi, ma pubblicò i suoi articoli anche<br />

su testate fiorentine – «Il Fanfulla» e «La Rassegna Settimanale» –, torinesi –<br />

«Lettere e Arti» e «La Gazzetta Letteraria» –, genovesi – «La Fronda» –, e romane<br />

– «Cronaca Bizantina» –. Tra le riviste lombarde poc’anzi citate, egli collaborò<br />

soprattutto con «Il Corriere della Sera», saltuariamente con la «Rivista<br />

Minima», con il «Gazzettino Rosa», con «La Perseveranza», con «Il Pungolo» e<br />

con la «Cronaca d’arte», mentre scrisse con maggiore assiduità, pubblicando<br />

anche sue poesie e parti <strong>di</strong> suoi romanzi, su «L’Illustrazione Popolare», su<br />

«L’Illustrazione Italiana» e sul suo supplemento, «L’Illustrazione Universale».<br />

Va aggiunto, inoltre, che soprattutto in queste ultime due riviste, il nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> non compare soltanto come firma a <strong>di</strong>versi articoli. La sua opera risulta<br />

pubblicizzata e recensita da critici quali Cameroni, Depanis e Capuana,<br />

oppure vengono narrati episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cronaca delle città <strong>di</strong> Milano e Parigi <strong>di</strong> cui<br />

egli è protagonista in prima persona, ritratto ad esempio mentre girovaga per le<br />

vie del centro del capoluogo lombardo:<br />

Elegantissimo, scollato come una signorina, gira per Milano, a passi lenti, misurati,<br />

con un lieve dondolìo, che ricorda quello <strong>di</strong> certi naviganti <strong>di</strong> lungo corso avvezzi ai<br />

rolli marini. Il suo abbigliamento non è sempre quello che la moda impone: il <strong>Gualdo</strong><br />

adotta una moda tutta propria come Sarah Bernhardt, poiché gli piace la stravaganza,<br />

l’eccentricità, ma questa dev’essere elegante; se no, no. È sempre celibe, impenitente<br />

celibe ma per eccentricità celebrerebbe il Mariage excentrique, che ha scritto. 117<br />

Che egli fosse solito passeggiare per le strade del cuore della città indossando<br />

i suoi abiti stravaganti e ricercati – da cui il soprannome che scelse per<br />

lui Eleonora Duse, Gilet Bianco – è cosa certa. Emmanuele Navarro della Miraglia,<br />

nelle sue Note Milanesi dell’estate 1876, soffermandosi ad immortalare<br />

la colonia letteraria della città, dopo aver aspramente stigmatizzato i comportamenti<br />

<strong>di</strong>ssoluti <strong>di</strong> molti “aspiranti” artisti, spiega come a suo parere i veri scrittori<br />

siano “le persone più sobrie e sistemate del mondo”: naturalmente, tra coloro<br />

che egli annovera come modelli comportamentali, c’è anche <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

non a caso inserito proprio tra quei “parecchi [che] sono ad<strong>di</strong>rittura eleganti”<br />

insieme al marchese Capranica, al pittore De Albertis e Giovanni Verga. 118 Lo<br />

117<br />

BAT, Scorse letterarie. Achille Torelli e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «L’Illustrazione Italiana», 22<br />

ottobre 1882, p. 271.<br />

118<br />

BLASCO, Note Milanesi. 15 giugno, in «Il Fanfulla», V<strong>II</strong>, n. 163, 18 giugno 1876, p.<br />

2. Il testo dell’articolo è <strong>di</strong>sponibile, in ristampa moderna, anche nel recente volume <strong>di</strong> C.<br />

38


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

stesso Blasco (pseudonimo dell’articolista <strong>di</strong> cui sopra) appena un mese più tar<strong>di</strong>,<br />

nel realizzare alcune istantanee <strong>di</strong> una Milano ormai spopolata e invasa dai<br />

turisti, ci consegna un secondo breve scatto dello scrittore in esame, questa volta<br />

ritratto non in nome della sua serietà e della sua eleganza, bensì a causa <strong>di</strong> un<br />

comportamento tipico. Il cronista, <strong>di</strong>fatti, una volta descritte le poche signore<br />

rimaste in giro ed i bar ormai deserti (soltanto Filippi resta, reduce, davanti al<br />

caffè delle Colonne, dove “immalinconisce”), conclude affermando: “Solo<br />

<strong>Gualdo</strong> vaga pensieroso ne’ viali deserti de’ Giar<strong>di</strong>ni pubblici”. 119<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questi brevi accenni <strong>di</strong> cronaca citta<strong>di</strong>na, resta il fatto che per le<br />

sue sembianze, gli atteggiamenti, lo stile, la competenza e la cultura, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> non passava mai inosservato e, pertanto, non c’è <strong>di</strong>ario, memoria o biografia<br />

dell’epoca che non accenni ad almeno una delle sue caratteristiche. Nelle<br />

già più volte citate pagine de La vita letteraria a Milano, infatti, dopo l’elenco<br />

dei luoghi in cui vien detto possibile scovare Arrigo Boito durante le sue rare<br />

apparizioni in pubblico, si legge per l’appunto che:<br />

Uno <strong>degli</strong> intimi suoi [<strong>di</strong> Boito] è <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, il romanziere gran signore, che<br />

non pensa a ricavar guadagni dal suo lavoro per l’invi<strong>di</strong>abile ragione che ha del viver<br />

suo, ma che senza alcuno scopo <strong>di</strong> lucro lavora non per vanità, per un suo bisogno<br />

d’artista. Per Milano lo si vede <strong>di</strong> rado anche lui, qualche volta verso le quattro quando<br />

fa bel tempo esce a fare un giro lungo il Corso tutto solo, le mani nelle tasche, astratto,<br />

pensoso, e per questo e per la sua singolare maniera <strong>di</strong> vestire, ha l’aria <strong>di</strong> un forestiere.<br />

Vive solitamente rinchiuso, la sera fa delle visite. D’estate va sul lago, ogni anno passa<br />

alcuni mesi a Parigi e scrive da qualche anno in francese […]. 120<br />

“La sera fa delle visite”, scrive Sacchetti. La frequentazione <strong>di</strong> circoli letterari,<br />

<strong>di</strong> ritrovi, <strong>di</strong> salotti <strong>di</strong> cultura, e più in generale <strong>di</strong> luoghi della socialità è<br />

una costante che accomuna le abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a quelle <strong>di</strong> larga parte dell’inteligenzia<br />

italiana – e qui, nella fattispecie, milanese – nel pieno Ottocento: con<br />

vari nomi e svariate oscillazioni semantiche si era in effetti soliti, nel secolo<br />

scorso, in<strong>di</strong>care “l’abitu<strong>di</strong>ne al ricevimento serale […], attività che unisce in sé<br />

significati <strong>di</strong>fferenti, sociali, in<strong>di</strong>viduali, antropologici, fino alla definizione destinata<br />

poi a prevalere, quella <strong>di</strong> salotti appunto, con cui non a caso si intendono<br />

ROMANO, Emmanuele Navarro della Miraglia. Un percorso esemplare <strong>di</strong> Secondo Ottocento,<br />

Catania, Fondazione Verga, 1998, p. 107.<br />

119 BLASCO, Note Milanesi. 15 luglio, in «Il Fanfulla», V<strong>II</strong>, n. 192, 18 luglio 1876, p. 2.<br />

120 R. SACCHETTI, La vita letteraria a Milano, cit., p. 500.<br />

39


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

insieme sia la comunità dei partecipanti sia il luogo fisico dell’incontro, all’interno<br />

della casa privata”. 121 Era un’abitu<strong>di</strong>ne delle élites <strong>di</strong> tutta la penisola<br />

quella della pratica mondana del salotto <strong>di</strong> conversazione come spazio privilegiato<br />

<strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> confronto, dove loisir e lavoro non si contrappongono, e<br />

cui partecipano anche i ceti me<strong>di</strong> ed alto-borghesi ad imitazione <strong>di</strong> un comportamento<br />

dai connotati indubbiamente in origine aristocratici.<br />

A <strong>di</strong>re il vero quello dei salons <strong>di</strong> Milano è un caso a parte rispetto a quelli<br />

del resto d’Italia. Come illustra Marco Meriggi nella sua storia del Regno Lombardo-Veneto,<br />

122 la nascita, lo sviluppo e la <strong>di</strong>ffusione dei salotti in quest’area<br />

del paese è spiegabile come conseguenza del lavoro delle Commissioni aral<strong>di</strong>che<br />

austriache: al loro ritorno al potere nell’Italia settentrionale, gli Asburgo<br />

avevano trovato le file dell’aristocrazia lombarda ben più nutrite <strong>di</strong> come ricordavano<br />

<strong>di</strong> averle lasciate prima della <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> Napoleone; quest’ultimo, infatti,<br />

aveva nel frattempo insignito <strong>di</strong> titoli nobiliari gran parte <strong>degli</strong> esponenti dei ceti<br />

professionali emergenti. Per limitare l’accesso a Corte <strong>di</strong> questa fiumana <strong>di</strong><br />

nobili e nobilitati, il governo asburgico aveva quin<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposto alcune commissioni<br />

al termine del cui lavoro (1828) era stato redatto un Repertorio genealogico<br />

che aveva provocato uno smacco davvero incre<strong>di</strong>bile: fior fiore dell’aristocrazia<br />

lombarda, anche della più antica, si vide improvvisamente esclusa dalle<br />

liste nobiliari cui erano state iscritte soltanto le famiglie che potevano vantare<br />

un’assoluta purezza e limpidezza <strong>di</strong> sangue anche della linea femminile.<br />

La conseguenza più imme<strong>di</strong>ata della rigida applicazione della normativa<br />

viennese alla realtà nobiliare lombardo-veneta fu l’esclusione dall’accesso a<br />

corte <strong>di</strong> buona parte <strong>di</strong> coloro che, soprattutto in Lombar<strong>di</strong>a, ne avevano costituito<br />

il pubblico settecentesco. E si assistette a scene anche piuttosto bizzarre<br />

poiché, sebbene molti nobili <strong>di</strong> sesso maschile fossero stati ammessi ai ricevimenti<br />

e alle funzioni, molte delle loro consorti ne erano state escluse, ragion per<br />

cui quasi tutti si rifiutarono <strong>di</strong> riprendere a frequentare gli ambienti <strong>di</strong> corte.<br />

Nonostante la promulgazione <strong>di</strong> una sanatoria alle regole viennesi che riabilitò<br />

l’accesso alle cerimonie più esclusive <strong>di</strong> tutti i frequentatori dell’epoca prerivoluzionaria,<br />

questa normativa aveva portato un vero e proprio “attacco frontale al<br />

tra<strong>di</strong>zionale modo <strong>di</strong> riprodursi dell’aristocrazia nord-italiana” 123 che, se voleva<br />

121<br />

M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, con prefazione<br />

<strong>di</strong> M. Meriggi, Roma, Carocci, 2000, p. 27.<br />

122<br />

M. MERIGGI, Il Regno Lombardo-Veneto, Torino, UTET, 1987, pp. 124-137.<br />

123 Ivi, p. 134.<br />

40


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

continuare a far parte del ceto nobiliare, non poteva più celebrare quei matrimoni<br />

‘misti’ con i quali, per lungo tempo, essa aveva conservato i propri privilegi<br />

economici. In seguito all’operato delle Commissioni aral<strong>di</strong>che ottocentesche<br />

“l’area nobiliare lombarda e veneta cessò <strong>di</strong> essere autofondata” 124 sicché<br />

la Corte rimase luogo assai scarsamente frequentato dall’aristocrazia settentrionale<br />

dal momento che quest’ultima preferì ritirarsi nella vita dei propri salotti.<br />

Il <strong>di</strong>ssolversi <strong>di</strong> uno spazio comune tra monarchia ed aristocrazia rappresentò,<br />

pertanto, il fondamento della <strong>di</strong>ffusione dei salotti privati, del loro prestigio,<br />

ma anche della loro autorevolezza. Allontanata giocoforza dalla vita della<br />

corte viennese, la nobiltà milanese costituì una sorta <strong>di</strong> “contro-corte” 125 che<br />

prese vita all’interno delle lussuose magioni urbane delle famiglie un tempo patrizie,<br />

le quali assai raramente concessero libero accesso alle loro riunioni a<br />

quella nobiltà austro-boema che, per incarichi funzionariali o militari, annoverava<br />

vari suoi rappresentanti sparsi nelle città lombarde. In questo modo l’aristocrazia<br />

milanese riuscì a fondare in se stessa il senso della propria esistenza e<br />

della propria superiorità sociale, ponendosi nei confronti del monarca “come un<br />

pianeta che si è staccato dal proprio sole”. 126<br />

Sebbene nella Milano <strong>di</strong> questi anni nessuna forma aggregativa prevalesse<br />

sulle altre e continuassero a riscuotere gran successo le Accademie – luoghi tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

deputati al confronto intellettuale – e nuovi luoghi pubblici <strong>di</strong> cui<br />

si è a lungo parlato – come le osterie, i bar e le bottiglierie – mostrassero una<br />

loro particolarissima vitalità, il vero spazio a<strong>di</strong>bito alla conversazione <strong>di</strong>venta la<br />

casa, luogo privato per eccellenza. “La casa <strong>di</strong>viene il centro della vita dell’in<strong>di</strong>viduo”<br />

127 ed il suo salotto il luogo privilegiato dello scambio e del confronto<br />

culturale, della conversazione dotta e dell’incontro mondano, passaggio obbligato<br />

nell’itinerario dell’educazione alla socialità <strong>di</strong> ogni intellettuale, il posto,<br />

infine, in cui si andava creando “un nuovo carattere italiano, non più <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>to,<br />

ma <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>no cosciente <strong>di</strong> poter sempre far valere e <strong>di</strong>fendere e riven<strong>di</strong>care i<br />

suoi <strong>di</strong>ritti, <strong>di</strong> poter professare e sostenere le proprie opinioni”. 128 Anello <strong>di</strong> me-<br />

124<br />

Ivi, p. 136.<br />

125<br />

Ibidem.<br />

126<br />

M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 67.<br />

127<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e Modelli, Milano,<br />

Franco Angeli, 1985, p. 16.<br />

128<br />

G. SQUARCIAPINO, Società e letteratura ai tempi <strong>di</strong> Angelo Sommaruga, con presen-<br />

tazione <strong>di</strong> P. P. Trompeo, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1950, p. 76.<br />

41


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

<strong>di</strong>azione tra vari strati della società, il salotto milanese del secondo Ottocento<br />

rispecchia la configurazione della stessa città, aperta e cosmopolita, la cui aristocrazia,<br />

meno esclusivista della buona società <strong>di</strong> altri gran<strong>di</strong> centri italiani,<br />

come Torino, accoglie nelle sue file ogni persona onorevole e ben educata e,<br />

come a Londra o a Parigi, dà vita ad una nuova classe, costituita da “un’ampia<br />

pleiade <strong>di</strong> intellettuali dalla più vasta provenienza e dalla più varia attitu<strong>di</strong>ne<br />

culturale”; 129 in un’unica espressione, la futura classe <strong>di</strong>rigente italiana.<br />

Milano sta cambiando, ed il fiorire <strong>di</strong> nuove classi, anche attraverso l’azione<br />

aggregatrice svolta dai suoi salotti, contribuisce a farle assumere un nuovo<br />

volto, moderno ed europeo, esemplarmente colto dal “più parigino della società<br />

milanese”, 130 quel <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> che i suoi contemporanei non esitarono a definire<br />

“il più fine e profondo conoscitore <strong>di</strong> quel mondo cosmopolita” 131 in cui si<br />

svolgono i suoi romanzi. Tracciando, ad esempio, le <strong>di</strong>versità che intercorrono<br />

tra Paolo Renal<strong>di</strong>, avvocato milanese protagonista del suo ultimo lavoro, Decadenza,<br />

e suo fratello Carlo, pittore, <strong>Gualdo</strong> aveva introdotto un’interessante descrizione<br />

dei cambiamenti in atto a Milano, “luogo <strong>di</strong> partenza” della vicenda<br />

(giacché “l’approdo romano in questo caso è solo transitorio”) 132 e città che si<br />

avviava alla massificazione e all’abbattimento delle <strong>di</strong>visioni sociali:<br />

Dacché era a Milano, egli [Paolo] seguiva la lenta trasformazione che la città subisce.<br />

Ed osservava dovunque, tentando anche <strong>di</strong> indovinare ciò che non poteva vedere.<br />

[…]. Così, senza che alcuno glielo in<strong>di</strong>casse, si era fin dal principio accorto del mutamento<br />

graduale per cui la città è avviata a cambiare il carattere che l’aveva resa […]<br />

elegante in una cerchia ristretta, […], aristocratica, o piuttosto esclusiva. S’era avveduto<br />

che, non esiste più – o quasi – una “società” nel senso mondano della parola. E aveva<br />

visto che mentre la vita elegante stava morendo, per un movimento parallelo in senso<br />

inverso cresce la vita propriamente detta: da un lato quella del lavoro, avviando la<br />

città a <strong>di</strong>ventare un grande centro dell’industria; dall’altro, quella del <strong>di</strong>vertimento per<br />

tutti, nelle strade, nei caffè, nei teatri. 133<br />

Non esiste luogo migliore del salon per comprendere la società milanese<br />

del secondo Ottocento. Se finora sono state analizzate le origini <strong>di</strong> questa forma<br />

129<br />

M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 63.<br />

130<br />

R. BARBIERA, Giovanni Verga nella vita letteraria e mondana <strong>di</strong> Milano, cit., p. 172.<br />

131<br />

G. ROVETTA, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 1232.<br />

132<br />

G. C. JOCTEAU, Le gerarchie: miti della nobiltà narrativa milanese e lombarda, in<br />

Nobili e nobiltà nell’Italia unita, Bari, Laterza, 1997, p. 230.<br />

133<br />

L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 955-956. Corsivo mio.<br />

42


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

<strong>di</strong> aggregazione, molto resta ancora da <strong>di</strong>re su cosa si faceva al suo interno e,<br />

ancor <strong>di</strong> più, su come ciò che vi accadeva potesse influenzare la vita e la cultura<br />

dell’epoca. In particolare, in relazione alle vecende gual<strong>di</strong>ane, si terranno in<br />

considerazione soprattutto le esperienze <strong>di</strong> due salotti lombar<strong>di</strong>, quello della<br />

contessa Chiarina Maffei e quello <strong>di</strong> donna Vittoria Cima, oggetto d’interesse<br />

del presente stu<strong>di</strong>o non solo in vista della <strong>di</strong>mensione assolutamente non provinciale<br />

bensì “italiana” (e anzi cosmopolita), ma anche perché entrambi annoverano,<br />

tra i loro frequentatori abituées, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

Il periodo che va dagli anni ’50 alla fine del secolo rappresenta per Milano<br />

l’epoca d’oro del loisir. “Nella momentanea eclissi della politica, nella sor<strong>di</strong>na<br />

imposta dalla vita militare, i riti associativi […] cominciano nel frattempo a riprendere<br />

slancio”. 134 In questa città in cui le barriere <strong>di</strong> classe iniziavano pian<br />

piano a cadere, gli intellettuali, per accedere ai luoghi <strong>di</strong> confronto, non dovevano<br />

più, ormai, superare rigide demarcazioni. L’accesso alle proprie riunioni<br />

era gestito delle più note salonnières in maniera tale che tra il loro pubblico ci<br />

fosse costantemente un “rimescolamento delle carte”: 135 attraverso un’accurata<br />

selezione era infatti possibile introdurre nuovi elementi tra le schiere dei frequentatori<br />

dei salotti, la cui linfa vitale consisteva proprio nella ricerca <strong>di</strong> commistione<br />

tra realtà ed orientamenti <strong>di</strong>versi, nella “coesistenza <strong>di</strong> opinioni <strong>di</strong>fferenti,<br />

purché culturalmente fondate”. 136 Così, accanto a coloro che, per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

nascita, partecipano alla vita salottiera – dal momento che molto spesso il salotto<br />

è costituito in prima istanza dall’incrocio <strong>di</strong> alcuni gran<strong>di</strong> gruppi familiari legati<br />

tra loro da vincoli <strong>di</strong> sangue e <strong>di</strong> patrimonio –, si aggiungono coloro che<br />

vengono, col tempo, acquisiti. È l’intellettuale, soprattutto, ad essere cooptato;<br />

la scelta avviene sulla base “<strong>di</strong> una fama già conquistata, <strong>di</strong> un lungo tirocinio<br />

già combattuto e che si è svolto tutto al <strong>di</strong> fuori delle mura protettive <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mora<br />

aristocratica”. 137 Celebre è il caso <strong>di</strong> Giovanni Verga che, ormai uscito<br />

grazie ai propri meriti letterari dal modesto anonimato cui la maggior parte <strong>degli</strong><br />

appartenenti alla sua classe erano condannati, venne introdotto nel salotto <strong>di</strong><br />

Chiara Maffei dai suoi primi amici milanesi, Arrigo Boito e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Da<br />

un articolo <strong>di</strong> Raffaello Barbiera su Giovanni Verga nella vita letteraria e mon-<br />

134<br />

M. MERIGGI, Milano borghese. Circoli ed élites dell’Ottocento, Venezia, Marsilio,<br />

1992, p. 177.<br />

135<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e Modelli, cit., p. 42.<br />

136 Ivi, p. 39.<br />

137 Ivi, p. 41.<br />

43


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

dana <strong>di</strong> Milano si evince che lo scrittore siciliano tornava spesso nel capoluogo<br />

lombardo per stu<strong>di</strong>are la vita del suo popolo, perché da lì egli riusciva a vedere i<br />

due versanti della realtà italiana, quello urbano e quello citta<strong>di</strong>no, 138 ma anche<br />

perché soltanto Milano “vantava già ribellioni e ribelli d’arte, si compiaceva<br />

della nuova scuola realista della quale egli […] era sorto capo”. 139 Ed ogniqualvolta<br />

in cui egli tornava a soggiornarvi, non mancava mai <strong>di</strong> passare nello storico<br />

appartamento della contessa, sempre in costante compagnia dei suoi due fedelissimi<br />

amici. Chi abitualmente prendeva parte a tali riunioni, infatti, non può<br />

far a meno <strong>di</strong> ricordare in questi termini le visite in via Bigli del catanese: “Nel<br />

salotto, il Verga formava un gruppo col biondo Arrigo Boito, eterno sognatore,<br />

e con un giovane romanziere, profumato e azzimato, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, bel giovane<br />

e […] ottimo amico”. 140<br />

Necessario all’ingresso del neofita nel salon è il ruolo della padrona <strong>di</strong><br />

casa, ma certamente il nobile <strong>Gualdo</strong>, cui la contessa era peraltro in<strong>di</strong>rettamente<br />

imparentata, non dovette avere alcun problema nel presentare l’amico Verga, il<br />

cui nome era ormai stato reso celebre, all’epoca, da Storia <strong>di</strong> una capinera e da<br />

Eva. La salonnière, <strong>di</strong> norma, accettava il nuovo venuto solo se in possesso <strong>di</strong><br />

una lettera <strong>di</strong> raccomandazione o se, come nel caso appena citato, il giovane <strong>di</strong><br />

belle promesse veniva introdotto da qualcuno che già frequentava il salotto ‘per<br />

<strong>di</strong>ritto’: compito specifico della padrona <strong>di</strong> casa era poi, una volta fatte le presentazioni<br />

ufficiali, proteggere l’ultimo arrivato, sostenerlo e accompagnarlo,<br />

addolcendogli il <strong>di</strong>fficile impatto con i giu<strong>di</strong>zi dei presenti. Il rapporto tra gli intellettuali<br />

<strong>di</strong> origine borghese e il salotto si configura come “un dare e avere dagli<br />

aspetti assai complessi”. 141 Colui che <strong>di</strong>venta celebre e muta il proprio status<br />

deve imparare a stare in società, in una società le cui leggi <strong>di</strong> comportamento<br />

sono dettate da un’aristocrazia che nei salotti era solita celebrare i suoi fasti,<br />

ammettendo solo il <strong>di</strong>verso che avesse fatto fatica nel tentativo <strong>di</strong> assomigliarle.<br />

142 Sulla base della assiduità <strong>di</strong> presenza, i frequentatori dei salotti, a parte gli<br />

aventi <strong>di</strong>ritto per nascita e coloro che vi erano accolti per merito, possono essere<br />

138<br />

A. MATTEI, Verga e la Scapigliatura milanese, in AA. VV., Giovanni Verga. Una biblioteca<br />

da ascoltare, Roma, E<strong>di</strong>zioni De Luca, 1999, p. 112.<br />

139<br />

R. BARBIERA, Giovanni Verga nella vita letteraria e mondana <strong>di</strong> Milano, cit., p. 171.<br />

140<br />

Ivi, pp. 171-172.<br />

141<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e Modelli, cit., p. 43.<br />

142<br />

N. ELIAS, La civiltà delle buone maniere: la trasformazione dei costumi nel mondo a-<br />

ristocratico occidentale, Bologna, Il Mulino, 1998, pp. 82-85.<br />

44


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

ulteriormente <strong>di</strong>stinti tra il gruppo ristretto dei fedelissimi e coloro che allentano<br />

o intensificano le proprie visite a seconda <strong>degli</strong> interessi e delle esigenze.<br />

Oltre a queste due fasce esistono, inoltre, anche gli ospiti occasionali che<br />

sono in genere personaggi noti o per fama artistica e culturale o per cariche politiche,<br />

cui viene concesso, su invito della padrona <strong>di</strong> casa o <strong>di</strong> un suo assiduo<br />

frequentatore, <strong>di</strong> varcare le soglie dei salons durante una loro permanenza in<br />

città. Tra gli ospiti occasionali si annoveravano, com’è facile intuire, anche gli<br />

stranieri. Sappiamo dalla monografia <strong>di</strong> Barbiera sul salotto Maffei – che è poi,<br />

in realtà, un’apologia della sua ospite – che fu proprio <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a presentare<br />

alla contessa Chiarina il drammaturgo e poeta parnassiano François Coppée.<br />

143 Nel marzo 1876, infatti, “il nobile <strong>Gualdo</strong>, il milanese più parigino che<br />

sia mai apparso all’ombra del Duomo, parigino nell’abbigliamento […], nei gusti<br />

artistici, nell’accento con cui parla il francese e nelle frasi che usa nello scrivere<br />

romanzi” 144 accompagna ed introduce nel celebre salotto “un giovane snello<br />

e bello come un tunisino, elegante come un parigino autentico, qual è veramente:<br />

Francesco Coppée”. 145 Pare che la Contessa rimase ammaliata dal fascino<br />

dell’autore <strong>di</strong> Le Passant, tanto da pretendere, avendone riportata un’impressione<br />

gra<strong>di</strong>tissima – “Egli ha tutte le buone qualità dei francesi e non ne ha<br />

i <strong>di</strong>fetti!” 146 commentò la sera del primo incontro la Maffei –, che i cesellati<br />

versi <strong>di</strong> Coppée venissero declamati dalla celebre attrice parigina Madame Doche,<br />

nota a quei tempi per esser stata la prima interprete a teatro de La dame<br />

aux camelias <strong>di</strong> Dumas (al quale, per inciso, <strong>Gualdo</strong> presenterà la Duse). 147<br />

La parola letta, nei salons, è importante quasi quanto la parola come libera<br />

espressione perché in tali luoghi la lettura nasce quasi sempre da un interesse<br />

letterario, oltre che dall’esigenza <strong>di</strong> creare un piacevole <strong>di</strong>versivo: talvolta sono<br />

gli autori stessi a proporre questa sorta <strong>di</strong> ‘promozione pubblicitaria’ delle proprie<br />

opere; altre volte, come nel caso <strong>di</strong> Coppée, è la padrona <strong>di</strong> casa ad offrire<br />

un gentile omaggio ai propri ospiti ed al pubblico dei frequentatori del proprio<br />

salotto. La lettura <strong>di</strong> testi “genera intorno a sé un ascolto attento e pieno d’a-<br />

143 Cfr., infra, il paragrafo 7.3a Il legame umano ed artistico più longevo: François Cop-<br />

pée.<br />

144<br />

R. BARBIERA, Il Salotto della contessa Clara Maffei e la società milanese (1834-<br />

1886), Milano, Treves, 1895, p. 302.<br />

145<br />

Ivi, p. 304.<br />

146<br />

Ibidem.<br />

147<br />

Cfr., infra, il paragrafo 4.3b La <strong>di</strong>va ed il passeur: legami, incontri e me<strong>di</strong>azioni in fa-<br />

vore della Duse.<br />

45


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

spettative”, 148 scrive Maria Iolanda Palazzolo: nell’Italia del secondo Ottocento<br />

questa pratica aveva lo scopo <strong>di</strong> fornire, a tutti i presenti, informazioni bibliografiche<br />

che dessero conto, con sufficiente chiarezza e rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> aggiornamento,<br />

<strong>di</strong> tutta la produzione libraria che veniva immessa sul mercato. Chi faceva<br />

parte dei circuiti intellettuali veniva posto, in questo modo, nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

conoscere tutte le novità e<strong>di</strong>toriali del momento e ciò, quasi sempre, attraverso<br />

il contatto <strong>di</strong>retto con gli stessi autori. Se, per altra via, un simile tipo <strong>di</strong> aggiornamento<br />

poteva avvenire attraverso le comunicazioni epistolari o l’invio <strong>di</strong> opuscoli<br />

informativi, o, ancora, attraverso le recensioni che immancabilmente<br />

comparivano sui perio<strong>di</strong>ci, tuttavia la lettura ad alta voce all’interno dei salotti<br />

rappresentava senza dubbio il metodo più efficace per pubblicizzare un libro.<br />

Alla declamazione dei testi poteva poi seguire, specie se l’opera non era ancora<br />

stata pubblicata, anche un <strong>di</strong>battito con lo stesso autore, il quale, confrontandosi<br />

con le <strong>di</strong>verse parti in causa – si ricor<strong>di</strong> che prerogativa <strong>di</strong> ogni buon salotto risiedeva<br />

nell’eterogeneità delle sue componenti – poteva così ricevere nuovi<br />

stimoli, spinte a rivedere i propri errori, suggerimenti e persino esplicite richieste<br />

<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche e <strong>di</strong> interventi migliorativi. In altri casi, invece, ma sempre con<br />

il medesimo epilogo, “la lettura collettiva nasce come esigenza spontanea della<br />

conversazione. […] Non è raro allora che si faccia ricorso alla biblioteca <strong>di</strong> famiglia;<br />

[…] nel silenzio pressoché generale, risuona la voce del lettore prescelto,<br />

in genere il più esperto in simili attività, che declama i brani <strong>di</strong> un’opera letteraria,<br />

commentati e <strong>di</strong>scussi poi dagli ascoltatori”. 149<br />

La biblioteca della padrona <strong>di</strong> casa deve, quin<strong>di</strong>, essere sempre ben nutrita<br />

ed aggiornata. Eppure non si tratta dell’unica parte della sua <strong>di</strong>mora ad interessare<br />

in maniera <strong>di</strong>retta i frequentatori del salotto: mai in nessun periodo della<br />

storia del mobilio come nell’Ottocento inoltrato, avverte Mario Praz – in un suo<br />

scritto intitolato La filosofia dell’arredamento – si è vista tanta abbondanza <strong>di</strong><br />

mobili per sedere. Ed il motivo è facilmente comprensibile: “non solo ne vengono<br />

creati tipi nuovi, come il confortable, la causeuse, il confident, l’in<strong>di</strong>scret,<br />

la fumeuse, il crapaud, il pouf, aggiungendo alla lista già aumentata nel Settecento,<br />

ma i vecchi tipi, in seguito all’impiego delle molle […] coprirono gran<br />

parte della superficie delle stanza con le loro sagome dal dorso a pallone”. 150<br />

Ulteriore oggetto d’arredo immancabile, infine, nelle case alto-borghesi che o-<br />

148<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e modelli, cit., p. 56.<br />

149<br />

Ivi, p. 57.<br />

150<br />

M. PRAZ, La filosofia dell’arredamento, Milano, Longanesi, 1981, p. 344.<br />

46


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

spitano i convitati del salon, “fonte volta a volta <strong>di</strong> schietto <strong>di</strong>vertimento o <strong>di</strong><br />

contrasti e rivalità” 151 era il pianoforte, strumento fondamentale dell’educazione<br />

<strong>di</strong> ogni giovane donna dei ceti me<strong>di</strong>o-alti. Accade, così, che spesso siano le<br />

stesse salonnières ad esibirsi, come nel caso <strong>di</strong> donna Vittoria Cima, che era<br />

stata sul punto <strong>di</strong> prender lezioni da Chopin e che aveva meritato il plauso <strong>di</strong><br />

Gioacchino Rossini, 152 ma non <strong>di</strong> rado può capitare che siano noti compositori<br />

– frequentatori abituali o occasionalmente invitati – ad intrattenere il pubblico<br />

eseguendo brani delle loro composizioni più celebri, come nel caso <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong> e<br />

Liszt nel salotto Maffei. 153 L’esecuzione alla tastiera <strong>di</strong> musica da camera, tanto<br />

occasione <strong>di</strong> raccolta per gli amanti della musica quanto modo per sottrarre gli<br />

intervenuti a conversazioni noiose, era una pratica assai frequente in tutti i salotti<br />

– italiani e non – persino in quelli <strong>di</strong> provincia. Ad offrircene un’efficace<br />

rappresentazione è proprio <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> che, nel suo primo romanzo, Costanza<br />

Gerar<strong>di</strong>, narra la performance al pianoforte dell’omonima protagonista, tra le<br />

mura del suo “modesto salottino” 154 <strong>di</strong> campagna:<br />

D’un tratto [Costanza] s’alzò e andò a sedersi al cembalo che stava aperto.<br />

– Bene! – <strong>di</strong>sse Riccardo. – La ringrazio che esau<strong>di</strong>sca oggi la mia preghiera<br />

dell’altro giorno.<br />

Ella non rispose, ma cominciò a far scorrere le <strong>di</strong>ta sui tasti. Poi, lentamente, i<br />

suoni in<strong>di</strong>stinti presero, per così <strong>di</strong>re, una forma e ne uscì una delle più vaghe melo<strong>di</strong>e<br />

<strong>di</strong> Schumann. Senza che la sua fosse un’esecuzione perfetta, ella suonava però rendendo<br />

tutta l’espressione, e interpretando con sentimento d’artista il pensiero del maestro.<br />

Riccardo non la credeva capace <strong>di</strong> tanto. Mentre il cembalo gemeva sotto il suo tocco,<br />

ella s’abbelliva; una luce sembrava emanare dal suo sguardo, i lineamenti del suo viso<br />

pareva si fossero fatti più armonici. 155<br />

Ma <strong>Gualdo</strong>, da persona esperta <strong>di</strong> vita mondana qual era, fa ancora <strong>di</strong> più e<br />

nel suo primo romanzo francese, Une ressemblance – de<strong>di</strong>cato proprio a quel<br />

François Coppée che egli stesso aveva introdotto alla Maffei – descrive lo svolgimento<br />

<strong>di</strong> una serata tipica anche in un salotto francese, quello <strong>di</strong> casa Vollier,<br />

famiglia dell’alta borghesia parigina <strong>di</strong> cui era frequente ospite il protagonista<br />

dell’opera, Maurice d’Affrey. Nel passo in questione <strong>Gualdo</strong> narra l’accurata<br />

151<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e modelli, cit., p. 57.<br />

152<br />

G. GALLAVRESI, Il salotto <strong>di</strong> donna Vittoria Cima, in «Pegaso», 1-3, 1930, p. 368.<br />

153<br />

R. BARBIERA, Il Salotto della contessa Clara Maffei e la società milanese (1834-<br />

1886), cit., pp. 60-98.<br />

154<br />

L. GUALDO, Costanza Gerar<strong>di</strong>, in Romanzi e Novelle, cit., p. 423.<br />

155 Ivi, p. 426.<br />

47


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

preparazione all’abituale evento da parte delle signore <strong>di</strong> casa e delle attività in<br />

cui solitamente, durante la serata, erano occupati i vari ospiti, uomini e donne:<br />

Tous les lun<strong>di</strong>s, il y avait grand dîner chez M. et M.me Vollier […]. Dans la journée,<br />

les intimes seulement étaient reçus. Le soir, les dames sortaient presque toujours,<br />

excepte lun<strong>di</strong>, car le dîner était suivi d’une soirée. C’était une société de très-bon ton,<br />

où l’on s’efforçait d’atteindre la plus haute <strong>di</strong>stinction. M.lle Vollier faisait ces jours-là<br />

des toilettes très-compliquées; sa mère se couvrait de bijoux et M.lle Julie enrichissait<br />

sa robe couleur raisin de Corinthe de quelques dentelles sobres. On faisait de le musique<br />

de salon, on s’entre-regardait et on causait à voix basse; on admirait la damoiselle<br />

de la maison, qui ne se permettait la flirtation qu’après avoir accompli tous ses<br />

devoirs; on ne faisait pas là plus de mé<strong>di</strong>sance qu’ailleurs et on s’y ennuyait décemment<br />

comme dans le meilleur monde. Les hommes jouaient au whist, causaient politique<br />

et affaires, et fumaient. 156<br />

Il salotto rappresentava, per <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, un luogo ‘naturale’ da descrivere<br />

ed in cui ambientare molte scene <strong>di</strong> alcuni suoi lavori artistici, dal momento<br />

che si tratta <strong>di</strong> una tipologia associativa cui egli aveva aderito fin da tenera età:<br />

testimonianza <strong>di</strong> ciò è una sua lettera – la prima del Fondo – in<strong>di</strong>rizzata a Vittoria<br />

Cima, nella quale egli, giovanissimo (il documento risale al marzo 1866,<br />

quando <strong>Gualdo</strong>, appena ventiduenne, non aveva neppure ancora fatto il proprio<br />

ingresso ufficiale nel mondo delle lettere), afferma <strong>di</strong> sentire gran mancanza<br />

della sua ospite e delle sale delle loro consuetu<strong>di</strong>narie riunioni: “Non potete<br />

credere con quanto piacere lessi del vostro prossimo arrivo; venite dunque, venite;<br />

non lasciatevi trattenere dalla poesia delle nubi e dell’onde; la vostra assenza<br />

è stata già ben lunga ed io ho bisogno <strong>di</strong> lunghe causeries nel gabinetto<br />

vert-pomme”. 157 All’interno dello stesso documento, inoltre, il ragazzo informa<br />

donna Vittoria <strong>di</strong> aver fatto visita anche alla sua ‘rivale’ in materia <strong>di</strong> salotti, inserendo<br />

anche un breve commento su <strong>di</strong>verse ospiti, alcune lodate per la loro<br />

classe e bellezza, altre – invece – un po’ malignamente criticate: “Dalla Maffei<br />

vi fui domenica. V’era la May assai bella ma la Lady cento volte meglio. Deci-<br />

156 ID, Une ressemblance, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 265-266. Unica opera che<br />

l’autore pubblicò soltanto nella versione originale e<strong>di</strong>ta a Parigi presso Lemerre nel 1874, il romanzo<br />

è stato <strong>di</strong> recente tradotto e curato da Marilena Giammarco con il titolo Una rassomiglianza,<br />

con postfazione <strong>di</strong> Gianni Oliva, per la casa e<strong>di</strong>trice Tracce, nel 2002.<br />

157 Lettera 1, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Vittoria Cima, datata “Milano, 12 marzo [18]66”.<br />

Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(1).<br />

48


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

samente non c’è da far confronto. V’erano anche le Casanova, che mi sembrano<br />

in quelle sale pesci fuor d’acqua”. 158<br />

Dalla descrizione romanzesca appena citata e dal passo della lettera <strong>di</strong> cui<br />

sopra emerge un altro dato imprescin<strong>di</strong>bile della vita salottiera, un dato relativo<br />

al ruolo assolutamente centrale dello spazio riservato alla causerie. Ancora una<br />

volta è il suo contemporaneo Gerolamo Rovetta a raccontare che lo stesso <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> veniva considerato un ottimo conversatore (e come tale riconosciuto –<br />

lo si è già detto – anche a livello internazionale) 159 e che era molto apprezzato<br />

soprattutto per “la sua parola lenta, insinuante, morbida, che anche nel narrare<br />

non perde nessuna flessuosità dello stile”. 160 La causerie costituisce l’anima del<br />

salotto ed è al tempo stesso fondamento della sua funzione informativa, formativa<br />

e legittimante. Per quanto, infatti, lo scopo più evidente che si prefiggono<br />

tutti coloro che varcano la soglia <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mora salottiera sia il <strong>di</strong>vertimento, 161<br />

tuttavia il parlare collettivo è regolato da una serie <strong>di</strong> finalità: innanzitutto<br />

l’ascolto <strong>degli</strong> altri, lo stu<strong>di</strong>o delle opinioni <strong>di</strong> chi interviene e della sua psicologia;<br />

<strong>di</strong> conseguenza anche la ricerca continua <strong>di</strong> ruoli e <strong>di</strong> strategie per<br />

l’affermazione <strong>di</strong> sé. Attraverso la conversazione l’in<strong>di</strong>viduo si autoregola e si<br />

confronta con il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> parola <strong>degli</strong> altri: il rispetto delle regole contribuisce<br />

all’educazione in<strong>di</strong>viduale, sicché la causerie salottiera assume anche un forte<br />

significato sociale. Inoltre, nei salons – dove <strong>di</strong> norma non manca la presenza<br />

femminile – esiste un particolare tipo <strong>di</strong> linguaggio che riveste un ruolo fondamentale,<br />

quello galante (e le lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Vittoria Cima riportano<br />

oggi alla luce molti episo<strong>di</strong> relativi a questa tipologia <strong>di</strong> <strong>di</strong>namiche). “Si può<br />

anzi affermare”, sostiene Maria Teresa Mori, “che nella galanteria si realizzi in<br />

qualche modo la pantomima stessa della socievolezza salottiera: ciò che conta<br />

non è il raggiungimento <strong>di</strong> uno scopo preciso, ma il gioco in sé, l’arte maliziosa<br />

e lieve della finzione”. 162 Non a caso Guy de Maupassant riteneva che le qualità<br />

necessarie ad un giovane per entrare nella <strong>di</strong>plomazia erano etre beau garçon,<br />

avoir l’habitude des salons, savoir causer avec les femmes et les séduire.<br />

158<br />

Ibidem.<br />

159<br />

Cfr., supra, la testimonianza <strong>di</strong> Blanche Roosevelt riportata nel paragrafo 1.1 Il cosmopolitismo<br />

malinconico e sognante <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

160<br />

G. ROVETTA, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 1228.<br />

161<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e modelli, cit., p. 55.<br />

162<br />

M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 43.<br />

49


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

La storia dei gran<strong>di</strong> salotti milanesi è stata, com’è naturale, legata alle sorti<br />

delle loro padrone <strong>di</strong> casa. Il salotto Maffei, ad esempio, per quanto attivo già<br />

dai primi anni ’40, si caratterizzò come uno dei più importanti punti <strong>di</strong> riferimento<br />

della mondanità politica e culturale <strong>di</strong> Milano soprattutto dopo la separazione<br />

della contessa Chiara dal marito e l’“ufficializzazione” della sua relazione<br />

con Carlo Tenca. Questi, <strong>di</strong>rettore dal 1850 al 1859 de «Il Crepuscolo», condusse<br />

nel salotto Maffei gran parte del gruppo dei collaboratori della rivista –<br />

tra gli altri Emilio e Giovanni Visconti Venosta, Tullo Massarani, Giulio Carcano.<br />

Accanto a loro coesistevano, naturalmente anche tutti i membri dell’aristocrazia<br />

milanese ormai, come si è detto, in rotta <strong>di</strong> collisione con l’Austria –<br />

dai Litta ai Borromeo ai Gonzaga. Solo dopo il 1860 la casa <strong>di</strong> via Bigli assistette<br />

ad un vero e proprio ricambio generazionale, cosicché al lato <strong>di</strong> vecchi<br />

amici come Bonghi, Gadda e Allievi, nuovi intellettuali come i fratelli Boito,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Giovanni Verga e Giuseppe Giacosa <strong>di</strong>vennero suoi abituées. Il<br />

salotto <strong>di</strong> palazzo Belgioiso chiuse i suoi battenti soltanto in conseguenza della<br />

morte della sua salonnière, nel luglio 1886, “dopo aver scritto molte pagine della<br />

storia milanese dell’ultimo mezzo secolo”. 163 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, profondamente<br />

toccato dalla scomparsa della contessa, scrisse a sua cugina Vittoria Cima:<br />

“Non so <strong>di</strong>rvi che impressione tristissima e che vero dolore mi fa la morte della<br />

povera Maffei […]. Penso quanto ne sarete triste anche voi […]. Eravate a Milano,<br />

durante la breve malattia? L’avete vista?”. 164<br />

Mentre il salon <strong>di</strong> Chiara Maffei subì l’influenza del Tenca, quello <strong>di</strong> Vittoria<br />

Cima fu interamente dominato dalla sola figura della sua padrona <strong>di</strong> casa.<br />

Avendo, infatti, rifiutato il corteggiamento <strong>di</strong> Ruggiero Bonghi 165 e la proposta<br />

<strong>di</strong> matrimonio <strong>di</strong> Carlo De Cristoforis, 166 donna Vittoria rimase per tutti i suoi<br />

novantasei anni <strong>di</strong> vita una vieille fille. 167 Fu solo poco prima della sua morte,<br />

163 CICCO E COLA [Treves], Corriere, in «Illustrazione Italiana», 25 luglio 1886, p. 64.<br />

164 Lettera 10, ine<strong>di</strong>ta, del luglio 1886. Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(10).<br />

165 A tal proposito <strong>di</strong> vedano le lettere ancora ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Vittoria Cima a Ruggiero Bonghi<br />

conservate presso anch’esse al Museo del Risorgimento a Milano, nel Fondo speciale Cima, I.<br />

166 Sui dettagli <strong>di</strong> questa relazione si veda A. CAPELLI, “Ho trovato ed ho perduto”: lettere<br />

<strong>di</strong> Carlo De Cristoforis a Vittoria Cima, in «Dolce dono gra<strong>di</strong>tissimo». La lettera privata<br />

dal Settecento al Novecento, Milano, Franco Angeli, 2000, pp. 320-340.<br />

167 Per maggiori dettagli sulla biografia <strong>di</strong> Vittoria Cima si veda il profilo tracciato, mentre<br />

la salonnière era ancora in vita, da G. BORELLI, Donna Vittoria Cima, in «Il Capitan Cortese»,<br />

a. 1, n. 25, 27 ottobre 1895, o anche il più recente ritratto elogiativo realizzato da G. CEN-<br />

ZATO, Una dama milanese dell’800, in «La Martinella <strong>di</strong> Milano», aprile 1948, p. 61.<br />

50


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

agli inizi del 1930, che il suo salotto, attivo da oltre un sessantennio – e anacronisticamente<br />

rimasto aperto fino al giugno 1929! –, cessò <strong>di</strong> esistere. Compagna<br />

<strong>di</strong> sonate a quattro mani con Boito, la “zingara luterana”, come la definsce in<br />

una lettera ine<strong>di</strong>ta a lei rivolta l’affezionato cugino <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (donna Vittoria<br />

era, più precisamente, cugina germana <strong>di</strong> Selene Ruga Taccioli, zia acquisita,<br />

per parte materna, dello scrittore), 168 inaugurò l’accesso alle sale della sua<br />

<strong>di</strong>mora <strong>di</strong> via Borgospesso nel lontano 1860, quando cioè, scomparsi la madre<br />

ed i nonni, donna Vittoria si era trasferita definitivamente a Milano dopo aver a<br />

lungo vissuto in Francia. Quello che inaugurò fu un salotto “un poco rampollo<br />

ed un poco secessione <strong>di</strong> quello Maffei”, 169 ma certamente più orientato in senso<br />

liberale, sia dal punto <strong>di</strong> vista politico sia in chiave culturale e letteraria, vista<br />

l’educazione transalpina della stessa Cima. Se molti furono i frequentatori comuni<br />

ad entrambi i salons, a cominciare dai rappresentanti della Scapigliatura –<br />

ma pure Verga e De Roberto durante i loro soggiorni lombar<strong>di</strong> –, tuttavia donna<br />

Vittoria poteva annoverare tra i suoi fedelissimi anche i primi protagonisti<br />

dell’industria milanese (come Giuseppe Colombo, Ernesto De Angeli, Giovanni<br />

Battista Pirelli), alcuni rappresentanti dell’Italia liberale (quale Massimo<br />

d’Azeglio), e valenti musicofili e critici musicali come Filippo Filippi, Alfredo<br />

Catalani, Franco Faccio e Salvatore Andreoli.<br />

Il salotto visse un momento <strong>di</strong> crisi nel 1866, quando gran parte dei frequentatori<br />

accorse ad arruolarsi per la guerra <strong>di</strong> liberazione del Veneto dal dominio<br />

austriaco. Onnipresente rimase <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cui “les autorités militaires,<br />

constatant un état de santé précaire, avaient refusé son engagement“. 170 Secondo<br />

Giuseppe Gallavresi – che ha de<strong>di</strong>cato un articolo al salotto Cima – tutti, in<br />

quell’anno <strong>di</strong> guerra, abbandonarono la padrona <strong>di</strong> casa “salvo un cugino <strong>di</strong><br />

donna Vittoria, malaticcio e mezzo francese tanto da scrivere i suoi romanzi in<br />

quella lingua, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”. 171 Spirito affine al suo <strong>di</strong>letto nipote, la stessa padrona<br />

<strong>di</strong> casa, aveva da sempre subito l’influenza della cultura francese e, nonostante<br />

avesse instaurato numerose relazioni con rappresentanti del pensiero<br />

germanico – ad esempio con Fer<strong>di</strong>nand Lasalle, tedesco d’elezione –, essa, si-<br />

168<br />

Lettera 27, ine<strong>di</strong>ta s.l. e s.d., <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Fondo Vittoria Cima, c.3 b.40(27). Cfr.,<br />

inoltre, D. ZANETTI – F. ARESE, La demografia del patriziato milanese nei secoli XV<strong>II</strong>,<br />

XV<strong>II</strong>I, XIX, Pavia, Istituto <strong>di</strong> Storia Economica, 1972.<br />

169<br />

G. GALLAVRESI, Il salotto <strong>di</strong> donna Vittoria Cima, cit., p. 367.<br />

170<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-1898), cit., p. 14.<br />

171<br />

G. GALLAVRESI, Il salotto <strong>di</strong> donna Vittoria Cima, cit., p. 367.<br />

51


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

milmente a <strong>Gualdo</strong>, sebbene ostacolata da una grave paralisi, continuò a recarsi,<br />

ogni anno, almeno una volta in Francia. Però, mentre il narratore era solito soggiornare<br />

oltralpe il più delle volte a Parigi – ma non solo –, Vittoria Cima pre<strong>di</strong>ligeva<br />

Nizza, luogo in cui aveva trascorso lunghi perio<strong>di</strong> della propria infanzia.<br />

I salotti <strong>di</strong> Chiara Maffei e Vittoria Cima <strong>di</strong>sponevano anche <strong>di</strong> se<strong>di</strong> estive,<br />

sulle rive dei laghi lombar<strong>di</strong>, dove erano accolti soltanto i veri fedelissimi delle<br />

due dame. Dalle accurate biografie <strong>di</strong> Boito e Giacosa realizzate da Piero Nar<strong>di</strong>,<br />

scopriamo <strong>di</strong> vere e proprie villeggiature nella residenza estiva <strong>di</strong> Clusone del<br />

quartetto Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa, Giovanni Verga e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

quartetto che spesso decideva <strong>di</strong> avventurarsi anche in lunghe gite fin sulle cime<br />

delle Dolomiti. Quando quest’ultimo, trovandosi all’estero, non poteva prender<br />

parte ai soggiorni estivi, <strong>di</strong>fficilmente perdeva occasione per informarsi <strong>di</strong><br />

quanto avveniva sulle sponde del lago e non <strong>di</strong> rado scriveva a Vittoria Cima<br />

per chiedere notizie ed aggiornamenti, nonché per esprimere il rammarico della<br />

propria assenza. Un esempio, tra i molti, è il messaggio ine<strong>di</strong>to inviato alla dama<br />

salonnière in vacanza a Cernobbio nell’estate del ’69, quando, dalla Spagna,<br />

dopo aver descritto l’itinerario del proprio viaggio, <strong>Gualdo</strong> aveva affermato in<br />

tono vagamente nostalgico: “Sapete che Sestri è brillantissimo? Bagni, sonate,<br />

trottate, ricevimenti alla sera e interrogazioni frammiste a carezze all’erede <strong>di</strong><br />

casa Serra. Quando ci si pensa s’apprezza ancor più i Pirenei – e anche il lago<br />

<strong>di</strong> Como e il Triestino mio e mesto (asino!) sono soavi. Non è vero?”). 172<br />

Tuttavia non bisogna pensare che chi, suo malgrado, veniva escluso o non<br />

aveva modo <strong>di</strong> accedere ai salons, non avesse alternative per partecipare alla vita<br />

mondana della città. La Milano <strong>di</strong> questi anni, come si è detto, è un luogo in<br />

cui tutti <strong>di</strong>scutono: chiunque voglia conversare, raccontare, <strong>di</strong>alogare, troverà<br />

sempre qualcuno <strong>di</strong>sposto a farlo, in una <strong>di</strong>mensione più intima o più affollata,<br />

ma sempre accogliente; in alcuni casi la conversazione sembra snodarsi <strong>di</strong> casa<br />

in casa, <strong>di</strong> luogo in luogo, da un salotto ad un caffè, ad un palco dell’opera. E<br />

<strong>di</strong>fatti proprio il Teatro alla Scala è considerato il salotto <strong>di</strong> Milano. Si pensi<br />

che già nel lontano 1816 Stendhal, ‘citta<strong>di</strong>no milanese’ dal 1814 al 1821, aveva<br />

annotato nelle sue memorie <strong>di</strong> viaggio in Italia: “Il teatro della Scala è il salotto<br />

della città. Ci si riunisce soltanto lì; non si riceve in nessuna casa. Ci vedremo<br />

alla Scala, è frase corrente per ogni genere d'affari”. 173<br />

172 Lettera 5, ine<strong>di</strong>ta, datata “Biarritz, 3 agosto 69”. Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(5).<br />

173 STENDHAL, Roma, <strong>Napoli</strong>, Firenze nel 1817. Viaggio in Italia da Milano a Reggio<br />

Calabria, Roma-Bari, Laterza, 1974, p. 5.<br />

52


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Nel secondo Ottocento la situazione era certamente cambiata, ma la centralità<br />

<strong>di</strong> questo teatro per la socialità <strong>di</strong> Milano era rimasta immutata; “i suoi palchi<br />

più importanti – centottanta su duecentottanta <strong>di</strong>sponibili nel teatro […] –<br />

riuniscono ogni sera, che fuori piova o nevichi, tutta la buona compagnia milanese,<br />

al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> troppo rigide barriere sociali”. 174 Anche se non sempre, però,<br />

il <strong>di</strong>vertimento era garantito. Sul finire del secolo gli anni d’oro del modello <strong>di</strong><br />

società finora descritto volgevano al termine: il rapido cambiamento dei costumi<br />

ne stava ormai <strong>di</strong>sperdendo il significato. Ancora una volta i romanzi <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> sono un’utilissima fonte per recuperare spaccati <strong>di</strong> situazioni ed abitu<strong>di</strong>ni<br />

della società dell’epoca. Il suo ultimo e più noto romanzo, Decadenza, si<br />

apre proprio con la narrazione della noia che avvolge il pubblico durante una<br />

serata al Teatro dell’opera <strong>di</strong> Milano, nel ricordo ancora vivo della vitalità e<br />

della sontuosità <strong>di</strong> cui aveva lasciato memoria Stendhal, quando al suo interno<br />

ancora “si amava, si o<strong>di</strong>ava, si <strong>di</strong>scuteva, […], dove si perdevano somme favolose<br />

nei giuochi del ridotto e si cospirava talvolta nell’atrio”. 175 Il brano che segue<br />

venne proposto dall’autore, in anteprima rispetto alla pubblicazione del romanzo,<br />

sulle pagine de «L’Illustrazione Italiana» ed era intitolato Una rappresentazione<br />

alla Scala: 176<br />

Nel teatro della Scala regnava la noia – una noia particolare anche per quella stagione<br />

poco allegra. Pareva che un velo <strong>di</strong> nebbia stesa nella sala troppo vasta, avvolgesse<br />

i globi <strong>di</strong> luce smorti della lumiera, le dorature annerite, le scolorate ten<strong>di</strong>ne dei<br />

palchetti; emanava dalle pareti o era l’alito <strong>di</strong> un immenso sba<strong>di</strong>glio? […].<br />

In un angolo della platea, quattro o cinque vecchi, fra cui un ex-impresario celebre,<br />

s’occupavano dello spettacolo; essi facevano malinconici confronti tra il presente e<br />

i tempi andati […]. Costoro avevano forse veduto quel teatro della Scala semioscuro,<br />

dal palcoscenico solo illuminato, dove l’arte del canto italiano faceva fremere tutta la<br />

sala, quel teatro descritto da Stendhal, dove le dame in turbante venivano col lavoro in<br />

mano e il cavalier servente a fianco, dove si amava, si o<strong>di</strong>ava, si <strong>di</strong>scuteva, dove gli<br />

occhi si riempivano <strong>di</strong> lagrime per un accento appassionato e le mani si stringevano<br />

segrete, dove si perdevano somme favolose nei giuochi del ridotto e si cospirava talvolta<br />

nell’atrio. 177<br />

174 M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 61.<br />

175 L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., p. 910.<br />

176 ID., Una rappresentazione alla Scala, in «L’Illustrazione Italiana», 8 maggio 1892, pp.<br />

298-299. Il romanzo Decadenza sarà poi pubblicato il mese successivo dall’e<strong>di</strong>tore Treves.<br />

177 ID., Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 909-910.<br />

53


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Nella piena consapevolezza del tramonto <strong>di</strong> una belle époque, <strong>di</strong> un intero<br />

mondo con i suoi ideali, e suoi usi ed i suoi costumi, <strong>Gualdo</strong> realizza nel suo<br />

romanzo una fedelissima testimonianza <strong>di</strong> questo declino tardottocentesco: significativamente<br />

l’amico scrittore e critico letterario Rovetta salutò Decadenza,<br />

sulla rivista «Don Chisciotte della Mancia», come “una pagina <strong>di</strong> vita vissuta,<br />

strappata al libro triste e vario dalla vita moderna”, 178 un’ambientazione che –<br />

ha sostenuto in tempi ben più recenti Ugo Olivieri – rispecchia la ricognizione<br />

dello scrittore e del suo protagonista sulle strategie vitali e sociali dell’epoca. 179<br />

1.4 <strong>Gualdo</strong> a Parigi: la città, i salons e le novità della fin de siècle<br />

Fin dall’epoca dei suoi primi soggiorni più o meno prolungati nella capitale<br />

francese, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> ha sempre scelto, come luoghi in cui risiedere stabilmente,<br />

alcuni tra gli angoli più centrali, ricchi e alla moda della città, da dove<br />

poter assistere e partecipare in maniera costante e attiva a tutti gli eventi della<br />

società brillante, gaudente, mondana e al tempo stesso intellettuale; dei posti nei<br />

quali, insomma, si concentrava, per utilizzare una sola parola, la vita parigina (e<br />

“Paris”, egli afferma, è il vero “monde des vivants”) 180 fatta <strong>di</strong> prime teatrali,<br />

circoli letterari, incontri artistici, raduni alla moda e feste esclusivissime.<br />

Gli anni d’oro del ventennio 1870-1890 vedono, infatti, il giovane italiano<br />

alternarsi tra le sue due residenze <strong>di</strong> rue de la Paix (la splen<strong>di</strong>da strada che conduce<br />

dall’Opéra a place Vendôme) e <strong>di</strong> rue de l’Arcade (che costeggia la chiesa<br />

della Madeleine). A detta <strong>di</strong> Robert Burnard, autore <strong>di</strong> una monografia interamente<br />

de<strong>di</strong>cata all’aspetto ed alle trasformazioni subite da Parigi nella seconda<br />

metà del XIX secolo, la zona dell’Hôtel Westminster – l’alloggio pre<strong>di</strong>letto da<br />

<strong>Gualdo</strong> – era dotata <strong>di</strong> una speciale caratteristica in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguerla fin da<br />

allora da ogni altra parte della città; egli afferma, <strong>di</strong>fatti, che chiunque passeg-<br />

178 G. ROVETTA, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p.1228.<br />

179 U. M. OLIVIERI, Esilio e <strong>di</strong>ssoluzione del personaggio in “Decadenza” <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in L’exil et la <strong>di</strong>ssolution dans la culture italienne, Actes du colloque Franco-Italienne<br />

de Aix-en-Provence, 19-20-21 octobre 1989, réunis par G. Ulysse, Aix-en-Provence, Publications<br />

de l’Université de Provence, 1991, p. 199.<br />

180 Lettera V<strong>II</strong>I a Robert de Montesquiou (del giugno 1883), in V. DONATO RAMA-<br />

CIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 323.<br />

54


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

giasse su quei corsi doveva avere l’impressione “qu’une barrière invisible protège<br />

la rue de la Paix du tout-y-va, commercial, provincial, facile, qui grouille<br />

autour de l’Opéra”. 181 A <strong>di</strong>fferenza dei suoi <strong>di</strong>ntorni, stravolti dal nuovo assetto<br />

voluto da Haussmann, questa strada era rimasta intatta, il suo fascino e la sua<br />

eleganza preservati dalla invadente ondata <strong>di</strong> prosaicità ed imborghesimento<br />

crescenti. Sul finire dell’Ottocento (e, a tutt’oggi, dacché la situazione non è <strong>di</strong><br />

molto cambiata) lungo la rue de la Paix si potevano contare ben 57 botteghe <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ste artigianali in attività, un numero davvero impressionante, tenuto conto<br />

delle esigue <strong>di</strong>mensioni della strada, vero e proprio “royaume non seulement de<br />

la joaillerie, mais de la mode, de la couture”. 182<br />

Soltanto negli ultimi anni <strong>Gualdo</strong> cercherà un <strong>di</strong>verso tipo <strong>di</strong> sistemazione<br />

e, pur restando grossomodo nella stessa area chic e raffinata, ormai malato e alla<br />

ricerca <strong>di</strong> quiete, si stabilirà all’Hôtel Campbell, sull’avenue Friedland, un<br />

ampio viale alberato che si <strong>di</strong>parte dalla raggiera <strong>di</strong> Charles de Gaulle Etoile, la<br />

piazza che ha al suo centro l’Arco <strong>di</strong> Trionfo: dalle finestre <strong>di</strong> questa abitazione<br />

il povero <strong>Gualdo</strong> poteva, in tal modo, osservare lo scorrere della vita nei pressi<br />

<strong>degli</strong> Champs-Elisées senza venir a sua volta notato per la sua invali<strong>di</strong>tà, per lui<br />

fonte <strong>di</strong> grande imbarazzo al punto tale da decidere <strong>di</strong> non far rientro a Milano<br />

per lunghi mesi, nella speranza <strong>di</strong> una eventuale guarigione, pur <strong>di</strong> non mostrare<br />

agli amici dei suoi anni d’oro lo stato in cui versava il proprio corpo martoriato<br />

non solo dalla mielite sifilitica, ma anche dalle terribili cure cui era obbligato a<br />

sottoporsi. La Parigi nella quale <strong>Gualdo</strong> trascorre la propria gioventù e buona<br />

parte della vita adulta – stroncata dalla morte prematura nel maggio 1898 – è la<br />

Parigi fin de siècle in cui accorrevano artisti e letterati <strong>di</strong> tutto il mondo, quella<br />

della belle époque, delle spettacolari Esposizioni Universali, delle origini delle<br />

avanguar<strong>di</strong>e, dell’illuminazione a gas e <strong>degli</strong> omnibus trainati da cavalli, del<br />

Mulin Rouge e delle Folies Bergère, del momento <strong>di</strong> gloria dei café, dell’impennata<br />

dei salons prima del loro definitivo declino. Erano questi, in sintesi, per<br />

Parigi, quelli che Roger Shattuck ha con un’efficace espressione definito gli<br />

anni del banchetto, “l’allegra fanciullezza della nostra epoca”. 183<br />

181<br />

R. BURNAND, Paris 1900, Paris, Hachette, 1963, p. 396.<br />

182<br />

Ibidem.<br />

183<br />

R. SHATTUCK, The Banquet Years. The origins of the Avant-Garde in France. 1885<br />

to World War I, New York, Vintage Books, 1955, trad. it. a cura <strong>di</strong> F. Cezzi, Gli anni del banchetto.<br />

Le origini dell’avanguar<strong>di</strong>a in Francia (1885-1918), Bologna, Il Mulino, 1990, p. 33.<br />

55


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Posto unico al mondo, la Parigi a cavallo tra i due secoli, era davvero la capitale<br />

culturale d’Europa, il centro che dettava la moda nell’abbigliamento, nelle<br />

arti e nei piaceri della vita, un immenso teatro per se stessa e per chi la osservava<br />

dal <strong>di</strong> fuori, “il palcoscenico dove l’ebbrezza della spettacolarità dava a<br />

ogni azione il duplice significato <strong>di</strong> gesto privato e <strong>di</strong> atto pubblico”. 184 La <strong>di</strong>mensione<br />

teatrale della vita era così <strong>di</strong>ffusa da rischiare, talvolta, ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong><br />

spaventare lo spettatore venuto dall’estero e non abituato a simili stili <strong>di</strong> comportamento:<br />

ancora una volta le parole <strong>di</strong> Domenico Morelli – lo stesso Morelli<br />

che era rimasto, al contrario, incantato dallo scenario milanese – costituiscono<br />

una preziosa fonte coeva all’esperienza gual<strong>di</strong>ana. Il pittore napoletano, <strong>di</strong>fatti,<br />

accorso nella capitale francese in vista della grande esposizione del maggio<br />

1867 per esibire alcune sue opere, aveva sì cantato altissimi elogi delle possibilità<br />

<strong>di</strong> crescita e carriera artistica consentite da un centro come Parigi, ma era al<br />

tempo stesso rimasto turbato, quasi terrorizzato da quell’in<strong>di</strong>fferentismo “che a<br />

modo francese si chiama libertà in<strong>di</strong>viduale”, 185 un’impassibilità che anche il<br />

ben più francese <strong>Gualdo</strong> denuncerà, alcuni anni più tar<strong>di</strong>, in una lettera del giugno<br />

1888 in<strong>di</strong>rizzata al Verga, nella quale si legge una riflessione analoga:<br />

Ho trovato la grande città politicamente tranquilla – per ora – ed animata assai, ed<br />

in<strong>di</strong>fferente più che mai, in fondo, a tutto, fuorché alla propria vita intensa. 186<br />

La capitale d’oltralpe appare ai loro occhi come un ‘gran mondo artificiale’:<br />

secondo Morelli neppure l’acqua da bere o l’aria da respirare conservano lì<br />

qualcosa <strong>di</strong> naturale, ragion per cui egli finisce col domandarsi perché mai fossero<br />

tutti ansiosi, all’epoca, <strong>di</strong> accorrere e sostare in questa tanto anelata meta.<br />

La risposta che egli stesso fornisce alla propria domanda è più che mai eloquente<br />

e coglie perfettamente nel segno lo spirito profuso, ai suoi tempi, dalla città:<br />

Parigi è un gran bazar <strong>di</strong> uomini e <strong>di</strong> cose; […] è una fiera perpetua, […] ma la vita<br />

in generale costa più che nei paesi meno progre<strong>di</strong>ti. I bisogni crescono senza ragione,<br />

poiché il benessere è lo stesso – anzi bisogna lavorare e guadagnare <strong>di</strong> più per pro-<br />

184 Ivi, p. 36.<br />

185 Carte Morelli <strong>II</strong>/34. Lettera <strong>di</strong> Domenico Morelli a Sebastiano Giordano datata “Parigi<br />

– Maggio ‘67”. Il documento è un’accurata testimonianza dell’Esposizione Universale 1867.<br />

186 Lettera 20 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giovanni Verga intestata “Paris, 11 rue de la Paix, 3 giugno<br />

[1888]” e pubblicata in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in<br />

«Otto/Novecento», a. V<strong>II</strong>I, n. 3/4, maggio-agosto 1984, p. 140 (corsivi miei).<br />

56


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

curarsi i nuovi como<strong>di</strong> della vita parigina, che consiste in un lusso sfrenato, che qui è<br />

<strong>di</strong>venuto bisogno assoluto. 187<br />

In effetti, erano proprio gli anni in cui il rapido processo che avrebbe cambiato<br />

il volto della città – “Parigi s’era appena rifatto il trucco” 188 – era ormai<br />

stato messo in moto (secondo molti critici, però, la data che avrebbe effettivamente<br />

segnato il tramonto <strong>di</strong> un’epoca e l’avvento della modernità andrebbe,<br />

tuttavia, collocata un ventennio dopo e rintracciata in quel 1885 in cui scomparve<br />

Victor Hugo e, con esso, un movimento letterario ed un secolo): nonostante<br />

sugli Champs-Elisées fosse ancora possibile veder passare dei carri bestiame<br />

davanti agli eleganti hôtels particuliers e sui declivi <strong>di</strong> Montmartre gli<br />

artisti convivessero con capre e mucche al pascolo in mezzo ai mulini a vento,<br />

al centro <strong>di</strong> Parigi i grands boulevards segnavano già i confini <strong>di</strong> un’area animata<br />

e alla moda, consacrata ai teatri, alle redazioni dei giornali, ai giar<strong>di</strong>ni recintati,<br />

ai boudoirs. Erano gli albori dell’imminente trionfo del varietà, dei café<br />

littéraires del Quartiere Latino e dei café chantants (il “<strong>Napoli</strong>tain”, il “Weber”,<br />

la “Vachette”) che a lungo avrebbero contribuito alla circolazione delle<br />

idee nel paese ed avrebbero aiutato la Francia a forgiare la sua serie continua <strong>di</strong><br />

protagonisti delle scene artistiche.<br />

Erano, inoltre, gli albori dell’ultima fase <strong>di</strong> ripresa dei salotti <strong>di</strong> cultura,<br />

prima della loro definitiva scomparsa. Parigi era, <strong>di</strong>fatti, insieme a Milano, una<br />

delle ultime realtà europee in cui questa forma <strong>di</strong> collettività così ancient régime<br />

stentava a tramontare; anzi, città dei mille teatri, essa non rinunciava ad allestire<br />

il più formale ed esclusivo dei suoi palcoscenici proprio per il salon, il<br />

luogo dove “l’aristocrazia coltivava ancora la conversazione <strong>di</strong> coloro che venivan<br />

considerati gli spiriti eletti”. 189 Nella capitale francese, se si era in possesso<br />

delle corrette conoscenze o si faceva parte della giusta cerchia, non si correva<br />

mai il rischio <strong>di</strong> trascorrere una sola serata senza adeguata compagnia.<br />

Nei prossimi capitoli si vedrà come, all’interno delle sale dove avevano<br />

luogo molti <strong>di</strong> questi raduni mondani, <strong>Gualdo</strong> abbia potuto entrare in contatto<br />

con molte personalità che <strong>di</strong>verranno col tempo suoi amici fraterni, da Bourget<br />

a Here<strong>di</strong>a, da Montesquiou a Ju<strong>di</strong>th Gautier. Forma <strong>di</strong> aggregazione per eccellenza,<br />

in origine, per i soli nobili, nella Francia post-rivoluzionaria questi ap-<br />

187 Carte Morelli, <strong>II</strong>/34.<br />

188 R. SHATTUCK, Gli anni del banchetto, cit., p. 35.<br />

189 Ivi, p. 40.<br />

57


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

puntamenti avevano per protagonista la nuova aristocrazia impiantatasi dopo le<br />

nomine realizzate – come si è visto in precedenza anche a proposito della situazione<br />

italiana nel Lombardo-Veneto – da Napoleone.<br />

L’esponente più noto <strong>di</strong> questa nuova nobiltà, nonché salonnière maggiormente<br />

in voga nell’intera Parigi della seconda metà del XIX secolo, era una nipote<br />

dello stesso Napoleone, la longeva principessa Mathilde Bonaparte, 190 che<br />

aveva aperto le sale del proprio appartamento nel 1854, dapprima in rue de<br />

Courcelles e in seguito in rue de Berri (nei locali dell’attuale ambasciata belga),<br />

e le terrà aperte fin dopo il 1900. Soprannominata – come ricorda Marcello Spaziani<br />

– “Notre-Dame des Arts”, 191 questa donna potrà contare nel novero dei<br />

suoi ospiti abituali molti dei più gran<strong>di</strong> artisti del suo tempo, da Renan a Taine,<br />

dai Goncourt a Flaubert. Forse proprio nel ricordo <strong>di</strong> alcune serate trascorse ai<br />

ricevimenti della sua amica ed ospite (oltre che attenta lettrice), l’autore <strong>di</strong><br />

Madame Bovary ha consegnato alle pagine <strong>di</strong> un suo romanzo una breve ma<br />

quanto mai succintamente veritiera riflessione relativa alla cosiddetta società ed<br />

all’effetto “valorizzante” dei suoi salotti. Il passo alluso è tratto dall’Éducation<br />

sentimentale e riporta le emozioni <strong>di</strong> Fréderic Moreau, il protagonista dell’opera,<br />

all’alba del suo primo ingresso in rue de Choiseul, nella casa in cui erano<br />

soliti radunarsi gli habituées dell’aristocratico salotto <strong>di</strong> M.me Dambreuse:<br />

N’ayant jamais vu le monde qu’à travers la fièvre de ses convoitises, il se<br />

l’imaginait comme une création artificielle, fonctionnant en vertu de lois mathématiques.<br />

[…]. Certains salons parisiens étaient comme ces machines qui prennent la matière<br />

à l’état brut et la rendent centuplée de valeur. 192<br />

Il salon <strong>di</strong> Mathilde Bonaparte è stato, tra tutti i salotti letterari del secondo<br />

Ottocento, certamente il più influente, tanto per il numero e la qualità dei suoi<br />

ospiti, quanto per la sua lunga durata, che ha consentito l’avvicendamento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi ricambi generazionali. Tra i nomi d’eccezione <strong>degli</strong> ultimi frequentatori<br />

190 È noto che la Principessa, nonostante il titolo con il quale era solita farsi appellare anche<br />

dopo la soppressione dei titoli nobiliari a seguito della Rivoluzione, non usava eufemismi<br />

qualora chiamata in causa ad esprimersi su questo evento storico, a proposito del quale <strong>di</strong> norma<br />

affermava: “La rivoluzione francese? Senza <strong>di</strong> essa venderei arance per le strade <strong>di</strong> Ajaccio”.<br />

191 M. SPAZIANI, Gli amici della principessa Matilde. Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Mérimée, Sainte-<br />

Beuve, Gautier, Flaubert, Renan, Taine, Goncourt, Maupassant, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e<br />

Letteratura, 1960, p. 11.<br />

192 G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale (1869), cit., p. 143.<br />

58


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

abituali si ricorderà, senza dubbio, quello <strong>di</strong> Marcel Proust che, in uno dei suoi<br />

scritti mondani de<strong>di</strong>cato, per l’appunto, ai ricevimenti della principessa, ha sottolineato<br />

come i suoi storici appuntamenti della domenica sera – unitamente alla<br />

varietà ed alla selezione dei frequentatori – avevano reso le sue sale uno dei<br />

foyers littéraires più celebri <strong>di</strong> Parigi, mentre il nome della sua ospite poteva<br />

esser considerato degno <strong>di</strong> apparire sulle Tables d’or della letteratura francese:<br />

193 “on ne peut s’empêcher de croire que certains pouvoirs mondains peuvent<br />

avoir, malgré tout, sur l’histoire littéraire une influence feconde et que de tels<br />

pouvoirs peu de femmes firent un aussi noble usage que la princesse”. 194<br />

In questo luogo dove protagonista era la parola – sebbene ligiamente presieduta<br />

e regolamentata dalla maîtresse de maison 195 – un seducente e remarquable<br />

causeur quale si è detto (ed in precedenza <strong>di</strong>mostrato) essere <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> non poteva non essere bene accetto, anzi presumibilmente richiesto. I<br />

suoi carteggi sono ricchi <strong>di</strong> allusioni a pranzi, cene 196 o, come egli le chiama,<br />

“visite <strong>di</strong> <strong>di</strong>gestione” 197 consumate nel lussuoso appartamento in stile neoclassico<br />

della rue de Berri (e <strong>di</strong> cui si trova traccia anche nel malevolo Journal dei<br />

fratelli Goncourt); soprattutto alle sue confidenti pre<strong>di</strong>lette dell’ultimo periodo<br />

<strong>di</strong> vita, la marchesa Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani e donna Vittoria Cima, l’italiano era<br />

solito raccontare gli incontri, le novità e le uscite che gli era ancora lecito fare<br />

negli ultimi anni suoi, per quanto trascorsi da invalido, appuntamenti tra i quali<br />

193 M. PROUST, Un salon historique. Le salon de S.A.I. la princesse Mathilde, in «Le Figaro»,<br />

25 février 1903, rist. in ID., Écrits sur l’art, é<strong>di</strong>tion et choix des textes, présentation,<br />

notes, chronologie, bibliographie et index par J. Picon, Paris, Flammarion, 1999, pp. 131-142.<br />

194 Ivi, p. 136.<br />

195 G. CAVALLUCCI, Un grand salon mondain: chez la princesse Mathilde, in Les derniers<br />

grands salons littéraires français, <strong>Napoli</strong>-Paris, Pironti-Clavreuil, 1952, p. 29: “C’est naturellement<br />

la maîtresse de maison qui, après avoir acueilli ses invités, présiede aux conversations,<br />

aux tournois oratoires. Elle aime les joutes de ce genre, et ne manque pas de stimuler, par<br />

ses interventions, les courtoises <strong>di</strong>scussions. […]. Son principe semble être de laisser à chacun<br />

le plus de naturel possible”.<br />

196 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, carteggio z80suss., b.4(48), ine<strong>di</strong>ta, a Giulietta Litta Mo<strong>di</strong>gnani<br />

(timbro postale: “Parigi, 13 maggio 1897”): “L’altro mercoledì sono stato a pranzo dalla Principessa<br />

Matilde, dove si è corso rischio, ma non accadde, <strong>di</strong> trovarsi in tre<strong>di</strong>ci – il che sarebbe<br />

stato terribile perché c’era anche Primoli”.<br />

197 Ivi, b.3(28), ine<strong>di</strong>ta, alla cugina Giulia (timbro postale: “Parigi, 15 gennaio 1896”):<br />

“Ho passato due giorni con Giacosa, che mi piombò qui inaspettatamente otto giorni fa […].<br />

Abbiamo pranzato insieme e siamo stati dalla Principessa Matilde, dove da un pezzo dovevo<br />

una visita <strong>di</strong> <strong>di</strong>gestione”.<br />

59


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

immancabilmente rientravano anche le visite al salon della princesse, com’è<br />

possibile leggere in una delle sue ultimissime lettere, risalente all’8 aprile 1897:<br />

Ho potuto riprendere un poco <strong>di</strong> vita sociale; sono stato più volte a pranzo o alla<br />

sera dai Cahen, dai Ganderax, dalla Principessa Mathilde, all’Ambasciata d’Italia (a<br />

quella d’Austria dove prima andavo talvolta, ora i ricevimenti sono interrotti per il lutto<br />

della C.ssa <strong>di</strong> Wallenstein, a cui è morta la madre). 198<br />

La principessa era a tal punto affezionata allo scrittore cisalpino, davvero<br />

ben voluto sia da lei che dai suoi familiari, che nei momenti più bui in cui le<br />

sofferenze impe<strong>di</strong>rono al suo ospite <strong>di</strong> allontanarsi da casa, Mathilde Bonaparte<br />

decise <strong>di</strong> recarsi personalmente al capezzale del malato. Così, ad esempio, nel<br />

settembre 1895, quando <strong>Gualdo</strong> annunciava a sua cugina che “uno dei più noti<br />

iettatori del mondo, che invano ho cercato <strong>di</strong> sfuggire, è venuto varie volte a<br />

vedermi, anche con la scusa <strong>di</strong> accompagnare la Principessa Matilde, sua zia,<br />

che mi fece l’onore <strong>di</strong> alcune visite” 199 (è noto che il milanese, piuttosto superstizioso,<br />

non gra<strong>di</strong>sse molto la compagnia <strong>di</strong> Gégé Primoli, il cui nome, nelle<br />

sue lettere, è sempre accompagnato da <strong>di</strong>segni o parole apotropaiche). 200 Come<br />

tutti i salons <strong>di</strong> lunga durata, naturalmente anche quello della princesse aveva<br />

avuto i suoi alti e bassi, e <strong>Gualdo</strong>, onnipresente a gran parte dei ricevimenti nel<br />

corso dei suoi soggiorni parigini, non mancava <strong>di</strong> annotare le, seppur rare, occasioni<br />

in cui i vari raduni mondani (ivi compresi quelli <strong>di</strong> casa Bonaparte) avevano<br />

registrato momenti <strong>di</strong> declino, come si evince da un messaggio del 1888<br />

in<strong>di</strong>rizzato a Vittoria Cima all’interno del quale, dopo aver realizzato un resoconto<br />

sommario dell’Esposizione e <strong>di</strong> una mostra <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Victor Hugo, 201<br />

198<br />

Ivi, b.4(42) recante sulla busta il timbro: “Hôtel Campbell – 45&47, Av. Friedland –<br />

Artur Geissler, P.re”.<br />

199<br />

Ivi, b.3(26), ine<strong>di</strong>ta, del medesimo alla stessa, inviata da Parigi il 27 settembre 1895.<br />

200<br />

Nelle lettere alla cugina, ma anche nei messaggi destinati a François Coppée non mancano,<br />

inoltre, <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> corna o parole <strong>di</strong> scongiuro.<br />

201<br />

“Fondo Vittoria Cima”, c.30b.40, lettera 9, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, intestata “11, Rue<br />

de la Paix, 25 maggio” (il timbro postale registra come anno il 1888): “Oltre il salon, dove non<br />

sono stato che insufficientemente una volta, vi sono varie esposizioni assai interessanti: quello<br />

dei <strong>di</strong>segni e manoscritti <strong>di</strong> Victor Hugo, i primi dei quali sembrano <strong>di</strong> Michelangelo e dove vi<br />

sono persino dei mobili a <strong>di</strong>segni giapponesi dorati, intagliati da lui – poi quella della Caricatura,<br />

con tutti li originali <strong>di</strong> Daumier e Gavarni – poi quella <strong>di</strong> oggetti d’arte dell’Hôtel de Chimay…<br />

ed altre ancora”.<br />

60


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

<strong>Gualdo</strong> afferma, a proposito del salotto della principessa Matilde (la quale, però,<br />

viene opportunamente elogiata per classe e bellezza nonostante l’età), che:<br />

Il salon della Principessa Matilde dove sono stato un paio <strong>di</strong> volte si fa sempre più<br />

noioso. Essa riceverà come sempre domenica ventura perché compie i 68 anni. Sarà<br />

vestita <strong>di</strong> bianco, con perle e decolletée. È veramente meravigliosa – tanto più che fa la<br />

vecchia. 202<br />

Oltre che al salotto Bonaparte, la presenza <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> era benvoluta in gran<br />

parte dei salons littéraires della Parigi dell’epoca; tra le sue prime frequentazioni<br />

– già sul finire <strong>degli</strong> anni ’60 – vanno annoverate quelle dei mar<strong>di</strong>s <strong>di</strong><br />

Sthephane Mallarmé in rue de Rome, dove conobbe in prima istanza François<br />

Coppée (che a sua volta riceveva nella sua casa <strong>di</strong> rue Ou<strong>di</strong>not, dove l’italiano<br />

entrerà in contatto, tra gli altri, con Barbey d’Aurevilly nel 1872), e quelle chez<br />

Catulle Mendès, che gli valsero i primi contatti con Théophile Gautier e sua figlia<br />

Ju<strong>di</strong>th. In seguito, con l’ampliamento della sua cerchia <strong>di</strong> contatti nella capitale<br />

francese, lo scrittore milanese inizierà a recarsi con sempre maggiore assiduità<br />

ai ricevimenti settimanali del grenier Goncourt, dei salotti <strong>di</strong> Lecomte<br />

de Lisle, <strong>di</strong> Here<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> Daudet, della principessa <strong>di</strong> Chimay (nelle cui sale gli<br />

verrà presentato Robert de Montesquiou), alle cosiddette réunions désordonnées<br />

presso l’e<strong>di</strong>tore Lemerre, mentre riuscirà a fare la sua comparsa, benché in<br />

un’occasione soltanto, ad<strong>di</strong>rittura al salon-temple <strong>di</strong> Victor Hugo. Tuttavia ci si<br />

occuperà, <strong>di</strong> volta in volta, <strong>di</strong> ciascuna <strong>di</strong> queste visite in relazione ai rapporti <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> con i vari scrittori d’oltralpe analizzati nei prossimi capitoli. Allo stesso<br />

modo verranno trattate la maggior parte delle considerazioni del critico (per il<br />

loro acume sovente degne <strong>di</strong> un critico drammatico) relative al teatro francese,<br />

viste le molteplici presenze dell’italiano ad alcune delle più esclusive premières.<br />

In questa sede, invece, ci si limiterà comunque a ricordare almeno la grande<br />

attenzione prestata da questi ad una celebre star, vero monstre sacré 203 dei suoi<br />

tempi: l’attrice parigina Sarah Bernhardt.<br />

L’arcana creatura – com’egli ebbe a definirla in un suo componimento e<br />

come reverenzialmente e cifratamente era solito nominarla all’interno dei suoi<br />

carteggi – era l’interprete drammatica più famosa della Francia tardottocentesca:<br />

per oltre trentacinque anni questa donna dominerà le scene dei teatri <strong>di</strong> Pa-<br />

202 Ibidem.<br />

203 R. SHATTUCK, Gli anni del banchetto, cit., p. 38.<br />

61


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

rigi, il palcoscenico dell’Europa dell’epoca, vivendo tra scandali e pubblicità,<br />

da alcuni denunciata per faccende amorose e scandali, da altri esaltata come il<br />

più grande genio del teatro fin de siècle. Come tanti suoi contemporanei, neppure<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> era riuscito a restare immune al fascino <strong>di</strong> quella “bianca apparizïon<br />

dagli occhi immensi, / dal magro viso smorto, dove un fiore / sanguigno<br />

par la bocca che nei sensi / versa ignoto languore”; 204 ammaliato dalla sua figura<br />

ed a maggior ragione dalla sua “voce musical” 205 (non a caso la ‘<strong>di</strong>vina’ Sarah<br />

era soprannominata la voix d’or), 206 egli non perdeva mai occasione <strong>di</strong> andare<br />

a vederla all’opera, ovunque si svolgessero le sue esibizioni, compresa Milano,<br />

dove la sua presenza aveva letteralmente fatto impazzire la città e reso<br />

impossibile, nell’inverno 1889 (tournée in occasione della quale <strong>Gualdo</strong> farà da<br />

me<strong>di</strong>atore tra la <strong>di</strong>va e l’amico Giacosa), 207 l’acquisto <strong>di</strong> biglietti. 208<br />

L’ammirazione e l’adorazione dell’italiano nei confronti dell’attrice francese<br />

erano tali da non venire ostacolati neppure dalle sue precarie con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

salute: quando, infatti, riceverà l’invito a partecipare al fastoso déjeuner <strong>di</strong> seicento<br />

coperti pianificato per il 9 <strong>di</strong>cembre 1896 – sala Zo<strong>di</strong>aque del Grand Hôtel<br />

– per celebrare l’apoteosi della <strong>di</strong>va in conclusione della sua ultima tournée<br />

americana durata quasi sei mesi, egli non esiterà minimamente a dare conferma<br />

della propria adesione per la Journée Sarah Bernhardt. 209 Nonostante l’avanzare<br />

<strong>degli</strong> anni, agli occhi dell’uomo <strong>di</strong> lettere cresciuto all’ombra del Duomo,<br />

l’arcana creatura (nata, proprio come lui, nel 1844) resterà eternamente un efebico<br />

essere privo <strong>di</strong> età tanto che, quando nel marzo 1897 l’attrice sarà <strong>di</strong><br />

nuovo in scena a Parigi, <strong>Gualdo</strong> preferirà <strong>di</strong> gran lunga assistere alla rappresentazione<br />

<strong>di</strong> un dramma già ben conosciuto, purché interpretato da Lei (nominata<br />

204<br />

L. GUALDO, Sarah Bernhardt, in «L’Illustrazione Italiana», 28 <strong>di</strong>cembre 1879, rist.<br />

con qualche lieve mo<strong>di</strong>fica in Le Nostalgie e quin<strong>di</strong> in Romanzi e Novelle, cit., pp. 1213-1214.<br />

205<br />

Ivi, p. 1213.<br />

206<br />

J. STOKES, Sarah Bernhardt, in AA. VV., Tre attrici e il loro tempo: Sarah Bernhardt,<br />

Elen Therry, Eleonora Duse, Genova, Costa & Nolan, 1991, pp. 21-87.<br />

207<br />

Si veda, infra, il paragrafo 5.2 Dalle letture preventive alla propaganda critica: <strong>Gualdo</strong><br />

amico e consigliere letterario <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa.<br />

208<br />

Cfr. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 111-112.<br />

209<br />

Il nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> figura sulla sontuosa plaquette della ‘Journée Sarah Bernhardt’.<br />

Una copia <strong>di</strong> questo programma, con caratteri in oro, e<strong>di</strong>ta da Chamerot et Renouard, è<br />

conservata alla Bibliothèque Nationale Française, nel Fonds Montesquiou (Département des<br />

Manuscrits, site Richelieu), N.a.f., ms. 15241.<br />

62


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

con la reverenziale lettera capitale), piuttosto che recarsi altrove ed andare a vedere<br />

la messinscena <strong>di</strong> nuovi spettacoli:<br />

Per riposarmi un poco dalle porcherie che fanno bella mostra <strong>di</strong> sé nei teatri torno<br />

talvolta a rivedermi la giovane S.B. Mi sono ben guardato <strong>di</strong> andare a Spiritisme <strong>di</strong><br />

Sardou <strong>di</strong> cui già prevedevo il mezzo fiasco; ieri sera sono tornato alla Tosca, dove Lei<br />

– sapendo il teatro pieno <strong>di</strong> bernhardtiani – per protestare sempre più contro Spiritisme<br />

ha recitato come Lei sola potrà farlo forse un’altra volta ancora. 210<br />

Eppure, in generale, le novità (non solo strettamente artistiche) esercitavano<br />

un gran fascino sul milanese. Nella città dalla più alta concentrazione <strong>di</strong> teatri<br />

dell’intero continente e, ad un tempo, nella città dove l’approdo del nuovo<br />

era all’or<strong>di</strong>ne del giorno, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> aveva avuto la possibilità – esattamente<br />

un anno prima <strong>di</strong> inviare la lettera appena citata – <strong>di</strong> vedere una delle primissime<br />

proiezioni cinematografiche mai realizzate in Europa. Era il 23 marzo 1896.<br />

In questa data, egli scriveva con un entusiasmo smisurato alla Marchesa Litta<br />

Mo<strong>di</strong>gnani <strong>di</strong> aver assistito ad uno spettacolo eccezionale ed inau<strong>di</strong>to, a quella<br />

cosa “meravigliosa, miracolosa, incre<strong>di</strong>bile… che è la Cinematografia!”. 211<br />

Quella gual<strong>di</strong>ana è senza dubbio una tra le più precoci testimonianze, non<br />

solo italiane, sull’argomento; l’episo<strong>di</strong>o è raccontato con dovizia <strong>di</strong> particolari<br />

e, insieme, con incontenibile ardore. I pionieri <strong>di</strong> questa invenzione, i fratelli<br />

Lumière, avevano appena messo a punto un primo strumento <strong>di</strong> proiezione <strong>di</strong><br />

immagini (il brevetto risale al 1895); nel corso dell’anno successivo all’ideazione,<br />

i perfezionamenti <strong>di</strong> misurazione del movimento per mezzo della tecnica<br />

fotografica avevano portato al miglioramento <strong>di</strong> un sorprendente oggetto, il cosiddetto<br />

“cinematografo”, macchinario che – vista la sua portata rivoluzionaria,<br />

innovativa e stupefacente per l’epoca – iniziò ad essere messo in mostra dapprima<br />

a Parigi, poi a Londra (mentre in Italia sarebbe toccato a Milano, a partire<br />

dalla fine <strong>di</strong> aprile dello stesso 1896, l’onore <strong>di</strong> essere il luogo della prima, avveniristica<br />

presentazione). Meraviglia ed incredulità erano i sentimenti più <strong>di</strong>ffusi<br />

tra gli astanti che accorrevano numerosi all’appuntamento cinematografico.<br />

212 Naturalmente, anche la risposta <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> può essere con facilità<br />

210<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, carteggio Z 80 suss., b.3(40). Lettera ine<strong>di</strong>ta a Giulietta Litta Mo<strong>di</strong>gnani<br />

(timbro postale: “Parigi, 23 marzo 1897”).<br />

211<br />

Ivi, b.3(32). Lettera ine<strong>di</strong>ta del medesimo alla stessa inviata da Parigi il 23 marzo 1896.<br />

212<br />

Si veda, ad esempio, il primissimo articolo italiano su La Fotografia Animata ottenuta<br />

col Cinematografo realizzato da Arnaldo de Mohr e pubblicato su «L’Avvenire» del 1 maggio<br />

63


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

ascritta in questa tipologia <strong>di</strong> reazioni; le sue righe lasciano, <strong>di</strong>fatti, trapelare <strong>di</strong><br />

continuo l’emozione che sembra riaffiorare in lui, crescente, al solo e semplice<br />

atto <strong>di</strong> riportare sulla pagina bianca il ricordo delle immagini viste. Benché lamenti<br />

<strong>di</strong> aver “molto mal spiegato” l’evento, 213 la sua cronaca rappresenta, al<br />

contrario, un documento molto prezioso, proprio anche grazie all’andamento<br />

concitato della sua frase, esplicito segnale della sua eccitazione:<br />

Ho <strong>di</strong>menticato nelle ultime mie <strong>di</strong> parlarti <strong>di</strong> una cosa meravigliosa, miracolosa,<br />

incre<strong>di</strong>bile… che è la Cinematografia! È una esposizione <strong>di</strong> fotografie, come per lanterna<br />

magica, dapprima le figure appaiono al solito immobili, poi si muovono come<br />

fossero vive. Si vede una piazza pubblica, dove le carrozze, i trams rotolano, la folla si<br />

pigia, passanti passano, si fermano, s’incontrano; una stazione dove fra poco un treno<br />

arriva a tutto vapore e si ferma, e d’onde la gente scende <strong>di</strong> fretta, isolata o a frotte e si<br />

precipita per salire nelle carrozze, negli omnibus sui quali si gettano i bagagli… È la<br />

vita vera. Due bambini giocano, saltano, s’inseguono, si danno dei pugni… A un tavolo<br />

<strong>di</strong> caffè due soldati giocano alle carte; arriva il garçon che versa loro da bere, tracannano<br />

lentamente il liquido, si <strong>di</strong>sputano, l’uno perde e l’altro vince. 214<br />

La cronaca della proiezione <strong>di</strong> questa sorta <strong>di</strong> antenato del moderno cortometraggio<br />

precede la parte forse più interessante del suo resoconto, un passo<br />

che conferma ancora una volta come il grande intuito gual<strong>di</strong>ano molto raramente,<br />

e non solo in materia <strong>di</strong> letteratura, abbia sbagliato ad andare a segno. Dopo<br />

aver insistito sul valore del filmato che è, a sua detta, “la realtà assoluta con<br />

tutti i movimenti immaginabili”, egli si scusa per l’insufficienza della propria<br />

spiegazione poiché capisce, o meglio, immagina quanto potesse essere <strong>di</strong>fficile<br />

poter farsi un’idea abbastanza veritiera <strong>degli</strong> effetti prodotti da una novità come<br />

la cinematografia non avendola mai vista <strong>di</strong> persona. Ad ogni modo, <strong>Gualdo</strong> informa<br />

la cugina che presto tutto il baraccone della <strong>di</strong>mostrazione messa in scena<br />

in Francia si sarebbe presto spostato a Londra (in una successiva lettera inviterà<br />

la sua destinataria ad andare il prima possibile a Parigi, così da potersi recare<br />

insieme oltremanica e assistere ancora una volta alle meraviglie del cinema-<br />

1896, in cui si legge: “Da molte settimane al Teatro Milanese <strong>di</strong> Milano, accorre un pubblico<br />

numeroso ad ammirare il cinematografo, o per <strong>di</strong>rlo con una parola più facile, la fotografia animata;<br />

ed uscendo dalla sala la folla ha sulle labbra mille esclamazioni <strong>di</strong> meraviglia e <strong>di</strong> stupore.<br />

E meraviglia e stupore più giustificati non conosciamo, perché davvero la nuova scoperta è<br />

qualche cosa <strong>di</strong> incre<strong>di</strong>bile, <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario”.<br />

213 Fondo <strong>Gualdo</strong>, carteggio Z 80 suss., b.3(32), lettera ine<strong>di</strong>ta, a Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani.<br />

214 Ibidem.<br />

64


L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

tografo), 215 per poi guadagnare la Germania e, infine, l’Italia. La lungimiranza<br />

del critico, però, si <strong>di</strong>mostra effettivamente tale nella parte conclusiva del messaggio<br />

ovvero quando egli si cimenta a provare ad immaginare le sorti future <strong>di</strong><br />

questa eccezionale scoperta che, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi giorni dalla prima visione,<br />

ancora continuava ad esercitare sulla sua persona un fascino potentissimo:<br />

Dicono che presto s’inventerà <strong>di</strong> fare la fotografia simile a colori. Dopo suppongo<br />

che aggiungendo un fonografo si farà che i personaggi oltre che muoversi, potranno<br />

anche parlare e cantare! 216<br />

Nonostante solo poco tempo prima egli avesse manifestato le sue lamentele<br />

all’amico Verga ripensando alle sorti della sua patria d’elezione, quella Parigi<br />

detta “città delle rivoluzioni” dove, tuttavia, “nulla cambia mai” e nella quale<br />

“in realtà tutto rimane più immutabile che nell’Impero Chinese”, 217 la capitale<br />

francese gli aveva donato, con l’avvento e le emozioni riconducibili a questa<br />

ennesima invenzione, un’ultima ventata delle sue novità.<br />

Quando esalerà – appena un anno dopo, nel maggio del ’98, a qualche metro<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’Arc de Triomphe – il suo ultimo sospiro, si potrà a buon <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong>re che <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> aveva respirato, fino all’ultimo istante della propria<br />

vita, un’estrema boccata <strong>di</strong> quella “bon air de Paris qui semble contenir des effluves<br />

amoureuses et des émanations intellectuelles”. 218<br />

215<br />

Ivi, b.3(25). Lettera ine<strong>di</strong>ta e senza data (ma certamente successiva al 23 marzo 896)<br />

del medesimo alla stessa: “Se vieni qui, faremo una corsa a Londra, a vedere la Cinematografia<br />

che ora si trova colà, e molte cose che bisogno <strong>di</strong> vedere”.<br />

216<br />

Documento ine<strong>di</strong>to. Ivi, b.3(32).<br />

217<br />

Lettera 20 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giovanni Verga del giugno 1888 pubblicata in G. RAYA,<br />

Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 140.<br />

218<br />

G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale (1869), cit., p. 173.<br />

65


Capitolo Secondo<br />

Poesia – Musica – Pittura<br />

<strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Poeti del pennello e poeti del verso.<br />

Uno stesso amore vi agita, una stessa malinconia<br />

vi rende pensosi, una stessa illusione vi possiede.<br />

66<br />

(Giovanni Camerana, Al pozzo)<br />

2.1 Influenza scapigliata e tematica artistica: l’opera critico-letteraria<br />

Le antologie poetiche 219 che raccolgono i testi della gioventù bohémien<br />

lombardo-piemontese tra gli anni ’60 e ’70 dell’Ottocento permettono <strong>di</strong> constatare<br />

una peculiarità raramente rintracciabile in rapporto ad autori <strong>di</strong> altre generazioni<br />

e luoghi: pur trattandosi <strong>di</strong> “personalità <strong>di</strong>ssimili e in<strong>di</strong>viduabili nel<br />

loro profilo singolare”, 220 accomunate spesso sotto l’etichetta talvolta poco efficace<br />

<strong>di</strong> scapigliati, questi giovani autori manifestano la propria coesione <strong>di</strong><br />

‘gruppo’ attraverso un impressionante numero <strong>di</strong> de<strong>di</strong>che, testi <strong>di</strong> invio e scritti<br />

<strong>di</strong>alogici con cui è possibile ricostruire una serie <strong>di</strong> scambi e riman<strong>di</strong> che consentono<br />

<strong>di</strong> delineare una sorta <strong>di</strong> reticolo invisibile che collega nomi come quelli<br />

<strong>di</strong> Praga, Tarchetti, Boito, Arrighi, Giacosa, Molineri, Camerana e <strong>Gualdo</strong>. A<br />

titolo esemplificativo, e coerentemente con gli interessi che muovono questo<br />

stu<strong>di</strong>o, si <strong>di</strong>rà che, volendo considerare la produzione in versi del solo <strong>Gualdo</strong>,<br />

che pure viene collocato da Ermanno Paccagnini “ai limiti e oltre i limiti dell’area<br />

scapigliata”, 221 si ritroveranno nelle sue Nostalgie componimenti de<strong>di</strong>cati<br />

(e talvolta ispirati) rispettivamente ad Emilio Praga, Arrigo Boito, Giuseppe<br />

219 Cfr. la recente silloge a cura <strong>di</strong> R. Carnero, La poesia scapigliata, Milano, BUR, 2007.<br />

220 D. PICCINI, Gli Scapigliati remoti e fraterni, in «Poesia», febbraio 2008, p. 29.<br />

221 E. PACCAGNINI, Dal Romanticismo al Decadentismo. La Scapigliatura, in Storia<br />

della Letteratura Italiana, <strong>di</strong>retta da E. Malato, vol. V<strong>II</strong>I, p. I, Roma, Salerno Ed., 1999, p. 321.


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Giacosa e Giovanni Camerana. Accomunati non soltanto da simili intenti poetici,<br />

ideologici e culturali, ma legati anche da rapporti <strong>di</strong> amicizia (in alcuni casi<br />

anche piuttosto longevi) questi artisti – come si vedrà – spesso polivalenti, sono<br />

assimilabili per la presenza nella loro produzione, almeno in questa fase, <strong>di</strong> motivi<br />

comuni ed atteggiamenti che si configurano come frutto e probabile reazione<br />

al rapido cambiamento epocale, storico ed epistemologico che attraversa la<br />

seconda parte del secolo XIX, simile ad “un bra<strong>di</strong>sismo che sta togliendo ogni<br />

certezza e linfa tra<strong>di</strong>zionale all’operazione artistica, alla posizione sociale-conoscitiva,<br />

al ruolo ed al significato <strong>di</strong> scrittori drammaticamente <strong>di</strong> transizione”. 222<br />

In queste pagine si cercherà <strong>di</strong> illustrare come <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, dopo aver<br />

manifestato un’iniziale affinità, soprattutto nelle poesie delle Nostalgie e nelle<br />

prime Novelle, all’ideologia e con i Leit-motive (seppur con alcune riserve e la<br />

me<strong>di</strong>azione dell’influenza parnassiana) dominanti nella Scapigliatura, abbia poi<br />

corretto il proprio percorso intraprendendo una nuova <strong>di</strong>rezione – che per il<br />

momento chiameremo fase della rêverie – maturata per vie personali, ma anche<br />

attraverso i sempre più frequenti contatti con la cultura d’oltralpe, ed evidente, a<br />

partire all’incirca dalla metà <strong>degli</strong> anni Settanta, nell’elaborazione dei suoi romanzi,<br />

della seconda e<strong>di</strong>zione delle Novelle e dei racconti apparsi singolarmente<br />

su riviste italiane e francesi, oltre che nell’attività giornalistica e, dettagliatamente,<br />

nella scelta delle opere e <strong>degli</strong> autori da recensire.<br />

Uno dei capisal<strong>di</strong> del movimento scapigliato è il concetto della fratellanza<br />

tra le arti: non nuova alla cultura europea, che già l’aveva sperimentata con il<br />

romanticismo tedesco ed un certo simbolismo francese (da Baudelaire e Gautier<br />

a Verlaine e Rimbaud), quest’idea dell’affinità tra poesia, plastica e musica<br />

giungerà a dare in Italia, attraverso la Scapigliatura – dove mostra ancora qualche<br />

lacuna, mancando, a detta <strong>di</strong> Gioanola, della “scoperta del subconscio” 223 –<br />

e soprattutto per tramite <strong>di</strong> Lucini, 224 esiti novecenteschi nelle sperimentazioni<br />

delle avanguar<strong>di</strong>e. 225 Prima ancora <strong>di</strong> soffermarci sulle postulazioni ‘pratiche’,<br />

si sottolineerà che, se da un lato autori come Dossi teorizzano la suddetta con-<br />

222 D. PICCINI, Gli Scapigliati remoti e fraterni, cit., p. 30.<br />

223 E. GIOANOLA, La Scapigliatura, Torino, Marietti, 1975, p. 13.<br />

224 Sono state più volte messe in luce le similarità compositive che accomunano i testi <strong>di</strong><br />

Lucini ai versi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Cfr. G. P. LUCINI, Il libro delle figurazioni ideali, a cura <strong>di</strong> M.<br />

Manfre<strong>di</strong>ni, Roma, Salerno E<strong>di</strong>trice, 2005, p. 88, dove è esplicitato un chiaro richiamo (“Desii<br />

pazzi” vs “l’ire pazze”) tra il testo de La Chimera luciniana e quello <strong>di</strong> un Paesaggio gual<strong>di</strong>ano.<br />

225 Cfr. G. SCARSI, Il rapporto fra le arti nella Scapigliatura: poesia – pittura – musica<br />

ed esiti novecenteschi, in «Otto/Novecento», gennaio 1981, pp. 145-176.<br />

67


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

cezione adducendo prove persino <strong>di</strong> carattere storico per motivare l’inter<strong>di</strong>pendenza<br />

tra arte letteraria, figurativa e musicale, 226 e dall’altro scrittori come Rovani<br />

sostengono che questo connubio abbia ra<strong>di</strong>ci antiche soltanto in Italia,<br />

mentre in altri paesi come Germania, Inghilterra e Francia, esso è alquanto recente,<br />

227 tutti risultano però concor<strong>di</strong> nell’affermare che le Tre Arti si muovono<br />

parallele, in comunione <strong>di</strong> ispirazioni, e che ciascuna <strong>di</strong>sciplina trae origine dalla<br />

parola ed in essa alfine rifluisce:<br />

Le tre arti sono: la musica, la pittura e la poesia e sono sorelle, nel senso che procedono<br />

parallelamente, insieme confluendo alla caratterizzazione <strong>di</strong> un periodo artistico.<br />

[…].<br />

Dappertutto dove la civiltà è penetrata e dove continua il suo corso, noi ve<strong>di</strong>amo<br />

svolgersi le fasi del pensiero sotto alla triplice manifestazione. La poesia, alimentata<br />

dalle me<strong>di</strong>tazioni dei filosofi e preparata dagli avvenimenti della storia, trova il concetto<br />

primo e […] non manterrebbe la fiamma che alla schiera più rara dell’umanità, se la<br />

tonica, per la via dei sensi, non recasse l’annuncio dei trovati della poesia a tutti i mortali<br />

[…]. Ma l’onda musicale è troppo fuggitiva e le impressioni che ne derivano vengono<br />

cancellate le une dalle altre […]. Se non che la scultura e la pittura coi segni fissi<br />

danno corpo all’idea che sgorga dalla poesia e la trasmettono in forme visibili. 228<br />

Partendo dai risultati rovaniani, gli Scapigliati ne applicano i presupposti<br />

per denunciare l’“insufficienza della parola ad esprimere certe componenti della<br />

realtà”. 229 Eppure Rovani – sostiene Antonio Saccone – “delegittima ogni ipotesi<br />

<strong>di</strong> scambio, <strong>di</strong> compenetrazione o <strong>di</strong> sconfinamento nell’uno e nell’altro<br />

linguaggio”; 230 spetta, invece, ai nuovi e giovani artisti il merito <strong>di</strong> aver dato<br />

l’avvio a “ibri<strong>di</strong>smi e miscelazioni”, 231 e <strong>di</strong> aver tentato, facendo interferire i<br />

226<br />

C. DOSSI, Note azzurre, a cura <strong>di</strong> D. Isella, t. <strong>II</strong>, Milano, Adelphi, 1964, p. 721 (nota n.<br />

5178): “Fra le prove della fraternità delle tre arti (letteraria, figurativa, musicale) ce n'è una storica.<br />

La scrittura, espressione dell'arte letteraria, era in origine plastica e pittura (scrittura geroglifica<br />

o letteratura rebus). Più tar<strong>di</strong>, la scrittura rappresentò, invece del segno, il suono (scrittura<br />

fonetica) donde il legame colla musica. - La scrittura è la più antica delle arti plastiche”.<br />

227<br />

G. ROVANI, Saggio su Bellini, in Le Tre Arti considerate in alcuni illustri italiani<br />

contemporanei, Milano, Treves, 1874.<br />

228<br />

ID., Introduzione a Le Tre Arti, cit.<br />

229<br />

G. SCARSI, Il <strong>di</strong>battito sulle arti nella Scapigliatura: poesia – pittura in Camerana, in<br />

«Italianistica», settembre-<strong>di</strong>cembre 1978, p. 548.<br />

230<br />

A. SACCONE, «Pinti romanzi» e «scritte pitture», in Carlo Dossi. La scrittura del<br />

margine, <strong>Napoli</strong>, Liguori, 1995, p. 78.<br />

231 Ibidem.<br />

68


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

linguaggi propri <strong>di</strong> ciascuna delle tre arti, <strong>di</strong> ampliare i limiti delle singole <strong>di</strong>scipline;<br />

me<strong>di</strong>ante il mutuo soccorso tra poesia-pittura-musica, essi ottengono<br />

accostamenti tali da rendere possibile un notevole allargamento delle tecniche<br />

espressive. Abbandonata l’ambizione propria delle poetiche tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> concludere<br />

e definire, gli esponenti della Scapigliatura scoprono le potenzialità del<br />

non finito, “donde la tendenza alla <strong>di</strong>ssoluzione della poesia in Musica, il linguaggio,<br />

tra le arti sorelle, il più indefinito ed evocativo, atto a porsi in rapporto<br />

<strong>di</strong> complementarietà con la poesia”. 232 Conseguenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> ciò sarà, da una<br />

parte, l’estrema sperimentazione metrica in <strong>di</strong>rezione della versificazione libera<br />

e, dall’altra, il contemplare ed esercitare simultaneamente più <strong>di</strong>scipline, sicché<br />

non <strong>di</strong> rado si avranno figure <strong>di</strong> artisti polivalenti <strong>di</strong> cui gli esempi più noti sono<br />

rappresentati dai poeti-pittori Praga e Camerana e dal poeta-musicista A. Boito.<br />

Ma la modernità <strong>degli</strong> scapigliati consiste anche nell’essersi resi tra i maggiori<br />

portavoce <strong>di</strong> un intenso <strong>di</strong>sagio, che essi esprimono tematizzandolo in una<br />

serie <strong>di</strong> dualismi – quali il Bene e il Male, reale e ideale, orrido e brutto contrapposti<br />

a Bello e perfezione artistica – e nell’insistenza sulle tematiche del<br />

macabro e del sentimento mortuario: così, tra i massimi interpreti del dualismo<br />

scapigliato, Boito affermerà <strong>di</strong> essere “luce ed ombra; angelica / farfalla o verme<br />

immondo” che sogna un’Arte eterea “franca dai ru<strong>di</strong> vincoli della forma /<br />

piena d’Ideale”; Camerana, dal canto suo, entrando nella polemica sul realismo,<br />

ammonirà più volte sui rischi <strong>di</strong> esso, invitando alla pura contemplazione estetica<br />

nell’osservazione del reale, considerato semplice punto <strong>di</strong> partenza al lancio<br />

verso l’ideale, mentre infine, ad esemplificare l’insistenza sulla tematica funeraria,<br />

<strong>Gualdo</strong> pubblicherà due componimenti significativamente intitolati 2 novembre<br />

(1866 e 1867), scriverà un’ode mortuaria in memoria <strong>di</strong> Emilio Praga<br />

ed in onore <strong>di</strong> Camerana la poesia Semper et ubique.<br />

Le creazioni <strong>di</strong> questi autori, ben lontane dal restare ancorate alla comune<br />

matrice ‘scapigliata’, ma proprio a partire da quest’ultima e dallo sperimentalismo<br />

– collegato alla teoria dell’interferenza artistica – ad essa riconducibile, segnano<br />

percorsi che, intraprendendo <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>rezioni, mostrano <strong>di</strong> essere intrisi<br />

<strong>di</strong> una forte carica <strong>di</strong> modernità protonovecentesca: l’impegno <strong>di</strong> Boito, infatti,<br />

tra versi e melo<strong>di</strong>a, porterà “ad esiti futuristici” con la riforma del melodramma<br />

attuata nel Mefistofele e perpetrata nel Falstaff, opera in cui egli collabora con<br />

232 ID., Il rapporto fra le arti nella Scapigliatura: poesia – pittura – musica ed esiti nove-<br />

centeschi, cit., p. 150.<br />

69


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Ver<strong>di</strong> come librettista, raggiungendo ar<strong>di</strong>menti imprevisti tali da risvegliare il<br />

suo Maestro dai sopori risorgimentali; 233 al tempo stesso Praga, attraverso la<br />

<strong>di</strong>mensione domestica della parola e l’uso del <strong>di</strong>alogato, aprirà la strada a Pascoli<br />

ed ai Crepuscolari (nonché alla gad<strong>di</strong>ana deformazione del segno); <strong>Gualdo</strong><br />

e Lucini 234 si collocheranno, invece, al confine – almeno in questi anni – con il<br />

simbolismo. Sebbene per il secondo tale riconoscimento sia già da tempo avvenuto<br />

tanto che questi viene considerato il trait d’union con il Futurismo, il primo<br />

risulta, invece, ancora fortemente sottovalutato, 235 per quanto sia stato più<br />

volte riba<strong>di</strong>to che (accanto ai tratti scapigliati e alle raffinate presenze parnassiane,<br />

alle reminiscenze giovanili <strong>di</strong> Baudelaire, ma anche <strong>di</strong> Manzoni, Foscolo<br />

e Leopar<strong>di</strong>, alle anticipazioni crepuscolari, dannunziane e pascoliane) 236 l’insistenza<br />

gual<strong>di</strong>ana sui campi onomasiologici dell’arcano, del segreto e della sfinge<br />

permetterebbero <strong>di</strong> inserirlo a pieno titolo tra i primissimi rappresentanti italiani<br />

<strong>di</strong> un simbolismo che egli “tallona da presso”. 237 Camerana, infine, ricorrendo<br />

ad un colorismo visivo in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere atmosfere “in funzione delle<br />

quali si giustifica il recupero […] del paesaggio” (scarnificato), 238 ad una insistente<br />

trasfigurazione lirica e ad un uso dell’analogia ai limiti del correlativo<br />

oggettivo, anticiperà a sua volta molti tratti <strong>di</strong> tanta poetica del XX secolo.<br />

Proprio la grande attenzione riservata da Camerana al paesaggio (al quale<br />

estrema cura viene de<strong>di</strong>cata nella produzione <strong>di</strong> quasi tutti gli esponenti <strong>di</strong> questa<br />

generazione poetica) che, da elemento puramente esornativo, inizia a configurarsi<br />

come fulcro ispirativo, trova certamente una ragion d’essere nell’in-<br />

233<br />

ID., Il <strong>di</strong>battito sulle arti nella Scapigliatura: poesia-pittura in Camerana, cit., p. 553.<br />

234<br />

Sull’importanza <strong>di</strong> Lucini e <strong>Gualdo</strong> (non solo in quanto poeta, ma anche come portavoce<br />

delle novità d’Oltralpe, specie <strong>di</strong> ascendenza mallarméana) per la nascita del simbolismo poetico<br />

italiano cfr. E. FUMI, La tentazione simbolista, Pisa, Giar<strong>di</strong>ni, 1992.<br />

235<br />

Tuttavia negli ultimi anni le indagini su <strong>Gualdo</strong> continuano assiduamente a mettere in<br />

luce l’estrema modernità <strong>di</strong> questo autore che è stato <strong>di</strong> recente definito da Enrico Cesaretti “il<br />

trait d’union […] tra Scapigliatura e Simbolismo” (Castelli <strong>di</strong> carta. Retorica della <strong>di</strong>mora tra<br />

Scapigliatura e Surrealismo, Ravenna, Longo, 2001, p. 11).<br />

236<br />

Per un’analisi critica completa della poesia gual<strong>di</strong>ana, sorretta da un valido ed efficace<br />

apparato filologico-esegetico cfr. L. GUALDO, Le poesie (1859-1893). Introduzione, notizia<br />

biografica e note filologiche a cura <strong>di</strong> R. Lollo, cit., e<strong>di</strong>zione che andrebbe, tuttavia, integrata<br />

con l’inserimento <strong>di</strong> ulteriori componimenti dell’autore extravaganti pubblicati su riviste non<br />

contemplate nell’analisi e tra i perio<strong>di</strong>ci ottocenteschi esaminati dalla stu<strong>di</strong>osa milanese.<br />

237<br />

E. PACCAGNINI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Sotto il gilet l’epicureo, in «La Nazione», 21 <strong>di</strong>cembre<br />

1981.<br />

238<br />

G. SCARSI, Il <strong>di</strong>battito sulle arti nella Scapigliatura…, cit., p. 567.<br />

70


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

fluenza e nella portata quasi palingenetica espressa dalla pittura <strong>di</strong> questi anni:<br />

secondo Giovanna Scarsi attraverso il paesaggismo scapigliato “si effettua nelle<br />

arti figurative la stessa rivoluzione che il verismo operava nelle lettere” mandando<br />

in frantumi il vieto accademismo tra<strong>di</strong>zionalistico e raggiungendo “una<br />

cifra personale anche rispetto ai confratelli espressionisti perché, mentre la loro<br />

restò un’esperienza in<strong>di</strong>viduale che operò la transizione in arte Romanticismo-<br />

Verismo, […], quella francese ebbe carattere scolastico”. 239<br />

Il paesaggio viene scomposto andando al<strong>di</strong>là della pura resa mimetica della<br />

realtà; nel ricostruirlo gli scapigliati sembrano preferire determinate fasi del<br />

giorno alternando, chi nel favorire più la luce, chi più l’ombra, rappresentazioni<br />

notturne a raffigurazioni dei momenti <strong>di</strong> transizione, quali alba e vespro. A proposito<br />

della poesia <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> intitolata non a caso Tramonto, Glauco Viazzi ha<br />

parlato della presenza <strong>di</strong> eleganze scaltre, squisite e sottili “al limite tra pittura<br />

impressionista e pittura <strong>di</strong>visionista”; 240 nella stessa <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> questo componimento,<br />

muovono, inoltre, un cospicuo numero <strong>di</strong> versi del medesimo autore<br />

che appaiono dettati da un’analoga ispirazione ‘paesaggistica’: escludendo le<br />

prove giovanili mai pubblicate in vita e <strong>di</strong> cui si è occupata Renata Lollo, 241<br />

<strong>Gualdo</strong> ha inserito nelle sue Nostalgie 242 un insieme <strong>di</strong> testi i cui titoli sono già<br />

<strong>di</strong> per sé altamente rappresentativi: c’è, ad esempio, una Storia <strong>di</strong> mare, ci sono<br />

le poesie Alla sera, Nel parco, La Cascata, Fra i monti, La Villa e La Barca,<br />

unitamente ad un testo intitolato Interno, due Marine (Par quasi nero il mare<br />

sconfinato e Di gente affaccendata è pieno il porto) e tre Paesaggi (Senza rumore<br />

immacolata e lieve, Circondata da rupi alte e scoscese e Tutto riposa al<br />

raggio della luna), oltre alle liriche senza titolo ma il cui verso incipitario risulta<br />

altrettanto significativo: Rose appassite cui non rise il sole, Fuggiva il giorno<br />

ed io pensai: l’estate, La terra è un punto in mezzo al firmamento, È un castello<br />

feudale in miniatura, Foglie staccate e In fondo ai chiari abissi preziosi, in<br />

239<br />

Ivi, p. 554.<br />

240<br />

G. VIAZZI, Gian Pietro Lucini al tempo <strong>di</strong> “Cronaca d’Arte”, in «Il Verri», 33-34,<br />

1970, p. 331.<br />

241<br />

R. LOLLO, I manoscritti giovanili <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano, in<br />

«Otto/Novecento», gen.-feb. 1987, pp. 101-128.<br />

242<br />

L. GUALDO, Le Nostalgie, Torino, Casanova, 1883, rist. in ID., Romanzi e Novelle,<br />

cit. e in copia anastatica della versione originaria: Le Nostalgie, Milano, Lampi <strong>di</strong> Stampa,<br />

2003.<br />

71


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

buona parte precedentemente apparse in rivista 243 (e ancora ripubblicate sulla<br />

stampa perio<strong>di</strong>ca anche in seguito all’uscita del volume del 1883), 244 così come<br />

i componimenti poi non confluiti in raccolta In riva al lago, stampato sulla<br />

«Gazzetta musicale» del 2 maggio 1869, Senza rumore, immacolata e lieve uscito<br />

sulla «Strenna Italiana per l’anno 1874», Fra le figure rigide dei vetri, in<br />

«Serate Italiane» dell’8 febbraio 1874, il già citato Tramonto, in «Cronaca<br />

d’Arte» del 28 <strong>di</strong>cembre 1890, Tenebra, in «Tavola rotonda» del 10 gennaio<br />

1892 ed infine Lo scherno dell’azzurro su «Il Mattino» del 26 febbraio 1893<br />

(poi col titolo Da un album ne «Il Mattino – Supplemento» del 5 maggio 1895).<br />

Pienamente in linea con le <strong>di</strong>rettive scapigliate, il grande quantitativo <strong>di</strong><br />

paesaggi realizzati da <strong>Gualdo</strong>, si inserisce in una più ampia adesione <strong>di</strong> intenti<br />

con la poetica <strong>di</strong> questo movimento, prima fra tutte l’attitu<strong>di</strong>ne ad interiorizzare,<br />

talvolta esasperandola, la conflittualità arte-vita. Diversamente da Boito,<br />

Praga e Camerana, egli coltiva attivamente un’unica <strong>di</strong>sciplina, quella della parola,<br />

ma <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere una notevole preparazione anche in altri ambiti, una<br />

competenza alimentata non solo dalla sete <strong>di</strong> conoscenza personale, ma anche<br />

dalla strettissima vicinanza con tutto un universo artistico: in particolar modo,<br />

come <strong>di</strong>mostrano i suoi carteggi – compresi i riferimenti interni ad essi laddove<br />

manca una documentazione <strong>di</strong>retta –, <strong>Gualdo</strong> è stato in strettissimo contatto con<br />

pittori e scultori del calibro <strong>di</strong> Emilio Gola, Pompeo Mariani e Adèle d’Affry e<br />

<strong>di</strong> musicisti della portata <strong>di</strong> Arrigo Boito e Giuseppe Ver<strong>di</strong>. Influenzato da tali<br />

frequentazioni, e insieme dalla vicinanza ai maggiori rappresentanti del Parnasse<br />

francese, egli inserisce nelle sue poesie continui riferimenti ad artisti antichi<br />

(come Fi<strong>di</strong>a) e moderni (come Salvator Rosa), 245 benché sia soprattutto nelle<br />

243 In or<strong>di</strong>ne cronologico: Foglie staccate era già apparsa sulla «Strenna Italiana per l’anno<br />

1873», La cascata su «Rivista Minima» del 4 maggio 1873, Il palazzo è <strong>di</strong> marmo (poi rist. nelle<br />

Nostalgie con il titolo Gioia passata) su «Serate Italiane» dell’8 febbraio 1874, Circondata<br />

da rupi alte e scoscese sulla «Strenna Italiana per l’anno 1874», i Paesaggi I e <strong>II</strong> in «Serate Italiane»<br />

del 19 aprile 1874, Storia <strong>di</strong> mare sulla «Rivista Minima» del 19 luglio 1874, le due Marine<br />

su «Serate Italiane» del 5 settembre 1875, Alla sera ed una Marina sulla «Strenna Italiana<br />

per l’anno 1877», Nel parco sulla «Strenna Italiana per l’anno 1880», Rose appassite in «Penombre»<br />

del 14 gennaio 1883.<br />

244 Solo sui giornali napoetani si trovano due successive ripubblicazioni del Paesaggio definito<br />

da Carlo Bo (Il romanzo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Humanitas», febbraio 1947, p. 224) “il ‘pezzo’ <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> poeta”, ovvero Tutto riposa al raggio della luna, poesia stampata in prima pagina sul<br />

«Corriere <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>» del 20 gennaio 1888 e poi su «Il Mattino» del 12-13 ottobre 1893.<br />

245 L. GUALDO, Paesaggio <strong>II</strong>, in «Strenna Italiana per l’anno 1874», Milano, Ripamonti<br />

Carpano, 1874, p. 130.<br />

72


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

novelle gual<strong>di</strong>ane che la presenza costante <strong>di</strong> pittori, scrittori e musicisti – e più<br />

in generale della tematica estetica – colpisce inevitabilmente il lettore.<br />

Forse in quanto metafora liberatoria del vissuto stesso del narratore, ogni<br />

singolo racconto prodotto dalla penna <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> – specialmente nella prima<br />

raccolta e<strong>di</strong>ta da Bona, nel 1868, a Torino 246 – ha tra i suoi protagonisti qualcuno<br />

che, confinato ai margini dell’utopia, è deciso a non sfiorare il collettivo, a<br />

realizzare le proprie aspirazioni ad una vita ‘<strong>di</strong>versa’ e a tentare, <strong>di</strong> conseguenza,<br />

il rifugio in una zona dell’avvertimento in<strong>di</strong>vidualistico <strong>degli</strong> schemi imprigionanti<br />

della società, zona che però non <strong>di</strong> rado finisce per essere solo mera<br />

immaginazione <strong>di</strong> un’esistenza alternativa. 247 In piena sintonia con un <strong>di</strong>lagante<br />

fenomeno <strong>di</strong> portata europea, tipico soprattutto della Bohème, egli realizza un<br />

considerevole nucleo <strong>di</strong> novelle in cui non sia presente perlomeno un personaggio<br />

che non sia prima <strong>di</strong> tutto artista (quasi sempre squattrinato ed in contrasto<br />

con la società) o comunque intenzionato a vivere un’esistenza in qualche modo<br />

riconducibile al tema dell’Arte: si avrà così, come protagonista in Allucinazione,<br />

Guglielmo, compositore <strong>di</strong> musica poverissimo, in Scommessa, Arnaldo,<br />

aspirante scrittore in cerca <strong>di</strong> autonomia economica, ne La canzone <strong>di</strong> Weber,<br />

Paolo, umile maestro <strong>di</strong> pianoforte; in Capriccio, Armando, giovane e promettente<br />

pittore umiliato da una ricca donna, ne La gran rivale, Alberto, pittore in<br />

cerca <strong>di</strong> ispirazione e <strong>di</strong> fama, mentre, solo in apparenza fuori dallo schema, risultano<br />

essere esempi <strong>di</strong> vite ancora ugualmente attinenti al mondo artistico i<br />

protagonisti <strong>di</strong> due novelle che fanno da pendant l’una all’altra, Narcisa e Il viaggio<br />

del duca Giorgio, le quali hanno per soggetto il vivere inimitabile <strong>di</strong> due<br />

esteti, declinato in un dan<strong>di</strong>smo rispettivamente al femminile e al maschile. 248<br />

Secondo Marilena Giammarco, la costante del motivo dell’arte nella narrativa<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> come “espressione estrema della sensibilità umana, dotata <strong>di</strong> ca-<br />

246<br />

ID., Novelle, Torino, Bona, 1868, rist. in e<strong>di</strong>zione accresciuta La Gran Rivale ed altri<br />

racconti, Milano, Treves, 1877 (poi in 2ª e<strong>di</strong>zione nel 1880); rist. moderna in Romanzi e Novelle,<br />

cit., e poi, in copia conforme all’e<strong>di</strong>zione del 1877, per Lampi <strong>di</strong> Stampa, Milano, 2004.<br />

247<br />

M GIAMMARCO, L’evasione <strong>degli</strong> Scapigliati: percorsi tra reale e immaginario.<br />

Tarchetti, Dossi, <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 71.<br />

248<br />

Esiste un terzo personaggio gual<strong>di</strong>ano che Roberto Bigazzi (I colori del vero, vent’anni<br />

<strong>di</strong> narrativa, 1860-1880, Pisa, Nistri-Lischi, 1978², p. 295) ha annoverato come “uno dei primi<br />

personaggi «inimitabili» nel secondo Ottocento”, precursore, ad esempio, del futuro Andrea<br />

Sperelli dannunziano: si tratta del marchese Massimo d’Astorre, protagonista maschile del successivo<br />

romanzo Un mariage excentrique (Paris, Lemerre, 1979).<br />

73


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

pacità evocatorie e sovrannaturali” 249 sarebbe riconducibile, come già aveva affermato<br />

Mariani, 250 a suggestioni tratte dalle tarchettiane formulazioni <strong>di</strong> Amore<br />

nell’arte; non avendo, tuttavia, notizie certe relative ad una pur plausibile conoscenza<br />

(<strong>di</strong>retta o meno) con lo scapigliato Tarchetti, 251 l’ipotesi più certa resta<br />

quella <strong>di</strong> una più generale influenza ideologica – sul versante italiano – alimentata<br />

dal clima e dalle conversazioni che Rovani ed i suoi confratelli tenevano<br />

negli ambienti milanesi <strong>di</strong> cultura dell’epoca.<br />

Di supporto a questa indagine è certamente l’attenta analisi del racconto<br />

gual<strong>di</strong>ano La canzone <strong>di</strong> Weber, interrogato “sotto il profilo tematico-musicale”,<br />

realizzata da Renzo Bragantini, il quale ha illustrato le motivazioni che<br />

hanno condotto l’autore a fare della musica il centro in<strong>di</strong>scusso della narrazione,<br />

il significato della scelta <strong>di</strong> dare centralità ad un dato compositore e ad una<br />

precisa melo<strong>di</strong>a e, infine, il ruolo rivestito dalle <strong>di</strong>verse esecuzioni <strong>di</strong> quello<br />

stesso brano musicale all’interno dell’economia della novella in questione. 252<br />

Particolarmente interessanti le pagine in cui il critico ha messo in luce la profon<strong>di</strong>tà<br />

e la complessità della cultura musicale (specie in ambito melodrammatico<br />

“<strong>di</strong> livello affatto or<strong>di</strong>nario”) 253 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, la cui selezione per un’opera <strong>di</strong><br />

Carl Maria von Weber – compositore per nulla scontato per il pubblico italiano,<br />

ma familiare ad un frequentatore abituale <strong>di</strong> Parigi nonché intimo <strong>di</strong> Boito – lascia<br />

evincere la <strong>di</strong>mensione europea e cosmopolita dell’autore che, nelle cinque<br />

occasioni in cui ripropone nel testo l’esecuzione del brano al cembalo (variata<br />

in sempre <strong>di</strong>fferenti modalità esecutive) riesce a “segnare momenti <strong>di</strong>versi, e<br />

volta per volta risolutivi, del racconto” 254 in un proce<strong>di</strong>mento narrativo “che fa<br />

suoi alcuni temi musicali, e li <strong>di</strong>spone secondo nuclei riconoscibili”. 255<br />

249<br />

M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza. Itinerari nella narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

Roma, E<strong>di</strong>zioni dell’Ateneo, 1987, p. 40.<br />

250<br />

G. MARIANI, Storia della Scapigliatura, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1971, p. 604.<br />

251<br />

Marilena Giammarco sostiene che il contatto tra i due scrittori sarebbe potuto avvenire<br />

a Varese, dove Tarchetti soggiornò e dove <strong>Gualdo</strong> si recava regolarmente fin dall’infanzia nella<br />

Villa Mirabello <strong>di</strong> proprietà della famiglia materna, ma anche potenzialmente nel salotto Maffei<br />

o in quello <strong>di</strong> Vittoria Cima, oltre che nelle redazioni <strong>di</strong> testate giornalistiche come «Rivista<br />

minima», «Gazzettino rosa» e «Il Pungolo» (Le forme della decadenza, cit., pp. 38-39).<br />

252<br />

R. BRAGANTINI, Momenti musicali <strong>di</strong> un racconto dell’Ottocento, in <strong>Stu<strong>di</strong></strong> in onore<br />

<strong>di</strong> Pier Vincenzo Mengaldo per i suoi settant’anni, a cura <strong>degli</strong> allievi padovani, vol. <strong>II</strong>, Firenze,<br />

Sismel, 2007, pp. 993-1005.<br />

253<br />

Ivi, p. 996.<br />

254 Ivi, p. 1001.<br />

255 Ivi, p. 996.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

È utile notare, tuttavia, che le Novelle gual<strong>di</strong>ane, e nella fattispecie la stessa<br />

Canzone <strong>di</strong> Weber, sono state più volte annoverate ed analizzate dagli stu<strong>di</strong>osi<br />

non solo in relazione alla tematica artistica, ma pure all’interno <strong>di</strong> un filone,<br />

anch’esso <strong>di</strong> ascendenza scapigliata, la cui centralità viene attribuita all’elemento<br />

fantastico, 256 sebbene in <strong>Gualdo</strong> risulti maggiormente incisiva l’influenza<br />

esercitata da un lato dalla poetica parnassiana e dall’altro dall’apertura verso<br />

Hoffmann, Poe, Baudelaire – autori cari anche agli altri suoi confratelli – e<br />

Théophile Gautier, che <strong>Gualdo</strong> aveva conosciuto in Francia negli anni Sessanta.<br />

257 Se per i rappresentanti della Scapigliatura “la realtà cessa <strong>di</strong> essere una<br />

monolitica certezza” e la duplicità stessa delle cose umane tra razionale e irrazionale<br />

“è il pronto assenso concesso alla parte <strong>di</strong> vita nascosta”, 258 è anche vero<br />

che per il solo <strong>Gualdo</strong> l’arte si configura inoltre come un ponte fra reale e irreale,<br />

fra vita e non vita, sicché:<br />

Forse per avere l’intelligenza esatta della realtà interiore dello scrittore bisogna<br />

rovesciare i colori, le luci, gli abitati del suo teatro […]. E per contrario puntare sulle<br />

soluzioni psicologiche, sul controcanto tra fatti e me<strong>di</strong>tazione, su quella che è la parte<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>retta interrogazione dello scrittore. 259<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista il lettore moderno non dovrà stupirsi <strong>di</strong> trovare la<br />

ristampa <strong>di</strong> Una scommessa inserita nella raccolta dei Racconti neri della scapigliatura<br />

260 o La canzone <strong>di</strong> Weber tra i Fantasmi italiani 261 e tra i Romanzi e<br />

racconti neri; 262 non dovrà troppo sorprendersi perché, al pari <strong>degli</strong> Scapigliati,<br />

il giovane <strong>Gualdo</strong> sembrerebbe voler in molti casi aggre<strong>di</strong>re e deformare la realtà<br />

circostante: egli, però, opta in verità per un’altra decisione, quella cioè <strong>di</strong><br />

ignorare il reale, “riparando nel proprio hortus conclusus” nel quale ha la possi-<br />

256<br />

A. D’ELIA, Contaminazione, morte e redenzione nella Canzone <strong>di</strong> Weber <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in La tentazione del fantastico. Racconti italiani da <strong>Gualdo</strong> a Svevo, a cura <strong>di</strong> A.<br />

D’Elia – A. Guarnieri – M. Lanzillotta – G. Lo Castro, Cosenza, Pellegrini, 2007, pp. 45-71.<br />

257<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 16.<br />

258<br />

G. FINZI, Introduzione a AA. VV., Racconti neri della scapigliatura, Milano, Mondadori,<br />

1980, pp. 6-7.<br />

259<br />

C. BO, Nota introduttiva alle novelle <strong>di</strong> L. GUALDO, Romanzi e Novelle, cit., p. 4.<br />

260<br />

L. GUALDO, Una scommessa, in AA. VV., Racconti neri della scapigliatura, cit., pp.<br />

167-180.<br />

261<br />

ID., La canzone <strong>di</strong> Weber, in AA. VV., Fantasmi italiani, a c. <strong>di</strong> G. Pilo e S. Fusco,<br />

Roma, Newton, 1994, pp. 27-49.<br />

262<br />

ID., La canzone <strong>di</strong> Weber, in AA. VV., Romanzi e racconti neri, Milano, Sugar, 1962.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

bilità <strong>di</strong> “coltivare la propria nevrosi, auscultare le proprie sensazioni, indagare<br />

il proprio inconscio”. 263 In questo senso (e <strong>di</strong>versamente dai suoi confratelli<br />

scapigliati), <strong>Gualdo</strong> è autore <strong>di</strong> una letteratura che indaga i campi dell’estasi,<br />

del fantastico, del sogno – e proprio il tema del rêve avrà notevole peso nella<br />

‘seconda fase’ della sua produzione, critica e narrativa – fino a raggiungere talvolta<br />

il limite della pazzia, 264 la cui anticamera è lambita da Ida nella Canzone<br />

<strong>di</strong> Weber e da Guglielmo in Allucinazione, mentre viene del tutto raggiunta da<br />

Arnaldo nella Scommessa e da Armando in Capriccio. Spiegata in tale prospettiva,<br />

la presenza del fantastico nella produzione gual<strong>di</strong>ana rientra in una nuova<br />

e più avanguar<strong>di</strong>stica <strong>di</strong>mensione che Elisabetta de Troja ha definito del tutto<br />

mentale. Quello gual<strong>di</strong>ano è, infatti, un fantastico che nasce da una tendenza<br />

“capace <strong>di</strong> creare fantasmi dal profondo della coscienza, dallo stato psicologico<br />

eccezionale, dalla patologia psichica per cui la paura, la grande protagonista del<br />

fantastico del secondo Ottocento, rifiuta l’evento esterno per <strong>di</strong>venire una categoria<br />

dello spirito, l’eccezionale con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un modo dell’anima ancora più<br />

affascinante, la follia, appunto”. 265 Si noterà dunque che <strong>Gualdo</strong>, pur assimilabile<br />

per molti aspetti, nella fase giovanile, agli autori (e quin<strong>di</strong> ai loro rispettivi<br />

temi) della Scapigliatura, ha da sempre fiancheggiato il movimento “su posizioni<br />

<strong>di</strong> indubbia originalità” in quanto, grazie alla sua indole e al tempo stesso<br />

alla formazione franco-anglofila, “a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri scapigliati, che vi possono<br />

attingere solo suggerimenti episo<strong>di</strong>ci, <strong>Gualdo</strong> vive dall’interno quella stagione<br />

decisiva, fino a presentarsi come autore bilingue”. 266<br />

Il 1877 sancisce il compimento del fondamentale passo evolutivo nel pensiero<br />

e nell’opera gual<strong>di</strong>ana: è questo l’anno della ristampa della raccolta delle<br />

Novelle, nella quale viene aggiunto un nuovo brano, mentre i sette testi iniziali,<br />

seppur conservati, subiscono una profonda rielaborazione; in quest’occasione,<br />

inoltre, l’e<strong>di</strong>zione cambia titolo, che viene mutato dall’autore, ispirandosi al testo<br />

eponimo, in La Gran Rivale e altri racconti. Sulle mo<strong>di</strong>fiche apportate nelle<br />

prime due narrazioni della raccolta ha de<strong>di</strong>cato un prezioso contributo Marziano<br />

Guglielminetti evidenziando come, rispetto alla pubblicazione del ’68, vengano<br />

smorzati tutti gli eccessi <strong>di</strong> realismo, in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una maggiore impercettibi-<br />

263<br />

E. PACCAGNINI, Dal Romanticismo al Decadentismo. La Scapigliatura, cit., p. 330.<br />

264<br />

Ivi, p. 266.<br />

265<br />

E. DE TROJA CHECACCI, L’amico <strong>di</strong> Robert. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e la sua opera narrativa<br />

(1844-1898), Pisa, Giar<strong>di</strong>ni, 1990, p. 25.<br />

266<br />

G. ZACCARIA, Poesie <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Poesia», n. 33, ottobre 1990, p. 64.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

lità più consona all’atmosfera fantasiosa e sognante che domina questo corpus<br />

<strong>di</strong> testi. <strong>Gualdo</strong> avrebbe, dunque, lavorato sulla prima redazione al fine <strong>di</strong> attutire<br />

le esuberanze della scrittura giovanile: ma se i tagli recisi <strong>di</strong> intere frasi manifestano<br />

il desiderio <strong>di</strong> “cancellare ogni scoria o rimasuglio <strong>di</strong> un’apprensione<br />

ancor troppo acerba del reale […], segnale della presa <strong>di</strong> coscienza dello scrittore<br />

che la sua prosa non può rifiutarsi <strong>di</strong> rivestire sempre ed adeguatamente i<br />

contenuti aerei e quasi fantasiosi della sua invenzione <strong>di</strong> novelliere”, 267 tuttavia<br />

egli non interviene mai in maniera troppo incisiva, forse perché dominato dalla<br />

volontà <strong>di</strong> “non staccarsi troppo da quello che era stato il suo passato <strong>di</strong> scrittore”.<br />

268 Così, ad esempio, nella nuova versione de Il viaggio del duca Giorgio,<br />

<strong>Gualdo</strong> tenta <strong>di</strong> offuscare le definizioni troppo circoscritte dell’ambiente e, contestualmente,<br />

elimina buona parte della nomenclatura specializzata in modo da<br />

irrobustire la sostanza narrativa, ma soprattutto da evitare ogni <strong>di</strong>stonia con “il<br />

tono del racconto nella temperie sognante e fantasiosa” 269 che gli è propria.<br />

Alleviato ogni eccesso <strong>di</strong> sapore realistico, le sette novelle dell’e<strong>di</strong>zione<br />

Bona si accostano con maggiore armonia all’ottavo racconto aggiunto per la<br />

pubblicazione <strong>di</strong> Treves, La villa d’Ostellio, 270 con cui l’autore sancisce l’abbandono<br />

dei temi cari alla scapigliatura (significativamente non ci sono più né<br />

pittori, né musicisti, né scrittori – che ritorneranno in futuro, ma con altra funzione<br />

– o, più in generale, allusioni alla funzione eterizzante e salvifica dell’Arte),<br />

lasciando irrompere il tema, poi costante negli ultimi romanzi, ma già presente<br />

in Une ressemblance (1874), della rêverie. Densa <strong>di</strong> suggestioni, come<br />

subito notò all’uscita del volume Capuana, 271 <strong>di</strong> ascendenza zoliana – ma <strong>di</strong> un<br />

certo Zola non naturalista, come si avrà modo <strong>di</strong> vedere in seguito nelle pagine<br />

de<strong>di</strong>cate alle recensioni ed ai rapporti <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> col romanziere francese – La<br />

villa d’Ostellio si contrad<strong>di</strong>stingue fin dal principio per la presenza dominante<br />

<strong>di</strong> un’atmosfera <strong>di</strong> attesa e <strong>di</strong> mistero, con la comparsa (o meglio sarebbe <strong>di</strong>re<br />

l’apparizione) dei due giovani protagonisti, amanti bellissimi e privi <strong>di</strong> ogni i-<br />

267<br />

M. GUGLIELMINETTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: uno scrittore senza stile?, in «Sigma», n. 6,<br />

giugno 1965, pp. 26, 29.<br />

268<br />

Ivi, p. 27.<br />

269<br />

Ivi, p. 31.<br />

270<br />

Questa novella ha avuto ristampa moderna in AA. VV., Racconti Lombar<strong>di</strong> dell’ultimo<br />

Ottocento, a cura <strong>di</strong> G. Ferrata, Milano, Bompiani, 1949 e poi nuovamente nel 1965 ad opera <strong>di</strong><br />

M. Guglielminetti (L. GUALDO, La villa d’Ostellio, in «Sigma», n. 6, giugno 1965, pp. 42-59).<br />

271<br />

L. CAPUANA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla letteratura contemporanea. Prima serie,<br />

Milano, Brigola, 1880, p. 177.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

dentità (neppure il loro nome viene in<strong>di</strong>cato, quasi si trattasse <strong>di</strong> esseri al <strong>di</strong> fuori<br />

del tempo), al cospetto <strong>di</strong> Pietro, il custode della <strong>di</strong>mora abbandonata, che da<br />

anni attende il ritorno dei padroni della villa. Come ha perfettamente messo in<br />

luce Valeria Donato Ramaciotti, “in questa novella non vi è ancora l’irruzione<br />

del perturbante in un contesto <strong>di</strong> realtà” poiché “per la vicenda dei due sconosciuti<br />

lo scrittore ha scelto fin dall’inizio l’immaginario, la <strong>di</strong>mensione contemplativa<br />

del sogno che i due non turbano, ma arricchiscono e completano”. Il fascino<br />

della continua incertezza tra sogno e realtà domina tutta la prima parte<br />

della novella, fino a quando, esattamente a metà della narrazione, “<strong>Gualdo</strong> adotta<br />

un proce<strong>di</strong>mento esattamente contrario” 272 che prevede l’irruzione della realtà<br />

nel sogno: l’anziano guar<strong>di</strong>ano della tenuta si lancia nella spasmo<strong>di</strong>ca ricerca<br />

dei giovani innamorati, ma tutto quello che riese a trovare è soltanto una stanza<br />

vuota, sicché “l’uomo e la donna prolungano il mistero inizialmente come presenza,<br />

in finale come assenza: un’assenza allusiva e beffarda, quasi uno scherzo<br />

sapiente verso la ragione, la logica <strong>degli</strong> eventi e la legalità dei rapporti”. 273<br />

Già poco prima dell’uscita de La Gran Rivale e altri racconti, <strong>Gualdo</strong>, con<br />

il primo romanzo francese, Une ressemblance, aveva palesato il mutamento (o<br />

meglio l’evoluzione) <strong>di</strong> gusto e la nuova <strong>di</strong>rezione intrapresa dalla sua poetica<br />

in costante sviluppo. Nel saggio de<strong>di</strong>cato da Madrignani alle opere scritte nella<br />

lingua d’elezione dello scrittore, 274 il critico sottolinea l’importanza del tema<br />

del rêve ponendolo in relazione con i frequenti brani paesaggistici, che – <strong>di</strong>versamente<br />

da quelli precedentemente realizzati in versi – appaiono ora avvolti da<br />

un’atmosfera “onirica”. Soprattutto nel testo in questione l’indugio sulle raffigurazioni<br />

dei luoghi non ha nulla <strong>di</strong> “geografico”, dal momento che:<br />

Per quanto preciso nei dettagli e nei contorni, si tratta <strong>di</strong> un paesaggio evocativo,<br />

ma non nella maniera <strong>di</strong>retta e protagonistica tipica della maniera romantica. Dalla descrizione<br />

emana un’aura che esclude il romanzo realistico. Siamo agli antipo<strong>di</strong> del regime<br />

stilistico <strong>di</strong> Zola col suo <strong>di</strong>segno pienamente espressivo. […]. L’effetto complessivo<br />

è quello <strong>di</strong> certi quadri <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni in cui la prospettiva colloca gli elementi<br />

singoli in una lucente nebbiolina che fascia la visione dell’insieme senza <strong>di</strong>minuirne<br />

la visibilità. 275<br />

272<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, L’amico <strong>di</strong> Robert, cit., p. 49-50.<br />

273<br />

Ibidem.<br />

274<br />

C. A. MADRIGNANI, I romanzi francesi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in AA. VV., <strong>Stu<strong>di</strong></strong> offerti a<br />

<strong>Luigi</strong> Blasucci dai colleghi e dagli allievi pisani, Lucca, Pacini Fazzi, 1996, pp. 351-364.<br />

275<br />

Ivi, p. 354.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Analogamente gli stessi personaggi, ed in particolare il protagonista del<br />

romanzo, Maurice d’Affrey, vivono costantemente in una <strong>di</strong>mensione sognante,<br />

immersi in questi paesaggi descritti con una tecnica simile a quella usata dai<br />

pittori impressionisti, in uno stato <strong>di</strong> ripiegamento, d’introspezione, <strong>di</strong> abbandono<br />

quasi vegetativo: 276 imme<strong>di</strong>atamente, sfogliando l’incipit dell’opera, si<br />

troverà il personaggio principale mentre si abbandona in uno stato spleenitico<br />

che lo fa continuamente sprofondare nei suoi sogni del passato (asse<strong>di</strong>ato da<br />

un’immagine femminile unica e duplice al tempo stesso, in una medesima fisionomia)<br />

277 e non a caso definito fin dal principio déjà très-enclin à la rêverie.<br />

278 Vittorio Roda ha <strong>di</strong>mostrato come <strong>Gualdo</strong>, in questo romanzo, possa essere<br />

considerato un interprete dell’inconscio ante litteram; lo stu<strong>di</strong>oso ha, infatti,<br />

analizzato in chiave freu<strong>di</strong>ana la tematica della ressemblance – relativa, in<br />

questo caso, alla somiglianza tra due donne, Anna e Annette, <strong>di</strong> cui Maurice si<br />

innamora proprio in virtù della loro similarità – che, letta in quest’ottica, risulta<br />

essere strettamente correlata alle <strong>di</strong>namiche che governano il rêve. In effetti, in<br />

Une ressemblance, <strong>Gualdo</strong> si serve <strong>di</strong> meccanismi che saranno poi ricostruiti ed<br />

esaminati nella Interpretazione dei sogni, nella Introduzione alla psicoanalisi e<br />

sparsamente altrove, in opere cioè in cui:<br />

Freud annovera tra i meccanismi che strutturano il pensiero onirico la Ver<strong>di</strong>chtung<br />

o condensazione; e tra i risultati della condensazione, fenomeno <strong>di</strong> compressione e <strong>di</strong><br />

trascrizione abbreviata, nel «sogno manifesto», dei contenuti del «sogno latente», ad<strong>di</strong>ta<br />

la formazione d’immagini miste o collettive che possono essere oggettuali o possono<br />

essere umane, e se sono umane concentrano in un’unica persona più persone <strong>di</strong>stinte. 279<br />

Non è da escludersi che proprio nella forza poetica che guida i suoi fantasmi<br />

onirici consista lo scarto che permette <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care l’opera <strong>Gualdo</strong> un passo<br />

più avanti (e quin<strong>di</strong> già protesa sul versante simbolistico-decadente) rispetto alla<br />

coeva produzione italiana; la sua pagina, infatti, sembra obbe<strong>di</strong>re perfettamente<br />

ad una forza che anima i sensi “rendendo polisensoriale la rêverie”: 280<br />

276<br />

Ibidem.<br />

277<br />

V. RODA, «Ressemblance» e «déjà vu» nella narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in AA. VV.,<br />

Homo duplex, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 105.<br />

278<br />

L. GUALDO, Une ressemblance, in Romanzi e Novelle, cit., p. 233.<br />

279<br />

V. RODA, La donna «composta»: d’Annunzio, <strong>Gualdo</strong>, Maupassant, in Homo duplex,<br />

cit. p. 161.<br />

280<br />

G. BACHELARD, La poetica della rêverie, Bari, Dedalo, 1972, p. 168.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

nel sogno che si ripercuote sulla realtà è infatti possibile rinnovare la gioia del<br />

percepire, “contribuendo ad un affinamento dei sensi e favorendo una sorta <strong>di</strong><br />

baudelaireiana corrispondenza tra sensi <strong>di</strong>versi”. 281 Ma il narratore, consapevole<br />

del peso attribuito in romanzi come Une ressemblance alla questione onirica e<br />

al tempo stesso del <strong>di</strong>sequilibrio generato talvolta dall’atmosfera <strong>di</strong> sospensione<br />

e straniamento in cui troppo spesso barcollano i suoi personaggi, espone nella<br />

conclusione della suddetta opera una sorta <strong>di</strong> teoria della metriotes, <strong>di</strong> cui rende<br />

suo portavoce Alfred Talvet, guida e mentore <strong>di</strong> Maurice, il quale sostiene che,<br />

per raggiungere una piena formazione psicologica, intellettuale ed umana, “le<br />

plus grand bonheur, le seul complet, qui nous soit accordé en cette vie, est celui<br />

de comprendre et d’entrevoir – la pensée et le rêve”. 282<br />

Alfred Talvet è inoltre il personaggio attraverso cui, in questo testo, ritorna<br />

a fare capolino il tema estetico, poiché egli è descritto come deciso sostenitore<br />

(altro importante passo evolutivo) <strong>di</strong> quella teoria dell’art pour l’art della cui<br />

vali<strong>di</strong>tà egli tenta <strong>di</strong> convincere anche il protagonista del romanzo. Questi, a sua<br />

volta, comprende e accetta il pensiero e l’ideologia <strong>di</strong> Talvet, ma, come afferma<br />

con insistenza la voce narrante e come evidenzia Marilena Giammarco nella<br />

prefazione alla versione italiana <strong>di</strong> Une ressemblance – <strong>di</strong> cui è traduttrice nonché<br />

curatrice – egli non è un artista: me<strong>di</strong>ante la vicenda <strong>di</strong> Maurice, <strong>Gualdo</strong><br />

“riformulando le idee parnassiane, prelude ad una cifra <strong>di</strong> iniziazione decadente<br />

[…] già precisamente delineata attraverso la semplice inversione <strong>di</strong> una formula:<br />

è l’arte (preservabile solo nella turris eburnea, rifugio dell’immaginazione)<br />

a creare la vita” 283 e non più, come in precedenza, viceversa.<br />

A <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> un ormai compiuto superamento della concezione e <strong>degli</strong><br />

ideali giovanili <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, mentre appare ormai predominante un nuovo orientamento<br />

al limite tra lo psicologismo bourgettiano ed i primi sentori <strong>di</strong> un<br />

decadentismo e <strong>di</strong> un simbolismo presto imperanti, le ultime novelle realizzate<br />

dallo scrittore sono tutte ascrivibili ad una fase <strong>di</strong> assoluta centralità della tematica<br />

della rêverie: un’atmosfera asfitticamente sognante torna infatti, dopo Une<br />

ressemblance, nel racconto pubblicato sulla «Nouvelle Revue» Une aventure<br />

vénitienne (già L’innamorato <strong>di</strong> Venezia) che fin dall’apertura si configura all’insegna<br />

del desiderio <strong>di</strong> obliare “les choses réelles dans la puissante réalité du<br />

281 Ibidem.<br />

282 L. GUALDO, Une ressemblance, in Romanzi e Novelle, cit., p. 394.<br />

283 M. GIAMMARCO, Introduzione a L. GUALDO, Una rassomiglianza, cit., p. 29.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

rêve”, 284 nella novella Un rendez-vous, apparsa qualche anno dopo sulla medesima<br />

rivista, in cui la realtà viene definita “plus horrible que le plus horrible rêve”<br />

285 e, infine, in Prima visita, brevissima narrazione apparsa sulla «Cronaca<br />

d’Arte» in cui una terribile verità irrompe nell’ambiente ovattato <strong>di</strong> un modesto<br />

salottino <strong>di</strong> provincia attraverso un “olezzo evocatore”, quello dei fiori <strong>di</strong> opoponax,<br />

che riportano il protagonista – in un processo inverso a quello della madeleine<br />

proustiana – dal passato al presente, giacché, afferma il narratore, “la<br />

sensazione rivelatrice ricondusse le sue idee dal sogno alla realtà”. 286<br />

Nonostante sia parere quasi univoco della critica che tra <strong>Gualdo</strong> narratore e<br />

<strong>Gualdo</strong> poeta non esista una “saldatura completa”, 287 è pur vero che sussiste in<br />

tutta evidenza una certa osmosi, soprattutto tematica, tra i suoi versi e la sua<br />

prosa almeno all’epoca <strong>di</strong> questa ‘seconda fase’. Lo <strong>di</strong>mostra, più <strong>di</strong> ogni altro<br />

componimento, il sonetto intitolato significativamente Sogno, stampato sul perio<strong>di</strong>co<br />

«Tavola rotonda» il 10 gennaio 1892:<br />

La funerale teoria pagana<br />

Di belle donne e snelli efebi, calma,<br />

Andava sotto il sol la cara salma<br />

D’Adon portando per via lunga e piana.<br />

Immoto il corpo e già <strong>di</strong>ffusa l’alma,<br />

Ne l’amorosa luce meri<strong>di</strong>ana…<br />

Parea visione suggerita ad Alma<br />

Tadema in una evocazione arcana.<br />

284 L. GUALDO, L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, in «Il Corriere <strong>di</strong> Roma», 9 maggio 1886, ristampato<br />

e tradotto in francese con alcune mo<strong>di</strong>fiche con il titolo Une aventure vénitienne, in<br />

«Nouvelle Revue», 1 <strong>di</strong>cembre 1886, pp. 566-599.<br />

285 ID., Un rendez-vous, in «Nouvelle Revue», 1 septembre 1890, pp. 356-367. Questa novella<br />

è rimasta ine<strong>di</strong>ta per un certo lasso <strong>di</strong> tempo: pare che <strong>Gualdo</strong> l’avesse lasciata in custo<strong>di</strong>a<br />

a Bourget, il quale aveva poi <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> averla donata alla redazione del giornale <strong>di</strong> M.me<br />

Adam. La testimonianza relativa all’episo<strong>di</strong>o in questione si trova in una lettera (XX<strong>II</strong>) del<br />

1888 in<strong>di</strong>rizzata a Coppée: “Vous rappelez-vous la visite que nous fîmes ensemble, aux bureaux<br />

de la Nouvelle Revue, à M. Peyrot? […], qui m’avait promis de faire les recherches nécessaires<br />

pour s’assurer si on avait le manuscrit d’une vieille nouvelle de moi, que Bourget ne sait plus au<br />

juste d’avoir (sic) donnée ou non? Eh bien, malgré toutes les aimables promesses du sus<strong>di</strong>t Peyrot,<br />

il ne m’a encore transmis aucune réponse” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 265).<br />

286 L. GUALDO, Prima visita, in «Cronaca d’Arte», Torino, 21 <strong>di</strong>cembre 1890.<br />

287 Si veda il già citato saggio <strong>di</strong> Madrignani: I romanzi francesi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (p. 356).<br />

81


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Piangean il corpo bello ed adorato<br />

Ancor le donne al tramontar del sole,<br />

Nel duol provando un’acre ebrezza estrema.<br />

L’inno sorgea nel ciel già scolorato<br />

Ed il ritmo scandeva le parole.<br />

– Era un quadro <strong>di</strong>vin d’Alma Tadema. 288<br />

La descrizione <strong>di</strong> una tela, che si potrebbe ipotizzare essere A De<strong>di</strong>cation to<br />

Bacchus 289 (opera coerente con la poesia gual<strong>di</strong>ana sia per il contenuto – dove<br />

sembrerebbe certa la corrispondenza tra i versi e l’immagine raffigurata – che<br />

per la cronologia, essendo la tela del 1889), del nostalgico Lawrence Alma-<br />

Tadema è oltremodo significativa, poiché <strong>Gualdo</strong> con questo componimento si<br />

rapporta ad un pittore che, al suo pari, si colloca all’interno <strong>di</strong> una temperie culturale<br />

dominata dal “fascino <strong>di</strong> reclusioni immaginative e spirituali”, in cui era<br />

sorta quella maison de rêve descritta da Théophile Gautier in Mademoiselle<br />

Maupin. 290 Le luci, le suggestioni, i temi – dall’arte classica all’arcano –, la malinconia<br />

dell’antico e soprattutto il potere evocativo dei quadri nati nell’atelier<br />

dell’artista vittoriano sembrano, in effetti, confarsi perfettamente alla poetica<br />

onirica <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, che nelle opere del maestro olandese (inglese d’adozione) –<br />

opere che aveva avuto modo <strong>di</strong> osservare da vicino, come egli stesso racconta a<br />

Montesquiou, durante un soggiorno a Londra 291 – poteva vedere un’esatta trasposizione<br />

<strong>di</strong> tante sue pagine. Come si legge nel saggio <strong>di</strong> Carlo Sisi de<strong>di</strong>cato<br />

alla teoria e all’immaginazione dell’antico, gli artisti del filone in cui si inserisce<br />

a pieno titolo e a mo’ <strong>di</strong> caposcuola Laurens Tadema 292 – da Flandrin a<br />

288 L. GUALDO, Sogno, in «Tavola rotonda», 10 gennaio 1892.<br />

289 Meno probabile sembra, invece, un’identificazione con The Way to the Temple (1882)<br />

in cui la processione in onore della <strong>di</strong>vinità pagana appare d’interesse secondario, sullo sfondo<br />

della tela, la cui scena è focalizzata, piuttosto, su una fanciulla assisa in primo piano.<br />

290 C. SISI, Fra Babilonia e Pompei. Teoria e immaginazione dell’antico, in AA. VV.,<br />

Alma Tadema e la nostalgia dell’antico, a cura <strong>di</strong> E. Querci e S. De Caro, Milano, Mondadori<br />

Electa, 2007, p. 139.<br />

291 Narrando al suo corrispondente l’incontro con il pittore americano Whistler, <strong>Gualdo</strong><br />

scrive: “Vous-ai-je <strong>di</strong>t que je lui ai parlé un soir, à Londres, au Grovensor Gallery Club?” (Lettera<br />

XXIX, in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou. Con lettere<br />

ine<strong>di</strong>te, cit., p. 351). All’epoca della stesura del messaggio tale galleria esponeva quadri <strong>di</strong><br />

Burne-Jones, Watts, J. Millais e, per l’appunto, Whistler e Alma Tadema.<br />

292 È questo, <strong>di</strong>fatti, il vero nome <strong>di</strong> Sir Lawrence Alma-Tadema, nato a Dronrijp, nei Paesi<br />

Bassi, l’8 gennaio del 1836 e morto a Wiesbaden, in Germania, il 25 giugno del 1912.<br />

82


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Bouguerau, da Curzon (autore, tra l’altro, <strong>di</strong> Un rêve dans les ruines de Pompéi)<br />

a Gérôme, da Mussini ad un certo Morelli neoclassico – “la favolosa bellezza<br />

pagana”, per restare nell’eletto contesto dell’art pour l’art (<strong>di</strong> un’arte,<br />

cioè, svincolata da ogni pretesa d’insegnamento etico-morale) e delle sue conseguenze<br />

nella cultura figurativa europea della seconda metà del XIX secolo,<br />

“trascende […] l’or<strong>di</strong>naria avvenenza del modello reale perché quei pittori vi<br />

seppero innestare fantasie letterarie alimentate dallo stesso bacino estetico nel<br />

quale sbocciarono gli Emaux et camées <strong>di</strong> Gautier” 293 ed in cui – si aggiungerà<br />

– anche lo stesso <strong>Gualdo</strong> si era alimentato negli anni della sua formazione. “Vivete<br />

sempre o care arti <strong>di</strong>vine” 294 scriveva – per giunta in italiano – proprio Alma-Tadema<br />

in una lettera all’amico e collega napoletano Domenico Morelli: sul<br />

valore e sul significato da attribuire a tale affermazione <strong>Gualdo</strong> non avrebbe potuto<br />

maggiormente concordare con il pittore anglofiammingo.<br />

Si noterà che, nel corso <strong>di</strong> questa breve analisi introduttiva al gusto e agli<br />

orientamenti poetici e artistici <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, con la quale si è tentato <strong>di</strong> offrire anche<br />

un rapido excursus sulla sua produzione letteraria, non sono state menzionate<br />

alcuni importanti testi dello scrittore italo-francese (quali Costanza Gerar<strong>di</strong>,<br />

Un mariage excentrique o il ben più complesso romanzo Decadenza) e questo<br />

perché se ne rimanda l’esame ai capitoli successivi, dove saranno <strong>di</strong> volta in<br />

volta opportunamente presi in considerazione in rapporto a scrittori (ed alle relative<br />

opere) entrati in contatto con <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, sia al <strong>di</strong> qua che al <strong>di</strong> là delle<br />

Alpi, autori per i quali egli ha ricoperto il ruolo <strong>di</strong> amico, consigliere, recensore,<br />

me<strong>di</strong>atore e promotore in patria e all’estero, ma che hanno a loro volta contribuito<br />

alla sua maturazione artistica dall’iniziale estetismo fino alle prove della<br />

maturità, dove, naufragando nella noia, egli arriverà alla <strong>di</strong>ssoluzione delle<br />

strutture oggettive del raccontare. 295 Nelle pagine imme<strong>di</strong>atamente successive,<br />

invece, si continuerà a valutare il rapporto <strong>di</strong> questo critico con la poesia, con le<br />

293 C. SISI, Fra Babilonia e Pompei. Teoria e immaginazione dell’antico, cit., p. 143.<br />

294 Lettera in francese, datata “[Londra], 9 luglio 1886”. Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>,<br />

Sezione Manoscritti, Fondo Domenico Morelli (segnatura: Carte Morelli I/12).<br />

295 Secondo Gabriele Catalano il ruolo svolto da <strong>Gualdo</strong> nello sviluppo della narrativa romanzesca<br />

tra Otto e Novecento è fondamentale e segna un passo decisivo, specie se considerato<br />

in vista dei futuri sviluppi. Secondo il critico “una volta crollato il «personaggio», le emozioni<br />

posso solo rifugiarsi nello sviluppo estenuante dello psicologismo: una via, questa, che porterà a<br />

Svevo, ma con meno intensa drammaticità, con più evidenti sbavature psicologiche e con minore<br />

coscienza storica” (G. CATALANO, I cancelli dell’Ermitage. Interferenze e letture critiche,<br />

<strong>Napoli</strong>, Giannini, 1974, p. 184).<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Arti e con i suoi rappresentanti nostrani, attraverso i pareri e le considerazioni<br />

espresse in alcuni suoi articoli e stu<strong>di</strong> apparsi su rivista in Italia e Francia<br />

nell’arco <strong>di</strong> tempo che va dal 1875 al 1880.<br />

2.2 Sulla rinascita dei versi italiani: il caso Alear<strong>di</strong> promosso in Francia<br />

La carriera giornalistica d’Oltralpe <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, fatta <strong>di</strong> efficacissimi<br />

benché saltuari interventi, ha inizio nel 1877 con una collaborazione per la rubrica<br />

<strong>di</strong> “littérature étrangère” <strong>di</strong> una nota rivista parigina <strong>di</strong>retta da uno dei<br />

suoi più intimi amici, il poeta parnassiano Catulle Mendès. Nell’aprile <strong>di</strong> quell’anno<br />

compare, infatti, su «La République des Lettres» (nella cui redazione sarebbero<br />

forse avvenuti i primi contatti tra <strong>Gualdo</strong> e Zola) 296 un suo lungo articolo<br />

de<strong>di</strong>cato ad Aleardo Alear<strong>di</strong>, 297 uno stu<strong>di</strong>o certamente <strong>di</strong> grande importanza<br />

per comprendere il ruolo giocato da <strong>Gualdo</strong> nella promozione dei versi italiani<br />

in Francia, ma soprattutto utile a mettere in luce il grande sforzo compiuto dal<br />

nostro me<strong>di</strong>atore nel rilanciare sulla scena internazionale una lirica che, finalmente<br />

pronta a voltare pagina dopo la parentesi romantica, si accingeva (o almeno<br />

tentava) a rimettersi al passo con quei paesi stranieri dove già da tempo<br />

“la splen<strong>di</strong>de révolution littéraire” aveva dato i suoi frutti. Questa sorta <strong>di</strong> corrispondenza<br />

estera desta, insomma, enorme interesse se si guarda alle pagine in<br />

cui <strong>Gualdo</strong> ha con accuratezza osservato lo stato della poesia nostrana all’altezza<br />

del 1880 circa – anticipandone, con una preveggenza davvero impressionante<br />

<strong>di</strong> cui darà spesso prova, i futuri sviluppi e sponsorizzandone gli esiti –,<br />

piuttosto che se ci si sofferma in maniera esclusiva sulla sua particolareggiata, e<br />

comunque non priva <strong>di</strong> stimoli, sintesi della produzione <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong>.<br />

Instaurando una continuità con un brano giornalistico che incentrerà, un<br />

anno più tar<strong>di</strong>, sull’esame dei versi <strong>di</strong> Emilio Praga, il critico milanese avvia<br />

296 Secondo David Baguley questa rivista sarebbe alla base <strong>di</strong> molti decisivi incontri per il<br />

giovane Zola, habitué della sua redazione: “Curiously it was all probability throught the Parnassian<br />

journal, La République des Lettres, that the first encounters took place, among Hennique,<br />

Huysmans, Maupassant and Alexis. This alliance of younger writers with Zola was in fact both<br />

much looser and more extensive than has often been supposed” (D. BAGULEY, Naturalist fiction:<br />

the entropic vision, Cambridge, Cambridge University Press, 1990, p. 20).<br />

297 L. GUALDO, Littérature étrangère. Aleardo Alear<strong>di</strong>, in «La République des Lettres»,<br />

22 avril 1877, pp. 153-161.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

l’analisi alear<strong>di</strong>ana insistendo sull’arretratezza culturale del belpaese e sulla sua<br />

quasi totale assenza (qualora non fosse avvenuta in modo <strong>di</strong>storto) <strong>di</strong> ricezione<br />

dei moduli della poesia prodotta a nord della cortina delle Alpi. Quella che<br />

<strong>Gualdo</strong> antepone al vero nucleo del suo stu<strong>di</strong>o non è una premessa superflua;<br />

l’aver intuito la sua necessità rende anzi merito al nostro passeur <strong>di</strong> aver dato il<br />

giusto peso a due fattori: da un lato, cioè, il bisogno <strong>di</strong> ragguagliare un bacino<br />

<strong>di</strong> pubblico, per lo più ignaro in materia, sulle con<strong>di</strong>zioni culturali in cui versava<br />

l’Italia dell’epoca, e, dall’altro, l’esigenza – sullo sfondo <strong>di</strong> un simile quadro<br />

generale – <strong>di</strong> far comprendere a tutto tondo la portata innovativa dei testi <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong>.<br />

Pertanto, fin dalla sezione introduttiva, egli <strong>di</strong>chiara l’in<strong>di</strong>spensabilità<br />

del suo dover talvolta indugiare sulla profonda <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni esistenti<br />

tra l’Italia e la Francia, paese in cui non è neppure lontanamente pensabile che i<br />

lettori possano correre il rischio <strong>di</strong> confondere les improvisateurs con i poeti <strong>di</strong><br />

professione e ciò perché – scrive <strong>Gualdo</strong> – chi si cimenta nella lirica francese<br />

deve far fronte a numerose <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> fattura imposte dai vincoli linguistici. 298<br />

Il critico in<strong>di</strong>vidua quin<strong>di</strong>, già dal principio, un problema sostanziale: nell’Italia<br />

del 1877 non esiste ancora un vero e proprio pubblico. Di conseguenza,<br />

anche quando qualche versificatore riesce ad imporsi all’attenzione dei lettori,<br />

la sua fama è destinata ad avere, tutt’al più, un carattere letterario, mentre al <strong>di</strong><br />

fuori della cerchia <strong>degli</strong> esperti in materia il suo nome resterà inevitabilmente<br />

sconosciuto. Non sorprenderà allora, afferma l’articolista, che all’estero non c’è<br />

persona che si preoccupi <strong>di</strong> dare considerazione alla poesia italiana moderna,<br />

giacché, persino nella sua stessa patria, gli italiani non se ne occupano affatto.<br />

La luci<strong>di</strong>tà gual<strong>di</strong>ana, comunque, va ben oltre questa constatazione: egli<br />

prova a risalire a monte della questione, ricercando le cause primarie dell’in<strong>di</strong>fferenza<br />

del pubblico nostrano, problema che a suo parere ha origine soprattutto<br />

nelle “malheureuses et terribiles con<strong>di</strong>tions politique que l’Italie a dû subir jusq’à<br />

hier” e non solo perché la dominazione straniera, egli sostiene, ha soffocato<br />

la vita intellettuale del paese, ma in prevalenza perché “la soif d’affranchissement”<br />

che dominava tutti gli animi, forzava gli scrittori a trattare un unico argomento,<br />

focalizzandosi esclusivamente sul tema delle aspirazioni nazionali.<br />

Concentrati su questo obiettivo, i poeti italiani (e qui <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver<br />

perfettamente compreso la principale tendenza del nostro Romanticismo) 299 a-<br />

298 Ivi, p. 153.<br />

299 Il giovane <strong>Gualdo</strong> era cresciuto e si era formato proprio in quel clima culturale. A testimonianza<br />

<strong>di</strong> ciò, tra i suoi appunti scolastici, nel quaderno <strong>di</strong> Diritto Amministrativo, sono<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

vrebbero fatto vibrare, sulle proprie cetre, la sola corda dell’argomento politico,<br />

<strong>di</strong>menticando in tal modo quale fosse “le but immateriel de l’art”. 300 Finalmente,<br />

dopo il lungo processo rivoluzionario che aveva dato luogo all’in<strong>di</strong>pendenza<br />

del Regno, le nuove generazioni <strong>di</strong> poeti – tra le quali, senza dubbio, <strong>Gualdo</strong><br />

doveva figurare anche se stesso – avevano stabilito nuove priorità quanto alle<br />

loro fonti d’ispirazione, rammentando, una volta per tutte (e si riporta qui l’affermazione<br />

gual<strong>di</strong>ana, preziosa per la comprensione anche dei suoi versi <strong>di</strong> lì a<br />

poco riuniti nel volume delle Nostalgie) che:<br />

[…] la nature et les passions humaines, la beauté plastique et idéale, le désir et le<br />

tourment de l’infini sont le sujets impérissables et réels de toute poésie. 301<br />

Giustificata, così, la predominanza dei motivi patriottici nella produzione<br />

letteraria nostrana durante gli anni del romanticismo – quando oltralpe già si<br />

avviavano le prime gran<strong>di</strong> rivoluzioni culturali 302 – <strong>Gualdo</strong> introduce a questo<br />

punto il vero centro della sua indagine letteraria: la belle figure de M. Aleardo<br />

Alear<strong>di</strong> (<strong>di</strong> cui traccia una breve profilo delineando i tratti essenziali del suo aspetto<br />

e della sua biografia, prima <strong>di</strong> accingersi a recensirne l’opera) 303 che egli<br />

significativamente definisce “le trait d’union entre le passé récent et l’avenir”<br />

dell’Italia, un autore per la cui miglior comprensione – avverte <strong>Gualdo</strong> – egli<br />

sarà ancora costretto a fare, <strong>di</strong> tanto in tanto, riferimento alle con<strong>di</strong>zioni generali<br />

della storia e della letteratura della penisola attraverso alcune <strong>di</strong>gressioni.<br />

L’attento stu<strong>di</strong>o gual<strong>di</strong>ano si articola in una lunga, minuziosa analisi dell’intero<br />

annotati alcuni versi ine<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> chiara ispirazione patriottica celebranti la “adorata d’Italia ban<strong>di</strong>era”<br />

quale <strong>di</strong>vin segnal <strong>di</strong> riscatto e segno d’un patto tanto o<strong>di</strong>ato dal crudo stranier (Archivio<br />

<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano, Registri della famiglia Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis, Tit.<br />

XXV, pt. 4, cart. 5, gr. 1, fasc. 1: “1844-1862, Manoscritti del Nobile <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>-Bolis”).<br />

300<br />

L. GUALDO, Littérature étrangère. Aleardo Alear<strong>di</strong>, cit., p. 153.<br />

301<br />

Ibidem.<br />

302<br />

Ibidem: “La splen<strong>di</strong>de révolution littéraire de 1830 n’a eu que un contre-coup à peine<br />

perceptible dans ce pays qui a autrefois vécu d’une vie trop intense et trop in<strong>di</strong>viduelle pour<br />

sentir vivement les influences extérieures”.<br />

303<br />

Ivi, pp. 153-154. Particolarmente interessante il ritratto fisico <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong>: “Sa tête, très<br />

carctéristique, aux traits accentués et un peu durs, à l’œil plein d’ardente lumière, aux cheveux<br />

bruns grisonnants, offre quelque analogie avec celle du Dante, malgré la moustache et la royale<br />

qui cachent la lèvre supérieure et le menton du poète moderne. Les sourcils contractés, une certaine<br />

rigi<strong>di</strong>té de lignes, la courbe du nez aquilin, donnent à sa physionomie une expression de<br />

fière amère, qui corrigent à peine la régularité de l’ensemble et la douceur du regard”.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

corpus poetico alear<strong>di</strong>ano, dalle prime prove squisitamente liriche fino ai canti<br />

<strong>di</strong> ispirazione patriottica, dove, al contrario del Prati (che il critico rammenta<br />

come “un autre poète de premier ordre”) che non mantiene alto il suo standard<br />

<strong>di</strong> autore “très raffiné” in maniera continuativa, egli si <strong>di</strong>mostra sempre ricercato<br />

ed elegante e “n’oublie jamais la recherche des effets les plus habiles de sonorité,<br />

il polit son vers et vise à la perfection de la forme”. 304<br />

Una simile ammirazione per la cura della forma <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong> doveva certamente<br />

venire a <strong>Gualdo</strong> dall’assidua frequentazione <strong>degli</strong> ambienti parnassiani<br />

(non si <strong>di</strong>mentichi che la stessa rivista su cui scrive, «La République des Lettres»<br />

era <strong>di</strong>retta da Mendès) e soprattutto dalla – già all’epoca antica e duratura<br />

– amicizia con François Coppée, che <strong>di</strong> quella scuola era uno dei massimi, benché<br />

tra i più giovani, esponenti. Culto della forma e ricerca della perfezione nella<br />

struttura del verso (sebbene nella prefazione dei suoi canti si era palesato anche<br />

eccellente prosatore), tuttavia, non costituivano un impe<strong>di</strong>mento per Alear<strong>di</strong>,<br />

il quale non <strong>di</strong>menticò mai che l’art derive du sentiment e che, anzi, con serena<br />

malinconia, riuscì sempre a far vibrare la corda elegiaca meglio <strong>di</strong> ogni altra.<br />

Colorista e paesista degno <strong>di</strong> esser paragonato a Léopold Robert, questo<br />

“malade de poèsie” aveva offerto, con Le lettere a Maria e L’immortalità dell’anima<br />

(opere <strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong> realizza precisi ed esaustivi ren<strong>di</strong>conto), la prova<br />

che anche in Italia esistono scrittori in grado <strong>di</strong> padroneggiare l’uso del verso<br />

sciolto persino per comporre lunghissimi componimenti in cui, pur cantando<br />

eventi storici o leggendari, emergono con forza temi <strong>di</strong> grande attualità – dalla<br />

lassitu<strong>di</strong>ne alla noia dei tempi moderni. 305<br />

Eppure l’analisi condotta da <strong>Gualdo</strong> non esonera il poeta tanto ammirato<br />

dal ricevere anche alcune critiche, qualora ritenute giuste e degne <strong>di</strong> esser segnalate:<br />

in primo luogo il recensore sottolinea la tendenza alear<strong>di</strong>ana alle “<strong>di</strong>ssertations<br />

<strong>di</strong>dactiques” che generano “l’ennui de certes pages”; 306 secondariamente,<br />

egli non può fare a meno <strong>di</strong> sorvolare su quell’accusa da cui prenderà le<br />

mosse la celebre stroncatura <strong>di</strong> Imbriani 307 (e che ripeterà, ma per ribatterla,<br />

304<br />

Ivi, p. 154. L’eccessivo labor limae che Alear<strong>di</strong> apportava alla sua poesia fu la causa<br />

per cui fu rivolto contro <strong>di</strong> lui il celebre verso del Foscolo: O<strong>di</strong>o il verso che suona e che non<br />

crea.<br />

305<br />

Ivi, p. 156.<br />

306<br />

Ivi, p. 155.<br />

307<br />

V. IMBRIANI, Il nostro quinto gran poeta, in Fame usurpate, <strong>Napoli</strong>, Stabilimento tipografico<br />

A. Travi, 1877, pp. 32-33: “Non siamo, no, commossi da chi guaisce quasi femminetta,<br />

per quasi carcerazione o non lungo sbandeggiamento, consolato da stipen<strong>di</strong> malguadagnati<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Corra<strong>di</strong>ni), 308 accusa secondo la quale la douceur excessive del poeta veronese<br />

degenerava talvolta verso un’affettazione che, a detta <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong>osi, risultava<br />

gra<strong>di</strong>ta soltanto alle signore. 309 Si muove controcorrente, invece, <strong>Gualdo</strong> nel <strong>di</strong>fendere<br />

Alear<strong>di</strong> dalle critiche mosse contro le manifestazioni <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione, decisamente<br />

attardata, mostrata dall’autore in esame in testi come Il monte Circello:<br />

310 nonostante ammetta che in questo componimento “dans le domanine de<br />

l’histoire et dans les astruse régions de la science […] il n’a pu éviter parfois<br />

une certaine confusion, une certaine lordeur”, il giornalista milanese <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong><br />

ammirare la forza <strong>di</strong> una poesia in grado <strong>di</strong> conservare tutte le sue qualità anche<br />

quando è usata per affrontare temi <strong>di</strong>sparatissimi, giacché Alear<strong>di</strong> è fra i pochissimi<br />

capaci “d’en parler toujours en artiste”. 311<br />

Accanto allo strenue sostegno <strong>di</strong>chiarato per l’intera produzione alear<strong>di</strong>ana,<br />

salvo pochissime eccezioni, <strong>Gualdo</strong> sostiene nella parte finale dell’articolo che<br />

esistono, però, alcune liriche del veronese che ha da sempre pre<strong>di</strong>letto al <strong>di</strong> sopra<br />

<strong>di</strong> tutte le altre e che, in<strong>di</strong>cativamente, si tratta <strong>di</strong> quelle meno conosciute in<br />

assoluto, composte negli anni dell’esor<strong>di</strong>o, all’epoca in cui la vena poetica <strong>di</strong><br />

[...] Riguardo poi all’ostentarci <strong>di</strong> continuo quei pochi mesi <strong>di</strong> prigionia... cazzica! Io non sono<br />

tanto offeso esteticamente dal modo in cui se ne parla, quanto moralmente dall’u<strong>di</strong>r tanto baccano<br />

per tanta parvità <strong>di</strong> materia”.<br />

308 C. CORRADINI, Poeti contemporanei. Prati – Alear<strong>di</strong> – Carducci – Praga – Giacosa,<br />

Torino, Casanova, 1879, p. 84-85: “il coro <strong>di</strong> voci lusinghiere che per tanto tempo avevano inneggiato<br />

alla gloria del poeta, s’era convertito in un accordo <strong>di</strong> rimproveri più o meno accertati,<br />

più o meno chiaramente formulati, ma tutti tendenti a un non so che <strong>di</strong> sarcastico e beffardo. Gli<br />

uomini impettitisi fieramente, dopo aver <strong>di</strong> nascosto asciugata l’ultima lagrima e frenato l’ultimo<br />

palpito amoroso destato in loro dalla poesia alear<strong>di</strong>ana, fecero un viso burbero e gridarono:<br />

– Puah! L’Alear<strong>di</strong>! Il poeta delle signore! –. […]. Io stesso ho u<strong>di</strong>to parecchi confessarmi a tu<br />

per tu che la poesia alear<strong>di</strong>ana destava in loro un cotal senso <strong>di</strong> dolcezza; che molti aspetti della<br />

natura rifulgono belli <strong>di</strong> luce evidentissima nei suoi versi, che la forma del suo canto è singolare<br />

per vaghezza <strong>di</strong> metro e inimitabile, che le immagini graziose e vere abbondano in quei quadri<br />

serenissimi, – e poi questi parecchi messi colle spalle al muro e costretti a rispondere se quella<br />

sia poesia n’escono pel rotto della cuffia sentenziando: poesia è, ma poesia <strong>di</strong> donne”.<br />

309 L. GUALDO, Littérature étrangère. Aleardo Alear<strong>di</strong>, cit., pp. 155-156.<br />

310 Si cita qui, a titolo esemplificativo, un passo dell’opera <strong>di</strong> Corra<strong>di</strong>ni che pure, in linea<br />

<strong>di</strong> massima, si <strong>di</strong>mostra sostenitore e critico indulgente della produzione alear<strong>di</strong>ana: “Come<br />

scienziato, ripeto, non so pigliarlo sul serio, e ho per certo che egli usò altrimenti la scienza che<br />

come mezzo efficacissimo <strong>di</strong> pittura. Leggetelo nelle Prime storie: la sua eru<strong>di</strong>zione circa alle<br />

origini umane non esce fuor dei confini della tra<strong>di</strong>zione biblica ed egli narra imperterrito come<br />

se la geologia e l’antropologia [..] non esistessero per lui” (C. CORRADINI, Poeti contemporanei,<br />

cit., p. 101).<br />

311 L. GUALDO, Littérature étrangère. Aleardo Alear<strong>di</strong>, cit., pp. 158-159.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Alear<strong>di</strong> si conservava limpida e pura, de<strong>di</strong>ta soltanto all’espressione del più intimo<br />

lirismo. In quella fase, infatti, egli non cercava “des sujets en dehors de<br />

son inspiration” e si de<strong>di</strong>cava, invece, alla stesura <strong>di</strong> testi come quel Triste<br />

dramma, in cui aveva opposto l’amore per la patria sventurata a quello per la<br />

donna tra<strong>di</strong>trice, oppure alla composizione <strong>di</strong> versi (Amore e Luce, Epice<strong>di</strong>o per<br />

una bimba) “où son âme véritable de poète et sa science de versificateur se<br />

montrent dans leur jeur particulier”. 312 La lettura <strong>di</strong> queste poesie fa rimpiangere<br />

a <strong>Gualdo</strong> la scelta alear<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> non essersi de<strong>di</strong>cato in maniera esclusiva al<br />

genere puramente lirico; nonostante ciò, l’ormai anziano versificatore 313 è riuscito<br />

a pubblicare – benché, a detta del critico, egli taccia ormai da troppo tempo<br />

– componimenti dotati <strong>di</strong> un carattere davvero speciale.<br />

Il poeta vicentino, pur guardando agli antichi modelli, ha <strong>di</strong>mostrato ai suoi<br />

colleghi ed ai lettori “qu’en art le progres n’existe pas” (poiché in Italia – afferma<br />

<strong>Gualdo</strong>, dopo aver spiegato che la lirica nostrana è sillabica e non accentuativa<br />

come quella francese – l’autore della Divina Comme<strong>di</strong>a 314 ha fatto raggiungere<br />

già da secoli ai versi nella nostra lingua un livello <strong>di</strong> perfezione inarrivabile),<br />

ma che è ugualmente possibile riallacciarsi alle antiche tra<strong>di</strong>zioni 315 e al<br />

tempo stesso percorrere “la voie des théorie nouvelles”, 316 una strada che le<br />

nuove generazioni <strong>di</strong> scrittori del belpaese sono ormai pronti a percorrere.<br />

312 Ivi, p. 160.<br />

313 Alear<strong>di</strong> morirà appena un anno dopo l’uscita dell’articolo, il 17 luglio 1878, a Verona.<br />

314 <strong>Gualdo</strong> coltivò fin da ragazzo una grande passione per Dante, autore nel quale vedeva<br />

incarnato (oltre alla perfezione artistica) uno dei primi esempi <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazione dell’autonomia<br />

del paese dal governo straniero. De Montera ha pubblicato, non senza errori <strong>di</strong> trascrizione (<strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., p. 11), un giovanile sonetto gual<strong>di</strong>ano s.d. – ma de<strong>di</strong>cato a Gianfranco Litta<br />

Mo<strong>di</strong>gnani, che sposerà sua cugina Giulietta Taccioli nell’aprile del 1871 – attualmente conservato<br />

all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano (Registri Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis, Tit.<br />

XXV, Pt. 4, Cart. 5, Gr. 1, Fasc. 1) all’interno <strong>di</strong> un quaderno <strong>di</strong> appunti <strong>di</strong> geometria, sonetto<br />

in cui viene celebrato Dante come cantore <strong>di</strong> un’Italia libera dal giogo dell’oppressore e dove si<br />

legge, nella prima quartina:”O Dante che sognasti Italia unita / E libera da signoria straniera, /<br />

Guarda! La tua vision quasi è compita, / Il sogno tuo al fin, guarda, s’avvera”.<br />

315 Su Alear<strong>di</strong> cultore della classicità e della teoria del Bello dei classici si veda C. COR-<br />

RADINI, Poeti contemporanei, cit., p. 94: “L’Alear<strong>di</strong> è secondo me il poeta moderno in cui più<br />

si riflette il sentimento della natura quale veramente lo possedevano quei Greci adoratori delle<br />

forme i quali ci han lasciato i più gran<strong>di</strong> capolavori in fatto <strong>di</strong> bellezza esteriore. […] Lo Alear<strong>di</strong><br />

non è pagano, non è cristiano, non è razionalista; è semplicemente un idolatra <strong>di</strong> quante cose<br />

belle gli cadon sott’occhio”.<br />

316 L. GUALDO, Littérature étrangère. Aleardo Alear<strong>di</strong>, cit., p. 160.<br />

89


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Partendo da questo spunto che collega le sorti <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong> a quelle dei giovani<br />

poeti e riallacciando, in tal modo, le fila del <strong>di</strong>scorso ricongiungendo la<br />

conclusione dell’articolo agli argomenti esposti nel suo incipit, <strong>Gualdo</strong> spiega<br />

<strong>di</strong> aver voluto de<strong>di</strong>care attraverso le sue righe un omaggio ad un précurseur che<br />

ha espresso nei suoi versi dolci e malinconici un culto del passato dal quale dovranno<br />

sgorgare, per gli italiani, tutte le speranze dell’avvenire, dato che:<br />

Tout ceux qui aiment l’Italie et qui se réjouissent de lui voir reprendre sa place<br />

parmi les nations, doivent désirer ardemment qu’une nouvelle renaissance littéraire accompagne<br />

la résurrection politique de ce pays. 317<br />

Il timore <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è che potrebbe trascorrere troppo tempo prima che “les<br />

étincelles qu’on voit parfois briller” riescano a fare fronte comune e riunirsi per<br />

formare “la lumière éclatante et durable” necessaria a mettere in pratica la tanto<br />

agognata renaissance, una rinascita nella quale egli <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere fede perché<br />

finalmente riesce ad intravvedere in lontananza il tramonto <strong>di</strong> quel “mauvais<br />

goût du public” che troppo spesso ha coronato gli effimeri successi <strong>di</strong> opere<br />

me<strong>di</strong>ocri. La speranza viene quin<strong>di</strong> tutta riposta nei sempre più palesi sentori<br />

<strong>di</strong> una fermentation souterraine dalla quale, egli spera, “quelque chose doit naître”<br />

e che possa soprattutto mettere termine alla incurabile mania nostrana – cui<br />

il critico imputa il soffocamento dei talenti veri ed originali – “de mêler à tout<br />

la politique et la philosophie”. 318<br />

Con questa aspettativa si chiude il primo saggio <strong>di</strong> analisi e promozione<br />

della letteratura italiana nel paese d’elezione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, quella Francia che egli<br />

cercava <strong>di</strong> proporre come modello per lo svecchiamento della cultura della sua<br />

patria e nella quale si rifugiava anno dopo anno per perio<strong>di</strong> sempre più lunghi<br />

facendo <strong>di</strong> se stesso – figlio <strong>di</strong> un esiliato politico del ’48, 319 al pari del protagonista<br />

del suo stu<strong>di</strong>o 320 – l’incarnazione del solo verso alear<strong>di</strong>ano citato in evi-<br />

317 Ibidem.<br />

318 Ibidem.<br />

319 Dai registri della famiglia Litta Mo<strong>di</strong>gnani (Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis, Tit. XXV, Pt. 4,<br />

Cart. 5, Gr. 1, Fasc. 4) si evince che il padre <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, don Alessandro <strong>Gualdo</strong> Bolis, era<br />

stato esiliato dagli Austriaci verosimilmente durante la prima insurrezione milanese contro il<br />

governo straniero ed era poi fuggito a rifugiarsi, nell’agosto 1848, in Svizzera.<br />

320 Alear<strong>di</strong> aveva preso parte alle agitazioni patriottiche del 1848, anno in cui era stato inviato<br />

da Daniele Manin a Parigi per chiedere aiuti per la Repubblica veneta. A seguito <strong>di</strong> ciò fu<br />

imprigionato e rinchiuso per qualche mese nel 1852 nella fortezza austriaca <strong>di</strong> Mantova. A detta<br />

90


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

denza al <strong>di</strong> fuori del corpo del testo dell’articolo, quel Malinconicamente esuleremo<br />

che <strong>Gualdo</strong> forse aveva letto e ricordato per la prima volta quando, appena<br />

<strong>di</strong>ciottenne, aveva scritto a Ginevra nel settembre del 1863 la strofa che recita:<br />

“Che l’amo anch’io la terra ove fui nato / E l’amo <strong>di</strong> un amor che non ha pari.<br />

/ Ma se io in essa fossi sempre stato / Ora i bei siti sarebbermi amari. / Oh sì!<br />

Soler assentarsi da quello / Nostro paese fa sembrar più bello / Or dunque, ah<br />

up! La strada ferrata / Fischia –– Via dall’Italia amata!”. 321<br />

2.3 Tra poesie e <strong>di</strong>pinti: <strong>Gualdo</strong> recensore dell’opera <strong>di</strong> Emilio Praga<br />

Fino alla scoperta del saggio apparso in appen<strong>di</strong>ce al «Pungolo» del 16-17<br />

febbraio 1879 322 si ignorava quali fossero stati i rapporti tra Emilio Praga e <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>: certo la composizione, da parte <strong>di</strong> quest’ultimo, <strong>di</strong> una poesia funebre<br />

323 in onore dell’autore delle Memorie del presbiterio lasciava pensare ad un<br />

contatto tra i due scrittori – o quanto meno ad un sentimento <strong>di</strong> ammirazione<br />

che avrebbe spinto <strong>Gualdo</strong> alla stesura <strong>di</strong> quei versi commemorativi – ma nessuna<br />

notizia sicura intorno alle loro relazioni consentiva <strong>di</strong> ipotizzarne e ricostruirne<br />

genesi e fasi. Tutt’al più, in passato, il nome <strong>di</strong> Praga veniva occasionalmente<br />

avvicendato a quello <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> quando era menzionato accanto a<br />

quelli <strong>di</strong> Faccio, Torelli-Viollier, Tarchetti e Farina, tra i frequentatori del salotto<br />

<strong>di</strong> Vittoria Cima o in virtù del legame <strong>di</strong> entrambi con il comune amico Arrigo<br />

Boito – anch’egli tra gli habituées <strong>di</strong> via Borgospesso. L’articolo gual<strong>di</strong>ano,<br />

pubblicato in occasione dell’uscita postuma della seconda e<strong>di</strong>zione della raccolta<br />

<strong>di</strong> versi Penombre, non lascia più alcun dubbio a riguardo giacché, ripercorrendo<br />

a trecentosessanta gra<strong>di</strong> la vita e la carriera <strong>di</strong> Emilio Praga, il suo rapporto<br />

con il pubblico e con la critica, la scarsa fortuna delle sue opere lui vivo<br />

seguita dai numerosi riconoscimenti giunti dopo la morte, mette in luce molti<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> l’Alear<strong>di</strong> avrebbe rischiato <strong>di</strong> condurre in carcere tutto il resto della sua vita se non<br />

fosse stato rilasciato per mancanza <strong>di</strong> prove grazie al pronto intervento <strong>di</strong> sua sorella che, “avec<br />

une présence d’esprit extraor<strong>di</strong>naire”, aveva bruciato tutte le sue carte al momento dell’arresto.<br />

321 Strofa XX del componimento, ine<strong>di</strong>to e senza titolo, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> custo<strong>di</strong>to nel Fondo<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis, Tit. XXV, Pt. 2, Cart. 4, Gr. 3, Fasc. 10. Le carte<br />

su cui è trascritta la lirica recano in in apertura l’in<strong>di</strong>cazione: “Ginevra, 25 settembre 1863”.<br />

322 L. GUALDO, Emilio Praga, in «Il Pungolo», 16-17 febbraio 1879.<br />

323 ID., A Emilio Praga, in Le Nostalgie, in ID., Romanzi e Novelle, cit., p. 1210.<br />

91


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

aspetti che testimoniano una conoscenza <strong>di</strong>retta e personale palesata con evidenza,<br />

oltre che attraverso espliciti riferimenti, nelle particolareggiate descrizioni<br />

fisiche, psicologiche e comportamentali dell’uomo e dell’artista, in un’analisi<br />

che contempla nel dettaglio soprattutto la <strong>di</strong>mensione privata, demistificando<br />

alcuni luoghi comuni sorti intorno alla stereotipata idea <strong>di</strong> poeta satanico<br />

e mau<strong>di</strong>t su cui si fondava la stigmatizzata figura del personaggio pubblico.<br />

Nel suo intervento <strong>Gualdo</strong> esor<strong>di</strong>sce con la narrazione delle origini della<br />

doppia formazione praghiana, pittore prima ancora che poeta, 324 all’epoca in cui<br />

“molti anni or sono il pittore <strong>Luigi</strong> Riccar<strong>di</strong>, […], dava lezioni ad un giovinetto<br />

pallido, dal viso sparuto e intelligente, il quale voleva essere artista”; 325 il maestro,<br />

tuttavia, aveva sconsigliato al suo allievo <strong>di</strong> intraprendere la carriera da lui<br />

prescelta, sia perché temeva che egli potesse “accorarsi” ad una <strong>di</strong>sciplina a parer<br />

suo già troppo ingombra <strong>di</strong> sfortunati e inetti, sia perché dubitava <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere<br />

nel <strong>di</strong>scepolo una vera vocazione. Un giorno Riccar<strong>di</strong>, trovando “frammezzo<br />

agli schizzi e agli abbozzi, alcuni versi scritti con la matita sovra un pezzo<br />

<strong>di</strong> carta da <strong>di</strong>segno”, 326 da arguto osservatore qual era, aveva persuaso il giovane<br />

a percorrere un nuovo sentiero e a coltivare la poesia, arte in cui, a suo parere,<br />

avrebbe certamente eccelso. Era stato così che Emilio Praga, a malincuore,<br />

aveva abbandonato la pittura e si era de<strong>di</strong>cato a scrivere versi fino a quando,<br />

non molto tempo dopo le parole pronunciate dal maestro d’arte, con coraggio (e<br />

incoscienza) giovanile, aveva pubblicato un volume <strong>di</strong> versi in cui le Arti sorelle<br />

avevano continuato a convivere, tanto che egli, “credendosi ancora pittore,<br />

[lo] intitolò Tavolozza”: la sua era stata un’operazione molto ar<strong>di</strong>ta, soprattutto<br />

se si pensa, osserva <strong>Gualdo</strong>, che l’uscita della raccolta era avvenuta in tempi in<br />

cui nessuno osava più stampare un libro <strong>di</strong> poesia; erano quelli tempi in cui<br />

324 Il biografo <strong>di</strong> Arrigo Boito parlando della tendenza <strong>di</strong> Emilio Praga a valicare, sul modello<br />

baudelairiano, i confini tra più <strong>di</strong>scipline artistiche, afferma dopo aver citato alcuni suoi<br />

versi tratti da Tavolozza: “Poeta e pittore ho detto. Ma forse meglio sarebbe <strong>di</strong>re poeta pittore”<br />

perché alcuni suoi componimenti sono “un bell’esempio <strong>di</strong> colore che tende a spostare la linea”<br />

nel tentativo <strong>di</strong> dare “anche in poesia, la pura impressione coloristica, abolendo il <strong>di</strong>segno” (P.<br />

NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 120).<br />

325 L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

326 Ibidem. Questi frammenti – pittorici e cesellati – daranno vita ai versi <strong>degli</strong> Schizzi a<br />

penna, pubblicati sulla «Rivista minima» nel 1865, ora in ristampa moderna a cura <strong>di</strong> E. Paccagnini<br />

(Roma, Salerno E<strong>di</strong>trice, 1993).<br />

92


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

quasi regnava il silenzio nel mondo della lirica, non fosse stato altro che per le<br />

rime del Prati e “la dolce e sapiente armonia <strong>degli</strong> endecasillabi <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong>”. 327<br />

Tra i primi ad accorgersi della portata innovativa delle prove d’esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

Praga era stato Antonio Ghislanzoni che, similmente alla maggior parte della<br />

critica coeva, aveva accolto con favore il volume, come <strong>di</strong>mostrano le numerose<br />

recensioni positive apparse sulle riviste milanesi, in cui vengono evidenziate<br />

le due più spiccate caratteristiche dei componimenti praghiani: da un lato si parla<br />

<strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> poesia “innamorata della luce” che ritrae con vigorose pennellate<br />

la realtà esterna, dall’altro viene sottolineata l’importanza dell’ottica dell’autore,<br />

che filtra – partecipando sentimentalmente – con sguardo bello e nuovo<br />

ciò che ritrae nei suoi versi. Difatti, come <strong>di</strong>mostra questo giu<strong>di</strong>zio, e come<br />

racconta lo stesso <strong>Gualdo</strong>, quest’opera adolescenziale <strong>di</strong> Praga riscosse buon<br />

successo tra pubblico e critica e, prima ancora, al cospetto della “piccolissima<br />

adunanza” davanti alla quale il poeta aveva letto in anteprima il suo lavoro e<br />

grazie al quale era stato “acclamato un genio”. 328<br />

Il nostro cronista, forse troppo giovane per poter prender parte a questo evento,<br />

avverte (narrando la reazione <strong>di</strong> quei pochi amici entusiasti e innamorati<br />

delle chimere che avevano composto il piccolo comitato <strong>di</strong> lettura) che l’episo<strong>di</strong>o<br />

gli era stato a sua volta raccontato: in particolare, basandosi su quanto<br />

gli era stato riferito, egli riporta la notizia che, durante l’adunanza, Franco Faccio<br />

avesse lanciato un urlo e Arrigo Boito avesse dato un entusiastico pugno sul<br />

tavolo dopo aver ascoltato alcuni versi che sarebbero poi confluiti in Tavolozza<br />

(Dalle ceneri nostre ancor frementi / Dal vasto incen<strong>di</strong>o che abitò le salme /<br />

Evviva amici! nasceranno ai venti / Platani e palme), benché declamati dal loro<br />

stesso autore in modo impacciato, confuso ed enfatico, quasi che tentasse “<strong>di</strong><br />

far apparire brutte le strofe”. 329 Con ogni probabilità doveva esser stato proprio<br />

Boito, conosciuto non molto tempo dopo questi acca<strong>di</strong>menti, 330 a riferire a<br />

<strong>Gualdo</strong> dello scroscio <strong>di</strong> frenetici applausi e complimenti che aveva interrotto<br />

quella pessima declamazione poetica; il poeta-musicista Boito ed il poeta-pittore<br />

Praga erano infatti già da tempo intimi amici, come <strong>di</strong>mostra il sodalizio<br />

del 1863, anno in cui avevano riunito attorno a sé a Torino un gruppetto <strong>di</strong> stu-<br />

327<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

328<br />

Ibidem.<br />

329<br />

Ibidem.<br />

330<br />

Sull’epoca dei primi rapporti tra Boito e <strong>Gualdo</strong>, cfr., infra, il paragrafo 4.3c Musica,<br />

poesia e teatro: la sintonia d’arte e vita con Arrigo Boito.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

denti con i quali decisero <strong>di</strong> formare la goliar<strong>di</strong>ca società letteraria «Dante Alighieri»,<br />

331 e la decisione <strong>di</strong> arruolarsi volontari nel 1866, seguiti anche dal<br />

compositore Franco Faccio, tra le armate garibal<strong>di</strong>ne per la Terza Guerra d’In<strong>di</strong>pendenza.<br />

Oltre alla cronaca <strong>degli</strong> avvenimenti che avevano accompagnato<br />

l’uscita <strong>di</strong> questa raccolta praghiana, l’articolo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> offre numerosi spunti<br />

<strong>di</strong> riflessione e <strong>di</strong> analisi a proposito <strong>degli</strong> stessi componimenti, in<strong>di</strong>ce del<br />

grande acume critico del recensore, che non si limita ad elogiare, ma che anzi<br />

coglie pure i <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> un’opera dalla portata decisamente innovativa, che egli<br />

stesso reputa “il primo tentativo <strong>di</strong> poesia moderna” in Italia, poiché:<br />

L’autore descriveva ciò che vedeva, cantava ciò che sentiva; sincero e raffinato ad<br />

un tempo cercava delle forme nuove, delle sonorità speciali; si provava ad esprimere i<br />

sensi più recon<strong>di</strong>ti, a <strong>di</strong>re ciò che non era stato ancor detto. Gli mancava spesso<br />

l’abilità necessaria, era talvolta scorretto – ma ne soffriva. Sdegnava gli antichi viali<br />

como<strong>di</strong> ed uniformi, preferiva inciampare nei sentieri pieni <strong>di</strong> sterpi e sassi, peranco<br />

non ben segnati. In una parola aveva molto letto i poeti francesi recenti e n’era stato<br />

turbato; aveva sentito che appunto per riuscire originale bisognava stu<strong>di</strong>arli. 332<br />

La modernità proveniva d’oltralpe e nessuno poteva saperlo più <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

che in Francia trascorreva alcuni mesi ogni anno, immerso in quella temperie <strong>di</strong><br />

rinnovamento in cui orbitavano le sue amicizie, da Coppée a Mallarmé, da Gautier<br />

a Leconte de Lisle. L’avvicinamento <strong>di</strong> Praga alla poesia francese risaliva al<br />

biennio ’57-’58, periodo in cui questi aveva svolto un lungo viaggio nel Nord<br />

Europa, quando, narra Piero Nar<strong>di</strong>, “con la valigia dei colori sulle spalle, […]<br />

era stato in Svizzera, in Francia, nei Paesi Bassi”, 333 in un “vagabondaggio<br />

d’arte e stu<strong>di</strong>o”, come lo definisce Paccagnini, verso il quale era stato spinto<br />

“da un duplice interesse, <strong>di</strong> pittore e scrittore”. 334 E nella Parigi <strong>di</strong> metà Ottocento<br />

Praga aveva assorbito le novità delle correnti poetiche più all’avanguar<strong>di</strong>a,<br />

facendosi forse influenzare eccessivamente, come si legge nelle pagine<br />

gual<strong>di</strong>ane, dove viene sottolineato che nei versi dell’italiano risultava spesso evidente<br />

quanto egli avesse letto troppo Les Fleurs du Mal, benché non somigliasse<br />

punto per carattere e ispirazione a Baudelaire, <strong>di</strong> cui non possedeva “né<br />

331<br />

G. CONTINI, Introduzione a Racconti della Scapigliatura piemontese, con prefazione<br />

<strong>di</strong> D. Isella, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1992, p. 7.<br />

332<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

333<br />

P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 119.<br />

334<br />

E. PACCAGNINI, Dal Romanticismo al Decadentismo. La Scapigliatura, cit., p. 294.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

la sensualità depravata, né la credenza né la possanza del male ed una specie<br />

d’influenza satanica”. 335<br />

Nell’interesse <strong>di</strong> Praga per la poesia che si producva al <strong>di</strong> là delle Alpi, in<br />

qualità <strong>di</strong> contatto e promotore presso i simbolisti e i parnassiani, <strong>Gualdo</strong> ha<br />

giocato senza dubbio un ruolo degno <strong>di</strong> interesse; nelle vesti <strong>di</strong> passeur culturel<br />

egli ha infatti segnato “un capitolo importante nella storia delle relazioni culturali<br />

tra Italia e Francia”, 336 come <strong>di</strong>mostra in questo caso l’opera <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione<br />

compiuta in favore dell’amico milanese nei confronti <strong>di</strong> Catulle Mendès e François<br />

Coppée. Ma mentre con quest’ultimo è possibile soltanto ipotizzare l’influenza<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per la scelta <strong>di</strong> un nuovo traduttore per Il Viandante (dal<br />

momento che già per lo stesso aveva trasposto in italiano in prima persona il<br />

dramma Due Dolori, 337 tolto da Deux Douleurs, per l’e<strong>di</strong>tore Rechiedei nel<br />

1872) come teorizza Pierre de Montera che si chiede se sia lecito supporre che,<br />

“pour faire honneur à son hôte” Coppée, <strong>Gualdo</strong> abbia potuto consigliare “à<br />

Emilio Praga, avec qui il était intime, de traduire de son côté, Le Passant” sicché<br />

“toujours est-il que la traduction de Praga et la sienne parurent au même<br />

moment et chez le même é<strong>di</strong>teur”, 338 ben più certa, poiché comprovata dai riferimenti<br />

in alcuni suoi carteggi, è l’opera d’interme<strong>di</strong>ario che egli svolse al cospetto<br />

dell’altro poeta del Parnasse Contemprorain, Mendès, che aveva deciso<br />

<strong>di</strong> creare nuove sezioni della Société des Poetès anche al <strong>di</strong> fuori della Francia.<br />

Tre lettere in<strong>di</strong>rizzate allo scrittore delle Nostalgie, ritrovate tra le carte<br />

Giacosa nell’archivio <strong>di</strong> Colleretto-Parella, testimoniano il coinvolgimento del<br />

milanese nella questione, incaricato da Catulle <strong>di</strong> scegliere un presidente e dei<br />

soci per la filiale italiana della suddetta società; 339 non essendo state trovate le<br />

risposte a tali lettere, è possibile, tuttavia, ricostruire alcuni passaggi attraverso i<br />

messaggi epistolari dello stesso Mendès a <strong>Gualdo</strong> e <strong>di</strong> quest’ultimo a Coppée.<br />

Nel primo caso si scoprirà che il nostro me<strong>di</strong>atore aveva proposto <strong>di</strong> “offrir la<br />

présidence à Alear<strong>di</strong>”, ma anche che il suo corrispondente aveva controbattuto<br />

sostenendo che “le président et les membres qui lui seront adjoints pour la<br />

335<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

336<br />

M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza, cit., p. 48.<br />

337<br />

F. COPPÉE, Due Dolori: dramma in un atto, in versi, trad. a cura <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong>, Milano,<br />

Rechiedei, 1972.<br />

338<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 25. La versione italiana <strong>di</strong> Le Passant compare,<br />

infatti, anch’essa nel 1872 per i tipi <strong>di</strong> Rechiedei con il titolo Il Viandante e la specifica: “libera<br />

traduzione da François Copée”.<br />

339<br />

Lettera del 15 novembre 1879.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

<strong>di</strong>rection des affaires” avrebbero dovuto essere, <strong>di</strong> preferenza, “des jeunes, c’est<br />

à <strong>di</strong>re des sympathiques et des ardents”; 340 nel secondo caso, da una lettera del<br />

1875 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, si evince che l’italiano avrebbe potuto aver precedentemente<br />

proposto il nome <strong>di</strong> Praga <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>ce che, “bien que il […] n’ait<br />

jamais appartenu à la «Société Internationale des Poètes» il est cependant devenu<br />

sans le savoir le répresentant des catulliques en Italie”. 341<br />

A questo punto risulterebbe verosimile l’ipotesi che il sopraggiungere improvviso<br />

della morte dell’autore <strong>di</strong> Penombre, nel corso <strong>di</strong> quello stesso anno,<br />

potrebbe forse esser stata la causa che avrebbe spinto <strong>Gualdo</strong> a premere per affidare<br />

la presidenza ad Alear<strong>di</strong>, benché appaia piuttosto strano che la lettera<br />

poc’anzi citata <strong>di</strong> Mendès, contenente questo riferimento, riporti nell’intestazione<br />

la data 15 novembre 1879 e che a quell’epoca lo scrittore veronese era<br />

ormai scomparso da più <strong>di</strong> un anno. 342 Non è dunque da escludersi che il mittente<br />

abbia potuto commettere un errore nell’inserimento in intestazione della<br />

data 343 – ipotesi, questa, che trova conferma anche in un articolo <strong>di</strong> cronaca 344 –<br />

sebbene potrebbe essere lecito anche pensare che Mirandola, curatore della<br />

stampa delle tre lettere <strong>di</strong> Mendès a <strong>Gualdo</strong>, abbia letto in questo primo messaggio<br />

‘1879’ anziché ‘1874’ – data la similarità con cui le cifre ‘4’ e ‘9’ venivano<br />

raffigurate nelle grafie tardottocentesche – e che egli non si sia poi accorto<br />

dell’errore poiché i due documenti epistolari successivi – evidentemente dello<br />

stesso periodo, vista la quasi coincidenza <strong>di</strong> contenuti – non possiedono in<strong>di</strong>cazione<br />

autografa alcuna né <strong>di</strong> giorno, né <strong>di</strong> mese, né <strong>di</strong> anno.<br />

Proposta <strong>di</strong> presidenza a parte, dopo aver trattato dell’intuizione <strong>di</strong> Praga<br />

secondo il quale la modernità poetica andava cercata nello stu<strong>di</strong>o delle più re-<br />

340<br />

G. DE RIENZO – G. MIRANDOLA in Ine<strong>di</strong>ti francesi nell’archivio <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa,<br />

in «<strong>Stu<strong>di</strong></strong> francesi», n. 36, settembre-<strong>di</strong>cembre 1968, p. 467.<br />

341<br />

Lettera IV <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 200.<br />

342<br />

Si aggiungerà, infine, che Montera non prende affatto in considerazione l’ipotesi <strong>di</strong><br />

una proposta – da parte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> – del nome <strong>di</strong> Praga, supponendo che Mendès avesse chiesto<br />

allo stesso <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> assumere il ruolo <strong>di</strong> presidente della sezione milanese della Société des<br />

Poètes, ma che questi “ne montre pas beaucoup d’empressement et propose d’offrir cette présidence<br />

à Alear<strong>di</strong>” (Ivi, p. 16).<br />

343<br />

Questa ipotesi, tuttavia, parrebbe abbastanza inverosimile, giacché la lettera è stata redatta<br />

da un segretario <strong>di</strong> Mendès, mentre questi si sarebbe limitato apporre solo i saluti e la firma<br />

sul documento: un errore <strong>di</strong> data, con l’in<strong>di</strong>cazione sbagliata dell’anno, sarebbe potuta sfuggire<br />

ad un solo scrivente, mentre risulta improbabile che non sia stato notato da due persone.<br />

344<br />

Cfr., infra, il paragrafo 7.1 Il coinvolgimento nello scenario internazionale: dal Congrès<br />

Littéraire del 1889 all’Anthologie des Poètes Français du XIX ͤ siècle.<br />

96


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

centi opere francesi e dopo aver sottolineato che quest’influenza era già molto<br />

evidente nei componimenti <strong>di</strong> Tavolozza, <strong>Gualdo</strong> passa poi nel suo articolo ad<br />

esaminare la raccolta praghiana successiva, Penombre (1864), con cui l’autore<br />

“progre<strong>di</strong>va, camminando coraggioso per la strada intravista”, poiché “questo<br />

secondo volume seguiva logicamente il primo”: tuttavia, <strong>di</strong>nnanzi ad esso, con<br />

un rapido voltafaccia, “gli applau<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> ieri fischiarono”. 345 Con questi nuovi<br />

versi, <strong>di</strong>fatti, il giovane Praga si era tirato addosso le ire dei pedanti e se, fino ad<br />

allora, i critici più indulgenti avevano bonariamente incoraggiato e perfino sorriso<br />

alle sue stranezze, “ora ch’egli si credeva in <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> continuare, <strong>di</strong> allargare<br />

il proprio orizzonte, essi protestavano”. 346<br />

<strong>Gualdo</strong> descrive con estremo dettaglio le reazioni suscitate dalle poesie <strong>di</strong><br />

Penombre, puntualizzando quali erano stati i testi ed i punti deboli rintracciati<br />

da chi le aveva all’epoca tanto stigmatizzate; dal canto proprio il recensore, elogiando<br />

la lirica de<strong>di</strong>cata a Victor Hugo – “nella quale la casta robustezza della<br />

forma contiene un’onda <strong>di</strong> riverente e intenso affetto” –, mette in luce ciò che<br />

una “critica vera” avrebbe dovuto subito notare, dato che, al momento della<br />

prima pubblicazione, “i <strong>di</strong>fetti reali passarono quasi inosservati” mentre non si<br />

parlò affatto “<strong>di</strong> alcune troppo visibili imitazioni <strong>di</strong> Baudelaire” 347 (che noterà<br />

anche Carlo Dossi, pur non apprezzando né la poesia del francese né quella<br />

dell’italiano). 348 Così, se nel ‘64 alcuni tra i più bei componimenti avevano dato<br />

l’impressione <strong>di</strong> esser parsi quasi invisibili, altre strofe, “come se scritte in lettere<br />

<strong>di</strong> fuoco”, 349 avevano attirato sguar<strong>di</strong> inorri<strong>di</strong>ti da ogni dove. Di conseguenza,<br />

legata all’ostentazione <strong>di</strong> un maledettismo antiborghese che – a detta <strong>di</strong> Paccagnini<br />

– si era manifestata in questa raccolta nella “provocatoria programmaticità<br />

<strong>di</strong> una versificazione orgiastica e dai risvolti satanici”, 350 la risposta del<br />

pubblico tutto era stata piuttosto superficiale, certo dovuta all’impreparazione<br />

dei lettori italiani, i quali (<strong>di</strong>versamente da quelli francesi) si erano <strong>di</strong>mostrati<br />

non ancora pronti ad accogliere un simile tipo <strong>di</strong> poesia. L’unanimità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>-<br />

345<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

346<br />

Ibidem.<br />

347<br />

Ibidem.<br />

348<br />

Nella Nota Azzurra n. 4648, Dossi riporta la seguente osservazione: “Ho letto Baudelaire,<br />

il poeta dei profumi e delle puzze. Le poesie (Fleurs du mal) mi paiono brutte. […]. Nota<br />

però che il Praga ha evidentemente copiato da lui le sue bruttezze (Cf. anche le frasi, azzurro,<br />

penombre, ecc.), […]”. (C. DOSSI, Note azzurre, cit., p. 576).<br />

349<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

350<br />

E. PACCAGNINI, Dal Romanticismo al Decadentismo. La Scapigliatura, cit., p. 295.<br />

97


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

zio – negativo – emerge con forza nella cronaca <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, quando descrive la<br />

reazione della fascia <strong>di</strong> pubblico più alto:<br />

Lo scandalo suscitato dal volumetto fu grande; se ne parlava assai. La critica ritirò<br />

la mano stesa poc’anzi, atteggiò il volto a serietà e crollò il capo. Davanti a certe cru<strong>di</strong>tà<br />

fu pronunciato l’inevitabile: «dove an<strong>di</strong>amo?!…». Molti che pur si credevano spregiu<strong>di</strong>cati<br />

approvarono lo sdegnoso silenzio dei pedanti, le beffe <strong>degli</strong> avversi. I violenti<br />

elogi <strong>degli</strong> amici provocarono le ire <strong>degli</strong> oppositori; <strong>di</strong>venne ar<strong>di</strong>mento l’approvare. 351<br />

Ma anche quella dei lettori (e delle lettrici) <strong>di</strong> livello me<strong>di</strong>o-basso:<br />

Le signore ne parlavano ad occhi bassi, assicurando che «se avessero saputo» non<br />

avrebbero letto; alcune con reticenze malignamente pietose insinuavano che l’autore<br />

fosse pazzo.<br />

Nei crocchi femminili si crollava il capo, si abbassava la voce; mentre gli uomini<br />

gridavano. Altri, ammettendo l’ingegno del temerario, rimpiangevano <strong>di</strong> vederlo fuorviare<br />

e lo si ammoniva in prosa, in versi, in nome dell’arte, dell’amicizia, della morale,<br />

della lingua; gli fu detto ch’era corrotto, corrompitore, indecente, osceno, ignorante. 352<br />

In breve tempo Penombre era stato <strong>di</strong>menticato: così come aveva creato<br />

grande scalpore, con la medesima rapi<strong>di</strong>tà era finito nell’oblio, almeno fino alla<br />

ristampa del 1879, 353 ovvero dell’occasione da cui muove il saggio gual<strong>di</strong>ano.<br />

In effetti, quando per la prima volta aveva parlato <strong>di</strong> Praga al proprio amico<br />

francese Coppée, <strong>Gualdo</strong> aveva riferito che questi si era visto costretto a vivere,<br />

sempre più triste, in estrema solitu<strong>di</strong>ne, in un paese “comme celui-ci où les<br />

«groupes» littéraires dans chaque ville sont composés de quatre in<strong>di</strong>vidus lorsqu’ils<br />

[les i<strong>di</strong>ots] sont nombreux, quelque fois d’un seul”. 354<br />

Tuttavia, a quin<strong>di</strong>ci anni dalla prima e<strong>di</strong>zione, mentre “lo stanco poeta<br />

dorme sottoterra”, queste poesie, <strong>di</strong>venute ormai rare, avevano potuto finalmente<br />

ricevere il giusto apprezzamento: “il libro rinasce” e con lui la memoria dell’autore;<br />

i suoi versi vengono finalmente riletti, ammirati, apprezzati e scusati.<br />

355 Sono forse queste le pagine più belle dell’articolo gual<strong>di</strong>ano, nelle quali lo<br />

spirito critico del giornalista si affianca a quello dell’uomo cosmopolita che in-<br />

351<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

352<br />

Ibidem.<br />

353<br />

E. PRAGA, Penombre, Torino, Casanova, 1877.<br />

354<br />

Lettera IV a François Coppée in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 201.<br />

355 L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

daga, analizza e commenta con gran<strong>di</strong>ssima luci<strong>di</strong>tà il cambiamento <strong>di</strong> gusto<br />

del pubblico italiano. Il successo della ristampa delle una volta tanto <strong>di</strong>scusse<br />

liriche praghiane costituisce infatti per <strong>Gualdo</strong> uno spunto utilissimo per trattare<br />

il tema dell’avvento <strong>di</strong> un tempo nuovo, <strong>di</strong> un’epoca in cui gli sperimentatori<br />

(che affiancano i metri moderni alle severe cadenze delle strofe arcaiche, in<br />

nome <strong>di</strong> una poesia che, “infranti i vincoli […] vola libera nell’azzurro”) non<br />

vengono più visti con troppi pregiu<strong>di</strong>zi e la letteratura italiana si avvicenda finalmente,<br />

seppur con lentezza, a quella d’oltralpe, dove già da molto – ed è qui<br />

chiaro il riferimento ai parnassiens – classicismo e realismo convivono in un<br />

eclettismo da cui sgorga la modernità e dove persino “attraverso Victor Hugo”<br />

rivive il latino Lucrezio. Moderni e pagani, i poeti della nuova generazione non<br />

ricevono più rifiuti dai loro stampatori perché – <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>re se <strong>Gualdo</strong> affermi<br />

ciò con ammirazione o se, piuttosto, spinto da un sentimento critico nei confronti<br />

<strong>di</strong> un’industria e<strong>di</strong>toriale che, senza fare selezione, si avviava alla massificazione<br />

– “l’onore <strong>degli</strong> elzeviri attende tutti i versi”, dei giovani e dei vecchi,<br />

dei morti e dei “finti morti risuscitati – e puranco quelli dei finti vivi”. 356<br />

Alle soglie <strong>degli</strong> anni Ottanta, anche il pubblico femminile è <strong>di</strong>ventato più<br />

spregiu<strong>di</strong>cato; “le belle lettrici”, scrive <strong>Gualdo</strong>, “e anche le brutte”, sono <strong>di</strong>venute<br />

meno rigide e maggiormente <strong>di</strong>sinvolte: “alcune che rifiutavano d’essere<br />

giovani per non applau<strong>di</strong>re Praga, cercano ora <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>ventarle recitando Stecchetti”.<br />

357 La lode dei successori dell’opera praghiana <strong>di</strong>venta, così, un mezzo<br />

per esaltarne il predecessore; gli elogi che toccano finalmente Penombre sono<br />

ormai talmente intensi che lo stesso Praga, se “nella sua tomba potesse sentire<br />

gli applausi rivolti agli altri, sorriderebbe lieto in nome dell’arte”. 358 L’immagine<br />

del corpo del poeta defunto che resta ignaro della reazione del pubblico<br />

inesperto perché ignorante, in grado <strong>di</strong> riconoscere i meriti artistici soltanto dopo<br />

la morte, quasi che sugli scrittori più all’avanguar<strong>di</strong>a gravi incon<strong>di</strong>zionata la<br />

pena <strong>di</strong> un riconoscimento per necessità postumo, è un tema che ritorna (essendo<br />

sentito dal critico anche per ragioni autobiografiche) nuovamente in relazione<br />

a Emilio Praga nel componimento de<strong>di</strong>catogli dallo stesso <strong>Gualdo</strong>. La poesia<br />

XXX<strong>II</strong>I delle sue Nostalgie è una sorta <strong>di</strong> tombeau commemorativo in onore<br />

dell’autore <strong>di</strong> Penombre dove l’ultima strofa, in particolare, sembra configurarsi<br />

come la volontà <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re quanto egli aveva già denunciato nell’ap-pen<strong>di</strong>ce<br />

356 Ibidem.<br />

357 Ibidem.<br />

358 Ibidem.<br />

99


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

del «Pungolo». Nel suo stu<strong>di</strong>o, infatti, egli aveva parlato <strong>di</strong> Praga come un “eccentrico<br />

al quale si era negato l’ingegno e su cui si era scagliato l’anatema e l’ironia”<br />

359 cui solo post mortem era stato attribuito il titolo <strong>di</strong> “Maestro”. Tali parole<br />

sembrano perfettamente anticipare i versi conclusivi della litica A Emilio<br />

Praga, pubblicata a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quattro anni dall’intervento giornalistico:<br />

Ma nella tomba o in nuovi dì raggianti<br />

Hai scordato, non ve<strong>di</strong> e non ascolti,<br />

Ed ignori i pigmei a te rivolti,<br />

Ora inneggianti!! 360<br />

In maniera analoga quando, nella medesima poesia, <strong>Gualdo</strong> parla <strong>di</strong> “giustizia<br />

tarda” ripropone il concetto già espresso nel suo precedente saggio critico<br />

a proposito della fortuna toccata post mortem ad opere come Penombre che,<br />

tanto bistrattate all’epoca della prima pubblicazione, hanno finalmente ricevuto<br />

il giusto riconoscimento unitamente agli ultimi lavori <strong>di</strong> Praga; questo tema, la<br />

cui insistenza sembrerebbe davvero richiamare anche un’esperienza <strong>di</strong> tipo personale,<br />

viene espresso nella quarta strofa del componimento poetico in cui l’autore,<br />

rivolgendosi in prima persona all’amico defunto parla de “il rimpianto e la<br />

lode dei tuoi poemi” che hanno infine trovato approdo nel porto in cui, alfine,<br />

“rivivono i primi con li estremi”(vv. 14-15).<br />

Nella conclusione del suo stu<strong>di</strong>o apparso sul «Pungolo» <strong>Gualdo</strong> avverte inoltre<br />

che l’e<strong>di</strong>tore Casanova, “il Lemerre dell’Italia”, 361 oltre a ripubblicare<br />

Penombre (la cui ristampa è stata imme<strong>di</strong>atamente preceduta da quella delle<br />

Trasparenze – versi ine<strong>di</strong>ti ed ultimi del poeta “in cui vibrano le corde dei più<br />

miti affetti in una smorta luce <strong>di</strong> serenità crepuscolare, poiché nella sua vita,<br />

fatta più triste egli trova una malinconica pace in cui passano sommesse le armonie”)<br />

362 aveva nuovamente e<strong>di</strong>to, all’indomani della morte del poeta, anche<br />

359 Ibidem.<br />

360 ID., A Emilio Praga, cit. Le Nostalgie vennero pubblicate (dopo tre anni <strong>di</strong> indecisione)<br />

nel 1883, ma è da escludere che il componimento venne scritto nello stesso periodo del saggio<br />

apparso nel 1879, come lascerebbe pensare l’identità <strong>di</strong> temi comuni all’articolo e alla poesia.<br />

361 Questo e<strong>di</strong>tore era “il più elzeviriano” tra gli stampatori francesi, come afferma Cameroni<br />

nel saggio de<strong>di</strong>cato al secondo romanzo francese <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> pubblicato proprio da Lemerre<br />

(F. CAMERONI, Un mariage excentrique, in «L’Illustrazione Italiana», 15 giugno 1879).<br />

362 ID., Emilio Praga, cit. Sul tono rassicurante <strong>di</strong> questi testi, intrisi, tuttavia, <strong>di</strong> “lucida<br />

amarezza”, si veda P. ZAMBON, Emilio Praga, Due destini, un romanzo in appen<strong>di</strong>ce a «Il<br />

Pungolo», in Letteratura e stampa nel secondo Ottocento, Alessandria, Dell’Orso, 1993, p. 15.<br />

100


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

tutte le altre poesie <strong>di</strong> Praga, compresi i Paesaggi, che il recensore scrive <strong>di</strong> apprezzare<br />

in maniera particolare, ed il romanzo postumo Memorie del Presbiterio,<br />

mentre per i tipi <strong>di</strong> Treves sarebbero a breve usciti in ristampa i rimanenti<br />

scritti <strong>di</strong> carattere narrativo. E, ritornando ai punti chiave dell’articolo del 1877<br />

ripresi nell’ode A Emilio Praga, si noterà, inoltre, un’analogia avvertibile anche<br />

nella ripresa <strong>di</strong> alcune espressioni: <strong>di</strong>fatti, se nella commemorazione in appen<strong>di</strong>ce<br />

a «Il Pungolo» <strong>Gualdo</strong> giornalista aveva definito i versi praghiani a cui era<br />

spettato un tardo riconoscimento “indorati da un raggio postumo”, nel componimento<br />

delle Nostalgie è ad<strong>di</strong>rittura il nome stesso del poeta che “incoronato<br />

da pòstumi rai / risorge bello”. 363 Un’ultima simmetria sussiste, infine, tra il<br />

saggio e l’elegia funebre, nel parallelo attraverso il quale l’autore pone in evidenza<br />

l’inconsapevole incapacità <strong>di</strong> Praga <strong>di</strong> comprendere la propria grandezza<br />

poetica e la sua mancanza del senso <strong>di</strong> critica ed autostima; così, da un lato,<br />

leggeremo, nella seconda strofa della lirica, che “l’alma fuggì pari ai fulgenti<br />

versi / che uscian da te quasi incosciente e ignaro” 364 e, dall’altro, più <strong>di</strong>stesamente<br />

in prosa che:<br />

V’era nell’indole del povero Praga una certa incoscienza che non è mai stata abbastanza<br />

avvertita. Nato poeta lo sarebbe stato sempre, ovunque, […]. Ma egli non intendeva<br />

il suo proprio ingegno. Qualcuno dettava entro <strong>di</strong> lui ed egli scriveva. Era assai<br />

ingenuo. Aveva non solo ingegno vivissimo, ma anche lampi <strong>di</strong> genio. Pure mancava<br />

affatto <strong>di</strong> istinto critico. Non sospettava nemmeno quel supremo giu<strong>di</strong>zio che lo scrittore<br />

deve portare sovra sé medesimo. Giu<strong>di</strong>cando le proprie opere aveva cattivo gusto;<br />

i versi che teneva nascosti erano talvolta i migliori. 365<br />

L’ingenuità dell’uomo Praga, insieme all’innocenza <strong>di</strong> fondo del poeta,<br />

persino “nelle «orgie» da lui descritte”, ritorna nel paragrafo gual<strong>di</strong>ano de<strong>di</strong>cato<br />

“all’intimo rapporto tra l’esterno e l’interno, tra lo spirito e l’involucro” 366 <strong>di</strong><br />

questo straor<strong>di</strong>nario personaggio. Smentendo in questo modo alcuni luoghi comuni<br />

legati all’immagine del poète mau<strong>di</strong>t, <strong>Gualdo</strong> afferma che soltanto un profondo<br />

osservatore sarebbe stato in grado <strong>di</strong> indovinarne la fisionomia e “l’intimo<br />

essere suo” dall’esame dei suoi versi, ma ancor meno questi avrebbe potuto<br />

intuire la sua natura guardandolo con attenzione per la prima volta in viso.<br />

363<br />

L. GUALDO, A Emilio Praga, cit., vv. 11-12.<br />

364<br />

Ibidem, vv. 5-6 (corsivi miei).<br />

365<br />

ID., Emilio Praga, cit. (corsivi miei).<br />

366 Ibidem.<br />

101


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Come quasi sempre nei suoi articoli, il giornalista – certamente influenzato dall’attitu<strong>di</strong>ne<br />

del romanziere, incline ad analizzare la psicologia dei propri personaggi<br />

anche attraverso le loro descrizioni esteriori – non si lascia sfuggire l’occasione<br />

<strong>di</strong> ritrarre fisicamente l’artista <strong>di</strong> cui sta trattando.<br />

Come nella sua produzione narrativa, anche in questo caso la descrizione<br />

gual<strong>di</strong>ana non risulta fine a se stessa perché rivela particolari dell’interiorità al<br />

tempo stesso in cui vengono delineati i tratti dell’aspetto fisico; parlando del<br />

fragile corpo dell’amico, <strong>Gualdo</strong> riesce infatti a lasciar trapelare quale e quanta<br />

innocenza fosse racchiusa nel suo esile petto, in un cuore “che le amarezze della<br />

vita non riuscirono ad indurire”, in un’anima “cui un solo colpo bastava a ferire”.<br />

367 E poiché troppo si era parlato in vita (e spesso anche più dell’opera sua)<br />

delle vicende private <strong>di</strong> Praga, il testo gual<strong>di</strong>ano mira a riscattare la figura <strong>di</strong> un<br />

uomo assolutamente buono, che “non era nato per combattere” e che non <strong>di</strong> rado<br />

poteva esser visto, dopo aver ricevuto qualche feroce attacco, “accovacciato,<br />

triste, in un angolo” mentre “tentava <strong>di</strong> sorridere ironicamente”. 368 Il suo animo<br />

ingenuo, “sempre giovane, infantile talora”, 369 emerge allora nel ritratto che affettuosamente<br />

<strong>Gualdo</strong> gli destina nel proprio saggio, un ritratto nel quale non si<br />

dovrà leggere una frattura tra immagine pubblica e privata (così come nelle sue<br />

due ‘fasi’ poetiche <strong>di</strong> Tavolozza e Penombre non andrà letta una <strong>di</strong>cotomia tra<br />

i<strong>di</strong>llico e maledetto) 370 quanto piuttosto una loro sintesi perfetta:<br />

Sovra un corpo sottile, strano, che aveva conservato delle agilità <strong>di</strong> rapin, posava<br />

una testa un po’ grossa a capelli folti, dalla fronte non alta ma prominente, dalle ciglia<br />

celanti due occhi piccoli, sonnolenti, che a un tratto s’accendevano per un gesto o una<br />

parola. I lineamenti non fini, mobilissimi; la bocca buona con impreso il marchio delle<br />

sofferenze, il mento ispido, la luce che d’improvviso veniva a togliere la letargia <strong>di</strong><br />

quella fisionomia tanto in<strong>di</strong>viduale, facevano <strong>di</strong>re anche <strong>di</strong> lui:<br />

Il genio avea del fauno<br />

E la barba caprina. 371<br />

Questi versi conclusivi, che a primo impatto farebbero pensare ad un componimento<br />

<strong>di</strong> ascendenza mallarméana, sono in realtà tratti dal componimento<br />

367 Ibidem.<br />

368 Ibidem.<br />

369 Ibidem.<br />

370 E. PACCAGNINI, Dal Romanticismo al Decadentismo. La Scapigliatura, cit., p. 295.<br />

371 L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

che Boito aveva de<strong>di</strong>cato nel suo Libro dei versi ad Emilio Praga, 372 conosciuto<br />

per tramite <strong>di</strong> un amico comune 373 e con il quale aveva scritto a quattro mani la<br />

sua prima comme<strong>di</strong>a (Le madri galanti, 1863), quando, animati entrambi, oltre<br />

che da una congeniale affinità artistica – sostenendo i due la già citata teoria<br />

dell’interferenza tra le arti al fine <strong>di</strong> valicarne e ampliarne i limiti espressivi,<br />

l’uno in <strong>di</strong>rezione della pittura, l’altro in quello della musica –, dalla comune<br />

“tendenza ad agire con vivace ingegno contro le stereotipie intellettuali”. 374<br />

Probabilmente era stato proprio me<strong>di</strong>ante Boito che <strong>Gualdo</strong> aveva conosciuto<br />

Praga, all’epoca in cui tutti loro, tra gli anni ’60 e gli inizi del decennio<br />

successivo, avevano frequentato gli stessi ambienti, con<strong>di</strong>viso le stesse amicizie,<br />

ma soprattutto aderito ai medesimi ideali poetici e artistici. In particolare,<br />

<strong>Gualdo</strong> aveva ammirato la capacità <strong>di</strong> alcuni esponenti della Scapigliatura <strong>di</strong><br />

rappresentare pittoricamente i paesaggi, servendosi – come già Baudelaire –<br />

delle impressioni coloristiche per raffigurare il mondo esterno; non sarà un caso,<br />

quin<strong>di</strong>, che egli <strong>di</strong>ca nel suo saggio <strong>di</strong> apprezzare il Praga “poeta eminentemente<br />

paesista, la cui penna aveva delle sfumature <strong>di</strong> pennello”, perché la sua<br />

natura primitiva e malinconica si allietava nel descrivere quanto egli amasse<br />

“sognare <strong>di</strong>nanzi ai tramonti dorati, perdersi per gli ignoti sentieri, dormire durante<br />

la caldura sotto la pace ombrosa delle piante”. 375<br />

Malgrado le infelicità e le sofferenze che la vita gli aveva riservato, a cominciare<br />

dal <strong>di</strong>ssesto dell’industria paterna che lo aveva condotto a cedere<br />

all’alcool fino a giungere agli scarsi apprezzamenti da parte della critica coeva,<br />

l’autore <strong>di</strong> Paesaggi (raccolta poetica de<strong>di</strong>cata al pittore Carlo Mancini, a detta<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> “una delle più fantastiche e originali opere sue”) 376 era riuscito sempre<br />

a risollevarsi e andare avanti, senza mai abbandonare l’attività <strong>di</strong> scrittore:<br />

372 A. BOITO, Il libro dei versi, in Tutti gli scritti <strong>di</strong> Arrigo Boito, a cura <strong>di</strong> P. Nar<strong>di</strong>, Milano,<br />

Mondadori, 1942, p. 17. Su questa raccolta (ed in particolare su questa poesia), stampata<br />

per la prima volta nel 1877 e poi ripubblicata nel 1902, si è soffermato Benedetto Croce nel suo<br />

saggio de<strong>di</strong>cato a Boito (cfr. B. CROCE – M. SANSONE, La letteratura italiana: per saggi<br />

storicamente <strong>di</strong>sposti, vol. 4, Bari, Laterza, 1967, p. 23).<br />

373 Piero Nar<strong>di</strong> cita come fonte <strong>di</strong> questa notizia un’intervista rilasciata da Boito a Domenico<br />

Oliva e riportata nell’articolo <strong>di</strong> quest’ultimo, Recenti versi italiani, comparso sulla «Nuova<br />

Antologia» del 1 marzo 1902.<br />

374 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 123.<br />

375 L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

376 Ibidem.<br />

103


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Per lui la parola domani non giunse giammai a perdere la sua magia. Sempre aveva<br />

trovato un nuovo e<strong>di</strong>tore, un nuovo congegno per giungere alla fortuna, per forzare i<br />

critici a <strong>di</strong>r bene <strong>di</strong> lui, la folla ad applau<strong>di</strong>rlo. Chi lo conobbe da vicino ricorda<br />

l’infelice conato dei versi francesi ed i sogni basati su tale illusione. Ma la più duratura<br />

fu quella del teatro. 377<br />

Dopo il fallimentare primo esperimento delle Madri galanti, che, come si è<br />

detto era stato composto in collaborazione con Boito all’epoca <strong>degli</strong> esor<strong>di</strong>, egli<br />

aveva infatti tenacemente voluto continuare a lavorare per il teatro, persino come<br />

librettista, accumulando, tuttavia, soltanto clamorosi insuccessi; ma se “non<br />

si convinse mai <strong>di</strong> essere un autore drammatico” (o piuttosto che bisognasse esserlo<br />

“per riuscire davanti ad una platea”), 378 era destino che noto comme<strong>di</strong>ografo<br />

sarebbe <strong>di</strong>ventato, invece, il figlio Marco, quel bimbo che fa capolino in<br />

tanti suoi versi. 379 Nei drammi <strong>di</strong> Praga padre, afferma <strong>Gualdo</strong>, “non scorgevasi<br />

altro che il poeta spostato” che, nonostante tutto, perdurava a mettersi alla prova:<br />

“gli insuccessi non lo guarivano punto”, per cui, una volta riacquisita fiducia,<br />

<strong>di</strong> volta in volta, grazie “alla stretta <strong>di</strong> mano del capocomico, al sorriso della<br />

prima attrice, alle parole <strong>di</strong> incoraggiamento <strong>di</strong> un collega”, 380 Praga era tornato<br />

a cimentarsi in nuovi esperimenti drammaturgici. Tuttavia quando morì, a<br />

soli trentasei anni, ancora nessuna sod<strong>di</strong>sfazione gli era stata regalata dal mondo<br />

del teatro; al contrario, come <strong>di</strong>mostra l’intero articolo gual<strong>di</strong>ano, era la sua<br />

lezione <strong>di</strong> poeta destinata a non restare inascoltata, soprattutto tra gli autori della<br />

stessa sua generazione e <strong>di</strong> quella imme<strong>di</strong>atamente successiva, ai quali egli<br />

aveva programmaticamente lasciato in ere<strong>di</strong>tà “il meglio che mi resta ancora / il<br />

pio desir <strong>di</strong> una celeste aurora / dei pedanti il <strong>di</strong>sprezzo”. 381 Certo <strong>Gualdo</strong>, da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista, si configura come uno dei suoi migliori ere<strong>di</strong> (e, forse,<br />

proprio in virtù <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> immedesimazione, egli ha cercato <strong>di</strong> riscattare<br />

la figura e l’opera dell’amico, tentando <strong>di</strong> restituirne con il suo articolo, un’immagine<br />

sincera e finalmente apprezzata) se si considerano le sorti a lui toccate<br />

quando, ad esempio, a causa delle sue lunghe permanenze in Francia, delle tante<br />

amicizie d’oltralpe e della sua produzione bilingue, era stato spesso infonda-<br />

341.<br />

377<br />

Ibidem.<br />

378<br />

Ibidem.<br />

379<br />

Cfr. AA. VV., Le più belle pagine <strong>di</strong> Emilio Praga, Milano, Garzanti, 1940, p. 243.<br />

380<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

381<br />

E. PRAGA, Al mio erede, in Poesie, a cura <strong>di</strong> M. Petrucciani, Bari, Laterza, 1969, p.<br />

104


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

tamente “accusato un po’ troppo alla lesta” – come scrive in sua <strong>di</strong>fesa un critico<br />

attento come Capuana – <strong>di</strong> avere uno stile “inculto e infranciosato”. 382<br />

In effetti, pubblicando due romanzi in francese, <strong>Gualdo</strong> aveva rischiato “<strong>di</strong><br />

esser più letto” 383 al <strong>di</strong> là delle Alpi piuttosto che in Italia, cosa <strong>di</strong> cui egli non<br />

poté non risentirsi ma che acutamente motivò, forse cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere anche<br />

se stesso, nell’analisi condotta in conclusione del saggio praghiano sulla<br />

<strong>di</strong>fferenza – intesa in chiave <strong>di</strong> superiorità, maggior competenza, raffinatezza <strong>di</strong><br />

gusto e comprensione – del pubblico e della critica parigini rispetto a quelli milanesi.<br />

La commemorazione, infatti, si chiude nella speranza che, “qualunque<br />

sia l’altezza <strong>di</strong> Emilio Praga, che fra i primi tentò la nuova poesia”, verrà il<br />

giorno in cui egli riceverà la corretta considerazione; ciò accadrà solo quando in<br />

Italia ci sarà “il sorgere <strong>di</strong> una seria critica”, quando “i giu<strong>di</strong>zi si faranno più<br />

giusti, più convinti, più esatti”, quando gli stu<strong>di</strong>osi ed i veri appassionati saranno<br />

in grado <strong>di</strong> “far tacere i vaniloqui” e “le idee false, i pregiu<strong>di</strong>zi saranno messi<br />

da parte” gettando luce “sulle riputazioni eccessive od usurpate”, 384 quando<br />

si farà ciò che è stato compito in Francia, dove Ronsard rivive mentre altri sono<br />

posti in oblio, dove a poco a poco si dà ad ognuno nel passato e nel presente, ai vecchi<br />

e ai nuovi, il vero posto. Lo stesso accadrà qui, speriamolo, per i gran<strong>di</strong> e pei minori. 385<br />

Da questa intenzione muovono, dunque, le pagine <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> de<strong>di</strong>cate ad<br />

Emilio Praga, dalla speranza che anche nel belpaese si possano mettere a tacere<br />

le voci dei puristi e dei pedanti e che, anche attraverso il suo stesso compito <strong>di</strong><br />

critico e me<strong>di</strong>atore culturale, una maggiore equità possa farsi largo anche nel<br />

proprio paese, in quella culla della civiltà dove anche “negli ultimi / stanchi poeti<br />

d’una smorta gente / della lira d’Orfeo l’eco non muore”. 386<br />

382<br />

L. CAPUANA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla letteratura contemporanea, cit., p. 177.<br />

383<br />

BIBLIOFILO, Une ressemblance (rec.), in «L’Illustrazione Italiana», 12 luglio 1874,<br />

pp. 57-58.<br />

384<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

385<br />

Ibidem.<br />

386<br />

ID., Le Nostalgie, in Le Nostalgie, cit., p. 12, rist. in Romanzi e Novelle, cit., p. 1140.<br />

105


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

2.4 La commemorazione <strong>di</strong> Adèle d’Affry, scultrice e pittrice<br />

La crudele malattia che spense il celebre scultore Carpeaux pochi anni or sono a<br />

Cannes, fu pure inesorabile con la sua scolara la duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, la<br />

quale sotto il pseudonimo <strong>di</strong> “Marcello” si era resa degna del maestro. Essa morì il 16<br />

luglio scorso a Castellammare. Fu scultrice e pittrice; visse poco ed operò assai. La sua<br />

morte prematura terminò un’esistenza piena. 387<br />

Così <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nell’apertura dell’articolo apparso sulla «Illustrazione<br />

Italiana» del 4 gennaio 1880 de<strong>di</strong>cato a Marcello, nome fittizio della famosa artista<br />

attiva a Parigi nel pieno Ottocento Adèle d’Affry, 388 nata a Friburgo nel<br />

1836 e nipote – come si evince dal testo – del noto conte d’Affry che aveva<br />

comandato l’eroica guar<strong>di</strong>a svizzera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> XVI, “<strong>di</strong> cui si ricorda il superbo<br />

rifiuto <strong>di</strong> cessare il fuoco, alla <strong>di</strong>fesa del palazzo, se non dopo un comando del<br />

Re”. 389 Dopo una breve ma intensa vita che le aveva destinato molti dolori (come<br />

l’aver conosciuto il nobile napoletano don Carlo Colonna “qu’elle épousa le<br />

6 avril 1856, mais qu’elle eut le malheur de perdre le 18 décembre de la même<br />

année”), 390 nonché numerose onorificenze e in<strong>di</strong>scussa stima nel campo artistico,<br />

la duchessa si era lentamente consumata, appena quarantenne, colpita da tisi<br />

391 – la crudele malattia cui si fa riferimento nell’incipit della commemorazione<br />

gual<strong>di</strong>ana – che l’aveva condotta alla morte seguendo le sorti, anche nell’epilogo<br />

della sua esistenza, del maestro e mentore Jean-Baptiste Carpeaux.<br />

È questo l’unico esempio <strong>di</strong> saggio giornalistico de<strong>di</strong>cato da <strong>Gualdo</strong> ad una<br />

donna, donne che sono presenti in molti suoi componimenti delle sue Nostalgie,<br />

387 ID., La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, in «L’Illustrazione Italiana», 4 gennaio 1880,<br />

p. 14. 388 Per una biografia esaustiva della donna e dell’artista cfr. F. LOLIÉE, Les femmes du<br />

Second Empire: la fête impériale, Paris, Javin, 1905, pp. 341-347 e O. D'ALCANTARA, Marcello.<br />

Adèle D'Affry, Duchesse Castiglione Colonna 1836 - 1879. Sa vie, son œuvre, sa pensée<br />

et ses amis, Genève, É<strong>di</strong>tions Générales, 1961.<br />

389 Ibidem.<br />

390 G. PRINET, Duchess Colonna, in «L'Intermé<strong>di</strong>aire des chercheurs et curieux. Correspondance<br />

littéraire, notes et quéries français», a. 68, vol. 95, n. 1761, 15-30 juillet 1932, p. 593.<br />

391 Nel necrologio apparso all’indomani della sua scomparsa, infatti, si legge: “E non aveva<br />

che quarant’anni una donna che amò la vita, che la godette in tutti i suoi piaceri e le sue gioie<br />

più nobili. […]. Pochi giorni fa, tutti i sogni <strong>di</strong> gloria erano spenti: Marcello, la celebre scultrice,<br />

la bella duchessa, moriva <strong>di</strong> tisi a Castellammare <strong>di</strong> Stabia”. CICCO E COLA [TREVES,<br />

E.], Gli eccetera della settimana, in «L’Illustrazione Italiana», 27 luglio 1879, p. 51.<br />

106


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

dove si trovano però fatta eccezione per l’ode de<strong>di</strong>cata a Sarah Bernhardt, 392<br />

vengono ritratti personaggi femminili (fra le quali figura persino una ‘Venere<br />

Nera’) anonimi e sempre privi <strong>di</strong> caratteristiche concrete ed in<strong>di</strong>viduabili. Eppure<br />

le figure femminili avevano costituito una presenza importante nella vita<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, a partire dalla madre, Bianca Taccioli, alla quale era legatissimo, 393<br />

perché gli aveva trasmesso la passione per i viaggi e per la vita cosmopolita per<br />

giungere alla cugina, la marchesa Giulietta Litta Mo<strong>di</strong>gnani, <strong>di</strong>venuta sua eletta<br />

confidente spirituale dopo la per<strong>di</strong>ta della figura materna (e con maggiore intensità<br />

negli anni in cui il progre<strong>di</strong>re della malattia lo aveva reso paralitico) 394 e<br />

come <strong>di</strong>mostrano, ancora, ma al <strong>di</strong> fuori dell’ambito familiare, i soli<strong>di</strong> rapporti<br />

<strong>di</strong> amicizia con la scrittrice e giornalista Matilde Serao e con la celebre attrice<br />

Eleonora Duse. Dal punto <strong>di</strong> vista affettivo, benché Piero Nar<strong>di</strong> lo abbia definito<br />

“budda tetragono del celibato”, 395 sono inoltre da evidenziare, venuti alla luce<br />

da un lato attraverso i <strong>di</strong>ari ed i carteggi <strong>di</strong> alcuni scrittori suoi intimi, quali<br />

392 L. GUALDO, A Sarah Bernhardt, in «L’Illustrazione Italiana», 28 <strong>di</strong>cembre 1879, p.<br />

410, rist. con titolo lievemente mo<strong>di</strong>ficato e qualche variante in ID., Le Nostalgie, cit., p. 199.<br />

393 Mentre ci è pervenuta una sola lettera, piuttosto formale, rivolta al padre del 22 agosto<br />

1865, tuttora custo<strong>di</strong>ta nel Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, sono conservati ben sei messaggi epistolari,<br />

ricchi <strong>di</strong> slanci d’affetto, in<strong>di</strong>rizzati alla madre (Z 80 suss., b.1, già parzialmente in P. DE<br />

MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 294-295, poi in R. LOLLO, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

e Atto Vannucci a Bianca <strong>Gualdo</strong> Taccioli, in L’enigma, la confessione, il volo: «Lettere»<br />

sommerse fra Sei e Novecento, a cura <strong>di</strong> G. Baroni, Azzate, E<strong>di</strong>zioni Otto/Novecento, 1992, pp.<br />

179-196). A testimonianza, ancora, dell’intenso legame con Bianca Taccioli si veda anche il<br />

necrologio, ad essa de<strong>di</strong>cato, comparso senza firma, ma certamente opera <strong>di</strong> un amico <strong>di</strong> famiglia,<br />

sul «Corriere della sera» del 12-13 aprile 1893: “Uno <strong>degli</strong> amici nostri più cari, uno <strong>degli</strong><br />

uomini più amati e stimati <strong>di</strong> Milano, uno dei più squisiti artisti d’Italia fu colpito da una gravissima<br />

sventura. A <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> è morta stamane la madre. È morta dopo lunghe infermità, in<br />

grave età, serena, confortata e giocondata sempre e fino all’ultimo dall’amore impareggiabile <strong>di</strong><br />

suo figlio. Donna Bianca <strong>Gualdo</strong> fu donna <strong>di</strong> grande e sincera e modesta bontà e <strong>di</strong> vivace e nobile<br />

ingegno. […]. Non si può <strong>di</strong>re […] quanto fu immenso il suo amore materno. Certo nessuna<br />

madre fu più ripagata <strong>di</strong> tenerezze e <strong>di</strong> cure indefesse. E certo in pochi uomini l’angoscia per<br />

la morte della madre fu ed è più intensa che nell’amico nostro. Al quale toccherà <strong>di</strong> pensare che<br />

per opera sua, e nonostante le alternate sofferenze, a sua madre toccò una vecchiaia bella, serena<br />

e gioconda, quale a pochissimi è dato <strong>di</strong> conseguire”.<br />

394 Sono 47 le lettere in<strong>di</strong>rizzate da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> alla cugina Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani, nata<br />

Taccioli. Questi documenti sono conservati nel Fondo <strong>Gualdo</strong> con segnatura Z 80 suss., b. 2-3-<br />

4(1-48) e coprono un arco <strong>di</strong> tempo che va dal 1884 circa al 22 settembre 1897.<br />

395 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 360.<br />

107


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Bourget, Boito e Placci, 396 e dall’altro me<strong>di</strong>ante il ritrovamento nell’Archivio <strong>di</strong><br />

Stato <strong>di</strong> Milano <strong>di</strong> una sua <strong>di</strong>retta corrispondenza, 397 le relazioni <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> con<br />

una non meglio nota dama veneziana <strong>di</strong> cui si conosce solo il cognome, M.me<br />

Pisone (che sarebbe stata portata via dalle braccia <strong>di</strong> Pompeo Molmenti) 398 e<br />

con una signora francese <strong>di</strong> origini russe, tale Anna Stolpowskoy, cui per volontà<br />

testamentaria <strong>Gualdo</strong> avrebbe lasciato una ren<strong>di</strong>ta vitalizia pari ad un totale<br />

<strong>di</strong> quattrocentomila franchi in oro. 399 Si aggiunga, poi, senza soffermarci per il<br />

momento sull’attenzione posta nelle descrizioni e negli sviluppi dei personaggi<br />

femminili nei suoi romanzi, che un altro dato relativo al rapporto col sesso opposto<br />

emerge dal necrologio <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> pubblicato su «L’Echo de Paris» a<br />

firma La Cagoule, dove il defunto viene definito, forse un po’ sacrilegamente,<br />

“un demi-<strong>di</strong>eu, […] qui couche dans le lit des reines!”. 400<br />

Un legame d’affetto intenso, infine, alimentato soprattutto da sentimenti <strong>di</strong><br />

profonda stima e rispetto, legava lo scrittore alla duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna,<br />

l’unica donna – come si <strong>di</strong>ceva – cui egli abbia de<strong>di</strong>cato un lungo articolo<br />

celebrativo: rinomata per le sue opere in tutta Europa, Marcello, al pari <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, aveva scelto come patria elettiva la Francia, trascorrendo gran parte<br />

dell’anno nella sua capitale, dove “respirava l’aria satura <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> operosità<br />

396 Montera riporta, ad esempio, alcuni brani del Journal Intime <strong>di</strong> Paul Bourget in cui è<br />

narrata una conversazione avuta con Boito il 14 gennaio 1900 a proposito del testamento <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> e dei vitalizi lasciati a M.me Pisone (do<strong>di</strong>cimila franchi annui) e all’altra sua donna <strong>di</strong><br />

Parigi (cui spettavano, invece, circa trentamila franchi all’anno), <strong>di</strong> cui non menziona il nome,<br />

“une vérité d’estimation bien singulière” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 174).<br />

397 Il carteggio <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> – Anna Stolpowskoy è riportato da Renata Lollo nella Notizia<br />

biografica <strong>di</strong> L. GUALDO, Poesie (1859-1893), cit., pp. 47-51, poi rist. parzialmente in R.<br />

LOLLO, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: l’europeo in via Bagutta, in «Ca’ de Sass», marzo 1991, pp. 50-51.<br />

398 Il biografo gual<strong>di</strong>ano Montera cita, oltre al <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Bourget, una lettera a Carlo Placci,<br />

sempre del romanziere francese, in cui si parla <strong>di</strong> Pompeo Molmenti in qualità <strong>di</strong> contendente in<br />

affari <strong>di</strong> cuore <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> “dont l’unique férocité était d’appeller Molmenti, par rancoeur d’une<br />

rivalité de femme à Venise, Molmeo Polpenti” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 175).<br />

In realtà non si tratta <strong>di</strong> un soprannome d’invenzione gual<strong>di</strong>ana, dato che Rovetta segnala la<br />

firma “N. O. P. Q. Molmeo Polpenti”, evidente anagramma <strong>di</strong> Pompeo Molmenti, tra gli pseudonimi<br />

giornalistici apparsi sulle pagine della testata satirica milanese «Guerin Meschino» (cfr.<br />

G. ROVETTA, Vita e gloria del “Guerin Meschino”, in Cinque minuti <strong>di</strong> riposo! Scritti vari<br />

raccolti da Paolo Arcari, Milano, Bal<strong>di</strong>ni & Castol<strong>di</strong>, 1929, pp. 315-316).<br />

399 –, Testamento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Don Chisciotte <strong>di</strong> Roma», 19 maggio 1898. A tal proposito<br />

si vedano anche le lettere <strong>di</strong> Anna Skolpowskoy a Francesco Ponti, esecutore testamentario<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, pubblicate in R. LOLLO, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: l’europeo in via Bagutta, cit., pp. 50-51.<br />

400 LA CAGOULE, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «L’Echo de Paris», 27 maggio 1898.<br />

108


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

che le conveniva”. 401 Da quanto si evince dalle parole del cronista sembrerebbe<br />

plausibile una conoscenza <strong>di</strong>retta tra i due, dal momento che nella commemorazione<br />

vengono descritti con dovizia <strong>di</strong> particolari sia l’atelier in rue de Bayard<br />

che il successivo stu<strong>di</strong>o in rue St. Petersbourg, nel quale l’artista trascorreva<br />

gran parte del suo tempo lavorando indefessamente e con passione, “non interrompendosi<br />

all’entrata d’un amico, che salutava con un sorriso senza muoversi,<br />

ricevendo tutti i più umili, ministri e bohémes, signore e modelle”. 402 A confermare<br />

l’ipotesi <strong>di</strong> un rapporto personale con la duchessa contribuiscono, inoltre,<br />

non solo le parole <strong>di</strong> chiusura dell’articolo in cui <strong>Gualdo</strong> afferma <strong>di</strong> averla<br />

vista per l’ultima volta a Milano, dove si era fermata per pochi giorni, già vittima<br />

del male che la stava lentamente consumando (e dove, però, “piena ancora<br />

<strong>di</strong> speranze, d’illusioni, <strong>di</strong> progetti, sognando nuovi tentativi, <strong>di</strong>scorreva con anima<br />

d’arte e <strong>di</strong> letteratura”), 403 ma soprattutto una sua lettera senza data (che<br />

però Pierre de Montera fa risalire al 1875) in<strong>di</strong>rizzata a François Coppée: al suo<br />

interno il mittente annuncia <strong>di</strong> aver inviato il suo romanzo appena e<strong>di</strong>to, Une<br />

ressemblance, alla “Duchesse”, <strong>di</strong> cui in<strong>di</strong>ca l’in<strong>di</strong>rizzo e suggerisce, poco oltre,<br />

all’amico francese <strong>di</strong> recarsi insieme a far visita all’artista, manifestando<br />

l’intenzione <strong>di</strong> presentare al suo corrispondente la grande scultrice Marcello affinché<br />

egli possa elogiarla sulle pagine della sua nuova rivista:<br />

Je chercherai le Moniteur pour lire votre salon, qui doit certainement être un modèle<br />

de critique gautieriste bien entendue. Je vous recommande très sérieusement Marcello.<br />

– Quand irons-nous la voir ensemble cette excellente Duchesse? – Jamais; mais<br />

allez donc la voir tout seul, après l’avoir bien… dans votre article. 404<br />

L’articolo <strong>di</strong> Coppée uscirà, in effetti, il 3 giugno dello stesso anno e il milanese,<br />

nel successivo messaggio epistolare, lo ringrazierà per il giu<strong>di</strong>zio favorevole<br />

espresso in quel suo intervento, sebbene rimproveri l’amico per non aver<br />

ancora visto <strong>di</strong> persona la dame artiste, 405 che dopo essere rimasta vedova aveva<br />

deciso <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi interamente alla sua passione per l’arte, guidata, come si<br />

è accennato, dallo scultore Carpeaux. Secondo <strong>Gualdo</strong>, nelle sue prime prove,<br />

401<br />

L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 15.<br />

402<br />

Ibidem.<br />

403<br />

Ibidem.<br />

404<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit, p. 193. Lettera <strong>II</strong>I, da Milano.<br />

405<br />

“Vous-avez très bien fait d’être aimable pour Colonna – mais faites vous donc présenter<br />

ou allez la voir tout simplement” scrive, infatti, <strong>Gualdo</strong> a Coppée (Ivi, p. 202. Lettera IV).<br />

109


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Marcello aveva seguito molto da vicino le orme del suo maestro che, tuttavia,<br />

“imitò come sanno solo coloro che potrebbero creare”; 406 <strong>di</strong>fatti, soprattutto al<br />

principio della sua carriera, benché vedesse il bello nelle medesime forme del<br />

suo mentore, e pur somigliando stranamente alle sue creazioni, Adèle d’Affry<br />

“rimaneva […] originale copiandolo”, tanto da fare in modo che alcune statue<br />

realizzate da Carpeaux prima ancora che questi la conoscesse “parevano avessero<br />

avuto lei a modello”. 407 Lontana dalla perfezione del suo insegnante, la duchessa<br />

Castiglione Colonna si scostava da questi soprattutto per la scelta dei<br />

modelli e per l’inten<strong>di</strong>mento, non però nell’esecuzione, in tutto assimilabile a<br />

quella del noto artista. Analizzando lo stile <strong>di</strong> entrambi, <strong>Gualdo</strong> mostra <strong>di</strong> possedere<br />

buone competenze anche nel campo della <strong>di</strong> critica d’arte, poiché <strong>di</strong> entrambi<br />

egli mette in luce pregi e <strong>di</strong>fetti, soffermandosi in special modo sulla loro<br />

modernità nel cogliere quei sentori <strong>di</strong> decadenza avvertiti solo da coloro che<br />

sono in grado <strong>di</strong> apprezzare anche il cambiamento <strong>di</strong> gusto nella percezione del<br />

concetto – mutevole nel tempo e nello spazio – <strong>di</strong> bellezza:<br />

S’incontrava con lui nel tentativo d’inventare una scultura moderna avente il carattere<br />

speciale, un po’ morboso dell’epoca nostra, eppure non indegna dei gran<strong>di</strong><br />

modelli, delle tra<strong>di</strong>zioni; come lui s’inspirava al Rinascimento, aggiungendovi la nota<br />

dell’oggi. Nel genere da lui trovato, Carpeaux fu sommo, inimitabile persino ne’ suoi<br />

presunti <strong>di</strong>fetti – in quel realismo un po’ manierato e lezioso, in quel sapore <strong>di</strong> decadenza<br />

che <strong>di</strong>spiace solo a chi non ammette le trasformazioni eclettiche del bello, la infinità<br />

varietà dell’arte. 408<br />

Cosmopolita quasi quanto <strong>Gualdo</strong>, 409 Marcello era solita tornare spesso in<br />

Italia, anche se durante la bella stagione preferiva abitualmente recarsi nella nativa<br />

Friburgo, tranne che durante l’estate del 1868, anno in cui aveva sacrificato<br />

la pace del suo stu<strong>di</strong>o in nome <strong>di</strong> una più nobile causa: la cura dei feriti della ri-<br />

406<br />

L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 14.<br />

407<br />

Ivi, p. 15.<br />

408<br />

Ibidem (corsivo mio).<br />

409<br />

Il suo amore per i viaggi, che tanto influì sulla sua passione e formazione artistica è<br />

confermato anche dalle parole del trafiletto de<strong>di</strong>catole da Gaston Prinet sul perio<strong>di</strong>co «L’Intermé<strong>di</strong>aire<br />

des chercheurs et curieux»: “Grâce à l’humeur voyageuse de ses parents, elle fit en<br />

Italie, à Florence, à Venise et à Rome, de fréquents séjours qui provoquèrent chez elle le sentiment<br />

de la vocation artistique, qu’elle devait illustrer plus tard sous le pseudonyme de Marcello”<br />

(Duchess Colonna, cit., p. 593).<br />

110


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

voluzione in Spagna. 410 Malgrado la “solida salute apparente”, 411 il lavoro eccessivo,<br />

l’esuberanza della sua vita febbrile e gli sforzi continui avevano drasticamente<br />

ridotto il suo vigore, tanto da costringerla ad abbandonare la pratica<br />

scultorea, senza permetterle neppure <strong>di</strong> incominciare un monumento de<strong>di</strong>cato<br />

all’imperatore Massimiliano che doveva venire eretto a Miramar. Di conseguenza,<br />

era stata obbligata a ripiegare sulla pittura, che le avrebbe dovuto comportare<br />

un minore affaticamento fisico, ma a lungo andare anche questa pratica<br />

le era stata negata, come racconta <strong>Gualdo</strong> commentando le pre<strong>di</strong>lezioni artistiche<br />

ed i risultati ottenuti da Marcello nelle sue nuove, ultime prove artistiche:<br />

Si <strong>di</strong>ede allora a <strong>di</strong>pingere, e sebbene i suoi quadri non valgano le sue statue, vi si<br />

rinvengono però gran<strong>di</strong> pregi <strong>di</strong> colorista – quelli che mancano <strong>di</strong> solito alla pittura <strong>degli</strong><br />

scultori. Essa ammirava la scuola spagnola e adorava Rembrandt. Spesso la si vedeva<br />

al Louvre, estasiata davanti alle tele del maestro olandese.<br />

Più tar<strong>di</strong> le si proibì <strong>di</strong> lavorare, e faceva solo qualche schizzo, con una sicurezza<br />

maravigliosa. 412<br />

Nelle vesti <strong>di</strong> scultrice Adèle d’Affry aveva realizzato alcune opere passate<br />

poi alla storia, come i due busti <strong>di</strong> Maria Antonietta che l’articolista <strong>di</strong>ce aver<br />

fatto tanto rumore all’Esposizione Universale del 1867 (passati poi in possesso<br />

del duca <strong>di</strong> Mouchy), “l’uno rappresentante la Regina giovane e altera, in tutto<br />

lo splendore e la bellezza della dominazione, l’altro terribile e mesta immagine<br />

della veuve Capet con la testa avvolta nelle bende, caduta ma grande nella sua<br />

sventura, sorda all’insulto e pronta per il patibolo”, una statua <strong>di</strong> Bianca Cappello<br />

e, infine, una Pitonessa poi collocata nelle sale dell’Opéra <strong>di</strong> Parigi. 413<br />

Famosa per i suoi lavori, la duchessa era conosciuta anche per le sue doti <strong>di</strong><br />

brillante causeuse: molte fonti, infatti, oltre a quella gual<strong>di</strong>ana, esaltano il suo<br />

saper conversare, ricco <strong>di</strong> cultura e spirito, con interlocutori <strong>di</strong> altissimo livello,<br />

410 Si tratta della Rivoluzione spagnola detta anche la “Gloriosa” (ma meglio conosciuta<br />

come la “Settembrina”): questa agitazione, che avvenne nel settembre 1868, comportò la detronizzazione<br />

della regina Isabella <strong>II</strong> e l’inizio del periodo denominato sestennio democratico.<br />

411 L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 15. In effetti molte descrizioni<br />

ritraggono la duchessa come una donna “<strong>di</strong> statura giunonica, molto bionda e piacente”,<br />

come afferma R. DE CESARE in Roma e lo stato del Papa, Milano, Longanesi, 1970, p. 197.<br />

412 L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 15.<br />

413 Ibidem. Probabilmente anche la ‘Pitonessa’ venne successivamente posta all’interno<br />

dell’Opéra, giacché Cicco e Cola (Gli eccetera della settimana, cit., p. 51) parlano <strong>di</strong> “due statue<br />

sue [che] ornano il gran teatro”.<br />

111


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

al punto tale che era solita parlare “<strong>di</strong> storia con Gregorovius, <strong>di</strong> musica con<br />

Liszt, <strong>di</strong> scultura con Tenerani”. 414 Quando si allontanava dal suo atelier, nonostante<br />

ciò avvenisse piuttosto raramente, Marcello amava andare a pranzare, in<br />

incognito, nel giar<strong>di</strong>netto <strong>di</strong> una piccola trattoria dei boulevards extérieurs, ritrovo<br />

molto amato dai pittori, con i quali la duchessa, sotto mentite spoglie, si<br />

fermava sovente a chiacchierare e dove “certo la padrona del luogo non supponeva<br />

che il nome <strong>di</strong> quella frequentatrice fosse iscritto nell’almanac-co <strong>di</strong> Gotha”.<br />

415 Era stato in questo posto che Adèle d’Affry aveva stretto amicizia con il<br />

giovane e già celebre Henry Regnault, spesso ospite del suo laboratorio artistico<br />

insieme alle personalità più illustri d’Europa, “non solo artisti, ma scienziati,<br />

uomini <strong>di</strong> Stato […]; tra questi Thiers, Gounod, Claude Bernard…”. Elegante a<br />

suo modo, benché “un po’ bizzarra” quando partecipava ai balli <strong>degli</strong> ambasciatori<br />

o alle feste della principessa Matilde, Marcello mostrava, invece, una mise<br />

decisamente meno ricercata nel ricevere i suoi ospiti all’interno del proprio atelier,<br />

dove sfoggiava <strong>di</strong> norma acconciature quasi virili: “sulla veste <strong>di</strong>sadorna,<br />

pendente, si <strong>di</strong>sfacevano i suoi bion<strong>di</strong> capelli attorcigliati appena sulla testa, – e<br />

della gran dama non restavale che la innata <strong>di</strong>stinzione”. 416<br />

Borghese per nascita, la futura duchessa aveva acquisito il proprio titolo<br />

grazie al matrimonio con Carlo Colonna (duca <strong>di</strong> Castiglione Altibran<strong>di</strong>), ma<br />

neppure queste nozze erano valse a renderla agiata in vita e, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> –<br />

forse non senza un riecheggiamento, o anche un rimpianto, autobiografico –<br />

“ciò fu forse una fortuna per l’artista” 417 che, quando si spense innanzi tempo, à<br />

l’age de 42 ans, sans postérité, 418 “nella gran luce <strong>di</strong> Castellammare, davanti al<br />

sereno azzurro”, 419 aveva deciso <strong>di</strong> lasciare alla sua città natale, la svizzera Friburgo,<br />

i preziosi oggetti raccolti in varie parti del mondo e molte delle sue migliori<br />

creazioni, destinate ad essere riunite in una sala tappezzata <strong>di</strong> arazzi che<br />

avrebbe dovuto portare il suo nome. In realtà l’agognata sala è <strong>di</strong>venuta ad<strong>di</strong>rittura<br />

il Musée Marcello, noto per esser stato il primo museo pubblico in Europa<br />

414<br />

R. DE CESARE, Roma e lo stato del Papa, cit., p. 197.<br />

415<br />

L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 15.<br />

416<br />

Ibidem.<br />

417<br />

Ibidem.<br />

418<br />

G. PRINET, Duchess Colonna, cit., p. 593.<br />

419<br />

L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 15.<br />

112


Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

fondato e pianificato da una donna-scultrice, dove ancora oggi è custo<strong>di</strong>ta<br />

un’ampia selezione delle opere <strong>di</strong> Adèle d’Affry. 420<br />

420 Cfr. il catalogo della mostra personale a cura <strong>di</strong> M. TERRAPON – M. VON WISTIN-<br />

GHAUSEN – H. BESSIS, Marcello (1836-1879), Adèle d'Affry, duchesse de Castiglione Colonna,<br />

Fribourg, Musée d'art et d'histoire, 1980.<br />

113


Capitolo Terzo<br />

Tra carteggi e recensioni:<br />

<strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

114<br />

Il y a des hommes n’ayant pour mission<br />

parmi les autres que de servir<br />

d’intermé<strong>di</strong>aires; on les franchit<br />

comme des ponts, et l’on va plus loin.<br />

(Gustave Flaubert, L’Éducation sentimentale)<br />

.<br />

3.1 Giovanni Verga e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: storia <strong>di</strong> un’amicizia fraterna e letteraria<br />

Quando Giovanni Verga giunge a Milano, 1 sul finire del novembre 1872, 2 è<br />

un giovane scrittore <strong>di</strong> belle promesse il cui nome e il cui talento, dopo la pubblicazione<br />

<strong>di</strong> Una peccatrice (1866) e Storia <strong>di</strong> una capinera (1871), cominciavano<br />

ad esser noti al grande pubblico. Si era recato a Firenze, all’epoca capitale<br />

del Regno, nel 1865 e vi si era poi trasferito pochi anni più tar<strong>di</strong>, quando, nel<br />

’72 appunto, viene attratto dal richiamo dell’intensa vita letteraria e soprattutto<br />

dalle possibilità e<strong>di</strong>toriali della città ambrosiana – dove aveva già stampato il<br />

romanzo Storia <strong>di</strong> una capinera, accolto da un coro unanime <strong>di</strong> consensi –, cen-<br />

1 Sugli anni milanesi <strong>di</strong> Verga si vedano i saggi <strong>di</strong> R. BARBIERA, Giovanni Verga nella<br />

vita letteraria e mondana <strong>di</strong> Milano, in «La lettura», a. XX<strong>II</strong>, n. 2, febbraio 1922, pp. 168-172;<br />

–, Verga a Milano, in «Omnibus», 16 luglio 1938; S. ROSSI, Il soggiorno milanese <strong>di</strong> Giovanni<br />

Verga, in «Siculorum Gymnasium», a. XIV, n. 2, 1961, pp. 157-174; M. DILLON WANKE,<br />

Cameroni, Verga, «I Malavoglia», in I Malavoglia, Atti del Congresso Internazionale <strong>di</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />

(Catania, 26-28 novembre 1981), Catania, Fondazione Verga, 1982, vol. I, pp. 103-121.<br />

2 Verga aveva scritto a <strong>Luigi</strong> Capuana, il 13 novembre <strong>di</strong> quell’anno, chiedendogli qualche<br />

riga <strong>di</strong> raccomandazione: “Lunedì prossimo, probabilmente partirò per Milano […]. Se sei nel<br />

caso <strong>di</strong> presentarmi per lettera a qualche e<strong>di</strong>tore o <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> giornale, l’avrei assai caro e se<br />

per mezzo tuo potessi ottenere un’occupazione modestissima in qualche giornale te ne sarei assai<br />

grato”. La lettera è in S. ROSSI, Il soggiorno milanese <strong>di</strong> Giovanni Verga, cit., p. 157.


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

tro promotore della cultura nazionale e vera capitale economica e morale del<br />

paese. Nonostante si senta travolto dall’esuberanza <strong>di</strong> Milano, il centro più vivo<br />

e ricco dell’Italia da poco unificata, dove l’arte gli appare “un lusso da scioperati”,<br />

3 Verga non esita a richiamare al proprio fianco <strong>Luigi</strong> Capuana, che aveva<br />

lasciato a Firenze, affinché possa anch’egli constatare (vieni, ve<strong>di</strong> e prova anche<br />

te), <strong>di</strong> quella nuova realtà, la “febbre violenta <strong>di</strong> vita in tutte le sue più ardenti<br />

manifestazioni, l’amore, l’arte, le misteriose ebbrezze del lavoro”. 4 E forse<br />

è proprio attraverso l’involontario intervento <strong>di</strong> Capuana – il quale, accogliendo<br />

la richiesta <strong>di</strong> Verga <strong>di</strong> presentarlo a qualche e<strong>di</strong>tore o redattore <strong>di</strong> giornale,<br />

lo aveva introdotto all’allora <strong>di</strong>rettore Salvatore Farina 5 per una collaborazione<br />

alla «Rivista minima» – che lo scrittore siciliano conosce <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

Nella redazione della testata, su cui quest’ultimo pubblicava almeno dal maggio<br />

1873, 6 potrebbe dunque essere avvenuto il primo incontro tra due personalità<br />

dalle sorti per molti aspetti affini: quasi coetanei (Verga era più anziano <strong>di</strong> appena<br />

4 anni), i due giovani scrittori avevano entrambi lasciato incompleti gli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> giurisprudenza (l’uno a Catania, l’altro a Pavia) per de<strong>di</strong>carsi en plein<br />

alla letteratura e raccogliere i primi significativi successi, sul finire <strong>degli</strong> anni<br />

’60, grazie alla fiducia <strong>di</strong> due e<strong>di</strong>tori torinesi attraverso i quali <strong>di</strong>edero alle<br />

stampe l’uno, il romanzo Una peccatrice nel 1866 (per i tipi <strong>di</strong> A. F. Negro) e<br />

l’altro, la raccolta <strong>di</strong> Novelle nel 1868 (pubblicato da Bona).<br />

Se pure non dovesse aver avuto luogo nella sede del perio<strong>di</strong>co milanese, la<br />

conoscenza <strong>di</strong>retta tra <strong>Gualdo</strong> e Verga è testimoniata con certezza 7 a partire dal<br />

3<br />

G.. VERGA, Prefazione a Eva, Milano, Treves, 1973, pp. 3-4.<br />

4<br />

A. RESTUCCI, L’immagine della città, in Letteratura italiana. Storia e geografia, vol.<br />

<strong>II</strong>I (L’età contemporanea), Torino, Einau<strong>di</strong>, 1989, p. 184.<br />

5<br />

L’incontro con lo scrittore sardo avvenne agli inizi del 1873 poiché, nella prima lettera<br />

milanese <strong>di</strong> Verga in<strong>di</strong>rizzata a Capuana, egli scrive: “Ho conosciuto il sig. Farina e ti sono gratissimo<br />

<strong>di</strong> codesta simpatica relazione che mi hai procurata” (il testo è riportato quasi integralmente<br />

da S. ROSSI, Il soggiorno milanese <strong>di</strong> Giovanni Verga, cit., p. 159). “L’opera del Farina<br />

si svolse parallela all’opera del Verga”, avverte R. Barbiera (Giovanni Verga nella vita letteraria<br />

e mondana <strong>di</strong> Milano, cit., p. 169) che, dopo aver riportato un riflessioni verghiane sull’opera<br />

del <strong>di</strong>rettore della «Rivista minima», avverte che, pur trattandosi <strong>di</strong> tempre affatto <strong>di</strong>verse<br />

<strong>di</strong> artisti segnati da <strong>di</strong>fferenti fortune, furono “ambedue scrittori <strong>di</strong> coscienza, aborrenti dalla<br />

volgarità”. Al Farina, com’è noto, Verga in<strong>di</strong>rizzerà nel 1880 la prefazione, in veste <strong>di</strong> lettera,<br />

all’Amante <strong>di</strong> Gramigna, tesa a persuadere il destinatario della vali<strong>di</strong>tà delle tesi veriste.<br />

6<br />

La prima collaborazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> con la «Rivista minima» avvenne il 4 maggio 1873.<br />

7<br />

In una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Giovanni Verga, scritta in occasione della morte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e<br />

del trasporto della sua salma da Parigi a Milano, Arrigo Boito scriverà: “Pensa da quanti anni lo<br />

115


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

1874, anno in cui il giovane siciliano viene introdotto in casa Maffei nel più noto<br />

salotto <strong>di</strong> cultura della città, proprio ad opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e del comune amico<br />

Tullo Massarani. 8 In “rapporto <strong>di</strong> reciproco spalleggiamento, <strong>di</strong> mutuo aiuto e<br />

<strong>di</strong> incoraggiamento all’attività letteraria” 9 Arrigo Boito, Giacosa, <strong>Gualdo</strong> e Verga<br />

cominciano fin dal principio a fare gruppo fisso nel noto e ambito appartamento<br />

<strong>di</strong> via Bigli. Rigorosamente insieme, e con qualche altro intimo loro, i<br />

quattro frequentano anche i caffè letterari, come testimoniano alcune biografie<br />

dello scrittore catanese (“Verga frequenta i caffè, ma rifugge dalle compagnie<br />

rumorose. Va al Biffi o al Cova, locali tranquilli, dove s’incontra col Boito, col<br />

<strong>Gualdo</strong>, col Massarani, […] col Giacosa”), 10 dove <strong>di</strong>scutono <strong>di</strong> letteratura e si<br />

danno reciproci suggerimenti: sono tutti vali<strong>di</strong>ssimi artisti, che accolgono con<br />

benevolenza le parole dettate dall’esperienza <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> loro, anche se spesso<br />

in questo quartetto l’ultima parola spetta a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, forse il meno valido<br />

come scrittore, ma <strong>di</strong> certo il più noto fra essi, negli ambienti lombar<strong>di</strong>, come<br />

amico <strong>degli</strong> artisti, loro consigliere e critico preventivo:<br />

Poeti, romanzieri, comme<strong>di</strong>ografi, tutti noi insomma an<strong>di</strong>amo in cerca del <strong>Gualdo</strong>,<br />

come nostro giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prima istanza. Quando abbiamo finito il lavoro, quando l’opera<br />

nostra, passata dal calore della mente alla fredda realtà della carta ci sconforta come<br />

una <strong>di</strong>sillusione […] ci viene in mente come un grande sollievo: “Lo leggerò a <strong>Gualdo</strong>.<br />

Chissà che <strong>Gualdo</strong> non trovi che dopo tutto c’è del buono!” […].<br />

Così <strong>di</strong>nanzi ad uno scoglio, ad un intoppo grave si pensa: “Mi consiglierò con<br />

<strong>Gualdo</strong>”. E <strong>Gualdo</strong>, sempre amabile anche quando non trova da ammirare né da approvare,<br />

sempre misurato, sincero, ha un tatto suo... per farvi capire che bisogna tornare da<br />

capo. Il verdetto negativo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> vi convince, non vi sconforta. La sua critica è giu-<br />

conoscevamo! fin da quando tu venisti a Milano la prima volta; io ancor prima <strong>di</strong> te. Non ritroveremo<br />

mai più quel sorriso col quale lo accoglievamo incontrandolo; e quel sorriso faceva parte<br />

della nostra gioventù” (in appen<strong>di</strong>ce a G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in «Otto/Novecento», a. V<strong>II</strong>I, n. 3/4, maggio-agosto 1984, p. 145).<br />

8<br />

Massarani è ricordato nelle biografie verghiane come il primo “cospicuo” amico milanese<br />

<strong>di</strong> Giovanni Verga. I due si erano conosciuti attraverso la me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Francesco dall’Ongaro,<br />

uno dei più precoci padrini letterari dello scrittore siciliano, com’è testimoniato da una<br />

lettera del novembre 1871 alla contessa, scrittrice anch’essa, Caterina Percoto a proposito della<br />

commozione avuta nel leggere Storia <strong>di</strong> una capinera.<br />

9<br />

Si veda la voce “<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>” nel Dizionario biografico <strong>degli</strong> Italiani, vol. 60, Roma,<br />

Treccani, 2003, p. 160.<br />

10<br />

S. ROSSI, Il soggiorno milanese <strong>di</strong> Giovanni Verga, cit., p. 161.<br />

116


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

sta, precisa: egli sa quello che vuole, sa quello che gli piace, sa dove, artisticamente, si<br />

deve andare a finire… 11<br />

Fiducioso nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Giovanni Verga se ne serve spesso e, a<br />

ragione, vi ripone fiducia fin dalle prime fasi del loro rapporto <strong>di</strong> amicizia. Prima<br />

<strong>di</strong> trattare delle entusiastiche parole (all’epoca le sole, insieme a quelle espresse<br />

da <strong>Luigi</strong> Capuana) toccate ai Malavoglia alla vigilia della loro uscita,<br />

basterà sfogliare le ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> all’amico siciliano per comprendere<br />

quanta parte avessero, già a metà <strong>degli</strong> anni ’70, le valutazioni letterarie<br />

in questa corrispondenza, il cui corpus copre circa un quin<strong>di</strong>cennio che va<br />

dal 1875 al 1890. Portato alla luce nel 1984 da Gino Raya, 12 grande stu<strong>di</strong>oso e<br />

profondo conoscitore <strong>di</strong> Verga e del Verismo, questo epistolario è certamente<br />

in<strong>di</strong>ce del loro profondo legame <strong>di</strong> amicizia: da esso si evince la grande stima e<br />

ammirazione che legava i due anche dal punto <strong>di</strong> vista professionale. Purtroppo,<br />

però, la completezza <strong>di</strong> questi giu<strong>di</strong>zi è minata, malauguratamente per i lettori,<br />

dall’assoluta mancanza (o, nella migliore delle ipotesi, <strong>di</strong> un ritrovamento non<br />

ancora avvenuto) delle risposte <strong>di</strong> Verga al suo corrispondente milanese. Le lettere<br />

superstiti, con le in<strong>di</strong>cazioni della loro provenienza – Varese, Roma, Firenze,<br />

Venezia, Berna e, naturalmente, Parigi e Milano –, contribuiscono comunque,<br />

oltre che a fornire nuovi tasselli utili per ricostruire la storia dei rapporti tra<br />

Verga e <strong>Gualdo</strong>, anche a far acquisire nuovi dati biografici relativi a quest’ultimo.<br />

La prima <strong>di</strong> esse, datata “Milano, 4 luglio” [1875] e in<strong>di</strong>rizzata a Catania,<br />

si apre, significativamente, con un parere artistico:<br />

Caro Verga,<br />

Trovai vivo interesse dalla prima all’ultima pagina <strong>di</strong> Tigre reale ed ammirai sovente.<br />

Preferisco quest’ultimo libro a tutti gli altri vostri. A voce vi esprimerei assai<br />

meglio tutto il bene che ne penso, e mi permetterei <strong>di</strong> aggiungere qualche parola <strong>di</strong> critica,<br />

toccando i particolari, per accertarvi della sincerità con la quale vi lodo.<br />

Ciò, del resto, è inutile in bocca ad un pessimista come me. In generale poi mi pare<br />

che il bel romanzo non giustifica completamente il bellissimo titolo: quella donna,<br />

quasi sempre reale, non è abbastanza tigre. Fa soffrire gli altri, ma soffre più <strong>di</strong> loro – e<br />

muore, mentr’essi vivono e si consolano. Splen<strong>di</strong>do l’episo<strong>di</strong>o del bimbo malato; bella<br />

e nuova l’idea della riconciliazione <strong>di</strong> La Ferlita con sua moglie, basata sul sacrificio <strong>di</strong><br />

due amori extra-coniugali, l’uno morto, l’altro nascente… 13<br />

11 G. ROVETTA, Vita letteraria. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 1225-1233.<br />

12 G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., pp. 127-145.<br />

13 Ivi, p. 128. Lettera I.<br />

117


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Tigre reale è dunque, all’altezza cronologica del 1874, il testo <strong>di</strong> Verga che<br />

<strong>Gualdo</strong> preferisce, “la Nedda sempre eccettuata”, 14 come scriverà appena una<br />

settimana dopo temendo che la precedente lettera fosse andata smarrita: si noterà<br />

che, in quest’opera, egli avverte l’avanzamento del dato realista, ma si sofferma<br />

soprattutto – considerazione questa molto interessante e su cui torneremo<br />

nella conclusione – sulla impietosa analisi delle sofferenze psicologiche della<br />

protagonista, una femme fatale che travia un giovane innamorato <strong>di</strong> lei, il quale<br />

però, alla fine, sceglierà <strong>di</strong> tornare alle serene gioie della famiglia. Tuttavia la<br />

riflessione gual<strong>di</strong>ana che maggiormente colpisce è la segnalazione, come migliore<br />

episo<strong>di</strong>o, della scena del bambino malato. Questa parte del romanzo verghiano<br />

è stata più volte ritenuta la prova dell’influsso del modello <strong>di</strong> Flaubert su<br />

Verga. Se si considera che <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> riteneva Flaubert il suo autore pre<strong>di</strong>letto<br />

tanto da de<strong>di</strong>cargli in occasione della morte un brillante e commosso saggio<br />

su «Il Pungolo» 15 e da riferirsi, come si legge in una lettera in<strong>di</strong>rizzata al conte<br />

Robert de Montesquiou, 16 all’Éducation sentimentale chiamandolo “le Livre” e<br />

che quest’opera, infine, a detta <strong>di</strong> Carlo Alberto Madrignani, molto più <strong>di</strong> Bouvard<br />

e Pecuchet e <strong>di</strong> Madame Bovary, rappresenta nella sua memoria poetica<br />

l’inse-gnamento che più frequentemente si riattiva, 17 risulta allora fondamentale<br />

la rilevanza data nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Tigre reale all’episo<strong>di</strong>o in questione, dal momento<br />

che “la sequenza della malattia del bambino è imparentabile molto palesemente<br />

con quella della notte in cui Madame Arnoux, nell’Éducation, resta<br />

bloccata in casa appunto dalla malattia del figlio, mancando così all’appuntamento<br />

con Frédéric”. 18 L’influenza che ebbe Gustave Flaubert sulla narrativa<br />

– tanto sui temi quanto sullo stile – <strong>di</strong> Verga è stata non <strong>di</strong> rado motivata dalla<br />

critica alla luce della forte presenza dell’opera dello scrittore normanno nel-<br />

14<br />

Ivi, p. 129. Lettera <strong>II</strong>, datata Milano, 10 luglio [1875].<br />

15<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, in «Il Pungolo», 30-31 maggio 1880.<br />

16<br />

Lettera s.d. [1882] pubblicata in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert<br />

de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 318.<br />

17<br />

C. A. MADRIGNANI, Introduzione a L. GUALDO, Decadenza, cit., pp. 9-10.<br />

18<br />

L. FAVA GUZZETTA, Flaubert e Verga, in Flaubert e il pensiero del suo secolo. Atti<br />

del Convegno Internazionale (Messina 17-19 febbraio 1984), Messina, Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia,<br />

Istituto <strong>di</strong> lingue e letterature straniere moderne, 1985, p 380. L’idea, come avverte la<br />

stessa Guzzetta, era già stata in parte avanzata da R. RAMAT, Etica e poesia nei romanzi giovanili<br />

del Verga, in Ragionamenti morali e letterari, Città <strong>di</strong> Castello, Macrì, 1945. Sul medsimo<br />

argomento si veda anche A. DI BENEDETTO, Flaubert in Verga, in I Malavoglia. Atti del<br />

Congresso Internazionale <strong>di</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong>, cit., pp. 85-101.<br />

118


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

l’ambiente milanese della Scapigliatura e nelle riviste letterarie che gravavano<br />

intorno all’orbita <strong>di</strong> questo movimento letterario: perio<strong>di</strong>ci come la «Rivista<br />

minima», «Serate Italiane», «Il Sole», «Il Pungolo» e «L’Illustrazione Italiana»<br />

rappresentavano infatti “il luogo privilegiato <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni teoriche e prove<br />

sperimentali, nonché il punto d’incontro (e <strong>di</strong> scontro) <strong>di</strong> idee provenienti<br />

d’oltre Alpe con la cultura italiana post-unitaria, attraverso la me<strong>di</strong>azione dei<br />

vari <strong>Gualdo</strong>, Cameroni, Capuana, ecc.”. 19 Che dunque <strong>Gualdo</strong> abbia contribuito<br />

a <strong>di</strong>ffondere e a far conoscere a Milano (e probabilmente a far conoscere a Verga)<br />

un’opera come l’Éducation sentimentale non è un’ipotesi del tutto inverosimile,<br />

soprattutto se si considera che la stessa critica verghiana, ritenendo “il<br />

nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> […] un altro anello nella catena <strong>di</strong> rapporti col mondo<br />

letterario francese e milanese”, 20 ne parla definendolo:<br />

[…] un letterato «cosmopolita», che soleva soggiornare lungamente a Parigi, dove<br />

vantava l’amicizia dei Goncourt e <strong>di</strong> Zola. Il <strong>Gualdo</strong> era un utile «portatore» <strong>di</strong> notizie<br />

e <strong>di</strong> libri, che aveva avuto modo <strong>di</strong> affinare la sua sensibilità critica proprio in virtù dei<br />

suoi contatti con le letterature europee, e fu tra i primi a vedere la grandezza del capolavoro<br />

verghiano. 21<br />

Si aggiunga poi, informazione questa non meno utile della precedente, che:<br />

Verga teneva moltissimo conto dei suoi giu<strong>di</strong>zi, e l’esperienza <strong>di</strong> quello scrittore<br />

[…] aggiornato ed intelligente, esercitò forse su <strong>di</strong> lui un forte influsso, e soprattutto<br />

giovò ad avvicinarlo alla letteratura francese, chiarendogli i motivi della corrente veristica.<br />

22<br />

Fin dalle prime lettere del carteggio <strong>Gualdo</strong>-Verga emerge un’altra notizia<br />

significativa e cioè che anche lo scrittore catanese, dal canto proprio, aveva in<br />

19<br />

Ivi, pp. 376-377.<br />

20<br />

R. MELIS, La bella stagione del Verga. Francesco Torraca e i primi critici verghiani<br />

(1875-1885), Catania, Fondazione Verga, 1990, p. 51.<br />

21<br />

S. ROSSI, Il soggiorno milanese <strong>di</strong> Giovanni Verga, cit., p. 173. Anche Lia Fava Guzzetta,<br />

passando in rassegna le amicizie milanesi <strong>di</strong> Verga, ritiene che “Tullo Massarani e <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> potrebbero essere stati i più <strong>di</strong>retti me<strong>di</strong>atori <strong>di</strong> un contatto del Verga con la letteratura<br />

d’oltr’alpe. Tullo Massarani era, infatti, un conoscitore ed un <strong>di</strong>vulgatore in Italia della letteratura<br />

europea ed il <strong>Gualdo</strong> stesso, che trascorreva frequenti soggiorni a Parigi, recava sovente<br />

agli amici italiani libri, notizie, idee, dalla capitale francese” (in Flaubert e Verga, cit., p. 376).<br />

22<br />

Ivi, p. 174.<br />

119


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

gran cura e considerazione la produzione letteraria <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, il quale mette costantemente<br />

al corrente l’amico dei progressi nella stesura dei propri lavori: ad<br />

esempio, nel febbraio del 1876 lo informa che – lentamente, penosamente ed<br />

incontrando <strong>di</strong>fficoltà insormontabili ad ogni pagina – sta scrivendo un nuovo<br />

romanzo, che allo stesso Verga, forse durante una precedente conversazione<br />

avvenuta tra i due, era parso “pericoloso assai”. 23 Il testo in questione è il Mariage<br />

excentrique: il suo autore lo <strong>di</strong>rà terminato nel maggio del ‘77 (ma, aggiungerà<br />

poco dopo da Firenze rivolgendosi sempre a lui, “è tanto come se fosse<br />

da cominciare, perché non mi piace punto”) 24 e andrà in stampa soltanto due<br />

anni dopo. L’interessamento del catanese per le prove letterarie del suo corrispondente<br />

era stato piuttosto precoce. Già dall’agosto del 1875, <strong>di</strong>fatti, Verga si<br />

confrontava con più voci della critica napoletana e aveva scritto a Ruggero Mascari,<br />

allievo <strong>di</strong> De Sanctis, perché “voleva che anche l’amicissimo <strong>Gualdo</strong> fosse<br />

oggetto della sua attenzione”. 25 Come emerge dal loro carteggio, Mascari, in<br />

effetti, avendo ricevuto da Verga le opere dello scrittore milanese, promette <strong>di</strong><br />

scriverne, non senza qualche riserva, 26 un articolo nel «Giornale Napoletano».<br />

Un mese più tar<strong>di</strong>, però, questi comunicherà, chiamando in causa anche il<br />

collega Francesco Giunta, al quale era stato ancora una volta Verga a parlare<br />

dell’autore milanese suo amico, che: “In quanto al <strong>Gualdo</strong> ho pensato <strong>di</strong> fare<br />

nella seguente maniera: io ne traccerò un cenno abbastanza lungo nel Parini,<br />

smussando per quanto sia possibile il mio linguaggio; Giunta invece ne parlerà<br />

sul Giornale Napoletano”. 27 Tuttavia, dopo aver letto le pagine <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Mascari<br />

mostra <strong>di</strong> aver cambiato opinione sul valore letterario delle sue opere (“ho<br />

bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle che le mie impressioni sono rettificate”, 28 scriverà poche settimane<br />

dopo, così come Giunta che, dopo aver terminato Costanza Gerar<strong>di</strong> <strong>di</strong>rà<br />

che non per cortesia, ma per sincerità ne scriverà bene) 29 e nel <strong>di</strong>cembre dello<br />

23<br />

Lettera <strong>II</strong>I dell’8 febbraio [1876], in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 130.<br />

24<br />

Lettera V, ivi, p. 132.<br />

25<br />

R. MELIS, La bella stagione del Verga, cit., p. 47.<br />

26<br />

“La ringrazio delle opere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>: mi aspettavo <strong>di</strong>ppiù. Sa quanto è lontano <strong>Gualdo</strong> da<br />

Lei? Quanto in fatto <strong>di</strong> critica lo sono io dal De Sanctis: ne scriverò qualche cosa nel Giornale<br />

Napoletano” scrive Mascari a Verga in una lettera datata <strong>Napoli</strong>, 16 agosto 1875 (ivi, p. 268).<br />

27<br />

“In compenso se non ne canteremo il Te Deum, non ne <strong>di</strong>remo gran male”, continua<br />

Mascari nella lettera del 24 settembre 1875. E poi: “Or s’Ella crede più giovevoli al Sig.r <strong>Gualdo</strong>,<br />

che gli articoli vedano la luce nei giornali <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>, noi possiamo contentarlo” (ivi, p. 269).<br />

28<br />

Lettera <strong>di</strong> Ruggero Mascari a Giovanni Verga del 15 ottobre 1875 (ivi, p. 270).<br />

29<br />

Lettera <strong>di</strong> Francesco Giunta a Giovanni Verga del 6 <strong>di</strong>cembre 1875 (ivi, p. 277).<br />

120


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

stesso anno annuncia <strong>di</strong> aver già pronto un articolo che cercherà <strong>di</strong> pubblicare<br />

nella «Rivista Europea» o nel «Giornale Napoletano». 30 Però, non essendoci<br />

traccia <strong>di</strong> recensioni né ad opera <strong>di</strong> Giunta né <strong>di</strong> Mascari nelle annate 1875 e<br />

1876 del «Giornale Napoletano» e della «Rivista Europea», è possibile che<br />

Verga abbia poi chiesto (nuovamente incalzato da Mascari) 31 <strong>di</strong> far pubblicare<br />

altrove l’articolo, che fu in tutta evidenza stampato dal momento che <strong>Gualdo</strong>,<br />

scrivendogli a sua volta da Milano l’8 gennaio 1877, lo ringrazia per i giornali<br />

che gli ha inviato e gli manifesta grande riconoscenza <strong>di</strong>cendogli <strong>di</strong> sapere che<br />

deve soltanto a lui il fatto che Mascari abbia voluto occuparsi delle sue opere;<br />

vorrebbe ringraziarlo <strong>di</strong> persona per il lungo e benevolo articolo, sebbene ritenga<br />

che il loro interme<strong>di</strong>atore lo abbia già preceduto. 32 All’interno della stessa<br />

lettera, oltre a chiedere a Verga se ha avuto modo <strong>di</strong> leggere il racconto da lui<br />

pubblicato sul «Fanfulla» (e che, aggiunge, verrà presto seguito da un’altra novella),<br />

33 <strong>Gualdo</strong> lo informa inoltre che Treves ha voluto ripubblicare il suo<br />

“primissimo lavoro” (si tratta delle Novelle, rie<strong>di</strong>te con il titolo La Gran Rivale<br />

ed altri racconti 34 ), che sta revisionando il suo ultimo romanzo (ancora una volta<br />

pare trattarsi del Mariage excentrique) ed anche un volume <strong>di</strong> versi (le future<br />

Nostalgie, unica e sola sua raccolta poetica guar<strong>di</strong>ana, che sarà e<strong>di</strong>ta da Casanova<br />

nel 1883).<br />

Uno strano vuoto intercorre nella corrispondenza tra <strong>Gualdo</strong> e Verga –<br />

probabilmente colmata da incontri <strong>di</strong>retti avutisi a Milano – tra il maggio 1877<br />

ed il gennaio 1882, ma altri carteggi contribuiscono a supplire a questa mancanza<br />

<strong>di</strong> informazioni nel loro rapporto. Innanzitutto una “Lettera da Milano”,<br />

un po’ sui generis, apparsa nel quinto numero della rivista genovese «La Fronda»<br />

nel febbraio 1880: al suo interno Diego Ruffo (pseudonimo del giornalista<br />

30 Lettera <strong>di</strong> Ruggero Mascari a Giovanni Verga del 6 <strong>di</strong>cembre 1875 (ivi, p. 271).<br />

31 Lettera da Aidone del 1 ottobre 1876: “Desideravo sapere il vostro in<strong>di</strong>rizzo perché avevo<br />

già bello e pronto il saggio da voi chiestomi su <strong>Gualdo</strong>, per farlo stampare in quel giornale<br />

che più vi piacerà” (ivi, p. 273).<br />

32 Lettera IV, in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 130.<br />

33 Si tratta <strong>di</strong> Tre impressioni pubblicato in quattro puntate sul quoti<strong>di</strong>ano «Il Fanfulla» tra<br />

il 5 e l’8 <strong>di</strong>cembre 1876 e <strong>di</strong> Una creazione uscito su sei numeri della medesima rivista dal 27<br />

agosto al 2 settembre 1877. Queste novelle non sono poi confluite nelle raccolte curate dallo<br />

stesso <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> né nell’e<strong>di</strong>zione delle sue opere complete a cura <strong>di</strong> Carlo Bo.<br />

34 Una ulteriore stampa uscirà, sempre presso Treves, nel 1880.<br />

121


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Emmanuele Navarro della Miraglia) 35 fotografa alcune scene e figure <strong>di</strong> vita<br />

letteraria nella città meneghina e, scrivendo <strong>di</strong> un incontro svoltosi in casa Maffei,<br />

salotto signorile in cui s’incontrano “artisti e letterati veri”, egli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver<br />

visto chiacchierare insieme Capuana, Arrigo Boito, Verga e <strong>Gualdo</strong>. Di questi<br />

ultimi due, annoverati come i più eleganti, l’autore dell’articolo realizza una efficace<br />

istantanea: da un lato c’è <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> “l’uomo più caro e simpatico <strong>di</strong><br />

questo mondo”, che (vestendo sempre all’ultima moda e “con la sua figura delicata<br />

e un po’ pallida, con la sua barba quasi bionda e intiera […] arieggia un<br />

Cristo”) è detto autore <strong>di</strong> scritti “troppo raffinati perché il grosso pubblico possa<br />

gustarli”; dall’altro lato c’è invece Giovanni Verga (bell’uomo dal corpo svelto,<br />

il viso ovale, gli occhi “neri e pensosi” ed i capelli brizzolati “sempre <strong>di</strong>sposti<br />

con arte”) i cui libri hanno sul pubblico quasi l’effetto che produce la bottega <strong>di</strong><br />

un profumiere perché – forse qui Navarro intuisce e tenta <strong>di</strong> descrivere la carica<br />

innovativa <strong>di</strong> queste opere sul panorama letterario italiano dell’epoca – possono<br />

turbare lo spirito e far girare un poco il capo: tuttavia, nel suo negozio, “le boccette<br />

<strong>di</strong> buona essenza abbondano e non si ha che l’imbarazzo della scelta”. 36<br />

Ben più preziose per ricostruire le relazioni, soprattutto sul piano artistico,<br />

intercorse tra <strong>Gualdo</strong> e Verga, sono le lettere che quest’ultimo in<strong>di</strong>rizzò a <strong>Luigi</strong><br />

Capuana. Come si è già accennato, alla vigilia dell’uscita de I Malavoglia, sul<br />

finire del febbraio 1881, il loro autore – preoccupato non solo per il valore che<br />

il pubblico avrebbe potuto accordare alle sue innovazioni ed intenzioni artistiche,<br />

37 ma anche per il risultato che avrebbe saputo cavarne “nell’ottenere dal<br />

lettore l’impressione che volev[a]” – era stato in parte tranquillizzato dal giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> alcuni amici/critici. Tuttavia Verga non si era sentito affatto incoraggiato<br />

dalle parole del primo <strong>di</strong> essi, Tullo Massarani, ritenendolo <strong>di</strong> indole tropo indulgente;<br />

il vero sollievo era giunto solo ascoltando il parere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e<br />

quello del tutto simile dello stesso Capuana al quale scrive:<br />

35 Navarro della Miraglia figura tra le conoscenze <strong>di</strong>rette <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Verga almeno dal<br />

1877; la prova è offerta da una testimonianza epistolare, del gennaio dell’anno in<strong>di</strong>cato, in cui<br />

<strong>Gualdo</strong>, scrivendo da Milano all’amico in Sicilia, lo mette al corrente <strong>degli</strong> spostamenti <strong>di</strong> alcune<br />

conoscenze comuni: “Capuana è qui e pare si decida a rimanere. Navarro invece minaccia <strong>di</strong><br />

lasciarci”. Lettera IV, in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 130.<br />

36 D. RUFFO, Lettera da Milano, in «La Fronda», 15 febbraio 1880.<br />

37 In questa lettera, considerata dai critici alla stregua <strong>di</strong> un manifesto della poetica verista,<br />

Verga espone le scelte narrative che ha seguito nello scrivere I Malavoglia allo scopo <strong>di</strong> dare<br />

l’illusione completa della realtà evitando ogni artificio letterario che potesse dare al pubblico<br />

l’impressione <strong>di</strong> una messa in scena.<br />

122


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Lo stesso giorno 38 poi venne a trovarmi <strong>Gualdo</strong>, a <strong>di</strong>rmi un mondo <strong>di</strong> bene dei<br />

Malavoglia, dell’impressione che gli avevano lasciata, e non ti <strong>di</strong>rò tutto quello che mi<br />

<strong>di</strong>sse, e che mi fece un gran piacere pel momento in cui mi giungeva il suo giu<strong>di</strong>zio,<br />

perché lo so franco e schietto, e perché tengo in molto pregio il suo parere, ma ripeterlo<br />

qui non potrei senza sembrare ri<strong>di</strong>colmente vano. La sera poi mi giunse la tua cartolina,<br />

che aspettavo, ti confesso, con impazienza maggiore, e mi <strong>di</strong>ce precisamente le<br />

cose che mi <strong>di</strong>sse <strong>Gualdo</strong>, quasi colle tue medesime parole, compresa l’impressione<br />

complessiva del libro, una impressione <strong>di</strong> melanconia soffocante, mi <strong>di</strong>ceva lui, quasi<br />

voi vedeste la vita come una gran tristezza. Ed è vero.<br />

Caro <strong>Luigi</strong>, […] due parole tue m’hanno levato un peso dal petto, e ne sono tanto<br />

più contento perché […] mi sei abbastanza amico per <strong>di</strong>rmi nuda e cruda la verità […],<br />

e quelle tue parole, per mia fortuna, sono precisamente identiche a quelle dettemi da<br />

<strong>Gualdo</strong>. 39<br />

Malauguratamente, però, alla loro uscita I Malavoglia non riscontrano il<br />

minimo successo; Verga, tuttavia, crede ancora con fermezza nel valore del suo<br />

romanzo e si rinfranca pensando alle parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Capuana, al quale si rivolge<br />

<strong>di</strong>cendo: “il peggio è che io non son convinto del fiasco, e che se dovessi<br />

tornare a scrivere quel libro lo farei come l’ho fatto”. 40 Nonostante ciò, non<br />

mancheranno ancora, in futuro, momenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sillusione e sconforto, sentimenti<br />

accresciuti entrambi anche dal giu<strong>di</strong>zio negativo dell’e<strong>di</strong>tore Treves e dall’assoluta<br />

in<strong>di</strong>fferenza palesata, all’epoca, da quasi tutti i fogli perio<strong>di</strong>ci (cosa che<br />

<strong>di</strong>ede molto da pensare allo sconfortato Verga, il quale scrisse al suo corrispondente<br />

<strong>di</strong> Mineo che ciò poteva solo voler “<strong>di</strong>re chiaro che non vogliono spiattellarmi<br />

il deprofun<strong>di</strong>s). 41<br />

Un nuovo spiraglio <strong>di</strong> speranza giungeva però intanto a Verga dalla Francia:<br />

da Parigi infatti Eduard Rod, suo futuro traduttore, gli fa sapere che de<strong>di</strong>cherà<br />

un lungo e benevolo articolo ai Malavoglia su «Le Parlement» o su «Le<br />

National» (“e sarebbe un bel caso”, sostiene il catanese, “per un libro italiano,<br />

<strong>di</strong> dover aspettare quel che se ne <strong>di</strong>ce dal <strong>di</strong> là del Fréjus”) 42 , articolo che dovrà<br />

essere corredato da una notizia biografica relativa all’autore del romanzo, che,<br />

38<br />

S’intenda qui lo stesso giorno in cui Verga ricevette la su citata lettera <strong>di</strong> Tullo Massarani,<br />

che reca in intestazione la data Milano, 22 febbraio 1881.<br />

39<br />

G. VERGA, Lettere a <strong>Luigi</strong> Capuana, a c. <strong>di</strong> G. Raya, Firenze, Le Monnier, 1975, pp.<br />

164-166 (corsivi miei). La lettera è datata Milano, 25 febbraio 1881.<br />

40<br />

Lettera <strong>di</strong> Giovanni Verga a <strong>Luigi</strong> Capuana dell’11 aprile 1881 (ivi, p. 168).<br />

41 Ibidem.<br />

42 Ivi, p. 170.<br />

123


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

un po’ imbarazzato dalla richiesta, prontamente incarica Capuana <strong>di</strong> “fargli il<br />

ritratto”. Il sig. Rod, al momento, ha già tradotto – scelta infelice, a detta dello<br />

stesso Verga – la novella X nella «Revue littéraire»; sulla stessa rivista, si legge<br />

nel già citato documento in<strong>di</strong>rizzato a Capuana, “sarà pure inserita una bella<br />

traduzione della Lupa che mi ha fatto <strong>Gualdo</strong> e che è riescita abbastanza buona<br />

tenuto conto della <strong>di</strong>fficoltà massima del genere”. Alla versione francese della<br />

novella La Lupa, autore e traduttore avevano lavorato insieme nei mesi precedenti<br />

cercando <strong>di</strong> conservare il più possibile la fisionomia originaria del testo<br />

(“il mio amico <strong>Gualdo</strong> […] si è trovato assai bene della mia collaborazione in<br />

questo senso” 43 scriverà Verga a Rod inviandogli il manoscritto in francese e<br />

chiedendogli inoltre, appena uscirà, una copia della rivista su cui sarà pubblicata<br />

La Louve). In effetti La Lupa andò in stampa sulla «Revue littéraire et artistique»<br />

il successivo 15 maggio: 44 benché non vi sia esplicita menzione del nome<br />

del traduttore, parrebbe trattarsi della versione realizzata da <strong>Gualdo</strong> (come si<br />

mostra incline a credere anche Giorgio Longo). 45 Nel Fondo dei manoscritti<br />

verghiani a Catania, in cui sono custo<strong>di</strong>te le lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Verga, è conservato<br />

un biglietto senza data listato a lutto 46 che attesta questa pratica <strong>di</strong> traduzione<br />

a quattro mani, biglietto certamente anteriore all’aprile 1881, poiché a<br />

quest’epoca lo scrittore siciliano avrà già inviato il testo francese al Rod come<br />

prova e modello ben riuscito, nonostante si tratti della più accentuata delle novelle<br />

<strong>di</strong> Vita dei campi, da seguire per la sua traduzione de I Malavoglia: 47<br />

Caro Verga,<br />

Approvo i vari piccoli mutamenti. A ridosso del muro tradurrei contre le mur. Vi<br />

rimando il manoscritto con le correzioni e una buona stretta <strong>di</strong> mano. 48<br />

43<br />

Lettera del 4 <strong>di</strong>cembre 1881 pubblicata per la prima volta da R. CIAMPINI, Lettere <strong>di</strong><br />

Giovanni Verga al suo traduttore Eduard Rod, in «Il Ponte», a. IV, n. 5, maggio 1948, p. 442.<br />

44<br />

G. VERGA, La Lupa, in «Revue littéraire et artistique», 15 mai 1881, pp. 223-224. In<br />

nota si legge solo «Traduit de l’italien», senza specifica del nome del traduttore, ma i riferimenti<br />

contenuti nelle lettere verghiane ed il combaciare tra testo pubblicato e proposte gual<strong>di</strong>ane<br />

sulla versione francese sembrerebbero confermare l’ipotesi che si tratti della sua traduzione.<br />

45<br />

G. LONGO, Carteggio Verga-Rod, Catania, Fondazione Verga, 2004, p. 92(n).<br />

46<br />

Potrebbe pertanto risalire al 1880, anno della morte <strong>di</strong> don Alessandro <strong>Gualdo</strong> Bolis,<br />

padre <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

47<br />

R. CIAMPINI, Lettere <strong>di</strong> Giovanni Verga al suo traduttore Eduard Rod, cit., p. 442.<br />

48<br />

Il biglietto è integralmente riportato in nota da G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 132.<br />

A conferma della paternità gual<strong>di</strong>ana della traduzione gual<strong>di</strong>ana apparsa sulla «Revue Littéraire»,<br />

si <strong>di</strong>rà che al suo interno vi si trova l’espressione contre le mur suggerita nel biglietto.<br />

124


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

La “bella traduzione del racconto fatta dall’italo-francese <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>” 49<br />

verrà, in effetti, utilizzata da Rod su suggerimento <strong>di</strong> Verga (“essa non Le sarà<br />

forse inutile per avere un’idea <strong>di</strong> quel che riuscirebbe il tentativo che Le propongo,<br />

lasciando più che è possibile allo scritto nella traduzione francese la sua<br />

fisionomia caratteristica siciliana, come io ho cercato <strong>di</strong> renderla nell’italiano”)<br />

50 per cercare <strong>di</strong> interpretare quanto più nettamente e fedelmente le idee<br />

artistiche dell’autore italiano. 51 Ma Rod, poco incline a seguire con fedeltà e intento<br />

d’arte lo scrittore che traduce – come faceva invece in quegli anni Hérelle<br />

52 – non riesce sempre a preservare la veste linguistica originaria de I Malavoglia:<br />

la traduzione, comunque, parve accontentare tanto Capuana quanto<br />

Verga, che incaricò <strong>Gualdo</strong> – per quanto egli ritenesse che quel romanzo era da<br />

considerarsi intraducibile 53 – <strong>di</strong> fargli da interme<strong>di</strong>ario a Parigi 54 e <strong>di</strong> incontrare<br />

il suo traduttore, cui <strong>di</strong>ede notizia dell’incontro con queste parole:<br />

Caro Rod,<br />

vi recherà questa mia il sig. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, carissimo amico mio, che conoscerete<br />

forse pei suoi romanzi pubblicati dal Lemerre, e che son lieto <strong>di</strong> farvi conoscere personalmente.<br />

Egli vi <strong>di</strong>rà meglio <strong>di</strong> come non potrei farlo in una lunga lettera, tutto ciò <strong>di</strong><br />

cui abbiamo tanto parlato insieme, circa una possibile pubblicazione della traduzione<br />

francese dei Malavoglia, e vedrà con Voi, se non sarebbe preferibile <strong>di</strong> tentare la prova<br />

49<br />

U. RAPALLO, La traduzione come viaggio e le barriere della traducibilità, in «<strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />

italiani <strong>di</strong> linguistica teorica e applicata», Pacini E<strong>di</strong>tore, 1992, p. 18.<br />

50<br />

R. CIAMPINI, Lettere <strong>di</strong> Giovanni Verga al suo traduttore Eduard Rod, cit., p. 442.<br />

51<br />

Si veda la lettera <strong>di</strong> Verga a Rod del 4 <strong>di</strong>cembre 1881: “Io proporrei a Lei, ove occorre<br />

quell’interpretazione e quel giro della frase, che crederei rendesse meglio il carattere dello stile;<br />

Ella, più competente <strong>di</strong> me, l’adotterebbe se trovasse che anche in francese risponderebbe nettamente<br />

al mio pensiero” (ivi, p. 444).<br />

52<br />

Georges Hérelle sarà il traduttore ufficiale <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio. A proposito della<br />

sua bravura <strong>Gualdo</strong> scriverà a Verga (cfr., infra, il capitolo intitolato: Nella Roma bizantina).<br />

53<br />

Comunica, in effetti, Verga al suo traduttore francese: “Son certo che […] Ella riuscirebbe<br />

a fare una vera opera d’arte e a superare <strong>di</strong>fficoltà immense, giacché lo stesso <strong>Gualdo</strong>, che<br />

pur conosce perfettamente il francese, <strong>di</strong>cevami che i Malavoglia sono intraducibili” (R.<br />

CIAMPINI, Lettere <strong>di</strong> Giovanni Verga al suo traduttore Eduard Rod, cit., p. 444).<br />

54<br />

Non si trattò, in questo caso, della prima occasione in cui <strong>Gualdo</strong> si trovò a svolgere un<br />

compito in vece/per Verga. In una lettera da Parigi del 19 luglio [1876] si legge: “Sono stato per<br />

trovar Verga, pel quale ho una commissione, ma non l’ho trovato. Del resto il peggior <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong><br />

Parigi è proprio la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> trovar la gente”. Fondo <strong>Gualdo</strong>, b.1(5). Il documento citato è<br />

parzialmente e<strong>di</strong>to in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 294.<br />

125


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

ad<strong>di</strong>rittura in volume, coll’Ollendorf e col Charpentier, od anche col Lévy. Insomma<br />

fate insieme quello che credete e potete fare <strong>di</strong> meglio. 55<br />

Una settimana dopo questa riunione parigina, <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong>rà a Verga che, avendo<br />

parlato con Rod, si è ancor più convinto dell’ardua impresa <strong>di</strong> tradurre I<br />

Malavoglia in francese: insieme, comunque, sono giunti alla conclusione che il<br />

romanzo, troppo lungo per esser stampato in rivista, potrebbe venir proposto a<br />

e<strong>di</strong>tori quali Hachette o Hetzel, dal momento che né Ollendorf né Charpentier<br />

pubblicano traduzioni. Nella stessa lettera <strong>Gualdo</strong> si esula dal fornire ulteriori<br />

spiegazioni a Verga dacché ritiene che Rod gli abbia già lungamente scritto illustrandogli<br />

nel dettaglio la situazione. 56 Questi tuttavia, incontrato l’interme<strong>di</strong>ario<br />

(“J’ai reçu la visite <strong>di</strong> M. <strong>Gualdo</strong>”, 57 fa sapere all’autore del romanzo<br />

da tradurre il 14 aprile 1882) scrive affermando l’esatto contrario e cioè che<br />

propende per una pubblicazione de I Malavoglia a puntate su «Le Parlement»<br />

(in effetti l’e<strong>di</strong>zione in volume uscirà a Parigi solo nel 1887, per i tipi Savine).<br />

Questo <strong>di</strong>sguido non dovette contribuire a migliorare l’idea che <strong>Gualdo</strong> andava<br />

costruendosi del Rod, <strong>di</strong> cui, da quanto emerge dai vari suoi carteggi, non doveva<br />

avere un’altissima opinione. Benché questi, che pur figura tra i corrispondenti<br />

dello scrittore milanese, firmerà “un charmant article”, come viene definito<br />

in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a François Coppée, 58 su Le Nostalgie gual<strong>di</strong>ane nelle<br />

pagine del «Parlement» del 22 aprile 1883, il nostro autore parlerà anche in<br />

seguito <strong>di</strong> lui in toni ben poco entusiastici: “non sono andato alla ricerca <strong>di</strong> Rod<br />

a Parigi perché […] lo trovo troppo nojoso e ginevrino” affermerà, ad esempio,<br />

rivolgendosi proprio a Verga nell’agosto 1886, “lo è anzi tanto che fu nominato<br />

professore alla <strong>Università</strong> <strong>di</strong> Ginevra, al posto del povero Marc Monnier” 59 . Ad<br />

ogni modo risale a poco meno <strong>di</strong> un mese dopo l'incontro <strong>Gualdo</strong>-Rod la prima<br />

55<br />

Lettera dell’8 aprile 1882, in R. CIAMPINI, Lettere <strong>di</strong> Giovanni Verga al suo traduttore<br />

Eduard Rod, cit., p. 445.<br />

56<br />

Lettera V<strong>II</strong>I, s.d. [17 aprile 1882], da Parigi (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 135).<br />

57<br />

G. RAYA, 112 ine<strong>di</strong>ti per il Carteggio Verga-Rod, in «Otto/Novecento», anno V, n. 1,<br />

gennaio/febbraio 1981, p. 267. Sfortunatamente però Raya, che non riporta in questo articolo i<br />

testi delle lettere in maniera integrale, ha omesso la trascrizione della cronaca dell’incontro tra<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Eduard Rod fatta da quest’ultimo.<br />

58<br />

Lettera s.d. [ma post 22 aprile 1883] <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Francois Coppée pubblicata da<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 226-229.<br />

59<br />

Lettera X<strong>II</strong>, s.d. [agosto 1886], da Varese (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 135).<br />

126


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

e sola visita a Parigi <strong>di</strong> Verga, “l'unico viaggio della sua vita” 60 (che avrebbe<br />

poi proseguito in <strong>di</strong>rezione Londra) compiuto insieme al fratello Mario: dal 10<br />

al 14 maggio i due siciliani alloggiarono nella capitale francese presso l'Hôtel<br />

Canterbury; pare che in quest'occasione lo scrittore, oltre che per farsi fotografare<br />

da Nadar, ne approfittò per incontrare gli amici <strong>Gualdo</strong>, Rod e Del Balzo. 61<br />

Un anno più tar<strong>di</strong>, sul finire dell’estate del 1883, Verga ebbe l’idea <strong>di</strong> adattare<br />

la novella della Cavalleria rusticana per il teatro ed affrontare finalmente,<br />

“come già aveva fatto in Francia lo Zola”, 62 le scene: il pubblico e la critica attribuivano<br />

gran<strong>di</strong>ssima importanza all’esperienza teatrale come conferma della<br />

vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> uno scrittore, ma pare che egli volle accettare la prova soltanto “per<br />

un presunto dovere <strong>di</strong> scrittore o per seguire una moda”. 63 In effetti, anche in<br />

seguito, Verga continuò sempre ad anteporre la novella al dramma: il teatro –<br />

come si evince dall’intervista rilasciata a Ugo Ojetti a Milano nell’agosto del<br />

’94 – era da lui considerato una forma d’arte inferiore e primitiva, soprattutto<br />

per alcune ragioni meccaniche, quali l’obbligo <strong>di</strong> ricorrere agli attori, me<strong>di</strong>atori<br />

tra autore e pubblico, e la necessità <strong>di</strong> scrivere non per un lettore ideale ma per<br />

una folla me<strong>di</strong>a (un average reader, <strong>di</strong>ce Verga) per intelligenza e gusto, variabilissima<br />

per tempo e luogo. 64 La trasposizione della Cavalleria in dramma avvenne<br />

in Sicilia nell’arco <strong>di</strong> soli due giorni (“tanto esso era già nella novella”) 65<br />

a detta <strong>di</strong> De Roberto, il quale informa anche che il suo soggiorno in famiglia<br />

venne abbreviato allo scopo <strong>di</strong> recarsi nuovamente a Milano, dove Verga era<br />

impaziente <strong>di</strong> sentire ciò che gli amici avrebbero pensato dell’opera sua:<br />

Una specie <strong>di</strong> comitato <strong>di</strong> lettura fu da lui raccolto nel suo quartiere del Corso Venezia,<br />

numero 82: lo composero Arrigo Boito, Emilio Treves, Eugenio Torelli-Viollier<br />

e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

Amici tutti egualmente intimi e sinceri, incapaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>r cosa che non pensassero, e<br />

tra i più capaci <strong>di</strong> dare buoni consigli, i quattro u<strong>di</strong>tori non furono concor<strong>di</strong>. 66<br />

60<br />

G. RAYA, Vita <strong>di</strong> Giovanni Verga, Roma, Herder, 1990, p. 156.<br />

61<br />

G. LONGO, Carteggio Verga-Rod, cit., p. 117(n).<br />

62<br />

A. GANDOLFO, Le singolari vicende <strong>di</strong> “Cavalleria Rusticana”, in «L’Osservatore<br />

politico-letterario», marzo 1971, p. 45.<br />

63<br />

C. MUSUMARRA, Introduzione a F. DE ROBERTO, Casa Verga e altri saggi verghiani,<br />

Firenze, Le Monnier, 1964, p. 16.<br />

64<br />

U. OJETTI, Giovanni Verga, in Alla scoperta dei letterati, a c. <strong>di</strong> P. Pancrazi, Firenze,<br />

Le Monnier, 1967, p. 123.<br />

65 F. DE ROBERTO, Casa Verga e altri saggi verghiani, cit., p. 191.<br />

66 Ibidem.<br />

127


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Boito lodò l’opera dell’amico, racconta sempre De Roberto, ma la giu<strong>di</strong>cò<br />

senza mezzi termini inadatta alle scene; Treves, nonostante la massima che governava<br />

la sua vita umana e lavorativa – je prends mon bien où je le trouve –<br />

era piuttosto tra<strong>di</strong>zionalista quanto a gusti teatrali e pertanto <strong>di</strong>ede anch’egli un<br />

parere del tutto contrario; Eugenio Torelli-Viollier rappresentò invece il buon<br />

profeta dalla vista acuta, dal momento che fu l’unico tra i presenti a sentenziare<br />

che l’opera doveva esser portata in teatro perché vi avrebbe immancabilmente<br />

trionfato. Restava infine <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, il quale – cosa affatto insolita data la sua<br />

natura ed il suo frequente ruolo <strong>di</strong> critico – decise <strong>di</strong> non esprimersi sull’argomento<br />

giu<strong>di</strong>candosi troppo incerto. 67 Non è da escludersi che, in questa specifica<br />

occasione, la sua valutazione poté essere influenzata dal parere <strong>di</strong> Boito che,<br />

esperto più <strong>di</strong> tutti i presenti in questioni <strong>di</strong> ambito teatrale e fra <strong>di</strong> essi certamente<br />

l’amico più stretto (e più rispettato) <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, mai sarebbe riuscito ad<br />

apprezzare un lavoro in cui era assente il melodramma ed in cui la realtà aveva<br />

un peso troppo ingombrante per poter essere in sintonia con il suo temperamento<br />

romantico, “anelante <strong>di</strong> spaziare nelle superne regioni della fantasia”. 68<br />

Analogamente a Boito, ma per altre vie, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> non apprezzava gli<br />

eccessi del realismo contemporaneo: forse in virtù dei frequenti contatti a Parigi<br />

con il circolo <strong>di</strong> Mendès ed Here<strong>di</strong>a, egli aveva sviluppato e si era fatto portavoce<br />

<strong>di</strong> un concetto <strong>di</strong> Bellezza parnassianamente inteso sicché, per sua indole<br />

più incline ad una trascrizione poetica della realtà, potrebbe non esser stato del<br />

tutto persuaso dalla cruda rappresentazione <strong>di</strong> alcune scene della Cavalleria rusticana.<br />

Perfettamente calzante, a proposito <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>vergenza <strong>di</strong> ideali narrativi<br />

(e, in parte, anche esistenziali), il parallelo proposto da Gaetano Mariani tra<br />

la Narcisa <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, protagonista dell’omonima novella, e Narcisa Val<strong>di</strong>eri,<br />

personaggio <strong>di</strong> Una peccatrice <strong>di</strong> Verga. Nella sua Storia della Scapigliatura,<br />

infatti, il critico sottolinea come queste due donne, entrambe innamorate della<br />

propria immagine, vengano descritte dai rispettivi autori secondo un ideale <strong>di</strong><br />

bellezza che, soltanto in apparenza simile, presuppone un’intensa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

fondo: mentre la Narcisa gual<strong>di</strong>ana, possedendo la calma imperturbabile del<br />

marmo, rappresenta un ideale <strong>di</strong> perfezione assoluto, la Narcisa verghiana è invece<br />

descritta con tutte le sue imperfezioni che, proprio in quanto tali, coprono<br />

67 Ivi, pp. 190-195.<br />

68 C. MUSUMARRA, Introduzione a F. DE ROBERTO, Casa Verga e altri saggi ver-<br />

ghiani, cit., p. 16.<br />

128


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

ma al tempo stesso fanno ammirare ancor <strong>di</strong> più la sua bellezza. 69 Di conseguenza,<br />

nella sua novella, <strong>Gualdo</strong> ostenta la volontà <strong>di</strong> realizzare la Bellezza in<br />

ogni atto dell’esistenza, “nel vivere quoti<strong>di</strong>ano al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> ogni riferimento<br />

all’antico” 70 (<strong>di</strong>staccandosi, così, in parte anche dagli stessi parnassiani) e lo fa<br />

attraverso una donna che, atarassicamente, vive – imperturbabile agli sguar<strong>di</strong>,<br />

alle vite e alle passioni altrui – soltanto in funzione e nel culto del proprio aspetto.<br />

La protagonista <strong>di</strong> Una peccatrice, al contrario, “è venata <strong>di</strong> ombre e segreti<br />

che la rendono più profonda e sicura” 71 (e quin<strong>di</strong> anche più reale, visto che<br />

Narcisa Val<strong>di</strong>eri, <strong>di</strong>versamente da quel che avviene nelle pagine <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, vibra<br />

<strong>di</strong> passione e muore <strong>di</strong> passione). Sempre secondo Mariani, che amplia il<br />

<strong>di</strong>scorso includendo, sul versante <strong>di</strong> Verga, anche i personaggi femminili <strong>di</strong> Eva<br />

e Tigre reale, “la <strong>di</strong>sumana bellezza della Narcisa gual<strong>di</strong>ana si umanizza dunque<br />

nell’umanissima anche se eccezionale bellezza delle protagoniste verghiane,<br />

creature <strong>di</strong> passione che […] vivono drammaticamente – anche se con impassibile,<br />

esteriore freddezza – la breve avventura della loro beltà”. 72 Alla luce<br />

<strong>di</strong> questo confronto che, seppur parzialmente, contribuisce ad illustrare la <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> intenti poetici, quale emerge dalle pagine prese in esame <strong>di</strong> Verga e<br />

<strong>Gualdo</strong>, può forse risultare meglio comprensibile l’indecisione dello scrittore<br />

milanese <strong>di</strong>nnanzi ad una potenziale messa in scena, <strong>di</strong> “un passaggio al genere<br />

me<strong>di</strong>o-borghese del melodramma” 73 della novella rusticana.<br />

Nei mesi successivi al meeting con gli amici milanesi, Verga mostra <strong>di</strong> essere<br />

ancora per certi aspetti titubante circa la questione <strong>di</strong>scussa con essi a<br />

quell’epoca e, scrivendo nel novembre 1883 a Gégé Primoli, gli confessa le sue<br />

paure per l’imminente prima assoluta dell’opera al Teatro Carignano <strong>di</strong> Torino;<br />

egli teme soprattutto le ipotetiche reazioni che potrebbero avere critica e pubblico,<br />

forse ancor memore della <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi riscontrata nel comitato <strong>di</strong><br />

lettura Boito-Treves-Torelli-<strong>Gualdo</strong>, e riconosce che il suo potrebbe risultare<br />

“un tentativo troppo ar<strong>di</strong>to al giorno d’oggi”. 74 Ad ogni modo tutti i timori ven-<br />

69<br />

G. MARIANI, Storia della Scapigliatura, Caltanissetta, Sciascia, 1967, pp. 585-588.<br />

70<br />

Ivi, p. 586.<br />

71<br />

Ivi, p. 587.<br />

72<br />

Ivi, p. 591. Sulle <strong>di</strong>fferenze e analogie della narrativa <strong>di</strong> Verga e <strong>Gualdo</strong> si vedano inoltre<br />

R. BIGAZZI, I colori del vero, cit., pp. 293-297 e V. RODA, Il fantasma della pluralità:<br />

Tigre reale, in Verga e le patologie della casa, Bologna, CLUEB, 2002, pp. 203-205.<br />

73<br />

C. BOLOGNA, Tra<strong>di</strong>zione e fortuna dei classici, vol. <strong>II</strong>, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1993, p. 723.<br />

74<br />

La lettera, datata Milano 3 novembre 1883, è consultabile in M. SPAZIANI, Con Gégé<br />

Primoli nella Roma bizantina, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura, 1962, pp. 219-220.<br />

129


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

gono placati e smentiti il 14 gennaio 1884: Cavalleria rusticana ottiene infatti a<br />

Torino un successo inau<strong>di</strong>to. <strong>Gualdo</strong>, che si trovava a Parigi, telegrafa il giorno<br />

seguente all’amico Verga per congratularsi, 75 cosa che farà poi personalmente<br />

in occasione della prima milanese, l’11 maggio dello stesso anno. Di questa serata<br />

e del verdetto del pubblico <strong>di</strong> Milano, egli scrive in tono entusiastico, all’indomani<br />

del trionfo, a François Coppée:<br />

Verga – que vous avez connu – vient d’avoir, hier soir, un succès colossal au<br />

théâtre Manzoni, avec un drame en un acte Cavalleria rusticana.<br />

C’est très puissant, d’un gran effect tragique, d’une concision et d’une rapi<strong>di</strong>té effrayantes.<br />

Zola et Becque seraient on ne peut plus contents. 76<br />

Nuovamente a Coppée <strong>Gualdo</strong> si rivolge, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> pochi mesi, per parlare<br />

sempre <strong>di</strong> Cavalleria e <strong>di</strong>rgli che la Duse sta rappresentando, con la compagnia<br />

<strong>di</strong> Cesare Rossi, la petite pièce anche fuori d’Italia in una nouvelle tournée<br />

triomphale: il testo recitato nella messa in scena del dramma è ancora quello<br />

nella lingua d’origine <strong>di</strong> Verga perché “pour le moment, ni lui ni Solanges ne<br />

m’ont plus parlé de la traduction française”. 77 La versione tradotta dell’opera<br />

sarà pronta in via definitiva soltanto nel 1888: opera <strong>di</strong> Solanges, 78 essa avrà<br />

come revisori – una volta <strong>di</strong> più non è inverosimile pensare che anche in<br />

quest’occasione ci sia stata una me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> – Emile Zola e lo<br />

stesso François Coppée. La notizia dell’approvazione del testo da parte dei due<br />

illustri francesi emerge, quasi fra le righe, da una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Verga: Alberto<br />

Barbavara <strong>di</strong> Gravellona, 79 me<strong>di</strong>co ufficiale <strong>degli</strong> italiani in Francia e fu-<br />

75<br />

“Lietissimo per trionfo furente non esser stato avvisato Duse Verga, Teatro nuovo, for<br />

ever. <strong>Gualdo</strong>” (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 133).<br />

76<br />

Lettera s.d. [post 11 maggio 1884]. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 231-233.<br />

77<br />

Lettera s.d., ma probabilmente del novembre-<strong>di</strong>cembre 1884 (ivi, cit., pp. 238-239).<br />

78<br />

Il parigino Paul Solanges fu poeta e traduttore che visse la maggior parte della propria<br />

vita a Milano, città in cui raggiunse una certa notorietà. Tra gli ospiti fissi del salotto <strong>di</strong> Vittoria<br />

Cima, e per questo in buoni e frequenti rapporti con <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, fu autore delle traduzioni in<br />

francese <strong>di</strong> gran parte del nostro Ottocento, dal Daniele Cortis <strong>di</strong> Fogazzaro al Mefistofele e al<br />

Falstaff <strong>di</strong> Boito, dalla Dama <strong>di</strong> Challant <strong>di</strong> Giacosa alla, come si è visto, Cavalleria rusticana<br />

<strong>di</strong> Verga. Solanges fu inoltre paroliere <strong>di</strong> numerosissimi testi musicali per Giulio Ricor<strong>di</strong>.<br />

79<br />

Alberto Barbavara <strong>di</strong> Gravellona, <strong>di</strong> origini novaresi, esercitava la professione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co<br />

a Parigi, dove aveva sposato una donna francese, Juliette Legrand. Fu tra gli amici più stretti<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e lo assisté fino in punto <strong>di</strong> morte. Fu forse per me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> quest’ultimo che, con i<br />

tipi <strong>di</strong> Treves uscirono a suo nome le e<strong>di</strong>zioni italiane de Le <strong>di</strong>sciple (Il <strong>di</strong>scepolo) e <strong>di</strong> André<br />

130


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

turo traduttore ufficiale <strong>di</strong> Bourget aveva domandato l’intervento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> affinché<br />

convincesse Verga a fare <strong>di</strong> lui l’autore ed il supervisore della versione<br />

francese della Cavalleria da rappresentare al Théâtre Libre; <strong>Gualdo</strong>, allegando<br />

il post scriptum <strong>di</strong> Barbavara al suo messaggio <strong>di</strong>retto a Catania, 80 appare quasi<br />

<strong>di</strong>vertito della <strong>di</strong>menticanza dell’amico me<strong>di</strong>co relativa alla precedente traduzione<br />

realizzata da Solanges.<br />

In effetti fin dal 1885 Verga aveva valutato la possibilità <strong>di</strong> rappresentare la<br />

sua opera in francese, ritenendo che sarebbe potuta piacere “anche a Parigi se<br />

non altro pel colore”: 81 <strong>Gualdo</strong> e Primoli avevano caldeggiato l’idea 82 invitandolo<br />

a mandare il testo tradotto pochi mesi prima da Solanges a Zola 83 (e, alla<br />

luce della lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> citata poc’anzi, aggiungeremo, anche a Coppée).<br />

Eduard Rod, che all’epoca era in cattivi rapporti con Solanges, aveva acconsentito<br />

a collaborare con quest’ultimo, 84 pur <strong>di</strong> vedere Chevalerie rustique messa in<br />

Cornelis (Andrea Cornelis) <strong>di</strong> Paul Bourget, le uniche traduzioni in commercio, come si legge<br />

sui rispettivi frontespizi del 1891 e 1905, autorizzate dall’autore.<br />

80<br />

In realtà il testo <strong>di</strong> Barbavara, per una <strong>di</strong>strazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, verrà allegato alla lettera<br />

successiva, scritta due giorni più tar<strong>di</strong>: “Mercre<strong>di</strong>. Proscritto. Sai dove sia il Verga. Se a Milano,<br />

domandagli s’egli acconsentirebbe a dare tradotta il suo atto Cavalleria rusticana per il famoso<br />

Théâtre Libre <strong>di</strong> cui devi aver inteso parlare. Digli cos’è questa fiorente e interessantissima<br />

istituzione, l’eco grande che avrebbe un successo riportato davanti a un pubblico relativamente<br />

intelligente, eco che si trasformerebbe in lucro se un <strong>di</strong>rettore o l’altro dei teatri prosaici<br />

parigini approfitterà del successo e della reclame che si usa fare a una produzione del Th. Libre.<br />

Antoine […] e Jullien […] mi hanno pregato <strong>di</strong> consigliare un lavoro teatrale un po’ degno <strong>di</strong><br />

nota del repert. italiano e non credo <strong>di</strong> sbagliarmi, del poco che ne so, a lancer il bozzetto siciliano<br />

del V. O tu dammi un consiglio tuo. Di’ al Verga che la cosa urge. Man<strong>di</strong> qui il volume e<br />

lo tradurremo col Jullien o col Caraguel. Soprattutto assicuralo che sarà in buone mani. Se non è<br />

a Milano vuoi tu scrivergli a nome mio? Ciò mi farebbe guadagnar del tempo. Sai che il Th. Libre<br />

dà una rappresentazione gratuita una volta al mese. […] Rispon<strong>di</strong>mi appena hai una risposta.<br />

Tuo Barba” (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 139n-140n).<br />

81<br />

Lettera <strong>di</strong> Giovanni Verga a Gégé Primoli dell’8 marzo 1885 pubblicata in M. SPA-<br />

ZIANI, Con Gégé Primoli nella Roma bizantina, cit., pp. 224.<br />

82<br />

Desumo questa informazione da S. ZAPPULLA MUSCARÀ, Giovanni Verga invisibile<br />

burattinaio-artista, fra teatro, melodramma e cinema, in Giovanni Verga. Una biblioteca da<br />

ascoltare, Roma, De Luca, 1999, p. 60.<br />

83<br />

Émile Zola conosceva le opere <strong>di</strong> Verga fin dai tempi della pubblicazione in lingua originale<br />

dei Malavoglia. Non comprendendo bene l’italiano, egli aveva lamentato le sue <strong>di</strong>fficoltà<br />

in una lettera a Felice Cameroni pubblicata da E. MESSA VISMARA, De Zola à Cameroni,<br />

une lettre retrouvée, in «Cahièrs Naturalistes», v. 45, n. 73, 1999, pp. 67-76.<br />

84<br />

Lettera a Giovanni Verga del 5 settembre [1885]. Cfr. G. RAYA, 112 ine<strong>di</strong>ti per il Carteggio<br />

Verga-Rod, cit., p. 272: “per avere il piacere <strong>di</strong> fare rappresentare la vostra «pièce», io<br />

131


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

scena al Théâtre Libre. Come si evince da una precedente lettera in<strong>di</strong>rizzata al<br />

Rod da Verga, quest’ultimo era legato da riguar<strong>di</strong> personali con Solanges: variare<br />

questi accor<strong>di</strong> preventivi era per lui impossibile, a meno che, a sua stessa<br />

detta, non fosse intervenuto a fare da me<strong>di</strong>atore il solito <strong>Gualdo</strong> che, con il tatto<br />

e la <strong>di</strong>plomazia che lo contrad<strong>di</strong>stinguevano, avrebbe potuto parlare con il traduttore<br />

francese risolvendo ogni incomprensione 85 (secondo Giorgio Longo il<br />

contenuto <strong>di</strong> questo documento verghiano “avvalora la tesi […] secondo cui fu<br />

in primo luogo <strong>Gualdo</strong> che promosse l'idea della rappresentazione parigina <strong>di</strong><br />

Cavalleria, ponendosi come tramite tra Verga e Solanges, per far presentare la<br />

traduzione <strong>di</strong> quest'ultimo a Zola”). 86 Sfortunatamente però, in quel periodo, egli<br />

non si trovava a Parigi. Sarà lì, comunque, pochi mesi dopo per un breve<br />

soggiorno: intento a far da ponte per mettere in contatto Verga e gli impresari<br />

teatrali francesi, <strong>Gualdo</strong>, appena giunto nella capitale francese – che ha trovato<br />

particolarmente animata, ed in<strong>di</strong>fferente più che mai, in fondo, a tutto fuorché<br />

alla propria vita intensa – si affretta a mettersi all’opera e quin<strong>di</strong> ad aggiornare<br />

l’amico in quei giorni a Roma:<br />

Subito mi sono occupato <strong>di</strong> te, poiché Barbavara mi ha detto, per prima cosa, che<br />

si parlava sul serio <strong>di</strong> rappresentare Cavalleria rusticana al Théâtre Libre, e forse<br />

prima che questa stagione finisca. Ho voluto sapere qualcosa <strong>di</strong> più sicuro prima <strong>di</strong><br />

scriverti, ed infatti ora sembra che non si possa metterla in scena prima dell’inverno (e<br />

sarebbe forse anche meglio). In ogni modo se sento qualcosa <strong>di</strong> nuovo prima <strong>di</strong> ripartire,<br />

te ne terrò informato. Intanto ti posso <strong>di</strong>re che M. Antoine, il <strong>di</strong>rettore del suddetto<br />

teatro, è entusiasta del tuo lavoro, e prima o poi lo vuol dare certamente. 87<br />

Difatti, nel settembre 1888, hanno inizio le prove della Cavalleria rusticana:<br />

Verga informa Primoli che da Parigi richiedono la sua presenza o, quantomeno,<br />

necessitano ricevere “schiarimenti sulla scena”. 88 A scrivergli a Vizzini<br />

era stato proprio <strong>Gualdo</strong> che, per quanto avesse cercato <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare personalmente<br />

con sue spiegazioni le curiosità <strong>di</strong> tecnici e artisti, si era visto infine co-<br />

rinunciavo alla mia antipatia contro la collaborazione […] e mi riserverò solamente <strong>di</strong> non fare<br />

«mettre mon nom sur l’affiche»”.<br />

85 Lettera <strong>di</strong> Giovanni Verga a Eduard Rod del 3 settembre 1884 contenuta in R. CIAM-<br />

PINI, Lettere <strong>di</strong> Giovanni Verga al suo traduttore Eduard Rod, cit., pp. 449-450.<br />

86 G. LONGO, Carteggio Verga-Rod, cit., p. 183(n).<br />

87 G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 140. Lettera XX del 3 giugno [1888].<br />

88 M. SPAZIANI, Con Gégé Primoli nella Roma bizantina, cit., pp. 228-229. La lettera è<br />

datata Vizzini, 28 settembre 1888.<br />

132


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

stretto a richiedere un intervento <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> Verga, soprattutto allo scopo <strong>di</strong> soccorrere<br />

Barbavara, del quale illustra, nella stessa lettera, l’imbarazzo nel <strong>di</strong>rigere<br />

un cast <strong>di</strong> attori desiderosi <strong>di</strong> informazioni e <strong>di</strong> particolari sulla messa in scena,<br />

sulle interpretazioni e sui costumi. 89 Ben sapendo quanto il suo genere sia in<br />

precedenza risultato ostico al pubblico italiano, Verga non nasconde a vari suoi<br />

corrispondenti la possibilità <strong>di</strong> recarsi davvero a Parigi, temendo altrimenti che,<br />

senza la sua supervisione, Cavalleria, già per sua natura <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile trasposizione,<br />

riadattamento e riformulazione nel contesto e nella lingua francese a causa<br />

della presenza <strong>di</strong> situazioni ed ambienti squisitamente siciliani (“Figurati!”,<br />

scrive ad esempio a Primoli, “figurati un Coquelin a <strong>di</strong>re Hanno ammazzato<br />

compare Turiddu! Ed io lì, <strong>di</strong>nanzi al pubblico inferocito”) 90 possa risultare del<br />

tutto incomprensibile agli spettatori. Nonostante gli sforzi, tuttavia, il 19 ottobre<br />

1888 “la pièce tombe sous les huées”. 91<br />

Al <strong>di</strong> fuori dei messaggi relativi alle singolari vicende <strong>di</strong> Cavalleria rusticana,<br />

nelle lettere sue destinate a Verga <strong>di</strong> questi anni, <strong>Gualdo</strong> non si astiene<br />

dal trattare i più svariati argomenti, come <strong>di</strong>mostrano, ad esempio, le frequenti<br />

esortazioni quando, venuto a conoscenza <strong>di</strong> alcune pause <strong>di</strong> inattività e pigrizia<br />

letteraria dell’amico <strong>di</strong> stanza in Sicilia, lo incita “a non fare il <strong>Gualdo</strong>” e “a ritornare<br />

il Verga <strong>di</strong> prima”, a rimettere al più presto piede sul continente perché,<br />

a suo parere, c’è il rischio che la Trinacria possa avergli, in via definitiva, “allacciate<br />

le sue tre gambe intorno al corpo”. 92 Ben più seri sono poi, sempre in<br />

questo periodo, per la pre<strong>di</strong>lezione che manifesta <strong>di</strong> avere per una determinata<br />

tipologia <strong>di</strong> testi, i messaggi <strong>di</strong> apprezzamento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> relativi alle opere verghiane<br />

che ha avuto modo <strong>di</strong> leggere sui perio<strong>di</strong>ci nazionali o che gli sono stati<br />

inviati in dono dall’amico: essi rivestono grande importanza perché aiutano a<br />

meglio comprendere i suoi gusti letterari. Colpisce innanzitutto che egli continui<br />

a ritenere Nedda la sua opera preferita pure a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo, ma anche<br />

che valuti tra i testi migliori mai scritti da Verga il racconto intitolato Certi argomenti,<br />

93 confluito poi in Primavera, e la raccolta Vagabondaggio, con parti-<br />

89 G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 140. Lettera XXI s.d., forse del settembre 1888.<br />

90 M. SPAZIANI, Con Gégé Primoli nella Roma bizantina, cit., p. 229 (lettera CXXIX).<br />

91 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 238. Una nuova tournée della Cavalleria rusticana<br />

partirà nel 1909: nel corso <strong>di</strong> un solo anno il dramma avrà in Francia ben ventidue applau<strong>di</strong>tissime<br />

repliche: il testo <strong>di</strong> Solanges, intanto, era stato ritoccato, mentre come interpreti erano<br />

stati scelti esclusivamente attori <strong>di</strong> compagnie italiane.<br />

92 G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 136. Lettera X<strong>II</strong>I del [16 agosto 1886].<br />

93 Ivi, p. 129. Lettera <strong>II</strong>I.<br />

133


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

colare interesse ed ammirazione per la novella Quelli del colèra. 94 Provando ad<br />

immaginare una gual<strong>di</strong>ana biblioteca ideale <strong>di</strong> testi verghiani, costituita – per<br />

quanto ci è dato sapere attraverso le segnalazioni presenti nelle lettere – da Nedda,<br />

Tigre reale, Primavera, Malavoglia e Vagabondaggio, si noterà che si tratta<br />

<strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong> testi piuttosto eterogenei, ma in fondo accomunabili tra loro<br />

sotto alcuni aspetti.<br />

Significativamente questo corpus è costituito, quasi esattamente, da quell’insieme<br />

<strong>di</strong> opere verghiane che Felice Cameroni aveva con determinazione<br />

stigmatizzato. Milanese e filofrancese al pari <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, e appartenente alla medesima<br />

generazione, Cameroni è ricordato come il critico che attraverso i suoi<br />

articoli si batté per la <strong>di</strong>ffusione in Italia del realismo, e più ancora della figura<br />

e della produzione letteraria <strong>di</strong> Zola. Ma mentre <strong>Gualdo</strong>, che fu parimenti amico<br />

e ammiratore dello scrittore francese, de<strong>di</strong>cò alcune recensioni e mostrò <strong>di</strong> apprezzare<br />

soprattutto il Zola della rêverie e dei romanzi meno fedeli al metodo<br />

naturalista e già volti ad un nuovo tipo <strong>di</strong> ricerca (ovvero quelle opere che a sua<br />

detta “occupano un posto a sé nella serie”) 95 , Cameroni, <strong>di</strong> orientamento democratico-ra<strong>di</strong>cale,<br />

si fece portavoce e sostenitore del metodo zoliano più puro,<br />

della teoria naturalista dello scrittore-scienziato. Amico anch’egli <strong>di</strong> Verga, con<br />

cui intrattenne una fitta corrispondenza e al quale fece conoscere Rod, Cameroni<br />

aveva rintracciato nelle prime pubblicazioni del siciliano, e soprattutto in<br />

Nedda, Tigre reale (“non abbastanza realista”) e Primavera (ma poi anche in<br />

Vagabondaggio), la presenza troppo ingombrante <strong>di</strong> nuclei <strong>di</strong> sentimentalismo,<br />

idealismo e romanticismo avvertiti in aperta <strong>di</strong>stonia con il naturalismo, pure<br />

presente, <strong>di</strong> ascendenza d’oltralpe (naturalismo <strong>di</strong> cui, invece, il critico riscontrava<br />

un influsso più decisivo nel “realismo intenso <strong>di</strong> Eros” e poi dei Malavoglia).<br />

96 Come nel caso <strong>di</strong> Zola, anche in relazione a Verga, <strong>Gualdo</strong> e Cameroni<br />

<strong>di</strong>mostrano <strong>di</strong> avere pre<strong>di</strong>lezioni <strong>di</strong>verse, quasi antipo<strong>di</strong>che. Sebbene in apparente<br />

concordanza nel giu<strong>di</strong>zio positivo sui Malavoglia, i due recensori elogeranno<br />

il romanzo per ragioni <strong>di</strong>fferenti: da un lato Cameroni <strong>di</strong>rà <strong>di</strong> aver apprezzato<br />

soprattutto la “maggiore oggettività nello svolgimento”, 97 mentre dal-<br />

94<br />

Ivi, p. 138. Lettera XV<strong>II</strong>.<br />

95<br />

Ibidem.<br />

96<br />

Si vedano a tal proposito le sue recensioni alle opere verghiane in F. CAMERONI, Interventi<br />

critici sulla letteratura italiana, a cura <strong>di</strong> G. Viazzi, <strong>Napoli</strong>, Guida, 1974. Su Zola cfr.,<br />

invece, ID., Interventi critici sulla letteratura francese, a c. <strong>di</strong> G. Viazzi, <strong>Napoli</strong>, Guida, 1975.<br />

97<br />

G. VERGA, Lettere sparse, a c. <strong>di</strong> G. F. Chimirri, Roma, Bulzoni, 1979, pp. 106-109.<br />

134


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

l’altro <strong>Gualdo</strong> rivelerà all’amico <strong>di</strong> esser stato colpito piuttosto dalla “impressione<br />

<strong>di</strong> melanconia soffocante” che attanaglia l’opera perché ha percepito nel<br />

leggerla, pagina dopo pagina, quanto il suo autore veda e senta “la vita come<br />

una gran tristezza”. 98 Sembrerebbe dunque che <strong>Gualdo</strong> – al pari <strong>di</strong> come agirà<br />

con Zola manifestando per lo scrittore francese un vivo interesse specialmente<br />

per i testi “les moins réalistes ou, si l’on préfefère, les seuls idéalistes” 99 riservando<br />

la sua preferenza alle pagine in cui egli “rivela quale anima si accoppi in<br />

lui alla mente dello scienziato dell’osservazione” 100 – abbia operato una attenta<br />

selezione tra gli scritti <strong>di</strong> Verga, approvando soprattutto quelli ad<strong>di</strong>tati da Cameroni<br />

<strong>di</strong> essere “<strong>di</strong> transazione”, monotone variazioni <strong>di</strong> uno stesso soggetto,<br />

troppo ricche “<strong>di</strong> passioni e <strong>di</strong> mestizia”. 101<br />

Si segnala, infine, che sull’esaltante giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, carico <strong>di</strong> approvazione,<br />

relativo alla novella Certi argomenti potrebbero aver influito, oltre a<br />

quelli già delineati, anche altri motivi <strong>di</strong> natura più personale. Nel testo, che<br />

<strong>Gualdo</strong> scrive <strong>di</strong> aver letto sulla «Strenna italiana» 102 e che verrà poi pubblicato<br />

nella raccolta Primavera, sono narrate le vicende <strong>di</strong> due nemici/amanti che<br />

“scorrazz[ano] pel mondo onde fuggire la noia”. 103 Quello della noia esistenziale<br />

e della frenetica vita cosmopolita in opposizione (e come cura) ad essa, è un<br />

tema particolarmente caro a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, una vera e propria costante tanto della<br />

sua biografia quanto della sua produzione letteraria, come si è avrà modo <strong>di</strong><br />

illustrare nelle pagine de<strong>di</strong>cate a Paul Bourget il quale, per l’appunto, in più occasioni<br />

parlò dell’amico come <strong>di</strong> un uomo fine ed incantevole sempre in giro<br />

per il mondo con la sua vita da <strong>di</strong>lettante annoiato. 104 A motivare poi la speciale<br />

ammirazione che lo scrittore milanese <strong>di</strong>chiarò per questa novella – e che espresse<br />

invitando Verga, suo corrispondente, a prender cappello! – potrebbe aver<br />

contribuito anche un’altra causa. Certi argomenti ha inizio con la narrazione<br />

98<br />

Si tratta della già parzialmente riportata lettera <strong>di</strong> Giovanni Verga del 25 febbraio 1881<br />

consultabile in ID., Lettere a <strong>Luigi</strong> Capuana, cit., pp. 164-166 (corsivi miei).<br />

99<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 90.<br />

100<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola, Le Rêve (I), in «L’Illustrazione Italiana», 27<br />

gennaio 1889, p. 63.<br />

101<br />

F. CAMERONI, Cronaca letteraria, in «Arte drammatica», 2 <strong>di</strong>cembre 1876, p. 2.<br />

102<br />

G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 129. Lettera <strong>II</strong>I dell’8 febbraio [1876].<br />

103<br />

G. VERGA, Certi argomenti, in Primavera e altri racconti, Milano, Brigola, 1887, rist.<br />

in Tutte le novelle, Milano, Mondadori, 1979, p. 74.<br />

104<br />

P. BOURGET, Memorandum del 3 marzo 1887, riportato in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., p. 43.<br />

135


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

<strong>di</strong> un 31 <strong>di</strong>cembre all’interno <strong>di</strong> un albergo napoletano, dove “tre o quattro ospiti”,<br />

nell’attesa della mezzanotte del Capodanno, “rimanevano faccia a faccia,<br />

col sigaro in bocca e i gomiti sulla tovaglia”. 105<br />

Una situazione molto simile, ma realmente accaduta, viene ricordata da<br />

Verga in una lettera del <strong>di</strong>cembre 1888 a Gégé Primoli al quale chiede se rammenta<br />

la volta in cui, insieme ad altri, “aspettammo la mezzanotte guardandoci<br />

in faccia, coi gomiti su un tavolino del caffè Colonna, per annoiarci insieme”.<br />

106 A conferma <strong>di</strong> questa teoria <strong>di</strong> una ripresa, nella novella, <strong>di</strong> un momento<br />

della vita <strong>di</strong> Verga, si <strong>di</strong>rà che Carla Ricciar<strong>di</strong>, nella prefazione all’e<strong>di</strong>zione Le<br />

Monnier <strong>di</strong> Vita dei Campi del 1987, parla <strong>di</strong> un’effettiva liquidazione in<strong>di</strong>retta<br />

dell’esperienza autobiografica <strong>di</strong> Verga proprio a proposito della novella Certi<br />

Argomenti. 107 Ora, premettendo che si tratta soltanto <strong>di</strong> una mera ipotesi, non è<br />

del tutto da escludere che nel circolo <strong>di</strong> amici seduti al tavolino del caffè Colonna<br />

<strong>di</strong> Milano fosse presente anche <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (e significativamente in uno<br />

dei suoi caffè preferiti) il giorno <strong>di</strong> quella vigilia <strong>di</strong> Capodanno cui fa riferimento<br />

Verga senza però fornire nel messaggio epistolare, nostro malgrado, ulteriori<br />

in<strong>di</strong>cazioni circa i presenti e l’anno al quale risale il ricordo citato. Se così fosse,<br />

gli elogi un po’ cifrati e particolarmente intensi, che <strong>Gualdo</strong> riserva a questa<br />

novella nella lettera <strong>di</strong>retta allo scrittore siciliano, risulterebbero rafforzati dalla<br />

proiezione <strong>di</strong> chi scrive in un episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> vita vissuta. Ma, si riba<strong>di</strong>sce, questa<br />

non è che una congettura.<br />

Per concludere il <strong>di</strong>scorso sui giu<strong>di</strong>zi letterari <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> rivolti a Verga, resterebbe<br />

ancora da esaminare la sua reazione all’uscita del Mastro-don Gesualdo.<br />

Malauguratamente, però, non ci è dato sapere cosa egli poté pensare del secondo<br />

capolavoro verghiano: benché in due occasioni 108 affermi <strong>di</strong> attendere<br />

con impazienza l’apparizione in volume del testo – non avendo voluto leggerlo<br />

a brani sulla «Nuova Antologia» – e <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> farne già “anticipatamente una festa”,<br />

l’ultima sua lettera (in termini cronologici, e non <strong>di</strong> ritrovamento) 109 risale<br />

105<br />

G. VERGA, Certi argomenti, cit., p. 68. Corsivo autoriale.<br />

106<br />

M. SPAZIANI, Con Gégé Primoli nella Roma bizantina, cit., p. 229. Lettera CXXX.<br />

107<br />

C. RICCIARDI, Prefazione a G. VERGA, Vita dei Campi, Firenze, Le Monnier, 1987,<br />

p. XV<strong>II</strong>I.<br />

108<br />

G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., pp. 142-143. Lettere XX<strong>II</strong>I e XXIV.<br />

109<br />

Si conoscevano, ad esempio, solo otto dei ventisei documenti epistolari all’epoca della<br />

composizione del già citato saggio <strong>di</strong> Matilde Dillon Wanke, scritto in occasione del Congresso<br />

Internazionale <strong>di</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sui Malavoglia, tenutosi a Catania nel novembre 1981. Nel testo, unita-<br />

136


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

al 1890, senza recare altra in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> giorno e mese. Nonostante il romanzo<br />

fosse stato pubblicato da Treves sul finire dell’anno precedente, quest’ultima<br />

missiva, inviata da Parigi, non contiene alcun riferimento all’opera e tratta piuttosto<br />

<strong>degli</strong> incalzanti problemi <strong>di</strong> salute che cominciavano a colpire <strong>Gualdo</strong> e<br />

che <strong>di</strong> lì a breve lo avrebbero condotto prima alla paralisi, poi alla morte. In<br />

compenso, esiste una testimonianza in<strong>di</strong>retta fornita dallo stesso Verga che,<br />

scrivendo a proposito del Mastro-don Gesualdo al già citato Felice Cameroni,<br />

ed in risposta a certi puristi della forma che tanto avevano criticato il suo ultimo<br />

lavoro, afferma: “Quanto poco ci vorrebbe a contentare i Ciolla, come li<br />

chiama <strong>Gualdo</strong>, della critica e del pubblico! E sono tanti! E il solito merito che<br />

voglio avere perché so quel che m’è costato, è <strong>di</strong> tapparmi le orecchie, e tirare<br />

innanzi per la mia via”. 110 Tuttavia non risulta chiaro, neppure dal resto della<br />

lettera, se l’espressione gual<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong> derivazione <strong>di</strong>alettale, fosse stata usata in<br />

relazione alle vicende <strong>di</strong> quel romanzo. Verosimilmente, nell’ultimo periodo<br />

della sua vita, <strong>Gualdo</strong> ebbe forse modo <strong>di</strong> apprezzare il D. Candeloro, siccome<br />

da una lettera che il dottor Barbavara scrisse in vece <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Verga, per ringraziarlo<br />

dell’invio del volume, 111 si evince che il malato “lo leggerà appena<br />

glie lo permetteranno quei manigol<strong>di</strong> <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ci” dato che, per il momento, “egli<br />

è costretto a credere sulla parola a quanto gli scrivono del […] libro gli amici<br />

che l’han letto e soprattutto al Boito che glie ne scrive con molta e preziosa<br />

ammirazione”. 112<br />

Con il manifestarsi dei primi sintomi della malattia, <strong>Gualdo</strong> si trasferirà in<br />

maniera quasi stabile in Francia e dunque non dovette aver più modo <strong>di</strong> vedere<br />

spesso Verga, pendolare in quegli anni tra Roma e la Sicilia. L’assenza <strong>di</strong> lettere<br />

successive al 1890 nel Fondo catanese, non deve comunque far ritenere che i<br />

rapporti tra i due fossero cessati, perché Verga continuò a serbare, anche nel periodo<br />

successivo alla morte dell’amico, un vivo ricordo <strong>di</strong> lui e dei loro anni migliori.<br />

Efficace più <strong>di</strong> ogni altra è una testimonianza, piuttosto tarda, <strong>di</strong> De Roberto<br />

che, narrando le ultime ore <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> Giovanni Verga, ricorda come nella<br />

mente all’appello a far figurare queste lettere tra quelle <strong>degli</strong> epistolari più significativi <strong>di</strong> Verga,<br />

si legge che l’ultimo documento allora conosciuto era un telegramma del gennaio 1884.<br />

110<br />

E. GHIDETTI, Verga. Guida storico-critica, Roma, E<strong>di</strong>tori Riuniti, 1979, pp. 99-100.<br />

Lettera del 4 gennaio 1890.<br />

111<br />

Non c’è traccia <strong>di</strong> questo testo tra i libri superstiti della biblioteca <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, conservati<br />

attualmente all’Ambrosiana <strong>di</strong> Milano. È invece ancora custo<strong>di</strong>ta in Casa Verga una copia<br />

con de<strong>di</strong>ca autografa del volume <strong>di</strong> L. GUALDO, Une ressemblance, Paris, Lemerre, 1874.<br />

112<br />

Lettera datata “Parigi 1 gennaio 1894” (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani, cit., p. 145).<br />

137


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

memoria dell’anziano scrittore ormai avvolto dalle nebbie della sclerosi, un improvviso<br />

miglioramento si affiancò al riemergere <strong>di</strong> antichi e piacevoli ricor<strong>di</strong>,<br />

che lo accompagnarono, felice, al momento della fine:<br />

Spirito e fibra erano investiti da una nuova onda <strong>di</strong> vita. D’or<strong>di</strong>nario, giunto <strong>di</strong>nanzi<br />

al suo Circolo, egli vi si fermava già stanco, per tirare il fiato: quella sera volle<br />

proseguire fino al negozio <strong>degli</strong> apparecchi elettrici; poi, sebbene non frequentasse più<br />

i caffè, volle prendere qualche cosa: – «Non importa che cosa!» – pur <strong>di</strong> ricordare altri<br />

tempi, i tempi <strong>di</strong> Milano, i convegni con Boito, con Capuana, con Giacosa, con <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, con Giovanni Pozza, con tutti gli amici perduti. 113<br />

Morirà a Catania il 27 gennaio 1922, ultimo supersite <strong>di</strong> questa in<strong>di</strong>menticabile<br />

cerchia <strong>di</strong> amici, confratelli d’arte e <strong>di</strong> vita.<br />

3.2 Il critico del critico: le parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> sull’opera <strong>di</strong> Capuana e viceversa<br />

I rapporti tra i due <strong>Luigi</strong> della narrativa italiana tardottocentesca, l’uno<br />

lombardo, l’altro siciliano, hanno sicuramente un denominatore comune nella<br />

persona <strong>di</strong> Giovanni Verga, amico intimo <strong>di</strong> entrambi. È in nome <strong>di</strong> quest’ultimo,<br />

infatti, che <strong>Gualdo</strong> si rivolge per la prima volta a Capuana in una lettera<br />

dell’agosto 1875, 114 che testimonia una conoscenza epistolare, antecedente a<br />

quella <strong>di</strong>retta e personale, tra i due scrittori; il sindaco <strong>di</strong> Mineo, infatti, non si<br />

trasferirà a Milano (incalzato dalle continue sollecitazioni proprio <strong>di</strong> Verga) 115<br />

che due anni dopo l’invio del messaggio in questione, e cioè nel 1877. Questo<br />

documento, redatto in stile e tono piuttosto formale, costituisce in realtà la risposta<br />

ad una precedente lettera <strong>di</strong> Capuana a <strong>Gualdo</strong>, andata purtroppo perduta,<br />

come la maggior parte delle carte appartenute al milanese, ma <strong>di</strong> cui è possibile<br />

ipotizzare almeno in parte il contenuto attraverso le parole <strong>di</strong> rimando del<br />

messaggio superstite:<br />

113 F. DE ROBERTO, Casa Verga e altri saggi verghiani, cit., pp. 251-252.<br />

114 La lettera, datata “Parigi, 24 agosto 1875”, pur essendo stata pubblicata da ormai alcuni<br />

decenni da C. DI BLASI (Una lettera <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong> al Capuana, in «Biologia culturale», a. VI,<br />

n.1, marzo 1971, p. 14), non figura citata in nessuna bibliografia gual<strong>di</strong>ana.<br />

115 Sulla biografia ed i contatti del siciliano cfr. ID., <strong>Luigi</strong> Capuana. Vita-Amicizie-<br />

Relazioni letterarie, Mineo, Biblioteca Capuana, 1954.<br />

138


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Egregio Signore,<br />

La cortesissima e troppo lusinghiera sua lettera mi ha arrecato vivo piacere. Essa<br />

mi viene spe<strong>di</strong>ta qui [a Parigi], ma senza il libro ch’ella chiama un «mero pretesto», ma<br />

che io invece leggerò col massimo interesse fra pochi giorni – appena tornato in Italia –<br />

come ho già letto il suo Teatro Italiano. La ringrazio mille volte d’aver pensato a mandarmelo,<br />

ma non so davvero come farle comprendere quanto le sono grato per le espressioni<br />

<strong>di</strong> benevolenza <strong>di</strong> cui Ella mi colma. 116<br />

Difficile <strong>di</strong>re a quale libro si riferisca l’allusione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, considerato<br />

che, oltre a Il teatro italiano contemporaneo del 1872 che egli afferma <strong>di</strong> aver<br />

letto, non è nota opera alcuna <strong>di</strong> Capuana anteriore alla data della lettera, fatta<br />

eccezione per una pubblicazione relativa a Il Comune <strong>di</strong> Mineo, che altro non è<br />

se non, come avverte il curatore Di Blasi, “una relazione amministrativa dello<br />

stesso sindaco”. 117 Nel testo, comunque, appare subito evidente il precoce interessamento<br />

del critico alla narrativa gual<strong>di</strong>ana (considerando che, all’altezza<br />

cronologica in cui si colloca il documento, erano apparsi soltanto la prima versione<br />

delle Novelle, nel 1868, e il romanzo Costanza Gerar<strong>di</strong>, nel 1871, poi ristampato<br />

in terza e<strong>di</strong>zione da Treves proprio nel 1875) 118 e allo stesso tempo il<br />

ruolo ricoperto da Giovanni Verga in qualità <strong>di</strong> amico comune:<br />

Mi rincresce <strong>di</strong> non essere stato il primo a scriverle, come avevo desiderio <strong>di</strong> farlo,<br />

sapendo ch’ella aveva avuto la bontà <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> me, e avendo spesso parlato <strong>di</strong> Lei<br />

e dei suoi lavori con l’amico Verga. Me lo saluti tanto, se lo vede. 119<br />

Anche in questo caso i riferimenti gual<strong>di</strong>ani non sono del tutto comprensibili,<br />

visto che non si è a conoscenza <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> Capuana sui suoi lavori anteriori<br />

all’anno 1877; si potrebbe, tuttavia, congetturare un’identificazione del<br />

critico siciliano con il ‘bibliofilo’ che firma la recensione a Une ressemblance,<br />

precedentemente apparsa sulle pagine de «L’Illustrazione Italiana»: essa si conclude,<br />

<strong>di</strong>fatti, con un appello all’autore dell’opera a “tornare all’italiano: perché<br />

116<br />

ID., Una lettera <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong> al Capuana, cit., p. 14.<br />

117<br />

Ibidem.<br />

118<br />

Si deve a Renata Lollo (Ipotesi su una presenza manzoniana nelle prime opere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in «Otto/Novecento», n.3, 1977, pp. 79-91) il ritrovamento <strong>di</strong> una copia del 1871 <strong>di</strong><br />

Costanza Gerar<strong>di</strong> attraverso cui è stato possibile retrodatare (e dare maggiore coerenza nell’alternanza<br />

tra la produzione italiana e francese) <strong>di</strong> quattro anni la prima e<strong>di</strong>zione del romanzo.<br />

119<br />

C. DI BLASI, Una lettera <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong> al Capuana, cit., p. 14.<br />

139


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

al <strong>di</strong> qua delle Alpi manchiamo <strong>di</strong> romanzieri, mentre abbondano al <strong>di</strong> là”, 120<br />

espressione che sembra richiamare abbastanza da vicino la chiusura del saggio,<br />

datato 7 luglio 1877, con il quale Capuana, dopo aver elogiato le novelle <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, lo rimprovera per essersi messo a scrivere i suoi romanzi in francese<br />

affermando, a proposito dei lavori che questi ha realizzato per il pubblico<br />

d’oltralpe, che: “Une ressemblance è già pubblicato da un anno, un altro ne sarà<br />

pubblicato fra non molto. Voglio crederla una bizza passeggera. Non siamo in<br />

Italia tanto ricchi <strong>di</strong> romanzieri da non doverci accorare che uno d’essi preferisca<br />

alla propria una lingua straniera”. 121<br />

Benché non sia noto con precisione a quando risalga la conoscenza personale<br />

tra i due autori, si può ad ogni modo supporre che essi fossero ormai entrati<br />

in contatto <strong>di</strong>retto nel corso del 1877, come <strong>di</strong>mostrerebbe una lettera dell’8<br />

gennaio <strong>di</strong> quell’anno con cui <strong>Gualdo</strong>, scrivendo da Milano a Verga, che si trovava<br />

a Catania, lo informa che “Capuana è qui e pare si decida a rimanere”. 122<br />

A tale epoca, infatti, risale la decisione <strong>di</strong> quest’ultimo – come si è anticipato –<br />

<strong>di</strong> trasferirsi nel capoluogo lombardo, dove aveva ottenuto l’incarico <strong>di</strong> critico<br />

letterario e drammatico del «Corriere della sera», 123 quoti<strong>di</strong>ano da poco fondato<br />

da Torelli-Viollier su cui compare, alla fine del mese <strong>di</strong> giugno, la sua recensione<br />

al volume gual<strong>di</strong>ano La Gran Rivale e altri racconti, 124 poi riproposta con<br />

alcune mo<strong>di</strong>fiche, unitamente ad altre opinioni riguardanti il medesimo autore,<br />

nel saggio pubblicato all’interno della prima serie della raccolta dei suoi <strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />

sulla letteratura contemporanea. 125<br />

In questo articolo Capuana esor<strong>di</strong>sce sottolineando che “il <strong>Gualdo</strong> è un romanziere<br />

che meriterebbe uno stu<strong>di</strong>o a parte” e che, servendosi come occasione<br />

120<br />

BIBLIOFILO, Une ressemblance, in «L’Illustrazione Italiana», 12 luglio 1874, p. 58.<br />

121<br />

L. CAPUANA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla letteratura contemporanea. Prima serie,<br />

Milano, Brigola, 1880, pp. 179-180.<br />

122<br />

Lettera IV del carteggio <strong>Gualdo</strong>-Verga, dell’8 gennaio [1887], in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti<br />

verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p 130.<br />

123<br />

Secondo Madrignani, negli anni antecedenti all’uscita del volume Per l’arte (1885),<br />

Capuana, mostrandosi “interessato a qualsiasi «novità» potesse rappresentare il giovane romanzo<br />

italiano, scrisse in questa fase i suoi migliori giu<strong>di</strong>zi: nelle vesti <strong>di</strong> critico militante espresse<br />

pareri spesso controcorrente, ma rivelatisi poi “profetici”, come quelli “su <strong>Gualdo</strong> o su Dossi”,<br />

oppure “la scoperta <strong>di</strong> Verga verista” (C. A. MADRIGNANI, Regionalismo, verismo e naturalismo<br />

in Toscana e nel sud, in La letteratura italiana. Storia e testi, vol. V<strong>II</strong>I, t. I, Bari, Laterza,<br />

1975, p. 535).<br />

124<br />

L. CAPUANA, La Gran Rivale, in «Corriere della sera», 25-26 giugno 1877.<br />

125 ID., <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 175-186.<br />

140


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

della ristampa delle sue novelle, intende rivalutare “questo nome degno d’essere<br />

conosciuto ed amato per le sue belle qualità d’artista”, un artista che, a causa<br />

<strong>di</strong> svariate circostanze (ivi compresa la sua eccessiva modestia), è stato “lasciato<br />

finora un po’ nell’ombra”. 126 Gli spunti più interessanti riguardano l’esaltazione<br />

della “potenza descrittiva <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>” ed un confronto realizzato, “non per<br />

ravvicinare due nomi con una sconvenienza <strong>di</strong> cui il <strong>Gualdo</strong> sarebbe il primo ad<br />

offendersi, ma per dare meglio la misura del colorito ch’egli sa, non <strong>di</strong> rado adoperare”,<br />

127 tra il giar<strong>di</strong>no che compare in apertura de La villa d’Ostellio ed il<br />

Paradou della Faute de l’Abbé Moret <strong>di</strong> Zola, messi in efficace parallelo. Accanto<br />

a ciò si pone la decisa <strong>di</strong>fesa dello stile gual<strong>di</strong>ano contro le accuse <strong>di</strong> quei<br />

pedanti che avevano ad<strong>di</strong>tato l’autore <strong>di</strong> servirsi <strong>di</strong> troppi termini – e più in generale<br />

<strong>di</strong> un tono – eccessivamente infranciosati; forse, però, l’intuizione più<br />

brillante del Capuana sta nell’aver in<strong>di</strong>viduato l’inclinazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per<br />

l’analisi introspettiva (“egli […] si compiace dell’analisi delicata, minuta che<br />

ricostruisce, criticandolo, il vivo processo <strong>di</strong> una passione e <strong>di</strong> un sentimento”)<br />

<strong>di</strong> personaggi che, a <strong>di</strong>fferenza dei protagonisti dei coevi romanzi psicologici<br />

italiani <strong>di</strong> ascendenza bourgettiana, si muovono nei confini “d’una realtà che<br />

<strong>di</strong>venta sogno o d’un sogno che non si risolve pienamente in una realtà”. 128<br />

Proprio parlando <strong>di</strong> un’opera che, parimenti ad un sogno, resta impressa<br />

nella memoria per lungo tempo, Capuana avvia la sua seconda recensione ad un<br />

altro volume dello scrittore milanese: risalente al giugno 1879, questo articolo<br />

tratta <strong>di</strong> Un mariage excentrique, pubblicato a Parigi per l’e<strong>di</strong>tore Lemerre, il<br />

cui testo, riferisce il critico, desta nel lettore un’impressione, che “per un’opera<br />

d’arte non è poco”, così viva e profonda perché “ci lascia per tutta la giornata<br />

un sentimento <strong>di</strong> tristezza, una strana compiacenza d’aver sognato e un acuto<br />

desiderio <strong>di</strong> tornar a sognare”. 129 Anche in questo caso il suo giu<strong>di</strong>zio è in grado<br />

<strong>di</strong> cogliere particolari davvero importanti, come l’insistenza su alcuni temi<br />

spiccatamente autobiografici (soprattutto nell’idea che il protagonista Massimo<br />

d’Astorre sia un soggetto che vive la sua esistenza quasi fosse un’opera “non da<br />

scrivere […] ma da fare giorno per giorno”) 130 e l’intuizione che – ancora una<br />

126 Ivi, p. 175.<br />

127 Ivi, p. 176.<br />

128 Ivi, pp. 178-179.<br />

129 ID., Un mariage excentrique, in «Corriere della sera», 3-4 giugno 1879, recensione<br />

anch’essa poi apparsa negli <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla letteratura contemporanea, cit., pp. 180-186.<br />

130 Ivi, p. 183.<br />

141


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

volta – “nell’intiero romanzo c’è il rêve che si mescola, che s’innesta alla realtà<br />

con un’arte squisita”. 131 In seguito, Capuana evidenzia nuovamente la potenza<br />

dell’analisi e la bellezza della forma del romanzo gual<strong>di</strong>ano, anche se ritiene<br />

che il francese in cui è scritto abbia il <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> essere “troppo perfetto”; esso<br />

possiede, <strong>di</strong>fatti, una flui<strong>di</strong>tà e un tono così elegante e sostenuto da apparire<br />

quasi fuori moda in quanto troppo classico; tuttavia, poco oltre, il critico smussa<br />

il proprio giu<strong>di</strong>zio sulla lingua <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong>cendo che:<br />

Non già che qua e là non ci siano echi e riflessi <strong>di</strong> una forma più moderna, più<br />

tormentata, sovraccarica <strong>di</strong> un colorito che ricorda i De Goncourt e Zola; ma sono così<br />

ben organizzati nell’intonazione generale che non istonano affatto. Certamente la forma<br />

straniera aggiunge all’intonazione un incanto in più, un piacere dell’orecchio carezzato<br />

voluttuosamente da impressioni fuor del comune. Giacché […] tutto in questo romanzo<br />

è perfettamente italiano: e la lingua francese vi tiene le veci dello specchio che<br />

gli artisti sogliono mettere rimpetto a un quadro per farne meglio scorgere le proporzioni<br />

e gli effetti <strong>di</strong> prospettiva e <strong>di</strong> rilievo. 132<br />

Ma per quanto Capuana abbia potuto essere tra i più vali<strong>di</strong> sostenitori delle<br />

opere gual<strong>di</strong>ane, il critico del verismo – benché già all’altezza dl 1886 il milanese<br />

lo definisca “uno spiritista” 133 – non può mancare <strong>di</strong> rimproverare <strong>Gualdo</strong><br />

(così come Cameroni) 134 per l’eccesso <strong>di</strong> azzurro – ma forse meglio sarebbe <strong>di</strong>re<br />

<strong>di</strong> atmosfere oniriche – e quin<strong>di</strong> per l’assenza nei suoi scritti <strong>di</strong> temi più ‘veri’.<br />

Lodando i pregi del romanziere ormai maturo, egli lo esorta – <strong>di</strong> nuovo – a<br />

lasciare il francese e a raccontare in italiano “qualche pagina meno ideale della<br />

nostra vita contemporanea”, cercando <strong>di</strong> fare in modo che la modernità delle<br />

sue analisi psicologiche possa così finalmente accompagnarsi alla modernità<br />

anche della sostanza, perché, a sua detta, potrebbe apparire assurdo cercare<br />

l’ideale al <strong>di</strong> fuori del reale, dal momento che “la realtà non è altro che l’ideale<br />

che si attua”. 135 Probabilmente all’epoca Capuana non <strong>di</strong>sponeva ancora dei<br />

131 Ivi, p. 184.<br />

132 Ivi, p. 185.<br />

133 Lettera X<strong>II</strong>I a Giovanni Verga, in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., p. 136. Appena due settimane prima lo stesso <strong>Gualdo</strong>, sempre rivolgendosi a Verga,<br />

aveva espresso il suo affetto per l’autore <strong>di</strong> Giacinta in termini che <strong>di</strong>mostrano un livello <strong>di</strong><br />

confidenza ormai molto alto: “Mi accorgo che tu ve<strong>di</strong> Capuana quanto io vedo qui i miei amici.<br />

Ma se per eccezione lo incontri <strong>di</strong>gli che lo amo” (Lettera X<strong>II</strong>. Ivi, p. 135).<br />

134 Cfr., infra, il paragrafo 6.4b sulle posizioni <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Cameroni rispetto a Zola.<br />

135 L. CAPUANA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla letteratura contemporanea, cit., p. 186.<br />

142


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

mezzi necessari a comprendere che in quello scarto da lui in<strong>di</strong>viduato consisteva<br />

il passo decisivo che ci permette <strong>di</strong> collocare l’opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> ben oltre il<br />

verismo, e già in una <strong>di</strong>rezione simbolistico-decadente.<br />

Comunque, all’infuori delle <strong>di</strong>vergenze <strong>di</strong> vedute in ambito narrativo (e ideologico),<br />

Capuana si batte strenuamente, nelle sue vesti <strong>di</strong> giornalista, per<br />

rendere giustizia al nome e all’opera <strong>degli</strong> scrittori suoi amici, <strong>di</strong>fendendoli<br />

contro gli imparziali pareri <strong>di</strong> molti articolisti; 136 davvero interessante, in tal<br />

senso, è la pagina che porta il titolo Una domanda: scritto per il giornale <strong>di</strong>retto<br />

da De Roberto, il «Don Chisciotte», questo intervento vuole essere una denuncia<br />

contro coloro che, pur avendo le medesime origini geografiche e culturali (si<br />

legga qui: i giornalisti del «Corriere <strong>di</strong> Catania»), avevano mostrato una totale<br />

in<strong>di</strong>fferenza al momento dell’uscita del volume verghiano delle novelle <strong>di</strong> Vita<br />

dei Campi. Di fronte al silenzio manifestato dai suoi conterranei, Capuana paragona<br />

la sorte toccata a Verga “a quella del milanese, suo confratello in arte ed<br />

amico”; 137 naturalmente egli si sta riferendo a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, portando il cui esempio<br />

lo scrittore dà l’avvio alla propria polemica:<br />

Una domanda. Ho conosciuto in Milano un giovane che ha parecchie buone fortune:<br />

è giovane, è simpatico, ha un bell’ingegno. Ha scritto delle novelle, dei romanzi, in<br />

italiano e in francese; ha scritto dei versi e ne prepara un volume che forse non farà cattiva<br />

figura in mezzo agli invadenti elzeviri. Lavora a un nuovo romanzo, 138 questa volta<br />

in italiano, dove la sua arte fina, elegante, aristocratica tenterà un soggetto ar<strong>di</strong>to, scabroso,<br />

da metter in maggior rilievo la vigorosa muscolatura del suo ingegno. 139<br />

136 <strong>Gualdo</strong> doveva essere molto grato a Capuana per le sue recensioni, come <strong>di</strong>mostra un<br />

messaggio (segnale, questo, che altra corrispondenza gual<strong>di</strong>ana esiste, ma ancora <strong>di</strong>spersa tra<br />

vari archivi) riportato da C. A. Madrignani a p. 25 della Nota bio-bibliografica anteposta a L.<br />

GUALDO, Decadenza, Milano, Mondadori, 1981: “Il vostro articolo – col quale avete alzato la<br />

voce in mezzo al silenzio generale – è una nuova prova <strong>di</strong> quanto sentite come amico e come<br />

artista”, in riferimento, sembrerebbe, proprio all’articolo de<strong>di</strong>cato al suo Mariage excentrique.<br />

137 L. CAPUANA, Una domanda, in «Don Chisciotte», 13 febbraio 1880.<br />

138 Dovrebbe trattarsi dello stesso romanzo a cui <strong>Gualdo</strong> aveva già fatto allusione qualche<br />

anno prima nelle già citata lettera a Verga dell’8 febbraio [1876], abbandonato per portare a<br />

termine Un mariage excentrique: “Male<strong>di</strong>temi! Invece <strong>di</strong> scrivere il romanzo che vi piaceva<br />

scrivo l’altro, che a voi pure pareva pericoloso assai” (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei<br />

lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 130). Tanto Capuana quanto <strong>Gualdo</strong> potrebbero riferirsi a Decadenza,<br />

l’unico altro volume <strong>di</strong> prosa pubblicato dal milanese dopo il 1879, anche se nessun dato<br />

certo sussiste a riguardo, considerando, inoltre, che tale romanzo (preceduto solo dalla traduzione<br />

<strong>di</strong> Un matrimonio eccentrico, del 1894) gual<strong>di</strong>ano verrà dato alle stampe solo nel 1892.<br />

139 L. CAPUANA, Una domanda, cit.<br />

143


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

E dopo aver introdotto, senza ancora farne il nome, l’autore <strong>di</strong> cui intende<br />

parlare, Capuana presenta finalmente il tema che più gli preme, ovvero quello<br />

dell’ingiustizia della critica italiana (argomento che premeva moltissimo anche<br />

allo stesso <strong>Gualdo</strong>, il quale, insistendo sulla <strong>di</strong>sparità della stampa perio<strong>di</strong>ca nostrana<br />

rispetto alla francese, sarebbe forse stato spinto ad introdurlo nei suoi<br />

stu<strong>di</strong> de<strong>di</strong>cati a Praga e Alear<strong>di</strong> – lo confermerebbe questo intervento <strong>di</strong> Capuana<br />

– anche da ragioni schiettamente autobiografiche) nei confronti <strong>di</strong> un letterato<br />

che egli reputa, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri, <strong>di</strong> tutto rispetto:<br />

Credete che i suoi concitta<strong>di</strong>ni, specialmente i suoi amici, lo stimino per quel che<br />

vale? Niente affatto. La sua con<strong>di</strong>zione sociale gli nuoce. Voi parlate del romanziere, e<br />

vi si risponde che è un bravo giovane, un giovane <strong>di</strong>stinto. Voi insistete sui pregi dell’artista,<br />

e, sì, sì, non si sconviene che ha pubblicato delle cose graziosine; ma, via, vi<br />

si fa capire dal tono della voce, che lo si ritiene un <strong>di</strong>lettante più che un artista serio.<br />

Ultimamente, quando un suo romanzo scritto in un francese che molti francesi potrebbero<br />

invi<strong>di</strong>argli, richiamò, in Italia e fuori, l’attenzione del pubblico sul nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> (si tratta <strong>di</strong> lui e del suo Mariage excentrique) parecchia gente si sorprendeva<br />

del buon successo. 140<br />

L’articolo prosegue poi con fervore prima <strong>di</strong> esplicitare la simmetria con il<br />

caso <strong>di</strong> Giovanni Verga: il critico si sofferma ad<strong>di</strong>rittura a narrare un episo<strong>di</strong>o<br />

svoltosi a Milano 141 per denunciare la sorpresa con cui il successo d’oltralpe <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> era stato accolto nella sua stessa città natale. Leggendo quest’accorata<br />

<strong>di</strong>fesa viene naturale pensare che, a partire dalla considerazione letteraria, ma<br />

giungendo ben al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> valutazione, tra Capuana e <strong>Gualdo</strong> si<br />

fosse ormai creato anche un solido rapporto umano. Lo <strong>di</strong>mostra la lettera con<br />

cui il milanese, scrivendo a Marc Monnier il 12 luglio 1879, aveva pubblicizzato<br />

l’opera dello scrittore <strong>di</strong> Mineo, affermando, inoltre <strong>di</strong> aver già dato “votre<br />

adresse à Capuana pour qu’il vous envoie son noveau roman, Giacinta, dont on<br />

parle beaucoup ici”, 142 romanzo che <strong>Gualdo</strong> aveva molto apprezzato, sebbene<br />

140 Ibidem.<br />

141 L’articolo <strong>di</strong> Capuana prosegue, infatti, in questi termini: “Eh? Diavolo dunque sul serio?<br />

Alla mia presenza, un tale che non so chi fosse, certamente un amico dello scrittore, gli<br />

stringeva la mano congratulandosi, manifestandogli con estrema schiettezza la propria sorpresa.<br />

Eh? Diavolo! Diceva dunque sul serio? Pensavo a questo giorni fa, cercando il soggetto <strong>di</strong> un<br />

articolino da inviare al vostro giornale” (ibidem).<br />

142 Lettera 2 in<strong>di</strong>rizzata da Milano a Marc Monnier, a Ginevra. Il testo integrale del messaggio<br />

epistolare è pubblicato in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 318-319.<br />

144


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

<strong>di</strong>mostrerà <strong>di</strong> non aver affatto confidato in un suo possibile successo nella trasposizione<br />

teatrale, come si evince da un suo messaggio in<strong>di</strong>rizzato a Giovanni<br />

Verga, dove, a trionfo ormai avvenuto, accanto alle congratulazioni da riferire<br />

allo scrittore <strong>di</strong> Mineo, egli afferma <strong>di</strong> essere “assai lieto del successo <strong>di</strong> Giacinta<br />

<strong>di</strong> Capuana, al quale, nel mio pessimismo, non osavo credere”. 143 D’altro<br />

canto quest’ultimo, rivolgendosi nel 1884 a Eduard Rod (che del suddetto Marc<br />

Monnier aveva preso il posto, dopo la sua morte, come docente universitario a<br />

Ginevra) proporrà al traduttore francese <strong>di</strong> Verga <strong>di</strong> inserire un riferimento a<br />

<strong>Gualdo</strong> nel saggio de<strong>di</strong>cato ai romanzieri italiani che questi era in procinto <strong>di</strong><br />

pubblicare sulla «Nouvelle Revue». 144<br />

Ad ogni modo, è solo sul finire del 1891 che <strong>Gualdo</strong> realizza la sua prima<br />

recensione ad un’opera <strong>di</strong> Capuana: questo ‘ritardo’ è soltanto in apparenza ingiustificato;<br />

la scelta <strong>di</strong> questa specifica opera del siciliano, <strong>di</strong>fatti, costituisce<br />

un ulteriore in<strong>di</strong>zio per la ricostruzione dei gusti letterari del critico milanese, il<br />

quale, svincolato da qualsiasi tipo <strong>di</strong> collaborazione che lo obbligasse a realizzare<br />

articoli con scadenze perio<strong>di</strong>che, scriveva in maniera saltuaria per la pubblicistica<br />

del suo tempo; i suoi contributi sono sempre inerenti ad opere che lo<br />

hanno attratto, colpito, affascinato o anche soltanto incuriosito in maniera particolare.<br />

Nel caso dello scrittore <strong>di</strong> Mineo sarebbe potuto intervenire un duplice<br />

interesse: da un lato il testo su cui si focalizza lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Profumo –<br />

romanzo con il quale “Capuana ha preso progressivamente le <strong>di</strong>stanze dalla poetica<br />

naturalista” 145 – prospetta un caso <strong>di</strong> psicopatologia familiare che, <strong>di</strong>versamente<br />

dai suoi precedenti lavori veristi, poteva maggiormente accostarsi al-<br />

143<br />

Lettera XX datata: “Parigi, 11 de la Paix, 3 giugno” [1888], in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani,<br />

cit., p. 140.<br />

144<br />

Lettera 17 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> Capuana a Eduard Rod, datata “Mineo 30 ottobre 1884” dove si<br />

legge, all’interno <strong>di</strong> un elenco <strong>di</strong> proposte: “<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, milanese; lo conoscerete meglio <strong>di</strong><br />

me. Ha scritto due romanzi anche in francese. Un mariage excentrique ha delle belle pagine <strong>di</strong><br />

osservazione e <strong>di</strong> analisi”. Il documento è e<strong>di</strong>to in J. J. MARCHAND, Eduard Rod et les écrivains<br />

italiens. Correspondance iné<strong>di</strong>te avec S. Aleramo, L. Capuana, G. Cena, G. Deledda, A.<br />

Fogazzaro e G. Verga, Genève, Droz, 1980, pp. 144-147. Il saggio <strong>di</strong> Rod uscirà con il titolo<br />

Romanciers italiens sulla «Nouvelle Revue» (a. V<strong>II</strong>I, t. 39) soltanto nel 1886: incentrato sulle<br />

figure <strong>di</strong> Capuana, Verga, Tronconi e Dossi, vi si troverà, in effetti, anche un’allusione a <strong>Gualdo</strong>,<br />

inserito – accanto a Ciampoli, De Amicis e Capranica – tra i “romanciers idéalistes”, in opposizione<br />

a quelli “véristes” (p. 136).<br />

145<br />

E. GHIDETTI – E. TESTA, Realismo, naturalismo, verismo, psicologismo. Capuana,<br />

Verga, De Roberto, in Storia della Letteratura Italiana, <strong>di</strong>retta da E. Malato, vol. V<strong>II</strong>I, parte I,<br />

cit., p. 413.<br />

145


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

l’inclinazione per l’indagine psicologica <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>; dall’altro, la narrazione delle<br />

manifestazioni cliniche dell’isteria <strong>di</strong> Eugenia, protagonista dell’opera in<br />

questione, “fino alla fase epilettoide che prelude il «grande attacco»”, 146 avrebbe<br />

potuto favorire una certa immedesimazione da parte del critico, che <strong>di</strong> attacchi<br />

epilettici, tenuti il più possibile celati, 147 soffriva fin dall’infanzia (era stato<br />

per questo motivo, sostiene Montera, 148 che egli era stato respinto all’epoca<br />

dell’arruolamento volontario per la Guerra d’In<strong>di</strong>pendenza del ’66), insieme a<br />

nevrosi <strong>di</strong> varia natura che saranno la causa primaria dei due principali “gran<strong>di</strong><br />

attacchi” che lo condurranno alla paralisi, prima, e alla morte, poi. La stu<strong>di</strong>osa<br />

Marilena Giammarco ha ad<strong>di</strong>rittura ipotizzato un’influenza dei sintomi <strong>di</strong> questi<br />

mali sull’opera narrativa gual<strong>di</strong>ana, affermando che le vicende <strong>di</strong> Maurice<br />

d’Affrey, il protagonista <strong>di</strong> Une ressemblance, sono il frutto <strong>di</strong> un fenomeno caratteristico<br />

del temperamento epilettico, cioè della “ipermnesia, ovvero l’impressione<br />

avvertita dal malato <strong>di</strong> riconoscere improvvisamente un luogo che invece<br />

vede per la prima volta o <strong>di</strong> rivivere un avvenimento o una situazione nuovi<br />

come se li avesse già vissuti in passato”. 149<br />

La recensione a Il profumo <strong>di</strong> Capuana compare sulle pagine della rivista<br />

torinese «Cronaca d’Arte» a pochi giorni dall’uscita in volume del romanzo: 150<br />

il parere espresso da <strong>Gualdo</strong> è fondamentalmente positivo, anche se egli non<br />

manca <strong>di</strong> suggerire, in misura maggiore rispetto al suo standard, qualche ipotesi<br />

146<br />

Ibidem.<br />

147<br />

Nella lettera XXX<strong>II</strong> in<strong>di</strong>rizzata a Coppée, del luglio 1893, <strong>Gualdo</strong> racconta che “pour<br />

la première fois depuis l’âge de sept ans, (à Paris) je suis retombé malade”; egli parla <strong>di</strong> un “évanouissement”<br />

causato dal caldo intenso, dalle sofferenze morali e da un’in<strong>di</strong>gestione <strong>di</strong> ciliege,<br />

motivi ai quali si è unito “un certain désordre nerveux”. Preoccupato che la notizia si possa<br />

<strong>di</strong>ffondere, egli raccomanda al suo corrispondente la massima <strong>di</strong>screzione, <strong>di</strong> “n’en parlez pas,<br />

car cela ne vaut pas la peine, et surtout au G.O. [Méry Laurent], auquel je passerai la chose sous<br />

silence, ainsi qu’à tout le monde” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 284-285).<br />

148<br />

Ivi, p. 14 e p. 124, dov’è riportata una confidenza <strong>di</strong> Arrigo Boito annotata nel Journal<br />

Intime <strong>di</strong> Paul Bourget.<br />

149<br />

M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza. Itinerari nella narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

cit., p. 32. Segue poi, in nota, l’ipotesi che nel caso <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> “la costituzionale, irreversibile<br />

malattia della volontà, oltre a favorire l’incontro con i referenti culturali più prossimi ad una<br />

precisa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita […], contribuisce non poco a segnare un destino letterario, ad acuire<br />

una sensibilità già <strong>di</strong> per sé rivolta verso nuove forme <strong>di</strong> scandaglio interiore” (ivi, p. 33).<br />

150<br />

L. GUALDO, Cronache letterarie. Il profumo, in «Cronaca d’Arte», 20-27 <strong>di</strong>cembre<br />

1891. L’opera <strong>di</strong> Capuana, uscita a puntate sulla «Nuova Antologia» nel corso dell’anno precedente,<br />

sarà pubblicata in volume a Palermo dall’e<strong>di</strong>tore Pedone Lauriel al principio del 1892<br />

(come si legge in calce alla stessa recensione gual<strong>di</strong>ana).<br />

146


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

correttiva che avrebbe potuto giovare alla flui<strong>di</strong>tà e alla coerenza del testo; la<br />

sua, comunque, è una critica giusta, o più opportuno sarebbe <strong>di</strong>re, un tipo <strong>di</strong> critica<br />

che palesa – nella messa in evidenza <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong>stonie, sempre però portate<br />

alla luce con il massimo tatto – la <strong>di</strong>versa poetica e la <strong>di</strong>fferente concezione artistica<br />

che sottostanno a Profumo e ai romanzi gual<strong>di</strong>ani, questi ultimi collocabili<br />

all’interno <strong>di</strong> un filone letterario che trova solo <strong>di</strong> rado punti d’incontro con<br />

le intenzioni che governano, al contrario, la produzione <strong>di</strong> Capuana.<br />

Una volta esposto l’argomento, motivando anche il titolo, dell’opera – la<br />

storia ambientata in un piccolo paese <strong>di</strong> Sicilia <strong>di</strong> una donna sposata ad un modesto<br />

agente delle tasse (da cui è amata e che a sua volta riama profondamente,<br />

non foss’altro che per la forte antipatia nei confronti della suocera cui il marito<br />

è legatissimo) e “ammalata <strong>di</strong> una curiosa forma <strong>di</strong> isterismo, <strong>di</strong> cui è sintomo<br />

esterno principale un profumo <strong>di</strong> zàgara” 151 – <strong>Gualdo</strong> si sofferma sui tratti lodevoli<br />

dell’opera, a partire dalla bontà <strong>di</strong> stile e forma – “com’era da aspettarsi dal<br />

Capuana” 152 –, fino alla sottolineatura <strong>di</strong> quegli elementi che sono maggiormente<br />

in sintonia con il proprio modus scriben<strong>di</strong>:<br />

Questo libro […] ha gran<strong>di</strong> pregi […] <strong>di</strong> esattezza d’analisi psicologica, <strong>di</strong> verità<br />

profonda. Poi l’ambiente è descritto con sostanza; nello stesso tempo che i principali<br />

personaggi, i due sposi e la madre, sono stu<strong>di</strong>ati in ogni loro più intima fibra, tutto<br />

quanto li circonda, la natura e le persone, l’antico convento abbandonato che serve loro<br />

<strong>di</strong> troppo vasta <strong>di</strong>mora, la selva piena d’ombra e <strong>di</strong> rose, <strong>di</strong> frescura, <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> mistero;<br />

[…] tutti vivono della vita dell’arte, più vera della stessa realtà. 153<br />

Come si evince dai termini messi in rilievo, il critico ha puntato, per elogiare<br />

il lavoro dell’amico, su quelle caratteristiche che costituiscono il nucleo tematico<br />

della sua stessa produzione letteraria: l’analisi introspettiva (derivata da<br />

quel Bourget che lo stesso <strong>Gualdo</strong> aveva introdotto in Italia), l’attenzione all’ambiente<br />

(e al suo influsso sulla psiche dei personaggi), la presenza del mistero<br />

(che negli scritti del milanese si declina, però, anche in arcano) e, infine, la<br />

superiorità della vita nell’arte su quella reale (tesi, questa, <strong>di</strong> ascendenza parnassiana).<br />

Si aggiunga inoltre che, in seguito, <strong>Gualdo</strong> si sofferma ad elogiare<br />

altri due aspetti, anch’essi significativi, <strong>di</strong> Profumo: da una parte sostiene che<br />

“il romanziere ha saputo saggiamente conservare all’amore <strong>di</strong> Eugenia per<br />

151 Ibidem.<br />

152 Ibidem.<br />

153 Ibidem (corsivi miei).<br />

147


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Ruggiero un carattere un po’ morboso, <strong>di</strong> contagione”, 154 ovvero quella stessa<br />

tipologia <strong>di</strong> sentimento che investe la maggior parte dei personaggi gual<strong>di</strong>ani<br />

(specie in Costanza Gerar<strong>di</strong>); dall’altra, egli afferma che “nella prima parte del<br />

racconto […] vi è una parte <strong>di</strong> analisi che ne sembra bellissima, ed è quella in<br />

cui si mostra l’affetto quasi pure un poco morboso <strong>di</strong> Patrizio per sua madre” 155<br />

fino a quando si ammalerà gravemente, cosa che potrebbe aver ricordato all’autore<br />

del saggio la vicenda autobiografica del suo intenso rapporto con la<br />

madre, donna Bianca Taccioli, figura per lui quasi esclusiva <strong>di</strong> genitore 156 che,<br />

all’epoca dell’uscita della recensione, era in assai precario stato <strong>di</strong> salute e sarebbe<br />

morta <strong>di</strong> lì a poco più <strong>di</strong> un anno. Da notare che anche la critica moderna<br />

ha espresso pareri concor<strong>di</strong> a quello gual<strong>di</strong>ano quando, ad esempio, ha giu<strong>di</strong>cato<br />

positivamente – è il caso <strong>di</strong> Enrico Ghidetti – i risultati <strong>di</strong> sorprendente modernità<br />

dell’analisi psicologica <strong>di</strong> questo romanzo <strong>di</strong> Capuana, risultati raggiunti<br />

attraverso (giu<strong>di</strong>zio che sarebbe applicabile in pieno allo stesso autore <strong>di</strong> Decadenza)<br />

attraverso “la compromissione con lo psicologismo senza psicologia <strong>di</strong><br />

fine secolo, venuto […] <strong>di</strong> moda con l’antinaturalista Bourget”. 157<br />

Si è detto poc’anzi che cospicua, almeno in rapporto alle altre recensioni <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> cui questa costituisce uno <strong>degli</strong> ultimi esempi, è la pars destruens<br />

dell’articolo – sempre addolcita e mai <strong>di</strong>retta – che coinvolge ad<strong>di</strong>rittura lo stesso<br />

fenomeno che dà il titolo all’opera, ritenuto probabilmente ancora un retaggio<br />

<strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza a quegli schemi positivisti cui allude Madrignani quando parla<br />

della “doppia natura” <strong>di</strong> Profumo, opera che pure si lega “per molti aspetti” a<br />

questo tipo <strong>di</strong> cultura, ma che al tempo stesso si allontana da “ogni gusto<br />

«scientifico»”, 158 essendo Capuana uno scrittore in grado <strong>di</strong> cogliere “nuove idee<br />

e nuovi gusti” e <strong>di</strong> avvalersi <strong>di</strong> ogni sorta <strong>di</strong> cambiamento in ambito letterario<br />

in proprio favore. Il critico mostra, in ogni caso, <strong>di</strong> aver apprezzato nel suo<br />

insieme il romanzo preso in esame soprattutto perché, ormai lontano, come si è<br />

visto, nel complesso, da quei moduli eccessivamente realisti che in Francia già<br />

154<br />

Ibidem.<br />

155<br />

Ibidem.<br />

156<br />

Sui rapporti <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> con sua madre si veda, supra, il paragrafo La commemorazione<br />

<strong>di</strong> Adèle d’Affry, scultrice e pittrice, dov’è anche riportato il necrologio a donna Bianca apparso<br />

sul «Corriere della sera», nel quale si insiste sul legame, talvolta un po’ morboso, tra i due.<br />

157<br />

E. GHIDETTI – E. TESTA, Realismo, naturalismo, verismo, psicologismo. Capuana,<br />

Verga, De Roberto, cit., p. 414.<br />

158<br />

C. A. MADRIGNANI, Regionalismo, verismo e naturalismo in Toscana e nel sud, cit.,<br />

p. 539.<br />

148


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

volgevano al declino, affianca alla verità la me<strong>di</strong>azione della poesia, ma sente<br />

<strong>di</strong> non potersi esimere dal notare che:<br />

[…] il romanzo nulla perderebbe dal fascino che da esso emana, della verità e a un<br />

tempo della poesia che contiene, dell’interesse che suscita lo stu<strong>di</strong>o coscienzioso e abile<br />

delle passioni, e neppure nella parte patologica <strong>di</strong> esso – poiché Eugenia è un’isterica<br />

e Ruggero soffre <strong>di</strong> una malattia morale eccezionale, dovuta alla sua natura, al suo<br />

passato e alle vicende della sua giovinezza 159 – se fosse omesso quel fenomeno (non<br />

sappiamo quanto scientificamente esatto) del profumo che emana dal corpo <strong>di</strong> lei e al<br />

quale sembra sia dato una grande importanza dall’autore, tanto che lo scelse per titolo<br />

del libro. 160<br />

Concorda con molti aspetti del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> su questo volume (e potenzialmente<br />

le sue parole potrebbero essere frutto <strong>di</strong> uno scambio <strong>di</strong> opinioni)<br />

il suo contemporaneo, nonché caro amico, Girolamo Rovetta, il quale, commentando<br />

brevemente il libro <strong>di</strong> Capuana, sostiene che in questo romanzo “il Profumo<br />

[…] è l’incidente, l’accessorio… come <strong>di</strong>re? è il mero pretesto <strong>di</strong> un’analisi<br />

psicologica e <strong>di</strong> una pittura d’ambiente che nessun scienziato sarebbe in<br />

grado neppure <strong>di</strong> immaginare, a meno <strong>di</strong> non essere al pari tempo un artista”. 161<br />

Certamente <strong>Gualdo</strong> non riteneva essere degno <strong>di</strong> un buon lavoro d’artista il<br />

maggiore <strong>di</strong>fetto riscontrato nel testo, ossia il “fatto che tutto sembra detto a<br />

mezzo”. Egli arriva a chiedersi se tale oscurità sia voluta, ma ritenendo che l’intero<br />

equilibrio del testo risulti compromesso da questo deficit <strong>di</strong> informazioni,<br />

conclude che “il romanzo ne acquisterebbe con l’essere più chiaro”. 162<br />

Del resto, un’altra mancanza che il recensore in<strong>di</strong>ca nell’opera del siciliano<br />

consiste nel fatto che egli troppo spesso – e ancora una volta <strong>Gualdo</strong> potrebbe<br />

aver letto in ciò un retaggio del metodo naturalista – valuti insufficienti a motivare<br />

alcuni comportamenti le cause addotte dal narratore per spiegarne gli effetti:<br />

così, ad esempio, analizzando la irrime<strong>di</strong>abile impotenza <strong>di</strong> Patrizio, il protagonista<br />

maschile del romanzo, “a confidarsi nella moglie che pure ama, ad amarla<br />

com’ella legittimamente agogna <strong>di</strong> essere amata”, viene detto che non bastano,<br />

necessariamente, a spiegarla (e giustificarla) il suo “carattere malinconi-<br />

159 Anche in questa descrizione del protagonista maschile del romanzo, così come nel già<br />

citato rapporto <strong>di</strong> questi con la madre, sembrerebbe che <strong>Gualdo</strong> abbia potuto autoproiettarsi.<br />

160 L. GUALDO, Cronache letterarie. Il profumo, cit.<br />

161 G. ROVETTA, <strong>Luigi</strong> Capuana, in Cinque minuti <strong>di</strong> riposo!, cit., p. 65.<br />

162 L. GUALDO, Cronache letterarie. Il profumo, cit.<br />

149


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

co”, il suo “passato tetro e sconfortante”, il suo “affetto esclusivo per la madre<br />

gelosa” o, ancora, “l’educazione esclusiva ricevuta da questa sola” e la “continua<br />

convivenza con lei nella povertà in mezzo alle sventure e li ostacoli”. 163 Per<br />

un profondo, acuto conoscitore e analista della psiche umana, quale <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong>mostra<br />

<strong>di</strong> essere in quasi tutti suoi lavori, non è sufficiente suggerire le cause<br />

esterne che possono aver con<strong>di</strong>zionato il comportamento <strong>di</strong> Patrizio, ma occorre<br />

scandagliare l’animo stesso <strong>di</strong> quel giovane uomo; solo in questo modo<br />

[…] lo stu<strong>di</strong>o tanto interessante sempre <strong>di</strong> quel fenomeno crudele, ma purtroppo<br />

frequente <strong>di</strong> due esseri che si amano, ma tra cui qualcosa <strong>di</strong> arcano si frappone che vieta<br />

loro d’intendersi, avrebbe avuto maggior valore se fosse stato meglio esplicato – pur<br />

lasciando quella parte <strong>di</strong> mistero ch’è inerente a tali fatti. 164<br />

Nonostante le critiche addotte al romanzo <strong>di</strong> Capuana, si è detto che, comunque,<br />

la recensione è da considerarsi positiva, come <strong>di</strong>mostra la sua conclusione,<br />

dove, ancora una volta, viene posto l’accento sulla poesia latente e sull’incanto<br />

(“che misterioso proclama il tutto”) che soggiacciono ad esso, due eccellenti<br />

aspetti che rendono il volume “prezioso lo stesso”. 165<br />

Tassello conclusivo per ricostruire l’insieme dei giu<strong>di</strong>zi che i due critici letterari<br />

esposero sulle rispettive opere è il parere del siciliano sull’ultimo romanzo<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, che compare in un articolo apparso sulla «Tavola rotonda»<br />

nell’agosto 1892, saggio nel quale Capuana costruisce un parallelo tra il concetto<br />

portante – o meglio, sullo stesso fenomeno psicologico che conduce con<br />

mezzi <strong>di</strong>versissimi ad un’identica conclusione – che governa tre testi: L’automa<br />

dell’esor<strong>di</strong>ente Butti, Senio e Decadenza, rispettivamente dei “due provetti nell’arte”<br />

Neera e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. 166 Per <strong>di</strong>rla con le parole dello stesso critico (ormai<br />

lontano in quest’opera, come sostiene Luti, da qualsiasi ascendenza positivista)<br />

167 egli vuole <strong>di</strong>mostrare (manifestando, così, <strong>di</strong> non aver compreso a pie-<br />

163 Ibidem.<br />

164 Ibidem.<br />

165 Ibidem.<br />

166 L. CAPUANA, Tre romanzi. E. A. Butti, L’automa; Neera, Senio; <strong>Gualdo</strong>, Decadenza,<br />

in «Tavola rotonda», 7 agosto 1892, poi rist. con il titolo E. A. Butti – Neera – L. <strong>Gualdo</strong>, in<br />

ID., Gli “ismi” contemporanei, Catania, Giannotta, 1898, pp. 113-129.<br />

167 G. LUTI, Per gli “ismi” contemporanei, in Sul filo della corrente. Fatti e figure della<br />

letteratura italiana del ‘900, Milano, Longanesi, 1975, pp. 83-114. Lo stu<strong>di</strong>oso afferma che, a<br />

quest’epoca, la critica <strong>di</strong> Capuana risente in larga parte “dell’angolatura desanctisiana o demeisiana”<br />

mentre “si rifiuta decisamente […] la componente zoliana” (p. 92).<br />

150


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

no le intenzioni dell’autore) come, nei tre testi, il car<strong>di</strong>ne del <strong>di</strong>scorso sia costituito<br />

dalla “influenza deleteria della donna su la volontà e sul carattere dell’uomo<br />

nella società contemporanea”, conclusione alla quale il libro <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

conduce “con maggiore intensità <strong>di</strong> impressioni” rispetto agli altri due. 168<br />

Nonostante tale presupposto <strong>di</strong> fondo, espresso nell’avvio del saggio, lasci<br />

perplessi quanto ad un’effettiva comprensione a trecentosessanta gra<strong>di</strong> della <strong>di</strong>namica<br />

che muove soprattutto il romanzo Decadenza, Capuana, nel corso della<br />

sua analisi, <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere intuizioni estremamente lungimiranti, come quando<br />

sostiene che dalle tre opere in esame emerge con forza, da parte dei loro autori,<br />

un “grido d’allarme” che tenta <strong>di</strong> non morire inascoltato quasi fosse una<br />

vox clamantis in deserto, 169 anticipando così <strong>di</strong> oltre sessant’anni un’opinione<br />

che Eugenio Montale esprimerà proprio a proposito del piccolo capolavoro<br />

gual<strong>di</strong>ano paragonandolo a Una vita <strong>di</strong> Svevo. 170 Le tre storie narrate in Senio,<br />

L’automa e Decadenza, infatti, sono portatrici <strong>di</strong> una carica altamente novecentesca<br />

ed i loro protagonisti si configurano a pieno titolo come i padri spirituali<br />

<strong>di</strong> tanti personaggi pirandelliani e sveviani: l’Attilio Valda <strong>di</strong> Butti, il Senio <strong>di</strong><br />

Neera e il Paolo Renal<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> vestono rispettivamente i panni <strong>di</strong> un fiacco<br />

pittore-scrittore-musicista che “intravede la concezione, ma non arriva mai a<br />

concretarla”, 171 <strong>di</strong> un uomo <strong>di</strong> origini conta<strong>di</strong>ne al quale “basta un incidente insignificantissimo<br />

perché egli si lasci avvolgere”, 172 <strong>di</strong> un parlamentare ambizioso,<br />

infine, che “precipita verso la catastrofe della più profonda abiezione”. 173<br />

Dalle espressioni usate da Capuana è evidente che egli abbia intuito che si<br />

tratti <strong>di</strong> tre inetti che si lasciano consumare dalle vicende della vita senza prendere<br />

alcuna iniziativa; nei loro destini si manifesta, per usare le stesse parole <strong>di</strong><br />

cui si serve il critico, “l’esaurimento umano contemporaneo e la nostra immensa<br />

miseria spirituale”. 174 Con questa trilogia <strong>di</strong> romanzi siamo già, dunque, in<br />

pieno Novecento, secolo al cui effettivo raggiungimento si frappone ancora un<br />

solo ostacolo che accomuna tutti e tre i romanzieri in esame, vincolandoli ancora<br />

a quell’Ottocento cui pur sempre appartengono: la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> artisti che spe-<br />

168<br />

L. CAPUANA, Tre romanzi…, cit., p. 114.<br />

169<br />

Ivi, p. 129.<br />

170<br />

E. MONTALE, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Il Corriere della Sera», 27 aprile 1960, p. 3.<br />

171 L. CAPUANA, Tre romanzi…, cit., p. 115.<br />

172 Ivi, p. 116.<br />

173 Ivi, p. 119.<br />

174 Ivi, p. 123.<br />

151


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

rano ancora <strong>di</strong> poter intervenire (e magari correggere) su quel mondo che va<br />

frantumandosi intorno a loro, nel tentativo, come afferma Dante Isella, <strong>di</strong> “narrare<br />

senza nessuna o scarsa concessione alla pura affabulazione” ed in tal modo,<br />

scavando nella propria esperienza <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> “estrarre dalle viscere del reale la<br />

luce <strong>di</strong> un’immagine vittoriosa, <strong>di</strong> una certezza strappata all’ignoto”. 175<br />

3.3 De Roberto, “scrittore <strong>di</strong> grande ingegno” <strong>di</strong> “romanzi <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne”<br />

Terzo membro della triade dei romanzieri naturalisti in Italia, <strong>Federico</strong> de<br />

Roberto viene tra<strong>di</strong>zionalmente inserito accanto ai nomi <strong>di</strong> Verga e <strong>di</strong> Capuana<br />

nell’ambito della nostrana corrente verista, benché egli – più giovane quasi <strong>di</strong><br />

una generazione rispetto agli altri due 176 – risulti essere il meno fedele all’integrità<br />

del metodo narrativo <strong>di</strong> questo filone o, se si preferisce, l’autore nella cui<br />

produzione si riscontra la presenza <strong>di</strong> un numero maggiore <strong>di</strong> elementi che la<br />

critica ha definito “perturbatori”. 177 Spesso accusato <strong>di</strong> aver eccessivamente subito<br />

l’influsso del romanzo francese moderno e, nella fattispecie, della poetica<br />

dell’ex <strong>di</strong>scepolo zoliano Paul Bourget, de Roberto manifesta in gran parte delle<br />

sue opere una notevole apertura verso il genere psicologico ed introspettivo, inclinazione,<br />

questa, che lo ha reso – fra i tre esponenti del verismo – il narratore<br />

senza dubbio più vicino alle corde ed al gusto gual<strong>di</strong>ano.<br />

L’incontro e la conseguente amicizia tra lo scrittore meri<strong>di</strong>onale e <strong>Gualdo</strong><br />

possono essere datati sul finire <strong>degli</strong> anni ’80 dell’Ottocento, all’epoca in cui il<br />

narratore esor<strong>di</strong>ente aveva cominciato ad allontanarsi con crescente frequenza<br />

da Catania (dove risiedeva quel che restava della sua famiglia dopo la precoce<br />

scomparsa del padre) per guadagnare, sempre più spesso e a lungo, la meta<br />

maggiormente ambita dai letterati del tempo, la capitale culturale d’Italia: Milano.<br />

La patria <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> è, infatti, il luogo in cui è lecito supporre sia av-<br />

175<br />

D. ISELLA, La cultura letteraria lombarda, in ID., I lombar<strong>di</strong> in rivolta. Da Carlo<br />

Maria Maggi a Carlo Emilio Gadda, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1984, p. 24.<br />

176<br />

<strong>Federico</strong> de Roberto era nato circa un ventennio dopo i colleghi Verga e Capuana, il 16<br />

gennaio 1861, a <strong>Napoli</strong>. Per un’accurata ed esaustiva biografia dell’autore si veda la recente –<br />

ed ampliata – e<strong>di</strong>zione della monografia <strong>di</strong> A. DI GRADO, La vita, le carte, i turbamenti <strong>di</strong> <strong>Federico</strong><br />

de Roberto, gentiluomo, Roma, Bonanno, 2007.<br />

177<br />

G. BORRI, Invito alla lettura <strong>di</strong> De Roberto, Milano, Mursia, 1987, p. 13.<br />

152


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

venuta la prima conoscenza tra i due, complice – verosimilmente – il comune<br />

amico Giovanni Verga, cui si deve l’aver introdotto almeno in fase iniziale il<br />

giovane conterraneo all’interno della cerchia delle sue più intime, ed a quel<br />

punto ormai longeve, relazioni umane e professionali nella città ambrosiana:<br />

Arrigo Boito, Giacosa, Rovetta, Marco Praga, Cameroni e, per l’appunto, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>. La prima testimonianza relativa ai contatti tra quest’ultimo e de Roberto<br />

sembrerebbe piuttosto precoce, per quanto non sia possibile fissarne con estrema<br />

esattezza la data: si tratta <strong>di</strong> una fotografia – custo<strong>di</strong>ta all’Arhivio Statale<br />

<strong>di</strong> Milano, nei registri Litta Mo<strong>di</strong>gnani, tra le carte <strong>Gualdo</strong> – in cui il futuro autore<br />

dei Viceré è immortalato in quelli che appaiono essere il suo aspetto ed il<br />

suo abbigliamento tipici intorno all’anno 1887. L’immagine reca in calce una<br />

cor<strong>di</strong>ale e al tempo stesso deferente de<strong>di</strong>ca autografa in<strong>di</strong>rizzata a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>:<br />

“Al maestro ed all’amico. Ricordo <strong>di</strong> <strong>Federico</strong> de Roberto”. 178<br />

Molto più interessanti e, certamente, utili alla ricostruzione dei rapporti intercorsi<br />

tra i due romanzieri potrebbero essere le lettere gual<strong>di</strong>ane che Antonio<br />

<strong>di</strong> Grado segnala esser presenti “nella vasta riserva <strong>di</strong> carteggi ine<strong>di</strong>ti” derobertiani,<br />

dove pare che figurino “riscontri imbarazzati e poi sempre più affettuosi”<br />

<strong>di</strong> Giacosa, Boito e <strong>Gualdo</strong>, ovvero <strong>di</strong> quegli intellettuali che, dapprima corteggiati<br />

da lontano, <strong>di</strong>venteranno presto confidenti e consiglieri <strong>di</strong> de Roberto, una<br />

volta stabilitosi in maniera quasi permanente nella città meneghina. 179 In mancanza<br />

<strong>di</strong> una presa visione <strong>di</strong> tali manoscritti, la prima conferma documentata <strong>di</strong><br />

un effettivo incontro tra gli autori in questione è ad opera <strong>di</strong> Piero Nar<strong>di</strong> che,<br />

nel suo volume de<strong>di</strong>cato a Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, attesta la simultanea<br />

presenza <strong>di</strong> Verga, <strong>Gualdo</strong> e de Roberto alla prima rappresentazione torinese<br />

della Signora <strong>di</strong> Challant, al Teatro Alfieri, il 13 aprile del 1890. 180<br />

Ad<strong>di</strong>rittura successiva è, inoltre, la prima menzione del nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

all’interno <strong>degli</strong> epistolari del siciliano, presente nelle lettere in<strong>di</strong>rizzate a Fer<strong>di</strong>nando<br />

<strong>di</strong> Giorgi a cominciare dal 16 luglio 1891, data in cui de Roberto racconta,<br />

da Milano, <strong>di</strong> aver trascorso gran parte delle proprie serate al caffè Biffi<br />

178 La fotografia ritrae un giovanissimo de Roberto, la figura <strong>di</strong>stinta, un po’ sofisticata, i<br />

lunghi baffi ricci, gli abiti <strong>di</strong> taglio inglese, il falso colletto alto e duro ornato <strong>di</strong> cravatta papillon,<br />

i guanti che fuoriescono dalla tasca della giacca.<br />

179 A. DI GRADO, La vita, le carte, i turbamenti <strong>di</strong> <strong>Federico</strong> de Roberto…, cit., p. 199.<br />

180 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, Milano, Mondadori, 1949, p. 646: “Al<br />

Teatro alfieri <strong>di</strong> Torino, il 13 aprile, altro pienone, presenti pure critici e letterati venuti espressamente<br />

anche da altre città – Verga, <strong>Gualdo</strong>, <strong>Federico</strong> de Roberto –”.<br />

153


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

in compagnia <strong>di</strong> Boito e <strong>Gualdo</strong> e che quest’ultimo, da poco rientrato da Parigi,<br />

è ancora in attesa <strong>di</strong> ricevere le copie dell’ultimo lavoro del suo corrispondente,<br />

Anomalie, essendosi offerto – congiuntamente a Felice Cameroni – <strong>di</strong> provvedere<br />

alla <strong>di</strong>stribuzione del volume, malgrado il ritardo nelle consegne da parte<br />

dell’e<strong>di</strong>tore Galli. 181 Due giorni più tar<strong>di</strong>, una nuova lettera del medesimo allo<br />

stesso offre qualche spiegazione più dettagliata circa il coinvolgimento gual<strong>di</strong>ano<br />

nella vicenda e<strong>di</strong>toriale: de Roberto, avendo in gran stima il giu<strong>di</strong>zio del<br />

critico milanese, si è a lui rivolto per conoscerne il parere a proposito del suo<br />

nuovo romanzo, L’Illusione, appena uscito per i tipi <strong>di</strong> Treves e, al contempo,<br />

aveva pensato <strong>di</strong> approfittare della sua <strong>di</strong>sponibilità per domandargli assistenza<br />

nella faccenda <strong>di</strong> Anomalie, avendogli a lungo parlato del suo autore, Fer<strong>di</strong>nando<br />

<strong>di</strong> Giorgi. Riferendosi, quin<strong>di</strong>, alla propria Illusione il mittente afferma:<br />

<strong>Gualdo</strong> mi ha fatto due o tre osservazioni, giuste, profonde, da levarsi il cappello.<br />

E la critica esercitata a questo modo ti procura un piacere più elevato della lode per la<br />

lode! 182<br />

Mentre riferisce a proposito del suo corrispondente e delle sue Anomalie:<br />

Iersera <strong>Gualdo</strong> mi domandò <strong>di</strong> te e del tuo libro: non l’ha ancora ricevuto! Carlino<br />

<strong>di</strong>ce che è colpa del legatore: stasera glielo rammenterò da capo.<br />

<strong>Gualdo</strong> ti trova un bel giovane: insuperbisci, cazzaccio! 183<br />

Una volta ricevuti e letti in città i volumi del <strong>di</strong> Giorgi, de Roberto può infine<br />

comunicare all’autore il parere del giu<strong>di</strong>ce lombardo: “Si parlò delle Anomalie<br />

con <strong>Gualdo</strong>, il quale mi <strong>di</strong>sse che gli piacevano, che c’erano delle vere<br />

anomalie, che vi trovava delle cose molto ben fatte”; ma, forse, ritenendo troppo<br />

sintetica la critica riportata in relazione alle aspettative create, egli – quasi a<br />

voler giustificare l’amico – trascrive anche una battuta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> pronunciata,<br />

forse per scusarsi, circa gli eccessivi impegni mondani: “Scherzando <strong>di</strong>ceva che<br />

c’erano 99 posti dove era costretto ad andare per passarvi qualche giorno: capirai<br />

che con questa vita è <strong>di</strong>fficile rammentarsi d’un libro” 184 .<br />

181 A. NAVARRIA, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> <strong>Federico</strong> de Roberto a Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Giorgi, cit.,<br />

pp. 73-74: “Sono quin<strong>di</strong>ci giorni che raccomando <strong>di</strong> consegnare le copie a <strong>Gualdo</strong> (ritornato da<br />

Parigi) e a Cameroni. Ci sono però sempre Boito e <strong>Gualdo</strong>, coi quali passo tutte le sere al Biffi”.<br />

182 Ivi, p. 75. Lettera del 18 luglio 1891.<br />

183 Ibidem.<br />

184 Ivi, p, 78.<br />

154


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Eppure, qualche anno dopo, questo stesso autore sarà ben più fortunato:<br />

Pierre de Montera ha, infatti, pubblicato una lunga lettera del milanese in<strong>di</strong>rizzata<br />

a <strong>di</strong> Giorgi del 1895, una sorta <strong>di</strong> sintetica recensione (evidentemente<br />

l’immobilità coatta gli aveva consentito maggiore concentrazione) al libro da<br />

poco pubblicato dal narratore siciliano. Appena pochi giorni dopo aver ricevuto<br />

il voulme, <strong>Gualdo</strong> non esita ad affermare quanto piacere ne abbia ricavato dalla<br />

lettura: “La prima donna mi piace in tutta sincerità […]; è uno stu<strong>di</strong>o esatto, fine,<br />

profondo <strong>di</strong> una parte del mondo teatrale, che conoscete perfettamente e che<br />

avete saputo delinare da maestro”. 185 Ma se un vero giu<strong>di</strong>zio, per essere considerato<br />

tale, non può contenere soltanto elogi e se, per citare de Roberto, la critica<br />

esercitata da <strong>Gualdo</strong> va ritenuta costruttiva proprio perché in grado <strong>di</strong> procurare<br />

un piacere più elevato della lode per la lode, ecco allora che accanto all’impressione<br />

generale e positiva sul romanzo il mittente/recensore avanza, con<br />

la solita cortesia, anche un gentile rimprovero: “Permettetemi una piccola osservazione?<br />

A mio avviso eviterei quella vaga minaccia <strong>di</strong> suici<strong>di</strong>o espressa in<br />

tre righe dell’ultima pagina, […], e che a me pare inutile”. 186 Dopo<strong>di</strong>ché, citato<br />

il passo in questione, <strong>Gualdo</strong> torna nuovamente al giu<strong>di</strong>zio complessivo sull’opera<br />

(“Tutto il volume ha per me un grande incanto”), specificando, però,<br />

questa volta, ciò che più ha apprezzato (“le novelle hanno un sapore particolare<br />

e tutte della qualità <strong>di</strong> primo or<strong>di</strong>ne”) e soffermandosi, infine, sulla porzione <strong>di</strong><br />

testo che maggiormente lo ha colpito (“Tempesta stornata specialmente”). 187<br />

Ma torniamo adesso nuovamente ai nostri <strong>Gualdo</strong> e de Roberto che avevamo<br />

lasciato a Milano, nel corso dell’estate 1891; in quel periodo, sul finire del<br />

mese <strong>di</strong> luglio, un ennesimo, improrogabile impegno coinvolge i due scrittori:<br />

l’arrivo in città dei coniugi Bourget. Il ricordo <strong>di</strong> questa visita è affidato ad una<br />

breve cronaca derobertiana, ancora una volta all’interno <strong>di</strong> una lettera destinata<br />

a Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Giorgi. Il resoconto, posteriore <strong>di</strong> circa due mesi rispetto agli<br />

eventi narrati, è incentrato sull’illustrazione <strong>di</strong> una mezza giornata trascorsa insieme<br />

dalla coppia francese e dai due scrittori italiani, cominciata con una fa-<br />

185<br />

Lettera da Aix-les-Bains del 1895, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 125.<br />

186<br />

Ibidem.<br />

187<br />

Ibidem. La lettera si conclude con un resoconto <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> sul proprio stato fisico (interessante<br />

è che egli affermi che la sopraggiunta malattia gli sia letteralmente “capitata tra capo e<br />

collo, dopo una ferrea salute avuta per tutta la vita, durante la quale non ebbi mai, fino al ’93,<br />

una in<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> un’ora!”) e con varie lamentele per la lentissima guarigione prospettata<br />

alla gamba rimasta ancora paralitica, ma sempre nella speranza che “il motus in fine velocior<br />

non mentisca in questo caso”.<br />

155


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

stosa cena e conclusasi con una fallimentare visita <strong>di</strong>gestiva all’Esposizione (inaugurata<br />

il precedente marzo). Durante il pasto consumato al Rebecchino –<br />

nota osteria del centro – ed offerto da <strong>Gualdo</strong>, agli ospiti viene data la possibilità<br />

<strong>di</strong> scegliere il vino; de Roberto (che aveva conosciuto i Bourget l’estate precedente<br />

in Sicilia) 188 con prontezza registra l’indelicatezza <strong>degli</strong> ospiti che “Discretamente<br />

scelsero lo champagne a tutto pasto”. 189 Dopo cena, a Brera, M.me<br />

Minnie manifesta il desiderio <strong>di</strong> voler salire sulle montagne russe; il risultato,<br />

com’è facile intuire, sarà un imme<strong>di</strong>ato malore e l’istantaneo rientro dei coniugi<br />

in albergo: “Troppa psicologia, esclamava <strong>Gualdo</strong>, ed aveva ragione”, annota<br />

de Roberto nel suo messaggio, sempre meno ammaliato dal fascino un tempo<br />

attribuito al romanziere d’oltralpe e, anzi, ognora più convinto della sua cattiva<br />

fama (originata da alcune considerazioni verghiane) <strong>di</strong> portasfortuna. 190<br />

Al <strong>di</strong> là delle frequentazioni e delle simpatie personali, è indubbio che <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> dovesse apprezzare altamente la produzione dell’amico italiano: il riscontro<br />

entusiasta riportato dallo stesso de Roberto in relazione al primo romanzo<br />

del cosiddetto ciclo <strong>degli</strong> Uzeda non rappresenta il solo commento positivo<br />

del critico lombardo a proposito dei testi del collega. Pur non possedendo<br />

recensioni o stu<strong>di</strong> specifici sulle opere derobertiane, sappiamo dalle parole dello<br />

stesso <strong>Gualdo</strong> come questi fosse impaziente <strong>di</strong> leggere I Viceré e, ancor <strong>di</strong> più,<br />

quanto attendesse il ritorno dell’autore in città una volta terminata la stesura <strong>di</strong><br />

quello che sarebbe poi <strong>di</strong>venuto il più noto dei lavori del narratore siciliano:<br />

Spero che I Viceré saranno presto terminati, e che vi si potrà vedere in galleria,<br />

dove tante donne passeggiano invano, cercandovi. M’interrogano con lo sguardo per<br />

sapere <strong>di</strong> Voi. 191<br />

188<br />

Si vedano, a tal proposito, i volumi <strong>di</strong> J. – P. DE NOLA, <strong>Federico</strong> de Roberto et la<br />

France, Paris, Di<strong>di</strong>er, 1975 e ID., Paul Bourget à Palerme, Paris, Nizet, 1979.<br />

189<br />

Lettera del 15 settembre 1891, in A. NAVARRIA, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> <strong>Federico</strong> de Roberto<br />

a Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Giorgi, cit., p. 79.<br />

190<br />

Ivi, p. 80. L’iniziativa <strong>di</strong> rivolgersi a Paul Bourget etichettandolo l’innominabile era<br />

partita da Verga, ma de Roberto – altrettanto superstizioso – aveva subito appreso la lezione del<br />

maestro e cominciato anch’egli ad appellare apotropaicamente in tal modo, nelle sue lettere, il<br />

romanziere francese.<br />

191<br />

Lettera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a <strong>Federico</strong> de Roberto erroneamente datata dal curatore “11-X-<br />

‘94”, giacché a quest’epoca il milanese era ormai immobile (a causa della sopraggiunta paralisi<br />

alle gambe) a Parigi da quasi <strong>di</strong>eci mesi. Il testo del documento è parzialmente pubblicato in A.<br />

DI GRADO, La vita, le carte, i turbamenti <strong>di</strong> <strong>Federico</strong> de Roberto, gentiluomo, cit., p. 199.<br />

Sulla nomea <strong>di</strong> “Don Giovanni” assegnata a de Roberto, <strong>Gualdo</strong> tornerà a scherzare in una lette-<br />

156


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Il buon giu<strong>di</strong>zio riservato all’Illusione viene riproposto all’indomani dell’uscita<br />

del nuovo romanzo. Ancora, non <strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> altre fonti, bisognerà<br />

appellarsi ai carteggi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per conoscere – anche se in maniera stringata –<br />

il suo punto <strong>di</strong> vista sul libro; lo spassionato invito alla lettura destinato a Giulia<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani sembrerebbe, comunque, non lasciar spazio a dubbi sulla sincera<br />

ammirazione rivolta a romanzo e romanziere:<br />

De Roberto è uno scrittore <strong>di</strong> grande ingegno. Dovresti leggere <strong>di</strong> lui I Viceré,<br />

romanzo <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne, sebbene troppo lungo (600 e più pagine!). È anche simpatico,<br />

talvolta un poco ingenuo. 192<br />

Sembrerebbe che la marchesa abbia accolto volentieri il consiglio <strong>di</strong> suo<br />

cugino e <strong>di</strong> aver molto apprezzato il testo suggeritole se, in una successiva missiva<br />

del settembre ’95, <strong>Gualdo</strong> si rivolge ancora a lei con un nuovo avvertimento<br />

e<strong>di</strong>toriale in cui afferma: “Hai letto il nuovo, grosso libro <strong>di</strong> psicologia intitolato<br />

Amore del tuo amico de Roberto? L’ho cominciato e lo finirò; mi <strong>di</strong>rai se tu<br />

hai potuto farne altrettanto”. 193 Pur non conoscendo il giu<strong>di</strong>zio espresso a lettura<br />

ultimata, non c’è da esitare circa l’apprezzamento gual<strong>di</strong>ano del volume de<strong>di</strong>cato<br />

alla fisiologia, alla psicologia ed alla morale dell’amore (si pensi soltanto<br />

all’entusiastico parere espresso in merito alla Physiologie de l’Amour moderne<br />

<strong>di</strong> Bourget quttro anni prima sulle pagine <strong>di</strong> «Cronaca d’Arte»), 194 dove il procedere<br />

analitico, per approfon<strong>di</strong>menti, del poderoso compen<strong>di</strong>o articolato in sei<br />

racconti-apologo e la sanzione conclusiva del sentimento in esame come “massima<br />

illusione” umana devono avere siuramente stuzzicato l’interesse <strong>di</strong> questo<br />

lettore d’eccezione, raffinato stu<strong>di</strong>oso egli stesso dei moti dell’animo umano (si<br />

ricor<strong>di</strong> la sua tendenza all’introspezione capillare ed in<strong>di</strong>viduale, il suo gusto<br />

della scoperta interiore palesate sin dai testi d’esor<strong>di</strong>o), nonché altrettanto <strong>di</strong>sincantato<br />

pensatore in materia d’amore.<br />

Il titolo <strong>di</strong> “opera <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne” spetta, però, come si è visto, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, al più noto (almeno al giorno d’oggi, contrariamente alla fredda acco-<br />

ra inviata a Giovanni Verga, dve si legge: “Se non ve<strong>di</strong> De Roberto, vuol <strong>di</strong>re che fòrnica molto.<br />

I miei complimenti e tanti saluti affettuosi” (Documento 26, databile tra il gennaio e il marzo<br />

1895 e pubblicato da G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 144).<br />

192 Lettera 19, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> alla cugina Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani s.d., ma recante<br />

timbro postale: “Aix-les-Bains, 3 agosto 1895”. Fondo <strong>Gualdo</strong>, carteggio Z 80 suss., b.2(19).<br />

193 Ivi, c.3(26). Lettera ine<strong>di</strong>ta s.d., ma con timbro postale: “Parigi, 27 settembre 1895”.<br />

194 Cfr., infra, il paragrafo 6.5 Un autoritratto allo specchio: Paul Bourget.<br />

157


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

glienza riservatagli nel 1894, all’epoca della pubblicazione) dei lavori dell’amico,<br />

quei Viceré che con estrema <strong>di</strong>fficoltà e fin dal principio si è tentato <strong>di</strong> incasellare<br />

all’interno <strong>di</strong> un genere letterario specifico, vista la sua estrema complessità<br />

e – ad un tempo – la presenza <strong>di</strong> quelli che, in apertura, sono stati definiti<br />

gli “elementi <strong>di</strong>sturbatori” propri della scrittura narrativa derobertiana. Per<br />

quanto la critica, coeva e moderna, abbia spesso inserito tale volume nel grande<br />

calderone del romanzo storico (definizione riduttiva se si considera la “prospettiva”<br />

dell’autore, la negazione del concetto <strong>di</strong> storia come progresso ed il conseguente<br />

“antistoricismo come rifiuto della società industriale”) 195 o, talvolta,<br />

gli abbia attribuito specificità caratteristiche del romanzo politico (dato il ricorso<br />

ad uno spaccato analitico e “temporalmente consequenziale circa i rapporti<br />

causa-effetto <strong>degli</strong> avvenimenti”), 196 questo libro rientra in maniera “un po’<br />

stretta” nei suddetti formulari, in maniera analoga – per <strong>di</strong>rla con Giancarlo<br />

Borri – ad un testo pressoché contemporaneo “abbastanza vicino alle tematiche<br />

derobertiane” 197 che è, non a caso, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, e<strong>di</strong>to appena<br />

due anni prima (1892). Entrambe le opere, <strong>di</strong>fatti, più che per l’essere state ricondotte<br />

alle riduttive etichette <strong>di</strong> romanzo storico, politico o parlamentare che<br />

<strong>di</strong>r si voglia, sono accomunate da una medesima celebrazione dell’apoteosi in<br />

negativo dell’abiezione in<strong>di</strong>viduale, poiché – secondo Madrignani – “si potrebbe<br />

<strong>di</strong>re che fra I Viceré e Decadenza esista una sotterranea affinità proprio in<br />

questa sottolineatura del degrado dell’uomo moderno, della sua irrefrenabile <strong>di</strong>scesa<br />

verso il subumano”. 198<br />

È interessante notare come, quasi sincronicamente, questi due scrittori<br />

(provenienti da realtà geografiche così <strong>di</strong>verse e con alle spalle una formazione<br />

ed uno stile <strong>di</strong> vita così antipo<strong>di</strong>ci) siano giunti nei rispettivi romanzi a conclusioni<br />

molto affini, al punto tale da rappresentare in maniera davvero simile – tenuto<br />

conto delle dovute <strong>di</strong>fferenze – quello stesso mondo ormai, sul volgere del<br />

secolo, in via <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione e presago della propria fine. Altrettanto stimolante<br />

è, poi, anche l’idea che nel mettere in moto un tale, analogo processo <strong>di</strong> riflessione<br />

possa aver influito non solo il contatto <strong>di</strong>retto tra due indoli spontaneamente<br />

in sintonia, ma soprattutto la conformità, sotto alcuni aspetti, delle loro<br />

195<br />

A. BRIGANTI, Il Parlamento nel romanzo italiano del Secondo Ottocento, Firenze, Le<br />

Monnier, 1972, p. 118.<br />

196<br />

G. BORRI, Invito alla lettura <strong>di</strong> de Roberto, cit., p. 48.<br />

197<br />

Ivi, p. 49.<br />

198<br />

C. A. MADRIGNANI, I romanzi francesi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 362.<br />

158


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

nature: basti pensare, ad esempio, che, tanto in de Roberto quanto in <strong>Gualdo</strong>, la<br />

straor<strong>di</strong>naria potenza <strong>di</strong> osservazione risulta essere una componente inscin<strong>di</strong>bile<br />

dal rispettivo livello <strong>di</strong> eccezionale sensibilità e, quin<strong>di</strong>, inseparabile dalle specifiche<br />

e private nevrosi (acuitesi, tra l’altro, in entrambi nello stesso periodo)<br />

199 <strong>di</strong> carettere psicologico ed esistenziale.<br />

Una <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong>retta tra l’opera gual<strong>di</strong>ana e quella derobertiana è stata,<br />

in effetti, accennata da alcuni stu<strong>di</strong>osi, primo fra tutti Spinazzola, il quale ha ipotizzato<br />

una vera e propria “ripresa” della materia <strong>di</strong> Decadenza all’interno,<br />

però, non de I Viceré, bensì dell’ultimo romanzo del siciliano, L’Imperio, pubblicato<br />

postumo ed incompleto nel 1929, ma la cui prima traccia <strong>di</strong> lavorazione<br />

sembrerebbe risalire anch’essa al biennio 1893-94. 200 A cominciare dal nome <strong>di</strong><br />

uno dei due personaggi principali del testo, <strong>Federico</strong> Ranal<strong>di</strong> (che fa da contraltare<br />

al principe Consalvo Uzeda <strong>di</strong> Francalanza, già protagonista de I Viceré),<br />

che <strong>di</strong>stintamente richiama alla memoria quello del parlamentare gual<strong>di</strong>ano Paolo<br />

Renal<strong>di</strong>, l’intero volume contiene continue eco del libro del milanese, sebbene<br />

la “moralità della narrazione” appaia in fin dei conti del tutto rovesciata. 201<br />

<strong>Federico</strong>, <strong>di</strong>fatti, al contrario <strong>di</strong> Paolo (e <strong>di</strong> Consalvo), non è uomo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

ambizioni politiche; è, invece, un puro <strong>di</strong> cuore che solo dopo essersi sentito<br />

tra<strong>di</strong>to da una società opportunista e vuota <strong>di</strong>viene cinico e si <strong>di</strong>sinnamora della<br />

vita. Egli è, insomma, un illuso, poiché “la dolorosa crisi da cui sarà colpito avrà<br />

il benefico effetto <strong>di</strong> fargli riconoscere la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> quei modesti e semplici<br />

ideali <strong>di</strong> vita che egli aveva, a lungo, giovanilmente, negato”. 202 Secondo Giorgio<br />

Pannunzio, inoltre, soltanto in apparenza il percorso spirituale <strong>di</strong> Renal<strong>di</strong> e<br />

Ranal<strong>di</strong> sembra essere il medesimo, giacché nel romanzo gual<strong>di</strong>ano “il personaggio<br />

è posto in una cornice negativa” (dal connubio tra il suo carattere e le<br />

199 Data cruciale nella vita <strong>di</strong> entrambi gli scrittori è il 1894, anno a partire dal quale si aggravano<br />

le rispettive con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute: nel caso <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è la morte della madre a minare un<br />

equilibrio psico-fisico già instabile; per de Roberto saranno decisive, invece, le pressanti richieste<br />

<strong>di</strong> Marianna <strong>degli</strong> Asmundo affinché egli, suo figlio, ritorni a vivere in famiglia, a Catania.<br />

È evidente, comunque, tanto per l’uno quanto per l’altro, che l’eccessivo attaccamento (al limite<br />

della <strong>di</strong>pendenza) alla figura materna – motivabile, forse, nelle sorti <strong>di</strong> tutt’e due, attraverso la<br />

prematura scomparsa delle figure paterne – può essere ritenuto alla base delle delicate con<strong>di</strong>zioni<br />

psicologiche dell’età adulta e dei loro conseguenti <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> natura nervosa.<br />

200 Si veda, ad esempio, l’affermazione derobertiana rilasciata durante l’intervista <strong>di</strong> Ojetti,<br />

nell’agosto 1894: “Ho passato parecchi mesi a Roma in bella posta. Ho in mente un romanzo <strong>di</strong><br />

vita parlamentare” (U. OJETTI, <strong>Federico</strong> de Roberto, in Alla ricerca dei letterati, cit., p. 133).<br />

201 V. SPINAZZOLA, Gli Scapigliati tra Manzoni e Verga, cit., p. 17.<br />

202 Ibidem.<br />

159


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

sue vicende ne scaturirà, alfine, la trasformazione in uomo inetto e <strong>di</strong>ssoluto),<br />

mentre ne L’Imperio “il cammino <strong>di</strong> Ranal<strong>di</strong> è quasi sempre positivo”. 203 Ciò<br />

non significa – sostiene ancora lo stu<strong>di</strong>oso – che de Roberto abbia sopravvalutato<br />

o idealizzato la propria creatura, quanto piuttosto che egli non abbia mai assegnato<br />

al personaggio quei connotati <strong>di</strong> “reiezione morale” che invece contrad<strong>di</strong>stinguono<br />

la personalità <strong>di</strong> Paolo Renal<strong>di</strong>. 204<br />

Diversamente dal progetto narrativo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, nel quale il protagonista <strong>di</strong><br />

Decadenza – sempre guardato con <strong>di</strong>stacco dall’autore – risultava vincente nella<br />

carriera benché sconfitto nella vita, all’interno del suo <strong>di</strong>segno de Roberto<br />

aveva assegnato alla esperienza politica un ruolo determinante nella sconfitta<br />

dei due eroi e – soprattutto me<strong>di</strong>ante il personaggio autobiografico <strong>di</strong> <strong>Federico</strong><br />

Ranal<strong>di</strong> – aveva coinvolto, spesso in modo <strong>di</strong>retto, i car<strong>di</strong>ni ideologici della<br />

nuova società. 205 In entrambi i casi, comunque, i romanzieri avevano ripreso lo<br />

schema dell’itinerario e della sconfitta dell’eroe moderno nel mondo borghese,<br />

facendo riapparire il “motivo del Parlamento” come viaggio alla metropoli e<br />

come simbolo <strong>di</strong> successo e <strong>di</strong> promozione sociale. 206 E, benché con risultati <strong>di</strong>scor<strong>di</strong><br />

(palesando il testo gual<strong>di</strong>ano una maggiore intrinseca ambiguità che ne<br />

amplifica sensibilmente le potenzialità simboliche), sia Decadenza che L’Imperio<br />

sono stati letti – da critici <strong>di</strong>fferenti ed in stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti – in rapporto alla Éducation<br />

sentimentale <strong>di</strong> quel Flaubert che tutt’e due gli autori avevano sempre<br />

riverito ed ammirato. Secondo Alessandra Briganti, infatti, il volume derobertiano<br />

può essere considerato una sorta <strong>di</strong> romanzo <strong>di</strong> formazione in stile flaubertiano<br />

ambientato nella capitale italiana dominata dal trasformismo, “dall’opportunismo<br />

dei deputati e dalle artificiose alchimie politiche”; 207 sul versante<br />

opposto, invece, l’opera gual<strong>di</strong>ana andrebbe considerata – in accordo con Elisabetta<br />

de Troja – un rovescio del romanzo francese tardottocentesco, ovvero<br />

“un’eco postuma e tutta italiana dell’Éducation sentimentale” dal momento che,<br />

nella Roma post-risorgimentale così come nella Parigi del ’48, le idee politiche<br />

203 G. PANNUNZIO, <strong>Gualdo</strong> vs. De Roberto, ossia delle pregresse ispirazioni, in “L’Imperio”<br />

<strong>di</strong> <strong>Federico</strong> De Roberto: ideologia e letteratura negli ultimi capitoli, in «Otto/Novecento»,<br />

a. XIX, n. 3-4, maggio-agosto, 1995, p. 168.<br />

204 Ibidem.<br />

205 A. BRIGANTI, Il Parlamento nel romanzo italiano del Secondo Ottocento, cit., p. 126.<br />

206 Ivi, p. 80.<br />

207 Ivi, p. 124.<br />

160


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

si mostrano <strong>di</strong>ssolte in una generalizzata in<strong>di</strong>fferenza e l’ideale soccombe sotto<br />

l’increscioso peso dell’io, della sfera privata. 208<br />

All’infuori delle singole analogie, si rileva, quin<strong>di</strong>, una filiazione – più o<br />

meno <strong>di</strong>retta – dei lavori <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e de Roberto dal grande romanzo d’oltralpe<br />

della seconda metà <strong>di</strong> fine XIX secolo: seppure attraverso canali <strong>di</strong>versi, entrambi<br />

i narratori italiani hanno (volutamente?) subito l’influsso della corrente<br />

naturalista, conservandone, tuttavia, soltanto l’impalcatura; impalcatura che<br />

viene, però, riempita ed arricchita attraverso soluzioni tutte personali orientate<br />

in parte verso lo psicologismo e, d’altra parte, anche verso il filone decadente<br />

(soprattutto <strong>Gualdo</strong>). I risultati ottenuti dai due scrittori saranno, allora, certamente<br />

<strong>di</strong>ssimili, ma conserveranno alla base un fondamento comune: nell’uno<br />

come nell’altro, ancora una volta secondo l’insegnamento flaubertiano, la vita<br />

risulterà essere più forte dell’ideologia.<br />

3.4 Tra reale e ideale: gli “esseri eccezionali” nel Daniele Cortis <strong>di</strong> Fogazzaro<br />

Nel gennaio 1885 usciva nelle librerie italiane, e<strong>di</strong>to da Casanova, una<br />

nuova opera <strong>di</strong> Antonio Fogazzaro che, dopo il grande successo del poemetto<br />

Miranda (1874) e lo straor<strong>di</strong>nario consenso <strong>di</strong> pubblico ottenuto con Malombra<br />

(1881) – opere tra le quali si colloca la raccolta <strong>di</strong> versi Valsolda, pubblicata nel<br />

1876 –, si presentava ai lettori nostrani con Daniele Cortis, il suo secondo romanzo,<br />

alla cui stesura aveva lavorato tra il maggio 1881 e il marzo 1884. A<br />

pochi giorni dalla messa in ven<strong>di</strong>ta del nuovo volume, Giovanni Verga scriveva<br />

all’autore vicentino per congratularsi con lui e metterlo al corrente <strong>di</strong> quanto<br />

quel lavoro stesse ottenendo consensi negli ambienti letterari milanesi, persino<br />

tra coloro che appartenevano a scuole <strong>di</strong> pensiero ben <strong>di</strong>verse da quella del Fogazzaro<br />

e che non con<strong>di</strong>videvano (Verga in primis) i suoi ideali poetici:<br />

Abbiamo parlato molto <strong>di</strong> voi e del vostro lavoro con <strong>Gualdo</strong> e Giacosa e molti,<br />

tutti entusiasti, anche quelli, come me, che non credono alla possibilità reale <strong>di</strong> tali creature<br />

superiori, anche i siciliani che trovano da ri<strong>di</strong>re sul vostro Santa Giulia. Ma a voi<br />

208 E. DE TROJA, La corsa verso il nulla. Su «Decadenza» e altri romanzi parlamentari,<br />

in Il filo della ragione. <strong>Stu<strong>di</strong></strong> e testimonianze per Sergio Romagnoli, Venezia, Marsilio, 1999, p.<br />

384.<br />

161


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

cosa ve ne importa? […]. Chi <strong>di</strong>avolo siete voi, caro Fogazzaro, e come mi turbate tutte<br />

le mie idee. 209<br />

Il romanzo era uscito nel corso dell’ultima decade <strong>di</strong> gennaio, la lettera<br />

verghiana risale a pochissimo tempo dopo, al 13 febbraio ‘85, anche se, va aggiunto,<br />

non è da escludersi una lettura del testo in un momento anteriore alla<br />

pubblicazione a stampa da parte della cerchia <strong>di</strong> amici milanesi <strong>di</strong> cui sopra,<br />

poiché, a tal proposito, Piero Nar<strong>di</strong> documenta che il manoscritto fogazzariano<br />

fosse già nelle mani <strong>di</strong> Giacosa, intimo tanto <strong>di</strong> Verga quanto <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, fin<br />

dall’estate precedente. 210 Proprio ad opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> apparirà, appena due settimane<br />

dopo l’invio del messaggio epistolare poc’anzi citato, un’acuta e lunga<br />

recensione sulle pagine del «Corriere della sera» intitolata “Daniele Cortis”. Il<br />

nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, 211 nella quale veniva espresso un giu<strong>di</strong>zio che<br />

sanciva “l’accoglienza <strong>di</strong>chiaratamente favorevole” 212 destinata dal pubblico e<br />

dalla critica italiana al testo in questione.<br />

L’interesse gual<strong>di</strong>ano nei confronti <strong>di</strong> Fogazzaro – e, nella fattispecie, <strong>di</strong><br />

questo romanzo – potrebbe, in realtà, aver lasciato anche altre tracce sulla carta<br />

stampata, con ogni probabilità attraverso qualche articolo pubblicato in Francia.<br />

Si può infatti leggere, in una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> in<strong>di</strong>rizzata a Eduard Rod (il già<br />

menzionato traduttore d’oltralpe <strong>di</strong> Verga), evidentemente in risposta ad una<br />

sua richiesta <strong>di</strong> mandargli qualcosa da far uscire sull’appena fondata «Revue<br />

Contemporaine», la proposta <strong>di</strong> inviare un possibile saggio sul Daniele Cortis:<br />

J’applau<strong>di</strong>s à la Revue Contemporaine, dont le plan me paraît excellent. Croyezvous<br />

qu’un article de moi sur le nouveau roman de Fogazzaro, Daniel Cortis, qui est<br />

un livre superbe, pourrai intéresser vos lecteurs? Si oui, veuillez me le <strong>di</strong>re bien vite. 213<br />

Il curatore della lettera, Pierre de Montera, si chiede se in effetti la recensione<br />

sia mai stata scritta, dal momento che egli non era al corrente del brano <strong>di</strong><br />

209<br />

P. NARDI, Antonio Fogazzaro, Milano, Mondadori, 1938, pp. 219-220.<br />

210<br />

Ivi, p. 218.<br />

211<br />

L. GUALDO, “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, in «Corriere della<br />

sera», 2-3 marzo 1885.<br />

212<br />

G. CAVALLINI, Fogazzaro ieri e oggi, <strong>Napoli</strong>, Loffredo, 2000, p. 16.<br />

213<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 322-323. Lettera 1 a Eduard Rod inviata da<br />

<strong>Gualdo</strong> dalla citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Nervi: l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> questa località non fornisce alcuna notizia utile<br />

per datare il documento, giacché lo scrittore milanese era solito recarsi ogni anno in questa località<br />

della Riviera sia d’estate che d’inverno.<br />

162


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

critica apparso sul «Corriere della sera» e soprattutto visto che non figurano articolo<br />

firmati da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nei numeri usciti durante la breve vita della rivista<br />

<strong>di</strong>retta da Rod. Non è da escludersi che, terminato il saggio in italiano, o durante<br />

la sua stesura (le date non possono essere d’aiuto poiché il messaggio destinato<br />

al docente ginevrino non reca alcuna in<strong>di</strong>cazione in tal senso), il critico<br />

avesse pensato <strong>di</strong> tradurlo, come già aveva fatto e farà in altre occasioni, per<br />

sponsorizzare all’estero un nuovo autore italiano, contribuendo così, ancora una<br />

volta, alla promozione e <strong>di</strong>ffusione della nostra cultura letteraria in Francia.<br />

Ad ogni modo, l’unico suo articolo de<strong>di</strong>cato al Cortis <strong>di</strong> cui siamo attualmente<br />

a conoscenza è quello apparso sulle pagine del quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> Torelli-<br />

Viollier: questo intervento si configura come un attento e puntuale stu<strong>di</strong>o dell’opera<br />

e dello scrittore Fogazzaro, del quale viene messa in evidenza l’originalità<br />

che lo contrad<strong>di</strong>stingue dagli altri scrittori italiani coevi perché, <strong>di</strong>fferentemente<br />

da essi, il suo lavoro non deriva in maniera <strong>di</strong>retta “dai francesi più<br />

moderni”; 214 nelle pagine gual<strong>di</strong>ane, inoltre, sono contenuti interessanti spunti<br />

<strong>di</strong> riflessione relativi alla critica letteraria tardottocentesca, capace <strong>di</strong> stigmatizzare<br />

allo stesso tempo tanto la narrativa naturalista quanto quella idealista, senza<br />

però essere in grado <strong>di</strong> riconoscere ciò che più avrebbe contato sottolineare,<br />

ovvero l’esistenza dell’“artisticamente vero”. 215 Partendo da questo presupposto<br />

<strong>Gualdo</strong> fonda la prima parte del suo stu<strong>di</strong>o sull’analisi dell’assoluta umana verità<br />

dei personaggi del Cortis ponendo, in particolare, la sua attenzione sui due<br />

protagonisti dell’opera, Daniele ed Elena.<br />

Nel nuovo lavoro <strong>di</strong> Fogazzaro, un autore “così alto e così speciale tra gli<br />

scrittori italiani”, il recensore rintraccia tutti i pregi e tutto il fascino dei suoi<br />

scritti precedenti (dalla recensione si evince che egli avesse letto quantomeno<br />

Miranda e Malombra), così come il suo personalissimo accento poetico, mentre<br />

trova che siano quasi spariti, o se non altro smussati, gli antichi <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> forma<br />

quali la prolissità, lo scioglimento “un po’ debole in confronto al resto” e l’accostamento<br />

dell’elemento fantastico a quello reale “in modo che stuona talvolta”<br />

216 che avevano caratterizzato in maniera negativa un’opera come Malombra,<br />

giu<strong>di</strong>cata comunque, nel suo complesso, in maniera favorevole. Nel Cortis, al<br />

contrario, uno <strong>degli</strong> aspetti migliori è rappresentato dalla perfetta sintesi tra stu<strong>di</strong>o<br />

reale e ideale, sicché “la parte poetica è vera quanto la pittura della esisten-<br />

214 L. GUALDO, “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, cit.<br />

215 Ibidem.<br />

216 Ibidem.<br />

163


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

za or<strong>di</strong>naria <strong>di</strong> tutti i giorni”. 217 Questa caratteristica del romanzo è stata efficacemente<br />

messa in luce anche nel recente stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Enzo Siciliano, che nella prefazione<br />

all’e<strong>di</strong>zione Fazi (1995) dell’opera in esame ha illustrato come i dualismi<br />

della scrittura e dell’ideologia fogazzariana risultino in tutta evidenza nel<br />

Daniele Cortis, se non sanati, quanto meno orchestrati in maniera magistrale e<br />

tali da apparire ristabiliti: 218 un simile progetto <strong>di</strong> sintesi risulta particolarmente<br />

netto proprio nel <strong>di</strong>segno dei due protagonisti, “in<strong>di</strong>rizzato a verificare il contrasto<br />

[tra corpo e anima] posto a in<strong>di</strong>zio della vita intesa nella sua completa interezza”.<br />

219<br />

Dati i caratteri <strong>di</strong> Elena e Daniele, due nature non comuni, non è pensabile,<br />

secondo <strong>Gualdo</strong>, un finale <strong>di</strong>verso da quello che Fogazzaro ha scelto per il proprio<br />

romanzo: “se il loro sacrificio è rarissimo, improbabile, impossibile anzi<br />

per altri, è ineluttabile per loro” 220 tanto che, al termine dell’opera, la donna deciderà<br />

<strong>di</strong> seguire il marito in Giappone, mentre il protagonista maschile sceglierà<br />

<strong>di</strong> tornare alla vita parlamentare. Una simile soluzione conclusiva risulta dettata<br />

tanto da motivi interni al romanzo, poiché la storia d’amore tra Elena e<br />

Cortis, essendo tra l’altro cugini, era destinata all’impossibilità sia per lui, impegnato<br />

politicamente nella missione del miglioramento, in senso cattolico, della<br />

società, che per lei, sposata – per quanto malmaritata – al <strong>di</strong>ssipato barone siciliano<br />

Santa Giulia, quanto da cause esterne, connaturate allo stesso conflitto<br />

spirituale dell’autore (sulla cui formazione religiosa e ideale aveva molto influito<br />

la figura dello zio prete don Giuseppe Fogazzaro, sua prima guida morale e<br />

culturale), 221 secondo il quale la redenzione <strong>di</strong> ciascun essere umano deve necessariamente<br />

passare per la via del sacrificio.<br />

In questo romanzo, dunque, sembrano concentrarsi tutti quei motivi che<br />

Toni Iermano ha identificato come le “sostanze tipiche” della produzione fogazzariana,<br />

quali il superamento dell’amore per un ideale più alto (che può incarnarsi<br />

nella religione, nella politica o nell’arte), l’assenza terrena della pacificazione,<br />

la presenza <strong>di</strong> ostacoli che vietano l’appagamento delle passioni, il ri-<br />

217<br />

Ibidem.<br />

218<br />

E. SICILIANO, Prefazione ad A. FOGAZZARO, Daniele Cortis, Roma, Fazi, 1995,<br />

pp. 1-13.<br />

219<br />

Ivi, p. 6.<br />

220<br />

L. GUALDO, “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, cit.<br />

221<br />

T. GALLARATI SCOTTI, La vita <strong>di</strong> Antonio Fogazzaro. Dalle memorie e dai carteggi<br />

ine<strong>di</strong>ti, Milano, Mondadori, 1934, pp. 5-20.<br />

164


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

corso ad effetti melodrammatici, derivati dalle profonde conoscenze musicali<br />

dello scrittore, ed infine l’espiazione dei sensi <strong>di</strong> colpa me<strong>di</strong>ante quello che potrebbe<br />

quasi definirsi un atto <strong>di</strong> immolazione da parte dei protagonisti. 222<br />

Nel suo stu<strong>di</strong>o, si <strong>di</strong>ceva, <strong>Gualdo</strong> riba<strong>di</strong>sce a più riprese che l’eccezionalità<br />

dei personaggi del Daniele Cortis, ed in particolare <strong>di</strong> quelli principali, non ha<br />

nulla che non possa considerarsi vero: essi giungono infatti “logicamente” ad<br />

un ideale <strong>di</strong> altezza sublime attraverso l’inesorabile coerenza del loro sentire e<br />

della loro fede in un modo che “sarebbero riconosciuti da Victor Hugo come<br />

consanguinei ai suoi più ideali personaggi – ma Zola non li potrebbe trovare<br />

falsi”. 223 Il parallelo con i rappresentanti francesi <strong>di</strong> due poetiche che si possono<br />

considerare quasi agli antipo<strong>di</strong> viene sottolineato con insistenza dal critico, che<br />

giunge ad<strong>di</strong>rittura a sfidare i suoi lettori a controbattere le proprie affermazioni:<br />

Ed a chi <strong>di</strong> ciò dubitasse chiederemo se la Pauline della Joie de Vivre, sembra loro,<br />

nel suo genere, meno eccezionale <strong>di</strong> questa Elena. Vere sono invece ambedue, e se<br />

lo sono, lo sono nello stesso modo – eccezionalmente. 224<br />

Su questo caratteristico aspetto dei personaggi del romanzo ha molto insistito<br />

anche la critica moderna: ancora una volta appaiono illuminanti le pagine<br />

<strong>di</strong> Enzo Siciliano, che parla <strong>di</strong> Fogazzaro come <strong>di</strong> un autore che “offriva ai suoi<br />

lettori casi eccezionali”, una scelta, a detta dello stu<strong>di</strong>oso, funzionale anche ad<br />

assicurarsi ampi consensi da parte del pubblico. Nella già citata prefazione al<br />

Cortis, ad esempio, egli evidenzia questo aspetto in relazione alla protagonista<br />

femminile, a proposito della quale afferma:<br />

[…] era <strong>di</strong> sicuro eccezionale e <strong>di</strong> eccezionale incontro con i lettori, questa figura<br />

<strong>di</strong> donna, Elena, che sacrifica se stessa e la purezza d’un amore al dovere <strong>di</strong> seguire su<br />

una improbabile via <strong>di</strong> redenzione un uomo tanto <strong>di</strong>verso da lei da provocarle palesi<br />

repugnanze fisiche. 225<br />

Parimenti ad Elena, anche Daniele si contrad<strong>di</strong>stingue per la propria straor<strong>di</strong>narietà<br />

nel suo essere comunque reale, in quanto, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, questi<br />

222<br />

T. IERMANO – A. PALERMO, La letteratura della Nuova Italia: tra naturalismo,<br />

classicismo e decadentismo, in Storia della Letteratura Italiana, cit., vol. V<strong>II</strong>I, parte I, p. 573.<br />

223<br />

L. GUALDO, “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, cit.<br />

224<br />

Ibidem.<br />

225<br />

E. SICILIANO, Prefazione ad A. FOGAZZARO, Daniele Cortis, cit., p. 10.<br />

165


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

è ad un tempo un uomo d’azione ed un mistico: pensatore fornito <strong>di</strong> alta ambizione,<br />

egli “intravede un suo ideale lontano cui ha la fortuna <strong>di</strong> credere” con assolta<br />

fermezza; è un vero atleta, “fisicamente e moralmente”, che lotta contro<br />

gli altri, ma soprattutto contro se stesso. 226 Se Fogazzaro narra <strong>di</strong> destini piegati<br />

alla sofferenza e sembra procurare alla giovane coppia dolori “anche quando<br />

sembrerebbe inutile farlo”, 227 ciò accade perché, probabilmente, già nell’esperienza<br />

biografica dello stesso autore i sentimenti e le passioni violente erano<br />

state vissute sempre in netto contrasto con quel credo che gli era stato imposto<br />

fin da bambino, ovvero con quelle convenzioni sociali e religiose <strong>di</strong> cui il paese<br />

era all’epoca ancora fortemente intriso e che, sottoforma <strong>di</strong> una “religiosità <strong>di</strong>ffusa<br />

e ano<strong>di</strong>na”, ha continuato ad investire a lungo i costumi italiani. 228 Nella<br />

sua recensione <strong>Gualdo</strong> afferma <strong>di</strong> temere che “la più parte dei critici daranno<br />

assai importanza a codeste tendenze religiose” e, come spesso accade, finiranno<br />

per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> questioni secondarie senza riuscire a riconoscere l’opera d’arte.<br />

Questa riflessione offre lo spunto all’articolista per fare un breve excursus su<br />

quello che egli definisce un “fatto curioso”, ma che in realtà costituisce una tematica<br />

– si ricor<strong>di</strong> quanto aveva affermato negli interventi da lui de<strong>di</strong>cati a<br />

Emilio Praga e Aleardo Alear<strong>di</strong> – molto sentita da <strong>Gualdo</strong>, vale a <strong>di</strong>re quella<br />

della fallibilità e della tendenza all’errore <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio proprie della critica letteraria<br />

italiana <strong>di</strong> quegli anni, troppo spesso incline a mettere in luce e stigmatizzare<br />

aspetti <strong>di</strong> un testo che ben poco hanno a che vedere con il reale riconoscimento<br />

del suo valore artistico.<br />

Come già si è anticipato, per <strong>di</strong>fendere il romanzo <strong>di</strong> Fogazzaro da eventuali<br />

insinuazioni, il recensore mette in guar<strong>di</strong>a i suoi lettori da quei critici che<br />

gridano alla calunnia <strong>di</strong> fronte agli scrittori naturalisti che “scendono in certi<br />

bassifon<strong>di</strong> della società o […] del cuore umano e ne mostrano il vizio com’è<br />

[…] ed il mondo quale lo vedono”, 229 perché essi sono poi gli stessi critici che<br />

gettano accuse <strong>di</strong> inverosimiglianza <strong>di</strong>nnanzi ad un autore che mette in un suo<br />

lavoro “personaggi eccezionali, ma vivi, ideali […] e poeticamente reali”. 230 La<br />

conclusione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è che essi non sono in grado <strong>di</strong> riconoscere l’elemento<br />

che più conta, perché non viene loro neppure il dubbio <strong>di</strong> riconoscere in lettera-<br />

226 L. GUALDO, “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, cit.<br />

227 E. SICILIANO, Prefazione ad A. FOGAZZARO, Daniele Cortis, cit., p. 6.<br />

228 Ivi, p. 5.<br />

229 L. GUALDO, “Daniele Cortis”…, cit.<br />

230 Ibidem.<br />

166


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

tura soltanto “ciò che è artisticamente vero”. 231 Eppure esiste uno scrittore esemplare<br />

(chiaramente francese) che tutti coloro i quali si accingono a fare critica<br />

dovrebbero tenere presente perché ha illustrato a chiare lettere nelle sue opere<br />

quale dovrebbe essere il para<strong>di</strong>gma da seguire in simili circostanze:<br />

[…] il sommo Balzac ha creato, mezzo secolo fa, Eugénie Grandet e Madame<br />

Marneffe, – per non citare che un solo esempio fra tanti! – ambedue egualmente, stupendamente<br />

vere – ed ha troncato la questione – fin d’allora. 232<br />

Prima ancora delle parole dei critici da cui <strong>Gualdo</strong> mette in guar<strong>di</strong>a, le iniziali<br />

avversarie <strong>di</strong> Fogazzaro erano state, all’indomani della pubblicazione del<br />

Cortis, “grammatica, retorica e filologia”: a raccontare l’episo<strong>di</strong>o qui alluso è<br />

Giuseppe Giacosa che, incaricato dall’autore vicentino <strong>di</strong> seguire le sorti del<br />

proprio romanzo in casa e<strong>di</strong>trice, aveva dovuto affrontare in più occasioni il<br />

primo commesso <strong>di</strong> Casanova, intento a censurare ed emendare il testo fogazzariano<br />

in ogni suo punto. Disperato, Giacosa aveva scritto a Fogazzaro per raccontargli<br />

<strong>di</strong> essere stato “insaccato” talmente tante volte da essersi convinto <strong>di</strong><br />

essere egli stesso un “ignorante”. 233 In realtà la lingua in cui è scritto il Cortis,<br />

per quanto risenta dell’influsso del <strong>di</strong>aletto veneto, non rappresentava un caso<br />

così <strong>di</strong>sperato come il commesso della casa e<strong>di</strong>trice torinese voleva far credere:<br />

armato dei suoi grossi volumi e <strong>di</strong>zionari, questi aveva accusato Giacosa <strong>di</strong> aver<br />

trovato nel testo dell’amico “perfino dei Lui in luogo <strong>di</strong> Ella”. 234 Era, insomma,<br />

un pedante che, tuttavia, non doveva essere completamente in errore perché se<br />

c’è un unico <strong>di</strong>fetto che anche <strong>Gualdo</strong> ammette <strong>di</strong> aver rintracciato nel romanzo<br />

fogazzariano, esso è relativo proprio alla veste linguistica, sebbene il critico riesca<br />

a leggere in chiave positiva anche tale imperfezione, riconducendola alla<br />

fedeltà espressiva dei personaggi rappresentati. Lo stile del vicentino gli rammenta<br />

alla lontana quello <strong>degli</strong> autori tedeschi e anche un po’ quello <strong>di</strong> George<br />

Sand, benché a sua detta Fogazzaro sia “soprattutto italiano – italiano ed originale”,<br />

in quanto:<br />

Fa parlare i personaggi delle varie provincie nel loro i<strong>di</strong>oma, e lo fa benissimo, e<br />

ciò aggiunge al <strong>di</strong>alogo una grande efficacia. Lo si accusa <strong>di</strong> scrivere, <strong>di</strong> solito, un ita-<br />

231 Ibidem.<br />

232 Ibidem.<br />

233 Lettera <strong>di</strong> Giacosa a Fogazzaro (3/1/1885). P. NARDI, Antonio Fogazzaro, cit., p. 212.<br />

234 Ibidem.<br />

167


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

liano leggermente veneto – e non del tutto a torto – ma che forza e che eleganza <strong>di</strong><br />

forma! 235<br />

Altra importante considerazione gual<strong>di</strong>ana è l’esame dell’attenzione posta<br />

dall’autore nelle descrizioni, specie paesaggistiche, e nelle rappresentazioni <strong>di</strong><br />

ambiente, aspetto, questo, che rappresenta un punto d’analisi costante in tutte le<br />

recensioni del critico milanese: anche in questo caso egli ritrova una sintonia tra<br />

il proprio modo <strong>di</strong> vedere e scrivere, sempre alla ricerca <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> poesia<br />

latente, e quello realizzato da Fogazzaro, che dal principio al termine – ma soprattutto<br />

nella sezione conclusiva – del Daniele Cortis riesce a rendere il suo<br />

romanzo “un poema”. 236 La grandezza dello scrittore, afferma il pubblicista,<br />

consiste soprattutto nell’esser riuscito a realizzare senza ricerca d’effetto scene<br />

<strong>di</strong> una bellezza meravigliosa senza mai ricorrere a “istrumentazioni”. 237 Per<br />

questo motivo le sue descrizioni godono simultaneamente <strong>di</strong> sobrietà ed efficacia;<br />

esse sono essenziali, concise, ma permettono, attraverso le poche e rapide<br />

pennellate utilizzate, <strong>di</strong> immaginare tanto gli incantevoli scenari della Valsolda<br />

quanto i raffinati interni delle <strong>di</strong>more signorili in cui la vicenda è ambientata:<br />

Con poche righe, Fogazzaro fa rivivere il lettore in quel paesaggio incantevole <strong>di</strong><br />

Passo <strong>di</strong> Rovese, nell’ombrosa frescura <strong>di</strong> Villa Cortis, nelle sale <strong>di</strong> Villascura, d’onde,<br />

dalle finestre aperte, attraverso le rose cadenti, si scorgono il verde vicino ed il bruno<br />

lontano dei monti severi – ed il paesaggio vive coi personaggi, ed esso pure la passione<br />

riempie! 238<br />

Analogamente le scene che si svolgono a Roma, dove Daniele svolge la sua<br />

attività <strong>di</strong> parlamentare, colpiscono particolarmente il critico <strong>Gualdo</strong>, che insiste<br />

su come – ancora una volta “con poche righe qua e là” 239 – Fogazzaro sia<br />

riuscito a delineare un’immagine, un’impressione efficace ed esaustiva della<br />

grande città, “a mostrare quel cielo più largo <strong>di</strong> ogni altro, caldo e calmo”, quel-<br />

235 L. GUALDO, “Daniele Cortis”…, cit.. Tuttavia, proprio nel <strong>di</strong>vario che intercorre tra<br />

la voce del narratore e quella dei personaggi più popolari consiste, secondo Coletti, il maggiore<br />

<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Fogazzaro, nel non essere cioè riuscito ad evitare “la polarizzazione <strong>degli</strong> estremi” e<br />

nell’aver troppo <strong>di</strong>varicato il suo linguaggio “tra i riporti della scrittura tra<strong>di</strong>zionale e le macchie<br />

vernacolari” (V. COLETTI, Storia dell’italiano letterario, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1993, p. 294).<br />

236 L. GUALDO, “Daniele Cortis”…, cit.<br />

237 Ibidem.<br />

238 Ibidem.<br />

239 Ibidem.<br />

168


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

lo stesso cielo che pochi anni più tar<strong>di</strong>, nelle pagine <strong>di</strong> Decadenza, lascerà a<br />

bocca aperta Carlo e Isabella (fratello e moglie dell’aspirante politico, questa<br />

volta gual<strong>di</strong>ano, Paolo Renal<strong>di</strong>, che, invece, nella sua pochezza <strong>di</strong> spirito a quel<br />

cielo non presterà alcuna attenzione) e verrà anche qui nuovamente definito<br />

“più largo <strong>di</strong> tutti li altri cieli”, sebbene questa volta non sarà più caldo e calmo,<br />

bensì “basso e pesante sulla terra”, 240 quasi a sottolineare la <strong>di</strong>versa atmosfera<br />

che domina i due romanzi.<br />

Con la dovuta eccezione della capitale, ogni altro paesaggio descritto da<br />

Fogazzaro (non solo in quest’opera) appare sempre collocabile all’interno <strong>di</strong><br />

una sorta <strong>di</strong> hortus conclusus, <strong>di</strong> un mondo limitato, legato, come afferma<br />

Giorgio De Rienzo, “alla propria personale esperienza” 241 e pertanto ben lontano<br />

dai sempre mutevoli orizzonti e panorami della vita, ma anche della narrativa<br />

dell’autore milanese, che spazia da Roma a Venezia, da Milano a Parigi, da<br />

Nizza ad Aix, da Roma a Madrid e giunge persino in Inghilterra (quando non si<br />

addentra in luoghi onirici, veri e propri labirinti ideati dalla mente dei suoi personaggi).<br />

Tuttavia ciò che maggiormente pare colpire <strong>Gualdo</strong> dei paesaggi fogazzariani<br />

non sono i luoghi in sé, quanto piuttosto la modalità descrittiva, la<br />

concisione con cui il narratore del Daniele Cortis è in grado <strong>di</strong> imprimere nel<br />

lettore l’impressione indelebile <strong>di</strong> quei posti, come se la sua penna tracciasse<br />

sulla pagina rapide pennellate che delineano ambientazioni non reali, ma neppure<br />

ideali; forse il nostro critico li avrebbe definiti paesaggi a metà strada tra<br />

l’uno e l’altro mondo, come le immagini che percepiscono molti suoi personaggi<br />

quando, con una certa consuetu<strong>di</strong>ne, precipitano in uno stato <strong>di</strong> rêverie senza<br />

fine. In effetti c’è stato chi ha parlato, a proposito delle descrizioni realizzate da<br />

Fogazzaro, <strong>di</strong> un colorismo pittorico che per leggerezza <strong>di</strong> frase sembra in molte<br />

occasioni riecheggiare le settecentesche (e altrettanto venete) tele del Tiepolo,<br />

242 forse proprio perché questo artista sofisticato e iperbolico è stato autore <strong>di</strong><br />

scene che evocano un mondo <strong>di</strong>latato all'infinito e fittizio, reso da una tavolozza<br />

cromaticamente squillante e da una luce fredda e irreale, creata usando un tono<br />

argenteo che si riflette dagli oggetti come dalle figure, le quali, in tal modo,<br />

sembrano perdere ogni consistenza plastica.<br />

Nella seconda parte dell’analisi gual<strong>di</strong>ana l’attenzione del critico si focalizza<br />

nuovamente sull’epilogo del Daniele Cortis: è questo un romanzo, a sua det-<br />

240 ID., Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., p. 1015.<br />

241 G. DE RIENZO, Fogazzaro e l’esperienza della realtà, Parma, Silva, 1967, p. 15.<br />

242 E. SICILIANO, Prefazione ad A. FOGAZZARO, Daniele Cortis, cit., p. 8.<br />

169


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

ta, “che soggioga, commuove, apre <strong>degli</strong> spiragli verso un orizzonte lontano,<br />

dove albeggiano le verità supreme”, 243 perché rappresenta un lavoro magistrale<br />

in cui l’autore conduce con mano potente i lettori verso una “inesorabile meta”.<br />

244 Secondo <strong>Gualdo</strong> se “i due protagonisti innamorano”, 245 anche tutti gli altri<br />

personaggi sono in grado si suscitare nel pubblico un forte interesse: egli pare<br />

colpito soprattutto dalla figura del Conte Lao che, somigliante un po’ al Conte<br />

Cesare <strong>di</strong> Malombra, è “un egoista che si de<strong>di</strong>ca a chi ama”; 246 dotato <strong>di</strong> senso<br />

pratico della vita, questi è al tempo stesso intriso <strong>di</strong> una poesia latente nel<br />

suo essere malato vero e immaginario, artista sui generis che <strong>di</strong>scorre con Elena<br />

<strong>di</strong> opere e personaggi ideati da Metastasio (contro il quale egli si scaglia) e con<br />

la quale “borbotta perfino contro Swinburne” 247 (ma, sia ben chiaro, il poeta inglese<br />

non viene mai esplicitamente menzionato nel testo <strong>di</strong> Fogazzaro, eppure<br />

<strong>Gualdo</strong>, profondo conoscitore <strong>di</strong> letteratura inglese e grande ammiratore, in particolare,<br />

proprio dell’autore <strong>di</strong> Poems and ballads, riesce comunque a cogliere<br />

ogni allusione fatta ai suoi componimenti). Nella parte conclusiva dell’opera,<br />

quella in cui il recensore sostiene che l’autore vicentino abbia raggiunto un’altezza<br />

a cui raramente si è giunti in letteratura, i due personaggi principali vengono<br />

posti <strong>di</strong> fronte all’ardua scelta <strong>di</strong> decidere se cedere al loro amore oppure<br />

continuare a rispettare il patto sociale. Chiaramente – come si è anticipato – essi<br />

optano, o meglio, sono costretti ad optare dalla loro stessa natura a sottomettere<br />

i propri desideri alla morale convenzionale: la conclusione del romanzo non potrà<br />

che essere tragica. Quella stessa Elena che al principio dell’opera voleva<br />

“nobilmente staccarsi dal Cortis”, e che poi aveva tentato con la fuga in Sicilia,<br />

sente che non può chiedere tanto al cugino poiché sa <strong>di</strong> non potergli “rovinare<br />

243<br />

L. GUALDO, “Daniele Cortis”…, cit.<br />

244<br />

Ibidem.<br />

245<br />

Ibidem.<br />

246<br />

Ibidem.<br />

247<br />

Ibidem. Algernon Swinburne (Londra, 1837- Putney, 1909), poeta inglese <strong>di</strong> epoca vittoriana,<br />

è stato considerato fin da giovane il legittimo successore <strong>di</strong> Tennyson e Browning: ai<br />

suoi tempi la sua poesia fu molto controversa, a causa <strong>di</strong> alcuni tremi come sadomasochismo,<br />

pulsione <strong>di</strong> morte, lesbismo e irreligiosità. Durante gli stu<strong>di</strong> ad Oxford, Swinburne conobbe<br />

Dante Gabriel Rossetti, William Morris ed Edward Burne-Jones, rimanendo così influenzato<br />

dall’arte preraffaellita. Dopo i primi Poems and Ballads, la sua poesia fu sempre più interessata<br />

da temi filosofici e politici (anche in merito all'Unità d'Italia, specie nel volume Songs before<br />

Sunrise). Sull’influenza <strong>di</strong> Swinburne sui versi gual<strong>di</strong>ani cfr. M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie»<br />

<strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 279-295.<br />

170


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

la vita” 248 e così, con lettere fred<strong>di</strong>ssime, tenta <strong>di</strong> allontanarlo da sé. Ma, continuando<br />

a tentennare, essa alterna passi in avanti a continui ripensamenti, ricorre<br />

a numerosi mezzi per perseguire il suo scopo (per quanto tutti si infrangano<br />

“davanti alla loro ardente e pura passione”) 249 ed infine, consapevole che da sola<br />

non potrebbe lasciarlo, affida all’amato la scelta finale:<br />

Elena deve partire, raggiungere il marito, come ha promesso. La situazione non è<br />

più possibile. Ma essa, fino allora tanto sicura <strong>di</strong> sé, non ha più forza. Ha troppo lottato,<br />

è stanca, cederà. Non può dare un tale dolore a Cortis, il quale non sospetta nulla.<br />

Aveva giurato a se stessa <strong>di</strong> fuggire senza <strong>di</strong>rglielo; questo non lo può più. Gli confessa<br />

tutto, ed aggiunge: «Non vado, non posso. Sto qui vicino a te». Ma, all’indomani, è<br />

Daniele, cui ella ha rimesso la suprema decisione, che le consiglia <strong>di</strong> partire. 250<br />

Nell’epilogo della vicenda narrata nel Cortis, quando Daniele, seppur col<br />

cuore infranto, deve far forza ad Elena affinché compia l’estremo sacrificio,<br />

<strong>Gualdo</strong> fa notare come l’autore del romanzo riesca a mettere in luce tutte le sue<br />

qualità <strong>di</strong> “grande artista” perché – anticipando molte pagine che verranno scritte<br />

nel secolo successivo – in questa conclusione Fogazzaro<br />

[…] sa far risaltare il contrasto muto e straziante tra la vita consueta che continua<br />

fino all’ultimo momento della partenza da Villa Carré, con le frasi banali, gli scherzi<br />

soliti, le lungaggini, i complimenti <strong>di</strong> commiato, l’an<strong>di</strong>rivieni della gente, mentre la<br />

tragica poesia <strong>di</strong> quell’ora agita quei due, cui la passione lacera e sublima. 251<br />

Dopo la partenza della donna Daniele resta solo, in preda ad un’indescrivibile<br />

dolore: ogni cosa gli rammenta l’amata; la consapevolezza <strong>di</strong> quanto<br />

ha perduto si materializza nel foglietto in cui Elena ha ricopiato l’iscrizione incisa<br />

su una colonna romana del giar<strong>di</strong>no della villa, che “pare fatta per loro”:<br />

Hyeme et aestate, et prope et procul, dum vivam et ultra. Ma l’animo <strong>di</strong> Cortis<br />

vacilla solo per brevi istanti: egli sa <strong>di</strong> aver fatto la scelta giusta, sa <strong>di</strong> aver obbe<strong>di</strong>to<br />

alle leggi morali che governano la propria coscienza; resosi conto <strong>di</strong> ciò,<br />

“virilmente padrone <strong>di</strong> sé”, capisce <strong>di</strong> esser pronto a “gettarsi nella lotta per le<br />

sue idee” 252 e torna a Roma, per combattere.<br />

248 L. GUALDO, “Daniele Cortis”…, cit.<br />

249 Ibidem.<br />

250 Ibidem.<br />

251 Ibidem.<br />

252 Ibidem.<br />

171


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

In questo romanzo <strong>di</strong> Fogazzaro, così come avverrà nella gual<strong>di</strong>ana Decadenza,<br />

il tema politico, che pur sembrerebbe al principio dominante – Daniele<br />

crede <strong>di</strong> avere il rime<strong>di</strong>o politico per salvare dall’abisso il suo paese – non resta<br />

che secondario. Lo stesso <strong>Gualdo</strong>, che analizza l’ideologia del protagonista <strong>di</strong>fendendolo<br />

dalle accuse <strong>degli</strong> altri parlamentari che lo giu<strong>di</strong>cano un utopista,<br />

sottolinea come egli alla fine riesca ad imporsi, ma al tempo stesso mette in<br />

guar<strong>di</strong>a da chi si limiterà a considerare nel Cortis la sola parte de<strong>di</strong>cata all’espressione<br />

delle idee politiche e – ad esse strettamente connesse – <strong>di</strong> quelle religiose<br />

del personaggio principale (e, naturalmente, anche dell’autore), un “cattolico<br />

convinto, ma cattolico che crede la sua unica fede non solo più alta, ma<br />

più larga <strong>di</strong> tutte, e immagina perciò che possa […] <strong>di</strong>rigere il violento spingersi<br />

avanti dell’umanità sitibonda <strong>di</strong> cose nuove”. 253 Ma, sostiene Paolo Giu<strong>di</strong>ci, la<br />

parte politica resta quasi del tutto estranea all’azione del Daniele Cortis perché<br />

quest’opera “ha la pretesa <strong>di</strong> essere un romanzo politico e non è che un romanzo<br />

d’amore”, 254 sebbene in tale volume Fogazzaro sembri aver voluto vagheggiare,<br />

sostiene lo stesso, “l’uomo politico dell’avvenire e fare <strong>di</strong> esso il protagonista<br />

d’un suo romanzo”. 255 Però, alla fine, il progetto approda ad altro e benché<br />

l’autore si mostri desideroso <strong>di</strong> novità e aggiornamenti culturali e preoccupato<br />

<strong>di</strong> accentuare la sua funzione <strong>di</strong> interprete della crisi, 256 il suo protagonista<br />

(e qui è ancora <strong>Gualdo</strong> a mettere in evidenza questo aspetto), una volta tornato<br />

a Roma e reimmersosi nella febbrile vita politica della capitale, non può fare a<br />

meno <strong>di</strong> continuare a pensare alla sua Elena ormai lontana, anche se sa che non<br />

si rivedranno mai più, conscio che la donna è ormai partita (e perduta) per sempre<br />

e che non resta più nulla da sperare. 257<br />

Nella sezione finale della recensione il critico si serve <strong>di</strong> una lunga citazione<br />

tratta dal romanzo per sottolineare una volta <strong>di</strong> più l’umanità <strong>di</strong> Daniele: il<br />

suo straor<strong>di</strong>nario sacrificio non è, infatti, il vero tema con cui si chiude l’opera<br />

perché essa termina, invece, con il protagonista intento ad immaginare quale<br />

potrà essere, fra molti anni, l’aspetto del volto della cugina, la forma della sua<br />

253<br />

Ibidem.<br />

254<br />

P. GIUDICI, I romanzi <strong>di</strong> Antonio Fogazzaro e altri saggi, con prefazione <strong>di</strong> C. Pellegrini,<br />

Roma, E<strong>di</strong>zioni dell’Ateneo, 1969, p. 15.<br />

255<br />

Ivi, p. 77.<br />

256<br />

B. PORCELLI, Momenti dell’antinaturalismo: Fogazzaro, Svevo, Corazzini, Ravenna,<br />

Longo, 1975, p. 15 (il giu<strong>di</strong>zio riportato è relativo a Malombra, ma mi pare efficace anche per<br />

delineare il caso del Daniele Cortis).<br />

257<br />

L. GUALDO, “Daniele Cortis”…, cit.<br />

172


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

mano, il timbro della sua voce, ma – ed è questo l’elemento decisivo su cui<br />

<strong>Gualdo</strong> intende far luce – senza sperare che questo sogno si realizzi, dato che<br />

egli non dubita mai, neanche minimamente, della giustezza della scelta presa<br />

con tanta decisione <strong>di</strong> allontanare Elena da sé. Riportando un simile brano, parrebbe,<br />

quin<strong>di</strong>, che lo stu<strong>di</strong>oso abbia voluto riba<strong>di</strong>re la tesi espressa al principio<br />

del suo articolo, dove aveva a lungo insistito sugli aspetti reali <strong>di</strong> quegli esseri<br />

eccezionali descritti dalla penna dello scrittore vicentino nell’ultimo suo romanzo,<br />

il Daniele Cortis, quel Fogazzaro con cui, per sua stessa – conclusiva –<br />

ammissione, scopriamo che egli non aveva (o non ancora, forse) contatti <strong>di</strong>retti:<br />

Mi si perdoni la breve citazione e la troppo lunga chiacchierata. Non ho saputo resistere<br />

al desiderio <strong>di</strong> mandare ad Antonio Fogazzaro, che non ho l’onore <strong>di</strong> conoscere<br />

personalmente, il mio piccolo tributo <strong>di</strong> calda ammirazione. 258<br />

Non ci sono dati che possano condurre ad affermare con certezza che, in<br />

seguito, i due scrittori abbiano avuto modo <strong>di</strong> incontrarsi: entrambi, talvolta si<br />

nominano reciprocamente nelle lettere in<strong>di</strong>rizzate ad amici comuni, come Boito,<br />

e soprattutto Giacosa. Ma è, al contrario, in un messaggio del drammaturgo<br />

piemontese in<strong>di</strong>rizzato a Fogazzaro che è riportata una notizia che farebbe pensare<br />

ad un eventuale conoscenza <strong>di</strong>retta; il 19 settembre ’86, infatti, così scriveva<br />

Giuseppe Giacosa al vicentino (<strong>di</strong> cui era corrispondente fin dai tempi della<br />

pubblicazione <strong>di</strong> Malombra) 259 da Villa d’Este, a Cernobbio, residenza estiva<br />

della dama salottiera Vittoria Cima:<br />

Non sono nell’Olimpo che tu cre<strong>di</strong>. […]. Sono invece in un olimpo più confacente<br />

all’indole mia. La mia ospite, donna Vittoria Cima, è una musicista, una pianista <strong>di</strong> primissimo<br />

or<strong>di</strong>ne. Qui vengono Boito e <strong>Gualdo</strong>: qui verrà il mio amico Antonio Fogazzaro.<br />

260<br />

Piero Nar<strong>di</strong>, biografo dell’uno e dell’altro scrittore, riferisce che, incantato<br />

dalle prospettive, Fogazzaro avrebbe poi ceduto agli insistenti inviti, ma, in<br />

258 Ibidem.<br />

259 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, Milano, Mondadori, 1949, p. 431. Giacosa<br />

aveva scritto per la prima volta a Fogazzaro per domandargli <strong>di</strong> un personaggio <strong>di</strong> Malombra<br />

che lo aveva particolarmente incuriosito per la spiccata fisionomia piemontese, chiedendogli<br />

se si trattasse <strong>di</strong> un ritratto o fosse frutto della sua inventiva.<br />

260 ID., Antonio Fogazzaro, cit., pp. 309-310.<br />

173


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

fondo nulla ci dà la sicurezza che questi si sia poi imbattuto in <strong>Gualdo</strong> che, comunque,<br />

del salotto Cima era all’epoca e continuerà ad essere in futuro un assiduo<br />

frequentatore, tanto d’estate sul lago <strong>di</strong> Como quanto d’inverno nel palazzo<br />

<strong>di</strong> via Borgospesso, a Milano. Ad ogni modo, in<strong>di</strong>pendentemente dall’avvenuta<br />

o meno conoscenza <strong>di</strong>retta tra i due autori, ciò che più conta è che, ancora una<br />

volta, nella scelta dei testi da recensire operata da <strong>Gualdo</strong>, egli abbia rivolto la<br />

propria attenzione, ancora una volta, ad un autore e ad un opera che si collocano<br />

in un’ottica antinaturalista, proprio negli anni in cui la letteratura italiana vedeva<br />

nel verismo la corrente imperante.<br />

Per quanto lontano dallo stile, dalla poetica e dall’ideologia proprie, lo<br />

scrittore e critico milanese aveva trovato nel primo Fogazzaro, come si è evinto<br />

dalla sua analisi del Cortis, alcuni elementi <strong>di</strong> particolare interesse: innanzitutto<br />

egli aveva attribuito all’autore un’indubbia originalità e aveva riconosciuto al<br />

suo romanzo lo status <strong>di</strong> opera d’arte, in secondo luogo aveva lodato le descrizioni<br />

paesaggistiche e d’ambiente e aveva sottolineato con forza la grandezza<br />

dei suoi protagonisti eccezionali, ma veri al tempo stesso. Con questi ultimi due<br />

fattori (paesaggi e personaggi), in particolare, finiva per essere messa in evidenza<br />

quella componente ideale che, affiancandosi a quella reale poneva la narrativa<br />

del Cortis al <strong>di</strong> là del metodo e <strong>degli</strong> schemi naturalisti. Non a caso i nomi<br />

<strong>di</strong> entrambi gli scrittori verranno accostati da Giuseppe Farinelli nel delineare<br />

quel percorso compiuto da alcuni autori dell’Ottocento letterario italiano che,<br />

pur restando pienamente figli del proprio tempo, già sembravano volgere un occhio<br />

al secolo successivo; per questo, dopo aver esaminato Decadenza e Una<br />

vita (opere uscite entrambe nel 1892), lo stu<strong>di</strong>oso afferma:<br />

So benissimo che non sono soltanto <strong>Gualdo</strong> e Svevo ad aprire la nostra narrativa<br />

al decadentismo e che la questione è assai più complessa. Intanto sarebbe opportuno<br />

rivolgere […] l’attenzione ai romanzi <strong>di</strong> Antonio Fogazzaro a cominciare da Malombra<br />

del 1881 che già prende le <strong>di</strong>stanze dal verismo […]. 261<br />

Il nuovo passo sarebbe stato compiuto con l’avvento del decadentismo: Fogazzaro<br />

e <strong>Gualdo</strong>, ciascuno a modo suo, avevano contribuito a preparare il terreno<br />

ai suoi esponenti, primo fra tutti quel Gabriele d’Annunzio, con cui entrambi<br />

avevano collaborato negli anni ’80 scrivendo sulla «Cronaca bizantina».<br />

261 G. FARINELLI, Dal Manzoni alla Scapigliatura, Milano, Istituto Propaganda libraria,<br />

1991, p. 240.<br />

174


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

3.5 Una lettera che vale una recensione: Il furto <strong>di</strong> Carlo Placci<br />

Nel corso dell’anno 1892 la casa e<strong>di</strong>trice milanese Treves pubblicava a <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> pochi mesi i romanzi <strong>di</strong> due tra gli autori più cosmopoliti dell’epoca: a<br />

maggio usciva, infatti, Decadenza, l’ultimo volume stampato da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

“il più parigino della società milanese”, 262 mentre ad ottobre vedeva la luce Il<br />

furto, opera d’esor<strong>di</strong>o dell’“half english half italian” 263 Carlo Placci. Appare significativo<br />

che i due scrittori, considerati troppo spesso e forse un po’ superficialmente<br />

dei <strong>di</strong>lettanti in campo artistico a causa della loro con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ricchi<br />

aristocratici, avranno modo <strong>di</strong> esprimere l’un l’altro pareri molto positivi a proposito<br />

dei rispettivi romanzi: entrambi profon<strong>di</strong> conoscitori delle letterature inglesi<br />

e francesi, <strong>Gualdo</strong> e Placci si erano conosciuti intorno al 1890 attraverso la<br />

comune frequentazione dei conti Cavazza della Somaglia, presso i quali (a Gernetto<br />

Lesmo, sul lago <strong>di</strong> Como) avevano legato fin dal primo incontro sia per<br />

similarità <strong>di</strong> gusti e stile <strong>di</strong> vita che in virtù della strettissima amicizia, che avevano<br />

scoperto <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre, con il poeta francese Robert de Montesquiou Frezensac<br />

(a sua volta legato ai Somaglia per aver chiesto in sposa una delle loro<br />

figlie), il quale costituisce il principale argomento <strong>di</strong> conversazione, almeno<br />

nella prima fase del loro legame. 264 A quest’ultimo, infatti, <strong>Gualdo</strong> scrive da casa<br />

Somaglia il 2 novembre 1891 riferendo <strong>di</strong> non aver mai pensato così tanto<br />

spesso a lui quanto negli ultimi tempi, soprattutto dopo aver fatto lunghe chiacchierate<br />

“avec le charmant Placci, qui est ici maintenant et que j’ai aussi rencontré<br />

un peu partout au lac de Como”. 265<br />

Attraverso le lettere sia <strong>di</strong> Placci che <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> in<strong>di</strong>rizzate al conte Robert<br />

è possibile conoscere il soggetto <strong>di</strong> alcuni loro colloqui, durante i quali, ad esempio,<br />

i due avevano commentato la notizia dell’imminente uscita della raccolta<br />

<strong>di</strong> versi Les Chauves Souris del comune amico francese 266 e si erano prestati<br />

soccorso reciproco per interpretare le lettere che ciascuno riceveva da<br />

Montesquiou, la cui grafia aveva soprattutto per Placci un grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà<br />

262<br />

R. BARBIERA, Giovanni Verga nella vita letteraria e mondana <strong>di</strong> Milano, cit., p. 172.<br />

263<br />

M. CAMBIERI TOSI, Carlo Placci: maestro <strong>di</strong> cosmopoli nella Firenze fra otto e novecento,<br />

Firenze, Vallecchi, 1984, p. 120.<br />

264<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 86.<br />

265<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> et Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

cit., p. 342. Lettera XXX<strong>II</strong>.<br />

266<br />

R. DE MONTESQUIOU, Les Chauves Souris, Paris, Richard, 1892.<br />

175


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

pari soltanto a quella “d’un manuscrit antique du Coran”. 267 E se il coltissimo e<br />

al tempo stesso assai snob poeta francese Montesquiou intratteneva con entrambi<br />

gli scrittori italiani una fitta corrispondenza, ciò era dovuto non solo alla<br />

profonda amicizia con cui era legato ad entrambi, ma anche alla grande ed in<strong>di</strong>scussa<br />

stima che nutriva nei loro confronti, una stima che certamente ha il suo<br />

simbolo più evidente nelle de<strong>di</strong>che <strong>di</strong> due suoi componimenti all’uno e all’altro:<br />

a <strong>Gualdo</strong> è infatti intitolata la poesia Vacua Vidua del volume Les hortensias<br />

bleus, 268 mentre destinati a Placci sono i versi della lirica LXX<strong>II</strong> della raccolta<br />

Les paroles <strong>di</strong>aprées. 269<br />

Carlo Placci era più giovane <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> quasi vent’anni: era nato a Londra<br />

nel novembre 1861 da padre emiliano e madre messicana, si era formato in<br />

Inghilterra ed aveva scelto questo paese come sua patria elettiva, sebbene fosse<br />

solito trascorrere alcuni mesi all’anno anche a Firenze. Definito “nomade poliglotta”<br />

da Papini 270 per la sua eccellente padronanza <strong>di</strong> molte lingue, questo citta<strong>di</strong>no<br />

del mondo svolgerà un importante ruolo <strong>di</strong> “cultural me<strong>di</strong>ator among the<br />

litterary circles of his time”, 271 contribuendo a far conoscere fin dagli anni ’80<br />

dell’Ottocento, attraverso i suoi numerosi interventi sulle riviste dell’epoca, la<br />

letteratura britannica in Italia (da Shakespeare a Byron, da Scott a Swinburne),<br />

paese in cui, a quei tempi, essa era ancora ben poco <strong>di</strong>ffusa. Placci era, insomma,<br />

l’alter ego <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> sul versante inglese e non solo perché entrambi erano<br />

<strong>degli</strong> eccellenti passeurs culturels, ma anche perché – ulteriore analogia altrettanto<br />

significativa – non sempre erano stati attribuiti a tutt’e due i giusti riconoscimenti<br />

dai propri contemporanei. In effetti, l’unico stu<strong>di</strong>oso ad aver esplicitamente<br />

accomunato gli autori è stato Spagnoletti, che, sulla base delle testimonianze<br />

del tardo XIX secolo, ne ha sottolineato le simili personalità: descrivendo<br />

<strong>Gualdo</strong>, egli si rifà alle parole dei suoi contemporanei, i quali – afferma –<br />

“ce lo <strong>di</strong>cono ‘dotato <strong>di</strong> un particolare fascino, conversatore caldo, abbondante,<br />

raffinato, intellettuale e mondano’; al tempo <strong>di</strong> cui parliamo era già l’uomo <strong>di</strong><br />

gusti e tendenze cosmopolite, tipo Carlo Placci, il Carlino <strong>di</strong> Piccolo mondo<br />

267<br />

P. DE MONTERA, in <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 86, riporta la notizia estrapolandola da un<br />

documento custo<strong>di</strong>to nel Fondo Montesquiou della BNF (N.A.Fr. 15113, ff. 83-84).<br />

268<br />

R. DE MONTESQUIOU, Les Hortensias bleus, Paris, Charpentier, 1896, p. 287.<br />

269<br />

ID., Les perles rouges; Les paroles <strong>di</strong>aprées, Paris, Richard, 1910, p. 181.<br />

270<br />

G. PAPINI, Passato remoto (1885-1956), in Autoritratti e ritratti, Milano, Mondadori,<br />

1962, p. 885.<br />

271<br />

M. STROWEL, Carlo Placci between Italy and Britain in the 1880s: his friends, his<br />

essays and the role of Enrico Nencioni, in «Modern Language Review», gennaio 1994, p. 72.<br />

176


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

moderno <strong>di</strong> Fogazzaro”. 272 Così, se il milanese era stato etichettato, in maniera<br />

molto riduttiva, come bohémien doré, similmente al fiorentino era toccata l’altrettanto<br />

superficiale definizione <strong>di</strong> professor of enjoyment, come ricorda Mario<br />

Praz in un ritratto realizzato in occasione della sua morte. 273<br />

Antecedente al periodo in cui Placci e <strong>Gualdo</strong> cominceranno a frequentarsi<br />

con una certa assiduità a Parigi (e cioè dal 1893 in poi) è la lettera con cui il critico<br />

milanese ringrazia l’amico per l’invio del suo primo romanzo, il già menzionato<br />

Furto: 274 dopo essersi scusato per non aver risposto alla lettera inviatagli<br />

dal suo corrispondente durante l’estate da Liverpool, <strong>Gualdo</strong> si complimenta<br />

con l’amico Placci per l’eccellente risultato ottenuto con l’opera appena pubblicata,<br />

riferendo <strong>di</strong> aver incominciato a leggerne il testo ancor prima <strong>di</strong> ricevere<br />

una copia da parte sua: “ti ringrazio <strong>di</strong> cuore per avermi spe<strong>di</strong>to il tuo libro. Era<br />

tale l’impazienza mia <strong>di</strong> leggerlo che già lo possedevo quando me lo mandasti<br />

(sebbene assai prontamente) <strong>di</strong> modo che l’ho principiato sopra una copia <strong>di</strong><br />

Dumolard 275 e l’ho finito sulla tua assai più preziosa”. 276<br />

L’impatto iniziale dello scrittore milanese a fronte della lettura del Furto è<br />

nettamente positivo: “a me è piaciuto moltissimo”, scrive infatti a Placci prima<br />

ancora <strong>di</strong> entrare nel dettaglio. 277 Per un critico come <strong>Gualdo</strong> un simile giu<strong>di</strong>zio<br />

è cosa davvero rara: certamente tra le ragioni che influirono sulla sua preferenza<br />

è da annoverarsi il configurarsi <strong>di</strong> quest’opera come “bel caso psicologico svolto<br />

in istu<strong>di</strong>o d’ambiente”; 278 l’ottima prima impressione, inoltre, potrebbe essere<br />

motivata anche attraverso il consenso che egli manifesta per la scelta della<br />

stessa trama del romanzo, un’approvazione, questa, che può essere utile anche<br />

per riba<strong>di</strong>re l’affinità <strong>di</strong> gusto tra i due autori: personaggio principale del testo è<br />

Piero Tavolini, stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> storia dell’arte, laureatosi a pieni voti all’Istituto Superiore<br />

<strong>di</strong> Firenze (“né più né meno <strong>di</strong> un Gaetano Salvemini qualunque”, <strong>di</strong>rà<br />

272<br />

G. SPAGNOLETTI, Gilet bianco. Ritratto <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 14.<br />

273<br />

M. PRAZ, Un cortegiano moderno, in Fiori freschi, Firenze, Sansoni, 1943, rist. in<br />

AA. VV., Carlo Placci e l’arte francese del primo Novecento, a cura <strong>di</strong> C. Pizzorusso, Firenze,<br />

SPES, 1977, pp. 5-9.<br />

274<br />

C. PLACCI, Il furto, Milano, Treves, 1892.<br />

275<br />

Casa e<strong>di</strong>trice e libreria milanese.<br />

276<br />

Lettera del 2 novembre [1892], in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 323-326.<br />

277<br />

Ibidem.<br />

278<br />

A. ALBERTAZZI, Il romanzo, Milano, Vallar<strong>di</strong>, 1902, p. 322.<br />

177


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

quest’ultimo a Placci), 279 entusiasta ammiratore del critico russo Lermolieff<br />

(nome sotto cui si celava il vero critico Giovanni Morelli).<br />

La vicenda si svolge, sono le parole del romanzo, nella “Firenze bella, cortese<br />

e piena <strong>di</strong> risorse”, 280 città in cui si muove una “gioventù aristocratica e<br />

provvista <strong>di</strong> mezzi che viaggia, che vive, e che si <strong>di</strong>verte”: protagonista dell’opera<br />

è dunque quella classe della società cui appartenevano gli stessi <strong>Gualdo</strong><br />

e Placci, quell’aristocrazia che, come si legge sempre nel Furto, “ha su per giù<br />

le identiche abitu<strong>di</strong>ni in tutta Europa, da Bruxelles a Pietrourgo, da Vienna a<br />

Madrid, in tutta l’Italia, da <strong>Napoli</strong> a Torino, da Milano a Palermo”. 281 Proprio la<br />

descrizione <strong>di</strong> questo mondo cosmopolita costituisce un elemento su cui si sofferma<br />

<strong>Gualdo</strong> nella propria analisi del romanzo portata avanti nel documento<br />

epistolare destinato a Placci, lettera che, escludendo le parti destinate a comunicazioni<br />

<strong>di</strong> carattere personale, si configura come una vera e propria recensione:<br />

Mi aspettavo tanto da codesto tuo primo lavoro, che per me il <strong>di</strong>re che non sono<br />

stato per nulla <strong>di</strong>silluso è un grande e meritato elogio! Principale qualità del tuo romanzo<br />

è lo spirito <strong>di</strong> osservazione, acutissimo, fine, in certi punti affatto speciale. La<br />

società cosmopolita fiorentina vi è stupendamente descritta… 282<br />

Si tratta <strong>di</strong> quella stessa high life della Firenze <strong>di</strong> fine Ottocento che <strong>Gualdo</strong><br />

non solo aveva personalmente vissuto, ma che aveva anche superbamente descritto<br />

nella seconda parte del suo ultimo romanzo francese, quel Mariage excentrique<br />

283 su cui deciderà <strong>di</strong> ritornare per toglierne una versione in lingua italiana<br />

284 proprio subito dopo la lettura de Il furto, influenzato, forse, proprio<br />

dal fascino esercitato su <strong>di</strong> sé dall’opera <strong>di</strong> Placci, sebbene, a <strong>di</strong>fferenza dell’opera<br />

dell’amico, il testo gual<strong>di</strong>ano testimonia la consapevolezza autoriale del<br />

tramonto <strong>di</strong> quel mondo aristocratico ormai relegato in un angolo dall’ascesa<br />

della nuova classe <strong>di</strong> self-made men, classe nei confronti della quale il nobile<br />

279<br />

Lettera da Palermo del 10 <strong>di</strong>cembre 1895 in E. ARTIFONI, Salvemini e il Me<strong>di</strong>oevo.<br />

Storici italiani tra Otto e Novecento, <strong>Napoli</strong>, Liguori, 1990, p. 54.<br />

280<br />

C. PLACCI, Il furto, cit., p. 143.<br />

281<br />

Ivi, p. 76.<br />

282<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 324.<br />

283<br />

L. GUALDO, Un mariage excentrique, Paris, Lemerre, 1879, poi in <strong>II</strong> e<strong>di</strong>zione per lo<br />

stesso stampatore nel 1884. Rist. moderna in ID., Romanzi e Novelle, cit.<br />

284<br />

<strong>Gualdo</strong> lavora alla traduzione del suo romanzo a partire dal 1893 e, sebbene il testo sarà<br />

completo già nel corso dell’anno successivo, esso apparirà in volume soltanto nel 1895 (ID,<br />

Un matrimonio eccentrico, Milano, Treves, 1895).<br />

178


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

<strong>Gualdo</strong> non nasconde la propria ammirazione per il suo vigore morale e per<br />

l’essersi resa portatrice <strong>di</strong> buoni sentimenti quali lealtà, senso del dovere e spirito<br />

<strong>di</strong> sacrificio. 285<br />

Decadenza o meno <strong>di</strong> quel signorile e raffinato universo, nel Mariage e poi,<br />

naturalmente, anche nel Matrimonio eccentrico, il lettore assiste alla rapida trasformazione<br />

della protagonista che, dopo la celebrazione delle sue strane nozze<br />

(strane perché sono nozze bianche, che solo alla fine <strong>di</strong>verranno reali), sente finalmente<br />

<strong>di</strong> potersi immergere in quella nuova realtà al punto tale che – come<br />

sottolinea Elisabetta de Troja – la borghese Elisa Valenti assume pian piano una<br />

<strong>di</strong>versa immagine “progressivamente mondanizzata da un ambiente fiorentino<br />

cosmopolita, salottiero, ironicamente eccentrico”, 286 un ambiente che incuriosisce<br />

la neo-marchesa d’Astorre la quale però, alla fine preferirà passeggiare “solitaria,<br />

bella ed elegante, […] a cavallo <strong>di</strong> primo mattino, nella leggera nebbia<br />

delle Cascine”. 287 Solo una volta stabilitasi a Firenze la donna sembra finalmente<br />

sod<strong>di</strong>sfatta del luogo <strong>di</strong> residenza, ormai stanca, così come suo marito, dei<br />

tanti spostamenti da un capo all’altro d’Europa in cerca <strong>di</strong> un benessere economico<br />

(Elisa) da un lato, e <strong>di</strong> un appagamento spirituale (Massimo) dall’altro.<br />

Proprio la passione per i viaggi costituisce un ulteriore punto <strong>di</strong> contatto tra<br />

<strong>Gualdo</strong> e Placci, analogamente alla loro assidua frequentazione sia del bel mondo<br />

tanto parigino quanto inglese; ma se è certamente comprovata ed appare<br />

quasi naturale, data la sua formazione, la presenza negli aristocratici ambienti<br />

inglesi da parte del fiorentino, essa sembrerebbe invece meno scontata per<br />

<strong>Gualdo</strong>, che, tuttavia, risulta perfettamente inserito anche nell’alta società britannica,<br />

come <strong>di</strong>mostra un articolo apparso sulla «Gazzetta musicale <strong>di</strong> Milano»<br />

in cui viene descritta la vita musicale lon<strong>di</strong>nese durante l’estate 1887: accanto<br />

alla principessa Maria d’Inghilterra, al duca <strong>di</strong> Teck e al principe <strong>di</strong> d’Anhalt,<br />

all’ambasciatrice <strong>di</strong> Francia, ai granduchi <strong>di</strong> Mecklembourg e all’avvenente lady<br />

De Grey, viene annoverato anche <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> tra i presenti degni <strong>di</strong> nota <strong>di</strong><br />

un concerto tenuto dal musicista Tosti nel corso <strong>di</strong> “un afternoon musicale, che<br />

resterà celebre nella cronaca della scolorita stagione or ora <strong>di</strong>leguata”. 288 Lo<br />

285 M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza…, cit., p. 91.<br />

286 E. DE TROJA, Quello strano matrimonio <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Rassegna della letteratura<br />

italiana», settembre-<strong>di</strong>cembre 1986, pp. 552-553, rist. in ID., L’amico <strong>di</strong> Robert. <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> e la sua opera narrativa (1844-1898), Pisa, Giar<strong>di</strong>ni, 1990, pp. 91-107.<br />

287 Ivi, p. 553.<br />

288 L. C., Cronaca lon<strong>di</strong>nese, in «Gazzetta musicale <strong>di</strong> Milano», 7 agosto 1887, p. 245.<br />

179


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

stesso Placci era, d’altronde, un ottimo inten<strong>di</strong>tore nonché esecutore <strong>di</strong> musica:<br />

a lui si devono alcuni tra i primi stu<strong>di</strong> apparsi in Italia su Wagner, 289 che egli<br />

conosceva <strong>di</strong> persona e che definì la sua tecnica così perfetta “che lo chiamava<br />

spesso a suonare per lui”. 290<br />

Placci aveva infatti stu<strong>di</strong>ato musica fin da bambino e si era poi perfezionato,<br />

all’età <strong>di</strong> 22 anni, completando la sua formazione al Conservatorio <strong>di</strong> Monaco<br />

<strong>di</strong> Baviera, dove aveva avuto come maestri Hans von Bülow al pianoforte e<br />

Rheisenberger per la composizione. 291 Anche <strong>Gualdo</strong>, benché il suo parere sia<br />

molto più modesto <strong>di</strong> quello del celebre compositore tedesco, avrà modo <strong>di</strong> apprezzare<br />

le doti dell’amico fiorentino dopo averlo ascoltato eseguire musica al<br />

pianoforte, come si evince da una sua cronaca, in una lettera alla cugina Giulietta,<br />

<strong>di</strong> una riunione molto intima, in cui Placci si era per l’appunto esibito, in casa<br />

della Principessa <strong>di</strong> Chimay, dove, insieme a pochi eletti intimi amici, erano<br />

stati invitati soltanto i conti Montebello. 292 Oltre alla passione per la musica e<br />

per la vita cosmopolita – che verrà ricostruita anche in una successiva opera del<br />

fiorentino, la raccolta <strong>di</strong> novelle Mondo mondano –, 293 i due nobili amici erano<br />

accomunati da un altro grande interesse, vale a <strong>di</strong>re quello per l’arte, <strong>di</strong> cui<br />

Placci era stato (e sarà, anche in pieno Novecento) valente critico 294 e che rappresenta<br />

un altro tema principale del romanzo Il furto, titolo che allude proprio<br />

alla illecita sottrazione <strong>di</strong> una tela <strong>di</strong> Murillo (al fine <strong>di</strong> compierne un restauro)<br />

compiuta da Piero Tavolini, personaggio <strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong> elogia tanto il modo in<br />

289<br />

Cfr., ad esempio, C. PLACCI, Riccardo Wagner in Italia, in «La lettura», a. X<strong>II</strong>I, n. 4,<br />

aprile 1913, pp. 297-306 o anche ID., Cosima Wagner, ivi, a. X<strong>II</strong>I, 1913, pp. 793-802.<br />

290<br />

M. CAMBIERI TOSI, Carlo Placci: maestro <strong>di</strong> cosmopoli nella Firenze fra otto e novecento,<br />

cit., p. 211.<br />

291<br />

A. R. PUPINO, D’Annunzio a <strong>Napoli</strong>, <strong>Napoli</strong>, Liguori, 2005, p. 340, in cui l’abilità al<br />

pianoforte <strong>di</strong> Placci viene illustrata in relazione a d’Annunzio, il quale avrebbe probabilmente<br />

avuto modo <strong>di</strong> conoscere ed ascoltare per la prima volta il Parsifal wagneriano proprio attraverso<br />

una esecuzione <strong>di</strong> Placci sul finire <strong>degli</strong> anni ’80.<br />

292<br />

Fondo <strong>Gualdo</strong>, “Z80suss., 2.8”. Lettera del 5 novembre 1893.<br />

293<br />

C. PLACCI, Mondo mondano, Milano, Treves, 1897.<br />

294<br />

Si veda, a <strong>di</strong>mostrazione della precocità dell’interesse <strong>di</strong> Placci per il mondo dell’arte,<br />

la giovanile monografia redatta a soli 21 anni, Dante Gabriele Rossetti, Firenze, Rassegna Nazionale,<br />

1882. Sui rapporti con il pittore Bol<strong>di</strong>ni cfr., invece, il recente articolo <strong>di</strong> L. RIGHI<br />

GUERZONI, Bol<strong>di</strong>ni, Maestro della “Belle Epoque”, in «Incontri», n. 83, gennaio-marzo<br />

2005, pp. 39-42 e, infine, il saggio <strong>di</strong> C. PIZZORUSSO, Carlo Placci e l’arte francese del primo<br />

Novecento, in AA. VV., Carlo Placci e l’arte francese del primo Novecento, cit., pp. 27-72<br />

in cui sono riportati i titoli <strong>degli</strong> interventi del critico fiorentino relativi agli artisti d’Oltralpe.<br />

180


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

cui egli viene delineato nell’opera, quanto la maniera in cui Placci conduce l’analisi<br />

e la descrizione delle sue azioni:<br />

[…] il tuo protagonista, il Tavolini (<strong>di</strong> cui approvo anche il nome) vi appare vivo.<br />

La minuta esplicazione <strong>di</strong> come è attratto al furto artistico, la esecuzione, e lo stato<br />

d’animo che ne deriva in lui dopo compiuto il fatto, la pazienza e la gioia della scoperta<br />

e del restauro e finalmente il ritorno del quadro in un cassone della Galleria <strong>di</strong> Giacomino<br />

Tornabuoni sono delineate da mano maestra e interessano potentemente. 295<br />

L’impressione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è squisitamente genuina dato che, come egli stesso<br />

afferma, all’epoca in cui risale la lettera non aveva ancora avuto la possibilità<br />

<strong>di</strong> leggere alcuna recensione ‘ufficiale’, né articoli relativi al romanzo in questione<br />

sulle riviste perio<strong>di</strong>che. 296 A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> molti anni, in un documento epistolare<br />

del 1910, Placci farà ancora riferimento all’entusiastico giu<strong>di</strong>zio espresso<br />

da <strong>Gualdo</strong> – testimonianza questa <strong>di</strong> grande stima del suo parere e al tempo<br />

stesso della gratitu<strong>di</strong>ne conservata per l’amico scomparso ormai dal 1898 – a<br />

proposito <strong>di</strong> quest’opera quando, inviando su richiesta della stessa destinataria<br />

una copia del Il furto a Giulia Dombowska, egli ricorderà le parole del milanese<br />

e <strong>di</strong>rà, riferendosi al suo libro, “<strong>Gualdo</strong> che l’amava e al quale lo resi”. 297<br />

Oltre ai già citati temi della vita cosmopolita e dell’arte, il critico milanese<br />

aveva spiegato il favore destinato a questo testo anche alla luce <strong>di</strong> un terzo motivo<br />

determinante, ovvero la non centralità della tematica amorosa: nel romanzo,<br />

<strong>di</strong>fatti, la splen<strong>di</strong>da protagonista femminile, l’americana Miss Roberts, viene<br />

descritta soprattutto evidenziando le sue attitu<strong>di</strong>ni personali (donna scaltrissima,<br />

la signorina Roberts decide <strong>di</strong> abbandonare la salda posizione <strong>di</strong> proprietaria<br />

terriera nel suo paese d’origine per recarsi a Firenze ed inserirsi nei più elitari<br />

circoli dell’alta società italiana) 298 piuttosto che in relazione al personaggio<br />

<strong>di</strong> Piero Tavolini. E <strong>Gualdo</strong>, concordando con lo stratagemma narrativo adoperato<br />

da Placci <strong>di</strong> non rendere <strong>di</strong> primaria importanza la relazione tra i due protagonisti,<br />

afferma <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>ligere ancor <strong>di</strong> più l’opera proprio in virtù <strong>di</strong> ciò, ma<br />

295<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 324.<br />

296<br />

Si segnala, tra i primissimi interventi critici relativi a Il furto <strong>di</strong> Placci, la recensione<br />

anonima apparsa sulla «Nuova Antologia» (v. 42, 1892, p. 627).<br />

297<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 239.<br />

298<br />

Su questo aspetto insiste uno stu<strong>di</strong>o apparso sulla rivista americana «Scribner’s<br />

Magazine», vol. X<strong>II</strong>, gennaio-giugno 1893 (<strong>di</strong> particolare interesse, anche in relazione al parere<br />

espresso da <strong>Gualdo</strong>, a proposito della signorina Roberts, è la p. 822).<br />

181


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

teme, tuttavia, che qualche critico potrà esprimere il proprio <strong>di</strong>ssenso nei confronti<br />

dell’anticonvenzionale scelta dell’autore fiorentino, per cui aggiunge:<br />

Per mia parte sono ben lieto <strong>di</strong> aver letto un romanzo dove l’amore non entra <strong>di</strong>rettamente,<br />

ben lieto! Ma forse a molti sembrerà che la nascente passione del Tavolini<br />

per Miss Roberts avrebbe dovuto occupare maggior posto e svilupparsi <strong>di</strong> più, soprattutto<br />

per il matrimonio con Dina Cerettani. 299<br />

Benché narrato collocandolo su un piano <strong>di</strong> secondaria importanza, il corteggiamento<br />

del giovane stu<strong>di</strong>oso d’arte per l’avvenente signorina americana<br />

riveste, comunque, un rilievo significativo nella sezione centrale del romanzo,<br />

parte in cui, non a caso, <strong>Gualdo</strong> afferma <strong>di</strong> esser stato piacevolmente colpito<br />

dalla “conversazione fra Tavolini e Miss Roberts alla pagina 271 e seguenti”. 300<br />

Un po’ alla rinfusa vengono infine elencati, come il critico stesso ammette (ma<br />

ricor<strong>di</strong>amo che si tratta pur sempre <strong>di</strong> una lettera privata e non <strong>di</strong> una recensione<br />

destinata alla pubblicazione), gli altri episo<strong>di</strong> de Il furto che hanno “particolarmente<br />

<strong>di</strong>lettato” 301 il milanese, che conclude il suo giu<strong>di</strong>zio sul romanzo promettendo<br />

all’amico <strong>di</strong> illustrargli a voce e in dettaglio tutti gli accenni, espressi<br />

malamente nel messaggio scritto, non appena avrà la fortuna <strong>di</strong> incontrarlo <strong>di</strong><br />

persona. Prima <strong>di</strong> passare, però, alla narrazione <strong>di</strong> vicende private che occupa la<br />

porzione finale della lettera, <strong>Gualdo</strong> decide <strong>di</strong> inserire ancora un ultimo commento<br />

a proposito dell’opera <strong>di</strong> Placci:<br />

Bella poi ed esatta la descrizione della festicciola alla pensione Vood-Civitelli – e<br />

la macchietta delli ufficiali dei bersaglieri, molto apprezzati e mal compresi inglesamente<br />

in quell’ambiente britannico – come pure la stizza latente <strong>di</strong> tutte le Mrs. Brown<br />

contro il mutamento olimpico <strong>di</strong> Miss Roberts. 302<br />

Il resto della lettera contiene soprattutto notizie ed aggiornamenti vari riguardanti<br />

il comune amico Montesquiou, anche se, prima del suo termine,<br />

<strong>Gualdo</strong> fornisce un’altra importante notizia relativa al parere a sua volta favorevole<br />

mostrato da Placci a proposito del suo romanzo Decadenza: il mittente<br />

299 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 324.<br />

300 Ibidem.<br />

301 Ibidem.<br />

302 Ibidem.<br />

182


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

domanda, infatti, se Enrico Nencioni 303 – noto giornalista e critico letterario,<br />

nonché intimo dello stesso Placci – avesse già ricevuto una copia del proprio<br />

volume “spe<strong>di</strong>to a Firenze, senz’altra in<strong>di</strong>cazione”, 304 forse per far sì che questi<br />

potesse recensirlo. Ebbene il fiorentino dovette imme<strong>di</strong>atamente interessarsi<br />

della questione dal momento che Nencioni lo informava, il 10 novembre 1892<br />

(appena una settimana dopo rispetto alla data in<strong>di</strong>cata nell’intestazione della lettera<br />

gual<strong>di</strong>ana), <strong>di</strong> essere in procinto <strong>di</strong> scrivere al <strong>di</strong>rettore della «Nuova Antologia»<br />

per illustrargli l’argomento che intendeva affrontare nel suo intervento<br />

per il prossimo numero della rivista, saggio nel quale avrebbe voluto trattare<br />

delle ultime pubblicazioni <strong>di</strong> d’Annunzio, Butti, <strong>Gualdo</strong> e del medesimo Placci:<br />

Scrivo a Protonotari annunziandogli articolo Dicembre, Nuovi Romanzi Italiani.<br />

Vorrei parlare dell’Innocente, Furto, Automa e Decadenza. Non è questo il titolo del<br />

romanzo del <strong>Gualdo</strong> che tu mi raccomandasti? – Ma vorrei averlo e non stare a comprarlo.<br />

Mandamelo tu, o fammelo dare dai tuoi <strong>di</strong> casa, se l’hai giù. 305<br />

Non sappiamo se Nencioni abbia o meno ricevuto il volume da parte <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> (o piuttosto su interessamento <strong>di</strong> Placci), fatto sta che il suo stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cato<br />

ai romanzieri italiani contemporanei apparso il mese seguente, come annunciato,<br />

sulla rivista <strong>di</strong> Protonotari, non contempla affatto le opere dei quattro<br />

autori inizialmente in<strong>di</strong>cati, ma si limita a prendere in esame il solo romanzo<br />

dannunziano. 306 Ad ogni modo risulta chiaro dal passo della lettera appena riportato<br />

che era stato Carlo Placci ad in<strong>di</strong>care (e raccomandare) all’amico critico<br />

il testo gual<strong>di</strong>ano che, evidentemente, doveva essergli piaciuto: certo il fiorentino,<br />

descritto spesso come uno snob – epiteto che, a detta <strong>di</strong> Praz, 307 possiede<br />

una nota <strong>di</strong> riprovazione che non converrebbe al Placci – doveva aver avvertito<br />

i tanti punti d’incontro con l’opera e col mondo descritto e vissuto da <strong>Gualdo</strong>,<br />

come l’aver conosciuto un solo mondo possibile, quello dell’alta società mila-<br />

303<br />

Su questo personaggio e sul suo importante ruolo <strong>di</strong> critico e me<strong>di</strong>atore culturale, tra i<br />

primi sponsor (accanto allo stesso Placci) della letteratura inglese in Italia, si veda il volume <strong>di</strong><br />

I. NARDI, Un critico Vittoriano: Enrico Nencioni, <strong>Napoli</strong>, E<strong>di</strong>zioni Scientifiche Italiane, 1985.<br />

304<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 326.<br />

305<br />

In appen<strong>di</strong>ce a M. STROWEL, Carlo Placci between Italy and Britain in the 1880s:<br />

his friends, his essays and the role of Enrico Nencioni, cit., p. 86.<br />

306<br />

E. NENCIONI, L’innocente, in «Nuova Antologia», 16 <strong>di</strong>cembre 1892, rist. in ID.,<br />

Nuovi saggi <strong>di</strong> letterature stranieri e altri scritti, Firenze, Le Monnier, 1909, p. 410 e segg.<br />

307 M. PRAZ, Un cortegiano moderno, cit., p. 7.<br />

183


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

nese e parigina (quella stessa high life che tanto aveva influito nella costruzione<br />

del romanzo anche dello scrittore toscano), 308 quel mondo la cui frequentazione,<br />

secondo Baldacci (in un articolo de<strong>di</strong>cato a Decadenza, definito “il primo romanzo<br />

esistenziale della nostra letteratura”), 309 costerà a <strong>Gualdo</strong> – ma la medesima<br />

cosa si potrebbe <strong>di</strong>re per Placci – l’attribuzione <strong>di</strong> un’immagine <strong>di</strong> dandy<br />

della letteratura (che pure egli rifiutò apertamente) che questi pagò a caro prezzo<br />

e che gli costò l’etichetta <strong>di</strong> <strong>di</strong>lettante e annoiato autore, solo per passatempo,<br />

<strong>di</strong> testi narrativi. 310<br />

Provengono proprio dall’interno <strong>di</strong> questo mondo elitario le ultime testimonianze<br />

gual<strong>di</strong>ane relative agli incontri con Placci – questa volta in Francia –<br />

che sono narrati nelle sue missive in<strong>di</strong>rizzate alla cugina marchesa Giulietta e a<br />

Giuseppe Giacosa: alla prima, <strong>di</strong>fatti, egli comunica <strong>di</strong> aver incontrato il fiorentino<br />

nuovamente dai Montebello appena rientrato “da un lunghissimo viaggio in<br />

Spagna – invece che dalla Russia dove prima contava andare”, 311 al secondo riferisce,<br />

invece, <strong>di</strong> una visita ricevuta da Placci proprio nel mentre era in procinto<br />

<strong>di</strong> concludere la lettera per l’amico drammaturgo, lettera che non potrà continuare<br />

a scrivere oltre a causa del “tanto rumore toscano” 312 fatto da Placci al<br />

suo ingresso nella sua <strong>di</strong>mora parigina in rue de l’Arcade. Nella medesima lettera,<br />

inoltre, <strong>Gualdo</strong> informa Giacosa che il fiorentino era stato finalmente “presentato<br />

con successo” alla Principessa Matilde Bonaparte, ragion per cui egli<br />

sarà d’ora innanzi autorizzato a frequentare il suo selezionatissimo salon. 313<br />

Non sappiamo quanti altri incontri siano avvenuti tra i due scrittori negli<br />

anni successivi – che sono, poi, quelli in cui il milanese, ormai invalido, risiedeva<br />

in maniera quasi stabile a Parigi – ma è possibile affermare che Placci non<br />

<strong>di</strong>menticò per lungo tempo l’autore <strong>di</strong> Decadenza, soprattutto perché egli continuerà<br />

ad essere oggetto <strong>di</strong> numerose conversazioni avute con molti amici con<strong>di</strong>visi<br />

con lo stesso <strong>Gualdo</strong> negli anni più felici, quali Barrès, il già citato Montesquiou<br />

e specialmente Bourget. Proprio in una lettera <strong>di</strong> quest’ultimo in<strong>di</strong>rizzata<br />

a Placci e pubblicata da Montera, è conservato un ricordo postumo atto ad<br />

308<br />

Ivi, p. 8.<br />

309<br />

L. BALDACCI, Paolo si <strong>di</strong>strugge inseguendo Silvia che fugge, in «Tuttolibri» (supplemento<br />

letterario de «La Stampa»), 5 <strong>di</strong>cembre 1981, p. 6.<br />

310<br />

Ibidem.<br />

311<br />

Biblioteca Ambrosiana, Fondo <strong>Gualdo</strong>, Z80suss., 2.8. Lettera alla marchesa Giulietta<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani del 5 novembre 1893.<br />

312<br />

Lettera 6 a Giuseppe Giacosa in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p 317.<br />

313 Ivi, p. 316.<br />

184


Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

omaggiare l’amico. L’occasione era stata offerta da un mancato incontro tra<br />

Placci e Bourget dopo la prima rappresentazione parigina della pièce dello scrittore<br />

francese, L’Emigré; il toscano aveva scritto a Bourget per congratularsi per<br />

il successo ottenuto e, dopo essersi scusato <strong>di</strong> non avergli espresso personalmente<br />

le proprie felicitazioni una volta concluso lo spettacolo, aveva siglato in<br />

chiusura il suo messaggio con un ciao alla maniera in cui “<strong>di</strong>sait toujours lo<br />

sciccoso poeta dell’aristocrazia milanese, notre pauvre <strong>Gualdo</strong>”. 314 L’autore del<br />

dramma aveva a sua volta ricordato il comune amico nella risposta a tale lettera<br />

facendo allusione alle numerose ipotetiche trame teatrali che <strong>Gualdo</strong> era solito<br />

suggerire loro nel corso <strong>di</strong> molti incontri. Il <strong>di</strong>vertente messaggio, quasi paradossale,<br />

ironizza sull’attitu<strong>di</strong>ne cosmopolita del caro amico scomparso e sul suo<br />

sogno (mai realizzato) <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere il copione <strong>di</strong> un’opera drammatica:<br />

La fable du cher <strong>Gualdo</strong> dramaturge n’est pas faisable. Peut être une féerie en un<br />

acte, intitulée «Le Paralume», aurait-elle pu être composée par lui et jouée par la Duse<br />

en français et Guitry en italien sur un théâtre d’un château anglais. Je vous soumets ce<br />

programme. La plaquette eût été imprimée à Petersbourg, sur papier japonais et illustrée<br />

par un scripteur. Mais lequel? <strong>Gualdo</strong> eût cherché longtemps et chercherait encore.<br />

Il est, hélas, au pays ou Adrien <strong>di</strong>sait: ubi jocos jocaberis tuos. 315<br />

Un estremo ricordo, questo, che <strong>di</strong>mostra quanto <strong>Gualdo</strong>, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> molti<br />

anni dalla propria scomparsa, avesse lasciato un segno indelebile nella memoria<br />

dei propri amici, <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> antica data come il confratello Paul Bourget e<br />

persino in quelli che, come Carlo Placci, lo avevano conosciuto molto tar<strong>di</strong>, ma<br />

appena in tempo per poter saggiare l’acutezza del suo ingegno e la bontà del<br />

suo animo, per ascoltare gli elogi ma anche le costruttive critiche <strong>di</strong> una persona<br />

che <strong>di</strong> lì a poco un terribile male avrebbe pian piano consumato, pur lasciando,<br />

in tutti loro – che gli fossero stati più o meno lungamente accanto poco importa<br />

– incancellabili tracce del suo essere stato persona non comune, uomo amato da<br />

molti prima ancora che valente autore e giu<strong>di</strong>ce letterario.<br />

314 Ivi, p. 175.<br />

315 Lettera del 19 novembre 1908 (ivi, pp. 175-176).<br />

185


Capitolo Quarto<br />

<strong>Gualdo</strong> e il teatro Ottocentesco:<br />

attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

.<br />

4.1 Ernesto Rossi, l’Hamlet méri<strong>di</strong>onal<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> ha, fra gli altri, un merito singolare:<br />

è stato fra i pochissimi che hanno contribuito<br />

a far conoscere alla Parigi intellettuale<br />

la produzione letteraria moderna del nostro paese<br />

e a far toccare con mano, a chi forse non ci voleva credere,<br />

che anche da noi si pensa, si lavora, si crea.<br />

186<br />

(Girolamo Rovetta, Vita letteraria)<br />

Un “grand vulgarisateur”: 1 così <strong>Gualdo</strong> definisce <strong>di</strong>nnanzi al pubblico<br />

francese Ernesto Rossi, 2 uno dei maggiori interpreti shakespeariani dell’Ottocento<br />

italiano, nell’intenzione <strong>di</strong> porre imme<strong>di</strong>atamente l’accento, avvalendosi<br />

<strong>di</strong> una stringata quanto efficacissima definizione, sulla caratteristica che più <strong>di</strong><br />

ogni altra <strong>di</strong>fferenziava all’epoca il teatro nostrano da quello del resto d’Europa,<br />

ovvero su quella tra<strong>di</strong>zione del “grande attore” la cui principale bravura e massima<br />

priorità consistevano nell’affinamento <strong>di</strong> quei meccanismi recitativi atti<br />

innanzitutto ad affascinare le vaste platee. La drammaturgia italiana del tardo<br />

XIX secolo, infatti, manifestava “macroscopici ritar<strong>di</strong>” 3 rispetto al contemporaneo<br />

panorama d’oltralpe, dove innovative tendenze avevano accelerato lo sviluppo<br />

strutturale della regia, dello stile, dell’interpretazione; nel nostro paese, al<br />

1<br />

L. GUALDO, Correspondance étrangères, Représentations de M. Ernesto Rossi, in «Le<br />

Théâtre», n. 4, 15 janvier 1875, p. 152.<br />

2<br />

Le notizie relative alla biografia <strong>di</strong> Rossi sono state attinte da L. RASI, I comici italiani:<br />

biografia, bibliografia, iconografia, vol. <strong>II</strong> (L-Z), Firenze, Lumachi, 1905, p. 110 e segg.<br />

3<br />

S. FERRONE – F. SIMONCINI, Il teatro, in Storia della Letteratura Italiana, cit., vol.<br />

V<strong>II</strong>I, parte <strong>II</strong>, p. 911.


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

contrario, le messinscena si fondavano sulla ingombrante presenza del protagonista,<br />

“a scapito <strong>di</strong> tutte le altre componenti dello spettacolo”, 4 ragion per cui i<br />

primi attori (che nella maggior parte dei casi erano anche impresari <strong>di</strong> se stessi,<br />

come si vedrà nel caso della Duse, ma anche dello stesso Rossi) puntavano primariamente<br />

a far presa sul pubblico pagante, coinvolgendolo soprattutto dal<br />

punto <strong>di</strong> vista emotivo-sentimentale.<br />

L’interesse <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per Ernesto Rossi non pare essere affatto occasionale:<br />

benché prima della fine del 1874 l’attore non si fosse esibito a Milano per<br />

alcuni anni, egli aveva avuto modo <strong>di</strong> assistere ad una sua performance passeggera<br />

l’estate precedente a Venezia, dove aveva vestito i panni del <strong>Luigi</strong> XI <strong>di</strong><br />

Casimir Delavigne; in tale occasione il critico non aveva avuto modo <strong>di</strong> apprezzarne<br />

a pieno le capacità, come lo stesso narra nel primo articolo a questi de<strong>di</strong>cato,<br />

comparso all’indomani <strong>degli</strong> strepitosi successi ottenuti al Dal Verme.<br />

Questo iniziale, ma già cospicuo intervento figura, nel gennaio 1875, sulle pagine<br />

della rivista parigina «Le Théâtre» 5 e sarà seguito a breve da un secondo<br />

saggio contenutisticamente molto simile (sebbene non si tratti <strong>di</strong> una traduzione,<br />

eccetto che per la sezione conclusiva) uscito sul perio<strong>di</strong>co lombardo «L’Illustrazione<br />

Universale». 6 Oltre ai due brani giornalistici, <strong>Gualdo</strong> realizza anche<br />

un componimento poetico de<strong>di</strong>cato A Ernesto Rossi confluito nella raccolta Le<br />

Nostalgie 7 (1883), ma apparso per la prima volta, con lievi varianti rispetto alla<br />

pubblicazione definitiva, su «L’Illustrazione Italiana», nel <strong>di</strong>cembre 1878. 8<br />

Il primo articolo, si <strong>di</strong>ceva, viene stampato subito dopo i trionfi della tournée<br />

al Dal Verme: in quel periodo <strong>Gualdo</strong> curava la corrispondenza straniera<br />

del foglio quin<strong>di</strong>cinale «Le Théâtre», <strong>di</strong> cui era <strong>di</strong>rettore Jules Bonnaisses, pubblicista<br />

e scrittore francese al quale il nome del giornalista italiano era stato<br />

suggerito poco più <strong>di</strong> un mese prima da François Coppée, come afferma il bio-<br />

4 Ibidem.<br />

5 L. GUALDO, Correspondance étrangères, Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., pp.<br />

152-154. Si è deciso <strong>di</strong> collocare cronologicamente come primo questo intervento piuttosto che<br />

quello apparso in Italia, benché le date affermino il contrario, dato che l’articolo gual<strong>di</strong>ano sulle<br />

Représentations de M. Ernesto Rossi del 15 gennaio era stato già in precedenza annunciato sul<br />

numero del 1 gennaio, per poie essere stampato in seguito giacché, avverte il <strong>di</strong>rettore della rivista,<br />

“l’abondance des matières nous force à ajourner au prochaine numero l’intéressante lettre<br />

que M. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nous addresse de Milan” («Le Théâtre», 1 janvier 1875, p. 112).<br />

6 ID., Ernesto Rossi, in «L’Illustrazione Universale», 3 gennaio 1875, pp. 91-93.<br />

7 ID., A Ernesto Rossi, in Le Nostalgie, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 1215-1217.<br />

8 ID., A Ernesto Rossi, in «L’Illustrazione Italiana», 22 <strong>di</strong>cembre 1878, p. 395.<br />

187


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

grafo Montera 9 e come testimonia una lettera inviata dallo stesso <strong>Gualdo</strong> al poeta<br />

parnassiano il 30 novembre 1874 da Milano, messaggio in cui egli mostra la<br />

solita modestia e scherza sulla propria inaffidabilità <strong>di</strong> corrispondente estero,<br />

annunciando allo stesso tempo l’idea <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere un intervento su Rossi:<br />

J’ai reçu une lettre de M. Jules Bonnaisses, qui, autorisé par vous, me demande<br />

des correspondances d’Italie pour «Le Théâtre» & en même temps un prospectus où<br />

mon nom brille dèjà parmi les collaborateurs. Ce qui m’a rendu furieux contre vous<br />

d’abord & contre lui ensuite, c’est le titre de chevalier 10 dont mon nom est précédé. Je<br />

viens de lui répondre en lui <strong>di</strong>sant que je veux bien lui envoyer quelque article quand<br />

j’aurai quelque chose à racconter / comme maintenant par exemple où le grand Rossi<br />

donne une série de représentations – bien que j’aie peur d’être un très mauvais correspendant<br />

– & en le priant, avant tout, de supprimer le «chevalier». Qu’écrivez vous dans<br />

cette Revue? […]. Renseignez-moi, je vous en prie. 11<br />

Difatti, <strong>Gualdo</strong> tratterà su «Le Théâtre» proprio <strong>di</strong> questa tournée <strong>di</strong> Rossi,<br />

anteponendo, tuttavia, all’analisi delle singole interpretazioni shakespeariane,<br />

una pagina introduttiva sulle caratteristiche dell’attore e sui suoi precedenti successi<br />

parigini. L’articolo, benché risulti apparentemente completo, manca <strong>di</strong> una<br />

seconda parte la cui pubblicazione era stata rimandata “au prochaine numéro”;<br />

sfortunatamente, però, con l’uscita del fascicolo del 15 gennaio 1875 la rivista<br />

<strong>di</strong> Bonnaisses cessò esistere e, a causa <strong>di</strong> ciò, non è possibile conoscere la conclusione<br />

del saggio. Neppure leggendo l’intervento apparso in Italia si potrà sapere<br />

in che modo <strong>Gualdo</strong> avrebbe proseguito il suo stu<strong>di</strong>o, poiché le pagine uscite<br />

sull’«Illustrazione» – aperte da un’epigrafe <strong>di</strong> versi <strong>di</strong> Banville 12 – se hanno<br />

un avvio profondamente <strong>di</strong>fferente da quelle redatte in francese, terminano<br />

però allo stesso modo e quasi all’unisono con esse.<br />

Le <strong>di</strong>fferenze tra un articolo e l’altro sono cospicue, e spesso funzionali agli<br />

interessi e alle competenze delle due varietà <strong>di</strong> lettori. Al cospetto del pubblico<br />

9 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 31. Risulta in questo caso esatta l’allusione,<br />

mentre altrove sussiste confusione tra l’attore Ernesto Rossi ed il capocomico Cesare Rossi.<br />

10 In effetti, sul primo numero della rivista del 1 <strong>di</strong>cembre 1894, il nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

compare tra quelli dei membri della Rédaction preceduto dal titolo <strong>di</strong> cavaliere.<br />

11 Ivi, pp. 185-186. Lettera <strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée.<br />

12 “Il l’amait aussi, lui, ce peuple dont la bouche / Hait les vins frelatés que nous lui mélangeons,<br />

/ Et, traînant devant lui le chef-d'œuvre farouche, / Il lui <strong>di</strong>siait: « Voilà Shakspeare,<br />

Partageons »” (Les exilés, 1868) in Poésies complètes, vol. <strong>II</strong>, Paris, Charpentier, 1878, p. 113.<br />

Rist. in T. DE BANVILLE, Œuvres poétiques completes, Paris, Champion, 1994, p. 154.<br />

188


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

d’Oltralpe, ad esempio, il critico sente la necessità <strong>di</strong> dare informazioni riguardanti<br />

il teatro in cui hanno avuto luogo le rappresentazioni, il Dal Verme <strong>di</strong> Milano:<br />

costruito per ospitare in origine spettacoli equestri e, tutt’al più idoneo ad<br />

accogliere concerti musicali, questa struttura, a causa delle sue vastissime <strong>di</strong>mensioni<br />

(tanto che, si legge nell’articolo, veniva ad<strong>di</strong>rittura permesso agli astanti<br />

<strong>di</strong> fumare al suo interno senza creare <strong>di</strong>sagi), risulta inadatto “pour le<br />

drame”; tuttavia, essendo ogni altro teatro della città occupato, Ernesto Rossi<br />

era stato costretto ad esibirsi proprio lì, proponendo un repertorio che prevedeva<br />

opere <strong>di</strong> Dumas (il Kaen), <strong>di</strong> Cossa (il Nerone) e <strong>di</strong> Salmini (il Cetego), per<br />

concludersi infine, con alcuni drammi shakespeariani, veri cavalli <strong>di</strong> battaglia<br />

dell’attore. Altra <strong>di</strong>fferenza che <strong>di</strong>stingue l’intervento francese <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> da<br />

quello apparso in Italia sono le righe, come si <strong>di</strong>ceva, che egli premette al saggio<br />

per facilitare la comprensione del pubblico francese e riguardanti le precedenti<br />

apparizioni <strong>di</strong> Rossi a Parigi, 13 quando “la critique d’alors, Théophile<br />

Gautier en tête”, 14 lo aveva salutato come un gran<strong>di</strong>ssimo artista; attraverso<br />

questa sorta <strong>di</strong> prefazione, il critico introduce uno <strong>degli</strong> argomenti portanti della<br />

sua valutazione sull’attore italiano, vale a <strong>di</strong>re l’importanza della sua potenza<br />

comunicativa, al <strong>di</strong> là del co<strong>di</strong>ce linguistico adoperato:<br />

Ceux mêmes qui ne comprenaient qu’imperfaitement la langue, furent frappés par<br />

sa beautè plastique, par la sobre puissance et par l’expression de son geste, charmés par<br />

la musique de sa voix et la clarté de sa <strong>di</strong>ction, enthousiasmés par la façon magistrale<br />

dont il tradusait en action les oeuvres les plus <strong>di</strong>fficiles des poëtes. 15<br />

Come sostiene Siro Ferrone, i tre principali rappresentanti della categoria<br />

del “grande attore” all’italiana, Ernesto Rossi, Tommaso Salvini e Adelaide Ristori<br />

(quest’ultima, tra l’altro, ottima amica <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, insieme a sua figlia<br />

Bianca del Grillo), 16 “consapevoli dell’universalità del proprio linguaggio sce-<br />

13<br />

<strong>Gualdo</strong> sembra riferirsi alla tournée parigina del 1855 che Rossi compì con Adelaide<br />

Ristori, dove venne sancita la definitiva affermazione <strong>di</strong> lei sulla scena internazionale (“M.me<br />

Ristori y régnait”, scrive <strong>Gualdo</strong>) e l’inizio dei contrasti tra i due attori. Questi <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> impe<strong>di</strong>ranno<br />

loro <strong>di</strong> recitare ancora l’uno accanto all’altro, tranne che in due occasioni: nel 1865 a Firenze<br />

per le celebrazioni dantesche e nel 1887 all’Apollo <strong>di</strong> Roma in favore dei terremotati.<br />

14<br />

L. GUALDO, Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., p. 152.<br />

15<br />

Ivi, pp. 185-186. Lettera <strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée.<br />

16<br />

Si vedano le lettere del Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Z 80 suss. b.2(10) e b.3(36), entrambe scritte<br />

a Parigi rispettivamente il 22 novembre 1893 e nel 1896) a Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani in cui lo<br />

scrittore allude a incontri e conversazioni avute con le due donne.<br />

189


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

nico […] compirono […] numerose tournées all’estero, riportandone fama e<br />

successi sia artistici che economici”. 17 Andrà notato che proprio nell’abilità<br />

comunicativa <strong>di</strong> questi interpreti stava il paradosso del teatro italiano tardottocentesco,<br />

perché, da un lato, il modus recitativo <strong>degli</strong> artisti nostrani era attardato<br />

rispetto agli importanti passi evolutivi compiuti dagli attori nel resto<br />

d’Europa, ma, al tempo stesso, la formula rappresentativa da essi adoperata “li<br />

rendeva moderni e portatori <strong>di</strong> una carica comunicativa cosmopolita”, 18 fino<br />

renderli modelli esportabili anche al <strong>di</strong> fuori dalla penisola. Difatti, tanto nell’articolo<br />

comparso su «Le Théâtre», quanto su quello e<strong>di</strong>to su «L’Illustrazione<br />

Universale», <strong>Gualdo</strong> mette in luce la popolarità <strong>di</strong> Ernesto Rossi nei paesi esteri<br />

– dove “più che qui il pubblico si appassiona per gli artisti” – venendo favorito<br />

alle celebrità del posto: così “à Vienna, à Pétersbourg on l’a comblé d’honneurs<br />

et des richesses, on l’a adoré”, 19 ma anche in America, luogo in cui, aggiunge il<br />

giornalista, “conosciamo <strong>degli</strong> Americani che lo preferiscono a Booth, come alcuni<br />

Inglesi lo trovano superiore ai più gran<strong>di</strong> loro attori, 20 sebbene sia certo<br />

meno corretto”. 21<br />

La correttezza dell’interpretazione così come dei copioni, è un altro punto<br />

focale dell’analisi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> che – questa volta solo nell’articolo in francese –,<br />

evidenzia l’insufficienza delle traduzioni <strong>di</strong> Shakespeare realizzate da Rusconi<br />

per le serate <strong>di</strong> Rossi al Dal Verme <strong>di</strong> Milano e che lo stesso attore in una sua<br />

lettera autobiografica pubblicata da Angelo De Gubernatis definirà “zibaldoni<br />

in cui non vi era che il nome <strong>di</strong> Shakespeare”. 22 Quello delle riduzioni dei testi<br />

poetici da portare in scena era un <strong>di</strong> un problema connaturato anch’esso al sistema<br />

italiano del “grande attore”, dato che gli originali venivano drasticamente<br />

tagliati, o comunque mo<strong>di</strong>ficati, allo scopo <strong>di</strong> essere resi funzionali alle<br />

messinscene <strong>degli</strong> artisti mattatori e adattati alle loro corde interpretative. Ancora<br />

una volta sono le parole <strong>di</strong> Ferrone, che perfettamente sottolinea il fenomeno,<br />

a spiegarci come “l’epurazione del testo da valenze che potessero appesantire<br />

o complicare la rappresentazione” e “la sua riduzione a una semplice<br />

17<br />

S. FERRONE – F. SIMONCINI, Il teatro, cit., p. 928.<br />

18<br />

Ibidem.<br />

19<br />

L. GUALDO, Correspondance étrangères…, cit., p. 152.<br />

20<br />

Quali Fechter e Irving, come <strong>Gualdo</strong> specifica nella versione francese del suo articolo.<br />

21<br />

L. GUALDO, Ernesto Rossi, cit., p. 93.<br />

22<br />

E. ROSSI, <strong>Stu<strong>di</strong></strong>i drammatici e lettere autobiografiche, con prefazione <strong>di</strong> A. De Guber-<br />

natis, Firenze, Le Monnier, 1885, p. 88 (Lettera Se<strong>di</strong>cesima).<br />

190


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

trama <strong>di</strong> appoggio su cui innestare una personale interpretazione” davano unità<br />

allo spettacolo e permettevano la ricerca dell’effetto e della sorpresa “puntando<br />

sulla costruzione psicologica del personaggio”. 23 In tale <strong>di</strong>rezione agirà, ad esempio,<br />

Boito nel montare pièces teatrali (come farà a partire dal 1887 traducendo<br />

Antonio e Cleopatra, Romeo e Giulietta e Macbeth), forgiando testi cuciti<br />

su misura per l’allora sua compagna Eleonora Duse; analogamente, racconta<br />

<strong>Gualdo</strong>, i testi shakespeariani erano stati mutilati per meglio accordarsi alle caratteristiche<br />

<strong>di</strong> Rossi dal suddetto Rusconi, al quale era stato consentito <strong>di</strong> applicare<br />

“dans les trage<strong>di</strong>es de Shakspeare, des changement de texte, des transpositions<br />

de scènes. Dans Hamlet, par exemple, le <strong>di</strong>scours aux comé<strong>di</strong>ens<br />

suivait immé<strong>di</strong>atement leur présentation au prince; dans Othello, le personage<br />

de Bianca était supprimé, ainsi que plusieurs scènes du Roi Lear”. 24<br />

Questa breve, ma attenta analisi delle mo<strong>di</strong>fiche apportate ai drammi <strong>di</strong><br />

Shakespeare sembrerebbe confermare le parole <strong>di</strong> De Roberto che volevano<br />

<strong>Gualdo</strong> esperto anche del patrimonio culturale britannico, “della letteratura<br />

francese e della inglese possessore come della propria”; 25 d’altro canto la critica<br />

gual<strong>di</strong>ana avvalora le parole <strong>di</strong> Eugenio Torelli-Viollier che, nel suo Corriere,<br />

prima <strong>di</strong> illustrare e commentare una lettera inviatagli dallo stesso Ernesto Rossi,<br />

si esprime sulla troppo esigua <strong>di</strong>ffusione dei testi del drammaturgo britannico<br />

in Italia, motivando la cattiva conoscenza delle sue opere soprattutto attraverso<br />

la mancanza <strong>di</strong> una buona traduzione nella nostra lingua; “sarebbe tempo<br />

che qualche poeta <strong>di</strong> voglia”, scrive il futuro fondatore del «Corriere della Sera»<br />

– rivelando la sua indole <strong>di</strong> grande impren<strong>di</strong>tore della carta stampata –, “ci<br />

donasse Shakespeare e, che un qualche e<strong>di</strong>tore ne facesse un’e<strong>di</strong>zione economica.<br />

Siamo nel secolo delle e<strong>di</strong>zioni economiche: si dà Dante per una lira”. 26<br />

In questo medesimo intervento il giornalista cita l’articolo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> su<br />

Rossi e riferisce, inoltre, che qualcuno, durante una delle rappresentazioni al<br />

Dal Verme, gli aveva detto che quello dell’attore livornese era stato un bellissimo<br />

Amleto “molto meri<strong>di</strong>onale”. 27 Ebbene, alla luce della lettura <strong>degli</strong> interventi<br />

gual<strong>di</strong>ani, si potrebbe ipotizzare che, ad esprimere questo parere, fosse<br />

stato proprio <strong>Gualdo</strong> (caro amico <strong>di</strong> Torelli-Viollier) visto che, in effetti, sulla<br />

23 S. FERRONE – F. SIMONCINI, Il teatro, cit., p. 928.<br />

24 L. GUALDO, Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., pp. 152-153.<br />

25 F. DE ROBERTO, Casa Verga e altri saggi verghiani, cit., p. 194.<br />

26 E. TORELLI-VIOLLIER, Corriere, in «L’Illustrazione Universale», 3 gennaio 1875.<br />

27 Ibidem.<br />

191


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

«Illustrazione universale» (così come su «Le Théâtre»), egli aveva esaminato la<br />

possente fisicità ed i tratti me<strong>di</strong>terranei della star italiana sostenendo che queste<br />

peculiarità <strong>di</strong> Rossi, grazie alla sua bravura interpretativa, non costituivano per<br />

lui un ostacolo, ma anzi apparivano quasi inosservate nel momento in cui egli<br />

indossava le vesti del principe danese Amleto, pur essendo ben lungi dal possedere<br />

(nonostante, afferma il giornalista, ci sia stato uno scrittore tedesco a sostenere<br />

l’esatto contrario in un suo volume) l’estrema magrezza a questi tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

attribuita:<br />

M. Rossi, tout le premier, interprète Shakspeare comme il le sent. Ne force pas la<br />

nature; il entre dans l’esprit du rôle, mais en restant lui-même. C’est, par exemple, un<br />

Hamlet méri<strong>di</strong>onal […]; mais, malgré ses cheveux bruns, son très-beau costume noir à<br />

fraise blanche très-ouverte sur le devant, ses formes en même temps trop fortes et trop<br />

élégantes, ses façon très-négligemment raffinées de se draper, il est, si nous ne nous<br />

trompons, plus shaksperien que bien d’autres, quoiqu’il le devienne à sa manière. 28<br />

Di questo “meraviglioso istinto” e del calarsi dell’attore italiano, talvolta<br />

ar<strong>di</strong>tamente, in ruoli che davano vita non <strong>di</strong> rado a rischiose interpretazioni, ma<br />

che risultavano, alfine, “più shakspeariane” <strong>di</strong> quelle messe in atto da interpreti<br />

più fedeli a copioni più eru<strong>di</strong>ti, <strong>Gualdo</strong> torna a parlare al cospetto del pubblico<br />

<strong>di</strong> lettori italiani. 29 Nelle sue pagine egli dà grande spazio, per illuminare il non<br />

troppo preparato pubblico coevo, alla genialità del grande drammaturgo inglese<br />

dell’età elisabettiana, quello Shakespeare che in ogni sua opera “personifica una<br />

passione umana e in tal modo la scolpisce che rimane <strong>di</strong>nnanzi allo sguardo <strong>di</strong><br />

chi l’ha veduta come un immagine eterna”: 30 alla sua modernità (“cosa havvi”,<br />

scrive infatti, “<strong>di</strong> più moderno che il pensiero morboso dominante l’azione, che<br />

la follia e la ragione stranamente mescolate?”, riferendosi all’Amleto, capolavoro<br />

scritto tre secoli prima con una ar<strong>di</strong>tezza <strong>di</strong> concetto ed una novità <strong>di</strong> forma<br />

da sembrare “dettato oggi”) 31 che consiste specialmente nel riuscire a trovare<br />

“un’eco nell’anima <strong>di</strong> tutti”, si affianca la capacità <strong>di</strong> Rossi <strong>di</strong> riuscire a trasmettere<br />

alle platee il vero “scopo del poeta (da pochi avvertito)”. 32<br />

28 L. GUALDO, Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., p. 154.<br />

29 ID., Ernesto Rossi, cit., p. 93.<br />

30 Ivi, p. 91.<br />

31 Ivi, p. 93.<br />

32 Ivi, p. 91.<br />

192


Dall’alto verso il basso:<br />

Matilde Serao, <strong>Federico</strong> de Roberto,<br />

Paolo Tosti, Giovanni Verga ed<br />

Eleonora Duse<br />

(Archivi Litta Mo<strong>di</strong>gnani,<br />

Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis).


La èrima pagina del foglio <strong>di</strong> Jules Bonaisses «Le Théâtre» del 1° gennaio 1875<br />

in cui figura, tra i corrispondenti esteri, il nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Durante gli spettacoli tenutisi a Milano il <strong>di</strong>vo è riuscito a perseguire i migliori<br />

risultati nei panni <strong>di</strong> Romeo (mostrando tale naturalezza nel colloquio col<br />

frate da farlo apparire “un dramma moderno”) e nell’Otello (dove ha pianto e<br />

ruggito “in modo che tutti gli astanti soffrono con lui”): in questi due ruoli egli<br />

è stato in grado <strong>di</strong> riempire da solo il palcoscenico, idolatrato dalla folla “più<br />

pronta <strong>di</strong> quello che si potrebbe ad accendersi per il Bello”. 1 Alla grandezza del<br />

primo attore – e, naturalmente, proprio per far esaltarla – corrispondeva il basso<br />

profilo <strong>degli</strong> altri interpreti, tanto che l’articolista si esprime in termini analogamente<br />

critici <strong>di</strong>nnanzi ad entrambi i bacini <strong>di</strong> suoi lettori, parlando, da una<br />

parte, <strong>di</strong> “attori me<strong>di</strong>ocri” 2 e, dall’altra, della “insuffisance des autres acteurs”;<br />

questo spunto gli fornisce l’occasione per trattare, in tutti e due gli interventi, <strong>di</strong><br />

quale sarebbe “l’idéal que nous nous faisons de la représentation des drames de<br />

Skakspeare”, 3 vale a <strong>di</strong>re “una compagnia <strong>di</strong> attori tutti egualmente eccellenti,<br />

intenti solo a bene interpretare il pensiero dell’autore, senza curarsi <strong>di</strong> brillare<br />

in<strong>di</strong>vidualmente; scenari completi, costumi esatti e sontuosi”, 4 mentre, al contrario,<br />

la drammaturgia italiana prevedeva ancora che gli spettatori (comunque<br />

fortunati nel poter ammirare siffatta qualità <strong>di</strong> eccellenti “prim’in-terpreti”) dovessero<br />

“accontentarsi <strong>di</strong> veder la figura principale sorgere […] illuminata da<br />

tutta la luce, rendendo omaggio all’artista che sa realizzare, solo e malgrado tutto,<br />

quei tipi eterni così potentemente creati dal poeta che ne sembrano veri<br />

d’una verità ancora più intensa che quella della vita stessa”. 5<br />

Ernesto Rossi, che era nato a Livorno nel 1827 da famiglia borghese, all’epoca<br />

<strong>degli</strong> interventi gual<strong>di</strong>ani, aveva quasi cinquant’anni: nel 1845, in attesa<br />

<strong>di</strong> iscriversi all’università, aveva sostituito un attore ammalato della compagnia<br />

Calloud, finendo per essere regolarmente scritturato come amoroso per l’anno<br />

successivo; qui, sotto l’insegnamento del celebre Gustavo Modena, aveva impa-<br />

1<br />

Ibidem. Analogamente, nell’articolo comparso su «Le Théâtre», si legge che Rossi “sait<br />

de telle sorte réaliser le Beau, que les plus ignorants restent ébluois”, in riferimento “aux publics<br />

italiens” ID., Correspondance étrangères…, cit., p. 152).<br />

2<br />

ID., Ernesto Rossi, cit., p. 91.<br />

3<br />

ID., Correspondance étrangères, Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., p. 153.<br />

4<br />

ID., Ernesto Rossi, cit., p. 91.<br />

5<br />

Ibidem. Si tratta <strong>di</strong> una delle prime occasioni in cui viene apertamente espressa la concezione<br />

secondo cui la vita nell’arte è preferibile e più vera <strong>di</strong> quella reale: con un’espressione del<br />

tutto simile a quella appena citata, <strong>Gualdo</strong> si riferirà, nel 1891, alle vicende dei personaggi del<br />

romanzo <strong>di</strong> Capuana Il profumo, i quali “vivono della vita dell’arte, più vera della stessa realtà”<br />

(ID., Cronache letterarie. Il profumo, cit.).<br />

193


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

rato le tecniche del mestiere e lo stu<strong>di</strong>o psicologico del personaggio. 6 Autore <strong>di</strong><br />

un’autobiografia in tre volumi, Quarant’anni <strong>di</strong> vita artistica, oltre che <strong>di</strong> alcuni<br />

testi drammatici (il primo del quali, Adele, era stato interpretato dalla Ristori<br />

con la Compagnia Reale Sarda), Rossi ha lasciato un complesso documentario<br />

oggi custo<strong>di</strong>to nel Civico Museo Biblioteca dell’Attore del teatro Stabile <strong>di</strong> Genova:<br />

attraverso questo fondo è possibile comprendere lo spessore culturale <strong>di</strong><br />

un uomo che non fu solo un attore, ma un’eclettica figura dai molti interessi, 7<br />

sulla quale è possibile far luce citando, ad esempio, un passo da una sua lettera<br />

dove egli, esponendo la teoria secondo cui ciò che più invecchia nell’uomo sono<br />

i rimorsi, afferma la superiorità dello stato <strong>di</strong> grazia <strong>di</strong> cui godono gli attori;<br />

chiedendo retoricamente al suo corrispondente Torelli-Viollier <strong>di</strong> quali colpe<br />

potrebbe essere accusata una celebrità drammatica, egli stesso risponde che:<br />

– Davanti al Giu<strong>di</strong>ce supremo egli non potrà essere accusato che d’un solo peccato,<br />

– quello d’avere sbagliato un qualche carattere… colpa commessa senza volontà, –<br />

dunque peccato veniale, e de’ peccati veniali la coscienza non se ne occupa. Coscienza<br />

tranquilla, vivacità <strong>di</strong> spirito, ergo sempre giovinezza. Noi s’invecchia e si muore tutto<br />

d’un tratto. 8<br />

Parallelo alle parole della messaggio epistolare <strong>di</strong> Rossi è il pensiero che<br />

<strong>Gualdo</strong> esprime nell’ode saffica de<strong>di</strong>cata proprio al noto attore, dove egli canta<br />

l’eternità della quale è depositario ogni artista teatrale quando incarna i personaggi<br />

dei gran<strong>di</strong> lavori <strong>di</strong> Shakespeare. Dopo aver affermato che il drammaturgo,<br />

me<strong>di</strong>ante le interpretazioni <strong>di</strong> Rossi, “ne appar quale caverna mistica / da<br />

lontano riflesso stenebrata”, il poeta ripercorre in versi i temi centrali delle trage<strong>di</strong>e<br />

<strong>di</strong> Amleto, <strong>di</strong> Antonio e Cleopatra, <strong>di</strong> Macbeth e <strong>di</strong> Re Lear, fino alle tre<br />

strofe che precedono la conclusione e che si risolvono in un’apostrofe allo stesso<br />

attore italiano; egli, con la sua fiaccola tra le mani, è giunto nella caverna in<br />

cui risiede il grande Shakespeare, risvegliando <strong>di</strong> nuovo, con le sue rappresentazioni,<br />

l’interesse del pubblico moderno sulle sue opere:<br />

6<br />

Cfr. G. COSTETTI, La compagnia reale sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, con<br />

prefazione <strong>di</strong> L. Fortis, Milano, Kantorowicz, 1893.<br />

7<br />

Il Fondo Ernesto Rossi, donato dalla pronipote dell’attore Evelina Paoletti Mo<strong>di</strong>gliani<br />

Rossi, consta <strong>di</strong> 246 lettere, 22 scritti autografi, 26 copioni drammatici (alcuni ine<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> Rossi<br />

in veste <strong>di</strong> autore drammatico), 65 fotografie che ritraggono l’attore nelle sue maggiori interpretazioni<br />

ed alcuni album <strong>di</strong> ritagli (specie <strong>di</strong> articoli <strong>di</strong> stampa).<br />

8<br />

La lettera, in<strong>di</strong>rizzata a Torelli Viollier, è pubblicata dallo stesso nel suo Corriere, cit.<br />

194


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

– Or tu, sublime attore, alta una fiaccola<br />

Scotendo in mano <strong>di</strong>scendesti al fondo<br />

Della buia caverna in cui nascondesi<br />

Entro la terra un mondo.<br />

Animoso scendesti del Poeta<br />

Nel vasto impero ove il volgo si te<strong>di</strong>a,<br />

E forzasti a parlar, possente atleta,<br />

La velata trage<strong>di</strong>a.<br />

E il popol vide corruscar <strong>di</strong> rutili<br />

Gemme la vólta – e le pareti in fiamma<br />

Pareangli allora che la vita scorrere<br />

Sentivasi nel dramma. 9<br />

Secondo Guglielminetti si tratta <strong>di</strong> uno dei testi poetici meno riusciti <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, il quale probabilmente era stato indotto a scrivere l’ode dal fatto che<br />

anche l’amico poeta cubano, francese d’elezione, José-Maria de Here<strong>di</strong>a aveva<br />

composto un sonetto analogo de<strong>di</strong>cato all’attore italiano: comune ad entrambe<br />

le liriche, sostiene il critico, “è il ricordo entusiastico delle interpretazioni offerte<br />

dal Rossi <strong>di</strong> Amleto, Macbeth e Re Lear”, ma, aggiunge, “nei versi del<br />

<strong>Gualdo</strong>, inoltre, vi è un tentativo <strong>di</strong> evocare le atmosfere d’incubo e <strong>di</strong> sangue<br />

tipiche delle maggiori trage<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Shakespeare”. 10 Importante notare come, nella<br />

strofa conclusiva, Rossi venga appellato “infaticabil cercatore ar<strong>di</strong>to”, analogamente<br />

a come, nell’articolo apparso tre anni prima in Francia, lo stesso <strong>Gualdo</strong><br />

lo aveva definito “chercheur passionné” 11 in riferimento alla sua sperimentazione<br />

artistica che gli aveva permesso, dopo una lunga gavetta e sfruttando pienamente<br />

ogni più piccola parte del suo infallibile istinto, <strong>di</strong> giungere “vicorieusement<br />

au but de ses efforts”. 12 Una ricerca, quella <strong>di</strong> Rossi, che aveva portato<br />

alle estreme conseguenze uno <strong>degli</strong> aspetti della riforma teatrale perpetrata dal<br />

suo stesso maestro, Gustavo Modena, ossia l’intenso processo <strong>di</strong> creazione psicologica<br />

dei personaggi interpretati. L’analisi gual<strong>di</strong>ana, in effetti, si sofferma a<br />

lungo su questo aspetto, da un lato esaltando (in entrambi gli interventi) la per-<br />

9 L. GUALDO, A Ernesto Rossi, in «L’Illustrazione Italiana», cit., p. 395, rist. con lievi<br />

mo<strong>di</strong>fiche in ID., Le Nostalgie, cit., p. 208 e poi in ID., Romanzi e Novelle, cit., p. 1216.<br />

10 M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 285.<br />

11 L. GUALDO, Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., p. 152.<br />

12 Ibidem.<br />

195


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

sonificazione <strong>di</strong> Amleto, dall’altro muovendo invece alcune critiche a quella del<br />

Re Lear (però solo sulle pagine de «L’Illustrazione Universale»).<br />

Nelle vesti <strong>di</strong> Amleto, “la parte in cui Rossi è e rimarrà più popolare”, 13 la<br />

sua rara bellezza plastica, l’armonia dei suoi gesti e delle sue attitu<strong>di</strong>ni, contribuiscono,<br />

sostiene <strong>Gualdo</strong>, a mettere in evidenza tutte le qualità del suo ingegno<br />

e della sua natura e se, come si è già detto, il suo aspetto fisico non combacia<br />

affatto con quello tra<strong>di</strong>zionale del principe danese, ciò poco importa perché il<br />

grande attore non si limita a jouer Hamlet, bensì è ad<strong>di</strong>rittura in grado <strong>di</strong> être<br />

Hamlet: 14 nel noto monologo egli riesce come solo i più famosi interpreti hanno<br />

saputo fare, il suo furore rischiara le tenebre del teatro durante la querelle con la<br />

madre, mentre nella scena dell’epilogo, infine, egli sa essere terribile e insieme<br />

magnifico, e questo perché “il a parfaitement compris l’intention du poëte, qui,<br />

pendant quatre actes, nous montre la rêverie maîtrisant tout”, fino a quando, durante<br />

l’ultimo atto Rossi interpreta la scena del duello conclusivo “avec une beauté<br />

d’attitudes, une ironie désespérée, une concentration de fureur dans la tuerie<br />

[…] qu’il nous semble impossible de surpasser”. 15<br />

Molto meno efficace, d’altro canto, l’interpretazione <strong>di</strong> Rossi nel Re Lear<br />

e, sebbene si tratti <strong>di</strong> un ruolo ostico per tutti coloro che vi si sono cimentati (in<br />

quanto richiede “grande ar<strong>di</strong>mento”) 16 e sia il dramma shakespeariano che più<br />

viene mutilato per essere messo in scena – risultando peraltro il meno apprezzato<br />

e compreso dal pubblico – <strong>Gualdo</strong> imputa la riuscita non ottimale <strong>di</strong> questa<br />

rappresentazione anche allo stesso attore. Nell’articolo viene infatti sostenuto<br />

che questa appare essere l’opera “che Rossi ha meno stu<strong>di</strong>ato”: per quanto il<br />

critico confi<strong>di</strong> che, una volta approfon<strong>di</strong>to lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo carattere, il mattatore<br />

livornese riuscirà a perfezionarsi anche in tale ruolo, tuttavia egli confessa<br />

che, allo stato attuale dei fatti sono state evidenti in scena alcune esagerazioni e<br />

convenzionalità. 17 L’artista comunque, nonostante le imperfezioni, ha mostrato<br />

<strong>di</strong> aver “magistralmente compreso lo spirito della parte” quando, entrando in<br />

scena nei panni del vecchio re, ha mostrato fin dal principio che nelle sue vene<br />

13<br />

ID., Ernesto Rossi, cit., p. 93.<br />

14<br />

ID., Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., p. 153.<br />

15<br />

Ivi, p. 154.<br />

16<br />

ID., Ernesto Rossi, cit., p. 91.<br />

17<br />

Ivi, p. 93. Sarà proprio dop oaver recitato per la trecentesima volta il personaggio del Re<br />

Lear durante una tournée trionfale in Russia che Ernesto Rossi morirà il 4 giugno 1896. Desumo<br />

questa notizia da L. BRAGAGLIA, Shakespeare in Italia. Personaggi ed interpreti (1792-<br />

2005), Bologna, Persiani, 2005, p. 235.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

scorreva un pizzico <strong>di</strong> follia: in molti avevano criticato l’avvio <strong>di</strong> questa rappresentazione,<br />

ma <strong>Gualdo</strong> si sente in dovere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la scelta interpretativa <strong>di</strong><br />

Rossi che ha reso coerenti gli squilibri iniziali del sovrano con la pazzia “che<br />

più tar<strong>di</strong> l’ingratitu<strong>di</strong>ne filiale deve far terribilmente maturare”, 18 fino a commuovere<br />

l’intera platea dei presenti in teatro durante il monologo della follia in<br />

cui Lear irrompe in scena portando tra le braccia il corpo esanime della figlia<br />

troppo tar<strong>di</strong> amata.<br />

Finita la tournée italiana <strong>di</strong> Rossi, <strong>Gualdo</strong> si informa scrivendo a Coppée,<br />

nel corso del successivo mese <strong>di</strong> ottobre, chiedendogli se si è recato ad assistere,<br />

probabilmente alla Salle Ventadour, all’ennesimo successo del <strong>di</strong>vo nel ruolo<br />

Otello, dopo aver lasciato tutti senza fiato interpretando Amleto nonostante la<br />

scarsità dei presenti intervenuti e gli domanda quale sia il suo parere, desiderando<br />

soprattutto sapere se i trionfi <strong>di</strong> cui ha sentito parlare corrispondano a verità.<br />

19 Si tratta <strong>di</strong> un interesse vero, da parte <strong>di</strong> un uomo profondamente appassionato<br />

della drammaturgia europea e delle sue sorti, che proprio in questi anni<br />

’70 figura tra i più assidui frequentatori del Cova, della Scala e dei teatri <strong>di</strong> prosa<br />

milanesi 20 e parigini, accanto agli amici Boito e Giacosa. Persino negli ultimi<br />

anni della sua esistenza, paralitico, <strong>Gualdo</strong> si trascinerà <strong>di</strong> teatro in teatro per<br />

tenersi sempre aggiornato, alimentando la sua eterna passione: a quest’epoca<br />

però nei suoi carteggi non comparirà più il nome <strong>di</strong> Ernesto Rossi; il suo interesse<br />

sarà ormai incentrato sulle due più gran<strong>di</strong> celebrità internazionali <strong>di</strong> fine<br />

secolo: la stella italiana Eleonora Duse e la <strong>di</strong>va francese Sarah Bernhardt.<br />

4.2 Dalle letture preventive alla propaganda critica: il consigliere <strong>di</strong> Giacosa<br />

Nel gennaio 1896 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> scriveva da Parigi, invalido ormai da due<br />

anni, a sua cugina Giulietta Litta Mo<strong>di</strong>gnani, <strong>di</strong> aver ricevuto una visita inaspettata<br />

<strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, in città per “una delle sue rapi<strong>di</strong>ssime gite per affari e<br />

per fare atto <strong>di</strong> presenza alla Société des auteurs dramatiques e <strong>di</strong>scorrere lungamente<br />

con Sardou”: in questa occasione i due avevano trascorso, come ai<br />

vecchi tempi, due interi giorni insieme, tra pranzi da Zola e visite alla princi-<br />

18 L. GUALDO, Ernesto Rossi, cit., p. 91.<br />

19 Lettera <strong>II</strong>I a François Coppée in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 211.<br />

20 Cfr. R. LOLLO, Alla fine della Scapigliatura: <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 83.<br />

197


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

pessa Matilde. 21 Di ritorno dalla capitale francese, Giacosa aveva a sua volta<br />

portato alla marchesa notizie relative allo stato <strong>di</strong> salute del cugino definendolo<br />

piuttosto sod<strong>di</strong>sfacente, prontamente smentite dal successivo messaggio <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> ad essa destinato, in cui egli affermava <strong>di</strong> aver nascosto le sue sofferenze<br />

<strong>di</strong> fronte ad un carissimo amico che, per quanto elegante poeta, si era mostrato<br />

ben me<strong>di</strong>ocre osservatore e psicologo. 22 Come ammetterà lo stesso poco oltre,<br />

la sua <strong>di</strong>ssimulazione, forse involontaria, aveva avuto lo scopo <strong>di</strong> non destare<br />

preoccupazione nell’animo <strong>di</strong> uno dei suoi compagni <strong>di</strong> più vecchia data, al<br />

quale, tuttavia, non aveva mai cessato <strong>di</strong> ripetere che, da quando era rimasto paralizzato,<br />

mai aveva smesso <strong>di</strong> seguire “con perseveranza tutte le dovute cure<br />

fisiche e morali”, speranzoso <strong>di</strong> poter un giorno “risuscitare per davvero”. 23<br />

Tra le amicizie italiane <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, infatti, quella con Giacosa è fra quelle <strong>di</strong><br />

più antica origine, ma anche tra le più intime e longeve: come afferma Montera<br />

(purtroppo, però, sbagliando a riportare l’anno), 24 che attinge l’informazione<br />

dalle notizie contenute nel volume del Nar<strong>di</strong> de<strong>di</strong>cato a Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Giacosa, è ad<strong>di</strong>rittura possibile affermare con certezza a quando risalga il<br />

primo incontro tra i due scrittori. La testimonianza è offerta da una lettera <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>azione in versi scritta a Torino dal poeta Camerana: 25<br />

<strong>Gualdo</strong>, un amico mio, poeta inclito, è qui:<br />

desidera conoscerti; che stranezza! Così!<br />

Ti mando queste righe con calda preghiera<br />

Che verso l’otto e mezza, capisci?, <strong>di</strong> stasera<br />

Tu al circolo ti trovi. Andremo in barca; e poi<br />

Andremo chi sa dove. Ti vogliamo con noi. 26<br />

21<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.3(28). Lettera con timbro postale del 15 gennaio<br />

1896: l’arrivo <strong>di</strong> Giacosa, come si evince dal messaggio, era avvenuto otto giorni prima, trascorsi<br />

i quali, egli si era <strong>di</strong>mostrato “incrollabile nel voler partire ad ora fissa”.<br />

22<br />

Ivi, b.3(27), s.d., ma <strong>di</strong> poco successivo al precedente doc.<br />

23<br />

Ibidem.<br />

24<br />

Il biografo fa risalire il documento al 1873, mentre Nar<strong>di</strong>, che lo aveva personalmente<br />

consultato, riporta la data 9 luglio 1868 (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 102-103 ).<br />

25<br />

Non molte sono le notizie riguardanti i rapporti tra <strong>Gualdo</strong> e Camerana, al quale è de<strong>di</strong>cato<br />

il componimento Semper et ubique, il numero V<strong>II</strong>I delle Nostalgie, preceduto in<br />

un’epigrafe da un <strong>di</strong>stico <strong>di</strong> Victor Hugo (L’amour pleure en tout temps et triomphe en tout<br />

lieu) e pubblicato per la prima volta in L. GUALDO, Le Nostalgie, cit., pp. 65-76, rist. moderna<br />

in ID., Romanzi e Novelle, cit., pp. 1163-1167.<br />

26<br />

P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, Milano, cit., p. 225.<br />

198


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

La sete <strong>di</strong> conoscenza del giovanissimo <strong>Gualdo</strong> appena ventiquattrenne, il<br />

suo desiderio <strong>di</strong> attorniarsi <strong>di</strong> personalità brillanti con cui scambiare idee, opinioni,<br />

critiche, ma soprattutto le sue affinità <strong>di</strong> gusto letterario con il piemontese<br />

Giacosa, sono tutti fattori che contribuiscono a dar vita ad un sodalizio umano<br />

ed artistico tra i più fecon<strong>di</strong> del secondo Ottocento, quello che, insieme a Boito,<br />

darà vita ad un trio (cui si unirà in alcune fasi anche Giovanni Verga), “<strong>di</strong>sposto<br />

ad accettare il reale per riscattarlo, almeno in parte, nell’idealità”. 27<br />

Durante il primo periodo <strong>di</strong> questa amicizia non sono rare le frequentazioni<br />

dei luoghi mondani <strong>di</strong> Milano, uscendo dai quali, però, i tre confratelli erano soliti<br />

trascorrere intere notti all’insegna della cultura, talvolta parlando e scambiandosi<br />

opinioni – dalle quali nascono suggerimenti e spunti per la stesura <strong>di</strong><br />

nuove opere –, talaltra andando insieme nei loro posti eletti: lasciando, ad esempio,<br />

il salotto della contessa Maffei, Giacosa scrive alla madre il 13 gennaio<br />

1879 <strong>di</strong> aver trascorso una serata “<strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> una volta” insieme ai due amici,<br />

una serata in cui “passeggiando si <strong>di</strong>cevano versi”, e nella quale aveva raccontato<br />

loro “il soggetto del Conte Rosso, che entusiasmò tutti” ed aveva letto Luisa,<br />

revisione dell’originario dramma Teresa, che <strong>Gualdo</strong> reputava, a quell’epoca,<br />

il suo miglior lavoro; il 18 febbraio seguente è ancora Giacosa a narrare <strong>di</strong><br />

essersi incontrato con <strong>Gualdo</strong> e due o tre altri invitati, quando, terminato un<br />

pranzo dalla duchessa Litta, insieme avevano deciso <strong>di</strong> recarsi al Conservatorio<br />

<strong>di</strong> musica, dove, sotto il patronato <strong>di</strong> Filippi, “si poté assistere alle prove <strong>di</strong> un<br />

quartetto veramente stupendo <strong>di</strong> musica classica religiosa”, senza nessun’altro<br />

presente, in una sala molto sonora e densa <strong>di</strong> un’oscurità rotta soltanto dalla luce<br />

delle candele dei leggii e attorniata da un’atmosfera che aveva permesso loro<br />

<strong>di</strong> sentir “vibrare per la testa una folla <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> idee”, che aveva fatto <strong>di</strong><br />

quelle due ore “veramente belle e veramente buone” trascorse insieme, un momento<br />

in<strong>di</strong>menticabile. 28 Certamente Giacosa è stato, fra i tre autori, colui che<br />

ha maggiormente avvertito il beneficio <strong>di</strong> questi loro incontri, almeno a giu<strong>di</strong>care<br />

da quanto afferma nei suoi messaggi epistolari in cui molto spesso parla <strong>degli</strong><br />

utilissimi effetti sul proprio lavoro scaturiti dal contatto con i suoi due più cari<br />

amici; così, scrivendo a Vittoria Cima, egli racconta (nell’ottobre 1885) quanto<br />

reputasse proficui i soggiorni a Milano con Boito e <strong>Gualdo</strong>, dei cui risvolti posi-<br />

27 Ibidem.<br />

28 Ivi, pp. 377-379.<br />

199


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

tivi si era reso conto anche suo fratello Piero, che gli aveva riferito le proprie<br />

impressioni una volta fatto ritorno a casa:<br />

Pensi che a Torino non ho (quanto lungi!) un’amica come lei, e che in casa sua<br />

trovo i due amici cui voglio più bene, che sono Boito e <strong>Gualdo</strong>. Se sapesse quanto<br />

buon sangue mi rifaccio in loro compagnia, e quanto mancano tutti e tre alla mia vita<br />

intellettuale! Mio fratello <strong>di</strong>ce che quando torno da Milano, ho sempre un periodo <strong>di</strong><br />

insolita attività intellettuale. Lo devo a loro. 29<br />

Alcuni in<strong>di</strong>zi relativi alle attività che i tre amici svolgevano quando erano<br />

ospiti <strong>di</strong> donna Vittoria sono contenuti nei documenti epistolari <strong>di</strong> Boito; più<br />

che come una vacanza, i loro soggiorni nella sede estiva del salotto, a Cernobbio,<br />

si configurano come momenti in cui è possibile intensificare il lavoro intellettuale,<br />

anche attraverso le lunghe ore che essi potevano trascorrere insieme<br />

confrontandosi: invitando, ad esempio, Giacosa a raggiungerlo dalla Cima, a<br />

Villa d’Este, Arrigo incalza il torinese riferendogli che quel giorno stesso (la<br />

lettera è dell’autunno 1884) sarebbe arrivato <strong>Gualdo</strong>, con il quale avrebbero potuto<br />

ciarlare e lavorare dalle sei del mattino sino a mezzodì. 30 La stessa padrona<br />

<strong>di</strong> casa, ottima musicista, ben si confaceva all’atmosfera <strong>di</strong> grazia ispiratrice<br />

regnante in quel luogo <strong>di</strong> pace e serenità intellettuale (l’Olimpo, <strong>di</strong>rà Giacosa). 31<br />

Il carteggio intercorso tra l’ospite piemontese e la Cima – donna rimasta<br />

senza nozze forse per scelta (come lei stessa era solita affermare) ma forse anche<br />

perché afflitta da un’imperfezione fisica che le impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> deambulare correttamente<br />

– documenta un rapporto <strong>di</strong> strettissima intimità, <strong>di</strong> grande complicità<br />

umana ed artistica: non sembrerebbe impossibile pensare che il componimento<br />

delle Nostalgie che <strong>Gualdo</strong> aveva de<strong>di</strong>cato nel 1883 a Giacosa potesse alludere<br />

a questo intenso, ma innocente rapporto. La lirica, infatti, la seconda della<br />

raccolta, preceduta da un’epigrafe <strong>di</strong> versi <strong>di</strong> John Payne (Weary to death with<br />

the long hopeless keeping / The watch for day that never morroweth) 32 e intitolata<br />

Separazione, è ambientata in un luogo i<strong>di</strong>lliaco, quasi un locus amoenus, un<br />

feudo antico circondato da valli, colli e marine (che potrebbe riecheggiare i<br />

monti delle Alpi e il lago <strong>di</strong> Como <strong>di</strong> Villa d’Este a Cernobbio), ed ha per protagonista<br />

una donna straor<strong>di</strong>nariamente simile a donna Vittoria, una “dama alte-<br />

29 Ivi, p. 549.<br />

30 Ivi, p. 544.<br />

31 Ivi, p. 545.<br />

32 Questi versi sono tratti dalla raccolta New Poems <strong>di</strong> John Payne, del 1880 (p. 285).<br />

200


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

ra e bionda” (v. 2) – per <strong>di</strong> più definita “la solitaria” (v. 38) – che, con lo sguardo<br />

nell’azzurro volge “l’arcano / in<strong>di</strong>stinto pensiero” (vv. 14-15) volando “nel<br />

sogno verso l’ideale” (v. 20), con il suo volto pallido come la neve sulla vetta<br />

alpina, mentre ogni dì “più flessüosa par quando cammina” (vv. 85-88). Essa<br />

racchiude nel suo seno le aspirazioni giovanili, ma sa che deve “sotto un sorriso<br />

ascondere il dolore” perché insieme al cavaliere che attende (si potrebbe qui<br />

congetturare un allusione a Giacosa, cui è de<strong>di</strong>cata la poesia) non può che aspettarla<br />

un “avvenir purissimo” (se effettivamente si trattasse <strong>di</strong> Giacosa questo<br />

verso si spiegherebbe col fatto che questi era già sposato). I versi si chiudono<br />

“tra le varie note de’ suoi canti” nella coscienza che innumerevoli aurore e<br />

tramonti potranno susseguirsi prima che sorga il dì che potrà dare al “giovane<br />

poeta” la possibilità <strong>di</strong> unirsi “alla sua dama pallida”. 33 Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> queste congetture<br />

resta il fatto che <strong>Gualdo</strong>, Giacosa e Boito avevano trovato una <strong>di</strong>mensione<br />

a loro congeniale accanto alla coltissima Vittoria Cima, alla quale riserveranno<br />

sempre parole <strong>di</strong> stima e affetto soprattutto volte a <strong>di</strong>fenderla da coloro<br />

che erano soliti malignare della “povera donna”.<br />

Durante i loro soggiorni, i viaggi compiuti insieme, ma anche in situazioni<br />

più quoti<strong>di</strong>ane, il nostro gruppo <strong>di</strong> amici, oltre che da suggerimenti reciproci,<br />

era supportato da un’estrema fiducia nelle capacità l’uno dell’altro, una fiducia<br />

che non restava però racchiusa all’interno della loro stessa cerchia, perché veniva<br />

promulgata anche presso il grande pubblico: quando, ad esempio, scoraggiato<br />

quanto alla buona riuscita della comme<strong>di</strong>a L’onorevole Ercole Mallar<strong>di</strong><br />

(1885), già caduta a Torino, Giacosa si era accorto che, durante la prova decisiva<br />

dell’opera, c’erano in azione in sala due (fallimentarmente “umbratili”) promoters<br />

d’eccezione, egli aveva riferito in una lettera, ancora una volta rivolta a<br />

sua madre, che <strong>Gualdo</strong> e Verga, pur cercando <strong>di</strong> far passare sotto silenzio i propri<br />

demagogici tentativi, andavano in giro a sponsorizzare la comme<strong>di</strong>a, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> “non dar tempo al pubblico <strong>di</strong> esercitare il senso critico”; essi, <strong>di</strong>fatti,<br />

pensavano che le platee italiane non fossero ancora preparate per accogliere<br />

una comme<strong>di</strong>a tanto all’avanguar<strong>di</strong>a, e, <strong>di</strong> conseguenza, Giacosa si era visto costretto<br />

(per giustificare il loro comportamento senza troppo intaccare il proprio<br />

ruolo) a raccontare, nella conclusione del messaggio, che:<br />

33 L. GUALDO, Separazione. A Giuseppe Giacosa, in Le Nostalgie, cit., pp. 13-30, rist. in<br />

ID., Romanzi e Novelle, cit., pp. 1141-1148.<br />

201


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Verga e <strong>Gualdo</strong> presagiscono un successone e fanno <strong>di</strong> tutto per procacciarmelo:<br />

naturalmente non vogliono che io me ne accorga; ma si dànno molto attorno a <strong>di</strong>scorrere<br />

della comme<strong>di</strong>a come <strong>di</strong> un lavoro coraggioso, anzi temerario, fatto senza artifici e<br />

con una coscienza artistica severa: tutte parole che non mi compromettono, ma lasciano<br />

i credenzoni compresi <strong>di</strong> una grande responsabilità e in sospetto <strong>di</strong> passare per cretini<br />

<strong>di</strong>sapprovando. Insomma, io sono lontano dal credere che Milano debba ven<strong>di</strong>carmi<br />

della ingiustizia dei Torinesi. 34<br />

Le intuizioni <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Verga, ottimi critici, prima ancora che buoni amici,<br />

erano perfettamente fondate e la comme<strong>di</strong>a, questa volta, otterrà il successo<br />

meritato, a giu<strong>di</strong>care dalle parole <strong>di</strong> Giacosa rivolte a Fogazzaro il successivo<br />

12 febbraio. Allo scrittore veneto egli annuncia che il lavoro era piaciuto molto<br />

ai due suoi amici e “ai <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci che eleggerei io”, ma, fortunatamente,<br />

questa volta anche al pubblico. Giacosa credeva a tal punto nel parere dei suoi<br />

confratelli d’arte che non <strong>di</strong> rado li coinvolgeva ad<strong>di</strong>rittura nella stesura dei<br />

propri lavori: in più <strong>di</strong> un caso non si trattò <strong>di</strong> servirsi <strong>di</strong> un semplice stimolo<br />

loro per l’ideazione <strong>di</strong> nuovi drammi, come si vedrà a proposito dei Tristi amori,<br />

ma anche <strong>di</strong> averli come veri e propri suoi coautori. A <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> ciò<br />

esiste un autografo <strong>di</strong> Giacosa che documenta l’intervento <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

nella composizione <strong>di</strong> un suo articolo <strong>di</strong> cronaca, destinato ad esser pubblicato<br />

sulla «Gazzetta letteraria», riguardante le impressioni relative all’apertura della<br />

sezione <strong>di</strong> Belle Arti dell’Esposizione universale <strong>di</strong> Parigi del 1878: dopo aver<br />

letto al milanese e a Giovanni Camerana (che il 9 settembre <strong>di</strong> quell’anno si<br />

trovavano a Colleretto-Parella, dove Giacosa risiedeva con la famiglia) la prima<br />

stesura dell’articolo, il reporter aveva chiesto il parere <strong>di</strong> entrambi, frutto del<br />

quale sono le annotazioni a margine del testo con le loro osservazioni, le quali<br />

dovettero esser state così considerevoli da render possibile, a tutt’oggi, leggere<br />

sulla copertina del quaderno che racchiude la bozza della cronaca il nome<br />

“<strong>Gualdo</strong>” (profondo conoscitore, come si è visto, tanto <strong>di</strong> arte quanto <strong>di</strong> Parigi),<br />

scritto per mano dello stesso Giacosa. 35<br />

Sul piano strettamente della scrittura teatrale la partecipazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e<br />

Boito alla ideazione <strong>di</strong> nuovi drammi giacosiani è relativa, si è detto, all’opera<br />

Tristi amori. All’indomani dell’unificazione nazionale la drammaturgia italiana<br />

andava acquisendo una tanto intensa originale vitalità da permetterle <strong>di</strong> entrare<br />

in concorrenza con la già affermatissima opera lirica: le novità più cospicue ve-<br />

34 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 512.<br />

35 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 103.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

nivano apportate soprattutto alle trame; gli autori dell’epoca – da Giacosa a Torelli,<br />

da Cossa a Rovetta – avevano cominciato a stendere copioni pensati per<br />

coinvolgere le sempre più ampie platee borghesi, cosicché erano stati introdotti<br />

nuovi temi, adatti ad accogliere le esigenze della mutata realtà sociale: 36 assimilando<br />

i moduli d’oltralpe (i punti <strong>di</strong> riferimento erano in special modo Dumas,<br />

Augier e Sardou), essi introdussero in Italia il cosiddetto dramma sociale, <strong>di</strong> cui<br />

era elemento essenziale il ricorso ad un linguaggio me<strong>di</strong>o e a personaggi comuni<br />

ma “fortemente delineati in senso psicologico e sentimentale”. 37 Perfettamente<br />

collocabile in questo nuovo canone tardottocentesco è il dramma <strong>di</strong> Giacosa<br />

Tristi amori, che, però, dopo ormai vent’anni dalle sperimentazioni delle cosiddette<br />

comme<strong>di</strong>e a tesi <strong>di</strong> Achille Torelli, sancirà un ulteriore passo evolutivo<br />

nello sviluppo del suddetto canone, perché in esso veniva messa in evidenza<br />

l’affermazione della società borghese in termini ancor più prosaici <strong>di</strong> quanto<br />

non si fosse già fatto in passato; presentandosi, infatti, come il ritratto <strong>di</strong> un<br />

mondo ormai privo <strong>di</strong> ideali, le cui classi dominanti vivono irreversibilmente<br />

appiattite nel grigiore senza riscatto della quoti<strong>di</strong>anità, questo dramma, soprattutto<br />

a causa della “mancanza <strong>di</strong> contenuti ideali, a tratti incarnata da scene <strong>di</strong><br />

squallore domestico risolte con realistica precisione”, finirà, come vedremo, per<br />

irritare il pubblico <strong>di</strong> Roma, per poi conquistare, ma soltanto in un secondo<br />

momento, tutte le altre piazze italiane, grazie anche alla splen<strong>di</strong>da interpretazione<br />

<strong>di</strong> Eleonora Duse. 38 Frutto dell’osservazione della vita borghese, l’importanza<br />

attribuita da Giacosa all’analisi e alla descrizione dei “comportamenti<br />

psicologici e sociali” <strong>di</strong> questa fetta <strong>di</strong> società, garantirà al drammaturgo torinese<br />

un successo <strong>di</strong> critica e <strong>di</strong> pubblico internazionale. 39<br />

Come si è anticipato, Tristi amori (almeno in fase embrionale) vide, accanto<br />

all’ispirazione del suo stesso autore, anche il contributo delle menti <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

e Boito. La notizia della genesi del testo è riportata in un articolo, segnalato<br />

da Nar<strong>di</strong>, 40 <strong>di</strong> Ugo Pesci apparso sulle pagine de «L’Illustrazione Italiana» del<br />

15 gennaio 1888, all’indomani dei gran<strong>di</strong> successi ottenuti in tutt’Italia da quest’opera:<br />

quasi due anni prima, racconta il giornalista, uscendo dal teatro Filodrammatico<br />

<strong>di</strong> Milano, Giacosa aveva raccontato a entrambi gli amici <strong>di</strong> sentirsi<br />

36<br />

S. FERRONE – F. SIMONCINI, Il teatro, cit., p. 911.<br />

37<br />

Ivi, p. 912.<br />

38<br />

Ivi, pp. 938-939.<br />

39<br />

T. IERMANO, Esploratori delle Nuove Italie, <strong>Napoli</strong>, Liguori, 2002, p. 15.<br />

40<br />

P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., pp. 518-519.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

insod<strong>di</strong>sfatto per la recitazione <strong>degli</strong> attori durante la prima dell’appena conclusasi<br />

Resa a <strong>di</strong>screzione e, per questo motivo, quella sera stessa avrebbe desiderato<br />

ideare un nuovo testo. <strong>Gualdo</strong> e Boito, ritenendo in parte infondata quell’insod<strong>di</strong>sfazione<br />

e dopo aver commentato tutto sommato positivamente lo spettacolo<br />

cui avevano appena assistito, si erano comunque detti favorevoli alla<br />

proposta, tanto che Arrigo si era sentito a tal punto coinvolto da proporre <strong>di</strong><br />

scrivere una nuova comme<strong>di</strong>a a sei mani: ciascuno avrebbe dovuto pensare un<br />

buon argomento, e, una volta scelto il migliore, si sarebbero subito messi al lavoro<br />

tutti e tre insieme per stendere un primo abbozzo del testo:<br />

La proposta fu accettata. Il Giacosa salì all’albergo della Bella Venezia dove alloggiava<br />

a prendere qualche quinterno della carta che adopera abitualmente, e senza la<br />

quale gli sarebbe impossibile scrivere. Boito e <strong>Gualdo</strong> lo aspettavano in piazza San Fedele.<br />

Quando egli scese:<br />

– Ho trovato il soggetto – <strong>di</strong>sse. – Un marito tra<strong>di</strong>to da un amico, che s’accorge<br />

del tra<strong>di</strong>mento quando l’amico rifiuta con insistenza un importante servizio ch’egli<br />

vorrebbe prestargli…<br />

Questo fu […] l’embrione dei Tristi amori. 41<br />

Da quel momento i due consiglieri non si erano oltremodo espressi, né avevano<br />

voluto sentire altre proposte dello stesso Giacosa, avendo imme<strong>di</strong>atamente<br />

intuito la potenziale efficacia <strong>di</strong> quel primo concetto drammatico narrato<br />

<strong>di</strong> getto e, sebbene la prima rappresentazione romana <strong>di</strong> tale dramma fu una vera<br />

catastrofe, il giu<strong>di</strong>zio del pubblico della capitale sarebbe stato poi ribaltato<br />

negli altri teatri della penisola. Ancor prima <strong>di</strong> ricevere la dovuta giustizia nelle<br />

sale, erano stati ancora una volta Boito, <strong>Gualdo</strong> e Verga (questa volta supportati<br />

anche dal parere <strong>di</strong> Eleonora Duse, che “in questa comme<strong>di</strong>a povera d’azione<br />

seppe dare uno sviluppo che nemmeno l’autore aveva fatto comprendere”), 42<br />

dopo una lettura <strong>di</strong> Giacosa e alcune correzioni comunitarie, a decretare che il<br />

testo doveva essere ritenuto, in un’unica parola, stupendo: 43 <strong>di</strong>fatti, dopo l’iniziale<br />

fiasco, l’opera sarà nuovamente in programma sul finire del novembre<br />

1887 a Torino, dove riscuoterà un successo inau<strong>di</strong>to, presenti in platea anche gli<br />

41<br />

U. PESCI, Corriere filodrammatico. Tristi amori <strong>di</strong> Giacosa, in «L’Illustrazione Italiana»,<br />

15 gennaio 1888, p. 55.<br />

42<br />

–, Eleonora Duse all’estero, in «L’Illustrazione Popolare», 7 febbraio 1897, p. 90.<br />

43<br />

Cfr. La lettera del 7 aprile 1887 <strong>di</strong> Giacosa a Fogazzaro (P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong><br />

Giuseppe Giacosa, cit., p. 590).<br />

204


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

stessi amici milanesi <strong>Gualdo</strong> e Boito. Fonte <strong>di</strong> questa notizia è un articolo <strong>di</strong><br />

Giovanni Pozza uscito sulle pagine del «Corriere della sera», 44 ma anche una<br />

lettera dello stesso <strong>Gualdo</strong> in cui egli avverte Montesquiou <strong>di</strong> aver trascorso<br />

qualche giorno a Torino “pour assister à la première d’un nouveau drame de<br />

mon ami Giacosa, lequel”, aggiunge con ironia, “quoique fort beau, très fin et<br />

très moderne, a obtenu un grand succès”. 45 Stessa sorte per il dramma a Milano,<br />

dove, scrive sempre <strong>Gualdo</strong> – questa volta rivolgendosi ad un altro suo corrispondente<br />

francese, Coppée – “la pièce de Giacosa vient d’avoir ici un succès<br />

aussi éclatant qu’à Turin; il est ici et vous envoie ses meilleurs souvenirs”. 46<br />

Non deve stupire questo interesse del piemontese per il poeta parnassiano: i<br />

due erano infatti in contatto già da tempo ed in buoni rapporti; lo <strong>di</strong>mostrerebbero<br />

due brevi biglietti trovati nell’archivio <strong>di</strong> Colleretto in cui Coppé accetta<br />

un invito <strong>di</strong> Giacosa in nome del “notre cher <strong>Gualdo</strong>” che gli ha “si souvent et<br />

si amicalement parlé” 47 del destinatario del biglietto che, in effetti, desidererà<br />

rivederlo anche nel periodo in cui il milanese sarà molto malato, quando i due<br />

continueranno a frequentarsi, come attesta un secondo messaggio del poeta parigino,<br />

che vorrebbe nuovamente incontrare Giacosa allo scopo <strong>di</strong> “causer avec<br />

vous de notre cher et malheureux <strong>Gualdo</strong>”. 48 Proprio in Francia gli echi dei<br />

trionfi dei Tristi amori erano stati il motivo che aveva spinto Paul Alexis a trarne<br />

una versione da mettere in scena al <strong>di</strong> là delle Alpi con il nuovo (e poco efficace)<br />

titolo Une provinciale; giunto all’indomani dell’ultima rappresentazione<br />

<strong>di</strong> questo dramma, tenutasi il 22 ottobre 1893 al Vaudeville, <strong>Gualdo</strong> scriverà sia<br />

a Boito 49 che allo stesso Giacosa 50 <strong>di</strong> essere rammaricato per non esser riuscito<br />

ad assistere in incognito, da <strong>di</strong>etro le quinte, a quello spettacolo che comunque,<br />

aggiungerà riferendo il medesimo messaggio a sua cugina, gli pare sia stato decisamente<br />

“guastato da Alexis”. 51<br />

44<br />

L’articolo, comparso sul «Corriere della sera» del 1-2 <strong>di</strong>cembre 1887, è segnalato da<br />

Nar<strong>di</strong> (ivi, p. 592).<br />

45<br />

Lettera XXX a Montesquiou, in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert<br />

de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 353.<br />

46<br />

Lettera XX<strong>II</strong> a Coppée, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 264.<br />

47<br />

G. DE RIENZO – G. MIRANDOLA, Ine<strong>di</strong>ti francesi nell’archivio <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa,<br />

cit., p. 466.<br />

48<br />

Ibidem.<br />

49<br />

Lettera 2 ad Arrigo Boito, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 303.<br />

50<br />

Lettera 6 a Giuseppe Giacosa, ivi, p. 314.<br />

51<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Z 80 suss., b.2(27) con timbro postale: “Parigi, 28 ottobre 1893”.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Tristi amori non è, comunque, il solo dramma giacosiano ad aver conosciuto<br />

una riduzione in altra lingua; il caso più esemplare è forse costituito dalla<br />

Dame de Challant, dramma tolto dal quarto racconto della prima parte del novelliere<br />

<strong>di</strong> Matteo Bandello, che era stato redatto ad<strong>di</strong>rittura prima in francese, e<br />

questa volta dallo stesso Giacosa, su esplicita richiesta della celebre attrice Sarah<br />

Bernhardt: ripartendo da Milano dopo una tournée, l’arcana creatura – come<br />

avrà a definirla <strong>Gualdo</strong> nel componimento a lei de<strong>di</strong>cato delle Nostalgie –<br />

aveva chiesto <strong>di</strong> avere un colloquio privato a Torino con il drammaturgo italiano<br />

affinché questi le potesse presentare il progetto <strong>di</strong> una nuova opera a lei <strong>di</strong>rettamente<br />

fosse ispirata, che sarebbe poi andata in scena a Parigi durante il<br />

successivo autunno. È molto probabile che a questo contesto, vista anche una<br />

certa coerenza in termini <strong>di</strong> altezza cronologica, vada ricondotto il solo biglietto<br />

a tutt’oggi noto <strong>di</strong> Giacosa <strong>di</strong>retto a <strong>Gualdo</strong>, datato 21 febbraio 1889 e contenente<br />

una richiesta <strong>di</strong> revisione urgente delle bozze (“me le manderai domattina<br />

[…] a meno che non ti venga il benefico proposito <strong>di</strong> riportarmele tu stesso<br />

questa sera”) 52 <strong>di</strong> un testo, sembrerebbe in francese (lingua che <strong>Gualdo</strong> padroneggiava<br />

con tale eccellenza che lo stesso Giacosa, pure perfettamente bilingue,<br />

non <strong>di</strong> rado si rivolgeva a lui per ricevere suggerimenti), soprattutto al fine <strong>di</strong><br />

far dare all’amico, come egli stesso scrive, “subito un’occhiata”, <strong>di</strong> curare “gli<br />

accenti dei quali non sono mai sicuro” e <strong>di</strong> rivedere, infine, “la <strong>di</strong>zione”. 53<br />

L’idea che possa trattarsi <strong>di</strong> un primo abbozzo della Challant sembrerebbe<br />

avvalorata dal fatto che, prima <strong>di</strong> recarsi a Torino, Giacosa aveva scritto da Milano<br />

nella medesima data anche a sua madre, riferendole della permanenza, appena<br />

terminata, <strong>di</strong> Sarah Bernhardt nel capoluogo lombardo; il drammaturgo<br />

racconta <strong>di</strong> aver fatto con lei “buona amicizia” e <strong>di</strong> aver partecipato ad una “cena<br />

favolosa” in suo onore, durante la quale la <strong>di</strong>va – annuncia con entusiasmo –<br />

“mi domandò sul serio una comme<strong>di</strong>a […]. Quando verrà a Torino, cioè fra<br />

breve, verrò io pure a riparlarle per questo affare”. 54 Una volta concluso, il<br />

dramma sarebbe subito dovuto andare in scena a Parigi, a settembre. Giacosa,<br />

tuttavia, mostrò fin dal principio <strong>di</strong> non essere troppo convinto <strong>di</strong> un così celere<br />

passaggio dalla stesura alla rappresentazione, anche perché, come gli avevano<br />

rammentato con i loro consigli gli amici <strong>Gualdo</strong> e Boito, nel periodo previsto<br />

52 D. PETACCIA in Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, per le<br />

nozze <strong>di</strong> Mario Agostinoni e Leda Lenghi, Brescia, Tip. Apollonio, 1948, p. 7.<br />

53 Ibidem.<br />

54 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 640.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

per l’esecuzione teatrale, ci sarebbe stata in Francia un’altra Esposizione. Questa<br />

perplessità è illustrata in una sua lettera a Fogazzaro datata 19 aprile 1889:<br />

Avrai letto sui giornali che sto scrivendo un dramma per Sarah Bernhardt. È vero.<br />

Essa me ne fece richiesta qui a Milano: quando poi andai a Torino le portai uno scenario<br />

che ottenne la sua entusiastica approvazione. Essa avrebbe voluto rappresentare il<br />

dramma a Parigi durante l’Esposizione, ma a me, a <strong>Gualdo</strong> e a Boito, quell’epoca <strong>di</strong><br />

fiera garba poco e pare poco propizia a un buon successo letterario. […]. Durante<br />

l’Esposizione i Parigini abbandonano la loro città al mondo intero e specialmente quei<br />

parigini che dettano la legge in materia d’arte e <strong>di</strong> teatro. 55<br />

A questo messaggio Fogazzaro risponde a sua volta da Vicenza il successivo<br />

24 aprile; la lettera in questione rappresenta uno dei pochissimi documenti<br />

epistolari da lui redatti contenenti menzione del nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, personaggio<br />

con il quale – come si è detto nel capitolo de<strong>di</strong>cato ai rapporti del critico milanese<br />

con i romanzieri italiani – non è certo se l’autore veneto godesse <strong>di</strong> una<br />

conoscenza <strong>di</strong>retta, ma <strong>di</strong> cui sicuramente aveva sentito parlare e ricevuto informazioni<br />

tramite il comune amico Giacosa:<br />

Sapevo dai giornali del dramma per la Bernhardt. Mi pare che Boito e <strong>Gualdo</strong> abbiano<br />

perfettamente ragione. Capisco bene che c’è da trepidare perché non basta fare i<br />

conti con l’arte, bisogna anche farli con la politica. 56<br />

Nel gennaio del 1891 i copioni del dramma, sia in francese che in italiano,<br />

risultano ormai ultimati: la Dame de Challant dovrà essere interpretata al <strong>di</strong> là<br />

delle Alpi dalla Bernhardt, mentre a Milano avrà inizio la tournée della Signora<br />

<strong>di</strong> Challant con protagonista Eleonora Duse, sebbene, avverte Nar<strong>di</strong> sulla scorta<br />

delle numerose testimonianze da lui raccolte, l’accordo per l’andata in scena al<br />

teatro dei Filodrammatici risulti “posteriore al compimento dell’originale francese<br />

per la Bernhardt”. 57 Un provvisorio collaudo del testo era stato fatto nel<br />

marzo precedente, come si evince da una notizia riportata sulla «Gazzetta piemontese»,<br />

con l’istituzione <strong>di</strong> un comitato <strong>di</strong> lettura costituito da “alcuni amici<br />

55 Ivi, pp. 630-631.<br />

56 A. FOGAZZARO, Lettere scelte, a cura <strong>di</strong> T. Gallarati Scotti, Milano, Mondadori,<br />

1940, p. 55. Il curatore del carteggio, non essendo a conoscenza della lettera <strong>di</strong> Giacosa <strong>di</strong> cui la<br />

presente costituisce la risposta, conduce erroneamente gli avvertimenti <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Boito alle<br />

<strong>di</strong>fficili relazioni tra Italia e Francia durante gli anni del ministero Crispi (1889-1891).<br />

57 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 641.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

in casa <strong>di</strong> Emilio Treves, presente tra gli altri <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”. 58 Tuttavia, una<br />

volta portate a termine entrambe le redazioni dell’opera, la possibilità <strong>di</strong> andare<br />

in scena veniva <strong>di</strong> continuo <strong>di</strong>lazionata, fino a quando Giacosa non si decise ad<br />

avviare una serie <strong>di</strong> pubbliche letture in Italia, da lui stesso realizzate: complice<br />

la bravura dell’ottimo declamatore, l’iniziativa ebbe un successo inusitato, come<br />

è possibile leggere nelle cronache <strong>di</strong> molti giornali dell’epoca. 59 Naturalmente<br />

la vera serata d’onore avrà luogo nella città natale dell’autore, al torinese<br />

teatro Alfieri, occasione in cui saranno “presenti critici e letterati venuti espressamente<br />

anche da altre città”, quali il più parigino tra i milanesi, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

ma anche i siciliani Verga e De Roberto. 60<br />

Finalmente, nel luglio 1891 la compagnia Duse-Andò si <strong>di</strong>rà pronta a mettere<br />

in scena l’opera in Italia, mentre dalla Francia la Bernhardt avvisava <strong>di</strong> essere<br />

in procinto <strong>di</strong> iniziare una tournée della Dame de Challant negli Stati Uniti.<br />

A questo punto un nuovo <strong>di</strong>lemma si pone <strong>di</strong>nnanzi al povero Giacosa, che<br />

non sa se seguire l’amica Eleonora oppure partire per Chicago e poi per New<br />

York per affiancare la <strong>di</strong>va francese: benché egli sostenga, intervistato da più<br />

giornalisti, che “dopo tutto, quando il dramma va in scena, l’autore non ci ha<br />

più nulla a che vedere”, 61 tuttavia, rivolgendosi a Fogazzaro, lo scrittore confessa<br />

<strong>di</strong> essere letteralmente tormentato dal dubbio, pur propendendo per la scelta<br />

<strong>di</strong> recarsi oltreoceano, viste le insistenze <strong>di</strong> numerosi suoi cari, tra cui il fratello<br />

Piero, ma anche <strong>di</strong> Boito, Verga, Treves, Torelli-Viollier e del nostro <strong>Gualdo</strong>, i<br />

quali “tutti, come un sol uomo mi persuasero che avrei fatto atto <strong>di</strong> cattivo padre<br />

a rimanere”. 62 L’opera, comunque, per il momento, non sarebbe ancora stata<br />

rappresentata senza la Bernhardt a Parigi, come avverte lo stesso <strong>Gualdo</strong>, nel<br />

febbraio ’91, scrivendo a François Coppée; a questi egli fa inoltre presente, non<br />

senza ironia, che l’opera verrà primariamente destinata, come si è visto, alle<br />

platee non europee, composte da un pubblico <strong>di</strong> antropofagi:<br />

58 Ivi, p. 640. Il biografo cita qui, come testimonianza dei presenti partecipanti alla lettura<br />

giacosiana, una corrispondenza apparsa sulla «Gazzetta piemontese» del 18 marzo 1890.<br />

59 Cfr., sul sucesso del tour e sulla bravura <strong>di</strong> Giacosa lettore dei suoi stessi drammi,<br />

l’articolo anonimo apparso sulla «Illustrazione popolare» del 1891, pp. 193-194; sulle reazioni<br />

del pubblico partenopeo (giacché a <strong>Napoli</strong> Giacosa era stato fiancheggiato da Ruggiero Bonghi)<br />

si veda, invece, il «Don Chisciotte» del 3 marzo dello stesso anno.<br />

60 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 646.<br />

61 Ivi, p. 656.<br />

62 Ivi, p. 657.<br />

208


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Le drame que Giacosa a écrit pour Sarah B. ne sera pas joué (du moins cette année)<br />

à Paris, ainsi que je l’avais toujours prévu, mais sera bientôt, <strong>di</strong>t-on, livré en pâture<br />

à des publics exotiques, américains, australiens & autres anttropophages. Le <strong>di</strong>t<br />

Giacosa est retourné dernièrement à Paris, pour cette affaire, & il a bien regretté de ne<br />

pas vous y trouver. 63<br />

Il ritardo della prima in Francia era stato dovuto, tra l’altro, anche a problemi<br />

<strong>di</strong> salute della Bernhardt: dall’Italia, infatti, Giacosa chiedeva insistentemente<br />

notizie dello stato del ginocchio dell’attrice: già alla fine del giugno del<br />

1890 64 <strong>Gualdo</strong> riferiva all’amico che la <strong>di</strong>va non era afflitta da un male <strong>di</strong> eccessiva<br />

gravità, ma che malauguratamente avrebbe avuto un decorso doloroso<br />

seguito da una lenta guarigione, <strong>di</strong> sicuro non favorita dal fatto che, nei giorni<br />

in cui il milanese scriveva, “essa bernardeggia valorosamente invece <strong>di</strong> riposare<br />

come dovrebbe”; 65 dall’estero egli si informa chiedendo a fonti autorevoli quali<br />

l’attore Coquelin, l’ambasciatore Lord Lytton e Souchon, l’agent général de la<br />

Société des Auteurs, quest’ultimo citato in causa, proprio in rapporto alle con<strong>di</strong>zioni<br />

della Bernhardt ancora nel maggio 1891. 66 Finalmente, nel novembre, è<br />

<strong>Gualdo</strong> che, questa volta trovandosi a Berna, riceve notizie da Giacosa sulla salute<br />

dell’attrice a proposito della quale prima <strong>di</strong> partire per la Svizzera, afferma<br />

rammaricandosi, “io a Parigi non ho potuto saper nulla”. 67 Sarà soltanto nel ’96<br />

che La Dame de Challant sarà finalmente messa in scena a Parigi, dove viene<br />

salutata, prima ancora che dal pubblico, da M. Ullman (l’amministratore capo<br />

del teatro della Reinassance) come un vero e proprio chef d’oeuvre; recandosi<br />

nella capitale francese, Giacosa non rinuncia a fare visita al suo povero amico<br />

infermo che, ormai malato e nonostante la paralisi lo segue in ogni luogo accompagnandolo<br />

tra pranzi, cene, ricevimenti e serate mondane; a raccontarlo è<br />

lo stesso Pin (è questo il <strong>di</strong>minutivo piemontese del nome Giuseppe con cui<br />

<strong>Gualdo</strong> e Boito si rivolgevano quasi sempre a Giacosa) in una lettera scritta il<br />

22 aprile <strong>di</strong> quell’anno in<strong>di</strong>rizzata a sua figlia Piera:<br />

63 Lettera XXV<strong>II</strong>I a Coppée in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 277-278.<br />

64 La lettera, non datata, contiene un’allusione ad uno “scandalo della poetessa” <strong>di</strong> cui parlano<br />

tutti i giornali: sembrerebbe trattarsi <strong>degli</strong> avvenimenti accaduti a La Spezia il 24 giugno<br />

del 1890, che videro protagonista la poetessa Annie Vivianti, e che finirono su tutte le riviste<br />

dell’epoca. Di questo argomento si parla con dovizia <strong>di</strong> particolari in G. CARDUCCI, Ad<strong>di</strong>o<br />

caro orco: lettere e ricor<strong>di</strong> (1889-1906), a cura <strong>di</strong> A. Folli, Milano, Feltrinelli, 2004, pp. 32-34.<br />

65 Lettera 2 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giacosa, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 311.<br />

66 Ivi, p. 314. Lettera 4 del 24 maggio 1891.<br />

67 Ivi, p. 315. Lettera 5 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giacosa.<br />

209


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Vedo moltissima gente e ricevo infinite cortesie. [...]. Giovedì m’invitò Roux. Venerdì<br />

<strong>Gualdo</strong>. Sabato ci fu in mio onore il pranzo della Polenta. Domenica dalla principessa<br />

Matilde. Lunedì da Roux. Ieri sera all’Ambasciata d’Italia. Stasera <strong>di</strong> nuovo da<br />

<strong>Gualdo</strong>. Domani da Zola, che invitò in onor mio Rod, <strong>Gualdo</strong>, Coppée e Goncourt. 68<br />

Nel periodo in cui <strong>Gualdo</strong> era vincolato a restare a Parigi, soprattutto per<br />

tener celata la sua infermità <strong>di</strong>nnanzi agli occhi dei lombar<strong>di</strong>, Giacosa si adoperò<br />

spesso per portare a termine alcune commissioni facendo le sue veci: quasi<br />

tutte le nove lettere del loro carteggio custo<strong>di</strong>te nell’archivio <strong>di</strong> Colleretto-<br />

Parella risalgono agli anni ’90 e contengono riferimenti al ruolo <strong>di</strong> tramite svolto<br />

dal piemontese per la pubblicazione della traduzione italiana del romanzo Un<br />

mariage excentrique, ma anche allusioni alla questione del plagio compiuto da<br />

Achille Torelli ai danni <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> cui Giacosa si era interessato in qualità <strong>di</strong><br />

presidente della «Società <strong>degli</strong> Autori», l’ente nato a Milano nel 1882 per garantire<br />

i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> copyright a tutti gli scrittori (lo stesso che avrebbe poi dato vita<br />

alla o<strong>di</strong>erna «S.I.A.E.»). All’altezza del 1893 i rapporti tra <strong>Gualdo</strong> e l’e<strong>di</strong>tore<br />

Treves non dovevano essere dei migliori: certamente la qualifica ricoperta da<br />

Giacosa doveva avere un certo peso per far ricadere su <strong>di</strong> lui la scelta gual<strong>di</strong>ana<br />

<strong>di</strong> fargli fare da interme<strong>di</strong>ario, non volendo contattare <strong>di</strong> persona il suddetto<br />

stampatore, visto che, trovandosi a Parigi, il milanese afferma che la <strong>di</strong>stanza<br />

gli appare “quasi sufficiente per avere dei rapporti con Treves”. 69 Per prima cosa,<br />

insieme ai suoi messaggi, <strong>Gualdo</strong> invia a Giacosa alcuni documenti, unitamente<br />

ad una procura, per far sì che l’amico possa rappresentarlo a Milano; secondariamente<br />

egli illustra anche i principali motivi su cui il suo delegato dovrà<br />

insistere al cospetto dell’e<strong>di</strong>tore:<br />

Ti mando qui unita la mia copia della lettera-contratto scambiata l’anno scorso,<br />

dalla quale potrai vedere che l’altra via concepita da Treves è peggio ancora e più inqualificabile,<br />

poiché la lettera <strong>di</strong>ce: quando la ven<strong>di</strong>ta non superasse le 500 copie e<br />

dopo qualche mese che si vedesse arrestata la ven<strong>di</strong>ta, mentre siamo ben lontani da<br />

questi due casi. 70<br />

Sfiduciato, <strong>Gualdo</strong> conclude la lettera su citata chiedendo a Giacosa <strong>di</strong> parlare<br />

a Treves il più chiaramente possibile, consapevole, però, che “già non ser-<br />

68 P. NARDI, Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 780.<br />

69 Lettera 6 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giacosa, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 316.<br />

70 Ivi, p. 317. Lettera 7 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giacosa.<br />

210


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

virà a niente” e che, proprio in virtù <strong>di</strong> ciò, non vorrà in alcun modo doversi occupare<br />

in futuro <strong>di</strong> lui. 71 Presumibilmente risale allo stesso periodo <strong>di</strong> questo<br />

documento privo <strong>di</strong> data, il messaggio inviato sempre da Parigi nel novembre<br />

1893 che l’autore del Mariage scrive ad Arrigo Boito affinché affi<strong>di</strong> le bozze<br />

della traduzione italiana del romanzo a Giacosa (Un matrimonio eccentrico uscirà<br />

infatti presso Treves poco più <strong>di</strong> un anno dopo) che dovrà poi impegnarsi<br />

a seguirne la stampa, curando i rapporti con la casa e<strong>di</strong>trice milanese:<br />

Giacosa ora sarà tornato; […]. Digli che consegni a Treves il manoscritto italiano<br />

del Mariage Ex., nel caso che voglia pubblicarlo subito, e che, nel caso, mi spe<strong>di</strong>sca<br />

qui le bozze <strong>di</strong> stampa. Pregalo pure <strong>di</strong> chieder al suddetto cosa conta fare per la ristampa<br />

delle vecchie cose mie ch’egli ha in mano e se pensa, come <strong>di</strong>sse, far presto<br />

una nuova e<strong>di</strong>zione. 72<br />

Difatti, scrivendo in quei giorni anche allo stesso Giacosa, <strong>Gualdo</strong> riba<strong>di</strong>sce<br />

i concetti espressi a Boito, pregandolo soprattutto <strong>di</strong> premere al fine <strong>di</strong> far<br />

pubblicare una nuova ristampa delle sue precedenti opere “da infinito tempo esaurite”.<br />

73 Vincolato a recarsi spesso a Milano a causa dei numerosi impegni <strong>di</strong><br />

lavoro, cui si era aggiunto, nel giugno ’93 anche l’ulteriore compito <strong>di</strong> assumere<br />

la <strong>di</strong>rezione della sezione letteraria del «Corriere della sera» – che gestirà fino<br />

al 1898 –, Giacosa trascorreva sempre meno tempo con la famiglia a Colleretto-<br />

Parella; finché aveva goduto <strong>di</strong> buona salute, <strong>Gualdo</strong> si era recato spesso in<br />

questa citta<strong>di</strong>na a nord <strong>di</strong> Torino (alla quale, in onore del drammaturgo, verrà in<br />

seguito dato il nome Colleretto-Giacosa) per fare visita all’amico: dei suoi passaggi<br />

in questi luoghi sono testimonianza, oltre a tre lettere <strong>di</strong> Catulle Mendès a<br />

lui in<strong>di</strong>rizzate e ancora lì custo<strong>di</strong>te, anche alcuni libri (forse prestati e non più<br />

restituiti), segnalati da Montera, con esplicita de<strong>di</strong>ca dei rispettivi autori a<br />

<strong>Gualdo</strong>, quali i volumi Socrate e sa femme <strong>di</strong> Théodore de Banville e L’ennemi<br />

des Lois <strong>di</strong> Maurice Barrès. 74 Poiché il testo <strong>di</strong> Banville è del 1886, certamente<br />

esso non risale ai tempi <strong>di</strong> un curioso raduno avvenuto due anni prima <strong>di</strong> tale<br />

data, allorquando Verga, Boito e <strong>Gualdo</strong> si erano recati da Giacosa per fare insieme<br />

un’alpinata sulle cime delle Dolomiti della Val d’Aosta. Di questo avvenimento<br />

si ha notizia attraverso le lettere che i partecipanti si erano scambiati<br />

71 Ibidem.<br />

72 Ivi, p. 313. Lettera 2 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Boito.<br />

73 Lettera 6 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giacosa, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 316.<br />

74 Ivi, p. 113.<br />

211


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

nei giorni precedenti all’escursione prevista per quella estate, e <strong>di</strong> un ingegnoso<br />

quanto spiritoso componimento destinato ad Eleonora Duse (composto probabilmente<br />

a sei mani, visto che non è specificato l’autore), cui i reduci della scalata<br />

– tutti meno Verga 75 – avevano fatto visita, mentre erano <strong>di</strong> ritorno a casa, a<br />

Càudano, dove l’attrice era in vacanza insieme al marito e al collega Zolis:<br />

Noi siam tre Romei<br />

Madonna, fa che si <strong>di</strong>venti 6<br />

Scesi dall’Alpi algenti<br />

Ove dan morte turbinando i 20,<br />

Qui e venimmo dove<br />

Preghiam dal viso tuo dolcezze 9.<br />

Fa’ che tu ne promette,<br />

sul bel colle lontan dall’empie 7,<br />

Tanto coll’occhio bruno<br />

Che sembri <strong>di</strong>re: intorno a me vi ad 1.<br />

E ne farai felici<br />

Se l’assenso richiesto a voi 12;<br />

Ché se rivolgi ad altre<br />

Estranie cose le pupille scal 3,<br />

Noi sentiremo il fiotto<br />

Stagnar nel cor e piangerem <strong>di</strong>r 8.<br />

Esau<strong>di</strong> i tre Romei,<br />

Se buona, se gentil, 66. 76<br />

Nel ricordo <strong>di</strong> questa felice esperienza, il 23 giugno dell’anno seguente,<br />

Giacosa scriveva a Boito rammentandogli la promessa fatta durante l’escursione<br />

<strong>di</strong> “rinnovare il quartetto peripatetico” e <strong>di</strong> contattare Verga e <strong>Gualdo</strong> per<br />

combinare una nuova gita. 77 Tuttavia, nonostante le insistenze <strong>di</strong> Arrigo e nonostante<br />

la “lettera irresistibile” che Pin afferma <strong>di</strong> aver in<strong>di</strong>rizzato agli altri due<br />

partecipanti che stentavano a confermare la propria adesione, <strong>Gualdo</strong> e Verga<br />

decideranno <strong>di</strong> tirarsi in<strong>di</strong>etro. Abbandonati dagli amici, i due superstiti partiranno<br />

soli, decisi a perseguire il progetto prestabilito e a tornare a commuoversi<br />

75 Nar<strong>di</strong> sostiene che, dei quattro alpinisti, l’unico assente durante la visita alla Duse era<br />

<strong>Gualdo</strong>, ma, come si evince da una lettera <strong>di</strong> Giacosa a Primoli del 2 settembre seguente, in realtà<br />

era stato Verga ad abbandonare la compagnia durante il viaggio ritorno. (M. SPAZIANI,<br />

Con Gégé Primoli nella Roma bizantina, cit., p. 136).<br />

76 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 525.<br />

77 ID., Vita e tempo <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 486.<br />

212


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

<strong>di</strong> fronte agli incantevoli paesaggi d’alta quota: secondo Iermano sarà proprio la<br />

profonda conoscenza del paesaggio delle Alpi a rendere Giacosa, nelle sue opere,<br />

“un convincente revocatore della vita <strong>di</strong> montagna, contrapposta alla comoda<br />

esistenza citta<strong>di</strong>na”. 78 Nonostante le insistenze e le lusinghe rivolte a <strong>Gualdo</strong><br />

e Verga, rammaricato, ma senza perdere il tono scherzoso che caratterizza la<br />

gran parte delle sue corrispondenze con gli amici più intimi, Boito si era visto<br />

costretto ad informare Giacosa che quell’estate egli lo avrebbe affiancato tutto<br />

solo sulle vette valdostane. Anche in questo caso la comunicazione era avvenuta<br />

in versi e costituirà la risposta al messaggio <strong>di</strong> Giacosa che, ottimista fino alla<br />

fine, aveva sperato che <strong>Gualdo</strong> potesse ancora rispondere “Cópet” e Verga, a<br />

sua volta, “Lerai Lerai”. 79 A titolo esemplificativo si riporta la strofa iniziale <strong>di</strong><br />

questo componimento boitiano:<br />

O Pin,<br />

Verga sclamò: Lerai!<br />

<strong>Gualdo</strong> rispose: Mai!<br />

Io sol, perché te àdulo,<br />

La mia canzon già mòdulo;<br />

Andrem sul San Theòdulo,<br />

Ci andrem <strong>di</strong> grado in gràdulo,<br />

E i passi, messi in fila,<br />

Sei nostri audaci piè<br />

Faran metri 3333! 80<br />

Appare, dunque, chiaro che il rapporto creatosi in questo gruppo <strong>di</strong> amici<br />

fin dai primi anni non era esclusivamente artistico, ma anzi molto saldo anche<br />

dal punto <strong>di</strong> vista umano: come si è visto Giacosa andrà spesso a fare visita al<br />

povero <strong>Gualdo</strong> infermo, quando “immoto spettatore”, pur <strong>di</strong> sentirsi vivo guardava<br />

vivere gli atri dalla sua finestra su rue de l’Arcade a Parigi e da dove poteva<br />

“godere […] del movimento citta<strong>di</strong>no, ascoltarne il rumore, gustarne il colore,<br />

la varietà, l’espressione”. Le parole appena citate sono tratte dal necrologio<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> apparso sul «Corriere della sera»: benché anonimo, è evidente, dal<br />

suo contenuto, che fu scritto da una persona molto vicina al defunto, perché<br />

contiene episo<strong>di</strong> intimi della sua esistenza, come quel primo attacco <strong>di</strong> cui era<br />

78 T. IERMANO, Esploratori delle Nuove Italie, cit., p. 15.<br />

79 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 444.<br />

80 Ivi, p. 445.<br />

213


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

stato vittima a Milano nonché le fasi più pietose della malattia negli ultimi mesi.<br />

L’autore del messaggio commemorativo (perfettamente nelle corde del Giacosa,<br />

he per <strong>di</strong> più collaborava con tale quoti<strong>di</strong>ano) descrive, inoltre, la casa severa<br />

e silenziosa che <strong>Gualdo</strong> possedeva nel capoluogo lombardo e gli aspetti<br />

più recon<strong>di</strong>ti del suo pensiero inesauribile, vero tesoro nascosto e riservato solo<br />

alla cerchia dei suoi fedelissimi. Non ci sono dubbi che chi scrisse questo articolo<br />

per ricordare l’amico ormai morto lo abbia fatto con un affetto, una compassione,<br />

ma anche una conoscenza così profonda (pure delle sue concezioni e<br />

idee letterarie, ma soprattutto artistiche) che non può non far pensare alle lettere<br />

in cui Giacosa comunicava ad amici e parenti – Fogazzaro e sua madre in primis<br />

– l’amore e l’ammirazione fraterna che negli anni della gioventù aveva riservato<br />

all’amico <strong>Gualdo</strong> (e Boito) e al loro felice sodalizio:<br />

Chi lo conobbe ne fu ammirato e sorpreso. Giacché troppa piccola parte il timido<br />

autore trasfuse <strong>di</strong> sé ne’ suoi libri. […]. Ogni sua parola parlava del suo ingegno, tanto<br />

era vera, profonda ed arguta. Egli pensò assai più che non scrisse, ed amò l’arte col religioso<br />

silenzio <strong>di</strong> chi veramente l’intende.<br />

E per questo suo amore fu artista e amico <strong>degli</strong> artisti. Pochi lessero ed ammirarono<br />

quanto egli lesse ed ammirò. L’ammirazione fu la sua gioia più intima e più alta.<br />

Egli cercava la bellezza in ogni cosa per poterla adorare. Nella contemplazione delle<br />

perfette forme dell’arte si esaltava insieme e si umiliava, se ne sentiva degno e non osava<br />

stimarsene capace. Perciò scrisse poco. 81<br />

Ancor più sincera è poi la pagina in cui vengono ricordate le conversazioni<br />

tenute insieme al povero amico, godute a pieno solo da pochi eletti:<br />

Le sue idee più originali, le sue immagini più vive, le sue espressioni più pittoresche<br />

le scialacquò in gozzoviglie intellettuali con pochi amici. Ad essi soli confidò il<br />

suo ingegno: al pubblico <strong>di</strong>ede le sue eleganze, il suo spirito, i suoi paradossi, le sue<br />

arguzie e la sua bontà. E questa fu grande come il suo ingegno. 82<br />

È del tutto impossibile sapere se fu effettivamente Giuseppe Giacosa l’autore<br />

<strong>di</strong> questo commosso necrologio, però è più che lecito supporre che, con<br />

ogni probabilità, egli avrebbe ricordato così, in questi termini, il suo amico e<br />

consigliere <strong>Gualdo</strong>.<br />

81 –, Necrologio. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit.<br />

82 Ibidem.<br />

214


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

4.3a La coppia Duse-Boito attraverso la penna <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

Il 6 marzo 1892 il Suplément littéraire del giornale francese «Petit Parisien»<br />

pubblicava una novella <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> dal titolo Aveu sans paroles 83 in<br />

cui era narrata la storia <strong>di</strong> un fugace incontro, sulle sponde del lago Maggiore,<br />

tra una famosa cantante ed un celebre pittore. Segnalato per la prima volta da<br />

Rovetta sulle pagine del «Don Chisciotte della Mancia» come “frammento <strong>di</strong><br />

prosa squisita” 84 e ad<strong>di</strong>tato da Montera come riflesso della tendre amitié che legava<br />

<strong>Gualdo</strong> alla Duse, 85 questo racconto è molto più <strong>di</strong> una semplice offerta<br />

alla più accalmata <strong>di</strong>va del teatro italiano tra i secoli XIX e XX perché Aveu<br />

sans paroles omaggia in realtà, ma cifratamente, le esistenze <strong>di</strong> due gran<strong>di</strong> artisti:<br />

Eleonora Duse, appunto, ed Arrigo Boito, ripercorrendo in sintesi la vicenda<br />

amorosa che per lunghi anni aveva coniugato le loro sorti umane ed artistiche.<br />

Il ritrovamento del carteggio Duse-Boito, rimasto celato per volontà testamentaria<br />

dello scrittore (conseguenza della sua estrema <strong>di</strong>screzione, ma anche<br />

del desiderio <strong>di</strong> proteggere la riservatezza della stessa Duse, a lui legata in un<br />

rapporto extraconiugale) sino al finire <strong>degli</strong> anni ’70 del Novecento, ha finalmente<br />

reso possibile ricostruire le altalenanti fasi della loro relazione, gli episo<strong>di</strong><br />

salienti, le emozioni, i pensieri dell’uno e dell’altra e al tempo stesso l’importanza<br />

avuta <strong>Gualdo</strong>, in qualità <strong>di</strong> intimo amico e confidente <strong>di</strong> entrambi. Alla<br />

luce <strong>di</strong> questa scoperta, dunque, la novella stampata sul «Petit Parisien» appare<br />

quasi un resoconto della vita <strong>di</strong> coppia delle due celebrità, uno specchio in cui<br />

l’attrice perfettamente si riflette – dal punto <strong>di</strong> vista fisico, caratteriale e comportamentale<br />

– nel personaggio della cantante, ed il poeta in quello del pittore.<br />

In Aveu sans paroles la cantatrice célèbre ha scelto <strong>di</strong> recarsi in una bella<br />

villa immersa nel verde a Baveno, per staccarsi temporaneamente dalle scene e<br />

riposarsi un po’, lontana per qualche giorno dalla vita mondana e dagli omaggi<br />

del pubblico. Nonostante le sue buone intenzioni viene però invitata, e decide<br />

poi <strong>di</strong> prender parte, ad un dîner con una ventina <strong>di</strong> commensali, tra i quali si<br />

trova anche il noto pittore: “résignée, elle se montra très aimable, par habitude<br />

83<br />

L. GUALDO, Aveu sans paroles, in «Suplément littéraire du Petit Parisien», 6 mars<br />

1892, rist. in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 348-353.<br />

84<br />

G. ROVETTA, Vita letteraria. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 1225-1233.<br />

85<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 118. Il biografo ritiene che nella figura della<br />

cantante, protagonista del racconto, possa celarsi un riflesso <strong>di</strong> Eleonora Duse, ma sostiene che,<br />

invece <strong>di</strong> Arrigo Boito, il pittore possa rappresentare un autoritratto dello stesso <strong>Gualdo</strong>.<br />

215


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

d’ailleurs, aux gens qui lui furent préséntes”. Durante la serata, comunque, il<br />

giovane artista non osa parlarle: le rivolge <strong>di</strong> tanto in tanto rapide occhiare e solo<br />

dopo cena si risolverà ad avvicinarsi a lei. Al <strong>di</strong> fuori della finzione narrativa,<br />

Eleonora Duse ed Arrigo Boito si erano, in effetti, conosciuti il 14 maggio 1884<br />

(anche se, in verità, galeotto fu il loro secondo incontro, nel 1887) al Ristorante<br />

Cova <strong>di</strong> Milano, durante una cena offerta all’attrice da un gruppo <strong>di</strong> frequentatori<br />

del teatro Carcano, dove la sera precedente lei era stata applau<strong>di</strong>tissima interprete<br />

della Signora delle camelie. Le cronache della serata indugiano, scrive<br />

Raul Ra<strong>di</strong>ce, curatore dell’epistolario Duse-Boito, “sul fascino della donna e<br />

sulla grazia da essa <strong>di</strong>mostrata a cena finita passando da ospite ad ospite”: 86 alla<br />

sua uscita <strong>di</strong> scena, <strong>di</strong>rà Boito nel primo biglietto a lei in<strong>di</strong>rizzato, “voi siete<br />

partita e il filo 87 s’è rotto e noi siamo caduti per terra, Verga, <strong>Gualdo</strong> ed io, col<br />

naso sul pavimento”. 88<br />

Nella novella francese, al termine della lunga passeggiata in compagnia<br />

del pittore, “la <strong>di</strong>va commença à chanter à demi-voix” e lo fa pour lui seul, per<br />

quell’uomo che in passato l’aveva tanto ammirata vedendola in scena “deux<br />

fois dans la Traviata”; con questo gesto la donna, sposata, – benché suo marito,<br />

un impresario teatrale, “la surveillait moins, n’affectant pas de jalousie” – si<br />

concede idealmente al suo accompagnatore, quel pittore che per lei farebbe follie,<br />

pur sentendo la propria mente arrovellata tra tanti pensieri – relativi al suo<br />

avvenire, al suo lavoro, ma soprattutto alla sua fiancé. Nella realtà la Duse era<br />

sposata all’attore Tebaldo Checchi, che già prima dell’incontro con Boito aveva<br />

tollerato la relazione <strong>di</strong> sua moglie con Flavio Andò; Arrigo era invece legato<br />

ad una ragazza bellissima <strong>di</strong> cui è noto soltanto il nome proprio, Fanny (alcuni<br />

in<strong>di</strong>zi a suo riguardo sono contenuti nelle lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> in<strong>di</strong>rizzate a Boito),<br />

89 <strong>di</strong> cui Eleonora era terribilmente gelosa. La Duse, inoltre, proprio come la<br />

86<br />

R. RADICE, Introduzione a E. DUSE – A. BOITO, Lettere d’amore, Milano, Il Saggiatore,<br />

1979, p. X<strong>II</strong>I.<br />

87<br />

William Weaver, uno dei numerosi biografi della Duse, suggerisce che Boito qui possa<br />

aver alluso al breve atto unico in versi <strong>di</strong> Giacosa Il filo, dove gli attori impersonano marionette<br />

ed in cui Eleonora aveva recitato, riscuotendo gran successo, circa un anno prima, nel gennaio<br />

1883 al Carignano <strong>di</strong> Torino (W. WEAVER, Eleonora Duse, Milano, Bompiani, 1985).<br />

88<br />

Ivi, p. 7. Il biglietto, ringraziamento per aver ricevuto il ritratto richiesto, è datato per<br />

mano <strong>di</strong> Boito 21 maggio 1884. In<strong>di</strong>rizzato alla Sig.ra Eleonora Duse Checchi presso il teatro<br />

Carignano <strong>di</strong> Torino, è l’unico messaggio in cui in calce figurano i saluti al marito dell’attrice.<br />

89<br />

Cfr. la lettera 2 del 10 novembre 1893 e quella del 3 del gennaio 1894 pubblicate in P.<br />

DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 302-306.<br />

216


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

grande artiste del racconto gual<strong>di</strong>ano, si era unita in matrimonio au commencement<br />

de sa carrière e, parimenti ad essa – “maître de ses affaires” – aveva<br />

fatto presto fortuna, imparando a gestire da sé le proprie finanze: a meno <strong>di</strong><br />

trent’anni la <strong>di</strong>va aveva infatti fondato a Roma, nel 1887, una propria Compagnia<br />

drammatica che le aveva consentito la totale autonomia artistica e finanziaria,<br />

coronamento e “realizzazione delle sue aspirazioni all’in<strong>di</strong>pendenza”. 90<br />

Oltre a queste affinità, più che altro situazionali, tra le vicende della coppia<br />

Eleonora Duse – Arrigo Boito e quelle dei protagonisti <strong>di</strong> Aveu sans paroles, è<br />

da notare che una rassomiglianza ancora più <strong>di</strong>retta sussiste nel testo e permette<br />

<strong>di</strong> sostenere una decisiva identificazione tra i personaggi della novella e quelli<br />

reali: la somiglianza fisico-caratteriale. Se infatti, scrive <strong>Gualdo</strong>, la cantatrice<br />

appare bella in virtù del suo <strong>di</strong>scret maquillage che lascia trasparire (insieme ai<br />

suoi “grands yeux intelligents, pleins de volonté, presque inquiétants”) tutto il<br />

suo candeur e la sua suavité, le fotografie d’epoca e le biografie della Duse ritraggono<br />

Eleonora, in opposizione alla rivale Sarah Bernhardt, come la quintessenza<br />

della naturalezza, “che anche per entrare in scena rifiutava ogni liscio,<br />

ogni rossetto, ogni cipria, tanto amava la verità”, 91 perché, pur non essendo bella<br />

in maniera particolare, essa era in grado <strong>di</strong> trasfigurarsi e comunicare attraverso<br />

le mille espressioni del suo sguardo e della sua fisionomia estremamente<br />

mobili, 92 in modo parallelo anche il pittore venendo ritratto da <strong>Gualdo</strong> come un<br />

uomo restio ad uscire dal riserbo, silenzioso, che “cachait sa timi<strong>di</strong>té extrême<br />

sous la calme forcé de ses manières” e nel passeggiare sotto braccio con la<br />

grande artista “jouissait toutefois d’une façon <strong>di</strong>scrète et profonde”, incarna a<br />

pennello il suo alter ego reale, quell’uomo sobrio e <strong>di</strong>gnitoso, gelosissimo della<br />

sua vita privata e della propria intimità che fu Arrigo Boito, in apparenza burbero<br />

e altero a causa del suo aspetto che incuteva timore e dei suoi occhi <strong>di</strong> ghiaccio,<br />

ma in realtà semplicemente persona timida, assai <strong>di</strong>screta e “schiva […]<br />

d’ogni altrui curiosità”. 93<br />

Il legame affettivo tra Eleonora Duse ad Arrigo Boito durò circa un decennio<br />

(fino a quando cioè l’attrice, nel 1897, si invaghì del più giovane Gabriele<br />

d’Annunzio): mai nessuna storia d’amore, forse in virtù dei caratteri e della no-<br />

90<br />

S. BASSNET, Eleonora Duse, in AA. VV., Tre attrici e il loro tempo: Sarah Bernhardt,<br />

Elen Therry, Eleonora Duse, cit., p. 198.<br />

91<br />

U. OJETTI, Cose viste, Firenze, Sansoni, 1951, p. 712.<br />

92<br />

M. SCHINO, Il teatro <strong>di</strong> Eleonora Duse, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 133.<br />

93 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 532.<br />

217


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

torietà <strong>di</strong> entrambi, era stata tanto cautelata e mai nessun epistolario fu formalmente<br />

più casto del loro. Inizialmente lo scrittore seguiva la <strong>di</strong>va nelle sue peregrinazioni<br />

e tournée, ma col passar del tempo la relazione dei due era <strong>di</strong>ventata<br />

sempre meno concreta e si era configurata piuttosto come un rapporto tra<br />

mentore e allieva sino a trasformarsi, dopo un breve e fallimentare sodalizio artistico,<br />

94 in un puro impegno <strong>di</strong>dascalico <strong>di</strong> Boito nei confronti <strong>di</strong> Eleonora, più<br />

giovane <strong>di</strong> lui <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciassette anni, e concludersi, infine, con una serie <strong>di</strong> messaggi<br />

epistolari che Raul Ra<strong>di</strong>ce definisce “le lettere del soliloquio, che non attendono<br />

risposta, e infatti quasi mai ne ebbero” 95 . Anche nelle pagine <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in effetti, la notte trascorsa insieme da pittore e cantante dopo aver lasciato<br />

la route du lac si risolve, can<strong>di</strong>damente, nelle dolci note che la donna de<strong>di</strong>ca<br />

al suo compagno donandosi a lui “idéalment, sans retour, sans contrainte,<br />

dans ce chant sublime” che trasporta entrambi da un’iniziale sensazione <strong>di</strong> rêve<br />

éveillé ad una graduale tristesse poignante dans une rêverie immense che li farà<br />

sentire, al termine, “plus que seuls: oubliés”.<br />

Se <strong>Gualdo</strong> aveva omaggiato i sue due intimi amici con questa novella, è<br />

anche vero che l’attrice e il librettista, benché non facciano mai parola del suddetto<br />

racconto, de<strong>di</strong>cano ampio spazio al comune confidente nelle loro lettere.<br />

Nel carteggio Duse-Boito, infatti, composto da circa 770 documenti epistolari, i<br />

riferimenti a <strong>Gualdo</strong> sono cospicui: il suo nome (o meglio, il soprannome scelto<br />

per lui dalla <strong>di</strong>va, Gilet bianco) appare all’interno <strong>di</strong> ben 25 messaggi; tale cifra<br />

è da ritenersi considerevole – e si ba<strong>di</strong> che nella maggior parte dei casi non si<br />

tratta <strong>di</strong> semplici menzioni, ma <strong>di</strong> riferimenti <strong>di</strong> un certo rilievo – se si pensa<br />

che l’intero corpus <strong>di</strong> lettere copre un arco <strong>di</strong> tempo che supera <strong>di</strong> gran lunga<br />

anche la data <strong>di</strong> morte dell’autore.<br />

Non molto, al contrario, è rimasto della corrispondenza <strong>di</strong>retta tra <strong>Gualdo</strong><br />

ed i singoli componenti della coppia: alla Fondazione Cini <strong>di</strong> Venezia sono<br />

conservate soltanto sei lettere da lui in<strong>di</strong>rizzate ad Arrigo Boito, mentre si ha<br />

notizia <strong>di</strong> un numero ancora più esiguo <strong>di</strong> messaggi scritti da Eleonora Duse e<br />

destinati a <strong>Gualdo</strong>, tutti materialmente andati purtroppo smarriti, ma <strong>di</strong> cui resta<br />

traccia in un opuscolo per nozze fatto tirare in tre soli esemplari fuori commer-<br />

94 Boito aveva tradotto per la Duse, apportando molti tagli e mo<strong>di</strong>fiche, il dramma shakespeariano<br />

Antonio e Cleopatra, la cui prima si tenne a Milano, al teatro Manzoni, il 22 novembre<br />

1888 ottenendo massimo <strong>di</strong>sappunto tanto dalla critica quanto dal pubblico.<br />

95 R. RADICE, Introduzione a E. DUSE – A. BOITO, Lettere d’amore, cit., pp. XXV<strong>II</strong>-<br />

XXV<strong>II</strong>I.<br />

218


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

cio dall’eru<strong>di</strong>to Dante Petaccia nel 1948; la più nota <strong>di</strong> queste lettere, che ha<br />

conosciuto anche successive ristampe, risale al 1897, 96 mentre non semplice risulta<br />

datare gli altri testi epistolari raccolti all’interno <strong>di</strong> questa plaquette (e così,<br />

fortunatamente, scampati all’oblio), provenienti dai luoghi più svariati delle<br />

tournées dell’attrice e in<strong>di</strong>rizzati all’amico altrettanto cosmopolita: ci è giunta<br />

in questo modo notizia delle lettere che da palazzo Desdemona <strong>di</strong> Venezia lei<br />

“gli scrive e riscrive per avere notizie”, 97 <strong>di</strong> un biglietto spe<strong>di</strong>to dalla capitale<br />

austriaca, dove, appena uscita da teatro, la Duse fa sapere a <strong>Gualdo</strong> che “Vienna<br />

è tutta in festa”, che ci sono “gran<strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ere nell’aria”, “corse <strong>di</strong> fiori <strong>di</strong> giorno<br />

in giorno e lampioni accesi ogni sera”. 98 Di particolare interesse sono però soprattutto<br />

gli ultimi due documenti, su cui si tornerà, riportati da Petaccia perché<br />

testimoniano il fondamentale ruolo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> come consigliere delle letture<br />

dell’attrice: il primo risulta partito da Il Cairo e contiene una richiesta <strong>di</strong> libri<br />

(purché, scrive la <strong>di</strong>va, non si tratti <strong>di</strong> testi <strong>di</strong> quel d’Annunzio tanto caro a<br />

<strong>Gualdo</strong>), 99 mentre il secondo, infine, consiste in una breve lettera nella quale la<br />

Duse ringrazia l’amico per l’invio <strong>di</strong> una sua non meglio specificata opera –<br />

non è possibile comprendere <strong>di</strong> quale scritto si tratti neppure attraverso la data,<br />

vista l’assenza <strong>di</strong> una precisazione in merito nella parte <strong>di</strong> testo citata da Petaccia<br />

– rimproverandolo, però, a causa della de<strong>di</strong>ca apposta sul volume e giu<strong>di</strong>cata<br />

troppo pomposa (ma al tempo stesso lusingandolo con vivaci espressioni del<br />

proprio intenso affetto).<br />

Non resta, invece, testimonianza alcuna <strong>di</strong> quanto l’autore milanese avrebbe<br />

inviato all’attrice, sebbene paia trattarsi <strong>di</strong> un considerevole numero <strong>di</strong> lettere<br />

alle quali Eleonora (non solo in qualità <strong>di</strong> destinataria, ma anche <strong>di</strong> mittente)<br />

fa continui riferimenti negli altri suoi epistolari, specie in quello con Boito. 100<br />

96<br />

La lettera della Duse, del luglio 1897, aveva avuto <strong>di</strong>ffusione, prima <strong>di</strong> essere smarrita,<br />

attraverso la pubblicazione <strong>di</strong> D. PETACCIA in Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 12-15. In seguito, prima <strong>di</strong> essere riproposta da Montera, questa stessa<br />

lettera è stata nuovamente stampata da F. GERRA nell’articolo Il dolore della Duse nella gloria<br />

del trionfo, sulle pagine del «Il Messaggero», il 10 agosto 1967 (p. 3).<br />

97<br />

D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 8.<br />

98<br />

Ibidem.<br />

99<br />

Ibidem.<br />

100<br />

Cfr., a titolo esemplificativo, la lettera della Duse a Boito scritta da Alessandria<br />

d’Egitto il 12 gennaio 1890: “Ho avuto una lettera <strong>di</strong> Gilet bianco in risposta a una mia. Fra le<br />

altre cose <strong>di</strong>ce: Il Commendatore Grasso [Giuseppe Giacosa] – e il Commendatore Magro [Arrigo<br />

Boito] fanno a chi meno lavora dei due – e seguiteranno a NON FINIRE…” (E. DUSE –<br />

A. BOITO, Lettere d’amore, cit., p. 632); o quella, precedente, della stessa al medesimo desti-<br />

219


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

4.3b La <strong>di</strong>va ed il passeur: legami, incontri e me<strong>di</strong>azioni in favore della Duse<br />

Tra i più fervi<strong>di</strong> ammiratori della Duse, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> non è stato soltanto<br />

uno dei suoi più cari amici, ma ha avuto almeno due meriti notevoli – e decisivi<br />

– nello svolgersi della carriera dell’attrice. In primo luogo, come racconta la <strong>di</strong>va<br />

stessa in un’intervista rilasciata nel giugno 1907 ad Emma Ferruggia per «La<br />

lettura», rivista mensile del «Corriere della sera», egli l’aveva incoraggiata<br />

spesso durante le prime fasi dell’ascesa al successo teatrale, apprezzando e dando<br />

suggerimenti sullo stile <strong>di</strong> recitazione <strong>di</strong> lei; inoltre – sostiene sempre la Duse<br />

– tra la gente che fu sua, egli era stato “uno dei primi, uno dei rivelatori”, 101<br />

insieme al giornalista Eugenio Torelli-Viollier. In secondo luogo, cosa forse<br />

maggiormente considerevole, <strong>Gualdo</strong> – svolgendo ancora una volta il suo abituale,<br />

ed all’epoca ormai consolidato, ruolo <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore – aveva avuto, nel luglio<br />

1890, il privilegio <strong>di</strong> far conoscere “al più grande scettico dell’arte francese,<br />

il secondo Dumas […] la più grande nevrotica dell’arte italiana”. 102 L’episo<strong>di</strong>o<br />

in questione è narrato dalla stessa Eleonora in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a<br />

Boito; giunta a Parigi il 29 giugno, l’attrice aveva trovato ad attenderla nell’Hôtel<br />

Métropolitan il suo caro Gilet bianco che durante la serata l’aveva condotta<br />

con sé a teatro, mentre il giorno seguente le aveva fatto da guida al Museo<br />

del Louvre. Nel corso del breve soggiorno francese, “paziente e amabile”, 103<br />

<strong>Gualdo</strong> aveva ascoltato le intime confidenze dell’amica, desiderosa <strong>di</strong> tornare a<br />

Milano da Arrigo, cui così motiva il ritardo del suo rientro in Italia:<br />

Stamane ero già risoluta <strong>di</strong> partire domani, ma – colpa <strong>di</strong> Gilet bianco – sono andati<br />

a pescare Dumas, e ormai sono presa in trappola per domani –. 104<br />

In tutte le biografie della Duse vien detto che a combinare il suo unico incontro<br />

con Alexandre Dumas fils era stato Gégé Primoli, ma forse, dopo il ritrovamento<br />

e la pubblicazione della lettera appena citata, andrebbe ipotizzato<br />

che, all’epoca, ci sia stata piuttosto una collaborazione tra <strong>Gualdo</strong> e Primoli,<br />

sicché in quel “sono andati a pescare” l’attrice potrebbe aver alluso ad un co-<br />

natario datata Messina, 27 novembre 1889: “Gilet bianco mi ha scritto che a Varese «vi sono 4<br />

soli – e CINQUE sul lago <strong>di</strong> Como» (ivi, cit., p. 604).<br />

101<br />

E. FERRUGGIA, La Duse intima, in «La Lettura», giugno 1907, p. 451.<br />

102<br />

G. ROVETTA, Vita letteraria, cit.<br />

103<br />

E. DUSE – A. BOITO, Lettere d’amore, cit., p. 736. Lettera da Parigi del 2 luglio 1890.<br />

104 Ibidem.<br />

220


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

intervento <strong>di</strong> entrambi i suoi amici, tanto del milanese quanto del nipote francoitaliano<br />

della principessa Matilde Bonaparte. Ad ogni modo resta indubbio che<br />

la visita al grande drammaturgo <strong>di</strong> Marly – che, in seguito, per l’attrice italiana<br />

scriverà Denise – abbia avuto luogo in presenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, e ciò è confermato<br />

dalle parole <strong>di</strong> un articolo comparso sul quoti<strong>di</strong>ano «Le Figaro» il 1<br />

giugno 1897, in un trafiletto in cui Jules Huret fornisce alcune “notes biographiques<br />

sur la Duse”, alla vigilia <strong>degli</strong> strepitosi successi della célèbre come<strong>di</strong>énne<br />

italienne la quale, quel giorno stesso, avrebbe finito per infiammare il<br />

pubblico d’oltralpe con una memorabile rappresentazione, nei panni <strong>di</strong> Margherita<br />

Gautier, al teatro della Renaissance:<br />

On sait déjà le grand cas qu’Alexandre Dumas fils faisait de son [de la Duse] talent.<br />

Elle avait avec lui une correspondance suivie […].<br />

Elle ne se trouve avec Dumas qu’une seule fois. Elle alla à Marly, en compagnie<br />

de <strong>Gualdo</strong>, un poète italien de grand talent, qui est resté un de ses amis fervents.<br />

Quand elle vit Dumas, avant même de prononcer un mot, elle se mit à fondre en<br />

larmes. L’écrivain fut forcé de la consoler, avec des paroles tendres de grand frère. Elle<br />

ne le vit plus jamais. 105<br />

La tournée parigina <strong>di</strong> Eleonora del 1897 era stato un evento improvviso:<br />

nell’aprile <strong>di</strong> quell’anno d’Annunzio aveva letto alla <strong>di</strong>va La città morta, una<br />

pièce inizialmente pensata per lei, ma poi riscritta in francese e destinata a Sarah<br />

Bernhardt; vedendo la delusione della Duse, il Poeta aveva allora deciso <strong>di</strong><br />

scriverle, in soli <strong>di</strong>eci giorni, il piccolo dramma Sogno <strong>di</strong> un mattino <strong>di</strong> primavera<br />

affinché potesse essere rappresentato in Francia, dove l’attrice era stata<br />

nottetempo invitata per un corso <strong>di</strong> recite. “Dominatice delle platee dei due<br />

mon<strong>di</strong>”, la <strong>di</strong>va aveva sempre esitato “ad affrontare il pubblico parigino, esigente,<br />

implacabile nel rilevare e nel porre in ri<strong>di</strong>colo ogni imperfezione”: 106 timorosa<br />

<strong>di</strong> un insuccesso, Eleonora aveva addotto al suo impresario la scusa che<br />

non si sarebbe mai recata a Parigi, se non <strong>di</strong>etro invito della rivale Bernhardt.<br />

Ebbene, un inaspettato slancio <strong>di</strong> ospitalità <strong>di</strong> Sarah – che le offre ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong><br />

recitare nel suo teatro – e l’improvviso recapito dell’opera composta repentinamente<br />

per lei da d’Annunzio, pongono la Duse nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> non poter<br />

non accettare l’invito a varcare le scene della Renaissance. <strong>Gualdo</strong>, che con<strong>di</strong>-<br />

105 J. H., Notes biographiques sur la Duse, in «Le Figaro», 1 er juin 1897, p. 3.<br />

106 O. RESNEVIC SIGNORELLI, La Duse, Roma, Signorelli, 1938, pp. 144-145.<br />

221


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

videva le paure dell’attrice italiana, rivolgendosi a sua cugina Giulia, scrive – in<br />

data 13 maggio 107 – <strong>di</strong> non sentirsi troppo fiducioso quanto alle sorti dell’amica:<br />

Presto, pare che finalmente arriverà la Duse, per dare quì 108 poche recite in italiano,<br />

come doveva fare l’anno scorso, quando tutto era ben combinato, a meraviglia.<br />

Adesso invece arrischierà un fiasco. 109<br />

Il 1º giugno i corrispondenti dei maggiori giornali europei sono presenti in<br />

teatro per giu<strong>di</strong>care Eleonora nell’interpretazione della Signora delle camelie,<br />

che era stata “la più grande creazione <strong>di</strong> Sarah Bernhardt”: 110 l’arcana creatura,<br />

come l’aveva definita <strong>Gualdo</strong>, assisteva anch’essa in sala alla rappresentazione,<br />

dopo aver ceduto a caro prezzo alla rivale il suo teatro della Reinassance, nella<br />

speranza <strong>di</strong> veder sconfitta in tale occasione e contesto la maggiore attrice<br />

d’Italia. Ma il suo desiderio non viene esau<strong>di</strong>to: mentre i primi tre atti della pièce<br />

passano sotto silenzio, il quarto è salutato da applausi calorosi del pubblico,<br />

ed il quinto si chiude tra il delirio della folla. 111 Anche <strong>Gualdo</strong>, nonostante la<br />

paralisi che lo aveva condannato all’immobilità già da tre anni, presenziava<br />

quel giorno alla messa in scena e, avendo assistito all’esito della serata, imme<strong>di</strong>atamente<br />

comunicava a sua cugina Giulietta, <strong>di</strong>venuta dopo la morte della<br />

madre la sua principale confidente, che il talento della <strong>di</strong>va aveva smentito le<br />

più infauste previsioni:<br />

Ad onta del mio pessimismo, che questa volta ha avuto torto, ti devo prima <strong>di</strong> tutto<br />

confermare l’immenso, straor<strong>di</strong>nario trionfo che ha avuto martedì la Duse, nella<br />

Dame aux camelias. È stato un vero delirio, tanto che a momenti, pareva che il pubblico<br />

capisse l’italiano, mentre all’infuori dei numerosissimi peninsulari, nessuno comprendeva<br />

un’acca. Credo che questo si uno dei maggiori successi che ha avuto mai. E<br />

ora che la cosa è avviata, il trionfo, se è possibile, andrà crescendo, nelle varie comme<strong>di</strong>e<br />

e drammi che darà, tra i quali Magda in cui non l’ho mai sentita e il nuovo piccolo<br />

dramma in un atto [Sogno <strong>di</strong> un mattino <strong>di</strong> primavera], scritto apposta per lei da Gabriele<br />

d’Annunzio. 112<br />

107 In realtà il bollo postale sulla busta <strong>di</strong> questa lettera s.d. – Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80<br />

suss., b.4(44) – in<strong>di</strong>ca “Parigi, 3 giugno 1897”, ma è evidente che è avvenuto uno scambio <strong>di</strong><br />

busta con il documento epistolare precedente –ivi, b.4(43) – timbrato “Parigi, 13 maggio 1897”.<br />

108 <strong>Gualdo</strong> pone costantemente, in tutte le sue lettere, l’accento sulla parola quì.<br />

109<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.4(44).<br />

110<br />

O. RESNEVIC SIGNORELLI, La Duse, cit., p. 150.<br />

111<br />

Ibidem.<br />

112<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.4(44).<br />

222


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

<strong>Gualdo</strong> assisterà a tutte le messe in scena che vedranno protagonista l’attrice<br />

italiana e ne farà costantemente attenti resoconti alla marchesa Litta Mo<strong>di</strong>gnani:<br />

ciò che più lo sconcerta, si evince dalle sue lettere, è che il trionfo continuasse<br />

sera dopo sera, nonostante la Duse recitasse in italiano 113 (“i prezzi si<br />

fanno ognora più cari e la folla non cessa d’invadere il teatro; meno capisce e<br />

più apprende; è un vero delirio”) 114 opere del consolidato repertorio <strong>di</strong> Sarah<br />

Bernhardt, sulle cui reazioni – ma anche su quelle <strong>di</strong> molti attori d’oltralpe al<br />

cospetto dell’innovativo stile <strong>di</strong> recitazione della <strong>di</strong>va italiana – egli informa<br />

Boito in una lettera senza data, ma evidentemente <strong>di</strong> questo periodo, che scrive<br />

in vece della «Divina», “familiarmente chiamata Ducchio” 115 da entrambi:<br />

Carissimo,<br />

Ti scrivo per incarico del Ducchio che non osa parlarti in persona dei suoi trionfi<br />

inau<strong>di</strong>ti. […] Mi basti <strong>di</strong>rti che il trionfo non ha limite, che Parigi è stata per più <strong>di</strong> un<br />

mese affetta da completo delirio e che quanto hanno narrato i giornali (specialmente<br />

quelle canaglie d’Italiani, a cominciare dall’infetto Corriere), non era che una piccola<br />

parte del vero. Lemaitre ha fatto uno stupendo articolo, Sarcey si è tolto la mano e ha<br />

iniziato quella rappresentazione per gli artisti francesi che è stata una follia d’apoteosi.<br />

S. B. è furente e dopo tale rappresentazione ha subitamente compito cento tre<strong>di</strong>ci<br />

anni. Aveva così bene preparato un immenso four e vi si è cotta da sé.<br />

Avrai visto dal Figaro il déjeuner all’ambasciata italiana, dove io fui, e dove la<br />

Duse fu somma attrice senza saperlo e per me solo. 116 Poi vi fu la colazione data dagli<br />

artisti della Comé<strong>di</strong>e Française, dove tutti non fecero altro che carognare, istruiti alla<br />

113 Al termine della prima rappresentazione della Dame aux Camelias, il Presidente della<br />

Repubblica francese Félix Faure, congratulandosi con la Duse, le aveva chiesto perché si fosse<br />

mostrata tanto timorosa alla vigilia della messa in scena. L’attrice aveva motivato la sua apprensione<br />

prima della recita spiegando la sua paura <strong>di</strong> dover recitare nel primo teatro del mondo<br />

in una lingua straniera. Il Presidente le aveva allora risposto: “Come? Avete recitato in italiano?<br />

[…] La vostra arte è così ricca <strong>di</strong> passione e <strong>di</strong> verità che non mi sono nemmeno accorto che<br />

non parlavate francese” (O. RESNEVIC SIGNORELLI, La Duse, cit., pp. 150-151).<br />

114 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.4(44).<br />

115 G. SPAGNOLETTI, Dalla galleria <strong>di</strong> Milano e dai salotti <strong>di</strong> Parigi riemerge il personaggio<br />

e il romanziere, in «Nuova Rivista Europea», a. V<strong>II</strong>I, n. 45, febbraio 1984, p. 41.<br />

116 Si tratta dell’articolo <strong>di</strong> FIDELIO, Madame Duse à l’Ambassade d’Italie, in «Le Figaro»,<br />

2 juillet 1897, p. 1, in cui viene redatto un attento resoconto dell’evento mondano. Tra i<br />

nomi <strong>degli</strong> invitati, accanto a Primoli, Sardou, il principe <strong>di</strong> Chimay, Huret e Lemaître, figura<br />

anche il nome <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Pierre de Montera ha segnalato (<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 308) che è<br />

stato riprodotto in fotografia il menù del déjeuner con le firme dei partecipanti, dove quella <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> compare accanto a quella della Duse, nella biografia illustrata dell’attrice italiana <strong>di</strong> O.<br />

SIGNORELLI, Eleonora Duse, Milano, Silvana, E<strong>di</strong>zioni d’Arte, 1959.<br />

223


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

semplicità del Ducchio. Mme Barret ha detto: «Il faut que nous changions complètement<br />

notre manière de jouer. C’est à recommencer».<br />

Insomma è stato una rivelazione e al tempo stesso una rivoluzione. La Duse con la<br />

sua influenza ha reso gli attori francesi modesti – e lei non lo sarà più. Parigi ha tardato<br />

a svuotarsi per la Duse. Ora che lei parte si potrà pensare a partire. 117<br />

Sulle <strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> recitazione e sui rispettivi impatti sul pubblico<br />

<strong>di</strong> Eleonora Duse e Sarah Bernhardt, il drammaturgo irlandese George Bernard<br />

Shaw aveva scritto un interessante saggio, pubblicato su «The Saturday Review»<br />

(poi raccolto nei suoi Essays on theatre) il 15 giugno 1895, mettendo a<br />

confronto le interpretazioni <strong>di</strong> entrambe nel ruolo <strong>di</strong> Margherita Gautier nel<br />

dramma <strong>di</strong> Dumas La Dame aux camelias: da un lato egli raffigura l’attrice<br />

francese, inverosimile ed inumana, con i suoi gioielli luccicanti, i costumi preziosi<br />

ed i ricercatissimi trucchi scenici che la fanno apparire alla stregua <strong>di</strong> un<br />

quadro degno dei pittori dell’epoca, dall’altro la <strong>di</strong>va italiana, che invece scopre<br />

e si vale <strong>di</strong> tutte le sue debolezze, che lascia contare allo spettatore tutte le rughe<br />

che il tempo e le privazioni le hanno impresso sul volto; se Sarah Bernhardt<br />

si avvale un modo <strong>di</strong> recitare egocentrico perché basato sull’arte <strong>di</strong> costringere<br />

il pubblico ad ammirarla, a compassionarla ed a pro<strong>di</strong>garle applausi appena calato<br />

il sipario, ricorrendo ad una serie <strong>di</strong> pose e <strong>di</strong> giochi mimici che facilmente<br />

potrebbe essere messa a catalogo, Eleonora Duse, d’altro canto, regala l’illusione<br />

<strong>di</strong> essere inesauribile nella molteplicità delle sue bellissime pose e dei<br />

suoi atteggiamenti che le rendono possibile fare in modo che ogni nuova parte<br />

<strong>di</strong>venti una nuova creazione. 118<br />

Certamente <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> ammirava le bellezza e la bravura dell’interprete<br />

francese, alla quale infatti aveva de<strong>di</strong>cato un componimento poetico ed il cui<br />

nome menzionava spesso nei suoi epistolari, ma la sincera approvazione che egli<br />

mostra per l’arte della Duse, al <strong>di</strong> fuori della tenera amicizia che a lei lo legava,<br />

doveva essere <strong>di</strong> gran lunga maggiore. Il sapiente uso che l’attrice faceva<br />

delle mani e delle braccia, il senso <strong>di</strong> eccitazione nervosa dato alle sue interpretazioni<br />

ed il processo <strong>di</strong> intellettualizzazione cui essa sottoponeva ogni copione<br />

sul quale era chiamata ad esibirsi, sono stati considerati dalla moderna critica<br />

117<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 307-308, rist. in G. SPAGNOLETTI, Dalla<br />

galleria <strong>di</strong> Milano…, cit., p. 41.<br />

118<br />

G. BERNARD SHAW, Duse and Bernhardt, in Plays & Players. Essays on theatre, selected<br />

with an introduction by A. C. Ward, London - New York - Toronto, Oxford University<br />

Press, 1952, pp. 33-40.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

teatrale e dagli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> antropologia <strong>degli</strong> ultimi anni come un passo decisivo<br />

in <strong>di</strong>rezione del realismo psicologico nella recitazione teatrale. Difatti, come<br />

afferma a tal proposito Susan Bassnet, in un recente volume de<strong>di</strong>cato alle tre<br />

gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>ve europee Sarah Bernhardt, Elen Therry ed Eleonora Duse:<br />

La carriera teatrale della Duse si svolse nel periodo <strong>di</strong> transizione in cui fra gli attori<br />

occidentali a poco a poco si imponevano i principi del realismo psicologico, allontanandosi<br />

dai vecchi cliché <strong>di</strong> una rappresentazione mimetica stilizzata. […]. 119<br />

Il suo particolare stile realistico <strong>di</strong> recitazione, quin<strong>di</strong>, derivava da una tecnica che<br />

poneva l’accento su singole parti del corpo contrariamente allo stile <strong>di</strong> recitazione per<br />

ampi gesti, in cui è l’intera figura dell’attore ad avere rilievo. Tale metodo le consentiva<br />

<strong>di</strong> mantenere sempre il massimo controllo, pur dando l’impressione <strong>di</strong> essere tutt’uno<br />

con il personaggio; tecnica che pare abbia messo a punto precocemente. 120<br />

L’espressione usata per definire lo stile dell’attrice, realismo psicologico, è<br />

un’interessante spia che conduce a riflettere sull’interesse mostrato dalla «Divina<br />

Eleonora» per un personaggio che, sebbene in contesto extrateatrale bensì<br />

narrativo, aveva fatto <strong>di</strong> questa “tematica” un vero e proprio para<strong>di</strong>gma metodologico<br />

della sua produzione letteraria: il romanziere francese Paul Bourget. Ancora<br />

una volta si dovrà constatare l’importanza del me<strong>di</strong>atore <strong>Gualdo</strong>, il quale<br />

insieme a Boito, abituato a vivere con <strong>di</strong>sciplina e con metodo, aveva nel corso<br />

<strong>degli</strong> anni contribuito ad allargare ed a raffinare gli orizzonti culturali dell’impulsiva<br />

attrice; se Arrigo l’aveva introdotta allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Shakespeare e Dante,<br />

dal carteggio dell’attrice con quest’ultimo si evince quale importante ruolo abbia<br />

avuto anche <strong>Gualdo</strong> nella sua formazione e soprattutto nel graduale approccio<br />

dell’attrice, sfociato poi in fervente ammirazione soprattutto quando si decise<br />

<strong>di</strong> trarre una pièce dal romanzo Mensonges, proprio per il suddetto Bourget.<br />

Non è ben certo, <strong>di</strong> nuovo, se a far incontrare la Duse e l’autore francese, sia<br />

stato Primoli o <strong>Gualdo</strong>, ma mentre da un lato sappiamo che Gégé aveva invogliato<br />

la <strong>di</strong>va a farsi coraggio ed a scrivere in prima persona a Bourget senza<br />

più servirsi <strong>di</strong> lui come tramite, 121 dall’altro appare maggiormente probabile che<br />

l’incontro <strong>di</strong>retto possa esser stato organizzato dal nostro milanese cosmopolita,<br />

119<br />

S. BASSNET, Eleonora Duse, in AA. VV., Tre attrici e il loro tempo , cit., p. 189.<br />

120<br />

Ivi, p. 197.<br />

121<br />

Si riporta questa notizia dall’articolo, in cui viene parzialmente riportata in nota una lettera<br />

ine<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Eleonora Duse a Gégé Primoli, <strong>di</strong> P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Robert de<br />

Montesquiou et la Duse, in «Italianistica», a. XI, n. 2-3, 1982, pp. 289-290.<br />

225


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

sia che si consideri lo strettissimo legame <strong>di</strong> amicizia che lo univa al romanziere<br />

parigino, sia che si pensi ai frequenti soggiorni in Italia <strong>di</strong> quest’ultimo, in<br />

cui <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> fungeva per lui da ospite e da cicerone. Ad ogni modo, è evidente<br />

che la Duse e Bourget erano in contatto <strong>di</strong>retto, o comunque avevano iniziato<br />

a corrispondere, sul finire dell’aprile 1889 giacché è <strong>di</strong> questo periodo la<br />

lettera <strong>di</strong> Eleonora a Boito in cui si legge, a proposito <strong>di</strong> un testo che lei non riesce<br />

a reperire nel capoluogo partenopeo, dove si trova in quei giorni: “Tu conosci<br />

Dominique – <strong>di</strong> Fromentin? Bourget <strong>di</strong>ce che è tanto un bel libro – io vorrei<br />

leggere quel libro che m’ha insegnato Bourget – a <strong>Napoli</strong> non c’è. – Ve<strong>di</strong> se ci<br />

fosse dal libraio tuo?”. 122 Conoscenza personale o meno, è sempre attraverso il<br />

carteggio con Arrigo che emerge la notizia che qui più interessa e cioè che l’approccio,<br />

da parte dell’attrice, alle opere del caposcuola del realismo psicologico<br />

francese era stato senza dubbio incentivato dal suo Gilet bianco, il quale viene<br />

espressamente citato dalla Duse in qualità <strong>di</strong> suo consigliere <strong>di</strong> letture:<br />

A proposito <strong>di</strong> menzogne, ho letto Mensonges <strong>di</strong> Bourget e Crime d’amour – dello<br />

stesso – – Bello – amaro – vero – ben fatto –.<br />

– Tu che vai nel mondo, ne saprai qualche cosa – Gilet bianco, (allora) me ne parlò<br />

molto. 123<br />

Anche tra i documenti dell’attrice riportati da Petaccia nel già citato e preziosissimo<br />

opuscolo figura una lettera in cui, scrive l’eru<strong>di</strong>to, la Duse si rivolge<br />

a <strong>Gualdo</strong> e “gli chiede dei libri”, purché, ella avverte, non siano del vostro arcangelo<br />

Gabriele; malauguratamente, però, nella plaquette non viene trascritta<br />

la prima parte del messaggio, bensì quella seguente, dove, con fresca vivezza<br />

d’immagini, l’artista racconta la bellezza dei luoghi d’Oriente. Prima <strong>di</strong> voltar<br />

pagina sulla giornata appena trascorsa, l’attrice prende in mano carta e penna e<br />

narra dei continui déjà-vu che le capitano percorrendo le strade de Il Cairo:<br />

Non so <strong>di</strong>rvi , non so proprio <strong>di</strong>rvi se mi trovo bene o male quaggiù. So solamente<br />

che mi pare che non sia la prima volta che vedo l’Oriente. Qualche cosa <strong>di</strong> me si ritrova<br />

quando gironzolo per le strade e i bazar e i piccoli quartieri arabi […]. È come<br />

l’impressione <strong>di</strong> une arriêre vie […].<br />

Ma qui tutto ciò che gli occhi vedono si chiama Oriente – e l’Egitto è lontano<br />

dall’Italia <strong>di</strong>ce la geografia. E la memoria è uno strumento inutile e grossolano. 124<br />

122 E. DUSE - A. BOITO, Lettere d’amore, cit., p. 424.<br />

123 Ivi, p. 422.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

<strong>Gualdo</strong> aveva conosciuto Eleonora Duse certamente prima che con lei entrasse<br />

in contatto l’amico Arrigo Boito: già nel 1883, <strong>di</strong>fatti, egli le aveva in<strong>di</strong>rizzato<br />

il suo volume <strong>di</strong> versi appena e<strong>di</strong>to, Le Nostalgie, affinché potesse leggerlo.<br />

Tale informazione si evince da un breve componimento inviato da Parigi<br />

a Giuseppe Giacosa, al quale chiede notizie dell’attrice con cui il drammaturgo<br />

era già da tempo in contatto per questioni lavorative; poiché nel testo viene<br />

menzionato il teatro Valle <strong>di</strong> Roma (dove Eleonora recitava nell’opera <strong>di</strong> Giacosa<br />

La Sirena) 125 non è da escludersi che i tre abbiano potuto trascorrere del<br />

tempo insieme nella capitale, soprattutto se si considera che i soggiorni romani<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, soprattutto in virtù della sua collaborazione con la rivista – dapprima<br />

sommarughiana, poi dannunziana – «Cronaca bizantina», erano stati particolarmente<br />

frequenti negli anni tra il 1882 ed il 1884:<br />

Mandai, con le mie scuse,<br />

Il volume alla Duse,<br />

E non ebbi risposta.<br />

Ma forse già le spalle<br />

Avea voltate al Valle<br />

E il libro è fermo in posta.<br />

Dimmi <strong>di</strong> te, <strong>di</strong> Lei,<br />

Dov’è? Tu dove sei?<br />

Perché più non scrivesti? 126<br />

Si potrebbe a questo punto ipotizzare che il ringraziamento che l’attrice aveva<br />

scritto all’amico per l’invio <strong>di</strong> un suo volume, <strong>di</strong> cui si è detto in precedenza<br />

trattando dei messaggi della Duse tramandati attraverso l’opuscolo <strong>di</strong> Petaccia,<br />

potrebbe proprio riferirsi al libro <strong>di</strong> versi gual<strong>di</strong>ani. Nulla <strong>di</strong> certo, tuttavia,<br />

giacché il messaggio della <strong>di</strong>va non contiene in<strong>di</strong>cazioni o allusioni utili<br />

per chiarire e meglio comprendere questo piccolo mistero:<br />

Mi trattate come li cavadenti. Mi mandate un libro con de<strong>di</strong>ca Somma artista, etc.<br />

Ma l’importante è <strong>di</strong> aver ricevuto il libro, e voglio ben perdonarvi la de<strong>di</strong>ca. Leggerò<br />

124 D. PETACCIA in Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 8.<br />

125 Desumo questa notizia da P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 309, dov’è inoltre<br />

pubblicato il componimento in versi in questione destinato a Giuseppe Giacosa.<br />

126 Ibidem. Il testo gual<strong>di</strong>ano è stato ritrovato nell’archivio Giacosa <strong>di</strong> Colleretto Parella.<br />

227


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

stassera dopo il teatro. Che piacere che abbiate pubblicato il libro! Che piacere averlo<br />

ricevuto! Vi voglio bene. 127<br />

Appena due anni dopo la composizione dei versi appena citati in<strong>di</strong>rizzati a<br />

Giacosa, con cui sembrerebbe che <strong>Gualdo</strong> avesse mandato alla Duse le sue Nostalgie,<br />

un ulteriore contatto dell’attrice italiana con il mondo della letteratura,<br />

ma questa volta d’oltralpe, vede <strong>di</strong> nuovo protagonista <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Infatti, nel<br />

carteggio che questi intratteneva con il conte Robert de Montesquiou Frezensac,<br />

Valeria Donato Ramaciotti ha segnalato la presenza <strong>di</strong> un biglietto da visita<br />

senza data del milanese in cui vengono espressi ringraziamenti per la “très littérale<br />

et jolie traduction en vers du portrait que je vous ai envoyé”. 128 Da una poesia<br />

pubblicata nella prima e<strong>di</strong>zione della raccolta Les Hortensias Bleus <strong>di</strong><br />

Montesquiou, intitolata Vacua Vidua (Sur un portrait d’Eleonora Duse), e de<strong>di</strong>cata<br />

a <strong>Gualdo</strong> appren<strong>di</strong>amo che il ritratto tradotto in versi cui aveva fatto riferimento<br />

nel biglietto poc’anzi citato raffigurava, in effetti, l’attrice italiana. A<br />

conferma <strong>di</strong> ciò esiste un passo del libro Autels privilégiés dello scrittore francese<br />

in cui egli narra <strong>di</strong> aver ricevuto (nel 1885) dall’amico italiano una fotografia<br />

a mezzobusto, senza nessuna in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> nome né alcun commento,<br />

rappresentante “une pensive, mélancolique et presque douloureuse jeune femme,<br />

les yeux baissés, les cheveux peu coiffés, la mise <strong>di</strong>scrète, la mine découragée<br />

en l’attitude la plus simplement désaspérante des mains dénouées, après le<br />

désenlacement d’une dernière illusion, d’une suprême chimère”. 129<br />

Pierre de Montera, sulla base <strong>di</strong> questa descrizione, ha proposto l’ipotesi<br />

che si possa trattare <strong>di</strong> una fotografia della Duse nelle vesti <strong>di</strong> Froufrou, protagonista<br />

della omonima comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Meilhac et Halévy, oppure <strong>di</strong> uno scatto<br />

che l’avrebbe immortalata nel ruolo <strong>di</strong> Odette (che, tra l’altro, è una vedova, in<br />

concordanza con il titolo del componimento poetico “Vacua vidua”), nel dramma<br />

<strong>di</strong> Sardou. 130 Attraverso l’efficace immagine che <strong>Gualdo</strong> gli invia, Montesquiou<br />

realizza un ritratto in versi che coglie alla perfezione la natura intrinsecamente<br />

antitetica della <strong>di</strong>va, che viene descritta in questi termini:<br />

127<br />

D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 8.<br />

128<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

cit., p. 367. Documento XLVI.<br />

129<br />

R. DE MONTESQUIOU, Autels privilégiés, Paris, Fasquelle, 1898, p. 310.<br />

130<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Robert de Montesquiou et la Duse, cit., p. 284.<br />

228


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Les cheveux ont perdu le pli de se coiffer,<br />

Les regards ont perdu la candeur de traduire,<br />

Les désirs ont perdu l’ardeur de s’assoiffer,<br />

Le sourire a perdu l’illusion de luire.<br />

Sous l’âme sans amour, sans rêve, sans mémoire,<br />

L’énergie a perdu la gloire de lutter…<br />

Les lèvres ont perdu la grâce de prier<br />

Et les mains ont perdu la force de se joindre...<br />

Où sont les nards d’épis dont le spleen se puise cindre? 131<br />

Ricevuto in dono il volume <strong>di</strong> poesie, <strong>Gualdo</strong> ringrazia il conte per l’omaggio<br />

e, commentando i testi ed i passi che più ha apprezzato e che maggiormente<br />

lo hanno colpito, rende partecipe l’amico francese <strong>di</strong> quanto sia a lui “infiniment<br />

reconnaissant” per l’onore <strong>di</strong> avergli de<strong>di</strong>cato “les strophes si exactes<br />

et profondes sur le portrait de la Duse”. 132 Secondo Valeria Donato, curatrice <strong>di</strong><br />

questo carteggio, il nostro intellettuale cosmopolita aveva ricoperto una parte<br />

fondamentale nei successi parigini della <strong>di</strong>va narrati poc’anzi in quanto, pur restando<br />

sempre <strong>di</strong>scretamente nell’ombra, egli era stato il fautore della sua provvidenziale<br />

presentazione a Montesquiou, intimo della Bernhardt e della “possibilità,<br />

<strong>di</strong> conseguenza, <strong>di</strong> affermarsi con successo proprio sul terreno per lei più<br />

pericoloso, regno esclusivo della grande Sarah”. 133 La riconoscenza <strong>di</strong> Eleonora,<br />

unita alla commozione per le tristi con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità fisica in cui versava,<br />

a soli cinquantatre anni, <strong>Gualdo</strong> nei giorni in cui egli l’aveva accompagnata<br />

nel corso <strong>di</strong> quelle manifestazioni in Francia, vengono espresse senza riserva<br />

nella lettera che lei lascia, non trovando l’amico in camera, al portiere<br />

dell’albergo alla vigilia del suo ritorno in Italia, il 9 luglio 1897:<br />

Caro e unico <strong>Gualdo</strong>,<br />

l’ultima parola che scrivo lasciando Parigi voglio che sia l’affermazione immutata<br />

e immutabile dell’affezione che sempre e per sempre vi ho conservata. Ho il cuore<br />

grosso <strong>di</strong> partire senza poter rivedervi, senza <strong>di</strong>rvi ancora, e meglio che mai, quanto<br />

questa “angoscia” <strong>di</strong> Parigi ha rinvigorito nel mio cuore la saldezza delle affezioni che<br />

131<br />

R. DE MONTESQUIOU, Vacua vidua (Sur un portrait d’Eleonora Duse). À <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in Les Hortensias Bleu, Paris, Charpentier, 1896, p. 287.<br />

132<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 360.<br />

133 Ivi, p. 290.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

riempiono la vita nostra, e la consolano quando noi bruciamo la nostra vita per innalzare<br />

la nostra arte.<br />

L’altra sera, verso sera, il cuore pieno <strong>di</strong> mille pensieri e ricor<strong>di</strong>, son venuta da<br />

voi: ma voi non c’eravate. Lasciai qualche parola aperta su un foglio qualunque al portiere<br />

del vostro Hotel, spero la riceveste. La riceveste?<br />

Ricambiate questo saluto, caro, fedele, memore e lontano amico, che sempre così<br />

sicuramente ho amato. Tutta la bontà della vita è negli occhi vostri così leali, tutta la<br />

bontà, tutto il compatimento e il perdono che ogni amicizia deve e riceve! Col cuore<br />

riconoscente d’avermi, da tanti anni, ammessa nella profon<strong>di</strong>tà dell’anima vostra, io vi<br />

ringrazio. A voi solo, in questo momento, dono il solo fiore che mi rimane <strong>di</strong> tutta questa<br />

raccolta. Tenerezza e dolcezza! 134<br />

Nessun dubbio traspare da questo messaggio sull’autenticità e l’intensità<br />

del legame che univa il Ducchio al suo Gilet bianco, un legame <strong>di</strong> antica data <strong>di</strong><br />

cui, malauguratamente, le tracce superstiti costituiscono ben poca cosa. Ad ogni<br />

modo, incrociando i riferimenti <strong>di</strong> più epistolari gual<strong>di</strong>ani, si può risalire anche<br />

ad altre visite che la Duse aveva fatto all’amico a Parigi, negli anni precedenti<br />

alle trionfali rappresentazioni del 1897, sia prima che dopo l’insorgere della<br />

malattia che lo aveva reso <strong>di</strong>sabile: così, ad esempio, scopriamo da una lettera<br />

in<strong>di</strong>rizzata alla cugina Giulietta che nel 1895 egli ha trascorso del tempo con<br />

Eleonora “che s’è fermata qui alcuni giorni incognito, prima d’imbarcarsi nuovamente<br />

per l’America dove va a ripetere una lunga tournée”. 135<br />

Di un’altra toccata e fuga in rue de la Paix della Duse si ha invece notizia<br />

attraverso un’altra lettera, precedente in termini cronologici a quella appena citata<br />

(databile attorno al 1890) e destinata, questa volta, a Giuseppe Giacosa: in<br />

essa <strong>Gualdo</strong> narra <strong>di</strong> aver vedere, da poco, il loro astro e che se finora non aveva<br />

ancora menzionato in nessun messaggio l’episo<strong>di</strong>o, ciò era dovuto non solo<br />

alla sua naturale abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> silenzio, ma anche al fatto che egli sempre suppone<br />

“che tutti siano dovunque «incognito»”; poco oltre aggiunge poi un’interessante<br />

descrizione dell’attrice italiana che viene paragonata alla capitale francese,<br />

ovvero al luogo in cui era avvenuto quel loro ultimo incontro: “Quella<br />

donna somiglia a Parigi, in questo specialmente che il suo «clima» è il più variabile<br />

del mondo. E Parigi, anche dopo la sua partenza, continua ad imitarla,<br />

essendo piovoso e irra<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> sole, temporalesco e letargico, freddo e caldo”. 136<br />

134 F. GERRA, nell’articolo Il dolore della Duse nella gloria del trionfo, cit., p. 3.<br />

135 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.3(27).<br />

136 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 312.<br />

230


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

La Duse, a sua volta, parla spesso <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nelle sue lettere, specie in<br />

quelle rivolte a Boito: non solo, ad esempio, racconta a questi delle ore – <strong>di</strong> cui<br />

si è detto menzionando la lettera alla marchesa Litta Mo<strong>di</strong>gnani – trascorse insieme<br />

a Gilet bianco in attesa <strong>di</strong> imbarcarsi per l’America, 137 oppure dei pranzi<br />

avuti insieme a Milano il 25 ed il 27 settembre 1889 quando, vedendola giù <strong>di</strong><br />

morale, l’amico l’aveva fatta ridere sicché lei gli aveva fatto alcune confidenze.<br />

Anche se <strong>Gualdo</strong> non la interroga su nulla, Eleonora <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sentirsi “più sincera<br />

con lui, sia che sia, o non sia – allegra –” 138 e si duole quando si vede costretta<br />

ad allontanarsene, 139 dopo aver chiacchierato insieme ed aver con<strong>di</strong>viso qualche<br />

pettegolezzo. 140 Sempre a Boito, essa comunica la sua tristezza, quando, avendo<br />

appreso la notizia della paralisi che ha colpito <strong>Gualdo</strong>, riflette su come potrebbe<br />

assisterlo, ritardando l’inevitabile, e sui sentimenti che la uniscono a lui:<br />

Se fosse possibile che il nostro, l’introvabile amico rimanesse ancora fra noi! –<br />

Non fosse che per qualche tempo ancora! – Cos’è mai un po’ <strong>di</strong> tempo al <strong>di</strong> qua, quando<br />

al <strong>di</strong> là non esiste più limite né misura? Bah!<br />

– Se rimanesse – ancora! Se la fine fosse protratta – non è gran che – non domando<br />

cosa fuori dalla legge comune! […] Perché no – per lui? –<br />

– Si farebbe così: è un sogno pazzo: <strong>Gualdo</strong> – Arrigo – Lenor – e lo si prenderebbe<br />

con noi! È assurdo, lo so! (Ma io ho bisogno <strong>di</strong> pensare per non pensare) – […].<br />

Povero nostro <strong>Gualdo</strong>!<br />

Arrigo lo soignerebbe tanto. Arrigo durante la giornata, Lenor, a suo turno, durante<br />

la notte. Lenor lo soignerebbe così bene. Arrigo non sa quanto bene Lenor vuole a<br />

<strong>Gualdo</strong> – <strong>Gualdo</strong> lo sa – Lo sapeva – Con lui – fu sempre un altro paio <strong>di</strong> maniche –.<br />

Lenor vuol rivedere <strong>Gualdo</strong>, stringere quella manona così dolce, così sicura. Vorrei<br />

salutarci, sapendo dove si va –. 141<br />

Eleonora si informa costantemente, anche nei mesi a seguire, dello stato <strong>di</strong><br />

salute del suo Gilet bianco, e Boito le risponde, perlopiù tramite telegrammi,<br />

firmandosi con il nome dell’infermo (<strong>di</strong>fatti, sostiene Raul Ra<strong>di</strong>ce, sempre per<br />

ragioni <strong>di</strong> riservatezza, Arrigo si serviva dello pseudonimo “<strong>Gualdo</strong>” per tele-<br />

137<br />

E. DUSE - A. BOITO, Lettere d’amore, cit., p. 734.<br />

138<br />

Ivi, p. 561.<br />

139<br />

Ivi, p. 564: “Gilet bianco stette con me dalle 5 alle 6 – Ma oggi, è partito, «RI RI partito»<br />

anche lui!”.<br />

140<br />

Ivi, p. 565: “Il francese – l’homme «EPUISÉ PAR L’EMOTION» prende moglie – La<br />

figlia <strong>di</strong> Dumas. 10 milioni <strong>di</strong> dote – (Me lo ha detto Gilet bianco)”.<br />

141<br />

Ivi, pp. 808-809. Lettera del 7 aprile 1894 dalla Duse, a Firenze, a Boito, a Parigi (dove<br />

si stava occupando dell’allestimento del Falstaff all’Opéra Comique).<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

grafare alla Duse, specie a partire dal periodo in cui quest’ultimo era già stato<br />

colpito dalla paralisi). 142 Nel carteggio con Boito, inoltre, si colloca, appena poche<br />

settimane più tar<strong>di</strong>, il primo riferimento esplicito a d’Annunzio, riferimento<br />

che viene posto in relazione con un’espressione che era solito usare <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

il quale conosceva il Poeta almeno dallo stesso periodo in cui aveva familiarizzato<br />

con la Duse, a Roma, al principio <strong>degli</strong> anni ’80: nella lettera cui qui si<br />

allude Eleonora, dopo aver espresso alcune opinioni sulla melanconia del Falstaff<br />

boitiano, scrive <strong>di</strong> aver appena terminato la lettura <strong>di</strong> un libro dell’infernale-<strong>di</strong>vino<br />

Gabriele, e aggiunge:<br />

Disprezzate, ma né Falstaff – né D’Annunzio – Cioè – no – D’Annunzio lo detesto,<br />

ma lo adoro. – «Disprezzate altamente».<br />

Arrigo!<br />

E <strong>Gualdo</strong>?<br />

Povero <strong>Gualdo</strong>!<br />

Lo <strong>di</strong>ceva con tanta grazia, lui, un tempo, il «<strong>di</strong>sprezzate altamente».<br />

Tutto va. – tutto va – – –. 143<br />

Nell’intervista rilasciata da Eleonora ad Emma Ferruggia cui si è fatto riferimento<br />

al principio parlando delle collaborazioni artistiche con d’Annunzio, la<br />

giornalista inserisce un suo ricordo, un’istantanea lontana nel tempo, risalente a<br />

quando l’attrice aveva fatto ritorno dalla sua tournée in Russia. Venuta a sapere<br />

che la Ferruggia era ammalata, la <strong>di</strong>va si era recata a farle visita a casa; appena<br />

entrata nell’appartamento, si era guardata intorno e, avendo visto un mucchietto<br />

<strong>di</strong> carte postali sulla tavola, aveva affermato entusiasta: “Guarda! C’è anche una<br />

lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>. Ve la rapisco. Gli racconterete che l’ho imparata a memoria, e<br />

ridetta guardando in alto, come Margherita declama la lettera <strong>di</strong> Armando...”. 144<br />

Pare quin<strong>di</strong> che Eleonora <strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong>menticasse o trascurasse il suo Gilet<br />

bianco: molti segnali, molti eventi, molte persone risvegliavano spesso in lei il<br />

ricordo dell’amico, quasi sempre lontano. Un giorno, ad esempio, al Museo del<br />

Prado, era stata la visione <strong>di</strong> un giovane pittore intento a riprodurre il quadro <strong>di</strong><br />

un paesaggio che ricordava alla Duse un luogo a lei molto caro – le colline <strong>di</strong><br />

San Giuseppe, dove era solita incontrarsi insieme ad Arrigo e agli amici milanesi<br />

– a far materializzare davanti ai suoi occhi l’immagine dell’amato <strong>Gualdo</strong>;<br />

142 Ivi, p. 810n.<br />

143 Ivi, p. 831.<br />

144 E. FERRUGGIA, La Duse intima, cit., p. 454.<br />

232


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

in questa occasione, la grande artista ci ha lasciato un in<strong>di</strong>menticabile ritratto<br />

del suo passeur, immortalato dall’eccentrico stile narrativo dell’attrice, in una<br />

lettera datata “Madrid, 30 maggio 1890” ed in<strong>di</strong>rizzata a Boito:<br />

– Giorni sono – c’era un pittore Sciammanone che lo [il quadro <strong>di</strong> S.G.] copiava.<br />

Un Sciammanone <strong>di</strong> pittore, Arrigo! – Ho detto tra me, pensa quello che vuoi, ma voglio<br />

restar qua. – Dopo pochi minuti nessuno dei due – sentiva l’altro. Io guardavo il<br />

quadro – e il copiatore. – Vedevo in quella Sciammaneria qualche cosa che conoscevo<br />

– Un cappello – sulla nuca – dei pantaloni – cascanti – come le gambe – una giacchetta<br />

che aveva l’aria <strong>di</strong> essere stanca, come la schiena dell’in<strong>di</strong>viduo.<br />

Una certa pîega del collo, un po’ grosso – che <strong>di</strong>cevo fra me, io ho visto quel collo<br />

in qualche cantone <strong>di</strong> mondo – – poi – dal collo – una barba –<br />

La rassomiglianza cresceva a più non posso – ma io, non trovavo il nome –<br />

– e quello – dondoloni sulle gambe – qualche cosa <strong>di</strong> detraqué – <strong>di</strong> – CRAC, nella<br />

persona – <strong>di</strong>pingeva, senza cavalletto – a mano, una piccola boite, con i colori nel coperchio<br />

– Allora . . . facevo il conto sulle <strong>di</strong>ta. Dicevo: – la collina, rassomiglia a –<br />

S.G. . . . e – – e l’uomo a chi? Deve essere qualcuno <strong>di</strong> . . . quella parte là –<br />

Insomma – alle – corte un gilet bianco – povero Sciammanone!!!<br />

[…]. Non c’è pace da nessuna parte –. 145<br />

Desiderosi entrambi che la vita vera fosse, come la poesia, un po’ avvolta<br />

nel sogno, Eleonora Duse e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> avevano con<strong>di</strong>viso, nel corso delle rispettive<br />

esistenze, il tentativo e la ricerca <strong>di</strong> riportare l’Arte, ciascuno con i propri<br />

mezzi, ad una più intima adesione all’esperienza personale, nella speranza <strong>di</strong><br />

una maggiore sincerità ispirativa e <strong>di</strong> una più adeguata imme<strong>di</strong>atezza <strong>di</strong> espressione;<br />

ogniqualvolta che varcava la soglia delle quinte, l’attrice sembrava così<br />

riuscire a tradurre, sul palcoscenico, ciò che da sempre, nei suoi versi, lo scrittore<br />

aveva lungamente professato: spiritualità, evasione, segreto, suggestione.<br />

4.3c Tra teatro, musica e poesia: la sintonia d’arte e <strong>di</strong> vita con Arrigo Boito<br />

Nel re<strong>di</strong>gere la sua Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, nel 1942, Piero Nar<strong>di</strong> rendeva nota<br />

la prima, 146 cronologicamente, delle sei lettere ritrovate – e poi pubblicate da<br />

Pierre de Montera – che <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> aveva in<strong>di</strong>rizzato nell’arco <strong>di</strong> quasi tre<br />

145 E. DUSE - A. BOITO, Lettere d’amore, cit., pp. 701-702.<br />

146 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 431.<br />

233


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

deca<strong>di</strong> all’amico poeta-musicista. 147 Questo documento epistolare, risalente all’incirca<br />

alla metà <strong>degli</strong> anni ’70, è chiaro in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un rapporto ormai consolidato<br />

tra i due scrittori, rapporto che, pare, possa aver avuto origine in quelle sale<br />

della milanese via Borgospesso dove Vittoria Cima, imparentata a <strong>Gualdo</strong><br />

per parte <strong>di</strong> madre, riceveva gli intemperanti e stravaganti Scapigliati fin dal<br />

1860. Se Boito era stato l’anima <strong>di</strong> questo salon quasi dal principio, nessun elemento<br />

permetteva <strong>di</strong> collocare fino ad oggi, in termini temporali, il conte<br />

<strong>Gualdo</strong> tra i suoi frequentatori, fatta eccezione per la testimonianza <strong>di</strong> Gallavresi<br />

148 secondo la quale egli fu l’unico, tra gli ospiti <strong>di</strong> donna Vittoria, a non essere<br />

arruolato per motivi <strong>di</strong> salute, nel 1866, tra le fila dei soldati volontari che<br />

parteciparono alla Terza Guerra d’In<strong>di</strong>pendenza. Attualmente, grazie al ritrovamento<br />

<strong>di</strong> 29 lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> in<strong>di</strong>rizzate proprio alla Cima, è invece ad<strong>di</strong>rittura<br />

possibile datare con sicurezza almeno al 1867 l’esistenza <strong>di</strong> rapporti ormai<br />

consolidati tra i due scrittori, poiché in ben due messaggi redatti nel corso <strong>di</strong><br />

quest’annata <strong>Gualdo</strong> lamenta (la prima volta scrivendo da Venezia, la seconda<br />

da Varese) alla sua corrispondente l’assenza <strong>di</strong> notizie da parte <strong>di</strong> Boito. 149<br />

I due artisti erano quin<strong>di</strong> entrati in contatto già durante il primo decennio <strong>di</strong><br />

vita del salotto e fin dal principio avevno artisticamente collaborato, come <strong>di</strong>mostra<br />

la presenza, all’interno dello stesso articolo, <strong>di</strong> una poesia <strong>di</strong> Boito (A<br />

Giovanni Camerana) e <strong>di</strong> due componimenti gual<strong>di</strong>ani (2 novembre 1866 e 2<br />

novembre 1867) comparsi contestualmente sul numero <strong>di</strong> maggio 1868 della<br />

«Rivista contemporanea nazionale italiana». 150 Prima della scopera del fondo<br />

Cima le prime prove davvero certe 151 <strong>di</strong> un legame tra Boito e <strong>Gualdo</strong> risalivano<br />

al biennio 1873-74, periodo andrebbe datata la lettera su Hugo poc’anzi<br />

menzionata – lungamente analizzata da Gino Tellini 152 come ‘tipologia episto-<br />

147 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 300-309.<br />

148 G. GALLAVRESI, Il salotto <strong>di</strong> donna Vittoria Cima, cit., p. 368.<br />

149 Fondo Vittoria Cima, c.3 b.40(2-3). Nella lettera 2, del 12 luglio 1867, <strong>Gualdo</strong> scrive:<br />

“Ho intenzione <strong>di</strong> scrivere presto a Boito, ma sarei contento <strong>di</strong> avere prima sue nuove da voi”.<br />

Nella lettera 3, del 4 ottobre 1867, afferma ancora: “Datemi nuove <strong>di</strong> Boito, che non mi scrive”.<br />

150 A. BOITO – L. GUALDO, A Giovanni Camerana, 2 novembre 1866, 2 novembre<br />

1867, in «Rivista Contemporanea», a. XVI, vol. L<strong>II</strong>I, Torino, Negro, pp. 289-292.<br />

151 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 359: è in una lettera <strong>di</strong> Boito a <strong>Luigi</strong> Chialiva<br />

del 1873 “la prima testimonianza che ho potuto incontrare, la quale ci mostri Boito in relazione<br />

con <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”.<br />

152 G. TELLINI, Scrivere lettere: tipologie epistolari dell’Ottocento italiano, Roma, Bul-<br />

zoni, 2002, pp. 255-256.<br />

234


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

lare’ dell’Ottocento italiano –, cronaca <strong>di</strong> una entrevue con “Monseigneur Tante”,<br />

appellativo con il quale – a seguito delle considerazioni scaturite da questa<br />

visita in rue Pigalle – <strong>Gualdo</strong> aveva deciso <strong>di</strong> riferirsi al grande poeta e romanziere<br />

francese, in compagnia del quale egli aveva avuto l’onore <strong>di</strong> trascorrere<br />

alcuni minuti – all’incirca una ventina, <strong>di</strong> sera – dopo la presentazione ad opera<br />

del comune amico François Coppée. A nome suo, infatti, (ma solo) <strong>Gualdo</strong> racconta<br />

a Boito <strong>di</strong> esser stato in casa <strong>di</strong> un’ex attrice, Juliette Drouet, dove Tante,<br />

suo antico amante, era solito pranzare e ricevere gli ospiti: benché il messaggio<br />

si chiuda con la promessa <strong>di</strong> un attento resoconto dei particolari a voce, esso è<br />

eccezionalmente ricco <strong>di</strong> dettagli da cui trapela, parola dopo parola, l’incre<strong>di</strong>bile<br />

entusiasmo del giovane milanese al cospetto <strong>di</strong> una tanto grande autorità<br />

artistica, quel Victor Hugo con il quale Boito, pur non conoscendolo <strong>di</strong> persona,<br />

aveva il privilegio <strong>di</strong> intrattenere un rapporto epistolare fin dal 1865. 153<br />

È straor<strong>di</strong>nario, superiore ad ogni aspettativa, immenso. Si vedono in lui tutte le<br />

sue opere, ma egli stupisce ancora <strong>di</strong> più. È incre<strong>di</strong>bilmente giovine <strong>di</strong> movimenti, tutto<br />

bianco <strong>di</strong> capelli e <strong>di</strong> barba, dritto come una vecchia quercia con della neve in cima.<br />

Rappresenta soprattutto la Forza; dà l’idea d’un atleta. Nessun sintomo <strong>di</strong> vecchiaia o<br />

<strong>di</strong> deca<strong>di</strong>mento; [è vecchio come un <strong>di</strong>o mitologico]; come lo fosse sempre stato, come<br />

se potesse ri<strong>di</strong>ventare adolescente, volendolo. [Dalla sua fisionomia traspira una serenità<br />

sovraumana]; lo sguardo solo è a momenti malinconico, sempre vivo e inimaginabile<br />

per chi non lo ha visto. 154<br />

La prima reazione del giovane <strong>Gualdo</strong>, non ancora trentenne, <strong>di</strong>nnanzi a<br />

questo immenso uomo, è la constatazione della sua possanza, della sua statura –<br />

fisica, morale, spirituale – ma al tempo stesso del suo essere contemporaneamente<br />

anziano e fanciullo. Per i due poeti italiani in erba, che all’epoca militavano<br />

nelle fila della Scapigliatura, questo movimento che si era fatto portavoce<br />

dei gran<strong>di</strong> squilibri dell’epoca ben si confaceva alle antinomie <strong>di</strong> Victor Hugo.<br />

Mentre lo osserva, guardando i suoi gesti ed ascoltando le sue parole, <strong>Gualdo</strong><br />

153 Il primo documento epistolare <strong>di</strong> Hugo <strong>di</strong>retto a Boito, del ’65 appunto, mostra l’esistenza<br />

<strong>di</strong> una certa confidenza tra mittente e destinatario. Si tratta <strong>di</strong> ringraziamenti rivolti all’italiano<br />

per aver scritto due articoli a proposito <strong>di</strong> una non meglio precisata opera del francese.<br />

154 La lettera, come si è detto, è stata parzialmente resa nota per la prima volta da P.<br />

NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 431. Nuovamente pubblicata da G. SPAGNOLETTI, Gilet<br />

bianco. Ritratto <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Paragone», ottobre 1956, pp. 13-33, è stata infine inserita<br />

nell’Appen<strong>di</strong>ce I <strong>di</strong> P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 300-302. A quest’ultimo si deve<br />

il merito <strong>di</strong> aver validamente datato il documento al biennio 1873-1874.<br />

235


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

comunica <strong>di</strong> aver avuto modo <strong>di</strong> riflettere su tante cose: innanzitutto, scrive a<br />

Boito, attraverso l’intensa impressione suscitata dal contatto visivo, egli è riuscito<br />

al fine a comprendere davvero come e quanto “Monseigneur Tante” abbia<br />

potuto scrivere fino ad allora, dalle Contemplations all’Année Terrible, dopo<strong>di</strong>ché<br />

passa alla vera e propria descrizione, parte in francese, parte in italiano, farcita<br />

da qualche rimprovero che il mittente della lettera sembra fare a se stesso,<br />

<strong>di</strong>stratto ed incantato nell’osservazione <strong>di</strong> alcuni particolari, <strong>di</strong> alcuni banali<br />

dettagli nella mitica figura su cui si fissa la sua attenzione mentre interloquisce<br />

con il celebre uomo che gli si para innanzi:<br />

La voce è grave, possente, profonda; l’occhio piccolo, lucente. È robusto, alto,<br />

punto curvato, bello. [Il modo <strong>di</strong> porgere è dolce (Non i pie<strong>di</strong>, sciocco!) Quando parla,<br />

pare che improvvisi un nuovo libro e si domandano gli stenografi a gran grida.] È conciso<br />

e lento. I senti sono bianchissimi e il n’a pas besoin d’air (R) à son atelier. [Stivaletti<br />

con bottoni, pelle opaca, 9 (nove) bottoni al gilet.] (Muse. Verificato). 155<br />

Poco oltre <strong>Gualdo</strong> segnala che, tra gli argomenti <strong>di</strong> cui si è <strong>di</strong>scorso durante<br />

il breve colloquio con Hugo, è stato tirato in causa anche lo stesso destinatario<br />

della lettera, in quanto amico comune ad entrambi i <strong>di</strong>aloganti:<br />

Pronunzia il tuo nome come lo <strong>di</strong>rebbe Dante: Arrigo Boito. Tu entends? Il a l’air<br />

comte (et conte), prince et duc et père. Non ha guanti. Il a été si pâle pâle, qu’il est encore.<br />

Il ne m’a pas embrassez. Je ne l’ai pas embr…assez. Stretta <strong>di</strong> mano forte, cor<strong>di</strong>ale,<br />

significante. […]. Parola chiara, cristallina. Fronte imperiale, come una mezza<br />

sfera. Capelli en brosse, foltissimi, innocenti. Nuque éloquente. 156<br />

Mentre lo scrittore francese dalle mani bellissime, dalle manières excessivement<br />

courtoises, affectueuses et aristocratiques – a detta del cronista maniere<br />

decisamente “ancient régime” – non indossa cappello, ha il colletto bianco con<br />

una piccola cravatta nera e le manchettes rivoltate sopra la manica del vestito,<br />

<strong>Gualdo</strong> è vestito <strong>di</strong> tutto punto, come <strong>di</strong>mostra lo splen<strong>di</strong>do autoritrattino (“una<br />

confessione involontaria <strong>di</strong> sorridente in<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> fronte all’idolo, così che<br />

questo cessava <strong>di</strong> essere un idolo”, 157 afferma Nar<strong>di</strong>) – che sopperisce alla mancanza<br />

<strong>di</strong> sue fotografie relative a quest’epoca, ribadendo, tra le altre cose, una<br />

155 Ibidem.<br />

156 Ibidem.<br />

157 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 431.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

precoce e costante attenzione per il guardaroba – cui il corrispondente affianca<br />

il manifesto orgoglio per la sua eccellente parlata francese e l’espressione della<br />

propria emozione ad incontro avvenuto:<br />

Io, BELLO. Vestito <strong>di</strong> scuro, abito abbottonato, cravatta nera, lunga, cilindro,<br />

guanti grigi scuri, in mano. Pas de cuirs, jamais! Zia lodato molto mia glotta. Ni<br />

embr… ni embar…assez! Mais très ému. Palpitazione doppia <strong>di</strong> 1ª aspettativa in palazzetta.<br />

158<br />

Oltre che nei suoi carteggi, il nome <strong>di</strong> Victor Hugo figura in un autografo<br />

boitiano: si tratta <strong>di</strong> una pagina dell’album Confessions <strong>di</strong> Vittoria Cima, ovvero<br />

della scheda personale <strong>di</strong> Arrigo Boito, in cui l’in<strong>di</strong>cazione dello scrittore<br />

francese figura, come suo poeta pre<strong>di</strong>letto, accanto a Dante e Shakespeare.<br />

Scorrendo le risposte fornite a tale questionario, il lettore resta colpito dalla<br />

comunanza <strong>di</strong> interessi che il musicista-librettista mostra <strong>di</strong> avere con <strong>Gualdo</strong>,<br />

ma ancor <strong>di</strong> più dalla similarità <strong>di</strong> gusti e ideali artistici. In particolare, se alla<br />

richiesta <strong>di</strong> elencare vos peintres et compositeurs favoris Boito menziona Marcello<br />

e Beethoven, questi stessi nomi compaiono, nella recensione che <strong>Gualdo</strong><br />

de<strong>di</strong>cherà al Mefistofele dell’amico, in testa a quelli <strong>di</strong> coloro che erano stati in<br />

grado <strong>di</strong> realizzare un tipo <strong>di</strong> musica in grado <strong>di</strong> essere “vera estrinsecazione <strong>di</strong><br />

passioni e sentimenti eternamente veri”. 159 In onore del suddetto Marcello,<br />

pseudonimo <strong>di</strong> Adèle d’Affry, il critico milanese scriverà inoltre, qualche anno<br />

dopo, in occasione della morte, un interessante articolo. 160<br />

Tanto per Boito quanto per <strong>Gualdo</strong>, l’Arte – intesa, oltre che come manifestazione<br />

dell’ispirazione poetica e/o narrativa, soprattutto come realizzazione <strong>di</strong><br />

quella musicale e/o pittorica – viene investita <strong>di</strong> un potere magico e sovrannaturale<br />

in grado <strong>di</strong> annullare gli opposti, cosicché il dualismo manicheo tra bene e<br />

male, tema onnipresente in quegli stessi anni anche nelle opere <strong>di</strong> Tarchetti, riesce<br />

a trovare la perfetta conciliazione soltanto nella creazione artistica. In effetti,<br />

a conferma <strong>di</strong> questa visione, nel compte rendu poc’anzi citato al Mefistofele<br />

che <strong>Gualdo</strong> pubblica sulle pagine de «Il Pungolo», vien detto che questo<br />

“dramma è la lotta tra Satana e Dio” in cui “Faust è il mezzo – Margherita un<br />

episo<strong>di</strong>o – Mefistofele ne è il pernio” e che il maggior pregio <strong>di</strong> quest’opera, <strong>di</strong><br />

158 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 301.<br />

159 L. GUALDO, Il Mefistofele, in «Il Pungolo», 10-11 aprile 1877.<br />

160 ID., Marcello – Duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

cui Boito aveva realizzato in prima persona sia il libretto che la partitura, consta<br />

specialmente nell’essere “una ar<strong>di</strong>tissima sintesi <strong>di</strong> un poema universale”. 161<br />

Sebbene in passato (come tornerà a fare in futuro per Falstaff e per Otello) Boito<br />

si fosse avvalso della collaborazione <strong>di</strong> Giuseppe Ver<strong>di</strong> – insieme, infatti, nel<br />

1862 avevano elaborato, a Parigi, l’Inno delle nazioni – già per il primo Mefistofele<br />

del 1868, andato incontro quell’anno alla Scala <strong>di</strong> Milano ad un fiasco<br />

che aveva fatto epoca (soprattutto in virtù dell’accusa <strong>di</strong> eccessivo wagnerismo),<br />

il compositore-librettista aveva lavorato completamente solo e sempre su<br />

suo testo e musica l’opera era andata <strong>di</strong> nuovo in scena nel 1875 al Comunale <strong>di</strong><br />

Bologna in un’e<strong>di</strong>zione ampiamente rimaneggiata e più misurata, ottenendo, in<br />

tale occasione, un in<strong>di</strong>scusso successo. Dell’impegno intenso con cui Boito stava<br />

lavorando alla nuova versione, <strong>Gualdo</strong> aveva informato François Coppée,<br />

scrivendogli che l’amico era “très occupé & toujours plus sérieux” in vista della<br />

prima “à Bologne au mois de novembre”; 162 allo stesso destinatario egli annuncerà,<br />

inoltre, il 18 ottobre successivo (la rappresentazione era stata, a quanto pare,<br />

anticipata al 5 ottobre), <strong>di</strong> aver assistito “avec joie au très grand success du<br />

Mefistofele de Boito” 163 per poi aggiungere, infine, – dopo aver scherzato con il<br />

suo corrispondente raccontando <strong>di</strong> esser rimasto bloccato in teatro otto ore circondato<br />

da numerose donne tutte folli <strong>di</strong> lui – in tono meno lu<strong>di</strong>co:<br />

Sérieusement le succès (pas le mien) a été un véritable triomphe & ceux qui hier<br />

encore injuriaient Boito se roulent dans la poussière à ses pieds. Les ennemis les plus<br />

acharnés sont presque réduits au silence. Le fait est que, poème et musique, c’est tout<br />

simplement un chef d’oeuvre. J’ai fait un article que je viens d’envoyer à Claretie,<br />

auquel j’en avais parlé à Paris. Il s’empressera, je suppose, de ne pas le publier, malgré<br />

toutes ses promesses. 164<br />

Difatti non si ha nessuna notizia del saggio gual<strong>di</strong>ano in Francia, mentre in<br />

Italia la recensione è apparsa, come si è anticipato, nell’appen<strong>di</strong>ce de «Il Pungolo»<br />

un anno e mezzo più tar<strong>di</strong>, nell’aprile 1877: tornando dall’esecuzione <strong>di</strong> Torino<br />

l’autore aveva consegnato l’articolo alla redazione della rivista; in mancanza<br />

<strong>di</strong> spazio la pubblicazione era stata ritardata per mesi fino a quando,<br />

all’indomani dell’ennesimo trionfo dell’opera boitiana, a Roma, il <strong>di</strong>rettore del<br />

161 L. GUALDO., Il Mefistofele, cit.<br />

162 Lettera s.d., ma risalente al 1875 (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 201).<br />

163 Ivi, p. 208.<br />

164 Ibidem.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

perio<strong>di</strong>co aveva deciso <strong>di</strong> dare alle stampe le più che mai attuali pagine <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>. Al loro interno, premettendo <strong>di</strong> non essere un esperto in materia musicale,<br />

il giornalista riferisce che si limiterà ad esporre le proprie impressioni sul<br />

Mefistofele che, personalmente aveva apprezzato anche nella prima versione,<br />

cui <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver assistito <strong>di</strong>eci anni ad<strong>di</strong>etro – in coerenza con quanto si evince<br />

anche dai vari suoi carteggi – schierandosi con quella parte <strong>di</strong> pubblico che già<br />

all’epoca aveva riscontrato nell’opera “bellezze sublimi” in grado <strong>di</strong> suscitare<br />

gran<strong>di</strong> emozioni, <strong>di</strong>venute, tuttavia, nella seconda redazione, più complete, più<br />

forti. Parimenti al primo, l’attuale Mefistofele conserva intatta la sua “forma<br />

scultoria” e si configura come “un’opera universale”, che non ha scuola e non<br />

ha nazione, che non pretende un pubblico speciale essendo un opera vera, ed in<br />

quanto tale “non può che piacere dovunque”. Elogiando l’armonia del <strong>di</strong>segno<br />

dell’opera, la grande eleganza e la logica che la governa, <strong>Gualdo</strong> sostiene che:<br />

L’idea <strong>di</strong> musicare il poema <strong>di</strong> Goethe è un’idea straor<strong>di</strong>naria, solamente nel concepirla.<br />

Nel vasto ciclo Goethiano, Fausto è il dubbio – è Prometeo – è Giobbe. – È<br />

l’uomo in una parola; l’uomo coi suoi dubbi, colle sue febbri, colle sue impotenze, che<br />

cerca alla scienza e all’arte il vero e lo trova nel bello […]. 165<br />

Quello <strong>di</strong> Faust rappresentava un mito caro agli Scapigliati 166 e quin<strong>di</strong> anche<br />

al giovane <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, affine per certi aspetti alla concezione poetica <strong>di</strong><br />

questi artisti soprattutto negli anni delle prime prove narrative. Nella sua raccolta<br />

<strong>di</strong> Novelle – e<strong>di</strong>ta per la prima volta, significativamente, nello stesso anno del<br />

primo Mefistofele, il 1868 – egli introduce il motivo dell’Arte “come supremo<br />

compimento delle aspirazioni umane, superiore anche al sentimento amoroso”<br />

167 e lo ripropone, narrazione dopo narrazione, confondendo spesso i confini<br />

tra vita e letteratura in un continuo riba<strong>di</strong>mento della bontà delle sole esistenze<br />

dominate dall’Arte, approdo e salvezza <strong>di</strong> ogni uomo, ma al tempo stesso sua<br />

gran rivale. Nel secondo racconto della serie, Il viaggio del Duca Giorgio, il<br />

protagonista tenta <strong>di</strong> sfuggire alla noia esistenziale della propria vuota ed ari-<br />

165 L. GUALDO, Il Mefistofele, cit.<br />

166 Cfr. l’introduzione a La Scapigliatura e il 6 febbrajo, in cui Cletto Arrighi – nel 1862 –<br />

parlava della forte affinità tra Mefistofele e la Scapigliatura in quanto entrambi composti <strong>di</strong> due<br />

aspetti intimamente connessi, il buono e il cattivo. Il programma poetico <strong>di</strong> Arrighi è oggi consultabile<br />

in AA. VV., Manifesti dei movimenti post-romantici, a cura <strong>di</strong> A. Pupino, <strong>Napoli</strong>, De<br />

Simone, 1984, pp. 52-54.<br />

167 M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza, cit., p. 43.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

stocratica vita rifugiandosi in incognito in Spagna; nel descrivere l’abitazione –<br />

un tempo della sua nuova compagna, Paquita – <strong>di</strong> cui Giorgio <strong>di</strong> Westford sta<br />

per prendere possesso, <strong>Gualdo</strong> si richiama in maniera esplicita al mefistofelico<br />

ciclo goethiano e lo fa proprio quando – attraverso l’uso dell’immaginazione, in<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un mondo <strong>di</strong> sogno evasivo ed alternativo alla realtà – il non più<br />

nobile personaggio sta per effettuare il suo primo ingresso all’interno della casa,<br />

ovvero proprio nel momento in cui è sul punto <strong>di</strong> attuarsi, nella <strong>di</strong>namica della<br />

novella, il “ritorno ad un mitico passato”: 168<br />

Pensate all’impressione <strong>di</strong> Faust che per la prima volta entra nella stanza <strong>di</strong> Margherita;<br />

invece della semplicità tedesca imaginate il pittoresco spagnolo, invece<br />

dell’arcolaio un lavoro in lana a colori vivacissimi e una ghitarra; invece del letticciolo<br />

bianco, dei mobili lucenti e dello specchietto accuratamente ripulito dell’eroina <strong>di</strong> Goethe,<br />

un’alcova semichiusa da una tenda <strong>di</strong> lana bruna e rossa, nell’ombra dalla quale si<br />

travede una palma, una Madonna ed una candela benedetta; […]. 169<br />

Il richiamo a Goethe prosegue, poco oltre, nella descrizione dell’emozione<br />

che spinge Giorgio – “provava per Paquita una passione capricciosa, ma forte e<br />

non mai provata. Se Mefistofele gli fosse stato vicino gli avrebbe detto come<br />

Faust: «Ve<strong>di</strong> quella fanciulla? Io la voglio»” 170 – verso la giovane donna spagnola.<br />

Se letta alla luce delle affermazioni espresse nella recensione all’opera <strong>di</strong><br />

Boito (Fausto è l’uomo che cerca alla scienza e all’arte il vero e lo trova nel<br />

bello), l’insistenza da parte del narratore su questo mito come frequente termine<br />

<strong>di</strong> paragone all’interno <strong>di</strong> una novella, e più in generale <strong>di</strong> una raccolta, in cui<br />

l’Arte e il Bello (soprattutto in Narcisa) assumono quasi una funzione salvifica<br />

rispetto alla trivialità della vita quoti<strong>di</strong>ana, risulterebbe decisamente avvalorata<br />

la tesi sostenuta da Giovanna Rosa, secondo la quale il recupero da parte alcuni<br />

esponenti della bohème ambrosiana tardottocentesca – <strong>Gualdo</strong> e Dossi in primis<br />

– <strong>di</strong> quel “patrimonio <strong>di</strong> temi e figure caro all’oltranzismo romantico” non è fine<br />

a se stesso, ma ha in realtà per scopo la “riven<strong>di</strong>cazione dell’autonomia artistica”<br />

e la “esaltazione della fantasia inventiva” in chiara opposizione all’affermarsi<br />

del metodo scientifico applicato dai naturalisti anche all’ambito letterario<br />

e alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> un “clima positivo” ra<strong>di</strong>catosi a tal punto in quegli anni nel<br />

mondo della carta stampata che ad<strong>di</strong>rittura alcune delle maggiori case e<strong>di</strong>trici<br />

168 Ibidem.<br />

169 L. GUALDO, Il viaggio del Duca Giorgio, in Romanzi e Novelle, cit., p. 89.<br />

170 Ivi, p. 97.<br />

240


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

dell’epoca (Treves e Sonzogno) avevano previsto significativi ampliamenti delle<br />

proprie collane nelle aree <strong>di</strong>sciplinari più tecniche. 171<br />

Nella seconda parte dell’articolo de<strong>di</strong>cato al Mefistofele, <strong>Gualdo</strong> focalizza<br />

la sua recensione sull’opera vera e propria, ribadendo con forza l’originalità del<br />

lavoro compiuto da Boito e passando in rassegna i punti salienti dei quattro atti<br />

che lo compongono: nel primo <strong>di</strong> essi, infatti, egli sottolinea l’importanza accre<strong>di</strong>tata<br />

all’aspetto filosofico, attraverso cui l’autore è riuscito arduamente a<br />

scostarsi “dal tipo <strong>di</strong> Gounod”; nel secondo, invece, viene messo in evidenza il<br />

contrasto eccellentemente delineato dal librettista-musicista, tra la rozza passione<br />

<strong>di</strong> Margherita e la passione sensuale <strong>di</strong> Faust, senza ricorrere a “nessuna imitazione,<br />

qui dove l’imitazione sarebbe giustificata”; nel terzo, inoltre, considerato<br />

dal giornalista il migliore atto, l’ottima sintesi tra melo<strong>di</strong>a e testo è in grado<br />

<strong>di</strong> rendere un effetto paragonabile ad un “concetto <strong>di</strong> Victor Hugo”; nel quarto,<br />

infine, la morte <strong>di</strong> Faust viene in<strong>di</strong>viduata come della chiusa filosofica e al<br />

tempo stesso artistica del poema, in cui “leggiadria e purezza <strong>di</strong> linee” costituiscono<br />

“la prova del potente genio <strong>di</strong> assimilazione <strong>di</strong> Boito”. 172<br />

Grande importanza è poi attribuita da <strong>Gualdo</strong> anche a romanze e balletti,<br />

ma soprattutto alla musica che, parnassianamente, “è imperniata in Elena; è tutta<br />

eleganza, tutta un poema: un’ode <strong>di</strong> Callimaco, una statua <strong>di</strong> Fi<strong>di</strong>a”. Me<strong>di</strong>ante<br />

la musica del Mefistofele “la poesia classica si fonde nella poesia romantica<br />

in un tutto d’amore, dal quale nasce l’arte nuova”; 173 soprattutto per quest’ultimo<br />

motivo la composizione boitiana non può e non deve più oltre essere accusata<br />

<strong>di</strong> eccessiva affinità (ed ere<strong>di</strong>tà) con la musica <strong>di</strong> Wagner, anche perché, al<br />

suo opposto, essa si fonda eminentemente sulla melo<strong>di</strong>a ed è, parimenti alle sue<br />

pagine più sublimi – sostiene il recensore <strong>di</strong>chiarando che si tratta del suo maggior<br />

elogio – musica <strong>di</strong> Boito, personalissima, innovativa, originale. Tuttavia<br />

questo resterà il primo caso in Italia, e l’unico in Boito – eccezion fatta, parzialmente,<br />

per il Nerone – <strong>di</strong> un solo ed esclusivo autore per libretto e partitura;<br />

poeta-musicista per eccellenza, egli aveva aspirato alla ricomposizione della<br />

collaborazione tra le arti, come più non accadeva dai tempi della trage<strong>di</strong>a greca.<br />

Nell’analizzare il Mefistofele Ghislanzoni aveva intuito il concretizzarsi <strong>di</strong> questa<br />

teoria boitiana (con cui si potrebbe motivare anche la sperimentazione me-<br />

171 G. ROSA, Il conflitto arte-scienza, in La narrativa scapigliata, cit., pp. 20-21.<br />

172 L. GUALDO, Il Mefistofele, cit.<br />

173 Ibidem.<br />

241


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

trica) già a partire dalla prima redazione dell’opera, così come si evince da un<br />

suo giu<strong>di</strong>zio apparso sulla «Gazzetta musicale» nel febbraio 1868:<br />

Nello spirito del giovane artista la poesia e la musica devono essere generate ad un<br />

armonioso accordo; sarei anzi per credere che il concetto sinfonico abbia preceduto il<br />

melodramma e nei molti punti ispirato le scene e suggerita la forma del verso. 174<br />

Ere<strong>di</strong>tata una simile attitu<strong>di</strong>ne dai simbolisti francesi, ma soprattutto grazie<br />

alla sua formazione in conservatorio, Boito aveva mirato, attraverso un accorto<br />

e ar<strong>di</strong>tissimo uso della rima e del metro, a <strong>di</strong>ssolvere la parola in suono; sua intimo<br />

desiderio era la creazione <strong>di</strong> un nuovo linguaggio, alternativo a quello tra<strong>di</strong>zionale,<br />

me<strong>di</strong>ante l’interferenza e l’ampliamento dei limiti <strong>degli</strong> stessi linguaggi<br />

artistici. Come sostiene Giovanna Scarsi “il Mefistofele […] è l’attuazione<br />

della vocazione insita nei versi. Il modello estetico <strong>di</strong> dualismo è già tutto<br />

moderno, fondato sulla <strong>di</strong>ssoluzione della poesia in musica, attraverso la ricerca<br />

<strong>di</strong> forme aperte opposte a quelle chiuse della tra<strong>di</strong>zione”: 175 portando avanti tale<br />

tipologia <strong>di</strong> ricerca, Boito aveva imparato a trattare la parola come strumento il<br />

cui fine ultimo era la musica, facendo in modo che a sua volta quest’ultima venisse<br />

in naturale soccorso a suffragare il <strong>di</strong>scorso logico. Anche quando, successivamente,<br />

egli cesserà <strong>di</strong> occuparsi unitamente <strong>di</strong> libretto e partitura ed opererà<br />

in collaborazione quasi esclusiva con Giuseppe Ver<strong>di</strong>, cercherà sempre una<br />

sintesi perfetta tra l’elemento plastico-visivo e quello verbale-poetico, senza<br />

mai escludere anche quello fonico-musicale.<br />

Nel lavorare, infatti, con il Maestro – per il quale scrive i testi dell'Otello e<br />

del Falstaff (entrambi da Shakespeare) e mo<strong>di</strong>fica notevolmente il Simon Boccanegra<br />

(in origine redatto da Piave) – Boito aveva continuato a perseguire i<br />

propri ideali artistici sicché, nella collaborazione con Ver<strong>di</strong>, mai il lavoro<br />

dell’uno risultò sottomesso a quello dell’altro, ma continuò ad assolvere al tacito<br />

e preventivo accordo <strong>di</strong> reciproco ed intenzionale adattamento <strong>di</strong> un’arte a<br />

quella altrui, con il soccorso e la traduzione della musica in poesia e della poesia<br />

in musica. Dimentichi entrambi delle acute <strong>di</strong>vergenze sorte nel 1863 a causa<br />

<strong>di</strong> un’ode offensiva (Alla salute dell'Arte Italiana), tra i due compositori, oltre<br />

alla rispettiva stima, era nata nel corso del tempo anche una profonda e sin-<br />

174 A. GHISLANZONI, Sulla musica, in «Gazzetta musicale», febbraio 1868.<br />

175 G. SCARSI, Rapporto poesia-musica in Boito, Roma, Delia, 1972, p. 31.<br />

242


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

cera amicizia, fattore questo che aveva contribuito ad ottimizzare quella sinergia<br />

da cui sono scaturiti capolavori come Otello (1887) e Falstaff (1893).<br />

Scrivendo da Villa Mirabello a Varese a Giovanni Verga in Sicilia, nell’estate<br />

del 1886, <strong>Gualdo</strong> lo aveva informato che da tempo non aveva più avuto la<br />

possibilità <strong>di</strong> vedere il comune amico Boito, detto il “commendatore magro” –<br />

in opposizione al “commendatore grasso”, soprannome con cui familiarmente i<br />

due amici erano soliti riferirsi a Giuseppe Giacosa – e questo perché “è sempre<br />

impegnato in delittuose conversazioni con Ver<strong>di</strong> a proposito dell’Otello che<br />

sembra proprio verrà rappresentato nell’inverno”. 176 Difatti, la prima dell’opera<br />

ebbe luogo alla Scala il 5 febbraio 1887; <strong>Gualdo</strong>, che era presente – e che in tale<br />

occasione aveva procurato, con l’ausilio anche <strong>di</strong> Giacosa, un biglietto per la<br />

Duse nel teatro al gran completo – allo strepitoso successo, aveva commentato<br />

con entusiasmo l’esito della rappresentazione in<strong>di</strong>rizzando una lettera all’amico<br />

francese Montesquiou, al quale aveva anche raccontato del grande afflusso <strong>di</strong><br />

stranieri giunti a Milano in occasione dell’evento operistico:<br />

Je ne suis pas mort ainsi que vous pourriez le croire. Tout a eu lieu, même la première<br />

d’Otello, qui a été un colossal triomphe. Tout aura lieu, même La seconde représentation<br />

qu’on attend depuis plusieurs jours et qui est retardée par la mala<strong>di</strong>e du Moor<br />

of Venice en personne. Beaucoup de monde est arrivé de Paris ; quelques.uns sont déjà<br />

repartis, d’autres restent ou viendront. 177<br />

All’interno dello stesso messaggio – nel cui post scriptum veniva riba<strong>di</strong>to<br />

che “Otello est un chef-d’oeuvre” – <strong>Gualdo</strong> aveva inoltre narrato al conte Robert<br />

<strong>di</strong> aver fatto la conoscenza, e <strong>di</strong> aver ricevuto un’ottima impressione, in occasione<br />

della prima, del critico musicale della «Revue des deux mondes» Camille<br />

Bellaigue, all’epoca già intimo amico del librettista italiano, anche se, nella<br />

loro corrispondenza, il nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> appare per la prima volta (l’unica altra<br />

menzione è relativa ai giorni della morte del milanese quando Boito scriverà<br />

al critico francese: “Mon paure ami <strong>Gualdo</strong> a fini de souffrir: c’étatit un noble<br />

esprit et un coeur fidele”) 178 in una testimonianza piuttosto tarda: tale lettera,<br />

176<br />

Lettera X<strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giovanni Verga s.d. [ma 4 agosto 1886] in G. RAYA,<br />

Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 135.<br />

177<br />

Lettera XX<strong>II</strong>I datata “Milan, 11 février [1887]”, in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 343.<br />

178<br />

A. BOITO, Lettere, raccolte ed annotate da Raffaello de Rensis, Roma, Novissima,<br />

1932, p. 321.<br />

243


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

risalente al 7 gennaio 1897, contiene un interessante giu<strong>di</strong>zio sull’amico cosmopolita<br />

unito al rimpianto per la per<strong>di</strong>ta, seppur parziale (negli anni in cui la<br />

sua malattia era ormai in stato avanzato) del suo acume e della sua capacità <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> un tempo:<br />

Mon cher Bellaigue,<br />

[…] sono contento che abbiate conosciuto il mio buon amico <strong>Gualdo</strong>. Quando era<br />

sano e forte era fra gli esseri più spirituali e spirituels che si potessero conoscere; aveva<br />

un senso critico dei più acuti ed arguti; l’avete incontrato tar<strong>di</strong>. 179<br />

Boito si trovava a Parigi nei giorni in cui <strong>Gualdo</strong> era stato colpito dalla paralisi<br />

alle gambe, in quanto impegnato in città per l’imminente messa in scena<br />

del suo Otello, alla cui versione da rappresentare Oltralpe egli lavorava almeno<br />

dai tempi della prima milanese alla Scala (“Boito lavora come un cane a tradurre<br />

l’Otello in francese; poi, credo, in tutte le lingue, compreso il sanscrito” 180<br />

comunica scherzosamente <strong>Gualdo</strong> a Verga nel gennaio 1887). Di poco successiva<br />

al primo ritorno in Italia, dopo il definitivo aggravarsi della malattia, è una<br />

lettera scritta da <strong>Gualdo</strong> a Mallarmé – lettera erroneamente datata da Carl Paul<br />

Barbier, per illegibilità del timbro postale, “24 Novembre? 1894”, ma <strong>di</strong> sicuro<br />

risalente al mese <strong>di</strong> ottobre – contenente entusiastiche parole a proposito delle<br />

opere <strong>di</strong> Boito e della loro messa in scena in Francia all’Opèra Comique:<br />

Boito est revenu de Paris, enchante de nouveau & grand succès d’Othello. C’est<br />

un grand succès officiel ; il me semble toutefois que l’opéra a plu moins que Falstaff.<br />

Mais quel double miracle de la part de Ver<strong>di</strong> que ces deux triomphes se suivant si<br />

près! 181<br />

La collaborazione <strong>di</strong> Boito con il Maestro aveva avuto seguito, come si è<br />

accennato, dopo l’Otello del 1887, sei anni più tar<strong>di</strong> con il Falstaff. Con queste<br />

due esperienze l’attività <strong>di</strong> Boito come librettista – che già per il passato aveva<br />

composto testi per i compositori Faccio, Catalani, Ponchielli, Mancinelli, Coronaro,<br />

San Germano, Palumbo e Dominiceti – aveva raggiunto livelli altissimi<br />

riuscendo a creare un rapporto tra parola e musica capace <strong>di</strong> oltrepassare la<br />

179 Ibidem.<br />

180 G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 137. Lettera XIV.<br />

181 C. P. BARBIER, Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, 1879-94, in Documents Stéphane Mallarmé,<br />

v. I, Paris, Nizet, 1985, p. 107. Lettera VI.<br />

244


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

traccia drammatica in vista <strong>di</strong> “una vera e propria compenetrazione stilistica dei<br />

due linguaggi”. 182 In effetti l’esito trionfale del Falstaff alla Scala, il 9 febbraio<br />

1893, aveva condotto Ver<strong>di</strong> a trascinare con sé sul palcoscenico del teatro, acclamato<br />

dal pubblico, l’amico Boito perché in quest’opera la sua poesia, melo<strong>di</strong>a<br />

essa stessa, aveva raggiunto “l’estremo della tendenza sua a trascendere i<br />

limiti della parola, per trasformarsi, appunto, in musica”. 183<br />

Avendo lavorato alla traduzione francese dell’opera, con l’ausilio <strong>di</strong> Paul<br />

Solanges, il librettista milanese era poi riuscito nel suo intento <strong>di</strong> far dare il Falstaff<br />

– come si è visto nel poc’anzi citato documento epistolare in<strong>di</strong>rizzato a<br />

Sthéphane Mallarmé – a Parigi, seppure non senza qualche preventiva <strong>di</strong>fficoltà,<br />

come testimonia una lettera poco chiara dello stesso <strong>Gualdo</strong> a Boito: “Mi pare<br />

non si <strong>di</strong>a il Falstaff una meretrice. Li ci deve entrare la perniciosa influenza<br />

<strong>di</strong> S. Maurel partito per la Germania”. 184 Il messaggio, che a quanto pare non<br />

dev’esser stato riletto dal mittente, manca evidentemente <strong>di</strong> qualche membro <strong>di</strong><br />

frase tra i termini “Falstaff” e “una meretrice”; ad accrescere ancor <strong>di</strong> più la sua<br />

<strong>di</strong>fficoltà interpretativa contribuisce, inoltre, la presenza del nome piuntato “S.”<br />

(che secondo Pierre de Montera potrebbe alludere a Solanges, a Souchon o a<br />

Sardou), mentre meno oscura è, nel finale, l’allusione all’attore Vittorio Maurel,<br />

già interprete, per la coppia Boito-Ver<strong>di</strong>, del ruolo Iago nell’Otello.<br />

Ad ogni modo appare chiaro che qualche imprevisto avesse causato lo slittamento<br />

della rappresentazione dell’opera a teatro, come conferma una lettera,<br />

sempre <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, dello stesso periodo a sua cugina Giulietta: “Quì non si è<br />

parlato più <strong>di</strong> dare il Falstaff; ora Boito mi scrive invece che è deciso rappresentarlo<br />

in primavera all’Opéra Comique. Ciò ho sentito anche dalla moglie e<br />

dalla figlia <strong>di</strong> Maurel, che ebbi la sventura d’incontrare […]”. 185 Ed infatti<br />

l’opera verrà portata in scena a Parigi soltanto l’anno seguente, per poi toccare<br />

gran parte dei teatri <strong>di</strong> Francia ed essere rappresentata, prima <strong>di</strong> giungere infine<br />

in Italia, anche ad Aix en Provence, citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> villeggiatura del sud del paese<br />

in cui <strong>Gualdo</strong> era solito trascorrere l’estate 186 e da dove scriveva alla fine del<br />

182<br />

R. RADICE, Introduzione a E. DUSE – A. BOITO, Lettere d’amore, cit., p. XV.<br />

183<br />

P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 592.<br />

184<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 304. Lettera 3 ad Arrigo Boito con bollo postale<br />

sulla busta in<strong>di</strong>cante Paris, 10 novembre 1893.<br />

185<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.2(10). Lettera del 22 novembre 1893.<br />

186<br />

Soprattutto negli anni che vanno dal 1894 al 1898, quando cioè i suoi spostamenti erano<br />

vincolati dalla paralisi alle gambe, <strong>Gualdo</strong> trascorrerà puntualmente, in quella che nelle sue<br />

lettere dell’epoca viene appellata “l’infame Aix”, tutti i mesi estivi, costretto ad allontanarsi da<br />

245


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

luglio 1894, sempre alla marchesa Litta Mo<strong>di</strong>gnani, affinché invitasse anche<br />

suo figlio Giuseppe ad assistere allo spettacolo quando la tournée sarebbe giunta<br />

nei pressi <strong>di</strong> Villa Mirabello:<br />

Quì pure il Falstaff va in scena dopo domani. Domani c’è la prova generale con la<br />

stessa compagnia <strong>di</strong> Parigi – meno Maurel, rimpiazzato da Forgerès che certo lo vale.<br />

Dovreste far venire il Peppino a Varese per la prima rappresentazione. 187<br />

Non è noto, mancando le sue risposte nel carteggio con il cugino, se effettivamente<br />

Giulietta si sia recata a vedere l’opera boitiana a Varese; tuttavia dai<br />

successivi messaggi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> si evince che essa aveva continuato a riscuotere<br />

incre<strong>di</strong>bili successi – persino oltreoceano – e che la marchesa l’aveva applau<strong>di</strong>ta<br />

a Milano nel gennaio 1896:<br />

A proposito <strong>di</strong> Falstaff, e del suo nuovo grande successo al Dal Verme, <strong>di</strong> cui mi<br />

parli – ho visto un giorno dai Barbavara, M.me Maurel che mi <strong>di</strong>sse che suo marito,<br />

attualmente a New York e <strong>di</strong>ce lei più che mai in voce, trionfa principalmente in<br />

quell’opera <strong>di</strong> cui il pubblico va più pazzo che mai”. 188<br />

Risalgono allo stesso periodo le ultime lettere che <strong>Gualdo</strong> aveva in<strong>di</strong>rizzato<br />

a Boito, mettendolo al corrente dei suoi immensi sforzi nel tentativo <strong>di</strong> riprendere<br />

l’attività narrativa, abbandonata da tempo a causa del grave male che lo attanagliava.<br />

Il ricordo dell’amico, del suo infaticabile attaccamento al lavoro,<br />

coltivato con costanza ed indefessitu<strong>di</strong>ne, costituiva per lui un decisivo incentivo<br />

in quegli anni in cui, infermo nel corpo e depresso nel morale, anche la sua<br />

brillante intelligenza aveva subito i duri colpi inferti dalle sempre più frequenti<br />

crisi epilettiche: “penso a te costantemente”, scriveva al caro Arrigo nell’ottobre<br />

’95, “cioè ogni volta che dovrei scrivere, il che vuol <strong>di</strong>re più volte al giorno”,<br />

ma contestualmente gli comunica che non passa istante in cui non si senta<br />

avvilito per la sua con<strong>di</strong>zione, cercando <strong>di</strong> “scongiurare questa jettatura che da<br />

infinito tempo mi opprime, e dalla quale ho abbastanza a un punto che non so<br />

ridere”. 189 Come si legge nel testamento apparso sul «Corriere della Sera», 190<br />

Parigi al seguito dell’amico me<strong>di</strong>co Barbavara che si recava sempre in Provenza in quel periodo<br />

dell’anno e che per <strong>di</strong> più riteneva molto salutare per il malato le cure termali <strong>di</strong> Aix-les-bains.<br />

187<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss, b.2(18). Lettera del 29 luglio 1894.<br />

188<br />

Ivi, b.3(28). Documento del 15 gennaio 1896.<br />

189<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 307. Lettera 6 a Boito.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

con cui tramandava a Boito la sua penna, <strong>Gualdo</strong> lasciò, morendo a Parigi il 15<br />

maggio 1898, soltanto una novella incompiuta (pare che avesse <strong>di</strong>strutto altri<br />

tentativi compiuti negli ultimi anni), 191 <strong>di</strong> cui si è persa ogni traccia. Ben altra<br />

mole <strong>di</strong> lavori, tra ine<strong>di</strong>ti e incompiuti, sarà quella affidata vent’anni più tar<strong>di</strong><br />

da Boito al suo erede, il senatore <strong>Luigi</strong> Albertini, marito <strong>di</strong> Piera, secondogenita<br />

<strong>di</strong> Giuseppe Giacosa. Nella generica designazione <strong>di</strong> opere ine<strong>di</strong>te, sostiene Piero<br />

Nar<strong>di</strong>, rientrava anche il Nerone, che non figurava altrimenti menzionato nel<br />

testamento, né <strong>di</strong>rettamente né in<strong>di</strong>rettamente. 192 Il libretto del Nerone, unica<br />

altra opera oltre al Mefistofele che l’autore decise <strong>di</strong> musicare personalmente,<br />

era il frutto <strong>di</strong> un gigantesco lavoro costruito su migliaia e migliaia <strong>di</strong> appunti,<br />

taccuini, minuziose ricerche che accompagnarono una lentissima gestazione che<br />

accompagnò larga parte dell’esistenza <strong>di</strong> Boito attraverso infinite ricerche, pazienti<br />

limature, desiderio <strong>di</strong> creazione <strong>di</strong> una musica nuova. Già nel 1884 <strong>Gualdo</strong><br />

scriveva da Milano a Coppée per informarlo che “Boito continue à travailler<br />

énormement à ne pas finir son Nerone”, 193 quel Nerone <strong>di</strong> cui aveva parlato per<br />

la prima volta a suo fratello Camillo a soli vent’anni. Nel corso del tempo era<br />

sorto quasi un mito intorno a quest’eterna tela <strong>di</strong> Penelope; nessuno riteneva<br />

possibile poter vedere un giorno scritta al suo termine la parola fine tanto che<br />

Gégé Primoli annotò nel suo Journal intime in data 28 maggio 1889:<br />

Invité a dîner Matilde Serao, Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> et<br />

Fer<strong>di</strong>nando Martini. Les se fondent bien entr’eux et l’on pourrait organiser des dîner<br />

sur cette base. L’auteur de Mefistofele travaille depuis vingt ans à son Nerone qu’il ne<br />

se decise pas d’achever: aussi, sur le menu parmi les vins j’avais écrit:<br />

Nerone del 1900. 194<br />

In effetti, la previsione del conte Primoli era andata quasi a segno poiché il<br />

libretto della trage<strong>di</strong>a sarà pubblicato non proprio nel 1900, bensì nel 1901;<br />

190 –, Il testamento <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Corriere della sera», 18-19 maggio 1898.<br />

191 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss, b.3(26), del 27 nov. 95: “Ho fatto una novella che però<br />

non è riuscita e che finora sta riposando prima <strong>di</strong> esser buttata via – e ho anche cominciato<br />

una cosa più lunga, che andrà molto adagio”. Tre anni più tar<strong>di</strong>, dal suo testamento, si evincerà<br />

che: “Le carte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> rimasero in Italia; qui [a Parigi] lasciò solo una novella incompleta”.<br />

192 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 720.<br />

193 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 237. Lettera XIV a Coppée.<br />

194 J. N. PRIMOLI, Pages iné<strong>di</strong>tes, raccueilles, présentées et annotées par Marcello Spa-<br />

ziani, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura, 1959, p. 22.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

successivamente rimaneggiato, il testo rimasto incompiuto del Nerone boitiano<br />

verrà messo in scena alla Scala <strong>di</strong> Milano il 1 maggio 1924 da Arturo Toscanini,<br />

dopo averne ultimato l’instrumentazione. Ultima tappa <strong>di</strong> quello che era stato<br />

il motivo dominante <strong>di</strong> tutto il pensiero artistico del suo autore, quella descrizione<br />

della continua lotta tra bene e male che già era assorta a protagonista del<br />

Mefistofele – dove però l’argomento proveniva dalla leggenda e dalla letteratura<br />

– il Nerone aveva visto Boito cimentarsi nella rappresentazione <strong>di</strong> un preciso<br />

periodo storico, con personaggi realmente esistiti e nella cornice dello scontro<br />

tra due civiltà, quella pagana in decadenza e quella cristiana in fioritura.<br />

In ben altro contesto, anche <strong>Gualdo</strong> aveva trattato, nella sua produzione<br />

narrativa, il tema del susseguirsi nelle sorti umane tra momenti <strong>di</strong> ascesa e terribili<br />

precipizi, ovvero, per <strong>di</strong>rla con Madrignani, tra scivolamenti “lungo un piano<br />

inclinato”: 195 il riferimento è alle vicende <strong>di</strong> Paolo Renal<strong>di</strong>, il giovane borghese<br />

aspirante (infine fallimentare) politico <strong>di</strong> Decadenza (1892), ultimo lavoro<br />

compiuto dell’autore che, in questo romanzo, come Boito nel Nerone, sembra<br />

essersi ispirato, nel ritrarre i suoi protagonisti, a persone vere. In effetti si<br />

potrebbe ipotizzare che nella costruzione della situazione familiare <strong>di</strong> Paolo,<br />

<strong>Gualdo</strong> abbia tratto ispirazione dalle vicende dei fratelli Boito: come Arrigo e<br />

Camillo (la cui produzione novellistica è stata da Guglielminetti in parte assimilata<br />

a quella gual<strong>di</strong>ana) 196 che per quasi quarant’anni avevano vissuto insieme<br />

nel palazzetto milanese <strong>di</strong> via Principe Amedeo all’angolo con via Montebello<br />

(quartierino che il maggiore Camillo aveva preso in affitto nel ’62 ed in cui fece<br />

195 C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 11.<br />

196 M. GUGLIELMINETTI, Storia della novella italiana. Genesi e generi, Lecce, Milella,<br />

1990, pp. 117-118: “[…] il racconto, come il romanzo, sia pure meno programmaticamente, sta<br />

marciando verso la scienza, quella dell’anima in specie. La conferma è sempre in ambito scapigliato.<br />

Tra le Novelle <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1868), opera prima <strong>di</strong> questo scrittore italo-francese, destinato<br />

a <strong>di</strong>venire romanziere e poeta <strong>di</strong> ben altra soli<strong>di</strong>tà e maturistà, spicca Narcisa. Racconta<br />

<strong>di</strong> una donna aristocratica bellissima, morta giovane proprio per evitare quanto aveva osservato<br />

<strong>di</strong> lei «un vecchio scienziato tedesco…, parlando ad un amico che aveva vicino, mentre la contessa<br />

passava: ‘È strano il pensare che fra poco tutta questa bellezza sparirà […]’»”. La risposta<br />

della contessa («No, dottore, vi sbagliate. Finché sarò, sarò come mi vede adesso») è eseguita<br />

nella pagina finale del racconto. La similitu<strong>di</strong>ne con il «marmo <strong>di</strong> Pigmalione che appena fatto<br />

donna ri<strong>di</strong>venna statua» è spia eloquente dell’altra componente del racconto, parnassiana ed estetizzante,<br />

laddove quella me<strong>di</strong>ca ha da <strong>di</strong>rsi positivistica e sperimentale. Una miscela non <strong>di</strong>versa<br />

si scorge sotto il più geometrico e sicuro racconto <strong>di</strong> Camillo Boito, che s’intitola Un corpo<br />

(1870), preso dalle Storielle vane, forse il capolavoro della novellistica settentrionale del secolo<br />

scorso”.<br />

248


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

poi ammobiliare una stanza per Arrigo, dopo le proprie nozze con la cugina Cecilia),<br />

197 così anche Paolo e Carlo, i fratelli della finzione letteraria, vivevano in<br />

reciproca compagnia in un piccolo alloggio dacché il minore aveva lasciato<br />

l’università 198 e che avevano continuato a <strong>di</strong>videre pure in seguito al matrimonio<br />

<strong>di</strong> Carlo, allorquando “Paolo rimase nella stessa casa, salendo ancora d’un<br />

piano, in un quartierino più piccolo, <strong>di</strong> due camere e un buggigattolo […]; Carlo<br />

con la moglie andò ad abitare nella casa fuori <strong>di</strong> porta, dove aveva lo stu<strong>di</strong>o”.<br />

199 Carlo Renal<strong>di</strong>, <strong>di</strong>fatti, aveva necessità della presenza <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o perché<br />

era un pittore, formatosi stu<strong>di</strong>ando alla scuola <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Brera; 200 similmente<br />

Camillo Boito era un architetto (prima <strong>di</strong> tutto) nonché docente <strong>di</strong> architettura<br />

e storico dell’arte figurativa, che dell’Accademia braidense era stato<br />

ad<strong>di</strong>rittura Presidente. 201 Senza voler spingere oltre questo parallelo tra realtà e<br />

finzione letteraria, dal momento che, più che a situazioni e a personaggi esterni,<br />

la Decadenza <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> “si muove in una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> progressivo investimento<br />

<strong>di</strong> natura autobiografica <strong>di</strong> quel personaggio [Paolo Renal<strong>di</strong>] all’inizio così altro<br />

da sé”, 202 certamente il ricordo della situazione familiare dei fratelli Boito si potrebbe<br />

inserire nella più generale “rielaborazione del vissuto” 203 – <strong>di</strong> un vissuto<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> narratore in cui certamente confluiscono anche le vicende legate alle<br />

sue amicizie – che pure ha tanta parte nel sistema <strong>di</strong> costruzione del romanzo.<br />

Un breve lasso <strong>di</strong> tempo – poco più <strong>di</strong> un anno e mezzo – intercorre tra<br />

l’uscita del piccolo capolavoro gual<strong>di</strong>ano ed il terribile insorgere della malattia<br />

197<br />

P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 95.<br />

198<br />

L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., p. 917.<br />

199<br />

Ivi, p. 939.<br />

200<br />

Ivi, p. 920.<br />

201<br />

P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 111.<br />

202<br />

C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 12.<br />

Il critico parla anche <strong>di</strong> “identificazione complessamente schermata” che giunge ad essere nell’ultima<br />

parte del romanzo “un’auscultazione che annulla ogni <strong>di</strong>stacco” tra narratore e personaggio.<br />

Sembrerebbe quasi che <strong>Gualdo</strong>, continua Madrignani, abbia costruito il suo protagonista,<br />

Renal<strong>di</strong>, “sullo sforzo continuato <strong>di</strong> una percezione morbosamente autanalitica che tende<br />

non tanto a ‘definire’ il personaggio (o il suo corrispettivo autobiografico) quanto a ridarcene,<br />

su un fondo <strong>di</strong> precarietà e sospensione, la ‘coscienza’”. Partendo da questa tesi, lo stu<strong>di</strong>oso<br />

ipotizza un’analogia con la “coscienza” sveviana (si ricor<strong>di</strong> che già Montale nell’articolo apparso<br />

sul «Corriere della sera» del 27 aprile 1960, aveva sottolineato una certa affinità, o meglio,<br />

quasi una continuità tra l’opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e quella <strong>di</strong> Svevo se si tiene conto che l’anno <strong>di</strong> pubblicazione<br />

<strong>di</strong> Decadenza, ultimo romanzo gual<strong>di</strong>ano, è quello stesso 1892 in cui andava in<br />

stampa Una vita, primo lavoro – tra i più gran<strong>di</strong> e noti – nella produzione del triestino).<br />

203<br />

Ibidem.<br />

249


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

che lo condannerà a soffrire “torture in<strong>di</strong>cibili” alle quali continuerà a resistere<br />

contrapponendo ad esse “la forza del pensiero” (la più tenace tra le sue energie<br />

vitali), 204 ma la presenza al fianco dell’infermo <strong>di</strong> chi, come Boito, per quasi<br />

trent’anni aveva con<strong>di</strong>viso con lui un intenso rapporto al tempo stesso confidenziale<br />

e culturale, continuerà ad essere costante. I frequenti soggiorni parigini<br />

per motivi lavorativi, in vista, ad esempio, delle messe in scena dell’Otello e del<br />

Falstaff, davano ad Arrigo la possibilità <strong>di</strong> fare spesso visita allo sfortunato amico<br />

che continuava a procrastinare il suo rientro in Italia nella speranza <strong>di</strong> una<br />

guarigione. Come scriveva, infatti, <strong>Gualdo</strong> alla cugina/confidente Giulietta:<br />

“prima <strong>di</strong> farmi sedere, <strong>di</strong> apparire <strong>di</strong> fronte al pubblico lombardo, voglio essere<br />

completamente guarito, ritornare alla vita attiva, camminare solo, riprendere<br />

la mia libertà assoluta <strong>di</strong> mosse, viaggiare tutt’al più con un unico servitore,<br />

[…], vestirmi da me, non essere più schiavo <strong>di</strong> chi mi serve, in una parola sola,<br />

risuscitare per davvero”. 205 Apparire pubblicamente a Milano, nello stato in cui<br />

versava, avrebbe rappresentato un’umiliazione troppo grande per quello spirito<br />

orgoglioso, un tempo viveur e giramondo: al suo capezzale erano ammessi (e<br />

gra<strong>di</strong>ti) soltanto intimi al pari <strong>di</strong> Boito, al quale, anche quando si trovava in<br />

con<strong>di</strong>zioni tali da non esser neppure in grado <strong>di</strong> reggere in mano una penna,<br />

<strong>Gualdo</strong> inviava proprie notizie servendosi <strong>di</strong> un tramite <strong>di</strong> eccezione, l’amico<br />

me<strong>di</strong>co Alberto Barbavara, come <strong>di</strong>mostra una lettera al ragionier Ponti, custode<br />

ed esecutore testamentario dei beni della famiglia <strong>Gualdo</strong>/Litta Mo<strong>di</strong>gnani:<br />

Il mio grande imbarazzo è quando <strong>Gualdo</strong> mi parla del domani, quando mi chiede<br />

verso che tempo sarà guarito, quanto ci sarà prima che possa uscire e poi mettersi in<br />

viaggio per Aix e poi per Milano. Come togliergli l’illusione che gli resta oggi, che gli<br />

dà coraggio, come fare ad allontanare sempre e per sempre il momento in cui non crederà<br />

più alle mie promesse? … E pure bisogna deciderlo, appena si può – e non si osa<br />

sperarlo – col viaggio per Milano. Egli non vuol partire se non ha ricuperato l’uso delle<br />

gambe, e questo mi pare impossibile prima che si sa quanto tempo – e anche in modo<br />

assai problematico e relativo.<br />

Ecco quanto avevo a <strong>di</strong>rle oggi. Comunichi queste notizie a casa Litta e agli amici<br />

Gola e Boito. 206<br />

204 –, Necrologio. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Corriere della sera», 17-18 maggio 1898.<br />

205 Fondo <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss, b.3(27). Nell’intestazione della lettera si legge soltanto, in alto<br />

a destra <strong>di</strong> c.1r, l’in<strong>di</strong>cazione del giorno; tuttavia, dal contesto, essa sembrerebbe del 1895.<br />

206 Ivi, b.5(2). Lettera ine<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Barbavara a Ponti del 22 maggio 1894. Si tratta <strong>di</strong> un bifolio<br />

in una busta intestata a: “Marchesa Litta Mo<strong>di</strong>gnani / via Pantano, 1 / Milano (Italie)”.<br />

250


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Tra gli ultimi ad aver visto il povero <strong>Gualdo</strong> poco prima della morte, come<br />

testimonia una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Giovanni Verga 207 – la stessa nella quale<br />

promette al siciliano che parteciperà anche in suo nome alle esequie del comune<br />

amico – Boito, alla stregua quasi <strong>di</strong> un fratello del defunto, invierà (caso esclusivo<br />

tra le carte del Fondo <strong>Gualdo</strong>, insieme a quello del pittore Emilio Gola)<br />

una sentita lettera <strong>di</strong> condoglianze per la scomparsa del cugino a Giulietta Litta<br />

Mo<strong>di</strong>gnani alla quale rivolge “una parola <strong>di</strong> profondo rimpianto” unendosi al<br />

suo dolore con grande intensità perché se “Lei ha perduto un parente, io un amatissimo<br />

compagno della mia vita”. 208 Solo ad un così intimo e fedele amico,<br />

suo confratello nella religione dell’Arte, <strong>Gualdo</strong> avrebbe potuto de<strong>di</strong>care (perché,<br />

a detta <strong>di</strong> Guglielminetti, l’unico fra i poeti italiani che avrebbe potuto accettarne<br />

le suggestioni) un ritratto femminile in versi intriso <strong>di</strong> escursioni nelle<br />

tematiche ar<strong>di</strong>te e scandalose dell’inglese Swinburne: 209 si tratta del componimento<br />

X<strong>II</strong>I delle Nostalgie, tra le poche rime gual<strong>di</strong>ane apprezzate da Croce, 210<br />

dal titolo “Atarah, ad Arrigo Boito”, descrizione <strong>di</strong> una selvaggia e libi<strong>di</strong>nosa<br />

regina orientale in linea – non solo nell’esotico nome <strong>di</strong> origine ebraica, che<br />

vuol <strong>di</strong>re “corona” – con le donne idolatrate dal suddetto poeta britannico che, a<br />

sua volta, aveva cantato una Atarah nella Masque of Queen Bersabe esaltandone<br />

il volto “made faint the face of man” e la potenza seduttiva “bound between<br />

her brows”. 211 Secondo il più attento critico della lirica <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, il già citato<br />

Guglielminetti, che molte pagine ha de<strong>di</strong>cato allo stu<strong>di</strong>o dei versi del milanese e<br />

all’influenza esercitata su <strong>di</strong> essi dalle esperienze <strong>di</strong> Francia e Inghilterra:<br />

Persino il linguaggio salmo<strong>di</strong>ante, <strong>di</strong> cui si serve normalmente lo Swinburne per<br />

accrescere l’energia e la lusinga delle sue figure <strong>di</strong> regine in preda alla furia <strong>di</strong>struttrice<br />

<strong>di</strong> un amore sa<strong>di</strong>co, sembra in questo componimento aver fortemente impressionato il<br />

<strong>Gualdo</strong>, sì da fargli abbandonare la tessitura composita e modulata delle strofe precedenti<br />

in favore quasi <strong>di</strong> una catena <strong>di</strong> strofe, avvinte e compatte, tutte <strong>di</strong> endecasillabi a<br />

207 G. RAYA, Carteggio ine<strong>di</strong>to Verga-Arrigo Boito, in «L’Osservatore politico letterario»,<br />

a. XXVI, <strong>di</strong>cembre 1980, pp. 55-56. Lettera 11 del 21 maggio 1898.<br />

208 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 165. Lettera del 17 maggio 1898.<br />

209 M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 285.<br />

210 Sebbene ritenesse la forma inadatta alla concezione, Croce aveva ben commentato la<br />

poesia <strong>di</strong> Atarah, “la regina d’Oriente, nuova Semiramide, che dopo una furia <strong>di</strong> orge e stragi,<br />

su cumuli <strong>di</strong> morti e <strong>di</strong> rovine, con un gesto stanco, beve da una coppa <strong>di</strong> veleno” (B. CROCE,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 248-256).<br />

211 M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 285.<br />

251


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

rima baciata. L’effetto <strong>di</strong> questa nuova cadenza vorrebbe essere <strong>di</strong> malia profonda ed<br />

intensa […]. 212<br />

Difatti, i versi gual<strong>di</strong>ani del componimento Atarah, seppur non raggiungono<br />

il tono rasente la litania dello scrittore inglese, sono sapientemente costruiti<br />

per suggerire un ritmo quasi cantilenante, come ben <strong>di</strong>mostrano i versi in cui la<br />

regina orientale manifesta il suo <strong>di</strong>sprezzo nei confronti della folla entusiasta al<br />

suo passaggio e nei riguar<strong>di</strong> dell’uomo che l’ha posseduta e su cui lei stessa si è<br />

poi ven<strong>di</strong>cata compiendone l’omici<strong>di</strong>o:<br />

Ella tornava un dì da una sua vittoria<br />

Suprema cinta d’abbagliante gloria.<br />

E bella al par d’un immortal guerriera...<br />

Il suo serto splendeva nella sera<br />

Siccome un sol notturno sulla terra,<br />

E il popol suo e quello vinto in guerra<br />

Tremavano davanti al suo passaggio.<br />

Ed il ciel taceva sovra il maggio<br />

Fiorito e caldo, e la città giuliva<br />

Fiammeggiante brillava sulla riva,<br />

Accesa tutta da un delirio immane,<br />

Vivente mare fatto d’onde umane<br />

Sul re captivo ella teneva fise<br />

Le sue pupille.<br />

Ella l’amo e l’uccise. 213<br />

Boito, onoratissimo dell’omaggio dell’amico – che nel 1892 gli de<strong>di</strong>cherà<br />

anche il suo lavoro migliore, Decadenza –, fingendosi superstizioso, aveva finto<br />

<strong>di</strong> accettare malvolentieri la de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, dal momento che il componimento<br />

Atarah figurava come tre<strong>di</strong>cesimo della raccolta: un messaggio in versi<br />

del compositore milanese illustra la sua reazione; egli, scherzosamente, <strong>di</strong>chiara<br />

che avrebbe preferito veder figurare il proprio nome sotto la poesia numero do<strong>di</strong>ci,<br />

o piuttosto sotto la quattor<strong>di</strong>cesima, affinché nessun crudele avvenimento<br />

potesse incombere sul proprio destino. Purtroppo non tutta la risposta <strong>di</strong> Boito è<br />

giunta fino ai nostri giorni giacché essa è riportata nel più volte menzionato opuscolo<br />

per nozze <strong>di</strong> Dante Petaccia tirato in pochissime copie numerate nel<br />

212 Ivi, pp. 285-286.<br />

213 L. GUALDO, Atarah. Ad Arrigo Boito, in Romanzi e Novelle, cit., p. 1181.<br />

252


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

1948 e contenente una considerevole quantità <strong>di</strong> materiale gual<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> cui gli<br />

originali sono andati smarriti. 214 Ad ogni modo, attraverso tale plaquette, è possibile<br />

conoscere le prime tre strofe (che, pare, dovevano essere seguite da altre<br />

quattro) del documento boitiano in risposta alla de<strong>di</strong>ca del componimento delle<br />

Nostalgie, motivo per cui il seguente testo è databile non oltre il 1883:<br />

Amareggiare il calice<br />

Tu vuoi del mio festin.<br />

Tu vuoi colla tua de<strong>di</strong>ca<br />

Lanciar cifra male<strong>di</strong>ca<br />

Sul blando mio destin!<br />

Io temo al par dei me<strong>di</strong>ci<br />

Il rio numero tre<strong>di</strong>ci<br />

Ch’è sparso <strong>di</strong> venen.<br />

Fra i tuoi canti melo<strong>di</strong>ci<br />

Potevi offrirmi il do<strong>di</strong>ci!<br />

Ch’è lirica gentil.<br />

Oppure anche il quattor<strong>di</strong>ci<br />

Che spira venti nor<strong>di</strong>ci<br />

Nel suo funereo stil... 215<br />

Arrigo era solito scrivere lettere, anche se non esclusivamente, in versi,<br />

come testimoniano i suoi carteggi con Giovanni Verga, Vittoria Cima o con<br />

Giulio Ricor<strong>di</strong>, ma solo con gli intimi suoi – ovvero con <strong>Gualdo</strong> e, soprattutto,<br />

con Giacosa – egli indulgeva volentieri allo scherzo in versi. Peccato non poter<br />

consultare il resto del componimento e, magari, un eventuale risposta del nostro<br />

autore della presunta antiapotropaica poesia numero tre<strong>di</strong>ci. Tuttavia, per quanto<br />

mutilo della parte finale, questo testo rappresenta, una volta <strong>di</strong> più, un chiaro<br />

segno dello speciale e fraterno rapporto (sodalizio, come si è avuto modo <strong>di</strong> vedere,<br />

assolutamente non solo artistico ma costruito sulla ben più solida base <strong>di</strong><br />

214 Altre due comunicazioni in versi, s.d., intercorse tra Boito e <strong>Gualdo</strong> sono state salvate<br />

dall’oblio attraverso la pubblicazione <strong>di</strong> Petaccia; nel primo caso si tratta <strong>di</strong> una breve lirica<br />

con cui Arrigo avverte <strong>di</strong> non sapere quando riuscirà a raggiungere <strong>Gualdo</strong> e Giacosa a Torino:<br />

“Oggi dei destin miei / Non son fatto ancora dotto / E già siamo al giorno sei / È impossibil che<br />

per l’otto / Che ci è pur tanto vicino / Io mi trovi già a Torino”; nel secondo caso abbiamoinvece,<br />

una quartina con cui Boito dà appuntamento a <strong>Gualdo</strong> in una trattoria in via S. Margherita:<br />

“L’osteria del popolo / Trovasi sull’Angelo / Del breve viottolo / Dell’hotel dell’Angolo”.<br />

215 D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 7.<br />

253


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

un profondo legame amicale) che, allora, già da lunghi anni univa saldamente le<br />

vite <strong>di</strong> Boito e <strong>Gualdo</strong> e che tale sarebbe continuato ad essere fino al momento<br />

dell’ad<strong>di</strong>o al povero amico. In seguito, come tante lettere testimoniano, sarebbe<br />

sopravvissuto soltanto il ricordo <strong>di</strong> quell’unico “superstite” aspirante all’equilibrio,<br />

all’autodominio, all’armonia interiore, sicché – circondato da lutti e per<strong>di</strong>te<br />

– aveva fatto propria la massima <strong>di</strong> Velleda: “C’est pareille folie de pleurer<br />

de ce que d’ici à cent ans nous ne vivrons pas, que de pleurer de ce que nous ne<br />

vivions pas il y a cent ans”. 216<br />

4.4 Un caso <strong>di</strong> plagio: dal Mariage excentrique al Matrimonio d’un matto<br />

Nel luglio 1879 Théodore de Banville concludeva sulle pagine de «Le National»<br />

un’entusiastica recensione de<strong>di</strong>cata al Mariage Excentrique, romanzo <strong>di</strong><br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> – “un poëte italien des plus <strong>di</strong>stingués” –, con queste parole:<br />

En l'écrivant, non-seulement M. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a fait un beau livre, mais je crois<br />

qu'il a trouvé le sujet, le plan, les caractères d'une excellente comé<strong>di</strong>e moderne que, s'il<br />

le veut, il pourra très facilement approprier à la scène, et je serai très surpris si nous ne<br />

voyons pas un jour ces deux mots: Elisa Valenti se détacher magiquement sur les affiches<br />

de la Comé<strong>di</strong>e Française. 217<br />

Si sa per certo, grazie ad una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a François Coppée, che anche<br />

quest’ultimo aveva consigliato al narratore italiano <strong>di</strong> trarre un testo per il<br />

teatro dal suo ultimo romanzo (“Le charmant article”, scrive infatti l’italiano,<br />

“que l’excellent Banville a bien voulu dé<strong>di</strong>er à mon roman contenait déjà le<br />

conseil, dont vous me parlez encore, d’en tirer une pièce”), 218 ma, nonostante<br />

gli incitamenti provenienti dai vari amici del mondo delle lettere d’oltralpe,<br />

l’autore del Mariage excentrique riteneva impossibile una simile trasposizione<br />

dal momento che egli era persuaso che “personne au monde, je crois, n’a moins<br />

216<br />

P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 666.<br />

217<br />

T. DE BANVILLE, Revue dramatique et littéraire. Un mariage excentrique par <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in «Le National», 21 juillet 1879, p. 2.<br />

218<br />

Lettera V<strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée datata « Milan, 23 septembre [1879]” e pubblicata in P.<br />

DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 216.<br />

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

d’aptitude que moi pour le théâtre”. 219 Convinto che, soprattutto se il copione<br />

sarebbe stato eventualmente redatto nella sua lingua madre, avrebbe ottenuto<br />

soltanto un fiasco totale (preoccupato anche dall’ipotetica interpretazione <strong>degli</strong><br />

attori), <strong>Gualdo</strong> aveva persino valutato l’idea <strong>di</strong> stendere la sceneggiatura in<br />

francese, magari in collaborazione con qualcuno più esperto <strong>di</strong> lui in ambito<br />

drammaturgico. Tutte le sue velleità <strong>di</strong> scrivere opere da destinarsi alle scene<br />

(considerati anche i vari tentativi subito abbandonati <strong>di</strong> giovinezza), 220 comunque,<br />

non avrebbero dato alcun frutto in questo senso perché, vista la sua attitu<strong>di</strong>ne<br />

– piuttosto – per la critica teatrale, <strong>Gualdo</strong> aveva compreso i propri limiti:<br />

Je ferai un four certain – en italien sourtout, car il me semble pas dessus le marché,<br />

qu’une telle pièce ne plairait pas au public d’ici. Il y aurait trop de nuances, et les<br />

acteurs d’ailleurs ne pourraient les faire sentir. Je rencontrerais aucune <strong>di</strong>fficulté à me<br />

faire jouer, mais quel serait le résultat? Tout cela me trouble et me donne beaucoup à<br />

réfléchir. Une seule chose serait peut-être possible: écrire la pièce en français, en collaboration<br />

avec quelqu’un du métier et qui pût arriver à la faire représenter. Mais qui? 221<br />

All’epoca in cui aveva redatto la sua beneaugurante – e solo parzialmente<br />

preveggente – previsione Banville aveva commesso due soli piccoli errori: Elisa<br />

Valenti non avrebbe mai cavalcato le scene della Comé<strong>di</strong>e Française, bensì<br />

quelle dei teatri al <strong>di</strong> qua delle Alpi, ma soprattutto non sarebbe toccato, suo<br />

malgrado, a <strong>Gualdo</strong> dar vita ad un’opera drammatica tirata dal proprio romanzo<br />

perché sarebbe stato battuto sul tempo – non sappiamo se anche nell’intento –<br />

dal comme<strong>di</strong>ografo partenopeo Achille Torelli, che sembrò quasi voler prendere<br />

alla lettera il suggerimento che il poeta e critico francese aveva offerto nel<br />

suo compte rendu.<br />

Non molti anni più tar<strong>di</strong> rispetto all’articolo <strong>di</strong> Banville, nel suo stu<strong>di</strong>o del<br />

1883 relativo alla Littérature contemporaine en Italie, Amedée Roux annunciava<br />

senza mezzi termini che il drammaturgo napoletano, l’infortuné Achille Torelli<br />

“après avoir été porté aux nues, a si complétement perdu la faveur du public”.<br />

222 Dopo il precoce esor<strong>di</strong>o artistico compiuto a soli se<strong>di</strong>ci anni con l’atto<br />

219 Ibidem.<br />

220 Tra le carte giovanili <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> conservate all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano sono in effetti<br />

presenti alcuni tentativi, precocemente abortiti, <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e (in italiano).<br />

221 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 216-217.<br />

222 A. ROUX, La littérature contemporaine en Italie. Troisième période (1873-1883), Pa-<br />

ris, Plon, 1883.<br />

255


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

unico Dopo morto (1857), i successi <strong>di</strong> Una missione <strong>di</strong> donna (1863), ma soprattutto<br />

de Gli onesti (1865) e de I mariti (1867) – ai cui trionfi un importante<br />

contribuito era stato dato dalla compagnia Bellotti-Bon – Torelli non era <strong>di</strong>fatti<br />

più riuscito ad eguagliare l’altezza raggiunta con le opere giovanili. Appena<br />

ventiseienne il comme<strong>di</strong>ografo sembrava destinato ad un lento ed inesorabile<br />

declino: le opere precedenti a I mariti erano parse la naturale preparazione al<br />

capolavoro, quelle seguenti sembrarono attestare il rifugio dell’autore nella letteratura<br />

teatrale <strong>di</strong> svago, che esaltava le virtù morali e la rettitu<strong>di</strong>ne privata. 223<br />

Con la comme<strong>di</strong>a Triste realtà (1871) Torelli aveva finalmente sperato <strong>di</strong> tornare<br />

agli antichi splendori, ma, in verità, neppure la Scrollina (me<strong>di</strong>ocre comme<strong>di</strong>a<br />

tratta da un cattivo dramma) magistralmente interpretata da Eleonora Duse<br />

era riuscita a riscattare gli onori un tempo tributati al suo nome d’artista. Eppure,<br />

nonostante le poco lusinghiere parole del francese Amedée Roux, proprio<br />

pochi giorni prima che il volume <strong>di</strong> questi uscisse nelle librerie parigine, Torelli<br />

otteneva alfine, ancora una volta, il tanto agognato successo <strong>di</strong> critica e pubblico<br />

a seguito della prima partenopea del suo nuovo lavoro, la comme<strong>di</strong>a Il matrimonio<br />

<strong>di</strong> un matto.<br />

Fer<strong>di</strong>nando Martini, che aveva assistito a questa rappresentazione svoltasi<br />

al teatro Sannazaro, pur non essendo un facile lodatore, aveva osannato l’opera<br />

<strong>di</strong> Torelli in un suo articolo da Posillipo, sostenendo che in essa i <strong>di</strong>fetti risultavano<br />

largamente compensati dai pregi: una volta aver esposto l’argomento della<br />

comme<strong>di</strong>a, egli aveva incentrato il suo intervento sul carattere della trovata che<br />

gli era parso decisamente originale, sebbene lo avesse definito più originale che<br />

vero. Ebbene, imme<strong>di</strong>atamente dopo l’uscita <strong>di</strong> tale recensione, sulle pagine del<br />

«Fanfulla della domenica» veniva pubblicato un secondo articolo, a firma C. R.,<br />

inerente alla medesima opera, articolo con il quale l’autore, citando ampi passi<br />

dalle pagine del Martini, mirava a contestare come, invece, la trovata del comme<strong>di</strong>ografo<br />

napoletano non fosse affatto originale, ma fosse stata invece presa<br />

<strong>di</strong> peso dal romanzo <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Un mariage excentrique, stampato in<br />

Francia ben tre anni prima, nel 1879 e nel frattempo – aggiungeremo – tradotto<br />

in inglese (A strange marriage: story of Italian life) da Laura E. Kendall e pubblicato<br />

a New York nel 1881 da Munro, 224 prima ancora <strong>di</strong> esser volto in italia-<br />

223 AA. VV., Achille Torelli giornalista, comme<strong>di</strong>ografo, bibliotecario. Mostra bibliografica<br />

documentaria iconografica, <strong>Napoli</strong>, Bibl. Naz. “Vittorio Emanuele <strong>II</strong>I”, 1991, p. 10.<br />

224 L. GUALDO, A strange marriage: story of Italian life, tr. by Laura E. Kendall, New<br />

York, G. Munro, 1881. Si è trovata notizia dell’esistenza <strong>di</strong> questa versione inglese del testo<br />

256


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

no (Un matrimonio eccentrico) dal suo stesso autore per poi essere e<strong>di</strong>to per i<br />

tipi <strong>di</strong> Treves nel 1895. 225 L’anonimo signor C. R., che <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> essere un attento<br />

lettore della narrativa gual<strong>di</strong>ana, scrivendo alla <strong>di</strong>rezione del «Fanfulla»<br />

aveva quin<strong>di</strong> denunciato in primo luogo la propria in<strong>di</strong>gnazione:<br />

Oh, no! Niente affatto! Signor Direttore. Ed è per questo che ar<strong>di</strong>sco scriverle,<br />

sebbene io mi occupi <strong>di</strong> letteratura da semplice <strong>di</strong>lettante […].<br />

Le confesso anzi che, leggendo quell’argomento, io non credevo ai miei occhi, e<br />

per un momento dubitai non si trattasse <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> quegli strani scherzi della memoria<br />

facili ad accadere alle persone <strong>di</strong>stratte. 226<br />

La lettera, poi pubblicata sottoforma <strong>di</strong> articolo, reca in calce la data “Roma,<br />

2 ottobre 1882” e benché non si conosca l’esatta identità del mittente, appare<br />

chiaro dal testo che egli conoscesse <strong>di</strong> persona Fer<strong>di</strong>nando Martini (amico,<br />

d’altronde, dello stesso <strong>Gualdo</strong>), il quale, “dotato <strong>di</strong> una forte memoria”, sembrerebbe<br />

a suo parere aver volontariamente omesso – forse per risollevare le<br />

sorti artistiche del comme<strong>di</strong>ografo suo conterraneo – <strong>di</strong> riferire che l’argomento<br />

del Matrimonio <strong>di</strong> un matto potesse essere facilmente “scambiato” con quello<br />

del romanzo, senza dubbio precedente, del celebre autore milanese:<br />

Ammesso dunque che il Martini non abbia scambiato un argomento per un altro,<br />

bisogna riconoscere che il Torelli (e mi pare quasi impossibile) abbia tolto, <strong>di</strong> peso, la<br />

sua trovata dal romanzo <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Un Mariage excentrique, pubblicato due o tre<br />

anni fa dal Lemerre <strong>di</strong> Parigi, un romanzo che ha il torto <strong>di</strong> essere scritto in francese da<br />

un autore italiano (il <strong>Gualdo</strong> è milanese) per non contarlo fra i migliori pochi romanzi<br />

<strong>di</strong> soggetto moderno che siano stati scritti in Italia. 227<br />

L’articolo/lettera prosegue poi con un analisi dettagliata <strong>di</strong> tutti i punti in<br />

comune, che sono in tutta evidenza molto cospicui, tra le trame delle due opere,<br />

analisi che viene fatta riportando ampi passi del romanzo gual<strong>di</strong>ano cui vengono<br />

accostate scene e situazioni rappresentate nella comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Torelli. Così, se<br />

gual<strong>di</strong>ano attraverso un annuncio/recensione presente nella rubrica Weekly record of new publications<br />

della rivista <strong>di</strong> Boston «The Publishers’ Weekly» (April 16, 1881, p. 428). Un esemplare<br />

superstite è tuttora conservato negli USA presso la “Public Library of Cleveland”, in Ohio.<br />

225 ID., Un matrimonio eccentrico, Milano, Treves, 1895.<br />

226 C. R., Il matrimonio d’un matto. Nuova comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Achille Torelli, in «Il Fanfulla<br />

della domenica», 8 ottobre 1882, p. 2.<br />

227 Ibidem.<br />

257


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

“anche nel lavoro <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> la trovata è più originale che vera” 228 – come afferma<br />

nella sua analisi del Mariage anche Elisabetta De Troja, che parla <strong>di</strong> un<br />

argomento volutamente inverosimile e <strong>di</strong> maniera, dettato dall’intenzione dell’autore<br />

<strong>di</strong> puntare piuttosto l’attenzione non tanto sul montaggio, bensì sulla<br />

reazione dei personaggi <strong>di</strong> fonte ad eventi del tutto eccezionali 229 – il romanziere<br />

è stato in grado <strong>di</strong> realizzare una serie <strong>di</strong> scene descritte in maniera talmente<br />

abile che “a forza <strong>di</strong> analisi fina, delicata ingegnosa, riesce perfino a far <strong>di</strong>menticare<br />

la stranezza del suo soggetto”, 230 lo stesso non si può <strong>di</strong>re del comme<strong>di</strong>ografo<br />

partenopeo che, “pur aggiungendovi qua e là qualche cosa <strong>di</strong> suo”, 231 non<br />

è stato in grado <strong>di</strong> trasportare sulle scene la raffinatezza <strong>di</strong> quell’analisi psicologica<br />

che nel libro “si svolge con una serie crescente <strong>di</strong> piccoli fatti”. 232<br />

Nel mariage excenrique è narrata la storia <strong>di</strong> Elisa Valenti, un’adolescente<br />

che la famiglia vuole dare in sposa al ricco, ma vecchio, signor Gorletti benché<br />

la donna ami, a sua volta riamata, il giovane Giulio Bar<strong>di</strong>, amico <strong>di</strong> vecchia data,<br />

costretto per motivi economici a recarsi in In<strong>di</strong>a, da dove dapprima invia assiduamente<br />

lettere alla sua amata, cessando però poi pian piano <strong>di</strong> fornire sue<br />

notizie fino a quando ad Elisa giunge voce che egli stia per convolare, ancora<br />

all’estero, a giuste nozze; le sorti della fanciulla vengono rovesciate all’improvviso<br />

dall’arrivo <strong>di</strong> ritorno dai suoi lunghi viaggi <strong>di</strong> un terzo personaggio, il<br />

marchese Massimo d’Astorre, che si presta a sposare ‘in bianco’ la ragazza pur<br />

<strong>di</strong> sottrarla ad un matrimonio indegno; tuttavia, quelle che erano state in principio<br />

delle semplici nozze eccentriche si trasformeranno col tempo in vero legame<br />

d’amore, sentimento che alla fine trionfa nonostante il ritorno in patria <strong>di</strong><br />

Giulio, il primo innamorato della neo-marchesa.<br />

Analogamente ne Il matrimonio d’un matto vengono raccontate le sorti <strong>di</strong><br />

un’educanda appena se<strong>di</strong>cenne, Iginia Quirina-Brighi, che aveva perso la testa<br />

per un giovanotto <strong>di</strong> nome Adelchi “bello, culto, onesto, ma povero in canna”;<br />

233 la madre della signorina, a furia <strong>di</strong> menzogne e astuzie era riuscita a farsi<br />

promettere che questi non avrebbe più parlato né scritto a sua figlia alla quale<br />

228 Ibidem.<br />

229 E. DE TROJA, Quello strano matrimonio <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Rassegna della letteratura<br />

italiana», settembre-<strong>di</strong>cembre 1986, p. 546, rist. in ID., L’amico <strong>di</strong> Robert. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e<br />

la sua opera narrativa (1844-1898), cit., pp. 91-107.<br />

230 C. R., Il matrimonio d’un matto. Nuova comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Achille Torelli, cit., p. 2.<br />

231 Ivi, p. 3.<br />

232 Ibidem.<br />

233 Ivi, p. 2.<br />

258


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

la donna aveva, invece, fatto credere che Adelchi si fosse innamorato <strong>di</strong> un’altra<br />

persona. A questo punto, “precisamente” 234 come accade nel testo gual<strong>di</strong>ano,<br />

anziché Massimo compare Ippolito che, vedendo Igina “sgomenta della propria<br />

sorte, impaurita dalle nozze che aborre” 235 le giura <strong>di</strong> salvarla e si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>sponibile<br />

a qualunque risoluzione pur <strong>di</strong> fare del bene. Nel romanzo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è questo<br />

il momento in cui Elisa confessa a Massimo il suo amore per Giulio, così<br />

come “perfettissimamente, senza che manchi un pelo”, 236 nell’opera <strong>di</strong> Torelli<br />

la giovane Igina, invece <strong>di</strong> nascondere il proprio segreto a chi si era offerto <strong>di</strong><br />

trarla in salvo con un matrimonio <strong>di</strong> facciata, decide <strong>di</strong> svelare ad Ippolito la<br />

sua passione per Adelchi. La comme<strong>di</strong>a si chiude con un duetto finale che ripropone<br />

letteralmente la scena conclusiva del Mariage in cui <strong>Gualdo</strong> pone il<br />

lettore <strong>di</strong>nnanzi ad un palli<strong>di</strong>ssimo Massimo che chiede a sua moglie “Elisa,<br />

pensez-vous souvent a lui?”, domanda <strong>di</strong> fronte alla quale la donna, scoppiando<br />

in lacrime, si getta tra le sue braccia e gli professa la propria sincera devozione.<br />

La vicenda proposta da Torelli, come risulta ormai evidente, è frutto <strong>di</strong> un<br />

palese plagio, anche se va detto che nel presente raffronto tra le trame delle due<br />

opere si è dovuto necessariamente fare costante riferimento alle parole con cui<br />

lo sconosciuto C. R. ha esposto nella sua lettera al «Fanfulla» l’argomento del<br />

Matrimonio d’un matto e questo perché, allo stato attuale, risulta praticamente<br />

impossibile consultare il testo originale della comme<strong>di</strong>a, poiché, tanto in forma<br />

manoscritta quanto in quella a stampa, il suo copione è oggi praticamente introvabile:<br />

non ne esiste nessun esemplare superstite tra archivi, enti e biblioteche<br />

italiane, neppure nella sezione Lucchesi-Palli (<strong>di</strong> cui Torelli era stato <strong>di</strong>rettore<br />

dal 1897 al 1900) della Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> “Vittorio Emanuele <strong>II</strong>I”,<br />

dove sono custo<strong>di</strong>te la gran parte delle carte e dei documenti del Fondo Achille<br />

Torelli. Si aggiunga poi, altra stranezza, che il titolo de Il matrimonio d’un matto<br />

appare il più delle volte omesso negli elenchi delle opere del comme<strong>di</strong>ografo,<br />

ivi comprese le monografie a lui interamente de<strong>di</strong>cate; altrettanto curioso, infine,<br />

che quest’opera non venga mai menzionata nelle lettere presenti nei numerosi<br />

carteggi del comme<strong>di</strong>ografo che, per giunta, mostrano un’insolita ‘lacuna’,<br />

un totale vuoto <strong>di</strong> documentazione proprio negli anni relativi alla vicenda del<br />

plagio, quasi che l’autore avesse voluto obliare le tristi sorti toccate in tale occasione<br />

a se stesso e al proprio testo.<br />

234 Ivi, p. 3.<br />

235 Ibidem.<br />

236 Ibidem.<br />

259


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

L’unica testimonianza <strong>di</strong> un’effettiva esistenza e messinscena <strong>di</strong> tale opera,<br />

oltre all’articolo già citato e a quelli che verranno in seguito menzionati, è costituita<br />

da una locan<strong>di</strong>na <strong>di</strong> cm 24x40 – custo<strong>di</strong>ta nella Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio<br />

<strong>di</strong> Bologna 237 – dove si può leggere che, presso il Teatro bolognese<br />

Brunetti, è prevista per la sera <strong>di</strong> venerdì 20 ottobre 1882 alle ore 8 la<br />

rappresentazione, ad opera della Drammatica Compagnia Italiana <strong>di</strong>retta dall'artista<br />

Francesco Pasta (nel manifesto sono in<strong>di</strong>cati anche i personaggi e gli interpreti)<br />

de “Il matrimonio d'un matto, ultimo lavoro <strong>di</strong> Achille Torelli comme<strong>di</strong>a<br />

in 3 atti”. 238 L’anonima denuncia cui finora si è fatto riferimento si conclude<br />

con l’ennesima critica all’opera <strong>di</strong> Torelli (che accosta incidenti sopra incidenti,<br />

comici gli uni, grotteschi gli altri e che non hanno nulla a che fare con l’azione<br />

principale) e con la speranza che la cosa possa essere ormai stata notata, forse a<br />

<strong>Napoli</strong>, certamente a Milano, dove il libro <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> gode <strong>di</strong> una maggiore <strong>di</strong>ffusione.<br />

C. R. si chiede, per terminare, cosa abbia potuto spingere il famoso<br />

comme<strong>di</strong>ografo partenopeo a commettere una simile azione, quel Torelli che<br />

probabilmente starà già provando a <strong>di</strong>fendersi sostenendo che proprio nella vasta<br />

notorietà dell’opera gual<strong>di</strong>ana consiste il motivo per il quale egli sarebbe<br />

stato <strong>di</strong>spensato <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tare il suo plagio:<br />

Plagio? Forse lui non lo chiamerà così, ma assimilazione letteraria; e aggiungerà<br />

che, vedendola consentita dall’uso e giustificata dalla grande trasformazione che, passando<br />

da una forma all’altra, un concetto subisce, non sa persuadersi perché ora debba<br />

essere interdetta a lui che ha già mostrato tante volte <strong>di</strong> saper fare il suo… 239<br />

Tuttavia la polemica non si placò con la conclusione <strong>di</strong> questo articolo, che<br />

anzi dava soltanto avvio ad una questione che si sarebbe risolta, alla fine, per<br />

vie legali. Appena due settimane dopo la pubblicazione della suddetta lettera<br />

apparsa sul settimanale romano, usciva su «L’Illustrazione Italiana» <strong>di</strong> Milano<br />

un nuovo intervento siglato BAT ancora una volta in <strong>di</strong>fesa del romanzo <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>. Il giornalista apre il proprio saggio rifacendosi al già citato volume <strong>di</strong><br />

Amedée Roux nel quale Achille Torelli veniva accusato <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>mostrato, nel-<br />

237<br />

Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio <strong>di</strong> Bologna, segnatura: “17- ARTISTICA Gf<br />

02, 010 Op. 016”.<br />

238<br />

–, Per la sera <strong>di</strong> venerdì 20 ottobre 1882 a ore 8 la Drammatica Compagnia Italiana<br />

<strong>di</strong>retta dall'artista Francesco Pasta esporrà: Il matrimonio d'un matto, ultimo lavoro <strong>di</strong> Achille<br />

Torelli, comme<strong>di</strong>a in 3 atti, Bologna, Stab. Tip. Succ. Monti, 1882.<br />

239<br />

C. R., Il matrimonio d’un matto. Nuova comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Achille Torelli, cit., p. 3.<br />

260


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

la sua opera Mercede, una troppo spiccata rassomiglianza con il testo dei Burgeois<br />

de Pontarcy del drammaturgo francese Victorien Sardou. “Ma non basta”,<br />

avverte l’articolista, che annuncia, per poi citare esplicitamente la lettera del<br />

fanfullista C. R., che una “Nuova accusa <strong>di</strong> plagio si fa oggi al Torelli per la sua<br />

comme<strong>di</strong>a Il matrimonio d’un matto, che a <strong>Napoli</strong> piacque tanto e che, cosa ormai<br />

<strong>di</strong>fficile piacque anche ai critici”. 240<br />

La trovata, continua, <strong>di</strong> questa comme<strong>di</strong>a non è poi così originale come aveva<br />

rilevato Fer<strong>di</strong>nando Martini, ma è anzi “presa <strong>di</strong> sana pianta” dall’opera<br />

del collega <strong>Gualdo</strong>, che della testata «L’Illustrazione Italiana» era e sarà saltuario<br />

collaboratore. Un mariage excentrique, è infatti, a sua detta, un’opera scritta<br />

con arte sopraffina, il cui argomento può facilmente “invitare un comme<strong>di</strong>ografo<br />

a farne base d’una bizzarra e piacevole comme<strong>di</strong>a”. 241 Quando in redazione<br />

era giunta la notizia che il nuovo lavoro <strong>di</strong> Torelli fosse stato intitolato Il matrimonio<br />

d’un matto, subito, prima ancora <strong>di</strong> venire a conoscenza della polemica<br />

avviata a Roma, in molti si erano insospettiti; poi, una volta al corrente della<br />

dettagliata analisi condotta da C. R., tutti avevano atteso che l’opera venisse<br />

rappresentata a Milano, in modo tale da valutare se effettivamente quella rassomiglianza<br />

fosse reale o solo apparente. Ebbene, quel gruppo <strong>di</strong> giornalisti non<br />

aveva avuto alcun bisogno <strong>di</strong> aspettare un’eventuale messinscena milanese,<br />

perché Torelli in persona aveva redatto una graziosa letterina in<strong>di</strong>rizzandola<br />

“ad alcuni pubblicisti”, messaggio nel quale il comme<strong>di</strong>ografo “confessa d’aver<br />

preso l’impostatura (egli <strong>di</strong>ce con gli architetti) della sua comme<strong>di</strong>a, e che era<br />

in <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> prenderla per la semplice ragione che gli piaceva, ma che creò una<br />

condotta <strong>di</strong>versa e caratteri <strong>di</strong>versi”. 242 Torelli, secondo quanto espresso in tale<br />

lettera, si sarebbe inoltre detto <strong>di</strong>sposto a pubblicare alcune sue scene “affinché<br />

si possa stabilire un confronto fra la comme<strong>di</strong>a e il romanzo del <strong>Gualdo</strong> al quale<br />

– soggiunge – ha dato il più gran segno <strong>di</strong> stima che potesse rubandogli qualche<br />

cosa”. 243 In<strong>di</strong>gnato da una simile affermazione, BAT, pur confidando che “chi si<br />

scalderà meno nella questione […] sarà il <strong>Gualdo</strong>”, 244 ammette che ben <strong>di</strong>ffi-<br />

240 BAT, Scorse letterarie. Achille Torelli e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «L’Illustrazione Italiana», 22<br />

ottobre 1882, p. 270.<br />

241 Ibidem.<br />

242 Ibidem.<br />

243 Ibidem.<br />

244 Ivi, p. 271.<br />

261


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

cilmente qualcuno avrebbe potuto apprezzare una tale <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> stima, e<br />

pertanto avverte che:<br />

E’ ci pare piuttosto un bel caso che merita d’esser presentato alla “Società <strong>degli</strong><br />

autori”. Questa società presieduta da Tullo Massarani, benché conti pochi mesi <strong>di</strong> vita,<br />

non istette inoperosa e, richiesta, espresse il suo parere intorno a varie questioni, importanti<br />

e anche curiose. 245<br />

Questa società, meglio nota già all’epoca attraverso la sigla S.I.A. (che avrebbe<br />

poi dato origine all’o<strong>di</strong>erna S.I.A.E., trasferita poi negli anni ’20 a Roma),<br />

era stata fondata a Milano proprio nel corso del 1882, contestualmente<br />

all’approvazione del testo unico delle leggi per il <strong>di</strong>ritto d’autore. A <strong>di</strong>re il vero<br />

già dal 1865 esisteva un corpus legislativo 246 (perfezionato poi nel 1872 con<br />

una seconda normativa promulgata dal Parlamento) atto a regolamentare questo<br />

tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti che, però, dovendo essere tutelati da Municipi non sempre in grado<br />

<strong>di</strong> assolvere su tutto il territorio al proprio compito – non si <strong>di</strong>mentichi che,<br />

in effetti, ancora non era stato del tutto unificato il Regno d’Italia – finivano per<br />

non essere garantiti in toto: in particolare, se si riusciva a fornire una certa sorveglianza<br />

sulle opere a stampa, un simile controllo risultava spesso impossibile<br />

al cospetto <strong>di</strong> quei capocomici che decidevano <strong>di</strong> dare rappresentazioni senza<br />

chiedere il preventivo consenso ai drammaturghi. 247 Finalmente, con la nascita<br />

della S.I.A., organismo a carattere privato (inizialmente, come si è visto, patrocinata<br />

da Massarani) che si avvaleva “<strong>di</strong> una fitta rete <strong>di</strong> agenti <strong>di</strong>ffusi su tutto<br />

il territorio della penisola”, 248 gli scrittori furono davvero in grado <strong>di</strong> tutelare il<br />

<strong>di</strong>ritto d’autore e per la prima volta poterono riscuotere quelle percentuali che lo<br />

Stato, nonostante i precedenti interventi normativi, non era mai stato in grado <strong>di</strong><br />

assicurare. Data la recentissima fondazione <strong>di</strong> un tale ente si comprende, allora,<br />

perché BAT <strong>di</strong> chieda se “La questione Torelli-<strong>Gualdo</strong> non potrà dunque essere<br />

definita dalla società <strong>degli</strong> autori? Certo. È desiderabile che a questa si unisca<br />

l’asso-ciazione della stampa perio<strong>di</strong>ca per la soluzione delle questioni che inte-<br />

245 Ivi, p. 270.<br />

246 Si veda, in particolare, la legge n. 2337 del 25 giugno 1865.<br />

247 Per una storia esaustiva delle normative sul <strong>di</strong>ritto d’autore antecedenti alla nascita della<br />

S.I.A. si veda I. PIAZZONI, Spettacolo, istituzioni e società nell’Italia postunitaria (1860-<br />

1882), Roma, Archivio Guido Izzi, 2001.<br />

248 S. FERRONE - F. SIMONCINI, Il teatro, cit., p. 914.<br />

262


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

ressano e autori e pubblicisti e pubblico”. 249 Non sappiamo se <strong>Gualdo</strong>, che sosteneva<br />

che “l’artista non deve scaldarsi mai, che deve esser sempre <strong>di</strong> ghiaccio<br />

anche quando <strong>di</strong>pinge passioni <strong>di</strong> fuoco” si sia effettivamente rivolto alla S.I.A.:<br />

a tal proposito andrebbero consultati i Bollettini <strong>degli</strong> atti e notizie della società<br />

italiana <strong>degli</strong> autori che iniziarono ad essere pubblicati perio<strong>di</strong>camente a Milano<br />

proprio a partire dal novembre 1882, cioè esattamente nel corso del mese<br />

successivo all’avvio della polemica mossa ai danni <strong>di</strong> Torelli. Tuttavia, essendo<br />

questi documenti lacunosi, dovremo limitarci alla constatazione dell’esistenza<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>zi che portano a ritenere che una simile iniziativa è stata effettivamente<br />

presa, dando inizio ad un’accurata indagine sul comme<strong>di</strong>ografo napoletano.<br />

Innanzitutto si potrebbe ipotizzare che, se un’azione legale fu realmente intentata,<br />

ciò avvenne non a caldo, bensì in un secondo momento, ovvero quando<br />

la <strong>di</strong>rezione della S.I.A. era stata affidata a Giacosa (che la deterrà fino al 1896,<br />

per essere poi sostituito da Marco Praga), 250 come <strong>di</strong>mostrerebbe un post scriptum<br />

che chiude una lettera senza data <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a questi in<strong>di</strong>rizzata da Parigi<br />

(forse del novembre 1891) nel quale si legge: “Torelli fa bene a ritirarsi <strong>di</strong> buon<br />

or<strong>di</strong>ne”. 251 Ora, se il curatore <strong>di</strong> questo gruppo <strong>di</strong> lettere, Pierre de Montera,<br />

cerca <strong>di</strong> sciogliere questa allusione non troppo chiara identificando in questo<br />

Torelli il fondatore del «Corriere della sera» Eugenio Torelli-Viollier (ma senza<br />

essere in grado <strong>di</strong> fornire alcuna spiegazione a riguardo), alla luce della scoperta<br />

dei due su citati articoli comparsi sul «Fanfulla» e sulla «Illustrazione Italiana»<br />

sembrerebbe molto più probabile che con questa frase dal tono poco amichevole<br />

<strong>Gualdo</strong> si sia invece riferito ad Achille Torelli. Inoltre una seconda comunicazione,<br />

quasi telegrafica e anch’essa senza data (sebbene pure in questo<br />

caso l’allusione al ruolo rivestito da Giacosa alla S.I.A. renderebbe il messaggio<br />

collocabile tra 1890 e 1895) parrebbe avvalorare l’idea che un’effettiva azione<br />

legale sia stata mossa coinvolgendo l’ente per la tutela dei <strong>di</strong>ritti d’autore, dal<br />

momento che <strong>Gualdo</strong> scrive all’amico:<br />

Introvabile Uomo,<br />

A buon conto ti mando la procura per rappresentarmi alla seduta <strong>di</strong> domani della<br />

S.d.A. Però puoi comunque farne qualunque altro uso più legittimo. Sono partito. 252<br />

249 BAT, Scorse letterarie. Achille Torelli e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 271.<br />

250 S. FERRONE - F. SIMONCINI, Il teatro, cit., p. 914.<br />

251 Lettera 5 a Giuseppe Giacosa in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 315.<br />

252 Lettera 9, s.d., (datata semplicemente “sabato”) a Giacosa (ivi,p. 318).<br />

263


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

A questa breve lettera andrà, infine, aggiunto un terzo avviso in<strong>di</strong>rizzato<br />

sempre a Giacosa che, sebbene non menzioni né Torelli né la S.I.A., sembrerebbe<br />

tuttavia assimilabile, per affinità contenutistica e similarità della tipologia<br />

compositiva, a quello appena citato:<br />

Irreperibile Uomo,<br />

Ti mando, qui unite, le carte <strong>di</strong> cui ti parlai l’altro giorno, pregandoti <strong>di</strong> chiuderle<br />

nei tuoi archivi. Vorresti, potresti venire domani domenica qui a pranzo alle sette meno<br />

sette minuti? In segreto, perché sono più che mai partito. 253<br />

A confermare la congettura <strong>di</strong> una denuncia gual<strong>di</strong>ana contro il plagio perpetrato<br />

ai propri danni che, si riba<strong>di</strong>sce, potrà essere comprovata a tutti gli effetti<br />

solo dopo la visione dei bollettini mensili <strong>degli</strong> atti della società del Massarani<br />

per la tutela del copyright, esistono due testimonianze più tarde che fanno riferimento<br />

all’episo<strong>di</strong>o in questione. La prima è costituita da un saggio del bibliofilo<br />

Alberto Lumbroso che pubblicò, in una sua raccolta <strong>di</strong> saggi del 1902, uno<br />

stu<strong>di</strong>o riguardante episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> plagi, imitazioni e traduzioni letterarie avvenute<br />

nel secondo Ottocento tra i quali viene annoverato il caso <strong>Gualdo</strong>-Torelli. Per<br />

quanto i riferimenti cronologici risultino leggermente imprecisi (viene detto, ad<br />

esempio che il romanzo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> fosse stato e<strong>di</strong>to nel 1880, mentre invece la<br />

sua pubblicazione risaliva al 1879) e venga erroneamente sostenuto che l’iniziale<br />

articolo <strong>di</strong> denuncia fosse stato opera del Martini, le pagine <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>oso<br />

offrono un’ulteriore attestazione sull’episo<strong>di</strong>o in questione: probabilmente<br />

Lumbroso redasse questo intervento affidandosi soltanto alla propria memoria;<br />

fatto sta, comunque, che egli riba<strong>di</strong>sce l’ipotesi <strong>di</strong> un’avvenuta azione legale:<br />

– Nel 1880, l’e<strong>di</strong>tore Lemerre <strong>di</strong> Parigi, pubblica un romanzo intitolato: Un mariage<br />

excentrique, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Nel 1882, Achille Torelli fa rappresentare, al Sannazaro<br />

<strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>, il Matrimonio <strong>di</strong> un matto, ottenendo un buon successo. Dopo le rose,<br />

le spine. Nel Fanfulla della Domenica, dell’8 ottobre 1882, appare un articolo <strong>di</strong><br />

Fer<strong>di</strong>nando Martini dove vien detto che il concetto più originale che vero appartiene <strong>di</strong><br />

fatto e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto al <strong>Gualdo</strong>. Anche Torelli protestò, ma… 254<br />

253 Ibidem. Lettera 8, s.d., (anch’essa con la sola in<strong>di</strong>cazione: “sabato”) a Giacosa.<br />

254 A. LUMBROSO, Plagi, imitazioni e traduzioni, in Scaramucce e avvisaglie – Saggi<br />

storici e letterari <strong>di</strong> un bibliofilo, con prefazione <strong>di</strong> A. D’Ancona, Frascati, Tip. Tuscolana,<br />

1902, p. 12.<br />

264


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

Ma evidentemente il torto era dalla sua parte e in nessun modo egli riuscì a<br />

<strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong> avere ragione. Ancora, con uno scritto ad<strong>di</strong>rittura più tardo, apparso<br />

nel 1921, Enrico Thovez torna nuovamente sulla questione, nonostante<br />

sembri che le sue parole costituiscano quasi un richiamo rivolto allo scrittore<br />

milanese, che dopo aver professato idee liberali in merito all’ispirazione artistica<br />

e all’impronta indelebile che ciascun autore è in grado <strong>di</strong> imprimere alle proprie<br />

opere, avrebbe poi “rimproverato” il comme<strong>di</strong>ografo napoletano per essersi<br />

appropriato <strong>di</strong> una sua invenzione:<br />

Le liberali idee del signor <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: la vera originalità consiste nella capacità<br />

<strong>di</strong> far sì che tutto ciò che l’artista tocca sembra appartenergli per sempre, mi piacquero<br />

per la loro chiarezza. Peccato, mi <strong>di</strong>ssi, che egli non si sia convertito prima d’ora<br />

a questo sereno apotegma. Avrebbe risparmiato la spesa <strong>di</strong> rimproverare ad Achille Torelli<br />

d’aver tolto il Matrimonio d’un pazzo dal suo Mariage excentrique. 255<br />

Benché non aggiunga nulla <strong>di</strong> nuovo sul caso <strong>Gualdo</strong>-Torelli, l’intervento<br />

<strong>di</strong> Thovez getta luce su un’altra questione altrettanto ignorata fino al giorno<br />

d’oggi, ovvero che lo stesso scrittore milanese fosse stato a sua volta accusato<br />

<strong>di</strong> plagio dal narratore abruzzese Domenico Ciampoli perché nella sua lirica<br />

Storia <strong>di</strong> Mare (che lo stu<strong>di</strong>oso erroneamente trascrive Storia d’amore, così come<br />

già in precedenza, nel passo poc’anzi riportato, aveva trasformato il Matrimonio<br />

d’un matto torelliano nel Matrimonio d’un pazzo), l’autore avrebbe tratto<br />

ispirazione – letteralmente viene detto che egli avrebbe rubato l’argomento –<br />

dalla sua novella intitolata Marina:<br />

Al signor Ciampoli che <strong>di</strong>ce: in arte il materiale è niente e la forma è tutto, domanderemo<br />

allora perché mai abbia protestato contro il sig. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> che gli avrebbe<br />

rubato nella Storia d’amore la sua novella Marina, storiella azzurra. Infatti: o<br />

la forma del <strong>Gualdo</strong> era inferiore, e allora il capolavoro non ne soffriva menomamente,<br />

o era superiore, e allora il sig. <strong>Gualdo</strong> era perfettamente in <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> appropriarsi<br />

l’idea. 256<br />

In <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, tuttavia, c’è da compiere un’obiezione alla protesta<br />

condotta da Ciampoli, dal momento che, se è vero che la sua Marina era stata<br />

255 E. THOVEZ, Le briciole del superuomo, in L’arco <strong>di</strong> Ulisse. Prose <strong>di</strong> combattimento,<br />

<strong>Napoli</strong>, Ricciar<strong>di</strong>, 1921, pp. 74-75 (corsivi autoriali).<br />

256 Ivi, p. 75 (corsivi autoriali).<br />

265


Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

pubblicata dall’e<strong>di</strong>tore Treves nel 1882 all’interno della silloge <strong>di</strong> novelle abruzzesi<br />

Trecce nere 257 e che il componimento gual<strong>di</strong>ano accusato <strong>di</strong> plagio era<br />

stato e<strong>di</strong>to da Casanova nella raccolta delle Nostalgie 258 ad essa successiva, nel<br />

1883, è altrettanto significativo che, in realtà, prima ancora <strong>di</strong> confluire in volume<br />

insieme agli altri versi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, questa Storia <strong>di</strong> mare era apparsa autonomamente<br />

per la prima volta molti anni prima dell’uscita del libro <strong>di</strong> Ciampoli,<br />

essendo stata pubblicata – con lievi varianti rispetto alla versione definitiva –<br />

sul perio<strong>di</strong>co <strong>di</strong>retto da Molineri «Rivista Minima» in data 19 luglio 1874, 259<br />

all’epoca in cui lo scrittore verista teatino non aveva neppure <strong>di</strong>ciotto anni.<br />

Chiarita l’originalità d’ispirazione della poesia gual<strong>di</strong>ana e premesso che,<br />

nonostante la situazione appaia piuttosto chiara già allo stato attuale, verranno<br />

fatte ulteriori indagini presso gli archivi della S.I.A. <strong>di</strong> Milano in merito alla<br />

questione del plagio perpetrato ai danni del Mariage excentrique, concluderemo<br />

queste pagine ricordando l’invito che Andrea Maffei rivolse al giovane pro<strong>di</strong>gio<br />

Achille Torelli, quando, avendolo veduto a soli due anni a <strong>Napoli</strong> nel 1840 al<br />

Congresso <strong>degli</strong> scienziati, 260 ne aveva cantato in versi, come sostiene Fiocco,<br />

“le lo<strong>di</strong> in un fiotto <strong>di</strong> gioia non scevra <strong>di</strong> qualche mesto presentimento”: 261<br />

Or ti sorride, t’accarezza Achille:<br />

Però non ti fidar della Sirena. 262<br />

Ma la Sirena, alla fine, l’aveva ammaliato col suo canto e gli aveva fatto<br />

scontare sulla sua pelle, <strong>di</strong>mentica del suo un tempo spigliatissimo ingegno comico,<br />

i propri inganni, causando, come afferma nel suo articolo <strong>di</strong> denuncia il<br />

pubblicista milanese BAT, “tra<strong>di</strong>menti dolorosi per lui e per tutti coloro che gli<br />

vogliono bene”. 263<br />

257<br />

D. CIAMPOLI, Trecce nere: novelle abruzzesi, Milano, Treves, 1882.<br />

258<br />

L. GUALDO, Storia <strong>di</strong> mare, in Le Nostalgie, cit. (componimento <strong>II</strong>I).<br />

259<br />

ID., Storia <strong>di</strong> mare, in «Rivista minima», 19 luglio 1874.<br />

260<br />

A. DE GUBERNATIS, Dizionario biografico <strong>degli</strong> scrittori contemporanei. Ornato da<br />

oltre 300 ritratti, Firenze, Le Monnier, 1879, p. 998.<br />

261<br />

A. FIOCCO, Teatro italiano <strong>di</strong> ieri e <strong>di</strong> oggi, Bologna, Cappelli, 1958, p. 41.<br />

262<br />

Questi versi sono riportati in apertura dell’articolo <strong>di</strong> BAT, Scorse letterarie. Achille<br />

Torelli e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 270.<br />

263 Ibidem.<br />

266


.<br />

Capitolo Quinto<br />

Nella Roma Bizantina:<br />

contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali<br />

Une allée: les troncs coupés d’ombre,<br />

les lignes d’ombre sur les arbres,<br />

des zébrures d’ombre et de lumière sur le chemin,<br />

sautant et montant les arbres; une arcade d’ombre;<br />

puis tout au fond, une petite porte de lumière;<br />

les feuilles éclairées comme d’un givre.<br />

(E. - J. de Goncourt, Journal, 16 octobre 1864)<br />

5.1 Une ressemblance tra simile e <strong>di</strong>ssimile: Gabriele d’Annunzio<br />

I soggiorni romani <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, particolarmente intensi nel corso della<br />

prima metà <strong>degli</strong> anni ’80, sono stati scenario del suo avvicendamento con una<br />

personalità dall’esistenza e dal comportamento molto simili al proprio: spirito<br />

affine e congeniale, persino negli atteggiamenti mondani, il giovane Gabriele<br />

d’Annunzio aveva, <strong>di</strong>fatti, ritrovato nella vita e nell’arte dello scrittore bilingue<br />

<strong>di</strong> vent’anni più anziano un perfetto riflesso del proprio modo d’essere, un’incarnazione<br />

<strong>di</strong> alcune aspirazioni da lui coltivate fin dalla tenera età. Dallo spirito<br />

nobile all’eleganza raffinata, dal fascino cosmopolita all’ormai affermata autorità<br />

letteraria (<strong>Gualdo</strong> aveva già all’attivo, all’epoca del loro incontro, gran<br />

parte delle sue opere narrative), tutto aveva contribuito a far sì che egli ammirasse<br />

e trovasse corrispondenze nel sottile critico dai gusti internazionali, privo<br />

<strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi. Ma più <strong>di</strong> ogni altro aspetto il pescarese doveva aver guardato alla<br />

eccezionale abilità gual<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> esprimersi e, ad<strong>di</strong>rittura, pubblicare testi – quasi<br />

267


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

fosse il suo i<strong>di</strong>oma materno – in quella langue d’oïl nella quale d’Annunzio aveva<br />

da sempre agognato <strong>di</strong> “arborer une vanité de poète”. 1<br />

Non sono molti i documenti utili alla ricostruzione dell’esistenza <strong>di</strong> questa<br />

amicizia, letteraria prima ancora che privata; il numero esiguo <strong>di</strong> testimonianze,<br />

tuttavia, è compensato dalla loro preziosità. Sottratti all’oblio in maniera del<br />

tutto fortuita è oggi possibile contare, per ricomporre i contatti avvenuti tra i<br />

due scrittori, <strong>di</strong> un ritratto gual<strong>di</strong>ano realizzato per mano <strong>di</strong> d’Annunzio all’interno<br />

<strong>di</strong> un sonetto autografo, 2 <strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong> accompagnamento <strong>di</strong> quest’ultimo<br />

all’invio <strong>di</strong> una copia del Piacere custo<strong>di</strong>ta al Vittoriale, 3 <strong>di</strong> un intervento<br />

del milanese sulle pagine del «Capitan Cortese» in <strong>di</strong>fesa dannunziana contro<br />

un’accusa <strong>di</strong> plagio, 4 <strong>di</strong> alcune testimonianze inviate a (o ad opera <strong>di</strong>) terzi 5 oltre<br />

che, infine, del cospicuo lascito testamentario <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> in favore<br />

dell’amico abruzzese. 6 Gli estremi cronologici <strong>di</strong> tale documentazione (benché<br />

il termine post quem, il 1881, sia da riconsiderarsi, giacché si tratta della data<br />

posta in calce al sonetto, che è quasi certamente apocrifa) permettono <strong>di</strong> asserire<br />

che quelli tra i due autori italiani furono contatti che si snodarono – certo con<br />

un grado <strong>di</strong> costanza, per quanto ci è dato sapere, assolutamente variabile, più<br />

assidui in alcuni perio<strong>di</strong> e meno costanti in altri – in un arco <strong>di</strong> tempo che abbraccia<br />

circa un quin<strong>di</strong>cennio, vale a <strong>di</strong>re dalla metà <strong>degli</strong> anni ’80 fino alla<br />

morte del narratore lombardo, sopraggiunta nel maggio del 1898.<br />

Gli stu<strong>di</strong>osi che si sono interessati alle relazioni <strong>Gualdo</strong>-d’Annunzio, da<br />

Pierre de Montera a Elisabetta de Troja, concordano nel collocare il principio <strong>di</strong><br />

1<br />

Lettera al suo traduttore francese del 24 <strong>di</strong>cembre 1896, in G. TOSI, D’Annunzio à Georges<br />

Hérelle. Correspondance, Paris, Danoël, 1946, p. 305.<br />

2<br />

Una prima pubblicazione <strong>di</strong> questo testo si deve a D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong><br />

Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit.; il componimento è stato poi rie<strong>di</strong>to da F. GERRA,<br />

Un sonetto <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio fra le carte <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Quaderni dannunziani»,<br />

XIV-XV, 1959, pp. 379-381 e, infine, da E. DE TROJA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio, in Terre,<br />

città e paesi nella vita e nell’arte <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio, vol. 5 (“Sogni <strong>di</strong> terre lontane:<br />

dall’Adria velivolo al Benaco marino”, XXV Convegno nazionale, Pescara-Francavilla al Mare,<br />

22-23 maggio 1998), Sambuceto, Brandolini, 1998, pp. 163-179.<br />

3<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 135.<br />

4<br />

AA. VV., La nostra inchiesta dannunziana, in «Capitan Cortese», 26 gennaio 1896, p. 6.<br />

5<br />

Di tali documenti si forniranno, <strong>di</strong> volta in volta, le relative in<strong>di</strong>cazioni bibliografiche.<br />

6<br />

Benché riportato quasi interamente sulle pagine <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi giornali italiani, nonché<br />

all’interno <strong>di</strong> alcuni stu<strong>di</strong> de<strong>di</strong>cati a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, il suo testamento è conservato in copia olografa<br />

all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano tra i Registri Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis,<br />

Tit. XXV, pt. 6, cart. 5, gr. VI, fasc. 18.<br />

268


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

questa frequentazione a Roma, riconducendola agli inizi <strong>degli</strong> anni Ottanta: a<br />

quest’epoca, infatti, la firma <strong>di</strong> entrambe le parti in causa compare in calce a <strong>di</strong>versi<br />

articoli o testi letterari pubblicati sull’appena nata rivista sommarughiana<br />

«Cronaca bizantina». In realtà, se già in passato la critica aveva manifestato alcuni<br />

dubbi circa l’effettivo valore <strong>di</strong> questa coincidenza – dal momento che la<br />

presenza gual<strong>di</strong>ana in città poteva essere documentata soltanto sulla base della<br />

pubblicazione <strong>di</strong> un suo stu<strong>di</strong>o 7 apparso sul numero d’esor<strong>di</strong>o del perio<strong>di</strong>co, il<br />

15 ottobre 1881 (mentre il pescarese non si sarebbe recato nella capitale e non<br />

avrebbe iniziato a lavorare per il giornale prima del novembre <strong>di</strong> quello stesso<br />

anno) – è oggi a tutti gli effetti possibile affermare che non esiste in<strong>di</strong>zio alcuno<br />

che implichi la permanenza <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Roma nel corso <strong>di</strong> quell’autunno, poiché<br />

si è scoperto 8 che l’articolo gual<strong>di</strong>ano al quale i ricercatori facevano allusione<br />

– un’analisi de<strong>di</strong>cata all’opera <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier – non era altro che una<br />

ristampa <strong>di</strong> un pezzo giornalistico precedentemente e<strong>di</strong>to sulle pagine <strong>di</strong> un’altra<br />

rivista, un numero de «La Fronda» risalente a quasi due anni prima. 9<br />

I soggiorni <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nella città eterna possono essere più verosimilmente<br />

datati soltanto a iniziare dal maggio del 1882, epoca a partire dalla<br />

quale esistono dati effettivi che comprovano i suoi passaggi romani: da un lato<br />

c’è, <strong>di</strong>fatti, la sua firma all’interno <strong>di</strong> un album amicorum <strong>di</strong> Matilde Serao del<br />

1882, mentre, dall’altro, valgono come testimonianza i timbri postali delle lettere<br />

inviate a François Coppée, a Robert de Montesquiou ed a Vittoria Cima nel<br />

corso <strong>di</strong> tutte le primavere <strong>degli</strong> anni intercorsi tra il 1883 ed il 1886, data,<br />

quest’ultima, in cui potrebbe aver avuto luogo l’ultimo soggiorno gual<strong>di</strong>ano<br />

nella capitale, come si evince dal carteggio del milanese con Giovanni Verga, al<br />

quale egli scriveva da Varese, nell’agosto 1886: “Mi consolo che il mio telegramma<br />

da Roma non ti sia giunto […]. Dalle tue ultime righe non intendo bene<br />

se hai qualche intenzione <strong>di</strong> venire, in un’epoca qualunque, nell’alta Italia.<br />

Spero <strong>di</strong> sì, tanto più che io a Roma non metterò più i pie<strong>di</strong>”. 10 Il mittente non<br />

7 L. GUALDO, Ju<strong>di</strong>th Gautier, in «Cronaca Bizantina», 15 ottobre 1881, pp. 1-2.<br />

8 Nel corso <strong>di</strong> alcune mie ricerche ho fortuitamente rintracciato il testo gual<strong>di</strong>ano in questione;<br />

una scoperta del tutto casuale, che però consente <strong>di</strong> avallare l’ipotesi secondo cui la presenza<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nella redazione romana della «Cronaca Bizantina», all’epoca della preparazione<br />

del numero <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>o, non sarebbe stata affatto necessaria, dovendo i redattori soltanto ristampare<br />

un articolo precedentemente pubblicato su un altro perio<strong>di</strong>co.<br />

9 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, in «La Fronda», 18 gennaio 1880, pp. 4-6.<br />

10 Lettera 12 a Giovanni Verga (Varese, villa Mirabello, mercoledì 4 agosto 1886), in G.<br />

RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani.Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 134-135.<br />

269


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

fornisce nessuna ulteriore spiegazione circa eventuali spiacevoli episo<strong>di</strong> avvenuti<br />

in città che potrebbero essere a monte della sua decisione, ma la sua affermazione<br />

relativa ad un non ritorno appare piuttosto categorica, tanto più che i<br />

luoghi da cui partono tutte le sue successive lettere finora documentate sembrano<br />

confermare l’attuazione del proposito.<br />

A questo punto, una volta stabilito l’arco cronologico all’interno del quale<br />

si possono collocare i voyages printaniers <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nella capitale italiana, è<br />

possibile stabilire con una certa sicurezza che il primo incontro con il giovanissimo<br />

d’Annunzio – lo studente che Scarfoglio, sdraiato nelle se<strong>di</strong> del «Capitan<br />

Fracassa», ricorda come “quel piccolino con la testa ricciuta e gli occhi dolcemente<br />

femminili che mi nominò e nominò se stesso con inflessione <strong>di</strong> voce anch’essa<br />

muliebre” 11 – sia avvenuto in questo lasso <strong>di</strong> tempo (1882-1886) e, anzi,<br />

si aggiungerà, che risulta altamente probabile che la conoscenza <strong>di</strong>retta tra i<br />

due abbia avuto luogo entro il 1885, anno durante il quale propenderei per datare<br />

la stesura del sonetto dannunziano de<strong>di</strong>cato a <strong>Gualdo</strong>. Il “breve schizzo, quasi<br />

impressionista”, 12 come lo ha definito Elisabetta de Troja, è un ritratto che<br />

combacia a pennello con l’immagine da molti tramandata del milanese: d’Annunzio<br />

<strong>di</strong>pinge l’elegante dandy mentre, in sua compagnia, affascina con lenta e<br />

accattivante conversazione gli astanti <strong>di</strong> un ippodromo, identificabile come Le<br />

Capannelle; 13 tra effluvi <strong>di</strong> the e rossi fantini al galoppo, in un clima decisamente<br />

cosmopolita in cui sembrerebbero prevalere le presenze anglosassoni, l’immagine<br />

del poeta bilingue “è una sottile ironia sull’affabulazione incantatrice <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>”, 14 nonché sul suo prezioso gusto nel vestire, certamente apprezzato dal<br />

pescarese (parte dell’attenzione è infatti incentrata su uno smeraldo, forse un<br />

fermacravatta, che non può non far pensare alla spilla <strong>di</strong> turchesi che il milanese<br />

lascerà, tra le altre cose, in ere<strong>di</strong>tà all’amico).<br />

Non essendo compreso neppure all’interno della raccolta delle Poesie sparse<br />

dannunziane, il sonetto in questione rappresenta uno dei testi meno conosciuti<br />

del “<strong>di</strong>vino Gabriele” – per ricorrere all’espressione con cui <strong>Gualdo</strong> era solito<br />

11<br />

E. SCARFOGLIO, Il libro <strong>di</strong> Don Chisciotte, Roma, Sommaruga, 1885, p. 196.<br />

12<br />

E. DE TROJA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio, cit., p. 166.<br />

13<br />

<strong>Gualdo</strong> doveva apprezzare le corse dei cavalli e frequentarle <strong>di</strong> tanto in tanto, come si<br />

evince – oltre che dal sonetto in questione – da una lettera ine<strong>di</strong>ta (inviata da Parigi e risalente<br />

al 1886) a Vittoria Cima in cui egli afferma: “Ho manifestato i miei gusti letterari andando un<br />

paio <strong>di</strong> volte all’Hippodrome e al Cirque”. Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(15).<br />

14<br />

E. DE TROJA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio, cit., p. 166.<br />

270


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

appellare il confratello. Riemerso da un gruppo <strong>di</strong> carte ritrovate al Vittoriale, il<br />

componimento era stato pubblicato per la prima volta nel 1948 dall’eru<strong>di</strong>to<br />

Dante Petaccia all’interno <strong>di</strong> un opuscolo per le nozze <strong>di</strong> Mario Agostinoni e<br />

Leda Lenghi, stampato in soli 103 esemplari fuori commercio (tra i quali 3<br />

“speciali” – <strong>di</strong> cui sono state rintracciate soltanto 2 copie – inviati ad personam).<br />

15 Di questo gruppo <strong>di</strong> documenti (contenenti numerosi altri ine<strong>di</strong>ti non<br />

solo gual<strong>di</strong>ani, oltre che <strong>di</strong>verse foto personali e non dello scrittore), tuttavia, si<br />

è presto persa notizia, tanto che, già nel 1959, Fer<strong>di</strong>nando Gerra affermava in<br />

un suo stu<strong>di</strong>o che, nonostante le proprie ricerche, le carte <strong>di</strong> cui Dante Petaccia<br />

aveva pubblicato alcuni estratti appena un<strong>di</strong>ci anni prima, sembravano risultare<br />

<strong>di</strong>sperse, introvabili. Ed in effetti lo sono tuttora. 16<br />

Dalle accurate notizie fornite dallo stu<strong>di</strong>oso bresciano è comunque possibile<br />

venire a conoscenza <strong>di</strong> alcuni dettagli circa il sonetto, scritto e firmato da<br />

d’Annunzio, con inchiostro violaceo, su uno specimen della casa e<strong>di</strong>trice Quantin<br />

<strong>di</strong> Parigi (erroneamente Quentin nell’opuscolo) annunciante, per il novembre<br />

1885, la stampa <strong>di</strong> un volume <strong>di</strong> Villars sull’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda.<br />

17 Il componimento sarebbe stato affidato, quin<strong>di</strong>, ad un supporto cartaceo<br />

del tutto occasionale dove, sempre a detta <strong>di</strong> Petaccia, sui margini erano riconoscibili<br />

le trascrizioni <strong>di</strong> ulteriori versi, alcuni sempre <strong>di</strong> mano dannunziana, altri<br />

“con un’altra grafia che richiama quella del <strong>Gualdo</strong>” 18 (affermazione che lascerebbe<br />

pensare che, per poter ipotizzare un confronto, tra le carte visionate dall’eru<strong>di</strong>to,<br />

dovessero esserci anche altri documenti vergati dalla mano del milanese<br />

e <strong>di</strong> cui si è poi persa ogni traccia). Partendo dal margine sinistro dell’opuscolo<br />

sarebbe stato possibile, pertanto, leggere innanzitutto le prime due quarti-<br />

15 Gerra, nel suo stu<strong>di</strong>o del 1959 (Un sonetto <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio tra le carte <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit.), afferma <strong>di</strong> aver consultato la copia n. 1 destinata a Giulia Ciotola Küntzli”. Personalmente<br />

ho rintracciato, negli archivi della Biblioteca Comunale Sormani <strong>di</strong> Milano, l’esemplare<br />

n.2, in origine in<strong>di</strong>rizzato al “Sen. Conte Alessandro Casati” recante sul foglio <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a<br />

la firma autografa <strong>di</strong> Petaccia e con timbro sulla medesima pagina attestante: “Ex libris Sen.<br />

Conte Alessandro Casati. Dono Leopolda Incisa della Rocchetta, 1960”. Non è quin<strong>di</strong> noto, allo<br />

stato attuale delle ricerche, a chi fosse in<strong>di</strong>rizzata la terza ed ultima copia speciale del libello.<br />

16 Ivi, p. 381: “È da augurarsi che le carte del <strong>Gualdo</strong> non siano andate <strong>di</strong>sperse – Dante<br />

Petaccia è morto da qualche anno, e malgrado le mie ricerche non mi è stato possibile mettermi<br />

in rapporto coi parenti – e che sia così possibile rintracciare il prezioso foglietto, le lettere della<br />

Duse, e forse anche le lettere scritte da Gabriele d’Annunzio, che potrebbe fornire interessanti<br />

notizie sulle amicizie milanesi del poeta”.<br />

17 P. VILLARS, L’Angleterre, l’Ecosse et l’Irlande, Paris, A. Quentin, 1885.<br />

18 D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 14.<br />

271


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

ne dannunziane in seguito apparse nel 1886, con alcune varianti ed il titolo Romanza,<br />

nel libro Isaotta Guttadauro; 19 sotto questi versi sarebbero state poi presenti<br />

la seguenti strofe gual<strong>di</strong>ane (<strong>di</strong> cui il terzultimo verso è detto “illegibile”):<br />

Come in un chiostro<br />

Lungo la via,<br />

Con un inchiostro<br />

Che non va via,<br />

Scrivemmo versi<br />

Degni <strong>di</strong> Tosti,<br />

Dolci e perversi<br />

Sebbene tosti.<br />

O che peccato<br />

………………….<br />

Non sia segnato<br />

Arrigo Boito. 20<br />

Alle parole contenute in queste tre ironiche strofette avrebbe quin<strong>di</strong>, a sua<br />

volta, lasciato il suo commento d’Annunzio, annotando – anch’egli senza firmarsi<br />

(l’unica occasione in cui è visibile il suo nome in forma autografa, in tutta<br />

la plaquette, è in calce al sonetto intitolato al narratore milanese) – nel margine<br />

centrale della stessa pagina istoriata, una replica nel medesimo stile utilizzato<br />

da <strong>Gualdo</strong> (ma non da questi ideato, poiché riprendente un motivo ispiratore<br />

che ricorda gli scambi epistolari in versi – <strong>di</strong> cui si è in precedenza detto 21 e risalenti<br />

all’incirca alla stessa epoca, tra 1881 e 1884 – tra <strong>Gualdo</strong>, Arrigo Boito e<br />

Giacosa) queste parole altrettanto scherzose e oltremodo oscure:<br />

Come una scimmia<br />

ne la vendemmia,<br />

mormora Alimmia<br />

la sua bestemmia;<br />

19 I versi riportati da Petaccia sono i seguenti: “Quale un <strong>di</strong>o lento che gode / In sua via<br />

sparger viole / E salire ode la lode / Da la sua terrena prole // Su la selva alta che tace / Dolcemente<br />

guarda il sole / Roco il vento nella pace / Mette sue rare parole” (ibidem).<br />

20 Ivi, pp. 14-15.<br />

21 Si confrontino, supra, i paragrafi 4.1, 5.2 e 5.3.2 de<strong>di</strong>cati all’analisi delle relazioni <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> con i tre autori del cosiddetto “quartetto peripatetico”.<br />

272


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

e il mosto cola<br />

ne ‘l tin capace<br />

come parola<br />

da bocca edace<br />

Oh nel tin mosto<br />

vermiglio e caldo!<br />

Oh ben composto<br />

capo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>! 22<br />

Dall’altro lato della pagina, invece, ossia sul verso dello specimen, Petaccia<br />

sostiene che vi fossero riportati nei margini (ma non è specificato per mano <strong>di</strong><br />

chi) alcuni versi <strong>di</strong> Carducci redatti a Roma il 5 ottobre 1881, 23 mentre al centro<br />

della pagina, “à tout seigneur tout honneur”, 24 ci sarebbe stato, infine, il sonetto<br />

in settenari de<strong>di</strong>cato da Gabriele d’Annunzio all’amico <strong>Gualdo</strong>, nel quale si rileva<br />

– tra preziosità linguistiche <strong>di</strong> grande interesse per gli stu<strong>di</strong>osi del pescarese,<br />

che si sono soffermati soprattutto sull’hapax legomenon nel vocabolario<br />

dannunziano della parola <strong>di</strong> origine nor<strong>di</strong>ca “skaldo” 25 – l’ammirazione dell’esteta<br />

per l’amico gran signore, ammaliante conversatore cosmopolita, raffinato<br />

ed elegante nel modo <strong>di</strong> vivere e nello stile poetico, e al tempo stesso “ricco a<br />

dovizia <strong>di</strong> bontà d’animo e <strong>di</strong> spiritualità pensosa”.<br />

Quando <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

a cui su ‘l rilucente<br />

petto mirabilmente<br />

folgora uno smeraldo,<br />

22 Ivi, p. 15.<br />

23 Ivi, p. 16: “Quanta messe <strong>di</strong> sogni e <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> / Gin, infido liquor, veggo ondeggiare /<br />

Nel breve cerchio onde il mio gusto mor<strong>di</strong>. // Oh dolci selve <strong>di</strong> ginepri, rare, / A cui fischiano<br />

nel grigio ottobre i tor<strong>di</strong> / Lungo il patrio selvaggio urlante mare”. L’autografo carducciano<br />

contenente i su citati versi presenta, tuttavia, una variante nel primo verso, che suona nella versione<br />

originale come: “Quanto azzurro d’amore e <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>”.<br />

24 Ibidem.<br />

25 Cfr., ad esempio, F. GERRA, Un sonetto <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio tra le carte <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., p. 380: “Questo sonetto presenta anche un particolare interesse linguistico, perché<br />

permette <strong>di</strong> aggiungere al vocabolario dannunziano la parola skaldo. L’antica parola nor<strong>di</strong>ca<br />

skald – ancora in uso in Islanda ed in Svezia col significato <strong>di</strong> poeta – passata poi nella lingua<br />

italiana sotto la forma scaldo, in<strong>di</strong>cava dal secolo XI al X<strong>II</strong>I i così detti «poeti d’arte» che vivevano<br />

nell’ambiente <strong>di</strong> Corte, ed usavano un linguaggio poetico raffinato ed un particolare stile,<br />

detto appunto scal<strong>di</strong>co, con preziosità <strong>di</strong> linguaggio ed artificiose perifrasi”.<br />

273


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

le sue parole lente<br />

ne la barba <strong>di</strong> skaldo<br />

lascia fluire, al caldo<br />

odor del the virente<br />

affascinati stanno<br />

a u<strong>di</strong>rlo i jockey rossi<br />

dai lunghi volti equini<br />

e <strong>di</strong> soave affanno<br />

a quel <strong>di</strong>re commossi<br />

tremano i tavolini.<br />

Gabriele d’Annunzio 26<br />

L’allusione al prezioso – probabilmente in quanto influenzato dalla frequentazione<br />

dei parnassiani – stile poetico <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> racchiuso nell’espressione<br />

“barba <strong>di</strong> skaldo”, farebbe pensare ad una datazione del componimento<br />

successiva al 1883 (l’anno delle Nostalgie, la sua unica e sola raccolta <strong>di</strong><br />

liriche mai pubblicata). Secondo il biografo Pierre de Montera il sonetto sarebbe<br />

stato scritto proprio nella primavera <strong>di</strong> quest’anno, mentre il filologo Fer<strong>di</strong>nando<br />

Gerra avrebbe propeso, piuttosto, per una stesura avvenuta nel 1885, motivando<br />

la sua scelta in base all’in<strong>di</strong>cazione contenuta sulla plaquette su cui i<br />

versi sono riportati, opuscolo che annuncia, come si è anticipato, una ormai<br />

prossima pubblicazione dell’e<strong>di</strong>tore Quantin proprio entro la fine <strong>di</strong> tale annata.<br />

Montera aveva retrodatato il componimento affermando, da una parte, che il<br />

supporto cartaceo contenente la lirica – l’annuncio dell’uscita del volume <strong>di</strong><br />

Villars – avrebbe potuto esser stato <strong>di</strong>stribuito già due anni prima dell’effettivo<br />

rilascio del testo e, dall’altro, sostenendo <strong>di</strong> non aver trovato traccia <strong>di</strong> un soggiorno<br />

romano <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nel corso del 1885. Ora, premettendo che la prima<br />

con<strong>di</strong>zione posta rappresenta soltanto una congettura, è possibile, invece, pronunciare<br />

un’obiezione quanto al secondo punto argomentato da Montera, e ciò<br />

attraverso un documento – naturalmente non noto allo stu<strong>di</strong>oso – che collocherebbe<br />

(contrariamente alla sua ricostruzione biografica) lo scrittore milanese<br />

nella capitale italiana proprio nel corso dell’anno 1885.<br />

26 D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 17.<br />

274


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Si tratta <strong>di</strong> una lettera, finora ine<strong>di</strong>ta, in<strong>di</strong>rizzata da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> alla sua<br />

confidente pre<strong>di</strong>letta, donna Vittoria Cima: benché nell’intestazione il messaggio<br />

contenga riferimento al solo luogo <strong>di</strong> composizione (“Roma, Hotel de Rome”)<br />

e non ci sia menzione alcuna <strong>di</strong> data, l’allusione alle precoci sorti negative<br />

del giornale «Il Corriere <strong>di</strong> Roma» – perio<strong>di</strong>co che <strong>Gualdo</strong> commenta chiamandolo,<br />

in riferimento al nome del suo <strong>di</strong>rettore “(Scar)foglio politico e quoti<strong>di</strong>ano”<br />

che “pare vada già malissimo” 27 –, fondato proprio durante il 1885 per poi<br />

chiudere i battenti poco dopo, al principio del 1886, consentirebbe <strong>di</strong> poter affermare<br />

con un margine <strong>di</strong> dubbio piuttosto ridotto la presenza del letterato<br />

lombardo nella città eterna proprio nel corso <strong>di</strong> quell’annata e, in maniera più<br />

specifica, proprio nel corso della primavera, poiché nell’incipit della lettera il<br />

mittente inserisce una breve cronaca sul pranzo <strong>di</strong> magro consumato il venerdì<br />

santo in casa Somaglia. La Pasqua del 1885 era caduta in data 24 marzo, il documento,<br />

pertanto, deve risalire ad una data <strong>di</strong> poco posteriore, dal momento<br />

che nel periodo quaresimale dell’anno successivo (in cui la festività pasquale<br />

verrà celebrata il 13 aprile), 28 <strong>Gualdo</strong> avrebbe fatto stampare un proprio racconto<br />

sul giornale poc’anzi menzionato, «Il Corriere <strong>di</strong> Roma», e certo, dopo oltre<br />

un anno dalla sua fondazione, egli non ne avrebbe ancora parlato come <strong>di</strong> un<br />

quoti<strong>di</strong>ano che sembrava andare già malissimo. In questo messaggio destinato a<br />

Vittoria Cima, infine, vi è un ulteriore in<strong>di</strong>zio utile alla datazione del sonetto<br />

dannunziano; se, <strong>di</strong>fatti, è vero che al suo interno non viene mai nominato “il<br />

<strong>di</strong>vino Gabriele”, è altrettanto significativa la frase con cui <strong>Gualdo</strong> fa riferimento<br />

ad uno dei temi centrali della lirica dannunziana, le corse ippiche:<br />

Tutto dorme in società, la stagione essendo pressoché finita – e in questi giorni<br />

scorsi tutti erano immersi nelle austerità quaresimali. I sportsmen si agitano per le corse.<br />

Tutti li amatori <strong>di</strong> cavai sono qui. 29<br />

La forma lombarda cavai, che sta per l’italiano “cavalli”, 30 è utilizzata da<br />

<strong>Gualdo</strong> senza timore <strong>di</strong> eventuali incomprensioni poiché l’amica alla quale sono<br />

27 Lettera 16 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, ine<strong>di</strong>ta. Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(16).<br />

28 Per il calcolo delle festività pasquali <strong>degli</strong> anni 1885 e 1886 si è consultato A. CAP-<br />

PELLI, Cronologia. Cronografia e Calendario perpetuo, Milano, Hoepli, 1998, p. 107.<br />

29 Ibidem.<br />

30 Cavai è la forma plurale della parola Cavàll. Sul <strong>di</strong>aletto milanese in uso nell’Ottocento<br />

(ed in particolare sul termine “cavàll”) si veda F. CHERUBINI, Vocabolario milanese-italiano,<br />

vol. I, Milano, Imp. Regia Stamperia, 1843, p. 50.<br />

275


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

rivolte le sue righe è una sua corregionale, per <strong>di</strong> più abituata a ricevere riferimenti<br />

in veste <strong>di</strong>alettale (non si tratta, in effetti, dell’unica parola milanese contenuta<br />

nel carteggio tra i due, dove abbondano, inoltre, francesismi e anglismi –<br />

spesso ad<strong>di</strong>rittura intere frasi –, essendo donna Vittoria poliglotta quasi al pari<br />

del mittente). Esattamente <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong>, però, al principio del 1895, egli<br />

invierà alla medesima destinataria un messaggio questa volta legato in maniera<br />

esplicita al nome <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio. Giu<strong>di</strong>ce letterario per molti scrittori,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> fungeva anche da consigliere <strong>di</strong> letture per le sue più assidue confidenti,<br />

sua cugina Giulia e Vittoria Cima, alla quale annuncia, in una delle sue<br />

ultime lettere, con un entusiasmo senza pari:<br />

Il Piacere sotto il titolo L’Enfant de Volupté continua ad avere un immenso successo<br />

nella ‘Revue de Paris’. La traduzione <strong>di</strong> Hérelle è la perfezione, ma il testo italiano<br />

rimane superiore <strong>di</strong> gran lunga. Ciò costituisce per me uno straor<strong>di</strong>nario trionfo<br />

per il <strong>di</strong>vo Gabriele, il quale da molto tempo non si muove da Venezia. Che cosa uscirà<br />

fuori dalla comunione <strong>di</strong> quest’unico Poeta con l’unica Città? 31<br />

Il risultato <strong>di</strong> questa “unica unione” sarà l’innamoramento del poeta per il<br />

teatro: a Venezia, durante i soggiorni del 1895 e del 1896, egli avvierà le sue<br />

fatiche drammatiche, poiché la laguna vedrà nascere la sua liaison con un’altra<br />

intima amica gual<strong>di</strong>ana, quella Eleonora Duse per la quale “il <strong>di</strong>vo Gabriele”<br />

comporrà, <strong>di</strong>fatti, proprio nella città dei dogi, Sogno <strong>di</strong> un mattino <strong>di</strong> primavera<br />

e Sogno <strong>di</strong> un tramonto d’autunno. Nel frattempo, all’epoca <strong>di</strong> queste soste adriatiche,<br />

dall’altro lato delle Alpi la stampa parigina pubblicava e con gran<br />

successo – come si evince dalle su citate parole gual<strong>di</strong>ane – la splen<strong>di</strong>da traduzione<br />

<strong>di</strong> Hérelle del Piacere, ovvero <strong>di</strong> quel romanzo che (al tempo in cui era<br />

stato e<strong>di</strong>to in Italia) Gabriele d’Annunzio in persona aveva mandato una copia<br />

autografata al suo fervente ammiratore <strong>Gualdo</strong>, accompagnandola con la sola<br />

lettera a noi pervenuta <strong>di</strong> quel che dovette essere il carteggio intrattenuto dai<br />

due scrittori.<br />

31 Lettera 23, ine<strong>di</strong>ta e s.d. (ma redatta tra gennaio e marzo 1895, vista l’allusione alla pubblicazione<br />

de L’Enfant de Volupté sulla «Revue de Paris»), custo<strong>di</strong>ta nel Fondo Vittoria Cima,<br />

c.3.b.40(23). Quasi con le stesse parole <strong>Gualdo</strong> si rivolge a Verga in una lettera coeva: “Si pubblica<br />

nella «Revue de Paris» Il piacere sotto il bel titolo L’enfant de volupté. La traduzione è<br />

perfetta, ma il testo italiano rimane <strong>di</strong> molto superiore. Immenso elogio per il <strong>di</strong>vino Gabriele!<br />

So che ora si trova a Venezia. Chi sa che cosa uscirà dall’unione <strong>di</strong> quella unica città con<br />

quell’unico poeta?” (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 144).<br />

276


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Preziosa, per quanto succinta, fonte <strong>di</strong> informazioni sulle relazioni personali<br />

(si scopre, infatti, dalla lettura del documento che il pescarese era solito rivolgersi<br />

al suo destinatario chiamandolo “mio Ideale”), la lettera è al tempo stesso<br />

rivelatrice <strong>di</strong> un dato importante dal punto <strong>di</strong> vista spiccatamente letterario, perché<br />

d’Annunzio fa riferimento ad un episo<strong>di</strong>o passato, ad un incontro durante il<br />

quale egli sostiene <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>scusso “per la prima volta” del Piacere proprio con<br />

il destinatario del messaggio, il consigliere <strong>degli</strong> artisti <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Secondo<br />

Francesco Piga l’evento alluso andrebbe rintracciato in un colloquio avvenuto<br />

durante uno dei soggiorni romani del milanese, tra il 1885 ed il 1886 (non essendo<br />

ancora stata concepita l’idea del romanzo tra l’82 e l’84, periodo in cui –<br />

tra l’altro – non è neppure ammissibile con certezza la conoscenza <strong>di</strong>retta tra i<br />

due scrittori); ma lo stu<strong>di</strong>oso dannunziano, ritenendo erroneamente – come si è<br />

poc’anzi <strong>di</strong>mostrato – sulla scia delle informazioni contenute nella biografia realizzata<br />

da Montera, che nel corso dell’85 <strong>Gualdo</strong> non si trovasse nella capitale,<br />

propende per datare l’incontro nel 1886. 32 Al contrario, sembrerebbe più verosimile<br />

che il rendez-vous letterario possa aver avuto luogo nella primavera<br />

dell’85 (in cui si è collocata, ricor<strong>di</strong>amo, anche la stesura del sonetto dannunziano),<br />

dal momento che proprio il 22 marzo <strong>di</strong> quello stesso anno, con il titolo<br />

Frammento, era apparsa sul «Fanfulla della domenica» la prima anticipazione<br />

de Il Piacere, uscito poi nelle librerie a maggio del 1889. Pochi giorni più tar<strong>di</strong><br />

l’autore ne avrebbe quin<strong>di</strong> inviato un esemplare (purtroppo non presente nella<br />

superstite biblioteca gual<strong>di</strong>ana) allo scrittore lombardo, a lui così de<strong>di</strong>candolo:<br />

Caro mio Ideale,<br />

ti mando Il Piacere. Ho notizie tue, recenti, dal Rovetta. So dalla Serao che tu sei<br />

un ammiratore caldo del mio libro, e ne sono fierissimo e lietissimo.<br />

Scrivimi un rigo.<br />

Dimmi <strong>di</strong> te.<br />

Ti ricor<strong>di</strong> quando io ti parlai per la prima volta <strong>di</strong> questo Piacere?<br />

Io vorrei fare una gita breve a Milano; ma credo che non potrò.<br />

Ad<strong>di</strong>o. Salutami Arrigo Boito e Marco Sala. Amami e ammirami.<br />

Ti abbraccio, caro mio Ideale.<br />

Gabriele<br />

Via Piemonte, 1. Roma, 3 giugno ’89. 33<br />

32 F. PIGA, <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio, in «Rassegna Dannunziana», n. 4, <strong>di</strong>cembre 1983, p. 44.<br />

33 La lettera, ritrovata al Vittoriale, è stata pubblicata per la prima volta da P. DE MON-<br />

TERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 135.<br />

277


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Era stata, dunque, Matilde Serao a riferire a d’Annunzio l’appassionato<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a proposito <strong>di</strong> quel Piacere che avrebbe significato sia la definitiva<br />

affermazione del giovane autore abruzzese sul panorama letterario nazionale<br />

ed estero, sia un decisivo passo <strong>di</strong> svolta nella storia dello sviluppo del<br />

romanzo nostrano. Mentre, <strong>di</strong>fatti, in Francia la corrente realista aveva già subito<br />

all’epoca una decisa battuta d’arresto, in Italia continuava ad imperare quel<br />

verismo che per lunghi anni aveva stentato a decollare: <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio si<br />

inscrivevano nell’insieme <strong>di</strong> coloro che, pur apprezzando il naturalismo, già nel<br />

suo periodo d’oro ne avevano seguito soprattutto gli sviluppi maggiormente antinaturalisti,<br />

vale a <strong>di</strong>re i suoi aspetti più irregolari, umbratili ed intimisti. Non a<br />

caso Vittorio Roda ha esaminato alcune caratteristiche comuni alle opere dei<br />

due scittori, opere che nonostante posseggano ancora una tipologia <strong>di</strong> “impalcatura”<br />

derivante dal romanzo realista, sono tuttavia pervase da immagini trasognanti<br />

e figure trascolorate, evanescenti, oltre che accomunate da un medesimo<br />

ideale <strong>di</strong> fondo secondo il quale soltanto l’Arte va considerata l’autentica depositaria<br />

della Verità assoluta.<br />

I testi presi in esame sono, da una parte, la Ressemblance gual<strong>di</strong>ana (1874)<br />

e dall’altra, sul versante dannunziano, proprio Il Piacere (1889): la scelta del<br />

critico scaturisce dall’aver osservato la presenza <strong>di</strong> una stessa <strong>di</strong>namica sovrappositiva<br />

che spinge i protagonisti <strong>di</strong> entrambi i romanzi – Maurice d’Affrey e<br />

Andrea Sperelli – a cercare simmetrie tra le due donne da ciascuno amate. Nei<br />

rispettive lavori, infatti, tanto <strong>Gualdo</strong> quanto d’Annunzio avrebbero sfruttato<br />

una sorta <strong>di</strong> “regime <strong>di</strong> onirismo o <strong>di</strong> semi-onirismo” per far scattare “l’identificazione<br />

muliebre” (tra Anne e Annette nella ressemblance e tra Elena Muti e<br />

Maria Ferres nel Piacere). 34 Nel primo caso l’elemento che porta il personaggio<br />

maschile ad assommare in maniera talvolta in<strong>di</strong>scernibile i connotati dell’una e<br />

dell’altra donna (e quin<strong>di</strong> a far scaturire l’innamoramento) è la quasi completa,<br />

totale somiglianza fisica (da cui il titolo del volume) tra le partners; nel secondo<br />

caso è, invece, un unico particolare a mettere in moto la condensazione delle<br />

figure, vale a <strong>di</strong>re “la medesimezza del timbro vocale” delle donne amate. 35<br />

Attraverso la puntuale citazione <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> simmetrici nei due testi narrativi<br />

in questione, Roda ha <strong>di</strong>mostrato come la “confusione femminile” realizzata da<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nel proprio romanzo possa essere considerata – naturalmente met-<br />

34 V. RODA, «Ressemblance» e «déjà vu» nella narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 106.<br />

35 ID., La donna «composta»: d’Annunzio, <strong>Gualdo</strong>, Maupassant, cit., p. 162.<br />

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Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

tendo in luce le dovute <strong>di</strong>fferenze, non solo <strong>di</strong> valore, tra i romanzi – prefiguratrice<br />

del meccanismo <strong>di</strong> déjà vu che fa sì che nella mente <strong>di</strong> Andrea – cito da Il<br />

Piacere – “le due imagini feminili si sovrappongono, si confondono, si <strong>di</strong>struggono<br />

a vicenda, senza ch’egli potesse giungere a separarle, senza ch’egli potesse<br />

giungere a definire il suo sentimento verso l’una, il suo sentimento verso<br />

l’altra”, 36 analogamente a quanto accade nei sogni <strong>di</strong> Maurice, dove – cito, questa<br />

volta, da Une ressemblance – “Anna et l’inconnue se confondaient incessamment”,<br />

riconducendo tutti i suoi ricor<strong>di</strong> “toujours dans la même image”. 37<br />

Per quanto possa trattarsi, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> convergenze fortuite tra i testi, non sembrerebbe<br />

da escludersi che la lettura dell’opera gual<strong>di</strong>ana (o forse, più semplicemente,<br />

il frutto delle conversazioni avute con lo scrittore milanese) abbia potuto<br />

in parte influire nella concezione del capolavoro <strong>di</strong> d’Annunzio (tanto più<br />

che, in base a quanto si è in precedenza detto, <strong>Gualdo</strong> era stato messo al corrente<br />

della sua formulazione in fase embrionale). Come ha sostenuto anche Elisabetta<br />

de Troja, non si può parlare <strong>di</strong> effettive corrispondenze <strong>di</strong>rette, né tantomeno<br />

<strong>di</strong> una qualche forma <strong>di</strong> plagio; si deve invece pensare, piuttosto, ad<br />

un’affinità creativa e <strong>di</strong> gusto tra i due scrittori, entrambi ascrivibili – pertanto –<br />

“in un antinaturalismo <strong>di</strong> fondo, antinaturalismo <strong>di</strong> area francese”. 38<br />

D’Annunzio era a tal punto certo della fedeltà dell’amico e così sicuro della<br />

vali<strong>di</strong>tà del suo giu<strong>di</strong>zio letterario che quando si metterà alla ricerca <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>tore<br />

per la pubblicazione del testo francese de L’Innocente, egli suggerirà al suo<br />

traduttore transalpino, Georges Hérelle, <strong>di</strong> mettersi in contatto proprio con<br />

<strong>Gualdo</strong> per ottenere una lettera <strong>di</strong> raccomandazione da inoltrare a Lemerre. 39<br />

Ma era il 24 <strong>di</strong>cembre del 1896 e il povero <strong>Gualdo</strong> versava ormai in un assai<br />

precario stato <strong>di</strong> salute, per cui in quell’occasione non poté certo essere <strong>di</strong> grande<br />

aiuto all’amico. Eppure, nonostante la sua grave malattia, qualche mese prima<br />

egli era intervenuto sulle pagine del «Capitan Cortese» per prendere le <strong>di</strong>fese<br />

<strong>di</strong> d’Annunzio contro le accuse <strong>di</strong> plagio letterario mosse da Enrico Thovez.<br />

Rispetto al <strong>di</strong>scorso elaborato da Verga – che imme<strong>di</strong>atamente lo precede – le<br />

parole <strong>di</strong> quello gual<strong>di</strong>ano appaiono piuttosto succinte; non bisogna <strong>di</strong>menticare,<br />

però, ancora una volta, lo stato <strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà in cui questi versava all’epoca.<br />

36<br />

G. D’ANNUNZIO, Il Piacere, in Prose <strong>di</strong> romanzi, vol. I, Milano, Mondadori, 1988,<br />

pp. 284-285.<br />

37<br />

L. GUALDO, Une ressemblance, in Romanzi e Novelle, cit., p. 257.<br />

38<br />

E. DE TROJA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio, cit., p. 171.<br />

39<br />

G. TOSI, D’Annunzio à Georges Hérelle. Correspondance, cit., p. 113.<br />

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Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

La brevità, comunque, non inficia la sua posizione, né impe<strong>di</strong>sce alla sua fervente<br />

ammirazione verso il genio del pescarese <strong>di</strong> trapelare da tali righe:<br />

Non credo che le accuse mosse a Gabriele d’Annunzio possano in alcun modo intaccare<br />

il valore della sua produzione. Mi associo pienamente alla lettera scritta da Gabriele<br />

d’Annunzio stesso al «Figaro», 40 dalla quale mi piace citare la seguente frase:<br />

L’originalité véritable d’un écrivain consiste en cette vertu par laquelle tout ce qu’il<br />

touche semble lui appartenir pour toujours.<br />

Parigi. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. 41<br />

Pochi giorni più tar<strong>di</strong>, essendo in Francia l’argomento ancora sulla bocca <strong>di</strong><br />

tutti i letterati, nel corso <strong>di</strong> una cena organizzata da Emile Zola in onore <strong>di</strong> Giuseppe<br />

Giacosa, presente naturalmente anche <strong>Gualdo</strong> 42 accanto a Coppée, parte<br />

della conversazione ricadrà sugli ipotetici plagi dannunziani. Ed è naturalmente<br />

Edmond de Goncourt, altro ospite d’ecellenza della serata, che ha annotato nel<br />

suo Journal i vari temi affrontati, trascrivendo, però, nelle sue memorie <strong>di</strong> vita<br />

letteraria, soltanto la propria posizione in merito alla questione relativa allo<br />

scrittore l’italiano. 43 Senza dubbio, comunque, è da credere che <strong>Gualdo</strong> dovette<br />

esprimersi in favore dell’amico tanto ammirato, benché nel <strong>di</strong>ario goncourtiano<br />

non ne sia stata poi riportata notizia.<br />

Se nel corso del 1896 le con<strong>di</strong>zioni me<strong>di</strong>che sfavorevoli non avevano permesso<br />

a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> esprimersi con vigore relativamente alle accuse dannunziane,<br />

egli aveva tuttavia agito con ben altro risultato in favore del pescarese<br />

prima <strong>di</strong> ammalarsi: durante il 1893, <strong>di</strong>fatti, dopo i primi sintomi del futuro malore<br />

seguiti alla morte della madre, <strong>Gualdo</strong> aveva avuto un’ottima ripresa fisica<br />

e, avendo potuto riprendere in parte la vita mondana, non aveva esitato ad agire<br />

come promoter artistico caldeggiando la <strong>di</strong>ffusione in Francia dell’opera <strong>di</strong><br />

40<br />

La lettera <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa dannunziana era apparsa su «Le Figaro» pochi giorni prima, sul<br />

numero del precedente 1° febbraio 1896.<br />

41<br />

L. GUALDO, Gabriele d’Annunzio, in AA. VV., La nostra inchiesta dannunziana, cit.,<br />

p. 6. 42 Lettera del 19 aprile 1896 pubblicata da R. TERNOIS, Zola et ses amis italiens, Paris,<br />

Les Belles Lettres, 1967, p. 94: “Mon cher Giacosa, […] venez dîner jeu<strong>di</strong> soir, sept heures et<br />

demie. […]. Et vous trouverez des amis à notre table: <strong>Gualdo</strong>, Coppée, Goncourt. Oui, n’est-ce<br />

pas? Cor<strong>di</strong>alement à vous. Emile Zola”.<br />

43 E. – J. DE GONCOURT, Journal: mémoires de vie littéraire, cit., vol. XXI, p. 232,<br />

dove in data 23 aprile 1896 si legge: “établit que le talent de d’Annunzio n’existe qu’à la con<strong>di</strong>tion<br />

d’être électrisé par un courant intellectuel”.<br />

280


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

d’Annunzio. Si deve, in effetti, proprio al suo propizio intervento la scelta <strong>di</strong><br />

pubblicare L’Enfant de Volupté sulla «Revue de Paris», vale a <strong>di</strong>re quella stessa<br />

“perfetta traduzione in francese” del Piacere realizzata da Hérelle <strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong><br />

scriverà a stampa avvenuta con immenso entusiasmo – come si è già visto – nel<br />

passo <strong>di</strong> lettera a Vittoria Cima in precedenza citato. L’azione sponsorizzatrice<br />

svolta da questi; in tale occasione, presso Ganderax, è stata resa da nota da Pierre<br />

de Montera, il quale ha riportato alla luce, scovando materiali ine<strong>di</strong>ti tra i<br />

manoscritti della Bibliothèque Municipale <strong>di</strong> Troyes, uno stralcio della corrispondenza<br />

intrattenuta tra il <strong>di</strong>rettore della rivista francese (Ganderax, per<br />

l’appunto) e Georges Hérelle. In una lettera del 1° novembre 1893, il traduttore<br />

dannunziano aveva, infatti, ricevuto la seguente comunicazione: “A entendre<br />

<strong>Gualdo</strong>, le roman n’aurait pas moins de succès chez nous, auprès du grand public<br />

– du grand public lettré – que L’Intrus” 44 (titolo con cui era stato reso oltralpe<br />

il nome originario del precedente romanzo <strong>di</strong> d’Annunzio, L’Innocente).<br />

Parrebbe, quin<strong>di</strong>, che il giu<strong>di</strong>zio gual<strong>di</strong>ano, unitamente a quello <strong>di</strong> Primoli – in<br />

seguito intervenuto anch’egli sulla questione – abbia avuto notevole peso sulla<br />

decisione del <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> far stampare il testo dannunziano sulla rivista parigina.<br />

Il Piacere era stato, almeno in principio, il lavoro dell’abruzzese pre<strong>di</strong>letto<br />

da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, eppure non è questo l’unico volume pubblicato dall’amico ad<br />

aver affascinato il critico; pur non essendo state reperite sue recensioni incentrate<br />

su testi dannunziani, è comunque lecito affermare che nella corrispondenza<br />

dell’autore milanese non esiste scrittore <strong>di</strong> cui egli abbia parlato con un’ammirazione<br />

sincera ed insieme un’eccitazione entusiastica pari a quelle palesate<br />

in riferimento al “<strong>di</strong>vo Gabriele” ed ai suoi scritti. Nel proprio letto <strong>di</strong> agonia<br />

dell’Hôtel Campbell, il “povero <strong>Gualdo</strong>” si de<strong>di</strong>cava alla lettura per vincere la<br />

dura battaglia contro la noia e contro la sofferenza; unico conforto, congiuntamente<br />

alle tante visite ricevute, il conforto ricavato immergendosi nel mondo<br />

della letteratura era in grado <strong>di</strong> concedergli un sollievo spirituale – e fisico al<br />

tempo stesso –, com’è semplice intuire sfogliando le sue carte. Egli aveva, infatti,<br />

la consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> affermare che il tratto della propria penna sulla pagina<br />

scritta potesse essere ritenuto il riflesso più evidente, il più accurato sintomo rivelatore<br />

dello stato dei suoi nervi: 45 significativamente i suoi interventi epistola-<br />

44 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 141.<br />

45 “In quanto allo stato dei miei nervi, credo che la mia scrittura parli da sé”, scriveva, ad<br />

esempio, <strong>Gualdo</strong> all’amica donna Vittoria nel terzo post scriptum <strong>di</strong> una lettera inviata da Parigi<br />

nel maggio 1888. Cfr. Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(9). Altri esempi <strong>di</strong> questa sorta <strong>di</strong> corri-<br />

281


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

ri contenenti consigli <strong>di</strong> letture dannunziane sono attorniati da lunghe sfilze <strong>di</strong><br />

punti esclamativi, <strong>di</strong>segni e decori che non lasciano spazio a dubbi quanto alle<br />

riprese <strong>di</strong> stato d’animo dello scrivente.<br />

L’esempio più eclatante è forse costituito da un messaggio rivolto alla cugina<br />

Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani, alla quale egli consiglia, avendolo appena terminato,<br />

<strong>di</strong> gettarsi in gran fretta nella lettura dell’ultimo capolavoro dannunziano, il<br />

poema in prosa Le Vergini delle Rocce (quello stesso testo a proposito <strong>di</strong> cui<br />

chiederà, negli stessi giorni, ad Arrigo Boito: “Hai letto come si deve, più volte<br />

e genuflesso, il libro del <strong>di</strong>vino Gabriele?”). 46 Il suggerimento, quasi imposto,<br />

alla Marchesa viene espresso con un vigore tale che lascia trasparire l’impeto<br />

con cui il mittente doveva essersi accinto a scrivere, dal momento che il titolo<br />

del libro dannunziano in<strong>di</strong>cato è seguito da una nutrita serie <strong>di</strong> segni <strong>di</strong> interpunzione<br />

– ben venti punti esclamativi – che riempiono tutta la seconda metà <strong>di</strong><br />

c.3v della lettera (costituita da un bifolio e da una carta sciolta). Quasi potessero<br />

rischiare <strong>di</strong> apparire insufficienti alla destinataria, tali simboli sono inoltre imme<strong>di</strong>atamente<br />

seguiti dalle parole “e così fino in fondo e più oltre”, come se<br />

<strong>Gualdo</strong>, ritenendo ancora incompleta la propria espressione <strong>di</strong> entusiasmo, avesse<br />

voluto suggerire alla lettrice che il nome dell’opera meritasse <strong>di</strong> essere<br />

seguita da una cifra ad<strong>di</strong>rittura più consistente <strong>di</strong> segni <strong>di</strong> apprezzamento, segni<br />

che egli non aveva ulteriormente potuto riportare essendo terminata la superficie<br />

scrittoria su cui rappresentarli:<br />

Ti prego <strong>di</strong> leggere con cieca attenzione e senza commenti lo straor<strong>di</strong>nario poema<br />

in prosa del <strong>di</strong>vino Gabriele d’Annunzio intitolato:<br />

Le Vergini delle Rocce.<br />

! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !<br />

! E così fino in fondo e più oltre! 47<br />

spondenza psicosomatica tra stato fisico-mentale e grafia, da egli stesso definita “atassica”, dello<br />

scrittore lombardo sono stati riportati, supra, nel paragrafo 2.1 Il cosmopolitismo malinconico<br />

e sognante <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

46 Lettera 5 ad Arrigo Boito dell’ottobre 1895, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p.<br />

307. Il libro <strong>di</strong> d’Annunzio era stato pubblicato in appen<strong>di</strong>ce a «Il Convito» a partire dal gennaio<br />

del 1895 ed era poi uscito nelle librerie il 13 ottobre, benché sulle prime e<strong>di</strong>zioni e fin dalla<br />

prima tiratura del volume si trova riportata l’in<strong>di</strong>cazione dell’anno successivo, il 1896.<br />

47 Lettera 29 a Giulietta Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, z 80 suss., b.3(29). Il documento<br />

è custo<strong>di</strong>to all’interno <strong>di</strong> una busta recante timbro postale “Paris, 26 janvier 1896”, ma<br />

282


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Resta sconosciuta, invece, l’opinione del critico milanese a proposito del<br />

Trionfo della morte, testo alla cui conclusione d’Annunzio stava lavorando<br />

quando, a <strong>Napoli</strong>, era stato informato – anche se non è noto ad opera <strong>di</strong> chi –<br />

dell’improvviso peggioramento delle con<strong>di</strong>zioni dell’amico (occasione in cui<br />

Boito, rivolgendosi a Primoli, affermerà: “<strong>Gualdo</strong> è come morto a Parigi”) 48 rifugiatosi,<br />

per pudore, in Francia. Nell’inviare al proprio e<strong>di</strong>tore il capitolo finale<br />

del lavoro in atto, “il <strong>di</strong>vo Gabriele” chiedeva aggiornamenti sulla salute dell’ormai<br />

invalido scrittore, paralizzato dalla vita in giù, 49 domandando ad Emilio<br />

Treves notizie del “povero <strong>Gualdo</strong>”. 50 Si recherà, infine, nella capitale francese,<br />

per far visita allo scrittore lombardo quando, trovandosi in città per la prima<br />

rappresentazione de La Ville morte interpretato da Sarah Bernhard, nel gennaio<br />

1898 prenderà appuntamento con il me<strong>di</strong>co personale dell’ammalato per recarsi<br />

insieme a questi al capezzale <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, ormai impossibilitato a lasciare<br />

la propria camera. La testimonianza dell’incontro è affidata ad un taccuino dannunziano,<br />

nel quale si legge, tra gli impegni da assolvere nell’inver-nale Parigi<br />

chimerica, la seguente nota per il giorno 28 gennaio ’98: “Mercre<strong>di</strong> – Déjeuner<br />

Prévost – à 5 heures Barbavara à l’hôtel pour le pauvre <strong>Gualdo</strong>”. 51<br />

Poco meno <strong>di</strong> quattro mesi dopo l’autore <strong>di</strong> Decadenza si sarebbe spento<br />

nella medesima stanza d’albergo, quella stessa dove aveva dettato il proprio testamento<br />

in cui – forse proprio in quanto memore, secondo un anonimo cronista<br />

del «Corriere della Sera», 52 dell’ultima visita ricevuta – una posizione <strong>di</strong> tutto<br />

rispetto era stata riservata a Gabriele d’Annunzio (“come testimonianza”, si<br />

legge nella copia olografa delle sue ultime volontà, “<strong>di</strong> grande ammirazione e <strong>di</strong><br />

affetto sincero”), 53 che ne riceverà l’annuncio tramite una sua vecchia cono-<br />

sembrerebbe invece risalire al periodo del precedente soggiorno ad Aix-les-bains, forse scritta<br />

verso la fine del mese <strong>di</strong> agosto del 1895.<br />

48 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 143.<br />

49 Non è raro, nelle lettere <strong>di</strong> quest’epoca e dei quattro anni successivi, che <strong>Gualdo</strong> abbia a<br />

commentare la propria salute, ivi compresi i relativi miglioramenti, in questi termini: “continuo<br />

a star benino, almeno per il busto”. Cfr. Fondo Vittoria Cima, c.3.b.40(22).<br />

50 Ibidem. Lettera del 16 marzo 1894, custo<strong>di</strong>ta al Vittoriale (Carteggio Treves).<br />

51 A. ANDREOLI, Il vivere inimitabile. Vita <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio, Milano, Mondadori,<br />

2000, p. 316, dove il passo citato è però tratto da G. D’ANNUNZIO, Taccuini, Milano, Mondadori,<br />

1965, p. 290.<br />

52 –, Il testamento <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Corriere della Sera», 18-19 maggio 1898: “Lascia<br />

inoltre cinquemila franchi a Gabriele d’Annunzio, <strong>di</strong> cui gradì immensamente la recente visita”.<br />

53 Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano, documenti Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Provenienza <strong>Gualdo</strong> Bolis, Tit.<br />

XXV, parte 6ͣ, cart. 5, gr. VI, fasc. 18.<br />

283


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

scenza, il dottor Barbavara <strong>di</strong> cui sopra. Il documento <strong>di</strong> tale comunicazione,<br />

oltre alle <strong>di</strong>sposizioni testamentarie del defunto, contiene un prezioso inciso<br />

grazie al quale veniamo a conoscenza del fatto che Roma non era stato il solo<br />

scenario <strong>degli</strong> inconti tra i due scrittori, perché essi – emerge dal testo – avevano<br />

avuto modo <strong>di</strong> vedersi anche a Milano, e che qui d’Annunzio era ad<strong>di</strong>rittura<br />

stato ospite a casa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, nel signorile palazzo <strong>di</strong> via Bagutta:<br />

Carissimo d’Annunzio,<br />

io penso che abbiate appreso dai giornali la morte del nostro povero <strong>Gualdo</strong>. Anche<br />

a voi, come a pochi amici che furono testimoni <strong>di</strong> quella lunga sua agonia, codesta<br />

morte parrà la liberazione e la fine d’un feroce supplizio, e perciò augurata e benedetta.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto sappiate che, come vi <strong>di</strong>ssi qui a Parigi, il <strong>Gualdo</strong> vi ha lasciato per<br />

testamento un ricordo, quella statuetta del Narciso, che avevate veduto in casa sua a<br />

Milano, e un regalo <strong>di</strong> 5000 franchi... 54<br />

Avrete la novella ufficiale dal notaio o dall’esecutore testamentario delle sue ultime<br />

volontà, il Cav. Francesco Ponti […]. 55<br />

Spinto dalle continue urgenze economiche, il beneficiario <strong>di</strong> questo ultimo,<br />

silenzioso gesto d’affetto gual<strong>di</strong>ano, non tarderà molto a mettersi in contatto<br />

con il ragioniere Ponti, visto che negli Archivi Litta Mo<strong>di</strong>gnani è conservata<br />

una lettera del poeta all’amministratore con la quale egli dava con procura legale<br />

a Treves l’incarico <strong>di</strong> ritirare il legato. 56 Benché tale messaggio rechi in calce<br />

la data 3 settembre, Francesco Ettore Ponti era già stato contattato in precedenza<br />

per la riscossione dell’ere<strong>di</strong>tà, poiché tra i registri <strong>di</strong> provenienza <strong>Gualdo</strong>-<br />

Bolis è custo<strong>di</strong>ta un’agenda autografa dell’esecutore testamentario interamente<br />

de<strong>di</strong>cata all’Affare <strong>Gualdo</strong> nella quale il ragioniere aveva annotato <strong>di</strong> aver rice-<br />

54 Ibidem (corsivi miei). Dalla copia olografa del documento si apprende che <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

aveva lasciato a d’Annunzio un tezo dono, prezioso quanto i primi due nominati da Barbavara:<br />

una spilla da cravatta in turchesi con un drago in <strong>di</strong>amanti.<br />

55 La lettera del dottor Alberto Barbavara <strong>di</strong> Gravellona a Gabriele d’Annunzio è interamente<br />

riprodotta da B. PALMERIO, Sorprese epistolari, in D’Annunzio alla Capponcina, Firenze,<br />

Vallecchi, 1938, pp. 135-136 (corsivi miei). La data in<strong>di</strong>cata dall’autore del volume nel<br />

commento al messaggio del me<strong>di</strong>co – <strong>di</strong>cembre 1899 – sembra, però, essere errata.<br />

56 La lettera, custo<strong>di</strong>ta all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano, è stata pubblicata da P. DE MON-<br />

TERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 168: “Egregio Signore, La ringrazio della cortesia con cui Ella mi<br />

annunzia che il legato lasciatomi dal molto <strong>di</strong>letto e rimpianto amico <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, è a mia <strong>di</strong>sposizione.<br />

Con procura legale do al Cavaliere Treves l’incarico <strong>di</strong> riceverlo per me in Milano.<br />

La prego <strong>di</strong> credere, Egregio Signore, alla mia profonda stima. Settignano (Firenze), 3 settembre<br />

1898. Gabriele d’Annunzio”.<br />

284


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

vuto già il 13 giugno 1898 (si ricor<strong>di</strong> che il suo assistito era morto solo il precedente<br />

15 maggio) la visita <strong>di</strong> “un incaricato <strong>di</strong> Treves” interessato alla data del<br />

pagamento del “legato d’Annunzio”. 57<br />

Con ogni probabilità i 5000 franchi d’oro risultarono utili al Poeta, in perenne<br />

ricerca <strong>di</strong> “armistizi economici”, 58 per saldare i tanti suoi debiti (Benigno<br />

Palmerio afferma <strong>di</strong> aver lungamente pregato per l’anima generosa del defunto<br />

insieme a d’Annunzio in ringraziamento del “bel piovasco <strong>di</strong> manna” necessario<br />

a risanare “il mal tempo amministrativo” della Capponcina) 59 e non sarebbe<br />

da sorprendersi se lo scrittore abruzzese avesse deciso <strong>di</strong> vendere anche la preziosa<br />

spilla da cravatta in turchesi con un drago in <strong>di</strong>amanti, ricevuta in dono<br />

dallo scrittore defunto, per ricavarne denaro sonante. È però certo che l’autore<br />

del Piacere continuò a custo<strong>di</strong>re con cura il ricordo affettivamente più significativo<br />

lasciatogli da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, quella statuetta in bronzo raffigurante Narciso<br />

in origine parte dell’arredamento dello stu<strong>di</strong>o in cui il narratore scomparso<br />

era solito lavorare nella sua abitazione milanese. Il soprammobile ornamentale,<br />

<strong>di</strong>fatti, faceva ancora parte dei beni presenti nella “Collezione Gabriele d’Annunzio<br />

esistente nella Villa La Capponcina presso Settignano” nel corso della<br />

ven<strong>di</strong>ta tenutasi a Firenze il 9 giugno 1911: in tale occasione, mentre il poeta si<br />

trovava in esilio in Francia, i suoi beni ancora depositati in Italia erano stati destinati<br />

all’asta; nell’inventario <strong>degli</strong> oggetti trovati nello ‘stu<strong>di</strong>o in terrazza’<br />

dell’esule spicca, fra gli altri, l’oggetto numero 645, ovvero il reperto descritto<br />

come: Narciso, statuetta in bronzo, riproduzione artistica, altezza m. 0,62. 60<br />

5.2 L’incontro con Matilde Serao e l’avversione <strong>di</strong> Scarfoglio<br />

Il 10 maggio 1920 Matilde Serao pronunciava, nella Sala della «Società del<br />

Giar<strong>di</strong>no» in Milano, un <strong>di</strong>scorso intitolato Ricordando “Neera”. 61 Durante la<br />

sua conferenza, la scrittrice napoletana apriva una <strong>di</strong>gressione sulla città in cui<br />

57<br />

Archivi Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Tit. XXV, parte 2ͣ, cart. 4, gr. <strong>II</strong>, fasc. 8 (Carteggio relativo alla<br />

morte del Nobile Don <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Bolis, ai funerali ed altre onoranze funebri. Necrologie).<br />

58<br />

E. DE TROJA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio, cit., p. 167.<br />

59<br />

B. PALMERIO, D’Annunzio alla Capponcina, cit., p. 137.<br />

60<br />

L’estratto d’inventario è stato e<strong>di</strong>to da P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 168.<br />

61 M. SERAO, Ricordando “Neera”, Milano, Treves, 1920.<br />

285


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Anna Ra<strong>di</strong>us Zuccari (in arte Neera) si era formata ed aveva mosso i primi passi<br />

nel mondo delle lettere, quella Milano che “cinquant’anni prima racchiudeva<br />

una pleiade <strong>di</strong> poeti, <strong>di</strong> scrittori, <strong>di</strong> artisti, […] una gioventù baldanzosa piena <strong>di</strong><br />

una larga speranza” 62 tra i cui membri vengono annoverati Eugenio Torelli<br />

Viollier, Arrigo e Camillo Boito, Giovanni Verga, Giuseppe Giacosa e, natralmente,<br />

anche <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, “aristocratica, elegante figura <strong>di</strong> gentiluomo lombardo<br />

e <strong>di</strong> scrittore, […] signore <strong>di</strong> antico lignaggio e romanziere efficace, […]<br />

travolto da un fato crudele”. 63 Amico fidato, conosciuto proprio nel corso del<br />

primo soggiorno meneghino della giornalista, <strong>Gualdo</strong> era stato fin dal principio<br />

tra le stelle brillanti <strong>di</strong> quella pleiade – <strong>di</strong> quel firmamento in cui ella, giovanissima,<br />

stava tentando <strong>di</strong> penetrare – che aveva creduto nel suo talento e l’aveva<br />

“sorretta, incoraggiata e sollevata”, un contatto che (insieme a tanti altri) aveva<br />

esaltato le sue forze <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate, ricomponendole ed in<strong>di</strong>rizzandole, dopo un<br />

travaglio profondo, verso una “sicura meta”. 64<br />

La gratitu<strong>di</strong>ne sincera <strong>di</strong> Matilde Serao, quale emerge dalle vibranti righe<br />

del suo ragionamento, nel ricordare gli affetti ormai scomparsi della sua adolescenza<br />

e gli effetti del loro supporto sulla sua carriera negli anni d’esor<strong>di</strong>o, lascia<br />

intuire il trapelare <strong>di</strong> un sentimento toccante e speciale destinato al “buonissimo”,<br />

65 a quella “bell’anima” 66 – come lei stessa avrà a definirla – <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, il giovane conosciuto all’ombra del Duomo sul finire <strong>degli</strong> anni ’70 e<br />

già membro figurante, nella primavera del 1882, nel suo primo album amicorum<br />

romano. Il quaderno (all’epoca in possesso <strong>di</strong> Dante Petaccia, parimenti alle<br />

carte gual<strong>di</strong>ane ed al componimento dannunziano <strong>di</strong> cui si è detto in precedenza),<br />

così come descritto da Benedetto Croce 67 risultava inaugurato da uno<br />

scritto <strong>di</strong> Carducci e concluso dalle affettuose parole <strong>di</strong> Eleonora Duse: tra la<br />

prima e l’ultima pagina molti fogli bianchi, qua e là interrotti dalle firme <strong>di</strong> al-<br />

62 Ivi, p. 27.<br />

63 Ivi, p. 30.<br />

64 Ivi, p. 29.<br />

65 Lettera <strong>di</strong> Matilde Serao a Giacosa del 24 marzo 1887, inviata da Roma la sera della<br />

prima dei Tristi amori, in E. CACCIA, Note e Rassegne. Lettere <strong>di</strong> Matilde Serao a Giuseppe<br />

Giacosa, cit., p. 224: “Sono felice del trionfo vostro, e <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Eleonora… Dunque sono<br />

felice felice per voi, e credo che Boito e <strong>Gualdo</strong>, i buonissimi, saranno stati assai contenti”.<br />

66 Lettera della medesima allo stesso del 19 aprile 1893. Ivi, p.230.<br />

67 B. CROCE, L’albo <strong>di</strong> Matilde Serao, in Nuove pagine sparse. Vita, pensiero e letteratu-<br />

ra, Prima Serie, Ricciar<strong>di</strong>, <strong>Napoli</strong>, 1948, p. 319.<br />

286


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

cuni giovani letterati tra i quali Croce cita l’abruzzese G. Mezzanotte, il siciliano<br />

G. A. Cesareo e, per l’appunto, il milanese <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

Due anni più tar<strong>di</strong>, sempre nella capitale (nel frattempo i loro nomi erano<br />

apparsi sullo stesso numero d’esor<strong>di</strong>o del foglio «Cronaca Bizantina»), una<br />

nuova testimonianza permette <strong>di</strong> collocare ancora insieme, sulla medesima scena,<br />

i due amici. Questa volta l’incontro era avvenuto tra le pareti <strong>di</strong> un elegante<br />

palazzo in via Zanardelli, residenza del <strong>di</strong>scendente napoleonico Gégé Primoli<br />

(ed oggi sede della fondazione a questi intitolata), che ha annotato nel suo<br />

Journal, in data 2 marzo 1884, <strong>di</strong> aver ricevuto una gra<strong>di</strong>tissima visita dalla vivifiante<br />

Matilde Serao – considerata, si legge nel <strong>di</strong>ario, alla stregua <strong>di</strong> una madre<br />

e, al tempo stesso, <strong>di</strong> una sorella – presentatasi, quel giorno, in compagnia<br />

<strong>di</strong> un amico comune per risollevare il suo umore altalenante:<br />

Ce matin elle m’a mené déjeuner <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> dont une nouvelle In ritardo<br />

m’avait profondément frappé. 68<br />

Di questa stessa novella, l’autore domanderà notizie nel corso del novembre<br />

successivo, quando, trovandosi a Milano, pregherà Giovanni Verga <strong>di</strong> recarsi<br />

a casa della Serao, <strong>di</strong> baciarle in sua vece le mani, “e <strong>di</strong> chiedele una mia<br />

novella manoscritta che lasciai da lei l’inverno scorso”. 69 Benché molti stu<strong>di</strong>osi<br />

gual<strong>di</strong>ani si siano messi alla ricerca <strong>di</strong> questo testo e, non avendolo trovato, abbiano<br />

concluso che esso non dovesse essere mai stato dato alle stampe, il lungo<br />

racconto è infine riemerso alla luce (da me rintracciato me<strong>di</strong>ante un’in<strong>di</strong>cazione<br />

riportata nel Catalogo del Fondo Stendhal appartenuto, non a caso, a Primoli), 70<br />

pubblicato – appena due settimane dopo la richiesta inviata a Verga – sulle pagine<br />

del «Fanfulla della Domenica» del 19 novembre 1882. 71<br />

68<br />

J. – N. PRIMOLI, Pages iné<strong>di</strong>tes, recueillies, présentées et annotées par M. Speziani,<br />

Roma, e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura, 1959, p. 15.<br />

69<br />

Lettera 10 a Giovanni Verga del 2 novembre 1884, in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei<br />

lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 133.<br />

70<br />

Nel catalogo recentemente pubblicato vi si trova riportata la seguente nota autografa <strong>di</strong><br />

Gégé Primoli scritta, con libro rovesciato, in fondo all’oc.to del volume <strong>di</strong> G. SAND, Lettres<br />

d’un voyageur, Paris, M. Lévy, 1857: “En Italie je voudrais réunir Salvazione, la plus exquise<br />

des Piccole anime [<strong>di</strong> Matilde Serao] – Nedda de Verga – la nouvelle de <strong>Gualdo</strong> publiée par le<br />

F[anfulla].d[ella].d[omenica]. en 1882 [o 1887]”. Cfr. M. COLESANTI – V. PETITTO, Catalogo<br />

del Fondo Stendhal, vol. <strong>II</strong>, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura, 2006, p. 333.<br />

71<br />

L. GUALDO, In ritardo, in «Fanfulla della Domenica», 19 novembre 1882, pp. 3-4.<br />

287


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Con In ritardo <strong>Gualdo</strong> ripercorreva gran parte dei temi cari alla sua precedente<br />

produzione narrativa; protagonisti un giovane, ingegnoso ma povero poeta<br />

– Luciano Ricciar<strong>di</strong> –, una più matura però bellissima, elegante donna forestiera<br />

– la contessa <strong>di</strong> Sontanges – e, accanto ad essi, il Tempo. Amico e nemico<br />

dei due personaggi, questa presenza accompagna le loro vicende (che hanno<br />

luogo tra Roma e la Svizzera) indossando una duplice veste, dapprima in qualità<br />

<strong>di</strong> immemore conservatore <strong>di</strong> aspetti, corpi, occasioni e momenti che permette<br />

<strong>di</strong> sfidare lo scorrere delle stagioni, per poi mostrarsi, nella parte conclusiva,<br />

come ineluttabile forza che tutto trasforma nello scoccare <strong>di</strong> un solo breve istante.<br />

Contrariamente alle aspettative del lettore, che assiste nell’incipit del testo<br />

all’incalzante corteggiamento – per quanto frammezzato da continui impe<strong>di</strong>menti<br />

–, la relazione tra lo scrittore e l’ammaliante dama porterà alla nascita,<br />

nell’epilogo del racconto, <strong>di</strong> una intensa e <strong>di</strong>sinteressata amicizia. A seguito<br />

della scena <strong>di</strong> apertura, in cui, tra ammiccamenti e sguar<strong>di</strong> furtivi, Luciano e la<br />

donna – le cui carni “certo l’unghia del tempo non doveva aver potuto segnare<br />

facilmente” 72 – stabiliscono <strong>di</strong> frequentarsi, essi comprendono <strong>di</strong> essersi già conosciuti<br />

in passato in un piccolo albergo svizzero: all’epoca il ragazzo era rimasto<br />

ammaliato dal piccolo, perfetto “piede spagnuolo” <strong>di</strong> una raffinata signora,<br />

il cui capo era però coperto da un doppio velo, una signora che si rivelerà poi<br />

essere, come da copione, la contessa poi fortuitamente incontrata a Roma.<br />

Secondo lo schema vincente già utilizzato nella Ressemblance (quello stesso,<br />

come si è visto, che sarà valido anche ne Il Piacere <strong>di</strong> d’Annunzio), Ricciar<strong>di</strong><br />

scopre “che la incognita <strong>di</strong> Baiden e questa M.me de Sontanges […] formavano<br />

una sola persona”, ma a <strong>di</strong>fferenza del precedente caso <strong>di</strong> Anna/Annette<br />

(e poi, se si vuole, anche <strong>di</strong> Elena Muti/Maria Ferres) dove le fattezze <strong>di</strong><br />

due <strong>di</strong>verse partners venivano condensate in quelle <strong>di</strong> una soltanto, nella novella<br />

In ritardo i ricor<strong>di</strong> relativi a due persone <strong>di</strong>stinte (poiché in quanto tali vengono<br />

percepite dal personaggio maschile) risultano, infine, riconducibili davvero<br />

alla medesima figura muliebre. Non c’è dubbio, comunque, che il meccanismo<br />

<strong>di</strong> déjà vu alla base <strong>di</strong> entrambe le storie ideate e raccontate da <strong>Gualdo</strong> sia,<br />

in fondo, lo stesso e che la frase con cui il narratore commenta la reazione <strong>di</strong><br />

Luciano alla scoperta dell’identità dei due personaggi potrebbe senza <strong>di</strong>fficoltà<br />

72 Ivi, p. 3.<br />

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Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

venire inserita – se si eccettua la <strong>di</strong>fferenza linguistica – all’interno <strong>di</strong> Une ressemblance:<br />

“gli sembrava <strong>di</strong> trovare due donne desiderate riunite in una”. 73<br />

Una lettera improvvisa, tuttavia, richiama a Parigi la contessa, che si vede<br />

costretta a rinviare per l’ennesima volta il suo incontro privato con Luciano. In<br />

compenso questi apprende attraverso un biglietto inviatole dalla contessa che,<br />

eventualmente, potrà reincontrarla il successivo autunno – tra il 22 e il 28 settembre<br />

– raggiungendola a Erian, nella sua villa della Tournelle, in Svizzera. E<br />

così, all’epoca fissata, dopo essersi a lungo interrogato sul valore e sull’esistenza<br />

del tempo, il giovane decide <strong>di</strong> recarsi all’apputamento, sicuro <strong>di</strong> stupire con<br />

il suo arrivo la donna tanto a lungo – e doppiamente – anelata. Da questo punto<br />

in poi, commenta il narratore, “L’avventura […] non rassomigliava a nessun’altra”<br />

74 (neppure, aggiungeremo, a quella della precedente Ressemblance<br />

gual<strong>di</strong>ana), perché con sua – e non, com’egli aveva sperato, dell’altra – grande<br />

sorpresa lo scrittore si ritrova <strong>di</strong>nnanzi, nella macabra villa, una donna cambiata,<br />

inesorabilmente ed in un battibaleno, trasformatasi nel corpo e nello spirito a<br />

seguito dell’immenso <strong>di</strong>spiacere sofferto per la prematura morte della figlia:<br />

In un giorno la triste opera era stata compiuta, che le lunghe stagioni non avevano<br />

saputo incominciare; da quella realtà, più terribile del più terribile sogno, s’era risvegliata<br />

vecchia. 75<br />

I due supposti amanti si abbandonano allora – gli occhi e le lacrime dell’uno<br />

immersi e confusi in quelli dell’altra – a reciproche confidenze, ad intime<br />

conversazioni dalle quali il lettore apprende la triste sorte toccata a Marie Louise<br />

Caroline de Sontange, la fanciulla scomparsa anzitempo lasciando la sua un<br />

tempo stupenda madre a “vivere – mutilata – <strong>di</strong> una vita straziante”, 76 sempre<br />

più simile ad una statua <strong>di</strong> dolore. Il giovane Ricciar<strong>di</strong>, compreso il miserabile<br />

stato (spirituale nonché fisico) <strong>di</strong> lei, decide quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> non abbandonarla e anzi –<br />

avverte <strong>Gualdo</strong> “gli effetti <strong>di</strong> un grande dolore sono misteriosi; non si sa perché,<br />

all’indomani <strong>di</strong> una sventura, mentre non si ha ancora la forza <strong>di</strong> rivedere la<br />

persona più intima, la presenza <strong>di</strong> uno sconosciuto può calmare” – stabilisce <strong>di</strong><br />

rimanere per alcuni giorni al suo fianco, permettendole <strong>di</strong> sfogare le sue ango-<br />

73 Ibidem.<br />

74 Ivi, p. 4.<br />

75 Ibidem.<br />

76 Ibidem.<br />

289


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

sce, sorridendo “alla sana tristezza <strong>degli</strong> eventi umani” e al tempo stesso confidente<br />

nel nuovo legame sorto tra <strong>di</strong> loro, un’amicizia che li avrebbe a vicenda<br />

sorretti come “un sollievo nell’avvenire sconsolato”. 77<br />

Diversamente da quanto avverrà in Decadenza, in questa novella tanto<br />

ammirata da Primoli, Roma non appare che come semplice sfondo alle vicende<br />

narrate, luogo d’incontro tra i due protagonisti che sembrano quasi non vivere la<br />

città, appartati in un salotto o in teatro, in una camera d’albergo o in una sala da<br />

ballo. Dieci anni più tar<strong>di</strong>, invece, Edmondo de Amicis scriverà a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

complimentandosi dei risultati ottenuti con il suo ultimo lavoro, proprio per esaltare<br />

la sua potenza descrittiva ed affermare che, attraverso le pagine <strong>di</strong> Decadenza,<br />

egli aveva avuto la sensazione <strong>di</strong> aver vissuto nella capitale italiana<br />

per la prima volta:<br />

Ho letto pochi romanzi così finemente e profondamente psicologici come Decadenza<br />

e ad un tempo così semplici, vari ed evidenti. Posso <strong>di</strong>re che non l’ho letto, ma<br />

sentito e veduto, che grazie a te son vissuto a Roma per la prima volta, e ho conosciuto<br />

il mondo bizzarro che tu conosci e <strong>di</strong>pingi così bene; tu, il solo forse <strong>degli</strong> scrittori italiani<br />

che sappia quando occorre, e quanto occorre, <strong>di</strong>sitalianizzarsi e presentare a modo,<br />

faccie, caratteri e costumi <strong>di</strong> altri paesi. 78<br />

Questa Roma così sapientemente <strong>di</strong>pinta è, naturalmente, la Roma conosciuta<br />

e più volte visitata nel primo lustro <strong>degli</strong> anni ’80, la città in cui <strong>Gualdo</strong><br />

era solito recarsi a Villa Me<strong>di</strong>ci insieme al pittore H. L. Doucet, nella quale amava<br />

andare a passeggio con vecchie conoscenze come la marchesa <strong>di</strong> Casa<br />

Fuerte, il luogo dove – infine – abitualmente incontrava amici e colleghi nelle<br />

se<strong>di</strong> redazionali dei fogli letterari più <strong>di</strong>ffusi in epoca post-unitaria, “il milieu<br />

più eccentrico dell’età umbertina per il tono vibrante e risoluto”, 79 dalla più volte<br />

citata «Cronaca bizantina» al <strong>di</strong>ffusissimo «Fanfulla» 80 (e al suo supplemento<br />

artistico, «Il Fanfulla della domenica»). Ma oltre a queste testate non vanno <strong>di</strong>menticate<br />

quelle sulle quali comparvero i contributi gual<strong>di</strong>ani grazie all’in-<br />

77<br />

Ibidem.<br />

78<br />

La lettera <strong>di</strong> Edmondo de Amicis a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, andata <strong>di</strong>spersa insieme a gran parte<br />

delle altre carte appartenute allo scrittore milanese, è tuttavia consultabile nella fedele trascrizione<br />

operata da G. ROVETTA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in Cinque minuti <strong>di</strong> riposo!, cit., p. 236.<br />

79<br />

G. OLIVA, Introduzione a C. MORENI, «Cronaca Bizantina» (1881-1886). In<strong>di</strong>ci,<br />

Roma, Bulzoni, 1997, p. 10.<br />

80<br />

L. GUALDO, Tre impressioni, in «Fanfulla», 5-8 <strong>di</strong>cembre 1876 e ID., Una creazione,<br />

ivi, 27-31 agosto e 1-2 settembre 1877.<br />

290


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

fluenza <strong>di</strong> Matilde Serao, prima fra tutte quel «Corriere <strong>di</strong> Roma» da lei fondato<br />

insieme al marito Eduardo Scarfoglio su cui uscì, dal 9 al 16 maggio 1886 un<br />

altro racconto del milanese, L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, 81 che dovette riscontrare<br />

un imme<strong>di</strong>ato successo se, pochi mesi più tar<strong>di</strong>, egli lo tradurrà in francese per<br />

un’e<strong>di</strong>zione arricchita destinata alla «Nouvelle Revue» <strong>di</strong> Juliette Adam. 82<br />

I giornali orbitanti attorno alla sfera d’influenza <strong>di</strong> Scarfoglio e sua moglie<br />

non accoglievano, comunque, soltanto gli articoli e i racconti <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>:<br />

nel gennaio 1888, introdotto da poche righe della Serao che definisce l’autore<br />

“gentiluomo e poeta”, apparve sul «Corriere <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>» anche un componimento<br />

poetico del milanese, intitolato Paesaggio (meglio noto attraverso il verso incipitario:<br />

Tutto riposa al raggio della luna), 83 tratto dall’Almanacco delle Muse,<br />

una antologia <strong>di</strong> casa Treves, 84 che verrà nuovamente accolto sulle pagine de<br />

«Il Mattino» qualche anno più tar<strong>di</strong>, sempre presentato da alcune parole della<br />

Serao che, in questo caso, appellerà <strong>Gualdo</strong> “l’aristocratico e forte romanziere”.<br />

85 Sullo stesso giornale napoletano era, inoltre, già stata pubblicata nel corso<br />

dello stesso anno, il 1893, un’altra poesia del medesimo autore, senza titolo, ma<br />

conosciuta come Lo scherno nell’azzurro, 86 mentre sul supplemento domenicale<br />

ancora de «Il Mattino» uscirà in seguito, nella primavera del 1895, il testo<br />

poetico intitolato Da un album. 87<br />

Una simile benevola accoglienza destinata ai versi gual<strong>di</strong>ani sui perio<strong>di</strong>ci<br />

appena in<strong>di</strong>cati sorprende non poco, vista l’intollerante avversione <strong>di</strong> Scarfoglio<br />

nei confronti del poeta lombardo, <strong>di</strong> cui aveva apprezzato unicamente i due romanzi<br />

redatti in francese. Certo è da immaginare che nella scelta <strong>di</strong> testi da destinare<br />

alla stampa su rivista dovette giocare un ruolo fondamentale il parere <strong>di</strong><br />

Matilde Serao, anche se risulta davvero <strong>di</strong>fficile riuscire a conciliare la decisio-<br />

81<br />

ID., L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, in «Il Corriere <strong>di</strong> Roma», 9-16 maggio 1886.<br />

82 er<br />

ID., Une avenuture vénitienne, in «La Nouvelle Revue», 1 decembre 1886.<br />

83<br />

ID. Paesaggio, in «Corriere <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>», 20 gennaio 1888, p. 1.<br />

84<br />

ID., Paesaggio, in AA. VV., Almanacco delle Muse. Poesie moderne (1815-1887), con<br />

un proemio critico e centosettantacinque biografie <strong>di</strong> poeti e poetesse a cura <strong>di</strong> R. Barbiera, Milano,<br />

Treves, 1888, p. 226. È qui, nella succinta notizia biografica relativa all’autore, che si trova<br />

la prima attestazione della erronea data <strong>di</strong> nascita <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1847 anziché 1844) riportata<br />

poi da tutta la tra<strong>di</strong>zione successiva: “Pubblicò a Milano il romanzo Costranza Gerar<strong>di</strong> – a<br />

Parigi i romanzi: Une ressemblance e Un mariage excentrique, ch’ebbe lieta fortuna – a Torino<br />

Nostalgie, raccolta <strong>di</strong> versi. È milanese, e vive parte dell’anno a Milano e parte a Parigi”.<br />

85<br />

L. GUALDO, Tutto riposa al raggio della luna, in «Il Mattino», 12-13 ottobre 1893.<br />

86<br />

ID., Lo scherno nell’azzurro, ivi, 25-26 febbraio 1893, p. 1.<br />

87<br />

ID., Da un album, in «Il Mattino - Supplemento», 5 maggio 1895.<br />

291


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

ne del <strong>di</strong>rettore Scarfoglio <strong>di</strong> accogliere tanti componimenti <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> sui<br />

propri giornali dopo la terribile recensione 88 scritta all’indomani dell’uscita della<br />

raccolta poetica Le Nostalgie, dove il “rimatore novissimo” viene trattato –<br />

per <strong>di</strong>rla con Antonio Resta – con il “solito piglio crudo e salace”. 89<br />

L’accusa principale mossa dal recensore, prima ancora <strong>di</strong> quelle rivolte<br />

contro lo stile ed i contenuti dei testi gual<strong>di</strong>ani, è in<strong>di</strong>rizzata alla scelta dell’autore<br />

in esame per aver optato, “nelle presenti con<strong>di</strong>zioni dello spirito italiano” 90<br />

(si ricor<strong>di</strong> che il volume era stato pubblicato dall’e<strong>di</strong>tore Casanova <strong>di</strong> Torino<br />

nel febbraio 1883), <strong>di</strong> presentarsi <strong>di</strong>nnanzi al pubblico peninsulare con un volume<br />

<strong>di</strong> versi e non già, come aveva fatto al <strong>di</strong> là delle Alpi, con un’opera narrativa.<br />

Disturbato dalle “lo<strong>di</strong> dei giornali a un libro <strong>di</strong> versi del signor <strong>Gualdo</strong>”, 91<br />

Scarfoglio procede ad un’acuta analisi delle con<strong>di</strong>zioni del panorama letterario<br />

italiano (ed in parte europeo), sconsigliando a chiunque avesse intenzione <strong>di</strong><br />

comporre poesie – essendo il mercato ormai saturo – <strong>di</strong> non far stampare il proprio<br />

lavoro e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzarsi, piuttosto, verso la scrittura <strong>di</strong> romanzi.<br />

Come si avrà modo <strong>di</strong> vedere più avanti, nel capitolo de<strong>di</strong>cato ai suoi rapporti<br />

con i poeti francesi, 92 <strong>Gualdo</strong> aveva tenuto lungamente in cantiere la propria<br />

raccolta <strong>di</strong> versi, a giusta ragione timoroso <strong>di</strong> dover affrontare l’eccessivo,<br />

“énorme nombre de poètes ici”, in Italia, dove “le nombre de Vecchini” (un rimatore<br />

a lui ignoto <strong>di</strong> cui gli aveva chiesto notizia in una precedente lettera<br />

François Coppée) “augmentera de jour en jour!”. 93 A detta <strong>di</strong> Scarfoglio, soltanto<br />

chi fosse stato in possesso <strong>di</strong> una fiducia strana nelle proprie forze poetiche<br />

o, in altrernativa, chi avesse del tutto smarrito il senso comune, avrebbe potuto<br />

– al principio <strong>degli</strong> anni ’80 – coraggiosamente lanciarsi nell’ardua sfida <strong>di</strong><br />

pubblicare un volume <strong>di</strong> versi. E <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> lo aveva fatto, finendo per serrare<br />

tra le sue “braccia debilucce <strong>di</strong> damerino”, simile ad un don Chisciotte sul<br />

88<br />

E. SCARFOGLIO, Un rimatore nuovo, in «La Domenica Letteraria», 1 aprile 1883.<br />

89<br />

A. RESTA, Nota al testo <strong>di</strong> E. SCARFOGLIO, Il libro <strong>di</strong> Don Chisciotte, a cura <strong>di</strong> C.<br />

A. Madrignani, <strong>Napoli</strong>, Liguori, 1990, p. XXXIX (all’interno <strong>di</strong> questo volume vi si trova ripubblicata,<br />

contenuta nel capitolo intitolato Belle muse e brutti musi, alle pp. 175-183, la recensione<br />

<strong>di</strong> Scarfoglio al libro <strong>di</strong> versi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> Le Nostalgie (1883) primariamente apparsa, come<br />

si è detto, sulle pagine de «La Domenica Letteraria»).<br />

90<br />

E. SCARFOGLIO, Un rimatore nuovo, cit., p. 1.<br />

91<br />

Ibidem.<br />

92<br />

Cfr., infra, il paragrafo 8.3 Il legame umano ed artistico più longevo: François Coppée.<br />

93<br />

Lettera V<strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a François Coppée del settembre 1879, in P. DE MONTE-<br />

RA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 216.<br />

292


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

punto <strong>di</strong> tentare con il soccorso <strong>di</strong> Sancho la giornata <strong>di</strong> Roncisvalle, “una femmina<br />

troppo forte, troppo repugnante, troppo avezza ad abbracciamenti leonini”.<br />

Questa femmina, alfine, gli era insorta contro nauseata e sdegnata, serrandolo<br />

con le <strong>di</strong>ta alla gola, bisognosa “d’altri mariti ben più potenti”. 94<br />

La maggiore leggerezza gual<strong>di</strong>ana, secondo il critico, sarebbe consistita nel<br />

non aver saputo presentare “nuovo materiale poetabile” e nell’aver, tra l’altro,<br />

utilizzato <strong>di</strong> preferenza la forma della narrazione o della chiacchierata in rima,<br />

motivo per cui i testi lirici del lombardo appaiono agli occhi del giornalista il<br />

rifacimento in italiano “delle storielline miserabili e dei ciangottamenti lezziosi<br />

del Coppée e <strong>di</strong> Sully-Prudhon”. 95 Scarfoglio, dunque, non doveva avere una<br />

gran simpatia né un’alta considerazione per i Parnassiens, dalla cui poetica il<br />

<strong>Gualdo</strong> <strong>degli</strong> anni giovanili risultava effettivamente molto influenzato. Difatti,<br />

poco oltre, il pubblicista rimprovera <strong>Gualdo</strong> per non aver saputo rappresentare –<br />

al contrario <strong>di</strong> quanto realizzato nei suoi “buoni romanzi in lingua francese” –<br />

la vita moderna in mezzo alla quale vive, palesando, in questo caso in maniera<br />

meno cifrata che in precedenza, una delle ragioni della propria intransigenza nei<br />

confronti dell’arcaizzante gusto parnassiano legato alla teoria dell’art pour<br />

l’art. Una considerazione, questa, che trova poi esplicita conferma nella sezione<br />

finale dell’intervento, dove Scarfoglio ammette apertamente <strong>di</strong> non poter perdonare<br />

a <strong>Gualdo</strong> il suo esperimento <strong>di</strong> lirica per non essersi saputo mettere “a<br />

paro delle ultime tra<strong>di</strong>zioni liriche italiane” e per aver cercato e preso i motivi<br />

dei suoi componimenti “dalla presente lirica francese, o dal romanticismo tedesco”.<br />

La conclusione del recensore è, pertanto, la seguente:<br />

Perché il signor <strong>Gualdo</strong> si è attentato a mettere insieme con gran fatica un cattivo<br />

libro <strong>di</strong> rime italiane, invece <strong>di</strong> scrivere un altro romanzo? La cosa è strana perché noi<br />

ora abbiamo un gran bisogno <strong>di</strong> romanzi, e pochissimo bisogno <strong>di</strong> lirica. E finché la<br />

Francia continua a precipitare <strong>di</strong> Rollinat in Rollinat, possiamo […] condannare alla<br />

deportazione in terra francese tutti i cattivi rimatori che si ostinano a cicalare con molto<br />

sudore loro, e molto fasti<strong>di</strong>o nostro. 96<br />

Non <strong>di</strong>sponiamo, purtroppo, <strong>di</strong> alcun commento del giornalista a seguito<br />

della pubblicazione della successiva opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Decadenza, il suo piccolo<br />

capolavoro: essendo un romanzo, esso avrebbe potuto/dovuto rendere felice<br />

94 E. SCARFOGLIO, Un rimatore nuovo, cit., p. 2.<br />

95 Ibidem.<br />

96 Ibidem.<br />

293


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Scarfoglio; eppure vien da domandarsi se, trattandosi <strong>di</strong> un libro osannato da<br />

tutta la critica, non avrebbe finito per essere fonte, <strong>di</strong> nuovo, <strong>di</strong> una reazione<br />

completamente opposta da parte del pubblicista napoletano. Senza dubbio doveva<br />

avere un parere contrario a quello del marito Matilde Serao, come si evince<br />

dalle brevi righe che introducono i testi dell’amico lombardo sulle prime pagine<br />

delle riviste partenopee e soprattutto dalle sue continue richieste <strong>di</strong> collaborazione<br />

a lui proposte e ben volentieri accettate, ma <strong>di</strong> cui restano, tuttavia,<br />

solo poche tracce. La testimonianza più significativa è affidata ad una lettera<br />

della Serao in<strong>di</strong>rizzata ad Enrico Nencioni e risalente all’epoca in cui la scrittrice,<br />

sul punto <strong>di</strong> fondare un nuovo foglio letterario – «Il Corriere della Domenica»<br />

–, si <strong>di</strong>stricava tra viaggi d’affari e fitte corrispondenze allo scopo <strong>di</strong> assicurarsi<br />

le firme dei più noti critici e scrittori dell’epoca. Premesso che il suo caro<br />

Edoardo era al corrente <strong>di</strong> tutto senza però volervi entrare, la mittente tenta <strong>di</strong><br />

invogliare Nencioni alla collaborazione con il giornale sottomettendo al suo vaglio<br />

i nomi <strong>degli</strong> autori che era riuscita ad accaparrarsi fino a quel momento, tra<br />

i quali risulta menzionato – tra d’Annunzio e Carducci – anche <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>:<br />

No, no, no, caro Nencioni, non mi ritardate fino a martedì, sino ad aprile, […].<br />

Gabriele ha detto sì e ha già mandato: Carducci non mi ha ancora risposto, ma ho già il<br />

Panzacchi, il Giacosa, il <strong>Gualdo</strong>, il Torraca e una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> novellieri. 97<br />

Era il 24 febbraio 1891: <strong>Gualdo</strong> aveva già promesso il proprio contributo<br />

all’amica ed alla sua nascente rivista, però nessun articolo, né racconto, né poesia<br />

con la sua firma in calce figura nelle due sole annate <strong>di</strong> vita del «Corriere<br />

della Domenica». 98 Senza dubbio non è da credere che potesse essere insorto<br />

qualche contrasto tra gli scrittori, sebbene sia da ritenere possibile che i loro<br />

rapporti, comunque sal<strong>di</strong>, potessero risultare all’epoca inficiati dalla lontananza,<br />

non recandosi più, se non <strong>di</strong> rado, l’uno a Roma e l’altra a Milano: <strong>Gualdo</strong> era,<br />

<strong>di</strong>fatti, all’epoca, completamente assorbito dal lavoro <strong>di</strong> revisione del suo ultimo<br />

romanzo, Decadenza, testo al quale stava lavorando fin dal 1887.<br />

97 Lettera <strong>di</strong> Matilde Serao ad Enrico Nencioni datata “<strong>Napoli</strong>, 24 febbraio 1891”, custo<strong>di</strong>ta<br />

nell’Archivio Nencioni della biblioteca Marucelliana <strong>di</strong> Firenze e pubblicata da A. BANTI,<br />

Matilde Serao, Torino, UTET, 1965, pp. 302-303.<br />

98 Nonostante l’estrema premura manifestata da Matilde Serao, il giornale romano non sarà<br />

stampato che a partire dal 1895 e, per giunta, per la durata <strong>di</strong> un solo anno.<br />

294


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Data la scelta dell’argomento – la vita <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>ocre, piccolo borghese<br />

opportunista che tenta l’ascesa parlamentare – verrebbe da chiedersi (come in<br />

effetti ha, in parte, fatto la critica) 99 se durante il processo <strong>di</strong> ideazione della sua<br />

opera abbia potuto agire un qualche influsso riconducibile ad un – <strong>di</strong> poco –<br />

precedente e affine lavoro <strong>di</strong> Matilde Serao, La conquista <strong>di</strong> Roma (1885). Benché<br />

i due romanzi presentino trame che prendono sviluppi narrativi <strong>di</strong>versi e<br />

vadano ascritti a tipologie del tutto <strong>di</strong>fferenti (collocandosi il procedere <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> nell’alveo tutto francese del roman psychologique e soprattutto <strong>di</strong> quello<br />

décadent), è evidente che si tratta <strong>di</strong> due libri in cui, in maniera analoga, “il<br />

romanzo politico deborda ‘naturalmente’ nella non-politica”. 100 Le sorti <strong>di</strong> entrambi<br />

i deputati, il meri<strong>di</strong>onale Francesco Sangiorgio ed il lombardo Paolo Renal<strong>di</strong>,<br />

si concluderanno, inoltre, entrambe con l’ammissione <strong>di</strong> un catastrofico<br />

senso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta (sia della carriera lavorativa che <strong>degli</strong> infelici amori) e con la<br />

conseguente constatazione <strong>di</strong> aver vissuto un’esistenza ascrivibile, al suo culmine,<br />

in una vera e propria sconfitta cosmica. Secondo Elisabetta de Troja, infine,<br />

un’ulteriore affinità tra Decadenza e La conquista <strong>di</strong> Roma potrebbe essere<br />

in<strong>di</strong>viduata nell’uso piuttosto simile che i rispettivi autori fanno talvolta delle<br />

descrizioni, laddove il paesaggio appare snaturato e corrotto dal malessere <strong>di</strong><br />

fondo che governa i protagonisti dei due romanzi. Oltre tutto, così come le descrizioni<br />

gual<strong>di</strong>ane risultano agli occhi del lettore caratterizzate da “un grigiore<br />

pulito, quasi metafisico”, allo stesso modo nel testo della Serao prevale (ma<br />

me<strong>di</strong>ante il ricorso ad un’altra tecnica narrativa, che Mario Pomilio ha definito<br />

“barocchismo”), un effetto analogo scaturente dalla peculiare capacità della<br />

scrittrice <strong>di</strong> radunare i particolari descrittivi e le molteplici osservazioni del<br />

mondo in un’ottica <strong>di</strong> voluta per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> “luce e vita” delle cose. 101<br />

Decadenza avrebbe rappresentato l’apice del successo professionale gual<strong>di</strong>ano,<br />

ma anche l’avvio <strong>di</strong> un periodo estremamente <strong>di</strong>fficile dal punto <strong>di</strong> vista<br />

dell’esistenza privata, vedendosi l’autore costretto con sempre maggiore frequenza<br />

al capezzale dell’amatissima madre malata, la quale si sarebbe infine<br />

spenta il successivo 12 aprile 1893. Matilde Serao ne apprenderà la notizia con<br />

99 Penso, ad esempio, al saggio <strong>di</strong> E. DE TROJA, La corsa verso il nulla. Su «Decadenza»<br />

e altri romanzi parlamentari, cit., pp. 383-398, dove accanto al testo gual<strong>di</strong>ano vengono analizzati<br />

L’Onorevole Paolo Leonforte <strong>di</strong> Enrico Castelnuovo, La conquista <strong>di</strong> Roma <strong>di</strong> Matilde Serao,<br />

Il Piacere <strong>di</strong> d’Annunzio e L’Automa <strong>di</strong> Butti.<br />

100 Ivi, p. 386.<br />

101 Ivi, p. 388.<br />

295


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

una settimana <strong>di</strong> ritardo attraverso una lettera inviatale da Giuseppe Giacosa, al<br />

quale risponderà, sentitamente <strong>di</strong>spiaciuta, <strong>di</strong> non essere stata a conoscenza della<br />

<strong>di</strong>sgrazia capitata al comune amico. Appresa la notizia, ella afferma <strong>di</strong> avergli<br />

poi subito inviato un messaggio <strong>di</strong> condoglianze, ripromettendosi <strong>di</strong> scrivere<br />

ancora al poeta in lutto (una volta <strong>di</strong> più si tratta <strong>di</strong> documenti epistolari andati<br />

<strong>di</strong>spersi) nel tentativo <strong>di</strong> alleviare le sue sofferenze, pur consapevole della minima<br />

utilità del proprio gesto in un momento tanto delicato. Non avrebbe potuto,<br />

tuttavia, in quel periodo, nonostante la sua buona volontà (nel corso del 1893<br />

la scrittrice non aveva goduto <strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> salute stabile), agire <strong>di</strong>versamente<br />

per esprimere affetto e solidarietà al povero <strong>Gualdo</strong>, che inizierà – poco dopo la<br />

morte della madre – a soffrire dei primi sintomi del male che lo condurranno al<br />

triste declino <strong>degli</strong> ultimi anni. L’assenza delle lettere della Serao a lui in<strong>di</strong>rizzate<br />

non ci vieta, comunque, <strong>di</strong> conoscere i suoi sentimenti <strong>di</strong> empatica compassione<br />

nei confronti del confratello rimasto orfano, dal momento che la giornalista<br />

ne parla all’amico Giacosa:<br />

Non sapevo nulla della sventura <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>. Non ho letto un sol giornale – pare<br />

impossibile! – ed egli non ha mandato partecipazioni, sembrandogli, forse, una cosa<br />

troppo fredda, fra noi. Ma, infine, gli ho subito scritto, poveretto e gli riscriverò. La<br />

madre era vecchia molto, credo: ma egli l’amava assai e si deve sentire solo, solissimo.<br />

Voi che l’amate e che ne apprezzate la bell’anima, potete confortarlo. Io non posso che<br />

scrivergli e la lettera è una cosa molto scema, in queste tristi occasioni. 102<br />

Fortunatamente <strong>Gualdo</strong>, sebbene in parte ostacolato dalla sopraggiunta invali<strong>di</strong>tà,<br />

riuscirà a risollevarsi ed a riprendere le proprie attività, in primis quella<br />

a lui tanto congeniale <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore tra le culture italiana e francese: a partire<br />

dagli inzi <strong>di</strong> quello stesso anno, il 1893, e fino a tutto il 1896 lo ve<strong>di</strong>amo, infatti,<br />

all’opera nel mettere in contatto Matilde Serao con Minnie David (moglie del<br />

suo intimo compagno Paul Bourget) al fine <strong>di</strong> far tradurre e quin<strong>di</strong> pubblicare<br />

oltralpe un romanzo della prima dal titolo Il paese <strong>di</strong> Cuccagna. Poiché<br />

l’autrice del testo in questione non si era recata a Milano in occasione <strong>di</strong> un<br />

congresso letterario – “de sorte que je l’ai attendue”, scriveva l’interme<strong>di</strong>ario<br />

alla signora Bourget, “ésperant lui faire votre commision de vive voix” 103 –,<br />

102<br />

E. CACCIA, Note e Rassegne. Lettere <strong>di</strong> Matilde Serao a Giuseppe Giacosa, cit., p.<br />

230 (lettera XV<strong>II</strong> del 19 aprile 1893).<br />

103<br />

La lettera è custo<strong>di</strong>ta presso la Bibliothèque de FELS dell’Institut Catholique <strong>di</strong> Parigi,<br />

nel “Fonds Bourget”, tra i fogli <strong>di</strong> guar<strong>di</strong> <strong>di</strong> una seconda e<strong>di</strong>zione del 1884 <strong>di</strong> Un mariage e-<br />

296


Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

<strong>Gualdo</strong> era stato costretto a rendersi passeur <strong>di</strong> notizie tra le due parti in causa<br />

soltanto tramite servizio postale. Verosimilmente, in un secondo momento,<br />

<strong>Gualdo</strong> aveva infine messo in contatto <strong>di</strong>retto autrice e traduttrice, continuando<br />

a seguire le vicende del volume da una posizione <strong>di</strong> secondo piano. La conferma<br />

arriva da alcune righe rivolte, qualche anno più tar<strong>di</strong>, a sua cugina Giulia,<br />

dove egli si mostra ancora ben informato sulle sorti del libro, benché confessi <strong>di</strong><br />

non essere più coinvolto in prima persona nelle relative vicende e<strong>di</strong>toriali e riveli,<br />

in conclusione, che: “M.me Bourget fra non molto pubblicherà una traduzione<br />

del Paese <strong>di</strong> Cuccagna della Serao, probabilmente in qualche rivista”. 104<br />

Le pays de Cocagne uscirà, in effetti, pochi giorni dopo l’invio <strong>di</strong> questa<br />

missiva sulla «Revue des deux mondes» per essere, infine, messo in ven<strong>di</strong>ta<br />

nelle librerie parigine il successivo 19 aprile 1898, appena in tempo perché il<br />

povero <strong>Gualdo</strong> potesse riuscire a veder conclusa la sua ultima missione.<br />

xcentrique <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Il testo del messaggio, con alcuni errori <strong>di</strong> trascrizione, è pubblicato<br />

in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 326-327. Si veda inoltre, infra, il paragrafo 6.5<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Paul Bourget: un autoritratto allo specchio.<br />

104 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss.’, b.3(35). Lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> alla cugina marchesa Giu-<br />

lia Litta Mo<strong>di</strong>gnani del 18 luglio 1896.<br />

297


Capitolo Sesto<br />

L’analisi delle “nuove formole”<br />

del romanzo francese<br />

298<br />

Pour mon compte je suis un poète:<br />

tout mes livres en portent la trace.<br />

Il n’y a pas un seul des mes livres […],qui<br />

ne soit traversé par une figure de fantaisie.<br />

(É. ZOLA, Lettre à Louis Desprez)<br />

.<br />

6.1 Due termini <strong>di</strong> paragone imprescin<strong>di</strong>bili: il culto gual<strong>di</strong>ano per Balzac e<br />

Flaubert, “l’inventore” ed “il maestro” del romanzo moderno<br />

Se sulla base dell’insieme delle riflessioni critiche <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> – certamente<br />

non accademiche e prive (almeno attenendosi al materiale sinora documentato)<br />

<strong>di</strong> sintesi compiute, ma comunque ricche <strong>di</strong> suggerimenti e in<strong>di</strong>cazioni<br />

sui fenomeni culturali dell’epoca 1 – fosse necessario delineare l’immaginario<br />

letterario <strong>di</strong> questo autore, esso non potrebbe mai prescindere dalla presenza<br />

<strong>di</strong> due scrittori con la cui produzione il egli sembra non aver potuto fare a<br />

meno <strong>di</strong> comparare ogni opera, vecchia o nuova che fosse, per determinarne il<br />

valore, il peso artistico e il grado <strong>di</strong> apprezzamento. Tutto il suo metro <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio,<br />

infatti, risulta calibrato attorno a questi due costanti termini <strong>di</strong> paragone che<br />

– come <strong>di</strong>mostrano gli scritti elaborati durante quel decennio creativamente silenzioso<br />

e apparentemente improduttivo che intercorre tra il 1883 e il 1892 2 –<br />

1 R. LOLLO, Alla fine della Scapigliatura: <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 81-105.<br />

2 Sono questi gli anni che si frappongono tra la pubblicazione dei versi delle Nostalgie e<br />

quella del suo ultimo romanzo, Decadenza: nonostante in apparenza sembri un periodo letterariamente<br />

non fecondo per il nostro autore, in realtà è proprio a quest’epoca che egli lavora alla


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sono incarnati da Honoré de Balzac e Gustave Flaubert: il primo, che egli considera<br />

“l’inventore del romanzo moderno”, 3 è per lui soprattutto l’artefice della<br />

Comè<strong>di</strong>e humaine (sebbene, vedremo, tra i suoi stu<strong>di</strong> ve n’è uno de<strong>di</strong>cato ad<strong>di</strong>rittura<br />

alla Correspondance balzacchiana), il più grande lavoro <strong>di</strong> tutti i tempi<br />

con il quale a sua detta non esiste colosso che regga il confronto; il secondo occupa,<br />

invece – forse un po’ a sorpresa considerati i tempi (ma non stupisce che,<br />

una volta <strong>di</strong> più, <strong>Gualdo</strong> si sia <strong>di</strong>mostrato precursore del gusto a venire) – un<br />

posto speciale nella sua memoria poetica in qualità <strong>di</strong> scrittore de L’Éducation<br />

sentimentale, testo che egli considera le Livre 4 (con la riverente maiuscola), che<br />

verrà trovato al suo capezzale il giorno della sua morte, e che, più e meglio <strong>di</strong><br />

Madame Bovary, sarà all’origine del suo riferirsi al suddetto romanziere utilizzando<br />

l’appellativo <strong>di</strong> “capo della scuola moderna”. 5<br />

Il contatto e l’ammirazione nei confronti <strong>di</strong> questi due padri della letteratura<br />

d’oltralpe sembrerebbero con ogni probabilità esser stati trasmessi a <strong>Gualdo</strong>,<br />

come suggerisce Montera, attraverso la frequentazione dell’entourage <strong>di</strong> Théophile<br />

Gautier e, successivamente, <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> François Coppée (al quale non a<br />

caso l’italiano domanderà, già nel 1875, nel post scriptum <strong>di</strong> una lettera: “Que<br />

fait le colosse Flaubert?”), 6 circoli all’interno dei quali entrambi i maestri erano<br />

nominati con venerazione ed erano soliti ricevere omaggi da tutti i convenuti. 7<br />

Non essendoci pervenuta la corrispondenza intercorsa con il “Grande Théo”, è<br />

soprattutto me<strong>di</strong>ante le lettere in<strong>di</strong>rizzate da <strong>Gualdo</strong> al poeta dei Deux Doleurs,<br />

oltre che attraverso i suoi articoli giornalistici, che è oggi possibile ricostruire il<br />

suo giu<strong>di</strong>zio (talvolta sfociante nella venerazione) su Balzac e Flaubert. A proposito<br />

<strong>di</strong> quest’ultimo, inoltre, non sembrerebbe da escludersi che la devozione<br />

manifestata possa esser stata alimentata anche da un contatto <strong>di</strong>retto, un potenziale<br />

incontro la cui esistenza potrebbe esser dedotta sulla base <strong>di</strong> una domanda<br />

rivolta, nell’aprile 1884, a Robert de Montesquiou:<br />

stesura del suo miglior lavoro realizzando, nel frattempo, una fitta serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> incentrati sul<br />

culto delle più nuove e raffinate tendenze dell’arte, della poesia e della narrativa.<br />

3<br />

L. GUALDO, Pubblicazioni. Correspondance de H. de Balzac, in «La Perseveranza», 22<br />

<strong>di</strong>cembre 1876.<br />

44<br />

Lettera V a Montesquiou, da Milano, s.d. (forse del 1882), pubblicata in V. DONATO<br />

RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 318.<br />

5<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, in «Il Pungolo», 30-31 maggio 1880.<br />

6<br />

Lettera IV <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée pubblicata in . DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-<br />

1898), cit., p. 203.<br />

7 Ivi, p. 18.<br />

299


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

A quand la publication de vos Œuvres Complètes, d’un coup, par la quelle vos aurez,<br />

seul, enfin, réalisé une aspiration que j’ai entendu formuler à Flaubert? 8<br />

La frase, ripetuta quasi nei medesimi termini in un messaggio rivolto allo<br />

stesso due anni più tar<strong>di</strong>, 9 potrebbe essere utile per avvalorare l’ipotesi piuttosto<br />

verosimile della presenza <strong>di</strong> entrambi – maestro e <strong>di</strong>scepolo – a qualche riunione<br />

letteraria tenutasi presso uno dei tanti amici in comune, 10 congettura questa<br />

che troverebbe ulteriori conferme in alcuni passaggi della commemorazione che<br />

<strong>Gualdo</strong> ha scritto per la rivista «Il Pungolo» in occasione della morte <strong>di</strong> Flaubert.<br />

In queste pagine, infatti, appare notevole il livello <strong>di</strong> conoscenza che l’italiano<br />

mostra <strong>di</strong> avere attraverso la gran quantità <strong>di</strong> dettagli che egli offre non<br />

solo nella descrizione fisica dell’anziano scrittore (ché ciò soltanto non basterebbe<br />

ad attestare un frequente contatto <strong>di</strong>retto), 11 ma soprattutto in relazione<br />

alle sue abitu<strong>di</strong>ni, a certi suoi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> agire, ad alcune frasi da lui pronunciate.<br />

L’articolo/necrologio de<strong>di</strong>cato all’autore scomparso l’8 maggio 1880 a causa<br />

<strong>di</strong> un colpo apoplettico avuto nel mentre era ancora intento a scrivere la conclusione<br />

<strong>di</strong> Bouvard et Pécuchet (<strong>di</strong> cui “l’ultima pagina”, scrive <strong>Gualdo</strong>, “al<br />

solito piena <strong>di</strong> correzioni, stava ancora sul leggio <strong>di</strong>nnanzi al quale il grande<br />

romanziere scriveva all’in pie<strong>di</strong>, secondo la sua abitu<strong>di</strong>ne, quando fu colpito”),<br />

12 contiene, accanto ad una attenta analisi <strong>di</strong> tutta – dalla narrativa alla fallimentare<br />

esperienza del teatro 13 – la sua produzione, un ritratto a tutto tondo<br />

8<br />

Lettera XI <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Montesquiou (V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert<br />

de Montesquiou. Con lettere ine<strong>di</strong>te, cit., p. 330).<br />

9<br />

Lettera XX<strong>II</strong> del 2 novembre 1886 inviata dal circondario <strong>di</strong> Monza (Gernetto - Lesmo)<br />

al conte Montesquiou: “Il [Placci] m’a donné des bonnes raisons d’espérer que l’époque<br />

s’approche pour de bon où vous vous déciderez enfin à publier […] d’un coup vos Œuvres<br />

Complètes selon le précepte de Flaubert que vous serez le premier à avoir suivi” (ivi, p. 342).<br />

10<br />

Non è da escludersi un potenziale incontro già all’altezza del settembre 1874: il 4 <strong>di</strong><br />

quel mese, infatti, era avvenuto l’interramento della madre <strong>di</strong> François Coppée, evento al quale<br />

tanto <strong>Gualdo</strong> che Flaubert pare avessero partecipato (cfr. la lettera del romanziere francese a sua<br />

nipote Caroline in G. FLAUBERT, Œuvres complètes illustrées, t. <strong>II</strong>I. E<strong>di</strong>tion du centenaire,<br />

Paris, Librairie de France, 1924, p. 568).<br />

11<br />

Per la rappresentazione dell’aspetto fisico del romanziere francese sarebbe ad<strong>di</strong>rittura<br />

bastato a <strong>Gualdo</strong> ispirarsi alla fotografia autografata a lui appartenuta e attualmente custo<strong>di</strong>ta<br />

all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano tra le carte del Fondo <strong>Gualdo</strong>-Bolis.<br />

12<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

13<br />

Ibidem: “Flaubert aveva tentato il teatro, ma volendo trasportare il verismo sulle scene,<br />

impresa ardua ed immatura, non era riuscito né col Cas<strong>di</strong>dal in cui vive son una vis comica<br />

sferzante delle lotte per le elezioni, né prima con le Sere Feuble e Le Coeur à droite, comme<strong>di</strong>e<br />

300


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

dell’uomo e del personaggio pubblico Flaubert, che viene presentato ai lettori<br />

nostrani come un uomo “alto, forte, grosso, massiccio”, dalla “testa possente”,<br />

il profilo regolare, la bocca nascosta da folti baffi biondo-grigi, gli occhi penetranti,<br />

scrutatori, <strong>di</strong> color celeste” e al tempo stesso come un curioso signore<br />

che, pur avendo “qualcosa <strong>di</strong> militare, <strong>di</strong> burbero, nell’aspetto e nel portamento”<br />

e una “parola troppo libera, rabbiosa”, sapeva poi farsi ben volere da tutti<br />

grazie alla “dolcezza del sorriso” e alla “trasparente bontà dell’animo suo”. 14<br />

La descrizione gual<strong>di</strong>ana continua con la rappresentazione <strong>di</strong> alcune scene<br />

<strong>di</strong> vita parigina, <strong>di</strong> momenti in cui l’italiano aveva scorto il suo autore pre<strong>di</strong>letto<br />

mentre sbuffava lamentando il troppo caldo “la sera, senza soprabito, gesticolando<br />

sulla porta d’un teatro, coi suoi calzoni larghissimi in alto e stretti sul collo<br />

del piede, ed il cappello obliquamente posto in capo”, oppure quando incominciava<br />

a gridare “come un ossesso, acceso in viso, furibondo nel sostenere<br />

qualche tesi <strong>di</strong>letta, apostrofando gli avversari con in<strong>di</strong>cibile violenza”. In effetti,<br />

dopo aver narrato della <strong>di</strong>screzione che aveva contrad<strong>di</strong>stinto Flaubert in ogni<br />

occasione, 15 <strong>Gualdo</strong> rende partecipe il suo pubblico proprio dell’inclinazione<br />

del francese a comunicare (e lavorare) ricorrendo ad un tono <strong>di</strong> voce alto:<br />

Amava parlar forte. Una delle sue teorie era questa, che per ben giu<strong>di</strong>care della<br />

propria prosa, bisogna leggere ogni pagina ad alta voce – la gueuler! esclamava lui – e<br />

che certo non vale nulla se non resiste a tal prova, né l’effetto ne rimane scemato. Chi<br />

abitava vicino a lui s’accorgeva che egli lavorava udendolo <strong>di</strong> tanto in tanto urlare declamando.<br />

Spesso solo nella sua stanza, vociava qualche frammento <strong>di</strong> Bossuet o Chateubriand,<br />

tanto per sentire la nobile cadenza dei gran<strong>di</strong> perio<strong>di</strong>. 16<br />

I lettori del «Pungolo» dovevano, <strong>di</strong> certo, restare affascinati dai racconti<br />

del giovane milanese, intimo dei più gran<strong>di</strong> dell’epoca sua (<strong>di</strong> cui al <strong>di</strong> qua delle<br />

scritte col suo fedele amico Bouilhet, morto nel 1872 e per il volume <strong>di</strong> versi postumi del quale,<br />

egli scrisse la stupenda e commovente prefazione delle Dernières Chansons. Di codesto insuccesso<br />

sulla scena Flaubert soffriva forse più che non apparisse, come soffrì Balzac, come altri<br />

soffrono ora. Il loro ingegno non è <strong>di</strong> quelli che si possono mettere in comunicazione <strong>di</strong>retta col<br />

pubblico”.<br />

14 Ibidem.<br />

15 A proposito dell’ultimo periodo della vita <strong>di</strong> Flaubert, <strong>Gualdo</strong> racconta che “Era ricco <strong>di</strong><br />

casa sua e assai generoso: però da due anni pressoché rovinato, avendo perduto quasi tutte le<br />

sue sostanze nell’aiutare una nipote da lui amatissima, il cui marito aveva fatto cattivi affari e<br />

che lui aveva salvato. Ma <strong>di</strong> ciò non parlava mai”.<br />

16 L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

301


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Alpi si conosceva poco più del solo nome), dei quali racconta spesso episo<strong>di</strong><br />

aneddotici, ma al tempo stesso utili a stimolare la curiosità del pubblico e a far<br />

comprendere a tutto tondo Flaubert, quel Flaubert che, in effetti, non avrebbe<br />

potuto essere davvero inteso senza sapere quanto egli fosse<br />

Intollerantissimo ne’ suoi principi d’arte, implacabile schernitore dei falsi culti,<br />

delle riputazioni usurpate, della critica temeraria ed ignorante – […] possedeva però al<br />

sommo grado quell’alta facoltà <strong>di</strong> ammirazione propria solo delle menti elette, dei vasti<br />

ingegni. E n’era conseguenza la completa mancanza d’invi<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi, per modo<br />

che egli gioiva estasiato dei clamorosi successi del suo amico Zola – e che avrebbe<br />

applau<strong>di</strong>to il suo peggior nemico se questi avesse compìto una vera opera d’arte. Della<br />

ingiustizia del pubblico verso <strong>di</strong> lui egli si curava poco – accusandone l’epoca nostra<br />

che ha, secondo lui, per carattere <strong>di</strong>stintivo la haine de la littérature com’egli soleva<br />

gridare – e si rodeva invece dell’immeritata oscurità in cui rimasero i Goncourt, dovendo<br />

poi godere come d’una fortuna propria, del loro tar<strong>di</strong>vo trionfo. 17<br />

Quelle che <strong>Gualdo</strong> riferisce rappresentano, quin<strong>di</strong>, informazioni assolutamente<br />

non fini a se stesse, perché – a ben vedere – esse non sono altro che brevi<br />

pause che il giornalista intervalla tra un’analisi e l’altra <strong>di</strong> tutte le singole opere<br />

del romanziere francese, inserite per aiutare i lettori a conoscere, anche attraverso<br />

gli aneddoti, quello sconosciuto preparatosi in silenzio, “uscito d’un tratto<br />

alla luce, seguendo le orme del grande maestro, <strong>di</strong> Balzac” e che, “continuando<br />

per la stessa vasta via da lui tracciata, andava più in là, con inten<strong>di</strong>menti<br />

ar<strong>di</strong>tissimi, con una ricerca ancor più scrupolosa del vero, con uno stile che ne<br />

aveva tutta la forza, tutto il sapore, e che per <strong>di</strong> più raggiungeva la perfezione<br />

attinta alle fonti perenni <strong>di</strong> Rabelais e <strong>di</strong> Montaigne, aumentata da tutti i raffinamenti<br />

complicati dell’oggi”. 18 È evidente che, prima ancora <strong>di</strong> iniziare l’effettiva<br />

analisi dei testi flaubertiani, <strong>Gualdo</strong> abbia sentito la necessità <strong>di</strong> sottolineare<br />

il rapporto <strong>di</strong> continuità che le opere esaminate conservavano, fin dal principio,<br />

con la produzione <strong>di</strong> Balzac, l’autore che – come si è accennato e come si<br />

<strong>di</strong>rà poco oltre – viene riconosciuto come punto d’avvio dello sviluppo del romanzo<br />

contemporaneo e con il quale, inevitabilmente, il critico confronterà,<br />

nelle sue recensioni, il lavoro letterario <strong>di</strong> ciascun autore preso in esame. Così,<br />

ad esempio, occupandosi <strong>di</strong> Madame Bovary, <strong>Gualdo</strong> ha messo in evidenza<br />

come questo volume “derivava in linea retta da Balzac e Stendhal”, tuttavia<br />

17 Ibidem.<br />

18 Ibidem.<br />

302


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

senza lasciarsi sfuggire che la pubblicazione <strong>di</strong> quel volume “fu un avvenimento<br />

enorme” e che, pur riallacciandosi ad una per quanto nuovissima tra<strong>di</strong>zione,<br />

“quel libro era veramente nuovo” poiché “non si era ancor letto nulla <strong>di</strong> simile”:<br />

La verità, nella descrizione e nell’analisi, era talmente colta sul fatto, senza far<br />

grazia del più minuto particolare, con un cinismo che nascondeva delle lagrime, con<br />

una freddezza voluta e una tanto severa e fina brutalità – che ne risultava un eccesso <strong>di</strong><br />

ammirazione quasi penosa. I personaggi, profondamente umani, vivevano e vivranno<br />

per sempre – dalla protagonista debolmente isterica e falsamente sentimentale, 19 fino<br />

ad Honnais il farmacista, cugino <strong>di</strong> Monsieur Prudhomme. 20<br />

Quel testo, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, aveva avuto tutti gli onori: dall’ammirazione<br />

entusiastica <strong>degli</strong> artisti alla commozione profonda del pubblico, dalla protesta<br />

dei pedanti allo scherno <strong>degli</strong> imbecilli – e perfino un processo giu<strong>di</strong>ziario. A<br />

Madame Bovary, narra con dovizia <strong>di</strong> particolari il recensore ai suoi lettori italiani,<br />

era seguito a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi anni (giacché, spiega, “la incontentabilità<br />

dell’autore non permetteva la produzione seguita” e <strong>di</strong> conseguenza “ogni pagina<br />

lui la rifaceva quin<strong>di</strong>ci, venti volte prima <strong>di</strong> trovare la forma definitiva”) una<br />

sorpresa straor<strong>di</strong>naria: Salammbô, un volume per la cui stesura Flaubert si era<br />

ad<strong>di</strong>rittura recato in Oriente – dove aveva raccolto materiale prima <strong>di</strong> accingersi<br />

a lavorare indefessamente – e con la quale egli “si mostrò grande evocatore com’era<br />

stato grande nell’osservazione”. 21<br />

Ma, senza dubbio, le righe più toccanti e contemporaneamente più enigmatiche<br />

e premonitrici dell’articolo gual<strong>di</strong>ano sono quelle riguardanti il testo preferito<br />

tra tutti gli altri (in senso assoluto), quella Éducation sentimentale che<br />

“non piacque al pubblico”, eppure che, come egli stesso racconta, fu a tal punto<br />

amata da un gruppo <strong>di</strong> scrittori (un gruppo <strong>di</strong> cui forse egli stesso faceva parte)<br />

19 Per un’analisi del romanzo flaubertiano come “portait de l’artiste en jeune femme” e<br />

della progressiva mascolinizzazione <strong>di</strong> Emma si veda G. MERLINO, Avete letto Emma Bovary?,<br />

in AA. VV., Realismo ed effetti <strong>di</strong> realtà nel romanzo dell’Ottocento, Roma, Bulzoni,<br />

1993, pp. 83-95.<br />

20 L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

21 Ibidem: “Salammbô, un romanzo cartaginese, del tempo delle guerre puniche […]. Tutta<br />

una civiltà perduta, una città sepolta sorgeva davanti al lettore, – e le battaglie obliate, le feste<br />

immense, i feroci e mostruosi amori, la religione arcana ed i costumi inau<strong>di</strong>ti d’un popolo rivivevano<br />

in un volume d’una vita efficace e turbinosa. È un’opera inimitabile. E sempre la stessa<br />

precisione concisa e pittorica dello stile, la stessa magia descrittiva, la stessa scienza d’analisi<br />

esatta” (corsivi miei).<br />

303


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

“i quali non cessano dal rileggerlo e quando ne parlano s’intendono subito ed<br />

esternano talvolta una loro intima convinzione che non sarebbe forse opportuno<br />

confessare oggi”. Nonostante un insuccesso che egli reputa ingiustificato,<br />

<strong>Gualdo</strong> ha profeticamente affidato nel suo saggio la speranza al futuro affermando<br />

che, nel 1880, l’Éducation è sì “un libro <strong>di</strong>menticato – tranne da chi lo<br />

stu<strong>di</strong>a sempre”, ma anche che “non è male che lo si lasci da parte” perché “sarà<br />

una scoperta più tar<strong>di</strong>”. 22 La storia, in effetti, gli ha dato ragione.<br />

L’ammirazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nei confronti <strong>di</strong> Flaubert è continua e degna <strong>di</strong><br />

nota: se, rivolgendosi a Montesquiou, le prime lettere in cui egli chiede notizie<br />

della produzione del narratore francese sono relative al tanto atteso romanzo<br />

postumo Bouvard et Pécuchet 23 – del quale, poco dopo la pubblicazione, <strong>di</strong>rà <strong>di</strong><br />

essersi letteralmente nutrito e <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>vorato giacché è anch’esso “un livre sacré”,<br />

24 <strong>di</strong>mostrando così una comunanza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio con il confratello Coppée,<br />

il quale a sua volta inviterà alla lettura il conte Robert comunicandogli che, attraverso<br />

tale opera, “Flaubert nous a légué une Bible de plus” 25 –, tuttavia è<br />

L’Éducation sentimentale il testo che egli porta sempre con sé e che, all’occorrenza,<br />

riprende tra le mani, risfoglia e rilegge “d’un bout à l’autre”, tutto<br />

d’un fiato, e che, come si è detto, verrà trovato sul suo como<strong>di</strong>no la mattina della<br />

sua morte. La spiccata pre<strong>di</strong>lezione mostrata non tanto per il Flaubert <strong>di</strong><br />

Madame Bovary, 26 quanto piuttosto il Flaubert “più <strong>di</strong>fficile” – per <strong>di</strong>rla con<br />

22<br />

Ibidem.<br />

23<br />

Lettera I del gennaio 1881 (V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de<br />

Montesquiou, cit., p. 310): “Parlez-moi de vous d’abord […] du roman posthume de Flaubert”.<br />

24<br />

Lettera <strong>II</strong> del medesimo allo stesso (ivi, p. 312): “En attendant je me nourris de Bouvard<br />

et Pécuchet, qui est un livre sacré”.<br />

25<br />

Tra le carte <strong>di</strong> Coppée custo<strong>di</strong>te al Dipartimento dei Manoscritti della BNF si legge, a<br />

tal proposito, in una lettera non datata in<strong>di</strong>rizzata sempre a Montesquiou: “Rien de nouveau que<br />

le premier moracea de Bouvard et Pécuchet, paru dans la Revue de Madame Adam. Vous pensez<br />

s’il m’a donné de vraies joies: ‘ce qu’ils admirènt du livre c’est qu’on l’eût rapporté dans un<br />

chapeau’. Lisez vite, Flaubert nous a légué une Bible de plus […]”. Il romanzo <strong>di</strong>fatti era stato<br />

pubblicato, dopo la morte dell’autore, dal 15 <strong>di</strong>cembre 1880 al 1 marzo 1881 sulla «Nouvelle<br />

Revue» <strong>di</strong>retta da Juliette Adam, prima <strong>di</strong> uscire in volume il successivo mese <strong>di</strong> maggio.<br />

26<br />

Tuttavia, sono state sottolineate chiare eco nell’opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> anche rispetto al primo<br />

romanzo flaubertiano. L’esempio più evidente è nelle prime pagine della novella La Gran Rivale<br />

in cui il malessere <strong>di</strong> Emilia, delusa dalla vita coniugale, viene reso dall’autore in termini che,<br />

seppur confusamente, ricordano la splen<strong>di</strong>da descrizione dello stato d’animo <strong>di</strong> Emma Bovary<br />

quando, in attesa del vero grande avvenimento che avrebbe dovuto sovvertire la sua esistenza,<br />

viene descritta da Flaubert simile ad un marinaio che tra le brume dell’orizzonte attende<br />

d’intravedere in lontananza il biancore <strong>di</strong> una vela (M. GIAMMARCO, Le forme della deca-<br />

304


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Valeria Donato Ramaciotti – <strong>di</strong> Bouvard et Pécuchet (“la Bible”) e dell’Éducation<br />

(“le Livre”) non può essere taciuta: non è infatti comune trovare a quell’epoca<br />

intellettuali come <strong>Gualdo</strong> affascinati maggiormente da queste opere; esse<br />

gli offrono spunti <strong>di</strong> stimolo e riflessione, lo catturano attraverso le complesse<br />

analisi interiori e le delicatissime descrizioni dei più impercettibili sentimenti<br />

e delle più tenui rêveries (<strong>di</strong> quelle “évocations vacue, <strong>di</strong>ffuses et insaissables”,<br />

insomma, <strong>di</strong> cui parlerà Genette) 27 e, <strong>di</strong> conseguenza, influenzano non solo il<br />

suo gusto <strong>di</strong> lettore, ma anche le sue scelte in qualità <strong>di</strong> prosatore. Le opere<br />

gual<strong>di</strong>ane, <strong>di</strong>fatti, presentano precise affinità soprattutto con l’Éducation (un testo<br />

la cui comprensione – come si è accennato e come lo stesso autore sottolineò<br />

a suo tempo nel su citato articolo – sfuggiva alla gran parte dei contemporanei),<br />

sia per quanto riguarda alcuni tipici mo<strong>di</strong> espressivi, sia per il carattere<br />

<strong>di</strong> alcuni personaggi, specie <strong>di</strong> Paolo Renal<strong>di</strong>, il protagonista <strong>di</strong> Decadenza.<br />

Queste similarità sono state puntualmente messe in luce dai vari stu<strong>di</strong>osi che si<br />

sono occupati della narrativa del milanese; Valeria Donato, ad esempio, ha parlato<br />

<strong>di</strong> un “Flaubert riletto e me<strong>di</strong>tato” da cui <strong>Gualdo</strong> sembrerebbe aver appreso<br />

[…] non tanto la lezione dell’analisi attenta e <strong>di</strong>staccata della realtà, sebbene uno<br />

stu<strong>di</strong>o in questo senso ci rivelerebbe che anche da Madame Bovary <strong>Gualdo</strong> attinse gli<br />

spunti forse più moderni nelle descrizioni <strong>di</strong> certi interni e <strong>di</strong> certi menage visti sotto la<br />

luce della scoraggiante me<strong>di</strong>ocrità, quanto piuttosto la lezione <strong>di</strong> uno schivo <strong>di</strong>stacco<br />

nei confronti <strong>di</strong> un reale che degrada i nostri ideali e i nostri sogni: la vita non impegnata<br />

che coltiva tutto sul piano dell’impossibile, del sogno, dell’attesa, assaporandone<br />

morbosamente le sensazioni fuggevoli, è una rinunzia solo apparente; è invece la conquista<br />

<strong>di</strong> una più autentica perseverazione, sia pure transitoria ed incerta, ma non avvilita<br />

da contatti volgari. 28<br />

Madrignani, d’altro canto, analizzando le analogie e ancor <strong>di</strong> più le <strong>di</strong>fferenze<br />

tra l’ultimo romanzo gual<strong>di</strong>ano ed il realismo psicologico ‘alla francese’<br />

portato in auge da Bourget – da cui <strong>Gualdo</strong> si allontanerà col tempo sempre più,<br />

facendosi portavoce <strong>di</strong> una ben <strong>di</strong>versa concezione della vita – sostiene che nella<br />

elaborazione della nuova ideologia palesata in Decadenza risiede la necessità<br />

denza. Itinerari nella narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 126). Si noti, comunque, che anche in<br />

questo caso il richiamo è alla maestria del romanziere francese nel riuscire a raffigurare anche<br />

le più impercettibili emozioni e sensazioni dei personaggi da lui ideati.<br />

27 G. GENETTE, Silences de Flaubert, in Figures I, Paris, Seuil, 1966, p. 227.<br />

28 V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 300.<br />

305


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> narrazione che esula il milanese dal guardare ai modelli a lui contemporanei<br />

e che, al contrario, guarda all’esempio dei Flaubert, “il grande e<br />

lontano maestro” 29 dal quale sembrerebbe aver appreso il modo in cui poter operare<br />

“una progressiva corrosione del formulario del realismo oggettivo”: 30<br />

[...] a entrare in crisi è in primo luogo la concezione <strong>di</strong> personaggio come entità<br />

antropologicamente armonica e conclusa e col personaggio è lo stesso proce<strong>di</strong>mento<br />

romanzesco a subire contraccolpi: il <strong>di</strong>scorso rettilineo tende a snodarsi e segmentarsi,<br />

così da rendere tangibile sul piano formale l’interiore <strong>di</strong>sorientamento, l’incapacità <strong>di</strong><br />

ritrovarsi dentro le rassicuranti coor<strong>di</strong>nate della psicologia e del romanzo positivisti. 31<br />

Secondo il critico, inoltre, l’operazione <strong>di</strong> riattualizzazione <strong>di</strong> “un libro eccentrico<br />

e scomodo come l’Éducation” messa in atto da <strong>Gualdo</strong> (aspetto su cui<br />

si è poi soffermato, in un penetrante saggio, anche Ugo Olivieri) 32 sarebbe rintracciabile<br />

in tutto il suo percorso artistico: alla luce <strong>di</strong> tale chiave <strong>di</strong> lettura,<br />

l’intera carriera dell’italiano andrebbe pertanto interpretata – avverte, sulla scia<br />

<strong>di</strong> Madrignani, anche Marilena Giammarco – come il “perseguimento <strong>di</strong> un unico<br />

<strong>di</strong>segno narrativo” 33 <strong>di</strong> cui le varie prove letterarie, comprese le minori,<br />

non costituirebbero altro che parziali tentativi <strong>di</strong> rappresentare, avvicinandosi al<br />

grande modello flaubertiano, un solo ed unico imprescin<strong>di</strong>bile soggetto: la vita<br />

vera nel suo trascorrere e svanire, il passare del tempo che si snoda nei minuti,<br />

nelle ore, negli anni, il <strong>di</strong>vario tra l’esistenza e il significato che dovrebbe illuminarla,<br />

la nostalgia del non vissuto attraverso una parola che ha in se stessa e<br />

nel suo fluire il suo senso inspiegabile e fuggitivo che non si lascia imprigionare<br />

da nessuna immagine, ma che tutto avvolge in un’aura vibrante <strong>di</strong> echi e richiami.<br />

34 Pur non essendo a conoscenza dell’articolo interamente de<strong>di</strong>cato da<br />

<strong>Gualdo</strong> al suo Autore pre<strong>di</strong>letto, è dunque evidente che coloro i quali, in passa-<br />

29<br />

C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 9.<br />

30<br />

Ivi, p. 10.<br />

31<br />

Ibidem.<br />

32<br />

Esaminando la conclusione <strong>di</strong> Decadenza, Olivieri acutamente sottolinea come, privato<br />

della sua risoluzione naturale dalla misteriosa scomparsa finale della figura femminile, il romanzo<br />

gual<strong>di</strong>ano finisce per essere “la trasposizione dell’educazione sentimentale nell’attesa<br />

dell’oggetto desiderato” (U. M. OLIVIERI, Esilio e <strong>di</strong>ssoluzione del personaggio in “Decadenza”<br />

<strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 203).<br />

33<br />

M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza…, cit., p. 73.<br />

34<br />

C. MAGRIS, Flaubert e il libro sul niente, in Itaca e oltre, Milano, Garzanti, 1982, pp.<br />

16-22.<br />

306


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

to, si sono soffermati sull’opera gual<strong>di</strong>ana hanno perfettamente colto nel segno,<br />

arrivando ad esaminare proprio quegli aspetti del romanziere francese che, nella<br />

suddetta commemorazione, egli aveva esplicitamente affermato <strong>di</strong> ammirare<br />

quando, ad esempio, aveva <strong>di</strong> lui scritto che:<br />

Pel primo egli cercò l’analisi minuta, invadente, voluta dalle morbose complicazioni<br />

dei sentimenti, dallo spettacolo variatissimo della vita dell’oggi. Egli fu un maestro,<br />

ma in fondo aborriva da qualunque sistema: aveva per regola che ciascuno deve<br />

fare coscienziosamente ciò che vuole e ciò che può. 35<br />

Sul finire <strong>degli</strong> anni ’80, inoltre, Elisabetta de Troja ha a sua volta insistito<br />

sul legame che unisce <strong>Gualdo</strong> a Flaubert nel comune intento <strong>di</strong> indugiare più<br />

sulle reazioni dei rispettivi personaggi <strong>di</strong>nnanzi agli avvenimenti che sovvertono<br />

le loro esistenze, che sul «montaggio» <strong>di</strong> quegli stessi eventi, 36 come se il<br />

vero incanto dovesse nascere non da ciò che avviene nel testo, ma dalla melo<strong>di</strong>a<br />

<strong>degli</strong> avvenimenti, dalla forma che dà loro senso e unità, perfino quando il romanzo<br />

non ha altro da esprimere che “l’errabondo <strong>di</strong>sperdersi della vita”; 37 unitamente<br />

a ciò, la stu<strong>di</strong>osa ha messo in luce la presenza <strong>di</strong> quel che essa chiama<br />

“un calco od un omaggio” del <strong>di</strong>scepolo nei confronti del maestro, un tributo<br />

letterario che consiste nel preciso richiamo, nella scena del battello nel Mariage<br />

excentrique <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, alle pagine iniziali dell’Éducation sentimentale, una sequenza<br />

nella quale è evidente la volontà autoriale <strong>di</strong> far riecheggiare, nel primo<br />

incontro tra Elisa e Massimo sul lago <strong>di</strong> Como, il più noto episo<strong>di</strong>o del primo<br />

avvicendamento tra Frédéric e M.me Arnoux sulle rive della Senna.<br />

Marilena Giammarco, infine, ha proposto <strong>di</strong> interpretare l’ampio prologo<br />

che abbraccia i primi due capitoli della Ressemblance gual<strong>di</strong>ana come una<br />

“concisa rivisitazione dell’Éducation sentimentale”, 38 quasi che il romanziere<br />

35 L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

36 La stu<strong>di</strong>osa cita, a tal proposito, una considerazione <strong>di</strong> Flaubert riportata nel Journal dei<br />

Goncourt in data 17 marzo 1861: “[…] la storia, l’intreccio <strong>di</strong> un romanzo mi sono in<strong>di</strong>fferenti.<br />

Quando scrivo un romanzo, ho intenzione <strong>di</strong> rendere un colore, un tono. In Salammbô, ad esempio,<br />

voglio fare qualcosa che ricor<strong>di</strong> la porpora. Quanto al testo, ai personaggi ed all’intrigo,<br />

si tratta solo <strong>di</strong> un dettaglio”. Cfr. E. DE TROJA CHECACCI, Quello strano matrimonio <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, in «Rassegna della letteratura», settembre/<strong>di</strong>cembre 1986, p. 547.<br />

37 C. MAGRIS, Flaubert e il libro sul niente, cit., p. 17.<br />

38 M. GIAMMARCO, <strong>Gualdo</strong> e il romanzo della «<strong>di</strong>fferenza»: straniamento linguistico e<br />

scena internazionale in Une ressemblance, in Letteratura italiana, letterature europee, Atti del<br />

IV Congr. Naz. ADI, a cura <strong>di</strong> G. Baldassarri e S. Tamiozzo, Roma, Bulzoni, 2004, p. 609.<br />

307


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

italiano avesse voluto, attraverso l’incipit del suo primo romanzo francese, riannodare<br />

i fili con il libro <strong>di</strong> Flaubert dal suo momento conclusivo. L’avvio del<br />

libro si configurerebbe, insomma, come riscrittura della vicenda sentimentale <strong>di</strong><br />

Frédéric, del cosa sarebbe potuto accadere se la donna amata, dopo la morte <strong>di</strong><br />

suo marito e dopo l’emblematico taglio della ciocca <strong>di</strong> capelli, avesse finalmente<br />

deciso <strong>di</strong> concedersi al suo spasimante.<br />

Or dunque, in<strong>di</strong>pendentemente dalle varie interpretazioni – o, meglio, accanto<br />

ed unitamente ad esse – offerte dalla critica e fin qui riportate, è senza<br />

dubbio dato lampante che nell’opera tutta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, ivi compresa quella pubblicistica,<br />

esiste una serie <strong>di</strong> affinità (dal calco linguistico al richiamo situazionale)<br />

con il grande modello Flaubert e, in particolare, con la sua Éducation sentimentale,<br />

affinità che potrebbero essere aggiunte, a titolo esemplificativo, accanto<br />

a quelle già segnalate: la trama stessa della Ressemblance, in effetti, riecheggia<br />

l’ope-razione <strong>di</strong> condensazione delle due figure (soprattutto dei visi) <strong>di</strong><br />

Madame Arnoux e della Marescialla messa in atto da Frédéric nella seconda<br />

parte del volume dell’autore francese; 39 l’ebbrezza e la vertigine che colpiscono<br />

Paolo nella conclusione <strong>di</strong> Decadenza 40 nell’attesa del ritorno <strong>di</strong> Silvia, poi, ricordano<br />

il turbamento che avverte Frédéric trovandosi <strong>di</strong>nnanzi a Rosanette ed<br />

in seguito al quale si riaccenderà il suo amore nei confronti <strong>di</strong> lei; 41 o, ancora, la<br />

sequenza iniziale del primo romanzo gual<strong>di</strong>ano in cui Maurice sembra voler far<br />

sparire la pendola a furia <strong>di</strong> fissarla 42 pare ripercorrere in falsariga l’episo<strong>di</strong>o in<br />

cui Frédéric cerca <strong>di</strong> accelerare il tempo e vincere la noia puntando l’orologio<br />

in casa <strong>di</strong> Regimbart; 43 la figura, inoltre, ancora nella Ressemblance, <strong>di</strong> Alfred<br />

Talvet e l’ideologia <strong>di</strong> cui si fa portavoce si rifanno palesemente al personaggio<br />

39 Una condensazione che potrebbe essere sintetizzata nel pronome «te», riferibile tanto a<br />

Marie quanto a Rosanette, pronunciato da Frédéric nella frase conclusiva della seconda sezione<br />

del romanzo – “il y avait trop longtemps que je te désiderais” – dopo aver condotto la Marescialla<br />

“dans le logement préparé pour l’autre” (G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale.<br />

Histoire d’un jeune homme, é<strong>di</strong>tion de P. M. Wetherill, Paris, Garnier, 1984, pp. 284-285)<br />

40 L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., p. 1129.<br />

41 G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale, cit., p. 344: “Il eut comme un vertige. Rosanette<br />

[…] l’avait agacé toute l’après-mi<strong>di</strong>; et le vieil amour se réveilla”.<br />

42 Le prime pagine del romanzo gual<strong>di</strong>ano mostrano il protagonista costantemente con “les<br />

yeux fixés sur le cadran de la pendule” in attesa dell’alba <strong>di</strong> un nuovo anno che a lui pare non<br />

voler mai giungere (L. GUALDO, Une ressemblance, in Romanzi e Novelle, cit., p. 229).<br />

43 G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale, cit., p. 107: “[…] et si les regards pouvaient<br />

user les choses, Frédéric aurait <strong>di</strong>ssous l’horloge à force d’attacher dessus les yeux”.<br />

308


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

flaubertiano <strong>di</strong> Pellerin ed alla sua teoria del Bello; 44 l’enunciato, infine, <strong>di</strong>chiarato<br />

da <strong>Gualdo</strong> a proposito <strong>di</strong> Adèle d’Affry nella commemorazione ad essa de<strong>di</strong>cata,<br />

45 secondo il quale “la povertà avrebbe potuto centuplicare le sue capacità”,<br />

si ritrova parimenti nel testo/modello, dov’è espresso in relazione all’indole<br />

<strong>di</strong> Deslauriers. 46 Che si tratti <strong>di</strong> semplici omaggi al maestro e caposcuola del<br />

romanzo moderno (“il primo Adamo <strong>di</strong> una specie nuova” lo avrebbe significativamente<br />

definito alcuni anni più tar<strong>di</strong> Jorge Luis Borges), 47 o <strong>di</strong> involontarie<br />

reminiscenze della sua tanto amata ed ammirata produzione, resta indubbio che<br />

l’intero corpus <strong>di</strong> scritti <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> si presenta qua e là <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> elementi<br />

tratti dall’Éducation sentimentale <strong>di</strong> Flaubert, ovvero da quel “Livre”<br />

che egli porta sempre con sé ed a cui fa <strong>di</strong> continuo appello in qualità <strong>di</strong> costante<br />

ipertesto, vera e propria memoria poetica che perio<strong>di</strong>camente si riattiva e si<br />

riversa – in maniera più o meno trasparente e voluta – nella sua pagina, narrativa<br />

o giornalistica che essa sia.<br />

La lingua e lo stile <strong>di</strong> Flaubert sono anch’essi fonte d’ispirazione per il narratore<br />

italiano: a sua detta non esiste modello migliore cui poter aspirare, sia per<br />

quanto concerne il risultato finale sia relativamente alla modalità <strong>di</strong> ricerca attraverso<br />

la quale egli riusciva ad ottenere, non senza sforzo, l’esito faticosamente<br />

anelato. A tal proposito il critico non utilizza mezzi termini per affermare che<br />

lo stile flaubertiano “è l’assoluta perfezione” (si pensi che <strong>Gualdo</strong> sostiene <strong>di</strong><br />

averlo apprezzato persino leggendo “fiévreusement et avec exaltation” la sua<br />

corrispondenza con George Sand), 48 una perfezione che Flaubert perseguiva lavorando<br />

“con quella lentezza e quella cura <strong>di</strong>venute proverbiali” 49 e <strong>di</strong> cui il recensore<br />

tesse le lo<strong>di</strong> sostenendo che una simile applicazione, un simile stu<strong>di</strong>o<br />

possono essere compresi solo se “si pensa ch’egli esigeva una purezza cristalli-<br />

44<br />

Si tratta della teoria dell’art pour l’art che Pellerin insegue e conducendo ricerche in<br />

“tous les ouvrages d’esthétique pour découvrir la véritable théorie du Beau, convaincu, quand il<br />

l’aurait trouvée, de faire des chef-d’œuvre” (ivi, p. 36).<br />

45<br />

L. GUALDO, La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, cit., p. 15.<br />

46<br />

G. FLAUBERT, L’Éducation sentimentale, cit., p. 91: “La misère, peut-être, centuplerait<br />

ses facultés”.<br />

47<br />

J. L. BORGES, Flaubert e il suo destino esemplare, in Tutte le opere, a cura <strong>di</strong> D. Porzio,<br />

vol. I, Milano, Mondadori, 1984, p. 406.<br />

48<br />

Lettera X<strong>II</strong>, s.d. (ma del 1884 circa), <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a François Coppée: “Lu fiévreusement<br />

et avec exaltation les lettres de Flaubert à Mme Sand – précédées de la préface de Maupassant,<br />

que j’approuve tout à fait” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 232).<br />

49<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

309


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

na <strong>di</strong> lingua, l’assenza <strong>di</strong> qualsiasi parola soverchia od impropria, la chiarezza<br />

suprema, la severa giustezza dell’epiteto rarissimo, la sobrietà scultorea <strong>degli</strong><br />

aggettivi, l’uniformità del colorito e la intensa varietà del tocco, la concisione,<br />

la sonorità del periodo, tutti i raffinamenti delle armonie imitative, dei contrasti,<br />

delle <strong>di</strong>ssonanza sapienti. Non esiste <strong>di</strong> lui una pagina dove sia possibile cambiare<br />

<strong>di</strong> posto una virgola. Ciò che lascia è definitivo. La sua prosa ha il carattere<br />

dell’immutabilità proprio dei versi dei gran<strong>di</strong> poeti”. 50<br />

Proust <strong>di</strong>rà, nel celebre saggio de<strong>di</strong>cato allo stile dell’Éducation sentimentale,<br />

che la prosa <strong>di</strong> Flaubert lo aveva da sempre affascinato poiché possedeva<br />

una “beauté grammaticale” che nulla aveva a che vedere con la “correction”,<br />

una bellezza che, proprio come aveva notato <strong>Gualdo</strong>, era “de ce genre que Flaubert<br />

devait accoucher laborieusement”. 51 Inoltre, essendo il romanziere francese<br />

un “osservatore infallibile delle regole supreme dello scrivere”, 52 egli aveva finito<br />

per aggiungervene altre per suo conto, “applicando alla prosa alcune delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà della versificazione”; pur non avendo mai avuto, al pari <strong>di</strong> Balzac,<br />

della Sand o <strong>di</strong> Zola, il dono <strong>di</strong> comporre anche versi (“ma quali vincoli voleva<br />

per il romanzo, oltre le immagini giuste, le metafore esatte!”) 53 Flaubert era alfine<br />

<strong>di</strong>venuto – per riba<strong>di</strong>re, ancora una volta, le parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> con quelle <strong>di</strong><br />

Borges – l’Omero del romanzo dacché suo intento non era mai stato riprendere<br />

o cercare <strong>di</strong> superare un modello precedente, ma sempre e soltanto quello <strong>di</strong><br />

pensare che ogni cosa può <strong>di</strong>rsi in un solo modo e che “l’obbligo dello scrittore<br />

è trovare quel modo”. 54 Egli è stato colui che ha fondato – per <strong>di</strong>rla con Barthes<br />

– una “écriture artisanale” (in relazione alla quale il critico francese ha coniato<br />

il termine flaubertisation) ovvero un art in cui la forma espressiva non si limita<br />

ad avere un valore d’uso, bensì si carica del pesante fardello <strong>di</strong> essere un “valeur-travail"<br />

perché, cominciando la letteratura a necessitare <strong>di</strong> una giustifica-<br />

50<br />

Ibidem.<br />

51<br />

M. PROUST, À propos du “style” de Flaubert, in «Nouvelle Revue Française», janvier<br />

1920, rist. moderna in ID., Écrits sur l’art, cit., pp. 314-329 (la citazione è presa da p. 315).<br />

52<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

53<br />

Ibidem.<br />

54<br />

J. L. BORGES, Flaubert e il suo destino esemplare, cit., p. 409. Perfetta la sintonia con<br />

le considerazioni gual<strong>di</strong>ane, specialmente quando sostiene che Flaubert sempre cercò – con<br />

quella che egli definisce una vera e propria “superstizione del linguaggio” – il bello in ciò che è<br />

preciso, esatto, giusto, eufonico, armonico e che “con lunga integrità inseguì il mot juste, il quale<br />

ovviamente non escludeva il luogo comune, e poi sarebbe degenerato nel vanitoso mot rare<br />

dei cenacoli simbolisti” (ibidem).<br />

310


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

zione, la scrittura aveva bisogno <strong>di</strong> trovarsi <strong>degli</strong> alibi. Accanto – e prima – <strong>di</strong><br />

una intera generazione <strong>di</strong> prosatori preoccupati <strong>di</strong> assumersi fino in fondo il peso<br />

della tra<strong>di</strong>zione, Flaubert aveva iniziato a costruire un nuovo co<strong>di</strong>ce normativo<br />

per la lingua della narrazione romanzesca: in cambio la società avrebbe dovuto<br />

accettare il suo ruolo <strong>di</strong> scrittore. 55<br />

Molto prima <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong>osi contemporanei, <strong>Gualdo</strong> aveva espresso nel suo<br />

articolo la sua ammirazione per il supremo sacrificio <strong>di</strong> quel Flaubert che, da<br />

effettivo e valoroso soldato della penna, 56 era stato il primo a consacrarsi alla<br />

creazione <strong>di</strong> un’opera puramente estetica in prosa (non a caso Auerbach <strong>di</strong>rà<br />

che, stilisticamente, questi era stato insieme ai Goncourt il primo fautore del realismo<br />

estetico). 57 Dopo <strong>di</strong> lui chiunque si fosse cimentato nell’esercizio della<br />

scrittura avrebbe dovuto confrontarsi con la sua opera (“non v’è romanzo della<br />

scuola moderna venuto fuori dal 1851”, scrive <strong>di</strong>fatti il critico italiano, “che non<br />

ne risenta l’influenza, non v’è autore che non l’abbia imitato”) 58 e con quella<br />

dell’altro solo narratore altrettanto amato dal quale, sempre secondo l’opinione<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, ciascun romanziere della seconda metà del XIX secolo non ha potuto<br />

prescindere: “i due Goncourt, Tourguenieff, Zola, Daudet sono tutti <strong>di</strong>scepoli<br />

<strong>di</strong> lui”, avvertirà il critico, “quanto lo sono <strong>di</strong> Balzac”. 59 Un parallelo, questo,<br />

che il pubblicista milanese riprende anche nella conclusione dell’analisi de<strong>di</strong>cata<br />

a Flaubert, il “principe dei romanzieri francesi”, dove, proprio poco prima <strong>di</strong><br />

terminare l’articolo con una citazione tratta da Madame Bovary (“la parole humaine<br />

est comme un chaudron fêlé où nous ballons des mélo<strong>di</strong>e à faire danser<br />

les ours quand on voudrait attendrir les étoiles”), accosta nuovamente – e ancora<br />

ponendoli su un livello <strong>di</strong> parità assoluta – i suoi due più alti esempi <strong>di</strong> prosatori<br />

sostenendo che tutti i libri flaubertiani, “al pari della Comé<strong>di</strong>e Humaine,<br />

dovrebbero essere il breviario <strong>di</strong> chiunque scrive”. 60<br />

55<br />

R. BARTHES, L’artisanat du style, in Le degré zéro de l’écriture, Paris, Seuil, 1953,<br />

pp. 89-94.<br />

56<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.: “perfetto letterato, sommo professore, […] superbo<br />

e coscienzioso capo scuola, […] lavoratore lento e assiduo […], è morto sulla breccia, soldato<br />

della penna, senza che gli anni avessero ancora curvata l’alta e poderosa persona né scemata<br />

la forza artistica <strong>di</strong> quel corpo, involucro d’un sì potente ingegno, d’uno spirito così vasto”.<br />

57<br />

E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Torino, Einau<strong>di</strong>,<br />

2000 (1956), vol. <strong>II</strong>, p. 284.<br />

58 L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

59 Ibidem.<br />

60 Ibidem.<br />

311


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

L’importanza decretata da <strong>Gualdo</strong> alla produzione del francese e la sua assimilazione<br />

al capolavoro balzacchiano è un dato molto significativo, specie se<br />

si considera che la Comme<strong>di</strong>a Umana è l’opera transalpina che più <strong>di</strong> ogni altra<br />

torna, con una costanza pressoché unica, come termine <strong>di</strong> paragone in ogni recensione<br />

o articolo <strong>di</strong> critica letteraria redatti dall’italiano, in relazione ad autori<br />

d’oltralpe e non. La prima attestazione – escludendo il saggio, su cui si tornerà,<br />

interamente de<strong>di</strong>cato a Balzac pubblicato nel 1876 – risale al febbraio 1882 ed è<br />

contenuta in un brano giornalistico in cui <strong>Gualdo</strong>, analizzando il ruolo giocato<br />

dai Goncourt nello sviluppo del romanzo moderno, ha sottolineato la continuità<br />

tra le innovazioni apportate da Edmond e Jules e le “audaci scoperte” con cui<br />

l’autore della Comé<strong>di</strong>e humaine aveva “aperta la via” ai suoi successori. 61<br />

Il secondo caso riguarda, invece, un autore nostrano: Antonio Fogazzaro e<br />

la sua capacità <strong>di</strong> costruire, tra i primissimi in Italia, personaggi dotati <strong>di</strong> un altissimo<br />

livello <strong>di</strong> verità, proprio sulla scia <strong>degli</strong> insegnamenti forniti – con un<br />

anticipo <strong>di</strong> circa mezzo secolo – dal sommo Balzac attraverso la creazione delle<br />

protagoniste <strong>di</strong> Eugénie Grandet e Madame Marneffe, “ambedue egualmente,<br />

stupendamente vere”. 62 Ritorniamo ancora in Francia, poi, con l’analisi della<br />

produzione <strong>di</strong> Paul Bourget, il quale, a detta del pubblicista, avrebbe “talvolta<br />

imitato” 63 nei primi capitoli del suo Cruelle Enigme il padre del realismo, sebbene,<br />

<strong>di</strong>rà in seguito, 64 nel 1891 (a proposito della Physiologie de l’A-mour moderne<br />

e alla sua somiglianza, questa volta, con la Physiologie du mariage) che<br />

non si trattò mai <strong>di</strong> una effettiva imitazione, quanto piuttosto <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> ispirazione,<br />

<strong>di</strong> un continuo <strong>di</strong>alogo con il modello balzacchiano, un modello dal<br />

quale Bourget sarebbe rimasto sempre e comunque ben <strong>di</strong>stante, sia per la <strong>di</strong>fferenza<br />

della propria indole da quella <strong>di</strong> Balzac, sia a causa del profondo <strong>di</strong>vario<br />

tra i perio<strong>di</strong> storici in cui i due avevano vissuto e scritto (tra loro, insomma, si<br />

frapponeva il 1848, l’anno che Lukács definirà – esaminando le <strong>di</strong>vergenze tra<br />

Balzac e Zola – lo spartiacque tra Realismo e Naturalismo). 65<br />

61<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], in «L’Illustrazione Italiana»,<br />

12 febbraio 1882, p. 118.<br />

62<br />

ID., “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, cit..<br />

63<br />

ID., Paolo Bourget, in «L’Illustrazione Italiana», 4 <strong>di</strong>cembre 1887, p. 410<br />

64<br />

ID., Paul Bourget, Physiologie de l’Amour moderne, in «Cronaca d’Arte», 22 febbraio<br />

1891. 65 G. LUKÁCS, Balzac und der französische Realismus, Berlin, Qufbau-Verlag, 1952, p.<br />

88.<br />

312


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Il rapporto <strong>di</strong> filiazione viene, infine, riproposto da <strong>Gualdo</strong> nelle considerazioni<br />

relative al rapporto tra letteratura e vita proprio tra lo scrittore della Comé<strong>di</strong>e<br />

humaine e quelle del suo erede legittimo, l’autore della storia naturale e<br />

sociale dei Rougon-Macquart, definito il più grande monumento <strong>di</strong> prosa del<br />

XIX secolo, secondo soltanto ai quaranta volumi del colosso balzacchiano. 66<br />

Ma se l’impresa zoliana si colloca, per valore e <strong>di</strong>mensione, alle spalle <strong>di</strong> quella<br />

del maestro, è altrettanto vero che <strong>Gualdo</strong> non esiterà ad esprimere la propria<br />

ammirazione per il romanziere suo contemporaneo che, a <strong>di</strong>fferenza dell’altro,<br />

gli sembra poter essere in grado (come <strong>di</strong>fatti avverrà) <strong>di</strong> portare a compimento<br />

il suo progetto artistico “senza aver menomato né la sua salute, né il suo talento,<br />

senza aver conosciuto le ansietà febbrili, gl’innominabili dolori d’artista che<br />

travagliarono Balzac – vivendo gagliardamente dell’eccesso del suo lavoro, anziché<br />

morirne”. 67<br />

Il tema della ‘consunzione dello scrittore’ è un argomento su cui <strong>Gualdo</strong> ritorna<br />

con una certa insistenza parlando <strong>di</strong> Balzac: talvolta egli lo utilizza come<br />

luogo comune; 68 in altre occasioni invece, ed in particolare nel compte rendu da<br />

lui de<strong>di</strong>cato 69 ai due volumi della sua corrispondenza e<strong>di</strong>ti da Calman Levy nel<br />

<strong>di</strong>cembre 1876 70 – un testo che il giornalista milanese definisce “un mirabile<br />

complemento della Comé<strong>di</strong>e humaine” in quanto “romanzo ch’egli non dettò,<br />

ma visse, e che ora ne viene involontariamente rivelato!” –, <strong>Gualdo</strong> riba<strong>di</strong>sce<br />

più volte a costo <strong>di</strong> quale enorme sacrificio quell’uomo straor<strong>di</strong>nario che fu<br />

Balzac, spinto da irresistibile vocazione, “per quin<strong>di</strong>ci anni lavorò quin<strong>di</strong>ci ore<br />

al giorno” realizzando così “un lento e sublime suici<strong>di</strong>o con la penna” che lo<br />

porterà a morire “giovane, a cinquant’anni, schiacciato sotto il peso dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

che le sue mani eressero”. 71 Nel mezzo secolo che Balzac ha meravigliosamente<br />

<strong>di</strong>pinto, scrive infatti il recensore, qualcosa mancava a rendere completo<br />

quel vastissimo quadro; quel qualcosa consisteva – “fra l’agitarsi <strong>di</strong> quei per-<br />

66 L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit..<br />

67 ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

68 Si cita, a titolo esemplificativo, la lettera V<strong>II</strong>I a Coppée del <strong>di</strong>cembre 1879 in cui <strong>Gualdo</strong><br />

commenta il numero eccessivo <strong>di</strong> collaborazioni portate avanti da Paul Bourget con <strong>di</strong>versi<br />

quoti<strong>di</strong>ani parigini in questi termini: “Je suppose que Bourget ayant subi une transformation à la<br />

Balzac, est complètement absorbé par son métier de journaliste” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., p. 222).<br />

69 L. GUALDO, Pubblicazioni. Correspondance de H. de Balzac, cit.<br />

70 H. DE BALZAC, Correspondance ( 1819-1850), Paris, Calman Lévy, 1876.<br />

71 L. GUALDO, Pubblicazioni. Correspondance de H. de Balzac, cit.<br />

313


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sonaggi tanto veri ch’essi rimangono eternamente giovani (mentre coloro che<br />

vissero davvero in quegli anni ha già coperto l’oblio)” – nella figura <strong>di</strong> Balzac<br />

stesso, che, nella notte, “curvo sotto la lampada sempre accesa, scrive febbrilmente<br />

quei quaranta volumi immortali, in cui dà la vita <strong>di</strong> quell’arte a quel<br />

mondo che con l’occhio visionario, più ancora che osservatore, egli vedeva<br />

dalla sua finestra chiusa! Ed è ciò che la Corrispondenza ora apparsa ne mostra.<br />

Vi ricordate quei quadri antichi dove il pittore ha ingenuamente <strong>di</strong>pinto se stesso<br />

in un angolo della tela?”. 72 Quell’occhio visionario prima ancora che osservatore<br />

rappresenta ciò che più <strong>di</strong> tutto doveva aver colpito il critico – e il narratore<br />

– <strong>Gualdo</strong> (il cui rapporto con la scrittura sarà sempre complicato dal regard<br />

rêveur con cui egli era solito scrutare il mondo) poiché tornerà ad essere sottolineato,<br />

a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa <strong>di</strong>eci anni, attraverso un paragone che egli instaurerà<br />

con un altro autore profondamente amato, quel Barbey d’Aurevilly che, “contemporaneo<br />

ed entusiasta del sommo Balzac”, verrà in<strong>di</strong>cato – all’interno <strong>di</strong> un<br />

articolo che poc’anzi si era <strong>di</strong> proposito omesso <strong>di</strong> citare – come colui il quale<br />

“vedeva come lui ogni cosa più grande del vero, quasi avesse fissa nell’occhio<br />

una lente da microscopio” dal momento che, <strong>di</strong>rà poi <strong>Gualdo</strong> in maniera ancor<br />

più specifica e corrispondente, “quanto lui era visionario”. 73<br />

Ancor più della splen<strong>di</strong>da biografia realizzata da Gautier o del prezioso libro<br />

<strong>di</strong> Léon Gozlan, 74 le pagine della corrispondenza <strong>di</strong> Balzac sono in grado <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrare, secondo <strong>Gualdo</strong>, che l’uomo che si cela <strong>di</strong>etro i vari capitoli della<br />

Comé<strong>di</strong>e humaine è presente con vivida luce al loro interno in quanto vero al<br />

pari della sua opera e dei personaggi da lui creati. Quel narratore è, <strong>di</strong>fatti, lo<br />

stesso uomo che si era a lungo arrovellato attorno al doppio ed affannoso desiderio<br />

che in vita aveva espresso molte volte e che viene <strong>di</strong>chiarato anche in una<br />

delle prime lettere a sua sorella nella domanda « Laure, mes deux seuls et immenses<br />

désirs, être célèbre et être aimé, seront-ils jamais satisfait? », 75 un quesito<br />

al quale il recensore italiano avrebbe probabilmente voluto rispondere fa-<br />

72 Ibidem (corsivo mio).<br />

73 ID., Barbey d'Aurevilly, in «Corriere della Sera», 5-6 maggio 1889, p. 2.<br />

74 L. GOZLAN, Balzac en pantoufles, Paris, Michel Levy, 1862.<br />

75 L. GUALDO, Pubblicazioni. Correspondance de H. de Balzac, cit. È senza dubbio significativo<br />

che <strong>Gualdo</strong> abbia scelto <strong>di</strong> riportare questo passo <strong>di</strong> questa lettera il cui tema centrale<br />

è il medesimo con cui si apre il volume <strong>di</strong> Gozlan che il critico stesso cita all’interno del suo<br />

articolo: “Il est rare que les hommes de quelque valeur, pervenus à un âge sérieux de la vie, ne<br />

se préoccupent pas, même à leur insu, de la physionomie et de l’attitude qu’ils auront dans le<br />

monde quand ils n’existeront plus que par leur nom”.<br />

314


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

cendo sapere al grande maestro che ciò che egli aveva spesso presentito si sarebbe,<br />

alla fine, rivelato reale e che, pur essendo scomparso “vittima <strong>di</strong> un perseverante<br />

sforzo titanico”, egli avrebbe però abbandonato la scena del mondo<br />

morendo “glorioso e profondamente amato”. 76<br />

Il ritratto balzacchiano che <strong>Gualdo</strong> realizza rispecchia la stessa modalità<br />

compositiva che caratterizzerà, all’incirca tre anni dopo, quello già citato eseguito<br />

in onore <strong>di</strong> Flaubert, ovvero affiancando informazioni – più o meno private<br />

(non si <strong>di</strong>mentichi che oggetto dell’articolo è la corrispondenza <strong>di</strong> Balzac) –<br />

sul personaggio pubblico all’analisi della sua opera ed al suo ruolo <strong>di</strong> scrittore.<br />

Non dovrà sorprendere, pertanto, che accanto all’elogio del “pro<strong>di</strong>gioso monumento<br />

letterario” lasciato da un autore che egli etichetta come “l’in-ventore del<br />

romanzo moderno”, si trovino passi incentrati sul suo sentire “il vincolo della<br />

famiglia” o sull’immenso affetto “che traspira da ogni riga a sua madre o a sua<br />

sorella”. D’altro canto, i due volumi recensiti contengono anche messaggi rivolti<br />

“ai pochi amici ch’egli conservò sempre, agli e<strong>di</strong>tori, ai letterati illustri, e<br />

principalmente a M.ͤ Hanska, nata Rzevuska, che <strong>di</strong>venne poi M.ͤ Balzac”, ragion<br />

per cui è la natura stessa del testo in esame a condurre <strong>Gualdo</strong> nell’alternato<br />

esame da un lato del “magnifico poema d’amore che occup[ò] tutta la seconda<br />

parte <strong>di</strong> questa vita triste e avventurata” e, dall’altro, dei documenti in<strong>di</strong>rizzati<br />

al comune amico Théophile Gautier (al quale come si è accennato si deve,<br />

almeno in fase iniziale, la grande passione del giovane milanese per Balzac)<br />

fino a quell’ultima lettera, dettata a Madame de Balzac, “nella quale, sotto la<br />

firma, l’ammalato ha tracciato a stento queste parole che appaiono sinistre: Je<br />

ne puis ni lire, ni écrire!”. 77<br />

Nonostante il volontario esilio morale dovuto alla “superiorità” del-l’uomo<br />

Balzac, l’articolista italiano intende evidenziare, servendosi delle pagine della<br />

corrispondenza del grande autore d’oltralpe, “quale fosse la sua forza <strong>di</strong> volontà”;<br />

proprio attraverso l’analisi <strong>di</strong> questo libro <strong>Gualdo</strong> cerca, infatti, <strong>di</strong> trasmettere<br />

ai suoi lettori l’importante messaggio che – dato non trascurabile – vent’anni<br />

più tar<strong>di</strong> alcuni suoi intimi avrebbero ripetuto riflettendo sulla sua altrettanto<br />

prematura scomparsa, un messaggio secondo il quale “in lui la grandezza del<br />

cuore uguagliava la potenza del cervello”. 78 Certo Gerolamo Rovetta <strong>di</strong>mostrerà<br />

<strong>di</strong> nutrire fin troppo affetto nei confronti dell’uomo <strong>Gualdo</strong> – un affetto che lo<br />

76 Ibidem.<br />

77 Ibidem.<br />

78 Ibidem.<br />

315


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

porterà a sopravvalutare evidentemente le sue doti artistiche – se, all’indomani<br />

dell’uscita <strong>di</strong> Decadenza scriverà <strong>di</strong> tale volume che, essendo “una pagina <strong>di</strong> vita<br />

vissuta, strappata al libro triste e vario della vita moderna”, esso potrebbe ad<strong>di</strong>rittura<br />

essere “il libro che scriverebbe Balzac, se Balzac fosse vivo oggi”. 79<br />

Il giu<strong>di</strong>zio rovettiano, certo troppo lusinghiero, contiene tuttavia un buon<br />

suggerimento interpretativo per l’opera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>; questo autore, <strong>di</strong>fatti – come<br />

si proverà a <strong>di</strong>mostrare in seguito – non <strong>di</strong> rado ha mostrato <strong>di</strong> avere un acutissimo<br />

sguardo sul destino e gli sviluppi delle più nuove e moderne correnti letterarie,<br />

ma, al tempo stesso, continuando a rivolgere uno sguardo agli insegnamenti<br />

dell’illustre maestro del passato, non ha mai <strong>di</strong>menticato quella incessante<br />

fonte d’ispirazione che fu per lui Balzac (dal quale imparò soprattutto a notomizzare<br />

le alterazioni del caso umano), tra i primi in Europa in grado <strong>di</strong> realizzare<br />

un’adeguata rappresentazione reale, ed unitamente artistica, dell’uomo<br />

nella sua interezza. 80 Eppure, accanto all’autore della Comé<strong>di</strong>e humaine, il nostro<br />

critico e narratore aveva scelto un altro maestro che, non solo cronologicamente,<br />

era più prossimo a sé, ossia quel Flaubert che, per donare integrità ai<br />

suoi personaggi, aveva compreso (e messo in pratica nel “Livre” per eccellenza)<br />

che essi dovevano essere frazionati e non più costruiti come unità concluse.<br />

Sulla scia <strong>degli</strong> insegnamenti appresi attraverso le riflessioni critiche sul testo<br />

flaubertiano e la sua continua rilettura, <strong>Gualdo</strong> aveva quin<strong>di</strong> costruito un ipotetico<br />

ponte, bridging the gap tra l’opera conclusiva del suo percorso letterario,<br />

Decadenza (1892), ed il suo volume pre<strong>di</strong>letto, L’Éducation sentimentale<br />

(1869), optando per una soluzione narrativa <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria modernità. L’ultima<br />

prova gual<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong>fatti, segna un passo decisivo nel superamento del realismo<br />

ottocentesco attraverso la registrazione dello sgretolamento del tempo naturale<br />

del soggetto <strong>di</strong> fronte al reale: creando continue sospensioni nei tempi<br />

narrativi del romanzo naturalista, questi ha volutamente rallentato il tempo<br />

dell’intreccio per delegare alla voce narrativa – senza più servirsi del <strong>di</strong>alogo o<br />

dell’in<strong>di</strong>retto libero – una resa nuova dei personaggi, dei quali, in questo modo,<br />

era riuscito a contemplare persino i silenzi dell’azione, quei silenzi in cui, afferma<br />

Olivieri, prende corpo la trasformazione del tempo oggettivo del romanzo<br />

documento nel tempo interiore della coscienza”. 81<br />

79 G. ROVETTA, Vita letteraria. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit.<br />

80 G. LUKÁCS, Balzac und der französische Realismus, cit., p. 10.<br />

81 U. M. OLIVIERI, Esilio e <strong>di</strong>ssoluzione del personaggio in “Decadenza” <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> Gual-<br />

do, cit., p. 199.<br />

316


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

6.2 Le Décolleté e le Décolletant: <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Jules Barbey d’Aurevilly<br />

La prima e più compiuta biografia <strong>di</strong> Barbey d’Aurevilly risale al 1891,<br />

opera del suo contemporaneo Charles Buet: ricco <strong>di</strong> testimonianze e giu<strong>di</strong>zi coevi,<br />

questo testo è fonte preziosissima per conoscere quali e quanti personaggi<br />

gravassero attorno alla magnetica orbita dello scrittore normanno che amava<br />

circondarsi delle menti più brillanti della gioventù letteraria dell’epoca. 82 Tutti<br />

questi promettenti artisti erano soliti recarsi ogni domenica sera chez Coppée, il<br />

parnassiano poeta ospite <strong>di</strong> un notissimo circolo-salon, per ammirare e conversare<br />

con gran<strong>di</strong> Maestri della portata <strong>di</strong> Théodore de Banville o, per l’appunto,<br />

Jules Barbey d’Aurevilly, nomi illustri che <strong>di</strong> norma – per chiara fama e per età<br />

– non amavano ricevere a casa propria, se non i più intimi amici. Naturalmente,<br />

tra i nomi dei fortunati esponenti della jeunesse parigina che Buet annovera nella<br />

sua accurata monografia, non poteva mancare quello <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, 83 citato<br />

non solo in veste <strong>di</strong> habitué del salotto, ma anche in qualità <strong>di</strong> autore <strong>di</strong> uno dei<br />

migliori articoli commemorativi comparsi all’indomani della morte del romanziere<br />

francese protagonista dell’opera. Mentre la gran parte dei necrologi, infatti,<br />

erano stati incentrati esclusivamente sulla bizzarria e sull’eccentricità del<br />

personaggio Barbey, <strong>Gualdo</strong> era riuscito a combinare un pezzo che tenesse conto<br />

<strong>di</strong> molti aspetti, sia privati che pubblici, relativi allo scrittore scomparso, senza<br />

<strong>di</strong>menticare, inoltre, la sua produzione narrativa, da troppi taciuta:<br />

Des œuvres de ce maître, de son esprit, de son caractère on ne sonnait mot. […].<br />

Quelques critiques se mirent au-dessus de ce dédains (entre autres, M. <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, dans un journal de Milan), et dans une page vigoureuse, la plus détaillée, la<br />

82 C. BUET, J. Barbey d’Aurevilly, Paris, Savine, 1891, p. 180: “[…] il voyait souvent<br />

chez Coppée, lors que celui-ci réunissait quelques amis, le <strong>di</strong>manche soir – avant l’Académie –<br />

Bourget, Huysmans, M. de Lescure, Élémir Bourges, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Edgar Zevort, Orsat”.<br />

83 Ivi, p. 446: “Nous avons déjà dans un de nos premiers chapitres une partie de ceux qui<br />

formaient le cercle intime de Barbey d’Aurevilly et à qui sa porte était ouverte. La jeunesse venait<br />

à luiavec enthousiasme. Nommons encore MM. Paul Haag, le docteur Cazalis, Albert Dethomas,<br />

Léo Trézenik, Hayem, Klotz, le comte du Hamel de Breuil, le docteur Letourneau, le<br />

jeune peintre Camille Bourget, Em. Salone, Tausserat, Victor Lalotte, de Gerando, de Justh,<br />

Georges Zissy, Francis Poictenn, Em. Michelet, Quellien, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Haraucourt, Dorchain,<br />

Chevé, Félix Jantet, Claude Couturier, Pouvillon, Ledrain, Gustave Geoffroy, Georges Salomon,<br />

Maurice de Fleury, etc.”.<br />

317


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

plus éloquente […] vengea de l’injurieuse commisérations des uns, de l’extravagante<br />

exagération des autres. 84<br />

L’articolo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> cui Buet allude era stato pubblicato sul «Corriere della<br />

Sera» 85 una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> giorni dopo la fine dell’ottantunenne Barbey (avvenuta<br />

il 23 aprile 1889 e conseguente ad una grave emorragia protrattasi per ben tre<br />

giorni), un articolo la cui materia potrebbe essere compen<strong>di</strong>ata già nella prima<br />

frase dell’incipit: “Una strana e originalissima figura, un ferreo ed alto carattere,<br />

un grande scrittore sono scomparsi dalla vita parigina”. 86<br />

<strong>Gualdo</strong> e Barbey si erano conosciuti nel 1872 in casa <strong>di</strong> Coppée, uno dei<br />

migliori amici <strong>di</strong> entrambi; i loro rapporti erano poi <strong>di</strong>venuti davvero intensi<br />

dopo il 1876, anno in cui anche Paul Bourget aveva legato con “le Connétable”,<br />

e ancor più dopo il 1879, quando cioè Louise Read (intima <strong>di</strong> Annette Coppée,<br />

prima e <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> poi) aveva iniziato a prestar servizio in casa del Cavaliere<br />

d’Aurevilly, del quale <strong>di</strong>verrà infine segretaria ed esecutrice testamentaria. 87<br />

Purtroppo, fatta eccezione per alcune menzioni nei carteggi gual<strong>di</strong>ani e per la<br />

suddetta commemorazione, non restano tracce significative delle loro relazioni<br />

tra gli scritti e i documenti dell’uno e dell’altro. Al contrario, sono conservate<br />

all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano due fotografie del francese che testimoniano la<br />

cor<strong>di</strong>alità dei rapporti del Maestro con il giovane amico: la più antica reca in<br />

calce la simpatica de<strong>di</strong>ca autografa “Au Décolleté, le Décolletant”, mentre la<br />

seconda, più tarda – in cui Barbey è immortalato in abiti a righe da conta<strong>di</strong>no<br />

normanno e con in capo la sua clémentine rossa –, riba<strong>di</strong>sce il loro legame attraverso<br />

le semplici parole “A mon ami <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, J. Barbey d’Aurevilly”.<br />

Curiosamente, il gusto eccentrico nel vestire costituisce uno dei tratti in comune<br />

ai due scrittori e rappresenta, inoltre, un aspetto che <strong>Gualdo</strong> non riesce a non<br />

menzionare quando realizza lo splen<strong>di</strong>do ritratto del narratore transalpino:<br />

Dritto, altero nel portamento, splen<strong>di</strong>do ed eccentrico nel vestire immutato da<br />

quello dei più raffinati eleganti del 1830, se ne andava per le vie – quando usciva, raramente<br />

– guardato da tutti e non guardato quasi da nessuno; e sembrava una sfida vivente<br />

all'epoca attuale, un fantasma superbo del passato, una evocazione, una protesta<br />

contro la tinta uniforme del mondo moderno, una insolita macchia <strong>di</strong> colore gettata sul<br />

84<br />

Ivi, p. 462.<br />

85<br />

L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., pp. 1-2.<br />

86<br />

Ivi, p. 1.<br />

87<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 36-37.<br />

318


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

grigio della strada, una inattesa fanfara. Sembrava nato per il comando, per il dominio.<br />

Vi era un non so che <strong>di</strong> regale in quel suo viso sommamente aristocratico, dal naso aquilino,<br />

dal fino profilo, dalla larga fronte un po' fuggente. Quel «figurino» eccessivo<br />

<strong>di</strong> una moda abolita, reso più stravagante ancora dalla naturale esagerazione del suo<br />

gusto – quel vecchio dandy che rammentava i Borboni nei lineamenti e nell'atteggiamento<br />

il magnifico Murat – mostrava <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendere per razza dai gran signori dell'antico<br />

regime, ma <strong>di</strong> aver visto la Rivoluzione ed ammirato gli ultimi eroi dell'impero. Chi<br />

non lo conosceva, vedendolo passare, stupito, non avrebbe potuto indovinare chi fosse<br />

e cosa fosse. 88<br />

E su cui ritorna, poco oltre, nel prosieguo del suo articolo:<br />

Quell'uomo così bizzarramente vestito – tanto teatrale, anche, nella sua apparenza,<br />

che lo si sarebbe potuto prendere talvolta per Frédéric Lamaitre re<strong>di</strong>vivo – stretto nella<br />

sua re<strong>di</strong>ngote à basques, <strong>di</strong> quelle che non si vedono più se non nei <strong>di</strong>segni del Gavarni,<br />

con i calzoni chiari ornati da una banda <strong>di</strong> raso rosa, celeste o verde pallido, assortite<br />

alla cravatta guernita <strong>di</strong> trine, col cappello dalle tese foderate <strong>di</strong> velluto, inclinato<br />

sull'orecchio – quello strano e pomposo personaggio usciva da una misera stanza <strong>di</strong> rue<br />

Rousselet dove viveva solo e poveramente. 89<br />

Partendo dal contrasto tra il suo sentirsi un uomo d’azione e l’effettivo trascorrere<br />

l’intera vita al tavolino, <strong>Gualdo</strong> si sofferma lungamente sulla natura <strong>di</strong><br />

profondo pensatore e stilista <strong>di</strong> primo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> quel Barbey “nel quale la stranezza<br />

dell'acconciatura non era che una solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> più!”: nel corso della sua<br />

esistenza, “tutta coperta da un velo”, egli non aveva mai <strong>di</strong>scorso del suo passato,<br />

sorvolando sugli accenni fatti ad eventi trascorsi e sulle confidenze relative<br />

ai propri sentimenti (per i quali, a detta dell’articolista, nessuno aveva altrettanto<br />

pudore); al contrario lo scrittore normanno preferiva chiudersi in casa e lavorare,<br />

alieno dal rumore e dalla folla, proiettando la realizzazione dei propri sogni<br />

all’interno dei suoi libri, “da lui altrettanto vissuti quanto scritti”. 90<br />

Su tale identificazione tra il narratore e l’uomo che vive <strong>di</strong> ciò che racconta<br />

si impernia l’intero ragionamento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, che cerca <strong>di</strong> fornire al suo pubblico<br />

una chiave <strong>di</strong> lettura per comprendere davvero l’autore da lui commemorato,<br />

senza cadere nelle banalità e nei luoghi comuni. Il nucleo del suo <strong>di</strong>scorso consiste,<br />

infatti, nel sottolineare il ruolo giocato dalla letteratura nell’esperienza au-<br />

88 L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 1.<br />

89 Ibidem.<br />

90 Ivi, p. 2.<br />

319


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

revilliana in quanto unico luogo in cui egli era stato in grado <strong>di</strong> sanare il netto<br />

contrasto tra l’apparenza e la vita, tra le aspirazioni ed il compito <strong>di</strong> scrittore<br />

specialissimo che quel personaggio che richiamava sfacciatamente su <strong>di</strong> sé l’attenzione,<br />

pur restando sempre circondato da un alone <strong>di</strong> mistero (“attirava troppo<br />

gli sguar<strong>di</strong>, e rimaneva sfingetico”), si era da sempre prefisso.<br />

“Insieme all'intimo applauso della sua coscienza, la produzione letteraria fu<br />

per d'Aurevilly il grande conforto”, il rifugio da tutte le amarezze che da solo si<br />

era provocato a causa della sua fiera modestia e della intolleranza delle sue opinioni<br />

<strong>di</strong> cattolico tra<strong>di</strong>zionalista, 91 <strong>di</strong>sapprovate da gran parte dei suoi colleghi e<br />

sulle quali lo stesso <strong>Gualdo</strong> scherza in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Robert de Montesquiou<br />

– che, insieme al giornalista italiano, aveva avuto occasione <strong>di</strong> incontrare<br />

“le Chevalier” presso la baronessa <strong>di</strong> Poilly. Si tratta <strong>di</strong> un messaggio in<br />

cui, ironicamente, 92 il milanese afferma <strong>di</strong> temere l’avvento improvviso della<br />

fine del mondo o, peggio ancora, il lento cessare del pianeta mentre “J. B.<br />

d’Aurevilly, seul, debout sur le ruines du monde, gueulera en face du Destin et<br />

lancera des «Oui, Monsieur!» à l’espace vide”. 93<br />

Per il suo carattere, dunque, e per le sue idee, Barbey era rimasto a lungo<br />

sconosciuto al pubblico – “esiliato in un’epoca che fraintendeva”, scrive <strong>Gualdo</strong>,<br />

“e da cui era frainteso” – ed aveva raggiunto il successo ormai maturo, intorno<br />

ai quarant’anni. Il pubblicista milanese ripercorre l’intera carriera artistica<br />

del protagonista del suo articolo, dai primi romanzi, stampati in poche copie<br />

91 Ivi, p. 1: “Cattolico intransigente, nemico del mondo moderno che non voleva comprendere,<br />

reazionario incrollabile, intollerante in tutte le sue opinioni trasformate in dogmi, credendosi<br />

un teologo, ma avente una teologia tutta sua – egli atterriva i suoi correligionari che guardavano<br />

<strong>di</strong> traverso quel loro commilitone compromettente, e <strong>di</strong> una ortodossia assai dubbia”.<br />

92 Il passo è introdotto dalla preoccupazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per non aver ricevuto <strong>di</strong> recente notizie<br />

dall’amico Coppée. Parendogli ciò molto strano, egli afferma: “Je suis convaincu que tout<br />

va à finir”.<br />

93 V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 325. Lettera<br />

V<strong>II</strong>I del giugno 1881. Si tratta della seconda occasione in cui <strong>Gualdo</strong> riporta l’espressione<br />

“Oui, Monsieur” attribuendola a Barbey. La prima attestazione si trova in un messaggio a Coppée<br />

del 23 settembre 1879 (lettera V<strong>II</strong>) in cui il mittente, dopo aver raccontato <strong>di</strong> aver trascorso<br />

una intera giornata presso la Marchesa Arconati, circondato da ministri e senatori, aveva scritto:<br />

“J’aurais voulu que J. B. d’A. tombât <strong>di</strong> ciel e prît la parole. «Oui, Monsieur!». Que-fait-il? Estil<br />

à Valognes?” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 220). L’esistenza <strong>di</strong> questo documento<br />

è segnalata anche in una recente bio-bibliografia aurevillana da M. F. MELMOUX – MON-<br />

TAUBIN, Barbey d’Aurevilly, Roma – Paris, Memini – Presses universitaires de France, 2001,<br />

p. 22: “BNF, n. a. fr. 15305 F. 90. Lettre autographe de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> à Robert de Montesquiou<br />

relative à Barbey d’Aurevilly”.<br />

320


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

(fra i quali cita l'Amour impossibile e lo stu<strong>di</strong>o curiosissimo sopra Le Dandysme<br />

et Brummell) fino alle prove <strong>di</strong> maggior lena, più lette ed ammirate (L’Ensorcelée,<br />

Une Vieille Maitresse, Le Prêtre marié e le Chevalier des Touches, “nei<br />

quali fa rivivere davanti al lettore la storia terribile della guerra dei Chouans, <strong>di</strong><br />

cui aveva conosciuto gli uomini e u<strong>di</strong>to da suo padre, che vi aveva preso parte,<br />

le gesta epiche”), opere, queste, che gli avevano poi fatto avere, verso la fine<br />

<strong>degli</strong> anni ’70, “una gran voga tar<strong>di</strong>va” scoppiata quasi improvvisamente, quando<br />

quasi non se lo aspettava più:<br />

Fu una moda; ma che non doveva passare; tutti i giornali parlarono simultaneamente<br />

<strong>di</strong> lui, particolareggiando non solo le sue eccentricità, ma assegnandogli finalmente<br />

in letteratura l'alto posto che gli compete, analizzando tutti i suoi libri, dagli ultimi risalendo<br />

ai primi. Intanto non cessava dal produrre. Aggiunse molto alla sua fama il volume<br />

<strong>di</strong> stupende novelle intitolate Les Diaboliques, che ebbe anche la fortuna d'essere<br />

proibito per qualche tempo, in seguito ad un processo per immoralità – accusa veramente<br />

comica e <strong>di</strong> cattiva fede verso un'opera <strong>di</strong> valore, mentre si stampano ogni giorno<br />

tante porcherie, nel vero senso della parola, permesse purché sino mal scritte. 94<br />

L’accenno polemico, non sviluppato ma presenza costante nelle recensioni<br />

gual<strong>di</strong>ane contro l’ottusità della critica, è premesso ad una conclusione che fa<br />

rimpiangere l’assenza <strong>di</strong> un eventuale sviluppo del tema da parte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, il<br />

quale, dopo aver affermato che “i suoi romanzi resteranno, dai primi già tanto<br />

in<strong>di</strong>viduali, fino a quell’ultimo, Ce qui ne meurt pas che fece tanto rumore pochi<br />

anni orsono”, 95 sostiene con fare perentorio a proposito <strong>di</strong> Barbey che:<br />

[…] come autore, più ancora che come uomo, bisogna accettarlo qual è, per quello<br />

che è, con le sue possenti qualità, e coi suoi grossi <strong>di</strong>fetti. 96<br />

Certamente l’italiano doveva amare molto lo “stile da spadaccino” e la<br />

“magia <strong>di</strong> lingua” del Cavaliere, qualità che fin dagli esor<strong>di</strong> gli erano valsi una<br />

duplice reazione da parte del pubblico, che dalla sua furia era solito restare affascinato<br />

oppure terribilmente irritato. Soprattutto all’epoca in cui aveva iniziato<br />

a farsi valere nelle vesti <strong>di</strong> critico violentissimo, ingiusto ed implacabile, in<br />

molti erano insorti contro <strong>di</strong> lui, ma tutti – sostiene <strong>Gualdo</strong> – erano rimasti am-<br />

94 L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 2.<br />

95 Ibidem.<br />

96 Ibidem.<br />

321


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

maliati da “quella scherma abilissima della polemica nel sostenere le più paradossali,<br />

retrograde e feroci teorie, spesso le idee più illogiche”. 97 Una ricerca <strong>di</strong><br />

veste formale, insomma, quella del francese, che ben si concilierà in seguito<br />

con la pre<strong>di</strong>lezione per i paradossi ed il desiderio <strong>di</strong> sorprendere manifestati nei<br />

più tar<strong>di</strong>vi scritti romanzeschi. 98 Eppure lo stile così eccezionalmente tagliente<br />

non era prerogativa soltanto della sua penna: il critico, che lo aveva ben conosciuto<br />

<strong>di</strong> persona, ci svela una curiosità degna <strong>di</strong> nota, ovvero che in nessun altro<br />

essere umano <strong>di</strong> sua conoscenza la parola scritta e la parlata sarebbero potute<br />

essere mai tanto simili quanto in lui. Un pregio, certo, ma anche una caratteristica<br />

che ancora una volta serve a <strong>Gualdo</strong> per mettere in evidenza la confusione<br />

tra il piano della vita e quello della finzione giacché, similmente a quanto<br />

era solito fare nei suoi romanzi, Barbey d’Aurevilly amava sostenere brillanti<br />

conversazioni in cui era palese la sua autoproiezione in un mondo immaginario,<br />

finendo per spacciare come reali aneddoti <strong>di</strong> pura sua invenzione alla cui veri<strong>di</strong>cità<br />

però, riba<strong>di</strong>sce il recensore, egli credeva fermamente:<br />

E nel pro<strong>di</strong>gioso suo conversare, che non poté essere <strong>di</strong>menticato da nessuno che<br />

abbia avuto la fortuna <strong>di</strong> u<strong>di</strong>rlo, il vero e l’immaginario si mescolavano, e certo egli<br />

stesso non sarebbe riuscito a <strong>di</strong>stinguerli. Nei suoi infiniti aneddoti alla Munchausen –<br />

nei quali non si ripeteva mai – nei ricor<strong>di</strong> suoi innumerevoli, nelle frequenti citazioni <strong>di</strong><br />

versi e <strong>di</strong> prosa dovute alla sua sorprendente memoria, egli era sempre sincero, fantasticamente<br />

convinto. Non cre<strong>di</strong>amo che in nessun altro la parola scritta e la parlata sia<br />

stata mai tanto simile quanto in lui. Leggendo forte una sua pagina pare <strong>di</strong> u<strong>di</strong>rlo parlare<br />

con quella sua voce profonda e squillante; una conversazione stenografata sembrerebbe<br />

un brano <strong>di</strong> un suo libro. 99<br />

Gli stu<strong>di</strong>osi contemporanei si sono a lungo soffermati sull’importanza dell’ambiguità<br />

nei testi del Connestabile; come sempre lungimirante, <strong>Gualdo</strong> è stato<br />

tra i primissimi ad avvertire i lettori italiani che nelle opere aurevilliane non<br />

doveva leggersi alcun manicheismo e che, anzi, quella presunta dualità rientrava<br />

alla perfezione nel suo “sistema”, ne rappresentava una peculiarità fondante<br />

perché, attraverso il continuo oscillare tra limiti non ben definiti, Barbey aveva<br />

trovato il suo personalissimo modo per legare (facendoli sfociare l’uno nell’al-<br />

97 Ibidem.<br />

98 Cfr. A. DE GEORGES-MÉTRAL, Les illusions de l’écriture ou la crise de la représentation<br />

dans l’œuvre romanesque de Barbey d’Aurevilly, Paris, Champion, 2007.<br />

99 L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 2.<br />

322


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

tro) il proprio universo interiore a quello esterno, la propria vita sognata a quella<br />

tristemente esperita. “Nul doute que la modernité de Barbey d’Aurevilly”, <strong>di</strong>rà<br />

Gille, “ne tiennent en partie à cet aspect essentiel de son inspiration”. 100<br />

Nell’apertura del suo intervento <strong>Gualdo</strong> tenta <strong>di</strong> fornire una spiegazione razionale<br />

per motivare questa inclinazione aurevilliana alla commistione tra mon<strong>di</strong><br />

inconcibili: a suo parere qualcosa doveva essere celato nel suo passato, qualcosa<br />

doveva averlo palesemente deluso, qualcosa lo aveva spinto a rifugiarsi<br />

nella fantasia. E così, una volta narrate le sue origini – dalla nascita a Saint-<br />

Sauveur-le-Vicomte all’educazione impostagli fin da bambino alla vita militare<br />

(che doveva averlo profondamente segnato se il milanese, chiedendo a Coppée<br />

<strong>di</strong> esser ricordato al comune amico, gli inviava sempre un “salut d’armes”), 101<br />

dal primo fugace viaggio a Parigi agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> legge a Caen – l’articolista insinua<br />

nel suo pubblico il dubbio che potesse essere capitato un qualche evento, <strong>di</strong><br />

cui nessuno sapeva nulla, avvenuto nel corso dei lunghi anni in cui nessuno aveva<br />

ricevuto più sue notizie. Barbey era letteralmente scomparso e nessuno sapeva<br />

cosa gli avesse riservato il destino durante quel periodo. Al pari <strong>di</strong> tanti altri,<br />

<strong>Gualdo</strong> si chiede cosa avesse mai fatto in tutto quel lungo tempo, dover fosse<br />

stato, quali passioni avessero agitato il suo animo <strong>di</strong> giovane ardente, ma soprattutto<br />

si domanda se per caso avesse avuto molte avventure rassomiglianti a<br />

quelle che descrisse più tar<strong>di</strong> con tanta intensità nei suoi romanzi. Dinnanzi ai<br />

suoi lettori, dunque, il pubblicista ammette <strong>di</strong> non avere una risposta sicura da<br />

offrire, e tuttavia non esita ad avanzare una sua ipotesi, e cioè che, ritornato forse<br />

ferito e triste, ma forte, corazzato, armato per tutte le battaglie, maturo d'ingegno,<br />

avendo molto perduto, tranne la sua fede, scettico ed ironico per le cose<br />

del mondo, Barbey potesse essere rimasto segnato da quegli anni, affermando<br />

che “quel periodo ebbe una forte influenza sulla sua vita letteraria”. 102<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista umano questa taciuta esperienza <strong>di</strong> gioventù sarebbe stata<br />

secondo <strong>Gualdo</strong> la causa per la quale il grande scrittore normanno “è passato<br />

100<br />

P. GILLE, L’ambivalence chez Barbey d’Aurevilly. Structure, figure et genèse, in «La<br />

Revue des Lettres Modernes», n. 8, 1973, p. 41.<br />

101<br />

Si vedano le lettere X e X<strong>II</strong>I a François Coppée – l’una, presumibilmente, del 1883 e<br />

l’altra del 1884 –, entrambe chiosate da un “salut d’armes à J. B. d’A.” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 229 e 235). La formazione militare doveva aver con<strong>di</strong>zionato lo scrittore<br />

francese anche nel suo modo <strong>di</strong> parlare se Bourget scriverà: “Barbey martelant limitairement<br />

chacque sillabe” (P. BOURGET, Pages de critique et de doctrine, vol. I, Paris, Plon-Nourrit,<br />

1912, p. 35).<br />

102<br />

L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 1.<br />

323


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

attraverso la vita non vedendo che quanto ne voleva vedere, l’occhio fisso sui<br />

suoi ideali, fedele per partito preso non solo alle sue convinzioni”, il motivo per<br />

quale “tutte le puerilità da lui erette in principii” – “puérilmente il se réfuse”,<br />

affermerà Lecaplain, “à se panche sur l’abîme interieur” 103 –, lo avrebbero condotto<br />

a chiudersi nella <strong>di</strong>gnità, a parlare con magniloquenza “con suo spirito<br />

comparabile solo a quello <strong>di</strong> Rivarol o del principe <strong>di</strong> Ligne” <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> tutti,<br />

ma a non <strong>di</strong>re una sola parola su <strong>di</strong> sé. Quanto, invece, alla sua crescita artistica,<br />

questo traumatico periodo buio (che <strong>Gualdo</strong> ipotizza avvenuto durante la fase <strong>di</strong><br />

formazione) potrebbe collocarsi alla base dello sviluppo del suo eccezionale potere<br />

<strong>di</strong> analisi e <strong>di</strong> osservazione <strong>di</strong> cui darà prova nelle proprie opere narrative,<br />

una capacità <strong>di</strong> visione, però, leggermente deformata perché gli consentiva <strong>di</strong><br />

vedere “ogni cosa più grande del vero, quasi avesse fissa nell’occhio una lente<br />

da microscopio”. 104 Egli era, insomma, un visionario che:<br />

[…] nella solitu<strong>di</strong>ne della sua stanza, a mille miglia dal mondo reale, non pensava<br />

né al pubblico né al destino delle pagine che accumulava, intento solo nel mettere sulla<br />

carta la sua visione sempre enorme, nel vivere immaginariamente le varie vite tumultuose,<br />

cui l’avara sorte non aveva concesso <strong>di</strong> vivere per davvero. Nella sua mente doveva<br />

senza dubbio confondere talvolta il troppo che aveva sognato col poco che gli era<br />

accaduto nella sua esistenza in gran parte monotona. 105<br />

E Barbey era in gran parte consapevole del mélange tra vita reale e finzione<br />

narrativa messa in atto nei propri lavori 106 se nella prefazione a Les <strong>di</strong>aboliques<br />

aveva parlato della presenza nel suo immaginario letterario <strong>di</strong> una surréalité,<br />

fatta <strong>di</strong> surnaturel humanisé e <strong>di</strong> réalité tranfigurée (certo apprezzata dall’italiano,<br />

in parte anche aderendovi nelle sue prime novelle), 107 quella commistione<br />

103<br />

F. LECAPLAIN, Réalité et surnaturel dans l’œuvre de Barbey d’Aurevilly, in appen<strong>di</strong>ce<br />

a J.-H. BORNECQUE, Paysages extérieurs et monde intérieur dans l’œuvre de Barbey<br />

d’Aurevilly, Caen, Publications de la faculté des Lettres et Sciences Humaines, 1968, p. 58.<br />

104<br />

L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 2.<br />

105<br />

Ibidem.<br />

106<br />

Cfr. A. DE GEORGES-MÉTRAL, Les illusions de l’écriture ou la crise de la représentation…,<br />

cit., p. 341: “Dans la vie de l’auteur, la mise en scène des valeurs est de la même<br />

nature que leur inscription dans les textes romanesques”.<br />

107<br />

Si pensi soprattutto a testi come La canzone <strong>di</strong> Weber o Una scommessa, pubblicati<br />

nella raccolta La Gran Rivale e altri racconti del 1877. Sulla presenza del fantastico e del soprannaturale<br />

nelle novelle gual<strong>di</strong>ane si veda A. D’ELIA, Contaminazione, morte e redenzione<br />

nella Canzone <strong>di</strong> Weber <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 45-71 e R. BRAGANTINI, Momenti musicali<br />

<strong>di</strong> un racconto dell’Ottocento, cit., pp. 993-1005.<br />

324


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

che egli stesso aveva etichettato, all’interno <strong>di</strong> un racconto della medesima raccolta,<br />

come “le fantastique de la réalité”. 108 Eppure questa coscienza non gli era<br />

valsa gli onori della gloria se, racconta <strong>Gualdo</strong>, era stato poi costretto a vivere<br />

in completa povertà, incalzato dalle preoccupazioni materiali, “mentre avrebbe<br />

avuto il bisogno della ricchezza per vivere secondo il suo talento”; uomo <strong>di</strong> azione,<br />

confinato nel puro lavoro intellettuale, il celebre romanziere rimase, invece,<br />

una natura inquieta “che non poté quasi mai muoversi da Parigi e dalla<br />

sua casetta <strong>di</strong> Valognes, mentre avrebbe sognato le peregrinazioni e le orgogliose<br />

assenze <strong>di</strong> un Byron”. 109 Fortunatamente egli era, però, apprezzato da molte<br />

menti illuminate del suo tempo e, sebbene il successo e<strong>di</strong>toriale aveva tardato a<br />

giungere e nonostante il perdurare delle sue idee reazionarie ed intransigenti,<br />

non erano stati in pochi, tra gli uomini <strong>di</strong> lettere, coloro che lo avevano ammirato.<br />

Peraltro, specie in virtù della sua brillante eloquenza e del suo spirito spontaneo,<br />

“si sarebbe potuto <strong>di</strong>re che le gemme gli cadevano intorno come dall’abito<br />

del duca <strong>di</strong> Buckingham” perché il grande prosatore si rivelava in lui in ogni<br />

narrazione. Per quanto avesse frequentato la società a sbalzi, al suo interno era<br />

comunque riuscito a riscuotere gran<strong>di</strong> successi, visto che <strong>Gualdo</strong> sostiene che:<br />

Ebbe lunghe e costanti amicizie; ne ispirò <strong>di</strong> ardentissime. Conobbe tutti gli uomini<br />

illustri e in qualunque modo celebri <strong>di</strong> due generazioni e più; visse con Balzac e coi<br />

gran<strong>di</strong> romantici, nella sua vita elegante e pazza <strong>degli</strong> anni spensierati, si trovò a fianco<br />

del conte d’Orsay e <strong>degli</strong> inimitabili viveurs <strong>di</strong> quel tempo. Fu detestato ed adorato.<br />

Lottò contro la propria epoca, contro i contemporanei, contro la vita moderna, contro le<br />

proprie con<strong>di</strong>zioni. Soprattutto lottò in un duello accanito contro l’età – e rimase vincitore<br />

fino agli ottant’anni come fosse <strong>di</strong> granito. Solo da due anni a questa parte la sua<br />

salute ferrea si era un poco guastata. Ma era tuttora meraviglioso a vedersi e u<strong>di</strong>rsi;<br />

quando una breve e violenta malattia lo portò via. 110<br />

Naturalmente, tra gli intimi che erano rimasti vicino al Cavaliere d’Aurevilly,<br />

<strong>Gualdo</strong> non può non menzionare una persona a sé altrettanto cara, la stessa<br />

presso la quale, giovanissimo, lo aveva visto per la prima volta nel lontano<br />

1872: François Coppée. 111 Montera racconta che Barbey visitava assiduamente<br />

108<br />

J. BARBEY D’AUREVILLY, Les <strong>di</strong>aboliques, Paris, Garnier, 1963, p. 220<br />

109<br />

L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 2.<br />

110<br />

Ibidem.<br />

111<br />

<strong>Gualdo</strong> domanda notizie <strong>di</strong> Barbey anche a Montesquiou fin dalla lettera I del 16 gennaio<br />

1881 (V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 310).<br />

325


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

il numero 12 della rue Ou<strong>di</strong>not; in quella casa (che egli affettuosamente chiamava<br />

“l’hôtel Coppée”) 112 aveva trovato l’illusione <strong>di</strong> una vita familiare; ne<br />

possedeva la chiave d’ingresso ed era libero <strong>di</strong> recarvisi a suo piacimento ogniqualvolta<br />

ne avesse avuto piacere o necessità. 113 <strong>Gualdo</strong> narra ad<strong>di</strong>rittura che,<br />

negli ultimissimi mesi <strong>di</strong> vita, l’anziano scrittore non lasciava quasi più il suo<br />

appartamento, ma pur <strong>di</strong> vedere “il suo migliore amico” si sforzava <strong>di</strong> uscir <strong>di</strong><br />

casa propria per andare a recargli visita.<br />

All’indomani della scomparsa <strong>di</strong> Barbey, il povero Coppée era rimasto letteralmente<br />

<strong>di</strong>strutto, devastato dal dolore. In una lettera in<strong>di</strong>rizzata ad Auguste<br />

Dorchan del 15 maggio 1889 (lettera interessante anche per quel che concerne<br />

le testimonianze gual<strong>di</strong>ane), 114 egli avverte il suo destinatario della per<strong>di</strong>ta subita.<br />

Le sue parole palesano una sofferenza pu<strong>di</strong>ca e profonda, la presa <strong>di</strong> coscienza<br />

<strong>di</strong> un affetto che soltanto la morte dell’amico ha rivelato essere <strong>di</strong><br />

un’intensità superiore ad ogni consapevolezza ed aspettativa, la costatazione <strong>di</strong><br />

un vuoto nella propria corrispondenza, il tormento <strong>di</strong> un pensiero costantemente<br />

rivolto all’amico – meno <strong>di</strong> un mese, in effetti, era trascorso dalla morte del<br />

Connétable –, le cure e le visite <strong>di</strong> quella M.lle Read che lo aveva assistito fino<br />

all’ultimo respiro 115 e che egli stesso gli aveva fatto conoscere:<br />

[…]. Ce pauvre d’Aurevilly n’est plus. Voilà un trou dans les lettres – et aussi dans<br />

ma vie. Je ne croyais pas tant l’aimer. Mais, depuis qu’il est mort, je ne pense plus qu’à<br />

sa fierté, à ses belles vertus de gentilhomme de lettres. – L’angélique Read passe de<br />

longues heures à la maison. 116<br />

112<br />

J. BARBEY D’AUREVILLY, Lettres à une amie, Paris, Mercure de France, 1907. Lettera<br />

del 21 febbraio 1881.<br />

113<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 202n.<br />

114<br />

Nel messaggio a Dorchain, inviato da Parigi il 15 maggio 1889 Coppée offre notizie<br />

sull’Esposizione Universale utilizzando un’espressione <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> che, da quanto appren<strong>di</strong>amo<br />

dal documento, si riferiva a questo evento chiamandolo La Turpitude: “Donnez-moi vite<br />

des nouvelles de votre santé et des vos travaux. Ne viendrez-vous pas bientôt voir l’Exposition,<br />

que <strong>Gualdo</strong> appelle, dans ses lettres, la Turpitude? J’ai adopté cette dénomination. Il faut voir<br />

ça, C’est très fin-de-siècle, très carthaginois. Mais enfin il faut voir ça” (J. MONVAL, Une amitié<br />

littéraire de trente ans. François Coppée et Auguste Dorchain. Lettres iné<strong>di</strong>tes (1878-1908),<br />

in «La Revue de France», novembre-décembre 1935, p. 638, corsivi miei).<br />

115<br />

L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 2: “Da due anni era assistito, con una devozione<br />

ammirabile e filiale dalla sua amica M.lle Read, che è stata semplicemente sublime nel<br />

suo compito <strong>di</strong> suora <strong>di</strong> carità”.<br />

116<br />

J. MONVAL, Une amitié littéraire de trente ans…, cit., p. 368.<br />

326


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

La signorina Louise Read, amica <strong>di</strong> famiglia dei Coppée, memore dell’affetto<br />

e della stima <strong>di</strong>mostrati da <strong>Gualdo</strong> nei confronti dell’uomo da lei assistito<br />

negli ultimi <strong>di</strong>eci anni non <strong>di</strong>menticherà <strong>di</strong> tenere aggiornato l’italiano sulle sorti<br />

e<strong>di</strong>toriali toccate ai lavori del Maestro all’indomani della sua scomparsa. Esecutrice<br />

testamentaria <strong>di</strong> Barbey, essa seguirà la pubblicazione <strong>di</strong> numerosi volumi,<br />

una copia <strong>di</strong> ciascuno dei quali venne sempre prontamente mandata via<br />

posta a Milano, presso il noto palazzo gual<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> via Bagutta. La testimonianza<br />

<strong>di</strong> queste spe<strong>di</strong>zioni è conservata in alcune lettere gual<strong>di</strong>ane in<strong>di</strong>rizzate a<br />

Coppée: il 3 <strong>di</strong>cembre 1889 egli informa, infatti, l’amico del fatto che “Melle<br />

Read a bien voulu m’envoyer les Polémiques d’Hier et maintenant les Vieilles<br />

Actrices de J. B. d’A.”; 117 all’anno segente rimonta, invece, l’invio de Dernières<br />

polémiques; 118 mentre è nel febbraio 1891 che egli riceve un nuovo libro,<br />

non meglio specificato, ma certamente molto ben accetto: “J’ai eu des nouvelles<br />

de M.lle Annette par «la Read», qui m’a écrit, & qui continue à faire paraître<br />

d’énormes volumes de d’Aurevilly, qu’elle a l’extrême bonté de m’envoyer”. 119<br />

<strong>Gualdo</strong>, insieme a Bourget e Coppée, è autore delle pagine forse più belle –<br />

certamente le più sentite – de<strong>di</strong>cate alla memoria del troppo a lungo incompreso<br />

romanziere francese. Ma se agli ultimi due spetta il merito <strong>di</strong> aver commemorato<br />

l’amico scomparso nella sua stessa patria, a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> va riconosciuto <strong>di</strong><br />

esser stato tra i primissimi in Italia a render noto il nome <strong>di</strong> questo grande artista,<br />

i suoi meriti umani e quelli professionali. “Per chi lo conobbe e lo appoggiò”,<br />

scrive <strong>di</strong>fatti al termine del suo articolo, “per chi ebbe l’onore della sua<br />

amicizia, Barbey d’Aurevilly lascia un gran vuoto”; poi, prima <strong>di</strong> concludere<br />

del tutto, ritorna sull’ingiustizia che la vita aveva riservato al letterato: “l’ammirazione<br />

a lui dovuta, cresce, mista <strong>di</strong> sdegno, sapendo che è morto in miseria,<br />

fieramente – e codesto insigne scrittore che fra le mille viltà e le perfi<strong>di</strong>e della<br />

vita letteraria <strong>di</strong> Parigi, non volle mai transigere, né abbassarsi <strong>di</strong> una linea, e la<br />

cui vita rimarrà come un’eccezione”. L’ultima frase, quella davvero definitiva,<br />

sancisce il cordoglio e la rassegnazione per la fine <strong>di</strong> un periodo: “Tutta un’epoca<br />

muore con lui”, benché, in fondo, il réalisme immatériel 120 <strong>di</strong> Barbey non<br />

117 Lettera XXV <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 273.<br />

118 Ivi, p. 276. Lettera XXV<strong>II</strong>, con poscritto: “Reçu de la fidèle, infaticable Melle Read un<br />

nouveau volume d’Aurevilly. Je lui ai écrit, mais esprimez-lui encore toute ma recoinassance”.<br />

119 Ivi, p. 277. Lettera XXV<strong>II</strong>I.<br />

120 A. DE GEORGES-MÉTRAL, Les illusions de l’écriture ou la crise de la représenta-<br />

tion dans l’œuvre romanesque de Barbey d’Aurevilly, cit., p. 346.<br />

327


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

scomparirà del tutto perché, a suo modo, <strong>Gualdo</strong> ne sarà un piccolo grande epigono<br />

sulla scena letteraria italo-francese.<br />

6.3 Dai Goncourt a Zola: l’analisi delle “nuove formole dalle quali doveva<br />

scaturire nelle sue infinite variazioni il Romanzo quale lo si intende ora”<br />

Il 2 marzo 1882 il giornalista napoletano Vittorio Pica scriveva a Edmond<br />

de Goncourt per comunicargli le reazioni della critica italiana dopo la pubblicazione<br />

del suo ultimo romanzo, La Faustin, apparso nelle librerie <strong>di</strong> Francia da<br />

meno <strong>di</strong> un mese; 121 <strong>di</strong>sgustato dai “gravi e potenti errori” commessi da Fer<strong>di</strong>nando<br />

Martini – che, nel recensire il suddetto volume sulla «Domenica letteraria»,<br />

122 aveva ad<strong>di</strong>rittura “osato” definire Goncourt <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Zola –, Pica<br />

aveva prontamente replicato all’insulso articolo del novelliere toscano e si era<br />

adoperato affinché Goncourt potesse ricevere una copia del suo scritto <strong>di</strong>fensivo<br />

<strong>di</strong> risposta, unitamente al testo incriminato. 123 Insieme a questi estratti egli segnalava,<br />

inoltre, l’esistenza <strong>di</strong> un compte rendu de<strong>di</strong>cato al medesimo romanzo<br />

realizzato da <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, uno stu<strong>di</strong>o che, tra tutti gli altri apparsi in Italia, si<br />

<strong>di</strong>stingueva per la qualità dell’intervento e lo spessore del giu<strong>di</strong>zio:<br />

[…] si è pubblicato, a proposito della Faustin sull’«Illustrazione Italiana» <strong>di</strong> Milano<br />

del 12 febbraio 1882, un articolo molto ben scritto e molto laudativo <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong>,<br />

il simpatico autore <strong>di</strong> Un mariage excentrique, e<strong>di</strong>to tre anni fa costì dal Lemerre. 124<br />

L’intento <strong>di</strong> Pica era quello <strong>di</strong> sollevare l’umore e rincuorare il povero<br />

Goncourt, avvilito dall’insuccesso <strong>di</strong> un’opera cui aveva attribuito notevole va-<br />

121<br />

La Faustin era apparso en feuilleton a partire dal 1 novembre 1881 sulle pagine del<br />

«Voltaire» e poi in volume, presso l’e<strong>di</strong>tore parigino Charpentier, nel febbraio 1882.<br />

122<br />

F. MARTINI, La “Faustin” <strong>di</strong> Edmondo de Goncourt, in «Domenica letteraria», 19<br />

febbraio 1882.<br />

123<br />

Pica replicò il 1 marzo 1882 sulle pagine del «Fantasio» con l’articolo dal titolo Edmondo<br />

de Goncourt e Fer<strong>di</strong>nando Martini che chiosò con questi termini: “se […] si vuol stabilire<br />

un rapporto, <strong>di</strong> maestro e <strong>di</strong>scepolo, bisogna <strong>di</strong>re, al contrario <strong>di</strong> ciò che asserisce il Martini,<br />

che Edmondo de Goncourt è il maestro ed Emilio Zola il <strong>di</strong>scepolo”.<br />

124<br />

Lettera <strong>di</strong> Pica a Goncourt da <strong>Napoli</strong>, del 1 marzo 1882. V. PICA, “Votre fidèle ami de<br />

Naples”. Lettere a Edmond de Goncourt, a cura <strong>di</strong> N. Ruggiero, <strong>Napoli</strong>, Guida, 2004, p. 64.<br />

328


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

lore e che, persino nella sua stessa patria, aveva sì trovato consenso tra autori<br />

del calibro <strong>di</strong> Barbey d’Aurevilly, Daudet, Bourget, Huysmans o Maupassant,<br />

ma non aveva riscosso alcun successo al <strong>di</strong> fuori dei circoli letterari, né tra il<br />

gran pubblico (nonostante la colossale campagna pubblicitaria <strong>di</strong> cui egli stesso<br />

dà notizia nel suo Journal), 125 né al cospetto della critica (in particolare Ulbach,<br />

Chapron, Delpit e Starcey avevano completamente stroncato il romanzo con le<br />

accuse <strong>di</strong> eccesso <strong>di</strong> noia e pretenziosità stilistica). 126<br />

Il <strong>di</strong>scusso rapporto <strong>di</strong> paternità e filiazione tra i suoi testi e quelli <strong>di</strong> Zola<br />

era argomento che toccava sul vivo l’anziano Goncourt che, con La Faustin, il<br />

suo terzo romanzo scritto da solo, 127 aveva sperato <strong>di</strong> poter compiere un’operazione<br />

simile a quella realizzata molti anni ad<strong>di</strong>etro quando, con Germinie Lacerteux,<br />

aveva dato vita – insieme a suo fratello Jules, scomparso nel 1870 – al<br />

testo modello e fondamento della scuola naturalista, sulla cui importanza molte<br />

ombre erano calate proprio dopo il clamoroso successo <strong>di</strong> un testo zoliano, anch’esso<br />

caposaldo del realismo francese, L’Assommoir. Con il suo nuovo volume,<br />

La Faustin, Edmond aveva inteso realizzare un’opera “déviée et détournée,<br />

susceptible peut-être de créer dans l’avenir une autre école”: 128 consapevole,<br />

come annota nel proprio <strong>di</strong>ario, <strong>di</strong> aver scritto “un livre autre que ceux que j’ai<br />

déjà publiés”, 129 egli non nasconde il desiderio <strong>di</strong> far conoscere al pubblico i<br />

125 E. – J. DE GONCOURT, Journal, cit., vol. <strong>II</strong>, 31 octobre 1881, cit., p. 910: “Des affiches<br />

de toutes les couleurs, de toutes les grandeurs, couvrant les murs de Paris et partout étalant<br />

en colossal lettres: LA FAUSTIN. Au chemin de fer, un annonce peinte, mesurant 40 mètres<br />

de hauteur sur une largeur de 275. Ce matin le numéro du VOLTAIRE tiré à 120.000 et donné<br />

aux passant. Ce matin encore, <strong>di</strong>stribuée sur les boulevards, une chromolithographie tirée d’une<br />

scène du roman, <strong>di</strong>stribuée à 10.000 et dont la <strong>di</strong>stribution doit continuer pendant une huitaine”.<br />

126 Ivi, 11 février 1882, p. 926: “A propos de LA FAUSTIN, dans une phrase pu<strong>di</strong>bonde,<br />

Chapron, le chroniqueur de l’EVENEMENT, ne <strong>di</strong>sait-il pas que les devoirs de son métier<br />

l’avaient forcé à jeter les yeux malgré lui sur le livre du maquis de Sade? Et ces jours-ci, Guy de<br />

Maupassant me racontait que ce même Chapron l’avait prié de solliciter pour lui, de Kistemaeckers<br />

et autres é<strong>di</strong>teurs belges, l’envoi de la série des livres obscène publiés et l’autre côté<br />

de la frontière”.<br />

127 Dopo la morte <strong>di</strong> Jules (1870) con cui era solito scrivere sinergicamente a quattro mani,<br />

Edmond de Goncourt aveva a lungo atteso prima <strong>di</strong> ricominciare a pubblicare opere redatte da<br />

lui solo: la sua prima prova sarà La Fille Élisa (1877) cui seguirà Les Frères Zimganno (1879)<br />

e, per l’appunto, La Faustin (1882), dopo la quale uscirà l’ultimo suo romanzo, Chérie (1884).<br />

128 G. PEYLET, L’art maniériste d’Edmond de Goncourt dans La Faustin où la déviation<br />

du modèle naturaliste, in AA. VV. Les Frères Goncourt: art et écriture, é<strong>di</strong>tion préparée par J.-<br />

L. Cabanès, Bordeaux, Presses Universitaires, 1997, pp. 262-263.<br />

129 E. – J. DE GONCOURT, Journal, cit., vol. <strong>II</strong>, 8 février 1882, p. 923.<br />

329


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

suoi nuovi ideali artistici verso i quali era stato sospinto da un intento ben <strong>di</strong>verso<br />

da quello che, in quel medesimo periodo, stava muovendo gli scrittori fedeli<br />

al metodo sperimentale elaborato da Zola. La <strong>di</strong>mostrazione del peso assegnato<br />

al nuovo lavoro è data dall’insieme delle riflessioni consegnate da Goncourt<br />

alle pagine del suo Journal, dove a più riprese egli si sofferma lungamente<br />

ed in modo esplicito sul valore programmatico attribuito alla nuova opera:<br />

[…] il y a dans ces pages une introduction toute neuve de poésie et de fantastique<br />

dans l’étude du vrai et que j’ai tenté de faire un pas en avant au réalisme et de le doter<br />

de certaines qualités de demi-teinte et de clair-obscur littéraire, qu’il n’avait pas. En<br />

effet, les choses de la nature ne sont-elles pas tout aussi vraies, vues dans un clair de<br />

lune que dans un rayon de soleil de mi<strong>di</strong>? 130<br />

Senza schierarsi apertamente contro Zola (e la crudezza delle sue rappresentazioni<br />

ritratte sotto l’intensa luce pomeri<strong>di</strong>ana), Goncourt (ricorrendo alla<br />

più tenue – ma non meno sincera – illuminazione del chiaro <strong>di</strong> luna) aveva già<br />

da tempo progettato <strong>di</strong> affermare la propria originalità attraverso il suo ultimo<br />

romanzo, La Faustin, nato nell’alveo del naturalismo eppure inteso a sovvertire<br />

tale movimento letterario dal suo stesso interno. Lo strumento <strong>di</strong> cui intendeva<br />

servirsi per deviare (e quin<strong>di</strong> alterare) i modelli e il metodo realista sarebbe stata<br />

la fantasia, elemento assente o comunque ritenuto <strong>di</strong> valore secondario nei<br />

precenti testi della “scuola”. Non più, dunque, una esclusiva ispirazione “scientificamente”<br />

tratta da una letteraria mimesis del reale, ma una <strong>di</strong>fferente modalità<br />

<strong>di</strong> trattare il soggetto narrato. Gérard Peylet ha esaminato questa svolta goncourtiana,<br />

concludendo che “entre Germinie Lacerteux et La Faustin, l’object<br />

naturaliste a changé de proprietés”; 131 tuttavia, basterebbe anche solo guardare<br />

alle parole dello stesso narratore che, nella prefazione al romanzo, avvisa i suoi<br />

lettori del mutamento messo in atto con La Faustin, un testo in cui “le soi-<strong>di</strong>sant<br />

project réaliste et les choses représentées ne coïncident plus”. 132 Cosciente<br />

<strong>di</strong> tale <strong>di</strong>vario, Goncourt annota, ancora, nel proprio Journal – in data 8 febbraio<br />

1882, alla vigilia cioè dell’uscita del volume – la consapevolezza <strong>di</strong> aver realizzato<br />

“quelque chose de neuf dans mon dernier bouquin”: egli non è ancora in<br />

grado <strong>di</strong> dare un nome al cambiamento che quel libro avrebbe dovuto, a suo pa-<br />

130 Ibidem.<br />

131 G. PEYLET, L’art maniériste d’Edmond de Goncourt dans La Faustin, cit., p. 265.<br />

132 Ibidem.<br />

330


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

rere, sancire nella storia letteraria, eppure non rinuncia a pregustare la possibilità<br />

che “il y eût dans une vingtaine d’années une échole autour de La Faustin”,<br />

133 proprio come nell’ormai lontano 1864 era sorta, attorno a Germinie<br />

Lacerteux, la scuola naturalista.<br />

Non sorprenderà allora che <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, il quale <strong>di</strong> Zola aveva recensito e<br />

recensirà le opere più originali e assolutamente meno realiste (Une page d’amour<br />

prima e Le Rêve poi), 134 abbia deciso <strong>di</strong> presentare al pubblico <strong>di</strong> lettori<br />

italiani proprio quest’opera <strong>di</strong> Goncourt, la prima tra tutti i suoi lavori scritta<br />

servendosi <strong>di</strong> “pre-naturalist sources” 135 e che, travalicando i rigi<strong>di</strong> confini del<br />

naturalismo, si connota – per usare un’espressione assai efficace ideata da Mireille<br />

Dottin-Orsini – come la massima manifestazione <strong>di</strong> un nuovo credo letterario,<br />

quello della “réalité poétique”. 136 La recensione gual<strong>di</strong>ana alla Faustin<br />

prende significativamente avvio dal rapporto <strong>di</strong> continuità (e frattura al tempo<br />

stesso) tra la narrativa dei fratelli Goncourt, quella <strong>di</strong> Zola e la nuova produzione<br />

del solo Edmond, <strong>di</strong> cui il romanzo in esame rappresenta un ennesimo punto<br />

<strong>di</strong> svolta. L’incipit dell’articolo è de<strong>di</strong>cato agli inizi della carriera letteraria dei<br />

fratelli scrittori (“una sola mente in due corpi”), 137 la cui fortuna tra i lettori – in<br />

maniera simile a quella <strong>di</strong> Flaubert – aveva in principio stentato a giungere, nonostante<br />

le lo<strong>di</strong> e gli apprezzamenti tributati loro da molti letterati e intellettuali:<br />

Il pubblico conosceva appena il nome dei fratelli Goncourt quando già da molti<br />

anni gli scrittori, gli stu<strong>di</strong>osi appassionati <strong>di</strong> letteratura moderna, assegnavano loro un<br />

posto altissimo, a fianco <strong>di</strong> Flaubert – lui pure quasi ignoto alla moltitu<strong>di</strong>ne, – e comprendevano<br />

ch’essi avevano scoperto nuove formole dalle quali doveva scaturire nelle<br />

sue infinite variazioni il Romanzo quale lo si intende ora, avanzando audaci verso altre<br />

scoperte sulla via aperta da Balzac. 138<br />

Al riconoscimento del fondamentale ruolo ricoperto dai Goncourt nel percorso<br />

<strong>di</strong> trasformazione – che egli acutamente, nel 1882, designa come ancora<br />

133<br />

E. – J. DE GONCOURT, Journal, cit., vol. <strong>II</strong>, 8 février 1882, p. 923.<br />

134<br />

Si veda a tal proposito, infra, il paragrafo 6.7 sull’analisi gual<strong>di</strong>ana dei testi <strong>di</strong> Zola.<br />

135<br />

K. ASHLEY, Edmond de Goncourt and the Novel: Naturalism and Decadence, New<br />

York, Rodopi, 2005, p. 109.<br />

136<br />

M. DOTTIN-ORSINI, La Faustin, les paons blancs et l’agonie sardonique, in AA.<br />

VV., Les Frères Goncourt: art et écriture, cit., p. 248.<br />

137<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], in «L’Illustrazione Italia-<br />

na», 12 febbraio 1882, p. 118.<br />

138 Ibidem (corsivi miei).<br />

331


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

in fieri – e sviluppo del romanzo moderno, <strong>Gualdo</strong> fa seguire un breve cenno<br />

sulla curiosa, “misteriosa” ed efficientissima collaborazione tra i due fratelli, un<br />

sodalizio che “aveva fruttato più d’un capolavoro, prima che il rumore della celebrità<br />

venisse a portar loro quella ricompensa, la quale è anche per molti uno<br />

sprone al lavoro”. 139 Ancor ripercorrendo la carriera artistica goncourtiana, il<br />

critico italiano si sofferma poi sull’infaticabile ed inarrestabile lavoro <strong>di</strong> Edmond<br />

e Jules che, per quanto avessero dovuto accontentarsi per non breve periodo<br />

dell’esclusivo plauso dei sommi, non avevano mai cessato, tra l’in<strong>di</strong>fferenza<br />

e l’ostilità generali, <strong>di</strong> svolgere il loro compito <strong>di</strong> artisti coscienziosi che<br />

“senza transigere mai, lavorarono lentamente, ma senza posa, noncuranti persino<br />

del silenzio <strong>di</strong> mala fede che si faceva intorno ai loro nomi già illustri”. 140<br />

Pur riconoscendo il valore dei Goncourt in qualità <strong>di</strong> maestri nel romanzo e<br />

nello stu<strong>di</strong>o storico, <strong>Gualdo</strong> però non esita ad ammettere quanto si fosse <strong>di</strong>mostrata<br />

fallimentare la loro ambizione <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi al teatro, un desiderio che –<br />

sospinto da un ingegno “sedotto dalla forma drammatica pura, spoglia <strong>di</strong> qualunque<br />

convenzionalità <strong>di</strong> «mestiere»” 141 – aveva dato vita ad una serie <strong>di</strong><br />

drammi impossibili da rappresentare scenicamente e pertanto destinati in maniera<br />

esclusiva alla pubblicazione in quanto ben più adatti alla sola lettura. Tuttavia,<br />

fatta eccezione per la defaillance della tentata esperienza teatrale, la carriera<br />

goncourtiana – puntualizza il giornalista – risultava in piena e continua ascesa,<br />

cosicché, alla fine, gli stu<strong>di</strong> ed i romanzi dei due autori <strong>di</strong> Auteuil erano<br />

riusciti davvero ad imporsi. Eppure, un ennesimo ostacolo era sorto loro innanzi<br />

e, con l’affermarsi <strong>di</strong> un nuovo “fenomeno” letterario, erano stati ancora una<br />

volta esclusi dal cerchio <strong>di</strong> luce dei riflettori. Infatti, avverte quasi bruscamente<br />

<strong>Gualdo</strong> nel proseguire la storia della fortuna dei Goncourt, tutto d’un tratto “poi<br />

venne Zola”, il militante scrittore che “fu tra i romanzieri della nuova scuola il<br />

primo rumorosamente vincitore”, colui che, con violenta fecon<strong>di</strong>tà e con forza<br />

rara “costrinse i critici a combatterlo e a munirlo <strong>di</strong> armi, il pubblico ad ascoltarlo,<br />

i lettori a leggerlo ammirando, o con o<strong>di</strong>o” 142 e che, non <strong>di</strong> rado, soprattutto<br />

al principio, riuscì a raccogliere numerosi successi non solo sulla base <strong>di</strong><br />

un apprezzamento reale del suo merito, quanto, piuttosto, grazie alla malsana<br />

curiosità da lui subito eccitata nella folla:<br />

139 Ibidem.<br />

140 Ibidem.<br />

141 Ibidem.<br />

142 Ibidem.<br />

332


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

La luce <strong>di</strong> parecchie antiche riputazioni si fece pallida intorno alla fiaccola incen<strong>di</strong>aria<br />

da lui bran<strong>di</strong>ta. E allo stesso tempo si videro d’un tratto irra<strong>di</strong>ati i coraggiosi che<br />

da anni camminavano innanzi a lui sulla strada dove egli aveva saputo far convergere<br />

gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutti. 143<br />

Non dovrà dunque destare stupore, anche sulla base <strong>di</strong> questa testimonianza<br />

offertaci da <strong>Gualdo</strong>, se Edmond de Goncourt a più riprese nel Journal e poi<br />

nelle prefazioni ai suoi romanzi tenterà con forza <strong>di</strong> sottolineare il proprio ruolo<br />

<strong>di</strong> vero padre e maestro del naturalismo, nonché il suo atteggiamento ambivalente<br />

nei confronti <strong>di</strong> Zola, contemporaneamente amato, o<strong>di</strong>ato (non sono poche<br />

le mal<strong>di</strong>cenze sul suo conto riportate nel <strong>di</strong>ario goncourtiano) e talvolta persino<br />

invi<strong>di</strong>ato. Si ricor<strong>di</strong> inoltre che, proprio nelle pagine che precedono la sua Faustin,<br />

l’autore francese non solo esprime in maniera sintetica il proprio nuovo<br />

programma letterario, ma riven<strong>di</strong>ca anche la paternità <strong>di</strong> un’espressione “très<br />

blaguée dans le moment”, quella <strong>di</strong> documenti umani, troppo spesso utilizzata e<br />

ricondotta a quegli scrittori della scuola <strong>di</strong> Médan nei quali sostiene <strong>di</strong> non riconoscersi.<br />

Non a caso egli specifica in una nota della suddetta prefazione che<br />

“le mode nouveau qui a succédé au romantisme” deve essere genericamente<br />

appellato in altro modo: “l’école du document humain”. 144 Nella medesima sezione<br />

introduttiva, per giunta, Goncourt lancia un appello alle proprie lettrici<br />

per ricevere assistenza nella stesura del suo prossimo lavoro (Chérie, che uscirà<br />

due anni dopo), una richiesta che, una volta <strong>di</strong> più, contribuisce a sottolineare<br />

l’allontanamento dello scrittore dalle ra<strong>di</strong>ci naturaliste e ad attribuire alla Faustin<br />

– il romanzo della <strong>di</strong>ssidence, com’è stato spesso definito – il carattere <strong>di</strong>lemmatico<br />

<strong>di</strong> testo suspendu, termine me<strong>di</strong>o tra i due estremi rappresentati da<br />

Germinie Lacerteux (l’opera naturalista per eccellenza) e Chérie (la più palese<br />

manifestazione del cosiddetto “réalisme élégant”). 145<br />

Nel suo saggio <strong>Gualdo</strong> appare combattuto tra l’ammirazione verso Goncourt<br />

e verso Zola, il “grande <strong>di</strong>scepolo che venne a far rendere giustizia ai suoi<br />

maestri” e che, grande volgarizzatore dall’ingegno possente e dall’indomabile<br />

spirito battagliero, “invece <strong>di</strong> sorridere o affliggersi o rassegnarsi, si faceva largo<br />

a forza <strong>di</strong> spalle e dava de’ suoi grossi volumi sulla testa <strong>di</strong> chi fingesse <strong>di</strong><br />

143 Ibidem.<br />

144 E. DE GONCOURT, Préface à La Faustin, Paris, Charpentier, 1882, p. 7. Le pagine <strong>di</strong><br />

tale prefazione recano in calce l’in<strong>di</strong>cazione: “Auteuil, le 15 octobre 1881”.<br />

145 M. DOTTIN-ORSINI, La Faustin, les paons blancs et l’agonie sardonique, cit., p. 257.<br />

333


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

non u<strong>di</strong>rlo”. 146 Se da un lato, infatti, il recensore spende parole in favore dell’autore<br />

dell’Assommoir, che “scendeva nell’arena” esprimendo le proprie idee e<br />

<strong>di</strong>fendendo le proprie posizioni in appen<strong>di</strong>ci e riviste, “mentre nell’aristocratico<br />

isolamento loro d’artisti i suoi predecessori non avevano mai inserito una linea<br />

in un giornale”, 147 dall’altro lato (e tacitamente proprio in lode, per antitesi, dei<br />

Goncourt) egli non può non criticare Zola che, non avendo “la passione scrupolosa<br />

per lo stile”, non si preoccupava affatto come i due fratelli <strong>di</strong> “creare una<br />

lingua quasi nuova per la descrizione <strong>di</strong> cose e sentimenti nuovi”, 148 perché:<br />

[…] non soffriva d’un gusto ultra raffinato, – e se talvolta si sentiva punto pure lui<br />

dalla brama <strong>di</strong> esprimere l’in<strong>di</strong>cibile e invadendo il campo delle arti affini <strong>di</strong> dare con<br />

la parola scritta la sensazione del suono, del colore, dell’olezzo, e <strong>di</strong> notare le mille appena<br />

avvertite sfumature, – sapeva passar oltre quando non vi riesciva appieno, e non<br />

trovava in se medesimo, come Flaubert e i Goncourt, un critico inesorabile rallentatore<br />

della produzione e tanto intransigente da non permettere <strong>di</strong> sagrificare il minimo particolare<br />

all’idea del successo. 149<br />

Sebbene nel passaggio appena riportato non sia pienamente chiara la posizione<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> in merito al gusto affatto “ultra raffinato” <strong>di</strong> Zola a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong><br />

quello <strong>di</strong> Flaubert e dei Goncourt (i “realisti estetici”, come <strong>di</strong>rà Auerbach), 150<br />

severissimi giu<strong>di</strong>ci dei loro scritti, è tuttavia possibile interpretare la sua posizione<br />

prendendo in esame alcune righe della parte centrale dell’articolo, punto<br />

cruciale in cui egli cita alcuni estratti della Faustin. Difatti, poco prima <strong>di</strong> riportare<br />

le parole tratte dal romanzo in cui viene illustrato lo stato d’animo ed i pensieri<br />

<strong>di</strong> William Rayne (alias Lord Annandale, l’uomo amato dalla Faustin, la<br />

protagonista dell’opera), il critico introduce la citazione mettendo in evidenza<br />

proprio quella capacità tipica dei fratelli Goncourt – e <strong>di</strong> cui Zola è sprovvisto –<br />

<strong>di</strong> mostrarsi costantemente attenti ad ogni minimo dettaglio e l’eccezionale facoltà<br />

<strong>di</strong> descrivere sensazioni pressoché inesprimibili e quasi ineffabili. 151<br />

146<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 118.<br />

147<br />

Ibidem.<br />

148<br />

Ibidem.<br />

149<br />

Ibidem (corsivi miei).<br />

150<br />

E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, vol. <strong>II</strong>, cit., p. 284.<br />

Auerbach definisce Flaubert e Goncourt “realisti estetici” per marcare la <strong>di</strong>fferenza del loro stile<br />

rispetto a quello <strong>di</strong> Zola, la cui forma “si <strong>di</strong>stacca energicamente” da quella dei suoi maestri.<br />

151<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 118. Il passo estratto<br />

dal romanzo <strong>di</strong> Goncourt è preceduto dalla seguente introduzione gual<strong>di</strong>ana: “Il ritorno a casa,<br />

334


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Terminata la parentesi aperta su Zola, dopo aver esposto l’iter della carriera<br />

letteraria dei fratelli Goncourt, <strong>Gualdo</strong> si appresta finalmente ad analizzare il<br />

libro su cui è, almeno nominalmente, incentrato il suo stu<strong>di</strong>o, quella Faustin<br />

de<strong>di</strong>cata al pittore De Nittis, 152 “che è il terzo e più importante pubblicato da<br />

Edmond de Goncourt solo […], romanzo in cui il suo ingegno si afferma <strong>di</strong><br />

nuovo possentemente e al quale si <strong>di</strong>rebbe che lo spirito del compagno prematuramente<br />

sparito e tanto rimpianto, abbia continuato a collaborare”. 153 Ancora<br />

una volta, dunque (dopo il compte rendu alla Page d’amour, del 1878, e prima<br />

<strong>di</strong> quello al Rêve, del 1889), ci troviamo al cospetto <strong>di</strong> un articolo in cui <strong>Gualdo</strong>,<br />

pur recensendo un’opera <strong>di</strong> uno scrittore naturalista, opta per un romanzo<br />

sui generis e certamente non ascrivibile in ogni suo aspetto al genere realista.<br />

Eloquente – e d’aiuto per comprendere la scelta gual<strong>di</strong>ana – la lettura che<br />

Jean-Pierre Bertrand ha offerto della Faustin, una lettura nella quale, nell’esporre<br />

e nel tentare <strong>di</strong> sanare le numerose ambivalenze ed i conflitti che caratterizzano<br />

il testo, egli ha efficacemente sintetizzato le caratteristiche del romanzo<br />

opponendo all’anti-realismo della forma il realismo del contenuto: questo<br />

libro infatti – afferma Bertrand –, non appartenendo ad un preciso genere e<br />

collocandosi all’infuori <strong>di</strong> una precisa categoria, presenta spesso peculiarità<br />

comuni al Journal (i sessantaquattro capitoli in cui si articola il romanzo gli<br />

rammentano <strong>di</strong>fatti la “combination aléatorie de morceaux de vie” 154 che caratterizza<br />

la scrittura memorialistica) le quali rendono evidente la “nature double”<br />

del volume che – come si è anticipato – “somme toute, par son contenu […] est<br />

un roman réaliste, voire naturaliste; il est anti-réaliste par sa forme et sa composition”.<br />

155<br />

in carrozza, è una delle più notevoli pagine del libro per la verità con cui sono analizzate sensazioni<br />

appena percettibili”.<br />

152 Giuseppe De Nittis era anch’egli un intimo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>. I riferimenti a tale pittore compaiono<br />

con frequenza nei suoi carteggi in sintetiche e <strong>di</strong>vertenti formule dove nome proprio<br />

(nella firma del <strong>di</strong>minutivo, Peppino), nome della moglie (nella versione contratta Titine) e cognome<br />

vengono fusi in un unico giocoso termine (“Peppine”, “Peppineettitu<strong>di</strong>ne”, ecc.). In particolare<br />

c’è una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Montesquiou (V<strong>II</strong>I, giugno 1883) nella quale autore e de<strong>di</strong>catario<br />

della Faustin vengono ad<strong>di</strong>rittura accostati: “je voudrais cependant savoir […] si vous<br />

étes assis sous le dais où E. de G. fume constamment le Calumet de la guerre chez Peppine et<br />

Titine” (V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 324).<br />

153 L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 118.<br />

154 J.-P. BERTRAND, Lecture de La Faustin, in appen<strong>di</strong>ce a E. DE GONCOURT, La<br />

Faustin, Arles, Actes Sud, 1995, p. 287.<br />

155 Ivi, p. 291.<br />

335


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Anche se non rinnega in toto il realismo, sembrerebbe che <strong>Gualdo</strong> abbia e<br />

<strong>di</strong>mostri una spiccata pre<strong>di</strong>lezione per tutti quei testi che, pur rientrando<br />

nell’orbita del naturalismo, si collocano ai suoi margini e ne rappresentano una<br />

sorta <strong>di</strong> deviazione. Così nel caso della narrativa <strong>di</strong> Bourget, <strong>di</strong> Goncourt e, come<br />

si vedrà, <strong>di</strong> Zola, autori <strong>di</strong> cui egli apprezza la potenza d’ingegno e l’estrema<br />

modernità, egli si impegna soprattutto a mettere in luce, nei suoi stu<strong>di</strong> come<br />

nelle sue recensioni, esclusivamente quei testi in cui essi hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

un’alta raffinatezza d’analisi (specialmente psicologica e comportamentale),<br />

un’intensa finezza descrittiva (sia che si tratti <strong>di</strong> interni che <strong>di</strong> esterni) ed una<br />

spiccata eleganza formale. Questi tre aspetti, variamente combinati tra loro,<br />

rappresentano le caratteristiche che <strong>di</strong> necessità deve possedere, secondo <strong>Gualdo</strong>,<br />

un “buon testo”, tre costanti alle quali può poi aggiungersi, ma non obbligatoriamente,<br />

anche l’originalità della trovata (soprattutto qualora – ed è questo il<br />

caso <strong>di</strong> Zola – l’argomento del testo influisce sulla scelta della sua forma). Considerato<br />

sulla base delle sue analisi, dell’insieme dei giu<strong>di</strong>zi espressi nei suoi<br />

articoli così come nelle sue corrispondenze, si potrebbe ipotizzare che <strong>Gualdo</strong><br />

abbia espresso uno speciale favore per quelle opere in cui il “realismo”, pur<br />

presente con tutta la sua carica innovativa, è risultato epurato dagli estremismi<br />

ed addolcito non solo nella materia, ma anche nella forma (non si <strong>di</strong>mentichi la<br />

vicinanza del milanese con gli ambienti parnassiani). Molto più che alle posizioni<br />

espresse da Zola nel Roman expérimental, <strong>Gualdo</strong> sembrerebbe pertanto<br />

esser stato in sintonia con la concezione <strong>di</strong> realismo <strong>di</strong>chiarata da Goncourt<br />

(come ha brillantemente intuito, tra i primi, Filippi) 156 nella prefazione a Les<br />

frères Zimganno, dove aveva sostenuto che:<br />

Réalisme […] n’a pas […] l’unique mission de décrire ce qui est répugnant, ce qui<br />

pue; il est venu au monde aussi, lui, pour donner les aspects et les profils des êtres raffinés<br />

et des choses riches. 157<br />

156 F. FILIPPI, L. <strong>Gualdo</strong>. Un mariage excentrique, in «La Perseveranza», 26 maggio<br />

1879: “Questo romanzo, scritto con un ingegno fuori del comune, sembrami un primo passo<br />

verso l’in<strong>di</strong>rizza accennato da Edmondo Goncourt, nel suo ultimo romanzo, escito, quasi contemporaneamente,<br />

al Mariage excentrique. Il romanzo <strong>di</strong> Goncourt Les frères Zunganno, che<br />

<strong>di</strong>pinge la vita intima dei saltimbanchi e dei pagliacci, ha una importante prefazione, la quale<br />

mi fece subito pensare al romanzo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>. In questa prefazione Edmondo Goncourt <strong>di</strong>fende<br />

il realismo da un’accusa ingiusta, quella <strong>di</strong> non essere che la pittura nuda, fino alla nausea dei<br />

bassi fon<strong>di</strong> della società moderna.” (corsivi miei).<br />

157 E. DE GONCOURT, Préface à Les Frères Zimganno, Paris, Flammarion, 1879, p. X<strong>II</strong>.<br />

336


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Compito dell’autore sarà allora “<strong>di</strong>re aux jeunes que le succès du réalisme<br />

est là, et non plus dans la canaille littéraire, épuisé à l’heure qu’il est par leurs<br />

devanciers”; 158 concedendo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza nel romanzo realista – ed<br />

anzi privilegiando come temi trattati – ai sentimenti nobili, alle aspirazioni aristocratiche,<br />

ai mo<strong>di</strong> urbani e agli avvenimenti eleganti, i Goncourt avevano<br />

formulato un’estetica fondata su principi inconciliabili con il credo <strong>di</strong> Zola, autore<br />

per il quale – con le dovute eccezioni nel ciclo dei Rougon-Macquart rappresentate<br />

significativamente proprio dai romanzi amati da <strong>Gualdo</strong>, Une page<br />

d’amour, La faute de l’abbé Mouret e soprattutto da Le Rêve – “le vulgaire, le<br />

grossier constitue la seule réalité […] qu’il se retrouve à tous les degrés de<br />

l’èchelle sociale quand on gratte le vernis de la civilisation”. 159 Nell’accezione<br />

goncourtiana, dunque – ed è probabilmente questo l’assunto con il quale <strong>Gualdo</strong><br />

potrebbe aver avuto maggiore sintonia (si pensi ai soggetti della sua narrativa,<br />

e soprattutto a Decadenza, in cui egli “non rivela tanto una crisi <strong>di</strong> rigetto o<br />

<strong>di</strong> conversione verso la matrice naturalistica, semmai un approfon<strong>di</strong>mento, appartato<br />

se non proprio separato del naturalismo <strong>di</strong> certo Goncourt […], mentre<br />

il bagliore dei nuovi stili e dei miti ‘decadenti’ lo affascina”) 160 –, il romanzo<br />

naturalista era <strong>di</strong>venuto un’opera d’arte <strong>di</strong> notevole e ancora innovativa portata,<br />

nel cui statuto venivano contemplati davvero tutti gli aspetti del reale, compresa<br />

la variegata umanità che partecipava alla vita chic delle metropoli e, più in<br />

generale, anche tutte le sfaccettature dell’animo e della psicologia <strong>di</strong> personaggi<br />

appartenenti ad ogni posizione sociale e caratterizzati dalle indoli più <strong>di</strong>verse, <strong>di</strong><br />

qualsivoglia altezza o bassezza (e a tal proposito si vedano, ancora una volta, le<br />

illuminanti osservazioni <strong>di</strong> Filippi espresse nella già citata recensione al Mariage<br />

excentrique, testo definito “le roman réaliste de l’élégance”) 161 .<br />

158 Ibidem.<br />

159 P. SABATIER, Désaccord entre la conception du roman chez le Goncourt et chez Zola,<br />

in L’esthétique des Goncourt, Genève, Slatkine Reprints, (1920) 1970, p. 517.<br />

160 C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 10.<br />

161 Pur sottolineando le dovute <strong>di</strong>fferenze tra la narrativa goncourtiana e quella gual<strong>di</strong>ana,<br />

Filippi ritorna nella sua recensione sullo stretto legame tra gli intenti esposti dallo scrittore francese<br />

nella prefazione a Les frères Zimganno e l’ultimo romanzo dell’italiano: “Secondo lui<br />

[Edmond de Goncourt], l’Assommoir e Germinie Lacerteux non sono che combattimenti<br />

d’avanguar<strong>di</strong>a, ma la gran battaglia del realismo […] la si deve combattere sopra un terreno più<br />

vasto, quando uno scrittore <strong>di</strong> talento […] porterà l’analisi naturalista nelle sfere più elevate della<br />

società, riproducendo gli uomini e le donne della buona società in un ambiente <strong>di</strong> educazione<br />

e <strong>di</strong>stinzione amabile, pulita, simpatica. […]. Presso a poco è quello che ha voluto fare il <strong>Gualdo</strong><br />

nel suo Mariage excentrique, sebbene con parecchi voli nell’azzurro e con inten<strong>di</strong>menti psi-<br />

337


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Ancora al giorno d’oggi la critica insiste nel ricondurre l’originalità dei<br />

Goncourt proprio all’aver elaborato un loro personalissimo idealismo e un loro<br />

altrettanto specifico realismo, un mélange bizarre et presque unique – come aveva<br />

detto lo stesso Edmond – che ha reso loro possibile far convivere e conciliare<br />

la loro doppia ma non contrad<strong>di</strong>ttoria natura <strong>di</strong> physiologistes e insieme<br />

poétes. 162 È ovvio che, optando i Goncourt per una “réalité choisie” ed essendo<br />

basilare nella loro ideologia il concetto secondo il quale “l’esthétique d’un auteur<br />

peut se caractériser par l’object qui détermine en lui l’émotion esthétique”,<br />

163 l’elevatezza e l’eleganza della materia narrata hanno avuto un notevole<br />

influsso sulla raffinatezza del loro stile (non a caso, infatti, nel recensire il Rêve<br />

zoliano, <strong>Gualdo</strong> si chiederà se l’eccezionale raffinatezza formale del romanzo<br />

non fosse stata semplicemente dettata dal desiderio dell’autore, <strong>di</strong> norma incurante<br />

dell’eleganza stilistica, <strong>di</strong> adattare l’espressione del testo al contenuto).<br />

Come ha scritto Julie Daudet (moglie e collaboratrice del celebre romanziere<br />

Alphonse) nei suoi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> vita letteraria, i Goncourt sono stati i primi<br />

“poétes du réel” nella rappresentazione della vita moderna 164 poiché attraverso<br />

le loro descrizioni, precise e sintetiche, essi sono stati sempre in grado <strong>di</strong> ricostruire<br />

in poche righe tutta l’esistenza emotiva dei loro personaggi. Lo stesso<br />

<strong>Gualdo</strong>, in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Robert de Montesquiou, chiedendo al proprio<br />

corrispondente un giu<strong>di</strong>zio sulla Faustin e parlando della sua recensione<br />

apparsa sulla «Illustrazione Italiana» – nel quale la lode dello “stile meraviglioso<br />

e speciale” e della “lingua concisa ed originale” <strong>di</strong> Edmond costituisce parte<br />

essenziale dell’analisi – concluderà il proprio commento esaltando la finezza<br />

formale e tematica <strong>di</strong> Goncourt a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Zola (che, all’epoca, aveva<br />

appena pubblicato Pot-Bouille, un’opera a tal punto ultra-realista da non toccare<br />

certamente le corde del gusto gual<strong>di</strong>ano):<br />

Avez-vous lu la Faustin? En êtes-vous absolument fou comme moi? Je viens de<br />

faire sur ce chef d’œuvre un article […]. Que <strong>di</strong>tes-vous de Bonne-âme et de Carsonac,<br />

et du premier chapitre – et des auteurs dramatiques se communiquant la terreur de<br />

l’ataxie locomotrice – et de la scène avec le maître d’armes, et du retour en voiture en<br />

cologici […]. Sarebbe arrischiato adunque il <strong>di</strong>re che il libro <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è il roman réaliste de<br />

l’élégance, sperato e preconizzato da Goncourt, ma in qualche modo gli si avvicina, specialmente<br />

nella parte descrittiva” (F. FILIPPI, L. <strong>Gualdo</strong>. Un mariage excentrique, cit.).<br />

162 E. – J. DE GONCOURT, Journal, cit., vol. <strong>II</strong>, 12 février 1869, p. 201.<br />

163 P. SABATIER, Le style des Goncourt, in L’esthétique des Goncourt, cit., p. 400.<br />

164 J. DAUDET, Souvenirs autour d’un groupe littéraire, Paris, Fasquelle, 1910, p. 141.<br />

338


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

compagnie de l’amant enfin revenu, et de la nuit d’amour, et du souper, et de la fin<br />

avec l’imitation de l’agonie sardonique? Et de l’honorable George Seldwyn? On a<br />

beau <strong>di</strong>re, c’est plus fin que du Zola! 165<br />

Non possedendo la lettera <strong>di</strong> risposta del conte Robert all’altrettanto nobile<br />

conte <strong>Luigi</strong>, non ci è dato sapere quale fosse il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Montesquiou sulla<br />

Faustin, né tantomeno se egli avesse già letto l’opera allorquando dovette ricevere<br />

la missiva <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>. È indubbio, comunque, che questo romanzo giocherà<br />

nella memoria poetica del francese una funzione importante poiché les paons<br />

blancs dans le clair de lune menzionati al principio del cap. XXIV del libro lodato<br />

da <strong>Gualdo</strong> verranno ricordati e riproposti da Montesquiou nel componimento<br />

che, recitato da Sarah Bernhardt, egli scriverà in occasione <strong>di</strong> una serata<br />

in onore <strong>di</strong> E. de Goncourt tenutasi presso Charpentier il 3 marzo 1895. 166<br />

Per meglio comprendere tutte le allusioni ed i riferimenti contenuti nel passo<br />

gual<strong>di</strong>ano appena riportato si dovrà <strong>di</strong>re che, nel romanzo La Faustin – che<br />

<strong>Gualdo</strong> presenta riuscendo anche a dare al lettore un’idea sufficiente ampia e<br />

articolata della trama –, Goncourt aveva narrato le vicende dell’omonima attrice<br />

– “stranamente seducente”, commenta <strong>Gualdo</strong>, “nella sua moderna ed irregolare<br />

bellezza parigina, sottile, elegante, apparentemente magra, nervosissima” 167 –<br />

che, insieme a sua sorella soprannominata Bonne-âme, una cortigiana dalle idee<br />

pratiche (fatta <strong>di</strong> “argilla grossolana”, scrive sempre <strong>Gualdo</strong>, in cui “v’è qualcosa<br />

del morboso, dell’incontentabile delle aspirazione della sorella”, un aspetto<br />

questo che “è dall’autore messo in luce magistralmente”), 168 conduce una vita<br />

<strong>di</strong> ebbrezze tra scoraggiamenti d’artista e penose ricerche nel tentativo <strong>di</strong> trovare<br />

il giusto modo <strong>di</strong> declamare i versi <strong>di</strong> Fedra, opera intorno alla quale è imperniata<br />

tutta la parte iniziale del libro. Durante la prima del dramma, Faustin è<br />

consapevole <strong>di</strong> non aver dato il massimo <strong>di</strong> sé, sempre più avvilita per la noiosa<br />

e pressoché coniugale vita che conduce con il suo impresario, Blancheron; alla<br />

seconda rappresentazione, invece, tutto sembra essere cambiato perché l’attrice<br />

165 Lettera <strong>II</strong>I <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Robert de Montesquiou, s.d. [ma febbraio 1882], intestata<br />

“San Remo, Hôtel de la Mé<strong>di</strong>terranée. Mar<strong>di</strong>” e pubblicata da V. DONATO RAMACIOTTI in<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., pp. 314-315 (corsivo finale mio).<br />

166 M. DOTTIN-ORSINI, La Faustin, les paons blancs et l’agonie sardonique, cit., p. 257.<br />

Il poemetto <strong>di</strong> Montesquiou, intitolato «Offrande à Edmond de Goncourt», verrà inserito nella<br />

raccolta Les Hortensias bleus dopo esser stato e<strong>di</strong>to su «La Petit Revue» del 16 marzo 1895.<br />

167 L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 118.<br />

168 Ibidem.<br />

339


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sa che tra il pubblico è presente l’unico uomo da lei mai amato, l’inglese Lord<br />

Annandale, il quale la prega e la convince infine a lasciare senza preavviso il<br />

teatro e ad andare a vivere insieme sulle rive del lago <strong>di</strong> Costanza. Inizialmente<br />

felice per la scelta presa (credendosi certa <strong>di</strong> esser guarita dalla malattia del teatro),<br />

l’ex attrice si de<strong>di</strong>ca anima e corpo all’uomo amato, fino a quando, ben<br />

presto, i ricor<strong>di</strong> scacciati a forza la assalgono provocandole una profonda nostalgia<br />

delle luci della ribalta e anche – come scrive il nostro articolista, profondo<br />

conoscitore e frequentatore del bel mondo dello spettacolo, amico della Duse<br />

e della Bernhardt – “<strong>di</strong> quei trionfi che sono più necessari dell’ossigeno per chi<br />

è nato con la vera vocazione della scena”. 169<br />

La monotona vita <strong>di</strong> coppia è interrotta solo <strong>di</strong> tanto in tanto dalle visite<br />

<strong>degli</strong> eccentrici amici <strong>di</strong> lui, “tanto strani che le sembrano appartenuti ad<br />

un’umanità da sogno e che la spaventano, la <strong>di</strong>sgustano quasi e le danno un desiderio<br />

talvolta pungente <strong>di</strong> riprendere le sue antiche abitu<strong>di</strong>ni in mezzo a «gente<br />

vera»”, 170 tra quali spicca – per morbosità e perversione – l’enigmatica figura<br />

dell’onorevole George Selwyn (un nome questo a cui <strong>Gualdo</strong> e Montesquiou<br />

faranno, dopo l’uscita della Faustin, continuamente ricorso nel loro carteggio<br />

per in<strong>di</strong>care attraverso tale pseudonimo un non meglio precisato amico comune).<br />

171 A causa delle notti insonni della donna che inizia ad<strong>di</strong>rittura a compiere<br />

gesti insani, in una pazzia fomentata anche dalle lettere della sorella che le racconta<br />

i successi <strong>di</strong> una sua rivale, i due decidono <strong>di</strong> compiere un viaggio in Italia.<br />

Tuttavia, alla vigilia della partenza, Annandale è colpito da paralisi: Faustin<br />

lo assiste nella sua lenta e strana malattia che lo condurrà ad una morte preceduta<br />

da un caso rarissimo <strong>di</strong> agonia, quella sardonica. Questo avvenimento ha un<br />

peso notevole nell’economia del testo e, più nello specifico, nella costruzione<br />

del personaggio della protagonista. Infatti, quanto accade nel cap. LXIV del<br />

romanzo goncourtiano, viene a sua volta riproposto dettagliatamente da <strong>Gualdo</strong><br />

all’interno del suo stu<strong>di</strong>o per mettere in evidenza le due nature, <strong>di</strong> donna ed attrice,<br />

sempre più commiste ed inestricabili, <strong>di</strong> Juliette Faustin:<br />

169 Ibidem.<br />

170 Ibidem.<br />

171 Si cita, a titolo esemplificativo, la parte conclusiva della lettera V<strong>II</strong> <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Montesquiou<br />

(V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 322) dove,<br />

tra un ammiccamento e l’altro, si fa riferimento al misterioso e ormai non più identificabile<br />

personaggio, forse proprio quello cui Goncourt s’ispirò per il romanzo: “Avez-vous été chez<br />

Peppine [G. De Nittis, cui è de<strong>di</strong>cato La Faustin]? Avez-vous vu «sa dent»? Pourquoi ne m’en<br />

parlez-vous pas? Et y avez-vous rencontré l’hon. George Selwyn? (car c’est lui décidément)”.<br />

340


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

[…] un riso orribile, macabro, agita i muscoli facciali del moribondo. Inorri<strong>di</strong>ta,<br />

essa [Faustin] si copre il viso con le mani per non vedere, poi, dopo un lungo tempo,<br />

vinta da un’angosciosa curiosità, s’arrischia a guardare. E la curiosità a poco a poco le<br />

<strong>di</strong>minuisce lo spavento, le toglie perfino qualcosa del suo dolore. E allora non può cessare<br />

dall’osservare. E involontariamente dapprima, per contagioso istinto, imita il poveretto<br />

in tutte le mosse delle sue labbra, nel convulso riso <strong>di</strong> quei lineamenti contorti.<br />

“Et ce spectacle”, <strong>di</strong>ce l’autore, “tuant pour un moment l’amante faisait rentrer<br />

l’actrice dans la femme”, e l’attrice dalla imitazione involontaria passa quasi senza accorgersene<br />

alla imitazione stu<strong>di</strong>ata, e si volta per guardarsi in uno specchio come se<br />

stu<strong>di</strong>asse una parte per un dramma! 172<br />

Faustin, che sin dal principio della sua recensione <strong>Gualdo</strong> aveva descritto<br />

come un personaggio in cui “la donna e l’attrice si compenetrano sì fittamente<br />

in lei che l’una invade ad ogni istante il campo dell’altra”, 173 ritrova quin<strong>di</strong>, nella<br />

conclusione del volume, la sua più genuina ispirazione attraverso una scena<br />

che nel suo essere terribilmente macabra conserva un effetto <strong>di</strong> verità assoluta.<br />

A detta del critico “la personalità della donna <strong>di</strong> teatro, con la sua morbosità,<br />

con la lotta tra la femmina e l’artista, con la bontà e la malvagità inconscienti<br />

l’una dell’altra, non fu mai così sapientemente me<strong>di</strong>tata, così efficacemente posta<br />

in luce”. 174 Molte congetture sono state avanzate dagli stu<strong>di</strong>osi per tentare <strong>di</strong><br />

identificare il personaggio <strong>di</strong> Faustin con una donna reale, teorie tra le quali le<br />

più accre<strong>di</strong>tate sono quelle che riconducono il soggetto finzionale alle attrici<br />

Rachel Felix (1820-1858), Sarah Bernhardt (1844-1923) e Réjane (1857-1920).<br />

Tuttavia, per quanto si sia potuto speculare su tale ipotetica in<strong>di</strong>viduazione, non<br />

esiste alcuna fonte documentaria, compreso il preziosissimo Journal in grado <strong>di</strong><br />

fornire un’in<strong>di</strong>cazione precisa o che comunque faccia propendere verso uno dei<br />

personaggi femminili proposti.<br />

Forse riportare la vicenda e le caratteristiche della donna ideata da Goncourt<br />

a qualcuno effettivamente esistito non è possibile perché, come sostiene<br />

Katherine Ashley, “La Faustin is neither ‘real’ nor ‘realistic’, it is not a ‘study’<br />

based on a particular empirical case” 175 e forse, come propone <strong>Gualdo</strong> nella<br />

conclusione del suo articolo, essa “è un temperamento d’artista e <strong>di</strong> parigina<br />

172<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 118.<br />

173<br />

Ibidem.<br />

174<br />

Ivi, p. 119 (corsivi miei).<br />

175<br />

K. ASHLEY, Edmond de Goncourt and the Novel…, cit., p. 107.<br />

341


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

stu<strong>di</strong>ato in ogni sua più intima fase, e, per così <strong>di</strong>re, fibra a fibra” 176 che pertanto<br />

non può essere ricondotto ad un unico e solo modello, ma che anzi è stato articolato<br />

dal suo autore, nella finzione narrativa, come in una “évocation kaléidoscopique”,<br />

177 prendendo ad ispirazione più esempi dedotti dal mondo reale:<br />

[…] leggendo, tutte si ricordano e si vedono come passare innanzi allo sguardo,<br />

luminose sopra un fondo annebbiato e tumultuante, le sublimi artiste, che misero della<br />

passione vera sulla scena e del teatrale nei loro amori, – tutte le gran<strong>di</strong> ammalate<br />

dell’arte, – e Rachel, e la povera Desclée, e Sarah Bernhardt, e le altre… poiché a tutte<br />

l’autore, in questa sua creazione, ha preso qualcosa del loro genio, del loro <strong>di</strong>suguale<br />

carattere, della infinita varietà dei sentimenti, della loro proteiforme bellezza. 178<br />

La conclusione dell’articolo gual<strong>di</strong>ano conduce senza dubbio il lettore ad<br />

interrogarsi sul concetto <strong>di</strong> adesione al vero presso i Goncourt e sull’eventuale<br />

interpretazione fornita dal nostro critico a tale riguardo. Nella recensione, infatti,<br />

non sono poche le occasioni in cui <strong>Gualdo</strong> si sofferma su “l’accento <strong>di</strong> assoluta<br />

verità che si ritrova in tutte le […] pagine” della Faustin, sui “vari personaggi<br />

che possono essere ritratti dal vero”, sulla “verità con cui sono analizzate<br />

sensazioni appena percettibili”, su un’opinione generale del romanzo che si<br />

configura come “uno stu<strong>di</strong>o profondo e possente” caratterizzato da “un’analisi<br />

raffinata e vera”. 179 È probabile che tutta questa insistenza <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> sull’importanza<br />

del vero nel libro recensito possa basarsi sulla conoscenza del culte du<br />

vrai professato dai Goncourt, profondamente <strong>di</strong>verso, ad esempio, da quello <strong>di</strong><br />

Zola, un culto del vero nel quale, come si legge nelle memorie dei due fratelli,<br />

si risolve l’ideale stesso del romanzo poiché esso è inteso a donner avec l’art la<br />

plus vive impression du vrai humain.<br />

Nel lontano 1864, nella nota <strong>di</strong> prefazione a Germinie Lacerteux – l’opera<br />

madre e fondamento del movimento naturalista – i Goncourt avevano affermato<br />

<strong>di</strong> aver voluto realizzare “un roman vrai” e <strong>di</strong> aver concesso anche a «les basses<br />

claisses» il <strong>di</strong>ritto al Romanzo, sottraendo il popolo al <strong>di</strong>sdegno autoriale e<br />

all’inter<strong>di</strong>zione letteraria; tuttavia, già all’epoca della pubblicazione <strong>di</strong> quello<br />

che può essere ritenuto il primo manifesto realista, i due fratelli, pur esaltando<br />

nel loro programma la democrazia e il suffragio universale, non erano affatto –<br />

176 L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 119.<br />

177 J.-P. BERTRAND, Lecture de La Faustin, cit., p. 299.<br />

178 L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 119.<br />

179 Ivi, p. 118.<br />

342


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

come mette in evidenza Auerbach – “amici incon<strong>di</strong>zionati <strong>di</strong> queste idee e <strong>di</strong><br />

queste istituzioni”. 180 In effetti, nonostante l’ulteriore e gran<strong>di</strong>ssimo successo<br />

ottenuto con romanzi del calibro <strong>di</strong> Manette Salomon (1867) e Madame Gervaisais<br />

(1869), dopo la ribalta <strong>di</strong> Zola e il suo assurgere a capo spirituale della<br />

scuola <strong>di</strong> Médan, dopo la morte del fratello Jules e dopo il primo esperimento<br />

della Fille Élisa, l’ormai anziano Edmond – forse nel tentativo, come si è detto<br />

poc’anzi, <strong>di</strong> creare una seconda scuola attorno ai principi e alla poetica espressi<br />

nella Faustin – aveva lasciato nuovamente spazio ad opinioni, preoccupazioni<br />

ed istinti propri della sua classe d’appartenenza, “l’alta borghesia quasi aristocratica”,<br />

181 (ri)favorendo, sul versante artistico, un certo élitarismo dei soggetti<br />

e, al tempo stesso, ulteriormente raffinando il proprio stile (che <strong>Gualdo</strong>, a proposito<br />

della Faustin non esita a definire “<strong>di</strong>ventato forse ancora più efficace,<br />

più sobrio, più elegante”) 182 e la propria lingua (“in cui si ritrovano talora delle<br />

forme latine, e qualcosa dell’italiano”). 183<br />

Secondo Paul Sabatier, autore <strong>di</strong> una monografia de<strong>di</strong>cata alla concezione<br />

estetica dei Goncourt, è soprattutto attraverso la produzione del solo Edmond<br />

che il rapporto tra idealismo e realismo in narrativa ha subito un’evoluzione decisiva<br />

– o meglio sarebbe <strong>di</strong>re un perfezionamento – rispetto all’epoca in cui egli<br />

aveva collaborato con Jules. Il loro sistema, che aveva permesso l’estensione<br />

delle metodologie razionali alla letteratura (ma che aveva anche previsto, fin dal<br />

principio, che l’applicazione scientifica dovesse rispettare la dottrina dell’art<br />

pour l’art cui entrambi erano massimamente fedeli), era stato quin<strong>di</strong> raffinato in<br />

maniera ulteriore dal secondogenito superstite, il quale aveva continuato a professare<br />

(perfezionando, e talvolta, come in Chérie, esasperando) un credo che,<br />

qualora avesse contemplato un interesse nei confronti <strong>di</strong> vulgarités e milieux<br />

canailles, avrebbe avuto il solo scopo <strong>di</strong> “choquer les profanes”. Edmond (in<br />

principio insieme a suo fratello, poi solo) aveva cioè sperato che, attraverso<br />

un’opera d’arte realizzata in nome del vero, avrebbe potuto fornire ai suoi lettori<br />

un insegnamento morale. L’aspirazione ad una <strong>di</strong>dattica etica è certamente un<br />

fattore che, con ogni evidenza, è del tutto assente nei volumi <strong>degli</strong> altri Naturalistes<br />

– si pensi, ad esempio, ai Rougon-Macquart <strong>di</strong> Zola – dal momento che<br />

solo i Goncourt:<br />

180<br />

E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, vol. <strong>II</strong>, cit., p. 271.<br />

181<br />

Ivi, p. 273.<br />

182<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 119.<br />

183 Ibidem.<br />

343


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

[…] partent d’un sentiment analogue à celui d’où partent les athées qui affirment<br />

leur incrédulité en présence de croyants. Rendre le vrai devient chez les Goncourt un<br />

point d’honneur littéraire, et rendre le vrai sous toutes ses formes, c’est pour eux le<br />

premier devoir de l’honnête homme. 184<br />

Ma è stato Edmond de Goncourt (senza la collaborazione fraterna), a partire<br />

dal romanzo Frères Zimganno, il reale fautore – come si è anticipato – <strong>di</strong> un<br />

ingentilimento ed innalzamento stilistico-formale che <strong>Gualdo</strong> nella sua analisi<br />

esalta in nome <strong>di</strong> una “ricerca della perfezione” che apprezza (non si <strong>di</strong>mentichi<br />

che egli è in prima persona autore <strong>di</strong> romanzi d’analisi talvolta, come nel caso<br />

<strong>di</strong> Decadenza, finissimi) ed elogia dal momento che egli ritiene tale stu<strong>di</strong>o il vero<br />

motivo e fondamento che hanno spinto lo scrittore della Faustin a “dar veste<br />

ai pensieri più <strong>di</strong>fficili a esprimersi, […] trovar la parola che traduca le più intraducibili<br />

sensazioni”. 185 Quella <strong>di</strong> Goncourt risultava, insomma, un’indagine<br />

che, travalicati i limiti del realismo, aveva iniziato a sconfinare in nuovi territori:<br />

a rendersi conto <strong>di</strong> una simile svolta non era stato il solo <strong>Gualdo</strong>; della portata<br />

del cambiamento suo e dei suoi romanzi si erano <strong>di</strong>mostrati consapevoli anche<br />

alcuni scrittori coevi, come Maurice Barrès, il quale, nell’intervista a proposito<br />

dell’evoluzione letteraria rilasciata a Jules Huret nel 1891, affermerà che:<br />

“on ne peut pas <strong>di</strong>re que les Goncourt […] soient des naturalistes purs; et même<br />

leurs roman La Faustin ne peut être rapproché d’aucune des œuvres de<br />

l’école”. 186 L’ambiguità <strong>di</strong> quest’opera è, in effetti, a tal punto profonda che ancora<br />

oggi gli autori <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sui fratelli Goncourt si interrogano sul suo statuto,<br />

con il solo punto fermo che si tratta <strong>di</strong> un testo che da una parte è senza dubbio<br />

collegato al passato (“un pied dans la tra<strong>di</strong>tion”), ma che d’altro canto è portatore<br />

<strong>di</strong> una carica innovativa che verrà poi sviluppata dalle correnti letterarie a<br />

venire (“l’autre dans le modernisme”). 187 Per un romanzo nel quale gli intenti <strong>di</strong><br />

accuratezza documentaria non costituiscono più, come era avvenuto per Germinie<br />

Lacerteux, un punto <strong>di</strong> ricerca imprescin<strong>di</strong>bile – Ashley definisce con efficacia<br />

le spora<strong>di</strong>che concessioni <strong>di</strong> Goncourt al metodo naturalista un fenomeno<br />

“jeopar<strong>di</strong>sed” 188 – l’apertura verso molti aspetti della scrittura fin de siècle fa-<br />

109.<br />

184<br />

P. SABATIER, L’esthétique des Goncourt, cit., p. 213.<br />

185<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], cit., p. 119.<br />

186<br />

J. HURET, Maurice Barrès, in Enquête sur l’évolution littéraire, cit., p. 67.<br />

187<br />

J.-P. BERTRAND, Lecture de La Faustin, cit., p. 299.<br />

188<br />

K. ASHLEY, Edmond de Goncourt and the Novel: Naturalism and Decadence, cit., p.<br />

344


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

vorisce la <strong>di</strong>ffusione dell’idea <strong>di</strong> un’estrema modernità dell’autore della Faustin,<br />

opera che verrà vista dalle nuove generazioni <strong>di</strong> autori decadenti o simbolisti<br />

come un vero e proprio testo precursore.<br />

Nonostante occorra essere prudenti nell’accostare lo stile goncourtiano a<br />

quello <strong>di</strong> autori come Henry de Regnier o Huysmans, resta indubbio che il gusto<br />

per le preziosità, la descrizione precisa e minuziosa <strong>di</strong> accumuli <strong>di</strong> oggetti<br />

frivoli, <strong>di</strong> bibelots, la ricerca <strong>di</strong> immagini plastiche e l’insistenza nell’uso <strong>degli</strong><br />

epiteti sono tutte caratteristiche proprie <strong>di</strong> una esthétique artificialiste comune<br />

alla scrittura della fase finale dell’uno e quella d’esor<strong>di</strong>o <strong>degli</strong> altri. Ancora una<br />

volta è stato Peylet a sottolineare come “entre le plan de la mimesis qu’il finit<br />

par rejeter dans ses dernier romans et celui du symbole qu’il n’atteint jamais,<br />

l’art de Goncourt a tendance à se dévitaliser”. 189 Eppure, se si considera nello<br />

specifico l’anno 1884, non si potrà non notare che a questa data risale tanto l’uscita<br />

dell’ultimo romanzo <strong>di</strong> Edmond, Chérie, quanto quella del primo grande<br />

modello <strong>di</strong> romanzo decadente, À rebours <strong>di</strong> Huysmans (e si ba<strong>di</strong> bene che, nella<br />

libreria del protagonista <strong>di</strong> quest’opera, Des Esseintes, è significativamente<br />

presente una copia de La Faustin goncourtiana), quasi come se l’anziano scrittore<br />

avesse ormai compreso che per lui non esistessero più margini per una<br />

nuova forma <strong>di</strong> scrittura e che fosse ormai giunto il momento <strong>di</strong> arrendersi all’avanzata<br />

dei nuovi e vitalissimi ingegni dei giovani romanzieri cui bisognava<br />

passare il testimone. Sarebbe spettato a loro compiere un nuovo passo per lo<br />

sviluppo – per <strong>di</strong>rla con <strong>Gualdo</strong> – delle “nuove formole” da cui sarebbe scaturito,<br />

attraverso l’evoluzione letteraria, il moderno romanzo.<br />

Questa consapevolezza sarà espressa, non molti anni dopo il critico, da<br />

Goncourt in persona quando, intervistato così come il già citato Barrès per<br />

l’indagine condotta nel 1891 dai collaboratori della rivista «L’Écho de Paris» a<br />

proposito delle sorti della narrativa naturalista, risponderà al questionario <strong>di</strong> Jules<br />

Huret <strong>di</strong>mostrando piena coscienza della imminente morte naturelle del roman<br />

naturiste (espressione che lo scrittore <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> preferire rispetto a<br />

quella ampiamente utilizzata <strong>di</strong> roman naturaliste): in tale occasione egli non si<br />

farà scrupoli nel considerare la fine del movimento realista come una logica<br />

conseguenza, dopo mezzo secolo <strong>di</strong> vita (così <strong>di</strong>cendo Goncourt sembrerebbe<br />

aver voluto sottolineare, una volta <strong>di</strong> più, che il romanzo intorno al quale era<br />

sorta la scuola naturalista fosse stato Germinie Lacerteux, nel 1865, e non<br />

189 G. PEYLET, L’art maniériste d’Edmond de Goncourt dans La Faustin…, cit., p. 271.<br />

345


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

L’Assommoir <strong>di</strong> Zola, nel 1877). Senza abbassare il capo <strong>di</strong>nnanzi al sopraggiungere<br />

del nuovo, il fiero scrittore aveva però anche puntualizzato, al cospetto<br />

del suo intervistatore, che, nonostante l’imminente decesso, il naturalismo non<br />

avrebbe mai cessato <strong>di</strong> far sentire il proprio influsso persino tra i più giovani autori<br />

<strong>di</strong> quella génération de poseurs, de chercheurs d’effets – come l’aveva appellata<br />

nel suo Journal 190 –, perché ciascuno <strong>di</strong> essi si era formato in grembo a<br />

quella corrente alla quale egli, in prima persona ed insieme a suo fratello Jules,<br />

aveva dato avvio:<br />

Or, comme tout mouvement littéraire est une réaction contre le mouvement qui l’a<br />

précédé, il est incontestable que, dans l’évolution qui doit s’accomplir, cette réaction<br />

aura lieu […] au profit de […] les symbolistes, les décadents, enfin les gens qui se posent,<br />

d’avance, pour nos successeurs, me semblent être presque tous des poètes. […]<br />

Dans le gens qui viennent après nous, je <strong>di</strong>scerne des gens d’un très grand talent,<br />

comme Huysmans, Maupassant, Margueritte […]. Comme d’autres encore; mais en<br />

dehors de l’indépendance et de l’envolée libre de tout talent, ces nouvelles fournées de<br />

la gloire me semblent se rattacher encore à l’école naturaliste. […] Pour moi il y a une<br />

nouvelle forme à trouver que le roman pour les imagination en prose, et l’inventeur et<br />

les propagateurs de cette forme, qu’ils soient matérialistes, spiritualistes, symbolistes,<br />

ne importe quoi en iste seront, selon mon idée, les meneurs du mouvement intellectuel<br />

du vingtième siècle. 191<br />

Nonostante la grande ammirazione palesata da <strong>Gualdo</strong> nei confronti <strong>di</strong><br />

Edmond de Goncourt, quest’ultimo ha lasciato nel proprio <strong>di</strong>ario alcune “notes<br />

sans indulgence” 192 nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> colui che tra i primi aveva promosso la sua<br />

produzione in Italia: <strong>di</strong>fatti, oltre alle testimonianze – certamente utili e su cui si<br />

tornerà a breve – relative alla presenza dell’italiano, specie all’epoca della sua<br />

paralisi alle gambe, in molti luoghi e ad incontri esclusivi della Parigi letteraria,<br />

la prima nota del Journal in cui è presente un riferimento a <strong>Gualdo</strong> è ben poco<br />

lusinghiera giacché all’autore cisalpino (annoverato tra i partecipanti ad una cena<br />

seguita alla rappresentazione della Lucie Pellegrin <strong>di</strong> Alexis) viene riservata<br />

un’etichetta certamente non decorosa e men che meno adatta alla sua persona:<br />

190 E. – J. DE GONCOURT, Journal, vol. <strong>II</strong>I, 6 février 1889, cit., pp. 226.<br />

191 J. HURET, Edmond de Goncourt, in Enquête sur l’évolution littéraire, cit., pp. 186-<br />

188. 192 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 36.<br />

346


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

On fait la partie d’aller voir au Théâtre Libre LUCIE PELLEGRIN, et […] l’on va<br />

dîner chez Lavenue, un restaurant près de la gare Montparnasse, devenu, le jour de ces<br />

représentations, le restaurant de la presse dramatique et de la cocotterie littéraire.<br />

C’est Catulle Mendès, en compagnie d’une femme […]. C’est Bauër, qui recommence<br />

à parler haut dans les endroits publics. C’est Carle des Perrièrs, le duelliste,<br />

c’est le grotesque Mariéton, c’est le rastaquouère de la littérature franco-italienne,<br />

<strong>Gualdo</strong>. 193<br />

Sorprende che il romanziere milanese, prima ancora <strong>di</strong> venir definito in<br />

maniera offensiva e <strong>di</strong>ffamatoria come “persona straniera che ostenta lusso e<br />

ricchezza <strong>di</strong> dubbia provenienza”, abbia quasi profeticamente espresso le sue<br />

perplessità a proposito del mal<strong>di</strong>cente <strong>di</strong>ario goncourtiano quando, nel novembre<br />

1887 (ovvero all’indomani della pubblicazione del secondo volume <strong>di</strong> memorie<br />

dei due fratelli, uscito il 22 ottobre <strong>di</strong> quell’anno, ad un’epoca in cui –<br />

come si legge in una lettera in<strong>di</strong>rizzata a Vittoria Cima – egli era già in contatto<br />

con Goncourt), 194 aveva scritto all’amico Montesquiou domandandogli: “Etesvous<br />

retourné chez E. de G.? Que pensez-vous de son mé<strong>di</strong>sant Journal, bien<br />

intéressant tout de même?”. 195 In termini simili si era espresso, poi, nello scrivere<br />

qualche mese prima a Coppée – all’epoca in cui il <strong>di</strong>ario cominciava ad essere<br />

pubblicato sul supplemento letterario del «Figaro» –, rivolgendosi al quale<br />

aveva affermato: “Quant au Journal des Goncourt, j’en ai fait par fois mes délices,<br />

mais je ne l’ai pas lu complètement. Je le savourerai en volume”. 196<br />

Di certo <strong>Gualdo</strong> non avrebbe mai pensato <strong>di</strong> potersi un giorno meritare il su<br />

citato appellativo dopo tutta la benevolenza espressa nel recensire La Faustin e<br />

dopo la scelta <strong>di</strong> acquistare, per la propria biblioteca, gran parte delle opere <strong>di</strong><br />

critica d’arte (notizia riportata da Montera, benché nel Fondo <strong>Gualdo</strong> dell’Ambrosiana<br />

<strong>di</strong> Milano non ve ne sia traccia) redatte dai fratelli scrittori, tra cui La<br />

femme au XV<strong>II</strong>I siècle, Madame de Pompidour e Manette Salomon. Si aggiunga<br />

poi che l’italiano aveva assistito, giu<strong>di</strong>candola positivamente, anche ad una rappresentazione<br />

della versione teatrale <strong>di</strong> Manette Salomon, come annota Edmond<br />

nel suo Journal (“<strong>Gualdo</strong>, qui se traîne paralysé dans le salon me <strong>di</strong>t avoir assi-<br />

193 E. – J. DE GONCOURT, Journal, vol. <strong>II</strong>I, 15 juin 1888, cit., pp. 135-136.<br />

194 Lettera 15, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Vittoria Cima inviata da Parigi nel 1886 custo<strong>di</strong>ta<br />

nel Fondo Vittoria Cima c.3.b.40(15): “Ho visto qualche volta M.me Adam; due volte Goncourt<br />

al grenier Goncourt – ma per il pessimo tempo vi era poca gente. Zola immobile a Mèdan”.<br />

195 Lettera XXIX intestata “Milan, Same<strong>di</strong>” (e risalente al novembre 1887), pubblicata in<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 351.<br />

196 Lettera XV<strong>II</strong>I <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 253.<br />

347


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sté hier à MANETTE SALOMON, qui a été très applau<strong>di</strong>e, mais sans une salle où<br />

il y avait beaucoup de vides”), 197 dopo una serata trascorsa nel salotto della<br />

Principessa Matilde. A tal proposito <strong>Gualdo</strong> racconterà a sua cugina:<br />

Vedo abbastanza sovente Edmond de Goncourt, e sono stato alla terza rappresentazione<br />

del suo dramma Manette Salomon, tolto dal celebre romanzo. È recitato a meraviglia<br />

e per <strong>di</strong> più gli attori, uomini e donne, sono vestiti con la moda del ’46, il che<br />

rende la cosa molto curiosa ed interessante. 198<br />

Non è questo l’unico caso in cui <strong>Gualdo</strong> scrive <strong>di</strong> avere avuto – <strong>di</strong> continuare<br />

ad avere – incontri con il romanziere francese: tali rendez-vous erano al<br />

contrario piuttosto frequenti soprattutto perché entrambi erano soliti frequentare<br />

i medesimi luoghi (con una certa pre<strong>di</strong>lezione <strong>di</strong> entrambi per il salon <strong>di</strong> Matilde<br />

Bonaparte) e le stesse persone (il più delle volte la conoscenza comune era<br />

costituita da Émile Zola). 199 Una toccante documentazione sui loro incontri è<br />

offerta, ancora una volta, da Goncourt nelle sue memorie <strong>di</strong> vita letteraria, dove,<br />

in data 4 <strong>di</strong>cembre 1895, Edmond ha annotato <strong>di</strong> aver provato gran pena nell’aver<br />

visto “chez la Princesse ce <strong>Gualdo</strong>, marchant appuyé sur deux cannes,<br />

avec des instants où la vie semble figée chez lui”. 200 Tuttavia è altrettanto sentita<br />

la commozione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> che si ravvisa nelle parole da lui in<strong>di</strong>rizzate sempre<br />

a sua cugina Giulietta, righe nelle quali, fornendo aggiornamenti vari da Parigi<br />

sugli eventi salienti <strong>di</strong> Francia, le ha raccontato della scomparsa improvvisa dell’autore<br />

della tanto amata Faustin:<br />

Anche qui si ripetono le tristi notizie. Jeri è morto, dopo soli due giorni <strong>di</strong> malattia,<br />

Edmond de Goncourt, che malgrado la sua età stava perfettamente. È spirato a<br />

Champrosay in casa <strong>di</strong> Daudet dov’era da poco. Tutti i giornali d’oggi non parlano che<br />

<strong>di</strong> lui. La sua per<strong>di</strong>ta è molto sentita. 201<br />

197 E. – J. DE GONCOURT, Journal, vol. <strong>II</strong>I, 4 mars 1896, cit., p. 1250.<br />

198 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss, b.3(25). La lettera, custo<strong>di</strong>ta in una busta con timbro<br />

postale in<strong>di</strong>cante “Paris, 23 octobre 1895”, deve però risalire alla primavera successiva, in concordanza<br />

con la nota riportata da Goncourt nel suo Journal in data 4 marzo 1896 nella quale<br />

viene detto che <strong>Gualdo</strong> aveva assistito alla rappresentazione del dramma il giorno precedente.<br />

199 Cfr. i paragrafi 4.2 e 6.4a nei quali sono riportati, rispettivamente, un passo del Journal<br />

goncourtiano (del 23 aprile 1896) ed una lettera <strong>di</strong> Zola a Giacosa nei quali si parla <strong>di</strong> un dîner<br />

chez Zola al quale avrebbero partecipato sia <strong>Gualdo</strong> che Goncourt.<br />

200 E. – J. DE GONCOURT, Journal, vol. <strong>II</strong>I, 4 décembre 1895, cit., p. 1200.<br />

201 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss, b.3(35). Lettera con timbro: “Paris, 18 luglio 1896”.<br />

348


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Era il 16 luglio 1896: nei giorni successivi nessuna commemorazione de<strong>di</strong>cata<br />

al celebre romanziere francese a firma <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> comparirà sui quoti<strong>di</strong>ani<br />

italiani, <strong>di</strong>versamente da quanto era avvenuto all’indomani della scomparsa<br />

<strong>di</strong> altri gran<strong>di</strong> del mondo delle lettere d’oltralpe, da Flaubert a Barbey d’Aurevilly,<br />

da Gautier a Balzac. Può darsi che il precario stato <strong>di</strong> salute dell’italiano<br />

abbia costituito la causa cui attribuire un simile silenzio sulle pagine delle riviste<br />

nostrane (anche se, per quanto malato, la sua ultima collaborazione giornalistica<br />

è posteriore alla data <strong>di</strong> morte <strong>di</strong> Goncourt e risale al 3 gennaio 1897), ma<br />

forse non è da escludersi che l’assenza <strong>di</strong> ogni suo commento potrebbe essere<br />

stato sintomo <strong>di</strong> uno scontento risalente all’epoca della ingiusta “accusa” <strong>di</strong> rastaquouère,<br />

un’etichetta che, a <strong>di</strong>spetto della grande stima che egli aveva nutrito<br />

per il grande artista, il povero e buon <strong>Gualdo</strong> non doveva aver ancora perdonato<br />

al mal<strong>di</strong>cente Edmond e a quel suo Journal troppo spesso denigratore. 202<br />

6.4a Il contributo gual<strong>di</strong>ano alla <strong>di</strong>ffusione della narrativa <strong>di</strong> Zola in Italia: la<br />

ricezione delle opere les moins réalistes<br />

Tra i manoscritti della biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano appartenuti al collezionista<br />

<strong>di</strong> autografi Alessandro Casati è custo<strong>di</strong>ta una curiosa lettera ine<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> Émile Zola in<strong>di</strong>rizzata a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: 203 miracolosamente sottratta al destino<br />

toccato a gran parte delle carte gual<strong>di</strong>ane, quasi tutte attualmente ancora <strong>di</strong>sperse,<br />

questo documento epistolare rappresenta una pietra miliare nella ricostruzione<br />

dei rapporti esistiti tra i due scrittori, finora poco documentati. 204 Essa<br />

è innanzitutto una preziosa testimonianza che consente <strong>di</strong> segnalare la precocità<br />

e la tipologia del legame tra i due scrittori poiché reca in intestazione la data<br />

202<br />

Cfr. C. DUCHET, Le Journal des Goncourt ou la terreur dans le lettres, in AA. VV.,<br />

Les frères Goncourt: art et écriture, cit., pp. 115-135.<br />

203<br />

Biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano, Fondo Casati, carteggio K 72 suss., c.3b.48(1). Lettera<br />

autografa <strong>di</strong> Émile Zola a mittente n.i., ma indubbiamente in<strong>di</strong>rizzata a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, come<br />

<strong>di</strong>mostrano numerosi elementi interni, in primis il riferimento ad una recensione gual<strong>di</strong>ana oltre<br />

che l’allusione ad un romanzo scritto dallo scrittore milanese.<br />

204<br />

Prima del ritrovamento della lettera in questione Pierre de Montera aveva ipotizzato<br />

che i primi contatti tra Zola e <strong>Gualdo</strong> fossero avvenuti poco prima della pubblicazione della recensione<br />

gual<strong>di</strong>ana a Une page d'amour (26 maggio 1878) attribuendo la funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore<br />

tra i due all'ingegnere poeta Paul Haag, intimo <strong>di</strong> entrambi gli scrittori.<br />

349


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

“Médan, 17 août 1878” e si apre con una benevola espressione <strong>di</strong> affetto e familiarità<br />

nei confronti dell'autore milanese, cui Zola si rivolge con l'appellativo <strong>di</strong><br />

“mon chèr confrère”. Dopo essersi scusato per la propria paresse, giacché “Il y<br />

a longtemps que je veux vos écrire”, il mittente spiega al destinatario italiano<br />

che il ritardo nel gestire la propria corrispondenza è stato causato da un trasferimento<br />

in campagna (“Je suis, pour l’instant, dans un trou perdu”), dove si trova,<br />

già da qualche tempo, al fine <strong>di</strong> portare avanti la stesura <strong>di</strong> Nana, il nono dei<br />

venti romanzi che costituiscono il ciclo dei Rougon-Macquart: Zola ammette <strong>di</strong><br />

esser ben consapevole, fin dal primo approccio alla composizione del testo, che<br />

dovrà trascorrere più tempo del solito per la redazione <strong>di</strong> questo ennesimo volume<br />

– “je ne serai pas prêt avant un an”, scrive infatti a <strong>Gualdo</strong> – e che i suoi<br />

lettori, i quali a partire dal 1871 avevano visto uscire in libreria un ‘Rougon’<br />

all'anno (compreso Mallarmé, che si <strong>di</strong>ceva felice <strong>di</strong> trascorrere deux des beaux<br />

jours de chaque année immerso nella lettura dei vari romanzi zoliani), dovranno<br />

inevitabilmente mo<strong>di</strong>ficare il loro orizzonte <strong>di</strong> attesa perché, per questa volta,<br />

nessuna nuova opera andrà in stampa prima dello scoccare del nuovo decennio.<br />

Ed in effetti Nana sarà in ven<strong>di</strong>ta solo verso la fine del 1880. 205<br />

Accanto alle informazioni relative a luoghi e tempi <strong>di</strong> composizione dei lavori<br />

del romanziere francese, continuando a scorrere la lettera in esame, si scoprirà<br />

che i due corrispondenti dovevano certamente essere già in contatto da<br />

molto e che, oltretutto, avevano in precedenza avuto modo <strong>di</strong> conoscersi personalmente:<br />

se la pubblicazione <strong>di</strong> una lettera del giugno '79 <strong>di</strong> Zola a Cameroni<br />

da parte <strong>di</strong> René Ternois 206 – poi segnalata anche da Montera 207 – aveva fornito<br />

un primo in<strong>di</strong>zio a riguardo (poiché in essa il critico italiano conferma al suo<br />

destinatario <strong>di</strong> aver ricevuto i saluti trasmessigli per tramite <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>), il documento<br />

custo<strong>di</strong>to nel Fondo Casati serve a retrodatare almeno <strong>di</strong> un anno il<br />

principio del legame <strong>di</strong> amicizia tra i due scrittori, oltre che – naturalmente – a<br />

confermarlo. A questo piccolo corpus <strong>di</strong> testimonianze va, infine, affiancata<br />

una strana “correspondance”, in forma scherzosa <strong>di</strong> bollettino delle novità letterarie,<br />

offerto a Zola da Felice Cameroni il quale, inframmezzandola in un elen-<br />

205 E. ZOLA, Nana, Paris, Charpentier, 1880.<br />

206 R. TERNOIS, Zola et ses amis italiens. Documents iné<strong>di</strong>ts, Paris, Société Les Belles<br />

Lettres, 1967, p. 41: “25 juin 1879 – […] Je vous remercie du salut qui m'a été transmis par<br />

<strong>Gualdo</strong>, lequel aujourd'hui encore, avec Mariage Excentrique, s'entête dans le roman conventionnel<br />

de Feuillet...”.<br />

207 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 94.<br />

350


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

co <strong>di</strong> opere italiane, inserisce nella lettera (datata “Milan, le 6 juillet 1879”) una<br />

breve nota relativa ad un romanzo francese <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, autore al quale invi<strong>di</strong>a<br />

l'onore <strong>di</strong> essere già da tempo un intimo del suo corrispondente. 208<br />

Da quanto si evince dal testo, o almeno da quanto si può intuire sulla base<br />

dei pochi e brevi riferimenti, sembrerebbe che tale frequentazione fosse già <strong>di</strong>ventata,<br />

nel corso del tempo, <strong>di</strong> carattere abituale (“Vous verra-t-on cet hiver à<br />

Paris?”, domanda infatti Zola a <strong>Gualdo</strong>, mostrandosi così al corrente della consuetu<strong>di</strong>ne<br />

dell'italiano <strong>di</strong> recarsi ogni anno, e durante quella stagione, nella capitale<br />

francese). Tuttavia l'aspetto più interessante della lettera è rappresentato da<br />

quelli che sono i motivi che l'autore dei Rougon-Macquart afferma essere all'origine<br />

delle proprie righe in<strong>di</strong>rizzate in Italia, ovvero la volontà <strong>di</strong> rivolgere a<br />

<strong>Gualdo</strong> un doppio ringraziamento. Se, <strong>di</strong>fatti, da un lato egli <strong>di</strong>mostra riconoscenza<br />

per aver ricevuto in dono una copia dei suoi romanzi (che, vista la cronologia<br />

del documento, possono essere soltanto i primi due già pubblicati, ossia<br />

Costanza Gerar<strong>di</strong>, in italiano, e Une ressemblance, in francese ed esplicitamente<br />

menzionato nel documento), <strong>di</strong> cui Zola tesse sincere lo<strong>di</strong>:<br />

[...] il faut que je vous remercie aussi de l’envoi de vos romans. J’avoue que je<br />

boude un peu devant ceux qui sont en italien; au bout de quelques pages, ma tête<br />

tourne. Mais j’ai lu Une ressemblance et j’ai été très-frappé de vos qualités d’analyste.<br />

Il y a là des pages exquises. Le dévouement m’a semblé aussi d’une simplicité tragique.<br />

Continuez, cela est fort beau. 209<br />

Dall'altro lato, egli ringrazia il proprio corrispondente per la buona recensione<br />

realizzata, sulle pagine <strong>di</strong> una rivista nostrana, per il suo ultimo romanzo.<br />

Il compte rendu cui Zola allude è quello de<strong>di</strong>cato da <strong>Gualdo</strong> all'ottava opera del<br />

progetto zoliano, Une page d'amour, 210 testo pubblicato en feuilletton sul perio-<br />

208<br />

Cfr., infra, il paragrafo 6.4.1. Lettera 9 <strong>di</strong> Cameroni a Zola in P. TORTONESE, Cameroni<br />

e Zola. Lettere, Paris-Genève, Champion-Slatkine, 1987, p. 81.<br />

209<br />

Fondo Casati, K 72 suss., c.3b.48(1).<br />

210<br />

Sembrerebbe che Zola abbia sinceramente apprezzato l'interesse <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e, più in generale,<br />

della pubblicistica italiana nei confronti della sua produzione. Lo <strong>di</strong>mostrerebbe una lettera<br />

del luglio 1878 (<strong>di</strong> poco anteriore, quin<strong>di</strong>, a quella in<strong>di</strong>rizzata a <strong>Gualdo</strong>) <strong>di</strong> risposta a De<br />

Amicis, conosciuto proprio nel corso <strong>di</strong> quella estate insieme a Giuseppe Giacosa. In questo documento<br />

l'autore dei Rougon-Macquart ricorda la visita da breve ricevuta da parte dei due scrittori<br />

italiani ed afferma: “Vous me <strong>di</strong>tes que vous êtes en train d'écrire vos impressions sur mon<br />

œuvre et sur ma personne... On ne m'a point gâté en France; [...] aujourd'hui, ce n'est point de<br />

l'étranger que me viennent votre bonnes paroles, c'est de ma première patrie, du sol où est né<br />

351


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>di</strong>co francese «Le Bien Public» a partire dall'11 <strong>di</strong>cembre 1877 (prima ancora,<br />

cioè, che la stesura dell'opera fosse conclusa) e poi apparso in volume per i tipi<br />

<strong>di</strong> Charpentier l'8 giugno seguente:<br />

D’abord, j’ai à vous remercier de l’aimable article que vous avez bien voulu me<br />

consacrer dans la Rassegna settimanale. Je l’ai lu avec le plus vif plaisir. Je sais assez<br />

d’italien pour comprendre le sens général. 211<br />

L'articolo, de<strong>di</strong>cato interamente all'opera in questione e firmato da <strong>Gualdo</strong>,<br />

era apparso in effetti sul giornale fiorentino «La Rassegna settimanale <strong>di</strong> politica,<br />

scienze, lettere ed arti» il 26 maggio 1878, ovvero alla vigilia dell'uscita della<br />

pubblicazione in volume, in Francia, del romanzo zoliano. 212 In questo stu<strong>di</strong>o,<br />

benché si tratti <strong>di</strong> una delle prime recensioni da lui realizzate, il giovane<br />

crititco già mostra spiccate capacità <strong>di</strong> analisi e, dato questo forse ancor più importante,<br />

al suo interno riesce a manifestare fin da subito il proprio gusto ed il<br />

suo spiccato orientamento letterario che lo condurrà, dopo Une page d'amour, a<br />

<strong>di</strong>versi anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, a prendere in esame un altro lavoro piuttosto atipico <strong>di</strong><br />

Zola, vale a <strong>di</strong>re Le Rêve. Volendo ricorrere ad un'espressione coniata da un valente<br />

stu<strong>di</strong>oso zoliano, <strong>Gualdo</strong> recensore si è occupato nel corso della sua carriera<br />

giornalistica <strong>di</strong> quei due testi che più <strong>di</strong> ogni altro <strong>di</strong>fferiscono per il loro<br />

carattere eccezionale dagli altri romanzi del ciclo dei Rougon-Macquart, in<br />

quanto Une page d'amour e Le rêve sono le uniche due opere, per <strong>di</strong>rla con<br />

Henri Mitterand, “non pas mineures, mais en mineur, de la série”. 213<br />

<strong>Gualdo</strong> è un lettore a tutto tondo, onnivoro, <strong>di</strong> Zola: dai suoi carteggi si evince<br />

con quale e quanta attenzione abbia stu<strong>di</strong>ato ogni singolo volume della<br />

sua produzione, ma è altrettanto evidente come il suo entusiasmo resti concentrato<br />

su una certa tipologia <strong>di</strong> testi che potremmo in<strong>di</strong>care come i più idealisti o,<br />

mon père” (E. ZOLA, Correspondance 1972-1902, Paris, Bernouard, 1928, p. 516). Similmente,<br />

in un altro messaggio del <strong>di</strong>cembre 1878 destinato al medesimo corrispondente, Zola – ma<br />

questa volta le sue parole sono riferite ad uno stu<strong>di</strong>o compiuto dallo stesso De Amicis – scrive:<br />

“Dans le moment même où vous parlez si superbement de moi en Italie, on me déchire en France”<br />

(R. TERNOIS, Zola et ses amis italiens. Documents iné<strong>di</strong>ts, cit., p. 39).<br />

211<br />

Fondo Casati, K 72 suss., c.3b.48(1).<br />

212<br />

L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, in «La Rassegna settimanale <strong>di</strong> politica,<br />

scienze, lettere ed arti», a. I, n. 21, 26 maggio 1878, pp. 395-396.<br />

213<br />

H. MITTERAND, Préface à É. ZOLA, Une page d'amour, Paris, Gallimard, 1989, p.<br />

18 (corsivo moi).<br />

352


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

altrimenti detto, i meno realisti in quanto fedeli al metodo naturalista in misura<br />

minore. A conferma <strong>di</strong> ciò si <strong>di</strong>rà che <strong>Gualdo</strong>, rivolgendosi al conte Robert de<br />

Montesquiou, sembra sforzarsi nel citare, a stento, in un poscritto, 214 il romanzo<br />

zoliano ultrarealista La Terre – che aveva suscitato gran scalpore generando notevoli<br />

reazioni tra cui la grande <strong>di</strong>sapprovazione espressa ne Le Manifeste des<br />

Cinq 215 –, mentre riserva un giu<strong>di</strong>zio ben poco lusinghiero al testo altrettanto<br />

ultranaturalista Pot-Boiulle, dal momento che in questo testo, a suo <strong>di</strong>re, “Zola<br />

[…] me paraît tourner un peu au Paul de Kock”. 216 Secondo Valeria Donato,<br />

curatrice dell'epistolario <strong>Gualdo</strong>-Montesquiou, si potrebbe scorgere, nell'insieme<br />

dei pareri espressi dal critico italiano nel suddetto carteggio a proposito della<br />

narrativa <strong>di</strong> Zola, una certa<br />

[…] tendenza ad apprezzare maggiormente quelle opere che in un certo senso si<br />

staccano dai mo<strong>di</strong> più usuali del complesso ciclo zoliano e fanno parte a sé, sia per gli<br />

spunti <strong>di</strong> poetico lirismo e <strong>di</strong> fine penetrazione psicologica che in esse rivela l'autore,<br />

sia per il tentativo <strong>di</strong> uno stile più raffinato, tentativo che sembrava denotare un nuovo<br />

orientamento della sensibilità zoliana. 217<br />

L'esame gual<strong>di</strong>ano è sottile, efficace: <strong>di</strong>fatti, partendo dalla trama dell'opera,<br />

il pubblicista affronta e si sofferma su questioni decisive quali, per l'appunto,<br />

il tema dell'analisi psicologica o lo stu<strong>di</strong>o dei sentimenti e delle passioni umane,<br />

il ruolo dei personaggi secondari o anche la valenza delle <strong>di</strong>gressioni paesaggistico-descrittive.<br />

Quest'ultimo elemento, in particolar modo, risulta <strong>di</strong> cruciale<br />

importanza in rapporto al <strong>di</strong>battito sorto proprio in quegli anni intorno alla crisi<br />

della prosa naturalista: contestualizzato in quest'ottica, l'intervento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

assolve per il pubblico cisalpino non solo il compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere la produzione<br />

zoliana in Italua, ma anche quello <strong>di</strong> avvicinare i lettori nostrani a problematiche<br />

critico-letterarie <strong>di</strong> respiro europeo. Fin dal 1875, in effetti, Brunetière aveva<br />

mosso alcuni passi in opposizione alla poetica della scuola <strong>di</strong> Médan cercando<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come Balzac, a <strong>di</strong>fferenza dei suoi successori idealmente capeggiati<br />

da Zola, si fosse ispirato in maniera artistica alla realtà, allo scopo <strong>di</strong><br />

214<br />

Lettera XXX <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Montesquiou, s.d., in cui si legge semplicemente: “Et La Terre?...”.<br />

Cfr. V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 353.<br />

215<br />

P. BONNETARN – J. H. ROSNY – L. DECAVES – P. MARGUERITTE – G.<br />

GUICHES, La Terre. À Émile Zola, in «Le Figaro», 18 agosto 1887, p. 1.<br />

216<br />

Ivi, p. 315. Lettera <strong>II</strong>I del medesimo allo stesso, datata “San Remo, [febbraio 1882]”.<br />

217 Ivi, p. 303.<br />

353


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

“la transformer” e non se ne fosse servito soltanto per compierne una imitazione<br />

servile, una brutale riproduzione che, come suggerisce Michel Raimond, costituisce<br />

“l'horizon du naturalisme […], mais un horizon singulièrement limité”. 218<br />

Con la pubblicazione <strong>di</strong> Une page d'amour, Zola aveva forse fornito la risposta<br />

più efficace a quelle prime critiche atte a <strong>di</strong>mostrare l'insufficienza estetica<br />

del naturalismo. Questo romanzo, <strong>di</strong>fatti, concepito – come si vedrà – quasi<br />

simile ad un'opera sinfonica, rappresenta uno dei più alti esempi della possibilità<br />

<strong>di</strong> compenetrare, in un testo naturalista, istanze artistiche e metodo scientifico.<br />

Nonostante lo scrittore provocatoriamente affermi, nella lettera agli e<strong>di</strong>tori<br />

posta come préface all'e<strong>di</strong>zione del 1884, 219 che le cinque descrizioni <strong>di</strong> Parigi<br />

– le quali chiudono ognuna ciascuna delle cinque sezioni <strong>di</strong> cinque capitoli in<br />

cui è articolato il romanzo – non siano state altro che “un caprice d'artiste d'une<br />

répétition fatigante, [...] une <strong>di</strong>fficulté vaincue pour montrer la dextérité de la<br />

main”, egli in realtà specifica poco oltre come “nous ne cédons presque jamais<br />

au seul besoin de décrire; cela se complique toujours en nous d'intentions<br />

symphoniques et humaines”, dal momento che “la création entière nous appartient,<br />

tout tachions de la faire entrer en nos œuvres, nous rêvons l'arche immense”.<br />

220 Ebbene, all'interno del proprio compte rendu, ben sei anni prima della<br />

stesura <strong>di</strong> questa lettera esplicativo-<strong>di</strong>fensiva, <strong>Gualdo</strong> non solo non aveva stigmatizzato<br />

tali passaggi (come la gran parte dei lettori dell’epoca), ma aveva anzi<br />

intuito l'importanza destinata da Zola alle parentesi paesaggistiche <strong>di</strong> Una<br />

page d'amour quando aveva parlato <strong>di</strong> una “parte descrittiva […] adoperata in<br />

questo libro dall’A. come istrumentazione, [che] serve d’orchestra e dal basso<br />

accompagna il poema lentamente svolto sulle alture <strong>di</strong> Passy”. 221<br />

Per quanto in questa sede si cerchi <strong>di</strong> sottolineare lo spessore dello spirito<br />

<strong>di</strong> analisi gual<strong>di</strong>ano, pur tuttavia non si dovrà affatto scartare l’ipotesi che tale<br />

coincidenza lessicale possa esser conseguente ad un verosimile precedente colloquio<br />

tra autore e recensore, giacché il tema – con annesse motivazioni – della<br />

presenza delle descrizioni poetiche <strong>di</strong> Parigi, “revenant comme un chant”, 222 ri-<br />

218<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 30.<br />

219<br />

É. ZOLA, Lettre aux é<strong>di</strong>teurs, in Une page d'amour, t. I, Paris, Librairie des bibliophiles,<br />

1884, pp. I-IV.<br />

220<br />

Ivi, pp. <strong>II</strong>-<strong>II</strong>I (corsivo mio).<br />

221<br />

L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 396 (corsivo autoriale).<br />

222<br />

É. ZOLA, Documents. Ébauche iné<strong>di</strong>te d'Une page d'amour, in Une page d'amour, É<strong>di</strong>-<br />

tion présentée et établie par H. Mitterand, cit., p. 394.<br />

354


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sulta più volte annotato nell’Ébauche preparatoria <strong>di</strong> Une page d’amour, solo <strong>di</strong><br />

recente resa nota in appen<strong>di</strong>ce all’e<strong>di</strong>zione del romanzo curata da Mitterand. 223<br />

“Paris et son immensité servent de cadre au recit”, 224 afferma Guillemin evidenziando<br />

come, in questa ottava opera dei Rougon-Macquart, non siano né<br />

les rues né le ventre della capitale francese a fare da contorno alla narrazione; lo<br />

è invece la vista <strong>di</strong> lontano <strong>di</strong> tutti i suoi tetti scorti dalle colline <strong>di</strong> Passy – “un<br />

coin particulier de Paris, assez ritiré, en permettant des descriptions poètiques”<br />

225 –, all'epoca sobborgo a nord ovest <strong>di</strong> Parigi, attualmente inglobato nell'area<br />

metropolitana, nel 16° arron<strong>di</strong>ssement. Zola si era recato a visitare queste<br />

alture nell'aprile 1877 ed era stato a tal punto colpito dalla bellezza del panorama<br />

della città all'orizzonte che, dopo averne <strong>di</strong>segnato una mappa topografica<br />

da utilizzare durante la stesura dell'opera, aveva poi ad<strong>di</strong>rittura deciso <strong>di</strong> rendere<br />

Parigi non più un semplice paesaggio che fungesse da sfondo allo svolgersi<br />

delle vicende, bensì un vero e proprio personaggio del romanzo che avrebbe inoltre<br />

dovuto, secondo modalità che a breve si <strong>di</strong>ranno, interagire con i protagonisti.<br />

Quello spettacolo, infatti, era parso a Zola così familiare da risvegliare<br />

in lui intensi e vivi<strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> del proprio passato:<br />

Aux jours misérables de ma jeunesse, j'ai habité des greniers de faubourg, d'où<br />

l'on découvrait Paris entier. Ce grand Paris, immobile et in<strong>di</strong>fférent, qui était toujours<br />

là, dans le cadre de ma fenêtre, me semblait comme le confident tragique de mes tristesses.<br />

J'ai eu faim et j'ai pleuré devant lui; et devant lui, j'ai aimé, j'ai eu mes plus<br />

grands bonheurs. Eh bien! Dès ma vingtième année, j'avais rêvé d'écrire un roman dont<br />

Paris, avec l'océan de ses toitures, serait un personnage, quelque chose comme le<br />

chœur antique. Il me fallait un drame intime, trois ou quatre créatures dans une petite<br />

chambre, puis l'immense ville à l'horizon, toujours présente, regardant avec ses yeux de<br />

pierre rire et pleurer ces créatures. C'est cette vieille idée que j'ai tenté de réaliser dans<br />

UNE PAGE D'AMOUR. 226<br />

Anche in questo caso l'analisi condotta da <strong>Gualdo</strong> sembra perfettamente<br />

centrare le intenzioni zoliane: nel commentare le ekphraseis relative ai bizzarri<br />

aspetti del cielo, agli incen<strong>di</strong> al tramonto, alle lotte delle bufere e alla purezza<br />

dei raggi del sole mentre squarciano le nubi, egli acutamente osserva come la<br />

223<br />

Ivi, pp. 392-400. Il testo autografo del bozzetto dell'opera zoliana è custo<strong>di</strong>to presso la<br />

BNF con segnatura N.A.Fr., ms. 10318, ff. 490-512.<br />

224<br />

H. GUILLEMIN, Préface à É. ZOLA, Une page d'amour, Lausanne, Rencontre, 1960.<br />

225<br />

É. ZOLA, Documents. Ébauche iné<strong>di</strong>te d'Une page d'amour, cit., p. 394.<br />

226 ID., Lettre aux é<strong>di</strong>teurs, cit., p. <strong>II</strong>.<br />

355


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

presenza <strong>di</strong> queste descrizioni, che si frammezzano all’azione, non rappresenti<br />

una reale sospensione della narrazione, perché esse “sembrano seguire nelle loro<br />

<strong>di</strong>verse fasi i mutamenti che le varie ore portano nei cuori solitari <strong>di</strong> quella<br />

madre innamorata e <strong>di</strong> quella figlia chiaroveggente”. 227 L’opera è incentrata, <strong>di</strong>fatti,<br />

sulle vicende della giovane vedova Hélène Grandjean (figlia <strong>di</strong> Ursule<br />

Macquart e del cappellaio Mouret) e della sua bambina Jeanne, un'un<strong>di</strong>cenne<br />

malata <strong>di</strong> nervi. Le cinque <strong>di</strong>gressioni paesaggistiche poste al termine <strong>di</strong> ciascuna<br />

delle 5 sezioni del romanzo – “5 fois 5 = l'amour, la mort” 228 – svolgono il<br />

compito <strong>di</strong> rispecchiare metonimicamente i sentimenti e gli stati d'animo, in alternanza,<br />

delle due protagoniste femminili: la nascita dell'amore <strong>di</strong> Hélène per il<br />

dottor Deberle (dopo le lunghe ore <strong>di</strong> forzata intimità trascorse al capezzale della<br />

bambina in preda ad un forte accesso), la loro passione, la confessione <strong>di</strong><br />

M.me Grandjean, la gelosia <strong>di</strong> sua figlia e il dolore materno per l'improvvisa<br />

morte <strong>di</strong> Jeanne. Sembrerebbe quin<strong>di</strong> che Zola, riallacciandosi alla lezione <strong>di</strong><br />

Taine ed adottandone la prospettiva, non voglia qui rinunciare all'inserimento <strong>di</strong><br />

parentesi <strong>di</strong> intenso lirismo all'interno <strong>di</strong> Une page d'amour, ma che ad<strong>di</strong>rittura<br />

desideri ‘funzionalizzarle’ in relazione al metodo naturalista, secondo il quale,<br />

come egli stesso afferma in un saggio apparso su «Le Voltaire» nel giugno<br />

1880 (posizione poi riba<strong>di</strong>ta ne Le roman expérimental, 229 che ad esso è pressappoco<br />

contemporaneo), la descrizione non è altro che “un état du milieu qui<br />

détermine et complète l'homme”. 230<br />

La critica contemporanea ha più volte insistito sulla funzione molto spesso<br />

mimetica della rappresentazione oggettiva del mondo esterno e della trasposizione<br />

esteriore <strong>degli</strong> stati soggettivi dei personaggi zoliani, tanto da parlare <strong>di</strong><br />

un tipologia <strong>di</strong> immagine assolutamente non réaliste, ma anzi déréalisante (David<br />

Baguley) 231 o anche, in parallelo con la coeva pittura impressionista, della<br />

nascita, con il romanzo in esame, <strong>di</strong> un nouvel espace de représentation (Jean-<br />

Pierre Leduc-A<strong>di</strong>ne) 232 che si affianca e genera una nouvelle représentation de<br />

227<br />

L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 396.<br />

228<br />

H. MITTERAND, Préface à É. ZOLA, Une page d'amour, cit., p. 14.<br />

229<br />

É. ZOLA, Le roman expérimental, Paris, Charpentier, 1880.<br />

230<br />

ID., De la description, in «Le Voltaire», 8 juin 1880.<br />

231<br />

D. BAGULEY, “Une page d'amour” et la description naturaliste, in «L'échole des<br />

lettres <strong>II</strong>», a. LXXXI, n. 6, 15 décembre 1989, p. 31.<br />

232<br />

J. P. LEDUC-ADINE, Roman de l'art et art du roman: à propos des descriptions de<br />

Paris dans Une page d'amour, in AA. VV., Zola and the craft of fiction (Essays in Honour of<br />

F.W.J. Hemmings), Leicester - London - New York, Leicester University Press, 1990, p. 91.<br />

356


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

l'espace. Certamente, però, va a <strong>Gualdo</strong> il merito <strong>di</strong> aver evidenziato in Italia, in<br />

anni <strong>di</strong> realismo imperante (mentre in Francia, come si è accennato, il naturalismo<br />

era già in piena crisi) una nuova <strong>di</strong>namica narrativa, per la prima volta usata<br />

da Zola in un suo romanzo, ovvero una <strong>di</strong>namica atta ad assorbire la narrazione<br />

all'interno della descrizione, proprio nel medesimo istante in cui il personaggio<br />

stesso appare, a sua volta, in perfetta osmosi con il paesaggio che lo circonda.<br />

Forse è proprio questa lungimiranza gual<strong>di</strong>ana alla base della gratitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> Zola che, presa visione della recensione pubblicata sulla «Rassegna Settimanale»,<br />

ha avuto modo <strong>di</strong> riscontrare nell’articolo dell’italiano giu<strong>di</strong>zi ed osservazioni<br />

veritiere osservazioni espresse: a <strong>di</strong>fferenza della gran parte <strong>degli</strong> altri<br />

lettori tardottocenteschi, infatti, <strong>Gualdo</strong> si era mostrato tra i pochissimi ad aver<br />

davvero pienamente compreso, e non solo ammirato, le pagine <strong>di</strong> Une page<br />

d’amour de<strong>di</strong>cate a Parigi e, sebbene anch'egli abbia evidenziato che talvolta<br />

tali descrizioni “peccano qua e là per qualche tocco non esattamente vero”, 233<br />

egli non fu mai annoverato da Zola come parte <strong>di</strong> quella schiera “des critiques,<br />

éplucheurs de détails” che<br />

[...] après avoir gratté l'œuvre dans tout les sens, ont découvert que j'ai commis<br />

l'impardonnable anachronisme de mettre à l'horizon de la grande ville les toitures du<br />

nouvel Opéra et la coupole de Saint-Augustin, des les premières années du Second<br />

Empire, époque à la quelle ces monuments n'étaient point bâtis. J'avoue la faute, je<br />

livre ma tête. [...] Je luttai d'abord pour l'amour des dates. Mais ces masses étaient trop<br />

tentantes, allumées sur le ciel, me facilitant le besogne en personnifiant de leurs hautes<br />

découpures tout au coin de Paris, vide d'autres é<strong>di</strong>fices; et j'ai succombé, et mon œuvre<br />

ne vaut certainement rien, si les lecteurs ne peuvent se résoudre à accepter cette erreur<br />

volontaire de quelques années dans les âges des deux monuments. 234<br />

<strong>Gualdo</strong> nota l'anacronismo, però non vi si sofferma; sa che è voluto e soprattutto<br />

che non è quello l'aspetto su cui andrà puntata l'attenzione del lettore.<br />

A tal proposito, un recente stu<strong>di</strong>o dell'americano Michael Wetherill ha <strong>di</strong>mostrato<br />

come, a <strong>di</strong>fferenza delle “sviste” involontarie <strong>di</strong> Flaubert nell'Éducation<br />

sentimentale, gli svarioni zoliani rappresentano scelte pienamente consapevoli.<br />

Difatti, che le vicende dell'opera siano ambientate nel 1853-54 è un dato che<br />

non impe<strong>di</strong>sce all'autore <strong>di</strong> inserire, all'interno delle <strong>di</strong>gressioni in cui viene delineato<br />

lo skyline parigino, la cupola <strong>di</strong> St. Augustin (la cui costruzione risale<br />

233 L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 396.<br />

234 É. ZOLA, Lettre aux é<strong>di</strong>teurs, cit., p. IV.<br />

357


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

agli anni 1860-71) o la sagoma della Nouvelle Opéra (terminata solo nel 1875),<br />

dal momento che la presenza <strong>di</strong> questi e<strong>di</strong>fici non ha alcuna ripercussione sui<br />

personaggi che le osservano, né altera in alcun modo le loro sorti o i loro stati<br />

d'animo; queste inesattezze cronologiche sono, invece, finalizzate a trasmettere<br />

al pubblico contemporaneo l'instabilità <strong>di</strong> un panorama urbano profondamente<br />

mo<strong>di</strong>ficato dagli interventi e<strong>di</strong>lizi che, voluti da Haussmann, avevano condotto<br />

ad un bouleversement architectural <strong>di</strong> enorme portata. Sotto questo aspetto, l'irruzione<br />

nel testo <strong>di</strong> Zola <strong>di</strong> alcuni anacronismi non <strong>di</strong>fferisce poi molto dalla<br />

presenza <strong>di</strong> anacronismi nell'opera flaubertiana ai quali essi sono invece assimilabili<br />

per altra ragione giacché in entrambi i casi:<br />

[...] présent et passé perdent leurs assises chronologiques, et prennent une identité<br />

nouvelle dont le statut historique est très largement remis en question. En fin de<br />

compte, leur textes, constamment minés par le jeu de leur propre référentialité, proposent<br />

une vision fragmentée et <strong>di</strong>vergente de la ville. 235<br />

Ma la ville, l'immensa Parigi, domina la vista che Hélene Grandjean gode<br />

dalle alture <strong>di</strong> Passy: la città è un paesaggio con cui, come si è detto, il suo personaggio<br />

interagisce, riflettendo, nella percezione che ha <strong>di</strong> essa, i propri sentimenti<br />

e i propri umori; tuttavia, al tempo stesso, la ville è il luogo “ov'ella non<br />

scende mai” perché, ancora in lutto dopo la per<strong>di</strong>ta del suo primo marito, il padre<br />

<strong>di</strong> Jeanne, “essa esce <strong>di</strong> rado, ricevendo talora la visita <strong>di</strong> due vecchi amici”,<br />

236 l'abate Jouve e M. Rambaud, il quale <strong>di</strong>venterà, nell'epilogo, suo sposo<br />

dopo la parentesi d'amore – involontariamente, ma significativamente, causa<br />

della morte della bambina – con il dottor Deberle. Jeanne, infatti, che in principio<br />

aveva visto con favore il me<strong>di</strong>co che la teneva in cura, inizierà in seguito a<br />

coltivare nei suoi confronti una gelosia così intensa da condurla alla tomba.<br />

L'intento <strong>di</strong> Zola <strong>di</strong> rendere il fulcro della narrazione l'analisi <strong>di</strong> una passione<br />

(“voici ce que je désirerais comme sujet: une passion”) 237 aveva subito<br />

una importante mo<strong>di</strong>fica nel corso della stesura dell'opera: se nell'ébauche <strong>di</strong><br />

questo ottavo volume dei Rougon-Macquart lo scrittore affermava <strong>di</strong> avere co-<br />

235 M. WETHERILL, Visions conflictuelles: le Paris de Flaubert, Zola, Monet, Degas,<br />

Caillebotte, in AA. VV., Le champ littéraire 1860-1900, Amsterdam – Atlanta, Rodopi, 1996,<br />

p. 30. 236 L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 395.<br />

237 É. ZOLA, Documents. Ébauche iné<strong>di</strong>te d'Une page d'amour, cit., p. 392.<br />

358


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

me scopo il voler fare “L'HISTOIRE GÉNÉRALE de l'amour en notre temps”, 238 in<br />

realtà il sentimento su cui verrà poi incentrato il romanzo non sarà più la passione<br />

amorosa, bensì la gelosia (e, naturalmente il suo stu<strong>di</strong>o) della piccola Jeanne<br />

nei confronti <strong>di</strong> sua madre e della relazione da lei instaurata con il me<strong>di</strong>co,<br />

che – benché già coniugato – <strong>di</strong>verrà suo amante. Questo cambio <strong>di</strong> rotta è, a<br />

detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, la vera fortuna <strong>di</strong> Une page d'amour perché proprio in tale aspetto<br />

egli rintraccia l'elemento <strong>di</strong> maggiore interesse e novità dell'opera zoliana,<br />

che (pur non perfetta in ogni sua parte), in virtù dell'accuratezza con cui è<br />

condotto l'esame <strong>di</strong> questa passione, è valutata alla stregua <strong>di</strong> un vero e proprio<br />

chef d'œuvre dal soggetto nuovissimo nella sua straziante monotonia:<br />

[…] il racconto altro non è che il lento e fatale svolgimento della passione cui tentano<br />

invano <strong>di</strong> resistere [M.me Granjean e M. Deberle], e la narrazione delle cause che<br />

li fanno finalmente cadere. Ma l'idea nuova e vera è la infantile, ma profonda gelosia<br />

<strong>di</strong> Jeanne […]. L'analisi psicologica <strong>di</strong> questo sentimento è tale, che per essa sola questo<br />

romanzo – non scevro <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti – è e rimarrà un capolavoro, poiché vi si trovano<br />

pagine che bastano da sole a mostrare uno scrittore sommo nell'arte sua. 239<br />

La gelosia della bambina – “dotata <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> «seconda vista» dovuta<br />

alla morbosa raffinatezza della sua natura” 240 – investe come un fiume in piena<br />

corpo e mente <strong>di</strong> Jeanne, già <strong>di</strong> per sé pre<strong>di</strong>sposta agli eccessi nervosi, acuendo<br />

la sua vulnerabilità psicologica e temperamentale. Come sottolinea <strong>Gualdo</strong> nella<br />

propria recensione, e come evidenzierà lo stesso Zola inserendo una piccola<br />

nota riguardante ciò nell'albero genealogico dei Rougon-Macquart (pubblicato<br />

per la prima volta proprio nell'e<strong>di</strong>zione in volume <strong>di</strong> questo ottavo testo del ciclo),<br />

241 la piccola mostra più <strong>di</strong> una rassomiglianza con la sua bisnonna, la capostipite<br />

<strong>di</strong> entrambi i rami della famiglia, Adelaide Foque – morta pazza –,<br />

238<br />

Ibidem.<br />

239<br />

L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 395 (corsivi miei).<br />

240<br />

Ibidem.<br />

241<br />

In realtà, benché il compte rendu <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> preceda in termini cronologici l'uscita in<br />

volume <strong>di</strong> Une page d'amour, tuttavia la lettera-nota dell'autore che precede la prima parte del<br />

romanzo (in cui egli spiega le due motivazioni che lo hanno spinto ad inserire, finalmente,<br />

nell'ottavo testo della serie, la genealogia dei Rougon-Macquart pur avendola concepita fin dal<br />

principio, nel 1868) è datata “Paris, 2 avril 1878”: nulla esclude dunque che il critico italiano<br />

abbia potuto parlarne con Zola (si potrebbe ad<strong>di</strong>rittura ipotizzare che abbia potuto visionare anticipatamente<br />

l'albero genealogico in questione, con tanto <strong>di</strong> relative annotazioni) ben prima sia<br />

della stesura della propria recensione che della pubblicazione dell'opera presso Charpentier.<br />

359


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

dalla quale ha ere<strong>di</strong>tato “una morbosità che si rivela spesso con spaventevoli<br />

convulsioni”, oltre che il suo essere “una creatura nervosa all'eccesso, nella<br />

quale il sentimento precoce si fonde con l'intelligenza”. 242 A detta <strong>di</strong> Susan Harrow,<br />

Zola ha voluto interpretare con una chiave <strong>di</strong> lettura psicosomatica, e ben<br />

prima della <strong>di</strong>ffusione del pensiero freu<strong>di</strong>ano (il riferimento è qui agli stu<strong>di</strong> relativi<br />

all’isteria), la reazione <strong>di</strong> acerrima gelosia <strong>di</strong> Jeanne <strong>di</strong>nnanzi alla scoperta<br />

del legame che unisce sua madre al dottor Deberle. Secondo la stu<strong>di</strong>osa, <strong>di</strong>fatti,<br />

il romanziere ha proiettato non nel turbamento fisico e nel desiderio <strong>di</strong> M.me<br />

Grandjeanne, bensì nel <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carattere nervoso <strong>di</strong> sua figlia, “the mind/<br />

body inseparability most powerfully”: 243 così agendo, Zola ha fatto in modo che<br />

Hélène potesse riconoscere nei sintomi manifestati da sua figlia “a bo<strong>di</strong>ly response<br />

to the perception of psychological loss, real or imagined”. 244<br />

Naturalmente quella <strong>di</strong> Jeanne non è una ‘per<strong>di</strong>ta’ generata dal frutto della<br />

propria immaginazione: sua madre instaura realmente una relazione sentimentale<br />

con il me<strong>di</strong>co che ha in cura la sua bambina, il cui male rappresenta proprio il<br />

motivo del primo incontro tra i due futuri amanti. Nel suo stu<strong>di</strong>o <strong>Gualdo</strong> afferma<br />

che la narrazione <strong>di</strong> tale occasione va citata tra i “punti in<strong>di</strong>menticabili” del<br />

romanzo, per cui, tra i due episo<strong>di</strong> che egli ritiene più <strong>di</strong> ogni altro degni <strong>di</strong> nota,<br />

egli colloca al primo posto “il momento quando Jeanne ammalata vuol vedere<br />

soltanto il dottor Deberle vicino a lei insieme alla madre, e confonde questi<br />

due aspetti al punto <strong>di</strong> tenere le loro mani riunite alle sue – e ciò pochi istanti<br />

dopo che nella gioia <strong>di</strong> vedere la sua creatura salva, Elena aveva finalmente<br />

confessato al me<strong>di</strong>co l’amore sì a lungo nascosto. Ma d'un tratto la bambina<br />

precoce, come avvertita d'un pericolo da una voce interna, intravede e <strong>di</strong>ffida,<br />

ed è da quell'istante che il capriccioso affetto per Henry Deberle si muta lentamente<br />

in o<strong>di</strong>o”. 245 La seconda scena, invece, che <strong>Gualdo</strong> richiama nel proprio<br />

articolo è quella descritta nelle pagine, per usare ancora una volta le sue parole,<br />

“strazianti e orribilmente vere della morte <strong>di</strong> Jeanne”, 246 che in effetti muore sola,<br />

trascurata tanto da sua madre quanto dalla sua balia – entrambe troppo occu-<br />

242 L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 395.<br />

243 S. HARROW, The matter with Jeanne: narrative and the nervous body in Zola's Une<br />

page d'amour, in AA. VV., L'écriture du féminin chez Zola et dans la fiction naturaliste, Bern,<br />

Peter Lang, 2003, p. 237.<br />

244 Ivi, p. 238.<br />

245 L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 396 (corsivi miei).<br />

246 Ibidem.<br />

360


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

pate con i rispettivi amanti (“l’enfant victime des amoureux passionnés, par sa<br />

bonne et par sa mère”, 247 scrive Zola nel bozzetto del romanzo) –, dopo essersi<br />

rifiutata <strong>di</strong> ricevere le cure offertegli dal dottor Deberle. Il critico si sofferma in<br />

special modo sulla scena che vede come protagoniste, a seguito della piccola<br />

bara can<strong>di</strong>da, tutte le bambine amiche <strong>di</strong> Jeanne, “quelle stesse che Zola ci descrive<br />

prima così bene coi loro <strong>di</strong>versi costumi e le infantili esigenze nel ballo<br />

<strong>di</strong> casa Deberle 248 – ora invece uniformemente vestite <strong>di</strong> bianco”, 249 tanto le più<br />

piccole, ancora non ben consce dell’accaduto, quanto le più gran<strong>di</strong>, istintivamente<br />

tristi <strong>di</strong>nanzi al feretro ricoperto <strong>di</strong> fiori.<br />

L'analisi gual<strong>di</strong>ana, passata in rassegna, infine, anche l'importanza destinata<br />

ai personaggi secondari, si conclude con una sorta <strong>di</strong> apoteosi dell'autore del<br />

grande ciclo dei Rougon-Macquart (che “sta compiendo colla tenacità <strong>di</strong> proposito<br />

che i gran<strong>di</strong> lavoratori sanno immaginare e compiere”) 250 per aver intrapreso<br />

un lavoro a tal punto colossale che per ar<strong>di</strong>tezza può rammentare solo quello<br />

<strong>di</strong> Balzac – il riferimento è chiaramente alla Comé<strong>di</strong>e humaine, opera che lo<br />

stesso Zola aveva definito l'unico e valido esempio <strong>di</strong> “épopée moderne […]<br />

crée en France” 251 – e con la promessa <strong>di</strong> tentare <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care in futuro un lungo<br />

ed accurato stu<strong>di</strong>o critico all'autore <strong>di</strong> Une page d'amour: in tale occasione il<br />

giornalista si propone <strong>di</strong> voler esaminare le sorti <strong>di</strong> questo grande scrittore d'oltralpe<br />

“il cui valore fu indovinato da pochi fin dalla pubblicazione dei suoi primi<br />

romanzi”. 252 Proprio all'insegna <strong>di</strong> questo intento si apre, a <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

il lungo stu<strong>di</strong>o gual<strong>di</strong>ano, apparso in due puntate sulle pagine della «Illustrazione<br />

Italiana» tra gennaio e febbraio 1889, de<strong>di</strong>cato a Le Rêve. 253 Annun-<br />

247<br />

É. ZOLA, Documents. Ébauche iné<strong>di</strong>te d'Une page d'amour, cit., p. 397<br />

248<br />

Cfr. A. MC QUEEN, Les Bals costumés des Rougon-Macquart, in AA. VV., Sur quel<br />

pied danser? Danse et littérature, Amsterdam, Rodopi, 2005, pp. 191-200.<br />

249<br />

L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 396.<br />

250<br />

Ibidem.<br />

251<br />

É. ZOLA, Deux définitions du roman (1867), in ID., Écrits sur le roman naturaliste,<br />

é<strong>di</strong>tion présentée et commentée par G. Gengembre, Paris, Pocket, 1999, p. 51.<br />

252<br />

L. GUALDO, Émile Zola – Une page d'amour, cit., p. 396. Basterebbe pensare al malcontento<br />

espresso da Zola nella prefazione alla seconda e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Thérèse Raquin (1868), dove<br />

egli lamenta la pessima accoglienza riservata a questo suo romanzo giovanile sia da parte dei<br />

gran<strong>di</strong> critici che da parte dei fogli letterari meno prestigiosi. Nella conclusione, ironicamente,<br />

Zola afferma <strong>di</strong> non aver alcun rimpianto né alcun rimprovero da far loro, ma anzi si <strong>di</strong>ce<br />

“charmé de constater que mes confrères ont des nerfs sensibles de jeune filles”.<br />

253<br />

ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit., pp. 63-66 e ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong><br />

Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit., pp. 79-82.<br />

361


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

ciato in un messaggio in<strong>di</strong>rizzato a Verga, questo articolo rappresenta forse la<br />

massima espressione della <strong>di</strong>stanza tra i gusti letterari gual<strong>di</strong>ani e quelli del fervente<br />

critico e acceso sostenitore del più puro naturalismo zoliano Felice Cameroni:<br />

in tale documento epistolare, infatti, <strong>Gualdo</strong> afferma <strong>di</strong> temere che Le Rêve<br />

(e la propria recensione ad esso de<strong>di</strong>cata) abbia “urtato i nervi” 254 dell'amico<br />

verista suo corrispondente, al quale egli ritiene – giu<strong>di</strong>zio poi confermato in una<br />

successiva lettera 255 –, che “quel libro deve <strong>di</strong>spiacere come al Cameroni”. 256<br />

Se<strong>di</strong>cesimo volume della storia naturale e sociale dei Rougon-Macquart<br />

(“il più grande monumento <strong>di</strong> prosa <strong>di</strong> questo secolo dopo la Comé<strong>di</strong>e humaine<br />

<strong>di</strong> Balzac”, come il nostro critico riba<strong>di</strong>sce, appunto, anche in tale occasione), il<br />

romanzo Le Rêve è connotato da un carattere <strong>di</strong> eccezionalità che, se da un lato<br />

lo <strong>di</strong>stingue nettamente dagli altri tomi della saga <strong>di</strong> questa famiglia vissuta sotto<br />

il secondo Impero, dall'altro lo accomuna proprio all’altra sola opera davvero<br />

sui generis del ciclo, Une page d’amour, soprattutto se si considera la posizione<br />

– reale e simbolica – occupata da entrambi i testi. Se, in effetti, un decennio<br />

prima Zola aveva collocato il romanzo <strong>di</strong> Hélène, a sua stessa detta “un peu popote,<br />

un peu jeanjean”, 257 tra due dei testi più violenti ed audacemente realisti<br />

dei Rougon-Macquart, L'Assomoir e Nana, allo stesso modo Le Rêve può esser<br />

visto come risposta e contraltare in rapporto ai volumi che lo precedono e seguono:<br />

La Terre e La Bête humaine (a tal proposito Henry Mitterand parla <strong>di</strong> un<br />

vero e proprio ritmo che scan<strong>di</strong>sce i cicli romanzeschi zoliani). 258 Ma se, afferma<br />

<strong>Gualdo</strong>, Une page d’amour aveva occupato “un posto a parte nella serie”,<br />

con quest'ultimo volume Zola ha varcato dei nuovi confini ed è riuscito ad<strong>di</strong>rittura<br />

ad “andare più in là”. 259 Sebbene abbia concepito e scritto tale opera “con<br />

lo stesso immutabile metodo, con l'identico procédé <strong>di</strong> tutti gli altri volumi, tan-<br />

254<br />

Lettera XX<strong>II</strong>I, s.d. (ma certamente della prima metà del 1889), <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giovanni<br />

Verga. Cfr. G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 142.<br />

Benché il curatore ritenga che <strong>Gualdo</strong> faccia qui allusione a Il sogno <strong>di</strong> un mattino <strong>di</strong> primavera<br />

<strong>di</strong> d'Annunzio, sembrerebbe più che consono pensare che il riferimento sia, invece, al romanzo<br />

<strong>di</strong> Zola giacché si legge nel testo: “Io ho stampato qua e là <strong>degli</strong> articoli inutili, tra i quali uno<br />

entusiastico sul Rêve […] nell'Illustrazione”.<br />

255<br />

Ivi, p. 143. Lettera XXIV: “Non siamo d'accordo, caro Verga, a proposito del Rêve<br />

(come ne accade talvolta)”.<br />

256<br />

Ivi, p. 142. Lettera XX<strong>II</strong>I.<br />

257<br />

É. ZOLA, Correspondance (1872-1902), Paris, Bernouard, 1928, p. 497.<br />

258<br />

H. MITTERAND, Le Rêve: le blue et le noir, in Zola, l’histoire et la fiction, Paris,<br />

PUF, 1990, p. 185.<br />

259 L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit.<br />

362


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

to <strong>di</strong>versi”, 260 e nonostante abbia lavorato “con la stessa tecnica, con lo stesso<br />

inten<strong>di</strong>mento, con lo stesso scopo e lo stesso ideale d'arte”, 261 lo scrittore francese<br />

– ed è questo il punto su cui batte con forza <strong>Gualdo</strong> e su cui impernia la<br />

propria analisi critica – nel Rêve egli continua a mettere in pratica le proprie teorie<br />

<strong>di</strong> osservazione e composizione. Tuttavia anche in questo caso c'è un ma,<br />

anzi un però, giacché subito dopo tale affermazione il critico ammette che:<br />

Però sembra vi si scorga una ricerca nuova, più meticolosa, una ricerca <strong>di</strong> raffinatezza<br />

e <strong>di</strong> stile, una preoccupazione letteraria maggiore, insolita – e rilevante una nuova<br />

tendenza del suo ingegno, un bisogno <strong>di</strong> avvicinarsi alle scuole più recenti, un poco<br />

in contrad<strong>di</strong>zione con certe sue idee, esposte pochi anni fa, quando pretendeva non doversi<br />

troppo preoccupare della <strong>di</strong>citura e si proponeva <strong>di</strong> rendere la propria prosa ancora<br />

più semplice <strong>di</strong> quello che era, rimproverandosi qualsiasi ornamento. 262<br />

Ben lontano dai tempi <strong>di</strong> Thérèse Raquin in cui la critica aveva accolto la<br />

sua opera con voce brutale et in<strong>di</strong>gnée, 263 ma con il ricordo ancora fresco delle<br />

accuse <strong>di</strong> pornografia che avevano accompagnato la pubblicazione de La Terre,<br />

Zola sembra voler <strong>di</strong>mostrare, attraverso un romanzo così singolare qual è Le<br />

Rêve, <strong>di</strong> sapere essere scrittore a trecentosessanta gra<strong>di</strong>, <strong>di</strong> poter affrontare<br />

qualsiasi tematica, genere e soggetto, <strong>di</strong> essere in grado, infine, <strong>di</strong> realizzare,<br />

come sostiene Colette Becker rifacendosi ad un'espressione dei Goncourt, “un<br />

compte exhaustif de l'homme”: 264 spinto dal desiderio <strong>di</strong> riscattare la propria<br />

immagine, <strong>di</strong> rispondere agli attacchi dei firmatari del Manifeste des Cinq e insieme<br />

<strong>di</strong> far finalmente accettare, attraverso questa “envolée dans l'idéal” – per<br />

citare l'espressione usata da Anatole France nel recensire il volume in questione<br />

265 –, la propria ennesima can<strong>di</strong>datura all’Accadémie Française (ragione secondaria<br />

questa, ma al tempo stesso anche opportunamente pratique e <strong>di</strong> cui<br />

<strong>Gualdo</strong> chiede notizia all'amico Coppée), 266 lo scrittore decide <strong>di</strong> dare spazio,<br />

all'interno della sua Histoire naturelle et sociale d'une famille sous le second<br />

260<br />

ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

261<br />

Ibidem.<br />

262<br />

Ibidem (corsivi miei).<br />

263<br />

E. ZOLA, Préface à la deuxieme é<strong>di</strong>tion, in Thérèse Raquin, présentée et annotée par<br />

R. Abirached, Paris, Gallimard, 1979, p. 23.<br />

264<br />

C. BECKER, Préface à É. ZOLA, Le Rêve, Paris, Flammarion, 1975, p.14.<br />

265<br />

A. FRANCE, Le Rêve (rec.), in «Le Temps», 21 octobre 1888.<br />

266<br />

G. GUILLEMIN, Préface à É. ZOLA, Le Rêve, in Oeuvres complètes, t. 16, Paris, Fas-<br />

quelle, 1968, p. 13.<br />

363


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Empire, ad un nuovo romanzo con effetto sorpresa, “qu'on n'attende pas de<br />

moi”. 267 Le Rêve, infatti, narra la storia <strong>di</strong> Angélique, una trovatella (la cui madre<br />

naturale è Sidoine Rougon) allevata dagli Hubert – una coppia <strong>di</strong> ricamatori<br />

268 della citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Beaumont, in Picar<strong>di</strong>a –, cresciuta nutrendosi <strong>di</strong> sacre e<br />

agiografiche letture, prima fra tutte la me<strong>di</strong>oevale Légende dorée. Giunta all'età<br />

dell'adolescenza, la ragazza assiste al realizzarsi delle sue fantasie e sogni ad<br />

occhi aperti che, quasi miracolosamente, si concretizzano tutte nella figura <strong>di</strong><br />

Felicien, il giovane <strong>di</strong> cui si innamora e che scoprirà poi essere, proprio come<br />

nel suo rêve, <strong>di</strong> nobile stirpe. Tuttavia la felicità della giovane coppia, la passione<br />

<strong>di</strong> Angélique per quel principe azzurro sempre atteso ed immaginato, l'i<strong>di</strong>lliaco<br />

amore che a sua volta Felicien nutre per la bella e pura ricamatrice,<br />

vengono ostacolati dal veto del vescovo <strong>di</strong> Beaumont, padre del ragazzo. Soltanto<br />

alla vista della fanciulla consumata dal dolore e pronta a ricevere l'estremo<br />

viatico dalle sue stesse mani Monsignor d'Hautecoeur acconsentirà alle nozze<br />

tra suo figlio ed Angélique, la quale, tuttavia, morirà nel varcare la soglia uscendo<br />

dalla chiesa, ancora avvolta dai profumi dell'incenso e da una luce ieratica,<br />

mentre riceve il suo primo ed ultimo bacio tra le braccia dello sposo.<br />

Un racconto fantastico, insomma; un romanzo che, come sostiene <strong>Gualdo</strong><br />

nel suo attento stu<strong>di</strong>o, “si perde nel meraviglioso […] e prende a poco a poco la<br />

fisionomia quasi <strong>di</strong> ‘racconti <strong>di</strong> fate’”, 269 riconducendo l’ormai maturo Zola, naturalmente<br />

con le dovute <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> metodo, ai temi trattati all'epoca della<br />

sua giovinezza artistica, quando aveva esor<strong>di</strong>to nel mondo delle lettere scriven-<br />

267 E. ZOLA, Ébauche du “Rêve”, in Le Rêve, Notes et commentaires de M. Blond, Paris,<br />

Bernovard, 1927, p. 223. Quanto alle informazioni richieste da <strong>Gualdo</strong>, lontano da Parigi, a<br />

proposito de “l'élection de Zola à l'Académie – car j'ignore tout”, cfr. la lettera XXV a François<br />

Coppée del 3 <strong>di</strong>cembre [1889] in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 273.<br />

268 La scelta <strong>di</strong> questa attività artigianale non sembra affatto casuale: secondo M. SCARPA<br />

(Broderie et «conterie»… Le Rêve. Lecture ethnocritique, in AA. VV., Lire/Dé-lire Zola, Paris,<br />

Nouveau Monde, 2004, pp.241-258) in questo romanzo per Angélique “broder c’est rêver […].<br />

Si Zola choisit de faire adopter A. par un couple de brodeurs, c'est que ce métier convient bien à<br />

son projet de roman plus «pur», plus «psychologique» que les autres textes de la série des Rougon-Macquart.<br />

En effet, remise à la mode en cette fin de XIX siècle par des courants artistique<br />

tel que le pré-raphaélisme, le mouvement Arts and Crafts, et <strong>di</strong>verses grands expositions (dont<br />

l'Universelle de 1889), la broderie lui donne un milieu fin, clos, quasi mé<strong>di</strong>éval qu'il recherche<br />

(les Hubert sont brodeurs-chasubliers de père en fils depuis le XV siècle)”.<br />

269 L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

364


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

do Les contes de fées. 270 È innegabile, <strong>di</strong>fatti, come sottolinea il recensore, che<br />

per quanto il romanzo termini in pieno miracolo, in pieno sogno, oltrepassando<br />

persino le aspettative create dal titolo stesso dell'opera, che Le Rêve sia un testo<br />

che “in fondo s'innalza sopra basi reali” 271 e che esso sia stato composto nel<br />

pieno rispetto <strong>di</strong> quel metodo sperimentale che governa tutti i capitoli dei Rougon<br />

Macquart, ciclo narrativo al quale pur sempre il testo appartiene e si conforma,<br />

anche se in maniera <strong>di</strong>fferente e particolare rispetto alle altre opere:<br />

Nell'opera dei Rougon Macquart […] il se<strong>di</strong>cesimo volume Le Rêve starà da sé,<br />

sebbene legato da un tenue filo agli altri, e per <strong>di</strong> più, necessario alla serie, ad onta<br />

dell'opinione contraria dei critici autorevoli. In codesta “storia naturale e sociale <strong>di</strong> una<br />

famiglia sotto il secondo Impero”, che si proponeva, racchiudendolo in un periodo <strong>di</strong><br />

storia contemporanea, <strong>di</strong> presentare un quadro della umanità sotto tutti i suoi aspetti, vi<br />

doveva essere un libro assolutamente puro, che mostrasse la fioritura mistica del Sogno,<br />

vincitrice della vita stessa, in una creatura d'eccezione, nata e cresciuta in certe<br />

con<strong>di</strong>zioni particolarissime. 272<br />

Lo stesso Zola, nell’Ébauche del romanzo (che è la più estesa rispetto a tutte<br />

le altre benché preceda la stesura del testo più breve del ciclo, a <strong>di</strong>mostrazione<br />

della lunga preparazione e cura posta dall'autore nella composizione del Rêve),<br />

afferma che intende dare al suo nuovo lavoro “une base réelle”, 273 per<br />

quanto in tale volume egli intenda rappresentare una vie idéale e adottare come<br />

temi attorno ai quali tutto muoverà pureté, psychologie e au-delà. 274 Ancor più<br />

eloquente, a tal proposito, e peraltro anteriore rispetto alla stessa ébauche, è<br />

quanto espresso da Zola in una lettera del <strong>di</strong>cembre 1888 in<strong>di</strong>rizzata al giornalista<br />

olandese <strong>di</strong> stanza a Berlino Van Santen Kolff, lettera nella quale l’autore<br />

esprime l'intenzione <strong>di</strong> voler ideare un libro che possa fare da pendant a Le<br />

Faute de l'Abbé Mouret (significativamente l'altro solo volume, accanto a Une<br />

page d'amour e a Le Rêve, su cui <strong>Gualdo</strong> si sofferma con pareri entusiastici) 275<br />

270<br />

C. BECKER, Zola, le saut dans les étoiles, Paris, Presses Sorbonne Nouvelle, 2002, p.<br />

210: “Si il s’est converti au realism, il vien a pas pour autant déclassé son gout pour les rêves<br />

merveilleux”.<br />

271<br />

L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

272<br />

ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit. (corsivi miei).<br />

273<br />

E. ZOLA, Ébauche du “Rêve”, cit., p. 230.<br />

274<br />

Ivi, p. 225.<br />

275<br />

L'unico altro commento positivo, peraltro isolato, è destinato da <strong>Gualdo</strong> a Germinal,<br />

romanzo a proposito del quale afferma – <strong>di</strong>fendendolo dalle critiche mosse da Paul Bourget – in<br />

365


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

e che dovrà essere incentrato sullo stu<strong>di</strong>o dell'al<strong>di</strong>là: “Le Rêve est arrivé à son<br />

heure, comme les autres épisodes”. 276 Rivolgendosi al medesimo corrispondente,<br />

inoltre, egli aveva già scritto appena pochi mesi prima che “Le Rêve avait sa<br />

place marquée dans la série, la place de l'au-delà, de l'insaisissable. Il répond à<br />

la philosophie générale de mon œuvre entière”. 277<br />

Dunque ampio spazio de<strong>di</strong>cato alla fantasia e al sogno, però senza mai abbandonare<br />

il metodo scientifico <strong>di</strong> documentazione e analisi da applicare tanto<br />

nel costruire i personaggi quanto gli episo<strong>di</strong>: i primi, <strong>di</strong>fatti, attingeranno una<br />

parte <strong>di</strong> realtà dalle circonstances, mentre i secon<strong>di</strong> non dovranno avere nulla <strong>di</strong><br />

romantico e anzi essere terre à terre. 278 Non così la sola Angélique, naturalmente,<br />

o almeno non del tutto, giacché anch'essa, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, è pur sempre<br />

ancorata ad un fondamento reale che consiste nel bagaglio ere<strong>di</strong>tario trasmessole<br />

da sua madre, ossia quel sangue dei Rougon che scorre nelle sue vene.<br />

Probabilmente a conoscenza delle intenzioni zoliane, il critico milanese, passando<br />

in rassegna le tematiche principali del testo, sottolinea perché lo scrittore<br />

naturalista abbia incentrato un intero romanzo sull'Al<strong>di</strong>là (concepito, però, come<br />

“un effet de forces qui sont en nous, [...] dans la matière”) 279 e in che modo<br />

abbia affrontato questo argomento nel suo Rêve:<br />

Egli vuole qui far sorgere davanti al lettore tutta la parte <strong>di</strong> sogno che può esistere<br />

nella vita, e invece <strong>di</strong> rintracciarla qua e là nei vari campi dell'esistenza, la concentra<br />

tutta, possentemente condensata in una creatura ideale, ma possibile e vera, la quale,<br />

gettata e cresciuta in un ambiente assai speciale, vi si sviluppa nel modo il più completo,<br />

e vi trova per caso un'avventura eccezionale, meravigliosa, che realizza quasi per<br />

miracolo le sue più strane ed alte aspirazioni. 280<br />

una lettera in<strong>di</strong>rizzata da Nervi a François Coppée del marzo 1885: “Et que <strong>di</strong>tes vous de Germinal?<br />

Pour mon compte je continue à admirer comme une brute. – Bourget n'en veut pas; et<br />

vous?” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 244).<br />

276 Lettera <strong>di</strong> Zola a Van Santen Kolff del 16 <strong>di</strong>cembre 1888 pubblicata in H. MITTE-<br />

RAND, Préface à E. ZOLA, Le Rêve, é<strong>di</strong>tion de La Pléiade, Paris, Gallimard, 1957, p. 1620.<br />

277 Ivi, pp. 1621-1622 (lettera del 5 marzo 1888). Il 5 gennaio dello stesso anno Zola aveva,<br />

inoltre, scritto sempre a Van Santen Kolff: “Il s’agira d’un rejet sauvage des Rougon-<br />

Macquart transplanté dans un milieu mystique et soumis à une culture spéciale qui le mo<strong>di</strong>fiera.<br />

Là est l’expérience scientifique” (corsivi miei).<br />

278 E. ZOLA, Ébauche du “Rêve”, cit., p. 230.<br />

279 BNF, Département des Manuscrits, N.a.fr., ms. 10.324, ff. 186-196.<br />

280 L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit. (corsivi miei).<br />

366


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Pertanto, anche se il biografo zoliano Armand Lanoux affermerà che “Angélique<br />

était l'héroine d’un livre qui est trop angélique”, 281 invero la costruzione<br />

<strong>di</strong> questa fanciulla, e del libro <strong>di</strong> cui essa è protagonista, poggia su solide basi <strong>di</strong><br />

realtà. Tra i tanti giornalisti che avevano trattato sulle riviste italiane del Rêve<br />

sul finire dell'Ottocento, <strong>Gualdo</strong> è stato tra i pochissimi ad aver messo in luce il<br />

legame <strong>di</strong> questo testo atipico con il ciclo dei Rougon-Macquart, 282 quasi andando<br />

contro corrente ed avversando molti critici (fatta eccezione, forse, per<br />

Cameroni, il cui silenzio potrebbe essere forse da imputare a vicende personali)<br />

283 al suo contrario sostenitori del Zola pienamente naturalista. La giovane ricamatrice<br />

è realmente “bellissima, <strong>di</strong> una incomparabile purezza, <strong>di</strong> una completa<br />

innocenza”, eppure in lei risiede, anche se apparentemente rimasto in<br />

quiescenza per lunghi anni, un germe <strong>di</strong> malattia che con un termine moderno si<br />

potrebbe a tutti gli effetti identificare nel ‘DNA’ dei Rougon.<br />

L'educazione ricevuta dagli Hubert, la sua istruzione cattolica, il suo lavoro<br />

<strong>di</strong> brodeuse <strong>di</strong> paramenti sacri, e più in generale il milieu nel quale la sua persona<br />

ed il suo carattere si sono formati, sono tutti fattori che hanno contribuito a<br />

mo<strong>di</strong>ficare quel che in origine questa ragazza sarebbe dovuta essere se si fosse<br />

piegata alle proprie naturali inclinazioni. Eppure, nonostante viva in una casa<br />

all'ombra della cattedrale <strong>di</strong> Beaumont e indossi sempre e solo immacolate vesti<br />

bianche, benché conosca a memoria la vita dei martiri e abbia deciso <strong>di</strong> eleggere<br />

Sant’Agnese (emblema della purezza) suo modello esemplare <strong>di</strong> vita, Angélique<br />

conserva inconsapevolmente in sé il seme dei Rougon pronto a germogliare<br />

con tutte le sue potenziali conseguenze. Il momento propizio perché la voce<br />

dell'istinto possa tornare a farsi sentire è chiaramente l'adolescenza, quando la<br />

forza della natura e delle passioni raggiunge il proprio culmine; è a quest'età infatti<br />

che la giovane donna s'imbatte nell'affascinante Felicien, ed è proprio a<br />

questo punto del romanzo che il lettore attento riconosce che la “superficial appearance<br />

of a fairy tale” 284 del testo cela in realtà un significato più profondo,<br />

che la vera essenza del romanzo risiede altrove. Il critico <strong>Gualdo</strong> lo sa: il suo<br />

compito è, pertanto, condurre per mano coloro che si approcciano al testo ed<br />

281<br />

A. LANOUX, Bonjour Monsieur Zola, Paris, Hachette, 1962, p. 358.<br />

282<br />

S. DISEGNI, La réception du Rêve en Italie entre les deux siècles, in «Les Cahiers Naturalistes»,<br />

a. 48, n. 76, 2000, p. 113.<br />

283<br />

Ivi, p. 107.<br />

284<br />

J. H. MATTHEWS, Zola's “Le Rêve” as an experimental novel, in «Modern Language<br />

Review», april 1957, p. 192.<br />

367


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

aiutarli a scovare questo livello <strong>di</strong> lettura. Scorrendo il suo compe rendu al Rêve<br />

si noterà, <strong>di</strong>fatti, con quale insistente frequenza egli faccia ricorso, in relazione<br />

alla vita interiore e ai sentimenti <strong>di</strong> Angélique, a termini come battaglia, alternativa<br />

e rivolta, a verbi come lottare, oscillare e combattere, ma anche ad aggettivi<br />

come incerta ed irresistibile, dubbia ed ineluttabile, quasi che <strong>Gualdo</strong>,<br />

specialmente nel riassumere la trama dell'opera, si sia sforzato <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgare,<br />

suggerire al suo pubblico 285 una chiave interpretativa, una potenziale modalità<br />

<strong>di</strong> lettura che spieghi il vero senso dell'intero testo, un senso che potrebbe essere<br />

sintetizzato in una nota che Zola aveva appuntato nell'ébauche del romanzo in<br />

questione: la lutte psychologique de la conscience contre les instincts. 286 Perché<br />

Angélique, in fondo, “est une Rougon-Macquart”: 287<br />

En instinct chez elle, l’orgueil et la volupté, la passion. L’éducation des Hubert, et<br />

le milieu qu’elle habite, la transforme, et dès lors la lutte du respect et du devoir, contre<br />

l’orgueil et la passion. Tout le mouvement de la figure est là. Ne pas l’oublier. Tout<br />

l’héré<strong>di</strong>té, un rejet des Rougon-Macquart transplanté et cultivé, et dès lors sauvé tout<br />

l’effet du milieu. 288<br />

Angélique, afferma esplicitamente il critico, “passa attraverso ad alternative<br />

spaventose <strong>di</strong> accasciamento e <strong>di</strong> esaltazione, <strong>di</strong> dubbio e <strong>di</strong> fede”; in lei,<br />

nuovamente rinvigoritasi, “la lunga lotta del misticismo e dell'educazione ricevuta<br />

con gli istinti ere<strong>di</strong>tari ripiglia sempre più gagliarda”. 289 In questo consiste<br />

davvero il romanzo, nell’intento zoliano <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare a coloro che lo avevano<br />

accusato <strong>di</strong> saper essere un grande scienziato, ma non uno scrittore ed uno psicologo<br />

alla stessa altezza, che questa sua opera è, in fondo, una poetica analisi<br />

della lotta interna alla coscienza <strong>di</strong> una creatura che, umanamente e costantemente,<br />

oscilla tra l'obbe<strong>di</strong>enza e la ribellione. 290<br />

285<br />

Si ricor<strong>di</strong> che tale pubblico è composto da lettori che a quei tempi si approcciavano al<br />

testo <strong>di</strong>rettamente in lingua originale e che la versione tradotta in italiano del romanzo uscirà in<br />

volume soltanto nel 1894. Cfr. S. DISEGNI, La réception du Rêve en Italie entre les deux<br />

siècles, cit., p. 105: “[...] la première vague de réception d'un texte français, à l'époque, se fonde<br />

sur le texte original. Les premiers lecteurs et lectrices du Rêve en Italie lurent le roman dans la<br />

langue où il fut écrit”.<br />

286<br />

É. ZOLA, Ébauche du “Rêve”, cit., p. 230.<br />

287<br />

Ivi, p. 231.<br />

288<br />

L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

289 Ibidem.<br />

290 ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit.<br />

368


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Dati i rapporti esistenti tra i due autori, non è da escludersi che <strong>Gualdo</strong> abbia<br />

potuto visionare le bozze preparatorie anche del Rêve, che abbia potuto parlare<br />

del testo <strong>di</strong>rettamente con il romanziere, o che entrambi gli scrittori abbiano<br />

affrontato i su citati argomenti per corrispondenza; tuttavia la mancanza <strong>di</strong><br />

prove o testimonianze a tale riguardo non permette <strong>di</strong> formulare ipotesi, ma solo<br />

mere congetture che nulla tolgono – anzi al contrario rafforzano – all'acume<br />

critico del giornalista cisalpino. Se pure non si fosse mai realizzata una qualsiasi<br />

delle con<strong>di</strong>zioni suddette, l'acutezza dello stu<strong>di</strong>o (e dell'analisi) gual<strong>di</strong>ano relativo<br />

a Zola e alla sua opera, in aperto contrasto con tanti giu<strong>di</strong>zi coevi, consente<br />

<strong>di</strong> cogliere alla perfezione la sintonia del parere del critico italiano con gli<br />

intenti dell'autore del Rêve, largamente anticipando, inoltre, le posizioni <strong>di</strong> molta<br />

(importante e decisiva) critica novecentesca.<br />

<strong>Gualdo</strong> ammira con intensità Zola; dalle sue parole si evince il genuino entusiasmo<br />

e l’apprezzamento per il libro che egli si sta accingendo a recensire,<br />

contribuendone alla <strong>di</strong>vulgazione ed alla <strong>di</strong>ffusione. C’è un passaggio, in particolare,<br />

che <strong>di</strong>mostra la sua profonda stima per romanzo e romanziere, la sincerità<br />

che muove la sua penna, il desiderio <strong>di</strong> spingere il pubblico italiano ad intraprendere<br />

una simile lettura: si tratta dell’incipit della seconda parte del compte<br />

rendu, allorquando, terminata la dettagliatissima sintesi della trama del Rêve,<br />

l’articolista è sul punto <strong>di</strong> introdurre il vero fulcro del proprio <strong>di</strong>scorso:<br />

In questo rapido, imperfetto riassunto, fin qui, del romanzo, speriamo aver lasciato<br />

intravedere il sommo magistero dell'autore, la suprema bellezza <strong>di</strong> linee <strong>di</strong> codesto racconto,<br />

innalzantesi così armonioso e simmetrico in pieno ideale, appoggiato al tempo<br />

stesso sopra solide fondamenta della realtà. Seguirlo più oltre <strong>di</strong>venta più <strong>di</strong>fficile ancora.<br />

L'autore si lascia trasportare, uscendo dalla vita comune, ad una suprema altezza,<br />

fuori dalla realtà quoti<strong>di</strong>ana, in una realtà mistica ed eterna, fino a toccare gli estremi<br />

confini del possibile, e nel possibile soffio che lo sospinge, estolle con sé il lettore. 291<br />

Terminata l’apoteosi dell’opera, <strong>di</strong> cui ancora una volta viene sottolineato<br />

il carattere <strong>di</strong> eccezionalità, <strong>Gualdo</strong> torna ad Angélique, allo spirito <strong>di</strong> rivolta<br />

che alternativamente risorge in lei, alle forze che le ritornano in nome del suo<br />

orgoglio, del suo amore e della sua passione che, sul finire del volume, “troppo<br />

a lungo compressa, trionfa e giganteggia”. 292 Quest’osservazione, <strong>di</strong> certo inte-<br />

291 ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

292 Ibidem.<br />

369


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

ressante già in sé per sé, si carica <strong>di</strong> un valore ancora più intenso se valutata in<br />

rapporto alla posizione che essa ricopre nell'economia del saggio, collocandosi<br />

imme<strong>di</strong>atamente a ridosso dell’analisi della vittoria <strong>degli</strong> istinti naturali della<br />

protagonista a <strong>di</strong>scapito <strong>degli</strong> insegnamenti ricevuti e dell'educazione inculcatale.<br />

Parrebbe quasi che il critico milanese, accanto a quella <strong>di</strong> Angélique, abbia<br />

voluto enfatizzare la libertà espressiva finalmente riconquistata da Zola, un autore<br />

che, smesse – o almeno ri<strong>di</strong>mensionate – le vesti dello scienziato naturalista,<br />

sembra aver concesso alla propria indole poetica <strong>di</strong> esprimersi senza remore<br />

in questo Rêve, dove “con lo stesso suo metodo <strong>di</strong> tutti gli altri suoi libri […]<br />

n’è pure risultato uno stile un poco <strong>di</strong>verso, più alto e lavorato, per l'argomento<br />

stesso, per la materia in cui scolpisce”. 293<br />

Doppio elogio dunque: forma e contenuto, strettamente interconnessi, sono<br />

entrambi elementi su cui si sofferma l’attenzione ed il giu<strong>di</strong>zio positivo <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, il quale, così scrivendo, ci fornisce nuovi in<strong>di</strong>zi per meglio comprendere<br />

la scelta da lui operata <strong>di</strong> recensire alcuni testi <strong>di</strong> Zola piuttosto che altri. Nel<br />

commentare la sezione conclusiva del Rêve, ad esempio, il critico afferma:<br />

Gli ultimi tre capitoli raggiungono, in questo libro eccezionale, una tale intensità<br />

<strong>di</strong> commozione e si spingono ad un volo irresistibile nelle più eccelse regioni dello spirito<br />

e dell’amore, che non sappiamo quali altre pagine vi si potrebbero pareggiare. 294<br />

Non si tratta, quin<strong>di</strong>, solo <strong>di</strong> motivazioni legate alla materia dei due romanzi,<br />

Une page d’amour e Le Rêve, che si configurano certamente come i meno<br />

realisti (o come si è detto, se si preferisce, i più idealisti) della serie dei Rougon-Macquart,<br />

ma <strong>di</strong> una preferenza dettata anche dalla tecnica e dallo stile per<br />

cui lo scrittore francese ha optato e con i quali si è reso narrativamente e linguisticamente<br />

più raffinato, più poetico. Per <strong>di</strong>rla con <strong>Gualdo</strong>, se “già in quell’orgia<br />

<strong>di</strong> prosa lirica ch’è la descrizione del Pardou ne la Faute de l’Abbé Mouret,<br />

Zola aveva rivelato quale anima <strong>di</strong> poeta si accoppii in lui alla mente dello<br />

scrupoloso scienziato dell’osservazione”, 295 se egli era, inoltre, riuscito ad ottenere<br />

una altrettanto potente altezza espressiva “pure in vari commoventi e finis-<br />

293 Ibidem.<br />

294 Ibidem.<br />

295 ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), cit.<br />

370


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

simi capitoli del romanzo Une page d’amour”, 296 è però nel Rêve che l’autore<br />

arriva a raggiungere un livello <strong>di</strong> raffinatezza mai toccato prima:<br />

Ora […] rialza il suo stile, cura sapientemente i perio<strong>di</strong>, ricorre ad artifici <strong>di</strong> proso<strong>di</strong>a,<br />

ad effetti musicali. Il conoscitore che legge attentamente ritroverà certi artifizi,<br />

efficacissimi, e che molto contribuiscono all’effetto <strong>di</strong> alcune pagine. 297<br />

Tra gli espe<strong>di</strong>enti retorico-stilistici cui Zola fa ricorso, <strong>Gualdo</strong> annovera in<br />

primo luogo le ripetizioni, <strong>di</strong> cui fornisce esempi efficaci, come il ce que je<br />

voudrais… <strong>di</strong> Angélique continuamente interrotto da <strong>di</strong>scorsi altrui e da brevi<br />

descrizioni prima <strong>di</strong> poter essere concluso con il suo atteso finale …ce serait<br />

d’eposer un prince; o anche il reiterarsi della descrizione aral<strong>di</strong>ca dell’arma <strong>degli</strong><br />

Hautecoeur, insieme al motto Si Deu volt, je veut che assurge a para<strong>di</strong>gma<br />

esistenziale del vescovo <strong>di</strong> Beaumont, ma anche della stessa Angélique, che<br />

quoti<strong>di</strong>anamente aveva letto quelle parole all’interno della cattedrale accanto<br />

alla quale vive prim’ancora <strong>di</strong> doverle ricamare sui drappi ecclesiastici e <strong>di</strong> sentirle,<br />

infine, pronunciate dalle labbra <strong>di</strong> Monsignore al momento dell’approvazione<br />

delle tanto agognate nozze con Felicien. Tuttavia <strong>Gualdo</strong> non si limita<br />

ad elencare gli artifici usati da Zola per limare il proprio stile: egli ritiene che<br />

esista una ragione più profonda ad aver spinto lo scrittore ad arricchire e cesellare<br />

la sua frase; <strong>di</strong> più, egli ricorda ai suoi lettori che, appena un anno prima<br />

della pubblicazione del Rêve, il romanziere francese aveva dato <strong>di</strong>mostrazione<br />

<strong>di</strong> questa sua nuova tendenza parlandone in alcuni suoi stu<strong>di</strong> ed articoli.<br />

Però non è tutto: il critico giunge persino a dubitare che si possa esser trattato<br />

<strong>di</strong> un’effettiva svolta concreta e definitiva, giacché teme che l’innalzamento<br />

stilistico adottato in questo romanzo da Zola rappresenti qualcosa <strong>di</strong> momentaneo,<br />

e che la sua origine (e causa) non sia da ricondursi ad un qualche<br />

mutamento che in senso lato potrebbe <strong>di</strong>rsi “ideologico”, bensì che tale cambiamento<br />

vada più semplicemente ricollegato alla materia stessa dell’opera:<br />

[…] questa maggiore preoccupazione della forma deriva proprio dal mo<strong>di</strong>ficarsi<br />

delle opinioni, dei gusti dell’autore, o invece solo e semplicemente dal soggetto stesso<br />

del libro, che lo comporta e ve lo spinge? Forse la seconda ipotesi è la vera. 298<br />

296 Ibidem.<br />

297 ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

298 Ibidem.<br />

371


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Naturalmente, non per questo all’autore andrà attribuita una minore stima;<br />

anzi, secondo <strong>Gualdo</strong>:<br />

Zola è un così grande e sicuro artista che scrivendo Le Rêve con lo stesso metodo<br />

<strong>di</strong> tutti gli altri suoi libri […] n’è pure risultato uno stile un poco <strong>di</strong>verso, più alto e più<br />

lavorato, per l’argomento stesso, per la materia in cui scolpisce. 299<br />

Come <strong>di</strong>rà Auerbach, la vera grandezza <strong>di</strong> Zola consiste nell’aver “preso<br />

sul serio l'idea dello stile mescolato” e <strong>di</strong> aver in tal modo “superato il realismo<br />

puramente estetico della generazione precedente”. 300 Se quin<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> ha ritenuto,<br />

alla fine, che l'altezza formale del romanzo fosse dovuta soltanto alla volontà<br />

autoriale <strong>di</strong> adeguarsi alla materia trattata, ciò non gli ha impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> attribuire<br />

ulteriori onori a quest’opera che, a sua detta, può collocarsi a pieno titolo<br />

tra i libri <strong>di</strong> Zola “indubbiamente ammirabili per potenza e profon<strong>di</strong>tà”; ad esso,<br />

ad<strong>di</strong>rittura, spetterà un posto altissimo, forse un poco in <strong>di</strong>sparte, ma certamente<br />

un posto luminoso. 301 Può darsi che il critico avesse apprezzato soprattutto il<br />

desiderio <strong>di</strong> riscatto del romanziere che, con quest’opera, aveva saputo rivelare<br />

come – per usare un’efficace espressione <strong>di</strong> Colette Becker – “dans de l’écriture<br />

artiste […] il était capable de tout tenter”. 302 La stessa stu<strong>di</strong>osa ha altrove recentemente<br />

affermato che una caratteristica spesso sottovalutata della scrittura<br />

zoliana consiste proprio nel ludus, nel <strong>di</strong>vertimento che spesso definiva l’approccio<br />

del romanziere ai propri testi: questo “plasir d’ordre lu<strong>di</strong>que” risulta<br />

particolarmente evidente nell’esame delle ébauches delle opere zoliane, dove al<br />

lettore sembra <strong>di</strong> assistere quasi ad un <strong>di</strong>alogo tra due Zola, l’uno creatore e<br />

l’altro critico, con il primo che lavora indefessamente ai dossiers preparatori,<br />

s’informa, ricerca, stu<strong>di</strong>a e analizza come dovrebbe fare un vero scienziato/<br />

scrittore naturalista, mentre il secondo “joue avec les possibles, avec les inventions<br />

du première, s’interroge, hésite, traitant personnages ou épisodes com-me<br />

des sortes de pions qu’il avance ou recule selon le gain qu’il peut en retirer”. 303<br />

Con ogni probabilità è questo secondo Zola che <strong>Gualdo</strong> ammira, apprezzando<br />

senza riserve lo scrittore che pur <strong>di</strong> ottenere gli effetti sperati rinuncia<br />

299 Ibidem.<br />

300 E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, t. <strong>II</strong>, cit., p. 290.<br />

301 Ibidem.<br />

302 C. BECKER, Préface à E. ZOLA, Le Rêve, cit., p. 14.<br />

303 ID., Zola, le saut dans les étoiles, cit., pp. 212-213.<br />

372


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

talvolta al rispetto fiscale della documentazione raccolta e, per raggiungere una<br />

maggiore riuscita letteraria, non esita a giocare un po’ con i suoi dati, mo<strong>di</strong>ficandoli<br />

<strong>di</strong> tanto in tanto. E dunque, così come in Une page d’amour egli non si<br />

era curato <strong>di</strong> commettere qualche anacronismo – ed anzi aveva strenuamente<br />

<strong>di</strong>feso le sue scelte contro coloro che lo avevano accusato <strong>di</strong> imprecisioni storiche<br />

– pur <strong>di</strong> realizzare una descrizione del panorama parigino quale egli l’aveva<br />

immaginata e desiderata, allo stesso modo sceglie volontariamente <strong>di</strong> collocare<br />

sul timpano del portale principale della cattedrale <strong>di</strong> Beaumont un ciclo scultoreo,<br />

raffigurante la storia <strong>di</strong> Sant’Agnese, che in realtà non esiste. Emblema esistenziale<br />

per Angélique, come si è anticipato, e al tempo stesso suo alter ego,<br />

questa martire – o meglio la sua statua – va a sostituire il Cristo in gloria che a<br />

tutt'oggi sormonta il portale romanico della chiesa del piccolo paesino della Picar<strong>di</strong>a<br />

in cui è ambientata la vicenda del Rêve: questa imprecisione, che Zola si<br />

concede al principio del romanzo, non è chiaramente un semplice vezzo artistico,<br />

poiché serve a dare fin dall’inizio un senso alla vita ed alla storia della protagonista<br />

e soprattutto all’epilogo della sua vicenda. L’assunzione al cielo della<br />

martire, infatti, rappresenta un’anticipazione del destino della protagonista del<br />

romanzo, dal momento che, viene a crearsi una simmetria tra la santa che, una<br />

volta ascesa al cielo, raggiunge Gesù, il suo sposo ed Angélique che, solcato il<br />

portale della chiesa (che rappresenta l’uscita dal mondo del sogno e l’ingresso<br />

nella realtà, dove l’ideale finisce per essere <strong>di</strong>silluso), dopo le nozze, muore nel<br />

suo abito bianco – “mais toute cette blancheur est une blancheur de morte” 304 –<br />

tra le braccia del marito Felicien, “car le désire de pureté est refus de la vie”. 305<br />

Ma come si spiega, allora, questa deriva lirica <strong>di</strong> Zola? Attraverso la scelta<br />

del soggetto dell’opera si è detto. Eppure questa spiegazione da sola non basta;<br />

o meglio, occorrerebbe andare a monte del problema e cercare <strong>di</strong> comprendere<br />

perché Zola abbia deciso <strong>di</strong> rendere il sogno materia del se<strong>di</strong>cesimo volume dei<br />

Rougon-Macquart. Certamente alcuni in<strong>di</strong>zi sono stati già esaminati, primo fra<br />

tutti il love of contrast <strong>di</strong> cui parla Matthews 306 e su cui batte anche Mitte-<br />

304 ID., Préface à E. ZOLA, Le Rêve, cit., p. 21. Al bianco dell’abito da sposa va aggiunto<br />

il candore delle palme bianche, dell’agnello della cerimonia, della statua bianca della Vergine<br />

con il bambino, del corpo <strong>di</strong> neige immaculé <strong>di</strong> Angélique, della luna che illumina la sua stanza<br />

dalle pareti bianche attraverso una finestra che affaccia sulla can<strong>di</strong>da pietra della cattedrale.<br />

305 Ibidem.<br />

306 J. H. MATTHEWS, Zola's “Le Rêve” as an experimental novel, cit., p. 187.<br />

373


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

rand, 307 però non va escluso anche un altro aspetto al quale si è già accennato e<br />

su cui <strong>Gualdo</strong> insiste più volte all’interno del proprio articolo: l’interesse e la<br />

volontà <strong>di</strong> Zola <strong>di</strong> reagire <strong>di</strong>nnanzi ai tentativi dei vari gruppi letterari che all'epoca<br />

della pubblicazione del romanzo “si <strong>di</strong>segna[va]no a Parigi, tra gli ultimi<br />

arrivati, ad onta delle loro temerità e delle loro esagerazioni”. 308 Non bisogna<br />

infatti <strong>di</strong>menticare che, ancor <strong>di</strong> più rispetto ad Une page d’amour, questo testo<br />

va in stampa in anni <strong>di</strong> piena crisi del naturalismo: Vogüé 309 e Brunetière 310<br />

hanno già ampiamente espresso le proprie critiche rigide e dogmatiche, Bourget<br />

continuava a conservare la sua ammirazione per Zola, ma intanto andava proclamandosi<br />

l’unico autore insieme a Loti capace <strong>di</strong> “dépasser la pure description<br />

des décors et des gestes”, 311 e che al loro fianco Barrès e Huysmans ascendevano<br />

– benché affrontando percorsi artistici <strong>di</strong>fferenti – come i nuovi astri<br />

emergenti tra autori <strong>di</strong> best sellers in lingua francese. 312<br />

Zola, in origine “theoretician chief” 313 supposto <strong>degli</strong> autori naturalisti, ormai<br />

abbandonato da quasi tutti i suoi '<strong>di</strong>scepoli' <strong>di</strong> Mèdan, e soprattutto dopo<br />

l’uscita del più volte citato Manifeste des Cinq, sembra voler cercare, in qualche<br />

modo, <strong>di</strong> reagire a tutte le nuove correnti sorte in opposizione al determinismo,<br />

dallo psicologismo all’idealismo, dal misticismo al romanesque. È interessante,<br />

a tal proposito, esaminare la risposta da lui offerta durante l’enquête lanciata dal<br />

perio<strong>di</strong>co francese «Le Gaulois» nella primavera del 1891 (proprio negli stessi<br />

mesi in cui Jules Huret realizzava le sue note interviste, a critici e scrittori, sulla<br />

crisi del romanzo per la rivista «L’Écho de Paris») in seguito alla pubblicazione<br />

<strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong> Marcel Prévost su «Le Figaro» del 12 maggio del medesimo<br />

anno, a proposito delle sorti del Roman romanesque moderne. Ebbene, il naturalista<br />

Zola, intervistato, non si pronuncia affatto contro l’idea <strong>di</strong> romanzesco<br />

esposta da Prévost – nonostante ne riduca la portata definendola senza mezzi<br />

termini un ciclico ritorno al passato, anziché un nuovo orientamento letterario –<br />

ma anzi <strong>di</strong>fende la propria produzione narrativa proprio alla luce <strong>di</strong> questo besoin<br />

du romanesque espresso dal pubblico:<br />

307<br />

H. MITTERAND, Le Rêve: le blue et le noir, cit., p. 185.<br />

308<br />

L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

309<br />

Il riferimento è ad una serie <strong>di</strong> articoli apparsi sulla «Revue Blue» tra il 1879 e il 1885.<br />

310<br />

F. BRUNETIÈRE, Le roman naturaliste, Paris, Calman Levy, 1883.<br />

311<br />

A. ANTIN, Le Disciple de Paul Bourget, cit. p. 12.<br />

312<br />

M. RAIMOND, Le crise du roman, cit., p. 27.<br />

313<br />

D. BAGULEY, Naturalist fiction. The entropic vision, Cambridge, Cambridge Univer-<br />

sity Press, 1990, p. 40.<br />

374


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Pour ma part, je ne suis pas du tout l’ennemi du romanesque. Mes œuvres en possèdent<br />

une assez grosse part, quoique, à <strong>di</strong>re vrai, mes romans contiennent toutes les<br />

notes. 314<br />

Non è da escludersi che questa risposta poté esser dettata dai tempi: si tratta<br />

infatti dei giorni della prima della versione teatrale del Rêve, che verrà rappresentata<br />

all’Opéra Comique il 23 novembre 1891 ed in onore della quale sarà realizzato<br />

un maestoso déjeuner cui partecipò anche <strong>Gualdo</strong>, come racconta egli<br />

stesso in una lettera a Giacosa. 315 Ma non bisogna <strong>di</strong>menticare che, nel frattempo,<br />

tra romanzo e riduzione drammatica dell'opera, Zola aveva realizzato due<br />

nuovi volumi dei Rougon-Macquart: La Bête Humaine e L’Argent, romanzi così<br />

tanto realisti da indurci a credere che sia da avallare l’ipotesi gual<strong>di</strong>ana secondo<br />

la quale la poesia interna al Rêve, per quanto legata alle ‘circostanze letterarie’<br />

della sua epoca, aveva rappresentato qualcosa <strong>di</strong> strettamente ed intrinsecamente<br />

connesso alla natura e al tema stesso dell’opera. Forse è proprio tale<br />

intuizione il motivo che ha spinto il critico italiano a concludere il proprio stu<strong>di</strong>o<br />

sulle pagine della «Illustrazione Italiana» con un elogio della coerenza <strong>di</strong> un<br />

autore che, per <strong>di</strong>rla con le sue stesse parole, fin dal principio della sua straor<strong>di</strong>naria<br />

carriera non aveva mai esitato né vacillato né mutato, ma aveva ed ha anzi<br />

continuato a procedere, “possentemente e <strong>di</strong>rettamente, con incrollabile proposito,<br />

verso la meta prefissa, senza mai deviare <strong>di</strong> una linea né perdere un giorno”.<br />

316 È superfluo specificare che con questa frase <strong>Gualdo</strong> stesse alludendo al<br />

colossale monumento dei Rougon-Macquart, opera che, dopo la pubblicazione<br />

dei primi se<strong>di</strong>ci volumi era, finalmente, quasi sul punto <strong>di</strong> giungere al termine:<br />

[Zola] vi giungerà sereno, in piena maturanza del suo forte ingegno, con la maestà<br />

<strong>di</strong> un gigantesco operaio della penna, che ha compiuto un e<strong>di</strong>ficio colossale – e ciò<br />

con un lavoro assiduo, lento, ma ch’è sembrato rapido tant'è stato costante, – senza aver<br />

menomato né la sua salute, né il suo talento, senza aver conosciuto le ansietà febbrili,<br />

gl’innominabili dolori d’artista che travagliarono Balzac – vivendo gagliardamente<br />

dell’eccesso del suo lavoro, anziché morirne. 317<br />

314 –, Enquête sur le Roman romanesque, in AA. VV., Enquête sur le Roman romanesque<br />

(Le Gaulois, 1891), présentée par J.-M. Seillan, Chemin du Thil, Collection du Centre d’Études<br />

du Roman et du Romanesque de l’Université de Picar<strong>di</strong>e, 2005, p. 193.<br />

315 Lettera 5 a Giacosa (Berna, nov. 1891). P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 315.<br />

316 L. GUALDO, L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit.<br />

317 Ibidem (corsivi miei).<br />

375


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Il parallelo con Balzac ritorna in questa chiosa ancora una volta, ma in tale<br />

occasione esso non assolve più il compito <strong>di</strong> sottolineare il primato della Comé<strong>di</strong>e<br />

Humaine sul ciclo dei Rougon-Macquart, bensì rappresenta un modo per<br />

suggellare la grandezza <strong>di</strong> un romanziere che ha saputo riuscire e ben governarsi<br />

nel suo essere uomo prim’ancora che scrittore. Durante i suoi ultimi anni, la<br />

presenza <strong>di</strong> Zola nella vita <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> non sembra affatto cessare, e anzi continua<br />

ad essere costante: ne sono testimonianza, da un lato, i loro frequenti incontri<br />

e, dall'altro, le molte ed affettuose de<strong>di</strong>che autografe che accompagnano <strong>di</strong>versi<br />

volumi dello scrittore francese tuttora conservati in ciò che resta della superstite<br />

biblioteca gual<strong>di</strong>ana. Di alcuni rendez-vous tra i due scrittori ci resta<br />

notizia attraverso quella inesauribile fonte <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> (e pettegolezzi) del XIX<br />

secolo che è il Journal dei Goncourt: in data 23 aprile 1896, ad esempio, sono<br />

annotate alcune conversazioni avvenute ad un esclusivo dîner chez Zola alla cui<br />

tavola, oltre all’ospite e al memorialista che racconta l'accaduto, pare sedessero<br />

Eduard Rod, François Coppée, Giuseppe Giacosa ed il povero <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

“qui se traîne en paralysé en tout les lieux du monde et de plaisir” 318 nonostante<br />

l'han<strong>di</strong>cap fisico ed i vari mali neurologici dell'ultimo periodo della sua esistenza.<br />

Purtroppo nulla è rivelato <strong>di</strong> ciò che fu detto durante la cena, ma, per <strong>di</strong>rla<br />

con René Ternois, “n'a pas d'autre intérêt que d'être un signe de la continuité de<br />

relations cor<strong>di</strong>ales”. 319 Sappiamo inoltre, da una lettera dello stesso <strong>Gualdo</strong> in<strong>di</strong>rizzata<br />

a sua cugina Giuletta che nel novembre 1893 egli aveva ricevuto un<br />

invito da parte <strong>di</strong> Zola per assistere all'Opéra Comique <strong>di</strong> Parigi alla rappresentazione<br />

della prova generale <strong>di</strong> un lavoro teatrale tratto da un altro suo testo,<br />

l'Attaque du Moulin. Il giu<strong>di</strong>zio del critico dopo lo spettacolo, in aperta contrapposizione<br />

con il parere espresso dallo stesso Zola, è ben poco lusinghiero:<br />

Sono stato ieri alla prova generale (<strong>di</strong> giorno) della nuova opera <strong>di</strong> Bruneau<br />

(l’autore del Rêve) che si chiama l’Attaque du Moulin, tolto da una novella <strong>di</strong> Zola, dal<br />

quale ho avuto un biglietto per andarvi, cosa non facile. Vi ho trovato alcune cose bellissime,<br />

ma, forse per <strong>di</strong>sposizione mia, mi vi sono potentemente annoiato. La teoria<br />

(seguita da Bruneau) <strong>di</strong> far parlare per delle ore i personaggi in musica descrittiva con<br />

accompagnamento figurato d’orchestra, è per me sbagliatissima. Alcuni pezzi d’insieme<br />

e certe parti sono belle. Domani ha luogo la prima rappresentazione. Zola ne è<br />

entusiasta, ma credo abbia torto. 320<br />

318<br />

E. – J. DE GONCOURT, Journal. Mémoires de la vie littéraire, t. IV, cit., p. 968.<br />

319<br />

R. TERNOIS, Zola et ses amis italiens, cit., p. 94.<br />

320<br />

Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z 80 suss., b.2(10), Lettera a Giulietta del 22 novembre 1893.<br />

376


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Il parere sfavorevole, comunque, sembrerebbe non è certo riservato all'opera<br />

zoliana perché a far sorgere dubbi nel povero <strong>Gualdo</strong> avevano contribuito<br />

piuttosto le teorie seguite, nel musicare il testo originale, da Alfred Bruneau,<br />

poiché questi si era avvalso <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> motivi conduttori e <strong>di</strong> frasi musicali<br />

caratteristiche associate ad ogni singolo personaggio, sentimento o azione<br />

che, a quanto pare, non erano state apprezzate dall'italiano, invitato d'eccezione.<br />

Allo stesso periodo della lettera poc'anzi citata risale, inoltre, l'invio da parte<br />

<strong>di</strong> Zola <strong>degli</strong> unici due volumi a tutt'oggi ancora conservati nella biblioteca <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>: La débâcle (1892) e Le docteur Pascal (1893). In realtà, fa notare Pierre<br />

de Montera, all'epoca dell'inventario dei beni gual<strong>di</strong>ani redatto all'indomani<br />

della morte dello scrittore milanese, erano ben otto i testi zoliani annoverati tra i<br />

beni del defunto. Tuttavia è anche vero che, se all'altezza <strong>degli</strong> anni '80 del Novecento<br />

– quando cioè Montera ha avuto modo <strong>di</strong> visionare ciò che restava del<br />

Fondo <strong>Gualdo</strong> negli archivi della Melagiana sull'isola d'Elba – <strong>di</strong> quegli otto esemplari<br />

iniziali ne era rimasto uno soltanto (Le débâcle, con de<strong>di</strong>ca “À <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, son dévoué confrère, Émile Zola”), 321 dopo la donazione nel 2000 da<br />

parte <strong>degli</strong> ere<strong>di</strong> Litta Mo<strong>di</strong>gnani del suddetto fondo alla biblioteca Ambrosiana<br />

<strong>di</strong> Milano, è riemerso dall’oblio un secondo romanzo zoliano appartenuto a<br />

<strong>Gualdo</strong>. Il libro superstite è, come si è anticipato, Le docteur Pascal ed anch'esso<br />

reca una de<strong>di</strong>ca autografa dell'autore: “À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, son confrère dévoué,<br />

Émile Zola”. 322 Non è quin<strong>di</strong> da escludersi che, col tempo, possa ritornare alla<br />

luce qualche altro volume <strong>di</strong>sperso dell'antica biblioteca gual<strong>di</strong>ana per fornire,<br />

accanto ai testi già noti, un’ulteriore testimonianza della sympathie e dell'estime<br />

che Zola ha nutrito sino alla fine per <strong>Gualdo</strong>, l’italo-francese suo confrère.<br />

6.4b Agli antipo<strong>di</strong> della critica gual<strong>di</strong>ana: Cameroni, “le zoliste à jet continu”<br />

La conoscenza e la <strong>di</strong>ffusione in Italia della narrativa naturalista ha come<br />

primo centro propulsore Milano, città in cui nascono (nel corso dello stesso<br />

1844) ed in cui prevalentemente operano, sebbene collaborando a testate giornalistiche<br />

<strong>di</strong>fferenti, i due più precoci <strong>di</strong>vulgatori dell’opera zoliana al <strong>di</strong> qua<br />

321 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-1898), cit., p. 95.<br />

322 E. ZOLA, Le docteur Pascal, Paris, Charpentier et Fasquelle, 1893. L’esemplare con<br />

de<strong>di</strong>ca è custo<strong>di</strong>to alla biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano con segnatura S.Q#.Z.X.17.<br />

377


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

delle Alpi: <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Felice Cameroni. Forse amici, certamente conoscenti,<br />

questi due ambasciatori ufficiosi 323 della cultura francese nella nostra penisola<br />

sono entrambi lettori aggiornatissimi e forti sostenitori, già a partire dalla metà<br />

<strong>degli</strong> anni '70, <strong>di</strong> Émile Zola e del suo lavoro, apprezzato col medesimo entusiasmo,<br />

eppure su basi e per ragioni <strong>di</strong>ametralmente opposte. Da un lato, infatti,<br />

Cameroni rappresenta il più noto, oltre che il più prolifero, critico del naturalismo<br />

(un vero “monomaniaco del realismo”, come lui stesso ebbe a definirsi),<br />

mentre, dall'altro lato, <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> essere – come si è detto nel paragrafo<br />

precedente – non un seguace zoliano tout court, bensì un profondo ammiratore<br />

dei più “anomali”, in quanto <strong>di</strong> impronta idealista, romanzi del ciclo dei Rougon-Macquart.<br />

È indubbio che Cameroni – come sottolinea Silvia Disegni 324 –<br />

sia il meglio conosciuto tra i critici (anche se questi, così come <strong>Gualdo</strong>, sosteneva<br />

<strong>di</strong> non ritenersi tale) 325 che hanno contribuito alla <strong>di</strong>vulgazione in Italia<br />

dell'ideologia e dei testi elaborati dagli autori della – impropriamente detta –<br />

scuola <strong>di</strong> Médan, sia per la mole dei suoi interventi, sia per la tiratura del tipo <strong>di</strong><br />

riviste su cui ha scritto (principalmente quoti<strong>di</strong>ani), sia, infine, per i numerosi<br />

stu<strong>di</strong> a lui offerti che ne hanno alimentato la fortuna postuma. Tuttavia i comptes<br />

rendus gual<strong>di</strong>ani, <strong>di</strong> numero certamente inferiore rispetto a quelli cameroniani,<br />

giocano un ruolo altrettanto decisivo nella me<strong>di</strong>azione culturale tra i due<br />

paesi, delineandone anzi una tappa necessaria – soprattutto in virtù del loro carattere<br />

premonitore – per la <strong>di</strong>ffusione e lo sviluppo delle future correnti letterarie<br />

nel nostro paese. Se infatti Cameroni, zoliste à jet continu, 326 con il suo ra<strong>di</strong>-<br />

323<br />

Adatto qui, riferendola ad entrambi i critici, un'espressione utilizzata da Anne-Christine<br />

Faitrop a proposito <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e della sua nomina a cavaliere della légion d'honneur per i suoi<br />

meriti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore tra cultura francese ed italiana (v. Notes bibliographiques, in «Revue des<br />

études italiennes», t. XXIX, n. 4, octobre-décembre 1983, p. 253).<br />

324<br />

S. DISEGNI, La <strong>di</strong>ffusion de l'œuvre de Zola en Italie: un exemple de mé<strong>di</strong>ateur culturel,<br />

Carlo del Balzo, in «Les Cahiers naturalistes», 79, 2005, p. 109.<br />

325<br />

Afferma, infatti, Cameroni in una Rassegna bibliografica apparsa su «Il Sole» del 22<br />

febbraio 1874: “Non ho alcuna pretesa alla versalità, né mi professo critico, ma semplice cronista<br />

bibliografico”.<br />

326<br />

Lettera <strong>di</strong> Cameroni a Zola del 15 ottobre 1884 (R. TERNOIS, Zola, Pica et Cameroni,<br />

in «<strong>Stu<strong>di</strong></strong> Francesi», 12, settembre-<strong>di</strong>cembre 1960, p. 476) in cui si legge: “Pendant <strong>di</strong>x années<br />

j'ai été presque seul à faire de la propagande naturaliste avec une espèce d'acharnement, «à jet<br />

continu», comme vous avez <strong>di</strong>t à M. De Amicis” (cfr. anche E. DE AMICIS, Ritratti letterari,<br />

Milano, Treves, 1881, p. 78).<br />

378


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

calismo e la sua “sfrenata mania <strong>di</strong> realismo” 327 finirà per essere considerato<br />

nell'ambito della critica letteraria, dopo il 1880, un apostolo anacronistico e <strong>di</strong><br />

periferia, 328 un simile giu<strong>di</strong>zio non rischierà assolutamente <strong>di</strong> ricadere su <strong>Gualdo</strong>,<br />

che, attraverso l'apertura e la lungimiranza palesate nelle sue analisi (ifluenzate<br />

certo dal suo gusto personale, ma anche dalle proprie frequentazioni cosmopolite)<br />

lo condurranno a <strong>di</strong>venire strenuo <strong>di</strong>fensore del romanzo psicologico<br />

prima e del simbolismo poi.<br />

Una simile <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> orizzonti tra <strong>Gualdo</strong> e Cameroni non è da ricercarsi<br />

nella sola <strong>di</strong>vergenza <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>lezioni o nelle <strong>di</strong>stinte reti <strong>di</strong> amicizie ed influenze<br />

subite: essa ha invece, con ogni probabilità, origine dal profondamente<br />

<strong>di</strong>verso status sociale dei due autori e, conseguenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> ciò, dalle relative<br />

posizioni culturali, ideologiche ed in parte anche sociopolitiche da essi assunte<br />

e sostenute. Felice Cameroni è, <strong>di</strong>fatti, un funzionario modello della Cassa <strong>di</strong><br />

Risparmio delle provincie lombarde, <strong>di</strong> formazione protestataria, 329 che approda<br />

al giornalismo all'età <strong>di</strong> venticinque anni debuttando sulle pagine dell'Unità,<br />

dove accompagna, sinergicamente e fin dal principio, i propri interventi <strong>di</strong> critica<br />

letteraria a frequenti spunti polemici, chiara espressione delle proprie tendenze<br />

democratico-ra<strong>di</strong>cali (non a caso il suo contemporaneo Roberto Sacchetti<br />

lo ha definisto con un’efficace formula “apostolo della rivoluzione verista in<br />

letteratura e della ribellione sociale in politica”). 330 A <strong>di</strong>fferenza del nobile conte<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, che veste i panni del recensore soltanto per gusto squisitamente<br />

letterario e che in prima persona scrive romanzi, novelle e versi per puro amore<br />

dell'art pour l'art, Cameroni focalizza la propria attenzione sulla narrativa<br />

d'oltralpe perché vede in essa l'unica strada e l'unico genere atto a sostenere il<br />

peso <strong>di</strong> una vasta indagine sulla società contemporanea: il suo oltranzismo naturalista<br />

è frutto <strong>di</strong> una propaganda atea, socialista e realista che, come afferma<br />

Madrignani, “volle essere la punta più avanzata <strong>di</strong> una militanza politico-cul-<br />

327<br />

G. VIAZZI, Felice Cameroni, ovvero del partito ra<strong>di</strong>cale in letteratura, prefazione a F.<br />

CAMERONI, Interventi critici sulla letteratura italiana, cit., p. 5.<br />

328<br />

R. BIGAZZI, L'apostolato <strong>di</strong> Felice Cameroni, in I colori del vero. Vent'anni <strong>di</strong> narrativa:<br />

1860-1880, cit., p. 210: “Dopo il 180, Cameroni continuò a dar prove della sua qualità <strong>di</strong><br />

buon lettore, ma il suo apostolato, e non solo il suo, era sempre più respinto in periferia [...]”.<br />

329<br />

Ivi, p. 198.<br />

330 R. SACCHETTI, Milano 1881, cit., p. 443.<br />

379


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

turale in aperta sfida contro le classi dominanti e la loro letteratura”. 331 Di qui la<br />

preferenza incon<strong>di</strong>zionata nei confronti dell’opera <strong>di</strong> Zola ed i severi giu<strong>di</strong>zi<br />

espressi a proposito <strong>di</strong> alcuni testi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, specie del suo Mariage excentrique<br />

332 – ben <strong>di</strong>versa sarà invece la recensione de<strong>di</strong>cata al romanzo parlamentare<br />

Decadenza –, ad<strong>di</strong>tato come libro privo <strong>di</strong> rapporto con la contemporaneità, costruito<br />

su clichés romantici e, pertanto, eccessivamente “azzurro” (si ricor<strong>di</strong> che<br />

uno <strong>degli</strong> pseudonimi con cui Cameroni era solito firmare molte rassegne bibliografiche<br />

era, per l'appunto, “Kuaneofobo”, ossia o<strong>di</strong>atore dell'azzurro). 333<br />

Dopo aver a lungo oscillato tra Balzac e Hugo, tra Guerrazzi e Rovani,<br />

Cameroni “scopre” al principio <strong>degli</strong> anni '70 l’opera <strong>di</strong> Émile Zola; quest'ultimo,<br />

non solo narratore eccezionale, appare ai suoi occhi come perfetta incarnazione<br />

<strong>di</strong> tutte le qualità (dallo stile alla complessità ideologica) a lungo cercate<br />

negli autori coevi essendo il solo che riesce a fornirgli, per <strong>di</strong>rla con Bigazzi, “il<br />

modello concreto <strong>di</strong> una sintesi <strong>di</strong> tutti i pregi da lui sparsamente apprezzati”. 334<br />

Emulo <strong>di</strong> Balzac per finezza d’osservazione, realista fino alla fotografia, stu<strong>di</strong>oso<br />

delle passioni e debolezze umane 335 che si serve della letteratura come mezzo<br />

d'azione sulla società facendo della narrativa un’arte in grado <strong>di</strong> portare a<br />

termine una indagine sociale che ha per mira la totalità, 336 lo scrittore <strong>di</strong> Médan<br />

sarà infine etichettato dal critico italiano (ideatore <strong>di</strong> aforismi, brevi incisi, slogan<br />

e massime ripetute a oltranza) come “il Courbet del romanzo francese”. 337<br />

331 C. A. MADRIGNANI, Il ra<strong>di</strong>calismo critico <strong>di</strong> Felice Cameroni (con 12 lettere ine<strong>di</strong>te<br />

ad A. Ghisleri), in «Giornale storico della letteratura italiana», v. CLIV, fasc. 448, 4° trim.<br />

1977, Torino, Loescher, 1977, p. 574.<br />

332 F. CAMERONI, Appen<strong>di</strong>ce letteraria. Un mariage excentrique, in «Arte drammatica»,<br />

27 giugno 1879, pp. 2-3, poi in ID., Interventi critici sulla letteratura italiana, cit., pp. 187-189.<br />

333 G. P. LUCINI, Felice Cameroni (ricor<strong>di</strong> e confidenze), in «La Voce», a. V, n. 4, 23<br />

gennaio 1913, p. 995. Accanto a Kuaneofobo (o anche Huaneofobo) tra gli altri pseudonimi<br />

usati da Cameroni si ricorderanno anche Appren<strong>di</strong>sta, Asso, Atta Troll, Orso (con la variante,<br />

durante i mesi estivi dei ritiri in montagna, <strong>di</strong> L'orso dello Stelvio, o dello Spluga), Pessimista,<br />

Stoico e, infine, Topo <strong>di</strong> biblioteca (cfr. O. RAGUSA, Felice Cameroni tra Italia e Francia:<br />

appunti bio-bibliografici, in «<strong>Stu<strong>di</strong></strong> Francesi», V<strong>II</strong>, n. 19, gennaio-aprile 1963, pp. 96-101.)<br />

334 R. BIGAZZI, L'apostolato <strong>di</strong> Felice Cameroni, cit., p. 205.<br />

335 F. CAMERONI, Novità letterarie francesi. “La Conquête de Plassans” <strong>di</strong> Zola, in «Il<br />

Sole», 20 agosto 1874: “Per finezza <strong>di</strong> osservazioni, Zola è un emulo <strong>di</strong> Balzac; per colorito un<br />

allievo <strong>di</strong> Gautier; è un realista fino alla fotografia, da stereoscopo; uno stu<strong>di</strong>oso delle passioni e<br />

debolezze umane fino allo spicillo: è un materialista pittore, un fisiologo romanziere”.<br />

336 R. BIGAZZI, L'apostolato <strong>di</strong> Felice Cameroni, cit., p. 208.<br />

337 F. CAMERONI, Rassegna bibliografica, in «Il Sole», 31 luglio 1874: “Rimando alla<br />

prossima rassegna la Conquête de Plassans <strong>di</strong> Zola, il Courbet del romanzo francese. Questo<br />

380


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Nell’approcciarsi all'opera <strong>di</strong> Zola (così come poi farà con Jules Vallès, per<br />

il quale scriverà la prefazione ai Réfractaires) e nel commentala presentandola<br />

al pubblico peninsulare, Cameroni manifesta apertamente le sue preoccupazioni<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne politico e letterario, senza affatto celare il desiderio <strong>di</strong> voler “in<strong>di</strong>quer<br />

aux intellectuels italiens le chemin d'un engagement politique” proprio attraverso<br />

gli incarichi <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgatore e recensore letterario. 338 Tuttavia, è in questo<br />

stesso forte impegno ideologico che risiede il limite del critico che, per quanto<br />

fine lettore, sottovalutando l'importanza della <strong>di</strong>mensione scientifica e positiva<br />

attribuita da Zola al proprio lavoro (così come sarà in grado <strong>di</strong> fornire un'ottima<br />

interpretazione sociologica dei Malavoglia senza però comprendere “la loro<br />

<strong>di</strong>mensione formale”, che al contrario <strong>Gualdo</strong> perfettamente colse) 339 preferì<br />

sempre puntare – professando la propria fede materialistica – “sull’aspetto della<br />

provocazione politica e morale anziché su quello scientifico”, 340 facendo della<br />

sua lunga ed infaticabile opera <strong>di</strong> recensore un'ininterrotta battaglia <strong>di</strong> idee che<br />

egli condurrà con estrema coerenza sino alla fine dei suoi giorni. Tuttavia sarà<br />

tale eccesso <strong>di</strong> coerenza a rendere, a partire dal 1880 (ovvero con l’avvio della<br />

crisi del naturalismo in Francia), quel che un tempo era stato il pioniere Cameroni,<br />

un critico anacronistico ed attardato: “Povero e buon F. C.! è rimasto sempre<br />

colle sue pratiche zoliane!”, 341 scriverà nel suo necrologio l'amico Lucini<br />

sulle pagine de «La Voce», dove, tra ricor<strong>di</strong> e confidenze cariche d'affetto, emergono<br />

senza mezzi termini anche alcuni rimproveri per l'articolista milanese<br />

ed in primis l'accusa per il suo rigetto ad oltranza della trionfante invasione<br />

simbolica, conseguenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> un'ostinazione (“F. C. incominciò a vivere,<br />

visse e morì in una costanza <strong>di</strong> opinioni e <strong>di</strong> aspetti ammirevoli ma ostinati”) 342<br />

che condusse Cameroni, a detta <strong>di</strong> Lucini, ad essere il peggior nemico intellettuale<br />

<strong>di</strong> se stesso, 343 poiché non gli consentì <strong>di</strong> comprendere che “rinnovarsi significava<br />

far qualche cosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso e <strong>di</strong> migliore, appunto perché <strong>di</strong>verso”. 344<br />

volume forma parte della storia naturale e sociale <strong>di</strong> una famiglia sotto il secondo impero, un<br />

capolavoro realista, degno <strong>di</strong> continuare la Comme<strong>di</strong>a Umana <strong>di</strong> Balzac”.<br />

338<br />

S. DISEGNI, Felice Cameroni: un critique milanais face aux Réfractaires, in «Autour<br />

de Vallès. Revue de lectures et d'études vallésiennes», n. 32, décembre 2002, p. 162.<br />

339<br />

C. A. MADRIGNANI, Il ra<strong>di</strong>calismo critico <strong>di</strong> Felice Cameroni, cit., p. 574.<br />

340<br />

Ivi, p. 574.<br />

341<br />

G. P. LUCINI, Felice Cameroni (ricor<strong>di</strong> e confidenze), cit., p. 995.<br />

342 Ibidem.<br />

343 Ivi, p. 996.<br />

344 Ivi, p. 995.<br />

381


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Ed infatti Cameroni, inizialmente fautore dello sviluppo in letteratura, aveva<br />

finito – attraverso la perseveranza delle sue idee – per storicizzare quel rivoluzionario<br />

sviluppo proprio nel momento stesso in cui aveva cominciato a parlarne,<br />

fossilizzandosi nella sua strenua <strong>di</strong>fesa ed ammirazione nei confronti esclusivi<br />

del naturalismo e <strong>di</strong> Zola, autore per il quale la sua pre<strong>di</strong>lezione si conservò<br />

(quasi) intatta dal principio alla fine. 345 Tale passione, si <strong>di</strong>ceva poc'anzi,<br />

ha origini antiche, piuttosto precoci: sulla base della documentazione superstite<br />

sembrerebbe che il critico milanese sia stato il primo opérateur culturel al <strong>di</strong><br />

qua delle Alpi ad entrare in contatto con il romanziere francese (Zola stesso lo<br />

definisce in effetti “le premier et le dernier de mes grands amis italiens”). 346<br />

La prima lettera del milanese al suo autore pre<strong>di</strong>letto risale al 20 aprile<br />

1877 (benché in essa Cameroni faccia allusione ad una precedente spe<strong>di</strong>zione –<br />

del 3 febbraio dello stesso anno – <strong>di</strong> alcune sue appen<strong>di</strong>ci relative all'Assommoir)<br />

ed è una vera e propria <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> assoluta ammirazione, dal momento<br />

che in essa il mittente scrive <strong>di</strong> esser stato “tra i primi (in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo)<br />

a fare conoscere in Italia i vostri scritti” e <strong>di</strong> esser rimasto, fin da allora, “il<br />

più fervido <strong>di</strong>fensore <strong>di</strong> fronte ai pregiu<strong>di</strong>zi del partito conservatore ed alla<br />

pruderie d'una gran parte della critica”. 347 A questo messaggio Cameroni fa seguire<br />

ben altre quattro lettere prima <strong>di</strong> ricevere, quasi un anno e mezzo più tar<strong>di</strong>,<br />

la tanto anelata risposta da parte del suo corrispondente che, finalmente, gli<br />

in<strong>di</strong>rizza il 2 agosto 1878 (due settimane prima, quin<strong>di</strong>, rispetto all'unico documento<br />

epistolare – a nostra conoscenza – sempre <strong>di</strong> Zola destinato a <strong>Gualdo</strong>)<br />

alcune righe in cui, dopo aver spiegato le proprie <strong>di</strong>fficoltà nel comprendere la<br />

lingua italiana, ringrazia per esprit e vigueur pro<strong>di</strong>gati dall'articolista milanese<br />

nella “défense du réalisme dans les lettres et dans les arts”. 348 La lunga attesa<br />

della risposta <strong>di</strong> Zola era dunque stata ripagata con il riconoscimento dell'importante<br />

ruolo <strong>di</strong> avocat del naturalismo in Italia.<br />

Ma se il merito <strong>di</strong> aver scritto il primo articolo nel nostro paese incentrato<br />

sull'opera del romanziere francese spetta a Cameroni e se, seppur per pochissi-<br />

345 Non poche sono, <strong>di</strong>fatti, le stigmatizzazioni <strong>di</strong> Cameroni rispetto all'ultima fase della<br />

produzione narrativa zoliana, specie negli anni in cui, soprattutto con Lourdes e Rome, lo scrittore<br />

francese si era volto allo stu<strong>di</strong>o delle réalités morales, fin quasi a lambire il soprannaturale.<br />

346 Lettera 38 <strong>di</strong> Zola a Cameroni [Paris, vers le 9 décembre 1887] in É. ZOLA, Correspondances,<br />

é<strong>di</strong>tée sous la <strong>di</strong>rection de B. H. Bakker, t. IX, Montréal-Paris, Bibliothèque National<br />

du Québec, 1993, p. 116.<br />

347 P. TORTONESE, Cameroni e Zola. Lettere, cit., p. 61.<br />

348 É. ZOLA, Correspondances, cit., t. <strong>II</strong>I, (1982), p. 196.<br />

382


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

mi giorni, la lettera <strong>di</strong> Zola a lui in<strong>di</strong>rizzata precede quella dello stesso per<br />

<strong>Gualdo</strong>, è pur sempre vero che quest'ultimo è riuscito a precederlo nell'avere<br />

contatti <strong>di</strong>retti con l'autore dei Rougon-Macquart. Cameroni, che sapeva <strong>di</strong> questa<br />

conoscenza personale, ne era quasi geloso, e non perché non avesse ricevuto<br />

inviti da parte dello scrittore d'oltralpe, quanto piuttosto a causa <strong>di</strong> quella che<br />

egli stesso definisce la sua “inguaribile timi<strong>di</strong>tà”, 349 ostacolo che troppo spesso<br />

gli aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> far visita a casa Zola (più volte, ad<strong>di</strong>rittura, egli era giunto<br />

sino alla fati<strong>di</strong>ca soglia senza osare bussare alla porta, dove era solito lasciare<br />

biglietti <strong>di</strong> scuse o, al massimo, volumi in regalo come suggerimenti <strong>di</strong> libri da<br />

leggere). Finalmente il 20 giugno 1889 (dopo quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> contatti esclusivamente<br />

epistolari!) Cameroni riuscirà ad oltrepassare la soglia del numero 23<br />

<strong>di</strong> rue Ballu, anche se persino in tale occasione – racconta Paolo Valera – “il signore<br />

<strong>di</strong> Médan non ha potuto trattenerlo che per due minuti”. 350 La cronaca<br />

dell'evento, riportata sulle pagine de «Il Sole», benché non dettagliata, trasmette<br />

al lettore l'emozione del critico misantropo che, nel suo racconto, confessa <strong>di</strong><br />

aver dovuto dare ragione ai suoi amici italiani, (tra cui è citato anche <strong>Gualdo</strong>)<br />

che più volte gli avevano fornito rassicurazioni circa la personalità <strong>di</strong> Zola:<br />

Tutte le volte che venni a Parigi, dal 1873 in poi, mi ero sempre recato sino alla<br />

porta dello Zola, senza mai avere il coraggio <strong>di</strong> salire da lui. Ora – finalmente! – l'ho<br />

conosciuto <strong>di</strong> persona, gli strinsi la mano, espressi tutto il bene che noi altri zolisti cisalpini<br />

gli vogliamo, – cercai <strong>di</strong> indurlo ad una gita in Italia, […] – e mi convinsi che<br />

Verga, De Amicis, Giacosa, <strong>Gualdo</strong> avevano tutte le ragioni del mondo <strong>di</strong> assicurarmi<br />

che lo Zola non pontifica, e conservasi sempre nella sua massima semplicità. 351<br />

Ancor prima <strong>di</strong> quest’incontro, comunque, il nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> compare con<br />

una certa frequenza nella corrispondenza Cameroni-Zola, non solo in riferimento<br />

al suo ruolo <strong>di</strong> tramite fra i due, 352 ma anche come oggetto <strong>di</strong> critica all'interno<br />

<strong>di</strong> alcuni bollettini letterari – redatti <strong>di</strong> propria mano dal milanese ed intitola-<br />

349<br />

Lettera da Parigi del 1889 <strong>di</strong> Cameroni a Zola: “Per la quinta volta mi trovo a Parigi,<br />

col vivo desiderio <strong>di</strong> far visita a Voi, che siete il mio autore pre<strong>di</strong>letto e malgrado tutti gli sforzi<br />

della mia volontà contro la mia inguaribile timi<strong>di</strong>tà, neppure in questa occasione riesco a presentarmi<br />

in casa vostra...” (P. TORTONESE, Cameroni e Zola. Lettere, cit., pp. 174-175).<br />

350<br />

P. VALERA, Il più tenace zolista italiano, in «La folla», 12 gennaio 1913, p. 21.<br />

351<br />

F. CAMERONI, Per i visitatori dell'Esposizione <strong>di</strong> Parigi. Una visita a Stendhal e allo<br />

Zola, in «Il Sole», 27 giugno 1889.<br />

352<br />

R. TERNOIS, Zola et ses amis italiens. Documents iné<strong>di</strong>ts, cit., 1967, p. 41: “25 juin<br />

1879 – […] Je vous remercie du salut qui m'a été transmis par <strong>Gualdo</strong>”.<br />

383


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

ti «Le Petit Naturaliste» – che il critico inviava regolarmente al suo destinatario<br />

francese sin dal 1877 per tenerlo aggiornato sulle novità e<strong>di</strong>toriali italiane. 353<br />

Così, ad esempio, nel bollettino dell'estate del '79, nel quale Cameroni si pronuncia<br />

sul Mariage excentrique gual<strong>di</strong>ano. In tale rassegna, ribadendo un giu<strong>di</strong>zio<br />

espresso appena qualche giorno prima in una lettera in<strong>di</strong>rizzata al medesimo<br />

corrispondente e nella quale aveva criticato lo scrittore italiano perché, con il<br />

suo secondo romanzo francese, aveva mostrato <strong>di</strong> ostinarsi “nel convenzionalismo<br />

alla Feuillet, «pommade de l’idéal, sirop du romanticisme»”, 354 il giornalista<br />

apre una parentesi sulle nuove pubblicazioni d'oltralpe e <strong>di</strong> nuovo si riferisce<br />

al Mariage ricorrendo quasi agli stessi termini usati nel precedente documento:<br />

Français: Louis <strong>Gualdo</strong> – Un mariage excentrique. Il a l'honneur de vous connaître<br />

de personne ce jeune romancier de l'high-life Milanaise, mais il persiste à se vautrer<br />

dans le sirop du romanesque (Arte drammatica, ci-jointe). 355<br />

In realtà queste due espressioni tanto analoghe, seppur riprese con una minima<br />

variante (sirop du romanticisme vs sirop du romanesque), rivelano neanche<br />

troppo cifratamene una notevole <strong>di</strong>sapprovazione nei confronti del testo <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, giacché rappresentano una citazione puntuale delle parole utilizzate da<br />

Zola nella sua analisi sui romanzieri contemporanei a proposito <strong>di</strong> un autore da<br />

lui molto <strong>di</strong>sprezzato, Louis Enault. Questi, infatti, ritenuto uno scrittore talmente<br />

idealista da non meritare – quasi fosse un Feuillet all'ennesima potenza –<br />

neppure uno stu<strong>di</strong>o approfon<strong>di</strong>to (je ne veux pas descendre encore, en m’occupant<br />

pour exemple de M. Louis Enault), è etichettato da Zola come “la caricature<br />

du genre” perché, a sua detta, egli è colui che “a inventé la pommade de l’idéal,<br />

le sirop du romanesque”. 356 Alla medesima formula, inoltre, Cameroni aveva<br />

fatto ricorso una terza volta 357 nel già citato compte rendu all'opera <strong>di</strong><br />

353<br />

P. FALCIOLA, Felice Cameroni, in La littérature française dans la presse vériste italienne,<br />

Firenze-Paris, Sansoni-Di<strong>di</strong>er, 1977, p. 51.<br />

354<br />

Lettera 8 <strong>di</strong> Cameroni a Zola datata “Milano, il 25 giugno 1879” (P. TORTONESE,<br />

Cameroni e Zola. Lettere, cit., p. 77).<br />

355<br />

Ivi, p. 81. Il bollettino bibliografico è allegato alla lettera da Milano del 6 luglio 1879.<br />

356<br />

É. ZOLA, Les Romanciers Naturalistes, in Œuvres Complètes, é<strong>di</strong>tion établie sous la<br />

<strong>di</strong>rection de H. Mitterand, vol. XI, Paris-Lausanne, Cercle du Livre Précieux, 1966, p. 231.<br />

357<br />

Una quarta occorrenza del parallelo <strong>Gualdo</strong>-Enault si trova nella recensione a Une ressemblance:<br />

“Fra gli autori francesi, il <strong>Gualdo</strong> s'avvicina un po' all'Enault, ma questi alla squisitezza<br />

delle nuances del sentimento associa l'interesse dell'azione e ben <strong>di</strong> rado lo lascia languire”<br />

(F. CAMERONI, L. <strong>Gualdo</strong>, “Une ressemblance”, in «Il Sole», 29 maggio 1874).<br />

384


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>Gualdo</strong> apparsa su «Arte drammatica» il 27 giugno del 1879 dove, tuttavia, accanto<br />

alle numerose accuse <strong>di</strong> anacronismo, convenzionalismo e <strong>di</strong> chiusura nei<br />

confronti dei problemi della modernità, il recensore aveva affermato <strong>di</strong> aver<br />

gra<strong>di</strong>to alcune doti del libro in questione, “verista nelle descrizioni e nello stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> certi momenti psicologici, molto <strong>di</strong>fficili a riprodursi”. 358 Ad ogni modo,<br />

nonostante i pochi apprezzamenti, la conclusione dello stu<strong>di</strong>oso è la seguente:<br />

È nel <strong>di</strong>segno e nella tavolozza che l'autore del Mariage excentrique parmi abbia<br />

commesso un grave errore. Colle descrizioni, con moltissimi particolari del suo romanzo<br />

e colla analisi naturalista <strong>di</strong> certe delicatissime gradazioni <strong>di</strong> sentimento, <strong>di</strong>mostrasi<br />

il <strong>Gualdo</strong> un verista nello stretto senso della parola e senza ostentazione <strong>di</strong> sorta. Oh<br />

perché non ha osato essere tale anche nella parte essenziale, cioè in tutte le figure e in<br />

tutte le situazioni? 359<br />

La risposta alla domanda posta da Cameroni è semplice e rivela una sua incomprensione<br />

<strong>di</strong> fondo: l’aver ritenuto <strong>Gualdo</strong> un romanziere verista, anche se<br />

questi non aveva mai inteso affidare ad una descrizione <strong>di</strong> tipo realista la rappresentazione<br />

<strong>di</strong> figure e situazioni. Cercare <strong>di</strong> leggere la sua opera con una simile<br />

chiave d'analisi rappresenta, pertanto, un errore dal momento che quella<br />

dell'autore del Mariage non è affatto un'incapacità <strong>di</strong> scegliere per sé dei modelli<br />

più alti o <strong>di</strong> seguire le correnti più aggiornate. Egli è un attento ed aggiornato<br />

conoscitore della letteratura contemporanea europea, strenuamente deciso<br />

nell’adoperare la lingua francese come scelta stu<strong>di</strong>ata per fare <strong>di</strong> questo i<strong>di</strong>oma<br />

il terreno congeniale – come ha messo in luce Madrignani – per “portare al limite<br />

del parossismo la maniera del romanzo sentimental-psicologico”. 360 Il ricorso<br />

al francese è infatti espressione della volontà <strong>di</strong> riprodurre con la massima<br />

efficacia la lingua madre <strong>di</strong> quel romanzo tipicamente d'oltralpe (quello stesso<br />

romanzo psicologico che l'amico Bourget avrebbe condotto <strong>di</strong> lì a poco ad una<br />

svolta decisiva), portandola ad un livello <strong>di</strong> preziosità ed eleganza in netto contrasto<br />

con i toni me<strong>di</strong> dell'intero suo romanzo. 361<br />

Oltre a seguire con attenzione la produzione narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

Cameroni sembra prestare grande e costante attenzione – palesando in questo<br />

caso certamente maggiore indulgenza ed apprezzamento – anche all'opera <strong>di</strong> re-<br />

358<br />

ID., Appen<strong>di</strong>ce letteraria. Un mariage excentrique, cit.<br />

359<br />

Ibidem.<br />

360<br />

C. A. MADRIGNANI, I romanzi francesi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 352.<br />

361 Ibidem.<br />

385


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

censore del suo concitta<strong>di</strong>no. 362 La prima notizia a tal riguardo risale al maggio<br />

1884 e si trova in una lettera in<strong>di</strong>rizzata ad un altro grande sostenitore italiano<br />

del naturalismo, il napoletano Vittorio Pica, al quale egli annuncia <strong>di</strong> aver scritto<br />

a Goncourt annunciandogli la prossima uscita <strong>di</strong> un importante stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> senno<br />

da parte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a proposito del suo più recente lavoro, Chérie. 363 Sfortunatamente<br />

parrebbe che questo articolo non sia mai stato scritto, sia perché non<br />

se ne trova traccia nei fogli perio<strong>di</strong>ci dell’epoca, sia perché in un successivo<br />

messaggio in<strong>di</strong>rizzato sempre a Pica, Cameroni annuncia che “<strong>Gualdo</strong> finora<br />

non parlò <strong>di</strong> Chérie”. 364 Alcuni anni più tar<strong>di</strong>, nel gennaio '90, il 'monomaniaco<br />

del realismo' continua ad essere ancora interessato al parere gual<strong>di</strong>ano in relazione<br />

a Il romanzo della morte, ultima pubblicazione <strong>di</strong> Bruno Sperani, testo da<br />

lui vivamente raccomandato ai propri corrispondenti; il suo timore risiede nell'ignorare<br />

“se <strong>Gualdo</strong> vorrà, o potrà parlarne nell'Ill[ustrazione Italiana]”, 365 timore<br />

poi confermato una settimana dopo in una seconda lettera dove osserva:<br />

Nuovamente raccomandai [Il romanzo della morte] a <strong>Gualdo</strong>, il quale non si lasciò<br />

muovere per la ragione, che già ad altri autori raccomandati, od amici, rifiutò un<br />

articolo, non volendo far il critico. 366<br />

Questa affermazione, <strong>di</strong> grande interesse, può essere utile per avvalorare<br />

l'ipotesi fin qui delineata del profilo <strong>di</strong> un <strong>Gualdo</strong> assolutamente <strong>di</strong>verso dai<br />

normali critici militanti che rientrano nella tipologia cui appartiene lo stesso Felice<br />

Cameroni: a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quest'ultimo, infatti, egli non è recensore <strong>di</strong> professione,<br />

apparendo piuttosto alla stregua <strong>di</strong> un attentissimo lettore, il cui giu<strong>di</strong>zio<br />

è dai suoi 'colleghi' altamente apprezzato ed atteso, ma <strong>di</strong> un lettore che,<br />

362<br />

Cameroni ha seguito attraverso recensioni, o anche solo me<strong>di</strong>ante citazioni su «Il Sole»,<br />

l'intera carriera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>: cfr. «Il Sole», 29 maggio 1874 (rec. a Une ressemblance); ivi, 5-<br />

6-7 luglio 1874; ivi, 24 e 25 febbraio 1877 (rec. a La Gran Rivale); ivi, 29 giugno 1877 (in cui è<br />

realizzato un interessante confronto tra stili e meto<strong>di</strong> narrativi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Capuana); ivi, 29<br />

maggio e 6 giugno 1879 (rec. a Un mariage excentrique); ivi, 238, 12 ottobre 1882; ivi, 23 marzo<br />

1883 (rec. a Le Nostalgie) ed ivi, 17 giugno 1892 (rec. a Decadenza).<br />

363<br />

F. CAMERONI, Lettere a Vittorio Pica, a cura <strong>di</strong> E. Citro, Pisa, ETS, 1990, p. 63. Lettera<br />

V dell'8 maggio [1884].<br />

364<br />

Ivi, p. 65. Lettera VI intestata “Milano, il 9/6 '84”.<br />

365<br />

Ivi, p. 106. Lettera XL<strong>II</strong> a Vittorio Pica del 28 gennaio 1890.<br />

366<br />

Ivi, p. 108. Lettera XL<strong>II</strong>I <strong>di</strong> Felice Cameroni del 7 febbraio 1890, dove inoltre si legge,<br />

sempre a proposito <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e del romanzo <strong>di</strong> Sperani: “Egli stesso mi parlò della buona<br />

bibl[iografia] in Lettere ed arti, ma io non l'ebbi fra le mani”.<br />

386


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

all'occasione, decide <strong>di</strong> trasformarsi in giornalista, svolgendo il compito <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>vulgatore/promotore letterario e scrivendo esclusivamente dei soli testi e dei<br />

soli autori che davvero muovevano a tal punto il suo interesse e suscitavano così<br />

tanto la sua stima, da generare in lui la necessità <strong>di</strong> parlarne e pubblicizzarli,<br />

in Francia e/o in Italia. Di qui le sue collaborazioni, talvolta spora<strong>di</strong>che, talora<br />

più assidue, ad una gamma molto ampia <strong>di</strong> riviste al <strong>di</strong> qua ed al <strong>di</strong> là delle Alpi,<br />

fogli con cui – in nessun caso – è però vincolato da contratti o impegni fissi.<br />

A conferma <strong>di</strong> ciò si avranno, allora, da un lato i suoi non spora<strong>di</strong>ci rifiuti <strong>di</strong><br />

collaborazione continuativa <strong>di</strong>nnanzi alle richieste <strong>di</strong> impegni ufficiali, e quin<strong>di</strong><br />

costanti, in qualità <strong>di</strong> corrispondente letterario dall'estero, 367 e dall'altro la totale<br />

assenza <strong>di</strong> recensioni del tutto sfavorevoli (mentre dai suoi carteggi e da alcune<br />

testimonianze coeve sappiamo che, invece, <strong>Gualdo</strong> non era affatto un giu<strong>di</strong>ce<br />

accomodante, per quanto dotato <strong>di</strong> un garbo eccezionale nel comunicare persino<br />

i propri <strong>di</strong>ssensi). 368<br />

Mettere dunque a confronto l'attività critica e recensoria <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Cameroni<br />

potrebbe sembrare un’operazione non corretta, data la forte <strong>di</strong>versità metodologica<br />

e professionale tra i due stu<strong>di</strong>osi. Tuttavia proprio questo profondo <strong>di</strong>vario<br />

tra essi consente <strong>di</strong> leggere ed analizzare in maniera efficace i loro <strong>di</strong>fferenti<br />

approcci all'opera <strong>di</strong> Émile Zola e, allo stesso tempo, i <strong>di</strong>versi scopi nello<br />

sponsorizzare (oppure stigmatizzare) alcuni suoi romanzi piuttosto che altri.<br />

Ora, posto che come terreno d'indagine andrà considerato il solo ciclo dei Rou-<br />

367 Si veda, a titolo esemplificativo, la lettera <strong>II</strong> a Coppée del 30 novembre 1874 nella<br />

quale <strong>Gualdo</strong> afferma <strong>di</strong> aver scritto a Jules Bonnaisses, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> «Le Théâtre», perio<strong>di</strong>co<br />

parigino appena fondato: “J’ai reçu une lettre de M. Jules Bonnaisses, qui, autorisé par vous, me<br />

d demande des correspondances d’Italie pour «Le Théâtre» & en même temps un prospectus où<br />

mon nom brille déjà parmi les collaborateurs. […] Je viens de lui répondre en lui <strong>di</strong>sant que je<br />

veux bien lui envoyer quelque article quand j’aurai quelque chose à raconter […] bien que j’aie<br />

peur d’être un très mauvais correspondant” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 185).<br />

368 Cfr., ad esempio, G. ROVETTA, Vita letteraria, cit., dove vengono esaltate le doti <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> come critico autentico e consigliere letterario fidato: “Poeti, romanzieri, comme<strong>di</strong>ografi,<br />

tutti […] an<strong>di</strong>amo in cerca del <strong>Gualdo</strong>, come nostro giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prima istanza. Quando abbiamo<br />

finito il lavoro, quando l’opera nostra, passata dal calore della mente alla fredda realtà<br />

della carta ci sconforta come una <strong>di</strong>sillusione […] ci viene in mente come un grande sollievo:<br />

«Lo leggerò a <strong>Gualdo</strong>. Chissà che <strong>Gualdo</strong> non trovi che dopo tutto c’è del buono!» […]. Così<br />

<strong>di</strong>nanzi ad uno scoglio, ad un intoppo grave si pensa: «Mi consiglierò con <strong>Gualdo</strong>». E <strong>Gualdo</strong>,<br />

sempre amabile anche quando non trova da ammirare né da approvare, sempre misurato, sincero,<br />

ha un tatto suo... per farvi capire che bisogna tornare da capo. Il verdetto negativo <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> vi convince, non vi sconforta. La sua critica è giusta, precisa: egli sa quello che vuole,<br />

sa quello che gli piace, sa dove, artisticamente, si deve andare a finire…” (corsivi miei).<br />

387


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

gon-Macquart, il primo in<strong>di</strong>zio significativo per delineare i profili quasi opposti<br />

<strong>di</strong> lettori impersonati da <strong>Gualdo</strong> e Cameroni risiede nella scelta dei testi sui<br />

quali ciascuno ha deciso <strong>di</strong> condurre le proprie analisi e, chiaramente (soprattutto<br />

nel caso del secondo, autore <strong>di</strong> un numero molto più alto <strong>di</strong> comptes rendus),<br />

nel valore dei giu<strong>di</strong>zi espressi. Risulterà così subito evidente che Cameroni non<br />

è davvero – letteralmente – uno zoliste à jet continu, poiché nella lunga lista<br />

<strong>degli</strong> articoli con cui egli era solito presentare al pubblico italiano i volumi della<br />

storia <strong>di</strong> una famiglia vissuta sotto il secondo impero manca all'appello lo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> un solo, ma molto significativo episo<strong>di</strong>o, Le Rêve, se<strong>di</strong>cesimo romanzo del<br />

ciclo e che, dato altrettanto prezioso, tra tutte le recensioni de<strong>di</strong>cate ai Rougon-<br />

Macquart, quella in cui le critiche mosse a Zola sono ben più efficaci – qualitativamente<br />

e quantitativamente – rispetto alle lo<strong>di</strong> pro<strong>di</strong>gate è l'analisi <strong>di</strong> Une<br />

page d’amour.<br />

Soltanto due, quin<strong>di</strong>, dei venti testi che compongono il ciclo letterario in<br />

esame non rientrano nello schema delle analisi cameroniane: nel primo caso<br />

perché la recensione è del tutto assente, nel secondo perché nell’articolo non<br />

viene espresso – come al solito – un giu<strong>di</strong>zio pienamente entusiastico o, comunque,<br />

prevalentemente positivo, e vengono invece mosse numerose obiezioni<br />

sia alla materia che alla forma del romanzo. Due eccezioni, dunque, due sole<br />

anomalie nell’intero corpus <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sui Rougon-Macquart realizzati da un uomo<br />

così preciso, puntuale e preve<strong>di</strong>bile da esser ritenuto dai suoi contemporanei<br />

“simile ad un orologio” 369 che ripartiva le sue giornate “col metodo zoliano”. 370<br />

Senza dubbio è noto che Cameroni nutriva molte riserve sul teatro zoliano e che<br />

in più occasioni riba<strong>di</strong>rà a M.me Zola l'espressione del proprio <strong>di</strong>sappunto per<br />

l'inverosimiglianza, le involate liriche e l'intonazione sentimentale presenti in<br />

lavori come Lourdes o Paris, 371 però, per quel che riguarda strettamente il ciclo<br />

369 P. VALERA, Il più tenace zolista italiano, cit., p. 19.<br />

370 Ibidem. Nel necrologio Valera ritrae il critico scomparso come “una faccia <strong>di</strong>suguale,<br />

con delle gran<strong>di</strong> occhiaie, con una fronte slivellata e spaziosa, con una testa malsagomata che<br />

conteneva la storia naturale e sociale <strong>di</strong> una famiglia sotto il secondo impero con tutti i duecento<br />

suoi personaggi che popolano i venti volumi dei Rougon-Macquart” (corsivi miei).<br />

371 Cfr. la lettera <strong>di</strong> Cameroni a M.me Zola a proposito <strong>di</strong> Paris: “Ho quasi terminato il<br />

mio feuilletton intorno il Paris... Appena verrà alla luce, ve lo manderò, premettendo fin d'ora<br />

che nella mia qualità d'intransigente verista e <strong>di</strong> «zoliste à jet continu» altrettanto ammiro nel<br />

Paris tutto ciò che riproduce con naturalezza la vita reale contemporanea nei <strong>di</strong>versi suoi aspetti,<br />

quanto non mi convincono la intonazione lirico-simbolica del romanzo e l'inverosimiglianza<br />

<strong>di</strong> parecchi punti della fabulation” (R. TERNOIS, Zola, Pica et Cameroni, cit., p. 479).<br />

388


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

dei Rougon-Macquart, le due uniche varianti nello schema generale delle recensioni<br />

del pubblicista milanese riguardano i soli romanzi <strong>di</strong> Zola significativamente<br />

recensiti con entusiasmo dal <strong>Gualdo</strong>, quel Rêve e quella Page d'amour<br />

che – in virtù, come si è detto, del suo essere critico soltanto <strong>di</strong> ciò che, in quanto<br />

lettore, davvero apprezzava –, sembrerebbero essere proprio le due opere<br />

che, tra i venti volumi della serie, egli doveva aver pre<strong>di</strong>letto più <strong>di</strong> ogni altra.<br />

Per quanto si possa tentare <strong>di</strong> giustificare il silenzio <strong>di</strong> Cameroni a proposito<br />

del Rêve ricordando che all'epoca il critico versava in stato depressivo da<br />

quando un paio <strong>di</strong> anni prima aveva perso sua madre e che in quel periodo egli<br />

cominciava a de<strong>di</strong>care molti stu<strong>di</strong> anche agli autori nostrani fautori del verismo,<br />

372 non va sottovalutato che si tratta della sola opera <strong>di</strong> Zola che egli non<br />

pubblicizza in Italia (proprio lui che aveva ormai assunto da tempo l'abitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> recensire ogni suo romanzo sulle pagine de «Il Sole») 373 e che lo stesso<br />

<strong>Gualdo</strong>, scrivendo a Verga, aveva sospettato che – come si è già detto nel paragrafo<br />

precedente – l'opera in questione dovesse “<strong>di</strong>spiacere” tanto al suo corrispondente<br />

quanto a Felice Cameroni. 374 Il critico milanese, poi, aveva a sua volta,<br />

in una lettera in<strong>di</strong>rizzata allo scrittore <strong>di</strong> Médan ,commentato con parole degne<br />

d'interesse la volontà <strong>di</strong> Zola <strong>di</strong> realizzare un romanzo “idealista”:<br />

Après les cru<strong>di</strong>tés de La Terre, «une envolée de poète». Très bien. Vous vous <strong>di</strong>vertissez<br />

vous aussi, ex-romantique, par des antithèses, comme Victor Hugo? 375<br />

Eloquente, inoltre, l’assenza <strong>di</strong> recensioni relative al testo in esame anche<br />

da parte <strong>di</strong> un altro grande sostenitore del realismo, nonché teorico del nostro<br />

verismo, <strong>Luigi</strong> Capuana, mentre sul versante opposto (accanto a quello gual<strong>di</strong>ano)<br />

spicca lo stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cato a questo volume dei Rougon-Macquart da un autore<br />

affatto naturalista come d’Annunzio o anche, sempre tra i giornalisti al <strong>di</strong> qua<br />

delle Alpi, l'entusiastico giu<strong>di</strong>zio sul Rêve espresso da “l'une des bêtes noires de<br />

Cameroni” 376 (e non solo <strong>di</strong> Cameroni, visti i suoi attacchi nei confronti delle<br />

372<br />

F. CAMERONI, “Une page d'amour”, cit., p. 53.<br />

373<br />

Ibidem.<br />

374<br />

Lettera XX<strong>II</strong>I a Verga (prima metà 1889). G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani..., cit., p. 142.<br />

375<br />

S. DISEGNI, La réception du Rêve en Italie entre les deux siècles, cit., p. 108. La lettera<br />

<strong>di</strong> Cameroni a Zola, citata da Silvia Disegni (e integralmente pubblicata in R. TERNOIS, Zola<br />

et ses amis italiens, cit., p. 49), risale al 16 <strong>di</strong>cembre 1887, allorquando cioè lo scrittore stava<br />

documentandosi per apprestarsi alla stesura del romanzo in questione.<br />

376<br />

S. DISEGNI, La réception du Rêve en Italie entre les deux siècles, cit., p. 108.<br />

389


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

opere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>), 377 il moderato Giuseppe Depanis, 378 redattore della «Gazzetta<br />

Letteraria» piemontese. 379 Significativi silenzi, quin<strong>di</strong>, da parte <strong>di</strong> chi aveva fatto<br />

<strong>di</strong> Zola e del suo metodo sperimentale un vero e proprio modello (Capuana e<br />

Cameroni) ed altrettanto significative valutazioni, però positive, d’altro canto,<br />

compiute da chi, al contrario, poco o nulla aveva in comune con l'estetica naturalista<br />

(<strong>Gualdo</strong>, Depanis e d'Annunzio): ecco dunque un’ennesima prova del carattere<br />

assolutamente eccezionale da attribuire al romanzo zoliano del sogno. 380<br />

Apostolo del vero in politica ed in arte, kuaneofobo e nemico giurato “della<br />

letteratura lacrimosa” e “delle pagine tutte lattemiele”, 381 ovvero <strong>di</strong> quella prosa<br />

intimista caratterizzata da una totale mancanza <strong>di</strong> adesione al reale e quin<strong>di</strong> aliena<br />

dalle <strong>di</strong>namiche della società contemporanea, Cameroni, prima ancora <strong>di</strong><br />

passare sotto silenzio il Rêve, aveva espresso alcuni anni prima le proprie riserve<br />

– come si è accennato – su un altro lavoro sui generis (perché quasi altrettanto<br />

“lirico”) <strong>di</strong> Zola: Une page d'amour. Articolo alla mano, già nell'avvio della<br />

sua recensione a questo ottavo volume dei Rougon-Macquart, nel sottolineare i<br />

caratteri salienti del romanzo, egli afferma che “non ha alcuna importanza la<br />

Page d'amour, per lo stu<strong>di</strong>o della società francese; anziché alla Fortune ed alla<br />

Curée, a S. E. Rougon, od all’Assommoir, s'avvicina piuttosto al genere intimo”.<br />

382 Senza ancora esplicitare, dunque, in questo incipit, alcun <strong>di</strong>ssenso plateale,<br />

Cameroni aveva espresso un giu<strong>di</strong>zio severo; basterà in effetti ricordare il<br />

suo parere sulle prime opere gual<strong>di</strong>ane, accusate <strong>di</strong> eccesso <strong>di</strong> azzurro e quasi<br />

totale mancanza <strong>di</strong> azione, per comprendere il valore da attribuire ad una simile<br />

affermazione. Anche la sintesi dell'argomento del libro, poi, non è realizzata in<br />

modo propriamente avvincente:<br />

Non riproduce alcun lato caratteristico <strong>di</strong> questa, o quella fase del Secondo Impero,<br />

<strong>di</strong> questa, o quella classe sociale, ma si risolve nel minutissimo esame dell’amore <strong>di</strong><br />

377<br />

G. DEPANIS, Fra romanzieri e novellieri. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Gazzetta Letteraria»,<br />

XVI, n. 25, 18 giugno 1892.<br />

378<br />

ID., “Le Rêve” <strong>di</strong> Emilio Zola, in «Gazzetta Letteraria», 27 ottobre 1888, pp. 340-342.<br />

379<br />

S. DISEGNI, La réception du Rêve en Italie entre les deux siècles, cit., p. 108.<br />

380<br />

Per una lista dettagliata <strong>degli</strong> interventi apparsi sui perio<strong>di</strong>ci italiani a proposito dei testi<br />

zoliani si veda G. C. MENICHELLI, Bibliographie de Zola en Italie, Firenze, Publications de<br />

l'Institut Français, 1960.<br />

381<br />

G. FARINELLI, Felice Cameroni, in La Scapigliatura, Roma, Carocci, 2003, p. 158.<br />

382<br />

F. CAMERONI, Rassegna bibliografica. Émile Zola: “Une page d'amour”, in «Il Sole»,<br />

1-2 maggio 1878, rist. in Interventi critici sulla letteratura francese, cit. pp. 51-55.<br />

390


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

una vedova per il me<strong>di</strong>co, che le salva l’adorata figliuolina, e delle più curiose manifestazioni<br />

patologiche derivanti in costei da nevrosi. 383<br />

Si tratta, dunque, <strong>di</strong> un romanzo che egli non esita a definire una “œuvre<br />

intime et de demi-teinte, […], d'indole affatto fisiologica, priva <strong>di</strong> colori e <strong>di</strong> situazioni<br />

ad effetto, ancor più semplice della Faute de l'abbé Mouret nell'intreccio,<br />

assai meno drammatica (per la massa dei lettori) <strong>di</strong> tutti gli altri volumi dello<br />

Zola”. 384 Eppure Cameroni è combattuto; sembra non voler (o poter) stigmatizzare<br />

un testo realizzato dalla mano del suo autore pre<strong>di</strong>letto, quello Zola che<br />

fino ad allora in ogni opera era apparso come la cartina <strong>di</strong> tornasole del proprio<br />

ra<strong>di</strong>calismo politico. 385 Forse è per questo motivo che egli giunge ad<strong>di</strong>rittura ad<br />

esaltare la “meravigliosa finezza d'analisi e <strong>di</strong> forme” della Page d'amour, nella<br />

fattispecie quando l'autore si accinge a “seguire (<strong>di</strong> giorno in giorno, d'ora in<br />

ora) le minime fasi dell'amore <strong>di</strong> Elena, nato dalla gratitu<strong>di</strong>ne materna, cresciuto<br />

colla stima e coll'intimità”. 386 L’inusuale ed assolutamente non-cameroniana<br />

recensione prosegue poi, poco oltre, con la <strong>di</strong>chiarazione della impossibilità <strong>di</strong><br />

riassumere le vicende narrate nel capolavoro psicologico zoliano e con il consiglio<br />

<strong>di</strong> provvedere autonomamente alla lettura, attraverso il tipico approccio da<br />

destinarsi agli scritti letterari della tipologia in cui rientra la Page d'amour, ciascuno<br />

spinto dall’intento <strong>di</strong> “gustarli a centellini”. 387 Se a questo punto si fa<br />

nuovamente riferimento alle parole del critico milanese in relazione ai testi <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> (parole sincere dunque, certamente non inficiate da incon<strong>di</strong>zionate adorazioni<br />

nutrite per Zola), si scoprirà che nella – seppur molto positiva – recensione<br />

a Decadenza <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Cameroni non ha dubbi circa l’inferiorità del romanzo<br />

psicologico (ed intimista) nei confronti <strong>di</strong> quello realista in senso stretto:<br />

Per causa delle mie convinzioni materialiste sono d'opinione, che il romanzo<br />

naturalista armonizza coll'in<strong>di</strong>rizzo positivista della scienza e della sociologia, assai<br />

meglio del romanzo psicologico, il quale degenera spesso in evanescenze idealiste. Parimenti<br />

credo che il romanzo naturalista sia <strong>di</strong> gran lunga preferibile per la vastità dei<br />

383 Ivi, p. 51.<br />

384 Ibidem.<br />

385 G. FARINELLI, Felice Cameroni, cit., p. 158.<br />

386 F. CAMERONI, “Une page d'amour”, cit., p. 52.<br />

387 Ibidem.<br />

391


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

suoi orizzonti, mentre il romanzo psicologico quasi sempre si restringe alle lambiccature<br />

del sentimento ed alle minuziose autopsie in<strong>di</strong>viduali. 388<br />

Tra Une page d'amour (1878) e Decadenza (1892), la crisi del naturalismo<br />

– specialmente in Francia – poteva <strong>di</strong>rsi ormai definitivamente avvenuta: la delusione<br />

letteraria del critico milanese per la sconfitta <strong>di</strong> quell’“arma fatata contro<br />

l’apatia del pubblico che […] leggesi Realismo”, 389 attaccata da ogni parte<br />

“come un rottame del passato”, 390 non segna affatto un momento <strong>di</strong> svolta per il<br />

suo gusto ed il suo giu<strong>di</strong>zio; conseguenza <strong>di</strong> tale, quasi completa, “absence d'un<br />

procès évolutif de la pensée (étrange chez un critique vraiment éru<strong>di</strong>t tel qu'il<br />

apparaît)” 391 sarà il suo costante riba<strong>di</strong>re determinate posizioni. Infatti, se a proposito<br />

della Page d'amour Cameroni aveva affermato <strong>di</strong> non accettarne a pieno<br />

“il genere, essenzialmente intimo e a tinte, l'una più delicata dell'altra”, 392 e <strong>di</strong><br />

aver comunque rintracciato “tante bellezze” all'interno <strong>di</strong> “questo capolavoro<br />

dell'arte e della verità”, 393 allo stesso modo, quattor<strong>di</strong>ci anni dopo, pur essendo<br />

anche l’opera dello scrittore italiano un “romanzo psicologico e d'ambiente”, allo<br />

stesso modo egli, avendo apprezzato il testo, suggerisce al pubblico del «Sole»<br />

<strong>di</strong> “gustare nella Decadenza <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> le sue qualità caratteristiche”, quali<br />

lo stu<strong>di</strong>o logico e fine dei caratteri dei due protagonisti, la perfetta rappresentazione<br />

<strong>degli</strong> ambienti sociali, la duttilità dell'autore e la modernità del testo. 394<br />

Dunque entrambi gli stu<strong>di</strong> oscillano continuamente tra riserve e salvataggi:<br />

soprattutto nell'analisi della Page d'amour Cameroni alterna alle critiche (non<br />

spora<strong>di</strong>che, però mai esplicite) <strong>di</strong>verse – ma generiche – lo<strong>di</strong>, dal momento che<br />

si tratta pur sempre della recensione ad un testo zoliano, “una delle opere più<br />

sane e familiari nella moderna letteratura” benché l'azione “sia particolareggiata<br />

e semplice in sommo grado” e benché i caratteri “non si scostino dal comune”.<br />

395 In realtà la delicatezza della materia e l'eleganza della forma <strong>di</strong> questo<br />

ottavo volume dei Rougon-Macquart vengono sfruttati da Cameroni per argo-<br />

388<br />

Ibidem.<br />

389<br />

ID., Rassegna bibliografica. G. Verga, Eros, in «Il Sole», 31 <strong>di</strong>cembre 1874.<br />

390<br />

G. FARINELLI, Felice Cameroni, cit., p. 158.<br />

391<br />

P. FALCIOLA, Felice Cameroni, cit., p. 48.<br />

392<br />

F. CAMERONI, “Une page d'amour”, cit., p. 52.<br />

393<br />

Ivi, p. 53.<br />

394<br />

ID., Rassegna bibliografica. “Decadenza”, in «Il Sole», n. 144, 17 giugno 1892, p. 1,<br />

poi in ID., Interventi critici sulla letteratura italiana, cit., pp. 191-194.<br />

395 ID., “Une page d'amour”, cit., p. 53.<br />

392


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

mentare una efficace <strong>di</strong>fesa del naturalismo contro le comuni accuse <strong>di</strong> insufficienza<br />

estetica e <strong>di</strong> esclusiva “reproduction brute de la réalité” 396 (un tipo <strong>di</strong> critica,<br />

questa, che culminerà negli articoli <strong>di</strong> Remacle): 397<br />

Pur troppo, è <strong>di</strong>ffusissimo il pregiu<strong>di</strong>zio, che la scuola realista altro non voglia, né<br />

sappia fotografare, se non le brutture umane, il lato laido dell'in<strong>di</strong>viduo e della società.<br />

Col suo nuovo romanzo, ancora una volta lo Zola <strong>di</strong>mostra il contrario. Neppure il più<br />

serafico fra gli idealisti potrebbe riprodurre (con maggior dolcezza <strong>di</strong> colorito e varietà<br />

<strong>di</strong> piccoli episo<strong>di</strong>, ora ridenti, ora melanconici, ma tutti squisitissimi) l'amore sviscerato<br />

<strong>di</strong> una madre per la sua unica bambina e la patologica adorazione <strong>di</strong> questa fanciulla<br />

per la sua mamma. 398<br />

Pertanto, nonostante il giornalista non neghi che “il nuovo romanzo dà i<br />

brivi<strong>di</strong>” a causa <strong>di</strong> alcune scene – come quella in cui il feretro della piccola Jeanne<br />

viene condotto al cimitero –, per quanto non nasconda <strong>di</strong> reputare troppo<br />

frequenti nel testo le parti descrittive – come le liricheggianti panoramiche su<br />

Parigi, “vista a volo d'uccello ad ogni ora del giorno” –, benché riassuma il plot<br />

della Page d'amour ricorrendo ad una terminologia che non gli è affatto propria<br />

– sostituendo cioè al suo usuale lessico positivista 399 parole ed espressioni come<br />

graziose casette, gentile vedovina, mammina vezzosa, adorata figliuolina e lettuccio<br />

<strong>di</strong> bimba –, e nonostante, infine, ammetta l'importante ruolo giocato dalla<br />

“fantasia dello Zola” nella costruzione del testo – anche se sempre “guidata dal<br />

suo fervido culto per la verità” –, la sua valutazione sempre elogiativa sullo<br />

396 M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 30.<br />

397 In particolare si veda l'articolo/saggio apparso sul foglio parigino «Ermitage» il 15<br />

maggio 1892 in cui Adrien Remacle analizza la tripla insufficienza – a sua detta manifestata fin<br />

dalle origini – del Naturalismo e dove afferma a proposito <strong>di</strong> questo movimento che: “il avait<br />

manqué de pitié, d'humanité; il n'avait jamais tendu à aucune beauté; il n'avait admise aucune<br />

vérité”. Durante lo stesso 1892, inoltre, Pierre Loti aveva fortemente stigmatizzato “les vulgarités<br />

naturalistes” all'interno del suo <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> ringraziamento (séance del 7 aprile) per la nomina<br />

all'Accadémie Française (cfr. P. LOTI, Discours de réception, Paris, Calmann Lévy, 1892).<br />

398 F. CAMERONI, “Une page d'amour”, cit., p. 53.<br />

399 Nell'analizzare il metodo critico <strong>di</strong> Cameroni, Glauco Viazzi (in Felice Cameroni, ovvero<br />

del partito ra<strong>di</strong>cale in letteratura, cit., pp. 12-15) si sofferma sullo stile delle sue recensioni<br />

ed afferma che, poiché intenzione del giornalista milanese era la scomposizione del testo letto<br />

al fine <strong>di</strong> realizzare una riscrittura critica in cui fosse evidente la propria chiave interpretativa,<br />

è piuttosto frequente negli articoli <strong>di</strong> Cameroni – o meglio, nelle risignificatizzazioni da lui<br />

messe in atto – il ricorso finalizzato e strumentale ad un lessico positivista che annovera tra i<br />

termini maggiormante insistiti le parole “fisiologia”, “autopsia”, “anatomizzare” e “patologia”.<br />

393


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

scrittore francese viene salvaguardata dal giu<strong>di</strong>zio d'insieme dato al volume. Un<br />

giu<strong>di</strong>zio che però è solo apparentemente positivo, poiché in verità viene costantemente<br />

minato da velate accuse e soprattutto inficiato nella conclusione del<br />

compte rendu dal commento finale <strong>di</strong> Cameroni che chiosa l'articolo <strong>di</strong>cendo<br />

che, in fondo, rispetto al testo zoliano Une page d’amour, egli preferisce <strong>di</strong> gran<br />

lunga “come genere […] la Curée e l’Assommoir”, 400 vale a <strong>di</strong>re una tipologia<br />

narrativa <strong>di</strong> cui fanno parte i lavori ultrarealisti <strong>di</strong> Zola. Sul versante opposto,<br />

al contrario, erano state proprio le sue criticate involate d'ideale, la tendenza al<br />

lirismo, la preziosità delle descrizioni e la raffinatezza dello stile più levigato<br />

rispetto alle altre opere della saga ad aver reso La page d'amour, dapprima, e Le<br />

Rêve poi, i libri del ciclo dei Rougon-Macquart (accanto a La Faute de l’abbé<br />

Mouret) pre<strong>di</strong>letti da <strong>Gualdo</strong>.<br />

Il <strong>di</strong>vario che si frappone tra i giu<strong>di</strong>zi espressi dai due critici italiani sulle<br />

opere del romanziere francese è quin<strong>di</strong> palese in<strong>di</strong>ce della <strong>di</strong>versità delle loro<br />

vedute ed idee in ambito letterario: ciò non toglie, tuttavia, che entrambi i passeurs,<br />

certo puntando su ragioni <strong>di</strong>fferenti, abbiano, ciascuno a proprio modo,<br />

assolto il prezioso compito <strong>di</strong> costruire un ponte tra la letteratura d'oltralpe ed il<br />

pubblico peninsulare. Tra l'altro, lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>vario può fornire un'utile<br />

chiave <strong>di</strong> lettura anche nell'interpretazione delle analisi condotte da Cameroni<br />

sulle opere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, analisi nelle quali (sia che la recensione risulti in prevalenza<br />

positiva, negativa o neutra) è possibile rintracciare almeno tre costanti:<br />

– L'apprezzamento delle sezioni descrittive (lodate in quanto pitture dal vero, ma<br />

troppo spesso de<strong>di</strong>cate allo stu<strong>di</strong>o delle sfumature dei sentimenti) e delle accurate,<br />

delicate ed eleganti analisi psicologiche;<br />

– La constatazione della perfetta conoscenza da parte dell'autore dei <strong>di</strong>versi ambienti<br />

sociali (specie dell'alta nobiltà) e del cosmopolitismo gaudente;<br />

– L'accusa <strong>di</strong> ripetitività delle trame, lentezza narrativa e mancanza <strong>di</strong> versatilità.<br />

Tuttavia, se nelle valutazioni dei lavori gual<strong>di</strong>ani <strong>degli</strong> esor<strong>di</strong> i primi due<br />

punti su in<strong>di</strong>cati assumono un’accezione negativa, ciò non accade all'interno<br />

della recensione a Decadenza, dove, inoltre, il punto tre scompare del tutto.<br />

Contrariamente alle sue precedenti prove narrative, infatti, nel suo ultimo romanzo,<br />

con estrema modernità, l'autore era riuscito – a detta <strong>di</strong> Cameroni – ad<br />

400 F. CAMERONI, “Une page d'amour”, cit., p. 55.<br />

394


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

esprimere brillantemente certe idee, certe sensazioni e certe sfumature dei sentimenti;<br />

aveva saputo “fotografare” ed “anatomizzare”, tra la società elegante <strong>di</strong><br />

cui egli stesso è parte, scene mondane che <strong>di</strong>mostrano la depravazione, le malattie<br />

dello spirito e della volontà delle classi me<strong>di</strong>e e la decadenza morale <strong>di</strong><br />

quelle alte (al punto tale che “l'acuto, acido sapore <strong>di</strong> vita vissuta lo si sente<br />

davvero nel lavoro <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>”), ed era stato in grado, infine, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong><br />

esser capace <strong>di</strong> una notevole duttilità tematica e narrativa conferente al testo un<br />

considerevole livello <strong>di</strong> go<strong>di</strong>bilità anche per i lettori tra<strong>di</strong>zionali. 401<br />

Il termine ‘decadenza’, oltre che in riferimento al titolo dell'opera gual<strong>di</strong>ana,<br />

è parola molto usata da Cameroni – specialmente negli anni in cui, dal 1880<br />

al 1890, “coi capelli gli si ingrigirono le idee” 402 – poiché, con l'affermarsi dei<br />

giovani scrittori e correnti letterarie, il nuovo Leitmotiv dei suoi interventi e delle<br />

sue rassegne bibliografiche <strong>di</strong>verrà la critica <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> cambiamento.<br />

Tutti i tentativi <strong>di</strong> innovazione verranno liquidati come manifestazioni <strong>di</strong> una<br />

letteratura faisandée, ovvero come degenerazioni <strong>di</strong> quell'arte che egli prima <strong>di</strong><br />

ogni altro aveva precocemente pre<strong>di</strong>letta, senza però riuscire più a <strong>di</strong>staccarsene.<br />

Decadente, nel senso <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong> una totale degenerazione, sarà per lui<br />

Barbey d'Aurevilly, decadente Lecomte de Lisle (altamente apprezzati entrambi,<br />

invece, da <strong>Gualdo</strong>) e decadente lo stesso Huysmans, benché un tempo <strong>di</strong>scepolo<br />

<strong>di</strong> quel Zola che, a suo parere, “aveva conchiuso la letteratura universale”.<br />

403 Oltre Zola non si poteva andare e se solo si credeva <strong>di</strong> averlo in qualche<br />

modo superato, in realtà, secondo Cameroni, lo si era soltanto deviato. 404<br />

Il <strong>di</strong>ffondersi della poesia simbolista nel primo Novecento – <strong>di</strong> cui <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, morto nel 1898, è considerato un anticipatore, 405 vista la sua insistenza<br />

sui campi onomasiologici dell’arcano, del segreto e della sfinge – segna il colpo<br />

<strong>di</strong> grazia finale per l'attività pubblicistica dell’eterno monomaniaco del realismo,<br />

che finirà ad<strong>di</strong>rittura per accusare <strong>di</strong> “tra<strong>di</strong>mento” l'amico Lucini a causa<br />

della sua forma ultra aristocratica (in contrad<strong>di</strong>zione con il suo pensiero rivoluzionario),<br />

delle sue lambiccature trascendentali, delle sue morbose evanescenze,<br />

delle sue ostentate ricerche, infine, <strong>di</strong> simboli e <strong>di</strong> enigmi. 406 Con ogni probabi-<br />

401<br />

F. CAMERONI, Rassegna bibliografica. “Decadenza”, cit.<br />

402<br />

G. P. LUCINI, Felice Cameroni (ricor<strong>di</strong> e confidenze), cit., p. 995.<br />

403<br />

Ivi, p. 996.<br />

404<br />

Ibidem.<br />

405<br />

E. PACCAGNINI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Sotto il gilet l’epicureo, cit.<br />

406<br />

G. P. LUCINI, Felice Cameroni (ricor<strong>di</strong> e confidenze), cit., p. 995.<br />

395


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

lità, se solo fosse rimasto in vita ancora per qualche anno, <strong>Gualdo</strong> avrebbe assistito<br />

con entusiasmo al trionfo <strong>di</strong> idee, istanze e correnti letterarie alla circolazione<br />

e sviluppo delle quali egli, con il suo sguardo lungimirante, ancora sul finire<br />

del XIX secolo, aveva in parte contribuito e per le quali si era battuto, pur<br />

soltanto ricoprendo un piccolo (ma importante) ruolo <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>atore tra <strong>di</strong>verse<br />

culture d'Europa: il panorama letterario ottocentesco italiano andava<br />

svecchiato ed il passeur <strong>Gualdo</strong> ha certamente aiutato il nostro paese a compiere<br />

un passo nella giusta <strong>di</strong>rezione in<strong>di</strong>rizzando al pubblico peninsulare suggerimenti<br />

da accogliere tra tutte le novità provenienti dall'altro versante delle Alpi.<br />

Al contrario, l'avvicinarsi del 1900 sarà per Cameroni l'equivalente della<br />

realizzazione <strong>di</strong> un incubo: ancora aggrappato al dogma zoliano, con gli occhi<br />

chiusi davanti alla luce troppo forte <strong>di</strong> un’arte che andava liberandosi da ogni<br />

vincolo, egli confesserà al poeta delle Figurazioni ideali che se mai in Italia avessero<br />

davvero attecchito le idee professate dai giovani ingegni, egli avrebbe<br />

senza dubbio preferito farsi cremare prima dello scoccare del nuovo secolo, oppure<br />

farsi rinchiudere alla Quarta Cantoniera, contro la trionfante invasione<br />

simbolista. 407 Ricordando questa affermazione dell'amico appena scomparso,<br />

nel gennaio del '13, Lucini non potrà far altro che commentare le sue parole<br />

scrivendo che quando il Tempo, “che corre assai prestò”, sorpassò il povero<br />

Cameroni, questi “si limitò a pensare che aveva sbagliato strada”. 408<br />

6.5 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Paul Bourget: un autoritratto allo specchio<br />

Il primo incontro tra Paul Bourget e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> avviene in casa <strong>di</strong> François<br />

Coppée, nel corso dell’anno 1872. 409 Nella storia della loro amicizia, fe-<br />

407 Ibidem.<br />

408 Ibidem.<br />

409 Desumo questa notizia da M. MANSUY, Un moderne: Paul Bourget. De l’enfance au<br />

Disciple, Paris, Besançon, 1961, p. 174 e da A. M. MANGIA, Bourget e l’Italia. Le Sensations<br />

d’Italie e altri scritti sull’Italia, Galatina, Panìco, 1987, p. 21. Nelle pagine scritte in occasione<br />

della morte <strong>di</strong> Coppée, Bourget cita <strong>Gualdo</strong> tra gli scrittori che frequentavano il suo salon nel<br />

1872, cioè nello stesso periodo in cui anch’egli cominciò a recarvisi: “La casa <strong>di</strong> rue Ou<strong>di</strong>not, in<br />

cui Coppée abitava già dal 1872, quando l’ho conosciuto, non vedrà più passare sulla strada del<br />

suo cortile [...] il celebre scrittore. Il fratello e la sorella se ne sono andati entrambi, ad una settimana<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, per riunire nel luogo in cui più non torneranno, sia la madre sia i frequenta-<br />

396


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

conda e in<strong>di</strong>ssolubile, durata perfino anche dopo la prematura morte dell’italiano,<br />

c’è un’incresciosa lacuna che consiste nell’impossibilità <strong>di</strong> ricostruirne le<br />

fasi originarie: nessuno dei due, infatti, fa menzione esplicita <strong>di</strong> questo episo<strong>di</strong>o<br />

nelle proprie memorie o nei propri carteggi, se non molto a posteriori. Non devono<br />

esser stati pochi motivi ad aver spinto Bourget, appassionato com’era dell’Italia,<br />

ad avvicinarsi allo spirito a lui così affine del giovane <strong>Gualdo</strong>, poeta e<br />

romanziere proveniente dal paese che egli tanto desiderava conoscere e che,<br />

mosso soltanto da un amore e da una passione pari a quelli che egli stesso professava,<br />

si nutriva <strong>di</strong> letteratura senza la minima preoccupazione <strong>di</strong> farne un<br />

mestiere. Certamente il loro rapporto può <strong>di</strong>rsi già consolidato nel 1879 perché<br />

quell’anno <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, pubblicando il suo secondo romanzo in francese, Un<br />

mariage excentrique, vi appone una significativa de<strong>di</strong>ca al suo silenzioso, ma, a<br />

quanto pare, già assai intimo amico. Sebbene Carlo Bo abbia omesso <strong>di</strong> segnalare<br />

questa de<strong>di</strong>ca nel curare la raccolta completa delle opere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, essa è<br />

presente nell’e<strong>di</strong>zione originale 410 e testimonia un sentito omaggio a quel Bourget<br />

che, nell’ottobre 1883, ricambierà a sua volta il gesto inviando al milanese i<br />

propri Essays de Psychologie contemporaine con la de<strong>di</strong>ca “A <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, il<br />

suo amico Paul Bourget”. 411 Non va inoltre trascurato che, già durante il 1874, a<br />

soli due anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal loro primo incontro nel salon <strong>di</strong> Coppée, Bourget<br />

avesse scritto, nel corso <strong>di</strong> un viaggio in Oriente, il componimento intitolato<br />

Nostalgie – i cui versi conclusivi, “… du lit parfumé des courtisanes folles, /<br />

Dont les lèvres en feu murmurent des paroles / Telles que les meilleurs sont<br />

perdus sans retour, / Car ceux-là seuls sont heureux qui ont pu / Épanouir leur<br />

être au feu d’un pur amour”, rappresentano un chiaro invito a cambiare al tempo<br />

stesso stile <strong>di</strong> vita e poetica – de<strong>di</strong>candolo al suo amico <strong>Gualdo</strong>, 412 il quale<br />

dovette tenere in gran considerazione il simbolico omaggio ricevuto se, ben nove<br />

anni dopo, pubblicando nel 1883 la sua prima raccolta poetica, sceglierà –<br />

significativamente – <strong>di</strong> chiamarla Le Nostalgie, in chiaro richiamo al componimento<br />

de La Vie inquiète <strong>di</strong> Bourget a lui offerto.<br />

tori abituali <strong>di</strong> questa casa: Barbey d’Aurevilly, Gobineau, Francis Magnard, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

Amédée Pigeon, Alexis Orçat, il marchese d’Ivry, Jules Valadon…” (traduzione mia).<br />

410 L. GUALDO, Un mariage excentrique, cit.<br />

411 Il volume è parte della superstite biblioteca dello scrittore riversata nel Fondo <strong>Gualdo</strong>.<br />

412 P. BOURGET, Nostalgie, in La Vie inquiète, in Poésies, t. I, Paris, Lemerre, 1875, p.<br />

137. Fin dalla prima e<strong>di</strong>zione, il componimento ha, nell’intestazione, de<strong>di</strong>ca a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

397


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Meno <strong>di</strong>retto <strong>degli</strong> altri testi della raccolta de<strong>di</strong>cati a Juvigny, a Coppée o<br />

ad Amédée Pigeon, Nostalgie <strong>di</strong> Bourget testimonia la conformità <strong>di</strong> pensiero<br />

tra i due amici accomunati da un’identica concezione dell’esistenza: con i suoi<br />

versi l’autore sembra esprimere un desiderio segreto, un consiglio destinato al<br />

suo de<strong>di</strong>catario affinché metta fine ad una vita <strong>di</strong> vizio e si allontani “dal letto<br />

profumato e dalle folli cortigiane, […] perché sono felici solo coloro che hanno<br />

potuto far sbocciare il loro essere al fuoco <strong>di</strong> un amore puro”. 413 <strong>Gualdo</strong> dovette<br />

certamente comprendere ed accogliere il suggerimento dello scrittore francese<br />

<strong>di</strong> abbandonare le “courtisanes folles” – ovvero “la poesia scaturita dagli aspetti<br />

ambigui e malsani della vita” 414 – e, scegliendo la strada della purezza da questi<br />

in<strong>di</strong>catagli, cercare l’autenticità <strong>di</strong> una nobile ispirazione se, nell’eponima poesia<br />

che apre programmaticamente la sua raccolta <strong>di</strong> Nostalgie, invita a sua volta<br />

tutti, lettori e letterati, a non celar “la brama intensa <strong>di</strong> purezza ch’è in noi”. 415<br />

La conoscenza che <strong>Gualdo</strong> aveva dei luoghi e le sue relazioni in società<br />

hanno costituito per Bourget un aiuto prezioso durante i suoi soggiorni in Italia,<br />

soprattutto quando, nel 1887, “possédé par le démon du voyage”, 416 decide <strong>di</strong><br />

recarsi a Venezia facendo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> (del quale in Italia era già stato ospite due<br />

anni prima a Milano) 417 , per se stesso e per lo scrittore americano suo amico,<br />

Henry James – conosciuto dall’italiano, sembrerebbe, proprio in tale occasione<br />

418 – un vero e proprio cicerone personale: la loro relazione, dunque, a questa<br />

altezza cronologica, può <strong>di</strong>rsi ormai consolidata soprattutto a voler dar cre<strong>di</strong>to<br />

al contenuto della prima stesura (iniziata proprio durante i mesi trascorsi insieme<br />

in laguna, tra aprile e giugno) <strong>di</strong> quel gran romanzo cosmopolita che Bourget<br />

da tempo anelava a comporre, quel Cosmopolis per l’appunto <strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong>,<br />

413<br />

P. BOURGET, Nostalgie, cit., p. 137 (traduzione mia).<br />

414<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, In margine <strong>di</strong> un’amicizia: (Paul Bourget e <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>),<br />

in AA. VV., Paul Bourget et l’Italie, a cura <strong>di</strong> M. G. Martin Gistucci, Genève, Slatkine,<br />

1985, p. 121.<br />

415<br />

L. GUALDO, Nostalgie, in Le Nostalgie, in Romanzi e Novelle, cit. p. 1140.<br />

416<br />

M. MANSUY, Un moderne: Paul Bourget. De l’enfance au Disciple, cit., p. 396.<br />

417<br />

Ibidem.<br />

418<br />

Difatti, nella seconda delle 6 lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Maurice Barrès (BNF, Département<br />

des Manuscrits, Fonds Barrès) risalente al [19 febbraio 1887], il milanese afferma apparentemente<br />

in risposta ad una richiesta dello scrittore francese: “Je connais M. Henry James<br />

de nom et pour avoir lu plusieurs de ses nouvelles, qui me plaisent beaucoup; j’ai toujours regretté<br />

d’avoir manqué plusieurs occasions, à <strong>di</strong>fférentes reprises, de faire sa connaissance personelle”.<br />

L’opportunità, come si è anticipato, si presenterà proprio all’indomani del soggiorno<br />

bourgettiano a Venezia, appena due mesi dopo la stesura della lettera poc’anzi citata.<br />

398


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sul finire <strong>di</strong> quello stesso 1887 – in un lungo articolo su cui torneremo a breve –<br />

darà notizia sulle pagine de «L’Illustrazione Italiana». Dopo aver realizzato un<br />

affascinante ritratto, fisico e morale, dell’autore francese e dopo aver esaminato<br />

tutta la sua produzione da La Vie inquiète sino a Mensonges, <strong>Gualdo</strong> annuncia,<br />

infatti, ai lettori italiani che “Bourget potrebbe presto realizzare, primo tra gli<br />

scrittori, il romanzo cosmopolita che sogna da tempo”. 419 In realtà quest’opera<br />

ebbe una lunga gestazione: finirà, innanzitutto, per essere ambientata a Roma e<br />

non più Venezia e sarà poi pubblicata dall'e<strong>di</strong>tore Lemerre, del tutto stravolta in<br />

forma e contenuto (oltreché de<strong>di</strong>cata a Primoli), 420 soltanto nove anni dopo.<br />

L’alta considerazione <strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong> godeva presso Bourget già a partire dal<br />

periodo del soggiorno veneziano emerge con grande evidenza nella scelta del<br />

francese <strong>di</strong> ispirarsi alla personalità <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> “signorile, <strong>di</strong>sinvolta, ricca <strong>di</strong> aristocratico<br />

riserbo e nello stesso tempo <strong>di</strong> squisita amabilità” per un abbozzo <strong>di</strong><br />

romanzo, Un Idylle triste, il cui protagonista, il nobile ed elegante Michel Steno<br />

“è senza dubbio <strong>Gualdo</strong> stesso” e la cui trama richiama in tutta evidenza “temi<br />

ricorrenti […] nella produzione letteraria dell’italiano, e forse anche in parte autobiografici”.<br />

421 Pierre de Montera cita, dal Journal intime <strong>di</strong> Bourget, alcune<br />

note preparatorie alla composizione dell’opera che non lasciano a<strong>di</strong>to ad alcun<br />

dubbio sull’identificazione <strong>Gualdo</strong>/Steno dal momento che, in una <strong>di</strong> esse, il<br />

milanese viene esplicitamente citato per nome: “Un vénitien cosmopolite<br />

(<strong>Gualdo</strong>, avec tout son caractère) comme héros”. 422 In verità, al principio,<br />

Bourget aveva pensato ad un protagonista francese, e perciò, dapprima, si era<br />

ispirato a se stesso; successivamente, però, riflettendo sul fatto che già l’eroina<br />

del romanzo sarebbe stata una ragazza d’oltralpe, decise <strong>di</strong> optare per un eroe<br />

italiano (nel manoscritto – riferisce sempre Montera – compare, improvvisa, la<br />

parola “Changement”) e, decisosi per <strong>Gualdo</strong>, si convince sempre più della<br />

scelta presa, dacché egli ha con l’amico così tanti punti in comune da permettere<br />

<strong>di</strong> sostituire in tutta tranquillità l’uno all’altro. “Au demeurant, qui pouvait,<br />

aux yeux de Bourget, mieux représenter un héros cosmopolite que cet homme<br />

419 L. GUALDO, Paolo Bourget, cit., p. 410.<br />

420 Cfr. S. DISEGNI, Cosmopolis, Paul Bourget et Primoli, in AA. VV., Avez-vous lu<br />

Paul Bourget?, textes réunis par M. A. Fougère et D. Sangsue, Dijon, EUD, 2007, pp. 75-90.<br />

421 V. DONATO RAMACIOTTI, In margine <strong>di</strong> un’amicizia, cit., p. 123.<br />

422 Ivi, p. 55.<br />

399


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

de lettres, qui écrivait tantôt en italien, tantôt en français, qui savait plusieurs<br />

langues, qui parcourait l’Europe?”. 423<br />

Il conte <strong>Gualdo</strong>, forse meno bello <strong>di</strong> quello <strong>di</strong>scendente dai dogi, possiede<br />

tuttavia, come lui, <strong>degli</strong> occhi nerissimi nel suo incarnato pallido, i tratti fini,<br />

simili a quelli <strong>di</strong> una donna un po’ superba; conosce l’inglese e parla così bene<br />

il francese da essere scambiato per un parigino. Ha una sola pecca: la sua toilette<br />

è forse troppo italiana, con la sua mania delle maniche <strong>di</strong> camicia senza polsini,<br />

con un doppio bottone <strong>di</strong> <strong>di</strong>amanti in rilievo, <strong>degli</strong> anelli eccessivamente<br />

brillanti e dei colletti troppo scollati. 424<br />

Purtroppo, però, questo Idylle triste resterà, almeno per il momento, soltanto<br />

un abbozzo, incentrato sulla liaison <strong>di</strong> Steno con M.me Prieur, madre <strong>di</strong> Adèle<br />

Prieur, la giovane eroina francese <strong>di</strong> cui sopra. La scena è ambientata a Cannes,<br />

nel 1876: Michel Steno vi è giunto a seguito <strong>di</strong> una grande delusione <strong>di</strong><br />

cuore avuta in Italia. Qui incontra Martha, che patisce le medesime pene d’amore:<br />

rievocando le loro sofferenze, i due si innamorano, benché Michel appaia<br />

meno preso <strong>di</strong> lei e presto deciderà <strong>di</strong> lasciarla. La nostalgia della sua terra natale,<br />

il bisogno irresistibile <strong>di</strong> riprendere i propri vagabondaggi e la malattia <strong>di</strong><br />

sua madre 425 lo riconducono a Venezia. Martha, già malata <strong>di</strong> tisi, morirà poco<br />

dopo. A questo punto termina il manoscritto dell’Idylle triste 426 che, secondo<br />

quanto anticipato da Bourget nell’incipit, sarebbe continuato con l’incontro a<br />

St. Moritz, una decina <strong>di</strong> anni più tar<strong>di</strong>, tra Steno, il marito <strong>di</strong> Martha e sua figlia<br />

– che ha vent’anni e che rassomiglia a sua madre per gioventù e purezza –,<br />

423 Ibidem.<br />

424 Lo stesso <strong>Gualdo</strong>, in una lettera a Boito anteriore al 1885, realizzando una sorta <strong>di</strong> autoritratto<br />

<strong>di</strong> Victor Hugo, riporta dettagliatamente il suo abbigliamento ricercato e un po’ eccentrico,<br />

al quale era solito de<strong>di</strong>care moltissima cura: “Io bello. Vestito <strong>di</strong> scuro, abito abbottonato,<br />

cravatta nera, lunga, cilindro, guanti grigi, scuri, in mano. Pas de cuir, jamais!”. Il passo è riportato<br />

da G. SPAGNOLETTI, Gilet bianco, Ritratto <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 13. Inoltre, a conferma<br />

dell’attenzione che <strong>Gualdo</strong> de<strong>di</strong>cava al proprio aspetto ed al guardaroba, basta sfogliare<br />

l’inventario ed i lasciti citati nel suo testamento in cui figurano ventiquattro gilet <strong>di</strong> lana assortiti,<br />

ventiquattro gilet bianchi, do<strong>di</strong>ci cappelli, quin<strong>di</strong>ci paia <strong>di</strong> guanti e tre<strong>di</strong>ci costumi.<br />

425 Ben nota era a Bourget l’adorazione che <strong>Gualdo</strong> aveva per sua madre ed anche il fatto<br />

che spesso i suoi problemi <strong>di</strong> salute lo trattennero o lo richiamarono al capezzale <strong>di</strong> lei.<br />

426 L’Idylle triste verrà ripreso da Bourget soltanto nel 1896 per esser poi pubblicato nel<br />

<strong>di</strong>cembre 1900 sulla «Revue des deux mondes» con il titolo Le Fantôme. Tuttavia, sotto i tratti<br />

<strong>di</strong> Michel Steno, <strong>di</strong>ventato ora Etienne Malclerc, non comparirà più <strong>Gualdo</strong>. A lui, però, sarà<br />

de<strong>di</strong>cata, sulla rivista «Les lettres et les arts», un’altra novella dal titolo Gladys Harvey, scritta<br />

nel febbraio 1888 ed uscita il 1° novembre dello stesso anno.<br />

400


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>di</strong> cui il conte si invaghisce. Poco a poco, però, sarebbero poi riaffiorati i ricor<strong>di</strong><br />

della madre fino al punto che questo nuovo amore avrebbe provocato orrore nel<br />

conte Steno. Appare quasi superfluo sottolineare qui il parallelismo tra la trama,<br />

per quanto labile, dell’Idylle e quella <strong>di</strong> Une ressemblance <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, il titolo<br />

del cui romanzo si adatterebbe a pennello all’incompiuto lavoro <strong>di</strong> Bourget.<br />

A Venezia <strong>Gualdo</strong> tornava spesso, e molto volentieri. Era la città italiana<br />

che amava maggiormente, più della sua Milano, tanto da ambientare proprio tra<br />

le sue calli – appena un anno prima – una novella rimasta a lungo sconosciuta,<br />

L’innamorato <strong>di</strong> Venezia. 427 Annunciato sul «Corriere <strong>di</strong> Roma» del 3 gennaio<br />

1886 con il titolo La gondola dell’amore, il racconto era poi stato dato alle<br />

stampe soltanto il 9 maggio ed era, infine, comparso in francese, con l’aggiunta<br />

<strong>di</strong> molti particolari storici e descrittivi, sulla «Nouvelle Revue» del 1° <strong>di</strong>cembre<br />

dello stesso anno con il nome Une aventure vénitienne. 428 Avvolta in un’atmosfera<br />

magica e da sogno – il numero <strong>di</strong> occorrenze delle parole, opportunamente<br />

declinate e/o coniugate, rêve (11), rêverie (6), rêver (4), rêveur (3) e<br />

songe (10), appare in tal senso piuttosto sintomatico – Venezia è descritta in tutti<br />

i suoi colori e nuances (in termini che richiamano non <strong>di</strong> rado la verlainiana<br />

poesia Voyelles) <strong>di</strong> ogni ora del giorno e della notte, mentre il protagonista della<br />

novella, Carlo Lebrun (poi Jules Lebrun), è un francese, artista <strong>di</strong>silluso e reduce<br />

da un matrimonio fallito, che, incantato dalla città – dal suo “spleen specialissimo”,<br />

dal suo deca<strong>di</strong>mento e dalla sua “pigrizia […] naturale e giustificata”<br />

– finisce per scoprire misteriose relazioni tra “le tinte delle cose riflesse nell’acqua”<br />

ed i propri sentimenti. 429 Il giovane, perfettamente consapevole <strong>di</strong> non<br />

essere in grado <strong>di</strong> vivere nella “vita moderna”, trova nell’amore per una ragazza<br />

veneziana, Zante, la scusa – o, come afferma lo stesso Carlo, “lo scopo” – per<br />

rimandare <strong>di</strong> continuo la sua partenza e restare nella città del suo ideale, la sua<br />

“Regina dell’Adriatico”, in uno stato <strong>di</strong> stregato intorpi<strong>di</strong>mento dans le pays du<br />

rêve, <strong>di</strong> dolce far nulla, <strong>di</strong> speciale lassitu<strong>di</strong>ne che fanno pensare che nella rappresentazione<br />

<strong>di</strong> Carlo/Jules Lebrun <strong>Gualdo</strong> abbia messo molto <strong>di</strong> se stesso.<br />

427 Non presente nelle due e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> novelle curate dallo stesso <strong>Gualdo</strong> in vita, l’una del<br />

1868 e l’altra del 1877, L’innamorato <strong>di</strong> Venezia non è stata pubblicata neppure nella raccolta<br />

delle opere complete <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> curata da Carlo Bo nel 1959.<br />

428 L. GUALDO, Une aventure vénitienne, cit., pp. 566-599. A causa <strong>di</strong> un refuso la firma<br />

in calce alla novella è <strong>Luigi</strong> Giraldo, ma nell’in<strong>di</strong>ce sulla copertina del perio<strong>di</strong>co il nome dell’autore<br />

appare, invece, nella sua forma corretta.<br />

429 ID., L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, a cura <strong>di</strong> P. de Montera, in «Rassegna Lucchese», nn. 6 e<br />

7, 1971, p. 10.<br />

401


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

In ogni rigo, in ogni parola traspare l’amore spassionato che legava il giovane<br />

milanese a Venezia, quella Venezia <strong>di</strong> cui conosceva ogni angolo – tanto<br />

da poter far da guida all’occorrenza ai suoi amici forestieri –, <strong>di</strong> cui ben aveva<br />

impressi nella memoria gli aspetti mutevoli nei <strong>di</strong>fferenti momenti del giorno e<br />

nelle varie stagioni dell’anno. Analogamente alla realtà, sul finire della novella,<br />

dopo la fuga della giovane donna con un nuovo amante ed il ritorno <strong>di</strong> Lebrun<br />

in Francia, questi – lontano dall’incanto della città tanto amata – “dut se convaincre<br />

qu’il ne regrettait pas Zanze, mais Venice. C’était la ville qui lui manquait;<br />

d’elle qu’il était amoureux”; 430 e così, sperimentata la lontananza, il forestiero<br />

finalmente comprende che lo stato sognante generato in lui dalla laguna è<br />

il solo modo per risvegliare nella sua persona “le vrai sentiment de l’art”, 431 tanto<br />

che, proprio come tante volte era accaduto allo stesso <strong>Gualdo</strong> (che però mai<br />

si stabilì in maniera definitiva a Venezia), finirà per <strong>di</strong>ventare “le cicerone obligé”<br />

per tutti coloro che desiderano davvero conoscere “con amore et d’une façon<br />

désinteressé” 432 la città lagunare, <strong>di</strong> cui viene quasi reso citta<strong>di</strong>no onorario.<br />

Un’altrettanto plastica e dettagliata descrizione <strong>di</strong> Venezia e della sua raffinata<br />

vita culturale, capace <strong>di</strong> integrare intellettuali provenienti da ogni parte del<br />

mondo, emerge, inoltre, anche nel secondo saggio, in francese, che <strong>Gualdo</strong> de<strong>di</strong>cherà<br />

a Bourget nel <strong>di</strong>cembre 1888 (articolo che lo stesso Bourget <strong>di</strong>mostrò <strong>di</strong><br />

aver molto apprezzato, come <strong>di</strong>mostra la sua richiesta “Publiez-le” inviata alla<br />

<strong>di</strong>rettrice della rivista, Juliette Adam). 433 Assenti nella redazione italiana dell’articolo,<br />

le pagine de<strong>di</strong>cate a Venezia seguono l’annuncio del nuovo romanzo<br />

bourgettiano, Cosmopolis – con cui si chiudeva la recensione apparsa su «L’Illustrazione<br />

Italiana» e che, nel progetto iniziale, avrebbe dovuto essere ambientato<br />

proprio in quella città – e seguono una lunga <strong>di</strong>gressione sul <strong>di</strong>ffondersi del<br />

cosmopolitismo nel secondo Ottocento.<br />

La ville unique [Venezia], parfois si grise et parfois si éclatante de couleur, dont la<br />

fascination garde quelque chose de mystérieux, n’est pas seulement l’asile des peintres,<br />

le refuge des contemplateurs et de tous ceux que la vie a lassés. Cette ville, qui parfois<br />

430<br />

ID., Une aventure vénitienne, cit., pp. 597-598.<br />

431<br />

Ivi, p. 571.<br />

432<br />

Ivi, pp. 598-599.<br />

433<br />

S. MORCOS, Juliette Adam, Il Cairo, Dal Ar-Maaref, 1961, p. 595. Nella lettera a<br />

M.me Adam cui qui si allude, intestata “Maloje (Enga<strong>di</strong>ne), ce 31 août 1888”, Bourget fornisce<br />

alla sua corrispondente l’in<strong>di</strong>rizzo milanese <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> affinché il testo potesse essere ben revisionato<br />

prima della pubblicazione (che egli caldamente raccomanda).<br />

402


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

parait morte, est aussi, depuis quelque temps, pour beaucoup de délicats, un centre spécial<br />

de vie cosmopolite, un centre un peu dehors de la vie bruyante et intense, un endroit<br />

de repos pour de petites colonies étrangères mouvantes et raffinées dont la présence<br />

sur la lagune fait venir beaucoup d’autres passants, déjà si attirés par la ville ellemême,<br />

et retenus par la vie très particulière qu’on y trouve encore. Dans quelque salle<br />

large et basse d’un palais à dentelles de pierres, dan quelques pièces au luxe riche et<br />

vieillot, aux fenêtres ouvertes sur le Grand Canal par une nuit tiède […] peuvent se<br />

trouver réunies des Vénitiennes descendantes des doges, des Anglaises venues de<br />

l’hôtel voisin, des grandes dames viennoises et russes, habituées de la ville enchanteresse,<br />

des gentilshommes, des artistes et des écrivains de tous pays. L’accent vénitien<br />

se mêle à l’accent slave; les vieilles tra<strong>di</strong>tion à l’extrême modernité. 434<br />

Rientrato a Milano dopo i mesi trascorsi a Venezia nella primavera dell’87<br />

e avendo appena concluso un breve soggiorno parigino, <strong>Gualdo</strong> incontra nuovamente<br />

Bourget l’anno successivo, ma questa volta, come nel 1885, in casa<br />

propria. 435 Sua preoccupazione principale in quei giorni era il voler mostrare al<br />

francese l’articolo che ha intenzione <strong>di</strong> pubblicare su <strong>di</strong> lui in un settimanale<br />

italiano ed assicurarsi che questi non trovi nulla <strong>di</strong> sconveniente su quanto egli<br />

rivelerà del suo nuovo progetto <strong>di</strong> romanzo. Nel corso <strong>degli</strong> anni <strong>Gualdo</strong> aveva<br />

acquistato molto in finezza psicologica ed in larghezza <strong>di</strong> interessi: lo scrittore<br />

andava pian piano accompagnandosi sempre <strong>di</strong> più al critico al punto tale che le<br />

due attività anziché escludersi a vicenda iniziarono, a partire dalla metà <strong>degli</strong><br />

anni ’80, ad integrarsi e completarsi l’un l’altra efficacemente.<br />

Questa maturazione è evidente nei quattro articoli che egli de<strong>di</strong>ca a Paul<br />

Bourget, articoli che meritano particolare attenzione all’interno del variegato<br />

corpus critico <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> perché si inseriscono attivamente all’interno del <strong>di</strong>battito<br />

culturale e letterario relativo a quella che Brunetière avrà a definire la “ban-<br />

434 L. GUALDO, Paul Bourget, in «La Nouvelle Revue», 1 er décembre 1888, pp. 602-603.<br />

435 Bourget, come riporta Pierre de Montera nella sua monografia de<strong>di</strong>cata a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

(op. cit., p. 43), era arrivato il 3 marzo a Milano ed alloggiava all’Hôtel del la Ville. Incontrerà<br />

l’amico soltanto la mattina successiva: “Ho trovato a Milano <strong>Gualdo</strong>, tutto fine ed incantevole,<br />

con la sua vita da <strong>di</strong>lettante annoiato” scrive alla sua Musa Alpha. Pranzerà in via Bagutta 12, in<br />

quella “sorta <strong>di</strong> palazzo a colonne e cortile interno con giar<strong>di</strong>no”, dove <strong>Gualdo</strong> abitava con sua<br />

madre. Bourget, nei suoi Memoranda in<strong>di</strong>rizzati a M.me Louise Cahen d’Anvers (la ‘Musa Alpha’<br />

<strong>di</strong> cui sopra), realizzò in quest’occasione un delizioso ritratto della “anziana signora italiana<br />

dai gesti freddolosi, con i suoi occhi sottili, con la sua facilità ad ingigantire tutto con<br />

l’immaginazione, senza lusinghe, e la sua grazia in quella stessa vecchiaia”(traduzione mia).<br />

403


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

queroute du naturalisme” 436 in Francia a partire dal 1880, quando cioè, dopo soli<br />

tre anni dalla fondazione, l’échole delle Soirées de Medan, sorta attorno alla<br />

figura del maestro Zola, aveva iniziato a dar segni <strong>di</strong> ce<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong>sunione: il<br />

primo <strong>di</strong> questi stu<strong>di</strong> gual<strong>di</strong>ani, <strong>di</strong> cui si è fatta poc’anzi menzione, comparve<br />

sull’«Illustrazione Italiana» del <strong>di</strong>cembre 1887, il secondo – <strong>di</strong> cui pure si è detto<br />

a proposito della descrizione <strong>di</strong> Venezia – traduzione del precedente ma con<br />

ampie e significative integrazioni, fu pubblicato sulla «Nouvelle Revue» esattamente<br />

un anno dopo, il terzo, poi, uscì sulla «Cronaca d’Arte» del settembre<br />

1891, ed il quarto, infine, quasi un ritratto intimo e privato dello scrittore, vide<br />

la luce sulle pagine del perio<strong>di</strong>co italiano «L’Illustrazione Popolare», benché<br />

redatto a Parigi, nel gennaio 1897. L’interesse de<strong>di</strong>cato a Bourget da <strong>Gualdo</strong> in<br />

questi anni rappresenta un dato assai rilevante se si tiene conto della lunga e<br />

contrad<strong>di</strong>ttoria parabola dell’intellettuale francese, se si considera la duratura<br />

amicizia che legò i due scrittori e soprattutto se si pensa alla non trascurabile influenza<br />

letteraria subita da <strong>Gualdo</strong> nell’adozione (che restò però sempre piuttosto<br />

critica) del cosiddetto “realismo psicologico”.<br />

Con il primo articolo su Bourget, il milanese sembra aver ormai assunto<br />

una maggiore autonomia critica rispetto ai suoi precedenti interventi: lo sforzo<br />

<strong>di</strong> libertà nel valutare il personaggio Bourget e la sua opera letteraria può forse<br />

trovare una giustificazione nel fatto che <strong>Gualdo</strong>, nel tracciare il profilo dell’amico,<br />

finisce col ritrarre spesso un po’ anche se stesso, attribuendo allo scrittore<br />

francese attitu<strong>di</strong>ni e qualità che sono prevalentemente sue. Sebbene <strong>Gualdo</strong><br />

in gioventù non avesse dovuto superare momenti <strong>di</strong>fficili perché nome e patrimonio<br />

gli avevano permesso <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi senza <strong>di</strong>fficoltà agli stu<strong>di</strong> e <strong>di</strong> immergersi<br />

con <strong>di</strong>sinvoltura nella vita delle lettere, dei viaggi e delle relazioni mondane<br />

– mentre lo scrittore francese “domandava tutto all’avvenire, in un’aspirazione<br />

entusiastica” e pur provenendo dalla periferia aveva impiegato “l’energia<br />

<strong>di</strong> tutto l’esser suo verso un sogno arduo e sublime” perché “innamorato<br />

della letteratura, ad essa sola chiedeva la gloria” 437 –, il conte <strong>Gualdo</strong> era dotato<br />

<strong>di</strong> una stoffa umana generosa, come sottolinea Valeria Donato Ramaciotti, e<br />

grazie alla sua amicizia piena e senza riserve, non inquinata da alcuna gelosia <strong>di</strong><br />

mestiere, evidenzia in più punti del suo saggio le capacità e le doti autentiche<br />

dell’amico perché egli “capisce ed in fondo ammira la tenacia e la forza <strong>di</strong> vo-<br />

436 F. BRUNETIÈRE, Le roman naturaliste, in «Revue des Deux Mondes», 1 er septembre<br />

1887. 437 L. GUALDO, Paolo Bourget, cit., p. 406.<br />

404


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

lontà <strong>di</strong> cui Bourget <strong>di</strong>ede prova in gioventù per sfondare, senza vedervi basso e<br />

calcolato arrivismo”. 438<br />

Benché formatosi in pieno clima naturalistico e pur avendo accolto i principi<br />

fondamentali <strong>di</strong> quella scuola, Bourget si era presto orientato verso lo<br />

scandaglio delle psicologie in<strong>di</strong>viduali, rifiutando un certo realismo che gli appariva<br />

ormai come degenerato in una vuota ed indolore rappresentazione della<br />

realtà. Tra il 1883 e il 1889 la sua ammirazione per Zola resta immutata, ma il<br />

suo continuo sforzo <strong>di</strong> superamento della corrente naturalista, che sa essere ormai<br />

agli sgoccioli, lo condurrà a “depasser la pure description des décors et des<br />

gestes” 439 ed a portare a compimento, con la stesura <strong>di</strong> Le Disciple (che significativamente<br />

è la narrazione della crisi <strong>di</strong> uno scrittore), la vera agonia del romanzo<br />

d’ispirazione zoliana. Con quest’opera, afferma Albert Autin, Bourget<br />

“marque un tournant décisif” 440 nel panorama della letteratura dell’epoca, in<br />

quanto consacra il termine <strong>di</strong> una determinata tipologia romanzesca e al tempo<br />

stesso funge da archetipo (“on pourrait appeler un livre historique”) 441 per una<br />

nuova serie <strong>di</strong> testi animati da tutt’altra ispirazione ed orientati, insieme a quelli<br />

dei Goncourt – sebbene per altre vie –, a rivelare una crisi ormai in atto, “celle<br />

des hésitations […] entre la peinture de l’extériorité et celle de l’intériorité”. 442<br />

Per un certo periodo, e specialmente durante gli anni ’80, <strong>Gualdo</strong> aveva seguito<br />

piuttosto da vicino le orme dello scrittore francese suo amico – Montale,<br />

infatti, ironicamente parla <strong>di</strong> lui, in relazione a questa parte della sua produzione,<br />

come <strong>di</strong> “un Bourget assolutamente privo <strong>di</strong> programmi”. 443 Tuttavia, se si<br />

esamina il suo ultimo lavoro, Decadenza – in apparenza il più vicino ai percorsi<br />

d’indagine bourgettiana – si noterà come egli sembri aver pienamente compreso<br />

(ed intrapreso), per <strong>di</strong>rla con Renato Bertacchini, “la <strong>di</strong>rezione sperimentale,<br />

nuova e necessaria, del vero romanzo”, affiancandosi da un lato alla ricerca introspettiva<br />

dell’autore alverniate, ma volgendo al tempo stesso lo sguardo alla<br />

nascente produzione, al <strong>di</strong> là delle Alpi, <strong>degli</strong> scrittori decadenti – sebbene ancora<br />

“in tempi <strong>di</strong> naturalismo imperante”: 444 nel suo testo più noto e più apprez-<br />

438<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, In margine <strong>di</strong> un’amicizia, cit., p. 125.<br />

439<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 33.<br />

440<br />

A. AUTIN, Le Disciple de Paul Bourget, Paris, SFELT, 1930, p. 8.<br />

441<br />

Ibidem.<br />

442<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 27.<br />

443<br />

E. MONTALE, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Il Corriere della Sera», 27 aprile 1960, p. 3.<br />

444<br />

R. BERTACCHINI, Ritorno <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «L’Italia che scrive», maggio 1962, p. 81.<br />

405


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

zato, in effetti, <strong>Gualdo</strong> affronta “il complesso rapporto tra realtà ed immaginazione,<br />

la nuova, intuita possibilità <strong>di</strong> rispondenza e restituzione della realtà stessa<br />

attraverso i dati dell’analisi e della riconversione psicologica […], la riconquista<br />

<strong>di</strong> un <strong>di</strong>verso, più moderno senso poetico che può sprigionarsi […] dalle<br />

cose, visitate dal dramma della nostra umana vicenda”. 445 Siamo negli anni in<br />

cui in Italia, anche attraverso l’esperienza gual<strong>di</strong>ana, e seppur con maggiore<br />

lentezza rispetto alla Francia, cominciano pian piano a germogliare i semi dei<br />

due nuovi filoni ideologico-letterari d’oltralpe volti, per l’appunto, l’uno allo<br />

psicologismo <strong>di</strong> ispirazione bourgettiana e l’altro già intriso <strong>di</strong> germi simbolistico-decadenti.<br />

446<br />

È quin<strong>di</strong> proprio grazie all’ausilio dei me<strong>di</strong>atori che un simile processo <strong>di</strong><br />

svecchiamento culturale può finalmente prendere avvio nel nostro paese: l’intensa<br />

opera dei passeurs, <strong>di</strong> figure cioè, come Cameroni, Depanis, Pica, Pipitone<br />

<strong>Federico</strong>, Panzacchi, Paro<strong>di</strong> e lo stesso <strong>Gualdo</strong> – solo per citare i nomi più<br />

noti –, capaci <strong>di</strong> aprire nel tempo e nello spazio i confini letterari della Francia,<br />

segna pertanto un contributo fondamentale che permette loro <strong>di</strong> agire simultaneamente<br />

in veste <strong>di</strong> <strong>di</strong> scrittori, traduttori e decouvreurs.<br />

Questi personaggi assumono un’importanza enorme nel pieno Ottocento<br />

europeo perché, proprio in questo periodo, “les questions du métissage, de la<br />

mé<strong>di</strong>ation culturelle et de la création des mélanges iné<strong>di</strong>ts” 447 rappresentano<br />

temi all’or<strong>di</strong>ne del giorno, strettamente connessi all’evolversi della cultura e<br />

delle ideologie. Non a caso, infatti, Guerin, in un saggio incentrato sulla necessità<br />

<strong>degli</strong> écrivains passeurs, mette in relazione il fiorire della figura del me<strong>di</strong>atore<br />

culturale con le peculiarità stesse del mondo moderno, dal momento che<br />

“la littérature contemporaine s’arrache aux nationalismes; elle tend à être un laboratoire<br />

de l’universalité supranationale”. 448 E se Bourget, nonostante la stima<br />

445 Ibidem.<br />

446 Oltre ai veri critici <strong>di</strong> professione, in Italia, anche molti autori letterari, come lo scapigliato<br />

dorato Carlo Dossi, iniziavano a mostrare una certa stanchezza ed insofferenza nei confronti<br />

della scuola e del metodo naturalista. Nelle sue Note Azzurre Dossi, infatti, scrive: “In<br />

Zola c’è tutto quanto si vede, non quello che non si vede che è il più. Zola è quasi sempre fotografo,<br />

rado pittore. Qualche po’ d’arte, però, c’è – ma non troppa. Sono fotografie colorate”<br />

(nota 4799). E, ancora, Dossi parla <strong>di</strong> letteratura zoliana in termini <strong>di</strong> “romanzo cinetografico”<br />

(nota 5687) o, più in generale, <strong>di</strong> “letteratura della ragione, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> minute osservazioni” in<br />

contrapposizione alla letteratura “tra<strong>di</strong>zionale fatta <strong>di</strong> passioni” (nota 2492).<br />

447 J. GUERIN, De la nécessité d’écrivains passeurs, cit., pp. 94-95.<br />

448 Ibidem.<br />

406


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

in<strong>di</strong>scussa per Zola, non riuscì mai ad apprezzare appieno i suoi primi romanzi<br />

Thérese Raquin e La Faute de l’abbé Mauret – né tanto meno Germinal –, parimenti<br />

anche <strong>Gualdo</strong> sembra realizzare un’accurata selezione tra le opere zoliane,<br />

449 mostrando una pre<strong>di</strong>lezione spiccata per quei testi meno fedeli al metodo<br />

naturalista e già volti ad un nuovo tipo <strong>di</strong> ricerca, opere in cui Zola “rivela<br />

quale anima si accoppi in lui alla mente dello scienziato dell’osservazione”. 450<br />

Non a caso sulle pagine delle riviste nostrane <strong>Gualdo</strong> opterà per recensire, e lo<br />

<strong>di</strong>rà apertamente, quei testi dell’autore francese “che occupano un posto a sé<br />

nella serie”, 451 che rivelano “una nuova tendenza del suo ingegno, un bisogno <strong>di</strong><br />

avvicinarsi alle scuole più recenti”, 452 sicché la sua scelta cadrà (e si faccia attenzione<br />

alla precocità <strong>di</strong> queste sue recensioni), inevitabilmente, su Une page<br />

d’amour e su Le Rêve. 453<br />

Un’ammirazione pari a quella nutrita per Zola (o meglio, come si è visto,<br />

per un certo Zola) anima <strong>Gualdo</strong> nei quattro saggi de<strong>di</strong>cati al giovane amico<br />

scrittore, quel Bourget che, un tempo “très proche” 454 – come afferma Michel<br />

Raimond nel suo stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cato alla crisi del romanzo naturalista – proprio al<br />

fondatore delle Soirées de Médan, aveva in seguito scelto una nuova strada <strong>di</strong><br />

indagine e <strong>di</strong> analisi da condurre nelle proprie opere, tanto da rigettare in toto il<br />

pieno trionfo <strong>di</strong> una “littérature brutale” 455 come quella dettata dal suo caposcuola<br />

e da farsi portavoce <strong>di</strong> nuove istanze rappresentative poi compen<strong>di</strong>ate<br />

nella severa critica antinaturalista apparsa su «Le Parlement» del 27 <strong>di</strong>cembre<br />

1883 e non a caso intitolata Vers l’Idéal. <strong>Gualdo</strong> è letteralmente affascinato dal<br />

lavoro <strong>di</strong> Bourget, soprattutto perché in esso vi è – per citare le parole dai lui<br />

stesso usate nel suo primo articolo de<strong>di</strong>cato all’alverniate e che, significativa-<br />

449<br />

Tra i libri della biblioteca appartenuta a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in parte tuttora custo<strong>di</strong>ti<br />

all’Ambrosiana <strong>di</strong> Milano nel già citato ‘Fondo <strong>Gualdo</strong>’, sono ancora presenti – si è detto – due<br />

libri <strong>di</strong> Zola: Le docteur Pascal (Paris, Charpentier et Fasquelle, 1893) e La débacle (Paris,<br />

Charpentier et Fasquelle, 1892), quest’ultimo con de<strong>di</strong>ca autografa dell’autore a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

450<br />

L. GUALDO, L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola, Le Rêve (I), cit., p. 63.<br />

451<br />

Ibidem.<br />

452<br />

ID., L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola, Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), cit., p. 80.<br />

453<br />

La recensione a Le Rêve uscì in due parti sulle pagine de «L’Illustrazione Italiana» tra il<br />

gennaio ed il febbraio 1889, mentre l’articolo de<strong>di</strong>cato a Une page d’amour venne pubblicato<br />

su «La Rassegna settimanale <strong>di</strong> politica, scienza, lettere ed arti» nel maggio dello stesso anno.<br />

Sulla ricezione <strong>di</strong> Zola in Italia a fine Ottocento si veda S. DISEGNI, La réception du Rêve en<br />

Italie entre les deux siècles, cit., pp. 105-124.<br />

454<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 27.<br />

455 Ibidem.<br />

407


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

mente, si risolvono proprio nella medesima espressione utilizzata a proposito<br />

del cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione condotto da Zola in Le Rêve – “una ricerca nuova”. 456 E<br />

questa novità non consta nel fatto che i romanzi bourgettiani siano “meno raffinati<br />

e morbosi <strong>di</strong> quelli dei Goncourt” o “meno brutali <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Zola” (e qui<br />

il milanese sembrerebbe riprendere volutamente lo stesso aggettivo cui aveva<br />

fatto ricorso Bourget per stigmatizzare l’opera del maestro naturalista), quanto<br />

piuttosto nel suo “tentativo <strong>di</strong> penetrare più in fondo che non siasi finora nei segreti<br />

moventi delli atti e delle passioni umane, e specialmente <strong>di</strong> tali atti e passioni<br />

della vita <strong>di</strong> oggi”. 457<br />

In questa estrema attenzione verso le inquietu<strong>di</strong>ni dell’animo umano <strong>Gualdo</strong><br />

riscontra una certa vicinanza <strong>di</strong> Bourget con i due scrittori che quest’ultimo<br />

considerò i suoi maestri: da un lato Balzac – “da lui talvolta imitato, come nei<br />

primi capitoli <strong>di</strong> Cruelle Enigme” 458 – e dall’altro Stendhal. Ma, nonostante<br />

questa somiglianza e comunanza <strong>di</strong> interessi, <strong>Gualdo</strong> avverte con fare lapidario<br />

che “Bourget non rassomiglia che a se medesimo”. 459 La <strong>di</strong>fferenza che lo <strong>di</strong>stingue<br />

rispetto a Balzac e Stendhal viene in<strong>di</strong>viduata principalmente non solo<br />

nell’indole dello scrittore – che certamente ha il suo peso –, quanto soprattutto<br />

nel periodo storico in cui egli ha realizzato le proprie opere, ovvero in tempi<br />

“ben più maturi e più adatti per tali stu<strong>di</strong>”. Forse, scrive <strong>Gualdo</strong>, accanto alla<br />

sensibilità, alla perseveranza, alla lena e all’acume <strong>di</strong> Bourget, sono state proprio<br />

simili con<strong>di</strong>zioni cronologiche a spingere l’amico “per le due vie dove doveva<br />

<strong>di</strong>ventare maestro: il romanzo e la critica psicologica”: 460<br />

[…] nei suoi romanzi e nei suoi stu<strong>di</strong> critici egli si propone lo stesso scopo: la ricerca<br />

cioè dei sentimenti <strong>di</strong>ventati quasi nuovi, nell’uomo moderno sotto l’influenza<br />

delli elementi introdotti a poco a poco nella vita trasformatesi, tra i quali sono da annoverarsi<br />

per primi: l’esagerata mania dell’analisi, l’effetto della scienza invadente tutti i<br />

campi e mostrante ogni cosa sotto impreve<strong>di</strong>bili aspetti; il pessimismo speciale a questa<br />

fine <strong>di</strong> secolo, e finalmente il cosmopolitismo sempre crescente, dovuto all’aumentata<br />

curiosità e alla facilità dei mezzi <strong>di</strong> trasporto. 461<br />

456 L. GUALDO, Paolo Bourget, cit., p. 406.<br />

457 Ibidem.<br />

458 Ibidem.<br />

459 Ibidem.<br />

460 Ibidem.<br />

461 Ibidem.<br />

408


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

In parte lo schema naturalista resiste nelle pagine <strong>di</strong> Bourget – Autin parla<br />

<strong>di</strong> “doctrine psycho-physiologique” 462 –, ma questi ricorre alla scienza esclusivamente<br />

per stu<strong>di</strong>are i moti dell’animo, passioni e sensazioni (Bourget è, scrive<br />

<strong>Gualdo</strong>, “fedele al sistema <strong>di</strong> applicare il meto<strong>di</strong> della scienza solo all’analisi<br />

dei sentimenti”) perché, allo stesso tempo, egli si preoccupa, come tutti i moderni,<br />

“<strong>di</strong> rendere pittorica e scultoria la descrizione ed il ritratto e <strong>di</strong> trovare<br />

espressioni rare per le sensazioni rare”, rivelando <strong>di</strong> frequente, soprattutto sul<br />

piano linguistico, “il suo amore eccessivo per tutto ciò che è esotico”. 463<br />

Accennando, nella conclusione del passo sopra riportato, ad una tendenza<br />

culturale <strong>di</strong> grande portata – e cioè il <strong>di</strong>ffondersi del cosmopolitismo (inteso<br />

non solo come amore per l’esotico, per i viaggi, per la libertà <strong>di</strong> spostamenti,<br />

ma soprattutto come un nuovo modus viven<strong>di</strong>, e concepito come tale dallo stesso<br />

Bourget, il quale definirà questo fenomeno, nel suo stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cato a Tourguéniev,<br />

“ni une rencontre ni une attitude”, bensì un trait marquant de la figure<br />

intellectuelle) 464 – <strong>Gualdo</strong> sembra qui più che altrove proiettare la propria immagine<br />

in quella <strong>di</strong> Bourget: inserendosi nella lunga e feconda tra<strong>di</strong>zione inaugurata<br />

da Baudelaire ne Le Paintre de la vie moderne, egli interpreta infatti la<br />

spinta al cosmpolitismo come un’apertura, per usare le parole <strong>di</strong> Jean Borie,<br />

“aux sollecitations de la beauté”. 465 Certamente il critico italiano avverte una<br />

profonda “inquiétude naturelle” e non v’è dubbio che analogamente a lui anche<br />

Bourget avesse sempre coltivato “abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> completa in<strong>di</strong>pendenza” che non<br />

gli permettevano “<strong>di</strong> star fermo”, ma quando egli parla – e con vibrante sentimento<br />

– <strong>di</strong> “nostalgia delle sue varie patrie d’elezione”, <strong>Gualdo</strong> sembra davvero<br />

esser sul punto <strong>di</strong> realizzare, in questo suo stu<strong>di</strong>o de<strong>di</strong>cato al romanziere francese,<br />

un vero e proprio autoritratto allo specchio.<br />

In effetti poco oltre egli sostiene che, siccome l’epoca contemporanea è caratterizzata<br />

da un sempre più intenso ed acuto desiderio <strong>di</strong> “nouveau”, sono soprattutto<br />

le personalità mosse da un indole curiosa a voler cambiare abitu<strong>di</strong>ni e<br />

paesi: come non leggere in ciò l’espressione anche dei suoi sogni e delle sue<br />

ambizioni? Le città cosmopolite frequentate da viveurs, épicuriens e décadents,<br />

462<br />

A. AUTIN, Le Disciple de Paul Bourget, cit., p. 86.<br />

463<br />

L. GUALDO, Paolo Bourget, cit., p. 407.<br />

464<br />

P. BOURGET, Edmond et Jules de Goncourt, in Essais de psychologie contemporaine.<br />

Études littéraires, cit., pp. 353.<br />

465<br />

J. BORIE, Archéologie de la modernité, Paris, Grasset, 1999, p. 254.<br />

409


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

delineate con la maestria <strong>di</strong> chi ne ha effettiva <strong>di</strong>mestichezza, 466 fungono, secondo<br />

<strong>Gualdo</strong>, da utile proiezione esterna delle malattie dell’anima e delle nevrosi<br />

moderne; 467 del resto le <strong>di</strong>stanze sono ormai irrilevanti, così come sempre<br />

più facili sono “les relations mondaines” tra le <strong>di</strong>verse città europee. Le passioni,<br />

i capricci, i risentimenti, le stesse carriere letterarie possono svilupparsi e<br />

maturare – ed in ciò <strong>Gualdo</strong> docet – da una capitale all’altra: “De plus, les <strong>di</strong>fférents<br />

mondes des <strong>di</strong>fférents pays ne sont plus séparés. Une sorte de francmaçonnerie<br />

de l’élégance s’est établie”. 468 Gli artisti, gli scrittori, i viveurs e gli eccentrici<br />

<strong>di</strong> ogni tipo possono, sostiene <strong>Gualdo</strong>, ciascuno secondo la maniera che<br />

gli è più congeniale, vivere due o tre esistenze in altrettante <strong>di</strong>verse località europee,<br />

contribuendo, in tal modo, ad allargare sempre più gli orizzonti culturali:<br />

Un besoin effréné de briser des habitudes, de rompre avec la monotonie d’une<br />

existence, s’emparent facilement, à l’heure qu’il est, des plus soumis et des plus résignés.<br />

De même que des gens se suicident pour s’en aller, d’autres simplement s’en<br />

vont pour sortir de leur vie. Le pessimisme théorique et pratique, l’ennui, le manque<br />

d’un but, la suppression de l’amour dans plusieurs vies, l’absence ou le désarroi de la<br />

famille, poussent au déplacement, sans compter les situations illégitimes ou étranges,<br />

plus facilement admises en certaines capitales, la création, par le cosmopolitisme<br />

même, de classes nouvelles, de groupements particuliers. Sous certains ciels, en des<br />

climats nouveaux, des choses <strong>di</strong>fficiles ailleurs deviennent possibles. 469<br />

E se <strong>Gualdo</strong> (e qui, momentaneamente, ritorniamo alla prima redazione<br />

dell’articolo, quella italiana) che parimenti all’amico aveva girato tutta l’Europa<br />

in lungo e in largo – come testimoniano i luoghi da cui partono gran parte delle<br />

466 Nella seconda redazione, quella francese, dell’articolo de<strong>di</strong>cato a Bourget, <strong>Gualdo</strong> torna<br />

con grande insistenza sul tema del cosmopolitismo (come si è visto a proposito <strong>di</strong> Venezia)<br />

che, negli anni a lui contemporanei, non investe più soltanto le gran<strong>di</strong> città, ma impera ormai<br />

dovunque: “Et à côté des capitales, il y a les villes de vie facile et de jeu, les villes d’eux, les<br />

endroits bizarres où tous les mondes se coudoient encore plus qu’ailleurs; les stations hygiéniques<br />

qui jouent un si grand rôle dans sa vie moderne, affectée de toutes les névroses; et la vie<br />

de château et de villégiature, si <strong>di</strong>fférente de ce qu’elle était autrefois. Tout les races se mêlent”<br />

(L. GUALDO, Paul Bourget, cit., p. 604).<br />

467 Cfr. la lettera del gennaio 1893 a Coppée (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p.<br />

283): “Je regrette bien que vous ne soyez pas en parfaite santé. Et vous faites très bien de vous<br />

absenter un peu, car c’est le seul remède possible. Les «Cosmopolis» ont, je crois l’intention de<br />

rester à Cannes jusqu’en février et de partir ensuite, à cette époque, pour l’Egypte”.<br />

468 L. GUALDO, Paul Bourget, cit., p. 603.<br />

469 Ibidem.<br />

410


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

lettere del suo carteggio –, pre<strong>di</strong>lige in prima persona l’Inghilterra e la Francia,<br />

dal canto suo Paul Bourget, mutatis mutan<strong>di</strong>s:<br />

[…] ama specialmente l’Italia e l’Inghilterra, la prima perché è… l’Italia, la seconda<br />

perché egli armonizza assai con il sibarismo speciale <strong>di</strong> quelli epicurei igienisti<br />

che sono gl’Inglesi, <strong>di</strong> cui ammira le qualità solide ed il raffinamento intellettuale, la<br />

vita tanto sapientemente ben combinata – mentre il loro paese offre un interesse sempre<br />

crescente per le gran<strong>di</strong> e lente mo<strong>di</strong>ficazioni che subisce ora in maniera speciale e<br />

colorita decadenza dei costumi. 470<br />

Così come Bourget, <strong>Gualdo</strong> adorava l’Inghilterra: in questo paese aveva<br />

trascorso una parte della sua infanzia durante gli anni dell’esilio paterno, quando<br />

forse, come ipotizza Pierre de Montera, aveva frequentato per un breve periodo<br />

uno dei collegi inglesi più noti e raffinati, quello <strong>di</strong> Eton. In seguito, per<br />

perfezionare la conoscenza acquisita dell’inglese, i genitori avevano deciso <strong>di</strong><br />

dare al ragazzo un precettore madrelingua, John Danton Storey, che il giovane<br />

<strong>Gualdo</strong> trovava “assai severo, ma simpatico”. Ma, più dell’Inghilterra, egli<br />

ammirava gli autori <strong>di</strong> lingua inglese: sappiamo della conoscenza <strong>di</strong>retta dell’americano<br />

Henry James – su cui torneremo – e della grande influenza esercitata<br />

da Swinburne (con il quale si può soltanto teorizzare una conoscenza personale,<br />

dal momento che entrambi collaborarono a Le Tombeau in onore <strong>di</strong><br />

Théophile Gautier), 471 messa in evidenza da Marziano Guglielminetti, sulle Nostalgie<br />

gual<strong>di</strong>ane. 472 A tal proposito, inoltre, non va <strong>di</strong>menticata la lunga novella<br />

del 1868, Il viaggio del Duca Giorgio, 473 in cui <strong>Gualdo</strong> descrive dettagliatamente<br />

i costumi e le abitu<strong>di</strong>ni tipicamente anglosassoni, i mobili e gli oggetti<br />

dell’antiquariato inglese con una precisione consentita senza dubbio dalla sua<br />

conoscenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> quel mondo, oltre che da una certa pre<strong>di</strong>lezione <strong>di</strong> gusto.<br />

Anche quello <strong>di</strong> Bourget per l’Inghilterra e per la sua letteratura era stato<br />

un interesse assai precoce: compiuto un severo corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> dopo essere uscito<br />

470 ID., Paolo Bourget, cit., p. 407.<br />

471 AA. VV., Tombeau de Théophile Gautier, Paris, Lemerre, 1873. Tra coloro che omaggiarono<br />

il ‘Grande Théo’ in questa raccolta <strong>di</strong> componimenti in suo onore vanno ricordati, oltre<br />

a <strong>Gualdo</strong> e Swinburne, Victor Hugo, Coppée, Here<strong>di</strong>a, Mallarmé, Mendès, Cazalis, Marc Monnier,<br />

Payne e Sully Prudhomme.<br />

472 Cfr. M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 279-295. In particolare,<br />

sulla suggestione <strong>di</strong> Swinburne nella ritrattistica femminile all’interno delle poesie <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, si vedano le pp. 284-288.<br />

473 L. GUALDO, Il viaggio del Duca Giorgio, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 63-118.<br />

411


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

dal collegio <strong>di</strong> Sainte Barbe, come illustra <strong>Gualdo</strong> ripercorrendo gli anni della<br />

formazione e dell’educazione dell’amico, il giovane Paul aveva attinto (“chose<br />

rare en France”, aggiungerà quando ad un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, come si è detto, tradurrà<br />

ed amplierà questo suo saggio su Bourget per adattarlo alle pagine del perio<strong>di</strong>co<br />

parigino «La Nouvelle Revue») 474 alle fonti delle letterature straniere,<br />

“e in particolar modo si era nutrito dei poeti inglesi”. 475 E forse, scrive poco oltre,<br />

il grande successo della sua seconda raccolta poetica, Les Aveux, va in parte<br />

attribuito, oltre che ad una maggiore manifestazione delle qualità in<strong>di</strong>viduali<br />

dello scrittore, proprio all’influenza e allo “stu<strong>di</strong>o amoroso dei sommi inglesi,<br />

coi quali la sua natura tanto simpatizza” poiché, aggiunge, “alcune imitazioni<br />

dello Shelley – il suo pre<strong>di</strong>letto – constatano il suo culto per quella poesia inglese<br />

tanto affascinante per l’indeterminatezza della visione, e per la superlativa<br />

scelta delli effetti musicali <strong>di</strong> sapiente proso<strong>di</strong>a”. 476<br />

Autore <strong>di</strong> successo in virtù dei suoi romanzi e delle sue raccolte poetiche,<br />

Bourget era noto al grande pubblico anche per merito delle sue finissime analisi<br />

<strong>degli</strong> scrittori dell’epoca; anzi, furono proprio questi Essais de psychologie contemporaine<br />

“che forse più contribuirono possentemente alla fama <strong>di</strong> Bourget” e<br />

che, scrive <strong>Gualdo</strong>, “meriterebbero uno stu<strong>di</strong>o a parte”. 477 Un’intenzione, questa,<br />

cui egli tenne fede, almeno in parte, quando riadattò il proprio articolo per<br />

le pagine della «Nouvelle Revue».<br />

Oltre ad aggiungere o a sopprimere alcuni particolari banali e ad inserire<br />

alcuni incisi (molti dei quali, però, ben significativi perché mostrano quanto<br />

l’autore avesse in conto le <strong>di</strong>verse percezioni e competenze dei lettori francesi<br />

rispetto a quelli italiani), sono essenzialmente tre i punti in cui la versione francese<br />

del saggio si allontana da quella italiana, integrandola ed ampliandola. Il<br />

primo, come si è avuto modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, consiste nel lungo excursus sul <strong>di</strong>lagare<br />

del fenomeno del cosmopolitismo e, si aggiunge, sulle metodologie ed i luoghi<br />

<strong>di</strong> lavoro dello scrittore; il secondo è una più minuziosa narrazione della trama<br />

<strong>di</strong> Mensonges ed un tentativo <strong>di</strong> interpretazione della <strong>di</strong>fferenza tra il sentimento<br />

<strong>di</strong> amicizia e quello d’amore che legano Armand de Querne – protagonista <strong>di</strong><br />

un altro romanzo <strong>di</strong> Bourget, Crime d’Amour – rispettivamente all’ancien camarade<br />

Chazel e alla sa femme M.me Chazel; il terzo, infine, rappresenta un in-<br />

474 ID., Paul Bourget, cit., p. 591.<br />

475 ID., Paolo Bourget, cit., p. 406.<br />

476 Ibidem.<br />

477 Ibidem.<br />

412


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

teressante approfon<strong>di</strong>mento proprio sui bourgettiani Essais de psychologie contemporaine.<br />

In particolare, se sulla «Illustrazione Italiana» <strong>Gualdo</strong> si era limitato<br />

a lodare la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> pensiero, la sincerità <strong>di</strong> ricerca e la facoltà <strong>di</strong> penetrazione<br />

<strong>di</strong> questi saggi (esprimendo la propria preferenza per quello de<strong>di</strong>cato a<br />

Dumas figlio e stigmatizzando, d’altro canto, l’insufficienza <strong>di</strong> quello de<strong>di</strong>cato<br />

ai Goncourt), sulla rivista parigina – da buon critico col passar del tempo sempre<br />

più fine – egli apre una lunga parentesi per spiegare perché andassero lodate<br />

le pagine su Dumas ed in cosa consistesse, invece, la pochezza <strong>di</strong> quelle sui fratelli<br />

Goncourt, 478 in relazione alle quali afferma:<br />

Il est à regretter qu’au contraire l’article sur les Goncourt soit plutôt superficiel, un<br />

peu vague et timide, et que l’auteur n’ait pas envisagé en parlant d’eux toutes les questions<br />

que l’éclosion de leur merveilleux et si particulier talent a soulevées, ni bien démêlé<br />

en quoi ils se rattachent à leurs prédécesseurs et à leurs frères d’art, et en quoi ils<br />

en <strong>di</strong>ffèrent. Il n’a pas non plus expliqué quelle a été leur influence visible ou secrète<br />

sur les manifestations littéraires toutes récentes des plus jeunes écoles, en commençant<br />

par les «naturalistes» pour arriver jusqu’aux derniers venus, qui se posent en novateurs<br />

intransigeants. Bourget s’est contenté de très bien montrer au lecteur comment les<br />

autres d’Idées et Sensations sont parvenus à un rendu dans la description que seuls ils<br />

ont su atteindre, et à exprimer presque l’inexprimable, en faisant ressortir des deminuances<br />

que personne n’avait su rendre avant eux, et combien chez eux se montre toujours<br />

un peintre et un passionné d’art sous l'écrivain. Mais cela n’est pas assez. 479<br />

Significativa risulta, poi, la delineazione <strong>di</strong> quella particolare forma <strong>di</strong> pessimismo<br />

che sembra caratterizzare tutti i romanzi <strong>di</strong> Bourget, “un pessimisme<br />

indulgent et un pitié sans bornes” che si ritrova non solo nelle situazioni rappresentate,<br />

ma soprattutto nei personaggi descritti dalla sua penna, una penna con<br />

la quale egli li rende fin troppo umani, “quoique souvent exceptionels, que nous<br />

nous reconnaissons tout un peu en eux, doulouresement”. 480 Questo pessimismo<br />

ricorda da vicino quell’atmosfera <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong> triste rassegnazione che aleggia<br />

nei romanzi tanto <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> che <strong>di</strong> Bourget in misura tale che:<br />

478 Gli Essais de psychologie contemporaine <strong>di</strong> Bourget furono e<strong>di</strong>ti per la prima volta a<br />

Parigi dall’e<strong>di</strong>tore Lemerre nel 1883. Cfr. soprattutto, per constatare la giustezza del giu<strong>di</strong>zio<br />

espresso da <strong>Gualdo</strong>, le pagine de<strong>di</strong>cate ai Goncourt (P. BOURGET, Edmond et Jules de Goncourt,<br />

in Essais de psychologie contemporaine, cit., pp. 311-347). Poco prima dell’uscita <strong>di</strong><br />

questo volume in Francia, <strong>Gualdo</strong> aveva a sua volta scritto per «L’Illustrazione Italiana» un articolo/recensione<br />

su La Faustin <strong>di</strong> Edmond de Goncourt nel febbraio del 1882.<br />

479 L. GUALDO, Paul Bourget, cit., p. 594.<br />

480 Ivi, p. 600.<br />

413


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

[…] ce pessimisme […] arrivera tout à l’heure à se confondre avec la plus pure<br />

théorie chrétienne; dans une compassion immense, illimitée pour toutes les souffrances<br />

quelles qu’elles soient, et dérivant de n’importe quelles causes, pour toutes les souffrance<br />

qui, réunies, forment l’universelle douleur de la vie, pour la quelle aucune pitié<br />

ne sera jamais trop vaste. 481<br />

Con queste parole <strong>Gualdo</strong> pare quasi precisare la definizione <strong>di</strong> “pessimisme<br />

indulgent”, fondato sulla consapevolezza dell’universale dolore della vita<br />

che accomuna gli uomini in un unico tragico destino poiché consiste in uno stato<br />

d’animo <strong>di</strong> “paix tragique, mais suprême”. 482 Inoltre, nota <strong>Gualdo</strong>, non bisogna<br />

<strong>di</strong>menticare che la maggior parte dei “pessimistes modernes” sono nell’esistenza<br />

giornaliera, al pari suo e dello stesso Bourget, “des épicuriens paisibles,<br />

d’un épicureisme spiritual en partie, mais complet”. 483 L’autore perviene, in<br />

conclusione, alla constatazione che lo scrittore pessimista può illudersi <strong>di</strong> perseverare<br />

ancora un valore nell’intensità della vita solo continuando a vivere nella<br />

consapevolezza <strong>di</strong> quanto aveva affermato in Les Aveux: “Je songe qu’aucun<br />

but ne vaut aucun effort”, verso con il quale, significativamente, <strong>Gualdo</strong> sigilla<br />

in chiusura entrambe le redazioni, italiana e francese, dei suoi articoli su Paul<br />

Bourget. 484 Pertanto, quando ne analizza i romanzi in un clima <strong>di</strong> aperta crisi<br />

del genere romanzesco, alla vigilia delle celebrazioni <strong>di</strong> quelli che, durante una<br />

conferenza a Copenaghen nel 1892, Léon Bloy etichetterà come “funérailles du<br />

Naturalisme”, <strong>Gualdo</strong> sembra voler rimanere da un lato fedele al metodo del realismo<br />

psicologico – <strong>di</strong> indubbia derivazione naturalista –, che anzi approfon<strong>di</strong>sce<br />

attraverso letture <strong>di</strong> un certo Capuana, e in parte <strong>di</strong> Goncourt e Zola, ma<br />

dall’altro è pronto a <strong>di</strong>struggerne criticamente le procedure in via <strong>di</strong> consolidamento<br />

aprendosi al bagliore dei più recenti stili e miti decadenti, senza dubbio<br />

maggiormente consoni ad esprimere nuove e <strong>di</strong>verse concezioni della vita e della<br />

realtà. In effetti, con il suo ultimo romanzo, il già citato Decadenza (proprio<br />

del 1892), parrebbe che <strong>Gualdo</strong> voglia condurre davvero Paolo Renal<strong>di</strong>, il pro-<br />

481<br />

Ivi, p. 601.<br />

482<br />

Ibidem.<br />

483<br />

Ivi, p. 602. Si veda, inoltre, V. DONATO RAMACIOTTI, in <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de<br />

Montesquiou. Con lettere ine<strong>di</strong>te,cit., pp. 281-307.<br />

484<br />

In verità Bourget suggerirà, nell’introduzione alle sue Sesations d’Italie, che è possibile<br />

seguire anche un’altra strada che consiste nel cercare “gli angoli più refrattari al cosmopolitismo<br />

livellatore”, pretendendo <strong>di</strong> essere un semplice “turista” del mondo, purché ci si immedesimi<br />

in un turista che si comporta come colui “che sia stato il primo a godere il suo viaggio”(P.<br />

BOURGET, Sensazioni d’Italia, a c. <strong>di</strong> L. G. Tencioni, Milano, Morreale, 1927, p. 11).<br />

414


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

tagonista dell’opera, dal naturalismo e dal realismo borghese verso le zone patetiche<br />

e inquiete del decadentismo. Così, “muovendosi al margine <strong>di</strong> certe analogie<br />

e congenialità decadenti, grosso modo da Gautier a d’Annunzio a Wilde<br />

[…] e rasentando insieme le secche e gli incagli dello psicologismo residuo alla<br />

Bourget” 485 – pur ancora presente se Montale ritiene che le pagine migliori <strong>di</strong><br />

Decadenza siano da leggersi come “cartelle cliniche scritte da un poeta” 486 –<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, secondo Bertacchini, nell’ultimo suo romanzo:<br />

[…] giunge a rarefare le sue immagini, a penetrarle <strong>di</strong> una pensosità, <strong>di</strong> una versatilità<br />

e fluenza mentale […] per cui il tono nuovo, la partecipazione lenta ma fattiva<br />

dell’autore alla sostanza esistenziale dei suoi personaggi, quel guardare ogni volta ad<br />

essi con «l’inesauribile indulgenza dell’uomo poco felice», può derivare le sue linee<br />

dall’investimento, dal sondaggio replicato e insistente <strong>di</strong> un’atmosfera, <strong>di</strong> un motivo<br />

tematico fisso, come il paesaggio, oppure il profilo <strong>di</strong> un volto. 487<br />

E, riallacciandoci a quest’ultima specialità dello stile narrativo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

ovvero alla sua bravura nella descrizione dei visi – che nasce dall’attenzione<br />

talvolta quasi ossessiva dell’autore per i volti umani –, prima <strong>di</strong> passare agli ultimi<br />

due articoli che il milanese de<strong>di</strong>cò a Bourget, resta da affrontare ancora<br />

un’ultima parte (che è poi, in verità, quella <strong>di</strong> apertura) del saggio gual<strong>di</strong>ano finora<br />

analizzato nella sua duplice versione: resta, insomma, da illustrare ancora<br />

il ritratto <strong>di</strong> Paul Bourget ad opera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Questo ritratto ha la particolarità<br />

<strong>di</strong> esser realizzato immaginando lo scrittore francese all’età <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciotto<br />

anni, quando, nel lontano 1873, aveva cominciato a farsi notare tra le promesse<br />

letterarie della rive gauche. Pur connotandosi come descrizione fisica, il modo<br />

in cui è rappresentata l’immagine del viso del giovane francese, così come viene<br />

a delinearsi nella mente del lettore attraverso le parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, lascia trasparire<br />

importanti aspetti anche del carattere e della personalità dello scrittore:<br />

Somigliava un poco all’Antinoo del Louvre, 488 benché i lineamenti fossero più<br />

grossi; la sua fronte precocemente pensosa si adombrava <strong>di</strong> folti capelli castani <strong>di</strong>visi<br />

485 R. BERTACCHINI, Ritorno <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 81.<br />

486 E. MONTALE, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 3.<br />

487 R. BERTACCHINI, Ritorno <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 81.<br />

488 È curioso notare come anche l’aspetto fisico dello stesso <strong>Gualdo</strong>, nel necrologio a lui<br />

de<strong>di</strong>cato firmato da La Cagoule (pseudonimo sotto il quale potrebbe celarsi molto probabilmente<br />

lo stesso Paul Bourget che sulla rivista in questione scriveva fin dall’inverno del 1892) su<br />

«L’Echo de Paris» del 27 maggio 1898, sia stato messo a confronto con la medesima opera<br />

415


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

in gran<strong>di</strong> masse, l’occhio bruno già scrutatore pareva avido <strong>di</strong> penetrare tutti i segreti<br />

della vita; la bocca, bellissima, sanamente sensuale, non smentiva la nobiltà della fronte.<br />

489<br />

In poche righe <strong>Gualdo</strong> fa emergere da questo succinto ritratto la potenza<br />

dell’indole <strong>di</strong> Bourget, il suo temperamento, la plasticità e l’eleganza dei suoi<br />

lineamenti: una simile efficacia, in così poche parole, riuscirà soltanto a <strong>Federico</strong><br />

de Roberto al momento dell’incontro, in casa dell’amico Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong><br />

Giorgi, con lo scrittore francese durante il suo viaggio in Sicilia: “Bourget mi è<br />

sempre più simpatico; ha una testa assai forte e espressiva, ricca <strong>di</strong> capelli, con<br />

dei tratti molto pronunziati, ed una conformazione ossea (come per tutto il corpo,<br />

del resto) magnifica”. 490<br />

Il terzo articolo, l’ultimo stu<strong>di</strong>o strettamente letterario, firmato da <strong>Gualdo</strong> e<br />

de<strong>di</strong>cato a Bourget compare sulle pagine <strong>di</strong> una rivista italiana solo qualche anno<br />

più tar<strong>di</strong> rispetto ai primi due: in occasione, infatti, della prossima uscita<br />

presso l’e<strong>di</strong>tore Lemerre della nuova opera del francese, La physiologie de<br />

l’Amour moderne, il conte <strong>Luigi</strong> scrisse, nel febbraio 1891, un’accurata recensione<br />

su questo libro, pubblicata sul perio<strong>di</strong>co torinese «Cronaca d’Arte». 491<br />

Prima, però, <strong>di</strong> passare in rassegna i punti focali <strong>di</strong> questo saggio e le interessanti<br />

e luci<strong>di</strong>ssime intuizioni del <strong>Gualdo</strong> nell’analizzare La physiologie <strong>di</strong><br />

“Bourrrget” 492 – come egli si <strong>di</strong>vertiva a chiamare l’amico prendendolo in giro<br />

per la flessione alverniate del suo francese –, ritorniamo brevemente sulla lunga<br />

permanenza veneziana che i tre amici <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Paul Bourget ed Henry<br />

James avevano svolto insieme nel corso della primavera 1887.<br />

Di questa aventure vénitienne ci restano numerose e fedeli testimonianze<br />

non solo, come si è accennato, nel Journal intime <strong>di</strong> Bourget, ma anche nei Notebooks<br />

<strong>di</strong> James, dai quali appren<strong>di</strong>amo, come riporta Pierre de Montera, che<br />

“touchant leur activité comune, dans sa conversation […] <strong>Gualdo</strong> s’amusait à<br />

raconter à ses interlocuteurs [un tas de sujets de roman], leur laissant la possibi-<br />

scultorea del Louvre: “grand et élégant”, leggiamo infatti nell’articolo, egli possedeva tutta la<br />

“beauté d’Antinoùs brun”.<br />

489<br />

L. GUALDO, Paolo Bourget, cit., p. 406.<br />

490<br />

Il passo è tratto dal Diario <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Giorgi (in data 29 <strong>di</strong>cembre 1890) ed è riportato<br />

da J.-P. DE NOLA in Paul Bourget à Palerme, cit., p. 13.<br />

491<br />

L. GUALDO, Paul Bourget, Physiologie de l’Amour moderne, cit., pp. 84-85.<br />

492<br />

Lettera a Coppée del novembre 1874. P. DE MONTERA, in <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 184.<br />

416


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

lité d’en tirer, quand ils venaient de lui, le parti qu’il leur plairait”. 493 Dai suoi<br />

appunti <strong>di</strong> viaggio, è evidente che James non si lasciò scappare l’occasione <strong>di</strong><br />

prender nota <strong>di</strong> ciò: tra la lista <strong>di</strong> trame possibili dettate dall’amico italiano, egli<br />

rimane piuttosto colpito da un plot in particolare, dalla storia, cioè, <strong>di</strong> una giovane<br />

coppia senza figli che si risolvono a chiedere ad un pittore il ritratto <strong>di</strong> una<br />

petite fille affinché essi, considerandola come se fosse una propria creatura (e<br />

non potendo fare altrimenti), possano riversare tutto il loro amore su <strong>di</strong> lei. Secondo<br />

Montera il ricordo <strong>di</strong> questa “storia possibile” ossessionò a lungo James,<br />

il quale, a partire dal 1900, scrisse più e più volte ai coniugi Bourget, 494 anche a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> svariati anni, per sapere se <strong>Gualdo</strong>, all’epoca della sua indagine ormai<br />

morto, avesse dopo il loro lontano incontro veneziano sfruttato quel little<br />

subject che egli chiama “The Child retournée”. 495 La sua gioia, avendo ricevuto<br />

una prima risposta negativa dall’amico francese, quasi fosse un lasciapassare<br />

per mettersi all’opera, viene annotata nei suoi Notebooks, in data 11 settembre<br />

1900. Tuttavia ai coniugi Bourget doveva esser sfuggita, o forse avevano semplicemente<br />

<strong>di</strong>menticato (a causa del tempo trascorso e della sua assenza nella<br />

pubblicazione in raccolta) 496 una novella gual<strong>di</strong>ana intitolata Una creazione,<br />

uscita in più puntate sul «Fanfulla» tra l'agosto ed il settembre 1877. 497 In questo<br />

racconto si narra del desiderio espresso da due amanti, il marchese Raoul <strong>di</strong><br />

Pièvre e la principessa Maria Czerneneff, <strong>di</strong> far realizzare al pittore Gustavo<br />

Zorne un <strong>di</strong>pinto raffigurante un bambino perfettamente somigliante ad entrambi.<br />

In attesa della morte del principe <strong>di</strong> Czerneneff, cui Maria era stata sposata<br />

giovanissima e che avrebbe potuto essere suo padre, la giovane coppia avrebbe<br />

così potuto pregustare e contemplare, attraverso il ritratto <strong>di</strong> quel “fanciullo ideale”,<br />

il sogno del loro potenziale futuro insieme. Il quadro riesce alla perfezione<br />

a tal punto che nel testo della novella si legge che Gustavo Zorne “sostituendosi<br />

ad essi [Raoul e Maria] ed appropriandosi la loro esistenza, […] aveva creato,<br />

con uno sforzo d'artista, la loro creazione. Aveva rubato il compito alla natura e<br />

indovinato un segreto <strong>di</strong>vino”. 498 I due “genitori” avevano iniziato poi ad amare<br />

493<br />

Ivi, p. 50.<br />

494<br />

Bourget aveva sposato nell’agosto 1890 Minnie David, figlia <strong>di</strong> un armatore belga.<br />

495<br />

H. JAMES, Notebooks, e<strong>di</strong>ted by F.O. Matthissen and K. B. Murdock, New York, Oxford<br />

University Press, 1961, p. 213 e p. 265.<br />

496<br />

È questa l'ipotesi suggerita da Renata Lollo nell'Introduzione a L. GUALDO, Le poesie<br />

1859-1893, cit., p. 33.<br />

497 ID, Una creazione, cit.<br />

498 Ibidem.<br />

417


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

così tanto quel <strong>di</strong>pinto da intendere e parlare con il soggetto in esso ritratto; assistendo<br />

a ciò il pittore , persino una volta che il sogno della passione dei due<br />

giovani sarà finalmente realizzato e avrà dato loro in frutto un bambino vero,<br />

penserà <strong>di</strong> vedere nella creatura in carne ed ossa una copia vivente del suo quadro<br />

perché – suggerisce <strong>Gualdo</strong> nella conclusione del racconto – “si deve certo<br />

scommettere che quel fanciullo somiglierà moltissimo al ritratto. Ma il ritratto<br />

rimarrà sempre l'originale”. 499<br />

Ad ogni modo Henry James, non avendo saputo dai Bourget dell'esistenza<br />

<strong>di</strong> questo racconto, durante l'estate del 1900 decide <strong>di</strong> mettersi al lavoro sul<br />

soggetto gual<strong>di</strong>ano che tanto lo aveva colpito. Ed infatti, in data 11 settembre,<br />

un'annotazione sul suo <strong>di</strong>ario ci rivela la decisione <strong>di</strong> realizzare a breve un'opera<br />

à la <strong>Gualdo</strong>, decisione seguita dalla puntualizzazione che si sarebbe trattato<br />

<strong>di</strong> un testo (il racconto Maud-Evelyn, ma non solo) 500 destinato a fare da pendant<br />

ad altre due novelle, tra cui figurava il futuro romanzo The wings of dove:<br />

I learned […] from P. B. what makes the little ‘<strong>Gualdo</strong>’ notion of ‘The Child’ really,<br />

it seems to me, quite <strong>di</strong>sponible to me on my own lines. They know nothing of his<br />

ever having written or published such a tale – they only meant in mentioning the thing<br />

to me at Torquay, that he had mentioned it to them. That he ever treated it, or what he<br />

made if he <strong>di</strong>d, they wholly ignore – and it is moreover a question for me of a mere<br />

point de départ: that a young childless couple comes to a painter and ask him to paint<br />

them a little girl (or a child quelconque) whom they can have as their own – since they<br />

so want one and can’t come by it otherwise. My subject is what I get out of that. […]<br />

Me voilà donc libre. Bon! 501<br />

Il progetto andrà a concretizzarsi soltanto nel 1909, ma la trama originaria,<br />

com’è possibile intuire dal passo appena riportato, verrà profondamente stravolta:<br />

non si tratterà più, al termine della rielaborazione eseguita da James, della<br />

commissione del ritratto <strong>di</strong> una bambina mai nata (eloquenti, a tal proposito, le<br />

499 Ibidem.<br />

500 Una puntualizzazione sugli esiti della influenza gual<strong>di</strong>ana nella produzione dello scrittore<br />

americano è offerta da R. LEE GALE, A Henry James Encyclope<strong>di</strong>a, New York, Greenwood<br />

Press, 1989, p. 281: “Accor<strong>di</strong>ng to a Notebook entry (7 may 1898), James learned<br />

through Paul Bourget and his wife about a plot by <strong>Gualdo</strong> concerning “the child retournée”.<br />

James comments to the effect that his story «The Tone of Time» also owes something to <strong>Gualdo</strong>.<br />

He developed <strong>Gualdo</strong>’s general idea into «Maud Evelyn» and began «Hug Merrow», which<br />

also evidently resembles <strong>Gualdo</strong>’s idea”.<br />

501 H. JAMES, Notebooks, cit., p. 302.<br />

418


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

annotazioni dell’americano sul suo <strong>di</strong>ario: “…the acquisition, construction – by<br />

portrait, etc. ??? – of an ANCESTOR instead of l’Enfante… The setting up of<br />

some one who must have lived: un vrai mort. Immagine old couple, liking<br />

young man…”), 502 bensì <strong>di</strong> quello del marito defunto <strong>di</strong> un’anziana vedova.<br />

Pierre de Montera sostiene che, contrariamente all’effetto sortito su James, la<br />

narrazione veneziana <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> non dovette colpire troppo Bourget, il quale,<br />

pur avendo annotato la lista <strong>di</strong> storie possibili elaborate dall’amico milanese nel<br />

suo Journal intime, “ne semble pas toutefois l’avoir jamais exploité”. 503<br />

In realtà, leggendo la conclusione della recensione alla Physiologie de<br />

l’Amour moderne <strong>di</strong> Bourget, laddove <strong>Gualdo</strong> sottolinea l’importanza della parte<br />

finale del libro – ben lontana dalla casistica eccessivamente parigina trattata<br />

nel resto del volume – viene esposta una vicenda, che, seppur <strong>di</strong> lontano, sembra<br />

riecheggiare proprio lo scheletro narrativo della gual<strong>di</strong>ana Enfante:<br />

[…] nell’ultimo racconto del libro, Un sentiment vrai […] l’autore allarga<br />

l’orizzonte ed assurge ad un’atmosfera più pura, narrando la commovente storia del<br />

dottor Dupuis, poetica e profondamente reale. In essa tocca anche la questione della<br />

paternità come lo fa anche in altri punti del volume. È la storia <strong>di</strong> un uomo semplice e<br />

forte, che, tra<strong>di</strong>to, abbandonato dalla moglie adorata, la perdona; e, rimasto poi vedovo,<br />

riporta tutto l’amore della sua vita sopra una bambina, che essa ha avuto dall’uomo<br />

che l’ha rapita. «Vois-tu» egli <strong>di</strong>ce a Claude «quand on a aimé une femme comme j’ai<br />

aimé la mienne, c’est pour toujours, et on aime tout de ce qui nous la rend vivante».<br />

E questa volta, qui, si tratta dell’Amore, senza epiteto alcuno rarissimo certo, più<br />

raro ancora <strong>di</strong> quanto si crede – pure <strong>di</strong> tutti i tempi e <strong>di</strong> tutti i paesi. 504<br />

Ponendo l’accento su quella che ritiene essere, nel lavoro dell’amico,<br />

l’unica tipologia <strong>di</strong> amore – <strong>di</strong> Amore con la A maiuscola – che esula dalla moderna<br />

concezione <strong>di</strong> questo sentimento, <strong>Gualdo</strong> riflette sul fatto che, pur essendo<br />

conseguenza <strong>di</strong> un tra<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> una molto attuale riconciliazione, la de<strong>di</strong>zione<br />

che questo padre riversa sulla propria creatura – che poi, in realtà, tanto<br />

sua non è – rappresenta la più alta forma <strong>di</strong> sentiment vrai, non tanto perché<br />

nella bambina egli vede un’appen<strong>di</strong>ce, una continuazione ed una ressemblance<br />

con la donna un tempo amata e ormai perduta, ma soprattutto per la limpi<strong>di</strong>tà, la<br />

trasparenza e la purezza che contrad<strong>di</strong>stinguono questo legame affettivo.<br />

502 Ivi, p. 265.<br />

503 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 50.<br />

504 L. GUALDO, Paul Bourget. Physiologie de l’Amour moderne, cit., p. 85.<br />

419


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Nel resto dell’opera, una tra le più singolari della sua produzione – opera<br />

che, secondo Armad Singer, “reveals another of Bourget’s many facets” 505 – lo<br />

scrittore francese, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, sembrerebbe aver obbe<strong>di</strong>to, piuttosto che<br />

alle proprie convinzioni, all’impulso <strong>di</strong> seguire il consiglio dettato dal comune<br />

amico Théophile Gautier, il quale era solito <strong>di</strong>re quando si trovava in compagnia<br />

<strong>di</strong> entrambi: “Je finirai par écrire un livre, où je <strong>di</strong>rait TOUT, et alors ce sera<br />

effrayant”. 506 Comunque, commenta il milanese, a scrivere questo TOUT,<br />

non è stato in fin dei conti il ‘Grande Théo’, bensì “il poeta moralista” Bourget<br />

che, con questo testo “penetra molto addentro in certe parti del problema<br />

dell’amore, nella società com’è costituita adesso, e si mettono talvolta in viva<br />

luce certi apetti, lasciati troppo spesso nell’ombra: le profonde <strong>di</strong>fferenze,<br />

l’antagonismo esistente fra i sue sessi, la ostilità latente che ne deriva; tutto il<br />

fondo <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o che si cela spesso nell’amore, specialmente nell’amore sensuale;<br />

il ritorno, talvolta, alla ferocia dell’uomo delle epoche ultra-raffinate, il mistero<br />

<strong>di</strong> certe contrad<strong>di</strong>zioni, i malintesi, ripetentesi sempre, la miseria morale nascosta<br />

sotto certi gran<strong>di</strong> sentimenti apparenti […], la noia, i pesi, il lato o<strong>di</strong>oso <strong>di</strong><br />

questa o quella «relazione» mondana”. 507<br />

L’unico – e tuttavia “inevitabile” – <strong>di</strong>fetto che il recensore riscontra nella<br />

Physiologie bourgettiana (testo al quale ancora una volta <strong>Gualdo</strong>, pur trovandovi<br />

qualcosa dei libri scritti sullo stesso argomento da Balzac e Stendhal, riconosce<br />

un’assoluta originalità “poiché la personalità dell’autore vi si afferma possentemente”)<br />

consiste nel limite <strong>di</strong> certe osservazioni su una tipologia <strong>di</strong> amore<br />

non tanto universalmente moderno, quanto piuttosto esclusivamente parigino (e,<br />

<strong>di</strong> conseguenza, nell’impiego <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> vista sull’argomento in questione<br />

essenzialmente francese). Ad ogni modo il raffinato romanziere ha però intriso<br />

ogni sua pagina “<strong>di</strong> osservazioni sottili, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> finezze d’analisi, d’esperienza<br />

e <strong>di</strong> esempi veri, <strong>di</strong> aneddoti che, con nomi e circostanze mutate, è facile ad alcuni<br />

<strong>di</strong> noi riconoscere per autentici”; 508 in particolare, nei capitoli intitolati Les<br />

Exclus e Le vrai et le faux homme à femmes, si ritrova spesso “uno spirito alla<br />

Rivarol, una ironia sapiente e fredda mescolata a delle frasi in cui sanguina il<br />

cuore e fremono i ricor<strong>di</strong> della passione”. 509 Fedele all’impiego del metodo<br />

505 A. E. SINGER, Paul Bourget, Boston, Twayne, 1976, p. 122.<br />

506 L. GUALDO, Paul Bourget. Physiologie de l’Amour moderne, cit., p. 84.<br />

507 Ibidem.<br />

508 Ibidem.<br />

509 Ibidem.<br />

420


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

scientifico nell’analizzare sentimenti e passioni, anche in quest’opera Bourget<br />

non tralascia le statistiche e giunge ad<strong>di</strong>rittura ad elaborare una lista dei veri<br />

amanti per rapporto alle <strong>di</strong>verse professioni. Nello stilare questo elenco, tuttavia,<br />

<strong>Gualdo</strong> ritiene che egli non abbia tenuto in giusto conto la cosiddetta ‘teoria<br />

delle rassomiglianze’, 510 dottrina in base alla quale si può dedurre – come egli<br />

già aveva avuto modo <strong>di</strong> esemplificare nell’opera Une ressemblance e come poi<br />

esplicitamente avverte all’interno del suo stu<strong>di</strong>o sull’autore d’oltralpe – che:<br />

[…] un uomo ha moltissime probabilità <strong>di</strong> piacere a una donna che rassomigli ad<br />

un'altra o ad altre cui si è piaciuto precedentemente – e quasi nessuna probabilità <strong>di</strong> destare<br />

la simpatia <strong>di</strong> quelle, che hanno un tipo opposto o affatto <strong>di</strong>verso. 511<br />

Speciale menzione meritano, d’altro canto – essendo “particolarmente notevoli”<br />

– quelle parti del libro in cui viene trattato il tema della gelosia che è sì<br />

un unico sentimento, ma può presentarsi in molte varietà e sotto <strong>di</strong>verse sfaccettature.<br />

<strong>Gualdo</strong> ne rintraccia <strong>di</strong> almeno tre tipi nella Physiologie <strong>di</strong> Bourget:<br />

quella dei sensi, quella <strong>di</strong> cuore e quella <strong>di</strong> testa. La prima è considerata la forma<br />

più frequente, perché sopravvive all’amore e tormenta ad accessi: essa “si<br />

assopisce, scompare… e ad un tratto torna fulminea, simile ad un attacco <strong>di</strong> male<br />

subitaneo” 512 che può colpire un amante anche dopo il termine <strong>di</strong> una relazione;<br />

la seconda, invece, quella del cuore, è molto <strong>di</strong>versa perché si basa<br />

sull’aforisma “Aimer par le coeur c’est avoir d’avance tout pardonnée à ce<br />

qu’on aime”; 513 la terza, infine, la gelosia <strong>di</strong> testa, è generata dall’invi<strong>di</strong>a, dall’orgoglio,<br />

dall’amor proprio e da tutta una serie <strong>di</strong> cause secondarie estranee al<br />

sentimento d’amore. Leggendo quest’opera il lettore si impersona non <strong>di</strong> rado<br />

nelle <strong>di</strong>verse situazioni <strong>di</strong> casistica amorosa che l’autore espone, e non sono pochi<br />

quelli che, secondo <strong>Gualdo</strong>, vorrebbero aggiungervi qualcosa <strong>di</strong> proprio:<br />

510 Ibidem.<br />

511 Probabilmente i due amici dovevano aver <strong>di</strong>scusso insieme <strong>di</strong> questa teoria che tanta<br />

importanza riveste nella produzione letteraria dell’italiano. Si ricor<strong>di</strong>, tuttavia, che non solo Une<br />

ressemblance <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è un romanzo interamente costruito sulla base <strong>di</strong> questa idea, ma che<br />

anche il racconto Un Idylle triste <strong>di</strong> Bourget, <strong>di</strong> cui si è detto in precedenza, ha una trama incentrata<br />

proprio su questo concetto.<br />

512 L. GUALDO, Paul Bourget. Physiologie de l’Amour moderne, cit., p. 84.<br />

513 Ibidem. Su tale varietà <strong>di</strong> gelosia <strong>Gualdo</strong> concorda con Spinoza nel ritenere che “nella<br />

gelosia <strong>di</strong> un amante tra<strong>di</strong>to per una donna che ha posseduto, la immagine delle carezze che ella<br />

pro<strong>di</strong>ga al rivale, risveglia in lui il ricordo delle carezze ricevute, e che codesto ricordo agisce<br />

su <strong>di</strong> lui come una visione <strong>di</strong> lussuria, e lo riconduce ad un tormentoso desiderio”.<br />

421


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Bourget doveva esserne consapevole dacché, pur esprimendo un giu<strong>di</strong>zio molto<br />

positivo su questo suo romanzo – “je le crois le plus poétique et le plus romanesque”<br />

–, rivelò più volte <strong>di</strong> sapere che l’opera <strong>di</strong>fettava in qualcosa, ma che non<br />

intendeva in nessun modo intervenire in proposito: quant à ce qui y manque, je<br />

le sais trop, mais je crois que je n’ai jamais mieux <strong>di</strong>t certaines choses tristes<br />

du fond de moi. 514<br />

Dopo la svolta spiritualista dei primi anni ’90, seguita al suo matrimonio,<br />

Bourget aveva cominciato ad affermarsi, non solo nel suo paese, come narratore<br />

essenzialmente <strong>di</strong> stampo cattolico, pronto a denunciare le amare conseguenze<br />

del <strong>di</strong>vorzio e a combattere l’eresia modernista, in continua polemica con la<br />

Francia repubblicana, laica e democratica del suo tempo. L’amicizia con <strong>Gualdo</strong><br />

certo non s’interruppe, ma il legame tra i due non tardò ad allentarsi: il primo<br />

vero colpo, in realtà, era già giunto con la decisione del francese <strong>di</strong> sposarsi.<br />

Per quel “budda tetragono del celibato” 515 <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> – come lo definirà Piero<br />

Nar<strong>di</strong> nella biografia <strong>di</strong> Arrigo Boito – si era trattato <strong>di</strong> un vero e proprio tra<strong>di</strong>mento,<br />

dal momento che egli aveva sempre ritenuto l’amico un single incallito<br />

al suo pari. “Le mariage d’un ami est chose grave. Les liens d’amitié restent <strong>di</strong>fficilement<br />

les mêmes et bien des dangers peuvent les menacer” aveva scritto<br />

<strong>Gualdo</strong> in Une ressemblance, nel 1874. 516 D’altro canto lo stesso Bourget aveva<br />

annotato, durante il febbraio 1879, nel suo Journal intime che “un ami marié<br />

n’est plus un ami”; ma alla fine, stregato da Minnie David era finito per convolare<br />

a giuste nozze. 517 La giovane donna, comunque, si affezionerà molto a<br />

<strong>Gualdo</strong>, il quale a sua volta finirà per ricambiarle l’affetto <strong>di</strong>mostratogli, come<br />

sembrerebbe lecito supporre dal contenuto dell’unica lettera superstite 518 del<br />

carteggio esistito tra i due: in questo documento, risalente alla fine del 1892,<br />

514 Ibidem.<br />

515 P. NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 360.<br />

516 L. GUALDO, Une ressemblance, cit., p. 358.<br />

517 Eloquente ciò che <strong>Gualdo</strong> scrisse a Giacosa nel 1890 annunciandogli la decisione del<br />

comune amico <strong>di</strong> sposarsi: “Bourget, preso da subitanea follia, (e vittima, credo, <strong>di</strong> una suggestione<br />

ipnotica, come ti spiegherò poi) prende moglie nel modo il più assurdo e precipitoso e<br />

sposa una M.elle David, bellina, coltissima, strana, innamoratissima <strong>di</strong> lui e senza quattrini. È<br />

una vera pazzia. Io ne sono seccato egoisticamente e squilibratissimo e non posso rimettermi<br />

dallo stupore. (Nemmeno lui, però)”. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 311-313.<br />

518 Ivi, pp. 326-327. La lettera è conservata alla Bibliothèque dell'Institut Catholique <strong>di</strong> Parigi<br />

ed è stata ritrovata all’interno <strong>di</strong> un esemplare del gual<strong>di</strong>ano Mariage excentrique (2ème<br />

é<strong>di</strong>tion, Paris, Lemerre, 1884) custo<strong>di</strong>to nel Fonds Paul Bourget (cote: PB 437) ed a questi de<strong>di</strong>cato<br />

(“à Paul Bourget / son ami / <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”).<br />

422


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

scorgiamo il milanese intento a fare da interme<strong>di</strong>ario – ruolo che già aveva avuto<br />

modo <strong>di</strong> ricoprire a beneficio dello stesso Paul, al quale, ad esempio, aveva<br />

presentato Verga 519 – tra Mme Bourget e Matilde Serao, con la quale Minnie<br />

era in procinto collaborare come traduttrice francese de Il paese <strong>di</strong> Cuccagna:<br />

Chère Madame,<br />

[…] Il a eu lieu ici, ces derniers jours, un Congrès Littéraire & Mathilde Serao<br />

m’avait assuré, la dernière fois qu’elle a été ici, qu’elle serait revenue pour ce Congrès.<br />

De sorte que je l’ai attendue, espérant lui faire votre commission de vive voix. Naturellement<br />

elle n’est pas venue. Alors, je lui ai écrit au même sujet, mais – toujours naturellement<br />

– je n’ai pas eu de réponse. Je lui écrirai encore. 520<br />

Dunque, una volta familiarizzato con la novella sposa e accettato ormai<br />

tanto il nuovo stile <strong>di</strong> vita dell’amico quanto la persona con cui lo con<strong>di</strong>videva,<br />

<strong>Gualdo</strong> riprenderà a seguito <strong>di</strong> una breve interruzione a fare <strong>di</strong> nuovo frequenti<br />

visite a casa dello scrittore (“pranzo fuori quoti<strong>di</strong>anamente, o da Bourget o da<br />

Coppée, dove sono perennemente invitato”, scrive ad esempio a donna Vittoria<br />

Cima a nozze ormai celebrate, negli anni della sua malattia) 521 e anzi si mostrerà<br />

molto turbato quando, nel corso del 1896, la stesura del romanzo dell’alverniate,<br />

Un Idylle triste: moeurs cosmopolites, inizierà a procedere “con una<br />

lentezza insolita” 522 a causa delle <strong>di</strong>strazioni generate dal processo da lui intentato<br />

contro l’e<strong>di</strong>tore Lemerre (“quel Treves cristiano e normand”, 523 come<br />

<strong>Gualdo</strong> stesso lo definisce) per le grosse somme sottrattegli e che finirà per<br />

metterlo ad<strong>di</strong>rittura contro il confratello d’arte e vita François Coppée, con<br />

grande preoccupazione da parte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, intimo <strong>di</strong> entrambi:<br />

La broiiille tra Coppée e Bourget m’addolora molto e rende la mia posizione <strong>di</strong>fficile<br />

tra quei due. Pensare che due uomini <strong>di</strong> quel valore si guastano, dopo un’amicizia<br />

<strong>di</strong> più <strong>di</strong> vent’anni, per una canaglia com’è il Lemerre! Se non fossi invalido, farei forse<br />

la sciocchezza de biraccomder, ma così non mi è possibile! 524<br />

519 A. M. MANGIA, Bourget e l’Italia…, cit., p. 21.<br />

520 Lettera s.d. che Montera, che l'ha pubblicata (non senza alcuni errori <strong>di</strong> trascrizione),<br />

essa sarebbe stata scritta a Milano tra l’ottobre e il novembre 1892 (<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 326).<br />

521 Fondo Vittoria Cima, c.30.b.40(13). Lettera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, s.d. [ma 1896].<br />

522<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 311-313.<br />

523<br />

Ibidem.<br />

524<br />

Ivi, lettera 29 anch’essa s.d. [ma 1896] del medesimo alla stessa.<br />

423


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Nonostante questo episo<strong>di</strong>o e la sempre maggiore intransigenza reazionaria<br />

del francese, da un lato, e la paralisi che colpì l’italiano, dall’altro, i rapporti tra<br />

Bourget e <strong>Gualdo</strong> continuarono ad avere lunga vita, anche se quest’ultimo, costretto<br />

a letto nella sua stanza d’albergo inizialmente in rue de la Paix a Parigi,<br />

si lamenterà più volte con il suddetto Coppée 525 <strong>di</strong> non ricevere spesso visite del<br />

comune amico, sempre più frequentemente impegnato in lunghi viaggi e soggiorni<br />

all’estero, specie in Scozia ed Inghilterra. Non sono pochi i critici che<br />

hanno visto <strong>di</strong> buon occhio il progressivo allontanamento, avvenuto comunque<br />

più sul piano ideologico-letterario che su quello delle relazioni umane, tra i due<br />

scrittori: <strong>di</strong>fatti Giulio Cattaneo, sulle pagine de «La Repubblica» dell’ottobre<br />

1981, parlando dell’importanza del ruolo <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> come critico preventivo,<br />

consigliere <strong>degli</strong> artisti e me<strong>di</strong>atore culturale, sottolinea il grande contributo<br />

dato dal milanese nella conoscenza e <strong>di</strong>ffusione in Italia dei romanzieri francesi<br />

suoi contemporanei, e soprattutto <strong>di</strong> quel Bourget “che ebbe, purtroppo,<br />

una decisa influenza sui nostri narratori <strong>di</strong> origine verista, attratti, in un secondo<br />

tempo, dal «misticismo nevrastenico del secolo agonizzante»”, 526 un misticismo<br />

dal quale, tuttavia, forse in virtù della sua avvedutezza e del suo acuto senso critico,<br />

“<strong>Gualdo</strong> rimase completamente immune”. 527 A conferma della propria tesi<br />

Cattaneo aggiunge poco oltre che, se “Bourget ha avuto più influenza sulla Serao<br />

e De Roberto”, ciò non è mai avvenuto nel caso del milanese che si è invece<br />

sempre <strong>di</strong>mostrato, nonostante l’intenso legame, un autore “alieno da tentazioni<br />

spiritualiste ed estraneo ai temi che interessavano al narratore cattolico francese”:<br />

528 lo <strong>di</strong>mostrerebbe il romanzo Decadenza, dove, in effetti, egli “si avventura<br />

[…] in un analisi psicologica che non ha nulla del retorico psicologismo<br />

del Bourget”, riuscendo anzi, nella prima parte del romanzo, a <strong>di</strong>stinguersi come<br />

“morbido descrittore” <strong>di</strong> interni <strong>di</strong> gusto estetizzante e <strong>di</strong> atmosfere ovattate<br />

e vaporose e “riuscendo a dare il quadro <strong>di</strong> una società elegante al quale aveva<br />

aspirato inutilmente il Verga […] con un senso <strong>di</strong> inibizione provinciale”. 529<br />

Il quarto ed ultimo articolo, infine, che <strong>Gualdo</strong> consacra in Italia all’amico<br />

si <strong>di</strong>scosta dai precedenti per il taglio da lui impresso: essendo questo destinato<br />

alla pubblicazione su una rivista rivolta ad una fascia <strong>di</strong> pubblico molto ampia e<br />

525 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 290.<br />

526 G. CATTANEO, Lo scrittore in gilet bianco, in «La Repubblica», 9 ottobre 1981, p. 5.<br />

527 Ibidem.<br />

528 Ibidem.<br />

529 Ibidem.<br />

424


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>di</strong>retta a far presa anche tra i meno colti, la «Illustrazione Popolare» dei Treves,<br />

e da collocarsi all’interno della rubrica Profili <strong>di</strong> scrittori contemporanei, l’autore<br />

opta per conformare il contenuto del suo stu<strong>di</strong>o al potenziale target <strong>di</strong> lettori,<br />

riservandosi pertanto <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le loro attese e curiosità attraverso un<br />

brano che ritrae l’ormai affermatissimo romanziere francese nella sua quoti<strong>di</strong>anità,<br />

indugiando su particolari della sua vita che rientrano nella sfera del privato,<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione decisamente intima. Ciò non vuol <strong>di</strong>re che egli si astenga<br />

dall’esprimere giu<strong>di</strong>zi critici e <strong>di</strong> aprire lunghe ed efficaci parentesi su forma e<br />

contenuto dell’opera dell’autore alverniate, ma il brano giornalistico, nel suo insieme,<br />

è assemblato secondo un montaggio che mette in primo piano l’uomo<br />

Bourget più che la figura del letterato. Questo intervento si allontana, inoltre,<br />

dagli altri suoi interventi pubblicistici rappresentando un caso eccezionale anche<br />

in virtù della sua data <strong>di</strong> composizione: risalente al 3 gennaio 1897, esso fa<br />

seguito ad una lunga stagione <strong>di</strong> silenzio che coincide grossomodo con il periodo<br />

successivo all’insorgere del suo terribile male (i cui primi sintomi si manifestarono<br />

agli inizi del 1894) e al tempo stesso inaugura un’importante nuova fase<br />

<strong>di</strong> vivacità intellettuale: in effetti, anche solo a voler considerare le lettere redatte<br />

da <strong>Gualdo</strong> durante il suo ultimo anno <strong>di</strong> vita, fatta eccezione per alcuni casi<br />

spora<strong>di</strong>ci, è evidente che grafia ed pensiero dello scrivente sembrano riacquistare<br />

una chiarezza ed una luci<strong>di</strong>tà da lungo tempo assenti o quantomeno vacillanti.<br />

Il ritrovamento del pezzo giornalistico in questione de<strong>di</strong>cato a Paul Bourget –<br />

l’unico, tra quelli finora riportati alla luce, redatto in un’epoca così avanzata<br />

cronologicamente – conferma quin<strong>di</strong> l’ipotesi <strong>di</strong> un secondo periodo <strong>di</strong> ripresa<br />

fisica e psichica dell’italiano, una ripresa che culminerà nei mesi della tournée<br />

parigina della Duse del ’97 durante la quale, benché infermo, <strong>Gualdo</strong> svolgerà il<br />

ruolo <strong>di</strong> braccio destro, consigliere ed accompagnatore della celebre attrice.<br />

Il testo in esame, che reca in calce l’in<strong>di</strong>cazione “Paris” – in quanto durante<br />

la sua degenza, come si è più volte detto, il malato trascorse gran parte del suo<br />

tempo all’estero essendo poco incline a mostrarsi in questa veste fuor <strong>di</strong> Francia<br />

–, prende avvio con la celebrazione del coronamento dei desideri <strong>di</strong> gioventù<br />

dell’amico (“Paolo Bourget ha incarnato in gran parte della realtà, a quest’ora, i<br />

sogni più ardenti dei suoi primi anni”), 530 <strong>di</strong>venuto un grande scrittore <strong>di</strong> fama<br />

internazionale (“il numero delle e<strong>di</strong>zioni de’ soi libri aumenta ogni giorno; la<br />

530 L. GUALDO, Profili <strong>di</strong> scrittori contemporanei. Bourget nell’intimità, in «L’Illustra-<br />

zione Popolare», 3 gennaio 1897, p. 10.<br />

425


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sua collaborazione è dovunque altamente apprezzata. […] I suoi romanzi sono<br />

tradotti in tutte le lingue”), 531 e con l’esaltazione <strong>di</strong> alcuni suoi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong><br />

molte sue particolari abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lavoro, nonché <strong>di</strong> certe sue doti affatto in<strong>di</strong>viduali:<br />

gran viveur e raffinato epicureo, citta<strong>di</strong>no del mondo e specialmente<br />

dell’amata Italia, il narratore francese ha raggiunto il pieno go<strong>di</strong>mento “<strong>di</strong> tutte<br />

le sod<strong>di</strong>sfazioni possibili nell’arte e nella vita” senza mai vietarsi <strong>di</strong> interessarsi<br />

al mondo, <strong>di</strong> viaggiare, <strong>di</strong> non creare mai un gap troppo ampio tra se stesso e la<br />

realtà circostante (“memento vivere, come spesso egli ama <strong>di</strong> <strong>di</strong>re”). 532 Quasi ad<br />

alimentare il mito <strong>di</strong> un uno scrittore avulso dal mondo, lontano dagli standards<br />

più comuni e dalle gran<strong>di</strong> masse, <strong>Gualdo</strong> focalizza poco oltre la sua attenzione<br />

dapprima sui luoghi in cui l’alverniate attende <strong>di</strong> solito, indefessamente e con<br />

scadenza quoti<strong>di</strong>ana, al suo ruolo <strong>di</strong> scrittore impegnato:<br />

Paolo Bourget è molto casalingo. Egli resta delle giornate intere fermo a lavorare,<br />

nel suo appartamento artisticamente ammobigliato, in un tranquillo e solitario piccolo<br />

palazzo del Faubourg Saint-Germain, in quella deserta rue de Mons’eur, ove è facile<br />

avere l’illusione che uno si trovi in qualche aristocratica citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> provincia, dalle<br />

vecchie abitu<strong>di</strong>ni, e situata mille leghe lontana dai boulevards. 533<br />

Però poi, imme<strong>di</strong>atamente dopo, egli getta luce sul suo essere tutt’altro che<br />

tranquillo e alieno dal reale, sulle sue ansie e turbamenti (sentimenti i quali,<br />

come si è già detto, lo stesso <strong>Gualdo</strong> con<strong>di</strong>videva appieno) che gli impe<strong>di</strong>scono<br />

<strong>di</strong> restare troppo a lungo in uno medesimo luogo:<br />

Ma Paolo Bourget è spesso assente. Una irrequietezza naturale, accresciuta dalle<br />

sue smanie <strong>di</strong> completa in<strong>di</strong>pendenza, non gli permette <strong>di</strong> restare lungamente in un posto;<br />

ed egli vi aggiunge una rinascente nostalgia perio<strong>di</strong>ca per le altre sue patrie d’elezione.<br />

534<br />

Tuttavia Bourget ha una qualità che <strong>Gualdo</strong> lamenta spesso <strong>di</strong> non aver mai<br />

posseduto, l’invi<strong>di</strong>abile virtù <strong>di</strong> poter lavorare ovunque, sicché in una stanza<br />

d’albergo, presso un amico <strong>di</strong> campagna o dovunque voglia, egli riesce a trovare<br />

la concentrazione giusta per mettersi all’opera. Ad<strong>di</strong>rittura, si legge nel-<br />

531 Ibidem.<br />

532 Ibidem.<br />

533 Ibidem.<br />

534 Ibidem.<br />

426


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

l’articolo, “spesso […] egli parte appunto per ben lavorare”: 535 non necessita <strong>di</strong><br />

molto, soltanto <strong>di</strong> calamaio, carta e penne. Questa peculiarità permette allo<br />

scrittore francese <strong>di</strong> non perdere mai il proprio tempo, ma anzi <strong>di</strong> sfruttarne “anche<br />

le briciole”, perché, in qualsivoglia posto si rechi “sceglie allora l’ambiente<br />

migliore, che appare a lui più propizio per scrivere il libro incominciato o soltanto<br />

ideato, e vi si stabilisce per due o tre mesi; prende in affitto un piccolo appartamento,<br />

ove si accomoda a modo suo, ed ove porta i suoi libri”. 536<br />

Ottenuto il successo, il ragazzo entusiasta del Quartiere Latino ha mo<strong>di</strong>ficato<br />

a tal punto il proprio aspetto, amalgamandolo, così, ad un’indole ormai<br />

mutata, da aver assunto col passar <strong>degli</strong> anni l’aspetto “dell’uomo <strong>di</strong> lettere inglese,<br />

uscito da Oxford”, 537 armato per far fronte a qualsiasi <strong>di</strong>fficoltà dell’esistenza.<br />

Fedele al suo sistema <strong>di</strong> applicare il metodo esatto della scienza all’analisi<br />

dei sentimenti e delle sensazioni, Bourget è riuscito a restare legato all’influenza<br />

della propria formazione – senza voler con ciò sminuire la portata<br />

innovativa <strong>di</strong> suoi lavori come Le Disciple – “egualmente fedele, quanto allo<br />

stile, alla grande tra<strong>di</strong>zione francese”. 538 Egli ha fatto in modo che il proprio<br />

linguaggio conservasse le sue qualità tanto note (e su questo punto concordano<br />

con <strong>Gualdo</strong> numerosi critici contemporanei, tra i quali Armand Edwards Singer,<br />

secondo il quale “No one would ever accuse him of stylistic decadence […]; he<br />

uses words pretty much as vehicles of thoughts. Nor do his sentence suffer from<br />

the endless imbrications of those of his great friends Henry James. He writes in<br />

the tra<strong>di</strong>tion of classic French simplicity and clarity”) 539 <strong>di</strong> una chiarezza assoluta,<br />

<strong>di</strong> logica e <strong>di</strong> correttezza. Nonostante si ponga, quanto a forma, nel filone<br />

quasi purista della lingua francese, egli ha saputo comunque innovarla tanto che<br />

– afferma il critico –, preso al pari <strong>di</strong> tutti gli scrittori moderni dal desiderio <strong>di</strong><br />

“rivaleggiare” con la pittura e la scultura, è stato in grado <strong>di</strong> ampliare gli orizzonti<br />

del proprio stile e <strong>di</strong> eccellere nella descrizione e nel ritratto. Ma, e qui<br />

<strong>Gualdo</strong> non si esimie dal suggerire un piccolo rimprovero all’amico che tanto<br />

ammirava, Bourget non è stato abbastanza audace “da seguire troppo da vicino i<br />

de Goncourt nella via da essi aperta alla trasformazione della lingua e dello sti-<br />

535 Ibidem.<br />

536 Ibidem.<br />

537 Ibidem.<br />

538 Ibidem.<br />

539 A. E. SINGER, Paul Bourget, cit., p. 36.<br />

427


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

le, per la quale i <strong>di</strong>scepoli più o meno <strong>di</strong>retti dei due fratelli si lanciano avanti<br />

con tutta temerità”. 540<br />

Il ricorso ad uno stile che non cerchi <strong>di</strong> attirare mai l’attenzione e che si riservi<br />

la specificità <strong>di</strong> restare neutro è uno dei quattro punti focali – o vertus<br />

car<strong>di</strong>nales, come le chiama Raimond 541 – necessari secondo Bourget alla riuscita<br />

<strong>di</strong> un buon romanzo: all’interno delle sue Nouvelles pages de Critique et de<br />

Doctrine, 542 egli affianca, infatti, alla virtù della cré<strong>di</strong>bilité (intesa come qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tanto dalla verità quanto dalla verosimiglianza), del don de présence<br />

(in base al quale i personaggi devono essere costruiti in maniera tale da<br />

apparire al lettore “dans la chambre”, quasi fosse una sorta <strong>di</strong> chiave d’accesso<br />

<strong>di</strong>retto alla realtà della finzione narrativa) e dell’importance du sujet, quella che<br />

ritenuta una sorta <strong>di</strong> sintesi delle precedenti e che consiste nella necessità <strong>di</strong> ricorrere<br />

ad un i<strong>di</strong>ome (nell’accezione <strong>di</strong> Du Bos) 543 lontano dallo stile brillante<br />

del poema in prosa. Secondo <strong>Gualdo</strong> l’oscillare <strong>di</strong> Bourget sul piano formale tra<br />

tra<strong>di</strong>zione ed innovazione (ed in quest’ultima si potrebbe in parte far rientrare<br />

anche il suo “amore per tutto ciò che è esotico”) 544 ha fatto sì che, nelle sue prose,<br />

un buon occhio volto all’analisi riuscirà facilmente a percepire un sotterraneo<br />

contrasto nel quale si può far rientrare, a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, anche la sua adorazione<br />

per i romanzieri russi, quegli stessi “incomparabili russi” che il milanese<br />

dovette particolarmente apprezzare se essi raggiunsero in Francia l’apice del<br />

successo e della <strong>di</strong>ffusione tra 1885 e 1889 con l’etichetta <strong>di</strong> esponenti del réalisme<br />

irréel – filone, questo, in cui certamente è possibile riscontrare dei punti<br />

<strong>di</strong> contatto con la produzione gual<strong>di</strong>ana. Come, infatti, non vedere un link tra<br />

l’immaginario dell’italiano e quello del grande Dostoïesky che, come sostiene<br />

Michel Raimond, proprio in quegli anni veniva rivalutato tra gli intellettuali parigini<br />

per il suo essere in grado <strong>di</strong> non reprimere le sue facoltà visionarie e <strong>di</strong><br />

operare un mélange assoluto tra fantastico e reale senza mettere da parte<br />

“l’incohérence et l’oppression des rêves qui interrompent la recit”? 545<br />

Nonostante l’allontanamento <strong>degli</strong> ultimi anni, <strong>Gualdo</strong> era dunque tornato<br />

ad occuparsi sulla carta stampata del confratello Bourget: e ciò accadeva non<br />

540<br />

L. GUALDO, Profili <strong>di</strong> scrittori contemporanei. Bourget nell’intimità, cit., p. 10.<br />

541<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 145.<br />

542<br />

P. BOURGET, Nouvelles pages de Critique et de Doctrine, t. I, Paris, Plon, 1922.<br />

543<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 146.<br />

544<br />

L. GUALDO, Profili <strong>di</strong> scrittori contemporanei. Bourget nell’intimità, cit., p. 10.<br />

545 M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 35.<br />

428


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

molti mesi prima della sua scomparsa. Questo dato, certamente importante, potrà<br />

forse servire anche a giustificare l’indelebile ricordo del pauvre <strong>Gualdo</strong>,<br />

morto a Parigi (lui assente, trovandosi all’epoca a Corfù con sua moglie) il 15<br />

maggio 1898 – dopo quattro anni <strong>di</strong> male straziante – che il romanziere francese<br />

continuò a serbare sempre con grande affetto nella propria memoria: scrivendo<br />

ad Arrigo Boito molto tempo dopo, nel gennaio 1908, egli <strong>di</strong>rà al suo<br />

corrispondente che la sua lettera, ricevuta pochi giorni prima, gli aveva fatto<br />

tornare in mente, quasi fosse un’apparizione fantastica, l’immagine del comune<br />

amico defunto ed i ricor<strong>di</strong> dei propri lunghi e frequenti soggiorni milanesi:<br />

Votre lettre, cher Boito, a fait rentrer dans ma chambre le fantôme du pauvre<br />

<strong>Gualdo</strong>. Et puis, je m’en suis allé en pensée vers Milan. J’ai revu le muse Pol<strong>di</strong>, la Brera,<br />

Trivulce et sa maison les grandes femmes dansantes de la casa Borromeo, la verdure<br />

du parc sous les fenêtres du paisible Cavour, Crespi e sa reine Cornaro, – et vous,<br />

mon cher Boito, et l’hôtel qui faisait la jolie de <strong>Gualdo</strong> et où il prétendait que Coppée<br />

devait descendre… 546<br />

Non era la prima volta, in quel periodo, che a Bourget fosse capitato <strong>di</strong> imbattersi<br />

nei fantasmi del passato: in effetti, proprio poco tempo prima, racconta<br />

all’interno della stessa lettera, egli era andato a far visita ad un François Coppée<br />

ormai in punto <strong>di</strong> morte e, nel cortile della casa <strong>di</strong> rue Ou<strong>di</strong>not (laddove, nel<br />

lontano 1872, si erano conosciuti) gli era parso <strong>di</strong> vedere un giovanissimo<br />

<strong>Gualdo</strong>. E così, come nel suo primo articolo de<strong>di</strong>cato all’autore della Physiologie<br />

de l’Amour moderne il milanese aveva rappresentato un Paul Bourget immaginandolo<br />

appena <strong>di</strong>ciottenne, quest’ultimo, a sua volta, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un’intera<br />

decade dalla morte dell’amico italiano, realizza in suo onore il breve ritrattino<br />

postumo <strong>di</strong> un venticinquenne conte italiano: “[…] ce <strong>Gualdo</strong> si naïvement<br />

frivole de vingt-cinq ans, avec des souliers pointus, des cols ouverts, des boutons<br />

de manchette et des plastrons compliqués”. 547 Il destinatario della lettera<br />

dovette forse consigliare a Bourget (noto tra gli amici italiani con il soprannome<br />

Tristizia) <strong>di</strong> non rivangare troppo i ricor<strong>di</strong> ed i fantasmi del passato, se il francese,<br />

in una successiva lettera, ringrazia Boito “de me conseiller de ne pas trop<br />

vivre avec les morts”. 548 Forse, però, l’anziano Paul non poteva più fare altri-<br />

546 La lettera, del 7 gennaio 1908. (P. NARDI, in Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, cit., p. 665).<br />

547 Ivi, p. 664.<br />

548 Ivi, p. 665.<br />

429


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

menti; forse aveva ormai reso proprio l’avviso contenuto nel motto <strong>di</strong> famiglia<br />

stampato sulla carta da lettera personale del pauvre <strong>Gualdo</strong>: “Meminisse Iuvat”.<br />

6.6 Verso il romanzo della decadenza: il carteggio ine<strong>di</strong>to con Barrès<br />

Nella fitta rete <strong>di</strong> legami e contatti <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> con il mondo d'oltralpe il nome<br />

<strong>di</strong> Maurice Barrès, finora mai menzionato – se non accidentalmente 549 – negli<br />

stu<strong>di</strong> realizzati sull'intellettuale italiano, merita una posizione <strong>di</strong> tutto onore<br />

accanto a quelli, già noti e più o meno documentati, dei vari Bourget, Coppée,<br />

Gautier o Mallarmé. Proprio in quanto territorio inesplorato, infatti, l'analisi <strong>di</strong><br />

questa relazione, amicale e insieme culturale, rappresenta una preziosa fonte <strong>di</strong><br />

notizie per far luce, una volta <strong>di</strong> più, non solo sulla figura (ancora per molti aspetti<br />

sconosciuta) dell'uomo <strong>Gualdo</strong>, ma soprattutto sul suo vitale inserimento<br />

nel mondo culturale parigino e sul suo ruolo <strong>di</strong> consigliere e guida – e al tempo<br />

stesso <strong>di</strong> critico e lettore – per i tanti autori stranieri, specialmente francesi, che<br />

viaggiano nell'Italia del secondo Ottocento, affascinati dai paesaggi e dall'arte<br />

del belpaese, <strong>di</strong> cui desiderano conoscere i segreti ed assaporare la magia sia<br />

delle bellezze naturali e dei luoghi d'arte.<br />

Il recente rior<strong>di</strong>no del “Fonds Barrès” custo<strong>di</strong>to presso il Département des<br />

Manuscrits della Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> Francia, con conseguente realizzazione<br />

<strong>di</strong> un puntuale inventario <strong>di</strong> tutte le lettere ricevute dallo scrittore tra il 1874<br />

ed il 1923, 550 è all'origine del ritrovamento <strong>di</strong> sei documenti epistolari, tutti ine<strong>di</strong>ti,<br />

che testimoniano un assai precoce sodalizio (Barrès era più giovane <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> quasi venti anni), umano prima ancora che letterario, tra i due scrittori.<br />

A partire dagli in<strong>di</strong>zi forniti da queste lettere è stato <strong>di</strong>fatti possibile condurre<br />

ricerche mirate alla scoperta <strong>di</strong> interessanti scambi <strong>di</strong> suggerimenti, volumi, de-<br />

549 L’unico stu<strong>di</strong>oso ad aver ipotizzato un contatto tra <strong>Gualdo</strong> è Barrès è stato Montera<br />

che, in mancanza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>zi a <strong>di</strong>sposizione, si è limitato a chiedersi quando potessero essere state<br />

instaurate delle relazioni tra i due, per poi concludere che forse aveva fatto loro da tramite<br />

l’amico in comune Montesquiou: “Tout au plus avons-nous la preuve qu’elles ont esisté et pouvons-nous<br />

avec quelque raison supposer que Montesquiou, qui était le voisin de Barrès à<br />

Neuilly, les avait présentés l’un à l’autre” (<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 148).<br />

550 Cfr. M. DESBRUÈRES – M.-T. SOUVERBIE, Correspondances de Maurice Barrès.<br />

Inventaire des lettres reçues 1874-1923, sous la <strong>di</strong>rection de F. Callu e M.-O. Germain, Paris,<br />

Bibliothèque Nationale, 1992, p. 55.<br />

430


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>di</strong>che, ricor<strong>di</strong> ed opinioni da parte <strong>di</strong> entrambi gli autori e, <strong>di</strong> conseguenza, inserire<br />

un nuovo tassello necessario alla ricostruzione del complicatissimo mosaico<br />

delle relazioni artistiche – molto più bilaterali <strong>di</strong> quanto si possa credere – tra<br />

gli intellettuali d’Italia e Francia sul finire del XIX secolo.<br />

Pur non rientrando Barrès tra le conoscenze più intime <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, questi<br />

documenti superstiti permettono <strong>di</strong> ricostruire alcune fasi <strong>di</strong> un rapporto, basato<br />

in prevalenza su interessi comuni, sulla similarità <strong>di</strong> gusto (in primis andrà segnalata<br />

la pre<strong>di</strong>lezione <strong>di</strong> entrambi per la vita cosmopolita e per l’incanto emanato<br />

da quella che tutti e due considerano la più rêveuse tra le città della penisola,<br />

Venezia), nonché sull'affinità <strong>di</strong> pensiero e, non <strong>di</strong> rado, anche delle posizioni<br />

su importanti questioni letterarie. Tuttavia sembrerebbe non trattarsi – almeno<br />

sulla base delle suddette lettere, <strong>di</strong> cui però non sono note le risposte – <strong>di</strong> un<br />

rapporto del tutto paritario perché, forse a causa della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> età tra i corrispondenti,<br />

le righe del mittente italiano palesano talvolta la consapevolezza<br />

del proprio stato <strong>di</strong> superiorità <strong>di</strong> lettore colto e raffinato al cospetto <strong>di</strong> un giovane,<br />

certamente promettente e talentuoso, scrittore: il milanese, infatti, nel leggere<br />

ed interpretare i lavori barresiani oscilla tra toni rispettosi e toni moderatamente<br />

familiari, riconoscendo, il più delle volte in tono entusiastico ma con il<br />

piglio tipico del critico, il valore dei testi d’esor<strong>di</strong>o dell’amico romanziere (ossia<br />

della fase in cui Barrès veniva considerato dai suoi contemporanei un “écrivain<br />

psychologue […], <strong>di</strong>lettante 551 moderniste, épris de mysticisme et foncièrement<br />

in<strong>di</strong>vidualiste”), 552 ivi comprese le opere <strong>di</strong> ispirazione “égotiste” del<br />

Culte du Moi, <strong>di</strong> molto anteriori e profondamente <strong>di</strong>fferenti dalla trilogia del<br />

Roman de l'énergie nationale e dal ciclo dei Bastions de l'Est che compongono<br />

i cosiddetti romanzi “nationalistes” in cui si articola la seconda fase della produzione<br />

narrativa del francese e ai quali è <strong>di</strong> norma legata la fama <strong>di</strong> Barrès. 553<br />

551 A proposito del <strong>di</strong>lettantismo barresiano Pierre Moreau afferma che l’originalità dello<br />

scrittore francese, nella trilogia del Culte du Moi, consiste nell’aver saputo “tirer du <strong>di</strong>lettantisme<br />

une méthode de culture intérieure” e <strong>di</strong> esser stato in grado <strong>di</strong> “ordonner les spectacles<br />

qu’il se donnera à lui-même comme des exercices gradués d’une pédagogie du moi” (P. MO-<br />

REAU, Autour du “culte du moi”. Essais sur les origines de l’égotisme français, in «Archives<br />

des lettres modernes», n. 7, décembre 1957, p. 42).<br />

552 E. GILBERT, Le roman en France pendant le XIXème siècle, Paris, Plon, 1897, p. 326.<br />

553 È questa la <strong>di</strong>stinzione tra le due fasi della produzione barresiana offerta nell'introduzione<br />

della sua monografia de<strong>di</strong>cata a Barrès romanziere da Jean-Michel Wittmann il quale, pur<br />

sostenendo essere troppo artificiale la separazione tra un primo ed un secondo Barrès, ritiene<br />

più che lecito parlare quantomeno <strong>di</strong> due tipologie <strong>di</strong> scrittura nettamente <strong>di</strong>fferenti (J.-M.<br />

431


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

In effetti, in ciò che resta <strong>di</strong> quella che fu un tempo la biblioteca gual<strong>di</strong>ana,<br />

sono ancora conservati quattro volumi dell'autore transalpino (un quinto è stato<br />

poi ritrovato a Colleretto Parella, tra i libri <strong>di</strong> Giacosa) tutti con de<strong>di</strong>che autografe,<br />

che, naturalmente anche per ragioni cronologiche (essendo <strong>Gualdo</strong> morto<br />

nel 1898) rientrano in quella che è stata definita la prima fase narrativa barresiana<br />

e che pertanto sono tutti caratterizzati da un tipo <strong>di</strong> soggetto e <strong>di</strong> scrittura<br />

che si confà a pieno al gusto gual<strong>di</strong>ano giacché essi, come afferma Wittmann,<br />

“évoquent le raffinement des esthètes, symbolistes et décadents” 554 tipici <strong>di</strong> fine<br />

secolo, una raffinatezza ed un gusto per le quali <strong>Gualdo</strong>, con le dovute riserve –<br />

come si è detto a proposito della sua posizione nei confronti dei testi <strong>di</strong> Gabriele<br />

d’Annunzio –, nutriva una spiccata pre<strong>di</strong>lezione.<br />

Il primo, in senso cronologico, tra i testi barresiani contenuti nella superstite<br />

biblioteca <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> tuttora custo<strong>di</strong>ta all'Ambrosiana <strong>di</strong> Milano è significativamente<br />

Huit jours chez M. Renan, 555 un testo del 1888 che costituisce un caso<br />

isolato rispetto a gran parte dei lavori dello scrittore d’oltralpe che sono prevalentemente<br />

organizzati in ciclo. 556 Su questa “fort irrévérencieuse interview a-<br />

WITTMANN, Barrès romancier. Une nosographie de la décadence, Paris, Champion, 2000,<br />

pp. 11-20). In ciò che resta della biblioteca gual<strong>di</strong>ana è presente una copia con de<strong>di</strong>ca autografa<br />

<strong>di</strong> ciascun testo pubblicato da Barrès tra il 1888 ed il 1894: manca all’appello soltanto L’ennemi<br />

des lois, ma Pierre de Montera (il quale negli archivi Litta <strong>di</strong> Portoferraio aveva trovato, tra<br />

l’altro trascrivendone il titolo erroneamente, Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice) segnala la presenza <strong>di</strong> un<br />

esemplare <strong>di</strong> quest’opera de<strong>di</strong>cato a <strong>Gualdo</strong> (“À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> / Souvenir Amical / Maurice<br />

Barrès”) tra i volumi conservati all’interno della biblioteca <strong>di</strong> Colleretto Parella appartenuta a<br />

Giuseppe Giacosa (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 148-149).<br />

554 J.-M. WITTMANN, Barrès romancier. Une nosographie de la décadence, cit., p. 12.<br />

555 Il testo custo<strong>di</strong>to alla biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano è una rarissima prima e<strong>di</strong>zione<br />

del 1888 (M. BARRÈS, Huit jours chez M. Renan, Paris, Dupret, 1888), custo<strong>di</strong>ta con segnatura<br />

“S.Q#.Z.X.26” e con de<strong>di</strong>ca autografa dell’autore: “à <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, M. B.”. Monsieur Ary<br />

Renan era stato un artista incompreso in <strong>di</strong>fesa del quale Barrès aveva realizzato questo saggio<br />

(cfr. la Note des É<strong>di</strong>teurs anteposta alla terza e<strong>di</strong>zione del volume del febbraio 1904).<br />

556 Fanno infatti parte del Culte du Moi i volumi Sous l'oeil des Barbares, Un Homme libre<br />

e Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice, mentre vengono raggruppati nel ciclo Le Roman de l'énergie nationale<br />

i testi Les Déracinés, Leurs Figures e L'Appel du Soldat. Rientrano invece nella trilogia de Les<br />

bastions de l'Est i libri Au service de l'Allemagne, Colette baudoche, La Génie du Rhin e Les<br />

grands Problèmes du Rhin. Fanno parte a sé i quattor<strong>di</strong>ci volumi <strong>di</strong> critica della Grande Guerra<br />

ed i tre<strong>di</strong>ci tomi del <strong>di</strong>ario intimo Mes Cahiers. Al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> questi raggruppamenti restano inoltre<br />

<strong>di</strong>ciotto testi, tra i quali vanno ricordati L'Ennemi des Lois, Du Sang, de la Volupté et de<br />

la Mort ed Amori et Dolori sacrum. Per una bibliografia completa delle opere barresiane cfr. J.-<br />

M. DOMENACH, Barrès par lui-même, Paris, Seuil, 1954, pp. 188-190.<br />

432


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

pocryphe”, 557 costruita ispirandosi ai <strong>di</strong>aloghi platonici, ampiamente autobiografica<br />

ed in gran parte redatta due anni prima della sua pubblicazione (ovvero<br />

nel periodo in cui Barrès aveva cominciato a frequentare quei circoli letterari in<br />

cui conoscerà molti amici comuni allo stesso <strong>Gualdo</strong>, da Bourget a Lecomte de<br />

Lisle, dai Goncourt a Daudet), 558 <strong>Gualdo</strong> si sofferma lungamente nella terza<br />

delle sei lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> cui si è detto in apertura. Il suo giu<strong>di</strong>zio si compone <strong>di</strong><br />

un commento sulle qualità del testo (che egli aveva ricevuto in dono, accompagnato<br />

da un'affettuosa de<strong>di</strong>ca) e <strong>di</strong> una riflessione sulle proprie reazioni a lettura<br />

conclusa. È interessante notare che il critico avverte la vicinanza dell'opera,<br />

quanto a materia e contenuto, per novità e modernità, con la produzione dei decadenti,<br />

ma è altrettanto importante rilevare come egli sottolinei quanto Barrès<br />

sia però esente da molti dei <strong>di</strong>fetti tipici <strong>di</strong> questa nuova generazione <strong>di</strong> scrittori,<br />

soprattutto perché, scrive <strong>Gualdo</strong>, la ricerca dell'autore <strong>di</strong> Huit jours chez M.<br />

Renan è improntata maggiormente sul versante del pensiero e della concezione<br />

piuttosto che su quello esclusivamente stilistico della parola e della frase:<br />

Le désir très flatteur pour moi exprimé dans votre si aimable dé<strong>di</strong>cace a été pleinement<br />

satisfait, je vous l’assure. Votre livre m’a beaucoup plu, & plus que je ne saurais<br />

vous le <strong>di</strong>re. C’est très personnel; avec une vision spéciale de la vie vécue & rêvée.<br />

Il y a là une nouveauté & une modernité égale à celle que cherchent les décadents &<br />

autres, sans que vous tombiez jamais dans leurs défauts et sans que le style en souffre.<br />

Votre recherche est plutôt tournée du côté de la pensée & de la conception que du côté<br />

du mot & de la phrase. 559<br />

Pare infatti che all'epoca della stesura <strong>di</strong> questo volume Barrès, intenzionato<br />

a rappresentare la rivolta del dandy in prima persona, avesse riven<strong>di</strong>cato la<br />

decadenza come “un recours désésperé contre l’oppression stupide d'autrui” 560 e<br />

fosse per questo motivo intenzionato a scrivere uno stu<strong>di</strong>o sul nichilismo contemporaneo<br />

incentrato su Baudelaire, Verlaine, Mallarmé e Rimbaud. In realtà<br />

tale progetto non verrà mai portato a compimento e la prima vera affermazione<br />

557 R. LALOU, Une carrière ambiguë, in Maurice Barrès, Paris, Hachette, 1950, p. 20.<br />

558 Prima <strong>di</strong> apparire raccolte in volume gran parte delle pagine che costituiscono questo<br />

testo erano state pubblicate su «Le Voltaire» nel corso del maggio 1886, come l’autore stesso<br />

comunica nella prefazione dell’e<strong>di</strong>zione apparsa nel 1913 per Émil-Paul Frères É<strong>di</strong>teurs.<br />

559 Lettera 3, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Maurice Barrès, datata «Paris, 11, Rue de la Paix,<br />

15 mars» [1888] e custo<strong>di</strong>ta presso la BNF, Département des Manuscrits, Fonds Barrès.<br />

560 J.-M. DOMENACH, Barrès par lui-même, cit., p. 20.<br />

433


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

del suo desiderio <strong>di</strong> revanche si avrà con Sous l'œil des Barbares (anch'esso uscito<br />

nel 1888), una <strong>di</strong>ssertazione <strong>di</strong> retorica <strong>di</strong>lettantesca, ma certamente già<br />

carica <strong>di</strong> significato, nella quale egli delinea la reazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e <strong>di</strong> scoperta<br />

<strong>di</strong> un moi che si contrappone ad un autrui. Secondo Paul Bourget, amico comune<br />

a <strong>Gualdo</strong> e Barrès, questo testo rappresenta il miglior esempio, “parmi les<br />

esseis de rajeunissement”, 561 <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> romanzo trascurata, o comunque<br />

piuttosto decaduta, negli ultimi cinquanta anni: il romanzo <strong>di</strong> analisi. Bourget<br />

trova perfetto l'enigmatico titolo del volume perché esprime in pieno l'ispirazione<br />

che è alla sua base, ossia la genesi <strong>di</strong> una sensibilità, <strong>di</strong> una consapevolezza<br />

della <strong>di</strong>versità dell’artista rispetto a coloro che non possiedono la sua stessa<br />

tempra morale, i barbares del titolo (altrimenti detto i bourgeois <strong>di</strong> Flaubert<br />

o i philistins <strong>di</strong> Heine) per l’appunto, che costituiscono la società all’interno<br />

della quale l’artista “doit se developper” e <strong>di</strong> cui tuttavia non può fare a meno<br />

essendo essa l'incarnazione <strong>di</strong> quell'opinione pubblica a cui l'amour-propre malade<br />

dell'artista non riesce <strong>di</strong> sottrarsi. 562<br />

Quest'opera costituirà la prima parte, o meglio la prima tappa, insieme a Un<br />

Homme Libre e Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice, della trilogia del Culte du Moi, un ciclo<br />

che lo stesso Barrès farà pubblicare in volume unico, con il titolo <strong>di</strong> Examen de<br />

trois idéologies, nel 1892. Un anno prima dell'uscita <strong>di</strong> questo testo raggruppante<br />

l'intera serie, <strong>Gualdo</strong>, nel ricevere dall'autore francese una copia del terzo volume<br />

del Culte 563 (volume che egli, però, scrive <strong>di</strong> aver già acquistato e letto),<br />

dopo aver ancora una volta lodato la raffinatezza dello stile e del pensiero barresiano,<br />

la sua originalità e la speciale puissance della visione del mondo dell’autore<br />

lorenese, <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver ben compreso il suo progetto <strong>di</strong> realizzare<br />

testi che facciano da pendant l’uno all’altro e che anzi andranno necessariamente<br />

compresi solo in rapporto al significato globale della serie. Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice,<br />

<strong>di</strong>fatti, appare ai suoi occhi <strong>di</strong> attento critico e lettore come il perfetto<br />

coronamento dei due precedenti testi <strong>di</strong> Barrès, i quali, insieme ad esso, gli<br />

sembrano giustamente far parte <strong>di</strong> un unico ciclo:<br />

561<br />

P. BOURGET, L'esthétique de l'observation: sous l'œil des barbares, in Essais de psychologie<br />

contemporaine. Études littéraires, cit., p. 379.<br />

562<br />

Ivi, pp. 380-381.<br />

563<br />

M. BARRÈS, Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice, Paris, Perrin, 1891. L'esemplare con de<strong>di</strong>ca autografa<br />

dell’autore “à <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> avec le souvenir amical de Maurice Barrès” è conservato alla<br />

biblioteca Ambrosiana <strong>di</strong> Milano (segnatura “S.Q.Z.X.16”).<br />

434


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

J’ai bien tardé à vous remercier de votre bon souvenir, de l’aimable & précieux<br />

envoi de votre beau livre. Mais d’abord j’ai voulu le lire, puis, sous le charme du plaisir<br />

raffiné qu’il m’a causé, je l’ai relu; & l’impression a été à chaque fois si délicieuse,<br />

que tenter parole me semble grossière pour vous en donner une idée. Vous vous y affirmez<br />

nouvellement dans votre originalité, dans la puissance spéciale de votre conception<br />

des choses, de votre vision du monde, & de votre style. Ce Jar<strong>di</strong>n de Bérénice est<br />

bien le complément de vos deux autres volumes qui forment avec celui-ci une sorte de<br />

trilogie. 564<br />

Nel Jar<strong>di</strong>n de Bérénice al protagonista della trilogia barresiana viene finalmente<br />

attribuito un nome, quello <strong>di</strong> Philippe: la sua evoluzione, dopo i primi<br />

passi <strong>di</strong> autocoscienza compiuti in Sous l'oeil des barbares (testo che ironicamente<br />

si ricollega al genere del romanzo <strong>di</strong> formazione), lo ha condotto alla<br />

formulazione <strong>di</strong> progetti <strong>di</strong> ribellione elaborati nell'opera centrale, Un homme<br />

libre, dove egli, l’égotiste, cerca <strong>di</strong> conciliare il gusto per l'originale ed il bizzarro<br />

con l'austerità della <strong>di</strong>sciplina nazionalista. Nel terzo ed ultimo volume<br />

della serie, infine, “le Moi ne cherche plus à se dominer, il quête la «petite secousse»,<br />

auprès de tout ceux – bêtes, choses et gens – qui la peuvent donner”, 565<br />

introducendo così, nel Jar<strong>di</strong>n de Bérénice, dopo le affermazioni provocatorie<br />

dei primi due libri, il culto dei sentimenti delicati, della pietà e della tristezza. 566<br />

<strong>Gualdo</strong> è a tal punto entusiasta del très délicat plaisir generato in lui dall’ultimo<br />

lavoro <strong>di</strong> Barrès (il quale manderà all'amico italiano quando sarà ormai<br />

paralitico, nel 1894, anche il già citato volume comprensivo <strong>di</strong> tutti e tre i testi<br />

del Culte du Moi, l'Examen de trois idéologies) 567 da paragonare l’opera ad una<br />

564<br />

BNF, Fonds Barrès, documento ine<strong>di</strong>to. Lettera 4 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Maurice Barrès,<br />

datata «Milan, 12, Via Bagutta, 19 mars» [1891].<br />

565<br />

J.-M. DOMENACH, Barrès par lui-même, cit., p. 23.<br />

566<br />

Rispondendo all’intervista <strong>di</strong> Huret (Enquête sur l’évolution littéraire, cit., p. 70) sulla<br />

crisi del naturalismo, Barrès sintetizza la <strong>di</strong>rezione da lui intrapresa attraverso la trilogia della<br />

culture ou plutôt idolâtrie du Moi, affermando che la “théorie de l’in<strong>di</strong>vidualisme” è così articolata:<br />

“Sous l’Œil des barbares montre la <strong>di</strong>fficulté qu’a un jeune homme à se connaître, à se développer<br />

et à se défendre. L’Homme libre est un traité de la gymnastique du moi: comment avec<br />

les procédés d’Ignace de Loyola et de la Vie des Saints, on peut arriver à faire éprouver par son<br />

moi tout ce qu’il y a d’émotion au monde. Le Jar<strong>di</strong>n de Bérénice est, d’une part, un traité pour<br />

concilier les nécessités de la vie intérieure avec les obligations de la vie active et, d’autre part,<br />

un acte de soumission devant l’Inconscient qu’on peut appeler le Divin”.<br />

567<br />

Il testo (M. BARRÈS, Examen de trois idéologies: Sous l'œil des barbares, Un homme<br />

libre et Le jar<strong>di</strong>n de Berenice, Paris, Perrin, 1894), che apparteneva originariamente alla biblio-<br />

435


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

bevanda in grado <strong>di</strong> donare all'intelletto una piacevolissima voluttà. A sua detta<br />

Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice lascia in chi l'assapora un'impressione profonda e <strong>di</strong>fficile<br />

da cancellare tanto che il lettore, terminato il libro – per quanto possa aver cercato<br />

<strong>di</strong> centellinare in piccole dosi la “degustazione” delle pagine che lo compongono<br />

– non può far altro che rimpiangere <strong>di</strong> esser giunto alla sua conclusione,<br />

desideroso <strong>di</strong> poter avere un altro flacone <strong>di</strong> quel fluido (un liquido che, in<br />

precedenza, egli aveva già potuto testare lentamente sorbendo i primi due volumi<br />

del ciclo) così gustoso che per la sua preziosità lo si vorrebbe, se ancora ce<br />

ne fosse a <strong>di</strong>sposizione, continuare lentamente a sorseggiare:<br />

Quand on le savoure on éprouve, comme pour les deux autres & plus encore, une<br />

volupté intellectuelle aiguë - & j’oserais <strong>di</strong>re que la lecture de ces Études pourrait<br />

prendre place parmi les Para<strong>di</strong>s Artificiels. L’impression profonde est lente à s'effacer,<br />

& dure longtemps. On la retient; on regrette que ce soit fini; on voudrait avoir d’autres<br />

pages à suivre, un autre fleuve tout de suite de la même liqueur à déguster à petites<br />

gorgées… 568<br />

Il cammino compiuto dall'egotista deve condurre, come lo stesso Barrès sostiene<br />

in Les trois stations de psychotherapie – saggi scritti in margine ai trattati<br />

del Culte du Moi – a confermare una tendenza intesa a fare del controllo della<br />

sensibilità non tanto uno strumento <strong>di</strong> crescita dell'in<strong>di</strong>viduo quanto piuttosto un<br />

rime<strong>di</strong>o alla sua noia esistenziale (Philippe è, infatti, affetto da mali del corpo e<br />

dello spirito, è un ipocondriaco che soffre <strong>di</strong> anémie, ennui, lassitude, mélancolie,<br />

insomnie, e persino névrostenie ed épilepsie) 569 per cui il suo stato <strong>di</strong> te<strong>di</strong>o<br />

ed irritabilità non sarà più inteso come causa del suo sregolamento <strong>di</strong> sensi, ma<br />

sarà invece da interpretarsi come un modo per eccitare senza pericolo la sua<br />

sensibilità e per cacciar via lo spleen attraverso il rifugio nei viaggi, la passione<br />

per l'arte o il ripiegamento verso la religione.<br />

Il tema del viaggio è argomento centrale nella produzione <strong>di</strong> Barrès: pur<br />

profondamente attaccato alle sue ra<strong>di</strong>ci lorenesi, lo scrittore francese cessa <strong>di</strong><br />

rado i suoi spostamenti all'estero; mete privilegiate sono la Spagna e soprattutto<br />

l'Italia, protagonista <strong>di</strong> due importanti opere, Du sang, de la volupté et de la<br />

mort (testo del 1894 che contiene, come vedremo, un racconto esplicitamente<br />

teca gual<strong>di</strong>ana, è oggi all'Ambrosiana <strong>di</strong> Milano nel Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (segnatura: “S.Q<br />

#.Z.X.15”). Il volume ha de<strong>di</strong>ca autoriale “à <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> son ami amical Maurice Barrès”.<br />

568 BNF, Fonds Barrès. Lettera 4, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Barrès.<br />

569 J.-M. WITTMANN, Portrait de l'égotiste malade, in Barrès romancier, cit., pp. 21-59.<br />

436


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

de<strong>di</strong>cato a <strong>Gualdo</strong>) e Amori et dolori sacrum (1903). Scopo dei suoi viaggi non<br />

è soltanto la ricerca <strong>di</strong> una <strong>di</strong>strazione dalla monotonia esistenziale e la scoperta<br />

<strong>di</strong> nuovi orizzonti, ma anche la visita <strong>di</strong> luoghi che possano arricchire la sua anima<br />

ed il suo essere; 570 egli non si accontenta <strong>di</strong> guardare, osservare e contemplare<br />

le bellezze dell'arte o quelle della natura poiché il suo intento più profondo<br />

consiste nel tentativo <strong>di</strong> trovare un significato da attribuire a tutto ciò che lo<br />

circonda, specialmente ai paesaggi. Così, davanti agli scenari della laguna veneta,<br />

a Barrès non basta affatto annotare le bellezze della città soffermandosi, come<br />

molti altri, sui giochi e riflessi dell'acqua lungo i canali; a suo parere è invece<br />

necessario piuttosto “déchiffrer ce paysage et rendre intelligibles les <strong>di</strong>spositions<br />

indéfinissables où nous met le palu<strong>di</strong>sme de cette ruine romantique”, 571<br />

facendo in modo che impressioni ed descrizioni sfocino contemporaneamente<br />

gli uni dalle altre. Non sorprenderà, a questo punto, che i primi contatti tra<br />

<strong>Gualdo</strong> e Barrès siano avvenuti nel corso del secondo viaggio in Italia del giovane<br />

scrittore d’oltralpe, “le plus important, par sa durée, son emploi du temps<br />

et ses conséquences”, 572 come afferma Davanture, biografo del periodo della<br />

sua formazione. Questo “pèlerinage d’art”, 573 compiuto – poco più che ventenne<br />

– tra il gennaio e il marzo del 1887, aveva avuto avvio a Lucerna; poi, passando<br />

per il San Gottardo, aveva condotto il francese sulle sponde dei gran<strong>di</strong><br />

laghi lombar<strong>di</strong> ed infine, prima <strong>di</strong> toccare le capitali dell’arte Venezia, Firenze e<br />

Roma, lo aveva portato a sostare, per un giorno o due soltanto, a Milano, dove,<br />

con ogni probabilità parrebbe che egli abbia incontrato <strong>Gualdo</strong>. Al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong><br />

ogni congettura è comunque certo che, a quest’epoca, i due intellettuali fossero<br />

già in contatto, almeno per via epistolare; lo <strong>di</strong>mostrerebbe la prima, in senso<br />

cronologico, delle lettere gual<strong>di</strong>ane in<strong>di</strong>rizzate a Barrès, databile intorno al 10<br />

febbraio 1887. In risposta ad una precedente comunicazione purtroppo non pervenutaci,<br />

in questo documento l’autore italiano esprime il proprio rammarico<br />

per la mancata occasione del suo nuovo amico <strong>di</strong> poter assistere alla rappresentazione<br />

dell’Otello, ennesimo frutto della collaborazione tra Ver<strong>di</strong>-Boito:<br />

570<br />

Y.-A. FAVRE, Barrès, l'Espagne et l'Italie, in AA. VV., Barrès. Une tra<strong>di</strong>tion dans la<br />

modernité, Paris, Champion, 1991, pp. 241-249.<br />

571<br />

Ivi, p. 242.<br />

572<br />

M. DAVANTURE, La jeunesse de Maurice Barrès (1862-1888), t. <strong>II</strong>, Paris, Champion,<br />

1975, p. 588.<br />

573<br />

M. LIOURE, Barrès pèlerin d’art en Toscane, in AA. VV., Mélange littéraires en<br />

hommage à Maurice Davanture: autour de Barrès, Univ. de Bourgogne, 1998, pp. 139-159.<br />

437


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Je regrette bien vivement que le retard de la seconde représentation d’Otello 574<br />

vous ait fatigué d’attendre et que vous ayez renoncé, pour le moment, à revenir ici.<br />

Vous aurez vu par le journaux l’immense succès de l’Opéra de Ver<strong>di</strong>, auquel on a fait<br />

une véritable apothéose. 575<br />

All’interno della stessa lettera, inoltre, <strong>Gualdo</strong>, dopo aver confermato al<br />

suo corrispondente <strong>di</strong> non aver ancora conosciuto <strong>di</strong> persona il narratore americano<br />

Henry James, 576 chiede a Barrès – a Firenze – notizie del suo soggiorno<br />

appena conclusosi nella laguna veneta, sottolineando il fatto che nessuno meglio<br />

<strong>di</strong> lui avrebbe potuto comprendere la sua “admiration pour Venise”, 577 una<br />

venerazione davvero senza paragoni.<br />

La passione gual<strong>di</strong>ana per quella Venezia unique, città alla quale aveva de<strong>di</strong>cato<br />

appena pochi mesi prima alcune pagine sulla «Nouvelle Revue», 578 traspare<br />

con intensità nella confessione dell’invi<strong>di</strong>a che egli ammette <strong>di</strong> nutrire al<br />

solo pensiero del turbamento, delle emozioni, dello stupore e delle sensazioni<br />

che il francese ha avuto modo <strong>di</strong> provare “en voyant cette ville magique pour la<br />

première fois”. 579 A sua detta, infatti, Venezia rappresenta “la ville au monde<br />

qui l’on quitte le plus <strong>di</strong>fficilement” 580 perché essa – scriverà <strong>Gualdo</strong> ad un Barrès<br />

intento a svolgere, nella primavera del 1888, l’ennesimo soggiorno nella laguna<br />

– trasmette a coloro che vi soggiornano un potente senso <strong>di</strong> torpore, <strong>di</strong><br />

impe<strong>di</strong>mento all’azione, una “douceur de ne pas agir” 581 che s’impone senza<br />

possibilità <strong>di</strong> scampo alcuno (significativamente Barrès anni dopo scriverà an-<br />

574 Da una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Montesquiou, datata “Milan, 11 février” (1887), sappiamo<br />

che la seconda rappresentazione del dramma era stata più volte procrastinata a causa delle con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> salute dell’attore che interpretava il Moro: “Tout a eu lieu, même la première<br />

d’Otello, qui a été un colossal triomphe. Tout aura lieu, même la seconde représentation qu’on<br />

attemd depuis plusieurs jours et qui est retardée par la mala<strong>di</strong>e du Moor of Venice en personne”<br />

(V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 343).<br />

575 Lettera 2, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Maurice Barrès (Fonds Barrès).<br />

576 La conoscenza <strong>di</strong>retta avverrà pochi mesi più tar<strong>di</strong> quando – si è detto – tra aprile e<br />

giugno 1887, <strong>Gualdo</strong> farà da cicerone per Paul Bourget ed Henry James proprio a Venezia.<br />

577 Fond Barrès, lettera 2 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

578<br />

L. GUALDO, Une aventure vénitienne, cit., pp. 566-599.<br />

579<br />

Ibidem.<br />

580<br />

Lettera 3, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Barrès del 15 marzo [1888].<br />

581 Ibidem.<br />

438


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

ch’egli del torpeur veneziano). 582 È questo un aspetto della città che al tempo<br />

stesso incanta e spaventa lo scrittore italiano, un aspetto che da sempre lo aveva<br />

colpito e su cui si era già più volte soffermato nelle sue novelle, nel suo stu<strong>di</strong>o<br />

su Cosmopolis 583 e, ancor prima, quando poco più che ventenne, aveva in<strong>di</strong>rizzato<br />

alcune righe ad una cara amica <strong>di</strong> antica data, la dama salottiera Vittoria<br />

Cima. Il riferimento è ad una delle prime lettere del loro carteggio, anch’esso<br />

ine<strong>di</strong>to, dove, in apertura del messaggio, un giovanissimo <strong>Gualdo</strong>, cercando <strong>di</strong><br />

giustificare il ritardo accumulato nell’amministrare la propria corrispondenza,<br />

adduce scherzosamente come scusa l’influsso esercitato su <strong>di</strong> sé dalla laguna:<br />

Se sapeste, donna Vittoria carissima, quanto sia contagiosa l’indolenza della molle<br />

vita veneziana, quanto stanchi piacevolmente la calma epicurea dell’esistenza in gondola;<br />

come sembri impossibile qui far altro che dormire, sognare e ……………………<br />

……………………………………………………………………………………………<br />

………………………………..… (boom!), mi scusereste certamente d’aver tanto tardato<br />

a far quel che faccio finalmente. 584<br />

Nel proseguo della lettera, così come anni più tar<strong>di</strong> nello scrivere a Barrès,<br />

<strong>Gualdo</strong> si sofferma sull’importanza del primo impatto del visitatore che giunge<br />

a Venezia (“la prima impressione quando s’arriva qui è forte” <strong>di</strong>rà più avanti) 585<br />

e sull’incanto generato dalla totale assenza <strong>di</strong> rumori: ciò che afferma averlo<br />

stupito <strong>di</strong> più è infatti il silenzio, “il silenzio <strong>di</strong> una città addormentata, ma che<br />

sogna”, 586 così <strong>di</strong>versa dalla Milano piena <strong>di</strong> caos in cui tornava malvolentieri e<br />

così particolare e suggestiva, immersa in un’atmosfera che ai suoi occhi è frutto<br />

anche dell’aspetto e della <strong>di</strong>sposizione <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>fici che, simili a persone reali,<br />

vengono descritti attraverso l’espressione dei loro volti e del loro carattere:<br />

[…] come sono stranamente belli quei palazzi, dall’architettura elegantissima e<br />

sfrenata, sregolata, poetica, che non sembrano fatti sul <strong>di</strong>segno d’un uomo, ma sorti da<br />

sé; tanto che i più stravaganti pajono non poter essere <strong>di</strong>versi da quel che sono, quasi<br />

582 M. BARRÈS, Un homme libre, Paris, Émile-Paul, 1912, p. 204: “J’étais saturé de cette<br />

ville, qui dès lors n’agissait plus sur moi; je glissai à peu à peu dans la torpeur”. E dallo stesso<br />

torpore era stato invaso a Venezia anche Lebrun, il protagonista <strong>di</strong> Une aventure venitienne.<br />

583 L. GUALDO, Paolo Bourget, cit., p. 410.<br />

584 Lettera ine<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> intestata “Venezia, Hôtel Victoria, 12 luglio [18]67”.<br />

Fondo Vittoria Cima c.3, b.40(2).<br />

585 Ibidem.<br />

586 Ibidem.<br />

439


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

avessero una personalità, quasi vivessero – e le finestre, ornate in un modo piuttosto<br />

che nell’altro, il fregio che corre pigramente dove sembra inutile; la balaustra che<br />

s’estende ove non dovrebbe, la guglietta che sorge, il balcone che s’avanza fuori <strong>di</strong><br />

simmetria, sembrano non esser altro che la fisionomia del palazzo, nel senso più stretto<br />

della parola, e non si possono mai criticare avendo sempre una espressione propria,<br />

quasi come i lineamenti d’un volto. – Sembrano creazioni. 587<br />

Quando aveva annotato queste impressioni, <strong>Gualdo</strong> aveva ventitré anni; alla<br />

stessa età Barrès (benché non <strong>di</strong> rado nelle sue memorie egli tenda a confondere<br />

le date) aveva visto anch’egli per la prima volta Venezia, 588 il posto, o meglio,<br />

la <strong>di</strong>mensione in cui tutto ha inizio: la definizione del sé, il rapporto con i<br />

luoghi ed il primo approccio con l’esperienza della scrittura (perché, come afferma<br />

Emmanuel Godo, per il giovane Barrès, fin dal principio, “l’Italie est<br />

l’Origine – et Venise est son lieu”). 589 Oltre ad aver avuto la stessa età all’epoca<br />

del loro primo soggiorno nella laguna veneta, i due scrittori erano rimasti entrambi<br />

colpiti, in prima istanza, dalla medesima caratteristica della città: <strong>di</strong>fatti,<br />

così come <strong>Gualdo</strong> aveva confessato a Vittoria Cima, anche Barrès, dapprima<br />

smarrito alla vista dei fastueux palais che gli sembrano espressione “d’une humanité<br />

figée, semble-t-il, fixée” al <strong>di</strong> fuori del tempo e dello spazio, finisce per<br />

comprendere che ciò che più lo turba e al tempo stesso lo affascina della città<br />

magica è il suo éternel silence, un silenzio speciale poiché:<br />

Ce silence, à bien l’observer, n’est pas absence de bruits, mais absence de rumeur<br />

sourde: tous les sons courent nets et intacts dans cet air limpide où les murailles les rejettent<br />

sur la surface de la lagune qui, elle-même, les réfléchit sans les mêler. 590<br />

Malgrado l’assenza delle lettere <strong>di</strong> risposta 591 del francese, smarrite anch’esse<br />

come la gran parte delle carte appartenute a <strong>Gualdo</strong>, la presenza costan-<br />

587<br />

Ibidem.<br />

588<br />

M. BARRÈS, Notes sur l’Italie, Paris, Horizons de France, 1929, p. 13 : “[…] à vingttrois<br />

ans, pour la première fois, j’allais de Nancy à Venise”.<br />

589<br />

E. GODO, La légende de Venise. Maurice Barrès et la tentation de l’écriture, Villeneuve<br />

d’Ascq, Presses Universitaires du Septentrion, 1996, p. 13.<br />

590<br />

M. BARRÈS, Amori et dolori sacrum, é<strong>di</strong>tion définitive, Paris, Plon, 1921, p. 25.<br />

591<br />

Le lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> contengono infatti alcuni riferimenti espliciti a precedenti messaggi<br />

inviati da Barrès: nell’esor<strong>di</strong>o del documento epistolare datato 19 febbraio 1887 si legge, ad<br />

esempio, “pardonnez-moi de n’avoir pas répondu de suite à vos si aimables lignes”, oppure,<br />

nella risposta molto più tarda dell’ottobre 1893, il milanese scrive al suo corrispondente “j’ai<br />

440


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

te <strong>di</strong> Venezia come scenario <strong>di</strong> numerose opere della prima fase della produzione<br />

narrativa barresiana è dunque elemento fondamentale per ricostruire l’opinione<br />

dell’autore lorenese 592 a proposito della città in questione che, da meta<br />

pre<strong>di</strong>letta <strong>di</strong> tanti suoi viaggi, <strong>di</strong>venterà protagonista dapprima (giacché il suo<br />

ruolo non consiste nell’essere semplice location, sfondo suggestivo in cui i suoi<br />

lavori si svolgono, essendo invece fonte <strong>di</strong> continue osservazioni, quasi un referente<br />

con cui il narratore costantemente <strong>di</strong>aloga) del primo romanzo della trilogia<br />

del Culte du Moi, Un homme libre, poi del racconto L’Automne à Parme –<br />

su cui torneremo –, ed infine de La mort de Venise, romanzo successivamente<br />

fuso con Amori et dolori sacrum, anch’esso quasi interamente ambientato nella<br />

laguna. Questa città, scrive Barrès (e, come si vedrà, lo stesso <strong>Gualdo</strong> era stato<br />

autore <strong>di</strong> simili osservazioni), rappresenta il luogo che più <strong>di</strong> ogni altro al mondo<br />

si presta alla analyse des nuances des sentiments e alle rêveries sur le<br />

Moi. 593 Essa possiede <strong>di</strong>fatti un inspiegabile potere segreto che agisce sull’animo<br />

dei sognatori, tra i quali non si potranno non annoverare gli stessi <strong>Gualdo</strong> e<br />

Barrès. 594 Come afferma Michel Raimond a proposito <strong>degli</strong> scritti d’esor<strong>di</strong>o<br />

dell’autore del Culte du Moi, “le paysage avait pour lui la vertu d’un état d’âme”:<br />

595 dunque, così come per il milanese, per il giovane Maurice ambientare<br />

un romanzo a Venezia significa inoltre sottolineare la centralità <strong>di</strong> uno stato<br />

d’animo, <strong>di</strong> quella rêverie morbide su cui si soffermano molti critici barresiani<br />

(e <strong>di</strong> cui forse anch’egli, come l’italiano, era stato vittima in prima persona). 596<br />

Venezia, che per Barrès e <strong>Gualdo</strong> rappresenta la città più rêveuse al mondo<br />

e che per entrambi questi due sognatori incarna l’ideale <strong>di</strong> città preferita tra tutte,<br />

è infatti scenario – e protagonista al tempo stesso –, oltre che dei lavori barresiani,<br />

anche della già citata novella gual<strong>di</strong>ana intitolata L’innamorato <strong>di</strong> Venezia<br />

(poi, in traduzione, Une aventure vénitienne), testo all’interno del quale<br />

viene dato un posto <strong>di</strong> gran rilievo a quel potere <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>ceva poc’anzi, quella<br />

sorta <strong>di</strong> magia che raggiunge l’apice proprio nel momento in cui agisce sul-<br />

passé deux long mois à la campagne, à Varese. Arrivant ici pour une course je trouve votre<br />

lettre” (corsivi miei).<br />

592<br />

Nato a Charmes, in Lorena, nel 1862, Barrès si era successivamente trasferito a Parigi<br />

per seguire i corsi della Facoltà <strong>di</strong> Diritto ed essere poi eletto deputato a Nancy nel 1889.<br />

593<br />

M. BARRÈS, Amori et dolori sacrum, cit., p. 16.<br />

594<br />

Ivi, p. 37.<br />

595<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 73.<br />

596<br />

Si veda in particolare J.-M. WITTMANN, Une rêverie morbide, in Barrès romancier.<br />

Une nosographie de la décadence, cit., pp. 36-38.<br />

441


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

l’animo <strong>di</strong> personaggi già per propria natura tendenti alla rêverie; nel suo racconto<br />

<strong>Gualdo</strong> mostrerà in azione l’effetto che Venezia genera in Carlo (poi Jules)<br />

Lebrun che nel corso del racconto finisce per essere letteralmente stregato<br />

da una città che riuscirà ad abbandonare soltanto dopo lunghe esitazioni, ma per<br />

poi ritornarvi <strong>di</strong> nuovo ed in pianta stabile, sempre più attratto dal suo incanto,<br />

avvolto dalla sua lassitu<strong>di</strong>ne e perseguitato dal suo “spleen specialissimo”. 597 In<br />

effetti Venezia gode <strong>di</strong> questo intenso fascino sui due scrittori (e, <strong>di</strong> riflesso, sui<br />

loro rispettivi personaggi/alter-ego nella finzione narrativa) perché essa è, in<br />

fondo, una città malata, che “est é<strong>di</strong>fiée sur le sol le plus précaire que fût, des<br />

fonds mouvants de sables et de vases propices aux miasmes et aux fièvres”, 598<br />

una città che contiene in sé il germe della decadenza ed il fascino del deca<strong>di</strong>mento.<br />

Elencando le motivazioni in base alle quali Barrès spiega perché ami<br />

Venezia ancor più <strong>di</strong> qualsiasi essere umano, il narratore francese si sofferma a<br />

lungo e significativamente proprio sull’attrattiva esercitata sulla sua persona dai<br />

canaux malsains della ville lagunaire, quegli stessi canali che fin dalla sua prima<br />

visita hanno animato in lui una fièvre incessante: lo scrittore sente <strong>di</strong> essere<br />

riconoscente nei confronti <strong>di</strong> tale febbre che ogni volta aveva scosso (e continuava<br />

a scuotere) il suo corpo ed il suo animo. Attraverso questo “stato”, sostiene,<br />

nuove connessioni, nuovi sentimenti e nuova vitalità erano riusciti (e<br />

continuavano a riuscire) ad invadere tutta la sua persona:<br />

[…] elle élargit la clairvoyance au point que ma vie inconsciente la plus profonde<br />

et ma vie psychique se mêlaient pour m’être un immense réservoir de jouissance. 599<br />

Dunque Venezia non è soltanto una città malata in sé, 600 ma lo è anche e<br />

soprattutto nella misura in cui trasferisce gli effetti della propria malattia su coloro<br />

che entrano a contatto con lei e che possiedono la giusta pre<strong>di</strong>sposizione e<br />

sensibilità per esserne contagiati: è per questo che al suo cospetto si acuisce il<br />

malessere <strong>di</strong> Barrès, quello dei suoi personaggi (il ritratto ideale dell’egotiste è<br />

597 Su questa novella, nella sua duplice veste linguistica, e sul rapporto tra la città <strong>di</strong> Venezia<br />

e il rêve in <strong>Gualdo</strong> cfr., infra, il paragrafo 7.5 Paul Bourget: un autoritratto allo specchio.<br />

598 M.-A. KIRSCHER, Re-lire Barrès, Villeneuve-d’Ascq, PUS, 1998, p. 126.<br />

599 M. BARRÈS, Sous l’œil des barbares, é<strong>di</strong>tion définitive, Paris, Lemerre, 1888, p. 46.<br />

600 “Désespoir d’une beauté qui s’en va vers la mort. Est-ce le chant d’une vieille corruptrice<br />

ou d’une vierge sacrifiée?”: con questa domanda Barrès ne La Mort deVenise sembre suggerire<br />

l’unica chiave <strong>di</strong> lettura con la quale interpretare la bellezza corruttrice della città italiana<br />

che più <strong>di</strong> ogni altr lo ha letteralmente stregato e sulla quale egli torna ripetutamente a scrivere.<br />

442


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

<strong>di</strong>fatti quello “d’un jeune homme las, en proie à l’ennui et à la mélancolie”) 601 e<br />

ancor <strong>di</strong> più quello dello stesso <strong>Gualdo</strong>, vittima in prima persona <strong>di</strong> un duplice<br />

<strong>di</strong>sturbo, fisico e spirituale: da un lato, infatti, questi soffre fin da bambino <strong>di</strong><br />

attacchi <strong>di</strong> epilessia – che non a caso sarà un male comune anche a Philippe, il<br />

protagonista della trilogia del Culte du Moi –; dall’altro lato, poi, egli è perennemente<br />

affetto da una noia esistenziale nutrita <strong>di</strong> eco romantiche, eppure ormai<br />

<strong>di</strong>stante dalla concezione romantica dello spleen. Su questo secondo malessere<br />

gual<strong>di</strong>ano si è a lungo soffermato Carlo Alberto Madrignani che, accuratamente<br />

analizzando il carteggio intercorso tra <strong>Gualdo</strong> e due tra i suoi più fedeli amici<br />

francesi, François Coppée e Robert de Montesquiou, ha con precisione delineato<br />

la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> “vuoto psicologico” e <strong>di</strong> “crepuscolo esistenziale” nei confronti<br />

della quale lo scrittore aveva tentato <strong>di</strong> opporsi con la sola arma a sua <strong>di</strong>sposizione<br />

– purtroppo solo <strong>di</strong> rado vincente –, della creazione artistica:<br />

[…] sembra che questo dramma esistenziale si ripercuota nell’atto stesso dello<br />

scrivere e lo con<strong>di</strong>zioni non tanto per i contenuti psicologici, quanto con l’istituire una<br />

forma <strong>di</strong> reciprocità, quasi una relazione <strong>di</strong> simbiosi: alla mancanza <strong>di</strong> vita si sovrappone<br />

la sostituzione, o meglio la simulazione <strong>di</strong> una vita riflessa e immaginata. Questa<br />

lotta contro lo spleen ebbe la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> un assillo quoti<strong>di</strong>ano; e forse solo in rari<br />

momenti la Scrittura lo sconfisse, sia pure artificialmente... 602<br />

Senza dubbio il <strong>di</strong>sagio psicologico non può in alcun modo essere del tutto<br />

scisso da uno dei gran<strong>di</strong> malesseri fisici dello scrittore italiano, l’epilessia, un<br />

cui estremo attacco (congiuntamente allo stato <strong>di</strong> debilitazione generato in lui<br />

dalla mielite sifilitica) sarà la causa <strong>di</strong> morte nel maggio 1898. Se infatti lassitu<strong>di</strong>ne,<br />

ennui e melanconia traducono un segreto <strong>di</strong>sgusto <strong>di</strong>nnanzi alla realtà,<br />

quel rifiuto cosciente e volontario del reale cui egli oppone la pratica narrativa,<br />

è oltremodo vero che è anche alla sua natura <strong>di</strong> malato epilettico che <strong>Gualdo</strong><br />

deve, almeno in parte, la sua inclinazione alla rêverie, al sogno ad occhi aperti.<br />

Non a caso nel descrivere le caratteristiche <strong>di</strong> Philippe, l’eroe della sua trilogia,<br />

Barrès si sofferma più volte sulle specificità del male nervoso da cui è affetto il<br />

suo protagonista: per quanto all’epoca se ne sapesse ben poco e anzi era comune<br />

usanza il tentare <strong>di</strong> celare chi soffriva <strong>di</strong> questa tipologia <strong>di</strong> attacchi (lo stesso<br />

<strong>Gualdo</strong> ne parlava con agio soltanto con i familiari e gli amici più intimi),<br />

601 E. GODO, La légende de Venise…, cit., p. 23.<br />

602 C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 6.<br />

443


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

l’autore del Culte du Moi <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver intuito alcuni aspetti interessanti<br />

dell’epilessia che sono poi stati successivamente messi in luce ed analizzati<br />

(specie in riferimento al testo Un homme libre) da Wittmann all’interno <strong>di</strong> un<br />

volume de<strong>di</strong>cato alla nosographie de la décadence:<br />

L’épilepsie a ceci de remarquable qu’elle constitue pour l’égotiste une mala<strong>di</strong>e rêvée,<br />

sinon souhaitée. […]. Obsédé par la pensée de l’Object, il évoque néanmoins «ces<br />

inquiétudes nerveuses qui, certains jours, nous tiraillent dans toutes les jointures, nous<br />

cessent les jambes à l’hauteur des genoux», en notant qu’ainsi, «elles nous font une<br />

idée claire des sensations du véritable épileptique». […] un être à ce point sensible est<br />

condamné à jouer ou à se regarder jouer ses propres sentiments, dont il a démêlé les<br />

ressorts avant même qu’ils aient déterminé une réaction. 603<br />

Romanzieri tra <strong>di</strong> loro così <strong>di</strong>versi eppure così attenti all’analisi della vita<br />

interiore, <strong>Gualdo</strong> e Barrès perseguono scopi affini anche se con mezzi molto<br />

<strong>di</strong>versi: l’italiano riesce ad offrire nei suoi lavori, e specialmente in Decadenza,<br />

una resa del quoti<strong>di</strong>ano, dell’impercettibilmente noioso che intride un’intera vita<br />

(anticipando gran<strong>di</strong> narratori della “crisi” del primo Novecento come Svevo e<br />

Tozzi), 604 registrando quell’universo <strong>di</strong> relativismo psicologico che sfocia in<br />

una noia demotivata e <strong>di</strong>strugge la <strong>di</strong>mensione del tempo storico; d’altro canto<br />

anche Barrès riesce a travalicare i limiti del <strong>di</strong>scorso naturalista in voga all’epoca,<br />

però servendosi della “degustazione estetica ed egotistica”. 605 Difatti, mentre<br />

nella narrativa gual<strong>di</strong>ana è ancora fortemente presente una tendenza a insistere<br />

nella rappresentazione attraverso la <strong>di</strong>namizzazione della vita psichica,<br />

l’autore francese cerca invece l’apertura à des soucis d’une autre ordre nell’intento<br />

non <strong>di</strong> “peindre le réel, mais d’en extraire la quintessence”. 606 Con Sous<br />

l’œil des Barbares, ad esempio, Barrès realizza un’opera apparentemente simile<br />

ai testi gual<strong>di</strong>ani giacché si tratta, a sua stessa detta, <strong>di</strong> un roman de la vie intérieure,<br />

ma il suo è un romanzo dove è evidente un’aspirazione al metafisico che<br />

è del tutto assente nella produzione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> forse perché, <strong>di</strong>versamente da<br />

quanto ritenuto dall’italiano, l’artista secondo Barrès:<br />

603 J.-M. WITTMANN, Portrait de l'égotiste malade, cit., pp. 34-35.<br />

604 C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 21.<br />

605 Ibidem.<br />

606 M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 73.<br />

444


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

[…] loin de prétendre de susciter par des mots la présence d’un monde fictif,<br />

s’appliquait à rendre contagieux, par des savantes cadences et ses visions choisies, les<br />

ébranlements qu’avaient suscités en lui un spectacle ou un événement. 607<br />

Questa osservazione <strong>di</strong> Raimond sembra descrivere alla perfezione il modo<br />

in cui il narratore lorenese si approccia e delinea i paesaggi esteriori, in primis<br />

quella Venezia che, come si è anticipato, è argomento privilegiato e costantemente<br />

citato nelle lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a lui in<strong>di</strong>rizzate. Non esistono, tuttavia, notizie<br />

relative ad un soggiorno veneziano compiuto insieme dai due romanzieri.<br />

Nonostante i frequenti incontri ed il legame d’amicizia col passar del tempo<br />

sempre più intenso tra i due, il nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> non compare che una volta soltanto<br />

all’interno dei quaderni <strong>di</strong> memorie <strong>di</strong> Barrès (e ad oltre tre anni dalla<br />

scomparsa dell’italiano). Per giunta, non si tratta <strong>di</strong> un riferimento ad incontri,<br />

viaggi o anche semplici conversazioni, ma solo <strong>di</strong> un breve accenno alla forza<br />

<strong>di</strong>mostrata dallo scrittore milanese negli anni in cui una ricaduta della sua malattia<br />

lo aveva costretto all’immobilità:<br />

Jeu<strong>di</strong>, 29 août 1901. – […] J’ai connu plusieurs can<strong>di</strong>dats à la paralysie, plusieurs<br />

paralytiques: la mala<strong>di</strong>e ne les déprimait point. J’ai vu Daudet, <strong>Gualdo</strong>, magnifiques de<br />

courage, d’amour de la vie. Ils voulaient toujours plus goûter la vie. C’étaient des excités.<br />

608<br />

Eppure, soprattutto nei mesi imme<strong>di</strong>atamente precedenti all’attacco del<br />

gennaio 1894 che condurrà <strong>Gualdo</strong> ad un riposo forzato che non farà altro che<br />

acuire il suo malessere e la sua sensazione <strong>di</strong> vuoto psicologico (egli parla <strong>di</strong><br />

un’esistenza vissuta come “froide route monotone” <strong>di</strong>sturbata dai mille “ennuis”<br />

d’ogni giorno), 609 i due romanzieri avevano certamente avuto numerosi<br />

incontri al <strong>di</strong> qua delle Alpi. Sembrerebbe ad<strong>di</strong>rittura che, nel corso dell’autunno<br />

1893, <strong>Gualdo</strong> abbia fatto da accompagnatore e guida al francese durante il<br />

suo viaggio nell’Italia centro-settentrionale, i cui resoconti venivano pubblicati<br />

con scadenza settimanale sulla rivista parigina «Le Journal», un quoti<strong>di</strong>ano de<strong>di</strong>cato<br />

a problematiche letterarie, artistiche e politiche: a partire dal 22 settembre<br />

<strong>di</strong> quell’anno ogni sette giorni la testata si apriva con un articolo <strong>di</strong> Barrès<br />

607<br />

Ivi, p. 74.<br />

608<br />

M. BARRÈS, Mes Cahiers (1896-1923), textes choisis par G. Dupré, préface de P. Barrès,<br />

Paris, Plon, 1963, p. 153.<br />

609<br />

C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 6.<br />

445


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

in prima pagina de<strong>di</strong>cato alle riflessioni e alle osservazioni da lui compiute nel<br />

percorrere le varie tappe del suo itinerario nel belpaese. Ebbene, il 13 ottobre<br />

1893 il pezzo dello scrittore francese reca significativamente il titolo “L’Automne<br />

à Parme” ed il sottotitolo/de<strong>di</strong>ca “à <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais”, 610 articolo i<br />

cui titolo e sottotitolo resteranno intatti (in realtà sono pochissime le varianti<br />

apportate all’intero testo) nel volume Du sang, de la volupté et de la mort, una<br />

raccolta pubblicata l’anno seguente – <strong>di</strong> cui un esemplare con de<strong>di</strong>ca autografa<br />

dell’autore è tuttora presente nella biblioteca del Fondo <strong>Gualdo</strong> 611 –, articolata<br />

in tre parti contenenti una selezione <strong>di</strong> brani tratti da Un amateur d’âmes, Voyage<br />

en Espagne e Voyage en Italie. La de<strong>di</strong>ca da sola comunque (nonostante la<br />

sua singolarità, trattandosi dell’unico articolo della serie – prima – e dell’unico<br />

brano della raccolta – poi – ad avere una simile caratteristica), non basterebbe a<br />

testimoniare un avvenuto incontro tra i due amici; esiste però una lettera <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> a Barrès dell’ottobre 1893 612 che potrebbe confermare questa congettura<br />

perché in essa il mittente afferma che, dopo esser stato a Varese per alcuni<br />

mesi, tornerà a Milano il giovedì seguente “ou plus tard, si vous le préférez. Je<br />

serai très heureux de vous voir”, suggerendo a Barrès nella conclusione del<br />

messaggio: “Écrivez-moi quand vous pourrez venir”. 613<br />

Con ogni probabilità i due amici dovettero percorrere insieme parte dell’itinerario<br />

barresiano, iniziato sulle sponde del lago <strong>di</strong> Como e conclusosi alcuni<br />

mesi dopo a Siena; le pagine de l’Automne à Parme potrebbero in effetti<br />

suggerire, anche se mai in maniera esplicita, l’eco della presenza <strong>di</strong> un compagno<br />

<strong>di</strong> viaggio, quel <strong>Gualdo</strong> che tante volte aveva fatto da cicerone in Italia ai<br />

suoi confratelli d’arte francesi e che proprio a Parma aveva già condotto in una<br />

visita dettagliatissima (e per giunta in luoghi d’eccezione), alcuni anni prima,<br />

610<br />

M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, in «Le Journal», 13 octobre<br />

1893, p. 1.<br />

611<br />

ID., L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, in Du sang, de la volupté et de la<br />

mort, Paris, Charpentier et Fasquelle, 1894, pp. 209-216. Un esemplare <strong>di</strong> questo volume è conservato<br />

tra i testi appartenuti a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (Biblioteca Ambrosiana, segnatura S.Q#.Z.X.22) e<br />

reca la de<strong>di</strong>ca autografa dell’autore: “À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> / son ami / Maurice Barrès”.<br />

612<br />

La gita a Parma risale certamente a quest’epoca non solo perché l’articolo ad essa de<strong>di</strong>cato<br />

su «Le Journal» è del 13 ottobre, ma anche poiché, nella raccolta Du sang, de la volupté et<br />

de la mort, il racconto L’Automne à Parme reca in calce la specifica della data: “Octobre 1893”.<br />

613<br />

Lettera 6, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Barrès (Fonds Barrès).<br />

446


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Paul Bourget. 614 La cronaca <strong>di</strong> Barrès non contiene altre menzioni a <strong>Gualdo</strong> eccetto<br />

che nella de<strong>di</strong>ca, eppure è carica <strong>di</strong> allusioni che costantemente fanno<br />

pensare allo scrittore milanese: innanzitutto sembrerebbe un richiamo al romanzo<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> Decadenza una frase riferita a Fabrizio del Dongo, il protagonista<br />

della stendhaliana Certosa <strong>di</strong> Parma, <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>ce che “aujourd’hui, la seule<br />

activité, les seuls risques qu’il pourrait trouver, c’est la vie parlementaire”; 615 in<br />

secondo luogo viene sviluppata una metafora che assimila l’aspetto della città e<br />

la sua bellezza romanzesca ad un qualcosa da assaporare a piccoli sorsi, metafora<br />

che ricorda molto da vicino l’analogia con cui <strong>Gualdo</strong> aveva lodato il romanzo<br />

barresiano Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice, un libro il cui piacere <strong>di</strong> lettura egli aveva<br />

definito simile ad un “liqueur à déguster à petites gorgées”; 616 in terzo luogo,<br />

infine, la narrazione (svolta utilizzando verbi coniugati alla prima persona plurale)<br />

suggerirebbe l’esistenza almeno <strong>di</strong> un secondo membro nella spe<strong>di</strong>zione<br />

barresiana: <strong>di</strong> certo non si tratta <strong>di</strong> un plurale maiestatis giacché altrove – anche<br />

all’interno delle memorie dello stesso viaggio in Italia – l’autore non esita ad<br />

utilizzare la prima persona singolare, mentre in questo caso egli sembra voler<br />

suggerire la presenza <strong>di</strong> qualcuno al proprio fianco che con<strong>di</strong>vide le sue stesse<br />

emozioni, come quando scrive che, passeggiando tra i sepolcri, “nos âmes perçoivent<br />

la triste et fade odeur des cimetières” 617 o ancora quando, nel terminare il<br />

resoconto, conclude <strong>di</strong>cendo: “Partons, le soir tombe sur la ville”. 618<br />

La passione e la partecipazione con cui Barrès descrive chiese, piazze, e<strong>di</strong>fici,<br />

musei, tele, affreschi e sculture denota una sintonia profonda con quella religione<br />

dell’arte 619 nella quale <strong>Gualdo</strong> aveva trovato l’unica soluzione, o meglio<br />

la sola alternativa utile come contraltare al ritmo estenuante della sua vita solitaria,<br />

mondana e dominata dallo spleen e dalla paresse. 620 Sotto lo sguardo<br />

dell’autore francese Parma appare come una città a tal punto intrisa dell’ombra<br />

<strong>di</strong> Stendhal che in essa non si può far altro che abbandonarsi “au culte des sen-<br />

614<br />

Pierre de Montera, dopo aver a lungo analizzato il Journal Intime <strong>di</strong> Bourget, sostiene<br />

che, nel corso del 1889, due avevano fatto una lunga e minuziosa visita a Parma, dove “pour y<br />

visiter en détail, <strong>Gualdo</strong> s’étant fait remettre les clefs, le Théâtre Farnese, qui fut longtemps le<br />

plus vaste du monde et le plus beau” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 49).<br />

615<br />

M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, cit., p. 209.<br />

616<br />

Fonds Barrès. Lettera 4, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Maurice Barrès del 19 marzo [1891].<br />

617<br />

M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, cit., p. 215.<br />

618<br />

Ivi, p. 216.<br />

619<br />

C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 7.<br />

620 Ibidem.<br />

447


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sations de l’âme”; 621 tuttavia la sua bellezza, che consiste, a detta <strong>di</strong> Barrès, soprattutto<br />

nella possibilità <strong>di</strong> imbattersi ad ogni passo in capolavori d’arte raffinatissima,<br />

è all’origine <strong>di</strong> momenti in cui lo spettatore (ma potremmo anche <strong>di</strong>re,<br />

con altro termine tipicamente barresiano, l’egotista), dapprima vittima <strong>di</strong><br />

leggere e graduali contrazioni nervose, finisce per soccombere <strong>di</strong>nnanzi all’atmosfera<br />

ed al mistero dell’arte, raggiungendo in ultimo sta<strong>di</strong>o una “volupté défaillante”.<br />

622 Come si è già detto in riferimento alla sua pre<strong>di</strong>lezione per Venezia,<br />

questo scrittore manifesta una spiccata preferenza per quei luoghi in cui la<br />

bellezza si macera sotto l’ombra imminente della morte: evidentemente la città<br />

<strong>di</strong> Parma, con la sua “sentimentalité presque allemande” e soprattutto con l’atmosfera<br />

tipica della stagione autunnale “sous son gris-bleu vêtement d’octobre”,<br />

riesce ad ammaliare il ‘turista’ Barrès che, nella conclusione del suo articolo/resoconto<br />

<strong>di</strong> viaggio, ammette che forse ciò che maggiormente ha amato è<br />

stata la visita al Campo Santo dove, tra i marmi silenziosi e le nobili tombe anonime,<br />

sotto la leggera pioggia d’ottobre, gli è quasi parso <strong>di</strong> poter “bon vivre<br />

avec les morts!”. 623<br />

Non forniscono ulteriori in<strong>di</strong>zi circa questo viaggio – ipoteticamente compiuto<br />

insieme – neppure le lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Barrès: l’unico documento posteriore<br />

all’evento in questione è un messaggio senza data (ma certamente dell’inizio<br />

del 1894) 624 contenente i ringraziamenti del milanese “pour l’aimable dé<strong>di</strong>-<br />

621 M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, cit., p. 213.<br />

622 Ivi, p. 210. Sulla concezione dell’arte (e ancor più specificamente sul sentimento della<br />

bellezza incontaminata e sulla commistione <strong>di</strong> sacro e profano) nella narrativa <strong>di</strong> Barrès si veda<br />

M. PRAZ, La carne, la morte e il <strong>di</strong>avolo, Firenze, Sansoni, 1948, pp. 376-383.<br />

623 M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, cit., p. 215.<br />

624 Innanzitutto il messaggio è scritto su un bifolio listato a lutto e l’unico periodo in cui<br />

<strong>Gualdo</strong> adopera questa tipologia <strong>di</strong> supporto cartaceo, oltre che dopo la morte del padre (avvenuta<br />

però nel lontano 1880), è quello che va tra l’aprile del 1893 (data della scomparsa della<br />

amatissima madre) ed il luglio dell’anno successivo. In secondo luogo lo scrittore manda i propri<br />

saluti a M.me Barrès (“Présentez, je vous prie, mes meilleurs hommages à Madame Barrès”),<br />

con la quale il romanziere francese era convolato a nozze nel luglio del 1893. Ma il dato<br />

in realtà più significativo consiste nell’affermazione gual<strong>di</strong>ana relativa alla propria invali<strong>di</strong>tà<br />

che, come si è detto, aveva avuto inizio con l’attacco sopraggiunto nel gennaio 1894: “Je vais<br />

mieux, mais je suis au fond traînes dans le même état, & on me recommande encore d’avoir de<br />

la patience. Jusqu’à quand?”. Ordunque, essendo la lettera intestata “Milan, mar<strong>di</strong>”, sapendo<br />

inoltre dal necrologio gual<strong>di</strong>ano comparso sul «Corriere della Sera» che l’attacco paralizzante<br />

era avvenuto in strada a Milano, ed infine conoscendo – attraverso i carteggi – che dall’aprile<br />

1894 in poi <strong>Gualdo</strong> vivrà alternativamente tra Parigi ed Aix-les-bains, non resta che concludere<br />

che la lettera in questione risale ad un periodo in<strong>di</strong>viduabile tra febbraio e marzo del 1894.<br />

448


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

cace des pages charmantes que vous m’offrez”. 625 Con queste parole <strong>Gualdo</strong><br />

non sembrerebbe riferirsi alla raccolta Du sang, de la volupté et de la mort (che<br />

<strong>di</strong> lì a poco Barrès gli avrebbe inviato) poiché il volume non era all’epoca ancora<br />

stato pubblicato; l’allusione parrebbe piuttosto alle pagine del racconto<br />

L’Automne à Parme ed al suo sottotitolo-de<strong>di</strong>ca dal momento che, pur essendo<br />

trascorsi alcuni mesi da quando tale articolo era stato dato alle stampe nell’ottobre<br />

del 1893, <strong>Gualdo</strong> segnala nella lettera il ritardo (forse dovuto a motivi <strong>di</strong> salute)<br />

con cui si stava finalmente apprestando ad esprimere la propria gratitu<strong>di</strong>ne:<br />

“Mais, quoique bien en retard, je vous envoie ce mot maintenant pour vous<br />

en remercier moi même de tout cœur”. 626 Dopo questo ultimo documento epistolare<br />

inviato dall’italiano sembrerebbero cessare i contatti tra i due scrittori:<br />

non c’è più traccia <strong>di</strong> messaggi, né <strong>di</strong> menzioni <strong>di</strong> genere alcuno. Non esistono<br />

neppure testimonianze, lasciate da parte <strong>di</strong> terzi, che accomunino i nomi <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> e Barrès dopo il 1894, fatta eccezione per una lettera, priva <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazione<br />

dell’anno, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Robert de Montesquiou che Valeria Donato Ramaciotti<br />

ha giustamente all’ottobre 1895: al suo interno il mittente informa l’amico<br />

<strong>di</strong> essersi finalmente ritrasferito a Parigi – non più alla solita rue de la Paix, ma<br />

nel più appartato avenue Friedland, per sfuggire i luoghi abitualmente frequentati<br />

– dopo il lungo soggiorno forzato ad Aix, dove aveva appena terminato un<br />

ciclo <strong>di</strong> cure termali che avrebbero dovuto giovare alla sua paralisi agli arti inferiori.<br />

Nella conclusione del documento <strong>Gualdo</strong> domanda al suo destinatario se<br />

per caso avesse già avuto notizia della sua nuova sistemazione nella capitale dal<br />

comune amico Barrès:<br />

Vous saurez déjà par Barrès ma présence dans cet Hôtel Campbell, où j’ai des fenêtres<br />

dans une ravissante position, et d’où je vous ai vu un jour passer en voiture”. 627<br />

Insieme alle lettere, o anche alle sole menzioni, hanno poi termine anche i<br />

reciproci invii <strong>di</strong> libri: Du sang, de la volupté et de la mort rappresenta il cronologicamente<br />

più avanzato tra i testi mandati in dono a <strong>Gualdo</strong>, il quale, a sua<br />

volta, aveva offerto (dopo Une ressemblance, Le Nostalgie e Un mariage ex-<br />

625<br />

Fonds Barrès. Lettera 5, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Barrès.<br />

626<br />

Ibidem.<br />

627<br />

Lettera XXXV <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Robert de Montesquiou intestata “Hôtel Campbell –<br />

Paris le 22 Octobre 189[5]” e pubblicata in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert<br />

de Montesquiou. Con lettere ine<strong>di</strong>te, cit., p. 359.<br />

449


L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

centrique), 628 il suo ultimo lavoro, Decadenza, a Barrès ad<strong>di</strong>rittura due anni<br />

prima, nel 1892. 629 L’esemplare cui si fa riferimento, conservato nella sezione<br />

dei libri rari della BNF, reca sulla prima pagina un’in<strong>di</strong>cazione autografa <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> con l’in<strong>di</strong>rizzo del destinatario – “Monsieur Maurice Barrès / 12 Rue<br />

Legendre. Parc Monceau / Paris” – cui fa seguito, sempre <strong>di</strong> mano autoriale, la<br />

frase <strong>di</strong> de<strong>di</strong>ca piuttosto formale “À Maurice Barrès / cor<strong>di</strong>alement / <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>”. 630 È vero che si tratta dell’ultimo romanzo pubblicato da <strong>Gualdo</strong> prima<br />

della sua morte, ma è altrettanto noto che il ben più giovane Barrès avrebbe<br />

scritto nuove opere <strong>di</strong> cui non resta traccia nel Fondo <strong>Gualdo</strong> della Biblioteca<br />

Ambrosiana. Soltanto l’eventuale ritrovamento delle lettere <strong>di</strong> risposta del francese<br />

all’italiano potrebbe rappresentare un modo per colmare lacune al contrario<br />

insanabili nelle <strong>di</strong>namiche delle relazioni umane ed artistiche intercorse tra<br />

<strong>Gualdo</strong> e Barrès: per il momento, comunque, l’aver riportato alla luce almeno<br />

una parte della loro corrispondenza, per quanto tracce unilaterali, ha permesso<br />

<strong>di</strong> confermare ed iniziare a ricostruire alcune fasi e costanti <strong>di</strong> un legame che<br />

altrimenti avrebbe continuato a restare solo meramente ipotizzato.<br />

628 L. GUALDO, Une ressemblance, Paris, Lemerre, 1874, con de<strong>di</strong>ca: “À Maurice Barrès<br />

/ témoignage sympathique / <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”; ID., Le Nostalgie, Torino, Casanova, 1883 con de<strong>di</strong>ca:<br />

“À Maurice Barrès / cor<strong>di</strong>almente / <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>” ed infine ID., Un mariage excentrique,<br />

Paris, Lemerre, 1884 (2ème é<strong>di</strong>tion) con de<strong>di</strong>ca “À Maurice Barrès/ avec admiration & sympathie<br />

/ <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>”. I tre esemplari sono custo<strong>di</strong>ti presso la Bibliothèque Nationale de France<br />

(site François Mitterand) con le seguenti segnature: “Z Barrès – 20189”, “Z Barrès – 20187” e<br />

“Z Barrès – 20188”.<br />

629 Naturalmente si fa qui riferimento alla data dell’e<strong>di</strong>zione del volume, che andrà considerato<br />

termine post quem in mancanza <strong>di</strong> ulteriori in<strong>di</strong>zi per la datazione dell’invio.<br />

630 ID., Decadenza, Milano, Treves, 1892 (BNF, cote: “Z Barrès – 20186”).<br />

450


Méry Laurent “Le Gros Oiseau”, Ju<strong>di</strong>th Gautier e Madeleine Lemaire.<br />

François Coppée: accanto alla fotografia con de<strong>di</strong>ca autografa un suo biglietto da visita<br />

(riprodotto da Dante Petaccia e poi andato smarrito) in<strong>di</strong>rizzato a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

Le Connétable Jules Barbey d’Aurevilly e Le Phisiologue Paul Bourget.


Sulla sinistra: una fotografia <strong>di</strong> Robert de Montesquiou accompagnata dalla de<strong>di</strong>ca<br />

“Ad inimicum amicum <strong>Gualdo</strong>nem Mons Esquious. Apriliter. 1884”.<br />

Sulla destra: <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou a Milano.<br />

Dal “Fonds Montesquiou”: una lettera ed un ritratto autografato <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.


.<br />

Capitolo Settimo<br />

I Poeti d’Oltralpe:<br />

edesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

451<br />

Qualunque strada si prenda nel campo<br />

dell’arte, essa conduce necessariamente<br />

sino al limitare dell’infinito.<br />

(<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Teofilo Gautier)<br />

7.1 Il coinvolgimento sullo scenario internazionale: dal Congrès Littéraire del<br />

1889 all’Anthologie des Poètes Français du XIX ͤ siècle.<br />

Il 1889 è una data strategica nella storia personale e professionale <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, perché è nel corso del primo semestre <strong>di</strong> quest’annata che si svolgono<br />

alcuni avvenimenti degni <strong>di</strong> nota per lo svolgimento del proprio “compito” <strong>di</strong><br />

passeur tra le sue due culture: a febbraio esce infatti, in Italia, la recensione<br />

gual<strong>di</strong>ana ai volumi della Anthologie des Poètes Français du XIX ͤ siècle, mentre<br />

a giugno egli partecipa, tra i delegati della rappresentanza italiana, al secondo<br />

Congrès Littéraire Internationale tenutosi a Parigi. 1 Pur nel costante tentativo<br />

<strong>di</strong> conservare l’anonimato attraverso il <strong>di</strong>screto rifiuto dei ruoli istituzionali<br />

e le silenziosa presenza – il più delle volte, per l’appunto, in incognito – a riunioni<br />

e conferenze <strong>di</strong> alto profilo, il nome <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> ritorna sempre, con una<br />

frequenza straor<strong>di</strong>naria, in gran parte dei luoghi e momenti chiave della storia<br />

dei rapporti <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>azione e scambio culturale tra le sue patrie: l’eletta<br />

Francia e la natia Italia.<br />

1 Il primo “Congresso Internazionale sulla Proprietà Letteraria ed Artistica” si era svolto a<br />

Roma nel 1883: presenti, tra gli altri, Hugo, Wittmann e Turghenev. L’Italia era rappresentata<br />

da Carlo del Balzo, nominato in tale occasione membro del Comitato Esecutivo insieme a Sonzogno<br />

(P. VILLANI, Carlo del Balzo tra letteratura e politica, <strong>Napoli</strong>, ESI, 2001, pp. 30-31).


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Il primo coinvolgimento documentato, con annesso gentile declino d’offerta,<br />

risaliva – come si è in parte anticipato 2 – ad un quin<strong>di</strong>cennio prima, quando<br />

Catulle Mendès aveva tentato <strong>di</strong> affidare a <strong>Gualdo</strong> l’incarico <strong>di</strong> dar vita ad<br />

una filiale milanese della “Société des Poètes”, un progetto la cui origine è fatta<br />

risalire da molti critici al periodo della pianificazione de Le Tombeau de Théophile<br />

Gautier, un’antologia poetica (su cui torneremo, vista la partecipazione<br />

gual<strong>di</strong>ana) costellata <strong>di</strong> firme <strong>di</strong> autori internazionali e realizzata in morte – ma<br />

soprattutto in onore – del Maestro scomparso. 3 La prima delle tre lettere (in copia<br />

parzialmente non autografa e custo<strong>di</strong>ta negli Archivi Giacosa) relative all’affidamento<br />

della presidenza della sezione italiana della “Società Internazionale<br />

dei Poeti” <strong>di</strong> Mendès a <strong>Gualdo</strong> risale al 15 novembre 187[4] 4 e sembrerebbe<br />

essere la risposta ad un precedente tentativo <strong>di</strong> temporeggiamento (se non <strong>di</strong><br />

rifiuto) e presa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza – non possedendo l’altra parte della corrispondenza è<br />

possibile solo congetturare – dell’italiano <strong>di</strong>nnanzi al progetto del francese, il<br />

quale cortesemente ribatte all’interno suo messaggio in questi termini:<br />

Mon cher ami,<br />

Nous vous remercions bien vivement de votre empressement, j’étais sûr, moi, que<br />

malgré votre spleen, vous seriez un vrai enthousiaste de la société des poètes. Plus on<br />

est lent et lambin à Milan, plus il nous faut montrer de zèle et d’activité.<br />

La création des sections a lieu, peu à peu, dans le <strong>di</strong>fférents pays: Angleterre, Russie,<br />

Espagne, Autriche, Hollande… etc. […].<br />

La section française ne doit être la principale et […] l’organisation particulière de<br />

chaque groupe doit être absolument abandonnée à la volonté de ceux qui le composent.<br />

Soyez quatre, soyez cinq-cents, soyez un seul, cela ne nous regarde pas. Mais le livres<br />

et les rapports trimestriels nous soient régulièrement envoyés. Vous ne pouvez pas,<br />

<strong>di</strong>tes-vous, former la section à vous seul et vous nommer votre propre président? Pourquoi<br />

pas? L’important, c’est qu’il y ait section, ne fût que nominalement. Peu à peu les<br />

avantages de notre association apparaissant de toute évidence, le groupe italien se<br />

constituerait nombreusement. […]. 5<br />

2 Cfr., supra, 3.3 Tra poesie e <strong>di</strong>pinti: <strong>Gualdo</strong> recensore dell’opera <strong>di</strong> Emilio Praga.<br />

3 Cfr. Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, Paris, Fayard, 2005, pp. 323-324.<br />

4 Come si è detto altrove, De Rienzo e Mirandola fanno risalire le lettere al 1879: basterà,<br />

tuttavia, confrontarne il contenuto con un articolo del febbraio 1874 in cui sono riportate le prime<br />

mosse <strong>di</strong> Mendès per contattare i futuri presidenti <strong>di</strong> sezione, tra i quali l’austriaco Henri<br />

Laube (e non Zaube, come trascritto dai suddetti curatori nella lettera <strong>II</strong> a <strong>Gualdo</strong>) per retrodatare<br />

con certezza il testo. Cfr. ––, Échos de Paris, in «Le Gaulois», 2 février 1874, p. 1.<br />

5 Lettera I <strong>di</strong> Catulle Mendès a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> pubblicata da G. DE RIENZO – G. MI-<br />

RANDOLA, Ine<strong>di</strong>ti francesi nell’archivio <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 467 (corsivi miei).<br />

452


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Il resto del messaggio contiene varie obiezioni alla proposta gual<strong>di</strong>ana <strong>di</strong><br />

offrire la guida della sezione italiana della S.d.P. al più anziano ed autorevole<br />

Aleardo Alear<strong>di</strong> – “la présidence ne doit pas être une sinécure!”, ribatte Mendès<br />

– e l’invito, piuttosto, a porre ulteriori domande ed a continuare a vagliare la<br />

possibilità <strong>di</strong> rivestire il ruolo suggeritogli, giacché, afferma il mittente, “c’est<br />

même dans le président que doit, à mon sens, se résumer toute la puissance exécutive<br />

de la section”. 6 La lettura dei documenti successivi lascia intuire che il<br />

<strong>di</strong>rettore non dovette demordere tanto facilmente, dato che nella seconda lettera<br />

questi richiede all’amico <strong>di</strong> inviare le proprie felicitazioni al neoeletto rappresentante<br />

tedesco e <strong>di</strong> stendere alcune righe da destinare alla pubblica declamazione<br />

nel corso della prima riunione ufficiale della sezione parigina. 7 Nel terzo<br />

ed ultimo documento, 8 infine, viene riportato lo stato d’avanzamento dei lavori<br />

nelle nascenti filiali estere (olandese, spagnola, provenzale, austriaca, russa ed<br />

americana) 9 e la richiesta <strong>di</strong> procedere, con una certa urgenza, alla comunicazione<br />

della scelta dei membri, dei nomi e <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> quelle sul punto <strong>di</strong><br />

aprire in Italia. Una volta ricevuta questa notifica, Mendès avrebbe poi provveduto<br />

a fornire al suo destinatario una lista contenente tutte le informazioni per<br />

mettersi in contatto con ciascuno dei fondatori dei <strong>di</strong>versi paesi. Segue, in conclusione,<br />

un appello alla prontezza della risposta (evidentemente il mittente era<br />

a conoscenza del naturale ritardo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nel gestire la propria corrispondenza),<br />

appello incentivato anche attraverso lo sfoggio <strong>di</strong> nomi tanto illustri quanto<br />

temibili iscrittisi alla sede primaria della società:<br />

Ne perdez pas une minute! – Ici nous rencontrons les plus vives sympathies; Victor<br />

Hugo sera notre président honoraire, avec Leconte de Lisle et Banville. – Et déjà<br />

nous pouvons compter sur plus de cinquante membres actifs. Mais toute section n’aura<br />

6 Ibidem.<br />

7 Lettera <strong>II</strong>. Ivi, p. 468. Il testo risale agli inizi del <strong>di</strong>cembre 1873 giacché viene segnalata<br />

come imminente la prima assemblea generale della sezione francese, la quale ebbe luogo, per<br />

l’appunto, il 7 <strong>di</strong>cembre del ‘73. Nonostante l’or<strong>di</strong>ne stabilito dai curatori De Rienzo e Mirandola,<br />

quin<strong>di</strong>, la lettera <strong>II</strong> <strong>di</strong> Mendès a <strong>Gualdo</strong> precede cronologicamente il messaggio numero <strong>II</strong>.<br />

8 Il quale, però, nonostante l’or<strong>di</strong>ne stabilito dai curatori del carteggio, sembrerebbe esser<br />

stata scritta prima delle altre due lettere. L’assenza <strong>di</strong> un’esplicita in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> data nel testo,<br />

comunque, non ci permette <strong>di</strong> affermare ciò con sicurezza, per quanto il contenuto del messaggio<br />

porterebbe a convalidare tale ipotesi.<br />

9 È proprio quanto vien detto in relazione alla sezione austriaco-tedesca che farebbe propendere<br />

per la posposizione del documento <strong>II</strong> rispetto al <strong>II</strong>I. Nella seconda lettera, <strong>di</strong>fatti, come<br />

si è detto, viene definita ultimata, pronta al funzionamento e già dotata <strong>di</strong> presidente.<br />

453


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

pas besoin d’être, d’abord, aussi nombreuse, et vous pourrez considérer la vôtre<br />

comme fondée lorsqu’elle comptera une <strong>di</strong>zaine de membres […].<br />

Déjà j’ai donné votre nom et votre adresse à la plus part des fondateurs des sections<br />

étrangères, et, si besoin est, ils entreront en relation immé<strong>di</strong>ate avec vous.<br />

Marchez donc, ne perdez pas une minute – et répondez-nous sans tarder. 10<br />

Purtroppo l’assenza <strong>di</strong> documenti a riguardo in quel che resta del “Fondo<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>” della biblioteca Ambrosiana e del “Fondo Litta Mo<strong>di</strong>gnani” dell’Archivio<br />

<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano – unitamente alla mancanza <strong>di</strong> relative testimonianze<br />

nelle altre corrispondenze finora ritrovate dell’italiano – ci impe<strong>di</strong>scono<br />

<strong>di</strong> conoscere gli sviluppi della vicenda. Unico riferimento un commento, rivolto<br />

nel 1875 a François Coppée, relativo al panorama culturale italiano, all’assenza<br />

quasi totale <strong>di</strong> veri, appassionati fruitori <strong>di</strong> letteratura e quin<strong>di</strong> all’impossibilità<br />

<strong>di</strong> un verosimile successo dell’iniziativa <strong>di</strong> Mendès nel belpaese. Si tratta <strong>di</strong> uno<br />

sfogo piuttosto raro <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, <strong>di</strong> norma parco nell’esprimere lamentele <strong>di</strong> questa<br />

natura, eppure – in questo caso – particolarmente feroce ed esplicito nel palesare<br />

il proprio scontento al confratello francese, al quale rivolge, <strong>di</strong>fatti, parole<br />

affatto blande: “Il est tout de même triste qu’on soit obligé de vivre seul ou<br />

avec des i<strong>di</strong>ots – surtout dans un pays comme celui-ci où les «groupes» littéraires<br />

dans chaque ville sont composés de quatre in<strong>di</strong>vidus lorsqu’ils sont nombreux,<br />

quelquefois d’un seul”. 11<br />

L’altro solo in<strong>di</strong>zio, infine, che potrebbe indurre a credere che <strong>Gualdo</strong> abbia<br />

in qualche misura preso parte al progetto <strong>di</strong> Mendès è costituito dalla sua<br />

partecipazione al su citato Congresso Letterario Internazionale tenutosi a Parigi<br />

a partire dal 17 giugno 1889. Molte sono le attestazioni riguardanti la sua presenza<br />

tra le fila dei portavoce italiani. E <strong>di</strong>fatti, a ben pensarci, perché mai un<br />

artista in vista, poliglotta e cosmopolita del suo calibro avrebbe dovuto non esserci?<br />

Quale occasione avrebbe potuto essere a lui maggiormente congeniale<br />

per esercitare la sua influenza <strong>di</strong> uomo appartenente a più mon<strong>di</strong> e a più culture?<br />

Benché paia non aver mai preso la parola durante le sedute, l’entrata in scena<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> viene da molte fonti prontamente registrata. Così, ad esempio, nella<br />

biografia postuma dell’e<strong>di</strong>tore Emilio Treves:<br />

10<br />

Lettera <strong>II</strong>I, s.d., <strong>di</strong> Catulle Mendès a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (G. DE RIENZO – G. MIRANDO-<br />

LA, Ine<strong>di</strong>ti francesi nell’archivio <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa, cit., p. 468).<br />

11<br />

Lettera IV <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 201.<br />

454


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Treves, De Amicis, Giacosa fanno il loro ingresso al teatro dello Châtelet. Con essi<br />

stanno <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Antonio Caccianiga. Il Congresso, presieduto da Victor Hugo,<br />

presenta una platea <strong>di</strong> giganti. About, Jules Simon, Augier, Dumas, Sardou, Renan,<br />

Taine, Zola, Lecomte de Lisle, Banville, Sully-Prudhomme, Goncourt, Houssaye, Sandeau,<br />

Saint-Victor, Sarcey, Feuillet, Louis Blanc, Déroulède, Coppée siedono l’uno accanto<br />

all’altro. 12<br />

Così, ancora, sulle pagine <strong>di</strong> attualità della rivista bolognese <strong>di</strong>retta da Enrico<br />

Panzacchi «Lettere e Arti» – perio<strong>di</strong>co del quale, tra l’altro, <strong>Gualdo</strong> era stato<br />

collaboratore nei numeri d’esor<strong>di</strong>o – in data 6 luglio 1889:<br />

Nel Congresso letterario tenutosi nei giorni scorsi a Parigi, al quale fra gli altri italiani<br />

hanno preso parte il sig. Emilio Treves, L. <strong>Gualdo</strong> e P. G. Molmenti, la <strong>di</strong>scussione<br />

più importante ha versato intorno al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> traduzione, che i membri francesi<br />

proponevano <strong>di</strong> estendere a tutta la vita, come per l’opera originale, annullando la <strong>di</strong>sposizione<br />

della convenzione <strong>di</strong> Berna, che la limitava a 10 anni. Emilio Treves parlò<br />

lungamente contro questa proposta, <strong>di</strong>cendo molte buone ragioni, ma più forse<br />

nell’interesse <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>tori che d’altro. Il suo <strong>di</strong>scorso fu ascoltato dal Congresso con<br />

molta attenzione, ma la proposta francese finì per prevalere e il 24 giugno fu votata<br />

questa deliberazione: che il <strong>di</strong>ritto dell’autore sopra l’opera letteraria comprende quello<br />

esclusivo <strong>di</strong> farne o utilizzarne la traduzione durante tutto il tempo in cui vige il <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> riproduzione, e che non è necessaria una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> ciò sull’opera originale. 13<br />

Ma la testimonianza certo più preziosa è affidata <strong>di</strong>rettamente ad un ine<strong>di</strong>to<br />

gual<strong>di</strong>ano, ovvero ad una lettera scritta a Parigi il 29 giugno (due giorni dopo,<br />

cioè, la chiusura del convegno) ed in<strong>di</strong>rizzata a Giovanni Visconti Venosta, segretario<br />

a quel tempo della Società Italiana <strong>degli</strong> Autori. Il messaggio epistolare<br />

– conservato a Grosio (SO), negli archivi della nobile famiglia Visconti Venosta<br />

– si presenta, indubbiamente, come risposta ad una verosimile richiesta <strong>di</strong><br />

resoconto, posta dal destinatario, <strong>degli</strong> eventi e delle decisioni prese nel corso<br />

del Congresso Internazionale. Quando si accinse a re<strong>di</strong>gere la sua comunica-<br />

12 M. GRILLANDI, Emilio Treves, Torino, UTET, 1977, p. 365. In questo stesso volume è<br />

inoltre riportato il testo <strong>di</strong> uno schizzo a penna <strong>di</strong> Treves attestante i partecipanti (tra cui figura<br />

anche il Nostro) ad un banchetto tenutosi a Milano qualche anno prima: “Il 4 aprile [1883], per<br />

festeggiare l’uscita del nuovo libro [Cuore, <strong>di</strong> De Amicis], Treves offre un grande banchetto. La<br />

lista <strong>degli</strong> invitati, come figura in un foglietto ingiallito coperto dalla calligrafia minuta e poco<br />

decifrabile dell’e<strong>di</strong>tore, comprende, tra gli altri: Gaetano Negri, Arrigo Boito, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

Gerolamo Rovetta, Ugo Pesci, Paolo Michetti, Salvatore Farina, E. Torelli Viollier, Tullo Massarani,<br />

G. Visconti Venosta, Leone Fortis, Emilio Turati, Raffaello Barbiera” (ivi, p. 408).<br />

13 ––, Notizie <strong>di</strong> Lettere e Arti. Varia, in «Lettere e Arti», 6 luglio 1889, p. 15.<br />

455


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

zione, <strong>Gualdo</strong> si trovava ancora nella capitale francese – com’è evidente dall’intestazione<br />

del documento in cui è in<strong>di</strong>cato l’usuale suo domicilio parigino,<br />

overo l’Hôtel Westminster, al numero 11 della sfarzosa rue de la Paix – e, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> esau<strong>di</strong>re in gran rapi<strong>di</strong>tà la domanda a lui rivolta, fornisce al letterato<br />

lombardo un breve e frettoloso sunto (dal quale si evince, tuttavia, che egli<br />

aveva presenziato a quasi tutte le sessioni) <strong>degli</strong> acca<strong>di</strong>menti legati all’evento<br />

appena conclusosi, rimandando maggiori spiegazioni ad una futura lettera da<br />

destinare all’avvocato Rosmini. Qualora, infine, Visconti Venosta avesse però<br />

ritenuto insufficienti le informazioni fornite, non avrebbe avuto nulla da temere,<br />

giacché il mittente prevede che a breve, sulla carta stampata, saranno riportati<br />

nel dettaglio tutti i <strong>di</strong>scorsi pronunciati giorno per giorno in sede congressuale:<br />

Egregio Amico,<br />

La ringrazio vivamente per le sue gentilissime righe. Il Congresso Letterario,<br />

com’ella saprà, è finito ieri l’altro; ho assistito a quasi tutte le sedute per intiero. Per<br />

adempiere al desiderio dell’Avv.o Rosmini, da Lei trasmesso, gli scriverò poche righe<br />

riguardanti in modo sommario le varie sedute; sebbene ciò sia superfluo, giacché fra<br />

non molto verranno stampati i processi verbali, dai resoconti stenografici, <strong>di</strong> quanto fu<br />

detto e fatto, giorno per giorno – e <strong>di</strong> tali resoconti sarà subito spe<strong>di</strong>ta copia alla vostra<br />

Società. Intanto la Società avrà certo ricevuto alcuni documenti parziali, come per esempio<br />

il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Treves, Del Balzo, etc. […]. 14<br />

Informato e aggiornato com’era su tutte le novità letterarie d’Italia e <strong>di</strong><br />

Francia, scrittore nell’una e nell’altra lingua, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> avrebbe tranquillamente<br />

potuto prendere posto tanto tra i suoi connazionali quanto tra i suoi confratelli<br />

d’oltralpe. La <strong>di</strong>mostrazione più evidente della sua competenza e, insieme,<br />

della sua volontà <strong>di</strong> rendere il pubblico <strong>di</strong> lettori peninsulari al corrente dei<br />

progressi che l’arte stava compiendo in quegli anni all’estero è rappresentata<br />

dalla su menzionata recensione alla Antologia dei poeti francesi dell’Otto-cento.<br />

Il valore aggiunto <strong>di</strong> questo compte rendu consiste nel fatto che il critico non si<br />

limita a passare in rassegna i più gran<strong>di</strong> nomi della poesia dei suoi tempi, né<br />

tanto meno ad in<strong>di</strong>care en passant le caratteristiche salienti dei lavori e dello<br />

stile <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> essi: il vero punto <strong>di</strong> forza dell’articolo sta, invece, nell’abilità<br />

del suo autore <strong>di</strong> comunicare – anzitempo – l’importanza delle nuove<br />

14 Lettera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giovanni Visconti Venosta. Doc. 1057 (b. 66, fasc. 17) della<br />

Corrispondenza <strong>di</strong> Giovanni Visconti Venosta custo<strong>di</strong>ta presso la Biblioteca <strong>di</strong> Grosio (SO)<br />

nell’Archivio storico della nobile famiglia Visconti Venosta.<br />

456


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

scuole e dei nuovi movimenti, i loro messaggi ed il loro sviluppo. Ciò che rende<br />

“speciale”, insomma, agli occhi dei suoi contemporanei, prima, e <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong>osi<br />

moderni, poi, l’articolo in questione risiede nella tempestività con cui <strong>Gualdo</strong><br />

ha saputo <strong>di</strong>ffondere il verbo dei decadenti e dei simbolisti, analizzando un tipo<br />

<strong>di</strong> messaggio al quale – per sua stessa indole e vocazione – egli era naturalmente<br />

incline e favorevole. Basterà pensare al testo incipitario delle sue Nostalgie,<br />

programmatica enunciazione <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> lirica dallo “stile ideologico e polemico”<br />

15 – intento, tuttavia, non sempre rispettato – per comprendere quanto egli<br />

usasse nutrirsi <strong>di</strong> quei principi della filosofia e della vita poi incarnati dal des<br />

Esseintes <strong>di</strong> Huysmans, fatta <strong>di</strong> contrasti spirituali e luminose verità intime, <strong>di</strong><br />

consapevolezze estetiche che l’esprit moderne andava <strong>di</strong>vulgando.<br />

Il resoconto era stato pubblicato, si è detto, nel febbraio ’89 sul foglio «Lettere<br />

e Arti» e destinato alla rubrica “I Libri”, sezione del giornale riservata alla<br />

comunicazione delle novità bibliografiche, italiane e non. 16 L’Anthologie della<br />

quale si occuperà, sostiene <strong>Gualdo</strong>, è un testo sempre in fieri, poiché i suoi tomi<br />

racchiudono in un’unica opera il lavoro <strong>di</strong> tutti i poeti francesi – includendo in<br />

tale definizione, attraverso un’appen<strong>di</strong>ce testuale, persino tutti coloro che, anche<br />

se stranieri, avevano scritto in lingua d’oil – durante il XIX secolo, da André<br />

Chenier (nato nel 1762) fino alla generazione <strong>degli</strong> scrittori venuti al mondo<br />

nel 1866, tra i quali egli nomina Victor Margueritte e Ephraïm Mikhaël.<br />

Il momento in cui <strong>Gualdo</strong> si appresta a re<strong>di</strong>gere la sua recensione non è casuale:<br />

nelle librerie <strong>di</strong> Francia sono appena stati messi in ven<strong>di</strong>ta i due nuovi<br />

volumi della raccolta che, in tal modo, sul finire del 1888, avevano affiancato i<br />

due libri della medesima serie precedentemente pubblicati. Lo stampatore lanciatosi<br />

in questa colossale impresa era stato quell’Alphonse Lemerre che il nostro<br />

giornalista ben conosceva, avendo patrocinato all’uscita dei suoi due romanzi<br />

francesi. Forse anche perché spinto da personale riconoscenza <strong>Gualdo</strong><br />

non esita a definirlo “l’avventuroso «e<strong>di</strong>tore dei poeti» che era giunto all’apice<br />

del successo e della fortuna in modo quasi paradossale, avendo seguito per molto<br />

tempo la strada che avrebbe dovuto condurlo alla rovina, cioè pubblicando<br />

esclusivamente libri <strong>di</strong> «letteratura pura» e più sovente in versi”. 17 Il riferimento<br />

all’e<strong>di</strong>tore Lemerre funge da spunto al critico per aprire una parentesi fugace<br />

15 G. SPAGNOLETTI, Gilet bianco. Ritratto <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 22.<br />

16 L. GUALDO, I libri. Anthologie des poètes français du XIX siècle. (Paris. – Alphonse<br />

Lemerre, É<strong>di</strong>teur), in «Lettere e Arti», a. I, n. 3, 9 febbraio 1889, pp. 11-13.<br />

17 Ivi, pp. 11-12.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

(ma illustrativa e necessaria in vista delle competenze del pubblico cui si rivolge)<br />

sulla storia <strong>di</strong> quell’eclettico Parnasse a proposito delle cui sorti egli si teneva<br />

costantemente informato soprattutto per tramite <strong>di</strong> Coppée, 18 stabilendo –<br />

in aggiunta – una sorta <strong>di</strong> rapporto <strong>di</strong> continuità tra le tre pubblicazioni collettive<br />

(la prima del 1866, la seconda del 1869-71 e l’ultima del 1876) dei rappresentanti<br />

<strong>di</strong> questa corrente e l’uscita dell’Anthologie des poètes français:<br />

[Lemerre] aggiunge ora codesti quattro volumi al Parnasse Contemporain, cui in<br />

certo modo fanno seguito, a quel Parnasse dal quale venne agl’iniziatori del movimento<br />

poetico moderno, derivante, ma staccantesi dal romanticismo, il soprannome <strong>di</strong> Parnassiens.<br />

Con essi riassume e completa la raccolta <strong>di</strong> scritti <strong>di</strong> tutti i poeti francesi, facendo<br />

precedere i versi <strong>di</strong> ciascuno da una breve biografia firmata da un nome conosciuto<br />

– certamente utilissima agli stu<strong>di</strong>osi. 19<br />

Utile agli stu<strong>di</strong>osi, certo, ma non soltanto ad essi, poiché l’italiano ha ben<br />

compreso il senso più vasto della vali<strong>di</strong>tà dell’operazione <strong>di</strong> Lemerre, un’operazione<br />

che, a sua volta, egli cercherà <strong>di</strong> spiegare e completare attraverso il proprio<br />

articolo suscitando l’interesse non solo <strong>degli</strong> specialisti, ma anche dei “lettori<br />

in generale”. L’intento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, infatti, come egli stesso ammette poco<br />

oltre, è quello <strong>di</strong> voler presentare al grande pubblico, accanto ai “gran<strong>di</strong> nomi<br />

famosi e popolari”, specialmente quelli dei “meno noti, alcuni pressoché ignorati,<br />

ingiustamente, o celebri soltanto fra’ letterati, che non aspettano per giu<strong>di</strong>care<br />

il giu<strong>di</strong>zio della folla o della posterità”. 20 In effetti, il volume al quale viene<br />

de<strong>di</strong>cato meno spazio dal recensore è il primo, ossia quello in cui prevalgono le<br />

celebrità, da Victor Hugo a Chateaubriand, da Lamartine a Gautier e Musset; i<br />

soli commenti presenti sono invece, significativamente, quelli che spettano ai<br />

componimenti <strong>degli</strong> autori e delle autrici meno conosciuti. Di conseguenza le<br />

lo<strong>di</strong> gual<strong>di</strong>ane vanno, tra i vari testi, ad un sonetto <strong>di</strong> Félix Anvers “che da solo<br />

valse a salvare il suo nome dall’oblio”, ai versi <strong>di</strong> Daniele Sterne (la contessa<br />

d’Argoult) e, infine, ad “alcune virili e filosofiche poesie <strong>di</strong> M.me Ackermann,<br />

elettissime <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong> forma”. 21<br />

18 Fin dalla sua prima lettera I a Coppée, dell’agosto 1874, <strong>Gualdo</strong> non manca mai <strong>di</strong> domandare<br />

“nouvelles parnassiens et catulliques” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 185).<br />

19 L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 12.<br />

20 Ibidem.<br />

21 Ibidem.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Maggior spazio è poi destinato al secondo tomo, contenente le poesie <strong>degli</strong><br />

scrittori nati tra il 1818 ed il 1841 ed aperto dalla presentazione dell’opera <strong>di</strong><br />

colui che l’italiano considera uno dei suoi Maestri, quel Leconte de Lisle 22 –<br />

“sommo caposcuola dei versificatori moderni, messo al primo posto dagli artisti<br />

e non abbastanza apprezzato dai profani” –, che precede altrettante autorità quali<br />

Baudelaire e Banville 23 (autore con cui <strong>Gualdo</strong> aveva un rapporto affettivo,<br />

oltre che professionale), 24 Barbier, Bouilhet, Murger, Lemoyne e Vacquerie.<br />

Anche in questo caso il giornalista concentra la propria analisi sulle personalità<br />

meno note in Italia. Ecco, allora, la sua espressione <strong>di</strong> ammirazione per i versi<br />

profon<strong>di</strong> e delicatissimi <strong>di</strong> Léon Dierx “che possono stare a paro coi migliori<br />

(fra i quali Soir d’Octobre rimarrà come una delle liriche più affascinanti del<br />

nostro tempo)”, cui si affianca la lode per le strofe altissime e raffinate <strong>di</strong> Armand<br />

Silvestre, “troppo conosciuto”, a detta del recensore, “per le sue novelle e<br />

non abbastanza per i suoi poemi che gli assegnano un posto eminente nella<br />

moderna letteratura”; seguono le parole de<strong>di</strong>cate a Villiers de l’Isle-Adam, 25<br />

22 Sfortunatamente, nei documenti gual<strong>di</strong>ani, il nome <strong>di</strong> questo grande poeta ha soltanto<br />

un’occorrenza e, per giunta, all’interno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso scherzoso rivolto a François Coppée:<br />

“Mais ne serait-ce pas vous qui êtes mort, par hasard? Car enfin, quoique je ne le mérite guère,<br />

vous auriez bien pu m’envoyer un Leconte de Lisle pour m’exciter à la correspondance”. Lettera<br />

V, da “Varese, 18 ottobre 1875” in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 207.<br />

23 Tra gli ex libris <strong>di</strong> questo autore (<strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong> in Francia veniva considerato <strong>di</strong>scepolo)<br />

è tuttora conservata una copia, elegantemente rilegata e con de<strong>di</strong>ca autografa “A M. Théodore<br />

de Banville, son admirateur L.G.”, della traduzione in italiano del dramma in un atto Deux douleurs<br />

<strong>di</strong> Coppée (BNF, site Arsenal, Rf. 39817). Viceversa, negli archivi Giacosa, è ancora custo<strong>di</strong>to<br />

un volume <strong>di</strong> Banville, Socrate et sa femme, nella ristampa del 1886, de<strong>di</strong>cato a <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>. Questi <strong>di</strong>mostrò costante interesse per l’opera del Mastro, com’evidente nella corrispondenza<br />

con Montesquiou, cui <strong>Gualdo</strong> scrive <strong>di</strong> aver letteralmente <strong>di</strong>vorato “les Souvenirs du<br />

<strong>di</strong>vine Banville” (lettera V), e <strong>di</strong> essere andato in estasi dopo aver terminato i Contes Héroïques<br />

(lettera X<strong>II</strong>I). Un ulteriore menzione si trova, infine, in un messaggio ine<strong>di</strong>to in<strong>di</strong>rizzato a donna<br />

Vittoria Cima cui <strong>Gualdo</strong> scrive, il 25 maggio 1888, da Parigi: “Ho assistito a una doppia<br />

première interessantissima, quasi appena giunto, e son stato contento d’essere arrivato in tempo<br />

per ciò. Si dava un dramma <strong>di</strong> Richepin Le Filibustier ed una deliziosa cosetta, Le Baiser <strong>di</strong><br />

Théodore de Banville. Il successo è stato grande”. Fondo Vittoria Cima”, c.3 b.40(9).<br />

24 Un aneddoto è riportato nella lettera XV<strong>II</strong>I a Coppée del gennaio 1887 in cui <strong>Gualdo</strong><br />

narra <strong>di</strong> aver inviato per l’inizio del nuovo anno uno “zampetto <strong>di</strong> Modena” (essendo al seguito<br />

<strong>di</strong> Boito durante la tournée dell’Otello). Da quanto si evince dal documento, pare che lo stesso<br />

dono augurale fosse stato fatto anche a Banville: “J’en ai addressée un pareil à Th. De B., mais<br />

je ne sais rien ni de l’un, ni de l’autre” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 249-250).<br />

25 “Le seul homme célèbre”, aveva detto <strong>Gualdo</strong> nel maggio 1883 – dopo il successo de<br />

Les Contes cruels – in un messaggio epistolare destinato a Coppée (Lettera IX, ivi, p. 224).<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

possente e originalissimo scrittore, alle canzoni del bohème Albert Glatigny,<br />

della duchessa <strong>di</strong> La Roche-Guyon – “in cui un dolore intenso, quasi selvaggio,<br />

ma altissimo, si traduce in forti armonie” –, ai sonetti del pittore e poeta Clau<strong>di</strong>us<br />

Popelin e, per concludere, alle poesie “tutte piene d’amore e <strong>di</strong> nostalgia<br />

del bello <strong>di</strong> Henri Cazalis 26 (che ha recentemente dato alla luce un notevolissimo<br />

volume, «Illusion», sotto il pseudonimo <strong>di</strong> Jean Lahor)”. 27<br />

Analogamente, nello stu<strong>di</strong>o incentrato sul terzo tomo dell’Antologia, <strong>Gualdo</strong><br />

cita a malapena i nomi <strong>degli</strong> illustri Coppée e Amédée Pigeon, 28 commenta<br />

con rapi<strong>di</strong>tà i versi impeccabili e perfetti <strong>di</strong> Here<strong>di</strong>a 29 – sottolineando, però,<br />

26 Henri Cazalis sarà una delle presenze più assidue nella vita <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>: conosciuto sul finire<br />

<strong>degli</strong> anni ’60 a Parigi, fu uno dei primi letterati <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venne intimo e che resterà al suo<br />

fianco – essendo, peraltro un noto me<strong>di</strong>co – anche nei giorni <strong>di</strong>fficili della malattia che afflisse i<br />

suoi ultimi quattro anni <strong>di</strong> vita. Grazie a Coppée sappiamo che <strong>Gualdo</strong> partecipò, elegantissimo<br />

e in smoking, ad una cena presso il dottore (com’era già avvenuto nel luglio 1886, secondo<br />

quanto riportato nella lettera 10, ine<strong>di</strong>ta, a Vittoria Cima custo<strong>di</strong>ta nel suo fondo milanese) il 15<br />

agosto 1895 (F. COPPÉE, Mon franc parler, Paris, Lemerre, t. IV, 1893-96, p. 205). Dalle parole<br />

del Nostro scopriamo, inoltre, che Cazalis lo aveva tenuto in cura ad Aix-les-Bains nel luglio<br />

del ’94 (lettera 11, ine<strong>di</strong>ta, del Fondo Cima), che nell’agosto del 1895 questi aveva insistito<br />

affinché l’ammalato chiedesse un consulto al Dr. Raymond (lettera 19, b.2 a Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani<br />

del Fondo <strong>Gualdo</strong>) e che, per finire, nel luglio ’94, l’amico me<strong>di</strong>co aveva reso possibile il<br />

trasferimento in treno dell’italiano paralitico da Parigi alla Provenza: “Il viaggio, o piuttosto il<br />

mio trasporto da Parigi è andato bene; mi hanno portato qui dalla scala della casa della famigerata<br />

ladra Madame Brisson, poi con un landau speciale alla gare de Lyon, poi in portantina al<br />

vagone, poi abbastanza comodamente fin qui, dove il mio vecchio ed intrinseco amico, il Dr.<br />

Cazalis, che si è prestato a tutto più che gentilmente, era alla stazione, alle sette del mattino, con<br />

una nuova portantina, <strong>di</strong> quelle che qui usano abitualmente per i malati, con la quale sono stato<br />

condotto fin qui in una bella stanza con una vista stupenda e ben ricevuto dall’albergatore Rossignoli,<br />

che conosco da un pezzo” (Ivi, lettera 16, b.2). A Cazalis è, inoltre, intitolata la lirica<br />

XXI, Risposta, della raccolta Le Nostalgie (L. GUALDO, Romanzi e Novelle, cit.,p. 1198).<br />

27 ID., Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 12.<br />

28 La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> gran parte dei carteggi gual<strong>di</strong>ani non permette <strong>di</strong> constatare la presenza <strong>di</strong><br />

lettere <strong>di</strong> Pigeon. Tuttavia è possibile affermare che questi fu un corrispondente dell’italiano<br />

giacché in un messaggio a Coppée del 23 settembre 1879 si legge: “Reçu une longue lettre de<br />

Pigeon à la quelle je répondrai bientôt” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 219).<br />

29 A Jose-Maria de Here<strong>di</strong>a <strong>Gualdo</strong> ha de<strong>di</strong>cato il componimento XX de Le Nostalgie<br />

(precedentemente e<strong>di</strong>to, ma senza de<strong>di</strong>ca alcuna, su «Serate Italiane» dell’8 febbraio 1874), intitolato<br />

Gioia passata (L. GUALDO, Romanzi e Novelle, cit, p. 1197). In un passo contenuto<br />

all’interno <strong>di</strong> una lettera alla cugina Giulietta, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> narra <strong>di</strong> un fastoso petit-déjeuner<br />

consumato nella splen<strong>di</strong>da abitazione, nel parc Monceau, <strong>di</strong> Cernuschi, dove tra gli ospiti figura<br />

anche il poeta franco-cubano: “[…] non posso tralasciare <strong>di</strong> <strong>di</strong>rti che ieri mattina sono stato a<br />

far colazione – cosa abbastanza strana – dal famigerato Cernuschi, che per quanto dalle sue idee<br />

sembri un po’ pazzo, pure è un magnifico vecchio, che rassomiglia a Giove Tonante, con una<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

quanto il suo nome venga stimato come quello <strong>di</strong> “uno dei più illustri tra i viventi,<br />

sebbene abbia poco dato alle stampe, e solo delle poesie sparse in varie<br />

raccolte” –, per poi soffermarsi lungamente sui componimenti molto meno noti,<br />

specie in Italia, <strong>degli</strong> esor<strong>di</strong>enti Stéphane Mallarmé e Paul Verlaine, <strong>di</strong> cui, però,<br />

si <strong>di</strong>rà in seguito. 30 In questa sede si citerà soltanto la riflessione gual<strong>di</strong>ana a<br />

proposito delle peculiarità che egli osserva nella produzione delle nuove generazioni<br />

poetiche, i cui testi sono inglobati nel quarto volume:<br />

Gli ultimi arrivati, quelli che si riuniscono in qualche modo alla scuola dei decadenti<br />

– denominazione vaga ed incerta, ma che si potrebbe assai largamente definire la<br />

scuola <strong>di</strong> coloro che innanzi tutto, e a detrimento anche del resto, cercano nella parola<br />

scritta <strong>di</strong> dare una impressione musicale – la più parte dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Verlaine e <strong>di</strong><br />

Mallarmé, e sempre dei versificatori inglesi – sono rappresentati in quest’ultimo volume<br />

da Henri de Régnier, i cui versi esercitano una profonda seduzione, da R. Darzeus,<br />

etc. etc. Ed altri trovano posto nell’appen<strong>di</strong>ce dei «poeti stranieri che scrissero in francese»<br />

[…]. E si deve lamentare qui una imperdonabile omissione, e chiedere al Lemerre<br />

perché non si trovi nessuna delle tanto caratteristiche e belle poesie in francese dello<br />

Swinburne.<br />

Un’altra grave omissione, e per la quale vi devono essere dei motivi che non conosciamo,<br />

è quella <strong>di</strong> Catulle Mendès. 31<br />

Nonostante le frequenti critiche basate, tuttavia, su questioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne personale,<br />

32 a Catulle ed ai catulliques – chiaro termine con cui <strong>Gualdo</strong> si riferisce<br />

ai “<strong>di</strong>scepoli” <strong>di</strong> questi –, il recensore avrà sempre molto a cuore le vicende legate<br />

alla produzione artistica <strong>di</strong> Mendès. In particolare aveva <strong>di</strong>mostrato un cer-<br />

immensa foresta <strong>di</strong> capelli quasi bianchi e una barba che l’accompagna. Mi ha ricevuto nello<br />

splen<strong>di</strong>do Hôtel che ha al Parc Monceau, […] un vero museo, che intenzione <strong>di</strong> lasciare alla città<br />

<strong>di</strong> Parigi. C’è da vedere per delle ore e da ammirare senza fine. […]. Eravamo tutti uomini a<br />

colazione: c’era Here<strong>di</strong>a, quel seccatore <strong>di</strong> Paro<strong>di</strong>, […] e Barbavara”. Il messaggio, del 12 novembre<br />

1893, è parzialmente pubblicato da P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 299.<br />

30 Cfr., infra, 8.5 Mallarmé, “plume évocatrice, dans un tourbillon de rêve et de mystère”.<br />

31 L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., pp. 12-13.<br />

32 Si tratta principalmente <strong>di</strong> faccende legate alla separazione dalla moglie Ju<strong>di</strong>th Gautier,<br />

la figlia primogenita <strong>di</strong> Théophile, cui l’italiano era molto legato. Cfr., infra, il paragrafo 7.2b<br />

Di padre in figlia: l’ere<strong>di</strong>tà artistica <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier Mendès. Nel corso del 1883, ad esempio,<br />

aveva con ironia chiesto all’amico Coppée <strong>di</strong> fornirgli aggiornamenti relativi a “le chapitre que<br />

Catulle va ajouter à son nouveau volume, Les Outragées” (Lettera XI, in P. DE MONTERA,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 231). Mendès, naturalmente, non aveva mai scritto un romanzo con questo<br />

titolo e la frase gual<strong>di</strong>ana allude, piuttosto, agli sviluppi della sua liaison (causa dell’allontanamento<br />

da Ju<strong>di</strong>th) con Augusta Holmès.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

to interessamento, nel <strong>di</strong>cembre 1884, ovvero quando, trovandosi lontano da<br />

Parigi, aveva cercato <strong>di</strong> informarsi sulle sorti del famoso trattato La légende du<br />

Parnasse contemporain, e<strong>di</strong>to quell’anno a Bruxelles; in tale occasione l’italiano<br />

non si era limitato a domandare all’amico Coppée un parere riguardante il<br />

volume – “Que <strong>di</strong>tes-vous”, scriveva infatti, “du livre de Catulle sur les Parnassiens?”<br />

–, ma aveva aggiunto anche un breve commento relativo alla prolificità<br />

del gruppo <strong>di</strong> autori oggetto dello stu<strong>di</strong>o: “Ce qui devient de plus en plus évident<br />

c’est que, pour la postérité, ils rempliront à eux seuls tout le XIX siècle”. 33<br />

Una frase simile lascia comunque intuire che, all’epoca <strong>di</strong> questo messaggio,<br />

l’affiatamento e l’affinità un tempo avvertiti da <strong>Gualdo</strong> con la poetica parnassiana<br />

cominciavano senza dubbio a <strong>di</strong>ventare molto meno intensi; eppure<br />

una delle ragioni in base alle quali egli aveva trovato una sorta <strong>di</strong> “consanguineità<br />

ispirativa” con questi rimatori d’oltralpe resterà anche in seguito al centro<br />

della sua attenzione come scrittore e come critico: la musicalità. In effetti, è<br />

proprio l’interesse per questo argomento che lo porterà ad interrogarsi, nella recensione<br />

in esame, sull’eventuale opinione che potrebbero, un giorno, avere i<br />

posteri trovandosi tra le mani l’Anthologie des poètes français du XIXͤ siècle. La<br />

sua risposta, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una matura riflessione, sembra davvero rispecchiare il<br />

potenziale parere <strong>di</strong> qualcuno vissuto cent’anni dopo la sua morte poiché ciò<br />

che, a sua detta, risulterà più chiaro dalla lettura della raccolta e<strong>di</strong>ta da Lemerre<br />

potrà soltanto essere “la gran<strong>di</strong>ssima e spesso eccellente produzione <strong>di</strong> versi in<br />

questo secolo ch’è uso universale chiamare esclusivamente pratico e positivista<br />

– ma che forse apparirà ai venturi come un’epoca stranamente affamata<br />

d’ideale e d’illusioni, ricercante dovunque l’ebbrezza – sovente nelle sensazioni<br />

più morbose e viziate, nell’oppio e nella morfina – ma in pari tempo nella<br />

poesia e nella musica”. 34<br />

Ritornando al terzo tomo della raccolta, inoltre, insieme ai nomi <strong>di</strong> Mallarmé<br />

e Verlaine, <strong>Gualdo</strong> non <strong>di</strong>mentica <strong>di</strong> citare quello <strong>di</strong> Anatole France, con<br />

i suoi testi eru<strong>di</strong>ti ed ispirati, <strong>di</strong> Rollinat, con i suoi versi macabri, <strong>di</strong> Luise Siefert,<br />

ardente, sincera, piena <strong>di</strong> tristezza e prematuramente scomparsa, <strong>di</strong> Paul<br />

Haag 35 – con le sue strofe meste e malinconiche, non imitate da maestro alcuno<br />

33 Ivi, pp. 239-240.<br />

34 L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 13 (corsivi miei).<br />

35 La conoscenza <strong>di</strong> Paul Haag risale all’estate del 1873. A fare da interme<strong>di</strong>ario era stato,<br />

ancora una volta, Coppée, <strong>di</strong> cui era stato con<strong>di</strong>scepolo: i tre si erano recati insieme, il 9 agosto,<br />

ad Hâvre. <strong>Gualdo</strong> ricorda sovente l’autore del Livre d’un inconnu nei suoi carteggi; il più delle<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

– “il quale stampò le sue poesie senza nome col titolo «Le livre d’un Inconnu» e<br />

che certo non meritò <strong>di</strong> rimaner tale”, <strong>di</strong> Émile Bergerat (vale a <strong>di</strong>re il noto Caliban,<br />

com’era solito firmarsi in calce ai suoi pezzi sulle pagine del giornale parigino<br />

«Le Figaro»), eletto poeta oltre che prosatore <strong>di</strong>stinto e pieno <strong>di</strong> spirito,<br />

infine <strong>di</strong> Gabriel Vicarie, con le sue liriche <strong>degli</strong> Émaux Bressans, seducenti,<br />

profumate, dalla forma “sobria e gaia e sapiente a un tempo”. 36<br />

Poco oltre il critico milanese si serve <strong>di</strong> una <strong>di</strong>gressione un po’ più ampia<br />

delle precedenti al fine <strong>di</strong> illustrare le rime dell’autore con cui si apre l’ultimo<br />

volume dell’Anthologie des poètes français, il caro amico Paul Bourget, i cui<br />

componimenti vengono letti anche in rapporto alla sua produzione narrativa:<br />

Bench’egli sia un sognatore, dai cui versi si scorge la pre<strong>di</strong>lezione per Shelley ed i<br />

moderni inglesi, pure v’è talvolta nelle sue poesie qualcosa dell’osservatore scrupoloso<br />

e quasi crudele che si riscontra nei suoi romanzi, come in questi il misticismo del poeta<br />

emerge qua e là attraverso l’implacabile analisi. 37<br />

Appassionati dei versificatori anglosassoni sono, poi, oltre a Bourget, anche<br />

Maurice Boucher (del quale <strong>Gualdo</strong> ricorda le Chansons Joyeuses e i Poèmes<br />

de l’Amour et de la Mer), Charles Read (giovane <strong>di</strong> pronto ingegno scomparso<br />

alla tenera età <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciassette anni), Auguste Dorchain (dai versi amorosi e<br />

pieni <strong>di</strong> speranza) e Harancourt (autore anche <strong>di</strong> un ottimo romanzo, Amis, “che<br />

occupa certo uno dei primissimi posti tra i più giovani”). 38<br />

Terminata la carrellata dell’opera <strong>di</strong> quegli scrittori che, a parere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

erano stati meritevoli <strong>di</strong> venir messi in evidenza, egli passa quin<strong>di</strong> all’analisi<br />

delle caratteristiche generali dell’Antologia e, nuovamente – cosa senza dubbio<br />

<strong>di</strong> più alto interesse –, della poesia francese del proprio secolo. Il lettore scopre,<br />

in tal modo, che l’opera recensita è esteticamente splen<strong>di</strong>da, accuratissima, degna<br />

<strong>di</strong> un bibliofilo, ornata <strong>di</strong> ritratti <strong>di</strong> poeti (però anche <strong>di</strong> poetesse, tra le qua-<br />

volte lo fa per mandargli i suoi saluti tramite l’amico in comune Coppée (lettera <strong>II</strong>I, del 1875),<br />

per domandare notizie sul suo conto (lettera XV<strong>II</strong>, del <strong>di</strong>cembre 1885), ma anche per commentare<br />

alcuni suoi successi e<strong>di</strong>toriali (lettera IV, ancora del 1875), alcuni momenti <strong>di</strong> follia del poeta<br />

malinconico (lettera V, ottobre dello stesso anno), del suo rientro da un viaggio in Germania<br />

(lettera XX<strong>II</strong>I, dell’agosto 1888), del rimpianto, infine <strong>di</strong> non riuscire mai ad incontrare «l’invisible»<br />

e «le fuyant» Haag durante i suoi soggiorni parigini (lettera XXIV, del 1889). Cfr. P. DE<br />

MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, rispettivamente alle pp. 193-194, 248, 200, 204, 248, 268 e 273.<br />

36 L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 12.<br />

37 Ibidem.<br />

38 Ibidem.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

li la sua preferenza va a Jeanne Loiseau, 39 autrice anche del romanzo Marcelle,<br />

molto apprezzato da <strong>Gualdo</strong>) 40 e può rendersi conto, inoltre, attraverso uno<br />

stringato commento gual<strong>di</strong>ano – “alcuni buoni e somiglianti, altri non riusciti<br />

punto” 41 – che il recensore doveva aver conosciuto, quanto meno <strong>di</strong> vista, gran<br />

parte <strong>degli</strong> autori in questione:<br />

In codesti volumi si vede come, dal principio del secolo ad ora, il movimento poetico<br />

in Francia aumenta sempre, si accelera, si fa più intenso. Se Victor Hugo sovrasta<br />

tutti, si ritrovano pure dei gran<strong>di</strong> poeti intorno e dopo <strong>di</strong> lui, e intorno e insieme a questi<br />

uno stuolo <strong>di</strong> poeti minori, tali da inorgoglire una letteratura.<br />

E ciò si avvera particolarmente in questa nostra seconda metà del secolo. Nella<br />

sua prefazione, Lemerre scrive che prima del 1866 i poeti francesi erano poco numerosi,<br />

mentre Hugo era in esilio, Lamartine solitario, morti Vigny e Musset. E fu allora<br />

che apparve il Parnasse Contemporain. 42<br />

Di nuovo, nella parte finale del brano, <strong>Gualdo</strong> si sofferma sulle vicende del<br />

Parnasse, <strong>di</strong> quell’eteroclito gruppo <strong>di</strong> poeti attorno ai quali egli aveva mosso i<br />

primi passi nel mondo delle lettere francesi e attraverso i quali aveva cominciato<br />

ad intessere, poco più <strong>di</strong> vent’anni prima del presente articolo, una rete a fitta<br />

maglia <strong>di</strong> relazioni che si sarebbero poi rivelate decisive per la propria maturazione<br />

artistica, da un lato, e per la storia <strong>degli</strong> scambi culturali tra la propria terra<br />

d’origine e quella d’acquisizione/elezione, dall’altro. Tra i suddetti rimatori,<br />

l’italiano cita, all’interno della recensione, i caposcuola che avevano guidato il<br />

movimento – Leconte de Lisle, Gautier, Théodore de Banville e Baudelarie –,<br />

ma ad essi prontamente affianca gli esponenti che avevano dato loro il cambio –<br />

39 Ibidem: “Attira specialmente lo sguardo quello <strong>di</strong> M.me Jeanne Loiseau, la quale col<br />

pseudonimo <strong>di</strong> Daniel Lasueur ha pubblicato vari romanzi ed un volume metà prosa e metà versi:<br />

Un Mistérieux Amour, rivelanti un finissimo e grande talento. Essa s’innalza facilmente –<br />

qualità rara in tutti, rarissima in una donna – alle idee astratte ed a una ricerca <strong>di</strong> alta giustizia, e<br />

ciò anche nelle sue liriche più ardenti”.<br />

40 Nella lettera XV<strong>II</strong>, risalente al 1885 a Coppée, <strong>Gualdo</strong> afferma: “J’ai toujours oublié de<br />

vous <strong>di</strong>re que j’ai lu – il y a longtemps – le roman de Lesueur (<strong>di</strong>t l’Oiseau tout court) & qu’à<br />

part certaines petites choses désagréables, il m’a beaucoup plu. Il y a beaucoup de talent, & ceci<br />

d’intéressant que Lasueur voit la vie avec les yeux d’un homme, toute en sentant comme une<br />

femme qu’il est”. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 248 (corsivi miei).<br />

41 L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 12: “Tra questi ultimi<br />

è un peccato che si annoveri quello <strong>di</strong> Richepin, nel terzo volume, che avrebbe dovuto essere<br />

uno dei più belli”.<br />

42 Ivi, p. 13 (corsivi miei).<br />

464


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Catulle Mendès, Dierx, Coppée, Sully-Prudhomme 43 ed altri “ai quali si aggiunsero<br />

Here<strong>di</strong>a, Lemoyne, Silvestre” –, ovvero i rappresentanti <strong>di</strong> quella<br />

schiera <strong>di</strong> giovani sorta “ad attestare che la nuova poesia contava molti fedeli”.<br />

44 Dopo aver realizzato tale elenco, il critico si appella, infine, alle parole<br />

della prefazione <strong>di</strong> Lemerre per rafforzare la sua posizione: Il suffit de citer ces<br />

noms sans qu’il soit besoin de <strong>di</strong>re si la jeune école a gagné la bataille. Tutti<br />

costoro, conclude <strong>Gualdo</strong>, senza <strong>di</strong>menticare anche i meno conosciuti – pur<br />

presenti nei volumi recensiti – sono altamente apprezzati da chi possiede il senso<br />

dell’arte: sono nomi che “s’inseguono, s’incalzano, e molti ne sorgeranno<br />

forse ancora prima che il secolo finisca”. 45 Anche in questa occasione, il giu<strong>di</strong>zio<br />

e la previsione del critico si <strong>di</strong>mostreranno esatte.<br />

7.2a Théophile Gautier e gli arcani segreti della Forma<br />

“Un giorno Théophile Gautier passeggiava sul boulevard des Italiens con<br />

la sua solita lentezza orientale, guardando la folla con quegli occhi semichiusi e<br />

con quel fare <strong>di</strong>stratto che potevano dare l’idea della più completa in<strong>di</strong>fferenza”.<br />

46 Quello stesso giorno, con enorme sorpresa, il poeta <strong>degli</strong> Emaux et camées<br />

– che, contrariamente alle apparenze, “notava gli oggetti esterni ne’ più<br />

lievi particolari, con la profon<strong>di</strong>tà d’osservazione tanto straor<strong>di</strong>naria in lui” 47 –<br />

si era imbattuto in un giovane cinese, povero ed emaciato, il quale era stato in-<br />

43<br />

Anche René-François-Armand Prudhomme, il poeta filosofo, rientrava tra le amicizie<br />

parigine <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>. Il suo nome, tuttavia, figura soltanto in un’occasione tra gli scritti gual<strong>di</strong>ani,<br />

all’interno <strong>di</strong> una lettera (XXX) a Coppée del <strong>di</strong>cembre 1892, nel cui poscritto si legge: “Comment<br />

se porte maintenant Sully Prudhomme?”. Ulteriore in<strong>di</strong>zio dei rapporti intercorsi tra i due<br />

scrittori è, però, la presenza <strong>di</strong> due volumi del francese, con de<strong>di</strong>ca autografa – conservati<br />

all’Ambrosiana <strong>di</strong> Milano – tra i libri appartenuti a <strong>Gualdo</strong>: S. PRUDHOMME, Poésies: les épreuves,<br />

les écuries d’Augias, croquis italiens, les solitudes, impression de la guerre (1866-<br />

1872), Paris, Lemerre, 1872 (segnatura S.Q#.Z.X.25) e ID., Poésies: stances et poëmes (1865-<br />

1866), Paris, Lemerre, 1872 (segnatura S.Q#.Z.X.24). Particolarmente significativa appare la<br />

de<strong>di</strong>ca apposta sul primo <strong>di</strong> questi due volumi, giacché potrebbe risultare utile a datare l’origine<br />

dei loro contatti: “A Monsieur <strong>Gualdo</strong>, / souvenir d’un premier entretien. / Sully Prudhomme”.<br />

44<br />

L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 13.<br />

45<br />

Ibidem.<br />

46<br />

L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, in «La Fronda», cit., p. 11.<br />

47 Ibidem.<br />

465


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

trodotto in casa Gautier e offerto in dono a Ju<strong>di</strong>th, primogenita del gran Maestro,<br />

accompagnato dalle seguenti parole: “Giu<strong>di</strong>tta, […] da un pezzo ti avevo<br />

promesso un regalo, e so che ti piacciono le cose esotiche. Ti ho portato un chinese<br />

vivo”. 48 L’episo<strong>di</strong>o riportato, posto in incipit ad un articolo <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

consacrato allo stu<strong>di</strong>o dell’opera narrativa <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier, è sintomatico<br />

dello strettissimo legame, nella vita e nell’arte, esistente tra un padre ed una figlia<br />

accomunati dalla medesima vocazione letteraria. Ma, ancor <strong>di</strong> più, la scelta<br />

del critico italiano <strong>di</strong> porre, nell’esor<strong>di</strong>o del suo brano de<strong>di</strong>cato alla scrittrice,<br />

un efficace – per quanto stringato – ritratto <strong>di</strong> Théophile (che, con l’acca<strong>di</strong>mento<br />

annesso, risulterà utile al giornalista per poter continuare a giocare poi, nel<br />

resto del testo, sulla somiglianza genetica e soprattutto letteraria tra i due) è in<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> una intimità che il giovane <strong>Gualdo</strong> aveva acquisito con entrambi gli artisti<br />

<strong>di</strong> cui tratta (benché altrove), <strong>di</strong> una familiarità che quasi non gli consentiva<br />

<strong>di</strong> scindere le due esistenze, quasi fossero, visti i caratteri tanto affini, un’unica<br />

persona incarnata in due <strong>di</strong>stinti corpi anch’essi straor<strong>di</strong>nariamente simili.<br />

Lo scrittore milanese era entrato in contatto con il padre per tramite della<br />

figlia. Quando, infatti, <strong>Gualdo</strong> aveva dato inizio ai suoi più o meno regolari<br />

soggiorni a Parigi, nel 1869, egli era presto <strong>di</strong>venuto intimo <strong>di</strong> Catulle Mendès,<br />

49 il poeta con le dovute riserve ascrivibile alla cerchia dei parnassiani che<br />

appena tre anni prima aveva preso in moglie – nonostante l’avversione del padre<br />

<strong>di</strong> lei – proprio Ju<strong>di</strong>th Gautier. Attraverso l’amicizia con la donna, sua coetanea,<br />

l’italiano era stato introdotto in casa del grande Théo e, anche grazie al<br />

sostegno <strong>di</strong> un’altra delle sue prime (e più durature) frequentazioni, Henri Cazalis,<br />

questi aveva incominciato a partecipare ai raduni nel salon della rue de<br />

Douai, dove si riuniva il suo entourage. Al principio <strong>degli</strong> anni ’70 le relazioni<br />

culturali gual<strong>di</strong>ane instaurate in Francia appaiono, quin<strong>di</strong>, ormai solide e sempre<br />

più ricche: in particolare, nella felice colonia parnassiana, egli aveva trovato<br />

un “ambiente a lui tanto congeniale” 50 ed aveva allacciato vincoli letterari talmente<br />

intensi con i suoi membri da essere interpellato, all’indomani della morte<br />

<strong>di</strong> Théophile Gautier, per prender parte alla pubblicazione – cui si è già accennato<br />

e su cui si tornerà – <strong>di</strong> un Tombeau collettivo in memoria dell’illustre<br />

scomparso, promosso dall’e<strong>di</strong>tore Lemerre.<br />

145.<br />

48 Ibidem.<br />

49 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 15.<br />

50 M. GIAMMARCO, Annotazioni su <strong>Gualdo</strong> e Gautier, in «Berenice», luglio 1987, p.<br />

466


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Ponte tra due culture fin dagli anni della sua gioventù, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in<br />

rapporto ai suoi primi contatti d’oltralpe, occupa pertanto una posizione fondamentale<br />

nelle relazioni e negli scambi tra letteratura italiana e francese nel periodo<br />

a cavallo tra 1860 e 1870: proprio attraverso il canale della me<strong>di</strong>azione da<br />

lui operata, infatti, l’influenza <strong>di</strong> un certo Gautier – specialmente del prosatore<br />

dei racconti fantastici – agisce con forza sempre maggiore sulla Scapigliatura<br />

lombarda: eco importanti si trovano nelle stesse opere gual<strong>di</strong>ane (si pensi, ad<br />

esempio, alla sua prima raccolta <strong>di</strong> Novelle, del ‘68), per non parlare dei vari<br />

Praga, Boito e Tarchetti. Su tutti costoro la ricezione gauteriana interagisce con<br />

quella (anche in questo caso è innegabile il, seppur parziale, ruolo giocato da<br />

<strong>Gualdo</strong>) <strong>di</strong> Hoffmann, Poe e Nerval, cui vanno senza dubbio aggiunti Haine,<br />

Banville, Leconte de L’Isle e Baudelaire, 51 che rappresentano il precedente più<br />

vicino e <strong>di</strong>retto per questi artisti quanto ad “attitude de contestation envers le<br />

pouvoir, par le refus du mythe du progrès et du positivisme et par un intérêt superficiel<br />

pour l’occultisme et la parapsychologie”. 52 Ma <strong>di</strong> questo argomento si<br />

è già detto in precedenza, ed in questa sede basterà rimandare alla precedente<br />

trattazione. 53 Piuttosto, ritornando all’interesse critico gual<strong>di</strong>ano nei confronti <strong>di</strong><br />

Gautier, occorrerà invece ricordare che, prima <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere il componimento intitolato<br />

al Maestro che sarebbe poi stato inserito nella sua raccolta funeraria ed<br />

ancor prima, naturalmente, <strong>di</strong> stendere il su citato articolo apparso sulla rivista<br />

bolognese «La Fronda» (poi ristampato sul primo numero della romana «Cronaca<br />

bizantina» negli anni della <strong>di</strong>rezione Sommaruga) 54 de<strong>di</strong>cato alla figlia Ju<strong>di</strong>th,<br />

il ventottenne <strong>Gualdo</strong> aveva scritto per le pagine del foglio scapigliato «La<br />

Perseveranza» un necrologio – che è al tempo stesso una delle sue analisi lette-<br />

51<br />

Sull’influenza <strong>di</strong> questi autori sui narratori italiani dopo l’Unità cfr. F. BILLIANI, Delusional<br />

Identities: The Politics of the Italian Gothic and Fantastic in Igino Ugo Tarchetti's Trilogy<br />

Amore nell'arte and <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>'s Short Stories, "Allucinazione", "La canzone <strong>di</strong> Weber"<br />

and "Narcisa", in «Forum for Modern Language <strong>Stu<strong>di</strong></strong>es», October 2008, pp. 480-499.<br />

52<br />

M. STREIFF MORETTI, La réception de Nerval en Italie, in «Œuvres et Critiques», a.<br />

X<strong>II</strong>I (1988), n. 2, p. 65.<br />

53<br />

Cfr., supra, 4.1 Influenza scapigliata e tematica artistica: l’opera critico-letteraria.<br />

54<br />

L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, in «Cronaca bizantina», cit., pp. 1-2.<br />

Pierre de Montera (<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 129) si domanda se in occasione della pubblicazione <strong>di</strong><br />

questo articolo sulle pagine della nuova rivista romana potesse esserci stato un incontro, in redazione,<br />

tra <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio; egli, tuttavia, non conoscendo l’esistenza <strong>di</strong> una precedente<br />

uscita del suddetto stu<strong>di</strong>o, un anno prima, sulle pagine de «La Fronda», non poteva sapere che<br />

si trattava <strong>di</strong> un pezzo non redatto appositamente per il primo numero del perio<strong>di</strong>co sommarughiano,<br />

ma, anzi, soltanto <strong>di</strong> un testo riproposto – all’occasione – per la seconda volta.<br />

467


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

rarie più accurate, belle e lungimiranti – in memoria <strong>di</strong> Théophile Gautier apparso<br />

a pochi giorni dalla sua scomparsa. 55<br />

Il primo rimpianto espresso dal cronista italiano, accanto a quello per la<br />

per<strong>di</strong>ta dell’amico e dell’illustre scrittore <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>da fama, consiste nel fatto<br />

che – specialmente al <strong>di</strong> qua delle Alpi – “il suo genio non è stato perfettamente<br />

conosciuto dal pubblico”. Difatti, solo coloro che hanno coltivato l’arte e la poesia<br />

sono stati in grado, a sua detta, <strong>di</strong> provare un’intensa emozione al solo sentir<br />

pronunciato il magico suono del suo nome e, così, <strong>di</strong> ricordare e vivere “in<strong>di</strong>menticabili<br />

gioie dello spirito”. Il lungo pezzo giornalistico, in cui sono accuratamente<br />

esposti tutti gli aspetti dell’uomo (dalle sue esuberanti sembianze fisiche<br />

alle frasi celebri, dai curiosi atteggiamenti alla sua indole <strong>di</strong> gran causeur)<br />

e dell’artista (attraverso un’analisi, anche stilistica, della sua opera omnia in<br />

qualità <strong>di</strong> rimatore, narratore e critico) è però tutto incentrato sull’esposizione <strong>di</strong><br />

quella ideologia che sempre aveva sorretto ogni singola parola – detta o scritta<br />

– del celebre scrittore scomparso, ovvero quella dottrina dell’art pour l’art, che,<br />

ancora profondamente intrisa <strong>di</strong> riecheggiamenti romantici (<strong>di</strong> cui Gautier si era<br />

a lungo nutrito), eppure fondamentale in tutta la successiva fase parnassiana,<br />

avrebbe poi fatto il suo ingresso anche in Italia attraverso la ricezione e la <strong>di</strong>ffusione<br />

messa in atto da quegli autori che, avendo aderito al movimento scapigliato,<br />

avevano infine fatto ricorso ad essa per esprimere la propria insofferenza<br />

verso la stagnante poesia del belpaese. Costoro guardavano alla Francia come<br />

centro del rinnovamento culturale perché avevano visto, nel modello d’Oltralpe,<br />

fermenti “esportabili” attraverso cui contribuire a far volgere al termine la stagione<br />

del Romanticismo nostrano. Ed è proprio a costoro che <strong>Gualdo</strong> si rivolge<br />

– non a caso la rivista su cui scrive è la milanese e “scapigliata” Perseveranza –<br />

osannando “quell’idolatria quasi pagana della forma” trasudante da ogni parola,<br />

nei suoi racconti, nei suoi romanzi, nelle sue poesie, nelle sue cronache d’arte,<br />

“in ogni verso che colò dalla penna <strong>di</strong> Gautier”, <strong>di</strong> quel Maestro che:<br />

Animato esclusivamente dall’amore del bello, […] si prefisse lo scopo <strong>di</strong> descriverlo,<br />

<strong>di</strong> cantarlo sotto tutti i suoi aspetti; e i suoi scritti, così <strong>di</strong>versi d’argomento, sono<br />

tutti insieme collegati dall’idea fissa <strong>di</strong> quel culto supremo. […] essa appare nelle sue<br />

poesie, cantata con quella perfezione d’armonia, con quei raffinamenti <strong>di</strong> sonorità che<br />

il soggetto richiede; essa si scorge nella sua vita intera. 56<br />

55 ID., Teofilo Gautier, in «La Perseveranza», 8 novembre 1872.<br />

56 Ibidem.<br />

468


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, un simile e quasi ossessivo<br />

culto per la forma non fu mai fine a se stesso, ma anzi – ed in ciò <strong>Gualdo</strong> ripone<br />

la grandezza <strong>di</strong> quel caposcuola – aveva sorretto i temi più svariati in ogni singola<br />

sua composizione: da Mademoiselle de Maupin, “esplosione giovanile del<br />

suo ingegno”, ai Contes humoristiques, dai Contes et Romans ai noti versi della<br />

splen<strong>di</strong>da raccolta Emaux et camées. Per quanto epicureo e dominato da una serenità<br />

suprema, Gautier era stato capace <strong>di</strong> far vibrare tutte le corde del sentimento;<br />

per farlo, si era servito <strong>di</strong> una eccezionale mente dotata del potere <strong>di</strong> abbracciare<br />

ogni cosa, compresa la tristezza. Il critico italiano, <strong>di</strong>fatti, è stato il<br />

primo a riuscire a ben focalizzare gli elementi centrali della scrittura del Maestro,<br />

quelle ambivalenze e quelle contrad<strong>di</strong>zioni irrisolte che – oltre ad affascinare<br />

il lettore – avevano investito tanto il poeta quanto il personaggio. Pertanto,<br />

nel suo sincero elogio, l’articolista si mostra intento (con un’efficacia pari se<br />

non superiore a quella <strong>di</strong> Martini e Capuana) a realizzare quello che Barbara<br />

Mariatti – esperta della ricezione gauteriana in Italia nell’Ottocento – definisce<br />

come “un vero e proprio «salvataggio» della figura <strong>di</strong> Gautier dal suo stesso mito”.<br />

57 A <strong>di</strong>fferenza e con maggior forza <strong>degli</strong> altri articolisti della penisola,<br />

<strong>Gualdo</strong> non si ferma all’enunciazione dell’ossessione per la forma dello scrittore<br />

francese: egli non si arresta alla superficie perché scava e si interroga (in parte<br />

perché era l’unico, tra essi, ad esser stato in <strong>di</strong>retto contatto con lui, in parte<br />

perché egli stesso in prima persona era tormentato da un simile tipo <strong>di</strong> ricerca)<br />

sul significato <strong>di</strong> tale attenzione estetica: “C’è qualcosa <strong>di</strong> duplice nella sua natura”,<br />

sostiene <strong>Gualdo</strong>, “e l’ingegno suo splende sotto vari aspetti. Innamorato<br />

della forma, pochi, quanto lui, compresero l’immateriale”. 58<br />

Secondo il pubblicista milanese, il segreto <strong>di</strong> Gautier andava ricercato nella<br />

sua feconda immaginazione perché essa fu il solo strumento per poter creare un<br />

“perfetto equilibrio” tra il pensiero e la forma, tra il concetto e l’esecuzione:<br />

Eppure, egli stesso lasciò cadere quell’orgogliosa parola: L’inexprimable n’existe<br />

pas, sentì (non se ne può dubitare), che sebbene avesse toccato la perfezione concessa<br />

all’artefice del pensiero umano coi mezzi che ne sono accordati, pure non aveva potuto<br />

incarnare in parole i più vaghi sogni della sua fantasia; che qualcosa, la parte migliore<br />

e la più bella, rimaneva là. Questo poeta, così idealizzatore della materia; lui che tanto<br />

57 B. MARIATTI, La ricezione <strong>di</strong> Théophile Gautier nell’Ottocento: le traduzioni e la cri-<br />

tica, in «Levia Gravia», a. <strong>II</strong>I, 2001, p. 217.<br />

58 L. GUALDO, Teofilo Gautier, cit.<br />

469


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

voluttuosamente accarezzava la bellezza nelle sue più sensuali manifestazioni, e che<br />

<strong>di</strong>menticava ogni mestizia quando l’inno pagano alla forma ed alla gioia gli sorgeva in<br />

petto, giungeva poi inesattamente ai più nebulosi confini dell’idea […]. 59<br />

Soltanto in quelle regioni misteriose, “dove l’occhio nostro si confonde”,<br />

l’intuito del poeta si acuisce a tal punto da poter presentire la verità, nel corso<br />

<strong>di</strong> un breve istante <strong>di</strong> illuminazione che precede quello in cui, afferma <strong>Gualdo</strong>,<br />

egli sentiva infine mancare il soffio: “qualunque strada si prenda nel campo dell’arte”,<br />

continua il recensore, “essa conduce necessariamente sino al limitare<br />

dell’infinito”. E Gautier aveva tentato <strong>di</strong> sfruttare ogni singolo sentiero.<br />

Con un’interpretazione che chiaramente lascia presentire i futuri sviluppi <strong>di</strong><br />

tanta poesia del XX secolo, il critico prosegue la sua analisi addentrandosi nei<br />

più recon<strong>di</strong>ti significati <strong>di</strong> quella teoria dell’art pour l’art, “transmise aux Parnassiens<br />

par Théophile Gautier, romantique de la première heure”, 60 una dottrina<br />

cui il ventottenne <strong>Gualdo</strong> poi avrebbe aderito, però già spingendola – attraverso<br />

la sua personale chiave <strong>di</strong> lettura – ben oltre la visione dei membri dell’eclettico<br />

gruppo del Parnasse contemporain (accomunati, in primo luogo,<br />

dall’avversione a quel Romanticismo sociale ed umanitario sviluppatosi in<br />

Francia a partire dal 1830). All’interno <strong>di</strong> una delle sue più belle e pregnanti<br />

pagine, lo scrittore/giornalista consegna qui, alla parola scritta – caso raro, a<br />

detta dei suoi confratelli letterati –, una splen<strong>di</strong>da riflessione (dal sapore tutto<br />

novecentesco) sul significato dell’Arte:<br />

Se non temessimo <strong>di</strong> oltrepassare il nostro compito, <strong>di</strong>remmo che appunto da ciò<br />

deriva che l’arte è scopo a se stessa; poiché con la sua propria luce, su qualunque cosa<br />

gettata, essa costituisce una delle più chiare e poco conosciute prove che noi possiamo<br />

intravvedere dell’eterno problema del destino umano, e da questa molte altre idee potrebbero<br />

scaturire. 61<br />

In questo senso l’immaginazione riveste un ruolo necessario, benché, per<br />

far sì che nel testo poetico possano davvero essere incarnati i voli, i sogni, le intuizioni<br />

della fantasia, il vero “meccanismo” <strong>di</strong> cui lo scrittore può e deve servirsi<br />

è costituito dal suo stesso stile: Gautier ne aveva ideato uno altissimo e soprattutto<br />

sperimentale, inau<strong>di</strong>to, nonostante il suo sguardo fosse sempre rivolto<br />

59 Ibidem.<br />

60 Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, cit., p. 75.<br />

61 L. GUALDO, Teofilo Gautier, cit.<br />

470


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

al mondo della classicità. In effetti, qualunque fosse il soggetto da questi trattato,<br />

egli era in grado <strong>di</strong> scrivere con uguale e naturale finezza, così spontanea da<br />

fare in modo che in molti, <strong>Gualdo</strong> incluso, potessero <strong>di</strong>re <strong>di</strong> lui che “non dettò<br />

mai una pagina ch’egli fosse poi costretto, letterariamente, a sconfessare”. 62<br />

Nel modo <strong>di</strong> verseggiare fu un innovatore ed aggiunse ricchezza ed eleganza al<br />

verso. La placida contemplazione dell’ideale artistico vinse qualche volta in lui l’umana<br />

tristezza, ritrovò la sua consolazione nell’armonia stessa del modo <strong>di</strong> esprimere il<br />

dolore, e la sua musa rasserenata gli inspirò nuovi e squisiti versi, pieni <strong>di</strong> pregi e brillanti<br />

e nascosti, modelli <strong>di</strong> stile e <strong>di</strong> ritmo, che cantavano i simboli più arcani della natura,<br />

gli amori <strong>degli</strong> esseri animati e delle cose, versi che sono veri smalti e camei. 63<br />

Unitamente all’elogio della forma gauteriana in versi si pone, poi, la sua estrema<br />

versatilità, la sua alta potenza nell’esprimere persino il comico ed il<br />

grottesco (“nessuno fu ironico e gouailleur più elegantemente”) e ad<strong>di</strong>rittura<br />

nello svolgere il ruolo <strong>di</strong> critico, funzione che egli aveva assunto dopo aver<br />

molto prodotto lui stesso, perché – avvisa <strong>Gualdo</strong> chiosando con una propria<br />

considerazione – “così dovrebbe sempre accadere”. 64 Nel giu<strong>di</strong>care, il grande<br />

Théo preferiva la lode al biasimo, essendo benevolo e sinceramente entusiasta:<br />

sapeva interpretare senza esitanza il vero significato <strong>di</strong> un’opera d’arte. Con<br />

piena e perfetta padronanza, eru<strong>di</strong>zione ed originalità, parlava delle doti dei pittori<br />

e <strong>degli</strong> scultori, svelava il carattere intimo delle varie scuole, giacché aveva<br />

il dono <strong>di</strong> comprendere il Bello in tutte le sue manifestazioni. Non aveva alcuna<br />

<strong>di</strong>fficoltà nel commentare un lavoro <strong>di</strong> Tiziano o <strong>di</strong> Paolo Veronese, <strong>di</strong> Zurbaran<br />

o <strong>di</strong> Goya, una statua antica o un oggetto <strong>di</strong> arte moderna: a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

ciascuna descrizione gautieriana poteva far scintillare le gemme, forbire le armi<br />

antiche, piegare e colorare le stoffe sontuose, trovare sempre le parole per esprimere<br />

(ed è questo un aspetto su cui egli ritorna spesso, ritenendolo requisito<br />

necessario per essere un vero scrittore) “le tinte più vaghe – conducendo il linguaggio<br />

fino ai confini dell’inesprimibile – e <strong>di</strong>pingere con la penna i più vaghi<br />

e repentini aspetti della natura ed i più inesplorati tesori dell’arte”. 65<br />

In maniera simile a quanto aveva detto o <strong>di</strong>rà a proposito <strong>di</strong> Praga, Fogazzaro<br />

e Goncourt, l’articolista <strong>Gualdo</strong> sostiene <strong>di</strong> ammirare in Gautier special-<br />

62 Ibidem.<br />

63 Ibidem.<br />

64 Ibidem.<br />

65 Ibidem.<br />

471


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

mente la capacità <strong>di</strong> aver saputo vivificare per l’eternità le creature della sua<br />

mente ricorrendo alla sua chiara tela con le sue più nuove e felici metafore, talvolta<br />

solo gettando “un unico sprazzo <strong>di</strong> luce che illuminasse tutta l’ombra <strong>di</strong><br />

un vastissimo quadro!”. 66 Ma, per quanto questi avesse compreso ed analizzato<br />

il Bello in tutti i tempi, la sua pre<strong>di</strong>lezione era a lungo rimasta parnassianamente<br />

rivolta all’antichità, essendosi de<strong>di</strong>cato soprattutto allo stu<strong>di</strong>o dell’arte greca.<br />

Come nei suoi lavori critici, anche in tutte le altre sue prose – dalle Nouvelles<br />

ai romanzi, <strong>di</strong> cui il più applau<strong>di</strong>to era stato Le Capitain Fracassé – il Maestro<br />

aveva fatto mostra <strong>di</strong> uno stile perfetto, possente, armonioso, “da far credere<br />

ch’egli non possa quasi esser superato come prosatore”, interessando costantemente<br />

il lettore e restando comunque limpido persino quando la pro<strong>di</strong>giosa<br />

forza della fantasia prendeva il sopravvento (Morte amoureuse, Toison d’or,<br />

Fortunio) o le fila del racconto <strong>di</strong>venivano intricatissime (Nuit de Cléopatre,<br />

Roi Candaule). Gautier era, infatti, solito <strong>di</strong>re – si legge nella cronaca gual<strong>di</strong>ana<br />

– che nessun ostacolo può spaventare l’artista, dal momento che lo scrittore<br />

“non deve mai essere colto all’improvviso da qualunque idea che gli passi per<br />

la mente, senza subito trovare le parole esattamente corrispondenti”. 67 Secondo<br />

ciò che riba<strong>di</strong>rà nel già citato articolo de<strong>di</strong>cato a Ju<strong>di</strong>th Gautier, sia quest’ultima<br />

che suo padre erano pigrissimi come gli orientali, ma proprio come gli orientali<br />

lavoravano al tempo stesso indefessamente: forse perché ad entrambi, enfatizza<br />

<strong>Gualdo</strong>, quando vennero al mondo era stato detto «tu scriverai!». 68 E nessuno<br />

dei due aveva rinnegato il proprio destino:<br />

La penna era nella sua mano uno strumento che non poteva fallire. Nato scrittore,<br />

aveva fecondato il suo ingegno mirabile con profon<strong>di</strong> stu<strong>di</strong> filologici; vedeva nel verbo<br />

un’arma <strong>di</strong>vina; le idee da lui evocate si rivestivano quasi per incanto del vocabolo esatto<br />

e facevansi vive. La giustizia d’ogni sua espressione è tale che produce, in chi sa<br />

leggere, un <strong>di</strong>letto in<strong>di</strong>pendente dal tema e talvolta quasi troppo intenso. 69<br />

Non solo nelle liriche, bensì anche nei testi in prosa la capacità <strong>di</strong> Gautier<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere nello scrivere aveva raggiunto livelli altissimi: “ogni sua descrizione<br />

è un quadro” – afferma <strong>Gualdo</strong> analizzandone lo stile in relazione al corpus<br />

dei testi narrativi – “e si capisce come abbia creduto sulle prima <strong>di</strong> dover<br />

66 Ibidem.<br />

67 Ibidem.<br />

68 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

69 ID., Teofilo Gautier, cit.<br />

472


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

adoperare la tavolozza”. In maniera analoga a qeulla che sarà l’esperienza nostrana<br />

<strong>di</strong> Emilio Praga, lo stesso Gautier, in effetti, si era primariamente accostato<br />

al mondo dell’arte credendosi pittore; abbandonato, poi, il pennello per la<br />

penna, non aveva tuttavia cessato <strong>di</strong> servirsi <strong>di</strong> una tavolozza a tal punto ricca <strong>di</strong><br />

ogni sfumatura cromatica da fargli guadagnare l’appellativo <strong>di</strong> “inimitabile pittore”<br />

in campo lirico e narrativo. 70<br />

Proprio come un artista che <strong>di</strong>pinge en plein air, con rapide pennellate e<br />

senza ritornare su quanto realizzato – perché la perfezione risultava già raggiunta<br />

fin dal primo tocco – Gautier scriveva, racconta il pubblicista italiano, con<br />

incre<strong>di</strong>bile rapi<strong>di</strong>tà, senza correzioni e con una scrittura incantevole e regolare:<br />

talvolta (anche in questo caso <strong>Gualdo</strong>, per accattivarsi l’attenzione dei suoi lettori,<br />

non si sottrae dall’inserire episo<strong>di</strong> aneddotici, similmente alla vicenda del<br />

cinese narrata in apertura) era ad<strong>di</strong>rittura intervenuto sui propri testi nella stamperia,<br />

dove, con il proto in attesa, “scrisse correntemente alcune delle sue più<br />

belle pagine”. 71 Si esprimeva in “francese antiquato”, ma questa scelta linguistica<br />

non poteva non esser gra<strong>di</strong>ta al milanese (si ricor<strong>di</strong> che anch’egli era stato<br />

accusato per aver pre<strong>di</strong>letto una simile opzione linguistica nei sue due romanzi<br />

pubblicati dall’e<strong>di</strong>tore parigino Lemerre) che, anzi, nella sua analisi arriva ad<strong>di</strong>rittura<br />

ad osannare la decisione gautieriana (“è, come sempre, una meraviglia”)<br />

in nome della facoltà dell’autore <strong>di</strong> poter “fare del linguaggio ciò che voleva”. 72<br />

Questa caratteristica stilistica era stata conquistata e raffinata da Gautier<br />

con l’esercizio, nel corso del tempo; però, in questo autore, essa era, al tempo<br />

stesso, un dono innato. E congenita appare ai suoi occhi anche la non mutevolezza<br />

dell’aspetto fisico dell’autore francese, rimasto sempre identico nonostante<br />

il trascorrere <strong>degli</strong> anni. L’in<strong>di</strong>zio più facile a rintracciarsi della convivenza<br />

del fanciullo e dell’anziano in Gautier era, a sua detta, visibile nell’aver saputo<br />

conservare, nell’austerità dello sguardo, un chiaro segnale della sua eterna inclinazione<br />

alla rêverie:<br />

Quando sorgeva la luminosa aurora del 1830, quell’epoca tanto feconda della letteratura<br />

francese, Gautier aveva vent’anni. […]. Dalla sua persona, dal suo viso pallido<br />

e calmo emanava la forza. Sebbene ardente, il suo sguardo era già sereno e pieno <strong>di</strong><br />

sogni come lo fu sempre.<br />

70 Ibidem.<br />

71 Ibidem.<br />

72 Ibidem.<br />

473


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Attraverso il Gautier <strong>di</strong> questi ultimi anni, grave nell’espressione e nell’incesso,<br />

con la chioma ancor nera e lunga, con quella bocca un po’ grande da cui uscivano precise<br />

ed affascinanti le parole, con quei suoi atteggiamenti <strong>di</strong> titano che riposa,<br />

s’indovina il Gautier snello, turbolento, violentemente entusiasta della prima rappresentazione<br />

dell’Hernani, il più barbuto, il più scapigliato, il più stranamente vestito <strong>di</strong><br />

quella schiera <strong>di</strong> giovani fanatici, che con le loro grida ed i loro celebri motti, imposero<br />

al pubblico quel trionfo che doveva sempre accrescersi, e ripetersi quarant’anni dopo. 73<br />

In effetti un articolo comparso su «Le Figaro» all’indomani della prima<br />

dell’Hernani (il dramma che aveva segnato l’ingresso ufficiale del Romanticismo<br />

nel teatro d’oltralpe) <strong>di</strong> Hugo alla Comé<strong>di</strong>e Française il 25 febbraio 1830,<br />

attesta lo scalpore, e quasi lo scandalo, che aveva provocato l’abbigliamento <strong>di</strong><br />

alcuni artisti dall’aspetto – per <strong>di</strong>rla con <strong>Gualdo</strong> – un po’ scapigliato, primo fra<br />

tutti proprio il grande Théo con il suo pourpoint color rosso fiammante. 74 L’avvenimento,<br />

annesso al celeberrimo scontro tra vecchio e nuovo che sarebbe poi<br />

passato alla storia come la “bataille d’Hernani”, doveva esser stato tramandato e<br />

costantemente ricondotto alla memoria se il critico italiano, che all’epoca <strong>di</strong><br />

quella memorabile prima rappresentazione non era neppure ancora nato, propone<br />

nel testo un ritratto del Maestro rispecchiante la sua “completa originalità”<br />

nel corso <strong>di</strong> quella serata. Da allora la fama <strong>di</strong> Gautier, come scrittore e insieme<br />

come conversatore (“era uno dei causeurs più <strong>di</strong>vertenti, più parigini che Parigi<br />

abbia mai conosciuto”), 75 era andata sempre più crescendo fino a giungere<br />

all’acclamazione ottenuta con il primo volume-antologia-manifesto del Parnasse<br />

Contemporain (1866), dove il suo nome – accanto a quelli <strong>di</strong> Banville, Lecomte<br />

de Lisle e Baudelaire – figurava in qualità <strong>di</strong> caposcuola che aveva stretto<br />

attorno a sé “una schiera <strong>di</strong> giovani”, <strong>di</strong>rà anni dopo <strong>Gualdo</strong>, “che attestava<br />

che la nuova poesia contava molti fedeli”. 76<br />

Gautier, per ovvi motivi cronologici, non avrebbe partecipato <strong>di</strong>eci anni più<br />

tar<strong>di</strong> al terzo Parnasse, progetto al quale collaborarono – con opere pubblicate<br />

73 Ibidem.<br />

74 Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, cit., p. 65. Doveva senza dubbio trattarsi <strong>di</strong><br />

episo<strong>di</strong> entrati nell’immaginario collettivo e, successivamente, riportati nelle biografie de<strong>di</strong>cate<br />

al maestro. Si sa con certezza che <strong>Gualdo</strong> leggerà, nell’autunno 1879, la monografia realizzata<br />

dal secondo genero <strong>di</strong> Gautier (sposo, cioè, della figlia minore del poeta), come <strong>di</strong>mostra una<br />

domanda rivolta a François Coppée il 23 settembre <strong>di</strong> quell’anno: “Qu’est-ce que vous <strong>di</strong>tes du<br />

Théophile Gautier publié par Bergerat?” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 220).<br />

75 L. GUALDO, Teofilo Gautier, cit.<br />

76 ID., Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 12.<br />

474


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

in or<strong>di</strong>ne rigorosamente alfabetico per autore – tutti coloro che, in un modo o<br />

nell’altro, erano stati vicini al movimento poetico nel corso <strong>di</strong> lunghi anni. A<br />

quest’epoca, tuttavia, il Parnaso (nato come gruppo e trasformatosi pian piano<br />

in scuola) stava già iniziando ad avviarsi al declino; oltretutto al suo interno si<br />

erano verificate da tempo alcune scissioni, la più importante della quale risalente<br />

al principio <strong>degli</strong> anni ’70, quando – mentre la guerra franco-prussiana era<br />

ancora in atto – parte <strong>degli</strong> affiliati aveva deciso <strong>di</strong> esprimere ‘poeticamente’ il<br />

proprio sostegno patriottico alla nazione. La <strong>di</strong>visione, in principio soltanto <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne estetico, si era quin<strong>di</strong> caricata anche <strong>di</strong> motivazioni <strong>di</strong> carattere sociale e<br />

politico. 77 Gautier, come ricorda <strong>Gualdo</strong> nel suo necrologio, era stato a tal proposito<br />

falsamente accusato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>fferenza e <strong>di</strong> freddezza; ma, come rammenta<br />

sempre il critico, la sua era stata piuttosto “una indulgenza che […] gl’impedì <strong>di</strong><br />

irritarsi alla vista <strong>di</strong> certe vicende sociali”. 78<br />

Il <strong>di</strong>vario tra fazioni interne al Parnasse contemporain si era poi, infine,<br />

acuita con la scomparsa del grande Théo. In particolare, come ricorda Mortelette,<br />

la realizzazione del tributo collettivo al Maestro, nel 1873, “vit la lutte d’influence<br />

entre les deux tendances rivales pour récupérer symboliquement le poète<br />

dans leur camp”. 79 La decisione <strong>di</strong> realizzare un volume che raggruppasse<br />

tutti i tributi in omaggio a Gautier era stata presa da Glatigny, in accordo con<br />

l’e<strong>di</strong>tore Lemerre, dopo aver visto una poesia <strong>di</strong> Théodore de Banville, stampata<br />

sul perio<strong>di</strong>co «Le National», de<strong>di</strong>cata al caro estinto a pochi giorni dalla sua<br />

scomparsa (avvenuta il 23 ottobre 1872). 80 Le Tombeau de Théophile Gautier,<br />

opera assemblata in brevissimo tempo, venne pertanto realizzata rispolverando<br />

un’usanza abbandonata da circa tre secoli, quella della forma poetica del tombeau<br />

per l’appunto, sorta <strong>di</strong> monumento letterario destinato a conservare la<br />

memoria <strong>di</strong> un morto illustre attraverso gli epitaffi o, più in generale, i componimenti<br />

funebri redatti da un gruppo <strong>di</strong> artisti ad esso in qualche modo legati: 81<br />

Il est évident que le modèle auquel se réfère le volume de Lemerre est celui du<br />

tombeau d’un poète, écrit pour lui par ses pairs […]. 82<br />

77<br />

Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, cit., pp. 298-299.<br />

78<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, cit.<br />

79<br />

Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, cit., p. 299.<br />

80<br />

T. DE BANVILLE, Théophile Gautier, in «Le National», 28 ottobre 1872.<br />

81<br />

Sulla tra<strong>di</strong>zione del tombeau come genere letterario cfr. F. BRUNET, Introduction à Le<br />

Tombeau de Théophile Gautier, Paris, Champion, 2001.<br />

82 Ivi, pp. 16-17.<br />

475


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Fedele rispecchiamento dell’eclettismo e del plurilinguismo del gruppo<br />

parnassiano, il volume raccoglieva novantadue componimenti, realizzati da ottantatre<br />

(Banville, Lefèvre, John Payne e Swinburne avevano infatti inviato più<br />

<strong>di</strong> un omaggio poetico) collaboratori – “séparés d’habitudes”, affermava Alphonse<br />

Lemerre nell’avviso al lettore inserito in apertura, “d’esprit et de langage”<br />

83 – in sette i<strong>di</strong>omi <strong>di</strong>fferenti (francese, inglese, tedesco, italiano, occitano,<br />

latino e greco). 84 Per garantire uguaglianza tra gli autori, i loro contributi erano<br />

stati arrangiati in or<strong>di</strong>ne alfabetico, fatta eccezione per il testo liminare <strong>di</strong> Victor<br />

Hugo, posto in testa alla raccolta a mo’ <strong>di</strong> prefazione ed in chiaro segno <strong>di</strong><br />

riconoscimento della supremazia letteraria del celebre “Père”, nonché dell’anzianità<br />

dei suoi rapporti con Gautier. 85<br />

Ciascun partecipante, secondo le precise <strong>di</strong>rettive formali e contenutistiche<br />

consegnate in fase progettuale da Catulle Mendès ai vari poeti prescelti per eseguire<br />

i <strong>di</strong>versi tombeaux, avrebbe dovuto soffermarsi su una “image” del defunto<br />

e rivolgersi <strong>di</strong>rettamente a lui in seconda persona. 86 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (unico italiano<br />

interpellato) partecipò all’antologia componendo un’ode saffica in do<strong>di</strong>ci<br />

strofe, Teofilo Gautier, 87 ripubblicata poi un anno più tar<strong>di</strong> sulle pagine della<br />

rivista torinese «Serate Italiane» 88 ed infine, nel 1883, all’interno della raccolta<br />

poetica Le Nostalgie, questa volta con alcune varianti ed il titolo leggermente<br />

mutato in Théophile Gautier. 89 In concordanza con il respiro generale dell’opera,<br />

dove “l’image qui ressort […] est celle du père de l’art pour l’art plutôt que<br />

celle du romantique de la première heure”, 90 la lirica gual<strong>di</strong>ana prende subito<br />

83<br />

A. LEMERRE, Au lecteur, in AA. VV., Le Tombeau de Théophile Gautier, Paris, Lemerre,<br />

1873, p. 11.<br />

84<br />

In un compte rendu al volume, i nomi <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e <strong>di</strong> Glaser vengono citati come i più<br />

alti esempi <strong>di</strong> interventi in lingue straniere. Per sottolineare, inoltre, le corrispondenze tematiche<br />

tra i vari testi della raccolta, l’autore della recensione afferma che “Les stances italiennes de M.<br />

L. <strong>Gualdo</strong> repondent aux strophes allemandes de M. Emmanuel Glaser” (E. DE LA GOUR-<br />

NERIE, Notices et comptes rendus, in «Revue de Bretagne et de Vandée», 1874, pp. 466-467).<br />

85<br />

F. BRUNET, Représentations romantiques, parnassiens et symbolistes de l’immortalité<br />

dans Le Tombeau de Théophile Gautier, in Spiritualisés d’un monde désenchanté, textes réunis<br />

par Gisèle Séginger, Strasbourg, Presses Universitaires, 1998, pp. 109-110.<br />

86<br />

Lettera <strong>di</strong> Mendès a Coppée pubblicata in J. MONVAL, Deux camarades du Parnasse:<br />

Catulle Mendès et François Coppée. Lettres iné<strong>di</strong>tes, in «Revue de Paris», 1 er mars 1909, p. 85.<br />

87<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, in Le Tombeau de Théophile Gautier, cit., pp. 81-83.<br />

88 ID., Teofilo Gautier, in «Serate Italiane», 19 aprile 1874.<br />

89 ID., Théophile Gautier, in Le Nostalgie, cit., pp. 193-196.<br />

90 Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, cit., p. 322.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

avvio ribadendo un tema su cui il poeta italiano aveva già insistito nella antecedente<br />

commemorazione in prosa, quello cioè della totale ed eterna de<strong>di</strong>zione del<br />

suo protagonista nei confronti dell’Arte:<br />

Sereno, e stanco <strong>di</strong> vicende umane,<br />

Questa terra inquïeta egli ha lasciato,<br />

Egli, il Maestro, delle forme arcane<br />

Innamorato.<br />

Era forte nell’arte – era il leone –<br />

Ne possedéa la maestà severa<br />

E lo sguardo ripieno <strong>di</strong> visione<br />

E la criniera. 91<br />

Un argomento, questo, su cui l’italiano torna ad insistere in una delle strofe<br />

centrali dell’ode, laddove afferma che Gautier “Cantò la Gioja e il Bello, e la<br />

pagana / Voluttà della Forma, e i strani amori / Delle cose, e il desir; l’ebrezza<br />

umana / E i suoi colori”. 92 Poco prima <strong>di</strong> questi versi, però, e subito dopo aver<br />

aperto una breve parentesi sull’incanto esercitato su Gautier dall’ignota poesia<br />

dell’Oriente, <strong>Gualdo</strong> ritorna – proprio come aveva fatto sulle pagine della «Perseveranza»<br />

– sull’amore del francese per la magia <strong>di</strong> terre a sé molto più prossime,<br />

<strong>di</strong> quel mondo appena al <strong>di</strong> là delle Alpi, per quei luoghi che egli aveva<br />

visitato e <strong>di</strong> cui aveva conservato indelebile ricordo quando, anni ad<strong>di</strong>etro,<br />

“portò un culto all’Egitto, alla Grecia; […] amò ferventemente l’Italia”. 93 E nei<br />

suoi versi, per la prima volta (ma rispondendo ad una pre<strong>di</strong>lezione destinata in<br />

futuro ad essere riba<strong>di</strong>ta), canta la de<strong>di</strong>zione gautieriana per la storia, le tra<strong>di</strong>zioni,<br />

l’atmosfera da sogno della città del belpaese che, al suo pari, egli stesso<br />

ama più <strong>di</strong> ogni altra: quella Venezia in cui aveva trovato l’amore (sua moglie,<br />

Ernestina Grisi era, <strong>di</strong>fatti, istriana) e dove aveva trascorso frequenti soggiorni.<br />

Fu dell’Italia appassionato amante<br />

E ne applaudì la gloria e la fortuna;<br />

I palazzi il ricordano vagante<br />

Per la laguna. 94<br />

91<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, in Le Tombeau de Théophile Gautier, cit., p. 81.<br />

92<br />

Ibidem.<br />

93<br />

ID., Teofilo Gautier, in «La Perseveranza», cit.<br />

94<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, in Le Tombeau de Théophile Gautier, cit., p. 82.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Come ha messo in evidenza Marziano Guglielminetti 95 – posizione poi sostenuta<br />

anche da Marilena Giammarco 96 – nonostante il suo carattere spiccatamente<br />

occasionale, il componimento gual<strong>di</strong>ano suggerisce un canale <strong>di</strong> ricezione<br />

del modello gautieriano originale ed alternativo rispetto a quello dominante<br />

all’epoca, una chiave interpretativa attraverso la quale risulta possibile evincere<br />

che “il Gautier caro al <strong>Gualdo</strong> mostra un profilo ben altrimenti inquietante,<br />

quello del poeta insod<strong>di</strong>sfatto del suo mestiere e desideroso <strong>di</strong> sondare il mistero<br />

ultimo dell’esistenza”. 97 Percorrendo una simile <strong>di</strong>rezione ci si sposta, senza<br />

dubbio, oltre la serafica e tanto decantata “zona dell’imperturbabilità parnassiana”<br />

per avvicinarsi, invece, verso “quella della crisi dell’artista nella società<br />

moderna, dell’angoscia che deriva dal ripu<strong>di</strong>o della Forma e <strong>di</strong> ogni risarcimento<br />

estetico”: 98 l’intuizione <strong>di</strong> questo germe <strong>di</strong> tristezza ed insieme – per <strong>di</strong>rla<br />

con Baudelaire – <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta dell’aureola, <strong>di</strong> autocoscienza, da parte del poeta, <strong>di</strong><br />

una incompletezza che neppure il rifugio nella forma perfetta poteva essere in<br />

grado <strong>di</strong> colmare, è quin<strong>di</strong> da considerarsi l’aspetto più innovativo del tributo<br />

gual<strong>di</strong>ano, palese in<strong>di</strong>ce dell’estrema sensibilità umana ed artistica dell’italiano<br />

immortalata in quei versi dove egli canta il suo Maestro non tanto – o non solo,<br />

come i più – per ragioni <strong>di</strong> carattere estetico-tematico-formale, ma specialmente<br />

in quanto emblema <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione comune, come colui che “pur sapeva le<br />

segrete pene / e le immense mestizie del poeta”. 99<br />

Per comprendere la portata e la giustezza del presagio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> (che della<br />

malinconica presa d’atto dell’impotenza <strong>degli</strong> artisti ad agire nel mondo moderno<br />

farà argomento costante cui resterà fedele nel corso dell’intera sua carriera<br />

letteraria), 100 basterà pensare all’analisi <strong>di</strong> Starobinski de<strong>di</strong>cata all’opera <strong>di</strong><br />

Gautier – poi condensata nella lettura critica dell’articolo Shakespeare aux Funambules<br />

– dove viene proposta una “singolare forma <strong>di</strong> identificazione” tra il<br />

poeta e il saltimbanco attraverso il gioco ironico che identifica “la derisoria epifania<br />

del-l’arte e dell’artista”: 101 me<strong>di</strong>ante l’analisi della figura <strong>di</strong> Pierrot, vesti-<br />

95<br />

M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 280.<br />

96<br />

M. GIAMMARCO, Annotazioni su <strong>Gualdo</strong> e Gautier, cit., p. 147.<br />

97<br />

M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 280.<br />

98<br />

M. GIAMMARCO, Annotazioni su <strong>Gualdo</strong> e Gautier, cit., p. 147.<br />

99<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, in Le Tombeau de Théophile Gautier, cit., p. 82.<br />

100<br />

Cfr. M. GIAMMARCO, Annotazioni su <strong>Gualdo</strong> e Gautier, cit. e C. A. MADRIGNA-<br />

NI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit..<br />

101<br />

J. STAROBINSKI, Portait de l’artiste en saltimbanque, trad. it. a cura <strong>di</strong> C. Bologna,<br />

Torino, Bollati Boringhieri, 1984, p. 38.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

to da Deburau, il grande Théo avrebbe, <strong>di</strong>fatti, interpretato il ruolo dello scrittore<br />

stesso (una corrispondenza, questa, che Starobinski avvalora citando a mo’ <strong>di</strong><br />

esempio anche i testi del contemporaneo Banville) come novello Amleto perché<br />

– entrambi “personaggi musicali […] e contemporaneamente ban<strong>di</strong>tori della<br />

verità, aiutanti segreti che fanno girare la ruota del destino” 102 – rappresentante<br />

l’unico latore della verità, sempiternamente solo ed isolato benché attorniato da<br />

una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone le quali, tuttavia, non possono comprendere e con<strong>di</strong>videre<br />

il suo malessere, la sua malinconia che scaturisce dal peso dell’arcano<br />

segreto <strong>di</strong> cui egli è depositario.<br />

Un primo sentore dell’apertura <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> su questa tematica è ravvisabile<br />

già nella conclusione del suo primo articolo su Gautier (sebbene su tale aspetto<br />

egli ritorni a più riprese nell’ode funebre un anno più tar<strong>di</strong>), 103 quando aveva<br />

definito il poeta francese “uno <strong>di</strong> quegli ingegni che per la loro vastità che abbraccia<br />

tutto va a perdersi in eteree regioni”. 104 La sua scomparsa, afferma il<br />

giornalista, al pari <strong>di</strong> quella dei più illustri spiriti<br />

[…] lascia stupefatti chi li contempla, e costringe a pensare che essi devono pure<br />

avere una grande importanza, e che v’ha nella loro apparizione fra noi un recon<strong>di</strong>to e<br />

profondo significato, <strong>di</strong> cui non c’è dato tutto comprendere. Alcuni lo ignorano, alcuni<br />

lo oblieranno; ma i moltissimi che lo amavano si sentiranno per lungo tempo avvolti<br />

come in una tenebra e la sua opera resterà. 105<br />

Analogamente ai versi finali del tombeau (nei quali <strong>Gualdo</strong> si chiederà se,<br />

una volta passato a miglior vita, “lassù, dove s’ammanta / la gran luce terribile e<br />

superna”, Gautier – bello <strong>di</strong> nuova vita – stia già cantando “la beltà eterna”), 106<br />

il milanese si era domandato, imme<strong>di</strong>atamente, all’indomani della sua scomparsa,<br />

se non fosse stato il caso che tutti coloro che avevano compianto l’estinto<br />

poeta avessero, piuttosto, dovuto iniziare a credere che lui, “dopo tentato <strong>di</strong><br />

scorger l’invisibile dopo aver cercato nel bello l’ultima ragione <strong>di</strong> tutto”, fosse<br />

infine giunto “a spezzar i vincoli dell’incomprensibile e dell’inesprimibile”, ra-<br />

102<br />

Ivi, pp. 47-48.<br />

103<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, in Le Tombeau de Théophile Gautier, cit., p. 82. Il poeta<br />

amico e maestro viene inoltre celebrato in questi termini: “L’occhio profondo all’orizzonte volto<br />

/ Assaliva i confini del pensiero, / E il suo sogno vagava ognor più sciolto / Oltre il mistero”.<br />

104<br />

ID., Teofilo Gautier, in «La Perseveranza», cit.<br />

105<br />

Ibidem.<br />

106<br />

ID., Teofilo Gautier, in Le Tombeau de Théophile Gautier, cit., p. 83.<br />

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

gion per cui, avendo sempre tenuto lo sguardo fisso al proprio ideale, avrebbe<br />

potuto, in ultima analisi, essersi già avviato a “raggiungere la splendente e<br />

completa realtà”. 107 In risposta a questa supposizione il critico italiano mostra <strong>di</strong><br />

non avere dubbi affermando che, a suo giu<strong>di</strong>zio, Gautier aveva davvero meritato<br />

la de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Baudelaire, posta in suo onore sul frontespizio dei Fleurs du mal,<br />

che recita: “Au poëte impeccable, au parfait magicien ès lettres françaises…”.<br />

7.2b Di padre in figlia: l’ere<strong>di</strong>tà artistica <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier Mendès<br />

L’episo<strong>di</strong>o del mandarino Tin-tun-lin (all’anagrafe Ding Dunling, rifugiato<br />

politico cinese in Francia), riportato in apertura del precedente paragrafo, costituisce<br />

la chiave <strong>di</strong> lettura ed il pernio attorno al quale è costruito il già citato articolo<br />

gual<strong>di</strong>ano su Ju<strong>di</strong>th, la maggiore delle figlie <strong>di</strong> Théophile Gautier, 108 le<br />

plus parfait de mes poèmes, come questi era solito <strong>di</strong>re in risposta ai numerosi<br />

ammiratori <strong>di</strong> lei. Condotto in un caffè dal Maestro, quel curioso personaggio<br />

che nella lingua francese sapeva pronunciare soltanto la parola bitter – ma, sostiene<br />

<strong>Gualdo</strong>, “Gautier, il quale (è cosa nota) sapeva tutto, capì il chinese” 109 –,<br />

senza intendere nulla decise <strong>di</strong> seguire “il maestoso poeta, che gli pareva probabilmente<br />

un <strong>di</strong>o, coi lunghi capelli e la faccia bonariamente severa”. 110 L’introduzione<br />

dell’esiliato del Celeste Impero in casa Gautier parve non stupire<br />

nessuno. Mai fu posta alcuna domanda a riguardo; eppure, afferma il critico italo-francese<br />

mentre si accinge a riportare l’aneddoto con dovizia <strong>di</strong> particolari:<br />

107 ID., Teofilo Gautier, in «La Perseveranza», cit.<br />

108 Come si legge nel necrologio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> de<strong>di</strong>cato a Gautier padre: “Egli lascia un figlio<br />

e due figliole maritate a due poeti: la signora Bergerat e la signora Giu<strong>di</strong>tta Mendès, autrice <strong>di</strong><br />

romanzi in cui spicca una bizzarra originalità ed uno stile ere<strong>di</strong>tato dal padre”. Nata a Parigi il<br />

25 agosto 1845, dotata fin da giovane <strong>di</strong> singolare talento, Ju<strong>di</strong>th crebbe circondata dai celebri<br />

amici <strong>di</strong> suo padre, da Banville a Baudelaire, da Goncourt a Flaubert, che fu anche suo testimone<br />

<strong>di</strong> nozze in occasione del suo sfortunato matrimonio con Catulle Mendès, cerimonia alla<br />

quale Théophile aveva deciso <strong>di</strong> non prender parte per esprimere il suo <strong>di</strong>ssenso per un’unione<br />

che – come effettivamente fu – egli presagiva essere mal assortita ed assai sventurata (cfr. D.<br />

CAMACHO, Ju<strong>di</strong>th Gautier, sa vie et son oeuvre, Paris, Droz, 1939 o anche il più recente volume<br />

<strong>di</strong> J. RICHARDSON, Ju<strong>di</strong>th Gautier: a biography, London – New York, Quarter Books,<br />

1986, dove viene più volte citato anche l’articolo gual<strong>di</strong>ano de<strong>di</strong>cato alla scrittrice francese).<br />

109 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

110 Ibidem.<br />

480


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

[…] si deve a questo semplice fatto se Ju<strong>di</strong>th Gautier, qualche anno più tar<strong>di</strong>, esordì<br />

in letteratura con una traduzione <strong>di</strong> poesie chinesi intitolate Le Livre de Jade e<br />

con uno stupendo romanzo pure <strong>di</strong> argomento chinese: Le Dragon Impérial. Il mandarino<br />

aveva insegnato la sua lingua alla figlia del benefattore e l’aveva iniziata ai misteri<br />

delle belle lettere del Fiume giallo. 111<br />

Quando nel 1866 – appren<strong>di</strong>amo sempre dal testo gual<strong>di</strong>ano –, all’epoca<br />

delle sue nozze con il poeta Catulle Mendès (“soprannominato allora l’ange des<br />

brasseries, perché la sua bella testa coronata <strong>di</strong> capelli bion<strong>di</strong> era spesso <strong>di</strong>scernibile<br />

tra il fumo delle pipe, nel fondo dei caffè e delle taverne”), Ju<strong>di</strong>th aveva<br />

abbandonato il tetto paterno – <strong>di</strong>videndosi tra Parigi e Fécamp, località dove resterà,<br />

come si legge inoltre in una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, anche dopo la<br />

rottura col marito 112 – la giovane artista portò con sé il suo fedele assistente orientale,<br />

che ormai aveva perfettamente imparato ad esprimersi anche nell’i<strong>di</strong>oma<br />

della sua ospite e protettrice. 113 A tal punto intimo della sposa, il giorno<br />

stesso del matrimonio egli sedette ad<strong>di</strong>rittura “al desco stesso della sua scolara”,<br />

a quello stesso tavolo cui Théophile non aveva voluto avvicinarsi dopo una funzione<br />

dove le sue veci erano state ricoperte, in sua assenza, dal fidato amico <strong>di</strong><br />

famiglia Gustave Flaubert. 114<br />

L’avvio aneddotico del brano, com’è esplicitato dal suo stesso autore, ha la<br />

funzione <strong>di</strong> introdurre il lettore nel lontano e fantastico mondo della narratrice<br />

d’oltralpe, <strong>di</strong> spiegare perché nei libri <strong>di</strong> lei prevalgano “paesaggi e passioni cinesi”<br />

e, allo stesso tempo, <strong>di</strong> illustrare come, nonostante le palesi <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />

tema e ambientazione, la scrittura <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th mostri notevoli punti d’incontro con<br />

111 Ibidem.<br />

112 Ju<strong>di</strong>th Gautier abitava per gran parte dell’anno (almeno a partire dal 1871) in una villa<br />

a Fécamp, nell’alta Norman<strong>di</strong>a, al numero 197 <strong>di</strong> rue des Juifs. La lettera gual<strong>di</strong>ana che allude a<br />

tale abitazione risale all’ottobre 1875: “N’irons nous pas aujourd’hui chercher la <strong>di</strong>vine Ju<strong>di</strong>th<br />

dans l’immense ville de Fécamp où nous <strong>di</strong>rons, en passant, bonjour aux négresses?” (P. DE<br />

MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 204).<br />

113 Sebbene non fosse mai stato chiarito che l’ospitalità in casa Gautier potesse essere senza<br />

fine e che, piuttosto, qualora Tin-tun-lin avesse trovato un impiego, avrebbe dovuto lasciare<br />

il tetto dei suoi benefattori, il mandarino parve impegnarsi in tutti i sensi nel cercare <strong>di</strong> non abbandonare<br />

mai quella famiglia <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> e pro<strong>di</strong>gali artisti e, “quando gli si parlava copertamente<br />

<strong>di</strong> andarsene, il mandarino ri<strong>di</strong>ventava ignorante, e non comprendeva più nessuna lingua”.<br />

114 I giovani sposi finirono per separarsi dopo pochissimo tempo, nel maggio 1874, benché<br />

ufficialmente ciò avvenne soltanto nel 1878. Ju<strong>di</strong>th si trasferirà al numero 31 <strong>di</strong> rue Washington,<br />

in un appartamento pieno <strong>di</strong> statue <strong>di</strong> buddha e oggettistica orientaleggiante, nel cui salon<br />

era solita ricevere ospiti ogni domenica quando non si trovava in Bretagna.<br />

481


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

quella <strong>di</strong> Gautier. In effetti, la frase con cui <strong>Gualdo</strong> apre la sezione dell’articolo<br />

propriamente letteraria sottolinea ancora una volta questo motivo – e “quale<br />

maggiore elogio?”, egli si chiede e domanda ai suoi lettori – della perfetta ressemblance<br />

tra il genitore e la sua erede: “l’autrice rassomigliava tanto nello<br />

scrivere a suo padre quanto gli rassomiglia fisicamente”: 115<br />

Gautier rivive in lei. Così pure in lei rivive quello stile inarrivabile, quella forma<br />

suprema in cui qualunque idea appare nella più splen<strong>di</strong>da veste, per la quale gli scritti<br />

del maestro sono modelli. 116<br />

Con il suo romanzo d’esor<strong>di</strong>o, Le Dragon Impérial, 117 per la prima volta<br />

venivano introdotti tra il pubblico francese quei curiosi personaggi “con gli occhi<br />

rivolti all’insù e dalla testa rasa ornata da una lunga coda” e quelle signore<br />

“dai pie<strong>di</strong> troppo piccoli”: essi non erano più soltanto figure fuori dal tempo fissate<br />

nei ritratti, nelle stampe e nelle fotografie tanto <strong>di</strong>ffuse nel secondo Ottocento<br />

perché, attraverso le proprie opere, Ju<strong>di</strong>th era stata capace <strong>di</strong> farli “uscire<br />

dalla loro immobilità manierata per vivere ed agitarsi” e <strong>di</strong> far comprendere al<br />

mondo occidentale che anche “sotto quelle vesti sontuosamente ri<strong>di</strong>cole battono<br />

dei cuori – e che laggiù si ama, si lotta, si o<strong>di</strong>a con furore”. 118<br />

Sembra, alla prima lettura <strong>di</strong> tali romanzi, che dai vasi enormi, dai paraventi, dai<br />

miniati ventagli dove le ammirammo fino a ieri, si veggano scendere quelle strane figurine,<br />

animate all’improvviso da una vita intensa. […]. Si ramane sbalor<strong>di</strong>ti dall’abbondanza<br />

<strong>di</strong> immaginazione profusa in codesto libro, dove sono narrate […] avventure<br />

straor<strong>di</strong>narie quanto quelle delle Mille ed una notte, e narrate in uno stile che<br />

rammenta assai quello <strong>di</strong> Gautier, con qualche raffinamento forse eccessivo, messo allora<br />

in voga dai “parnassines”. 119<br />

Il secondo romanzo che <strong>Gualdo</strong> passa in rassegna tracciando la storia e<strong>di</strong>toriale<br />

della protagonista del suo saggio è L’Usurpateur, 120 un volume – come e-<br />

115<br />

L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

116<br />

Ibidem.<br />

117<br />

J. MENDÈS, Le Dragon Impérial, Paris, Lemerre, 1869. Sulle copertine delle opere<br />

uscite tra 1866 e 1878 (anno della separazione legale), il nome dell’autrice è Ju<strong>di</strong>th Mendès.<br />

118<br />

L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

119<br />

Ibidem (corsivi miei).<br />

120<br />

J. MENDÈS, L’Usurpateur, Paris, Marpon et Flammarion, 1875. Questo romanzo venne<br />

ripubblicato alcuni anni dopo, nel 1887, con il nuovo titolo La Sœur du soleil.<br />

482


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

gli stesso ricorda – che ottenne un enorme successo, tanto da ricevere un importante<br />

riconoscimento (“fu couronné dall’Accademia francese”). In maniera analoga<br />

al precedente lavoro anche questo testo, in due volumi, si contrad<strong>di</strong>stingue<br />

per il suo carattere esotico: in questo caso, però, le vicende si svolgono in Giappone;<br />

si tratta <strong>di</strong> un’opera storica, ricca <strong>di</strong> passioni e battaglie, nella quale vengono<br />

raccontate le lotte delle <strong>di</strong>nastie nipponiche e dove “l’amore, come nel libro<br />

precedente”, sostiene il recensore, “si mostra violento e ideale ad un tempo,<br />

e si è costretti a seguire con attenzione le avventure del Mikado, come prima le<br />

gesta del poeta Ko-li-tsin e dell’imperatore Kang-si”. 121<br />

Proprio all’epoca della pubblicazione <strong>di</strong> questo scritto, <strong>Gualdo</strong>, alle prese<br />

con la stesura della sua Costanza Gerar<strong>di</strong>, si <strong>di</strong>ceva molto colpito dalla rapi<strong>di</strong>tà<br />

con la quale Ju<strong>di</strong>th Gautier era solita lavorare e scrivere indefessamente. Questa<br />

osservazione, che cela una benevola invi<strong>di</strong>a nei confronti della scrittrice francese,<br />

è affidata ad una lettera in<strong>di</strong>rizzata a François Coppée nella quale il mittente<br />

– al momento <strong>di</strong> stanza a Milano, confessando all’amico <strong>di</strong> non poterlo raggiungere<br />

a Yport – lamenta la propria lentezza, malgrado gli sforzi, nel portare<br />

avanti il suo primo romanzo italiano: “Je voudrais faire marcher mon roman,<br />

auquel je travaille toujours, mais très lentement”, scrive infatti <strong>Gualdo</strong> per poi<br />

aggiungere che, “quand je pense que la <strong>di</strong>vine Ju<strong>di</strong>th, malgré sa paresse olympienne,<br />

noircit <strong>di</strong>x grandes pages par jour, la rougeur me monte au front” e concludere,<br />

infine – con un’allusione che ben ci conduce a comprendere quale fosse<br />

la posizione da lui presa in riferimento alla separazione, avvenuta appena pochi<br />

mesi prima, <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th da Mendès –, che “je me <strong>di</strong>s à moi même des gros<br />

mots tels que: traître! catullique! scénariste!”. 122<br />

Ancora sulle somiglianze tra padre e figlia e sull’interesse per la lontana<br />

Cina è la riflessione gual<strong>di</strong>ana a proposito della produzione pubblicistica, <strong>degli</strong><br />

articoli <strong>di</strong> critica <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier, sezione del testo dove figurano anche alcune<br />

valutazioni relative al suo stile, alle sue collaborazioni, alla sua considerazione<br />

del Bello artisticamente inteso:<br />

121 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

122 Lettera pubblicata in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 199-200. Di poco posteriore<br />

è un altro messaggio che reca l’intestazione “Varese, Villa Taccioli, 18 ottobre (1875)”<br />

in cui <strong>Gualdo</strong>, chiedendo aggiornamenti a Coppée su quanto stesse accadendo a Parigi durante<br />

la sua assenza, sembra ancora riferirsi agli strascichi seguiti all’allontanamento <strong>di</strong> M.me Gautier<br />

da Mendès: “Donnez moi des nouvelles de tout le monde; […]. Car, enfin, qu’y a-t-il d’important<br />

ici bas si ce n’est ce qui a lieu dans l’arrière boutique de Lemerre, les gloires des ju<strong>di</strong>thistes<br />

et la honte des catulliques?” (Ivi, p. 210).<br />

483


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Come suo padre, la scrittrice <strong>di</strong> cui parliamo riempie spesso i giornali con la sua<br />

prosa, talora sotto un finto nome: collaborò al Rappel, al Moniteur, al Journal Officiel.<br />

In vari articoli, essa tornò ad occuparsi <strong>di</strong> quei popoli dell’estremo Oriente che hanno<br />

la virtù <strong>di</strong> affascinarla con la loro poesia ed i loro costumi barbari e raffinati. In seguito,<br />

essa riunì quegli articoli in un volume […] intitolato Les Peuples étranges. 123 Ella<br />

descrisse varie volte il Salon, ed anche nella sua critica si ritrova l’infallibile istinto<br />

del bello, la larghezza <strong>di</strong> vedute, la indulgenza un po’ scettica <strong>di</strong> Gautier. 124<br />

La parte più lunga (e meno interessante) dell’analisi de<strong>di</strong>cata alla produzione<br />

<strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th è quella consacrata al suo primo volume le cui vicende sono<br />

ambientate nella Francia contemporanea. <strong>Gualdo</strong> etichetta Lucienne 125 – è questo,<br />

infatti, il titolo dell’opera – come “romanzo moderno” <strong>di</strong> argomento strano,<br />

ma magistralmente svolto “benché vi si riscontrino alcune pecche ed inesattezze<br />

<strong>di</strong> osservazione nei particolari”. 126 Il critico ripercorre, passo dopo passo e con<br />

estrema cura del dettaglio, tutta la vicenda in cui si articola la trama soffermandosi,<br />

in particolare, su quegli episo<strong>di</strong> che rendono ancor più triste ed angoscioso<br />

il testo; a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, la prevalenza <strong>di</strong> tali qualità è dovuta soprattutto al<br />

contrasto tra l’amore illimitato e senza speranza della protagonista – Lucienne,<br />

per l’appunto – e quello dell’uomo amato che, alla fine, avendo scoperto il passato<br />

<strong>di</strong> cortigiana <strong>di</strong> lei, la abbandona tristemente per non far più ritorno.<br />

Sulle durezze del fato inesorabile che si oppone agli amori, la scrittrice sarebbe<br />

tornata in seguito, nel 1879, con un lavoro che <strong>Gualdo</strong> definisce il più potente<br />

e profondo dei suoi libri, Les Cruautés de l’Amour. 127 Proprio scrivendo a<br />

proposito <strong>di</strong> esso, l’articolista italiano offre alcuni spunti <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> rilievo ed<br />

interesse utili per comprendere, da un lato, il filone narrativo cui a suo parere<br />

potrebbe iscriversi la produzione narrativa <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier, e, dall’altro, per<br />

far maggior chiarezza sulle posizioni in materia <strong>di</strong> critica letteraria del milanese.<br />

Questi, infatti, parlando della protagonista del suo stu<strong>di</strong>o, afferma che:<br />

Sebbene essa non appartenga certo alla scuola naturalista, pure, nelle creazioni<br />

poetiche, eccessive talvolta, si ritrova uno spirito <strong>di</strong> osservazione finissimo, una verità<br />

relativa sorprendente, una potenza <strong>di</strong> realizzazione altamente artistica. 128<br />

123 J. GAUTIER, Les Peuples étranges, Paris, Charpentier, 1879.<br />

124 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit. (corsivi miei).<br />

125 J. GAUTIER, Lucienne, Paris, Calmann Lévy, 1877.<br />

126 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

127 J. GAUTIER, Les Cruautés de l’Amour, Paris, Dentu, 1879.<br />

128 L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit. (corsivi miei).<br />

484


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Come avverrà <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong> quando, sulle pagine della «Cronaca<br />

d’arte», egli donerà un compte rendu della Physiologie de l’amour moderne <strong>di</strong><br />

Paul Bourget, 129 anche in questo caso <strong>Gualdo</strong> si sofferma ad analizzare le caratteristiche<br />

del sentimento erotico secondo la visione dell’autrice in esame: nelle<br />

Cruautés <strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier amore è sinonimo <strong>di</strong> passione, perché esso scoppia<br />

quasi sempre improvviso, immenso, eccezionale, violento come un colpo <strong>di</strong><br />

fulmine. Ma nei suoi testi non è solo questo sentimento ad esser descritto mostrando<br />

alcune costanti. Anche i personaggi – vittime dell’eros moderno – sono<br />

raffigurati secondo alcuni aspetti ripetitivi: il protagonista maschile è quasi<br />

sempre giovanissimo, <strong>di</strong> una bellezza classica, <strong>di</strong> quella bellezza “in cui una delicatezza<br />

quasi femminile <strong>di</strong> lineamenti ed una venustà greca <strong>di</strong> forme si uniscono<br />

alla forza atletica”, <strong>di</strong> squisito sentire unito a coraggio sovraumano; le<br />

donne, invece, sono quasi tutte sublimi. Eppure, nonostante ciò, i testi della<br />

giovane Gautier non mancano <strong>di</strong> originalità e soprattutto <strong>di</strong> verosimiglianza, dal<br />

momento che ne’ particolari e nel paesaggio si ritrova la realtà. 130 Benché il<br />

più delle volte l’autrice avesse preferito cimentarsi nei racconti immaginosi,<br />

quando essa ha invece acconsentito – per <strong>di</strong>rla con <strong>Gualdo</strong> – “a stare nella nostra<br />

società moderna”, anche in questa occasione è stata capace <strong>di</strong> forgiare dei<br />

veri e propri eroi degni <strong>di</strong> ammirazione e per <strong>di</strong> più dalle fattezze perfette. 131<br />

L’analisi dell’italiano non offre una panoramica sulla sola attività narrativa<br />

<strong>di</strong> Ju<strong>di</strong>th Gautier, ma propone un quadro completo delle sue facoltà, un quadro<br />

129<br />

Cfr., supra, il paragrafo 7.5 Un autoritratto allo specchio: Paul Bourget.<br />

130<br />

L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

131<br />

Ibidem. <strong>Gualdo</strong> fornisce un ritratto preciso dell’eroe delle Cruautés: “bello come un<br />

Fortunio, dalle fattezze perfette, dal labbro superiore appena ombreggiato, dal naso dritto che si<br />

riunisce in una sola linea alla fronte, dal mento ben modellato, in<strong>di</strong>cante una virile fermezza <strong>di</strong><br />

propositi, dall’occhio grande, dolce e ardente”. Le fattezze del personaggio richiamano quelle<br />

della stessa Ju<strong>di</strong>th secondo la descrizione <strong>di</strong> Banville: “La ligne du nez continue celle du front<br />

[…]. Les cheveux noirs sont légèrement frisottant et crespelés, ce qui leur donne l’air ébouriffé;<br />

le teint brun mat, les dents petites et espacées, les lèvres pourprées d’un rouge de corail, les<br />

yeux petits et un peu enfoncés, mais très vifs et qui prennent l’air malin quand le rire les éclaire,<br />

les narines ouvertes, les sourcils fins et droits, l’oreille exquise, le col un peu fort et très bien<br />

attaché, sont d’une sphynge tranquille et <strong>di</strong>vine” (T. DE BANVILLE, Les camées parisiens, Paris,<br />

Pincebourde, 1866, pp. 53-54). È probabile che <strong>Gualdo</strong> avesse in mente queste righe quando,<br />

a sua volta, si accinse a delineare un portrait della scrittrice: “Ella possiede una bellezza<br />

maestosa, assoluta; ha la fronte marmorea, i lineamenti perfetti. Il suo colorito pallido e caldo,<br />

uniforme, contrasta con il sorriso quasi infantile della bocca. L’occhio è calmo, luminoso, dalla<br />

pupilla color dell’oro; lo sguardo è quello in<strong>di</strong>menticabile del padre, raddolcito; l’atteggiamento,<br />

quello <strong>di</strong> una sfinge o <strong>di</strong> un idolo” (L. GUALDO, Ritratti e figure..., cit.).<br />

485


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

che ingloba tutte le manifestazioni dell’arte da lei praticate: “senz’aver quasi<br />

imparato”, leggiamo nell’articolo in questione, “ella <strong>di</strong>pinge un poco, scolpisce”.<br />

Il critico racconta <strong>di</strong> aver visto una volta esposto un busto rappresentante<br />

Lohengrin da lei realizzato, una scultura che – malgrado le imperfezioni <strong>di</strong> fattura<br />

– rendeva molto bene, a sua detta, l’idea della fulgida figura del cavaliere<br />

del cigno: “l’artista aveva tentato <strong>di</strong> rendere plasticamente quel suo ideale <strong>di</strong><br />

bellezza, descritto ne’ suoi libri”. Persino la musica non era materia sconosciuta<br />

alla figlia <strong>di</strong> Théo: come l’adorato genitore (“anche in ciò è proprio figlia <strong>di</strong> suo<br />

padre!” e, <strong>di</strong>fatti, anch’egli si era da giovane cimentato – come si è detto – nel<br />

figurativo e <strong>Gualdo</strong> ne aveva visto almeno un <strong>di</strong>segno, come racconta a Vittoria<br />

Cima), 132 era capace <strong>di</strong> rintracciare il bello in qualsiasi rappresentazione artistica;<br />

in campo musicale era una fervente ammiratrice <strong>di</strong> Richard Wagner.<br />

Proprio all’interno <strong>di</strong> una biografia de<strong>di</strong>cata agli aspetti più intimi e personali<br />

del compositore tedesco (Wagner at home, 1910) 133 è conservata l’unica testimonianza<br />

<strong>di</strong> pugno della Gautier attestante i suoi contatti con <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

In verità la prima versione, in francese e non già in inglese, del passo cui qui si<br />

allude è presente nel primo dei tre tomi delle sue memorie intime (Le collier des<br />

jours), sorta <strong>di</strong> autobiografia che ella redasse a partire dal 1904: qui Ju<strong>di</strong>th, dopo<br />

aver raccontato un episo<strong>di</strong>o vissuto in gioventù a Monaco in compagnia del<br />

suo allora marito Catulle Mendès e dell’amico poeta Villiers de L’Isle-Adam –<br />

quando, da un ponte nel cuore della città, avevano assistito al passaggio <strong>di</strong> quattro<br />

o cinque zattere stracolme <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> colore –, si sofferma a descrivere<br />

alcune loro <strong>di</strong>scussioni seguite a quell’avvistamento, riflessioni che la donna<br />

sintetizza in un verso <strong>di</strong> Villiers, cosa che a sua volta la conduce alla considerazione<br />

secondo la quale esiste un tipo <strong>di</strong> verso, quello unico, “dans lequel semble<br />

se condenser un poème”, un verso che “se suffit à lui-même et dédaigne la rime”.<br />

134 <strong>Gualdo</strong> realizzerà almeno un esemplare <strong>di</strong> siffatta tipologia, quel verso<br />

132 Fondo Vittoria Cima, c.3, b.40(5). Lettera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> intestata “Biarritz, 3 agosto<br />

[18]69” in cui il giovane scrittore dewscrive gli interni dello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Giammartino: “Vi vorrebbe<br />

per descriverlo un volume intiero <strong>di</strong> Gautier. I mobili sono tutti antichi, ma questi non si<br />

vedono, tanto sono nascosti dai vasi, dai libri, dalle armi, dalle pitture, da cento cose strane e<br />

bizzarre; per terra un tappeto turco, intorno dei bassissimi e vasti sofà orientali a vivacissimi<br />

colori, un po’ sbia<strong>di</strong>ti. In un angolo un pezzo colossale della Venere <strong>di</strong> Milo, dei quadri dappertutto,<br />

[…]; delle nicchie che servono <strong>di</strong> biblioteca e dei libri sopra e sotto i mobili, dapertutto.<br />

Un <strong>di</strong>segno a penna <strong>di</strong> Gautier corrisponde a un bel ritratto d’Elisa Alemagna”.<br />

133 J. GAUTIER, Wagner at home, transl. by E. D. Massie, London, Mills & Boon, 1910.<br />

134 ID., Le collier des jours: souvenirs de ma vie, Paris, Joven, 1904, p. 168.<br />

486


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

declamante “la riche folie figée des objets presque vivants” che più e più volte<br />

Robert de Montesquiou ha utilizzato in epigrafe ad alcuni suoi testi, dal Les<br />

Hortensias bleus a Les Pas effacées. 135 Dal canto proprio, Ju<strong>di</strong>th afferma che,<br />

parimenti, in tutta la sua vita essa ha realizzato un solo vers unique, un verso<br />

che a suo turno – questo è quanto sostiene Ju<strong>di</strong>th Gautier, però non si è ancora<br />

trovata traccia <strong>di</strong> ciò nel corpus dei suoi testi finora ricostruito – <strong>Gualdo</strong> avrebbe<br />

riportato in epigrafe <strong>di</strong> una propria opera per stuzzicare i propri contemporanei<br />

e lanciarli alla ricerca della sua ‘origine’:<br />

Je suis le nautonier des océans lunaires<br />

Le poète italien <strong>Gualdo</strong> a cité quelque part ce vers en épigraphe, pour taquiner ses contemporains<br />

en leur faisant chercher «d’où c’était». 136<br />

Nessun’altra allusione all’autore milanese, oltre alla presente, è contenuta<br />

nelle opere dell’artista transalpina, la quale con l’italiano con<strong>di</strong>videva, oltre a<br />

quella personale, un’altra importante amicizia, ovvero quella con l’appena citato<br />

conte Robert de Montesquiou. In effetti, è proprio tra le carte appartenute a<br />

que-st’ultimo che si trova una lettera <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> – posteriore al suddetto articolo<br />

– in cui è presente un’allusione alla loro conoscenza in comune: si tratta <strong>di</strong> un<br />

messaggio in cui il mittente chiede aggiornamenti riguardanti Ju<strong>di</strong>th Gautier<br />

(menzionata soltanto attraverso le iniziali, secondo un uso frequente nei carteggi<br />

gual<strong>di</strong>ani) per poi trasmetterle un galante saluto che accenna al suo gusto per<br />

l’Oriente: “Voyez-vous J. G.? Mettez-moi à ses pieds chinois”. 137 Ed a proposito<br />

dell’interesse della scrittrice per il Celeste Impero non va passata sotto silenzio<br />

la parte finale dello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> su <strong>di</strong> lei incentrato: in questa sezione il<br />

giornalista riprende le fila della propria ‘narrazione’ e si riallaccia all’incipit del<br />

testo, laddove aveva raccontato l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> come e quando il cinese Ding<br />

Dunling era stato introdotto in casa Gautier per poi lungamente inse<strong>di</strong>arvisi<br />

prima <strong>di</strong> sparire in via definitiva. “E che cosa è accaduto del mandarino Tintun-lin?<br />

domanderà forse il lettore”, chiede <strong>Gualdo</strong>, che prontamente offre subito<br />

dopo la sua risposta:<br />

135 Cfr., infra, il paragrafo 7.4 de<strong>di</strong>cato alle relazioni tra <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou.<br />

136 Ibidem: “The Italian poet, <strong>Gualdo</strong>, has quoted this linea s an epighaph, in order to silence<br />

his contemporaries and make them search for its origins” (Wagner at home, cit., p. 150).<br />

137 Lettera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Montesquiou, da Milano, del 1882 pubblicata da V. DONA-<br />

TO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 319.<br />

487


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

È pressoché scomparso, ed avviene ben <strong>di</strong> raro <strong>di</strong> imbattersi ancora in lui sul boulevard.<br />

Aveva lasciato la casa della sua antica allieva, prima ancora che questa si separasse<br />

legalmente dal marito. […]. Pure fin da alcuni anni or sono era <strong>di</strong>venuto serio, ed<br />

aveva perfino sposato una signora vedova. Ma aveva lasciato a Pechino un’altra moglie<br />

e fu accusato <strong>di</strong> bigamia. Processato allora, venne <strong>di</strong>feso in tribunale da Ju<strong>di</strong>th Gautier<br />

in persona, che riempì <strong>di</strong> stupore gli avvocati ed i giu<strong>di</strong>ci non versati nella legislazione<br />

del Celeste Impero, provando col Co<strong>di</strong>ce chinese alla mano (essa lo leggeva nel testo!)<br />

che la bigamia laggiù non è un cas pendable, essendo anzi autorizzata, e che per condannare<br />

Tin-tun-lin bisogna attendere che egli sposi una terza moglie in Europa. 138<br />

Però, conclude in ultima analisi <strong>Gualdo</strong> – insistendo sulla remota possibilità<br />

che l’orientale potesse convolare ancora una volta a giuste nozze nell’antico<br />

continente – a lui, personalmente, era parso abbastanza strano che questi avesse<br />

già trovato una prima, unica e sola moglie nella città <strong>di</strong> Parigi. 139<br />

7.3a Il legame umano ed artistico più longevo: François Coppée<br />

Sul finire del 1872 l’e<strong>di</strong>tore Rechiedei <strong>di</strong> Milano pubblicava Due dolori,<br />

dramma in un atto, nella traduzione italiana <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> dall’originale francese<br />

Deux douleurs <strong>di</strong> François Coppée. 140 In tale data una simile collaborazione<br />

renderebbe poco cre<strong>di</strong>bile l’ipotesi che il primo incontro tra i due scrittori<br />

che <strong>di</strong>verranno col tempo compagni fraterni fosse avvenuto soltanto il 17 luglio<br />

<strong>di</strong> quello stesso anno, 141 come sembrerebbe trapelare dalla lettura <strong>di</strong> un memorandum<br />

dello scrittore transalpino: molto più probabilmente l’annotazione in<br />

questione si riferisce, piuttosto, ad una serata, svoltasi nel salon <strong>di</strong> Mallarmé,<br />

durante la quale i due futuri amici avevano particolarmente familiarizzato.<br />

L’effettiva prima conoscenza doveva, invece, aver avuto luogo in un momento<br />

precedente, sebbene non <strong>di</strong> molto anteriore. Non trascorrerà, comunque, molto<br />

tempo prima che <strong>Gualdo</strong> chieda al confratello <strong>di</strong> tutelare con ogni cura la loro<br />

amicizia, che gli confessi quanto essa sia per lui “précieuse” 142 e che gli confi<strong>di</strong><br />

138<br />

L. GUALDO, Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, cit.<br />

139<br />

Ibidem.<br />

140<br />

F. COPPÉE, Due dolori. Dramma in un atto, in versi, traduzione <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong>, cit.<br />

141<br />

Cfr. infra: 7.5 Mallarmé, “plume évocatrice, dans un tourbillon de rêve et de mystère”.<br />

142<br />

Lettera I a François Coppée (datata “Venezia, 27 août 1874”), in P. DE MONTERA,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 183.<br />

488


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

<strong>di</strong> aver fatto una grande scoperta: “vous êtes mon meilleur ami”. 143 Non a caso<br />

basterà sfogliare le cronache sui quoti<strong>di</strong>ani dell’epoca per scoprire che a tutte le<br />

cene tenutesi a partire dal 1875 al Café Procope – e note tra i gran<strong>di</strong> scrittori<br />

dell’epoca come dîners du «Boeuf Nature» 144 – insieme a Zola, Bourget, Daudet,<br />

Alexis, Flaubert, Maupassant e Huysmans, faceva sempre la propria comparsa<br />

una coppia <strong>di</strong> ottimi, inseparabili amici, artisti anch’essi: “Voici François<br />

Coppée, toujours accompagné d’un ami, le romancier italien <strong>Gualdo</strong>”. 145<br />

Press’a poco allo stesso periodo della su citata affermazione gual<strong>di</strong>ana risale,<br />

inoltre, il conciso ritratto che il milanese offre, in una lettera a Boito, <strong>di</strong> un<br />

Coppée che appare alla stregua <strong>di</strong> un consanguineo (quel Coppée grazie al quale<br />

gli era stato consentito <strong>di</strong> far visita a Victor Hugo), <strong>di</strong> una persona con cui si<br />

è con<strong>di</strong>viso ogni segreto, dai tormenti artistici alle sofferenze <strong>di</strong> cuore:<br />

Coppée petit, brun, bistré, noir, poitrinaire. Simpaticissimo. Conosciuto da infanzia<br />

e da molto prima! Pas grandes manières. Beaucoup de caboche, pas de bra…;<br />

quelque flou. Plus père verti que je le croyais. Très fatigué, abruti, ramolli. Tout à fait<br />

dans notre genre. Il te connaît déjà beaucoup. Molto più avvenirista in letteratura <strong>di</strong><br />

quel che credevo; intimo con Catulle Mendès, &c, &c… Fui in nome suo dal V. H., ma<br />

solo. 146<br />

È all’ottima monografia <strong>di</strong> Montera che si deve la ricchezza <strong>di</strong> documentazione<br />

relativa ai rapporti <strong>Gualdo</strong>-Coppée. Il critico ha, <strong>di</strong>fatti, rintracciato e<br />

pubblicato le 35 lettere dell’italiano in<strong>di</strong>rizzate all’amico d’oltralpe custo<strong>di</strong>te in<br />

parte negli archivi della biblioteca Jacques Doucet – attualmente gestita dalla<br />

‘Chancellerie des universités de Paris’ – e, in altra parte, in possesso <strong>di</strong> un privato,<br />

il professor Lloyd James Austin. La corrispondenza (anche in questo caso<br />

mutila delle risposte), che ricopre gli anni intercorsi tra il 1874 ed il 1895, è tra<br />

le più preziose ai fini della ricostruzione della vita quoti<strong>di</strong>ana dei due poeti, <strong>degli</strong><br />

sviluppi delle rispettive opere, dei pareri <strong>di</strong> ciascuno sulla produzione letteraria<br />

dell’altro, delle amicizie comuni, dell’aiuto e dei consigli reciproci, infine,<br />

143<br />

Lettera IV a Coppée,[1875], ivi, p. 203.<br />

144<br />

J. PATIN, Du “bœuf nature” à “la table des Beylistes”, in «Le Figaro», 7 décembre<br />

1930, p. 5.<br />

145<br />

C. FEDGAL, Le bien manger. Les dîners de Paris (IV), in «La Semaine à Paris», n.<br />

363, 10-17 mai 1929, p. 13.<br />

146<br />

Lettera I ad Arrigo Boito del luglio 1874 (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p.<br />

301). A tal proposito si veda anche, supra, 4.3b Tra teatro, musica e poesia: la sintonia d’arte e<br />

<strong>di</strong> vita con Arrigo Boito.<br />

489


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

inerenti ad ogni tipo <strong>di</strong> questione, dal tema privato a quello professionale, dall’argomento<br />

politico a quello culturale.<br />

Dalle parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in cui il tono bonario, fraterno e confidenziale prevale<br />

su tutti gli altri (per quanto non manchino, si vedrà, anche riflessioni <strong>di</strong> carattere<br />

e stile ben più serio, comprese le privatissime confessioni sul suo stato <strong>di</strong><br />

salute ed i suoi malesseri esistenziali) si evince fin da subito una netta separazione<br />

<strong>di</strong> ruoli tra i due amici: da un lato c’è un Coppée, che ha fatto della passione<br />

letteraria una pratica incessante, vero e proprio mestiere cui de<strong>di</strong>carsi anima<br />

e corpo anche a costo <strong>di</strong> trascurare i propri cari nei momenti <strong>di</strong> totale isolamento<br />

lavorativo; dall’altro, invece, c’è un <strong>Gualdo</strong> troppo spesso vinto da<br />

mille ennuis e dalla propria paresse, che non nasconde al corrispondente un’innocente<br />

invi<strong>di</strong>a per la sua costante de<strong>di</strong>zione alla scrittura, un <strong>Gualdo</strong> che fin<br />

dal principio sintetizza, ironicamente, nei seguenti termini, la tipologia <strong>di</strong> rapporto<br />

intrattenuto con il suo corrispondente, o per meglio <strong>di</strong>re, le caratteristiche<br />

delle sue due componenti: “Vous êtes un ange! – & moi, […], je suis un brute.<br />

Je me méprise profondément à tous points de vue”. 147<br />

La consapevolezza della propria <strong>di</strong>fficoltà nel trovare concentrazione ed<br />

applicazione nel lavoro è, in effetti, un’ammissione ripetuta quasi regolarmente<br />

nella corrispondenza con Coppée: probabile tentativo <strong>di</strong> oggettivare un <strong>di</strong>sagio,<br />

forse flebile sollievo <strong>di</strong>nnanzi alle <strong>di</strong>fficoltà, la <strong>di</strong>chiarazione della propria colpa<br />

nelle righe destinate all’amico è immune da ogni sorta <strong>di</strong> imbarazzo. Egli sa<br />

che quell’uomo “conosciuto da infanzia e da molto prima” comprende le sue<br />

motivazioni e che non c’è alcun sentimento <strong>di</strong> rabbia malcelata nelle sue congratulazioni<br />

per i testi portati a termine. Sono tante le occorrenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi che<br />

lo testimoniano e basterà sfogliare tra le carte Coppée per imbattersi con estrema<br />

facilità in frasi del tipo “vous n’avez donc pas bougé vous avez travaillé!<br />

Vous êtes un heureux sage!” 148 o come “je me réjouis d’apprendre que vous<br />

êtes aussi heureux que possible, puisque vous travaillez. Le travail forcé est<br />

peut-être le meilleur, certainement le seul qu’on fasse régulièrement”. 149 Il conte<br />

<strong>Gualdo</strong> non era soggetto agli stessi obblighi dello scrittore francese, né per<br />

147 Lettera <strong>II</strong>I a Coppée, del 1875. Ivi, p. 190.<br />

148 Lettera XX<strong>II</strong>I allo stesso, da Venezia, del 1888. Ivi, p, 268. Segue, al solito, l’ammissione<br />

della propria inattività (fomentata dal soggiorno nella città in cui al momento risiede, un<br />

luogo che, detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, rende ancora più inclini allo spleen): “Moi je mène ici toujours la<br />

même vie très spéciale et amphibie, qui n’est pas sans charme”.<br />

149 Lettera IV, [1875]. Ivi, p. 199.<br />

490


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

motivi contrattuali né per cause finanziarie, ma non per questo si <strong>di</strong>mostrava <strong>di</strong>sinteressato<br />

ai problemi altrui; il suo entusiasmo, anzi, non ha nulla <strong>di</strong> affettato<br />

e trova forza nell’amicizia e nel rispetto per la produzione del confratello.<br />

Ma Coppée non è soltanto un confidente. Vero amico a tutto tondo è colui<br />

al quale il milanese chiede aiuto, umano e professionale, e al tempo stesso colui<br />

che cerca il soccorso ed il consiglio dell’italiano, in cui ripone ciecamente la<br />

propria fiducia. Egli costituisce, inoltre, l’interme<strong>di</strong>ario attraverso cui <strong>Gualdo</strong><br />

entrerà in contatto con Alphonse Lemerre, che pubblicherà sia il suo Mariage<br />

excentrique che la Ressemblance. E proprio all’intervento del francese sono legate<br />

le sorti <strong>di</strong> quest’ultimo romanzo: nel <strong>di</strong>cembre 1875, <strong>di</strong>fatti, l’autore aveva<br />

appena terminato la stesura manoscritta del testo e, prima <strong>di</strong> ipotizzare la consegna<br />

ad un e<strong>di</strong>tore, sostiene che avrebbe desiderato conoscere il parere <strong>di</strong> Coppée<br />

sull’opera. Solo in caso <strong>di</strong> responso positivo egli avrebbe pensato seriamente<br />

<strong>di</strong> dare alle stampe il manoscritto; altrimenti, si sarebbe “accontentato” <strong>di</strong><br />

volgerlo nella propria lingua madre e affidarlo all’onnivoro Treves. Unica con<strong>di</strong>zione<br />

per la consegna, trovandosi nell’impossibilità <strong>di</strong> recarsi <strong>di</strong> persona in<br />

Francia, sarà però la spe<strong>di</strong>zione postale, che priverà lo scrittore dell’emozione<br />

<strong>di</strong> riporre nelle mani del proprio destinatario il suo primo romanzo francese:<br />

Hélas! Malgré vos pré<strong>di</strong>ctions, je sais bien que je n’irai JAMAIS à Paris. Il me sera<br />

donc impossible de vous apporter moi-même ma copie; non, vous recevrez l’énorme<br />

paquet par la poste, avec prière chaleureuse de lire bien vite pour me <strong>di</strong>re quelles<br />

chances il pourrait avoir de paraître favorablement à Paris, car, en cas de réponse négative,<br />

je le traduirais en italien «en moins de temps qu’il ne faut pour l’écrire», pour le<br />

jeter dans la gueule toujours ouverte de l’é<strong>di</strong>teur Treves. 150<br />

Une ressemblance era stato, infine, con significativa de<strong>di</strong>ca in apertura a<br />

François Coppée, pubblicato da Lemerre (mentre Treves non ne stamperà mai<br />

una traduzione; quella attualmente <strong>di</strong>sponibile è postuma e non autoriale) 151 ed<br />

aveva persino ottenuto un <strong>di</strong>screto successo. Un esito davvero positivo spetterà<br />

al secondo romanzo francese gual<strong>di</strong>ano e<strong>di</strong>to da Lemerre, Un mariage excentrique,<br />

apparso nel maggio ‘79 e già esaurito durante i mesi estivi: attraverso i<br />

carteggi si evince ad<strong>di</strong>rittura che nessuna libreria parigina né tanto meno milanese<br />

possedeva più alcuna copia del testo nel mese <strong>di</strong> settembre. Nonostante la<br />

150 Lettera VI a Coppée. Ivi, p. 213.<br />

151 Il testo Una rassomiglianza è stato infatti pubblicato nel 2002 nella traduzione a ura <strong>di</strong><br />

Marilena Giammarco per la casa e<strong>di</strong>trice Tracce (op. cit.).<br />

491


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

continua domanda, tuttavia, l’e<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Passage Choiseul sembrava non aver<br />

alcuna intenzione (o forse, ipotizza <strong>Gualdo</strong>, semplicemente non poteva assecondare<br />

la sua volontà per mere ragioni economiche) <strong>di</strong> dare <strong>di</strong> nuovo alle<br />

stampe l’opera. Pertanto l’autore, ancora una volta bloccato in Italia, aveva <strong>di</strong><br />

nuovo cercato la collaborazione <strong>di</strong> Coppée: questi avrebbe dovuto esprimere al<br />

<strong>di</strong>rettore il proprio <strong>di</strong>sappunto, cercando <strong>di</strong> convincerlo dell’assoluta necessità<br />

<strong>di</strong> una seconda e<strong>di</strong>zione:<br />

Ce qui me préoccupe par-dessus tout […] c’est que je ne sais comment m’y<br />

prendre pour convaincre d’ici cet architecte de Lemerre réimprimer mon roman. Et il<br />

me semble vraiment bête et triste et absurde de ne pas le faire, puisque l’é<strong>di</strong>tion est<br />

épuisée à Paris et ici, puisque la vente chez Dumolard n’a pas cessé, même pendant<br />

l’été, et puisqu’elle reprendra certainement, au <strong>di</strong>re de D. lui-même, à l’ouverture de la<br />

saison. On en demande ici tous les jours et on s’étonne qu’une seconde é<strong>di</strong>tion ne soit<br />

pas déjà prête. Et il faudrait absolument qu’elle le fût en novembre – mais quand le sera-t-elle,<br />

même si Lemerre s’y décide, avec la lenteur que nous connaissons. 152<br />

<strong>Gualdo</strong> sa bene che la parola del suo corrispondente sarà ben più persuasiva<br />

della propria perché da Lemerre – per il momento – alle sue lettere o non ha<br />

ottenuto replica o ha ricevuto in cambio solo gentili e convenevoli parole prive<br />

<strong>di</strong> una concreta risposta. Spinto dallo sconforto ha dunque compreso che non gli<br />

resta che insistere nella richiesta sfruttando, scrive a Coppée, “votre influence<br />

en ma faveur” 153 e scherzando sulle eventuali conseguenze <strong>di</strong> una fallimentare<br />

ristampa: “Soupposons même que cette seconde é<strong>di</strong>tion ne se vendît pas,<br />

qu’est-ce que cela fait? Au contraire, tout rentrerait dans l’ordre et cet événement<br />

anormal d’un roman vendu chez L. cesserait de surprendre les gens. Peutêtre<br />

cette raison serait-elle trouvée bonne”. 154 L’ingerenza del poeta francese,<br />

anche in quest’occasione, sarà risolutiva benché il romanzo verrà ridato alle<br />

stampe e rimesso in ven<strong>di</strong>ta in entrambi i paesi solo cinque anni più tar<strong>di</strong>. 155<br />

In qualche modo anche il destino <strong>di</strong> una pubblicazione italiana <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è<br />

collegabile a Coppée, sebbene in questo caso il suo apporto abbia influito in<br />

maniera ben inferiore. Nello stesso 1879, <strong>di</strong>fatti, egli non aveva ancora raccolto<br />

in volume i numerosi suoi componimenti poetici apparsi su svariate riviste pe-<br />

152<br />

Lettera V<strong>II</strong> a Coppée, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 217-218.<br />

153<br />

Ivi, p. 218.<br />

154<br />

Ibidem.<br />

155 ème<br />

L. GUALDO, Un mariage excentrique, 2 é<strong>di</strong>tion, Paris, Lemerre, 1884.<br />

492


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

ninsulari, oltre a numerosi altri versi all’epoca ancora ine<strong>di</strong>ti. L’attesa <strong>di</strong> un periodo<br />

favorevole – come ha evidenziato anche quel de Gubernatis 156 che cercherà<br />

la collaborazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per la sua «Revue Internationale» 157 – lo aveva<br />

spinto ad aspettare troppo a lungo, volendo ritardare l’uscita del libro a causa<br />

della copiosa pubblicazione, in quegli anni, <strong>di</strong> un numero spropositato <strong>di</strong> testi <strong>di</strong><br />

lirica. La domanda con cui l’amico francese gli aveva chiesto informazioni circa<br />

un rimatore <strong>di</strong> nome Vecchini (<strong>Gualdo</strong> era solito inviare al suo corrispondente<br />

tutte le novità letterarie nostrane ed aggiornarlo su quelle <strong>di</strong> maggior rilievo)<br />

158 era stato lo spunto per poter esporre al suo destinatario il problema, rendendolo<br />

partecipe dei suoi molteplici dubbi attraverso un’interessante illustrazione<br />

del panorama poetico italiano:<br />

Le poète Vecchini m’est complètement inconnu […]. D’ailleurs le nombre des<br />

poètes devient tellement énorme ici qu’on ne peut plus être au courant.<br />

C’est même ce qui me fait encore hésiter quant à la publication de mon volume de<br />

vers et cependant il faudra s’y résoudre. J’ai attendu longtemps pour ne pas être seul: il<br />

y a foule maintenant; mais comme espérer qu’elle devienne moins compacte? 159<br />

Il timore gual<strong>di</strong>ano più grande è che “le nombre de Vecchini” possa continuare<br />

a crescere <strong>di</strong> giorno in giorno, anche se, intanto, egli non nasconde <strong>di</strong> a-<br />

156 A. DE GUBERNATIS, Dizionario biografico <strong>degli</strong> scrittori contemporanei. Ornato <strong>di</strong><br />

oltre 300 ritratti, vol. I, Firenze, Le Monnier, 1879, p. 536. Alla voce “<strong>Gualdo</strong>, (<strong>Luigi</strong>)” si legge:<br />

“Molte riviste e giornali stamparono i primi suoi versi, alcuni dei quali furono ammirati. Ma<br />

egli non volle raccoglierli in un volume. Sette o otto anni fa, la cosa non era <strong>di</strong> moda e a lui non<br />

piaceva mettersi fra le eccezioni. Più tar<strong>di</strong> lo trattenne un fatto opposto, ma il medesimo sentimento:<br />

temeva <strong>di</strong> naufragare in quel gonfio torrente <strong>di</strong> versi d’ogni metro che inondò l’Italia”.<br />

157 La lettera <strong>di</strong> risposta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a De Gubernatis è in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

cit., p. 321. Il mittente si complimenta per il programma e si propone per un’ipotetica collaborazione:<br />

“Il suo nobile e bel progetto <strong>di</strong> una Revue Internationale avrà quello che merita. […].<br />

Sottoscriverò per Una Azione – e sarò lieto che il mio nome abbia posto nella lista dei collaboratori”.<br />

Non si è trovata, tuttavia, traccia <strong>di</strong> interventi gual<strong>di</strong>ani sul perio<strong>di</strong>co in questione.<br />

158 In ben due occasioni egli si sofferma sui Versi <strong>di</strong> Eva Cattermole-Mancini: “Vous continuez,<br />

je suppose, à récevoir des centaines de volumes de vers italiens. En avez-vous reçu un,<br />

cet hiver, signé: Contessa Lara? Très jolie é<strong>di</strong>tion?” (lett. IX, ivi, p. 225) e, in tono più scherzoso,<br />

<strong>di</strong>rà: “Le vers de la Comtesse Lara ne sont pas sans mérite. Sentiment et pornographie. Vous<br />

savez qu’elle a eu un drame terrible dans sa vie: un amant tué en duel par son mari. Cela n’empêche<br />

pas que si vous la rencontriez n’importe où, vous vous trouveriez à l’instant même vetû<br />

d’un habit bleu à haut collet, de culottes jaunes et de bottes à revers. Il ne faudrait pas en parler<br />

de cette façon au nommé Barbavara qui a été amoureux fou d’elle ” (lett. X, ivi, p. 229).<br />

159 Lettera V<strong>II</strong> a Coppée. Ivi, p. 216.<br />

493


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

ver iniziato concretamente a sondare gli e<strong>di</strong>tori cui all’evenienza rivolgersi,<br />

giacché la sua pre<strong>di</strong>lezione – tra gli stampatori <strong>di</strong> versi “à la mode et les inventeurs,<br />

en Italie, du «Volume de vers», qui se vend, chose absolument inconnue<br />

il y a peu d’an-nes” 160 – restava circoscritta a due nomi: da un lato egli valuta<br />

l’excellent Zanichelli (il quale, ricorda lo scrivente, ha pubblicato Carducci e<br />

Stecchetti), mentre dall’altro pensa <strong>di</strong> interpellare quel Casanova <strong>di</strong> Torino che<br />

poi, in effetti, quattro anni più tar<strong>di</strong>, nel 1883, patrocinerà alle sue Nostalgie,<br />

ossia a quel volume <strong>di</strong> versi in cui il componimento XXXV<strong>II</strong>I è de<strong>di</strong>cato proprio<br />

a Coppée. Splen<strong>di</strong>da descrizione <strong>di</strong> un Interno – è questo il titolo del brano<br />

–, in esso vi è illustrato il luogo in cui “s’impegnò la lotta che non vide / il lettore<br />

<strong>di</strong>stratto”, quella stanza del poeta in cui l’Idea passa fugace come la donna<br />

che sorride per poi tornare dea, quella stanza dove – se davvero ispirata allo<br />

stu<strong>di</strong>o in cui lavorava il francese – sembrerebbe ad<strong>di</strong>rittura far capolino un’immagine<br />

<strong>di</strong> quella Méry Laurent, interprete teatrale ed intima <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e Coppée<br />

che fu spesso me<strong>di</strong>atrice <strong>di</strong> notizie sul conto dell’uno e dell’altro quando<br />

essi non riuscivano ad aggiornarsi in prima persona:<br />

Lontana dai rumor, chiara e quieta,<br />

Addorme il core ed il pensier risveglia<br />

La stanza del poeta.<br />

Qui c’è l’impronta della lunga veglia,<br />

Là stanno i libri che lo spirito adora,<br />

Ovunque è sparsa una malìa segreta.<br />

La penna giace non asciutta ancora;<br />

Tutto spira la vita e insiem la pace,<br />

Ed il sole colora<br />

Ogni appeso ritratto: là, procace,<br />

Mostra un’attrice le sue grazie infide<br />

E turba lievemente la <strong>di</strong>mora. 161<br />

Certamente l’italiano è stato un assiduo frequentatore della <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Coppée<br />

(non solo in occasione dei tanto noti raduni domenicali della rue Ou<strong>di</strong>not) e<br />

della sua stanza da lavoro, giacché – come si <strong>di</strong>rà – il parigino era solito consegnare<br />

alla lettura del suo consigliere i propri manoscritti, sia in fase <strong>di</strong> scrittura<br />

160 Ibidem.<br />

161 L. GUALDO, Interno (A F. Coppée), in Le Nostalgie, cit., pp. 28-29.<br />

494


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

che a progetto ultimato. Il francese, a sua volta, doveva aver ricambiato, almeno<br />

una volta, le numerose visite facendo un soggiorno nella città ambrosiana. Il 9<br />

maggio del 1877 <strong>Gualdo</strong> scriveva da Firenze in un poscritto a Verga: “Prima <strong>di</strong><br />

partire, ho avuto a Milano Coppée per quin<strong>di</strong>ci giorni”. 162 In parte la cronaca<br />

dell’avvenimento è affidata alle parole dello stesso visitatore poiché, appena<br />

messo piede nella città lombarda, il poeta d’oltralpe aveva in<strong>di</strong>rizzato alcune righe<br />

a sua sorella Annette per raccontarle che, dopo nove ore <strong>di</strong> viaggio in treno,<br />

aveva finalmente raggiunto l’ambita meta. Appena guadagnata la stazione, sostiene,<br />

“je tombais dans les bras de <strong>Gualdo</strong>, ivre de joie de me voir en Italie”.<br />

Questi, tuttavia, non aveva potuto ospitare l’amico, “mais je vais y <strong>di</strong>ner tout le<br />

temps”, aggiunge poco oltre Coppée, “et il m’a trouvé, à deux pas de sa maison,<br />

un petit hôtel où je suis très bien”. 163 Appren<strong>di</strong>amo poi dallo stesso documento<br />

che egli alloggerà, in effetti, all’Albergo del Leone, sul Corso Vittorio Emanuele,<br />

a pochissima <strong>di</strong>stanza dal palazzo gual<strong>di</strong>ano sito in via Bagutta. 164 Sedotto<br />

ed incantato dalla città meneghina che gli pare esser stata creata appositamente<br />

per la flânerie, Coppée racconterà <strong>di</strong> aver trascorso due giorni interi en compagnie<br />

de cet aimable fol de <strong>Gualdo</strong> percorrendo, sospinto solo dal caso, le belle<br />

strade del centro, ognuna delle quali conducente <strong>di</strong>nnanzi ad una chiesa o ad un<br />

e<strong>di</strong>ficio storico. 165 Eccellente cicerone, come lo sarà anche per Bourget e per<br />

tutti i confratelli letterati venuti in soggiorno nel belpaese, <strong>Gualdo</strong> condurrà il<br />

suo ospite d’eccellenza in visita al Duomo, a Sant’Ambrogio, al Cenacolo <strong>di</strong><br />

Leonardo. Sulla via del ritorno in patria, infine, Coppée farà una breve tappa a<br />

Torino per fare la conoscenza, sempre su richiesta del suo amico milanese, de<br />

“le poète Camerana qui, paraît-il m’adore”. 166<br />

Negli anni precedenti – almeno a partire dal 1873 – i due scrittori avevano<br />

compiuto altri viaggi insieme: a breve <strong>di</strong>stanza dai primi incontri, la loro frequentazione<br />

era già assidua ed il legame a tal punto solido da consentir loro <strong>di</strong><br />

trascorrere in reciproca compagnia la stagione estiva, come ad esempio ai bagni<br />

<strong>di</strong> mare <strong>di</strong> Etrerat. Sembrerebbe che sia stato proprio in quest’occasione che<br />

162<br />

G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 131 (lettera 5).<br />

163<br />

F. COPPÉE, Lettres à sa sœur Annette, Introduction et notes de M. Jean Monval, in<br />

«Le Correspondant», 25 avril 1912, p. 217.<br />

164<br />

Si tratta del “Palazzo Reina-<strong>Gualdo</strong>”, costruito nel 1840 da Nicola Dordoni, in stile neoclassico,<br />

attualmente sede <strong>di</strong> sezioni del Comune <strong>di</strong> Milano e <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse associazioni culturali.<br />

165<br />

F. COPPÉE, Lettres à sa sœur Annette, cit., p. 217.<br />

166 Ivi, p. 222.<br />

495


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Coppée abbia composto i versi Rhythme des vagues, de<strong>di</strong>cati a <strong>Gualdo</strong> ed ispirati<br />

dal cadenzato suono delle onde, in grado <strong>di</strong> suscitare negli uomini l’idea <strong>di</strong><br />

realizzare versi armoniosi: al poeta, umile osservatore <strong>di</strong> quelle eco, <strong>di</strong> quegli<br />

urti incessanti, strumenti musicali della natura, non resta che lasciarsi guidare<br />

dalla sacralità e dalla vaghezza <strong>di</strong> quelle impressioni attraverso cui “l’Océan<br />

nous récitât des vers”. 167 Il de<strong>di</strong>catario prontamente ringrazierà il collega per<br />

avergli intitolato le suddette strofe – ancor memore dei giorni trascorsi in Norman<strong>di</strong>a<br />

– nonché per l’invio del volume, del quale non manca <strong>di</strong> segnalare i<br />

componimenti che più ha apprezzato:<br />

Le Cahier Rouge m’a charmé. J’adore Les luttes forains, le sonnet à Clau<strong>di</strong>us Popelin<br />

[Kabala], la pièce dé<strong>di</strong>ée à Madame Doche [Le Printemps] & notamment tout le<br />

reste. Le Vieux soulier & le Rythme des Vagues (merci encore pour la dé<strong>di</strong>cace) m’ont<br />

rappelé les bons jours de Trouville. Et on va jouer une pièce de vous [La guerre de<br />

Cent ans] au Vaudeville, & le Psautier / cinq actes / est fini, & le roman [Un idylle<br />

pendant le siège] & Olivier vont paraître bientôt! Mais, savez-vous que vous êtes d’une<br />

activité effrayante? – Moi, au contraire, je travaille forte peu & suis découragé. 168<br />

Appare evidente da questa citazione che i due amici si tenessero costantemente<br />

aggiornati sulle rispettive produzioni letterarie e, soprattutto, che <strong>Gualdo</strong><br />

seguisse con continuità gli sviluppi delle opere in fieri del suo corrispondente.<br />

In questa prima fase dei loro contatti c’è un testo, in particolare, su cui egli richiede<br />

regolari aggiornamenti: si tratta del romanzo in versi Olivier (già menzionato<br />

nella su riportata lettera), <strong>di</strong> cui il lombardo doveva evidentemente aver<br />

letto la versione autografa. Difatti, come ricorda Montera, “Coppée avait pris<br />

l’amicale habitude de soumettre au jugement de <strong>Gualdo</strong> ses écrits avant de les<br />

envoyer à l’impression”: 169 anche la bozza <strong>di</strong> Olivier doveva esser stata sottoposta<br />

al suo vaglio se, nel corso dell’ottobre1875, il critico afferma <strong>di</strong> attendere<br />

con impazienza <strong>di</strong> relire il volume che <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver nel frattempo annunciato a<br />

tutto il mondo e <strong>di</strong> cui domanda novità sullo stato <strong>di</strong> avanzamento <strong>di</strong> stampa. 170<br />

Il giu<strong>di</strong>zio conclusivo arriva, però, all’indomani della pubblicazione, alla fine <strong>di</strong><br />

167<br />

ID., Le Rythme des Vagues (A <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>), in Le Cahier Rouge, in Poésies, t. <strong>II</strong>, Paris,<br />

Petite Bibliothèque Lemerre, 1869-1874, pp. 178-179.<br />

168<br />

Lettera <strong>II</strong> a Coppée, datata “Milan, 30 novembre [1874]” e pubblicata in P. DE MON-<br />

TERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 185-186.<br />

169<br />

Ivi, p. 33.<br />

170<br />

Ivi, pp. 209-210. Lettera V: “J’attends Olivier avec impatience. Je l’ai annoncé à tout le<br />

monde. J’ai soif de le relire. Comment va le travail ? Et le pièces ? Y a-t-il quelque espoir?”.<br />

496


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

<strong>di</strong>cembre, allorquando <strong>Gualdo</strong> sostiene <strong>di</strong> aver letto il libro “pour la vingitième<br />

fois; je le sai presque tout par coeur”; in volume gli pare <strong>di</strong> averlo apprezzato<br />

ancor più che nella veste manoscritta. In Italia ed in Francia, sostiene, ogni<br />

donna non può fare a meno <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> Olivier, e, proprio come egli aveva<br />

predetto a Yport, sa che proprio per questo motivo i giornalisti potranno muovere<br />

all’autore l’accusa falsa e ri<strong>di</strong>cola – sostiene scherzosamente – <strong>di</strong> aver redatto<br />

tale romanzo soltanto per “faire des femmes”. Ma, in fin dei conti, quel<br />

testo non potrà in alcun modo esser destinato all’insuccesso: sarà, anzi, favorevolmente<br />

accolto e, malgrado le inevitabili stigmatizzazioni, esso piacerà molto,<br />

dal momento che è, a suo parere e senza mezzi termini, une œuvre parfaite. 171<br />

Scorrendo le lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è possibile annoverare i tanti suoi interventi<br />

a proposito dei lavori <strong>di</strong> Coppée. Supplendo ai momenti <strong>di</strong> intima familiarità<br />

che i due potevano con<strong>di</strong>videre <strong>di</strong> norma a Parigi, tali documenti testimoniano<br />

il conforto che un’amicizia vigile e continua poteva apportare nella loro esistenza<br />

<strong>di</strong> uomini <strong>di</strong> lettere con i rispettivi doveri, sforzi, scadenze e, tutt’a un<br />

tempo, la testimonianza dei reciproci consigli, incoraggiamenti e giu<strong>di</strong>zi. In<br />

quest’ottica andranno, allora, lette le frasi con cui il milanese commenta i lavori<br />

del suo destinatario, tanto quelli <strong>di</strong> cui è lo stesso Coppée a mettere al corrente<br />

il confratello, quanto quelli sui quali <strong>Gualdo</strong> interviene <strong>di</strong> sua spontanea volontà,<br />

magari dopo averne trovato in<strong>di</strong>cazione sulle riviste. Così, ad esempio, avendo<br />

saputo dal proprio corrispondente del suo impegno come cronista, per<br />

«Le Moniteur», del Salon del ’75, <strong>Gualdo</strong> si metterà alla ricerca del giornale a<br />

Milano per poter scorgere “un modèle de critique gautieriste bien entendue”,<br />

con la raccomandazione – che l’amico, in effetti seguirà – <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care qualche<br />

171 Ivi, pp. 211-213. Lettera VI: “Je viens de relire «Olivier» pour la vingtième fois; je le<br />

sais presque tout par cœur. Imprimé, il me plait encore plus que manuscrit. C’est tout simplement,<br />

sachez-le bien, une œuvre parfaite. Je le préfère, non seulement à Mallarmé, mais à tout<br />

ce qui a été publié dans ces dernières années. Les femmes en sont folles. On vous accusera, je<br />

vous l’ai pré<strong>di</strong>t à Yport, d’avoir écrit ce poème si sincèrement désespéré pour «faire des<br />

femmes» & nous seuls savons à quel point cette accusation est fausse et ri<strong>di</strong>cule. […]. Du reste,<br />

à un autre point de vue, je dois vous <strong>di</strong>re qu’après avoir relu «Olivier» en volume de 99 pages,<br />

j’ai changé d’idée: je ne crois plus à l’insuccès. Non, ce livre, sera très favorablement accueilli,<br />

&, malgré quelques éreintements inévitables, plaira beaucoup. Dites-moi bien vite que j’ai raison.<br />

L’Italien Paro<strong>di</strong> (qui est un grec) dans sa dernière correspondance à L’Illustrazione en<br />

parle bêtement, mais assez bien, en prononçant votre nom avec un respect inaccoutumé. J’ai reçu<br />

votre lettre avec un immense plaisir & vous êtes adorable de m’avoir si bien «mis au courant».<br />

Mais savez-vous pourquoi j’ai attendu si longtemps vous en remercier? Parce que – que<br />

l’étonnement le plus vif se peigne sur votre physionomie! – parce que j’ai beaucoup travaille”.<br />

497


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

riga ai <strong>di</strong>pinti e alle sculture <strong>di</strong> Marcello, la duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna allieva<br />

<strong>di</strong> Carpaux. 172 All’interno del medesimo messaggio epistolare egli chiede,<br />

inoltre, ragguagli sulla raccolta <strong>di</strong> pièces teatrali Les Jeunes Filles, 173 mentre<br />

negli anni seguenti si congratulerà per le strofe Aux bougeois d’Amsterdam, per<br />

i versi de L’Aveu che l’autore italiano scrive <strong>di</strong> adorare (specie perché nessuno<br />

al mondo potrà comprenderli meglio <strong>di</strong> lui), 174 domanderà <strong>di</strong> poter leggere Toute<br />

une jeunesse, il romanzo <strong>di</strong> cui ha avuto notizia attraverso le pagine dei giornali<br />

(e da cui è rimasto affascinato già dal solo dal titolo) 175 ed in seguito chiederà<br />

del testo <strong>di</strong> Henriette, 176 della declamazione in Svizzera del dramma Pour<br />

la Couronne 177 (e delle successive repliche a teatro, all’epoca del termine della<br />

redazione de La Frazière). 178 Infine, nel 1894, commenterà ilvolume <strong>di</strong> versi Le<br />

Lys Rouge, “ou je trouve”, afferma, “des beautés de premier ordre & qui me<br />

plait excessivement”. 179<br />

Diverse riflessioni gual<strong>di</strong>ane sono poi affidate alle lettere redatte in risposta<br />

all’invio dei propri volumi da parte dello scrittore francese: <strong>di</strong> tutte queste opere<br />

due soltanto, corredate da parole <strong>di</strong> de<strong>di</strong>ca autografe, fanno ancora parte dell’attuale<br />

Fondo <strong>Gualdo</strong>, vale a <strong>di</strong>re una raccolta poetica del 1870 180 ed un’altra<br />

172<br />

Ivi, p. 193. Lettera <strong>II</strong>: “Je chercherai le Moniteur pour lire votre salon, qui doit certainement<br />

être un modèle de critique gautieriste bien entendue. Je vous recommande très sérieusement<br />

Marcello. – Quand irons-nous la voir ensembles (sic) cette excellente Duchesse? – Jamais;<br />

mais allez donc la voir tout seul, après l’avoir bien… dans votre article”.<br />

173<br />

Ivi, p. 194. Post scriptum della lettera <strong>II</strong>: “Je suis heureux d’apprendre que vous continuez<br />

les «Jeunes Filles». Je les adores toutes, même celles que ne connais pas encore”.<br />

174<br />

Ivi, pp. 231-232: “Je viens de lire vos vers à N.T.R. – (J’espère que vous mettrez cette<br />

dé<strong>di</strong>cace plus tard) – publiés dans la Revue Internationale, et j’en suis charmé à un point que se<br />

ne saurais vous <strong>di</strong>re. Vous imaginiez-vous combien le Comte Commandeur de G. ne sait pas de<br />

quoi il est question ? Ces vers, je les adore, et personne ne les comprend autant que moi”.<br />

175<br />

Ivi, p. 253. Lettera XV<strong>II</strong>I: “Votre roman marche-t-il? J’en ai vu le titre annoncé, qui me<br />

charme particulièrement, comme vous pouvez vous l’imaginer”.<br />

176<br />

Ivi, pp. 262 (lettera XXI) e 272 (lettera XXV). Rispettivamente “Etes vous en train de<br />

finir votre roman?” e “Je lirai avec joie votre roman, dont le titre me plait déjà beaucoup, mais<br />

je regrette infiniment de vous savoir souffrant & ne pouvant sortir”.<br />

177<br />

Ivi, p. 263. Lettera XX<strong>II</strong>: “J’avais entendu parler de votre excursion de lecture en<br />

Suisse, et je suis heureux du grand succès obtenu, le quel se renouvellera pour sûr en Hollande”.<br />

178<br />

Ivi, p. 289. Lettera XXXIV: “Avez-vous quitté La Frazière? Et le répétitions de Pour<br />

la Couronne ont-elles commencé à l’Odéon? Comment cela marche-t-il?”.<br />

179<br />

Ivi, p. 287. Lettera XXX<strong>II</strong>I.<br />

180<br />

F. COPPÉE, Poésies 1864-1869: Le reliquaire, Intimités, Poèmes modernes, La grève<br />

des forgerons, Paris, Lemerre, 1870. Il volume presente nel Fondo <strong>Gualdo</strong> (S.Q#.Z.X.23) conserva<br />

la de<strong>di</strong>ca autografa dell’invio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

498


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

del 1883. 181 Delle rimanenti spe<strong>di</strong>zioni resta traccia soltanto me<strong>di</strong>ante le allusioni<br />

contenute nelle lettere pervenuteci: al maggio 1883 risale un’espressione<br />

<strong>di</strong> ritardata gratitu<strong>di</strong>ne per la ricezione dei Vingt Contes nouveau “que j’ai, de<br />

nouveau, savourés avec un délicat plaisir, ayant presque l’illusion d’y avoir un<br />

peu collaboré, tellement vous êtes sur le point de <strong>di</strong>re les choses”; 182 al 1887,<br />

invece, il ringraziamento per il volume rie<strong>di</strong>to de Les contes en vers; 183 a tre<br />

anni più tar<strong>di</strong>, inoltre, il commento per aver trovato al suo ritorno Paroles sincères,<br />

“ce petit volume délicieux” i cui versi, “si simples et si raffinés à la fois”,<br />

<strong>Gualdo</strong> afferma <strong>di</strong> conoscere già quasi tutti a memoria per averli tanto “fréquemment<br />

savouré”; 184 alla fine del luglio 1893 risalgono poi le frasi <strong>di</strong> riconoscenza<br />

per l’invio <strong>di</strong> una delle opere più amate dall’italiano, Rivales, perché “il<br />

est bien <strong>di</strong>fficile de faire, dans son genre, quelque chose de plus admirable & de<br />

plus parfait” 185 e, infine, al novembre 1894, la manifestazione <strong>di</strong> gioia per la<br />

de<strong>di</strong>ca che accompagnava il testo dei Contes tout simples, da cui il nostro ricevente<br />

del dono scrive <strong>di</strong> esser stato letteralmente stregato. 186<br />

Qualche considerazione in più andrà spesa, per concludere, su Les Jacobites,<br />

il dramma in versi in cinque atti <strong>di</strong> cui Coppée racconta alla sorella <strong>di</strong> aver<br />

dato lettura contemporaneamente a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e ad Alphonse Lemerre prima<br />

<strong>di</strong> consegnarlo alle stampe. 187 L’autore si era, all’epoca, ritirato a Marlotte per<br />

re<strong>di</strong>gerne il testo 188 ed aveva successivamente chiamato i suoi “consiglieri” per<br />

181<br />

ID., Poésies 1864-1872: Le reliquaire, Poèmes <strong>di</strong>vers, Intimités, Poèmes modernes, La<br />

grève des forgerons, Les humbles, Ecrit pendant le siège, Plus de sang, Promenades intérieurs,<br />

Paris, Lemerre, 1883. L’esemplare custo<strong>di</strong>to all’Ambrosiana (S.Q#.Z.X.1) è de<strong>di</strong>cato: “A <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> son véritable ami du coin du coeur”.<br />

182<br />

Lettera IX int. “Dimanche (mai 1883)”. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 224.<br />

183<br />

Lettera XX. Ivi, p. 261.<br />

184<br />

Lettera XXV<strong>II</strong>. Ivi, pp. 275-276.<br />

185<br />

Lettera XXX<strong>II</strong>. Ivi, p. 284. Il commento all’opera appena letta continua in questi termini:<br />

“J’espérais pouvoir vous <strong>di</strong>re bien mieux, en quelques mots, une partie de ce que ce livre a<br />

su souffler en moi, car j’étais presque sur le point de venir à Paris pour y passer quelque jours,<br />

& aller ensuite de par le monde jusque vers la fin de l’été”.<br />

186<br />

Lettera XXXIV. Ivi, p. 288: “Comment vous remercier, mon cher Ami, pour la si affectueuse<br />

dé<strong>di</strong>cace de vos Contes tout simples que je viens de lire avec ravissement? Je vous en<br />

suis très reconnaissant, comme toujours”.<br />

187<br />

F. COPPÉE, Lettres à sa sœur Annette, cit., in «Le Correspondant» , 10 juin 1912, p.<br />

880: “[…] demain soir j’attends Lemerre et <strong>Gualdo</strong>. A partir de mercre<strong>di</strong>, par exemple, je me<br />

remets dans le brancard, et j’espère enlever vite la fin de ma pièce”.<br />

188<br />

Ivi, p. 879. <strong>Gualdo</strong> era solito fare visita all’amico quando si ritirava fuori porta. In una<br />

lettera a donna Vittoria Cima del 1885, ad esempio, scrive: “Coppée è un po’ qui un po’ in<br />

499


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

metterli al corrente dell’andamento del progetto teatrale. L’italiano non fa mai<br />

menzione <strong>di</strong> questo incontro, però s’informa con una certa regolarità sulla messa<br />

in scena della pièce: dal circondario <strong>di</strong> Monza, infatti, nel corso del 1884 (e<br />

più precisamente nei giorni in cui Coppée era alle prese con la stesura del <strong>di</strong>scorso<br />

per la ricezione dell’onorificenza come membro dell’Accadémie Française)<br />

189 egli domanda al suo corrispondente se essa verrà messa in scena – come<br />

in effetti avverrà, nel corso del 1885. 190 La prima si terrà all’Odéon il 21 novembre<br />

<strong>di</strong> quell’anno e <strong>Gualdo</strong> scriverà lungamente al caro amico per scusarsi<br />

della propria assenza in occasione <strong>di</strong> tale rappresentazione; nonostante Coppée<br />

avesse ottenuto un’informazione contraria da parte <strong>di</strong> terzi, non c’è possibilità<br />

alcuna, afferma egli <strong>di</strong>spiaciuto, che possa riuscire a raggiungere Parigi entro la<br />

data prescelta per la messinscena:<br />

Hélas! Mon cher ami, je ne serai pas à la première des Jacobites. Je suppose que<br />

je n’ai pas besoin de vous <strong>di</strong>re combien je le regrette. C’est impossible; je ne sais<br />

même plus de tout quand je pourrai revoir Paris. Je fais des vœux doublement sincères<br />

pour que votre nouveau drame tienne l’affiche pendant deux ans pour que j’aie une<br />

vague chance de pouvoir assister à une représentation. Je vous écris tout cela parce que<br />

ce personnage des Œuvres d’Alfred de Musset illustrées par Bida qui s’appelle A. B.<br />

de G. me <strong>di</strong>t qu’il vous a assuré que je serai à la première. Et je suis positivement navré<br />

de devoir lui donner tort. 191<br />

Pur non avendo potuto garantire la propria presenza, <strong>Gualdo</strong> si terrà comunque<br />

aggiornato sugli esiti dello spettacolo – leggendone, afferma, tutti gli<br />

articoli a riguardo – e si feliciterà imme<strong>di</strong>atamente con Coppée per il beau suc-<br />

campagna – ed io pure” (Lettera 15, ine<strong>di</strong>ta, Fondo Vittoria Cima, c.3, b.40). O, ancora, nel<br />

1893, narra sia a sua cugina Giulia – “Sono stato come ti <strong>di</strong>ssi, da Coppée, nella bella villa (ma<br />

senza vista) che ha comprato per niente due anni fa. Cosa strana in Francia, il giar<strong>di</strong>no è bello e<br />

abbastanza grande, e la casa è comoda; per quanto Coppée possegga la scienza, il génie de<br />

l’inconfortable pure non è riuscito a guastarla” (Lettera 2.8, ine<strong>di</strong>ta, Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>) – che<br />

a Verga – “Vedo molto Coppée, che va e viene dalla campagna” (G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani…,<br />

cit., p. 144. Lettera 25, erroneamente datata dal curatore) – <strong>di</strong> aver soggiornato nella <strong>di</strong>mora<br />

fuori Parigi del suo ospite o <strong>di</strong> averlo ricevuto nella capitale quando questi vi faceva ritorno.<br />

189 Nella lettera in questione, infatti, si legge: “Je ne croyais pas que vous prononceriez<br />

votre <strong>di</strong>scours si tôt (relativement). Ce sera, je crois, tant mieux pour vous d’en avoir fini plus<br />

vite”. La ricezione sarebbe avvenuta in data 18 <strong>di</strong>cembre 1884. Ivi, p. 234.<br />

190 Lettera X<strong>II</strong>I <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 235: “Je<br />

vous plains d’avoir à vous colleter avec Perrin: la pièce sera-t-elle jouée en 85?”.<br />

191 Lettera XVI. Ivi, p. 245.<br />

500


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

cès ottenuto dall’opera: dopo la prima, infatti, l’autore del dramma gli aveva inviato<br />

la brochure (il testo era stato messo in ven<strong>di</strong>ta il successivo 2 <strong>di</strong>cembre)<br />

che il milanese aveva attentamente riletto con un entusiasmo ad<strong>di</strong>rittura maggiore<br />

rispetto al giorno in cui ne aveva visionato il manoscritto. 192 Il suo giu<strong>di</strong>zio<br />

conclusivo, anche in questo caso favorevolissimo, verrà poi sintetizzato nella<br />

stessa lettera con una frase ispirata a Le Passant, opera giovanile dello stesso<br />

Coppée: “Vos pièces font toujours éclore des étoiles”. 193<br />

Gli anni che seguono, purtroppo, vedono entrambi gli scrittori ammalati in<br />

maniera piuttosto seria. Nonostante i momenti <strong>di</strong> ripresa nella salute <strong>di</strong> entrambi,<br />

le loro conversazioni epistolari <strong>di</strong>ventano più stringate e meno frequenti. Unitamente<br />

alla motivazione me<strong>di</strong>ca è però da non sottovalutare il fatto che in<br />

questi anni <strong>Gualdo</strong> risiederà quasi del tutto in modo stabile in Francia e, pertanto<br />

– i suoi contatti con Coppée più assidui – la necessità <strong>di</strong> interloquire attraverso<br />

la pagina scritta <strong>di</strong>venterà meno impellente. Al contrario, è possibile trovare<br />

un’occorrenza maggiore <strong>di</strong> allusioni all’amico francese, alle sue visite, ai suoi<br />

viaggi, al suo stato clinico e – più in generale – alle sue vicende (anche interpersonali),<br />

nelle lettere dell’italiano in<strong>di</strong>rizzate al <strong>di</strong> qua della Alpi: sue interlocutrici<br />

pre<strong>di</strong>lette saranno a questo punto – tenuto sempre conto <strong>degli</strong> attuali ritrovamenti<br />

– la cugina Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani e l’intima confidente <strong>di</strong> lunghissima<br />

data donna Vittoria Cima.<br />

François Coppée è il primo e – almeno in fase iniziale – l’unica persona a<br />

cui <strong>Gualdo</strong> confida <strong>di</strong> essersi gravemente ammalato, a patto però che questi non<br />

con<strong>di</strong>videsse tall segreto con anima viva: prima della paralisi sopraggiunta nel<br />

gennaio 1894, egli era stato vittima <strong>di</strong> un forte malore che gli aveva impe<strong>di</strong>to<br />

durante l’estate precedente <strong>di</strong> recarsi a Parigi. Uno svenimento dovuto forse al<br />

caldo, un’in<strong>di</strong>gestione unita ai tormenti morali (da poco era morta la madre,<br />

Bianca Taccioli), ma soprattutto un <strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> carattere nervoso: erano stati<br />

questi i sintomi del malore, tristi avvisaglie <strong>di</strong> una ben più grave patologia che<br />

avrebbe segnato il suo destino nel futuro prossimo.<br />

192 Lettera XV<strong>II</strong>. Ivi, p. 247: “[…] je ne vous ai pas félicité du beau succès des Jacobites,<br />

ni remercié de l’envoi de la brochure! Mais vous me pardonnerez, car vous savez, n’est-ce pas?<br />

combien souvent je pense à vous et combien tout ce qui vous arrive d’agréable me cause une<br />

vraie joie. J’ai lu TOUS les articles qui ont paru sur votre drame ; j’ai relu le drame en<br />

l’admirant peut-être encore plus qu’à la lecture du manuscrit – & en lisant tout cela, mes regrets<br />

de n’avoir pas été là à vous applau<strong>di</strong>r et à jouir de votre succès se sont encore accrus”.<br />

193 Ivi, pp. 248.<br />

501


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Pour la première fois depuis l’âge de sept ans (à Paris) je suis retombé malade: j’ai<br />

eu d’abord un évanouissement, causé par les grandes chaleurs, par des longues souffrances<br />

morales, &, il faut l’avouer aussi, manifesté en dernière occasion par une in<strong>di</strong>gestion<br />

de cerises. A cette défaillance était mêlé un certain désordre nerveux, qui m’a<br />

donné pendant quelques jours un peu de fièvre & que les médecins (i<strong>di</strong>ots) ont soigné<br />

par certains remèdes & par un régime très spécial. 194<br />

Per sua fortuna, tuttavia, alcuni mesi <strong>di</strong> tranquillità faranno seguito all’episo<strong>di</strong>o<br />

appena riportato, mesi durante i quali <strong>Gualdo</strong> decise <strong>di</strong> recarsi in Francia<br />

dove continuerà tutte le cure, cercando <strong>di</strong> non strapazzarsi, prendendo le porcherie<br />

prescrittegli dagli esculapi e, specialmente, tentando <strong>di</strong> frequentare il<br />

meno possibile il bel mondo. Tra le poche persone che scrive <strong>di</strong> aver visto, racconta<br />

a sua cugina, c’è proprio quel “Coppée, che mi ha ricevuto con una gran<br />

festa. Egli è ancora in campagna, nella villa che ha comperata e che già conosco,<br />

e domani andrò da lui”. 195 Purtroppo l’aggravarsi delle sue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

salute e la conseguente paralisi gli impe<strong>di</strong>ranno in seguito <strong>di</strong> muoversi e lo costringeranno<br />

per lungo tempo in casa. Circondato dagli amici d’oltralpe, comunque,<br />

l’ammalato narra a donna Vittoria <strong>di</strong> non esser rimasto praticamente<br />

mai solo: ancora nel corso del 1895, cioè oltre un anno dopo la fatale ricaduta,<br />

affermerà <strong>di</strong> avere sempre “molte, troppe visite” tra le quali la più gra<strong>di</strong>ta restava<br />

in ogni occasione quella <strong>di</strong> Coppée, al suo capezzale “tutti i giorni”, tranne<br />

nei perio<strong>di</strong> in cui anch’egli era afflitto da qualche in<strong>di</strong>sposizione. 196 È a quest’epoca<br />

che il poeta suo primo confidente si rivelerà per <strong>Gualdo</strong> una fonte eccezionale<br />

<strong>di</strong> notizie, anche retrospettive, relative al suo stesso stato sanitario. I<br />

me<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong>fatti, in accordo con i familiari, avevano deciso <strong>di</strong> tenergli in parte nascosta<br />

la verità e il reale decorso <strong>di</strong> quella mielite sifilitica che ben <strong>di</strong>fficilmente<br />

gli avrebbe permesso un giorno <strong>di</strong> risollevarsi in pie<strong>di</strong> sulle proprie gambe:<br />

Nei giorni che Coppée è rimasto qui ho potuto [...] sapere da lui la verità retrospettiva<br />

(che già in parte supponevo) cioè quanto fui gravemente e peggio ammalato l’anno<br />

scorso, e solo come la mia forte costituzione mi abbia per questa volta salvato – senza<br />

contare le cure affettuose ed assidue <strong>di</strong> Barbavara e <strong>di</strong> Jullien, cui devo un’immensa<br />

riconoscenza, e che ebbi la fortuna <strong>di</strong> poter avere costantemente. Altrove e con altri<br />

me<strong>di</strong>ci le cose sarebbero state ben <strong>di</strong>verse, e certo non sarei qui a raccontarle. 197<br />

194<br />

Lettera XXX<strong>II</strong>. Ivi, p. 284.<br />

195<br />

Lettera a Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani. Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Z80suss. b.2(7).<br />

196<br />

Lettera ine<strong>di</strong>ta. Fondo Vittoria Cima c.3.b.40(24).<br />

197<br />

Lettera a Giulia Litta Mo<strong>di</strong>gnani. Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Z80suss. b.3(29).<br />

502


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Ma un piccolo miglioramento consentirà, alla fine, all’italiano <strong>di</strong> deambulare,<br />

per quanto sorretto da aiutanti o appoggiato a stampelle da passeggio. Così,<br />

nel 1896, l’ammalato può <strong>di</strong> nuovo partecipare – seppur con minore assiduità<br />

<strong>di</strong> un tempo – alla vita sociale della capitale francese. Testimonianze dei suoi<br />

progressi si trovano nel carteggio con Vittoria Cima, l’amica alla quale scrive <strong>di</strong><br />

avere ormai ripreso l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pranzare fuori quoti<strong>di</strong>anamente, in compagnia<br />

<strong>di</strong> Bourget o <strong>di</strong> Coppée che lo invitano “nei noti restaurants – oppure in altri<br />

posti intimi <strong>di</strong> gente alloggiata in alto”. 198 Persino dopo i mesi trascorsi a Bordeaux<br />

per motivi <strong>di</strong> salute, 199 lo scrittore francese non rinuncerà ad invitare per<br />

le festività pasquali il caro amico: “ Venerdì santo ho avuto un eccellente pranzo<br />

<strong>di</strong> magro dai Girardoux, dove c’era pure Coppée, dal quale ho poi pranzato il<br />

giorno <strong>di</strong> Pasqua, per poi andare alla sera dalla Principessa Matilde, dove c’era<br />

un po’ più gente del solito”. 200 Il parigino, provato dall’operazione subita da<br />

poche settimane, aveva voluto trascorrere i giorni <strong>di</strong> festa insieme a <strong>Gualdo</strong>: 201<br />

è probabile che questo sia stato uno <strong>degli</strong> ultimi momenti trascorsi insieme dai<br />

due perché quando <strong>Gualdo</strong> si trasferirà durante i mesi estivi ad Aix-les-bains, il<br />

povero convalescente sarà costretto a restare nella capitale – “Coppée per fortuna”,<br />

sostiene il milanese in una delle sue ultimissime lettere, “si è completamente<br />

rimesso essendo stato a più riprese malissimo, ed è sempre a Parigi non<br />

potendosi muovere” 202 – in quella stessa capitale dove pochi mesi più tar<strong>di</strong> si<br />

spegnerà <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, mentre il confratello gli sopravvivrà per altri <strong>di</strong>eci anni.<br />

7.3b <strong>Gualdo</strong>, Coppée e l’Italie <strong>di</strong> Maurice Faucon<br />

A <strong>di</strong>fferenza <strong>degli</strong> altri carteggi gual<strong>di</strong>ani finora venuti alla luce, quello intrattenuto<br />

con François Coppée è certamente il più corposo e al tempo stesso<br />

198 Lettera ine<strong>di</strong>ta. Fondo Vittoria Cima c.3.b.40(13).<br />

199 Lettera del 24 febbraio 1896. Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> Z80suss., b.3(31): “Coppée è stato<br />

per un poco a Bordeaux, dove, appena giunto, si è ammalato per qualche giorno”.<br />

200 Lettera del medesimo alla stessa del 30 marzo 1897. Ivi, Z80suss.(3.33).<br />

201 Ivi, Z80suss. b.3(39), timbro postale “Parigi, 6 marzo 1897”: “Coppée si è rimesso e il<br />

pericolo è passato, dopo l’operazione, ma avrà una convalescenza lunghissima e chi sa quando<br />

potrà uscire, essendo costretto a cure giornaliere e a ogni sorta <strong>di</strong> riguar<strong>di</strong>. […]; andavo spesso<br />

da lui a pranzo quando anch’io fuggivo la gente. Facevamo un bell’insieme!”.<br />

202 Ivi, Z80suss., b.4(47). Lettera del medesimo alla stessa del 23 agosto 1897.<br />

503


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

quello contenutisticamente più vario e sfaccettato: senza dubbio al suo interno<br />

l’argomento letterario è quello preponderante, insieme all’aneddotica legata alle<br />

vicende personali ed alle amicizie comuni (preziose, più <strong>di</strong> ogni altra, sono le<br />

parole inerenti a Paul Bourget e Stéphane Mallarmé), ma non sono esclusi temi<br />

altrimenti ignorati, quali soprattutto la politica italiana ed estera, con un occhio<br />

particolare ai delicati equilibri tra i paesi europei nell’ultimo decennio del XX<br />

secolo. Intere pagine sono, <strong>di</strong>fatti, de<strong>di</strong>cate ai timori <strong>di</strong> un possibile conflitto –<br />

nell’estate del 1888 – tra l’Italia <strong>di</strong> Crispi (che aveva appena rinnovato, in quel<br />

periodo, il patto della Triplice Alleanza) e la Francia boulangista. <strong>Gualdo</strong>, estremamente<br />

francofilo oltre che in ambito culturale, anche in quello politico,<br />

non mostra – tuttavia – perplessità nel rivolgere parole <strong>di</strong> rimprovero verso il<br />

governo dell’uno e dell’altro stato, condannando, quin<strong>di</strong>, persino il suo paese<br />

d’elezione. E se in un documento epistolare risalente a tale epoca – nel quale si<br />

autoetichetta come «moderé» nemico del colonialismo (che avrebbe visto positivamente<br />

la fine <strong>di</strong> Crispi) 203 – egli non esita a definire gli italiani des fiers crétins<br />

benché fils de Machiavel, 204 è altrettanto vero che nella lettera successiva<br />

questi non ha scrupoli ad ironizzare anche sulle azioni <strong>di</strong> G. E. Boulanger:<br />

On est bien forcé de parler politique; jamais la situation européenne n’a été plus<br />

effrayante, jamais dans tout les pays, & dans le mien en particulier, on n’a accumulé<br />

plus de sottises. In<strong>di</strong>stinctement tous, les uns le sachant, les autres par énormité de bêtise<br />

présomptueuse, font plus que jamais le jeu de Bismarck, cette canaille imbécile de<br />

Crispi d’abord, et les autres ensuite. Et ce qui est monstrueux, la France aussi! Le nouveau<br />

triomphe d’Ernest – qui est revenu pour de bon – est bien inquiétant, & annonce<br />

l’avènement des idées mallarméennes […]. 205<br />

Nonostante siano soltanto due le lettere attualmente documentate in cui<br />

<strong>Gualdo</strong> affronta il delicato argomento politico, è indubbio che esso costituisce<br />

un tema su cui i due amici dovettero tornare spesso. Esiste, in effetti, un’attestazione<br />

della persistenza <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso e della comunanza <strong>di</strong> posizione<br />

<strong>di</strong> entrambi i letterati nelle parole che essi scrissero in occasione della pub-<br />

203 Lettera XX<strong>II</strong> a Coppée. P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 264.<br />

204 Ibidem. Per maggiore chiarezza si riporta, <strong>di</strong> seguito, il passo in questione per intero:<br />

“La chute de Grévy entraînée par le Limouzin a été trouvée déplorable ici comme partout; mais<br />

comme trouvez-vous la politique italienne? Pour des «fils de Machiavel», nous commençons à<br />

nous montrer de fiers crétins. Quant à Crispi, dans ma qualité de «moderé», je demanderais<br />

simplement qu’on le fusille”.<br />

205 Lettera XX<strong>II</strong>I. Ivi, pp. 266-267.<br />

504


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

blicazione del primo volume <strong>di</strong> versi <strong>di</strong> un amico comune, un francese residente<br />

in Italia, quel Maurice Faucon che, nel marzo 1889 aveva pubblicato, presso<br />

Lemerre, la raccolta intitolata Italie. La Route étroite. 206 La perfetta sintonia<br />

d’intenti si evince attraverso il confronto, da un lato, della efficace quanto stringata<br />

prefazione ai versi realizzata da Coppée per il libro dell’amico poeta 207 e,<br />

dall’altro, della recensione composta da <strong>Gualdo</strong> per la testata milanese «Il Corriere<br />

della Sera». 208 In questi testi <strong>di</strong> “presentazione” è menzionata la questione<br />

dei <strong>di</strong>fficili rapporti intrattenuti all’epoca tra Francia ed Italia, ma allo stesso<br />

tempo viene sottolineato come un’opera letteraria abbia potuto rappresentare il<br />

mezzo per mettere in evidenza l’assur<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un conflitto tra popolazioni sorelle,<br />

un’opera letteraria che, per giunta, attesta la lode del belpaese attraverso la penna<br />

<strong>di</strong> un poeta d’oltralpe. Lo scrittore e la sua creazione artistica – caricati <strong>di</strong> un<br />

significato simbolico reso ancor più pregnante dalla duplice nazionalità dei critici<br />

che ne parlano – assumono in tal modo un valore universale ed esemplificativo<br />

per il pubblico <strong>di</strong> entrambi i paesi. Così, se Coppée termina la sua introduzione<br />

affermando che:<br />

Son [<strong>di</strong> Maurice Faucon] généreux cœur se refuse à admettre que l’o<strong>di</strong>euse et immorale<br />

politique ait pu jeter une barrière de haine entre deux nations de même race; et<br />

c’est avec la noble confiance du poète qu’il offre ses beaux vers en l’honneur de l’Italie<br />

à nos frères latins, à nos compagnons d’armes de Magenta et de Solférino. 209<br />

Parimenti <strong>Gualdo</strong>, oltre a citare – traducendolo nella propria lingua madre<br />

– questo passo della prefazione <strong>di</strong> Coppée 210 avvia il compte rendu sottolineando<br />

i due motivi per i quali i suoi compatrioti potranno apprezzare la raccolta lirica,<br />

vale a <strong>di</strong>re sia per il suo valore artistico che per il tema affrontato, tanto più<br />

delicato in quanto “specialmente in questo momento”, egli sostiene, lo scacchiere<br />

geopolitico internazionale rasenta un assai <strong>di</strong>fficile, instabile equilibrio:<br />

206<br />

M. FAUCON, Italie: strophes et poëmes. La Route étroite, Paris, Lemerre, 1889.<br />

207<br />

F. COPPÉE, Préface à Italie…, cit., pp. VI-V<strong>II</strong>I.<br />

208<br />

L. GUALDO, Un libro <strong>di</strong> versi francesi sull’Italia, in «Corriere della Sera», 3-4 aprile<br />

1889, p. 1.<br />

209<br />

F. COPPÉE, Préface à Italie…, cit., p. V<strong>II</strong>I (corsivi miei).<br />

210<br />

L. GUALDO, Un libro <strong>di</strong> versi francesi sull’Italia, cit., p. 1: “«Il suo cuore generoso»<br />

<strong>di</strong>ce Coppée «rifiuta <strong>di</strong> ammettere che la o<strong>di</strong>osa ed immorale politica abbia potuto innalzare una<br />

barriera d'o<strong>di</strong>o tra due nazioni <strong>di</strong> una stessa razza; ed è con la nobile fiducia del poeta ch'egli<br />

offre i suoi bei versi in onore dell'Italia ai nostri fratelli latini, ai nostri compagni d'armi <strong>di</strong> Magenta<br />

e <strong>di</strong> Solferino»”.<br />

505


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Ci si permetta <strong>di</strong> presentare ai lettori un volume <strong>di</strong> versi: Italie <strong>di</strong> Maurice Faucon.<br />

È un libro che li deve doppiamente interessare; per il suo merito intrinseco, e per l'argomento.<br />

L'autore descrive, canta, esalta l'Italia, e non solo l'ammira, ma l'apprezza e la<br />

comprende. Del valore dei suoi versi fa testimonianza egregia la prefazione che François<br />

Coppée ha voluto scrivere; e se ne ha una certezza prima <strong>di</strong> incominciare a leggere;<br />

una certezza ch'è poi confermata, accresciuta dalla lettura. E noi dobbiamo essere riconoscenti<br />

ad un artista francese d'aver pubblicato – specialmente in questo momento –<br />

un tal libro. 211<br />

Come si evince da queste parole – e come, del resto, emerge dall’intero articolo<br />

– la recensione del giornalista italiano appare avere alle spalle motivazioni<br />

subor<strong>di</strong>nate ad un suo eventuale apprezzamento della qualità del volume. In<br />

particolare egli ritorna più volte sulle ruolo giocato da Coppée quale grande valorizzatore<br />

dell’opera e, d’altro canto, ancora sul significato ricoperto dalla<br />

pubblicazione <strong>di</strong> Faucon in quel preciso momento storico. È probabile, anzi,<br />

che <strong>Gualdo</strong> non apprezzasse fino in fondo la raccolta <strong>di</strong> liriche in esame (come,<br />

d’altronde, molti altri scrittori italiani, tra i quali si annovererà Antonio Fogazzaro),<br />

212 né che avesse gran simpatia per il suo autore, che certamente rientrava<br />

da tempo tra i suoi contatti proprio grazie al tramite <strong>di</strong> Coppée. Difatti era stato<br />

proprio a quest’ultimo che il giornalista aveva in<strong>di</strong>rizzato alcune righe <strong>di</strong> lamentela<br />

quando, impossibilitato per ragioni personali nel corso dell’inverno<br />

1879 a raggiungere Parigi, aveva subito la cruelle ironie <strong>di</strong> ricevere alcune épîtres<br />

mielleuses <strong>di</strong> Faucon “qui s’offre de plus en plus à moi sous l’aspect d’un<br />

de nos raseurs les plus <strong>di</strong>stingués”. 213 Un parere ben poco lusinghiero che molto<br />

<strong>di</strong>fficilmente si accorda con le benevole espressioni de<strong>di</strong>cate al medesimo personaggio<br />

sulle pagine del «Corriere della Sera» <strong>di</strong>eci anni più tar<strong>di</strong>: certo a rendere<br />

possibile un simile cambiamento doveva esser stata la me<strong>di</strong>azione operata<br />

dal comune amico Coppée e forse, ancor <strong>di</strong> più, una sorta <strong>di</strong> compassione nutrita<br />

nei confronti del poeta, il quale – mentre si trovava a Roma, nel 1884, per<br />

compiere ricerche sulle biblioteche dei Papi <strong>di</strong> Avignone – era rimasto vittima<br />

211 Ibidem (corsivi miei).<br />

212 Proprio durante lo stesso mese d’aprile del 1889 Fogazzaro scriveva a Giacosa: “Sto<br />

leggendo i versi del Faucon, <strong>di</strong> cui si è tanto parlato. Ama l’Italia. È spiritualista. Sarà<br />

un’eccellente persona, ma, buon Dio, che <strong>di</strong>avolo <strong>di</strong> poeta!” (T. GALLARATI SCOTTI, Lettere<br />

scelte <strong>di</strong> A. Fogazzaro, cit., p. 183).<br />

213 Lettera V<strong>II</strong>I a Coppée del 6 <strong>di</strong>cembre 1879, in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit.,<br />

p. 222.<br />

506


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

<strong>di</strong> un implacabile (ma non meglio specificato) male 214 che lo aveva costretto, da<br />

quel momento in poi, alla quasi totale immobilità.<br />

Tale episo<strong>di</strong>o è ricordato da entrambi i commentatori: Coppée introduce la<br />

rivelazione raccontando <strong>di</strong> non aver ricevuto per molto tempo più alcuna notizia<br />

del futuro versificatore d’Italie per poi apprendere, infine, la crudele verità secondo<br />

la quale “en pleine force, en pleine jeunesse, il avait été frappé par le mal<br />

terrible et mystérieux qui l’a supplicié pendant de longues années et qui, à<br />

l’heure qu’il est, le condamne encore à la retraite et à la souffrance”; 215 mentre,<br />

in termini davvero simili, appena un mese più tar<strong>di</strong>, <strong>Gualdo</strong> spiegherà ai suoi<br />

lettori la genesi <strong>di</strong> parte dei componimenti inseriti nella raccolta, avvertendo<br />

che essi erano stati ideati nei giorni in cui Faucon stava tentando <strong>di</strong> sconfiggere<br />

attraverso la poesia una malattia dalla quale cominciava pian piano a guarire:<br />

E il signor Faucon, da molti conosciuto in Italia, lo ha amato da vicino il nostro paese,<br />

dove ha vissuto alcuni anni or sono, giovanissimo, nell'età in cui le sensazioni sono<br />

più vive, ma dove ha saputo tutto osservare con una precoce maturità <strong>di</strong> pensatore.<br />

Poco dopo, la sventura lo ha terribilmente colpito; una malattia crudelissima lo ha fatto<br />

soffrire, inchiodato sopra un letto <strong>di</strong> dolore, per lunghi anni, dalla quale solo adesso<br />

incomincia a rimettersi. Per molto tempo, segregato da tutti, non visse che per pensare,<br />

e dovette lasciare ogni lavoro – tanto i suoi <strong>di</strong>letti stu<strong>di</strong> da eru<strong>di</strong>to che già facevano<br />

intravedere in lui uno storico <strong>di</strong>stinto, quanto le sue opere d'immaginazione. Da poco,<br />

mentre la salute lentamente gli ritorna, ha ricominciato a produrre – ma ha quasi rinunciato<br />

ai lavori <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione, per darsi tutto alla poesia... Ha scritto moltissimi versi, ma<br />

ne pubblica pochi, veramente buoni. 216<br />

Il rifugio nell’immaginazione e il sostegno della Musa avevano quin<strong>di</strong> aiutato<br />

Faucon a “tuer les longues heures”; 217 il lavoro era, perciò, <strong>di</strong>ventato lo<br />

strumento <strong>di</strong> cui aveva fatto un’arma per combattere la noia dovuta al lento trascorrere<br />

del tempo. Pur avendo dovuto abbandonare le opere <strong>di</strong> carattere storico.<br />

Questa scelta, come sostiene Coppée nella sua prefazione, era stata motivata<br />

dallo stesso rimatore attraverso la recente spiegazione fornita ad un amico in<br />

comune (e chissà che non possa essersi trattato proprio <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>) <strong>di</strong> aver<br />

214 Una breve biografia <strong>di</strong> questo scrittore è stata redatta, in occasione della sua scomparsa,<br />

da C. DIGARD, Necrologie. Maurice Faucon, in «Bibliothèque de l’Échole de Chartes», a.<br />

1907, vol. 68, n. 68, pp. 657-659.<br />

215 F. COPPÉE, Préface à Italie…, cit., p. V<strong>II</strong>.<br />

216 L. GUALDO, Un libro <strong>di</strong> versi francesi sull’Italia, cit., p. 1 (corsivi miei).<br />

217 F. COPPÉE, Préface à Italie…, cit., p. V<strong>II</strong>.<br />

507


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

visto la sua fine troppo da vicino per potersi ancora interessare a ciò che egli<br />

definisce le choses mortes, 218 ma che in realtà erano state la ragione del suo trasferimento<br />

al <strong>di</strong> qua delle Alpi. Faucon, infatti, aveva viaggiato per la prima<br />

volta in Italia al principio <strong>degli</strong> anni ’80, perché un suo professore del ‘Collège<br />

de France’, Charles Branc, lo aveva inviato a stu<strong>di</strong>are storia dell’arte al fine <strong>di</strong><br />

essere aiutato a stilare un ciclo <strong>di</strong> lezioni dal titolo La Reinassance artistique en<br />

Italie 219 (volume e<strong>di</strong>to, poi, nel 1889). In questa fase della sua vita, egli si era<br />

spostato lungo tutto lo stivale prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare, finalmente, membro della ‘Échole<br />

Française de Rome’ e <strong>di</strong> stabilirsi quin<strong>di</strong> nella capitale, nella città che egli<br />

era solito chiamare – come ricorda Coppée – l’Amante Éternelle. Eppure, secondo<br />

<strong>Gualdo</strong>, non era uno soltanto, bensì due, i luoghi della penisola che il<br />

francese aveva amato più <strong>di</strong> ogni altro e cantato con maggior sentimento all’interno<br />

della sua raccolta poetica, ossia Roma e Venezia:<br />

Nella prima parte, consacrata all'Italia, i versi descrittivi sono spesso <strong>di</strong> una notevolissima<br />

giustezza <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno e <strong>di</strong> colore. Il giovane poeta ha profondamente sentito il<br />

fascino <strong>di</strong> Venezia e la maestà <strong>di</strong> Roma – ed ha vissuto della vita italiana, nel passato e<br />

nel presente, con vivace e intelligente simpatia, come lo attestano «l'Ad<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Michelangelo<br />

a Vittoria Colonna» e la «Roade de Pie<strong>di</strong>grotta», «Les Vierges de Gian Bellini»<br />

e le strofe in memoria del povero Vittorio Salmini, <strong>di</strong> cui fu amico. 220<br />

Maurice Faucon aveva inoltre apprezzato anche le terre d’origine <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

quella Lombar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> cui celebra nei sue versi una “femme, être ou vision, à<br />

la main parfumée” protagonista della poesia La Fioraja, de<strong>di</strong>cata allo scrittore<br />

italiano (ed italiani sono la gran parte dei de<strong>di</strong>catari dei testi del volume in esame)<br />

221 <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. 222 Segnale <strong>di</strong> mistero eterno, Teresina è una giovane donna<br />

lombarda che ha incantato lo scrittore con il suo viso enigmatico ed il suo silenzio,<br />

con i fiori che reca in dono ai passanti mentre fa sognare ad occhi aperti<br />

coloro che incrocia lungo il proprio cammino, conducendo il rimatore ad affermare:<br />

“S’il est vrai que notre âme use plus d’une vie, / Qu’elle ait de vieux an-<br />

218<br />

Ibidem: “J’ai vu la mort de trop près, <strong>di</strong>sait-il dernièrement à l’un de nos amis communs;<br />

je ne m’intéresse plus aux choses mortes”.<br />

219<br />

C. DIGARD, Necrologie. Maurice Faucon, cit., p. 657.<br />

220<br />

L. GUALDO, Un libro <strong>di</strong> versi francesi sull’Italia, cit., p. 1 (corsivi miei).<br />

221<br />

F. COPPÉE, Préface à Italie…, cit., p. V<strong>II</strong>I: “mais Maurice Faucon l’adresse [la Poèsie]<br />

particulièrement à ses nombreux amis d’au-delà des Alpes”.<br />

222<br />

M. FAUCON, La Fioraja (A <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>), in Italie: strophes et poëmes. La Route<br />

étroite (1880-1887), cit., pp. 64-67.<br />

508


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

tans et de longs avenirs, / Que le passé renaisse, et que la rêverie / Soit faite en<br />

nous de souvenirs”. 223 Nella seconda sezione della raccolta, dal tono più intimistico,<br />

Faucon si sofferma invece sui propri tormenti, sulla propria invali<strong>di</strong>tà e<br />

sul desiderio <strong>di</strong> poter un giorno tornare a viaggiare. Anche per questa metà conclusiva<br />

del libro <strong>Gualdo</strong> ricorre a parole gentili, se non vagamente laudative, attraverso<br />

le quali, con tutta la sua più profonda umanità, il recensore cerca <strong>di</strong><br />

rendere partecipe il pubblico del dolore del povero poeta:<br />

Nella seconda parte del suo volume, (La Route étroite), parla delle sue sofferenze e<br />

ne parla con un tale accento <strong>di</strong> verità, con tanta sincerità <strong>di</strong> lamento e tanta purezza d'espressione<br />

ad un tempo, che ne fa dei veri poemi del dolore. E si ha, seguendolo, l'impressione<br />

tanto rara <strong>di</strong> un poeta che grida al cielo il suo martirio, ma parla <strong>di</strong> un supplizio<br />

vero, in cui – pur troppo! – non vi è nulla <strong>di</strong> esagerato, nulla d'immaginario. Tale è<br />

la caratteristica speciale <strong>di</strong> codesta seconda parte, in cui egli per davvero si eleva molto<br />

in alto. 224<br />

Quale migliore richiamo alla comprensione ed solidarietà avrebbe potuto<br />

invocare per Faucon sulla sua pagina <strong>Gualdo</strong>, quello stesso <strong>Gualdo</strong> cui, ironia<br />

della sorte, appena quattro anni più tar<strong>di</strong> sarebbe toccato un medesimo destino<br />

che lo avrebbe lasciato, analogamente, inchiodato sopra un letto <strong>di</strong> dolore?<br />

7.4 La fine, aristocratica e generosa de<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Robert de Montesquiou<br />

“La riche folie figée des objets presque vivants”: con questa raffinata frase<br />

<strong>Gualdo</strong> aveva conquistato in un’unica occasione la stima, la fiducia, l’ammirazione,<br />

nonché l’empatia <strong>di</strong> uno dei letterati più chiacchierati della Francia a cavallo<br />

tra XX e XXI secolo, quel Robert Montesquiou Fezensac che – ritenuto<br />

modello <strong>di</strong> Huysman per il suo <strong>di</strong>scusso Des Esseintes e <strong>di</strong> Proust per il suo <strong>di</strong>scutibile<br />

barone <strong>di</strong> Charlus – ricorrerà alle parole del suo pari d’oltralpe (erano,<br />

infatti, entrambi nobilmente conti) premettendole in epigrafe ad una sua composizione<br />

in versi 225 e ad un capitolo delle sue memorie. 226 Il passo in questio-<br />

223 Ivi, p. 66.<br />

224 L. GUALDO, Un libro <strong>di</strong> versi francesi sull’Italia, cit., p. 1.<br />

225 R. DE MONTESQUIOU, Transfusion, in Les Hortensias bleus, cit.. La raccolta uscì<br />

nel 1896, ma il componimento risale al 1883, com’è specificato in nota dall’autore stesso.<br />

509


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

ne, che tanto colpì l’autore de Les Hortensias bleus, è tolto da una epître spleenétique<br />

gual<strong>di</strong>ana a lui in<strong>di</strong>rizzata, forse uno dei più bei messaggi dell’italiano,<br />

per <strong>di</strong> più in grado <strong>di</strong> fornire preziose chiavi <strong>di</strong> lettura utili non soltanto all’interpretazione<br />

dell’intero carteggio tra i due artisti curato da Valeria Donato 227<br />

(ed emendato da Pierre de Montera), 228 ma anche ad un’esegesi dell’intera opera<br />

– chiarificandone soprattutto l’ultimo periodo – del romanziere milanese.<br />

Si tratta <strong>di</strong> una lettera senza data (da ritenere, però, anteriore al 1887 in<br />

quanto contenente allusioni alla singolare abitazione <strong>di</strong> Montesquiou sul Quay<br />

d’Orsay) in cui un <strong>Gualdo</strong> oppresso dal cielo carico <strong>di</strong> pioggia – al punto tale da<br />

rendere in<strong>di</strong>stinguibili giorno e notte – confessa il proprio orrore <strong>di</strong>nnanzi allo<br />

scorrere del Tempo, l’eterno nemico che porta con sé le noie del quoti<strong>di</strong>ano e la<br />

nostalgia dei luoghi visitati (tristezze, queste, che egli reputa con leggero snobismo<br />

troppo raffinate per risultare note alla gran parte <strong>degli</strong> uomini). 229 Il poeta<br />

si domanda quale dovrebbe essere il giusto comportamento del “saggio”, interrogandosi<br />

stoicamente sulla necessità <strong>di</strong> porre un confine (una scintillante cortina<br />

colorata? una sottile parete intarsiata nel bronzo?) tra la propria vita, svolgentesi<br />

in un clima del tutto non naturale e congegnato ad hoc, ed il mondo esterno;<br />

la risposta suggerita – degna dell’épicurien subtil qual egli e che tentava,<br />

per <strong>di</strong> più, <strong>di</strong> solleticare l’indole vanesia <strong>di</strong> Montesquiou – è un chiaro rimando<br />

allo stile <strong>di</strong> vita condotto dal suo corrispondente, un’esistenza che <strong>Gualdo</strong><br />

ammette apertamente <strong>di</strong> ammirare ed invi<strong>di</strong>are ad un tempo, non avendo saputo<br />

raggiungere in prima persona il medesimo equilibrio, la stessa soluzione<br />

estetizzante data dal francese “all’irrequietezza fin de siècle”: 230<br />

Le sage ne serait-il pas celui qui saurait se créer une atmosphère artificielle et faire<br />

d’une simple draperie aux couleurs éclatantes un rempart plus fort qu’un mur d’airain<br />

226<br />

ID., Les Pas effacés. Mémoires, t. <strong>II</strong>, é<strong>di</strong>tion établie par P.-L. Couchoud, présentée et<br />

annotée par T.-V. Ton-That, Paris, Sandre, 2007, p. 55.<br />

227<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

cit., pp. 281-367.<br />

228<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> et Robert de Montesquiou, in «<strong>Stu<strong>di</strong></strong> Francesi», a.<br />

XX, f. <strong>II</strong>, maggio-agosto 1976, pp. 277-285.<br />

229<br />

Lettera XXXV<strong>II</strong>, in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou<br />

(con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 362: “Pluie, ciel noir, journées nocturnes, horreur du temps<br />

qui passe comme l’éclair, ennui des heures lentes, nostalgie de tous les pays où n’est pas -<br />

toutes ces choses d’une tristesse raffinée, inconnue à la plupart des gens, et déjà banales pourtant<br />

– ne devrait-on pas s’en délivrer, les fruir autant qu’on doit fruir l’amour?”.<br />

230<br />

Ivi, p. 296.<br />

510


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

entre sa propre vie et le monde exterieur? Celui qui dans un réduit étroit, sompteux et<br />

sombre, enfermerait l’essence même de ses pensées vagabondes, fixerait la varieté même<br />

de ses rêves dans la riche folie figées des objets presque vivants – qui de ses sentiments<br />

entrevus, des passions évitées n’accepterait que la couleur et la forme, et se contentant<br />

de voir les sensations ferait des vers exquis sur un coin de table resté seul vide?<br />

Voilà pourquoi je pense à vous et je v’envie, puisque seul vous avez su réalizer cet<br />

idéal, qui contient aussi sa mélancolie, mais donne des jouances absolues. 231<br />

Come non riconoscere nel ritratto del poeta che riversa – trasformandole<br />

inconsciamente in altrui gioia – la propria malinconia e le proprie nevrosi sulla<br />

pagina bianca nell’unico, piccolissimo, angolo rimasto libero del proprio appartamento<br />

(ex <strong>di</strong>mora paterna arredata in maniera fantasiosa e ricercatissima) per<br />

de<strong>di</strong>carsi alla creazione <strong>di</strong> suoi versi, come non riconoscere – <strong>di</strong>cevo – in questo<br />

singolare ritratto l’istrione stravagante ed egoista <strong>di</strong> cui vestirà i panni Des Esseintes,<br />

il protagonista <strong>di</strong> À rebours, attanagliato da uno stesso horror vacui e<br />

che, analogamente a Montesquiou, farà della propria casa un rifugio dove immergersi<br />

in passioni d’arte e musica, nello stu<strong>di</strong>o della letteratura latina e dove<br />

trascorrere ore ed ore in contemplazione della tela raffigurante Giovanni Battista,<br />

attorniato persino da una tartaruga rivestita d’oro e pietre preziose? È da escludersi<br />

l’ipotesi che Montesquiou abbia apprezzato tale immedesimazione,<br />

criticabile omaggio a lui reso da Huysmann, visto che, poco dopo l’uscita del<br />

volume incriminato, <strong>Gualdo</strong> gli in<strong>di</strong>rizzerà una lettera per esprimere il gran desiderio<br />

<strong>di</strong> recarsi al più presto a Parigi per poter, insieme, “<strong>di</strong>re du mal du livre<br />

de J. K.”, oltre che per “connaître […] votre nouvel intérieur, où un autre Rêve<br />

s’est réalisé pour vous” e soprattutto “enteindre des Vers et de la Prose – beaucoup<br />

de vers et beaucoup de prose”. 232<br />

L’amicizia tra i due scrittori, <strong>di</strong>fatti, non fu soltanto una semplice, superficiale<br />

frequentazione salottiera, né tanto meno può essere considerata un avvicendamento<br />

<strong>di</strong> carattere esclusivamente intimo e privato; essa si configura, invece,<br />

come affiatamento in preminenza letterario, fatto <strong>di</strong> scambi <strong>di</strong> de<strong>di</strong>che,<br />

consigli <strong>di</strong>sinteressati, conversazioni poetiche e vicendevoli traduzioni <strong>di</strong> versi:<br />

temperamenti abbastanza affini, essi “si capirono e stimarono a vicenda, soprattutto<br />

per quel senso <strong>di</strong> riserbo, <strong>di</strong> finezza aristocratica e <strong>di</strong> generosa de<strong>di</strong>zione<br />

che <strong>Gualdo</strong>, contrariamente a d’Annunzio, aveva in larga misura, e che dovette<br />

231 Lettera XXXV<strong>II</strong>. Ivi, p. 362.<br />

232 Lettera X<strong>II</strong>I. Ivi, pp. 332-333.<br />

511


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

renderlo caro al brillante erede dei merovingi”. 233 Fin dalla prima lettera documentata,<br />

risalente al gennaio 1881 (peraltro preceduta, almeno, dall’invio <strong>di</strong> una<br />

copia autografata del Mariage excentrique nell’e<strong>di</strong>zione del 1879), 234 <strong>Gualdo</strong><br />

mostra <strong>di</strong> essere al corrente della produzione lirica e narrativa <strong>di</strong> Montesquiou<br />

attraverso la richiesta <strong>di</strong> aggiornamenti su “Mlle O. O. Tocanier” (protagonista<br />

<strong>di</strong> un’opera che verrà poi pubblicata nel 1911 con il titolo La petite Mademoiselle)<br />

e “d’autres personnages dans l’invention desquels l’Edgar Poe, le Baudelaire<br />

et le Zola inconscient qui sont en vous collaborent avec le Poète très original<br />

que vous êtes”. 235 E Montesquiou non tarderà a sod<strong>di</strong>sfare le richieste del<br />

suo corrispondente se questi, da Nizza, lo ringrazierà nel successivo messaggio<br />

per aver ricevuto “le XX<strong>II</strong>I chapitre de Mlle O. O. T.” 236<br />

Il contraccambio <strong>di</strong> testi tra gli aristocratici poeti raggiunse spesso una <strong>di</strong>mensione<br />

quasi abituale, accompagnando l’invio <strong>di</strong> quasi ogni messaggio: in<br />

assenza <strong>di</strong> contatti <strong>di</strong>retti nel corso dei frequenti viaggi <strong>di</strong> entrambi era questo,<br />

infatti, il solo modo per mantenere alto l’interesse <strong>di</strong> ciascuno nei confronti dell’altro,<br />

data – si è detto – la natura in prevalenza “letteraria” della loro conversazione<br />

e dei loro contatti: così, ad esempio, al principio del 1883, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

commenta la ricezione <strong>di</strong> una lirica scrivendo a Montesquiou che “vos vers sur<br />

233 Ivi, p. 294.<br />

234 Riporto da catalogo della ven<strong>di</strong>ta del Fondo Montesquiou alla BNF (N.A.Fr. 15114, f.<br />

166) il rif. n. 1283: “GUALDO, (<strong>Luigi</strong>). Un mariage excentrique. Paris, Lemerre, 1879; in -12,<br />

cart. bradel, marbré, non rogné, monogr. au dos. EDITION ORIGINALE. Envoi autographe de<br />

l’auteur: «A M. Robert de Montesquiou-Fezensac / Souvenir sympathique. / LUIGI GUALDO».<br />

Quelques légères piqûres d’humi<strong>di</strong>té. On y a joint une lettre autographe de GUALDO à R. DE<br />

MONTESQUIOU, lui <strong>di</strong>sant son admiration pour La Faustin de Goncourt”. All’interno del medesimo<br />

catalogo figurano, inoltre, ai numeri 1284-1286 (N.A.Fr. 15114, f. 175), i seguenti volumi<br />

del Nostro (il primo dei quali in<strong>di</strong>rizzato a Gabriel de Yturri, segretario del Conte): 1284.<br />

“GUALDO, (<strong>Luigi</strong>). Le Nostalgie. Torino, Casanova, 1883; in -24, demi-chagr. gren., tr. jasp.,<br />

couvert. Envoi autographe de l’auteur: «A don Gabriel de Yturri ricordo dell’autore»”; 1285.<br />

“GUALDO, (<strong>Luigi</strong>). Decadenza, romanzo. Milano, Treves, 1892; pet. in -8°, cart. bradel, dos<br />

vélin blanc orné à la grotesque, tête dor., non rogné, couvert., monogr. sur le premier plat (Paul<br />

Vié). Envoi autographe de l’auteur: «A Robert de Montesquiou-Fezensac / cor<strong>di</strong>alement. / LUI-<br />

GI GUALDO»”; 1286. “GUALDO, (<strong>Luigi</strong>). Decadenza, romanzo. Milano, Treves, 1892; pet. in<br />

-8°, demi-mar. bleu, tête dor., non rogné, couvert. Signature autographe de l’auteur. On y a joint<br />

une pièce de vers autographe de <strong>Gualdo</strong> (en italien)”.<br />

235 Lettera I, intestata “Milan, Via Bagutta 12 / Dimanche 16 Janvier 1881”, in V. DONA-<br />

TO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 308.<br />

236 Lettera <strong>II</strong>, con logo e su c. int. “Nice / Cercle de la Mé<strong>di</strong>terranée”. Ivi, p. 311.<br />

512


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

le «velin volant» étaient exquis, d’une forme et d’une musique parfaites” 237 e<br />

questi replicherà, a sua volta, al dono delle Nostalgie dell’italiano (benché nella<br />

collezione Montesquiou figuri soltanto un esemplare del libro de<strong>di</strong>cato al suo<br />

segretario, Gabriel de Yturri e non in prima persona al poeta) 238 con una “littéraire<br />

et littérale et délicieuse et baudelairienne traduction” 239 in francese del<br />

componimento gual<strong>di</strong>ano Alla sera, versione in seguito confluita nella raccolta<br />

poetica Les Chauves-souris con il nuovo titolo Chiaroscuro e l’in<strong>di</strong>cazione del<br />

nome del rimatore italiano. Nella lettera <strong>di</strong> ringraziamento per l’invio dell’omaggio<br />

in versi, <strong>Gualdo</strong> si compiace per l’errore <strong>di</strong> traduzione involontariamente<br />

commesso da Montesquiou ai vv. 8 e 11, misunderstan<strong>di</strong>ng che però, a<br />

detta dell’autore originale, non ha fatto altro che migliorare la musicalità della<br />

lirica – “Vous vous trompez en traduisant sventura (malheur) par aventure,<br />

mais que vous avez raison de vous tromper! et combien je préfère au mien le<br />

vers: Cesser la joie et céder l’aventure” 240 – ed il suo senso:<br />

IV. ALLA SERA L. CHIAROSCURO<br />

Stanca è la terra e lasse son le cose; La terre est lasse, et lasses sont les choses;<br />

L’uomo è languente come la natura, L’homme est languide ainsi que la nature;<br />

Scende dal cielo una gran pace oscura, Du ciel descend la grand paix obscure…<br />

Pendono già gli steli delle rose. Voici déjà pencher le front des roses.<br />

L’uomo è languente come la natura, L’homme est languide ainsi que la nature;<br />

Sorgon nell’alme le armonie nascose De l’âme émane une harmonie enclose<br />

Pendono già gli steli delle rose Voici ployer la tige de la rose<br />

Cessa la gioia e cede la sventura. Cesser la joie et céder l’aventure.<br />

Sorgon nell’alme le armonie nascose De l’âme émane une harmonie enclose<br />

Rivelatrici <strong>di</strong> vita futura…. Où semble poindre une aurore future…<br />

Cessa la gioia e cede la sventura Voici sombrer la joie et l’aventure<br />

Tra l’acri voluttà misterïose. Au sien de l’âpre horreur mystérieuse.<br />

237 Lettera VI, da Roma (febbraio-marzo 1883). Ivi, p. 319.<br />

238 Cfr. la nota 233. Un altro accenno alle Nostalgie gual<strong>di</strong>ane, all’interno del Fondo Montesquiou,<br />

è riportato in una lettera, ine<strong>di</strong>ta e s.d., della contessa Jean de Montebello a Robert de<br />

Montesquiou, dove si legge: “J’ai reçu un petit livre de poésies de <strong>Gualdo</strong>, en Italien, langue<br />

que je n’entends pas à mon grand regret” (N.A.Fr. ms. 15302, ff. 225-226).<br />

239 Lettera V<strong>II</strong>, da Milano (1883). in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert<br />

de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., pp. 320-321.<br />

240 Ivi, p. 321.<br />

513


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Rivelatrici <strong>di</strong> vita futura La lueur est chaude ensemble et douteuse<br />

Son le tinte fugaci e calorose; Où semble poindre une aurore future…<br />

Tra l’acri voluttà misterïose A travers l’âpre horreur mystérieuse<br />

V’è un senso <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> paura. 241 Flotte un je ne sais quoi d’espoir et de frisson*<br />

514<br />

* Interpreté d’après <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> 242<br />

Nello stesso anno <strong>di</strong> pubblicazione delle Nostalgie, il 1883, ha luogo, inoltre,<br />

la prima visita <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nelle riservate stanze della su menzionata esclusivissima<br />

<strong>di</strong>mora del Quay d’Orsay (non a caso il passo gual<strong>di</strong>ano riportato in<br />

apertura è stato anteposto da Montesquiou al terzo capitolo delle proprie memorie<br />

intitolato, per l’appunto, Mes demeures), le cui porte venivano aperte solo a<br />

pochi eletti (ma l’italiano ricambierà in seguito l’ospitalità ricevuta accogliendo<br />

il francese nel suo “mausolée” 243 <strong>di</strong> Milano). Dal breve accenno contenuto nel<br />

carteggio si evince che, anche in tali occasioni, la centralità <strong>degli</strong> incontri era<br />

sempre spettata alla declamazione <strong>di</strong> versi: “je regrette les heures passée dans<br />

votre petit salon esthétiquement décoré en écoutant des vers rares au milieu de<br />

fleurs rares”. Ma <strong>Gualdo</strong>, non accontentandosi del solo ricordo e, avendo custo<strong>di</strong>to<br />

in memoria solo le sens e la musique e non les mots, non esiterà a richiedere<br />

la spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> alcuni testi tra cui i riferimenti epistolari porterebbero a riconoscere<br />

almeno la poesia Philomèle. 244<br />

Come previsto, i versi richiesti arriveranno accompagnando la missiva <strong>di</strong><br />

risposta <strong>di</strong> Montesquiou, alla quale <strong>Gualdo</strong> replicherà, a sua volta, esprimendo<br />

gratitu<strong>di</strong>ne (“le vers que vous m’avez envoyés, et qui sont parmi ceux dont je<br />

raffole le plus, m’ont causé une vive joie – et me rappelant l’impression très<br />

forte reçue quand vous me les avez lus – j’ai été heureux de pouvoir les savourer<br />

à loisir”) 245 e fornendo ulteriori informazioni circa un’altra occasione d’in-<br />

241 L. GUALDO, Alla sera, in Le Nostalgie, in Romanzi e Novelle, cit., p.1156.<br />

242 R. DE MONTESQUIOU, Chiaroscuro, in Les Chauves-souris, cit., p. 136; rist. in ID.,<br />

Les Chauves-souris, é<strong>di</strong>tion définitive avec portrait de l’auteur, Paris, Richard, 1907, p. 119.<br />

243 Lettera V<strong>II</strong>I, in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou<br />

(con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 325: “Que je sarais heureux de recevoir tout cela dans mon mausolée”.<br />

Il desiderio d’accoglienza gual<strong>di</strong>ano sarebbe stato esau<strong>di</strong>to solo pochi anni più tr<strong>di</strong>.<br />

244 Lettera IX. Ivi, pp. 326-327: Et de vos vers, dont j’ai gardé le sens et la musique dans<br />

ma tête, je souffre de ne rappeler les mots. Envoyez-les donc, je vous en prie, ainsi que vous me<br />

l’avez promis. Les Variations sur un thème de Lamartine, quelques-uns des moments musicaux<br />

particulièrement, et une autre pièce dont j’ai oublié le titre – surtout me hantent”.<br />

245 Lettera X, intestata “Varese, Villa Mirabello / 4 novembre [1883]”. Ivi, p. 328.


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

contro, con annessa declamazione <strong>di</strong> versi, avvenuta tra i due letterati durante<br />

un soggiorno a Saint Moritz: “Je vous en remercie mille fois […] du bon souvenir<br />

que vous avez aussi gardez des quelques jours charmante où nous engadînames<br />

ensemble. […]. Mais je regrette bien qu’ils soient si vite passés”. 246<br />

Con l’intensificarsi delle visite e dei viaggi aumenta, inoltre, anche il livello<br />

<strong>di</strong> confidenza reciproco e, così, accanto alle richieste <strong>di</strong> invio <strong>di</strong> liriche, si<br />

fanno posto anche incalzanti domande <strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ritratti 247 da parte dell’uno<br />

e dell’altro, domande che cessano tutto d’un colpo dopo l’autunno 1885, a<br />

seguito <strong>di</strong> una visita dello scrittore francese a Milano 248 in occasione della quale<br />

i due amici conclusero, infine, <strong>di</strong> farsi fotografare insieme. L’immagine, custo<strong>di</strong>ta<br />

nel Fondo Montesquiou, 249 vede plasticamente immortalati i due conti, vestiti<br />

<strong>di</strong> tutto punto e con espressione assorta, <strong>di</strong>nnanzi ad un finto (forse in ricordo<br />

delle scampagnate in Enga<strong>di</strong>na?) sfondo alpino. A seguito <strong>di</strong> questa visita<br />

nel belpaese, Montesquiou affiderà al suo ospite il compito <strong>di</strong> domandare in<br />

moglie la maggiore delle figlie dei Somaglia, famiglia dell’alta aristocrazia<br />

lombarda con cui <strong>Gualdo</strong> godeva <strong>di</strong> ottimi rapporti (specialmente con Gian Luca,<br />

il cadetto): la madre della futura fidanzata accetterà <strong>di</strong> buon grado la richiesta,<br />

obiettando soltanto <strong>di</strong> voler attendere il compimento della maggiore età della<br />

ragazza che, all’epoca, aveva appena quattor<strong>di</strong>ci anni. 250<br />

Richieste nuziali a parte, la corrispondenza <strong>Gualdo</strong>-Montesquiou resta,<br />

comunque, incentrata in prevalenza su questioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne letterario, custoden-<br />

246 Ibidem.<br />

247 Consuetu<strong>di</strong>ne tipicamente ottocentesca, lo scambio <strong>di</strong> ritratti tra <strong>Gualdo</strong> e Montesquiou<br />

pare essere stato piuttosto intenso. A titolo esemplificativo, si riporta una tra le tante frasi <strong>di</strong><br />

ringraziamento dell’italiano che, nel 1884, afferma: “je viens enfin vous remercier de grand<br />

cour pour le mignon portrait, pour votre lettre charmante, pour les vers raffinées”. Ivi, p. 332.<br />

248 Due lettere <strong>Gualdo</strong> (XVI e XV<strong>II</strong>) consentono <strong>di</strong> datare il soggiorno milanese <strong>di</strong> Montesquiou:<br />

nella prima, del settembre 1885, il mittente afferma “J’aurais […] le plus grand plausi à<br />

vous revoir ici, n’ayant pu venir moi-même où vous êtes”, mentre nella seconda, risalente ad<br />

ottobre, la visita sembra già aver avuto luogo: “mes remerciements encore pour votre bonne visite<br />

qui m’a fait le plus grand plaisir” (Ivi, pp. 334-335).<br />

249 BNF, N.A.Fr, 15302, f. 167.<br />

250 Lettera XV<strong>II</strong> (Varese – Villa Mirabello / Vendre<strong>di</strong> [Octobre 1885]), in V. DONATO<br />

RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 335:<br />

“Quant à la demande de marriage en votre nom, elle a été faite le landemain même du jour où<br />

nous sommes quittés. La Comtesse ne voit que une seule objection, c’est quelle ne veut marier<br />

sa fille que dans cinq ans. Ne trouvez-vous pas que l’attente serait un peu longue? J’irai peutêtre<br />

passer trois ou quatre jours chez le S. avant la fin du mois. De là je vous écrirai encore”.<br />

515


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

do, inoltre, un altro interessante esperimento traduttivo, questa volta frutto del<br />

lavoro del lombardo che, sul punto <strong>di</strong> recarsi a Parigi, annucia con queste parole<br />

il proprio arrivo in un telegramma con timbro postale in<strong>di</strong>cante la data 7 luglio<br />

1887: “Voulez-vous, mon cher Ami, que j’aille vous voir demain, de 3 à 4 heures?<br />

Je vous apporterai le moraceau traduit”. 251 La versione gual<strong>di</strong>ana, tuttora<br />

conservata tra le carte appartenute al poeta francese – con la specifica in calce<br />

“Da R. de M. F., traduzione <strong>di</strong> L. G.” –, è la trasposizione in italiano del testo<br />

poi in<strong>di</strong>cato con il numero CXL<strong>II</strong> nella raccolta del 1896 delle Horensias bleus:<br />

La virtualità <strong>di</strong> un sol felice istante<br />

Non è bastante forse per farci perdonare<br />

Alla vita in delirio, affannata e straziante<br />

Che ne promette tutto e niente poi sa dare?<br />

Ahi! Tutto nel destino a caso è triste o futile<br />

Tutto è bizzarro e storto screziato follemente<br />

Pure il recriminare è per lo meno inutile,<br />

La virtualià – sola vitrù – è presente.<br />

Alla vita incolora, timida e affaticante<br />

Che ne promette tutto e nulla poi sa dare,<br />

Non è bastante forse per farci perdonare<br />

La virtualità d’un sol felice istante? 252<br />

L’esistenza <strong>di</strong> questa traduzione (unitamente all’interesse costante manifestato<br />

da <strong>Gualdo</strong> per la ricezione dei versi dell’amico) denota un apprezzamento<br />

sincero del critico milanese per le doti poetiche <strong>di</strong> Montesquiou, un’attenzione<br />

che viene convogliata – in un secondo momento – nella continua professione <strong>di</strong><br />

un insistente consiglio: la necessità <strong>di</strong> “faire imprimer d’un coup vos Œuvres<br />

251 Lettera XV<strong>II</strong>I. Ivi, p. 336.<br />

252 BNF, N.A.Fr, 15302, f. 179. La versione originale si trova nella raccolta pubblicata<br />

successivamente da R. DE MONTESQUIOU, CXL<strong>II</strong>, in Les Hortensias bleus, cit., p. 307: “La<br />

virtualité d’une minute heureuse. / N’est-ce donc point assez pour faire pardonner / A la vie effarée,<br />

affairée et pleureuse / Qui promet d’abord tout pour ne plus rien donner? // Rien que la<br />

destinée au hasard ne <strong>di</strong>stille / Tout est tout bigarré, tout bizarre et tortu. / Récrimination n’est<br />

rien moins qu’inutile / Sa virtualité fait tout sa vertu. // A la vie effacée, affaissée et peureuse /<br />

Qui promet d’abord tout pour ne plus rien donner / N’est-ce donc point assez pour faire pardonner<br />

/ La virtualité d’une minute heureuse?”.<br />

516


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Complètes”. 253 Montesquiou, infatti, continuava a produrre, anno dopo anno,<br />

numerosissimi componimenti senza però darli alle stampe; soltanto al principio<br />

del 1887 – appren<strong>di</strong>amo da una risposta gual<strong>di</strong>ana – il conte sembrerebbe aver<br />

finalmente espresso la volontà <strong>di</strong> mandare in tipografia i propri scritti. La decisione<br />

si rivela fonte <strong>di</strong> gran gioia per il suo corrispondente italiano che, appresa<br />

la buona novella, con il suo solito piglio ironico, si congratula scherzosamente<br />

con il poeta d’oltralpe affermando: “J’ai vu avec un très vif plaisir que vous<br />

commencez à imprimer vos Œvres Complètes; seulement vous allez en sens inverse,<br />

puisque vous commencez par la Correspondance d’abord. J’espère que le<br />

reste: poèmes, romans, nouvelles, mémoires suivront de près”. 254 Ma, in realtà,<br />

dovrà trascorrere ancora del tempo prima che i testi <strong>di</strong> Montesquiou possano<br />

venir pubblicati (naturalmente, senza essere messi in ven<strong>di</strong>ta, bensì in pochissimi<br />

esemplari <strong>di</strong>stribuiti ad personam dall’autore stesso). La conferma <strong>di</strong> questo<br />

temporaneo rinvio del proposito <strong>di</strong> stampa arriva – il successivo novembre –<br />

ancora da <strong>Gualdo</strong>, il quale, in una sua lettera, palesa al proprio destinatario il<br />

timore che “le nombre des volumes qui, entassés les uns sur les autres, forment<br />

déjà un plier” possa, al termine, “délicatement démolir le jour où vous déciderez<br />

enfin à la publication”. 255<br />

L’attesa, ad ogni modo, prosegue e, nel frattempo, Montesquiou continua<br />

ad accumulare pagine manoscritte, componendo nuovi versi che saranno poi<br />

destinati a confluire all’interno della sua prima raccolta; tutto ciò non impe<strong>di</strong>sce<br />

intanto a <strong>Gualdo</strong> <strong>di</strong> restare aggiornato sugli sviluppi poetici del singolare confratello<br />

d’arte. Nuovi incontri si profilano per loro all’orizzonte e nuove sessioni<br />

<strong>di</strong> lettura li tengono impegnati durante i loro soggiorni parigini:<br />

Je repense très souvent à la si charmante après mi<strong>di</strong> passée cet été à écouter vos<br />

poèmes et je garde dans les oreilles la volupté presque douloureuse du trop attendu retour,<br />

constamment varié dans sa monotonie, des mêmes rimes éclatantes, dans la transcription<br />

poétique de l’invocation à Tanit. 256<br />

Il componimento cui si fa allusione – testo all’epoca, com’è ovvio, ancora<br />

ine<strong>di</strong>to – verrà in seguito intitolato Litanies à Tanit ed entrerà a far parte, in-<br />

253 Lettera XX<strong>II</strong> (inviata da casa Somaglia, in Monza, il 2 novembre 1886). V. DONATO<br />

RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 342.<br />

254 Lettera XXIV, del 31 marzo 1887. Ivi, p. 344.<br />

255 Lettera XXIX, da Milano (novembre 1887). Ivi, p. 350.<br />

256 Lettera XXX (<strong>di</strong>cembre 1887). Ivi, p. 353.<br />

517


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

sieme alle precedenti creazioni, del volume Les Chauves-souris, finalmente su<br />

carta stampata nell’anno 1893. <strong>Gualdo</strong> approfitterà dell’avvenimento per esprimere<br />

il proprio consenso, nonché la propria felicità, per l’avverarsi <strong>di</strong> tale<br />

agognato evento, specialmente dopo aver ricevuto una copia della raccolta accompagnata<br />

da un’assai lusinghiera de<strong>di</strong>ca dell’autore a piena pagina. La copia<br />

in questione (consultata da Montera, che ha anche trascritto le parole <strong>di</strong> Montesquiou)<br />

non risulta, però, attualmente presente tra i libri dell’originaria biblioteca<br />

gual<strong>di</strong>ana venduti dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e quin<strong>di</strong> riversati – a seguito del deposito<br />

negli archivi <strong>di</strong> famiglia a Portoferraio – all’Ambrosiana <strong>di</strong> Milano:<br />

À Monsieur <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

Elégant romancier et<br />

délicat poète «du doux pays<br />

où resonne le sì» – et dont<br />

j’ai interpreté, page 157 de<br />

ce poème, un musical nocturne.<br />

En rhythmique ratification<br />

De mon affectueuse estime<br />

Comte Robert de Montesquiou Fezensac.<br />

518<br />

Novembre 92. 257<br />

Il notturno musicale cui accenna Montesquiou è il già citato Alla sera, <strong>di</strong>venuto<br />

poi Chiaroscuro nella versione francese da esso liberamente tratta. Tutavia,<br />

questo non è il solo riconoscimento attraverso cui il poeta transalpino ha<br />

omaggiato il benvoluto collega cisalpino: nuovi allori spetteranno ancora a<br />

<strong>Gualdo</strong> all’uscita della seconda raccolta dell’amico, quelle Hortensias bleus per<br />

le quali, all’indomani della ricezione, il milanese (ormai in fase <strong>di</strong> declino, confinato<br />

nel suo letto <strong>di</strong> agonia) espliciterà la propria riconoscenza scrivendo:<br />

Permettez-moi en attendant de vous <strong>di</strong>re avec quelle joie j’ai retrové dans ce superbe<br />

volume le poème Ancilla que depuis longtemps j’attendais de voir apparaître<br />

dans vos œuvres. Rien n’est plus beau. Charmé aussi par Quia Pulvis (Co<strong>di</strong>cille), par le<br />

vers portant le chiffre XXXIV à page 68, par les strophes si exactes et profondes sur le<br />

portrait de la Duse, que je vous suis infiniment reconnaissant de m’avoir fait l’honneur<br />

de me dé<strong>di</strong>er, par la parfaite interprétation de la ballade de Swinburne, offerte à Catulle<br />

Mendès – et pour tout enfin!<br />

257 P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 88.


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Merci de grand cœur pour tout. Et merci aussi de quelques mots de moi mis en épigraphe<br />

aux vers <strong>di</strong> rares Transfusion. 258<br />

Imme<strong>di</strong>ata espressione <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne autentica da parte del poeta infermo,<br />

questa lettera non rappresenta il solo ringraziamento gual<strong>di</strong>ano, successivo all’invio<br />

del libro, per le numerose allusioni a lui riferite contenute all’interno del<br />

prezioso dono: nel “Fonds Montesquiou” è infatti custo<strong>di</strong>ta anche una trascrizione<br />

non autografa (opera <strong>di</strong> un copista non italiano – la cui mano è tuttavia<br />

<strong>di</strong>versa da quella dell’ex possessore delle carte) <strong>di</strong> un sonetto composto da<br />

<strong>Gualdo</strong> proprio allo scopo <strong>di</strong> manifestare riconoscenza per aver ricevuto un dono<br />

preziosissimo. L’assenza <strong>di</strong> datazione, oltre che della menzione del volume<br />

avuto in regalo, non permette <strong>di</strong> riferire con esattezza il componimento poetico<br />

all’invio delle Hortensias bleus, benché questa sembrerebbe l’ipotesi più probabile,<br />

visti i molteplici accenni “botanici”:<br />

Il libro più che raro ora m’arriva<br />

Unico dono che mi alletta i sensi<br />

La mente esalta e fa che alfin ripensi<br />

I fior lontani, là sull’altra riva.<br />

Per un istante alfin si fan più intensi<br />

I ricor<strong>di</strong> – fantasmi – e quasi viva<br />

Sembra una vita ignota in cui si schiva<br />

Il ver banale, per desiri intensi.<br />

Oh! la magia dei fulgenti versi<br />

Variati come il mondo! Ad una meta<br />

Pur convergenti da confini avversi!<br />

All’acuto lettore una segreta<br />

Virtù insorge <strong>di</strong> sensi <strong>di</strong>versi<br />

E si rinnova in lui, viva il poeta! 259<br />

Anche nell’ultimo periodo <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, dunque, e per tutti gli anni<br />

’90, il legame creatosi con Montesquiou continua a restare saldo (non <strong>di</strong> rado,<br />

258 BNF, N.A.Fr. 15119, ff. 23-25. La lettera è presente anche nell’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Valeria Donato<br />

Ramaciotti (in<strong>di</strong>cata come doc. XXXVI), ma in questo caso si è preferito citare il documento<br />

manoscritto a causa <strong>di</strong> alcuni errori <strong>di</strong> trascrizione constatati nella versione a stampa.<br />

259 BNF, N.A.Fr. 1286.<br />

519


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

ad esempio, l’italiano si reca a far visita all’amico nella sua nuova abitazione <strong>di</strong><br />

Versailles) 260 tanto che lo stravagante poeta – come si evince da un telegramma<br />

pneumatico a questi inviato da Flavie de Balsorano, marchesa <strong>di</strong> Casa Fuerte –<br />

sarà tra i presenti alle esequie <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nella chiesa <strong>di</strong> Saint-Philippe-du-Roule<br />

all’indomani della sua scomparsa. 261 Nonostante la riappacificazione finale pare,<br />

comunque, che non siano mancati anche momenti <strong>di</strong> tensione tra i due, particolarmente<br />

nel biennio 1884-1885. Causate soprattutto dall’indole volubile,<br />

permalosa e suscettibile <strong>di</strong> Montesquiou, abituato all’adulazione <strong>di</strong> chi lo attorniava,<br />

le incomprensioni tra i due corrispondenti dovettero forse avere alla base<br />

i frequenti silenzi ed i lunghi ritar<strong>di</strong> epistolari <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, motivazioni cui si uniranno,<br />

poi, anche alcune fraintendenti comunicazioni riportate da terzi (celebre<br />

resta il caso che vide invischiata la contessa Jean de Montebello). 262<br />

Il più delle volte l’arma <strong>di</strong> controffesa alla quale fece ricorso lo scrittore<br />

parigino fu il medesimo espe<strong>di</strong>ente che egli riteneva esser stato utilizzato da<br />

<strong>Gualdo</strong>: la totale assenza <strong>di</strong> notizie sul proprio conto. Pertanto, non c’è da sorprendersi<br />

se in alcuni suoi messaggi <strong>Gualdo</strong> si è mostrato preoccupato ed è<br />

giunto a scrivere, pur <strong>di</strong> mettere un punto fermo alle incresciose situazioni alimentate<br />

dalla fantasia dall’amico, frasi del tipo: “Pourquoi vous taisez-vous si<br />

obstinément? Avez-vous reçu mes lettres de cet été addressées à Paris, lorsque<br />

vous étiez à St. Moritz” 263 o anche, non avendo ancora ricevuto repliche: “Votre<br />

silence me fait beaucoup de peine, […] je me perds en conjecteures pour devi-<br />

260 Fondo <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, carteggio Z 80 suss., b.2(8): “Sono invitato ad andare in parecchi<br />

posti; oggi stesso vado a Versailles da Montesquiou, che vi sta ancora un pezzo”.<br />

261 BNF, N.A.Fr. 15302, f. 216. Telegramma pneumatico, ine<strong>di</strong>to, recante timbro postale<br />

“Paris, 22 mai ‘98”: “Jeu<strong>di</strong> soir 10 heures. […] Peut-être nous verrons nous demain matin aux<br />

obsèques du pauvre <strong>Gualdo</strong> et je vous <strong>di</strong>rai mon double regret”.<br />

262 Rappresentativi <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> frainten<strong>di</strong>menti sono i frammenti <strong>di</strong> due lettere <strong>di</strong> Jean<br />

de Montebello al Conte. Nella prima (N.A.Fr. 15302, ff. 220-221) essa scrive: “J’ai reçu deux<br />

lettres charmantes de <strong>Gualdo</strong>. Il parle de vous mais Vs. ne saurez pas ce qu’il eu <strong>di</strong>t. Ceci parce<br />

qu’il vous a parlé de moi dans une lettre que je n’ai jamais pu voir. J’ai lu sur son conseil une<br />

chose de M. Bourget sur Stendhal. Je regrette de ne pouvoir le voir qu’en « noir sur blanc ». Me<br />

le permettrez-vous un jour? Dans bien longtemps? J’ai <strong>di</strong>t à <strong>Gualdo</strong> que j’attendrai pour cela<br />

votre bon plaisir”. Pur non possedendo la risposta del Conte, non è <strong>di</strong>fficile intuirne il contenuto<br />

dalle parole <strong>di</strong> replica della corrispondente (ivi, ff. 222-223): “Je me suis bien mal exprimée si<br />

vous avez compris par ma lettre que <strong>Gualdo</strong> ne vous est pas un fidèle admirateur et aussi je lui<br />

dois une éclatante réparation – mais il est aussi l’ami de Bourget en quoi il <strong>di</strong>ffère de moi”.<br />

263 Lettera XIV, su biglietto da visita int. <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> del <strong>di</strong>cembre 1884. V. DONA-<br />

TO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 333.<br />

520


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

ner pourquoi vous vous taisez à ce point. Serait-ce un nouvel et terrible accès de<br />

Marcel-Remisme excessivement prolongé?”. 264 Ma la testimonianza più eclatante,<br />

manifestazione in<strong>di</strong>scutibile della collera <strong>di</strong> Montesquiou, è rappresentata<br />

dall’iscrizione latina – posta a mo’ <strong>di</strong> cornice attorno alla figura del poeta fotografato<br />

da L. Cassin – ritrovata da Montera: “Ad inimicum / amicum / <strong>Gualdo</strong>nem<br />

/ Mons Esquious. / Apriliter / 1884”. 265 Parrebbe che, comunque, la delicata<br />

situazione non si sia protratta a lungo, come appare comprensibile dalla ripresa<br />

dell’abituale carteggio tra i due e come risulta evidente da un messaggio<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> in<strong>di</strong>rizzato da Parigi a Vittoria Cima nel corso del 1886: “Montesquiou<br />

mi asse<strong>di</strong>a come al solito, ma è più che mai interessante”. 266<br />

Un’affinità elettiva, dunque, più che una vera e propria, usuale, canonica<br />

amicizia; una sintonia innata che farà correre “d’un seul galop” <strong>Gualdo</strong> a bordo<br />

<strong>di</strong> una sleeping car da Milano a Parigi 267 al solo pensiero <strong>di</strong> poter trascorrere un<br />

i<strong>di</strong>lliaco pomeriggio letterario in compagnia dell’amico, ma allo stesso tempo<br />

anche una felicemente riuscita ricerca <strong>di</strong> riscontri tra animi dotati <strong>di</strong> un comune<br />

sentire, indoli raffinate che hanno saputo, nonostante tutto, confidarsi i più intimi<br />

tormenti. La paura gual<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> un’impellente mort consciente, in particolare,<br />

è forse la confidenza più preziosa rimastaci: alla loro corrispondenza il<br />

mittente italiano ha voluto affidare il suo più recon<strong>di</strong>to timore, quello <strong>di</strong> una<br />

impellente morte dello spirito con l’annesso rischio <strong>di</strong> rendere irreversibilmente<br />

in<strong>di</strong>stincte ciò che entrambi ritenevano la più significativa delle doti umane: “la<br />

mémoire des choses passées – dont l’existence même […] paraît douteuse”. 268<br />

7.5 Mallarmé, “plume évocatrice, dans un tourbillon de rêve et de mystère”<br />

Il 18 luglio 1872 François Coppée annotava nel suo Journal intime: “Vu le<br />

poète italien <strong>Gualdo</strong>, dont la grâce mala<strong>di</strong>ve me séduit beaucoup. Passé avec lui<br />

264<br />

Lettera XV, da Nervi, risalente al 1885. Ivi, pp. 333-334. Flavien Marcel Rémi è lo<br />

pseudonimo usato da Montesquiou durante i suoi viaggi in incognito in Olanda (cfr. A. BER-<br />

TRAND, Les curiosités esthétiques de Robert de Montesquiou, Genève, Droz, 1996, p., 486).<br />

265<br />

P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 79.<br />

266<br />

Fondo Vittoria Cima, c.3 b.40(15). Documento ine<strong>di</strong>to.<br />

267<br />

Lettera XXXIX (databile tra 1883 e1884). V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), cit., p. 364.<br />

268 Lettera V<strong>II</strong>I (giugno 1883). Ivi, p. 323.<br />

521


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

la soirée chez Mallarmé”. Esclusa la presente, nessun’altra fonte fornisce notizie<br />

circa le origini della frequentazione, <strong>di</strong>venuta poi col tempo piuttosto assidua,<br />

tra <strong>Gualdo</strong> e Mallarmé: il passo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario riportato, 269 comunque, non lascia<br />

dubbi sul fatto che l’italiano partecipasse ai martedì della rue de Rome almeno<br />

fin dal principio <strong>degli</strong> anni ’70. Marshall C. Olds, che ha stu<strong>di</strong>ato il carattere <strong>di</strong><br />

internazionalismo della cerchia dei partecipanti ai famosi mar<strong>di</strong>s, data ad<strong>di</strong>rittura<br />

questo avvicendamento sul finire della decade precedente:<br />

The circle of poet friends grew during the 1860s: Des Essart, Villiers, Glatigny,<br />

Banville, Mendès, Aubanel, Mistral. The group began to include foreigners: Italian<br />

<strong>Gualdo</strong> and the Englishmen Payne and Bonaparte-Wyse; Swinburne and O’ Shaughnessy<br />

would soon follow. 270<br />

A testimonianza della longevità <strong>di</strong> questa frequentazione, un altro poeta<br />

della stessa cerchia, Henri de Régnier, segnalerà molto tempo dopo – in data 20<br />

giugno 1888 – la continuità della presenza dell’italiano tra gli ospiti del medesimo<br />

salon: “Le soir je revois chez lui Rodenbach, Tausserat et <strong>Gualdo</strong>”. 271 Ma<br />

accanto a queste fonti esterne, esistono inoltre sei lettere del milanese, che coprono<br />

un arco cronologico che va dal 1879 al 1894, in<strong>di</strong>rizzate <strong>di</strong>rettamente a<br />

Mallarmé (le risposte, al momento, restano ancora introvabili) reperite da Carl<br />

P. Barbier nella “Collection Benniot” <strong>degli</strong> archivi <strong>di</strong> Valvins e pubblicate nel<br />

1968 unitamente al testo completo <strong>di</strong> una ‘version ancienne’ della Prose pour<br />

des Esseintes trascritta proprio per mano <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> e ritrovata tra le carte del<br />

“Fondo Montesquiou” confluite al <strong>di</strong>partimento dei manoscritti della BNF. 272<br />

Ulteriori in<strong>di</strong>zi relativi all’interesse dello scrittore nostrano nei confronti<br />

della persona, delle vicende e della produzione <strong>di</strong> Mallarmé sono poi contenuti<br />

all’interno dei carteggi gual<strong>di</strong>ani con François Coppée e Robert de Montesquiou,<br />

anche se, in realtà, il documento più interessante e rappresentativo è,<br />

269<br />

H. MONDOR, Vie de Mallarmé, Paris, Gallimard, 1941, p. 328. Il passo è riportato anche<br />

(ma per intero) in J. MONVAL, Stéphane Mallarmé et François Coppée. Lettres iné<strong>di</strong>tes,<br />

in «Revue des deux mondes», septembre 1923, p. 665.<br />

270<br />

M. C. OLDS, Mallarmé and the Internationalism, Toronto, Centre d’Études Romantiques<br />

Joseph Sablé, 1996, pp. 160-161.<br />

271<br />

H. DE RÉGNIER, Les Cahiers iné<strong>di</strong>ts 1887-1963, Paris, Pygmalion, 2002, p.131.<br />

272<br />

C. P. BARBIER, Un texte complet de la « version ancienne » de Prose pour des Esseintes,<br />

in Documents Stéphane Mallarmé, cit., pp. 9-30 e ID., Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, 1879-<br />

94, ivi, pp. 99-107.<br />

522


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

ancora una volta, la già menzionata recensione agli ultimi due volumi dell’Anthologie<br />

des poètes français du XIX siècle, articolo in merito al quale <strong>Gualdo</strong><br />

può essere annoverato – insieme a Pica e Panzacchi – tra i primissimi critici ad<br />

aver <strong>di</strong>ffuso e pubblicizzato i versi <strong>degli</strong> autori simbolisti in Italia. 273<br />

Fin dalla prima lettera documentata <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Mallarmé (che, benché non<br />

riporti l’in<strong>di</strong>cazione dell’anno risale senza dubbio al 1874, viste le numerose affinità<br />

con un messaggio coevo del medesimo mittente a Coppée), 274 è evidente<br />

il rispetto nutrito dal milanese per l’autorità del confratello in arte cui si rivolge<br />

per domandare un giu<strong>di</strong>zio sul suo ultimo romanzo:<br />

Avez-vous reçu, dès son apparition, mon livre par Lemerre? Vous seriez bien aimable<br />

si vous vouliez me <strong>di</strong>re franchement ce que vous en pensez. 275<br />

Il libro in questione è Une ressemblance; sembrerebbe che la tanto anelata<br />

recensione non abbia tardato ad arrivare se, nel post-scriptum <strong>di</strong> una comunicazione<br />

epistolare del 27 agosto 1874 in<strong>di</strong>rizzata a Coppée, <strong>Gualdo</strong> affermerà <strong>di</strong><br />

aver appena ricevuto il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Mallarmé sul suo lavoro <strong>di</strong> recente pubblicato.<br />

Nonostante l’assenza materiale <strong>di</strong> tale risposta, è possibile ricostruire almeno<br />

parzialmente il suo contenuto sia perché l’italiano ne parla all’amico parnassiano<br />

sia perché il compte rendu in questione (cui farà seguito anche quello de<strong>di</strong>cato<br />

ad Un mariage excentrique) 276 è stato in certa misura riportato sulle pagine<br />

del primo numero della «Dernière Mode. Gazette du monde et de la famille»:<br />

273<br />

L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., pp. 11-12. Gli interventi<br />

<strong>di</strong> Pica sono invece apparsi sul «Pungolo della domenica» nel settembre 1885, sulla «Gazzetta<br />

letteraria» nel novembre-<strong>di</strong>cembre 1886 e nel gennaio 1887 e sul «Fanfulla» del settembre<br />

1888. Sullo stesso numero <strong>di</strong> «Lettere e Arti» in cui compare la recensione gual<strong>di</strong>ana è poi, inoltre,<br />

presente lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Panzacchi su I Decadenti.<br />

274<br />

Anche escludendo il riferimento alla pubblicazione presso Lemerre (che ridurrebbe le<br />

date potenziali a 1874 o 1879), le lamentele <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per le “tant d’ennuis” – che sono state<br />

impe<strong>di</strong>mento per far visita a Mallarmé durante il suo ultimo soggiorno francese – si ritrovano<br />

parimenti nella lettera I a Coppée (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 183) nella quale<br />

<strong>Gualdo</strong> espone i problemi avuti, prima del rientro in Italia, a Parigi, “causes d’inquiétude et<br />

d’ennui”. La datazione è inoltre avvalorata dalla testimonianza offerta da un messaggio scritto<br />

da Coppée per scusarsi con Mallarmé per aver trascurato le loro relazioni:“les derniers jours que<br />

<strong>Gualdo</strong> peut encore passer à Paris sont chargés pour moi de devoirs et d’obligation” (ibidem).<br />

275<br />

Lettera I <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Sthéphane Mallarmé (C. P. BARBIER, Lettres de <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, 1879-94, cit., p. 102).<br />

276<br />

[S. MALLARMÉ], Bulletin bibliographique. <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>: Un Mariage excentrique,<br />

in «La Nouvelle Revue», septembre-octobre 1880, p. 715.<br />

523


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

P.S. J’ai reçu une lettre de Mallarmé qui est peut-être son chef d’œuvre – écrite<br />

sur un papier prospectus du fameux journal de la mode. J’ai aussi reçu le spécimen de<br />

ce journal, où sous le pseudonyme de Ix j’ai reconnu le même Mallarmé, & où j’ai<br />

aperçu le premier chapitre d’une nouvelle de vous «cachée sous une gravure de<br />

modes ». – Quel sera le sort de ce journal?<br />

Je répondrai un de ces jours à Mallarmé […]. 277<br />

Il passaggio appena riportato è <strong>di</strong> notevole interesse per più motivi. Prima<br />

<strong>di</strong> tutto, dal punto <strong>di</strong> vista <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> gual<strong>di</strong>ani, esso rappresenta l’attestazione<br />

nero su bianco <strong>di</strong> un carteggio bilaterale tra i due scrittori (per quanto, allo stato<br />

attuale delle ricerche, non si può far altro che continuare a chiedersi in cosa potesse<br />

mai consistere questa lettera/capolavoro); in secondo luogo queste righe<br />

hanno permesso <strong>di</strong> constatare che, contrariamente a quanto asserito da molti<br />

stu<strong>di</strong>osi (a causa della mancanza fisica <strong>di</strong> copie del primo fascicolo della rivista<br />

<strong>di</strong> moda <strong>di</strong> cui sopra), 278 Mallarmé doveva aver inviato ad una cerchia ristretta<br />

<strong>di</strong> persone un “numero-saggio” della sua rivista. Come ha poi rivelato il saggio<br />

<strong>di</strong> Anne Marie Boetti – che, nel suo volume de<strong>di</strong>cato alla «Gazzetta del Bel<br />

Mondo e della Famiglia», ha accluso una stampa anastatica della prima pagina<br />

della première livraison attraverso la quale è possibile comprendere perché<br />

<strong>Gualdo</strong> in data 27 agosto scrivesse <strong>di</strong> aver già ricevuto uno specimen del giornale<br />

che sarebbe uscito soltanto il 6 settembre successivo – sulla copertina azzurra<br />

in carta Japon del testo/modello era contenuta l’avvertenza che, ricevuto o<br />

meno in precedenza su invio del <strong>di</strong>rettore, il primo fascicolo della «Dernière<br />

Mode» sarebbe stato messo presto a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutte le lettrici e lanciato sul<br />

mercato a partire dalla prima domenica <strong>di</strong> settembre. 279 In terzo e ultimo luogo<br />

il poscritto <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> si è rivelato utile per molti stu<strong>di</strong>osi mallarmeani, giacché<br />

al suo interno lo scrittore italiano afferma <strong>di</strong> aver riconosciuto sotto lo pseudo-<br />

277<br />

Lettera I <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée datata “Venise, 27 août [1874]” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., p. 184).<br />

278<br />

Cfr. R. DRAGONETTI, Un fantôme dans le kiosque. Mallarmé et l’esthétique du quoti<strong>di</strong>en,<br />

Paris, Seuil, 1992, p. 29 o anche D. CATANI, The Poet in Society. Art, Consumerism<br />

and Politics in Mallarmé, New York, P. Lang, 2003, p. 52, dove si parla <strong>di</strong> un vero e proprio<br />

“énigme chronologique”.<br />

279<br />

S. MALLARMÉ, La Dernière Mode. Gazzetta del Bel Mondo e della Famiglia, a cura<br />

<strong>di</strong> A. M. Boetti, traduzione <strong>di</strong> D. Provenzali, Milano, E<strong>di</strong>zioni Delle Donne, 1976, p. 26. Si veda<br />

anche, per le splen<strong>di</strong>de e fedeli riproduzioni delle pagine dei primi numeri della rivista, P. N.<br />

FURBANK – A. M. CAIN, Mallarmé on fashion. A translation of the Fashion Magazine La<br />

Dernière Mode with Commentary, Oxford, Berg, 2004.<br />

524


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

nimo Ix la penna dell’amico poeta: rivolgendosi a Coppée il 30 novembre da<br />

Milano (mortificato per non aver ancora risposto al messaggio ricevuto da Mallarmé<br />

tre mesi prima insieme al prospectus del nuovo perio<strong>di</strong>co), 280 <strong>Gualdo</strong> ha,<br />

infatti, contribuito a sciogliere alcuni enigmi relativi allo staff redazionale della<br />

rivista manifestando in tale lettera il sospetto che, <strong>di</strong>etro ciascun articolo della<br />

gazzetta e a <strong>di</strong>spetto delle varie firme, si celasse sempre lo stesso giornalista:<br />

Quant à Mallarmé, la rougeur me monte au front quand je pense à lui, car je n’ai<br />

pas encore répondu à sa bonne et <strong>di</strong>vine lettre de cet été. Je n’ai eu que le numéro spécimen<br />

du Journal des Modes. Est-ce que tout le texte est du maître, ou le mallarmisme<br />

a-t-il fait de tel progrès que tous les rédacteurs écrivent comme lui? C’est tout simplement<br />

délicieux. 281<br />

Jean-Pierre Leclercle si domanda perché, tra i tanti suoi contatti, Mallarmé<br />

avesse scelto <strong>di</strong> inviare proprio a <strong>Gualdo</strong> un numero-saggio della sua rivista:<br />

certamente la lettera accompagnatrice andata perduta doveva contenere informazioni<br />

esplicite a riguardo; tuttavia si potrebbe congetturare che, attraverso lo<br />

scrittore e giornalista italiano, egli abbia voluto garantirsi “une ouverture supplémentaire<br />

sur l’étranger” (<strong>di</strong>versi abbonamenti erano stati assicurati anche in<br />

Inghilterra). 282 È altrettanto vero, d’altro canto, che il <strong>di</strong>rettore della «Dernière<br />

Mode» potrebbe aver pensato all’amico d’oltralpe poiché era al corrente dell’attenzione<br />

con cui <strong>Gualdo</strong> stava seguendo le sue vicende artistiche ed e<strong>di</strong>toriali.<br />

Di poco successive a questo documento sono, infatti, le affermazioni gual<strong>di</strong>ane<br />

<strong>di</strong> chiara condanna nei confronti dell’e<strong>di</strong>tore Lemerre, colpevole dapprima <strong>di</strong><br />

essersi rifiutato <strong>di</strong> pubblicare la traduzione mallarmeana (Le Corbeau) del poema<br />

The Raven <strong>di</strong> Edgar Allan Poe e successivamente responsabile dell’esclusione<br />

de L’Après-mi<strong>di</strong> d’un faune dal terzo Parnasse Contemporain.<br />

Al 1875 risale, poi, il testo in cui l’italiano si informa con interesse sull’uscita<br />

nelle librerie del volume contenente la corrispondenza illustrata <strong>di</strong> Manet<br />

e Mallarmé con Alphonse Lemerre. 283 Ancora nel 1875 si colloca, infine, lo<br />

280<br />

Nel frattempo erano stati rilasciati altri sei numeri del giornale, ma <strong>Gualdo</strong> – allora in<br />

Italia – pare non avesse più ricevuto alcuna copia da Mallarmé.<br />

281<br />

Lettera <strong>II</strong> a Coppée datata (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 188-189).<br />

282<br />

J.-P- LECLERCLE, Mallarmé et la Mode, Paris, Séguier, 1989, p. 25.<br />

283<br />

Lettera <strong>II</strong>I a François Coppée: “On nous écrit de Paris que Bachelin Deflorenne va publier<br />

la correspondance (illustrée) de Manet & Mallarmé avec Alphonse Lemerre. Problème.<br />

Catulle ayant prononcé 415 fois le nome de Peragallo en 38 heures, Villiers ayant cru pénétrer<br />

525


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

schieramento gual<strong>di</strong>ano contro il “Prudhomme des communards”, quello stesso<br />

Lemerre il cui comportamento viene assimilato a quello palesato, anni prima,<br />

da Michel Lévy quando aveva ciecamente impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> dare alle stampe alcuni<br />

volumi <strong>di</strong> Flaubert: offeso dai rifiuti nei confronti <strong>di</strong> Mallarmé, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

non esita a scrivere all’amico Coppée (il quale, tra l’altro, faceva parte in prima<br />

persona del comitato <strong>di</strong> lettura incaricato <strong>di</strong> selezionare i testi da inserire nella<br />

nuova antologia parnassiana, 284 un “comité partial”, come scriverà Mortelette,<br />

la cui decisione plus lourde sarà proprio l’aver posto Mallarmé tra i collaboratori<br />

sottoposti ad esame) 285 <strong>di</strong> sentirsi moralmente obbligato a in<strong>di</strong>rizzare qualche<br />

riga allo stampatore incriminato al fine <strong>di</strong> aiutarlo a comprendere il grave errore<br />

commesso. A suo giu<strong>di</strong>zio, <strong>di</strong>fatti, “un Parnasse n’est pas un sans Mallarmé”:<br />

L’excellent Lemerre, ce Prudhomme des communards, achève donc de se michellévyser?<br />

C’est navrant. Je dois lui écrire un de ces jours & j’ai bien envie de lui prouver<br />

qu’un Parnasse n’est pas un sans Mallarmé, & qu’ouvrir toutes grandes les portes<br />

aux brutalistes mélancoliques tels que Richepin serait un acte de haute politique. Mais<br />

les italiens seuls comprennent ces choses-là. – L’excentricité est non seulement utile,<br />

comme vous <strong>di</strong>tes, mais même essentielle, quoique puisse en penser France. 286<br />

Proprio a quest’epoca <strong>di</strong> grande interessamento <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nei confronti dei<br />

versi <strong>di</strong> Mallarmé la critica fa risalire la trascrizione <strong>di</strong> sua mano della cosiddetta<br />

“versione antica” della Prose pour des Esseintes: spinti dall’intento <strong>di</strong> retrodatare<br />

la prima stesura <strong>di</strong> questo componimento – svincolandolo, così, da una<br />

dans la cage à Bidel pendant que Marras relisait son drame 15 fois, et Mallarmé n’ayant fait que<br />

deux fois le geste connu, on demande le nombre des ronds dessinés par les bocks sur les tables<br />

d’Holmès et de combien d’années a vieilli Dierx dans ces 38 heures ?” (P. DE MONTERA,<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 194-198).<br />

284 Il comitato era composto da François Coppée, Théodore de Banville e Anatole France<br />

(H. MONDOR, Vie de Mallarmé, cit., p. 194). Colpisce soprattutto la reazione <strong>di</strong> Banville, il<br />

quale, nonostante la solita lungimiranza, si mostrò in tale occasione particolarmente reticente; la<br />

sua incomprensione “parnassiana” <strong>di</strong>nnanzi ad un arte che non riusciva a comprendere è testimoniata<br />

dalle parole pronunciate a proposito della Improvisation d’un faune: “Doit, je crois,<br />

être admis, en dépit du manque de clarté, à cause des rares qualités harmoniques et musicales du<br />

poème” (P. POTTIER, Quel est l’homme du siècle?, in «Le Gaulois», 29 avril 1901).<br />

285 Y. MORTELETTE, Histoire du Parnasse, cit., p. 343: “son hermétisme était perçu<br />

comme une déviation par rapport aux principes du Parnasse” (ivi, p. 344).<br />

286 Lettera IV a Coppée (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, 1879-94, cit., p. 201). Con il<br />

gioco <strong>di</strong> parole, <strong>Gualdo</strong> sembrerebbe aver ironicamente rimproverato il suo corrispondente per<br />

aver tra<strong>di</strong>to l’amicizia <strong>di</strong> Mallarmé e per essere stato con<strong>di</strong>zionato dalla valutazione <strong>di</strong> France.<br />

526


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

eventuale relazione con il testo <strong>di</strong> Huysmans, À rebours, del 1884, o dall’apposizione<br />

a posteriori <strong>di</strong> titolo e de<strong>di</strong>ca 287 – molti stu<strong>di</strong>osi hanno forzatamente<br />

cercato <strong>di</strong> collocare cronologicamente il manoscritto gual<strong>di</strong>ano ritrovato nel<br />

“Fonds Montesquiou” intorno alla metà <strong>degli</strong> anni ’70 attraverso analisi grafologiche<br />

basate sulla scrittura del copista. Purtroppo, però, tali stu<strong>di</strong> hanno usato<br />

come esclusivo metro <strong>di</strong> confronto due sole lettere <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Mallarmé risalenti<br />

al suddetto periodo. 288 L’unico ad aver fornito una datazione non del tutto<br />

erronea sembrerebbe esser stato Barbier, secondo il quale: “nous avons retrouvé<br />

peu de lettres antérieures à 1880, mais celle que si rattache le plus par son graphisme<br />

épais à la copie en question est une lettre envoyée à Mallarmé le 17 novembre<br />

1879”. 289 In realtà, se avesse potuto <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong><br />

carte gual<strong>di</strong>ane, l’autore dei Documents Stéphane Mallarmé avrebbe avuto la<br />

possibilità <strong>di</strong> fornire un’in<strong>di</strong>cazione cronologica più precisa e certamente posteriore:<br />

la copie <strong>Gualdo</strong> della prima redazione della Prose è infatti conservata su<br />

un bifolio sottilmente listato, su un tipo <strong>di</strong> carta, cioè, che il copista ha utilizzato<br />

unicamente in un solo, determinato momento della propria esistenza, ovvero all’indomani<br />

della morte del padre (sopraggiunta il 29 aprile 1880). 290<br />

La trascrizione del testo mallarmeano eseguita per mano <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> andrebbe<br />

pertanto datata in un arco <strong>di</strong> tempo che include i mesi intercorsi tra il maggio<br />

1880 ed i due anni seguenti, giacché l’unica altra fase della propria vita in cui lo<br />

scrittore milanese ha fatto ricorso a fogli listati a lutto per adempiere alla pro-<br />

287<br />

G. POSANI, Mallarmé e il <strong>di</strong>scorso dell’altra: lettura <strong>di</strong> “Prose”, in «Annali dell’Istituto<br />

Universitario Orientale. Sezione Romanza», a. XX<strong>II</strong>I (1987), n. 1, p. 461.<br />

288<br />

C. P. BARBIER, Un texte complet de la «version ancienne» de Prose pour des Esseintes,<br />

cit., pp. 17-39.<br />

289<br />

Ivi, p. 17. Si tratta <strong>di</strong> un documento utile a portare alla luce il tipo <strong>di</strong> relazioni intercorse<br />

tra i due poeti, un tipo <strong>di</strong> legame certamente intimo, visto che dalla risposta gual<strong>di</strong>ana è possibile<br />

apprendere che Mallarmé gli aveva confidato il grave stato <strong>di</strong> salute <strong>di</strong> sua figlia (“le bien<br />

triste pressentiment que j’ai eu en apprenant par votre dernier mot la mala<strong>di</strong>e de votre pauvre<br />

enfant s’est cruellement réalisé”). L’italiano, a suo turno, aveva pazientemente atteso prima <strong>di</strong><br />

trovare le parole giuste per rivolgersi all’amico: “Me pardonnerez-vous d’avoir tant attendu à<br />

vous <strong>di</strong>re combien j’ai partagé votre douleur & que bien souvent pendant ces jours mes pensées<br />

sont allées vers vous? Vous devez l’avoir senti cependant, malgré mon coupable silence, & être<br />

sûr de ma profonde sympathie” (ID., Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 103).<br />

290<br />

Tutte le notizie relative alla morte <strong>di</strong> don Alessandro <strong>Gualdo</strong> Bolis, ai suoi (mancati)<br />

funerali, alla sua sepoltura al cimitero <strong>di</strong> Fontanelle (BG) sono custo<strong>di</strong>te all’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong><br />

Milano, conservate tra i registri della nobile famiglia Litta Mo<strong>di</strong>gnani, cart. 1, fasc. 7, tit. XXV,<br />

gr. 1: “1880-1881. Carte relative alla morte del Nobile Don Alessandro <strong>Gualdo</strong> Bolis, avvenuta<br />

a Fontanelle il 29 aprile 1880”.<br />

527


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

pria corrispondenza è stato a seguito della morte <strong>di</strong> sua madre, nel biennio 1893<br />

/1894, quin<strong>di</strong> in tempi ben successivi alla prima pubblicazione della Prose pour<br />

des Esseintes (nella versione definitiva) sulla «Revue Indépendante» nel gennaio<br />

1885. 291 La copia <strong>Gualdo</strong> ha, <strong>di</strong> conseguenza, un peso notevole nella tra<strong>di</strong>zione<br />

testuale del componimento non solo per quanto riguarda la sua datazione,<br />

ma anche in quanto essa ne rappresenta l’unica versione integrale, dal<br />

momento che l’altra sola trascrizione ritrovata della version ancienne – realizzata<br />

dallo stesso Mallarmé e rintracciata da Mondor che l’ha resa nota nel 1954<br />

– è mutila delle ultime due strofe (X<strong>II</strong>I-XIV) e presenta, inoltre, alcune varianti:<br />

«VERSION ANCIENNE» «VERSION ANCIENNE» TESTO A STAMPA<br />

(copia <strong>Gualdo</strong>) 292 (ms. autografo) 293 (Revue Indépendante) 294<br />

Indéfinissable, ô Mémoire, Indéfinissable, ô Mémoire, Hyperbole! De ma mémoire<br />

Par ce mi<strong>di</strong>, ne rêves-tu Par ce mi<strong>di</strong>, ne rêves-tu Triomphalement ne sais-tu<br />

L’Hyperbole, aujourd’hui grimoire L’Hyperbole, aujourd’hui grimoire Te lever, aujourd’hui grimoire<br />

Dans un livre de fer vêtu. Dans un livre de fer vêtu? Dans un livre de fer vêtu:<br />

Car j’installe par la Science Car j’installe par la Science Car j’installe, par la science,<br />

L’hymne des cœurs spirituels L’hymne des cœurs spirituels L’hymne des cœurs spirituels<br />

En l’œuvre de ma patience, En l’œuvre de ma patience, En l’œuvre de ma patience,<br />

Atlas, herbiers & rituels. Atlas, herbiers et rituels. Atlas, herbiers et rituels.<br />

291 Tra gli stu<strong>di</strong> de<strong>di</strong>cati a questo testo <strong>di</strong> Mallarmé (e sulle sue vicende redazionali) si segnalano<br />

i seguenti interventi: L. J. AUSTIN, “La Prose pour des Esseintes”, in «Revue d’Histoire<br />

Littéraire de la France», avril-juin 1954, pp. 145-182; ID., Du nouveau sur la “Prose<br />

pour des Esseintes”, in «Mercure de France», 1 er janvier 1955; pp. 84-104; H. MONDOR,<br />

Avant: “Prose pour des Esseintes”, in Autres précisions sur Mallarmé, Paris, Gallimard, 1961,<br />

pp. 139-143; R. GREER COHN, “Prose pour des Esseintes”, in Towards the poems of Mallarmé,<br />

Los Angeles, University of California Press, 1965; L. J. AUSTIN, Mallarmé and the<br />

Prose pour des Esseintes, in «Forum for Modern Language <strong>Stu<strong>di</strong></strong>es», July 1966, pp. 197-213; G.<br />

POSANI, Mallarmé e il <strong>di</strong>scorso dell’altra: lettura <strong>di</strong> “Prose”, cit., pp. 459-482; E. ZINATO,<br />

Il Fauno <strong>di</strong> Mallarmé e le allucinazioni <strong>di</strong> Des Esseintes, in «Allegoria», n. 15, 1993, pp. 34-<br />

44; G. ROBB, Un jeu qui confirme la fiction, in Unlocking Mallarmé, New Haven & London,<br />

Yale University Press, 1996, pp. 152-180; S. AGOSTI, Lecture de “Prose pour des Esseintes”<br />

et de quelques autres poèmes de Mallarmé, Chambéry, Comp’Act, 1998.<br />

292 BNF, Département des Manuscrits (site Richelieu), Fondo Montesquiou, ms. 238.<br />

293 H. MONDOR, Mallarmé licéen: avec 40 poèmes de jeunesse iné<strong>di</strong>ts, Paris, Gallimard,<br />

1954, p. 200. Mondor sostiene <strong>di</strong> aver avuto notizia dell’autografo mallarmeano da un libraio<br />

antiquario: non avendo condotto, però, inchieste grafologiche per appurare la datazione del testo<br />

(che manca, congiuntamente alla firma autoriale), egli si limita a commentare il testo come<br />

“mûri et réservé avant 1884”, ovvero prima della pubblicazione a stampa.<br />

294 S. MALLARMÉ, Prose (pour des Esseintes), in «Revue Indépendante», janvier 1885.<br />

528


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Nous promenions notre visage – Nous promenions notre visage – Nous promenions notre visage<br />

Nous fûmes deux! je le maintiens, Nous fûmes deux! je le maintiens, (Nous fûmes deux, je le<br />

[maintiens)<br />

Sur maints charmes du paysage Sur maints charmes de paysage. Sur maints charmes du paysage,<br />

Aurais-je su <strong>di</strong>re: les tiens! Aurais-je su <strong>di</strong>re: les siens! O sœur, y comparant les tiens!<br />

L’ère d’infinité se trouble L’ère d’infinité se trouble L’ère d’infinité se trouble<br />

Lorsque, sans nul motif, on <strong>di</strong>t Lorsque, sans nul motif, on <strong>di</strong>t Lorsque, sans nul motif, on <strong>di</strong>t<br />

De ce climat que notre double De ce climat que notre double De ce mi<strong>di</strong> que notre double<br />

Inconscience aprofon<strong>di</strong>t, Inconscience approfon<strong>di</strong>t, Inconscience approfon<strong>di</strong>t,<br />

Que, seul des cents iris, son site, Que, sol des cents iris, son site, Que, sol des cents iris, son site,<br />

Ils savent s’il a, certe, été, Ils savent s’il a, certe, été, Ils savent s’il a bien été,<br />

Ne porte pas de nom que cite Ne porte pas de nom que cite Ne porte pas de nom que cite<br />

Entre tous ses fastes, l’Eté. Entre tous ses fastes, l’Eté. L’or de la Trompette d’Eté.<br />

Oui, dans une île que l’air charge Oui, dans une île que l’air charge Oui, dans une île que l’air charge<br />

De vue & non de visions, De vue & non de visions, De vue & non de visions<br />

Toute fleur s’étalait plus large Toute fleur s’étalait plus large Toute fleur s’étalait plus large<br />

Sans que nous en devisions, Sans que nous en devisions, Sans que nous en devisions,<br />

Telles immenses que chacune Telles, immenses, que chacune Telles, immenses, que chacune<br />

Or<strong>di</strong>nairement se para Or<strong>di</strong>nairement se para Or<strong>di</strong>nairement se para<br />

D’un lucide contour, lacune D’un lucide contour, lacune D’un lucide contour, lacune<br />

Qui d’un jour pur la sépara. Qui du jour pur la sépara. Qui des jar<strong>di</strong>ns la sépara.<br />

Obsession! Desir, idées, Obsession! Désir, idées, Gloire du long désir. Idées,<br />

Tout en moi triomphait de voir Tout en moi triomphait de voir Tout en moi s’exaltait de voir<br />

La famille des iridées La famille des iridées La famille des iridées<br />

Connaître le nouveau devoir, Connaître le nouveau devoir, Surgir à ce nouveau devoir,<br />

Mais cette sœur, sensée & tendre Mais cette sœur, sensée et tendre Mais cette sœur, sensée et tendre<br />

Ne porta ses regards plus loin Ne porta ses regards plus loin Ne porta son regard plus loin<br />

Que moi-même: et, tels, les lui Que moi-même: et, tels, les lui Que sourire et, comme à<br />

[rendre [rendre [l’entendre<br />

Devenait mon unique soin. Devenait mon unique soin. J’occupe mon antique soin.<br />

Oh! sache l’Esprit de litige Oh! sache l’Esprit de litige Oh! sache l’Esprit de litige<br />

A cette heure où nous nous taisions, A cette heure où nous nous taisions, A cette heure où nous nous<br />

[taisions,<br />

Que de multiples lys la tige Que de multiples lis la tige Que de lis multiples la tige<br />

Gran<strong>di</strong>ssait trop pour nos raisons. Gran<strong>di</strong>ssait trop pour nos raisons. Gran<strong>di</strong>ssait trop pour nos raisons.<br />

Et non, comme en pleure la rive! – Et non, comme en pleure la rive! – Et non, comme en pleure la rive,<br />

Car le jour monotone ment Car le jeu monotone ment Quand son jeu monotone ment<br />

Pour qui l’ampleur de l’ile arrive, Pour qui l’ampleur de l’île arrive A vouloir que l’ampleur arrive<br />

Seul, en mon jeune étonnement, Seul, en mon jeune étonnement Parmi mon jeune étonnement<br />

D’entendre le Ciel & la carte D’entendre le Ciel et la carte D’ouïr le Ciel et la carte<br />

Sans fin attestés sous nos pas Sans fin attestés sous nos pas Sans fin attestés sur mes pas,<br />

Par l’onde même qui s’écarte, Par l’onde même qui s’écarte, Par le flot même qui s’écarte,<br />

Que ce pays n’exista pas? Que ce pays n’exista pas! Que ce pays n’exista pas.<br />

Ce fut de la finale extase L’enfant ab<strong>di</strong>que son extase<br />

Le sens, quand, grave & par chemin, Et docte déjà par chemins<br />

Elle <strong>di</strong>t ce terme: Anasthase! – Elle <strong>di</strong>t le mot: Anastase!<br />

Gravé sur quelque parchemin, Né pour d’éternels parchemins,<br />

529


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Avant qu’un sépulchre ne rie Avant qu’un sépulcre ne rie<br />

Sous aucun climat, son aïeul, Sous aucun climat, son aïeul,<br />

De porter ce nom: Pulchérie – De porter ce nom: Pulchérie!<br />

Caché par le trop grand glaïeul. Caché par le trop grand glaïeul.<br />

Quale che sia la data esatta (ma comunque ascrivibile tra la metà del 1880<br />

ed il 1882) della version ancienne della Prose nella trascrizione gual<strong>di</strong>ana, certamente<br />

tale versione è anteriore a quella riportata nel testo autografo pubblicato<br />

da Mondor: sebbene occorra essere cauti e fare attenzione a quelli che più<br />

che varianti possono essere considerati errori ortografici imputabili al copista,<br />

esiste tutta una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze che non va trascurata: un punto dopo “vêtu”<br />

al termine della I str.; il “du paysage / Aurais-je su <strong>di</strong>re: les tiens” dei versi alla<br />

fine della <strong>II</strong>I str. (dove la lezione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, invalidata dal ‘potenzialmente’<br />

successivo manoscritto mallarmeano, viene poi confermata dal posteriore testo<br />

a stampa del 1885); il “seul” della V str.; la <strong>di</strong>versa punteggiatura ed il “Qui<br />

d’un jour” nella V<strong>II</strong> str.; l’assenza <strong>di</strong> virgole prima e dopo “tendre” nella IX str.<br />

e a seguito <strong>di</strong> “litige” nella X; “le jour monotone” poi sostituito dal termine jeu<br />

nella str. XI, dove, inoltre, sono presenti le virgole dopo “arrive” ed “étonnement”;<br />

il “sous nos pas” ed il punto interrogativo conclusivo in chiusura della<br />

str. X<strong>II</strong>. Tuttavia, ciò che desta maggior interesse sono le ultime due strofe della<br />

copie <strong>Gualdo</strong>, assenti – per ragioni materiali, essendo andata perduta l’ultima<br />

pagina dell’altra trascrizione – nell’autografo della prima versione della Prosa:<br />

in particolar modo, la X<strong>II</strong>I str., profondamente <strong>di</strong>versa rispetto ai versi del testo<br />

a stampa, riporta una “explication naturelle de la question qui précède”, 295 mentre<br />

la XIV ed ultima strofa contiene una variante molto significativa su cui molti<br />

filologi hanno lungamente insistito per più ragioni, giacché la h <strong>di</strong> “sépulchre”<br />

trascritta da <strong>Gualdo</strong> si oppone alla lezione “sépulcre” del texte imprimé.<br />

Su questo testo <strong>di</strong> Mallarmé – “oggetto <strong>di</strong> una autentica frenesia glossatoria”,<br />

come sostiene Posani 296 – si è, <strong>di</strong>fatti, depositata una fittissima esegesi e,<br />

soprattutto su quest’h dell’ultima strofa (il cui inserimento, ripeto, potrebbe essere<br />

imputato ad un semplice errore gual<strong>di</strong>ano nell’atto della copia) sono piovute<br />

interpretazioni <strong>di</strong> ogni genere, una serie <strong>di</strong> commenti che possono essere sintetizzati<br />

nelle posizioni <strong>di</strong> Barbier e Robb. Il primo se ne serve, infatti, per sot-<br />

295<br />

C. P. BARBIER, Un texte complet de la « version ancienne » de Prose pour des Esseintes,<br />

cit., p. 10.<br />

296<br />

G. POSANI, Mallarmé e il <strong>di</strong>scorso dell’altra: lettura <strong>di</strong> “Prose”, cit., p. 459.<br />

530


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

tolineare ancora una volta la precocità della trascrizione gual<strong>di</strong>ana, 297 ritenendo<br />

la grafia della parola sépulchre una particolarità ortografica chiaro in<strong>di</strong>ce utile<br />

alla retrodatazione del testo poiché riscontabile anche nelle bozze preparatorie<br />

<strong>di</strong> Igitur, anteriori al 1870, dove Mallarmé aveva fatto ricorso alla stessa modalità<br />

<strong>di</strong> scrittura per termini quali “sépulchral”, “sépulchraux” e “sépulchres”; su<br />

ben altro piano d’indagine si muove, invece, Robb secondo cui – qualora non<br />

fosse stata voluta, in origine, dal poeta francese – “the h may have been inserted<br />

by <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, who made the copy […], but even so it demonstrated that the<br />

mind is naturally led to made the link between the two words”, 298 rendendo in<br />

tal modo giustizia al copista che avrebbe mostrato <strong>di</strong> conoscere approfon<strong>di</strong>tamente<br />

gli usi mallarmeani e che, <strong>di</strong> conseguenza, avrebbe voluto far funzionare<br />

meglio il gioco <strong>di</strong> parole (il critico parla letteralmente <strong>di</strong> pun, un tipo <strong>di</strong> esercizio<br />

cui l’autore della Prose aveva fatto non <strong>di</strong> rado ricorso) tra i due termini in<br />

rima sépulchre e Pulcherie.<br />

Questo dal punto <strong>di</strong> vista <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> su Mallarmé. In ottica gual<strong>di</strong>ana, d’altro<br />

canto, l’interesse del milanese – attestato dalla trascrizione offerta a Robert<br />

de Montesquiou 299 – per questo specifico componimento assume un valore decisivo<br />

se, anziché soffermarsi sulla tra<strong>di</strong>zione filologica del testo, si analizza<br />

piuttosto il suo contenuto e le eventuali implicazioni ed analogie con il pensiero<br />

che muove tanta poesia gual<strong>di</strong>ana (basterà ricordare l’insistenza dell’italiano sul<br />

tema del rêve per intuire quanto fascino poteva esercitare su <strong>di</strong> lui un’opera che<br />

narra, in sostanza, un sogno che “racconta” della sovversione del tempo e dello<br />

spazio e della rottura dell’equilibrio del rimando automatico significante-significato-referente,<br />

rottura da cui scaturisce il testo e che genera, al suo interno,<br />

297 Nonostante la volontà continuamente espressa <strong>di</strong> retrodatare la version ancienne del testo<br />

<strong>di</strong> Mallarmé, Barbier ammette la possibilità che il titolo del componimento nel testo a stampa<br />

– e, nella fattispecie, la parte parentetica –, Prose (pour des Esseintes), possa esser stato mo<strong>di</strong>ficato<br />

dall’autore per rendere omaggio a Huysmans, il quale, a sua volta, avrebbe potuto ricambiare<br />

inserendo in corsivo ed in un punto chiave del proprio romanzo A rebours la parola<br />

con cui si apre la prima versione della “Prosa”, indéfinissable: “d’autres aspirations l’agitaient<br />

maintenant, qui devenaient, en quelque sorte, indéfinissables”. Questa osservazione (con annessa<br />

citazione) si trova in C. P. BARBIER, Un texte complet de la « version ancienne » de Prose<br />

pour des Esseintes, cit., p. 31.<br />

298 G. ROBB, Un jeu qui confirme la fiction, cit., p. 175.<br />

299 Non è del tutto da escludersi l’ipotesi che il foglio su cui è riportata la trascrizione <strong>di</strong><br />

Prose possa essere finito tra le carte del conte Montesquiou seguendo altre vie, come <strong>di</strong>mostra<br />

la sorte toccata, dopo la morte dello scrittore, ad altri documenti <strong>di</strong> gual<strong>di</strong>ana provenienza.<br />

531


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

“un microcosmo i<strong>di</strong>llico insieme infantile e maturo”). 300 Ad aver colpito il trascrittore<br />

ha forse contribuito, però, soprattutto l’avvio della Prose pour des Esseintes<br />

poiché in questa porzione <strong>di</strong> testo la parola viene presentata come progetto<br />

troppo ambizioso con una traiettoria troppo ampia rispetto alle proprie potenzialità<br />

che, pertanto, resta immobilizzata, invischiata nelle reti della memoria.<br />

Come non collegare questo incipit mallarmeano al continuo tormento <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> relativo ai limiti della propria parola poetica? A tal proposito, in un passo<br />

<strong>di</strong> una lettera a Coppée (nel quale, significativamente, allude per contrasto a<br />

Mallarmé), egli ha apertamente descritto lo stato <strong>di</strong> frustrazione in cui spesso<br />

versava a causa della persistente afflizione dettata da tale pensiero:<br />

Il me semble que puisque je continue à haagoniser 301 physiquement et moralement,<br />

j’aurais au moins le droit de ne pas devenir un i<strong>di</strong>ot. Au contraire, je me sens<br />

tous les jours plus nul – & aujourd’hui, par exemple, je n’ose même pas me préférer à<br />

Mallarmé. C’est assez vous <strong>di</strong>re à quel point je suis découragé. 302<br />

<strong>Gualdo</strong> seguiva le vicende e gli sviluppi del rimatore francese con costanza:<br />

che tra i due ci fosse una certa comunanza <strong>di</strong> interessi e che, infine, l’italiano<br />

presentisse i futuri successi destinati ai poètes mau<strong>di</strong>ts – come egli appella<br />

Mallarmé e Verlaine 303 in una lettera del 1884, 304 mostrandosi così sempre attento<br />

a cogliere, fin dal loro sorgere, l’importanza dei nuovi movimenti, oltre<br />

che sensibile ai loro messaggi – sembrano essere, sin dal finire <strong>degli</strong> anni ’70,<br />

inconfutabili dati <strong>di</strong> fatto. Eppure resta irrisolta una serie <strong>di</strong> quesiti sui rapporti<br />

intercorsi tra questi scrittori e specialmente su come, ad esempio, il milanese<br />

abbia avuto modo <strong>di</strong> trascrivere la Prose pour des Essseintes e da quale testo<br />

abbia potuto effettuare la propria copia. Quest’ultimo mistero potrebbe essere in<br />

300<br />

G. POSANI, Mallarmé e il <strong>di</strong>scorso dell’altra: lettura <strong>di</strong> “Prose”, cit., pp. 469-470.<br />

301<br />

Riferimento al comportamento “mélancolique” del comune amico Paul Haag.<br />

302<br />

Lettera <strong>II</strong>I <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Coppée, s.d. (ma riconducibile all’anno 1875), pubblicata<br />

da P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 190.<br />

303<br />

Oltre che nel compte rendu all’Anthologie des poètes français du XIX siècle, il solo riferimento<br />

che <strong>Gualdo</strong> fa a Verlaine è affidato ad una lettera in<strong>di</strong>rizzata Giuseppe Giacosa, datata<br />

Parigi 24 maggio 1891, nella quale si legge: “Assistito mercoledì scorso ad una rappresentazione<br />

<strong>di</strong> giorno a beneficio <strong>di</strong> Verlaine, <strong>di</strong> cui ti parlerò poi” (Ivi, p. 314).<br />

304<br />

<strong>Gualdo</strong> si mostra al corrente del fatto che Les Poètes mau<strong>di</strong>ts (Paris, Leon Vanier,<br />

1884) <strong>di</strong> Verlaine era stato preso dai décadents come vessillo della loro nuova concezione letteraria:<br />

“Que font les Poètes Mau<strong>di</strong>ts?” scrive, infatti, a Montesquiou da Roma nell’aprile 1884<br />

(V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 330).<br />

532


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

parte risolto considerando quella che doveva essere l’abitu<strong>di</strong>ne gual<strong>di</strong>ana (benché<br />

in questo modo non si scoprirà nulla né sul quando né su quale fu il testo<br />

originale, ma si avrà un’idea orientativa sul come avvenne la trascrizione) <strong>di</strong> entrare<br />

in contatto con i lavori <strong>di</strong> Mallarmé secondo <strong>di</strong>verse modalità: l’invio da<br />

parte dell’autore, la trasmissione da parte <strong>di</strong> terzi o, infine, la visione <strong>di</strong>retta.<br />

Il primo caso è comprovabile attraverso un documento epistolare piuttosto<br />

tardo (gennaio 1893) nel quale <strong>Gualdo</strong> ringrazia lo scrittore <strong>di</strong> Vers et Prose 305<br />

per aver conservato sempre un “fidèle souvenir” della loro amicizia e per avergli<br />

mandato il suo ultimo, prezioso, volume – con l’annessa de<strong>di</strong>ca bella e toccante<br />

306 – nel quale egli afferma <strong>di</strong> aver “relu avec joie & admiration les anciens<br />

poèmes, enfin riunis – et les nouveaux vers et proses à moi inconnues”,<br />

ragion per cui il risultato a lettura ultimata è che quei componimenti lo hanno<br />

fatto sentire, “comme tout ce qui sort de votre plume évocatrice”, letteralmente<br />

catapultato “dans un tourbillon de rêve & de mystère”. 307<br />

Il secondo caso, altrettanto attestabile grazie ad una lettera, coinvolge una<br />

carissima amica <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, Coppée e Mallarmé: l’attrice Méry Laurent (da essi<br />

familiarmente ricordata come G.O.), la quale era solita tenere aggiornati i<br />

membri del trio sui destini <strong>di</strong> ciascuno dei componenti, come in effetti accadde<br />

nel settembre del 1891. In tale occasione le Gros Oiseau avrebbe allegato alla<br />

propria lettera in<strong>di</strong>rizzata a <strong>Gualdo</strong> quelli che <strong>di</strong>venteranno i futuri versi <strong>di</strong> Autour<br />

d’un mirliton, testo in cui Mallarmé ha immortalato i partecipanti del suo<br />

salon (<strong>Gualdo</strong>, evidentemente, si trovava in Italia a quell’epoca): “Le G. O. écrit<br />

toujours & plus que jamais, & je suis très coupable envers lui. Il m’a envoyé<br />

les vers de mirliton de Mallarmé, qui m’ont ravi au dernier point”. 308<br />

Il terzo tipo <strong>di</strong> ricezione, infine, quello per noi più oscuro e al tempo stesso<br />

maggiormente affascinante in quanto relativo ad una presa <strong>di</strong> visione <strong>di</strong>retta dei<br />

manoscritti mallarmeani da parte del milanese è anch’esso testimoniato da un<br />

messaggio affidato alla corrispondenza gual<strong>di</strong>ana. In questo caso si tratta <strong>di</strong> una<br />

305<br />

S. MALLARMÉ, Vers et Prose: morceaux choisis, Paris, Perrin, 1893. È noto che questa<br />

raccolta assumerà un’enorme importanza per i lettori ed i <strong>di</strong>scepoli dell’autore francese.<br />

306<br />

Purtroppo questo libro, come molti altri appartenuti alla biblioteca <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, è<br />

andato smarrito e non è stato ritrovato tra i suoi volumi superstiti, attualmente conservati<br />

all’Ambrosiana <strong>di</strong> Milano (Fondo <strong>Gualdo</strong>).<br />

307<br />

Lettera V a Stéphane Mallarmé inviata da Milano il 19 gennaio 1893 e pubblicata da C.<br />

P. BARBIER, Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 106.<br />

308<br />

Lettera XXV<strong>II</strong>I a François Coppée del febbraio 1891, proveniente da Milano (P. DE<br />

MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 278).<br />

533


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

lettera spe<strong>di</strong>ta a Montesquiou nella quale il mittente sostiene <strong>di</strong> aver avuto modo<br />

<strong>di</strong> vedere in prima persona alcuni (allora ignoti ai più) versi del Maestro:<br />

(A ce propos, je viens de voir des vers de Mallarmé, encore plus iné<strong>di</strong>ts que les<br />

autres, des vers que je ne parviens pas à traduire cette fois!). 309<br />

Il documento, datato 15 gennaio 1889, precede <strong>di</strong> pochissimi giorni la pubblicazione<br />

della già menzionata recensione (uscita sulla rivista bolognese «Lettere<br />

e Arti» il 9 febbraio seguente) ai nuovi tomi <strong>di</strong> Lemerre dell’Anthologie des<br />

poètes français du XIX siècle. 310 Senza dubbio le (seppur brevi) righe de<strong>di</strong>cate<br />

alla produzione <strong>di</strong> Mallarmé rappresentano un evidente segnale della tempestività<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> nel seguire le novità letterarie <strong>di</strong> Francia, riferendosi ad esse non<br />

con espressioni generiche, ma – ed è questo il caso dei decadenti – anche attraverso<br />

la menzione <strong>di</strong> riferimenti ben precisi. Le parole destinate alla rapida analisi<br />

dei caposcuola <strong>di</strong> questo gruppo (l’italiano accosta, <strong>di</strong>fatti, Verlaine ad un<br />

Mallarmé che, a quell’epoca, aveva pubblicato soltanto un unico libro <strong>di</strong> versi,<br />

le Poèsies del 1887, rivolgendogli così – per <strong>di</strong>rla con Guglielminetti – un esplicito<br />

cenno <strong>di</strong> elogio) 311 sono contenute nel paragrafo incentrato sul terzo volume<br />

dell’Antologia inglobante i poeti della generazione <strong>di</strong> Coppée e Vicarie:<br />

Poi le strane, risplendenti ed oscure poesie <strong>di</strong> Stéphane Mallarmé, acclamato adesso<br />

dai decadenti come uno dei loro maestri, celebre lui pure in un certo modo, benché<br />

ine<strong>di</strong>to quasi; spirito curioso, bizzarro ed ar<strong>di</strong>tissimo. Poi le lucenti e pallidamente e<br />

sontuosamente colorate strofe <strong>di</strong> Verlaine – ch’è forse il poeta moderno possedente la<br />

nota più personale, apparso dopo Baudelaire. 312<br />

309 Lettera XXX<strong>II</strong> a Montesquiou del gennaio 1889 pubblicata da V. DONATO RAMA-<br />

CIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., p. 355 (corsivo mio).<br />

310 Il compte rendu gual<strong>di</strong>ano, sfuggito al De Nar<strong>di</strong>s nella sua Bibliografia sugli stu<strong>di</strong> mallarmeani<br />

in Italia (che fa parte del volume Mallarmé in Italia, Roma, Dante Alighieri, 1957), è<br />

stato segnalato per la prima volta da O. RAGUSA, Mallarmé in Italy. Literary Influence and<br />

Critical Response, New York, Vanni, 1957, p. 81: “<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (February 9, 1889) singles out<br />

relatively unknown poets whose work appeared in the anthology and whose claim to fame rests<br />

on a very few «exquisite» poems. He speaks of Mallarmé, «a curious, bizarre, and most daring»<br />

spirit, and of his «strange, resplendent, and obscure» poems”.<br />

311 M. GUGLIELMINETTI, «Le Nostalgie» <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 280.<br />

312 L. GUALDO, Anthologie des poètes français du XIX siècle, cit., p. 12.<br />

534


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

Le lettere <strong>II</strong>I e IV del carteggio <strong>Gualdo</strong>-Mallarmé risalgono all’incirca allo<br />

stesso periodo dell’articolo e segnano il consolidarsi del cor<strong>di</strong>ale legame tra i due<br />

scrittori dal momento che, nella prima, il milanese ringrazia il suo corrispondente<br />

per aver pensato a lui e per averlo annoverato “quoiqu’absent, parmi les ami de<br />

Villiers & les vôtres” 313 in occasione della colletta realizzata in collaborazione con<br />

Dierx e Huysmans per soccorrere il confratello bisognoso <strong>di</strong> aiuto economico,<br />

mentre nella seconda (che è, in verità, un telegramma), il mittente, scusandosi per<br />

aver mancato un appuntamento, esprime il desiderio <strong>di</strong> voler ricevere una visita del<br />

suo destinatario tra le proprie mura domestiche <strong>di</strong> rue de la Paix, per poi domandare,<br />

poco oltre, notizie relative all’autore inglese John Payne, intimo <strong>di</strong> entrambi. 314<br />

Mallarmé, guidato dal suo animo compassionevole, non abbandonerà l’amico<br />

italiano nei suoi anni più <strong>di</strong>fficili della paralisi alle gambe (così come quest’ultimo,<br />

soprattutto nei momenti in cui i loro contatti risultavano meno fitti, si era <strong>di</strong>mostrato<br />

costantemente interessato delle sorti dell’amico e della sua famiglia): 315 egli, infatti,<br />

continuerà a scrivergli (“pardonnez-moi de ne vous avoir pas remercié pour<br />

votre benne & affectueuse lettre” gli risponde <strong>Gualdo</strong> nel 1894) 316 e ad inviargli le<br />

sue pubblicazioni spesso richieste in prima persona dall’ammalato (“j’attends toujours<br />

le livre que vous avez la bonté de m’annoncer, & je l’attends avec impatience”).<br />

317 Non basterà, tuttavia, indagare soltanto tra le carte <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per trovare<br />

testimonianze dell’affetto <strong>di</strong>mostrato dal poeta d’oltralpe: altri segni del suo interesse<br />

si trovano, ad esempio, nella corrispondenza da lui intrattenuta con la già citata<br />

Méry Laurent. 318 Agli inizi del luglio 1894, ad esempio, Mallarmé si era più<br />

313<br />

Lettera <strong>II</strong>I a Mallarmé (datata “Milan, [mar<strong>di</strong>] 19 mars [1889]”). C. P. BARBIER,<br />

Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 104.<br />

314<br />

Ivi, p. 105. Si tratta <strong>di</strong> un telegramma inviato da Parigi nel giugno 1889.<br />

315<br />

Si vedano, a titolo esemplificativo, le lettere I, <strong>II</strong> e XXXV<strong>II</strong> a Montesquiou, nelle quali<br />

<strong>Gualdo</strong> domanda, rispettivamente, al suo destinatario: “Parlez-moi […] de Stéphane Mallarmé”,<br />

“Et avez vous revu Mallarmé?” e, infine, “<strong>di</strong>tes-moi […] si vous avez revu Mallarmé. J’ai reçu<br />

il y a quelque temps un mot de lui et j’ai le remor de n’avoir pas encore répondu” (V. DONA-<br />

TO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou, cit., pp. 309-310, 312 e 362-363).<br />

316<br />

La VI ed ultima lettera ritrovata <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Mallarmé – che il curatore cautamente ipotizza<br />

essere del novembre 1894, ma che grazie ad un confronto con altri documenti epistolari<br />

(specie la lettera 13 del Fondo <strong>Gualdo</strong>, b.2, alla cugina Giulietta Litta Mo<strong>di</strong>gnani) può essere<br />

con certezza ricondotto al 24 maggio <strong>di</strong> quello stesso anno – si trova pubblicata, come le precedenti,<br />

in C. P. BARBIER, Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 107.<br />

317<br />

Ibidem.<br />

318<br />

L’attrice Méry Laurent, nata Anne Rose Suzanne Louviot il 29 aprile 1849 a Nancy, da<br />

padre sconosciuto, aveva sposato all’età <strong>di</strong> soli 15 anni un droghiere molto più anziano, Jean<br />

535


I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

volte informato sullo stato <strong>di</strong> salute dell’amico chiedendo all’attrice: “Tu ne me <strong>di</strong>s<br />

rien de la santé de <strong>Gualdo</strong>; as-tu des nouvelles?” 319 e, pochi giorni più tar<strong>di</strong> – in<br />

una lettera senza in<strong>di</strong>cazioni cronologiche, però facilmente al 13 luglio grazie ad<br />

un articolo apparso sul «Gil Blas» relativo agli spostamenti dello scrittore italiano<br />

320 – il poeta si era rivolto alla medesima destinataria per domandare ulteriori<br />

aggiornamenti sul comune amico: “Ah! <strong>Gualdo</strong>, Aix? fais-lui faire, avant, mes<br />

amitiés: enfin c’est le chemin de Milan”. 321<br />

Nessun’altra notizia posteriore all’anno 1894. Non è noto, quin<strong>di</strong>, se nell’ultimo<br />

periodo delle loro vite i due scrittori abbiano continuato a frequentarsi o<br />

quantomeno a scriversi (il reperimento <strong>di</strong> nuovo materiale potrebbe costituire<br />

l’unica soluzione a tale enigma): moriranno entrambi in Francia – appena cinquantenni<br />

e a pochi mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza – nel corso dell’anno 1898, l’uno il 15 maggio e<br />

l’altro il 9 settembre.<br />

Claude Laurent. Il matrimonio fallirà miseramente e Méry si legherà, tra 1874 e 1875, al Dr Evans.<br />

Oltre a questa relazione, i due maggiori e più significativi incontri e legami che G. O. avrà<br />

nella sua esistenza saranno quelli con Manet (che la raffigurerà su tela) e con Mallarmé (che la<br />

immortalerà, invece, su carta). Mallarmé e Méry si erano conosciuti alla fine <strong>degli</strong> anni ’70<br />

nell’atelier <strong>di</strong> Manet (anche se David Degener, nella sua recente biografia mallarmeana, ha fatto<br />

notare che entrambi vivevano – fin dal 1873 – nello stesso immobile al numero 29 <strong>di</strong> rue<br />

Moscou) e si consoleranno a vicenda quando, nel 1883, perderanno il comune amico pittore.<br />

Nel 1884 Méry <strong>di</strong>ventò la musa anche <strong>di</strong> un altro poeta, François Coppée, attraverso il quale<br />

l’attrice entra in contatto con numerose personalità del mondo artistico, spinta dalla sua pre<strong>di</strong>lezione<br />

per la gent poétique e, naturalmente, anche con <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>.<br />

319 S. MALLARMÉ, Lettres à Méry Laurent, é<strong>di</strong>tion établie et présentée par B. Marchal,<br />

Paris, Gallimard, 1996, pp. 160-161 (lettera 147: “Châlet Suisse, route de Trouville, Honfleur<br />

Same<strong>di</strong> [7 juillet 1894] ”).<br />

320 LE DIABLE BOITEUX, Échos, in «Gil Blas», 20 juillet 1894, p. 1: “Le marquis de<br />

<strong>Gualdo</strong>, le célèbre littérateur italien, qui est entouré des plus vives sympathies dans les lettres<br />

françaises, quitte son pied-à-terre de la rue de l’Arcade pour aller passer la saison à Aix-les-<br />

Bains. Pendant les six mois que l’ami intime de Boito et de Ver<strong>di</strong> vient de passer à Paris, François<br />

Coppée, Paul Bourget et les plus grandes personnalités littéraires françaises ont pèleriné<br />

journellement au 11 de rue de l’Arcade. Le marquis de <strong>Gualdo</strong> va accomplir sa cure annuelle<br />

dans la station savoisienne”.<br />

321 S. MALLARMÉ, Lettres à Méry Laurent, cit., pp. 163-164 (lettera 150: “Honfleur,<br />

Vendre<strong>di</strong> [13 juillet 1894] ”).<br />

536


1) Narrativa.<br />

Bibliografia<br />

A. Opere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

L. GUALDO, La canzone <strong>di</strong> Weber, Milano, Ricor<strong>di</strong>, 1867.<br />

ID., Novelle, Torino, Bona, 1868.<br />

ID., Costanza Gerar<strong>di</strong>, Milano, Treves, 1871.<br />

ID., La villa d’Ostellio, in «Gazzetta musicale», 19-26 marzo e 2-9-16 aprile 1871.<br />

ID., 1 Une ressemblance, Paris, Lemerre, 1874.<br />

ID., La villa d’Ostellio, in «Strenna Italiana», 1875.<br />

ID., Tre impressioni, in «Fanfulla», 5-8 <strong>di</strong>cembre 1876.<br />

ID., La Gran Rivale e altri racconti, Milano, Treves, 1877.<br />

ID., 2 Konstancya Gerar<strong>di</strong>, powieść, przełozył z włoskiego Edward Sulicki, tom I i <strong>II</strong>,<br />

Warszava, wydawnictwo M. Glücksberga, druk. S.Orgerlbranda synów, 1877.<br />

ID., Una creazione, in «Fanfulla», 27-31 agosto e 1-2 settembre 1877.<br />

ID., Un mariage excentrique, Paris, Lemerre, 1879.<br />

ID., La Gran Rivale e altri racconti, 2ª e<strong>di</strong>zione, Milano, Treves, 1880.<br />

ID., A strange marriage: story of Italian life, tr. by Laura K. Kendhall, New York, G.<br />

Munro, 1881.<br />

ID., In ritardo, in «Fanfulla della Domenica», 19 novembre 1882.<br />

ID., Un mariage excentrique, 2 ème é<strong>di</strong>tion, Paris, Lemerre, 1884.<br />

ID., L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, in «Il Corriere <strong>di</strong> Roma», 9-16 e 18 maggio 1886.<br />

ID., Une aventure vénitienne, in «Nouvelle Revue», 1 er décembre 1886.<br />

ID., Un rendez-vous, in «Nouvelle Revue», 30 septembre 1890.<br />

ID., Prima visita, in «Cronaca d’Arte», 21 <strong>di</strong>cembre 1890.<br />

ID., Decadenza, Milano, Treves, 1892.<br />

ID., Aveu sans paroles, in «Supplément illustré du Petit Parisien», 6 mars 1892.<br />

ID., Una rappresentazione alla Scala, in «L’Illustrazione Italiana», 8 maggio 1892.<br />

ID., Un matrimonio eccentrico, Milano, Treves, 1894.<br />

ID., Un mariage excentrique, Paris, Lemerre, 1934.<br />

ID., La villa d’Ostellio, in AA. VV., Racconti lombar<strong>di</strong> dell’ultimo Ottocento, a cura<br />

<strong>di</strong> G. Ferrata, Milano, Bompiani, 1949.<br />

ID., Narcisa, in AA. VV., Racconti della Scapigliatura milanese, a cura <strong>di</strong> V. Spinazzola,<br />

Milano, Club del Libro, 1958.<br />

ID., Romanzi e Novelle, a cura <strong>di</strong> C. Bo, Firenze, Sansoni, 1959.<br />

ID., Decadenza, Introduzione <strong>di</strong> G. Pampaloni, Milano, Club <strong>degli</strong> E<strong>di</strong>tori, 1961.<br />

ID., La villa d’Ostellio, a cura <strong>di</strong> M. Guglielminetti, in «Sigma», giugno 1965.<br />

1 <strong>Gualdo</strong>, Louis.<br />

2 <strong>Gualdo</strong>, Ludwik.<br />

537


ID., Decadenza, con saggi <strong>di</strong> I. Scaramucci, E. Travi e R. Maggi, Milano, Bietti, 1967.<br />

ID., La Canzone <strong>di</strong> Weber, a cura <strong>di</strong> S. Azimonti, in AA. VV., Romanzi e racconti, Milano,<br />

Sugar, 1972.<br />

ID., Una scommessa, a cura <strong>di</strong> G. Finzi, in AA. VV., Racconti neri della Scapigliatura,<br />

Milano, Mondadori, 1980.<br />

ID., Decadenza, Introduzione <strong>di</strong> C. A. Madrignani, Milano, Mondadori, 1981.<br />

ID., L’innamorato <strong>di</strong> Venezia, a cura <strong>di</strong> P. de Montera, in «Rassegna Lucchese», nn. 6<br />

e 7, 1981.<br />

ID., La canzone <strong>di</strong> Weber, in AA. VV., Fantasmi italiani, a c. <strong>di</strong> G. Pilo e S. Fusco,<br />

Roma, Newton, 1994.<br />

ID., Una rassomiglianza, Introduzione, traduzione e note a cura <strong>di</strong> M. Giammarco.<br />

Postfazione <strong>di</strong> G. Oliva, Pescara, Tracce, 2002.<br />

ID., La Gran Rivale e altri racconti, Milano, Lampi <strong>di</strong> stampa, 2004.<br />

ID., L’innamorato <strong>di</strong> Venezia – Une aventure vénitienne, a cura <strong>di</strong> J.-P. Bertrand e L.<br />

Curreri, Cuneo, Nerosubianco, 2009.<br />

2) Poesia.<br />

L. GUALDO, 2 novembre 1866 – 2 novembre 1867, in «Rivista contemporanea nazionale<br />

italiana», maggio 1868, pp. 289-292.<br />

ID., In riva al lago, in «Gazzetta musicale», 2 maggio 1869.<br />

ID., Foglie staccate, in «Strenna Italiana», 1873.<br />

ID., Teofilo Gautier, in AA.VV., Le tombeau de Théophile Gautier, Paris, Lemerre,<br />

1873.<br />

ID., Foglie staccate, in «Rivista minima», 4 maggio 1873.<br />

ID., Circondata da rupi alte e scoscese, in «Strenna Italiana», 1874.<br />

ID., Fra le figure rigide dei vetri – Il palazzo è <strong>di</strong> marmo, in «Serate Italiane», 8 febbraio<br />

1874.<br />

ID., Paesaggi – Théophile Gautier, in «Serate Italiane», 19 aprile 1874.<br />

ID., Storia <strong>di</strong> mare, in «Rivista minima», 19 luglio 1874.<br />

ID., Presentimento, in «L’Illustrazione Universale», 14 gennaio 1875.<br />

ID., Marina, in «Serate Italiane», 5 settembre 1875.<br />

ID., Presentimento, in «Serate Italiane», 18 ottobre 1875.<br />

ID., Pigrizia, in «Serate Italiane», 12 <strong>di</strong>cembre 1875.<br />

ID., Resurrecta, in «Strenna Italiana», 1876.<br />

ID., Venere bruna – Alla sera, in «Strenna Italiana», 1877.<br />

ID., Una voce, in «L’Illustrazione Italiana», 7 gennaio 1877.<br />

ID., Marina - Presentimento, in «Strenna Italiana», 1878.<br />

ID., A Ernesto Rossi, in «L’Illustrazione Italiana», 22 <strong>di</strong>cembre 1878.<br />

ID., Sarah Bernhardt, in «L’Illustrazione Italiana», 28 <strong>di</strong>cembre 1879.<br />

ID., Nel parco, in «Strenna Italiana», 1880.<br />

ID., Le Nostalgie, Torino, Casanova, 1883.<br />

ID., Rose appassite, in «Penombre», 14 gennaio 1883.<br />

538


ID., Paesaggio, in AA. VV., Almanacco delle Muse. Poesie moderne (1815-1887), con<br />

un proemio critico e centosettantacinque biografie <strong>di</strong> poeti e poetesse a cura <strong>di</strong> R. Barbiera<br />

a cura <strong>di</strong> R. Barbiera, Milano, Treves, 1888.<br />

ID., Tutto riposa al raggio della luna, in «Corriere <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong>», 20 gennaio 1888.<br />

ID., Tramonto, in «Cronaca d’Arte», 28 <strong>di</strong>cembre 1890.<br />

ID., Tenebra, in «Tavola rotonda», 10 gennaio 1892.<br />

ID., Sogno, in «Tavola rotonda», 31 gennaio 1892.<br />

ID., Lo scherno dell’azzurro, in «Il Mattino», 25-26 febbraio 1893.<br />

ID., Tutto riposa al raggio della luna, in «Il Mattino», 12-13 ottobre 1893.<br />

ID., Da un album, in «Il Mattino - Supplemento», 5 maggio 1895.<br />

ID., Semper et ubique (A Giovanni Camerana), in J. DORNIS, La poésie italienne contemporaine,<br />

Paris, Ollendorff, 1898.<br />

ID., Come in un chiostro, in D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio<br />

a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, per le nozze <strong>di</strong> Mario Agostinoni e Leda Lenghi, Brescia, Tip. Apollonio,<br />

1948, p. 14.<br />

ID., Le Nostalgie, in Romanzi e Novelle, cit., 1959.<br />

ID., Il libro più che raro ora m’arriva, in V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te), in «Atti dell’Accademia delle Scienze <strong>di</strong><br />

Torino», vol. 107, 1973, p. 361.<br />

ID., Mandai con le mie scuse, in P. DE MONTERA, Lettres iné<strong>di</strong>tes à François Coppée,<br />

in <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-1898). Son milieu et ses amitiés milanaises et parisiens.<br />

Pages oubliées, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura, 1983, pp. 309-310.<br />

ID., Le poesie (1859-1893), Introduzione, notizia biografica e note filologiche a cura <strong>di</strong><br />

R. Lollo, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1989.<br />

ID., Teofilo Gautier, in AA.VV., Le tombeau de Théophile Gautier, é<strong>di</strong>tion critique<br />

publiée sous la <strong>di</strong>rection de F. Brunet, Paris, Champion, 2001.<br />

ID., Le Nostalgie, Milano, Lampi <strong>di</strong> Stampa, 2003.<br />

3) Articoli e recensioni.<br />

L. GUALDO, Teofilo Gautier, in «La Perseveranza», 8 novembre 1872.<br />

ID., Représentations de M. Ernesto Rossi, in «Le Théâtre», 1 er janvier 1875.<br />

ID., Ernesto Rossi, in «L’Illustrazione Universale», 3 gennaio 1875.<br />

ID., H. de Balzac. Correspondance, in «La Perseveranza», 22 <strong>di</strong>cembre 1876.<br />

ID., Littérature étrangère. Aleardo Alear<strong>di</strong>, in «La République des Lettres», 22 avril<br />

1877.<br />

ID., Il Mefistofele, in «Il Pungolo», 10-11 aprile 1877.<br />

ID., Émile Zola – Une page d'amour, in «Rassegna settimanale», 26 maggio 1878.<br />

ID., Emilio Praga, in «Il Pungolo», 16-17 febbraio 1879.<br />

ID., La duchessa <strong>di</strong> Castiglione Colonna, in «L’Illustrazione Italiana», 4 gennaio 1880.<br />

ID., Ju<strong>di</strong>th Gautier, in «La Fronda», 18 gennaio 1880.<br />

ID., Gustave Flaubert, in «Il Pungolo», 30-31 maggio 1880.<br />

ID., Ritratti e figure. Ju<strong>di</strong>th Gautier, in «Cronaca bizantina», 15 ottobre 1881.<br />

539


ID., L’ultimo romanzo <strong>di</strong> Goncourt [La Faustin], in «L’Illustrazione Italiana», 12 febbraio<br />

1882.<br />

ID., “Daniele Cortis”. Il nuovo romanzo <strong>di</strong> A. Fogazzaro, in «Il Corriere della sera»,<br />

2-3 marzo 1885.<br />

ID., Paolo Bourget, in «L’Illustrazione Italiana», 4 <strong>di</strong>cembre 1887.<br />

ID., Paul Bourget, in «Nouvelle Revue», 1 er décembre 1888.<br />

ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (I), in «L’Illustrazione Italiana», 27 gennaio<br />

1889.<br />

ID., L'ultimo romanzo <strong>di</strong> Zola. Le Rêve (<strong>II</strong> ed ultimo), in «L’Illustrazione Italiana», 3<br />

febbraio 1889.<br />

ID., I libri. Anthologie des poètes français du XIXͤ siècle. (Paris. – Alphonse Lemerre,<br />

É<strong>di</strong>teur), in «Lettere ed Arti», 3 febbraio 1889.<br />

ID., Un libro <strong>di</strong> versi francesi sull'Italia [Italie <strong>di</strong> M. Faucon], in «Corriere della Sera»,<br />

3-4 aprile 1889.<br />

ID., Barbey d’Aurevilly, in «Il Corriere della Sera», 6-7 maggio 1889.<br />

ID., Paul Bourget, Physiologie de l’Amour moderne, in «Cronaca d’Arte», 22 febbraio<br />

1891.<br />

ID., Cronache letterarie. Il profumo, in «Cronaca d’Arte», 20-27 <strong>di</strong>cembre 1891.<br />

ID., Gabriele d’Annunzio, in AA. VV., La nostra inchiesta dannunziana, in «Capitan<br />

Cortese», 26 gennaio 1896.<br />

ID., Profili <strong>di</strong> scrittori contemporanei. Bourget nell’intimità, in «L’Illustrazione Popolare»,<br />

3 gennaio 1897.<br />

4) Traduzioni.<br />

F. COPPÉE, Due dolori. Dramma in un atto, in versi, traduzione <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong>, Milano,<br />

Rechiedei, 1872.<br />

G. VERGA, La lupa, traduit de l’italien par L. <strong>Gualdo</strong>, in «Revue Littéraire et Artistique»,<br />

15 mai 1881.<br />

L. GUALDO, Une aventure vénitienne, in «Nouvelle Revue», 1 er décembre 1886.<br />

ID., The Diva, in «The Times-Democrat», n. 122, 1892.<br />

ID., Un matrimonio eccentrico, Milano, Treves, 1894.<br />

ID., La virtualità d’un sol felice istante [La virtualité d’une minute heureuse], in V.<br />

DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

cit., pp. 336-337.<br />

ID., Il sorger del sole [Die Aufgehende Sonne] – Il sole che tramonta [Die Untergehende<br />

Sonne], in ID., Le poesie (1859-1893), cit., pp. 296-299.<br />

540


1) Lettere e<strong>di</strong>te.<br />

B. Carteggi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

G. ROVETTA, Cinque minuti <strong>di</strong> riposo!, scritti vari raccolti da Paolo Arcari [con una<br />

lettera <strong>di</strong> E. de Amicis], Milano, Bal<strong>di</strong>ni & Castol<strong>di</strong>, 1929, p.236.<br />

F. GERRA, Il dolore della Duse nella gloria del trionfo [con una lettera <strong>di</strong> E. Duse], in<br />

«Il Messaggero», il 10 agosto 1967, p. 3.<br />

G. DE RIENZO – G. MIRANDOLA, Ine<strong>di</strong>ti francesi nell’archivio <strong>di</strong> Giuseppe Giacosa<br />

[con tre lettere <strong>di</strong> C. Mendès], in «<strong>Stu<strong>di</strong></strong> francesi», <strong>di</strong>cembre 1968, p. 466-468.<br />

C. DI BLASI, Una lettera <strong>di</strong> L. <strong>Gualdo</strong> al Capuana, in «Biologia culturale», marzo<br />

1971, p. 14.<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> e Robert de Montesquiou (con lettere ine<strong>di</strong>te),<br />

cit., pp. 281-367.<br />

P. DE MONTERA, Lettres iné<strong>di</strong>tes à François Coppée, in <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> (1844-1898).<br />

Son milieu et ses amitiés milanaises et parisiens. Pages oubliées, cit., pp. 181-290.<br />

ID., Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, ivi, pp. 293-328.<br />

G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani.Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Otto/Novecento»,<br />

maggio-agosto 1984, pp. 127-145.<br />

C. P. BARBIER, Lettres de <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> 1879-94, in Documents Stéphane Mallarmé,<br />

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565


A<br />

Abirached, Robert: 363n.<br />

About, Edmond: 455.<br />

Ackermann, Louise-Victorine: 458.<br />

Adam, Juliette: 81n, 291, 347n, 402.<br />

Affry (d’), Adèle: 72, 106-113, 148n, 237,<br />

498.<br />

Agsti, Stefano: 528n.<br />

Agostinone, Mario: 206n, 271.<br />

Albertazzi, Adolfo: 177n.<br />

Albertini, <strong>Luigi</strong>: 247.<br />

Albertini, Piera ve<strong>di</strong> Giacosa, Piera.<br />

Alear<strong>di</strong>, Aleardo: 9, 32, 84-91n, 93, 96, 144,<br />

166, 453.<br />

Aleramo, Sibilla: 145n.<br />

Alexis, Paul: 84n, 205, 346, 489z.<br />

Alighieri, Dante: 86n, 89n, 94, 191, 225, 236,<br />

237, 534n.<br />

Allard, Julie: 235.<br />

Alma-Tadema, Laurens: 81-82.<br />

Amoroso, Giuseppe: 18, 22n.<br />

Andò, Flavio: 208, 216.<br />

Andreoli, Salvatore: 51.<br />

Antoine, André: 131n, 132.<br />

Anvers, Félix: 458.<br />

Arcari, Paolo: 108n.<br />

Archinti, <strong>Luigi</strong>: 35.<br />

Arconati Visconti, Bianca: 320n.<br />

Arese, Franco: 51n.<br />

Argoult, contessa (<strong>di</strong>) ve<strong>di</strong> Sterne, Daniele.<br />

Arrighi, Cletto: 26n, 66, 239n.<br />

Artifoni, Enrico: 178n.<br />

Ashley, Katherine: 331n, 341, 344.<br />

Aubanel, Théodore: 522.<br />

Auerbach, Erich: 311, 334, 343, 372.<br />

Augier, Émile: 203, 455.<br />

Austin, James Lloyd: 489, 528n.<br />

Autin, Albert: 374n, 405, 409.<br />

In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />

566<br />

B<br />

Baguley, David: 84n, 356, 374n.<br />

Bakker, Bard H.: 382n.<br />

Baldacci, <strong>Luigi</strong>: 184.<br />

Baldassarri, Guido: 307n.<br />

Balsorano, Flavie: 290, 521.<br />

Balzac (de), Honoré: 9, 16n, 32, 167, 298, 299,<br />

301n, 302, 311-316, 325, 331, 349, 353, 361,<br />

362, 375, 376, 380, 408, 420.<br />

Bandello, Matteo: 206.<br />

Banti, Anna: 296n, 554.<br />

Banville (de), Théodore: 6, 188, 211, 254, 255,<br />

317, 453, 455, 459, 464, 467, 474-476, 479,<br />

480n, 485n, 522, 526n.<br />

Barbavara <strong>di</strong> Gravellona, Alberto: 130-132,<br />

137, 246, 250, 283, 284, 461n, 502.<br />

Barbero, Gigliola: 3n.<br />

Barbey d’Aurevilly, Jules Amédée: 6, 9, 61,<br />

314, 317-329, 349, 395, 397n.<br />

Barbier, Auguste: 459.<br />

Barbier, Carl Paul: 244, 460, 522, 523n, 527,<br />

530n, 531, 533n, 535n.<br />

Barbiera, Raffaello: 36n, 42-45, 47n, 114n,<br />

115n, 175n, 291n, 455n.<br />

Barrès, Maurice: 6, 184, 211, 344, 345, 374,<br />

398n, 430-450.<br />

Barrès, M.me: 448n.<br />

Barret, M.me: 224.<br />

Bassnet, Susan: 217n, 225.<br />

Barthes, Roland: 310, 311n.<br />

Bassnet, Susan: 217n, 225, 566.<br />

Baudelaire, Charles: 11, 13, 14, 20, 21n, 67,<br />

70, 75, 95, 97, 103, 409, 434, 459, 464, 467,<br />

478, 480, 534.<br />

Baüer, Otto: 347.<br />

Becque, Henry: 130.<br />

Becker, Colette: 363, 365n, 372.<br />

Beethoven (van), Ludwig: 238.


Bellaigue, Camille: 243, 244.<br />

Bellini, Giovanni: 508.<br />

Bergerat, Émile: 466, 477n, 483n.<br />

Bernard Shaw, George: 224, 225.<br />

Bernard, Claude: 112.<br />

Bernhardt, Sarah: 38, 61-63, 107, 197, 206-<br />

209, 217, 221-225, 229, 283, 339-342.<br />

Bertacchini, Renato: 405, 415.<br />

Bertrand, Antoine: 521n.<br />

Bertrand, Jean Pierre: 20, 335, 342n, 344n.<br />

Bessis, Henriette: 113n.<br />

Bidel, François: 526n.<br />

Bigazzi, Roberto: 73n, 129n, 379n, 380.<br />

Billiani, Francesca: 467n.<br />

Bismarck, Otto (von): 504.<br />

Blanc, Louis: 455.<br />

Blasucci, <strong>Luigi</strong>: 78n.<br />

Bloy, Léon: 417.<br />

Bo, Carlo: 3, 5, 72n, 75n, 121, 397, 401n.<br />

Boetti, Anne Marie: 534.<br />

Boex, Joseph Henri Honoré: 353n.<br />

Boito, Arrigo: 6, 7, 9, 35, 37, 39, 43, 50-52,<br />

66, 69, 72, 91-94, 103, 104, 108, 115n, 116,<br />

122, 127-129, 137, 138, 146n, 153, 154n, 175,<br />

191, 197, 199-209, 211, 212, 214-220, 223,<br />

225-227, 231-254, 272, 277, 282, 286, 400n,<br />

422, 429, 430, 438, 455n, 467, 489, 536n.<br />

Boito, Camillo: 50, 247-249, 286.<br />

Bouilhet, Louis: 301n, 459.<br />

Bol<strong>di</strong>ni, Giovanni: 180n.<br />

Bologna, Corrado: 129n, 478n.<br />

Bona (e<strong>di</strong>tore): 5, 73, 77, 115.<br />

Bonaparte, Mat[h]ilde: 58-61, 112, 184, 198,<br />

210, 221, 348, 503.<br />

Bonaparte, Napoleone: 40, 58.<br />

Bonghi, Ruggero: 37, 50, 208n.<br />

Bonnaisses, Jules: 187, 188, 387n.<br />

Bonnetarn, Paul: 353n.<br />

Booth, John Wilkes: 190.<br />

Borboni (<strong>di</strong>nastia): 319.<br />

Borelli, Giambarrista: 50.<br />

Borges, Jorge Luis: 309, 310, 311.<br />

Borie, Jean: 409.<br />

Bornecque, Henri: 324n.<br />

Borri, Giuseppe: 152n, 158.<br />

Borromeo (famiglia): 50, 430.<br />

567<br />

Bossuet, Jacques Bénigne: 301.<br />

Boucher, Maurice: 463.<br />

Bouguerau, William Adolphe: 83.<br />

Boulanger, Georges Ernest: 504.<br />

Bourges, Élémir: 317n.<br />

Bourget, Camille: 317n.<br />

Bourget, Minnie ve<strong>di</strong> David, Minnie.<br />

Bourget, Paul: 6, 9, 18-20, 22, 23n, 28, 57, 80,<br />

81n, 108, 131, 135, 141, 146n, 147, 148, 152,<br />

155- 157, 173, 184, 185, 225, 226, 296, 305,<br />

312, 313n, 317n, 318, 323n, 327, 329, 336,<br />

365n, 366n, 385, 396-430, 434, 442n, 447,<br />

463, 485, 489, 495, 503, 504, 520n, 536n.<br />

Bragaglia, Leonardo: 196n.<br />

Bragantini, Renzo: 74, 324n.<br />

Branc, Charles: 508.<br />

Briganti, Alessandra: 158n, 160.<br />

Bruneau, Alfred: 376, 377.<br />

Brunet, François: 475n, 476n.<br />

Brunetière, Fer<strong>di</strong>nand: 353, 374, 403, 404n.<br />

Buet, Charles: 317-318.<br />

Bülow (von), Hans: 180.<br />

Buonarroti, Michelangelo: 50n.<br />

Burnard, Robert: 54.<br />

Burne-Jones, Edward Coley: 82n.<br />

Butti, Enrico: 150, 151, 183, 295n.<br />

Byron, George: 176, 325.<br />

C<br />

Cabanès, Jean-Louis: 329n.<br />

Caccia, Ettore: 5n, 8n, 286n, 296n.<br />

Caccianiga, Antonio: 455.<br />

Cafisse, Maria Cristina: 5.<br />

Cagoule, (La): 109, 416n.<br />

Cahen d’Anvers, Albert: 60, 404.<br />

Cahen d’Anvers, Louise: 403n.<br />

Caillebotte, Gustave: 358n.<br />

Cain, Alex M.: 524n.<br />

Callimaco: 241.<br />

Callu, Florence: 430n.<br />

Camacho, M. Dita: 480n.<br />

Camerana, Giovanni: 7, 66-70, 72, 198n,<br />

202, 234, 495.<br />

Cambieri Tosi, Marie-José: 180n.<br />

Cameroni, Felice: 14, 26, 38, 100n, 101n,


114, 119, 131n, 134, 135, 137, 142, 153, 154,<br />

350, 351n, 362, 377-396, 406.<br />

Capelli, Alfredo: 50.<br />

Capet, M.me Louis ve<strong>di</strong> Marie-Anoniette. de<br />

Lorraine d’Austriche.<br />

Cappello, Bianca: 112.<br />

Cappelli, Adriano: 275n.<br />

Capranica, <strong>Luigi</strong>: 38, 145n.<br />

Capuana, <strong>Luigi</strong>: 7, 38, 77, 105, 114n, 115,<br />

117, 119, 122-125, 135, 138-152, 193n, 389,<br />

390, 414, 468.<br />

Caraguel, Joseph: 131n.<br />

Carcano, Giulio: 50.<br />

Carducci, Giosué: 37n, 88n, 209n, 273, 286,<br />

294, 494.<br />

Carpeaux, Jean-Baptiste: 106, 107, 110.<br />

Casa Fuerte, marchesa (<strong>di</strong>) ve<strong>di</strong> Balsorano,<br />

Flavie.<br />

Casanova (e<strong>di</strong>tore): 5, 71n, 88n, 98n, 100, 123,<br />

161, 167, 266, 292, 451n, 477n, 494.<br />

Casati, Alessandro: 3, 271n, 349, 350, 351n,<br />

542n.<br />

Cassin, L.: 521.<br />

Castelnuovo, Enrico: 295n.<br />

Catalani, Alfredo: 51, 245.<br />

Cattaneo, Giulio: 424.<br />

Catani, Damian: 534n.<br />

Cattermole Mancini, Eva: 493n.<br />

Cavallini, Giorgio: 162n.<br />

Cavallotti, Felice: 35.<br />

Cavallucci, Giacomo: 59n.<br />

Cavazza della Somaglia, Gian Luca: 515<br />

Cavazza della Somaglia (famiglia): 175, 275,<br />

515, 516n.<br />

Catalani, Alfredo: 51, 244.<br />

Cazalis, Henri: 6, 317n, 411n, 460, 466.<br />

Cecchi, Emilio: 37n.<br />

Cena, Giovanni: 145n.<br />

Cenzato, Giovanni: 50.<br />

Cereghini, Bernadette: 4n.<br />

Cernuschi, Henri: 460n.<br />

Cesareo, Giovanni Alfredo: 287.<br />

Chapron, François: 329.<br />

Charlie, C.: 29n.<br />

Chateaubriand, François-René (de): 301, 458.<br />

Charpentier (e<strong>di</strong>tore): 126, 176n, 189n, 230n,<br />

568<br />

330, 335n, 341, 352n, 354, 358n, 362n, 380n,<br />

409n, 449n, 487n, 553, 558, 559.<br />

Checchi, Tebaldo: 216.<br />

Chemello, Adriana: 36n.<br />

Chenier, André: 457.<br />

Cherubini, Francesco: 275n.<br />

Chevé, Dominique: 317n.<br />

Chialiva, <strong>Luigi</strong>: 234.<br />

Chimay, (prince): 223n.<br />

Chimay, (princesse): 61, 180.<br />

Chopin, Fryderyk Franciszek: 47.<br />

Ciampini, Raffaele: 124n-126n, 132n.<br />

Ciampoli, Domenico: 145n, 265, 266.<br />

Cicco e Cola ve<strong>di</strong> Treves, Emilio.<br />

Cima, Vittoria: 5n-7n, 12, 43, 47-52, 59, 60,<br />

74n, 91, 131n, 173, 174, 200, 201, 234, 236,<br />

253, 269, 270n, 275, 276, 281, 282n, 283n,<br />

347, 423, 440, 460n, 461n, 486, 499n-503n,<br />

521.<br />

Citro, Ernesto: 386n.<br />

Claretie, Jules: 238.<br />

Colesanti, Massimo: 287n.<br />

Coletti, Vittorio: 168n.<br />

Colombo, Giuseppe: 51.<br />

Colonna, Carlo: 106, 112.<br />

Colonna, Vittoria: 508.<br />

Contessa Lara ve<strong>di</strong> Cattermole Mancini, Eva.<br />

Cooper-Richet, Diane: 25n, 28n, 29, 32n.<br />

Coppée, Annette: 318, 327, 495, 499n.<br />

Coppée, François: 4n, 6, 8, 15, 16n, 29, 45, 47,<br />

60n, 61, 81n, 87, 94-96, 98, 109, 110, 126,<br />

130, 131, 146n, 187, 188n, 197, 204, 208, 210,<br />

235, 238, 247, 253, 254n, 269, 280, 292, 293,<br />

299, 300n, 304, 309n, 313n., 317, 320n, 323,<br />

325-327, 347, 363, 366n, 376, 386n, 396-398,<br />

410n, 416n, 423, 424, 429, 430, 443, 454,<br />

455,458-460, 462-465, 474n, 476n, 481, 483,<br />

488-503, 505-508, 52-523, 525, 532-534.<br />

Coquelin, Benoît-Constant: 133, 209.<br />

Corazzini, Sergio: 172n.<br />

Coronaro, Gaetano: 244.<br />

Corra<strong>di</strong>ni, Enrico: 88, 89n.<br />

Cossa, Pietro: 189, 203.<br />

Couchoud, Paul-Louis: 510n.<br />

Courbet, Gustave: 380.<br />

Cournoyer, Daniel: 25n.


Couturier, Claude: 317n.<br />

Crespi, Benigno: 430.<br />

Crispi, Francesco: 28, 207n, 504.<br />

Croce, Benedetto: 3, 103n, 251, 286, 287.<br />

Curreri, Luciano: 21.<br />

Curzon, George Nathaniel: 83.<br />

D<br />

D’Alcantara, Olga: 106n.<br />

D’Ambros, Laura: 4n.<br />

D’Ancona, Alessandro: 264n.<br />

D’Annunzio, Gabriele: 7, 9, 37n, 79n, 125n,<br />

174, 180n, 183, 206n, 217, 219, 221, 222, 226,<br />

227n, 232, 253n, 267-285, 288, 294, 295n,<br />

362n, 389, 390, 415, 432, 467n, 470n, 515.<br />

Darzeus, Rodolphe: 461.<br />

Daudet, Julie ve<strong>di</strong> Allard, Julie.<br />

Daudet, Léon: 61, 311, 329, 338, 348, 433,<br />

445, 489.<br />

Daumier, Honoré: 60n.<br />

Davanture, Maurice: 437n.<br />

David, Minnie: 9, 155, 156, 296, 297, 417n,<br />

422.<br />

D’Azeglio, Massimo: 51.<br />

De Albertis, Edoardo: 38.<br />

De Amicis, Edmondo: 145n, 290, 351n, 378n,<br />

383, 455n.<br />

De Angelis, Ernesto: 51.<br />

De Caro, Stefano: 82n.<br />

Decaves, Lucien: 353n.<br />

De Cesare, Raffaele: 111n, 112n.<br />

Decristoforis, Carlo: 50.<br />

Deflorenne, Bachelin: 525n.<br />

Degas, Edgar: 358n.<br />

Degener, David: 536n.<br />

De Georges-Métral, Alice: 322n, 324n, 327n.<br />

De Gubernatis, Angelo: 190, 266, 493.<br />

De La Gournerie, E.: 476n.<br />

Del Balzo, Carlo: 127, 378n, 451, 456.<br />

Deledda, Grazia: 37n, 145n.<br />

Del Grillo, Bianca: 189.<br />

D’Elia, Antonio: 75n, 324n.<br />

Delpit, Alberto: 331.<br />

De Marchi, Emilio: 37.<br />

De Nittis, Giuseppe: 335, 340n.<br />

569<br />

De Nola, Jean Paul: 156n, 416n.<br />

Depanis, Giuseppe: 38, 390, 406.<br />

De Rensis, Raffaello: 243n.<br />

De Rienzo, Giorgio: 96n, 169, 205n, 452n-<br />

454n.<br />

De Roberto, <strong>Federico</strong>: 5, 7, 51, 127, 128,<br />

137n, 143, 145n, 148n, 152-161, 191, 208,<br />

416, 424.<br />

Déroulède, Paul: 455.<br />

De Sanctis, Francesco: 120.<br />

Desbruères, Michel: 430n.<br />

Desclée, Aimée-Olympe: 342.<br />

Des Essart, Nicolas: 522.<br />

Desprez, Louis: 298.<br />

Dethomas, Albert: 317n,.<br />

De Troja Checacci, Elisabetta: 76, 160, 161n,<br />

179, 258, 268, 270, 279, 285n, 295, 307.<br />

Di Benedetto, Arnaldo: 118n.<br />

Di Blasi, Corrado: 138, 139.<br />

Dierx, Léon: 459, 465, 526n, 535.<br />

Digard, C.: 507n, 508n.<br />

Di Giorgi, Fer<strong>di</strong>nando: 5n, 7, 153-155, 416.<br />

Di Grado, Antonio: 152n, 153.<br />

Dillon-Wanke, Matilde: 114n, 136n.<br />

Ding Dunling: 480, 481n, 487, 488.<br />

Disegni, Silvia: 367n, 368n, 378, 381n, 389n,<br />

390n, 399nn, 407n.<br />

Doche, Eugènie: 45, 496.<br />

Dombowska, Giulia: 181.<br />

Domenach, Jean Marie: 433n-435n.<br />

Dominiceti, Cesare: 244.<br />

Donato Ramaciotti, Valeria: 4, 17n, 54n, 78,<br />

82n, 118n, 175n, 205n, 228, 229, 243n, 299n,<br />

300n, 304n, 305, 320n, 325n, 335n, 339n,<br />

340n, 347n, 353, 398n, 399n, 404, 414n, 438n,<br />

449, 487n, 510, 513n-516n, 519n-521n, 532n,<br />

534n, 535n.<br />

Dorchain, Auguste: 317n, 326, 463.<br />

Dordoni, Nicola: 495n.<br />

Dossi, Carlo: 14n, 68, 73n, 97, 140n, 145n,<br />

240, 406n.<br />

Dostoevskij, Fëdor Michajlovič: 428.<br />

Dottin-Orsini, Mireille: 331, 333n, 339n.<br />

Doucet, Jacques: 290, 489.<br />

Dragonetti, Roger: 524n.<br />

Drouet, Juliette: 235.


Du Bos, Charles: 428.<br />

Duchet, Claude: 349n.<br />

Dumas, Alexandre fils: 6, 8, 45, 189, 203, 220,<br />

221, 224, 231n, 413, 455.<br />

Dumolard (e<strong>di</strong>tore): 177, 492.<br />

Dupin, Aman<strong>di</strong>ne ve<strong>di</strong> Sand, George.<br />

Duse, Eleonora: 7-9, 38, 45n, 62n, 108, 130,<br />

185, 187, 191, 197, 203-204, 207, 208, 212,<br />

215-219, 220-233, 243, 245n, 256, 271n, 276,<br />

286, 340, 425, 518.<br />

E<br />

Elias, Norbert: 44n.<br />

Enault, Louis: 384.<br />

F<br />

Faccio, Franco: 51, 91, 93, 94, 244.<br />

Falciola, Pia: 384n, 392n.<br />

Fanny, L.: 216.<br />

Farina, Salvatore: 37, 91, 115n, 455n.<br />

Farinelli, Giuseppe: 15, 23n, 24, 174, 390n-<br />

392n.<br />

Faucon, Maurice: 503-509.<br />

Faure, Félix: 223n.<br />

Fava Guzzetta, Lia: 118n, 119n.<br />

Fazi (e<strong>di</strong>tore): 164.<br />

Fechter, Paul: 190n.<br />

Fedgal, Charles: 489n.<br />

Felix, Rachel: 341,342.<br />

Ferrata, Giansiro: 77n.<br />

Ferrone, Siro: 186n, 190, 191n, 203n, 262n,<br />

263n.<br />

Ferruggia, Emma: 220, 221n, 232.<br />

Feuillet, Octave: 350n, 384, 455.<br />

Fi<strong>di</strong>a: 72, 241.<br />

Filippi, Filippo: 26, 39, 51, 199, 336, 337n.<br />

Finocchiaro Chimirri, Giovanna: 135n.<br />

Finzi, Giuseppe: 75n.<br />

Fiocco, Achille: 266.<br />

Flandrin, Jules: 82.<br />

Flaubert, Gustave: 6, 9, 16, 29, 58, 59, 65n,<br />

114, 118, 160, 298-311, 315, 316, 331, 334,<br />

349, 357, 358n, 434, 480n, 481, 489, 526.<br />

Fleury (de), Maurice: 317n.<br />

570<br />

Fogazzaro, Antonio: 4, 7n, 37n, 130n, 145n,<br />

161-174, 202, 204n, 207, 208, 214, 312, 471,<br />

506.<br />

Folli, Anna: 209n.<br />

Forgerès: 246.<br />

Fortis, Leone: 25, 26, 37, 194n, 455n.<br />

Foscolo, Ugo: 70, 87n.<br />

Fougère-Voisin, Marie-Ange: 399n.<br />

Freud, Sigmund: 79.<br />

Fromentin, Eugène: 226.<br />

Furbant, Philip Nicolas: 524n.<br />

Fusco, Sebastiano: 75n.<br />

G<br />

Gadda, Carlo Emilio: 152n.<br />

Gallarati Scotti, Tommaso: 164n, 207n, 506n.<br />

Gallavresi, Giuseppe: 47n, 51m 52n, 234n.<br />

Ganderax, Louis: 60, 281.<br />

Gara, Eugenio: 36n.<br />

Gautier (Mendès), Ju<strong>di</strong>th: 6, 57, 61, 269, 461n,<br />

465n, 466, 467, 472, 480-488.<br />

Gautier, Théophile: 6, 9, 32, 58, 61, 67, 75, 82,<br />

83, 94, 189, 299, 315, 349, 387, 411, 415, 420,<br />

430, 451, 452, 461n, 464-482, 486.<br />

Gavarni, Paul: 60n, 319.<br />

Genette, Gérard: 305n.<br />

Gengembre, Gérard: 361n.<br />

Geoffroy, Gustave: 317n.<br />

Gerando (de), Joseph-Marie: 317n.<br />

Germain, Marie-O<strong>di</strong>le: 430n.<br />

Gérôme, Jean-Léon: 83.<br />

Gerra, Fer<strong>di</strong>nando: 219n, 230n, 268n, 271,<br />

273n, 274.<br />

Ghidetti, Enrico: 137n, 145n, 148.<br />

Ghislanzoni, Antonio: 37, 93, 241, 242n.<br />

Ghisleri, Arcangelo: 379n.<br />

Giacosa, Giuseppe: 5, 7, 8n, 9, 50, 52, 59n,<br />

62n, 66, 67, 88n, 95, 116, 130n, 138, 153, 161,<br />

162, 167, 173, 184, 197- 214, 216, 219, 227,<br />

228, 230, 243, 247, 253, 263, 264, 272, 280,<br />

286, 287n, 294, 295, 348n, 351n, 375, 376,<br />

383, 423n, 432, 452, 454n, 459n, 506n, 532n.<br />

Giacosa, Piera: 209, 247.<br />

Giacosa, Piero: 200, 208.<br />

Gilbert, Eugène: 431n.


Gille, Pierre: 323.<br />

Giammarco, Marilena: 14n , 21n, 48n, 73, 74n,<br />

80n, 95n, 146, 179n, 239n, 304n, 306, 307,<br />

466n, 478, 491n.<br />

Gioanola, Elio: 67.<br />

Giordano, Sebastiano: 56n.<br />

Girardoux, Jean: 503n.<br />

Giu<strong>di</strong>ci, Paolo: 172.<br />

Giunta, Francesco: 120.<br />

Glaser, Emmanuel: 476n.<br />

Glatigny, Albert: 460, 475, 522.<br />

Gobineau, Arthur: 397n.<br />

Godo, Emmanuel: 440, 443n.<br />

Goëthe (von), Joan Wolfgang: 239.<br />

Gola, Emilio: 72, 250, 251.<br />

Goncourt, Edmond: 6, 9, 58, 60, 61, 119, 142,<br />

210, 267, 280, 302, 307n, 311, 312, 328-349,<br />

376, 386, 408, 409n, 413, 414, 428n, 433, 455,<br />

458, 471, 480n.<br />

Goncourt, Jules: 6, 9n, 58, 59, 267, 280n, 302,<br />

307n, 311, 312, 329, 331n, 338, 343, 346n-<br />

348n, 375, 408, 409n, 413, 428n.<br />

Gonzaga (famiglia): 50.<br />

Gounod, Charles: 112, 241.<br />

Goya, Francisco: 471.<br />

Gozlan, Léon: 314.<br />

Gozzano, Guido: 37n.<br />

Gregorovius, Fer<strong>di</strong>nand: 112.<br />

Greer Cohn, Robert: 528n.<br />

Grillan<strong>di</strong>, Masismo: 455n.<br />

Grisi, Ernestina: 477.<br />

<strong>Gualdo</strong> Bolis, Alessandro: 90n, 527n.<br />

Guarnieri, Alberico: 75n.<br />

Guerin, J.: 406.<br />

Guerrazzi, Francesco Domenico: 380.<br />

Guglielminetti, Marziano: 76, 77n, 170n, 195,<br />

248, 251, 411n, 478, 534.<br />

Guiches, Gustave: 353n.<br />

Guillemin, Henri: 355, 363n.<br />

Guitry, Lucien Germain: 185.<br />

H<br />

Haag, Paul: 317n, 349n, 462, 463n, 532n.<br />

Hachette (e<strong>di</strong>tore): 55n, 126, 367n, 433n.<br />

Halévy, Fromental: 228.<br />

571<br />

Hamel de Breuil (de), Jean: 317n.<br />

Hanska Rzevuska Balzac, Evelina: 315.<br />

Harancourt, Edmond: 317n, 463.<br />

Harrow, Susan: 360.<br />

Haussmann, Georges Eugène: 55, 358.<br />

Hayem, Georges: 317n.<br />

Heine, Heinrich: 434, 467.<br />

Hemmings, Frederick William John: 356n.<br />

Here<strong>di</strong>a (de), Jose Maria: 57, 61, 128, 195,<br />

411n, 460, 461n, 465.<br />

Hérelle, Georges: 125n, 268n, 276, 279, 281.<br />

Hetzel (e<strong>di</strong>tore): 126.<br />

Hoffmann, Ernst Theodor Amadeus: 75, 467.<br />

Holmès, Augusta: 461n, 526n.<br />

Houssaye, Arsène: 455.<br />

Hugo, Victor: 6, 57, 60, 61, 97, 99, 165, 198n,<br />

234-237, 241, 380, 389, 399n, 411n, 451, 453,<br />

455, 458, 464, 474, 476, 489.<br />

Huret, Jules: 221, 223n, 344n, 345, 346n, 374,<br />

435n.<br />

Huysmans, Joris-Karl: 17, 84n, 317n, 329,<br />

345, 346, 374, 395, 457, 489, 509, 511, 527,<br />

531n, 535.<br />

I<br />

Iermano, Toni: 164, 165n, 203n, 213.<br />

Imbriani, Vittorio: 88.<br />

Incisa della Rocchetta, Leopolda: 271n.<br />

Irving, Henry: 190n.<br />

Isella, Dante: 68n, 94n, 152.<br />

J<br />

James, Henry: 398, 411, 416-419, 427, 438.<br />

Jantet, Félix: 317n.<br />

Jocteau, Gian Carlo: 42n.<br />

Jullien, Jean: 131n, 502.<br />

Just (de), Jean: 317n.<br />

Juvigny, Adrien: 317n.<br />

K<br />

Kendell, Laura: 256.<br />

Kirscher, Marie-Agnès: 442n.<br />

Kistemaeckers (e<strong>di</strong>tore): 329n.


Klotz, Reinhold: 317n.<br />

Kock (de), Paul: 353.<br />

Küntzli Ciotola, Giulia: 271n.<br />

L<br />

Lahor, Janne ve<strong>di</strong> Cazalis, Henri.<br />

Lalotte, Victor: 317n.<br />

Lalou, René: 433n.<br />

Lanoux, Armand: 367n.<br />

Lanzillotta, Monica: 75n.<br />

La Roche-Guyon, Irene: 460.<br />

Lassalle, Fer<strong>di</strong>nand: 51.<br />

Laube, Henri: 452n.<br />

Laurent, Méry: 146n, 494, 533, 535, 536n.<br />

Lausueur, Daniel: 464.<br />

Lecaplain, Françoise: 324.<br />

Leclercle, Jean-Pierre: 525.<br />

Lecomte de Lisle, Charles: 61, 94, 395, 433,<br />

453, 455, 459, 464, 467, 474.<br />

Leduc-A<strong>di</strong>ne, Jean Pierre: 356.<br />

Lee Gale, Robert: 418n.<br />

Lefèvre, Jean: 476.<br />

Lemaitre, Frédéric: 223, 319.<br />

Lamartine (de), Alphonse: 458.<br />

Lemerre, Alphonse: 5, 29, 48n, 61, 73, 100,<br />

125, 137n, 141, 178n, 258, 266, 281, 331,<br />

400n, 401, 414n, 415n, 416, 423n, 457, 458,<br />

461, 462, 464, 465, 473, 475, 476n, 491, 492,<br />

499, 505, 523, 525, 534.<br />

Lemoyne, Roger: 459, 465.<br />

Lenghi, Leda: 206n, 271.<br />

Leopar<strong>di</strong>, Giacomo: 70.<br />

Lescure (de), M.: 317n.<br />

Letourneau, Charles: 317n.<br />

Lévy, Calmann: 126, 287n, 313n, 392n, 484n.<br />

Lévy, Michel: 526.<br />

Ligne (de), Charles Joseph: 324.<br />

Lioure, Michel: 437n.<br />

Liszt, Franz: 47, 112.<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani (famiglia): 4, 11, 30n, 31,<br />

59n, 86, 89, 90, 91, 125n, 153, 249, 268n, 284,<br />

285n, 378, 455, 527n.<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gliani, Enrico: 542n.<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Gianfranco: 89n.<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Giuspeppe: 246.<br />

572<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Giuli(ett)a: 59n, 60, 62n, 63,<br />

64n, 89n, 107, 108n, 157, 184, 189n, 197, 222,<br />

223, 231, 245, 246, 250, 262, 276, 282, 283n,<br />

297, 348, 376, 459n, 501, 502n, 535n.<br />

Litta Mo<strong>di</strong>gliani, Mario: 4, 125n.<br />

Lo Castro, Giuseppe: 75n.<br />

Loiseau, Jeanne ve<strong>di</strong> Lauseueur, Daniel.<br />

Loliée, Frédéric: 106n.<br />

Lollo, Renata: 4, 70n, 71, 107n, 108n, 139n,<br />

197n, 298n, 417n.<br />

Longo, Giorgio: 124, 127n, 132.<br />

Lové, T.: 25n.<br />

Loti, Pierre: 374, 393n.<br />

Louviot, Anne ve<strong>di</strong> Laurent, Méry.<br />

Loyola (de), Ignazio: 435n.<br />

Lucini, Gian Pietro: 67, 70, 380n, 381, 395,<br />

396.<br />

Lucrezio: 99.<br />

Lukàcs, George: 312, 316n.<br />

Lumbroso, Alberto: 264, 265.<br />

Lumière, Auguste et Louis: 63.<br />

Luti, Giorgio: 150.<br />

Lytton, Edward Bulwer (Lord): 209.<br />

M<br />

Macauley Babington, Thomas: 12.<br />

Machiavelli, Niccolò: 504.<br />

Madrignani, Carlo Alberto: 8, 78, 81n, 118,<br />

140n, 143n, 148, 158, 248, 249n, 292n, 306,<br />

337n, 379, 381n, 385, 443, 445n, 447n, 478n.<br />

Maffei, Andrea: 266.<br />

Maffei, Chiara: 43, 45, 47, 48, 50-52, 74n,<br />

116, 122, 199.<br />

Maggi, Carlo Maria: 152n.<br />

Maggi, Roberto: 35n.<br />

Magnard, Françis: 397n.<br />

Magris, Clau<strong>di</strong>o: 306n, 307n.<br />

Mallarmé, Stéphane: 6, 9, 61, 94, 244, 245,<br />

350, 411n, 430, 434, 461, 462, 488, 497n, 504,<br />

521-536.<br />

Mancinelli, Raoul: 244.<br />

Mancini, Carlo: 104.<br />

Mandriani: 37.<br />

Manet, Édouard: 525, 535n, 536n.<br />

Mangia, Anna Maria: 396n.


Mansuy, Michel: 18, 396n, 398n.<br />

Manzoni, Alessandro: 32, 35, 70, 129, 157n,<br />

172n, 216n.<br />

Marcello ve<strong>di</strong> Affry (d’), Adèle.<br />

Marchal, Bertrand: 536n.<br />

Margueritte, Paul: 346, 353n.<br />

Margueritte, Victor: 457.<br />

Mariani, Gaetano: 74, 128, 129.<br />

Mariani, Pompeo: 72.<br />

Mariatti, Barbara: 468.<br />

Marie-Anoniette Lorraine d’Austriche: 112.<br />

Mariéton, Paul: 347.<br />

Marras, Jean: 526n.<br />

Marchand, Jean Jacques: 145n.<br />

Martin-Gistucci, Marie Gracieuse: 398n.<br />

Martini, Fer<strong>di</strong>nando: 247, 256, 257, 261, 264,<br />

265, 328, 468.<br />

Mascari, Ruggiero: 120,121.<br />

Massarani, Tullo: 50, 116, 119n, 122, 123n,<br />

262-264, 455n.<br />

Massie, Effie Dunreith: 486n.<br />

Massimiliano d’Asburgo: 111.<br />

Mattei, Andrea: 44n.<br />

Mattews, J. H.: 367n, 373.<br />

Matthisen, F. O.: 417n.<br />

Maupassant (de), Guy: 49, 58n, 79n, 84n,<br />

281n, 309n, 329, 346, 489.<br />

Maurel, Vittorio: 245, 246.<br />

McQueen, Andrew: 361n.<br />

Meilhac, Henri: 228.<br />

Meley, Alexandrine: 388.<br />

Melis, Rosanna: 119n, 120n.<br />

Melmoux-Montaubin, M. Françoise: 320n.<br />

Mendès, Catulle: 6, 61, 84, 87, 95, 96, 128,<br />

211, 347, 411n, 452-454, 461, 462, 465, 466,<br />

476, 480n, 483, 486, 489, 522, 526n.<br />

Mendès, Ju<strong>di</strong>tte ve<strong>di</strong> Gautier, Ju<strong>di</strong>tte.<br />

Mengaldo, Pier Vincenzo: 74n.<br />

Menichelli, Gian Carlo: 390n.<br />

Meriggi, Marco: 40, 43n.<br />

Merimée, Prosper: 58n.<br />

Merlino, Giuseppe: 303n.<br />

Messa Vismara, E.: 131n.<br />

Metastasio, Pietro: 170.<br />

Meyerbeer, Giacomo: 5.<br />

Mezzanotte, Giuseppe: 287.<br />

573<br />

Michelet, Victor-Émile: 317n.<br />

Michetti, Paolo: 455n.<br />

Millais, John Everett: 82n.<br />

Mikaël, Ephraïm: 457.<br />

Minjollet, Christine: 31n.<br />

Mirandola, Giorgio: 96, 205n, 452n-454n.<br />

Mistral, Frédéric: 522.<br />

Mitterand, Henri: 352, 354n, 355, 356n, 362,<br />

366n, 374n, 384n.<br />

Modena, Gustavo: 194, 195, 460n.<br />

Mo<strong>di</strong>gliani Rossi Paoletti, Evelina: 194n.<br />

Mohr (de), Arnaldo: 63n.<br />

Molineri, Giuseppe Cesare: 66, 266.<br />

Molmenti, Pompeo: 108, 455.<br />

Mondor, Henri: 522n, 526n, 528, 530.<br />

Monet, Claude: 358n.<br />

Monnier, Marc: 126, 144, 145, 411n.<br />

Montaigne (de), Michel Eyquem: 302.<br />

Montale, Eugenio: 151, 248n, 405, 415.<br />

Montebello, Jeanne: 180, 513n, 520.<br />

Montera (de), Pierre: 4, 16n, 51n, 62n,<br />

75n, 81n, 89n, 95, 96n, 107n-109, 126n, 130n,<br />

133n, 135n, 144n, 146, 154, 162, 175n-178n,<br />

181n, 182n, 184, 188, 197n, 198, 205n, 209n-<br />

211, 215, 216, 223n-225n, 227n, 228n, 230n,<br />

233, 234n, 234n, 237n, 238n, 245-247n, 251n,<br />

263n, 268, 274, 277n, 281n, 282n, 284n, 292n,<br />

297n, 299, 309n, 313n, 318n, 320n, 323n,<br />

326n, 327n, 346n, 347, 349n, 350, 364n, 375n,<br />

377n, 387n, 399, 401n, 403n, 410n, 416, 419,<br />

422n-424, 430n, 432n, 447n, 454n, 458n-<br />

461n, 463n, 464n, 466n, 467n, 474n, 481n,<br />

483n, 488n, 489, 492n, 493n, 496n, 499n,<br />

500n, 505n, 506n, 510, 518, 521, 523n-525n,<br />

532n, 533n.<br />

Montesquiou Frezensac (de), Robert: 4n, 6, 9,<br />

15, 17n, 54n, 57, 61, 62n, 82, 118, 175, 176,<br />

182, 184, 204, 225n, 228, 229n, 243, 269, 299,<br />

300n, 304, 305n, 320, 325n, 335n, 338-340,<br />

347, 353, 415n, 430n, 438n, 443, 449, 459n,<br />

487, 509-522, 527, 528n, 531, 532n, 534n,<br />

535n.<br />

Monval, Jean: 326n, 476n.<br />

Morcos, Sameh: 402n.<br />

Moreau, Pierre: 431n.<br />

Morelli, Domenico: 33, 34n, 56, 57n, 83.


Morelli, Evangelina: 33, 34n.<br />

Morelli, Giovanni: 178.<br />

Moreni, Carlotta: 290n.<br />

Mori, Maria Teresa: 40n-42n, 49, 53n.<br />

Mortelette, Yann: 452n, 470n, 474n-476n,<br />

526.<br />

Moussakova, Svetla: 29n, 30n.<br />

Murat, Gioacchino: 321.<br />

Murdock, Kenneth B.: 417n.<br />

Murger, Henri: 459.<br />

Murat, Gioacchino: 319.<br />

Murillo, Bartolomé Esteban: 180.<br />

Musset (de), Alfred: 458, 464, 500.<br />

Mussini, Natale Nicola: 83.<br />

Mususmarra, Carmelo: 127n, 128n.<br />

N<br />

Nar<strong>di</strong>, Piero: 52, 92n, 94, 103n, 108, 153,<br />

162, 167n, 173n, 174, 183n, 198, 199n, 202n,<br />

204n, 205, 206n, 207, 210n, 212n, 213n, 218n,<br />

233-236, 245n, 247n, 249n, 254n, 422, 429.<br />

Navarria, Aurelio: 5n, 154n, 156n.<br />

Navarro della Miraglia, Emmanuele: 38, 39n,<br />

121, 122.<br />

Neera: 35, 150, 151, 285, 286.<br />

Negri, Gaetano: 455n.<br />

Negro (e<strong>di</strong>tore): 115, 235.<br />

Nencioni, Enrico: 176n, 183, 294.<br />

Nerval (de), Gérard: 467.<br />

O<br />

Ojetti, Ugo: 127, 159n, 217.<br />

Old, Marshall C.: 522.<br />

Oliva, Gianni: 48n, 103n, 290n.<br />

Olivieri, Ugo: 54, 306, 316n.<br />

Ollendorff (e<strong>di</strong>tore): 126.<br />

Ongaro (dell’), Francesco: 116n.<br />

Orçat, Alexis: 317n, 397n.<br />

P<br />

Paccagnini, Ermanno: 26n, 66, 70n, 76n, 92n,<br />

94, 97, 98n, 103n, 395n.<br />

574<br />

Palazzolo, Maria Iolanda: 41n, 43n, 44n, 46,<br />

47, 49n.<br />

Palermo, Antonio: 165n.<br />

Palmerio, Benigno: 284n, 285.<br />

Palumbo, Fabio: 244.<br />

Pampaloni, Geno: 4.<br />

Pannunzio, Giorgio: 159, 160n.<br />

Panzacchi, Enrico: 294, 406, 455, 523.<br />

Papini, Giovanni: 176.<br />

Paro<strong>di</strong>, Alexandre D.: 406, 461n, 497n.<br />

Pascoli, Giovanni: 37n, 70.<br />

Pasta, Francesco: 260n.<br />

Patin, Jacques: 489n.<br />

Payne, John: 200, 476, 522, 535.<br />

Percoto, Caterina: 116n.<br />

Perrièrs (des), Carle: 347.<br />

Pesci, Ugo: 203, 204n, 455n.<br />

Petaccia, Dante: 3n, 206n, 219, 220, 227,<br />

228n, 252, 253n, 268n, 272-273, 286.<br />

Petitto, Valeria: 287n.<br />

Petrucciani, Mario: 105n.<br />

Peylet, Gérard: 329n, 330, 345.<br />

Peyrot, G.: 81n.<br />

Piazzi, Filippo: 36n.<br />

Piazzoni, Irene: 262n.<br />

Pica, Vittorio: 328, 378n, 388n, 406, 523.<br />

Piccinni, Daniele: 66.<br />

Piga, Francesco: 277.<br />

Pigeon, Amédée: 398, 460.<br />

Pilo, Giovanni: 75n.<br />

Pipitone-<strong>Federico</strong>, Giuseppe: 406.<br />

Pirelli, Giovanni: 51.<br />

Pisone, M.me: 108.<br />

Pizzorusso, Clau<strong>di</strong>o: 177n.<br />

Placci, Carlo: 4, 108, 175-185, 300n.<br />

Poë, Edgar Allan: 75, 467, 525.<br />

Poicten, Francis: 317n.<br />

Poilly (baronne de): 320.<br />

Pomilio, Mario: 295.<br />

Ponchielli, Amilcare: 244.<br />

Ponti, Francesco Ettore: 108n, 250, 284.<br />

Popoelin, Claude: 460, 496.<br />

Porcelli, Bruno: 172n.<br />

Posani, Giampiero: 527n, 530, 532n.<br />

Pottier, P.: 526n.<br />

Pouvillon, Émile: 317n.


Pozza, Giovanni: 138, 205.<br />

Praga, Emilio: 7, 37, 66, 69, 70, 72, 84, 88n,<br />

91n-106, 144, 166, 452n, 467, 471, 473.<br />

Praga, Marco: 104, 153, 263.<br />

Prati, Giovanni: 87, 88n, 93.<br />

Praz, Mario: 46, 177, 183, 451n, 547, 562,<br />

564.<br />

Prévost, Marcel: 283, 375.<br />

Primoli, Joseph Napoéon: 6, 18, 59n, 60, 129,<br />

131-133, 136, 212n, 220, 223n, 225, 247, 281,<br />

283, 287, 290, 399.<br />

Prinet, Gaston: 106n, 111n.<br />

Protonotari, Francesco: 183.<br />

Provenzali, Delfina: 254n.<br />

Proust, Marcel: 59, 310, 509.<br />

Pupino, Angelo Raffaele: 180n, 239.<br />

Q<br />

Quellien, Jean: 317n.<br />

Quantin (e<strong>di</strong>tore): 271, 274.<br />

Querci, Eugenia: 82n.<br />

R<br />

Rabelais, François: 302.<br />

Ra<strong>di</strong>ce, Raul: 216, 218, 231, 245n.<br />

Ragusa, Olga: 380n, 534n.<br />

Raimond, Michel: 354, 374n, 393n, 405n, 407,<br />

428, 441, 444n, 445.<br />

Ramat, Raffaello: 118n.<br />

Rapallo, Umberto: 125n.<br />

Rasi, <strong>Luigi</strong>: 186n.<br />

Raya, Gino: 56n, 65n, 116n, 117, 120n-124n,<br />

126n, 127n, 130n-133n, 135n-137n, 140n,<br />

142n, 143n, 145n, 157n, 243n, 244n, 251n,<br />

269n, 276n, 287n, 362n, 390n, 495n, 500n.<br />

Raymon, Gilbert: 460n.<br />

Read, Charles: 463.<br />

Read, Louise: 318, 325, 327, 463.<br />

Rechiedei (e<strong>di</strong>tore): 95, 491, 543.<br />

Regnault, Henri-Victor: 112.<br />

Régnier (de), Henri: 354, 461, 522.<br />

Réjane, Gabrielle: 341.<br />

Remacle, Adrien: 393.<br />

Rembrandt (van), Harmenszoon Rijn: 111.<br />

575<br />

Renan, Any: 432, 433.<br />

Renan, Ernest: 58, 455.<br />

Resnevic Signorelli, Olga: 221n- 223n.<br />

Resta, Antonio: 202<br />

Restucci, Adelaide: 115n.<br />

Rheisenberger: 180.<br />

Riccar<strong>di</strong>, <strong>Luigi</strong>: 92.<br />

Ricciar<strong>di</strong>, Carla: 136.<br />

Ricciar<strong>di</strong> (e<strong>di</strong>tore): 266n, 289n, 547, 554.<br />

Richardson, Joanna: 480n.<br />

Richepin, Jean: 459n, 464n.<br />

Ricor<strong>di</strong>, Giulio: 130n, 253.<br />

Righi Guerzoni, Li<strong>di</strong>a: 180n.<br />

Rimbaud, Arthur: 67, 434.<br />

Ristori, Adelaide: 189n, 194.<br />

Rivarol (de), Antoine: 324, 420.<br />

Robb, Graham: 527n, 531.<br />

Robert, Léopold: 87.<br />

Rod, Edouard: 123-129n, 131, 132n, 134, 145,<br />

162, 163, 210, 376.<br />

Roda, Vittorio: 79, 129n, 278, 279.<br />

Rodenbach, Georges: 522.<br />

Rollinat, Maurice: 293, 450.<br />

Romano, Cinzia: 39n.<br />

Ronsard (de), Pierre: 105.<br />

Roosevelt, Blanche: 11, 13n, 49n.<br />

Rosa, Giovanna: 26n, 240, 241n.<br />

Rosa, Salvator: 72.<br />

Rosmini, Enrico: 456.<br />

Rosny, J. H. ve<strong>di</strong> Boex, Joseph H. Honoré.<br />

Rossetti, Dante Gabriele: 180n.<br />

Rossi, Cesare: 130, 188n.<br />

Rossi, Ernesto: 9, 186-197.<br />

Rossi, S.: 114n, 116, 119n.<br />

Rossini Giooacchino: 47.<br />

Roux, Amedée: 210, 255, 256, 260.<br />

Rovani, Giuseppe: 68, 74.<br />

Rovetta, Girolamo: 8n, 27, 33n, 42n, 49n, 54n,<br />

108n, 117, 149, 153, 186, 203, 215, 220n, 277,<br />

290n, 315, 316n, 380, 387n, 455n.<br />

Ruga, Selene: 51.<br />

Ruffo, Diego ve<strong>di</strong> Navarro della Miraglia,<br />

Emmanuele.<br />

Ruggiero, Nunzio: 328n.<br />

Rusconi, Carlo: 191.<br />

Russo, <strong>Luigi</strong>: 547.


S<br />

Sabatier, Paul: 337n, 343, 344n.<br />

Sacchetti, Roberto: 33-37n, 39, 379.<br />

Saccone, Antonio: 68.<br />

Sainte-Beuve, Charles-Augustin: 58n.<br />

Saint-Victor (de), Adam: 455.<br />

Sala, Marco: 277.<br />

Salmini, Vittorio: 189.<br />

Salomon, Georges: 317n.<br />

Salone, Émile: 317n.<br />

Salvemini, Gaetano: 177, 178.<br />

Sand, George: 167, 287n, 309n, 310.<br />

Sandeau, Jules: 455.<br />

San Germano, Moreno: 244.<br />

Sangiorgio, Francesco: 295.<br />

Sangsue, Daniel: 399n.<br />

Sansone, Mario: 103n.<br />

Santorsola, Anna: 5, 32n.<br />

Sarcey, Francisque: 223, 456.<br />

Sardou, Victorien: 63n, 197, 203, 223n, 228,<br />

245, 261, 455.<br />

Savine (e<strong>di</strong>tore): 126, 317n.<br />

Scaramucci, Ines: 541.<br />

Scarfoglio, Edoardo: 7, 270, 275, 291-294.<br />

Scarpa, Marie: 364n.<br />

Scarsi, Giovanna: 67n, 68n, 70n, 71, 242.<br />

Schino, Mirella: 217n.<br />

Scott, Walter: 176.<br />

Séginger, Gisèle: 476n.<br />

Seillan, Jean-Marie: 375n.<br />

Serao, Matilde: 5, 7-9, 108, 247, 269, 277,<br />

278, 285-297, 423, 424.<br />

Shakespeare, William: 176, 188n, 190-196n,<br />

225, 237, 242, 478.<br />

Shattuck, Roger: 55, 57n, 61n.<br />

Shelley, Percy Bysshe: 412, 464.<br />

Shumann, Robert: 47.<br />

Silvestre, Armand: 459, 465.<br />

Simon, Jules: 455.<br />

Simoncini, Francesca: 186n, 190n, 191n,<br />

203n, 262n, 263n.<br />

Singer Edwards, Armand: 420n, 427.<br />

Siciliano, Enzo: 164-166, 169n.<br />

Sisi, Carlo: 82, 83n.<br />

Solanges, Paul: 130-133n, 245.<br />

Sommaruga (e<strong>di</strong>tore): 36n, 37, 42n, 272n, 467.<br />

576<br />

Sonzogno (e<strong>di</strong>tore): 25, 241, 451.<br />

Sormani, Elsa: 3, 14n.<br />

Souchon, Paul: 209, 245.<br />

Souverbie, Marie-Thérèse: 430n.<br />

Spagnoletti, Giacinto: 26n, 176, 177n, 223n,<br />

235n, 400n, 457n.<br />

Spada, <strong>Luigi</strong>: 31n.<br />

Spaziani, Marcello: 58, 129n, 131n-133n,<br />

136n, 212n.<br />

Sperani, Bruno: 386.<br />

Spinazzola, Vittorio: 33n, 159.<br />

Spinoza, Baruch: 421n.<br />

Squarciapino, Giuseppe: 41n.<br />

Starcey: 329.<br />

Starobinski, Jean: 20, 21n, 478, 479.<br />

Stecchetti, Lorenzo: 99, 494.<br />

Stendhal (de), Henri-Marie Beyle: 52, 53, 287,<br />

302, 383n, 408, 420, 448, 520n.<br />

Sterne, Daniele: 458.<br />

Stokes, John: 62n.<br />

Stolpowskoy, Anna: 108.<br />

Storey, Danton John: 11, 411.<br />

Streiff Moretti, Monique: 467n.<br />

Strowel, Marie Pierre: 176n, 183n.<br />

Sully-Prudhomme, René: 293, 412n, 455, 465,<br />

526.<br />

Svevo, Italo: 75n, 83n, 151, 172, 174, 249n,<br />

444.<br />

Swinburne, Algernon: 170, 176, 251, 252,<br />

411, 461, 476.<br />

T<br />

Taccioli, Bianca: 107, 108n, 148, 501.<br />

Taccioli, Giulia ve<strong>di</strong> Litta Mo<strong>di</strong>gnani, Giulia.<br />

Taine, Hyppolite-Adolphe: 58, 356, 455.<br />

Tamiozzo, Silvana: 307n.<br />

Tarchetti, Igino Ugo: 14n, 37, 66, 73n, 74, 91,<br />

237, 467.<br />

Tausserat, Alexandre: 522.<br />

Tellini, Gino: 234.<br />

Tenerani, Pietro: 112.<br />

Tenca, Carlo: 50.<br />

Tencioni, <strong>Luigi</strong> Galeazzo: 414n.<br />

Ternois, René: 280n, 350, 352n, 376, 378,<br />

383n, 388n, 389n.


Terrapon, Michel: 113n.<br />

Testa, Enrico: 145n, 148n.<br />

Therry, Elen: 62n, 217n, 225.<br />

Thiers, Adolphe: 112.<br />

Thovez, Enrico: 265, 279.<br />

Tiepolo, Gian Battista: 169.<br />

Tin-Tun-Lin ve<strong>di</strong> Ding Dunling.<br />

Ton-That, Thien: 510n.<br />

Torelli, Achille: 38n, 203, 210, 255-257, 259-<br />

264.<br />

Torelli-Viollier, Eugenio: 7, 25-27, 34, 91,<br />

127-129, 140, 163, 191, 192, 194n, 208, 220,<br />

263, 286, 455n.<br />

Torraca, Francesco: 119n, 294.<br />

Tortonese, Paolo: 351n, 382n-384n.<br />

Toscanini, Arturo: 248.<br />

Tosi, Guy: 268nn, 279n.<br />

Tosti, Paolo: 179, 262.<br />

Tourgueniev, Ivan Sergeevič: 311, 409, 451.<br />

Tozzi, Federigo: 444.<br />

Travi, Ernesto: 23, 88n.<br />

Treves, Emilio: 7, 25, 26, 34, 37n, 73n, 77,<br />

101, 121, 123, 127-129, 137, 154, 175, 187,<br />

208, 210, 211, 241, 257, 266, 284, 291, 423,<br />

424, 454-456, 491.<br />

Treves, Giuseppe: 34.<br />

Tronconi, Cesare: 145n.<br />

Turati, Emilio: 455n.<br />

U<br />

Ulbach, Louis: 329.<br />

Ullman, Montaigne: 209.<br />

Uzanne, Octave ve<strong>di</strong> Cagoule, (La).<br />

V<br />

Va(c)querie, Charles: 459.<br />

Valadon, Jules: 397n.<br />

Valera, Paolo: 383, 388n.<br />

Vallès, Jules: 381.<br />

Van Santen Kolff, Jacob: 365, 366n.<br />

Vasili, Paul ve<strong>di</strong> Adam, Juliette.<br />

Vannucci, Atto: 107n, 544.<br />

Vecchini, Arturo: 292, 493.<br />

Velleda: 253.<br />

577<br />

Ver<strong>di</strong>, Giuseppe: 12, 47, 70, 72, 238, 242, 243,<br />

245, 438, 536n.<br />

Verga, Giovanni: 7, 8, 29, 34, 37n, 38, 43, 44,<br />

50-52, 56, 65, 114-140, 142n-, 143, 145, 148n,<br />

152, 153, 156n, 157n, 159, 161, 162, 175n,<br />

191n, 199, 201, 202, 204, 208, 211-213, 216,<br />

243, 244, 251, 253, 269, 276n, 279, 286, 287,<br />

362, 383, 389, 392n, 423, 425, 495, 500n.<br />

Verga, Mario: 127.<br />

Verlaine, Paul: 9, 67, 434, 461, 462, 532, 534.<br />

Veronese, Paolo: 471.<br />

Viazzi, Glauco: 71, 134n, 378n, 393n.<br />

Vicarie, Gabriel: 463, 534.<br />

Vigny (de), Alfred: 464.<br />

Villani, Paola: 451n.<br />

Villars, Paul: 271.<br />

Villiers de l’Isle-Adam, Auguste: 459, 486,<br />

522, 526n, 535.<br />

Viscont, Venosta, Emilio: 50.<br />

Visconti Venosta, Giovanni: 50, 455, 456.<br />

Vivianti, Annie: 209n.<br />

Vogüé (de), Eugène-Melchior: 374.<br />

Vouvelle, Michel: 27, 28n, 32n.<br />

W<br />

Wagner, Cosima: 180n.<br />

Wagner, Richard: 180, 241, 486, 487n.<br />

Watts, George Frederic: 82n.<br />

Weaver, William: 216n.<br />

Weber (von), Carl Maria: 74-76, 324n, 325n,<br />

468n.<br />

Wetherill, Peter Michael: 308n, 357, 358n.<br />

Whistler, James Abbott: 82n.<br />

Wilde, Oscar: 415.<br />

Wistinghausen (von), Monique: 113n.<br />

Wittmann, Jean-Michel: 432n, 436n, 441n,<br />

444n.<br />

Wittmann, Walt: 451n.<br />

Y<br />

Yturri (de), Gabriel: 512n, 513.


Z<br />

Zaccaria, Gaetano: 76n.<br />

Zambon, Patrizia: 101n.<br />

Zanetti, Dante: 51n.<br />

Zanichelli (e<strong>di</strong>tore): 494.<br />

Zappulla-Muscarà, Sarah: 131n.<br />

Zevort, Edgar: 317n.<br />

Zinato, Emanuele: 528n.<br />

Zissy, Georges: 317n.<br />

Zola, M.me ve<strong>di</strong> Meley, Alexandrine.<br />

Zola, Émile: 3n, 6, 9, 31, 77, 78, 84, 119, 127,<br />

130-132, 134, 135, 141, 165, 197, 210, 280,<br />

298, 302, 310-313n, 328-338, 342m 343, 346,<br />

348-384, 387, 388-391, 393-395, 404-407,<br />

414, 455, 489.<br />

Zolis: 212.<br />

Zuccari Ra<strong>di</strong>us, Anna ve<strong>di</strong> Neera.<br />

Zurbaran (de), Francisco: 471.<br />

578

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