Eleonora Panizzi - Public Administration

Eleonora Panizzi 

L’ALTO COMMISSARIO PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO 

DELLA CORRUZIONE E DELLE ALTRE FORME DI ILLECITO 

NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: 

NATURA E FUNZIONI 

Tesi di Laurea discussa presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di 

Verona in data 22 giugno 2006. Relatore: Prof. Daniele Corletto

INDICE 

I. INTRODUZIONE ALLA FIGURA DELL’ALTO COMMISSARIO ............... 1 

1. Finalità della ricerca...................................................................................................... 1 

2. Definizione di corruzione ............................................................................................. 2 

2.1. Dalla semantica all’etica.................................................................................... 3 

2.2. Definizioni economiche..................................................................................... 5 

2.3. La corruzione nel codice penale ........................................................................ 7 

2.4. La definizione di corruzione nelle fonti internazionali.................................... 14 

3. Ratio dell’istituzione dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione...................... 16 

4. Cenni al contesto normativo in cui si colloca l’istituzione dell’Alto Commissario 

contro la corruzione ........................................................................................................ 22 

4.1. Il Codice deontologico dei dipendenti pubblici............................................... 31 

5. Repressione e prevenzione.......................................................................................... 35 

5.1. Il Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione .......... 40 

II. L’AZIONE INTERNAZIONALE CONTRO LA CORRUZIONE ................... 45 

1. Quadro generale.......................................................................................................... 45 

2. In particolare: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC). 53 

III. DESTINATARI DELL’OPERATO DELL’ALTO COMMISSARIO............... 58 

1. Premessa ..................................................................................................................... 58 

2. Nozione di Pubblica Amministrazione....................................................................... 61 

2.1. Problematicità di una nozione unitaria. L’evoluzione della p.a. alla luce del 

processo di privatizzazione .................................................................................... 61 

2.2. Concezione penalistica della pubblica amministrazione ................................ 69 

2.3. La definizione offerta dal decreto legislativo n. 165/2001 .............................. 71 

3. Rapporti con regioni, province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali. I pareri 

espressi dalla Conferenza Unificata e dal Consiglio di Stato ....................................... 78 

4. Il personale amministrativo ........................................................................................ 85 

4.1. Pubblici Ufficiali.............................................................................................. 90 

4.2. Incaricati di un pubblico servizio..................................................................... 93 

IV. OGGETTO DELL’OPERATO DELL’ALTO COMMISSARIO ...................... 99 

1. Premessa ..................................................................................................................... 99 

2. Delitti contro la Pubblica Amministrazione ............................................................. 102 

I

3. Fatti integranti responsabilità amministrativa, contabile e disciplinare del pubblico 

dipendente..................................................................................................................... 110 

V. COMPETENZE, NOMINA E RAPPORTI CON GLI ALTRI SOGGETTI 

ISTITUZIONALI....................................................................................................... 131 

1. Competenza .............................................................................................................. 131 

1.1. I protocolli d’intesa....................................................................................... 132 

2. Nomina...................................................................................................................... 137 

3. Strutture di supporto ................................................................................................. 138 

4. Rapporto con il Presidente del Consiglio ................................................................. 143 

5. Relazioni intersoggettive .......................................................................................... 147 

VI. FUNZIONI E POTERI DELL’ALTO COMMISSARIO................................. 156 

1. Premessa all’articolo 2 del d.P.R. 258/2004............................................................. 156 

2. Funzioni dell’Alto Commissario contro la corruzione ............................................. 157 

3. Poteri dell’Alto Commissario anti-corruzione.......................................................... 160 

4. Procedimento innanzi all’Alto Commissario............................................................ 165 

5. Obblighi gravanti sull’Alto Commissario................................................................. 170 

6. Spese di funzionamento............................................................................................ 172 

7. Operatività concreta.................................................................................................. 174 

VII. NATURA DELL’ALTO COMMISSARIO CONTRO LA CORRUZIONE... 176 

1. L’Alto Commissario contro la corruzione come autorità indipendente?.................. 176 

2. Altre ipotesi interpretative ........................................................................................ 192 

3. Un’Autorità allo stato nascente................................................................................. 195 

VIII. PROFILI DI DIRITTO COMPARATO........................................................... 201 

1.L’esperienza francese del Service central de prévention de la corruption ............... 201 

2. Russia: Consiglio anti-corruzione............................................................................. 209 

3. Portogallo: Alto Comissàrio contra a corrupçâo....................................................... 215 

4. Altri organismi: Bulgaria, Georgia, Algeria ............................................................. 216 

II

IX. CONCLUSIONI ............................................................................................... 218 

1. Giudizio critico sull’organismo tra problemi aperti e prospettive future ................. 218 

X. BIBLIOGRAFIA .............................................................................................. 222 

III

CAPITOLO I 

INTRODUZIONE ALLA FIGURA DELL’ALTO COMMISSARIO 

1. Finalità della ricerca 

L’art. 1 della L. 16 gennaio 2003, n. 3 1 ha previsto l’istituzione dell’Alto Commissario 

per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito 

all’interno della pubblica amministrazione, la cui operatività è stata successivamente 

sancita con d.P.R. n. 258 del 6 ottobre 2004 2 che ne regolamenta competenze e nomina, 

funzioni, strutture di supporto, accesso ai documenti amministrativi ed alle banche dati 

delle pubbliche amministrazioni, obblighi di informativa periodica e di denuncia, spese 

di funzionamento 3 . Preposto all’organismo in questione è il Dott. Gianfranco Tatozzi 4 . I 

primi mesi di attività sono stati prevalentemente destinati all’organizzazione dell’ufficio 

e alla predisposizione di protocolli d’intesa con altri soggetti istituzionali 5 . In attesa di 

verificare quali saranno gli effetti concreti e di lungo periodo che l’azione dell’Alto 

Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di 

illecito all’interno della pubblica amministrazione determinerà, questo studio si 

propone di definirne la natura fornendo cioè un inquadramento all’organismo neo- 

costituito così da poter offrire una chiave di lettura anche sul piano dei rapporti tra il 

medesimo e gli altri soggetti istituzionali, pubbliche amministrazioni in primis. 

Particolare problematicità presenta il rapporto tra l’Alto Commissario e le 

amministrazioni non statali 6 , ragion per cui si rifletterà sul significato stesso del 

concetto di Pubblica amministrazione, alla luce di quanto previsto dal d.lgs. 165/2001 7 e 

dalla giurisprudenza in materia. L’analisi verrà sviluppata tenendo altresì 

1 Legge finanziaria 2003, denominata Legge Frattini. Pubblicata nella G.U. 20 gennaio 2003, n.15, 

suppl.ord. Testo in vigore dal 4 febbraio 2003. 

2 Approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 settembre 2004. Pubblicato nella G.U. 22 ottobre 2004, 

n.249. Testo in vigore dal 6 novembre 2004. 

3 Relativamente alle spese di funzionamento si veda alla voce Finanziamenti speciali, art.1 comma 242 

della legge finanziaria del 2005. 

4 Già magistrato, membro del CSM, presidente di Sezione della Cassazione, capo di gabinetto dei 

ministri Alfredo Biondi e Filippo Mancuso, capo del Dipartimento Affari di Giustizia del ministro 

Roberto Castelli, il Dott. Tatozzi è stato nominato Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto 

della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione con d.P.R. 28 ottobre 2004, 

G.U. n.287 del 7 dicembre 2004. 

5 Protocollo d’intesa con l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici del 24 giugno 2005. Protocollo 

d’intesa con la Guardia di Finanza del 13 ottobre 2005. Protocollo d’intesa con la Procura Nazionale 

Antimafia. 

6 Parere Conferenza Unificata del 29 aprile 2004. Parere Consiglio di Stato del 31 maggio 2004. 

7 G.U. 9 maggio 2001, n. 106 suppl. ord. n. 112. 

1

considerazione delle numerose fonti internazionali e comunitarie esistenti in materia di 

lotta e prevenzione della corruzione, prima fra tutte la Convenzione di Merida delle 

Nazioni Unite contro la corruzione del 31 ottobre 2003, entrata in vigore il 14 dicembre 

2005 a seguito del deposito della trentesima ratifica da parte dell’Ecuador in data 15 

settembre 2005. In prospettiva comparatista, si farà cenno all’esistenza in Francia ed in 

Russia di organismi aventi finalità analoghe a quelle dell’ Alto Commissario per la 

prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno 

della pubblica amministrazione. Per quanto la strada sia ancora lunga, con l’istituzione 

di questo organismo sono state gettate le basi ordinamentali per contrastare 

efficacemente la piaga della corruzione amministrativa, secondo una strategia di lotta 

non più ispirata alla sola repressione del fenomeno bensì alla luce di un nuovo 

approccio che trova nella prevenzione il proprio punto di forza. Il prossimo passo, assai 

impegnativo, è rimesso alla coscienza collettiva: non ci può essere infatti autentica 

prevenzione fintantoché la corruzione del pubblico funzionario continuerà ad essere 

socialmente tollerata. Scriveva Orazio: « leges sine moribus vanae». 8 

2. Definizione di corruzione 

Le cronache riferiscono che nel dicembre 1997 una squadra di archeologi olandesi ha 

scoperto a Rakka, in Siria, circa centocinquanta iscrizioni cuneiformi dalle quali è 

emerso che tale località era stata sede di un centro amministrativo della civiltà assira, 

risalente al XIII secolo a. C. E’ stato rinvenuto un archivio speciale, forse equivalente 

ad un moderno “Ministero degli Interni”, contenente dati relativi a dipendenti che 

accettavano tangenti, tra i quali figuravano i nomi di alti funzionari e il nome di una 

principessa assira. Da ciò si evince che la corruzione è fenomeno antico e radicato nella 

civiltà umana, pertanto gli strumenti di prevenzione e lotta avverso essa debbono 

caratterizzarsi per una peculiare incisività. A questo scopo è stata resa creata nel nostro 

8 Orazio, Carmi, III, 24. 

In questo senso B. Huber in Il sistema tedesco di lotta alla corruzione: una comparazione con quelli di 

altri paesi europei, Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., anno XII, n. 3 luglio-settembre 1999, p.523 : il sistema della 

corruzione si può diffondere solo là dove lo consentano le condizioni etiche e morali. I corrotti devono 

essere prima di tutto condannati dalla società, la quale deve essere sensibilizzata sui pericoli della 

corruzione per l’ordine giuridico dello Stato. 

Così, secondo The Worldbank: helping countries to combat corruption, Settembre 1997, questa realtà 

diventa controllabile solo se i cittadini non la tollerano più. 

2

ordinamento la figura dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, per affrontare 

l’analisi della quale è opportuno definire in via preliminare la nozione stessa di 

corruzione. 

2.1. Dalla semantica all’etica 

Considerata la polisemia del termine corruzione conseguente alla molteplicità di 

contesti in cui essa può presentarsi 9 e tenuto altresì conto dell’elevato grado di 

variabilità formale e sostanziale che la contraddistingue e della clandestinità che ad essa 

si accompagna, ne risulta problematica l’apprensione intellettuale e la 

concettualizzazione in termini universali 10 . Sotto il profilo semantico-etimologico, il 

9 M. Arnone, E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Ed. Vita e 

Pensiero, 2005, pp. 3 ss.: “ Il problema definitorio deriva dalla molteplicità degli aspetti che 

caratterizzano il fenomeno e dalla difficoltà di distinguerlo da altri tipi di atti illegali o, addirittura, da 

comportamenti che sono considerati legali. (…) Le molteplici caratteristiche proprie del fenomeno fanno 

sì che la corruzione sia connotata da una forte elusività; la sua estensione sia verticale che orizzontale e 

l’eterogeneità dei suoi canali di trasmissione, da un lato, e il fatto che gli episodi corruttivi possano essere 

innescati da un’ampia gamma di comportamenti (illegali e non), dall’altro, contribuiscono a rendere il 

fenomeno difficilmente dominabile. Il problema definitorio si riflette a livello di policy making e nella 

necessità che le strategie di lotta alla corruzione si indirizzino a molteplici fattori.” 

A. Nieto, Corrupciòn en la España democràtica, Barcelona, Ariel, 1997, p. 83: “ (…) il concetto di 

corruzione si fraziona e adotta diverse modalità, sovrapposte o no (a seconda della natura della norma 

violata), che importa esaminare separatamente: corruzione religiosa, corruzione sociale, corruzione 

pubblica, corruzione politica, corruzione amministrativa, corruzione penale, corruzione privata, 

corruzione corporativa, ecc.” 

10 Per R. Lucchini, Universalisme et relativisme dans l’approche de a corruption. Réflexions 

sociologique, Friburgo, Editions Universitaires Friburg Suisse, 1995, pp.51 ss. il dibattito contrappone i 

relativisti, che pongono l’enfasi sugli aspetti microculturali della corruzione, a quanti invece propugnano 

un modello etico ancorato ai diritti fondamentali. 

Si indicano alcune definizioni. Per M. Johnston, Political corruption and public policy in America, 

Belmont, California, Brooks/Cole Publishing Company, 1982, pp.4 ss. e F. Cazzolla, Della corruzione. 

Fisiologia e patologia di un sistema politico, Bologna, Il Mulino, 1988, pp.11-15, la corruzione è definita 

in rapporto al concetto di legalità come la violazione di una norma di comportamento o di uno standard 

formale da parte del dipendente pubblico. 

Per J. Rodrìguez-Arana Muñoz, Principios de ética pùblica, Montecorvo, Madrid, 1993, p.87, la 

corruzione è un attentato grave alla stessa essenza del servizio pubblico, nella misura in cui suppone che 

il funzionario deliberatamente tradisce il senso della gestione degli interessi collettivi. 

Per E. Garzòn Valdés, Acerca de la tesis de la separaciòn entre Moral y Polìtica,in Derecho,ética y 

polìtica, Madrid, CdeEC, 1993, pp. 26 ss., la corruzione è slealtà o tradimento del sistema normativo 

rilevante, violazione limitata di un obbligo da parte di uno o più decisori con l’obiettivo di ottenere un 

beneficio personale extraposizionale dal soggetto corruttore in cambio della concessione di benefici per il 

soggetto corrotto o estorto che superano i costi della corruzione, del pagamento o del servizio estorto. 

Per M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze, 1945 e Y. Mény, D. 

della Porta, Corruzione e democrazia, Liguori, Napoli, 1995, p. 3, la corruzione sarebbe piaga dei paesi 

poco avanzati, destino della società meridionali o sottosviluppate, mentre le democrazie di consolidata 

tradizione burocratica conoscerebbero solo pochi scandali. In particolare Y. Mény e D. della Porta in op. 

cit. pp. 5 ss. si interrogano sulla diversa forma che il fenomeno assume in vari Paesi: “Per quale motivo 

ciò che desta scandalo in un determinato luogo suscita soltanto indifferenza altrove? Perché la corruzione 

è più “burocratica” in certi sistemi e più “politica” in altri? E’ essa legata a particolari forme di 

3

termine “corruzione” trae origine dal vocabolo latino “corruptĭo”, il quale indica 

alterazione, disfacimento, depravazione ovvero la qualità di ciò che, avendo perso la sua 

ragione naturale, si manifesta in forma degenerata. In senso generico pertanto la 

corruzione identifica il processo di transito da uno stato di integrità ad uno stato di 

decomposizione. Tale processo, riferito alla materia, viene analizzata in termini chimici 

e fisici. Nel soggetto umano la perdita dell’integrità è anzitutto disfacimento dell’unità 

morale essenziale: pertanto la corruzione coincide col compimento o l’induzione di altri 

al compimento di atti immorali. 11 Essa si configura come il prodotto di una “antietica” o 

“etica inversa” che consiste nella violazione di un codice culturale composto da norme 

etiche protette giuridicamente, 12 il cui contenuto tuttavia varia tra un sistema politico e 

organizzazione sociale, di struttura politica, di dominazione da parte di specifici gruppi o partiti?” Quindi 

adottano una definizione generica: “la corruzione può essere definita come uno scambio clandestino tra 

due “mercati”, quello politico e/o amministrativo e il mercato economico e sociale. E’ uno scambio 

occulto per il fatto che viola norme pubbliche, giuridiche e etiche, e sacrifica l’interesse generale ad 

interessi privati ( personali, corporativi, di partito, ecc.). Questa transazione che permette ai privati di 

accedere a risorse pubbliche (contratti, finanziamenti, decisioni…) in maniera privilegiata e mediata 

(assenza di trasparenza, di concorrenza), procura ai personaggi pubblici corrotti benefici materiali 

presenti o futuri per sé stessi o per l’organizzazione di cui fanno parte. (…) La corruzione risulta come 

una sorta di metasistema che, a prima vista, si muove ai margini delle regole, delle procedure e delle 

normali istituzioni, ma che in realtà è un vero e proprio parassita innestato sul sistema il quale, a sua 

volta, lo alimenta”. 

Per E. E. Cocciolo, Corruzione, etica amministrativa e “autoregolazione regolata” dei pubblici poteri, 

Rivista on-line della Scuola Superiore dell’economia e delle finanze, p. 3: “Un’azione si considererà 

corrotta quando sia in contrasto con l’attività normale dell’amministrazione, ossia quell’attività retta dai 

principi in vigore in un determinato momento. Al contrario, lì dove certe pratiche fossero generalizzate, 

risulterebbe impossibile stabilirne l’eventuale natura corrotta: si tratterebbe infatti di un sistema nel quale 

i valori fondamentali si sono dissolti pertanto si dovrebbe ricorrere ad altri ordinamenti normativi per 

qualificare la condotta degli attori sociali.” 

11 Enciclopedia Curcio per tutti, II ed., 1966. 

Per J. F. Malem Seña, La corrupciòn. Aspectos éticos, econòmicos, polìticos y jurìdicos, Barcelona, 

España, 2002, p. 22: “Storicamente al termine “corruzione” sono stati attribuiti due sensi distinti. In 

generale come equivalente di distruzione, devastazione o adulterazione di un materiale organico (…) ; in 

maniera specifica per designare un’attività umana specifica, quando viene assimilato al pagamento di 

tangenti. Ha significato decadenza, sporcizia, disintegrazione, degenerazione, illegalità, illegittimità o 

immoralità. Perciò (…) sebbene la corruzione possa essere qualificata come politica, commerciale o 

sociale, si sta esprimendo l’idea di una corruzione organica o di qualsiasi altra cosa vile e ripugnante ai 

nostri sensi che quest’ultima implica”. 

J. Gonzàles, Corrupciòn y justicia democratica, Madrid, Clamores, 2000, p. 97:“Risiede nella 

perversione morale l’origine di ciò che, con una sineddoche che confonde causa e effetto, è conosciuto 

nel linguaggio comune come corruzione”. 

Per E. E. Cocciolo, op. cit., p. 4:“La corruzione della persona, intesa come creatura etica, è portatrice 

della contraddizione tra valori e comportamento. Questa nozione è soggetta a due declinazioni: la prima 

sottende il concetto kantiano di autonomia morale del soggetto, basata sulla coscienza individuale (…); la 

seconda, pur presentandosi come etica individuale ha una radice ed una proiezione collettiva, in quanto fa 

riferimento ad un insieme di valori sociali ampiamente accettati. Se si considera l’uomo come 

“costitutivamente sociale” e la corruzione come un fenomeno di natura individuale ma con una proiezione 

collettiva, (…) una condotta contraria all’ “etica personale” ma compatibile con l’ “etica sociale” non sarà 

propriamente corruzione o non si tratterà di una corruzione della quale debbano occuparsi i pubblici 

poteri”. 

12 A. Pizzorno, La corruzione nel sistema politico, introduzione a D. della Porta, Lo scambio occulto. 

Casi di corruzione politica in Italia, Bologna, Il Mulino, pp.13 ss. 

4

l’altro, tra un’epoca e l’altra 13 . A seconda poi del settore di riferimento è possibile 

distinguere tra corruzione pubblica o privata, corruzione interna o internazionale, 

corruzione amministrativa o politica. Heidenheimer ha individuato tre diverse tipologie 

di corruzione: la prima, definita “corruzione nera”, è comprensiva delle gravi violazioni 

dell’ordine legale cui corrispondono atteggiamenti di rifiuto sociale unanime; la 

seconda, cosiddetta “corruzione bianca”, interessa invece quei cattivi costumi diffusi, 

difficilmente estirpabili e normalmente tollerati dall’opinione pubblica; infine, la terza 

tipologia, quella della “corruzione grigia”, è la forma più distruttiva e concerne i 

comportamenti situati a metà strada tra legalità ed illegalità che vengono diversamente 

percepiti da massa ed elitès - essa tende a diventare nera nelle società più puritane e a 

sbiancare in quelle più permissive- 14 . 

2.2. Definizioni economiche 

Transitando dal piano morale a quello economico, si osserva che in economia il termine 

corruzione tende ad essere vicino al senso comune, non distinguendosi ad esempio tra 

corruzione e concussione. Considerato il notevole impatto della corruzione sul mercato, 

di essa si sono occupati dettagliatamente molti studi economici, dai quali possono trarsi 

diverse definizioni. 

Huber 15 , ad esempio, offre una definizione di natura comportamentale, considerando la 

corruzione come “un deterioramento del processo decisionale in cui il decisore (in una 

impresa privata o nel settore pubblico) consente la deviazione o domanda di deviare dal 

criterio che dovrebbe guidare il processo decisionale in cambio di una ricompensa, della 

promessa o dell’aspettativa di essa, mentre questi motivi che influenzano il suo processo 

La depravazione morale è la causa di ogni condotta illecita, in quanto essa precede la materializzazione 

delle distinte fattispecie giuridiche; il beneficio economico-materiale rappresenta l’ultima conseguenza di 

un processo interiore che annulla la forza dei valori e sfocia in un vulnus inferto alla legalità vigente, la 

quale sussume l’insieme dei principi di indole morale che la comunità politica considera alla base del 

patto costituente. La corruzione è meno ricorrente quanto più elevato è il suo costo morale. 

13 Per comprendere la stretta relazione tra Diritto e Morale si consideri E. U. Savona, L. Mezzanotte, La 

corruzione in Europa, Carocci, Roma, 1998, p. 25. I livelli di corruzione possono divergere in maniera 

considerevole a causa dell’attitudine morale media. L’avversione alla corruzione può modificarsi nel 

tempo. Man mano che l’illegalità diventa prassi corrente, gli stessi codici di condanna della corruzione 

finiscono per indebolirsi. La previsione che la corruzione sia ampiamente praticata finisce per 

autoavverarsi perché i vincoli a quell’attività si allentano, si innescano processi di auto-legittimazione, si 

diffonde la cultura della corruzione inducendo un numero crescente di individui a farvi ricorso. 

14 A. J. Heidenheimer, Perspectives on the perception of corruption, in A. J. Heidenheimer, M. Johnston e 

U. T. LeVine, Political Corruption: A Handbook, New Brunswick, 1989. 

15 B. Huber, Combating corruption in the European Union, Series of Publications by the Academy of 

European Law in Trier, vol. 31, Bundesanzeiger Verlagsges, Koeln, 2002. 

5

decisionale non possono essere parte della giustificazione della decisione”. Secondo tale 

definizione la corruzione si risolve cioè in un conflitto di interessi fra il perseguimento 

degli obiettivi istituzionali secondo criteri teorici e il perseguimento di altri obiettivi 

devianti da tali criteri; l’elemento dello scambio, non necessariamente monetario ma 

comprensivo di qualsiasi forma di ricompensa, consente poi di distinguere la corruzione 

dall’abuso di potere. 

Secondo Banfield 16 invece la corruzione ricorre quando esistono tre tipi di attori 

economici: un mandatario, un mandante ed infine una terza persona i cui profitti e le cui 

perdite dipendono dal mandatario. Un mandatario è corruttibile nella misura in cui può 

dissimulare a priori la propria corruzione al suo mandante e diviene corrotto se sacrifica 

l’interesse del suo mandante al proprio e se, così facendo, infrange la legge. 

Diverso è l’approccio in termini di Property Rights, 17 in base al quale la corruzione è un 

“mercato nero burocratico” dei diritti di proprietà, sui quali è stato dato ad alcuni 

funzionari un potere allocativo discrezionale; essa rappresenta un mezzo illegale e 

flessibile per influenzare la definizione e attribuzione di tali diritti. 

Per l’analisi del rent seeking 18 la corruzione è una forma particolare di ricerca di rendita, 

un mezzo illegale che rappresenta una spesa di risorse rare nell’intento di captare un 

trasferimento artificialmente creato dallo Stato. 

Ancora, secondo l’impostazione del premio Nobel Becker, 19 l’economia della 

corruzione studia la situazione in cui la scarsità spinge alcuni individui ad adottare 

comportamenti corruttivi razionalmente devianti nel caso in cui si possano prevedere 

benefici sufficienti: il principio di massimizzazione dell’utilità spinge l’individuo 

(domanda del corruttore e offerta del corrotto) ad un calcolo che anticipa i vantaggi (i 

benefici) e i costi (l’ammontare delle sanzioni ponderato in base al rischio di essere colti 

in fallo secondo un calcolo di valore atteso). 

16 

E. C. Banfield, Corruption as a Feature of Governmental Organization, Journal of Law and 

Economics, v.18, pp.587-606, 1975. 

17 

R. Tilman, Emergence of Black-market Bureaucracy: Administration, Development and Corruption in 

the New States, Public Administration Review, 28, 1968, pp.437-443. 

B. L. Benson, J. Baden, The Political Economy of Governmental Corruption:The Logic of Underground 

Government, Journal of Legal Studies, v.14, 1985, pp. 391-410. 

18 

R. D. Tollison, Rent-seeking : A Survey, Kyklos, v. 35, 1982, pp.575-602. 

G. Tullock, The Ecoomics of Special Privilege and Rent Seeking, Boston, Kluwer Academic Publishers, 

1989. 

19 

G. Becker, The Economy Approach to Human Behavoiur, The University of Chicago Press, 

Chicago/London, 1976, pp. 39-86. 

6

Per la Teoria Standard Allargata 20 la corruzione consta nella violazione di un contratto 

legale, perpetrata attraverso la stipulazione di un contratto illegale. 

Hanno invece fornito un’interpretazione benevola del fenomeno i sostenitori della 

Teoria efficientistica 21 , i quali considerano la corruzione alla stregua di un lubrificante 

idoneo a rimuovere o a rendere meno nocivi alcuni ostacoli di varia natura, la cui 

inamovibilità costituisce un danno per le attività economiche. La corruzione si profila 

dunque, secondo questa impostazione, come un meccanismo atto a render l’economia 

più snella ed efficiente, strumentale al superamento delle imperfezioni dello Stato e dei 

mercati e capace di ovviare ad un certo numero di deficienze funzionali della struttura 

ufficiale e legale del sistema. Precisamente la corruzione può indurre gli agenti pubblici 

a svolgere con maggiore diligenza i propri compiti, poiché la tangente funge da 

incentivo occulto che sopperisce all’inadeguatezza delle procedure ufficiali ed accresce 

così l’efficienza di strutture amministrative irrazionali. L’esperienza italiana tuttavia 

dimostra l’esatto contrario: la corruzione produce inefficienza e, a sua volta, il cattivo 

funzionamento dell’amministrazione crea migliori occasioni di corruzione; viceversa lo 

sviluppo economico è favorito da un’amministrazione onesta. 

2.3. La corruzione nel codice penale 

Sotto il profilo giuridico si tratta di distinguere la species “fatto corrotto”, inteso come 

fenomeno appartenente alla vita reale comprensivo dell’ampia periferia concettuale del 

termine “corruzione” , dal genus “delitto di corruzione”, ossia dalla dichiarazione 

giuridica che il Legislatore ha relazionato con una condotta reale. Il diritto positivo 

vigente incrimina la corruzione agli artt. 318 ss. c.p. 22 . Alla base di tali norme c’è 

20 

S. Rose-Ackerman, Corruption. A Study in Political Economy, Academic Press, New York, 1978. 

P. Reuter, Disorganized Crime, the Economics of Visible Hand, Cambridge, Mass., MIT Press, 1983. 

P. Arlacchi, La mafia imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983. 

D. Gambetta, Fragments of an Economic Theory of the Mafia, Archives européennes de sociologie, v. 29, 

1988, pp. 127-145. 

21 

R. Williams, The politics of corruption – Explaining corruption, vol. I, Cheltenam, Uk – Northampton, 

Ma, Usa, Edward Ellar, 2000. 

E. Borgonovi e C. Gavazzi (a cura di) , Ethics and efficiency in the modern state. Are they in 

conflict?,Milano, Egea, 1994. 

P. Bernasconi (a cura di), Responding to corruption, Napoli, La città del sole, 2000. 

22 

318. Corruzione per un atto d'ufficio. Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, 

riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta 

la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni . 

Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della 

reclusione fino a un anno. 

7

l’interesse a che gli atti d’ufficio non siano oggetto di una compravendita privata. 

L’attività funzionale della pubblica amministrazione deve infatti essere gratuita o, se è 

319. Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio. Il pubblico ufficiale che, per omettere o 

ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto 

un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la 

promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni . 

319bis. Circostanze aggravanti. La pena è aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 ha per oggetto il 

conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia 

interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene. 

319ter. Corruzione in atti giudiziari. Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per 

favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della 

reclusione da tre a otto anni. 

Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è 

della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque 

anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni. 

320. Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio. Le disposizioni dell'articolo 319 si 

applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio; quelle di cui all'articolo 318 si applicano anche alla 

persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato. 

In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo. 

321. Pene per il corruttore. Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, 

nell'articolo 319-bis , nell'articolo 319-ter e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli 

articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un 

pubblico servizio il denaro od altra utilità. 

322. Istigazione alla corruzione. Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un 

pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, 

per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, 

alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo. 

Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio 

ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole 

soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di 

un terzo. 

La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che 

riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da 

parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 318. 

La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio 

che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate 

dall'articolo 319. 

322bis. Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle 

Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri. Le disposizioni degli articoli 

314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche: 

1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di 

Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee; 

2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità 

europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee; 

3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità 

europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee; 

4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee; 

5) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività 

corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio. 

Le disposizioni degli articoli 321 e 322, primo e secondo comma , si applicano anche se il denaro o altra 

utilità è dato, offerto o promesso: 

1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo; 

2) a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli 

incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, 

qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche 

internazionali. 

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni 

corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi. 

8

previsto un compenso, esso deve essere disciplinato dal diritto pubblico e incamerato 

dalla pubblica amministrazione. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 318, 319 e 

320 c.p. la corruzione è definibile come il fatto del pubblico ufficiale (art. 357 c.p.) o 

incaricato di pubblico servizio (art. 358 c.p.) 23 che, per compiere o per aver compiuto un 

atto del suo ufficio, ovvero per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto 

del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di 

ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non 

gli è dovuta, o ne accetta la promessa (corruzione passiva). Parallelamente, ex art. 321 

c.p., integra il reato di corruzione anche il fatto di chi dà o promette al pubblico ufficiale 

o all’incaricato di pubblico servizio il denaro o l’altra utilità (corruzione attiva) 24 . Su 

queste basi si distingue tra corruzione impropria (art. 318) e corruzione propria (art. 

319) a seconda che l’indebita retribuzione riguardi il compimento di una atto conforme 

ovvero contrario ai doveri d’ufficio. Un’ulteriore distinzione poi è quella tra corruzione 

antecedente ( art. 318 primo comma e 319) la quale ricorre nell’ipotesi in cui l’indebita 

retribuzione versata o promessa concerna il compimento futuro di un atto conforme o 

contrario ai doveri d’ufficio, e corruzione susseguente (art. 318 cpv. e 319) per il caso 

in cui l’indebita retribuzione riguardi l’atto conforme o contrario ai doveri d’ufficio già 

compiuto. 

Passando ad un’analisi dettagliata delle fattispecie, la condotta tipica della corruzione 

passiva consiste nella ricezione per sé o per altri ovvero nell’accettazione della 

promessa di denaro o altra utilità. 

Ricevere significa fungere consapevolmente da termine all’altrui dazione; accettare la 

promessa significa aderire all’altrui proposta riconoscendo in essa l’altrui volontà di 

retribuire il pubblico funzionario con una prestazione futura. 

Dal lato attivo, il concetto di dazione indica il trasferimento di denaro o altra utilità 

corrisposto a titolo di controprestazione a fronte del compimento da parte del pubblico 

agente dell’atto conforme o contrario ai doveri d’ufficio e accompagnato dalla 

23 Per le definizioni di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio si veda infra cap.III. 

Per A. Pagliaro, Principi di Diritto Penale. Parte Speciale I. Delitti contro la Pubblica Amministrazione. 

Giuffrè, Milano, 2000, p.152; V. Manzini, Trattato di diritto penale, V, Torino, 1962, p. 201; Cass. 2 

aprile 1946, in Riv. Pen., 1947, p. 75: il fatto del pubblico ufficiale e quello dell’incaricato di pubblico 

servizio costituiscono reati autonomi. 

24 Per A. Pagliaro, op.cit. pp.155 ss., corruzione attiva e passiva sono titoli autonomi di reato. 

Contra: V. Manzini, op.cit. p. 240, per cui il fatto del corruttore ed il fatto del corrotto sarebbero 

comportamenti di concorso nel medesimo reato; F. Grispigni, Diritto Penale Italiano, II, Milano, 1952, 

pp.220 ss. per cui le due fattispecie formerebbero un unico reato plurisoggettivo. 

9

consapevolezza dell’altrui ricezione, mentre la promessa indica la dichiarazione di 

volontà avente ad oggetto una prestazione futura che possa fungere da retribuzione per 

il p.u. 

Per quel che riguarda il contenuto della retribuzione, essa può consistere in denaro, 

inteso sia come moneta vera e propria, italiana o straniera, avente corso legale, sia come 

carte di pubblico credito ex art. 458 c.p., o in altre utilità, intese in senso ampio come 

qualsiasi beneficio idoneo ad appagare altrui bisogni e a costituire controprestazione per 

il compimento dell’atto da parte del p.u. - tali non essendo solo le utilità patrimoniali ma 

anche titoli, onorificenze, prestazioni sessuali -. La retribuzione ha sempre carattere 

indebito ovvero presuppone l’inesistenza di un dovere in capo al privato di versarla e 

corrispondentemente l’inesistenza di un dovere, diritto o facoltà del p.u. di riceverla. 

E’ atto d’ufficio ogni condotta del p.u. posta in essere nello svolgimento delle sue 

mansioni, individuata o individuabile: provvedimenti, atti dovuti, proposte, richieste, 

pareri, operazioni, comportamenti materiali, silenzio, atti di governo, atti di diritto 

privato, condotte connesse con altre con le quali formano un quid che per il diritto 

amministrativo è atto unico 25 . 

La contrarietà ai doveri d’ufficio consiste nella violazione del dovere generico o 

specifico che incombe sul pubblico agente e che ha fonte nella legge, nei regolamenti, 

nelle istruzioni del capo dell’ufficio e nella consuetudine 26 . 

Indipendentemente dalle varie fattispecie legali che essa assume, la corruzione si profila 

come una forma di accordo fra una minoranza allo scopo di appropriarsi di beni che 

spettano alla maggioranza della popolazione, intesa come insieme di consumatori o 

25 L'atto d'ufficio può essere vincolato oppure discrezionale: l'atto è vincolato qualora le note che lo 

devono caratterizzare siano fissate dall’ordinamento in modo preciso e dettagliato; è discrezionale quando 

il p.u. può scegliere tra più attività lecite, pur essendo inderogabilmente tenuto a ispirarsi all'interesse 

pubblico generale, a perseguire nel caso specifico quel particolare obiettivo concreto, in funzione del 

quale il potere in questione gli venne attribuito, e a rispettare i precetti di logica e imparzialità. Se l'atto è 

vincolato, la conformità ai doveri d'ufficio presuppone la piena corrispondenza dell'atto stesso allo 

schema legale: perciò se il pubblico ufficiale accetta la retribuzione per compiere un atto che risulta poi 

corrispondente allo schema legale, ci sarà corruzione impropria; se invece l’atto non corrisponde allo 

schema legale, si avrà corruzione propria. Quando la corruzione è invece rivolta al compimento di un atto 

discrezionale, l'uso stesso del potere discrezionale configura un atto d'ufficio: pertanto si avrà corruzione 

propria per omissione di atti d'ufficio per l'ipotesi in cui il potere discrezionale non sia usato; si avrà 

corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio a fronte di un uso distorto del potere discrezionale, il che 

si verifica qualora il pubblico ufficiale violi le regole che disciplinano l'esercizio del potere discrezionale 

cioè non si ispiri all’interesse generale ovvero non persegua nel caso specifico quel particolare obiettivo 

concreto in funzione del quale il potere in questione gli venne attribuito, o infine non rispetti i principi di 

logica ed imparzialità. 

26 Per ulteriori approfondimenti: A. Pagliaro, op.cit., pp.143-229. 

10

insieme di cittadini elettori, che mina principi fondamentali della convivenza civile 27 . 

La gravità e lesività del fenomeno corruttivo si coglie appieno riflettendo sui principi 

che da esso vengono coinvolti in via diretta o indiretta: 

- democrazia ed eguaglianza ( art. 3 Cost.) 28 : i cittadini, titolari della sovranità, 

debbono essere trattati alla pari dall’amministrazione, senza distinzioni e 

privilegi; 

- etica pubblica 29 : impone ai pubblici dipendenti di conformare la propria 

condotta a canoni professionali peculiari del pubblico impiego. Ex art. 4 c. 2 

Cost. la pubblica amministrazione è in primis “lavoro dei pubblici dipendenti” e 

il lavoro svolto in seno alla p.a. rappresenta una forma di partecipazione 

immediata e diretta alla gestione della cosa pubblica e alla cura degli interessi 

generali della collettività, aggiuntiva rispetto alla partecipazione ordinaria ed 

indiretta che ogni cittadino presta alla vita organizzata della società 30 ; 

- legalità dell’azione amministrativa, la quale cioè deve essere conforme ai 

dettami della legge 31 ; 

- responsabilità (art. 28 Cost.) 32 : il principio di responsabilità personale, 

amministrativa, penale e civile del funzionario nei confronti della collettività 

27 

Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione, Atti Parlamentari, XIII 

Legislatura, Doc. CXI, n.1, p. 7. 

28 

E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, ed. Giuffrè, 2001, p.52. 

Bassi livelli di corruzione sono associati ad alti livelli dell’indice di democraticità (Polity Index of 

Democracy/Autocracy). 

Polity IV Project Dataset User’s Manual: http://www.bsos.umd.edu/cidcm/inscr/polity/polreg.htm. 

29 

Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2001, n.2959: “Il pubblico dipendente, nell’assolvimento delle sue 

funzioni, si deve comportare conformemente all’etica professionale, cui è correlato il senso morale e 

dell’onore.” 

Principi OCSE per l’amministrazione etica del pubblico servizio del 23 aprile 1998. 

L. Mazzella, Etica e Pubblica Amministrazione, Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, 28 aprile 

2004, http://www.funzionepubblica.it/docs_html/etica.htm: la pubblica amministrazione è un ausilio 

insostituibile per la vita etica di ogni collettività organizzata e l’Etica deve essere pertanto un connotato 

essenziale di ogni Pubblica Amministrazione. L’Etica è strumento necessario ed indispensabile al 

progresso collettivo di ogni società civile, tutela dell’interesse generale avverso gli interessi 

particolaristici, gli egoismi contrapposti, le lobbies, e perciò stesso deve informare di sé la p.a. affinché 

sia effettiva depositaria della fiducia del pubblico. I rapporti tra pubblico e privato nell’esperienza storica 

dell’impero romano erano ispirati alla fides. Nelle epoche successive si è assistito ad una progressiva 

dispersione della fides e parallelamente all’emersione della burocrazia, termine coniato per sottolineare 

l’abnormità di un potere del “bureau” indipendente dai risultati che quell’ufficio perseguiva. 

30 

Per G. Mosca in Il pericolo dello Stato moderno 1909, ora in Scritti sui sindacati, a cura di F.Perfetti e 

M.Ortolani, Roma, Bulzoni, 1974, p.94: “L’impiegato pubblico ha doveri ignoti al lavoratore privato”. 

31 

Per avere un quadro delle varie concezioni del principio di legalità: E. Casetta, op.cit., pp. 38 ss. 

Sul rapporto tra legalità e corruzione: M. Arnone, E. Iliopulos, op. cit., pp. 134 ss.: bassi livelli di legalità 

creano un terreno fertile per lo sviluppo di episodi di corruzione. Se le norme vengono violate con un’alta 

frequenza, la probabilità di venire scoperti e puniti è molto bassa ed esistono ampi gradi di libertà per 

l’ottenimento di extraprofitti illegali. 

32 

E. Casetta, op. cit., p. 37. 

11

servita e dell’ente pubblico in cui il medesimo presta la propria opera è legato 

alla regola della selezione secondo il criterio del merito, alla produttività dei 

dipendenti pubblici e al loro obbligo di conseguire i risultati indicati dalla legge; 

- imparzialità nell’organizzazione e nell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) 33 di 

cui sono applicazioni specifiche il principio in base al quale i pubblici impiegati 

sono al servizio esclusivo della Nazione ( art. 98 Cost.); l’obbligo di astensione 

sussistente in capo ai titolari di pubblici uffici allorché debbano decidere 

questioni alle quali essi siano interessati; l’obbligo di erogare i servizi pubblici a 

favore di tutti i soggetti che ne abbiano titolo senza distinzioni e discriminazioni 

ex 2597 c.c.; il criterio del pubblico concorso per l’accesso ai pubblici uffici; 

- buon andamento ( art. 97 Cost. ) 34 : impone che l’amministrazione agisca nel 

modo più adeguato e conveniente possibile, sulla base di una razionale 

distribuzione del personale nelle carriere e della corrispondenza tra il livello 

retributivo e la qualifica esercitata; 

Il principio di responsabilità (accountability) è condizione di massima rilevanza affinché gli obiettivi e le 

misure predisposte siano efficaci e conformi al mandato delle singole istituzioni. Quando queste devono 

render conto del proprio operato di fronte ai cittadini o dinanzi a organi di controllo, si instaura un 

processo di selezione basato su criteri meritori; gli spazi di discrezionalità non possono venire gestiti in 

modo arbitrario dai singoli agenti, ma necessitano di criteri oggettivi. Quindi le amministrazioni 

responsabilizzate, che rispettano il principio di accountability, sono organismi all’interno dei quali il 

possibile abuso di potere o il perseguimento di interessi personali a scapito degli interessi della collettività 

viene ostacolato e combattuto. D. Kauffmann, A. Kraay, M. Mastruzzi, Governance Matters III: 

Governance Indicators for 1996-2002, The World Bank, Washington DC, 2004. 

33 E. Casetta, op. cit., pp. 42 ss. Anche artt. 2 e 8 d.p.c.m. 28 novembre 2000. 

Per il Comitato di studio per la prevenzione della corruzione, op. cit., p. 39, il principio di imparzialità e 

quello in base al quale i funzionari sono al servizio esclusivo della Nazione implicano che 

l’organizzazione amministrativa si ispiri a modelli che consentano la separazione dalla politica, che i 

criteri generali di attività siano predeterminati e pubblicati e che gli interessi ed il patrimonio della p.a. 

siano separati dagli interessi e dal patrimonio dei suoi addetti. 

Per L. Mazzella, op. cit., l’assenza di vizi di parzialità dell’operato amministrativo o di una sua non 

pertinenza al servizio esclusivo della Nazione per la presenza di interessi di parte deve essere assicurata 

innanzitutto dalla stessa Pubblica Amministrazione con l’emanazione di norme di comportamento interne 

che rendano vincolanti per i pubblici dipendenti i criteri etici pregiuridici di buona amministrazione; con 

la responsabile azione di controllo dei suoi vertici; solo in via successiva ed eventuale da interventi 

dell’Autorità giurisdizionale. Le regole devono fondarsi sui principi di funzionalità, efficienza, 

produttività, flessibilità e duttilità delle strutture, collegamento tra i vari organi di Stato ed enti pubblici, 

imparzialità, trasparenza, privatizzazione. 

Per la dottrina che riconosce nell’imparzialità l’oggetto giuridico della corruzione, la quale si risolve nello 

sviamento dell’attività amministrativa dai fini pubblici istituzionali a favore di fini privati: Z. Baumann, 

Zur Problematik der Bestchungstatbestände, Heidelberg, 1961, p. 8; F. Gianniti, Studi sulla corruzione 

del pubblico ufficiale, Milano, 1970, p. 76; M. Mirri, Corruzione propria e corruzione impropria tra 

Costituzione e politica legislativa, in Riv. It. 1980, pp. 439 ss.; V. Manzini, op.cit., p. 219; F. Antolisei, 

Manuale di diritto penale, a cura di L. Conti, Parte Speciale, II, Milano, 1995, p. 303. 

Per la giurisprudenza: Cass. 09.12.1968, in Cass. Pen. 1970, p. 71, dove si afferma che la corruzione ha 

per oggetto la sola tutela dell’interesse pubblico al funzionamento corretto della p.a. 

34 E. Casetta, op. cit. p. 45. 

L’interesse tutelato dall’art. 318 sarebbe il buon funzionamento e la correttezza della pubblica 

amministrazione: Cass. 13.12.1989 Zampini; Cass. 17.11.1994 Provini; Cass. Pen. 92, 944; Cass. Pen. 95, 

2129. 

12

- trasparenza 35 : si contrappone alla condizione di non conoscibilità e segretezza, 

la quale è potenzialmente in grado di celare favoritismi, disfunzioni e 

illegittimità; 

- efficienza ed efficacia 36 : caratterizzano un’amministrazione produttiva che 

realizza tempestivamente gli obiettivi programmati col minimo spreco di risorse; 

- fedeltà, disciplina e onore (art. 54 Cost.): il dovere di fedeltà alla Repubblica e di 

osservanza delle leggi sancito dall’art. 54 c. 1 della Carta fondamentale con 

riferimento generico a ciascun cittadino, trova specificazione al c. 2 per i 

pubblici dipendenti sui quali grava altresì il dovere di adempiere alle pubbliche 

funzioni con disciplina ed onore. Fedeltà, disciplina ed onore sono concetti 

eminentemente etici 37 che impongono a tutti coloro che prestano servizio 

pubblico il disinteresse personale e il rispetto delle norme; 

- affidabilità e credibilità della Pubblica Amministrazione 38 , la quale deve avere 

un’immagine esterna tale da ispirare fiducia alla collettività. 

35 

E. Casetta, op. cit. p.46. Sono riconducibili a tale principio il diritto di accesso, la pubblicità degli atti, 

la motivazione, l’univoca definizione delle competenze, l’istituzione degli uffici di relazione col pubblico, 

il responsabile del procedimento, le attività di informazione e comunicazione delle amministrazioni. 

M. Arnone, E. Iliopulos, op.cit. pp.120 ss.: “La corruzione trova un terreno fertile in ambiti dominati da 

segretezza e poca trasparenza.” Se l’azione amministrativa non è vincolata da regole di trasparenza e 

chiarezza, diminuisce la capacità delle istituzioni di controllo, di garanzia e dei cittadini di controllare le 

decisioni prese in ambiti discrezionali e conseguentemente di valutare l’operato delle istituzioni e della 

burocrazia pubbliche. Il principio di trasparenza diventa quindi una condizione necessaria alla base di una 

buona governance della cosa pubblica 

V. Tanzi, Corruption around the world: Causes, Consequences, Scope and Cures in G. T. Abed, S. Gupta 

(a cura di), Governance, Corruption and Economic Performance, IMF, Washington DC, 2002: maggiore 

è il grado di difficoltà delle leggi e minore la trasparenza procedurale, più è probabile che si verifichino 

episodi di corruzione. 

Ex art. 1 c. 4 L. 16 gennaio 2003, n. 3 lo stesso Alto Commissario anti-corruzione svolge le proprie 

funzioni nell’osservanza del principio di trasparenza. 

A livello internazionale: APEC Government Procurement Experts Group Non-Binding Principles on 

Government Procurement del 2 settembre 1999. Code of Good Practices on Fiscal Transparency del 23 

marzo 2001: http://www.imf.org/external/np/fad/trans/code.htm 

36 

E. Casetta, op. cit. p. 45. 

V. Tanzi, H. R. Davoodi, Corruption, Growth and Public Finances, in G. T. Abed, S. Gupta (a cura di), 

op.cit., la corruzione fa aumentare la spesa per investimenti pubblici ma deprime la produttività delle 

opere realizzate. La scelta delle spese di investimento non riflette criteri di efficienza. Ad un alto livello di 

corruzione si associano gravi perdite di efficienza sotto forma di infrastrutture di bassa qualità, scarsa 

manutenzione delle opere, procedure burocratiche eccessivamente lunghe. 

M. Arnone, E. Iliopulos, op. cit., p. 137: l’amministrazione è considerata efficace quando, senza essere 

condizionata da situazioni di illegalità o da gruppi di interesse, sia in gradi di predisporre ed erogare in 

modo efficiente i servizi pubblici. 

37 

Per la dottrine generiche che ravvisano nella corruzione una violazione dei doveri di fedeltà e d’ufficio: 

A. Pagliaro, op. cit., p. 144. 

38 

C. conti, sent. n. 37/2005 del 31.01.2005 – sez. giur. Lombardia e sent. n. 928/2004 del 30.09.2004 - 

Sezione giurisdizionale Liguria: la tangente costituisce anche danno non patrimoniale per la lesione 

dell’immagine della P.A. da essa causata. Infatti, il prestigio del soggetto pubblico è pregiudicato dalla 

risonanza e dalla diffusione dei fatti illeciti, specie ove questi sfocino in processi penali per fatti di 

corruzione o di concussione (c.d. strepitus fori). 

13

Un’amministrazione corrotta, mossa da interessi particolaristici, agisce iniquamente, nel 

dispregio della legge e dei principi costituzionali, fornendo servizi di bassa qualità e 

minando alla radice la fides dell’utenza. Alla luce di ciò si comprende l’importanza di 

un’azione mirata a contrastare la corruzione quale è quella che si propone l’istituzione 

dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito nella pubblica amministrazione. 

2.4. La definizione di corruzione nelle fonti internazionali 

Le fonti internazionali si preoccupano di fornire delle definizioni sintetiche idonee ad 

operare nei vari ordinamenti, compatibilmente con le previsioni delle legislazioni 

nazionali, e che per lo più prescindono dalla distinzione tra corruzione attiva e passiva. 

Ricordiamo le definizioni principali. 

Ai sensi dell’art. 15 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, sono 

da considerare reato, se commesse intenzionalmente, la promessa, l’offerta o la 

concessione ad un pubblico ufficiale, direttamente o indirettamente, di un beneficio 

indebito, per l’ufficiale stesso o per un’altra persona o ente, per far sì che l’ufficiale 

compia certi atti, o si astenga dal compierli, nell’esercizio delle proprie funzioni 

ufficiali, nonché la sollecitazione o l’accettazione da parte di un pubblico ufficiale, 

direttamente o indirettamente, di un beneficio indebito, per l’ufficiale stesso o per 

un’altra persona od ente, per far sì che l’ufficiale compia certi atti, o si astenga dal 

compierli, nell’esercizio delle proprie funzioni ufficiali. 39 

M. Perin, Tipologia di danni erariali conseguenti ad attività di corruzione e concussione nella P.A.: 

danno da tangente, danno da disservizio e lesione all’immagine pubblica. Giustizia amministrativa, 2002, 

pp. 391- 395. 

39 Nell’intervista del 23 ottobre 2004 a A. M. Costa, pubblicata su Altalex, n. 851, 11 novembre 2004, 

http://www.altalex.com, si evidenzia l’assenza di una precisa definizione del concetto di corruzione 

all’interno della UNCAC. Costa ne dà una spiegazione: “Le Nazioni Unite hanno grande esperienza nello 

sviluppo di convenzioni e conoscono le enormi difficoltà che si possono riscontrare quando si tratta di 

definirne il soggetto e l'oggetto. Ad esempio, anni addietro l’ONU, che vantava ben 12 convenzioni 

contro il terrorismo, lanciò a New York il negoziato sulla prima Convenzione Quadro contro il 

terrorismo, consistente in un centinaio di articoli che furono tutti approvati. Si era in procinto di 

raggiungere un accordo finale, mancava solo la definizione: il negoziato si è arenato nella primavera del 

2001, addirittura prima dell'attentato di New York, e da allora è rimasto bloccato semplicemente per il 

problema creato dalla definizione. Quando si negoziò a Vienna la Convenzione contro la Criminalità 

Organizzata, per evitare di cadere in questa trappola “politica”, si decise di non puntare sulla definizione 

di criminalità organizzata, ma si descrisse piuttosto una modalità di commissione dei reati e si individuò 

una serie di specifiche fattispecie. Da allora, e sulla base della suddetta Convenzione, il concetto di 

criminalità organizzata può essere derivato dalla combinazione di tale modalità con le tipologie criminali 

individuate. Nella Convenzione contro la Corruzione si è seguito lo stesso criterio, definendo l'area di 

applicazione della Convenzione facendo ricorso a fattispecie concrete piuttosto che a una mera 

14

Secondo l’organizzazione non governativa Transparency International 40 la corruzione 

“ è l’insieme di comportamenti di pubblici ufficiali o di impiegati pubblici finalizzati 

all’arricchimento personale ( o di persone vicine), e che si realizzano attraverso l’abuso 

dei poteri preposti al loro ufficio; tale abuso comporta necessariamente una violazione 

dell’insieme dei doveri d’ufficio”: in questo caso il concetto di arricchimento è ristretto 

alla sola dazione di risorse economiche. 

Per la Banca Mondiale 41 esistono due tipologie fondamentali di corruzione : la prima, la 

corruzione amministrativa, si riferisce all’insieme di azioni effettuate da un agente 

pubblico al fine di imporre distorsioni intenzionali nello stadio di implementazione di 

regole o leggi in cambio di una ricompensa, effettiva, promessa o attesa e riguarda tutti 

gli atti che garantiscono al privato cittadino eccezioni a regole o una priorità rispetto a 

certi servizi; la seconda, cosiddetta state capture, comprende tutti gli atti di uno o più 

agenti finalizzati a influenzare il processo di formazione di regole o leggi. 

Secondo la definizione fornita dall’Organizzazione di Cooperazione e Sviluppo 

Economico 42 la corruzione consiste nell’offerta o nella prestazione diretta o indiretta di 

ogni vantaggio non dovuto, pecuniario o di altro genere, ad un pubblico ufficiale, in 

violazione dei doveri d’ufficio del funzionario, allo scopo di ottenere o continuare a 

mantenere un affare. 

definizione terminologica; queste stesse figure criminose dovranno essere obbligatoriamente recepite 

come tali dalle legislazioni nazionali.” 

40 

Transparency International è un’organizzazione non governativa, no-profit, fondata nel maggio 1993 e 

avente sede a Berlino. Essa si propone di sviluppare un approccio globale contro la corruzione, con 

particolare attenzione alle transazioni commerciali internazionali e ai paesi in via di sviluppo, stimolando 

la cooperazione internazionale, spingendo i governi a promuovere ed attuare leggi efficaci, linee politiche 

e programmi anti-corruzione; accrescendo il livello di trasparenza, integrità e responsabilità nelle 

relazioni economiche e nell’amministrazione; consolidando il sostegno dell’opinione pubblica ai 

programmi anti-corruzione; rafforzando le regole e le procedure di comportamento più corrette e 

trasparenti a livello globale. In particolare TI ha giocato e gioca tuttora un ruolo importante nella 

promozione di accordi internazionali anti-corruzione, a partire dalla fase di negoziazione fino al momento 

della conversione in legge dell’intesa convenzionale e della sua applicazione pratica: precisamente TI ha 

contribuito attivamente al negoziato della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione 

(UNCAC), alla Convenzione OCSE contro la corruzione, alla Convenzione dell’Unione Africana sulla 

lotta e prevenzione della corruzione. TI ha anche promosso attivamente la ratifica ed entrata in vigore 

della Convenzione OCSE e della Convenzione OAS, così come sta attualmente facendo per la citata 

Convenzione dell’Unione Africana. TI ha altresì contribuito a monitorare l’attuazione delle Convenzioni 

OCSE, OAS e di quelle del Consiglio d’Europa, e si sta analogamente attivando per quanto concerne la 

UNCAC. Infine si rammenti l’attività di collaborazione governativa che TI ha posto in essere per ridurre i 

livelli di corruzione interna (es. si pensi che in Pakistan, dopo la caduta del premier Benazir Bhutto, la 

sezione nazionale di TI controlla la concessione delle commesse pubbliche). 

Movisol, anno V, n. 5, novembre 1997, Transparency International: la madre di tutte le Mani Pulite. 

http://www.transparency.org 

41 

World Bank, Anticorruption in Transition. A Contribution to the Policy Debate, Washington DC, 

2000. 

42 

Raccomandazione OCSE 27 maggio 1994. 

15

In ambito europeo, si considerino le definizioni offerte dal Protocollo della 

Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee (artt. 

2-3), dalla Convenzione penale sulla corruzione adottata dal Consiglio d’Europa nel 

1999 (artt. 2-13), dall’ Azione comune del 22 dicembre 1998 adottata dal Consiglio 

sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea sulla corruzione nel settore 

privato (artt.2-3). 43 

3. Ratio dell’istituzione dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione 

“La corruzione non è un destino ineluttabile, ma un sistema culturale: accettare il 

sistema culturale significa barattare la cultura del giusto, del rispetto della solidarietà 

partecipe, dei diritti e dei doveri con la cultura del privilegio e dell’arbitrio.” 

16 

Maria Teresa Brassiolo 44 

La corruzione della Pubblica Amministrazione rappresenta una piaga tanto dannosa 

quanto difficile da contrastare a maggior ragione in un Paese a corruzione sistemica 45 

quale l’Italia, in cui cioè il fenomeno ha carattere collettivo, seriale e pervasivo e la 

corruzione risulta presente in ogni livello e settore della vita amministrativa e politica 

dello Stato 46 . In questo contesto la creazione di un soggetto istituzionale quale l’Alto 

43 E. U. Savona, L. Mezzanotte, op.cit., pp. 19, 28, 29: alla luce delle fonti internazionali, la corruzione 

può essere genericamente definita come l’offerta o la prestazione diretta o indiretta di un vantaggio 

pecuniario o di altro genere non dovuto ad un pubblico ufficiale, per sé o per altri, per indurlo a compiere 

un atto contrario ai doveri del suo ufficio o a compiere od omettere un atto dovuto. Essa può essere poi 

distinta in corruzione complessa, corrispondente in linea di massima alla corruzione politica; corruzione 

semplice, volta all’acquisto di decisioni amministrative; e infine corruzione rovesciata, operante sotto 

forma di voto di scambio. 

44 M. T. Brassiolo, “Combattere la corruzione è un dovere civico” ed. Transparency International Italia, 

Milano, 2001. 

“Se la corruzione non viene aspramente condannata e combattuta essa tende a contaminare la società: gli 

onesti si sentiranno abbandonati e frustrati dallo Stato a cui avevano affidato la loro tutela e i loro diritti e 

la piovra della corruzione diventerà pervasiva.” 

In questo senso anche la dichiarazione di Johann Graf Lambsdorff, resa in occasione della pubblicazione 

del CPI 2005: “There is hope. Corruption is not a fate. It prospers where business,society and politics turn 

a blind eye to its damaging effects.” 

45 E. U. Savona, L. Mezzanotte, op. cit., p.68. Sulla distinzione tra Paesi a corruzione sistemica, 

sporadica, casuale: infra. 

46 M. Magatti, Corruzione politica e società italiana, Il Mulino, Bologna, 1996, parla di 

“istituzionalizzazione della corruzione” per indicare il consolidamento della corruzione nel corso degli 

anni attraverso l’affermazione di procedure standard e lo sviluppo di meccanismi di cooptazione facile e 

naturale, grazie alla percezione soggettiva delle pratiche illegali come “normali” e non problematiche. Il 

sistema della corruzione finisce col sostituire le proprie regole a quelle legali creando forme di potere 

occulto in cui i principi e le strutture che governano la società civile vengono svuotati di contenuto.

Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme 

d’illecito nella pubblica amministrazione assume grande valore ai fini di una incisiva ed 

efficace politica di lotta all’illegalità. Per cogliere appieno la nocività della corruzione e, 

parallelamente, il beneficio potenziale rappresentato dall’esistenza di una struttura quale 

quella in esame, si consideri che i costi economico-sociali della corruttela sono 

elevatissimi. La corruzione innanzitutto comporta uno spreco di risorse economiche che 

si traduce in minori servizi per i cittadini; deteriora i rapporti economici, sociali e 

politici contribuendo all’abbassamento dei livelli di legalità e facilitando il malgoverno; 

apre il campo alla riduzione delle libertà personali, alla violazione dei diritti civili e in 

particolare alla violazione della libera competizione in un libero mercato, garanzie tutte 

per un ordinato progresso economico e sociale 47 . Poiché la corruzione sostituisce 

all’interesse pubblico quello privato, essa mina le fondamenta dello Stato di diritto, 

nega i principi di uguaglianza e trasparenza in quanto favorisce l’accesso privilegiato e 

Per B.Huber in op.cit. p. 508, la corruzione sistemica “ha tendenza ad estendersi e moltiplicarsi, 

divenendo tumore, nemico interno, che infine si trasforma in veleno mortale per la credibilità dei titolari 

di ogni potere decisionale. La sua principale caratteristica è di stimolare il procacciamento di corrispettivi 

e la voglia di cosiddetto Kick backs, per cui le persone oneste vengono un po’ alla volta spinte fuori dal 

sistema. Inoltre la corruzione ha una speciale qualità “elusiva”: in conseguenza della complessità della 

rete, è dura da scardinare, essendo difficilmente afferrabile in senso sia concreto che traslato. Essa si 

estende orizzontalmente e verticalmente, mentre sviluppa e raffina specifiche abilità nell’arte 

dell’illegalità: in particolare meccanismi automatici per la realizzazione di transazioni antigiuridiche, 

omertà, coinvolgimento di sempre più numerose persone nel sistema della corruzione. Da questo punto di 

vista la corruzione va ben oltre la singola bustarella, affondando le proprie radici in molti altri fatti 

delittuosi, quali frodi, pagamenti illeciti a politici od amministratori, mercato di voti, finanziamenti 

illegali ai partiti, abusi di potere, infedeltà, distrazioni di denaro pubblico, estorsioni, ecc. Ulteriori 

sviluppi la accompagnano e la favoriscono. (…) Il legislatore è perciò sollecitato ad intraprendere 

iniziative non solo contro una singola forma di manifestazione della corruzione ma deve 

contemporaneamente attaccare su più fronti.” 

47 http://transparency.org 

Secondo il Comitato di studio per la prevenzione della corruzione, dal punto di vista economico, la 

corruzione provoca situazioni di rendita, lievitazione dei costi, selezione negativa delle imprese e 

incentivi all’opportunismo. Oltre a questi danni immediatamente misurabili, essa comporta anche 

conseguenze sul lungo periodo: il diffondersi della corruzione nella p.a. incide sul suo funzionamento 

introducendo diseconomie nelle operazioni condotte con intenzioni corrotte ed erodendo i rapporti di 

fiducia fra gli appartenenti all’organizzazione non direttamente coinvolti, provocando così un cattivo 

funzionamento generalizzato. Inoltre, quando il numero dei funzionari corrotti supera una certa soglia o, 

in ogni caso, quando i singoli funzionari corrotti non si sentono più isolati, si mette in opera un 

meccanismo di assorbimento dei funzionari inizialmente resistenti, che finisce per obbligarli a colludere. 

Per quel che riguarda il sistema politico, la corruzione incide negativamente sul consenso e sul livello di 

fiducia dato dalla popolazione alla classe e alle istituzioni politiche nel loro complesso; a ciò si aggiunga 

che anche i politici non corrotti sono portati a non denunciare la corruzione di cui vengono a conoscenza 

e ad usare le informazioni al riguardo per ottenere vantaggi politici dai loro colleghi di altri partiti, pur 

senza seguirli sulla via della corruzione. Atti parlamentari, XIII Legislatura, Doc. CXI n.1, p.8. 

La corruzione, e con essa le distorsioni che inevitabilmente ne derivano, costituisce una zavorra 

pericolosa per l’intera società. Da essa derivano conseguenze dirompenti a vasto raggio sia in termini di 

minaccia per i meccanismi basilari della organizzazione sociale e della convivenza civile, sia in termini di 

insulto all’immagine, alla credibilità e alla stessa legittimità delle pubbliche istituzioni. Sul punto e per 

un’analisi completa degli effetti economici, istituzionali e sociali della corruzione: M. Arnone, E. 

Iliopulos, op.cit. 

17

segreto di alcuni personaggi alle risorse pubbliche, mette in sostanza in pericolo il 

funzionamento stesso della democrazia. 48 A queste argomentazioni di carattere 

generale, se ne aggiungono altre di natura storica, le quali mostrano chiaramente la 

lesività della corruzione. A partire dagli anni Ottanta, la pratica corruttiva nel nostro 

Paese era radicata e pressante al punto tale da influenzare la stessa azione di governo e 

l’attività parlamentare e legislativa. I meccanismi illeciti erano diffusi capillarmente 

sicchè si parlava di vera e propria “corruzione ambientale” 49 . L’intera struttura statuale 

risultava compromessa: la corruzione coinvolgeva personalità di spicco del panorama 

istituzionale evidenziando connivenze tra queste e la criminalità organizzata; i 

meccanismi economici della concorrenza erano stati gravemente alterati, consentendo di 

fatto l’operatività nel mercato dei soli imprenditori “paganti” a scapito dei soggetti 

rispettosi dei meccanismi legislativi. D’altronde la corruzione funziona come una sorta 

di “tassazione impropria” nel senso che i suoi costi si riversano sul cittadino sotto forma 

di incremento della pressione fiscale, tagli ai servizi sociali e conseguente sproporzione 

tra pressione fiscale e servizi resi. Ciò è quanto si verificò nei primi anni dello scorso 

decennio, creando un generalizzato malcontento 50 con disastrose conseguenze sul 

sistema penale in termini di perdita di credibilità dei meccanismi sanzionatori tanto sul 

piano della prevenzione generale quanto sul piano delle prevenzione speciale della 

pena 51 . Emblematico in proposito quanto scritto da Beccaria: “ Gli attentati contro la 

48 Y. Mény, D. della Porta, op. cit., p.242. 

La corruzione indebolisce la democrazia attraverso meccanismi quali: il proliferare dei politici d’affari, 

interessati al loro arricchimento personale piuttosto che alla elaborazione di programmi generali; 

l’occupazione della società e del mercato da parte di partiti politici, trasformatisi in “garanti” degli scambi 

corrotti; la trasformazione dei cittadini in clientes e la crescente discriminazione dei cittadini che non 

sono disposti a pagare tangenti; la parzialità dell’amministrazione pubblica; la crescita di un potere 

occulto, invisibile e illegittimo. 

49 Secondo l’ex giudice di “Mani pulite” Antonio Di Pietro, trattasi di una situazione oggettiva in cui chi 

deve dare denaro non si aspetta più nemmeno che gli venga richiesto; egli sa ormai che in quel 

determinato “ambiente” si usa dare la mazzetta o il pizzo e quindi si adegua e promette di consegnarlo. 

Analogamente chi riceve il denaro non si mortifica più né nel pretenderlo o nel chiederlo, ma 

semplicemente aspetta, tanto sa che prima o poi arriverà. La corruzione ambientale è considerata la forma 

più evoluta di corruzione sistemica. 

D. Pulitanò, Problema “tangentopoli” e giustizia penale, relazione tenuta al convegno ISISC, Siracusa 

20-22 ottobre 1995, rileva la tendenza della corruzione ad autoalimentarsi fino al punto che chi si astiene 

dal ricorrere ad essa rischia di essere penalizzato e di uscire dal mercato. 

50 La percezione del fenomeno da parte dell’opinione pubblica rappresenta un fattore importante 

nell’analisi della corruzione. Secondo il pool di “Mani pulite”, la crescita dell’inchiesta ebbe anche cause 

extra-processuali nel senso che si realizzò un mutamento nella mentalità della pubblica opinione, la quale, 

contrariamente all’indifferenza mostrata in precedenza, iniziò a considerare fortemente illegittimi i 

comportamenti di corruzione e concussione, sì da realizzare di fatto una coincidenza tra l’antigiuridicità 

normativa di tali comportamenti e l’antigiuridicità così come concepita dalla società civile. E. U. Savona, 

L. Mezzanotte, op. cit. p.22. 

51 Per C. Longobardo, I progetti per “uscire” da Tangentopoli, Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., anno XIII, n.1-2 

gennaio-giugno 2000, p. 293, da un lato infatti si consideri il disorientamento dei cittadini a fronte della 

18

sicurezza e libertà dei cittadini sono uno dei maggiori delitti; e sotto questa classe 

cadono non solo gli assassinii e i furti degli uomini plebei, ma quelli ancora dei grandi e 

dei magistrati, l’influenza dei quali agisce ad una maggiore distanza e con maggiore 

vigore, distruggendo nei sudditi le idee di giustizia e di dovere, sostituendo quelle del 

diritto del più forte, del pari pericoloso finalmente in chi lo esercita e chi lo soffre. (…) 

né il grande, né il ricco debbono poter mettere a prezzo gli attentati contro il debole ed il 

povero: altrimenti le ricchezze, che sotto la tutela delle leggi sono il premio 

dell’industria, diventano l’alimento della tirannia” 52 . Agli inizi degli anni Novanta tale 

stato di cose aveva raggiunto il proprio limite fisiologico, rappresentato dal debito 

pubblico, 53 e i conseguenti scandali di Tangentopoli 54 e le indagini giudiziarie del pool 

di “Mani pulite” 55 misero in luce una gravissima situazione di disfacimento di larghe 

parti della struttura politica e istituzionale 56 . Lo scandalo ebbe una straordinaria 

assoluta mancanza di risposta sanzionatoria avverso i comportamenti lesivi; dall’altro lato l’occasionalità 

e l’arbitrio delle reazioni ordinamentali hanno fatto sì che le condanne inflitte, per lo più “a caso”, fossero 

vissute come vere e proprie ingiustizie. 

52 C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, VIII e XX. 

53 Secondo E. U. Savona e L. Mezzanotte, op.cit., p. 81, infatti il sistema corruttivo si fonda sulla 

“premessa che la spesa pubblica può essere estesa all’infinito. La tangente non è un costo che rimane a 

carico dell’imprenditore che la consegna, è un costo che viene scaricato direttamente o indirettamente su 

quello finale dell’opera che viene costruita o dei beni che vengono venduti all’ente pubblico e così via. I 

sovrapprofitti garantiti dalla corruzione non erano e non potevano essere fonte di nuovi investimenti 

produttivi: per le imprese, in un sistema com’era quello italiano, era più conveniente pagare un politico o 

un amministratore per ottenere un appalto che offrire servizi più competitivi in termini di qualità e prezzo. 

E quindi non esisteva incentivo agli investimenti. Un meccanismo che gli imprenditori italiani 

conoscevano bene e non da poco tempo. Questo meccanismo si inceppa perché lo Stato ad un certo punto 

non può più procedere sulla strada dell’espansione ad oltranza del debito pubblico. Comincia, anche a 

causa di condizioni esterne (prima di tutto gli obblighi monetari e di bilancio che vengono dall’essere 

membri dell’Unione Europea), un processo di revisione e ristrutturazione del debito, e 

contemporaneamente finisce la stagione felice della crescita economica. E’ in questo momento che scatta 

nella società italiana una reazione immunitaria (…) per reagire al peso sempre più forte di un meccanismo 

che alla fine si traduceva in una pressione fiscale alta e soprattutto sproporzionata al tipo di servizi che lo 

Stato riusciva a fornire col denaro raccolto. Questa reazione si traduce in un appoggio diretto, con forme 

di partecipazione popolare, ai giudici che indagano e anche in un recupero del senso di quel che è legale e 

di quello che non lo è. I comportamenti illeciti secondo il codice diventano illeciti anche nella mentalità 

comune mentre in precedenza le indagini in tema di corruzione venivano accolte con indifferenza.” 

Per avere un’idea delle dimensioni economiche del fenomeno, le valutazioni di autorevoli istituti 

finanziari vanno da duemila a quindicimila miliardi di lire annui in tangenti; anche a stare alla cifra 

minore, l’ammontare delle tangenti sarebbe pari allo 0,1% del Prodotto Interno Lordo italiano, e con un 

costo quantificato nel 23% degli utili realizzati nel 1992 dalle società italiane. Sul punto, Pulitanò, op.cit., 

nota 1. 

54 Per la letteratura sulla complessa tematica si faccia riferimento a C. Longobardo, op.cit., p. 288 nota 1. 

55 Indagini giudiziarie condotte, a partire dal febbraio 1992, dal pool di magistrati composto da Antonio 

Di Pietro, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo che misero a nudo i meccanismi della corruzione 

operanti all’interno di enti pubblici e parapubblici e nei più svariati settori dell’amministrazione. 

56 M. D’Alberti, Corruzione “soggettiva” e “oggettiva”, in M. D’Alberti e R. Finocchi (a cura di) 

Corruzione e sistema istituzionale, Bologna, 1994, p.13. 

19

isonanza mediatica 57 e condusse ad una generalizzata ristrutturazione del panorama 

politico-istituzionale, noto come “crollo della Prima Repubblica”. In conseguenza di tali 

avvenimenti si avvertì la forte necessità di moralizzare il sistema amministrativo 58 . Con 

l’intenzione di adottare efficaci misure di risanamento delle amministrazioni, la 

Presidenza della Camera dei deputati diede mandato, nel 1996, ad un Comitato di studio 

di individuare una serie di misure di prevenzione e repressione della corruzione 59 . 

Parallelamente, la Camera istituì al proprio interno una Commissione speciale per la 

prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione, la quale esaminò diversi 

progetti di legge, solo uno dei quali venne infine approvato 60 . Sempre al 1996 risale la 

proposta dell’allora Ministro dei Lavori Pubblici Antonio Di Pietro di creare una 

struttura avente specifiche competenze in materia di corruzione. Questi infatti, chiamato 

ad esprimersi in tema di meccanismi di prevenzione della corruzione e considerando 

insufficiente il sistema dei controlli interni, prospettò l’istituzione di un’Authority 

esterna totalmente estranea alle singole amministrazioni, sotto la responsabilità del 

Parlamento, indipendente, dotata di servizio ispettivo, trasversale, preposta a vigilare sui 

comportamenti di tutta la Pubblica Amministrazione 61 . Tale progetto non trovò 

riscontro immediato tant’è che si è dovuto attendere qualche anno perché nel nostro 

ordinamento comparisse un soggetto competente in materia di prevenzione e contrasto 

dell’illegalità nella p.a. quale l’Alto Commissario. D’altronde, nonostante sia ormai 

trascorso più di un decennio da Tangentopoli, la corruzione rappresenta a tuttoggi un 

problema attuale e rispetto al quale è necessario intervenire urgentemente e con 

modalità più efficaci possibili, come testimoniano i dati numerici. Secondo quanto 

affermato dalla Corte dei Conti nel 2003 “i corrotti non diminuiscono”; per la Procura 

della Repubblica di Roma “dal 2004 il numero delle inchieste per corruzione è 

raddoppiato”; parole d’allarme sono state pronunciate dal procuratore generale della 

57 

In proposito si consideri che l’esposizione mediatica del fenomeno della corruzione non è neutra ma ha 

un ruolo nell’innescare il circolo virtuoso che porta alla coscienza del fenomeno da parte dell’opinione 

pubblica. E. U. Savona e L. Mezzanotte, op. cit., p. 25. 

58 

A. Natalini, Il “collegato” alla Finanziaria in materia di pubblica amministrazione, Giornale di diritto 

amministrativo n. 5, maggio 2003, p. 445. 

59 

Per il Rapporto conclusivo del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione, presentato al 

Presidente della Camera il 23 ottobre 1996, si veda Atti Parlamentari, XIII Legislatura, doc. CXI, n. 1. 

Sul contenuto del Rapporto: supra nota 47 e infra. 

60 

Ci si riferisce alla l. 27 marzo 2001, n.97, “Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento 

disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche”. 

G.U. n. 80 del 5 Aprile 2001. 

61 

Prevenire la corruzione, Collana Documenti CNEL, II serie, n. 1, Roma 1996, p. 66. 

20

Cassazione; a questo si aggiunga che, secondo l’indice di corruzione governativa 62 

misurato dalla Banca Mondiale, l’Italia ha il peggior punteggio tra i paesi occidentali 

industrializzati nel periodo post-Tangentopoli 1996/2004 63 ; ancora, secondo il 

Corruption Perception Index (CPI) 64 del 2005 redatto da Transparency International, 

l’Italia, pur recuperando qualche decimo di voto, è ancora sotto la sufficienza 65 , 

rivelandosi il fanalino di coda dell’Europa ante-allargamento. La drammaticità della 

situazione emerge altresì significativamente dalla relazione 66 del procuratore di Verona 

Papalia per il quale la corruzione, “mai completamente debellata”, risulta anzi “in 

costante aumento”; il fenomeno dei reati nella pubblica amministrazione “coinvolge sia 

burocrati di alto livello sia personaggi con incarichi politici di prestigio” e il numero di 

procedimenti pendenti presso la procura veronese è passato in un anno da 571 a 617, 

vale a dire oltre il 7% in più. In questo contesto si ripongono notevoli aspettative verso 

l’operato dell’Alto Commissario, come testimoniato dalle parole di Maria Teresa 

Brassiolo, Presidente di Transparency International Italia, per la quale è indispensabile 

che l’Alto Commissario contro la corruzione, unitamente alla magistratura, si occupi 

attivamente di individuare le aree geografiche e settoriali strette nella morsa della 

criminalità o dell’illegalità per intervenire quindi sulle cause del fenomeno e 

62 Trattasi di valore indicante la percezione pubblica di quanto il potere venga usato per interessi privati. 

63 Secondo quanto riportato da Panorama del 24/11/2005, p. 83. 

64 Il CPI è un indice che determina la percezione della corruzione nel settore pubblico e nella politica in 

numerosi Paesi del mondo, attribuendo a ciascuna Nazione un voto che varia da 0 (massima corruzione) a 

10 (assenza di corruzione). Si tratta di un indice composito, ottenuto sulla base di varie interviste/ricerche 

ad esperti del mondo degli affari e a prestigiose istituzioni. La metodologia viene modificata ogni anno al 

fine di riuscire a dare uno spaccato sempre più attendibile delle realtà locali. Le ricerche vengono svolte 

da Università o Centri di Studio, su incarico di Transparency International. . La metodologia viene 

elaborata congiuntamente all’interno di un Comitato esecutivo composto da esperti internazionali nei 

campi della corruzione, econometria e statistica, lasciando al Direttivo di TI la decisione finale. Si 

consideri che il CPI riferibile a ciascun anno è solo parzialmente comparabile con quello dell’anno 

precedente: tale indice infatti non è concepito per elaborare un trend sulla diffusione della corruzione in 

un Paese. Il numero e il contenuto delle interviste proposte a ciascun Paese variano ogni anno, così come 

la metodologia e le fonti impiegate nonché il numero delle nazioni esaminate. 

Per maggiori informazioni sulle metodologie applicate per ottenere il CPI è possibile consultare il sito 

http://www.transparency.org/surveys/index.html oppure http://www.icgg.org . 

Altri indici sono il Global Corruption Barometer (GCB) e il Bribe Payers Index (BPI) - Indice di 

Propensione alla Corruzione. Il primo indaga sull’atteggiamento dei cittadini nei confronti della 

corruzione e la sua influenza (0 equivale a non corrotto, 5 equivale ad estremamente corrotto); realizzato 

dalla Gallup International, il Barometro rappresenta un sondaggio sulla percezione del livello di 

corruzione nei vari settori e sulle esperienze ed aspettative della società civile rispetto al fenomeno della 

corruzione. L’Indice di Propensione alla Corruzione invece evidenzia la graduatoria dei paesi corruttori e 

si fonda su interviste condotte tra dirigenti senior di aziende nazionali e multinazionali, ma anche tra 

dirigenti e responsabili finanziari, Camere di Commercio, banche commerciali nazionali e straniere e 

studi legali commerciali; le domande dell’indagine si riferiscono alle impressioni delle aziende 

multinazionali dei Paesi corruttori. 

65 CPI 5; devianza 4,6/5,4. 

66 Relazione avente ad oggetto i reati che hanno impegnato la Procura scaligera tra il luglio 2004 e il 

giugno 2005, trasmessa al procuratore generale di Venezia Ennio Fortuna. 

21

imuoverle. A questo si aggiunga che “nonostante le crescente attenzione verso i danni 

morali ed economici indotti dalla corruzione e la volontà di adottare sistemi e strategie 

per contrastarla, tuttavia le azioni poste in essere sono scarsamente valorizzate dai 

media e non riescono a riverberare il valore dell’esempio positivo e convogliare gli 

sforzi di miglioramento. Sono pertanto attese vigorose iniziative di prevenzione e di 

contrasto da parte dell’Alto Commissario contro la corruzione per arginare il 

fenomeno”. 67 Per Anna Marra “l’istituzione del nuovo organismo anti-corruzione si 

rivela una soluzione importante sotto un duplice profilo: da un lato, potrebbe rafforzare 

il patto di fiducia esistente tra le istituzioni pubbliche e la comunità dei cittadini; 

dall’altro, potrebbe prevenire e contrastare efficacemente i reati contro la pubblica 

amministrazione. L’ufficio dell’Alto Commissario potrebbe permettere di ridurre il 

costo della sfiducia e migliorare la percezione nei confronti delle pubbliche istituzioni 

garantendo serietà di controlli; inoltre, attraverso la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito, promuoverebbe la corretta gestione della res 

publica, a livello centrale e territoriale.” 68 Grande fiducia verso il neo-costituito 

organismo è riposta anche dalla Funzione Pubblica come emerge dalle parole dell’ex 

Ministro Luigi Mazzella, secondo il quale ”si tratta di un ulteriore tassello a sostegno 

del miglioramento costante dell’intera macchina amministrativa del Paese. Servirà a 

contrastare e debellare quei fenomeni di corruzione e di illecito che potrebbero essere 

individuati all’interno della pubblica amministrazione attraverso una costante azione di 

sorveglianza e monitoraggio di tutte le attività. Anche grazie a figure professionali di 

questo tipo si perfezionerà il rapporto tra cittadini e p.a. da sempre regolato in base a 

principi di trasparenza e correttezza.” 69 

4. Cenni al contesto normativo in cui si colloca l’istituzione dell’Alto Commissario 

contro la corruzione 

La legge 16 gennaio 2003 n. 3, oltre a prevedere all’art. 1 l’istituzione dell’ Alto 


illecito nella pubblica amministrazione, contiene una molteplicità di disposizioni 

ordinamentali in materia di p.a., aventi lo scopo di razionalizzare e semplificare le 

67 

Dichiarazione allegata alla pubblicazione del CPI 2005. 

68 

A. Marra, Arriva il commissario anti-corruzione, nella rivista on-line Giustizia. La parola al popolo del 

14 febbraio 2005. 

69 

Commento pubblicato su ItaliaOggi del 01/10/2004. 

22

attività e l’organizzazione delle p.a. migliorandone l’efficienza e l’economicità di 

gestione. Precisamente, la legge reca interventi microsettoriali e si compone di 

cinquantaquattro articoli ripartiti in dieci Capi, contenenti disposizioni in materia di 

pubbliche amministrazioni ( capo I ), norme di semplificazione ( capo II ), disposizioni 

in materia di enti locali ( capo III ), istruzione, università e ricerca ( capo IV ), affari 

esteri ( capo V ), innovazione ( capo VI ), difesa e pubblica sicurezza ( capo VII ), 

comunicazioni ( capo VIII ), tutela della salute ( capo IX ), e tutela e sostegno della 

paternità e della maternità ( capo X ). 70 In un più ampio disegno di moralizzazione e 

miglioramento strutturale e funzionale della pubblica amministrazione, 

responsabilizzazione dei soggetti giuridici, contrasto della criminalità organizzata e 

della sua infiltrazione all’interno dell’amministrazione, si collocano diversi 

provvedimenti, dai quali emerge una ritrovata reattività dell’ordinamento avverso 

l’illegalità diffusa che ha contraddistinto la recente storia italiana. 

In particolare alcune delle recenti previsioni si caratterizzano per essere peculiarmente 

rivolte a contrastare, in via mediata o immediata, il diffondersi delle pratiche corruttive, 

e dell’illiceità in generale, all’interno della pubblica amministrazione. 

Anzitutto è da ricordare tra le leggi più importanti varate negli ultimi anni la l. 7 agosto 

1990, n. 241 e successive modifiche, la quale ha introdotto un principio di straordinaria 

rilevanza culturale, civile e democratica e di valenza giuridico-amministrativa, in 

quanto pone il rapporto tra la pubblica amministrazione ed il cittadino su un piano di 

parità e di reciprocità di situazioni giuridiche, di diritti e di doveri, di possibilità di 

intervento, di obblighi e di responsabilità. Le norme in questione intendono dare un 

contributo alla modernizzazione della pubblica amministrazione, al miglioramento della 

sua efficienza, della sua capacità di agire con tempestività, celerità ed in maniera 

proficua per la tutela degli interessi pubblici della comunità. 

Si ponga mente quindi al d. lgs. 29/1993- sostituito dal d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 

contenente “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle 

amministrazioni pubbliche” - : la decisa affermazione del principio di separazione tra 

atti di indirizzo e atti gestionali, l’affidamento conseguente dell’intera attività gestionale 

ai dirigenti, l’introduzione del controllo di gestione a garanzia del rispetto dei principi di 

efficacia, efficienza ed economicità che sono alla base del funzionamento dei più 

70 Atti Parlamentari, Camera dei deputati, XIV Legislatura, Discussioni, Seduta del 19 marzo 2002, n. 

118. Si è affermato che la complessità e disomogeneità degli argomenti avrebbe richiesto sedi di 

approfondimento tematiche. Per un commento sul collegato alla finanziaria: A. Natalini, op. cit., pp. 437 

ss. 

23

moderni sistemi aziendalistici, sono i pilastri sui cui viene costruito il nuovo sistema – 

azienda della pubblica amministrazione. La produzione di servizi diventa lo strumento 

principale dell’attività amministrativa e l’azienda p.a. deve esercitare un controllo del 

processo produttivo che ne garantisca la qualità. 

Nello stesso senso si pongono altresì le previsioni concernenti il riordino della dirigenza 

pubblica, operato dalla l. 15 luglio 2002, n. 145 e dal d.P.R. 23 aprile 2004, n. 108: 71 per 

l’ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive 

imputabili al dirigente, valutato con i sistemi e le garanzie dell’art. 5 del d.lgs. 

286/1999, ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare, l’incarico dirigenziale 

non può essere rinnovato, e nei casi più gravi, l’amministrazione può revocarlo ovvero 

recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Ed è 

ovvio che l’obiettivo di un’amministrazione responsabile e sulla quale grava l’obbligo 

71 Entra in vigore il 14 maggio 2004 il regolamento che disciplina le modalità di istituzione, 

organizzazione e funzionamento nelle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, del 

ruolo dei dirigenti, le procedure e le modalità per l'inquadramento in ruolo dei dirigenti di prima e 

seconda fascia iscritti nel ruolo unico della dirigenza soppresso con la l. 145 del 15 luglio 2002. Il 

provvedimento prevede anche la facoltà di opzione dei dirigenti e le modalità di utilizzazione di quelli 

non titolari di uffici. Le amministrazioni interessate sono quelle della Presidenza del Consiglio dei 

Ministri, dei Ministeri, dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dell'Avvocatura generale 

dello Stato, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. La legge sulla riforma della dirigenza, varata 

nel 2002, ha introdotto numerose novità: 

a)il ripristino dei ruoli separati per ciascuna amministrazione dello Stato e la contestuale abrogazione del 

ruolo unico interministeriale dei dirigenti istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - 

Dipartimento della Funzione pubblica; 

b) la possibilità per il Governo, ad ogni inizio di legislatura, di confermare o revocare i dirigenti nominati 

negli ultimi sei mesi del precedente Governo. Coloro che non verranno confermati, svolgeranno "su 

richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di 

consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento"; 

c) gli incarichi presso enti, società, agenzie possono essere confermati, revocati, modificati, rinnovati 

entro il termine di sei mesi dal voto di fiducia al Governo. Decorso tale termine, gli incarichi per i quali 

non si sia provveduto si intendono confermati fino alla loro naturale scadenza; 

d) in deroga al Testo unico sugli impiegati civili dello Stato, i dirigenti pubblici possono, su richiesta, 

essere collocati in aspettativa senza assegni per svolgere attività presso enti pubblici o privati senza 

perdere la qualifica posseduta. Nel caso di attività presso soggetti diversi dall'amministrazione pubblica, 

l'aspettativa non può superare i cinque anni e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e 

previdenza; 

e) è prevista, a determinate condizioni, l'assegnazione temporanea di personale presso imprese private ed 

il servizio prestato dai dipendenti in tale periodo costituisce titolo valutabile ai fini della progressione in 

carriera; 

f) è ammesso, infine, l'accesso di dipendenti privati allo svolgimento di incarichi internazionali. 

In seguito alla legge che ha riordinato la dirigenza, il 31 luglio 2002 è stata emanata dal ministro della 

Funzione pubblica anche una circolare riguardante le modalità applicative. 

Provvedimenti recenti riguardanti la dirigenza pubblica sono anche il d.p.c.m. 11 febbraio 2004 n. 118 

recante "Modalità di individuazione delle posizioni professionali di dipendenti privati, equivalenti a 

quelle di dipendenti pubblici, per l'ammissione al corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale, 

bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione" e il d.P.R. 2 marzo 2004 n. 114 recante le 

"Modalità di elezione del dirigente di prima fascia delle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento 

autonomo, a componente del Comitato dei garanti, a norma dell'articolo 22 del decreto legislativo 30 

marzo 2001, n. 165". 

24

preciso di rendere un servizio qualitativamente soddisfacente non può essere 

concretamente realizzato laddove la medesima p.a. agisca secondo la logica 

dell’illegalità. D’altra parte vi è chi ritiene che la riforma della dirigenza rappresenti un 

passo indietro in quanto reintroduce forme di subordinazione del dirigente alla politica: 

il cosiddetto spoil system è, infatti, la manifestazione della volontà di assicurarsi la 

fedeltà del dirigente, al di là del risultato e ciò contro la visione costituzionale del 

dirigente pubblico al servizio di tutti i cittadini, col rischio di un ritorno ad un passato 

clientelare ed inefficiente che si pensava ormai archiviato. 72 Sempre in materia di 

dirigenza è auspicabile l’attuazione delle previsioni del 1997 sull’anagrafe patrimoniale 

della cariche elettive. 

Considerando poi che l’inflazione e il disordine normativo sono suscettibili di creare 

occasioni di corruzione, sono da salutare positivamente i numerosi provvedimenti di 

semplificazione adottati nell’ultimo decennio. 73 

Per quanto riguarda gli interventi finalizzati espressamente a contrastare l’infiltrazione 

della criminalità organizzata all’interno della pubblica amministrazione, si rammenti la 

previsione del d.l. 6 settembre 1982, n. 629, recante “Misure urgenti per il 

coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa” convertito nella l. 12 ottobre 

1982, n. 726, in base al cui art. 1, c. 5 “a richiesta dell'Alto commissario per il 

coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, le imprese, sia individuali che 

costituite in forma di società aggiudicatarie o partecipanti a gare pubbliche di appalto o 

a trattativa privata, sono tenute a fornire allo stesso notizie di carattere organizzativo, 

finanziario e tecnico sulla propria attività, nonché ogni indicazione ritenuta utile ad 

individuare gli effettivi titolari dell'impresa ovvero delle azioni o delle quote sociali”: lo 

scopo della norma è chiaramente quello di poter rilevare e conseguentemente 

contrastare eventuali ingerenze della criminalità organizzata nel settore dei pubblici 

appalti. 74 Analogamente, la l. 19 marzo 1990, n. 55 contenente “ Nuove disposizioni per 

72 A. Foccillo, La situazione contrattuale nel pubblico impiego su QuadriOnline. 

G. Rembado, La nuova figura del dirigente pubblico. Aspetti contrattualistici e ruolo unico dei dirigenti. 

73 L. 59/1997; l. 127/1997; l. 50/1999; l. 340/2000; l. 229/2003; l. 246/2005. 

74 C.G.A. 6 maggio 1998, n. 298 ha chiarito che l'obbligo di presentare il modello G.A.P. sin dalla fase 

del concorso risponde ad una esigenza sostanziale: consentire all'Alto Commissario per il coordinamento 

della lotta contro delinquenza mafiosa di avere accesso a notizie riguardanti le imprese che partecipano 

alle pubbliche gare, posto che anche la sola partecipazione può costituire utile dato per rilevare la 

ingerenza della criminalità organizzata nei rapporti economici con l'amministrazione pubblica. In C.G.A. 

3 marzo 2003, n. 94 è stato affermato testualmente: “con riferimento all'obbligo di presentazione del 

modello G.A.P. deve ritenersi che il documento in questione adempia al sensi delle leggi n. 726/1982 e 

410/1991 ad un’essenziale funzione di tutela dell'ordine pubblico quale indefettibile strumento 

conoscitivo ai fini della lotta contro la infiltrazione della delinquenza mafiosa nel settore dei pubblici 

25

la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di 

manifestazione di pericolosità sociale”, prevede all’art. 6 la pena della reclusione da due 

a quattro anni a carico del pubblico amministratore, del funzionario o del dipendente 

dello Stato o di altro ente pubblico ovvero del concessionario di opere e di servizi 

pubblici che, in violazione dei divieti previsti dall'art. 10 della l. 575/1965, consente alla 

conclusione di contratti o subcontratti con le persone cui sia stata applicata con 

provvedimento definitivo una misura di prevenzione o con chiunque conviva con la 

persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché con le imprese, associazioni, 

società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia 

amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi; il successivo art. 7 

impone pertanto alla p.a. di acquisire apposita certificazione dall’interessato volta ad 

escludere che questi rientri in una delle categorie menzionate. 75 

Alla l. 26 aprile 1990, n. 86 si devono invece le “Modifiche in tema di delitti dei 

pubblici ufficiali contro al pubblica amministrazione”, le quali hanno profondamente 

svecchiato le relative disposizioni del codice penale, conformandole alle mutate 

esigenze costituzionali e alla diversa organizzazione amministrativa, e consentendo il 

superamento di incertezze e imprecisioni che caratterizzavano la precedente normativa 

e incidevano negativamente anche sull’applicazione della stessa. Per il reato di abuso 

d’ufficio si è tuttavia reso necessario un ulteriore intervento ad opera della l. 16 luglio 

1997, n. 234, che superasse l’atipicità della definizione offerta dal Legislatore del 1990 

e consentisse pertanto anche il superamento della paralisi amministrativa che ne era 

conseguita: infatti era accaduto che perfino gli amministratori onesti, stante 

l’indeterminatezza delle condotte cui faceva riferimento la norma dell’art. 323 c.p. nella 

versione della l. 86, rimanessero inerti piuttosto che compiere atti che, pur essendo, a 

appalti con la conseguenza che la rilevanza sostanziale dell'interesse pubblico sotteso alla clausola 

inosservata implica, pur in difetto di espressa previsione della lex specialis, l'esclusione dalla gara 

dell'impresa resasi inadempiente”. In sostanza, il concorrente che non produca il modello G.A.P. richiesto 

dal bando di gara deve essere escluso addirittura anche quando nel bando non sia contenuta un'esplicita 

comminatoria di esclusione. TAR Sicilia - Catania, Sez. III - 12 novembre 2003 sentenza n. 1893. 

TAR Lazio, Sez. III, sent. n. 6159/2005: è legittimo rifiutare il rinnovo del contratto ad una impresa 

qualora sussista il pericolo di infiltrazioni mafiose. L’amministrazione può, a tutela del pubblico 

interesse, decidere di non stipulare contratti con le imprese verso le quali sussiste un tentativo di 

infiltrazione da parte della criminalità organizzata. L’informativa antimafia, che non comporta decadenze 

o interdizioni ma evidenzia soltanto il pericolo di condizionamenti, consente alla pubblica 

amministrazione di tutelarsi preventivamente ed è conforme alla normativa che si propone di prevenire 

l’inserimento della criminalità nel tessuto economico ed imprenditoriale. 

75 Si veda anche l. 203/1991; l. 509/1996; l. 653/1996; l. 386/2001. 

26

loro giudizio, conformi alla legge e ai criteri di buona amministrazione, potessero farli 

incorrere in una qualche responsabilità penale. 76 

Non si possono dimenticare, nell’ottica di una politica legislativa anti-corruzione, le 

previsioni del d. lgs. 30 luglio 1999, n. 286, le quali hanno introdotto un sistema 

integrato di controlli interni – controllo di regolarità amministrativa e contabile, 

controllo di gestione, valutazione dei dirigenti e controllo strategico – che va a costituire 

la griglia attraverso cui l’ente monitora la propria attività e ne corregge il tiro. Questa 

rete di controlli, oltre a consentire all’amministrazione una costante valutazione di costi, 

rendimenti e risultati dell’attività posta in essere, rappresenta un filtro ulteriore che 

l’ordinamento ha creato avverso le condotte illecite degli amministratori. Come avremo 

modo di osservare, lo stesso Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, si avvale 

nell’espletamento delle proprie funzioni dei servizi di controllo interno, a conferma del 

fatto che essi, al pari dell’organismo citato, sono strumentali a garantire legittimità, 

correttezza, regolarità, efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, 

adeguatezza nelle scelte compiute, congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi 

predefiniti. 

Grande rilevanza nella lotta alla corruzione amministrativa svolge poi il d.lgs. 8 giugno 

2001, n. 231, istitutivo della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche a 

norma dell’ articolo 11 della l. 29 settembre 2000, n. 300, la cui sezione III (artt. 24- 26 

) 77 si occupa specificamente della “Responsabilità amministrativa per reati previsti dal 

codice penale”. Il provvedimento in questione per la precisione individua una 

responsabilità per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato a carico degli enti 

76 Si rammentino anche le previsioni della l. 27 marzo 2001, n. 97, “Norme sul rapporto tra procedimento 

penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle 

amministrazioni pubbliche” per cui nel giudizio disciplinare davanti alle pubbliche autorità l’assoluzione 

ha efficacia preclusiva limitatamente all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha 

commesso; la condanna fa stato quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale ed alla 

responsabilità dell’imputato. 

77 In particolare: Art. 25 Concussione e corruzione: 

1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321 e 322, commi 1 e 3, del codice 

penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote. 

2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322, commi 2 e 

4, del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote. 

3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, aggravato ai sensi dell’articolo 

319-bis quando dal fatto l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 2, e 321 del 

codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote. 

4. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all’ente anche quando 

tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis. 

5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive 

previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno. 

27

forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità 

giuridica, con esclusione dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli altri enti 

pubblici non economici nonché degli enti che svolgono funzioni di rilievo 

costituzionale. L´ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo 

vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di 

direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e 

funzionale; da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello 

stesso; da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti citati: in 

quanto responsabile, l’ente è colpito da sanzioni pecuniarie ed interdittive, ulteriori 

rispetto a quelle che colpiscono la persona fisica autrice dell’illecito. 

Risale poi al 2004 la prima legge organica a disciplina dei casi di conflitto d’interesse 78 

fra lo svolgimento di attività private e l’assunzione di cariche pubbliche (l. 20 luglio 

2004, n. 215 e successive modifiche), applicabile a presidente del Consiglio, 

vicepremier, ministri, vice-ministri, sottosegretari, commissari straordinari del governo, 

presidenti di Province, sindaci delle città metropolitane o con popolazione superiore a 

300 mila abitanti 79 . Essa prevede l'incompatibilità fra la carica di governo e l'esercizio 

di una serie di attività e professioni, non sussistendo l’incompatibilità con incarichi 

pubblici per la semplice proprietà di imprese o di patrimoni finanziari e/o azionari 80 . 

E’ poi da rilevare che il trend dell’ultimo decennio di decentrare verso gli enti 

territoriali ed esternalizzare in direzione dei soggetti privati le funzioni amministrative 

si accompagna intrinsecamente ad un aumento dei reati contro la pubblica 

amministrazione, favorendo l’insorgere di nuove occasioni per le condotte illegali. In 

particolare gli enti locali sono luoghi privilegiati per lo scambio corrotto per via 

dell’alto numero di provvedimenti individualizzati in essi adottati, della minore 

esperienza delle burocrazie locali, dell’emergere di figure di intermediazione 

specializzata con informali funzioni di supplenza, dell’inadeguatezza e politicizzazione 

dei controlli previsti, della mancata corrispondenza tra incremento del potere locale e 

responsabilità della classe politica. 

78 Il conflitto di interessi si realizza quando viene posto in essere (o viene omesso) un atto di governo 

(anche un atto avente valore di legge) che determina un vantaggio patrimoniale per un membro del 

governo, il suo coniuge o un suo parente fino al secondo grado, e al contempo determina un danno per 

l'interesse pubblico. 

79 Per i presidenti di Regione dispongono gli Statuti regionali. 

80 Per le ambiguità del provvedimento di risoluzione del conflitto d’interessi : G. Valentini, L’anomalia 

legislativa, su LaRepubblica.it. 

28

Purtroppo nella recente legislazione si ravvisano anche provvedimenti che evidenziano 

una volontà politica di tollerare, se non addirittura di fornire nuove occasioni al 

malcostume. In particolare si rifletta sulle previsioni del c.d. “scudo fiscale”( d.l. 

350/2001 convertito in l. 409/2001) il quale, come avremo modo di osservare anche più 

avanti 81 , consiste in una sanatoria (i cui termini sono stati peraltro prorogati dalla l. 

73/2002) che permette ai capitali esportati illegalmente nel resto del mondo di ritornare 

in Italia, dietro pagamento di un’ammenda, e di fatto consente deliberatamente il 

riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite (corruzione inclusa) ed il suo 

utilizzo. Lo “scudo fiscale” può essere considerato, a seconda dell’interpretazione che 

se ne dà, uno strumento in grado di assolvere ad una pluralità di funzioni per il 

raggiungimento di scopi diversi. Senz’altro, lo scopo più evidente risiede nella 

possibilità, concessa dal Legislatore, di sanare posizioni fiscali irregolari. La sanatoria 

in questione, da un lato, ha il pregio di togliere un velo di ipocrisia, sino ad ora 

malcelato, scoprendo una variegata quanto importante realtà fatta di occultamento di 

patrimoni all’estero; dall’altro, incentiva il rientro di capitali in Italia “graziando” i 

soggetti beneficiari cui l’operazione “scudo fiscale” consente di evitare futuri timori di 

sanzioni a un costo tutto sommato minimo e, soprattutto, evitando di essere perseguiti 

penalmente dalla giustizia (la l. 73/2002 ha peraltro ampliato le tipologie dei reati ai 

quali è applicabile lo "scudo fiscale”) e tacciati negativamente dalla società civile. 

Inoltre è necessario sottolineare un elemento fondamentale della procedura di rimpatrio 

e di regolarizzazione delle attività in commento, ovvero, l’anonimato: infatti, per quanto 

concerne il rimpatrio dei beni dall’estero, le relative dichiarazioni riservate, che 

escludono la punibilità che sia conseguenza di accertamenti tributari su tali beni, non 

sono trasmesse all’amministrazione pubblica competente. Per quanto concerne, invece, 

la mera regolarizzazione di capitali all’estero, il contribuente dovrà comunicare al Fisco 

la detenzione degli stessi al di fuori dei confini nazionali mediante la compilazione di 

appositi moduli allegati alla dichiarazione dei redditi 82 . 

Nella stessa deprecabile direzione si muovono altresì le disposizioni della c.d. “ex- 

Cirielli”(l. 5 dicembre 2005, n. 251) 83 , la quale riduce il termine di prescrizione dei reati 

81 

Infra cap. II. 

82 

Per una sintesi dettagliata del contenuto del provvedimento: F. Gianisi, Lo scudo fiscale, su 

ParamondOnline del 30 aprile 2002. 

83 

Art. 6: L’articolo 157 del codice penale è sostituito dal seguente:«Art. 157 - (Prescrizione. Tempo 

necessario a prescrivere). – La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo 

della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto 

e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. Per 

29

di corruzione ovvero abbassa la soglia temporale di sensibilità dell'ordinamento al 

disvalore penale della fattispecie criminosa 84 . Senza addentrarci nelle motivazioni 

politico-personali che hanno condotto all’adozione di simili provvedimenti, non può che 

prendersi atto del fatto che essi sono a tutti gli effetti parte integrante dell’ordinamento 

italiano, in netto contrasto con i principi di rifiuto dell’illegalità che dovrebbero vigere 

in uno Stato civile e democratico, quale il nostro si presume essere. E’ auspicabile un 

netto cambiamento di rotta, cui si accompagni la creazione di una vera e propria politica 

nazionale anti-corruzione, rispetto alla quale l’Alto Commissario per la prevenzione e il 

contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione 

funge da supporto tecnico, e senza la quale il supporto vede fortemente limitate le 

proprie possibilità di azione. 

determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato 

consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per 

le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie 

diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento 

massimo di pena previsto per l’aggravante. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 69 e il tempo 

necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma. Quando per il reato la legge 

stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il 

tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva. Quando per il reato la legge 

stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni. I termini 

di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 449 e 589, secondo e terzo 

comma, nonché per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale. 

La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato. La prescrizione non estingue i reati 

per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze 

aggravanti». All’articolo 158, primo comma, del codice penale, le parole: «o continuato» e le parole: «o 

la continuazione» sono soppresse. L’articolo 159 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 159 - 

(Sospensione del corso della prescrizione). – Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in 

cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da 

una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di: 1) autorizzazione a procedere; 2) deferimento 

della questione ad altro giudizio; 3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di 

impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore. In caso di 

sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l’udienza non può essere differita 

oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, dovendosi avere 

riguardo in caso contrario al tempo dell’impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le 

facoltà previste dall’articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale. Nel caso di autorizzazione a 

procedere, la sospensione del corso della prescrizione si verifica dal momento in cui il pubblico ministero 

presenta la richiesta e il corso della prescrizione riprende dal giorno in cui l’autorità competente accoglie 

la richiesta. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione». 

All’articolo 160, terzo comma, del codice penale, le parole: «ma in nessun caso i termini stabiliti 

nell’articolo 157 possono essere prolungati oltre la metà» sono sostituite dalle seguenti: «ma in nessun 

caso i termini stabiliti nell’articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all’articolo 161, 

secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di 

procedura penale». All’articolo 161 del codice penale, il secondo comma è sostituito dal seguente:«Salvo 

che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in 

nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo 

necessario a prescrivere, della metà nei casi di cui all’articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di 

cui all’articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105». 

84 M. Pavone, Nuovi profili di incostituzionalità della legge ex-Cirielli, portale di informazione giuridica 

Studio Castaldi, 01/02/2006. 

Cass. VI Sez. pen., sent. 460/2006. 

30

4.1. Il Codice deontologico dei dipendenti pubblici 

Un discorso approfondito meritano le previsioni del Codice di comportamento dei 

dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Secondo quanto autorevolmente espresso 

da Mazzella 85 le norme anti-corruzione, tra cui quelle relative all’istituzione dell’Alto 


illecito nella pubblica amministrazione, e le previsioni del Codice deontologico dei 

dipendenti delle pubbliche amministrazione sono accomunate dalla finalità etica di 

garantire la correttezza dell’attività amministrativa e tendenti a moralizzare l’attività dei 

pubblici impiegati con precise e cogenti richieste di impegno e serietà. L’adozione del 

codice di comportamento riveste infatti notevole importanza nell’ambito di una strategia 

complessa di lotta alla corruzione, nonché al fine di promuovere valori condivisi nel 

personale pubblico, offrire regole di comportamento ai funzionari per i casi dubbi 

ispirate al criterio di discrezionalità responsabile, fornire criteri di valutazione della loro 

condotta agli organi di controllo 86 , generare aspettative negli amministrati. I codici etici 

stabiliscono regole integranti doveri, obblighi e responsabilità aggiunte, a metà strada 

tra le norme giuridiche e i precetti morali e presidiano quella zona grigia tra legalità ed 

illegalità, tra semplice onestà e moralità, dove si situano molti comportamenti di natura 

transattiva o prevaricativa che deviano dagli imperativi di lealtà all’organizzazione, di 

correttezza e responsabilità nei confronti dell’utenza, alimentando la sfiducia e colpendo 

la reputazione della p.a. 87 L’importanza dell’adozione di codici etici al fine di prevenire 

condotte illecite è sottolineata nell’esperienza del Regno Unito dal primo rapporto della 

Commissione Nolan 88 . La codificazione dell’etica pubblica è altresì molto diffusa 

nell’ordinamento statunitense in cui i codici di condotta sono considerati strumenti a 

disposizione del dipendente pubblico per l’individuazione di canoni di condotta 

accettabili e per la risoluzione di dubbi circa il corretto comportamento da tenere 

nonché come mezzi di moralizzazione nell’interesse della collettività attraverso i quali 

si costruisce cioè un’etica del servizio pubblico e si definisce il ruolo di una categoria di 

soggetti nella società. Precisamente i codici di condotta del personale federale sono 

previsti da executive orders presidenziali; prescrizioni più specifiche sono invece 

85 L. Mazzella, op. cit. 

86 Cass. Pen. 26 marzo 1996, n. 2996; Cass. Pen. 20 aprile 2001, n. 16245. 

87 S. Belligni, Corruzione, malcostume amministrativo e strategie etiche. Il ruolo dei codici. Working 

paper n. 7. Università del Piemonte Orientale, 2000. 

88 La Commissione Nolan fu istituita nel 1995 con l’incarico di studiare e definire standards in public life. 

31

adottate dalle singole agenzie ed amministrazioni a livello statale e locale. Esperienze 

analoghe a quella statunitense si registrano in altri paesi anglosassoni quali Canada e 

Australia: in essi la legge fissa i principi generali cui deve ispirarsi la condotta dei 

dipendenti pubblici salvo poi rinviare a codici etici e regole specificamente stabilite 

dalla singola amministrazione 89 . Nel nostro ordinamento viceversa, prima del 1994, 

non esistevano regole di condotta per i dipendenti pubblici se non con riferimento a 

corpi particolari, come quelli militari 90 . Nella tradizionale concezione pubblicistica del 

pubblico impiego, l’assenza di norme dettagliate era ricondotta al potere disciplinare 

della p.a., fondato su un rapporto di “supremazia speciale” piuttosto che su un vincolo 

contrattuale, che giustificava la discrezionalità dell’amministrazione 

nell’apprezzamento dell’illecito disciplinare, anche in assenza di specifiche previsioni 91 . 

A partire dagli anni Novanta si è registrata un’inversione di tendenza nella legislazione 

e nella giurisprudenza 92 italiana. Il Codice di comportamento dei dipendenti delle 

pubbliche amministrazioni 93 (c.d. Codice Cassese) non si limita a tradurre in regole 

dettagliate i principi generali costituzionali ma li aggiorna 94 , affiancando per l’appunto 

ai valori tradizionali di disciplina e onore, imparzialità e buon andamento, valori nuovi 

che riflettono le riforme amministrative degli ultimi anni: vi sono infatti riferimenti al 

89 Si rammentino tra gli studi scientifici sull’etica nell’amministrazione: lo studio di Eaton sul civil 

service britannico (1880) in cui si raccomanda la difesa della professionalità in quanto il buon 

funzionamento del servizio civile segna il tono morale della politica nazionale; Etzioni-Halevy, 

Exchanging material benefits for political support: a comparative anlysis; le analisi condotte da Wilson, 

Gause, White, Dimock, Morstein Marx, Weber, Taylor, Hart, Harmon, Frederickson. Per tutti si faccia 

riferimento a: M.Villoria Mendieta, Etica pùblica y corrupciòn: curso de ètica administrativa, Tecnos, 

Madrid, 2000; Cooper T.L., The emergence of administrative ethics as a field of study in the United 

States,in Handbook of administrative ethics, Marcel Dekker, New York, 2000. 

90 Per il corpo di Polizia, d.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782. 

91 S. Cassese, Idee per limitare la corruzione politica, Corriere giuridico, 1992, p. 702, e 

“Maladministration” e rimedi, cit., col. 246. Ancora: S. Battini, Il personale, in Trattato di diritto 

amministrativo, a cura di S. Cassese, pt.gen., t.I, pp.455 ss. 

92 Secondo L. Mazzella, op. cit., nelle pronunzie dei nostri giudici si rinviene notevole considerazione 

dell’Etica nella Pubblica Amministrazione; in particolare una valutazione dell’eticità dei comportamenti 

si ha nelle pronunzie relative all’eccesso di potere come vizio di parzialità dell’amministrazione nonché 

in quelle relative al vizio di merito come valutazione concretamente inadeguata all’interesse pubblico in 

quanto inosservante delle norme pregiuridiche di buona amministrazione, equità, moralità, deontologia, 

razionalità, ragionevolezza e trasparenza. 

93 Il codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, inizialmente non previsto 

dalla legge, è stato emanato con decreto del Ministro per la funzione pubblica 31 marzo 1994. 

Successivamente, l’art. 58-bis del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (aggiunto dall’art. 26 d.lgs. 23 dicembre 

1993, n. 546 e poi sostituito dall’art. 27 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80; si v. ora l’art. 54 d.lgs. 30 marzo 

2001, n. 165) ne ha previsto la definizione da parte del Dipartimento della funzione pubblica. Infine esso 

è stato nuovamente emanato con modifiche non essenziali con decreto del Ministro per la funzione 

pubblica 28 novembre 2000, pubblicato sulla G.U. n. 84 del 10/04/2001, il cui art. 14 ha abrogato il 

precedente decreto del Ministro della funzione pubblica 31 marzo 1994. 

94 I principi tradizionali cui si fa riferimento sono individuabili nella Costituzione del 1948 e nel Testo 

unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, adottato con d.P.R. 3 

gennaio 1957. 

32

diritto d’accesso ai documenti amministrativi, alla liberalizzazione e semplificazione 

amministrativa, a nuovi principi di disciplina del servizio pubblico quali rispetto dei 

livelli di prestazione, continuità, concorrenza e scelta dell’utente, alla valutazione dei 

risultati di gestione, al decentramento e al principio di sussidiarietà. Le norme contenute 

nel Codice deontologico hanno natura specifica e corrispondono solo in parte ai principi 

che regolano il comportamento dei lavoratori privati: ai sensi dell’art. 1 c. 1 “i principi e 

i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli 

obblighi di diligenza, lealtà ed imparzialità, che qualificano il corretto adempimento 

della prestazione lavorativa”. E’ affidata alla contrattazione collettiva la materia della 

responsabilità disciplinare, ai sensi del c. 2. Questa soluzione fa sì che le regole di 

comportamento del dipendente pubblico dipendano da principi non negoziabili ma che 

le conseguenze delle loro violazioni possano essere stabilite contrattualmente. Sotto il 

profilo soggettivo le disposizioni del codice non operano nei confronti del personale 

militare, della Polizia di Stato e del Corpo di polizia penitenziaria, delle magistrature e 

dell’Avvocatura dello Stato; sul piano oggettivo esse trovano applicazione in tutti i casi 

in cui non siano applicabili norme di legge o di regolamento o comunque per i profili 

non diversamente disciplinati da leggi e regolamenti. Le norme in questione possono 

essere altresì integrate e specificate dai codici adottati dalle singole amministrazioni. In 

base alla attuale distribuzione della potestà legislativa, come risultante dalle modifiche 

apportate al titolo V dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, spettando allo Stato la disciplina 

del solo personale statale e appartenente agli enti pubblici nazionali, discende che per il 

personale delle regioni e degli enti locali occorrerà fare riferimento alle norme emanate 

dai vari enti territoriali. Sfuggono altresì all’ambito di applicazione del codice i soggetti 

privati svolgenti funzioni pubbliche: trattasi di profilo problematico considerando che 

da un lato il principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale impone di favorire 

l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di 

interesse generale (art. 118, c. 4 Cost.), ma che dall’altro lato si osserva frequentemente 

come l’esternalizzazione di funzioni pubbliche sia spesso all’origine di nuova 

corruzione 95 . Ulteriori problemi sono rappresentati dalla scarsa pubblicità delle regole di 

comportamento tanto presso i dipendenti quanto presso i cittadini e dall’assenza di post- 

95 K. Kernaghan, The post-bureaucratic organization and public service value , International review of 

administrative sciences, vol.66, n. 1/2000, p. 98. 

33

employment restrictions. 96 Il codice in apertura (art. 2) indica i principi cui deve 

conformarsi la condotta del pubblico dipendente: i principi costituzionali di imparzialità 

e buon andamento, rispetto delle leggi, servizio esclusivo della Nazione con disciplina 

ed onore, cura dell’interesse pubblico; il principio di indipendenza e corretto 

adempimento dei compiti d’ufficio; i principi di semplicità, efficienza, responsabilità; 

fiducia e collaborazione tra cittadini ed amministrazione, accesso alle informazioni, 

semplificazione, rispetto della distribuzione delle funzioni tra Stato ed enti territoriali; 

rispetto dell’orario di lavoro e della giusta quantità di tempo ed energie da dedicare allo 

svolgimento delle proprie competenze. Le successive disposizioni disciplinano 

l’accettazione da parte del pubblico dipendente di regali ed altre utilità (art. 3), la 

partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni (art. 4), la trasparenza negli 

interessi finanziari (art. 5), l’obbligo di astensione dal partecipare all’adozione di 

decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi del dipendente o di persone a 

lui legate a diverso titolo (art. 6), le attività collaterali (art. 7), l’imparzialità di 

trattamento tra i cittadini con cui il dipendente entri in contatto (art. 8), il 

comportamento nella vita sociale (art. 9) e in servizio (art. 10), i rapporti con il pubblico 

(art. 11), i contratti stipulati dal dipendente per conto dell’amministrazione e a titolo 

privato (art. 12), gli obblighi connessi alla valutazione dei risultati (art. 13). Ferma la 

fondamentale funzione educativa e cognitiva del codice deontologico, è indispensabile 

che esso sia assistito da un preliminare processo di formazione etica 97 e di 

partecipazione, di professionalizzazione della funzione pubblica, di 

autoresponsabilizzazione del personale al servizio dell’amministrazione 98 , che permetta 

96 

B. G. Mattarella, Controllo della corruzione amministrativa e regole di etica pubblica, Riv. It. Dir. 

Pub. Com. Anno XII, n. 5/2002, p. 1048. 

97 

In tal senso, sull’importanza della formazione, S. Zoppi: “Al fine di prevenire la corruzione con 

particolare riguardo alle pubbliche amministrazioni, ritengo non sia da trascurarne l’adeguamento 

culturale. (…) Penso al ruolo strategico che può assumere la formazione, attraverso programmi ed azioni 

specifiche continue e di eccezionale impegno, associando risorse pubbliche e private. Deve aggiornare e 

preparare una classe dirigente, tecnico-amministrativa, di elevato spessore professionale, pronta a recepire 

il cambiamento organizzativo e culturale e a gestirlo.” Prevenire la corruzione, Collana Documenti 

CNEL, II serie, n.1, Roma, 1996, p.52. 

98 

In proposito emblematico l’intervento innanzi all’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto 

della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione di F. M.Piantelli, capo del 

SECIN Giustizia dal titolo La programmazione strategica e gli strumenti di gestione: esperienze a 

confronto: “Uno degli elementi più significativi, a parer nostro, di questa attività di riassetto 

organizzativo consiste nell’aver sottolineato l’importanza che riveste tutto il personale. (…) Specie per le 

organizzazioni di servizio, per natura votate a risolvere problemi sociali, le risorse umane rivestono un 

valore strategico fondamentale. Dal loro livello di motivazione, preparazione, consapevolezza, 

responsabilità, coinvolgimento, dipende il successo o l’insuccesso dell’organizzazione cui appartengono. 

Per questo motivo nel nuovo disegno organizzativo si parla di gestione piuttosto che di amministrazione 

del personale. Due termini, questi, che implicano una “concezione del personale” completamente diversa 

per non dire antitetica. Se consideriamo il capitale umano come risorsa strategica, allora esso va 

34

di affermare che esso è il risultato del consenso e del comune sentire dei dipendenti 

pubblici su ciò che costituisce un buon comportamento amministrativo: il fattore 

“consenso” rappresenta la base dell’efficacia del codice. Non si dimentichi d’altronde 

che i principi di etica pubblica sono storicamente variabili e richiedono un 

aggiornamento costante e parallelo all’evolversi della legislazione amministrativa e 

all’affiancarsi di nuovi valori accanto ai vecchi 99 . L’obiettivo di un’amministrazione 

responsabile, trasparente, efficiente e onesta, va perseguito predisponendo una tutela più 

ampia di quella offerta dalla norma penale, basata sull’idea di moralità e correttezza e 

non solo su quella di onestà ed accompagnata dalla consapevolezza cha laddove non 

arriva l’etica occorre ricorrere alla logica della necessità. 

5. Repressione e prevenzione 

Un sistema penale ed amministrativo ispirato alla logica dell’efficacia dovrebbe 

fondarsi su di un perfetto equilibrio tra politiche criminali repressive e adeguate 

tecniche di prevenzione dei fenomeni di illiceità: nell’ordinamento italiano degli ultimi 

decenni si è invece registrata una netta prevalenza delle prime a scapito delle seconde. 

Alla base di questa scelta legislativa vi è un errore di prospettiva: è indubbio infatti che 

la giustizia penale non è grado di gestire elevati tassi di criminalità, e d’altronde molti 

reati a vasta diffusione e a maggior impatto sul sistema processuale sono ricorrenti e 

prevedibili perché scaturenti da situazioni criminogenetiche ormai tipiche. Ne discende 

valorizzato, riconosciuto, professionalizzato, motivato. Ancor prima va scelto, ricorrendo anche a forme 

diverse di reclutamento e di selezione, aprendo i Ministeri, fra essi il nostro, a nuove competenze 

professionali, tanto inconsuete per noi quanto indispensabili. Non basta più quindi limitarsi ad 

“amministrare il personale” quasi esso fosse un’entità indistinta e meramente strumentale da manutenere. 

C’è bisogno di svilupparne il potenziale quanto più rapidamente e accuratamente possibile. Diversamente 

si rischia di perpetuare la celebrazione di riti antichi che pure hanno avuto la loro funzione storica ma che, 

di fronte al nuovo, mostrano la loro assoluta inadeguatezza. Per questo motivo (…) sono da promuovere 

iniziative formative interdipartimentali volte ad accrescere il senso di appartenenza ad un’unica 

Organizzazione che, se pur differenziata al suo interno per motivi funzionali alle specifiche consegne, 

risponde nel suo insieme ad una missione e a degli obiettivi strategici comuni.” 

99 In proposito C. Beccaria, op.cit., VI :”Chiunque leggerà con occhio filosofico i codici delle nazioni ed i 

loro annali, troverà quasi sempre i nomi di vizio e di virtù, di buon cittadino o di reo cangiarsi colle 

rivoluzioni dei secoli, non in ragione delle mutazioni che accadono nelle circostanze dei paesi, e per 

conseguenza sempre conformi all’interesse comune, ma in ragione delle passioni e degli errori che 

successivamente agitarono i differenti legislatori. Vedrà bene spesso che le passioni di un secolo sono la 

base dei secoli futuri, che le passioni forti, figlie del fanatismo e dell’entusiasmo, indebolite e rosee, dirò 

così, dal tempo, che riduce tutti i fenomeni fisici e morali all’equilibrio, diventano a poco a poco la 

prudenza del secolo e lo strumento utile in mano del forte e dell’accorto. In questo modo nacquero le 

oscurissime nozioni di onore e di virtù, e tali sono perché si cambiano colle rivoluzioni del tempo che fa 

sopravvivere i nomi alle cose, si cambiano coi fiumi e colle montagne che sono bene spesso i confini, non 

solo della fisica, ma della morale geografia.” 

35

quindi che una strategia di prevenzione delle situazioni di rischio e di riduzione delle 

opportunità di commettere reati inciderebbe efficacemente sui tassi di criminalità. 

Viceversa, alle istanze sociali di maggior sicurezza si è risposto in termini di 

ipercriminalizzazione, ravvisandosi nella legislazione penale ritorsiva un rimedio al 

crescente senso di insicurezza collettiva. Tuttavia, ferma restando la irrinunciabilità 

della sanzione, è innegabile che la medesima comporti pesanti costi di attuazione a 

partire dall’impatto sulle strutture investigative e processuali: all’aumento del tasso di 

criminalità si accompagna un aumento delle garanzie processuali quali i costi richiesti 

dalle indagini preliminari e dalle attività difensive. Un ulteriore svantaggio dell’abuso 

legislativo di meccanismi repressivi è rappresentato dalla consequenziale perdita di 

deterrenza ed autorità della stessa norma penale. Dal sovraffollamento normativo deriva 

infatti un eccesso di reati ed un eccesso di processi che determinano a loro volta 

un’inefficace risposta giudiziaria; e l’inefficacia del processo rende inefficace l’impatto 

motivante della norma penale sui comportamenti sociali 100 . D’altra parte, come 

evidenziato dal Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione 101 , gli episodi di 

malcostume recenti dimostrano che scandali e processi, lungi dall’eliminare la 

100 Contro la dilatazione degli strumenti repressivi: 

F.Favara Relazione sull’amministrazione delle giustizia nell’anno 2004. Bozze di stampa, Roma, 11 

gennaio 2005, pp.49-50: “L’efficacia del processo penale è minata alla radice dall’inefficacia della legge 

penale. In un ordinamento fondato sulla obbligatorietà della legge penale è pertanto contro ogni logica di 

efficacia l’espansione del diritto penale.” 

Per A. G. Abbate, in Prevenire la corruzione, Collana Documenti CNEL, II serie, n.1, Roma, 1996, p. 45: 

l’eccessiva valorizzazione dell’intervento giudiziario non può alla lunga produrre effetti benefici nei 

rapporti tra i vari poteri. 

Secondo C. Longobardo, op.cit, p.301: l’illusione di poter combattere i crimini solo con i giudici piuttosto 

che con interventi di natura politico-sociale e politico-criminale finisce col generare disorientamento nei 

consociati e determina una sovraesposizione della magistratura. 

Per G. M. Flick, in Oltre Tangentopoli?Intervista sulla giustizia a cura di A. Ciancarella, Milano, 1995: la 

magistratura è chiamata a svolgere permanentemente un ruolo che non le compete e ad assolvere ad una 

funzione di controllo del sistema. Sempre per G. M. Flick, in Prevenire la corruzione, Collana Documenti 

CNEL, II serie, n.1, Roma, 1996, p. 35, il tema della prevenzione della corruzione non è stato affrontato a 

monte attraverso interventi di sistema ma soltanto a valle attraverso la repressione penale la quale ha 

un’elevata componente preventiva ma corre il rischio di perderla dal momento in cui si inneschi questo 

meccanismo di emergenza per cui si scelga di affidare soltanto al magistrato penale una serie di 

supplenze. 

Per E.U. Savona, Intervento di fronte alla Commissione Libertà Pubbliche ed Affari Interni del 

Parlamento Europeo, Bruxelles, 18 luglio 1995 citato in La corruzione in Europa, E. U. Savona, 

L.Mezzanotte, op. cit., p.11: in tema di corruzione le sanzioni penali non bastano e, se non si interviene 

in modo strutturale, l’attività penale rischia di scivolare sui problemi senza cambiare e modificare le 

origini e le cause della corruzione. E’ urgente mettere in campo strumenti adeguati a combattere fenomeni 

quali crimine organizzato e corruzione, spesso intrecciati e aventi crescente carattere internazionale, 

consapevoli della necessità di giocare su molti fronti, oltre a quello giudiziario. 

Per l’osservatorio del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro in Prevenire la corruzione, 

Collana Documenti CNEL, II serie, n.1, Roma, 1996, p. 79, l’azione giudiziaria, per quanto esemplare, 

per sua natura può sanzionare ma non prevenire la violazione della legalità 

101 Atti parlamentari, XIII Legislatura, Doc. CXI n.1, p.15. 

36

corruzione, in molti casi hanno soltanto reso le tangenti più rischiose - e, quindi, più 

cospicue-, la corruzione più sofisticata e di conseguenza la lotta alla corruzione più 

difficile. Da queste osservazioni si trae che la repressione non è lo strumento 

preferenziale di cui lo Stato deve servirsi per arginare il fenomeno della corruzione nella 

p.a., bensì si impone una rivalutazione degli strumenti preventivi atti a sradicare le 

cause che rendono possibile la corruzione (intesi pur sempre come meccanismi 

inscindibili rispetto alla sanzione). Prevenzione e repressione non devono essere 

considerati concetti antinomici ma strumenti sinergici. In questo senso depongono le 

fonti internazionali 102 le quali sottolineano l’importanza di un approccio integrato e 

multidisciplinare in cui la prevenzione assume un ruolo non meno importante della 

repressione. Per quanto riguarda i mezzi da adottarsi, secondo Cipolletta, la repressione 

necessita sicuramente di strumenti legislativi, mentre la prevenzione presuppone 

soprattutto azioni che non necessariamente hanno a che fare con la legislazione; anzi 

l’eccesso di legislazione genera spesso fenomeni di scarsa trasparenza, e soprattutto 

genera una cultura della forma rispetto a quella della sostanza, che poi rappresenta uno 

dei principali fattori in cui si annidano i problemi di corruzione 103 . Per l’Osservatorio 

102 Infra cap. II. 

Per L. Ferola, Spazio giudiziario europeo e lotta alla corruzione, in Liuc Papers n. 73, Serie Impresa e 

Istituzioni, 14 aprile 2000, pp.16 e 21: “Allo stato attuale l’azione dell’Unione Europea non è concentrata 

unicamente sul contrasto della corruzione, ma anche sulla sua prevenzione, segnatamente tramite una 

maggiore trasparenza nelle procedure burocratiche. Come la Commissione [COM(97)0192] ha 

sottolineato, la semplificazione delle norme e l’introduzione di effettivi meccanismi di controllosostanziali 

e non solo formali- in tutti i processi decisionali significativi, quale generale principio di 

democrazia, possono contribuire sostanzialmente a prevenire la corruzione ed hanno un particolare effetto 

inibitorio e deterrente sul corruttore, rafforzando anche la volontà di coloro che si vogliono opporre. (…) 

Appare essenziale intraprendere una strategia strutturale e articolata che coinvolga governo, settore 

privato e società civile; in aggiunta i sistemi di contrasto dovrebbero essere caratterizzati da un approccio 

multidisciplinare, prevedendo concrete misure sia preventive che punitive. Il problema andrebbe 

affrontato in maniera sistematica, considerando che la mancanza di trasparenza e responsabilità riguarda 

vari ambiti dei sistemi economici e sociali (…). La lotta alla corruzione non deve fondarsi unicamente su 

una logica di specifica repressione, ma formulare anche una serie di interventi che includano la confisca 

dei beni e il sequestro dei proventi derivanti dal riciclaggio di denaro, che è una sua conseguenza diretta, 

messa in atto allo scopo di occultare i profitti realizzati.” 

103 I. Cipolletta, in Prevenire la corruzione, Collana Documenti CNEL, II serie, n.1, Roma, 1996, p. 26. 

Per la precisione le azioni suggerire in Prevenire la corruzione, pp. 79 ss. consistono nel: 

I. Prosciugare le occasioni della corruzione e della concussione attraverso molteplici strumenti quali: 

A)Semplificazione delle procedure e formulazione di Testi Unici; B)Responsabilizzazione della 

Dirigenza Pubblica, in primo luogo sul piano della spesa, e quindi con la definizione di regole per la 

mobilità delle dirigenza degli uffici cruciali per la legalità economico-finanziaria; C)Trasparenza dei 

prezzi nella contrattazione da parte delle Spa di interesse pubblico. 

II. Potenziare gli strumenti dell’attività economico-finanziaria dello Stato e gli organi del suo controllo, il 

che può avvenire mediante A)Riorganizzazione, nell’ottica della legalità, degli uffici pubblici essenziali 

per la legalità economico-finanziaria: Conservatorie, Catasto, Demanio, IVA, Imposte dirette, Uffici 

appalti nazionali e locali, Uffici giustizia tributaria, Provveditorato dello Stato, Cooperazione allo 

sviluppo; B)Omogeneità e trasparenza negli acquisti dei Ministeri; C)Rilevazione ed elaborazione dei 

37

del CNEL al fine di prevenire efficacemente la corruzione è importante evitare ritardi 

operativi e rimpalli di responsabilità e agire tempestivamente attraverso incisivi 

adeguamenti legislativi e nuovi comportamenti dei soggetti interessati politici, 

economici ed amministrativi 104 . Per Savona e Mezzanotte, ai fini di un’efficace politica 

di prevenzione della corruzione, è necessario agire sull’efficienza del sistema fiscale, 

della tutela della libera concorrenza nonché sulla responsabilità penale dei soggetti 

collettivi, anche attraverso il ricorso al cosiddetto blacklisting ovvero la pratica di 

inserire in una “lista nera” le aziende scoperte a corrompere o tentare di corrompere 

funzionari pubblici con conseguente interdizione permanente o temporanea alla 

partecipazione ad appalti pubblici 105 . 

In un’ottica preventiva, rivestono notevole importanza le azioni finalizzate 

all’educazione etica del pubblico dipendente e del cittadino al rispetto delle regole e 

all’intolleranza dei contravventori 106 . 

prezzi dei beni e dei servizi acquistati dalle P.A.; D)Controlli interni; E)Rafforzamento della capacità di 

analisi dei costi da parte della Corte dei Conti. 

III. Riorganizzare le rappresentanze delle imprese in modo tale che possano dialogare con le istituzioni, 

nel rispetto dell’indipendenza reciproca. A questo scopo le sedi deputate ad attuare i rapporti tra le 

organizzazioni imprenditoriali e le istituzioni devono essere esclusivamente quelle istituzionali, 

assembleari ed esecutive, centrali e periferiche. Le imprese che operano per lo Stato devono rendere note 

alla istituzione interessata le strutture proprie o esterne incaricate di stabilire con essa i rapporti di 

confronto e negoziali. E’ altresì essenziale l’adozione di codici etici da parte delle imprese operanti per lo 

Stato. 

IV. Sotto il profilo della qualificazione gestionale delle imprese, è fondamentale: A)Determinare i poteri 

reali dei consigli di amministrazione e dei sindaci per gli adempimenti contabili, nell’ambito dell’attività 

di gestione e di controllo dei bilanci aziendali; B)Esercitare controlli sulle società esterne, spesso 

utilizzate per fondi neri che alimentano il circuito delle tangenti; C)Contrastare la frammentazione di 

finanziarie esterne, specie nei grandi gruppi, che consente movimenti finanziari al di fuori del controllo 

dei consigli di amministrazione e delle regole che disciplinano l’attività bancaria. 

105 E. U. Savona e L. Mezzanotte, op.cit., p. 144. 

106 C. Beccaria, op. cit., XLV, XLVII: “Il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di 

perfezionare l’educazione.(…) Un grand’uomo – il riferimento è a Jean-Jacques Rousseau, Emile - ha 

fatto vedere in dettaglio quali sieno le principali massime dell’educazione veramente utile agli uomini, 

cioè consistere meno in una sterile moltitudine di oggetti che nella scelta e precisione di essi, nel 

sostituire gli originali alle copie nei fenomeni sì morali che fisici che il caso o l’industria presenta ai 

novelli animi dei giovani, nello spingere alla virtù per la facile strada del sentimento, e nel deviarli dal 

male per la infallibile della necessità e dell’inconveniente, e non colla incerta del comando, che non 

ottiene che una simulata e momentanea ubbidienza. (…) Più forti e sensibili devono essere le impressioni 

sugli animi induriti di un popolo appena uscito dallo stato selvaggio. Vi vuole il fulmine per abbattere un 

feroce leone che si rivolta al colpo del fucile. Ma a misura che gli animi si ammolliscono nello stato di 

società cresce la sensibilità e, crescendo essa, deve scemarsi la forza della pena, se costante vuole 

mantenersi la relazione tra l’oggetto e la sensazione.” 

Per G. Forti, in Prefazione a M. Arnone e E. Iliopulos, op. cit., la mala pianta corruttiva si annida nelle 

teste e si nutre di quello che Beccaria chiamava “lo spirito di famiglia”, opposto rispetto allo “spirito 

regolatore delle repubbliche” che è “padrone dei principi generali, vede i fatti e li condensa nelle classi 

principali ed importanti al bene della maggior parte”. Lo “spirito di famiglia” in senso beccariano è la 

ricerca della protezione, il baratto degli interessi particolari avulso dal bene comune, dall’interesse 

generale: la gabbia cognitiva da cui la corruzione si sviluppa e le cui sbarre a sua volta esse vale a 

rinforzare. La luce delle cognizioni, l’istruzione e l’educazione dissipano il chiuso spirito di dettaglio che 

38

In via più specifica, rappresenterebbe uno straordinario deterrente all’accettazione della 

mazzetta da parte del pubblico dipendente, la previsione di una riduzione di pena o 

addirittura dell’impunità a favore del corruttore “pentito” 107 : laddove si introducesse un 

simile premio, si spezzerebbe il vincolo di reciproca omertà tra privato e pubblico 

funzionario. 

impedisce di reagire culturalmente, prima ancora che operativamente, nei confronti della corruzione. La 

specializzazione sociale dei cittadini e la formazione del personale forma “ libere anime e vigorose e le 

menti rischiaratici” e rende gli uomini virtuosi, “ma di quella virtù che sa resistere al timore, e non di 

quella pieghevole prudenza, degna solo di chi può soffrire un’esistenza precaria ed incerta”. 

Per M. Arnone e E. Iliopulos, op. cit., pp. 12 ss. “politiche ad ampio raggio d’azione sono quelle che nel 

lungo periodo modificano l’ambiente istituzionale e la mentalità dei membri della società. Politiche 

dell’istruzione, della formazione e della cultura sono il punto di partenza per un’efficace lotta alla 

corruzione; infatti, Paesi con più alti livelli di istruzione hanno un minore livello di corruzione. L’impatto 

delle politiche dell’istruzione si estende fino al processo di formazione politica e quindi fino a modificare 

o a rafforzare la percezione del fenomeno e a consolidare le strategie di rigetto. Agire a livello di politiche 

per l’istruzione significa servirsi di un insieme di canali indiretti che si indirizzano alla sfera economica o 

istituzionale della società. (…) Il livello di consapevolezza culturale dell’opinione pubblica agisce da 

catalizzatore sulla sfera istituzionale e politica. Elettori consapevoli sono cittadini in grado di controllare 

l’operato delle proprie istituzioni, (…) e di scegliere una classe dirigente di livello più alto. Queste 

condizioni hanno un forte impatto sulla qualità delle istituzioni e sono vincoli efficaci contro il 

diffondersi di fenomeni di cattiva governance. Sul piano delle politiche di medio periodo, occorre 

consolidare l’opera di prevenzione; in particolare, sia rafforzando le autorità di garanzia, sia attuando un 

forte intervento di formazione degli operatori privati e del personale delle pubbliche amministrazioni. 

Inoltre occorre introdurre o incrementare misure che limitino o eliminino conflitti di interesse e ambiti di 

discrezionalità della pubblica amministrazione, chiamandola a operare secondo principi di responsabilità 

e trasparenza ”. 

Ancora, secondo The Durban Commitment to effective action against corruption del 15 ottobre 1999 “ a 

successful campaign against corruption demands the full partecipation of all sections of society, including 

most importantly civil society and, with it, the business community”. 

107 Su questo punto Se il marcio si annida negli uffici, intervista all’Alto Commissario per la prevenzione 

e il contrasto della corruzione e delle altre forme d’illecito nella Pubblica Amministrazione, pubblicata su 

Panorama n. 46/47 del 24/11/2005, pag. 83. 

Ex art. 37 UNCAC ciascuno stato Parte esamina la possibilità, nei casi appropriati, di mitigare la pena 

all’imputato o accordare l’immunità dal perseguimento penale ad una persona fisica che fornisca 

un’importante collaborazione nelle indagini o nel perseguimento di un reato previsto dalla Convenzione. 

Per la previsione di una causa speciale di non punibilità a favore di chi, entro un dato termine, avesse 

tenuto spontaneamente comportamenti collaborativi C. F. Grosso, L’iniziativa DiPietro su Tangentopoli. 

Il progetto anticorruzione di mani pulite fra utopia punitiva e suggestione premiale, in Cass. Pen., 1994, 

2341 ss., per cui “più elevati sono i rischi di carcerazione e sanzioni limitative della libertà personale, 

interdittive e pecuniarie, tanto più elevata diventa la possibilità che uno dei protagonisti della corruzione 

si determini a collaborare col pubblico ministero”. 

Per B. Huber, op. cit., pp. 519 ss., “i meccanismi della corruzione si sviluppano segretamente, tutti i 

partecipi hanno interesse a non renderli pubblici, le manipolazioni finanziarie vengono accuratamente 

mascherate nella contabilità, si instaurano rapporti d’affari solo apparenti. Per rompere questa rete di 

persone, amministrazioni ed imprese strettamente legate fra loro e comprendere con successo i sottostanti 

traffici (…) è necessario che i partecipi offrano le chiavi di accesso e lettura delle informazioni. Tuttavia 

tali concorrenti sono normalmente disposti a far conoscere quanto sanno, solo se ottengono la promessa 

che le autorità procedenti riconosceranno la loro collaborazione. (…) Grecia, Spagna, Portogallo e 

Turchia si servono delle possibilità offerte dalla disciplina del “testimone della corona”, del recesso 

attivo, dell’estinzione della pena o di simili strumenti che sollecitano la collaborazione per scoprire fatti 

di corruzione; (…) in Inghilterra una siffatta disciplina è parte dell’armamento standard delle indagini 

penali.” 

Ancora: C. F. Grosso,voce Corruzione, Dig. Pen., p. 168 che rinvia ai progetti di riforma in Quaderni 

della giustizia, n. 45, 1985. 

39

5.1. Il Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione 

Particolarmente interessante è l’analisi offerta dal già citato Comitato di studio sulla 

prevenzione della corruzione 108 , il cui rapporto finale è stato presentato al Presidente 

della Camera dei deputati in data 23 ottobre 1996. Il Comitato, istituito con decreto del 

Presidente della Camera dei deputati 30 settembre 1996, n. 211, si è insediato il 2 

ottobre 1996 con lo scopo di elaborare, nell’ambito dei principi fondamentali 

dell’ordinamento amministrativo italiano, ipotesi di intervento legislativo per prevenire 

fenomeni di corruzione, tenendo conto delle caratteristiche del sistema delle imprese e 

delle principali esperienze straniere. Esso ha innanzitutto condotto un’analisi delle 

situazioni di corruzione nel nostro paese, delle istituzioni colpite, delle conseguenze che 

si riscontrano sul buon funzionamento di quelle e dei luoghi della corruzione quali si 

delineano nel triangolo di relazioni tra potere economico privato, pubblica 

amministrazione e personale politico. Da tale studio emerge che la morfologia della 

corruzione in Italia ha carattere collettivo, piuttosto che individuale, e che i 

comportamenti devianti costituiscono fatti seriali, non isolati in cui si presentano 

frequentemente più corruttori, più corrotti, nonché intermediari. Il fenomeno è 

capillarmente penetrato nei gangli vitali dell’amministrazione tanto a livello di grandi 

decisioni quanto nell’ordinaria attività amministrativa. Sono particolarmente colpiti 

alcuni settori: la domanda da parte della p.a. di beni e servizi offerti dai privati 

comprensiva delle decisioni di spesa relative all’attività contrattuale per opere e 

forniture; la compravendita di immobili; l’assegnazione di incarichi a professionisti; il 

settore della distribuzione o offerta da parte degli enti pubblici di prestazioni, risorse e 

servizi richiesti dai privati; infine occasioni di corruzione possono emergere 

nell’esercizio del potere autoritativo di cui dispone l’ente pubblico e che può 

concretizzarsi nell’imposizione di costi ai privati. Prima di indicare i mezzi per 

108 Il Comitato era composto dal prof. Sabino Cassese, dal prof. Luigi Arcidiacono, dal prof. Alessandro 

Pizzorno, dal prof. Agatino Cariola, dal dott. Bernardo Giorgio Mattarella, dal dott. Alberto Vannucci e 

dal dott. Giuseppe Renna. 

Per il rapporto si veda: Atti parlamentari XIII Legislatura, doc. CXI n.1. 

Oltre al citato rapporto del Comitato di studio presieduto da Sabino Cassese, fu presentato un secondo 

rapporto ad opera della Commissione di studio di cui al d.p.c.m. 18 ottobre 1996 per contrastare i 

fenomeni di corruzione e migliorare l’azione della p.a., costituita presso il Dipartimento della funzione 

pubblica e presieduta da Gustavo Minervini. 

In materia si consideri anche l’indagine conoscitiva sugli strumenti istituzionali atti a prevenire i 

fenomeni di corruzione, Senato della Repubblica, Commissione permanente affari costituzionali, XIII 

Legislatura. Roma, Tipografia Senato 1998. 

40

prevenire la corruzione, il Comitato ha individuato le condizioni che favoriscono il 

fenomeno 109 ed fattori ricorrenti produttivi di corruzione 110 nel nostro ordinamento. 

109 Le decisioni pubbliche sono più vulnerabili alla corruzione a seconda di: 

I. Ammontare delle risorse in gioco. Quanto maggiore è la quantità di risorse pubbliche destinate ad un 

determinato impiego, tanto minori sono i vincoli alla creazione di posizioni di rendita, presupposto per la 

realizzazione dello scambio corrotto. 

II. Grado di discrezionalità della decisione. Quanto è più estesa la discrezionalità dell’azione 

amministrativa, tanto più agevole e al riparo da rischi è la conclusione del patto illecito. 

III. Generalità degli effetti. Quanto più ad ampio raggio e di portata generale sono gli effetti del 

provvedimento, tanto maggiori sono le difficoltà dei potenziali beneficiari nell’organizzare 

congiuntamente un’attività di pressione illecita per influenzare la decisione pubblica. 

IV. Prevedibilità degli effetti. Tanto minore è l’astrattezza e l’imparzialità della procedura, tanto 

maggiore è la prevedibilità dei beneficiari di un dato provvedimento e conseguentemente la convenienza 

della corruzione per i soggetti ad esso interessati. 

Secondo lo studio del Comitato, i luoghi privilegiati della corruzione sono quelli in cui queste condizioni 

ricorrono simultaneamente. 

110 Per quanto concerne i fattori ricorrenti produttivi di corruzione, essi sono stati individuati in: 

I. L’ampiezza dell’intervento statale: in particolare lo sviluppo dei finanziamenti pubblici e della gestione 

pubblica di affari economici determinano posizioni di rendita la cui assegnazione ai privati è stabilita con 

larghi margini di discrezionalità cosicché le relative scelte divengono influenzabili da negoziazioni 

occulte; 

II. Il disordine normativo e la negoziazione della disciplina da applicare: infatti l’inflazione normativa 

consente agli amministratori di potere scegliere la norma da applicare, interpretandola a proprio 

piacimento ed aggirandone i vincoli fino al punto di trasformare la scelta discrezionale in scelta arbitraria; 

d’altronde il disordine normativo genera disfunzioni, ritardi e conflittualità potenziali per superare i quali 

il privato è indotto a retribuire indebitamente l’amministrazione; 

III. Le modalità di attuazione del decentramento amministrativo: il trasferimento di funzioni e risorse dal 

centro alla periferia si accompagna ad un aumento dei reati contro la pubblica amministrazione. Gli enti 

locali sono luoghi privilegiati per lo scambio corrotto per via dell’alto numero di provvedimenti 

individualizzati in essi adottati, della minore esperienza delle burocrazie locali, dell’emergere di figure di 

intermediazione specializzata con informali funzioni di supplenza, dell’inadeguatezza e politicizzazione 

dei controlli previsti, della mancata corrispondenza tra incremento del potere locale e responsabilità della 

classe politica; 

IV. Il finanziamento della politica: esso genera corruzione quando, a fronte di larghi poteri di nomina a 

cariche pubbliche e private da parte dello Stato, chi va ad occupare tali cariche acquista la disponibilità di 

fondi che può usare per sovvenzionare illegalmente il partito della cui protezione ha bisogno; quando i 

partiti vedono diminuire le fonti interne di finanziamento; quando si moltiplicano i soggetti politici che 

non ricevono fondi dagli organi centrali di un partito e devono perciò procurarseli autonomamente; 

quando mancano automatismi relativi alla competizione politica che inducano i soggetti politici a 

denunciare reciprocamente le pratiche di finanziamenti illegali; quando infine mancano precisi limiti di 

legge alle spese dei soggetti politici; 

V. La confusione di ruoli tra personale politico e personale burocratico: le due categorie sono in grado di 

controllarsi reciprocamente, denunciando eventuale corruzione; di fatto però le parti trovano più 

conveniente la negoziazione al controllo; 

VI. L’inefficienza amministrativa: essa causa corruzione dal momento che attribuisce agli amministratori 

un potere arbitrario per il compimento d’atti d’ufficio, estendendo cioè la gamma di risposte alternative 

che essi possono dare alle domande esterne o superiori; 

VII. L’insoddisfacente disciplina delle procedure amministrative: esse sono spesso antiquate e troppo 

complesse e ignorano la limitatezza di risorse umane, temporali ed organizzative a disposizione delle 

amministrazioni pubbliche, col risultato di generare alternative, deroghe e corsie preferenziali; 

VIII. L’assenza di corpi tecnici professionali interni all’amministrazione che costringe gli enti pubblici ad 

affidarsi a soggetti esterni per tutte le attività che richiedono l’opera di specialisti e genera occasioni di 

scambio occulto; 

IX. L’inefficienza dei controlli, tradizionalmente ispirati alla verifica formale della regolarità e legittimità 

dei singoli atti; 

X. La sfiducia dei cittadini nella garanzia dei loro diritti, che finiscono per trasformarsi in favori cosicché 

imprese e cittadini spesso trovano più conveniente pagare in cambio di atti dovuti piuttosto che ricorrere 

ai rimedi previsti dall’ordinamento; d’altronde la crescita della domanda di giustizia amministrativa, cui 

41

Il Comitato ha quindi ripartito i rimedi contro la corruzione in base al loro oggetto in 

cinque gruppi: assetto normativo 111 , rapporti tra politica ed amministrazione 112 , corpo 

amministrativo 113 , attività amministrativa e controlli 114 , controlli nell’area privata 115 . 

Tali mezzi possono essere ulteriormente distinti in base alla natura degli interventi, a 

seconda che possano essere conseguiti con linee di politica generale 116 , con 

provvedimenti puntuali relativi allo svolgimento delle attività politiche 117 , con 

provvedimenti puntuali riguardanti la pubblica amministrazione 118 , con provvedimenti 

puntuali riguardanti imprese e professioni 119 . Il Comitato ha individuato i mezzi per 

prevenire la corruzione distinguendo, sul piano dei risultati, tra mezzi di breve, medio e 

lungo periodo e precisando che tali misure debbono essere introdotte nell’ordinamento 

in modo tale da evitare di creare pesi e rigidità, eliminando contestualmente i vincoli 

inefficaci dal punto di vista della gestione pubblica che siano causa o fattore di 

corruzione e tenendo presente che le proposte indicate, se applicate male, sono 

suscettibili di generare in un ordinamento iperregolato ulteriori vincoli produttivi di 

nuova corruzione. 120 

1. Mezzi di breve periodo: 

a. Limitare le spese per la politica; 

non si è accompagnato un adeguamento strutturale dell’apparato giudiziario, è al tempo stesso 

conseguenza e determinante della sfiducia poiché il sovraccarico di domande ha prodotto tempi di attesa 

talmente lunghi che i soggetti sono incentivati a ricercare canali privilegiati di contatto con le strutture 

pubbliche; 

XI. Le distorsioni del sistema economico: le strutture d’impresa inefficienti e prive di reale competitività 

nel settore privato tentano di scongiurare l’emarginazione dal mercato pubblico con il pagamento di 

tangenti, con chiare conseguenze negative sulla stessa pubblica amministrazione la quale si trova ad 

affrontare pesanti costi, ritardi, scadente qualità delle prestazioni, inadempimenti o cattive esecuzioni; 

XII. Basse retribuzioni, assenza di prestigio e di spirito di corpo dei dipendenti pubblici: quanto più la 

partecipazione ai ruoli pubblici è ambita e socialmente riconosciuta, tanto più la violazione delle regole 

apparirà indesiderabile. 

111 

Infra 3.a. 

112 

Infra 1.a; 1.b; 1.i; 2.b; cui aggiungere la disciplina dei conflitti di interesse. 

113 

Infra 1.c; 1.d; 1.e; 1.f; 1.g; 2.d; 2.e; 3.c; cui aggiungere la disciplina dei conflitti d’interesse ed il 

miglioramento delle condizioni dei dipendenti pubblici e il recupero del prestigio della funzione pubblica. 

114 

Infra 1.g; 1.h; 2.e; 2.f; 3.b. 

115 

Infra 1.e; 2.c; 2.f; 2.g; 3.b; 3.d. 

116 

Infra 1.g; 2.e; 3.a; 3.b. 

117 

Infra 1.a; 1.b; 1.i; 2.b; 2.c; 2.d; cui aggiungere la disciplina dei conflitti di interesse. 

118 

Infra 1.b; 1.d; 1.c; 1.e; 1.f; 1.g; 1.h; 2.f; 3.d; cui aggiungere la disciplina dei conflitti d’interesse ed il 

miglioramento delle condizione dei dipendenti pubblici e il recupero del prestigio della funzione 

pubblica. 

119 

Infra 2.g; 2.h. 

120 

Per quanto concerne le modalità suggerite per l’attuazione di ciascun mezzo preventivo indicato, si 

veda quanto dettagliatamente previsto dal capitolo 4 del Rapporto cit. 

42

. Prevedere sempre l’ineleggibilità ed il divieto di rimanere in servizio di chi ha 

commesso reati di corruzione 121 ; 

c. Rendere operativi i codici di comportamento dei dipendenti pubblici 122 ; 

d. Stabilire un chiaro regime di incompatibilità tra funzione pubblica e cariche 

politiche 123 ; 

e. Introdurre obblighi di dichiarazione del patrimonio e controlli per campione, per i 

titolari di funzioni pubbliche; 

f. Limitare le attività successive all’impiego pubblico; 

g. Adeguare il procedimento disciplinare alle risultanze dei giudizi penali 124 ; 

h. Disciplinare il procedimento ispettivo e di verifica; 

i. Tutelare effettivamente la segretezza del voto. 

2. Mezzi di medio periodo: 

a. Ridurre l’area pubblica; 

b. Ridurre e porre sotto controllo le nomine politiche; 

c. Regolare le lobbies; 

d. Separare selezione e carriera dei dipendenti pubblici dalla politica; 

e. Controllare più efficacemente le attività privatistiche dei poteri pubblici 125 ; 

f. Modificare il regime dei contratti pubblici 126 ; 

g. Rafforzare i controlli interni delle società per azioni; 

h. Rafforzare la giustizia professionale. 

3. Mezzi di lungo periodo: 

a. Porre ordine nella legislazione; 

b. Liberare l’attività privata da vincoli pubblici e semplificare i procedimenti 

amministrativi; 

121 

In proposito si consideri quanto previsto dalla L. 19 marzo 1990, n. 55. 

122 

Supra. 

123 

L’art. 26 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 di modifica all’art. 58 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (si 

veda ora l’art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) ha dettato una disciplina di incompatibilità, cumulo di 

impieghi e incarichi più chiara. 

124 

L. 27 marzo 2001, n. 97. 

Cons. Stato sez. IV, 18.09.1905, n. 363. 

Corte Cost., 03.05.2002, n. 145. 

125 

Art. 11 l.28 dicembre 2001, n.448; d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58; d.lgs. 11 aprile 2002, n.61. 

126 

L’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 ha previsto per gli acquisti di beni e servizi da parte 

delle p.a. la stipulazione di convenzioni con i fornitori, alle quali anche le amministrazioni non statali 

possono aderire per effettuare acquisti alle condizioni stabilite in via generale. Le relative funzioni 

amministrative sono state affidate a una società a partecipazione statale ( Consip S.p.a. istituita con 

decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 24 febbraio 2000), 

che offre assistenza alle p.a. per la conclusione dei contratti e consente loro l’adesione via Internet, 

conciliando così i vantaggi di una gestione accentrata con le esigenze di autonomia delle singole 

amministrazioni. 

43

c. Istituire corpi tecnici nell’amministrazione; 

d. Passare dai controlli di processo ai controlli di prodotto 127 . 

D’altronde, come osservato da Abbate 128 , le grandi teorizzazioni servono a poco bensì 

bisogna cominciare a vedere la realtà in concreto, a capire quello che è avvenuto e a 

muoversi di conseguenza. Non saranno i palliativi, gli interventi improvvisati o quel 

pendolarismo legislativo che ha caratterizzato purtroppo per molto tempo la vita del 

nostro Paese a porre un argine ad un’illegalità diffusa che finisce per incidere sulla 

stessa convivenza civile e mettere in discussione la credibilità di tutte le istituzioni. 

127 I controlli amministrativi sono stati riformati nel senso indicato dal Rapporto con il passaggio dai 

controlli di processo ai controlli di prodotto. Inoltre la riforma del titolo V della Costituzione operata nel 

2001 ha comportato l’abrogazione delle norme amministrative che prevedevano i controlli sugli atti 

amministrativi degli enti territoriali. 

128 A. G. Abbate, op. cit., p. 47. 

44

CAPITOLO II 

L’AZIONE INTERNAZIONALE CONTRO LA CORRUZIONE 

1. Quadro generale 

“La corruzione, distogliendo risorse che andrebbero destinate allo sviluppo, minando la 

capacità dei governi di garantire i servizi essenziali, alimentando la disuguaglianza e 

l'ingiustizia e scoraggiando gli investimenti e gli aiuti esteri, colpisce in maniera 

diseguale le fasce più povere". Kofi Annan, Segretario Generale delle Nazioni Unite 1 

La corruzione è onnipresente in forma più o meno accentuata in ogni ordinamento, 

pertanto anche le politiche di contrasto del fenomeno corruttivo debbono essere 

organizzate in una dimensione propriamente mondiale. D’altra parte l’interesse della 

comunità internazionale a constatare le pratiche illecite e a che ogni Paese riesca a 

contenere la propria corruzione è giustificato dall’esistenza di una relazione positiva tra 

il livello di corruzione interna e il livello di quella che viene esportata dai singoli Paesi, 

e dunque dalla tendenza che presenta una cultura d’impresa basata sul ricorso alla 

tangente ad infettare il resto del mondo. Negli ultimi anni si assiste a livello 

internazionale ad un generalizzato sforzo da parte delle organizzazioni sovranazionali - 

ONU 2 , OCSE, OMC, Unione Europea, Consiglio d’Europa - nei confronti degli Stati 

nazionali affinché adottino efficaci misure avverso la corruzione. In questa direzione si 

muovono anche la Banca Mondiale 3 e il Fondo Monetario Internazionale 4 , e l’azione di 

pressione dell’organizzazione non governativa Transparency International. 5 

1 

Dichiarazione resa in occasione dell’adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite 

della Convenzione contro la corruzione. 

2 

In particolare, presso le Nazioni Unite, l’UNODC ( United Nations Office on Drugs and Crime) ha 

promosso, a partire dal 1999, il GPAC (Global Programme against Corruption) per incentivare la 

trasparenza internazionale e l’adozione di misure nazionali anti-corruzione. 

3 

Attualmente più del 40% delle operazioni della Banca sono finalizzate alla creazione delle condizioni 

necessarie a un sistema di governance che rispetti gli standard internazionali di buona condotta; iniziative 

di governance e misure anti-corruzione vengono condotte congiuntamente, nel contesto di programmi di 

assistenza di medio periodo (Country Assistance Strategy) che sono indirizzati alla gestione della spesa 

pubblica, alla lotta contro la corruzione, alla riforma dei servizi pubblici e del sistema giudiziario, alle 

politiche di tassazione e amministrazione, alla decentralizzazione e alla predisposizione dei servizi 

pubblici. Gli obiettivi della BM, in questa sede, sono: assistere i Paesi che chiedono aiuto per combattere 

la corruzione; introdurre politiche anti-corruzione come criterio di valutazione per le concessioni di aiuti 

finanziari; sostenere le iniziative per contrastare il fenomeno; finanziare progetti finalizzati alla 

prevenzione degli episodi corruttivi. La BM si avvale del supporto del Dipartimento per la Diminuzione 

delle Povertà e la Gestione Economica, dell’Istituto della BM, del Dipartimento Affari Legali; delle 

banche regionali, dell’Ufficio di etica e Conflitti, del Dipartimento di Integrità Istituzionale. 

45

Le istituzioni internazionali dedicano la loro attenzione alla creazione di standards 

internazionali trasparenti e codici di comportamento, accompagnando l’ attività di 

regolamentazione ad un’intensa attività di monitoraggio sugli Stati membri, e talora 

subordinando le concessione di aiuti all’introduzione e al rispetto di norme anti- 

corruzione. Le radici dell’azione multilaterale contro la corruzione risalgono alla legge 

statunitense U.S. Foreign Corrupt Act che, a partire dal 1977, bandì la corruzione di 

ufficiali stranieri da parte di multinazionali americane. L’esempio degli Usa stimolò 

l’azione di altre organizzazioni internazionali che, dagli anni Novanta in poi, 

indirizzarono la loro attività alla lotta contro la corruzione. D’altronde le iniziative 

internazionali contro la corruzione sono state stimolate anche da fattori storico-politici – 

crollo dell’Unione Sovietica, fine della guerra fredda, diffusione della democrazia, 

globalizzazione della cultura e dei mercati, sviluppo dei mezzi di comunicazione - che 

hanno determinato la circolazione di nuove informazioni, contribuendo a risvegliare 

l’attenzione dell’opinione pubblica nei confronti della corruzione. In seguito ai tragici 

avvenimenti dell’11 settembre 2001 poi la comunità internazionale, su forte pressione 

degli Stati Uniti, ha dato inizio ad un’intensa attività finalizzata all’eliminazione di tutte 

le fonti che potessero incentivare episodi di terrorismo, riciclaggio di denaro sporco e 

corruzione. Le convenzioni contro la corruzione riconoscono che l’afflittività del 

fenomeno travalica i confini nazionali ed esprimono la volontà politica di fronteggiare 

il problema individualmente e collettivamente, attraverso la fissazione di regole e 

D. Kaufmann, Corruption, Governance and Security: Challenges for the Rich Countries and the World, 

Global Competitiveness Report 2004/2005, The World Bank Institute, Washington DC, 2004. 

D. Kaufmann, A. Kraay, M. Mastruzzi, Governance Matters III: Governance Indicators for 1996-2002, 

The World Bank, Washington DC, 2004. 

Banca Mondiale e Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Business Environment and 

Enterprise Performance Survey. 

4 

L’attività di sorveglianza sulle politiche economiche dei Paesi, l’attività di supporto finanziario ai 

programmi di aggiustamento strutturale e l’assistenza tecnica finalizzata al rafforzamento della gestione 

economica e finanziaria sono ambiti strettamente connessi ai fenomeni di corruzione. 

Nell’autunno del 2001, il FMI ha dato inizioe ad un nuovo programma indirizzato alla lotta contro il 

riciclaggio di denaro sporco, l’Anti-money Laundering and Combating the Financing of Terrorism 

(AML/CFT). L’iniziativa è condotta in collaborazione con il Financial Action Task Force on Money 

Laundering (FATF), fondato nel 1989, e con la Banca Mondiale. 

5 

R. Bontempi, Prefazione a E. U. Savona, L. Mezzanotte, La corruzione in Europa, Carocci, Roma, 

1998, p.12. 

M. Arnone, E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e Pensiero, 

2005, pp.193 ss. 

A. Marra, Successi della Convenzione OCSE contro la corruzione ed ostacoli al suo enforcement, 

pubblicazione TI- Italia, reperibile on-line su http://www.transparency.it. 

Siti di interesse: http://www.transparency.org; http://www.un.org; http://www.oecd.org;. 

http://www.unodc.org; http://www.odcc.org; http://www.coe.int. 

46

standards che promuovono l’azione interna e facilitano la cooperazione internazionale. 

Alcuni di questi testi si fondano su un approccio selettivo al problema, proponendosi di 

intervenire su alcuni aspetti-chiave; altri invece affrontano la corruzione in termini 

generici, occupandosi tanto delle misure di prevenzione, quanto dei meccanismi 

sanzionatori nonché dei profili di controllo della corruzione, prevedendo altresì 

meccanismi di assistenza tecnica nell’applicazione delle norme convenzionali ai Paesi 

che ne facciano richiesta. Questo sforzo normativo e di indirizzo va certamente 

apprezzato, ma occorre anche tenerne presente i limiti: nel caso delle convenzioni 

trascorrono normalmente anni tra la firma e la ratifica, necessaria all’entrata in vigore 

del programma convenzionale e quindi alla produzione di effetti concreti; spesso poi si 

evidenzia un notevole scarto tra le intenzioni dichiarate e la concreta messa in opera di 

azioni specifiche; a questo si aggiunge la debolezza intrinseca ad una strategia 

internazionale, la quale si fonda su un approccio generico alle problematiche, necessario 

a conciliare le diversità dei vari ordinamenti nazionali. L’adozione di convenzioni è solo 

un primo passo significativo nella lotta comune alla corruzione: la volontà espressa 

deve essere seguita da un’effettiva azione nazionale di mantenimento degli impegni 

assunti in sede convenzionale. In particolare si rileva un atteggiamento contraddittorio 

del governo italiano nel conformarsi agli impegni assunti in ambito internazionale se si 

pensa al c.d. scudo fiscale (d.l. 350 del 25 settembre 2001, proposto dall’allora Ministro 

dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti e convertito nella legge 409 del 20 

novembre 2001). Questa legge consiste in una sanatoria che permette ai capitali 

esportati illegalmente nel resto del mondo di ritornare in Italia, dietro pagamento di 

un’ammenda, e di fatto consente deliberatamente il riciclaggio di denaro proveniente da 

attività illecite ed il suo utilizzo. In tal modo si favorisce altresì la perdita definitiva 

delle informazioni relative al tragitto del denaro sporco. Il provvedimento in questione, 

oltre ad essere moralmente e giuridicamente deprecabile e irrilevante come contributo 

finanziario, è apertamente in contraddizione con le intenzioni di contrastare il 

riciclaggio di denaro sporco, manifestate contemporaneamente a livello internazionale: 

infatti nell’ottobre 2001, nell’ambito della riunione del G7, i Ministri delle Finanze dei 

Paesi membri avevano sottoscritto l’Action Plan to Combat the Financing of Terrorism, 

programma composto da misure di breve periodo finalizzate a bloccare i flussi di 

capitali sporchi destinati a finanziare gli atti di terrorismo, cui era seguita una seconda 

riunione nel febbraio 2002 con lo scopo di monitorare l’effettivo perseguimento degli 

obiettivi stabiliti. Accordi analoghi furono siglati alla fine del 2001 dalla comunità 

47

internazionale nel contesto del programma Anti-money Laundering and Combating the 

Financing of Terrorism (AML/CTF del FMI e della BM). Sconcerta pertanto la 

tempistica nell’approvazione dello scudo fiscale e la sua contraddittorietà rispetto agli 

impegni assunti in concomitanza sul piano internazionale. Analoghe considerazioni 

valgono per la legge di depenalizzazione del falso in bilancio e per quella di ostacolo 

alle rogatorie internazionali, approvate in contraddizione con la lettera e lo spirito degli 

accordi internazionali. 6 

Volendo in questa sede approfondire quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni 

Unite contro la corruzione (UNCAC) del 2003, la quale rappresenta un traguardo storico 

nella lotta globale contro la corruzione, ci limitiamo ad un generico rinvio alle altre 

fonti internazionali in materia, che consente di avere una panoramica sulle recenti 

tendenze della cooperazione tra Stati nel fronteggiare il problema della corruzione: 

- Risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite 51/59 e 51/191 del 12 

dicembre 1996, 53/111 del 9 dicembre 1998, 53/176 del 15 dicembre 1998, 

54/128 del 17 dicembre 1999, 55/25 del 15 novembre 2000, 55/61 del 4 

dicembre 2000, 55/188 del 20 dicembre 2000, 57/169 del 18 dicembre 2002; 

- Risoluzione del Consiglio Economico e Sociale 2001/13 del 24 luglio 2001 per 

il rafforzamento della cooperazione internazionale nella prevenzione e nel 

contrasto al trasferimento di fondi di provenienza illecita, derivanti da atti di 

corruzione; 

- Rapporto ONU del gruppo intergovernativo di esperti per la predisposizione di 

un progetto di negoziazione di uno strumento legale internazionale contro la 

corruzione, Vienna, 30 luglio- 3 agosto 2001, approvato dalla Commissione per 

la Prevenzione del Crimine e la Giustizia Penale il 6 settembre 2001 

(E/2001/30) 7 ; 

- Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale 

(UNTOC) del 15 novembre 2000, in vigore dal 29 settembre 2003; 

- Raccomandazione OCSE sulla corruzione nelle transazioni commerciali 

internazionali del 27 maggio 1994 e la Raccomandazione del 1996 sulla 

deducibilità fiscale dei proventi illeciti versati a pubblici ufficiali esteri; 

6 M. Arnone, E. Iliopulos, op.cit., pp.180 ss. 

7 Si veda anche il Rapporto del Segretario Generale sull’esistenza di strumenti legali internazionali, 

raccomandazioni e altri documenti in materia di corruzione (E/CN.15/2001/3 e Corr. 1 e Add.1). 

48

- Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri 

nelle transazioni commerciali internazionali, firmata a Parigi il 17 dicembre 

1997, in vigore dal 15 febbraio 1999 8 ; 

- Dichiarazioni della Conferenza Internazionale contro la corruzione di Lima 

(settembre 1997) e Durban (ottobre 1999); 

- Dichiarazione sugli investimenti internazionali e le imprese multinazionali del 

27 giugno 2000, di cui fanno parte le Linee guida dell’OCSE destinate alle 

imprese multinazionali; 

- Dichiarazione dei Paesi del G8, Evian, giugno 2003; 

- Codice di buona condotta sulla trasparenza fiscale del 1998, rivisto in data 23 

marzo 2001 9 ; 

- Codice di buona condotta sulla trasparenza nelle politiche monetarie e 

finanziarie; 

- Rapporti del Global Forum sulla lotta alla corruzione; 

- Convenzione dell’Unione Africana (AU Convention) su prevenzione e lotta alla 

corruzione del 12 luglio 2003, non ancora in vigore; Protocollo SADC contro la 

corruzione; Protocollo ECOWAS sulla lotta contro la corruzione; 

- Convenzione contro la corruzione dell’Organizzazione degli Stati Americani 

(OAS) del 29 marzo1996; 

- Piano d’azione per Asia- Pacifico (ADB). 

In ambito europeo 10 , non si mira ad una completa armonizzazione delle normative 

nazionali anti-corruzione ma alla ricerca di un consenso multilaterale finalizzato ad 

agevolare un’applicazione uniforme ed effettiva degli strumenti giuridici adottati. 

8 L’art. 322-bis del codice penale è stato introdotto dalla legge di ratifica ed esecuzione della predetta 

Convenzione del 29 settembre 2000, n. 300 e punisce, al pari della corruzione dei pubblici ufficiali 

italiani, la corruzione “delle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici 

ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni 

pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio 

in operazioni economiche internazionali”. 

Dal 4 luglio 2001 è altresì in vigore il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che disciplina la responsabilità 

amministrativa delle società per i reati di corruzione sia interna che all’estero, in forza della delega al 

Governo disposta dall’art.11 della l. 300/ 2000. 

Riserve sono state espresse dallo staff OCSE del Gruppo di Lavoro su Bribery in International 

Transactions in merito alla collaborazione prestata dalle autorità italiane ai fini della verifica delle azioni 

intraprese dal nostro Paese per conformarsi alla Convenzione del 1997, Report on the Application of the 

Convention on Combating Bribery of Public Officials in International Business Transactions and the 

1997 Recommendation on Combating Bribery in International Business Transactions, 29 novembre 2004. 

9 http://www.imf.org/external/np/fad/trans/code.htm 

10 C. R. Calderone, Lotta alla corruzione in campo comunitario ed internazionale in Riv. Tr. Dir. Pen. Ec. 

Anno XIV, n. 3, luglio-settembre 2001. L. Ferola, Spazio giudiziario europeo e lotta alla corruzione in 

Liuc Papers n. 73, Serie Impresa e Istituzioni, 14 aprile 2000. A. Comfort, F. X. Camenen, Misure volte a 

49

Fin dall’istituzione del sistema delle risorse proprie (1970) e dal completamento del 

mercato interno, la Comunità Europea ha dovuto contrastare fattispecie criminose aventi 

dirette ripercussioni sul proprio bilancio, quali l’abuso di funzioni, il millantato credito, 

la frode, il riciclaggio di denaro e la corruzione. Il consolidamento dell’integrazione nei 

più importanti settori istituzionali, e segnatamente l’abolizione degli ostacoli alla libera 

circolazione di merci e persone, ha reso imperativa una maggiore cooperazione a livello 

europeo nell’ambito della giustizia e degli affari interni, sempre nel pieno rispetto della 

sovranità dei singoli Stati membri. L’abolizione delle frontiere ha in effetti rivelato un 

preoccupante paradosso: il mantenimento delle barriere normative in uno spazio politico 

quale quello europeo, in cui la competenza penale è strettamente riservata alle autorità 

nazionali, ha permesso al crimine organizzato di sfruttare le asimmetrie derivanti 

dall’esistenza di diversi sistemi giuridici. Si è quindi riconosciuta la necessità di 

armonizzare le normative nazionali. 

L’Unione Europea è sprovvista di una potestà punitiva diretta, prerogativa degli Stati 

Membri in quanto espressione della sovranità nazionale. Tuttavia il Trattato di 

Amsterdam prevede una precisa base legale per contrastare la corruzione, includendola 

esplicitamente tra le materie oggetto di cooperazione in materia penale ( art. 29 TUE). 

prevenire la corruzione negli stati membri dell’Ue, Documento di lavoro della direzione generale degli 

studi del Parlamento Europeo, L-2929, Lussemburgo. J. Peterson, The EU: Pooled sovereignty, divided 

accountability, Political Studies, 1997, XLV, 559578. D. Ruimschotel, The EC budget: ten per cent 

fraud? A policy analysis approach, Journal of Common Market Studies, 32, 1994, 31942. J. La 

Palombara, Structural and institutional aspects of corruption, Social Research, 61, 1994. A. Sherlock, C. 

Harding, Controlling fraud within the European Community, European Law review, 16, 1991. 

Deloitte & Touche, Fraud without frontiers a study for the European Commission of international fraud 

within the EU, 1997. UK House of Commons, European Standing Committee B, Detection of frauds and 

irregularities, London, HMSO, 1996. The fight against corruption: Is the tide now turning?, 

Transparency International, Berlin, April, 1997. K.A. Elliott, Corruption and the Global Economy, 

Institute for International Economics,Washington, 1997. P. J. Perry, Political corruption and political 

geography, Ashgate, 1997. Relazione della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni sulla 

lotta contro la frode internazionale, A3-0346/93, Relatore: R. Bontempi, Risoluzione PE del 16.12.93, 

GU C20/94. 

Relazione della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni sulla lotta alla corruzione in 

Europa, A3-0314/95, Relatore: H. Salisch, Risoluzione PE del 15.12.95, GU C17/96. Comunicazione al 

Consiglio e al PE su Una politica dell'Unione contro la corruzione, COM(97)192, Bruxelles, 21.5.97. 

Atto del Consiglio che elabora la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono 

coinvolti funzionari delle Comunità europee o funzionari degli Stati membri dell'Unione europea, GU 

C362, 2.12.96. Aspetti amministrativi civili e penali, incluso il ruolo della magistratura, della lotta contro 

la corruzione, atti della XIX Conferenza dei Ministri europei della giustizia, La Valletta, 14-15 giugno 

1994. Documenti della II Conferenza europea dei servizi specializzati nella lotta contro la corruzione, 

Tallinn, 27-29 ottobre 1997. Risoluzione sulla lotta alla corruzione in Europa, GUCE C 17 del 22 gennaio 

1996, pp. 443 ss. Risoluzione n. 1 sui rapporti tra corruzione e criminalità organizzata, adottata dalla XXI 

conferenza dei Ministri di Giustizia Europei, Praga, 1997. 

Per una lista esauriente di decisioni, risoluzioni, azioni comuni, raccomandazioni e rapporti si consulti il 

sito http://europa.eu.int/comm/justice_home/fsj/crime/economic/wai/fsj_crime_economic_en.htm. 

50

Gli strumenti previsti dall’art. 34 TUE per attuare tali politiche sono: posizioni comuni, 

decisioni-quadro, decisioni e convenzioni (art. 34 TUE). Le prime hanno portata più 

politica che giuridica e definiscono l’orientamento dell’Unione in merito ad una 

questione specifica. Le seconde vengono emanate al fine di “un ravvicinamento delle 

disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”: esse obbligano gli Stati con 

riferimento al risultato da raggiungere, lasciando alle istanze nazionali la competenza in 

merito alla forma ed ai mezzi, e non possono comportare effetti diretti. Effetti diretti 

non sono attribuiti neanche alle decisioni: queste ultime sono vincolanti e possono 

essere adottate dal Consiglio conformemente agli obiettivi del titolo VI TUE, con 

esclusione degli ambiti entro i quali intervengono le decisioni quadro. Infine, per quel 

che concerne le convenzioni, è da salutare positivamente la previsione legislativa che ne 

impone la ratifica entro un limitato lasso di tempo e che ne sancisce l’automatica entrata 

in vigore se adottate da almeno la metà degli stati firmatari: ciò dovrebbe accelerare la 

loro effettività. L’articolo 29, comma 5 TUE introduce il concetto di ravvicinamento 

delle norme nazionali come mezzo per contrastare il crimine organizzato: esso consiste 

in un’armonizzazione moderata mediante la fissazione di standards minimi in alcuni 

settori ben individuati per bilanciare adeguatamente la protezione degli interessi europei 

con la sovranità nazionale. Il capoverso e) dell’art. 31 TUE prevede quindi “la 

progressiva adozione di misure per la fissazione di norme minime relative agli elementi 

costitutivi dei reati e delle sanzioni” entro degli ambiti prioritari e ben determinati 

(terrorismo, criminalità organizzata, traffico illecito di stupefacenti). Al momento la 

comunitarizzazione della materia non è prevedibile poiché è accettabile raggiungere 

solo un certo grado di compatibilità tra gli strumenti giuridici nazionali. In questo senso 

il primo Consiglio europeo consacrato esclusivamente alla cooperazione giudiziaria 

(Tampere, 1999) ha definito una piattaforma programmatica stabilente una varietà di 

misure e priorità tra cui la creazione di un’effettiva area di sicurezza e giustizia ed il 

rafforzamento della lotta contro il crimine trans-frontaliero ove si auspica per un 

limitato numero di reati rilevanti, tra cui il reato di corruzione, il raggiungimento di una 

comune definizione ed incriminazione nonché l’irrogazione di sanzioni omogenee. 

Per quanto riguarda gli interventi anti-corruzione riferibili al Consiglio d’Europa, essi si 

collocano nella più generale azione di difesa della democrazia e della legalità e di 

sviluppo di accordi che fissino standards giuridici e sociali comuni ai Paesi membri., 

propria dell’organismo. 

51

Si rammentino quindi: 

- Convenzione sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunità e lotta 

contro le frodi del 1995 e relativi protocolli 11 ; 

- Piano d’azione contro la corruzione adottato dal Comitato del Consiglio 

d’Europa dietro proposta del Gruppo Multidisciplinare contro la Corruzione 

(GMC), Strasburgo, 1996; 

- Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una 

politica dell'Unione contro la corruzione del 21 maggio 1997 12 ; 

- Risoluzione del Consiglio d’Europa 97/24 adottata il 6 novembre 1997 

contenente venti principi-guida per la lotta contro la corruzione; 

- Convenzione dell’Unione Europea sulla lotta contro la corruzione nella quale 

sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o funzionari degli Stati 

membri dell'Unione del 26 maggio 1997 13 ; 

- Azione comune del 22 dicembre 1998 adottata dal Consiglio d’Europa sulla base 

dell’art. K. 3 del Trattato dell’Unione Europea relativo alla corruzione nel 

settore privato 14 ; 

- Risoluzione del Consiglio d’Europa 99/5 adottata il 1° maggio 1999 relativa alla 

creazione del Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO), organismo il cui 

mandato si concentra sul monitoraggio del rispetto dei principi-guida per la lotta 

alla corruzione (nel contesto del Program of Action against Corruption, PAC) e 

l’implementazione degli strumenti giuridici (Convenzione di Legge Penale sulla 

Corruzione, Convenzione di Legge Civile sulla Corruzione e Recommendation 

R- costituita da dieci codici di condotta per i pubblici ufficiali); 

- Convenzione di legge penale sulla corruzione adottata dal Comitato dei Ministri 

del Consiglio d’Europa il 27 gennaio 1999, in vigore dal 1° luglio 2002; il 

11 GU C 316 del 27.11.1995 e Boll. 7/8-1995, punto 1.5.3 - primo protocollo - GU C 313 del 23.10.1996 e 

Boll. 9-1996, punto 1.5.4 - secondo protocollo - GU C 221 del 19.7.1997 e Boll. 6-1997, punto 1.5.4. 

Atti connessi: Relazione della Commissione sull'applicazione da parte degli Stati membri della 

convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e dei relativi protocolli 

[COM(2004) 709]; protocollo sull’interpretazione delle Convenzione [GU C 151 del 20.05.1997] e 

relazione esplicativa [GU C 191 del 23.06.1997]; regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, 

del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità [GUCE L 312 del 

23/12/1995, pp. 1 ss.].; regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, relativo ai controlli e ai 

controlli in loco della Commissione ai fini della constatazione delle frodi e irregolarità che mettono in 

pericolo gli interessi finanziari delle Comunità europee [GU L 292 del 15.11.1996 e Boll. 11-1996, punto 

1.6.8]. L. Ferola, op.cit, pp.10-13. 

12 COM 97/0192 def. 

13 GUCE C 195 del 26/06/1997 pp.2 ss., boll. 5-1997 punto 1.5.8. 

14 GUCE L 358 del 31/12/1998, pp. 2 ss. 

52

Protocollo alla Convenzione del 15 maggio 2003 è in vigore dal 1° febbraio 

2005 15 ; 

- Convenzione di legge civile sulla corruzione adottata dal Comitato dei Ministri 

del Consiglio d’Europa il 9 settembre 1999, in vigore dal 1° novembre 2003; 

- Codice di condotta per i pubblici ufficiali adottato dal Comitato dei Ministri del 

Consiglio d’Europa l’11 maggio 2000; 

- Convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea- 

Relazione esplicativa, approvata dal Consiglio il 26 maggio 1997 16 ; 

- Mandato di arresto internazionale adottato dal Consiglio dei Ministri 

dell’Unione Europea il 6 dicembre 2001 17 . 

2. In particolare: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) 

Il 31 ottobre 2003, dopo una lunga e difficoltosa negoziazione 18 , l’Assemblea Generale 

delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione ONU contro la corruzione, 

successivamente firmata da 134 Paesi a Merida (Messico) nel dicembre 2003. A 

distanza di due anni, il 14 dicembre 2005, la Convenzione è entrata in vigore. 19 Si tratta 

15 http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/QueVoulezVous.asp?NT=173&CM=8&DF=30/01/2006&C 

L=FRE. 

16 GUCE C 191 del 23 giugno 1997, pp. 13 ss. 

17 Tra le 32 infrazioni contemplate, ci sono anche le imputazioni per corruzione. 

18 Il negoziato ebbe inizio nel febbraio del 2002, si protrasse per circa diciotto mesi e si concluse l’8 

settembre 2003 a Vienna. Documentazione collegata reperibile su http://www.unodc.org : Global Action 

against Corruption- The Merida Papers; Report of the High-level Political Conference for the Purpose of 

Signing the United Nations Convention against Corruption, held in Merida, Mexico, from 9 to 11 

December 2003 [A/CONF.205/2]; Intergovernmental Open-ended Expert Group on the Preparation of 

Draft Terms of Reference for the Negotiation of the Future Legal Instrument against corruption (Vienna, 

30 July - 3 August 2001); Informal Preparatory Meeting of the Ad Hoc Committee on the Negotiation of 

a Convention against Corruption (Buenos Aires, 4-7 December 2001); Ad Hoc Committee on the 

Negotiation of a Convention against Corruption; High-level Political Conference for the Purpose of 

Signing the United Nations Convention against Corruption (Merida, Mexico, 9-11 December 2003); 

Consensus Reached on UN Convention against Corruption, 2 October 2003; Statement on the Adoption 

By the General Assembly of the United Nations Convention Against Corruption by the Secretary- 

General, 31 October 2003; International legal instrument against corruption [A/RES/55/61]; Preventing 

and combating corrupt practices and illegal transfer of funds and repatriation of such funds to the 

countries of origin[A/RES/55/188]; Annotated provisional agenda and proposed organization of work 

[A/AC.260/1]; Report of the Secretary-General on the analysis of existing international instruments and 

recommendations against corruption [E/CN.15/2001/3]; Report of the Secretary-General on the analysis 

of existing international instruments and recommendations against corruption, Corrigendum 1 

[E/CN.15/2001/3/Corr. 1]; Report of the Meeting of the Intergovernmental Open-Ended Expert Group to 

Prepare Draft Terms of Reference for the Negotiation of an International Legal Instrument against 

Corruption [A/AC.260/2]; Report of the Meeting of the Intergovernmental Open-Ended Expert Group to 

Prepare Draft Terms of Reference for the Negotiation of an International Legal Instrument against 

Corruption [A/56/402-E/2001/105]. 

19 Ratifiche in ordine alfabetico: Algeria, Bielorussia, Benin, Brasile, Croazia, Djibouti, Ecuador, Egitto, 

El Salvador, Francia, Giordania, Honduras, Kenya, Libia, Madagascar, Mauritius, Messico, Namibia, 

53

del primo strumento mondiale di contrasto alla corruzione, fenomeno transnazionale che 

affligge i due terzi del Mondo, che obbliga per legge i paesi firmatari ad adottare misure 

volte alla prevenzione e alla criminalizzazione del fenomeno, nonché alla 

collaborazione internazionale contro la corruzione. La UNCAC inoltre è la prima 

convenzione che esamina e predispone strumenti concernenti la corruzione sia nel 

settore pubblico che in quello privato, includendo diversi articoli che specificamente si 

rivolgono a quest’ultimo ambito. Per Kofi Annan l’adozione della UNCAC manda una 

chiaro messaggio da parte della comunità internazionale, determinata a prevenire e 

controllare la corruzione. La convenzione è segnale di intolleranza verso gli agenti 

corrotti e riaffermazione dell’importanza dei valori di onestà, rispetto, legalità, 

responsabilità e trasparenza, nel segno del progresso e del miglioramento della vita di 

tutti. 20 La nuova Convenzione è un importante risultato, che va a completare le 

previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato 

transnazionale (UNTOC) 21 . Essa introduce misure e regole volte a rafforzare i regimi 

nazionali di contrasto della corruzione e promuove strumenti di prevenzione e 

criminalizzazione delle più diffuse forme di corruzione dei settori pubblico e privato. 

Precisamente, ai sensi dell’art. 1, gli scopi convenzionali consistono nel “promuovere e 

rafforzare le misure per prevenire e combattere più efficacemente la corruzione e gli atti 

criminosi ad essa specificamente collegati” nonché nel “promuovere, agevolare e 

sostenere la cooperazione fra gli Stati Parte nella lotta contro la corruzione”. Secondo il 

direttore dell’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) Antonio Maria 

Costa 22 , la UNCAC è una convenzione “dalle ganasce potenti” in quanto vincola i Paesi 

contraenti ad armonizzare i loro dettati legislativi a quanto da essa previsto: leggendo 

infatti i 71 articoli della Convenzione ci si imbatte frequentemente in disposti vincolanti 

Nigeria, Paraguay, Perù, Romania, Sierra Leone, Sud Africa, Sri Lanka, Tanzania, Togo, Turkmenistan, 

Uganda, Ungheria. L’entrata in vigore era prevista a partire dal novantesimo giorno dal deposito della 

trentesima ratifica operata dall’Ecuador in data 15 settembre 2005. 

20 

Dichiarazione del Segretario Generale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla UNCAC, New 

York, 31 ottobre 2003. 

21 

La UNTOC contiene articoli che fanno riferimento al problema della corruzione; tuttavia si sottolineò, 

all’atto dell’apertura alla firma (Palermo, dicembre 2000),l’importanza di avviare una concreta 

discussione mirata all’elaborazione di una distinta e specifica Convenzione delle Nazioni Unite contro la 

Corruzione. 

22 

A. M. Costa è vice-segretario ONU e direttore esecutivo UNODC. Il riferimento è all’intervista del 23 

ottobre 2004, pubblicata su Altalex, n. 851, 11 novembre 2004, http://www.altalex.com 

Ancora, per Costa: “La Convenzione contro la Corruzione è una vittoria per milioni di comuni cittadini 

nel mondo. Le persone che sono costrette a pagare tangenti per i servizi di base, o che sono vittime 

dell’estorsione, o che sono obbligate a vivere in povertà perché i leader corrotti saccheggiano le risorse 

naturali del paese, hanno una possibilità di condurre una vita migliore. Il fatto che siano passati meno di 

due anni - un tempo da record - dalla stesura della Convenzione alla sua entrata in vigore, dimostra che i 

leader corrotti hanno fatto il loro tempo”. 

54

per gli Stati parte, mentre solo per un numero limitato di articoli i Paesi sono 

semplicemente invitati, o si richiede loro soltanto di “compiere i loro migliori sforzi 

per…”. Con l’entrata in vigore della Convenzione , le Nazioni Unite sono legittimate a 

svolgere un’azione di verifica sull’applicazione delle sue disposizioni e a richiedere ai 

contraenti l’adempimento degli obblighi previsti. Inoltre l’entrata in vigore della 

Convenzione permette la convocazione di una Conferenza degli Stati Parte alla 

Convenzione stessa entro un anno dal meccanismo di attuazione del trattato, fornendo 

così agli Stati anche un forum per consentire un’appropriata assistenza tecnica. La 

UNCAC si apre con previsioni di carattere generale, concernenti definizioni e obiettivi, 

(artt. 1-4) cui seguono disposizioni relative a quattro pilastri fondamentali: prevenzione, 

criminalizzazione, cooperazione internazionale e recupero dei beni. In sintesi questo è 

quanto previsto: 

Prevenzione (artt.5-14): Gli Stati parte sviluppano una strategia nazionale anti- 

corruzione e prevengono, per quanto possibile, le forme di corruzione tanto nel settore 

pubblico quanto nel settore privato. Sotto il primo profilo è previsto il ricorso a 

personale specializzato e selezionato sulla base di criteri predefiniti di merito e probità; 

è quindi prevista l’ adozione di codici etici e misure riguardanti la verifica dei patrimoni 

individuali dei funzionari pubblici, con possibilità per i Paesi di investigare sui casi di 

incompatibilità tra il reddito percepito dai funzionari pubblici e lo standard di vita da 

loro condotto. E’ poi previsto che i finanziamenti ai partiti e le procedure di 

approvvigionamento pubblico si ispirino all’assoluta trasparenza. Nel settore privato è 

sancita la partecipazione dei cittadini alla vita sociale, l’accesso alle informazioni, la 

predisposizione di canali per la denuncia di fatti illeciti e corruttivi. Ai fini del nostro 

studio si rileva quanto previsto all’art. 6 della UNCAC 23 il quale prevede, tra le misure 

di prevenzione della corruzione, che presso ciascuno Stato membro, in conformità con 

23 Article 6 Preventive anti-corruption body or bodies 

1. Each State Party shall, in accordance with the fundamental principles of its legal system, ensure the 

existence of a body or bodies, as appropriate, that prevent corruption by such means as: 

(a) Implementing the policies referred to in article 5 of this Convention and, where appropriate, 

overseeing and coordinating the implementation of those policies; 

(b) Increasing and disseminating knowledge about the prevention of corruption. 

2. Each State Party shall grant the body or bodies referred to in paragraph 1 of this article the necessary 

independence, in accordance with the fundamental principles of its legal system, to enable the body or 

bodies to carry out its or their functions effectively and free from any undue influence. The necessary 

material resources and specialized staff, as well as the training that such staff may require to carry out 

their functions, should be provided. 

3. Each State Party shall inform the Secretary-General of the United Nations of the name and address of 

the authority or authorities that may assist other States Parties in developing and implementing specific 

measures for the prevention of corruption. 

55

le sue leggi e regolamenti nazionali, sia assicurata l’esistenza di organismi anti- 

corruzione, i quali svolgano le proprie funzioni in modo efficace e senza pressioni 

indebite, godendo della necessaria indipendenza, di personale specializzato e di 

adeguate risorse finanziarie. La disposizione importa cioè la creazione, il mantenimento 

ed il rafforzamento di istituzioni anti-corruzione, quali l’Alto Commissario per la 

prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica 

amministrazione, le quali promuovano e contribuiscano a rendere operative le misure di 

prevenzione della corruzione . Il c. 3 impone quindi a ciascuno Stato di informare il 

Segretario Generale delle Nazioni Unite della denominazione e dell’indirizzo 

dell’autorità o delle autorità cui fa riferimento il comma precedente. 

Criminalizzazione (artt.15-42) La Convenzione descrive fattispecie di reato che 

dovranno essere recepite nelle leggi penali nazionali, se non sono già criminalizzate 

dalle legislazioni interne. Specificamente è prevista la criminalizzazione della 

corruzione che coinvolga un pubblico ufficiale -compreso il pubblico ufficiale straniero 

e l’impiegato statale internazionale-, degli atti corruttivi commessi nel settore privato 

nel corso di un’attività economica, del riciclaggio dei proventi della corruzione, del 

commercio d’influenze, dell’ostruzione alla giustizia. L'individuazione delle sanzioni 

viene lasciata ai singoli paesi. La Convenzione infatti si limita a stabilire un quadro di 

riferimento indicando cos'è lecito e cos'è illecito, ma la sanzione sia essa amministrativa 

o penale, anche coercitiva, è demandata alla scelta sovrana del singolo paese, tenendo 

però conto della gravità del reato nella previsione di pena fatta dalla legge nazionale. Si 

evidenzia in questa sede quanto previsto dall’art. 36 24 , intitolato Autorità specializzate, 

il quale, ricalcando le previsioni del precedente art. 6 in ambito preventivo, impone a 

ciascuno Stato Parte di garantire l’esistenza di organismi indipendenti specializzati nella 

lotta alla corruzione e provvisti di personale specializzato e risorse adeguate. Anche in 

questo caso l’istituzione della figura dell’Alto Commissario sembra corrispondere alle 

previsioni convenzionali. 

Cooperazione internazionale (artt.43-50): I firmatari accettano di collaborare con gli 

altri Stati membri nell’azione di contrasto alla corruzione per quanto concerne 

24 Article 36 Specialized authorities 

Each State Party shall, in accordance with the fundamental principles of its legal system, ensure the 

existence of a body or bodies or persons specialized in combating corruption through law enforcement. 

Such body or bodies or persons shall be granted the necessary independence, in accordance with the 

fundamental principles of the legal system of the State Party, to be able to carry out their functions 

effectively and without any undue influence. Such persons or staff of such body or bodies should have the 

appropriate training and resources to carry out their tasks. 

56

prevenzione, indagini transnazionali, perseguimento dei colpevoli, reciproca assistenza 

legale nei procedimenti giudiziari e di estradizione; si impegnano inoltre ad adottare 

misure per il reperimento, congelamento e confisca di beni provenienti da atti di 

corruzione. Con particolare riferimento al segreto bancario, la Convenzione stabilisce 

che esso non deve più rappresentare un ostacolo, ovvero che i Paesi e le loro istituzioni 

finanziarie non possono più appellarsi al segreto bancario così da impedire l’impiego di 

strumenti giudiziari quali rogatorie, mandati di arresto ed estradizione. 

Recupero dei beni (artt.51-59): si prevedono misure per contrastare l’accumulo ed il 

trasferimento all’estero dei proventi della corruzione e facilitare il loro recupero. Quella 

del recupero delle risorse è una componente assai innovativa, che rappresenta altresì 

uno dei deterrenti più rilevanti. Da queste previsioni si trae che non esiste più un “safe- 

heaven”, un paradiso fiscale garantito dal segreto bancario, dalla protezione implicita o 

esplicita di un determinato sistema, in cui occultare le risorse provenienti dalle pratiche 

corruttive. 

Seguono tre capitoli conclusivi, i quali si occupano rispettivamente di assistenza tecnica 

e scambio di informazioni (artt.60-62), meccanismi si esecuzione (artt.63-64), 

disposizioni finali (artt.65-71). 

L’Italia deve ancora provvedere alla ratifica della Convenzione: d’altronde, per quanto 

la maggior parte delle disposizioni siano già contenute nel nostro Codice, la ratifica è 

auspicabile in quanto conferma della totale adesione ai principi convenzionali 25 . Si 

coglie, in questa sede, l’importanza delle previsioni contenute negli artt. 6 e 36, 

l’attuazione delle quali comporterà la nascita presso ciascuno Stato Parte di autorità di 

prevenzione e contrasto delle corruzione, analoghe all’ Alto Commissario già operante 

nel nostro ordinamento. 26 

25 Per G. Tatozzi, intervistato in merito alla mancata ratifica italiana della UNCAC: “Una ratifica va fatta 

bene, oppure diventa una formalità. Ci vogliono i tempi necessari.” Intervista a Panorama del 

24/11/2005. 

26 In senso analogo anche il punto 25 della dichiarazione di Lima: l' ufficio del difensore civico 

(Ombudsman) che costituisce un ponte tra la popolazione e il governo, può dare un importante contributo 

all'eliminazione degli ostacoli burocratici e della corruzione. Di conseguenza, i paesi che non possiedono 

questa necessaria istituzione devono esaminare la possibilità di adottarla come ufficio indipendente 

nell’ambito dell'organo legislativo eletto. Ancora: tra le misure di prevenzione dell’estorsione e 

corruzione nelle transazioni commerciali internazionali indicate nel 1999 dall’ICC, è prevista la creazione 

di organismi autorizzati di supervisione degli ufficiali governativi coinvolti direttamente o indirettamente 

nelle transazioni commerciali. Infine il punto 65 dell’APEC Government Procurement Experts Group 

Non-Binding Principles on Government Procurement, fa riferimento ad un’agenzia governativa, che può 

essere indipendente oppure no dall’influenza governativa, quale un Ombudsman o organizzazione 

governativa di verifica. 

Per quanto concerne i profili di indipendenza dell’Alto Commissario: infra, capp.VII e IX. 

57

CAPITOLO III 

DESTINATARI DELL’OPERATO DELL’ALTO COMMISSARIO 

1. Premessa 

Posto che la corruzione è un nemico che non si può eliminare 1 , ciononostante è un 

fenomeno umano che può essere contenuto mediante una strategia politico-legislativa 

perseverante e composita che operi in modo strutturale su più fronti e con strumenti 

eterogenei 2 . Lo strumento repressivo ha mostrato infatti la propria insufficienza, per il 

fatto stesso che ricorrendo ad esso il numero dei reati di corruzione non è calato. 

Emerge pertanto come una politica sostenibile di lotta alla corruzione non possa essere 

incentrata sulla sanzione, che non elimina le cause della corruzione e che ha d’altra 

parte costi umani ed economici rilevanti, ma debba mirare in primis alla prevenzione 3 , 

intesa non in termini utopistici come totale eliminazione del fenomeno, bensì in senso 

realistico come strategia finalizzata alla sua consistente riduzione. 

Della creazione di un’autorità preposta a vigilare sulla p.a. avverso comportamenti 

illeciti si era a lungo parlato nelle recenti legislature 4 ma senza che tali intenzioni 

1 

B. Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Ed.Bari, Laterza, 1934, p.193: “Affaristi, uomini politici 

poco scrupolosi e poco dignitosi, amministratori fraudolenti, impiegati infedeli o venali, e piccole e 

grosse rapine, sono cose di tutti i tempi e di tutti i paesi”. 

Scriveva L. Einaudi in La bellezza della lotta (1923), ora in Le lotte del lavoro, Torino, Einaudi, 1972, 

p.13.: “Gli uomini sono troppo egoisti o cattivi o ignari perché trovandosi a capo di una organizzazione 

potente non soccombano alla tentazione di trarne profitto per sé, a danno dei propri rappresentati”. 

Nello stesso senso A. Nieto, Corrupciòn en la España democratica, Ariel, Barcelona, 1997, per cui: “ La 

corruzione accompagna il potere come l’ombra al corpo”. 

2 

M. Arnone, E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Ed. Vita e 

Pensiero, 2005, p.108: la corruzione presenta un alto grado di persistenza, caratteristica dovuta al fatto 

che il fenomeno in questione è frutto di diversi fattori coesistenti, molti dei quali di tipo ambientale; 

pertanto essa non viene significativamente influenzata da singole politiche ad hoc aventi effetti 

temporanei. Al fine di incidere sull’ambiente socio-economico, le politiche economiche, giuridiche e 

sociali devono avere effetti permanenti; una volta modificato l’ambiente, il diffondersi di episodi 

corruttivi viene limitato, incentivando così un cambiamento delle abitudini degli agenti. 

3 

B. G. Mattarella, Controllo della corruzione amministrativa e regole di etica pubblica, Riv. It. Dir. Pub. 

Com. Anno XII, n. 5/2002, pp. 1032 e 1053. 

4 

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica 

amministrazione per gli anni 2000 e 2001: “ L'ordinamento delle strutture della Presidenza del Consiglio 

dei Ministri, pur non potendosi equiparare a quello della Camera e del Senato, ha recepito comunque la 

distinzione tra uffici permanenti titolari di funzioni amministrative e istituzionali e uffici temporanei con 

compiti di staff. Inoltre le norme sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio sono improntate ad una 

notevole flessibilità, sia per quanto concerne la sua struttura, sia per quello che riguarda le procedure di 

adozione delle norme di organizzazione degli uffici. È in tal modo possibile ricomprendere nel 

Segretariato generale gli uffici di un Dipartimento, nel caso il Presidente non affidi la 

delega ad un ministro senza portafoglio. Analogamente, il Presidente del Consiglio, ove ne ravvisi 

l'opportunità, può istituire strutture temporanee di missione per lo svolgimento di compiti di particolare 

rilievo in un dato momento ed in relazione ad uno specifico obiettivo dell'esecutivo. Tra le strutture di 

missione istituite sulla base delle nuove norme di organizzazione della Presidenza del Consiglio merita di 

58

avessero avuto seguito concreto. La legge Frattini ha sbloccato questa situazione di 

stallo, rimettendo ad un successivo regolamento la determinazione della composizione 

e delle funzioni dell’Alto Commissario, l’adozione del quale era prevista entro sei mesi 

dall’entrata in vigore della legge n. 3 /2003. L’assenza di precise definizioni sulla natura 

e sul funzionamento concreto dell’organismo 5 rappresentarono tuttavia un rallentamento 

nell’iter legislativo. In data 7 novembre 2003 quindi il Consiglio dei Ministri n. 130 

deliberò, su proposta del Presidente del Consiglio Berlusconi e del Ministro per la 

Funzione Pubblica Mazzella, uno “schema di regolamento che determina le funzioni 

dell'Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, già istituito nell'ambito 

della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché la composizione della sua struttura 

di supporto”, da trasmettersi quindi alla Conferenza Unificata ed al Consiglio di Stato 

affinché esprimessero il proprio parere. La Conferenza Unificata si pronunciò 

negativamente il 29 aprile 2004, per essere poi smentita dal Consiglio di Stato il 31 

maggio seguente 6 . Tuttavia, nonostante le critiche delle autonomie locali e un parere del 

Consiglio di Stato che, pur positivo nel giudizio finale, muove diverse obiezioni, il 

Ministero della Funzione Pubblica, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, 

ritenne che l'attività dell’Alto Commissario non contrasti né si sovrapponga con la 

normativa europea e con i poteri di indagine che hanno già le amministrazioni, e in 

particolar modo con quelli delle autonomie locali. Pertanto il 29 settembre 2004, dopo 

una serie di rinvii, il Governo approvò il regolamento concernente le funzioni dell’Alto 

Commissario contro la corruzione ( d.P.R. 6 ottobre 2004, n. 258 ). Considerata la 

concomitante situazione politica, è tuttavia legittimo chiedersi se alla creazione della 

essere menzionato in particolare l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e 

delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, posto alla diretta dipendenza del 

Presidente del Consiglio dei Ministri. L'organismo avrà ampi poteri, potrà accedere a tutte le banche dati 

delle pubbliche amministrazioni, potrà effettuare verifiche generali e accertamenti specifici sulla legalità e 

imparzialità dell'azione amministrativa, sulla regolarità delle funzioni espletate e dei servizi forniti”. 

5 G. Bressa, Atti Parlamentari,Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Discussioni, Seduta del 19 marzo 

2002, n. 118.: “L’articolo 1 riguarda l’istituzione dell’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto 

della corruzione nella pubblica amministrazione. Come ricordavo, è un articolo, a metà strada tra 

l’individuazione di un « grande fratello » e di un ranger, con il compito di sindacare i comportamenti dei 

pubblici dirigenti e dei dipendenti pubblici. Questo la dice lunga sul fatto che ritenete debba essere una 

competenza in capo al Presidente del Consiglio dei ministri, stracciando completamente qualsiasi forma 

di organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che è il luogo dove dovrebbe esserci l’alta 

direzione politica, dove si forma l’alta politica.” 

Bollettino dell’Osservatorio sulla legalità e sui diritti, 16 ottobre 2003: “È un ruolo a metà strada tra 

Catone il censore e Tex Willer, una figura mai nominata e i cui poteri sono tanto ampi quanto privi di 

efficacia pratica”, G. Bressa; per S. Cassese “le occasioni di corruzione si dimezzerebbero, rendendo il 

processo più rapido e trasparente”. 

6 Per il contenuto dettagliato dei due pareri: infra. 

59

figura dell’Alto Commissario corrisponda una reale ed effettiva volontà politica di 

fronteggiare efficacemente il problema della corruzione o se non si tratti piuttosto di 

un’operazione strategica volta a dissimulare la realtà dei fatti, quasi come se la 

creazione di un organismo anti-corruzione fosse rappresentativa di una assoluta 

trasparenza del vertice del potere politico e della sua totale estraneità rispetto alle 

vicende processuali che lo coinvolgono con le accuse di frode fiscale, falso in bilancio, 

appropriazione indebita e riciclaggio. Per dissipare tali dubbi non resta che attendere 

risultati concreti dall’operato dell’Alto Commissario. 

Il compito dell’Alto Commissario è rappresentare “un forte deterrente” 7 e per l’appunto 

fare prevenzione nel senso di rendere la corruzione sempre meno conveniente e il più 

difficile possibile, scaricando conseguentemente la Magistratura di una 

sovraesposizione e di una funzione di supplenza che non le è propria 8 . L’ intestazione 

dell’organismo all’esame, il quale è innanzitutto preposto alla prevenzione e, quindi, al 

contrasto della corruzione e degli illeciti in seno alla p.a., conferma che la prevenzione è 

logicamente antecedente rispetto alla repressione e che la funzione preventiva 

dell’organismo è prevalente. Esso deve tuttavia assicurare anche che siano perseguiti 

fatti e comportamenti dei pubblici dipendenti nei quali siano ravvisabili eventuali 

responsabilità, sia attraverso la denuncia all’Autorità Giudiziaria dei fatti costituenti 

reato, sia attraverso la denuncia alla Corte dei Conti, ove previsto, dei fatti nei quali sia 

ravvisabile danno erariale. 9 

L’attività dell’Alto Commissario contro la corruzione, si esplica, come indica la stessa 

intestazione dell’organismo, “all’interno della pubblica amministrazione”. L’art. 2 c. 1 

del d.P.R. 258/2004, precisa che “l’Alto Commissario esercita le sue funzioni 

nell’ambito della pubblica amministrazione”. In via preliminare, si rende quindi 

necessario chiarire il significato dell’espressione in questione così da definire il campo 

d’azione della struttura. 

7 Dichiarazione di G. Tatozzi rilasciata a Panorama del 10/01/2005. 

8 Intervista rilasciata da G. Tatozzi ad Avvenire del 06/02/2005. 

F. Favara, Relazione sull’amministrazione delle giustizia nell’anno 2004. Bozze di stampa, Roma, 11 

gennaio 2005, p.75: “ E’ auspicabile che un decisivo passo avanti nella prevenzione dei reati contro la p.a. 

possa essere fatto allorché inizierà concretamente ad operare l’apposito Commissario anti-corruzione.” 

9 L. Mazzella, Etica e Pubblica Amministrazione, Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, 28 aprile 

2004. http://www.funzionepubblica.it/docs_html/etica.htm 

60

2. Nozione di Pubblica Amministrazione 

2.1. Problematicità di una nozione unitaria. L’evoluzione della p.a. alla luce del 

processo di privatizzazione 10 

Nel nostro ordinamento non esiste una definizione legislativa generale di 

amministrazione pubblica né essa può ricavarsi dalle scarne disposizioni 

costituzionali 11 . La Costituzione, infatti, pur dedicando alla Pubblica Amministrazione 

10 E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2001. 

F. S. Severi, voce Amministrazione dello Stato, Digesto delle Discipline Pubblicistiche, Utet, Torino, XV 

voll. 1987-2000, pp.227 ss. 

M. S. Giannini, G. Zanobini, F. Chiaretti, voce Amministrazione pubblica, Enciclopedia del diritto, 

Giuffrè, Milano, XLVI voll. 1958-1993, II voll. aggiorn. 1997-1998, pp. 231 ss. 

M. Nigro, voce Amministrazione Pubblica (organizzazione giuridica dell’), Enciclopedia giuridica, 

Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, XXXII voll. 1988-1994. 

S. Cassese, voce Amministrazione statale (organizzazione dell’), Enciclopedia giuridica, cit. 

11 C. Franchini ( a cura di ), L’esame di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2005, pp.130 ss.: una 

nozione unitaria, di sintesi, di pubblica amministrazione, è non solo inutile, ma anche impossibile. 

L’amministrazione consiste in partecipazione o collaborazione all’attività di governo, di regolazione o di 

disciplina, di erogazione di servizi o di mezzi finanziari, di attività di esazione, di attività di impresa e 

così via. Ne deriva che, più che di pubblica amministrazione al singolare, è meglio parlare di pubbliche 

amministrazioni al plurale. Non è vero che è pubblica una amministrazione che pertiene ad una persona 

giuridica pubblica: da un esame del diritto positivo, infatti, si evince, da una parte, che non tutte le 

persone giuridiche pubbliche hanno un’amministrazione pubblica (es. Banca d’Italia) e che, dall’altra, vi 

sono amministrazioni pubbliche le quali pertengono a soggetti privati (es. concessionari di servizi 

pubblici essenziali). Dunque il riferimento all’appartenenza soggettiva dell’amministrazione non è 

sufficiente, ma occorre far riferimento anche alla natura dell’attività. 

S. Cassese ( a cura di ), Istituzioni di diritto amministrativo,Giuffrè, Milano, 2004, pp. 3 ss.: sono 

pubbliche amministrazioni la Commissione e le agenzie europee, i ministeri, gli enti pubblici nazionali, le 

regioni, le province e i comuni. Le amministrazioni pubbliche si dividono in statali e non statali. Le prime 

sono costituite da apparati pertinenti alla persona giuridica-Stato. Le seconde sono costituite da apparati 

pertinenti ad altri enti pubblici substatali, come comuni, province e regioni o sovrastatali, come l’Unione 

europea. Per lungo tempo si è cercato di definire unitariamente la pubblica amministrazione, come potere 

esecutivo o esecuzione di leggi e come cura concreta di interessi pubblici (distinta dalla cura astratta, 

rimessa al Parlamento). Ma la varietà della amministrazioni pubbliche è tale, che esse sfuggono ad una 

definizione unitaria. La definizione dell’amministrazione come cura concreta di interessi pubblici mette in 

luce l’importante aspetto della funzionalizzazione dell’attività amministrativa, la quale è cioè sempre 

diretta ad un fine pubblico, indicato dalle norme, ed è quindi predisposta per la cura di un interesse, per lo 

più collettivo, prescelto dalle norme e per questo qualificato come pubblico. Le nozioni legali della 

pubblica amministrazione sono sia di fonte normativa (come nei casi delle procedure di scelta dei 

contraenti in materia di appalti, della individuazione del debito e del disavanzo pubblico e del rapporto di 

lavoro con le p.a.), sia di fonte giurisprudenziale (come nel caso delle limitazioni alla libertà di 

circolazione dei lavoratori relativamente agli impieghi nella p.a.). Le norme contengono nozioni 

funzionali, nel senso che variano in relazione agli scopi che si prefiggono le norme stesse; quindi non vi è 

una sola nozione, valida in ogni caso, ma vi sono più nozioni, le quali possono essere più o meno ampie 

in dipendenza dello scopo della particolare disciplina. Le principali nozioni che si traggono dal diritto 

europeo e da quello nazionale sono quattro, che si espongono in ordine decrescente di ampiezza. In primo 

luogo vi è quella definita per determinare, in materia di appalti, l’area alla quale si applicano le procedure 

di scelta dei contraenti ( art.1 dir. 92/50/Ce e art.1 d. lgs. 157/1995): questa include amministrazioni dello 

Stato, regioni, enti pubblici territoriali, loro unioni, consorzi e associazioni, enti pubblici non economici, 

organismi di diritto pubblico (questi sono persone giuridiche private con finalità d’interesse generale, non 

svolgenti attività economica, finanziati, controllati o influenzati in prevalenza dallo 

Stato o da altri enti pubblici). L’ampiezza della nozione, comprensiva di soggetti aventi natura privata, è 

61

un’intera sezione del Titolo III, non fornisce alcuna definizione limitandosi a fare un 

generico riferimento all’organizzazione dei pubblici uffici. Le leggi poi, sotto questo 

profilo, sono tutte “finalizzate”, ossia recano definizioni valide soltanto entro l’ambito 

della specifica disciplina che di volta in volta le concerne. 

Il termine “amministrazione”, lessicalmente inteso, indica la cura in concreto di 

interessi ed è pertanto riferibile a qualsiasi soggetto che svolga un’attività rivolta alla 

soddisfazione di interessi correlati ai fini che il soggetto medesimo persegue; le 

amministrazioni sono delle organizzazioni intese come insieme coordinato di uomini e 

mezzi materiali in vista del perseguimento di una determinata finalità. 

Con la locuzione pubblica amministrazione si fa riferimento, in termini generali, 

all’insieme delle persone giuridiche pubbliche preposte alla cura degli interessi della 

collettività formalmente costituite per la realizzazione di fini generali e che svolgono 

funzioni sostanzialmente amministrative. Gli enti pubblici godono di una serie di poteri 

di supremazia generale e speciali che costituiscono i mezzi specifici della loro 

amministrazione e di cui le persone giuridiche private sono sprovviste; per questa 

ragione l’attività amministrativa nelle persone giuridiche pubbliche è qualificata come 

“amministrazione pubblica” in contrapposto a quella di tutti gli altri enti privi dei 

suddetti poteri e rientranti perciò nella “amministrazione privata”. 

In diritto amministrativo si suole distinguere tra pubblica amministrazione in senso 

oggettivo e pubblica amministrazione in senso soggettivo: la prima identifica l’attività 

pratica che lo Stato dispiega per curare in modo immediato gli interessi pubblici che 

sono naturalmente nei suoi fini o che esso assume volontariamente come tali (nozione 

funzionale); la seconda si riferisce invece al complesso di autorità, di agenti, di organi 

da cui l’attività anzidetta è dispiegata (nozione organizzativa o strutturale). Fra 

giustificata dallo scopo normativo che è quello di sottoporre il maggior numero di soggetti pubblici o 

sotto comando pubblico alle procedure di bando e di esame comparativo delle offerte, per la stipulazione 

di contratti di appalto di lavori, di servizi e forniture. Una seconda nozione si trae dall’art. 2 del 

Protocollo n. 5 sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al TCE, per il quale, al fine di 

individuare il debito e disavanzo pubblico, per “pubblico” deve intendersi la pubblica amministrazione 

ovvero l’amministrazione statale, regionale o locale e i fondi di previdenza sociale, ad esclusione delle 

operazioni commerciali, quali definiti dal Sistema europeo di conti economici integrati. Una terza 

definizione si ricava dall’art. 1 c. 2 d. lgs. 165/2001, per il cui contenuto v. infra. Infine una quarta 

nozione è propria del diritto europeo che stabilisce che la libertà di circolazione dei lavoratori non si 

applica agli impieghi nella pubblica amministrazione (art. 39 c. 4 TCE), la quale consterebbe 

nell’esercizio di poteri pubblici e nella tutela di interessi generali dello Stato o di altre collettività 

pubbliche. In conclusione: non vi è una definizione unitaria di p.a.; le p.a., secondo la nozione funzionale, 

possono essere definite o elencate a scopi diversi; le nozioni possono essere individuate con criteri 

diversi, per elencazione o per definizione; le nozioni legali, di fonte normativa o giurisprudenziale, hanno 

contenuto variabile e non costituiscono un elenco chiuso. 

62

l’amministrazione come organizzazione e l’amministrazione come attività vi sono 

strettissimi nessi: in primo luogo l’una si definisce mediante l’altra anche se le aree 

delle due nozioni non combaciano esattamente perché l’organizzazione amministrativa 

non svolge soltanto attività amministrativa e perché non tutta l’attività amministrativa è 

svolta dall’organizzazione amministrativa. D’altra parte organizzazione ed attività non 

sono due fenomeni distinti ma due aspetti dello stesso fenomeno: l’organizzazione non 

si contrappone alla attività ma è piuttosto il momento di predisposizione, 

coordinamento, razionalizzazione ed inizio dell’attività, rilevandosi pertanto continuità 

fra organizzazione ed attività 12 . 

Sotto il profilo strutturale la p.a. è soggetto complesso e unificato dall’ordinamento 

giuridico comprensivo non solo degli enti direttamente riconducibili allo Stato ma anche 

di persone giuridiche aventi fini coincidenti con quelli propri dello Stato. Il governo, 

l’apparato degli organi dello Stato e quello degli altri enti autonomi ed autarchici che 

fanno capo al governo non esauriscono l’amministrazione soggettivamente intesa, 

soprattutto a fronte della tendenziale esteriorizzazione di funzioni e della 

privatizzazione di ambiti sempre più vasti di attività di cura di interessi pubblici che 

conduce ad una progressiva dilatazione della pubblica amministrazione tale da 

ricomprendere anche quei soggetti privati che svolgono un’attività amministrativa 

rivolta al conseguimento di interessi pubblici. L’amministrazione in senso soggettivo si 

articola anzitutto nei vari enti pubblici i cui uffici, sulla base della riserva di legge 

contenuta nell’art. 97 Cost., “sono organizzati secondo disposizioni di legge”. Al 

riguardo, l’art. 4 della l. 70/1975 contenente “Disposizioni sul riordinamento degli enti 

pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente” afferma che “nessun nuovo 

ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”. Tuttavia la 

qualificazione normativa non è decisiva della pubblicità di un ente: il problema di 

stabilire se un ente sia pubblico o meno si pone infatti per una serie di organizzazioni 

istituite da leggi che non ne qualificano la pubblicità o addirittura carenti di una legge 

istitutiva, che però vengono considerate enti pubblici in virtù di un riconoscimento 

implicito dell’ordinamento. La questione è risolta dalla giurisprudenza attraverso il 

ricorso ad indici esteriori, nessuno dei quali è di per sé sufficiente, ma il complesso dei 

12 In questo senso la dottrina maggioritaria, per la quale si vedano E. Casetta op.cit. p.1 e M. Nigro op.cit. 

p.1. Contra : S. Cassese, in Enc. Giur. cit. p.1 per cui tale impostazione non è più aderente alla realtà 

odierna e non tiene conto di una duplice circostanza: anzitutto che le strutture non sono l’elemento 

cardine dell’organizzazione; in secondo luogo che esse possiedono un alto grado di indifferenza rispetto 

alla funzione da svolgere, nel senso che una stessa funzione può essere esercitata con una determinata 

organizzazione amministrativa, ma può esserlo anche con strumenti diversi. 

63

quali è invece considerato idoneo a rivelare la pubblicità: si ricorda la costituzione 

dell’ente ad opera di un soggetto pubblico, la nomina degli organi direttivi in tutto o in 

parte di competenza dello Stato o di altro ente pubblico, l’esistenza di controlli o 

finanziamenti pubblici, l’attribuzione di poteri autoritativi. Gli indici esteriori 

menzionati tuttavia , pur essendo utili strumenti rivelatori della pubblicità, non sono 

idonei a identificare l’elemento essenziale della pubblicità della persona giuridica che 

consiste invece nella rilevanza pubblicistica dell’interesse perseguito; qualora venga 

meno la pubblicità dell’interesse perseguito, la legge può intervenire per estinguere 

l’ente o per trasformarlo in soggetto privato 13 . In questo senso appare evidente come la 

linea di demarcazione tra “pubblico” e “privato” sia modificabile nel tempo in 

conseguenza della variabilità delle finalità aventi dimensione collettiva, e quindi 

imputabili ad un ente pubblico, piuttosto che individuale. D’altra parte anche molti 

soggetti privati pongono in essere attività che perseguono finalità di natura collettiva; 

tuttavia l’ente pubblico, a differenza dei privati che possono dismettere l’attività o 

modificarne l’oggetto, non può disporre della propria esistenza. Un ulteriore elemento 

rivelatore di pubblicità, ancorché non decisivo in quanto anche i privati possono 

giovarsi di finanziamenti pubblici, è rappresentato dall’utilizzo da parte dell’ente di 

denaro pubblico. 

La delicatezza dell’operazione qualificatoria è complicata dalla estrema detipicizzazione 

degli enti pubblici, il cui momento organizzativo conosce sviluppi non univoci e 

contingenti nei quali lo Stato non sembra più svolgere un ruolo preponderante, ma 

unicamente una funzione di raccordo. 

Nel caso degli enti pubblici economici l’ordinamento considera di pubblico interesse la 

presenza necessaria di un soggetto sul mercato, sicché il pubblico interesse consiste nel 

fatto che tale soggetto svolga attività economiche, avvalendosi degli strumenti giuridici 

comuni agli altri soggetti operanti nel settore, piuttosto che attività autoritative. 

L’amministrazione tende poi ad avvalersi dell’ausilio di privati incaricati di svolgere 

compiti pubblicistici: la giurisprudenza ha talora qualificato tali soggetti come “organi 

13 Dalla pubblicità discendono conseguenze giuridiche rilevanti quali l’autonomia; l’autarchia; la potestà 

di autotutela; il particolare regime di responsabilità penale, civile ed amministrativa cui sono assoggettate 

le persone al servizio dell’ente; l’obbligo si rispettare i principi applicabili alla p.a.; il regime speciale cui 

sono sottoposti alcuni beni; il peculiare regime dell’attività (l. 241/1990); la possibilità di avvalersi di 

procedure privilegiate per la riscossione delle entrate patrimoniali (r.d. 639/1910); l’esistenza di 

particolari istituti di ingerenza cui l’ente è sottoposto in ragione del diverso grado di autonomia; per il 

caso di società con partecipazione pubblica, l’applicazione di norme peculiari (artt. 2458-2460 c.c.). Per 

un’analisi approfondita: E. Casetta, op.cit., pp.68 ss. 

64

indiretti” della pubblica amministrazione e il Legislatore li ha talvolta equiparati alle 

amministrazioni ( ad esempio la l. 241/1990 e il d.lgs. 80/1998 mod. dalla l. 205/2000). 

Il problema definitorio tuttavia si pone in termini particolarmente ardui rispetto alle 

privatizzazioni - cioè la trasformazione di molti soggetti pubblici in soggetti privati o 

l’istituzione di soggetti privati che perseguono finalità pubblicistiche- le quali creano 

difficoltà nel tracciare gli esatti confini dello spettro soggettivo dell’amministrazione 

cosicché si profila l’opportunità di distinguere tra organizzazione amministrativa in 

senso proprio ed organizzazione amministrativa in senso lato, comprensiva quest’ultima 

dei soggetti di dubbia qualificazione pubblicistica ma che tuttavia non sono parimenti 

riconducibili nel novero delle persone private. 

Il vasto processo di privatizzazione degli enti di gestione delle partecipazioni statali, 

mediante trasformazione in s.p.a., è andato sviluppandosi pressoché in parallelo con le 

misure di revisione delle amministrazioni ed è stato precisamente avviato col d.l. 5 

dicembre 1991, n. 380, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359. L’indirizzo 

legislativo dell’adozione, da parte della p.a., di forme e moduli operativi privatistici 

presenta carattere generale, essendo peraltro affermato dagli artt. 11 e 14 della l.15 

marzo 1997, n. 59 e, da ultimo, dall’art. 28 della l. 28 dicembre 2001, n. 448 ( legge 

finanziaria per il 2002 ), il quale disciplina la trasformazione in s.p.a. o in fondazioni di 

diritto privato di enti pubblici, amministrazioni, agenzie, in quanto agli stessi non siano 

affidati compiti di garanzia di diritti di rilevanza costituzionale. La scelta di 

privatizzare gli enti pubblici è determinata da una pluralità di ragioni: la necessità di 

acquisire maggiore snellezza di azione; l’influenza del processo comunitario di 

progressiva riduzione delle posizioni di monopolio; l’opportunità di ridurre 

l’indebitamento finanziario. Spesso tuttavia il Legislatore affida la gestione di interessi 

pubblici a strutture privatizzate realizzando una privatizzazione meramente formale cui 

non si accompagna l’effettiva gestione di tali interessi da parte dei privati, rimanendo il 

capitale nella totalità o nella maggioranza in mano pubblica 14 . E’ il caso delle società 

per azioni a partecipazione pubblica le quali, ancorché formalmente riconducibili al 

modello societario codicistico, sono tuttavia figure di incerta qualificazione sotto il 

profilo sostanziale. Considerato quanto detto in ordine all’essenza della pubblicità, si 

deve affermare che ricorre ente pubblico laddove lo statuto delle s.p.a. e la disciplina 

delle dismissioni implichino l’impossibilità di uno scioglimento: infatti l’esistenza e la 

14 E. Casetta, op.cit., pp.102 ss. 

65

destinazione funzionale delle società sono predeterminate con atto normativo e rese 

indisponibili alla volontà dei propri organi deliberativi. La Corte Costituzionale con la 

sentenza n. 466/1993 ha dichiarato la spettanza alla Corte dei Conti del potere di 

controllo sulla gestione finanziaria delle società per azioni costituite a seguito di 

trasformazione di enti pubblici economici (Iri, Ina, Eni, Enel) finché sussista una 

partecipazione esclusiva o maggioritaria dello Stato al capitale azionario 15 : dunque la 

pubblicità, che è il naturale presupposto del controllo della Corte dei Conti ex art. 100 c. 

2 Cost., permane anche in presenza di una persona giuridica formalmente privata - 

società per azioni –in ragione della riconduzione del soggetto alla finanza pubblica. La 

Corte ha contestualmente affermato che le società a partecipazione pubblica 

maggioritaria sono assoggettate ad una disciplina di diritto speciale: ai sensi dell’art. 14 

del d.l. n. 333/1992 convertito nella l. 359/1992 tali società mantengono a titolo di 

concessione i diritti riservati di cui sono titolari gli enti trasformati (Iri, Eni, Ina ed Enel) 

e possono altresì mantenere compiti pubblicistici in senso proprio 16 . Le s.p.a. a 

partecipazione pubblica sono soggette ad una normativa minuziosa e tendenzialmente 

completa, onde l’eventuale conclusione nel senso della loro natura pubblicistica non è 

comunque decisiva ai fini dell’estensione ad esse del regime degli enti pubblici 17 . 

15 

Con riferimento ad una società per azioni il cui capitale è posseduto dal Comune: C. Conti, sez. giur. 

Lazio, n. 1015/1999. 

16 

Il testo unico degli enti locali (d.lgs. 267/2000) consente all’art. 113 che i servizi pubblici locali siano 

gestiti a mezzo di s.p.a. o s.r.l. a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente 

titolare del pubblico servizio qualora sia opportuna in relazione alla natura o all’ambito territoriale del 

servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati. Gli enti locali possono altresì costituire s.p.a. 

senza il vincolo della proprietà maggioritaria per l’esercizio dei servizi pubblici e la realizzazione di opere 

necessarie allo svolgimento del servizio nonché per la realizzazione di infrastrutture e di altre opere di 

interesse pubblico. Comuni e città metropolitane ex art. 120, anche con la partecipazione della provincia 

della regione, possono costituire s.p.a. per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana. Il 

problema della natura delle s.p.a. a partecipazione pubblica locale deve essere risolto alla stregua di 

quanto affermato per le altre società a partecipazione pubblica. 

17 

In proposito si consideri la disciplina comunitaria sui cosiddetti settori esclusi e la nozione di 

organismo di diritto pubblico. In particolare: L. Capicotto, Organismo di diritto pubblico e società miste 

affidatarie, e relativa bibliografia, Comitato per la Valorizzazione della Professionalità, 

http://www.covalori.it.htm. Per un quadro completo e per la giurisprudenza in materia si veda E. Casetta , 

op. cit., pp. 91 ss. T. Fenucci, Sulla natura giuridica delle s.p.a. a capitale interamente pubblico, 

Giustizia amministrativa-Rivista di diritto pubblico n.11/2004. Secondo la Consulta [Corte Cost., 19 

dicembre 2003, n. 363, in Giur. cost., 2003, p. 3752] una s.p.a. a capitale interamente pubblico presenta 

tutte le caratteristiche proprie dell’ente strumentale tranne quella della natura giuridica, formalmente 

privata: infatti tale società è costituita per legge e non in base ad un patto societario, opera come 

strumento per il perseguimento di specifiche finalità stabilite nell’ambito di politiche ministeriali ed 

inoltre ad essa sono affidati obbligatoriamente determinati compiti previsti dalla legge. In altre parole la 

Corte reputa irrilevante la mera forma ai fini dell’identificazione della natura giuridica sostanziale di un 

ente; infatti essa riscontra nella s.p.a. a capitale interamente pubblico prevalenti aspetti pubblicistici sulla 

base di elementi di natura sostanziale. Tale conclusione è in linea con la sua giurisprudenza precedente, 

con la giurisprudenza nazionale e comunitaria nonché con la dottrina prevalente. Infatti la Corte 

costituzionale con la decisione 28 dicembre 1993, n. 466 ritenne che il controllo della Corte dei conti 

sugli enti sovvenzionati ordinariamente dallo Stato, previsto dall’art. 12, l. 21 febbraio 1958, n. 259, 

66

Per il Consiglio di Stato 18 le società che svolgono attività di rilievo oggettivamente 

pubblicistico e che proprio per questo sono tenute ad operare come pubbliche 

amministrazioni devono considerarsi enti pubblici. Secondo un’interpretazione 

evolutiva della nozione di pubblica amministrazione sono cioè da considerare enti 

pubblici non solo i soggetti che sono organizzati ed operano secondo moduli di tipo 

autoritativo tradizionali, ma anche quelli che pongono in essere attività di rilievo 

oggettivamente pubblicistico e che proprio per questo sono tenuti ad operare come 

pubbliche amministrazioni nel rispetto della disciplina sull’evidenza pubblica. 

Considerata l’evoluzione della nozione di pubblica amministrazione, si deve quindi 

avere riguardo non al regime giuridico formale cui gli enti sottostanno, quanto piuttosto 

ai dati sostanziali che ne caratterizzano la struttura, l’attività e la funzione: al di là della 

qualificazione operata dal diritto positivo, l’ente è pubblico quando presenta caratteri di 

pubblicità individuati dalla giurisprudenza 19 . Nelle ipotesi in cui il controllo sostanziale 

di tali persone giuridiche permane in mano pubblica si dubita che alla trasformazione o 

qualificazione formalmente privatistica corrisponda una natura sostanziale 

permanesse anche dopo la privatizzazione formale degli enti pubblici, cioè dopo la mera trasformazione 

in s.p.a. dei precedenti enti pubblici. L’argomento principale su cui fece leva la Corte costituzionale era 

costituito dal fatto che le società risultanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici dovevano 

essere considerate di “diritto speciale” in quanto la loro disciplina presentava delle deroghe rispetto alla 

disciplina generale delle società per azioni sotto diversi profili. Le conclusioni a cui si perviene sono in 

linea con il concetto di impresa pubblica elaborato a livello comunitario, che prescinde dalla natura 

formale dell’ente. Su basi analoghe si fonda anche il c.d. Accordo Andreatta-Van Miert del 1992: si tratta 

di un’intesa tra il governo italiano e la Commissione europea relativa alla liquidazione del gruppo EFIM, 

agli ex enti pubblici italiani trasformati in s.p.a., IRI ed ENI, alle società da esse controllate al 100 % e a 

ogni altra società a capitale statale al 100 %, con l’eccezione di quelle che operano nel settore dei servizi 

pubblici e della difesa. Da tale intesa si evince che le società per azioni a totale partecipazione pubblica 

sono considerate ancora imprese pubbliche. In una recente pronuncia il Consiglio di Stato ha affermato 

che l’ammissione della quotazione in borsa non cancella la qualità di impresa pubblica, dal momento che 

la nozione di impresa pubblica si fonda su requisiti di carattere sostanziale, come la detenzione della 

maggioranza del capitale societario da parte dell’ente o degli enti pubblici: ciò che conta è l’influenza 

dominante esercitata dai pubblici poteri sulla società [Cons. Stato, IV, 27 maggio 2002, n. 2922, in Foro 

it., 2003, III, pp. 463 ss.]. La Corte con la decisione che si annota ha ribadito un principio difficilmente 

contestabile, pacifico nella giurisprudenza nazionale e comunitaria: una s.p.a. a totale capitale pubblico è 

privata esclusivamente per la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad 

essere sotto il controllo pubblico, è assimilabile ad un ente pubblico. Infatti la tendenza alla 

privatizzazione diffusasi nell’ultimo decennio non ha comportato in molti casi una cessione effettiva ai 

privati delle partecipazioni azionarie e con esse del controllo delle società nate dai vecchi enti pubblici ma 

soltanto un mutamento formale della natura giuridica dell’ente, in molti casi tuttora sotto il controllo 

pubblico 

18 Cons. Stato, sez. VI n. 5830/2005 e sez. V n. 6740/02. 

19 Sono “indici rivelatori” del carattere pubblicistico delle società per azioni a partecipazione pubblica: 

a) la sottoposizione ad un’attività di controllo e di indirizzo a fini sociali, nonché ad un potere di nomina e 

revoca degli amministratori da parte dello Stato o di altri enti pubblici; 

b) la presenza di una convenzione e/o concessione con la pubblica amministrazione; 

c) l’apporto finanziario da parte dello Stato; 

d) la presenza dell’interesse pubblico in seno all’attività economica. 

67

effettivamente privatistica. 20 In conclusione quindi, l’ente pubblico rientra 

nell’organizzazione amministrativa pubblica a seguito dell’imputazione della cura di 

interessi pubblici. 

Per l’ipotesi di privatizzazione attuata mediante trasformazione in fondazioni di diritto 

privato un esempio è offerto dagli enti di “prioritario interesse nazionale” che operano 

nel settore musicale di cui al d. lgs. 367/1996: dopo averli qualificati come persone 

giuridiche di diritto privato, il Legislatore ha previsto una disciplina pervasiva e 

fortemente limitativa della loro autonomia, ispirata a logiche pubblicistiche e volta a 

garantire una particolare organizzazione interna. Analogamente col d. lgs. 19/1998 si è 

operata la trasformazione della “Biennale di Venezia” in persona giuridica di diritto 

privato, mantenendo però su di essa i poteri di vigilanza dell’autorità di governo ed il 

controllo della gestione finanziaria in capo alla Corte dei Conti. Da ciò consegue un 

quadro in cui alla sostanza pubblicistica corrisponde una forma privatistica 

espressamente dichiarata dal Legislatore: è da ammettersi pertanto il riconoscimento 

della natura pubblicistica di un soggetto anche in contrasto con la definizione fornita 

dalla legge, potendosi altresì ripiegare su interpretazioni che sottolineano il carattere 

derogatorio e speciale di tali soggettività rispetto al modello di diritto comune. 

L’orientamento della prevalenza della sostanza sulla forma ai fini della qualificazione di 

un soggetto come pubblico o privato è ormai consolidato nella giurisprudenza 

nazionale, amministrativa 21 , civile 22 e penale 23 . Pur aderendo all’interpretazione 

20 La Rai-tv è considerata persona giuridica privata anche se il suo capitale è quasi interamante pubblico; 

la concessione, dal punto di vista giuridico è temporanea, e non potrebbe pertanto escludersi la 

sopravvivenza della società indipendentemente dalla gestione del servizio. Lo Stato si avvale della forma 

societaria ma il regime applicabile è peculiare: gli organi societari sono infatti di nomina parlamentare e 

sussistono poteri di influenza e controllo in capo ad apposita commissione parlamentare. Su queste basi è 

stata sostenuta l’applicabilità della disciplina relativa ai reati commessi da pubblici ufficiali ed incaricati 

di pubblico servizio nei confronti degli amministratori Rai. 

21 Cons. Stato, VI, 17.09.2002, n. 4711 e Cons. Stato, VI, 05.03.2002, n. 1303, in Dir. proc. amm., 2003, 

pp. 486 ss.; Cons. Stato, VI, 24.05.2002, n. 2855, in Foro amm., 2002, pp. 1325 ss.; Cons. Stato, VI, 

07.06.2001, n. 3090, Cons. Stato, VI, 02.03.2001, n. 1206, e Cons. Stato, III, parere 11.04.2000, n. 

588/00, in Foro it., 2002, III, pp. 423 ss.; Cons. Stato, V, 01.04.2000, n. 2078, Cons. Stato, VI, 

04.04.2000, n. 1948 e Cons. Stato, VI, 01.04.2000, n. 1885, in Urb. app., 2000, pp. 528 ss. 

22 Infatti la Corte di cassazione con la decisione n. 2471999 (Cass. civ., Ss. Uu., 05.02.1999, n. 24, in 

Giur. it., 1999, pp. 1510-1511) si è pronunciata sulla giurisdizione relativa ad una controversia avente ad 

oggetto l’affidamento di un appalto di fornitura da parte del Consorzio tra i comuni della provincia di 

Bolzano, avente veste di società cooperativa a responsabilità limitata. A tal proposito secondo la Corte 

poiché nel nostro ordinamento non esiste alcun istituto che corrisponde al concetto di organismo di diritto 

pubblico, i parametri da utilizzare al fine di ricondurre un ente in tale categoria devono essere ricercati 

sulla base di categorie giuridiche di diritto comunitario e non di diritto interno: quindi bisogna tenere 

conto del profilo sostanziale dell’attività svolta. Infatti la Corte, prescindendo dalla qualifica formale, 

scorge nell’attività svolta dal Consorzio una valenza pubblicistica, mutando in tal modo il proprio 

precedente orientamento (v. a tal proposito Cass. civ., Ss. Uu., 27.03.1997, n. 2738, in Riv. ital. dir. 

pubbl. comunit., 1997, pp. 775 ss.; Cass. civ., Ss. Uu., 06.05.1995, n. 4991, in Riv. ital. dir. pubbl. 

68

prevalente, si prenda atto che la nozione di pubblica amministrazione non può però 

essere dilatata oltre misura 24 . 

2.2. Concezione penalistica della pubblica amministrazione 25 

Considerato che l’attività dell’Alto commissario è finalizzata alla prevenzione e al 

contrasto della corruzione e di altri illeciti di rilievo penale, si rende opportuna 

un’analisi della nozione di pubblica amministrazione nel significato da essa assunto alla 

luce delle norme del codice Rocco, interrogandosi in particolare se esso coincida o 

meno con quello esaminato in ambito extra-penale. Le disposizioni del codice penale si 

propongono la tutela dell’interesse dello Stato relativo all’apprestamento e al regolare 

funzionamento degli organi pubblici. Sebbene non esista nel codice penale una 

definizione di pubblica amministrazione, in base a quanto stabilito nella Relazione 

Ministeriale al codice stesso ed in relazione ai reati in esso previsti, sono ritenuti 

appartenere alla pubblica amministrazione quegli enti che svolgano “tutte le attività 

dello Stato e degli altri enti pubblici”. 

Agli effetti della legge penale, viene comunemente considerato come ente della 

pubblica amministrazione qualsiasi persona giuridica che abbia in cura interessi 

pubblici e che svolga attività legislativa, giurisdizionale o amministrativa in forza di 

norme di diritto pubblico e di atti autoritativi; il codice penale intende quindi non solo 

comunit., 1995, pp. 1056 ss.); ciò comporta che in base ad aspetti di natura sostanziale, cioè in base alla 

natura degli interessi perseguiti concretamente dall’ente, il Consorzio debba essere incluso nella categoria 

di organismo di diritto pubblico con la conseguenza di attribuire la giurisdizione a conoscere la 

controversia al giudice amministrativo. Ad analoghe conclusioni la Corte è giunta anche in un’altra 

pronuncia (v. Cass. civ., Ss. Uu., 13.02.1999, n. 64, in Guida al diritto, 6 marzo 1999, n. 9, pp. 62 ss.). 

23 

Cass. pen., VI, 24.09.2001, n. 45261, in Riv. pen., 2002, p. 215; Cass. pen., VI, 08.03.2001, n. 20118, 

in Riv. pen., 2001, p. 834 e in Giur. it., 2002, p. 1467 ss.; Cass. pen., I, 22.06.2000, n. 10027, in Cass. 

pen., 2001, p. 3060 (s.m.); Cass. pen., VI, 31.10.1996, in Dir. pen. e processo, 1997, p. 1478; Cass. pen., 

VI, 16.12.1994, in Cass. pen., 1996, p. 3324 (s.m.); Cass. pen., VI, 30.09.1994, in Cass. pen., 1996, p. 

820 (s.m.); Corte App. Roma, 27.04.1994, in Foro it., 1994, II, p. 605 ss. 

24 

Per Cassese-Perez la definizioni sarebbero più di una. Non si dovrebbe parlare di “pubblica 

amministrazione”, bensì di “pubbliche amministrazioni”, essendo il concetto suscettibile di diversificarsi 

a seconda dei fini in vista dei quali viene ad essere utilizzato. S. Cassese, Le basi del diritto 

amministrativo, Milano, 1995. 

25 

A. Pagliaro, Principi di diritto penale-Parte Speciale I. Delitti contro la pubblica amministrazione, 

Giuffrè, Milano, 2000, pp. 4-7. 

E. Altavilla, Concezione penalistica della pubblica amministrazione, Annali di diritto e procedura penale, 

1936, pp. 400 ss. 

S. Riccio, voce Amministrazione pubblica (Delitti contro l’) (in generale), Novissimo Digesto Italiano, 

Torino, Utet, XX voll., 1957-1975, pp. 562 ss. 

69

l’attività amministrativa in senso stretto ma tutta l’attività dello Stato comprensiva cioè 

di legislazione, giurisdizione ed amministrazione. 

La definizione penalistica di pubblica amministrazione non innova ma richiama concetti 

ed istituti del diritto pubblico, costituzionale ed amministrativo; il Legislatore, per 

scrupolo di chiarezza, ha introdotto in diritto penale una nozione già acquisita nel diritto 

pubblico ma con essa non totalmente coincidente. Infatti agli effetti della legge penale, 

il concetto di pubblica amministrazione si pone in senso lato e comprende appunto 

l’intera attività dello Stato nelle funzioni amministrative, legislative e giudiziarie, 

nonché l’attività di tutti gli altri enti pubblici: esso è cioè comprensivo di tutta la 

soggettività funzionale, caratteristica dello Stato e degli altri enti territoriali o 

istituzionali. Il Legislatore penale non allude perciò alla pubblica amministrazione nel 

senso della dottrina del diritto costituzionale ed amministrativo, la quale, muovendo dal 

principio di separazione dei poteri, distingue le funzioni fondamentali dello Stato in 

legislativa, amministrativa, giurisdizionale e di governo. La funzione legislativa 

consiste nel porre regole generali ed astratte; la funzione amministrativa nel curare 

interessi pubblici assunti dallo Stato come propri; la funzione giurisdizionale nel 

valutare un comportamento umano alla stregua di una norma; la funzione di governo nel 

determinare l’indirizzo politico. Nel senso della dottrina della separazione dei poteri, 

pubblica amministrazione è la stessa funzione amministrativa (p.a. in senso oggettivo) 

oppure è il complesso degli organi deputati all’esercizio della funzione amministrativa 

(p.a. in senso soggettivo). Nella dizione del codice penale invece, pubblica 

amministrazione, come oggetto di tutela delle norme del titolo II del libro II (“Dei delitti 

contro la pubblica amministrazione”), è l’intera attività funzionale dello Stato e degli 

altri enti pubblici, con l’eccezione relativa a quelle particolari attività che formano 

oggetto di specifica incriminazione nel titolo I (“Dei delitti contro la personalità dello 

Stato”) e nel titolo III (“Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia”) del libro II 

del codice penale e anche in isolate disposizioni altrove contenute (per esempio, l’art. 

476 c.p.:falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti d’ufficio). Peraltro 

queste eccezioni non sono dovute al fatto che le incriminazioni relative ai delitti di cui 

ai menzionati titoli I e III tutelino un interesse diverso da quello tutelato attraverso le 

incriminazioni dei delitti contro la pubblica amministrazione: la ragione della differenza 

sta nella circostanza che quelle incriminazioni tutelano anche un interesse ulteriore. 

In conclusione nel diritto penale vi è dunque un concetto assai più ampio di pubblica 

amministrazione, tale da ricomprendere oggettivamente l’intera attività funzionale dello 

70

Stato e degli altri enti pubblici, legislativa, giurisdizionale, amministrativa e di governo. 

Mentre poi nella rubrica del titolo II del libro II e nelle rubriche dei primi due capi dello 

stesso titolo, che si occupano rispettivamente “Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la 

pubblica amministrazione” e “Dei delitti dei privati contro la pubblica 

amministrazione”, si allude alla pubblica amministrazione intesa come bene 

oggettivamente protetto, nelle singole norme penali il senso dell’espressione pubblica 

amministrazione è diversamente da riferire al soggetto-ente titolare dell’interesse 

protetto. A livello esegetico si tratterà poi di stabilire se il Legislatore nella singola 

norma alluda alle soggettività pubbliche dello Stato italiano complessivamente intese, 

cioè al complesso dell’organizzazione statale, ovvero a ciascun soggetto isolatamente 

considerato. 

2.3. La definizione offerta dal decreto legislativo n. 165/2001 

Tanto la nozione penalistica quanto quella offerta dall’analisi giurisprudenziale 

conducono ad una notevole dilatazione del concetto di amministrazione pubblica. 

Volendo in questa sede delimitare in termini precisi lo spettro soggettivo dell’azione 

dell’Alto Commissario, a questo scopo, si ritiene opportuno fare riferimento alle 

previsioni del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, ed in particolare 

all’art. 1 c. 2 - che ripropone l’analoga disposizione contenuta nel d.lgs. 29/1993, ora 

abrogato, sulla privatizzazione del rapporto di lavoro presso l’amministrazione-. 

Ancorché contenente “Norme generali sull’ordinamento dal lavoro alle dipendenze 

delle amministrazioni pubbliche”, tale provvedimento offre allo stato la definizione più 

ampia ed attendibile di pubblica amministrazione, e per la sua completezza viene 

utilizzata anche per stabilire a quali organismi debba applicarsi la l. 241/1990 sul 

procedimento amministrativo, nonché altre norme che fanno genericamente riferimento 

alla pubblica amministrazione. 26 Alla disposizione dell’art. 1 c. 2 del d.lgs. 165/2001 

fanno altresì esplicito riferimento tanto la legge istitutiva dell’Alto Commissario, in base 

al cui art. 1 c. 4 lett. e) l’Alto Commissario svolge le proprie funzioni col supporto di un 

ufficio composto da “dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 

comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, quanto il regolamento 

26 Come quelle che riguardano le esternalizzazioni, ovvero l’affidamento a privati di funzioni pubbliche. 

71

concernente le funzioni dell’organismo, in cui le previsioni del d.lgs. 165/2001 sono 

richiamate sia nell’intestazione del provvedimento sia all’art. 6 c. 1 lett. c). 

La specificità dell’elenco contenuto per l’appunto all’art. 1 c. 2 del d.lgs. 165 sopperisce 

alla genericità viceversa utilizzata per la redazione del d.P.R. 258, la quale genericità, 

come avremo occasione di notare, caratterizza l’intero regolamento e dà luogo a 

molteplici problemi interpretativi. 

Ai sensi della norma citata “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le 

amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le 

istituzioni educative 27 , le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento 

autonomo 28 , le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e 

associazioni 29 , le istituzioni universitarie 30 , gli istituti autonomi case popolari, le 

camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni 31 , tutti gli 

enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali 32 , le amministrazioni, le 

27 

Ai sensi del d.P.R. 275/1999 le istituzioni scolastiche sono espressione di autonomia funzionale. 

E. Casetta, op.cit., pp. 76 e 201. 

28 

Ministeri; Camera e Senato; Dipartimento Politiche Comunitarie; Autorità Garante della Concorrenza e 

del Mercato; Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas; Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; 

Banca d’Italia; Consob; Autorità Garante per la protezione dei dati personali; Agenzia delle Entrate. 

29 

E. Casetta, op. cit. pp.216 ss. 

30 

E. Casetta, op.cit. p.75. Le università sono sedi primarie dell’insegnamento superiore e dell’attività di 

ricerca scientifica, provviste di personalità giuridica ed autonomia didattica, scientifica, organizzativa, 

finanziaria, contabile e normativa; dotate di capacità di determinazione e reperimento del fabbisogno 

economico (art.33 Cost., l. 186/1989). Le Università statali, al pari degli altri istituti statali di istruzione 

superiore, costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica, essendo inseriti 

nell’organizzazione statale (Cass. 13292/99). Nell’ottobre 2005, l’Alto Commissario ha aperto 

un’indagine conoscitiva in merito al regolare svolgimento dei concorsi universitari in materia di diritto 

del lavoro (La Repubblica, 5/10/2005). 

31 

E. Casetta, op. cit. pp. 213 ss. Le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura sono enti di 

diritto pubblico svolgenti funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese (l. 580/1993). Trattasi 

di enti ad appartenenza necessaria di tipo associativo a competenza territorialmente delimitata che 

raggruppano commercianti, industriali, agricoltori ed artigiani. Esse curano gli interessi delle categorie 

rappresentate, si occupano della tenuta del registro delle imprese, della formazione di mercuriali e listini 

prezzi e dell’amministrazione delle borse valori; supportano gli interessi generali delle imprese e 

promuovono la formazione di commissioni arbitrali e conciliative per la soluzione delle controversie tra 

imprenditori e tra questi ed i consumatori. 

32 

E. Casetta, op.cit. pp. 208 ss. 

Gli enti parastatali sono persone giuridiche che gestiscono forme obbligatorie di previdenza o di 

assistenza; svolgono attività di promozione economica, turistica o sportiva; gestiscono servizi di pubblico 

interesse; svolgono direttamente o favoriscono attività di ricerca scientifica. Un elenco di tali enti, anche 

se non può essere considerato esaustivo, è contenuto nella tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70 

e successive modificazioni che prevede: 

Cassa nazionale del notariato; INADEL; INPS; INAM; INAIL;ENPAS;ENPDEDP;ENASARCO;SCAU; 

INPGI; Federazione nazionale casse mutue malattia per i coltivatori diretti e casse mutue provinciali; 

Federazione nazionale casse mutue di malattia per gli artigiani e casse mutue provinciali; Federazione 

nazionale casse mutue di malattia per gli esercenti attività commerciali e casse mutue 

provinciali;INPDAI;ENPAF;ENPAM; ENPALS;ENPAV;ENPAIA;ENPAO;Cassa marittima adriatica; 

Cassa marittima tirrena; Cassa marittima meridionale; Cassa nazionale previdenza ed assistenza ingegneri 

ed architetti; Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore dei geometri; Cassa nazionale di 

previdenza e assistenza a favore dei ragionieri; Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore degli 

72

aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale 33 , l'Agenzia per la rappresentanza 

negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto 

legislativo 30 luglio 1999, n. 300 34 ”. Nell’elenco non sono ricompresi gli enti pubblici 

economici, per la semplice ragione che il rapporto di lavoro dei loro dipendenti era 

avvocati; Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti;OPAFS;Istituto 

postelegrafonici;ENAOLI;ONPI;INPDAP; Associazione nazionale ANMIL; Ente nazionale di 

previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro; ONIG;UIC; Associazione nazionale vittime civili di 

guerra; ENS; ENPA; Istituto nazionale "Giuseppe Kirner" per l'assistenza ai professori di scuola 

media;ENAM;CRI;OMNI;UNMS;ANMIG;ANFCDG;Lega italiana per la lotta contro i tumori;Ente 

nazionale cellulosa e carta;Istituto nazionale conserve alimentari;ENAPI;ONC;UMA; ICE;ENIT;Ente 

italiano della moda – Torino;Ente autonomo parco nazionale d'Abruzzo; Ente parco nazionale Gran 

Paradiso;ANCC;ENPI; ACI;Ente autonomo acquedotto Pugliese; Ente acquedotti siciliani;Registro 

aeronautico italiano; Lega navale italiana; Ente autonomo del Flumendosa;;Enti parco; ENAC; CONI; 

ENAL;UNIRE;CAI;ISCO;ISPE;Istituto nazionale di geofisica;Istituto nazionale di fisica nucleare;Istituto 

elettrotecnico nazionale "Galileo Ferraris" Torino;Istituto nazionale di studi ed esperienze di architettura 

navale ;CNEN;Istituto nazionale della nutrizione;INEA;CNR; Istituto nazionale di ottica – Firenze; 

Stazione zoologica "Antonio Dohrn";Centro sperimentale di cinematografia; Ente teatrale italiano; Ente 

autonomo "Esposizione triennale internazionale delle arti decorative ed industriali moderne e 

dell'architettura moderna" in Milano;Ente autonomo esposizione quadriennale d'arte di Roma; Ente 

autonomo "La Biennale di Venezia"; Ente per il museo nazionale della scienza e della tecnica "Leonardo 

da Vinci" in Milano;Istruzione Nazionale di alta matematica; Accademia nazionale dei Lincei;Istituto 

italiano di medicina sociale. 

33 

Il Servizio sanitario nazionale è un’organizzazione complessa come risulta dall’art. 1 c. 3 l. 833/1978 

(Riforma sanitaria): “Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle 

strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute 

fisica e psichica di tutta la popolazione. L’attuazione del servizio compete alla Stato, alle regioni e agli 

enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini.” 

34 

L’ARAN e le agenzie ex d. lgs. 300/1999 sono state aggiunte all’elenco contenuto nel d.lgs. 165/2001 

ad opera della l.145/2002. 

E. Casetta, op.cit., pp. 78 ss.: le agenzie sono enti pubblici atipici in regime di diritto speciale 

direttamente disciplinate dalla legge istitutiva. L’ARAN, istituita dall’art. 50 d. lgs. 29/1993 (oggi 

d.lgs.165/2001) avente personalità giuridica di ente pubblico ed autonomia organizzativa e contabile nei 

limiti del proprio bilancio ha il compito di rappresentare l’amministrazione pubblica in sede di 

contrattazione collettiva nazionale ed esercita a livello nazionale ogni attività relativa alle relazioni 

sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e alla assistenza delle p.a. ai fini dell’uniforme 

applicazione dei contratti collettivi. Il d. lgs. 300/1999 ha operato il trasferimento delle competenze 

individuate come tecnico-operative ad apposite strutture (Agenzie), configurate sostanzialmente come 

strutture centrali e paraministeriali per lo svolgimento delle competenze statali, poste però anche al 

servizio degli apparati regionali o locali in relazione alle loro specifiche competenze tecnico-operative. Le 

agenzie si configurano come strutture tecnico-operative al servizio delle amministrazioni pubbliche, 

anche regionali e locali, la cui organizzazione deve rispondere alle esigenze di speditezza, efficienza ed 

efficacia dell'azione amministrativa. Hanno piena autonomia di bilancio, gestionale ed organizzativa ma 

sono sottoposte alla vigilanza del Ministro competente ed al controllo della Corte dei Conti. Le agenzie 

possono adottare (previa approvazione del ministro competente e del ministro del tesoro) regolamenti 

interni di contabilità ispirati a principi civilistici, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità 

pubblica. 

Con il d. lgs. 300/ 1999 sono state istituite le seguenti agenzie: 

-Agenzia Industrie Difesa -Ministero della Difesa; 

-Agenzia per le normative ed i controlli tecnici -Ministero delle Attività produttive; 

-Agenzia per la proprietà industriale – Ministero delle Attività produttive; 

-Agenzia per la protezione dell'ambiente ed per i servizi tecnici – Ministero dell'Ambiente ed alla tutela 

del territorio; 

-Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture – Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti; 

-Agenzie fiscali – Ministero dell'Economia e delle Finanze; 

-Agenzia per la formazione e l'istruzione professionale – Ministero lavoro e politiche sociali e MIUR; 

-Agenzia di protezione civile – Ministero dell'Interno. 

73

sottoposto ad una disciplina privatistica, già prima della riforma del pubblico impiego 

del 1993 35 . 

La disposizione, strutturata in termini esemplificativi e non tassativi, può essere 

interpretata alla luce dell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente che, 

come abbiamo avuto modo di osservare, ricomprende nel novero delle amministrazioni 

pubbliche soggetti che, ancorché aventi forma privatistica, svolgono funzioni 

sostanzialmente pubblicistiche, quali le società per azioni a partecipazione pubblica. 

Questa interpretazione trova d’altra parte conferma nei fatti concreti, proprio 

considerando che l’Alto Commissario ha dato il via alla propria attività di indagine, 

verificando l’adeguatezza del controllo dirigenziale e l’idoneità delle procedure sugli 

35 E. Altieri, Considerazioni sulla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità di 

amministratori e dipendenti degli enti pubblici economici, intervento n. 1 pubblicato su 

http://www.corteconti.it. La giurisprudenza delle Sezioni Unite sottrae alla giurisdizione contabile il 

contenzioso sulla responsabilità degli agenti degli enti pubblici economici [sent. Ss. Uu. 02.10.1998, 

n.9780]. Per la Corte dei Conti viceversa l'esercizio di attività d'impresa non è concettualmente, né 

giuridicamente incompatibile con l'esercizio di attività pubblicistiche. Inoltre, è opportuno rilevare che la 

scelta difensiva del campo pubblico o privato non è astratta, ma avviene spesso in vista di ottenere una 

maggiore libertà di azione. Così che lo stesso soggetto, che da una parte invoca lo status di imprenditore 

per sfuggire alla giurisdizione della Corte dei conti, dall'altra si appella alle sue speciali prerogative o alla 

sua missione d'interesse pubblico per sottrarsi alle regole comunitarie in materia di concorrenza e di aiuti 

di Stato. Un decisivo supporto sistematico pare rinvenirsi nella nozione di impresa pubblica tratta 

dall'ordinamento comunitario. La definizione di impresa pubblica è contenuta nella direttiva della 

Commissione 80/723/CEE del 25 giugno 1980, sulla trasparenza delle relazioni tra gli Stati membri e le 

loro imprese pubbliche. Secondo l’art. 2 della direttiva, si intende per impresa pubblica “ ogni impresa nei 

confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza 

dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina. 

L’influenza dominante è presunta quando i poteri pubblici, direttamente o indirettamente, nei riguardi 

dell’impresa: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dall’impresa, oppure b) dispongano 

della maggioranza dei voti attribuiti alle quote emesse dall’impresa; oppure c) possono designare più 

della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa”. Nel 

secondo considerando della direttiva la Commissione rilevava che “ poiché il Trattato CE lascia del tutto 

impregiudicato il regime di proprietà negli Stati membri, deve essere assicurata la parità di trattamento tra 

le imprese pubbliche e le imprese private”. Sulla nozione di impresa pubblica sono di particolare rilievo le 

due sentenze della Corte di Giustizia 27 ottobre 1993 in cause C - 69 / 91 e C - 92 /91, nelle quali è stata 

ritenuta l' irrilevanza del possesso della personalità giuridica o della personalità giuridica di diritto 

pubblico, essendo sufficiente lo svolgimento di un'attività di natura industriale o commerciale da parte di 

qualsiasi entità facente parte integrante dei pubblici poteri. La speciale posizione che le imprese pubbliche 

occupano nei confronti dei pubblici poteri esige che queste abbiano un regime differenziato, che non 

consenta ad esse di derogare le norme in materia di concorrenza, ed evita una discriminazione a favore 

delle imprese pubbliche. Orbene, tale finalità appare frustrata se, adottando la regola di riparto della 

giurisdizione in materia di danno enunciata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, gli agenti di tali 

imprese ( ivi comprendendo le società a capitale pubblico ) godono di un regime speciale che limiti o 

escluda la loro responsabilità per i danni cagionati alle stesse imprese o ad altri soggetti pubblici, o in 

forza di una particolare disciplina giuridica ( si pensi alla norma sulla liquidazione delle imprese del 

gruppo EFIM la quale limitava la responsabilità del commissario ai casi di dolo o di colpa grave ), o in 

conseguenza della pratica impossibilità o difficoltà che l’ente danneggiato - in assenza di un organo 

pubblico che disponga di autonomo potere d'iniziativa - incontra nell' agire dinanzi al giudice civile 

contro i propri agenti. Si verificherebbe, in pratica, una discriminazione a favore delle imprese pubbliche, 

i cui amministratori o dipendenti sono praticamente immuni – a differenza di quelli delle imprese private 

– da qualsiasi controllo giurisdizionale disponendo, così, un margine di libertà operativa notevolmente 

maggiore. 

74

appalti dell’Anas 36 , operativa come s.p.a. a partire dal 2003. L’Anas è d’altra parte 

espressamente contemplata tra le amministrazioni pubbliche la cui rappresentanza, 

patrocinio e assistenza in giudizio spetta, ex art. 2 c. 4 d.lgs. n. 143/1994, 

all’Avvocatura dello Stato (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611), come confermato altresì dalla 

Cassazione. 37 D'altra parte non si può sottacere la circostanza che al processo di 

36 Con d. lgs. 26 febbraio 1994, n.143 e d.p.c.m. del 26 luglio 1995 l'ANAS è trasformata in Ente 

nazionale per le strade, ente pubblico economico, pur mantenendo la stessa denominazione. Quindi l'art. 7 

del d.l. 8 luglio 2002, n. 138 recante “Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di 

contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate” (c.d. 

decreto “Omnibus”), convertito dalla l. 8 agosto 2002, n. 178, l'ANAS è diventata una società per azioni. 

Il 19 dicembre 2002 l'ANAS ha concluso il processo di trasformazione in s.p.a. : l'Assemblea degli 

azionisti ha approvato il nuovo statuto sociale e nominato il consiglio di amministrazione e il collegio 

sindacale. A partire dal 1° gennaio 2003 l'ANAS è diventata operativa come s.p.a. Tuttavia, ai sensi 

dell’art. 2 del codice etico dell’ANAS, “le peculiari funzioni istituzionali affidate dalla legge all'ANAS 

sono tali da imporre una privilegiata accentuazione dei valori, riconducibili all'etica propria del pubblico 

servizio, di legalità, di imparzialità, indipendenza, riservatezza e trasparenza, finalizzate ad una sempre 

maggiore efficacia ed efficienza operativa.” Prosegue l’art. 3 del codice: “La condotta del dipendente 

(intendendosi d'ora in poi per "dipendente" i dirigenti, i quadri e gli impiegati) sia all'interno che 

all'esterno dell'ANAS deve essere improntata alle regole di legalità, correttezza, lealtà, imparzialità, 

professionalità e trasparenza nel rispetto dei doveri d'ufficio che regolano la riservatezza e la tutela della 

privacy. Le comunicazioni all'interno dell'ANAS o a soggetti esterni, intendendo per essi tutte le entità 

fisiche o giuridiche con le quali l'ANAS intrattiene rapporti (ad esempio Pubblica Amministrazione ed 

altre Autorità, imprese ed associazioni di qualsiasi tipo) effettuate dal dipendente, devono essere 

preventivamente autorizzate dal superiore gerarchico. I destinatari del presente Codice non utilizzano per 

fini privati e nel proprio interesse, o a vantaggio di altri, informazioni o documenti, anche non riservati, di 

cui dispongono per ragioni di ufficio. In particolare, le diverse pratiche vanno trattate con i soggetti 

titolari o loro rappresentanti evitando di discutere argomenti d'ufficio o mettere a disposizione documenti 

a persone o ad ex dipendenti dell'ANAS non autorizzati. Nell'espletamento dei propri compiti, i soggetti 

tenuti all'osservanza del Codice antepongono il rispetto della legge a qualunque altro interesse, ispirando 

le proprie decisioni e i propri comportamenti alla cura del pubblico servizio. Nelle relazioni sociali il 

dipendente si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o 

all'immagine dell'ANAS. Il dipendente partecipa a riunioni od incontri con terzi che attengono alle 

attività dell'ANAS, solo se espressamente autorizzato dal Dirigente sovraordinato. Il dipendente impronta 

la propria condotta in modo da non attribuire a sé o ad altri alcun vantaggio in considerazione della 

posizione o del ruolo rivestiti all'interno dell'ANAS. Il dipendente che per ragioni di ufficio debba 

mantenere rapporti continuativi (ad esempio direttore dei lavori, contabilizzatore, responsabile di 

commesse, assistente ai lavori) con uno o più soggetti esterni, svolge la propria attività assicurando 

efficienza e disponibilità, ma salvaguarda il proprio ruolo ed il decoro aziendale. A tal fine, il dipendente 

deve evitare ogni manifestazione di familiarità e colleganza con soggetti esterni, improntando sempre il 

rapporto nei termini consoni alla funzione rivestita, salva esplicita autorizzazione del proprio superiore. 

I soggetti, a cui il presente Codice è diretto, che per ragioni d'ufficio vengano a conoscenza dell'esistenza 

di irregolarità amministrative e procedurali devono riferirlo immediatamente al dirigente dell'ufficio di 

appartenenza o, nel caso in cui tale irregolarità coinvolga anche il titolare dell'ufficio stesso, a soggetti ad 

essi sovraordinati. Il dipendente responsabile di qualunque procedimento, specie se a rilevanza esterna, si 

adopera al fine di assicurare la tempestività e la regolarità formale e sostanziale dei procedimenti stessi, 

ed evita anche che dalla propria condotta omissiva o di semplice astensione possa derivare un pregiudizio 

alla legalità, correttezza, efficienza, efficacia e trasparenza dell'azione amministrativa. Nella stipulazione 

di contratti per conto dell'ANAS, il dipendente non ricorre a illecite mediazioni od opere di terzi, e quindi 

non corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione per facilitare o aver facilitato la 

conclusione o l'esecuzione del contratto.” Seguono prescrizioni inerenti al dovere di imparzialità (art. 4), 

al conflitto di interessi (art. 5), all’utilizzo dei beni e di rete (art. 6), ai doni ed altre utilità (art. 7), alle 

attività collaterali (art. 8), alla riservatezza (art. 9), ai rapporti con gli organi di informazione (art. 10). 

37 Per un elenco completo degli enti difesi dall’Avvocatura dello Stato, si vedano sul sito 

http://www.avvocaturastato.it.htm, le amministrazioni statali per le quali opera il patrocinio obbligatorio 

75

privatizzazione, ancorché spesso finalizzato ad una diminuzione di lungo periodo di 

inefficienze tra le quali il fenomeno della corruzione, si accompagnano spesso ingenti 

pagamenti sottobanco ed in generale maggiori occasioni per l'insorgere di fenomeni 

corruttivi: da ciò si trae un ulteriore elemento a favore della comprensione di tali 

soggetti nello spettro di operatività dell'Alto Commissario 38 . 

Per un quadro pressoché esaustivo della pubbliche amministrazioni è altresì possibile 

fare riferimento all’indice delle amministrazioni pubbliche creato dall’art. 11 d.p.c.m. 

31 ottobre 2000, 39 il quale contempla: ASL; autorità amministrative indipendenti; 

Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura; comuni; comunità 

montane; enti a struttura associativa; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche 

assimilate; enti di regolazione economica; enti ed aziende ospedaliere; enti ed istituzioni 

di ricerca non strumentale; enti nazionali di previdenza ed assistenza sociale; enti parco; 

enti per il diritto allo studio; enti per il turismo; enti portuali; enti produttori di servizi 

culturali; enti produttori di servizi economici; enti regionali di sviluppo; enti regionali 

per la ricerca e l’ambiente; istituti e stazioni sperimentali per la ricerca; Ministeri e 

Presidenza del Consiglio; organi costituzionali; province; regioni; università ed istituti 

(art. 1 r.d. 1611/1933) e le amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati i quali possono 

accedere al patrocinio autorizzato (art. 43 r.d. 1611/1933). 

Si veda anche: Cons. Stato, sez. VI, 25.11.1994, n. 1716; Cass. Civ., Ss. Uu., 07.08.2001, n. 10894; Cass. 

civ., Ss. Uu., 21.07.1999, n. 484; Cass. civ., sez. III, 26.07.1997, n. 7011; Cass. Civ., Ss. Uu., 04.11.1996, 

n. 9523. 

38 M. Arnone, E. Iliopulos, op. cit., p.24: “ Nel caso in cui lo Stato decide di privatizzare attività o beni, i 

pagamenti sottobanco possono condizionare in modo critico la scelta dell'acquirente. Qualora il settore 

pubblico decida di vendere beni o servizi a un prezzo inferiore al prezzo di mercato, si può verificare una 

situazione nella quale la scarsità dell'oggetto dell'offerta pubblica renda necessaria una scelta a carattere 

discrezionale da parte dell'operatore pubblico. Questo elemento di discrezionalità può costituire terreno 

fertile per il pagamento di tangenti”. 

S. Rose-Ackerman, The Political Economy of Corruption, in K. A. Elliot ( a cura di), Corruption and the 

Global Economy, The Institute for International Economics, Washington DC, 1997, pp. 31-60. 

39 Art. 11, Indice delle amministrazioni pubbliche e delle aree organizzative omogenee: “Per facilitare la 

trasmissione dei documenti informatici tra le amministrazioni è istituito l’indice delle amministrazioni 

pubbliche e delle aree organizzative omogenee . L’indice è destinato alla conservazione e alla 

pubblicazione dei dati di cui all’art. 12, comma 1, del presente decreto relativi alle pubbliche 

amministrazioni di cui al decreto n. 29/1993 ed alle loro aree organizzative omogenee. L’indice delle 

amministrazioni di cui al comma 2 è gestito da un sistema informatico accessibile tramite un sito internet 

in grado di permettere la consultazione delle informazioni in esso contenute da parte delle 

amministrazioni e di tutti i soggetti pubblici o privati anche secondo una modalità compatibile con il 

protocollo LDAP definito nella specifica pubblica RFC 1777 e successive modificazioni o integrazioni. Il 

sistema informatico di cui al comma 3 assicura altresì la conservazione dei dati storici relativi alle 

variazioni intercorse nell’indice delle amministrazioni e delle rispettive aree organizzative omogenee, 

onde consentire il corretto reperimento delle informazioni associate ad un documento protocollato anche a 

seguito delle variazioni intercorse nella struttura delle aree organizzative omogenee dell’amministrazione 

mittente o destinataria del documento.” 

Per l’elenco dettagliato si veda: http://www.indicepa.gov.it.htm. 

76

di istruzione; altri enti tra cui Aci, Consip S.p.a., istituti autonomi case popolari, ordini e 

collegi professionali. 

Deve tuttavia ritenersi escluso dal campo operativo dell’Alto Commissario il Ministero 

della Difesa, per la presenza del segreto di Stato, il quale rappresenta un preciso limite 

all’esercizio delle funzioni proprie dell’organismo ex art. 3 c. 1 del d.P.R. 258/2004. 

Da quanto finora detto, emerge chiaramente la notevole dimensione, sotto il profilo 

soggettivo, dello spettro d’azione dell’Alto Commissario, cui consegue, a nostro avviso, 

la necessità di un rafforzamento dell’organico e degli strumenti attualmente messi a 

disposizione della struttura onde garantirne l’incisività e l’efficacia operativa. A fronte 

di un così vasto campo d’azione- la cui dimensione è peraltro suscettibile di ulteriori 

dilatazioni ovvero contrazioni in forza della genericità della formula utilizzata dal 

Legislatore per l’appunto all’art. 2 c. 1 del d.P.R. 258/2004- è infatti opportuno un 

adeguamento della struttura, affinché possa effettivamente agire in termini efficaci e 

proporzionati al carico di lavoro e non meramente approssimativi. In proposito si 

rammentino le perplessità avanzate in sede parlamentare: “ in considerazione dell'alto 

profilo dell'Alto Commissario - benché «rimpolpato» ai sensi del decreto 25 gennaio 

2005, n. 171- si ha la sensazione che l'organico non sia esattamente adeguato alla 

rilevanza delle indagini che devono essere compiute e all'estensione su tutto il territorio 

nazionale di tale organismo”. Dunque, appare evidente che, per far sì che tale figura non 

debba restare un organismo retorico rispetto all'esigenza del popolo italiano di veder 

contrastato il fenomeno della corruzione e dell’illiceità in seno all’amministrazione , 

occorre che sia adeguatamente strutturato sotto il profilo delle risorse strumentali, 

finanziarie e, soprattutto, umane 40 . Come avremo modo di osservare a breve, il 

problema sollevato relativo al sottodimensionamento dell’organismo, su cui 

torneremo, 41 è più apparente che reale. Infatti, essendo a tuttoggi precluso all’Alto 

Commissario di intervenire nei confronti degli enti territoriali, e considerando che la 

stragrande maggioranza degli illeciti finora denunciati riguardano proprio tali 

amministrazioni, le attuali dimensioni della struttura, ancorché astrattamente 

insufficienti, possono dirsi concretamente soddisfacenti. Il problema vero, la cui 

soluzione si impone in termini urgenti, è appunto l’assenza di un’intesa con la 

40 S. Delmastro Delle Vedove, Interrogazione 3-04277 presentata nella seduta n. 709 del 22/11/2005, 

Normativa sull'attività dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle 

altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione 

A. Natalini, Il collegato alla finanziaria sulla pubblica amministrazione, Giornale di diritto 

amministrativo n.5, Anno IX, maggio 2003, p.446. 

41 Infra cap.V. 

77

Conferenza unificata, idonea a sbloccare la situazione attuale di stallo rispetto a regioni, 

province autonome ed enti locali. 

3. Rapporti con regioni, province autonome di Trento e Bolzano ed enti locali. I pareri 

espressi dalla Conferenza Unificata e dal Consiglio di Stato 42 

L’ambito di intervento dell’Alto Commissario è la pubblica amministrazione, anzitutto 

quella statale; particolare problematicità presentano tuttavia, come accennato, le 

modalità di raccordo tra l’attività dell’organismo anti-corruzione e regioni ed enti locali. 

L’art. 1 c. 4 lett. g) della legge istitutiva dell’Alto Commissario per la prevenzione e il 

contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione 

impone che l’organismo svolga le proprie funzioni “nel rispetto delle competenze 

regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano”. Proprio allo scopo di ottenere 

un parere di questi soggetti istituzionali sulla figura dell’Alto Commissario, la 

Conferenza unificata 43 è stata chiamata a pronunciarsi ai sensi dell’ art. 2 c. 3 e art. 9 c. 

42 S. Bartole, Presidente del Consiglio dei Ministri, conferenza regionale e Ministro per gli affari 

regionali, Quaderni costituzionali, 1982, pp. 95 ss; P. A.. Capotosti, Tendenze e prospettive dei rapporti 

fra regioni e Governo, Quaderni regionali, 1990, pp. 1185 ss.; P. Costanzo, Commento agli artt. 124 e 

126, in G. Branca, A. Pizzorusso, (a cura di) Commentario alla Costituzione, Bologna, 1990, pp. 177 ss.; 

G. Morbidelli, Tra Stato-regioni e Stato-città, Le Regioni n. 4 del 1997; F. Pizzetti, Commento al d.lgs. 

281/97, Giornale di diritto amministrativo n. 1/1998 pp. 11 – 16; S. Ringolfi , L’attuazione della delega di 

cui all’art. 9 della legge 59/1997, la nuova conferenza Stato-regioni e la sua unificazione con la 

Conferenza Stato-città e autonomie locali, Prime note 10/1997, pp. 123 – 137; G. Rolla, La Commissione 

per le questioni regionali nei rapporti tra Stato e regioni, Milano 1979; L. Torchia, Il Governo, Rapporto 

sulle Regioni II, a cura del Cinsedo, 1994, pp. 66 ss.; G. Di Cosimo, Dalla Conferenza Stato-Regioni alla 

Conferenza Unificata (passando per la Stato-Città), Le istituzioni del federalismo n. 1/1998 pp. 11 ss; M. 

G. La Falce, La Conferenza Stato-Regioni: innovazione e cambiamento nei rapporti Governo-sistema 

delle autonomie locali, Gazzetta Ambiente, n.1, gennaio 1998; O. Gaspari, L’attività della Conferenza 

Stato-Città e autonomie locali. Una scheda informativa, Le istituzioni del federalismo, n. 1/1998, pp. 43 

ss; G. Caprio, W. Anello, I difficili rapporti tra centro e periferia. Conferenza Stato-Regioni, Conferenza 

Stato-Città-autonomie locali e Conferenza Unificata, Le istituzioni del federalismo, n. 1/1998, pp. 47 ss.; 

M. Cosulich, Le altre Conferenze. Le esperienze delle Conferenze permanenti Regione-autonomie locali, 

Le istituzioni del federalismo, n. 1/1998 pp. 67 ss. 

http://www.governo.it.htm. 

43 La Conferenza unificata, istituita dal d.lgs. 281/1997, è competente in tutti casi in cui Regioni, 

Province, Comuni e Comunità montane, ovvero la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-Città 

ed autonomie locali sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto (art. 9, comma 2, del d. lgs. 

281/1997). In particolare, la Conferenza Unificata consente alle Regioni, alle Province, ai Comuni ed alle 

Comunità montane di partecipare alle scelte del Governo, nelle materie di comune interesse; 

approfondisce le questioni politico-amministrative più rilevanti per il sistema delle autonomie; esamina i 

provvedimenti iscritti all'ordine del giorno delle sedute, su richiesta del Governo o dei Ministri 

competenti, quando ciò sia previsto da legge, ovvero, quando lo si ritenga opportuno, a seguito di 

richiesta delle Regioni, dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM , del Governo o dei Ministri. La Conferenza 

Unificata costituisce d’altronde la sede per l'attuazione dell'intesa inter-istituzionale tra Stato-Regioni ed 

enti locali per l'attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione . La Conferenza Unificata svolge 

funzioni consultive e in particolare, ad essa è attribuita l’espressione del parere sul disegno di legge 

finanziaria e sui disegni di legge collegati; sul documento di programmazione economica e finanziaria e 

78

3 del d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281, sullo schema di decreto del Presidente della 

Repubblica, proposto dal Ministro per la funzione pubblica, sulla composizione e le 

funzioni dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e 

delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione, attuativo 

dell’art. 1 c. 3 della l. 16 gennaio 2003, n. 3. 

La Conferenza unificata è un organo misto 44 nascente dall’esigenza di trovare forme di 

coordinamento e di cooperazione tra le regioni e tra queste e lo Stato: in essa sono 

sugli schemi di decreti legislativi adottati in base all’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59. E’ consultata 

anche sulle linee generali delle politiche del personale pubblico e sui processi di riorganizzazione e 

mobilità del personale connessi al conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali. La 

funzione consultiva a favore del Governo si esplica attraverso l'espressione di pareri. Il parere è 

obbligatorio nelle ipotesi contemplate dall'art. 9, comma 2, lett. a) del d. lgs.281/1997. Il parere della 

Conferenza è facoltativo nei casi in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ritenga di dover sottoporre 

al suo esame, anche su richiesta delle autonomie regionali e locali, ogni altro oggetto di preminente 

interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane. La Conferenza 

svolge altresì attività di raccordo, in quanto può promuovere e sancire intese ed accordi tra Governo, 

Regioni, Province, Comuni e Comunità montane al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive 

competenze e svolgere in collaborazione attività di interesse comune. Le intese sono espresse in tutti casi 

in cui la legislazione vigente preveda che venga sancita “un'intesa” con la Conferenza Unificata, su una 

proposta di iniziativa dell'amministrazione centrale. Si sostanzia nella determinazione concordata, 

all'unanimità, da parte del Governo, di tutti i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e dei 

Rappresentanti delle Autonomie locali, dei contenuti dei provvedimenti medesimi. Le modalità del 

perfezionamento delle intese sono fissate all'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997. Con gli accordi tra Governo, 

regioni, province, comuni e comunità montane, ai sensi dell'art. 9, comma 2, lett c), del citato d.lgs. n. 281 

del 1997, vengono coordinate le rispettive competenze per svolgere in collaborazione attività di interesse 

comune. L'accordo rappresenta pertanto uno strumento pattizio tra Governo, Regioni, Province, Comuni 

e Comunità montane. La Conferenza poi acquisisce, nei casi previsti dalla legge, le designazioni dei 

rappresentanti delle autonomie locali indicati dai Presidenti delle regioni e province autonome, 

dall’ANCI, dall’UPI e dall’UNCEM. Nell'ambito della Conferenza Unificata vengono costituiti degli 

organismi (gruppi di lavoro e comitati )con funzioni di supporto all'attività della Conferenza stessa . Essa 

assicura lo scambio di dati e informazioni tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane 

anche attraverso l’approvazione di protocolli d’intesa tra le Amministrazioni centrali e locali ed esprime 

gli indirizzi per l’attività dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali. Il Presidente del Consiglio dei 

Ministri può sottoporre al suo esame, anche su richiesta delle autonomie regionali e locali, ogni altro 

oggetto di preminente interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità 

montane (art. 9 c. 3 d. lgs. 281/1997). Ferma restando la necessità dell’assenso del Governo per 

l’adozione delle deliberazioni della Conferenza Unificata, l’assenso delle Regioni, delle Province, dei 

Comuni e delle Comunità montane è acquisito con il consenso distinto dei membri dei due gruppi delle 

autonomie che compongono rispettivamente la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-Città e 

autonomie locali. Di regola l’assenso è espresso all’unanimità dei membri dei due predetti gruppi e, 

qualora non si è raggiunto, dalla maggioranza dei rappresentanti di ciascuno dei due gruppi. 

Quanto alle modalità operative si segnala che: 

a) per i pareri, quando non si raggiunge una posizione unitaria tra le autonomie, il parere della Conferenza 

è la "somma" delle posizioni delle Regioni, dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNCEM; 

b) per le intese è necessaria la "unanimità", da conseguire tra le Regioni e le Autonomie locali (ANCI, 

UPI, UNCEM) cui deve corrispondere l'assenso del Governo; 

c) per gli accordi è necessaria l'unanimità; 

d) per le deliberazioni, fermo restando l'assenso del Governo e delle Autonomie regionali e locali, la 

volontà di queste ultime, se non è all'"unanimità", è determinata a maggioranza dei rappresentanti di due 

gruppi. 

44 L’esistenza degli organi misti risponde all’esigenza di reciproco coinvolgimento ed integra delle 

procedure complesse in cui di volta in volta sono rinvenibili momenti di mera consulenza e reciproca 

consultazione, ovvero intese che presuppongono un potere decisorio reciprocamente vincolato. 

79

appresentati le regioni e l’amministrazione centrale dello Stato in proporzioni tali da 

rendere impossibile che le decisioni siano adottate da una sola delle parti e quindi senza 

alcuna possibilità per una parte di imporre all’altra le proprie posizioni. Essa è sede 

congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie 

locali ed opera al fine di favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e il sistema 

delle autonomie, esaminando le materie e i compiti di comune interesse. 45 In 

quest’ottica di reciproca consultazione, la Conferenza ha espresso il proprio parere sulla 

figura dell’Alto Commissario in data 29 aprile 2004 46 . Precisamente anzitutto in sede 

tecnica i rappresentanti regionali e delle istituzioni locali, nel rappresentare il loro 

dissenso sul testo dello schema di decreto in termini di merito, hanno ritenuto che le 

relative disposizioni, a loro avviso, non fossero applicabili al sistema delle autonomie; 

quindi i presidenti delle regioni e delle province autonome ed i rappresentanti 

dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM hanno espresso il proprio parere negativo. Poiché 

tuttavia, a fronte di tali posizioni, il Sottosegretario di Stato alla Funzione Pubblica non 

ha accolto le proposte da questi avanzate, la Conferenza unificata ha espresso parere 

negativo sullo schema di decreto. 

In particolare, un simile esito è stato determinato dal fatto che la Conferenza dei 

presidenti delle regioni e delle province autonome, pur condividendo le finalità 

dell’istituzione dell’organismo, ha ritenuto prevalente la “necessità di salvaguardare e 

rispettare le competenze regionali in materia di organizzazione e disciplina del proprio 

sistema organizzativo, limitando perciò le funzioni dell’Alto Commissario alle sole 

pubbliche amministrazioni statali”; inoltre un’ulteriore obiezione all’operatività della 

struttura in ambito territoriale è stata mossa osservando che “in numerose regioni già 

esistono e sono operanti istituti e procedure con finalità analoghe”a quelle dell’Alto 

Commissario 47 . 

Anche ANCI ed UPI hanno espresso il proprio apprezzamento per “la condivisibile 

finalità di prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e le altre forme di illecito 

nella pubblica amministrazione”; tuttavia hanno ritenuto necessario che 

“l’organizzazione e l’attività dell’Alto Commissario si raccordi con il nuovo quadro 

delle competenze legislative ed amministrative delineato dal titolo V della 

45 Accordo del 20 giugno 2002 - Rep. n.576. 

Legge 5 giugno 2003, n. 131, “Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla 

legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”. 

46 Repertorio atti n. 719 c.u. del 29 aprile 2004. 

47 Allegato A al parere. 

80

Costituzione”: con l’approvazione della riforma costituzionale del 2001 infatti sono 

venuti meno i controlli di legittimità sull’attività delle autonomie territoriali e tale 

assetto è stato peraltro confermato ed attuato dalla l. 131/2003 48 . Alla luce di ciò e 

considerando che “le esigenze di buon andamento e di imparzialità della pubblica 

amministrazione locale, devono essere interamente affidate alla responsabilità delle 

autonomie territoriali ed al sistema dei controlli interni, mentre l’accertamento di illeciti 

è riservato alla magistratura”, “la previsione di un ulteriore organismo con poteri di 

indagine e di controllo molto esteso e pervasivo sulle attività delle autonomie 

territoriali” è sembrato in contrasto con il quadro normativo delineato. Pertanto ANCI 

ed UPI hanno affermato la necessità di “rivedere l’impianto complessivo del 

provvedimento” sottoposto al loro esame e “limitare opportunamente l’ambito di attività 

dell’Alto Commissario alle pubbliche amministrazioni centrali”; d’altra parte hanno 

evidenziato che, anche in mancanza dell’accoglimento di tale richiesta, è pressante “la 

necessità di superare il rischio di duplicazione di organismi e controlli, anche rivedendo 

l’attuale sistema dei controlli degli Uffici territoriali del Governo sulle deliberazioni 

degli enti”. Esse hanno pertanto proposto di “delimitare in modo più appropriato 

l’ambito di attività dell’Alto Commissario, per quanto riguarda il rapporto con le 

autonomie territoriali, attraverso un’intesa della Conferenza unificata al fine di definire 

il campione delle amministrazioni regionali e locali sottoposte alle indagini e verificare 

le attività di monitoraggio del nuovo organismo”, le quali attività “dovrebbero avere la 

finalità prevalente di fornire al Governo un quadro di analisi e conoscenza soddisfacente 

per eventuali ulteriori interventi normativi per la prevenzione ed il contrasto della 

corruzione e degli illeciti nella pubblica amministrazione”. 49 Alle osservazioni di ANCI 

ed UPI si è associato il rappresentante dell’UNCEM. 

D’altronde sullo schema di regolamento è stato chiamato a pronunciarsi anche il 

Consiglio di Stato, il quale è, ai sensi dell’art. 100 Cost., “organo di consulenza 

giuridico-amministrativa”. Le richieste di pareri al Consiglio di Stato sono effettuate 

dagli “organi di governo che esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo” 

ai sensi dell’art. 4, c. 1, lett. f) del d. lgs. 165/2001 50 . Per la precisione nell’adunanza 

48 G.U. n. 132 del 10 Giugno 2003. 

49 Allegato B al parere. 

50 L’art. 17 c. 25 l. 127/1997 individua i casi in cui i pareri al Consiglio di Stato sono richiesti in via 

obbligatoria: emanazione di atti normativi del governo ex art. 17 l. 400/1988, emanazione di testi unici, 

decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, schemi generali di contratti tipo, accordi 

e convenzioni predisposti da uno o più ministri. Il c. 26 abroga “ogni diversa disposizione di legge che 

preveda il parere del Consiglio di Stato in via obbligatoria”; tuttavia secondo Cons. Stato, sez. I, n. 

81

del 31 maggio 2004, la sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato 

( art. 17, c. 28, l. 127/1997), rovesciando quanto affermato in sede di Conferenza 

unificata, ha ritenuto che “le funzioni dell’Alto Commissario non possono essere 

limitate alle amministrazioni statali poiché la legge istitutiva non le circoscrive in tale 

ambito” e che la salvaguardia delle competenze regionali sul proprio sistema 

organizzativo è assicurata dalla previsione per cui il medesimo organismo esercita le 

sue funzioni nell’ambito della pubblica amministrazione, nel rispetto delle competenze 

delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Per il Consiglio di Stato 

“le funzioni attribuite dalla legge all’Alto Commissario sono volte ad assicurare 

l’osservanza dei principi costituzionali di correttezza, imparzialità e buon andamento 

che regolano l’attività dell’intera pubblica amministrazione e, rispetto ad esse, quelle 

esercitate da altri organismi di controllo o ispettivi, sia interni che esterni, 

ordinariamente previsti, debbono considerarsi di ausilio, documentazione e supporto”. 

Non va d’altra parte dimenticato, sempre secondo il Consiglio di Stato, che la presenza 

di un organismo quale l’Alto Commissario è imposta dagli impegni assunti in sede 

internazionale, alla luce delle previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite contro 

la corruzione. 51 Peraltro il Consiglio di Stato, contestando le affermazioni rese dai 

rappresentanti degli enti territoriali in Conferenza unificata, ha affermato che “la 

riconduzione dell’attività dell’Alto Commissario al supporto conoscitivo per 

l’elaborazione governativa di eventuali nuove normative vanifica di fatto gli obiettivi ad 

esso assegnati dalla legge istitutiva, da correlare, altresì al disegno governativo di 

accrescimento della fiducia dei cittadini nei confronti delle pubbliche amministrazioni”. 

Il Consiglio di Stato ha poi considerato che nel parere espresso dalla Conferenza 

unificata sullo schema di regolamento si sono riproposte valutazioni già formulate 

precedentemente dagli enti territoriali in merito alla normativa primaria della l. 

530/1998, l’abrogazione non concerne le norme legislative che dispongono pareri vincolanti quali quelle 

contemplate dalla l. 91/1992. Il c. 27 prevede poi che il parere debba essere reso entro quarantacinque 

giorni dal ricevimento della richiesta, salvo che la legge preveda termini più brevi; decorso il termine, 

l’amministrazione può procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. Il termine può essere 

interrotto una sola volta quando, per esigenze istruttorie, esso non possa essere rispettato, e il parere deve 

essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori. Infine il c. 28 

istituisce una sezione consultiva del Consiglio di Stato per l’esame degli schemi di atti normativi per i 

quali il parere è prescritto per legge o è comunque richiesto dall’amministrazione, nonché per gli schemi 

di atti normativi comunitari, se richiesto dal Presidente del Consiglio dei Ministri; il parere è reso in 

adunanza generale per gli schemi di atti legislativi e di regolamenti devoluti dalla sezione o dal Presidente 

del Consiglio di Stato a causa della loro particolare importanza. Ex art. 15 l. 205/2000, i pareri del 

Consiglio di Stato sono pubblici e recano l’indicazione del Presidente del collegio e dell’estensore. 

51 Supra cap.II. 

82

3/2003 52 , e a suo tempo non accolte; pertanto le medesime osservazioni non possono 

che essere contestate anche in sede di esercizio della potestà regolamentare di 

esecuzione di tale normativa. 

Il parere del Consiglio di Stato, ancorché complessivamente favorevole allo schema di 

decreto sottopostogli, contiene un invito- peraltro poi non accolto - ad un ripensamento 

del progetto di d.P.R. laddove questo si limita semplicemente all’art. 2 c. 1 a ribadire 

quanto previsto dall’art. 1 c. 4 lett. g) della legge istitutiva, la quale genericamente 

prescrive che l’espletamento delle funzioni dell’Alto Commissario si realizzi secondo il 

principio di “rispetto delle competenze regionali e delle province autonome”: 

precisamente, considerando il fatto che al regolamento spetta di determinare in via 

specifica le funzioni dell’organismo, per il Consiglio di Stato sarebbe stata auspicabile 

“una ulteriore riflessione” atta ad individuare precise modalità applicative del principio 

menzionato nella l. 3/2003 , il quale d’altra parte deve operare anche nei confronti degli 

enti territoriali non regionali, cui non viene viceversa fatto riferimento. 53 La riserva 

espressa dal Consiglio di Stato non è stata recepita nella versione definitiva del 

regolamento, il quale all’art. 2 c. 1 seconda parte, si limita a prevedere che le modalità 

per esercitare le funzioni nei confronti delle regioni, delle province autonome e degli 

enti locali debbano essere definite previa intesa in sede di Conferenza unificata, di cui 

all'art. 8 del d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281 54 . 

52 La legge contiene infatti alcune disposizioni intrusive della sfera di competenza riservata dalla 

Costituzione a regioni ed enti locali: l’art. 4 c.1, che disciplina la programmazione della formazione del 

personale, estende il proprio ambito di operatività a tutte le amministrazioni di cui al d.lgs. 165/2001, tra 

le quali figurano regioni, province e comuni; in materia di mobilità del personale, la legge estende 

l’ambito di operatività delle proprie disposizioni a regioni ed enti locali (art. 7); un’altra disposizione è 

quella che prevede la concessione di contributi straordinari a favore della provincia autonoma di Trento 

per lo svolgimento del servizio di assistenza domiciliare integrato (art. 53)-trattasi di disposizione 

contrastante con l’art. 119 Cost in quanto non sembra rispondere ad alcuna necessità di rimozione di 

squilibri economici e sociali o di perequazione-; infine, l’art. 16 demanda alla competenza dello Stato la 

quantificazione delle sanzioni per la violazione dei regolamenti comunali e provinciali, dando così luogo 

ad una restrizione della sfera di autonomia locale che ribalta l’assunto normativo in base al quale la 

riserva relativa di legge in materia di sanzioni amministrative deve essere contemperata con la tutela 

dell’autonomia degli enti locali, attribuendo a questi ultimi la potestà di individuare con proprio 

regolamento la misura delle sanzioni da adottare. 

53 Dopo aver contestato le osservazioni formulate in sede di Conferenza unificata ed essersi quindi 

espresso in termini generali sullo schema regolamentare, il Consiglio di Stato ha formulato il proprio 

parere su singole disposizioni. Per le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato sulle singole 

disposizioni del testo, si veda infra l’analisi dettagliata del contenuto del regolamento. 

54 D.lgs. 281/1997 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i 

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le 

materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza 

Stato-città ed autonomie locali) all’art.8 (Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza 

Unificata) prevede: 

“ La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per la materie ed i compiti di interesse comune 

delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni. 

83

Nell’adunanza del 28 luglio 2005, la Conferenza Stato-Regioni, nell’ambito delle 

iniziative da assumere appunto per l’attuazione dell’art. 2 del d.P.R. 258/2004, “a 

seguito della relazione del presidente della conferenza, e considerata la delicatezza 

dell’argomento”, non ha tuttavia provveduto ad una specifica determinazione delle 

modalità di raccordo tra la struttura anti-corruzione e gli enti territoriali e si è limitata a 

stabilire “che un gruppo di lavoro formato dai tecnici dell’ufficio di presidenza prenda 

gli opportuni contatti con l’Alto commissario per valutare un testo di discussione”. 

In sede parlamentare si è tentato di superare tale situazione di stallo dovuta all’inerzia 

degli enti locali, affermando che “allo stato non si ravvisano rischi di sovrapposizione 

con competenze di altri organismi, essendo quelle dell'Alto Commissario dirette alla 

esclusiva finalità di prevenire eventuali illeciti e non di reprimerli. Comunque, qualora 

si constatassero rischi nel senso indicato, l'Alto Commissario potrà dirimerli attraverso 

intese con le amministrazioni interessate, in un quadro di collaborazione sinergica” 55 . 

Sta di fatto che ad oggi l’intesa con la Conferenza Stato-Città-Regioni non è giunta e 

che l’urgenza di pervenirvi è d’altra parte particolarmente sentita dall’Alto 

Commissario, a maggior ragione tenendo considerazione del fatto che il 90% degli 

esposti finora giunti all’organismo riguardano gli enti locali 56 . La ragione di tale 

concentrazione è spiegabile se si pensa al condizionamento della criminalità organizzata 

sul territorio: mafia, camorra e n’drangheta agiscono anzitutto sulle amministrazioni 

locali, con le concessioni edilizie e gli appalti. 

Le Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio di Ministri o, per 

sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresì il 

Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il 

Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni 

d’Italia-ANCI, il presidente dell’Unione province d’Italia-UPI ed il presidente dell’Unione nazionale 

comuni, comunità ed enti montani-UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati 

dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI. Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI 

cinque rappresentano le città individuate dall’art. 17 della legge 8 giugno 1990, n.142. Alle riunioni 

possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali 

o di enti pubblici. 

La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i 

casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o 

dell’UNCEM. 

La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le 

sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli 

affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell’interno.” 

55 C. Ventucci, Risposta all’interrogazione 3-04277 presentata nella seduta n. 709 del 22/11/2005 cit. 

56 Allarme corruzione negli enti locali, intervista a Gianfranco Tatozzi, Il Sole24ore, 12/02/2006. 

Sotto questo profilo, per M. Arnone ed E. Iliopulos, op.cit., p. 28: “Le nomine politiche negli enti locali e 

nelle aziende pubbliche locali sono fatte in quasi totale assenza di vincoli di standard qualitativi e di 

competenza, e di controlli di trasparenza sulle nomine, con l'unico criterio comune della fedeltà a gruppi 

politici.” 

84

Fintantoché tale intesa non giungerà, l’organismo si troverà con le mani legate nei 

confronti degli enti locali; pertanto, onde evitare il rischio che il Commissario lavori 

all’insegna del “vorrei ma non posso”, è auspicabile che la situazione si sblocchi quanto 

prima. D’altronde la refrattarietà delle amministrazioni a collaborare con l’organismo è 

testimoniata dal fatto che a tuttoggi le richieste di intervento ad esso pervenute 

provengono tutte da soggetti privati, a conferma della tendenza delle p.a. a custodire 

gelosamente la propria autonomia e a non tollerare ingerenze e controlli esterni. 

Allo stato attuale pertanto il campo effettivo di intervento dell’Alto Commissario per la 


amministrazione è circoscritto alle amministrazioni centrali ed ai loro uffici periferici, 

con esclusione di regioni, province e comuni. 

4. Il personale amministrativo 

Tutta l’attività delle persone giuridiche è realizzata da persone fisiche la cui azione è 

imputata all’ente in virtù dell’operatività del rapporto organico 57 . Si fa un uso ambiguo 

e distorto di espressioni come “dipendenti”, “impiegati”o “funzionari”. Le stesse leggi, 

lungi dall’adottare una terminologia uniforme, definiscono con le espressioni 

“dipendenti” o “impiegati” ora i funzionari e gli impiegati con esclusione degli operai, 

ora gli impiegati e gli operai ma non i funzionari, ora tutti assieme. 

Lo stesso regolamento concernente le funzioni dell’Alto Commissario anti-corruzione, 

nel riferirsi ai soggetti operanti nelle p.a. tenuti a prestargli collaborazione ovvero 

passibili di accertamento, ricorre a diversi termini: fa inizialmente generico riferimento 

ai soggetti appartenenti alle pubbliche amministrazioni, quindi ai funzionari delle 

pubbliche amministrazioni (art. 2 c. 3); parla poi di responsabile dell’attività oggetto di 

accertamento, indicato dopo semplicemente come interessato (art. 2 c. 4); infine fa 

specificamente rinvio alla figura del pubblico dipendente ( art. 5 c. 3). 

Gli organi d’altra parte non possono risolversi negli individui ma presuppongono 

apposite strutture delle quali gli individui stessi facciano parte integrante agli effetti del 

rapporto organico: da qui la nozione di ufficio, come articolazione dell’apparato statale 

57 S. Cassese ( a cura di ), Istituzioni di diritto amministrativo, cit., pp. 109 ss.: le funzioni sono distribuite 

fra gli uffici che compongono l’organizzazione amministrativa. Esse sono materialmente svolte da 

persone fisiche le quali prestano la propria attività al servizio delle p.a. e, in alcuni casi, assumono la 

titolarità degli uffici pubblici. Vi è dunque uno stretto collegamento fra l’organizzazione cui sono 

intestate le funzioni amministrative e il personale che le deve svolgere. 

85

cui spetta l’esercizio di un determinato complesso di funzioni. Ogni organo implica un 

ufficio munito del suo titolare senza il quale mancherebbe la capacità di porre in essere 

gli atti da imputare allo Stato; il conferimento della titolarità degli uffici deve avvenire, 

ex art. 51 Cost., in condizioni di eguaglianza. Gli addetti ed i titolari che prestano 

servizio presso l’ente sono legati alla persona giuridica da un particolare rapporto 

giuridico ( rapporto di servizio) che ha come contenuto il dovere di agire prestando una 

particolare attività, avente ad oggetto comportamenti che il dipendente deve tenere sia 

nei confronti della p.a., sia nei confronti dei cittadini (dovere di ufficio). Il rapporto di 

servizio lega all’ente tutti i soggetti-persone fisiche che fanno parte dell’organizzazione 

e postula che il soggetto sia inserito nell’apparato della pubblica amministrazione per il 

conseguimento di un fine pubblico: non basta quindi l’esplicazione di un’attività 

afferente agli scopi dell’amministrazione, ma occorre anche la partecipazione del 

rapporto allo svolgimento dei modi di azione propri di questa, estrinsecativo della 

potestà che ad essa compete, o comunque allo svolgimento di attività ad essa imputabili 

cosicché ne derivi una posizione di appartenenza lato sensu del soggetto stesso 

all’amministrazione pubblica. Il rapporto di servizio, nel senso anzidetto, ricorre quando 

il soggetto sia stato investito, in modo continuativo, di una determinata attività, con il 

suo inserimento nell’organizzazione amministrativa e con la creazione di particolari 

vincoli comportanti l’osservanza di obblighi, volti ad assicurare il buon andamento 

dell’attività e la sua rispondenza alle esigenze pubbliche cui è preordinata . 58 

I soggetti legati da rapporto di servizio all’amministrazione sono di norma dipendenti. Il 

rapporto di servizio può essere coattivo 59 , volontario (onorario 60 o professionale), o 

58 Cass. Sez. Un. n. 188/99/SU. Risultano pressoché consolidati gli orientamenti della giurisprudenza 

volti a ravvisare la sussistenza del rapporto di servizio con la p.a. in capo ai liberi professionisti incaricati 

della progettazione di un'opera pubblica nell'interesse della stessa Amministrazione, atteso che la 

prestazione del progettista andrebbe ad inserirsi in un contesto di progressiva definizione dell'opera e 

come tale idonea ad assolvere ad una funzione oggettivamente pubblica (C. conti, sez. giur. Molise, 

17.12.1999, n. 194 ; contra C.conti, sez. giur. Toscana, 29.04.1997, n. 313 che, non ravvisando in capo al 

progettista poteri propri dell'ente pubblico, ne esclude la sussistenza del rapporto di servizio.). Parimenti, 

è stato ravvisato il rapporto di servizio in senso lato nella prestazione del direttore dei lavori di un'opera 

pubblica poiché questi, con la sua attività, si è reso compartecipe dell'azione amministrativa dell'ente 

pubblico preponente, a nulla rilevando l'estraneità agli uffici tecnici dell'ente e lo status di professionista 

privato (C. conti, sez. II, 14.04.1986, n. 101; Cass., Ss. Uu., 24.07.2000, n. 515; Cass. civ., Ss. Uu., 

05.04.1993, n. 4060; Cass., Ss. Uu., 24.07.2000, n. 515). Verso la medesima direzione muove quel filone 

giurisprudenziale (C. conti, sez. giur. Veneto, 11.05.1999, n. 251) incline a considerare legittimati passivi 

nel giudizio di responsabilità amministrativa-contabile quei professionisti incaricati di dirigere i lavori di 

allestimento di mostre, esposizioni, fiere, ecc., in virtù della affinità intercorrente tra la loro opera e la 

prestazione del concessionario di opere pubbliche o di pubblico servizio. Al riguardo, occorre sottolineare 

che il titolare di una concessione di pubblico servizio, in quanto dotato di poteri e funzioni pubbliche, 

viene unanimemente annoverato tra i soggetti esposti a questa particolare responsabilità. 

59 S. Cassese ( a cura di), cit., p. 111. 

86

infine instaurato in via di fatto (cioè in assenza di atto di investitura, dando luogo alla 

figura del funzionario di fatto). 

Il dipendente, in quanto titolare di una sfera di funzioni pubbliche, di dice funzionario 

pubblico. 

Sono pubblici impiegati le persone fisiche legate all’ente pubblico da un rapporto di 

servizio di impiego 61 , le quali svolgono il proprio lavoro a titolo professionale 62 in 

modo esclusivo e permanente e sono assoggettate ad un regime che presenta alcune note 

distintive rispetto alla disciplina privatistica del rapporto di lavoro. (d.lgs. 165/2001) 63 : 

60 

S. Cassese ( a cura di), cit, pp.112-113: quando la titolarità dell’ufficio è conferita ad un funzionario 

non professionale, questi ha l’obbligo di prestare il proprio servizio a favore dell’amministrazione a 

partire dal momento in cui si costituisce il rapporto d’ufficio- con l’estinzione del quale tale obbligo viene 

meno-. L’aspetto professionale, costituito dal rapporto di servizio, passa in secondo piano. In genere la 

scelta del funzionario onorario è di natura politico-discrezionale, anziché tecnico-amministrativa: essa 

non presuppone un concorso, ma avviene per nomina o elezione. La disciplina dei diritti e degli obblighi 

del funzionario onorario verso l’amministrazione è, di regola, molto ridotta, in conseguenza del fatto che 

l’aspetto professionale –scambio tra lavoro e retribuzione –ha un rilievo marginale, prevalendo l’aspetto 

dell’identificazione del funzionario nell’organizzazione. Per la stessa ragione il compenso del funzionario 

onorario non è un elemento essenziale del rapporto e, in ogni caso, non costituisce una vera e propria 

retribuzione. Inoltre il rapporto del funzionario onorario è, di regola, a termini. Infine, la giurisdizione 

sulle controversie non è individuata per materia ed affidata allo stesso giudice ma è ripartita tra giudice 

ordinario e giudice amministrativo sulla base del criterio della situazione soggettiva lesa. I titolari non 

professionali degli uffici costituiscono un meccanismo di collegamento tra società ed amministrazione, 

attuativo del principio democratico. 

61 

Gli impiegati di carriera cui viene riservata la titolarità di uffici amministrativi rappresentano quasi un 

quinto del personale professionale. 

62 

S. Cassese ( a cura di), cit., pp.114 ss.: nel caso di personale professionale, la titolarità dell’ufficio è 

attribuita al soggetto, sul presupposto che questi appartenga ad una “carriera”, cioè ad un corpo di 

burocrati di professione, selezionati in base al merito, i quali, in cambio di una retribuzione, pongono 

permanentemente e continuativamente la propria capacità lavorativa al servizio dell’amministrazione. Qui 

il rapporto di servizio esiste indipendentemente dal rapporto d’ufficio e non si estingue insieme ad esso. 

Gli uffici a titolarità professionale sono espressione del principio d’imparzialità. Gli uffici dirigenziali 

sono organi la cui titolarità spetta a personale professionale. Sotto altro profili, mentre una parte del 

personale professionale è titolare di organi, un’altra più consistente è titolare di uffici “privatizzati”. Il 

personale professionale costituisce la maggioranza del personale pubblico: trattasi di più di tre milioni e 

mezzo di persone (dati al 31 dicembre 2000).Vi sono d’altra parte categorie di personale professionale il 

cui rapporto di servizio presenta l’elemento della subordinazione ma non quello della stabilità: 

attualmente infatti lavorano nelle p.a. italiane quasi mezzo milione di dipendenti con rapporto di lavoro a 

tempo determinato. Il personale precario è spesso reclutato senza concorso e al di fuori della dotazione 

organica, per esigenze straordinarie e temporanee. Proprio per il fatto che i precari si sottraggono a 

concorso, la legge ha posto una serie di divieti generali di assunzioni, salvo poi disattenderli in un ampio 

numero di casi particolari. La Corte costituzionale contrasta l’abitudine dell’immissione in ruolo di 

precari [sentt. n. 153/1997 e n. 59/1997]; e il giudice amministrativo ha dichiarato addirittura nullo il 

provvedimento di assunzione a tempo determinato di un dipendente pubblico, al di fuori delle ipotesi 

espressamente previste dalla legge [Cons. Stato, ad.plen., n. 1, 2, 5, 6 del 1992]. Il disfavore verso il 

lavoro a termine nelle p.a. è tuttavia stato superato dal d. lgs. 165/2001il quale autorizza in via generale le 

p.a. ad avvalersi delle “forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego previste dal codice civile e 

dalle leggi sul lavoro subordinato nell’impresa”. Ad alcune categorie di personale professionale fa difetto 

sia l’elemento della stabilità che quello della subordinazione: trattasi del personale assunto con rapporto 

di lavoro autonomo, che le p.a. sono autorizzate a costituire con soggetti scelti discrezionalmente, sulla 

base di criteri oggettivi stabiliti preventivamente e di valutazioni certe e puntuali, per rispondere ad 

esigenze specifiche e contingenti cui non è possibile far fronte con personale di servizio. 

63 

A seguito della privatizzazione del pubblico impiego i rapporti di lavoro sono di regola disciplinati 

dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva; sono previsti specifici limiti 

87

essi sono selezionati e reclutati mediante concorso ex art. 97 c. 3 Cost., “salvo i casi 

stabiliti dalla legge”, la quale espressione consente deroghe ed eccezioni al principio 

concorsuale quali l’assunzione di iscritti in apposite liste. Il criterio della scelta secondo 

il merito è un’applicazione del principio di imparzialità: poiché i pubblici impiegati non 

sono al servizio di una parte ed alla p.a. compete la neutrale applicazione delle leggi, i 

suoi agenti debbono essere selezionati non già per il grado di adesione alla ideologia 

della classe dominante, bensì con un sistema basato essenzialmente su valutazioni 

tecniche. La valutazione delle capacità professionali è difatti la migliore garanzia alla 

scelta di un personale il più possibile indipendente ed imparziale, e di conseguenza 

difficilmente corruttibile. 

Una categoria di personale professionale creata per separare l’alta burocrazia dagli altri 

dipendenti è la dirigenza, la quale comprende appunto i funzionari amministrativi di 

vertice, titolari degli uffici di livello amministrativo più elevato: essa rappresenta il 

punto di equilibro tra principio democratico ed imparzialità e, collocandosi al crocevia 

tra politica ed amministrazione, è oggetto di una disciplina speciale 64 . 

L’operato della vasta categoria dei pubblici dipendenti - la quale è assoggettata, come 

vedremo, ad un particolare regime di responsabilità amministrativa, disciplinare e 

penale 65 - è destinataria dell’attività di indagine e monitoraggio dell’Alto Commissario: 

quanto maggiore è la tendenza dei singoli funzionari ad agire illecitamente, tanto più 

compromessa è l’integrità della macchina amministrativa complessivamente intesa. 

D’altra parte non tutte le persone fisiche che agiscono nella sfera e in relazione agli enti 

pubblici sono soggetti nei confronti dei quali o ad opera dei quali si perfezionano le 

fattispecie criminose previste dagli artt. 314 ss. del c.p.: in particolare le figure che 

assumono rilevanza a tal fine sono soltanto quelle dei pubblici ufficiali e degli 

incaricati di pubblico servizio. Per le residue fattispecie di illecito, non rientranti 

specificamente nell’ambito di operatività delle norme penali ma integranti comunque 

all’autonomia contrattuale individuale o collettiva; le controversie di lavoro sono devolute al giudice 

ordinario; sussiste un peculiare regime di responsabilità; il reclutamento del personale non dirigenziale 

avviene mediante procedure selettive particolari. Sono invece in regime di diritto pubblico i soggetti 

indicati all’art. 3 d.lgs. 165/2001. 

64 Diversamente dagli altri dipendenti, i dirigenti assumono la titolarità degli uffici costituiti con atti di 

diritto pubblico. Di conseguenza il loro rapporto d’ufficio è regolato dalla legge e la relativa disciplina 

appartiene al diritto amministrativo (art. 2 c. 1 d.lgs. 165/2001). Nondimeno il rapporto di servizio è stato 

sottoposto al diritto privato, così come quello degli altri dipendenti, ed è regolato dal diritto comune del 

lavoro e dalla contrattazione collettiva. 

65 Infra cap. IV. 

88

ipotesi riferibili alla responsabilità amministrativa e contabile del funzionario, vale il 

rinvio alla generica categoria del personale amministrativo dipendente 66 . 

66 L. Mastronani, Le persone fisiche e giuridiche sottoposte a responsabilità: criteri di individuazione e 

rapporto di servizio, in Le nuove frontiere della responsabilità amministrativa:operatori pubblici e danno 

erariale, Rivista on-line Diritto&Giustizia: “la responsabilità amministrativa oltre a coinvolgere i soggetti 

incardinati presso la struttura pubblica in virtù di un rapporto di impiego, si estende a tutti coloro che 

abbiano partecipato al concreto svolgimento dell'attività amministrativa anche se tale attività sia risultata 

meramente occasionale del servizio. Quanto alla individuazione degli operatori pubblici strutturalmente 

incardinati nel disegno organizzativo della pubblica amministrazione, ai fini della responsabilità 

amministrativa, non si rinvengono problematiche particolari atteso che la loro enumerazione risulta 

puntualmente operata dalle molteplici fonti normative in rapporto alle specifiche attribuzioni istituzionali 

di ciascun operatore. A titolo meramente esemplificativo, si possono citare i pubblici funzionari retribuiti 

dallo Stato, dagli enti locali e dagli enti pubblici, i dirigenti generali, i capi dei servizio, gli agenti 

incaricati della riscossione delle entrate, il personale civile e militare retribuito dall'amministrazione, il 

personale medico, ecc. La questione degna di nota, al riguardo, consiste nella soluzione del quesito se 

attribuire o meno la responsabilità a quegli operatori pubblici sopra indicati che, nell'ambito delle 

rispettive funzioni amministrative, abbiano svolto attività di consulenza, di controllo, ovvero abbiano 

fornito pareri in seno ad una procedura amministrativa conclusasi con un provvedimento lesivo degli 

interessi finanziari dello Stato. Relativamente all'attività di controllo, la giurisprudenza si mostra 

consolidata nell'escludere la responsabilità a carico dei magistrati della Corte dei conti chiamati al 

controllo istituzionale degli atti procedimentali posto che l'esercizio del controllo si estrinsecherebbe in 

un'attività di mero accertamento, in posizione di assoluta indipendenza rispetto al provvedimento oggetto 

di sindacato, e di estraneità nei confronti del suo procedimento formativo (C. conti, sez. I, 12.05.1975, n. 

35; C. conti, sez. Riunite, 27.06.1969, n. 96.). D'altronde il visto della Corte dei conti in sede di controllo 

sugli atti di impegno o sui titoli di spesa ha ad oggetto la sola legittimità dell'atto e non preclude innanzi 

alla stessa Corte, in sede giurisdizionale, l'accertamento giudiziale della illiceità dell'atto medesimo e 

l'attribuzione della conseguente responsabilità amministrativa a carico dei funzionari pubblici coinvolti 

nel procedimento (C. conti, sez. giur. Sardegna, 05.07.1994, n. 285). Per ciò che concerne invece l'attività 

di consulenza interna con particolare riguardo ai pareri forniti in seno ai procedimenti di rispettiva 

competenza, gli orientamenti giurisprudenziali non si appalesano uniformi. Da un lato, si esclude la 

responsabilità amministrativa sia nell'ipotesi di manifestazione di pareri favorevoli circa la legittimità di 

delibere comportanti impegni di spesa attuate da organi di vertice - monocratici e/o collegiali (C. conti, 

sez. App. I, 21.07.1997, n. 154; C. conti, sez. giur. Sicilia, 14.04.1997; C. conti, sez. Riunite, 12.12.1996, 

n. 77) , sia nell'attività di consulenza esterna, dove si è ritenuta l'insussistenza di responsabilità, in capo ad 

un legale del Comune, nella manifestazione di un parere favorevole all'opposizione a decreti ingiuntivi, 

atteso che - in un giudizio ex ante di valutazione giuridica dei fatti - la soccombenza dell'Ente locale non 

appare così assoluta e prevedibile (C. conti, sez. giur. Puglia, 29.03.1999, n. 24 ). Dal lato opposto, si 

ritiene sussistere la responsabilità amministrativa degli amministratori e del segretario comunale che 

abbiano espresso parere favorevole in ordine alla legittimità di delibere approvate ed attuate senza il 

relativo impegno contabile (C. conti, sez. giur. Calabria, 04.11.1994, n. 46).Come accennato, la 

complessità dei settori e dei procedimenti che investono l'intero operato della pubblica amministrazione, 

inducono quest'ultima ad avvalersi con sempre maggior frequenza dell'ausilio di soggetti esterni onde 

assicurare che l'azione amministrativa, nei molteplici settori in cui si esplica, sia caratterizzata da 

connotati di professionalità, efficienza ed efficacia; cosicché detti soggetti partecipano e si inseriscono 

nell'attività propria dell'apparato amministrativo. Passando all'individuazione di questi soggetti privati, 

potenzialmente assoggettabili alla giurisdizione contabile, può affermarsi che tutte le volte in cui la p.a. 

procura di affidare un'attività di sua spettanza istituzionale ad un soggetto esterno all'apparato burocratico, 

sorge nei confronti di quest'ultimo l'assoggettamento alla responsabilità finanziaria per gli eventuali danni 

cagionati alla collettività. Naturalmente detta regola non è priva di eccezioni in quanto nel panorama 

normativo si rinvengono situazioni di rilievo che escludono la giurisdizione della Corte dei Conti e 

pertanto l'istituto della responsabilità amministrativa nei confronti di taluni enti e dei rispettivi funzionari. 

A tal proposito, la Corte Costituzionale ha stabilito il principio secondo cui l'art. 103, c. 2 Cost. prevede il 

carattere della tendenziale e non assoluta generalità della giurisdizione della Corte de conti, sicché ad es. 

la responsabilità di un impiegato dell'ente poste italiane non può essere sussunta nell'ambito della 

disciplina dell'istituto della responsabilità finanziaria, bensì nel panorama normativo del codice civile (C. 

cost. 22.07.1998 n. 307)”. 

89

Ciò posto, si rammenta in cosa consistano esattamente le figure di cui agli artt. 357 e 

358 c.p. 

4.1. Pubblici Ufficiali 

Negli artt. 314 ss. c.p. il vocabolo ufficio è usato nel significato dell’ufficio-organo della 

pubblica amministrazione sicché il rapporto organico costituisce, in riferimento alla 

struttura dei reati ipotizzati, un presupposto di fatto in quanto il reato medesimo per 

sussistere richiede l’attribuzione di funzioni ad un soggetto che è conseguenza della 

distribuzione delle funzioni fra i vari organi. 

La normalità dello svolgimento dell’attività amministrativa ha un aspetto interno ed un 

aspetto esterno i quali generano una duplice categoria di delitti contro la p.a.: la prima è 

relativa ai fatti realizzati dai pubblici ufficiali in pregiudizio dell’amministrazione 

pubblica; la seconda concerne i fatti realizzati dai privati avverso la p.a.. Ma l’una e 

l’altra si basano sulla violazione dei doveri inerenti al rapporto organico di pubblica 

funzione. I delitti dei pubblici ufficiali realizzano la violazione di doveri peculiari propri 

di chi è vincolato all’amministrazione da un rapporto speciale. 

Ai sensi dell’art. 357 67 , primo comma c. p. è considerato pubblico ufficiale “agli effetti 

della legge penale” colui il quale esercita “una pubblica funzione legislativa, giudiziaria 

o amministrativa”. 

Sulla nozione di pubblico ufficiale si sono contrapposte fino alla novella del 1990 due 

teorie. La prima denominata concezione soggettiva, traendo origine dalla forma 

casistica in cui era strutturato il vecchio art. 357 sosteneva che gli elementi determinanti 

per stabilire se un soggetto fosse pubblico ufficiale erano la pubblicità dell’ente e la 

natura della funzione genericamente affidata al soggetto in forza del rapporto di 

impiego: un soggetto era cioè pubblico ufficiale per il fatto stesso di trovarsi in rapporto 

67 357. Nozione del pubblico ufficiale. “Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i 

quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa . 

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti 

autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica 

amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”. 

Cass. sez. VI penale, sent. 18.01.2001 n. 352: ai sensi dell'art. 357 c. p., come novellato dalle leggi n. 

86/1990 e n. 181/1992, la qualifica di pubblico ufficiale deve essere riconosciuta a quei soggetti che, 

pubblici dipendenti o semplici privati, quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, 

nell'ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, formare e manifestare la volontà della pubblica 

amministrazione oppure esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, 

deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati. 

90

di impiego con un certo ente cosicché in via generale una determinata qualifica 

impiegatizia determinava la qualità di pubblico ufficiale . 68 

Viceversa secondo la concezione oggettiva il pubblico ufficiale non è tale in virtù di una 

sua qualità soggettiva bensì per il fatto di esercitare una pubblica funzione, il che 

significa che la qualifica prescinde dall’esistenza di un rapporto di impiego. 69 

Il Legislatore del 1990 ha optato per quest’ultima impostazione eliminando il metodo 

casistico dall’art. 357, definendo il pubblico ufficiale esclusivamente sulla base della 

funzione esercitata. Pertanto il p.u. è tale secondo il dettato legislativo, non per il tipo di 

rapporto di impiego che lo lega all’ente né per la natura pubblica dell’ente, ma 

esclusivamente per il fatto di esercitare in concreto una pubblica funzione 70 . 

Il secondo comma dell’art. 357 si preoccupa poi di definire la nozione di “pubblica 

funzione amministrativa”. Non si è compiuta un’analoga attività definitoria per 

precisare la nozione di “funzione legislativa” e “funzione giudiziaria” in quanto la 

individuazione dei soggetti che rispettivamente le esercitano non ha di solito dato luogo 

a particolari problemi o difficoltà. 

Agli effetti della legge penale “è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da 

norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla 

manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per 

mezzo di poteri autoritativi o certificativi” 71 . In altre parole, è definita pubblica la 

funzione amministrativa disciplinata da “norme di diritto pubblico”, ossia da quelle 

norme volte al perseguimento di uno scopo pubblico ed alla tutela di un interesse 

pubblico e, come tali, contrapposte alle norme di diritto privato. Il secondo comma 

dell’art. 357 c.p. traduce poi in termini normativi alcuni dei principali criteri di massima 

68 

G. Maggiore, Diritto Penale¸II, Bologna 1950, pp. 114 ss.; N. Levi, I delitti contro la pubblica 

amministrazione, in Trattato di diritto penale diretto da E. Florian, Milano 1935 pp. 30 ss.; V. Manzini, 

Trattato di diritto penale, V, Torino 1962 pp. 26 ss.; Esposizione di giurisprudenza sul codice penale dal 

1964, libro II, titoli I, VIII, Milano 1972 pp. 274 ss. Per L. Picotti, Le “nuove” definizioni penali di 

pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio nel sistema dei delitti contro la pubblica 

amministrazione, in Riv. Tr. Dir. Pen. Ec., 1992, pp. 264 ss., nel diritto oggi vigente sarebbe ancora 

accolta una concezione prevalentemente soggettiva: la qualifica pubblicistica potrebbe essere attribuita 

solo quando una particolare attività o qualità o posizione del soggetto risultasse manifestazione diretta 

della sottostante relazione giuridica con la p.a. soggettivamente intesa. Nello stesso senso trib. Verona 9 

novembre 1990 p. 263. 

69 

A. Pagliaro op. cit. : la teoria soggettiva non solo è smentita dal testo di legge ma contrasta con 

l’esigenza unanimemente riconosciuta di considerare pubbliche anche le funzioni esplicate dai funzionari 

di fatto nonché dai soggetti privati. Cass. 24.12.1944 in Giur. Compl. Cass. Pen. 1994, n.910; Cass. 

11.04.1938, in Annali di diritto e procedura penale, Torino 1940 p. 351; Giudice Istruttore Palermo 

31.12.1964 in Giust. Pen., 1965, II, 441. 

70 

Rientrano pertanto nella categoria dei pubblici ufficiali i parlamentari e coloro che hanno ricevuto un 

mandato elettivo. 

71 

Le tre ipotesi contemplate dalla norma hanno carattere alternativo e non cumulativo. 

91

individuati dalla giurisprudenza e dalla dottrina per differenziare la nozione di “pubblica 

funzione” da quella di “servizio pubblico”. L’esercizio di una pubblica funzione ha 

natura speciale rispetto al genus prestazione di un pubblico servizio. L’attività 

amministrativa sarà da considerare pubblica tanto se è disciplinata da norme generali e 

astratte di diritto pubblico, quanto se lo è da atti normativi individuali che siano 

espressione di una potestà di imperio. Sarà da considerare funzione (e non servizio) 

quando determini la formazione o la manifestazione della volontà dell’amministrazione 

e perciò si svolga per mezzo di poteri autoritativi o certificativi: i primi comprendono i 

poteri coercitivi e le potestà che sono esplicazione di un rapporto di supremazia di 

carattere pubblico, con conseguente legittimazione a dare ordini ed a esigerne 

l’obbedienza sulla base di norme di diritto pubblico; i secondi comprendono i poteri di 

documentazione cui l’ordinamento assegna efficacia probatoria. 72 La contrapposizione 

tra norme di diritto pubblico e norme di diritto privato fa sì che la funzione 

amministrativa sia esclusa quando l’attività sia disciplinata in forma nettamente 

privatistica e la ammette nel caso in cui la funzione si palesi nelle forme più pure 

(licenze, autorizzazioni, concessioni, ecc); nei casi dubbi si fa ricorso a criteri dottrinali 

che identificano la norma di diritto pubblico come norma a soggetto vincolato il cui 

meccanismo sanzionatorio è attivato d’ufficio ed in cui alla libertà dell’agire privato si 

sostituisce la discrezionalità. Sulla base di questa impostazione svolgono una pubblica 

funzione e sono pertanto pubblici ufficiali: il Presidente della Repubblica, i ministri, i 

parlamentari, i componenti dei consigli regionali, provinciali e comunali, i giudici, i pm, 

i vertici degli enti pubblici, i soggetti la cui manifestazione di volontà è considerata 

come manifestazione della volontà dell’ente, nonché coloro che impersonano 

fisicamente l’ente nei rapporti con il pubblico (c.d. servizi di sportello). Non lo sono 

invece gli impiegati le cui funzioni hanno natura preparatoria rispetto alla formazione 

della volontà dell’ente quali segretari amministrativi, ingegneri, geometri, ragionieri, 

archivisti, dattilografi. L’esercizio di pubblica funzione si ha pure quando si esercitino 

poteri di coazione come quelli inerenti all’arresto (anche da parte del cittadino ex art. 

383 c.p.p.), alla contestazione di violazioni di legge, alla perquisizione. Infine rientrano 

nella categoria in virtù dei loro poteri certificativi cancellieri, notai, agenti di cambio, 

cui sono assimilati testimoni, periti, ed interpreti per il ruolo di collaborazione ufficiale 

72 Cass. Ss. Uu., u.p. 27.03.1992, Delogu, rv. 191173. 

92

con il giudice che assumono nel processo 73 . Secondo tale impostazione la natura del 

rapporto che lega il soggetto alla amministrazione è del tutto irrilevante potendosi 

trattare di rapporto di diritto privato ed è irrilevante altresì un’eventuale struttura 

privatistica dell’ente. Anche l’esercizio di fatto della pubblica funzione, purché svolta al 

servizio dello Stato italiano, può far sorgere la qualifica, la quale non è esclusa neppure 

quando le funzioni siano usurpate. 

4.2. Incaricati di un pubblico servizio 

La figura dell’incaricato di pubblico servizio 74 trae origine dal fatto che sovente la 

pubblica amministrazione, nel perseguire i propri scopi, si avvale anche dell’opera di 

persone che non sono parte della organizzazione ma pur attuano la soddisfazione di 

pubblici interessi. Come precedentemente accennato, il pubblico servizio si configura in 

rapporto di genus a species rispetto alla pubblica funzione 75 . 

La funzione rappresenta l’espressione di una potestà pubblica e perciò tanto la 

legislazione quanto la giurisdizione costituiscono ciascuna una pubblica funzione. Lo 

stesso non può dirsi dell’attività amministrativa la quale si esplica talora a mezzo di 

funzioni pubbliche, talora a mezzo di pubblici servizi. 

Fermo restando che la pubblica funzione è sempre esplicazione di una pubblica potestà, 

il servizio pubblico è ogni altra attività che resta al di fuori dell’esercizio di simili 

potestà. 

73 

La giurisprudenza considera p.u., quando esercitino poteri autoritativi o certificativi, il coadiutore di 

titolare di esattoria comunale, il vicedirettore della SACE, l’amministratore di consorzio per lo sviluppo 

del Mezzogiorno, il funzionario delle FS, dell’ICIAP, di aziende municipalizzate, il professionista 

incaricato dall’ANAS della direzione dei lavori, il segretario particolare del sindaco, l’agente di custodia 

che registri versamenti in favore dei detenuti, il medico convenzionato con la USL o che operi per una 

casa di cura convenzionata, l’insegnante universitario o di scuola statale o legalmente riconosciuta, la 

guardia ecologica, l’ufficiale giudiziario, il contabile dell’università, l’agente venatorio. Per i riferimenti 

alle singole sentenze si veda A. Pagliaro, op. cit. p. 14 nota 22. 

74 

La nozione giuridica di servizio pubblico in rete. Note a margine dell’art. 63 del codice 

dell’amministrazione digitale. Relazione di G. Cammarota del 25/07/2005 su Interlex. 

G. Napolitano, Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, 2001. 

L.R. Perfetti, Contributo ad una teoria dei pubblici servizi, Padova, 2001. 

R. Alessi, Le prestazioni amministrative rese ai privati, Milano, 1956. 

D. Sorace, Lezioni di diritto amministrativo, Bologna, 2000, p. 123, e Id., Diritto delle amministrazioni 

pubbliche, Bologna, 2001, pp. 118 ss. 

E. Casetta , op.cit., pp.582 ss. 

75 

G.B. Impallomeni, Pubblici Ufficiali e persone legittimamente incaricate di pubblico servizio, Suppl. 

Riv. Pen. , Vol. III, p.244. 

AA. VV., Diritto Amministrativo, Monduzzi, III ed., 2001, p. 576: si possono distinguere amministrazioni 

burocratiche ed aziendali, le prime per l'esercizio di funzioni pubbliche, le seconde per l'espletamento di 

pubblici servizi. 

93

La pubblica funzione si manifesta sempre in un’azione di volontà che si impone 

unilateralmente ai soggetti passivi della potestà amministrativa. 

Nel caso della potestà amministrativa lo Stato tuttavia raggiunge i suoi fini anche al di 

fuori dell’esercizio della coercizione e dell’imperio, cioè mediante la produzione di 

utilità materiali poste a disposizione dei cittadini in forma di prestazioni gratuite o 

retribuite aventi la stessa natura di quelle offerte in godimento dall’attività economica 

privata. La relativa produzione è assunta dallo Stato o da altri enti pubblici per offrire i 

prodotti gratuitamente o al di sotto del prezzo di produzione o per assicurare la qualità 

migliore del prodotto o viceversa per far godere allo Stato un prezzo di monopolio 

eccedente il costo di produzione. Il servizio pubblico può essere prodotto in regime di 

concorrenza o di monopolio, nel qual caso l’assunzione è accompagnata da una 

pubblica funzione rappresentata dal divieto per i privati di produrre ed offrire lo stesso 

servizio ai consumatori 76 . 

76 U. Montella, Verso il superamento della distinzione tra “pubblica funzione” e “pubblico servizio” e 

conseguenze in tema di giurisdizione della Corte dei Conti, documento reperibile on-line: la distinzione 

contenuta negli articoli 357 e 358 del codice penale, tra pubblica funzione e pubblico servizio mostri i 

segni del tempo e, se coerente con il concetto di attività amministrativa sviluppatosi nel dibattito 

dottrinario e giurisprudenziale fino al 1990, non è più rispondente alla mutata realtà politica, sociale e 

normativa. Lo stesso legislatore nelle fonti più recenti mostra di non distinguere più tra l’una e l’altra 

nozione; ed infatti la giurisdizione in materia di pubblici servizi viene affidata, in via esclusiva, al giudice 

amministrativo (che quale giudice degli interessi legittimi era tradizionalmente preposto proprio alla 

verifica del corretto uso, da parte dell’amministrazione, dei propri poteri autoritativi);la legge 142/90 ed il 

successivo T.U. 267/2000 prevedono, per gli enti locali, la possibilità di costituzione di consorzi per la 

gestione associata, indifferentemente, di pubblici servizi e/o pubbliche funzioni; i pubblici dipendenti, da 

soggetti dotati di uno status particolare con rapporto di lavoro disciplinato da fonti normative, vedono 

oggi nel contratto collettivo da un lato, ed in quello individuale dall’altro, la regolamentazione del proprio 

rapporto di lavoro (compresi gli obblighi di comportamento, le connesse responsabilità disciplinari ed il 

relativo procedimento).La distinzione tra pubblica funzione e pubblico servizio, venendo meno il criterio 

legato alla pubblicità della fonte regolatrice e all’esplicazione di poteri d’imperio unidirezionali sfuma 

allora in un unico concetto di attività pubblica che prescinde totalmente dal soggetto che pone in essere 

l’attività e che va fondato sulla funzionalizzazione dell’attività stessa a fini di pubblico interesse.Il nucleo 

centrale attorno al quale deve essere costruita questa nuova nozione di attività pubblica amministrativa è 

allora il concetto di pubblico servizio come desumibile oggi dal contenuto delle norme del decreto 

legislativo 31 marzo 1998 n. 80 e nella trasposizione che di esso ha effettuato il legislatore parlamentare 

con la legge 21 luglio 2000 n. 205. In queste fonti normative infatti, il servizio pubblico si qualifica tale, 

non perché gestito da una pubblica amministrazione o da un concessionario di questa, ma, innanzitutto, 

per le sue finalità di interesse pubblico (vedi art. 33, comma 2, lett. b del decreto legislativo 80/98 ove si 

fa riferimento ai “gestori comunque denominati di pubblici servizi”).Conferma viene anche da autorevole 

giurisprudenza sia della Corte di Cassazione, sia del Consiglio di Stato. Ed infatti le Sezioni Unite con 

sentenza 30 marzo 2000 n. 71, ribadita da sentenza 72/2000 hanno affermato che “il servizio si qualifica 

come pubblico perché l’attività in cui esso consiste si indirizza istituzionalmente al pubblico, mirando a 

soddisfare direttamente esigenze della collettività in coerenza con i compiti dell’amministrazione 

pubblica che possono essere realizzati direttamente o indirettamente attraverso l’attività dei privati. Il 

servizio pubblico è cioè caratterizzato da un elemento funzionale, il soddisfacimento diretto di bisogni di 

interesse generale, che non si rinviene nell’attività privata imprenditoriale anche se indirizzata e 

coordinata a fini sociali”. Il Consiglio di Stato da parte sua ha ribadito il concetto nell’ordinanza 

dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 30 marzo 2000 nella quale si legge come il legislatore abbia richiamato 

“la nozione di servizio pubblico nel suo significato giuridico potenzialmente più vasto, quale attività, di 

qualsiasi natura, connessa alla cura di interessi collettivi, sia essa svolta da soggetti pubblici o privati.”La 

94

La definizione della categoria di soggetti incaricati di un pubblico servizio non è 

concorde in dottrina così come in giurisprudenza: è necessario fare riferimento alla 

definizione fornita dal codice penale e alle interpretazioni emerse a seguito 

dell’applicazione pratica. In particolare, l’art. 358 c.p. 77 recita che “sono incaricati di un 

pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio”. 

L’elemento necessario e sufficiente perché un soggetto sia incaricato di pubblico 

servizio è cioè la prestazione di un pubblico servizio. Per la menzionata teoria 

nozione di servizio pubblico va allora oggi completamente sganciata dal suo tradizionale riferimento 

soggettivo ad una pubblica amministrazione o ad un concessionario di questa, e va concepita in termini di 

funzionalizzazione al perseguimento di pubblici interessi.L’esistenza di un interesse generale va desunta, 

con un’analisi da compiersi di volta in volta ed ex post, sulla base di un confronto tra gli atti emessi ed i 

comportamenti tenuti da un lato e le norme attributrici della capacità di agire nell’interesse generale 

dall’altro, al fine di capire se l’azione intrapresa è funzionale al perseguimento degli interessi della 

collettività.Un utile indice di riconoscibilità dell’esistenza di un pubblico interesse, mutuato dalla 

giurisprudenza comunitaria, è allora l’esistenza in capo all’autorità pubblica soggettivamente intesa, di 

poteri di controllo, indirizzo o vigilanza sull’ente attributario della funzione o la possibilità di influire 

sulla nomina dei suoi amministratori e in generale sulle decisioni. Ed infatti, laddove il perseguimento di 

un pubblico interesse venga affidato alle cure di soggetti diversi dalla pubblica amministrazione 

soggettivamente intesa, ma ontologicamente pubblici proprio in relazione al fine loro affidato, residuano 

sempre, in capo all’Ente dal quale essi derivano la “pubblic mission” loro affidata, poteri di vigilanza e di 

indirizzo tali da consentire un influenza decisiva sulle politiche da adottare e di verificare la rispondenza 

di esse al fine pubblico da perseguire.Obiettivo del legislatore penale, con la riforma del 1990 con la 

quale è stata attuata la riformulazione delle fattispecie di reato inserite nel capo dei delitti contro la P.A., è 

stato quello di dare nuovo impulso ai principi di imparzialità e buona amministrazione di cui all’art. 97 

della Costituzione, al fine di garantire che l’azione amministrativa sia retta solo ed esclusivamente da quei 

parametri prevedendo la punizione per i casi di devianza (corruzione, concussione, abuso d’ufficio 

etc.).Ed infatti con la previsione delle fattispecie di reato di cui al capo III del codice penale, si è inteso 

evitare che l’operatore pubblico sia in qualche modo condizionato da fattori esterni tali da alterare e 

compromettere l’obiettività che deve sempre caratterizzarne l’azione; “l’imparzialità cui il legislatore 

penale ha avuto riguardo e che con la formulazione di determinate tipologie delittuose ha inteso tutelare, 

non può esaurirsi nel mero obbligo di ponderare in modo comparato gli interessi pubblici o privato 

coinvolti nella vicenda amministrativa (…) ma, pur comprendendo tale contenuto minimo, assume una 

valenza più pregnante, implicando il divieto di porre in essere ogni condotta costituente forma e sostanza 

di favoritismo o discriminazione”.Il dovere di imparzialità così inteso, nel senso di evitare 

discriminazioni e favoritismi comporta, quando trattasi di servizi resi nell’interesse della generalità dei 

consociati, il dovere di ammettere al servizio stesso e alle prestazioni alle quali è preordinato, tutti coloro 

che vi hanno titolo, adottando criteri uniformi per la determinazione del prezzo. L’imparzialità allora, 

consistente del duplice dovere di garantire la prestazione a chiunque ne faccia richiesta e di renderla 

dietro versamento di un corrispettivo uniforme è allora l’ulteriore paradigma che caratterizza il pubblico 

servizio insieme a quel pubblico interesse che del primo costituisce presupposto (ed infatti non avrebbe 

senso un dovere di imparzialità se il servizio non fosse da rendere nell’interesse della generalità dei 

consociati).Nella moderna accezione di pubblico servizio, per come esso è desumibile dall’evoluzione 

normativa e amministrativa, vanno allora ricomprese anche tutte quelle attività che originariamente 

rientravano nella nozione di pubblica funzione e che oggi vedono invece, accanto a quelli tradizionali, 

nuovi e più moderni modi di esplicazione. Le nozioni di “funzione pubblica” e di “pubblico servizio” 

vengono allora a fondersi in un unico concetto di “attività pubblica” alla cui luce appaiono coerenti le 

recenti modifiche in materia di riparto giurisdizionale tra giudice ordinario e giudice amministrativo 

introdotte con la legge 205/2000 con le quali, accanto al tradizionale criterio basato sulla situazione 

giuridica lesa si è aggiunto quello per materia. 

77 358. Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio. Agli effetti della legge penale, sono 

incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. 

Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, 

ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di 

semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. 

95

soggettiva la qualifica discendeva anche in questo caso dall’esistenza di un rapporto di 

impiego con l’ente pubblico e si fondava sulla impostazione casistica del vecchio testo 

codicistico. Oggi a fronte del nuovo testo si preferisce un’impostazione di natura 

oggettiva come confermato dalla dizione normativa “a qualunque titolo”. 

In sintesi le attività legislative e giurisdiziarie non saranno mai da considerarsi pubblico 

servizio in quanto non rientrano per la loro stessa natura nel sottoinsieme della pubblica 

funzione; nel caso di comportamenti amministrativi, il pubblico servizio viene ad essere 

individuato in via residuale ogni qualvolta l’attività difetti dei poteri tipici dell’esercizio 

di pubblica funzione. 

Secondo la dottrina amministrativa il rapporto tra la persona e la p.a. si caratterizza 

come rapporto di servizio quando la persona fisica ha l’obbligo di agire per conseguire i 

fini dell’ente, differenziandosi pertanto dal rapporto organico in virtù del quale la 

persona fisica preposta all’ufficio esercita le potestà pubblicistiche attribuite all’ente in 

modo tale che le sue manifestazioni di volontà, conoscenza e giudizio vengono 

direttamente imputate all’ente per cui opera. Mentre ai fini dell’esistenza del rapporto 

organico è essenziale l’esercizio di una facoltà pubblicistica, per la sussistenza del 

rapporto di servizio è irrilevante la natura della prestazione che può consistere in 

un’attività materiale, in un’attività giuridica 78 , nell’esercizio di diritti soggettivi 

dell’ente, nell’esercizio di potestà pubblicistiche del medesimo. Tuttavia per il disposto 

78 G. Cammarota, op.cit.:in materia di servizi pubblici, le dottrine maggioritarie hanno generalmente 

escluso di poter ricondurre nella categoria del servizio pubblico le attività giuridiche della pubblica 

amministrazione; nella categoria del servizio pubblico, infatti, erano generalmente ricondotte le sole 

attività a carattere materiale dell’amministrazione. L’attività giuridica dell’amministrazione, invece, era 

solitamente ricondotta nella categoria della funzione amministrativa. Di recente, però, la nozione di 

servizio pubblico è stata estesa anche alle attività giuridiche della pubblica amministrazione: su questa 

base si ritiene possibile l’estensione della nozione tradizionale di servizio pubblico all’attività giuridica 

dell’amministrazione, nella sola misura (e nei soli casi, peraltro numerosi) in cui la mancata erogazione 

dell’attività comporti la violazione di un diritto soggettivo del richiedente l’attività stessa. Infatti, facendo 

particolare riferimento alla legge sul procedimento amministrativo (l. 241/1990) si è ricostruito il servizio 

pubblico come inclusivo dei servizi burocratici, ossia delle attività giuridiche della p.a. 

Le attività giuridiche dell’amministrazione possono essere ricondotte in due insiemi omogenei: le attività 

la cui erogazione comporta lo svolgimento di (almeno) un procedimento amministrativo e le attività la cui 

erogazione non è invece condizionata allo svolgimento di alcun procedimento in senso proprio. Per le 

attività del primo insieme, a differenza che per quelle rientranti nel secondo insieme, devono essere 

osservate sia le disposizioni contenute nella disciplina generale del procedimento amministrativo, sia le 

disposizioni eventualmente dettate con riferimento alla specifica attività amministrativa erogata. A titolo 

esemplificativo: appartengono al primo insieme, le attività autorizzatorie e concessorie 

dell’amministrazione, posto che l’emanazione di un provvedimento di autorizzazione, oppure di 

concessione, comporta lo svolgimento di (almeno) un procedimento amministrativo; appartengono al 

secondo insieme, le attività di informazione, di comunicazione, di rilascio di documenti conservati presso 

uffici depositari di pubblici registri o di atti pubblici. Possono essere servizi pubblici le attività 

amministrative sia del primo insieme, sia del secondo. L’unica condizione richiesta, sul piano oggettivo, è 

che l’erogazione del servizio sia obbligatoria per l’amministrazione, ovvero che ad essa corrisponda un 

diritto soggettivo del beneficiario. 

96

penale occorre apportare alcune modifiche alle concezioni proprie del diritto 

amministrativo. Poiché la tutela penale non concerne un rapporto statico tra il soggetto 

fisico e l’ente ma il concreto operare del soggetto per il conseguimento dei fini pubblici, 

l’aspetto pubblicistico appare spostato dalla natura dell’ente alla natura del servizio sì 

da comprendere le attività dirette a raggiungere pubbliche finalità ancorché lasciate 

all’iniziativa dei privati. Il pubblico servizio può essere individuato come l’attività non 

rientrante nella pubblica funzione ma che non scade nella mera opera, inclusa l’attività 

svolta di fatto ed usurpata. Esempi di prestazione di un pubblico servizio sono l’attività 

del medico condotto, della guardia giurata, dell’insegnante nelle scuole statali o 

parificate, del medico convenzionato con il SSN. 

Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della 

pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri di natura certificativa, 

autorizzativa e deliberativa tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di 

semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. 

L’elemento discriminante per indicare se un soggetto rivesta o meno la qualità di 

incaricato di un pubblico servizio è rappresentato, non dalla natura giuridica assunta o 

detenuta dall’ente, ma dalle funzioni affidate al soggetto le quali devono consistere nella 

cura di interessi pubblici o nel soddisfacimento di bisogni di interesse generale. 

A prescindere dalle complesse questioni definitorie 79 e sistematiche che si protraggono 

da oltre un secolo, è certo che la riconduzione di una determinata attività nella categoria 

del servizio pubblico ha profonde ricadute anche sul piano della individuazione dei 

principi e delle discipline di regolamentazione dell’attività medesima. Infatti, come 

evidenziato dalla dottrina francese e, su questa scorta, anche dalla dottrina italiana, se 

una attività è erogata in regime di servizio pubblico, questa dovrà necessariamente 

soddisfare i tre principi dell’adattamento (ossia, del costante adeguamento del servizio 

alle esigenze dell’utenza), della continuità (tale per cui gli utenti devono poter 

richiedere ed ottenere la erogazione del servizio senza discontinuità) e della eguaglianza 

nella erogazione dei servizi (ossia, della non discriminazione nella erogazione per 

motivi di carattere socio-economico o di localizzazione geografica degli utenti). 

Come osservato, si rimane fuori tanto dalla pubblica funzione quanto dal pubblico 

servizio qualora si tratti di svolgere mansioni di ordine o prestazioni d’opera meramente 

79 Cons. Stato, ad.plen., ord. n. 1/2000; Cass. Ss.Uu. n. 500/1999; Cass. n. 71/2000. 

97

materiali (es. bidello, usciere, dattilografo): le ipotesi previste dall’art. 359 c.p., 80 

relative all’esercente di un servizio di pubblica necessità, rappresentano infatti il limite 

inferiore dell’esercizio di un pubblico servizio, il quale non si ha appunto nell’ipotesi di 

esercizio privato di professioni forensi o sanitarie o altre professioni il cui esercizio sia 

per legge vietato senza una speciale abilitazione statale, quando dell’opera di essi il 

pubblico per legge sia obbligato a valersi; nonché nell’ipotesi di privati che, non 

esercitando una pubblica funzione né prestando un pubblico servizio, adempiono un 

servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica 

amministrazione 81 . 

80 359. Persone esercenti un servizio di pubblica necessità. Agli effetti della legge penale, sono persone 

che esercitano un servizio di pubblica necessità: 

1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge 

vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge 

obbligato a valersi; 

2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un 

servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica amministrazione . 

81 In quest’ultimo caso non è agevole scorgere la differenza rispetto all’incaricato di pubblico servizio. 

Secondo l’opinione prevalente si avrebbe pubblico servizio laddove il privato agisce in base ad una 

concessione; si avrebbe esercizio di un servizio di pubblica necessità laddove il privato agisce in base ad 

autorizzazione. Infatti mentre nella concessione l’attività esercitata è considerata appartenente alla sfera 

della pubblica amministrazione, l’autorizzazione si limita a rimuovere un ostacolo di ordine pubblicistico 

al che il privato eserciti un’attività che in linea di principio avrebbe carattere privato anche se di pubblica 

necessità (art. 97 R. D. 1 luglio 1926, n. 1130). R. Malinverni, Pubblico ufficiale e incaricato di pubblico 

servizio nel diritto penale¸ Torino, 1951, p. 129; G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, Parte speciale I, 

Bologna, 1997. 

98

1. Premessa 

CAPITOLO IV 

OGGETTO DELL’OPERATO DELL’ALTO COMMISSARIO 

Al senso del dovere e del servizio verso i cittadini può e deve ispirarsi chiunque occupi 

pubblici uffici e posti di pubblica responsabilità 1 . È pertanto importante richiamare 

coloro che siano investiti di pubbliche funzioni a comportamenti onesti, trasparenti e 

rispettosi delle pubbliche risorse le quali sono alimentate dalla fiscalità generale 

proveniente dai cittadini. Nell'esercizio della funzione pubblica il titolare dell'ufficio 

pubblico deve adempiere a tale funzione con disciplina e onore (art. 54 Cost.), 

mantenendo separati l'interesse ed il patrimonio dell'ufficio da quelli del suo titolare 2 , 

cosicché siano assicurati l’imparzialità ed il buon andamento amministrativo (art. 97 

Cost.) e siano tutelati il prestigio e l’immagine della p.a.. D'altra parte, in luogo del 

normale dovere di fedeltà gravante sul prestatore di lavoro (art. 2105 c.c.), grava sul 

dipendente pubblico un più incisivo dovere di esclusività che gli impone di porre tutte le 

proprie energie lavorative al servizio esclusivo dell'amministrazione di appartenenza 3 . Il 

funzionario pubblico, in quanto depositario di fiducia, deve agire nel pubblico interesse, 

senza cedere alla tentazione di guadagni personali ed indebiti benefici economici o 

materiali da destinare a sé stesso, alla propria famiglia o ai propri amici; deve assicurare 

1 Dichiarazione di C.A.Ciampi, reperibile on-line all’indirizzo: 

http://www.adnkronos.com/Politica/2002/Settimana09da25-02a03-03/ciampi_250202.html. 

2 S. Cassese ( a cura di), Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2004, p. 111:questi 

principi, che oggi possono apparire scontati, si sono in realtà affermati nel corso di un lungo processo 

storico: fino all'800 era infatti prevalente una concezione patrimoniale del potere pubblico, per la quale gli 

interessi privati del sovrano si confondevano con gli interessi pubblici dello Stato. E, di conseguenza, il 

titolare dell'ufficio ne era considerato il proprietario, al punto che poteva trasmetterlo per successione. 

Attualmente invece la separazione è netta ed è assicurata da molteplici disposizioni legislative tra cui 

quelle penali che puniscono i reati di corruzione, concussione e peculato. 

3 L’esclusività è richiesta anzitutto perché si presume che lo svolgimento di una seconda attività 

lavorativa riduca l'impegno del dipendente nell'esercizio di compiti attribuitigli dall’amministrazione; in 

secondo luogo l’esclusività si propone di evitare un potenziale conflitto fra l'interesse pubblico che il 

dipendente deve curare, e l'interesse privato connesso all'attività professionale che questi verrebbe a 

svolgere al di fuori dell'amministrazione. Per queste ragioni, la legge vieta ai dipendenti pubblici 

l’esercizio di attività industriali e commerciali, l'accettazione di cariche in società costituite a fini di lucro 

e, più in generale, qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo. Questo rigido regime prevede 

alcune significative eccezioni: il divieto di una seconda attività lavorativa non vale per i dipendenti parttime, 

a meno che l'amministrazione non ritenga che si tratti di attività che interferiscono con i loro compiti 

istituzionali o siano in palese contrasto o concorrenza con le attività svolte dall'amministrazione stessa; vi 

sono poi alcuni incarichi in via generale consentiti, come quelli non retribuiti o compensati solo con 

rimborso delle spese, o quelli consistenti nella collaborazione a giornali e riviste o nella partecipazione a 

convegni e seminari; infine lo svolgimento di altri incarichi può essere autorizzato dall'amministrazione 

di appartenenza, secondo una procedura minuziosamente definita dalla legge. 

99

l'espletamento dei propri doveri e delle proprie funzioni in termini effettivi, efficienti e 

con integrità morale, in conformità delle leggi e degli ordinamenti amministrativi, e 

deve altresì garantire che le pubbliche risorse delle quali è responsabile siano 

amministrate nella maniera migliore possibile. Pertanto i pubblici dipendenti devono 

mostrarsi solleciti., corretti ed imparziali nell’esecuzione delle loro funzioni e, in 

particolare, nelle relazioni con il pubblico: non è quindi ammesso che essi concedano 

trattamenti preferenziali non dovuti a gruppi di persone o a individui, né attuino 

discriminazioni improprie nei loro confronti o abusino altrimenti del potere e 

dell'autorità di cui sono investiti; nell'espletamento di pubblici affari poi, i responsabili 

debbono compiere scelte fondate sul criterio di merito. I funzionari pubblici debbono 

esimersi dall’agire a fronte di possibili conflitti di interesse né possono utilizzare 

impropriamente denaro pubblico, beni, servizi o informazioni che si siano procurati 

nell'espletamento delle proprie funzioni o che di esse siano il risultato, per attività non 

legate alle loro funzioni ufficiali; parimenti, dopo aver lasciato la propria posizione essi 

non devono acquisire vantaggi impropri dal loro precedente ufficio. I detentori della 

pubblica funzione sono responsabili delle loro decisioni ed azioni verso il pubblico e 

devono perciò sottoporsi a qualsiasi indagine adeguata al loro ufficio; devono altresì 

essere il più possibile trasparenti circa le proprie decisioni ed azioni 4 . 

Qualora il pubblico funzionario devi dai principi in questione – ovvero sussistano 

elementi atti a sospettare una tale deviazione- e strumentalizzi a proprio vantaggio 

personale l'ufficio cui è preposto, ponendo dolosamente in essere fatti ascrivibili ad 

ipotesi di responsabilità penale, amministrativa, contabile e disciplinare, si giustifica 

l'intervento dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e 

delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione. Questi, come 

emerge dalla stessa intestazione dell'organismo, non si occupa delle illegittimità 

amministrative, per le quali sono competenti Tar e Corte dei conti, avendo il suo 

operato ad oggetto gli illeciti dolosi commessi in seno alla p.a.: per esemplificare 

all'organismo interessa il commesso che prende la piccola mazzetta o il direttore 

generale che chiede grosse tangenti sugli appalti 5 . Ai fini della responsabilità 

4 Codice internazionale di condotta per pubblici ufficiali, all. 51/59 alla Risoluzione dell’Assemblea 

Generale, integrato con elementi estratti dai c.d. Principi Nolan del Regno Unito. 

5 Intervista a G. Tatozzi, Se il marcio si annida negli uffici, Panorama, 24/11/2005. 

L’illegittimità consiste nella difformità dal paradigma normativo per cui l'atto é emanato nel rispetto delle 

norme attributive del potere (norme di relazione) ma non di quelle che disciplinano l'esercizio del potere 

(norme d'azione); l’illiceità consiste invece nel mancato rispetto delle norme attributive del potere in 

concreto allorché l'amministrazione agisce in una situazione in cui difettano una o più fattispecie stabilite 

100

amministrativa e contabile è espressamente richiesta la produzione del danno erariale 

come conseguenza dell'illecito. 

Ancorché il dolo non sia espressamente previsto nel regolamento come elemento della 

fattispecie illecita rilevante ai fini dell’attività dell’Alto Commissario, la necessità 

dell’esistenza di una precisa volontà antigiuridica del soggetto agente si trae 

implicitamente, avendo riguardo alla ratio propria dell’organismo, ovvero fungere da 

strumento di prevenzione e contrasto dell’illegalità -intesa anzitutto come volontà 

antigiuridica- , scovando l’esistenza di possibili connivenze tra amministratori e 

criminalità nonché mettendo in luce radicate prassi corruttive, per affrontare le quali sia 

possibile predisporre precisi programmi di prevenzione e contenimento. L’organismo si 

attiva cioè laddove emerga una specifica ed inaccettabile volontà del pubblico 

dipendente di abusare della propria posizione per trarre vantaggi personali o per 

indirizzare l’attività amministrativa ingiustificatamente a favore di determinati soggetti: 

la struttura è anzitutto chiamata a fronteggiare il fenomeno della corruzione e delle altre 

forme di illecito che, per analogia con la fattispecie corruttiva, ne presentino lo stesso 

disvalore, rappresentato appunto dall’intenzione di violare le regole e i principi di 

correttezza ed onestà che presidiano l’azione amministrativa. A questo si aggiunga che 

l’eventuale responsabilità del funzionario determinata da colpa non assurge a mos o 

fenomeno, limitandosi ad intervenire perlopiù sotto forma di realtà episodica; né ad essa 

può attribuirsi un disvalore equiparabile a quello che viceversa connota la condotta 

dolosa. Pertanto anche l’eventuale responsabilità amministrativa, per l’emergere della 

quale è sufficiente la colpa grave sotto forma di imperizia, imprudenza, nonché mancata 

vigilanza sull'operato dei dipendenti (a meno che non si possa dimostrare che l'attività 

dolosa o colposa di questi ultimi era di tale natura da sfuggire anche ad un'accurata 

sorveglianza) 6 , andrà anch’essa considerata in termini circoscritti alle solo condotte 

dolose 7 . 

Per quel che concerne l'eventualità di fenomeni di corruzione legislativa, i quali operano 

cioè nel momento di formazione delle leggi, essi risulteranno esclusi dall'ambito di 

intervento dell'Alto commissario poiché, come già rilevato precedentemente, la struttura 

dalla legge come presupposti per l'esistenza in concreto del potere. La violazione del precetto, 

presupposto la cui sussistenza apre la via all'emanazione del provvedimento sanzionatorio, dà luogo 

all'illecito amministrativo, per il quale la l. 689/981 prevede una riserva di legge. E. Casetta, Manuale di 

diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2001, pp. 303, 419 e 469 ss. 

Ancora: F. Mantovani, Diritto penale-Parte generale, Cedam, 2001, pp. 110 ss. e 1006 ss. 

6 Art. 1 l. 20/1994; C.cost. sent. del 20.12.1998 n. 371. 

7 Interpretazione avvalorata dallo stesso G. Tatozzi nel colloquio del 14/06/2005. 

101

in questione si occupa della pubblica amministrazione; pertanto potrebbe arrivare ad 

intervenire al livello legislativo solo qualora emergesse un’eventuale connivenza tra 

amministratori pubblici e politici 8 . Volendo in questa sede delimitare l'oggetto 

dell'intervento dell'Alto Commissario si ritiene utile richiamare quanto espresso dal 

Consiglio di Stato nel già menzionato 9 parere della Sezione Consultiva per gli Atti 

Normativi nell'adunanza del 31 maggio 2004 in merito alla disposizione contenuta 

originariamente all'art. 2 dello schema di regolamento sottoposto alla sua analisi, in base 

alla quale l’attività di monitoraggio dell’organismo anti-corruzione si sarebbe estesa 

all'accertamento di “insufficienze, ritardi, disservizi o anomalie, anche in rapporto al 

rispetto dei codici di comportamento ed alle Carte dei servizi delle pubbliche 

amministrazioni informando dei risultati le amministrazioni interessate”. Secondo il 

Consiglio di Stato tale previsione esula dalla competenza assegnata dalla legge all'Alto 

Commissario: tali situazioni e comportamenti attengono infatti essenzialmente al 

rispetto di principi di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, la 

cui inosservanza non configura necessariamente reati o illeciti ed il cui controllo è 

oggetto di una specifica normativa (ai sensi, in particolare, del d. lgs. 286/1999), mentre 

l'Alto Commissario opera per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito nella pubblica amministrazione, cioè del prodursi di fattispecie e atti 

costituenti specificamente reati o comunque illeciti. Su questa scorta la norma è stata 

riformulata, circoscrivendo l’operato del Commissario anti-corruzione alle “cause e 

concause di fenomeni di corruzione e di illecito o di pericoli di condizionamento da 

parte di organizzazioni criminali all’interno della pubblica amministrazione” e alle 

“procedure contrattuali e di spesa e comportamenti, e conseguenti atti, da cui possa 

derivare danno erariale”. 

Per un quadro dello spettro oggettivo di operatività dell'organismo, passiamo ora 

specificamente in rassegna le fattispecie a fronte delle quali esso è chiamato ad attivarsi. 

2. Delitti contro la Pubblica Amministrazione 

Ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 258/2004, l’Alto Commissario “ha competenza in materia 

di prevenzione e contrasto della corruzione e di altre forme di illecito”, potendo 

anzitutto disporre indagini conoscitive finalizzate ad accertare l'esistenza, le cause e le 

8 Intervista a G. Tatozzi, Il commissario anti-mazzette, Avvenire, 6/02/2005. 

9 Supra cap.III. 

102

concause dei fenomeni di corruzione ed illecito o di pericoli di condizionamento da 

parte delle organizzazioni criminali all'interno della pubblica amministrazione 10 . 

Rientrano pertanto prioritariamente nel campo d'azione della struttura i fatti integranti 

reato contro la pubblica amministrazione di cui agli artt. 314 ss. del codice penale, di 

cui segue una sintetica rassegna: 

Peculato (art. 314) 11 : esso consiste nel fatto del pubblico ufficiale o incaricato di 

pubblico servizio che si appropria di denaro o altra cosa mobile altrui di cui ha 

possesso o disponibilità in ragione del suo ufficio o servizio, consistendo 

sostanzialmente in un abuso d'ufficio particolarmente grave in quanto atto a travolgere il 

buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione ed offensivo dell'interesse al 

mantenimento dell’originaria destinazione della cosa; il capoverso della norma prevede 

una forma meno grave di peculato, il c.d. peculato d'uso, allorché il soggetto agisca al 

solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, la quale viene immediatamente restituita 

dopo l'utilizzo. La condotta tipica consiste nell'appropriazione, intesa come espressione 

e realizzazione della volontà del soggetto di creare una situazione di fatto in cui egli si 

comporta come se fosse proprietario della cosa, escludendo il vero proprietario: la 

appropriazione presenta un aspetto negativo, l'espropriazione, la quale consiste 

nell'esclusione del vero proprietario dal rapporto con la cosa, ed un aspetto positivo, 

l'impropriazione, la quale è creazione di un rapporto di fatto con la cosa consistente 

nell'esercizio delle facoltà inerenti al diritto di proprietà. Sono forme di appropriazione: 

la consumazione, l'alienazione, la ritenzione e la distrazione (quest'ultima condotta ha 

natura residuale, cioè comprende i fatti che, senza essere ritenzione, alienazione o 

consumazione, tuttavia privano il vero proprietario della possibilità di esercitare i suoi 

diritti sulla cosa ed instaurano sulla stessa uno o più poteri da parte dell’agente). 

Peculato mediante profitto dell'errore altrui (art. 316) 12 : consiste nel fatto del pubblico 

ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, nell'esercizio delle funzioni o del 

10 In merito ai poteri di indagine v. meglio infra cap.VI. 

11 314. Peculato. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del 

suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne 

appropria, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. 

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare 

uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita. 

A.Pagliaro, Principi di diritto penale-Parte speciale I, Delitti contro la pubblica amministrazione, 

Giuffrè, Milano, 2000, pagg. 35-80. 

12 316. Peculato mediante profitto dell'errore altrui. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico 

servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene 

indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre 

anni. 

103

servizio, giovandosi dell'errore altrui - sull’an debeatur, sul quantum debeatur o sulla 

competenza del funzionario ad essere destinatario del pagamento- riceve o ritiene 

indebitamente per sé o per un terzo, denaro o altra utilità. Trattasi di delitto lesivo del 

buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione nonché degli interessi 

patrimoniali e non patrimoniali del soggetto cui il pubblico funzionario carpisce denaro 

o utilità. L'errore altrui deve preesistere ed essere determinato da una causa diversa dal 

comportamento ingannatorio del funzionario, dovendosi diversamente ravvisare 

un'ipotesi di concussione laddove l'errore sia stato indotto dal pubblico ufficiale. La 

figura delittuosa in esame ha carattere autonomo rispetto a quella prevista dall'art. 314 

poiché prescinde dal possesso ed ha ad oggetto utilità, non necessariamente cose 

mobili.. 

Concussione (art. 317) 13 : il reato consiste nel fatto del pubblico ufficiale o incaricato di 

pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce 

taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità. Tale 

fattispecie è offensiva dell’interesse al regolare funzionamento della pubblica 

amministrazione, del principio di fedeltà, correttezza e probità del pubblico funzionario 

nonché dell'interesse del privato a determinarsi libero da costrizioni o inganni. La 

condotta tipica può articolarsi anzitutto nell'abuso della qualità ovvero della condizione 

di fatto propria di chi esercita la pubblica funzione, la quale viene teleologicamente 

deviata verso l'immediata finalità illecita: il funzionario fa cioè valere la posizione che 

gli deriva dall'esercitare una pubblica funzione al fine immediato di costringere o 

indurre altri all'indebito 14 . La condotta può quindi consistere nell'abuso di poteri il quale 

si realizza se essi sono esercitati quando non dovrebbero o in modo diverso da come 

dovrebbero ovvero se non sono esercitati quando dovrebbero o infine se l’agente 

minaccia una delle situazioni precedenti; al contrassegno obiettivo si deve 

accompagnare un orientamento soggettivo del pubblico funzionario verso la deviazione 

dell'esercizio del potere dalla causa tipica. Alla condotta tipica del soggetto attivo 

consegue la costrizione psichica relativa della vittima ovvero l'alterazione del processo 

A. Pagliaro, op.cit, pp. 81-93. 

13 317. Concussione. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua 

qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, 

denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. 

A. Pagliaro, op.cit, pp. 105-142. 

14 L'abuso di qualità può essere commesso anche mediante omissione quando il pubblico ufficiale, a 

conoscenza della situazione psicologica del privato che si sente costretto a dare o promettere alcunché, 

non gli rifiuta l’indebito. Peraltro non può aversi concussione per induzione mediante omissione, poiché 

in tal caso subentra la figura del peculato mediante profitto dell'errore altrui. 

104

di formazione dell’altrui volere sotto forma di inganno per effetto del quale il soggetto 

passivo dà o promette una prestazione non dovuta a favore del pubblico funzionario o 

di un terzo 15 . 

Corruzione (artt. 318-322bis): Ai sensi del combinato disposto degli artt. 318, 319 e 320 

c.p. la corruzione è definibile come il fatto del pubblico ufficiale o incaricato di 

pubblico servizio che, per compiere o per aver compiuto un atto del suo ufficio, ovvero 

per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per 

compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per 

un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la 

promessa (corruzione passiva). Parallelamente , ex art. 321 c.p., integra il reato di 

corruzione anche il fatto di chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di 

pubblico servizio il denaro o l’ altra utilità (corruzione attiva). 16 

L’attività del pubblico ufficiale potrà estrinsecarsi sia in un atto dovuto (ad esempio: 

velocizzare una pratica la cui evasione è di propria competenza), sia in un atto contrario 

ai suoi doveri (ad esempio: pubblico ufficiale che accetta denaro per garantire 

l’aggiudicazione di una gara). 

Tale ipotesi di reato si differenzia dalla concussione, in quanto tra corrotto e corruttore 

esiste un accordo finalizzato a raggiungere un vantaggio reciproco, mentre nella 

concussione il privato subisce la condotta del pubblico funzionario. 

Tipologia particolare di corruzione è poi quella contemplata dall’art. 319ter, relativo 

alla corruzione in atti giudiziari: trattasi di ipotesi di corruzione passiva posta in essere 

dal pubblico funzionario per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, 

penale o amministrativo. 

L’art. 322 riguarda invece le fattispecie di istigazione alla corruzione, le quali non sono 

altro che un tentativo di corruzione incriminato tuttavia come autonomo reato 

consumato per l’ipotesi in cui, in presenza di un comportamento finalizzato alla 

corruzione, il pubblico ufficiale rifiuti l’offerta illecitamente avanzatagli ovvero per il 

caso in cui il medesimo pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio solleciti dal 

privato la dazione o promessa di denaro o altra utilità. Qualora si aderisca all'opinione 

15 Secondo una prima opinione la nozione di terzo nel reato di concussione sarebbe comprensiva dello 

Stato o di altro ente pubblico o persino dello stesso ente pubblico di cui fa parte il funzionario; per altri 

invece la concussione non avverrebbe quando il privato fosse costretto o indotto a fare qualcosa in favore 

della pubblica amministrazione. 

16 A. Pagliaro, op.cit, pp.143-229; C.F. Grosso, Corruzione, Dig.pen.,Torino. 

Per l’analisi della fattispecie e le definizioni di corruzione propria e impropria, antecedente e 

susseguente: supra, cap.I. 

105

espressa da Pagliaro, in base al quale il fatto del corruttore ed il fatto del corrotto sono 

condotte autonome, si è portati a ritenere che il diritto positivo incrimini ben dodici tipi 

di corruzione, che raddoppiano a ventiquattro laddove si consideri la condotta del 

pubblico ufficiale autonoma rispetto a quella dell'incaricato di pubblico servizio. 

Abuso d'ufficio (art. 323) 17 : esso consiste nel fatto del pubblico ufficiale o 

dell’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle proprie funzioni o del 

proprio servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento ovvero omettendo di 

astenersi in presenza di un interesse proprio o di un proprio congiunto o negli altri casi 

prescritti, procura intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale 

ovvero arreca ad altri un danno ingiusto: esso realizza cioè lo sviamento del potere dal 

perseguimento dei fini pubblici, per i quali il medesimo è assegnato, verso le finalità 

private tipizzate. La fattispecie ha natura residuale in quanto opera per l'ipotesi in cui il 

fatto non sia ascrivibile ad un più grave reato. La norma si propone di tutelare 

l'imparzialità amministrativa, sotto il profilo dell'interesse a che i poteri della pubblica 

amministrazione non siano adoperati per alterare la par condicio civium, cioè il diritto 

all'eguaglianza dei cittadini nei confronti dell'amministrazione. Nella sua originaria 

formulazione l'abuso d'ufficio aveva carattere talmente generico da difettare di tipicità: 

esso si configurava infatti come un gigantesco contenitore comprensivo di un numero 

indeterminato di condotte, da quelle più lievi a quelle molto gravi, in cui pubblico 

funzionario effettuava dolosamente una cattiva amministrazione. Per rispondere 

all'esigenza di determinare in termini specifici il contenuto della norma, la stessa fu 

oggetto di due interventi (l. 86/1990; l. 234/1997), che hanno condotto all’attuale 

formulazione. Tuttavia in dottrina è attualmente controverso il significato da attribuirsi 

alla violazione di legge o regolamento. Secondo una prima impostazione, la dizione non 

si riferirebbe restrittivamente al concetto tecnico di violazione di legge operante nel 

diritto amministrativo nell'ambito dei vizi di legittimità del provvedimento, bensì 

risulterebbe comprensiva di ogni ipotesi in cui il funzionario eserciti i propri poteri 

violando disposizioni legislative o regolamentari, intese come fonti del diritto. Pertanto 

nella formulazione potrebbero farsi rientrare tanto le ipotesi di incompetenza, di 

17 323. Abuso d'ufficio. Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o 

l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di 

norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di 

un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto 

vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a 

tre anni. 

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità. 

A. Pagliaro, op.cit, pp.231-268. 

106

violazione di legge strettamente intesa, di eccesso di potere: anzi le forme più gravi e 

diffuse di sfruttamento dell'ufficio a fini privati che realizzano una forma di abuso di 

potere sarebbero proprio quelle operate mediante stravolgimento dell'uso del potere 

discrezionale e sviamento del potere dalla sua causa tipica 18 . Per altri diversamente 

l'eccesso di potere non rientrerebbe nel fatto tipico a meno che esso non concretizzi la 

violazione di norme scritte idonee ad integrare un ingiusto danno o vantaggio, non 

ravvisandosi viceversa l'abuso a fronte di mere irregolarità formali poste in essere a 

seguito della violazione di norme di procedura 19 . D’altra parte si deve rilevare come lo 

stesso Alto commissario, pronunciandosi in merito all’attuale formulazione della norma 

relativa all’abuso d’ufficio, ha sottolineato che essa lascia aperte “alcune zone grigie” 20 . 

Utilizzazione di invenzioni o scoperte conosciute per ragioni d'ufficio ( art. 325) 21 : 

consiste nel fatto del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che impiega, a 

proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche o nuove applicazioni 

industriali che conosca per ragioni dell'ufficio o servizio e che debbano rimanere 

segrete. Per invenzioni si intendono i progetti originali destinati a risolvere in modo 

nuovo problemi tecnici funzionali; col termine scoperte scientifiche si indicano le 

individuazioni di leggi nell'ambito delle scienze della natura; infine sono nuove 

applicazioni industriali i ritrovati per i quali un principio scientifico già noto può essere 

utilizzato in pratica ai fini dello sviluppo della produzione industriale: di esse il soggetto 

agente viene a conoscenza in conseguenza di una sua competenza di fatto a conoscere le 

notizie in questione. La fattispecie si propone pertanto di tutelare la par condicio civium 

ed in particolare l'esigenza che un soggetto non si avvantaggi arbitrariamente, come 

privato, della conoscenza che possiede in quanto pubblico funzionario. 

Rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio (art. 326) 22 : la fattispecie si propone di 

tutelare il buon funzionamento della pubblica amministrazione sotto forma di 

18 

A. Pagliaro, op.cit,p.242; G. Fiandaca, Verso una nuova riforma dell'abuso d'ufficio, Questione 

giustizia, 1996, p.319. 

19 

In questo senso: E. Russo, G. Della Monica, La modifica dell'abuso d'ufficio e le nuove norme sul 

diritto di difesa, Milano, 1997, pp.33 ss; S. Camaioni, Il nuovo abuso d'ufficio: un'abrogazione mancata, 

Le nuove leggi penali, Padova, 1998, pp. 49 ss. 

20 

Dichiarazione rilasciata da G. Tatozzi al Secolo d’Italia, 07/01/2005. 

21 

325. Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione d'ufficio. Il pubblico ufficiale o 

l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega, a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte 

scientifiche, o nuove applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio o servizio, e che 

debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a 

euro 516. 

A. Pagliaro, op.cit, pp.269-272. 

22 

326. Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un 

pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della 

107

osservanza del segreto di ufficio, la cui rivelazione viceversa offende insieme l'interesse 

a che il segreto non sia divulgato e l'interesse a che il pubblico funzionario non si 

avvantaggi sugli altri cittadini, utilizzando in sede privata, notizie segrete che egli aveva 

conosciuto per ragioni d'ufficio. Il reato in questione consiste specificamente nel fatto 

del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, violando i doveri inerenti 

alla propria funzione o al proprio servizio, o comunque abusando della sua qualità, 

rivela notizie d'ufficio le quali debbano rimanere segrete o ne agevola in qualsiasi modo 

la conoscenza. 

Omissione di atti d'ufficio (artt. 328 e 329) 23 : si tratta di tre ipotesi criminose le quali 

tutelano l'interesse al normale funzionamento della pubblica amministrazione, sotto 

forma di effettività, tempestività ed efficacia dell'adempimento delle pubbliche funzioni 

e della prestazione dei pubblici servizi. E’ anzitutto sanzionato il fatto doloso del 

pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che rifiuti cioè manifesti, 

contrariamente ai propri doveri, la volontà di non compiere un atto urgente richiesto dal 

privato o dal superiore gerarchico; è quindi incriminata l'omissione o il ritardo nel 

compimento dell'atto oltre 30 giorni dalla richiesta dell'interessato, qualora il pubblico 

funzionario non risponda per esporre le ragioni del ritardo. L'omissione può assumere 

diverse forme: può cioè consistere innanzitutto nel mancato compimento dell'atto 

dovuto, ovvero nell’emanazione di un atto inesistente, o di un atto valido ma i cui effetti 

tipici sono diversi da quelli dell'atto che il pubblico funzionario doveva compiere, o 

sua qualità, rivela notizie d'ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la 

conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. 

Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. 

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un 

indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d'ufficio, le quali debbano rimanere 

segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o 

ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena 

della reclusione fino a due anni. 

A. Pagliaro, op.cit., pp.273-287. 

23 328. Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che 

indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di 

ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei 

mesi a due anni. 

Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che 

entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde 

per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino euro 1032. 

Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione 

della richiesta stessa. 

329. Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica. Il 

militare o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta 

fattagli dall'Autorità competente nelle forme stabilite dalla legge, è punito con la reclusione fino a due 

anni. 

A. Pagliaro, op.cit,pp.295-324. 

Per il mancato coordinamento dell’art. 328 c.p. con la l. 241/1990: E. Casetta, op.cit., p.366. 

108

ancora nel porsi nella materiale impossibilità di compiere l'atto dovuto o infine nel 

ricorrere alla pratica dell'ostruzionismo, la quale consiste nell’accampare 

pretestuosamente la rigorosa osservanza letterale di regolamenti e di istruzioni. 

Ritardare un atto significa invece procrastinarne il compimento oltre il termine 

ordinatorio prescritto; a fronte di un termine perentorio, scaduto il quale l'atto non può 

cioè produrre più i suoi effetti tipici, il mancato compimento dell’atto prima dello 

scadere del termine medesimo realizza una vera e propria omissione. A differenza che 

in altre fattispecie di reati contro la pubblica amministrazione, l'atto d'ufficio o servizio 

rilevante ai sensi dell'art. 328 non è il comportamento del pubblico funzionario, ma è un 

modo di atteggiarsi della pubblica amministrazione: non ogni comportamento dovuto, 

se omesso, integra il delitto di omissione di atti d'ufficio: perché si abbia questo delitto 

occorre invece che, come risultato del comportamento dell’agente, non venga in essere 

quell'atto amministrativo in senso tecnico o quell'altro atteggiamento che la pubblica 

amministrazione doveva. La circostanza che l'atto debba essere svolgimento della 

pubblica funzione o del pubblico servizio fa sì che il soggetto che lo omette, per essere 

responsabile, deve avere la competenza in senso tecnico per compierlo. Quando si tratti 

di atto discrezionale, l’agente incorre in responsabilità penale solo se, nell'omettere, 

ritardare o rifiutare l'atto, ha agito al di fuori dei suoi poteri discrezionali, il che può 

avvenire in due casi: se la discrezionalità non investe l’an e il quando della 

commissione dell'atto; se, pur investendo la discrezionalità anche queste due modalità 

dell'atto, l'omissione, il rifiuto o il ritardo dipenda non dall'uso del potere discrezionale, 

ma dal suo non uso. La norma dell'art. 329 si occupa infine specificamente di 

sanzionare il rifiuto o ritardo di obbedienza commesso dal militare o dall’agente di forza 

pubblica. 

Sottrazione o danneggiamento di cose pignorate o sequestrate (artt.334 e 335) 24 : le 

norme in questione mirano a predisporre una tutela penale per l'interesse cautelativo 

24 334. Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un 

procedimento penale o dall'Autorità amministrativa. Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o 

deteriora una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'Autorità 

amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire il proprietario di essa, è punito con la 

reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 516.. 

Si applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa euro 30 a euro 309 se la sottrazione, la 

soppressione, la distruzione, la dispersione o il deterioramento sono commessi dal proprietario della cosa 

affidata alla sua custodia. 

La pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a euro 309, se il fatto è commesso dal 

proprietario della cosa medesima non affidata alla sua custodia. 

335. Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso 

di un procedimento penale o dall'Autorità amministrativa. Chiunque, avendo in custodia una cosa 

109

inerente al vincolo costituito con il sequestro disposto nel corso di un procedimento, 

incriminando sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione, deterioramento delle 

cose sottoposte a sequestro e violazione dei doveri inerenti alla loro custodia ad opera 

dell'incaricato di pubblico servizio di custodia. 

Qualora all’Alto Commissario pervengano segnalazioni aventi ad oggetto una delle 

fattispecie delittuose ora esaminate, ovvero il medesimo intenda attivarsi di propria 

iniziativa, ha inizio la sua attività di indagine e accertamento; se da tali investigazioni 

emerge una precisa responsabilità penale a carico del pubblico funzionario, l'organismo 

provvede ad inoltrare denuncia dei fatti di reato all'Autorità giudiziaria (art. 5 d.P.R 

258/2004). 

3. Fatti integranti responsabilità amministrativa, contabile e disciplinare del pubblico 

dipendente 

L'Alto Commissario, oltre ad indagare sui fenomeni di corruzione e di illecito (art. 2 c. 2 

lett. a d.P.R. 258/2004), monitora procedure contrattuali e di spesa nonché 

comportamenti ed atti da cui possa derivare danno erariale (art. 2 c. 2 lett. c), effettua 

accertamenti su soggetti dell’amministrazione interessati a procedure amministrative e 

contabili (art. 2 c. 3), provvedendo a denunciare alla Corte dei Conti, nei casi previsti 

dalla legge, i fatti in cui sia ravvisabile danno erariale (art. 5 c. 1) nonché a trasmettere 

apposita relazione informativa alle amministrazioni, specificando gli eventuali profili di 

rilievo disciplinare, qualora dagli accertamenti compiuti emergano fatti rilevanti ai fini 

della responsabilità amministrativa e disciplinare dei pubblici dipendenti (art. 5 c. 3). 

E’ palese pertanto come lo spettro oggettivo dell'operato dell'Alto Commissario non sia 

stato circoscritto alle fattispecie aventi rilevanza strettamente penalistica ma sia atto a 

ricomprendere al proprio interno anche ipotesi riconducibili nell'ambito della 

responsabilità amministrativa, contabile e disciplinare del pubblico dipendente. 

Da ciò emerge chiaramente quanto ambizioso sia il progetto di prevenzione e contrasto 

dell'illiceità, genericamente intesa, all’interno della pubblica amministrazione che il 

Legislatore ha affidato alle cure dell'Alto Commissario: non si tratta infatti di un 

intervento limitato ai fatti più gravi, riconducibili in quanto tali alla sfera penale, bensì 

sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'Autorità amministrativa, per 

colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione o la soppressione, è 

punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309. 

A. Pagliaro, op.cit., pp.325-342. 

110

di un'azione capillare estesa ad ogni profilo di illegalità così da perseguire una totale 

responsabilizzazione del pubblico funzionario rispetto all'incarico ricoperto, eliminando 

qualsiasi spazio di tolleranza nei confronti di pratiche illecite, di qualsiasi natura siano, 

con lo scopo ultimo di epurare l'amministrazione da logiche clientelari e parziali, 

rendendola viceversa il più conforme possibile a quell'ideale di struttura imparziale, 

corretta e responsabilizzata cui quanto meno astrattamente dovrebbe tendere. D'altra 

parte, il fatto che il neo-costituito organismo anti-frode si occupi anche di responsabilità 

amministrativa è rappresentativo di una precisa volontà legislativa non solo di 

promuovere il rispetto della legalità, ma anche di incentivare la diligenza professionale 

del pubblico dipendente, sul cui comportamento vigila aggiuntivamente anche l’Alto 

Commissario. 

L'art. 28 Cost., nel fissare la responsabilità dei funzionari e dei dipendenti dello Stato e 

degli enti pubblici per gli atti compiuti in violazione di diritti, ha introdotto un precetto 

di carattere generale che vede chiamati a rispondere dei danni arrecati al patrimonio 

pubblico tutti coloro che nell'esercizio delle rispettive funzioni abbiano determinato o 

concorso a determinare un depauperamento erariale. Mentre la responsabilità penale 

presuppone l’accertamento di un fatto costituente reato al fine della irrogazione di una 

pena, per la responsabilità amministrativa è richiesta la produzione di un illecito 

amministrativo, non necessariamente riconducibile alla condotta avente rilevanza 

penalistica: infatti vi saranno casi in cui il reato presuppone anche un danno 

patrimoniale (esempio tipico: l’appropriazione di denaro o beni della p.a.), altri in cui ne 

prescinde. In altri termini, non sempre i fatti che possono dar luogo a responsabilità 

penale coincidono con quelli che possono dare luogo alla responsabilità amministrativa. 

In ogni caso, anche ove i fatti fossero coincidenti, il giudizio penale e quello di 

responsabilità amministrativa sono autonomi e separati, non sussistendo una prevalenza 

del giudizio penale sugli altri giudizi 25 . 

25 La giurisprudenza prevalente ribadisce la piena autonomia dell'azione di responsabilità amministrativa 

da quella eventualmente intavolata di fronte al giudice ordinario, con l'unica conseguenza che, in caso di 

condanna definitiva del responsabile (e pienamente satisfattoria del danno per la p.a.) innanzi a 

quest'ultimo giudice, può venire meno l'interesse ad agire del PM contabile ai sensi dell'art. 100 del c.p.c. 

In ragione dei profili caratterizzanti la responsabilità amministrativa, nonché del rinnovato rilievo della 

sua connotazione preventivo-sanzionatoria, appare di conseguenza logica l'attribuzione di tale 

responsabilità ad un giudice speciale dotato di specifica cultura e preparazione e quindi meglio in grado di 

valutare i vari aspetti da considerare per determinare la misura della responsabilità, e quindi del 

risarcimento con riferimento al comportamento degli amministratori. Così: L. Cimellaro, Ancora a 

proposito dell'esclusiva in capo alla Corte dei conti dei giudizi di responsabilità amministrativa, Riv. C. 

conti, n. 3/2001, p. 367. 

111

I giudizi di responsabilità amministrativa e contabile dei pubblici funzionari rientrano 

nella giurisdizione contabile attribuita alla Corte dei conti ex art. 103 c. 2 Cost 26 , la 

quale corte ha ritenuto che “il Legislatore, prevedendo espressamente l’obbligo di 

denuncia di danno erariale a carico dell’Alto Commissario per la prevenzione e il 

contrasto della corruzione, ha voluto creare un ulteriore strumento di disincentivazione 

delle attività corruttive poste in essere nella pubblica amministrazione” 27 . La 

responsabilità amministrativa del pubblico dipendente 28 (art. 52 T.U. Corte dei conti; 

E’ altresì da escludersi la violazione del principio del ne bis in idem perché, nel caso in cui il responsabile 

dovesse corrispondere delle somme a ristoro del danno accertato innanzi al giudice civile, le somme 

eventualmente corrisposte possono essere contabilizzate in sede di esecuzione dell'eventuale sentenza di 

condanna emessa anche dalla Corte dei conti. 

26 Per lo svolgimento del giudizio di responsabilità amministrativa e del giudizio di conto: F.G. Scoca, 

Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2003, pp. 48 ss.; P. Virga, Diritto amministrativo.Atti e 

ricorsi, Giuffrè, 2001, pp. 411 ss. 

Per quel che concerne il giudizio di responsabilità, si rammenti tuttavia che la giurisdizione della Corte 

dei conti non si estende agli amministratori degli enti pubblici economici, comprese le aziende 

municipalizzate, per i danni derivanti dalla loro attività imprenditoriale, poiché per tali enti sussiste la 

giurisdizione del giudice ordinario, come costantemente affermato dalla giurisprudenza (Cass. Ss.Uu.Civ. 

02.10.1998, n. 8780). 

Corte dei Conti, Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per L’Emilia Romagna, Relazione 

del Procuratore Regionale Ignazio Del Castello in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 

2004: nei giudizi di responsabilità la condanna può avere ad oggetto ipotesi di danno all’immagine, di 

danno da disservizio in casi di concussione, corruzione e illeciti contabili, azioni di rivalsa per danni 

risarciti a terzi dall'amministrazione in seguito a condanna in sede civile (c. d. danno indiretto), illegittimo 

conferimento di incarichi a soggetti estranei all’amministrazione, illegittima corresponsione di 

emolumenti a personale del servizio sanitario, truffe militari, appropriazione di beni pubblici, illeciti 

contabili, danni prodotti a beni dell'amministrazione in connessione con la circolazione stradale, danni 

prodotti da magistrati ordinari nello svolgimento di funzioni amministrative. 

27 Relazione della Corte dei Conti sull'inaugurazione dell'anno giudiziario 2005. 

28 E. Mele, La responsabilità dei dipendenti ed amministratori pubblici, Milano, 1991; V. Perulli, La 

responsabilità civile penale ed amministrativa degli amministratori pubblici, Milano, 1995; F. Staderini, 

Responsabilità amministrativa e contabile, Dig. Disc. Pub. XIII, 199; F. Staderini e A. Silveri, La 

responsabilità nella pubblica amministrazione, Cedam, Padova, 1998; AA.VV., I vari aspetti della 

responsabilità derivante dall'esercizio della funzione dirigenziale nella p.a., Milano, 1999, pp.205 ss.; E. 

Casetta, op.cit. pp.570 ss; F. Garri, Responsabilità amministrativa (voce), Enc. Giur., Roma, Istituto della 

enciclopedia italiana Treccani, XXXII voll., 1988-1994; V. Sechi, La responsabilità amministrativa del 

dipendente dell’ente locale, monografia del 6 aprile 2001, reperibile su http://www.diritto.net; L. 

Mastroniani, Le nuove frontiere della responsabilità amministrativa: operatori pubblici e danno erariale, 

rivista on-line Diritto&Giustizia; Corte dei Conti, Le funzioni giurisdizionali in materia di responsabilità 

amministrativa e contabile,documento reperibile on line su http://www.corteconti.it. 

Per quanto concerne le fonti normative in materia: il r.d. 2440/1923, recante disposizioni sulla contabilità 

generale dello Stato, agli artt. 82 e 83 stabilisce rispettivamente che “l'impiegato che per azione od 

omissioni, anche solo colposa, nell'esercizio delle sue funzioni, cagioni un danno allo Stato, è tenuto a 

risarcirlo”, e che “i funzionari di cui ai precedenti articoli sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei 

Conti”. Il r.d. 1214/1934 all'art. 13, c.1, enuncia: “La Corte giudica sulle responsabilità per danni 

arrecati all'erario da pubblici funzionari, retribuiti dallo Stato, nell'esercizio delle loro funzioni”; all'art. 44 

stabilisce: “La Corte giudica, con giurisdizione contenziosa, sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei 

cassieri e degli incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare denaro pubblico e di 

coloro che si ingeriscono senza legale autorizzazione negli incarichi attribuiti a detti agenti”; all'art. 52 

recita: “I funzionari impiegati e gli agenti, civili e militari, compresi quelli dell'ordine giudiziario e quelli 

retribuiti da amministrazioni, aziende e gestioni statali ad ordinamento autonomo, che nell'esercizio delle 

loro funzioni per azioni od omissioni imputabili anche a sua colpa o negligenza cagionino danno allo 

Stato e ad altra amministrazione dalla quale dipendono sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei 

112

artt.82 e 83 l.cont.) grava sui dipendenti pubblici per i danni causati allo Stato da azioni 

od omissioni poste in essere nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, in conseguenza 

di violazioni degli obblighi di servizio, cioè di un illecito amministrativo: rientrano nel 

novero dei danni rilevanti sotto questo profilo maggiori spese, minori incassi, 

danneggiamento di beni o danni arrecati a terzi 29 . La regola generale è che l'impiegato 

Conti”. Il d.p.r. n. 3 del 57, “Testo unico sugli impiegati civili dello Stato” ha dedicato l’intero capo II 

all'istituto in argomento, prevedendo all'art. 18 la “violazione degli obblighi di servizio” quale causa 

genitrice della responsabilità per danni cagionati allo Stato e, all'art. 19 la correlativa giurisdizione della 

Corte dei Conti. Il d.lgs. 165/2001 all'art. 55 richiama la disciplina vigente in materia di responsabilità 

amministrativa-contabile cui sottoporre i dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Dopo una lunga 

serie di provvedimenti, culminati con la legge 639/96, si è giunti ad una riformulazione dell'art. 1 della l. 

14 gennaio 1994, n. 20 là dove, da un lato appare individuato un quadro normativo di riferimento 

pressoché omogeneo, e dall'altro risultano chiaramente enucleati i seguenti corollari: a) la responsabilità è 

personale e non si estende agli eredi se non quando vi sia stato un previo arricchimento del dante causa 

responsabile riverberatosi in un indebito arricchimento degli eredi medesimi; b) la responsabilità sussiste 

esclusivamente per fatti ed omissioni commessi con dolo o colpa grave; c) la responsabilità non si estende 

al merito delle scelte discrezionali; d) fermo restando il c.d. potere riduttivo ex art. 52 r.d.1214/34, è 

legislativamente riconosciuto il beneficio della compensatio lucri cum damno a favore del responsabile 

per i vantaggi comunque conseguiti dalla p.a.; e) nel caso di deliberazioni di organi collegiali, la 

responsabilità è imputabile solo a coloro che hanno espresso voto favorevole; f) la responsabilità non si 

estende ai titolari di organi politici che in buona fede abbiano approvato, consentito o autorizzato 

l'esecuzione dei relativi atti; g) nel caso in cui il danno risulti cagionato da più persone vige la regola della 

parziarietà passiva dell'obbligazione risarcitoria, salvo la solidarietà passiva nei confronti di coloro che 

hanno agito con dolo o che abbiano conseguito un illecito arricchimento; h) la sussistenza della 

responsabilità amministrativa-contabile finanche a carico degli amministratori e dipendenti pubblici che 

abbiano cagionato un danno ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza. 

Quest'ultimo assunto trova un referente costituzionale nell'art. 98, primo comma Cost., secondo cui “i 

pubblici impiegati sono al servizio della nazione” e pertanto dell'intera collettività amministrata. Con il 

d.lgs. n. 76/2000 contenente “Principi in materia di contabilità delle Regioni”, il Legislatore ha fatto 

ricorso alla consueta tecnica normativa del rinvio, statuendo, all'art. 33, che “gli amministratori e i 

dipendenti della regione, per danni arrecati nell'esercizio delle loro funzioni, rispondono nei soli casi e 

negli stessi limiti di cui alla l. 14 gennaio 1994, n. 20 e l. 20 dicembre 1996, n. 639. Si applicano alle 

indicate ipotesi di responsabilità gli istituti processuali valevoli per i dipendenti delle amministrazioni 

statali”. Infine il Testo unico sull'ordinamento degli enti locali - d.lgs. n. 267/2000 - all'art. 93, oltre ad 

effettuare un chiaro rinvio alle disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello 

Stato, individua specificatamente altre categorie di soggetti sottoposti alle norme sulla responsabilità 

finanziaria. 

29 S. Cassese (a cura di), op.cit., pp.365 ss.: si rammenti che il soggetto danneggiato ingiustamente dal 

dipendente o dal funzionario nell'esercizio dei compiti propri del amministrazione può rivalersi non solo 

sullo stesso dipendente o funzionario, ma sull'amministrazione pubblica di appartenenza, le cui risorse 

sono naturalmente ben più ampie di quelle personali dell’agente e garantiscono quindi meglio il ristoro 

alla riparazione del danno. La responsabilità personale e diretta dei dipendenti e dei funzionari per gli atti 

compiuti in violazione dei diritti dei terzi, prevista dall'art. 28 Cost., è rinviata, quanto alla sua concreta e 

specifica disciplina, alle leggi ordinarie civili, penali, amministrative. Alcune norme generali sulla 

responsabilità dei dipendenti dei funzionari sono contenute nello Statuto del pubblico impiego (d.P.R. 

3/1957) in base alla cui disciplina la responsabilità personale del dipendente è limitata ai casi di violazioni 

commesse per dolo o colpa grave. Da ciò si trae come la connessione fra responsabilità dell'apparato 

responsabilità del dipendente non sussiste nei casi in cui il dipendente agisca per finalità strettamente 

personali, ed estranee all'attività della pubblica amministrazione nel qual caso manca la connessione fra il 

danno provocato e l'esercizio dei compiti dell'amministrazione e di conseguenza l'ente pubblico non deve 

rispondere dei danni arrecati dai propri dipendenti; l'impiegato risponde inoltre nei confronti 

dell'amministrazione dei danni arrecati a terzi nel caso in cui questi abbiano esperito con successo l'azione 

risarcitoria nei confronti dell'amministrazione. La responsabilità dell'amministrazione e la responsabilità 

del dipendente o del funzionario sono quindi in linea di principio coestese e concorrenti, con l'eccezione 

dei casi di colpa lieve, dei quali risponde solo all'amministrazione e dei casi di comportamento del tutto 

113

che per azione od omissione -anche solo colposa-, nell'esercizio delle sue funzioni 

cagioni danno allo Stato è tenuto a risarcirlo. La responsabilità amministrativa 

presuppone l'esistenza di un rapporto di impiego o di servizio con un'amministrazione 

pubblica, essendo assoggettati alla giurisdizione contabile tutti i “funzionari”, compresi 

quelli onorari e coloro che agiscono temporaneamente e occasionalmente nell'apparato 

organizzativo dell'amministrazione; essa insorge qualora il comportamento doloso o 

gravemente colposo del funzionario causi all'amministrazione 30 un danno erariale 

concreto ed effettivo. 31 L'azione amministrativa degli operatori pubblici può assumere 

manifestazioni differenti in relazione alla “quantità di potere decisorio” di cui 

dispongono per l'attuazione dei fini istituzionali prefissati dall'ordinamento. In linea di 

principio si può effettuare una triplice distinzione: attività priva di potere discrezionale, 

attività a potere discrezionale limitato, attività ad ampio potere discrezionale. Nel 

contesto pubblico si ravvisano molteplici fattispecie in cui l'agente risulta preposto a 

svolgere un'attività di mera attuazione della legge, per cui, in siffatte ipotesi, non 

sorgono problematiche circa la verifica della conformità della sua condotta alle regole 

normative. In altri termini, allorquando l'agente abbia posto in essere un'azione ovvero 

un'omissione in violazione immediata degli obblighi sottesi al rapporto che lo lega con 

la pubblica amministrazione, risulta agevolmente possibile individuare una condotta 

antidoverosa, e quindi generatrice di responsabilità, qualora al comportamento 

antigiuridico si accompagni la simultanea presenza degli ulteriori fattori (colpevolezza, 

nesso causale, danno) concorrenti a determinare la responsabilità amministrativa- 

contabile. Il concetto di antigiuridicità non è necessariamente legato all'illegittimità del 

provvedimento amministrativo scaturito dalla condotta antidoverosa, poiché la 

responsabilità amministrativa si fonda sulla contrarietà del comportamento dell'agente ai 

doveri del suo ufficio e non già sulla illegittimità dei provvedimenti. L'illegittimità 

dell'atto può costituire, tutt'al più, un potenziale elemento di giudizio per il giudice 

contabile, chiamato a giudicare principalmente sull'antigiuridicità della condotta del 

egoistico e personale dell’agente dei quali risponde solo la persona fisica che ha messo in atto la condotta 

estranea ai fini dell'amministrazione e ai compiti dell'apparato amministrativo. 

30 La Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti 

pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni ed enti diversi da quelli di 

appartenenza. 

31 Il danno erariale può consistere tanto in un danno emergente (perdita subita di beni o di valori) ovvero 

in un lucro cessante (mancata entrata finanziaria); esso può essere diretto, cioè cagionato alla stessa 

amministrazione, ovvero indiretto, cioè procurato a terzi nei cui confronti l'amministrazione, per 

condanna o transazione, sia tenuta a corrispondere un risarcimento. Nella determinazione del danno 

erariale si deve tenere conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione (compensatio lucri 

cum damno). 

114

funzionario 32 . Le considerazioni che precedono conducono a sostenere che il giudizio di 

responsabilità amministrativa innanzi alla Corte dei conti e quello di legittimità innanzi 

al Giudice amministrativo si palesino diversi sia per causa petendi sia per petitum: il 

primo giudizio, infatti, tende ad accertare l'esistenza di un danno erariale e mira ad una 

condanna risarcitoria, mentre il secondo tende ad accertare l'illegittimità di un atto 

amministrativo e a statuirne, se del caso, il relativo annullamento. Consegue che, in 

presenza di un atto amministrativo divenuto inoppugnabile, il giudice della 

responsabilità ha comunque cognizione piena nell'apprezzamento della liceità dei 

comportamenti degli amministratori che tale atto adottarono 33 . Al riguardo è 

significativa una recente pronuncia della Cassazione 34 secondo cui, ai fini della verifica 

della responsabilità, a seguito di danni derivati all'Amministrazione per indebiti 

inquadramenti retributivi disposti a favore di dipendenti pubblici, è irrilevante che il 

giudice amministrativo abbia preventivamente accertato l'illegittimità, o meno, dell'atto 

posto in essere dagli amministratori. Dunque, la semplice illegittimità di un atto 

amministrativo non è di per sé sufficiente a fondare la responsabilità degli autori. La 

questione diviene oltremodo complessa laddove non inerisca la stretta osservanza della 

legge, ma si polarizzi sul concetto di discrezionalità, che, come noto, trova un limite 

invalicabile nel raggiungimento dei fini istituzionali attraverso attività legate a canoni di 

logica e ragionevolezza. La giurisprudenza 35 , nell'esaminare la fattispecie concreta, 

32 C. conti, sez. riunite, n. 269 del 23.03.1981. 


34 Cass., Ss. Uu., n. 469 del 10.07.2000. 

35 C. conti, sez. giur. Puglia, 29.03.1999, n. 24 ; C. conti, sez. giur. Lazio, 17.02.1998, n. 20 ; C. conti, 

sez. giur. Toscana, 09.10.1996, n. 492 ; C. conti, sez. riunite, 03.06.1996, n. 30. Un'ulteriore problematica 

afferisce all'individuazione di ipotesi di responsabilità nelle “gestioni societarie” poste in essere dagli Enti 

locali. La materia ha costituito oggetto di una disciplina legislativa pressoché organica, ora trasfusa negli 

artt. 112 ss. del d.lgs.267/2000, in cui si riconsacra il principio di attribuzione agli enti locali del potere di 

perseguire i fini collettivi attraverso la costituzione o la partecipazione in enti, anche con distinta 

personalità giuridica, allo scopo di garantire la fornitura di servizi pubblici tramite strutture meno 

burocratizzate ma pur sempre in funzione strumentale alla realizzazione degli interessi collettivi. 

Naturalmente la relazione tra l'ente locale e l'ente strumentale varia al variare degli assetti e del potere di 

controllo di cui il primo dispone sul secondo. In linea di principio, tutte le volte in cui l'ente rappresenti 

uno strumento organizzativo (diretto e indiretto) dell'ente pubblico, sorge l'obbligo per quest'ultimo di 

attendere ai doveri di controllo previsti dalla legge, con particolare riguardo al controllo sulla gestione 

finanziaria, giacché la mala gestio dell'ente controllato avrebbe ripercussioni sul patrimonio collettivo, 

senza che assuma alcun rilievo la previsione di un'autonoma personalità giuridica dell'ente medesimo. 

Qualora il perseguimento dei fini sociali avvenga attraverso la costituzione o la partecipazione in società 

per azioni, la legge, allo scopo di contenere i rischi di un andamento economico negativo della società, 

non consente l'azionariato unico dell'ente locale, poiché, in tal modo, si metterebbe a serio repentaglio il 

patrimonio di questi in ragione della illimitata responsabilità patrimoniale gravante sull'unico socio di 

società commerciali, arrecando, quindi, un forte pregiudizio al denaro collettivo confluito nelle casse 

dell'ente locale. La giurisprudenza (C. conti, sez. giur. Lazio, 10.09.1999, n. 1015), in linea con i principi 

suesposti, ha riconosciuto la responsabilità per culpa in vigilando a carico dei Sindaci di un Comune che 

nel corso del loro mandato avevano omesso di controllare il generale andamento della gestione di una 

115

verifica se il funzionario abbia posto in essere un'azione improntata ai criteri di 

efficienza, economicità, efficacia ed imparzialità, tali da guidarlo verso una reale 

soddisfazione degli interessi collettivi 36 . Va, però, tenuto presente il diverso atteggiarsi 

s.p.a. (costituita per la gestione di un servizio sociale), tralasciando di esercitare l'azione sociale di 

responsabilità nei confronti degli amministratori di questa resisi responsabili di una gestione sprezzante 

delle regole di economicità, efficienza ed efficacia. Per di più, nel caso de quo, essendo l'ente locale 

risultato l'unico azionista della società, è emerso con immediatezza il grave pregiudizio per la finanza 

pubblica dovuto ai sistematici finanziamenti che il Comune erogava al fine di coprire le costanti perdite 

generate dalla cattiva gestione della s.p.a. Nella gestione degli apparati pubblici vige il principio generale 

secondo cui la p.a. deve espletare le attività di rispettiva competenza avvalendosi dei propri organi ed 

uffici. Tuttavia, il ricorso all'opera di soggetti esterni risulta consentito nei casi previsti dalla legge ovvero 

in relazione ad eventi straordinari non superabili con la struttura burocratica esistente e giustificati dalla 

straordinarietà del caso (C. conti, sez. App. III, 22.03.1999, n. 55; C. conti, sez. App. I, 09.11.1998, n. 

313). 

36 Ad ogni modo, al fine di orientare le scelte amministrative ai criteri di economicità, efficacia ed 

efficienza, è opportuno che si effettui un'attenta valutazione del grado di convenienza, in termini di 

rapporto costi/benefici, con particolare riguardo a quelle consulenze che hanno ad oggetto attività 

rientranti nella competenza degli uffici dell'ente. Alla luce delle considerazioni che precedono, è 

plausibile ritenere che possa escludersi la responsabilità dei dirigenti di un ente pubblico, i quali abbiano 

affidato consulenze a studi legali esterni nonostante disponessero di uno staff di avvocati incardinato nel 

disegno organizzativo dell'ente medesimo, laddove si dimostri, ad esempio, che i propri legali risultavano 

tutti assorbiti dal contenzioso pendente, ovvero che la consulenza riguardava materie particolarmente 

complesse (consulenze in materia di diritto internazionale, di diritto comunitario, ecc.). In ogni caso, 

qualora dovessero ravvisarsi ipotesi di responsabilità, nella quantificazione del danno non può comunque 

prescindersi dal computo dei vantaggi realizzati dalla p.a. avvalsasi della consulenza esterna (C. conti, II 

sez. giur. centr., n.164 del 15.05.1997). Analoghe questioni appaiono prospettabili in relazione alla 

riscossione dei tributi (imposte, tasse, oneri di urbanizzazione, etc.), attività preminente dello Stato nel 

raggiungimento dei fini sociali. Come noto, la pubblica amministrazione dispone di poteri coercitivi 

attraverso i quali procedere al recupero coattivo di tributi non versati; è altrettanto noto che, in virtù della 

“certezza dei rapporti giuridici”, siffatti poteri vanno esercitati con modalità ed entro i termini stabiliti 

dalla legge. Orbene, in caso di mancata attuazione delle procedure d riscossione dei tributi da parte del 

pubblico funzionario entro il prescritto arco temporale, sorgerebbe a carico di quest'ultimo un obbligo 

risarcitorio verso l'erario, in termini di minori entrate, per avere vanificato con la sua condotta le ragioni 

di credito della p.a. verso i soggetti inadempienti. Con una recentissima pronuncia, la Corte dei conti (C. 

Conti, sez. giur. Lazio, n. 348 del 22.01.2001), in applicazione di questi principi, ha ritenuto sussistere la 

responsabilità del segretario comunale per il danno arrecato al Comune a causa della mancata riscossione 

della T.O.S.A.P. In proposito, sebbene appaiano condivisibili le ragioni fondanti la sussistenza della 

responsabilità, non va sottaciuta una precisazione fondamentale: non risulterebbe logicamente accettabile 

una decisione che ponesse a carico del pubblico funzionario l'intero credito erariale non riscosso, poiché 

nel giudizio di responsabilità deve tenersi conto delle circostanze, non remote, che avrebbero comunque 

resa infruttuosa un'azione di recupero esiziale intentata nel rispetto dei termini fissati dalla legge; basti 

pensare ai numerosi contribuenti debitori privi di beni assoggettabili ad esecuzione coattiva, ovvero al 

sorgere di una potenziale contestazione sulla pretesa erariale dinanzi al giudice tributario conclusasi poi 

con l'accertamento della illegittimità di detta pretesa. E' evidente che siffatte circostanze sono addirittura 

idonee ad escludere la sussistenza della responsabilità amministrativa-contabile in capo all'operatore 

pubblico che dimostri di non aver proceduto al recupero erariale proprio al fine di evitare ulteriori e inutili 

costi a carico del bilancio pubblico, e quindi di avere tenuto un comportamento assolutamente rispettoso 

delle finalità istituzionali. Per concludere, nell'ambito delle principali condotte amministrative suscettibili 

di responsabilità finanziaria, vanno annoverate tutte quelle azioni poste in essere in violazione di interessi 

legittimi di cittadini, i quali abbiano poi ottenuto una sentenza di condanna contro la p.a. alla rimessione 

in pristino dello status quo ante e/o al pagamento di somme di denaro a loro favore. Con la sentenza 

500/99 è stata finalmente consacrata la risarcibilità degli interessi legittimi, ora normativizzata dalla legge 

205/2000 che consente al giudice amministrativo di condannare la p.a. per i danni arrecati agli 

amministrati a causa di provvedimenti illegittimi. Il Giudice Amministrativo, in alcuni casi, ha già 

condannato pesantemente la pubblica amministrazione a rifondere i danni cagionati. Sul tema si annotano 

pronunce in materia di appalti pubblici, in cui oltre ad annullare le procedure di aggiudicazione ( come 

avveniva per il passato) si condanna la p.a. aggiudicatrice a risarcire le imprese illegittimamente escluse 

116

della discrezionalità ai fini di una corretta valutazione della condotta dell'operatore 

pubblico. Qualora questa appaia aprioristicamente limitata all'applicazione delle regole 

del “sapere scientifico” (c.d. discrezionalità tecnica), l'analisi dell'antigiuridicità del 

comportamento risulta facilitata in quanto diretta essenzialmente a verificare 

l'applicazione corretta o meno delle regole specialistiche. Ad una tale verifica si giunge 

sovente tramite il ricorso alla consulenza tecnica 37 . Problematiche alquanto diverse 

sorgono in seno ai giudizi aventi ad oggetto le attività caratterizzate da un ampio potere 

discrezionale in cui la condotta del funzionario va valutata in termini di opportunità, 

soprattutto laddove questi abbia dovuto effettuare una ponderazione degli interessi 

pubblici coinvolti. A questo proposito il Legislatore, all'art. 1 primo comma della l. 

20/1994, in ossequio al principio di separazione dei poteri, ha statuito “l'insindacabilità 

nel merito delle scelte discrezionali”. Da un'attenta esegesi della norma emerge che lo 

stesso legislatore non ha voluto escludere il sindacato sulla discrezionalità, all'opposto 

ha inteso fissare una linea di demarcazione oltre la quale il giudice non può spingersi. 

Sebbene la distinzione tra discrezionalità e merito non sempre si manifesti con estrema 

chiarezza, rimangono fermi i principi, unanimemente accolti in dottrina e 

giurisprudenza, secondo cui il sindacato sull'attività discrezionale dell'operatore 

pubblico rappresenta uno strumento di legalità volto a verificare che l'uso del potere 

discrezionale non trasmodi in arbitrio e quindi non si estrinsechi in scelte prive di 

qualsivoglia contenuto minimo di ragionevolezza. D'altro canto, non può essere 

assolutamente sindacata una scelta discrezionale qualora non si palesi illogica e non 

dall'aggiudicazione, a titoli di danni patiti a causa del mancato guadagno e dell'utile economico che 

sarebbe derivato in caso di regolare aggiudicazione dell'appalto (T.A.R. Catania, n. 1559 del 12.08.2000 e 

n. 1699 del 20.09.2000). Si rinvengono, altresì, numerose decisioni di condanna della p.a. alle spese di 

soccombenza del giudizio per non aver tenuto alcun conto, in sede amministrativa, di istanze prima facie 

fondate presentate da taluni cittadini e per avere inoltre, con difese temerarie in sede giudiziaria, 

perseverato nella non curanza delle legittime aspettative dei cittadini medesimi. Al riguardo, la Corte dei 

conti (C. conti, sez.giur. Umbria n. 284/1997), ha individuato un'ipotesi di responsabilità amministrativa a 

carico di un Sindaco e dei componenti della giunta, per avere, rispettivamente, perseverato nell'illegittimo 

diniego di rilascio di copie documentali, e per aver temerariamente deliberato di resistere nel successivo 

giudizio innanzi al giudice amministrativo, conclusosi con la condanna della p.a. alle spese di 

soccombenza a causa della condotta antigiuridica degli operatori pubblici. Da: L’azione amministrativa 

contraria ai fini istituzionali, in L. Mastronani, op.cit. 

37 A titolo meramente pragmatico, si può citare il caso di un chirurgo chiamato a rifondere le spese 

sostenute dall'azienda ospedaliera per il risarcimento danni a favore dei familiari di un paziente deceduto 

a seguito di un intervento operatorio. Il ruolo del giudice contabile, in siffatta ipotesi, consiste 

prevalentemente nel verificare se il chirurgo abbia applicato correttamente tutte quelle regole 

specialistiche di cui si avvale la scienza in quel preciso momento storico. 

117

contrasti in maniera evidente con criteri di economicità ed efficienza 38 e non si 

concretizzi in una evidente abnorme violazione di ogni principio di ragionevolezza 39 . 

Una particolare forma di responsabilità amministrativa è la responsabilità contabile, 40 

che si origina in conseguenza dell'inadempimento dell’obbligo gravante sugli agenti 

contabili di restituire i valori avuti in consegna. Essa grave sugli agenti contabili 

dell'amministrazione 41 , cioè coloro che, avendo il maneggio di denaro e di valori 

contabili, sono tenuti a presentare il conto giudiziale della loro gestione, cioè a 

documentare i risultati della gestione effettuata rendendo conto dei beni e dei valori di 

cui abbiano disposto, dimostrando le diverse operazioni svolte nel corso della gestione 

(art. 45 T.U. Corte dei Conti): nel caso in cui il contabile non adempia a tale obbligo, il 

conto viene compilato d'ufficio da parte dell'amministrazione, la quale invita il contabile 

ovvero i suoi aventi causa a riconoscerlo e a sottoscriverlo entro un termine, trascorso il 

quale, il conto s’intenderà accettato e trasmesso. La presentazione del conto giudiziale, 

avvenuta spontaneamente o per imposizione dell'amministrazione, costituisce l'agente 

dell'amministrazione in giudizio, il che significa che il relativo giudizio di conto si 

instaura necessariamente con la presentazione del conto giudiziale, indipendentemente 

dall'esistenza di una controversia. D'altra parte gli agenti contabili rispondono, oltre che 

della loro gestione personale, dell'operato dei dipendenti di cui si avvalgono nel proprio 

ufficio (art. 188 reg.cont.), in virtù del fatto che compito proprio del contabile è 

riassumere su di sé l'intera gestione, curandone l’organizzazione ed il funzionamento, 

avvalendosi correlativamente dei poteri gerarchici che gli consentono di prevenire 

colpevoli omissioni di inosservanza di leggi, regolamenti e prescrizioni di servizio da 

parte dei dipendenti. Nell’ambito della generale obbligazione di risultato cui il contabile 

è tenuto, si ritiene tuttavia che la sua responsabilità contabile per il fatto degli ausiliari 

esuli quando gli illeciti posti da questi in essere siano stati subdoli e scopribili solo con 

un completo rifacimento delle operazioni nonché per l'ipotesi in cui l'ausiliario, cui sia 

stata conferita transitoriamente ed in via fiduciaria la funzione contabile, abbia 

esautorato il titolare - nel qual caso la responsabilità di natura contabile viene a gravare 

direttamente sull’ausiliario-; si è altresì esclusa la responsabilità contabile del titolare 

38 C. conti, sez. giur. Sicilia, n. 165 del 17.06.1999. 


40 O. Sepe, Aspetti sostanziali e processuali del giudizio di conto, in Studi per Benvenuti; R. Arcidiacono, 

La resa del conto giudiziale degli agenti contabili, Com. d’It., 1999; F. Garri, Responsabilità contabile 

(voce), Enc. Giur. cit. 

41 Tali sono considerati oltre ai contabili di diritto (tesorieri, economi, consegnatari di beni), anche i 

contabili di fatto, cioè coloro che si inseriscono nel maneggio del denaro o dei beni.(C. conti, sez. riunite, 

n. 167/1974; C. conti, sez. giur. Liguria, n. 916/1997). 

118

dell'ufficio qualora le funzioni di maneggio di beni pubblici siano state affidate a 

soggetti diversi dal titolare sulla base di atti organizzativi interni, nel qual caso il titolare 

potrebbe semmai essere perseguito per difetto di vigilanza. 42 

Infine i profili attinenti alla responsabilità disciplinare 43 sono regolati dall’art. 55 d.lgs. 

165/2001 il quale, oltre ad imporre alcune garanzie a favore del dipendente nel corso del 

procedimento disciplinare, prevede la definizione ad opera dei contratti collettivi della 

tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni. Il dipendente pubblico è infatti 

soggetto al potere direttivo e disciplinare dell'amministrazione: il potere direttivo si 

esercita in particolare attraverso la definizione di un Codice di comportamento (art. 54 

d.lgs. 165/2001) 44 , il quale si fonda sul principio per cui il dipendente deve perseguire 

esclusivamente l'interesse pubblico e deve ispirare le proprie decisioni ed i propri 

comportamenti alla cura dell'interesse pubblico che gli è affidato. L'inosservanza delle 

norme del codice di comportamento, tuttavia, espone il dipendente al potere disciplinare 

dell'amministrazione solo nel caso in cui tali norme siano fatte proprio dai contratti 

collettivi. Se i contratti definiscono le infrazioni e le sanzioni disciplinari, la legge 

regola il procedimento per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari: il capo della struttura 

presso cui il dipendente lavora segnala l'infrazione ad un apposito ufficio per i 

procedimenti disciplinari, il quale comunica tempestivamente al dipendente la 

contestazione degli addebiti e, successivamente, lo convoca per consentirgli di essere 

sentito a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore o di un rappresentante 

sindacale; sentito il dipendente, l'ufficio istruisce il procedimento disciplinare ed applica 

la sanzione, oppure comunica all’interessato la chiusura del procedimento, che 

comunque non può protrarsi oltre il termine di 120 giorni dalla contestazione degli 

addebiti. Considerato poi che alcuni comportamenti del dipendente pubblico possono 

dar luogo, contemporaneamente, a responsabilità disciplinare e a responsabilità penale 

(si pensi, ad esempio, al ritardo nell'emanazione dell'atto amministrativo, il quale allo 

stesso tempo integra un'ipotesi di illecito disciplinare e di reato ex art.328 c.p.), esiste 

anche una disciplina legislativa dei rapporti fra i due tipi di procedimento, che in 

passato erano considerati affini: la l. 97/2001 in particolare dispone che la sentenza 

penale irrevocabile di condanna ha effetti di giudicato, nel corrispondente procedimento 

disciplinare, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale 

42 

C. conti, sez. riunite, n. 48/1965; C. conti, sez. II, nn. 82/1974, 1/1975, 133/1976, 167/1977; C. conti, 

sez. I, n. 88/1975. 

43 

E. Casetta, op.cit., pp.144, 306 e 365; S. Cassese (a cura di), cit., p. 139. 

44 

Per il cui contenuto si rinvia supra cap.I. 

119

e della circostanza che l'imputato lo abbia commesso. In sede disciplinare, di 

conseguenza, l'amministrazione può valutare, ai fini delle sanzioni da applicare, il 

comportamento tenuto dal dipendente, ma non può escludere che questi abbia tenuto 

quel comportamento e che esso costituisca un reato 45 . 

Emerge che la funzione di monitoraggio delle procedure contrattuali affidata all’ Alto 

Commissario ex art. 2,c. 2, lett. c), d.P.R. 258/2004, affinché questi verifichi l’eventuale 

sussistenza di danno erariale, “costituisce un forte ampliamento delle attività 

dell’organismo e una chiave di lettura delle altre forme di illecito di cui si deve 

occupare: infatti, tali forme di illecito devono essere intese come ulteriori forme di 

illecito nell’ambito della pubblica amministrazione. Non si può non notare la particolare 

attenzione che il Legislatore ha riservato alle ipotesi di danno erariale e, quindi, 

all’equilibrio finanziario in generale e, in ultima analisi, alla connessa e conseguente 

giurisdizione del giudice contabile in materia, al quale è affidata l’osservanza di 

comportamenti leciti e puntuali nell’interesse generale della collettività” 46 . 

3.1. In particolare: il danno erariale conseguente ad attività di corruzione 

Per consolidata giurisprudenza, le vicende di malaffare e di illecito profitto, fonte di 

responsabilità per il pubblico dipendente, sono produttive di un danno erariale la cui 

risarcibilità si estende anche a profili non aventi natura strettamente patrimoniale: 

l'azione di responsabilità amministrativa, necessaria ed irrinunciabile, è diretta infatti 

all’accertamento non solo del danno o della quota del danno addebitabile per ciascun 

comportamento causativo di nocumento finanziario per l'amministrazione, ma anche per 

il ristoro del danno non patrimoniale derivante da reati 47 . Alla luce di recenti sentenze 48 

45 S. Cassese (a cura di), cit, pp.138-140. 

46 Relazione della Corte dei Conti sull'inaugurazione dell'anno giudiziario 2005. 

47 R. Arrigoni, Moralità pubblica e danno non patrimoniale dinanzi alla Corte dei conti, Riv.amm., II, 

1994, pp.102 ss; L. Impeciati, Danno morale: configurabilità e risarcimento nei confronti della p.a., 

T.a.r., II, 1994; M. Perin, Tipologia di danni erariali conseguenti ad attività di corruzione e concussione 

nella P.A.: danno da tangente, danno da disservizio e lesione all’immagine pubblica, Giust. amm, 2002, 

pp.391 ss.; S. Nappi, Confisca e sequestro preventivo per i delitti contro la pubblica amministrazione 

nella legge 27 marzo 2001,n. 97, http://www.amcorteconti.it. 

Per quel che riguarda la problematica relativa ai rapporti tra percezione illecita di somme di denaro (c.d. 

tangente) da parte di pubblici funzionari e configurazione della responsabilità amministrativa a carico 

degli stessi, nell'ambito degli appalti pubblici e di tutte quelle ulteriori procedure volte all'acquisizione di 

beni e servizi in favore della p.a., risulta ormai consolidato l'orientamento che riconosce la giurisdizione 

della Corte dei conti in materia (Cass., Ss.Uu., 02.04.1993, n. 3970; Cass., Ss.Uu., 04.04.2000, n. 98; C. 

conti, sezioni riunite, 25.10.1996, n. 63; C. conti, sez. giur. Piemonte, 20.10.1999, n. 1634). Pur non 

negandosi la giurisdizione del giudice contabile, è utile sottolineare che la percezione di tangenti non 

costituisce di per sé il fondamento della responsabilità, occorrendo al riguardo, la dimostrazione della 

120

-pronunciate soprattutto in materia di gestione degli appalti pubblici- la responsabilità 

amministrativa del pubblico dipendente, derivante da sistematiche pratiche corruttive e 

di concussione da questo poste in essere nell’esercizio della propria funzione, dà luogo 

ad un danno erariale pluri-articolato in: danno da tangente, danno da disservizio, danno 

da lesione all'immagine pubblica. La prima tipologia di danno è determinata, ad 

esempio, dal maggior costo dell'appalto per effetto delle erogazioni illecite agli 

amministratori o dal nocumento finanziario subito dall’amministrazione per l’ipotesi in 

cui il funzionario dell'amministrazione finanziaria, destinatario di somme versate 

illecitamente, venga meno al proprio dovere di accertamento tributario 49 ; la seconda 

consta nella lesione dei beni del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica 

amministrazione; la terza è rappresentata dal pregiudizio all'immagine pubblica e 

all’onorabilità dell'ente esponenziale. 

In particolare, per quanto riguarda il danno da tangente, la tangente è stata ritenuta 

come ingiusto danno contabile, da risarcire da parte del percettore, sulla base della 

constatazione che l'imprenditore non farà mai gravare il costo della tangente sul proprio 

bilancio, ma su quello dell'amministrazione, dal momento che recupererà le somme 

illecitamente versate, con un maggiore risparmio sui lavori effettuati e/o con una 

lievitazione dei costi. A questo si aggiunga che il percettore della tangente non vanta 

alcun legittimo titolo per trattenerla per sé, con la conseguenza che essa deve essere 

acquisita dall'amministrazione. D'altra parte nessun operatore economico verserà 

somme a dipendenti pubblici solo per fare regali a titolo di amicizia, ma solo perché 

quel tale amministratore o dipendente si trova a coprire un determinato posto nella 

pubblica amministrazione, attraverso il quale può, ad esempio, determinare o meno la 

compresenza degli ulteriori elementi che la caratterizzano. In proposito, la stessa Corte de conti (C. conti, 

sez. giur. Toscana, 06.10.1999, n. 1098, fattispecie in cui è stata esclusa la responsabilità del Sindaco di 

un Comune poiché la lievitazione dei costi, derivante dall'indebito concordamento di un nuovo prezzo, 

non era imputabile al Sindaco (percettore della tangente), bensì alla condotta del personale tecnico 

addetto alla direzione e contabilità dei lavori.), oltre non ravvisare la responsabilità del funzionario - per 

la percezione di "tangenti" connesse alla aggiudicazione di appalti - in mancanza della prova del rapporto 

tra la dazione illecita ed il maggior costo dell'opera o del servizio, considera l'importo delle tangenti un 

elemento sì utile alla determinazione del pregiudizio erariale ma non un fattore risolutivo e idoneo a 

stabilire una apodittica corrispondenza tra l'importo delle dazioni illecite e l'entità del danno (C. conti, 

sez. giur. Friuli Venezia Giulia, 29.12.1998, n. 435). 

48 C. conti, sez. I, n.139/1994; C. conti, sez. giur. Lazio, n. 156/1997; C. conti, sez. giur. Lombardia, n. 

986/ 1999; C.conti, III, sez. centrale sent.242/2000; C. conti, sent. III, sez.centrale, n. 21A/2001 ;C. conti, 

sez. giur. Abruzzo del 18.02.2002; C. conti, sez. giur. Lombardia, n. 35/2005 e 804/2005; C. conti, sez. 

giur. Veneto, n. 304/2005. 

49 La giurisprudenza ha altresì messo in evidenza che la percezione di tangenti da parte del personale 

dell'amministrazione finanziaria si accompagna spesso a un vero e proprio danno nascente dalla 

propensione dei contribuenti a porre in essere azioni di elusione ovvero di evasione fiscale (C.conti, sez.I, 

n. 16/2002). 

121

scelta di una ditta aggiudicataria di appalti pubblici, addivenendo così ad un turpe 

negotium che l'ordinamento non può consentire 50 . Sotto questo profilo si evidenzi che il 

codice penale prevede all'art. 322ter e all'art. 335bis la confisca dei beni che 

costituiscono il prezzo o il profitto dei reati di cui agli artt. da 314 a 320; d'altra parte la 

l. 97/2001 impone anche accertamenti patrimoniali da parte della Corte dei conti sui 

soggetti condannati per i reati contro la pubblica amministrazione, poiché non è detto 

che l'oggetto della confisca corrisponda integralmente a quanto il dipendente infedele è 

riuscito a lucrare ai danni della collettività. Tale accertamento potrà servire per 

individuare quei cespiti che, in qualche maniera, siano sfuggiti all'accertamento del 

giudice penale. Appare poi criticabile l'orientamento di qualche sentenza 51 che non 

individua una responsabilità erariale in virtù della sola percezione di un tangente in 

relazione all’aggiudicazione di un appalto, senza che venga fornita la prova tra tale 

illecito e il maggior costo dell'opera: la debolezza di tale impostazione strettamente 

formalista si ravvisa nel fatto che nessun amministratore o funzionario può trattenere 

per sé somme illecitamente introitate in ragione dell'ufficio ricoperto, perché se il 

percettore della tangente non avesse rivestito quel determinato incarico pubblico, 

nessuno gli avrebbe mai dato quelle somme destinate comunque ad alterare i regolari 

equilibri di mercato cui si sarebbe dovuta attenere la p.a. nel rispetto dei canoni di 

legalità, efficienza ed economicità. In quest’ottica il malcostume presente nella pubblica 

amministrazione per fenomeni corruttivi non può essere lasciato esente da sanzione e da 

responsabilità per danno erariale. Avendo lo stesso Legislatore con la l. 97/2001 

previsto l'obbligo di disporre accertamenti patrimoniali a carico dei dipendenti 

condannati in relazione a fattispecie criminose contro la pubblica amministrazione per 

fini patrimoniali quali corruzione, concussione, peculato (art. 6 c. 2-3, e art. 7), è ovvio 

che una volta accertato in capo al dipendente pubblico un patrimonio acquisito 

attraverso l'uso illecito della pubblica funzione e per fini di arricchimento personale, 

questo patrimonio dovrà in qualche maniera essere acquisito alla pubblica 

amministrazione per essere destinato a favore della collettività. Sulla quantificazione del 

50 Nel caso di corresponsione di “tangente” da parte di un imprenditore - allo scopo di aggiudicarsi un 

appalto - ad un pubblico funzionario, la somma oggetto di dazione diventerebbe un potenziale elemento 

di costo per lo stesso imprenditore, e quindi non può configurarsi come atto di liberalità. Invero, il 

versamento della “tangente” ha come controprestazione favoritismi o irregolarità (es. inadeguato 

controllo delle quantità e della qualità dei materiali forniti) che esporrebbero la pubblica amministrazione 

a costi superiori, dovendosi presumere che l'imprenditore abbia aumentato il prezzo ovvero abbia eseguito 

i lavori e/o le forniture in modo deteriore, almeno per l'importo sufficiente a recuperare le somme erogate 

per tangenti; mancherebbe, altrimenti, una convenienza economica all'aggiudicazione degli appalti stessi. 

51 C. conti, sez. giur. Toscana, n.1098/1999. 

122

danno soccorre il principio equitativo di cui all'art. 1226 del c.c.; sul punto inoltre la 

Cassazione a Sezioni Unite ha ritenuto che il danno è quanto meno pari alla tangente, 

ferma restando la possibilità di una diversa e più ampia quantificazione del danno 

stesso. 52 La Cassazione penale ha altresì affermato che il meccanismo della tangente 

crea un sistema protezionistico di ben individuate imprese che, in quanto arbitre del 

mercato, si assicurano l’aggiudicazione dei lavori pubblici a prezzi da loro prefissati, 

con la conseguenza che è evidente il sovvertimento delle regole procedimentali dettate 

in tema di appalti pubblici e la lesione del principio della libera concorrenza, tutelato 

anche sul piano penale dall'art. 353 c.p. a garanzia degli interessi della pubblica 

amministrazione; pertanto un siffatto modo di operare da parte di amministratori e 

agenti pubblici risulta non solo contrario ai principi di trasparenza e imparzialità ma 

anche economicamente dannoso per gli interessi erariali. 53 Ancora, la Cassazione penale 

ribadisce che il sistema delle tangenti disattiva i meccanismi della concorrenza cosicché 

il soggetto erogatore è stimolato a spendere una quantità sempre maggiore di denaro 

pubblico, privilegiando l'imprenditore che paga e tace, rispetto a quello che non mostra 

di aderire al pagamento della tangente; il privato che ricorre a tale sistema si considera 

poi libero dalla preoccupazione della concorrenza, potendo convenientemente ottenere 

una maggiore introito a parità di prestazioni ovvero provvedere a prestazioni minori a 

parità di compenso. 54 Sotto il profilo probatorio poi non appare condivisibile 

l'orientamento di parte della dottrina 55 che considera non accettabile, ogni qualvolta che 

il pubblico ufficiale riceva una tangente, la ragionevole presunzione del suo vantaggio 

patrimoniale e del conseguente danno subito dalla pubblica amministrazione, 

richiedendo che la parte attrice fornisca una piena prova del danno patito 

dall'amministrazione; in materia di tangenti infatti fornire una piena prova non è 

semplice, trattandosi di un'attività illecita dove i responsabili tendono a occultare il più 

possibile le vicende che li riguardano. A questo si aggiunga che il giudizio di 

responsabilità amministrativa segue le vicende penali a distanza di diversi anni, con la 

conseguenza che il recupero del materiale probatorio diviene assai difficoltoso. Secondo 

l'orientamento espresso dalla Cassazione il danno prodotto da fenomeni corruttivi potrà 

essere valutato secondo i criteri indicati all'art. 1226 del c.c. e pertanto la liquidazione 

potrà essere effettuata in via equitativa ogni qualvolta, in relazione alla peculiarità del 

52 Cass. Ss.Uu., sent. n. 3970/1993. 

53 Cass. pen., sez. VI, sent. n. 7240/1998. 

54 Cass. pen., sez. VI, sent. n. 5116/1998. 

55 F. Staderini, A. Silveri, op.cit., p.152. 

123

fatto dannoso, la precisa determinazione del danno si presenti difficoltosa. 56 Se d'altra 

parte in capo al dipendente condannato definitivamente per reati contro la pubblica 

amministrazione viene accertato un patrimonio di cui lo stesso non può fornire alcuna 

giustificazione plausibile, appare ragionevole che questo debba essere acquisito alla 

pubblica amministrazione danneggiata e non lasciato nelle mani di colui che si è 

approfittato della pubblica funzione. 

Per quel che concerne il danno da disservizio esso si verifica ogni qualvolta 

amministratori e agenti pubblici, abusando delle loro funzioni per fini di profitto 

personale, realizzano una lesione del buon andamento e della imparzialità 

amministrativa: esso consiste cioè in una strumentalizzazione vera e propria delle 

funzioni pubbliche con violazione delle prescrizioni penali, amministrative e dei precetti 

costituzionali di cui all'art. 97. 57 Il danno da disservizio è stato indicato quale 

conseguenza di una disorganizzazione della struttura burocratica dedita all’illecito 

esercizio di pubbliche funzioni, con evidente mancata resa del servizio e mancata resa 

della prestazione lavorativa 58 . Per la prova del danno da disservizio la giurisprudenza 

non ritiene sufficiente la sola presunzione della violazione dei doveri d'ufficio ma 

richiede la prova specifica; tuttavia per la quantificazione del danno medesimo si ritiene 

sufficiente il ricorso al potere equitativo di cui all'art. 1226 c.c., trattandosi di un 

pregiudizio economico di difficile valutazione 59 . 

56 Cass., sez. II, sent. n.1201/1998. 

57 Rientra nel danno da disservizio il danno conseguente allo sviamento di energie lavorative dei 

funzionari (C. conti, sez. giur. Veneto, 06.05.2003, n. 598; id, sez. giur. Lombardia, n. 722/2004; C.conti, 

I, n. 340/2003) che, a fronte della retribuzione percepita, non abbiano reso all’amministrazione 

un’adeguata controprestazione lavorativa in conformità ai doveri d’ufficio poiché, durante l’espletamento 

dei loro compiti d’ufficio avrebbero compiuto attività illecite, sottraendo tempo ed energie ai loro compiti 

istituzionali. Il danno derivante dallo sviamento dalle finalità istituzionali dell’ente ha natura patrimoniale 

e consegue alla condotta illecita del funzionario pubblico che determini una significativa alterazione del 

rapporto sinallagmatico tra la prestazione dell’attività lavorativa e la retribuzione percepita. In sostanza, 

tale danno si verifica qualora il pubblico dipendente utilizzi la sua funzione e l’orario di lavoro per 

svolgere attività, siano esse lecite o meno, estranee ai doveri d’ufficio, con conseguente nocumento per 

l’amministrazione che corrisponde una retribuzione senza ottenere la dovuta esatta contropartita. 

Al riguardo è bene precisare, però, che la denominazione utilizzata in alcune occasioni di “danno da 

disservizio” non appare esatta perché il danno in questione si verifica indipendentemente dalla qualità del 

servizio che l’amministrazione eroga alla collettività, dipendendo esclusivamente dalla rottura del 

rapporto sinallagmatico fra prestazione lavorativa eseguita e retribuzione percepita. 

58 C. conti, sez. giur. Umbria,n. 315/2001. 

Il danno da disservizio è stato evidenziato anche in ipotesi dove il dipendente non rende la propria 

prestazione lavorativa all'amministrazione, come nel caso di un funzionario tributario che, abusando delle 

sue funzioni ed in violazione dei doveri di imparzialità ed esclusività, abbia svolto attività di consulenza 

fiscale per conto di privati ricavandone, poi, profitto personale (C. Conti, sez. Friuli Venezia Giulia, 

n.35/2001). 

59 C. conti, sez. centrale II, n.125/2000; C. conti, sez. giur. Umbria, n.511R/2001. 

124

Infine per quel che concerne il danno all'immagine 60 , esso si fonda sulla circostanza che 

le condotte illecite poste in essere da funzionari pubblici risultano lesive del prestigio e 

dell’immagine che i consociati hanno dell’amministrazione pubblica e, più in generale, 

dello stesso Stato. Le condotte illecite poste in essere dai pubblici dipendenti che 

pretendano od ottengano somme di denaro (non dovute) violano infatti l’art. 97 Cost. 

che sancisce il dovere di imparzialità ed il principio di buon andamento 

dell’amministrazione provocando, quale conseguenza immediata e diretta, la lesione 

dell’immagine e del prestigio dell’ente pubblico. In proposito è stato autorevolmente 

precisato che la lesione dell’immagine è un effetto diretto ed immediato 

dell’accertamento dell’abuso della pubblica funzione che causa secondo comune 

esperienza, un deterioramento del rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’istituzione 

pubblica, la quale viene percepita come entità non affidabile, talvolta finanche nemica, 

finita nelle mani di soggetti dediti a perseguire soltanto propri illeciti interessi 

particolari. 61 Il danno all’immagine non consiste esclusivamente in una diminuzione 

patrimoniale certa ed attuale già verificatasi, bensì è un pregiudizio economico che si 

dipana anche per il futuro in quanto l'amministrazione, nel ricostruire una corretta 

visibilità di sé stessa e nel recuperare la fiducia presso i cittadini, non può limitarsi ad 

episodici strumenti di divulgazione e di presa di distanza dall’attività posta in essere 

dall'amministratore o funzionario infedele ma deve realizzare una graduale e continua 

azione di miglioramento dell'efficienza e della produttività dei servizi resi alla 

collettività, incrementando la propria trasparenza e rendendosi controllabile dalla 

pubblica opinione: queste azioni di miglioramento hanno chiaramente dei costi i quali 

non è giusto siano addebitati esclusivamente sulla collettività ma devono gravare anche 

su coloro che hanno sottomesso l'immagine pubblica ad azioni di tornaconto privato, 

strumentalizzando per fini egoistici le pubbliche funzioni. E’ pertanto da respingersi 

l'opinione dottrinale per cui il danno all'immagine deve essere risarcito solo in quanto 

60 La risarcibilità del danno all'immagine della P.A. innanzi alla Corte dei conti rappresenta ormai un 

approdo univoco sia per la Magistratura contabile che per la stessa Corte di Cassazione: C. conti, sez. I, 

07.03.1994 n. 55; id., sez. II, 27.04.1994 n. 114; id., sez. giur. Lombardia, 24.03.1994 n. 31; id., sez. giur. 

Umbria, 23.05.1995 n. 211; id., sez. giur. Umbria, 10.02.1995 n. 20; id., sez. giur. Lombardia, 12.01.1996 

n. 133; id., sez. giur. Sardegna, 14.04.1997 n. 372; id., sez. giur. Campania, 23.04.1998 n. 29; id., sez. I, 

28.04.1998 n. 10; id., sez. giur. Sicilia, 04.05.1998 n. 179; id., sez. giur. Umbria, 28.05.1998 n. 628; id., 

sez. giur. Piemonte, 07.06.1999 n. 1041; id., sez. riunite, 28.05.1999 n. 16/99/QM; id., sez. giur. 

Lombardia, 15.12.1999 n. 1551; id., sez. giur. Lombardia, 18.05.2000 n. 672; id., sez. I centr. app., 

25.03.2002 n. 96; Cass., Ss. Uu., 25.06.1997 n. 5668; id., Ss. Uu., 25.10.1999 n. 744; id., Ss. Uu., 

04.04.1998 n. 98. 

61 C. conti, II, 26, n. 27A/2004. 

125

l'amministrazione abbia effettivamente speso delle somme per il suo ripristino 62 . Infatti 

secondo un orientamento risalente, fatto proprio anche dalla giurisprudenza della 

62 C.conti, sez. giur. Lombardia, n. 37/2005 del 31.01.2005: “trattasi infatti di danno patrimoniale - ergo 

non sottoposto ai limiti previsti dall'art.2059 c.c.- e, in particolare, di danno-evento e non già di dannoconseguenza, 

per cui non è necessario che si sia verificata una deminutio patrimonii, ma è sufficiente la 

sussistenza di un fatto intrinsecamente dannoso in quanto confliggente con interessi primari protetti in 

modo immediato dall'ordinamento giuridico. E l'immagine esterna della P.A., rientra senza dubbio tra tali 

valori primari. In ordine alla prova di tale danno arrecato al peculiare bene immateriale, a fronte di un 

indirizzo più restrittivo - che ha come substrato una concezione prevalentemente riparatoria del giudizio 

contabile - tendente ad ammetterne la sussistenza solo ove si dimostri l'erogazione di spese (es. 

promozionali), da parte della P.A., per il ripristino dei beni immateriali della stima e reputazione 

dell'Amministrazione (C. conti, sez. giur. Lombardia n. 1458 del 1998; id., sez. giur. Umbria, n. 255 del 

1998; id., sez. riunite, 28.05.1999 n. 16/99/QM; id., sez. centr. app., 05.03.2002 n. 63; id., sez. centr. app., 

06.03.2002 n. 69; Cass., Ss. Uu., 25.10.1999 n. 744; id., 04.04.1998 n. 98), si contrappone un altro 

indirizzo, che affonda le sue radici nell'approccio prevalentemente sanzionatorio del giudizio contabile e 

che richiede un mero accertamento della lesione dell'immagine dell'ente inteso come valore in sé, il quale 

può subire un offuscamento nella collettività, nazionale o internazionale, a seguito di condotte illecite di 

suoi dipendenti e, come tale, richiede un ripristino e non una riparazione. Tale secondo approccio non dà 

dunque rilevanza agli eventuali costi di ripristino dell'immagine sopportati dalla P.A. (sul punto C. conti, 

sez. giur. Umbria, 10.02.1995 n. 20; id., sez. giur. Piemonte, 14.02.2000 n. 935; id., sez. giur. Piemonte, 

19.04.2000 n. 1196; id., sez. I centrale, 22.01.2002 n. 16/A; id., sez. I centrale, 11.02.2002 n. 45/A; id., 

sez. I centrale, 18.02.2002 n. 48/A; id., sez I centrale, 25.03.2002 n. 96; id., sez. I centrale, 09.04.2002 n. 

109/A; id., sez. giur. Lombardia, 06.12.2002 n. 1954), né ad eventuali lesioni da perdita di chance 

(sviamento di clientela, allontanamento di investitori dalla P.A., etc.). Tale secondo orientamento appare 

preferibile, sia perché le pretese spese di ripristino del bene-immagine leso sono ormai un costo 

fisiologico per la P.A. dopo l'entrata in vigore della legge n. 150/2000 (in materia di comunicazione 

pubblica) e, comunque, un eventuale costo suppletivo potrebbe essere sostenuto solo dopo l'introito del 

risarcimento del danno patito (e non certo prima), sia in quanto il danno all'immagine della P.A. si 

sostanzia esclusivamente in una menomazione della funzionalità dell'amministrazione stessa che, in base 

agli artt. 97 e 98 Cost., deve agire in modo efficace, efficiente, economico ed imparziale. In altre parole, il 

danno all'immagine è un danno pubblico in quanto lesione del buon andamento della P.A., che perde, per 

la condotta illecita di suoi dipendenti, credibilità ed affidabilità all'esterno ed ingenera la convinzione che 

i comportamenti patologici posti in essere dai propri appartenenti siano un connotato usuale dell'azione 

dell'ente. Tale approdo interpretativo ha ricevuto di recente l'autorevole avallo delle Sezioni Riunite della 

Corte dei conti che, con l'approfondita e condivisibile sentenza 23.04.2003 n. 10/SR/QM, hanno 

confermato come il danno all'immagine di una pubblica amministrazione non rientri nell'ambito di 

applicabilità dell'art. 2059 c.c. ma sia una delle fattispecie rientranti nella più generale figura del danno 

esistenziale. Tale tipo di vulnus esistenziale consiste in un pregiudizio areddituale che prescinde dal 

reddito del danneggiato, di natura non patrimoniale, tendenzialmente omnicomprensivo, in quanto 

qualsiasi privazione, qualsiasi lesione di attività esistenziali del danneggiato può dar luogo a risarcimento 

sulla base di quanto disposto dall'art. 2043 c.c.. Nel contempo la Corte ha chiarito che, nell'ambito del 

rispetto dell'immagine della P.A. e nell'interesse costituzionalmente garantito dall'art. 97 c. 2, è necessario 

che le competenze siano individuate e rispettate, le funzioni assegnate vengano esercitate e le 

responsabilità proprie dei funzionari attivate: ne consegue che ogni azione del pubblico dipendente che 

leda tali interessi si traduce in una alterazione dell'identità della Pubblica Amministrazione e, più ancora, 

nell'apparire di una sua immagine negativa in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in 

maniera inefficiente, non responsabile né responsabilizzata. La violazione di questo diritto all'immagine, 

inteso come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come 

persona giuridica pubblica, è economicamente valutabile. Essa, infatti, secondo le cennate SS.RR., si 

risolve in un onere finanziario che si ripercuote sull'intera collettività, dando luogo ad una carente 

utilizzazione delle risorse pubbliche ed a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che, 

sull'organizzazione della Pubblica Amministrazione, si riflettono in termini di minor credibilità e 

prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa. Le Sezioni Riunite hanno ribadito dunque che il 

danno all'immagine deve essere individuato nell'ambito delle lesioni non patrimoniali come danno-evento 

e non come danno–conseguenza, e per la sua quantificazione si può fare riferimento, oltre che alle spese 

già sostenute per il ripristino del prestigio leso, anche a quelle ancora da sostenere. Venendo alla 

quantificazione di tale conclusiva voce di danno, sono noti gli approdi della prevalente giurisprudenza 

dell'Organo giuscontabile che, nel fare doverosamente ricorso al parametro equitativo ex art. 1226 c.c., 

126

Cassazione in sede di regolazione della giurisdizione, la lesione dell’immagine anche se 

non comporta una diminuzione patrimoniale diretta sarebbe suscettibile di valutazione 

sotto il profilo della spesa necessaria per il ripristino del bene leso 63 . In un primo 

momento, infatti, è stato ritenuto che la lesione dell’immagine dell’amministrazione 

rientrasse nell’area della patrimonialità e che solo ciò che è valutabile economicamente 

potesse essere oggetto di risarcimento. Tuttavia, l’evoluzione della sensibilità 

dell’ordinamento nei confronti della lesione dei beni non aventi diretta natura 

patrimoniale, quale quello alla salute, all’integrità fisica e all’identità personale ha 

condotto negli anni ad una profonda rivisitazione della tematica da parte della più 

autorevole dottrina e della giurisprudenza civile. A questo proposito anche nel settore 

della responsabilità amministrativa si è avuta un’evoluzione, tant’è che numerose 

pronunce, di primo grado e d’appello, hanno affrontato la questione giungendo a 

riconoscere la risarcibilità del danno all’immagine, indipendentemente dalla sussistenza 

di qualsiasi danno patrimoniale. 64 Infatti, l’utilizzo del criterio delle spese necessarie per 

il ripristino del bene individua una tipica ipotesi di danno patrimoniale perché correla il 

danno all’esborso di una somma di denaro e, quindi, non appare idoneo a valutare il 

danno effettivo che sussiste indipendentemente dalle spese effettuate per il ripristino. 

Così la giurisprudenza contabile superando progressivamente tale criterio, ha affermato 

che “del danno conseguito alla lesione dell’immagine di una pubblica amministrazione, 

i responsabili rispondono anche se non sia provato che l’amministrazione abbia, nella 

circostanza, effettuato spese per il ripristino dei beni lesi”. 65 A conclusione 

dell’evoluzione sopra tratteggiata le Sezioni Riunite della Corte dei conti 66 hanno 

ritenuto trattarsi di un danno-evento consistente in un pregiudizio areddituale valutabile 

economicamente, ancorato sulla violazione dell’art. 2043 c.c., trattandosi di un interesse 

meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi degli artt. 2 e 97 Cost.: la 

violazione di questo diritto all’immagine, intesa come diritto al conseguimento, al 

mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica 

pubblica, è economicamente valutabile. La risarcibilità del danno è stata ancorata al 

assume quali ragionevoli indicatori, volti a prevenire giudizi arbitrari, la diffusività dell'episodio nella 

collettività, la gravità oggettiva del fatto (desunta dalle modalità di perpetrazione del fatto, dalla eventuale 

reiterazione dello stesso, dall'entità dell'arricchimento e, dunque, dall'entità della tangente percepita), la 

qualifica dei soggetti agenti e il loro particolare ruolo nell'organizzazione amministrativa”. 

63 

Cass. civ., Ss. Uu, 25.06.1997, n. 5668; id, 25.10.1999, n. 744; id, 04.04.2000, n.98; id, 12.11.2003, n. 

17078. 

64 

Per tutte, esaustivamente: C. conti, sez. giur. Veneto, 06 .05.2002, n. 238; id, 06.05.2003, n. 598. 

65 

C. conti, II, 27A/2004 cit. 

66 

C. conti, sez. riunite, 23.04.2003, n. 10/03/QM. 

127

disposto dell’art. 2043 c.c. perché sino a quel momento, secondo il diritto vivente 

risultante dall’interpretazione della Corte di Cassazione, l’art. 2059 c.c. che prevede che 

il danno non patrimoniale sia risarcito nei soli casi previsti dalla legge, consentiva il 

risarcimento dei soli danni morali conseguenti a reato. Tuttavia, subito dopo la citata 

pronuncia delle Sezioni Riunite è mutato il quadro interpretativo delle norme 

codicistiche poiché la Corte di Cassazione, modificando in modo ampio, approfondito 

ed argomentato, la propria giurisprudenza ha fornito una nuova lettura dell’art. 2059 

c.c.: ha ritenuto, infatti, che a seguito della profonda evoluzione dell’ordinamento e 

della diversità dei valori tutelati occorresse procedere ad una nuova interpretazione 

dell’art. 2059 c. c. alla luce delle norme costituzionali che tutelano i diritti della persona 

e che quindi il danno non patrimoniale previsto in tale norma debba essere inteso “come 

categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore innato della 

persona” dovendosi ritenere che la riserva di legge contenuta nel citato articolo venga 

estesa ai valori della persona costituzionalmente garantiti. 67 In questo modo l’area del 

danno non patrimoniale risarcibile è stata ampliata. Subito dopo l’intervento della Corte 

di Cassazione, la Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legittimità 

costituzionale dell’art. 2059 c.c. ha respinto la questione richiamando l’interpretazione 

da ultimo fornita dalla Cassazione che, quindi, è risultata autorevolmente confermata. 68 

Il mutamento è stato recepito in alcune pronunce del giudice contabile che hanno 

ritenuto risarcibile il danno all’immagine fondando la decisione sull’art. 2059 c.c. 69 

L’individuazione di un danno non patrimoniale in capo allo Stato o ad altri enti pubblici 

è sicuramente possibile poiché la norma dell’art. 2059, come ormai interpretata dalla 

giurisprudenza, non si riferisce solo ai danni non patrimoniali patiti dalle persone 

fisiche, ma anche a quelli patiti dalle persone giuridiche. 70 La risarcibilità dei danni non 

patrimoniali patiti dalle persone giuridiche e l’interpretazione dell’art. 2059 c.c. che si è 

andata affermando rendono superata la posizione espressa, nel recente passato, dalla 

Corte di Cassazione e da una parte della giurisprudenza contabile in ordine alla 

risarcibilità del danno all’immagine della pubblica amministrazione, limitato alle 

somme spese per il ripristino dell’immagine. La determinazione, in concreto, 

dell’ammontare dell’importo da porre a carico del responsabile presenta notevoli 

67 

Cass. civ., III, 18.05.2003, nn. 8827 e 8828; id, 21.12.2003, n. 19057. 

68 

C. cost. 11.07.2003, n. 233. 

69 

C. conti, I, 18.06.2004, n. 222/A; id, 20.09.2004, n. 334/A. 

70 

A questo proposito, vale la pena rilevare che la giurisprudenza civile ha già avuto modo di riconoscere 

la risarcibilità dei danni non patrimoniali sofferti da una persona giuridica (Cass. civ., I, 02.07.2004, n. 

12110: id, 21.07.2004, n. 13504). 

128

problemi anche per la giurisprudenza civile che in relazione al danno non patrimoniale 

riconosce che “sfugge necessariamente ad una precisa valutazione analitica e resta 

affidato ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice del merito” . 71 Ed 

ancora, al fine di meglio specificare è stato statuito che “nella liquidazione equitativa 

del danno non patrimoniale derivante da fatto illecito, deve tenersi conto della gravità 

dell’illecito penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, in modo da rendere il 

risarcimento adeguato al caso specifico”. 72 Analogamente, la giurisprudenza contabile è 

giunta alla conclusione che “in caso di danno all’immagine, il quantum risarcibile va 

determinato ai sensi dell’art. 1226 c.c. con definizione equitativa, svincolata 

dall’importo delle tangenti che di per sé non costituiscono un criterio determinativo del 

danno, e senza che sia necessario che le spese per il ripristino dell’immagine lesa siano 

state effettivamente erogate, potendo costituire elemento di valutazione le spese che si 

dovranno a tal fine affrontare per interventi correttivi”. 73 Al riguardo è stato 

autorevolmente sostenuto che “in sé, l’importo erogato a titolo di tangente ad un 

amministratore o dipendente pubblico non afferisce al danno all’immagine” poiché la 

percezione della tangente è fatto idoneo ad integrare la lesione dell’immagine e 

“l’importo della tangente, isolatamente considerato, non può fondare una valida 

parametrazione per la quantificazione del danno, ma può concorrervi, unitamente ad 

altri elementi propri della fattispecie, quali ad esempio il ruolo del percettore all’interno 

dell’apparato pubblico”. 74 In assenza di univoci parametri occorre quindi individuare 

alcuni casi e figure sintomatiche che possano essere utilizzate per la valutazione del 

caso concreto e la determinazione del pregiudizio subito. 75 

71 

Cass. civ., III, 15.06.2004, n. 11292. 

72 

Cass. civ., III, 24.05.2004, n. 10035. 

73 

C. conti, sez. giur. Lombardia, 25.06.2004, n. 887. Analogamente, in precedenza: sez. giur. Veneto, 

06.05.2003, n. 598. 

74 

C. conti, sez. riunite, 23.04.2003, n. 10/QM. 

75 

Al riguardo richiamato il contenuto dell’art. 2059, letto in relazione alle previsioni costituzionali di 

tutela della persona fisica e per quanto rileva in questo caso, giuridica (per tutti: artt. 2 e 97), possono 

essere individuati quali indici utili per la determinazione del danno non patrimoniale che la lesione 

dell’immagine e del prestigio dell’Amministrazione pubblica provoca a quest’ultima: 

-i compiti e le funzioni svolte dall’amministrazione coinvolta nel fenomeno; 

-la posizione occupata all’interno dell’Amministrazione dai soggetti coinvolti; 

-la dimensione economica del fenomeno concussivo o corruttivo; 

-la dimensione del territorio nel quale si è svolto il fenomeno; 

-la diffusione territoriale che hanno avuto le notizie relative al fenomeno e l’arco di tempo dedicato alle 

notizie; 

-l’ammontare dei costi che l’amministrazione dovrebbe sostenere ove acquisisse spazi pubblicitari di pari 

rilievo agli spazi dedicati dagli organi di informazione per descrivere il fenomeno. 

L’applicazione in concreto degli indici richiamati richiede l’utilizzo del potere equitativo attribuito al 

giudice dall’art. 1226 c.c 

129

Infine occorre rilevare che il compimento di un’attività illecita da parte di un 

funzionario pubblico comporta, in molte occasioni, che l’amministrazione modifichi i 

suoi programmi o le sue attività ordinarie al fine di ripristinare la situazione lesa dal 

comportamento del dipendente infedele o, anche solo, verificare che l’attività illecita 

non abbia inciso sulle attività istituzionali cui è preposta l’amministrazione. L’attività di 

verifica o ripristino ha un costo che è diretta conseguenza dell’attività illecita posta in 

essere dal funzionario e, quindi, non può che gravare su quest’ultimo. Pertanto anche il 

danno conseguente alle maggiori spese sopportate dall’amministrazione rientra tra i 

danni risarcibili dal funzionario infedele. .76 

Alla luce di queste osservazioni, si coglie un aspetto ulteriore caratterizzante le condotte 

illecite del pubblico funzionario: esse, oltre ad essere contrarie all’ordinamento 

giuridico ed ai principi fondanti l’attività amministrativa nonché moralmente 

deplorevoli, risultano particolarmente onerose per la p.a. e, conseguentemente, per la 

collettività, sotto il profilo strettamente economico. 

Si trae pertanto come l’attività dell’Alto Commissario rivolta alla prevenzione ed al 

contrasto della illiceità in seno alla p.a. rappresenti un utile ed importante strumento di 

tutela mediata dell’immagine e dell’economia amministrativa. 

La quantificazione del danno deve tenere in particolare conto la circostanza che la lesione dell’immagine 

dell’amministrazione finanziaria è particolarmente grave poiché induce sfiducia nei confronti delle 

“istituzioni deputate al corretto adempimento degli obblighi tributari ed impegnate nella lotta all’evasione 

fiscale” (C. conti, sez. giur. Veneto, 06.05.2003, n. 598), con possibile incidenza sulla propensione dei 

cittadini e delle imprese ad adempiere fedelmente ai propri obblighi tributari. 

Data la natura officiosa dell’azione contabile, non può spettare in alcun caso al Pubblico Ministero la 

facoltà di determinare l’ammontare del danno erariale disponendo dei diritti patrimoniali e degli interessi 

che l’ordinamento intende proteggere con l’azione di responsabilità amministrativa. Si deve escludere, 

quindi, che nei giudizi innanzi alla Corte dei conti “possa trovare applicazione l’istituto del 

patteggiamento quale ipotesi definitoria dei giudizi di responsabilità amministrativa, fondata su una 

concorde determinazione dell’addebito da parte del pubblico ministero e dei soggetti coinvolti nel 

giudizio” (C.conti, sez. giur. Veneto, 08.10.2003, n. 1051). A questo proposito non è inutile sottolineare 

che “lo Stato ( o l'ente pubblico), infatti, non può né rinunziare al diritto né farne oggetto di transazione, 

in quanto l'esclusivo titolare dell'esercizio del diritto, nell'adempimento di un munus, è il competente 

Procuratore regionale della Corte dei Conti. Questi, poi, può far valere il diritto esclusivamente attraverso 

l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile, previa verifica dell'esistenza dei 

presupposti. Spetta in ogni caso al giudice, non solo l'accertamento dell'esistenza degli elementi 

costitutivi della responsabilità, ma anche la quantificazione del danno (nei limiti della domanda) e la sua 

ripartizione tra i soggetti responsabili.” (C. conti, I, 20.09.2004, n. 333). 

76 C. conti, III, 04.02.2004, n. 69/A. 

130

CAPITOLO V 

COMPETENZE, NOMINA E RAPPORTI CON GLI ALTRI SOGGETTI 

1. Competenza 

ISTITUZIONALI 

Addentrandoci nell’analisi del neo-costituito organismo ci occupiamo ora 

dettagliatamente delle sue competenze e dei criteri di nomina. 

Partendo dal dato normativo, risulta all'art. 1 del d.P.R. 258/2004 che “l'Alto 

Commissario 1 per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di 

illecito all'interno della pubblica amministrazione ha competenza in materia di 

prevenzione e di contrasto della corruzione e di altre forme di illecito”. La dizione 

pleonastica nulla aggiunge a quanto espresso dall'intestazione stessa dell'organismo ed è 

inevitabilmente sintomatica di una noncuranza e sciattezza legislativa caratterizzante 

purtroppo molti provvedimenti recenti e l’intero regolamento all’esame. Una 

spiegazione di un simile malcostume di compilazione potrebbe essere reperita 

nell'esigenza di procedere celermente all'adozione del regolamento, stante il ritardo già 

accumulatosi rispetto ai termini originariamente previsti dalla legge istitutiva i quali, 

come abbiamo già avuto modo di rilevare, sono stati appunto ampiamente disattesi. 

Senza approfondire in questa sede le specifiche funzioni proprie della struttura ed i 

poteri attribuitigli per il loro espletamento, di cui ci occuperemo più avanti 2 , non si può 

non rilevare la genericità della formula adottata dal Legislatore per indicare la sfera 

operativa del Commissario. La competenza individuata in termini così ampi ed evasivi e 

suscettibile di sovrapporsi a quella propria di altri organismi istituzionali preesistenti ha 

sollevato perplessità da parte della Conferenza Unificata 3 ed ha altresì determinato la 

proposizione in sede parlamentare di un'apposita interrogazione al Ministro dell'Interno 

in cui si è anzitutto sottolineato che “il Commissario è chiamato a svolgere funzioni 

1 Sotto il profilo operativo si rammenti che tradizionalmente per la dottrina amministrativistica, la 

denominazione “commissario” suole indicare un organo straordinario, cioè operante in sostituzione degli 

organi ordinariamente inseriti nel normale disegno organizzativo ordinamentale ovvero chiamati a 

fronteggiare situazioni distorsive la cui soluzione si impone in termini particolarmente urgenti. In 

proposito: E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2001, p.112. 

2 Infra cap. VI. 

3 Supra cap. III. Si rammenti infatti quanto espresso in sede di Conferenza Unificata nella seduta del 29 

aprile 2004, laddove è stato osservato che la competenza affidata all'Alto Commissario anti-corruzione 

rischia di sovrapporsi alle competenze già affidate alla Corte dei Conti, agli Uffici territoriali di governo, 

al sistema dei controlli interni e alla magistratura, realizzando sostanzialmente una duplicazione di 

organismi e controlli. 

131

tipiche della polizia giudiziaria e funzioni che appartengono già al bagaglio di 

istituzioni ordinarie, quali l'Ispettorato della Funzione Pubblica o la Ragioneria 

Generale dello Stato o la Corte dei conti” e si è altresì richiesto di fornire chiarimenti 

relativamente a “quali siano le regole e le disposizioni impartite dalla legge all'Alto 

Commissario per evitare il rischio di sgradevoli e pericolose interferenze con enti come 

l'Ispettorato della Funzione Pubblica, la Ragioneria Generale dello Stato e la Corte dei 

conti” 4 . In merito è stato replicato che “allo stato non si ravvisano rischi di 

sovrapposizione con competenze di altri organismi, essendo quelle dell'Alto 

Commissario dirette all’esclusiva finalità di prevenire eventuali illeciti e non di 

reprimerli. Comunque, qualora si constatassero rischi nel senso indicato, l'Alto 

Commissario potrà dirimerli attraverso intese con le amministrazioni interessate, in un 

quadro di collaborazione sinergica” 5 . 

Volendo circoscrivere la sfera di competenza dell'Alto Commissario si ritiene che questi 

esplichi la propria attività su settori che evidenzino crisi ( per esempio, il settore della 

procedure di pagamento 6 ) e rispetto ai quali sussista un fumus di presunta illegalità 

diffusa. La struttura cioè, nella sua attività di indagine su cause e concause dei fenomeni 

di corruzione e di illecito e di elaborazione di analisi e studi sull'adeguatezza e 

congruità del quadro normativo e sulle eventuali misure da adottare per prevenire 

l’illiceità, non s'interessa al fatto specifico - all'emergere del quale d'altra parte 

provvede ad inoltrare denuncia agli organi competenti - bensì si occupa del fenomeno 

complessivamente inteso. 

1.1. I protocolli d’intesa 

La soluzione pratica adottata per risolvere possibili eventuali conflitti tra soggetti 

istituzionali e per convogliarne l’azione in modo tale da realizzare un approccio 

sinergico nei confronti del fenomeno corruttivo è pertanto stata rinvenuta nella stipula 

4 

Atto Camera - Interrogazione a risposta orale 3-04277 presentata da Sandro Delmastro Delle Vedove in 

data 1 marzo 2005 nella seduta n.594. 

5 

Resoconto stenografico dell'Assemblea, seduta n. 709 del 22/11/2005. 

6 

Il settore dei pagamenti della pubblica amministrazione ai privati è infatti un settore dove si possono 

ipotizzare condotte corruttive illecite: la pubblica amministrazione spesso infatti non ha copertura di cassa 

sufficiente per sostenere le spese contrattuali né esiste un criterio per la successione dei pagamenti. Si 

tratta di un “buco nero” normativo cui bisogna porre rimedio, indicando il criterio da adottare nell’ordine 

dei pagamenti ed eliminando i margini di discrezionalità. 

132

di specifici protocolli d'intesa finalizzati a regolamentare in termini precisi il rapporto 

interistituzionale. 

Un primo protocollo d'intesa è stato stipulato fra l'Alto Commissario anti-corruzione e 

l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 7 : il protocollo, firmato in data 24 giugno 

2005, “è finalizzato a realizzare un rapporto di collaborazione tra le amministrazioni 

firmatarie per favorire, nel rispetto delle reciproche competenze istituzionali, la 

cooperazione fra strutture pubbliche in termini di prevenzione e accertamento di 

fenomeni distorsivi, miglioramento dei servizi, trasparenza e correttezza dell'azione 

amministrativa”. È altresì sottolineata la “particolare importanza che verrà ad assumere 

l'interconnessione e l'integrazione dei sistemi informativi per lo scambio delle 

informazioni e la condivisione delle banche dati del casellario informatico delle Soa 8 e 

delle imprese qualificate da parte dell'Autorità e delle banche dati in materia di 

procedure contrattuali di spesa e di affidamento di forniture e servizi pubblici da parte 

dell'Alto Commissario”. 9 L'accordo in questione non si fonda solo su una precisa 

volontà di coordinamento, anzitutto informatico, delle informazioni a disposizione delle 

istituzioni in questione, ma nasce principalmente per risolvere in via preventiva 

eventuali possibili conflitti di competenza, fissando in via convenzionale le modalità di 

operatività reciproca delle due strutture le cui competenze rischiano di sovrapporsi. 

Infatti nell'ambito della propria attività l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici può 

richiedere alle amministrazioni aggiudicatrici, agli altri enti aggiudicatori o realizzatori, 

nonché ad ogni altra pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche regionale, impresa 

o persona che ne sia in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti relativamente ai 

lavori pubblici, in corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli 

affidamenti dei lavori; anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, può 

disporre ispezioni, avvalendosi di apposito Servizio Ispettivo di cui all'art. 4 c. 10 lett. b) 

7 

Organismo istituito dalla legge quadro sui lavori pubblici (legge 11 febbraio 1994, n. 109 – c.d. legge 

Merloni). 

8 

Dal primo gennaio 2002 possono partecipare alle gare di appalto pubbliche dal valore superiore ai 

150.000 euro solo le imprese in possesso della certificazione SOA, come previsto dal d.P.R. n. 34 del 25 

gennaio 2000. In Italia, sono 59 le Società Organismo di Attestazione che hanno lo scopo di dimostrare 

l'esistenza dei requisiti di capacità tecnica, finanziaria e gestionale delle imprese ai fini del loro 

affidamento di lavori pubblici da parte degli enti che indicono gare. Le Soa, in questo ruolo, si sono 

sostituite al vecchio Albo Nazionale Costruttori nell'attestare la affidabilità e l'efficienza delle imprese di 

costruzione affinché esse possano partecipare a gare pubbliche per l'affidamento di appalti. 

9 

In proposito si rammenti che al fine di semplificare gli adempimenti previsti dalla legge e a seguito della 

stipula di apposite convenzioni e protocolli d'intesa, è in fase di realizzazione presso l'Autorità per la 

vigilanza sui lavori pubblici un sistema telematico di acquisizione di tutte le informazioni relative ai 

pubblici appalti che adotta il criterio della cooperazione applicativa: questo sistema di gestione 

telematico va sotto il nome di SINAP- Sistema Informativo Nazionale Appalti Pubblici. 

133

l. 109/1994, e della collaborazione di altri organi dello Stato; può infine disporre perizie 

d'analisi economiche e statistiche nonché la consultazione di esperti in ordine a qualsiasi 

elemento rilevante ai fini dell'istruttoria. Inoltre presso l'Autorità per la vigilanza sui 

lavori pubblici è istituito ed opera, ai sensi dell'art. 4 c. 10 lett. c) l. 109/1994, 

l'Osservatorio dei lavori pubblici, il quale si articola in una Sezione centrale ed in 

Sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le province autonome: questa struttura 

acquisisce e convoglia presso la Sezione centrale tutti i dati informativi relativi allo 

svolgimento dei lavori pubblici sul territorio nazionale, i quali dati vengono trasmessi al 

Consiglio dell'Autorità qualora si evidenzino deviazioni dai principi fissati dall’art. 1 c. 

1 10 e dai criteri desumibili dall’ art. 4 l. 109/1994. Nell’ambito dell’Osservatorio sono 

poi previsti: un Settore Valutazioni di Processo che svolge attività di analisi e di 

valutazione, con riferimento alla programmazione triennale e agli elenchi annuali di 

lavori pubblici, dei dati informativi concernenti i lavori pubblici su tutto il territorio 

nazionale ed, in particolare, di quelli concernenti i bandi e gli avvisi di gara, le 

aggiudicazioni e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l'impiego della mano d'opera, 

il rispetto delle norme di sicurezza, i costi e gli scostamenti rispetto a quelli 

preventivati, i tempi di esecuzione e le modalità di attuazione, degli interventi, i ritardi e 

le disfunzioni; ed un Settore Analisi e Metodologie che svolge attività di studio e di 

supporto alle decisioni, finalizzate alla selezione ed elaborazione dei dati, alla 

individuazione degli “indicatori” più significativi per l'evidenziazione delle disfunzioni 

nel settore degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici 11 . Trattasi evidentemente 

di istituzioni le cui attività presentano numerosi punti di contatto rispetto alle funzioni 

proprie dell'Alto Commissario: senza anticipare in questa sede in cosa esse consistano 

esattamente, si evidenzi come l’attività di monitoraggio su procedure contrattuali di 

spesa e su comportamenti e conseguenti atti da cui possa derivare danno erariale 

affidata al Commissario anti-corruzione dall’art. 2 , c. 2 lett. c) del d.P.R. 258/2004, è 

accostabile alla funzione propria dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 

consistente per l’appunto nel vigilare sull'osservanza delle disposizioni regolamentari e 

legislative in materia di lavori pubblici e nel verificare la regolarità delle procedure di 

affidamento, accertando altresì che dall'esecuzione dei lavori non derivi un danno al 

10 “In attuazione dell'articolo 97 della Costituzione l'attività amministrativa in materia di opere e lavori 

pubblici deve garantirne la qualità ed uniformarsi a criteri di efficienza e di efficacia, secondo procedure 

improntate a tempestività, trasparenza e correttezza, nel rispetto del diritto comunitario e della libera 

concorrenza tra gli operatori.” 

11 Regolamento per l'organizzazione del funzionamento dell'osservatorio dei lavori pubblici di cui all’art. 

4, c. 10, lett. c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche ed integrazioni. 

134

pubblico erario; parimenti ad entrambi gli organismi in questione sono attribuiti dalla 

legge poteri di indagine e di accertamento nonché obblighi di relazione (art. 2 d.P.R. 

258/2004 e art. 4 l. 109/1994). La stipulazione del protocollo d'intesa assolve pertanto 

ad una triplice finalità: regolamentare i rapporti reciproci fra i due organismi in modo 

tale da prevenire possibili conflitti di competenza; dar vita ad un'azione sinergica in 

termini di monitoraggio e di indagine nel settore dei lavori pubblici, così da contrastare 

e prevenire eventuali distorsioni; potenziare la rete telematica relativa alle informazioni 

sui lavori pubblici gestita dalla Sezione centrale dell'Osservatorio dei lavori pubblici 12 , 

raccordandola con le informazioni a disposizione dell'Alto Commissario, cosicché tanto 

questi quanto l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici possano trarre giovamento 

dal reciproco scambio di informazioni e dalla celerità degli strumenti informatici. 

Un secondo protocollo d'intesa è stato quindi firmato in data 14 ottobre 2005 tra l'Alto 

commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di 

illecito nella pubblica amministrazione e le Fiamme Gialle 13 . L’accordo si pone nel 

solco delle disposizioni legislative che prevedono forme di collaborazione delle Fiamme 

Gialle con organi istituzionali, Autorità indipendenti ed enti di pubblico interesse che ne 

facciano richiesta. Tale atto si propone di regolamentare i rapporti di collaborazione fra 

le strutture in questione e prevede la creazione di un Nucleo Speciale in seno alla 

Guardia di Finanza denominato Nucleo Speciale Tutela Pubblica Amministrazione. I 

Nuclei Speciali, per loro natura, vengono istituiti per l'investigazione connotata da alta 

specializzazione ovvero per corrispondere alle autorità istituzionali centrali; nella 

fattispecie il Nucleo Speciale Tutela Pubblica Amministrazione dipende dal Comando 

Unità Speciali, retto da Generale di Divisione o di Brigata, a sua volta inquadrato 

nell'ambito di un Comando dei Reparti Speciali, retto da Generale di Corpo d'Armata, 

con sede in Roma, e da esso dipendente. Tale Nucleo si occupa specificamente delle 

“attività di collaborazione con l'Alto Commissario per la prevenzione e di contrasto 

della corruzione delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione”. Il 

protocollo poi si preoccupa di specificare che “ al Corpo potrà essere richiesto di 

collaborare, tra l'altro, al monitoraggio delle procedure contrattuali e di spesa, oltre che 

12 Infatti la Sezione centrale dell'Osservatorio dei lavori pubblici promuove la realizzazione di 

collegamenti telematici con le amministrazioni aggiudicatrici, gli altri enti aggiudicatori o realizzatori, 

nonché con le regioni al fine di acquisire informazioni in tempo reale sui lavori pubblici. 

13 Firmatari dell'accordo sono stati l'Alto Commissario, Presidente Dott. Gianfranco Tatozzi, e il 

Comandante Generale della Guardia di Finanza, Gen.C.A. Roberto Speciale. Presenti all'evento una 

delegazione dell'Ufficio dell'Alto Commissario, il Comandante in Seconda del Corpo, Gen.C.A. Italo 

Pappa, ed il Capo di Stato Maggiore del Comando Generale, Gen.D. Emilio Spaziante. 

135

dei comportamenti e degli atti dai quali potrebbero scaturire danni erariali”. Su tali basi 

emerge la notevole importanza del supporto offerto nella fase investigativa dalla 

Guardia di Finanza. 

Infine un terzo protocollo d'intesa è stato sottoscritto fra l'Alto Commissario e la 

Procura Nazionale Antimafia 14 , al fine di consentire all'organismo anti-corruzione di 

essere costantemente aggiornato sul fenomeno mafioso e in particolar modo 

sull’infiltrazione della criminalità organizzata nella pubblica amministrazione, così da 

poter agire in termini più efficaci, preparati ed incisivi nel contrasto alla corruzione 

amministrativa elaborando misure di prevenzione e lotta all'infiltrazione mafiosa in 

termini più adeguati e congrui rispetto alla situazione concreta. Si rammenti infatti 

l’operatività in seno alla Procura Nazionale Antimafia del sistema di banche dati 

integrato ex art. 117 c. 2bis c.p.p., denominato SIDDA/SIDNA. Proprio in quest’ottica 

di cooperazione informatica e raccordo delle attività investigative si colloca altresì 

l’adesione di Alto Commissario e Procura Nazionale Antimafia alle finalità del Progetto 

EPOC II (European Pool against Organized Crime), il quale si propone di realizzare un 

sistema informatico comune di supporto alle indagini per la lotta alla criminalità 

organizzata transnazionale 15 . 

14 Con il d.l. 20 novembre 1991 n. 367, convertito in l. 20 gennaio 1992 n. 8, è stata modificata la 

disciplina riguardante le attribuzioni del pubblico ministero in materia di delitti di mafia e sono state 

istituite le direzioni distrettuali e la direzione nazionale antimafia (per l’attività di coordinamento del 

Procuratore Nazionale Antimafia, v. artt. 371 bis c.p.p. e 70 bis ord. giud.). Con l'espressione delitti di 

mafia ci si riferisce ai delitti che sono espressione delle organizzazioni criminali definite dall'art. 416 bis 

c.p. come associazioni di tipo mafioso; tale associazione sussiste “quando coloro che ne fanno parte si 

avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di 

omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o 

comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o 

per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero 

esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.” Si veda: V. 

Borraccetti, Il coordinamento delle indagini sulla criminalità organizzata. La soluzione italiana, un 

assetto non centralistico né gerarchizzato. 

15 Le forme di criminalità più allarmanti, come quella organizzata ed il terrorismo, sono realtà complesse, 

interconnesse e transnazionali (come è stato acutamente rilevato, la “transnazionalità” è cosa diversa dalla 

sua internazionalità, in quanto, nel primo caso, si tratta di veri e propri fenomeni di cooperazione fra 

organizzazioni criminali di diversa nazionalità per gestire più efficacemente determinati mercati 

criminali). Per la comprensione ed efficace repressione di siffatti fenomeni si richiede la creazione di agili 

percorsi di cooperazione fra i gruppi di indagine nei diversi Stati. In questo contesto, lo scambio 

tempestivo di informazioni fra le Autorità giudiziarie dei vari Paesi risulta assai spesso cruciale per il 

positivo esito dell'azione. Tuttavia, per garantire la funzionalità di un sistema informativo che presenta 

diversi aspetti di complessità, occorre definire alcuni presupposti essenziali: l'adozione di un modello 

condiviso di definizione e classificazione dei dati di interesse, per stabilire una piattaforma comune di 

riferimento, per facilitare lo scambio di informazioni, ed evitare fraintendimenti ed ambiguità; 

l'acquisizione del dato dalla fonte originaria della notizia, onde ridurre il rischio di perdita di dati o di 

errori nella trasmissione; l'ideazione di un sistema informatico che supporti non solo l'acquisizione ed il 

trattamento dei documenti, ma che promuova la strutturazione delle informazioni rilevanti, onde 

consentire opportuni riferimenti incrociati per individuare relazioni fra fatti, luoghi, situazioni e persone 

136

In conclusione le intese finora raggiunte tra l’organismo anti-corruzione e i soggetti 

istituzionali Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, Guardia di Finanza e Procura 

Nazionale Antimafia sono senz’altro apprezzabile indice di un generale sforzo 

istituzionale verso il contrasto dell’illiceità in seno alla p.a. ma la loro adozione non 

risponde, a nostro avviso, a ragioni di urgenza paragonabili a quelle che viceversa 

presidiano il rapporto tra Commissario e regioni ed enti locali: come abbiamo già avuto 

modo di osservare infatti, è fondamentale, affinché l’organismo non rischi di rimanere 

sostanzialmente inattivo, che si pervenga in proposito ad un accordo in sede di 

Conferenza Unificata. 

2. Nomina 

Come già osservato e come avremo altresì modo di rilevare più avanti, la genericità 

espressiva -talvolta sfociante in vera e propria lacunosità- è connotato del regolamento 

nei differenti casi di indagine; la definizione di un modello di riferimento comune per l'acquisizione delle 

informazioni e la rilevazione delle correlazioni fra i dati di interesse; la conformità alle regole sul 

trattamento dei dati, sia in termini di accesso, modifica e cancellazione delle informazioni, che con 

riferimento all'autenticità e non ripudio del dato. Proprio per studiare ed approfondire la possibilità di 

raggiungere positivi risultati nell'ambito delle indagini per crimini transnazionali e, in particolare, per 

supportare la peculiare finalità istituzionale di Eurojust, il Ministero della Giustizia Italiano, avvalendosi 

della specifica esperienza maturata nello sviluppo del sistema informatico SIDDA/SIDNA per la 

Direzione Nazionale Antimafia e le Direzioni Distrettuali Antimafia, promosse l'iniziativa denominata 

EPOC - European Pool against Crime. Il progetto prese le mosse da una iniziativa sviluppata nel contesto 

del Programma Europeo Grotius II Penale nel periodo fra l'aprile 2003 (data di stipula dell'accordo di 

finanziamento con la Commissione Europea) e l'aprile 2004. I partner dell'originario progetto EPOC 

erano il Ministero della Giustizia Italiano, come promotore, ed i Ministeri della Giustizia Francese, 

Sloveno e Rumeno. All'esito del progetto, l'8 giugno 2004, il Ministero della Giustizia Italiano ed 

Eurojust stipularono un apposito accordo per lo sviluppo - dal prototipo EPOC - di una specifica 

soluzione software, effettivamente adottata da Eurojust come Case Management System ed operativa dal 

15 ottobre 2004. Nel febbraio 2004 il Ministero della Giustizia Italiano, in qualità di promotore, avanzò 

un'ulteriore iniziativa nell'ambito del Programma Europeo Agis. Tale iniziativa, rinominata come EPOC 

II per segnare espressamente la continuità con la precedente positiva esperienza, è stata sostenuta dai 

medesimi partner, cui si sono aggiunti (anche in relazione alle nuove possibilità consentite dalla 

programmazione Agis) Eurojust e la società CM Sistemi, che aveva sviluppato il prototipo EPOC. La 

proposta fu approvata dalla Commissione Europea nel marzo del presente anno, con un finanziamento 

complessivo di oltre € 260.000,00 per la durata di 15 mesi (ottobre 2004-dicembre 2005). Per promuovere 

la conoscenza dei risultati del progetto e diffondere il messaggio largamente positivo, in chiave di 

concrete ed efficaci possibilità di sviluppo della cooperazione in materia penale, rappresentato dalla 

esperienza maturata dei partner del progetto EPOC, si è tenuta a Roma una conferenza internazionale il 

15 e 16 dicembre 2005, in cui sono intervenuti sia l’Alto Commissario G. Tatozzi, sia il Procuratore 

Nazionale Antimafia P.Grasso. L'uso del sistema EPOC, sviluppato in piena conformità con le stringenti 

regole, anche in tema di rispetto della protezione dei dati personali, adottate da Eurojust, può 

rappresentare un efficace strumento per lo scambio delle informazioni fra i diversi gruppi di indagine, 

realizzando quei presupposti necessari sopra indicati (adozione di modelli e schemi comuni di 

riferimento, strutturazione del dato, etc.) in vista di una migliore funzionalità del sistema. Si veda in 

proposito la l.14 marzo 2005 n. 41 (G.U. n. 72 del 29 marzo 2005) contenente “Disposizioni per 

l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 28 febbraio 2002, che 

istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità” tra cui i reati di corruzione. 

137

concernente le funzioni dell'Alto Commissario, e dà appunto luogo a molteplici 

problemi interpretativi, per la soluzione dei quali il Presidente Tatozzi, preposto 

all'ufficio in esame, sollecita interventi chiarificatori da parte della dottrina. Questi è 

stato per l’appunto nominato con d.P.R. 28 ottobre 2004 16 , previa deliberazione del 

Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio ex art. 1, c. 3 del d.P.R. 

258, e presentato ufficialmente in ambito istituzionale al Quirinale e a Montecitorio, 

rispettivamente in data 26 gennaio e 2 febbraio 2005. I primi mesi di vita dell'organismo 

sono stati prevalentemente orientati all'organizzazione dell'ufficio e del personale e solo 

a partire dal giugno 2005 esso ha iniziato ad operare concretamente attraverso la 

stipulazione dei menzionati protocolli d'intesa con altri soggetti istituzionali e l'avvio di 

indagini. La l. 3/2003 ha espressamente rimesso al Governo la determinazione della 

composizione dell'Alto Commissario, precisando che tale operazione avvenisse in 

modo tale da garantire l'autonomia e l'efficacia operativa della struttura (art. 1, c. 3). 

Pertanto al fine di assicurare che l’ ufficio venisse ad essere ricoperto da un soggetto 

altamente competente sul piano tecnico nonché provvisto di notevole professionalità ed 

esperienza maturata sul campo, è stato sancito che “ l'Alto Commissario è scelto tra i 

magistrati ordinari, amministrativi e contabili con qualifica non inferiore a consigliere, 

tra gli avvocati dello Stato appartenenti almeno alla terza classe di stipendio, tra i gradi 

generali della dirigenza militare o tra i dirigenti di prima fascia delle amministrazioni 

dello Stato ed equiparati” 17 (art. 1 c. 2 d.P.R. 258/2004) . Ai sensi del c. 4 del 

regolamento, “l’incarico ha durata quinquennale ed è rinnovabile una sola volta”. 

3. Strutture di supporto 

Ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 258 l'Alto Commissario “opera presso la Presidenza del 

Consiglio dei Ministri, avvalendosi di un apposito ufficio, secondo le disposizioni della 

legge e del regolamento”; il successivo art. 6 si preoccupa quindi di individuare le 

strutture di supporto dell'organismo anti-corruzione. 

Anzitutto è previsto ai sensi del c.1 lett.a) della norma citata che “nello svolgimento 

delle sue funzioni, l'Alto Commissario si avvale del supporto di un Vice Commissario, 

16 G.U. n. 287 del 7 dicembre 2004. 

17 L'attuale titolare Gianfranco Tatozzi è entrato in magistratura nel 1965, è stato Pretore a Penne, giudice 

presso il tribunale di Varese, consigliere della corte d'appello di Milano, componente togato del CSM, 

magistrato di Cassazione, capo del Dipartimento degli Affari di Giustizia nonché ispettore generale e 

capo di gabinetto per i ministri Biondi e Mancuso. 

138

nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell'Alto 

Commissario”. Il Vice Commissario svolge le funzioni delegategli dall'Alto 

Commissario e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento. Su questo punto si 

deve rilevare quanto espresso dalla Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del 

Consiglio di Stato nella già menzionata adunanza del 31 maggio 2004, in merito alle 

previsioni contenute all'art. 6 dello schema di regolamento: secondo il Consiglio di 

Stato infatti “la previsione di un Vice Commissario che sostituisce l'Alto Commissario 

se assente o impedito ed al quale questi può altresì delegare l'esercizio di proprie 

funzioni, non sembra coerente con la figura dell'Alto Commissario come definite dalla 

normativa, che, non prevedendone la costituzione in organo collegiale, attribuendogli 

direttamente la responsabilità dell'esercizio delle funzioni di legge insieme con la 

personale dipendenza dal Presidente del Consiglio, appare individuarlo come organo 

monocratico”. A questa prima perplessità, se ne aggiunga una seconda espressa nel 

medesimo parere dal Consiglio di Stato, per cui la disposizione originariamente 

contenuta nello schema di regolamento relativamente alla figura del Vice Commissario 

sarebbe risultata carente in quanto non contenente “la previsione che il Vice 

Commissario, vista la rilevanza delle sue funzioni, sia scelto nell'ambito delle medesime 

categorie tra le quali è scelto l'Alto Commissario, ai sensi dell'art. 1 c. 2”: peraltro 

questa osservazione è stata recepita nel testo di regolamento definitivo per cui è 

attualmente previsto espressamente che il Vice Commissario sia scelto fra le categorie 

professionali nell'ambito delle quali viene altresì scelto lo stesso Alto Commissario. La 

figura del Vice Commissario, originariamente non contemplata dalla legge istitutiva, è 

stata successivamente introdotta nel testo ad opera del maxi-emendamento contenuto 

nella legge finanziaria 2006 18 , potendosi trarre implicitamente da ciò la volontà del 

Legislatore di sottolineare l’importanza del ruolo ausiliario del Vice Commissario in 

primis e quindi delle altre strutture di supporto, le quali assumono pertanto un ruolo 

centrale nell'operato dell'organismo, ferma restando la sua natura monocratica 

18 Punto n. 256 dell’emendamento 1.2000 del Governo; art. 1, commi nn. 254 e 255 della l. 266/2005 

(G.U. n. 302 del 29 dicembre 2005, S.O. n. 211). Si introduce una precisazione nel c. 4 dell'art. 1 della l. 

3/2003 per cui l'Alto Commissario svolge le proprie funzioni avvalendosi di “un Vice Commissario 

vicario scelto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su sua proposta, tra gli appartenenti alle categorie 

di personale, nell'ambito delle quali è scelto il Commissario”, ed altresì si sostituisce la lett. e) della legge 

in questione, la quale faceva generico riferimento ad un “ufficio di supporto composto da dipendenti delle 

amministrazioni pubbliche”, e che, in conseguenza della modifica apportata, contiene una dettagliata 

elencazione delle strutture di ausilio all'azione dell'Alto Commissario e per l’appunto contempla ora 

espressamente anche il “supporto di un Vice Commissario aggiunto, nominato dal Presidente del 

Consiglio dei Ministri su proposta del Commissario”. 

139

determinata dalla concentrazione della responsabilità in capo al Commissario il quale è 

chiamato personalmente a rispondere nei confronti del Presidente del Consiglio dei 

Ministri per l’operato dell’organismo 19 . L'incarico del Vice Commissario ha anch’esso 

durata quinquennale ed è rinnovabile una sola volta. 

La norma prosegue prevedendo alla lett. b) che l'Alto Commissario venga altresì ad 

avvalersi del supporto “di un dirigente di prima fascia 20 , delle amministrazioni dello 

Stato ed equiparate, con l'incarico di direttore dell'ufficio dell'Alto Commissario”. 

Questi viene nominato -al pari del Vice Commissario- dal Presidente del Consiglio dei 

Ministri, su proposta dell'Alto Commissario medesimo. Il suo incarico ha, anche in 

questo caso, durata quinquennale; tuttavia, a differenza di quanto previsto relativamente 

al titolare dell'ufficio e al suo vicario, il direttore dell'ufficio non è rinnovabile nel suo 

mandato. Ad esso sono conferite funzioni di coordinamento della struttura. 21 

19 AA. VV., Diritto Amministrativo, Monduzzi, III ed., 2001, p. 575: al profilo dell'autorità può essere 

ricollegato il profilo della responsabilità mediante un sistema di vincoli in base ai quali, se le scelte 

compiute dagli uffici (di livello gerarchicamente elevato), ai quali esse competono in vista della 

realizzazione dei fini dell'organizzazione, non trovassero la possibilità di essere attuate attraverso l'azione 

di altri uffici, anche mediante scelte subordinate ma in misura minore o maggiore sempre vincolate, non 

si potrebbe parlare di responsabilità di coloro che hanno operato le scelte generali di grado superiore. 

20 La dirigenza è articolata nelle due fasce di dirigente di prima fascia e dirigente di seconda fascia. 

L’accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle Amministrazioni statali è disciplinato dall’ art. 28 del d. 

lgs. 30 marzo 2001, n .165, come modificato dall’art. 3, c. 5 della l. 15 luglio 2002, n. 145. ed avviene per 

concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di 

formazione bandito dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Al concorso per esami 

possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che 

abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è 

richiesto il possesso del diploma di laurea ( per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a 

seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni). Sono, altresì, ammessi i soggetti 

in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche, muniti del diploma di laurea , che 

abbiano svolto per almeno due anni funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno 

ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a 

cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo 

titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni 

presso enti od organismi internazionali , esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l’accesso 

alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. 

21 Per la nozione di coordinamento: E. Casetta, op. cit., p. 117; AA. VV., cit., pp. 624 ss.; V. Bachelet, 

voce Coordinamento, Enciclopedia del diritto, 1962, p.631; L.Orlando, Contributo allo studio del 

coordinamento amministrativo, Milano, 1974, pp.186 ss.; R. Treves, L'organizzazione amministrativa, 

Torino, 1967, pp. 80 ss.; F. Migliarese Tamburino, Il coordinamento nell'evoluzione dell'attività 

amministrativa, Padova, 1979; G. Marongiu, L'attività direttiva nella teoria giuridica dell'organizzazione, 

Padova, 1989; A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, XII ed., Napoli, 1978, pp.184 ss. Il 

coordinamento è definito dalla legge, non già come autonoma relazione, bensì come potere esercitabile 

all'interno della direzione, agli artt. 16 c.1 lett. e), 17 c. 1 lett. d), 25 del d.lgs. 165/2001. In via generica il 

coordinamento consiste nell’attività, i meccanismi giuridici e le strutture organizzative che l’ordinamento 

predispone perché risultino adeguatamente armonizzati i comportamenti dei diversi centri di imputazione 

di attribuzioni e competenze amministrative. In dottrina il coordinamento indica un rapporto di 

equiordinazione che intercorre tra soggetti preposti ad attività che, pur essendo distinte, sono destinate ad 

essere ordinate secondo un disegno unitario in vista di risultati di interesse comune, al fine di assicurare 

coerenza ed organicità all'attività amministrativa. Ci si riferisce cioè a quel complesso di meccanismi 

giuridici di natura organizzativa che l'ordinamento predispone affinché le diverse attività vengano 

preventivamente armonizzate. Per G.D. Comporti, Il coordinamento infrastrutturale, Milano, 1996, il 

140

Ai sensi della lett. c) dell’art. 6, l'Ufficio dell'Alto Commissario si compone altresì di 

personale dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 c. 2 d.lgs. 

165/2001, in posizione di comando, secondo i rispettivi ordinamenti; tale previsione non 

fa altro che ribadire quanto contenuto all'art. 4 lett. e) della legge istitutiva. In 

considerazione delle peculiari finalità della struttura anti-corruzione, per il 

perseguimento delle quali è richiesto a tutti i soggetti appartenenti all'organizzazione 

dell'ufficio un elevato grado di professionalità e competenza, si richiede espressamente 

che il personale dipendente possegga una specifica qualificazione professionale 

amministrativa ed informatica- quest'ultimo profilo assume rilevanza in considerazione 

della necessità di un efficiente raccordo telematico tra l'Alto Commissario e le banche 

dati delle amministrazioni e degli altri soggetti istituzionali-. 

L’organismo si avvale quindi per le prestazioni di lavoro di livello non dirigenziale, ex 

lett. d) che rinvia all’art. 9 c. 2 d.lgs. 303/1999 22 , anche di consulenti ed esperti, anche 

estranei alla pubblica amministrazione, nominati secondo i criteri e i limiti fissati dal 

Presidente del Consiglio dei Ministri per fronteggiare le specifiche esigenze che l'azione 

di contrasto e prevenzione della corruzione e dell’illiceità amministrativa in genere può 

presentare. 

Secondo quanto previsto dal capoverso della norma all’esame, il contingente di 

personale a disposizione della struttura anti-corruzione può essere concretamente fissato 

con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: così il d.p.c.m. del 25 gennaio 

2005, n. 171 ha stabilito che la dotazione dell'organico, a regime, consista in un 

dirigente attributario di incarico di prima fascia nell'ambito delle dotazioni di staff 23 

fissate dall'art. 5 del d.p.c.m. 23 luglio 2002 e di tre dirigenti di seconda fascia, 

coordinamento non può essere ritenuto né un potere né un tipo di relazione organizzativa, ma solo il 

risultato cui si può pervenire attraverso relazioni sia di sovraordinazione sia di equiordinazione, 

consistente nell'azione coordinata di più uffici o più strutture organizzative. Per F. Piga, Coordinamento- 

principio del, Enc. Giur., IX, Roma, 1988, nel concetto di coordinamento sta l'idea di un'azione coerente 

volta a realizzare obiettivi specifici tenendo conto di esigenze generali. 

22 “ La Presidenza si avvale per le prestazioni di lavoro di livello non dirigenziale: di personale di ruolo, 

entro i limiti di cui all'articolo 11, comma 4; di personale di prestito, proveniente da altre amministrazioni 

pubbliche, ordini, organi, enti o istituzioni, in posizioni di comando, fuori ruolo, o altre corrispondenti 

posizioni disciplinate dai rispettivi ordinamenti; di personale proveniente dal settore privato, utilizzabile 

con contratti a tempo determinato per le esigenze delle strutture e delle funzioni individuate come di 

diretta collaborazione; di consulenti e esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, nominati per 

speciali esigenze secondo criteri e limiti fissati dal Presidente”. 

23 Vengono denominati uffici di staff, quegli uffici che, nell'ambito della struttura organizzativa, sono fuori 

dalla linea gerarchica, ed ai quali sono affidati compiti e ruoli ausiliari, indirettamente collegati con gli 

scopi dell'organizzazione. Sono invece uffici di line quelli collocati nella scala o linea gerarchica. La 

distinzione tra uffici di staff e di line è entrata nel linguaggio legislativo: si veda l'art. 12 c. 1 lett. o) della 

l. 15 marzo 1997, n. 59. Tale articolazione degli uffici si ispira al criterio di organizzazione per funzioni 

omogenee, in base al quale si distingue tra funzioni finali e funzioni strumentali o di supporto. 

141

provenienti da altre amministrazioni pubbliche o dalla Presidenza del Consiglio dei 

ministri (art. 3, c. 3); nonché, come da tabella A allegata al citato decreto, di sei 

funzionari ed ufficiali della Guardia di finanza, della Polizia di Stato e dei Carabinieri; 

di ventinove funzionari dell'area C; di ventinove impiegati dell'area B e di due 

dipendenti dell'area A, per un totale di sessantasei unità 24 . Inoltre, è stato previsto, da 

tabella B, un contingente di dieci consulenti e cinque esperti. Il già menzionato maxi- 

emendamento alla Finanziaria 2006 ha d'altra parte approvato un aumento dell'organico 

a disposizione della struttura prevedendo che la medesima possa avvalersi dell'ausilio di 

cinque magistrati fuori ruolo, dotati di particolari competenze acquisite sul campo, in 

considerazione del fatto che si richiede quanto meno un'esperienza quinquennale presso 

l'amministrazione di appartenenza. 25 

Per tutto il personale destinato all'Ufficio del Commissario “il servizio è equiparato ad 

ogni effetto a quello prestato presso le amministrazioni di appartenenza” ( art. 1 c. 4 lett. 

e) l. 3/2003). 

Nell'espletare le proprie funzioni, d'altra parte, l'Alto Commissario non si avvale 

esclusivamente dell'ausilio del proprio ufficio, bensì anche “ degli uffici e degli organi 

ispettivi e di verifica delle amministrazioni pubbliche e dei servizi di controllo interno 

previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286” (art. 2 c. 3 d.P.R. 258/2004): 

tuttavia, sotto questo profilo, l'Alto Commissario ha lamentato il sottodimensionamento 

degli Ispettorati 26 , e l’inefficienza dei Secin, dai quali non ha finora avuto grossa 

collaborazione 27 . E’ pertanto auspicabile, affinché le finalità proprie dell'organismo 

anti-corruzione non rimangano puramente sul piano retorico, che si realizzi una 

concreta collaborazione da parte delle pubbliche amministrazioni: l’illiceità 

amministrativa può essere concretamente contenuta infatti solo a fronte di un'azione 

sinergica dei soggetti interessati, i quali purtroppo sembrano dare gelosamente priorità 

24 

L'inserimento del personale amministrativo nelle diverse Aree dipende dalla differente quantità di 

responsabilità gravante sul pubblico dipendente: dall'Area A all’Area C si evidenzia infatti un crescente 

livello di responsabilità cui corrispondono crescenti livelli retributivi. Nell’Area C, per la precisione, 

confluiscono quei lavoratori aventi elevata responsabilità i quali espletano attività che richiedono 

abilitazioni all'esercizio della professione e/o iscrizione ad albi professionali. 

25 

Per la precisione trattasi di: “cinque esperti, tutti scelti tra i magistrati ordinari amministrativi e 

contabili e gli avvocati dello Stato, collocati obbligatoriamente fuori ruolo o in aspettativa retribuita dalle 

rispettive amministrazioni di appartenenza anche in deroga alle norme ed ai criteri che disciplinano i 

rispettivi ordinamenti, ivi inclusi quelli del personale di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 

3 febbraio 1993, n. 29, se appartenenti ai ruoli degli organi costituzionali, che abbiano prestato non meno 

di cinque anni di servizio effettivo nell'amministrazione di appartenenza”. 

26 

L'Alto Commissario sta peraltro svolgendo due indagini con la collaborazione dell'Ispettorato della 

Ragioneria generale dello Stato. 

27 

Intervista rilasciata da G. Tatozzi al Sole24Ore in data 12/02/2006. 

142

alla propria autonomia, mal tollerando eventuali controlli esterni, come testimoniato sia 

dalle conclusioni della Conferenza Unificata sia dal fatto che a tuttoggi -ad un anno di 

distanza dall'inizio dell'attività dell'organismo anticorruzione- non è stata inoltrata 

all'Alto Commissario alcuna richiesta di indagine da parte delle pubbliche 

amministrazioni. 

Non dimentichiamo poi di evidenziare, come d'altra parte sottolineato in sede 

parlamentare 28 , come l'ufficio dell'Alto Commissario, composto approssimativamente 

da un'ottantina di soggetti, risulti sottodimensionato rispetto all'ampiezza della 

competenza attribuita e alla mole di attività che l'organismo è chiamato ad espletare su 

livello nazionale; tuttavia, come abbiamo già avuto modo di rilevare, fintantoché la 

situazione di stallo rispetto alle autonomie territoriali non verrà ad essere sbloccata da 

un'apposita intesa, il problema del sottodimensionamento appare secondario. 

4. Rapporto con il Presidente del Consiglio 

Le legge istitutiva dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione 

prevede, in apertura, all'art. 1 c. 1 che tale soggetto sia posto “alla diretta dipendenza 

funzionale 29 del Presidente del Consiglio dei Ministri”, cui deve altresì 

obbligatoriamente riferire a cadenza semestrale ex successivo c. 4 lett. d) l. 3/2003. Il 

28 Interrogazione parlamentare cit. 3-04277, per cui “in considerazione dell'alto profilo dell'Alto 

Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno 

della pubblica amministrazione, benché «rimpolpato» ai sensi del decreto 25 gennaio 2005 n. 171, si ha la 

sensazione che l'organico non sia esattamente adeguato alla rilevanza delle indagini che devono essere 

compiute e all'estensione su tutto il territorio nazionale di tale organismo.” 

29 Per il contenuto della dipendenza funzionale si può vedere l’art. 52 l. 142/90 per cui “il segretario 

comunale dipende funzionalmente dal Sindaco (…) sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei 

dirigenti e ne coordina l’attività, cura l’attuazione dei provvedimenti, è responsabile dell’istruttoria delle 

deliberazioni, provvede ai relativi atti esecutivi e partecipa alle riunioni della giunta e del consiglio [Tar 

Piemonte, Sez. I, sent. n. 41/1999]. Per la Circolare Inail n. 32 dell'11 aprile 2000 il concetto di 

“dipendenza funzionale”, estrinsecantesi in un rapporto di collaborazione caratterizzato dalla 

professionalità, sistematicità ed abitualità, è stato coniato dalla giurisprudenza e costituisce un aspetto 

tipico della parasubordinazione. In alcuni casi accade che la posizione di indipendenza abbia anche le 

caratteristiche dell’autonomia, come succede per gli organi soggetti solo alla legge ovvero che hanno la 

possibilità di perseguire specifici interessi settoriali sulla base di scelte proprie; autonome anche nei fini, 

perciò non soggette agli indirizzi del Governo e meno lontane dagli schemi dell’autonomia privata. Ciò 

non si verifica quando è implicata una dipendenza funzionale la quale impone l’attuazione dell’indirizzo e 

delle scelte di fondo degli organi politici: compito che deve essere realizzato da una posizione di 

indipendenza operativa, che comprende l’elezione dei mezzi da utilizzare e la valutazione della loro 

idoneità a raggiungere i fini in modo imparziale e nel rispetto delle regole costituzionali [Tar Lazio, Sez. 

II Ter, sent. n. 3276/2003]. Per Cass. n. 1077/1987, a fronte di un rapporto di dipendenza funzionale – 

consistente nell'esecuzione delle direttive e non nella direzione d'impresa-, potrebbe anche non ricorrere 

alcun vincolo di subordinazione. 

143

egolamento 258/2004 ha quindi prevista all’art. 1 c. 1 che l'Alto Commissario “opera 

presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”, la quale d'altra parte ne sostiene le 

spese di funzionamento nei limiti previsti dalla legge e per quanto di competenza, 

nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio ai sensi del successivo art. 7. E’ 

importante sottolineare come il rapporto di dipendenza non intercorra fra il 

Commissario e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, bensì operi nei confronti della 

persona del Presidente del Consiglio, al quale spetta proporre la nomina dell'Alto 

Commissario (art. 1 c. 3), nonché nominare con proprio decreto il Vicario, il Direttore 

dell'Ufficio dell'Alto Commissario ed i consulenti ed esperti di cui la struttura debba 

avvalersi ex art. 9 c. 2 d.lgs. 303/1999 (art. 6). D'altra parte al Presidente del Consiglio 

dei Ministri spetta anche determinare, con proprio decreto, il complesso del contingente 

di personale da assegnarsi all'Ufficio dell'organismo anti-corruzione 30 . Si evidenzi che il 

rapporto col Presidente del Consiglio non si inquadra nell'ambito della dipendenza 

gerarchica, bensì della dipendenza funzionale, il che sta a significare che il Presidente 

del Consiglio indica le attività prefissate sotto forma di direttive 31 con settori-obiettivo, 

ferma restando la possibilità per l'Alto Commissario di attivarsi anche d'ufficio 32 . Il 

rapporto tra il Presidente del Consiglio e l'Alto commissario, peraltro provvisto di 

autonomia operativa ex art. 1 c. 3 l. 3/2003, è riconducibile allo schema della 

direzione 33 . Ricordiamo quindi l'esistenza di un obbligo relazionale in capo all'Alto 

30 Per l’organizzazione degli uffici della Presidenza del Consiglio, disciplinata con d.p.c.m. si veda l’art. 9 

c. 7 d.lgs. 303/1999 e d.p.c.m. 15 aprile 2000 e 4 agosto 2000. 

31 Secondo l’analisi sociologica dell'autorità di Weber l’essenza dell'autorità è la possibilità per specifici 

comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di uomini. I comandi devono essere 

obbediti volontariamente, dato che il gruppo li considera legittimi a priori, ossia senza sottoporli a 

valutazione prima dell'esecuzione. Secondo Weber si possono distinguere tre tipi di autorità: l'autorità 

tradizionale, ossia legittimata dall'inviolabilità e sacralità della tradizione; l'autorità carismatica, basata 

sulla devozione al capo e sulla convinzione che i suoi comandi sono giusti ed insindacabili; e infine 

l'autorità legale, legittimata dalla convinzione della supremazia della legge o, più in generale, del diritto. 

Un aspetto di tale tipo di autorità è la necessità di seguire le direttive provenienti da un ufficio superiore al 

proprio, senza guardare chi occupa quella posizione.M. Weber, Economia e Società, Milano, 1968, pp. 51 

ss. 

32 Come confermato da colloquio con il Presidente G. Tatozzi in data 14/06/2005. 

33 AA. VV., cit., pp. 622 ss: l'ufficio (o la struttura, o la persona) sovraordinato è dotato del potere di 

emanare atti con i quali, anziché imporre comportamenti (come nel caso del potere di ordine), indica gli 

scopi concreti da perseguire, stabilisce eventualmente l'ordine delle priorità tra gli scopi medesimi, e 

lascia all'ufficio (o alla struttura o alla persona giuridica) subordinato la scelta dei modi per raggiungere 

gli scopi indicati. Tali atti sono denominati direttive. Nei rapporti tra persone giuridiche la direzione si 

presenta nella sua forma pura, priva cioè delle incrostazioni derivanti dalla degenerazione della relazione 

di gerarchia: non sussistono pertanto, accanto al potere di direzione, poteri di avocazione o di 

sostituzione, se non nei casi tassativamente stabiliti dalla legge. Nei rapporti soggettivi tra persone 

giuridiche la direzione rappresenta uno strumento organizzativo atto a saldare le figure soggettive 

pubbliche diverse dallo Stato all'organizzazione statale: quale relazione organizzativa, essa nasce e si 

sviluppa dunque in concomitanza con quel fenomeno che va sotto il nome di pluralismo dei soggetti di 

pubblica amministrazione, che ha prodotto la moltiplicazione degli enti pubblici, ciascuno dotato di un 

144

Commissario nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 4 d.P.R. 258), 

che consente di identificare in capo all'organismo anti-corruzione una funzione 

consultiva e propositiva nei confronti dell'organo del vertice politico sotto forma di 

elaborazione di analisi e studi sull'adeguatezza e congruità del quadro normativo, 

nonché delle misure poste in essere dalle amministrazioni per prevenire e fronteggiare 

l’evolversi dei fenomeni corruttivi ex art. 2 c. 2 lett. b) d.P.R. 258/2004 34 . 

Ancorché l’ordinamento ammetta che “il Presidente del Consiglio, ove ne ravvisi 

l'opportunità, può istituire strutture temporanee di missione per lo svolgimento di 

compiti di particolare rilievo in un dato momento ed in relazione ad uno specifico 

obiettivo dell'esecutivo” e che tali strutture di missione, istituite sulla base delle nuove 

norme di organizzazione della Presidenza del Consiglio, siano poste alla diretta 

dipendenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, 35 tuttavia la circostanza che l'Alto 

Commissario contro la corruzione, dipenda direttamente dal vertice politico ha suscitato 

alcune critiche tanto in sede parlamentare 36 , quanto in ambito dottrinale 37 . In 

particolare, sotto il primo profilo, si è ritenuto che tale scelta politica risponda alla 

volontà di concentrare sempre più poteri gestionali in capo al Presidente del Consiglio, 

dando un'idea fortemente accentratrice e disfunzionale dell'esercizio del potere pubblico 

al suo massimo livello. Per quanto attiene al secondo aspetto, si è osservato che le 

istituzioni di supervisione, per assolvere credibilmente ed efficacemente al proprio 

proprio fine istituzionale. In generale quindi col termine direzione si intende un rapporto di 

sovraordinazione caratterizzato però, a differenza della gerarchia, dal rispetto di una più o meno ampia 

sfera di autonoma determinazione dell'ufficio o dell'ente subordinato: al potere d'ordine si sostituisce il 

potere di impartire direttive, od anche il potere di indirizzo, con cui vengono fissati obiettivi da 

perseguire. L'ufficio o ente subordinato rimane però libero di determinare i modi e i tempi dell'azione, 

nonché di disattendere le direttive o gli indirizzi allorquando siano in contrasto con il fine istituzionale 

suo proprio o anche eventualmente per altre ragioni, con l'unico limite di dovere motivare tale suo 

comportamento. Il controllo sull'intera attività svolta dall'ufficio o ente soggetto alla direzione è di regola 

svolta a posteriori. Si osserva d'altra parte che di fronte al ridimensionamento della gerarchia, si assiste 

all’allontanamento della direzione dallo schema dell'obbedienza agli ordini amministrativi e si 

identificano come rapporti di direzione quei rapporti intercorrenti tra figure soggettive, nei quali, 

nonostante l'assenza degli attributi tipici della gerarchia amministrativa, si riscontra una superiorità o una 

supremazia di intensità variabile. Per G. Marongiu, cit., pp. 166 ss., “la direzione deve essere considerata 

un'attività strumentale, al servizio di programmi, indirizzi e direttive che da sole sarebbero insufficienti e 

che per essere attuate hanno bisogno appunto di un'attività impulsiva e di guida”. E. Casetta, op. cit., pp. 

82 e 116. 

34 M. Valero, L'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di 

illecito all'interno della pubblica amministrazione, Nuova rassegna di legislazione, dottrina e 

giurisprudenza, n. 19, 1 ottobre 2004, pp. 2222 ss. 

35 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica 

amministrazione per gli anni 2000 e 2001. 

36 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XVI Legislatura, Discussioni, Seduta del 19 marzo 2002, n. 

118. Intervento di G. Bressa. 

37 M. Arnone, E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e Pensiero, 

2005, pp. 8 ss.,19,111 ss., 118 ss.,188. S. Zaramella, L’Alto Commissario contro la corruzione, Studium 

Iuris n. 1/2005, pp. 128 ss. 

145

compito, devono godere de jure e de facto di indipendenza, autonomia e competenza: 

l’indipendenza dal governo e dal potere politico è essenziale per minimizzare i rischi di 

uso politico dell'istituzione; l’autonomia deve estrinsecarsi sotto il profilo della 

definizione degli obiettivi (goal autonomy), nell'ambito degli strumenti (instrument 

autonomy) ed in quello finanziario, così da potersi dotare di strutture e personale di alta 

qualità e da non dover dipendere da altre istituzioni nell'allocazione delle risorse, cosa 

che potrebbe vincolare i comportamenti dell’autorità; la competenza consiste in un 

insieme di requisiti professionali e di esperienze nel settore che mette l'autorità in grado 

di dialogare con gli operatori e di coglierne e supervisionarne i comportamenti. 

L'operato delle autorità di garanzia deve d'altra parte rispondere ai criteri di 

responsabilità (accountability) e trasparenza. Nella fattispecie, pur non dubitando della 

competenza e professionalità dell'Alto Commissario, l'organismo sembrerebbe tuttavia 

difettare di quei requisiti di autonomia ed indipendenza dal potere politico che, 

viceversa, sarebbero condizione indefettibile perché l'organismo possa operare libero da 

qualsivoglia condizionamento esterno. Arnone osserva che quando in un paese il vertice 

del potere esecutivo ha accumulato processi per svariati reati, corruzione compresa, 

sembra del tutto normale che l'Alto Commissario per la lotta alla corruzione sia posto 

alle dirette dipendenze dello stesso potere esecutivo, e che parimenti le caratteristiche 

professionali dello staff dell'Autorità Antitrust siano decise su decreto della Presidenza 

del Consiglio. A questo aggiunge che l’organismo si trova a dipendere funzionalmente 

proprio da una delle autorità pubbliche che dovrebbe controllare. Queste circostanze 

minano le garanzie di indipendenza, autonomia e competenza che, viceversa, debbono 

caratterizzare le istituzioni di controllo e supervisione 38 . D’altra parte lo stesso Alto 

38 L'esistenza di organi di controllo e garanzia è funzionale al rispetto delle regole costituzionali dello 

Stato ed alla punizione di eventuali deviazioni. L'azione delle autorità ha l'obiettivo di favorire efficienza 

e correttezza nel settore di riferimento, fornendo uno strumento ulteriore rispetto all'azione dispiegata dal 

sistema giudiziario che, per sua natura, ha facoltà limitate. Una buona qualità delle istituzioni si riflette 

nell'esistenza di sistemi di controllo capaci di impedire lo sviluppo di dinamiche di malfunzionamento 

negli organi vitali dello Stato. L'azione di supervisione e di regolamentazione da parte delle istituzioni di 

garanzia è elemento necessario a prevenire gli effetti dannosi della corruzione e ad impedire lo sviluppo 

di comportamenti e attività illecite. Se le istituzioni in questione non sono adeguate al proprio compito, è 

possibile che i conflitti di interessi siano gestiti in modo inopportuno, e una gestione inadeguata può 

conseguentemente condurre a comportamenti che incentivano lo sviluppo della corruzione ed alterano le 

regole di mercato. Il corretto funzionamento amministrativo dipende d’altronde dall'esistenza di un 

sistema di regole l'attuazione corretta delle quali non può prescindere dall'esistenza di un organo di 

controllo. Qualora le istituzioni siano vincolate a rendere conto del proprio operato, il margine di 

discrezionalità dei pubblici ufficiali è molto limitato e lo sviluppo di episodi corruttivi e di cattiva 

governance viene ostacolato. L'istituzione degli organi di supervisione è quindi finalizzata ad impedire 

che prendano piede dinamiche degenerative e fenomeni di abuso di potere da parte dell'elite di insiders 

che conoscono le regole del gioco. I supervisori devono rispettare degli standards qualitativi predisposti 

al fine di mantenerli estranei rispetto agli interessi particolari degli operatori. Gli organi di supervisione 

146

Commissario, allo scopo di fugare le perplessità sulla presunta ingerenza del vertice 

politico nei confronti del suo operato, ha sottolineato che la struttura è collocata 

“presso” e non “nell’ambito” della Presidenza del Consiglio 39 . A prescindere dagli 

aspetti strettamente terminologici, è palese che l’utilità di un organismo anti-corruzione 

sarà tanto maggiore quanto più ampia risulterà la sua autonomia rispetto a qualsivoglia 

condizionamento. 

5. Relazioni intersoggettive 

L'articolazione delle relazioni intersoggettive individua le modalità di rapporto 

reciproco tra amministrazioni aventi personalità giuridica: l'insieme delle relazioni 

esistenti fra le strutture caratterizza la posizione nella quale le une si collocano rispetto 

alle altre, ossia la condizione reciproca permanente, una sorta di status di ciascuna 

struttura rispetto ad altre strutture 40 . 

Come emerso in sede di interrogazione parlamentare 41 , non sembrano sussistere rischi 

di duplicazione di funzioni e sovrapposizione di competenze tra l'Alto Commissario e 

gli Uffici della Ragioneria di Stato, in considerazione del fatto che questi ultimi si 

occupano di verificare meramente il rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni 

dei principi di regolarità contabile. L'attività da essi dispiegata non presenta i medesimi 

devono essere in grado di garantire il corretto comportamento degli operatori e per questo motivo è 

indispensabile che le possibili influenze da parte del potere politico ed economico vengano eliminate. La 

supervisione deve conformarsi ai principi di indipendenza, autonomia e competenza: solo se indipendenti 

ed autonome, le decisioni possono essere il frutto dell'osservanza di criteri prestabiliti controllabili e non 

dell'influenza della politica. L'autonomia deve riguardare una serie di strumenti di controllo e repressione 

che rende efficace l'attività stessa dell'autorità e senza i quali difficilmente è possibile colpire e prevenire 

in maniera adeguata i comportamenti devianti. Parallelamente solo se i membri che compongono le 

autorità sono di alta riconosciuta professionalità, possono essere in grado di esercitare la propria attività 

senza subire, anche inconsapevolmente, influenze esterne. Se queste condizioni non sono rispettate la 

qualità e l'autorevolezza della supervisione viene irrimediabilmente compromessa. Al fine di impedire 

che l'azione degli organi di supervisione venga ostacolata da possibili condizionamenti esterni, è 

necessario che le autorità di supervisione siano economicamente indipendenti e che siano composte da 

membri competenti. Se tutte queste condizioni non sono rispettate, la qualità della supervisione non può 

essere garantita. D'altra parte è dimostrato il rapporto tra corruzione e grado di valutazione della 

supervisione bancaria: tali profili sono infatti negativamente correlati, ovvero a paesi con una migliore 

supervisione bancaria è associato un minore livello di corruzione. 

39 Avvenire del 06/02/2005. 

40 AA. VV., cit., p. 615. Tali condizioni reciproche si caratterizzano in conformità alla maggiore o minore 

intensità delle relazioni organizzative, e pertanto alla maggior o minore dipendenza della struttura sottoordinata 

alla struttura sopraordinata. Tali posizioni relazionali danno luogo a modelli o formule 

organizzative che, a seconda dell’intensità delle relazioni organizzative sulle quali si articolano, pur nella 

loro varietà, sono raggruppabili nella posizione di autonomia e indipendenza ovvero nella contrapposta 

posizione di dipendenza nelle sue diverse forme (ausiliarietà, strumentalità, dipendenza in senso stretto). 

La posizione di autonomia si caratterizza per la limitata consistenza delle relazioni organizzative; la 

posizione di dipendenza si caratterizza per la forte consistenza delle relazioni organizzative. 

41 Supra, par.1, note 4 e 5. 

147

caratteri di quella dell'organismo anti-corruzione: infatti mentre il controllo della 

Ragioneria ha natura essenzialmente tecnica ed è volto all'accertamento di eventuali 

irregolarità, l'azione di investigazione e monitoraggio dell'Alto Commissario ha portata 

più ampia, coprendo l'accertamento di illeciti e conseguentemente l’elaborazione di 

precisi studi sul fenomeno corruttivo e la predisposizione di programmi idonei a 

prevenirne e fronteggiarne l’evoluzione. Sostanzialmente i due organismi, ancorché 

mirino entrambi a garantire l'imparzialità e la correttezza della pubblica 

amministrazione, operano su fronti e con modalità differenti: gli Uffici di Ragioneria si 

propongono infatti l’individuazione e repressione delle irregolarità contabili 

amministrative, laddove l’Alto Commissario, sprovvisto di poteri sanzionatori, opera 

prevalentemente per fini preventivi. Nulla esclude d'altra parte che quest'ultimo, 

nell'espletamento delle proprie funzioni, possa avvalersi dell'ausilio degli Uffici della 

Ragioneria dello Stato, anche mediante la stipula di appositi protocolli d'intesa 

finalizzati a garantire una sinergia d'azione interistituzionale. 

Ad analoghe conclusioni si giunge altresì per quel che riguarda le relazioni tra l'Alto 

Commissario e l’Ispettorato per la funzione pubblica. Ad esso spettano compiti di 

controllo dei costi - in stretta collaborazione con i Servizi Ispettivi della Ragioneria 

Generale dello Stato-, di vigilanza della conformità dell'azione amministrativa ai 

principi di imparzialità e di buon andamento, di verifica della corretta applicazione delle 

riforme amministrative, con particolare riferimento alla semplificazione delle procedure 

rivolte ai rapporti tra cittadini e imprese con le amministrazioni pubbliche. Tali attività 

di controllo e vigilanza avverso presunte irregolarità nel lavoro pubblico si collocano in 

un più ampio progetto di lotta agli sprechi e di riduzione di eventuali ritardi o 

inadempienze burocratiche 42 . Anche in questo caso si esclude il rischio di possibili 

sovrapposizioni di competenza ed anzi si deve considerare l’importante ruolo di 

42 L’Ispettorato per la funzione pubblica esplica la propria attività in materia di: organizzazione del lavoro 

(bandi di concorso e assunzioni, passaggio di livello/area, controlli e valutazioni interne, incarichi 

dirigenziali, presunti comportamenti vessatori, attività a tempo parziale, pari opportunità, …); diritto di 

accesso e/o partecipazione al procedimento; incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi; categorie 

protette; disciplina pensionistica e previdenziale; disciplina fiscale e tributaria; procedimenti in materia di 

stato civile e certificazione anagrafica; procedimenti catastali; procedimenti di appalto; procedimenti 

autorizzatori, concessori, di licenza. L'Ispettorato svolge precisamente compiti ispettivi vigilando sulla 

razionale organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'ottimale utilizzazione delle risorse umane, la 

conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento e l'osservanza delle 

disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro. 

L'Ispettorato si impegna a chiedere chiarimenti entro pochi giorni dalla ricezione della segnalazione da 

parte di pubblici dipendenti e cittadini e a verificare l'ottemperanza o meno delle vigenti disposizioni di 

legge e regolamentari, attivando nei casi previsti il Nucleo Speciale Funzione Pubblica e Privacy della 

Guardia di Finanza e verificando se l'eventuale irregolarità abbia comportato danno erariale. 

148

supporto che l'Ispettorato viene a ricoprire ex art. 2 c. 3 d.P.R. 258/2004. In proposito si 

rammenti tuttavia che c'è chi lamenta il sottodimensionamento di tali servizi ispettivi, 43 

con chiare conseguenze negative anche sull’entità dell’apporto che tali strutture possono 

concretamente offrire all’attività investigativa dell’Alto Commissario. 

Sulla base della citata previsione dell'art. 2 c. 3 d.P.R. 258, l'Alto Commissario può 

altresì avvalersi, oltre che dell'ausilio degli uffici e degli organi ispettivi e di verifica 

delle amministrazioni pubbliche, anche dei servizi di controllo interno previsti dal d.lgs. 

286/1999 44 . Ancorché regioni ed enti locali abbiano ritenuto in sede di Conferenza 

Unificata che, proprio l'esistenza a livello locale di sistemi di controllo interno 45 , 

giustifichi l'esclusione degli enti territoriali dallo spettro operativo dell'Alto 

Commissario anti-corruzione, sono di opposto avviso la lettera della legge ed il 

Consiglio di Stato: infatti non solo è espressamente previsto dal regolamento che i 

servizi di controllo interno svolgano funzione ausiliaria rispetto all'Alto Commissario - 

43 IlSole24Ore del 12/02/2005. 

44 G.U. 18 agosto 1999, n. 193. Il decreto attiva la delega conferita dall'art. 11 c. 1 lett. c) l. 59/1997, per 

riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei 

rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche. La disciplina in questione, 

modificando incisivamente le disposizioni in tema di controllo contenute nel d. lgs. 29/1993, stabilisce 

che le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della propria autonomia, debbano istituire controlli interni 

articolati in: controllo di regolarità amministrativa e contabile, controllo di gestione, valutazione della 

dirigenza, valutazione e controllo strategico. Le quattro tipologie di attività così individuate si 

contrappongono al controllo esterno affidato, per quanto attiene alla gestione, alla Corte dei Conti. 

45 I controlli interni degli enti locali sono disciplinati dall'art. 147 T.U. d.lgs. 267/2000 il quale dispone 

che la loro organizzazione sia effettuata dagli enti medesimi anche in deroga ai principi generali 

obbligatori per i ministeri di cui all'art. 1 c. 2 d.lgs. 286/1999 e consente tra più enti, mediante 

convenzione, l'istituzione di uffici unici per l'effettuazione dei controlli stessi. 

Art. 147-Tipologia dei controlli interni 

1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e 

metodologie adeguati a: 

a) garantire attraverso il controllo di regolarita' amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e 

correttezza dell'azione amministrativa; 

b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione 

amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra 

costi e risultati; 

c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale; 

d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri 

strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e 

obiettivi predefiniti. 

2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti 

di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo, 3 febbraio 

1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. 

3. L'organizzazione dei controlli interni e' effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri principi di 

cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. 

4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante 

convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento. 

5. Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione. d'intesa con le province, sono 

istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti locali per 

l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati 

possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza. 

149

escludendo pertanto implicitamente un possibile rischio di sovrapposizione di 

competenza e di duplicazione funzionale -, ma lo stesso Consiglio di Stato ha affermato 

che, essendo “le funzioni attribuite dalla legge all'Alto Commissario volte ad assicurare 

l'osservanza dei principi costituzionali di correttezza, imparzialità e buon andamento 

che reggono l’attività dell'intera pubblica amministrazione, rispetto ad esse le funzioni 

esercitate da altri organismi di controllo o ispettivi, sia interni che esterni, 

ordinariamente previsti, debbono considerarsi di ausilio, documentazione e supporto”. 

Si deve altresì rammentare che originariamente lo schema di regolamento relativo alle 

funzioni dell'Alto Commissario prevedeva la possibilità che gli elementi acquisiti nel 

corso dell'istruttoria da questi condotta potessero essere “utilizzati ai fini della 

valutazione dei dirigenti”: tuttavia, assecondando quanto osservato dal Consiglio di 

Stato, la previsione in questione è stata espunta nella versione definitiva del 

regolamento proprio per evitare possibili sovrapposizioni tra l'attività dell'Alto 

Commissario ed il procedimento di valutazione della dirigenza, specificamente regolato, 

quanto ai presupposti e alle modalità dagli artt. 5 d.lgs. 286/1999 e 21-22 d.lgs. 

165/2001. A questo si aggiunga la considerazione per cui, fatta eccezione per il 

controllo di regolarità amministrativa e contabile che si propone di garantire la 

legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa, i meccanismi di controllo 

interno sono perlopiù finalizzati a garantire la proficuità dell'azione amministrativa sul 

piano di efficacia, efficienza ed economicità, ottimizzazione dei costi, raggiungimento 

degli obiettivi, adeguatezza delle scelte compiute e congruenza tra risultati conseguiti ed 

obiettivi predefiniti 46 . Emerge cioè un chiaro scostamento tra i fini prettamente 

strategici dei controlli interni rispetto alle finalità di prevenzione dell'illiceità 

amministrativa cui mira l’azione dell'Alto Commissario, ferma restando la possibilità 

per la rete dei controlli interni di offrire un ausilio alle attività di accertamento della 

struttura anti-corruzione 47 . In particolar modo per quel che riguarda i servizi di controllo 

46 Il profilo caratterizzante tali controlli è costituito dalla marcata funzione di supporto all'attività di 

indirizzo e dirigenziale e dalla incisiva valenza conformativa della successiva azione amministrativa. 

Spetta cioè all'amministrazione attiva intervenire, sulla base dei risultati dei controlli interni, per 

migliorare l'azione amministrativa e correggere le anomalie riscontrate a seguito del controllo. 

L’espansione dei controlli interni corrisponde ad una rilevata riduzione dei controlli di legittimità con 

l’importante conseguenza che la legalità dell'azione amministrativa non rappresenta più preoccupazione e 

cura della stessa pubblica amministrazione, che non la persegue più attraverso un generale controllo 

orientato in tal senso. 

47 Tuttavia l'Alto Commissario ha recentemente lamentato la scarsa efficienza dei Secin dai quali non ha 

avuto a tuttoggi una grossa collaborazione. 

150

interno ministeriali 48 , è previsto che il Secin curi i rapporti con l'Alto Commissario per 

la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno 

della pubblica amministrazione, nell'ambito della sua attività di diretta collaborazione 

con il Ministro. Senza anticipare in questa sede le modalità specifiche di intervento 

dell'Alto Commissario presso le pubbliche amministrazioni, l'azione dell'organismo 

anti-corruzione consiste in un'attività ispettiva, di accertamento e di monitoraggio cui 

non si accompagnano tuttavia poteri sanzionatori e repressivi. Non risultano pertanto 

giustificati i timori delle autonomie territoriali, le quali hanno ritenuto che le funzioni 

proprie dell'organismo neo-costituito si scontrassero con l’assetto istituzionale disegnato 

dalla l. 131/2003 49 , con la quale sono fondamentalmente venuti meno i controlli di 

legittimità sull'attività delle autonomie territoriali. D'altra parte la possibilità 

48 Il Secin Ministeriale opera in posizione di autonomia e risponde esclusivamente al Ministro. Esso 

coadiuva il Ministro nella redazione della direttiva annuale, ai fini della programmazione e della 

definizione degli obiettivi delle unità dirigenziali di primo livello e dell’individuazione dei principali 

risultati da realizzare – in coerenza con gli indirizzi del Presidente del Consiglio dei Ministri – e degli 

obiettivi di miglioramento, nonché per l’individuazione dei parametri di valutazione della congruenza tra 

risultati conseguiti ed obiettivi assegnati; valuta il grado di effettiva attuazione – da parte delle strutture 

del Ministero – delle scelte contenute nella direttiva e negli altri atti di indirizzo politico, mediante 

l’analisi, preventiva e successiva, della congruenza o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate 

dalle norme, gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse, umane, finanziarie e 

strumentali assegnate; redige, con cadenza trimestrale, relazioni riservate all’organo di indirizzo politico 

sui risultati dell’analisi effettuata, individuando gli eventuali fattori ostativi alla realizzazione degli 

obiettivi e le eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione degli obiettivi stessi ed 

indicando i possibili rimedi; fornisce elementi di valutazione dei dirigenti destinatari delle direttive 

emanate dagli organi di indirizzo politico-amministrativo, anche ai fini delle eventuali misure in materia 

di responsabilità dirigenziale adottate dal Ministro; svolge, anche su richiesta del Ministro, analisi 

sull’attuazione di politiche e programmi specifici, su flussi informativi e sulla sistematica generale dei 

controlli interni dell’Amministrazione, nonché analisi organizzative finalizzate ad evidenziare costi e 

rendimenti di articolazioni organizzative e linee di attività dell’Amministrazione; coadiuva il Ministro 

nell’individuazione dei criteri generali e coordina: il sistema di controllo strategico (SISTRA); il sistema 

di controllo di gestione (SIGEST); il sistema di contabilità economica analitica per centro di costo 

(SICONT); il sistema di valutazione dei dirigenti apicali; il sistema di valutazione dei Commissari 

straordinari per le opere pubbliche. Il Servizio, inoltre, nell’ambito della sua attività di diretta 

collaborazione con il Ministro: coordina l’attività delle strutture in materia di programmazione economica 

(budget) e finanziaria (schede capitolo e note preliminari), nonché ai fini delle notizie da fornire alla 

Corte dei Conti per la relazione al Parlamento sul rendiconto generale dello Stato; cura i rapporti con il 

Ministero per l’attuazione del programma di Governo e con l’Alto Commissario per la prevenzione ed il 

contrasto della corruzione nella Pubblica Amministrazione. Il Servizio si avvale del sistema informativo 

automatizzato del Ministero e coordina la propria attività con il Comitato tecnico scientifico per il 

coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico nelle Amministrazioni dello Stato e con 

l’Osservatorio, costituiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Servizio, ai fini dello 

svolgimento dei propri compiti, ha accesso agli atti e ai documenti che si trovano nella disponibilità 

dell’Amministrazione. 

49 “Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 

2001, n. 3” in G.U. del 10 Giugno 2003, n. 132. Tale legge prevede un nuovo assetto di competenze di 

Corte dei Conti ed Uffici territoriali del Governo e disciplina altresì il potere di controllo sostitutivo del 

governo in attuazione dell’art. 120 Cost. 

151

iconosciuta in capo all'Alto Commissario di avvalersi di uffici ed organi delle 

amministrazioni pubbliche, è riconducibile al modello dell'avvalimento 50 . 

Proprio l'assenza di poteri sanzionatori e repressivi in capo all'Alto Commissario 

esclude la possibilità di rischi di sovrapposizione di competenza con l'Autorità 

giudiziaria e con la Polizia Giudiziaria, non essendo conferito al nuovo organismo 

alcuno dei poteri propri di questi soggetti: infatti tutte le indagini svolte dall'Alto 

Commissario “hanno natura esclusivamente amministrativa” e rispondono alla 

“esclusiva finalità di prevenire eventuali illeciti e non di reprimerli” 51 . A fronte di fatti 

che evidenzino responsabilità specifiche, l'organismo anti-corruzione denuncia 

obbligatoriamente ex art. 5 i responsabili alla Magistratura, che prosegue 

autonomamente l’attività di indagine; peraltro, ex c. 2 della norma, tale denuncia non 

comporta alcuna interruzione o sospensione dell’attività istruttoria già eventualmente 

avviata dall’Alto Commissario 52 . In questo senso l'Alto Commissario assume un ruolo di 

impulso rispetto all'azione dell'Autorità Giudiziaria. Il coordinamento tra i due soggetti 

avviene altresì ex art. 2 c. 7 per l’ipotesi in cui le pubbliche amministrazioni omettano di 

rispondere alle richieste dell'Alto Commissario, nel qual caso questi ne dà segnalazione 

al Procuratore della Repubblica competente per territorio affinché adotti le eventuali 

iniziative di competenza; sembrerebbe infatti possibile ravvisare in un simile 

comportamento da parte della p.a. una fattispecie di omissione d'atti d'ufficio. 

Ai sensi dell’art. 1 c. 4 lett. f) della legge istitutiva, incombe poi a carico dell’Alto 

Commissario l’obbligo di rapporto alla Corte dei Conti nei casi previsti dalla legge ed, 

in coerenza con la suindicata disposizione, l’art. 5 del d.P.R. n. 258/2004, prevede che 

l’Alto Commissario nell’esercizio delle sue funzioni inoltri denuncia alla Corte dei 

Conti per i fatti nei quali è ravvisabile danno erariale. Il Legislatore, prevedendo 

50 AA. VV., cit., pp. 628 ss: nella concreta vita delle figure soggettive pubbliche possono verificarsi 

vicende legate all'esercizio delle funzioni che implicano rapporti organizzativi di collaborazione fra figure 

soggettive diverse e che sono raggruppabili nei due fondamentali modelli della delegazione di funzioni e 

della utilizzazione di uffici altrui. Quest'ultima viene anche definita “avvalimento dell'ufficio” e si 

realizza allorquando l'amministrazione pubblica, anziché dotarsi di uffici propri, si avvale degli uffici (del 

personale e delle attrezzature) di una diversa figura soggettiva, per lo svolgimento dei suoi poteri e delle 

sue funzioni, e per il raggiungimento dei propri fini. Scopo ultimo di questi modelli è evitare l'inutile 

proliferazione di strutture ed assetti organizzativi, ossia il cosiddetto “rigonfiamento burocratico”. 

L'utilizzazione degli uffici dovrebbe riguardare attività istruttorie e preliminari, e non l'esercizio delle 

funzioni in senso proprio e completo. All’avvalimento si può fare ricorso soltanto in presenza di una 

disposizione espressa di legge. 

51 Resoconto stenografico cit. 

52 A. Natalini, Il “collegato” alla Finanziaria in materia di pubblica amministrazione, Giornale di diritto 

amministrativo, Anno IX, Maggio 2003, pp. 437 ss. 

Peraltro la previsione relativa all’obbligo di denuncia dei fatti costituenti reato è pleonastica rispetto al 

generale obbligo di denuncia gravante sui pubblici ufficiali relativamente ai fatti-reato riscontrati 

nell’esercizio delle proprie funzioni ex art. 331 c.p.p. 

152

espressamente l’obbligo di denuncia di danno erariale a carico dell’Alto Commissario 

per la prevenzione e il contrasto della corruzione, ha voluto creare un ulteriore 

strumento di disincentivazione delle attività corruttive poste in essere nella Pubblica 

Amministrazione. Ai sensi dell’art. 2 c. 2 lett. c), l’Alto Commissario effettua il 

monitoraggio delle procedure contrattuali e di spesa ed esegue l’analisi sui 

comportamenti e sugli atti conseguenti dai quali possa derivare danno erariale: detta 

funzione di monitoraggio delle procedure contrattuali, finalizzata a verificare 

l’eventuale sussistenza di danno erariale, costituisce un forte ampliamento delle attività 

dell’Alto Commissario e una chiave di lettura delle altre forme di illecito di cui si deve 

occupare 53 . L’art. 7 del d.P.R. prevede poi che il rendiconto consuntivo della gestione 

dell’Ufficio dell’Alto Commissario sia sottoposto al controllo annuale della Corte dei 

Conti. 54 Per quanto concerne il controllo della Corte dei conti relativamente all’operato 

degli enti locali, non dimentichiamoci che ex art. 148 del d.P.R. 267/2000 la Corte dei 

Conti esercita il controllo esterno sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle 

disposizioni di cui alla l. 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni ed 

integrazioni: la Corte verifica cioè la legittimità e la regolarità delle gestioni nonché il 

funzionamento dei controlli interni a ciascun amministrazione ed accerta altresì la 

rispondenza dei risultati dell'azione amministrativa agli obiettivi stabiliti con legge, 

valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione 

amministrativa stessa 55 . Essendo il controllo in questione sulla gestione del bilancio del 

patrimonio delle p.a. nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza 

comunitaria ex art. 3 l. 20/1994, un controllo successivo, anche il rapporto dell’Alto 

Commissario con tali enti non potrà avvenire in fase preventiva. 

E’ quindi previsto che, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 258/2004, l'Alto Commissario, 

nell'esercizio delle proprie funzioni, accede ai documenti amministrativi ed alle banche 

dati delle pubbliche amministrazioni “ fermo quanto previsto dal decreto legislativo 30 

53 

Infatti, tali forme di illecito devono essere intese come ulteriori forme di illecito nell’ambito della 

Pubblica Amministrazione. 

54 

Relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2005 della procura regionale Umbria, punto 2 

concernente “Recenti innovazioni legislative nelle materie soggette alla giurisdizione della Corte dei 

Conti”. Per la Relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2005 della procura regionale Marche, 

preso atto che “ nessuna segnalazione è pervenuta dall'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto 

della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione”, si osserva che “ l'attività 

di questo organismo non ha ancora preso il necessario ed auspicabile avvio”. 

55 

Ex art. 7 l. 131/2003, la Corte dei Conti si occupa del coordinamento della finanza pubblica degli enti 

territoriali, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi, la sana gestione 

finanziaria ed il funzionamento dei controlli interni, presta la propria collaborazione ed esprime pareri in 

materia di contabilità pubblica. 

153

giugno 2003, n. 196” 56 . Questo limite, originariamente non contenuto nello schema di 

regolamento ed introdotto in un secondo momento nel testo definitivo sulla base di una 

specifica osservazione espressa dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 31 maggio 

2004, impone pertanto che l’Alto Commissario eserciti l'accesso in armonia con le 

previsioni del Codice in materia di protezione dei dati personali. Proprio la circostanza 

che l’attività dell'organismo anti-corruzione sia suscettibile di incidere sulla privacy dei 

soggetti coinvolti dalle sue indagini, ha determinato un intervento critico da parte del 

Garante della privacy. Precisamente nella relazione annuale 2004 57 , questi ha lamentato 

la violazione delle previsioni relative all'attività consultiva del Garante sugli atti di 

Governo contenute all’art. 154 c. 4 del Codice il quale sancisce che il Presidente del 

Consiglio dei Ministri e ciascun ministro debbano consultare il Garante all'atto della 

predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi che incidono sulla 

protezione dei dati personali, al fine di prevenire delicati problemi applicativi, 

nell'interesse pubblico e dei cittadini, in un quadro di proficua collaborazione 

istituzionale che diversi ministeri hanno riconosciuto più volte. Nella relazione annuale 

citata invece si osserva che “nel 2004 si è registrato un incremento dei casi di mancata 

consultazione dell'Autorità, persino su tematiche fondamentali nel rapporto tra Stato e 

cittadini che implicano il trattamento di dati sensibili o comunque particolarmente 

delicati.” L'Autorità ha quindi contestualmente inviato al Governo un elenco dei 

principali regolamenti ed atti amministrativi “in relazione ai quali, negli ultimi anni, non 

è stato richiesto il parere al Garante ai sensi dell'art. 31 c. 2 della l. 675/1996 e poi 

dell'art. 154 c. 4 del Codice”: il primo tra i casi significativi menzionati riguarda proprio 

il d.P.R. 258/2004, “Regolamento concernente le funzioni dell'Alto Commissario per la 


amministrazione”. E’ opportuno segnalare che la mancata consultazione del Garante da 

parte del Governo integra a tutti gli effetti una violazione di legge e del diritto 

comunitario, che espone peraltro i dati personali trattati in applicazione di tali atti alla 

conseguenza dell'inutilizzabilità ex art. 11 c. 2 del Codice. 

In conclusione riteniamo non sussistano concreti rischi di sovrapposizione fra la 

competenza e le funzioni proprie dell'Alto Commissario per la prevenzione e il 

56 Codice in materia di protezione dei dati personali, G.U. 29 luglio 2003, n. 174, S.O. 

57 Relazione annuale 2004, presentata il 9 febbraio 2005, reperibile su http://www.garanteprivacy.it 

Il punto 21 del documento verte sulle “Relazioni istituzionali” e si occupa specificamente dei rapporti fra 

l'Autorità Garante e le attività di sindacato ispettivo e di indirizzo parlamentari, della collaborazione con 

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, della cooperazione con altre istituzioni, della collaborazione con 

la Guardia di Finanza, dell'attività consultiva del Garante sugli atti del Governo. 

154

contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica 

amministrazione e quelle proprie di altri soggetti istituzionali preesistenti 58 . D'altra 

parte, onde scongiurare un simile rischio, l'organismo anti-corruzione può avvalersi 

dello strumento del protocollo d'intesa per regolamentare specificamente il raccordo fra 

la propria attività e quella delle altre istituzioni, aventi finalità comuni o analoghe. 

58 Il possibile conflitto di competenze con altri organismi quali la Corte dei conti, l'Autorità giudiziaria, i 

servizi di controllo interno, derivante dal carattere ripetitivo di alcune delle funzioni in astratto 

riconosciute al Commissario, è escluso dalla parziale limitazione del ruolo del soggetto medesimo, il 

quale non può incidere direttamente sull'amministrazione e si vede sottratta la possibilità di reprimere 

concretamente gli abusi e le violazioni delle normative in materia. Infatti la struttura, qualora accerti 

l'esistenza di illeciti, è tenuta ad inviare gli atti agli organi di controllo competenti. 

155

CAPITOLO VI 

FUNZIONI E POTERI DELL’ALTO COMMISSARIO 

1. Premessa all’articolo 2 del d.P.R. 258/2004 

Le funzioni dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e 

delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione sono espressamente 

disciplinate dall'art. 2 del d.P.R. 258/2004 e consistono in attività di natura conoscitiva 

(indagine ed accertamento) ed attività consultiva (valutazioni e relazioni). 

Come abbiamo già avuto modo di osservare, la formulazione normativa è tale da 

lasciare aperti molti dubbi interpretativi 1 : in particolare la disciplina delle funzioni 

presenta anzitutto un’incongruenza nel comma 6 laddove è previsto che “ per le attività 

di cui al comma 1, lettera c), e comma 4, le amministrazioni riferiscono all'Alto 

Commissario in merito al seguito dato alle segnalazioni”. In proposito si rileva anzitutto 

l'erroneo rinvio al “comma 1, lettera c)”, inesistente, dovendosi piuttosto ritenere che 

tale rinvio debba riguardare “le attività di monitoraggio su procedure contrattuali e di 

spesa su comportamenti, e conseguenti atti, da cui possa derivare danno erariale” di cui 

al comma 2, lettera c). A prescindere dalla circostanza che tale incongruenza sia frutto 

di una svista piuttosto che di un errore di stampa, ciò che rileva è il lassismo che 

contraddistingue l'intero provvedimento, e più in generale la produzione normativa degli 

ultimi anni. Sempre per quanto riguarda la formulazione del comma 6, non si 

comprende d'altra parte la ragione delle rinvio al “comma 4”, relativo alle modalità di 

svolgimento del procedimento innanzi all'Alto Commissario e pertanto privo di 

attinenza rispetto a quanto previsto nella disposizione in oggetto, dovendosi più 

coerentemente riferire la previsione al comma 5, il quale disciplina la comunicazione 

all’amministrazione interessata delle valutazioni e la messa a disposizione degli 

elementi istruttori acquisiti dall'Alto Commissario. 

Infine, senza addentrarci in questa sede nell'analisi e nell'interpretazione delle 

disposizioni, per le quali si rinvia al dettagliato esame delle funzioni, allo scopo di 

evidenziare lo scadente stile di formulazione del testo normativo, non si può non 

rilevare l’imprecisione terminologica nonché il mancato coordinamento tra i commi 5, 6 

1 In questo senso anche A. Natalini, Il “collegato” alla Finanziaria in materia di pubblica 

amministrazione, Giornale di diritto amministrativo, Anno IX, Maggio 2003, pp. 437 ss. 

156

e 7: il comma 5 infatti fa precipuo riferimento alle “ valutazioni” cui l'Alto Commissario 

sia giunto in conclusione del procedimento di accertamento, quindi il successivo comma 

6 rinomina tali valutazioni e si riferisce alle “segnalazioni” pervenute alle 

amministrazioni, infine il capoverso della norma sanziona la mancata risposta da parte 

delle amministrazioni alle “ richieste” dell'Alto Commissario. 

Posto che il termine “segnalazioni” 2 utilizzato dal comma 6 è termine improprio, si 

tratta di chiarire se l'atto conclusivo del procedimento di accertamento condotto 

dall'Alto Commissario anti-corruzione consista in un atto valutativo ovvero in una 

richiesta.. 

Provvediamo a risolvere tali problemi interpretativi nell’ambito della seguente analisi 

compiuta delle funzioni attribuite all'organismo e dei poteri messigli a disposizione 3 . 

2. Funzioni dell’Alto Commissario contro la corruzione 

L'Alto Commissario esercita le sue funzioni in materia di prevenzione e contrasto della 

corruzione e di altre forme di illecito “nell'ambito della pubblica amministrazione”(art. 

2 c. 1). 

Tali funzioni consistono anzitutto nel disporre indagini tese ad accertare l'esistenza, le 

cause e le concause dei fenomeni di corruzione e di illecito o di pericoli di 

condizionamento da parte di organizzazioni criminali all'interno della pubblica 

amministrazione (c. 2 lett. a ). Le indagini in questione possono essere attivate d'ufficio 

dallo stesso Alto Commissario, ovvero possono essere originate da richiesta motivata 

delle amministrazioni o infine da denuncia privata 4 . In quest’ultimo caso è tuttavia 

esclusa l’azione propulsiva delle segnalazioni anonime, in applicazione del principio ex 

art. 333 c.p.p. che ne sancisce l’inutilizzabilità. L’investigazione da parte 

2 La natura non vincolante della segnalazione non è compatibile con le previsioni del successivo c. 7 che 

sanziona espressamente la mancata collaborazione da parte delle p.a. 

3 S. Lazzini ( a cura di), Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, http://www.diritto.it; A. Gorret, Dopo una 

serie di rinvii è stato approvato dal governo il decreto attuativo della legge Frattini, Bollettino segretari; 

A. Natalini, op.cit.; M. Valero, L’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e 

delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, Nuova Rassegna di Legislazione, 

Dottrina e Giurisprudenza, n. 19 dell’1/10/2004, pp. 2222 ss.; S. Zaramella, L’Alto commissario contro la 

corruzione, Studium Iuris n. 1/2005, pp. 128 ss.; Guida al Diritto, IlSole24Ore, Fissate le modalità di 

funzionamento del Commissario anti-corruzione, n. 43 del 6 novembre 2004, pp. 14 ss. 

4 Originariamente le legge istitutiva ha previsto che l'Alto Commissario abbia la facoltà di esercitare le 

proprie funzioni d'ufficio o su istanza delle pubbliche amministrazioni (art. 1 c. 4 lett. c l. 3/2003). 

Pertanto la possibilità anche per il privato di usufruire dell'organismo rappresenta una novità introdotta 

dal regolamento. 

157

dell’organismo anti-corruzione presuppone quantomeno la sussistenza di un fumus di 

illiceità. Oggetto dell'attività di indagine è anzitutto l'accertamento dell'esistenza delle 

cause di corruzione: infatti una delle caratteristiche principali del fenomeno della 

corruzione consiste nella difficoltà di stabilire la direzione causale delle dinamiche che 

ne stanno alla base. Cause ed effetti sono infatti interconnessi da continui meccanismi di 

feedback difficilmente isolabili singolarmente; le cause vengono cioè influenzate dalla 

loro stessa azione, innescando meccanismi di retroazione in cui gli effetti hanno 

un'influenza negativa sulle cause. D’altra parte, proprio in considerazione della 

complessità del fenomeno, si è affermato che non esistono cause dirette che 

determinano il propagarsi della corruzione bensì esistono degli insiemi di attività statali 

che costituiscono un terreno fertile per lo sviluppo di episodi corruttivi: tra le aree in 

questione si annoverano la regolamentazione delle autorizzazioni, la tassazione, le 

decisioni di spesa pubblica, il finanziamento dei partiti e tutte le attività caratterizzate da 

una forte connotazione discrezionale e da una concentrazione di potere politico ed 

economico 5 . In quest'ottica è chiaro che l'attività amministrativa in sé e per sé, per le 

caratteristiche che le sono proprie, è potenzialmente causale rispetto alla produzione di 

illeciti. L’azione investigativa dell'Alto Commissario risulta strumentalmente connessa 

con la competenza e le finalità proprie dell'organismo: non si può infatti ambire a 

prevenire un fenomeno, senza averne preliminarmente identificato le cause. La 

prevenzione infatti mostra la propria superiorità rispetto alla politica di repressione 

proprio perché si propone di risolvere il problema all’origine, sì da evitare o 

quantomeno contenere l’insorgere di nuove distorsioni. Per quanto concerne i pericoli di 

condizionamento della criminalità organizzata, la criticità della situazione emerge 

qualora si ponga mente all’azione invasiva ed intimidatoria su concessioni edilizie ed 

appalti da parte di mafia, camorra e n’drangheta. La norma precisa poi che le indagini 

così condotte dalla struttura anti-corruzione possono avere natura anche meramente 

conoscitiva, cioè possono essere esclusivamente finalizzate all'acquisizione di dati, 

notizie e documentazione su un determinato fatto. 

Tale funzione investigativa è strettamente connessa con l’ulteriore funzione propria 

dell’Alto Commissario consistente nell'elaborazione di analisi e studi sull'adeguatezza e 

congruità del quadro normativo, nonché delle eventuali misure poste in essere dalle 

amministrazioni per prevenire e per fronteggiare l’evolversi dei fenomeni distorsivi 

5 M. Arnone, E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali., Vita&Pensiero, 

2005, pp. 5 e 58. 

158

all'esame ( c. 2 lett. b). La struttura si occupa cioè di verificare che le previsioni 

normative adottate dall’ordinamento nonché le singole misure assunte dalle 

amministrazioni siano effettivamente idonee a prevenire e contenere le pratiche illecite 

e, qualora tale verifica non desse riscontro positivo, il Commissario si propone di 

individuare meccanismi più adeguati allo scopo. In quest’ottica opera peraltro la 

previsione del successivo art. 4 che impone all’organismo un obbligo relazionale nei 

confronti del Presidente del Consiglio avente ad oggetto l’attività svolta. 

Una più specifica funzione dell'Alto Commissario consiste nel monitoraggio su 

procedure contrattuali e di spesa e su comportamenti ed atti conseguenti da cui possa 

derivare danno erariale ( c. 2 lett. c ). L’azione di monitoraggio dell'Alto Commissario 

verte sull’individuazione di fattispecie costituenti specificamente reati o comunque 

illeciti, essendo viceversa esclusi dalla sua vigilanza eventuali “ritardi, disservizi, 

insufficienze o anomalie, anche in rapporto al rispetto dei codici di comportamento ed 

alle Carte dei Servizi delle p.a.”, i quali comportamenti erano stati originariamente 

contemplati nella schema di regolamento ma che sono successivamente stati espunti 

nella versione finale, dietro osservazione del Consiglio di Stato 6 , in quanto attengono al 

rispetto di principi di efficacia, efficienza ed economicità, la cui inosservanza non 

configura necessariamente reati o illeciti, ed il cui controllo è già oggetto della specifica 

normativa in materia di controlli interni. 

Il complesso funzionale della struttura anti-corruzione mira a supervisionare 

l’organizzazione e l’attività amministrativa, fungendo anzitutto da deterrente rispetto 

alla commissione di nuovi illeciti, supportando in chiave preventiva l’azione 

magistratuale di contrasto della corruzione e offrendo possibili soluzioni rispetto 

all’evoluzione delle distorsioni. Ciò che preme sottolineare è che il Commissario, 

ancorché proceda ad indagare su fatti specifici o a monitorare procedure determinate, 

non si interessa precipuamente al singolo episodio ma al fenomeno complessivamente 

inteso di cui l’episodio non è che un tassello. D’altra parte, proprio tramite il 

ricevimento di denunce e richieste d’indagine e conseguenti investigazioni, la struttura è 

in grado di evidenziare quali settori presentino maggiori rischi di distorsione e possano 

pertanto essere qualificati come “settori di crisi”, nei confronti dei quali è quindi più 

urgente l’adozione di misure di contenimento e prevenzione del fenomeno corruttivo. 

6 Nella già citata adunanza della Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del 31/05/2004. 

159

3. Poteri dell’Alto Commissario anti-corruzione 

Passiamo dunque in rassegna quali siano i poteri attribuiti alla struttura anti-corruzione 

per l'attuazione delle funzioni che le sono proprie: trattasi di poteri di indagine, di 

avvalimento, di accertamento, di delega, di accesso (art. 2 c. 3 e art. 3). 

L'Alto Commissario è una struttura che fa indagini, accertamenti e valutazioni: il suo 

core business è di essere un supporto tecnico per gli organi politici e per le stesse 

amministrazioni, pertanto esso è sprovvisto di qualsiasi potere di natura coercitiva, 

sanzionatoria e repressiva in genere 7 . L'assenza di poteri di questo tipo in capo all'Alto 

Commissario è giustificata dalla funzione essenzialmente preventiva dell'organismo, cui 

non interessa punire il fatto specifico - a fronte del quale peraltro provvederà ad 

inoltrare denuncia agli organismi competenti- bensì offrire soluzioni congrue per il 

contenimento del fenomeno corruttivo. A questo scopo l'azione del Commissario si 

concentra su profili investigativi e di documentazione idonei ad inquadrare i settori di 

rischio, ad identificare le cause delle pratiche corruttive e conseguentemente a proporre 

soluzioni normative e pratiche atte a contrastare il fenomeno sin dall'origine. D'altra 

parte non si può non evidenziare come l'eventuale previsione in capo all'organismo di 

poteri di natura sanzionatoria non potrebbe far altro che rendere la sua azione più 

incisiva rispetto alle pubbliche amministrazioni monitorate. 

Per quanto concerne precipuamente l'attività di indagine, non sono fornite indicazioni in 

merito all'entità dei poteri investigativi propri della struttura; tuttavia, stante il carattere 

amministrativo delle indagini promosse e la loro finalità essenzialmente preventiva, è da 

escludersi che l'Alto Commissario abbia poteri investigativi analoghi a quelli della 

Magistratura. D'altronde l'azione specifica di acquisizione di informazioni può avvenire 

indirettamente ovvero direttamente: nell'espletamento delle proprie funzioni la struttura 

ha infatti il potere di avvalersi degli uffici degli organi ispettivi e di verifica delle 

amministrazioni pubbliche e dei servizi di controllo interno, nonché di ricorrere ad 

esperti e consulenti esterni; d’altra parte l'organismo può altresì effettuare accertamenti 

diretti mediante audizione dei soggetti appartenenti alle pubbliche amministrazioni o dei 

privati interessati alle procedure amministrative e contabili in corso di esame ( si pensi a 

casi di contratti della p.a., di concessioni, di contributi, di autorizzazioni, di licenze, 

7 Secondo dichiarazione di G. Tatozzi, Avvenire del 06/02/2005, “ l'Alto Commissario è un organo che 

offre collaborazione alle amministrazioni nel loro stesso interesse. Non è un organo occhiuto e repressivo 

che va a sanzionare, ma fornisce consulenza per ridurre i rischi di corruzione”. 

160

ecc…). Tali audizioni debbono essere verbalizzate ed il verbale deve essere debitamente 

sottoscritto: la previsione regolamentare prescrivente la verbalizzazione delle audizioni 

è stata introdotta nella versione definitiva del regolamento dietro osservazione del 

Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che la redazione del verbale sia “ essenziale in 

ogni tipo di audizione per la garanzia della fedele conservazione di quanto emerso e 

della sua conoscibilità”. 

All'Alto Commissario è altresì attribuito il potere di delegare specifici accertamenti a 

singoli funzionari delle pubbliche amministrazioni interessate, dovendosi peraltro 

ritenere che il Commissario mantenga poteri di direttiva, vigilanza, revisione e revoca 

della delega. 

All’organismo anti-corruzione compete anche un ampio potere di accesso 8 ai documenti 

amministrativi ed alle banche dati delle pubbliche amministrazioni. Secondo le 

previsioni della legge istitutiva, l'Alto Commissario svolge le proprie funzioni 

nell’osservanza dei principi fondamentali di trasparenza e libero accesso alla 

documentazione amministrativa e alle banche dati delle p.a. Peraltro, secondo Natalini 9 , 

“resta oscuro se il principio di trasparenza e libero accesso, indicato come regola di 

funzionamento della struttura, autorizzi l'acquisizione di informazioni da parte dell'Alto 

Commissario o, viceversa, degli interessati o di terzi nei suoi confronti”. Il potere di 

accesso, disciplinato dall'art. 3, è attribuito in capo all'Alto Commissario in rapporto 

strumentale rispetto alle funzioni indicate dal precedente art. 2. Tale potere non può 

prescindere dall'osservanza degli istituti e dei principi codificati dalla l. 241/1990 e dal 

rispetto delle previsioni del Codice in materia di protezione dei dati personali ( d.lgs. 

196/2003) 10 : in particolare ai sensi dell’art. 18 del citato Codice “qualunque trattamento 

di dati personali da parte di soggetti pubblici”- includendosi chiaramente nel novero dei 

soggetti pubblici anche l’Alto Commissario contro la corruzione – “è consentito 

8 P. Arena, L’accesso ai documenti amministrativi, Il Mulino, 1991; F. Bellomia, Il diritto di accesso ai 

documenti amministrativi e i suoi limiti, Giuffrè, 2000; R. Caranta, L. Ferraris, La partecipazione al 

procedimento amministrativo, Giuffrè, 2000; F. Caringella, R. Garofoli, M.T. Sempreviva, L’accesso ai 

documenti amministrativi. Profili sostanziali e processuali, Giuffrè, 1999; G. Corso, F. Teresi, 

Procedimento amministrativo e accesso ai documenti, Maggioli, 1991; L. Mazzarolli, L’accesso ai 

documenti della pubblica Amministrazione, Cedam, 1998; A. Romano Tassone, Considerazioni in tema 

di diritto di accesso, Scritti per Ezio Silvestri, Giuffrè, 1992, p. 445. 

9 Op. cit. 

10 La previsione secondo cui l'accesso è esercitato in armonia con le previsioni del “Codice in materia di 

protezione dei dati personali” è stato introdotto nel testo definitivo del regolamento a seguito di 

osservazione espressa dalla Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato nella citata 

adunanza del 31 maggio 2004. 

161

soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali” 11 . Il successivo art. 59, in 

materia di Accesso a documenti amministrativi per l’ipotesi di trattamento in ambito 

pubblico , sancisce che, fatte salve le specifiche previsioni per i dati idonei a rivelare lo 

stato di salute o la vita sessuale, le attività finalizzate all'applicazione della disciplina 

sull’accesso ai documenti amministrativi contenenti dati personali, compresi dati 

sensibili e giudiziari 12 – anzitutto la l. 241/1990 e successive modifiche - si considerano 

di “rilevante interesse pubblico”. Specificamente ex art. 67 relativo alle Attività di 

controllo e ispettive, “si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli 

articoli 20 e 21 13 , le finalità di verifica della legittimità, del buon andamento, 

dell'imparzialità dell'attività amministrativa, nonché della rispondenza di detta attività a 

11 Per le definizioni si faccia riferimento a quanto previsto dall’art. 4 del Codice in materia di protezione 

dei dati personali per cui costituisce trattamento “qualunque operazione o complesso di operazioni, 

effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, 

l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, 

l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la 

cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati”; è dato personale 

“qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o 

identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un 

numero di identificazione personale”; rientra nel concetto di banca di dati “qualsiasi complesso 

organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti”. 

12 Dati sensibili sono i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, 

filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od 

organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a 

rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; dati giudiziari sono i dati personali idonei a rivelare 

provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, 

n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e 

dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice 

di procedura penale. 

13 Art. 20. Principi applicabili al trattamento di dati sensibili 

1. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa 

disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni 

eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite. 

2. Nei casi in cui una disposizione di legge specifica la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i 

tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati 

e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione 

alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi e nel rispetto dei principi di cui all'articolo 22, con atto 

di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante ai sensi dell'articolo 154, 

comma 1, lettera g), anche su schemi tipo. 

3. Se il trattamento non è previsto espressamente da una disposizione di legge i soggetti pubblici possono 

richiedere al Garante l'individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi soggetti dalla legge, 

che perseguono finalità di rilevante interesse pubblico e per le quali è conseguentemente autorizzato, ai 

sensi dell'articolo 26, comma 2, il trattamento dei dati sensibili.Il trattamento è consentito solo se il 

soggetto pubblico provvede altresì a identificare e rendere pubblici i tipi di dati e di operazioni nei modi 

di cui al comma 2. 

4. L'identificazione dei tipi di dati e di operazioni di cui ai commi 2 e 3 è aggiornata e integrata 

periodicamente. 

Art. 21. Principi applicabili al trattamento di dati giudiziari 

1. Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa 

disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse 

pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili. 

2. Le disposizioni di cui all'articolo 20, commi 2 e 4, si applicano anche al trattamento dei dati giudiziari. 

162

equisiti di razionalità, economicità, efficienza ed efficacia per le quali sono, comunque, 

attribuite dalla legge a soggetti pubblici funzioni di controllo, di riscontro ed ispettive 

nei confronti di altri soggetti; accertamento, nei limiti delle finalità istituzionali, con 

riferimento a dati sensibili e giudiziari relativi ad esposti e petizioni, ovvero ad atti di 

controllo o di sindacato ispettivo di cui all'art. 65 c. 4”. Per quel che concerne 

precipuamente l'accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni (art. 3 lett. a 

d.P.R. 258), ribadendo quanto già previsto in termini generali dall’art. 24 della l. 

241/1990, è espressamente previsto che esso non possa ammettersi relativamente a 

materiale documentale per il quale operi il segreto di Stato: le ipotesi di legittima 

opposizione del segreto di Stato 14 sono quelli comuni e non destano pertanto problemi; 

tuttavia dalla sussistenza di tale limite si trae implicitamente l'esclusione del Ministero 

della Difesa dal campo operativo della struttura anti-corruzione. D'altra parte nello 

svolgimento delle sue indagini l'Alto Commissario ha il potere di accedere liberamente 

alle banche dati delle pubbliche amministrazioni 15 , anche concordando con esse idonee 

14 Ci si riferisce all’art. 12 della l. 801/1977 per cui “sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, 

le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato 

democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla 

Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla 

indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa 

militare dello Stato. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine 

costituzionale”. Peraltro il potere esecutivo può sempre qualificare segrete altre fattispecie, se lo ritenga 

necessario, qualora si tratti di dati la cui conoscenza possa pregiudicare la difesa nazionale o 

l’espletamento di funzioni statali vitali. Altre fonti in materia sono: artt. 256-263 e 270- 270bis c.p.; artt. 

114, 201- 204, 256, 351, 362, 391quater e septies, 472- 473 c.p.p.; artt. 66 e 129 d. lgs. 271/1989; r.d. 

1161/1941 (segreto militare); d.P.R. 480/1982; art. 5 l. 400/1988; l. 241/1990; d.l. 345/1991 conv. l. 

410/1991; d.P.R. 352/1992; d.P.R. 680/1994; d.P.R. 756/1994; d.l. 669/1996 conv. l. 30/1997; l. 

675/1996; d.p.c.m. 19 dicembre 1997; d.p.c.m. 10 marzo 1999, n. 294; d.p.c.m. 11 aprile 2002; d.p.c.m. 

26 novembre 2002. Si veda: G. Labriola, Segreto di Stato, Enciclopedia del diritto, XLI, pp. 1028 ss.; M. 

Ricciardi, Appunti sul segreto di Stato e principio di trasparenza, Politica del diritto, 1993, pp. 35 ss.; E. 

Cocco, I segreti di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano, Padova, 1980; A. Rocco, In 

tema di segreto di Stato e di accesso ai documenti amministrativi, Il Diritto Sociale, 1992, pp. 179 nonché 

Il segreto nella realtà giuridica italiana, (Atti del convegno nazionale), Roma, 26-28 ottobre 1981, 

Padova, 1983; S. Barile, Democrazia e segreto, Quaderni Costituzionali, 1987, pp. 29 ss.; V. Italia, 

L’accesso ai documenti amministrativi (Regolamento 27 giugno 1992, n. 352), Milano, 1992, pp. 3 ss.; 

Enciclopedia del diritto, Segreto (reati in materia di) voce, pp. 1037 ss.; A.M. Sandulli, I limiti al diritto 

di accesso: in particolare il segreto, Accesso ai documenti amministrativi (voce), Enciclopedia del 

diritto, pp.15 ss. 

15 F. Cardarelli, Le banche dati pubbliche: una definizione, saggio pubblicato su Il diritto 

dell’informazione e dell’informatica, Giuffrè, 2002, pp. 321 ss: in termini di pura definizione normativa 

la nozione di banca dati non appare univoca nel nostro ordinamento. Si rinvengono infatti due diverse 

definizioni legislative, ciascuna delle quali appare funzionalizzata al genere di protezione giuridica 

prevista dal legislatore: una contenuta nell’art. 1 c. 2 lett. a) della l. n.675/1996 (e successive 

modificazioni ed integrazioni) secondo la quale si intende per banca dati “qualsiasi complesso di dati 

personali, ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti, organizzato secondo una pluralità di 

criteri determinati tali da facilitarne il trattamento”; l’altra contenuta nell’art. 2 n. 9) della l. n. 633/1941 

(e successive modificazioni ed integrazioni), così come modificato dall’art.2 del d.lgs. 6 maggio 1999, 

n.169, secondo la quale le banche dati sono intese “come raccolte di opere, dati o altri elementi 

indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi 

163

forme di collegamento telematico ( art. 3 lett. b d.P.R. 258): l'accesso, in questo caso, 

trova un limite di natura soggettiva essendo per l’appunto circoscritto alle banche dati 

delle pubbliche amministrazioni e non essendo viceversa prevista un'analoga possibilità 

di accesso diretto ad altre banche dati che, almeno in caso di indagini di tipo 

patrimoniale su soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione, sarebbero di 

intuibile utilità (si pensi, ad esempio, alle banche dati a disposizione di istituti di credito 

ed istituzioni finanziarie). Posto che una previsione di questo tipo in ogni caso non 

sarebbe potuta essere contenuta in un testo regolamentare 16 , non è d'altra parte da 

escludersi la possibilità per l'Alto Commissario di giungere comunque a conoscenza di 

tali informazioni tramite l'accesso ad alcune banche dati della pubblica amministrazione 

che istituzionalmente raccolgono ed elaborano dati di tipo patrimoniale, trattabili anche 

da parte dell'organismo anti-corruzione, proprio grazie al predetto collegamento 

telematico. 

Nelle intenzioni dell’Alto Commissario vi è proprio quella di fungere da “terminale 

informatico della pubblica amministrazione” 17 , soprattutto per quel che concerne grandi 

appalti, e in quest’ottica di coordinamento informatico si collocano anche le intese 

elettronici o in altro modo”. Entrambe le definizioni hanno un corrispondente riferimento normativo di 

derivazione comunitaria: rispettivamente all’art. 2 c. 1 lett. c) direttiva 95/46/CEE e all’art. 1 c. 2 della 

direttiva 96/9/CE. La locuzione di banca dati implica l’utilizzazione di tecnologie informatiche e viene 

spesso e volentieri utilizzata quale sinonimo di archivio, ed anzi si sovrappone ad esso, differenziandosi 

solo in virtù della diversa connotazione tecnologica. Si può assumere come ulteriore connotazione delle 

banche dati la circostanza che le informazioni da esse generate siano oggetto di tutela, disposta dalla 

legge (e non da norme secondarie), in relazione al loro contenuto (ad esempio i dati personali), al 

contenente (appunto la banca dati), per la loro funzione (nell’attività di impresa, ma soprattutto nella 

pubblica amministrazione), per il contesto nel quale le informazioni vengono comunicate ed apprese (dal 

segreto professionale alle procedure pubbliche di gara), per la qualità dei soggetti coinvolti nel circuito 

informativo (nei rapporti tra amministrazioni pubbliche), per le modalità della loro genesi (tutela del 

contenuto della banca dati in forza del diritto sui generis) In via conclusiva sembra possibile ricostruire la 

categoria delle banche dati pubbliche sulla base dei seguenti elementi strutturali: 

- le banche dati pubbliche possono essere definite come le banche dati realizzate e gestite, 

direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni ovvero da organismi di diritto pubblico, sulla 

base di finalità istituzionali proprie di detti enti, definite o previste dalla legge o da regolamenti; 

- esse sono generalmente accessibili dagli utenti in base ai principi generali sull’accesso ai documenti 

amministrativi, e possono essere sottratte al principio dell’accesso solo in caso di limiti legislativi 

afferenti al segreto, alla tutela dei dati personali ed in particolare di quelli sensibili, ed in caso di banche 

dati funzionali allo svolgimento di attività a carattere strettamente imprenditoriale o commerciale; 

- esse sono proteggibili, se ricorre il requisito della creatività, in forza del diritto d’autore, ovvero sono 

proteggibili sulla base del diritto sui generis solo nel caso in cui l’investimento realizzato, direttamente o 

indirettamente, sia stato rilevante rispetto al normale svolgimento dell’attività amministrativa, e solo in 

presenza delle garanzie di cui appresso; 

- l’insieme dei dati e delle informazioni in esse contenuti, se rilevanti sotto il profilo commerciale, non 

possono essere resi disponibili in via esclusiva ad un soggetto privato, ma devono poter essere resi 

accessibili ai soggetti che ne facciano richiesta in base a condizioni eque, trasparenti e non 

discriminatorie, e sulla base di criteri di remuneratività che siano orientati ai costi e che in ogni caso non 

siano di per sé ostacolo allo svolgimento di attività in regime di concorrenza. 

16 Così, M. Valero, op. cit. 

17 G. Tatozzi a Panorama del 24/11/2005. 

164

firmate con l’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici, la Procura Nazionale Antimafia 

e la Guardia di Finanza. 

4. Procedimento innanzi all’Alto Commissario 

Il complesso delle attività di indagine ed accertamento promosse dall'Alto Commissario, 

d’ufficio o su istanza di privati o amministrazioni, assolve ad una funzione preparatoria 

rispetto all'emanazione del provvedimento finale. La disciplina del procedimento di 

accertamento da parte dell'Alto Commissario specifica peraltro che, quando, in 

conseguenza degli accertamenti disposti, il Commissario ravvisi in capo ad un soggetto 

determinato una precisa responsabilità per attività illecite, si deve dare comunicazione 

all'interessato dell'avvio del procedimento. A fronte di tale comunicazione, l'interessato 

può inoltrare richiesta di essere ascoltato dall'Alto Commissario o da un dirigente o da 

un funzionario da lui delegato: in tale caso, conformemente a quanto previsto dal c. 3, 

dell'audizione è redatto apposito verbale debitamente sottoscritto, avente funzione di 

documentazione ed esternazione ( art. 2 c. 4). Originariamente lo schema regolamentare 

prescriveva che il verbale di audizione fosse redatto “in forma riassuntiva”: tale 

previsione è stata però espunta dalla versione definitiva del regolamento a seguito delle 

osservazioni formulate dal Consiglio di Stato 18 il quale ha viceversa ritenuto che il 

verbale, per sua natura, debba dare conto di tutto quanto avvenuto. Il verbale, redatto 

pertanto in forma integrale, dovrà quindi essere controfirmato da tutti i soggetti 

partecipanti all'audizione, a fini di controllo. Queste disposizioni rispondono 

chiaramente ad un preciso intento di garanzia verso il soggetto sulla cui attività si 

svolge l'accertamento e rivelano una duplice matrice: quella processuale penalistica e 

quella prettamente amministrativa, mutuata quest’ultima dalla l. 241/1990 la quale 

prescrive infatti che l'interessato riceva notizia dell'avvio del procedimento che lo 

coinvolge ( art. 7 ) e gli attribuisce quindi la facoltà di partecipare alla corretta 

formazione del provvedimento amministrativo. 

A seguito di indagini ed audizioni, l'Alto Commissario provvede quindi a comunicare 

all'amministrazione interessata i risultati dei propri esami e le responsabilità, anche 

disciplinari, dei funzionari che ne sono emerse. Precisamente l'organismo anti- 

corruzione ex art. 2 c. 5 inoltra all'amministrazione interessata le proprie valutazioni 

18 Adunanza del 31 maggio 2004 cit. 

165

circa l'attività esaminata, mettendo a disposizione tutti gli elementi rilevanti ed utili 

acquisiti nel corso dell'istruttoria 19 . Il Consiglio di Stato ha peraltro ritenuto illegittima 

la previsione originaria – poi espunta- in base alla quale tali elementi potessero essere 

utilizzati “ai fini della valutazione dei dirigenti”: infatti il procedimento per tale 

valutazione è specificamente regolato, quanto ai presupposti ed alle modalità, da norme 

primarie (artt. 21 e 22 d.lgs. 165/2001 e art. 5 d.lgs. 286/1999) le quali prescrivono tra 

l'altro che il procedimento medesimo sia ispirato al principio della “ diretta conoscenza” 

dell'attività del valutato da parte del valutatore di prima istanza - circostanza questa che 

non si verifica nel procedimento innanzi all'Alto Commissario. 

Sembrerebbe quindi che l’atto conclusivo del procedimento di accertamento condotto 

dall'Alto Commissario consista in una “valutazione” 20 , ed in questo senso depongono 

19 Nella formulazione originaria dello schema regolamentare era prescritto che gli elementi riscontrati nel 

corso dell'attività di accertamento e quindi messi a disposizione dell'amministrazione interessata 

dovessero essere “positivi”: tale prescrizione è stata espunta dal testo definitivo, dietro osservazione del 

Consiglio di Stato, in quanto il significato non appare chiaro. Si deve invece ritenere che l'Alto 

Commissario segnali alle amministrazioni, tra gli elementi riscontrati, soltanto quelli “rilevanti ed utili”. 

20 AA.VV., Diritto Amministrativo, Monduzzi, III ed., 2001, pp. 1444 ss.: la valutazione consiste 

nell'attività per cui, acquisiti tutti gli interessi ed esaurita la loro ponderazione comparativa nel rispetto del 

principio di ragionevolezza, si procede ad individuare la soluzione preferibile fra quelle ancora praticabili 

perché tutte congrue rispetto all'interesse pubblico perseguito. Essa è chiaramente attività di merito in 

quanto implica la verifica dell’adeguatezza concreta del provvedimento rispetto al risultato da perseguire. 

A. Lippi, La valutazione nell’amministrazione locale tra teoria e pratiche.I controlli di gestione: La 

valutazione offre una rappresentazione in forma di problem solving (finalità, metodologie, strumenti, 

impatti attesi ecc..).L’idea di sottoporre a valutazione l’intervento pubblico è stata istituzionalizzata prima 

nel contesto anglosassone e poi, successivamente, in quello continentale, rafforzata dal processo di 

diffusione del New Public Management. Tuttavia nel primo orientamento anglosassone la valutazione ha 

un carattere fortemente interno, orientata al produttore, volto a concepire l’attività del valutare 

prevalentemente come un momento di verifica di un contratto di mercato verso un destinatario che può 

essere di volta in volta definito client o customer. Questo tipo di valutazione amministrativa risponde 

all’interrogativo del management “in quali margini di produzione è stata erogata quella data prestazione?” 

e funge essenzialmente allo scopo di ottimizzare il risultato migliorando con esso anche la soddisfazione 

del rapporto con il destinatario, considerato parte integrante del ciclo di produzione. Nel secondo 

orientamento continentale la valutazione subisce invece le influenze dell’impronta culturale delle 

burocrazie amministrative weberiane sia pure con una forte variante dettata dal superamento della 

tradizionale autoreferenzialità del modello burocratico per una apertura verso l'esterno. Questo tipo di 

valutazione, che si riscontra in Italia, Germania e Francia, presenta, rispetto alla precedente, una forte 

connotazione di tipo esterno, orientata al cittadino, relativa ad un ideale contratto sociale tra lo Stato 

amministrativo e i destinatari della sua azione. Il suo scopo è essenzialmente quello di sancire e ribadire 

un contratto di democrazia tra l’amministrazione e gli utenti (sia interni che esterni). L’interrogativo al 

quale essa risponde è di carattere essenzialmente garantista: “c’è stato un rispetto degli accordi e una 

soddisfazione dei bisogni nei rapporti amministrativi?” Assunto sottostante a questo approccio è quello 

della verifica del rendimento delle istituzioni: assicurarne alla comunità il loro ruolo democratico, 

riscontrarne l’azione nell’attuazione delle politiche pubbliche ed evitarne declinazioni devianti nei sistemi 

di relazioni (cittadini – servizi pubblici, politica – dirigenza, centro - periferia) in cui esse sono immerse. 

Se la preoccupazione della valutazione orientata al produttore è quella di ottimizzare un rapporto di 

democrazia ottimizzando una prestazione sul lato dell’offerta quella della valutazione relativa al cittadino 

è invece garantirne la rispondenza ai bisogni di quella stessa prestazione sul lato della domanda. La 

“teoria prescrittiva” della valutazione che si è sviluppata in Italia nella prima metà degli anni Novanta 

rientra perfettamente nell’orientamento “del contratto sociale”: l’idea di fondo è quella di instillare 

all’interno della burocrazia amministrativa una cultura dei risultati per garantire il ruolo democratico delle 

166

tanto il testo di legge all’art. 2 c. 5, quanto le menzionate osservazioni formulate su tale 

disposizione dal Consiglio di Stato nell’adunanza del 31 maggio 2004. 

Peraltro qualche dubbio in merito a questa conclusione sorge dalla lettura dei successivi 

commi 6 e 7 i quali, come abbiamo avuto occasione di osservare in precedenza, 

presentano molteplici incongruenze e danno conseguentemente luogo ad alcuni 

problemi interpretativi: precisamente l'uno parla di “segnalazioni”, l'altro di “richieste”. 

A prescindere dagli erronei rinvii con cui si apre il c. 6, di cui si è già detto 21 , la 

disposizione prevede che le amministrazioni interessate dalle attività di accertamento e 

monitoraggio condotte dall'Alto Commissario riferiscano a questi “in merito al seguito 

dato alle segnalazioni”: è evidente l'improprietà del termine utilizzato. E’ da escludersi 

che le segnalazioni cui fa riferimento la disposizione siano da ricondursi alle denunce 

private che giungono alla struttura anti-corruzione ex c. 2, non solo perché in tal caso lo 

stile di formulazione risulterebbe alquanto contorto bensì anche perché, essendo altrove 

denominate tecnicamente “denunce”, non vi sarebbe ragione per definire altrimenti 

atecnicamente come “segnalazioni” le dichiarazioni d’accusa provenienti dal privato. 

Analogamente è da escludere che il termine “segnalazione” sia riconducibile all’attività 

informativa ex art. 4. Corretto sotto il profilo terminologico e sistematico sarebbe stato 

piuttosto il riferimento alle “valutazioni” menzionate nel comma precedente: pertanto il 

ricorso ad un termine diverso ed inappropriato è da ricondurre al lassismo che 

caratterizza per intero la formulazione del c. 6 e che va ad aggiungersi alle sviste che 

aprono la disposizione. 

D'altra parte il c. 7 impone alle amministrazioni di rispondere alle “ richieste” dell'Alto 

Commissario, profilandosi così un ulteriore interrogativo: le richieste cui si riferisce il 

Legislatore altro non sono che le valutazioni conclusive del procedimento o si tratta 

piuttosto di richieste 22 aventi ad oggetto informazioni e documenti inoltrabili dal 

Commissario nei confronti delle pubbliche amministrazioni in qualunque momento? 

istituzioni e di aderenza alle istanze (bisogni sociali) delle comunità amministrate. Alla valutazione spetta 

perciò un ruolo di razionalizzazione dell’attività politico amministrativa per ricondurla a criteri di 

rendimento istituzionale conformi alle aspettative di democrazia. I provvedimenti che più o meno 

esplicitamente prevedono attività di valutazione coinvolgono prevalentemente le amministrazioni locali, 

che assumono nel corso degli anni Novanta il ruolo di laboratori e che vengono chiamate perciò a 

sottoporre a verifica singoli aspetti della loro azione amministrativa. Tra i vari strumenti ricordiamo la 

valutazione della dirigenza (nuclei di valutazione), la verifica della qualità, la valutazione della 

produttività in termini di efficacia, efficienza ed economicità (controlli interni). 

21 Supra par. 1. 

22 A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989: per richiesta in senso proprio si deve 

intendere l'atto di iniziativa, consistente in una manifestazione di volontà, mediante il quale un'autorità 

sollecita ad altro soggetto pubblico l'emanazione di un determinato atto amministrativo. 

167

Alla luce delle finalità preventive proprie dell'organismo, sembrerebbe sussistere in 

capo alle pubbliche amministrazioni un obbligo di collaborazione con lo stesso durante 

l'intero procedimento: le amministrazioni interessate dalle attività di indagine e 

monitoraggio debbono cioè provvedere ad inoltrare qualsiasi informazione e 

documentazione richiesta dalla struttura anti-corruzione, compatibilmente con le 

limitazioni dell'art. 3. Pertanto ancorché l’atto conclusivo del procedimento innanzi 

all'Alto Commissario risulti essere una valutazione nella quale la struttura, analizzate le 

cause dell'illiceità, indica all'amministrazione le misure più adeguate per contrastarla e 

prevenirla, nel corso del procedimento all’organismo anti-corruzione è dato di rivolgere 

F.P.Luiso, Richiesta informazioni alla p.a. (voce), Enciclopedia del diritto: della richiesta di informazioni 

alla pubblica amministrazione, rilevante nel processo civile nell’economia dell’istruzione probatoria, si 

occupa l’art. 213 c.p.c. La richiesta di informazioni è ammissibile là dove per la dimostrazione del 

proprio diritto la parte non deve esibire il documento della pubblica amministrazione, perciò non sono 

suscettibili di essere oggetto della richiesta di informazioni fatti che devono essere provati attraverso la 

produzione del documento. La richiesta di informazioni ha lo scopo di eliminare dall’istruttoria lacune o 

incertezze. Parte della dottrina afferma che la richiesta di informazioni ha per oggetto fatti secondari ed ha 

lo scopo di far luce non su temi immediatamente rilevanti per l'accertamento dei fatti controversi, bensì 

sempre e soltanto su situazioni collaterali di sfondo la cui conoscenza sia utile al fine di una migliore 

messa a fuoco di quelli. Peraltro la restrizione così operata non è accettabile: è vero che spesso le 

informazioni avranno ad oggetto dati di interesse generale, però questo non è l'unico possibile oggetto 

dell'informazione ex positivo iure. La richiesta deve essere relativa a fatti e documenti 

dell'amministrazione stessa. Un primo problema attiene alla qualificazione giuridica dell'attività della 

pubblica amministrazione, vuoi che essa fornisca le informazioni richieste, vuoi che si rifiuti oppure 

ometta di rispondere: ci si chiede se tutto questo costituisca l'esercizio di un potere autoritativo, e se 

pertanto l'attività, positiva o negativa, della pubblica amministrazione sia da qualificare come un 

provvedimento amministrativo. Ove poi le informazioni siano rese, analoga questione riguarda la 

possibilità di sindacare le modalità con le quali la pubblica amministrazione ha adempiuto alla richiesta. 

Nel senso che l'operato della p.a., sia in caso di rifiuto, sia in caso di risposta, vada inquadrato fra l'attività 

pubblicistica e quindi abbia le caratteristiche e la disciplina giuridica di un provvedimento 

amministrativo, si esprimono già implicitamente la Relazione al progetto definitivo del codice (secondo la 

quale l'articolo 213 c.p.c. non impone un obbligo coercibile e pertanto l'ente pubblico può sempre rifiutare 

le informazioni, quando ritenga che possano essere nocive al pubblico interesse) ed una pronuncia di 

merito (app. Firenze 12.02.1971); ed esplicitamente una sentenza della Suprema Corte secondo la quale è 

pacifico che la p.a. conserva di fronte alla richiesta di informazioni ogni potere di determinazione 

discrezionale di non accedere o di accedere alla richiesta, e che tali determinazioni assumono carattere di 

atti amministrativi iure imperii (Cass. 18.04.1968, n. 1153, in Giust.Civ., 1968, I, 1150). Nello stesso 

ordine di idee, parte della dottrina afferma che le determinazioni della pubblica amministrazione 

assumono carattere di provvedimenti amministrativi istituzionali ed insindacabili (Barone, Massari, 

Redenti), oppure che per la mancata risposta alla richiesta non è prevista alcuna sanzione (Andrioli). Non 

sembra però che l'impostazione sia accettabile perché ritenere sic et simpliciter discrezionale il mero 

rifiuto di fornire le indicazioni richiesti, senza individuare la finalità cioè l'interesse pubblico cui questo 

potere è ricollegato, significa in realtà evadere dalla discrezionalità per sconfinare nella libertà o peggio 

nell'arbitrio; in secondo luogo perché non ha senso qualificare come provvedimenti amministrativi solo 

l'attività conseguente alla richiesta di informazioni senza coordinare questa qualificazione con gli altri 

mezzi probatori coinvolgenti la pubblica amministrazione. Pertanto si ritiene sanzionabile e coercibile il 

rifiuto della p.a. di rendere le informazioni (Cass. 18.07.1980, n. 4722); a fronte di risposte inconcludenti 

e lacunose è possibile reiterare la richiesta, precisandolo ulteriormente (Cass. 10.12.1984, n. 4034; Cass. 

04.02.1985, n. 737); si è quindi ritenuto possibile configurare una responsabilità per omissione di atti 

d'ufficio a carico del funzionario, incaricato di rendere le informazioni (pret. Roma 30.10.1980, Rass. 

Avv. St.1980, I, 874; trib. Roma 14.10.1981, ivi, 1981, I, 873). In quest’ottica anche parte della dottrina 

(Fermo, Carnelutti, Costa). Perché l’eventuale rifiuto possa considerarsi legittimo, non sembra sufficiente 

il richiamo a non meglio precisate ragioni di interesse pubblico; sarà invece necessario che le 

informazioni richieste non entrino in collisione col segreto d'ufficio. 

168

specifiche richieste di collaborazione alla p.a., alla quale non è consentito di rifiutarsi. 

In questo senso quindi la previsione del c. 7 sembrerebbe riferirsi in senso ampio a tutte 

le richieste provenienti dall'Alto Commissario, dovendosi conseguentemente ammettere 

la possibilità per l'organismo di segnalare al Procuratore della Repubblica la mancata 

risposta della p.a. non solo per l'ipotesi in cui l'amministrazione non corrisponda alla 

valutazione conclusiva in merito agli interventi da porre in essere per rendere più 

difficile il ripetersi di fatti di corruzione, bensì in ogni caso in cui il funzionario non 

presti collaborazione alla struttura. L'Alto Commissario perciò, pur difettando di poteri 

sanzionatori veri e propri, ha a propria disposizione uno strumento indiretto per 

garantirsi il supporto delle amministrazioni interessate dalla sua attività: la ragione di 

una simile misura è da ricercarsi innanzitutto nell'importanza che assume la 

collaborazione dell'amministrazione a fini di prevenzione dell'illiceità ed in particolare 

nella rilevanza che riveste l'acquisizione di informazioni e documentazione in genere ai 

fini dell'elaborazione di misure anti-corruzione; in secondo luogo, considerato che 

l'azione dell'Alto Commissario si svolge nell'interesse della stessa amministrazione 

coinvolta al fine di epurarla da eventuali pratiche corruttive, sul piano logico ed in 

un’ottica di reciproca collaborazione non è ammissibile che la medesima rifiuti di 

cooperare 23 . 

Alla luce delle previsioni del capoverso dell’art. 2 risulta quindi che le amministrazioni 

sono sempre tenute a collaborare con l'Alto Commissario, essendo previsto a fronte 

della mancata risposta da parte delle p.a. alle richieste formulate dal Commissario che 

tale comportamento sia segnalato al Procuratore della Repubblica competente per 

territorio, ai fini dell'adozione delle eventuali iniziative di competenza. Ciò sta a 

significare che la mancata risposta di un funzionario pubblico alle acquisizioni di dati, 

documenti o semplici notizie da parte dell'Alto Commissario può integrare, laddove ne 

ricorrano i presupposti 24 , una fattispecie di omissione (o rifiuto) di atti d'ufficio, in 

quanto tale passibile di sanzione penale. 

Sotto altro profilo, Valero ha osservato che, mentre la mancata risposta da parte dei 

funzionari della pubblica amministrazione è espressamente contemplata e sanzionata dal 

testo di legge, lo stesso non si verifica per l'ipotesi in cui il privato coinvolto dalle 

23 La richiesta di informazioni può essere inquadrata nel “principio di utile collaborazione fra organi 

pubblici”. Il dovere di collaborazione della pubblica amministrazione nei confronti dell'Alto Commissario 

è giustificato dalla comune appartenenza all'organizzazione complessiva dell'ordinamento e da interessi e 

finalità comuni. 

24 A. Pagliaro, Principi di diritto penale- Parte Speciale I, Delitti contro la pubblica amministrazione, 

Milano, 2000, Giuffrè, pp. 289 ss. 

169

indagini ai sensi dell’art. 2 c. 3 ometta o rifiuti di collaborare: in proposito si deve 

tuttavia rammentare che una tale previsione non sarebbe potuta essere contenuta in ogni 

caso in una fonte di livello regolamentare, difettando una fonte normativa primaria 

penale, quale quella viceversa dell’ art. 328 c.p. rivolta a pubblici ufficiali ed incaricati 

di pubblico servizio. Ciononostante, pur difettando una previsione espressa in merito, 

non è da escludere anche la possibilità di comunicare al competente Procuratore della 

Repubblica un eventuale comportamento del privato interessato alle procedure 

amministrative o contabili in corso di esame che, nell'ambito dell'indagine, possa 

dolosamente intralciare o compromettere l'attività di accertamento dell'Alto 

Commissario, qualora tale comportamento sia sintomatico, sotto forma di 

favoreggiamento o concorso nel reato, dell'esistenza di fattispecie di reati di pubblici 

ufficiali contro la pubblica amministrazione. La perseguibilità del comportamento della 

pubblica amministrazione che ometta o rifiuti di prestare collaborazione al Commissario 

garantisce l’effettività della sua azione: infatti sul piano concreto la struttura ha sempre 

ricevuto riscontro positivo dalle amministrazioni interpellate di fornire informazioni e 

documenti, mentre l'assenza in capo alle p.a. di un analogo obbligo di rapporto all'Alto 

Commissario atto a promuoverne l'attività di indagine osta al superamento delle remore 

che le p.a. hanno finora manifestato nei confronti del neo-costituito organismo nella 

fase di impulso, come testimonia il fatto che a tuttoggi nessuna richiesta di intervento è 

giunta dalle amministrazioni. 

Si rammenti infine che a conclusione dell'attività di accertamento, ovvero anche prima 

della chiusura del relativo procedimento, quando emergono precise responsabilità 

penali, amministrative e disciplinari in capo ai pubblici dipendenti, l’Alto Commissario 

provvede obbligatoriamente ad inoltrare denuncia agli organismi competenti. 

Nulla è detto circa gli strumenti a disposizione delle p.a. avverso le valutazioni 

commissariali. 

5. Obblighi gravanti sull’Alto Commissario 

Nell’ambito della sua dipendenza funzionale rispetto al Presidente del Consiglio, l’Alto 

Commissario redige una relazione semestrale per il Presidente del Consiglio medesimo, 

concernente l’attività svolta nel periodo di riferimento. A sua volta il Presidente del 

Consiglio dei Ministri riferisce annualmente ai Presidenti delle Camere sul contenuto 

delle relazioni acquisite (art. 4). In questo senso la struttura anti-corruzione assume una 

170

funzione propositiva e consultiva rispetto al vertice politico - potendo indicare 

correzioni ed interventi di riforma in ambito legislativo - che si raccorda 

particolarmente con la funzione di elaborazione di analisi e studi sull’adeguatezza del 

quadro normativo di cui all’art. 2 c. 2 lett. b). 

Accanto a quest’obbligo di informativa periodica, si colloca l’obbligo di denuncia ex 

art. 5: come abbiamo già avuto occasione di osservare infatti, l’Alto Commissario, 

nell’esercizio delle sue funzioni, provvede a denunciare all’Autorità Giudiziaria i fatti di 

reato, e alla Corte dei conti, nei casi previsti dalla legge, i fatti nei quali sia ravvisabile 

danno erariale. In proposito si è osservato che il dettato normativo nella prima parte 

sarebbe pleonastico, stante l’esistenza nell’ordinamento del dovere di tutti i pubblici 

ufficiali di denunciare i fatti di reato riscontrati nell’esercizio delle proprie funzioni, 

secondo quanto previsto dall’art. 331 c.p.p. 25 Per sgombrare da subito il dubbio sui 

rapporti tra i due procedimenti ed i rispettivi campi di indagine, che presentano 

inevitabilmente punti di contatto, il regolamento al c. 2 dell’art. 5 si preoccupa di 

precisare che la denuncia stessa non determina la sospensione dell’attività di 

competenza dell’Alto Commissario, il quale potrà pertanto proseguire autonomamente 

l’attività istruttoria eventualmente avviata, per far luce sui fenomeni organizzativi che 

hanno consentito la corruzione e per prospettare soluzioni normative che riducano il 

rischio di corruzione. Peraltro Valero osserva che “forse una simile previsione 

normativa avrebbe potuto avere una migliore collocazione in ambito legislativo (fonte 

primaria) che regolamentare, analogamente a quanto previsto per i rapporti tra i vari 

procedimenti giurisdizionali e tra questi e quelli amministrativo- disciplinari a carico dei 

dipendenti pubblici”. 

A tale proposito, è previsto quindi dal capoverso della norma che, qualora dagli 

accertamenti compiuti dall’Alto Commissario emergano fatti rilevanti sotto il profilo 

della responsabilità amministrativa e disciplinare dei pubblici dipendenti, questi 

provveda a trasmettere apposita relazione informativa alle rispettive amministrazioni, 

specificando eventuali profili di rilievo disciplinare. 

La formulazione della disposizione all’art. 5 chiarisce alcuni dubbi lasciati aperti dalla 

legge istitutiva: in merito infatti essa si limitava ad imporre all’Alto Commissario di 

svolgere le proprie funzioni nel rispetto del principio fondamentale di “obbligo di 

rapporto all’Autorità giudiziaria e alla Corte dei conti nei casi previsti dalla legge” e 

25 M. Valero, op.cit . 

171

non forniva invece alcuna indicazione per la soluzione di eventuali conflitti tra 

l’Autorità giudiziaria e l’Alto Commissario né chiariva il rapporto tra l’azione svolta 

dall’Alto Commissario e l’azione ispettiva e disciplinare condotta all’interno delle 

pubbliche amministrazioni. 

Peraltro Natalini 26 , commentando per l’appunto le previsioni dell’art. 1 del “collegato” 

alla Finanziaria del 2003, ha osservato che, considerato l’obbligo di rapporto gravante 

sull’Alto Commissario nei confronti dell’Autorità giudiziaria e della Corte dei conti, 

non si comprende tuttavia se tali soggetti siano a loro volta tenuti a fornire informazioni 

all’Alto Commissario: nonostante neppure il regolamento concernente le funzioni 

dell’Alto Commissario abbia provveduto a chiarire tale dubbio, è da ritenersi che, in 

ragione delle finalità comuni di lotta e prevenzione dell’illiceità, i rapporti tra i soggetti 

in questione debbano ispirarsi alla maggior collaborazione possibile e che pertanto non 

siano da escludersi possibili raccordi operativi in tal senso, nel rispetto dei limiti di cui 

all’art. 3 e di eventuali futuri protocolli d’intesa. 

6. Spese di funzionamento 

Sulla base di quanto originariamente previsto dalla legge istitutiva (art. 1 c. 5 l. 3/2003), 

l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme 

di illecito nella pubblica amministrazione avrebbe disposto di un fondo speciale di 

582.000 €uro annuali 27 . Tuttavia è apparsa subito palese l'insufficienza del 

finanziamento rispetto alla missione dell'organismo e alla dimensione del suo campo 

operativo e, di conseguenza, l'esiguità dei fondi inizialmente stanziati per il 

funzionamento della struttura è stata oggetto di critiche. Secondo Natalini, proprio in 

ragione delle scarse risorse finanziarie messe a disposizione della struttura, essa non 

avrebbe potuto rappresentare “un effettivo strumento di lotta alla corruzione, e ciò 

anche in relazione all'estensione della platea sulla quale l'Alto Commissario dovrebbe 

vigilare” 28 . Sostanzialmente una tale scarsità di fondi avrebbe impedito all'organismo 

anti-corruzione di operare concretamente; da qui l'esigenza di “rimpolpare” le risorse 

finanziarie originariamente messe a sua disposizione. A questo ha provveduto la 

26 A. Natalini, op.cit. 

27 A decorrere dall’anno 2002. 

28 A. Natalini, op. cit. 

172

Finanziaria 2005 29 , la quale ha previsto all’art. 1 c. 242 tra i finanziamenti speciali un 

ulteriore stanziamento a favore dell’Alto Commissario, pari a €uro 5.418.000 per 

ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007. Ancorché considerevole, tale integrazione non 

può però dirsi del tutto soddisfacente, come osservato sia da parte dello stesso Alto 

Commissario 30 sia in sede parlamentare, nell’ambito della più volte citata 

interrogazione del 22 novembre 2005 31 . Per quanto concerne le spese di 

funzionamento, l’art. 7 del d.P.R. 258/2004 sancisce, coerentemente con la previsione in 

base alla quale l'Alto Commissario “opera presso la Presidenza del Consiglio dei 

Ministri” ( art. 1 c. 1), che i relativi costi per il personale e per le spese di 

organizzazione e funzionamento dell'Ufficio siano sostenuti per l’appunto dalla 

Presidenza del Consiglio dei Ministri nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio. 

Ex successivo c. 2 all'Alto Commissario compete un'indennità di funzione l'importo 

della quale non può eccedere il totale del trattamento economico base del Presidente di 

sezione della Corte di Cassazione, aumentato fino alla metà; al Vice Commissario è 

attribuita un'indennità di funzione nella misura massima del 70% dell'indennità 

attribuita all'Alto Commissario; al direttore dell'Ufficio compete la retribuzione prevista 

per la posizione di capo dipartimento delle strutture della Presidenza del Consiglio dei 

Ministri. 

Il capoverso della norma poi precisa che il rendiconto consuntivo della gestione è 

sottoposto al controllo annuale della Corte dei conti. 

Le occorrenti variazioni di bilancio possono essere apportate dal Ministro 

dell’economia e delle finanze con proprio decreto ( art. 1 c. 6 l. 3/2003). 

29 Legge 30 dicembre 2004, n. 311. 

30 Avvenire del 06/02/2005. 

31 Precisamente S. Delmastro Delle Vedove ha proposto, in data 1° marzo 2005, l’interrogazione a 

risposta orale 3-04277 (seduta Camera n. 594) relativa a “quale sia l'organizzazione e, dunque, quali siano 

le risorse umane, finanziarie e strumentali concesse all'Alto Commissario per l'espletamento efficace di 

un mandato amplissimo, come quello della prevenzione e del contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione”. Quindi nella seduta n. 709 del 22 novembre 

2005, questi, pur ritenendosi complessivamente soddisfatto della risposta offerta da C. Ventucci in merito 

ai possibili pericoli di interferenze tra le funzioni dell'Alto Commissario e quelle proprie di altri soggetti 

istituzionali, per quanto concerne il profilo strettamente economico ha affermato che: “residua un minimo 

di perplessità, proprio in considerazione dell'alto profilo dell'Alto Commissario per la prevenzione e il 

contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, in 

quanto, benché rimpolpato ai sensi del decreto 25 gennaio 2005 n. 171, si ha la sensazione che l'organico 

non sia esattamente adeguato alla rilevanza delle indagini che devono essere compiute e all'estensione su 

tutto il territorio nazionale di tale organismo. Dunque, appare evidente che, per far sì che tale figura non 

debba restare un organismo retorico rispetto all'esigenza del popolo italiano di veder contrastato il 

fenomeno della corruzione, occorre che sia adeguatamente strutturato sotto il profilo delle risorse 

strumentali, finanziarie e, soprattutto, umane”. 

173

7. Operatività concreta 

Per comprendere come venga ad operare concretamente l’Alto Commissario per la 


amministrazione, veniamo a citare alcune indagini avviate dalla struttura in questione. 

Una prima indagine coinvolge l’Anas e, per la precisione, si propone di verificare 

l’adeguatezza dei dirigenti preposti ai controlli e l’idoneità delle procedure: certi fatti 

dimostrano che il controllo su pagamenti e contratti è stato quantomeno disattento. Si 

tratta poi di accertare se, a fronte di presunte irregolarità negli appalti, le risorse 

stanziate per la modernizzazione della rete stradale siano state effettivamente impiegate 

a tale scopo ovvero siano state dirottate verso finalità distorte. 

Una seconda indagine interessa possibili concorsi universitari truccati in materia di 

Diritto del lavoro: il provvedimento ha dato seguito alle esternazioni 32 di Gino Giugni 

il quale ha denunciato “una grave degenerazione nei rapporti interni alla comunità 

scientifica, dovuta alla gestione combinata nella selezione dei giovani studiosi secondo 

logiche non meritocratiche, che scoraggia i migliori a proporre o mantenere la propria 

candidatura”. 

Tali indagini conoscitive sono state autonomamente promosse dall’Alto Commissario, il 

quale è stato peraltro destinatario di molteplici esposti provenienti da privati cittadini ai 

quali tuttavia non è stato possibile dare seguito: infatti, nonostante l’Alto Commissario 

si proponga di intervenire anche a livello locale contro piccoli o grandi abusi 

ogniqualvolta, ad esempio, il pubblico impiegato, sfruttando l’inefficienza della 

pubblica amministrazione, accetti la mazzetta per anteporre una pratica ad un’altra 

ovvero il direttore generale chieda grosse tangenti sugli appalti, tuttavia il mancato 

raggiungimento di un’intesa con la Conferenza Unificata, preclude attualmente 

all’organismo di agire nei confronti degli enti territoriali, interessati appunto dal 90% 

degli esposti in questione. 

In ogni caso dalle indagini finora aperte non è seguita denuncia alle Procura. 

32 Lettera di G. Giugni al Corriere della Sera del giugno 2005. Peraltro alla denuncia di Giugni, aveva 

fatto eco quella di Piero Ichino, docente di Diritto del lavoro all’Università di Milano, che aveva parlato 

di una “guerra tra bande negli atenei, in cui chi vince riesce a far man bassa di tutti i corsi messi a 

concorso”. In seguito a queste esternazioni, il ministro dell’Istruzione Moratti aveva previsto in data 

18/06/2005 l’istituzione di una commissione d’indagine, di cui avrebbe fatto parte anche una 

rappresentanza della Conferenza dei Rettori. Nello stesso periodo veniva approvato un d.d.l. contenente 

precise regole per i concorsi, tra cui una diversa procedura per la formazione delle commissioni 

esaminatrici. 

174

Prossimi possibili obiettivi di monitoraggio da parte dell’Alto Commissario potrebbero 

concernere il settore dei pagamenti delle p.a. ai privati, nel quale si ipotizza l’esistenza 

di condotte corruttive illecite, in considerazione dell’assenza di criteri oggettivi per la 

successione dei pagamenti e della presenza di discrezionalità in materia 33 ; collegata a 

quest’indagine potrebbe essere quella sulle tipologie contrattuali e sugli acquisti di beni 

e servizi; quindi un’ulteriore investigazione potrebbe concernere la mancata attuazione 

dei provvedimenti relativi alla creazione dell’anagrafe patrimoniale dei dirigenti 

pubblici 34 . 

Per comprendere appieno le possibilità d’indagine della struttura si può aggiungere che, 

a titolo esemplificativo, questa può agire nei confronti delle Conservatorie che abbiano 

trascritto atti che non dovevano essere trascritti, piuttosto che nei confronti di 

commissioni d’esame che effettuino valutazioni parziali - la disparità infatti, oltre ad 

integrare un’illegittimità amministrativa, è altresì occasione di illecito - 35 . 

Per un bilancio anche parziale sull’operato dell’organismo, ancora agli inizi, occorre 

attendere i primi risultati concreti: tuttavia l’avvio delle due indagini conoscitive citate è 

di per sé un risultato. L’Alto Commissario è il primo supporto tecnico per una politica 

nazionale anti-corruzione senza precedenti; l’esistenza stessa di questa struttura è d’altra 

parte già un segno di prevenzione. “Altri due occhi che si aggiungono a quelli che 

dovrebbero guardare” non possono di per sé non costituire un forte deterrente alla 

commissione di illeciti 36 . 

33 In particolare per l’ipotesi di vuoto di cassa, l’eventuale ricorso a pratiche corruttive potrebbe incidere 

sulla determinazione dei pagamenti da rinviare. 

34 La previsione di un’anagrafe patrimoniale delle cariche elettive risale al 1997: i magistrati hanno 

provveduto all’attuazione di tali previsioni, a differenza dei dirigenti pubblici. 

35 Da colloquio con G. Tatozzi del 14/06/2005. 

36 D’altra parte, secondo G. Tatozzi, “ se a questo non seguirà un'effettiva azione del Commissario, allora 

diventerà una tigre di carta e l'effetto benefico di annuncio si perderà”. 

175

CAPITOLO VII 

NATURA DELL’ALTO COMMISSARIO CONTRO LA CORRUZIONE 

1. L’Alto Commissario contro la corruzione come autorità indipendente? 

Giunti a questo punto, chiarite le funzioni, i poteri e gli obblighi gravanti sull'Alto 

Commissario contro la corruzione, si tratta di determinare la natura giuridica 

dell'organismo all'esame. Tanto la legge istitutiva quanto il regolamento disciplinante le 

funzioni non forniscono infatti una definizione della struttura atta ad inquadrarla 

precisamente nell'ordinamento giuridico. 

Secondo una prima impostazione, l’Alto Commissario sarebbe riconducibile nel novero 

delle autorità amministrative indipendenti in quanto “ente provvisto di incisivi poteri 

preposto all'esercizio di compiti di vigilanza sulle modalità di svolgimento dell'azione 

pubblica in un determinato settore, per preservarne lo sviluppo imparziale ed evitare la 

commissione di illeciti, attraverso una maggiore responsabilizzazione dei funzionari” 1 . 

In senso esattamente opposto vi è invece chi ha ritenuto che, nonostante le finalità di 

supervisione sull'apparato pubblico proprie del neo-costituito organismo necessitino per 

loro natura di essere perseguite da un'istituzione genuinamente indipendente, tale non 

può essere considerato l'Alto Commissario “posto com’è alle dirette dipendenze 

funzionali del Presidente del Consiglio e, dunque, proprio di una delle autorità politiche 

che dovrebbe controllare” 2 . 

Per chiarire quindi se la struttura anti-corruzione all'esame possa essere o non essere 

effettivamente ascritta tra le autorità indipendenti, riteniamo opportuno in via 

preliminare determinare che cosa si intenda per autorità indipendente, così da potere in 

un secondo momento interrogarci sulla circostanza che l'Alto Commissario corrisponda 

o meno al modello così individuato. Trattasi di operazione complessa a livello 

esegetico, anzitutto in considerazione del fatto che l'estrema eterogeneità della categoria 

delle autorità indipendenti osta all'individuazione di un sicuro modello di riferimento. 

1 S. Zaramella, L’Alto Commissario contro la corruzione, Studium Iuris n. 1/2005, pp. 128 ss. 

Peraltro sempre secondo questa impostazione l'istituzione dell'Alto Commissario sarebbe un'iniziativa in 

contraddizione con l'apparente orientamento del Governo tendente a ridurre il numero delle autorità 

amministrative indipendenti 

2 M. Arnone, E. Iliopulos, La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e Pensiero, 

2005. 

G. Forti, Prefazione a op.cit. 

176

La dottrina ha infatti registrato la difficoltà di rinvenire una coerenza nelle varie autorità 

volta per volta introdotte e disciplinate dal Legislatore, con la conseguente impossibilità 

di edificare un unico modello organizzativo a cui ricondurre tutte le figure 

amministrative. Così diverse sono le amministrazioni indipendenti, così eterogenee le 

finalità sottese alla loro istituzione, così variegata la loro disciplina che a qualcuno è 

addirittura parso che esse si risolvessero più nell'introduzione di una sorta di regime 

derogatorio rispetto al tradizionale modello di amministrazione pubblica, che in una 

unitaria e coerente tipologia 3 . Questa conclusione è figlia dei rischi di un’impostazione 

metodologica cui non è spesso esente l'opera di edificazione di un modello. Da un lato, 

vi è la tendenza ad espandere eccessivamente una tipologia organizzativa, rinvenendola 

anche in organismi che presentano caratteristiche molto distanti tra loro: in questa 

tentazione pare essere incorso lo stesso Legislatore, che ha attribuito il nomen autorità, o 

altro equipollente, anche ad organismi che presentano elementi di subordinazione o 

dipendenza funzionale dal Governo 4 . Dall'altro lato, vi è la tendenza ad enucleare un 

modello individuandolo in poco significativi caratteri comuni rinvenuti in diverse 

figure. Se quest'ultima tendenza rischia di vanificare eccessivamente qualsiasi categoria, 

degradando l'indagine ad una mera operazione ricognitiva o descrittiva, la prima 

tendenza costituisce un’evidente forzatura dei dati normativi, attesa l'impossibilità di 

accomunare in una pseudo-categoria strutture organizzative del tutto differenti fra 

loro 5 . Occorre dunque fare uno sforzo ricostruttivo che sia volto ad edificare un modello 

significativo, ma che, al tempo stesso, trovi un ancoraggio in precisi dati di diritto 

positivo: solo quando l'analisi empirica consenta di isolare significative tracce unificanti 

degli organismi posti a confronto, è possibile individuare un nucleo concettuale di 

amministrazione indipendente 6 . 

3 

A. Massera, Autonomia e indipendenza nell’amministrazione dello Stato, in Scritti in onore di M.S. 

Giannini, III, Milano, 1998, pp. 470 ss. 

4 

L'immagine delle autorità indipendenti ha avuto larga fortuna nel nostro Paese. Tuttavia l’ampia fortuna 

dell'immagine non ha sempre coinciso con l'istituzione di autentiche autorità indipendenti, e questo nome 

(talora sostituito da un generico “agenzie”) è stato utilizzato in riferimento ad entità di eterogenea indole 

giuridica. È dunque indispensabile prendere a parametro i tratti caratteristici del modello istituzionale 

delle autorità indipendenti per distinguere i casi in cui effettivamente ci si trovi in presenza di verace 

autorità ascrivibile a quella categoria da quelli nei quali al nome non corrisponde la sostanza. Per M. 

D’Alberti, Autorità indipendente (dir. amm.), Enc. Giur., 1995, se si applica rigorosamente il modello di 

autorità indipendente, nell'ordinamento italiano l'ambito delle autorità in questione sembra essere 

circoscritto. 

5 

M. Passaro, Le amministrazioni indipendenti, Torino, Giappichelli, 1996. 

6 

F. Merusi., M. Passaro, Autorità indipendenti, Enc. Dir., Milano, Giuffrè, Agg. Vol. VI, 2002, pp. 140 

ss.: chi indulge nella descrizione delle singole funzioni perdendo di vista lo scopo finale è come il 

viandante che, guardando gli alberi e non la foresta nel suo insieme, si perde nei sentieri dei boscaioli i 

quali portano solo ad un albero tagliato. 

177

Sul piano lessicale il termine “autorità indipendenti” viene usato per indicare una serie 

di poteri pubblici che, pur non essendo autorità formalmente giurisdizionali, sarebbero 

caratterizzati come queste ultime dalla funzione di imparziale applicazione della legge e 

quindi dalla sottrazione alle direttive degli organi politici. 

Storicamente la ragion d’essere delle autorità indipendenti sta in una finalità di carattere 

giustiziale, in uno scopo di protezione di categorie di interessi - generalmente collettivi 

e diffusi- sottoposte alle insidie provenienti da poteri forti. L'indipendenza delle autorità 

si è concretata in forme di qualificata autonomia nei riguardi del Governo e dei soggetti 

imprenditoriali operanti nei settori interessati nonché nell'assenza di subordinazione 

rispetto ad altre pubbliche amministrazioni 7 . Esse hanno ricevuto un insieme composito 

di funzioni di controllo, regolazione, sanzione, autorizzazione, vigilanza, normazione 

secondaria, soluzione di controversie, decisione. L'archetipo delle autorità indipendenti 

è rappresentato dalle indipendent regulatory agencies, nate negli Stati Uniti nella 

seconda metà dell’Ottocento per attuare un processo di regolazione pubblica 

dell'economia, finalizzato ad assicurare imparzialmente ed in conformità alle 

caratteristiche di ciascun settore il rispetto della concorrenza ed il soddisfacimento 

dell'interesse pubblico, grazie alla delega di poteri sostanzialmente normativi atti a 

conciliare gli interessi in conflitto senza soggiacere a vincoli legislativamente 

precostituiti. L'Europa, a partire dagli anni ’70, ha seguito il modello americano, 

introducendo varianti significative, sull'esempio dell'esperienza francese delle autorités 

administratives indépendantes e sulla scorta delle istanze comunitarie che 

progressivamente impongono agli Stati membri la necessità di tutelare la concorrenza e 

di liberalizzare settori monopolizzati dallo Stato, richiedendo espressamente la 

creazione di autorità indipendenti. Precipuamente per quello che concerne l'esperienza 

francese, si rammenti come l'ordinamento francese difficilmente tolleri fenomeni di 

autonomia amministrativa e conseguentemente ammetta l'esistenza di autorità dotate di 

poteri di esecuzione della legge ma sottratte, in ragione della particolare missione, al 

vincolo di obbedienza gerarchica verso il Governo: da qui la creazione di un modello di 

amministrazione di garanzia fondato sulla persuasione anziché sull'autoritarietà e 

chiamato ad operare sui c.d. secteurs sensibles ovvero ambiti di vita sociale in cui lo 

7 L'indipendenza di tali autorità non è di grado elevato al pari dell'indipendenza costituzionalmente 

riconosciuta agli enti territoriali, ai giudici, al Consiglio di Stato ed alla Corte dei conti, ma piuttosto si 

tratta di una forma qualificata di autonomia che sta tra le autonomia tecniche, organizzatorie e funzionali, 

e l'autonomia politica, intesa come potestà propria di indirizzo politico-amministrativo. Ingerenze 

governative e ministeriali sul piano degli indirizzi generali possono incidere nel campo d'azione delle 

autorità indipendenti ma tali autorità non dipendono in alcun modo da direttive politico-amministrative. 

178

Stato può intervenire in forma soft e neutrale, all'unico scopo di proteggere il cittadino 

dalle minacce del potere pubblico e dei poteri privati 8 . La funzione-base di questi 

organismi consiste cioè nel supporto e nello stimolo rivolto alla formazione delle regole 

sia verso i privati che verso i pubblici poteri; quindi la loro attività consiste in compiti di 

acquisizione di dati e notizie, di controllo e di verifica, di informazione e di denunzia, di 

consulenza e di proposta. 

Nella prassi legislativa italiana le autorità indipendenti sono state create volta per volta, 

in risposta ai problemi posti dai diversi settori, senza preoccupazioni di omogeneità e, 

con la loro istituzione, il Legislatore si è spesso preoccupato solo di lanciare un 

messaggio di ritrazione momentanea della politica da un determinato settore 9 . Peraltro 

la diffusione delle autorità indipendenti ha suscitato perplessità e riserve da parte di 

autorevole dottrina per la quale la sottoposizione delle funzioni amministrative regionali 

ad ispezioni, indagini, richieste di documenti potrebbe connotare permanentemente lo 

status delle Regioni, paventandosi così il passaggio dal regionalismo cooperativo al 

regionalismo vigilato 10 . 

Al di là delle differenze modali di intervento, il compito fondamentale delle autorità 

indipendenti è quello di tutelare la concorrenza in presenza di mercati almeno 

formalmente aperti (c.d. autorità di garanzia) o di creare le premesse per renderla 

effettiva, abbattendo ostacoli all'entrata nei mercati di nuovi concorrenti o eliminando 

asimmetrie informative (c.d. autorità di regolazione). 

Le funzioni attribuite alle autorità sono in larga parte di natura ausiliaria in quanto 

riguardano l'acquisizione di conoscenze in ordine al settore di riferimento e la loro 

utilizzazione in vista dell'esercizio di poteri informativi, istruttori, consultivi, propulsivi, 

propositivi, nei confronti dei privati e degli organi competenti a provvedere. 

Funzionalmente a tali compiti, le autorità in questione ricevono comunicazioni 

8 La formula francese delle autorità amministrative indipendenti e dei settori sensibili diventa lo slogan 

atto a compendiare tutta una serie di istanze innovative consistenti o nel ridurre la presenza pubblica a 

forme non autoritative di gestione dei conflitti, o nel sostituire i moduli neo-corporativi con organi a 

competenza tecnica, o nell'ampliare gli strumenti acquisitivi dell'amministrazione rispetto alle società, o 

nell'estendere la funzione giustiziale dell'amministrazione come forma di prevenzione delle liti, o 

nell’introdurre forme di tutela di interessi diffusi, o nel rafforzare le istanze di controllo sull'efficienza e 

sull’imparzialità dell'amministrazione. 

9 Sono indicate come autorità indipendenti: Autorità garante della concorrenza e del mercato (L. 287/90), 

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (L. 249/97), Garante per la protezione dei dati personali (L. 

675/96), CONSOB (L.214/74), Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo- 

ISVAP (L. 576/82), Autorità per l'energia elettrica e il gas (L. 481/95), Autorità per la vigilanza sui lavori 

pubblici (L. 109/94), Commissione di Garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi 

pubblici essenziali (L. 149/90). 

10 G. Morbidelli, Esiste ancora la materia “lavori pubblici di interesse regionale?” Ovvero dal 

regionalismo “cooperativo” al regionalismo “vigilato”, in Le Regioni, 1996, pp. 394 ss. 

179

obbligatorie sulla loro attività, svolgono verifiche e controlli, si relazionano 

periodicamente col Parlamento -direttamente o tramite il Governo- sui dati acquisiti, 

segnalano problemi o questioni da risolvere in via legislativa o amministrativa, 

formulano pareri, propongono provvedimenti, denunziano all'autorità giudiziaria 

ordinaria gli eventuali illeciti. In alcuni casi questo nucleo di funzioni ausiliarie si 

completa con l'attribuzione di poteri autoritativi immediatamente incidenti sui terzi, il 

che avviene quando le indagini sono supportate da poteri coercitivi di ispezione ovvero 

quando l'acquisizione di dati è assicurata da poteri sanzionatori o è collegata 

all'esercizio di poteri inibitori 11 . L’attribuzione alle autorità di poteri di scelta non 

legislativamente predeterminati (funzioni di regulation) indica un salto di qualità 

denunziando l'emersione di un soggetto pubblico idoneo a porsi in dialettica sia con il 

Governo che con il Parlamento. 

Sono stati quindi individuati degli “elementi sintomatici dell'indipendenza”, in presenza 

dei quali si ritiene plausibile ricondurre un soggetto nel novero delle autorità 

indipendenti, senza che peraltro ci sia perfetta corrispondenza, con riguardo ai suddetti 

elementi, tra le varie amministrazioni indipendenti: essi sono solitamente rinvenuti nella 

personalità giuridica, nel procedimento e nei requisiti soggettivi richiesti per la nomina 

dei vertici, nell'autonomia finanziaria, nell'autonomia contabile ed in quella gestionale o 

organizzativa. 

Sotto il primo profilo sono provviste di personalità giuridica di diritto pubblico la Banca 

d'Italia, la Consob, l’Isvap; le altre autorità, al contrario, ne sono sprovviste: tuttavia dal 

possesso della personalità giuridica non discendono particolari implicazioni. 

Per quanto concerne il procedimento di nomina è opportuno distinguere le autorità di 

nomina sostanzialmente governativa (Isvap, Consob), le autorità di nomina 

parlamentare (Autorità garante per la concorrenza ed il mercato), le autorità di nomina 

mista (Garante della privacy). In particolare si è ritenuto che il meccanismo di nomina 

governativa sia astrattamente in contrasto con l'esigenza di garantire un'effettiva 

11 Per quanto attiene alla sindacabilità in sede giurisdizionale degli atti delle Autorità amministrative 

indipendenti, si veda D. Corletto, Autorità indipendenti e giudice amministrativo, in Autorità indipendenti 

e Agenzie. Una ricerca giuridica interdisciplinare (a cura di) P. Cavaleri, G. Dalle Vedove, P. Duret, 

Milano, Cedam, 2003, pp. 67 ss. Al giudice amministrativo spetta il delicato compito da un lato di 

garantire, con il rispetto della legge, quello dei limiti della missione affidata alle Autorità; deve dall’altro 

lato non vanificare la specificità tecnica e il senso stesso dell'esistenza di un'autorità sezionale. Sotto 

questo aspetto il punto di equilibrio pare rappresentato dal controllo limitato ad una verifica di 

sostenibilità della soluzione adottata, oltre che all'osservanza delle garanzie procedimentali e 

all'adeguatezza dell’istruttoria e della motivazione, il quale assicura l'ottimale soddisfacimento sia delle 

esigenze irrinunciabili del controllo giurisdizionale, sia del rispetto dell'indipendenza delle autorità. 

180

indipendenza delle autorità dall'Esecutivo 12 . Tuttavia o si crede nella capacità di 

attrazione del mandato affidato alla cura delle autorità indipendenti ed allora il 

procedimento di nomina dei relativi vertici può essere considerato, se non addirittura 

indifferente, quanto meno non decisivo ai fini dell’indipendenza di tali organismi verso 

l'indirizzo politico-governativo o gli interessi dei soggetti regolati; ovvero si crede che 

umanamente non si può pretendere l'assoluta indifferenza ed allora non c'è 

neutralizzazione dei procedimenti di nomina che preservi dal rischio di un esercizio non 

sereno delle funzioni 13 . Né i generici requisiti soggettivi di professionalità, esperienza, 

competenza, moralità e indipendenza, paiono garantire l'autonomia dei nominati se non 

si spingono fino al punto di esigere uno specifico percorso professionale. In sostanza, 

dal procedimento di nomina e dai requisiti richiesti ai candidati non si può trarre molto, 

trattandosi certamente di un importante complemento atto a garantire la maggiore 

trasparenza possibile, il controllo democratico delle nomine, il vaglio dell'esperienza 

professionale dei candidati, la pubblicazione dei loro curricula, ma che tuttavia non 

assicura di per sé l'impermeabilità da qualsiasi influenza esterna nell'esercizio del 

mandato. E’ senz'altro più proficuo concentrarsi sul complessivo status che dalla 

nomina deriva e più propriamente sulla durata, sulle incompatibilità, sull'eventuale 

12 Per quanto concerne le autorità di nomina governativa nell'ordinamento italiano si è evidenziato come 

tali autorità siano indipendenti per natura, anche se nominate dal Governo ed inserite 

nell'amministrazione e anche se il Legislatore non attribuisce ad esse esplicitamente l'indipendenza; esse 

sarebbero riconoscibili come autorità indipendenti sulla base di alcuni indizi, quali il ricorso alle formule 

della “vigilanza” o della “garanzia”, la speciale competenza tecnica, l'indiscussa moralità e 

l’indipendenza richieste ai loro membri. Tuttavia è innegabile che le nomine esclusivamente governative 

non sono in grado di assicurare una vera indipendenza alle autorità di questo genere. Di regola le autorità 

nominate dal Governo sono anche esplicitamente soggette alla vigilanza governativa e ricadono pertanto 

nel plesso Governo-p.a. pur se fruiscono di una particolare autonomia; esse debbono ritenersi soggette 

all'indirizzo e ai controlli governativi. Nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva svolta dalla 

Commissione affari costituzionali nella decorsa legislatura (29 marzo 2000), si pose in risalto come la 

doppia indipendenza dal circuito parlamentare e governativo non possa significare separatezza delle 

funzioni. Le autorità indipendenti non sono isolate dal contesto istituzionale, poiché la loro indipendenza 

non coincide affatto con l’assenza di dialogo istituzionale. Il potere ad esse spettante di rendere pareri 

(obbligatori) alla Presidenza del Consiglio ed ai ministri in relazione alla loro attività normativa (che 

coinvolga anche la tutela della riservatezza) o la facoltà di formulare segnalazioni e proposte al Governo e 

al Parlamento rappresentano forme di collegamenti specifici tra le autorità indipendenti e gli organi 

costituzionali. E (come è stato osservato nel predetto documento) se sotto il profilo teorico è carattere 

costitutivo delle autorità la franchigia dall’indirizzo governativo, dall’esame delle singole situazioni si 

vede che l’assunto non è valido in senso assoluto. Esempio evidente può essere la l. 481/1995, istitutiva 

delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, che prevede l’osservanza di indirizzi 

governativi di politica generale, nonché l’indicazione del quadro delle esigenze di sviluppo dei servizi nel 

documento di programmazione economico-finanziaria. D’altra parte la stessa Autorità garante della 

concorrenza e del mercato è soggetta - ai sensi dell’art. 25, comma 1, della legge n. 287/1990 - ai criteri 

generali deliberati dal Governo, cui l’Autorità può solo eccezionalmente derogare nei casi espressamente 

previsti dalla legge. 

13 F. Merusi, Democrazia ed autorità indipendenti. Un romanzo “quasi” giallo. Bologna, Il Mulino, 

2000. 

181

esclusione di conferma nella carica, sull'impossibilità di revoca per ragioni di 

opportunità, criteri dai quali si può inferire la piena autonomia di un soggetto investito 

di pubbliche funzioni 14 . 

Altri elementi strutturali che militano nella direzione dell'indipendenza delle autorità 

sono l'autonomia finanziaria, quella contabile, quella gestionale od organizzativa. 

Per quanto concerne il sistema di finanziamento, il quadro è molto variegato: a fronte di 

organismi, come la Banca d'Italia, operanti nell'assenza di qualsiasi canale di 

dipendenza finanziaria dallo Stato, ve ne sono viceversa altri, come il Garante della 

privacy, privi di autonomia finanziaria che provvedono alla gestione delle spese relative 

al proprio funzionamento nei limiti degli stanziamenti previsti da un apposito fondo 

istituito a tale scopo nel bilancio statale. Quest'ultima circostanza costituisce 

chiaramente una grave lacuna nel regime per altri versi assai autonomo di tali 

organismi, atteso che le loro determinazioni potrebbero astrattamente essere 

condizionate dalla dipendenza finanziaria verso soggetti esterni. 

Più omogeneo è il quadro dell'autonomia contabile e di quella gestionale ed 

organizzativa, in base alle quali l'autorità ha potestà di determinare il contenuto della 

struttura del bilancio di previsione e provvedere alla gestione delle spese nonché di 

stabilire autonomamente le norme relative all'organizzazione, al funzionamento, 

all'ordinamento delle carriere, al trattamento giuridico ed economico del personale di 

ruolo ed alla gestione flessibile delle risorse umane. Al contrario dell'autonomia 

14 Il regime è alquanto disomogeneo nelle varie autorità. Per quel che concerne la durata del mandato, si 

va dai tre anni previsti per la Commissione sullo sciopero, ai quattro anni per il Garante sulla privacy e ai 

componenti dell'Isvap diversi dal presidente, ai cinque anni previsti per il presidente dell'Isvap e per i 

commissari della Consob, ai sette anni dei membri dell'Antitrust e delle Autorità di regolazione. Quanto 

alle possibilità di conferma, i membri dell'Antitrust e delle Autorità di regolazione non possono essere 

confermati, mentre i componenti di tutte le altre autorità possono essere confermati una sola volta, con la 

precisazione che i componenti dell'Isvap diversi dal presidente possono essere confermati addirittura due 

volte. Quanto al possibile esercizio del potere di autotutela sulle nomine ormai effettuate è previsto 

l'istituto della revoca per il governatore della Banca d'Italia, l'istituto della rimozione o sospensione 

dall'ufficio per il presidente dell’Isvap, quello della decadenza dall'incarico per gli altri componenti del 

suddetto istituto e quello dello scioglimento della Consob; per le altre autorità non sono invece 

espressamente previsti istituti di autotutela, salvo evidentemente l'eventuale sopravvenienza di casi di 

incompatibilità, perlopiù predisposti a pena di decadenza dall'incarico. Nel caso in cui è contemplata, la 

revocabilità degli incarichi è legata ad un obiettivo riscontro di comportamenti assolutamente inadeguati 

rispetto al mandato ricevuto, rinvenibili in prolungata inerzia, in continue violazioni di legge, se non 

addirittura in impossibilità di funzionamento dell'organo. La disciplina delle incompatibilità, sia pure con 

qualche differenza di intensità, è ovunque presente. Ai componenti delle varie autorità sono infine 

riconosciute dell'indennità di carica o di funzione, solitamente determinate con decreto del Presidente del 

Consiglio dei Ministri. In definitiva lo status derivante da una durata dell'incarico se non lunga almeno 

significativa, dall'esclusione di conferma o dalla conferma comunque limitata nella carica, 

dall'impossibilità di revoca per ragioni di opportunità, da incompatibilità rigorose pone al riparo da 

condizionamenti che possano minare l'esercizio sereno del mandato dell'organismo. 

182

finanziaria, non sempre presente nelle varie autorità, l'autonomia contabile ed 

organizzativa realizza un tratto unificante per tutte le autorità indipendenti. 

Ancorché gli indici menzionati, pur dando vita ad una classificazione non sempre 

coerente tra le varie autorità, possano essere considerati sintomatici della loro 

indipendenza, è opportuno evidenziare la difficoltà di edificare un modello di autorità 

indipendente sulle tracce di una legislazione confusa, contraddittoria, spesso 

inconsapevole degli effetti istituzionali che produce o che può produrre. Le varie 

autorità indipendenti sono state istituite in tempi diversi e con configurazioni strutturali 

eterogenee; pertanto più che ricondurre ad omogeneità realtà profondamente 

differenziate col rischio di forzare i dati normativi e di fare più un'operazione di politica 

del diritto che di esegesi normativa, si rivela molto più proficuo quel tentativo che nel 

rispetto delle naturali diversità sappia cogliere una minima piattaforma comune del 

fenomeno in questione. Questa soglia minima sembrerebbe risiedere in due elementi: la 

separazione dal Governo, con conseguente rottura della regola della responsabilità 

ministeriale per il loro operato, e la garanzia di un diritto fondamentale quale la libertà 

economica o la libertà personale. All’interno di questa soglia sarà al più possibile 

scorgere elementi di differenziazione del modello unitario di autorità indipendente; al di 

sotto di essa sarà legittimo mettere in dubbio la loro presunta indipendenza 15 . 

15 In relazione al grado di separazione dal Governo ed alle funzioni esercitate, molti autori (Patroni 

Griffo, Tipi di autorità indipendenti, I garanti delle regole (a cura di) S. Cassese e C. Franchini, Bologna, 

1996; R. Laschena, Introduzione al tema, Il procedimento davanti alle autorità indipendenti, AA.VV., 

Torino, 1999; F. Merloni, Fortuna e limiti delle cosiddette autorità amministrative indipendenti, Politica 

del diritto, 1997, pp. 643 ss.) hanno differenziato tre tipi di autorità indipendenti: le autorità con poteri di 

garanzia di interessi afferenti all'ordinamento generale e di immediata derivazione costituzionale, le 

autorità con prevalente funzione di regolazione di settori economici e le autorità con competenze 

schiettamente tecnico-amministrative. Farebbero parte della prima categoria la Consob, la Banca d'Italia e 

l'Autorità garante della concorrenza e del mercato: nei confronti di esse il Governo, non sempre estraneo 

quanto alla nomina del vertice (il Presidente e gli altri quattro membri della Consob sono nominati con 

decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa 

deliberazione del Consiglio stesso), risulta comunque sprovvisto di poteri di indirizzo. Farebbero parte 

della seconda tipologia l’Isvap e le Autorità sui servizi di pubblica utilità ex l. 481/1995: nei confronti di 

esse il Governo, presente quanto alla nomina del vertice, esercita funzioni di indirizzo di politica generale 

e di settore. Infine rientrerebbero nella terza categoria l'Autorità per l'informatica nella pubblica 

amministrazione (Aipa) e l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa), le quali hanno solo 

funzioni di mero coordinamento o controllo tecnico in determinati settori di intervento e sono del tutto 

riconducibili al Governo, il quale esercita su di loro funzioni di indirizzo e di vigilanza. In realtà gli 

organismi in questione sono impropriamente ascritti al modello delle autonomie indipendenti in quanto 

non rispettano alcuno degli elementi richiesti per la configurazione della soglia minima del modello: 

trattasi in realtà di strutture che, al pari dell'ente pubblico e a differenza delle autorità indipendenti, non si 

pongono in alternativa alle consolidate articolazioni amministrative e non surrogano pertanto l'esercizio di 

funzioni amministrative bensì constano in corpi professionali altamente qualificati cui vengono affidate 

attività tecniche e di supporto rispetto agli organi della pubblica amministrazione. Un caso a parte sarebbe 

poi rappresentato dal Garante per la protezione dei dati personali e dalla Commissione di garanzia 

dell'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, i quali 

organismi sono chiamati a bilanciare diversi diritti costituzionalmente garantiti e le cui funzioni niente 

183

Alla luce di quella che viene considerata come soglia indefettibile per la configurazione 

di un'autorità indipendente - data cioè dalla presenza congiunta dei due elementi 

rappresentati dalla separazione dal Governo e dalla garanzia dell’esercizio di un diritto 

fondamentale - si ritiene infatti lecito dubitare dell'indipendenza di alcune pretese 

autorità, le quali difettano di tali requisiti necessari, e della loro riconduzione al modello 

generale delle autorità indipendenti: è il caso dell’Aipa 16 che, malgrado sia dotata di 

autonomia tecnica e sia composta da membri altamente professionali e di indiscussa 

moralità ed indipendenza, opera “presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”, di cui 

costituisce un'articolazione operativa particolarmente specializzata nella vigilanza sui 

sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni centrali. Parimenti 

appartengono alla categoria delle strutture organizzative serventi il Governo e perciò 

stesso non riconducibili in alcun modo al modello delle autorità indipendenti l’Aran, la 

Covip, l'Organismo di vigilanza sulle fondazioni bancarie, l'Organismo di controllo 

delle Onlus, l’Anpa e l’Autorità di vigilanza sulle persone giuridiche private. Alla 

medesima conclusione si perviene in riferimento alla Commissione per l'accesso ai 

documenti amministrativi ed alla Commissione per la garanzia dell'informazione 

statistica, le quali hanno compiti di mero controllo dell'applicazione di norme giuridiche 

e sono istituite presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In tutti questi casi si 

tratta evidentemente di organismi demandati all'espletamento di compiti interni 

all'amministrazione pubblica, in condizioni talvolta di autonomia funzionale, ma mai 

con esercizio di poteri indipendenti dall'Esecutivo. Controversa è la collocazione 

hanno a che fare con la garanzia del contraddittorio economico. Peraltro rispetto alla seconda categoria 

menzionata relativa ad autorità con poteri di regolazione - autorevole dottrina (G. Amato, Autorità semiindipendenti 

ed autorità di garanzia, Riv. Tr. Dir. Pubbl. 1997, pp. 659 ss.) ha coniato la definizione di 

autorità semi-indipendenti, enfatizzando il dato della nomina sostanzialmente governativa del vertice e la 

loro rispondenza agli indirizzi generali settoriali dell'Esecutivo. Tuttavia è stato diversamente ritenuto che 

dal meccanismo di nomina non si possa ricavare alcuna maggiore distanza dall'Esecutivo delle autorità 

con poteri di garanzia rispetto a quelle aventi poteri di regolazione, tale da far assurgere solo le prime a 

rango di “vere” autorità indipendenti; d'altra parte le autorità garanti non sono del tutto sottratte ad 

indirizzi governativi. Ad esempio: il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, può 

determinare, in linea generale e preventiva, dei criteri sulla base dei quali l'Autorità garante della 

concorrenza e del mercato può eccezionalmente autorizzare, per rilevanti interessi generali dell'economia 

nazionale nell'ambito dell'integrazione europea, operazioni di concentrazione restrittive della libertà di 

concorrenza ex art. 25 c. 1 l. 287/1990. La circostanza che questo potere non sia stato mai in concreto 

esercitato non vale ad infirmare un dato di diritto positivo che non affranca del tutto l'autorità con poteri 

di garanzia dai generali criteri governativi, volti addirittura ad orientarne l'operato nella direzione 

contraria alle sue istituzionali attribuzioni di censore delle operazioni di concentrazione. Ciò starebbe a 

significare che la fissazione preventiva di criteri regolatori di certe materie non riduce l'indipendenza 

delle autorità, specie se si tiene conto della circostanza che il Governo non dispone di strumenti concreti 

per attuare gli indirizzi eventualmente formulati: tanto le autorità garanti quanto quelle di regolazione 

sono da ascriversi alle autorità indipendenti, non ammettendosi pertanto l’esistenza di autorità semiindipendenti. 

Così: F. Merusi, M. Passaro, op. cit., p. 167. 

16 Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione. 

184

dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici: operante in piena autonomia e con 

indipendenza di giudizio e di valutazione, è sufficientemente affrancata dall'esecutivo in 

virtù del procedimento di nomina e dei requisiti di competenza e di incompatibilità dei 

suoi membri; peraltro le sue reali attribuzioni in concreto si riducono a limitati poteri di 

indirizzo, coordinamento, vigilanza e segnalazione cui non si accompagnano poteri di 

repressione degli abusi atti a consentirle di incidere direttamente sul mercato dei lavori 

pubblici. 

L’indipendenza deve avere una ricaduta sul piano dei rapporti istituzionali, anzitutto 

realizzando un affrancamento delle autorità in questione dall'Esecutivo, non potendosi 

in alcun modo ricondurre tali autorità ad un dicastero e non potendosi 

conseguentemente chiamare alcun ministro a rispondere in Parlamento per i loro atti. 

Questo significa che i ministri non possono impartire direttive alle autorità indipendenti, 

non possono approvarne i bilanci né controllarne gli atti, venendo così rescisso ogni 

rapporto strutturale e funzionale tra queste autorità ed il Governo, che risulta quindi 

sfornito di tutti quei poteri che presuppongono un rapporto di gerarchia o di direzione 17 . 

L'indipendenza di dette autorità non deve essere solo strutturale ma anche funzionale 

cosicché esse godano di un significativo ruolo istituzionale, anche in assenza della 

mediazione governativa nel rapporto con il Parlamento, e le loro funzioni di garanzia 

del contraddittorio economico o di protezione delle libertà individuali risultino 

svincolate da possibili strumentalizzazioni o abusi da parte del potere esecutivo. 18 

Secondo buona parte della dottrina le autorità indipendenti sarebbero dotate di 

competenze tecniche, l'esercizio delle quali implicherebbe valutazioni neutre, asettiche, 

vale a dire aliene da qualsiasi elemento di ponderazione di interessi tipico della 

decisione amministrativa. In particolare la riduzione degli spazi di ponderazione di 

interessi a vantaggio dell'attività di accertamento di fatti complessi comporterebbe il 

ridimensionamento della discrezionalità amministrativa e l'espansione della cosiddetta 

discrezionalità tecnica 19 . In sostanza, dalle autorità indipendenti non ci si aspetterebbe 

una ponderazione comparativa di interessi ma l'accertamento ed il ripristino di una stato 

17 M. Passaro, op.cit.. 

18 In democrazie mature si preferisce che determinate scelte destinate ad avere effetti di lungo periodo 

sulla vita della collettività siano sottratte al raggio d'azione della classe politica che ha invece una visione 

spesso legata al ciclo elettorale e pertanto necessariamente di breve periodo. Se un governo può subire le 

pressioni contingenti delle lobbies, che possono aiutarlo nella competizione elettorale,1'autorità 

indipendente, non avendo viceversa preoccupazioni di questo tipo, può tranquillamente occuparsi di 

operare delle scelte razionali o quantomeno non motivate da ragioni esogene rispetto al proprio mandato. 

19 A. Barra Caracciolo, I procedimenti davanti alle autorità indipendenti tra diritto interno e diritto 

comunitario, in Il procedimento davanti alle autorità indipendenti, AA.VV., Torino, 1999. 

185

prefigurato dal Legislatore come ottimale, in termini di equilibrio allocativo, accesso ai 

mercati, protezione dei consumatori; di qui la natura dichiarativa dei loro atti (di 

accertamento della regola del caso concreto) ed eventualmente ripristinatoria (degli 

assetti compatibili con quelli imposti dalla legge) delle loro decisioni. Invero questa 

concezione svaluta la portata delle autorità indipendenti, posto che la complessità 

dell'attività amministrativa ne impedisce la previa determinazione di contenuti per 

legge, a maggior ragione relativamente ad organismi quali le autorità indipendenti che 

presidiano settori in continua evoluzione, operando delle scelte che spesso non 

abbisognano del puntuale consenso del Legislatore 20 . D'altra parte la descrizione della 

valutazione amministrativa come asettica dichiarazione della regola del caso concreto 

implica che l'apprezzamento dell'amministrazione si muova nel solco della mera 

legittimità se non dell'agire vincolato, finendo per ricondurle nell'area dell'attività 

interpretativa propria della funzione giurisdizionale (tanto che molti hanno parlato delle 

autorità indipendenti come di organismi paragiurisdizionali) 21 . Questa ricostruzione 

presenta peraltro alcuni limiti di impostazione: infatti mentre il giudice agisce sulla base 

del principio dispositivo, le autorità indipendenti intervengono in genere d'ufficio, 

acquisendo il materiale istruttorio autonomamente, e ad esse spetta sempre la decisione 

di avvio del procedimento anche a fronte di istanze presentate da terzi; analogamente, 

mentre la repressione criminale è obbligatoria, l'azione amministrativa è doverosa ma 

non obbligatoria e di conseguenza l'avvio della reazione amministrativa dipenderà 

dall'esito di un giudizio di prevalenza di interessi. Infatti l'attività tipica delle autorità 

indipendenti investe sempre un potenziale conflitto tra un interesse pubblico ed interessi 

privati, la cui mediazione implica necessariamente una ponderazione comparativa tra gli 

interessi coinvolti che è connotato della discrezionalità amministrativa: in conclusione 

non c'è contraddizione fra l'attività delle autorità indipendenti e la discrezionalità. 

Uno dei rilievi ricorrenti in ordine alle autorità indipendenti, conseguenza della 

stratificazione legislativa che ha portato in tempi diversi all'istituzione di questi 

organismi, riguarda la presunta mancanza di regole chiare e coerenti che ne disciplinano 

l'attività ed il funzionamento, tant’è che non sono mancate proposte di uno statuto 

20 M. Passaro, op.cit. 

21 Sotto il profilo genetico si adduceva come le autorità fossero nate proprio come alternativa 

all’affidamento al giudice di talune funzioni diverse da quelle normalmente proprie dei giudici e 

caratterizzate da un così pronunciato grado di tecnicismo da richiedere attitudini ed preparazione 

specializzate. D. Corletto, op.cit, p. 68. 

186

comune delle autorità indipendenti 22 . Il problema risulta aggravato non solo in ragione 

della disomogeneità delle figure in discussione ma anche dalla circostanza che esse 

sono dotate di poteri diversi, non sempre presenti in ciascuna di esse, che vanno da 

quelli regolamentari a quelli provvedimentali, da quelli consultivi a quelli di controllo, 

da quelli di mera segnalazione a quelli decisori; poteri che talvolta derivano dal 

trasferimento di funzioni in precedenza esercitate da altre amministrazioni ma che più 

spesso costituiscono attribuzioni innovative che necessitano di un'opera di 

inquadramento e di qualificazione della loro natura. A questo si aggiunga che le leggi 

istitutive delle varie autorità sono così laconiche nella disciplina del loro funzionamento 

e della loro stessa organizzazione da lasciare di fatto alle stesse autorità un'ampia 

discrezionalità nel concreto perseguimento delle generali finalità di cui risultano 

investite. E’ ben vero che in un ordinamento moderno l'attività amministrativa si rende 

sempre più complessa, per cui è difficile predeterminarne in via legislativa i tempi, le 

modalità e gli stessi contenuti e pertanto l'amministrazione, portatrice di una razionalità 

autonoma, deve farsi carico, nel rispetto della legge e dei principi costituzionali di 

imparzialità e buon andamento, di colmare quelle apparenti lacune legislative, operando 

delle scelte che non abbisognano del puntuale consenso del Legislatore perché è lo 

stesso Legislatore che le ha stabilmente delegate all'amministrazione 23 . Questo è 

particolarmente evidente per le autorità indipendenti in considerazione del fatto che ad 

esse risultano spesso attribuite scelte libere che trovano nella legge solo un limite 

esterno ed un fondamento legittimante e non una stringente indicazione contenutistica, 

per cui molte autorità indipendenti partecipano all'integrazione delle norme di legge che 

le istituiscono o ne conferiscono poteri. Invero, le lamentate lacune in ordine al loro 

regime giuridico sono più apparenti che reali dal momento che le autorità indipendenti 

costituiscono a tutti gli effetti pubbliche amministrazioni, come confermato dalla 

casistica giurisprudenziale e dagli stessi dati positivi laddove prevedono la loro 

sottoposizione al controllo della Corte dei conti e la giurisdizione esclusiva del giudice 

amministrativo per i ricorsi avverso gli atti di talune autorità 24 . Ciò significa che per gli 

22 

C. Franchini, Proposta di norme sulle autorità indipendenti, Giornale di diritto amministrativo, 1996, 

pp. 487 ss. 

23 

L. Carlassare, Amministrazione e potere politico, Padova, 1974; M. Nigro, La pubblica 

amministrazione tra Costituzione formale e Costituzione materiale, Riv. Tr. Dir. Proc. Civ., 1985, pp. 164 

ss.; A.M. Sandulli, Governo e amministrazione, Riv. Tr. Dir. Pubbl., 1996, pp. 754 ss.; L. Torchia, I 

rapporti tra politica e amministrazione: poteri armonizzati e poteri contrapposti, in L’amministrazione e 

la Costituzione (a cura di) S. Cassese e A.G. Arabia, Bologna, 1993. 

24 

Sotto il profilo delle norme applicabili, non esiste un regime giuridico unitario delle autorità 

indipendenti, ciascuna di esse venendo disciplinata dalla specifica normativa di settore, composta da leggi 

187

enti in parola valgono i principi che sovrintendono l'organizzazione e l'azione 

amministrativa rinvenibili nella Costituzione, nelle leggi amministrative 25 e 

nell'elaborazione giurisprudenziale, se non espressamente derogati dalla normativa 

speciale che li riguarda. 

Avendo sin qui tracciato un quadro generale, ancorché limitato in conseguenza delle 

problematiche interpretative che l'eterogeneità della categoria delle autorità indipendenti 

origina, si tratta di interrogarsi sulla possibilità di ricondurre l'Alto Commissario contro 

la corruzione nel novero dei soggetti in questione, secondo quanto ipotizzato da parte 

della dottrina. 

Partendo dal testo normativo si deve evidenziare l'assenza di qualsiasi riferimento 

espresso, tanto nella legge istitutiva quanto nel regolamento disciplinante le funzioni del 

Commissario, alla “indipendenza” dell’organismo, limitandosi infatti l’art. 1 c. 3 della l. 

3/2003 a sancire che il Governo determini “la composizione e le funzioni dell'Alto 

Commissario, al fine di garantirne l'autonomia e l'efficacia operativa”. 

Dall’altro lato il ricorso al nomen “Alto Commissario” non esclude di per sé la 

riconduzione di tale soggetto nel novero delle autorità indipendenti, stante anzitutto la 

prassi legislativa di attribuire l'indipendenza anche a soggetti non espressamente 

denominati “autorità indipendenti” ed altresì considerando che ad una qualificazione 

formale di autorità indipendente non si accompagna necessariamente un'indipendenza 

sostanziale. 

Premesso quindi che la pretesa indipendenza dell'Alto Commissario non può trarsi né 

dalla denominazione dell'organismo né da chiari dati positivi che depongano in tal 

senso, riteniamo opportuno procedere a un'indagine volta ad individuare nella sua 

impostazione strutturale eventuali elementi sintomatici di indipendenza. 

Anzitutto l'Alto Commissario non sembra provvisto di personalità giuridica: tuttavia, 

come osservato, la personalità giuridica non è considerata elemento indefettibile 

e da regolamenti governativi o emanati dalla stessa autorità. Si tratta di normative altamente peculiari in 

relazione all'organizzazione, al personale, alle attività. Poiché comunque le autorità indipendenti sono pur 

sempre riconducibili nella categoria delle pubbliche amministrazioni, è da ritenersi che valgano i principi 

sull'organizzazione e sull'azione amministrativa, ed anche le regole generali in materia, ma solo in via di 

integrazione rispetto alla normativa speciale. 

25 Le autorità indipendenti, in quanto pubbliche amministrazioni, non si sottraggono al regime 

amministrativo e di conseguenza all'applicazione della l. 241/1990: peraltro detta legge non si applica in 

toto bensì limitatamente ai principi, cui deve conformarsi la specifica disciplina contenuta nei regolamenti 

sul procedimento emanati dalle amministrazioni indipendenti. 

188

dell'indipendenza e quindi la sua assenza non giustifica di per sé l'esclusione di un 

soggetto dal novero delle autorità indipendenti. 

Secondariamente si tratta di analizzare il procedimento e i requisiti soggettivi di 

nomina: il Commissario “è nominato con decreto del presidente della Repubblica, 

previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio 

dei Ministri” e viene scelto “tra i magistrati ordinari, amministrativi e contabili con 

qualifica non inferiore a consigliere, tra gli avvocati dello Stato appartenenti almeno alla 

terza classe di stipendio, tra i gradi generali della dirigenza militare o tra i dirigenti di 

prima fascia delle amministrazioni dello Stato ed equiparati”. Pertanto, se da un lato la 

circostanza che esso sia individuato nell'ambito di categorie professionali altamente 

qualificate farebbe propendere per una maggiore -ancorché non sicura- indipendenza, 

dall'altro lato il fatto che il Commissario sia nominato dall'Esecutivo solleva dei dubbi 

circa l'indipendenza della struttura, peraltro ricorrenti - come osservato - anche nei 

confronti delle autorità indipendenti di nomina governativa. Tuttavia il tratto genetico, 

per quanto importante, non costituisce l'elemento identificante o caratterizzante 

l'indipendenza di un'autorità, sulla base della preferenza accordata al piano funzionale 

rispetto a quello dell'investitura 26 . 

La durata del mandato (quinquennale al pari del mandato parlamentare ma attualmente 

sfalsata rispetto alla durata della legislatura), la possibilità di conferma (per una sola 

volta) e l’assenza di previsioni che consentano la revoca dell'incarico per ragioni di 

opportunità, non sembrano invece dar luogo a perplessità di sorta. Nulla è poi previsto 

in merito alle eventuali incompatibilità con l'incarico. Infine la previsione di una 

specifica indennità di funzione in capo all'Alto Commissario rappresenta, come abbiamo 

osservato, un’ulteriore garanzia rispetto a condizionamenti esterni. 

Sotto il profilo funzionale, stante l’atipicità delle funzioni proprie delle autorità 

indipendenti presenti nel nostro ordinamento, la circostanza che l’Alto Commissario 

assolva a compiti di vigilanza, monitoraggio, indagine, consulenza non dà luogo a 

particolari problemi 27 . 

Passando ad esaminare i profili di autonomia finanziaria, contabile, gestionale ed 

organizzativa, si rileva anzitutto l'assenza dell'autonomia finanziaria in virtù della 

previsione di un fondo speciale istituito nel bilancio statale; parimenti l'organismo 

26 S. Niccolai, I poteri garanti della Costituzione e le autorità indipendenti, Pisa, 1996. 

27 Contra E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2001, p. 204, ravvisa nelle 

funzioni di amministrazione attiva il nucleo imprescindibile dell'attività di tali organismi. 

189

sembrerebbe difettare di autonomia contabile, essendo riconosciuto al Ministro 

dell'economia e delle finanze il potere di apportare variazioni di bilancio ed essendo 

altresì previsto che i costi per il personale e le spese di organizzazione e funzionamento 

dell'Ufficio siano sostenuti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nell'ambito delle 

proprie disponibilità di bilancio; infine la circostanza che il contingente di personale 

assegnato alla struttura e il relativo inquadramento e trattamento giuridico ed economico 

sia predeterminato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri fa dubitare 

della pienezza dell'autonomia gestionale ed organizzativa. 

D'altra parte, in conseguenza dell’eterogeneità delle autorità indipendenti presenti nel 

nostro ordinamento, tali indici sintomatici non hanno valore assoluto ed è preferibile il 

riferimento ad una soglia minima di indipendenza la quale è stata individuata, secondo 

il modello adottato, nella coesistenza dei due elementi rappresentati dalla separazione 

dal Governo e dalla garanzia di un diritto fondamentale (libertà economica o libertà 

personale). Sotto quest'ultimo profilo è evidente che l'Alto Commissario non assolve ad 

alcuna funzione di garanzia della libertà economica, salvo adottare un'interpretazione 

estensiva del concetto fino a ritenerlo comprensivo dell'interesse ad epurare il mercato 

da pratiche corruttive che, da un lato alterano la logica concorrenziale creando vie 

preferenziali, e dall'altro lato rappresentano un deterrente all'investimento economico- il 

che ci appare un’evidente forzatura -. D'altra parte, ancorché la stragrande maggioranza 

delle autorità indipendenti esistenti operi in ambito economico, l'indipendenza propria 

del Garante della privacy dimostra un'apertura legislativa idonea ad annoverare fra le 

autorità indipendenti anche soggetti preposti alla tutela di settori ed interessi diversi non 

prettamente economici, quali, nella fattispecie del Garante, la libertà personale e la 

riservatezza individuale; pertanto, nel caso dell'Alto Commissario contro la corruzione, 

l'azione sarebbe rivolta a garantire l'imparzialità e la correttezza amministrativa e a 

tutelare il cittadino-utente dalle dinamiche e dagli effetti distorsivi della corruzione. Per 

quanto concerne invece il profilo relativo alla separazione dell'autorità dal Governo, se 

l'esistenza di un obbligo relazionale verso il Presidente del Consiglio gravante sul 

Commissario -previsto anche nei confronti di altre autorità considerate indipendenti- 

non esclude di per sé l’indipendenza dell'autorità dall’indirizzo politico, tuttavia il fatto 

che l'Alto Commissario operi “presso la Presidenza del Consiglio” e sia posto “alla 

diretta dipendenza funzionale del Presidente del Consiglio dei Ministri” osta alla 

riconduzione dell'organismo nel novero delle autorità indipendenti. 

190

Si esclude anche la possibilità di ricondurre l'Alto Commissario nell'alveo della 

controversa categoria tipizzata da parte della dottrina 28 delle autorità semi-indipendenti, 

le quali consterebbero in soggetti di nomina governativa, aventi funzioni esclusivamente 

regolatorie o miste di garanzia e regolazione rispondenti agli indirizzi generali e 

settoriali dell'Esecutivo. 

D'altra parte in alcuni casi, a fronte dell'esistenza di autorità le quali presentano un 

grado di indipendenza meno marcata, si è parlato di “autorità indipendenti deboli”: tali 

soggetti, tra i quali si sono annoverati l’Isvap e l’Autorità per la vigilanza sui lavori 

pubblici, non presenterebbero infatti tutti i caratteri delle autorità indipendenti 

rigorosamente intese 29 , tant’è che alcuni autori 30 propendono per escluderle nettamente 

dall’ambito delle autorità indipendenti. Ammettendo l’esistenza di autorità indipendenti 

deboli, prive di poteri di regulation ed operanti in condizioni di indipendenza meno 

evidenti, potrebbe sembrare di poter ricondurre nella categoria anche il Commissario 

anti-corruzione: gli organismi in questione possono definirsi amministrazioni ad 

autonomia tecnica e si caratterizzano per l'espletamento di funzioni di natura 

prevalentemente ausiliaria ovvero concernenti l'acquisizione di conoscenze in ordine al 

settore di riferimento, e la loro utilizzazione in vista dell'esercizio di poteri informativi, 

istruttori, consultivi, propulsivi, propositivi nei confronti degli organi competenti; solo 

eccezionalmente questo nucleo di funzioni ausiliarie è completato dall'attribuzione di 

poteri autoritativi. Si ritiene comunque indispensabile, perché tali soggetti possono 

essere affiancati alle autorità indipendenti propriamente intese, che essi godano di 

28 G. Amato, op.cit.; E. Freni, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Enc.Giur., 1999; M. Manetti, 

Poteri neutrali e Costituzione, Milano, Giuffrè, 1994. 

29 C. Gallucci, Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, Enc. Giur., 2001. Si pensi ad esempio 

all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici: ad essa sono infatti attribuiti solo limitati compiti di 

vigilanza e controllo, di accertamento, propositivi e sanzionatori, ai quali si affiancano alcuni compiti di 

amministrazione attiva ma senza la possibilità di un'effettiva incidenza sulle gare e sull'esecuzione dei 

contratti; inoltre manca qualsiasi riferimento alla notoria indipendenza dei membri dell'autorità -prevista 

invece con riferimento all'Autorità antitrust-. La durata di cinque anni coincidente con l'ordinaria durata 

del mandato parlamentare, l'incompatibilità rivolta al solo passato, la mancata previsione tra le fattispecie 

di incompatibilità di una formula residuale che consenta di colpire situazioni di incompatibilità non 

espressamente menzionate escludono che si tratti di una vera e propria autorità indipendente e depongono 

viceversa per il riconoscimento di una forma debole di indipendenza. A questo si aggiunga che le funzioni 

proprie dell'autorità in questione non sono riconducibili né alla regolazione né alla garanzia di diritti 

fondamentali; in sostanza l'autorità vigila a che altri organi amministrativi nel momento in cui svolgono la 

funzione di stazioni appaltanti non vengano meno alla loro natura di efficaci ed imparziali esecutori della 

legge. L'indipendenza è ulteriormente menomata dal fatto che la legge istitutiva dell'Autorità per la 

vigilanza sui lavori pubblici non le riconosce il potere di stabilire le norme concernenti la propria 

organizzazione ed il proprio funzionamento, essendo quindi evidente come l'indipendenza dell'autorità è 

limitata a quanto l'esecutivo vorrà concedere. 

30 M. D’Alberti, op.cit. 

191

amplissima autonomia funzionale 31 : ciò conduce ad escludere di poter ricondurre nel 

loro ambito l'Alto Commissario contro la corruzione, stante il carattere di dipendenza 

funzionale rispetto all'Esecutivo, la quale impone l’attuazione dell’indirizzo e delle 

scelte di fondo degli organi politici, ancorché in una posizione di indipendenza 

operativa. 

Alla luce di queste considerazioni ci sentiamo pertanto di aderire all’impostazione che 

nega la natura di authority all’Alto Commissario 32 , la quale tuttavia presenta un limite 

ovvero non fornisce un inquadramento alternativo alla struttura. L’analisi che segue è 

perciò finalizzata ad offrire una soluzione interpretativa in questo senso. 

2. Altre ipotesi interpretative 

Avendo escluso che l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione sia 

riconducibile nel novero delle autorità indipendenti, si tratta di interrogarsi circa la 

possibilità di inquadrarlo nell'ambito di altre categorie soggettive presenti 

nell'ordinamento. 

A seguito della sua istituzione, vi è chi ha parlato del Commissario contro la 

corruzione come di una sorta di “super-procura” o di “super-investigatore” 33 , di 

“servizio ausiliario all’azione penale pubblica” o di “polizia preventiva”: si tratta però 

di definizioni da un lato inidonee a spiegare compiutamente la natura giuridica 

dell'organismo, dall'altro lato inesatte in quanto, come osservato, la struttura all'esame è 

sprovvista dei poteri repressivi propri dell'autorità giudiziaria e di polizia. Perciò, se 

sotto il profilo funzionale, non può negarsi un'analogia ed una comunione di intenti fra 

l'azione investigativa del Commissario anti-corruzione e quella magistratuale, i poteri e 

i mezzi a disposizione di ciascuna sono profondamente diversi. Diverse sono altresì le 

logiche sottese all’operatività delle due strutture: prevenzione nell'un caso, repressione 

nell'altro. D'altra parte l’azione e l’organizzazione giudiziaria godono di 

un’indipendenza dall’Esecutivo, che non si riscontra in capo all’Alto Commissario. 

Infine l’organismo non può in alcun modo sostituirsi al giudice, nei confronti del quale 

31 Così E. Casetta, op.cit.,p. 204. 

32 Lo stesso G. Tatozzi ha espressamente escluso la natura di Authority della struttura da lui presieduta, 

sottolineando in particolar modo l’assenza di poteri sanzionatori in capo all’Alto Commissario: “Non 

siamo ancora un’Authority che può comminare sanzioni” (Secolo d’Italia del 07/01/05). 

33 A. Gorret, Dopo una serie di rinvii è stato approvato dal governo il decreto attuativo della legge 

Frattini, Bollettino segretari. 

192

svolge un’opera ausiliaria di raccolta di informazioni. Queste osservazioni ci portano ad 

escludere la possibilità di assimilare l’organismo alla Procura 34 . 

Un’ulteriore ipotesi interpretativa potrebbe essere quella di considerare l’Alto 

Commissario alla stregua di un ombudsman (termine svedese, “rappresentante 

pubblico”) 35 . Con questo termine si indica un organo di garanzia degli interessi 

individuali e collettivi e di controllo sull'amministrazione che supplisce alle 

inadeguatezze e alle disfunzioni della pubblica amministrazione. Esso si pone al 

servizio dei cittadini per denunciare disfunzioni o abusi della pubblica amministrazione 

e per promuovere la tutela di interessi diffusi, essendo a tal fine previste dalla legge 

procedure che gli consentono di intervenire contro le distorsioni accertate, di vigilare 

sull'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, di attivare azioni 

di responsabilità nei confronti dei pubblici dipendenti nonché di promuovere la tutela 

anche giurisdizionale degli interessi diffusi. Il modello così delineato è tradizionalmente 

inteso come rimedio informale ma efficace avverso le disfunzioni e scorrettezze 

dell'azione amministrativa e come ristoro ai pregiudizi arrecati a interessi non altrimenti 

tutelabili in sede giurisdizionale e amministrativa. Per assolvere al proprio compito, 

l’ombudsman è provvisto di estesi poteri ispettivi sulle amministrazioni al fine di 

controllare che le medesime attuino fedelmente la legge e si attengano a criteri di buona 

e corretta amministrazione; esso redige relazioni informative periodiche sulla propria 

attività e assolve altresì a funzioni propositive di modifica della vigente legislazione ove 

questa sia considerato inadeguata e superata. Nell'ambito dell’attività di ispezione 

dell’ombudsman, viene imposto alle amministrazioni inquisite l'obbligo di prestare ogni 

assistenza e collaborazione, non essendogli peraltro opponibile il segreto d'ufficio; 

l’indagine su particolari comportamenti dell'amministrazione può essere attivata 

d'ufficio o su ricorso individuale degli interessati. Oggetto primario dell'intervento è 

un'azione od omissione dell'amministrazione ovvero provvedimenti amministrativi che 

siano sintomo od occasione di cattiva amministrazione; le conseguenze del controllo e 

34 In questo senso anche G. Tatozzi, nella dichiarazione rilasciata al Secolo d’Italia del 07/01/05: “Non 

saremo una Super-Procura in rotta di collisione con la magistratura ordinaria”. 

35 Analogamente a quanto prospettato per il Service central de prévention de la corruption francese da D. 

Amirante, Legislazione anti-corruzione e finanziamento della politica: la terapia francese, in Quaderni 

Costituzionali Anno XV, n.1, aprile 1995, pp. 129 ss.. 

Infra, cap. VIII. 

L’ombudsman è altrove definito “difensore civico”, “fiduciario o commissario parlamentare”, 

“rappresentante”, “mediatore”, “controllore di Stato”. 

Nel nostro ordinamento si ispira al modello dell’ombudsman il difensore civico comunale e provinciale 

(d.lgs. 267/2000). 

193

le eventuali censure non si rivolgono tuttavia all'atto bensì all'organo, ovvero non è 

possibile per l’ombudsman revocare o annullare, anche parzialmente, un atto ma 

soltanto raccomandare o diffidare l'amministrazione per ottenerne la rimozione. 

L’ombudsman può altresì promuovere iniziative dirette ad aprire un procedimento 

disciplinare e, a volte, penale. Il soggetto in questione si atteggia pertanto come snodo 

flessibile informale di collegamento fra i cittadini e i poteri pubblici, in grado di 

assicurare una maggiore trasparenza dell'organizzazione amministrativa. D'altra parte si 

è osservato come la pluralità di funzioni, talora addirittura disomogenee (tutela dei 

cittadini, controllo dell'attività amministrativa, difesa della legalità, ricerca della 

trasparenza, miglioramento del rapporto cittadini-amministrazione, responsabilizzazione 

dei soggetti pubblici), attribuite all’ombudsman rappresenti il limite stesso dell'istituto; a 

questo si aggiunga la scarsa incisività dei poteri attribuitigli per assolvere a tali funzioni, 

essendo esso sprovvisto di poteri sanzionatori e decisori ed operando secondo lo schema 

della moral suasion. Dal quadro così delineato, sembrerebbe possibile ricondurre l'Alto 

Commissario contro la corruzione allo schema dell’ombudsman, riscontrandosi forti 

punti di contatto quanto alle funzioni, ai poteri, al modus operandi, alle finalità dei due 

organismi. Tuttavia tradizionalmente all’ombudsman si richiede un elevato grado di 

indipendenza come testimoniano il fatto che la durata del suo mandato è svincolata da 

quella della legislatura, la sua rielezione è ammessa senza limiti, la scelta dei 

collaboratori è affidata alla sua sola discrezione; esso è di regola nominato dal 

Parlamento, d'intesa col Governo, e lo stretto rapporto con la compagine parlamentare è 

confermato dalla circostanza che al Parlamento spetta fissare le norme generali di 

organizzazione e di azione dell'organismo. La posizione dell’ombudsman nei confronti 

del Parlamento è caratterizzata sì da un collegamento intimo con il medesimo ma sulla 

base di un vincolo fiduciario, durante la cui vigenza l’ombudsman gode di ampia 

autonomia. L'organismo si situa cioè in una particolare posizione di indipendenza tanto 

dal legislativo, in quanto il suo carattere predominante di istanza di tutela di interessi 

individuali e collettivi lo deve mantenere il più possibile svincolato da condizionamenti 

parlamentari, quanto dall'esecutivo, in quanto deve controllare l'amministrazione a 

questo subordinata 36 . Per queste sue caratteristiche non è quindi mancato chi ha 

ritenuto di ricondurre la figura dell’ombudsman tra le autorità indipendenti 37 . Peraltro, 

senza aderire a quest’ultima impostazione, è innegabile che la marcata indipendenza 

36 E. Casetta, op. cit., pp. 207 ss.; G. De Vergottini, Difensore civico, Enc. Giur. 

37 M. Manetti, Autorità indipendente (dir. cost.), Enc. Giur., 1997. 

194

dell’ombudsman e, peculiarmente, l'assenza di vincoli rispetto all'esecutivo, nonché il 

rapporto di diretta collaborazione col Parlamento, ostano a considerare alla sua stregua 

l'Alto commissario contro la corruzione, ferme restando le forti affinità funzionali. 

3. Un’Autorità allo stato nascente 

Storicamente gli organismi denominati Alti Commissari sono consistiti in importanti 

apparati amministrativi di settore, non ancora ministerializzati ma sovente destinati a 

trasformarsi in Ministeri appositi, pur non facendo parte del Consiglio dei Ministri e 

non rientrando pertanto fra le componenti necessarie del Governo. In proposito l’art. 11 

della l. 400/1988 38 ragiona espressamente di Commissari straordinari del Governo, i 

quali sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del 

Consiglio, previa deliberazione del Consiglio stesso, ferme restando le attribuzioni dei 

Ministeri, fissate per legge. Gli Alti Commissari, al pari dei Ministeri, sono posti sotto la 

direzione del Presidente del Consiglio 39 . La natura di siffatti organi rimane assai dubbia: 

in senso lato essi possono cioè considerarsi come organi governativi, dato il rilievo delle 

funzioni loro conferite, mentre in senso tecnico non ricoprono una posizione 

comparabile a quella dei ministri propriamente detti 40 . La formula Alto Commissario è 

stata generalmente utilizzata in passato per indicare articolazioni operative 

particolarmente specializzate. In particolare, nei primi anni successivi alla caduta 

dell’ordinamento fascista, l’istituto dell’Alto Commissario è stato utilizzato più volte: si 

pensi all'Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo (1944-1946) 41 , agli Alti 

38 Art. 11 l. 400/1988, Commissari straordinari del Governo: 

1.Al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal 

Parlamento o dal Consiglio dei Ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento 

operativo tra amministrazioni statali, può procedersi alla nomina di commissari straordinari del governo, 

ferme restando le attribuzioni dei Ministeri, fissate per legge. 

2.La nomina è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del 

Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Con il medesimo decreto sono 

determinati i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di personale. L'incarico è conferito per il 

tempo indicato nel decreto di nomina, salvo proroga o revoca. Del conferimento dell'incarico è data 

immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta Ufficiale. 

3.Sull'attività del commissario straordinario riferisce al Parlamento il presidente del Consiglio dei 

Ministri o un Ministro da lui delegato. 

39 La relazione di direzione ricorre tra il Presidente del Consiglio ed i singoli ministri titolari dei dicasteri 

ai sensi dell’art. 95 Cost. e dell’art. 5 c. 2 lett. a) della legge sull’ordinamento della Presidenza del 

Consiglio. 

40 L. Paladin, Diritto costituzionale, Cedam, Padova, 1998, p. 422. 

41 L'Alto commissario per le sanzioni contro il fascismo fu istituito dall'art. 40 del decreto legislativo 

luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159. Nominato su deliberazione del Consiglio dei ministri, era 

affiancato da Alti commissari aggiunti con competenze più specifiche nominati dal Presidente del 

Consiglio dei ministri su proposta dell'Alto commissario. L'ufficio dell'Alto commissario aveva a 

195

Commissari per la Sicilia e per la Sardegna (rispettivamente operanti nei periodi 1944- 

1947 e 1944-1949, fino a quando non furono elette le relative assemblee regionali), 

all'Alto Commissario per l'alimentazione (1944-1958), a quello per l'igiene e la sanità 

(1945-1958), per concludere con quello per il turismo (1947-1959). Ed è notevole che 

negli ultimi due casi gli Alti Commissariati non sono stati soppressi o assorbiti in altre 

strutture, ma trasformati in nuovi ministeri. In tempi recenti la figura dell’Alto 

Commissario ha ricevuto nuova applicazione 42 , come testimoniato dall'istituzione 

dell'Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa 

(1982-1995) 43 , dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione 

e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, e dalla ancor più recente 

creazione dell’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione 44 . 

disposizione funzionari e magistrati, un nucleo di polizia giudiziaria composta da carabinieri, pubblica 

sicurezza e guardia di finanza. L'Alto commissariato aveva il compito di promuovere l'azione penale su 

sua iniziativa o su segnalazioni delle pubbliche amministrazioni o su denunzia di cittadini; procedere 

all'istruttoria; rinviare gli imputati per il giudizio di epurazione alle commissioni per l'epurazione (il cui 

funzionamento è stabilito dal decreto legislativo luogotenenziale 13 settembre 1944, n. 198) oppure 

all'Alta corte di giustizia nel caso di membri del governo, delle Assemblee legislative, di alti gerarchi. Nel 

corso del dibattimento eseguito dalle commissioni e dall'Alta corte di giustizia, l'Alto commissariato 

sosteneva le funzione di pubblico ministero. Dal 13 maggio al 27 dicembre 1944 Carlo Sforza fu Alto 

commissario. Il 4 gennaio 1945 il Consiglio dei ministri, su proposta di Alcide De Gasperi, decise che le 

funzioni dell'Alto commissario fossero assunte collegialmente dai quattro Alti commissari aggiunti, sotto 

la presidenza del Presidente del Consiglio dei ministri. Con decreto legislativo 8 febbraio 1946, n. 22 

l'Alto commissariato venne soppresso e le competenze devolute in parte alla magistratura ordinaria, in 

parte alla Presidenza del Consiglio. 

42 Si rammenti, tra gli altri esempi, anche l’Alto Commissario per la valorizzazione della Villa del Casale 

di Piazza Armerina istituito dall’art. 80 della l. 28 dicembre 2004, n. 17. 

43 D.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e 

successive modificazioni e integrazioni; d.l. 29 ottobre 1991, n. 345, coordinato con la legge di 

conversione 30 dicembre 1991, n. 410. 

44 Art. 1quater d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in l. 14 maggio 2005, n. 80 e art. 4bis l. 11 marzo 

2006, n. 81 (legge di conversione del d.l. 10 gennaio 2006, n. 2); decreto del 22 luglio 2005 del Ministero 

delle Attività Produttive di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze. 

L’Alto Commissario per la lotta contro la contraffazione svolge funzioni di indirizzo politicoamministrativo 

concernenti il coordinamento delle attività di sorveglianza in materia di violazione dei 

diritti di proprietà industriale ed intellettuale; il monitoraggio sulle attività di prevenzione e di repressione 

dei fenomeni di contraffazione operando in raccordo costante con la magistratura. L’Alto Commissario 

svolge in particolare compiti di pianificazione annuale degli interventi da realizzare, con indicazione degli 

obiettivi da raggiungere; studio e coordinamento delle misure dirette a contrastare la violazione dei diritti 

di proprietà industriale e intellettuale; elaborazione di proposte di interventi normativi in materia di lotta 

alla contraffazione, anche con particolare riguardo al sistema sanzionatorio penale e amministrativo, alla 

tutela civile, alla semplificazione dei procedimenti giurisdizionali e alla maggiore efficacia dell’azione 

delle amministrazioni; programmazione e promozione delle attività di informazione e di prevenzione, di 

sensibilizzazione delle imprese sui diritti e doveri della proprietà industriale ed intellettuale, di sviluppo 

delle azioni per la tutela dei consumatori. L’Alto Commissario opera in stretto raccordo con le 

corrispondenti strutture degli altri paesi esteri, favorendo la collaborazione a livello internazionale con le 

rappresentanze diplomatiche e gli uffici interessati alla lotta alla contraffazione, anche allo scopo di 

assicurare alle imprese una migliore conoscenza delle disposizioni vigenti negli altri ordinamenti statali. 

L’Alto Commissario stabilisce, inoltre, un rapporto costante con le Associazioni rappresentative delle 

aziende danneggiate, per favorire l’azione di contrasto e la conoscenza delle nuove tipologie di illeciti. Il 

31 ottobre 2005 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato nominato Alto Commissario, 

196

Peraltro è opportuno rilevare come lo stesso nomen non accomuni necessariamente le 

strutture menzionate quanto a caratteristiche e poteri. In particolar modo, prestando 

attenzione al citato Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, esso ancorché 

chiamato a svolgere nel proprio settore funzioni di monitoraggio, pianificazione e 

studio, affini a quelle cui è preposto l’Alto Commissario contro la corruzione, sembra 

provvisto di margini di autonomia più ampi 45 . 

Da queste osservazioni si trae anzitutto una prima considerazione: al medesimo nomen 

iuris “Alto Commissario” non corrisponde un’unica figura giuridica con caratteri 

tassativamente predefiniti, bensì essa è utilizzata rispetto a soggetti istituzionali 

eterogenei. Tale eterogeneità ha da sempre reso difficoltosa la qualificazione giuridica 

di simili figure: tuttavia volendo in questa sede fornire una collocazione all’Alto 

Commissario anti-corruzione nell’ambito dei soggetti ordinamentali, nel tentativo di 

riportare ad unità concettuale l’istituto “Alto Commissario”, esso può essere identificato 

come struttura governativa non necessaria 46 preposta, in qualità di organo ausiliario, ad 

una specifica missione. Peraltro, conformemente alle istanze di decentramento proprie 

della recente esperienza amministrativa e all’evoluzione propria delle forme giuridiche, 

il Sottosegretario di Stato alle Attività Produttive, avv. Roberto Cota. L’Alto Commissario è una struttura 

operativa che agisce in raccordo con le Forze di Polizia, principalmente la Guardia di Finanza e l’Agenzia 

delle Dogane, e con le altre amministrazioni competenti nei settori della lotta alla contraffazione, quali 

l’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) e l’IPI (Istituto per la Promozione Industriale). L’Alto 

Commissario ha sede presso il Ministero delle Attività Produttive. L’Alto Commissario avrà anche un 

ruolo di indirizzo e coordinamento dell’attività dei Desk anticontraffazione, dei quali è prevista la 

prossima apertura presso le sedi degli uffici ICE all’estero. Questi Desk costituiranno uno strumento di 

supporto alle imprese italiane per contrastare la contraffazione dei prodotti e la concorrenza sleale in quei 

mercati esteri dove il fenomeno è più ampiamente diffuso. Il Ministro delle Attività Produttive ha dotato 

l'Alto Commissario per la lotta alla Contraffazione di una struttura operativa composta di due Vice Alti 

Commissari, un Coordinatore degli Uffici e un Coordinatore dello Staff Tecnico. La Legge Finanziaria 

2006 ha inoltre autorizzato la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2006 per ottimizzare la condizioni di 

espletamento e potenziare le strutture di supporto dell'Alto Commissario. 

45 Trattasi di struttura provvista di poteri regolamentari ed autonomia organizzativa. Essa viene anche 

definita “Autorità”; da tale denominazione pare potersi trarre una tendenza del Legislatore a considerare 

come Autorità indipendenti anche soggetti che non ne presentano tutte le caratteristiche secondo un 

approccio poco rigoroso verso la categoria, atto a ricomprendervi soggetti ad essa estranei. 

46 L. Paladin, op.cit., p. 416. A livello governativo è possibile l'individuazione di organi non 

necessari.,alcuni dei quali sono meramente eventuali, mentre altri si rinvengono costantemente, 

diversificandosi però per le funzioni od anche per il numero dei titolari. Tali sono organi di tipo 

individuale quali i Vicepresidenti del Consiglio, i ministri senza portafoglio, gli Alti Commissari, i 

sottosegretari di Stato; ed organi collegiali come i Comitati interministeriali ed i Consigli di gabinetto. 

Poiché nessuno degli organi è disciplinato o comunque previsto dalla Costituzione si è posto il problema 

complessivo se la prassi o la legislazione ordinaria che li hanno istituiti non debbano considerarsi 

costituzionalmente illegittime. Ma la risposta è fondamentalmente negativa: non si può pensare infatti che 

le scarne disposizioni degli articoli 92 e 95 Cost. abbiano inteso dettare una disciplina compiuta e 

tassativa dell'organizzazione del Governo. Bisogna ritenere invece che anche in questo campo la 

Costituzione non esclude di essere integrata, sia da leggi ordinarie sia da convenzioni fra gli organi 

costituzionali interessati. D'altra parte la creazione di organi governativi eventuali ancorché non 

costituzionalmente prescritti può essere ricondotta nel potere di auto-organizzazione proprio del Governo. 

197

la figura dell’Alto Commissario va acquistando sempre maggiori margini di autonomia 

operativa, che conducono ad una progressiva atipicità della figura, la quale, tende a 

configurarsi come una sorta di soggetto giuridico ibrido, a metà strada fra un organismo 

strumentale-ausiliario ed un’autorità amministrativa indipendente. Infatti da un lato 

esso, al pari di un organo ausiliario del Governo, consta in un corpo professionale 

altamente qualificato cui sono affidate attività tecniche e di supporto rispetto agli organi 

della pubblica amministrazione ed assolve alla “missione” affidatagli, consistente nella 

fattispecie nel monitorare i comportamenti dei pubblici dipendenti, evidenziando e 

denunciando eventuali responsabilità, così da avere un quadro del fenomeno corruttivo 

e dell’illiceità in genere in seno alla p.a. e da poter definire misure idonee a contrastarlo 

e prevenirlo; esso si incardina presso la Presidenza del Consiglio, dal cui vertice viene 

peraltro nominato, ed opera alla diretta dipendenza funzionale del Presidente del 

Consiglio medesimo, dal quale riceve direttive in merito ai settori-obiettivo di 

intervento e nei confronti del quale ha uno specifico obbligo relazionale. Dall’altro lato 

le funzioni investigative, consultive, propulsive dell’organismo e le sue finalità di tutela 

del cittadino-utente da distorsioni lesive del suo diritto costituzionale di fruire di 

un’amministrazione imparziale e corretta, nonché la presenza di alcuni “sintomi” di 

indipendenza precedentemente rilevati, consentono di affiancarlo al tipo Autorità 

indipendente, senza tuttavia poterlo ricondurre in toto nel novero delle Authorities, 

secondo l’impostazione delineata di un rigoroso modello di riferimento. 

Se quindi la sussistenza di un forte vincolo con l’Esecutivo osta, come rilevato, a 

considerare l’Alto Commissario come autorità indipendente, la ratio sottesa all’operato 

dell’organismo e l’importanza della missione ad esso affidata premono per una 

maggiore emancipazione della struttura rispetto al Governo. 

In questa direzione spingono d’altra parte anche istanze internazionali, in primis 

l’impegno assunto con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Corruzione 

(UNCAC), la quale impone agli Stati firmatari di predisporre nel proprio ordinamento 

Autorità specializzate nella prevenzione e nella lotta della corruzione, le quali svolgano 

le proprie funzioni in modo efficace e senza pressioni indebite, godendo della necessaria 

indipendenza. In questo caso, se la creazione dell’Alto Commissario, in qualità di 

struttura competente per la prevenzione ed il contrasto della corruzione, pare 

corrispondere alle previsioni convenzionali, è vero che tale corrispondenza non potrà 

dirsi totale fintantoché non verranno adottate - eventualmente anche in sede di ratifica 

198

degli impegni convenzionali- le giuste misure per garantire all’organismo più ampi 

margini di indipendenza dall’Esecutivo. 

Si potrebbe quindi parlare dell’Alto Commissario contro la corruzione come di una 

“Authority allo stato nascente” 47 o come sorta di “embrione” di Autorità indipendente, 

con ciò volendo intendere che, pur essendo attualmente la struttura incardinata presso la 

Presidenza del Consiglio alla stregua di un organo governativo altamente specializzato, 

affinché essa possa agire in maniera incisiva sulla p.a. ed assolvere perciò 

effettivamente all’importante compito per il quale è stata creata, è necessario un 

intervento legislativo atto a distaccarla dall’area della dipendenza governativa e a 

conferirle maggiori poteri, eventualmente anche di natura sanzionatoria 48 , in grado di 

supplire alle eventuali lacune e insufficienze di un intervento meramente preventivo. 

Infatti, ancorché la legge istitutiva si preoccupi di garantire l’autonomia e l’efficacia 

operativa dell’Alto Commissario contro la corruzione, tale garanzia non può dirsi 

sufficiente a scongiurare il rischio di indebite pressioni fintantoché l’organismo, 

preposto a vigilare sulla pubblica amministrazione, dipenda direttamente dal vertice 

della piramide amministrativa: la credibilità di un’istituzione di supervisione e 

programmazione quale quella all’esame dipende dalla sua indipendenza ed autonomia 

dal potere esecutivo, tale da scongiurare qualsiasi strumentalizzazione di natura politica. 

Si rammenti, in proposito che l’evoluzione prospettata in riferimento all’Alto 

Commissario, ha un precedente nel nostro ordinamento laddove si ponga mente 

all’Isvap: esso nacque come istituzione di controllo e vigilanza sul settore delle 

assicurazioni, gerarchicamente indipendente, ma sottoposto alle direttive del Ministro 

dell'Industria. La struttura assolveva a compiti di proposta e consulenza nei confronti 

del Ministro, il quale redigeva su tali basi la relazione annuale sullo stato della politica 

assicurativa; svolgeva quindi funzioni di vigilanza sulle imprese di assicurazione e 

generali funzioni conoscitive del settore. Alla missione originaria vennero ad 

aggiungersi progressivamente nuove competenze le quali ben presto determinarono il 

profilarsi di una conoscenza del mercato assicurativo da parte dell'Istituto largamente 

superiore a quella del corrispondente apparato ministeriale, che permisero all’Isvap di 

47 Di autorità amministrativa indipendente “allo stato nascente” parlano F. Merusi e M. Passaro, op. cit., 

p. 190, in riferimento ad autorità non ancora autarchiche in senso comunitario (quali l’Autorità per la 

regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali) intendendosi come “autarchia 

comunitaria” la funzionalizzazione dei poteri al mercato e non all’indirizzo governativo. 

48 La predisposizione di una serie di strumenti di controllo e repressione, senza i quali difficilmente è 

possibile colpire e prevenire in maniera adeguata i comportamenti devianti, renderebbe maggiormente 

efficace l'attività dell'autorità 

199

aggiungere in breve tempo una notevole influenza nel settore e conseguentemente una 

maggiore autonomia. L'organismo mutò fisionomia in conseguenza di una serie di 

interventi normativi che ne incrementarono le potestà e gli attribuirono nuovi poteri 49 . 

L'incremento alluvionale delle competenze, il progressivo distacco dall'area della 

dipendenza governativa, in cui per molto tempo era riconducibile, il radicarsi in un 

intreccio di relazioni comunitarie, rendono ragione del percorso di maturazione 

dell'Istituto da mero apparato servente dei tradizionali organi burocratici ad Autorità 

indipendente. 

49 Ci si riferisce alla l.20/1991, art. 4 d.P.R. n.385/1994, d.lgs. 174/1995, d.lgs. 175/1995, d.lgs. 373/1998, 

art. 2 d.lgs. 343/1999, l.57/2001: sulla base di tali provvedimenti venne eliminato il potere di direttiva e di 

vigilanza del Ministro; molte attribuzioni precedentemente esercitate attraverso l'adozione di 

provvedimenti formali del Ministro e rispetto ai quali l'Istituto vantava solo poteri istruttori passarono 

nella titolarità dell’Isvap; fu disposta la partecipazione dell’Isvap alla determinazione dell'indirizzo 

amministrativo del settore; venne ampliata la potestà di richiedere dati e notizie e vennero attribuiti 

all'Istituto poteri sull’amministrazione straordinaria e sul controllo delle partecipazioni delle e nelle 

imprese assicurative; furono riconosciuti poteri di impartire disposizioni in materia di determinazione 

delle tariffe, del tasso di interesse tecnico e delle riserve tecniche nonché poteri di fissazione di contenuti, 

modalità e termini per le comunicazioni delle imprese all'Isvap stessa e poteri di disposizione in materia 

di limiti massimi e criteri di investimento negli attivi dell'impresa fino a riconoscere all’organismo un 

atipico potere consistente nell'adozione di ogni provvedimento ritenuto utile e necessario alla tutela delle 

imprese e degli utenti; si riconobbe altresì la possibilità per l’Isvap di intrattenere rapporti con i 

competenti organi dell'Unione Europea nonché poteri consultivi e di segnalazione diretta nei confronti del 

Parlamento e del Governo. L'istituto raggiunse cioè una piena competenza per la regolazione ed il 

controllo del settore assicurativo che lo consacrò definitivamente nell'ambito delle autorità indipendenti.. 

200

CAPITOLO VIII 

PROFILI DI DIRITTO COMPARATO 

1.L’esperienza francese del Service central de prévention de la corruption 

A questo punto riteniamo interessante procedere ad un excursus di diritto comparato che 

abbia ad oggetto organismi già esistenti in altri ordinamenti ed aventi finalità di 

prevenzione e contrasto della corruzione analoghe a quelle dell'Alto Commissario. 

Ciò ci consente di rilevare anzitutto il carattere di universalità propria della missione 

affidata al Commissario ed altresì di avere un quadro prospettico in merito all'attività da 

esso condotta. Non bisogna d'altra parte dimenticare che, sulla base degli impegni 

assunti in sede internazionale dai Paesi firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite 

contro la Corruzione, ciascuno di essi dovrà costituire al proprio interno un organismo 

avente lo scopo di prevenire e contrastare efficacemente la piaga della corruzione 

Nonostante la vicenda abbia avuto minor eco internazionale rispetto a quanto avvenuto 

in Italia nello stesso periodo, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta anche la Francia 

ha conosciuto la sua “ Tangentopoli “ 1 . In risposta a tali avvenimenti venne emanata la 

legge 93-122 del 29 gennaio 1993 (« Loi relative à la prévention de la corruption et à la 

transparence de la vie économique et des procédures publiques »), nota come loi anti- 

corruption, 2 la quale si propose di arginare il fenomeno e fornire una risposta 

1 

Risalgono agli anni Novanta tre importanti interventi legislativi volti a moralizzare la vita pubblica e a 

combattere la corruzione: nel 1988 la loi sur la transparence financière de la vie politique ha disciplinato 

per la prima volta il finanziamento dei partiti politici e delle campagne elettorali; tale disciplina è stata 

rafforzata da due leggi del 1990 istitutive della Commission nationale des comptes de campagne et des 

financements politiques; infine al 1993 risale la loi relative à la prevention de la corruption et à la 

transparence de la vie économique et des procédures publiques. 

2 

LOI no 93-122 du 29 janvier 1993 relative à la prévention de la corruption et à la transparence de la 

vie économique et des procédures publiques 

Art. 1er. - Le service central de prévention de la corruption, placé auprès du ministre de la justice, est 

chargé de centraliser les informations nécessaires à la détection et à la prévention des faits de corruption 

active ou passive, de trafic d'influence commis par des personnes exerçant une fonction publique ou par 

des particuliers, de concussion, de prise illégale d'intérêts ou d'atteinte à la liberté et à l'égalité des 

candidats dans les marchés public. 

Il prête son concours sur leur demande aux autorités judiciaires saisies de faits de cette nature. 

Il donne sur leur demande aux autorités administratives des avis sur les mesures susceptibles d'être prises 

pour prévenir de tels faits. Ces avis ne sont communiqués qu'aux autorités qui les ont demandés. Ces 

autorités ne peuvent les divulguer. 

Dirigé par un magistrat de l'ordre judiciaire, il est composé de magistrats et d'agents publics. 

[Dispositions déclarées non conformes à la Constitution par décision du Conseil constitutionnel no 92- 

316 DC du 20 janvier 1993.] Les membres de ce service et les personnes qualifiées auxquelles il fait 

appel sont soumis au secret professionnel. 

Art. 2. - Dès que les informations centralisées par le service mettent en évidence des faits susceptibles de 

constituer des infractions, il en saisit le procureur de la République. 

201

soddisfacente agli occhi dell’opinione pubblica affrontando congiuntamente le 

problematiche legate al finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali, alla 

moralizzazione della pubblica amministrazione e alla trasparenza delle attività 

economiche 3 . Tale provvedimento legislativo riveste in questa sede notevole importanza 

sul piano comparato. Tramite di esso, il legislatore transalpino ha inteso concentrarsi 

pragmaticamente sulla problematica della prevenzione del fenomeno corruttivo 

offrendo soluzioni volte ad estirparne le cause piuttosto che limitarsi ad operare 

meramente sul piano politico-repressivo degli effetti. Per quanto il profilo sanzionatorio 

sia imprescindibile e rappresenti esso stesso uno strumento preventivo primario sul 

piano della deterrenza dalle condotte illecite, obiettivo della politica preventiva è 

incidere efficacemente sulle condizioni ambientali che originano ed alimentano la 

corruttela. Su questo assunto si fonda la loi anti-corruption la cui emanazione fu 

preceduta dallo studio della commissione parlamentare pour la prévention de la 

corruption, presieduta dall’ex procuratore generale presso la corte d’appello di Parigi 

R. Bouchery 4 il quale propose l’istituzione di un organismo centrale di prevenzione 

della corruzione, al fine di ovviare in primis alla frammentarietà e dispersione delle 

Art. 3. - Dès qu'une procédure judiciaire d'enquête ou d'information relative aux faits mentionnés à 

l'article 1er est ouverte, le service est dessaisi. 

Art. 4. - Le service communique à la demande des parquets et des juridictions d'instruction saisis de faits 

mentionnés à l'article 1er les informations qui leur sont nécessaires. Ces éléments sont soumis à la 

discussion des parties et ne valent qu'à titre de simple renseignement. 

Art. 5. - [Dispositions déclarées non conformes à la Constitution par décision du Conseil constitutionnel 

no 92-316 DC du 20 janvier 1993]. 

Art. 6. - Les modalités d'application des articles 1er à 5 sont fixées par décret en Conseil d'Etat. 

3 In materia di attività economiche sono state introdotte innovazioni relativamente alla determinazione di 

prezzi e tariffe, pubblicità, insediamenti commerciali, delegazione di servizio pubblico, contratti pubblici, 

patrimonio immobiliare degli enti pubblici. 

4 Relazioni al Primo Ministro del 7/5/92 e del 7/1/93. Rapport Bouchery R. , Prévention de la corruption 

et transparence de la vie economique. Rapport au Premiei Ministre, collection rapports officiels, La 

Documentation francaise, 1993. 

Tra le raccomandazioni contenute e dettagliatamente illustrate nel rapporto finale della Commissione 

vanno segnalate : l’adozione di codici di condotta e l’istituzione di comités de déontologie, formati da 

rappresentanti delle amministrazioni e del personale e da specialisti « deontologi » che i pubblici 

dipendenti possano consultare; la loro mobilità ; la formazione iniziale e permanente dei dipendenti ; la 

trasparenza delle amministrazioni pubbliche e delle imprese private, da perseguire con strumenti come 

obblighi di dichiarazione patrimoniale, pubblicità delle operazioni bancarie di dimensione superiore ad 

una certa soglia, abbassamento della soglia di pagamento obbligatorio con assegno, disciplina dell’attività 

di lobbying, codici di condotta anche nel settore privato; la riforma dei controlli sugli atti degli enti locali, 

nel rispetto della loro autonomia; la valorizzazione delle ispezioni amministrazioni, a livello statale, ed il 

potenziamento dei controlli interni nelle amministrazioni locali ; il rafforzamento delle giurisdizioni 

finanziarie (Chambres régionales des comptes e Cour des comptes), da perseguire con più efficaci 

strumenti di informazione, con l’estensione delle loro competenze e dei loro poteri investigativi, con una 

maggiore pubblicità dei loro atti istruttori e con un alleggerimento delle procedure; il rafforzamento dei 

controlli esterni sulle imprese, mirati a combattere la costituzione di fondi neri e l’evasione fiscale ; la 

riforma di alcune norme penalistiche. Riforme particolari, poi, sono state suggerite per alcuni « settori 

sensibili », come gli appalti pubblici, i servizi pubblici, l’urbanistica e l’edilizia, la pubblicità ed il 

commercio internazionale. 

202

informazioni in materia. Recependo tale proposta, la legge 93-122 5 all’art.1 istituisce 

per l’appunto il Service central de prévention de la corruption. Trattasi di una struttura 

a metà fra autorità amministrativa indipendente e organismo strumentale-ausiliario 6 , la 

cui funzione principale è a termini di legge “centralizzare le informazioni necessarie 

all’individuazione ed alla prevenzione” dei comportamenti passibili di configurare reati 

ascrivibili alla pubblica amministrazione. 7 Ai sensi dell’art.2, il servizio, privo di poteri 

investigativi, funge principalmente da canale informativo verso la procura della 

repubblica interessata ai “fatti suscettibili di costituire delle infrazioni” di cui venga a 

conoscenza nello svolgimento della sua funzione di raccolta delle informazioni sulla 

corruzione; infatti il suo ruolo si esaurisce con l’apertura dell’inchiesta giudiziaria. Il 

Service inoltre, su richiesta delle autorità giudiziarie, può offrire loro la propria 

collaborazione; può altresì rilasciare pareri segreti alle autorità amministrative 

richiedenti relativi a misure di prevenzione della corruzione da adottare da parte di 

queste ultime. L’organismo in questione ha quindi natura suppletiva, potendo svolgere 

tutt’al più funzioni di coordinamento e di intelligence in rapporto alle informazioni che 

gli pervengono ed assumere un ruolo propositivo nei confronti delle amministrazioni 

che vogliano porre in atto riforme o campagne anti-corruzione. Potenzialmente sembra 

corretto potersi prospettare lo sviluppo della struttura come sorta di difensore civico 8 , 

assimilabile ad uno sportello cui possa rivolgersi chi, pur non avendo a propria 

disposizione elementi sufficienti a sporgere denuncia nelle sedi competenti, nondimeno 

sia stato danneggiato dal comportamento di pubblici funzionari sospetti di corruzione. 

Si rammenti che in Francia la creazione di una struttura di prevenzione della corruzione 

non fu immediata e semplice. Difatti la legge votata dal parlamento in ultima lettura 

prevedeva un ruolo più incisivo del Service in quanto attribuiva ad esso anche poteri di 

5 La legge si articola in tre sezioni principali: istituzione del Service central de prévention de la 

corruption, nuove norme nel sistema di finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali, disposizioni 

relative alla trasparenza delle attività economiche. 

6 Secondo la definizione di D. Amirante in Quaderni Costituzionali Anno XV, n.1, aprile 1995, p.135. 

7 In Italia la Commissione speciale per l’esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la 

repressione dei fenomeni di corruzione, istituita dalla Camera dei deputati con deliberazione del 

settembre 1996 aveva proposto analogamente la creazione di una Commissione di garanzia con il compito 

di raccogliere informazioni su un gran numero di dipendenti pubblici e di coordinare le attività di diversi 

organi amministrativi e giurisdizionali. Il progetto si arenò in quanto le funzioni dell’organismo in 

questione, ribattezzato “Gendarmone”, erano composite e sovrapposte a quelle di organi amministrativi e 

giurisdizionali esistenti e troppo impegnative per essere svolte efficacemente. Sul punto B. G. Mattarella, 

in Controllo della corruzione amministrativa e regole di etica pubblica, Riv. It. Dir. Pubbl. Com., Anno 

XII, numero 5/2002, p.1032: “Se i controlli sugli amministratori non funzionano, occorre migliorarli, non 

moltiplicare le funzioni e gli organi di controllo: è inutile raccogliere grandi quantità di informazioni, 

destinate a rimanere non verificate.” 

8 Trattasi di opinione di D. Amirante in op. cit, p.135 che condividiamo in quanto intrinseca alla natura 

dell’organismo, ancorché non esplicitata nel testo legislativo. 

203

carattere investigativo sotto forma di possibilità di richiedere informazioni e documenti, 

ma le norme in questione furono cassate dal Conseil constitutionnel con la sentenza n. 

92-316 DC, del 20 gennaio 1993. 9 Dubbi circa la legittimità costituzionale del Service 

pour la prévention de la corruption erano stati avanzati altresì dai rappresentanti politici 

dell’opposizione ( RPR-UDF), i quali consideravano la struttura, ancorché di natura 

amministrativa, assimilabile ad un’autorità di pubblica sicurezza la cui istituzione 

contrastava tanto col principio di separazione dei poteri 10 quanto col principio di libertà 

individuale in quanto si consentivano attività investigative al di fuori del controllo e 

senza l’autorizzazione della magistratura. Sotto quest’ultimo profilo il giudice 

9 Décision n° 92-316 DC du 20 janvier 1993 -Loi relative à la prévention de la corruption et à la 

transparence de la vie économique et des procédures publiques. 

SUR LES ARTICLES 1er A 6 RELATIFS AU SERVICE CENTRAL DE PREVENTION DE LA 

CORRUPTION:Considérant que les députés auteurs de la première saisine invoquent à l'encontre de ces 

articles qui, créant un service central de prévention de la corruption, régissent son organisation et son 

fonctionnement, plusieurs griefs d'inconstitutionnalité ; qu'ils soutiennent que dès lors que les missions et 

les pouvoirs de ce service administratif l'assimilent à la police judiciaire, le principe de séparation des 

pouvoirs affirmé par l'article 16 de la Déclaration des droits de l'homme et du citoyen est méconnu ainsi 

que la liberté individuelle faute d'intervention de l'autorité judiciaire ; qu'en outre les modalités prévues de 

communication de documents de toute nature à ce service portent atteinte au droit de propriété ; 

Considérant que si en vertu des trois premiers alinéas de l'article 1er de la loi, il revient au service de 

centraliser les informations nécessaires à la détection et à la prévention de certaines infractions 

limitativement énumérées, il ne ressort pas de ces dispositions qu'il est habilité à opérer lui-même la 

constatation desdites infractions ; qu'en lui confiant cette mission, le législateur n'a pas entendu déroger 

aux dispositions protectrices de la liberté individuelle prévues par la législation relative à l'informatique, 

aux fichiers et aux libertés ; qu'en vertu de l'article 2 de la loi, le service est tenu de saisir le procureur de 

la République dès que les informations qu'il aurait ainsi réunies mettraient en évidence des faits 

susceptibles de constituer des infractions ; que l'article 3 prescrit son dessaisissement dès qu'une 

procédure judiciaire d'enquête ou d'information relative à de tels faits est ouverte ; que dès lors et sous 

réserve des interprétations qui précèdent, les dispositions ci-dessus analysées ne portent atteinte ni à la 

séparation des pouvoirs ni à la liberté individuelle ; 

Considérant cependant qu'en prévoyant par le cinquième alinéa de l'article 1er que le service peut recourir 

à des personnes qualifiées pour des "investigations", le législateur, même en qualifiant ces mesures de 

techniques, ne les a pas définies de manière suffisamment claire et précise en les limitant à celles qui 

relèvent d'enquêtes administratives ; que dès lors cette formulation est susceptible d'entraîner des atteintes 

à la liberté individuelle sans garantie de l'autorité judiciaire ; que, par suite, le 5ème alinéa de l'article 1er 

de la loi doit être déclaré contraire à la Constitution ; 

Considérant en outre que l'article 5 de la loi confère à ce service le droit d'obtenir communication de tout 

document sans l'assortir d'une obligation de motivation et sans aucune restriction non seulement quant à 

la nature mais aussi quant à l'ancienneté de ces documents ; que ce droit n'étant pas limité à une prise de 

connaissance et, le cas échéant, de copie, peut autoriser des rétentions dont le terme n'est pas fixé ; que le 

droit de convocation de toute personne dont dispose le service peut être assorti d'un délai limité à 48 

heures, sans égard aux déplacements qu'il implique ni à d'éventuelles circonstances particulières ; qu'il 

n'est pas précisé que la personne convoquée peut se faire accompagner du conseil de son choix ni qu'un 

procès-verbal doit être dressé contradictoirement ; que le service peut ainsi, y compris de sa propre 

initiative, intervenir dans des domaines très divers de la vie professionnelle et privée ; que le refus de 

délivrer les documents demandés ou de se prêter aux auditions provoquées par le service est punissable 

d'une amende correctionnelle de 50 000 F. ; que les dispositions de l'article 5 sont de nature à méconnaître 

le respect de la liberté personnelle et à porter des atteintes excessives au droit de propriété ; que, dès lors, 

l'article 5 de la loi doit être déclaré contraire à la Constitution ; D E C I D E :Article premier.- Ne sont pas 

conformes à la Constitution les dispositions suivantes de la loi relative à la prévention de la corruption et 

à la transparence de la vie économique et des procédures publiques : - le cinquième alinéa de l'article 1er ; 

- l'article 5 . 

10 Art.16 Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. 

204

costituzionale respinse nel merito tali rilievi specificando che il servizio non può in 

alcun modo sostituirsi al giudice nell’accertamento di reati e responsabilità, limitandosi 

invece ad un’attività di raccolta di informazioni, come risultante dal combinato disposto 

degli artt.da 1 a 3 della legge. L’art. 2 prevede infatti che “qualora le informazioni 

raccolte mettono in evidenza fatti suscettibili di costituire infrazioni il Servizio adisce il 

procuratore della Repubblica”, sancendo così l’automaticità del ricorso al giudice, senza 

peraltro determinare l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale da parte del 

pubblico ministero. In questo senso risulta perfettamente calzante la definizione fornita 

dalla Commission Bouchery del Service pour la prévention de la corruption quale 

« servizio ausiliario all’azione penale pubblica ». L’art.3 dispone poi che, qualora venga 

disposta “ una procedura giudiziaria d’inchiesta o d’informazione sui fatti di cui 

all’art.1” , il Servizio non può occuparsi ulteriormente del caso, salvo dietro richiesta 

dell’autorità giudiziaria nella persona del pubblico ministero o del giudice istruttore, ai 

sensi dell’art. 4. La lista delle autorità che possono adire il Servizio al fine di riceverne 

un parere è contenuta all’art.2 del decreto applicativo n.93-232 del Ministro della 

Giustizia, datato 22 febbraio 1993 11 : si tratta di soggetti appartenenti a 14 diverse 

11 Décret no 93-232 du 22 février 1993 relatif au service central de prévention de la corruption institué 

par la loi no 93-122 du 29 janvier 1993 relative à la prévention de la corruption et à la transparence de 

la vie économique et des procédures publiques. 

Art. 1er. - Le chef du service central de prévention de la corruption institué par la loi du 29 janvier 1993 

susvisée et les autres membres de ce service sont nommés par décret pour une période de quatre ans 

renouvelable. 

Le chef du service est assisté d'un secrétaire général nommé dans les mêmes conditions. 

Art. 2. - Les avis du service central de prévention de la corruption prévus au troisième alinéa de l'article 

1er de la loi du 29 janvier 1993 susvisée peuvent être demandés par les autorités suivantes: 

1. Les ministres; 

2. Les préfets; 

3. Les chefs des juridictions financières; 

4. Le président de la commission prévue à l'article 3 de la loi du 11 mars 1988 susvisée relative à la 

transparence financière de la vie politique; 

5. Le président de la Commission nationale des comptes de campagne et des financements politiques; 

6. Le président du Conseil de la concurrence; 

7. Le président de la Commission des opérations de bourse; 

8. Le chef du service créé par l'article 5 de la loi du 12 juillet 1990 susvisée relative à la participation des 

organismes financiers à la lutte contre le blanchiment des capitaux provenant du trafic des stupéfiants; 

9. Le chef de la mission interministérielle d'enquête sur les marchés; 

10. Les chefs des organismes ou services d'inspection ou de contrôle relevant de l'Etat; 

11. Les présidents et directeurs des établissements publics de l'Etat; 

12. Les trésoriers-payeurs généraux et les autres comptables publics; 

13. Les présidents des conseils régionaux, le président du conseil exécutif de Corse, les présidents des 

conseils généraux, les maires, les présidents de groupements de collectivités territoriales et des autres 

établissements publics des collectivités territoriales; 

14. Les dirigeants des organismes privés chargés d'une mission de service public. 

Art. 3. - Le service central de prévention de la corruption établit annuellement un rapport d'activité qui 

comporte notamment des propositions de mesures tendant à prévenir les irrégularités de la nature de 

celles qui lui ont été signalées. Ce rapport est adressé au Premier ministre ainsi qu'au garde des sceaux, 

205

categorie quali ministri, prefetti, amministratori locali, dirigenti di enti privati che 

svolgono servizi pubblici, vertici di organi di controllo, giurisdizioni e autorità 

interessate al problema della corruzione quali il Conseil de la concurrence, la 

Commission des comptes de campagne et des financements politiques, la Commission 

des opérations de bourse, le giurisdizioni finanziarie. L’art.1 della legge 93-122 

circoscrive il campo d’intervento del Service ai fatti costituenti corruzione attiva e 

passiva, abuso d’atti d’ufficio, concussione, ingerenza in appalti pubblici nonché 

comportamenti qualificabili come attentati alla libertà o all’uguaglianza di partecipanti 

ad appalti pubblici 12 . Sotto il profilo della composizione, come riflesso della sua natura 

specialistica, l’organismo è diretto da un magistrato ordinario e formato da magistrati e 

autorità pubbliche 13 ; si articola al suo interno in sette commissioni che si occupano 

rispettivamente di appalti pubblici ed urbanistica, commercio ed intermediazione 

internazionale, sanità e commercializzazione di farmaci, pubblicità, informatica, società 

e federazioni sportive, attività delle lobbies. A partire dalla sua costituzione, l’attività 

principale del Service pour la prévention de la corruption è rappresentata dal rilascio di 

pareri ad amministrazioni pubbliche relativamente all’adozione da parte di queste 

ultime di codici di condotta 14 , soprattutto presso gli enti territoriali (ove, in conseguenza 

della riforma di décentralisation e contestuale “sfocatura” nell’individuazione delle 

responsabilità, si sono andate moltiplicando le occasioni di illiceità del pubblico 

funzionario) .Sotto quest’ultimo profilo, è da condividere l’opinione espressa da 

Amirante circa la straordinaria importanza che viene a rivestire un organismo quale il 

Service pour la prévention de la corruption in termini di ausilio e stimolo all’adozione 

di codici di condotta degli enti pubblici, soprattutto in un ordinamento di tradizione 

romanistica in cui tali strumenti di civiltà giuridica non sono diffusi quanto nell’area di 

common law. Rammentiamo l’eliminazione dal testo della legge della disposizione 

contenuta originariamente all’art. 5, dichiarato non conforme alla Costituzione con la 

citata decisione del Conseil constitutionnel n.92/316DC del 20 gennaio 1993: la norma 

ministre de la justice. 

Art. 4. - Le garde des sceaux, ministre de la justice, est chargé de l'exécution du présent décret, qui sera 

publié au Journal officiel de la République française. 

12 Trattasi di tipologia di reati introdotta nel 1991 con la legge modificativa del codice penale, 

assimilabile in senso lato alla turbativa d’asta. 

13 Nella prima composizione una decina di membri tra viceprefetti, commissari di polizia e funzionari dei 

ministeri delle finanze e dell’Equipement. 

14 Nel Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione (Atti parlamentari, XIII 

Legislatura, Doc. CXI,n.1, p. 33) del 1996 si osservava che “i risultati finora prodotti da questo 

organismo si riducono all’elaborazione di approfonditi rapporti, senza una reale incidenza in termini di 

prevenzione della corruzione”. 

206

prevedeva la possibilità per il Service di ricorrere a persone qualificate per le 

“investigazioni”. Secondo il Conseil, “il Legislatore, pur qualificando queste tecniche, 

non le ha definite in modo sufficientemente chiaro e preciso limitandosi a quelle che 

danno risalto alle inchieste amministrative; e allora, questa formulazione è suscettibile 

di colpire la libertà individuale senza la garanzia dell’autorità giudiziaria ed è pertanto 

contraria alla Costituzione”. Dopo aver delineato un profilo generale del Service pour la 

prévention de la corruption, riteniamo interessante evidenziare analogie e differenze 

rispetto al nostro Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e 

delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione. Per quanto 

concerne il profilo funzionale mentre il Service assolve a funzioni di centralizzazione 

delle informazioni necessarie all’individuazione e prevenzione degli illeciti 

specificamente indicati all’art.1 della legge 93-122, dal combinato disposto degli artt. 1 

e 2 del d.P.R. 258/2004 emerge una più ampia e generica competenza dell’Alto 

Commissario in materia di prevenzione e contrasto della corruzione e di altre forme di 

illecito nell’ambito della pubblica amministrazione. Per quel che riguarda i criteri di 

nomina, la natura specialistica e l’elevato livello di competenza richiesto per presiedere 

le strutture in questione hanno imposto in entrambi gli ordinamenti di affidarne la 

responsabilità a soggetti appartenenti alla categoria magistratuale: tuttavia mentre per il 

Service pour la prévention de la corruption si fa riferimento ai soli magistrati ordinari, 

l’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione è scelto in un ambito più 

ampio ovvero tra magistrati ordinari, amministrativi e contabili, tra avvocati dello Stato, 

tra i gradi generali della dirigenza militare o tra i dirigenti amministrativi di prima fascia 

ed equiparati. Dall’analisi delle rispettive leggi istitutive emerge poi una differenza 

sostanziale tra i due organismi sul piano della composizione: il Service infatti si 

configura come organismo collegiale presieduto per l’appunto da un magistrato 

appartenente all’ordinamento giudiziario e composto da magistrati e pubblici agenti, 

laddove, diversamente, l’Alto Commissario si profila come organismo monocratico cui 

è dato avvalersi, nell’esercizio delle proprie funzioni, di strutture di supporto 

individuate dall’art.6 del d.P.R. 258/04 nonchè degli uffici e degli organi ispettivi e di 

verifica delle p.a. e dei servizi di controllo interno. I soggetti in esame, ancorché 

accomunati dalla finalità di prevenire il sorgere e diffondersi del fenomeno della 

corruttela all’interno dei pubblici uffici, si differenziano altresì profondamente per quel 

che riguarda i poteri ad essi attribuiti a questo scopo. Infatti, come già evidenziato, il 

207

Service pour la prévention de la corruption è sfornito di poteri investigativi e assolve 

principalmente a funzioni di convoglio delle informazioni in materia di corruzione; in 

secondo luogo “concorre”- espressione alquanto generica - con l’autorità giudiziaria, su 

richiesta della medesima; infine rilascia pareri alle amministrazioni richiedenti sulle 

misure atte a prevenire la corruzione. Emerge quindi una considerevole discrepanza di 

poteri rispetto all’Alto Commissario il quale, ex art.2 d.P.R. citato, può disporre 

indagini, anche di natura conoscitiva, al fine di accertare cause e concause dei fenomeni 

di corruzione e di illecito o di pericolo di condizionamento da parte di organizzazioni 

criminali all’interno della pubblica amministrazione; può inoltre attivarsi , oltre che su 

richiesta motivata delle pubbliche amministrazioni, anche di iniziativa propria o per fatti 

denunciati; dispone altresì di pervasivi poteri di accesso a documenti amministrativi e 

banche dati e di monitoraggio su procedure contrattuali e di spesa e su atti da cui possa 

derivare danno erariale - ipotesi questa non contemplata dalla loi anti-corruption che 

circoscrive l’operatività del Service alle ipotesi di reato di cui all’art.1-. L’Alto 

Commissario è poi ammesso ad effettuare audizioni anche di privati; possibilità questa 

non riconosciuta in capo al Service. Sul Service inoltre grava un obbligo di secretazione 

dei pareri rilasciati alle amministrazioni richiedenti che non si rinviene in capo all’Alto 

Commissario.Le due strutture sono invece accomunate dall’obbligo di denuncia 

all’autorità giudiziaria delle infrazioni di cui vengano a conoscenza nell’espletamento 

delle proprie funzioni – ancorché l’obbligo di denuncia gravante sull’Alto Commissario 

risulti più ampio in quanto comprensivo anche della denuncia presso la Corte dei Conti 

dei fatti in cui sia ravvisabile danno erariale e della trasmissione di informativa alle p.a. 

a fronte dell’emergere di responsabilità disciplinari ed amministrative dei pubblici 

dipendenti -. Un ulteriore punto di contatto è rappresentato dall’elaborazione di studi sul 

fenomeno corruttivo, nonché dall’obbligo di relazione della propria attività. Sotto 

quest’ultimo profilo occorre però precisare che mentre il Service riferisce annualmente 

al Primo ministro e al ministro della giustizia, l’Alto Commissario redige una relazione 

semestrale per il Presidente del Consiglio dei ministri il quale, a sua volta, riferisce 

annualmente ai Presidenti delle Camere sul contenuto delle relazioni acquisite. 

Storicamente si osserva che le difficoltà incontrate dal Service nella fase 

immediatamente successiva alla sua costituzione ad affermarsi come struttura di 

riferimento nella lotta alla piaga della corruzione, rivivono nell’esperienza attuale 

dell’Alto Commissario: si pensi allo scarso impulso da parte del mondo politico 

– testimoniato dall’esiguità dei finanziamenti statali inizialmente stanziati a favore di 

208

esso - ; alla ridotta risonanza mediatica relativamente alla sua istituzione, con 

conseguente difficoltà per il privato cittadino di conoscere e conseguentemente 

avvalersi della struttura, stimolandone l’attività investigativa; alla diffidenza da parte 

della magistratura; allo scetticismo delle amministrazioni (soprattutto locali), sempre 

più gelose della propria autonomia e restie ad ingerenze e controlli esterni; alle 

difficoltà per gli operatori giuridici di decifrare e qualificare le modalità con cui 

relazionarsi con l’organismo, data la lacunosità del testo legislativo in proposito. 

Ancorché la creazione dell’Alto Commissario non abbia sollevato questioni di rilevanza 

costituzionale - come verificatosi viceversa in Francia alla costituzione del Service - 

nondimeno problematica risulta la rete di rapporti tra l’Alto Commissario e gli enti 

territoriali 15 . E’ altresì importante osservare come, nell’ordinamento francese, la 

creazione di un Servizio per la prevenzione della corruzione sia stata contestuale 

all’adozione di una complessa rete normativa protesa a offrire soluzioni il più 

soddisfacenti possibile alle problematiche connesse alla trasparenza della vita pubblica 

ed economica prendendo in considerazione il mercato della pubblicità, la disciplina 

urbanistica delle attività commerciali, gli appalti pubblici, le delegazioni di servizio 

pubblico, le attività immobiliari, il riciclaggio di denaro sporco, nell’ambito di in un 

generale sforzo di regolamentazione delle attitudini comportamentali volte alla 

violazione dell’ordinamento. 

2. Russia: Consiglio anti-corruzione 

Nel 2003 il Presidente russo Vladimir Putin ha creato un Consiglio Anticorruzione la 

cui azione è prevalentemente volta a prevenire il sorgere e la diffusione della corruzione 

presso gli uffici pubblici 16 . Prima di addentrarci nel merito delle funzioni 

specificamente affidate a tale struttura, è opportuno rammentare quanto il fenomeno 

della corruzione politica ed amministrativa sia radicato nella realtà sovietica. Già in 

epoca zarista la gerarchia burocratica, i cosiddetti chinovniki, godevano di notevole 

prestigio. Considerata l’enorme estensione dello stato sovietico e le conseguenti 

difficoltà pratiche che l’amministrazione centrale incontrava nel gestire la burocrazia 

nazionale, i funzionari statali delle province finivano per gestire il paese a proprio 

15 Si rammentino i già citati pareri espressi dalla Conferenza Unificata e dal Consiglio di Stato 

rispettivamente in data 29/04/2004 e in data 31/05/2004. 

16 Decreto del Presidente russo No. 1384 del 24 novembre 2003 istitutivo del Consiglio Anticorruzione 

sotto il Presidente della federazione russa. 

209

piacimento, senza essere subordinati ad alcun vincolo d’autorità effettivo. I burocrati, 

numericamente esigui in proporzione alla popolazione 17 , concentravano nelle proprie 

mani il potere amministrativo e se ne avvalevano come strumento di arricchimento 

personale. Essi d’altra parte non percepivano uno stipendio e pertanto era naturale 

applicare la regola “kormyatsya ot del” ovvero nutrirsi degli affari abusando del proprio 

potere secondo una logica che imponeva di percepire la corruzione amministrativa come 

il normale corso delle cose e in cui la tangente o l’imposta supplementare rientravano 

nell’ordinario. Alla base di questa malsana concezione vi sono ragioni di natura socio- 

economica: il contadino russo retribuiva lo Stato, nella persona del pubblico 

funzionario, per il servizio reso a fronte di una impossibilità per il medesimo agente 

amministrativo di garantire altrimenti la propria sussistenza. A questo si aggiunga il 

diffuso timore dell’autorità, tipico della tradizione orientale contadina, che prescriveva 

di ingraziarsi il nachalnik, cioè il soggetto che vanta una posizione di potere, al fine di 

trarre vantaggi personali, non essendo viceversa possibile opporvisi e prevalere su di 

esso. Con la nascita dell’URSS il pubblico dipendente membro del partito comunista 

non solo veniva stipendiato ma godeva di numerosi privilegi quali abitazione, 

autovettura, scuola elitaria per i figli, accesso a negozi riservati che, in un sistema di 

penuria organizzata, rappresentavano un eccezionale privilegio. La gestione della scarse 

risorse e la contestuale assenza di un potere politico rappresentativo erano garanzia di 

conservazione della gerarchia amministrativa. Se Stalin era riuscito a contenere 

l’intraprendenza illecita della nomenklatura mediante una politica totalitaristica di 

soppressione di ogni forma di opposizione al regime, negli anni Settanta sotto Leonid 

Breznev la corruzione era morbo diffuso ovunque a tutti i livelli, tanto da parlarsi di 

“mafiosizzazione” dello Stato 18 . La prassi clientelistica aveva generato un’ampia rete di 

rapporti illeciti parallela alle relazioni legali. I gerenti amministrativi avevano libero 

accesso alle risorse nazionali e la logica sovietica per cui “tutto era di tutti e niente 

apparteneva a nessuno” disincentivava la economizzazione del bene comune e ne 

favoriva viceversa la dilapidazione e lo sfruttamento per scopi personali. D’altra parte 

l’assenza di proprietà privata e l’impossibilità di accumulare ricchezza faceva sì che 

l’arricchimento personale del funzionario pubblico non si misurasse tanto in beni mobili 

ed immobili quanto piuttosto in termini di potere sulle persone. Il sistema politico ed 

17 Alla metà del XIX secolo si contavano circa 50.000 chinovniki , pari a circa 11-13 funzionari ogni 

10.000 abitanti. Pipes R., 1974, Russia under the old regime, London, Penguin books, p.281. 

18 A. Vaksberg, 1992, La mafia russe. Comment on dévalise le pays depuis 70 ans, Paris, Albin Michel. 

210

amministrativo sovietico veniva cioè a reggersi su corrotti scambi di protezioni, senza le 

quali nulla era fattibile, e grazie alle quali viceversa ci si garantiva l’appartenenza da un 

clan di accesso privilegiato. Successivamente negli anni Ottanta Yurii Andropov prima 

e Mikhail Gorbaciov poi, si proposero di porre un freno al fenomeno che aveva ormai 

oltrepassato il limite accettabile inteso come soglia necessaria al corretto funzionamento 

della macchina economica e che rappresentava una pericolosa minaccia per il potere 

centrale. Infatti la sempre più fitta rete di rapporti clientelari aveva favorito l’emergere 

di personalità regionali che, svincolatesi dal giogo moscovita corrompendolo o 

eludendone i controlli, si proponevano in termini antagonistici rispetto allo Stato - 

partito e che concorrevano con esso nella dilapidazione di risorse petrolifere e agricole. 

Queste spinte disgregatrici interne, unite all’asfissia economica raggiunta dal paese sul 

finire del decennio e che imponeva di aprirsi a nuovi mercati in cui investire le rendite 

illecitamente acquisite, hanno sicuramente giocato il loro ruolo nella fine del 

Comunismo. Gli anni Novanta sono quindi un periodo di grande cambiamento politico, 

economico, sociale e culturale: nella realtà russa si affacciano la proprietà privata e il 

concetto di monetarizzazione inteso come possibilità di investimento all’estero e di 

ricezione di capitali stranieri. In questo mutato stato di cose la confusione istituzionale e 

giuridica delle repubbliche ex-sovietiche e delle amministrazioni al loro interno funse 

da incentivo per nuovi episodi di corruzione: i gerenti amministrativi delle repubbliche 

approfittarono a proprio vantaggio dello smembramento dell’Unione e si appropriarono 

innanzitutto delle ricchezze a loro disposizione per il tramite di manovre illecite senza 

che vi fosse alcuna possibilità da parte del mondo politico e degli organi giudiziari di 

contrastarli efficacemente. I responsabili amministrativi, cumulando funzione ed affari 

personali, erano coinvolti nelle maggioranza dei crimini economici. Tuttavia nelle 

Russia post-comunista si disperse la rete clientelare che aveva operato illecitamente nel 

decennio precedente e con essa si dissolse la “mafia” statale. Se pertanto in precedenza 

la corruzione, per quanto pervasiva, era a suo modo regolata da precise gerarchie in cui 

ciascuno operava col consenso del capo-clan e si esponeva a ritorsioni a fronte di 

iniziative particolaristiche per così dire “non autorizzate”, nella Russia degli anni 

Novanta il singolo impiegato statale agisce illegalmente per il soddisfacimento del 

proprio interesse e per arrotondare retribuzioni sempre più inadeguate al costo della 

vita. La scarsa fiducia nell’istituzione statale e l’elevata inflazione funsero da incentivi 

alla speculazione indebita e contribuirono a loro volta a creare l’idea di uno Stato 

arbitrario e predatore, privo della funzione di grande redistributore della ricchezza 

211

nazionale. In questa drammatica situazione si generò nei cittadini l’idea che sopra tutto 

vinca la logica dell’espediente. Defezione dal voto, evasione fiscale, fuga 

dall’investimento rappresentano a tuttoggi il drammatico epilogo di una situazione in 

cui prevale la legge del più forte. La corruzione del funzionario, pur deplorevole, funge 

da garanzia di protezione sociale, di occupazione, di mantenimento delle infrastrutture. 

Poco importa al cittadino russo se tale pratica blocchi l’economi stessa del Paese. A 

partire dal 1992 Boris Eltsin intraprese la propria crociata contro la corruzione 

affidando al vicepresidente Aleksandr Rutskoyj la guida della Commissione 

interministeriale speciale per la lotta contro la corruzione ed il crimine organizzato. 

L’inchiesta sulla corruzione promossa dall’organismo neo-costituito valse tuttavia da 

pretesto per accuse reciproche tra i due uomini ed evidenziò come la lotta contro la 

corruzione fosse strumentalizzata a fini meramente personali senza che vi fosse una 

reale volontà politica di contrastare il fenomeno in tutta la sua portata 19 . Accuse 

analoghe sono attualmente mosse al governo Putin 20 , artefice per l’appunto 

dell’istituzione del Consiglio anticorruzione. Dalle parole espresse dal Premier 

moscovita in occasione del primo incontro del Consiglio anticorruzione, emerge la 

profonda consapevolezza acquisita dal Cremlino circa la nocività sociale della 

corruzione amministrativa e la precisa volontà di fronteggiare il problema su un fronte 

nuovo: la prevenzione. 21 Il dovere principale del Consiglio Anticorruzione è pertanto 

fungere da organo di consulenza che identifichi le cause e le condizioni di diffusione 

19 La Russia: amministrazioni senza fede né legge di M. Mendras in Corruzione e democrazia. Sette paesi 

a confronto, a cura di Y. Mèny e D. della Porta, Liguori Editore, 1995, pp.183 ss. 

20 Analysis: Putin’s secret plan to combat corruption? By J. A.Corwin, 2004 Radio Free Europe/Radio 

Liberty, 1201 Connecticut Ave., N.W. Washington DC 20036, http://www.rferl.org 

21 Speech by Russian President Vladimir Putin at a meeting of the Anticorruption Council under the 

President, the Kremlin, Moscow, January 12, 2004. Source: Ministry of Foreign Affairs of the Russian 

federation, Information and Press department: http://www.mid.ru. 

“In quanto fenomeno sociale la corruzione si articola in termini complessi e le sue conseguenze 

producono effetti negativi su più settori dello Stato e della vita pubblica: dall’economia alla morale. E’ 

ovvio che la corruzione è strettamente connessa a varie forme di abuso di autorità, a tutti i livelli. Essa 

accorda la preferenza ai cosiddetti “imprenditori privilegiati” e crea vantaggi illeciti nell’ottenimento dei 

servizi statali e di molte altre cose. Essenzialmente, si tratta di attività che violano l’uguaglianza di diritti 

e la libertà economica. Lo stato ha fallito nel suo dovere di garante della concorrenza leale. Come 

risultato, i diritti legittimi dei cittadini sono stati infranti, il normale sviluppo economico è stato ostacolato 

e serie barriere sono state opposte sul sentiero della crescita economica. La corruzione diffusa 

demoralizza la società, l’autorità e la macchina statale; e risulta specialmente intollerabile negli uffici 

legislativi e giudiziari, i quali sono i soggetti direttamente preposti alla lotta contro questo male. (…) Le 

radici della corruzione si annidano nelle imperfezioni dell’organizzazione economica e amministrativa 

dello stato, sono nutrite da una legislazione di bassa qualità e crescono nell’assenza di controllo effettivo 

sulle attività dei pubblici ufficiali, dei corpi di stato e del potere municipale. (…) La misura di questo 

fenomeno sarà ridotta solo con la legge, le istituzioni democratiche e un mercato fortemente incivilito. 

Nei luoghi di potere si iniziano a combattere non solo le conseguenze ma anche le radici della 

corruzione.(…) Ciò di cui necessitiamo sono misure precise e realistiche tanto sotto forma di lotta alle 

manifestazioni della corruzione quanto sotto forma di prevenzione ” 

212

della corruzione e, sulla base di esse, escogiti politiche sistemiche anti-corruzione. Le 

priorità dell’organismo sono: 

-Esaminare continuativamente e sistematicamente la legislazione già esistente e in fase 

di preparazione, identificando i provvedimenti che possano condurre ad abusi e creino 

concrete possibilità di corruzione, liberando il campo legislativo da norme ambigue, 

contraddittorie, vuote di significato a favore di leggi chiare ed effettive. 

-Prendere parte, senza interferenze, alle attività dei centri di potere locale, 

regionale e federale, analizzandone l’operato in modo tale che sia effettivamente 

garantita la massima trasparenza di qualsiasi procedimento amministrativo e siano 

rispettate le previsioni di budget e le norme fiscali. 

-Perfezionare l’apparato statale e municipale attraverso una rigida regolamentazione dei 

diritti e dei doveri dei pubblici ufficiali, stabilendo meccanismi di risoluzione dei 

conflitti di interesse nel servizio civile e municipale, prevedendo stretti vincoli 

procedurali all’attività del pubblico funzionario e verifiche di risultato i cui esiti siano 

accessibili al cittadino-contribuente, intensificando il regime dei controlli 22 . 

Il Consiglio Anticorruzione si articola in commissioni di lavoro composte da specialisti 

del problema corruzione, aventi grande autorità nei circoli professionali e pubblici. La 

presidenza dell’organismo è a rotazione semestrale. 23 La sua azione si fonda su 

informazioni oggettive relative alla misura della corruzione nei vari settori della vita 

amministrativa vagliate alla luce di criteri e valutazioni legali. Prioritaria esigenza 

dell’ordinamento sovietico, cui è indubbiamente preordinata l’attività di consulenza 

legislativa del Consiglio Anticorruzione, è definire in termini giuridicamente precisi la 

nozione di “corruzione”. Volendo esprimere un giudizio prospettico sull’operato del 

Consiglio Anticorruzione, riteniamo che, ferma restando l’importanza che la creazione 

di una struttura di prevenzione della corruzione assume in un ordinamento devastato 

dalla illiceità del pubblico agente quale è quello sovietico, ciononostante la stretta 

dipendenza rispetto al centro del potere politico (confermata dal fatto che tutti i membri 

22 Il Presidente Putin , contestualmente alla creazione del Consiglio Anticorruzione e al fine di facilitarne 

l’operato, ha proposto l’incremento delle retribuzioni dei pubblici ufficiali considerando tale intervento 

una valida contropartita rispetto alla richiesta verso costoro di maggiore trasparenza nella loro attività sì 

da renderla aperta e comprensibile alla società. 

23 Il primo presidente del Consiglio Anticorruzione è stato nominato dietro suggerimento dello stesso 

Putin nella persona di Mikhail Mikhailovich Kasyanov, già capo del governo russo. Altri membri: Sergey 

Mikhailovic Mironov, presidente del consiglio federale dell’assemblea federale di Russia; Boris 

Vyacheslavovich Gryzlov, presidente della Duma dell’assemblea federale di Russia; Valery Dmitriyevich 

Zorkin, presidente della Corte Costituzionale di Russia; Vyacheslav Mikhailovich Lebedev, presidente 

della Corte Suprema di Russia; Veniamin Fyodorovich Yakovlev, presidente della Suprema Corte 

d’arbitrato di Russia. 

213

del Consiglio sono di nomina presidenziale) fa temere che l’attività anticorruzione 

risulterà fortemente influenzata da motivazioni estranee alle finalità proprie della 

struttura in esame. Come osservato in precedenza, il Premier è stato accusato di aver 

creato un organismo di mera facciata, strumentale alla propria politica e di fatto 

inoperante sul piano della consulenza e supervisione legislativa. E’ indubbio che, per 

garantire il sereno operato di una struttura anti-corruzione, il primo passo sarebbe quello 

di emanciparla dall’ingerenza governativa, a maggior ragione in un paese in cui 

storicamente i vertici del potere politico sono spesso coinvolti o essi stessi artefici delle 

dinamiche corruttive. Pertanto se, sotto il profilo funzionale, è possibile ravvisare 

un’analogia tra il Consiglio Anticorruzione sovietico e l’Alto Commissario per la 

prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella 

Pubblica Amministrazione operante nell’ordinamento italiano, in quanto entrambi 

preposti all’analisi del quadro normativo, alla proposta di misure di prevenzione e lotta 

al fenomeno corruttivo, al monitoraggio dei comportamenti illeciti dei pubblici 

funzionari, tuttavia la relazione tra l’organismo anti-corruzione e il potere centrale è 

fortemente differenziata nei due ordinamenti. Infatti mentre l’Alto Commissario si trova 

in rapporto di dipendenza funzionale rispetto al Presidente del Consiglio dei Ministri, il 

Consiglio anti-corruzione russo pare essere in sostanza gerarchicamente dipendente dal 

Premier e gode quindi di un margine di autonomia assai più ridotto. Un ulteriore 

elemento di diversità è rappresentato dalla netta prevalenza delle funzioni di analisi del 

quadro normativo proprie del Consiglio anti-corruzione, a fronte del maggiore potere 

d’indagine riconosciuto all’Alto commissario. Tale differenza è riflesso della situazione 

di emergenza legislativa che si trova a dover affrontare la Russia: è difatti prioritario 

nell’ordinamento sovietico, al fine di fronteggiare efficacemente il problema della 

corruzione amministrativa, dare innanzitutto una qualificazione giuridica precisa agli 

illeciti e altresì stabilire chiari canoni di comportamento cui i pubblici funzionari 

debbano uniformarsi 24 . 

24 Si rammenti il progetto relativo alla creazione di un tutor bilaterale per assistere le imprese italiane 

operanti in Russia e viceversa, presentato dal responsabile della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella, e dal 

ministro Dimitri Kozack, impegnato nella riforma della pubblica amministrazione russa. 

Secondo il progetto l'ufficio del tutor sarà composto, in Russia, da due funzionari locali e uno italiano, e, 

in Italia, da due funzionari italiani e uno russo. L’attività di consulenza del tutor dovrebbe svolgersi sulla 

base di un duplice obiettivo: snellimento amministrativo e procedurale e lotta alla corruzione. 

Una iniziativa, dunque, di un certo rilievo anche considerando che l'Italia è il secondo partner 

commerciale della Russia, dopo la Germania, con circa il 5% dell'interscambio commerciale. 

ANSA, 20/07/2004. 

214

3. Portogallo: Alto Comissàrio contra a corrupçâo 

Nel 1983, in seguito all’emergere di vari episodi di malcostume, il Legislatore 

portoghese ha istituito l’ Alto Comissàrio contra a corrupçâo. Trattasi di organo 

monocratico dotato di ampia autonomia, eletto a maggioranza dei due terzi 

dall’Assemblea della Repubblica, avente funzioni investigative in materia di corruzione. 

Esso si attiva su segnalazione e apre un procedimento informale non giurisdizionale e 

riservato, senza particolari garanzie di difesa, volto ad acquisire elementi che vengono 

in un secondo momento trasmessi all’autorità giudiziaria o amministrativa. L’attività 

investigativa dell’Alto Comissàrio non si sostituisce a quella dell’autorità giudiziaria ma 

si aggiunge ad essa. I procedimenti avviati da tale organismo sono prevalentemente 

originati da segnalazioni private e riguardano essenzialmente episodi di corruzione che 

si verificano a livello locale. A partire dal 1986 la struttura gode di un maggiore grado 

di autonomia e la sua azione è estesa anche ai titolari di organi sovrani. La natura 

dell’organo in esame è tuttavia radicalmente diversa rispetto a quella propria dell’Alto 


illecito nella pubblica amministrazione operante in Italia trattandosi nel primo caso di 

organismo operante in prospettiva repressiva, nel secondo caso di soggetto avente 

funzione mista di contrasto e prevenzione dell’illiceità ma con netta preponderanza 

delle attività preventive. 25 D’altronde, a fronte di una comparazione tra i due 

ordinamenti, è opportuno rilevare il fatto che l’Italia sia categorizzata tra i paesi a 

“corruzione sistemica”, laddove il Portogallo rientra tra quelli a “corruzione 

sporadica”. 26 Ciò significa che nell’ordinamento italiano la corruzione genera un vero e 

proprio mercato illegale parallelo, operante a più livelli e coinvolgente i centri di potere 

decisionale ed i vertici politici; il fenomeno è territorialmente diffuso, saldamente 

inserito in varie attività ed operante anche sul piano finanziario il che significa che 

esiste una precisa capacità di organizzare meccanismi ad hoc per la gestione dei 

proventi . La retizzazione della corruzione, tipica dei paesi appartenenti alla prima 

categoria, è a sua volta criterio di valutazione tendenziale del fenomeno considerato che 

25 Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione presentato al Presidente della 

Camera dei deputati il 23 ottobre 1996, p.36. Atti parlamentari XIII Legislatura Doc. CXI n.1. 

26 E. U. Savona, L. Mezzanotte, op.cit, p.68. 

Terza categoria è quella dei Paesi a “corruzione casuale”, in cui non si rilevano casi di corruzione 

significativi e quelli che si presentano hanno la forma del singolo scambio corrotto privo di qualsiasi 

elemento di retizzazione. 

215

la corruzione è tanto più in grado di espandersi quanto più fitta è la rete di relazioni e 

meccanismi che la favoriscono e che consentono l’espansione da un settore ad un altro. 

Diversamente la corruzione sporadica si registra in paesi in cui il fenomeno risulta 

territorialmente ed settorialmente circoscritto non potendosi pertanto parlare di rete 

diffusa quanto piuttosto di embrione di rete. Questo è quanto accade in Portogallo. 

Tuttavia considerato che i trend di crescita della corruzione paiono direttamente 

proporzionali ai trend di crescita economica,specie se trattasi di crescita molto rapida e 

poco governata, il Portogallo che, dopo anni di grande povertà sta economicamente 

crescendo, vive una fase molto pericolosa. Difatti la corruzione , che finora non si è 

manifestata in forme articolate per mancanza di mercati vivaci in cui agire, potrebbe 

trovare impulso nella maggiore vivacità economica del Paese. In questo contesto si 

coglie a maggior ragione l’importanza dell’attività di un organismo quale l’Alto 

Comissàrio contra a corrupçâo. 

4. Altri organismi: Bulgaria, Georgia, Algeria 

Vi sono tracce di organismi analoghi a quelli finora esaminati anche in altri 

ordinamenti; tuttavia essi hanno la generica funzione di contrastare la corruzione 

nell’ambito di realtà nazionali fortemente colpite da tale fenomeno. Non riteniamo 

pertanto di potere condurre un’analisi comparata in merito. Citiamo comunque la 

presenza di un responsabile anti-corruzione in Bulgaria nella persona del Segretario 

Generale del Ministero dell’Interno 27 ; l’esistenza di un Concilio Anti-corruzione in 

Georgia 28 ; l’istituzione di un Osservatorio Nazionale per il controllo e la prevenzione 

della corruzione in Algeria 29 . In Messico il ministro Romero Ramos, il cui dicastero è 

fortemente impegnato sul fronte della lotta alla corruzione ha manifestato grande 

interesse per il provvedimento relativo alla costituzione nell’ordinamento italiano 

27 http://www.bulgaria-italia.com , ANSA 26/04/2003. 

28 Decreto del Presidente Mikheil Saakashvili, http://www.eurasianet.org , Georgia: Saakashvili raising 

hopes that corruption may be tackled in earnest, Don Hill, 10/01/2004. 

29 La creazione di questo Osservatorio è stata ufficialmente annunciata dal capo del governo nel marzo 

del 1996, mentre il relativo decreto è del luglio del 1996. Tuttavia l'Osservatorio è diventato operativo 

solo all'inizio del 1997. Fra i suoi primi provvedimenti c'è stata l'attribuzione di automobili di servizio ai 

nove membri permanenti del suo consiglio. Si è dovuto attendere il 1998 prima che il suo presidente, un 

ex ministro della giustizia, presentasse il suo rapporto annuale al presidente Zeroual: un rapporto che non 

è mai stato reso pubblico, poiché il decreto relativo alla creazione dell'Onspc non lo prevedeva. La 

corruzione onnipresente, http://www.radiopopolare.it , Settembre 1998. 

216

dell’Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre 

forme di illecito nella pubblica amministrazione 30 . 

30 Comunicato stampa del Dipartimento della Funzione Pubblica del 7/11/2003, 

http://www.funzionepubblica.gov.it/comunicazione/comunicati_stampa 

217

CAPITOLO IX 

CONCLUSIONI 

1. Giudizio critico sull’organismo tra problemi aperti e prospettive future 

Rispondendo ai quesiti d’apertura, abbiamo offerto una chiave di lettura dei punti oscuri 

relativi alla figura dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione: esso esplica le 

proprie funzioni nell’ambito della pubblica amministrazione, la cui nozione, interpretata 

alla luce dell’orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente, è comprensiva dei 

soggetti che, ancorché aventi forma privatistica, svolgono funzioni sostanzialmente 

pubblicistiche, quali le società per azioni a partecipazione pubblica. Trattasi di soggetto 

a metà strada tra un organismo servente al Governo ed un’Autorità indipendente, 

qualificabile come Authority allo stato nascente, ad oggi non riconducibile in pieno nel 

novero delle autorità amministrative indipendenti a causa della presenza di un forte 

vincolo con l’Esecutivo - la cui sussistenza è incompatibile con le esigenze di 

autonomia funzionale delle authorities vere e proprie – ma potenzialmente suscettibile 

di evolversi in autorità amministrativa indipendente in ragione della delicatezza delle 

sue funzioni e dell’importanza della sua missione, le quali rendono necessario un 

ulteriore intervento legislativo che distacchi la struttura dall’area della dipendenza 

governativa e le conferisca poteri più incisivi nel settore di competenza. Si prospetta 

cioè l’opportunità di intervenire sull’attuale configurazione del Commissario, così da 

operare una trasformazione, analogamente a quanto avvenuto per l’Isvap, da organismo 

di vigilanza e programmazione servente al vertice politico ad autorità indipendente 

dotata di ampi poteri di intervento diretto sui fenomeni distorsivi. Un’autentica azione 

di prevenzione dell’illiceità amministrativa dovrebbe infatti essere avulsa dall’influenza 

di valutazioni di opportunità politica. Così facendo si registrerebbe cioè un notevole 

salto di qualità nell’attuale configurazione dell’Alto Commissario il quale assurgerebbe 

da articolazione governativa altamente specializzata posta sotto la direzione 

dell’esecutivo ad autorità garante della legalità amministrativa, responsabile della 

complessa azione di supervisione e coordinamento delle politiche di prevenzione della 

corruzione e promotrice della diffusione della cultura della legalità, in conformità 

peraltro agli impegni assunti convenzionalmente a livello internazionale (UNCAC). 

218

A questo punto, volendo esprimere un giudizio critico sull’Alto Commissario per la 


amministrazione, riteniamo che la sua istituzione debba essere in ogni caso salutata 

positivamente. La previsione di un soggetto con finalità preventive dell’illiceità 

amministrativa rappresenta una novità assoluta nel nostro ordinamento ed è sintomo 

della scoperta di un nuovo approccio rispetto ai fenomeni distorsivi, fondato non più 

solo sulla repressione – stante l’insufficienza della norma penale a delimitare il confine 

della legalità 1 - bensì sulla prevenzione. In un’ottica preventiva, il rispetto della legge 

viene assicurato tramite una maggiore responsabilizzazione del personale delle 

pubbliche amministrazioni e soprattutto tramite la diffusione della cultura dell’etica e 

della legalità che consenta il superamento di prassi e logiche clientelari, radicate nella 

mentalità del nostro Paese, e favorisca viceversa la nascita di una forma mentis che 

rifiuti l’adozione di vie preferenziali e si ispiri a valori di solidarietà civica: infatti 

debellare la corruzione è interesse della collettività. Tale processo di educazione civica 

non si presenta tra i più facili da realizzare, stante la diffusa convinzione nella 

cittadinanza che la corruzione non intacchi la propria sfera personale, familiare e 

domestica 2 , evidenziandosi così come la collettività sottovaluti ripercussioni ed effetti 

che la corruzione diffusa nei macro-settori economico e politico-istituzionale 3 , tanto a 

livello nazionale quanto a livello internazionale, esplica nella vita privata di ciascuno, 

sotto forma di costi e danni sociali. La corruzione è un fenomeno spesso sommerso che 

produce “vittime ombra” e da ciò discende per l’appunto la difficoltà di percepire gli 

effetti che un reato contro la pubblica amministrazione provoca non solo all’interno 

della pubblica amministrazione ma anche ed in maggior misura alla collettività 4 . A ciò 

di aggiunge un diffuso sentimento di cinismo o rassegnazione, forse triste eredità di 

Tangentopoli, significativo della rottura di quel contratto di fiducia sociale che 

dovrebbe esistere tra cittadini ed istituzioni-amministrazioni, che porta a tollerare se non 

addirittura ad adeguarsi ed avvalersi dei meccanismi corruttivi 5 . 

1 E. Savona, L. Mezzanotte, La corruzione in Europa, Carocci, Roma, 1998, p. 144. 

2 In questo senso il 65% degli italiani interpellati nel corso del sondaggio Voice of people, realizzato dalla 

Gallup International. Dati Transparency International, 2005. 

3 Al quesito “Quanto la corruzione intacca il settore economico?”, il 56% degli intervistati risponde 

“moltissimo”, il 38% “molto”. Al quesito “Quanto la corruzione intacca la vita politica nel Paese?”, il 

55% degli intervistati risponde “moltissimo”, il 35% “molto”. 

4 “La corruzione cancella il tuo futuro, i tuoi diritti, le tue scelte. Quando qualcuno corrompe chi paga sei 

tu.” Slogan della campagna di sensibilizzazione al problema della corruzione promossa da T.I. Italia. 

5 Quando si chiede se il livello di percezione è cambiato negli ultimi tre anni e se cambierà nei prossimi 

tre: il 38% degli intervistati ritiene che non vi siano state né vi saranno significative variazioni; per il 51% 

degli intervistati negli ultimi tre anni la corruzione è aumentata; è rimasta invariata per il 39%. Nei 

219

L’auspicio è che l’azione dell’Alto Commissario possa conseguire risultati positivi 

concreti, idonei anche ad invertire l’attuale approccio della collettività al problema della 

corruzione nel senso di una ritrovata fiducia nei confronti delle istituzioni, con 

conseguente isolamento dei soggetti corrotti. Viceversa, fintantoché la “via 

preferenziale” continuerà ad essere considerata la “via normale” e, in quanto tale, 

generalmente tollerata, il fenomeno corruttivo non potrà essere debellato. 

D’altra parte per comprendere se l’istituzione dell’organismo risponda ad un’effettiva 

volontà ordinamentale di contrasto dell’illiceità o sia piuttosto una mossa di propaganda 

politica destinata ad un “nulla di fatto”, occorrerà attendere gli esiti di lungo periodo del 

suo operato. Dalla sua operatività concreta potranno d’altra parte trarsi risposte ai 

numerosi dubbi cui l’interpretabilità del testo regolamentare ha dato luogo e potranno 

altresì esprimersi giudizi compiuti sulla sua reale utilità 6 . 

In prospettiva futura, affinché l’azione dell’Alto Commissario non si fermi al piano 

retorico bensì possa incidere significativamente sul fenomeno corruttivo, debbono 

essere realizzati opportuni interventi ed aggiustamenti: anzitutto garantendo una 

maggiore indipendenza della struttura; quindi risolvendo il problematico relazionarsi 

dell’organismo con Regioni ed enti locali; infine e soprattutto predisponendo una 

compiuta politica nazionale anti-corruzione, rispetto alla quale l’Alto Commissario 

funge da supporto tecnico in chiave di law enforcement: in particolare, sotto 

quest’ultimo profilo si comprende come il successo dell’organismo dipenda fortemente 

dalle future scelte politiche e precisamente dalla predisposizione compiuta di un serio 

progetto politico-legislativo di contrasto della corruzione, ad oggi assente. Il dubbio è 

che la mole di interessi coinvolti nell’azione del Commissario anti-corruzione e proprio 

la notevole politicità della materia rappresentino il limite stesso alla sua azione, in 

quanto confliggente con le troppo radicate logiche della “via preferenziale”. 

Concludendo con una nota di ottimismo, si auspica che l’Authority allo stato nascente, 

possa nascere ed evolversi libera dai vincoli dell’opportunità politica così da poter 

adempiere al proprio scopo in maniera efficace ed effettiva: se infatti uno degli aspetti 

di forza della democrazia sta nella sua capacità di auto-riformarsi, non vi è ragione per 

cui il fenomeno della corruzione debba fare eccezione 7 . L’importanza di un approccio 

prossimi tre anni per il 44% degli intervistati la corruzione crescerà; per il 41% rimarrà invariata; solo il 

15% degli interpellati ritiene possibile una sua diminuzione. 

6 In questo senso anche A. Marra, nelle dichiarazione rilasciataci in data 13/06/05. 

7 Y. Mény e D. della Porta, Corruzione e democrazia. Sette paesi a confronto, Liguori, Napoli, 1995, p. 

242. 

220

preventivo al problema “corruzione”, di cui l’Alto Commissario è espressione, è 

perfettamente colto da Machiavelli, per il quale “…niente è più necessario e utile ad un 

generale del conoscere le intenzioni ed i progetti del nemico. Quanto più difficile è 

l’acquisizione di questa conoscenza tanto maggiore è il merito di chi riesce a prevederla 

correttamente”. La corruzione è la “nemica” da sconfiggere e la lotta contro di essa si 

prospetta ardua: nel titanico scontro tra legalità ed illiceità, tra imparzialità e 

clientelismo, tra bene comune ed interessi particolaristici, l’azione dell’Alto 


illecito nella pubblica amministrazione si profila come una tra le armi vincenti. 

221

BIBLIOGRAFIA 

AA. VV., Diritto Amministrativo, Monduzzi, Bologna, 2001. 

AA.VV., I vari aspetti della responsabilità derivante dall'esercizio della funzione 

dirigenziale nella p.a., Milano, 1999. 

AA.VV., Prevenire la corruzione, Collana Documenti CNEL, II serie, n. 1, Roma, 

1996. 

Alessi R., Le prestazioni amministrative rese ai privati, Milano, 1956. 

Altavilla E., Concezione penalistica della pubblica amministrazione, Annali di diritto e 

procedura penale, 1936. 

Altieri E., Considerazioni sulla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di 

responsabilità di amministratori e dipendenti degli enti pubblici economici, intervento 

pubblicato su http://www.corteconti.it. 

Amato G., Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, Rivista Trimestrale di 

Diritto Pubblico, 1997. 

Amirante D., Legislazione anti-corruzione e finanziamento della politica: la terapia 

francese, Quaderni Costituzionali Anno XV, n. 1, Aprile 1995. 

Antolisei F., Manuale di diritto penale, a cura di Conti L., Parte Speciale, II, Milano, 

1995. 

Arcidiacono R., La resa del conto giudiziale degli agenti contabili, Com. d’It., 1999. 

Arena P., L’accesso ai documenti amministrativi, Bologna, Il Mulino, 1991. 

Arlacchi P., La mafia imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983. 

Arnone M., Eliopulos E., La corruzione costa. Effetti economici, istituzionali e sociali, 

Vita e Pensiero, Milano, 2005. 

Arrigoni R., Moralità pubblica e danno non patrimoniale dinanzi alla Corte dei conti, 

Rivista amministrativa, II, 1994. 

Atti Parlamentari, Rapporto del Comitato di studio sulla prevenzione della corruzione, 

XIII Legislatura, Doc. CXI, n. 1. 

Atti Parlamentari,Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Discussioni, Seduta del 19 

marzo 2002, n. 118. 

Bachelet V., Coordinamento, Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1962. 

222

Banca Mondiale e Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Business 

Environment and Enterprise Performance Survey. 

Banfield E. C., Corruption as a Feature of Governmental Organization, Journal of Law 

and Economics, v.18, 1975. 

Barile P., Democrazia e segreto, Quaderni Costituzionali, 1987. 

Barra Caracciolo A., I procedimenti davanti alle autorità indipendenti tra diritto interno 

e diritto comunitario, in Il procedimento davanti alle autorità indipendenti, AA.VV., 

Torino, 1999. 

Bartole S., Presidente del Consiglio dei Ministri, conferenza regionale e Ministro per 

gli affari regionali, Quaderni costituzionali, 1982. 

Battini S., Il personale, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di Cassese S., Parte 

Generale, tomo I. 

Baumann Z., Zur Problematik der Bestchungstatbestände, Heidelberg, 1961. 

Beccaria C., Dei delitti e delle pene, Rizzoli, Milano, 1981. 

Belligni S., Corruzione, malcostume amministrativo e strategie etiche. Il ruolo dei 

codici. Working paper n. 7,Università del Piemonte Orientale, 2000. 

Bellomia F., Il diritto di accesso ai documenti amministrativi e i suoi limiti, Giuffrè, 

Milano, 2000. 

Benson B. L., Baden J., The Political Economy of Governmental Corruption:The Logic 

of Underground Government, Journal of Legal Studies, v.14, 1985. 

Becker G., The Economy Approach to Human Behavoiur, The University of Chicago 

Press, Chicago/London, 1976. 

Bernasconi P. (a cura di), Responding to corruption, Napoli, La città del sole, 2000. 

Bontempi R., Relazione della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni 

sulla lotta contro la frode internazionale, A3-0346/93, Risoluzione PE del 16.12.93, 

GU C20/94. 

Bontempi R., Prefazione a Savona E. U., Mezzanotte L., op.cit. 

Borgonovi E. e Gavazzi C. (a cura di) , Ethics and efficiency in the modern state. Are 

they in conflict?, Milano, Egea, 1994. 

Borraccetti V., Il coordinamento delle indagini sulla criminalità organizzata. La 

soluzione italiana, un assetto non centralistico né gerarchizzato, documento reperibile 

on-line. 

223

Bouchery R. , Prévention de la corruption et transparence de la vie economique. 

Rapport au Premiei Ministre, Collection rapports officiels, La Documentation francaise, 

1993. 

Brassiolo M. T., Combattere la corruzione è un dovere civico, ed. Transparency 

International Italia, Milano, 2001. 

Calderone C. R., Lotta alla corruzione in campo comunitario ed internazionale, Rivista 

Trimestrale di Diritto Penale dell’Economia, Anno XIV, n. 3, luglio-settembre 2001. 

Camaioni S., Il nuovo abuso d'ufficio: un'abrogazione mancata, Le nuove leggi penali, 

Padova, 1998. 

Cammarota G., La nozione giuridica di servizio pubblico in rete. Note a margine 

dell’art. 63 del codice dell’amministrazione digitale, su Interlex del 25/07/2005. 

Capicotto L., Organismo di diritto pubblico e società miste affidatarie, Comitato per la 

Valorizzazione della Professionalità, http://www.covalori.it.htm. 

Capotasti P. A., Tendenze e prospettive dei rapporti fra regioni e Governo, Quaderni 

regionali, 1990. 

Caprio G., Anello W., I difficili rapporti tra centro e periferia. Conferenza Stato- 

Regioni, Conferenza Stato-Città-autonomie locali e Conferenza Unificata, Le istituzioni 

del federalismo n. 1/1998. 

Caranta R., Ferraris L., La partecipazione al procedimento amministrativo, Giuffrè, 

Milano, 2000. 

Cardarelli F., Le banche dati pubbliche: una definizione, saggio pubblicato su Il diritto 

dell’informazione e dell’informatica, Giuffrè, Milano, 2002. 

Caringella F., Garofoli R., Sempreviva M.T., L’accesso ai documenti amministrativi. 

Profili sostanziali e processuali, Giuffrè, Milano, 1999. 

Carlassare L., Amministrazione e potere politico, Padova, 1974. 

Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2001. 

Cassese S., Idee per limitare la corruzione politica, in Corriere giuridico, 1992. 

Cassese S., Le basi del diritto amministrativo, Milano, 1995. 

Cassese S., Amministrazione statale (organizzazione dell’), Enciclopedia giuridica, 

Roma, Istituto della enciclopedia italiana Treccani. 

Cassese S. (a cura di), Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2004. 

Cazzolla F., Della corruzione. Fisiologia e patologia di un sistema politico, Bologna, Il 

Mulino, 1988. 

224

Cimellaro L., Ancora a proposito dell'esclusiva in capo alla Corte dei conti dei giudizi 

di responsabilità amministrativa, Rivista della Corte dei conti n. 3/2001. 

Cocciolo E. E., Corruzione, etica amministrativa e “autoregolazione regolata” dei 

pubblici poteri, Rivista on-line della Scuola Superiore dell’economia e delle finanze. 

Cocco E., I segreti di informazione e di sicurezza nell’ordinamento italiano, Padova, 

1980. 

Comfort A., Camenen F.X., Misure volte a prevenire la corruzione negli stati membri 

dell’Ue, Documento di lavoro della direzione generale degli studi del Parlamento 

Europeo, L-2929, Lussemburgo. 

Comporti G.D., Il coordinamento infrastrutturale, Milano, 1996. 

Cooper T.L., The emergence of administrative ethics as a field of study in the United 

States, in Handbook of administrative ethics, Marcel Dekker, New York, 2000. 

Corletto D., Autorità indipendenti e giudice amministrativo, in Autorità indipendenti e 

Agenzie. Una ricerca giuridica interdisciplinare, a cura di Cavaleri P., Dalle Vedove G., 

Duret P., Milano, Cedam, 2003. 

Corso G., Teresi F., Procedimento amministrativo e accesso ai documenti, Maggioli, 

1991. 

Corwin J. A., Analysis: Putin’s secret plan to combat corruption?, 2004, Radio Free 

Europe/Radio Liberty, 1201 Connecticut Ave., N.W. Washington DC 20036, 

http://www.rferl.org. 

Costanzo P., Commento agli artt. 124 e 126, in Branca G., Pizzorusso A. (a cura di), 

Commentario alla Costituzione, Bologna, 1990. 

Cosulich M., Le altre Conferenze. Le esperienze delle Conferenze permanenti Regioneautonomie 

locali, Le istituzioni del federalismo n. 1/1998. 

Croce B., Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Laterza, Bari, 1934. 

D’Alberti M., Corruzione “soggettiva” e “oggettiva” in D’Alberti M. e Finocchi R. (a 

cura di), Corruzione e sistema istituzionale, Bologna, 1994. 

D’Alberti M., Autorità indipendente (dir. amm.), Enciclopedia Giuridica cit., 1995. 

Deloitte & Touche, Fraud without frontiers a study for the European Commission of 

international fraud within the EU, 1997. 

De Vergottini G., Difensore civico, Enciclopedia Giuridica cit. 

Di Cosimo G., Dalla Conferenza Stato-Regioni alla Conferenza Unificata (passando 

per la Stato-Città), Le istituzioni del federalismo n. 1/1998. 

225

Einaudi L., La bellezza della lotta, 1923, ora in Le lotte del lavoro, Einaudi, Torino, 

1972. 

Elliott K.A., Corruption and the Global Economy, Institute for International 

Economics,Washington, 1997. 

Enciclopedia Curcio per tutti, II ed., 1966. 

Esposizione di giurisprudenza sul codice penale dal 1964, libro II, titoli I, VIII, Milano 

1972. 

Favara F., Relazione sull’amministrazione delle giustizia nell’anno 2004, Bozze di 

stampa, Roma, 11 gennaio 2005. 

Fenucci T., Sulla natura giuridica delle s.p.a. a capitale interamente pubblico, Giustizia 

amministrativa-Rivista di diritto pubblico n. 11/2004. 

Ferola L., Spazio giudiziario europeo e lotta alla corruzione, Liuc Papers n. 73, Serie 

Impresa e Istituzioni, 14 aprile 2000. 

Fiandaca G., Verso una nuova riforma dell'abuso d'ufficio, Questione giustizia, 1996. 

Fiandaca G., Musco E., Diritto penale, Parte speciale I, Bologna, 1997. 

Flick G. M., in Oltre Tangentopoli?Intervista sulla giustizia, a cura di Ciancarella A., 

Milano, 1995. 

Freni E., Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Enciclopedia Giuridica cit., 

1999. 

Foccillo A., La situazione contrattuale nel pubblico impiego, su QuadriOnline. 

Forti G., Prefazione a Arnone M., Iliopulos E., op.cit., pp. XIII-XXIII. 

Franchini C., Proposta di norme sulle autorità indipendenti, Giornale di diritto 

amministrativo, 1996. 

Franchini C. (a cura di), L’esame di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2005. 

Gallucci C., Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, Enciclopedia Giuridica cit., 

2001. 

Gambetta D., Fragments of an Economic Theory of the Mafia, Archives européennes de 

sociologie, v. 29, 1988. 

Garri F., Responsabilità amministrativa, Enciclopedia Giuridica cit. 

Garri F., Responsabilità contabile, Enciclopedia Giuridica cit. 

226

Garzòn Valdés E., Acerca de la tesis de la separaciòn entre Moral y Politica, in 

Derecho,ética y polìtica, Madrid, CdeEC, 1993. 

Gaspari O., L’attività della Conferenza Stato-Città e autonomie locali. Una scheda 

informativa, Le istituzioni del federalismo n. 1/1998. 

Gianisi F., Lo scudo fiscale, su ParamondOnline del 30/04/2002. 

Giannini M. S., Zanobini G., Chiaretti F., Amministrazione pubblica, Enciclopedia del 

diritto cit. 

Gianniti F., Studi sulla corruzione del pubblico ufficiale, Milano, 1970. 

Gonzàles J., Corrupciòn y justicia democratica, Madrid, Clamores, 2000. 

Gorret A., Dopo una serie di rinvii, è stato approvato dal governo il decreto attuativo 

della legge Frattini, Bollettino Segretari, 2004. 

Grispigni F., Diritto Penale Italiano, II, Milano, 1952. 

Grosso C. F., L’iniziativa DiPietro su Tangentopoli. Il progetto anticorruzione di mani 

pulite fra utopia punitiva e suggestione premiale, Cassazione Penale, 1994. 

Grosso C. F., Corruzione, Digesto delle discipline Penalistiche, Utet, Torino. 

Heidenheimer A. J., Perspectives on the perception of corruption, in Political 

Corruption: A Handbook, Heidenheimer A. J., Johnston M. e LeVine U. T., New 

Brunswick, 1989. 

Huber B., Il sistema tedesco di lotta alla corruzione: una comparazione con quelli di 

altri paesi europei, Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell’Economia, anno XII, n. 3, 

Luglio-Settembre 1999. 

Huber B., Combating corruption in the European Union, Series of Publications by the 

Academy of European Law in Trier, vol. 31, Bundesanzeiger Verlagsges, Koeln, 2002. 

Impallomeni G.B., Pubblici Ufficiali e persone legittimamente incaricate di pubblico 

servizio, Supplemento alla Rivista Penale, Vol. III. 

Impeciati L., Danno morale: configurabilità e risarcimento nei confronti della p.a., 

T.a.r., II, 1994. 

Italia V., L’accesso ai documenti amministrativi (Regolamento 27 giugno 1992, n. 352), 

Milano, Giuffrè, 1992. 

Johnston M., Political corruption and public policy in America, Belmont, California, 

Brooks/Cole Publishing Company, 1982. 

Kauffmann D., Kraay A., Mastruzzi M., Governance Matters III: Governance 

Indicators for 1996-2002, The World Bank, Washington DC, 2004. 

227

Kaufmann D., Corruption, Governance and Security: Challenges for the Rich Countries 

and the World, Global Competitiveness Report 2004/2005, The World Bank Institute, 

Washington DC, 2004. 

Kernaghan K., The post-bureaucratic organization and public service value, 

International review of administrative sciences, vol.66, n. 1/2000. 

Labriola G., Segreto di Stato, Enciclopedia del diritto cit., XLI. 

La Falce M. G., La Conferenza Stato-Regioni: innovazione e cambiamento nei rapporti 

Governo-sistema delle autonomie locali, Gazzetta Ambiente, n. 1, gennaio 1998. 

La Palombara J., Structural and institutional aspects of corruption, Social Research, 61, 

1994. 

Laschena R., Introduzione al tema, in Il procedimento davanti alle autorità indipendenti, 

AA.VV., Torino, 1999. 

Lazzini S. (a cura di), Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della 

corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, 

http://www.diritto.it. 

Levi N., I delitti contro la pubblica amministrazione, in Trattato di diritto penale diretto 

da Florian E., Milano, 1935. 

Lippi A., La valutazione nell’amministrazione locale tra teoria e pratiche .I controlli di 

gestione, documento reperibile on-line. 

Longobardo C., I progetti per “uscire” da Tangentopoli, Rivista Trimestrale di Diritto 

Penale dell’Economia, anno XIII, n. 1-2, Padova, gennaio-giugno 2000. 

Lucchini R., Universalisme et relativisme dans l’approche de a corruption. Réflexions 

sociologique, Friburgo, Editions Universitaires Friburg Suisse, 1995. 

Luiso F.P., Richiesta informazioni alla p.a., Enciclopedia del diritto cit. 

Malem Seña J. F., La corrupciòn. Aspectos éticos, econòmicos, polìticos y jurìdicos, 

Barcelona, España, 2002. 

Magatti M., Corruzione politica e società italiana, Il Mulino, Bologna, 1996. 

Maggiore G., Diritto Penale, II, Bologna 1950. 

Malinverni R., Pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio nel diritto penale¸ 

Torino, 1951. 

Manetti M., Autorità indipendente (dir. cost.), Enciclopedia Giuridica cit., 1997. 

Manetti M., Poteri neutrali e Costituzione, Milano, Giuffrè, 1994. 

228

Mantovani F., Diritto penale-Parte generale, Cedam, Padova, 2001. 

Manzini V., Trattato di diritto penale, V, Torino, 1962. 

Marongiu A., L'attività direttiva nella teoria giuridica dell'organizzazione, Padova, 

1989. 

Marra A., Successi della Convenzione OCSE contro la corruzione ed ostacoli al suo 

enforcement, pubblicazione TI- Italia, reperibile on-line su http://www.transparency.it 

Marra A., Arriva il commissario anti-corruzione, nella rivista on-line Giustizia. La 

parola al popolo del 14 febbraio 2005. 

Massera A., Autonomia e indipendenza nell’amministrazione dello Stato, in Scritti in 

onore di M.S. Giannini, III, Milano, 1998. 

Mastroniani L., Le nuove frontiere della responsabilità amministrativa: operatori 

pubblici e danno erariale, Rivista on-line Diritto&Giustizia. 

Mattarella B. G., Controllo della corruzione amministrativa e regole di etica pubblica, 

Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, Anno XII, n. 5/2002. 

Mazzella L., Etica e Pubblica Amministrazione, Pontificio Consiglio per la Giustizia e 

la Pace, 28 aprile 2004, http://www.funzionepubblica.it/docs_html/etica.htm. 

Mazzarolli L., L’accesso ai documenti della pubblica Amministrazione, Cedam, 1998. 

Mele E., La responsabilità dei dipendenti ed amministratori pubblici, Milano, 1991. 

Mény Y., della Porta D., Corruzione e democrazia, Liguori, Napoli, 1995. 

Merloni F., Fortuna e limiti delle cosiddette autorità amministrative indipendenti, 

Politica del diritto, 1997. 

Merusi F., Democrazia ed autorità indipendenti. Un romanzo “quasi” giallo, Bologna, 

Il Mulino, 2000. 

Merusi F., Passaro M., Autorità indipendenti, Enciclopedia del Diritto cit., 2002. 

Migliarese Tamburino F., Il coordinamento nell'evoluzione dell'attività amministrativa, 

Padova, 1979. 

Mirri M., Corruzione propria e corruzione impropria tra Costituzione e politica 

legislativa, Rivista Italiana di diritto e procedura penale, Milano, 1980. 

Montella U., Verso il superamento della distinzione tra “pubblica funzione” e 

“pubblico servizio” e conseguenze in tema di giurisdizione della Corte dei Conti, 

documento reperibile on-line. 

229

Morbidelli G., Esiste ancora la materia “lavori pubblici di interesse regionale?” 

Ovvero dal regionalismo “cooperativo” al regionalismo “vigilato”, Le Regioni, 1996. 

Morbidelli G., Tra Stato-regioni e Stato-città, Le Regioni n. 4, 1997. 

Mosca G, Il pericolo dello Stato moderno 1909, in Scritti sui sindacati, a cura di Perfetti 

F. e Ortolani M., Roma, Bulzoni, 1974. 

Movisol, anno V, n. 5, novembre 1997, Transparency International: la madre di tutte le 

Mani Pulite, http://www.transparency.org. 

Napolitano G., Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, 2001. 

Nappi S., Confisca e sequestro preventivo per i delitti contro la pubblica 

amministrazione nella legge 27 marzo 2001,n. 97, http://www.amcorteconti.it. 

Natalini A., Il “collegato” alla Finanziaria in materia di pubblica amministrazione, 

Giornale di diritto amministrativo n. 5, maggio 2003. 

Niccolai S., I poteri garanti della Costituzione e le autorità indipendenti, Pisa, 1996. 

Nieto A., Corrupciòn en la España democràtica, Barcelona, Ariel, 1997. 

Nigro M., La pubblica amministrazione tra Costituzione formale e Costituzione 

materiale, Rivista Trimestrale di Diritto Processuale Civile, 1985. 

Nigro M., Amministrazione Pubblica (organizzazione giuridica dell’), Enciclopedia 

giuridica cit. 

OCSE, Report on the Application of the Convention on Combating Bribery of Public 

Officials in International Business Transactions and the 1997 Recommendation on 

Combating Bribery in International Business Transactions, 29 novembre 2004. 

Orlando L., Contributo allo studio del coordinamento amministrativo, Milano, 1974. 

Pagliaro A., Principi di Diritto Penale. Parte Speciale I. Delitti contro la Pubblica 

Amministrazione. Giuffrè, Milano, 2000. 

Paladin L., Diritto Costituzionale, Cedam, Padova, 1998. 

Passaro M., Le amministrazioni indipendenti, Torino, Giappichelli, 1996. 

Patroni Griffo G., Tipi di autorità indipendenti, I garanti delle regole, a cura di Cassese 

S. e Franchini C., Bologna, 1996. 

Pavone M., Nuovi profili di incostituzionalità della legge ex-Cirielli, portale di 

informazione giuridica Studio Castaldi, 01/02/2006. 

Perfetti L.R., Contributo ad una teoria dei pubblici servizi, Padova, 2001. 

230

Perin M., Tipologia di danni erariali conseguenti ad attività di corruzione e 

concussione nella P.A.: danno da tangente, danno da disservizio e lesione all’immagine 

pubblica, Giustizia amministrativa, 2002. 

Perry P. J., Political corruption and political geography, Ashgate, 1997. 

Perulli V., La responsabilità civile, penale ed amministrativa degli amministratori 

pubblici, Milano, 1995. 

Peterson J., The EU: Pooled sovereignty, divided accountability, Political Studies, 1997, 

XLV. 

Picotti L., Le “nuove” definizioni penali di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico 

servizio nel sistema dei delitti contro la pubblica amministrazione, Rivista Trimestrale 

di Diritto Penale dell’Economia, Padova, 1992. 

Piga F., Coordinamento- principio del, Enciclopedia Giuridica cit., 1988. 

Pipes R., 1974, Russia under the old regime, London, Penguin books. 

Pizzetti F., Commento al d.lgs. 281/97, Giornale di diritto amministrativo n. 1/1998. 

Pizzorno A., La corruzione nel sistema politico, introduzione a D. della Porta, Lo 

scambio occulto. Casi di corruzione politica in Italia, Bologna, Il Mulino. 

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione al Parlamento sullo stato della 

pubblica amministrazione per gli anni 2000 e 2001. 

Pulitanò D., Problema “tangentopoli” e giustizia penale, Relazione tenuta al convegno 

ISISC, Siracusa 20-22 ottobre 1995. 

Putin V., Speech by Russian President Vladimir Putin at a meeting of the 

Anticorruption Council under the President, the Kremlin, Moscow, January 12, 2004. 

Source: Ministry of Foreign Affairs of the Russian federation, Information and Press 

department: http://www.mid.ru. 

Rembado G., La nuova figura del dirigente pubblico. Aspetti contrattualistici e ruolo 

unico dei dirigenti, documento reperibile on-line. 

Reuter P., Disorganized Crime, the Economics of Visible Hand, Cambridge, Mass., 

MIT Press, 1983. 

Ricciardi M., Appunti sul segreto di Stato e principio di trasparenza, Politica del diritto, 

1993. 

Riccio S., Amministrazione pubblica (Delitti contro l’) (in generale), Novissimo 

Digesto Italiano, Torino, Utet. 

231

Ringolfi S., L’attuazione della delega di cui all’art. 9 della legge 59/1997, la nuova 

conferenza Stato-regioni e la sua unificazione con la Conferenza Stato-città e 

autonomie locali, Prime note n. 10/1997. 

Rocco A., In tema di segreto di Stato e di accesso ai documenti amministrativi, Il 

Diritto Sociale, 1992, nonché Il segreto nella realtà giuridica italiana, Atti del 

convegno nazionale, Roma, 26-28 ottobre 1981, Padova, 1983. 

Rodrìguez- Arana Muñoz J., Principios de ética pùblica, Montecorvo, Madrid, 1993. 

Rolla G., La Commissione per le questioni regionali nei rapporti tra Stato e regioni, 

Milano 1979. 

Romano Tassone A., Considerazioni in tema di diritto di accesso, Scritti per Ezio 

Silvestri, Giuffrè, 1992. 

Rose-Ackerman S., Corruption. A Study in Political Economy, Academic Press, New 

York, 1978. 

Rose-Ackerman S., The Political Economy of Corruption, in Elliot K. A. (a cura di), 

Corruption and the Global Economy, The Institute for International Economics, 


Ruimschotel D., The EC budget: ten per cent fraud? A policy analysis approach, 

Journal of Common Market Studies, 32, 1994. 

Russo E., Della Monica G., La modifica dell'abuso d'ufficio e le nuove norme sul diritto 

di difesa, Milano, 1997. 

Salisch H., Relazione della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni 

sulla lotta alla corruzione in Europa, A3-0314/95, Risoluzione PE del 15.12.95, GU 

C17/96. 

Sandulli A.M., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1978; id., 1989. 

Sandulli A. M., Governo e amministrazione, Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 

1996. 

Sandulli A.M., I limiti al diritto di accesso: in particolare il segreto, Accesso ai 

documenti amministrativi, Enciclopedia del diritto cit. 

Savona E. U., Mezzanotte L., La corruzione in Europa, Carocci, Roma, 1998. 

Scoca F. G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2003. 

Sechi V., La responsabilità amministrativa del dipendente dell’ente locale, monografia 

del 6 aprile 2001, reperibile su http://www.diritto.net. 

232

Senato della Repubblica, Commissione permanente affari costituzionali, XIII 

Legislatura, Indagine conoscitiva sugli strumenti istituzionali atti a prevenire i fenomeni 

di corruzione, Roma, Tipografia Senato, 1998. 

Sepe O., Aspetti sostanziali e processuali del giudizio di conto, in Studi per Benvenuti. 

Severi F. S., Amministrazione dello Stato, Digesto delle Discipline Pubblicistiche, Utet, 

Torino. 

Sherlock A., Harding C., Controlling fraud within the European Community, European 

Law review, 16, 1991. 

Sorace D., Lezioni di diritto amministrativo, Bologna, 2000. 

Sorace D., Diritto delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 2001. 

Staderini F., Responsabilità amministrativa e contabile, Digesto delle Discipline 

Pubblicistiche cit. 

Staderini F., Silveri A., La responsabilità nella pubblica amministrazione, Cedam, 

Padova, 1998. 

Tanzi V., Corruption around the world: Causes, Consequences, Scope and Cures, in 

Governance, Corruption and Economic Performance, a cura di Abed G. T., Gupta S., 

IMF, Washington DC, 2002. 

Tanzi V., Davoodi H. R., Corruption, Growth and Public Finances, in Abed G. T., 

Gupta S., op.cit. 

Tilman R., Emergence of Black-market Bureaucracy: Administration, Development 

and Corruption in the New States, Public Administration Review, 28, 1968. 

Tollison R. D., Rent-seeking : A Survey, Kyklos, v. 35, 1982. 

Torchia L., I rapporti tra politica e amministrazione: poteri armonizzati e poteri 

contrapposti, in L’amministrazione e la Costituzione, a cura di Cassese S. e Arabia A. 

G., Bologna, 1993. 

Torchia L., Il Governo, Rapporto sulle Regioni II, a cura del Cinsedo, 1994. 

Transparency International, The fight against corruption: Is the tide now turning?, 

Berlin, April, 1997. 

Treves R., L'organizzazione amministrativa, Torino, 1967. 

Tullock G., The Ecoomics of Special Privilege and Rent Seeking, Boston, Kluwer 

Academic Publishers, 1989. 

UK House of Commons, European Standing Committee B, Detection of frauds and 

irregularities, London, HMSO, 1996. 

233

Vaksberg A., 1992, La mafia russe. Comment on dévalise le pays depuis 70 ans, Paris, 

Albin Michel. 

Valentini G., L’anomalia legislativa, su LaRepubblica.it. 

Valero M., L'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e 

delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, Nuova rassegna 

di legislazione, dottrina e giurisprudenza, n. 19, 1 ottobre 2004. 

Villoria Mendieta M., Etica pùblica y corrupciòn: curso de ètica administrativa, 

Tecnos, Madrid, 2000. 

Virga P., Diritto amministrativo. Atti e ricorsi, Giuffrè, Milano, 2001. 

Weber M., Economia e Società, Milano, 1968. 

Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze, 1945. 

Williams R., The politics of corruption – Explaining corruption, v. I, Cheltenam, Uk – 

Northampton, Ma, Usa, Edward Ellar, 2000. 

Worldbank, Helping countries to combat corruption, Settembre 1997. 

World Bank, Anticorruption in Transition. A Contribution to the Policy Debate, 


234

Eleonora Panizzi - Public Administration

Create successful ePaper yourself

Delete template?

Save as template?