La Canzone Napoletana dai Cantastorie ad Oggi - Zarzuela
La Canzone Napoletana dai Cantastorie ad Oggi - Zarzuela
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<strong>La</strong> <strong>Canzone</strong> <strong>Napoletana</strong> <strong>dai</strong> <strong>Cantastorie</strong> <strong>ad</strong> <strong>Oggi</strong><br />
A cura di Rosaria Secondulfo con la collaborazione di Giovanni Secondulfo<br />
Informazioni, chiarimenti, discussioni at Contact point giovanni.secondulfo@inwind.it<br />
Il <strong>La</strong>voro realizzato vuole avere l'obiettivo di entrare nel vissuto<br />
partenopeo attraverso le sue tr<strong>ad</strong>izioni, la sua cultura, la sua storia.<br />
Non abbiamo certamente l'ambizione di voler essere conclusivi e/o<br />
esaustivi, vogliamo solo fornire piccoli strumenti per comprendere la<br />
Napoli oleografica di un tempo per avere basilari conoscenze per<br />
confrontarla con quella di oggi consapevoli che solo se<br />
" Conosci la Storia saprai di te stesso e di quanto parli ".<br />
Introduzione .........................................................................................................................................2<br />
1) I primordi della canzone napoletana: i vecchi cantastorie ...............................................................2<br />
2) <strong>La</strong> Nascita della <strong>Canzone</strong> <strong>Napoletana</strong> .............................................................................................4<br />
3) <strong>La</strong> canzone <strong>Napoletana</strong> tra Piave e Zappatore...............................................................................15<br />
4) Dall'Africa al Secondo Dopoguerra...............................................................................................22<br />
5) <strong>La</strong> musica <strong>Napoletana</strong> oggi............................................................................................................29<br />
6) Recensioni......................................................................................................................................36<br />
Recensione di Pierre Benveniste ....................................................................................................36<br />
1. Des origines au milieu du 19ème siècle. ....................................................................................36<br />
2. L'age d'or (1880-1914) ...............................................................................................................37<br />
3. L'entre-deux guerres...................................................................................................................37<br />
4. Les temps modernes (de 1945 à nos jours). ...............................................................................37<br />
5 Discographie................................................................................................................................38<br />
7) Bibliografia ....................................................................................................................................39<br />
1
Introduzione<br />
Le pagine che seguono sono un breve excursus sulla canzone napoletana.<br />
Impossibile sarebbe trattare la vastissima produzione, e lontani da ogni pretesa di essere esaustivi,<br />
vogliamo avere solo il modesto compito di far leggere qualche verso delle più celebri canzoni della<br />
Napoli che fu, ma NON con l'intento di creare nostalgie e rimpianti, ma con l'obiettivo di conoscere<br />
la storia, la storia di ognuno di noi.<br />
Il nostro lavoro, infatti vuole solo tentare di operare dei confronti, tra ciò che fu e ciò che è,<br />
ricordando sempre che<br />
" Senza Memoria non c'è Futuro "<br />
1) I primordi della canzone napoletana: i vecchi cantastorie<br />
Prima di <strong>ad</strong>dentrarci nel vivo della canzone napoletana classica ( nell'accezione di canzone<br />
ottocentesca ), ci sembra interessante fondare le r<strong>ad</strong>ici nella figura dei cantastorie, una sorta di<br />
girovaghi cantafavole che leggono e recitano le storie dei cristiani, che si aggirano per le str<strong>ad</strong>e di<br />
Napoli, dal Molo al Casale ( ci riferiamo all'area compresa fra il Molo Beverello (Porto) ed il<br />
Casale di Posillipo ). Le prime testimonianze di questi cantastorie sono relative ai cantambanchi<br />
vicini a Federico II che hanno avuto poi un ragguardevole seguito nel 1490 grazie a Matteo<br />
Moravo, che pubblica in Napoli un dialogo di Pontani, dove l'autore ripercorre gli usi e i costumi<br />
della Napoli quattrocentesca e si lega alla poesia cavalleresca ed alle dominazioni francese e<br />
spagnola.<br />
Nel racconto, il cantastorie mette in risalto la sua verità e non la Verità, argomentando spesso anche<br />
con suggestioni fantastiche come poi farà Ferdinando Russo nella storia sui Rinaldi.<br />
"Ecco Rinaldo in Campo! Il Palatino !<br />
O palatino 'e Francia cchiu putente !<br />
Teneva nu cavallo, Vigliantino<br />
ca se magnava pè gramegna a gente<br />
[....]<br />
Po teneva na spata, Durlindana "<br />
In realtà il cavallo di Rinaldo è Boiardo e Durlindana è invece la sp<strong>ad</strong>a di Orlando. Ciò dimostra<br />
che l'autore vuole il trionfo di Rinaldo e nulla più.<br />
<strong>La</strong> figura del cantastorie permane fino all'ultimo trentennio dell'800. In uno studio di Benedetto<br />
Croce "I Rinaldi o i <strong>Cantastorie</strong> di Napoli" si legge che nel 1876 a Napoli ancora girovagavano tre<br />
cantastorie: il più autorevole Cosimo Salvatore operante nella zona del Molo, il secondo Rinaldo<br />
ricordato da Ferdinando Russo nel "O cantastorie" vagolante per Porta Capuana ed un terzo di cui si<br />
ricorda solo che vagabondava nella zona del Carmine (anche qui il Molo è inteso come il Molo<br />
Beverello del porto di Napoli, mentre Porta Capuana è la più importante ed antica porta di Napoli,<br />
mentre invece il Carmine è un quartiere di Napoli a grossa valenza commerciale con annessa<br />
chiesa).<br />
<strong>La</strong> dec<strong>ad</strong>enza della figura del cantastorie andrebbe ricercata, secondo Dumas, non<br />
nell'invecchiamento dei contenuti ma nella mancanza dei mezzi di sopravvivenza. L'ultima "forma"<br />
2
di cantastorie si rintraccia nel "Pazzariello" che attraverso l'uso della musica annuncia l'apertura di<br />
una nuova bottega. Una figura nota ai più grazie all'interpretazione di Totò.<br />
Accanto a quest'ultimo, infine, vanno ricordati gli ambulanti, che intorno al 1850, diffondevano la<br />
canzone napoletana, mediante "copielli" oppure improvvisando intonazioni vocali per incuriosire i<br />
passanti con la loro merce.<br />
Se dunque queste figure appaiono come le prime forme musicali il termine canzone indica<br />
storicamente una villanella settecentesca. <strong>La</strong> villanella presenta un carattere scherzoso e parodistico.<br />
In generale, la villanella popolare è racchiusa in un dialetto a metà tra il parlato ed il cantato tale da<br />
essere fruito anche fuori <strong>dai</strong> confini di Napoli.<br />
È il poeta-pittore Salvator Rosa in pieno '600 <strong>ad</strong> accostare la letteratura al popolo con<br />
Michelemma, un canto isolato ma fondamentale per il futuro della canzone napoletana. Nata dopo la<br />
rivoluzione di Masaniello Michelemma - ovvero Michela Mia - è una lode <strong>ad</strong> una fanciulla,<br />
Michela appunto, nata in mezzo al mare durante una scorribanda di pirati e gli innamorati per i suoi<br />
occhi si uccidono due per volta.<br />
È nata mmiez' 'o mare<br />
Michelemma, Michelemma<br />
Oje na scarola<br />
Oje na scarola...<br />
Li Turche se ne vanno<br />
Michelemma, Michelemma<br />
a reposare, a reposare<br />
Beate a chi la venc<br />
Michelemma, Michelemma<br />
e sta figliole<br />
e sta figliole .<br />
(<strong>La</strong> poesia ed il linguaggio della canzone <strong>Napoletana</strong> è universale, in ogni caso verrà operata una<br />
sorta di tr<strong>ad</strong>uzione in lingua al fine di aumentarne la comprensione a chi non conosce la lingua<br />
<strong>Napoletana</strong> : È nata in mezzo al mare / Michela mia, Michela mia / Una Iscarola / Una Iscarola / I<br />
Turchi se ne vanno / Michela mia / a riposare, a riposare / Beato chi la vince Michela mia, Michela<br />
mia / questa figliola / questa figliola ).<br />
Una musica dolce in cui si intravede la futura tarantella, un testo bizzarro che acquista maggior<br />
senso sapendo che nelle isole del golfo di Napoli, i nativi di Ischia si chiamano " iscaroli " e quindi<br />
scarola equivale a ragazza di Ischia. Questo esempio è singolare per evidenziare il contatto tra l'area<br />
aulica, la commedia dialettale e l'opera buffa.<br />
Questa produzione a Napoli si sviluppa intorno al XVI secolo partendo da una canzone popolare<br />
con carattere rustico, ma raggiunge temi notevoli e colti con G.B. Basile che nel "Cunto de li Cunti"<br />
ricorda come l'interpretazione di una villanella fosse stata autorizzata per penitenza, conservando il<br />
sapore di un patrimonio folkloristico autenticamente vissuto nel mondo partenopeo e mediterraneo,<br />
legandosi alla letteratura boccaccesca per quanto riguarda la ricostruzione di un mondo provinciale<br />
e l'impostazione narrativa, mentre la cultura barocca con i suoi concetti e terminologie metaforiche<br />
penetra nell'opera con una coloritura letteraria di emblematico valore.<br />
<strong>La</strong> riscoperta oggi della "Gatta Cenerentola", di cui parleremo più avanti, testimonia come il passato<br />
letterario storico conservi atteggiamenti che fanno parte dell'immaginario collettivo partenopeo.<br />
Se nel '700, poi, l'opera buffa napoletana mette in scena i fatti di vita quotidiana molta sarà<br />
l'influenza sulla macchietta di fine ottocento. Del resto il passaggio tra la prima metà dell'Ottocento<br />
e la seconda metà è notevole, perche si passa dalle riunioni di salotto con le esecuzioni di romanze<br />
alle prime canzoni popolari trascritte per pianoforte come Michelemma, Cicerenella. Proprio da<br />
questa pratica si svilupperà la matrice popolare che costituirà un aspetto centrale della canzone<br />
napoletana.<br />
3
2) <strong>La</strong> Nascita della <strong>Canzone</strong> <strong>Napoletana</strong><br />
Trovare un unico filo che lega l'ampia raccolta di componimenti tra 800 e 900 non è facile.<br />
Variegata è infatti la produzione della canzone napoletana che ora tocca toni lirici, ora drammatici,<br />
ora comici ora storici, pur riconoscendo come tratto comune la poesia e la melodia. In queste<br />
canzoni si individuano tre o quattro strofe prefigurate per essere musicate, e pertanto devono<br />
contenere una certa metrica, una scansione in strofe.<br />
Se dunque vogliamo trovare una data di inizio della canzone napoletana, dobbiamo rifarci <strong>ad</strong><br />
almeno due filoni di pensiero. Innanzitutto è opportuno ripetere che per canzone napoletana si<br />
indica la produzione che si afferma dalla seconda metà dell'800 che contiene una parte di musica<br />
vocale con testo in dialetto. L'assunzione del vernacolo come modo di scrivere attraverso Di<br />
Giacomo, Ferdinando Russo, Ernesto Murolo, Trilussa, crea un'autonomia di scrittura tale, da<br />
rinvenire nello stile elevato tanto una tr<strong>ad</strong>izione aristocratica tanto l'elemento popolare ( un<br />
paesaggio, il mare ... ).<br />
Premesso ciò alcuni sostengono che il battesimo della canzone napoletana è rappresentato da Te<br />
voglio bene assaie nel 1839 scritta da Sacco e Campanella<br />
"Io te voglio bene assaie<br />
e tu nun pienze a me<br />
io ......Te voglio bene<br />
e tu nun pienz a me.<br />
<strong>La</strong> notte tutte e dormono<br />
e io che buò durmì!<br />
Penzanno a Nenna mia<br />
Li quarti d'ore sonano<br />
a uno a doje a tre .....<br />
Io te voglio bene assaie e<br />
tu nun pienze a me (2 volte)"<br />
Questo pezzo presentato nella festa di Piedigrotta presenta una notevole forza nel<br />
ritornello molto orecchiabile e tale da fare di questo testo uno dei più noti nel<br />
mondo.<br />
Sulla nascita di questo brano ci sono molti pareri discordi ma tutti convengono<br />
nel ritenere che questa canzone sarebbe stata scritta improvvisando una scherzosa<br />
risposta nei riguardi di una avvenente signorina e in ogni caso tutte convergono<br />
sul carattere estemporaneo del componimento.<br />
Secondo questo filone, la piedigrotta canora rappresenta lo scenario di questa produzione non solo<br />
legata alla tr<strong>ad</strong>izione ma anche all'esperienza della canzone di str<strong>ad</strong>a che pure ha avuto un largo<br />
successo a Napoli, offrendo anche la possibilità di mostrare l'articolazione territoriale economica<br />
della città. Un aspetto quest'ultimo che si evidenzia a partire dal 1880, anno di Funiculì Funiculà ,<br />
la notissima canzone di Turco e Denza per pubblicizzare la nuova funicolare che portava al<br />
Vesuvio, inaugurata il 6 maggio 1880 e che, presentata alla Piedigrotta di quell'anno, indica la<br />
seconda data con la quale alcuni ritengono che sia il battesimo della canzone napoletana.<br />
Aissera, Nannine me ne sagliette<br />
tu saie <strong>ad</strong>do?<br />
Addo sto core ngrato chiu dispiette<br />
Farme non pò<br />
Addo llo fuoco coce, ma si fuie<br />
Te lassa sta<br />
E nun te corre appriesso, non te stregne<br />
4
Sulo a guardà<br />
Jammo, jammo<br />
ncoppe jammo ja ...<br />
Jammo, jammo<br />
ncoppe jammo ja ...<br />
Funiculi Funiculà<br />
Funiculi Funiculà<br />
ncoppe jammo ja<br />
Funiculi Funiculà<br />
( Ieri sera, Annina salii / Tu sai dove ? / dove questo cuore ingrato fa più dispetti / dove il fuoco<br />
scotta ma se ne fugge / ti lascia stare / E non ti corre dietro e non ti stringe / solo a guardarti /<br />
Andiamo Andiamo / sopra andiamo / Funiculì Funiculà / sopra andiamo / Funiculì Funiculà )<br />
<strong>La</strong> festa di Piedigrotta diventa una grande manifestazione per gli autori napoletani; nel 1884 si canta<br />
"A frangetta" che Di Giacomo scrive con un non troppo noto Roberto Bracco.<br />
"Sentite stu cunto - Ce steve na vota<br />
na bella figliola chiamata Teresa<br />
ca sulo li trezza purtavo pe dota,<br />
na dota ..... 'e spille - sentite sentì<br />
<strong>La</strong> sera veneva nu bello guaglione<br />
chiamava Teresa da vascio a la str<strong>ad</strong>a;<br />
Terè - le diceva - sto sotto o barcone,<br />
acale sti trezze ca voglio saglì.<br />
Ora vuie dimannate<br />
chisto canto che vò dì,<br />
ma si site nnammurate<br />
vuie l'avite da capì<br />
[....]<br />
<strong>La</strong> frangetta de capille<br />
pur' è fatta e vuie sapite<br />
ca li core a mille a mille<br />
pure e bona a ncatenà<br />
Ntunettella, Ntunettè !<br />
Frangettella, frangetta!<br />
( Sentite questo racconto C'era una volta / una bella ragazza di nome Teresa / che per dote portava<br />
solo le trecce / una dote ... di spilli sentite sentite / <strong>La</strong> sera veniva un bel ragazzo / chiamava Teresa<br />
dalla str<strong>ad</strong>a / Teresa, le diceva, sono sotto al balcone / abbassa l trecce che voglio salire / ora voi<br />
chiederete / questo canto che vuole dire / ma se siete innamorati / voi dovete capire / [....] / <strong>La</strong><br />
frangetta dei capelli / pure è fatta e voi sapete / che i cuori a mille a mille / pure e buona <strong>ad</strong><br />
incatenare / Antonietta, Antonietta / frangetta, frangetta ).<br />
Sono anni di grande produzione per Di Giacomo: Tra il 1885 e il 1888 appaiono in "Capitan<br />
Fracassa" i versi e la musica di Marechiaro, su "Il salotto" Era de Maggio, mentre nel 1888 ancora<br />
per la festa di Piedigrotta, con la musica di E. De Leva su "L'Occhialetto" esce la canzone E<br />
spingule frangese. Sono componimenti in cui le melodie, ma anche l'immediatezza dei sentimenti<br />
emerge in modo viscerale.<br />
È il caso di Era de Maggio, musicata da Costa dove tocca il punto più melodioso.<br />
5
" E dicevo Core core !<br />
Core mio luntane vaie<br />
Tu me lasse io conte ll'ore<br />
chi sa quante turnarraie!<br />
Rispunnev io turnarraggio<br />
quanno tornano lle rrose,<br />
si stu sciore torna a maggio<br />
pure a maggio io stongo cca "<br />
Ma Di Giacomo è anche un'artista ricercato legato alla cultura verista.<br />
<strong>La</strong> sua produzione si muove con colori e sfumature, facendo dei suoi<br />
scritti, lavori artistici, mescolando un temperamento amoroso con tratti<br />
tristi e malinconici come con Marechiaro con la quale si conquista la<br />
fama mondiale.<br />
"Quanno sponta la luna a Marechiaro<br />
pure li pisce nce fanno ll'ammore,<br />
se revotene ll'onne de lu mare,<br />
pe lo priezza cagneno culore<br />
quanno sponta la luna a Marechiaro ...<br />
A Marechiaro ce sta na fenesta,<br />
la passione mia ce tuzzolea,<br />
nu carofano <strong>ad</strong>dora int'a na testa<br />
passa ll'acqua pe sotto e murmulea ....<br />
A Marechiaro ce sta na fenesta,<br />
[....]<br />
Scetate Carulì ca ll'area è doce ....."<br />
( Quando spunta la luna a Marechiaro / pure i pesci si innamorano / si rivoltano le onde del mare /<br />
per l'allegria cambiano colore / Quando spunta la luna a Marechiaro / A Marechiaro c'è una<br />
finestra / la mia passione le bussa / un garofano in un vaso / l'acqua passa sotto e parla zitto zitto /<br />
A Marechiaro c'è una finestra / [....] / Svegliati Carolina perchè l'aria è dolce ).<br />
Anche questa sarebbe una canzone nata per un fatto occasionale. A quanto pare Di Giacomo non<br />
sarebbe mai stato a Marechiaro, così come lui stesso lo narra il 6 febbraio 1894 su "Corriere di<br />
Napoli" dove racconta che un giorno alcuni amici dell'Aquariuum di Dohrn gli proposero un giro<br />
sul vaporetto ed approdarono a Marechiaro dove in un'osteria trovo una cameriera Carolina che si<br />
attardava a servirli e di qui :<br />
" Scetate Carulì ca ll'area è doce "<br />
Non a caso abbiamo citato queste due celebri canzoni accostandole a "E spingole Francese", per<br />
intendere un periodo d'oro per Di Giacomo. A lui si deve infatti una vasta produzione che va dalla<br />
melodia alla macchietta, ma senza entrare in una obsoleta polemica che parla di natura popolare di<br />
questa composizione si vuole sottolineare la tr<strong>ad</strong>izione letteraria colta, modellata su stereotipi<br />
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popolari. "E spingule frangese" è un garbato dispetto tra un venditore ambulante e una donna<br />
compiacente; Un pezzo che trova le sue r<strong>ad</strong>ici nella tr<strong>ad</strong>izione popolare . In origine infatti era un<br />
canto tr<strong>ad</strong>izionale di Pomigliano D'arco raccolto da Cresette e Imbriani ( Nu juorno mne ne vajo<br />
casa casa vajo vennenne spingule francese. / Esce na nenna da dinte na casa: Quante spingule<br />
daje pe no tornese? ).<br />
" Nu iuorno me ne iette da la casa,<br />
ienno vennenno spingole frangese;<br />
me chiamme na figliola: - Trase, Trase !<br />
Quanta spingole <strong>dai</strong> pe nu turnese?<br />
E io che songo nu poco viziuso<br />
subbeto me ammuccaie dint'a sta casa .....<br />
A chi vo belli spingole frangese!<br />
A chi vo belli spingole frangese, a chi vo ! ...... "<br />
( Un giorno me ne an<strong>dai</strong> dalla casa (d'origine) / e andavo vendendo spille francesi (da balia) / mi<br />
chiama una ragazza -Entra, Entra! / quante spille mi <strong>dai</strong> per un tornese (moneta dell'epoca ma anche<br />
sinonimo di bacio) ? / Ed io che sono un po viziosetto / subito entrai nella casa / chi vuole le belle<br />
spille francesi )<br />
Segue l'assalto del giovane alla donna compiacente e al tempo stesso reticente :<br />
"Dicette Core mio chist' è 'o paese ca si te prore 'o naso muore acciso - E io rispunnette - Agge<br />
pacienze, scuuse a tengo a nnammurate e sta 'o paese .... " ( <strong>La</strong> giovane che non vuole<br />
corrispondere dice " Cuore mio questo è un paese che se ci provi muori ammazzato - Io risposi -<br />
Scusa io la fidanzata c'è l'ho ed abita al mio paese " )<br />
Se sullo stesso tono è Carcioffola musicata da Di Capua nel 1893, una canzone a doppio senso dove<br />
una bella ragazza viene paragonata <strong>ad</strong> una "carcioffola" (carciofo) secondo un'antica tr<strong>ad</strong>izione<br />
greca dove si rinvengono paragoni tra il carciofo e le fanciulle in fiore, accomunate per dolcezza,<br />
tenerezza, sapore, polpa, primizia di stagione :<br />
Oi mamma, mamma, che luna, che luna!<br />
mme vene, mme vene ....<br />
malincunia<br />
Core mariteme ampresso<br />
mammella mia<br />
Mammella mia<br />
R dimme a chi vuò<br />
C' o ndonderandi<br />
ce io piglio e t'o donco<br />
[....]<br />
( Mamma che luna / mi viene / una malinconia / Dammi un marito presto / Mamma mia / Mamma<br />
mia / dimmi chi vuoi / perchè lo prendo e te lo dò )<br />
Ovviamente non possiamo elencare gli altri 250 testi ne possiamo schematizzare Di Giacomo come<br />
autore verista o lirico, anche se nel primo caso l'autore si esprime in certi casi con minuzia di<br />
particolari come in Luna nova di Mario Costa<br />
<strong>La</strong> luna nova ncoppa a lu mare<br />
stenne na fascia d'argiento fino<br />
dint' a la varca nu marinare<br />
quase s'<strong>ad</strong>dorme è a rezza nzino<br />
7
Nun durmi, scetate, oi marena<br />
votia sta rezza, penza a vucà !<br />
Dorme e suspira stu marinare<br />
se sta sunnanno la nnammurata ...<br />
Zitte e quieto se sta lu mare,<br />
pure la luna se nè è ncantata.<br />
Luna d'argiente, lass' 'o sunna,<br />
vaselo nfronte, nun 'o scetà.<br />
( <strong>La</strong> luna sopra il mare / stende una fascia d'argento sottile /dentro una barca un marinaio / quasi<br />
si <strong>ad</strong>dormenta con la rete sulle gambe / Non dormire, svegliati marinaio / Volta la rete pensa a<br />
remare. / Dorme e sospira il marinaio / sta sognando la fidanzata / Zitto e calmo sta il mare / pure<br />
la luna si è incantata / Luna d'argento lascialo sognare / bacialo in fronte, non svegliarlo )<br />
I particolari si snodano ed emergono con lucidità ed efficacia ed efficacia, utilizzando la luna per<br />
dedicare un canto a Napoli (Duorme ma nzuonno lacreme amare tu chiagne Napule ) mentre il tono<br />
del doppio tr<strong>ad</strong>imento raggiunge una grande ispirazione con Serenata <strong>Napoletana</strong> (1897).<br />
Ah che notte, eh che notte ! ...<br />
Ma pecchè nun t'affacce ?<br />
Ma pecchè, ma pecchè me ne cacce,<br />
Catarì senza manco parlà?<br />
Ma ch stranu destino<br />
io ce credo e c' spero,<br />
Catarì ! Nun è overo<br />
Tu cuntenta nun si!.<br />
Catarì mm' è lassato<br />
tutto nzieme stammore è fernuto<br />
[......]<br />
È a chist ca mo tu vuò bene<br />
stai penzanne e scetate<br />
ll' aspiette ma chist<br />
stasere nun vene<br />
e mai chiu venarrà<br />
[.....]<br />
L'aggio visto p' 'e str<strong>ad</strong>e<br />
cammenà core a core cu n'ata<br />
e rerenno parlavene e te<br />
( Ah che notte , che notte / ma perchè non ti affacci / ma perche mi cacci / Caterina senza neanche<br />
parlare / ma che strano destino / io ci credo e ci spero / Caterina non è vero / tu non sei contenta /<br />
Caterina mi hai lasciato / all'improvviso l'amore è finito / [...] / Questo a cui tu ora vuoi bene /<br />
questo a cui sti pensando / sveglia e lo aspetti / questa sera non viene / e mai più verrà / [...] / l'ho<br />
visto per str<strong>ad</strong>a / passeggiando con un'altra abbracciato / e ridendo parlavano di te )<br />
Ma questa è una piccolissima parte della vastissima produzione di Di Giacomo. Il passaggio fra<br />
'800 e '900 vede per la canzone napoletana approdi notevoli e significativi. del 1898 è la canzone<br />
più nota in tutto il mondo O Sole Mio. Del grande Libero Bovio<br />
Chisto è o paese d'o sole<br />
chist è o paese d'o mare<br />
chist è o paese <strong>ad</strong>do tutte<br />
e parole<br />
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so ddoce e so amare<br />
so sempe parole d'ammore.<br />
( Questo è il paese del sole / Questo è il paese del mare / Questo è il paese dove tutte / le parole /<br />
sono dolci ed amare / ma sono sempre parole d'amore )<br />
Così come è vastissima la produzione di Salvatore Di Giacomo, e ci scusiamo con il gentile lettore<br />
per il poco spazio a lui dedicato in questo nostro breve percorso, altrettanto vasta è la produzione di<br />
Vincenzo Russo. <strong>La</strong> collaborazione con E. Di Capua fa firmare le più belle canzoni degli ultimi<br />
anni dell'800, in cui si delinea delle tipologie fisse, la finestra le rose, il desiderio di dormire vicino<br />
all'amata ed il sonno che svanisce per l'asssenza dell'innamorata. Sono gli ultimi barlumi del<br />
romanticismo che si ritrovano in un'epoca ormai già dec<strong>ad</strong>ente.<br />
Maria Mari<br />
Arapete fenesta<br />
famm' affaccià a Maria<br />
ca stongo mmieza 'a via speruto p'à vede<br />
[....]<br />
Oi Maria, Marì<br />
Quanta suonno c' aggio perso pe te!<br />
Famm' <strong>ad</strong>durmi<br />
abbracciato nu poco cu te.<br />
( Apriti finestra / Fai affacciare Maria / Che sto in mezzo alla str<strong>ad</strong>a col desiderio di vederla / [....]<br />
/ Maria Maria / quanto sonno ho perso per te / fammi <strong>ad</strong>dormentare un poco abbracciato con te )<br />
e nelle non meno note Ì te vurria vasà (1) e Torna Maggio (2) del 1900.<br />
(1) Ah che bell'aria fresca<br />
ch'<strong>ad</strong>dore 'e valvarosa<br />
e tu durmenno staie<br />
Ncopp' a sti fronne 'e rosa.<br />
O sole a poco a poco<br />
Pe stu ciardino sponte<br />
O viento passa e vase<br />
stu ricciulillo nfronte<br />
Ì te vurria vasà<br />
Ma 'o core nun m'o ddice 'e te scetà<br />
ì me vurria <strong>ad</strong>durmi<br />
Vicino o sciato tujo<br />
N' ora pur' 'i.<br />
( Che bell'aria fresca / che odora di valvarosa (fiore) / e tu stai dormendo / sopra queste foglie di<br />
rosa / Il sole a poco a poco / nasce in questo giardino / Il vento passa e bacia / questo ricciolo che<br />
hai in fronte / Io ti vorrei baciare / ma il cuore non vuole che io ti svegli / Io vorrei <strong>ad</strong>dormentarmi<br />
vicino al tuo respiro / un'ora pure io )<br />
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(2) Rose! che belli rrose<br />
torna maggio<br />
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Sentite <strong>ad</strong>dore e chiste sciure belle<br />
Sentite, comme cantano i aucielle ...<br />
E vuje durmite ancora .....<br />
Ih che curaggio<br />
Aprite sta fenesta oj bella Fata<br />
che ll'aria mo s' è fatta 'mbarzamata;<br />
Ma vuje durmite ancora<br />
Ih che curaggio<br />
Rose che belli rrose<br />
Torna Maggio<br />
(Rose! Che belle rose / ritorna maggio / Sentite l'odore di questi fiori belli / Sentite come cantano<br />
gli uccelli / e voi dormite ancora / Oh che coraggio / Aprite questa finestra bella fata / perchè l'aria<br />
si è imbalsamata / Ma voi dormite ancora / Oh che coraggio / Rose che belle rose / ritorna maggio)<br />
Questa può apparire solo una carrellata di testi noti, in realtà ci appare superfluo aggiungere parole<br />
sui tanti fiumi di testi già scritti intorno a queste celebri canzoni fra otto e novecento.<br />
Se con Vincenzo Russo si raggiungono toni aulici , Ferdinando Russo, poeta scugnizzo, vero<br />
antagonista di Di Giacomo sente molto più vicino il problema della plebe, rivalutando il dialetto<br />
antico come in Scetate un pezzo di grande lirismo.<br />
Si duorme o si nun duorme bella mia,<br />
siente pe nu mumento chesta voce<br />
che te vo bene assaie sta miezz a vie<br />
pe te cantà na canzuncella doce !<br />
E in Quanno Tramonta o Sole, un inno alla donna amata.<br />
[...]<br />
Quanno tramonta o sole e tutte e cose<br />
fanno pe s'<strong>ad</strong>durmì dint' à nuttata<br />
piglia 'o culore 'e na viola nfosa<br />
tante te penzo sora e nnammurate.<br />
( se dormi o non dormi bella mia / ascolta per un momento questa voce / che ti vuole bene molto e<br />
sta per str<strong>ad</strong>a / per cantarti una conzone dolce )<br />
Ma il campo più congeniale a F. Russo è la macchietta interpretata da Maldacea. Ricordiamo solo<br />
qualche titolo : A paglietta, Il superuomo, O rusicatore.<br />
Macchiettista da tempo per eccellenza è Viviani, che interpreta al Cafè Chantant i panni dello<br />
Scopatore (Mannaggia 'a mazza 'e a scopa e quando meie patemo me menaje dint' a scupata),<br />
anche se a Viviani si lega alla figura del già ricordato Pazzariello.<br />
Battagliò , scapucchiò - Acqua caura e sapò !<br />
Chillu povero patrone<br />
se fa e cunto e nun se trova<br />
[.....]<br />
Questo era il tipico ritornello della simpatica figura del pazzariello.<br />
Molte altre scene di Viviani si ispirarono ai venditori ambulanti, che affermano come canzoni le<br />
loro cantilene:<br />
10
Acqua zurfegna chi vo vevere! Uh come le tengo anneveta ! Chi vo vevere [ Venditore di acqua<br />
sulfurea ],<br />
Vuje vulisseve 'e cannulicchie? Bell'ostriche d' o Fusaro! Tunninele, Bell'ostriche d' o Fusaro,<br />
Tunninele, Cozzeche cozzeche chiene, fattene na bella zuppa, quatt' ate cozzeche ! [Venditore di<br />
mitili]<br />
So bone p'a tosse 'e paparelle quanto so bellelle ! [ Veditore di caramelle ]<br />
O casatiello ca passa cca nci azzecca o bicchieriello. Si t'accatte o casatiello o può rompere c' o<br />
martiello [ Venditore di Casatiello ]<br />
Nù ra quatto battilocchio [ Venditore di Frittelle ]<br />
Questi sono solo alcuni esempi, per evidenziare il colore di questi ambulanti, che tutto sommato<br />
possiamo ancora vivere in qualche mercato rionale quali la Duchesca, 'O Carmine, 'O Buvero. Voci<br />
che entrano a pieno titolo nella Rumba di Viviani (Scarola ricce p' a 'nzalata / Fenocchie / O<br />
spassatiempo / Quant'è bello 'o battilocchio).<br />
Chestà è a rumba d' 'e scugnizze<br />
ca s'abballe a tutte pizze ...<br />
Truve e ddame mpizze mpizze<br />
ca te fanno duje carizze<br />
pe te fa passa 'e verizze ...<br />
Strette e mane, vase e frizze ...<br />
Provo guste e te ce avvizze,<br />
cchiu te sfrine e cchiu t'appizze<br />
Comm' e tante pire nizze<br />
te ne scinne a sghizze a sghizze<br />
Fine a quanno nu scapizze<br />
Chestà è rumba d' 'e scugnizze!<br />
O rilorgio mo capisco,<br />
pecchè o cerco e nun 'o trovo<br />
steve appiso .. E ghinto ' o frisco<br />
c'è rimasto solo 'o chiuvo<br />
[ ..... ]<br />
( Questa è la rumba degli scugnizzi / qui si balla in tutti i posti / Trovi subito le dame / che ti fanno<br />
due carezze / che ti fanno passare il nervoso / Strette le mani baci e sollazzi / più provi gusto più ti<br />
coinvolgi / più ti sfreni più ti accendi / Come tanti .. / te ne scendi piano piano / Fino a quando non<br />
cedi / Questa è la rumba degli scugnizzi / L' orologio <strong>ad</strong>desso capisco / perchè lo cerco e non lo<br />
trovo / stava appeso ... ed è andato al fresco / c'è rimasto solo il chiodo )<br />
Parliamo di testi tipo Voce e Notte :<br />
Si sta voce te scete int'a nuttata<br />
mentre t'astrigne 'o sposo tuio vicino,<br />
statte scetate si vuò sta scetata,<br />
In questi anni la festa di Piedigrotta si arricchisce di<br />
spettacoli e di esposizioni di prodotti agricoli ed industriali,<br />
mentre la produzione canora si arricchisce dei richiami<br />
dell'ambiente parigino legato al Cafè Chantant . Appare<br />
così quasi inscindibile il rapporto tra canzone e varietà e<br />
per snodarsi in una produzione che ora tocca toni melodiosi<br />
con De Curtis, Nicolardi, Murolo e ora tocca toni mordaci<br />
con Gambardella.<br />
11
ma fa vedè ca duorme a suonno chino<br />
Nun gghi vicino e llastre pe fa 'a spia,<br />
pecchè nun può sbaglia: sta voce è 'a mia,<br />
E a stessa voce e quanno tutt 'e dduie<br />
scurnuse, nce parlavono c' 'o vvuie.<br />
Un pezzo classico reinterpretato prima da Peppino Di Capri, e poi da Arbore, anche se Ernesto De<br />
Curtis, attento ed accorto musicista non si fece scappare un'occasione per essere ricordato a quel<br />
tempo. Infatti nel settembre del 1902 l'allora capo del governo Giuseppe Zanardelli in viaggio<br />
diretto in Basilicata, prima di raggiungere i Sassi di Matera, si fermò per ristorarsi in Sorrento; qui i<br />
bisogni della citt<strong>ad</strong>ina campana non erano diversi da quelli lucani. Tra l'altro mancava un "ufficio<br />
postale" e il gestore dell'albergo dove Zanardelli alloggiava ne prospettò la necessità. In<br />
quest'occasione Ernesto De Curtis insieme al fratello Gianbattista opprontò subito il testo Torna a<br />
Surriento, non nella versione ufficiale, ma in un canto d'occasione. Due anni dopo per la festa di<br />
Piedigrotta il testo fu limato su proposta dell'editore Bideri. Il 31 Marzo 1904, quando venne<br />
approvata la legge speciale per la Basilicata, Zanardelli era morto, ma Sorrento aveva il suo ufficio<br />
postale e si cantava :<br />
Vido 'o mare quant' è bello<br />
spira tanto sentimento<br />
comme tu a chi tiene mente<br />
ca scetate o può sunnà<br />
Guarda quà<br />
chistu ciardino<br />
siente se<br />
sti ciure arance<br />
nu profumo accussi forte<br />
dint'o core se nne va<br />
E tu dice io parte <strong>ad</strong>dio<br />
t'alluntane da stu core<br />
dalla terra dell'ammore<br />
tiene core e nun turnà<br />
ma nun me lassà<br />
non dorme stu tormiento<br />
Torna a Surriento<br />
famme campà<br />
Ma in quest'arte melodica rientrano i testi di Murolo come Piscatore e Pusilleco<br />
e Pusilleco Addiruso (Posillipo Odoroso)<br />
Piscatore e stu mare e Pusilleco<br />
ca ogni notte me sente è cantà<br />
Piscatore sti parole so lacrime<br />
cu Marie ca lontane me stà<br />
[.....]<br />
ma pecchè, ma pecchè me lassate<br />
mentre io more stanotte pe te<br />
'Ncopp o capo e Pusilleco <strong>ad</strong>diruso,<br />
12
<strong>ad</strong>do stu core se ne ghiuto 'e casa<br />
ce sta nu pergolato d'uva rosa<br />
e nu barcone cu e mellune appise<br />
Ncopp o capo e Pusilleco <strong>ad</strong>diruso!<br />
Sopratutto, però in questo contesto non possiamo tralasciare un autore come Caruso, che emigrato<br />
in America ( Stati Uniti ) nel 1903 esporta Napoli con un successo straordinario quale Core ingrato<br />
e Tu ca nun chiangne<br />
Core core 'ngrato<br />
te pigliato a vita mia<br />
tutte è passato<br />
e nun ce pienzo cchiù.<br />
Tu ca nun chiangne<br />
e chiagnere me fai<br />
tu stanotte <strong>ad</strong>do staie<br />
voglio a te1 voglio a te<br />
chist'uocchie te vonno<br />
n'ata vota vedè !<br />
Un Caruso recentemente e mirabilmente riscoperto da Lucio Dalla che gli lascia un doveroso<br />
omaggio con Caruso<br />
Qui dove il mare luccica<br />
grida forte il vento<br />
davanti al Golfo di Surriento.<br />
Un uomo abbraccia<br />
una ragazza dopo che<br />
aveva pianto poi<br />
si schiarisce la voce<br />
e ricomincia il canto<br />
Te voglio bene assaie<br />
ma tanto bene sai<br />
Sul fronte del varietà invece non sfigura un'altrettanta produzione che ancor oggi riscuote successo<br />
specie in alcune interpretazioni di Marisa <strong>La</strong>urito. Ci riferiamo ai molti testi di Gambardella scritti<br />
con Capaldo e Caparra come A tazze 'e cafè<br />
e testi come Come facette mammeta<br />
Ma cu sti mode oje Briggida,<br />
tazza 'e cafè parite<br />
sotto tenete o zucchero<br />
e ncoppa amare site<br />
Ma 'i tante ch'aggi avutà<br />
e tante ch'aggia girà c'o ddoce e sotta a tazza<br />
fino a mmocca m' <strong>ad</strong>d' arrivà.<br />
Quanno, mammeta t'ha fatta ( 2 volte )<br />
13
vuò sapè comme facette (2 volte )<br />
Pe mpasta 'sti carne bell ( 2 volte )<br />
tutto chello che mettette ( 2 volte )<br />
Ciento rise 'ncappucciate<br />
dint'a mortulla (*) ammescate<br />
latte e rrose rrose e latte<br />
Te facette 'ncoppo o fatto<br />
Nun c'è bisogna a zingara p'<strong>ad</strong>divina Cunce<br />
Comme facette mammeta<br />
o saccio meglio e te.<br />
( * mortulla arnese del fornaio per l'impasto )<br />
Mentre nel 1905 anticipa sui versi di Lily Kangì con Caparro<br />
Mo nun sò cchiù Cuncetta,<br />
ma sò Lilì Kangì<br />
sciatosa prediletta<br />
evita voglia dì!<br />
Quanno me rebuttaje<br />
e che v' pò cantà<br />
'A gente me menaie<br />
mazzate in quantità<br />
Chi me piglie pe frangese<br />
chi me piglie pe spagnola<br />
ma so nata 'o Ponte e Mola<br />
mette a coppa a chi vogl'ì!<br />
Caro Bebe<br />
che guarde a ffa?<br />
Ì quanno veco a te<br />
me sente disturbà<br />
la figura della sciantosa falsamente proveniente dalle Folies Bergeres in realta originaria della<br />
Pignasecca ( mitico quartiere della Napoli popolare ), che poi riprende con Ninì Tirabusciò<br />
Io tengo un nome eccentrico<br />
Nini Tirabuscio Oh, Oh oh (2 volte )<br />
Addio mia bella Napoli<br />
Mai più ti rivedrò Oh, Oh oh (2 volte )<br />
Perderai Tirabusciò<br />
Gambardella apre così una fase di un lungo sodalizio con il poeta sorrentino Aniello Califano<br />
realizzando una produzione mordace ed aperta nella quale confluisce il retroterra mondano e<br />
culturale di Califano, cresciuto nei "caffe" e la tr<strong>ad</strong>izione artigianale di Gambardella, legato ai<br />
cosidetti "fischiatori" ovvero i musicisti di str<strong>ad</strong>a, che creano e diffondono una musica vicina al<br />
sentimento popolare. Da questa collaborazione ventennale sui versi facili e mordaci di Califano,<br />
Gambardella si musica M<strong>ad</strong>ama Chichierchia<br />
M<strong>ad</strong>ame Chicherchia 'a cca<br />
M<strong>ad</strong>ame Chicherchia 'a lla<br />
Diente mmocca 'ne tene cchiù<br />
14
e vò ancora zuchetezù<br />
M<strong>ad</strong>ame Chicherchia 'a cca<br />
M<strong>ad</strong>ame Chicherchia 'a lla<br />
Pile ncapo 'nun tene cchiu<br />
e vò ancora zuchetezù<br />
( M<strong>ad</strong>ama Chichierchia di qua / M<strong>ad</strong>ama Chichierchia di là / non ha più denti in bocca / e vuole<br />
ancora trastullarsi / M<strong>ad</strong>ama Chichierchia di qua / M<strong>ad</strong>ama Chichierchia di là / Capelli in testa<br />
non ha più / e vuole ancora trastullarsi )<br />
e la meno nota E ragazze<br />
'E ragazze mo stanno in ribasso<br />
fann' 'a caccia p'have nu marito...<br />
E pè farse passa stu prurito<br />
Lloro 'o sanno quant'anna suffrì!<br />
[.....]<br />
dalla lunga unione si ricorda anche Serenata e Surriento e tante altre, anche se il tono scanzonato si<br />
avverte in altri testi come Albergo 'e ll'allegria sui versi di G. Irace<br />
Sient'a me bellezza mia<br />
chistu core ca tu tiene<br />
pare l'albergo e ll'Allegria,<br />
uno vene ... e n'ato va!.......<br />
Emerge da questa breve carrellata una semplicità di espressione di questi artisti che hanno poi<br />
lasciato un contributo determinante e differenziato a seconda che si parli di musicisti colti o di<br />
artigiani. Se Era de Maggio non trova subito lo stesso successo di certe composizioni l'opera dei<br />
cosidetti "fischiatori" svolge un ruolo preponderante per la diffusione della canzone napoletana, non<br />
solo in quegli anni, ma anche ai giorni nostri, specie se ricordiamo gli svariati successi di Marisa<br />
<strong>La</strong>urito con lo spettacolo Novecento Napoletano e di Lina Sastri con lo spettacolo Cuore Mio.<br />
3) <strong>La</strong> canzone <strong>Napoletana</strong> tra Piave e Zappatore<br />
Gli anni precedenti al primo conflitto mondiale vedono in campo l'opera dei futuristi che a Napoli si<br />
raccolgono intorno a Francesco Cangiullo. Con questi l'uso di strumenti quali lo scetavaiasse e il<br />
triccabballacche, molto in uso durante la festa di Piedigrotta raggiunge il massimo splendore.<br />
Purtroppo questo clamore, come quello della belle Epoque, finisce sotto i cannoni degli attacchi<br />
nemici. Ma Napoli continua a cantare e apre l'epoca di un giovane poeta E.A. Mario che trasferito<br />
da Napoli a Bergamo, lega il suo nome a successi come Dduie Paravise, Io na chitarra e a Luna,<br />
Vipera, ma forse non tutti sanno che <strong>La</strong> leggenda del Piave reca proprio la firma di E.A. Mario<br />
all'anagrafe Giovanni Gaeta.<br />
Indietreggio il nemico<br />
fino a Trieste; fino a Trento<br />
e la vittoria scioldse le ali al vento!<br />
fu sacro il patto antico!<br />
fra le schiere furon visti<br />
resorger Oberdon, Sauro e Battisti ..<br />
Infranse al fin l'italico valore<br />
l'armi e le forche de l'Imperatore<br />
15
Ma se sul Piave si canta la " Leggenda " da Zi Teresa si mangia mentre l'orchestrina suona sempre<br />
del nostro Santa Lucia luntana, un vero inno degli emigranti<br />
Santa Lucia luntana a te<br />
quanta malincunia<br />
e giro o munno sano<br />
per ghi a cercà furtuna,<br />
ma quanno sponta a luna<br />
luntane a Napoli nun se pò sta<br />
[...]<br />
Intanto Califano già fà sentire la sua struggente malinconia nel 1914 con O mare e mergellina su<br />
musica di Folio<br />
Mergellina Mergellina ...<br />
[....]<br />
se parlasse chistu mare<br />
quante cose auria canta<br />
Scappatelle e nnammurate<br />
gelusie tr<strong>ad</strong>imente<br />
vase e lacreme cucente<br />
quanta suonne e giuventù<br />
L'anno dopo, sotto l'incalzare della guerra, Califano scrive il suo grande successo O surdato<br />
nnammurato , rimasto nel cuore per il motivo molto orecchiabile<br />
Staie luntane da stu core<br />
e a te volo cù 'o penziero niente<br />
voglio e niente spero,<br />
ca tenerte sempe affianco a me !<br />
Si sicure e chist' ammore,<br />
comm' j' so sicure e te<br />
Oj vita Oj vita mia<br />
Oj core e chist' core<br />
si state o primmo ammore<br />
o primmo e lurdemo sarrà accussi<br />
[...]<br />
Ma la tristezza di Aniello riecheggia ancor più in Tiempe Belle del 1916<br />
Tiempe belle e na vota<br />
Tiempe belle <strong>ad</strong>do state<br />
vuie m' avite lassate<br />
ma pecchè nun turnate?<br />
Un brano di struggente analisi del suo tempo musicato da Vincenzo Valente. Sarà poi proibito dal<br />
fascismo.<br />
Ma questi sono sopratutto gli anni di Bovio "... io so napulitano e si nun canto moro .."; un vero<br />
poeta che scrive un incredibile numero di canzoni che ancor oggi sono ritenute classici come<br />
Reginella (1917)<br />
16
Te si fatta 'na vesta scullata<br />
'nu cappiello cu mostre e cu rrose<br />
stive mmiezo a tre o quatttro sciantose<br />
e parlava francese accussi.<br />
Fuie l'atriere ca t'aggio incuntrata<br />
Fuie l'atriere a Toledo gnorsì ......<br />
T'aggio voluto bene a tte<br />
Tu me volute bene a me!<br />
mo nun nce amammo cchiu<br />
ma e vote tu<br />
distrattamente pienze a me!<br />
( Ti sei fatta un vestito scollato / Un cappello con nastri e conrose / eri in mezzo <strong>ad</strong> alcune sciantose<br />
/ e parlavi francese scorrevolmente / Fu l'altroieri che ti ho incontrato / Fu l'altroieri a via Toledo<br />
sissignore / Ti ho voluto bene / tu me ne hai voluto / ma a volte tu / distrattamente pensi a me)<br />
e come Signorinella (1931)<br />
e Cara Piccina<br />
Signorinella pallida,<br />
dolce dirimpettaia del 5° piano<br />
Cara piccina<br />
Son trenta giorni che vi voglio bene<br />
Son trenta notti che non dormo più<br />
non ve ne <strong>ad</strong>dolorate, ma conviene<br />
che non mi abitui a darvi il tu.<br />
riuscendo <strong>ad</strong> imporre con queste ultime un nuovo genere in lingua che resterà fino agli anni '50<br />
Intanto in quel clima bellico, Bovio dà manifesta appartenenza alle idee patriottiche, in uno<br />
spettacolo al teatro Bellini.<br />
Torna Torna<br />
Garibaldi Torna,<br />
<strong>La</strong> camicia Rossa<br />
Bella e Santa<br />
ci proteggerà<br />
[...]<br />
Se questo rientrava nella retorica del tempo ci appare notevole ricordarla, per evidenziare una figura<br />
colta e politicizzata, tale da portare la canzone napoletana fuori dal provincialismo, confondendola<br />
con la canzone in lingua italiana.<br />
Oltre al contributo apportato alla canzone, importante anzi notevole è quello dovuto all'elaborazione<br />
nel primo dopoguerra della sceneggiata, un filone caratterizzato da una vena verista-patetico che ha<br />
trovato con Bovio-Cafiero-Fumo una sua alta espressione, riscoperta da Mario Merola nel primo<br />
caso e da Nino Taranto nel secondo.<br />
<strong>La</strong> nascita della sceneggiata avviene nel 1919 con la rappresentazione di Surriento gentile di Lucio<br />
Murolo, nata dopo la disfatta di Caporetto, quando lo stato impone forti tasse agli spettacoli di<br />
varietà per combattere l'improvvisazione. <strong>La</strong> sceneggiata diventa cosi un testo in tre atti dove il<br />
soggetto è sviluppato da un commediografo ed in essa convive canto, recitazione e<br />
ballo;sostanzialmente è la messa in scena di una canzone.<br />
17
In generale la sceneggiata riprende i temi di Mastriani Tore e Crescenzo, e di Il capo della camorra.<br />
Bovio e Bongiovanni già nel 1916 inaugurano il genere con Pupatella, un componimento che tratta<br />
di tr<strong>ad</strong>imenti e malavita, non rinunciando mai alla teatralità.<br />
In generale il brano si struttura in tre parti: un'introduzione strumentale, una strofa quasi recitata, ed<br />
una conclusione. Si pensi proprio <strong>ad</strong> un brano fra i più famosi Zappatore ( Bovio-Albano, 1929) il<br />
brano si apre:<br />
Felicissima sera<br />
a tutti sti signure ncruattate<br />
a chesta comitiva accussi allera<br />
d'uommene scicche e ffemmene pittate.<br />
chesta è na festa 'e ballo<br />
Tutte cu e fracchesciasse sti signure ..<br />
E 'j ca so sceso a copp' o sciaraballo<br />
senza cerca 'o permesso, abballo j 'pure<br />
( Felicissima sera / a tutti questi signori con la cravatta / a questa allegra comitiva / / di uomini<br />
eleganti e signore truccate / Questa è una festa di ballo / tutti i signori in frack / ed io che sono<br />
sceso dal carretto / senza chiedere permesso ballo anch'io )<br />
<strong>La</strong> seconda parte cambia tema i cont<strong>ad</strong>ino si rivolge <strong>ad</strong> uno dei presenti signore avvocato<br />
accusandolo di aver lasciato la casa paterna e di non aver dato notizie per anni:<br />
Vossignurie se mette scuorne 'e nuie<br />
pur' io me metto scuorne 'e ossignurie<br />
( Sua eccellenza si vergogna di noi / anche io ho vergogna di voi )<br />
<strong>La</strong> conclusione quasi plateale<br />
O pate io songo o pate<br />
[....]<br />
si zappo a terra chesto te fa onore<br />
Addonocchiate e vaseme sti mane<br />
( Il p<strong>ad</strong>re io sono il p<strong>ad</strong>re / [...] / Se zappo la terra questo deve farti onore / inginocchiati e<br />
baciami le mani )<br />
Lo stesso in Guapparia, Bovio riesce a snodare una serie di particolari dei modi di vita tipica di<br />
certi vicoli, quartieri prendendo il popolo tra il riscatto e l'accettazione<br />
Scetateve guagliune 'e mala vita<br />
ca è ntussecosa assaie sta serenata<br />
io songo o nnammurate e Margherita<br />
ch' è a femmena cchiu bella d'anfrascata.<br />
L'aggio purtato 'o capo cuncertino<br />
p' 'o sfizio e me fa sentere e cantà<br />
m'aggio bevuto nu bicchiere e vino<br />
perchè stanotte 'a voglie ntussucà<br />
Scetateve guagliune 'e mala vita!!<br />
18
( Svegliatevi ragazzi di malavita / è assai nervosa questa serenata / io sono il fidanzato di<br />
Margherita / la donna più bella del pergolato / Le ho portato un capo con un'orchestrina / per<br />
farmi sentire cantare / ho bevuto un bicchiere di vino / perche stanotte voglio procurarle un<br />
dispiacere / svegliatevi ragazzi della mala )<br />
Segue il tormento per le azioni indegne commesse dalla donna<br />
( per quello che questa donna / mi ha fatto )<br />
e per ciò che lui ha perso in conseguenza<br />
pe chello che sta femmena<br />
ma fatto<br />
ero 'o cchiù guappo 'e vascio a Sanità<br />
mo e aggio perso tutta a guapparia<br />
( Ero il più importate della Sanità (quartiere del centro storico napoletano noto per fatti di<br />
criminalità) / ora ho perso tutto il fare da guappo )<br />
ed anche qui un finale di grande commozione generale<br />
Ma comme chiangne tutto ' cuncertino<br />
<strong>ad</strong>do ch'avesse chiagnere sul' io..<br />
( Ma come piange tutta l'orchestra / l<strong>ad</strong>dove dovrei piangere da solo )<br />
Tali composizioni, oggi hanno fatto la fortuna di artisti come Mario Merola, ma è proprio grazie a<br />
quest'ultimo che nel 1965 si ebbe la ripresa del genere con un testo intitolato A sciurara, una<br />
composizione nella quale viene rappresentata la situazione di una ragazza, di cui si vuole salvare<br />
l'onore. È la storia di una venditrice di fiori ( a sciurara ) che si reca a Napoli ogni giorno, qui<br />
incontra un uomo sposato e cede alle sue lusinghe. Ma il fratello emigrato in Germania, venuto a<br />
sapere della storia ritorna a Napoli e incontra l'uomo e gli ricorda la ragazza<br />
Giuvinò, giuvinò t' è piaciute a sciurare<br />
[....]<br />
e mo dice nun saccio chi è<br />
Sai chi è, è chella ca tutte e matine<br />
se fermava cca nnanz' 'e cu te.<br />
[....]<br />
io mo primmo te stenno cca 'n terra<br />
e pò roppo te faccio parlà<br />
In quest'opera si deve lavare un'onta commessa ai danni di una sorella, nella già citata Pupetella ,<br />
invece Bovio condanna il comportamento sconveniente di una donna che manda in prigione il<br />
marito. Quando questi esce dal carcere, sorprende la moglie che balla la tarantella con un altro<br />
uomo e le dice<br />
" Viena abballa astrignete a me"<br />
e poi le dice<br />
O vì l'amico tuoi ca sta tremmanno<br />
Pupatè<br />
'o vede ca 'i te scanno<br />
ma nun t'aiuto a te !!!<br />
19
Questo sopracitato è un classico in cui l'uomo deve commettere un reato per<br />
salvare il suo onore .<br />
Va detto che questo repertorio drammatico è presente in taluni aspetti già<br />
nell'800 con Matilde Serao; L'onorata soggietà conserva un ben r<strong>ad</strong>icato<br />
controllo del territorio e temi relativi al codice d'onore si rintracciano in scritti<br />
di Ferdinando Russo, e Viviani in testi come A zumpata e a <strong>Canzone</strong> 'e sott' 'o<br />
carcere.<br />
Ma la sceneggiata non è solo tr<strong>ad</strong>imento ed amori - In genere possiamo<br />
ritrovare vari Topos come mamme morenti (Mamma <strong>ad</strong>do stai), giovani<br />
nullafacenti che conducono una vita dissennata dedita al gioco alle donne di malaffare che<br />
provocano malanni alle mamme come Mamme perdoname ( di Cioffi-Pisano 1944 ) dove il giovane<br />
ravvedutosi dice:<br />
Stu figlio malamente<br />
sai che fa ?<br />
<strong>La</strong>ssa a cantina e a mala<br />
cumpagnie<br />
e torna onestamente a faticà<br />
Un ulteriore tratto della sceneggiata è il conflitto delle classi sociali che contrappone il " cuore del<br />
popolo " e il cinismo dei " signori ", e qui entrano in gioco " i figli " . Cosi in E figlie sempre di<br />
Bovio su musiche di Albano (1930) un bambino abbandonato <strong>dai</strong> suoi legittimi genitori viene<br />
accudito da un uomo del popolo ma poi quando i genitori pretenderanno il piccolo dirà :<br />
e poi rivolgendosi ai genitori<br />
Chi è stu piccirillo<br />
È o figlio mio<br />
m' 'o so levato a vocca pe ce ho dà<br />
[...]<br />
Signò e figlie sai che sò<br />
sò piezz' 'e core e nun sanno lassa<br />
Chesto l' 'e fatto tu ca si signore<br />
ma nu pezzente chesto nun 'o fa ...<br />
[.....]<br />
Composizione che, Mario Merola, ha riportato alla ribalta negli anni '70 / '80 .<br />
Tuttavia parallelamente alla sceneggiata, si sviluppa anche un genere comico <strong>La</strong> Macchietta che<br />
pur cogliendo nell'emarginazione il tema principale, lo presenta in modo caricaturale proprio per<br />
lasciare il punto patetico. Si pensi infatti a O malandrino di Russo-Valente un classico di Maldacea,<br />
dove in principio il malandrino si manifesta in tutta la sua spavalderia. (file dritto ..... ca te ntacco a<br />
faccia) per poi concludere o sputo int' 'a na recchia e buonanotte.<br />
Anche Capurro-Buongiovanni in O presidente si cimentano in questo genere delineando quelli che<br />
Viviani chiama i guappi di cartone, gli 'nzisti che contrappone a quelli che nel corso della vita si<br />
redimono.<br />
Sicchè il teatro musicale ora assume toni drammatici con Bovio e la sua collaborazione con<br />
Buongiovanni, Valente, <strong>La</strong>ma ora diventa macchietta con le interpretazioni di Cioffi-Pisano.<br />
Se Cioffi si dedica dopo gli anni 20 all'organizzazione di spettacoli musicali e ne prende parte in<br />
qualità di direttore d'orchestra, con Pisano-Cioffi si apre il ciclo della macchietta di nuovo stile, e a<br />
partire dal 1927 si afferma il binomio Cioffi-Pisano che resta in auge per circa un ventennio,<br />
recuperando il tema del Cafe Chantant. Oltre a fornire canzoni per Pasquariello amico di Gill come<br />
20
Pezza e Pizza (1936), Donnarumma Tititi-Tititi-Tititi (1935), Salvatore Papaccio I due gemelli<br />
creano il lungo repertorio per Nino Taranto che diventa depositario di questa grande tr<strong>ad</strong>izione con<br />
pezzi come Agata (1937)<br />
Io me metto 'o stecc<strong>ad</strong>ente<br />
in bocca pe nun fumà<br />
Nun ce veco e nun m'accatte<br />
e llente pe sparagnà<br />
Vivo sol col mensile<br />
d'impiegato comunale<br />
spacco a lira spacco 'o soldo<br />
spacco pure 'o ricentè<br />
spacco e scarpe e nun m'accatto<br />
pe te fa fa lusso a tte,<br />
e tu invece te lo intendi<br />
col 'o p<strong>ad</strong>rone di un caffè<br />
Agata! tu mi capisci<br />
Agata! tu mi tr<strong>ad</strong>isci<br />
Agata, guarda, stupisci<br />
com' è ridotto quest'uomo per te !..<br />
( Io metto uno stuzzic<strong>ad</strong>enti / in bocca per non fumare / Non ci vedo e non compro / gli occhiali per<br />
risparmiare / vivo solo con la paga / dell'impiegato comunale / spacco la lira il soldo / e pure il<br />
centesimo / spacco le scarpe e non le / compro, per farti fare lusso / e tu invece te la intendi con / il<br />
gestore di un caffe ...... )<br />
e Dove sta Zaza<br />
Zaza! Zaza, Zaza - Zaza<br />
com'aggia fa pe te truva?<br />
Io senza te nun posso sta!<br />
Dove sta Zazà ? Uh m<strong>ad</strong>onna mia!<br />
Come fa Zaza senza Isaia;<br />
pare pare Zaza<br />
che t' ho perduto ohime!<br />
Chi ha trovata Zaza<br />
che m'a purtasse a me !<br />
Jammela a truvà su facimmo presto<br />
Iammelo a truvà con la banda in testa.<br />
Uh Zaza! Uh Zaza! Uh Zaza!<br />
Tutte quante aimma gridà<br />
Zaza Zaza, Isaia sta cca<br />
Isaia sta cca, Isaia sta cca<br />
Zaza! Zaza! Zaza! Zaza!<br />
Diffuse da decine di interpreti e ancor oggi in voga, anzi in proposito vale la pena segnalare il<br />
rifacimento di Agata da parte di Nino Ferrer nel 1969.<br />
Del 1940, simbolo tragicomico degli anni bellici è la macchietta ( sempre della premiata ditta )<br />
Ciccio Formaggio ( Ciccì si fesso )<br />
In questo periodo l'attività di Pisano continua con Cioffi con composizioni quali Fatte fa fa na foto,<br />
e con testi più melodiosi come O marenare, N' accordo in fa.<br />
Infine in questa carrelata non possiamo tralasciare i nomi di Francesco Fiore ( Quinto piano, Te<br />
lasso), di Giuseppe Fiorelli (Serenata Celeste, Simmo e Napule paisa). Ma merita di essere<br />
21
icordato il poeta Mangione Alfonso autore di A casciaforte musicata da Nicola Valente e rilanciata<br />
proprio sul finire degli anni trenta.<br />
Vaco truvanno 'na casciaforte!<br />
E anduvinate pe ne fache?<br />
Non tengo titoli<br />
nun vivo 'e rendita<br />
nun ci ho un vestito<br />
ne ncuollo a me!<br />
Ma a cascia mi necessita.<br />
Pe fforza l'aggia tene<br />
Ce haggi a mettere tutte e lettere<br />
che mi ha scritto Rosina mia<br />
'nu ritratto formato visita<br />
'd 'a buonanima è Zi Sofia<br />
nu cierro 'e capille, (*)<br />
nu corno e curallo<br />
ed il becco di un pappagallo<br />
che noi perdemmo nel ventitrè<br />
Sono ricordi che in cassaforte<br />
sulo ll'a dinto t'è ppuò astipà...<br />
(* una ciocca di capelli )<br />
Questi sono anni molto critici per il varietà. Lo stesso Petrolini, molto legato alla città partenopea,<br />
osserva che mentre lo spettacolo cinematografico poteva vivere come spettacolo autonomo il<br />
varietà, unito all'operetta ed alla rivista, deve funzionare come avanspettacolo. E Napoli era per<br />
Petrolini un par<strong>ad</strong>iso in cui consumava arguti spettacoli da comico, parodista eccentrico e <strong>dai</strong> cui<br />
palchi aveva lanciato accuse al fascismo almeno fino a quando Mussolini non gli espresse la sua<br />
ammirazione, I salamini, Gastone ma anche testi di Moliere sono solo pochi titoli che si<br />
ascrivono al Nostro. Le ultime aperture al varietà legate al cafe-concerto si ascrivono <strong>ad</strong> opera di<br />
Pasquariello e Gill negli anni '30, il secondo si lega a canzoni tipo Come pioveva e la già ricordata<br />
Cara Piccina e Come le Rose.<br />
Son tornate a fiorire le rose<br />
a le dolci carezze del sol<br />
le farfalle si inseguon festose<br />
ne l'azzurro con trepido vol.<br />
In conclusione variegata appare la produzione di quest'anni tra la guerra ed il primo dopoguerra, ora<br />
approda al lirismo di Reginella ora si lega alla criminalita ed all'emarginazione sociale che getta<br />
nuove basi con la sceneggiata, i cui canoni restano fino <strong>ad</strong> oggi, inserendo la canzone classica<br />
napoletana nel più vasto contesto nazionale.<br />
4) Dall'Africa al Secondo Dopoguerra<br />
Se la Leggenda del Piave era ancora serva nell'animo di tutti gli italiani altre nuove tristezze si<br />
abbattevano sugli italiani e se nobile era stata la Leggenda, un po meno appare lo scritto del 1935 di<br />
E. A . Mario<br />
22
[....]<br />
Andremo in Africa<br />
sicurie allegri<br />
andremo a vincere<br />
contro geni negri<br />
[....]<br />
Tuttavia non può non essere apprezzata la lunga produzione di E. A. Mario come Santa Lucia,<br />
Maggio si tu, Io na chitarre e a luna, Funtana all'ombra.<br />
Intanto negli anni quaranta è cospicua la produzione di Tito Manlio, con Caro papà e con Me so<br />
briacate e sole. Ma sicuramente il nome resta legato a testi come Nu quarto e luna, Anema e core.<br />
In quel tempo mentre l'ex EIAR (RAI) bandiva il suo primo concorso per voci nuove si<br />
affacciavano alla ribalta voci come Lino Murolo, Barzizza, nel 1946 Roberto Murolo a Capri<br />
debutta con 'O Ciucciariello<br />
e tira, tira o ciucciariello<br />
sta carrettella<br />
pensaci tu<br />
na femmena busciardo m'ha lassato<br />
Un pezzo veramente unico, reso ancor più grande dalla famosa citazione di Toto in "Toto, Peppino<br />
e a Malafemmena".<br />
Interessanti sono le interpretazioni delle canzoni del secolo precedente come Nardella interprete di<br />
Chiove (L. Bovio).<br />
Tu staie malate e cante<br />
tu stai murenno e cante<br />
Sò nove juorne, nove<br />
ca chiove ..... chiove .... chiove<br />
[...]<br />
Chi si? Tu sì 'a Canarie<br />
Chi si? Tu si l'ammore<br />
ca pure quanno more<br />
canta canzone nove ....<br />
Ggiesù, ma comme chiove!<br />
Nel 1945 Vera Nandi ovvero Brigida Cinque che interpreta Monastero 'e Santa Chiara di Barbieri<br />
e Galdieri, comunicando commozione e passione.<br />
Dimane?... ma vurria partì stasera!<br />
Luntano no ... nun ce resisto cchiù!<br />
Dice che ce rimasto solo o mare<br />
che 'o stesso e primma chillu mare blu!<br />
Monastero e Santa Chiara<br />
Tengo o core scuro scuro ...<br />
Ma pecchè, pecchè ogni sera<br />
penzo a Napule comm' 'e<br />
penzo a Napule comm' 'e<br />
Funtanelle e Capemonte<br />
Chistu core mme se schianta<br />
quanno sentò r dì d' 'a gente<br />
23
'ca se fatte malamente<br />
stu paese ... ma pecchè<br />
No .... Nun è overo No nunce crero<br />
e more pe sta smania 'e turnà a Napule<br />
Ma ch'aggia fa .... mme fa paura 'e 'ce<br />
turnà<br />
(Domani? ma vorrei partire stasera / Lontano non ci resisto più / Dice che ci è rimasto solo il mare<br />
/ che è la stesso di prima quel mare blu / Monastero di Santa Chiara / ho il cuore scuro scuro / ma<br />
perchè ogni sera / penso a Napoli come è / penso a Napoli come è / Fontanelle di Capodimonte /<br />
il cuore mi si rompe / quando sento di dire dalla gente / che questo paese si è perduto / No non è<br />
vero io non ci credo / e muoio per la smania di tornare a Napoli / ma che devo fare mi fa paura / di<br />
tornarci )<br />
Una canzone questa che farà la fortuna di autori come Giacomo Rondinella.<br />
Sul fronte melodico si afferma Vittorio Parisi, l'usignolo della canzone con Dicetincello vuje, una<br />
canzone soggetta anche successivamente a sperimentalismi con Alan Sorrenti (1974).<br />
e con Passione<br />
Dicitincelle che na rosa e maggi<br />
assai cchu belle e na jurnate 'e sole,<br />
a voglio bene, a voglio bene assaie<br />
che na passione<br />
cchiu forte e na catena<br />
dicitincelle vuje<br />
ca nun ma scord'mai<br />
Te voglio, te penzo, te chiammo<br />
Te veco, te sento, te sonno<br />
è n'anno ce pienzo è<br />
n'anno<br />
[...]<br />
Dal 1946 si affaccia anche Maria Paris, conn motivi tipo E stelle e Napule, Jamme ja e tuppe<br />
tuppe mariscià , mentre si afferma come poeta l'eclettico Santoro, ex macellaio autore di Catene<br />
e Chitarra Appassiunata. Intanto in Galleria, Tagliaferri e Valente, autore il primo di Piscatore e<br />
Pusilleco, Nun me scetà, Napule ca se ne va scritta con Murolo, ben si uniscono alla produzione di<br />
Valente noto per la collaborazione con Bovio ( Serenata 'a na Femmena, Signorinella, Passione)<br />
con Pisano ( N'accordo in fà ) con Fiorelli (Simme e Napule Paisà ). Artisti come Pacifico Vento<br />
acquistano fama e successo con testi come Scapricciatiello e Torna<br />
[...]<br />
Torna<br />
sta casa aspetta a te<br />
Torna<br />
Che smania e te vedè<br />
[...]<br />
Furio Rondine invece riesce <strong>ad</strong> imporsi sia sul fronte della macchietta con <strong>La</strong> pansè con Pisano<br />
24
[...]<br />
che bella pansè che tieni<br />
me la <strong>dai</strong>, me la <strong>dai</strong><br />
la tua pansè<br />
io ne metto un'altra in petto<br />
e le unisco tutt' e due<br />
pesa mmie e pensa ttuie<br />
in ricordo del nostro amore<br />
[....]<br />
Sul versante melodioso si afferma con Malinconico Autunno insieme a De Crescenzo e Vurria con<br />
Pugliese<br />
Vurria tornà <strong>ad</strong>do te<br />
pe n'ora sole<br />
Napule mia,<br />
Vurria, vurria, vurria<br />
ma stongo n'croce<br />
Intanto siamo temporalmente arrivati nel pieno del secondo dopoguerra e la ricostruzione a Napoli<br />
inizia fra incertezze, scarsi mezzi, speranze, ed illusioni; con Statunitensi ed uomini di colore che<br />
vagolano per Napoli. In questo contesto E. A. Mario compone Tammurriata Nera.<br />
Io nun capisco 'e vvote che succede<br />
e chello ca se vede<br />
nun se crede, nun se crede<br />
È nato nu creatururo niro niro<br />
e a mamme o chiamme Giro<br />
sissignore 'o chiamme Giro<br />
Seh. Giora 'e vote seh!<br />
Ca tu 'o chiamme Ciccio o Ntuono<br />
ca tu 'o chiamme Peppe o Giro<br />
chillo, o fatto è niro niro<br />
niro niro comm 'e che!<br />
Una canzone questa comunque che va oltre tutte le interpretazioni resa molto celebre in tempi molto<br />
più recenti grazie all'attività di Roberto De Simone ed alla Nuova Compagnia di Canto Popolare che<br />
hanno riportato in auge anche Rumba degli scugnizzi di Viviani, aprendo<br />
la str<strong>ad</strong>a della musica napoletana degli ultimi anni 60/70.<br />
Un Ulteriore aspetto della canzone napoletana degli anni '50 è sicuramente<br />
rappresentato da TOTÒ. Lungi dal voler c<strong>ad</strong>ere nella più pura retorica in<br />
questo escursus è impossibile dimenticare il mitico autore di A Livella.<br />
"A prescindere" dalla sua vasta produzione teatrale e cinematografica del<br />
nostro Antonio De Curtis resta una vasta raccolta di poesie, ma<br />
sicuramente il suo nome si lega a Malafemmena (1951).<br />
25
Femmena<br />
Tu si na malafemmena<br />
chist'uocchie e fatte chiagnere<br />
lacreme e nfamità<br />
Femmena<br />
Tu si pegge e na vipera<br />
me ntussecate l'anema<br />
nun pozzo cchiu campà<br />
Femmena<br />
si doce comme 'o zucchero<br />
però sta faccia d'angelo<br />
te serve pe ngannà,<br />
Femmena<br />
Tu si 'a cchiu bella femmena<br />
Te voglio bene e t'odio<br />
nun te pozzo scordà<br />
Gli anni '50 sono caratterizzati ancora da un tono lirico; si pensi <strong>ad</strong> esempio <strong>ad</strong> (1) Anema e core a<br />
(2) Nu quarte e luna (Titomanlio)<br />
Ad Accarezzame di Niso<br />
A Luna Rossa di De Crescenzo<br />
(1) Tinimmoce accussi, aneme e core<br />
nun ce lassammo cchiu manco pè n' ora<br />
stu desiderio e te me fa paura<br />
campe cu tte, sempe cu tte, pe nun muri.<br />
------------------------<br />
(2) che m'ha sapute fà stu quarte e luna<br />
che m' ha sapute fa chi voglio bene<br />
E me martella sempe nu pensiero<br />
"nun è overo ca pienze solo a me<br />
Accarezzame<br />
Sento a fronte ca me abbrucia<br />
ma pecche nun me da pace<br />
stu desiderie 'e te<br />
Vaco distrattamente abbandunato<br />
l'uocchio sotto o cappiello annascunnute<br />
mano 'int ' a sacca e bavero alzato<br />
vaco fiscann e stelle ca so asciute.<br />
E a Luna Rosse me parle e te<br />
io le domande si aspette a me<br />
e me risponne: si o vvuò sapè<br />
cca nun ce sta nisciuno ...<br />
26
Sicuramente gli anni '50 vedono l'affeermazione di Renato Carosone che con Gegé Di Giacomo, il<br />
chitarrista Van Vood e Piero Giorgetti costituiscono un complesso ritmico di success. <strong>La</strong><br />
produzione ascrive successi notevoli e a noi qui il modesto compito di riportarne solo qualcuno<br />
come Maruzzella di Benagone musicata da Carosone<br />
Maruzzella Maruzzè<br />
t' 'e mise dint'a ll'uocchie o mare<br />
e m' 'e miso impietto a me nu<br />
dispiacere,<br />
Stu core me faie sbattere<br />
cchiu forte e ll'onne quanno o cielo e scuro<br />
primme me dice si pò doce doce<br />
me faie murì<br />
Maruzzella Maruzzè<br />
( Mariuzza, Mariuzza / Ti sei messa il mare negli occhi / e nel mio petto un dispiacere / mi fai<br />
battere più forte il cuore / più forte dell'onda del mare quando il cielo è scuro / prima mi dici si poi<br />
dolce dolce / mi fai morire / Mariuzza, Mariuzza )<br />
e Chella là di Bertini musicata da Tacconi<br />
Chella lla chella lla<br />
mo va dicenno ca me vo lassà<br />
se crede ca me faccio o<br />
sanghe amaro<br />
se crede ca mpazzisco e po me sparo<br />
chella lla chella lla<br />
nun sape che piacere ca me fa<br />
Me trove n'ata cchiu belle<br />
e zetella resterà<br />
chella lla chella lla<br />
chella lla<br />
chella lla chella lla<br />
chella lla<br />
Questi testi, come anche 'O saracino ( 'o saracino, 'o saracino, bellu guaglione / è belle 'e faccia, è<br />
belle 'e core / sape fa ammore ) o come Tu vuò fa l'americano ( Tu vuò fà l'americano, americano,<br />
ma si nato in Italy, siente a me nun ce sta nieta a fa / Ok napulità / wisky, soda e rock e roll )<br />
riscoperta di recente dall' Orchestra Italiana di Renzo Arbore, avvertono il nuovo clima della<br />
canzone napoletana tra gli anni '50 e '60 inaugurando un nuovo filone con evidenti influenze della<br />
musica anglo-americana, una musica che tiene conto anche dei problemi sociali, come Caravan<br />
Petrolio ( Caravan Petrolio [..] cerco 'o petrolio americano / mentra abballo e beduine / mentre<br />
cantene e tribù [..] caa 'o petrolio nun c'è sta ).<br />
Sul fronte melodico, in coincidenza dell'inizio del Festival della canzone napoletana, appaiono<br />
interpreti come Nilla Pizzi e Franco Ricci, premiati nel 1952 con la canzone Desiderio 'e sole di T.<br />
Manlioe M. Gigante, mentre Peppino di Capri recupera la tr<strong>ad</strong>izione con Voce 'e Notte<br />
reinterpretandola raggiungendo poi notevoli successi con Champagne e Roberta, mentre Aurelio<br />
Fierro si afferma nei vari festival con l'orecchiabile Guaglione, Vurria e <strong>La</strong>zzarella.<br />
Un grande cantante di Fama nazionale ed internazionale quale Domenico Modugno , oltre a<br />
riproporre grandi successi come Na sere 'e Maggio, 'O caffe, Pasqualino Maraja firma con Verde<br />
Resta cu mme<br />
27
e con Gigli Tu si na cosa grande<br />
[...]<br />
Resta cu mme pè ... carità<br />
statte cu mme nù me lassa<br />
Famme penà , famme impazzi<br />
famme danna ma dimme si<br />
Moro pè te, vivo pè te,<br />
vita d' 'a vita mia<br />
Num me 'mporta d' 'o passato<br />
'num me 'mporta e chi t'avuto<br />
Resta cu mme<br />
cu mme<br />
[...]<br />
Tu si na cosa grande<br />
pe mme<br />
na cosa che me fa arrussi<br />
na cosa ca si tu guarde a mme<br />
me ne more accussi<br />
guardann a te<br />
Vurria sape na cosa da te<br />
pecche quann' io te guarde<br />
accussi<br />
Si pure te siente murì<br />
nun mo dice<br />
e nun mo fai capì<br />
[....]<br />
E dillo na vota sola<br />
se pure sta tremma<br />
[...]<br />
dillo ca mme vuò bene<br />
Intanto già dal '44 era apparso sulla scena Guglielmo Chianese alias Sergio Bruni nella cui<br />
produzione si ascrivono ben 850 cvanzoni. Se impossibile è tener in conto di tanti testi, ci pace<br />
legare il nome di Sergio Bruni <strong>ad</strong> un testo come Vieneme 'nzuonno (1959)<br />
È pass' o tiempo, pensanno sultanta all'ammore<br />
E nun s'arrenne 'stu core<br />
penzanno, aspettanno a te.<br />
Pure a vernata fredda<br />
se l'accarezza o sole<br />
ma 'o sole , o sole mio <strong>ad</strong>do sta?<br />
Vieneme 'nzuonno si , vieneme 'nzuonno<br />
num me scetà famme impazzi, nzieme cu te<br />
me pare overo ca si turnata<br />
comme 'e 'na vota abbracciata cu me<br />
ammore, ammore mio.<br />
28
Ma il vero pezzo che ha reso noto Sergio Bruni è Carmela scritto con Salvatore Palomba nel 1976<br />
e che si colloca nella tr<strong>ad</strong>izione classica della canzone napoletana. Una canzone notevole dove<br />
l'amore in visione moderna approda <strong>ad</strong> un alto motivo esistenziale.<br />
Stu vico niro nun fernesce mai<br />
e pure o sole passe e se ne fuie<br />
ma tu stai lla , tu rosa, preta e stella:<br />
Carmela, Carmè<br />
Si llammore è m'o cuntrario d' 'a<br />
morte<br />
e tu o ssaie,<br />
si dimane è sultanto speranze,<br />
e tu o ssaie,<br />
Nun me può fa aspetta fino a<br />
dimane<br />
astrigneme int' è braccia pe stasera<br />
Carmela, Carmè<br />
Ancora oggi meraviglia come una canzone come Carmela sia stata scritta nel 1976 quando oramai<br />
dilagavano altri generi.<br />
In realtà una forma di lirismo è rimasta nel seno della canzone napoletana al punto di arrivare fino<br />
ai giorni nostri coesistendo con altri generi, facendo della canzone napoletana una produzione<br />
poliedrica che in ogni epoca ha lasciato traccia di sè<br />
5) <strong>La</strong> musica <strong>Napoletana</strong> oggi<br />
Nel paragrafo precedente si è cercato di sottolineare la coesistenza di forme di lirismo con nuove<br />
tendenze, che dagli anni '50 con Carosone agli anni '70 con Sergio Bruni testimoniano la variabilità<br />
della canzone napoletana, che a seconda delle mode, della vocalità del cantante ha determinato le<br />
interpretazioni ora in forma lirica, ora in forma jazzistica.<br />
Ma si può dire quale sia la migliore ? Assolutamente no !<br />
Ogni tendenza è stata espressione di un certo momento storico-culturale-sociale; ancor oggi si<br />
vivono con intense emozioni le interpretazioni di un Caruso o di un Pasquariello, che riecheggiano<br />
in un Murolo o in un Sergio Bruni, oggi ovviamente la canzone contemporanea è strutturalmente<br />
cambiata nei suoi elementi costitutivi. Se prima si cantava il mare, il sole nell'era contemporanea, o<br />
meglio a partire dagli anni '70, sulla scorta dei moti di contestazione, di irrisolti rapporti tra<br />
l'emarginazione ed i potenti, di crisi economica, di nuove tendenze che contr<strong>ad</strong>distinguono la<br />
poliedricità della canzone partenopea divisa fra canzone colta ed una che Scialò definisce rimossa,<br />
la canzone napoletana ha assunto nuovi spunti. Al filone della canzone rimossa si ascrive la<br />
sceneggiata, ripresa come si è visto da Mario Merola, che reinterpreta con abile maestria i testi di<br />
Bovio-Pisano, ma che non coglie il plauso della cultura ufficiale.<br />
Parallelamente ed in controtendenza si afferma la Nuova Compagnia di Canto Popolare (NCPP) ed i<br />
lavori di De Simone, aprendo, così, una fase colta che culmina con la Gatta Cenerentola uno<br />
spettacolo che dopo 30 anni ancora riscuote formidabili successi di critica e di pubblico grazie al<br />
suo splendore di favola in musica tutta napoletana che ha l'allegria disperata della verità ed il calore<br />
immediato di una visionarita tutta fantastica che parla all'anima, contemplando il grottesco e l'ironia<br />
che aveva già caratterizzato la penna di Basile.<br />
Dattero mio dorato<br />
con la zappetta d'oro t'ho zappato<br />
con il secchietto d'oro t'ho innaffiato<br />
29
con le fasce di seta t'ho asciugato<br />
Spoglia te e vesti me ..<br />
L'attività del gruppo di De Simone e della NCCP, ha inoltre, il merito di avere riproposto la<br />
Rumba de Scugnizzi di Viviani, la Tammurriata nera di E.A. Mario e getta le basi per nuove<br />
formazioni, inaugurando quella che verrà definita una produzione colta grazie anche alla<br />
collaborazione con Peppe e Concetta Barra ( quest'ultima recentemente scomparsa ); questi due<br />
artisti creano un modello scenico drammatico e comico al tempo stesso commisti a stili popolari<br />
ricchi di raffinatezze. Se Concetta richiama la canzonettistica del varietà Peppe perfeziona il suo<br />
personaggio a metà tra la maschera di pulcinella ed il teatro moderno. <strong>La</strong> presenza, inoltre dei<br />
fratelli Bennato nella NCCP creano un gruppo vocale-strumentale capace di riportare a galla le<br />
r<strong>ad</strong>ici della musica popolare.<br />
Ma gli anni '70 creano nuovi fermenti culturali, legati al difficile rapporto fra situazioni-esigenze<br />
del proletariato e le infrastrutture industriali del napoletano. Legata all'Alfa Sud di Pomigliano<br />
D'arco (NA) nasce un collettivo di operai-musicisti le Nacchere rosse fuoriusciti dal gruppo dei<br />
Zezi sempre di Pomigliano D'arco. Suonano la Tamorra ed i loro canti trovano una funzione<br />
socializzante e propulsiva, esprimendo il disagio di una provincia che troppo repentinamente e<br />
senza sufficienti strumenti passa da area agricola <strong>ad</strong> area industriale. <strong>La</strong> loro musica è molto<br />
immediata nasce dalla quotidiana contestazione, come da slogan (a fatica nun ce sta e nun ce a<br />
vonne dà) legati alla cultura, cosi come in passato Viviani aveva fatto con la Rumba.<br />
Si affacciano intanto, nel biennio 73-74 altri gruppi che aprono commistioni tra tr<strong>ad</strong>izione e musica<br />
pop. Ci si riferisce agli Osanna un gruppo rock ma anche al gruppo di Napoli Centrale capeggiato<br />
da James Senese, dopo l'esperienza di Showmen 1 e Showmen 2 ( quest'ultimo gruppo scioltosi nel<br />
'72 ). Il gruppo di Napoli Centrale, con brani tipo Campagna, ottiene strepitosi successi grazie<br />
all'originalità della sua formula, un mix capace di unire ed amalgamare le r<strong>ad</strong>ici popolari napoletane<br />
con un jazz/rock moderno. <strong>La</strong> presenza in questo gruppo di Pino Daniele gli darà una rilevanza<br />
notevole.<br />
Sarà proprio Pino Daniele a decretare la nascita delle canzone urbana napoletana nel '77 con Terra<br />
mia<br />
Comme triste e comme amor<br />
sta assetate<br />
guarde tutte 'e cose e tutte e tutte<br />
parole che niente ponno fa<br />
m'accire tutta a citta<br />
chellu poco e libertà<br />
che sta terra<br />
che sta gente<br />
due journe<br />
terra mia terra mia<br />
comme è bella alla pensà<br />
terra mia terra mia<br />
comme è bella alla pensà<br />
Siamo di fronte <strong>ad</strong> obiettivi diversi da quelli della canzone tr<strong>ad</strong>izionale dove si esprime un rapporto<br />
difficile con la città attraverso un sofferto linguaggio poetico come farà poi lo stesso Pino Daniele<br />
in Napule è<br />
Napule è mille culure<br />
Napule è mille paure<br />
Napule e a voce d' 'e creature<br />
30
che saglie chianu chianu<br />
e ta sai ca nun si sulo<br />
Un testo in cui l'uso del dialetto costituisce una scelta di pura sonorità.<br />
<strong>La</strong> metà degli anni '70 intanto segnano l'allontanamento di Eugenio<br />
ed Edoardo Bennato dalla NCCP, il primo si unisce a d'Angiò<br />
iniziando l'esperienza di Musicanova che lo porterà a musicare<br />
famosi film negli anni '80. Edoardo dal '74 inizia una straordinaria<br />
carriera con Meno Male che <strong>ad</strong>esso c'è Nerone , operando un'analisi<br />
sociale attraverso la rilettura della favola di Pinocchio usata<br />
metaforicamente per dire no alla cultura dominante e servendosi non<br />
più del dialetto ma della lingua italiana.<br />
Delle vaste produzioni di quel periodo si ricorda anche<br />
Mangiafuoco ( Non si scherza non è un gioco / sta arrivando<br />
Mangiafuoco / lui comando e muove i fili fa ballare i burattini /<br />
State attenti tutti quanti, non fa tanti complimenti / chi non balla o<br />
balla male lui lo manda all'ospedale / [...] ) Il Gatto e <strong>La</strong> Volpe (<br />
Quanta fretta ma dove corri dove vai / se ci ascolti peer un<br />
momento capirai lui è il gatto ed io la volpe siamo in società di noi ti puoi fidar ) ma poi sfonda le<br />
classifiche con Sono solo <strong>Canzone</strong>tte ( mi ricordo che anni fa / di sfuggita dentro un bar / ho<br />
sentito un juke box che suonava / e nei sogni da bambino la chitarra era una sp<strong>ad</strong>a e chi non ci<br />
credeva era un pirata ) e con Un giorno Credi ( Un giorno credi di essere giusto / e di essere un<br />
grande uomo / in un altro ti svegli e devi cominciare da zero [...] / A questo punto non devi lasciare<br />
/ qui la lotta è dura ma tu / se le prendi di santa ragione, insisti di più ).<br />
Gli anni '80 si aprono per Edoardo Bennato con Canta appriess 'a nuje e nell''84 è in televisione con<br />
la sigla della trasmissione Domenica Sportiva. In questi anni alla ribalta si vedono anche Teresa de<br />
Sio con Voglio canta e con Song e tre ;<br />
Enzo Avitabile con SOS Tony Esposito con Bello N° 7, ed è nell' '83 che Enzo Gragnaniello ex<br />
disoccupato del gruppo Banchi Nuovi realizza il suo primo disco, il gruppo di Napoli Centrale si<br />
ricompone aggregando Agostino Narangolo, Savio Ricciardi, Gigi de Rienzo, dei loro<br />
componimenti un testo per tutti Pensione Floridiana; un brano strumentale in cui si evidenziano le<br />
nuove tendenze e la moderna strumentazione.<br />
<strong>La</strong> contrapposizione a questa produzione '' impegnata '' è incarnata da Nino D'angelo che riprende<br />
ancora una volta la tr<strong>ad</strong>izione della sceneggiata. Concettualmente la produzione di questo ragazzo<br />
di San Pietro a Patierno ( uno dei quartieri del degr<strong>ad</strong>o alla periferia di Napoli ) conserva la<br />
suddivisione in tre parti e l'alternanza tra il recitato ed il cantato , non basato più solo sul dialetto,<br />
ma utilizzando anche il linguaggio nazionale servendosi di batterie e tastiere elettroniche<br />
strumentazione non in uso nella sceneggiata classica di Merola.<br />
<strong>La</strong> carriera del "ragazzo con il caschetto", cosi soprannominato per la sua capigliatura, ha un inizio<br />
difficile nel '76 con un 45 giri A storia mie . <strong>La</strong> storia è così sintetizzabile un ragazzo scippa una<br />
borsa <strong>ad</strong> una signora questa lo porta in commissariato ma, ma venuta a conoscenza della triste<br />
condizione del ragzzo gli regala la borsa. Una vera sceneggiata.<br />
<strong>La</strong> sua produzione successiva si lega al conflitto <strong>ad</strong>olescenziale vissuto da un giovane "perdente"<br />
emarginato dagli intellettuali. D'angelo realizza anche una sceneggiata per il cinema dal titolo Nu<br />
jeans e na maglietta che divenne anche tema musicale dello stesso.<br />
Nu jeans e na maglietta<br />
na faccia acqua e sapone<br />
ma fatte 'nammura<br />
chesta semplicità.<br />
Ma tu num me <strong>dai</strong> retta<br />
31
dice ca si guaglione<br />
ca ancora nun tiene<br />
l'età pe fa l'ammore<br />
tu quindicenne<br />
ma sei gia donna<br />
[...]<br />
Questo film all'epoca della sua uscita fu campione di incassi superando anche Flash Dance che<br />
all'epoca andava molto in auge.<br />
Il percorso ventennale di Nino D'angelo è tortuoso e faticoso per dover resistere alla cultura<br />
dell'emarginazione ma dimostra come questo tipo di produzione, detta di massa, di sottocultura, non<br />
considerata dal ceto intellettuale rappresenti invece la cultura del proletariato del vicolo, della quale<br />
d'altra parte scaturiscono nomi come Viviani, Toto, De Filippo.<br />
<strong>La</strong> Produzione di Nino D'angelo passa per brani tipo A discoteca, Ragazze M<strong>ad</strong>ri, che sporta in<br />
Germania nell '86 ( chissa a chest'ora <strong>ad</strong>do staie tu [...], vaco giranno mieze e str<strong>ad</strong>e e t'chiamme )<br />
all'Olimpià di Parigi ( Un ragazzo ed una ragazza con la stessa idea ) approda poi negli anni '90 a<br />
temi sociali come in Bravo Ragazzo ( bravo ragazzo tu ca te fai o male ogno ghiuorno tu, te staie<br />
arrenneno tropp' 'ampress' e che sta vite e compromess ) e in Ciucculatine d' 'a Ferrovia (93) in<br />
cui rivede un pò la sua vita di <strong>ad</strong>ulto a cui è mancata l'infanzia ( E si cresciuto / <strong>ad</strong>do se nasce già<br />
cresciuto / nun è pazziate / Tu 'e pazzielle nun le avive / forse si state qualche vota nnammurate /<br />
ma nisciuno t'ha crerute ).<br />
<strong>La</strong> popolarità di Nino D'Angelo, forte nella gente (del popolo) napoletana assurge a personaggio di<br />
livello nazionale grazie anche <strong>ad</strong> una trasmissione televisiva (febbraio '98) dove Nido D'angelo<br />
presenta il Dopofestival di Sanremo e dove indossa i panni di un pazzariello trash , ma sopratutto<br />
grazie <strong>ad</strong> un film Tano da Morire della regista Roberta Torre al quale viene conferito il David di<br />
Donatello 1998 alla regia ed alla colonna sonora il cui autore è proprio Nino D'Angelo che partendo<br />
da napoletano ragazzo di periferia, gli viene conferito il titolo di cantautore italiano.<br />
Tano da Morire è una parodia musicata in tecnica rap di un drammatico problema del Sud Italia che<br />
è la mafia.<br />
Dint' o sipario e ciele e mmare è cresciuto,<br />
sotto o stesse cielo <strong>ad</strong>do è fernuto<br />
nun è ghiuto a scol<br />
chelle c'ha sapeve<br />
nun se l'era mparato<br />
[....]<br />
Comme era bello Tano mio<br />
comme era mafioso Tano mio<br />
Comme era bello Tano mio<br />
o rap eTano.<br />
Se questo è l'ultimo momento ( per noi che <strong>ad</strong>esso vi scriviamo ) della canzone napoletana, in<br />
generale tutti gli anni '90 vedono una produzione alternativa legata ai collettivi ed ai centri sociali.<br />
Nel '93 gli Almamegretta, pur appartenendo a questo tipo di cultura, riprendono brani popolari<br />
come Sanacore , rifacendosi ancora a Viviani.<br />
I quann me nzurai a na guaglione<br />
I quann me nzurai a na guaglione<br />
comme era sapurito<br />
comme era sapurito<br />
a na mugliera<br />
32
A primma notta ca me cuccai<br />
A primma notta ca me cuccai<br />
ma a me venetto o freddo<br />
e a essa pure<br />
In Sangue e Anima ripercorrono le caratteristiche dei ghetti americani ritrovando delle assonanze<br />
con la situazione e la musicalità napoletana.<br />
Sanghe e anima<br />
e chella ca t' ra e botte tutte e juorn pè campà<br />
Tire annanze e stongo arete<br />
primme chiagne e po esceno a murì.<br />
Il rispetto della tr<strong>ad</strong>izione è presente anche in un altro gruppo i Bisca che recuperano Tammurriata<br />
di E.A. Mario che diventa<br />
Tammurriata del lavoro nero ( Se m'è pressione se / se a tolleranza se A Giuglian ea Baia Domizia<br />
/ a Villa Literne a Casandrin, Chill'o fatt e nir nir ) ed ancora dalla tr<strong>ad</strong>izione della rumba di<br />
Viviani viene recuperata O Guarracino<br />
Eh<br />
viene ascimm e vaco truvanno<br />
pe ce nzurà<br />
[....]<br />
cu na parrucca<br />
Ma anche il cinema si occupa di problemi sociali napoletani Nanny Loi con Scugnizzi, recupera i<br />
ragazzi di Nisida in un film pieno di tristezza ma anche di tante speranze. Un collage di brani<br />
musicali ancora molto attuali costituiscono l'ossatura del film, i cui protagonisti sono i giovani<br />
emarginati, operando una critica alla gente potente ed elegante. L autore dei brani e delle musiche<br />
del film è Claudio Mattone e brani come A città e Pulicenella ( T'accompagno vico vico / sulo a tte<br />
che sì n amico / e tè porte pè e quartiere <strong>ad</strong>dò o sole nun se vede / Ma se vede tutto 'o riesto / e<br />
s'arapeno e ffeneste / e capisce comm è bella a città e Pulicenella [...] ) Gente magnifica gente (<br />
Gente magnifica gente / chi tanto e chi niente / e nuje stammo a guardà, Gente magnifica gente / di<br />
questa citta / Gente magnifica gente elegante e potente ma sta gente che fa! / gente che ama la<br />
gente sta gente ce stà ) e Perzone Perzone ( Perzone, perzone , perzone / ca jesceno fore da ogni<br />
purtone / ma quanti perzone perzone, perzone/ pè chesta città / perzone perzone, perzone<br />
s'affaciano tutte da 'o stesse balcone ma quanti pperzone, perzone perzone, / che stanno a guardà /<br />
è comm na qu<strong>ad</strong>riglie chi lassa e chi piglia / e a gente s'arravoglie, s'accide, se mbroglia / e a<br />
nervature saglie saglie saglie / e nun me vò lasse ) costituiscono una miscela unica<br />
nell'interpretazione dei ragazzi di Nisida. Un pezzo comeCarcere 'e Mare acquista nell'economia<br />
del film una peculiarità tutta sua.<br />
Ancore quanno tiempo hà dda passare<br />
Io da ccà dinto me ne voglio ascire<br />
ma tengo la pazienza d'aspettare.<br />
Carcere 'e mare<br />
E aspetto o viento ca me fa vulà<br />
apetto o sole ca .... me fa asciuttà ...<br />
e aspetto o suonno pe potè sogna<br />
Carcere 'e mare.<br />
Mentre punti più melodici nel film sono rappresentati da Scetate sce<br />
33
E da Parlanno, Parlanno<br />
Scetate scè Scetate scè<br />
Jamme a vedè <strong>ad</strong>do sponta o sole<br />
Ch e assaie chiù bello 'e quanno chiove<br />
pe ce scalda, pe ce asciutta<br />
Scetate scè Scetate scè<br />
È vvote pò passa a fortuna<br />
che nun aspetta maje a nisciuno<br />
e se ne va e se ne va<br />
Ma ce sta sempe a pazienza ca nun c'abbandona<br />
ce sta a speranza pè chi è malamente e pè chi è bbuono<br />
Napule ce vo bene<br />
e nun c'è pò nganna<br />
E ncontrammoce e dammoce a mano<br />
si stammo vicino potimmo parlà<br />
e parlanno, parlanno, parlanno<br />
quanti ccose se ponno accuncià<br />
quante cose ca sulo si è ddice<br />
fanno fa pace e te fanno scurdà<br />
E parlanno, parlanno, parlanno<br />
quante str<strong>ad</strong>e se ponno truvà<br />
viene cca, e parlanno si avimm a parlà<br />
viene cca, pecche è vvote o silenzio tu o ssaje<br />
nun se pò suppurtà<br />
Questi sono solo pochi testi dei brani musicali del film duro e crudo di Loy, ma rappresentano<br />
l'emozione e la realtà che i giovani vivono nelle carceri : la sofferenza, la solitudine, il dramma<br />
umano. Ma gli anni '90 sono anche anni di rielaborazione come l'orchestra italiana di Arbore e la<br />
nascita di nuove unioni canore come Murolo-Martini ( quest'ultima recentemente scomparsa ) con<br />
composizioni tipo : Cu mme<br />
Scinno cu mme<br />
funno o mare a truva<br />
chello ca nun tinemmo cca<br />
Viene cu mme<br />
e accummince a capi<br />
comme è inutile stu suffri<br />
Guardo stu mare<br />
ca c'infonne e paure<br />
sta cercanne e ce mparà<br />
Ah, ah<br />
comme se fa<br />
e da turmiento all'anema<br />
ca vuò truva<br />
se tu nun scinn funno<br />
nun o può sapè<br />
comme se fà ...<br />
34
Pino Daniele, intanto, riprende con Fortunato la tr<strong>ad</strong>izione di Viviani ( Fortunate tene a robba<br />
bella nzogna nzo ) Un brano dedicato <strong>ad</strong> un ambulate di taralli del centro storico di Napoli. " <strong>La</strong><br />
voce di imbonimento per la vendita del prodotto dialoga con il funky americano " ( Scialò <strong>La</strong><br />
canzone <strong>Napoletana</strong> Newton ). Daniele propone poi CD come Non calpestare i fiori ... in cui sono<br />
presenti brani come O cammello nnammurato ( o cammello nnammurato se scucciate, pe sta vita e<br />
se ne va / seguendo la luna / o cosi con troppa gente ha ncuntrato / l'oro nero dove sta ... lo<br />
troverai se avrai fortuna / E il vento soffia e soffierà .. [...] / su quel nemico da finire [...] sulla tua<br />
pelle dolce come il miele / [...] ) ed ancora Un Deserto di Parole ( È un deserto questo amore / fa<br />
affiorare l'acqua sotto il cielo stellato nel deserto nasce un fiore / fiore della vita / la speranza della<br />
vita / Africa ... [...] ) ed ancora Fumo Nero ( Credimi il mondo non ha angeli / è pieno di miracoli /<br />
che la vita è pure / credimi attori pelle ruggine e la cultura 'e fagioli / fumo nero nel cielo /<br />
guardami viviamo nell'immagine, ma poi restano al margine e vi sentiamo soli / soli / [...] ).<br />
L'operazione è quella della fusione della cultura africana accostandola a quella partenopea<br />
fondendone generi e musicalità. Pino Daniele va inoltre, ma non in fine, ricordato per le colonne<br />
sonore scritte per i film di Massimo Troisi. Operazione di riutilizzo di generi vanno sicuramente<br />
ascritte anche a Edoardo Bennato, che nel '92 con Joe Sarnataro, utilizzando un ritmo rock-blues<br />
cantano i guasti nella speculazione nella città di Napoli con la composizione È asciuto pazzo o<br />
p<strong>ad</strong>rone.<br />
Un punto di arrivo <strong>ad</strong> oggi (1998) si puo considerare l'esperienza dei 99 Posse i quali partendo<br />
dalla tr<strong>ad</strong>izione e cultura dei centri sociali hanno portato a livello nazionale ed internazionale il<br />
disagio del sud esempio ne è Taglierete Tutto<br />
Per guidare la Rivolta<br />
non basta la patente<br />
necessita esperienza<br />
in autostr<strong>ad</strong>a<br />
conoscenza del veicolo<br />
chiarezza sul percorso<br />
e sopratutto un bel motivo<br />
conveniente<br />
na cosa intelligente<br />
esattamente<br />
ciò che manca a te<br />
ed alla tua gente<br />
In questa nostra breve panoramica, si sono volute inserire anche queste ultime tendenze che di fatto<br />
già entrano nella storia e nella cultura della canzone napoletana. Pur se lontano appare il mondo di<br />
Di Giacomo, Russo, Bovio, oggi si dispone di un patrimonio che costituisce l'ossatura per la<br />
canzone napoletana per nuovi scenari e nuove elaborazioni.<br />
Abbiamo voluto presentare tutti gli aspetti della canzone napoletana la cosidetta colta e quella<br />
rimossa, non con l'intento di esprimere o far esprimere giudizi di valore, ma solo cercare di<br />
presentare tutte le sfaccettature di una cultura ricca e variegata che molto ha dato e ancor molto può<br />
dare a Napoli, all'Italia ed al Mondo intero.<br />
35
6) Recensioni<br />
Si riportano di seguito alcune testimonianze di cultori della <strong>Canzone</strong> <strong>Napoletana</strong> Che hanno<br />
recensito questo articolo quando era gia presente sulla rete all indirizzo<br />
http://www.geocities.com(giosec/canapoletana.html (si pubblica su autorizzazione dell autore che<br />
ringraziamo per l attenzione e la cortesia prestataci.<br />
Recensione di Pierre Benveniste<br />
L articolo viene lasciato in lingua originale per i cultori della materia.<br />
Egregio signor Secondulfo,<br />
Mi piace molto il suo bello lavoro sulla canzone napoletana. Sono francese e partecipo a un gruppo<br />
de musica classica "classique.fr" sul net. Ho scritto un breve riassunto sulla canzone napoletana in<br />
francese e vorrei citare il suo testo come riferimento.<br />
Prima di inviare il mio testo al gruppo, con la presente richiedo a lei l'autorizzazione a citare il<br />
suo lavoro.<br />
Grazie in anticipo per la sua risposta.<br />
Cordiali saluti<br />
Pierre Benveniste<br />
Dans un message précédent (<strong>La</strong> Molinara de Paisiello, message 97418) j'ai évoqué l'influence du<br />
chant tr<strong>ad</strong>itionnel napolitain sur l'opéra bouffe. Il m'a semblé intéressant de faire un modeste exposé<br />
sur la chanson napolitaine. <strong>La</strong> source principale de mon exposé est l'article de Secondulfo et<br />
Secondulfo (2004) "<strong>La</strong> canzone napoletana <strong>dai</strong> cantastorie <strong>ad</strong> oggi" que l'on peut consulter grâce au<br />
lien ci-dessous.<br />
www.geocities.com/Athens/Aegean/1214/canapoletana.htm<br />
1. Des origines au milieu du 19ème siècle.<br />
Comme dans de nombreuses autres régions, le chant tr<strong>ad</strong>itionnel napolitain (principalement des<br />
récits épiques) a été transmis oralement par les chanteurs ambulants (cantastorie). De ce fait les<br />
chants anciens sont très difficiles à dater d'autant plus qu'ils peuvent réapparaitre plusieurs<br />
décennies plus tard avec des paroles ou des harmonisations différentes. Parallèlement la villanelle,<br />
genre plus populaire, se développe sous forme de petites compositions à plusieurs voix de forme<br />
strophique. Une des plus anciennes chanson napolitaine qui nous soit parvenue (Jesce sole...) serait<br />
datée autour de 1200. Au 16ème siècle, le peintre-poête Salvator Rosa a écrit les paroles et la<br />
musique de "Michelemma" où il est question d'une jeune femme (Michela mia) née au milieu de la<br />
mer pendant une attaque de pirates. De cette époque date un autre chant célèbre:"Lo Guarracino",<br />
dont les 19 strophes décrivent les amours d'un guarracino (poisson de la baie de Naples) et d'une<br />
sardine ainsi que les péripéties agitées de cette union, dans un vocabulaire piscicole des plus<br />
réjouissant. Du 17ème ou du 18ème siècle datent une série de sérén<strong>ad</strong>es anonymes ayant la fenêtre<br />
comme point commun: "Fenesta cu a nova gelosia", "Fenesta vascia" et l'inoubliable "Fenesta ca<br />
lucive" qui peut-être inspira Bellini dans la Somnambule. I' te voglio bene assaje... est daté 1837, le<br />
texte est de Raffaele Sacco et la musique attribuée à Donizetti; de la même époque date "Lo<br />
cardillo" (Le chardonneret), deux chants assez ironiques, surtout le second où un individu plutôt<br />
voyeur élève un chardonneret pour espionner sa belle. Quelques années plus tard seront composées<br />
3 chants emblématiques: Santa Lucia (Theodore Cottrau, 1856), O Sole mio (G.Capurro, E. di<br />
Capua, 18) et Funiculi funicula (Turco, Denza, 1880) qui feront le tour du monde.<br />
36
2. L'age d'or (1880-1914)<br />
Une prospérité économique relative, la fin d'une épidémie de cholera qui ravagea l'Europe sont<br />
peut-être des facteurs qui stimulèrent la création d'autant plus que des poètes talentueux parmi les<br />
meilleurs de la péninsule et de bons musiciens prêtèrent leur concours. De façon très marginale<br />
mais hautement significative, Gabriele D'Annunzio signa avec F.P.Tosti un chef d'oeuvre miniature<br />
"A vuchella" (la petite bouche, 1907). D'autre part le poète et écrivain Salvatore di Giacomo réalisa<br />
une oeuvre immense comprenant plus de 500 textes de chansons. Dans cette entreprise il collabora<br />
avec de nombreux musiciens dont P.M. Costa avec qui il signa de véritables chefs-d'oeuvre: "Era de<br />
maggio" (C'était en mai, 1885), "<strong>La</strong> luna nova" (1887) et "Serenata napulitana" (1897). On notera la<br />
parenté spirituelle unissant Era de maggio avec Le temps des cerises à peu près contemporain<br />
(1869) ainsi que la magnifique mélodie de "<strong>La</strong> luna nova". Dans ces oeuvres le caractère populaire<br />
cède le pas à un genre plus sophistiqué se rapprochant de la mélodie classique avec<br />
accompagnement de piano ou guitare. On peut retrouver une veine plus populaire dans le café<br />
chantant très prisé par les napolitains au début du 20ème siècle. "Lily Kangy" (Capurro,<br />
Gambardella, 1905), "Nini Tirabuscio" (Califano, Gambardella, 1906) en sont d'amusants<br />
exemples. Ces textes mettent en scène la figure de la "sciantosa" (chanteuse) venant soi-disant des<br />
Folies Bergère mais en fait originaire d'un quartier populaire de Naples. Dans le même temps le<br />
couple Vincenzo Russo et E. di Capua publieront quelques réalisations remarquables: "I' te vurria<br />
vasa' (Je voudrais t'embrasser, 1900), Maria Mari (1900) et "Rosa! che belli rrose". Enfin, "Core<br />
'ngrato" (Cardillo, Cordiferro, 1911 fit rapidement le tour du monde grâce à Enrico Caruso.<br />
3. L'entre-deux guerres.<br />
<strong>La</strong> 1ère guerre mondiale et ses ravages désastreux ainsi que la crise économique accélère un<br />
mouvement déja engagé depuis plusieurs décennies: l'émigration des travailleurs du sud de l'Italie<br />
vers d'autres pays européens et surtout vers l'Amérique du nord. Après 1918 le ton des chants<br />
napolitains est souvent sombre. De nombreux chants témoignent de la frustration et de la détresse<br />
des émigrés qui pleurent leur patrie perdue. "A cartulina 'e Napule" (<strong>La</strong> carte postale, De Luca,<br />
Buongiovanni), "<strong>La</strong>creme napulitane" (larmes napolitaines, Bovio, Buongiovanni, 1925) en sont<br />
d'émouvants témoignages. Sur un mode plus léger "Core furastiero" (Coeur étranger, A.Melina,<br />
E.A.Mario, 1922) met en scène un "américain" qui revient à Naples en touriste et qui est considéré<br />
comme un étranger dans le quartier qui l'a vu naitre. Dans un contexte différent mais tout aussi<br />
désespéré, "L'Urdema tarentella" (Bovio, Tagliaferri) étonne par sa violence quasi expressionniste.<br />
Quelques années plus tard un auteur compositeur de grand talent E.A. Mario publiera une pléi<strong>ad</strong>e<br />
de titres de qualité dont la très belle "<strong>Canzone</strong> appassiunata" (1922) ainsi que "Santa Lucia<br />
luntana" (1919). Ajoutons la verve sarcastique de Raffaele Viviani dans "Bammenella". On ne peut<br />
évidemment pas tout citer ici tant cette période est riche, s'il fallait ne retenir qu'un seul titre du<br />
grand L.Bovio, alors ce serait "Passione" (L.Bovio, E.Tagliaferro, N.Valente, 1934).<br />
4. Les temps modernes (de 1945 à nos jours).<br />
<strong>La</strong> 2ème guerre mondiale et son cortège de destructions et d'atrocités entraine des changements<br />
importants. Au début des années 1950 ces changements ne sont pas très apparents, des chansons<br />
comme "Tammuriata nera" (Nicolardi, E.A.Mario, 1945) que l'on pourra entendre dans le film le<br />
voleur de bicyclettes de Vittorio de Sica, des titres tels que "Anema e core" (Manlio, D'Esposito,<br />
1950), "Reginella" (Bovio, <strong>La</strong>ma), "Malafemmena" (Antonio de Curtis dit Toto, 1951) gardent un<br />
peu de la magie et du lyrisme des chants plus anciens. Quelques années plus tard, une évolution se<br />
dessine, l'influence du jazz, l'irruption de rythmes nord- et sud-américains entrainent évidemment<br />
d'importants changements dans la partie musicale des chants. Les titres tels que "Guaglione" (Nisa,<br />
Fanciulli, 1956) ou "Accarezzame" (Nisa, Calvi, 1954) vont connaitre un succès international.<br />
37
Guaglione sera popularisé en France sous le titre italien de "Bambino" et y connaitra une fortune<br />
considérable. Dans les années 1960, Domenico Modugno signera plusieurs mélodies en langue<br />
napolitaine: "str<strong>ad</strong>a n'fosa" (route mouillée), "resta cu me" et surtout "<strong>La</strong>zarella", une spirituelle<br />
composition toute frémissante des bruits de Naples. Le même esprit prévaut dans "A citta' 'e<br />
Pulecenella", une composition de Claudio Mattone.<br />
N'ayant ni les compétences, ni le recul pour analyser les tendances actuelles du chant napolitain, le<br />
lecteur pourra consulter l'article de Secondulfo et Secondulfo.<br />
5 Discographie<br />
Elle est évidemment d'une extrême richesse. A mon humble avis, les chants napolitains sont<br />
particulièrement émouvants lorsqu'ils sont discrètement accompagnés par une guitare ou de petits<br />
ensembles comprenant en plus de la guitare, la mandoline, le calascione, le tamurro (tambour). Un<br />
violon, une flute, voire un accordéon peuvent agrémenter l'ensemble. Voici mon trio gagnant:<br />
Mario Maglione, un chanteur exemplaire lorsqu'il s'accompagne d'une simple guitare.<br />
Stefano Albarello dans Eco del Vesuvio, chante la meilleure version de "Era de maggio".<br />
Gianni Quintiliani brille par le choix des magnifiques mélodies qu'il interprête.<br />
Il faut également avoir entendu: Mario Merola dans <strong>La</strong>creme napulitane, Angela Luce dans<br />
Bammenella, Antonio Sorrentino dans 'A tazza 'e café, Lina Sastri dans Tammuriata nera, Gloriana<br />
dans Canta pe me etc...<br />
38
7) Bibliografia<br />
AA.VV. I <strong>Cantastorie</strong> Racconti popolari dell'ottocento campano Edikronos Palermo 1981<br />
Salvatore Di Giacomo Poesie e Canzoni Luca Torre Napoli 1993<br />
Umberto Franzese Gli ambulanti Napoletani Newton 1997<br />
Arturo Frette Salvatore Di Giacomo Newton 1997<br />
Sergio Lori Il varietà a Napoli Newton 1996<br />
Pasquale Scialò <strong>La</strong> canzone <strong>Napoletana</strong> Newton 1996<br />
AA. VV. Napoli Canta Millenote Rosa Hanne Edizioni<br />
G.B. Basile - P. Pullega <strong>La</strong> cultura letteraria Vol. II Zanichelli 1985<br />
N. Sapegno Compendio di Storia della letteratura Italiana Vol. II <strong>La</strong> Nuova Italia Firenze 1985<br />
P. Pironti Quattro secoli di cantastorie In Strenne Napoletane 1974 a cura di Max Vajro Ed. Del<br />
Delfino<br />
<strong>La</strong> <strong>Canzone</strong> <strong>Napoletana</strong> <strong>dai</strong> <strong>Cantastorie</strong> <strong>ad</strong> <strong>Oggi</strong><br />
A cura di Rosaria Secondulfo con la collaborazione di Giovanni Secondulfo<br />
Informazioni, chiarimenti, discussioni at Contact point giovanni.secondulfo@inwind.it<br />
39