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LA FORMAZIONE DI PIERO CALAMANDREI ... - Unitn-eprints.PhD

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candidata: Beatrice Primerano<br />

<strong>LA</strong> <strong>FORMAZIONE</strong> <strong>DI</strong> <strong>PIERO</strong><br />

CA<strong>LA</strong>MANDREI.<br />

SCRITTI <strong>DI</strong> GUERRA 1915-1918.<br />

Con un’Appendice sulla<br />

corrispondenza con Ernesta<br />

Bittanti Battisti e Bice Rizzi.<br />

Tutor Prof. Diego Quaglioni<br />

Anno Accademico 2009-2010


Curriculum di Storia del diritto romano e del pensiero giuridico<br />

europeo<br />

XXIII ciclo<br />

Esame finale: 28/04/2011<br />

Commissione esaminatrice:<br />

Prof. Filippo Liotta, Università di Roma<br />

Prof. Giovanni Minnucci, Università di Siena<br />

Prof. Beatrice Pasciuta, Università di Palermo<br />

Prof. Diego Quaglioni, Università di Trento<br />

Prof. Jean-Claude Zancarini, Ecole Normale Supérieure di Lyon


IN<strong>DI</strong>CE<br />

Abstract ................................................................................................................... 3<br />

Introduzione ............................................................................................................ 5<br />

Nota archivistica ................................................................................................... 39<br />

Poesie .................................................................................................................... 43<br />

Racconti .............................................................................................................. 103<br />

Appunti diaristici ................................................................................................ 109<br />

Conferenze .......................................................................................................... 113<br />

Corrispondenza personale .................................................................................. 161<br />

Appendice ........................................................................................................... 219<br />

Bibliografia ......................................................................................................... 263


ABSTRACT<br />

La mia tesi dottorale ha come oggetto principale la formazione di Piero<br />

Calamandrei (1889-1956), uno dei maggiori giuristi italiani tra le due guerre<br />

mondiali e uno dei principali esponenti della Resistenza e della Assemblea<br />

Costituente (1946-1948). Mi propongo in particolare di studiare le testimonianze<br />

autobiografiche nel ricco epistolario di Calamandrei risalente agli anni della<br />

Prima Guerra Mondiale.<br />

Calamandrei prese parte alla Grande Guerra come ufficiale volontario<br />

combattente nella fanteria. Ne uscì col grado di capitano e fu successivamente<br />

promosso tenente colonnello, ma preferì continuare la sua carriera accademica.<br />

Fu il primo ufficiale ad entrare a Trento il 3 novembre 1918.<br />

L’ufficiale Calamandrei svolse compiti molto diversi: dalla vigilanza sul<br />

rancio e sul vestiario all’approvvigionamento dei mezzi di trasporto,<br />

dall’assistenza individuale ai soldati alla proposta e distribuzione di premi e<br />

licenze, dalla organizzazione di una scuola per analfabeti alla direzione degli<br />

uffici di consulenza per l’istruzione morale dei giovani ufficiali, dalla proposta di<br />

letture per i combattenti al fronte fino alla scelta degli spettacoli teatrali e dei<br />

film più adatti. Calamandrei provvedeva a quanto poteva servire a rendere meno<br />

dura la vita del soldato combattente, ad infondere fiducia, a dare il senso di una<br />

migliore giustizia e comprensione nelle difficoltà quotidiane.<br />

Per Calamandrei, quello passato al fronte trentino, fu un periodo importante, di<br />

grandi esperienze, di vita morale.<br />

Calamandrei, subito dopo la Prima Guerra Mondiale, fu cosciente di vivere un<br />

periodo di estrema crisi del diritto. Infatti la Grande Guerra investì l’intero ordine<br />

costituzionale ed incise sulla vita del diritto in modo significativo. Si assistette<br />

alla distruzione di valori ed istituti consolidati, per inoltrarsi in un terreno nuovo<br />

3


e sconosciuto. Si poneva urgentemente l’esigenza della ricostruzione di una<br />

nuova civiltà giuridica.<br />

Nel ricordo di quello che legava Calamandrei a Trento, la vedova, Ada Cocci,<br />

nel febbraio del 1960, donò all’allora Museo del Risorgimento di Trento un<br />

incarto che costituisce il curriculum vitae militare dell’insigne giurista.<br />

L’incarto giace nel fondo Archivio Piero Calamandrei, depositato presso il<br />

Museo Storico in Trento. Il fondo, composto di 4 buste, conserva manoscritti,<br />

corrispondenza, fotografie, diplomi e benemerenze, materiale a stampa, Bollettini<br />

e le Relazioni quindicinali, che venivano spediti a tutti gli ufficiali di<br />

collegamento presso le Divisioni, le Brigate o reparti di tutte le armi, integrati da<br />

circolari ed appelli.<br />

La ricerca tenta di costituire un’edizione critica di questi documenti, perché<br />

ritengo che la loro pubblicazione integrale potrà essere utile per comprendere una<br />

pagina della formazione del grande giurista.<br />

4


INTRODUZIONE<br />

Questo lavoro nasce con lo scopo di costituire l’edizione critica delle<br />

testimonianze autobiografiche di Piero Calamandrei risalenti agli anni della<br />

prima guerra mondiale, donate dalla vedova, Ada Cocci, nel febbraio del 1960,<br />

all’allora Museo del Risorgimento di Trento. Si tratta di uno straordinario<br />

deposito di cultura e di memoria di un grande maestro di vita, prima che di<br />

diritto. Linda Giuva, «per sottolineare come la ricchezza della documentazione<br />

ivi contenuta sia tale da produrre continui accorpamenti di temi che suscitano<br />

inedite domande e forniscono originali risposte», definì questi documenti un vero<br />

e proprio «caleidoscopio di carte» 1 .<br />

La pubblicazione integrale di questi testi potrà essere utile per comprendere<br />

una pagina fondamentale del lungo percorso di formazione del grande giurista, e<br />

potrà far meglio conoscere la straordinaria poliedricità della sua personalità,<br />

«difficile da disegnare sommariamente perché si corre sempre il rischio di non<br />

renderle piena giustizia» 2 . Queste pagine ingiallite dimostrano la centralità<br />

dell’esperienza della prima guerra mondiale nella vita di Calamandrei.<br />

Il colpo di rivoltella del 28 giugno 1914 che, dal ponte Latino sulla Miljacka a<br />

Sarajevo, uccise l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie, la<br />

duchessa Sophie Chotek, estese fulmineamente i suoi effetti, innscando lo<br />

scoppio della prima guerra mondiale, ed incise un solco profondo nella storia<br />

contemporanea. Non a caso il primo conflitto mondiale «assunto ormai<br />

unanimemente come spartiacque del Novecento, sarà definito Grande Guerra<br />

1 L. GIUVA, Una breve introduzione e una proposta impegnativa, in Un caleidoscopio di carte.<br />

Gli archivi Calamandrei di Firenze, Montepulciano, Trento e Roma. Convegno organizzato<br />

dalla Biblioteca archivio “Piero Calamandrei” (Montepulciano, 20-21 ottobre 2009), a cura di F.<br />

Cenni, Firenze, Il Ponte, 2010, pp. XIII-XV: XIII.<br />

2 P. GROSSI, Lungo l’itinerario di Piero Calamandrei, in «Rivista Trimestrale di Diritto e<br />

Procedura Civile», 2009, 3, pp. 865-886, p. 868.<br />

5


fino all’esiziale scoppio del secondo conflitto mondiale. L’aggettivo grande<br />

sintetizza aspetti quantitativi inediti fino al 1914, in termini di mobilitazione<br />

generale, combattenti, vittime, produzione industriale, trasformazioni politiche,<br />

sociali ed economiche» 3 .<br />

«La cesura della prima guerra mondiale fu profonda anche sul terreno del<br />

diritto» 4 : infatti, essa investì «l’intiero ordine giuridico scuotendolo<br />

violentemente» 5 . La Grande Guerra fu così totale da incidere sulla vita del diritto<br />

in modo rilevante. Si assistette alla distruzione di valori e istituti consolidati: «il<br />

castello armonico dei “domini giuridici”, come li chiama Ferrara, ne è scosso; la<br />

storia del pensiero giuridico non potrà più scorrere tranquillamente nel<br />

dopoguerra secondo i vecchi tracciati dell’ante guerra» 6 . La prima guerra<br />

mondiale si può quindi considerare come un futuro che si fece presente.<br />

Si poneva urgentemente l’esigenza della ricostruzione di una nuova civiltà<br />

giuridica. Tuttavia la guerra non creò nulla: essa contribuì ad avvalorare e<br />

accelerare determinate scelte, scoprì una crisi da qualche tempo latente 7 ,<br />

ufficializzandola e legalizzandola. Come affermò Francesco Ferrara la guerra fu<br />

«occasione per accelerare e maturare lo sviluppo di riforme giuridiche» 8 . Infatti,<br />

già negli anni che precedettero l’entrata in guerra dell’Italia, si profilavano<br />

«nettamente le linee di svolgimento di tutto un secolo di riflessione giuridica» 9 .<br />

Ricostruendo la figura e il pensiero di Vittorio Emanuele Orlando nella<br />

circostanza della morte, Giuseppe Capograssi affermò che «correvano gli anni<br />

dodici e tredici. Stavamo agli ultimi momenti della vecchia storia […] Tutto era<br />

3 F. CAFFARENA, Le scritture dei soldati semplici, in La prima guerra mondiale, a cura di S.<br />

Audoin–Rouzeau e J. J. Becker, II, edizione italiana a cura di A. Gibelli, Torino, Einaudi, 2007,<br />

pp. 633-647:633.<br />

4 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea,<br />

Bologna, Il Mulino, 2007, p. 598.<br />

5 P. GROSSI, L’Europa del diritto, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 229.<br />

6 P. GROSSI, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860-1950, Milano, Giuffrè, 2000,<br />

p. 134.<br />

7 Così H. J. BERMAN, Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale,<br />

Bologna, Il Mulino, 1998, p. 38.<br />

8 F. FERRARA, Diritto di guerra e diritto di pace, in «Rivista del diritto commerciale e del diritto<br />

generale», 1918, 12, pp. 683-714:686.<br />

9 P. GROSSI, Scienza giuridica italiana, cit., pp. 119-120.<br />

6


allora semplice!» 10 Queste parole esprimono bene lo scoppio della crisi che si<br />

manifestò nel secondo decennio del Novecento. La crisi consisteva nella perdita<br />

della compattezza. «Si incrinava […] la separazione nettissima fra il mondo del<br />

diritto e quello dei fatti. […] Il rigidissimo controllo della giuridicità da parte<br />

dello Stato, imponendo come diritto unicamente ciò che lo Stato vuole che sia<br />

diritto, è incrinata da un proliferare di fatti economici e sociali che corrispondono<br />

a esigenze nuove e che trovano osservanza da parte dei cittadini, prescindendo<br />

completamente dalla benedizione e appropriazione da parte del potere politico:<br />

fatti grezzi ma fatti osservati dalla comunità, e pertanto formanti già una<br />

giuridicità effettiva. E il risultato ultimo è la perdita di autorevolezza dello Stato,<br />

lo sfaldarsi del suo monopolio, il formarsi di due livelli di giuridicità, quello della<br />

esperienza quotidiana, quello del diritto formale e quello del diritto vivente» 11 .<br />

Nell’opera di Capograssi, La nuova democrazia diretta, è acuta la percezione<br />

del trapasso tra l’ieri e l’oggi, tra la semplicità dell’ieri e complessità dell’oggi:<br />

contro una concezione armonica, ma schematica, e contro una concezione<br />

formale e formalistica del diritto s’imponeva «la rivolta dei fatti» 12 , la presenza<br />

virulenta dei rapporti di vita vissuta: si afferma quindi «accanto alla norma legale<br />

il precetto giuridico così come l’esperienza giuridica concreta lo forma» 13 . La<br />

medesima tesi la ritroviamo nell’Ordinamento giuridico di Santi Romano 14 . «La<br />

costruzione di Romano è la coraggiosa percezione di un diritto che, ormai, per<br />

buona parte, si struttura oltre lo Stato. […] Il testo di Romano è […] nulla più<br />

della presa d’atto […] della complessità del diritto. Romano, in quell’anno finale<br />

10 G. CAPOGRASSI, Il problema di V. E. Orlando, pubblicato in «Rivista italiana per le scienze<br />

giuridiche», 1953, VI, pp. 14-35; ora in ID., Opere, a cura di M. D’Addio e E. Vidal, Milano,<br />

Giuffrè, 1959, V, pp. 311-356:359.<br />

11 P. GROSSI, L’Europa del diritto, cit., p. 221.<br />

12 G. CAPOGRASSI, La nuova democrazia diretta, Roma, 1922; ora in ID., Opere, cit., I, pp. 405-<br />

573:411. Capograssi, impressionato da una letteratura francese, cita il conosciutissimo libretto<br />

di Morin sulla rivolta dei fatti contro il Code civil, apparso a Parigi appena due anni prima.<br />

13 Ibid., p. 413.<br />

14 S. ROMANO, L’ordinamento giuridico. La prima edizione è del 1918 (ma già lo scritto era<br />

comparso in due fascicoli degli «Annali delle università toscane» del 1917 e del 1918). La<br />

seconda edizione del 1946, con una prefazione dell’Autore del novembre 1945, è ripubblicata<br />

nel 1977 da Sansoni, Firenze. Nella seconda edizione l’Autore riproduce il testo del 1918,<br />

integrandolo con note e commenti.<br />

7


della Grande Guerra, che metteva fine a tanti inveterati equilibrii politico-sociali,<br />

non faceva che definire intuizioni già affiorate […] e dare ad esse una<br />

sistemazione compiuta nella teoria della pluralità, della concorrenza degli<br />

ordinamenti giuridici. Al di là della dimensione ufficiale e formale, un complesso<br />

di forze effettive veniva recuperato alla giuridicità, e l’universo giuridico ne<br />

risultava ingigantito e – ohimè – complicato» 15 .<br />

Vi era coscienza della crisi, «della crisi come declino di valori consolidati e<br />

incrinatura delle mura di un vecchio edificio. […] Ma vi era anche la coscienza<br />

[…] che la guerra ha soltanto […] dato un volto più preciso a un rivolgimento<br />

latente» 16 . La guerra fu un’occasione di riflessione, di revisione: essa permise a<br />

un processo serpeggiante di rivelarsi e di radicarsi.<br />

Il primo conflitto mondiale fece emergere esigenze ignote al tempo di pace<br />

che richiedevano rapide soluzioni: si sentì «l’imperiosa necessità […] di sottrarre<br />

alla normale trafila parlamentare e alla macchinosa burocrazia l’adozione di<br />

nuovi, più agili interventi, e di affidare la risoluzione delle controversie, in certi<br />

campi particolarmente spinosi – come i rapporti di lavoro, o quelli tra inquilini e<br />

proprietari – a più agili strumenti giurisdizionali, per non impantanarsi nelle<br />

more dei […] decrepiti istituti processuali» 17 . In questo modo, per porre rimedio<br />

a un grave problema sociale, si prefigurarono i lineamenti di un nuovo<br />

ordinamento giuridico: «il diritto […] circolava altrove; la fonte augusta doveva<br />

cedere il passo a un pluralismo prorompente di fonti» 18 . Come insegna<br />

Calamandrei in Il significato costituzionale delle giurisdizioni di equità «la<br />

società prepara instancabilmente l’ordinamento giuridico di un suo domani<br />

migliore!» 19 . In queste parole si può riscontrare il bisogno di trasformazione che<br />

angustiava tutti coloro che tornarono dalla Grande Guerra e, quindi, anche<br />

15<br />

P. GROSSI, Scienza giuridica italiana, cit., p. 123.<br />

16<br />

Ibid., p. 131.<br />

17<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Il significato costituzionale delle giurisdizioni di equità, discorso<br />

inaugurale dell’anno accademico dell’Istituto di Scienze Sociali «Cesare Alfieri» di Firenze,<br />

letto il 21 novembre 1920, poi pubblicato in «Archivio giuridico “Filippo Serafini”», 1921,<br />

pp. 224-277, ora ID., Opere giuridiche, III, Napoli, Morano, pp. 3-51.<br />

18<br />

P. GROSSI, Scienza giuridica italiana, cit., p. 127.<br />

19<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, Milano, Garzanti, 1987, p. 68.<br />

8


Calamandrei 20 . Il significato delle giurisdizioni di equità può ritenersi uno degli<br />

scritti che più di ogni altro lascia scorgere quanto l’esperienza bellica abbia<br />

influito sul pensiero di uno dei maggiori giuristi italiani del Novecento, un<br />

illustre scienziato, principe del foro, presidente della Commissione ministeriale<br />

per la redazione del Codice di procedura civile, «cantore della Resistenza» 21 ,<br />

autorevole padre costituente della Repubblica 22 , rettore, commissario nazionale e,<br />

poi, primo presidente del Consiglio nazionale forense 23 , fondatore della rivista «Il<br />

Ponte» 24 , promotore del rinnovamento culturale nel secondo dopoguerra 25 .<br />

20 Si veda, inoltre, la lettera alla sorella Egidia del 26 luglio 1916: «Tutti gli istituti del periodo<br />

anteriore alla guerra distrutti, io mi limiterò a insegnare dalla cattedra, in luogo di belle<br />

dissertazioni sul codice, tutte quelle nozioni pratiche che la guerra mi ha insegnato tutte quelle<br />

scoperte esperimentali sulle quali dovrà basarsi la futura civiltà». Cfr. P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona<br />

di guerra. Lettere, scritti e discorsi (1915-1924), a cura di S. Calamandrei e A. Casellato,<br />

Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 98-100.<br />

21 Così lo definisce Sergio Luzzatto nell’introduzione a P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Uomini e città della<br />

Resistenza. Discorsi, scritti ed epigrafi, a cura di S. Luzzatto, Roma–Bari, Laterza, 2006. Egli,<br />

«proprio per essere stato più contemplatore che attore, […] era in grado di darne<br />

l’interpretazione essenziale. Non solo e non tanto perché non avevano ragion d’essere i pudori o<br />

gli impacci di chi, dopo avere attivamente partecipato a un avvenimento storico, è naturalmente<br />

più restio e meno adatto di altri a giudicarlo o celebrarlo. Ma soprattutto perché quel suo stesso<br />

distacco da fattivi impegni politico-militari gli consentiva, meglio che ad altri, di scoprire, al di<br />

sotto dei vari impulsi e tendenze e contrasti in cui si articolò il moto della Resistenza del’43-45,<br />

quella che fu la sua “unità”, la sua anima profonda, la sua fisionomia storica. Accadde a<br />

Calamandrei qualcosa di non molto dissimile da quel che era accaduto a Carducci, che sempre<br />

rimpianse di non aver potuto partecipare alle battaglie del Risorgimento, e da ciò fu spinto a<br />

rievocare e idealizzare i personaggi e i momenti epici. […] Aldo Garosci sostenne che «se il<br />

Risorgimento ha trovato nel Carducci il poeta e il celebratore di quello stato d’animo, l’epico<br />

dei ricordi e degli ideali, un altro toscano, Piero Calamandrei, è stato il poeta e il celebratore<br />

della Resistenza». Cfr. A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 223.<br />

22 Cfr. Dalla monarchia alla repubblica 1943-1946. La nascita della Costituzione italiana, a<br />

cura di E. Santarelli, Roma, Editori Riuniti, 2006, pp. 256-259, ove si riporta il saggio di<br />

Calamandrei, Dalla Resistenza alla repubblica.<br />

23 Cfr. La commemorazione solenne di Piero Calamandrei ad iniziativa del Consiglio Nazionale<br />

Forense e il discorso dell’avv. V. Malcangi, in «Rassegna forense», 1957, I, pp. 175-204.<br />

24 «Il Ponte» è una rivista mensile di politica e letteratura fondata a Firenze nel 1945 da Piero<br />

Calamandrei. La rivista, che nacque nel clima difficile della ricostruzione italiana del<br />

dopoguerra, intendeva occuparsi della realizzazione della Costituzione repubblicana e di<br />

salvaguardare la nuova democrazia contro le forze fasciste che in quel momento risultavano<br />

sconfitte ma non sedate. Ad affiancare Piero Calamandrei vi era una redazione composta dall’<br />

economista Alberto Bertolino, dal politico Enzo Enriques Agnoletti, dallo scrittore Corrado<br />

Tumiati e dallo storico della letteratura Vittore Branca che cesserà però di collaborare nel 1946.<br />

Sulla rivista si vedano L. POLESE REMAGGI, Il Ponte di Calamandrei 1945-1956, Firenze,<br />

Olschki, 2001, M. ISNENGHI, Dalla Resistenza alla desistenza. L’Italia del «Ponte» (1945-<br />

1947), Roma-Bari, Laterza, 2007.<br />

9


Piero Calamandrei giunse alla guerra come molti giovani, intellettuali e nò, da<br />

volontario, subito dopo aver vinto il concorso per una cattedra universitaria di<br />

procedura civile 26 . Egli, mosso da un «purissimo spirito mazziniano di origine<br />

risorgimentale […] ormai circoscritto e risolto in passione irredentista» 27 , «con la<br />

speranza di una guerra da farsi per scongiurare qualsiasi altra» 28 e con l’idea di<br />

una guerra capace di «distruggere tutte le guerre» 29 , abbandonò spontaneamente<br />

gli studi e la carriera 30 . All’unità d’Italia mancavano ancora Trento e Trieste, «le<br />

“terre irredente”, ossia non redente alla dominazione austriaca, benché fossero<br />

italiane per geografia e per antiche tradizioni e per gli spiriti delle loro<br />

popolazioni» 31 . Per quelle terre, per la loro liberazione dal giogo straniero,<br />

Calamandrei chiese di rinunciare all’esonero dall’arruolamento consentitogli<br />

dalla miopia 32 . Così, ai primi di agosto del 1915, dopo un periodo di<br />

25 Per alcune notizie biografiche si veda S. RODOTÀ, Calamandrei, Piero, in Dizionario<br />

biografico degli italiani, XVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1973, pp. 406-411;<br />

inoltre per un ritratto bio-biblografico si vedano M. CAPPELLETTI, In memoria di Piero<br />

Calamandrei, Padova, CEDAM, 1957; A. MONDOLFO, M. CAPPELLETTI, Bibliografia degli<br />

scritti di Piero Calamandrei (1906-1958), Firenze, La Nuova Italia, 1960; N. BOBBIO, Italia<br />

civile. Ritratti e testimonianze, Firenze, Passigli, 1986, pp. 222-246; A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE,<br />

Calamandrei, cit.; Piero Calamandrei. Ventidue saggi su un grande maestro, a cura di P.<br />

Barile, Milano, Giuffrè, 1990. Per meglio conoscere la «complessa personalità» di Piero<br />

Calamandrei, come è stata definita da Paolo Grossi in Globalizzazione, diritto, scienza giuridica<br />

(Firenze, 1996), si vedano L. P. REMAGGI, Il Ponte di Calamandrei, cit.; P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Ada<br />

con gli occhi stellanti. Lettere 1908-1915, a cura di S. Calamandrei, Palermo, Sellerio, 2005; P.<br />

CA<strong>LA</strong>MANDREI, Uomini e città della resistenza, cit.<br />

26 Si veda la lettera di Nino Ravagli del 2 gennaio 1919.<br />

27 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 34.<br />

28 S. BERTOLOTTI E C. FANTELLI, Calamandrei fotografo nella Grande Guerra, in Un<br />

caleidoscopio di carte, cit., pp. 29-38:29.<br />

29 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 43.<br />

30 In Calamandrei fu sempre viva un’anima mazziniana, ereditata dal padre Rodolfo, mazziniano<br />

rigoroso ed austero. Si veda a titolo di esempio il discorso per l’inaugurazione della “Casa del<br />

Soldato” pronunciato a Borghetto il 15 settembre 1918. In queste e in molte altre pagine di<br />

guerra riecheggia «una certa malinconia mazziniana (del più bel Mazzini dei Ritratti e delle<br />

Memorie)». Così A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 193.<br />

31 F. ANTONICELLI, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La casa di campagna, a cura di G.<br />

Mazzoni Rajna con un’introduzione di F. Antonicelli, Firenze, La Nuova Italia, 19654, pp. V-<br />

XI: VII.<br />

32 Per sua stessa confessione, fino al 1914 l’unico interesse politico di Calamandrei fu Trento e<br />

Trieste. Si veda il breve inciso del Diario datato 8 febbraio 1943: «Io ho il ricordo di essere<br />

arrivato alla guerra del’14 senza avere avuto altro interesse politico che per Trento e Trieste».<br />

Cfr. P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Diario 1939-1945, a cura di G. Agosti, con un’introduzione di A.<br />

10


addestramento, fu nominato sottotenente presso un battaglione di milizia<br />

territoriale 33 .<br />

Inizialmente per lui la guerra fu una guerra di retrovia, protetta, diversa da<br />

quella immaginata. «Per un anno si occuperà di far costruire strade,<br />

camminamenti, fortificazioni, trincee. Sentirà il rumore del cannone da lontano.<br />

Godrà dei privilegi dell’ufficiale, con alloggi e mense riservate».<br />

In seguito, dal dicembre del 1915, Calamandrei si ritrovò in prossimità del<br />

fronte, prendendo parte a operazioni militari in Veneto e Trentino. In questo<br />

modo egli non ebbe più momenti di solitudine, occasioni utili per ritrovare se<br />

stesso. Tuttavia il cambiamento definitivo avvenne nell’estate del 1916, in<br />

conseguenza dell’offensiva austriaca in Trentino: «la Strafexpedition produsse<br />

smottamenti, anche interiori. La necessità di ripiegare e mettersi in salvo impose<br />

un diverso ordine a pensieri e azioni. […] Non c’era più spazio per la mediazione<br />

intellettuale con la realtà prodotta dalla guerra» 34 .<br />

Intorno al 14 giugno 1916 Calamandrei divenne tenente 35 e il 6 novembre<br />

1917 fu promosso capitano 36 . Nel frattempo egli svolse sempre più spesso<br />

mansioni «di concetto»: l’istruttore nei processi, il censore della corrispondenza,<br />

il consulente legale presso il comando di reggimento. In questo modo «Piero<br />

Calamandrei comincia a trovare un suo posto in questa guerra» 37 e, allo stesso<br />

tempo, «la convinzione iniziale che essa sarebbe stata breve e risolutiva si rivela<br />

sempre più un’illusione» 38 .<br />

Nell’aprile del 1918 Calamandrei abbandonò istruttorie e processi per entrare<br />

nel Servizio P. (Servizio Propaganda), di recente istituzione. «Nel Servizio P.<br />

Calamandrei dà il meglio di sé. Ritrovò ciò che aveva lasciato a Firenze: un<br />

Galante Garrone e due scritti di F. Calamandrei e E. Enriques Agnoletti I, Firenze, La Nuova<br />

Italia, 1997, pp. 106-109.<br />

33<br />

Sull’esperienza bellica del giovane Calamandrei si veda P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra,<br />

cit.<br />

34<br />

A. CASEL<strong>LA</strong>TO, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., pp. V-LIX: XV.<br />

35<br />

Si veda la lettera del 15 giugno 1916, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. 86.<br />

36<br />

Si veda la lettera del 16 novembre 1917, in Ibid., p. 154.<br />

37<br />

A. CASEL<strong>LA</strong>TO, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. XVI.<br />

38 Ibid., p. XVII.<br />

11


lavoro intellettuale, un ruolo socialmente riconosciuto e delle motivazioni a fare<br />

la guerra. Ma in gran parte si scoprì ex novo, come forse non si era immaginato<br />

di poter essere» 39 : iniziò una nuova fase della sua partecipazione alla guerra, di<br />

grande attivismo. Se «la guerra gli aveva fin qui rivelato le sue doti di oratore e<br />

di avvocato, di osservatore di cronista, ora fa sbocciare l’organizzatore culturale:<br />

tenere collegamenti, far lavorare il gruppo, motivare i collaboratori, inventare<br />

forme di comunicazione. Si intravedeva il futuro direttore del “Ponte”» 40 .<br />

Il capitano Calamandrei svolse compiti molto diversi: dalla vigilanza sul<br />

rancio e sul vestiario all’approvvigionamento dei mezzi di trasporto,<br />

dall’assistenza individuale ai soldati alla proposta e distribuzione di premi e<br />

licenze, dall’organizzazione di scuole per analfabeti alla direzione degli uffici di<br />

consulenza per l’istruzione morale dei giovani ufficiali, dalla proposta di letture<br />

per i combattenti fino alla scelta degli spettacoli teatrali e dei film più adatti.<br />

Insomma, Calamandrei provvedeva a quanto poteva servire a rendere meno dura<br />

la vita dei soldati, ad infondere fiducia e a far meglio comprendere le difficoltà<br />

quotidiane 41 . Per consacrarsi a quest’opera, Calamandrei rifiutò il passaggio alla<br />

giustizia militare e la promozione a maggiore. La rinunzia al grado di maggiore<br />

dimostrava un elevato spirito patriottico e militare: perciò nel gennaio 1918<br />

Calamandrei ricevette un encomio 42 .<br />

Dopo essere stato il primo ufficiale ad entrare a Trento il 3 novembre 1918<br />

(preannunciando l’arrivo delle prime avanguardie dell’esercito italiano) 43 , fu<br />

trasferito a Bolzano dove rimase fino al gennaio del 1919. Qui Calamandrei tentò<br />

39 Ibid., p. XXXII.<br />

40 Ibid., p. XXXII.<br />

41 Si veda la lettera di Vittorio De Albertis del 31 gennaio 1919: «Ella, nell’organizzarvi il<br />

servizio P., seppe trovare con genialità nuova forma per arrivare al cuore dei soldati e degli<br />

Ufficiali; seppe formare un gruppo veramente scelto di Ufficiali collaboratori, dimostrando<br />

sicura conoscenza degli scopi e dei mezzi, larghezza e modernità di concetti, sicurezza nel<br />

valutare gli uomini, e in buon tempo creò un organismo perfetto nelle sue varie manifestazioni<br />

di propaganda, di vigilanza, di consulenza e di assistenza».<br />

42 Si vedano la lettera di Guglielmo Pecori Giraldi del 16 maggio 1918, ed il Diario Bolzanese.<br />

43 Si vedano P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Come fu liberata Trento, in «La lettura», 1° novembre 1919, 11,<br />

pp. 761-772; ID., Trent’anni, in «Il Ponte», 1948,11, pp. 1010-1029; la Conferenza Come<br />

entrammo in Trento, tenuta a Brescia il 29 marzo 1919.<br />

12


«di riconvertire il Servizio P alle nuove esigenze del dopoguerra, facendone un<br />

vettore di italianità fra le popolazioni civili, sostenendo giornali, biblioteche,<br />

circoli culturali, riunioni e conferenze “con contenuto italiano ma non<br />

tedescofobo”. Ma si scontra con il riproporsi di un vecchio stile di governo della<br />

cosa pubblica che la guerra, nonostante tutto, non era riuscita a rinnovare: in una<br />

parola, “burocrazia” […]. Dietro le motivazioni politiche, si consuma una rottura<br />

più privata con l’ambiente militare, che non ha perdonato al capitano<br />

Calamandrei quel colpo di testa – l’entrata in Trento “alla garibaldina” – che<br />

aveva finito per mettere in ombra ufficiali più blasonati» 44 . Quindi, nel dicembre<br />

del 1918, si dimise dall’esercito.<br />

«La guerra di Piero si chiuse con lo stesso spirito con cui era cominciata:<br />

disgusto, amarezza, disillusione» 45 . Ad ogni modo, per Calamandrei, quello<br />

passato al fronte trentino, fu un periodo importante, di grandi esperienze, di<br />

profonda maturazione intellettuale: «la complessa figura umana di Piero<br />

Calamandrei si veniva componendo e maturando nei suoi tratti essenziali» 46 . «La<br />

guerra del 15-18 lasciò su Calamandrei, come su tutta la sua generazione, segni<br />

incancellabili: lo avvicinò […] ai problemi, anche politici e sociali, della sua età,<br />

e cominciò a fare di lui l’uomo compiuto che a un certo momento, molti anni più<br />

tardi – dopo il peso del ventennio fascista e la tragedia della seconda guerra<br />

mondiale – si sarebbe rivelato a tutto il paese» 47 . «Durante la Grande Guerra si<br />

compì per Calamandrei […] il rito di passaggio all’età adulta, alla<br />

consapevolezza di sé» 48 . Fu l’esperienza bellica a rivelargli alcune delle doti che<br />

più tardi sarebbero rifulse più nitide in lui.<br />

Il primo conflitto mondiale, dapprima quasi per caso e poi sempre più spesso,<br />

mise alla prova, per la prima volta, le sue qualità di avvocato in veste di difensore<br />

44<br />

A. CASEL<strong>LA</strong>TO, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. XL.<br />

45<br />

Ibid., p. XL.<br />

46<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, a cura di G.<br />

Agosti e A. Galante Garrone, I, Firenze, La Nuova Italia, 1968, pp. I-LV: XVI.<br />

47<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 49.<br />

48<br />

S. BERTOLOTTI E C. FANTELLI, Calamandrei fotografo nella Grande Guerra, cit., p. 34.<br />

13


dei soldati e ufficiali davanti ai tribunali militari 49 , «vincendo la durezza delle<br />

leggi militari, e il rigore (come poi scrisse argutamente) della castrensis<br />

jurisdictio obtusior» 50 . Il 4 luglio 1916 si compì la sua prima esperienza di<br />

difesa 51 .<br />

«Lo studio minuziosissimo delle carte processuali, pur nella forzata<br />

improvvisazione dell’ultima ora, l’intuizione geniale degli argomenti<br />

defensionali, il calore dell’umana pietà contro i rigori di una legge spesso dura e<br />

ottusa, l’avvincente parola gli permisero di strappare alcune “trionfali”<br />

assoluzioni o, quanto meno, decisivi mitigamenti di pena» 52 . Si persuase, lui che<br />

non aveva quasi ancora esercitato il patrocinio forense ma nutrito studi di diritto<br />

processuale, di avere la vocazione per l’attività forense. Calamandrei cominciò a<br />

esercitare la professione di avvocato già nel 1913, subito dopo laureatosi, presso<br />

lo studio del padre: più che alla pratica forense, però, si appassionò alla ricerca<br />

scientifica. Tuttavia, forse, la materia scelta come concetto dei suoi studi (il<br />

diritto processuale civile) si può ritenere una manifestazione del suo vivo<br />

interesse per l’avvocatura. «E così, lentamente, egli si venne trasformando […]<br />

da professore-avvocato, dottissimo nella scienza giuridica e meno esperto della<br />

vita pratica, in arguto avvocato-professore, che dagli infiniti casi della vita<br />

giudiziaria risale ai principi del diritto» 53 .<br />

49<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, I, cit., p. 81.<br />

50<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandre fra cultura e politica, in «Il diritto<br />

dell’informazione e dell’informatica», 2006, 6, pp. 697-706:699.<br />

51<br />

Si veda la lettera del 4 luglio 1916, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, I, cit., p. 51. Il<br />

primo processo cui partecipò da difensore sarà ricordato da Calamandrei, quarant’anni dopo, in<br />

“Castrensis juisdictio obtusior”, in «Il Ponte», 1956, 3, pp. 394-400. Nell’articolo, che porta un<br />

titolo acuto e provocatorio tratto da una frase di Tacito, l’autore narra di un processo instaurato<br />

presso un tribunale straordinario militare, contro alcuni umili soldati ritenuti avventatamente rei<br />

di abbandono di posto dinanzi al nemico. Piero Calamandrei, scosso da quegli otto volti umani<br />

destinati ad una fine ignominiosa, e scosso altresì dalla inconsistenza, questa sì veramente<br />

ignominiosa, di ogni garanzia di difesa e di imparzialità presso quell’improvvisato tribunale di<br />

guerra, sposò la causa di quegli infelici da lui ritenuti non colpevoli ma soltanto sfortunati: e con<br />

tale intelligenza e abilità li seppe difendere, sfidando, anzi, disobbedendo agli ordini del<br />

comandante della divisione, che i giudici non seppero condannare.<br />

52<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, I, cit., p.<br />

XVI.<br />

53<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., pp. 72-73.<br />

14


Calamandrei fu un avvocato insigne, non solo per tradizione familiare, ma<br />

anche, e soprattutto, perché era molto vicino alla gente comune. Egli era sempre<br />

disponibile, finendo spesso per dedicarsi anche a casi «bagatellari» 54 . «E pochi<br />

come lui sentirono il valore umano e civile dell’avvocatura» 55 . Per Calamandrei<br />

il vero e unico imperativo di un avvocato era «prodigarsi per gli altri» senza<br />

piegarsi di fronte al pericolo e alla minaccia, come già dimostrò nel suo primo<br />

processo militare, ove la disobbedienza poteva costargli la vita. Calamandrei<br />

difese sempre, con forza, le vite rimesse nelle sue mani. «Piero Calamandrei, già<br />

in quello che fu il suo primo grande nobile processo, sentì bene di essere nato per<br />

indossare e per onorare la toga dell’avvocato, per diventare un giorno il simbolo<br />

più elevato della nostra avvocatura italiana: […] quella toga significava nella sua<br />

concezione e sempre significò nella sua opera, segno sacro di indipendenza, di<br />

dignità, di libertà» 56 . In Fede nel diritto Calamandrei scrisse: «la professione dei<br />

giuristi […] non è una professione comoda; non è un rifugio per i pigri e per i<br />

vili. Anche il difendere le leggi comporta dei rischi; anche per servir la giustizia<br />

giuridica ci vuol del coraggio. Per difendere i deboli contro i forti, per sostenere<br />

le ragioni dell’innocenza, per sventare le inframmettenze, per dire la verità anche<br />

se cruda, per chiudere la porta in faccia alla seduzioni della ricchezza, alle<br />

promesse di onori, alle intimidazioni e alle lusinghe al solo scopo di far rispettare<br />

la legge, per far tutto questo occorre una tale solidità morale, che può dare<br />

all’esercizio delle professioni legali la nobiltà di un apostolato» 57 .<br />

Piero Calamandrei fu un grande avvocato di fama internazionale, ma egli non<br />

accettò mai una causa, per quanto interessante ed eclatante, priva di giustizia. Per<br />

54 Così G. MORBIDELLI, Piero Calamandrei e i suoi allievi: di alcuni ricordi e di alcuni<br />

insegnamenti di Piero Calamandrei tramandati da Alberto Predieri, in Piero Calamandrei e la<br />

costruzione dello Stato democratico 1944-1948, a cura di S. Merlini, Roma-Bari, Laterza, 2007,<br />

pp. 8-14:12.<br />

55 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., pp. 73.<br />

56 M. CAPPELLETTI, Piero Calamandrei e la difesa giuridica della libertà, scritto per il numero<br />

speciale che la «Revista de la Facultad de Derecho de México» dedicò alla memoria di Piero<br />

Calamandrei e di Eduardo J. Couture; ora in ID., In memoria di Piero Calamandrei, cit., pp. 43-<br />

78:48.<br />

57 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Fede nel diritto, a cura di S. Calamandrei, con saggi di G. Alpa, P.<br />

Rescigno e G. Zagrebelsy, Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 103.<br />

15


Calamandrei gli avvocati, oltre che l’interesse privato del cliente, devono<br />

assolvere una funzione pubblica che è quella di avere una sentenza giusta e<br />

«affinché l’avvocatura non tradisca il suo fine pubblico occorre che il litigante<br />

disonesto non trovi nessun avvocato disonesto disposto a patrocinar la sua lite» 58 .<br />

«L’avvocato vero, quello che dedica tutta la sua vita al patrocinio, muore povero;<br />

ricchi diventan soltanto coloro che sotto il titolo di avvocati sono in realtà<br />

commercianti o mezzani!» 59 . Quelle parole furono principio sacro nella sua<br />

attività forense: «utile è quell’avvocato che parla lo stretto necessario, che scrive<br />

chiaro e conciso, che non annoia colla sua prolissità» 60 . Per Calamandrei la prima<br />

condizione per ben riuscire nell’avvocatura era l’«agilità di mente, di facile e<br />

ornata parola» 61 .<br />

Calamandrei scoprì la dote dell’oratoria di grande livello e passione, una delle<br />

caratteristiche della sua personalità, durante la prima guerra mondiale. Egli fu un<br />

oratore semplice, limpido e appassionato. Come scrisse il 21 novembre 1915 alla<br />

moglie Ada Cocci, durante l’esperienza bellica Calamandrei scoprì in sé<br />

un’eloquenza che non sapeva di avere 62 . «Già nel novembre del’15, a Marasca,<br />

gli era toccato commemorare i soldati morti in guerra […]. Lo stesso nel 17, alla<br />

commemorazione di Battisti» 63 . I suoi discorsi commuovevano perché in essi non<br />

vi era alcuna impalcatura retorica.<br />

La dote di parlare con stile semplice e chiaro gli fu trasmessa dal padre,<br />

cultore della chiarezza del pensare e dello scrivere. Una delle virtù di<br />

Calamandrei fu, infatti, la chiarezza e la semplicità dell’esporre: «a me piace di<br />

58 Cfr. P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Troppi avvocati!, Firenze, La Voce, 1921, p. 37.<br />

59 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Elogio dei giudici. Scritto da un avvocato. Introduzione di P. Barile,<br />

Firenze, Ponte alle Grazie, 19992, p. 384.<br />

60 Ibid., p. 128.<br />

61 Cfr. P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Troppi avvocati!, cit., p. 98.<br />

62 Si veda la lettera del 21 novembre 1915, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, cit., p. 15;<br />

ID., Zona di guerra, cit., p. 31.<br />

63 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, I, p. XV.<br />

16


dire le cose chiare», così dichiarò Calamandrei durante il discorso pronunciato<br />

all’Assemblea Costituente nella seduta del 4 marzo 1947 64 .<br />

«Tutte […] le sue trattazioni […] colpiscono per lo splendido nitore della<br />

prosa. […] Anche le sue pagine più ardue, più scientificamente impegnate, sono<br />

un godimento per chi legge […]: per la sovrana chiarezza, la ricchezza della<br />

cultura non soltanto specialistica, la scintillante arguzia, lo slancio morale, la<br />

continua immersione del problema giuridico nella vita di tutti i giorni, di tutti gli<br />

uomini» 65 . Egli parlava diritto al cuore di tutti. Come scrisse Paolo Grossi,<br />

Calamandrei fu sempre «vocato al dialogo» 66 . Egli fu un arguto parlatore:<br />

«capace, da buon toscano colto, di condire i discorsi più seri con storielle<br />

leggere, allegre e garbate. Racconta ogni cosa con gioia ed è un godimento starlo<br />

a sentire» 67 .<br />

L’eloquenza scoperta durante la guerra, nata dalla necessità di parlare in<br />

maniera adatta a tutti i soldati, fu una qualità che Calamandrei mantenne sino alla<br />

fine: sia nei discorsi, negli scritti e nelle epigrafi dedicati ai caduti della<br />

Resistenza 68 e sia nella sua ultima arringa in difesa di Danilo Dolci, l’ultimo<br />

grande episodio della sua vita. Una delle ultime battaglie di Calamandrei fu,<br />

infatti, la difesa di Danilo Dolci, un giovane ingegnere di origine triestina,<br />

arrestato a Partinico il 2 febbraio 1956 per aver promosso e capeggiato una<br />

manifestazione di protesta contro le autorità che non avevano provveduto a dar<br />

lavoro ai disoccupati della zona. La manifestazione era consistita nell’indurre un<br />

certo numero di disoccupati a iniziare lavori di sterramento e di assestamento in<br />

una vecchia strada comunale abbandonata (una cosiddetta «trazzera»), nei pressi<br />

di Trappeto (provincia di Palermo), allo scopo di dimostrare che non mancavano<br />

64 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Chiarezza nella costituzione, Roma, 1947; pubblicato anche in «Non<br />

Mollare!», Firenze, 13 marzo 1947, e in «Azione meridionale», Bari, 16 marzo 1947; ora in ID.,<br />

Scritti e discorsi politici, a cura di N. Bobbio, II, Firenze, La Nuova Italia, 1966, pp. 17-48:36.<br />

65 Cfr. A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 56.<br />

66 P. GROSSI, Stile fiorentino. Gli studi giuridici nella Firenze italiana 1859-1950, Milano,<br />

Giuffrè, 1986, p. 163.<br />

67 P. BORGNA, Un paese migliore. Vita di Alessandro Galante Garrone, Roma-Bari, 2006,<br />

Laterza, p. 304.<br />

68 Si veda il compendio oratorio P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Uomini e città della resistenza, cit.<br />

17


né la volontà di lavorare né opere socialmente utili da intraprendere in beneficio<br />

della comunità. Calamandrei il 30 marzo 1956, davanti al Tribunale Penale di<br />

Palermo, tenne l’arringa difensiva che può essere considerata «un pezzo<br />

d’archivio di arte defensionale» 69 . In essa egli esprimeva una convinzione: «la<br />

cultura, se vuol esser viva e operosa, qualcosa di meglio dell’inutile e arida<br />

erudizione, non deve appartarsi dalle vicende sociali» 70 .<br />

Calamandrei ereditò dal padre l’abilità di risalire dalla pratica alla teoria senza<br />

mai dimenticare il nesso inscindibile tra il diritto e la vita quotidiana: egli non<br />

considerò mai il diritto «come una torre d’avorio avulsa dalla realtà» 71 . Piero<br />

Calamandrei non fu mai «un costruttore di dogmi, di astratte geometriche<br />

ipostasi concettuali, di aeree sistemazioni, di idee: ma oggetto della sua ricerca<br />

come studioso e della sua ansia come uomo sia stata la vita – la vita nei suoi fini<br />

nelle sue supreme rationes» 72 . L’esperienza bellica fu per Calamandrei, come per<br />

tanti altri, «la scoperta […] del mondo degli umili e dei diseredati» 73 : la Grande<br />

Guerra lo avvicinò alla realtà e ai bisogni del popolo. «Non che al giovane Piero<br />

fosse mancata la curiosità per quel mondo popolare che occasionalmente<br />

occhieggiava, affascinato e intimorito insieme. Ma la guerra lo costrinse ad una<br />

immersione più profonda e prolungata» 74 . L’esperienza bellica fu per<br />

Calamandrei «una profonda ridiscussione del ruolo etico e civile dell’uomo, un<br />

maturarsi del ragionare sull’assenza della natura umana che del resto sarà d’ora<br />

in poi base e sostanza della sua infaticabile attività di giurista, politico e<br />

scrittore» 75 .<br />

69<br />

G. ZAGREBELSKY, Una travagliata apologia della legge, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Fede nel<br />

diritto, cit., pp. 3-23:21.<br />

70<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, In difesa di Danilo Dolci. Il testo stenografico dell’arringa pronunciata fu<br />

pubblicato in «Quaderni di Nuova Repubblica», Firenze, 1956, 4, p. 15 ss., anche in «Il Ponte»,<br />

1956, 4, pp. 529-544 e in Processo all’art. 4, Torino, Einaudi, 1956, pp. 291-316; ora in P.<br />

CA<strong>LA</strong>MANDREI, Scritti e discorsi politici, cit., I, pp. 149-171:167.<br />

71<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 157.<br />

72<br />

M. CAPPELLETTI, Piero Calamandrei e la difesa giuridica della libertà, in ID., In memoria di<br />

Piero Calamandrei, cit., p. 77.<br />

73<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandrei fra cultura e politica, cit., p. 699.<br />

74<br />

A. CASEL<strong>LA</strong>TO, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. XXVII.<br />

75<br />

S. BERTOLOTTI e C. FANTELLI, Calamandrei fotografo nella Grande Guerra, in Un<br />

caleidoscopio di carte, cit., p. 31.<br />

18


La consapevolezza di Calamandrei intorno al valore pratico e strumentale del<br />

diritto si può riscontrare già in alcune sue pagine del 1920: «mi sembra di<br />

scorgere in tutti coloro che si rimettono a studiare dopo tre anni di guerra, anche<br />

se siano cultori delle scienze giuridiche, un desiderio nuovo di tradurre i frutti<br />

dell’indagine scientifica in immediato beneficio per la vita della Patria nostra, e<br />

di porre la speculazione teorica a servizio dei bisogni della pratica, partecipando,<br />

ognuno nella misura delle sue forze anche se modeste, a questo fervore di<br />

rinnovamento che la guerra ha lasciato in eredità alle nazioni vincitrici» 76 . Il<br />

diritto non è qualcosa di astratto e dogmatico, «è un pane che deve essere<br />

spezzato tra la gente, perché vi circolano dentro le lacrime e il sangue degli<br />

uomini» 77 .<br />

Queste parole possono ricordare da vicino quelle di Vittorio Emanuele<br />

Orlando pronunciate durante la seduta parlamentare del 7 dicembre 1951: «il<br />

diritto è vita. Il diritto prima che da una norma proviene dalla vita stessa dei<br />

rapporti che la norma viene poi a determinare» 78 . Calamandrei non viveva fra le<br />

nuvole 79 : in lui per ogni circostanza esisteva sempre un suggerimento concreto;<br />

egli sapeva sempre indicare quali strade percorrere: fu quindi un «uomo che<br />

seppe muoversi in mezzo agli uomini e li aiutò» 80 .<br />

Come scrisse in La casa di campagna «gli avvocati bisogna che lavorino<br />

disperatamente, per servire gli altri, per aprir la strada agli altri» 81 . Calamandrei<br />

76 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La Cassazione civile, Torino, Bocca, 1920; ora in ID., Opere giuridiche,<br />

cit., VI, p. VII. Il grande trattato sulla Cassazione dava la misura del maestro: lo studioso attento<br />

«alla realtà effettuale della cosa» ai fatti ed agli avvenimenti, agli istituti e agli uomini, più che<br />

alle mere norme ed alle astratte teorie. Così M. CAPPELLETTI, La “politica del diritto” di<br />

Calamandrei. Coerenza e attualità di un magistero, in Piero Calamandrei., cit., pp. 253-268.<br />

77 P. BORGNA, Un paese migliore. Vita di Alessandro Galante Garrone, cit., p. 296.<br />

78 Si veda la seduta del 7 dicembre 1951: discussione sul disegno di legge «Efficacia delle<br />

norme del decreto legislativo luogotenenziale 20 marzo 1945, n. 212, sugli atti privati non<br />

registrati di cui al regio decreto-legge 27 settembre 1941, n. 1015», in Discorsi pronunziati da<br />

Vittorio Emanuele Orlando nel Senato della Repubblica. Pubblicati per deliberazione<br />

dell’assemblea, Roma, Bardi, 1954, pp. 301-306:305.<br />

79 Così F. <strong>LA</strong>NCHESTER, Vincitori e vinti. Suggerimenti, veti e imposizioni degli Alleati nel<br />

processo di ricostruzione della democrazia in Italia, Germania e Giappone, in Piero<br />

Calamandrei e la costruzione dello Stato democratico, cit., pp. 67-98:67.<br />

80 F. ANTONICELLI, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La casa di campagna, cit., p. VI.<br />

81 Ibid., p. 57.<br />

19


concepiva la professione forense come una missione morale: «l’avvocato […]<br />

deve vedere, dietro le formule, gli uomini vivi» 82 . Ciò che riscattava il lavoro di<br />

avvocato era il farne una perenne «ricerca di umanità».<br />

«Non può limitarsi ad essere un giurista puro l’avvocato, il quale deve ad ogni<br />

istante ricordarsi che ogni uomo è una persona» 83 . Infatti, come già si poteva<br />

comprendere in Elogio dei giudici, Calamandrei ricordò sempre che dietro<br />

l’avvocato vi è un cliente: «l’ufficio più umano degli avvocati è quello di stare ad<br />

ascoltare i clienti, ossia di dare agli irrequieti il sollievo di trovar nel mondo un<br />

confidente instancabile delle loro inquietudini» 84 . La tesi, esposta nella sua opera<br />

del 1935, fu confermata da Calamandrei vent’anni più tardi, in occasione della<br />

conferenza per l’inaugurazione del Circolo giuridico di Bari: «gli avvocati<br />

vivono […] a contatto con il popolo, e ne intendono le miserie, e ne raccolgono<br />

le voci di dolore e di protesta» 85 .<br />

Connessa alla consapevolezza del valore pratico del diritto è l’ostilità di<br />

Calamandrei verso ogni tipo di formalismo, la diffidenza per le astruserie<br />

concettuali. Egli, pur formatosi alla scuola del più rigoroso tecnicismo,<br />

desiderava nella scienza giuridica un «ritorno al contenutismo» 86 . Infatti, in<br />

Elogio dei giudici, come in quasi tutte le sue opere, Calamandrei non si esprime<br />

«attraverso concetti generali e astratti, ma si parte sempre dal singolo episodio di<br />

vita per poi da lì, descrivendolo alla perfezione e talvolta sminuzzandolo in<br />

dettagli, trarre delle regole generali» 87 .<br />

82 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Elogio dei giudici, cit., p. 143.<br />

83 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Il processo come giuoco, pubblicato in Scritti giuridici in onore di<br />

Francesco Carnelutti, Padova, CEDAM, 1950, II, pp. 485-511, e in «Rivista di diritto<br />

processuale», 1950, I, pp. 23-51; ora in in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Opere giuridiche, cit., I, pp. 537-<br />

549:537.<br />

84 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Elogio dei giudici, cit., p. 368.<br />

85 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La funzione della giurisprudenza nel tempo presente, conferenza tenuta a<br />

Bari, il 20 marzo 1955, per la solenne inaugurazione del Circolo giuridico, pubblicato in Per<br />

l’inaugurazione del Circolo giuridico di Bari, Roma-Bari, Laterza, 1955, pp. 25-54, e in<br />

«Rivista triennale di diritto e procedura civile», 1955, pp. 252-272; ora in ID., Opere giuridiche,<br />

cit., I, pp. 598-618:598.<br />

86 Così A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandre fra cultura e politica, cit., p. 703.<br />

87 G. MORBIDELLI, Piero Calamandrei e i suoi allievi: di alcuni ricordi e di alcuni insegnamenti<br />

di Piero Calamandrei tramandati da Alberto Predieri, cit., p. 13.<br />

20


La sua polemica contro l’astrattismo e l’abuso di teoria nel campo giuridico<br />

raggiunse i toni più caldi in un saggio del 1939, Il processo inquisitorio e il<br />

diritto civile: «il processo a vuoto, il processo fantasma, quell’incubo della<br />

forma, drammaticamente espresso nel celebre libro di Kafka, […], non può più<br />

essere l’ideale degli studiosi: i quali tornano a considerare che se il diritto in<br />

tanto esiste in quanto può praticamente attuarsi, e se il processo è appunto lo<br />

strumento di tale attuazione, i caratteri del processo devono essere fissati in<br />

funzione degli scopi che il diritto sostanziale vuol raggiungere» 88 .<br />

Così come rifuggiva dalla costruzione teorica fine a se stessa e dal tecnicismo<br />

astratto, Calamandrei ricercò il contenuto di umanità e i valori morali in tutto ciò<br />

che faceva. Egli fu un «uomo moderno, in quanto dotato di una straordinaria<br />

apertura verso i problemi del mondo contemporaneo. Sensibilità questa che<br />

scaturiva essenzialmente dal fatto di essere stato testimone diretto dei maggiori<br />

drammi (i due conflitti mondiali; l’affermazione tra le due guerre delle ideologie<br />

totalitarie) che, nel corso del XX secolo, avevano segnato, con la morte della<br />

ragion, l’annullamento del valore della persona umana» 89 .<br />

Tuttavia Calamandrei, animato da un afflato risorgimentale, fu sempre volto<br />

fiduciosamente verso il futuro. Egli quando si sentiva colto dal pessimismo,<br />

ricordando le parole di Paul Valèry «il faut tenter de vivre», pensava al futuro e<br />

alle nuove generazioni 90 . Come leggiamo in Costituzione e leggi di Antigone 91 e<br />

Futuro postumo 92 , Calamandrei ripose sempre le sue speranze nei giovani: il<br />

«pensiero del domani gli restituiva la speranza» 93 . Calamandrei non perse mai la<br />

speranza negli uomini. Come scrisse Pietro Pancrazi, recensendo l’Inventario<br />

88 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 182.<br />

89 G. MORBIDELLI, Piero Calamandrei e i suoi allievi: di alcuni ricordi e di alcuni insegnamenti<br />

di Piero Calamandrei tramandati da Alberto Predieri, cit., p. 24.<br />

90 Si veda il discorso pronunciato a Borghetto il 15 settembre 1918, in occasione<br />

dell’inaugurazione della «Casa del Soldato».<br />

91 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Costituzione e leggi di Antigone. Scritti e discorsi politici, Firenze, La<br />

Nuova Italia, 1996.<br />

92 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Futuro postumo. Testi inediti 1950, a cura di S. Calamandrei,<br />

Montepulciano, Le Balze, 2004.<br />

93 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, oggi, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Costituzione e leggi di<br />

Antigone, cit., pp. VII-XXIII: VII.<br />

21


della casa di campagna, Calamandrei fu un «secondo ottimista»: «“primo<br />

ottimista” (di solito, uno sciocco) è colui che vede subito bello o buono,<br />

“secondo ottimista” è invece colui che, dopo aver visto bene il cattivo, continua a<br />

credere al buono, non soltanto in astratto, ma in concreto, per quel tanto che c’è<br />

n’è, e per quello che ce ne dovrebbe essere, tra gli uomini» 94 . A testimonianza<br />

del suo cosiddetto «secondo ottimismo», abbiamo una lettera inviata alla moglie<br />

il 25 luglio 1916 in cui scrisse «nonostante la guerra il mondo è ancora così<br />

bello!» 95 .<br />

La guerra fece maturare in Calamandrei un interesse già vivo fin dalla sua<br />

collaborazione al Giornalino della Domenica: il problema dell’istruzione, infatti,<br />

fu da lui particolarmente sentito, «attento soprattutto alla dimensione fondante<br />

etica e politica […] dell’educazione» 96 . Tuttavia fu nel primo conflitto mondiale,<br />

dopo la crisi di Caporetto e l’incarico di direzione di una Sottosezione del<br />

Servizio P., che Calamandrei affrontò per la prima volta nella pratica problemi di<br />

ordine educativo.<br />

Nella primavera del 1918 Calamandrei fece condurre un’inchiesta sulla<br />

preparazione culturale di sottotenenti. Per colmare i risultati deludenti egli creò<br />

una biblioteca e una rivista specializzate e un corso, intensivo e residenziale, da<br />

svolgersi nelle retrovie, coinvolgendo a turni settimanali tutti gli ufficiali. Per<br />

Piero Calamandrei, quindi, la guerra fu «un’occasione straordinaria di<br />

educazione nazionale di massa» 97 . La sua attenzione era concentrata sugli<br />

ufficiali, ma fu la constatazione della disaffezione alla guerra dei soldati semplici<br />

a indurlo, dall’immediato dopoguerra, a dedicarsi ai problemi dell’educazione di<br />

base. «L’aspirazione a non lasciar disperdere quello che per Calamandrei, e per<br />

94<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 23.<br />

95<br />

Si veda la lettera del 25 luglio 1916, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere 1915-1956, I, cit., p. 53 e in<br />

ID., Zona di guerra, cit., pp. 52-53.<br />

96<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Per la scuola. Introduzione di T. De Mauro, nota storico-bibliografica di<br />

S. Calamandrei, Palermo, Sellerio, 2008, p. 24.<br />

97<br />

A. CASEL<strong>LA</strong>TO, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. XXXVII.<br />

22


altri molti, era il valore etico-politico realizzato dalla guerra, lo coinvolse nei<br />

problemi della scuola» 98 .<br />

Egli considerava la scuola «organo centrale della democrazia», strumento di<br />

rimozione delle diseguaglianze, di formazione dei cittadini e di selezione della<br />

classe dirigente. In Difendiamo la scuola democratica Calamandrei scrisse che<br />

«la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la<br />

funzione di creare il sangue. Gli organi ematoepatici, quelli da cui parte il sangue<br />

che rinnova giornalmente tutti gli altri organi, che porta a tutti gli altri organi,<br />

giornalmente, battito per battito, la rinnovazione e la vita. La scuola, organo<br />

centrale della democrazia, perché serve a risolvere il problema centrale della<br />

democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe<br />

dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in<br />

parlamento e discute e parla che è al vertice degli organi più propriamente<br />

politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a<br />

capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti,<br />

professionisti, poeti. Questa classe non deve essere una casta ereditaria, chiusa,<br />

una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. La classe dirigente deve essere<br />

aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di<br />

tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la<br />

possibilità di liberare verso l’alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi<br />

possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la<br />

sorte concede a ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori<br />

qualità personali al progresso della società» 99 .<br />

Come si apprende in Contro il privilegio dell’istruzione, l’uomo per prender<br />

coscienza di sé e, quindi, per essere libero richiede un’istruzione garantita in<br />

egual misura a tutti i cittadini. Anche in questo scritto fa eco il culto della libertà<br />

e dell’eguaglianza proprio di Calamandrei giurista e letterato. Parafrasando una<br />

98<br />

A. TONNEL<strong>LA</strong>TO, Piero Calamandrei, la scuola e i libri di storia per ragazzi, in «Il Ponte»,<br />

2009, 7, pp. 1880-1894.<br />

99<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Per la scuola, cit., pp. 84-85.<br />

23


celebre frase de La dodicesima notte di Shakespeare, si potrebbe affermare che<br />

Dio gli avesse dato due anime.<br />

Piero Calamandrei fu, infatti, uomo di toga e di lettere, «un raro esemplare di<br />

quegli uomini che […] concentrano in sé una civiltà» 100 , «una personalità<br />

particolarmente complessa e versatile, personalità di stampo rinascimentale, dove<br />

la cultura del giurista si era venuta a intrecciare con la sensibilità del letterato» 101 .<br />

È stato osservato da Massimo Severo Giannini che Calamandrei si reputava «un<br />

uomo di lettere represso dall’invadenza del sapere giuridico» 102 : la sua vena<br />

letteraria e la sua imponente cultura storica-classica sono presenti in tutti i suoi<br />

scritti giuridici e politici. Come asserì Giuseppe Morbidelli «i processualisti,<br />

nonostante l’aridità della materia che coltivano […] hanno una forte vena<br />

letteraria. Penso infatti al Giorno del giudizio di Salvatore Satta» 103 .<br />

È bene ricordare che fino agli inizi dell’epoca moderna il diritto e la<br />

letteratura, la sapientia civilis e gli studia humanitatis, possedevano una<br />

vocazione naturale al dialogo. Solo con l’età moderna e con la presunzione di<br />

ridurre il diritto alla legge sorse la difficoltà di considerare la letteratura un<br />

elemento intrinseco della dimensione giuridica 104 .<br />

Nel Medio Evo, un’epoca in cui la giurisprudenza, vera philosophia,<br />

esercitava una funzione creativa, il diritto era il luogo dove la letteratura<br />

s’inscriveva e s’integrava. In seguito, con l’affermazione di una concezione<br />

moderna del diritto, ridotto a norma generale e astratta, la scienza giuridica<br />

divenne un sapere puramente tecnico che considerava i testi letterari fonti extra-<br />

giuridiche. In questo modo si abbandonavano gli insegnamenti della letteratura<br />

100 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandrei fra cultura e politica, in Il diritto<br />

dell’informazione e dell’informatica, 2006, 6, pp. 697-708:698.<br />

101 E. CHELI, Piero Calamandrei e la ricerca dei valori fondamentali della nuova democrazia<br />

repubblicana, in Piero Calamandrei e la costruzione dello Stato democratico 1944-1948, cit.,<br />

pp. 15-26:18.<br />

102 G. MORBIDELLI, Piero Calamandrei e i suoi allievi: di alcuni ricordi e di alcuni<br />

insegnamenti di Piero Calamandrei tramandati da Alberto Predieri, in Piero Calamandrei e la<br />

costruzione dello Stato democratico 1944-1948, cit., p. 12.<br />

103 Ivi.<br />

104 Si veda sull’argomento P. CARTA, Humanisme juridique du XXe siècle, in Droit et<br />

littérature, «Laboratoire italien», 2004, 5, pp. 13-37.<br />

24


dei pratici della prima stagione penalistica medioevale. Esemplare è il Tractatus<br />

maleficiorum di Alberto Gandino in cui si afferma la funzione integrativa del<br />

testo letterario 105 . Gandino sostenne, infatti, la possibilità di giungere alla verità<br />

del diritto mediante il ricorso di auctoritates extra-legali. Per il Gandino «il<br />

ricorso alle autorità “letterarie” non ha […] uno scopo semplicemente esortativo,<br />

ma quello di una vera e propria integrazione di un ordine giuridico aperto e<br />

inteso a risolvere problemi di giustizia col supporto di un sapere ausiliare» 106 .<br />

Come insegna Gustavo Zagrebelsky, ciò che è realmente fondamentale non<br />

può mai essere posto, ma deve essere sempre presupposto 107 . Perciò la letteratura<br />

può essere considerata una sorta di catalizzatore di principi sovra giuridici che<br />

possono costituire il fondamento del diritto. La letteratura è, quindi, un luogo<br />

privilegiato da dove osservare e analizzare i principi fondamentali<br />

dell’organizzazione sociale. «La letteratura è considerata fecondo terreno per<br />

esaminare i comportamenti sociali riferiti all’ordinamento e alle singole norme.<br />

[…] La letteratura è concepita come campo per indagare e affermare il<br />

fondamento della giustizia, del diritto e dei principi giuridici» 108 . Ferruccio<br />

Pergolesi affermò, in Diritto e giustizia nella letteratura moderna narrativa e<br />

teatrale, che la letteratura suggerisce dei problemi, contribuendo alla loro<br />

risoluzione 109 . La letteratura, quindi, può offrire una migliore comprensione della<br />

realtà.<br />

Benedetto Croce considerava il diritto e la letteratura due «branche» di un<br />

unico spirito. È possibile dunque pensare al diritto, alla politica, alla letteratura<br />

come a delle manifestazioni di uno stesso spirito, in costante dialogo tra loro 110 .<br />

105<br />

Su di lui si veda D. QUAGLIONI, Alberto Gandino e le origini della trattatistica penale, in<br />

«Materiali per una storia della cultura giuridica», 1999, 1, pp. 49-63.<br />

106<br />

D. QUAGLIONI, La vergine e il diavolo. Letteratura e diritto, letteratura come diritto, in<br />

Droit et littérature, «Laboratoire italien», 2005, 5, pp. 39-55:42.<br />

107<br />

G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Leggi diritti giustizia, Torino, Einaudi, 19953.<br />

108<br />

A. SANSONE, Diritto e letteratura. Un’introduzione generale, Milano, Giuffrè, 2001, p. VIII.<br />

109<br />

F. PERGOLESI, Diritto e giustizia nella letteratura moderna narrativa e teatrale, Bologna,<br />

Zuffi, 19492.<br />

110<br />

B. CROCE, Riduzione della filosofia del diritto alla filosofia dell’economia. Memoria<br />

accademica del 1907, ristampata con aggiunte e preceduta da un’introduzione di A. Attisani,<br />

Napoli, Ricciardi, 1926.<br />

25


Piero Calamandrei personificò bene il perenne dialogo tra la dimensione<br />

giuridica e quella letteraria. In Calamandrei «la compenetrazione fra il giurista e<br />

il letterato (e talvolta verrebbe fatto di dire il poeta) era perfetta, senza una<br />

leziosaggine o un vezzo in più. Questa sua scrittura sempre più affinatasi con gli<br />

anni – un raro dono di natura – si nutriva anche di mille succhi, attinti a opere di<br />

ogni tempo e di ogni paese. Ce lo confermano la costante curiosità e il gusto con<br />

cui sapeva cogliere i nessi fra il mondo del diritto e quello della letteratura. […]<br />

In uno scritto del 1924, Le lettere e il processo civile, apparso sulla “Rivista di<br />

diritto processuale civile”, si domandava “se sarebbe utile per gli studenti di<br />

giurisprudenza una raccolta di pagine letterarie in cui il fenomeno giuridico, che<br />

in iscuola si mostra disseccato e vuoto come uno di quegli involucri di crisalidi<br />

che restano attaccati ai rami quando la farfalla se n’è volata via, riaprisse vivo ed<br />

operante nella realtà delle vicende umane in mezzo alle quali esso si svolge, per<br />

dare ai giovani, fin dai primi anni dei loro studi universitari, la coscienza che il<br />

giurista non è un perdigiorno pesator di parole, ma un austero depositario di tutte<br />

le passioni e di tutte le umane miserie”» 111 .<br />

In Calamandrei il letterato e lo scrittore non furono da meno rispetto al<br />

giurista, all’avvocato, al costituente, al parlamentare. Cosi come da giurista<br />

rifiutava la costruzione teorica fine a se stessa del tecnicismo astratto, da letterato<br />

Calamandrei rifiutò l’idea dell’arte per l’arte, dimostrandosi costantemente ostile<br />

a ogni tipo di sperimentalismo 112 : «nutrito da una solida tradizione classica,<br />

ammiratore del Carducci e della grande letteratura risorgimentale, Calamandrei si<br />

mantenne costantemente fedele ad una idea della letteratura aliena da ogni<br />

avventura sperimentale e da ogni artifizio meramente tecnico» 113 .<br />

111 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., pp. 199-200.<br />

112 Si veda G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei, cit., p. 51.<br />

113 G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei tra letteratura, diritto e<br />

politica. Atti del Convegno “Piero Calamandrei, un grande protagonista della nostra storia<br />

(Montepulciano, 24 ottobre 1987), Firenze, Vallecchi, 1989, pp. 13-31:15.<br />

26


«L’insigne giurista cede il passo al fine letterato; per quanto, a ben vedere, non<br />

c’è cesura alcuna nella sua espressività» 114 . È stato osservato, infatti, che «in tutti<br />

gli scritti di Calamandrei, anche in quelli più tecnicamente impegnati, traspare<br />

una naturale disposizione artistica ed una modalità operativa in cui convivevano<br />

in una sintesi funzionale, il giurista, il politico e il letterato» 115 .<br />

Come si sottolineò in occasione del convegno Piero Calamandrei: un grande<br />

protagonista della nostra storia, «il grande giurista Piero Calamandrei fin dalla<br />

giovinezza concedette parte del suo tempo alla letteratura. La vastissima<br />

bibliografia delle sue opere giuridiche spesso si interrompe per far posto ai titoli<br />

letterari di vario genere: dalla narrativa alla critica, dal diario alla poesia. […]<br />

Nella vita di Piero Calamandrei è praticamente impossibile tracciare una linea<br />

netta di demarcazione tra l’attività del giurista e quella del letterato» 116 . Le grandi<br />

opere giuridiche e quelle letterarie tendono a coincidere anche cronologicamente:<br />

La burla di primavera 117 (del 1920) coincise con La Cassazione civile, definito<br />

da Galante Garrone «l’opus magnum della sua vita» 118 ; il bellissimo Inventario<br />

della casa di campagna 119 (del 1941) – che può essere ritenuto il punto di arrivo<br />

dell’attività memorialistica di Calamandrei – corrispose alla pubblicazione delle<br />

limpide Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo Codice 120 ;<br />

114 C. AZEGLIO CIAMPI, Indirizzo di saluto, in Un caleidoscopio di carte, a cura di F. Cenni, cit.,<br />

pp. IX-XI: IX-X.<br />

115 G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei tra letteratura, diritto e<br />

politica, cit., p. 14.<br />

116 Ibid., p. 13.<br />

117 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La burla di Primavera con altre fiabe, e prose sparse, a cura di G. Luti,<br />

Palermo, Sellerio, 1987.<br />

118 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandrei, cit., p. 60.<br />

119 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Inventario della casa di campagna, con una nota introduttiva di G. Luti,<br />

Firenze, Vallecchi, 1989. Il libro, scritto al Poveromo tra l’agosto 1939 e l’agosto 1941, fu<br />

subito pubblicato in una prima edizione fuori commercio. Si ritrova una ricerca del mondo<br />

felice della sua infanzia, della continuità fra il bimbo di allora e l’uomo adulto, del mondo<br />

fiabesco di un tempo. Dal settembre 1941 alla primavera del 1944 Calamandrei scrisse altri<br />

quattro capitoli (Processione, Il lago, Buoi, In barca), che saranno aggiunti alla seconda<br />

edizione, uscita subito dopo la guerra. Sono pagine che riflettono lo stato d’animo, tra<br />

malinconico e nostalgico, del loro autore.<br />

120 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo Codice, Padova,<br />

CEDAM, 1941.<br />

27


inoltre anche su «Il Ponte» gli scritti giuridici, politici e letterari s’intrecciano e<br />

s’intervallano.<br />

«La prassi operativa del giurista e del letterato tende sempre a coincidere<br />

secondo una visione unitaria e coerente del proprio destino umano» 121 . I suoi<br />

scritti estranei alla sua opera di giurista e di scrittore politico non sono «il<br />

risultato di un’attività marginale, magari occasionalmente esercitata, una sorta di<br />

rifugio gratificante del professionista di successo o dello studioso» 122 .<br />

Tutte le opere di Calamandrei rivelano «una naturale disposizione artistica ed<br />

una modalità operativa in cui convivono in una sintesi funzionale il giurista e il<br />

gusto letterario della prosa scientifica» 123 .<br />

Giorgio Luti osservava, nell’introdurre l’edizione del 1987 de La burla di<br />

Primavera, che «anche nella bilancia che è posta a suggello dell’Elogio dei<br />

giudici scritto da un avvocato […] è dalla parte della poesia che il piatto si<br />

inclina, quasi che il fregio possa testimoniare una presenza indispensabile alla<br />

umana consapevolezza di ogni possibile sapienza giuridica» 124 .<br />

«Uno dei segni più belli di questo intimo intrecciarsi della sapienza del<br />

giurista con la passione della letteratura e col gusto dello scrittore […] ci è dato<br />

dagli Scritti e inediti celliniani 125 , raccolti con tanta cura e intelligenza da Carlo<br />

Cordiè. Calamandrei era partito da un inedito contratto di edizione di Benvenuto<br />

Cellini, per dedicarsi, sollecitato dalle pagine della celebre Vita, a una raccolta di<br />

documenti (ben settecento!) e ad accuratissime ricerche sulla tempestosa<br />

esistenza dell’artista» 126 .<br />

121<br />

G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei, cit., pp. 49-70:49.<br />

122<br />

G. NICOLETTI, Piero Calamandrei letterato e scrittore, in Piero Calamandrei rettore<br />

dell’Università di Firenze. La democrazia, la cultura, il diritto, a cura di S. Merlini, Milano,<br />

Giuffrè, 2005, pp. 89-112:89.<br />

123<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La burla di Primavera con altre fiabe, e prose sparse, cit., p. 133.<br />

124<br />

Ibid., p. 132.<br />

125<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Scritti e inediti celliniani, a cura di C. Cordié, Firenze, La Nuova Italia,<br />

1971.<br />

126<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 200.<br />

28


In realtà «Piero Calamandrei cominciò a dare la prova del suo ingegno quando<br />

era ancora ragazzo» 127 : fino al 1912, fino a quando cioè non si laureò in<br />

giurisprudenza, egli scrisse fiabe, in prosa e in versi, in vari giornali e riviste per<br />

ragazzi, in seguito raccolte in due volumi, La burla di Primavera e I poemetti<br />

della bontà. Calamandrei, infatti, esordì precocemente come scrittore, a<br />

diciassette anni, collaborando dal 1906 a Il Goliardo, una rivista studentesca da<br />

lui fondata insieme all’amico Carlo Furno e poi, dal 1910 e per quasi un<br />

decennio, al «Giornalino della Domenica», diretto da Luigi Bertelli,<br />

universalmente noto come Vamba 128 . Si può quindi affermare che in<br />

Calamandrei lo scrittore si manifestò molto prima del giurista, se il suo primo<br />

studio giuridico fu una nota a sentenza sulla chiamata in garanzia del 1912.<br />

Poi arrivò la guerra che non spense tuttavia l’inclinazione letteraria di Piero<br />

Calamandrei. Anzi, in guerra egli coltivò il suo estro letterario e la sua capacità<br />

di comunicare passioni, in guerra affinò la capacità di osservare e descrivere<br />

situazioni e stati d’animo. «Durante i lunghi anni del conflitto […] Calamandrei<br />

compì un percorso di apprendistato non solo come militare, ma anche civile,<br />

umano e intellettuale, che lo portò ad immergersi in una dimensione attiva di<br />

interpretazione e comprensione di ciò che lo circonda» 129 . Piero Calamandrei<br />

scrisse assiduamente: lo fece per trovare un rifugio, «un’evasione dallo squallore<br />

in cui è precipitato» 130 , ma, soprattutto, per rispondere a un bisogno di<br />

riflessione, per cercare parole capaci di raccontare un’esperienza sconosciuta e<br />

sconvolgente. La scrittura svolse la funzione di trovare «un dialogo con un altro<br />

127<br />

M. CAPPELLETTI, Piero Calamandrei e la difesa giuridica della libertà, in ID., In memoria di<br />

Piero Calamandrei, cit., p. 45.<br />

128<br />

Il Giornalino della Domenica si proponeva di diffondere tra i ragazzi sentimenti di<br />

solidarietà umana e di giustizia sociale. L’orientamento del giornale spinse Calamandrei a<br />

collaborare alla rivista, in cui trovò un luogo dove fare il suo apprendistato alla scrittura.<br />

Calamandrei rimase sempre legato a Bertelli, come dimostra, ad esempio, una sua lettera a Dino<br />

Provenzal del 31 maggio 1922 (Cfr. P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Lettere, cit., I, p. 183). Sull’argomento<br />

si veda P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. IX; L. P. REMAGGI, Il Ponte di Calamandrei,<br />

pp. 32 e 33; A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandrei, cit., pp. 32 e 33.<br />

129<br />

S. BERTOLOTTI e C. FANTELLI, Calamandrei fotografo nella Grande Guerra, in Un<br />

caleidoscopio di carte, cit., p. 30.<br />

130<br />

A. CASEL<strong>LA</strong>TO, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. XVIII.<br />

29


se stesso, […] tra un se stesso invischiato nel magma della guerra, incatenato al<br />

dovere, e un se stesso che non vuole perdere la ragione, ma ha allo stesso tempo<br />

la capacità di opporre alla realtà tragica la forza propulsiva e liberatrice del<br />

sogno. La scrittura si impose come forza liberatoria e rigeneratrice, ma anche<br />

come alto valore conoscitivo dell’uomo, e al tempo stesso momento di recupero<br />

della pienezza dell’io» 131 .<br />

La scrittura assolse una serie di esigenze e venne in soccorso nei momenti di<br />

sconforto e di abbandono della speranza: fu consolazione e rimedio psicologico.<br />

La scrittura svolse una «funzione compensativa, terapeutica» 132 . Lo scrivere era<br />

una forma di resistenza, di «fuga dalle atrocità e dalle contaminazioni della<br />

guerra» 133 .<br />

«Come il “fiore secco”, la parola scritta muore per poter sopravvivere, e tale<br />

sopravvivenza conserva un’orma dell’evento da cui scaturisce, quasi un solco o<br />

un tracciato lasciato dal suo compiersi» 134 . Scrivere significava essere ancora<br />

vivi 135 .<br />

«Le risposte alla domanda Perché si scrive? (che dava il titolo ad un elzeviro<br />

di Levi 136 ) non possono che essere molteplici e spesso intrecciate tra loro. Si<br />

scrive perché se ne sente il bisogno, per insegnare qualcosa a qualcuno, per<br />

divertire o divertirsi, per migliorare il mondo, per far conoscere le proprie idee,<br />

per liberarsi dall’angoscia» 137 .<br />

131 Ibid., pp. 30-31.<br />

132 A. DANIELE, Magnaboschi. Storie di guerra, di scrittori e d’altopiano, Sommacampagna,<br />

Cierre, 2006, p. 64.<br />

133 A. GIBELLI, L’officina della guerra. La grande guerra e le trasformazioni del mondo<br />

mentale, Torino, Bollati Boringhieri,2007, p. 63.<br />

134 W. I. ONG, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna, Il Mulino, 1986, p. 122<br />

(ed. or. Orality and Literacy. The Technologizing of the Word, London and New York, Methuen<br />

1982).<br />

135 Così F. CAFFARENA, Le scritture dei soldati semplici, in La prima guerra mondiale, cit.,<br />

p. 633.<br />

136 P. LEVI, Perché si scrive?, in ID., L’altrui mestiere, Torino, Einaudi, 1985, pp. 14-33.<br />

137 M. LOLLINI, Il vuoto della forma. Scrittura, testimonianza e verità, Genova, Marietti, 2001,<br />

p. 201.<br />

30


«Calamandrei, impugnò la sua penna fatata, quella con la quale riusciva a far<br />

magie» 138 per registrare riflessioni, voci, impressioni, emozioni suscitate «dallo<br />

spettacolo della natura, dal paesaggio, dalle stagioni, dal cielo, dalle sorprese dei<br />

viaggi, dalla moltitudine semplice degli uomini, dai loro mestieri, dalla costanza<br />

dei loro affetti quotidiani e dal durare nonostante tutto della loro sorte» 139 . Con<br />

occhi attenti Calamandrei osservò il mondo che lo circondava e lo descrisse<br />

minuziosamente, «come se volesse serbarne memoria per un incerto domani» 140 .<br />

Egli scrisse sulla guerra «come se fosse già evento da ascriversi alla categoria del<br />

passato remoto, materiale d’archivio pronto per essere inventariato» 141 , come se<br />

volesse «restituire la sostanza traumatica della guerra al lettore che non sa, che<br />

non ha visto» 142 : scrivere sulla guerra fu per lui un «devoir de la mémoire» 143 , «il<br />

sacro debito della memoria» 144 .<br />

Uno dei temi fondamentali del Calamandrei scrittore fu proprio la memoria.<br />

Scrisse Calamandrei «memoria che rimarrà di te (che rimarrà di me) il giorno in<br />

cui il cuore avrà cessato di battere? Forse non sarai più allora un discorso<br />

coerente e filato, ma solo una frammentaria fosforescenza di immagine isolate e<br />

senza senso» 145 . Testimoniare significava ordinare il presente e la memoria,<br />

tramandare la verità. Calamandrei scrisse delle sue esperienze e riflessioni sulla<br />

guerra, e le sue pagine attestano con quale animo egli affrontò la dura prova.<br />

138 F. CIPRIANI, Piero Calamandrei e la procedura civile. Miti leggende interpretazioni<br />

documenti, Napoli-Roma, Edizioni scientifiche italiane, 20092, p. 223.<br />

139 A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Diario 1939-1945, I, cit., pp. I-<br />

CXLX: XXI.<br />

140 Ibid., p. LII.<br />

141 S. BERTOLOTTI E C. FANTELLI, Calamandrei fotografo nella Grande Guerra, in Un<br />

caleidoscopio di carte, cit., p. 31.<br />

142 Le notti chiare erano tutte un’alba. Antologia dei poeti italiani nella Prima guerra mondiale,<br />

a cura di A. Cortellessa, con prefazione di M. Isnenghi, Milano, ESBMO, 1998, p. 27.<br />

143 Così C. PROCHASSON, A. RASMUSSEN, Au nom de la patrie. Les intellectuels et la première<br />

guerre mondiale (1910-1919), Paris, Editions de la Découverte, 1996, p. 250.<br />

144 Cfr. il discorso di Calamandrei del 29 marzo 1919 a Brescia.<br />

145 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Città sognata, in ID., Lettere 1915-1956, cit., pp. 1-3.<br />

31


La «Grande Guerra fu per la sua pratica letteraria un ricchissimo complesso di<br />

simboli e di motivi ispiratori» 146 . Egli descrisse nelle sue poesie e nei suoi<br />

racconti di guerra aspetti che la storia ufficiale tende a porre in secondo piano o a<br />

dimenticare: soldati in marcia, uomini esausti, soldati adibiti a lavori di fatica,<br />

feriti in barella, paesi distrutti o abbandonati, ricoveri fortuiti, il mondo dei<br />

contadini, lo sguardo attonito dei soldati. Si può sostenere che Calamandrei fu un<br />

testimone ufficiale della storia, «una storia che va oltre la storia dei libri»: con i<br />

suoi scritti egli trasmette il ritmo della guerra che, nei manuali di storia, può<br />

essere presentata come un’esperienza unitaria, facile da interpretare, ma che, in<br />

realtà, è molteplice e contraddittoria.<br />

Calamandrei scrisse con dovizia di particolari «il vissuto bellico giornaliero<br />

con cui ogni combattente dovette misurarsi» 147 . Egli cercò «l’anima delle cose, lo<br />

pneuma, quel soffio misterioso che lega, anche il particolare più insignificante, il<br />

dettaglio, le minuzie, alla fantasmagorica del tutto» 148 . Le sue annotazioni più<br />

che per gli eventi bellici interessano per il lato umano-psicologico, per gli stati<br />

d’animo, per la vita dura della trincea 149 : vita che Giacomo Morpurgo, nel suo<br />

straordinario diario di guerra, definiva «canina» 150 .<br />

Calamandrei registrò gli accadimenti, anche minuti, della vita di trincea con<br />

attenzione al dettaglio 151 . Egli consegnerà a dei versi il ricordo della guerra. Sono<br />

poesie e racconti che nascono dal forte bisogno di comunicare la propria<br />

esperienza in immagini e dal bisogno di riflettere e far riflettere. A un primo<br />

sguardo, potrebbero apparire testi nati in modo istintivo, in cui spesso domina un<br />

senso di allerta e di precarietà. Tuttavia, non bisogna pensare che siano versi nati<br />

in modo veramente istintivo. Tutt’altro. Certe scelte retoriche mostrano una certa<br />

146<br />

L. GIUVA, Una breve introduzione e una proposta impegnativa, in Un caleidoscopio di<br />

carte, cit., p. 34.<br />

147<br />

F. CAFFARENA, Le scritture dei soldati semplici, in La prima guerra mondiale, cit. p. 633.<br />

148<br />

L. GIUVA, Una breve introduzione e una proposta impegnativa, in Un caleidoscopio di<br />

carte, cit., p. 34.<br />

149<br />

Si veda il discorso pronunciato il 29 giugno 1919.<br />

150<br />

Giacomo Morpurgo (1896-1916). Dalle sue lettere e dai suoi libretti di guerra, dai primi<br />

studi, Firenze, Carpigiani & Zipoli, 1926.<br />

151<br />

Si veda il racconto La capra dei territoriali.<br />

32


accortezza e attenzione. Gli scritti di Calamandrei sono quindi meno «ingenui» di<br />

quanto potrebbero sembrare: essi sono eloquenti e profondi, sono fatti di piccole<br />

immagini, eppur alti, eleganti e nobili: «la parola evoca le cose (gli oggetti, i<br />

volti, gli sfondi), rendendoli presenti alla nostra anima e alle nostre emozioni» 152 .<br />

Piero Calamandrei affiderà a delle poesie e a dei racconti il ricordo della paura<br />

fisica provata nell’attesa della battaglia 153 ; l’assurdità della logica di guerra, ossia<br />

la necessità di uccidere per non essere uccisi 154 ; il timore della morte e il<br />

sentimento del “senso dell’addio”, sentimento che sarà presente in tante pagine<br />

del suo Diario 155 ; il gusto del paesaggio, della natura, dei fiori che ritroveremo,<br />

molti anni dopo, nell’Inventario della casa di campagna 156 ; la «scoperta» dei<br />

problemi e delle sofferenze dei soldati-contadini condotti ignari al massacro e<br />

smaniosi di ritornare ai loro campi 157 . Inoltre molte pagine di guerra riecheggia<br />

152<br />

L. GIUVA, Una breve introduzione e una proposta impegnativa, in Un caleidoscopio di<br />

carte, cit., p. 32.<br />

153<br />

Si veda la poesia Di rincalzo, coi territoriali.<br />

154<br />

Si vedano i versi della poesia Di rincalzo, coi territoriali: «si va lassù, per uccidere/gli<br />

uomini che vogliono ucciderci», o il racconto Storia di un eroico cannone di legno.<br />

155<br />

Si vedano i versi della poesia Di rincalzo, coi territoriali: «È oggi uno di quei giorni/in cui<br />

del mio lontano/futuro mi distacco: /non voglio sapere/quel che mi aspetta/fra un anno o fra un<br />

mese; /ma la curiosità s’è ristretta/a chieder umilmente/qual sarà la mia sorte/entro le brevi<br />

ore/di questo giorno che già si consuma. /Oh, non c’è dubbio (né male/scacciare questo<br />

pensiero/quanché anche i pensieri/portassero disparia!), /non c’è dubbio: fra un’ora/potrei essere<br />

morto…», o quelli della poesia Canto di retrovia «A riposo bisogna ricontarsi; /ma quando ci<br />

ricontiamo/non tutti rispondono/alla chiamata: /è restato lassù, /chi già riposava/sotto la sua<br />

croce di legno, /in un camposantino», oppure la poesia La campana della vittoria.<br />

156<br />

Al fronte Calamandrei getta, in parte, le basi ideali di uno dei suoi esiti letterari più alti,<br />

l’Inventario della casa di campagna. Cfr. L. GIUVA, Una breve introduzione e una proposta<br />

impegnativa, in Un caleidoscopio di carte, cit., p. 34. Si vedano, ad esempio, i versi della poesia<br />

Canto di retrovia: «un mandorlo fiorito/dietro una cancellata/lungo la via maestra/ (non erano<br />

questi i mandorli in fiore, /sotto i quali, nei tempi/delle leggende, /si sedevano a sera gli<br />

innamorati, /in silenzio, senza riuscire/tanto era gonfio il cuore, /a dirsi parole d’amore?…) /e,<br />

sotto le siepi che gemmano/e già sognano verde, /tante violette, /come quelle di cui<br />

adolescenti/riempivano le coppe, /che mettevano poi nelle stanze, /di notte, quando le<br />

finestre/disegnano sulla parete nera/quadrati di chiaro di luna, /un profumo troppo soave».<br />

157<br />

Si veda la poesia Das Brot, in cui è dominante il tema patriottico della vittoria giusta contro<br />

l’antico oppressore. Con questa poesia Calamandrei volle mostrare che l’Italia dopo aver vinto<br />

l’Austria con le armi l’aveva vinta con la bontà. La guerra fu, quindi, non scuola di odio ma di<br />

amore: non scuola di crudeltà e di barbarie, bensì di civile umanità. Inoltre, per quel che<br />

riguarda lo stile, questa poesia aveva abbandonato la facile versificazione di quelli<br />

dell’anteguerra, e sembrava quasi anticipare le movenze ritmiche delle celebri epigrafi<br />

dell’ultimo Calamandrei.<br />

33


«una certa malinconia mazziniana (del più bel Mazzini dei Ritratti e delle<br />

Memorie)».<br />

Le pagine di Calamandrei ricordano i grandi classici della letteratura italiana,<br />

come Dante, Carducci e Leopardi (si vedano a titolo d’esempio i versi della<br />

poesia Di rincalzo, coi territoriali «una fila di uomini curvi» e «di questo giorno<br />

che già si consuma» che, rispettivamente, rammentano Dante e il «consumarsi»<br />

del tempo di Leopardi).<br />

«Il suo stile di scrittore, sempre così ben modulato e cadenzato, ricco di<br />

immagini e di succhi rari, terso come cristallo, si era venuto affinando su molte<br />

letture di antica tradizione. Pur conoscitore attento com’era Kafka e di Proust, e<br />

di altri grandi autori moderni, aveva un’indubbia predilezione per altri più lontani<br />

nel tempo, sembrava intatto l’entusiasmo degli anni giovanili per i lirici greci,<br />

per Dante e Manzoni: era rimasto sempre fedele ai suoi primi amori letterari» 158 .<br />

Piero Calamandrei aveva l’arte di narrare e, come dimostrano anche i due<br />

racconti di guerra, egli prediligeva la fiaba, una fiaba con un moralismo<br />

pedagogico privo di artifizi e di eccesivi paternalismi, «in cui coincidono<br />

perfettamente libera fantasia e tensione etica» 159 .<br />

«La sua specialità erano le favole. Ne sapeva inventare di bellissime; ed era<br />

insuperabile nel raccontarle, tanto che tutti le prendevan per vere, non solo i<br />

bambini, ma anche, con sua sorpresa, gli adulti» 160 . «La sua favola è in primo<br />

luogo testimonianza di libertà fantastica, e solo in questo spazio di totale<br />

inventività accetta la conclusione morale, un ultimo appello alla riflessione e al<br />

giudizio» 161 . Il fine della fiaba di Calamandrei è di «affidare alle riflessioni e ai<br />

sentimenti un sottile velo di fantasia così da trasformare ogni invenzione<br />

158<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, in Diario 1939-1945, I, cit., p.<br />

LXXV.<br />

159<br />

G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei tra letteratura, diritto e<br />

politica, cit., p. 21.<br />

160<br />

F. CIPRIANI, Piero Calamandrei e la procedura civile, cit., p. 64.<br />

161<br />

G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei tra letteratura, diritto e<br />

politica, cit., p. 19.<br />

34


pedagogica in autentica lezione di vita» 162 . «Nella concezione letteraria di<br />

Calamandrei, sin dalle favole giovanili, la storia deve avere la struttura di un<br />

apologo morale e contenere un insegnamento: l’intreccio deve tradursi in una<br />

lezione che genera soluzione alle sofferenze patite e che consente di concludere<br />

con una risata liberatoria» 163 . Il bisogno di una letteratura intrisa di valori, nella<br />

quale le soluzioni formali non fossero mai fini a se stesse, rivela l’adorazione di<br />

Calamandrei per il Carducci, una passione nata negli anni liceali e mai<br />

abbandonata.<br />

Calamandrei fu un buon conoscitore della psicologia infantile e il libro<br />

Colloqui con Franco 164 è «un significativo elemento di congiunzione tra l’attività<br />

giovanile del favolista in versi e in prosa e la maturità memorialistica<br />

dell’Inventario della casa di campagna apparso molti anni più tardi, nel 1941.<br />

Nato per fermare il ricordo dei primi anni di vita del figlio Franco, questo piccolo<br />

libro è qualcosa di più di un diario familiare, o di un affettuoso prontuario di<br />

norme pedagogiche. La struttura a brevi episodi che lo caratterizza offre più<br />

chiavi di lettura e documenta il notevole percorso compiuto dallo scrittore sulla<br />

via che conduce dalla favola al racconto» 165 . Nei Colloqui si prefigura il futuro<br />

prosatore dell’Inventario della casa di campagna, «uno dei rari esempi di<br />

autobiografia limitata all’infanzia e alla fanciullezza, ma è evidente che al ricordo<br />

della giovinezza si unisce sempre la consapevolezza dell’età matura» 166 . «Non vi<br />

sono pagine forse, capaci di rappresentare più fedelmente la sua figura morale e<br />

sentimentale, il fanciullo ingenuo trasognato, che sopravvive nell’uomo maturo<br />

che combatteva intrepido per cose grandi come la giustizia, e non conosce, né<br />

sospetti né dubbi, e si abbandona fiduciosamente all’ordine morale che si rivela<br />

con immediatezza alla coscienza» 167 .<br />

162 Ivi.<br />

163 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Futuro postumo, cit., p. 87.<br />

164 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Colloqui con Franco, Firenze, La Voce, 1923.<br />

165 G. LUTI, Piero Calamandrei letterato, in Piero Calamandrei tra letteratura, diritto e<br />

politica, cit., p. 21.<br />

166 Ibid., p. 24.<br />

167 N. BOBBIO, Italia civile, cit., p. 223.<br />

35


Nei versi di guerra «si sente il palpito di un’anima che ama, fino al dolore fino<br />

al sacrificio, un’ideale di giustizia sociale, di solidarietà umana, di libertà<br />

nell’altruismo e nella operosa bontà» 168 , ideali che permearono tutta la vita di<br />

Calamandrei. Egli si formò quindi negli anni della guerra, quella guerra che,<br />

come scrisse il 23 luglio 1916 «a guardarla da un punto di vista umanitario, […]<br />

è una cosa incredibile, assolutamente folle: non si riesce a capire come mai<br />

milioni di uomini ragionevoli consentano per anni a infliggersi reciprocamente<br />

così strazianti torture fisiche e morali» 169 . Tuttavia Calamandrei non dichiarò mai<br />

l’insensatezza del primo conflitto mondiale. Anzi, la Grande Guerra costituì uno<br />

dei suoi temi fondamentali: essa fu celebrata in molti dei suoi lavori. È il caso,<br />

per fare solo un paio di esempi significativi, degli articoli Responsabilità 170 e<br />

Pietà l’è morta 171 , apparsi su «Il Ponte», o di alcune bellissime pagine del Diario<br />

o, ancora, delle conferenze tenute da Calamandrei nell’immediato dopoguerra e<br />

pubblicate in questo lavoro.<br />

Ne La casa di campagna Calamandrei ricordò, come già fece nel 1919 durante<br />

la conferenza Come entrammo a Trento, il suo ingresso nel capoluogo trentino<br />

come un caso singolare della sua vita. Egli ritornerà spesso a Trento con la parola<br />

e con la memoria: «quel momento resterà per Calamandrei come sigillo della sua<br />

guerra» 172 . Il rapporto profondo di Piero Calamandrei con Trento è altresì<br />

testimoniato dalla corrispondenza, qui riportata in Appendice 173 , con Ernesta<br />

Bittanti Battisti e Bice Rizzi, entrambe collaboratrici de «Il Ponte» e legate alla<br />

famiglia Calamandrei anche da personale amicizia.<br />

168<br />

M. CAPPELLETTI, Piero Calamandrei e la difesa giuridica della libertà, in ID., In memoria di<br />

Piero Calamandrei, cit., p. 46.<br />

169<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di guerra, cit., p. 97.<br />

170<br />

Responsabilità, pubblicato su «Il Ponte», 1951, 2, pp. 113-114, firmato Il Ponte; ora in P.<br />

CA<strong>LA</strong>MANDREI, Scritti e discorsi politici, cit., I, pp. 451-453.<br />

171<br />

P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Pietà l’è morta, pubblicato su «Il Ponte» dell’aprile 1954, nel numero<br />

dedicato alla sua memoria, sotto il titolo Un uomo della Resistenza; ora in ID., Uomini e città<br />

della resistenza, cit., pp. 126-132.<br />

172<br />

F. ANTONICELLI, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, La casa di campagna, cit., p. VII.<br />

173<br />

Si veda, ad esempio, la lettera del 28 dicembre 1946 a Bice Rizzi: «Ella sa da quali ricordi io<br />

sia unito alla Sua Trento: forse, quando farò il bilancio della mia vita, dovrò concludere che il<br />

momento più bello di essa fu quello del 2 novembre 1918, quando dal ponte vidi, come in un<br />

sogno, la città ancora occupata dagli austriaci eppure già tutta ornata di bandiere italiane…».<br />

36


Egli fu legato per tutta la vita al capoluogo trentino e, per una compresenza di<br />

luoghi, a Cesare Battisti. Nel ripensare alla prima guerra mondiale Calamandrei<br />

ricordava il nome di Battisti, insieme a quello di Mazzini. «La passione per<br />

Mazzini, di schietto timbro risorgimentale, gli era stata trasmessa dal padre<br />

Rodolfo, ravvivata dalla parola di Salvemini. Battisti era, invece, […] l’eroe che<br />

ricongiunge due secoli, non solo l’Ottocento e il Novecento, ma il Risorgimento<br />

e il socialismo» 174 .<br />

In Trento Calamandrei ritrovò sempre un punto di riferimento. «La sua<br />

partecipazione morale agli eventi bellici non è dissimile da quella vissuta e<br />

sofferta dai migliori della sua generazione» 175 . «La guerra resta, per chi l’abbia<br />

vissuta l’evento per eccellenza, lo spartiacque della memoria personale» 176 .<br />

I documenti qui pubblicati, per le circostanze in cui furono scritti, contengono<br />

assunti che possono contribuire a comprendere meglio il pensiero di un<br />

«personaggio nodale e speculare della riflessione giuridica italiana del<br />

Novecento» 177 . Inoltre, essi mostrano un Calamandrei con «una padronanza<br />

stupefacente della penna e della pagina, una cultura sconfinata, una fantasia<br />

sbrigliata e una conoscenza profondissima degli uomini e dei loro sentimenti» 178 .<br />

Dagli scritti di guerra si ha modo di scoprire qualità di Piero Calamandrei non in<br />

piccola parte ancora da rivelare. In particolare, i vertici da lui raggiunti «quando<br />

si cimentava su temi a cavallo tra il diritto e la letteratura» 179 .<br />

Ha scritto Arnaldo Momigliano che i grandi filosofi preparano sempre delle<br />

sorprese ai loro biografi: forse lo stesso fanno i grandi giuristi 180 .<br />

174<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Introduzione, in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Diario 1939-1945, I, cit., p.<br />

XLI.<br />

175<br />

A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Calamandrei, cit., p. 46.<br />

176<br />

Le notti chiare erano tutte un’alba, cit., p. 460.<br />

177<br />

P. GROSSi, Presenza di Calamandrei, in «Quaderni fiorentini», 1986, 15, pp. 501-503:501.<br />

178<br />

F. CIPRIANI, Come si attaccano gli intoccabili, in «Il Ponte», 1992, 3, 90-102:91.<br />

179<br />

Ivi.<br />

180<br />

A. MOMIGLIANO, Studies in Historiography, London, Weidenfeld and Nicolson, 1966.<br />

37


NOTA ARCHIVISTICA<br />

I documenti pubblicati giacciono nei fondi Archivio Piero Calamandrei, Archivio<br />

Bice Rizzi e Archivio Famiglia Battisti.<br />

Il fondo Archivio Piero Calamandrei, depositato dal febbraio del 1960 presso<br />

il Museo Storico in Trento, conserva manoscritti, corrispondenza, fotografie,<br />

diplomi e benemerenze, materiale a stampa e – soprattutto – Bollettini e<br />

Relazioni quindicinali, integrati da circolari ed appelli (cfr. Un caleidoscopio di<br />

carte. Gli archivi Calamandrei di Firenze, Montepulciano, Trento e Roma.<br />

Convegno organizzato dalla Biblioteca archivio “Piero Calamandrei” istituzione<br />

del Comune di Montepulciano (20-21 ottobre 2010), a cura di F, Cenni, Firenze,<br />

Il Ponte, 2010). Il fondo si compone di 4 buste. Nella busta 1, nel fascicolo 1<br />

sono contenuti: i testi delle conferenze tenute dal 1918 al 1919; alcuni appunti<br />

diaristici; poesie e racconti autografi scritti durante la prima guerra mondiale; la<br />

corrispondenza diretta a Piero Calamandrei dal 1917 al 1924.<br />

Il fondo Archivio Bice Rizzi, depositato dall’estate del 1985 presso il Museo<br />

Storico in Trento, contiene lettere di carattere personale e privato, lettere<br />

riflettenti l’attività di ricerca storica e di direzione del Museo; corrispondenza di<br />

argomento politico (irredentismo, fascismo, situazione dell’Alto Adige ecc.);<br />

materiale preparatorio per studi e pubblicazioni; fotografie. Il fondo è costituito<br />

da 24 buste. La busta 12, fascicolo 2 comprende, fra l’altro, l’epistolario tra Bice<br />

Rizzi e Piero Calamandrei.<br />

Il fondo Archivio Famiglia Battisti, depositato dal 1984 presso il Museo<br />

Storico in Trento, conserva documenti relativi all’attività scientifica, culturale e<br />

politica di Cesare Battisti, della moglie Ernesta Bittanti, dei figli Luigi e Livia<br />

Battisti (cfr. la Guida all’archivio e alla biblioteca Battisti, a cura di V. Calì,<br />

Trento, TEMI, 1983, e ora M. DUCI, L’archivio di Ernesta Bittanti:<br />

39


testimonianze di un ordinamento, «Studi trentini di scienze storiche», s. 1 a ,<br />

LXXXVII [2008], f. 2, supplemento [La memoria femminile negli archivi del<br />

Trentino – Alto Adige, a cura di G. Fogliardi, M. Garbari, Atti della giornata di<br />

studio, Trento, 7 dicembre 2007], pp. 129-132). Il fondo si compone di 173<br />

buste. Nelle buste 128 e 131 è contenuta la corrispondenza tra Ernesta Bittanti e<br />

Piero Calamandrei.<br />

Un’edizione parziale dei documenti è stata data da Silvia Calamandrei e<br />

Alessandro Casellato in Zona di guerra: Lettere, scritti e discorsi (1915-1924<br />

(Roma-Bari, Laterza 2006). Tuttavia la trascrizione dei documenti, pur restando<br />

meritevolissima, non è condotta sulla base di criteri filologici rigorosi e perciò<br />

necessitava di essere riveduta.<br />

I documenti sono stati qui trascritti fedelmente dagli originali, cercando di<br />

mantenere quanto più possibile le caratteristiche della scrittura e sciogliendo, con<br />

l’ausilio delle parentesi quadre, quelle abbreviazioni e sigle che avrebbero potuto<br />

rendere difficile la comprensione del testo. In tutti gli altri casi non si è mai<br />

intervenuto.<br />

La punteggiatura è sempre stata osservata, così come alcune bizzarrie<br />

ortografiche. Si sono mantenuti gli “a capo” presenti, anche se incongrui rispetto<br />

all’uso corrente. Tutte le parole sottolineate nel testo sono state rese in corsivo.<br />

Si è ritenuto necessario costituire un apparato di note, che desse notizia dei<br />

ripensamenti e delle correzioni d’autore, delle postille appuntate dai mittenti, così<br />

come delle persone, luoghi, istituzioni ed avvenimenti ricordati nei documenti.<br />

Talvolta il luogo o la data sono stati ricavati dal timbro postale o dal testo<br />

stesso.<br />

I documenti sono stati raccolti e ordinati in sei gruppi, così denominati:<br />

Conferenze, Appunti diaristici, Poesie, Racconti, Corrispondenza personale,<br />

Appendice. Quest’ultima è stata suddivisa in due sottogruppi in base ai diversi<br />

corrispondentii (Bice Rizzi ed Ernesta Bittanti). I documenti sono numerati<br />

progressivamente nel loro complesso e ordinati cronologicamente entro ciascun<br />

gruppo.<br />

40


Ho sempre segnalato i documenti già editi in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Zona di<br />

guerra: Lettere, scritti e discorsi (1915-1924), a cura di S. Calamandrei e A.<br />

Casellato, Roma-Bari, Laterza, 2006 (d’ora in avanti Zona di guerra).<br />

41


SIGLE<br />

ABR= Archivio Bice Rizzi<br />

AfB = Archivio famiglia Battisti<br />

APC = Archivio Piero Calamandrei<br />

b. = busta<br />

doc. = documento<br />

f. = fascicolo<br />

MST = Museo Storico in Trento<br />

u. a. = unità archivistica<br />

42


POESIE<br />

43<br />

1.<br />

Di rincalzo, coi territoriali<br />

Malga Fieno, 16-18 settembre [1916]<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 1-5. Poesia già edita in Zona di guerra, pp. 233-245.<br />

1 Sono: segue depennato «sono stati».<br />

Rabbiosamente, dalle cuccie<br />

nascoste in mezzo ai faggi,<br />

i cannoncini di montagna abbaiano.<br />

E i soldati, che dalle tende<br />

sono 1 balzati, per ascoltare<br />

in silenzio, hanno ai lati della bocca<br />

due pieghe fonde, e gli occhi<br />

assorti vedono<br />

oltre le vette<br />

quello che non si vede.<br />

C’è battaglia su verso la Lora.<br />

Si diceva che i nostri<br />

dovevano attaccare;<br />

ma quando latrano questi mastini<br />

vuol dire che qualcuno si avvicina…<br />

Un soldato di quarant’anni,<br />

colla barba tutta bianca<br />

sospira (e si tocca la fronte rugosa):


“Questi colpi me li sento<br />

tutti battere qui dentro<br />

e mi dicon che lassù<br />

anche noi bisogna andare…”<br />

Sì, anche noi bisogna andare;<br />

un breve ordine è giunto:<br />

i nemici tentano di sfondare;<br />

gli alpini non reggono più…<br />

E a dare una mano agli alpini<br />

anche noi dobbiamo andar su,<br />

anche noi, fanteria territoriale.<br />

“Avanti, giovinotti!<br />

(così li chiamo; ma qualcuno<br />

fa un riso amaro,<br />

poiché serba sotto il farsetto<br />

il ritratto ingiallito<br />

dei figli più grandi di lui)<br />

Avanti giovinotti!<br />

Armarsi in tutta fretta, e fare l’adunata.<br />

Bisogna salir subito alla Lora:<br />

non per portare viveri in trincea<br />

né per fare lo sgombro dei feriti.<br />

Non occorre piccone o badile.<br />

Prendete il vostro fucile<br />

e le cartucce,<br />

quante più ne avete”.<br />

Prende ognuno senza parlare<br />

il fucile grosso<br />

che non è buono a sparare.<br />

44


Mormora una voce: “Avessi almeno<br />

un fucile di quelli veri<br />

che servon per ammazzare!”<br />

Sulla strada mulattiera<br />

vengono a porsi su due righe<br />

gravemente, tacitamente.<br />

Voglio essere ilare e calmo,<br />

voglio finger di non vedere<br />

ciò che gli occhi di tutti mi dicono.<br />

“Di buon animo, ragazzi<br />

(oh, ragazzi, che qualcuno<br />

mi potrebbe essere babbo!)<br />

se n’è passate di peggio.<br />

Anche questo anderà bene,<br />

purché tutti siate allegri<br />

come sono allegro io…”<br />

E tu che mi guardi con supplici occhi<br />

e già ti tremano<br />

le labbra per parlare,<br />

non mi dici nulla.<br />

So quello che vorresti<br />

dirmi: che sei malato,<br />

che camminar non puoi.<br />

Ed io dovrei fieramente<br />

indignarmi, e gridarti<br />

che un vile sei, poiché tu hai paura…<br />

45


2 Tutti: segue depennato «come un».<br />

3 Scuri: segue depennato «lanciate».<br />

Taci. C’è in fondo al cuore<br />

di tutti 2 un vago tremito<br />

di lacrime, come uno stordimento<br />

di languido sonno. Ma è un istante.<br />

Poi passa: non ci si pensa più…<br />

“Avanti, ragazzi, per uno!”<br />

Ad uno ad uno, su per la stradella,<br />

larga non più di un passo,<br />

c’incamminiamo verso la montagna:<br />

ultimo dopo l’ultimo son io,<br />

per guardar che qualcuno più esitante<br />

non si fermi tra il bosco e si nasconda.<br />

Innanzi a me si snoda<br />

nel pomeriggio grigio<br />

su tra le grigie roccie<br />

una fila d’uomini curvi<br />

in grigi mantelli ravvolti<br />

che lentamente va<br />

verso il combattimento<br />

di cui nulla sa…<br />

Crosci di mitragliatrici,<br />

schianti di bombarde;<br />

sembrano scuri 3 scagliate contro le roccie<br />

da invisibili giganti folli<br />

che al sibilo delle schegge<br />

sghignazzano sconciamente<br />

in fondo ai 4 valloni.<br />

46


Invano si 5 anela<br />

intender quello che esprime<br />

il 6 linguaggio dei cannoni.<br />

Si vince? Si perde?<br />

Vengono avanti?<br />

Sono fermati?<br />

Chissà…<br />

Passa nel cielo il brivido 7<br />

di un volo d’acciaio.<br />

Vien da loro? Vien da noi?<br />

Chissà…<br />

Meccanicamente nell’aspra salita<br />

il piede si posa<br />

nell’orma chiodata<br />

dell’uomo ch’è innanzi.<br />

Si pensa. Senz’angoscia<br />

ma quasi colla 8 cronica curiosità di uno spettatore<br />

mi domando quel che sta per accadere 9<br />

a questo me che fa la sua parte<br />

senza poterlo cambiare.<br />

È oggi uno di quei giorni<br />

in cui del mio lontano<br />

futuro 10 mi distacco:<br />

non voglio sapere<br />

4 Ai: segue depennato «monti».<br />

5 Si: segue depennata parola illeggibile.<br />

6 Il: segue depennato «dialogo».<br />

7 Brivido: segue depennato «metallico».<br />

8 Colla: segue depennato «con curiosità alla».<br />

9 Accadere: segue depennata «prima che cala il buio».<br />

10 Futuro: segue depennato «non mi importa».<br />

47


quel che mi aspetta<br />

fra un anno o fra un mese;<br />

ma la curiosità 11 s’è ristretta<br />

a chieder 12 umilmente<br />

quale sarà la mia sorte<br />

entro le brevi ore<br />

di questo giorno che 13 precipita.<br />

Oh, non c’è dubbio (né vale<br />

scacciare questo pensiero<br />

quasiché anche i pensieri<br />

portassero disgrazia!),<br />

non c’è dubbio: fra un’ora<br />

potrei essere morto…<br />

Quasi sorrido per la strana cosa<br />

e più non distinguo<br />

il tenue confine<br />

che separa<br />

la misteriosa realtà<br />

dalla superstizione.<br />

Ma dunque neppure un indizio<br />

mi avvertirà dell’evento 14<br />

che forse mi attende 15<br />

in fondo al sentiero?<br />

La data del mese,<br />

il giorno della settimana 16 ,<br />

un ragno portafortuna caduto sul mio mantello<br />

11 Curiosità: segue depennato «si ristringe».<br />

12 Chieder: segue depennato «modestamente».<br />

13 Che: segue depennato «già si consuma».<br />

14 Evento: segue depennato «appagherà questa mia».<br />

15 Attende: segue depennato «curiosità tanto naturale?»<br />

16 Settimana: segue depennato «orologio che ha».<br />

48


un rugginoso chiodo lasciato dalla scarpa ferrata di un alpino,<br />

il numero dei passi<br />

di qui fino a quella rupe?<br />

(È vero che serbo nel portafoglio<br />

quel ramoscello di gelsomini<br />

ch’ella mi dette per farmene scudo.<br />

Ma pure mi tenta la prova.)<br />

Li conto; ventidue passi;<br />

non vuol dir nulla.<br />

Oggi è il dodici 17 settembre;<br />

dodici 18 : non vuol dir nulla…<br />

Con sagaci occhi, mentre salgo<br />

verso l’ignoto<br />

cerco il mio segno sulle inanimate cose<br />

che tutti sanno;<br />

un po’ sul serio<br />

un po’ per giuoco…<br />

Più non distinguo il 19 segno che distingue<br />

dalle ingenue superstizioni<br />

le realtà misteriose.<br />

Fiore di croco<br />

esile e pallido<br />

che t’affacci sul mio cammino<br />

me lo sai dare tu 20 la risposta<br />

del mio destino?<br />

17 Dodici: segue depennato «undici».<br />

18 Dodici: segue depennato «undici».<br />

19 Il: segue depennato «confine che separa la misteriosa realtà».<br />

20 Tu: segue depennato «il segreto».<br />

49


“Avanti, soldati, perché vi fermate?”<br />

Ah, intendo.<br />

Bisogna sostare<br />

affinché passino<br />

sull’orlo del sentiero<br />

i muli che scendono a valle<br />

a prendervi pane e cartuccie 21 .<br />

Un conducente m’addita<br />

stamani, mentre uno saliva<br />

col suo carico tanto grave<br />

(ignorava che erano bombe:<br />

che vuoi che ne sappiano loro,<br />

poveri muli, della guerra?)<br />

è sdrucciolato giù,<br />

è tracollato nell’abisso<br />

balzando di rupe in rupe<br />

con un fracasso goffo<br />

di 22 ferramenta vecchie.<br />

Ora, guardate, è laggiù<br />

vicino a quel piccolo abete,<br />

colle quattro zampe stecchite<br />

voltate verso il cielo 23 :<br />

pare, così minuscolo,<br />

così smagrito dalla morte,<br />

un giocattolo rotto<br />

un cavallino di legno senza testa<br />

che un bimbo capriccioso gettò via…<br />

21 Cartuccie: segue depennato «Fraterni muli! Guardatemi».<br />

22 Di: segue depennato «vecchie».<br />

23 Cielo: segue depennato «pare, piccino piccino così,».<br />

50


Largo, soldati, ai fraterni muli<br />

che meritano rispetto<br />

poiché ne sanno meno di noi.<br />

(Ma già, quasi ho dispetto<br />

di lasciarli andare<br />

a compiangere i muli:<br />

si va lassù, per uccidere<br />

gli uomini che vogliono ucciderci,<br />

e c’è tempo per aver pietà<br />

dei muli, che in fondo son bestie?)<br />

Vertiginose altalene di passaggi,<br />

saliscendi su baratri cupi:<br />

torri di roccia, su cui non sventola<br />

nessuna bandiera,<br />

castelli quadrati senza balconi<br />

dai quali al varco<br />

invisibili insidie ti spiano.<br />

Non so perché,<br />

non so perché<br />

questo paesaggio<br />

così contorto ed aspro<br />

mi fa tanto male<br />

solo a guardarlo.<br />

Mi par d’esser nei sogni, quando in fondo<br />

si drizzan montagne sconosciute<br />

color di bronzo,<br />

verso le quali va la via deserta<br />

grigia come una biscia di piombo;<br />

e nessun danno aperto ci minaccia<br />

51


e non ci fa soffrire<br />

nessun distinto dolore,<br />

eppur quei monti<br />

così spettrali<br />

quella serpeggiante strada<br />

così tortuosa<br />

ci danno un brivido<br />

misterioso, un’oppressura<br />

senza perché<br />

Penso che in un cassetto del mio studio<br />

a Firenze (a Firenze!!)<br />

ho lasciato dei fogli manoscritti<br />

nei quali si parlava<br />

dell’Assemblea francese<br />

quando poneva le basi 24<br />

di questa società<br />

poggiata sul diritto 25 .<br />

Che lontananze! Un tempo<br />

anch’io scrivevo i libri per la stampa.<br />

24 basi: segue depennata «della nostra».<br />

25 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Cassazione Civile, cit. La grande opera giovanile, già quasi interamente<br />

scritta dal 1915, si impose subito come testo fondamentale nel dibattito giuridico italiano.<br />

Questa opera contiene le qualità e i pregi di tutta la sua produzione, anche dell’età più matura: la<br />

vastità dell’indagine storica e dell’inquadratura sistematica, in cui si rivela l’impronta della<br />

scuola che lo aveva formato, la somma chiarezza ed eleganza dello stile, la logica rigorosa<br />

nell’elaborazione dei dati della storia, del diritto comparato e del diritto positivo e, infine, quella<br />

che apparirà in seguito sempre meglio come la caratteristica saliente e inconfondibile della sua<br />

personalità di studioso, cioè la sensibilità per i problemi della giustizia, intesi come problemi di<br />

civiltà e di elevazione della vita del popolo italiano e, perciò, necessariamente presenti nello<br />

studio, apparentemente arido, delle leggi. Così E. T. LIEBERMAN, Piero Calamandrei il giurista,<br />

in «Rivista di Diritto Processuale», 1956, pp. 261-265:265.<br />

52


26 Lastrica: segue depennato «le vie».<br />

Quante giornate<br />

vanamente sprecate<br />

tra vecchie pergamene,<br />

mentre su, verso Fiesole,<br />

eran fioriti i mandorli!<br />

Quante giornate! E questo<br />

oggi mi dà una gran malinconia.<br />

Soltanto questo<br />

poiché al resto<br />

non bisogna pensare.<br />

Sempre più su: tra poco ci saremo.<br />

Vedo sotto l’incavo di una roccia<br />

quattro portaferiti<br />

che mi guardano senza salutarmi<br />

con smarriti occhi stanchi,<br />

come quelli dei muli.<br />

Tornano in su, per prendere altro carico<br />

che mai non manca;<br />

si son fermati lì per un minuto<br />

a buttar giù in silenzio una pagnotta<br />

trovata in terra (siamo qui al paese<br />

della Cuccagna, dove le vie<br />

il pane biondo lastrica 26 ?)<br />

Nel mezzo a loro<br />

dritta contro la pietra<br />

c’è una barella vuota:<br />

e la sua tela cava<br />

è tutta un grumo<br />

53


27 Di: segue depennato «bruno».<br />

28 Portatori: segue depennato «regge con».<br />

29 Penso: segue depennato «Che pensa?»<br />

30 «Soltanto»: aggiunto in interlineo.<br />

di rappreso sangue nerastro<br />

che dette al tessuto una consistenza<br />

come di 27 secco cuoio.<br />

Uno dei portatori 28<br />

poggia una mano<br />

sulla barella, e coll’altra<br />

porta alla bocca il raccattato pane.<br />

Io guardo la barella<br />

(chi essa ancora dovrà portare?)<br />

senza tremare: e penso 29 .<br />

Penso soltanto 30 che anch’io<br />

ho fame: e che se battessi<br />

il piede sopra un pane abbandonato<br />

volentieri saprei<br />

raccoglierlo dal fango<br />

e portarlo alla bocca.<br />

Sempre più su: tra poco ci saremo.<br />

Sarà presto appagata<br />

la mia curiosità. Ma non mi stanco<br />

dal cumular le ipotesi.<br />

Sarà tardi? Li avranno già respinti?<br />

Perché lassù si è spento ogni rumore?<br />

Arriveremo su, sotto il roccione,<br />

dove i nostri oramai reggono a stento;<br />

carponi infileremo la trincea,<br />

scavalcando i cadaveri supini<br />

54


31 Mamma: segue depennato «Penso».<br />

in gran silenzio: e prenderemo il posto<br />

dei morti, innanzi<br />

alle sconvolte feritoie<br />

strillanti sangue.<br />

E poi? Staremo immoti<br />

col cuore che più non batte<br />

sotto il truce flagello,<br />

chiedendo ad ogni schianto<br />

perché si viva ancora.<br />

Respireremo l’aria avvelenata<br />

che rode il petto, che brucia<br />

gli occhi (i miei occhi che ti hanno guardata<br />

o mio lontano amore!) …<br />

E poi? e poi? Qual parte<br />

della persona che tu mi facesti<br />

sarà straziata, o mamma? 31<br />

Immagino, senza ribrezzo,<br />

che questa mano fatta da mia madre<br />

tra un’ora potrebb’essere bianca bianca…<br />

“Lasciate il passo, soldati”.<br />

Sopra una barella<br />

vien giù una forma abbandonata<br />

ravvolta nelle coperte:<br />

avanzano i portatori<br />

con cauto passo di funerale:<br />

un debole gemito accompagna<br />

la lenta cadenza.<br />

Guardo con occhi asciutti<br />

55


32 Essi: segue depennato «veggon».<br />

33 Formicole: segue depennato «nere».<br />

34 Con: segue depennato «sapiente».<br />

il passaggio del dolore.<br />

“Forse felice te, fratello,<br />

che la tua sorte<br />

l’hai già saputa<br />

che la misteriosa risposta<br />

l’hai già ricevuta…”<br />

Ecco la vetta. Ad una svolta è apparsa<br />

qui, sulle nostre teste.<br />

Nessun segno di vita<br />

tra quelle torve cuspidi;<br />

cessata è la battaglia.<br />

Ma certo di lassù<br />

essi 32 guardano passare<br />

questa lunga processione<br />

di formicole 33 grigiastre<br />

e forse, mentr’io salgo<br />

questo valico scoperto<br />

qualcuno di lassù<br />

(non lo conosco, non mi conosce)<br />

scorge la mia lunga figura<br />

e con 34 cura<br />

mette in punto la sua mitragliatrice<br />

che tra un istante, tra un istante solo…<br />

Questo è un passo battuto,<br />

si vedono in terra le traccie.<br />

Ma qui bisogna prendere le cose<br />

con una certa leggerezza…<br />

56


Qui bisognerebbe correre,<br />

ma io mi fermo un minuto<br />

a carezzare colle dita<br />

una corolla azzurra di genziana<br />

sempre viva sull’orlo di un imbuto<br />

scavato dal cannone:<br />

e ne gioisco quasi puerilmente,<br />

poiché questa corolla 35<br />

anche in mezzo alle scheggie affumicate, è sempre<br />

una soave cosa<br />

(e poi bisogna pensare che questa genziana potrebb’essere l’ultimo fiore).<br />

C’è lì, in terra, un elmetto 36<br />

azzurrino, con qualche ammaccatura;<br />

potrei prenderlo su, per ripararmi<br />

la testa, ma lo guardo e non lo prendo…<br />

Che direbbero i soldati<br />

se vedessero che affretto<br />

il mio passo sempre uguale<br />

se vedessero che metto<br />

uno schermo sulla mia fronte?<br />

E poi, bisogna prendere le cose<br />

con una certa leggerezza<br />

(sì, ma forse un po’ di fretta,<br />

forse quell’elmetto<br />

che non ho raccolto<br />

avrebbe potuto salvare<br />

tutto quello di cui<br />

ho vissuto finora,<br />

35 Corolla: segue depennato «anche tra schegge di granate».<br />

36 Elmetto: segue depennato «abbandonato».<br />

57


37 Con: seguono depennate parole illeggibili.<br />

38 «Suo»: aggiunto in interlineo.<br />

39 Cenci: segue depennato «grigiastri».<br />

tutta la mia lontana<br />

dolce felicità…)<br />

Siam giunti. Là sopra,<br />

dietro quell’ultimo picco<br />

s’aggrappa la nostra trincea.<br />

“Fermatevi: adunatevi in silenzio<br />

sotto questo roccione,<br />

in attesa, mentre qualcuno<br />

va sopra a chiedere gli ordini”.<br />

Sotto la roccia cava<br />

che incombe su di noi<br />

con 37 ambigui scricchiolii<br />

di misteriose cadute<br />

(certo lassù qualche mano contratta<br />

si sporge un istante<br />

dal suo 38 nascondiglio<br />

ed ai macigni<br />

che ondeggiano in bilico<br />

dà la mossa verso il dirupo)<br />

e minuti sono ore.<br />

Qualcuno domanda che è, tra quei sassi<br />

chiazzati di rosso<br />

quel sacco di cenci 39 dal quale<br />

sporgon due scarpe ferrate.<br />

Rispondono: “È un alpino<br />

rotolato giù dalla vetta<br />

58


mezz’ora fa. Voleva<br />

salire, ma gli è mancato<br />

un sasso sotto il piede<br />

ed è venuto giù a salti<br />

portandosi dietro<br />

una pazza ridda di pietre.<br />

Alla fine s’è fermato lì,<br />

con un ultimo tonfo sordo”.<br />

Domando: “Ma sarà proprio morto?”<br />

Rispondono: “Dev’essere morto.<br />

Non s’è più mosso di lì.<br />

Certo, dev’essere morto…”<br />

Siamo qui, ritti e fermi,<br />

come i sassi, che quando li spingi,<br />

rotolan giù, dove debbono andare;<br />

ma se non li tocchi<br />

stanno fermi e zitti…<br />

C’è un gran silenzio<br />

lassù alla trincea;<br />

ma tanto, che importa?<br />

Faremo tutti<br />

fino alla fine<br />

quello che si deve fare…<br />

Torna l’ordine:<br />

“Respinto è l’attacco:<br />

del rinforzo non c’è più bisogno,<br />

alle tende potete tornare”.<br />

Un brivido di gioia<br />

corre per tutti gli occhi<br />

59


come quando da bimbi,<br />

dopo una notte d’insonni terrori<br />

si rivedeva il chiarore dell’alba.<br />

Piccole tende, col letto di paglia<br />

caldo e soffice come un nidetto,<br />

com’è giocondo scendere ancora<br />

verso la cheta valle<br />

nella quale vi rivedremo<br />

tutte bianche sotto la luna!<br />

Sulle livide roccie<br />

mentre s’inizia il ritorno,<br />

il tramonto ha fatto fiorire<br />

magri ciuffi di violette.<br />

Il cielo è ranciato dietro le vette:<br />

dolce sole, come sei bello<br />

nei riflessi di mille goccie!<br />

E domattina, quando dalla tenda<br />

nell’aurora ci affacceremo<br />

ancora una volta, o sole,<br />

ancora una volta<br />

ti saluteremo!<br />

60


61<br />

2.<br />

Canto di retrovia<br />

Zona di guerra, marzo–aprile 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 12-15. Poesia già edita in Zona di guerra, pp. 246-256.<br />

In un paese, dove le donne<br />

vestite di nero<br />

ogni volta che sentono il cannone<br />

tuonar dalla montagna,<br />

s’affaccian sulla porta<br />

e guardano fuori con occhi smarriti<br />

come se in fondo alla deserta via,<br />

dovesse spuntare d’ora in ora<br />

entro una nube di polvere<br />

il lugubre galoppo di un messaggero,<br />

ho udito sulla piazza<br />

la banda militare<br />

di un reggimento francese<br />

suonar l’inno di Garibaldi.<br />

Facevano cerchio i soldati<br />

dei nostri reggimenti<br />

scesi a riposo dalla trincee:<br />

e tutti ascoltando<br />

avevano la bocca sorridente,<br />

ma gli occhi perduti tanto lontani,<br />

quasi ognuno intendesse<br />

in fondo al cuore una pena,<br />

ma volesse celarla<br />

poiché a riposo si scende


per divertirsi<br />

e non conviene guastar la festa<br />

colle malinconie.<br />

Giammai tumulto di pensieri<br />

ho indovinato sul viso<br />

degli umili fanti vestiti color della terra,<br />

più febbrile di quello<br />

che oggi ho scoperto<br />

negli occhi di questi soldati<br />

discesi a riposo.<br />

Nessuno ebbe in trincea<br />

il tempo di pensare lungamente<br />

alle dolcezze lasciate indietro:<br />

poiché si dormiva di giorno<br />

un opaco sonno di fatica<br />

vuoto degli iridati<br />

sogni di nostalgia;<br />

e di notte ogni sguardo era appuntato<br />

oltre i reticolati,<br />

dove finisce il mondo<br />

e incomincia la plaga misteriosa<br />

che dicon non abbia padrone<br />

perché sembra disabitata,<br />

ma poi basta un razzo<br />

che in cielo pigramente<br />

dischiuda la maligna<br />

dondolante pupilla,<br />

per farti sorgere in quell’attimo<br />

dietro ogni sterpo<br />

62


l’ombra di un’adunca mano,<br />

che per ghermirti<br />

nella tenebra attende…<br />

Lassù non c’era tempo di pensare:<br />

ma qui talvolta nell’ozio<br />

sembra che non ci sia<br />

altro di meglio da fare…<br />

Siamo tutti scesi a riposo<br />

nel paese di pianura<br />

giù dalla montagna,<br />

dove i nostri fratelli,<br />

venuti in lunga fila all’imbrunire<br />

ci hanno dato il cambio<br />

nelle nostre fosse di neve,<br />

e una stretta di mano<br />

scambiata tacitamente nel partire<br />

è stata la promessa<br />

che presto anche noi torneremo.<br />

Lassù c’era l’inverno,<br />

ma qui c’è la primavera:<br />

un mandorlo fiorito<br />

dietro una cancellata<br />

lungo la via maestra<br />

(non erano questi i mandorli in fiore,<br />

sotto i quali, nei tempi<br />

delle leggende,<br />

si sedevano a sera gli innamorati,<br />

in silenzio, senza riuscire<br />

tanto era gonfio il cuore,<br />

63


a dirsi parole d’amore?…),<br />

e, sotto le siepi che gemmano<br />

e già sognano verde,<br />

tante violette,<br />

come quelle di cui adolescenti<br />

riempivano le coppe,<br />

che mettevano poi nelle stanze,<br />

di notte, quando le finestre<br />

disegnano sulla parete nera<br />

quadrati di chiaro di luna,<br />

un profumo troppo soave.<br />

La buona primavera<br />

fa festa al nostro arrivo<br />

e vuole affrettarsi a donare<br />

tutto quello che può:<br />

ella ci guarda<br />

con pietosi occhi che sanno,<br />

come si guarda<br />

un giovinetto malato<br />

che non può guarire,<br />

e si appagano tutte le sue voglie,<br />

sorridendo,<br />

così, per non piangere…<br />

Ancora una volta<br />

i fanti hanno veduto<br />

correr sui prati bambini biondi,<br />

che quando passano i soldati<br />

si fermano a bocca aperta<br />

ammirandoli perché sono grandi<br />

64


e possono andare quando vogliono<br />

a fare la guerra;<br />

ancora una volta hanno veduto<br />

passare la vaporiera miracolosa<br />

che ogni giorno può partire<br />

verso le terre incantate,<br />

dove si andrà in licenza<br />

quando ci toccherà.<br />

Volti di donne<br />

sono apparsi ai balconi,<br />

attratti dallo scalpiccio<br />

che fa la fanteria<br />

a passo di strada;<br />

e una fanciulla ferma alla fontana<br />

ha sorriso ai passanti polverosi<br />

ed ha chiesto con grazia 40 :<br />

“Se ci fosse qualcuno 41<br />

che così gentile 42<br />

da donarle un cerchietto<br />

di rame, di quelli<br />

che 43 cingono i fondelli<br />

delle granate 44 ,<br />

farmene un braccialetto.<br />

A voi nulla costa… Quando<br />

lassù tornerete,<br />

chissà quant’altri ne troverete!”<br />

40 Grazia: segue depennato «“Ci sarebbe».<br />

41 Qualcuno: segue depennato «tra voi».<br />

42 Gentile: segue depennato «che volesse donarmi un».<br />

43 Che: segue depennato «fasciano».<br />

44 Granate: segue depennato «Vorrei».<br />

65


Tu dici che queste son cose<br />

che devono dare tanta allegrezza<br />

a chi torna dalla trincea;<br />

ma invece ti giuro<br />

che queste son cose<br />

fatte per mettere in cuore<br />

un po’ di mestizia…<br />

A riposo…<br />

Quante stupefacenti<br />

dimenticate meraviglie<br />

si ritrovano nel paese<br />

dove si scende a riposo!<br />

Si vede, passando per via<br />

da una finestra aperta<br />

a piano terreno<br />

una camera linda<br />

con appesi sui muri<br />

le immagini dei santi,<br />

e un bel lettino bianco<br />

preparato per qualcuno<br />

che la notte può dormire;<br />

si vede un campanile<br />

con in cima la sua cuspide<br />

che termina in una croce,<br />

con entro le sue campane<br />

e coll’orologio<br />

che seguita a batter l’ore<br />

(penso a un bivio<br />

dal quale si passava correndo<br />

66


sulle macerie<br />

uno alla volta,<br />

e a quel rudere di chiesa<br />

con un troncone di campanile<br />

e a quella lancetta<br />

che segna la stessa ora<br />

da due anni…);<br />

si vedono bei campi seminati<br />

e dietro una siepe<br />

un vecchio rugoso<br />

che si ricorda di potar le viti,<br />

le quali faranno l’uva d’autunno<br />

e non si sa chi la mangerà;<br />

si vedon le botteghe<br />

colle vetrine luccicanti<br />

degli inutili ninnoli<br />

che adoprano i borghesi;<br />

e sulle strade fuori di porta<br />

vanno nel vespero domenicale<br />

i vecchi signori venerandi<br />

che si parano il sole<br />

con un ombrello verde,<br />

e le processioni di bimbi<br />

incappati da sacrestani<br />

che cantano litanie<br />

odorose di biancospino.<br />

A riposo…<br />

Bisogna ripulirsi,<br />

ritemprarsi, lustrare<br />

67


45 Necessario: segue depennato «far bella figura».<br />

46 «Un dì»: aggiunto in interlineo.<br />

i fucili arrugginiti<br />

nel fango della trincea,<br />

liberare il cuore<br />

da quell’inerte involucro d’oblio<br />

in cui l’ha imprigionato<br />

lo stordimento delle notti senza sonno.<br />

Si deve cambiare la veste<br />

stracciata dai fili spinati<br />

nei servizi di pattuglia,<br />

e rinnovare le mostrine,<br />

scolorite dalla neve<br />

annerite dal fumo dei ricoveri;<br />

poiché ora è necessario 45<br />

essere belli<br />

quando usciamo a far le marce<br />

per le vie di campagna<br />

nei mattini stillanti di rugiada,<br />

e la fanfara suona<br />

vecchie arie un po’ stonate<br />

che fanno alzare a volo gli usignoli<br />

dalle vette dei pioppi<br />

tuffati nella caligine,<br />

e ridestan lontani tormenti<br />

provati sui banchi di scuola<br />

dai quali un dì 46 ascoltavamo<br />

le gioconde fanfare in piazza d’armi<br />

e ci pareva d’esser prigionieri…<br />

68


A riposo bisogna ricontarsi;<br />

ma quando ci ricontiamo<br />

non tutti rispondono<br />

alla chiamata 47 :<br />

è restato lassù<br />

chi già riposava<br />

sotto la sua croce di legno<br />

di un camposantino<br />

costruito di notte<br />

in fondo a una valletta,<br />

dove di giorno non si può passare<br />

perché su quella 48 cima<br />

c’è qualcuno 49 in vedetta<br />

che proibisce di far visita ai morti.<br />

Giorni di riposo<br />

nei quali si ridesta<br />

una pena che non vuol riposare,<br />

giorni in cui si torna ad imparare<br />

come son fatti i tesori<br />

che c’era 50 sembrato<br />

di poter dimenticare,<br />

giorni di retrovia 51<br />

giorni di malinconia,<br />

rinnovata partenza,<br />

prolungato addio<br />

47 Chiamata: segue depennato «qualcuno».<br />

48 Quella: segue depennato «vetta».<br />

49 Qualcuno: segue depennato «che non vuole che si vada a».<br />

50 C’era: segue depennato «parso».<br />

51 Retrovia: segue depennato «pensai».<br />

69


52 Perché: segue depennato «s’oda».<br />

53 Via: segue depennata parola illeggibile.<br />

come quando il treno<br />

si ferma appena uscito dalla stazione<br />

e si vedono ancora le persone<br />

laggiù sotto la tettoia,<br />

ma indietro non si torna<br />

e troppa è la distanza<br />

perché 52 la voce s’oda.<br />

Che pensi, o solitario fante<br />

che nelle ore della libera uscita<br />

vai con incerto passo<br />

per la ristretta via 53<br />

serpeggiante diga<br />

in un mar di ranuncoli ranciati<br />

in mezzo al quale i peschi<br />

sembrano isole di corallo?<br />

Tu guardi un casolare e le galline<br />

che beccano sull’aia;<br />

ma non vedi quello che guarda…<br />

Tu vedi un’altra campagna<br />

che ha un sì dolce nome:<br />

aspetti che una porta si dischiuda<br />

e ne baleni un riso<br />

e ne suoni una voce,<br />

quella che ti diceva<br />

addio con un singhiozzo,<br />

quando sulla tradotta<br />

dovevi salire<br />

e tu la esortavi<br />

70


ad essere calma e serena<br />

poiché non è detto<br />

che tutti alla guerra si debba morire…<br />

Ogni sera all’imbrunire<br />

tornan gli attoniti fanti<br />

ai casolari sparsi<br />

fuori del paese,<br />

dove sono accantonati<br />

nei fienili insieme coi colombi.<br />

Cala dolce la notte:<br />

non quella della trincea,<br />

tenebroso mistero<br />

senza lumi ai casolari,<br />

senza canti di carrettieri<br />

senza suoni di campane<br />

senza il fischio del vapore,<br />

notte d’incubo, ostile magia,<br />

con folli guizzi di riflettori,<br />

luridi strappi nella tenebra,<br />

con un silenzio fatto<br />

di immobili insidie che si spiano<br />

in attesa dello schianto…<br />

Questa è la notte benigna<br />

che in cielo ha le stelle<br />

e sulla terra i lumi<br />

delle finestre aperte<br />

coll’ombra di una testa<br />

dietro la tenda gialla,<br />

notte piena di voci e di rumori,<br />

71


il vagito di un neonato,<br />

una voce di donna<br />

che dà la buonanotte<br />

a un passo che si allontana,<br />

il 54 batter di una porta<br />

che si chiude 55<br />

dietro a qualcuno che torna<br />

a casa sua, dove attende 56<br />

una tovaglia bianca<br />

e una lampada appesa<br />

che sopra le fa da sole…<br />

A quattro a quattro<br />

tornano i fanti<br />

parlando sommessamente<br />

nella penombra;<br />

lunghe pause<br />

sembran sospiri;<br />

qualcuno canta,<br />

ma 57 il coro non lo segue 58 …<br />

strane canzoni<br />

che questo cielo non conosce,<br />

ma subito tace<br />

ché non trova il coro…<br />

E dopo poco la voce esile 59<br />

di una tremula 60 tromba trema<br />

54 Il: segue depennato «rumor».<br />

55 Chiude: segue depennato «che si richiude».<br />

56 Attende: segue depennato «poich’è finito il giorno».<br />

57 Ma: segue depennato «non trova».<br />

58 Segue abbozzo della poesia: Cfr. MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 26 e 27.<br />

59 Esile: segue depennato «e forte».<br />

60 «Tremula»: aggiunto in interlineo.<br />

72


lamento sulla 61 pianura infinita<br />

immersa in un caliginoso<br />

chiarore verdastro 62 di luna<br />

richiama al silenzio<br />

i pensosi uomini raccolti<br />

che anche senza quel richiamo<br />

desiderano solo di tacere;<br />

ma c’è insomma lassù verso i monti<br />

il rombo del cannone<br />

mentre lontano<br />

su verso i monti<br />

il rombo del cannone<br />

non vuol dormire.<br />

Sulla piazza del paese<br />

dove siamo scesi a riposo<br />

ho udito la banda militare<br />

di un reggimento francese<br />

suonar l’inno di Garibaldi.<br />

Facevano cerchio i nostri fanti,<br />

e i rari paesani<br />

bambini e vecchi<br />

e donne vestite di nero.<br />

Ma quando la musica è giunta<br />

a quella frase che dice:<br />

“Va fuori d’Italia o straniero”,<br />

m’è parso che 63 alla gola mi stringesse.<br />

Occhi, occhi perché piangete?<br />

Forse per le 64 terre che erano nostre<br />

61 Sulla: segue depennato «campagna».<br />

62 «Verdastro»: aggiunto il interlineo.<br />

63 Che: segue depennato «i miei occhi volessero inumidirsi».<br />

73


64 Le: segue depennato «nostre».<br />

e che riprenderemo<br />

forse per la pietà di queste donne<br />

che erano felici<br />

e più non lo saranno,<br />

o per le nostre case<br />

che dobbiamo difendere<br />

anche se ne morremo,<br />

o per questi fanti pensosi<br />

che oggi qui riposano per un giorno<br />

che forse lassù domani<br />

per sempre riposeranno?<br />

No, non per questo: piuttosto<br />

perché mi fa tanta pena<br />

di confessare a me stesso<br />

che a tutti questi dolci<br />

tormentosi pensieri<br />

che ci insidiano quando<br />

si scende a riposo,<br />

non bisogna dare ascolto.<br />

Non si deve sospirare<br />

perché (quell’inno italiano suonato<br />

da trombe francesi!)<br />

c’è altro da fare, c’è altro da fare!<br />

74


3.<br />

Il pane<br />

s. l. (ma Firenze), 25 dicembre 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 28-34. Poesia autografa già edita col titolo Das Brot<br />

in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, I poemetti della bontà, Firenze, Bemporad & Figlio, 1925,<br />

pp. 149-161.<br />

1. “Bono taliano!”<br />

In Austria sono morti<br />

nella più squallida miseria<br />

tutti gli impiccatori eccellentissimi.<br />

Le forche sono state segate<br />

per fare un po’ di fuoco<br />

in qualche tugurio<br />

pieno di moribondi;<br />

gli scettri, le collane,<br />

le gualdrappe di velluto<br />

cogli alamari d’oro,<br />

tutto è stato venduto all’incanto<br />

per comprare un po’ di pane 65<br />

agli arciduchi arcimilionarî.<br />

E restano soltanto<br />

alla superba Austria<br />

già paradiso dei vecchi carnefici 66 ,<br />

infinite turbe di bimbi<br />

troppo pallidi e troppo biondi<br />

che tremano e piangono<br />

e tendon le manine paonazze<br />

65 Pane: segue depennato «a un arciduca».<br />

66 Carnefici: seguono depennate parole illeggibili.<br />

75


67 All’erta: seguono depennate parole illeggibili.<br />

e ci guardano con grandi occhi azzurri<br />

come per dire<br />

che non sono stati loro…<br />

Mi ricordo di una storia<br />

che cantavano gli alpini<br />

sulla vetta del Pasubio:<br />

“O tu, Austria, che sei la più forte,<br />

vieni avanti, se hai del coraggio…”<br />

Quand’era la più forte per davvero<br />

per tre volte l’abbiamo fermata<br />

e alla quarta l’abbiamo stroncata;<br />

ma ora che ci manda<br />

a forzar le nostre linee<br />

quest’esercito di bimbi supplicanti,<br />

noi popolani grigioverdi<br />

mangiamaccheroni e mandolinisti<br />

che alla prepotenza dei generali<br />

non ci s’è mai creduto,<br />

ma che non s’è mai rifiutato<br />

al nemico che si arrendeva<br />

gridando: “Bono taliano!”<br />

una gavetta di pasta fumante,<br />

apriamo il varco dei reticolati,<br />

togliamo dai fucili<br />

la fissa baionetta<br />

che da quattr’anni è all’erta 67 ,<br />

e a braccia tese gridiamo:<br />

“Asciugatevi gli occhi,<br />

poveri ragazzi biondi!<br />

76


In cambio di un vostro servizio,<br />

con voi la pace è fatta<br />

e la nostra casa è per voi!”<br />

1. La domanda<br />

Cammina, cammina<br />

per monti e per pianure<br />

una bimba di Vienna<br />

è arrivata in Italia:<br />

vede lungo la strada<br />

una casa di contadini<br />

e un chiarore di focolare<br />

che dalla finestra riluce.<br />

La bimba ha tanta fame e tanto freddo;<br />

bussa alla porta<br />

che qualcuno disserra;<br />

ma la straniera non sa parlare<br />

come si parla nella nostra terra;<br />

sa dire soltanto<br />

con un’esile voce che trema<br />

di freddo e di pianto:<br />

“Bitte, um’s Brot…”<br />

Nella stanza son sedute<br />

tre persone accanto al fuoco<br />

che manda gli ultimi guizzi.<br />

Due son chete: un vecchio nonno<br />

con la fronte sulla mano,<br />

e una donna vestita di nero,<br />

occhi mesti che guardan lontano.<br />

77


68 Bimbo: segue depennato «la chiama».<br />

Ma il terzo è un bimbo bruno<br />

che gioca e ride e canta:<br />

egli sa che da due anni<br />

il suo babbo è in cima al Grappa,<br />

ed attende che ritorni,<br />

perché nessuno gli ha detto<br />

che, oramai, fra quelle pietre<br />

non ci son restati che i morti.<br />

La guardano appena<br />

il vecchio e la donna;<br />

ma il bimbo 68 le accenna<br />

di entrare a giocare con lui.<br />

Ristà sulla soglia<br />

(le serve da sfondo la notte<br />

rigata da fiocchi di neve)<br />

la bimba mendica, e ripete:<br />

“Bitte um’s Brot!”<br />

3. Quel che risponde il vecchio<br />

Il vecchio nonno così risponde:<br />

“Bambina, non intendo quel che dici;<br />

ma t’avverto che questa non è casa<br />

dove la carità si possa fare:<br />

qui sta, con una vedova che piange<br />

e con un bimbo che non ha più babbo,<br />

un vecchio che non regge più la vanga:<br />

vivono tutt’e tre, senza speranza,<br />

d’un campicello che dà solo ortiche.<br />

78


Quando partì, che tornò alla su’ classe,<br />

mi disse: “Babbo, vi lascio in consegna<br />

la donna, il bimbo, e questo po’ di terra.<br />

Si va colla speranza di tornare;<br />

ma se poi si dovesse anche restare,<br />

di tutto si farà perché il tedesco<br />

questa terra non l’abbia a calpestare”.<br />

E il tedesco quaggiù non c’è venuto:<br />

morto il ragazzo mio ci s’è sdraiato<br />

sulla sua strada, e lui non è passato.<br />

Ma che mi faccio, ormai, di queste zolle,<br />

se non c’è braccia per cavarne il grano?<br />

Sempre sia maledetto chi ha voluto<br />

che morisse nel fiore degli anni il figlio,<br />

lasciando vivo il suo babbo canuto.<br />

E tu, bimba, se vuoi la carità,<br />

chiedila a quelli che me l’hanno ucciso”.<br />

4. Quel che risponde la donna<br />

La nuora abbrunata così risponde:<br />

“Bambina, io non intendo<br />

che cosa vuoi dirmi; ma forse<br />

dal tremito della tua voce<br />

mi par di capire che tu mi domandi<br />

il dono di un po’ di pietà…<br />

E come esaudirti vorrei!<br />

Ma, non vedi? Il mio cuore è tutto vuoto:<br />

qualcuno dev’esser passato<br />

a chieder compassione<br />

prima di te.<br />

79


C’è nel cielo, fra tanti giardini<br />

dove cantano i beati,<br />

un angolo cheto<br />

dove nessuno canta<br />

e nessuno sorride:<br />

ci abitan l’ombre di certi bimbi morti<br />

che neanche in paradiso<br />

vogliono più giuocare,<br />

perché sono infinitamente mesti<br />

ricordando sempre<br />

come sono stati cattivi con loro<br />

gli uomini di questo mondo…<br />

Lì stanno l’ombre dei bimbi<br />

ch’ebbero mozze le mani<br />

perché non potessero più carezzare<br />

il viso delle loro mamme impazzite;<br />

e ci sono l’ombre di altri bimbi<br />

affondati in mezzo al mare<br />

dentro le loro culle color di rosa<br />

(pare che nell’oceano<br />

ci fosse un mostro marino<br />

che affondava i bastimenti<br />

perché aveva tanta paura<br />

dei bimbi che c’erano sopra);<br />

e ci son l’ombre di quelli<br />

che furono uccisi<br />

da una bomba che cadde dal cielo<br />

mentre cantavano il girotondo;<br />

e ci son l’ombre di quelli che son morti di fame<br />

perché nelle loro case<br />

80


69 Morti: seguono depennate parole illeggibili.<br />

gli invasori avevan predato<br />

fin l’ultimo tozzo di pane…<br />

Tutta la mia pietà l’ho regalata<br />

a queste povere creaturine morte<br />

che ora stanno in silenzio<br />

a ricordare in paradiso.<br />

E forse un briciolino<br />

me ne sarebbe restato<br />

anche per te; ma ho dovuto<br />

donarlo a questo mio bimbo,<br />

che è vivo e che canta,<br />

ma che mi fa pena<br />

più di quelli morti 69 ;<br />

perché quelli, almeno, non hanno più fame…<br />

Qualcuno di certo è passato<br />

a chieder compassione<br />

prima di te…<br />

Riprendi, bimba, il cammino:<br />

in questo mio cuor consumato<br />

quello che cerchi non c’è”.<br />

5. Una voce dal Grappa<br />

Dai camposanti del Grappa<br />

col vento ora giunge una voce;<br />

non l’odono il vecchio e la donna.<br />

“Quarantadue mesi ci siamo restati,<br />

e tanti di noi ci sono restati per sempre;<br />

ma quando l’ora è venuta,<br />

sul gelo dell’alpe o nel fango della dolina,<br />

81


una speranza ci ha carezzato<br />

come nell’ultimo addio<br />

qual mano materna:<br />

la speranza che tanti tormenti<br />

avrebbero lasciato<br />

ai vivi un po’ più di bontà.<br />

Dimenticatelo pure,<br />

o voi, per i quali siam morti,<br />

tutto quello che abbiamo sofferto,<br />

tutto quello che abbiamo combattuto.<br />

Non importa che ci veniate a visitare<br />

in questi squallidi cimiteri<br />

così fuori di mano;<br />

ci vuol troppa fatica<br />

per salire su queste mulattiere:<br />

noialtri ve lo possiamo dire<br />

che per tre anni ci s’è camminato.<br />

E non importa che ci portiate fiori:<br />

sotto le croci di legno,<br />

anche se la tormenta stinge i nomi,<br />

non ci si sta poi tanto male;<br />

perché ci si consola<br />

solo a pensare che il nostro dovere<br />

meglio che si poteva s’è compiuto<br />

e che la vittoria che v’abbiamo lasciato<br />

è di quelle che non fanno vergogna<br />

ai figliuoli dei vincitori.<br />

Dimenticate i tempi cattivi<br />

nei quali si fondevan gli aratri<br />

per costruire i cannoni,<br />

82


e si lasciava il solco a mezzo<br />

per scavar nella terra<br />

quelle fosse senza grano e senza fiori<br />

che si chiamavan trincee.<br />

Dimenticate tutto il sangue e tutti gli orrori<br />

e i reticolati e le feritoie;<br />

basteranno gli anemoni e le margherite<br />

della seconda primavera<br />

per risarcire alla terra le lunghe sue ferite.<br />

Tutto dimenticate,<br />

o vivi che guardate innanzi a voi<br />

il dolce mondo rifiorire;<br />

ma non dimenticate<br />

quella soave speranza<br />

che ci carezzò nel morire!<br />

Il più acuto sforzo, la pena più amara<br />

non era la sete nei solleoni<br />

o il gelo nelle vedette<br />

o negli assalti le gambe stroncate:<br />

era l’ansia del cuor che diceva,<br />

minuto per minuto,<br />

durante gli anni che non finivan mai<br />

“E se non si vincesse? e se non si vincesse?<br />

e ti parrebbe giusto, o nostro Signore,<br />

se no si dovesse riuscire<br />

a far la nostra vita perché questi tormenti<br />

anche i nostri figliuoli<br />

non li abbiano a soffrire?”<br />

Ma ora che s’è veduto<br />

che noi siamo stati più forti<br />

83


unicamente perché s’era più buoni di loro,<br />

e che con una gente che vuole lavorare,<br />

agricoltori e marinai<br />

non ce la può la cattiveria di due imperatori,<br />

ora bisogna anche ricordare<br />

che i bimbi sono sempre bimbi<br />

(nelle notti dell’avanzata<br />

col fucile stretto in pugno<br />

si sognava di carezzare<br />

teste ricciole 70 di fanciulli…),<br />

che i bimbi son sempre bimbi<br />

anche se non sanno dir pane<br />

nel dolce linguaggio d’Italia…<br />

6. Quel che risponde il bambino<br />

Ora la bimba mendicante scende<br />

la soglia: ad altre porte s’incammina,<br />

ché nessuno dei tre qui la comprende.<br />

Ma no: il fanciullo (al suo semplice orecchio<br />

la voce degli spiriti è vicina<br />

più che alla donna o più che al triste vecchio?)<br />

70 Ricciole: segue depennata parola illeggibile.<br />

guarda la bimba pallida e le grame<br />

sue vesti, e dice: “Io so quanto soffre:<br />

o nonno, o mamma, questa bimba ha fame”.<br />

C’è sul povero desco un seccherello<br />

di una pagnotta: e sorridendo l’offre<br />

a lei bionda quel suo bruno fratello.<br />

“Mangia: questo, da noi, si chiama pane:<br />

ripetilo anche tu, ma in italiano”.<br />

84


Ella tende la mano e dice: “Pa–ne”.<br />

O caduti dal carso all’Altipiano,<br />

nostri Morti, non siete morti invano.<br />

85<br />

Piero Calamandrei


4.<br />

La campana della Vittoria<br />

s. l., s. d.<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 38-47. Poesia già edita col titolo La campana della<br />

vittoria. Ai militari delle terre invase, in «Giornalino della Domenica», Anno<br />

Ai militari delle terre invase<br />

71 Cfr. MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 87-89.<br />

VII, n. 4, 12 gennaio 1919 71<br />

“Da Fontanelle (oltre Piave)<br />

una popolana è riuscita a<br />

far giungere al marito soldato<br />

una cartolina, ov’è detto: Il<br />

giorno 26 febbraio ho dato alla luce<br />

una bambina e le ho messo<br />

nome Vittoria”.<br />

I<br />

Campanile senza campana.<br />

Con che festa di gridi<br />

tripudiano le rondini<br />

intorno alla tua vetta, o campanile,<br />

della quale, or fa un anno,<br />

squillava dolcemente la campana!<br />

Cantan, perché non sanno:<br />

la vita è sì tranquilla<br />

su nella vuota altana,<br />

ora che non fa più tremare i nidi<br />

86


quel tormento di squilla!<br />

Ma, se gli alati cantano,<br />

tace il villaggio all’ombra tua, dal giorno<br />

che derubato fosti:<br />

tace il garrulo sciame,<br />

che nel cortile un tempo<br />

intrecciava cantando il girotondo;<br />

tace il tinnir giocondo,<br />

che faceano le belle alla fontana<br />

coi loro secchi di rame.<br />

È proprio questa la fiorita strada<br />

dove la scorsa estate<br />

passavan le brigate<br />

che di vetta all’Ermada<br />

avevan teso la mano verso Trieste?<br />

Oh, ma i balconi non hanno più rose,<br />

né bionde teste:<br />

fuggono per le strade desolate,<br />

ricurve e sospettose,<br />

pallide vecchie vestite di nero,<br />

che forse tornano<br />

dal cimitero.<br />

Si passano d’accanto<br />

senza uno sguardo:<br />

par quasi che non vogliano incontrarsi…<br />

E, infatti, che potrebbero narrarsi,<br />

se non d’aver nascostamente pianto?<br />

87


Le finestre si chiudono,<br />

si sprangano le porte<br />

quando le ronde passano.<br />

Ma per le strade morte,<br />

ai passi cadenzati il suol rimbomba,<br />

quasi fosse una tomba<br />

pronta per ingoiare<br />

i ladroni al passaggio…<br />

Intorno alla tua cima fanno festa<br />

le rondini; ma tu guardi il villaggio,<br />

o campanile, e la tedesca ronda.<br />

Pensi che presto tu potrai suonare<br />

il funerale a questa<br />

canaglia moribonda!<br />

II<br />

La scelta del nome.<br />

Stamani all’alba (c’era un astro limpido,<br />

che di lassù guardava, o campanile),<br />

pian piano, affinché i lupi non la udissero<br />

la pecorella è giunta al triste ovile.<br />

Nata è la bimba: e subito al suo giungere,<br />

voleva anche il suo babbo salutare;<br />

ma, il babbo è lungi, in cima al Grappa; e dicono<br />

ch’egli non venga qui, perché ha da fare…<br />

Or nella stanza chiusa (non offuschino<br />

sguardi tedeschi questo sol che spunta!)<br />

presso alla cuna le comari cercano<br />

88


il più bel nome per la nuova giunta.<br />

Dice la prima: “Tu sei nata, o piccola,<br />

mentre il cuor della mamma è in agonia:<br />

e ben ti sta, per le materne lacrime<br />

da cui sei nata, il nome di Maria”.<br />

E l’altra: “Innanzi a questa cuna candida<br />

ogni dolore per un istante tace:<br />

oh, per i giorni che verranno, diamole<br />

il benigno augural nome di Pace!”<br />

Tace nel letto suo la madre e il pallido<br />

viso abbandona sovra i bianchi lini;<br />

ma il cuor va lungi: e quella linea valica<br />

che gl’invasori chiamavano confini…<br />

Cerca qualcuno… e alfin risponde: “O piccola,<br />

il tuo babbo non vuol che a te si dia<br />

un nome di dolor, che un dì rammemori<br />

al tuo sorriso la passione mia.<br />

Il babbo tuo, che verrà presto a prenderti,<br />

dice che pel tuo viso e pei tuoi vezzi<br />

il dolce nome di Vittoria è l’unico<br />

adatto: in questo vuol ch’io ti battezzi.<br />

Oh, nella cuna tua, piccola e fragile<br />

bimba scesa dal ciel, tu sei più forte,<br />

sola col nome tuo, di tutti i lividi<br />

briganti che bivaccano alle porte!”<br />

89


III<br />

Ma la campana suona lo stesso…<br />

Nessuno ha udito<br />

qual nome è uscito<br />

dalla bocca del parroco,<br />

che dentro la chiesetta<br />

ha mondato la piccola<br />

creatura nell’acqua benedetta;<br />

ma un’imagine appesa<br />

a lato dell’altare,<br />

da cui San Giorgio vigila<br />

ben cavaliere invitto, quella parola detta<br />

a bassa voce deve averla intesa;<br />

perché si è visto fremere<br />

il dipinto cavallo e scalpitare<br />

ricalcando lo zoccolo<br />

sovra l’immondo rettile trafitto.<br />

Triste battesimo<br />

senza speranze,<br />

senza candidi veli<br />

e senza canore esultanze<br />

di sciolte campane nei cieli!<br />

(In piazza, a piè del campanil, che tacito<br />

ascolta il cinguettio<br />

dei nidi, c’è un austriaco<br />

in sentinella, il qual passeggia e pensa<br />

che la forza tedesca è invero immensa,<br />

se sa imporre silenzio<br />

perfino alla voce di Dio!)<br />

90


Quand’ecco, nell’aria tranquilla,<br />

si sente tremare improvviso<br />

un bronzeo rintocco di squilla…<br />

(Alza il tedesco rigido<br />

al campanile l’arcigno suo viso;<br />

ma vede soltanto le rondini<br />

che in pace svolazzano<br />

poiché sull’altana<br />

non c’è più campana…)<br />

Ecco: un rintocco, due, tre rintocchi…<br />

(Lampeggian terribili gli occhi<br />

sotto le setolose sopracciglia:<br />

dov’è il malfattore<br />

che le campane si mette a suonare,<br />

contro il divieto dell’imperatore<br />

che già tutte le ha fatte rubare?) …<br />

Un altro rintocco… Un altro ancora…<br />

E nel cielo, oh meraviglia!<br />

Una soave magia sonora,<br />

una dolcissima musica arcana<br />

si disnoda a onde a onde…<br />

Orsù, campanile, rallegrati!<br />

Bando alla tristezza muta!<br />

Questa dolcezza ch’è in ciel si diffonde,<br />

la riconosci? È la tua campana<br />

che festosa dall’alto saluta<br />

colle antiche non spente canzoni<br />

91


il mistero di questo battesimo:<br />

senza attendere il permesso<br />

dei tedeschi empî e ladroni<br />

che credevan di averla rubata,<br />

don don don… per incantesimo<br />

don don don… suona lo stesso!<br />

Or la campana che non si vede<br />

così diffonde l’ardente fede:<br />

“Don don don<br />

Una bambina è nata<br />

in terra di dolore,<br />

in grigio paese d’esiglio<br />

dove non sboccia fiore;<br />

e colle lacrime al ciglio<br />

la sua mamma l’ha baciata.<br />

Ma quando l’hanno battezzata,<br />

il sole ha sorriso,<br />

fioriti son gli steli<br />

e s’è dischiusa nei cieli<br />

la porta d’oro del paradiso;<br />

e la campana s’è messa a suonare,<br />

la campana che non c’è più,<br />

ama l’edizione dei barbari<br />

che l’hanno rubata a Gesù!”<br />

“Don don don,<br />

È nata una bambina<br />

e la sua mamma ha pianto<br />

vedendola tanto piccina,<br />

92


senza il suo babbo accanto;<br />

ma poi s’è fatta coraggio,<br />

donandole un nome d’incanto<br />

che la ricopre, che la difende<br />

che la via delle nuvole prende<br />

per volar dalla parte di là<br />

a portare un soave messaggio<br />

a una vedetta che immobile sta.<br />

E la vedetta che non sa nulla<br />

ode nell’aria una voce infantile,<br />

che gli mormora: “Affrettati, affrettati,<br />

ritorna, o babbo, al tuo campanile,<br />

che lì sotto ti aspetta una culla!”<br />

“Don don don,<br />

Chi la suona, chi la suona<br />

la campana misteriosa<br />

che batte in cielo tirata dagli angeli?<br />

La corda invisibile<br />

che trae la squilla arcana<br />

terribile e soave<br />

non si strappa, o tedesco, non si strappa.<br />

Questo suono vien dal Piave,<br />

questo nome vien dal Grappa…<br />

Che conta se uccidi,<br />

se impicchi, saccheggi, fucili,<br />

se rubi le campane ai campanili?<br />

Ma questa che i bronzei rintocchi<br />

invia verso i lidi che aspettano,<br />

questa tu non la tocchi<br />

93


colle tue mani ladre!<br />

Poiché il Signore la fa squillare<br />

vicina al sole, nel regno dei Santi,<br />

ad annunciar che una povera madre<br />

per il nostro dolore<br />

e per la nostra gloria<br />

per la nostra sventura,<br />

per la nostra vendetta,<br />

ha donato alla nuda creatura<br />

della raminga sue maternità<br />

un nome che promette<br />

e non perdona,<br />

un nome che annuncia ed affretta:<br />

Vittoria, Vittoria, Vittoria!”<br />

IV<br />

…E va lontano…<br />

Che pensi, o malinconica vedetta,<br />

che guardi dalla breve feritoia,<br />

là in faccia a te, dove il nemico accampa,<br />

i deserti casali<br />

dalle finestre sempre spalancate,<br />

dietro le quali il rosso cielo avvampa?<br />

Lo so: l’ora più triste<br />

per chi vive in trincea<br />

è quella del tramonto; allorché il mondo,<br />

dorandosi d’un suo riso tranquillo,<br />

sprigiona un sano aroma<br />

di fieni non falciati,<br />

94


e comincia a cantare qualche grillo,<br />

laggiù, fra erbe dei reticolati.<br />

Lo so: tu pensi al tuo lontano nido<br />

del qual più nulla sai.<br />

Son proprio questi i giorni 72<br />

in cui doveva giungere al tuo tetto<br />

un atteso angioletto.<br />

E tu non sai, se è nato;<br />

e tu non sai, se vive;<br />

e tu non sai se accanto la sua mamma<br />

può addormentarlo colla ninnananna…<br />

Questo tu pensi, o vigile vedetta,<br />

e il cor dentro ti duole.<br />

Quand’ecco, a un suon che dal cielo scende<br />

il tuo cuore sobbalza:<br />

non fischio di proiettile,<br />

non rombo di granata, non fragore<br />

di guerra. Dalla stretta<br />

feritoia ti giunge,<br />

insiem coll’aria fresca della sera<br />

il pacato squillar d’una campana,<br />

quasi che qualche campanil vi sia<br />

che su dalle macerie<br />

pensi ancora a suonar l’Avemaria.<br />

Ascolta, o fante, non la riconosci?<br />

È questa la campana<br />

72 Giorni: segue depennato «in cui giunger dovea».<br />

95


del desolato tuo triste villaggio<br />

che fin qui vuol venirti a salutare:<br />

e per trovarti ha fatto un gran viaggio,<br />

ed ha varcato il monte,<br />

ed ha varcato il Piave,<br />

ed è calata a questa fossa stretta,<br />

dove adesso, o vedetta,<br />

alloggia il tuo ramingo focolare.<br />

Tu che finora non sapevi nulla,<br />

ecco, da questa apprendi<br />

un soave messaggio:<br />

e una voce infantile<br />

per lei ti dice: “Affrèttati!<br />

Ritorna, o babbo, al tuo bel campanile<br />

poiché lì sotto t’aspetta una culla!”<br />

Or l’occhio aguzza il fante<br />

oltre i reticolati:<br />

là in faccia, su quel colle<br />

va serpeggiante la trincea nemica,<br />

scavata in mezzo alle fiorenti vigne<br />

e i nemici vi stanno, come sozzi<br />

vermi del nostro suolo,<br />

da cui guarir bisogna,<br />

se non si vuol morire.<br />

La vedetta carezza<br />

il suo fido fucile e gli domanda:<br />

“Vorresti, o mio fucile,<br />

fra quelle immonde tane<br />

aprirmi tu la strada<br />

96


che lesta e dritta vada<br />

fino al mio campanile,<br />

dove, senza campana<br />

la mia bambina è stata<br />

Vittoria battezzata?”<br />

La vedetta carezza<br />

la fida bomba a mano, e le domanda:<br />

“Una bimba si lagna<br />

perché ancor non ha avuto<br />

dal suo babbo lontano<br />

un bacio ed un saluto.<br />

Vuoi tu, fida compagna,<br />

paziente bomba a mano,<br />

vuoi tu darmi un aiuto<br />

per aprirmi la via<br />

fino alla bimba mia? …”<br />

V<br />

La ninna –nanna.<br />

Nella penombra accanto al focolare<br />

la madre la sua piccola addormenta,<br />

cullandola e cantandole una lenta<br />

ninna-nanna; e singhiozza nel cantare:<br />

“Ninna nanna, cuor mio, bimba mia bella…<br />

D’oro la mamma t’ha fatto le chiome,<br />

e te li ha fatti i begli occhioni a stella<br />

ma assai più bello te l’ha fatto il nome.<br />

97


73 Tenere: segue depennato «indifese».<br />

Il dolce nome tuo, come un sospiro<br />

sussurrando bisogna a bassa voce<br />

(fa la nanna, cuor mio…) finché va in giro<br />

lungo le nostre vie l’Orco feroce,<br />

finché d’attorno va l’Orco assassino<br />

che alle tenere 73 culle fa la caccia,<br />

e se giunge a ghermir qualche piccino,<br />

gli mozza, oh mio tesor! le rosee braccia…<br />

Ma il tuo bel nome, o creatura cara,<br />

lo grideremo a gran voce domani,<br />

quando udremo da lungi la fanfara<br />

che l’arrivo dirà degli italiani.<br />

Che bei giorni di festa saran quelli!<br />

Dormi, dormi per ora, angelo mio…<br />

Ecco, vedremo là, dietro ai cancelli,<br />

sulla strada levarsi un polverio…<br />

Ecco, dietro la siepe, in fondo al campo…<br />

luccicherà qualcosa (or fa la nanna…)<br />

qualcosa manderà nel sole un lampo…<br />

ma sì! saranno baionette in canna! …<br />

Sono i nostri, tesoro, sono i nostri<br />

c’è il tuo babbo laggiù che si avvicina:<br />

dèstati, è l’ora già che tu ti mostri<br />

che il babbo cerca della sua bambina…<br />

98


Alla nota finestra fra le braccia della mamma<br />

da lungi ei t’ha veduta,<br />

e riconosce la tua rosea faccia<br />

senza averla mai prima conosciuta.<br />

E corre, e giunge, e alfin ti serra al cuore<br />

(trema la mamma tua come un ramo<br />

al vento…) e chiede: “Questo dolce fiore<br />

nato dal pianto, dì, come si chiama?”<br />

E allora, non è vero, angelo santo?<br />

Ecco, dileguerà dalla memoria<br />

ogni tristezza: e gli direm soltanto:<br />

“La tua bambina si chiama Vittoria!<br />

Vittoria, fin da quando sole sole<br />

ti abbiamo atteso senza disperare,<br />

da quando a ferro e a fuoco, a pioggia e a sole<br />

hai pazientato, pur di ritornare;<br />

Vittoria, poiché alfin tu sei balzato<br />

a spazzar via dalla tua casa il mostro<br />

che, quand’eri lontano, avea predato<br />

colla nostra campana il sangue nostro!”<br />

Questo diremo al babbo tuo… Per ora<br />

dormi, o tesoro, e svègliati domani.<br />

Ti desterai quando sia giunta l’ora<br />

di maledir la fuga di quei cani!<br />

99


Si spenge la canzone<br />

or cupa, ora soave,<br />

lì tra le mura, sempre più sommessa;<br />

ma di laggiù, dal Piave,<br />

il rombo del cannone<br />

a lei risponde come una promessa.<br />

100


5.<br />

La canzone del ritorno dell’alpino<br />

s. l., s. d.<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 48. Autografo.<br />

Psicologia: il pudore del valore.<br />

Nastri azzurri, come i fiordalisi, le genziane, gli occhi<br />

Ma quante lacrime dietro!<br />

Chi non è stato alla guerra crede che queste ricompensino lo scatto di un<br />

momento. Invece il nastrino è un simbolo per tanta dolorante umanità,<br />

per tanto sacrificio.<br />

L’episodio della Vallarsa<br />

Anche in voi l’addio a ogni zona diletta, i richiami: e pure siete restati. C’era<br />

forse la madre: l’amore: le figlie, e pure siete restati. C’era la promessa:<br />

e pure siete restati 74 e dopo quattro anni di Rinnovare il<br />

Non c’è stato soltanto la prima partenza entusiastica. Altre partenze –La licenza:<br />

gli amici colle fascie al braccio: i tavolini verdi gremiti – La tradotta 75 –<br />

Eppure avete saputo essere valorosi.<br />

Significato della cerimonia<br />

Le vostre medaglie non son di voi soli<br />

Ecco i soldati. La Pace<br />

Sono essi che vi obbedirono, essi che si sacrificarono<br />

La guerra, i contadini<br />

La Patria: non si impone, ma si insegna<br />

Così aveva insegnato la Patria? Lo Stato che non dava scuole?<br />

L’Armaiolo che si faceva pagare i cannoni due volte.<br />

74 Restati: segue depennato «e dopo quattro…».<br />

75 Tradotta: seguono depennate parole illeggibili.<br />

101


Bisogna insegnare la Patria: tre anni fa non eran presenti bandiere –<br />

ora le bandiere sono in tutti i balconi.<br />

Ma non v’illudete la bandiera dev’essere nel cuore<br />

La generazione del dopoguerra:<br />

balzava come marzo uscito desideroso di grandi cure<br />

La nostra generazione: bruschi nel grande… 76<br />

A voi crederanno: siate i maestri<br />

Dite che cos’è il valore: virtù, non furore. Le imprese grandi son le più umili<br />

Sala della pace: il buon governo<br />

(L’esercito riscese coi prigionieri<br />

battaglia di Palestro 77 , 31 maggio 1859<br />

Id[em] di San Martino 78 24 giugno 1859)<br />

76 Segue parola di difficile decifrazione.<br />

77 Sulla battaglia di Palestro, combattuta il 31 maggio 1859, si veda A. VALENTE, La seconda<br />

guerra d’indipendenza d’Italia 1859, Milano, Mutilati ed invalidi di guerra, 19592, pp. 80-100.<br />

78 Sulla battaglia di San Martino, meglio conosciuta come battaglia di Solferino e San Martino,<br />

con la quale si conclusero le attività belliche della seconda guerra d’indipendenza, si veda Il<br />

crinale dei crinali. La battaglia di Solferino e San Martino, a cura di C. Cipolla, Milano,<br />

Angeli, 2009.<br />

102


RACCONTI<br />

1.<br />

La capra dei territoriali<br />

s. l., s. d.<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 6-10. Autografo.<br />

Questa capra di cui voglio parlarvi è una capra come tutte le altre, all’aspetto.<br />

Poiché ha, come tutte, la pelle macchiata di cioccolata e latte, il muso<br />

schiacciato, col labbro inferiore sporgente, che quando rumina lambisce quasi le<br />

narici, e una piccola barba sotto il mento, e gli occhi color verdastro a pagliuzze<br />

d’oro colle pupille a feritoia. Ma questa capra ha qualcosa che tutte le altre non<br />

hanno: cioè è stata alla guerra.<br />

E vi ci nacque in Vallarsa: è questa una terra italiana, la quale, o amici, fino a<br />

men di due anni orsono era sotto la padronanza degli Austriaci: una bella terra<br />

trentina, che in mezzo ha un torrente fondo fondo, il Leno, e ai lati due montagne<br />

aspre e nere, Corno Zugna e il Pasubio, sacri nomi come quelli delle Termopili 1 :<br />

in fondo, dove la valle s’apre sull’Adige, Rovereto aspetta con fede… in<br />

Vallarsa, dunque, nacque questa capra, e alitò 2 tra le roccie, in un borghetto ove<br />

le case hanno tutte un balconcello di legno, dove le donne hanno sì, i capelli<br />

d’oro e gli occhi di pervinca, ma, col permesso degli Austriaci, parlan veneto<br />

come tante Colombine. In Vallarsa, qualche anno fa, c’era una gran calma; ma il<br />

cielo si velava di malinconia, quando sulle strade sospese tra le roccie passavano<br />

i soldati austriaci, impettiti 3 colle gambe rigide: “Ein, zwei, ein – zwei!”<br />

L’allegria però tornò anche al cielo, due anni or sono, quando i bersaglieri<br />

1 Il Corno Battisti e il Passo Buole erano denominate «le Termopili d’Italia».<br />

2 Alitò: segue depennata parola illeggibile.<br />

3 «Impettiti»: aggiunto in interlineo.<br />

103


d’Italia 4 fecero tutta una corsa fin quasi a Rovereto 5 dietro agli 6 Austriaci che se<br />

la davano a gambe senza più dire Ein zwei; vennero, allegri i bersaglieri e<br />

riconquistarono la Vallarsa e fecero tra il Pasubio e Coni Zugna una trincea che<br />

sbarrava il passo agli Austriaci, dalla quale si vedeva Rovereto. E la nostra capra<br />

fu contenta: e le donne bionde furono contente anche loro e seguitarono ad<br />

affacciarsi ai loro balconcelli, dicendo agli ufficiali: “Bondì, sior tenente, come<br />

stalo?”<br />

Ma dopo un anno di questa vita, gli Austriaci che hanno la testa dura<br />

pensarono di venire a riprender la Vallarsa: e bizzosi come sono cominciarono 7 ,<br />

per fare una gentilezza alla terra che volevano riprendere, a scagliarle contro una<br />

pioggia di cannonate che, a sentire chi c’è stato, dice che pareva il finimondo. Le<br />

donne bionde a sentir tutti quei tonfi a vedere arrivare quei bolidi che facevan<br />

saltar per aria le case e scavavano in terra 8 buche larghe e fonde 9 come un<br />

laghetto, si impaurirono un po’: e pensarono di andare a rifugiarsi nell’interno<br />

d’Italia, lasciando i fantaccini soli a trarsi d’impaccio. E così i balconcelli furono<br />

abbandonati, ed anche, nella fretta fu abbandonata la capra: la quale non aveva<br />

paura delle cannonate e anzi si divertiva a sentire il mugghio di quelle enormi<br />

cose che arrivavano per aria e che poi, bruum… cadevano in un prato verde e vi<br />

scavavano magicamente un laghetto tondo e fondo…<br />

Ma la capra era restata senza padrone: e dopo aver girato per qualche giorno<br />

senza padrone, pensò ad aggrapparsi a qualcuno di quei reparti di soldati che soli<br />

erano restati in quella furia. E scelse un battaglione di territoriali.<br />

Amici, fate onore ai territoriali, essi non sono, come ve li hanno forse descritti,<br />

quei buffi soldati colla pipa in bocca e col fucile lungo un miglio, che restano in<br />

4 Italia: segue depennato «varcarono il confine».<br />

5 Rovereto: segue depennato «mentre gli».<br />

6 «Dietro agli»: aggiunto in interlineo.<br />

7 Cominciarono: segue depennato «come per aprirsi la strada a scarno».<br />

8 In terra: segue depennato «fosse».<br />

9 «Fonde»: aggiunto in interlineo.<br />

II<br />

104


città. Essi sono soldati come gli altri, e fanno la guerra come gli altri: soltanto<br />

sono un po’ più pensosi e anche un po’ più buoni degli altri, perché sono più<br />

attempati e sanno che cosa è la vita e quanto essa vale… Per questo, li chiamano<br />

i terribili 10 . Ma combattere, combattono anche loro: e la guerra la fanno anche<br />

loro, perché hanno lasciato a casa i loro bambini, e sanno che quelli di là, i<br />

tedeschi, ai bambini tagliano le manine…<br />

Dunque, la capra scelse un battaglione dei territoriali: e scelse bene; perché<br />

con nessuna compagnia avrebbe potuto trovarsi meglio trattata.<br />

I territoriali fanno tutto con esperienza con pazienza e con pietà perché essi<br />

hanno lasciato ciascuno una famiglia a casa: perché tutti sanno fare da babbo.<br />

Nessuno com’essi sa lavare la biancheria, e farla asciugare al sole, sui rami,<br />

pronti a levarla quando passa l’aeroplano nemico; nessuno com’essi sa ricucire la<br />

giubba, o far bollire l’acqua nella gavetta per far rammorbidire il biscotto; nessun<br />

com’essi sa portare con amore i feriti; sulla barella, giù dalle vette: e ogni tanto si<br />

fermano per sentire se ha sete e stanno attenti ai passaggi difficili di non dare<br />

scosse…<br />

E le tende? chi sa fare delle tende perfette e pulite come quelle dei territoriali?<br />

Con quattro teli si fanno una reggia: col suo muricciolo di base per potervi<br />

restare ritti, col fossetto perché scoli l’acqua, con sopra una piccola grondaia fatta<br />

colla latta delle scatolette di carne in conserva. E dentro c’è una seggiolina e<br />

perfino le brande, fatte con quattro rami d’abete e con una mucchiata d’erba<br />

secca per materasso…<br />

La capra dunque diventò grande amica dei territoriali: entrò nel loro<br />

accampamento, dette il suo latte in cambio della compagnia. Non chiedeva da<br />

mangiare.<br />

10 «Per questo, li chiamano i terribili»: aggiunto in interlineo.<br />

105


2.<br />

Storia di un eroico cannone di legno<br />

s. l., s. d.<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 11. Autografo.<br />

Eh, si, miei cari amici, quando comincia a parlare l’artiglieria, noi, poveri fanti,<br />

bisogna starcene cheti e rispettosi e non metter bocca nella conversazione: poiché<br />

i cannoni sono personaggi di molta importanza, ed hanno la voce grossa e gli<br />

argomenti solidi. E quando essi pigliano la parola, tutti gli ascoltatori sono subito<br />

convinti.<br />

I<br />

Non tutti i cannoni hanno la 11 stessa voce, poiché non tutti i cannoni hanno le<br />

medesime dimensioni: e ve n’è alcuno piccoletto e svelto, che parla affrettato e<br />

impaziente, con certi sibili 12 soffici che sembrano fatti per burla (ma non sono<br />

fatti per burla: poiché i cannoni sono gente seria), ed altro ve n’è enorme e tardo<br />

come un elefante 13 , che è pigro a parlare, ma, quando parla, le montagne dal gran<br />

fragore 14 si sbatacchiano 15 , l’una contro l’altra e in quel corso 16 le trote dei<br />

torrenti 17 schizzan fuori di colpo nelle pietre e muoiono all’asciutto in mezzo alle<br />

stelle alpine. Questi diversi personaggi hanno 18 ognuno un suo nome; ma il loro<br />

nome è di quelli che non trovano un santo sul calendario, poiché consiste in un<br />

numero, in un magro e difficile numero, tanto più alto quanto più grande è<br />

l’autorità di chi lo porta. E c’è il signor Sessantacinque, che ha la voce sottile, ma<br />

che ha i polmoni buoni e s’arrampica sulle vette e segue senza scrupoli i viaggi<br />

della fanteria, con una cert’aria di ragazzacci senza paura; e c’è il signor<br />

11 La: segue depennato «voce uguale».<br />

12 Sibili: segue depennato «sabbiosi».<br />

13 Elefante: segue depennato «con una voce».<br />

14 Fragore: segue depennato «ciascuno».<br />

15 «Si sbatacchiano»: aggiunto in interlineo.<br />

16 «E in quel corso»: aggiunto in interlineo.<br />

17 Torrenti: segue depennato «alpini si nascondono sotto le pietre».<br />

18 Hanno: segue depennato «nomi diversi, ma non, come avete voi, amici, hanno nomi<br />

armoniosi come quelli dei santi, ma strani nomi difficili fatti con numeri difficili».<br />

106


Settantacinque, che, quando qualcuno vuol venire avanti dalla parte di là, si mette<br />

a dirgli con tanta testardaggine certe sue ragioni, che quello torna indietro senza<br />

una protesta; e c’è il signor Centoquarantanove, che parla lontano e rapido; e c’è<br />

il tre volte rispettabilissimo signor Trecentocinque che, quando parla, par che<br />

sulle nuvole vada per conto suo un carrettaccio sgangherato carico di 19 ferraccio,<br />

e poi a un tratto bubù – bubù – bubù… precipiti giù per una china finché arriva il<br />

fondo con un gran botto. E sapete, amici, finché non si ode questa botta la quale<br />

dice ove il carrettaio è andato a finire, il cuore di chi ascolta cessa di battere.<br />

Tutta degnissima gente, dunque, questi cannoni, fatti di acciaio o di bronzo e<br />

capaci di scagliare a quei mangia patate che stanno di là certe cariche di<br />

ferraccio, che sono gli unici argomenti che quelle testaccie possano intendere.<br />

Ma a me piace narrarvi, amici, la storia di un altro cannone: di un altro povero<br />

cannone fatto di legno, nato non per uccidere ma per sacrificarsi…<br />

Lo conobbi circa un anno fa, in quel 20 memorabile mese di giugno in cui i fanti<br />

d’Italia fecero argine coi loro petti a quelli là, che volevano venire a fare della<br />

nostra bella pianura vicentina un secondo Belgio 21 . Era su una vetta alpina,<br />

proprio su una specie di piattaforma naturale che era nell’ultimo culmine: e stava<br />

li per farsi vedere…<br />

II<br />

Ma prima di scrivervi che cosa faceva questo cannone, e quale fu la sua storia,<br />

debbo dirvi, amici miei, com’è che i cannoni fanno la guerra. Oh, un tempo fare<br />

la guerra coi cannoni era la cosa più semplice del mondo: gli eserciti nemici 22 ,<br />

messi in fila come sulle carte i soldatini che si vedono dai tabaccai, si mettevano<br />

19 Di: segue depennato «pietre».<br />

20 Quel: segue depennato «mese di giugno».<br />

21 Il 2 agosto 1914 la Germania invase il Lussemburgo ed intimò il Belgio di lasciare libero il<br />

passaggio. Il 4 agosto la Germania penetrò in Belgio senza dichiararle guerra. Sull’argomento si<br />

veda H. PIRENNE, La Belgique et la guerre mondiale, Paris-New Haven, Les presse<br />

Universitairies de France-Yale University Press, 1928.<br />

22 Nemici: segue depennato «coi soldatini tutti in fila».<br />

107


in una pianura, a distanza di mille metri 23 , gli artiglieri puntavano i loro cannoni<br />

cogli occhi, come oggi si punta il fucile, e sparavano: e se la palla colpiva nel<br />

segno, vedevano essi stessi i nemici che ruzzolavano a gambe all’aria. Ma ora si<br />

fa in un altro modo. I cannoni si mettono nascosti (…)<br />

23 «Distanza di mille metri»: aggiunto in interlineo.<br />

108


APPUNTI <strong>DI</strong>ARISTICI<br />

1.<br />

Diario Bolzanese<br />

Bolzano, 15-16 novembre 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 50. Autografo già edito in Zona di guerra, pp. 305-306.<br />

109<br />

15 novembre<br />

Siamo giunti a buio fatto, intravedendo soltanto, al lume delle lampade elettriche,<br />

grandi iscrizioni tedesche in caratteri gotici: tra i rari passanti, neppure una parola<br />

italiana. Alla mensa il tenente Nerazzini racconta: “Stamani S. E., poiché le<br />

autorità cittadine non si erano ancora volontariamente presentate, ha scritto una<br />

lettera al Borgomastro 1 e al Giudice distrettuale (?), avvertendoli che domattina<br />

alle 10 è disposto a riceverli. Sono andato io a portare personalmente le lettere ai<br />

destinatari e a farmi far ricevuta. E li ho trattati come si meritano: entrando negli<br />

uffici mi sono levato il cappello, si, ma soltanto quando essi si sono alzati per<br />

venirmi incontro. Prima no”. Da quando Nerazzini è stato adibito a fare la parte<br />

di Ermes, che accompagna i messi all’Olimpo, ha acquistato una mirabile<br />

profondità diplomatica! Durante il pranzo parliamo della freddezza, quasi direi<br />

della ostilità dei bolzanesi: mi si accenna che i giornali della Città proclamano<br />

apertamente che Bolzano vuol esser riunito alla nuova Repubblica austro–<br />

tedesca. Io osservo che veramente dalla pace uscisse una Lega delle Nazioni che<br />

1 Julius Perathoner (Teodone 1849 – Bolzano 1926) fu il più importante borgomastro di<br />

Bolzano, l’ultimo di lingua tedesca del capoluogo altoatesino. Oltre a quello di borgomastro<br />

ricoprì anche l’incarico di deputato al parlamento di Vienna dal 1901 al 1911 ed alla Dieta di<br />

Innsbruck dal 1902 al 1907. Su di lui cfr. R. FESTORAZZI, Starace. Il mastino della rivoluzione<br />

fascista, Milano, Mursia, 2002, p. 35.


endesse impossibili le guerre e quindi trascurabile nella delimitazione dei<br />

confini il criterio strategico, e se d’altra parte la maggioranza dei bolzanesi si<br />

pronunciasse per l’unione alla Germania, i principi di giustizia wilsoniana 2<br />

potrebbero farci restare incerti sulla equità della soluzione da noi sostenuta.<br />

Nerazzini mi obietta: “Signor capitano, ormai queste belle ville e questi<br />

meravigliosi alberghi li abbiamo presi noi, e non dobbiamo più lasciarceli<br />

scappare!”<br />

110<br />

16 novembre<br />

Con Callaini siamo andati a fare una prima recognizione in Bolzano. Dal tram,<br />

abbiamo veduto passare un bel signore lungo lungo e secco secco, con un<br />

giubbino cortissimo di velluto nero a risvolti verdi, col colletto della camicia<br />

bianco rovesciato sopra la giubba, con un cappello a tegamino di feltro verdastro<br />

guarnito fortemente di uno spennacchio. Occhiali, barba, un enorme pipa di<br />

maiolica e un’aria perfettamente idiota completano il tipo. Scoppiamo in una<br />

gran risata. Callaini dice: “Se potessimo portarlo via a Firenze!” – Ride anche<br />

una signorina tedesca che è in faccia a noi nel tram. – In piazza del Duomo<br />

entriamo in una libreria, per comprar delle cartoline illustrate: è un negozio molto<br />

ricco, con vari sporti e con un grande assortimento di volumi tedeschi. Domando<br />

se vendono libri italiani: mi fanno vedere… I promessi sposi. E basta.<br />

Compriamo i giornali del luogo, Bozner Nachrichten 3 e Der Tiroler 4 : in essi è<br />

2 Secondo il Presidente statunitense Thomas Woodrow Wilson il principio della giustizia era un<br />

principio evidente per tutti i popoli e per tutte le nazionalità così come il diritto di vivere in<br />

condizioni di libertà e di sicurezza. Sull’argomento si veda W. WILSON, Per la pace e la<br />

giustizia, Venezia-Milano, Libreria editrice nazionalista, 1918.<br />

3 Il «Bozner Nachrichten» è un giornale indipendente di Bolzano fondato nel 1893. Cfr G.<br />

FAUSTINI, Il giornalismo e la diffusione dell’informazione, in Storia del Trentino, V. L’età<br />

contemporanea. 1803-1918, a cura di M. Garbari e A. Leonardi, Bologna, Il Mulino, 2003,<br />

pp. 413-438:435.<br />

4 Il quotidiano germanofono «Dolomiten», il più antico e di gran lunga il maggiore dei due<br />

quotidiani in lingua tedesca dell’Alto Adige, si pone come obiettivo la difesa dell’identità<br />

etnico-culturale della popolazione sudtirolese di lingua tedesca e ladina. Sull’argomento si veda<br />

E. WEBHOFER, Die «Dolomiten». Eine konservative Tageszeitung, Innsbruck, Haymon Verlag,<br />

1983.


chiaramente detto che il Comitato provvisorio costuitosi in Bolzano e presieduto<br />

dal Borgomastro Perathoner agisce in accordo e in rappresentanza della<br />

Repubblica tedesca sudtirolese; sono anche riportate notizie di movimenti<br />

rivoluzionari a Parigi, in Inghilterra, nel Belgio. L’occupazione per parte delle<br />

truppe italiane sembra ignorata.<br />

111


CONFERENZE<br />

1.<br />

Discorso per l’inaugurazione della “Casa del Soldato”<br />

Borghetto, s. d. (ma 15 settembre 1918: cfr. la lettera ad Ada<br />

datata 15 settembre 1918)<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 36 e 37. Documenti dattiloscritti<br />

già editi in Zona di guerra, pp. 292-296.<br />

Ho visto 1 , che entrando in questa bella stanza apprestata ed adornata dal solerte<br />

comandante del Presidio, un soldato dal volto bruno e dai lineamenti marcati, un<br />

tipo di siciliano pensoso, ha guardato l’iscrizione che è sopra alla porta, e<br />

leggendo “Casa del Soldato” 2 ha fatto un oscuro volto di malinconia: certamente<br />

egli ha pensato così: “Casa del Soldato, così è scritto sulla porta; ma io sono<br />

soldato e questa non è la mia casa. La mia casa non è bianca ed adorna come la<br />

stanza che qui si dischiude, la mia casa ha due piccole stanze annerite dal fumo<br />

dove viviamo tutta una famiglia, ma dalle finestre il mare non si vede solamente<br />

dipinto e ogni sera quando torno da lavorare il mio campo mi vengono incontro<br />

festosi i miei bambini”.<br />

E un altro soldato ho visto, che entrando ha letto anch’egli la scritta sulla<br />

porta, e da una lacrima che ho visto brillare nei suoi occhi ho capito che egli era<br />

un friulano; e leggendo così egli ha pensato malinconicamente nel suo cuore:<br />

Casa del soldato, così c’è scritto ma io sono soldato e la mia casa è tanto lontana<br />

al di la del Piave e forse gli austriaci alloggiano sotto il mio tetto e non ho notizie<br />

1 «Ho visto»: segue depennata parola illeggibile.<br />

2 Cfr. MST, APC, b. 4, f. 4, foto 458.<br />

113


della mia moglie e dei miei bambini che saranno stati cacciati via come<br />

mendicanti da quella soglia dove un tempo albergava la mia felicità.<br />

Malinconie, figlioli, malinconie. Malinconie dolorose ma anche sante<br />

malinconie; e proprio per confortare queste vostre tristezze, ma insieme anche<br />

per custodirle come un prezioso tesoro, i vostri superiori aprono oggi per voi<br />

questo locale di svago e di riposo dove voi potrete raccogliervi in quiete a<br />

pensare alle vostre case e a desiderarle. O non abbiamo noi la presunzione di<br />

darvi, o soldati, in questa candida stanza qualche cosa che possa tenere nel vostro<br />

cuore il posto della vostra casa lontana: casa mia, casa mia, benché piccola tu sia,<br />

tu mi sembri un’abbadia, dice la storia dei bambini, che sono i più puri interpreti<br />

dei grandi sentimenti del cuore umano; di case nostre ce n’è una sola per<br />

ciascuno di noi, e sarebbe non solo presuntuoso ma anche cattivo chiunque<br />

credesse di poter trovare il modo di spegnere nel tuo cuore o soldato il desiderio<br />

del tuo focolare che ti aspetta, l’amore della tua famiglia che ti chiama. No, no;<br />

questa Casa del Soldato è fondata appunto perché tu ti ricordi della tua casa<br />

lontana, perché tu senta più stretto e più intimo il legame che anche qui, anzi qui<br />

più che altrove si ricongiunge ad essi. Nessun sentimento più forte e più santo di<br />

quello dell’amore della famiglia può esservi per farti intendere, o soldato, l’idea<br />

della Patria per farti comprendere la ragione per cui noi tutti, padri di famiglia<br />

combattiamo per le nostre spose e per i nostri bambini contro quelle orde di<br />

sciagurati che delle donne e dei bimbi hanno fatto scempio nel Belgio e nel<br />

Friuli. Chi non ama la sua casa non può comprendere come sia grande e santa in<br />

questi momenti la necessità di starne lontano.<br />

Tu forse ti sei messo in testa l’idea che i tuoi superiori non amino che tu,<br />

finché devi servire agli obblighi tuoi di combattere, pensi alla tua famiglia: che i<br />

tuoi superiori pensino quasi a elevare dietro di te una gran muraglia che<br />

t’impedisca di guardare indietro, dove sono i tuoi beni più cari. Ma tu sbagli se<br />

pensi così o soldato: poiché il combattente deve, si guardare innanzi a se verso le<br />

minime imminenti vittorie, ma deve anche ogni giorno potersi volgere indietro a<br />

chiedere alla sua famiglia un pensiero di affetto e di fede. Tutti coloro che ti<br />

114


comandano, i tuoi superiori che dividono con te disagi e pericoli, hanno anche<br />

essi lasciato lontano le loro famiglie, i loro bambini che essi amano come tu ami i<br />

tuoi; tutti, soldati ufficiali e generali sono uguali dinanzi al sacro amore della<br />

famiglia; a tutti, finché la guerra dura, questo stesso amore stringe la gola di uno<br />

stesso pianto; anche il nostro augusto Sovrano 3 , che da tre anni passa la sua vita<br />

sul campo di battaglia, sente come te, o soldato il desiderio dell’augusta famiglia<br />

ch’egli ha lasciato lontana, la tristezza di dover passare lunghi periodi senza<br />

salutare il suo primogenito 4 , al cui nome questa Casa del Soldato ha l’onore di<br />

intitolarsi.<br />

Tu dunque verrai qui o soldato ogni sera per sentirti più vicino ai tuoi cari,<br />

come si entra in chiesa per sentirsi più vicini a Dio. Nell’ora in cui andresti<br />

all’osteria o in cui t’aggireresti senza una meta per le polverose strade battute<br />

degli autocarri potrai entrare in questa stanza tranquilla, dove troverai chi ti darà<br />

un libro facile da leggere, chi ti darà un giuoco onesto per divagarti, chi sopra<br />

tutto ti darà un foglio di carta e una penna per scrivere con calma e raccoglimento<br />

alla tua famiglia lontana. Tu verrai qui all’imbrunire nell’ora in cui, quando<br />

prima della guerra eri un pacifico lavoratore, tornavi dal lavoro a casa tua.<br />

Tornavi stanco, si, te ne ricordi? Ma lieto perché sapevi che qualcheduno a casa<br />

ti aspettava. Era l’ora in cui nel cielo verdastro cominciano a fiorire le prime<br />

stelle l’ora in cui in ogni casa le finestre si accendono di un loro lume. Tornavi<br />

stanco ma per la strada cantavi: e da lontano lo riconoscevi tra mille il lume della<br />

tua casa, quella finestrella di una stanza in cui t’aspettava una zuppa fumante, e<br />

da lontano, dietro la tenda gialla vedevi profilarsi l’ombra della persona che più<br />

di tutte al mondo ti è cara. Che bei tempi, non è vero? erano quelli! Ma<br />

torneranno, non dubitare torneranno purché tu lo voglia, purché tu senta qual è la<br />

preghiera che da lontano ti mandano i tuoi cari, invocandoti perché tu salvi dal<br />

3 Su Vittorio Emanuele III (Napoli 1869 – Alessandria d’Egitto 1947), re d’Italia dal 1900 al<br />

1946, imperatore d’Etiopia dal 1936 al 1943 e re d’Albania dal 1939 al 1943, si vedano S.<br />

BERTOL<strong>DI</strong>, Vittorio Emanuele III. Un re tra le due guerre e il fascismo, Torino, UTET, 2002 e<br />

F. PERFETTI, Parola di Re. Il diario segreto di Vittorio Emanuele, Firenze, Le Lettere, 2006.<br />

4 Su Umberto II di Savoia: (Racconigi 1904 – Ginevra 1983), re d’Italia nel maggio 1946, si<br />

veda G. OLIVA, Umberto II. L’Ultimo Re, Milano, Mondadori, 2000.<br />

115


furore dei nemici assassini. Io so, venendo qui ogni sera, che cosa scriverai a casa<br />

tua; mi par di leggere fin d’ora il principio di qualcuna di quelle tue lettere così<br />

semplici e così inesperte, e pure così profumate di meravigliosa gentilezza: “Mia<br />

cara sposa, ti scrivo queste poche righe per dirti che io sto bene e che passo le<br />

giornate pensando a te e ai nostri cari figlioli; e se la guerra è lunga, è perché<br />

bisogna una volta per sempre ricacciare nelle loro tane questi birbanti che<br />

tagliano le manine ai bimbi; che se io sono lontano è perché devo stare al mio<br />

posto a difendere l’Italia che poi l’Italia sareste tu e i nostri bambini, perché<br />

l’Italia non è altro che la riunione di tutte le nostre famiglie”.<br />

O soldati, questa nitida stanza preparata per voi non solamente vuol ricordarvi<br />

la vostra piccola casa, quella di cui ciascun di voi è padrone, ma vuole anche<br />

ricordarvi una casa più grande, che si chiama l’Italia, nella quale abita una grande<br />

famiglia composta di tanti fratelli, che si chiama il popolo italiano. Grande e<br />

maestosa è questa Casa, o soldati; ha un gran soffitto azzurro trapunto di stelle e<br />

illuminato dal sole, ha delle pareti massiccie e solenni che si chiamano alpi, ha<br />

tante stanze, una più bella dell’altra, e tutte chiamate con dolcissimi nomi: Sicilia<br />

e Toscana, Piemonte e Veneto… O soldato, questa casa meravigliosa, dove noi<br />

tutti alberghiamo per diritto di nascita, fratelli tutti, sotto questa divisa grigio<br />

verde, di uno stesso sangue, è in pericolo. Una masnada di banditi l’assale, cerca<br />

di forzarne le porte, vuol fare rapina dei tesori che essa contiene. O soldato, non<br />

difenderai tu la casa tua? O, ma c’è di più: i predoni all’improvviso, non si sa<br />

come, si sono aperti un varco in una delle pareti, hanno fatto irruzione in una<br />

delle nostre stanze più belle, nella stanza che si chiama Veneto, e insozzano il<br />

sacro domicilio dei padri tuoi. Soldato non vorrai tu ricacciarli? Sentili, sono li<br />

nella stanza accanto che schiamazzano e saccheggiano: se tu non resisti, anche la<br />

seconda porta cederà: dietro a te c’è la tua donna, pallida e scarmigliata, che<br />

s’aggrappa al tuo collo e ti scongiura di non farli passare; dietro a te, impauriti e<br />

tremanti, ci sono tutti in un gruppo i tuoi bambini, che si avvinghiano ai tuoi<br />

ginocchi e ti invocano piangendo perché tu ricacci dalla stanza accanto l’orco<br />

feroce che di li minaccia. O soldato, non senti tu nelle tue vene la febbre di<br />

116


icacciare gli invasori, il bruciante desiderio di liberare per sempre la tua piccola<br />

casa e insieme questo Grande magnifico palazzo che si chiama l’Italia?<br />

Si, o soldato, tu senti questa febbre, come noi tutti la sentiamo 5 : ed è per<br />

questo appunto che questa stanza ospitale s’apre oggi a te, qui in Borghetto,<br />

come un augurio e come una promessa.<br />

5 sentiamo: segue depennata parola illeggibile.<br />

117


2.<br />

Discorso sulla condizione psicologica dei soldati<br />

s. l., 29 giugno 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 51-55. Autografo.<br />

Se a ciascuno di questi soldati qui convenuti da tutto il 29° Corpo d’A[rmata] a<br />

ricevere il meritato premio voi domandaste, o gentili donatori, qual è l’ora di<br />

tutta la sua giornata che il fante nella sua trincea o l’artigliere nel suo ricovero<br />

stimano la più desiderabile e la più dolce, certo ciascuno di questi soldati vi<br />

risponderebbe in modo concorde che l’ora più dolce è quella in cui arriva la<br />

posta. Bisogna aver veduto, per comprendere ciò, l’ansia febbrile che passa nella<br />

trincea quando il caposquadra, dietro un muretto di sacchetti a terra, fa l’adunata<br />

dei suoi uomini per scompartire fra loro le preziose lettere dall’indirizzo<br />

sgrammaticato: una desolazione ancorata si dipinge sul volto dei dimenticati, ma<br />

chi ha avuto il suo tesoro, corre per qualche istante a nascondersi lontano da tutti,<br />

sotto una roccia o dietro un cespuglio, per obliare un momento la realtà di guerra<br />

che lo circonda 6 e tuffarsi un istante nella illusione della felicità lontana.<br />

In verità, o signori, la posta è il più gran dono che la Patria possa fare ai<br />

combattenti: poiché in quel fascio di lettere che giunge ogni giorno fino alle<br />

trincee più avanzate, la Patria appare ai soldati non più come una 7 costruzione<br />

depennato idealità impersonale ed astratta, ma come una lontana moltitudine di<br />

anime care e di 8 noti volti, in mezzo alla quale ciascuno riconosce un bene che è<br />

solamente suo, uno sguardo che soltanto per lui riluce, una voce che per lui solo<br />

canta.<br />

Questa stessa Patria amorevole e materna che invia ogni giorno ai<br />

combattenti le sue missive, un’altra attestazione, con diversa forma ma con<br />

uguale sentimento, vuol darsi oggi, o soldati, della sua tenerezza: e per mezzo di<br />

6 Circonda: segue depennato «fare».<br />

7 Una: segue depennato «costruzione».<br />

8 Di: segue depennato «voti».<br />

118


questo onorevole comitato che da Legnano, nome sacro all’Italia, qui giunge a<br />

rappresentare una associazione che si intitoli Omaggio ai combattenti, a voi che 9<br />

avete dato esempio di disciplina e di valore invio una cospicua somma da<br />

riportarsi in premi.<br />

A nome vostro, o soldati, ringrazio l’onorevole Comitato della munifica<br />

offerta; ma la grandezza del dono voi non dovete misurarla soltanto dal suo<br />

valore pecuniario, che già è grande, ma dovete misurarla soprattutto pensando al<br />

significato del dono, alla sua fonte, alla sua origine primitiva e remota. Certo, o<br />

soldati, se a voi fosse dato 10 riconoscere in questa somma che la Patria vi invia i<br />

piccoli modesti oboli onde è stata formata 11 e risalire da essa a quelle piccole<br />

offerte individuali che in essa, quasi piccoli rigagnoletti, hanno confluito, voi<br />

restereste sorpresi e commossi di ritrovare in essa l’offerta della vostra stessa<br />

famiglia, il dono stesso dei vostri cari che dopo tanto viaggio, quasi<br />

miracolosamente, è potuto giungere fino a voi, proprio fino a voi ai quali nel<br />

pensiero era stato dedicato.<br />

Due vecchi, un padre e una madre, che da tre anni vivono in attesa in una 12<br />

casetta solitaria che da tre anni guardano con fede e senza impazienza al loro<br />

desco silenzioso il terzo posto che è vuoto e che sarà di nuovo occupato al dì<br />

della vittoria, quando il figlio soldato ritornerà, due vecchi 13 sentono (sic) di<br />

offrire ai combattenti l’ultimo gruzzolo dei loro risparmi: e nell’offrirlo pensano:<br />

“Oh se la sorte volesse che questa nostra offerta, fatta impersonalmente a tutto<br />

l’esercito che combatte, giungesse proprio in mano all’unico figlio nostro, che<br />

anch’egli è lassù tra i combattenti!” Ed ecco che la misteriosa sorte<br />

benignamente accoglie il desiderio dei vecchi: e a te manda, o soldato, per mano<br />

dei donatori, l’offerta dei tuoi genitori del tuo babbo e della tua mamma 14 , che<br />

t’aspettano e ti benedicono…<br />

9 Che: segue depennato «col vostro valore e colla vostra disciplina».<br />

10 Dato: segue depennato «ritrovare».<br />

11 Formata: segue depennato «ritr».<br />

12 Una: segue depennato «casett»<br />

13 Vecchi: segue depennato «pensano».<br />

14 «del tuo babbo e della tua mamma»: aggiunto in interlineo.<br />

119


Così o signori il vostro dono non è un dono impersonale ed anonimo; ed i<br />

vostri soldati vi guardano commossi, perché 15 riconoscono nella vostra mano il<br />

gesto di tenerezza della loro famiglia che da lontano carezza maternamente le<br />

loro fronti bruciate dal sole. Ma io vorrei, o signori, che quando la cerimonia sarà<br />

finita 16 voi poteste leggere nel cuore di questi soldati, che avranno ciascuno con<br />

sé il proprio dono, in che modo ciascuno di essi si propone di spenderlo.<br />

Io leggo nel cuore di un territoriale di un territoriale anziano, che ha la faccia<br />

rugosa e due grossi baffi spioventi e un pensoso sguardo da Babbo: Egli dice tra<br />

sé: “Cento lire, cento lire… Che gran somma è questa! quando anderò in<br />

licenza… un paio di scarpette nuove per il mio piccino… un vestitino rosso per<br />

la mia bimba: che mi accompagnino a spasso per la fiera di mezz’agosto, se in<br />

quel giorno il loro babbo 17 sarà in licenza…”<br />

Ed ora leggo nel cuore di un giovanetto del 99 che ha gli occhi ridenti e<br />

sembra abbia voglia di saltare per la consolazione di aver tutto per sé un così<br />

gran tesoro. Egli dice fra se: “Cento lire, cento lire… Quando sarò in licenza…<br />

Oh che bel fazzoletto di seta 18 voglio regalare alla mia bionda! Si perché il fante<br />

che va in licenza 19 dopo aver combattuto deve avere la sua fidanzata ben<br />

vestita…”<br />

In tal modo o signori le anime dei soldati vi dicono che i doni che la Patria<br />

invia ai combattenti, essi, i combattenti, sapranno di restituirli alla Patria, a<br />

questa lontana folla di affetti nostri ai quali tanto più ci sentiamo spiritualmente<br />

vicini e legati, quanti più grande è la lontananza materiale, quanto più imminente<br />

è il pericolo che riunisca gli amori, che rinsalda la fede, che mette a nudo tutta la<br />

bontà e tutta la tenerezza.<br />

15 Perché: segue depennato «vedono nei».<br />

16 Finita: segue depennato «che».<br />

17 «il loro babbo»: aggiunto in interlineo.<br />

18 «di seta»: aggiunto in interlineo.<br />

19 Licenza: segue depennato «deve avere».<br />

120


Oh, in questi giorni in cui la Vittoria sorride trionfalmente alle nostre armi,<br />

soli non devono sentirsi i congiunti restati in paese, come soli non si sentono i<br />

fanti nella trincea.<br />

Qual maggior solitudine può, in apparenza, pensarsi, di quella che circonda di<br />

notte la vedetta in un posto avanzato? D’intorno c’è la notte fonda e<br />

impenetrabile, piena 20 di misteri e di magie: ogni stormir di foglie può essere il<br />

pesticcio di un insidia nemica; ogni razzo lurido che sboccia in cielo e guarda per<br />

un istante come un pigro occhio sonnacchioso, svela d’intorno uno strano<br />

paesaggio di sogno, dove sembra in ogni ombra appiattarsi un tranello…<br />

Eppure la vedetta non si sente sola: sente due mani morbide che 21 le carezzan<br />

la fronte, che gli cingono il collo e una cove soave che gli sussurra: “Non<br />

vacillare poiché tu non sei solo: la tua Patria e la vedetta aguzza 22 l’occhio nella<br />

tenebra per far buona guardia, e il suo cuore risponde alla Patria lontana: “O<br />

madre mia, o moglie mia, o miei figli… Non lo sapete: volevano calare a<br />

saccheggiar Bassano e le roccie del Grappa li hanno sepolti; volevano arrivare<br />

colla loro mano adunca fino alla nostra Venezia bella, e le acque del Piave 23 li<br />

hanno annegati; avevano 24 preparato per fregiarsene il petto una targhetta di<br />

piombo, e son tornati via portando nella schiena il piombo dei nostri fucili;<br />

avevano preparato una grossa riserva di carreggio per rubare le messi della nostra<br />

pianura feconda; e i carri hanno lor servito per formare sulle vie della ritirata un<br />

lugubre corteo di feretri… Oh, Patria, per l’amore con cui tu ci amasti, io la<br />

vedetta del XXIX Corpo ti giuro che se anche qui vorranno tentare i barbari<br />

anche qui, a costo della mia vita, tra l’Altissimo e Coni Zugna, non passeranno”.<br />

20 Piena: segue depennato «d’insidie».<br />

21 Che: segue depennato «gli».<br />

22 Aguzza: segue depennato «lo sguar».<br />

23 Sulla battaglia del Piave, avvenuta tra il novembre del 1917 e il giugno del 1918, si veda A.<br />

BADO<strong>LA</strong>TO, A. RATI, 1918. La fine della guerra. Altipiani Grappa Piave Vittorio Veneto,<br />

Mantova, Sometti, 2008, pp. 182-188.<br />

24 Avevano: segue depennato «sperato».<br />

121


Signore e Signori,<br />

3.<br />

Discorso per inaugurazione della biblioteca di Bolzano<br />

Bolzano, s. d. (ma prima del gennaio 1919)<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 56-59. Autografo.<br />

quando fondammo questa biblioteca che ora è nelle sale del vostro circolo ci<br />

domandammo: “Ecco, questa biblioteca è cara e preziosa finché la guerra ci<br />

stringe in questa grande famiglia che è l’Esercito, finché la Val Lagarina ci vede<br />

stretti in questa famiglia che è il XXIX Corpo d’Armata. Ma quando la vittoria<br />

sarà ottenuta, quando la pace sarà venuta quando ognuno di noi tornerà borghese<br />

alla sua casa a chi resterà questa raccolta 25 preziosa di volumi, a chi la daremo<br />

noi in custodia quando tutti si saranno allontanati? Ed ecco, signori, che la<br />

vittoria ci ha dato la risposta: poiché nessun luogo più fraterno è più degno noi<br />

potevamo sperare per la nostra biblioteca di guerra di questa prima famiglia<br />

italiana risorta in Bolzano 26 . Oh, fratelli, quattro anni ci sono voluti per portare<br />

fino a voi la nostra biblioteca; e da tutte le parti d’Italia i fanti sono partiti per<br />

portarcela, fin dalla Sardegna e dalla Sicilia, tutti concordi per portare fin quassù<br />

il simbolo della virilità italiana. Lungo e talvolta duro è stato il viaggio: e le<br />

tappe son segnate da solinghi cimiteri. Ma alla fine la meta è stata raggiunta: e se<br />

presto in Bolzano rinnovata altri istituti di civiltà italiana sorgeranno, altre<br />

biblioteche più grandi e più floride di questa si apriranno, nessuna come questa o<br />

25 Raccolta: segue depennato «di».<br />

26 All’epoca della mobilitazione per la prima guerra mondiale, l’opinione pubblica italiana<br />

aveva fra i propri ideali risorgimentali la liberazione di Trento e Trieste, mentre l’obiettivo della<br />

conquista del confine del Brennero era prerogativa di pochi fanatici nazionalisti, i quali,<br />

strumentalizzando la storia, la geografia e la letteratura, rivendicavano la conquista dell’intero<br />

territorio a sud del Brennero. Al termine della prima guerra mondiale l’intera provincia<br />

altoatesina divenne Regno d’Italia e la città di Bolzano diventò sede di una sottoprefettura,<br />

come Bressanone e Merano, mentre il capoluogo della regione fu Trento. Solamente nel 1927 fu<br />

istituita la Provincia di Bolzano. Sull’argomento si veda G. DELLE DONNE, La città “moderna”,<br />

in Semirurali e dintorni, a cura di G. Albertoni e del Gruppo di lavoro “Per un Museo nelle<br />

Semirurali”, Bolzano, Comune di Bolzano, 2004, p. 85.<br />

122


signori, saprà testimoniarvi tutta la grandezza degli umili fanti d’Italia e tutta la<br />

loro bontà.<br />

Alle parole fraternamente affettuose del presidente del Circolo, alle parole<br />

italianamente ed umanamente marziali del Signor Generale Comandante del<br />

Presidio, sono invitato ad aggiungere la mia parola modesta, non per portare a<br />

voi, o cittadini, la espressione di un pensiero individuale, ma per portarvi il saluto<br />

di mille grandi anime che, materialmente invisibili ma pur intensamente presenti,<br />

gioiscono con noi di questa festa di italianità: io parlo, o cittadini, delle anime dei<br />

mille poeti, filosofi e nunziati dalle quali sono usciti i volumi che compongono la<br />

biblioteca a voi offerta in fraterno omaggio dal comando del Corpo d’Armata; io<br />

parlo delle mille anime di pensatori che dai questi libri, in nome d’Italia, oggi vi<br />

gridano così 27 : “Le armi dei nostri fanti ci hanno aperto la strada fino a voi:<br />

eccovi ora, o fratelli, la scienza, eccovi l’arte, eccovi l’amore”.<br />

Il Comando del Corpo d’Armata, quando volle dedicare a voi, o soci del<br />

circolo Concordia, questa biblioteca che già fu fondata durante la guerra per i<br />

nostri ufficiali, volle anche col dono farvi persuasi di questa grande verità: che la<br />

vittoria di Italia, di questa nostra Italia oggi finalmente compiuta dalla Sicilia al<br />

Brennero, non è stata soltanto la vittoria di oggi, dovuta alla forza delle baionette<br />

e alla potenza del cannone, ma è stata sopra tutto 28 la grande vittoria di tutta una<br />

tradizione di civiltà, una vittoria di spiriti, una vittoria di bontà. E voi, leggendo<br />

questi libri, dovete anche più di prima imparare ad amare questi bravi fanti, cosi<br />

modesti e così gioviali, che vedete per via; perché essi hanno saputo essere<br />

valorosi in guerra, ma anche e soprattutto perché in guerra hanno saputo<br />

mantenersi buoni e mai in tante battaglie hanno tradito quella sacra eredità di<br />

civiltà che i pensatori italiani, da Dante a Mazzini, ci hanno tramandato nei<br />

secoli.<br />

Nell’interno di ciascuno dei volumi che formano la biblioteca, era stato<br />

inserito, quando i libri dovevano servire agli ufficiali combattenti, un breve<br />

27 Così: segue depennato «Ecco,».<br />

28 Tutto: segue depennato «una».<br />

123


saluto col quale la Patria offriva fino in trincea ai suoi figli un’ora di svago e di<br />

conforto fra una cannonata e l’altra. Nell’offrire al circolo Concordia i volumi, si<br />

è voluto che quei saluti restassero al loro posto 29 ; perché ogni lettore possa<br />

ricordarsi, aprendoli, che questi volumi hanno fatto la guerra anch’essi, e<br />

conoscono anch’essi le trincee di Zugna (o di Serravalle) dall’alto delle quali i<br />

nostri combattenti hanno serenamente atteso l’attuarsi della loro volontà. E da<br />

ogni pagina balzerà dinnanzi agli occhi del lettore l’uniforme indimenticabile dei<br />

nostri ufficiali combattenti, di questi giovani fino a ieri studenti e professionisti<br />

che al primo chiamar della Patria furono al loro posto e che per quattro anni 30 nel<br />

loro esilio dinnanzi ai reticolati sono stati paghi di ritrovar la parola materna della<br />

Patria lontana in questi libri di poesia e di scienza, che si potevano leggere in<br />

qualche ora di riposo, dentro una caverna umida o dietro un parapetto di trincea,<br />

al lume vacillante di una candela infilata nel collo di una vecchia bottiglia, e che<br />

poi bisognava chiudere senza arrivare in fondo alla pagina perché c’era da andare<br />

di pattuglia o magari, con tutta serenità, all’assalto, alla morte.<br />

Oh, fratelli, per portare questa biblioteca fin quassù si è dovuto un po’<br />

lavorare! Quattro anni ci son voluti, e da tutte le parti d’Italia si son mossi i<br />

pazienti operai per portare la biblioteca italiana fino a Bolzano: anche dalla<br />

Calabria si son mossi i fanti, anche dalla Sicilia, anche dalla Sardegna tutti per<br />

portare fin quassù questi pochi libri che son tutto il nostro tesoro che son tutta<br />

l’Italia. Ma finalmente ci siamo riusciti: e ora che il lavoro è compiuto ecco ora i<br />

fanti, gli 31 invincibili della nostra Patria, possono tornare a casa soddisfatti. Ma<br />

voi, cittadini di Bolzano, ricordatevi questo: che se, nella rinnovata fecondità<br />

della pace, altre biblioteche 32 sorgeranno in Bolzano, più ricche di questa e più<br />

copiose potranno essere; ma nessuna potrà avere come questa ha nelle sue pagine<br />

tanta fiamma di devozione, di fede, di amore!<br />

29 Posto: segue depennato «poiché».<br />

30 Anni: segue depennato «si contentarono la loro dettero come unici svaghi alla loro giovinezza<br />

qualche ora di lettura dietro il para».<br />

31 Gli: segue depennato «artieri».<br />

32 Biblioteche: segue depennato «più».<br />

124


4.<br />

Conferenza “Come entrammo in Trento”<br />

Brescia, 29 marzo 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 197-219. Autografo (collazione con Come fu liberata<br />

Trento, in La lettura, a. 19, 11, pp. 761-772)<br />

È stato detto giustamente che alla nostra vittoria tutte le classi sociali hanno<br />

contribuito e tutte le armi; ma non sarebbe altrettanto giusto dire che tutte le<br />

classi sociali e tutte le armi vi abbiano contribuito ugualmente poiché v’è fra tutte<br />

le armi una che della guerra ha avuto le maggiori glorie ma anche i maggiori<br />

orrori, ed è la fanteria; e vi sono due classi sociali che alla fanteria hanno dato il<br />

maggior numero di gregari, e sono da una parte i contadini, che hanno formato i<br />

plotoni, le grigie ondate dell’assalto, e dall’altra gli studenti, che hanno formato i<br />

comandanti dei plotoni, la foga e la mente di queste ondate 33 . Permettete che<br />

questa affermazione sia fatta con orgoglio da me, ufficiale di fanteria e modesto<br />

insegnante universitario. Oh, per tre anni l’Università ha mandato su alle trincee<br />

un fiotto inesausto di giovinezza, di ardimento, di fede! Li vedevamo arrivare a<br />

gruppi, ogni tanto, questi ragazzini vestiti da aspiranti che fino a ieri avevano<br />

conosciuto la vita sui libri dell’Odissea o del Digesto e che la sorte da un giorno<br />

all’altro improvvisava guerrieri, comandanti di plotone, responsabili di cinquanta<br />

vite che pendevano ormai da un loro cenno: e questi ragazzini, arrivati di notte in<br />

quello strano mondo pieno di bagliori rossastri e di bianche scie di riflettori,<br />

erano capaci di 34 scavalcare, pochi istanti dopo il loro arrivo, il parapetto della<br />

trincea e di guidare saldamente i loro uomini alla conquista del Sabotino 35 !<br />

33<br />

Ondate: segue depennato «Con profondo orgoglio io, modesto insegnante universitario, dico<br />

questo in Modena, città universitaria».<br />

34<br />

Di: segue depennato «saltare».<br />

35<br />

Sulla conquista del Monte Sabotino, avvenuta il 6 agosto 1916 ad opera del Colonnello<br />

Badoglio, si veda E. CAROBBIO, Con i Lupi del 78. Fanteria alla conquista del Monte Sabotino<br />

e del Veliki e Faiti, Bergamo, Tipografia Carrara, 1971.<br />

125


Il trionfatore del Grappa, S. E. Giardino 36 , ha dato 37 qualche giorno fa alla<br />

nazione una parola d’ordine, che sola potrà riuscire a trarci fuori dalla crisi<br />

economica e sociale che ci minaccia 38 : “Ricordare la guerra”, ha detto sua<br />

Eccellenza Giardino. Per questo, signore o signore, ho accettato ben volentieri di<br />

parlare dinanzi a voi della liberazione di Trento.<br />

Il soldato di fanteria Guazzalora Luigi, Distretto di Forlì, classe 1878, dopo<br />

avere per tre anni servito la Patria sul Pasubio e sul Coni Zugna, partì da Bolzano<br />

per tornarsene a casa sua nello scorso dicembre quando la sua classe fu<br />

congedata; e poiché, nel dirgli addio, gli domandai qual mestiere tornava a fare<br />

da borghese, egli, stando sull’attenti, mi rispose così: “Signor capitano, io ho<br />

moglie e sette figli. Prima della guerra si pativa la fame: ho fatto tre anni di<br />

guerra, e ora torno coi miei a patire la fame. Ma quando passo io, quelli che<br />

hanno un po’ di cuore si levano il cappello e dicono: Passa un galantuomo”.<br />

Parole grandi; ma parole amare. Amare, non tanto per colui che le<br />

pronunciava, e che aveva 39 in quel giorno il cuore raddolcito dal pensiero di<br />

tornare finalmente alla casa povera ma sua, quanto per coloro che le ascoltano e<br />

che intendono udendole ripetere quale infinito debito di memoria e di gratitudine<br />

abbia la Patria, abbiamo tutti noi, tutti voi, o signore e signori abbiate, verso<br />

questi umili, pazienti, oscuri eroi della guerra che 40 dopo essere stati per tre anni,<br />

nelle trincee di prima linea dove si moriva da vero, i campioni del coraggio, della<br />

resistenza e della bontà italiana, tornano ora alla spicciolata alle loro case<br />

misere 41 senza clamori, senza onori, forse senza neanche avere il petto fregiato<br />

dalla croce di guerra, e accettano di essere ancora gli umili, coloro che lavorano<br />

senza gloria, coloro 42 che dissodan la terra e che spazzan le strade 43 , si<br />

36<br />

Gaetano Giardino (Montemagno 1864 – Torino 1935) fu combattente la prima guerra<br />

mondiale e comandante dell’Armata del Grappa. Su di lui si veda L. MA<strong>LA</strong>TESTA, Il<br />

Maresciallo d’Italia Gaetano Giardino, in «Storia Militare», 2009, 189, pp. 43-50.<br />

37<br />

Dato: segue depennato «detto».<br />

38<br />

Minaccia: segue depennato «Alor».<br />

39<br />

Aveva: segue depennato «il cuore».<br />

40<br />

Che: segue depennato «senza nulla da chiedere, senza clamori, senza».<br />

41<br />

Misere: segue depennato «povere».<br />

42<br />

Coloro: segue depennato «che servono».<br />

126


assegnano, dopo essere stati tanto grandi 44 e tanto invocati nell’ora del pericolo,<br />

a tornare tanto 45 ignoti e tanto piccoli nell’ora 46 della vittoria. È un grande debito,<br />

questo o signore e signori: e non bisogna dimenticarlo: e non bisogna ignorarlo;<br />

perché se si volesse dimenticarlo, se si volesse ignorarlo, sarebbe stato meglio<br />

non 47 cominciarla neppure questa dure, ma santa guerra nella quale i più umili<br />

sono stati i più grandi.<br />

Per questo ho accettato, signore e signori, di parlare a Voi della liberazione di<br />

Trento, alla quale ho avuto la fortuna di assistere. Quando 48 dalla benemerita<br />

Direzione della Pro–Cultura 49 mi giunse a Bolzano l’invito a parlare in pubblico<br />

di quei giorni indimenticabili, stetti da prima in forse, perché temevo che la mia<br />

accettazione potesse sembrare a qualcuno un tentativo di autoesaltazione<br />

personale, un di quei tentativi 50 non impossibili di chi 51 diventa eroe quando il<br />

pericolo non c’è più, ma, nell’ora del pericolo vero, ritiene più opportuno 52 che le<br />

oscure prove di eroismo siano date dagli umili fanti che nulla chiedono e nulla<br />

raccontano 53 . Questo temevo da principio; ma poi mi convinsi che era mio<br />

dovere accettare l’invito, perché tutti noi abbiamo il dovere sacrosanto di non<br />

tralasciare occasione per far conoscere la grandezza dei nostri soldati, per esaltare<br />

ciò che essi hanno compiuto, per ridestare gli ignari e gli immemori. Narrandovi<br />

43<br />

«e che spazzan le strade»: aggiunto in interlineo.<br />

44<br />

Grandi: segue depennato «ed avere».<br />

45<br />

Tanto: segue depennato «piccoli e tanto».<br />

46<br />

Ora: segue depennato «del pericolo».<br />

47<br />

Non: segue depennato «combatterla».<br />

48<br />

Quando: segue depennato «la benemerita».<br />

49<br />

L’associazione Pro-Cultura fu costituita a Trento nel 1900, per iniziativa della Società degli<br />

studenti trentini. Essa si proponeva di promuovere l’istruzione e l’educazione. Fra i soci<br />

fondatori risultano: Cesare Battisti, Ernesta Bittanti, Giovanni Battista Trener, Fabio<br />

Menestrina, Antonio Tambosi, Vittorio Riccabona, ed altri. Nel 1925 la società fu sciolta e<br />

assorbita dall’Istituto di Cultura Fascista; fu ricostituita nel 1945 con il nome e il programma<br />

originari, per volontà di alcuni dei primi fondatori (Menestrina e Trener) e prosegui l’attività<br />

fino alla fine degli anni Ottanta. Sull’argomento si veda P. MARCHESONI, L’archivio Pro<br />

cultura, in «Bollettino del Museo trentino del Risorgimento», Trento, 1987, 3.<br />

50<br />

Tentativi: segue depennato «purtroppo non impossibili in questa terra».<br />

51<br />

Chi: segue depennato «nell’ora».<br />

52<br />

Opportuno: segue depennato «Del pericolo vero lascia».<br />

53<br />

Raccontano: segue depennato «mentre poi quando il pericolo non c’è più».<br />

127


la presa di Trento 54 , io cercherò di rievocare dinanzi ai vostri occhi la grandezza<br />

di coloro che hanno fatto ma che non hanno 55 parlato; e vi aiuterò 56 o signore e<br />

signori, a non dimenticare<br />

Prima di iniziare la narrazione degli avvenimenti che portarono alla liberazione<br />

di Trento, debbo premettere tre osservazioni.<br />

II<br />

Anzitutto, debbo fare, per debito di onestà, una dichiarazione sulle diapositive<br />

che tra poco vedrete proiettate sullo schermo. Esse non sono tutte quante tolte da<br />

fotografie 57 fatte da me, ma derivano anzi in gran parte da fotografie fatte dal<br />

Ten. Vittorio Callaini, il cui nome avrò occasione di ricordare durante la mia<br />

narrazione, dal Capitano Guinta 58 , mitragliere veterano dello Zugna e da altri<br />

ufficiali miei amici 59 Anzi posso dirvi questo: che 60 , siccome – lo vedrete da voi<br />

– alcune fotografie sono molto belle ed altre sono piuttosto brutte, si può trovare<br />

in questa differenza un criterio per determinare a priori dell’autore: cioè quelle<br />

belle sono fatte da altri e quelle brutte sono fatte da me. Brutte, ma interessanti,<br />

perché 61 eseguite da un maldestro fotografo in momenti in cui la solennità<br />

dell’ora non permetteva di fare con precisioni i calcoli delle distanze e degli<br />

obiettivi; non dunque documenti fotografici – per carità! ma, se mai, documenti<br />

storici 62 .<br />

54<br />

Trento: segue depennato «io vi narrerò, o signore e signori, il sublime dono di una città fino a<br />

quel giorno martoriata che gli umili fanti fecero all’Italia il 3 di novembre. Con questo, accettai<br />

di parlare, per».<br />

55<br />

Hanno: segue depennato «mai».<br />

56<br />

Aiuterò: segue depennato «aiutarvi».<br />

57<br />

Cfr. MST, APC, b. 4, f. 4.<br />

58<br />

Guinta: segue depennato «del vecchio».<br />

59<br />

«e da altri ufficiali miei amici»: aggiunto in interlineo.<br />

60<br />

Che,: segue depennato «siccome, con».<br />

61<br />

Perché: segue depennato «fatto».<br />

62<br />

Calamandrei scattò centinaia d’istantanee lasciandoci in eredità uno straordinario documento<br />

storico e memoriale. Si veda S. BERTOLOTTI E C. FANTELLI, Calamandrei fotografo nella<br />

Grande Guerra, in Un caleidoscopio di carte, cit. Cfr. MST, APC, b. 4.<br />

128


Ciò premesso, credo opportuno di dare un chiarimento 63 sull’incarico e sulla<br />

funzione militare che avevamo, nei giorni della liberazione di Trento, io 64 e altri<br />

ufficiali che poterono vivere insieme con me quelle ore indimenticabili 65 ; della<br />

narrazione fatta da qualche giornalista della presa di Trento 66 si narrò l’episodio<br />

di alcuni ufficiali che, su motocarrozzette o su autocarri, erano entrati nella città<br />

qualche ora prima delle truppe operanti; ma nessuno disse perché e per ordine di<br />

chi c’erano entrati, in modo che poté sembrare ch’essi fossero dei curiosi<br />

sfaccendati 67 , dei turisti che andavano per proprio conto 68 in cerca d’avventure,<br />

che s’erano messi all’ultimo momento fra i piedi dei combattenti e avevano corso<br />

di più perché erano soliti su veicoli più veloci. Ora la verità è tutt’altra. Tutti voi<br />

sapete, poiché anche i giornali ne hanno in questi ultimi tempi diffusamente<br />

parlato, che dopo Caporetto 69 le autorità militari ritennero opportuno creare<br />

nell’esercito degli organi specialmente incaricati di curare 70 , di illuminare 71<br />

l’anima dei nostri soldati 72 , e di dare ad essi la sensazione continua<br />

dell’affettuosa assistenza che la Patria esercitava sui suoi figlioli esposti al<br />

pericolo. Nacque così il servizio P 73 la cui denominazione fu tratta dalla iniziale<br />

63 Chiarimento: segue depennato «sul caso».<br />

64 Io: segue depennato «e gli altri ufficiali».<br />

65 Indimenticabili: segue depennato «poiché».<br />

66 Trento: segue depennato «e dell’arrivo di alcuni ufficiali fu – purtroppo – parlato dell’arrivo<br />

di alcuni ufficiali montati su motocarrozzette».<br />

67 Sfaccendati: segue depennato «che».<br />

68 «che andavano per proprio conto»: aggiunto in interlineo.<br />

69 Sulla rotta di Caporetto, esito della battaglia combattuta dal 24 ottobre al 9 novembre 1917<br />

sull’Isonzo presso il villaggio sloveno di Kobarid, si veda A. RATI, Caporetto. 1917. L’anno<br />

della disperazione, Mantova, Sometti, 2007.<br />

70 Curare: segue depennato «assistere».<br />

71 Illuminare: segue depennato «e risvegliare».<br />

72 Soldati: segue depennato «dando ad essi il senso della continua assistenza depennato».<br />

73 Il Servizio P fu un organo per la vigilanza, l’assistenza e la propaganda nell’esercito. Fu dopo<br />

la grande disfatta di Caporetto che si avvertì l’esigenza di una moderna opera di propaganda<br />

verso i soldati, attività che aveva già avuto inizio in molte armate straniere. Fu denominato<br />

Servizio P e non Servizio Propaganda perché occorreva evitare di parlare di propaganda e di<br />

propagandisti. Il Servizio P bandì radicalmente le conferenze di ufficiali e agitatori politici<br />

esterni, che poco o nulla dicevano alle truppe: si decise di utilizzare soldati scelti con cura, che<br />

dovevano evitare discorsi troppo alti e patriottici per renderli comprensibili ai soldati. Gli<br />

ufficiali P dovevano inoltre occuparsi di un’assistenza capillare, distribuendo doni e somme di<br />

denaro, licenze premio e sussidi alle famiglie, facendo da tramite con le associazioni volontarie.<br />

Gli ufficiali P, presenti in tutti i comandi, dovevano osservare il morale delle truppe, non<br />

129


della parola “propaganda”, ma i cui compiti furono ben più positivi e più 74<br />

concludenti di quello che non possa essere una verbosa e retorica propaganda<br />

orale 75 ; lo scheletro di questa organizzazione fu il seguente 76 : presso ogni<br />

comando di Armata fu fondato una Sezione P 77 e presso ogni Comando di Corpo<br />

d’Armata una Sottosezione P dalla quale dipendeva un ufficiale P in ciascun<br />

reggimento. Dal 218° Fanteria, glorioso reggimento della Brigata Volturno 78 al<br />

quale appartenevo fino dal 1916 fui appunto, nell’aprile del 1918, chiamato a<br />

dirigere la Sottosezione P XXIX Corpo d’Armata dislocato in Val Lagarina; e<br />

poiché la funzione degli ufficiali P non si esauriva in pratiche d’ufficio, ma<br />

richiedeva un continuo intervento degli Ufficiali P sulle linee un ininterrotto<br />

contatto, specialmente nei periodi d’azione, coi combattenti, fu appunto nella<br />

esplicazione di questo compito che, insieme cogli Ufficiali P appartenenti alla<br />

mia sottosezione Tenente del genio Franco Ciarlantini 79 e Tenente d’artiglieria<br />

Vittorio Callaini ebbi la fortuna, il 3 di novembre di assistere all’entrata delle<br />

nostre truppe in Trento.<br />

La sede del Comando del XXIX Corpo d’Armata era a Borghetto sull’Adige,<br />

località che potete vedere segnata nella carta murale che ho fatto qui preparare,<br />

affinché, seguendo la narrazione dei fatti che sto per narrarvi, possiate<br />

soltanto per evitare possibili cedimenti e denunciare eventuali disfattisti ma, soprattutto, per<br />

segnalare ai comandi superiori le cause di malcontento e disagio dovute a uno sfruttamento<br />

eccessivo dei reparti e a un’insufficiente cura delle loro condizioni di vita. Sull’argomento si<br />

veda M. SIMONETTI, Il Servizio “P” al fronte (1918), in «La riforma della scuola», 1968, 8-9,<br />

pp. 24-34.<br />

74<br />

Più: segue depennato «solidi».<br />

75<br />

Orale;: segue depennato «l’organizzazione».<br />

76<br />

Seguente: segue depennato «il».<br />

77<br />

Sezione P: segue depennato «la sezione P della prima armata fu nobilmente diretta da un noto<br />

professionista fiorentino, l’amico avvocato Casoni».<br />

78<br />

La Brigata Volturno fu costituita il 23 marzo 1916 con il concorso dei reggimenti 217° e 218°<br />

Fanteria. Cfr. Brigate di Fanteria, Roma, Edizioni Ufficio Storico. Comando del Corpo di Stato<br />

Maggiore, 1928, VII, pp. 97-120.<br />

79<br />

Franco Ciarlantini (S. Ginesio 1885 – Roma 1940) partecipò alla prima guerra mondiale come<br />

soldato semplice e, in seguito, come Ufficiale. Da questa esperienza nacque la prima opera<br />

letteraria, L’anima del soldato (Milano, 1917). Dal 1919 Ciarlantini si avvicinò sempre più al<br />

nascente movimento fascista, ricoprendo numerose cariche politiche e dedicandosi<br />

principalmente alla propaganda. Cfr. E. LECCO, Ciarlantini, Francesco, in Dizionario<br />

biografico italiano, XXV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1981, pp. 214-216.<br />

130


costantemente, signore e signori, essere 80 orientati sulle località in mezzo alle<br />

quali gli eventi si svolsero.<br />

III<br />

La richiesta di armistizio<br />

Agli ultimi dell’ottobre 1918 il sogno di tutti i componenti il XXIX Corpo<br />

d’Armata di entrare in Trento finalmente redenta sembrava prossimo ad avverarsi<br />

come mai prima di allora era stato: la travolgente controffensiva degli Alleati in<br />

Francia aveva ormai costretto gli Imperi centrali ad avanzare al presidente<br />

Wilson 81 una nuova proposta di armistizio e di pace 82 che, se faceva ancora<br />

dubitare della sua sincerità, faceva d’altra parte comprendere che la situazione<br />

dei nostri nemici era disperata; la offensiva iniziata dall’esercito italiano 83 dagli<br />

Altipiani al mare, dopo qualche giorno di dura lotta 84 contro 85 le ultime resistenze<br />

austriache sul Grappa e contro le acque del Piave ingrossate dalla piena, volgeva<br />

ormai rapidamente al trionfo. Giungevano di ora in ora notizie meravigliose che<br />

facevano tremare il cuore di gioia ricompensandoci con mirabile coincidenza di<br />

tutto quello che avevamo sofferto un anno prima: il Piave varcato, la linea<br />

austriaca sfondata, Vittorio Veneto occupato, i nemici in fuga… Si sentiva ormai<br />

che l’Austria si sfasciava, che la vittoria era imminente: e noi del XXIX Corpo<br />

d’Armata ci preparavamo col pensiero a battere tra pochi giorni la via di<br />

Trento 86 , appena il nostro trionfo sul Piave avesse determinato la resa del<br />

nemico; ma sentivamo dentro di noi, pur senza confessarlo apertamente, che<br />

80<br />

Essere: segue depennato «orientati».<br />

81<br />

Su Thomas Woodrow Wilson (Staunton 1856 – Washington 1924), il ventottesimo presidente<br />

degli Stati Uniti, in carica dal 1913 al 1921, si veda L’uomo e il presidente. Studi su Woodrow<br />

Wilson, a cura di R. Maccarini, Milano, Selene, 2001.<br />

82<br />

L’armistizio di Compiègne fu sottoscritto l’11 novembre 1918 tra l’Impero Germanico e<br />

l’Intesa in un vagone ferroviario nei boschi vicino a Compiègne, in Piccardia. Sul tema si veda<br />

A. HORNE, Come si perde una battaglia. Francia 1919-1940. Storia di una disfatta, Milano,<br />

Mondadori, 1970.<br />

83<br />

Italiano: segue depennato «sul Gr».<br />

84<br />

Lotta: segue depennato «sul Grappa».<br />

85<br />

Contro: segue depennato «ai tedeschi».<br />

86<br />

Trento,: segue depennato «ma sentivamo dentro di noi, pur senza dircelo, appena la nostra<br />

appena».<br />

131


andare a Trento così, senza combattere, per virtù di armistizio, non sarebbe stata<br />

una felicità schietta e compiuta. Eppure bisognava rassegnarsi: tutte le migliori<br />

truppe dell’esercito erano state concentrate sul Piave per l’offensiva; anche a noi,<br />

dalla Val Lagarina, avevano tolto un intera divisione, e sulle linee tranquille<br />

eravamo restati in pochi, pieni di 87 malinconia ad attender le belle notizie delle<br />

gesta altrui…<br />

La mattina del 29 ottobre, verso le nove, ero entrato nella stanza del Capo di<br />

Stato maggiore del Corpo d’Armata, colonnello Gabba 88 , per chiedergli le notizie<br />

della notte sulla nostra avanzata oltre Piave, quando, mentre egli gentilmente 89<br />

appagava la mia curiosità indiscreta ma giustificata 90 , il 91 piccolo telefono ch’era<br />

sul suo tavolino trillò: mise l’orecchio al monofono e mentre ascoltava vidi il suo<br />

viso 92 a poco a poco prendere un atteggiamento di gran meraviglia; si trattava<br />

infatti di una notizia molto strana: dinnanzi alla nostra linea di avanzata di<br />

Serravalle si erano presentati dei parlamentari nemici con trombe e bandiera<br />

bianca, chiedendo di consegnare un plico urgente 93 per il Comando italiano.<br />

Poiché poteva darsi che si trattasse di uno dei soliti tranelli coi quali gli austriaci<br />

usavano tentare di avvicinarsi ai nostri soldati per illuderli in fallaci speranze di<br />

pace e per fiaccarne così lo spirito di resistenza 94 . Un maggiore del Comando fu<br />

inviato d’urgenza in automobile 95 sulla linea 96 , a rendersi conto delle cose; ed io<br />

ottenni di accompagnarlo, perché mi interessava di vedere quale 97 impressione<br />

avesse fatto questo tentativo nemico sull’animo dei nostri soldati. In pochi minuti<br />

fummo a Serravalle, e ci inerpicammo a piedi in un labirinto di 98 camminamenti<br />

87<br />

Di: segue depennato «attesa e di».<br />

88<br />

Melchiade Gabba fu Colonnello del XXIX Corpo d’Armata, al quale fu conferita la Croce al<br />

merito di guerra il 19 giugno 1918. Cfr. MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 166.<br />

89<br />

Gentilmente: segue depennato «mi dava».<br />

90<br />

«ma giustificata»: aggiunto in interlineo.<br />

91<br />

Il: segue depennato «telef cam».<br />

92<br />

Viso: segue depennato «atteggiarsi».<br />

93<br />

«urgente»: aggiunto in interlineo.<br />

94<br />

Resistenza: segue depennato «fu spedito in gran velocità un magg».<br />

95<br />

Automobile: segue depennato «un maggiore del Comando».<br />

96<br />

Linea: segue depennato «ed io ottenni».<br />

97<br />

Quale: segue depennato «accoglienza i nostri soldati».<br />

98<br />

Di: segue depennato «straduzz».<br />

132


costruiti tra le case diroccate del paese fino a giungere alla prima trincea; ma lì i<br />

soldati ci dissero che eravamo arrivati troppo tardi, perché i parlamentari nemici<br />

erano già stati accolti dentro la nostra linea e spediti sotto la buona scorta al<br />

Comando del Corpo d’Armata 99 : non li avevamo incontrati, perché 100 avevano<br />

preso un camminamento diverso da quello percorso da noi. Domandammo<br />

notizie sull’accaduto ai soldati che erano in trincea e che avevano assistito a tutta<br />

la scena (fanti del 36° Reggimento); ed essi, in tre o quattro, con quel pittoresco<br />

linguaggio ch’è proprio del nostro popolo, ci ricostruirono l’episodio. Verso<br />

l’alba, dalle trincee austriache di Marco, che sono in faccia alle nostre, s’era<br />

cominciato a sentire, cosa mai successa prima un urlo delle trombe; poi, quando<br />

il giorno aveva cominciato a schiarire, s’era veduto lungo l’Adige, sul terrapieno<br />

della ferrovia, un gruppetto di tre persone, con una bandiera bianca (un fante<br />

toscano, che era tra i narratori, commentò: “Bandiera… via, proprio una bandiera<br />

la ‘un sarà stata: l’era una camicia messa in cima a un palo…”). Nonostante la<br />

bandiera bianca e lo strombettio, i nostri, per tutta risposta, dai due lati del fiume<br />

s’eran messi a sparare colle mitraglie (mitraglia, in gergo di trincea, vuol dire<br />

mitragliatrice), perché 101 , come disse un soldato 102 , “prima si tira e poi si discute”<br />

Ma siccome, anche sotto il fuoco delle mitragliatrici, la tromba seguitava a<br />

suonare disperatamente e [la bandiera bianca a sventolare, un nostro ufficiale era<br />

uscito con una scorta incontro ai parlamentari, li aveva fatti bendare e li aveva<br />

fatti entrare nelle nostre linee. Erano tre: un capitano di stato maggiore, un<br />

sott’ufficiale portabandiera e un trombettiere; le scariche di mitragliatrici non<br />

erano restate senza effetto, perché una pallottola aveva ferito a una gamba il<br />

portabandiera e un’altra aveva portato via il bocchino alla tromba del<br />

trombettiere. Il capitano era restato incolume, ma sembrava pieno di malumore<br />

per l’accoglienza. Disse, il fante toscano ridendo: “Qui capitanino che glié<br />

entrato nella nostra trincea gli aveva un par di gambali di cuoio rosso, belli, sì,<br />

99 Armata: segue depennato «si vede che c’eravamo sperduti».<br />

100 Perché: segue depennato «eravamo usciti da un camminam».<br />

101 Perché: segue depennato «con quella gente dice».<br />

102 Soldato: segue depennato «è sempre meglio tirare».<br />

133


proprio belli; ma ivviso l’avea dimorto bianco. ‘E figurava d’arrabbiassi perché<br />

dice che gli italiani ‘un rispettano i regolamenti… Altro che regolamenti! Quella<br />

l’era paura! Secondomé lui dev’esse stato imboscato per quattr’anni, e delle<br />

fucilate ne deve avè sentite poche; ma questa volta l’ha sentite tutte ‘nsieme!” ]<br />

Dunque il capitanino coi gambali rossi 103 capitano di stato maggiore, di<br />

cognome Roggera fu condotto in automobile prima ad Avio, al comando della<br />

26 a Divisione, poi a Borghetto al Comando del Corpo d’Armata. Ecco, ve lo<br />

presento caldo caldo 104 appena entrato nella nostra linea attraverso le porte del<br />

reticolato e qui mentre scendeva in mezzo ai nostri soldati dalle trincee di<br />

Serravalle, e qui 105 , appena giunto al Comando del Corpo d’Armata. C’è anche<br />

questa fotografia 106 , brutta ma interessante, che è stata trovata in tasca di un<br />

prigioniero austriaco e che fu fatta probabilmente mentre i parlamentari stavano<br />

per uscire dalle linee nemiche: si vede in mezzo alla nebbia il capitano, e a<br />

destra, distintamente, l’alfiere portabandiera. [Luce]<br />

Il capitano recava una lettera per il Comando Supremo, nella quale, a quanto si<br />

seppe poi, l’Austria esponeva la grande urgenza che essa aveva, date le sue<br />

condizioni interne, di concludere l’armistizio per conto suo: avvertiva 107 che a<br />

Rovereto era giunta già una commissione di plenipotenziarii ufficiali e<br />

diplomatici, pronti a 108 trattare: chiedeva quindi l’autorizzazione di inviarli 109<br />

dentro le nostre linee per stabilire con noi le condizioni di armistizio immediato.<br />

Il giorno dopo giunse dal nostro Comando Supremo la risposta che autorizzava i<br />

plenipotenziarii a venire avanti: e infatti, nella stesso punto della nostra linea in<br />

cui s’era presentato il capitanino (che intanto era stato rimandato indietro a portar<br />

la risposta) i messi austriaci si presentarono in due successive riprese. Prima,<br />

nella notte fra il 30 e il 31 si presentò un generale comandante di un Corpo<br />

103 Rossi: segue depennato «che si chia».<br />

104 Caldo: segue depennato «mentre».<br />

105 Qui: segue depennato «mente».<br />

106 Cfr. MST, APC, b. 4, f. 5, doc. 3. Riprodotta in Come fu liberata Trento, cit., p. 762.<br />

107 Avvertiva: segue depennato «pertanto».<br />

108 A: segue depennato «passare le nostre linee per venire».<br />

109 Inviarli: segue depennato «subito».<br />

134


d’Armata austriaco, presidente della commissione che doveva trattar l’armistizio;<br />

gli ufficiali che in quella notte si trovavano sulla linea di Serravalle mi dissero<br />

che l’arrivo di quel generale 110 ebbe qualcosa di fantastico: quand’egli uscì dalle<br />

trincee austriache di Marco per venire verso di noi 111 , improvvisamente si<br />

accesero su tutte le vette tenute dagli austriaci, i fari dei riflettori nemici che<br />

concentrarono i loro fasci luminosi sul 112 generale 113 : a lungo tutta la linea<br />

ferroviaria che corre dritto 114 presso l’Adige dalle trincee nemiche alle nostre 115 .<br />

Ma la scena veramente solenne si svolse il giorno dopo, il 31 ottobre, quando<br />

verso le ore tre del pomeriggio 116 arrivarono nelle nostre linee tutti i dignitosi<br />

componenti la commissione di cui il generale Von Weber 117 era il presidente.<br />

Ebbi la fortuna di assistere 118 a questo ultimo atto della tragedia europea dai<br />

primi posti: dal comodo balcone della trincea di Serravalle. È opportuno, signore<br />

e signori, anche allo scopo di intendere quanto fra poco vi narrerò sull’attacco del<br />

2 novembre, che vi facciate un’idea precisa della configurazione della nostra<br />

linea in quel punto. Serravalle, come dice il nome, è posto in una stretta 119 ,<br />

attraverso la quale 120 , perpendicolarmente al fiume, passava la nostra linea di<br />

sbarramento che aveva 121 infranto fin dal maggio 1916 122 ogni tentativo di<br />

avanzata nemica verso Verona. Dalle pendici settentrionali dell’Altissimo, la<br />

nostra linea avanzata di osservazione scendeva fino a lambire la via destra<br />

dell’Adige (quella che nella carta resta alla sinistra dell’osservatore) e passando<br />

110<br />

Generale: segue depennato «alla nostra linea».<br />

111<br />

Noi,: segue depennato «i riflettori austriaci».<br />

112<br />

Sul: segue depennato «loro».<br />

113<br />

Generale: segue depennato «che veniva a chiederci pace».<br />

114<br />

Dritto: segue depennato «lungo».<br />

115<br />

Segue paragrafo depennato illeggibile.<br />

116<br />

Pomeriggio: segue depennato «arrivano».<br />

117<br />

Viktor Weber Edler von Webenau (Neuhaus 1861 – Innsbruck 1932) fu Generale del<br />

Comando Supremo dell’Esercito Austro-Ungarico, governatore del Montenegro tra il 1916 e il<br />

1917 e capo della commissione austro-ungarica per l’Armistizio di Villa Giusti. Su di lui si veda<br />

G. ROTHENBERG, The Army of Francis Joseph, West Lafayette, Purdue University Press, 1998.<br />

118<br />

Assistere: segue depennato «al loro arrivo dal comodo balcone della trincea di Serravalle:<br />

primi posti all’ultimo atto della tr».<br />

119<br />

Stretta: segue depennato «della Val Lagarina».<br />

120<br />

Quale, segue depennato «come più facilmente difendibile, erano».<br />

121<br />

Aveva: segue depennato «chiuso».<br />

122<br />

1916: segue depennato «i nemici i tenta».<br />

135


poi sulla riva sinistra a Serravalle, risaliva subito, attraverso i cosidetti Fortini,<br />

verso la cresta di Malga Zugna. Lungo l’Adige sulla riva sinistra corre la<br />

ferrovia, ora riattivata, e la rotabile Ala–Rovereto: talché le nostre trincee di<br />

Serravalle tagliavano appunto, partendo dal fiume, il territorio ferroviario e la<br />

strada maestra, e poi subito si inerpicavano, con centinaia e centinaia di gradini<br />

su per la ripida ripida costa del monte. Bastava, pertanto, entrando nella trincea<br />

lungo il fiume, seguirne l’andamento per qualche diecina di metri verso monte,<br />

per raggiungere subito un comodo osservatorio, dal quale, come appare in questa<br />

diapositiva fatta appunto da lì, si poteva scorgere sotto di noi l’Adige, e sulla<br />

riva, in quel breve tratto pianeggiante che passa tra fiume e monte, la ferrovia<br />

diritta che si perde nella nebbia, e la prima svolta della strada carrozzabile: in<br />

fondo il Biaena, terribile nido di artiglierie nemiche che prendevano d’infilata<br />

tutta la valle, chiudeva il quadro.<br />

Da questo osservatorio, nel pomeriggio del 31 ottobre, attesi coll’animo pieno<br />

di trepidazione, perché tutti noi sentivamo che un grande evento si compieva in<br />

quell’ora, l’arrivo dei dignitari austriaci 123 . Ed ecco poco dopo le tre,<br />

preannunciati dai nostri osservatori, ecco giungere gli attesi dalla strada maestra<br />

sulla quale un ufficiale incaricato di riceverli era andato ad incontrarli: li<br />

vedemmo apparire in gruppo sulla svolta della strada, come con un po’ di<br />

pazienza si possono rintracciare anche su questa fotografia; e li vedemmo<br />

inebriarsi di gioia, vedendo come finiva miseramente l’Austria, la vecchia 124<br />

maledetta Austria dei tiranni e dei carnefici che ora, spinta nell’abisso dalla<br />

tenacia e dal valore di un popolo giovane, inviava gli ultimi suoi<br />

rappresentanti 125 , decrepiti, coperti ancora degli orpelli di un fasto ormai<br />

condannato, a baciare i piedi del popolo italiano 126 soldato di fanteria. Signore e<br />

signori, io non posso rivivere quel momento senza fremere di commozione: ero<br />

123 Austriaci: segue depennato «erano con me altri ufficiali del servizio P, fra i quali il Tenente<br />

Ciarlantini ed il Tenente Callaini autore di questa e dell’altra fotografia che ora vi mostrerò».<br />

124 «vecchia»: aggiunto in interlineo.<br />

125 Rappresentanti: segue depennato «ancora coperti di».<br />

126 Italiano: segue depennato «vestito».<br />

136


lì, nella trincea disadorna, in mezzo ai nostri soldati che guardavano senza<br />

parlare quello che anch’io guardavo. E mi sentivo voglia di prendere il soldato<br />

più vicino, e di abbracciarlo e dirgli: “soldato, soldato della mia terra, contadino<br />

di Sicilia o di Abruzzo, operaio, artiere, chiunque tu sia, modesto, umile, oscuro,<br />

povero, senza pane a casa tua… ecco lo vedi? Quelli sono principi 127 della più<br />

antica dinastia d’Europa 128 ; quelli sono generali di un esercito ritenuto<br />

invincibile, quelli sono dignitari dello stato più aristocratico che il mondo<br />

contasse finora… ed ecco, essi vengono a te umiliati e supplichevoli, essi<br />

vengono a te bendati e curvi per arrendersi a discrezione vengono a implorare la<br />

tua clemenza, essi che finora hanno insegnato al mondo la spietata ferocia;<br />

vengono, perché troppo tardi essi si accorgono che colla tua modestia, colla tua<br />

bontà e colla tua semplice umanità, tu sei più grande di loro, o santa fanteria, o<br />

non abbastanza amato popolo nostro!” 129<br />

Entrati nelle nostre linee, i parlamentari 130 tra i quali era anche un membro<br />

della casa reale, il principe Liechtenstein 131 , salirono in automobile per loro<br />

preparate: in questa diapositiva si vede il tetto di una della automobili mentre vi<br />

salivano i dignitari 132 ;: poco, ma qualche cosa. In quest’altra le ombre di due di<br />

essi mentre attraversavano, per giungere all’automobile, le rovine del paese di<br />

Serravalle. In queste finalmente ve li faccio conoscere più da vicino, mentre,<br />

ormai sbendati, erano trattenuti al Comando del XXIX Corpo prima della loro<br />

partenza per il Comando Supremo. Ma questa loro partenza per la sede del nostro<br />

Comando Supremo non sospese sulla nostra linea di Serravalle gli andirivieni:<br />

127 Principi: segue depennato «e sono di un’antica».<br />

128 Europa: segue depennato «di tiranni».<br />

129 Nostro!: segue depennato «tu qui hai fatto crollare come uno scenario tarlato il loro impero<br />

secolare perche tu hai trionfato? e saputo trionfare sulla frode, sulla tirannia depennato sulla<br />

violenza colla tua virtù, col tuo valore, colla tua bontà, colla tua umanità, o santa fanteria o<br />

insuperabile non abbastanza conosciuto e non abbastanza amato popolo nostro!”».<br />

130 Parlamentari: segue depennato «dignitari».<br />

131 Su Alois Liechtenstein (Praga, 1846 – Vienna, 1920), eletto nel 1878 deputato alla Camera<br />

dei Rappresentanti austriaca e, dal 1906 al 1918, presidente del Landtag dell’Austria inferiore, si<br />

veda Liechtenstein, Alois, in La piccola Treccani. Dizionario Enciclopedico, Roma, Istituto<br />

della Enciclopedia Italiana, 1995, VI, p. 751.<br />

132 Dignitari: segue depennato «in quest».<br />

137


già bisogna notare che due ore dopo ch’essi erano entrati nella nostra linea, la<br />

tromba di nuovo suonò e di nuovo sventolò dalle trincee austriache una bandiera<br />

bianca; e vennero fuori tra lo stupore e l’ilarità dei nostri soldati, cinque o sei<br />

semplici soldati carichi ciascuno di due valigie: erano gli attendenti dei signori<br />

parlamentari, i quali, nonostante lo sfacelo dell’Austria, non intendevano<br />

[rinunciare alle proprie comodità si facevano seguire dai loro attendenti!<br />

Poi, nella notte, ultimo della serie, sbucò fuori dalle linee austriache un<br />

signore più strano di tutti gli altri: era nientedimeno che un colonnello<br />

germanico, un germanico autentico con tanto di d’elmo a chiodo, che portava un<br />

messaggio urgentissimo con firma autografa di Hindenburg 133 … La lettera fu<br />

recapitata, a quanto sentii dire, ai plenipotenziari austriaci: Hindenburg, avendo<br />

saputo che l’alleata Austria aveva aperto per conto suo trattative d’armistizio<br />

separato, mandava in gran fretta un suo rappresentante, per tutelare, come diceva<br />

il foglio, gli interessi della Germania… Ma i plenipotenziari austriaci<br />

inorridirono: dissero, tutti confusi, che se veniva quello lì, le trattative andavano<br />

certo in fumo e si raccomandarono umilmente al Comando italiano di liberarli da<br />

quel loro carissimo amico. Orbene, il signor colonnello germanico, dinanzi alla<br />

trincea di Serravalle, si vide gentilmente restituire il suo “papiro” colla firma<br />

Hindenburg; e si accorse che, nonostante il suo elmo a chiodo, qualcuno aveva<br />

osato dargli, diplomaticamente parlando, commiato, ovvero chiudergli, per parlar<br />

male come parlano i fanti, l’uscio sul muso.<br />

Così finì l’Austria: male morì, come male era vissuta. Né si può dire che il<br />

superbo Impero abbia, in punto di morte, imitato il truce Argante, di cui “superbi,<br />

formidabili, feroci/gli ultimi fur, l’ultime voci” 134 .<br />

No: l’Impero austriaco morì, per bocca degli ultimi suoi rappresentanti,<br />

attraverso un cinico omaggio di barzellette funebri, che non facevano ridere<br />

133 Su Paul von Hindenburg (Posen, 1847 – Gut Neudeck, 1934), figura importante della prima<br />

guerra mondiale e presidente del Reich dal 1925 al 1934, si vedano J. W WHEELER-BENNETT,<br />

Hindenburg. The Wooden Titan, London, Macmillan, 1967; A. VON DER GOLTZ, Hindenburg.<br />

Power, myth, and the rise of the Nazis, Oxford University Press, Oxford, 2009.<br />

134 T. TASSO, La Gerusalemme liberata, XIX, XXVI, 6-8.<br />

138


neppure chi le udiva. ] Quel colonnello austriaco di cui vi ho fatto conoscere la<br />

faccia, disse a un nostro ufficiale, sorridendo cinicamente: “Noi venivamo a<br />

trattare, ma in nome di chi trattiamo non lo sappiamo bene neanche noi…” E un<br />

altro dignitario disse: “A Vienna abbiamo visto dei generali russi che vendono i<br />

fiammiferi: ora noi non vogliamo fare la stessa fine, e per questo siamo pronti ad<br />

accettare qualunque condizione, pur di fare la pace…” 135 . E questa per finire:<br />

quando partirono per il Comando supremo, ad Avio 136 un di loro offrì 50 corone<br />

di mancia all’inserviente della nostra mensa: e siccome quello rifiutava,<br />

l’austriaco disse ridendo: “Pigliate pigliate, tanto… non valgono nulla!”<br />

IV<br />

L’attacco del 2 novembre<br />

Il 1° di novembre fu un giorno di grandi annunci. Le trattative dei<br />

plenipotenziarii austriaci col nostro Comando Supremo andavano per le lunghe:<br />

ogni tanto gli austriaci chiedevano il permesso di mandare uno dei loro, quasi<br />

sempre il solito capitanino, a riferire ed a chieder consiglio dentro le loro linee, e<br />

così i giorni passavano senza che nulla si concludesse. Intanto, anche sul Grappa,<br />

anche sugli Altipiani, la fronte nemica crollava: e il nostro Comando Supremo,<br />

comprendendo che le tergiversazioni 137 dei plenipotenziarii 138 nemici miravano a<br />

dar tempo al Comando Supremo austriaco di ritirare dal Trentino artiglierie e<br />

truppe per metterle in salvo al di là delle Alpi, ordinò che, mentre la 6° Armata<br />

avanzava su Trento dalla Val Sugana 139 , si iniziasse 140 la marcia in avanti<br />

anche 141 dal Garda all’Astico. Sua Eccellenza Pecori Giraldi 142 il 1° di novembre<br />

135 Pace: segue depennato «e per finire, quan».<br />

136 Avio: segue depennato «voleva».<br />

137 Tergiversazioni: segue depennato «nemiche miravano».<br />

138 Pleniponteziarii: segue depennato «nemici».<br />

139 Val Sugana: segue depennato «anche per la 1° Armata».<br />

140 Iniziasse: segue depennato «la sua».<br />

141 «anche»: aggiunto in interlineo.<br />

142 Guglielmo Pecori Giraldi (Borgo San Lorenzo 1921 – Firenze 1941) comandò, dal maggio<br />

1916, la I Armata che operava sul fronte trentino. Seppe resistere all’offensiva austriaca sugli<br />

Altipiani, nota come la Strafe–Expedition e, per questo, si conquistò il diritto morale di guidare<br />

la sua Armata ininterrottamente fino al 3 novembre 1918, giorno in cui i suoi reparti di<br />

139


dette ordine di avanzare alla sua vecchia, gagliarda 1° Armata: tre Corpi<br />

d’Armata erano in linea: il X Corpo, dall’Astico al 143 Maio, che doveva puntare<br />

nell’avanzata su Folgaria; il V° Corpo, dal Pasubio a Zugna, che 144 doveva<br />

superare il Col Santo e scendere in Val d’Adige lungo i due Leni; il nostro XXIX<br />

Corpo, al quale era riservata l’avanzata su Trento dalla Valle Lagarina.<br />

La mattina del due di novembre, giorno sacro a tutti i nostri morti, Sua<br />

Eccellenza De Albertis 145 , comandante del XXIX Corpo d’Armata, convocò i<br />

generali da lui dipendenti per stabilire le modalità dell’attacco. Nuove truppe<br />

erano intanto affluite in Val Lagarina nella notte: la 32° Divisione, composta<br />

dalle due magnifiche brigate Acqui 146 e Volturno, stava concentrandosi intorno<br />

ad Ala. L’attacco doveva svolgersi così: sulla destra dell’Adige.<br />

[Assistei anche questa volta all’inizio dell’azione dall’osservatorio della<br />

trincea di Serravalle. Lungo il fiume, tra la nostra trincea di Serravalle e quella<br />

austriaca tracciata poco a sud di Marco, passavano circa due chilometri di terreno<br />

piano, sbarrato da reticolati elettrici. Era un pomeriggio grigio e caliginoso, e la<br />

linea nemica era invisibile, laggiù tra le nebbie; ma ci guardava in faccia il<br />

Biaena nero nero, colla sua punta ritorta come la zanna di un ferino. Uscirono<br />

prima gli arditi del XXIX Reparto d’assalto (fiamme verdi), dal varco basso e<br />

lungo la ferrovia, e si sparpagliarono subito avanzando nel tratto compreso fra<br />

avanguardia entrarono in Trento. Quello stesso giorno il Generale Pecori Giraldi fu nominato<br />

Governatore della città di Trento. I poteri del Generale non furono però limitati alla sola città,<br />

ma alla Venezia Tridentina. Il suo Governatorato militare durò fino al 31 luglio 1919. Su di lui<br />

si veda U. CORSINI, Guglielmo Pecori Giraldi. Governatore militare del “Trentino, Ampezzano<br />

e Alto Adige”, in Memorie storiche militari, Roma, USSME, 1979, pp. 229-263.<br />

143<br />

Al: segue depennato «Pasubio».<br />

144<br />

Che: segue depennato «att».<br />

145<br />

Vittorio De Albertis fu Tenente Generale del XXIX Corpo d’Armata dal 7 luglio 1917 al 3<br />

gennaio 1919. Cfr. Il XXIX° Corpo d’armata nella guerra per la più grande Italia. 8 dicembre<br />

1916-3 gennaio 1919, Venezia, Istituto veneto di arti grafiche, 1919, p. 6.<br />

146<br />

La Brigata Acqui, nata nel 1703 come Reggimento di fanteria Des Portes e denominata dal<br />

1774 Reggimento del Chiablese, fu una delle più gloriose Brigate dell’esercito sabaudo.<br />

Estendendo il reclutamento anche alle province di Alessandria, Acqui, Alba e Lomellina prese il<br />

nome di Brigata Alessandria. Nel 1821 fu disciolta, ma successivamente Carlo Felice di Savoia<br />

ordinò la costituzione di quattro nuove Brigate e, con il personale della disciolta Brigata<br />

Alessandria, fu formata la nuova Brigata Acqui, inserita nell’esercito piemontese. Il 3 novembre<br />

1918 la Brigata Acqui entrò vittoriosa in Rovereto. Sull’argomento si veda N. BRANCACCIO, La<br />

Brigata Acqui. 17.-18. Reggimento Fanteria. Dalle origini, Trento, Scotoni, 1925.<br />

140


l’Adige e la via carrozzabile, che, superata la stretta, divergeva sempre più dal<br />

fiume; poi cominciarono a uscire gli alpini, a due per due, col fucile a<br />

bilanciamento, con quello stesso passo grave e tranquillo con cui sarebbero usciti<br />

per una marcia d’istruzione. Dalla nostra trincea vedevamo a quando a quando,<br />

sempre più lontano, il comandante del reparto d’assalto, maggiore Gambara,<br />

meraviglioso nella sua gioconda fierezza, che guidando la prima ondata, saltava i<br />

filari delle vigne, i cui legami intralciavano la marcia. Le nostre artiglierie furono<br />

le prime a rompere il silenzio dall’Altissimo allo Zugna, ché forse la nebbia<br />

aveva finora impedito agli osservatori di accorgersi della nostra avanzata: e da<br />

questo momento lo scoppio dei nostri proiettili segnò laggiù in faccia a noi la<br />

linea nemica con un inferno di fumate nerastre.<br />

Ma di lassù, veramente, si vedeva ormai ben poco: e allora insieme con altri<br />

due ufficiali (il tenente del genio Franco Ciarlantini ed il] vecchio capitano di<br />

fanteria, che non è ignoto a Brescia; parlo del capitano Gaetano Bay 147 ,<br />

professore al liceo Parini di Milano, il quale per tre anni di guerra, dopo aver dato<br />

alla patria la vita del suo unico figliuolo, è stato ogni giorno, egli già anziano di<br />

anni, là dove molti giovani, imboscati nelle retrovie non hanno avuto il coraggio<br />

di andare.<br />

Uscimmo dunque da quella porticina di filo spinato da cui tre giorni prima<br />

erano entrati i plenipotenziari austriaci, scendemmo in quattro salti nella strada<br />

dove 148 i rincalzi alpini seguivano a passare in fila indiana; e come buoni<br />

borghesi in passeggiata domenicale, ci incamminammo verso marco per vedere<br />

quello che laggiù succedeva. La strada, piana e tortuosa, incassata fra due muretti<br />

a secco come certe strade della campagna fiorentina 149 aveva quell’aria di<br />

desolazione che è nei passaggi 150 abbandonati 151 dagli uomini e visitati dalla<br />

147<br />

Gaetano Bay (Lodi 1845 – Silanus 1934) partecipò all’impresa dei Mille. Cfr. G.<br />

BEVI<strong>LA</strong>CQUA, I mille di Marsala. Vita, morte, miracoli, fasti e nefasti, Calliano, Manfrini<br />

editori, 1985, p 147.<br />

148<br />

Dove: segue depennato «gli alpini».<br />

149<br />

Fiorentina: segue depennato «lungo l’Arno, verso Rovezzano ve n’è alcuna di aspetto molto<br />

somigliante».<br />

150<br />

Passaggi: segue depennato «da lungo tempo».<br />

141


morte: da 152 anni, nessuno più passava in quella strada se non di notte, se non<br />

cautamente, in pattuglia, coll’orecchio teso e col fucile imbracciato. Si vedevano<br />

infatti qua e là elmetti austriaci abbandonati 153 , armi spezzate, fondelli<br />

arrugginiti, traccie di brevi lotte notturne svoltesi fra drappelli in ricognizione o<br />

di violenti duelli d’artiglieria. Andavamo così per la stradetta desolata, in mezzo<br />

alla terra che gli Inglesi chiamano la terra di nessuno, usciti fuori 154 dalla linea<br />

dove militarmente fino a quel giorno arrivava la Patria, e abbandonati così in 155<br />

quella zona neutra dove l’uomo ridiventa selvaggio, dove ogni ombra è<br />

un’insidia, dove l’uccidere è legge: e intorno a noi c’era un gran senso di<br />

solitudine e di vuoto, ma anche 156 , nell’anima, una strana impressione di<br />

freschezza e di leggerezza gaia<br />

In quell’ora, collo stesso senso di raccoglimento con cui noi camminavamo 157<br />

in silenzio sulla via di Marco, sotto il fragore delle cannonate, per altre strade di<br />

campagna come quella fra le vigne, file di 158 povere donne vestite di nero<br />

andavano a portar fiori ai cimiteri, a commemorare i loro morti, che 159 oggi<br />

regalavano ai vivi questo giorno: e i morti che son buoni che nulla vogliono<br />

perché tutto hanno dato.<br />

[Camminammo per quasi un chilometro, avvicinandoci sempre più alla zona<br />

nascosta dal fumo del bombardamento; quando, giunti a una svolta della strada<br />

assai prossima al luogo dove il reparto d’assalto si era già impegnato contro la<br />

prima linea nemica, udimmo che le artiglierie austriache, che finora erano restate<br />

in silenzio, quasi sbalordite dall’attacco improvviso, si risvegliavano, sia pur con<br />

un numero limitatissimo di pezzi; e, naturalmente la prima cosa che fecero fu<br />

151 Abbandonati: segue depennato «dalla».<br />

152 Da: segue depennato «quattro».<br />

153 Abbandonati: segue depennato «armi».<br />

154 Fuori: segue depennato «da quella».<br />

155 In: segue depennato «quel terreno neutr».<br />

156 Anche: segue depennato «in fondo al cuore una str».<br />

157 Camminavamo: segue depennato «sulla».<br />

158 Di: segue depennato «don».<br />

159 Che: segue depennato «regalava».<br />

142


quella di battere strada di afflusso delle truppe attaccanti, cioè proprio la strada<br />

dove eravamo noi. ]<br />

I colpi, non molto fitti, pareva che partissero da Zugna Torta o da Costa<br />

Violina: accucciati dietro il muretto sentivamo ogni tanto nell’aria un fruscio<br />

lieve lieve che si avvicinava, come il raschio di un unghia su una stoffa di seta; e<br />

poi una gran fiammata gialla illuminava sinistramente la strada e insieme si udiva<br />

un tonfo secco sulle nostre teste, un ronzio miagolante di pallette e il tintinnio<br />

metallico dei rottami del proiettile che rimbalzavano sui sassi…<br />

[Allora tornai verso Serravalle accompagnando al posto di raccolta un cadetto<br />

viennese prigioniero: i campi lungo la strada, dove poche ore prima era passata<br />

l’ondata d’assalto, ora brulicavano d’ombre: ne vidi alcune intente a un lavoro<br />

febbrile al lume di una candelina tormentata dal vento. Non comprendevo che<br />

facessero: ma una gran vampata rossa e un colpo improvviso mi fecero capire<br />

che di trattava di un pezzo da montagna già spintosi fin lì, a “parlare”<br />

direttamente con quelle mitragliatrici austriache che davano noia sopra a Marco.<br />

“Da vicino ci si spiega meglio” mi disse, lì in quel buio, un artigliere.<br />

Non so come feci a ritrovare, in mezzo alla ressa di uomini e di quadrupedi<br />

che attendeva a Serravalle l’ordine di lanciarsi in avanti, la motocarrozzetta che<br />

doveva ricondurmi a riferire al Comando. Sulla via del ritorno, da Serravalle ad<br />

Ala, trovai per chilometri e chilometri la strada ingombra da truppe di fanteria,<br />

incolonnate nella notte: qualcuno cantava.<br />

Verso le due della notte, a Borghetto, fui svegliato da un ufficiale che balzò<br />

nella mia stanza gridando: “Rovereto è presa!! Il reparto d’assalto ha avuto<br />

cinquanta morti e un centinaio di feriti, ma ormai la resistenza è vinta: e la nostra<br />

cavalleria si è lanciata avanti!” Mi alzai all’alba, feci preparare la mia<br />

motocarrozzetta, smanioso d’esser là anch’io. Sul momento di partire, mi ricordai<br />

che nel nostro magazzino, fra i materiali di propaganda destinati alle Case del<br />

Soldato, doveva esserci un centinaio di bandierine tricolori: le mandai a prendere,<br />

e le misi dentro la carrozzetta ammucchiate. E poi un’altra idea mi venne: se<br />

proprio… se proprio in quel giorno lì si fosse arrivati a Trento (non riuscivo a<br />

143


crederci ancora…) ci sarebbe voluta una bandiera grande, per avvolgerla alla<br />

statua di Dante. Idea ingenua, vero? … Ma in guerra le idee ingenue non fanno<br />

ridere… Dunque, una bandiera grande: ma… dove trovarla? Se le cose si fossero<br />

svolte con meno precipitazione, avremmo potuto prepararla; ma all’improvviso<br />

così… Quand’ecco, mi balenò una risoluzione molto luminosa, anche se non<br />

molto onesta: per le scale della casa ov’io abitavo a Borghetto, avevo veduto il<br />

giorno avanti una grande bandiera preparata dai padroni di casa, in attesa dei<br />

grandi eventi che stavano maturandosi. Spontaneamente non me l’avrebbero data<br />

di certo: non c’era che rubarla. Mandai su per le scale il mio bravo attendente che<br />

compié alla perfezione l’incarico: e potei così nascondere insieme colle cento<br />

bandierine la bandiera grande destinata a Dante. Una delle bandierine la issai sul<br />

manubrio del mio motociclista, e partii a gran velocità sulla via di Trento,<br />

tricolore al vento. ]<br />

Correndo per la via tra Marco e Rovereto, bendata ancora dai mascheramenti<br />

austriaci 160 , scorgendo, nelle armi abbandonate a mucchi e nei rottami che<br />

ingombravano la via, i primi segni della rotta nemica, provavo 161 senso di<br />

delusione retrospettiva di chi, dopo aver visto uno spettacolo teatrale dalla platea,<br />

va a ficcare il naso dietro le quinte…<br />

Giunsi a Rovereto, circondata dalla sua corona, oramai innocua, di reticolati e<br />

di forti, mattino nebbioso. e passai senza fermarmi dalle sue vie, che mi parvero<br />

lo spettro di una città un di ridente, ora deserta e saccheggiata, senza finestre e<br />

senza porte, coi muri sfondati dal cannone, colle vie ingombre di macerie, di<br />

mobili spezzati, di carte 162 disseminate chissà da quali 163 archivii profa[nati].<br />

[Il colonnello del 218°, che mi precedeva in automobile, mi avvertì che la via<br />

era pericolosa per le bombe a mano disseminatevi dagli austriaci fuggenti: era<br />

prudente, per quel tratto, camminare a piedi. Oltre Rovereto ripresi la corsa:<br />

passai per un lungo viale fiancheggiato da ippocastani ingialliti dall’autunno, tra i<br />

160 Austriaci: segue depennata parola illeggibile.<br />

161 Provavo: segue depennata parola illeggibile.<br />

162 Carte: segue depennato «precipitate».<br />

163 Quali: segue depennata parola illeggibile.<br />

144


quali erano appesi neri festoni del mascheramento di frasche secche penzolanti<br />

nella foschia: sotto quel paramento funebre dai colori austriaci, passavano le<br />

turbe barcollanti dei prigionieri che venivano avanti da sé, senza guardiani,<br />

perché in quel giorno i nostri soldati avevano da andare a Trento e non potevano<br />

perder tempo coi prigionieri… Più avanti salutai le prime donne redente, che mi<br />

risposero in fretta perché erano occupatissime a trasportare con un carretto dei<br />

sacchi di farina abbandonati nei magazzini militari austriaci (e già c’era a tu per<br />

tu con loro, pare impossibile, un solerte capitano dei carabinieri, che si<br />

industriava a dimostrare la poca… regolarità di quella requisizione privata!)<br />

Dalle finestre di Volano, qualche vecchio mi guardò passare con aria trasognata:<br />

s’era addormentato cogli austriaci, e si levava cogli italiani. E verso le nove<br />

giunsi a Calliano.<br />

Erano fermi a Calliano i comandanti e gli ufficiali del XXIX Reparto<br />

d’Assalto e del IV Gruppo Alpino, dai quali seppi che fin lì era giunta la nostra<br />

colonna d’avanzata.: la cavalleria (uno squadrone del Reggimento Cavalleggeri<br />

Alessandria, 14°) era passata in testa fin dalla notte, da quando cioè la via era<br />

stata aperta dall’azione del Reparto d’assalto e degli Alpini. Raggiunsi quindi lo<br />

squadrone dei cavalleggeri che, smontati dai loro cavalli, avevano fatto sosta<br />

lungo la via.<br />

Cogli ufficiali dello squadrone era fermo anche il colonnello Tarditi,<br />

comandante del Reggimento; e seppi dalla sua gentilezza che l’avanzata dello<br />

squadrone, che costituiva la punta estrema delle forze italiane dirette su Trento,<br />

era momentaneamente sospesa, perché poco oltre la via era sbarrata da un reparto<br />

d’assalto austriaco, le cui intenzioni non erano ben chiare. In quel punto la valle<br />

d’Adige si restringeva in modo da lasciar passare appena, fra alte rupi scoscese, il<br />

fiume, la ferrovia e la strada: e sarebbe bastato un manipolo di uomini di fegato<br />

annidati fra le roccie per tenere indietro un esercito: ora questo reparto d’assalto,<br />

comandato da un maggiore che si dava aria di fierezza, s’era appunto schierato,<br />

in formazione di combattimento, sulle alture che dominavano la strada, e<br />

rifiutava di arrendersi. A un ufficiale di cavalleria che il colonnello mandò avanti<br />

145


per intimare la resa, il maggiore austriaco rispose che dai suoi superiori aveva<br />

saputo che l’armistizio era già concluso e che quindi, mentre non era<br />

assolutamente disposto a darsi prigioniero, era però disposto a lasciarci passare e<br />

a ritirarsi. Che l’armistizio fosse già concluso non era affatto vero: l’armistizio,<br />

come sapemmo poi, doveva decorrere dalle ore 15 del giorno seguente, cioè del 4<br />

novembre: ma pare che il Comando austriaco, per attenuare in parte le perdite<br />

della sconfitta da cui ormai si sentiva travolto, avesse fin dalla mattina del 3<br />

novembre fatto credere alle sue truppe che l’armistizio fosse già concluso,<br />

mentre eravamo ancora in piena possibilità di combattimento. Il colonnello di<br />

cavalleria, ad evitare ulteriori ritardi nell’avanzata, consentì al reparto d’assalto<br />

nemico di ritirarsi, e chiese che un ufficiale del reparto stesso si unisse alla nostra<br />

avanguardia per far da guida e per garantire delle buone intenzioni nemiche.<br />

Mandarono infatti, poco dopo le 10 della mattina, un tenente viennese, che<br />

parlava alla meglio in italiano: biondo, gelido, rigido nella singolare divisa delle<br />

Sturmtruppen austriache.<br />

L’avanzata ricominciò: chiesi ed ottenni il permesso di unirmi alla pattuglia di<br />

punta, la quale, costituita da un plotone di cavalleggeri comandato da un tenente,<br />

aveva il compito di procedere di qualche centinaio di metri il resto dello<br />

squadrone, a passo cauto e lento per sventare eventuali insidie nemiche. Siccome<br />

l’ufficiale austriaco che doveva accompagnare la pattuglia di punta era a piedi e<br />

siccome non era opportuno, data la necessità di esser guardinghi, procedere a<br />

gran velocità, il tenente che comandava il plotone non salì a cavallo, ed io non<br />

risalii sulla mia motocarrozzetta che mi seguì a distanza: e così noi tre, il tenente<br />

di cavalleria, il tenente austriaco ed io fra loro due, ci mettemmo a camminare<br />

sulla bella strada che conduce a Trento, seguiti a poche decine di passi dai<br />

cavalleggeri del plotone di punta e a qualche centinaio di metri dal resto dello<br />

squadrone.<br />

Era una passeggiata veramente incantevole: la strada, larga e pianeggiante, si<br />

snodava pittorescamente tra il fiume a sinistra e i roccioni a destra: un po’ di sole<br />

era apparso fra la nebbia a dare al mondo un che di primaverile; non si udiva né<br />

146


un colpo di cannone né una fucilata: soltanto il mormorio dell’Adige che correva<br />

sotto a noi, e, dietro, il ritmico scalpitìo della cavalleria che seguiva. Quel biondo<br />

austriaco camminava in silenzio con rigidi passi da automa; ma io ed il tenente di<br />

cavalleria conversavamo da buoni compagni; e siccome, nel conversare, il<br />

tenente mi disse di essere siciliano, io gli feci notare la simpatica coincidenza che<br />

il comandante della prima pattuglia destinata a entrare in Trento fosse proprio un<br />

figlio della terra più meridionale di Italia, partito dall’estremo mezzogiorno per<br />

recarsi a piantare la bandiera sul lembo più settentrionale della Patria. Questa<br />

bella passeggiata tranquilla continuò per più di mezz’ora.<br />

A un tratto, a una svolta della strada, ecco, a una cinquantina di metri dinanzi a<br />

noi, gli austriaci. Erano fermi alle case di una borgata chiamata Acquaviva, dove<br />

il loro reparto d’assalto aveva i suoi accantonamenti: i soldati parevano<br />

affaccendati a preparare i loro bagagli per partire, mentre in un falò accesso<br />

lungo la strada bruciavano forse le carte riservate del comando: e in mezzo alla<br />

via erano fermi in gruppo gli ufficiali del reparto, i quali appena ci videro,<br />

puntarono contro di noi, come se si fossero messi d’accordo prima, le loro<br />

macchine fotografiche, guardandoci appena, con indifferenza certo simulata e<br />

senza segni di ostilità. Il tenente di cavalleria, vedendo che gli austriaci non<br />

avevano ancora iniziato la loro ritirata, mandò subito indietro un soldato a<br />

chiedere istruzioni al colonnello: dovevamo fermarci anche noi, o proseguire<br />

oltre, sulla via di Trento, sorpassando i nemici che non si erano mossi ancora? Il<br />

colonnello rispose ordinando di sostare finché i nemici non avessero sgombrato:<br />

e facemmo così alt a una ventina di metri da loro, divisi soltanto da un breve<br />

tratto di strada che venne a costituire una specie di zona neutra. La situazione era<br />

delle più originali: l’armistizio non esisteva ancora, e quindi poteva da istante<br />

all’altro un piccolo incidente far divampare un combattimento: eppure ci<br />

guardavamo con ostentata fredda noncuranza, mentre dalle finestre delle case di<br />

Acquaviva una ragazza bionda e dei bambini si affacciavano ogni tanto con occhi<br />

smarriti, senza rendersi conto di quello che stava per succedere. In mezzo alla<br />

strada, nel gruppo di ufficiali, ebbi modo di osservare a mio agio il maggiore<br />

147


comandante del battaglione: era un omaccione alto e tarchiato, con dei grandi<br />

baffi neri su una faccia molto colorita, una ghigna da prepotente ben inquadrata<br />

dall’elmetto a fungo; portava un pastranino azzurro orlato di pelliccia, con<br />

ornamenti molto reviditoi, d’oro e di scarlatto, tipo Vedova Allegra o ballo<br />

Excelsior; in mano aveva un frustino, e, tanto per essere coerente fino all’ultimo,<br />

dava ogni tanto ostentatamente delle frustate sulla faccia ai suoi gregari che non<br />

facevano le valigie con sufficiente celerità…<br />

In questo frattempo offrii una delle mie bandierine alla ragazza bionda che<br />

curiosava dalla finestra: ella mandò giù in istrada uno dei suoi fratellini a ricevere<br />

il dono; ma nonostante i miei inviti, non si volle decidere a esporre quel piccolo<br />

tricolore alla sua finestra… La sua casa era proprio compresa nella zona neutra,<br />

ed ella, finché quel maggiore gradasso non aveva finito di fare i bagagli, voleva<br />

rispettare la neutralità. I cavalleggeri profittarono della sosta per dare<br />

l’abbeverata ai quadrupedi: vidi qualcuno che dava da mangiare al proprio<br />

cavallo dei pezzi di zucchero grandi come un pugno: e seppi che tra Volano e<br />

Calliano, in prossimità di magazzini austriaci saccheggiati prima dell’abbandono,<br />

la strada era selciati di simili ciottoli…<br />

Intanto, questa lunga sosta dell’avanguardia aveva dato modo di giungere e di<br />

serrar sotto a tutte le truppe che costituivano la colonna di attacco. S’era già<br />

radunato presso Acquaviva tutto lo squadrone di cavalleria sol suo colonnello e<br />

già arrivavano le prime pattuglie del XXIX reparto d’assalto e degli alpini.<br />

Sopravvenivano anche veicoli carichi di ufficiali, che si incolonnavano tutti<br />

dietro di noi, in attesa: un’automobile con un colonnello dei Carabinieri, qualche<br />

autocarro da uno dei quali saltò giù balzandomi giocondamente incontro un altro<br />

ufficiale addetto al servizio P, il tenente Callaini che era partito da Borghetto<br />

recando molte migliaia di copie di un giornale di Verona uscito la mattina, per<br />

distribuirle, prezioso dono a chi da quattro anni è isolato dal mondo, ai fratelli di<br />

Trento. Ormai mezzogiorno era passato: i preparativi degli austriaci si<br />

protraevano, forse ad arte: c’era in tutti una grande impazienza, un gran desiderio<br />

di correre avanti… Ed ecco, una delle motocarrozzette che era dietro alla mia,<br />

148


accennò a muoversi, a passare avanti, senza che il colonnello comandante<br />

l’avanguardia mostrasse di disapprovare… E allora, poiché poteva essere utile<br />

che qualcuno arrivasse subito a Trento ad annunciare alla cittadinanza che i<br />

liberatori erano ormai vicini, e poiché rientrava nei compiti del mio servizio<br />

accorciare anche di un’ora le incertezze e le sofferenze di quei poveri fratelli<br />

nostri, detti ordine al mio motociclista di rimetter la macchina in moto e di<br />

andare avanti, verso Trento, a tutta velocità. Passai come un razzo sotto il naso<br />

del maggiore rubicondo, che – a quanto seppi poi – dopo un’altra mezz’ora di<br />

attesa, vedendosi ormai impotente dinanzi alle forze sopraggiunte, si arrese<br />

piangendo di rabbia e lasciò che il suo reparto venisse disarmato dai nostri in un<br />

cortile; ma questo, come ho detto, lo seppi poi. Io, per conto mio, me ne andavo<br />

solo soletto sulla bella strada larga, aspirando a pieni polmoni nella corsa quel<br />

purissimo ossigeno d’Italia…<br />

Da Acquaviva a Trento passano una decina di chilometri, di bella strada piana,<br />

che si snoda con dolci curve nella vallata sempre più larga quanto più ci si<br />

avvicina alla città. La motocarrozzetta correva a gran velocità, colla sua<br />

bandierina al vento, e si lasciava indietro nella sua corsa ai due lati della strada<br />

baraccamenti militari austriaci, campi pieni di carriaggi e di cavalli, tutta quella<br />

vita multiforme e febbrile che pulsa nelle retrovie di un esercito in guerra… Per<br />

qualche chilometro la strada fu sgombra, poi cominciammo a trovare truppe<br />

incolonnate che marciavano verso Trento: il mio motociclista suonava a tutta<br />

forza la cornetta per farsi largo, ed io inconsciamente ero tratto a fare col braccio<br />

dei larghi gesti da padrone per ordinare di lasciar libero il varco a quelli che non<br />

si scansavano con prontezza. E quelli guardavano instupiditi la bandierina che<br />

sventolava, e ubbidivano senza protestare, con un viso tra attonito e sorridente…<br />

A Mattarello, il paese prima di Trento, mi parve di vedere, nel passare, dei<br />

borghesi che avendo scorto la bandierina la manubrio, si misero ad agitare le<br />

braccia per aria come indemoniati: gettai loro senza fermarmi qualcuno dei miei<br />

piccoli drappi tricolori e intravvidi, volgendomi dalla mia carrozzetta, che delle<br />

donne si erano lanciate a raccoglierli e se li contendevano lì sulla via come<br />

149


affamate che si contendessero un pezzo di pane… Avanti, avanti! Incitavo il<br />

motociclista a andar più forte, ma egli ci pensava da sé anche senza incitamenti, e<br />

da sé urlava a gran voce delle frasi pazze di entusiasmo patriottico e di vituperio<br />

contro gli austriaci: “Largo, largo, mangiasego! Passa l’Italia, todeschi! Viva<br />

l’Italia!!”; e poco mancava che le turbe austriache, in risposta a quelli improperi,<br />

non ci presentassero le armi…<br />

Avanti, avanti! Ecco un viadotto a grandi archi, la ferrovia della Val Sugana<br />

che sbocca a Trento; avanti, avanti! Eccoci all’improvviso imboccati nella strada<br />

principale della città, in un viale alberato fiancheggiato da belle palazzine, in<br />

mezzo a un disordinato e congestionato via– vai di autocarri e soldati austriaci…<br />

Largo, largo! La folla si apriva docilmente; pareva che non ci fosse più né ordine<br />

né autorità: ognuno andava per suo conto, senza più meravigliarsi di nulla,<br />

desideroso soltanto di liberarsi da quell’atroce incubo di quattro anni. Mi accorsi<br />

con meraviglia che alle finestre c’erano già tante bandiere italiane: e quando,<br />

continuando la mia corsa, penetrai il Borgo Nuovo nelle vie più centrali, vidi che<br />

tutta la città, non so per quale misterioso incanto, s’era già, nell’attesa, tutta<br />

adornata dei suoi colori gelosamente custoditi per tanti anni di martirio, e già li<br />

ostentava dinanzi ai carnefici che preparavano in gran fretta le valigie… Qualche<br />

grido fraterno cominciò a salutarmi dalle finestre e dai marciapiedi, e qualcuno<br />

cominciò a rincorrermi in segno di festa… Ma io non mi fermavo, perché volevo<br />

arrivare dritto al monumento di Dante, per consegnargli la sua bandiera grande; e<br />

per tutta risposta alle grida di gioia lasciavo lungo la via, sempre correndo, una<br />

fiorita di bandierine… Ma quando, lasciato sulla sinistra il Duomo, fui giunto<br />

dove la via della Torre sbocca in piazza Opere, mi trovai dinanzi a un bivio e non<br />

seppi più da che parte voltare per giungere alla meta… Allora feci fermare, ed<br />

ebbi l’ingenuità di chiedere indicazioni sull’itinerario al primo borghese che mi<br />

corse vicino: “Scusi, mi saprebbe dire che strada si piglia…” Ma si! Non potei<br />

finire; mi si buttarono addosso, in dieci, in venti, in cento, da tutte le parti,<br />

impazziti, urlando, piangendo, ridendo, chiedendomi una bandiera, per carità,<br />

una bandiera… “Una bandiera… una bandiera… anche a me, a me, a me! …” E<br />

150


la mano… Tutti mi volevano stringer la mano; mi tendevano la mano in cento<br />

tutti insieme, giovanotti e vecchi, signore e popolane… Quella specie di angusta<br />

e bassa navicella in cui si imprigionano le gambe di chi viaggia in<br />

motocarrozzetta, non è fatta per agevolare i movimenti: sicché, sotto quella<br />

valanga di entusiasmo fraterno, sotto quelle centinaia di mani che facevano a<br />

gara per stringer la mia mano e per ghermire le bandierine preziose, ebbi per un<br />

istante l’impressione di rimanere schiacciato, incassato come ero dentro il mio<br />

carrozzino… Tentai per un po’, in quel parapiglia, di seguitare in ordine la<br />

distribuzione delle bandierine a una a una… ma poi mi sparì tutto: mi presero<br />

tutte le bandierine che mi restavano ancora, mi strapparono quella che era<br />

attaccata al manubrio, mi portarono via anche quella grande, quella rubata a<br />

Borghetto, quella destinata a Dante… E quando finalmente potei liberarmi da<br />

quella stretta e balzar fuori dalla mia prigione e mi trovai lì, sballottato,<br />

accarezzato da quel delirio di entusiasmo, cogli occhi pieni di pianto e colla gola<br />

serrata da un nodo, non fui capace da principio di dire una parola: una sola cosa<br />

capivo: che ero a Trento, a Trento, a Trento davvero!<br />

Pochi istanti dopo il mio arrivo mi raggiunsero altre due motocarrozzette, in<br />

una delle quali era il tenente Ciarlantini, e nell’altra il tenente del genio Ciro<br />

Scapini e il tenente medico Antonio Azzolini che vennero a fermarsi vicino alla<br />

mia, accolte dal delirio sempre crescente della folla; ed ecco dietro di noi lo<br />

sbuffare di un moto d’automobile… La folla s’aprì credendo che fossero altri<br />

ufficiali italiani, ma quando la vettura ci fu vicina, vedemmo che vi erano sopra<br />

un generale austriaco col suo aiutante: sotto i loro pentolini azzurri avevano tutt’e<br />

due una faccia verde che non riuscivano a nascondere dietro il bavero rialzato fin<br />

sul naso, e guardavano fissi dinanzi a sé, figurando di non accorgersi della folla;<br />

e la folla, in questa città che era ancora austriaca, che era ancora tenuta da decine<br />

di migliaia di soldati e sottoposta al tiro di centinaia di cannoni, dietro<br />

quell’automobile che scantonava proruppe in un gran grido che soffocò il<br />

brontolio del motore: “Viva l’Italiaaa!!…”<br />

151


La folla frenetica di gioia, voleva portarci al Municipio: e intanto si pigiava<br />

d’intorno a noi, e voleva vederci, e voleva toccarci… Quel senso di artificio, di<br />

“montatura a freddo” che si riscontra in quasi tutte le manifestazioni di piazza,<br />

era lì, in quell’ora indimenticabile, assolutamente lontano da noi: pareva di<br />

ritrovare, in ogni mano che si tendeva, una persona cara incontrata dopo una<br />

lunga assenza: io non sapevo dire altro che: “Fratelli… fratelli…”; e mentre ora,<br />

se ci ripenso, trovo in questa parola, guasta da tanta retorica, un che di esagerato<br />

e di stonato che mi fa sorridere, allora essa mi sembrava fresca e primitiva e la<br />

pronunciavo con un accento di tenerezza vera. “Finalmente, finalmente!” era<br />

questa la parola che più sentivo aleggiare sulla folla: “Quanto vi abbiamo<br />

aspettato! Quanto abbiamo sofferto… Ma ora si dimentica tutto…”…<br />

Dai cittadini che m’erano vicino seppi frammentariamente qualche notizia<br />

sulla situazione della città: Trento era ancora in mano agli austriaci, c’erano<br />

ancora generali e truppe; ma da due o tre giorni vi regnava il caos. La sera prima<br />

era stato comunicato ai soldati un proclama dell’Imperatore 164 che annunciava<br />

finita la guerra, a dava a tutti facoltà di tornare alle loro case. La mattina s’era<br />

diffusa la voce che l’armistizio con l’Italia fosse già firmato. Era un fuggi fuggi<br />

generale: le autorità civili si erano messe in salvo ad Innsbruck; poche ore prima<br />

era fuggito Muck 165 , il capo della polizia, il persecutore di Battisti. La<br />

soldataglia, libera da ogni vincolo di disciplina, cominciava ad abbandonarsi al<br />

saccheggio; un Comitato provvisorio di salute pubblica s’era costituito e sedeva<br />

in permanenza al Municipio; un giornale “L’Attesa”, di cui si pubblicò un solo<br />

numero, esprimeva bene nel suo titolo lo stato d’animo della Città…<br />

“Al Municipio! Al Municipio!!”: ci vollero a tutti i costi portare in trionfo;<br />

sentii le mie gambe sollevate in aria, e provai l’impressione di galleggiar sulla<br />

164 Su Carlo I d’Austria (Persenbeug, 1887 – Funchal, 1922), imperatore d’Austria, re<br />

d’Ungheria e Boemia, e monarca della Casa d’Asburgo-Lorena, si veda V. MERCANTE, Carlo I<br />

d’Austria. Tra politica e santità, Milano, Gribaudi, 2009.<br />

165 Rudolf Muck fu commissario di polizia di Trento dagli ultimi anni del 1800 alla fine della<br />

prima guerra mondiale. Fu autore di Die irredentstischen Vereine Welsctirols. Diarstellung<br />

ihrer Tatigkeit auf Grund amtlicher Quellen, pubblicato a Trento nel 1917. Nell’opuscolo sono<br />

esaminate le vari associazioni nazionali presenti in Trentino nell’anteguerra. Cfr. Muck, Rudolf,<br />

in Storia del Trentino, a cura di S. Benvenuti, IV, Trento, Edizioni Panorama, 1998, p. 83.<br />

152


folla; e non riuscivo, nonostante i miei gesti disperati, a tornare a terra… Ma<br />

quando fummo a un centinaio di metri dalla porta del palazzo municipale, si<br />

presentò dinanzi a noi una scena impensata.<br />

Mentre la folla radunatasi in gran numero dopo il nostro arrivo, procedeva a<br />

pari con noi e dietro a noi, la strada, la larga strada dove sorge il Municipio era,<br />

dinanzi a noi, quasi deserta: ed ecco, all’improvviso, dalla porta del palazzo<br />

municipale vedemmo uscire, a passo solenne in questa strada vuota, un ben<br />

ordinato corteo di gravi personaggi, che ci venivano incontro in pompa magna a<br />

renderci onore. C’erano molti signori vestiti di nero e col cappello a tuba; c’era,<br />

in mezzo a loro, un prelato vestito di violetto, e dietro un gran numero di cittadini<br />

e di signore; e ai due lati del corteo, ad inquadrare le autorità, marciavano perfino<br />

due file di guardie civiche in alta uniforme, con tanto di elmo lustro e di<br />

pennacchio rosso. Era il Comitato provvisorio di salute pubblica che aveva<br />

ritenuto suo dovere uscire subito incontro ai creduti liberatori; e quantunque in<br />

altro momento quel pomposo apparato avrebbe forse potuto avere ai nostri occhi<br />

una lieve tinta di comicità, lì ci sembrò indicibilmente serio e commovente:<br />

poiché si sentiva che sotto quella ostentazione di solennità, sotto quella ricerca<br />

esteriore di mettersi in regola coll’etichetta per esser “pari al momento storico”,<br />

ciascuno di quei signori in tuba tentava di nascondere l’emozione che voleva<br />

prorompere, di tenere a freno le lacrime, il fremito, il delirio… Un po’ mortificati<br />

di questa accoglienza solenne che assolutamente non era dovuta a noi, semplici<br />

messaggeri delle truppe che stavano per arrivare, cercammo subito, prima che il<br />

presidente del Comitato cominciasse a parlare ufficialmente, di spiegar loro la<br />

nostra condizione: “noi siamo qui, sì… ma… non contiamo nulla, ecco. La nostra<br />

è stata un po’ una scappata, una biricchinata suggerita da troppo amore. Ma noi<br />

non abbiamo nessuna veste ufficiale… Gli onori non spettano a noi…”… Con un<br />

po’ di fatica, si persuasero: il corteo perse la sua rigidezza, le loro parole persero<br />

qualsiasi intonazione di etichetta… Ma vollero tuttavia condurci in Municipio, e<br />

lì, invece di farci salire al primo piano dov’era preparato il ricevimento ufficiale,<br />

ci fecero fermare nel cortile del palazzo che si riempì subito di una grande folla<br />

153


plaudente: il dottor Faes 166 , presidente del Comitato provvisorio, salì su un<br />

tavolino che era in un angolo del cortile, trasse su anche me e il tenente<br />

Ciarlantini e ci rivolse in pubblico un commosso saluto alla fine del quale volle<br />

abbracciarmi per dare in me il primo abbraccio all’Italia; ed anche un altro onore<br />

ci volle fare: ci disse che un soldato boemo, partito la mattina da Trento per<br />

tornare alla sua terra, gli aveva lasciato un pacco di sigarette perché le offrisse a<br />

suo nome, in segno di saluto fraterno, al primo soldato italiano che fosse giunto<br />

nella città: e pose nella mia mano il dono del combattente di Boemia, cui la<br />

guerra aveva insegnato ad amare l’Italia.<br />

Risposi con grande emozione che noi eravamo soltanto un’avanguardia<br />

sentimentale dell’esercito combattente che stava per giungere e che bisognava<br />

ora andare incontro a chi aveva aperto la via attraverso le difese nemiche, agli<br />

arditi, agli alpini, alla fanteria… Così, in mezzo a clamori e a canti indescrivibili,<br />

traendoci dietro un lungo corteo di popolo rifacemmo dal Municipio in senso<br />

inverso la strada che avevamo fatto all’arrivo: ci fiorirono e ci inghirlandarono di<br />

margherite e di nastri tricolori, ci vollero raccontare per via, parlando in venti alla<br />

volta, le loro torture, le loro lunghe speranze, gli strazi, il martirio di Battisti 167 ; ci<br />

confidarono i miracoli di astuzia compiuti negli ultimi giorni per preparar le<br />

sante bandiere della Patria: una signorina mi fece vedere le mani ancora arrossate<br />

dall’anilina: aveva passato la notte a tinger coll’inchiostro dei lenzuoli per<br />

preparare i drappi rossi… E tutte le finestre erano ormai un trionfo di bandiere<br />

tricolori e di vessilli gialli e azzurri, i colori di Trento: e gli austriaci erano<br />

spariti…]<br />

Risalimmo il ponte sul Fersina, oltrepassammo il viadotto della<br />

Valsugana… 168 Ora finalmente giù giù in fondo alla via, vedemmo 169 apparire, in<br />

mezzo a una nube di polvere, i primi autocarri italiani, trasformati in mostruosi<br />

166 Filippo Faes fu amministratore provvisorio della città di Trento dal 5 al 20 novembre 1918.<br />

Cfr. Faes, Filippo, in Storia del Trentino, cit., p. 211.<br />

167 Sull’esecuzione di Cesare Battisti, avvenuta il 12 luglio 1916 nel cortile interno del Castello<br />

del Buonconsiglio, si veda S. BIGUZZI, Cesare Battisti, Torino, UTET, 2008, pp. 511-576.<br />

168 Valsugana: segue depennato «E».<br />

169 Vedemmo: segue depennato «arrivare».<br />

154


grappoli umani di cittadini plaudenti, mescolati a soldati nostri; mitraglieri e<br />

arditi del Reparto d’Assalto: e i primi giornali che dicevano dopo quattro anni la<br />

trionfale verità 170 andarono a ruba e con essi andò a ruba 171 una profetica<br />

cartolina umoristica 172 che qualche giorno prima aveva avuto un grande successo<br />

fra i nostri soldati… Dopo qualche minuto ancora 173 tra un indescrivibile giubilio<br />

di popolo, giunse finalmente 174 l’avanguardia della cavalleria: e alle 15.15 Trento<br />

era ufficialmente e definitivamente italiana, e cominciava anch’essa ad ignorare<br />

dove fosse l’Austria…<br />

Ed ora, o signore e signori, io potrei narrarvi 175 molti episodi delle prime ore e<br />

dei primi giorni di Trento italiana; potrei descrivervi lo spettacolo addirittura<br />

sbalorditivo delle 176 centinaia di migliaia di prigionieri nemici che vedemmo in<br />

quel pomeriggio e nei giorni seguenti affluire a Trento, e talvolta ancora<br />

inquadrati nei reggimenti colla banda in testa, talaltra 177 raccolti alla rinfusa nei<br />

primi campi di concentramento improvvisati di dove si incanalavano verso<br />

Verona in mandrie interminabili che i ragazzini del 900, gli ultimi venuti,<br />

guidavano con marziale dignità di vincitori, sentendosi essi, in mezzo a quello<br />

sfacelo di un’accozzaglia di popoli, i rappresentanti schietti e sani di un popolo<br />

giovane e compatto che ha l’avvenire per sé. Potrei descrivervi 178 la sterminata<br />

serie di prede belliche che il nostro esercito poté catturare 179 nell’avanzata prima<br />

della conclusione dell’armistizio: interi parchi automobilistici; artiglierie di ogni<br />

calibro dai pezzi di campagna, ai 152, agli enormi mortai da 305, aeroplani…<br />

170<br />

Verità: segue depennato «furono in un baleno distribuiti e avidamente letti e commentati».<br />

171<br />

Ruba: segue depennato: «sotto il naso degli»<br />

172<br />

Dal 1918 il Comando Supremo e le armate sfruttarono come mezzo di propaganda le<br />

cartoline e la carta da lettere, articoli molto richiesti dai soldati. Scrivere divenne per molti<br />

un’esigenza anche psicologica. Con le cartoline il Servizio P riusciva ad operare una<br />

propaganda non solo al militare che la scriveva, ma anche alla famiglia che la riceveva. Cfr. M.<br />

SIMONETTI, Il Servizio “P” al fronte, cit.<br />

173<br />

Ancora: segue depennato «alle ore 15.15».<br />

174<br />

Finalmente: segue depennato «il primo plot».<br />

175<br />

Narrarvi: segue depennato «infiniti».<br />

176<br />

Delle: segue depennato «migliaia e migliaia, delle».<br />

177<br />

Talaltra. segue depennato «sbandati».<br />

178<br />

Descrivervi: segue depennato «una innumerevole».<br />

179<br />

Catturare: segue depennato «prima dell’ora stabilita».<br />

155


Potrei descrivere le cerimonie 180 solenni che si svolsero nei giorni seguenti<br />

dinanzi al monumento di Dante, alla presenza di S. E. Pecori Giraldi, vanto della<br />

nostra Toscana, si S. Eccellenza Caviglia 181 , attuale ministro della Guerra, di S.<br />

E. De Albertis e Cattaneo 182 e del Dott. Faes; potrei descrivervi il pellegrinaggio<br />

di popolo e l’omaggio di fiori al truce sterrato ove 183 fu suppliziato il santo di<br />

Trento, Cesare Battisti: ma troppo 184 , se anche questo volessi minutamente<br />

descrivervi, allungherei questa conferenza che ha già passati i limiti della 185<br />

sopportazione. Vi dirò soltanto che 186 dopo la mezzanotte del 3 novembre,<br />

quando, dopo 187 tante emozioni, potei finalmente trovare un po’ di 188 quiete in<br />

una bella camera messa a nostra disposizione da uno dei più fervidi patrioti<br />

trentini, il Signor Suster 189 , la Città era ancora piena di tumultuoso tripudio:<br />

entrava dalle finestre il bagliore rossastro di qualche lontano incendio appiccato<br />

dagli austriaci in fuga e insieme salivano a tratti folate di canti patriottici ventate<br />

di inno di Mameli a 190 purificare le vecchie strade 191 ; e giungevano fino a me le<br />

voci bonarie dei popolani che rientrando alle loro case si scambiavano le loro<br />

prime impressioni: “Ma eh, sora Marieta, che zornada?!” “Mi non xe credo<br />

180<br />

Cerimonie: segue depennato «di ringraziamento».<br />

181<br />

Enrico Caviglia (Finale Ligure 1862 – Roma 1945) deve la sua reputazione militare<br />

all’azione decisa e intelligente che svolse nel corso dell’offensiva di Vittorio Veneto. Nel 1919<br />

fu ministro della Guerra nel gabinetto Orlando. Su di lui cfr. G. ROCHAT, Caviglia, Enrico, in<br />

Dizionario biografico italiano, XXIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1979, pp. 97-<br />

103.<br />

182<br />

Luigi Cattaneo (Vellezzo Bellini 1890 – Roma 1968) partecipò al primo conflitto mondiale<br />

come ufficiale medico sul fronte del medio Isonzo. Contribuì al progresso dell’ostetricia<br />

moderna. É grande merito del Cattaneo avere per primo richiamato l’attenzione sull’importanza<br />

dell’indagine urologica in ginecologia. Su di lui cfr. P. MARZIALE, Cattaneo, Luigi, in<br />

Dizionario biografico italiano, XXII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1979, pp. 476-<br />

477.<br />

183<br />

Ove: segue depennato «Cesare Battisti».<br />

184<br />

Troppo: segue depennata parola illeggibile.<br />

185<br />

Della: segue depennata parola illeggibile.<br />

186<br />

Che: segue depennato «la sera».<br />

187<br />

Dopo: segue depennato «aver tanto faticato e tanto gioito».<br />

188<br />

Di: segue depennato «riposo».<br />

189<br />

Silvio Suster fu proprietario di una ferramenta a Trento. Cfr. MST, APC, b. 4, f. 7, doc. 2.<br />

190<br />

A: segue depennato «per le vecchie strade».<br />

191<br />

Strade: segue depennato «nella quali Battisti era stato messo alla berlina: e si sentivano».<br />

156


ancora” “X’è venui finalmente; xe venui, sti benedeti da Dio!” E una voce di<br />

vecchio: “Li aspettavo da cinquant’anni: ora posso morire 192 contento”.<br />

Signore e signori<br />

Io vi ho narrato come, in meno di 24 ore, fu presa dal nostro esercito vittorioso<br />

la città di Trento: e se qualcuno di voi osservasse che in verità la conquista non<br />

richiese molto tempo né molta fatica, io gli risponderei che per prendere Trento<br />

ci sono voluti quarantadue mesi di passione e che le falde di Passo Buole e del<br />

Pasubio sono tutte piene di cimiteri solinghi. Trento non l’ha liberata 193 chi ha<br />

avuto l’indimenticabile fortuna di mettervi piede il 3 di novembre, ma l’hanno<br />

liberata coloro che per tre anni sono stati a sospirarla dalle trincee, a guardarla<br />

bianca tra le caligini dalla vetta di Coni Zugna. Essi hanno fatto alla Patria, a tutti<br />

noi, il sublime dono di questa cara Città redenta: e mi torna qui alle labbra, o<br />

signore e signori, quella domanda amara che mi rivolgevo iniziando la mia<br />

narrazione: che daremo noi ai nostri combattenti in cambio di questo dono?<br />

Durante la guerra, tra i giovani atti alle armi, si era naturalmente stabilita una<br />

specie di graduatoria e di selezione: i migliori, gli onesti, gli oscuri galantuomini<br />

dei campi 194 , quelli dotati delle solide virtù del lavoro, della pazienza, della<br />

resistenza, erano andati tutti avanti senza protestare, gli altri erano restati nelle<br />

retrovie. Ed ora, o signori, vi parrebbe giusto che questa graduatoria formatasi in<br />

guerra, debba essere invertita nella pace e che coloro che furono primi nella<br />

trincea tornino ad essere gli ultimi nello Stato e nella società?<br />

Fra i canti fioriti naturalmente durante la guerra dal cuore dei nostri soldati, ve<br />

n’è uno, il più solenne e il più tragico, che descrive con rozza ma terribile<br />

evidenza la presa di Monte Nero 195 . Vorrei che ne conosceste la musica, che è il<br />

192 Morire: segue depennato «tranquillo».<br />

193 Liberata: segue depennato «presa».<br />

194 Campi: segue depennato «e della officina».<br />

195 Il 16 giugno 1915, durante la prima guerra mondiale, i battaglioni Exilles, Pinerolo, Susa e<br />

Fenestrelle del 3° Reggimento Alpini, comandato dal Colonnello Donato Etna, con un’azione<br />

notturna, occuparono la cima del Monte Nero, nelle alpi Giulie. L’impresa, che fu citata dalla<br />

stampa internazionale come esempio di brillante azione bellica, ebbe però un costo assai elevato<br />

in termini di vite umane. O. <strong>DI</strong> BRAZZANO, La Grande Guerra sulla Fronte Giulia (1915-17).<br />

Dalla conquista del Monte Nero a Caporetto, Trento, Edizioni Panorama, 2002.<br />

157


più grandioso inno 196 che mai sia uscito da petto di combattente 197 ; le sue parole<br />

dicono così:<br />

Monte Nero e Monte Rosso<br />

traditor della vita mia<br />

ho lasciato la casa mia<br />

per venirti a conquistar<br />

Per le vette da conquistare<br />

abbiam perduto tanti compagni<br />

tutti giovani sui vent’anni<br />

la sua vita non torna più<br />

colonnello che piangeva<br />

a veder tanto macello… 198<br />

E qui, ecco, la tragicità della descrizione viene ad un tratto interrotta da un<br />

pensiero di conforto che balena in mente all’alpino che canta<br />

Fatti coraggio, alpino bello<br />

che l’onore sarà per te<br />

L’onore sarà per te… Io vi dico 199 che dal modo con cui noi sapremo rendere<br />

onore di fatti e non di parole a chi veramente ha combattuto ed ha vinto, dipende,<br />

o signore e signori, nell’immediato avvenire, la grandezza e la prosperità della<br />

nostra Italia.<br />

Daremo noi ai combattenti che tornano giù, in quelle terre meridionali che si<br />

chiamano la Bassa Italia, ma che da un siciliano ho udito qualche giorno fa<br />

definire amaramente l’Alta Africa, la consolazione di potere ancora alla prossime<br />

196 Inno: segue depennato «di guerra».<br />

197 Combattente: segue depennato «armi».<br />

198 Canto composto dall’Alpino Domenico Borella dopo la conquista del Monte Nero.<br />

199 Dico: segue depennato «o Signore e Signori».<br />

158


elezioni vendere il voto al maggiore offerente? O li consiglieremo ad attendere<br />

aiuto e conforto dalla illuminata e sagace burocrazia romana? O suggeriremo loro<br />

di mettersi tranquilli sul marciapiede a guardar le automobili che passano cariche<br />

degli imboscati di ieri?<br />

Io non lo so. Io so che queste cose non ho bisogno di dirle a Milano: perché<br />

Milano 200 sa, e non dimentica. Durante tre anni di guerra, tutte le volte che<br />

abbiamo avuto bisogno di affetto e di doni per i nostri soldati, ci siamo rivolti a<br />

Milano, sicuri di non rimaner delusi: e Milano, quando abbiamo chiesto lana per<br />

le vedette ce l’ha mandata; e Milano, quando abbiamo chiesto libri per i nostri<br />

ufficiali, ce li ha mandati; e Milano ha mandato lassù fino alle trincee i<br />

rappresentanti dell’adolescenza cittadina a vedere 201 cogli occhi che vita<br />

d’inferno c’era nelle trincee e che sublime serenità c’era in quell’inferno sulla<br />

fronte dei nostri combattenti.<br />

È vero che ogni giorno, quando rientrano alle loro sedi i reggimenti dal fronte<br />

colle loro gloriose bandiere lacerate dalla mitraglia nemica, la folla si accalca al<br />

loro passaggio lungo le vie della Città, e li acclama e li ricopre di fiori. Ma<br />

salutare con grida festanti le gloriose bandiere; acclamare alle schiere che sfilano<br />

ancora composte e inquadrate in quell’unità anonima che è l’esercito, non basta,<br />

o 202 signore e signori; il sacro debito di memoria e di gratitudine non basta<br />

pagarlo alla massa in un giorno solo, ma bisogna pagarlo ai singoli, a uno a uno,<br />

per una lunga serie di anni che durerà finché vi sia un solo superstite delle<br />

gloriose falangi; e bisogna ricercarli ad uno ad uno, questi singoli ai quali tanto<br />

dobbiamo e riconoscerli anche se ormai quelli elmetti azzurrini che voi, signore<br />

signori, avete imparato a conoscere come simbolo di eroismo, stanno per essere<br />

ammucchiati in disparte, nei magazzini polverosi, tra gli altri cimelii eroici;<br />

ormai questo santo plebeo grigioverde che aveva per tre anni affratellati o<br />

assomigliati 203 i più degni della nazione, cede il posto alle svariate fogge<br />

200 Milano: segue depennato «non dimentica».<br />

201 Vedere: segue depennata parola illeggibile.<br />

202 O: segue depennato «giovinette».<br />

203 Assomigliati: segue depennato «le parti più».<br />

159


orghesi; ma sotto il borghese ancora, ricordatelo, signore e signori, c’è il fante:<br />

e non bisogna scordarsene. Vi accadrà talvolta, signore gentili, di incontrare per<br />

qualche via di campagna un negletto bifolco sudicio e malvestito, che vi farà<br />

torcere il viso in un impeto istintivo di disgusto; ebbene, quel bifolco lacero e<br />

male in arnese, è il soldato di fanteria, che ieri, per salvare dal saccheggio 204 i<br />

vostri eleganti salotti fece rotolare gli austriaci giù dalle sacre roccie del Grappa.<br />

E vi avverrà talvolta, o signore gentili, di tirarvi da parte per via, del timore che<br />

vi urti uno di quelli umili lavoratori che spazzan le strade: ebbene, quel<br />

lavoratore puzzolente è il soldato di fanteria, che ieri, per salvare 205 dallo strazio i<br />

vostri rosei bambini annegò la furia tedesca nelle sacre onde del Piave.<br />

E vi accadrà anche di entrare in qualche triste ufficio polveroso, dove stanno<br />

gli impiegati pallidi e miopi, tristi abitatori di un mondo senza luce: ebbene, o<br />

giovani, quel travet 206 curvo che 207 voi guarderete con un piccolo riso di scherno,<br />

è l’ufficiale di fanteria, che 208 guidò il mio plotone alla conquista del Sabatino…<br />

Non bisogna dimenticare. Per questo ho accettato, signore e signori, di parlare<br />

a Voi della liberazione di Trento, alla quale ho avuto la fortuna di assistere.<br />

204 Saccheggio: segue depennato «i vostri beni».<br />

205 Salvare: segue depennato «le vostre case».<br />

206 Travet: segue depennato «che».<br />

207 Che: segue depennato «vi guarderà con aria annoiata».<br />

208 Che: segue depennato «ieri».<br />

160


Gabriele Boris<br />

CORRISPONDENZA PERSONALE<br />

1.<br />

Gabriele Boris a Piero Calamandrei<br />

Zona di guerra, 24 gennaio 1917<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 137. Cartolina in franchigia.<br />

T[enen] te Colonnello Comando Inf[ormazioni] 116° fanteria 1<br />

All’Egregio Professore<br />

Avv. Pietro Calamandrei<br />

della R[egi] a Università di Messina<br />

Professore egregio.<br />

La ringrazio vivamente dello studio del “Giornale” che ebbe la cortesia di<br />

mandarmi e che ho ricevuto stasera. Ho letto con interesse e compiacimento il<br />

suo articolo; Ella ha detto molte verità con quell’amore che le è proprio e con<br />

quella esperienza che le viene dall’avere vissuta la sua parte di guerra. Così possa<br />

la vittoria delle idee già raggiunta esser presto seguita da quella delle armi per la<br />

fortuna d’Italia e dei nuovi perseveranti alleati.<br />

Saluti cordiali ed una buona stretta di mano.<br />

Suo aff o G[abriele] Boris che spera domani di poter partire per Pistoia a<br />

gradire la tanto desiderata licenza.<br />

1 La 116° Fanteria, ovvero la Brigata Treviso, trasse origini dal 116° Reggimento Fanteria,<br />

costituito a Sacile nel marzo 1915 dal deposito del 1° Fanteria, per essere inserito con il 115°<br />

nella Brigata Treviso di nuova costituzione. Dopo esser stato sciolto nel novembre del 1917, il<br />

Reggimento fu ricostituito il 15 luglio 1935 con la denominazione di 116° Reggimento Fanteria<br />

Treviso e fu inquadrato nella Divisione Motorizzata Trento unitamente al 116° Reggimento<br />

Fanteria e al 46° Reggimento Artiglieria. Sull’argomento si veda Riassunti storici dei corpi e<br />

comandi nella Guerra 1915-1918, Roma, Libreria dello Stato, 1927, V, pp. 83-109.<br />

161


Firenze,<br />

Via 27 aprile 18<br />

Carissimo Calamandrei<br />

ovvero<br />

Capitano P. d’oro<br />

2.<br />

Mittente non identificato a Piero Calamandrei<br />

Firenze, 2 gennaio 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 156-157. Lettera autografa.<br />

La notizia datami a bruciapelo da Franco nella sua cartolina (oggetto di altra<br />

mia al medesimo) mi ha addirittura abbarbagliato gli occhi col suo luccicore –<br />

come direbbe il “filosofo del commercio bolzanese” nonché Comm[endato] re<br />

Paoletti (da non confondersi con la Ditta omonima di Via dei Servi). Sono quindi<br />

appena appena in grado di vedere quel tanto che occorre per indirizzarti queste<br />

poche righe congratulatorie.<br />

È tutto uno sprizzare di raggi d’oro e d’argento ch’esce dalla cartolina di<br />

Franco – si che mi par d’esser tornato alla guerra coi razzi pioggia di stelle di…<br />

ottima memoria. Piero con l’oro, Franco ed Ugo con l’argento, Vittorio col<br />

bronzo (ricordatevi che niente è… aere perennius) non hanno che da mettersi in<br />

società per aprire una oreficeria! … Il primo poi, il secondo ed il quarto<br />

potrebbero metter su anche una fonderia di ferro con i trofei di schegge, bombe<br />

etc raccolti durante le loro scorribande in trincea: ma purtroppo in questa<br />

seconda azienda il terzo non potrebbe entrare che come socio… l’industria e che<br />

si industria.<br />

Scherzi a parte, non mi par vero che anche te tu torni – per metter a posto tante<br />

cosette. Dovrebbe esser questione di giorni. Hai visto congedarsi gli impiegati<br />

dello stato e quindi… Se occorrerà faremo la sua forza. Firenze è in preda ai<br />

soliti invadenti, incoscienti, insipienti che non hanno saputo combinar né<br />

162


combinano nulla di buono. Se poi a contro ora si andranno unendo tutti gli<br />

arrivisti della guerra (tu vedresti quante uniformi nuove splendono per le vie<br />

cittadine!) povera Firenze. E, più in generale, povera Italia! Ma veramente tutti<br />

riconoscono che saranno i combattenti, i veri combattenti, a rimettere le cose a<br />

posto e le rimetteranno.<br />

Ti comunico che, a chi torna a casa, succede il fenomeno straordinario di…<br />

non ricordarsi quasi più della guerra. Io, alle volte, debbo fare uno sforzo per…<br />

persuadermi che ho trascorsi quattro anni sotto il saio grigio–verde… quindi<br />

preparati a sentirti svanire nel cervello tutta la tua gloria di P. d’oro…<br />

Saluti affettuosi e auguri a Franco, Paoletti, Guinta, Spann (dov’è?) e a te un<br />

abbraccio affettuoso di Vittoria.<br />

P. S.<br />

Mi son sempre dimenticato di dirti due cose.<br />

1° che mi farai un grande piacere se nel rapporto informativo che tu dovrei<br />

fare su di me, come per gli altri, tu vorrai per la storia ricordare l’episodio di<br />

Trento, come facesti gentilmente nell’encomio.<br />

2° che mi farai pure un grande piacere se di detto rapporto, una copia da te<br />

firmata, ne vorrai mandare direttamente al Comando di Deposito del 2°<br />

Reggimento Artiglieria di Fortezza (Costa) perché sia in tal modo completato il<br />

mio libretto personale. Infatti sono sicurissimo che se non mi fai la gentilezza di<br />

pensarvi direttamente – i supremi comandi si infischieranno di farmelo pervenire.<br />

Ed invece mi preme che ci arrivi per completare il mio stato di servizio.<br />

Grazie vivissime e scusa.<br />

Nel rapporto sarebbe opportunissimo che fosse esplicitamente detto esser la<br />

sottosezione P. parte dell’Ufficio Informazioni I° Armata e considerato quale<br />

reparto di I° Linea.<br />

163<br />

firma illeggibile


Carissimo Calamandrei.<br />

3.<br />

Vittorio Callaini a Piero Calamandrei<br />

2 gennaio 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 160-161. Lettera autografa.<br />

Il tuo animo profondamente buono e squisitamente gentile ha voluto proprio<br />

per il capo d’anno, mandarmi il più ambito regalo che potessi desiderare – con il<br />

riconoscimento ufficiale alla modesta opera svolta in questi ultimi mesi di guerra.<br />

Grazie, carissimo amico!<br />

Fra i ricordi della mia vita di guerra (e ce ne ho dei carissimi) conserverò fra i<br />

più cari il tuo “encomio”– il quale anzitutto mi farà sempre sovvenir la tua dolce<br />

figura di compagno d’armi intelligente, buono e soprattutto onesto e sincero (nel<br />

significato più ideale di queste parole), poi l’onore di aver modestamente ma<br />

fervorosamente collaborato alla tua magnifica opera di assistenza e propaganda<br />

fra le truppe di prima linea del 29° corpo d’armata, ed infine la grande<br />

soddisfazione, insieme provata, nel porre fra i primissimi il piede nella città<br />

“lungamente sognata”.<br />

E lascia pur gracchiare gli invidiosi ed i maligni! Nessuno ti potrà mai togliere<br />

il meritato vanto di aver affrontato – col tuo consueto sorriso tranquillo e sereno<br />

– il pericolo che presentava, a chi s’infilava per il primo, la via di Trento – e di<br />

avere per il primo riunito l’abbraccio della città redenta! Anche se chi ha il<br />

dovere di pensarci – non si curerà di renderti il debito onore – vi sarà chi non<br />

lascerà che altri arruffi la cosa – si prenda meriti non suoi – e stenda una mano di<br />

oblio sulle tue gesta – che sono e rimarranno sempre fra le più simpatiche e belle<br />

della nostra guerra vittoriosa.<br />

Buon anno, amico carissimo! Buon anno a te e alla tua cara famiglia!<br />

Prosperità e felicità non potranno mancare a chi se la merita come te! Un<br />

abbraccio affettuoso dal tuo<br />

Vittorio Callaini.<br />

164


4.<br />

Guglielmo Pecori Giraldi a Piero Calamandrei<br />

Zona di guerra, 16 maggio 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 169. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

N° 37174 di protocollo<br />

OGGETTO – Encomio<br />

COMANDO DEL<strong>LA</strong> 1 a ARMATA<br />

STATO MAGGIORE<br />

Al Sig. Capitano CA<strong>LA</strong>MANDREI Piero<br />

Capo centro di collegamento per il servizio Informazioni dell’Armata<br />

La rinunzia testé fatta volontariamente da V[ostra] S[ignoria] al trasferimento nel<br />

Corpo della Giustizia Militare ed alla conseguente promovibilità al grado di<br />

Maggiore, per rimanere coll’attuale grado al servizio dell’Armata, è<br />

dimostrazione di un elevato spirito patriottico e militare e di un disinteresse che<br />

io sono ben lieto di rilevare ed elogiare, mediante il seguente encomio; il quale<br />

sarà portato a conoscenza degli Ufficiali dell’Armata e trascritto sul libretto<br />

personale di V[ostra] S[ignoria]:<br />

“Ritirava spontaneamente una domanda di trasferimento nel personale della<br />

giustizia militare, nel quale – per la sua condizione di Professore titolare di diritto<br />

in una R[egia] Università – avrebbe potuto conseguire la promozione a<br />

Maggiore; preferendo rimanere in territorio d’operazione presso le truppe<br />

combattenti con grado di capitano; dando prova, così, di elevato patriottismo, di<br />

disinteresse e di altro spirito militare”.<br />

165<br />

IL TENENTE GENERALE<br />

Comandante dell’Armata<br />

G[uglielmo] Pecori Giraldi


5.<br />

Mittente non identificato a Piero Calamandrei<br />

Zona di guerra, 18 maggio 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 171. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

COMANDO XXIX° CORPO D’ARMATA<br />

OR<strong>DI</strong>NE DEL GIORNO N. 89. 18 Maggio 1918<br />

Oggetto: ENCOMIO.<br />

Da S. E. il Comandante d’Armata è stato tributato un encomio al Capitano<br />

CA<strong>LA</strong>MANDREI Signor Piero, Capo Centro di Collegamento P. del Corpo<br />

d’Armata, colla seguente motivazione:<br />

“Ritirava spontaneamente una domanda di trasferimento nel personale della<br />

Giustizia Militare, nel quale – per la sua condizione di Professore titolare di<br />

diritto in una R[egia] Università – avrebbe potuto conseguire la promozione a<br />

Maggiore; preferendo rimanere in territorio d’operazioni presso le truppe<br />

combattenti con grado di Capitano; dando prova, così, di elevato patriottismo, di<br />

disinteresse e di alto spirito militare”.<br />

IL TENENTE GENERALE<br />

Comandante del Corpo d’Armata<br />

firma illeggibile<br />

166


Piero carissimo,<br />

6.<br />

Nino Ravagli a Piero Calamandrei<br />

Piave, 24 giugno 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 146. Cartolina.<br />

questa volta la gita austriaca è andata a male.<br />

Abbiamo fatto tutti del nostro meglio per pestare i colli a quei signori ed il mio<br />

gruppo ha contribuito non poco a farli pensare un po’ ai casi loro.<br />

Esso doveva essere citato nel bollettino Diaz 2 , e fu scelta a rappresentarlo la<br />

mia vecchia batteria. E voi?<br />

Pieno di gioia ti abbraccio<br />

Capitano<br />

14. Batt[eria] O[bici] P[esanti] C[ampali]<br />

6° Gruppo<br />

Z[ona] G[uerra]<br />

Al 43° Regg[imento] Fanteria Mobilitato<br />

Al capitano Piero Calamandrei<br />

208 Regg[imento] Fanteria<br />

Zona guerra<br />

167<br />

Nino Ravagli<br />

2 Il Bollettino della Vittoria (di cui, in realtà, fu autore materiale il generale Domenico Siciliani,<br />

capo dell’Ufficio Stampa del Comando Supremo) è il documento ufficiale emesso il 4<br />

novembre 1918 dal Comando Supremo dell’esercito italiano che annunciava la disfatta nemica e<br />

la vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale. Sulla vicenda si veda G. DE LUCCHI, La<br />

Prima guerra mondiale, Firenze-Milano, Giunti, 20082, pp. 66-67.


Calamandrei Piero<br />

Capitano<br />

Brigata Volturno<br />

Direttore dell’Ufficio<br />

di Propaganda<br />

del 29° Corpo<br />

7.<br />

Leiduina Ferranti a Piero Calamandrei<br />

Bologna, 6 novembre 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 136. Cartolina.<br />

Ex abbonata del Giornalino 3 e fervente lettrice dei Suoi poemetti, mi sento in<br />

dovere di inviarLe auguri, auguri sinceri e tutta la mia ammirazione e<br />

riconoscenza per la mente ed il braccio dati con entusiasmo alla Patria per la sua<br />

grandezza, spero che seguita ad esplicare con maggior amore in Trento redenta.<br />

Leiduina Ferranti<br />

Via Santo Stefano N° 103<br />

Bologna<br />

3 Il «Giornalino della Domenica» fu fondato a Firenze il 24 giugno 1906, edito dalla casa<br />

editrice Bemporad & Figlio. Il suo creatore fu il Vamba, alias Luigi Bertelli. Il «Giornalino»<br />

rappresentava nel panorama italiano un modo completamente nuovo di fare editoria per<br />

bambini. Nel 1908 Enrico Bemporad lasciò il timone del progetto a Vamba, il quale tra mille<br />

difficoltà riuscì a gestire la testata continuativamente fino al 1911, quando fu decisa la sua<br />

chiusura. Il «Giornalino» riprese ad uscire alla fine del 1918, questa volta con l’editore<br />

fiorentino Somigli. La testata perse però progressivamente il suo carattere originale e di<br />

rinnovamento fino a quando, dopo alterne vicende, diversi editori e cambi di sede, chiuderà<br />

definitivamente nel 1927. Sul «Giornalino» si veda Il giornalino della Domenica. Antologia di<br />

fiabe, novelle, poesie, racconti e storie disegnate, a cura di C. Gallo e G. Bonomi, Milano,<br />

Edizioni BD, 2008.<br />

168


Al Bravo<br />

Capitano<br />

Calamandrei<br />

Ufficio Stampa<br />

I Armata<br />

a Trento<br />

8.<br />

Maria Antonietta Ceroni a Piero Calamandrei<br />

Brisinghella, 10 novembre 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 127. Cartolina.<br />

Domenica – 10.11.918<br />

In questa cartolina di mio padre 4 , vecchio volontario, Le esprimo con tutto<br />

l’entusiasmo dell’animo la mia ammirazione ed il mio plauso per il simpatico<br />

ardire col quale volle, rompendo ogni indugio, precedere i nostri bravi soldati a<br />

Trento.<br />

Viva Trento! Viva Trieste!<br />

4 Capitano medico Dottor Giovanni Ceroni.<br />

Viva l’Italia!<br />

Maria Antonietta Ceroni<br />

Brisighella<br />

(Ravenna)<br />

169


Mio caro Capitano,<br />

9.<br />

Ernesto Tarditi a Piero Calamandrei<br />

Trento, 12 novembre 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 148. Lettera autografa.<br />

Ho letto con vivo piacere la rettifica che Ella ha sottoposto all’approvazione<br />

Superiore perché sia inviata al cassiere, e non ho che un osservazione da fare.<br />

Che cioè il modesto mio nome rappresenta un pleonasmo che Ella ha<br />

gentilmente voluto inserire, ma che però sarà censurato.<br />

E tolto ogni dubbio nel pubblico che la… 5 si sia mostrata – sia pure in una sola<br />

circostanza – dubbiosa, messa in luce chiara tutta intera la verità, in me non<br />

rimarrà che il ricordo gradito di Lei che – in linea con le punte dei<br />

B[a]t[ta]g[lio]ni – mostrava tanta e così forte gioia italiana.<br />

La saluto e Le stringo forte la mano.<br />

Affez mo Colonnello<br />

Ernesto Tarditi 6<br />

5 Segue parola di difficile decifrazione.<br />

6 Il Colonnello Ernesto Tarditi fu Comandante dei tre squadroni del Reggimento Cavalleggeri<br />

Alessandria, dal 26 settembre 1917 al 1 febbraio 1920. Cfr Cavalleggeri di Alessandria 1850-<br />

1929, s. l., 1929, p. 4.<br />

170


Gent mo Calamandrei,<br />

10.<br />

Eugenio di Bernezza a Piero Calamandrei<br />

s. l., 23 novembre 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 154. Lettera autografa.<br />

Nell’Arena d’oggi sul tuo articolo “per la storia” 7 vedo che ha dimenticato il<br />

suo vecchio reggimento: il 217° e perché?<br />

Il corpo d’attacco di Comando era così composto:<br />

Cavalleggeri di Alessandria 8<br />

Gruppo Alpini 9<br />

Reparto d’assalto 10<br />

217° Fanteria 11<br />

La sua del 3 la prima bandiera italiana che sventolava in Trento era quella del<br />

217° (Brigata Volturno).<br />

Il 217° ha rincalzato gli alpini sull’operazione di Marco, ha preso parte diretta<br />

alla presa di Rovereto, a Calliano ha dovuto provvedere ad assicurare le spalle di<br />

7 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Per la storia, «L’Arena», 23 novembre 1918.<br />

8 I Cavalleggeri di Alessandria trassero origine dall’omonimo antico Reggimento costituito con<br />

R. D. il 3 gennaio 1850, basato su quattro squadroni ed un deposito. A seguito della riduzione<br />

dell’Arma di Cavalleria, i Cavalleggeri di Alessandria incorporarono, nel febbraio 1920,<br />

elementi del disciolto Reggimento Cavalleggeri di Treviso, del quale custodisce anche lo<br />

Stendardo. Il R. D. 451 del 20 aprile stabilì il nome in Reggimento Cavalleggeri di Alessandria.<br />

Nel 1928 il Reggimento faceva parte del III Comando Superiore di Cavalleria. Il 1° settembre<br />

1930 il Reggimento fu trasferito di guarnigione a Palmanova. Sull’argomento si veda<br />

Cavalleggeri di Alessandria, cit.<br />

9 Il 4° Reggimento Alpini fu costituito il 1° novembre 1882 con i battaglioni Val Pellice, Val<br />

Chisone e Val Brenta che, nel tempo, saranno sostituiti dai battaglioni Pinerolo, Ivrea e Aosta<br />

nel 1886 cui si aggiungerà, nel 1889, il Battaglione Susa. Per la Grande Guerra mobilitò i<br />

battaglioni Monte Levanna, Monte Cervino, Monte Rosa, Val d’Orco, Val Baltea e Val Toce.<br />

Finita la guerra allineò i soli battaglioni Ivrea, Aosta e Intra. Sul tema si veda Riassunti storici<br />

dei corpi e comandi nella Guerra 1915-1918, Roma, Libreria dello Stato, 1930, X, pp. 103-112.<br />

10 I Reparti d’assalto della prima guerra mondiale sono stati la forza più elite dell’Esercito<br />

Italiano. Organizzate nell’estate del 1917, dal colonnello Bassi, a queste unità delle forze<br />

speciali è stato assegnato il ruolo tattico di violare le difese nemiche al fine di preparare la<br />

strada ad un ampio anticipo di fanteria. Cfr. B. <strong>DI</strong> MARTINO, F. CAPPEL<strong>LA</strong>NO, I reparti<br />

d’assalto italiani nella Grande Guerra (1915-1918), Roma, Stato Maggiore dell’Esercito.<br />

Ufficio storico, 2007.<br />

11 Brigata Volturno.<br />

171


quelli che li precedevano ché si erano lasciati ai monti di Besenello oltre 3000<br />

nemici armati che hanno accolto il Reggimento con buone fucilate. Ultimata<br />

questa operazione il Reggimento alla sera era in Trento.<br />

Questa è la storia vera ed ufficiale.<br />

La saluto distintamente.<br />

Aff mo<br />

Eugenio di Bernezza<br />

172


STU<strong>DI</strong>O LEGALE<br />

DELL’<br />

AVV. LUIGI CAL<strong>LA</strong>INI<br />

Carissimo Calamandrei<br />

11.<br />

Vittorio Callaini a Piero Calamandrei<br />

Firenze, 29 dicembre 1918<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 140-141. Lettera autografa.<br />

arrivai ieri mattina a Firenze con le consuete non poche ore di ritardo e quindi<br />

solo nel pomeriggio potei recarmi a portar personalmente la lettera alla tua<br />

signora 12 . Ebbi la fortuna di incontrarmi con tutta la tua famiglia riunita (meno<br />

tuo padre 13 ch’era allo studio) e ti assicuro che trovai tutti in buone condizioni di<br />

salute. Il tuo bimbo 14 passeggiava gravemente sul vostro tappeto in mezzo ai suoi<br />

giocattoli – e mi apparve floridissimo e mi dette anche uno splendido saggio dei<br />

12 Ada Cocci sposò Piero Calamandrei il 10 dicembre 1917. Tra il 1908 e il 1915 Calamandrei<br />

scrisse alla moglie lettere appassionate, ora raccolte in P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Ada con gli occhi<br />

stellati, cit.<br />

13 Rodolfo Calamandrei fu avvocato a Firenze e libero docente di diritto commerciale presso<br />

l’Università di Siena. Dal padre Piero ereditò il culto del diritto, la chiarezza del pensare e dello<br />

scrivere giuridico, la dedizione assoluta alla professione, la caratteristica di non distinguere mai<br />

la teoria dalla pratica applicazione. Alcune pagine dell’Inventario della casa di campagna ci<br />

rivelano come egli avesse in sé una profonda rassomiglianza e quasi un immedesimarsi col<br />

genitore, non solo con la sua persona fisica, ma col suo stesso modo di essere, di pensare e di<br />

sentire. A. GA<strong>LA</strong>NTE GARRONE, Piero Calamandrei e la difesa giuridica della libertà, cit.,<br />

p. 44.<br />

14 Franco Calamandrei (Firenze 1917 – Roma 1982), fin dall’8 settembre 1943, partecipò alla<br />

Resistenza e, con il nome di battaglia di “Cola”, si distinse per capacità organizzative e<br />

coraggio. Dopo la Liberazione, Franco Calamandrei fu redattore del «Politecnico» di Elio<br />

Vittorini e poi dell’«Unità». Nel maggio del 1968 fu eletto per la prima volta senatore. Rieletto,<br />

Calamandrei fu vice presidente della Commissione Esteri del Senato, della Commissione<br />

d’inchiesta sulla P2 e della Commissione del Consiglio d’Europa per i rapporti con i Parlamenti<br />

nazionali. Tuttavia, l’impegno giornalistico e politico non lo distolsero mai dalla passione per la<br />

letteratura. Ne sono testimonianza, tra l’altro, le traduzioni di Marcel Proust e i libri La vita<br />

indivisibile. Diario (1941-1947), stampato nel 1984 dagli Editori Riuniti e rieditato da Giunti<br />

nel 1998, e Le occasioni di vivere. Diari (1975-1982), pubblicato da La Nuova Italia nel 1995.<br />

Sul rapporto con il padre Piero si veda P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Colloqui con Franco, cit.<br />

173


suo progressi nel parlare ripetendomi perfettamente tutti nomi strambi ch’egli ha<br />

appioppato ai suoi cavallucci di legno, ai suoi fantocci ecc. Fu proprio carino! Ti<br />

avverto… perché tu ne faccia il conto che credi per indirizzarne a suo tempo le<br />

sue aspirazioni… che mostrò una gran predilezione per il mio berretto di<br />

ufficiale. Che avesse tentazioni militaristiche? Appena potrai dagli subito il<br />

controaffare! … Puoi figurarti la mia contentezza nel trovarmi qua libero – in<br />

mezzo ai miei cari, agli antichi amici, sul punto di riprendere le occupazioni d’un<br />

tempo! Ma non ti nascondo (e tu sai che non è una frase vana la mia) di quanto<br />

fu ed è il rimpianto di avervi lasciato tanto più che di bene costà sarebbe ancora<br />

possibile farne. Ma penso che un giorno o l’altro la corona di P. avrebbe pur<br />

dovuto cominciare a sfilarsi – e quindi… Per gli altri naturalmente non<br />

occorreva aver nessun riguardo. Non ti pare? Si accorgeranno costì quando sarà<br />

andato via il capitano Calamandrei!<br />

Tienimi informato di quanto succede costà – specialmente relativamente alle<br />

vostre proposte… non è improbabile che io o il babbo possiamo far sapere la<br />

verità… tutta la verità a chi sarebbe in grado di riparare lo sconcio specialmente<br />

nei tuoi riguardi. Salutami affettuosissimamente Ciarlantini, del cui desiderio mi<br />

occuperò nei prossimi giorni, Paoletti detto il “filosofo del commercio<br />

bolzanese”, l’illustrissimo Spann, il mangiatedeschi Capitano “dio” Guinta, … di<br />

tutto il resto (meno pochissime eccezioni), non mi importa un fico secco. Quindi<br />

a voi soli un buon anno di tutto cuore dall’affettuoso amico<br />

Vittorio Callaini<br />

174


Carissimo Piero,<br />

12.<br />

Nino Ravagli a Piero Calamandrei<br />

s. l., 2 gennaio 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, docc. 144-145. Lettera autografa.<br />

Ti scrivo a casa non sapendo se hai lasciato già la divisa, assunta<br />

volontariamente nell’ora pericolosa del bisogno, o se ancora l’amore di salutare<br />

per primo in nome di tutta la nostra Patria.<br />

Che bel premio hai avuto! … e come l’hai meritato! Occorreva che a Trento,<br />

pura e fedele, arrivasse per primo un cuore puro e fedele; un nobile cuore ci<br />

voleva a rappresentare il sentimento dei veri italiani e la sorte 15 ha favorito la tua<br />

audacia.<br />

Come fui contento quando lessi sul giornale la leggendaria spedizione! Mi<br />

pareva di partecipare un po’ anch’io con te alla gloria (a noi 16 negata), di sentire<br />

la commossa esultanza della gente liberata, come premio alla lunga fatica di<br />

guerra!<br />

Il Callaini che era con te era il nostro compagno di liceo?<br />

Noi eravamo sul Grappa ed appena avvenuto lo sfondamento (pagato assai<br />

caramente e contestato rabbiosamente passo per passo, tanto che pareva di<br />

rivedere la lotta del 1915) ci siamo subito spinti con le truppe avanzanti, per la<br />

Val Stagna a Cismon, con la speranza di raggiungere Trento dalla parte di Borgo,<br />

ma, fermati dalla mancanza di ponti, dagli ingombri stradali, fu necessario<br />

tornare a Bassano e finire senza la desiderata apoteosi finale, la guerra<br />

combattuta dal primo all’ultimo giorno!<br />

Solo dopo un mese potremmo passare il Piave e spingerci presso Cividale, ove<br />

ancora ci troviamo.<br />

15 Sorte: segue depennata parola illeggibile.<br />

16 «A noi»: aggiunto in interlineo<br />

175


Io sono stato promosso, per merito di guerra, maggiore per la battaglia del<br />

giugno sul Piave.<br />

Ciò ha portato una conseguenza dolorosa: quella di dover lasciare la batteria<br />

con la quale ho fatto tutta la campagna!<br />

Però son sempre vicino ed ogni tanto rivedo i miei soldati, che mi hanno dato<br />

le più grandi soddisfazioni.<br />

I vecchi dell’80 sono andati in congedo veramente commossi di lasciare la<br />

batteria! Mi hanno dato con le loro manifestazioni di affetto una gioia che nessun<br />

altro fatto avrebbe potuto darmi.<br />

La mia batteria è stata la mia nuova famiglia. L’ho amata, l’ho ammirata ho<br />

vissuto per essa questi tre anni e mezzo e mi ha sempre risposto superbamente.<br />

Saprai forse che è stata forse 17 l’unica batteria pesante campale citata nel<br />

bollettino del comando supremo in tutta la campagna: nel bollettino del 13<br />

giugno 18 .<br />

Ora attendo da un giorno all’altro il richiamo alle mie funzioni civili.<br />

Starò a Torino, nella casa così vuota! Nella casa dove tutto, tutto mi parlerà<br />

continuamente di Loro, ove in tutta la casa vedrò la Loro mano, ove avrò il<br />

continuo dolore di sentirmi privato del più grande amore e della più grande<br />

dolcezza che abbellivano questa mia vita, per sé così misera. Cercherò di studiare<br />

per riempire le ore più tristi: ho già pensato di mettermi sotto la guida<br />

dell’Einaudi 19 e del Flora 20 per qualche studio in materia finanziaria.<br />

17 «Forse»: aggiunto in interlineo.<br />

18 Cfr. «Bollettino n. 1120», in Riassunti storici dei corpi e comandi nella Guerra 1915-1918,<br />

Roma, Libreria dello Stato, 1924, VII, pp. 298-300.<br />

19 Per alcune notizie bio-bibliografiche su Luigi Einaudi (Carrù 1874 – Roma 1961), Presidente<br />

della Repubblica Italiana dal 1948 al 1955, si veda R. FAUCCI, Einaudi, Luigi, Francesco, in<br />

Dizionario bibliografico italiano, XLII, 1993, pp. 363-377.<br />

20 Federico Flora: (Pordenone 1867-Chiusi 1958), fu docente in scienze delle finanze e diritto<br />

finanziario, professore di economia politica, professore titolare di statistica e scienze delle<br />

finanze e professore straordinario di economia politica e commerciale ed, infine, professore<br />

straordinario di scienze delle finanze e diritto finanziario. Cfr. M. COLONNA, Flora, Francesco,<br />

in Dizionario bibliografico italiano, XLVIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1997,<br />

pp. 306-308.<br />

176


Scrivimi e ricordami qualche volta: le diverse mie lettere o cartoline<br />

indirizzate al tuo raggruppamento sono sempre state respinte. Te ne mando una<br />

che ho sottomano.<br />

Se sei a Trento e vedi il Prof. Eccher 21 – capitano del genio – salutalo a nome<br />

di un suo ammiratore.<br />

Un abbraccio tuo Nino<br />

Hai saputo che è rinato il Giornalino?<br />

21 Celestino Eccher (Dermulo 1882 – Trento 1970), ordinato sacerdote il 1 maggio 1917 a<br />

Bressanone, fu destinato prima a Tione e poi a Mori. Nel 1922 fu mandato a Roma alla Scuola<br />

Pontificia Superiore di musica sacra dove conseguì il diploma di canto gregoriano e di<br />

composizione sacra. Ritornato a Trento, iniziò un’intensa attività musicale; incaricato<br />

dell’insegnamento della musica nel seminario diocesano, gli fu pure affidata la direzione della<br />

cappella musicale della cattedrale. Per trent’anni, dal 1932 al 1962, fu insegnante di musica<br />

sacra nel Conservatorio Monteverdi di Bolzano. Nel 1927 fondò la scuola diocesana di musica<br />

sacra di Trento. Su di lui cfr. A. BARTOCCI, Eccher, Celestino, in Dizionario biografico<br />

italiano, XLII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1993, pp. 271-273.<br />

177


13.<br />

Piero Calamandrei a Gaetano Casoni 22<br />

Bolzano, s. d. (ma dopo il 3 gennaio 1919)<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 194-196. Minuta.<br />

Caro Casoni<br />

per un riguardo personale a te, che tante prove di amicizia e di stima mi hai dato<br />

da quando mi chiamasti al posto che occupo, non ho fatto finora alcuna pratica<br />

per farmi richiamare al paese dalla mia Università; ma, se non verrà entro il mese<br />

un provvedimento generale che dia il congedo a tutti gli insegnanti, io chiederò ai<br />

primi di gennaio, quando saranno sbrigate le ultime cerimonie natalizie, di essere<br />

inviato in congedo invernale; e son certo che tu non ostacolerai, ora che la guerra<br />

è finita, questo mio desiderio.<br />

Ti confesso che a questo mio 23 desiderio di abbandonare al più presto l’ufficio<br />

al quale ho dato per otto mesi modesto ma convinto lavoro, contribuisce<br />

l’amarezza prodotta 24 in me dal modo col quale io ed altri ufficiali da me<br />

dipendenti siamo stati trattati dal giorno della liberazione in Trento 25 . Dopo aver<br />

lavorato con tanta passione, dopo aver rinunciato nella coscienza di compiere<br />

un’opera buona, a uffici più comodi e più vantaggiosi, noi ci siamo trovati a<br />

dover ringraziare il destino per non essere stati cacciati da queste terre liberate<br />

come dei malfattori.<br />

Poco importa ciò: un po’ d’amaro, e poi non ci si pensa più: o, meglio, ci si<br />

pensa come a una logica riprova di una ormai lunga mesta esperienza 26 . Ma<br />

quello che profondamente mi importa è invece questo: che, dopo la malaugurata<br />

pubblicità data non per nostra colpa all’episodio, questa specie di congiura del<br />

22<br />

Gaetano Casoni nel 1918 fu a capo del Servizio P della 1a Armata. Su di lui cfr. G. L. GATTI,<br />

Dopo Caporetto. Gli ufficiali P nella Grande guerra. Propaganda, assistenza, vigilanza,<br />

Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2000, p. 188.<br />

23<br />

«Mio»: aggiunto in interlineo.<br />

24<br />

Prodotta: segue depennato «suscitata».<br />

25<br />

Trento: segue depennato «in quest’ultimo mese».<br />

26<br />

«di una ormai lunga mesta esperienza»: aggiunto in interlineo.<br />

178


silenzio colla quale si cerca di sottrarre ogni memoria del fatto e di 27 disperdere<br />

ogni sua traccia ufficiale, rischia di farci passare presso i 28 nostri amici e<br />

conoscenti del Paese, che hanno dato all’episodio una importanza 29 forse<br />

superiore a quella che meritava dargli 30 , come dei volgari mistificatori, che<br />

hanno 31 fatto bere ai giornalisti 32 frottole poi smentite 33 dalla verità storica<br />

ufficialmente documentata. Se posso intendere, come benissimo intendo, che 34<br />

considerazioni relative alla “carriera” possano spingere qualcuno a farsi credere<br />

più 35 valoroso di quello che fu in realtà, e a monopolizzare le distinzioni e le<br />

onorificenze che per noi hanno talvolta 36 un significato morale ma per altri hanno<br />

sempre 37 un significato professionale, non posso 38 rassegnarmi a vedermi<br />

d’intorno questa specie di “consegna di russare”, colla quale si 39 spera non solo<br />

di svalutare il significato di un fatto, ma anche di cancellare, in pubblicazioni ed<br />

in cerimonie, la esistenza del fatto medesimo.<br />

Ora io mi rivolgo a te, pochi giorni prima di abbandonare il mio posto, per<br />

chiederti di appagare una mia forse meschina, forse ingenua 40 , ma pur legittima e<br />

onesta debolezza: io desidero 41 portare con me a casa mia un documento, un<br />

foglio solo, dal quale resulti che, bene o male, il tre di novembre noi siamo giunti<br />

a Trento, in servizio 42 due ore prima che altri, oggi onorato, vi giungesse; un<br />

foglio che tra vent’anni io possa far vedere al mio figliuolo non per dimostrargli<br />

27 Di: segue depennato «cacciarci da ogni».<br />

28 I: segue depennato «miei colleghi».<br />

29 Importanza: segue depennato «quale non».<br />

30 «dargli»: aggiunto in interlineo.<br />

31 Hanno: segue depennato «dato a bere».<br />

32 Giornalisti: segue depennato «delle».<br />

33 Smentite: segue depennato «dalle Au».<br />

34 Che: segue depennato «l’interesse».<br />

35 Più: segue depennato «coraggioso».<br />

36 Talvolta: segue depennato «solo».<br />

37 Sempre: segue depennato «anche».<br />

38 Posso: segue depennato «sopportare».<br />

39 Si: segue depennato «cerca di far dimenticare a poco a poco di distruggere a poco a poco<br />

quella cinica soddisfazione che bastava a compensarmi di ogni mia/di togliermi ogni documento<br />

uffi/non solo di svalutare il significato di un fatto che ha prodotto tanto dispetto in chi quando<br />

noi avemmo troppa fretta».<br />

40 «forse ingenua»: aggiunto in interlineo.<br />

41 Desidero: segue depennato «avere».<br />

42 «in servizi»: aggiunto in interlineo.<br />

179


il 43 nostro valore – ché 44 dei pericoli in quel giorno, si accorsero soltanto quelli<br />

che arrivarono dopo – ma per dimostrargli la fortuna che 45 a me ed ai miei<br />

ufficiali la sorte volle riserbare, concedendo proprio a noi 46 di ricevere il primo<br />

abbraccio di Trento liberata.<br />

Avevo pensato di chiedere alla cortesia del Sig. Colonnello Gabba che mi<br />

rilasciasse in iscritto il rimprovero ch’egli mi fece a voce l’8 di novembre; ma<br />

sarebbe una sciocca mancanza disciplinare. Avevo pensato di scrivere al Sindaco<br />

di Trento 47 ; ma mi repulsa mendicare un certificato di benemerito.<br />

Ho concluso quindi col rivolgermi a te che, oltre che amico sei anche mio<br />

superiore, per chiedere a te quello che ad altri non so chiedere. Tu ricevesti il mio<br />

rapporto del 5 novembre, tu sai che quanto noi, bene o male, facemmo, lo<br />

facemmo esecuzione di un tuo ordine del 2 novembre, che 48 faceva intravedere la<br />

possibilità “di raggiungere per primi la meta lungamente sognata”. E non credo<br />

che tu voglia permettere che noi torniamo fra pochi giorni nella vita borghese con<br />

questa convinzione nel cuore: che per la presa di Trento, mentre onorificenze e<br />

promozioni 49 a bizzeffe toccheranno a tutti coloro che giunsero dopo, si dia come<br />

unico premio lo sprezzante silenzio a chi commise l’errore di arrivare due ore<br />

prima degli altri!<br />

Io non ti chiedo, intendiamoci chiaro, che tu 50 suggerisca o appoggi proposte 51<br />

di 52 ricompense: sono lieto, anzi, di tornarmene a casa 53 senza 54 sentire nel petto<br />

43 Il: segue depennato «mio».<br />

44 Ché: segue depennato «in quel giorno atti di valore non ne furono compiuti da alcuno».<br />

45 Che: segue depennato «a me è tornata».<br />

46 «proprio a noi»: aggiunto in interlineo.<br />

47 Vittorio Zippel (Trento 1860-1937) nel 1898 fu eletto consigliere del Comune di Trento e poi<br />

Assessore. Nel 1911 fu nominato Vicepodestà e, il 22 settembre 1913, Podestà, da cui fu<br />

destituito il 20 maggio 1915, a causa della sua attività irredentistica. Il 6 aprile 1916, nel corso<br />

di una perquisizione della polizia austriaca, gli fu trovato un diario di guerra, per cui fu arrestato<br />

e condannato. Dopo la guerra fu nominato Sindaco di Trento, carica che tenne fino al 25<br />

gennaio 1922. Nel febbraio 1919 fu nominato senatore, in riconoscimento dei suoi meriti<br />

patriottici e culturali. Su di lui vedi Diario e memorie di Vittorio Zippel. Ultimo podestà di<br />

Trento, primo sindaco di Trento italiana 1915-1918, a cura di B. Rizzi, Trento, Società di studi<br />

trentini e scienze storiche, 1968.<br />

48 Che: segue depennato «alle truppe faceva balenare la gloria».<br />

49 Promozioni: segue depennato «a cascare in abbondanza».<br />

50 Tu: segue depennata parola illeggibile.<br />

180


quel peso che certo devon produrre i nastrini non meritati. Ti chiedo soltanto che<br />

a tre ufficiali P, i quali il 3 novembre hanno creduto di agire da buoni 55 soldati in<br />

conformità delle tue direttive tu dica che il loro superiore diretto, che li conosce e<br />

che non ha motivi per occultare la verità, non vuole esimersi dal compiacersi di<br />

una fortuna 56 e di un onore che, in un giorno memorabile, è toccata a tre gregari<br />

del servizio da lui 57 istituito.<br />

51 «proposte»: aggiunto in interlineo.<br />

52 Di: segue depennato «onorificenze».<br />

53 Casa: segue depennato «senza avere nel petto».<br />

54 Senza: segue depennato «avere».<br />

55 Buoni: segue depennato «italiani».<br />

56 Fortuna: segue depennato «che è toccata».<br />

57 Lui: segue depennato «diretto».<br />

181


14.<br />

Ivo Spann a Piero Calamandrei<br />

s. l., 27 gennaio 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 162. Lettera autografa.<br />

Mio buon Capitano, non rida di me se queste mie poche parole sono infantili: è<br />

che per Lei sento, ora più che mai, tutta la tenerezza, tutta l’ammirazione del<br />

minore per il fratello maggiore – grande e buono: mi son sentito sempre (ironia<br />

degli anni!) piccino e bambino di fronte a Lei – Alla stazione, al momento del<br />

distacco, non ho voluto dirle parola alcuna d’affetto, d’augurio, ché mi sarei<br />

lasciato, poco soldatescamente, prendere dalla commozione e solo perciò ho<br />

saputo resistere alle lagrime: ma quel treno, pochi minuti fa, ha con Lei portato<br />

via qualcosa del mio cuore; lo sento ogni minuto di più, anche se questo mio<br />

povero cuore sia stato in questo periodo tanto martoriato da sentirmelo invisibile.<br />

Non Le formulo auguri, ché mi sembrerebbero un diminutio alla mia sincera<br />

devozione per lei; provo piacere quasi nel tenermi, accarezzandoli, i sentimenti<br />

sinceri non espressi. Una sola cosa mi permetto dirle: Ha mai pensato o<br />

desiderato uno sdoppiamento di personalità per avere la vera impressione dei<br />

sentimenti che può suscitare al secondo il vero io? No, perché l’idea 58 è<br />

fantastica e se vogliamo, anche un po’… guintiana (ricorda il problema della…<br />

non esistenza espresso pochi giorni fa?) Orbene, vorrei che questa seconda<br />

personalità invece di essere sdoppiata, venisse trasfusa nel suo bambino perché<br />

potesse, a soddisfazione anche della sua sposa, provare e avere vera idea dei<br />

sentimenti che Lei ha saputo suscitare nelle anime buone. Mi ricordi ogni tanto;<br />

mai la dimenticherò. Con tutto l’affetto<br />

58 «idea»: aggiunto in interlineo.<br />

182<br />

Ivo Spann


Egregio Capitano,<br />

15.<br />

Vittorio De Albertis a Piero Calamandrei<br />

Genova, 31 gennaio 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 159. Lettera autografa.<br />

Ho ricevuto il calendario, strenna dall’Alto Adige 1919, che con gentile<br />

pensiero volle inviarmi, e nel ringraziarla vivamente, mi compiaccio della<br />

geniale forma con cui fu sedotto, ispirato, come sempre, al più elevato senso<br />

d’italianità.<br />

La precipitosa partenza dei componenti il Comando, in seguito allo<br />

scioglimento del glorioso 29° Corpo d’Armata, non mi permise, come avevo<br />

desiderato, di recarmi costì, per dire a viva voce una parola di grata riconoscenza,<br />

per la intelligente, attiva ed abile cooperazione da tutti datami nel disimpegno<br />

dalla mia azione di comando. Lo feci per iscritto ma poiché mi si presenta<br />

l’occasione, desidero esprimere a Lei in particolare la mia soddisfazione per<br />

l’opera veramente efficace spiegata sulla Sua qualità di Capo della Sottosezione<br />

P del Corpo d’Armata.<br />

Ella, nell’organizzarvi il servizio P., seppe trovare con genialità nuova forma<br />

per arrivare al cuore dei soldati e degli Ufficiali; seppe formare un gruppo<br />

veramente scelto di Ufficiali collaboratori, dimostrando sicura conoscenza degli<br />

scopi e dei mezzi, larghezza e modernità di concetti, sicurezza nel valutare gli<br />

uomini, e in buon tempo creò un organismo perfetto nelle sue varie<br />

manifestazioni di propaganda, di vigilanza, di consulenza e di assistenza.<br />

Apprezzai molto la sua opera, svolta sempre con serena arditezza e alto spirito<br />

del dovere, opera che ora, con elevato a nobile senso d’amor patrio, estende alla<br />

popolazione dell’Alto Adige, e spero che Ella potrà ritornare alla vita pubblica,<br />

con un segno tangibile del Suo dovere di combattente altamente e nobilmente<br />

compiuto. La saluto cordialmente<br />

183<br />

Generale De Albertis


184


Carissimo Calamandrei,<br />

16.<br />

Melchiade Gabba a Piero Calamandrei<br />

Chieti, 20 febbraio 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 158. Lettera autografa.<br />

da questa sede di premio dei servigi prestati con amore e con fede Le invio un<br />

caldo ringraziamento delle belle pubblicazioni che mi ha inviato da Bolzano:<br />

elevandosi dalla platealità delle mansioni di un capo di S[tato] M[aggiore] di<br />

div[isione] Territoriale il mio pensiero si rivolge ai buoni tempi, ai valorosi<br />

compagni del XXIX: come sarebbe utile ora qui un buon servizio P!<br />

Spero che una proposta che fu inoltrata a riconoscimento e premio della sua<br />

azione durante la guerra abbia perso l’aire: sofferse qualche ritardo per la vera<br />

dispersione cui andò ingiustamente soggetto il XXIX dopo la mia partenza da<br />

Bolzano.<br />

Le auguro nella vita civile in cui è ritornato ogni soddisfazione e La prego<br />

gradire i più cordiali saluti<br />

185<br />

Suo aff. Gabba


XIV° CORPO D’ARMATA<br />

Carissimo Calamandrei,<br />

17.<br />

A. Bergonzi a Piero Calamandrei<br />

Portorose, 24 febbraio 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 142. Lettera autografa.<br />

mi affretto a rispondere alla sua gentile oggi pervenutami ed a fornirle le<br />

notizie da Lei giustamente chiestemi.<br />

Ecco, per quanto riguarda la medaglia offerta dal Municipio di Trento, questo<br />

mi consta di positivo.<br />

Le medaglie, in numero di cinquecento – di bronzo – furono offerte al<br />

Gen[erale] Battistoni 59 il quale sottopose il piano di distribuzione a S. E. che,<br />

naturalmente, lo approvò… Tale piano prevedeva pel c[omand]do del XXIX n°<br />

10 medaglie. Per errore di recapito il pacco andò poi a finire a S. E. a Genova e<br />

capitò in nostre mani durante la forzata sosta in Trento. Il Colonnello Gabba<br />

personalmente consegnò 490 medaglie alla 32° divisione perché le ripartisse<br />

come da specchio già compreso nel pacco: le residue otto medaglie (due<br />

risulterebbero dunque trattenute da S. E.) furono, a quel che so, così distribuite:<br />

Gen[erale] Sircana, Col[onnello] Gabba, Col[onnello] Ferrari 60 , Ten[ente]<br />

Col[onnello] Luccio 61 , Ten[ente] Col[onnello] Roncaglia 62 , Ten[ente]<br />

Col[onnello] Manca e sottoscritto. So che errante, rimasto senza, scrisse subito a<br />

Gambara pregando di riscattargliene una da un ardito: così poté darla anche a lui.<br />

Ma ora Gambara ha sciolto il reparto e si trova al III C[orpo] d’A[rmata],<br />

59 Su Giuseppe Battistoni (Trento 1869 – Firenze 1921), il primo Ufficiale italiano a trattare con<br />

la commissione armistiziale austriaca., cfr. Battistoni, Giuseppe, in Storia del Trentino, a cura di<br />

S. Benvenuti, IV, Trento, Edizioni Panorama, 1998, p. 25.<br />

60 Giuseppe Francesco Ferrari (Lerici 1865-1943) fu Generale e senatore. Su di lui cfr. P.<br />

FERRARI, Ferrari, Giuseppe Francesco, in Dizionario biografico italiano, XLVI, Roma, Istituto<br />

della Enciclopedia Italiana, 1996, pp. 618-620.<br />

61 Piero Luccio fu Tenente Colonnello del XXIX Corpo d’Armata, al quale fu conferita la Croce<br />

al merito di guerra il 19 giugno 1918. Cfr. MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 166.<br />

62 Ercole Roncaglia fu Maggiore del XXIX Corpo d’Armata, al quale fu conferita la Croce al<br />

merito di guerra il 19 giugno 1918. Cfr. MST, APC, b. 1, f. 1, doc.166<br />

186


comandante del B[a]t[ta]g[lione] Alpino Val D’Orco 63 Piuttosto devono<br />

esservene ancora fra i sodati della brigata Pistoia 64 a Bolzano perché se non erro<br />

alla 26° divisione ne toccano 150 circa.<br />

Per le medaglie del XXIX aspetto risposta dal Col[onnello] Gabba al quale ho<br />

proposto il seguente programma: o restituire senz’altro la somma all’ente che Lei<br />

mi indicherà oppure vedere da Ghonson se si accontenta della somma stessa per<br />

il rinvio ed avvertire le truppe già del XXIX che chi vuole la medaglia se la può<br />

commissionare direttamente a Milano.<br />

Allo stato attuale di dispersione dei vecchi del XIX, mi pare che quest’ultima<br />

soluzione, se realizzabile, è l’unica che permette di eternare nel metallo la<br />

memoria del fulmineo!<br />

Gradirò ad ogni modo sapere da Lei dove ed a chi andrebbe restituita la<br />

somma da Lei gentilmente inviata. Io vado in licenza verso il 4 o 5 marzo e ne<br />

approfitterei per fermarmi a Milano a fare il contratto.<br />

In attesa di un suo gradito riscontro le ricambio cordiali saluti dai vecchi<br />

lagarini (Luccio, Maccaferri, Ferrari, Mesiani) e la prego di gradire una<br />

cordialissima stretta di mano dal sul aff. amico<br />

A. Bergonzi<br />

63 Il Battaglione Alpini Val d’Orco fu costituito il 1° novembre 1882 in seno al 6° Reggimento<br />

Alpini. Nel 1885 passò alle dipendenze del 4° Reggimento Alpini. Nel 1886 assunse il nome di<br />

Battaglione Alpini Ivrea. Allo scoppio della prima guerra mondiale il 4° Reggimento Alpini<br />

mobilitò un nuovo Battaglione Alpini, il Battaglione Alpini Val d’Orco, che fu sciolto,<br />

unitamente ai Battaglioni Monte e Valle, nel 1926. Tuttavia, durante la seconda guerra mondiale<br />

il Battaglione Alpini Val d’Orco fu rimobilitato, seguendo le tragiche sorti, post 8 settembre<br />

1943, del 4° Reggimento Alpini. Sull’argomento si veda M. RIZZA, I Reggimenti delle truppe<br />

alpine, cit., p. 374<br />

64 Il 16 febbraio 1860 fu costituito a Firenze il 36° Reggimento Fanteria (Brigata Pistoia) con il<br />

concorso del II Battaglione del 35° Reggimento Fanteria (già Reggimento Granatieri del<br />

Governo Provvisorio Toscano) e del III Battaglione del 31° Fanteria. Con l’applicazione della<br />

legge sull’ordinamento dell’esercito, nel 1926, assunse il nome di 36° Reggimento Fanteria<br />

Pistoia e, a seguito della formazione delle Brigate su tre reggimenti, fu assegnato, unitamente al<br />

35° Pistoia ed al 66° Valtellina, alla XVI Brigata di Fanteria. Sull’argomento si veda L.<br />

GAMBELLI, Memorie storiche del 35. Reggimento fanteria (Brigata Pistoia), Bologna, Studio<br />

Bibliografico San Mamolo, 1923.<br />

187


All’Avv. Pietro Calamandrei<br />

Capitan di fanteria<br />

via XX settembre 46<br />

Firenze<br />

18.<br />

Mittente non identificato a Piero Calamandrei<br />

s. l., 26 febbraio 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 125. Cartolina.<br />

Non so se ha ricevuto una mia cartolina con la quale La ringraziavo del<br />

calendario del soldato e delle altre pubblicazioni.<br />

La saluto cordialmente ricordandola con Bergonzi.<br />

188<br />

firma illeggibile


19.<br />

Franco Ciarlantini ed Ivo Spann a Piero Calamandrei<br />

Milano, 5 marzo 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 138. Cartolina in franchigia.<br />

Prof. Piero Calamandrei 65<br />

via XX Settembre 46<br />

Firenze<br />

Nell’ora che ci ricorda, ricordandoti affettuosamente<br />

Franco<br />

Ivo<br />

65 Segue depennato: «Presso il Cav. Tedeschi del Touring Club Italiano Milano».<br />

189


20.<br />

Ivo Spann a Piero Calamandrei<br />

Bolzano, s. d. (ma dopo il 5 marzo 1919)<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 119. Lettera autografa.<br />

Mio buon Calamandrei, l’interminabile ritardo di questa mia alla tue tanto care<br />

ed affettuose espressioni d’amicizia – che stanno sempre a indicarmi quanto<br />

grande sia la tua bontà – è stato causato più che altro dal fatto che qualcuna delle<br />

raccomandazioni da te affidatemi non hanno avuto quel buon esito che… la mia<br />

buona volontà si meritava. Quella benedetta circolare del Com[ando] Supr[emo]<br />

fra le sentenze dei Tribun[ali] Civili mi ha fatto quasi sciupare la voce – per gli<br />

alterchi con gli amici tuoi del telefono – e un paio di scarpe – per le corse da una<br />

comando all’altro. Nessuno ha saputo indicarmi il testo: ma non mi so dar vinto.<br />

Fra qualche giorno sarò a Merano e farò ricerche presso la 55 divisione. A Trento<br />

ho preso gli appunti della causa del C. A. T., che ti ho già mandato per<br />

raccomandata sin da ieri. Non ho avuto tempo di rivederli e perciò non li ho<br />

potuti riordinare sistematicamente e… con rispetto alla sintassi. Credo però di<br />

averti fornito il materiale sufficiente per i dati occorrenti. Pur essendo stato tre o<br />

quattro volte alla Sezione e alla Redazione della Libertà 66 , non mi è stato<br />

possibile veder Razza 67 : gli ho perciò lasciato un appunto che gli ricorderà la<br />

promessa fattati. Mi sono anche occupato del Ten[ente] Serafini, che rimarrà un<br />

po’ seccato per la mancata assegnazione della medaglia ricordo. Che dovrebbe<br />

dire il mio buon Calamandrei? Al Municipio, ove mi sono recato con Suster, ho<br />

toccato con mano la porcata commessa. Denunzierei gli ipocriti del 29°, che<br />

ricevettero gli esemplari fin dal dicembre e che nulla mai hanno fatto trapelare…<br />

66 Il periodico «La Libertà» fu un organo della Commissione dell’emigrazione trentina sorta<br />

nell’ambito del circolo Trentino, con lo scopo di divulgare gli insegnamenti di Cesare Battisti.<br />

Sull’argomento si veda G. FAUSTINI, Il giornalismo e la diffusione dell’informazione, cit.,<br />

p. 435.<br />

67 Luigi Razza (Monteleone 1892 – Almaza 1935) fu a capo del Ministero dei Lavori Pubblici<br />

durante la dittatura di Mussolini. Su di lui si veda N. SALIMBENI, Luigi Razza. Uomo da non<br />

dimenticare, Vibo Valentia, Mapograf, 1998.<br />

190


Ma a te basterà la testimonianza degli amici tuoi: la nostra mutua benevolenza,<br />

unico mio grande ricordo di questa guerra, sarà il segno, agli altri invisibile ma<br />

luminoso per noi, che vale ben cento grammi di vile metallo. Sapessi come per<br />

ciò sappiamo parlare di te e della tua meravigliosa opera. Non ti dimenticheranno<br />

neppure un istante. Ieri l’altro Giannino Antonio Traversi ha ben notato che il<br />

solo tuo nome ci dà ancora quell’entusiasmo di altri tempi… Tutto ciò che tu hai<br />

fatto ha voluto conoscere ed ha esaminato. Non ti conto le sincerissime lodi.<br />

Pubblicazioni e relazioni: un successone (come certi suoi lavori teatrali non<br />

hanno avuto!!!) Poco fa anzi mi ha chiamato al telefono perché gli mandi un altro<br />

po’ di Strenne dell’Alto Adige, che ha definito anche come un gioiello di buon<br />

gusto.<br />

Il Capitano Calorni ha spedito al tuo indirizzo la tua domanda per l’indennità<br />

spettanteti, perché l’ultima dispensa del giornale militare obbliga il tuo centro di<br />

mobilitazione a liquidartela. Caso mai trovassero difficoltà fammele conoscere.<br />

Ho scritto anche al Maresciallo del 14° per l’altra raccomandazione. Come va la<br />

sottosezione? … I paragoni sono odiosi: debbo però francamente dirti che<br />

Cittadini sa, in certo modo, continuare le belle tradizioni dello spirito ribelle del<br />

29°: non sa sopportare i soprusi e l’invadenza di Pipino il Breve, che ci vuole<br />

ridurre a tutti i costi all’impotenza. Per ora ci ha tolto ogni ingerenza con la<br />

popolazione civile e, suppongo, che domani farà di tutto per sbarazzarsi di noi…<br />

Ma lo vedremo: dice Cittadini. Io continuo sempre col mio modesto lavoro: mi<br />

affatico anzi, e ciò quasi mi dà rimorso, perché con te non sono mai arrivato a<br />

tanto. Mi hai conosciuto in condizioni ben speciali…! Oggi invece sono un<br />

allegrone! Ciarlantini mi fa fare certe risate matte per Chiantoni l’immaginifico,<br />

che in pochi giorni conta all’attivo – a suo dire, si intende – una buona diecina di<br />

relazioni con ballerine, signorine e signore. È tanto ammalato, invece, povero<br />

ragazzo! Pensare a curarsi e a mettere a profitto la permanenza in questi luoghi,<br />

pieni di tanta salubrità! Vedo di tanto in tanto Paoletti, cavaliere e borghese, che<br />

ha tutta l’aria di un prete anglicano. Ha portato quassù una sorella tutta bionda,<br />

perché, come dice Ciarlantini, gli sia più facile la penetrazione bonifica in queste<br />

191


terre piene di biondi tirolesi. Vedo sempre prof. Bonatta e gli amici al circolo<br />

Concordia (floridissimo anche per l’interessamento di Cittadini, che è riuscito a<br />

procurar ben cinquanta soci annuali), che mi parlano di te con riconoscenza e<br />

ammirazione. Io faccio di tutto per accontentarli nelle piccole richieste di aiuti e<br />

di consigli, fedele alla tua raccomandazione.<br />

A titolo di curiosità trascrivo ciò che riguarda te nella relazione quindicinale:<br />

Il cap[itano] Calam[andrei], ora tornato alla consuetudine scientifica della sua<br />

cattedra universitaria, lascia una feconda traccia di lavoro fervido e intelligente<br />

ed è compito gradito per me che gli succedo, rivolgergli un pensiero di<br />

gratitudine e di ammirazione. Quattro righe! eccoti la ricompensa di un uomo<br />

dell’opera più efficace della nostra guerra!<br />

I tedeschi? Come sempre arrivati verso di noi dalle intenzioni che tu conosci.<br />

A Bolzano nulla è mutato e i Comandi tutto fanno o meglio nulla fanno perché i<br />

tedeschi non siano più tedeschi. Oggi la città è invasa di pattuglioni di arditi:<br />

ritemono dimostrazioni, essendo state fissate per oggi ad Innsbruck le elezioni<br />

della Dieta. Sono stato un po’ in città ma tutto è tranquillo. Non mancherò di<br />

mandarti qualche giornale viennese o tirolese che possa riuscirti interessante.<br />

Scrivimi di tanto in tanto: non pretendo molto, perché so che ti sono preziosi<br />

anche i minuti. Mandami qualche copia delle famose fotografie e, ciò che mi<br />

farebbe maggior piacere, qualche tuo scritto. Ciarlantini ti ha parlato dei suoi<br />

progetti? Mi vuol comprendere nella cerchia d’amici: sò di portargli poco<br />

giovamento e una esigua forza e perciò non so decidermi. Bacia per me il tuo<br />

bimbone. Disponi sempre di me. Saluti. Ivo Spann. I saluti per Callaini e Guinta.<br />

I saluti dall’intera Sottosezione.<br />

192


Illustre Signore<br />

Prof. Avv. Piero Calamandrei<br />

R[egia] Università di<br />

Modena<br />

Gentilissimo Signor Capitano<br />

21.<br />

Agostoni a Piero Calamandrei<br />

Milano, 19 marzo 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 139. Cartolina.<br />

Grazie di essersi rammentato del mio desiderio e di avermi spedito con tanta<br />

cavalleresca sollecitudine la fotografia di Saronno per me documento storico<br />

privato e ricordo gradito della sua brillante e intelligente conferenza. Se con la<br />

mia Lisa potrò fare opera patriotticamente a lei gradita, disponga di me e di noi.<br />

Con ossequi<br />

Agostoni<br />

193


Prof. Calamandrei<br />

R[egia] Università<br />

Modena<br />

22.<br />

Clotilde Caralli a Piero Calamandrei<br />

Bressanone, 20 marzo 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 123. Cartolina.<br />

Di ritorno a Innsbruk e Trento sulla via gloriosa della liberazione da Lei percorsa<br />

primo fra i nostri soldati abbiamo avuto e sentite tutte le impressioni sue di quel<br />

giorno memorabile.<br />

Saluti cordiali<br />

Clotilde Caralli<br />

194


23.<br />

Vittorio Zippel a Piero Calamandrei<br />

Trento, 27 marzo 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 178. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

MUNICIPIO CIVICO<br />

<strong>DI</strong> TRENTO<br />

N° 254 pres.<br />

Ill. mo Signor<br />

Prof. Avv. <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

della R[egia] Università di<br />

Modena<br />

Mi è grato di rimettere a Lei, primo ufficiale entrato a Trento ancora occupata<br />

dalle truppe austriache, nella storica giornata del 3 novembre 1918, pur di poter<br />

dare l’annuncio dell’imminente arrivo dell’Esercito liberatore, la medaglia che il<br />

Municipio di Trento, per ricordo di tale gloriosa epoca, fece coniare per farne<br />

omaggio ai suoi liberatori.<br />

Con particolare ossequio<br />

IL SINDACO<br />

V[ittorio] Zippel<br />

195


Prof. Piero Calamandrei<br />

della R[egia] Università di<br />

Modena<br />

24.<br />

Ivo Spann a Piero Calamandrei<br />

s. l., 4 aprile 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 134. Cartolina.<br />

Vorrei scriverti con una fretta meno scellerata; mi è impossibile perché con<br />

Cittadini si è in moto continuo. Novità? Le grandi te le racconteremo a voce a<br />

Milano se ne sarà possibile venir giù. Le piccole? Ciarlantini piano piano si<br />

rimette. Io non vedo l’ora di rivedere la mia vecchia terra. Bonatta è ritornato,<br />

dopo lunghissima assenza, da Praga, con una sacco di notizie interessanti sui<br />

movimenti ungheresi 68 . Ti manderò le relazioni domani o dopo. Ho una voglia<br />

matta di rivederti e di riabbracciarti per dirti tutto il mio affetto. Un bacione al<br />

tuo bambinone. I saluti da tutti noi P.<br />

Spann<br />

68 La prima guerra mondiale finì con conseguenze disastrose per le Potenze Centrali, la<br />

Germania e l’Austro-Ungheria. L’anarchia, le distruzioni e il crollo economico contribuirono<br />

all’affermarsi dei movimenti estremisti di sinistra che trovarono un’eccellente occasione per<br />

applicare il proprio programma marxista. Il 30 ottobre 1918, a Vienna, scoppiò la rivoluzione<br />

che il 31 ottobre si estese anche a Budapest. Dopo alcuni giorni fu proclamata la Repubblica<br />

Ungherese in seguito alla separazione dall’Austria. Il fallimento della prima Repubblica<br />

Ungherese avvenne il 21 marzo, quando i comunisti assunsero il potere e restarono al governo<br />

fino al 6 agosto 1919 proclamando la Repubblica Ungherese dei Consigli. Sull’argomento si<br />

veda G. ROMANELLI, Nell’Ungheria di Bela Kun e durante l’occupazione militare romena. La<br />

mia missione (maggio-novembre 1919), a cura di A. Biagini, Udine, Doretti editore, 1964.<br />

196


Egregio Avv. Prof.<br />

Piero Calamandrei<br />

Modena<br />

R[egia] Università<br />

25.<br />

Mittente non identificato a Piero Calamandrei<br />

Brescia, 8 aprile 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 126. Cartolina.<br />

Il 1° della classe non si poteva smentire nella vita civile: il destino lo volle prima<br />

anche nelle imprese di guerra. Con commozione riudii la nota cara voce narrare<br />

le eroiche gesta. Sempre riconoscente, sempre col desiderio di riabbracciarti.<br />

197<br />

firma illeggibile


26.<br />

Piero Calamandrei a Vittorio Zippel<br />

Modena, 15 aprile 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 177. Lettera autografa.<br />

PROF. AVV. <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

DEL<strong>LA</strong> R[EGIA] UNIVERSITÀ <strong>DI</strong> MODENA<br />

Onorevole Sig. Sindaco,<br />

Le sono profondamente grato dell’onore che Ella ha voluto farmi, inviandomi<br />

un esemplare della preziosa medaglia che commemora la liberazione di Trento.<br />

Orgoglioso del dono, comprendo ciò che esso significa: non premio a qualche<br />

mio merito personale, poiché, in quel giorno memorando, dopo ché gli arditi del<br />

XXIX Reparto d’Assalto ebbero aperto il varco col loro valore, nessuno ebbe<br />

meriti, ma tutti fortuna; bensì riconoscimento, per la storia, che la gioia di<br />

portare 69 il primo saluto a Trento, prossima alla 70 redenzione 71 toccò, com’era<br />

giustizia a un militare 72 di quella fanteria, che seppe meritarsi la vittoria<br />

bagnando di sangue il Pasubio e la Zugna, e per tre anni attendendo, con plebea<br />

fermezza, nella neve e nel fango delle trincee.<br />

Con profondo ossequio<br />

Prof. Piero Calamandrei<br />

69 «La gioia di portare»: aggiunto in interlineo.<br />

70 Alla: segue depennato «liberazione».<br />

71 Redenzione: segue depennato «fu data da».<br />

72 Militare: segue depennato «di fanteria».<br />

198


27.<br />

Guglielmo Pecori Giraldi a Piero Calamandrei<br />

Mittente Pecori Giraldi Guglielmo<br />

Tenente generale<br />

Comando 1 a armata<br />

All’Ill mo Signore<br />

Il Professore Piero Calamandrei<br />

della R[egi] a Università<br />

di Modena<br />

Trento, 19 aprile 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 124. Cartolina.<br />

Trento libera 19 aprile 1919<br />

Egregio e gentil mo Professore,<br />

Ho ricevuto il suo opuscolo 73 , e vivamente Le sono grato e La ringrazio del<br />

pensiero cortese che ha avuto di inviarmelo. Lo leggerò al più presto, appena cioè<br />

le miserie quotidiane me ne lascino tempo, con viva soddisfazione e gran<br />

vantaggio.<br />

Il Suo ufficio sta lavorando alla storia del Servizio P., che risulterà certamente<br />

assai interessante.<br />

Buona Pasqua, caro capitano, (mi consenta di darLe ancora questo vocativo) e<br />

mille cose cordiali dal suo vecchio affez mo Generale<br />

G[uglielmo] Pecori Giraldi<br />

73 Il XXIX Corpo d’Armata nella guerra per la più grande Italia 8 dicembre 1916-3 gennaio<br />

1919, Roma-Milano, Bestetti e Tuminelli, 1919. Cfr. MST, APC, b. 1, f. 2, doc. 16.<br />

199


COMANDO 1° ARMATA<br />

Mio carissimo Calamandrei,<br />

28.<br />

Amedeo Tosti 74 a Piero Calamandrei<br />

Trento, 30 agosto 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 122. Lettera autografa.<br />

il tuo preambolo di scuse è assolutamente superfluo! Credi che mi dai una vera<br />

gioia, offrendomi il modo di poter essere utile in qualche cosa.<br />

Dunque, sappi che la tua proposta di medaglia ha tutta una storia. Non<br />

essendosi saputo più nulla della proposta, che si era detto essere stata inviata dal<br />

Comando del XXIX Corpo, per ordine del generale Ferrari io ne domandai<br />

notizie al colonnello Gabba, indirizzando la lettera al Comando della missione di<br />

Chieti, cui gli risultava assegnato da un bollettino del Comando Supremo. La<br />

lettera tornò indietro, con questa indicazione: “Il col[onnello] Gabba trovasi a<br />

Bakic!” E non ti dico altro! …<br />

Allora si fecero delle ricerche a Roma, per sapere se la proposta fosse andata a<br />

finire laggiù: ma si seppe che non v’era nulla.<br />

Intanto scrisse Casoni, domandando anche lui che cosa si fosse fatto per te. E<br />

proprio qualche settimana fa ho spedito io stesso una lettera, a firma del generale<br />

Ferrari, a S. E. De Albertis, a Palermo, affinché volesse inviare una nuova<br />

proposta, in base alla quale S. E. Pecori ti conferirebbe di motu proprio la<br />

medaglia.<br />

Così stanno le cose. Adesso attendiamo la risposta. Certo, è veramente<br />

deplorevole che ancora non sia stato dato a te, che più degli altri lo meritavi, un<br />

74 Amedeo Tosti (Pietracupa 1889 –?) fu Ufficiale P della 1a Armata e, nel 1919, divenne il<br />

Capo della Sezione P. Tre volte decorato al valore, due volte promosso per meriti di guerra, con<br />

i gradi di Capitano e Maggiore, nel dopoguerra fu per molti anni all’ufficio storico dello Stato<br />

Maggiore del’Esercito. Nel 1932 fu incaricato dell’insegnamento di storia militare<br />

nell’Università di Roma. Nel secondo dopoguerra pubblicò una biografia su Pietro Badoglio<br />

(Milano, 1956). Su di lui cfr. G. L. GATTI, Dopo Caporetto, cit., p. 190.<br />

200


segno tangibile di riconoscimento della tua opera, ma… tu sai bene che non c’è<br />

da meravigliarsi di nulla! …<br />

Comunque, io spero che, a furia di battere, qualche cosa verrà fuori!<br />

Di medaglie ricordo dell’Armata d’argento siamo momentaneamente sforniti,<br />

ma appena giungeranno te ne farò spedire una. Però, dal XXIX Corpo avresti<br />

dovuto già ricevere quella di bronzo, con attestato. Ad ogni modo, te ne accludo<br />

qui un’altra.<br />

Ebbi, a suo tempo, il tuo fascicolo sui “Problemi quotidiani del Trentino” 75 e ti<br />

ringraziai con una cartolina. Non l’hai ricevuta?<br />

Quell’A. Tosti di cui hai visto la firma nell’annuario del muso Cornuto al Cav.<br />

di P. R. è un mio parente, Alfredo Tosti 76 , abbastanza noto tra i nostri cultori di<br />

diritto penale.<br />

Per chiudere, ti annuncio che io sono stato trasferito all’Ufficio Storico del<br />

Comando di Stato Maggiore e partirò tra tre o quattro giorni.<br />

Qui la baracca è in pieno scioglimento.<br />

Un carissimo abbraccio dal<br />

201<br />

tuo affez.<br />

Amedeo Tosti<br />

75 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Problemi giudiziari nella Venezia Tridentina, in «Rivista del diritto<br />

Commerciale e del Diritto Generale delle obbligazioni», 1919, XVII, pp. 23-44. Nel saggio<br />

Calamandrei si schierò tra i fautori della perfezione di quel processo austriaco che, fino a cinque<br />

anni prima, lungi dall’apparirgli perfetto, gli era sembrato, come in effetti era, illiberale.<br />

76 Alfredo Tosti, penalista, fu autore de La colpa penale. Studio sociologico, Torino, 1907.


Caro Calamandrei,<br />

29.<br />

Gaetano Casoni a Piero Calamandrei<br />

Marina di Massa, 14 Settembre 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 121. Lettera autografa.<br />

ti sono debitore di una risposta ad una tua lettera del giugno scorso. Ed ho<br />

tardato a dartela nella speranza di poterti comunicare che finalmente la proposta<br />

della tua medaglia aveva avuto l’esito da me vivamente desiderato.<br />

Appena ricevuta la tua lettera, scrissi al Capitano Tosti e poi direttamente al<br />

Generale Ferrari comunicando loro lo stato delle cose quale risultava dalle<br />

notizie da te fornite.<br />

Il Generale Ferrari fece scrivere dapprima al Colonnello Gabba, ma, poiché<br />

questi era partito per il permesso e non se ne aveva risposta, scrisse direttamente<br />

a S. E. De Albertis ripetendo che il desiderio di S. E. Pecori Giraldi che ti fosse<br />

finalmente data l’onorificenza al valore che ti eri meritata, e pregandolo di voler<br />

rimettere direttamente all’Armata la sua proposta in seguito alla quale S. E.<br />

Pecori avrebbe conferito senzaltro la medaglia.<br />

Ai primi di questo mese sono stato a Trento: la risposta di S. E. De Albertis<br />

non era ancora venuta. E poiché si pensava al prossimo scioglimento dell’Armata<br />

(si accennava alla metà di settembre) pregai il Generale Ferrari di sollecitare S.<br />

E. De Albertis all’invio della proposta, e ciò fu fatto in un telegramma.<br />

Sono qui da una settimana e naturalmente non so ancora l’esito di quest’ultima<br />

pratica. Ma sarò a Firenze il 16 corrente. Spero allora di trovare notizie da Trento<br />

che mi comunichino che la proposta è arrivata ed è stata accolta da S. E.<br />

Ne sarò lietissimo molto più che se la cosa non mi riguardasse personalmente,<br />

perché non potrò mai dimenticare l’opera che tu hai spiegato con insuperabile<br />

intelligenza e devozione per la nostra causa e che mi ha fatto tanto apprezzare la<br />

tua affettuosa amicizia.<br />

Credimi tuo aff. mo<br />

Gaetano Casoni<br />

202


All’Illustre Signor<br />

Prof. Avv. Piero Calamandrei<br />

dell’università di 77<br />

Montepulciano (Siena)<br />

30.<br />

Famiglia Bernardi a Piero Calamandrei<br />

Trento, 3 novembre 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 131. Cartolina.<br />

La famiglia Bernardi nel primo anniversario della gloriosa liberazione, ricorda<br />

con particolare affetto il primo araldo della vittoria nella festante città di Trento.<br />

77 Di: segue depennato «Modena».<br />

203


Prof.<br />

Piero Calamandrei<br />

(Siena) Montepulciano<br />

31.<br />

Gina Lusten a Piero Calamandrei<br />

Trento, 4 novembre 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 135. Cartolina.<br />

Nella ricorrenza felice, a Lei pensando e ricordando con affetto sincero invio<br />

grati affettuosi ossequi.<br />

Sua Gina Lusten<br />

204


32.<br />

Filippo Faes a Piero Calamandrei<br />

Trento, 4 novembre 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 163. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

Magistrato Civico<br />

di Trento<br />

N° 24 pres.<br />

All’Egregio Signor<br />

Capitano <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

205<br />

Zona di Guerra<br />

Il sottoscritto Dr. FILIPPO FAES quale capo del Governo provvisorio che<br />

reggeva la città di Trento, il giorno 3 novembre 1918, convinto che la liberazione<br />

di Trento rappresenta uno degli episodi culminanti della vittoria italiana e riveste<br />

per questo tanta importanza che interesserà allo storico futuro ricostruirne anche i<br />

minimi particolari, crede opportuno dichiarare che il giorno 3 novembre 1918 ad<br />

ore 13.20 giunsero su due moto–carrozzette nella città, ancora occupata dalle<br />

truppe austriache, il Capitano <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI ed il Tenente FRANCO<br />

CIAR<strong>LA</strong>NTINI, i quali, riconosciuti dalla folla come ufficiali italiani dai<br />

tricolori che essi agitavano, furono fermati allo sbocco di Via della Torre in<br />

Piazza Opere e accompagnati in Municipio dove Egli li salutò pubblicamente<br />

come i due primi militari italiani entrati in Trento.<br />

Il Capitano CA<strong>LA</strong>MANDREI rispose al saluto annunziando prossimo l’arrivo<br />

delle truppe combattenti ed invitando la folla a recarsi oltre il Ponte del Fersina<br />

ad incontrare le avanguardie delle truppe combattenti che giungevano difatti alle<br />

ore 15.15.


Il sottoscritto, pur sapendo che i prenominati Signori Ufficiali nella loro<br />

modestia sono alieni dal desiderare qualsiasi atto di pubblico encomio per il loro<br />

operato, si sente però in dovere di esprimere Loro la sua perenne ammirazione e<br />

riconoscenza per l’opera epica da Loro compiuta nel solo lodevolissimo intento<br />

di abbreviare la dolorosa attesa della popolazione di Trento colla notizia della sua<br />

imminente liberazione.<br />

206<br />

Dr Filippo Faes


COMANDO 35^ <strong>DI</strong>VISIONE<br />

Egregio Professore ed amico,<br />

33.<br />

Pietro Luccio a Piero Calamandrei<br />

Vippaccio, 6 novembre 1919<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 120. Lettera autografa.<br />

Ho ricevuto la sua graditissima lettera del 27 ottobre e ho letto il suo articolo<br />

nella “Lettura” 78 .<br />

Sta bene per le fotografie: sono ben contento di aver potuto contribuire in<br />

qualche modo alla celebrazione della nostra vittoria e in particolar modo del<br />

nostro XXIX° Corpo d’armata di buona ed amata memoria.<br />

Vorrei pregarla però, per l’avvenire, di preavvisarmi se per caso avesse in<br />

animo di pubblicare altre mie fotografie: ciò perché sto compilando un articolo di<br />

ricordi di guerra in cui conto di inserire delle fotografie, che naturalmente<br />

dovrebbero essere inedite: quindi la pubblicazione di esse su altre riviste o libri o<br />

giornali potrebbe nuocere al mio scritto. Non so quando questo mio scritto potrà<br />

vedere la luce e se sarà un articolo o un opuscolo o che cosa, ma insomma non<br />

vorrei la pubblicazione di altre mie fotografie me lo rendesse poco interessante.<br />

Finora il lavoro d’ufficio ed i continui trasferimenti mi hanno impedito di<br />

completare questo mio lavoretto, ma spero di aver modo di finirlo al più presto.<br />

Ha ricevuto l’opuscolo – ricordo del XXIX° Corpo d’Armata, che le spedii<br />

insieme al T[enente] Col[onnello] Roncaglia? L’indirizzai alla R[egia] Università<br />

di Modena e spero che sia giunto fino a Lei, che fu Santa parte del XXIX°. Tanto<br />

più che la spedizione fu fatta raccomandata.<br />

Con immutata amicizia le stringo cordialmente la mano.<br />

Suo aff mo<br />

T[enente] Col[onnello] Pietro Luccio<br />

78 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, Come fu liberata Trento, cit.<br />

207


All’Egregio<br />

Prof. Avv. Piero Calamandrei<br />

Firenze<br />

Borgo Albizzi 14<br />

34.<br />

Eugenio Bernardi 79 a Piero Calamandrei<br />

Trento, 10 novembre 1920<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 128. Cartolina.<br />

Il ricordo dell’epica vetta non può spegnersi nei nostri cuori, ma quello del primo<br />

soldato che mise piede in Trento liberata, in Trento congiunta sempre di cuore ed<br />

ora di fatto alla Grande Patria!<br />

Il triste momento d’oggi, sarà il gradino che porterà a maggior grandezza e<br />

potenza la nostra Italia di domani. Viva l’Italia!<br />

208<br />

Eugenio Bernardi<br />

79 Eugenio Bernardi tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 gestì a Trento una delle due librerie<br />

nelle quali si distribuivano i quotidiani locali. Sull’argomento si veda G. FAUSTINI, Il<br />

giornalismo e la diffusione dell’informazione, cit., p. 430.


Caro Piero,<br />

35.<br />

Franco Ciarlantini a Piero Calamandrei<br />

Milano, 17 dicembre 1923<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 111. Lettera autografa.<br />

credo d’aver inchiodato all’ultimo momento – a due settimane dalla spirale del<br />

termine definitivo – i signori del Ministero della Guerra. Quanto si scriveva<br />

l’altra sera è stato confermato al generale De Bono 80 e l’accluso telegramma ne è<br />

la riprova. Io non mi fo illusioni sull’esito; però se vogliamo provare questa è la<br />

volta buona. È naturale che se la sfondo io, implicitamente la sfondi anche tu<br />

senza peraltro fare la faccia tosta che sto facendo io per dare un taglio al nostro<br />

caso.<br />

Questi ti assicuro: i tuoi rapporti sono stati sempre molto blandi come blando<br />

fu il mio reclamo. Da Bonardi 81 a Barbarich 82 a tutti i signori che si sono occupati<br />

di noi è parso che quasi noi non si fosse convinti del nostro merito. Il tenente<br />

Raiteri, factotum del Ministero, ebbe a dirmi che il nostro caso doveva essere<br />

ingrandito perché le commissioni riducono di proposito tutti i meriti. Esagera<br />

quindi un po’ i pericoli corsi lungo il tragitto e la funzione esercitata all’arrivo<br />

80 Emilio De Bono (Cassano d’Adda 1866 – Verona 1944) fu uno dei quadrumviri della “marcia<br />

su Roma” e, successivamente, capo della polizia e primo comandante della MVSN. Come<br />

membro del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio 1943 votò in favore della sfiducia a<br />

Mussolini. Catturato dalle truppe della neonata Repubblica Sociale Italiana, fu condannato a<br />

morte per alto tradimento e giustiziato l’11 gennaio del 1944. Su di lui si veda F. FUCCI, Emilio<br />

De Bono. Il Maresciallo fucilato, Milano, Mursia, 1989.<br />

81 Carlo Bonardi (Brescia 1877-1957), volontario e decorato nella guerra 1915-1918, nel 1919<br />

fu eletto deputato e rimase in Parlamento per tre legislature, divenendo senatore dal 1929. Fu a<br />

lungo presidente della Commissione per l’Esercito e la Marina e membro delle Commissioni<br />

parlamentari per l’ordinamento dell’esercito, per le pensioni e le polizze di guerra, per<br />

l’inchiesta sulle spese di guerra e sulla riforma dei servizi del Ministero della Guerra. Fece parte<br />

del primo governo Mussolini quale sottosegretario al Ministero della Guerra. Dal 1933 al 1938<br />

fu anche presidente dell’Istituto di Cultura Fascista e dal 1934 al 1939 segretario della<br />

Presidenza del Senato. Su di lui si veda E. SAVINO, La nazione operante. Profili e figure,<br />

Milano, Archetipografia, 19342, p. 235.<br />

82 Eugenio Barbarich (Pasiano di Pordenone 1863 – Torino 1931) fu un colto ed apprezzato<br />

scrittore militare e diresse la «Nuova rivista militare» e la «Rassegna dell’Esercito Italiano». Su<br />

di lui cfr. G. L. GATTI, Dopo Caporetto, cit., p 183.<br />

209


per la pacificazione, il disarmo degli ufficiali e dei soldati che fu iniziato da noi<br />

con una di quelle improvvisazioni che a ripensarci à dell’inverosimile.<br />

Se vuoi ricordare la mia partecipazione effettiva all’avanguardia col 4°<br />

Gruppo Alpino e così di Faracovi 83 è di Zambana ricordalo, ma come preambolo,<br />

ché se dobbiamo essere onorati dobbiamo esserlo per il fatto specifico di<br />

Trento… su per giù insomma come l’eroe Ugo Mazzoni.<br />

E ricorda anche che fummo comandati e trattandosi di me e di te non<br />

introdurre neanche per incidenza il Callaini, che è stato quello che ci à<br />

squalificato, siccome il solo che à messo l’universo intero per riuscire e si è<br />

attaccato a noi trascinandoci nella svalutazione a nostra insaputa.<br />

Tutto ciò, diceva quel tale, se vuoi fare la nota proposta, mandala a me, ché la<br />

mando a De Bono. Accompagnala con una lettera in cui mi dici che esitavi a fare<br />

tale atto perché, trovandoti nelle mie stesse condizioni, ti pareva un esibizione<br />

ecc, ecc. Che la lettera sia presentabile – quando la farò io – e a De Bono e a<br />

Giraldi. Se invece vuoi che non si faccia nemmeno quest’ultimo tentativo allora<br />

tu sai che ti rimprovererò di non avermi ricordato. Cari saluti a Franco e auguri<br />

alla tua signora.<br />

210<br />

L’aff. Franco<br />

83 Giovanni Faracovi fu Colonnello del IV Gruppo Alpini. Si veda S. BENVENUTI, Il trentino<br />

durante la guerra 1914-1918, in Storia del Trentino, V. L’età contemporanea. 1803-1918, a<br />

cura di M. Garbari e A. Leonardi, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 193-225:220.


Carissimo Ciarlantini,<br />

36.<br />

Piero Calamandrei a Franco Ciarlantini<br />

Firenze, 20 dicembre 1923<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 115. Minuta.<br />

mando a te, affinché tu la salvi dai pericoli dei disguidi postali, l’unita<br />

proposta di medaglia d’argento da inoltrare al Ministero della Guerra.<br />

Speravo che 84 la proposta che meriti ti fosse fatta da persona più autorevole di<br />

me; ma poiché questo non è avvenuto, ritengo mio dovere, date che in quei giorni<br />

indimenticabili ero io il tuo superiore diretto, fare quest’ultimo tentativo affinché<br />

non cada 85 la dimenticanza definitiva 86 sugli eventi di cui anche tu fosti<br />

partecipe.<br />

Di tutte le affermazioni che si trovano nella proposta ho precisa<br />

documentazione; se occorresse, sarei disposto a esibire i documenti<br />

84 Che: segue depennato «da an».<br />

85 Cada: segue depennato «il».<br />

86 Definitiva. segue depennato «sul fatto».<br />

211<br />

Cordiali saluti<br />

dal tuo


Destinatario Sig. Preg. Piero Calamandrei<br />

Borgo Albizi, 14<br />

Firenze<br />

37.<br />

Franco Ciarlantini a Piero Calamandrei<br />

Milano, 22 dicembre 1923<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 114. Cartolina.<br />

Caro Piero, ò ricevuto e grazie. Chi sa se ridere sopra quest’ultimo fiasco! Ma<br />

almeno non mi diranno che non me ne sono occupato e perciò non potranno<br />

puntare a noi. Ò accluso la tua lettera con quattro righe mie che o ci fruttano<br />

quello che ci spetta o… una denuncia per vilipendio all’esercito. Miei saluti e<br />

buon Natale.<br />

212<br />

Franco Ciarlantini


Franco Ciarlantini<br />

Corso Sempione 48<br />

Milano 30<br />

Carissimo,<br />

38.<br />

Piero Calamandrei a Franco Ciarlantini<br />

Firenze, 4 ottobre 1924<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 113. Minuta.<br />

stamani mi ha telefonato il generale Pecori Giraldi, invitandomi a andare da<br />

lui. Aveva presso di sé 87 l’originale della mia proposta a tuo favore,<br />

accompagnata (mi ha detto) da una lettera 88 di gente altolocata che raccomandava<br />

la pratica. Egli però ritiene che la proposta per essere regolare 89 debba partire da<br />

me, semplice capo–ufficio, ma dal capo servizio, che nel 90 nostro caso era il C. S.<br />

M. Colonnello Gabba. Oggi stesso appunto il generale Pecori Giraldi (il quale mi<br />

ha detto ripetutamente di assicurarti ch’egli è benevolmente disposto verso di te e<br />

verso la proposta) spedirà a Gabba, comandante delle truppe di Eritrea,<br />

l’incartamento, pregandolo di fare per te una regolare proposta conforme alla<br />

mia: la quale poi, al ritorno, dovrà essere annotata da De Albertis e poi dallo<br />

stesso Pecori Giraldi.<br />

Per la esattezza storica, qualora tu credessi opportuno di scrivere<br />

contemporaneamente a Gabba 91 , tieni presente:<br />

a) che ai primi del 1919 Gabba mi scrisse una lettera, che conservo,<br />

annunciandomi di sua iniziativa di aver già inoltrato per me e per te una proposta<br />

di ricompensa firmata da De Albertis 92 ; nel medesimo senso, sempre di sua<br />

87 Sé: segue depennato «la mia proposta».<br />

88 Lettera: segue depennato «di».<br />

89 Regolare: segue depennato «non possa».<br />

90 Nel: segue depennato «tuo».<br />

91 Gabba: segue depennato «ti preg».<br />

92 Albertis: segue depennato «nello stesso».<br />

213


iniziativa, mi scrisse lo stesso De Albertis. Dove andò a finire quella proposta?<br />

Chi la silurò?<br />

b) che nel giugno scorso (1923) quando andai a Roma per i libri di testo, trovai<br />

al Massimo d’Azeglio il Col[onnello] Gabba in licenza, il quale, sempre di sua<br />

iniziativa, mi accennò che aveva avuto in quei primi giorni tra le mani non so<br />

quale pratica di un soldato che reclamava una ricompensa per la presa di Trento:<br />

e nel 93 raccontarmi questo il Col[onnello] Gabba 94 disse incidentalmente “Lei<br />

(cioè io) e i suoi compagni ebbero la medaglia d’argento…” E avendogli io<br />

osservato che, per essere esatti, noi non avevamo avuto un bel niente, si mostrò<br />

sinceramente sorpreso.<br />

Lunedì vado a Roma per i libri di testo, con D’Aste, che vidi ieri e dal quale<br />

appresi che la tua Signora non sta tanto bene. Falle per me i più fervidi auguri e<br />

avverti una stretta di mano dal tuo aff. mo<br />

P. S. Mi tratterrò a Roma fino a giovedì: scrivimi, se hai bisogno, fermo in<br />

posta 95 .<br />

93 Nel: segue depennato «dirmi».<br />

94 Gabba: segue depennato «osservò incident.».<br />

95 Paragrafo aggiunto in margine sinistro del foglio.<br />

214


Il Popolo d’Italia<br />

Il direttore<br />

Caro Calamandrei,<br />

39.<br />

Franco Ciarlantini a Piero Calamandrei<br />

Roma, 27 ottobre 1924<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 112. Lettera autografa.<br />

vogliamo fare l’ultimo sforzo tanto per misurare i nostri… 96 del Ministero<br />

della Guerra? Il tenente Raiteri, segretario di Bonardi, mi scrive a proposito del<br />

mio – e conseguentemente tuo – caso così:<br />

“Occorre che chi era tuo superiore diretto all’epoca del fatto faccia una<br />

regolare proposta di medaglia d’argento e l’inviii d’urgenza prima del 31 c. m. al<br />

Ministro della Guerra Commissione onoreficenze. Se il collega… 97 à partecipare<br />

all’impresa come Lei (e questi eri e sei tu) la soluzione del Suo caso significherà<br />

anche la Sua designazione su una ricompensa. Se à partecipato all’azione<br />

preparatoria la faccia rilevare che può essere utile”.<br />

A puro titolo di esperimento, siccome il mio superiore diretto di allora eri tu,<br />

se vuoi e se credi fa la proposta e vedremo come andrà a finire. Bonardi mi<br />

assicura che vuole ad ogni costo cancellare la vergogna ecc, ecc ma che è<br />

indispensabile seguire questa via perché Callaini ci avrebbe rovinato con le sue<br />

gesta.<br />

Riferisco e nient’altro. Se vuoi conferma di ciò posso mandarti anche una<br />

lettera di persona autorevolissima nel campo militare. Nel caso che la cosa ti pare<br />

fattibile, scrivi subito, che l’istruttoria per noi sarebbe fatta subito. E mandami<br />

copia della proposta. Cari saluti dall’aff.<br />

96 Segue parola di difficile decifrazione.<br />

97 Seguono tre parole di difficile decifrazione.<br />

215<br />

Franco


Illustre Professore<br />

Avv. Piero Calamandrei<br />

della R[egia] Università<br />

Firenze<br />

Borgo Albizzi 14<br />

40.<br />

Mittente non identificato a Piero Calamandrei<br />

Trento, 3 novembre 1924<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 130. Cartolina.<br />

Al primo ufficiale italiano entrato a Trento gli ex studenti e professori della<br />

Facoltà giuridica It[aliana] di Innsbruck 98<br />

Affettuosi saluti<br />

firme illeggibili<br />

98 L’aspirazione delle popolazioni italiane dell’Austria ad avvalersi di proprie istituzioni<br />

universitarie, una volta che quelle di Padova erano state ricongiunte al Regno d’Italia, si<br />

manifestò ripetutamente con la richiesta di una facoltà di giurisprudenza, per la cui sede<br />

s’indicava prevalentemente Trieste. La diversa soluzione seguita dal governo austriaco di<br />

integrare i corsi della facoltà giuridica di Innsbruck con corsi paralleli in lingua italiana, avviata<br />

a partire da1 1865, incontrò l’opposizione della popolazione locale e degli stessi ambienti<br />

accademici. La necessità di un’università italiana autonoma fu riconosciuta e deliberata dalla<br />

Dieta del Tirolo nel 1901 e i delegati italiani nella stessa si espressero a favore del suo<br />

insediamento a Trieste. Per parte sua, la Dieta di Trieste da tempo propugnava tale soluzione,<br />

che a più riprese aveva ottenuto accoglimento da parte della Camera dei Deputati in Vienna. Il<br />

governo austriaco si determinava, invece, ne1 1904, per l’istituzione a titolo provvisorio della<br />

Facoltà giuridica italiana autonoma a Innsbruck; questa, inaugurata il 3 novembre 1904, dovette<br />

immediatamente essere chiusa per la sollevazione della popolazione locale e la distruzione<br />

dell’edificio che la ospitava. Negli anni successivi la questione rimase irrisolta per l’effetto<br />

paralizzante delle diverse opposizioni alle soluzioni prospettate. Allo scoppio del primo<br />

conflitto mondiale nulla era stato ancora deciso. Sull’argomento si veda Dispaccio del Ministero<br />

del culto e istruzione del 22 settembre 1904 no. 2003/M. C. I. concernente la Facoltà giuridica<br />

provvisoria con lingua di insegnamento italiana in Innsbruck, S. l., s. n., 1904.<br />

216


Ministero della Guerra<br />

41.<br />

Amedeo Tosti a Piero Calamandrei<br />

Roma, 13 novembre 1924<br />

MST, APC, b. 1, f. 1, doc. 186. Lettera autografa.<br />

IL SEGRETARIO PARTICO<strong>LA</strong>RE<br />

<strong>DI</strong> S. E. IL MINISTRO<br />

Mio carissimo Calamandrei,<br />

ti ho accontentato subito come vedi.<br />

Il distintivo di volontario ti era stato negato, per l’errata interpretazione di una<br />

circolare. Io ho potuto chiarire subito l’equivoco ed ottenere che il brevetto mi<br />

fosse rilasciato immediatamente.<br />

Te lo invio, lieto di averti potuto rendere un piccolo servigio. E disponi<br />

sempre di me, te ne prego, per quel poco che valgo.<br />

Ancora tanti saluti cordialissimi dal tuo<br />

217<br />

aff mo Amedeo Tosti


APPEN<strong>DI</strong>CE<br />

I<br />

1.<br />

Piero Calamandrei a Bice Rizzi 1<br />

Firenze, 30 dicembre 1944<br />

MST, ABR, b.12, f. 2, doc. 17. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

“<strong>LA</strong> NUOVA ITALIA” E<strong>DI</strong>TRICE – FIRENZE<br />

PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29<br />

Gent. ma Signorina, mi duole di non doverLa vedere, quest’anno, per le vacanze<br />

natalizie a Firenze; e di doverLe ricambiare gli auguri soltanto per iscritto, come<br />

faccio in questa mia, anche a nome di Ada e altresì di tutta la famiglia del Ponte.<br />

In quanto alle informazione ch’Ella mi chiede sul Tribunale dei minorenni,<br />

non mi risulta che siano imminenti riforme fondamentali sull’ordinamento che<br />

questi Tribunali ebbero fin dal 2. d. L. 20 luglio 1934 n. 1404 2 : per tale<br />

ordinamento fanno parte di questi Tribunali anche i “componenti privati” scelti<br />

“tra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale”, che possono<br />

1 Per alcune notizie biografiche su Bice Rizzi (S. Bernardo di Rabbi 1894 – Trento 1982),<br />

irredentista e direttrice del Museo del Risorgimento e della Lotta per la Libertà dalla fondazione<br />

fino al 1970, cfr. Rizzi, Bice, in Storia del Trentino, a cura di S. Benvenuti, IV, Trento, Edizioni<br />

Panorama, 1998, p. 100.<br />

2 R. D. L. 20 luglio 1934, n. 1404. Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni.<br />

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 settembre 1934, n. 208 e convertito in legge, con<br />

modificazioni, dalla L. 27 maggio 1935, n. 835.<br />

219


essere anche donne. Ma si tratta di un incarico temporaneo (triennale) e pattuito,<br />

non di una vera e propria assunzione stabile nella carriera giudiziaria. Sono a Sua<br />

disposizione per qualsiasi altra informazione che possa occorrerLe; e se avessi<br />

notizia di qualche prossima innovazione, non mancherò di avvertirLa.<br />

Cordialissimi auguri e saluti dal Suo<br />

Piero Calamandrei<br />

220


2.<br />

Piero Calamandrei a Bice Rizzi<br />

Firenze, 28 dicembre 1946<br />

MST, ABR, b. 12, f. 2, doc. 12. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

Direttore: <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

Redattore capo: CORRADO TUMIATI 3<br />

REDAZIONE: FIRENZE, PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29 – TEL. 22.058<br />

Gentile Signorina<br />

La Nuova Italia – Editrice – C. C. P. 5/6261<br />

io non ho mai risposto al saluto graditissimo ch’Ella mi mandò nel settembre,<br />

per il tramite del caro amico Prof. Levi 4 . Non creda che il mio silenzio sia<br />

derivato da noncuranza: io sono talmente preso da molteplici diverse<br />

occupazioni, che assai volte quella che più mi starebbe a cuore – e prima di tutto<br />

rispondere agli amici! – dev’essere rimandato ai giorni in cui il consueto lavoro<br />

si rallenta un po’, come ora avviene nelle vacanze natalizie.<br />

La simpatia colla quale Ella mi scrisse del Ponte mi consolò: tra tante<br />

amarezze, questi consensi che ogni tanto arrivano da amici lontani sono un<br />

premio di cui è inestimabile il valore.<br />

3 Corrado Tumiati (Ferrara 1885 – 1967) fu medico, scrittore, giornalista e traduttore italiano,<br />

nonché poeta. Nel 1931 vinse il Premio Viareggio con l’opera I tetti rossi. Ricordi di<br />

manicomio. Su di lui si veda AA. VV., Corrado Tumiati. Medico e scrittore (1885-1967). Nel<br />

centenario della nascita, Campi Bisenzio, Italia Grafiche, 1985.<br />

4 Alessandro Levi (Venezia 1881 – Berna 1953) tenne la cattedra in filosofia del diritto presso le<br />

università di Ferrara, Cagliari, Catania, Parma. Dimesso dalla cattedra, in seguito ai<br />

provvedimenti antiebraici, si rifugiò in Svizzera dove insegnò, presso l’Università di Ginevra<br />

dal 1944 al 1945, nei corsi organizzati per i rifugiati italiani. Tornato in patria, fu chiamato<br />

all’Università di Firenze. Cfr. Levi, Alessandro, in La piccola Treccani. Dizionario<br />

Enciclopedico, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1995, VI, p. 704.<br />

221


Proprio pensando agli amici sparsi per tutta Italia che seguono con affetto la<br />

nostra rivista, siamo riusciti ad assicurarne l’esistenza anche per il 1947: ed oltre<br />

– speriamo – se l’aiuto degli amici non ci mancherà.<br />

Ella sa da quali ricordi io sia unito alla Sua Trento: forse, quando farò il<br />

bilancio della mia vita, dovrò concludere che il momento più bello di essa fu<br />

quello del 2 novembre 1918 5 , quando dal ponte vidi, come in un sogno, la città<br />

ancora occupata dagli austriaci eppure già tutta ornata di bandiere italiane…<br />

Cordiali ossequi ed auguri a Lei, ed a tutti gli amici di Trento dal<br />

5 «1918»: aggiunto in interlineo.<br />

Suo<br />

Piero Calamandrei<br />

222


3.<br />

Piero Calamandrei a Bice Rizzi<br />

Firenze, 21 novembre 1948<br />

MST, ABR, b. 12, f. 2, doc. 13. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

Direttore: <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

Redattore capo: CORRADO TUMIATI<br />

Redazione Politica: ENZO ENRIQUES AGNOLETTI 6<br />

REDAZIONE: FIRENZE, PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29 – TEL. 22.058-<br />

Cara signorina Rizzi,<br />

25.003<br />

La Nuova Italia – Editrice – C. C. P. 5/6261<br />

che cosa Ella penserà di me, che ho già lasciato passare quasi tre settimane<br />

dalle Sue indimenticabili giornate passate a Trento, senza farmi vivo neanche con<br />

una parola con Lei, che fu in quei giorni la nostra fata tutelare?<br />

Ma Ella, ne son sicuro, avrà capito che questo mio silenzio non poteva esser<br />

causato da dimenticanza o da negligenza, ma solo dalle inesorabili occupazioni<br />

che, appena trascorsa quella pausa di vacanza nelle remote plaghe del passato, mi<br />

hanno “ripreso” coi loro ingranaggi.<br />

Le assicuro che l’accoglienza fraterna ricevuta a Trento da me e da mia<br />

moglie, alla quale tutti gli amici hanno voluto estendere le loro cortesie, ci ha<br />

6 Enzo Enriques Agnoletti (Bologna 1909 – Firenze 1986), allievo di Piero Calamandrei, fu tra<br />

coloro che diedero vita al movimento liberalsocialista. Nel 1942 fu arrestato per la sua attività e<br />

fu condannato a cinque anni di reclusione. Dopo la Liberazione divenne, fino all’arrivo degli<br />

Alleati, il rappresentante del Partito d’Azione nel C. L. N. Scrisse sulla Liberazione di Firenze,<br />

diresse la rivista «Il Ponte», fu vicesindaco di Firenze (nella giunta del Sindaco Giorgio La Pira)<br />

e vicepresidente del Senato nel 1983. Fu eletto senatore nella IX Legislatura. Su di lui cfr. G.<br />

SIRCANA, Enriques Agnoletti, Enzo, in Dizionario biografico italiano, XLII, Roma, Istituto<br />

della Enciclopedia Italiana, 1993, pp. 795-797.<br />

223


commosso. Anche a mia moglie è sembrato di tornare a rivedere vecchie<br />

amicizie rimaste fedeli dai tempi migliori. In quanto a me, ho ravvivato nella<br />

rievocazione l’amore ma anche il dolore: è stata un’occasione, dolce ma mesta,<br />

per ricontare gli anni, e accorgermi dei decenni trascorsi e di tutto quello che c’è<br />

passato in mezzo…<br />

Cara signorina, non può uscirmi di mente il Suo Museo 7 , e l’opera Sua che<br />

continua e perpetua la “resistenza” di cui voi trentini, e Lei tra i migliori, siete<br />

stati; trent’anni fa e più, gli iniziatori esemplari. Sarò lietissimo, come Le dissi, di<br />

dare al Suo Museo tutto quello che conservo di documenti e curiosità di quel<br />

periodo. Quando verrà a Firenze? Siccome non è improbabile che durante le<br />

vacanze di Natale io vada per qualche giorno a riposarmi al mare, vorrei sapere<br />

esattamente in quali giorni Ella sarà qui, per trovarmici. Anche a nome di mia<br />

moglie la nostra gratitudine e il nostro più affettuoso saluto Suo Piero<br />

Calamandrei 8<br />

Grazie delle fotografie e dei giornali graditissimi 9 .<br />

7 Il Museo trentino del Risorgimento e della Lotta per la Libertà fu istituito nel 1923 con il<br />

compito di studiare, valorizzare e celebrare la storia risorgimentale e nazionale del territorio<br />

trentino. Dal 1994 divenne Museo Storico in Trento. Sull’argomento si veda 80 anni di museo<br />

1923-2003, a cura di G. Ferrandi e R. Taiani, Trento, Museo Storico in Trento, 2003.<br />

8 Paragrafo aggiunto in margine destro del foglio.<br />

9 Frase aggiunta in margine sinistro del foglio.<br />

224


4.<br />

Piero Calamandrei a Bice Rizzi<br />

Firenze, 14 luglio 1949<br />

MST, ABR, b.12, f. 2, doc. 15. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

Gent. ma Signorina Bice Rizzi<br />

direttrice del Museo del Risorgimento<br />

e della Lotta per la Libertà – TRENTO –<br />

Gent. ma Signorina,<br />

Studio Legale<br />

del Prof. Avv. Piero Calamandrei<br />

ord[inario] nella Università di Firenze<br />

Firenze – Borgo Albizi, 14 – tel. 21-404<br />

Roma – Via della Vite, 13 – tel. 61-442<br />

la Sua lettera del 21 giugno mi è giunta troppo tardi per poter far cenno di<br />

quell’increscioso episodio (uno tra cento!) sul Ponte di luglio: debbo dunque<br />

ormai rimandare al numero di ottobre, perché i due estivi costituiranno un unico<br />

grosso fascicolo speciale dedicato al Piemonte 10 . Intanto 11 , per poter scrivere la<br />

nota con più “mordente” (sia pure senza polemiche personali) avrei piacere<br />

ch’Ella a Suo comodo mi facesse avere copia del manifesto e del comunicato del<br />

sindaco di Rovereto.<br />

Colgo l’occasione per avvertirLa che, nel vuotare in questi giorni una cassa di<br />

vecchi ricordi, ho ritrovato quella raccolta di emblemi di distintivi di reggimenti<br />

militari che fu messa insieme, nelle giornate del novembre 1918, quando gli<br />

austriaci nel darsi prigionieri si disfacevano volentieri di tutte le loro<br />

10 Piemonte, Firenze, 1949 (n. monogr. della rivista «Il Ponte», 1949, 8/9).<br />

11 Intanto: segue depennato «a Suo comodo».<br />

225


chincaglierie. Già Le parlai di questa interessantissima raccolta per il Suo museo,<br />

e poi, quand’Ella venne a trovarmi, me ne dimenticai.<br />

Come devo fare per aggiungere anche questi preziosi cimeli nella raccolta che<br />

Ella con tutta cura sta mettendo in ordine?<br />

In attesa, Le invio i più cordiali ossequi<br />

Suo dev.<br />

Piero Calamandrei<br />

226


5.<br />

Piero Calamandrei a Bice Rizzi<br />

Firenze, 18 dicembre 1949<br />

MST, ABR, b. 12, f. 2, doc. 14. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

Direttore: <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

Redattore capo: CORRADO TUMIATI<br />

REDAZIONE: FIRENZE, PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29 – TEL. 22.058-<br />

Gent. ma Signorina Rizzi,<br />

25.003<br />

La Nuova Italia – Editrice – C. C. P. 5/6261<br />

spero di vederla qui a Firenze in queste vacanze, se com’Ella è solita, verrà a<br />

passar qui qualche giorno nel periodo natalizio: in tale speranza ho preparato per<br />

Lei altri cimeli da aggiungere a quelli del Museo.<br />

Intanto Le mando qui qualche circolare per il Ponte: non per Lei, che non ha<br />

bisogno di essere stimolata, ma perché Ella eventualmente possa servirsene per<br />

risvegliare e invitare all’abbonamento qualche amico.<br />

Intanto Le invio cordialissimi auguri e saluti<br />

Suo<br />

Piero Calamandrei<br />

227


Professore Gent. mo,<br />

6.<br />

Bice Rizzi a Piero Calamandrei<br />

Trento, 4 agosto 1955<br />

MST, ABR, b.12, f. 2, doc. 18. Minuta.<br />

Gli amici di qui si lusingano ch’io possa sollecitare da parte Sua l’invio<br />

dell’attesa relazione da Lei fatta al Convegno Scuola di Trento già richestaLe…<br />

ufficialmente ripetutamente. Non mi posso esonerare e Lei voglia indulgere: so<br />

comprendere quanto è impegnativa la Sua giornata anche nelle cosidette vacanze!<br />

Ma se può li accontenti e presto: la stampa delle relazioni è in atto e non<br />

manca che la Sua che… non può mancare.<br />

Leggo le belle pagine sul nostro Salvemini 12 da Lei stese sul “Ponte” 13 . I<br />

lettori affezionati del “Ponte” Le devono essere assai grati! Mi unisco nella<br />

gratitudine.<br />

saluti<br />

Ho fatto un nuovo socio al “Ponte!” L’avv. Marzani 14 . Era… tempo!!<br />

Mi ricordi la prego alla Signora Ada.<br />

Nell’attesa di risalutarLa a Venezia il 4 sett[embre] Le invio i miei più cordiali<br />

12 Nella vasta bibliografia su Gaetano Salvemini (Molfetta 1873 – Capo di Sorrento 1957) si<br />

vedano in particolare G. DE CARO, Gaetano Salvemini, Torino, UTET, 1970 e G.<br />

QUAGLIARIELLO, Gaetano Salvemini, Bologna, Il Mulino, 2007.<br />

13 P. CA<strong>LA</strong>MANDREI, II nostro Salvemini, in «Il Ponte», 1955, 11, pp. 1009-20.<br />

14 Gino Marzani fu uno dei principali collaboratori del settimanale «La Libertà». Su di lui si<br />

veda G. FAUSTINI, Il giornalismo e la diffusione dell’informazione, cit., p. 435.<br />

228


Dott. Bice Rizzi<br />

Direttrice<br />

Museo del Risorgimento<br />

della Lotta per la Libertà<br />

Trento<br />

7.<br />

Piero Calamandrei a Bice Rizzi<br />

Marina di Poveromo, 12 agosto 1955<br />

MST, ABR, b.12, f. 2, doc. 19. Cartolina<br />

Cara Signorina, l’invio della relazione non è una cosa semplice: non si tratta di<br />

correggerla, ma di rifarla! Per questo ho tardato tanto. Spero che in questo<br />

scorcio di vacanze, nel quale mi sforzo di mettere in pari tanti impegni arretrati,<br />

mi riesca di ricomporre la relazione e di accontentare, come desidero, il desiderio<br />

degli amici. Colgo l’occasione per chiederLe un piacere: quando venni a Trento<br />

ritrovai una signora della mia età, madre di una figlia laureata in legge, che avevo<br />

conosciuto giovinetta il 3 nov[embre] 1918. Parlai con lei e col marito, che era<br />

presente alla mia conferenza sulla scuola. Potrei avere il loro indirizzo? Grazie.<br />

Saluti Cordialissimi dal suo Piero Calamandrei<br />

229


Onorevole e stimato Professore,<br />

8.<br />

Bice Rizzi a Piero Calamandrei<br />

Trento, s. d. (ma dopo il 12 agosto 1955)<br />

MST, ABR, b.12, f. 2, doc. 16. Minuta.<br />

Rientro dalla licenza e trovo la Sua lettera.<br />

La ringrazio molto per l’offerta delle medaglie 15 da aggiungere al materiale<br />

documentario da Lei già benevolmente affidatoci. Nell’ottobre prossimo<br />

ritornerò costì e quindi mi sarà gradito prelevare di persona le “chincaglierie<br />

austriache!” Penso però che non avrà forse molti esemplari che già non appaiano<br />

nelle nostre raccolte: comunque esse hanno il valore per gli avvenimenti in cui<br />

sono arrivate nelle Sue mani.<br />

Quanto al resto bisognerà che ritrovi in un momento di più calma i giornali e<br />

un po’ più di ottimismo: sto convincendomi che è “inutile aver ragione” (per<br />

togliere la frase da un recentissimo libro di P[aolo] Treves 16 !) quella ragione (Lei<br />

mi intende) che non ha nulla a che fare con quella del “duce” né quelle del Papa<br />

quando talvolta giudica di avvenimenti terreni…<br />

A tutta quella faccenda si è mischiato un risorgente campanilismo tra le due<br />

città: le lagnanze dirette all’Urbe sono ora dirette verso la capitale della Regione:<br />

da una parte i tedeschi dell’A[lto] A[dige] contro il Trentino, le vallate trentine<br />

contro Trento…<br />

Campanilismo che non esclude gli altri moventi: la lotta sorda ed oscura alle<br />

forze della Resistenza.<br />

Bello e istruttivo come sempre “Il Ponte” di cui mi ha particolarmente<br />

interessato l’articolo di Salvemini che non credo si discosti molto dalla realtà nel<br />

commento alla nostra autonomia. E son dolori…<br />

15 Cfr. MST, APC, b. 4, f. 7, docc. 1-29.<br />

16 P. TREVES, Quello che ci ha fatto Mussolini, Torino, Einaudi, 1945.<br />

230


Riceva, onorevole, i miei cordiali e grati saluti con la preghiera di voler<br />

trasmettere.<br />

231


Ch. mo Sign r Professore 18 ,<br />

II<br />

9.<br />

Ernesta Bittanti 17 a Piero Calamandrei<br />

Trento, 31 ottobre 1947<br />

MST, AFB, u. a. EB107. Minuta.<br />

Circa un mese fa scrivo, per la pubblicazione, la qui unita nota, colla proposta<br />

del ritiro 19 dal “Monumento alla Vittoria” di Bolzano dell’erma sfregiata di<br />

C[esare] B[attisti] 20 .<br />

L’egregio Prof r Paoli 21 mi offriva di recare a Lei colla mia domanda di<br />

pubblicazione su “Il Ponte”.<br />

Ma, proprio in quei giorni, venivo informata di un “voto” formulato in un<br />

Congresso nazionale 22 di Combattenti o Reduci (a Salerno) per una<br />

sottoscrizione, nelle loro associazioni, per un restauro 23 all’erma di Cesare<br />

Battisti.<br />

17 Ernesta Bittanti (Brescia 1871 – Trento 1957) affiancò l’opera politica e sociale del marito<br />

Cesare Battisti. Rimasta vedova, partecipò alla vita politica, scrivendo sulle principali questioni<br />

nazionali e regionali, non immemore della posizione del marito. Su di lei si veda S. FERRARI,<br />

Ritratto bio-bibliografico di Ernesta Bittanti Battisti, in Ernesta Bittanti Battisti a quarant’anni<br />

dalla morte, in «Archivio Trentino», 4a s., 1997, 2, pp. 57-93. Mi permetto inoltre di rinviare a<br />

B. PRIMERANO, Ernesta Bttanti e le leggi razziali del 1938. Con l’edizione critica del diario<br />

ISRAEL – ANTISRAEL e delle Lettere (1938-1951), Trento, Fondazione Museo Storico del<br />

Trentino, 2011.<br />

18 Professore: segue depennato «unisco qui una nota, e il profr Paoli aveva accettato di portare a<br />

Lei colla mia domanda di pubblicazione su “Il Ponte”; domanda che il profr Paoli mi scrive<br />

esser stata da Lei cortesemente accolta».<br />

19 Ritiro: segue depennato «del ritiro delle erme sfregiate».<br />

20 «dell’erma sfregiata di C. B.»: aggiunto in interlineo.<br />

21 Ugo Enrico Paoli (Firenze 1884-1963), scolaro di Girolamo Vitelli, è noto soprattutto per i<br />

suoi fondamentali studi sul diritto attico. Fu anche autore di apprezzati manuali scolastici, di<br />

opere di divulgazione, di epigrammi, di enigmi in latino e di carmi conviviali. Cfr Paoli, Ugo<br />

Enrico, in La piccola Treccani. Dizionario Enciclopedico, Roma, Istituto della Enciclopedia<br />

Italiana, VIII, 1995, p. 763.<br />

22 «nazionale»: aggiunto in interlineo.<br />

23 Restauro: segue depennato «alle».<br />

232


L’inopportunità di quel movimento ho fatto presente ad amici (di certo in<br />

quella associazione) con una lettera privata, di cui Le accludo copia.<br />

In ogni modo, quel voto, pur da me meditato, non mi distoglie dalla 24 volontà<br />

di pubblicazione della mia precedente nota, che, volutamente, nulla ha di<br />

polemico.<br />

Poiché, dunque, il prof r Paoli mi ha comunicato il Suo molto 25 cortese<br />

consenso ad accogliere la mia nota, gliela invio; con molti ringraziamenti e con<br />

particolare deferente ossequio.<br />

Ernesta V a Battisti<br />

Nel Monumento alla Vittoria di Bolzano l’erma di Cesare Battisti, opera 26<br />

pregevolissima dello scultore milanese Wildt 27 , si mostra dal Settembre 1943 28<br />

gravemente lesa e sfregiata.<br />

È noto che quel monumento, colle erme di Battisti Filzi e Chiesa 29 era stato<br />

voluto da Mussolini a Bolzano in un’ora di scontro politico contro l’Austria<br />

(1925) e da lui si era fatto apparire agli Italiani come suggello della vittoria<br />

italiana del 1918.<br />

Nel limite del possibile fu allora 30 fatto intendere al pubblico italiano che lo<br />

spirito della guerra a cui si erano immolati i tre Martiri Trentini e della quale<br />

Cesare Battisti era stato l’apostolo, non era stato affatto quello che Mussolini 31<br />

rappresentava e che voleva esaltare ed affermare in quel momento.<br />

24 Dalla: segue depennato «desiderio».<br />

25 «molto»: aggiunto in interlineo.<br />

26 Opera: segue depennato «insigne».<br />

27 Su Adolf Wild (Milano 1868-1931), scultore e Accademico d’Italia, cfr. P. BUCARELLI,<br />

Wildt, Adolfo, in Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Roma, Istituto della<br />

Enciclopedia Italiana, 1937, XXXV, pp. 747-748.<br />

28 1943: segue depennato «sfregiata e».<br />

29 Le erme di Battisti, Filzi e Chiesa, realizzate da Adolfo Wildt, sono ospitate all’interno del<br />

Monumento alla Vittoria di Bolzano, monumento inaugurato il 12 luglio 1928. Si veda E.<br />

LIBUR<strong>DI</strong>, Triade di martirio e di gloria. Chiesa, Battisti, Filzi, Milano, Vallardi, 1934.<br />

30 Allora: segue depennato «pubblicamente».<br />

31 Mussolini: segue depennato «esaltava voler».<br />

233


La sensazione di un diritto nazionale violato fu soprattutto la causa della<br />

mancata partecipazione dei famigliari di Cesare Battisti alla cerimonia<br />

dell’inaugurazione del Monumento 32 .<br />

La figura di Cesare Battisti ci apparve posta in una luce falsa ed equivoca. Ma<br />

ricordarono la figura vera di Cesare Battisti araldo della libertà e<br />

dell’indipendenza italiana, martire della 33 riscossa dalla dominazione austriaca,<br />

quei Tedeschi che l’8 Settembre 1943 (quando accanto alla remissione<br />

governativa italiana sentirono il ruggito del popolo, che si apprestava alla<br />

ribellione) attaccarono con funi l’erma di Lui ad un autocarro, che la trascinò a<br />

terre, dove si deformò e s’infranse.<br />

Al ritorno di Mussolini, alla sua rinnovata amistà coi Tedeschi, l’erma fu<br />

ricollocata al suo posto. Ancora una volta e anche più gravemente 34 doveva<br />

trionfare l’equivoco ed il falso, tanto che si era stabilito e iniziato 35 dai Tedeschi<br />

il restauro dell’erma.<br />

Gli aventi bellici impedirono che la truffa si compisse.<br />

L’immagine deformata e sfregiata narra la storia vera e di una mistificazione 36<br />

politica e di un’illuminazione di un’alta realtà.<br />

Ma tutto ciò non può stare scritto alla base del volto sfigurato; sicché ed<br />

italiani e stranieri si chiedono – ed a me più volte è pervenuta l’eco del lamento –<br />

perché l’immagine di uno dei più amati eroi del popolo italiano si lasci<br />

pubblicamente 37 così sfregiata.<br />

Io non ne credo possibile il restauro 38 . Lo scalpello di Wildt – morto da molti<br />

anni – è insostituibile; e nessuno saprebbe far pulsare il marmo, come egli seppe,<br />

nelle tempie o farlo fremere sulle labbra dell’immagine.<br />

32<br />

Monumento: segue depennato «La figura di Cesare Battisti ci parve equivocamente/ci parve<br />

equivoca e falsa/La figura di Cesare Battisti ci appariva fuor di posto in quel Monumento».<br />

33<br />

Della: segue depennato «indipendenza dai Tedeschi, qui».<br />

34<br />

«e anche più gravemente»: aggiunto in interlineo.<br />

35<br />

«e iniziato»: aggiunto in interlineo.<br />

36<br />

Mistificazione: segue depennato «storica».<br />

37<br />

«pubblicamente»: aggiunto in interlineo.<br />

38<br />

Restauro: segue depennato «Lo scultore; che lo modellò/L’artista che lo scolpì».<br />

234


Ma se anche fosse possibile, non sarebbe meglio trasportare e conservare 39 in<br />

un museo storico l’immagine così sfigurata e sottrarre all’attenzione pubblica il<br />

ricordo doloroso di errori politici il ricordo tragico di due offese alla memoria del<br />

Martire: quella degli Italiani, che ne falsarono il pensiero, quella dei Tedeschi,<br />

nella prepotente loro furia su tutta la nostra Italia!<br />

Dell’erma del Wildt, artisticamente superba, io dissi quando la vidi: “È<br />

Battisti, passato attraverso il cervello di Mussolini”. Lo spirito, che vibrava caldo<br />

da quel marmo, era aggressivo, prepotente, irato quasi. Era intonato all’annuncio<br />

che Mussolini aveva dato per quel Monumento. La santità mistica del Lottatore e<br />

del Martire italiano sognatore di libertà e di giustizia fra i popoli 40 si era abolita.<br />

A meditarne – e ad ammirarne – i resti meglio si offre il raccoglimento di un<br />

Museo che non 41 l’aperta aria di una piazza. Tanto se il Museo si trovi in Bolzano<br />

o a Trento od a Roma.<br />

Io Le chiedo signor Direttore, di voler 42 prendere in esame questa mia<br />

proposta; questa mia preghiera.<br />

Con ossequio<br />

Ernesta ved va Battisti<br />

Al professor Rusconi 43<br />

Sopraintendente alle Belle Arti<br />

39<br />

«e conservare»: aggiunto in interlineo.<br />

40<br />

«sognatore di libertà e di giustizia fra i popoli»: aggiunto in margine sinistro del foglio.<br />

41<br />

Non: segue depennato «lo sfoggio di un».<br />

42<br />

«di voler»: aggiunto in interlineo.<br />

43<br />

Antonino Rusconi (Trieste 1897 –?), volontario nella Grande Guerra, combatté come<br />

Ufficiale del Genio. Dal 1924, in qualità di architetto, fece parte della Soprintendenza per i Beni<br />

Storico-Artistici. Su di lui si veda L. RUARO LOSERI, Omaggio ad Antonino Rusconi, Trieste,<br />

Tipografia moderna, 1985.<br />

235


10.<br />

Piero Calamandrei a Ernesta Bittanti<br />

Firenze, 6 gennaio 1948<br />

MST, AFB, u. a. EB107. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

Direttore: <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

Redattore capo: CORRADO TUMIATI<br />

REDAZIONE: FIRENZE, PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29 – TEL. 22.058<br />

Gentile Signora,<br />

La Nuova Italia – Editrice – C. C. P. 5/6261<br />

io mi sento in grave debito verso di Lei, per non averLe immediatamente<br />

risposto, quand’Ella mi mandò la Sua nota sull’Erma di Cesare Battisti a<br />

Bolzano, per dirLe che era un grande onore per il Ponte pubblicare uno scritto<br />

firmato da Lei, e su quell’argomento. Voglia perdonarmi del mio silenzio: troppo<br />

spesso il mio intenso lavoro, che per settimane assorbe tutti i minuti della mia<br />

giornata, mi fa apparire trascurato e sgarbato contro mia volontà verso gli amici<br />

che mi scrivono, e ai quali non posso rispondere colla celerità che vorrei.<br />

Spero ch’Ella abbia già visto sul numero del Ponte 44 , regolarmente uscito il 1°<br />

dell’anno, la Sua nota pubblicata. Qualche settimana fa, a Roma, io ero presente<br />

quando il comune amico Valgimigli 45 si occupò con grande impegno, presso la<br />

Presidenza del Consiglio, per ottenere solleciti provvedimenti che rimediassero<br />

lo sfregio della nobilissima immagine; e parve ch’egli avesse affidamenti sicuri.<br />

Se tuttavia alle promesse non fosse seguito – come spesso accade – alcun fatto,<br />

44 E. BATTISTI, 1848-1948: continuità, in «Il Ponte», gennaio 1948, 1, p. 1.<br />

45 Manara Valgimigli (San Piero in Bagno 1876 – Vilminore di Scalve 1965), allievo di Giosuè<br />

Carducci, fu filologo, grecista e poeta. Su di lui cfr. E. MAZZALI, Manara Valgimigli, in AA.<br />

VV., Letteratura italiana. I critici, IV, Milano, Marzorati, 1987, pp. 2437-2458.<br />

236


La prego di ricordare che sarebbe per me grande onore insistere con tutti i mezzi<br />

perché la promessa sia mantenuta; e che sono, anche per questo, a Sua<br />

disposizione.<br />

Nella prima pagina del Ponte, ho ricordato, come un anello della continuità<br />

spirituale colla quale la vera Italia trae dal passato lo slancio verso l’avvenire, la<br />

parola virile di Cesare Battisti. Quando si rischia di essere presi dallo sconforto –<br />

e il rischio capita spesso – basta pensare a questi immortali Spiriti, per riprendere<br />

con fiducia il cammino!<br />

Voglia accogliere, Signora, le espressioni della mia più affettuosa devozione.<br />

Suo<br />

Piero Calamandrei<br />

237


Onorevole,<br />

11.<br />

Ernesta Bittanti a Piero Calamandrei<br />

Trento, 8 gennaio 1948<br />

MST, AFB, u. a. EB107. Minuta autografa.<br />

mi giunge “Il Ponte” del Gennaio, ove Lei ha così benevolmente pubblicata la<br />

mia nota sull’Erma di Battisti a Bolzano. Grazie. Il cuore mi balza a veder<br />

stampata la lettera ultima di Lui in “1848-1948: Continuità”.<br />

Battisti stesso sentiva e presentiva tale continuità quando, nel 1913,<br />

celebrandosi in Italia le memorie del ’48 italiano, teneva nel Trentino come<br />

partecipazione a quelle celebrazioni 46 una serie di conferenze su Antonio<br />

Gazzoletti 47 e il suo apporto al movimento rivoluzionario del Risorgimento.<br />

In una relazione di una di quelle conferenze si 48 legge che Battisti apparve agli<br />

uditori come il San Paolo 49 di Gazzoletti quando si accomiata dai discepoli,<br />

avviato al supplizio. Era il 1913. Nel 1914 Battisti gettava l’appello per 50 quella<br />

guerra in cui avrebbe avuto il Martirio.<br />

Ma nella continuità futura della storia egli vedeva solo, certo, continuità di<br />

altre attività civiche. Sperava di suggellare col proprio sacrificio, di cui egli<br />

aveva anche il presentimento, l’era dei sacrifici correnti.<br />

Non immaginò – a sua fortuna – il successivo scatenarsi delle rivolte politiche<br />

contro quegli ideali del ’48, a cui s’era votato e che riteneva – come ancora oggi<br />

46 «come partecipazione a quelle celebrazioni»: aggiunto in interlineo.<br />

47 Su Antonio Gazzoletti (Nago-Torbole 1813 – Milano 1866), giurista e poeta, cfr. M.<br />

ALLEGRI, Gazzoletti, Antonio, in Dizionario biografico italiano, LII, Roma, Istituto della<br />

Enciclopedia Italiana, 1999, pp. 779-781.<br />

48 «si»: aggiunto in interlineo.<br />

49 La tragedia San Paolo, scritta da Antonio Gazzoletti nel 1853 e pubblicata nel 1857 sulla<br />

«Rivista contemporanea» di Torino (IX, pp. 497-529; X, pp. 27-60, 222-245), accese un<br />

dibattito vivace e meritò gli apprezzamenti lusinghieri di Alessandro Manzoni. Gazzoletti, con<br />

palese riferimento ai propri tempi, aveva tentato di mettervi in scena lo scontro tra la società<br />

pagana, corrotta ed egoista, e la nascente società cristiana, destinata a prevalere sull’odio tra i<br />

popoli e sulla schiavitù.<br />

50 Per: segue depennato «la sua ultima guerra».<br />

238


noi riteniamo – basi necessarie e sicure allo sviluppo, alla vita italiana. Non<br />

immaginò i disastri barbari portati da quelle rivolte barbare.<br />

Da più parti la data fatidica è ora richiamata. Degnamente con essa si richiama<br />

da Lei 51 il nome di Cesare Battisti.<br />

E il mio cuore ne è confortato.<br />

Grazie a Lei per questo conforto.<br />

Ernesta V a Battisti<br />

PS Stavo 52 ieri sera per mandare alla posta questa mia 53 , mi venne recapitata la<br />

cortesissima Sua del 6 54 . Lei vedrà nella mia, come il mio cuore abbia risposto<br />

alla pubblicazione della lettera di Battisti nel suggestivo Suo “1848-1948:<br />

Continuità”.<br />

Alla notizia delle premure Sue e del prof Valgimigli pei provvedimenti circa<br />

l’Erma di Battisti a Bolzano e all’offerta generosa di ulteriore interessamento,<br />

ove si rendesse necessario, io rendo vivi ringraziamenti.<br />

Lo scultore Francesco Wildt (figlio di Adolfo) mi ha informata un mese fa che<br />

trattative, che esistevano fra lui e il Governo (trattative che io ignoravo) per il<br />

ripristino (che egli crede di poter fare) delle opere del padre, (le Erme di<br />

Bolzano) sono giunte a buon punto; e di avere avuto assicurazioni che in<br />

Primavera egli avrà nel suo studio i tre busti 55 .<br />

Già l’amico prof Levi mi aveva assicurata del Suo gradimento alla mia nota e<br />

mi aveva trasmessi i suoi saluti. Immaginavo i Suoi impegni; tanto più Le sono<br />

grata di aver voluto scrivermi. Rinnovo vivi cordiali ossequi. Ernesta Battisti 56 .<br />

51 «da Lei»: aggiunto in interlineo.<br />

52 Stavo: segue depennato «per suggellare».<br />

53 Mia: segue depennato «un momento fa; e la posta».<br />

54 6: segue depennato «di cui vivamente ringrazio».<br />

55 Busti: segue depennato «Poiché il Wildt è d’accordo con me che l’Erma di Battisti possa<br />

meglio possa figurare in un Museo storico a Roma».<br />

56 Paragrafo aggiunto in margine destro del foglio.<br />

239


12.<br />

Piero Calamandrei a Ernesta Bittanti<br />

Firenze, 29 dicembre 1949<br />

MST, AFB, u. a. EB85. Cartolina.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

“<strong>LA</strong> NUOVA ITALIA” E<strong>DI</strong>TRICE– FIRENZE<br />

PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29<br />

Mia cara Signora, grazie delle parole affettuose e augurali ch’Ella mi ha scritto<br />

per il nostro Ponte, fiammella di indipendenza e di probità politica che facciamo<br />

ogni sforzo per mantenere accesa. Il consenso di spiriti come il Suo è il nostro<br />

miglior premio. A metà novembre l’amico Salvemini, rievocando nella sua prima<br />

lezione la sua giovinezza universitaria, disse di Cesare Battisti e di Lei con parole<br />

che commossero profondamente, nella loro semplicità, tutti gli ascoltatori. Potrà<br />

leggerle sul Ponte, nel numero di febbraio 57 . Anche a nome di mia moglie, voglio<br />

auspicare gli auguri e gli affettuosi ossequi del Suo<br />

Piero Calamandrei<br />

57 G. SALVEMINI, Una pagina di storia antica, in «Il Ponte», 1950, 2, pp. 119-131.<br />

240


Trento – Corso 3 novembre – n° 10<br />

On le Amico,<br />

13.<br />

Ernesta Bittanti a Piero Calamandrei<br />

Trento, 20 novembre 1950<br />

MST, AFB, u. a. EB86. Minuta.<br />

da più tempo sapevo che la scuola elementare di Firenze intitolata a Cesare<br />

Battisti intendeva dedicare un busto al Martire.<br />

Avevo da principio temuto che nello spirito di questa celebrazione persistesse<br />

alcuno degli elementi che tanto travisarono il pensiero di Lui nel periodo<br />

fascista 58 , pur mantenendo la venerazione pel sacrificio ad un’Idea.<br />

L’amica Rizzi, tornando dalla sua recente visita a Firenze, mi solleva da tale<br />

timore; e allora scrissi alla Direttrice della scuola una lettera di adesione alla<br />

cerimonia; della quale Le trascrivo qui copia.<br />

Oggi mi si comunica che Lei ha accettato di 59 parlare in quell’occasione; e Lei<br />

immagina come io senta per quale devozione e concordia di pensiero e missione<br />

di propaganda civile Lei abbia accettato. Ne sono molto commossa per la Sua<br />

presenza, sarò anch’io concordemente presente in inspirito alla celebrazione.<br />

Accolga il mio saluto e voglia, prego, ricordarmi alla gentile Sua Signora.<br />

Ernesta Battisti.<br />

Copia della mia lettera di adesione, indirizzata alla Signora Jacoponi, insieme<br />

ad un saluto indirizzato particolarmente ai fanciulli avendomi osservato l’amica<br />

58 «nel periodo fascista»: aggiunto in interlineo.<br />

59 «ha accettato di»: aggiunto in interlineo.<br />

241


Rizzi che questo mio indirizzo alla Jacoponi non era accessibile ai fanciulli<br />

neppure delle ultime classi 60 .<br />

Se dopo tale e tanti eventi abbattutisi sull’Italia e sul mondo dalla data della<br />

vittoria del 1945 ancora si richiama a tutela e luce educativa dei figli del popolo<br />

il nome di Cesare Battisti, appare non smarrito il senso della vita e del sacrificio<br />

di Lui.<br />

Di Lui, che a Trento, in una provincia italiana ancora soggetta all’Austria,<br />

volle costantemente ricordati ed onorati, ad educazione civile, concittadini, che<br />

nel periodo del Risorgimento avevano apportato col pensiero e coll’azione la<br />

fede in quella libertà ed indipendenza d’Italia da cui Trento era poi stata esclusa.<br />

Di Lui, che quella fede di giustizia nazionale innestò nella fede e nell’ardente<br />

amore e propaganda di giustizia sociale senza la quale la prima non può dirsi né<br />

pura né compiuta…<br />

Di Lui, che queste alte fedi attestò nel culto degli studi, nel fervore della vita<br />

politica, nella battaglia sul campo, nell’eroico Martirio.<br />

Appare dunque la vostra celebrazione conforto, augurio, promessa con voi è<br />

l’anima dei superstiti fedeli.<br />

60 «avendomi osservato l’amica Rizzi che questo mio indirizzo alla Jacoponi non era accessibile<br />

ai fanciulli neppure delle ultime classi»: aggiunto in margine destro del foglio.<br />

242


14.<br />

Ernesta Bittanti a Piero Calamandrei<br />

Trento, 18 febbraio 1952<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Minuta.<br />

Ottimo Amico, ricevo lettera e dattiloscritto. Grazie e rinnovate scuse pel<br />

disturbo, che Le ho recato.<br />

Per meglio spiegarmi sul significato di quel mio articolo (che voleva essere<br />

più un’informazione critica che un giudizio) Le invio per conoscenza la qui unita<br />

pagina, copia di quella che ho inviato ieri all’Enriques del “Ponte” nella quale ho<br />

sviluppato il concetto conclusivo di quel mio articolo oscuro (la prego di non<br />

distruggere la copia. Poiché, nel caso il Ponte non pubblicasse, Le darei ancora<br />

l’incomodo di rimandarmela non avendone altra)<br />

Il “caso” Benedikter 61 sarebbe uno degli “indizi concomitanti” a cui accenno<br />

nell’ultimo periodo della mia nuova nota.<br />

Il “lungo discorso” risponderebbe a parecchi capitoli di un libro “critico–<br />

informativo”, che avrei nel mio cervello, ma che il cuore coi suoi scherzi e le sue<br />

inibizioni mi assicura che nasconderò. Anche solo questi brevi strappi al riposo<br />

mentale assoluto ora 62 prescrittomi li sconto… con giornate di letto!! Cantai<br />

troppo presto vittoria, qualche settimana fa, soddisfatta delle mie condizioni dal<br />

principio del Novembre! Ne ho abusato!<br />

Circa la legge sulle prossime elezioni amministrative in A[lto] A[dige] so<br />

soltanto che la Volkspartei e i tedeschi in genere ne sono abbastanza soddisfatti.<br />

La mia ignoranza sul valore dei varî congegni elettorali, non mi avrebbe<br />

permesso di 63 esprimere una fondata opinione sulla 64 legge recente.<br />

61 Alfons Benedikter (Pettneu am Arlberg 1918 – Bolzano 2010) fu tra i protagonisti della<br />

costruzione e dell’applicazione dell’autonomia sudtirolese. Benedikter fa parte della<br />

generazione che ha fondato e costruito la Südtiroler Volkspartei. Sull’argomento si veda G.<br />

SOLDERER, Das 20. Jahrhundert in Sudtirol, III, Bolzano, Raetia, 2001, p. 99.<br />

62 «ora»: aggiunto in interlineo.<br />

63 Di: segue depennato «dare».<br />

64 Sulla: segue depennato «nuova».<br />

243


L’azione della Democrazia Cristiana 65 in Regione risente delle sue condizioni<br />

nazionali di fronte all’Azione Cattolica.<br />

Questa ne ha fatte tante e di così grosse in Italia (si ricordi l’organizzazione<br />

della Madonna Pellegrina) che quei cattolici che sono intelligenti e galantuomini<br />

e democratici 66 (e ce ne sono anche nella Democrazia Cristiana e forse è di questi<br />

anche Degasperi 67 ) non potevano alla fine, non rivoltarsi se non all’Azione<br />

cattolica, come istituzione, ma alle sue “azioni” 68 . Ad esempio: nelle tre ultime<br />

sedute settimanali indette a Trento 69 dalla Fed[erazio] ne Naz[iona] le Insegnanti<br />

Scuole Medie, a cui erano invitati con diritto di voto tutti gli insegnanti delle<br />

scuole superiori 70 trentine, vi sono stati bocciati tre articoli della riforma<br />

Gonella 71 . Nell’ultima (16 correnti) a cui partecipò a sostegno all’articolo 72 della<br />

riforma l’onorevole Elsa Conci 73 (che è professoressa), i voti favorevoli furono<br />

26 di fronte ai 64 no. Di questi 64 Livia 74 crede che parecchi siano di<br />

democristiani. Certo, nella maggioranza, di cattolici o almeno di battezzati.<br />

Tutti animati da spirito di civile indipendenza. Gli uomini sono migliori delle<br />

istituzioni e dei partiti!!<br />

65<br />

Per una ricostruzione storiografica sul partito democristiano, fondato nel 1942 ed attivo sino<br />

al 1994, si veda A. GIOVAGNOLI, Il partito italiano. La Democrazia Cristiana dal 1942 al 1994,<br />

Roma-Bari, Laterza, 1996.<br />

66<br />

«e democratici»: aggiunto in interlineo.<br />

67<br />

Di Alcide De Gasperi (Pieve Tesino 1881 – Borgo Valsugana 1954) possediamo l’edizione<br />

critica degli scritti politici: A. DE GASPERI, Scritti e discorsi politici. Edizione critica, Bologna,<br />

Il Mulino, 2006-2009. Sulla biografia cfr. P. CRAVERI, De Gasperi, Bologna, Il Mulino, 2006.<br />

68<br />

«se non all’Azione cattolica, ma alle sue “azioni”»: aggiunto in interlineo.<br />

69<br />

«a Trento»: aggiunto in interlineo.<br />

70<br />

«delle scuole superiori»: aggiunto in interlineo.<br />

71<br />

Sul progetto di riforma scolastica, promossa nel 1952 dal Ministro della Pubblica Istruzione<br />

Guido Gonella, si veda A. GIASANTI, La controriforma universitaria. Da Gonella a Malfatti,<br />

Milano, Mazzotta, 1977.<br />

72<br />

«all’articolo» aggiunto in interlineo.<br />

73<br />

Elsa Conci (Trento 1894-1967), nel corso della prima guerra mondiale, fu confinata, con il<br />

padre Enrico, a Linz, perché sospettata d’irredentismo. Nel 1945 fu eletta deputato alla<br />

Costituente. Su di lei si veda S. BENVENUTI, A. MASCAGNI, Fondo Enrico ed Elsa Conci, in<br />

«Archivio trentino», 1999, 2, pp. 111-146.<br />

74<br />

Livia Battisti (Trento 1907-1978) partecipò attivamente alla vita politica trentina, fu vicina ai<br />

movimenti studenteschi del Sessantotto e attiva nella sezione trentina del Tribunale Russel. Per<br />

alcune notizie biografiche cfr. Battisti, Livia, in Storia del Trentino, a cura di S. Benvenuti, IV,<br />

Trento, Edizioni Panorama, 1998, p. 24.<br />

244


(Perdoni, Amico, questi “frinzelli”di carta. Non ne ho altri alla mano. Le<br />

scrivo dal letto)<br />

E finisco perché il tic–tac del cuore mi dice: “basta”. Ma se Lei per Voce<br />

Socialista vorrà ricevere la notizia scolastica 75 che Le ho 76 comunicata, credo che<br />

ciò sarà giovevole alla ricostruzione di una coscienza pubblica civile.<br />

Non vorrei essere nei panni dei 77 socialisti d’oggi. Sostenere Degasperi del<br />

Patto Atlantico? Abbatterlo in favore di Pella 78 , Gedda 79 e del padre Lombardi 80 ?<br />

Ma 81 non si possono, prima, abbattere questi bau bau? E che cosa sostituire a<br />

Degasperi, se avete lasciata correre la gente alla Madonna Pellegrina?<br />

E basta davvero; credo lo dirà anche Lei.<br />

Saluti cordialissimi e grati.<br />

Ernesta Battisti<br />

PS Delle sedute professionali non vi ha dato notizia il prof r Randi? (Lui, da<br />

uomo politico dice che sono inutili. Che bisogna organizzare il partito nelle<br />

masse. Già! Le masse lasciate alla scuola dei catechisti!!)<br />

75 «scolastica» aggiunto in interlineo.<br />

76 Ho: segue depennato «proposta».<br />

77 Dei: segue depennato «deputati».<br />

78 Su Giuseppe Pella (Valdengo 1902 – Roma 1981), deputato all’Assemblea Costituente e<br />

Presidente del Consiglio dei ministri dal 17 agosto 1953 al 12 gennaio 1954, si veda M.<br />

NEIRETTI, Giuseppe Pella. Dal Partito popolare all’Assemblea costituente, Biella, Sandro<br />

Maria Rosso, 1987; ID., Contributo per un profilo biografico di Giuseppe Pella, in Giuseppe<br />

Pella. Attualità del pensiero economico e politico. Atti del Convegno di studi nel Centenario<br />

della nascita (4-5 ottobre 2002), Biella, Tecnostampa, 2004.<br />

79 Luigi Gedda (Venezia 1902 – Roma 2000) fu dirigente del movimento cattolico italiano a<br />

cavaliere fra fascismo e postfascismo e, soprattutto, nel cruciale biennio 1946/48. Su di lui cfr.<br />

M. CASEL<strong>LA</strong>, L’Azione cattolica nell’Italia contemporanea 1919-1969, Roma, AVE, 1992,<br />

pp. 315-316, 501, 504-505, 520-522, 541-549.<br />

80 Padre Riccardo Lombardi (Napoli? – 1979 Rocca di Papa) nel 1961 pubblicò il libro<br />

Concilio: per una riforma nella carità. Il volume non fu ben accolto dalla Santa Sede, inoltre l’<br />

«Osservatore Romano» pubblicò, l’11 gennaio 1962, una recensione fortemente negativa. Da<br />

quella data Lombardi cadde nell’oblio. Su di lui si veda G. PIGNATELLI, Lombardi, Riccardo, in<br />

Dizionario biografico italiano, LXV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2005, pp. 487-<br />

493.<br />

81 «Ma»: aggiunto in interlineo.<br />

245


15.<br />

Piero Calamandrei a Ernesta Bittanti<br />

Poveromo, 7 settembre 1952<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

Direttore: <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

Redattore capo: CORRADO TUMIATI<br />

REDAZIONE: FIRENZE, PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29 – TEL. 22.058<br />

Gentile e cara Signora,<br />

La Nuova Italia – Editrice – C. C. P. 5/6261<br />

ho letto qualche settimana fa sull’“Unità” 82 la Sua nobilissima lettera: e<br />

volevo subito scriverLe per manifestarLe il nostro consenso e il nostro devoto<br />

affetto per Lei; poi questa vita di continuo impegno che non mi dà tregua<br />

neanche nelle brevi vacanze ormai quasi consumate, mi ha fatto rimandare di<br />

giorno in giorno fino ad oggi l’attuazione del proposito. Ma non è tardi per<br />

ringraziarLa di quella Sua pagina di esemplare fierezza.<br />

Ma oggi, nello scriverLe, sono mosso anche da un altro desiderio. Ella sa che<br />

in Italia siamo in piena rinascita clerico–fascista: e che in larghi strati di giovani,<br />

specialmente universitari, si va diffondendo la leggenda patriottica del “regime”<br />

82 Nel maggio 1952 il settimanale «Oggi» pubblicò un articolo sul trentino Bonfiglio Paolazzi,<br />

settantasettenne, già deputato popolare al Parlamento austriaco, vedovo con tre figli, che decise<br />

di diventare prete. Ciò che scatenò l’indignazione di Ernesta Battisti fu la presentazione del<br />

Paolazzi come un eroe dell’irredentismo, proprio lui che, all’indomani dell’esecuzione di Cesare<br />

Battisti, sottoscrisse sul «Risveglio austriaco» un “tributo” di ammirazione per le truppe<br />

austriache donando due corone. La vedova Battisti sollevò un vero e proprio caso nazionale<br />

pubblicando sull’«Unità» una sua lettera aperta. La lettera è un vero e proprio sfogo privato: la<br />

vedova racconta del suo personale silenzio e dei ripetuti tentativi fatti per pubblicare una replica<br />

alle false affermazioni di «Oggi». Si veda E. BATTISTI, La vedova di Battisti difende la memoria<br />

del Martire dall’oltraggio clericale, «L’Unità», 11 agosto 1952: cfr. MST, AfB, b. 117, f. 2,<br />

doc. 1.<br />

246


che essi non hanno conosciuto e che… aveva portato l’Italia ad essere grande e<br />

“rispettata nel mondo”. Abbiamo pensato di rievocare sul “Ponte” di ottobre, in<br />

occasione del trentennale della marcia su Roma, che cosa fu veramente quel<br />

“regime” eroico… La prego di leggere questa circolare acclusa: hanno già<br />

risposto, e hanno mandato o manderanno scritti i nostri amici più fidati, giovani e<br />

vecchi, con alla testa – si intende – il nostro Salvemini, che era qui da noi venerdì<br />

scorso. Sono indiscreto se oso sperare per questo numero anche una Sua pagina?<br />

Qualcuno mi ha parlato di un Suo diario tenuto durante il “ventennio” immagino<br />

con quanta accoratezza vi sarà registrata giorno per giorno la vergogna e<br />

l’angoscia di quegli anni 83 . La Sua collaborazione per questo numero rievocativo<br />

sarebbe preziosa.<br />

Attendo con ansia una Sua risposta qui: bisognerebbe che lo scritto mi<br />

giungesse non oltre il 20 corrente. Grazie: e perdoni la mia audacia. Mia moglie<br />

La ricorda con rispettoso affetto; io devotamente La ossequio suo<br />

Piero Calamandrei<br />

Caro amico,<br />

il Ponte dedicherà il prossimo fascicolo di ottobre a celebrare il “trentennale”<br />

della marcia su Roma 84 , che felicemente ricorre il 28 ottobre 1952 85 .<br />

83 Ernesta Bittanti scrisse con cura metodica, dal 27 novembre 1938 al 24 maggio 1943, un<br />

diario, ISRAEL – ANTISRAEL. Ciò che non è detto nei giornali. Considerazioni, ricordi,<br />

documenti. Appunti. Si tratta di un’importante antologia, di un seguito di appunti e di una<br />

raccolta di notizie di cronaca. La vedova Battisti ebbe il coraggio di denunciare l’antisemitismo,<br />

sentendo il dovere di non dimenticare e di non far dimenticare. Vennero annotate, quasi ogni<br />

giorno, vicende e reazioni a testimonianza della sua sofferenza e dei suoi coraggiosi interventi,<br />

non tacendo e sminuendo nulla, nonostante la consapevolezza della protesta civile che stava<br />

compiendo. Si veda B. PRIMERANO, Ernesta Bttanti e le leggi razziali del 1938, cit.<br />

84 Sono generalmente ricompresi nella locuzione “Marcia su Roma”, oltre la manifestazione<br />

tenutasi il 28 ottobre 1922, anche altri eventi collegati, verificatisi fra il 27 ed il 30 ottobre.<br />

Sull’argomento esiste una vasta bibliografia. Si vedano almeno G. ALBANESE, La Marcia su<br />

Roma, Roma-Bari, Laterza, 2006; E. LUSSU, Marcia su Roma e dintorni, Roma, Einaudi, 20084.<br />

85 Trent’anni dopo, Firenze, 1952 (n. monogr. della rivista «Il Ponte», 1952, 10).<br />

247


In questo momento di ripresa neofascista, questo numero antologico dovrebbe<br />

servire a ricordare ai lettori immemori, attraverso episodi significativi, non solo<br />

gli orrori criminali, ma anche il ridicolo e la vergogna del regime.<br />

La parte più importante e più originale del fascicolo dovrebbe consistere in<br />

una rievocazione documentaria del “costume fascista”; o anche, si potrebbe dire,<br />

dello “stile fascista” o del “folclore fascista”: cioè in una rievocazione di tutti<br />

quei riti, cerimonie, mascherate, etichette, parate e truffe che gli storici non<br />

registrano, che la legislazione del tempo non regolava, e che ormai vivono<br />

soltanto, sempre più pallide, nel ricordo di noi superstiti, e con noi<br />

scompariranno se non provvediamo a lasciarne testimonianza. Non si tratta di<br />

grande storia: si tratta di cronaca nera. Ma per il fascismo si può esattamente dire<br />

che la sua storia è stata fatta in gran parte di cronaca: di questa cronaca, che oggi<br />

a ripensarla pare incredibile, che stava sempre a mezza strada tra il delitto e il<br />

carnevale tra il delirio fastoso e la goffa burbanza corporalesca. Se tra qualche<br />

decennio gli storici ricostruiranno il fascismo solo per quello che ne è rimasto<br />

nelle raccolte ufficiali delle leggi o nei commenti dei politici, finiranno col<br />

considerarlo una cosa seria: bisogna dunque, fin che c’è qualcuno che ricorda,<br />

raccogliere testimonianze di prima mano che possano servire a ricostruire quel<br />

“costume”, quell’atmosfera di prepotenza, di viltà, di compromesso e di inganno<br />

in cui era immerso “l’ordine fascista”. Una delle ragioni per le quali si assiste<br />

oggi alla ripresa neofascista è proprio questa sopravvivenza sotteranea, questa<br />

continuità di un “costume” che anche dopo la caduta del fascismo ufficiale non è<br />

mai stato abolito: certi aspetti, altrimenti inesplicabili, della vita politica italiana<br />

di oggi, si spiegano facilmente quando si ritrova in essi l’impronta di quel<br />

“costume”.<br />

I collaboratori potrebbero riferire qualche loro ricordo personale, oppure<br />

scrivere articoli in forma di “saggio” rigorosamente documentato, su qualcuno<br />

dei seguenti argomenti (che si ricordano a titolo puramente esemplificativo).<br />

248


- I riti funebri: il gusto del macabro. La camicia nera, i gagliardetti neri, i<br />

teschi. D’annunzianesimo ed arditismo 86 .<br />

- Le beffe punitive. L’olio di ricino e altre “purificazioni”. Le verniciature<br />

tricolori; Le rasature. Episodi e statistiche. Chi le inventò, chi le esaltò.<br />

- L’oratoria fascista. Mussolini oratore. Il fascismo e il vocabolario:<br />

“dinamismo” dello stile fascista. L’uso del “voi”: ricordo del suo<br />

inventore 87 .<br />

- La propaganda alla Radio. Le “cronache del regime”. Ricordi degli autori, e<br />

antologia.<br />

- I motti di Mussolini scritti sui muri. La propaganda murale per la venuta di<br />

Hitler. I motti sulle cartoline: “Vincere!”<br />

- Il duce uomo “colto” e “intellettuale”: la sua laurea. La sua opera di<br />

romanziere e di drammaturgo. La cultura dei ministri fascisti: De Vecchi<br />

Valcismon.<br />

- Il duce atleta: le prove atletiche dei gerarchi. La cultura fisica, il foro<br />

Mussolini.<br />

- Il fascismo nella scuola: i figli della lupa e i balilla e così via.<br />

Organizzazioni paramilitari nella scuola.<br />

- Il Minculpop 88 , e la censura letteraria e teatrale. Le istruzioni alla stampa; i<br />

titoli, i manifesti dei giornali 89 .<br />

- L’Accademia d’Italia: usi e costumi degli accademici o di coloro che<br />

volevano diventarlo. Il fascismo nelle Università: le lauree in camicia nera:<br />

il G[ruppo] U[niversitario] F[ascista] 90 ; i littoriali della cultura.<br />

86 Paragrafo evidenziato con linea verticale in margine sinistro da Ernesta Bittanti Battisti.<br />

87 Paragrafo evidenziato con linea verticale in margine sinistro da Ernesta Bittanti Battisti.<br />

88 Sul Ministero della Cultura Popolare, il ministero del Governo Italiano del Regno d’Italia con<br />

la funzione di controllo e organizzazione della propaganda fascista, si vedano N. <strong>LA</strong>BANCA,<br />

Ministero della Cultura Popolare, in Il fascismo. Dizionario di storia, personaggi, cultura,<br />

economia, fonti e dibattito storiografico, a cura di A. De Bernardi e S. Guarracino, Milano,<br />

Mondadori, 1998, p. 388; A. SCOTTO <strong>DI</strong> LUZIO, Ministero della Cultura Popolare, in Dizionario<br />

del fascismo, a cura di V. de Grazia e S. Luzzatto, Torino, Einaudi, 2003, pp. 132-135.<br />

89 Paragrafo evidenziato con linea verticale in margine sinistro da Ernesta Bittanti Battisti.<br />

249


- Le adunate “oceaniche”: convocazioni e obbligo dell’uniforme 91 .<br />

- Il saluto romano, il passo romano, l’abolizione della stretta di mano. Mania<br />

delle divise, moltiplicazione dei distintivi gerarchici. La burocrazia in<br />

uniforme. Onorificenze fasciste: squadristi, sansepolcristi, antemarcia,<br />

sciarpe littorio e così via: le tessere antidatate.<br />

- La campagna demografica. Guerra ai celibi: il matrimonio come condizione<br />

di promozione. Certificati alle madri feconde: presentazione delle madri<br />

feconde al duce.<br />

- Le “opere del regime”: le “sagre” e le “giornate” fissate dal “calendario del<br />

regime”.<br />

- La raccolta dell’oro per la guerra d’Africa: trucchi per le offerte dell’oro;<br />

dove andò a finire l’oro raccolto.<br />

- La spada dell’Islam e il viaggio di Mussolini in Libia.<br />

- Il clero sotto il fascismo: parata militari con intervento di preti marcianti. Il<br />

vescovo castrense. Le benedizioni in gagliardetti.<br />

- Mussolini buon padre di famiglia e cattolico osservante.<br />

- La prassi parlamentare. Deputati e senatori in camicia nera: gli “inni della<br />

patria e della rivoluzione” cantati in parlamento.<br />

- Gli inni fascisti nei pubblici locali: obbligo di alzarsi.<br />

- Usi e costumi della milizia fascista. La guardia alla mostra della<br />

rivoluzione; la guardia alle arche di Santa Croce.<br />

- La polizia fascista, l’Ovra 92 .<br />

- Il Tribunale speciale 93 , la pena di morte: confino, prigioni.<br />

90 Il Gruppo Universitario Fascista fu un’articolazione universitaria del Partito Nazionale<br />

Fascista, impegnata in attività politico-culturali, attività sportive e attività assistenziale.<br />

Sull’argomento si veda L. <strong>LA</strong> ROVERE, Storia dei GUF, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.<br />

91 Paragrafo evidenziato con linea verticale in margine sinistro da Ernesta Bittanti Battisti.<br />

92 Dal 1930 al 1943 l’OVRA fu la polizia segreta dell’Italia fascista. Il temine OVRA è però<br />

comunemente utilizzato per riferirsi, più genericamente, alla polizia politica fascista attiva<br />

anche in precedenza. Compito dell’OVRA era la vigilanza e la repressione di organizzazioni<br />

sovversive, giornali contro lo Stato e gruppi di stranieri. Sull’argomento si veda M.<br />

FRANZINELLI, I tentacoli dell’OVRA. Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica<br />

fascista, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.<br />

250


- La giustizia sotto il fascismo; adunata dei magistrati in orbace.<br />

- Il teatro sotto il fascismo.<br />

- Le elezioni politiche: metodi e costumi elettorali.<br />

- Antologia delle lodi al duce scritte dai letterati italiani.<br />

- Antologia delle storielline antifasciste 94 .<br />

- Il cambio della guardia: ruberie, premi di consolazione ai gerarchi ladri.<br />

- La corruzione nei pubblici uffici.<br />

- La “lecturae ducis”; le “cattedre di mistica fascista”.<br />

- Fascismo e nazismo: relazioni personali tra pararchi fascisti e nazisti.<br />

E si potrebbe continuare…<br />

Naturalmente non è nemmeno da pensarsi che su un solo fascicolo del “Ponte”<br />

si possa parlare, o anche soltanto accennare, di tutti questi argomenti (e a tanti<br />

altri che verrebbero in mente). Nel numero si pubblicheranno soltanto alcuni<br />

articoli su alcuni di questi temi: se il materiale abbonderà, si pubblicherà poi un<br />

volume (di cui il numero speciale del “Ponte” sarà un’anticipazione ed un<br />

saggio) intitolato: “Il costume fascista”. Quello che è fin d’ora essenziale è<br />

l’angolo visuale e il tono: far rivivere, attingendo dai proprio ricordi personali,<br />

quello stile e quel clima morale.<br />

Il “Ponte” chiama i propri amici a collaborare a questo numero. Essi potranno<br />

collaborare o collo scrivere articoli o coll’inviare documenti inediti o dimenticati<br />

del tempo, caricature, fotografie: tutto quel materiale curioso che va sempre più<br />

disperdendosi e che bisogna salvare dall’oblio o dalla distruzione soprattutto<br />

93 Il Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato fu istituito con la legge 25 novembre 1926,<br />

n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), con il compito di giudicare i reati contro la<br />

sicurezza dello Stato e del regime. Durante il regime fascista il Tribunale speciale ebbe il potere<br />

di diffidare, ammonire e condannare gli imputati politici ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico<br />

e la sicurezza del regime stesso. Il Tribunale speciale fu sciolto dopo il 25 luglio 1943, a seguito<br />

della caduta del regime fascista. Nel dicembre 1943 nella Repubblica Sociale Italiana fu<br />

ricostituito un tribunale omonimo che rimase operativo fino al 1945. Sul tema si veda C.<br />

LONGHITANO, Il Tribunale di Mussolini (storia del tribunale Speciale 1926-1943), Palestrina,<br />

Editore ANPPIA, 1995.<br />

94 Paragrafo evidenziato con linea verticale in margine sinistro da Ernesta Bittanti Battisti.<br />

251


perché ci sono oggi in Italia diecine di migliaia di giovani i quali, non avendo<br />

visto coi proprio occhi, credono che il fascismo sia stato qualcosa di rispettabile.<br />

Gli scritti e documenti debbono arrivare al “Ponte” entro il prossimo<br />

agosto.<br />

In attesa di tua adesione, ti ringraziamo e ti salutiamo.<br />

252


16.<br />

Ernesta Bittanti a Piero Calamandrei<br />

Trento, s. d. (ma dopo il 7 settembre 1952)<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Minuta già edita in Il Ponte, ottobre 1952, 10, pp. 1470-<br />

Ch. mo Sign r Professore,<br />

1473, col titolo Lettera.<br />

incrociatasi una mia cartolina colla Sua cortesissima del 13 corrente, che mi<br />

incoraggiava a scegliere liberamente fra i miei ricordi, ho fermato nella mia<br />

mente pagine, (in forma di lettera) quelli che si riferiscono alle giornate della<br />

marcia su Roma, in Trento. Per quel che sono. Veda Lei se degne di<br />

pubblicazione.<br />

In uno degli ultimi periodi ho citato una frase dell’Osservatore Romano e un<br />

appello del Popolo 95 di quei giorni. L’una e l’altro li ho ricavati dai numeri del<br />

quotidiano liberale, che si pubblicava allora a Trento (fra i redattori c’era però il<br />

futuro ministro fascista lombardo Razza – non ancora squadrista allora –). La<br />

notizia può essere portata come sicura?<br />

95 «Il Popolo d’Italia» fu un quotidiano politico fondato da Benito Mussolini nel 1914,<br />

inizialmente per dare voce all’area interventista del Partito Socialista Italiano. Dal 1922 divenne<br />

l’organo del Partito Nazionale Fascista. Per tutto ciò cfr. N. TRANFAGLIA, P. MURIAL<strong>DI</strong>, M.<br />

LEGNANI, La stampa italiana nell’età fascista, Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 58-64; 186-190.<br />

253


17.<br />

Piero Calamandrei a Ernesta Bittanti<br />

Poveromo, 13 settembre 1952<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Lettera autografa.<br />

IL PONTE<br />

RIVISTA MENSILE <strong>DI</strong> POLITICA E LETTERATURA<br />

Direttore: <strong>PIERO</strong> CA<strong>LA</strong>MANDREI<br />

Redattore capo: CORRADO TUMIATI<br />

REDAZIONE: FIRENZE, PIAZZA IN<strong>DI</strong>PENDENZA, 29 – TEL. 22.058<br />

Gentile e cara Signora,<br />

La Nuova Italia – Editrice – C. C. P. 5/6261<br />

grazie della Sua pronta e cordiale risposta.<br />

Qualunque pagina Ella mandi dei suoi ricordi, sarà benvenuta: quella su<br />

“Trento e la marcia su Roma” andrà benissimo (o qualunque altra che Ella<br />

preferisca).<br />

Confido dunque vivamente di ricevere qui il Suo manoscritto entro il 20<br />

corr[ente]; e con devoto e riconoscente affetto Le invio, anche a nome di mia<br />

moglie, i nostri più cordiali ossequi.<br />

Suo d mo Piero Calamandrei<br />

254


Ch.mo Professore ed Amico,<br />

18.<br />

Ernesta Bittanti a Piero Calamandrei<br />

Trento, 17 settembre 1952<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Minuta.<br />

alla raccolta documentaria sul “costume fascista” proposta dall’indice, che Lei<br />

allega alla cortesissima Sua lettera d’invito, il contributo che può esser tratto da<br />

questo mio campo di osservazione e di sofferenza (il Trentino) manca quasi<br />

affatto, anche negli inizi, dei caratteri più vistosi e appariscenti di truculenta<br />

prepotenza e violenza (ad esempio: il manganello, l’olio di ricino) che in altre<br />

regioni accompagnò l’intero corso del regime.<br />

La specialissima condizione politica e spirituale, in cui si trovò il Trentino fra<br />

la fine del 1918 (data della vittoria di guerra, che aveva ricongiunto Trento<br />

all’Italia) e l’ottobre 1922, marcia su Roma, spiegano questo fenomeno; per cui<br />

l’apparizione del fascismo nel Trentino fu da principio ragione soprattutto di<br />

stupore e di sgomento; mentre, colla famosa marcia in Alto Adige 96 , con tappa di<br />

salita e di discesa per Trento, costituisce uno degli episodi, il più grottesco e<br />

truffaldino, con cui il fascismo potesse presentarsi come il salvatore della vittoria<br />

italiana.<br />

Appena riunito all’Italia, dopo una semisecolare lotta popolare irredentista, in<br />

cui s’erano educati ed esaltati i valori più profondi e vitali del Risorgimento<br />

italiano sfolgoranti nel concetto di civile e politica Libertà, il Trentino viveva in<br />

una specie di ebbrezza patriottica, col più vivo senso di riconoscenza verso i<br />

fratelli che tanto avevano sacrificato per la sua redenzione (Mi piace ricordare<br />

come il nostro primo sindaco Vittorio Zippel, un reduce, lui e la sua famiglia, dal<br />

carcere e dai campi di concentramento, avesse risposto al governo italiano, che<br />

96 Il 2 ottobre 1922 ebbe luogo la cosiddetta marcia su Bolzano, in seguito alla quale fu deposto<br />

il sindaco Julius Perathoner, da poco eletto democraticamente. Questo avvenimento fu<br />

considerato come una sorta di prologo della “Marcia su Roma”. Sull’argomento si veda G.<br />

SOLDERER, Das 20. Jahrhundert in Sudtirol, II, Bolzano, Raetia, 2000, pp. 41-71.<br />

255


offriva alla città martoriata una somma per danni di guerra, che “l’acquistata<br />

redenzione ci aveva già ripagati ad usura di ogni sacrifizio”; e come risposta<br />

analoga avessero apposta, su un questionario, alcuni altri trentini, pur reduci dalle<br />

carceri, piccoli industriali, a cui la guerra tutto aveva tolto).<br />

Lo stesso ricostituito e vivo partito socialista, fra i cui aderenti erano numerosi<br />

reduci dalle battaglie austriache, in Galizia, e sui quali per varie vie aveva potuto<br />

influire la propaganda russa dopo il 1917, non aveva avuto alcuna manifestazione<br />

od espressione antipatriottica (Si capisce: il più acceso fra i dirigenti, un<br />

compagno di Cesare Battisti, l’ex onorevole Augusto Avancini 97 , aveva sempre,<br />

durante la soggezione austriaca, portato sulla cravatta una spilla coll’immagine di<br />

Garibaldi, regalatagli dal padre garibaldino; e, sulla fine della guerra, aveva<br />

subìto nove mesi di carcere duro).<br />

Paese di piccola proprietà terriera, mancante di grandi industrie, il Trentino<br />

non aveva offerto movimenti di violenta riscossa sociale.<br />

Fu in questo clima che nell’ultima settimana di quell’Ottobre 1922, mentre in<br />

Italia si mobilitavano sui più importanti centri le squadre fasciste 98 , preludio al<br />

discorso di Napoli 99 , Trento vide per la prima volta avviate verso il Nord squadre<br />

fasciste marciare spavalde per le sue vie. Salirono accompagnate da colonne<br />

automobilistiche degli apporvvigionatori (gli agrari di Lombardia) e da carriaggi<br />

di provvigioni. E l’impressione fu non so se più di sgomento o di sbalordimento.<br />

Cosa voleva, cosa faceva questa gente? Ma erano italiani costoro?<br />

97 Augusto Avancini (Strigno 1868 – Cles 1939), irredentista, svolse un’intensa attività politica<br />

opponendosi al tentativo di assorbire il gruppo etnico italiano trentino nel movimento<br />

pangermanista. Fu tra i fondatori del Partito Socialista Trentino e con Cesare Battisti promosse<br />

inutilmente una campagna per ottenere l’istituzione di un’Università Italiana sia a Trento sia a<br />

Trieste. Nel 1916 e nel 1918 fu arrestato sulla base dell’accusa di aver svolto attività spionistica<br />

per conto dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano. Fu perciò processato e condannato a dieci<br />

anni di carcere che iniziò a trascorrere a Vienna e a Innsbruck. Qui fu liberato dopo l’armistizio.<br />

Con l’avvento del fascismo si allontanò progressivamente dall’attività politica. Su di lui cfr. A.<br />

PITASSIO Avancini, Augusto, in Dizionario biografico italiano, IV, Roma, Istituto della<br />

Enciclopedia Italiana, 1962, pp. 637-638.<br />

98 Fasciste: segue depennato «di».<br />

99 Cfr. B. MUSSOLINI, Discorsi. Scelti da Balbino Giuliano, Bologna, Zanichelli Editore, 1933,<br />

pp. 13-17.<br />

256


Ricordo un episodio. Una squadra marciava, lungo una via della città, scortata<br />

dal tricolore. Un cittadino trentino, ottimo italiano, benemerito dell’irredentismo,<br />

stava guardando procedere tale corteo, quando da quelle file si staccò un tale<br />

(era, ahimè!, un trentino, che nessuno aveva mai visto fra i lottatori per l’Italia) il<br />

quale gridando: “zo el capel” (giù il cappello) con un colpo di bastone, lo gettò<br />

via dal capo a lui, come continuò a ripetere il gesto verso altri passanti, come il<br />

primo sbalorditi.<br />

Ma come! Il tricolore a capo di quel corteo non era più la bandiera, a cui<br />

s’erano abbracciati i trentini in vita e in morte? Era insegna di prepotenza, di una<br />

“parte”, un’insegna, già adorata, alla cui riverenza dovesse ricorrere la forza?<br />

Come ne venne ferita la coscienza più gelosa e più intima dell’anima italiana di<br />

Trento!<br />

Ma una vistosa prova di difensore dei frutti della vittoria voleva dare qui<br />

Mussolini con quella marcia su Bolzano, di cui Trento era una tappa.<br />

Si inventò qui la preparazione di una rivolta dell’Alto Adige testè sottomesso,<br />

si parlò di armi nascoste, della necessità di riaffermare lassù col fascismo la<br />

conquista; e con questo paludamento le squadre fecero la marcia eroica.<br />

A Trento fra il 1920 e il 1922 si era costituita una sparuta sezione del Partito<br />

Nazionale Fascista, che aveva soprattutto un carattere di importazione, ma di cui<br />

facevano parte anche alcuni di quegli irredentisti (giovani la più parte) che<br />

avevano seguito l’idea nazionalista di Tolomei 100 e di Mussolini del confine al<br />

Brennero. Il passaggio delle squadre aveva tuttavia impressionato e portato lo<br />

scompiglio nelle sia pur sparute file dei gregari. Un manifesto del 23-24 Ottobre<br />

annuncia lo scioglimento di quelle prime squadre. Il 25 si elegge un nuovo<br />

Direttorio, il quale parla “eroico”. Un suo “appello” pubblicato e diffuso a Trento<br />

il 28 e il 29 Ottobre denuncia che l’Alto Adige vuol “speculare sulla attuale<br />

100 Ettore Tolomei (Rovereto 1865 – Roma 1952) lottò per il confine del Brennero durante e<br />

dopo la prima guerra mondiale, fu commissario per l’Alto Adige e promosse la trasformazione<br />

in italiano della toponomastica e dei cognomi della regione. Durante l’occupazione nazista della<br />

Venezia Tridentina fu deportato in Germania Su di lui si veda a S. BENVENUTI e C. H. VON<br />

HARTUNGEN, Ettore Tolomei (1865-1952). Un nazionalista di confine. Die Grenzen des<br />

Nationalismus, Trento, Museo Storico in Trento, 1998.<br />

257


incerta situazione” per organizzare un movimento insurrezionale. E conclude:<br />

“Fascisti! Cittadini! … Nostro dovere è sventare il pericolo: ricerchiamo le armi<br />

nascoste! Al Brennero! Al Brennero! Al Brennero!” Il ridicolo era che in Alto<br />

Adige non c’era traccia di movimenti o di insurrezioni. Sicché una<br />

corrispondenza del 30 Ottobre da Bolzano informava: “Le squadre fasciste, che<br />

alle 21.30 erano pronte a partire per il Brennero, ricevettero l’ordine di<br />

sospendere qualsiasi azione… Tutte le squadre fasciste del Brennero rientrarono<br />

immediatamente alle loro sedi”.<br />

Questa fu la forma, con cui Mussolini manifestò il suo programma politico di<br />

difesa all’annessione dell’Alto Adige.<br />

La stessa forma, meno ridicola, ma altrettanto spavalda e truculenta, usarono<br />

in quelle giornate a Trento le squadre del futuro autore dei Patti Lateranensi 101 e<br />

del Concordato, contro le sedi del Partito cattolico e le case dei suoi dirigenti.<br />

Mussolini nel 1909 era stato a Trento come segretario della Camera del lavoro<br />

e poi nella redazione del “Popolo” di Battisti 102 . L’azione socialista politica<br />

parlamentare di Cesare Battisti contro il partito cattolico, conservatore delle<br />

istituzioni austriache, aveva preso, nella propaganda di Mussolini, delle forme<br />

così vivaci da trascendere talora in polemiche personali contro i dirigenti di quel<br />

partito, che presto ne vollero e facilmente ottennero dal governo austriaco lo<br />

sfratto. Ricordarsene nel 1922 poteva significare per Mussolini affermare i suoi<br />

antichi meriti patriottici, segnalare un pericolo per la patria. Non avevano<br />

ottenuto, proprio in quell’anno 1922, i clericali trentini il mantenimento della<br />

promessa (ahimè!) pattuita nel 1915, circa un’autonomia speciale pel Trentino,<br />

che poteva presentarsi segno di scarso sentimento unitario nazionale? La furia<br />

contro la tipografia e gli uffici del giornale clericale e la casa stessa di un<br />

101 Sui Patti Lateranensi esiste una vasta bibliografia. Si vedano almeno F. DEL<strong>LA</strong> ROCCA, Il<br />

significato storico-politico dei Patti Lateranensi, S. l., 1959; Patti lateranensi e piccola<br />

antologia della legislazione italiana, con introduzione di Mario Berutti e con note di Luigi<br />

Rodelli, Milano, Dall’Oglio, 1968; N. ADDAMIANO, Chiesa e Stato. Dalle origini del<br />

Cristianesimo ai Patti lateranensi, Roma, Bulzoni, 1969.<br />

102 Sull’argomento si vedano R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario 1893-1920, Torino,<br />

Einaudi, 1965, pp. 62-78; V. CALÌ, Alcune precisazioni a proposito della relazione fra Cesare<br />

Battisti e Benito Mussolini, in «Archivio trentino», 2000, 1, pp. 182-183.<br />

258


everendo, pars magna di quel partito – di quello stesso, che era stato nel 1909 il<br />

bersaglio preferito dai colpi polemici di Mussolini socialista – doveva innalzare<br />

“l’attrattiva” patriottica dell’opposizione fascista; benché (in contrasto con tanta<br />

violenza!) l’“Osservatore Romano” chiamasse in quei giorni “ottimo” il discorso<br />

di Napoli e il Papa ordinasse ai cattolici di abbandonare il nome di “Partito<br />

Popolare” (quello di Don Sturzo 103 !) e di assumere quello politicamente neutrale<br />

di “Unione fra i cattolici d’Italia”. La furia tutta fascista contro le sedi cattoliche<br />

trentine e contro la casa di quel reverendo, non poteva apparire e sentire di<br />

vendetta personale?<br />

In tali forme apparve fra lo stupore e lo sgomento personale il fascismo a<br />

Trento.<br />

Allo stupore e allo sgomento subentrò la reazione intima e profonda e<br />

clandestina, fiorita di sacrifizi, quando il fascismo s’accampò in Italia a dittatura<br />

e distese anche qui la sua azione funesta.<br />

A parte l’assenza delle violenze più spettacolose apparenti, tutti gli episodi del<br />

“costume fascista” che si potrebbero registrare qui, e di cui è l’indice nella vostra<br />

inchiesta, non si differenziano dai mille e mille occorsi nel resto d’Italia. Quelli<br />

poi, di cui ebbi io diretta personale conoscenza non presenterebbero che questa<br />

meditazione: che le enormità del costume fascista si dovessero rivelare anche nei<br />

confronti di una persona, che il regime non voleva disturbare direttamente.<br />

Veda lei, signor Professore, se questa mia pagina possa recare qualche utile<br />

contributo alla triste storia, di cui aspetto vi accingete con alto intento a<br />

raccogliere la cronaca.<br />

Con grande estimazione Le porgo il mio saluto.<br />

Ernesta ved va Battisti<br />

103 Su Don Luigi Sturzo (Caltagirone 1871 – Roma 1959) si veda P. STEL<strong>LA</strong>, Don Sturzo,<br />

Vigodarzere, Centro editoriale cattolico Carroccio, 1993.<br />

259


19.<br />

Piero Calamandrei a Ernesta Bittanti<br />

Firenze, 23 settembre 1952<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

Gentile Signora,<br />

grazie del premuroso invio delle Sue pagine di ricordi, che figureranno tra le<br />

più significative del numero di ottobre, che è già quasi interamente composto.<br />

Voglia perdonarmi se ho disturbato colla mia richiesta indiscreta (della quale<br />

però non mi pento) le Sue ferie; e mi conservi la Sua amicizia.<br />

Devoti e affettuosi ossequi da mia moglie e dal<br />

Suo d mo Piero Calamandrei<br />

260


20.<br />

Piero Calamandrei a Ernesta Bittanti<br />

Firenze, 13 aprile 1956<br />

MST, AFB, u. a. EB109. Lettera dattiloscritta con firma autografa.<br />

Mia cara Signora,<br />

mia moglie mi ha fatto leggere la Sua lettera in data di ieri; Le rispondo subito,<br />

perché desidero che Ella, nel Suo delicato scrupolo, non si dia pensiero per quel<br />

biglietto di presentazione da Lei inviatomi per il sig….: il quale biglietto, mentre<br />

mi fu graditissimo perché mi fa sempre piacere essere ricordato da Lei, non<br />

impedì che io considerassi e consideri il caso del sig… con assoluta obiettività,<br />

com’è dovere di ogni avvocato quando esamina le circostanze espostegli da chi<br />

ricorre a lui per consiglio.<br />

Anche se il sig…. si fosse rivolto a me senza presentazione alcuna avrei<br />

esaminato attentamente il suo caso e ne avrei assunto la difesa.<br />

La Sua lettera a mia moglie ha servito dunque soltanto a farmi ammirare una<br />

volta ancora la Sua altissima tempra morale: della quale proprio due giorni fa<br />

parlavo, ricordando Lei, col nostro caro Gaetano Salvemini, che sono andato a<br />

trovare a Sorrento, e che ho trovato in ottime condizioni fisiche, quantunque un<br />

po’ scoraggiato perché non può lavorare con quella continuità che gli era<br />

abituale. Ma anche così, vorrei che tutti i giovani, avessero la forza di lavoro e la<br />

chiarezza di idee di cui egli ancora è d’esempio a tutti noi!<br />

Voglia gradire, gentile Signora, insieme agli ossequi rispettosi e devoti miei, i<br />

memori saluti di mia moglie.<br />

Suo d mo Piero Calamandrei<br />

261


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