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VINCENZO LUMENTI<br />
RICORDI D’ INFANZIA<br />
( con filastrocche, canzoncine,indovinelli,scioglilingua,<br />
proverbi e modi di dire in dialetto torremaggiorese )
Copyright Dicembre 2011 © Vincenzo Lumenti<br />
D E D I C A :<br />
Ai miei concittadini e alla<br />
mia città Torremaggiore<br />
che non ho mai dimenticato.<br />
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore
PREFAZIONE<br />
Le differenze linguistiche che un tempo si manifestavano in modo<br />
prepotente ora sono scomparse quasi del tutto nel nostro paese in quanto<br />
il livello culturale è aumentato grazie anche all’entrata della TV nelle case.<br />
Quasi tutti oggi parlano in italiano, questo è un fenomeno positivo, ma ve<br />
n’è anche uno molto grave e cioè la scomparsa del “ dialetto”che è lingua<br />
vera e vivace .Importante ,quindi, sarebbe tener vivo nei ragazzi il ricordo<br />
di tradizioni, usi e parole che oggi si ritrovano solo nei discorsi degli anziani<br />
Occorre,quindi, conservare tali <strong>ricordi</strong> che rappresentano un patrimonio<br />
inestimabile e immutabile di valori della civiltà antica che va recuperato,<br />
salvaguardato e affidato con cura alle future generazioni perché nessuna<br />
società, seppure in continua evoluzione, può occultare il proprio passato, il<br />
solo capace di farci scoprire antiche abitudini, culture e tradizioni popolari<br />
di un tempo lontano, tutt’ora valido e del quale è bene non perdere la<br />
memoria.<br />
Come si viveva nel secolo scorso ? Quali le abitudini e le usanze della gente,<br />
quali i giochi dell’epoca, quali i proverbi e i modi di dire? Cercherò di<br />
rispondere a tutte queste domande nel modo più chiaro possibile perché ,<br />
solo dalle considerazioni che ne scaturiranno, sarà possibile fare un<br />
paragone con i tempi moderni.<br />
A tale scopo mi accingo a rievocare episodi della mia fanciullezza, talvolta<br />
con locuzioni dialettali ,proprio per renderli più reali e più vivaci.<br />
********************************
Immaginate di ritornare per un momento indietro nel tempo e state seduti<br />
con me intorno ad un bel braciere acceso. Desidero raccontarvi cose che<br />
oggi possono sembrare irreali ma che sono realmente accadute e che<br />
hanno fatto parte della mia fanciullezza.<br />
La mia famiglia era composta dal nonno ,dalla nonna,da mio padre, da mia<br />
madre e da tre fratelli e vivevamo tutti uniti in tre stanze. Talvolta, essendo<br />
la mamma nativa di altro paese, arrivavano ospiti e allora ci si arrangiava<br />
alla meglio nel mangiare e nel dormire e non si mostrava mai insofferenza<br />
o fastidio. Anche noi, naturalmente, si andava qualche volta dagli zii al<br />
paese di mia madre.<br />
Mi raccontano che un giorno, avrò avuto meno di tre anni,trovandomi<br />
nella casa di una zia, sentii provenire dalla cucina un odorino di sugo<br />
talmente stuzzicante che non resistetti alla voglia di assaggiarlo per cui<br />
presi un pezzo di pane, salii sullo sgabello,scoperchiai la pentola e stavo<br />
per intingervi il pane quando una voce dietro le mie spalle mi gridò :<br />
-“ Lazzarone, cosa stai facendo ? “<br />
Per lo spavento lasciai cadere a terra sia il pane che il coperchio della<br />
pentola e, girandomi verso la zia, esclamai piangendo :<br />
-“Ch’ t’ pòzzn accìd, ma’ fatt sckantà ! ( Che ti possono uccidere, mi hai<br />
fatto spaventare!)”<br />
A questa mia uscita la zia scoppiò in una sonora risata, mi asciugò le<br />
lacrime e mi fece assaggiare il sugo.<br />
Nel mio paese, prevalentemente agricolo, le attività giornaliere iniziavano<br />
molto presto. Dalla stalla, spesso situata all’interno delle case, i contadini<br />
tiravano fuori gli animali per attaccarli ai “traìni” (carretti), caricavano il<br />
“fumèro” (letame)e poi partivano per i campi dai quali facevano ritorno<br />
solo verso sera.<br />
Chi non possedeva un proprio campo si recava davanti al Municipio per<br />
trovarsi “ la giornata”.Era questo il luogo dove gli uomini si riunivano per<br />
essere ingaggiati per un lavoro di uno o più giorni dopo averne contrattato<br />
la paga col “sovrastante” o direttamente col padrone del terreno.<br />
Partiti gli uomini, le donne per prima cosa portavano fuori “ a caiòla chi’<br />
iallìne”( la gabbia con le galline), che venivano lasciate libere di razzolare<br />
mentre si procedeva alla pulizia della gabbia stessa. Ed ecco che le strade<br />
cominciavano ad animarsi.Il primo richiamo era “ du’ cafttère”( caffettiere)<br />
che ,offrendo la sua ciofèca calda, gridava :
-“Caffè che è giorno !!! …”<br />
E poi via via :<br />
-U’ bannaiùl ( il banditore) che quasi sempre reclamizzava la bontà del<br />
pesce dell’unica pescheria del paese oppure prometteva una ricompensa a<br />
chi avesse trovato un oggetto perso.<br />
-U’ crapàr ( il capraio ) che dava alle donne la quantità di latte richiesto<br />
mungendolo direttamente dagli animali che portava al pascolo. Altro che<br />
sterilizzazione !<br />
-u traìn da’ munnèzza( il carretto che ritirava l’immondizia) che le donne<br />
raccoglievano durante la giornata dentro la” stagnèra ( contenitore di<br />
stagno rettangolare)<br />
-U‘cinciaiùlo (il cenciaiolo) che regalava piccoli utensili per la casa in<br />
cambio di cenci e stracci vecchi.<br />
-U’ molafrùvc ( il mola forbici , l’arrotino)<br />
-U‘ mbrillàr( l’ombrellaio) che gridava : “Aggiustàtv u’ mbrell, u’mbrillàr (<br />
Aggiustatevi l’ombrello, l’ombrellaio !)<br />
-Il venditore di tende che reclamizzava così il suo prodotto :” A’ rezz’ pa’<br />
porta, a retìna p’nnanz la porta!(La tenda per la porta, la retìna per il<br />
davanti della porta !)<br />
-U’ carrttòne ( carro grande a sponde alte) pieno di sacchi di foglie di<br />
granturco che le donne compravano per riempire il “saccòne “ ( specie di<br />
sottomaterasso). Siccome durante la notte questo si appiattiva a causa<br />
del peso delle persone che vi dormivano sopra, la mattina per rifare il<br />
letto, le donne inserivano nelle quattro tasche laterali del saccòne una “<br />
forcinella” e rimuovevano le foglie di granturco in modo da farlo venire più<br />
alto.<br />
-U’ scarpàr ( il ciabattino ) per ritirare scarpe da risuolare o consegnare<br />
quelle aggiustate.<br />
-U’ furnàr ( il fornaio ) a prendere le ordinazioni per le infornate del pane<br />
che erano tre: U’ prim ( la prima alle tre di notte ), U’ press ( la seconda<br />
alle dieci del mattino ) e U’ l’ùltm ( l’ultima alle sedici pomeridiane ). La<br />
fragranza del pane appena sfornato e delle pizze col pomodoro o con la<br />
cipolla riempiva l’aria di un odore talmente piacevole che, a differenza di<br />
oggi, ti sentivi appagato soltanto a respirarla.<br />
Talvolta faceva la sua apparizione anche l’omino col “Pianìno” che con la<br />
sua musica e le sue canzoni rallegrava un po’ l’ambiente quasi serioso delle<br />
strade del paese. Era questo il mezzo che allora si usava per propagandare
le canzoni e farle arrivare direttamente alla gente. E mentre il “ pianìno”,<br />
opportunamente caricato con una manovella spandeva per l’aria le note<br />
allegre di una canzone nuova, una giovane donna ne cantava le parole per<br />
modo che rimanessero impresse nella mente delle persone. Intanto<br />
l’omìno, unitamente al testo della canzone, vendeva la “Pianèta della<br />
fortuna”, oroscopo redatto su piccoli foglietti di carta di colori diversi:<br />
bianco per i ragazzi, rosso per le donne e verde per gli uomini, tutti piegati<br />
e riposti in un cassetto di legno dal quale un pappagallo, appositamente<br />
addestrato, ne estraeva uno col becco secondo il preciso comando ricevuto<br />
dal padrone : Una pianèta per il giovinotto, una pianèta per la signorina,<br />
ecc .<br />
Tutto aveva un suo ritmo preciso : gli uomini andavano a lavorare i campi,<br />
le donne sfaccendavano in casa, i figli più grandi che non andavano più a<br />
scuola erano avviati ai mestieri e quelli più piccoli erano mandati alla “<br />
maestra “, specie di badante che, per un piccolo compenso, accoglieva in<br />
casa propria i bambini insegnando loro le prime nozioni di aritmetica , le<br />
consuete preghiere e a stare” composti e a braccia conserte”.<br />
Chi poteva comprava un maialino alla fiera e lo affidava alle cure di un<br />
guardiano . Io ricordo un ometto piccolo e tarchiato, un certo”Marchiònn”(<br />
Melchiorre) che nel suo orto costruiva tanti “paghiarèlli” (piccoli ricoveri<br />
fatti con ciuffi di paglia intrecciati tra di loro) che affittava a chi voleva<br />
tenere il maialino all’ingrasso la cui uccisione avveniva quasi sempre<br />
prima di Natale e ai primi freddi in modo che la carne non andasse a male.<br />
D’estate ,quando le porte di casa erano spalancate, le mosche vi entravano<br />
e la facevano da padrone .Era compito delle donne “cacciarle “ .<br />
Si procedeva in questo modo: mentre una persona chiudeva e apriva<br />
ritmicamente l’uscio di casa, un’altra agitando una tovaglia o un grembiule,<br />
faceva più volte il giro della casa cercando di indirizzare le mosche verso il<br />
cono di luce della porta e spingerle fuori. Non c’era ancora il DDT ma vi<br />
assicuro che il metodo funzionava abbastanza. Oppure si appendevano in<br />
casa delle carte moschicide alle quali gli insetti restavano attaccati ma<br />
questo, certamente, non era un bel vedere.<br />
In estate, dopo del pranzo, tutti a letto perché il caldo della “ contròra”<br />
(dalle 13 alle 16) era davvero insopportabile per cui in paese scendeva un<br />
assoluto silenzio rotto solo dal continuo frinire delle” cantarècine (cicale.) E<br />
meno male che alle 17, per le piazze principali del paese, passava “ a’<br />
pompièra” (autobotte) che spruzzava acqua in ogni verso mitigando il<br />
calore che veniva su dalla pavimentazione stradale. Solo dopo di quell’ora<br />
ci era concesso di uscire di casa per andare a giocare.<br />
La vita della comunità di quei tempi era di una semplicità sconcertante:
tutto veniva fatto alla luce del sole e, magari, in collaborazione. Le donne in<br />
special modo iniziavano le loro conversazioni già dal primo mattino mentre<br />
pulivano con la scopa lo spazio davanti l’uscio di casa:<br />
-Cummàr Ntunè ch’ cucìni iogg? (Comare Antonietta cosa cucini oggi?)<br />
Poi c’era qualcuna che aveva fatto il bucato e non aveva “ la zoca “(la<br />
corda) per appenderlo ad asciugare e la chiedeva in prestito come pure si<br />
chiedeva in prestito “ u’ luvàt” ( il lievito) per fare il pane o” a’ lòpa”<br />
complesso di rampini o ganci di ferro ) che serviva per recuperare un<br />
secchio caduto nel pozzo che all’epoca esisteva in quasi tutte le case.<br />
Tuttavia non erano sempre rose e fiori. Talvolta succedeva che due comari<br />
litigassero tra di loro e, solo grazie al buonsenso e all’ironia di una delle<br />
due, tutto finiva nel modo più simpatico. Ad un certo punto della<br />
discussione una donna prendeva la scopa, l’appoggiava all’esterno della<br />
porta e, rivolgendosi all’altra, esclamava : -<br />
“Tè, mò parl ch’ questa!( Tieni, adesso parli con questa!) e rientrava in casa<br />
mettendo fine alla diatriba.<br />
Per andare a fare qualche servizio si lasciava la porta aperta tanta era la<br />
fiducia che la gente riponeva nel prossimo sicuri che nessuno sarebbe<br />
entrato in casa senza chiedere permesso. Certo qualche furto si perpetrava<br />
anche allora ( si diceva : hann sfasciàt da cummar Lucietta= Hanno rotto la<br />
porta della casa di comare Lucietta) ma anche una cattiva azione si faceva,<br />
oserei dire, con un pizzico di romanticismo: si andava a rubare in coppia e,<br />
mentre uno dei due ladri operava all’interno della casa, l’altro, dall’esterno,<br />
gli mandava messaggi suonando la chitarra e cantando :<br />
-“Lavora bene, lavora bene, nessuno ci viene, nessuno ci viene. Oppure<br />
-“Non lavorà, non lavorà, lascia passar, lascia passar:”<br />
Malgrado la vita grama e le limitazioni di ogni genere la gente era<br />
ugualmente contenta, viveva alla giornata, faceva qualche piccola “ zella”<br />
(debituccio) e cantava così :<br />
-“ Sarrànn cent, duicènt lire e cchiù ( Saranno cento,duecento lire e più )<br />
Allègr chi l’avvànz,che per mè nun pajo cchiù( stia allegro chi l’avanza<br />
che io non pago più)”<br />
Data la povertà in cui si viveva c’erano diversi mendicanti che, con la<br />
bisaccia a tracolla, bussavano alle porte delle case chiedendo “ carità per<br />
l’amore di Dio”. Quando non gli si voleva dar niente si rispondeva “ Hai<br />
pace( Abbi pace )” diversamente gli si dava un pezzo di pane o un poco di<br />
olio. A proposito desidero raccontarvi un episodio divertente : un<br />
pomeriggio un “pezzente” bussò alla nostra porta e, siccome a
mezzogiorno era avanzata della minestra, mia madre gliela offrì in un<br />
piatto. Il mendìco la mangiò con gusto e ringraziò la mamma , quindi<br />
aggiunse:<br />
“Signò, è stata bona, ma n’ata vota m(e)ttìtici nu’ poch di sale di cchiù<br />
(Signora ,è stata buona ma un’altra volta metteteci un poco di sale in più)<br />
Certo che le donne, a quei tempi, veramente sfacchinavano. Si alzavano<br />
all’alba per ammassare la farina” ndà fazzatòra “( nella madia ) per fare il<br />
pane mettendosi in testa “u’tuccatìno(grande fazzoletto) per evitare che<br />
qualche capello cadesse nella farina, poi preparavano i bambini per la<br />
scuola. Li pettinavano prima con un pettine a denti stretti per eliminare un<br />
eventuale pidocchio o “ i’ lìnnl “( le lèndini, cioè le sue uova) poi davano<br />
loro un’ultima ripassata con la “ scatèna”( pettine a denti più larghi).<br />
Per proteggere i propri figli da disgrazie e sventure appuntavano sulla loro<br />
maglietta intima “ l’abbitìna”(sacchetto che conteneva un santino piegato,<br />
acini di sale e altri oggetti ritenuti scaramantici) Se, malgrado tutto, i<br />
bambini si ammalavano, si correva in farmacia per farsi preparare “ u’<br />
bucchèro pa’ frèva “(il bicchiere per la febbre) o si dava loro da bere<br />
“l’acqua d’ malv”( un infuso fatto con le piante di malva ).<br />
Tra le altre incombenze c’era il bucato che veniva fatto “ndù cantr “(<br />
grosso recipiente di terracotta in cui si metteva la biancheria a mollo con la<br />
cenere ). Tutta l’operazione veniva eseguita rigorosamente a mano<br />
strofinando il bucato insaponato “ sopa a’ tavlèll “(pezzo di legno<br />
rettangolare e scanalato.)<br />
Quanto a pulizie mi tornano in mente quelle di Primavera che assumevano<br />
una caratteristica tutta particolare: si tirava fuori di casa quasi tutto il<br />
mobilio e si provvedeva a ripulirlo a fondo. Il trattamento più radicale era<br />
riservato alle reti metalliche dei letti alle quali, dopo averle bagnate con<br />
alcool o petrolio, si dava fuoco affinchè gli insetti, eventualmente annidatisi<br />
negli intersizi delle molle, trovassero la morte.<br />
Eliminare mosche, pulci, zanzare e altri insetti fu sempre un compito arduo<br />
fino all’arrivo degli Americani che ci portarono il famoso DDT .Altra buona<br />
cosa fu l’avvento della penicillina che contribuì a debellare molte malattie<br />
per le quali si moriva molto facilmente anche in giovane età.<br />
Per portare rispetto ai morti ricordo che tutti i familiari si vestivano<br />
completamente di nero e gli uomini non si radevano almeno per dieci<br />
giorni mentre per noi bambini era quasi una festa perché si aspettava “u’<br />
ricùnzolo”. In cosa consisteva ? Siccome nella casa del “morto” non si<br />
poteva cucinare, i parenti e gli amici, a turno,a mezzogiorno mandavano<br />
loro un cesto con ogni ben di Dio: brodo con pasta reale ( a proposito se ne<br />
trova ancora in commercio ?) pollo lesso oppure pasta al sugo con<br />
carne,frutta ,vino e pane fresco perché si rifocillassero e si “riconsolassero”<br />
appunto.
Compito delle donne era anche quello di intrattenere i rapporti sociali con i<br />
parenti con i quali si scambiavano le “visite”.La maggior parte di esse<br />
andavano a piedi, le più vecchie con la testa coperta dalla “ sciallètta<br />
(piccolo scialle- nelle giornate fredde usavano mettersi “u’ fazzlettòne “<br />
specie di grande fazzoletto) mentre le signore ,per spostarsi ,usavano un<br />
mezzo di trasporto più consono alla loro posizione sociale : la carrozza. Per<br />
noi ragazzi era uno spasso correre dietro , salire sull’asse posteriore e fare<br />
un po’ di strada con loro fino a quando il cocchiere se ne accorgeva e ci<br />
toccava con la punta della frusta per farci scendere.<br />
A proposito di mezzi di trasporto mi torna in mente “ u’ sciarrabbà”( carro<br />
coperto trainato da uno o più cavalli) che faceva servizio da un paese<br />
all’altro. Con il suo carico di persone lo “sciarabballàro” ( Cippòne, in<br />
particolare) partiva alla volta del paese più vicino e ivi arrivato scaricava la<br />
gente, ricoverava il carro e gli animali nella “taverna”, consumava il suo<br />
pranzo e attendeva il ritorno dei passeggeri per far ritorno a casa.<br />
Alle visite che la mamma e la nonna si scambiavano con i parenti<br />
partecipavamo anche noi bambini e spesso un zio o una zia mi chiedeva di<br />
cantare la canzone di Cicirinella. Siccome ero piccolino mi mettevano in<br />
piedi sul comò ed io cominciavo :<br />
“Cicirinell tnèva nu’ cane……………… Cicirinella aveva un cane<br />
Che ièva u’ capo ruffiàn ……………….. che era il capo ruffiano<br />
Giràv port,portoni e portell…………….girava per porte,portoni e portelle<br />
E ièv lu’ cane di Cicirinell ……………….. ed era il cane di Cicirinella<br />
Cicirinell tnèva nu’ mulo …………… Cicirinella aveva un mulo<br />
Che ièva a Napoli sulo sulo………….che andava a Napoli solo solo<br />
E tant che ièva bell ……………………..e tanto che era bello<br />
Ièva lu’ mulo di Cicirinell …………… era il mulo di Cicirinella<br />
Cicirinell tnèv na’ vacca…………………….Cicirinella aveva una vacca<br />
Che sott la coda tnèva na’ ntàcca …. che sotto la coda teneva una tacca<br />
E tant che ièva bella………………………. E tanto che era bella<br />
Ièva la vacca d’ Cicirinella………………..era la vacca di Cicirinella
A questo punto giù le risate sonore di tutti. Io me ne compiacevo ma mi<br />
resi conto di quelle risate solo più tardi, cioè quando capii il significato della<br />
parola “ntàcca”<br />
Ogni ragazzo aveva un solo vestito per la domenica e le feste e un altro<br />
per tutti i giorni, così pure per le scarpe:un paia per tutti i giorni, magari<br />
rinforzato con le “ cintrèlle( specie di chiodi con la testa larga e piatta), e un<br />
altro per le festività e , quando i vestiti o le scarpe erano diventati piccoli<br />
per il figlio maggiore, venivano passati al figlio minore. Insomma non si<br />
buttava via niente se non quando sia i vestiti che le scarpe erano ridotti<br />
proprio male .<br />
Anche “ u’ carusèll”, (il salvadanaio), una volta rotto , veniva riciclato<br />
perché non era un salvadanaio di coccio ma veniva realizzato nel seguente<br />
modo : nel muro, accanto alla porta d’ingresso, si scavava una piccola<br />
nicchia, la si puliva per bene e la si chiudeva con un mattone alla cui<br />
sommità si lasciava una piccola fessura per infilarvi le monetine. Una volta<br />
riempito “ si sfasciava “( si rompeva il mattone), si recuperava il contenuto<br />
e lo si murava con un nuovo mattone.<br />
Ed ora parliamo dei giochi . C’erano quelli di gruppo a cui partecipavano<br />
anche le femminucce . Ci si metteva tutti in cerchio e si cantavano le<br />
canzoncine che avevamo imparato alla “ maestra” o alle prime scuole<br />
elementari. Oltre al noto “ Giro, girotondo, casca il mondo , casca la terra,<br />
tutti giù per terra.” mi piace ricordarne un’ altra che invitava alla<br />
socializzazione perché la solitudine è una malattia da cui bisognava fuggire:<br />
“-La solitudine si deve fuggire,<br />
si deve fuggire,<br />
sol con i compagni si può riuscire,<br />
sol con i compagni si può riuscire,<br />
suonano le campane e bisogna fuggire,<br />
suonano le campane e bisogna fuggir.”<br />
Poi ci si sfidava a recitare filastrocche come queste :<br />
“- Centocinquanta e la gallina canta,<br />
lasciamola cantare che si vuole maritare,<br />
gallina bianca e nera ti do la buona sera
Buona sera, buona notte,il lupo dietro la porta,<br />
la porta casca giù e il lupo non c’è più.<br />
E’ fuggito sulla montagna, ha trovato una castagna,<br />
la castagna è tutta mia, buonanotte alla compagnia.<br />
E ancora :<br />
2)“Alla larga, alla stretta, c’è Pinocchio in bicicletta,<br />
Alalì, alalà e Pinocchio se ne va<br />
Se ne va per la montagna a cercare la castagna,<br />
la castagna non c’è più e Pinocchio casca giù.”<br />
3)” Palla pallina dove sei stata,<br />
sono stata dalla nonnina,<br />
cosa ti ha dato,<br />
un bel pulcino,<br />
dove l’hai messo<br />
nel taschino<br />
fallo vedere<br />
eccolo qua.”<br />
Quando si finiva di giocare si cantava:<br />
“E’ stutàto u’ carrvòne,(o)gnùno (o)gnùno e’ case loro”<br />
(Si è spento il carbone ,ognuno torni a casa sua “)<br />
Come era naturale arrivò il tempo che i due gruppi si separarono, le<br />
femmine continuarono a giocare per proprio conto con i soliti girotondi e<br />
canzoncine ,mentre i maschi si dedicarono ad altri giochi tipo:<br />
-“A’ cumèta”(l’aquilone) rigorosamente fatto in casa: ci si procurava la<br />
carta pesante dei sacchetti di cemento, la si tagliava a rombo tenendo<br />
ferme le estremità con tre strisce di canna, una in senso orizzontale, una in<br />
senso verticale e l’altra a semicerchio, tutte incollate alla carta con colla di<br />
farina. Una volta asciugata la colla si procedeva a fissarle la coda formata<br />
da tanti anelli di carta incastrati tra di loro.<br />
-“U’ cerchio” ( il cerchio) che quasi sempre era il vecchio cerchione di una
icicletta e che si spingeva avanti con pezzo di legno.<br />
-“Mazz e lick “. Erano necessari due pezzi di legno, uno più lungo(la<br />
mazza) e uno più piccolo e appuntito alle due estremità (u’ lick). Si faceva<br />
un cerchio a terra e al centro si poneva “u’ lick”. Con la mazza lo si colpiva<br />
ad una delle estremità in modo che saltasse in aria ma era a questo punto<br />
che bisognava essere bravi a ricolpirlo al volo per mandarlo il più lontano<br />
possibile. Una volta riusciti si doveva indovinare approssimativamente la<br />
distanza in mazze che intercorreva tra il punto di partenza e quello di<br />
caduta del“’ lick” .<br />
-“U’ cùrl “. Piccola trottola di legno alla cui estremità facevamo inserire dal<br />
fabbro una punta di ferro. Attorno al “ curlo, partendo dalla punta si<br />
avvolgeva “ la zaiàgghia”,(specie di cordicella che realizzavamo noi stessi<br />
con un rocchetto di legno e quattro chiodini), quindi lo si lanciava tirando<br />
la zaiàgghia in modo da farlo girare vorticosamente.<br />
E poi ancora : i quattro cantoni, trentuno liberi tutti, salta cavallo, lo<br />
schiaffo, azzecca muro, spacca chianchètta ,ecc. ecc.<br />
Anche le stagioni di una volta avevano la loro particolarità :<br />
-LA PRIMAVERA era soprattutto tempo di serenate e ci dava l’opportunità<br />
di organizzarci in piccoli gruppi, con strumenti quali :<br />
-“ u’ cùpa-cùp(a) “, costiuito da un recipiente cilindrico di latta coperto da<br />
una pezza di stoffa che tratteneva una canna lunga 50/60 cm.<br />
-“ u’ triccheballàcche” formato da tre martelletti di legno intelaiati tra loro<br />
-“il triangolo “ col quale si batteva il tempo,<br />
-“ il tupitù” formato da un pezzo di legno liscio su cui si sfregava con altro<br />
pezzo di legno zigrinato sul quale erano stati fissati sonagli e campanellini.<br />
Alle parole del nostro “cantatòre”( il cantante):<br />
“ U’ cùpa-cùp(a) stà mmalàt e vò nu’ poch d’ supresciàt ( Il cupa cupa è<br />
ammalato e vuole un pezzo di sopressata ) la gente apriva la porta, ci<br />
faceva entrare e dopo un’altra sonatina ci offriva qualcosa.<br />
Maggio, però, era il mese che aveva una sua poesia particolare specie<br />
quando l’aria si addolciva e si procedeva alla mietitura del fieno. I contadini<br />
che rientravano tardi alla sera non lo scaricavano dai carretti ma lo<br />
lasciavano fuori davanti alla porta di casa sicchè l’aria si impregnava del<br />
suo odore dolce e penetrante. Era il momento che noi ragazzini<br />
aspettavamo per costruirci i “ fisckìtt” ( i fischietti).Prendevamo un filo di<br />
fieno, lo pulivamo per bene e, con un coltellino, ne tagliavamo un pezzo<br />
comprendente due nodi.
Quindi veniva eliminato solo quello superiore in modo che l’interno<br />
restasse libero , poi praticavamo un piccolo spacco laterale . Il fischietto<br />
era pronto, bastava solo soffiarci dentro per ricavare un suono più o meno<br />
acuto e piacevole.<br />
-L’ESTATE era sempre quasi torrida , ciò non ci impediva di dare la caccia<br />
alle lucertole e alle rondini ma era anche il tempo della trebbiatura . Dai<br />
paesi vicini “ calàvn i’ mititùri”( arrivavano i mietitori) che con le falci<br />
tagliavano il grano facendone covoni.<br />
-L’AUTUNNO ci portava piogge abbondanti e interrotte.A volte pioveva per<br />
oltre una settimana ed era allora che la nonna ci raccontava la storia di<br />
“Turdèra” ,l’assistente di Dio che rivolgendosi a lei ,le comandava:<br />
-“Turdèra, Turdèra, porti l’acqua ai bisognèri.”<br />
E Turdèra chiedeva:<br />
Tra le feste patronali e rionali, quali:<br />
-a’ fest(a) di S.Savino con la fiera degli animali al piano comunale,<br />
l’esposizione di tanti articoli lungo il corso , e“ a’ lluminazìon” -<br />
-a’ fest da’ Madonn u’ Rìt” ca’ cors di ciucci e ca’ cuccàgna-<br />
ìo ricordo in modo particolare quella di San Giuseppe perché a tarda sera si<br />
accendevano i falò in mezzo alle strade, specie davanti la casa di un<br />
Giuseppe. Il fuoco veniva alimentato da “ lène”( tronchi di legna) e fascìne<br />
di sarmenti donate dai vicini mentre noi ragazzi cercavamo di procurarci la<br />
legna andandola a rubare ai falò degli altri.<br />
E, mentre il fuoco ardeva scoppiettando, tutta la gente del vicinato, seduta<br />
intorno, cantava, mangiava fave e ceci abbrustoliti e talvolta ci scappava<br />
anche un bicchiere di vino. Intanto sui fornelli delle case di cucinava la<br />
tradizionale “ tièlla ch’ turcinìll, patàn e lampasciùni”( tegame con torci<br />
nelle,patate e lampasciòni)<br />
Quando il fuoco era quasi consumato se ne raccoglieva un po’ per la<br />
famiglia, si portava la brace in casa mettendola “ndu’ vrascière”(nel<br />
braciere) attorno al quale ci si raccoglieva per raccontare o ascoltare<br />
favole, storie vere o immaginarie .<br />
Dopo che la nonna era diventata vedova noi nipotini dormivamo nel suo<br />
grande letto ma , prima di addormentarci , ci raccontava sempre qualche<br />
storia: quella “ du’ lupanàr” ( licantropo), “dù scazzamurèll”( genietto<br />
dispettoso della casa) certamente per tenerci buoni ma a noi, a sentire<br />
quelle storie, per la paura, “ c’ sfriièvano i’ carn”( ci veniva la pelle d’oca.)<br />
Notate quanto, in dialetto, tale modo di dire, è pertinente; pensate all’olio<br />
che soffrigge in una padella e alla pelle d’oca .Non vi pare una similitudine<br />
azzeccata ? Ecco perché il dialetto non dovrebbe sparire ma,<br />
possibilmente, diventare materia di insegnamento nelle scuole.<br />
Dopo il racconto e prima di addormentarsi si dovevano recitare le<br />
canoniche preghiere per cui, fattosi il segno della croce, si cominciava così:<br />
Io m’ còco e sò ammantàt …………… Io mi metto a letto e mi copro<br />
Sott u’ mant da’ Madònna ………….. col mantello della Madonna<br />
Quand u’ diàvl c’ vè a tentà ……….. quando il diavolo di viene a tentare<br />
A Madonn u’ Carmine c’ vè’ a iutà…La Madonna del Carmine ci viene in aiuto<br />
Vergine pura, ji’ m’ còco senza paura. Vergine pura io vado a letto senza paura<br />
Sapìmm a’ cucàta, ………………………… .Sappiamo di addormentarci<br />
Nun sapìmm a’ iavzàt…………………….. Non sappiamo se ci sveglieremo<br />
Ci perdòni Dio tutti i puccàt………………Ci perdoni Dio tutti i peccati
E ANCORA:<br />
Accant a’ u’ lett mio -………………………… Accanto al letto mio<br />
Ci stà u’ Signore Dio…………………………. Ci sta il Signore Dio<br />
Da’ cost e da’ cant ……………………………… accosto e accanto<br />
C’ stà lu’ Spìrito Sant(o) ……………………… ci sta lo Spirito Santo<br />
sòpa alla ròta …………………………………… sulla ruota<br />
stà l’Angelo che giòca ……………………….. sta l’Angelo che gioca<br />
Gesù ci è padr(e)………………………………… Gesù c i è padre<br />
Maria ci è madr(e) ……………………………… Maria ci è madre<br />
I Santi ci so’ parent(i) ………………………… i Santi ci sono parenti<br />
E navìmm paura d’ nent…………………… e non abbiamo paura di niente<br />
E PER FINIRE<br />
Buona notte Madonna mia, tutto il mondo a voi si inchina,<br />
col bel frutto che donaste tutto il mondo rallegraste,<br />
rallegrate l’anima mia,<br />
buona notte Madonna mia.<br />
Mi piace soffermarmi ancora sulla nonna che come tutte le nonne, del<br />
resto, era un po’ “ strega” e un po’” filosofa”<br />
Ricordo le ninna-nanna che ci cantava:<br />
“ Ninna nanna, ninna oh, questo bimbo a chi lo do ?<br />
Lo darò all’uomo nero che lo tenga un anno intero,<br />
lo darò alla Befana che lo tenga una settimana,<br />
lo darò al buon Gesù che lo tenga un po’ di più.<br />
Ninna nanna, ninna oh, questo bimbo a chi lo do?<br />
Lo darò alla sua mamma che lo mette a far la nanna “<br />
***********
E ninna ninna, ……………….E ninna ninna<br />
ninna ninna nonna,……….ninna ninna nonna<br />
stu’ bell criatùro…………… questa bella creatura<br />
vò fa lu’ sonno……………….vuole addormentarsi<br />
E ninna ninna…………………. E ninna ninna<br />
Ninna ninnarella……………..ninna ninnarella<br />
Lu’ lupo s’è mangiat……….il lupo ha mangiat<br />
a’ pecorella …………………….la pecorella<br />
E tu pecorella mia…………… e tu pecorella mia<br />
Comm ‘ facìsti …………………. Come facesti<br />
Quand mmòcch a lu’ lupo.. quando in bocca al lupo<br />
T’ vedìsti ………………………… ti vedesti<br />
E ninna ninna,…………………..e ninna ninna<br />
Ninna ninna nonna…………..ninna ninna nonna<br />
Stu’ bell criatùr ……………….. questa bella creatura<br />
Vo’ fa lu’ sonno ………………..vuole addormentarsi<br />
E i giochi che faceva con noi :<br />
Toccando con un dito i sei punti del nostro viso, diceva:<br />
“L’occhio bello, (l’occhio dx),<br />
il suo fratello, ….(l’occhio sx)<br />
l’orecchino, ……. (l’orecchio dx)<br />
la sorellina………..(l’orecchio sx)<br />
A’ chièsiola ……….(la bocca)<br />
E u’ campanell…..( il nasino che veniva tirato ripetutamente )<br />
*********
Ci faceva mettere le mani a pugno chiuso una sull’altra in modo da fare una<br />
specie di torre, poi con le sue dita,partendo dal basso, bussava e chiedeva :<br />
E quando le si chiedeva qualcosa con insistenza esclamava seccata : Sei peggio<br />
della Pìtima veneziana. E ci spiegava che a Venezia , un secolo prima, a colui che<br />
tardava a pagare un debito, gli veniva messo alle cosatole una persona ( la<br />
Pìtima appunto) col preciso compito di seguirlo dovunque ripetendogli<br />
continuamente :”PAGATE IL VOSTRO DEBITO,Pagate il vostro debito”, fino a che<br />
il poveretto, per evitare ulteriori brutte figure, era costretto a soddisfare il<br />
debito.<br />
Le era riconosciuta la capacità di guarire dal “MALOCCHIO” Infatti, se qualcuno<br />
aveva mal di testa e pensava di essere stata “pigghiàta a d’occhio” ricorreva alla<br />
nonna che prendeva un piatto ,ci metteva un poco di acqua e poi lasciava cadere<br />
una goccia d’olio. Se la goccia s’allargava voleva significare che c’era il “<br />
malocchio” e allora si segnava e, mormorando orazioni , segnava anche la fronte<br />
della persona interessata. Pare che il sistema funzionasse ma lei non volle mai<br />
confidare ad alcuno il senso di quelle parole misteriose.<br />
Sapeva leggere e scrivere, cosa molto importante per quei tempi, quindi<br />
veniva chiamata per redigere un contratto, una scrittura e ,in modo<br />
particolare, “la Lista dei Panni “ che la sposa doveva presentare ai futuri<br />
suoceri prima del matrimonio. E in casa non mancavano mai i confetti!!!<br />
Naturalmente nei miei <strong>ricordi</strong> non possono mancare i tipi originali che<br />
hanno caratterizzato il mio tempo e il mio paese:<br />
-BARBUCC= Uomo di bassa statura con la gobba e una voce bassa e roca<br />
ma anche originale perché quando gli si toccava il sedere con un dito dava<br />
un saltello emettendo una specie di nitrito.<br />
-MILIUCCIO= era proprio scemo! Ti guardava fisso con i suoi occhi sporchi e<br />
lacrimosi e, senza una ragione,scoppiava in una fragorosa risata. Allora la<br />
gente diceva : Miliùcc rìre, ha cagnà u’ temp( Emiliuccio ride, deve<br />
cambiare il tempo).<br />
-GIAMMETT= Un omino che, all’angolo” du’ baraccon di’ giurnali” davanti<br />
al bar Settanni , a chiazz i’ mort, stazionava tutte le mattine col suo<br />
carrettino, simile a quello di un gelataio, pieno di caramelle, cioccolatini,<br />
zuccherini e piccoli giocattoli tra cui i fischietti di latta che, una volta<br />
riempiti d’ acqua, si soffiava dentro riproducendo il canto degli uccellini.<br />
Gridava : Ce l’avete o non ce l’avete ? E se ce l’avete spendete. Alò<br />
Giammetta, alò. Bei pasti ,bei frutti”, Attirava così la curiosità di noi<br />
bambini che, per andare alle scuole elementari, gli dovevamo passare<br />
davanti.<br />
-P(E)”( O chePPIN A’ VECCHIA= Era il banditore ufficiale del paese ed ogni<br />
mattina girava per le strade invitando la gente a comprare il pesce dalla<br />
pescheria di Spina in questo modo:
“Oh ch’ belli pullp, trìgghie, rascia e fraiàgghia, alla pescheria d’ Spina o’<br />
lario u’ Carmine.( O che bei polpi, triglie,ecc…)<br />
A noi ragazzi, sapendo che s’arrabbiava, piaceva prenderlo in giro<br />
gridandogli dietro : E’ mort Peppin a’ vecchia !!!!<br />
E lui rispondeva :”Mbacc’ a stu’ ca… cu’ becch sturn e ca ‘scrima capàta !”<br />
-MERCURIO= Nelle serate uggiose invernali girava per le strade del paese,<br />
curvo sotto il peso del sacco delle olive che comprava dalla gente,<br />
gridando: Chi ià tè i’ vulìv ( Chi ha da vendere le olive ): Noi ragazzacci gli<br />
facevamo il verso così: “Purt a’ màmmete a’ massarìa” e lui rispondeva “<br />
Purt a’ sòrdt a questa via “( portami tua sorella)<br />
-PAIELE A’SCIGNA – Aveva proprio le sembianze, le movenze e i peli di una<br />
scimmia ma non ha mai dato fastìdio e abitava un po’ più giù del<br />
tabacchino d’ Zlìnt<br />
-TACCALI’TA-Tabaccaia con l’esercizio dopo la farmacia di Lamedica al<br />
Corso che usava il carapace di una testuggine per prendere da un sacco il<br />
sale da pesare. Era piccola e bruttina ma si piccava di essere bella tant’è<br />
che una volta , ad un viaggiatore che le chiese se c’erano belle ragazze nel<br />
paese, rispose: Ce ne siamo delle belle, ma ci sono anche delle brutte!<br />
-DON AURELIO PENSATO- farmacista al quale ricorrevamo per farci<br />
preparare il bicchiere per la febbre. Prima di entrare in farmacia bisognava<br />
bussare e chiedere permesso altrimenti ti mandava via. Aveva una moglie<br />
di nome Giannina e, ogni mattina che la poveretta scendeva in farmacia<br />
per dargli una mano , le chiedeva non curandosi della gente presente :<br />
“Giannina, hai fatto la pipì stamattina ? Di che colore era ?<br />
-NDRIZZ= Perché lo chiamassero così non saprei dirlo. Era l’uomo che si<br />
adattava a qualsiasi lavoro. Usciva ogni mattina “ca’ trainèlla”(carrettino<br />
senza sponde e tirato a mano ) e si recava alla fermata del tram sperando<br />
che qualche viaggiatore in arrivo gli affidasse il proprio bagaglio ma faceva<br />
pure lo strillone di giornali, il banditore ecc. Puzzava di pesce che divorava<br />
crudo ed era sempre un po’ alticcio.<br />
-DON NICOLA QUATTROCCHI- detto “ il calandròne “ era il tipico iettatore<br />
con occhiali spessi e sempre vestito di nero. Tutti cercavamo di evitarlo<br />
ma, se proprio non era possibile, una volta passati oltre, gli gridavamo<br />
dietro : Calandrone !!!!<br />
-L’INGEGNERE GRASSI- soprannominato “ U’ zurr” per via delle folte<br />
sopracciglia tendenti verso l’alto e del pizzetto che lo facevano assomigliare<br />
ad un caprone( u’ zurr appunto ), proprietario e direttore della tranvia<br />
elettrica che univa Torremaggiore a San Severo. E poi, ancora, il suo fido<br />
ragioniere INNELLI detto “ u’ passarèll “ perché era esile, piccolino e
camminava saltellando come un passerotto e, infine i tranvieri Di Ianni,<br />
Ntunìno Grassi, Lamedica , Innelli. ecc.<br />
-FUNZINO LIPARTITI= detto “ U’ Iattòne” Faceva la guardia comunale. La<br />
moglie Adelina gestiva, unitamente ai figli Lilìno e Iuccìllo,un negozio di<br />
biciclette, “a’ chiazz i’ mort . A noi ragazzi, per imparare , veniva data la<br />
possibilità di affittare per mezz’ora o un’ora, un piccola bicicletta ( a’ carrttèll”<br />
) mentre all’esterno del negozio avevano anche una pompa di<br />
benzina che si azionava a mano. Praticamente si spingeva avanti e indietro<br />
una manovella e la benzina, dal deposito sotterraneo, saliva andando a<br />
riempire un contenitore sul quale erano evidenziati i litri, poi dal<br />
contenitore veniva travasata nel serbatoio delle macchine. Veramente a<br />
quei tempi le macchine si potevano contare sulle punte delle dita se si<br />
escludevano quelle pubbliche di Cordone e Volgarino, quelle dei De<br />
Pasquale e dei Ciaccia e l’autobus di Orlando che collegava Torremaggiore<br />
a Casalnuovo e Castelnuovo.<br />
-ZIA CUNCETT U’ BRINDISINO( Zia Concetta che aveva sposato un uomo di<br />
Brindisi-). Questa è legata ad un episodio divertente :<br />
Avevo sei o sette anni e spesso mi recavo spesso all’orto di mio nonno<br />
situato “ a mezz u’ chiàno, vucìn a’ màchn u’ ghiaccio”( al piano comunale<br />
nelle vicinanze della fabbrica del ghiacchio). Il nonno, dopo avermi fatto<br />
mangiare dello squisito pancotto( a suo dire solo lui lo sapeva fare così<br />
bene ) , coglieva dei fichi, ne riempiva un bel paniere, li ricopriva con le<br />
foglie dello stesso albero e me lo consegnava perché lo portassi a casa. Zia<br />
Concetta abitava “ a’ chiazz d’ don Michelino”( via Marsala per intenderci )<br />
quasi vicino casa nostra e, siccome era vedova, sola e non aveva niente da<br />
fare, stava sempre “ addrèt a’ vitrìna( dietro la porta a vetri) per vedere chi<br />
passava e magari fare quattro chiacchiere. Per cui, ogni volta che le<br />
passavo davanti col paniere, con tono mellifuo, mi chiedeva :<br />
“V-cnzì, ch’ purt ndu’ panarèll ?( Vincenzino, cosa porti nel panierino ?)<br />
Io rispondevo candidamente : I fichi :<br />
E lei: Ma fa pruvà uno ?”= ( Mi fai assaggiare uno ?) E senza attendere<br />
risposta rimuoveva le foglie e ne prendeva tre o quattro.<br />
Ora, siccome il fatto si ripeteva spesso e a casa si era cominciato a pensare<br />
che i fichi mancanti li mangiassi io strada facendo, raccontai tutto al nonno<br />
che, sorridendo, mi disse :<br />
“Ascolta, la prossima volta che zia Concetta ti chiede cosa porti nel paniere,<br />
rispondile così……. E mi sussurrò due paroline nell’orecchio.<br />
Dopo qualche giorno, puntualmente si ripetè la stessa scena: Alla solita<br />
domanda” V-cnzì ch’ purt ndu’ panarell? Io subito le risposi con foga : STU’<br />
CA…
Zia Concetta, scandalizzata ,si fece il segno della croce ed esclamò :Gesù.<br />
Gsepp e Maria, sti’ guagliùni di iògg tènn a’ ducaziòne du’ porch mio (<br />
questi ragazzi di oggi hanno l’educazione del mio maiale)<br />
E’ superfluo aggiungere che da quel giorno non mi rivolse più la parola.<br />
A conclusione di questi miei <strong>ricordi</strong> lasciatemi fare delle considerazioni:<br />
Anche se vivevamo a livello di terzo mondo non ho mai visto la<br />
disperazione negli occhi delle persone che, malgrado il loro stato di<br />
povertà, si sentivano sereni e stretti tra di loro da un vincolo di rispetto<br />
reciproco e di sincera amicizia. Ogni spettacolo della natura veniva<br />
osservato con occhi semplici e apprezzato nella sua completezza. Oggi, a<br />
furia di essere bombardati da infinite e false sollecitazioni, abbiamo<br />
disimparato a guardarci intorno e scoprire la magìa di un tramonto o la<br />
bellezza di una valle sotto i raggi della luna.<br />
Peccato che tutto sia cambiato! Purtroppo la civiltà e il progresso, col suo<br />
illusorio benessere materiale, devono fare il loro corso. Io dovrei essere<br />
contento perché oggi si mangia meglio, si è curati e si vive più a lungo<br />
ma,lasciatemelo dire: qualcosa mi manca, quel vero rapporto umano che ci<br />
legava reciprocamente e che ci faceva agire nell’interesse comune per cui,<br />
quando si aiutava qualcuno ricevendo per compenso un semplice sorriso, si<br />
provava un godimento interno a dir poco indescrivibile.<br />
Diceva Schiller: “Un sorriso non dura che un istante ma nel ricordo può<br />
essere eterno .”<br />
A questo punto mi piace dire addio al vecchio mondo dei primi del<br />
novecento così :<br />
“Amo le dolci ore della sera<br />
quando il vento spira leggero<br />
e spande per l’aria<br />
ì profumi della primavera.<br />
Dolci <strong>ricordi</strong> mi assalgono:<br />
rivedo la mia casa natìa,<br />
quasi ultima di una lunga fila,<br />
lontano, laggiù in periferia.<br />
Tutto era pulito, l’aria e la gente<br />
c’era rispetto, comprensione e amore,<br />
ciò non è frutto della mia fantasia,<br />
io lo ricordo con MALINCONIA.
Sulla calma e sul ritmo<br />
che regolavano il tempo di tutte le faccende<br />
oggi ben altri sentimenti<br />
han preso, con prepotenza, il sopravvento:<br />
Rumori, caos, droga e rapimenti,<br />
corsa sfrenata alla conquista di una posizione,<br />
questi i comandamenti della civiltà moderna<br />
che son costretto a vivere con rassegnazione.
PARTE SECONDA
FILASTROCCHE-CANZONCINE-INDOVINELLI-SCIOGLILINGUA<br />
Le vocali tra parentesi sono puramente indicative e non vanno lette in quanto una parola ,in<br />
torremaggiorese , termina sempre con una consonante.<br />
Sega,sega, mast’ Cicc Sega, sega, mastro Ciccio<br />
N’ poch d’ pan(e) ca’ saucìccia un po’ di pane con la salsiccia<br />
U’ pan(e) ciù magnàmm il pane lo mangiamo<br />
E a’ saucìccia cià st(i)pàmm e la salsiccia la conserviamo<br />
A iallìna cioppa cioppa La gallina zoppa zoppa<br />
Quanta penn port ngropp? Quante penne porta addosso ?<br />
E n’ port vintiquatt Ne porta ventiquattro<br />
Uno,duie,tre e quattr Uno, due, tre e quattro.<br />
Silenzio perfett Silenzio perfetto<br />
Chi parl nu’ sckaffètt A chi parla uno schiaffetto<br />
Chi dic(e) na’ parola Chi dice una parola<br />
C’ busch nu’ scupplòn(e) Si prende uno schiaffone<br />
Zia monaca a’ tè, zia monaca a’tè Zia monaca ce l’ha, zia monaca ce l’h l’a<br />
Zia monaca a’tè, a che, a che? Zia monaca ce l’ha.Che cosa ?<br />
A’ cafttèra p’ fa u’ cafè La caffettiera per fare il caffè<br />
Ruscètta malupìna Rossa malpina<br />
Mett l’acqua a li’ iallìne mette l’acqua alle galline<br />
I iallìne fann l’ovo le galline fanno le uova<br />
E ruscètta nunn’ prova e la rossa non le prova<br />
Cinch’ dint e un(o) p’ dint Cinque denti e uno in più<br />
E la yumènt(a) senza dint e la cavalla senza denti<br />
A’ yument(a) va a cacà la cavalla va a cacare<br />
E cinch dint va a leccà e cinque denti va a leccare<br />
Razièlla, Razièlla Graziella, Graziella<br />
Ch’ tre puci nda’ vunnèlla con tre pulci nella gonnella<br />
Un(o) canta,un(o) fischia uno canta, uno fischia<br />
E un(o) strapp a’ saucìccia e uno strappa la salsiccia<br />
Taratùr(o),taratur(o), taratur(o) Cassetto, cassetto, cassetto<br />
quest(a) iè a’ man(i)ca du’ p(i)satùro questo è il manico del mortaio<br />
A’ megghia m(e)d(i)cìna?: La migliore medicina ?:<br />
Bròd(o) d’ iallìna brodo di gallina<br />
E sc(i)ròpp d’ cantìn(a) e sciroppo di cantina (vino)
Zingarella,anima bella Zingarella ,anima bella<br />
Quistu core a cunsulà che consoli questo cuore<br />
Y(o) t’ mett lu’ scarpìn(o) io ti provo la scarpina<br />
P’ vdè comm t’ và per vedere come ti stà<br />
U’ scarpìn(o) t’ và a puntìn(o) la scarpina ti sta bene<br />
E zingarella mi fa impazzì e zingarella mi fa impazzire<br />
A’ tarantola pizzicagnola la tarantola pizzicagnola<br />
Pizzica a qua e pizzica a là pizzica qua e pizzica là<br />
Vè’ nu’ monach a casa toia viene un monaco a casa tua<br />
E tu chi dà ? e tu che gli dai ?<br />
Tengh nu’can(e)che c’ chiam Chiappìn Ho un cane che si chiama Chiappino<br />
Pan(e) asciutt nunn’ vò pane asciutto non ne vuole<br />
Pigghia lu’ pan(e) e mbùnnl a l’ogghio prendi il pane e bagnalo nell’olio<br />
E vìd a Chiappìno comm ravògghia e vedi Chiappino come lo divora.<br />
Luna, luna nova Luna, luna nuova<br />
E mìn(a)mi quatt ov buttami quattro uova<br />
E mìnamìll n’zino e buttameli in grembo<br />
Che aia fa la tagghiulìna che devo fare le taglioline<br />
Mamma,mamma ianna cunt li ialline Mamma,mamma vieni a contare le galline<br />
Che c’ manch nu’ bell capòne che manca un bel capone<br />
Quill ch’ la penna turchìna quello con la penna turchìna<br />
Mamma,mamma ianna cunt li’ iallìne mamma,mamma vieni a contare le galline<br />
Pappanella, cucinella Pappanella cucinella,<br />
mitt u’ foch(o) a’ pignatella metti la pignatella al fuoco<br />
e vdìmm s’ iè cott e guardiamo se è cotto,<br />
è cott, è cott, è cott….. è cotto, è cotto, è cotto…<br />
Mmòcca a te, mmòcca a me In bocca a te, in bocca a me<br />
Mmòcca a figghia d’ lu Re in bocca alla figlia del Re<br />
A figghia du’ Re nunè vò cchiù la figlia del Re non ne vuole più<br />
E magnatìll tutt tu e mangiatelo tutto tu<br />
Ogg(i) è festa Oggi è festa<br />
E zia monaca c’ vest e zia monaca si veste<br />
C’ vest d’ vellùt(o) si veste di velluto<br />
E zia monaca è cannarùta e zia monaca è golosa<br />
Sant’Antonio appìccia, appìccia Sant’Antonio, fai accendere il fuoco<br />
Che t’ facc a’ vunnèll cu’ ricc che ti prometto un vestito col riccio
Addret San Savìn Dietro la chiesa di San Sabino<br />
C’ stèva na’ maestrina abitava una maestrina<br />
È iuta ndu’ plòne è caduta nella diga<br />
E pricchiavòne, pricchiavòne ed è morta affogata<br />
Madonn, madonn, madonn Madonna, madonna, madonna<br />
Sott u’ lett stà u’ papònn sotto il letto c’è l’uomo nero<br />
San Pasqual Bailonn San Pasquale Baylon<br />
Sì padròn(e) d’ li donn(e) tu che sei padrone delle donne<br />
Mannamìll na’ bella zìta fammi trovare una bella ragazza<br />
Bianca, roscia e culurìta bianca, rossa e colorita<br />
Sillùzzch, sillùzzch, ièrva d’ puzz Singhiozzo, singhiozzo, erba di pozzo<br />
Ièrv d’ canàl(e) erba di canale<br />
sckàtt ncorp a chi m’vò mal(e ) crepi in corpo a chi mi vuol male<br />
fora di mamma e fora di tata escluso mamma, escluso papà<br />
e fora da’ mia nnammuràta escluso la mia innamorata<br />
Requiem etèrn Requiem eterno<br />
Tu nd’ la fossa e jo nd’ la taverna tu nella fossa e io nella taverna<br />
A te t’ freghn i scarrafùni a te ti mangiano gli scarafaggi<br />
E jo m’ frego li maccarùni e io mi mangio i maccheroni<br />
A figghia mia è vertdòsa La figlia mia è virtuosa<br />
Semp tagghia e mai còscia sempre taglia e mai cuce<br />
P’ fa na’ cammìscia per fare una camicia<br />
C’ mett circa tre mìs(i) impiega circa tre mesi<br />
P’ fa nu’ lenzuol(o) per fare un lenzuolo<br />
C’ mett n’ann e na’ stagion(e) impiega un anno e una stagione<br />
Vino, vinello Vino, vinello<br />
Bianco, rusc e bell bianco, rosso e bello<br />
T’ zapp. T’ pùto e t’ mett ncancèll ti zappo, ti poto e ti lego<br />
pcchè m’ fa perd i cervell? Perché mi fai uscire di senno?<br />
Vino, vinello, quant’ sì bell’ Vino, vinello, quanto sei bello,<br />
quant’ sì dùc(e) quanto sei dolce<br />
trasc(e) da’ vocca e ièsc do’ p(e)rtùso entra dalla bocca e esce dal pertuso<br />
Stu’ vin(o) è bell e galant(e) Questo vino è bello e gentile<br />
Alla salut(e) di? cocc’ vacant alla salute delle teste vuote
Quand’ c’ zapp e quand’ c’ puta Quando si zappa e quando si pota<br />
N’tengh parent e ntengh n(i)pùti non ho parenti e non ho nipoti<br />
Quand iè temp d’ vidignà quando è il tempo della vendemmia<br />
Zizì da qua e zizì da là zio di qua e zio di là<br />
Quand l’amìch(o) t’ vè a truvà quando l’amico viene a trovarti<br />
Qualche cosa vularrà qualcosa vorrà<br />
Così cantavano i contadini al padrone che aveva dato loro da mangiare<br />
per companatico una sola cipolla :<br />
Currìt, currìt guagliuni Correte, correte ragazzi<br />
Na’ c(i)polla p’ diec(i) perzùn(i) Una cipolla per dieci persone<br />
U’ padròn(e) n’tène criànza Il padrone non ha creanza<br />
E povera panza, nisciun(o) la penza e povera pancia nessuno la pensa<br />
Ellèra, ellèra, ellèra Ellera, ellera, ellera<br />
Maccarùni matìna e sera maccheroni mattina e sera<br />
Tingh, tingh lu’ campanell Drin, drin fa il campanello<br />
Cè spusàta Maria bella si è sposata Maria bella<br />
E ha fatt nu’ bambinell e ha partorito un bambinello<br />
L’ha miss nome Salvatore l’ha chiamato Salvatore<br />
Salvatore a mezz’ a’ casa Salvatore in mezzo alla casa<br />
Mamma.mamma, jo vojo u’ pan(e) Mamma,mamma voglio il pane<br />
E và vid(e) nda’ cascitèlla vai a vedere nel cassetto<br />
S’ c’ stà nu’ stuzzarèll se ce n’è un pezzetto<br />
Zi’ prevt e zi’ monac(o) Zio prete e zio monaco<br />
Zi’ monaco cappuccin(o) zio monaco cappuccini<br />
Dic(e) la mess(a) ogni matìna dice la messa ogni mattina<br />
E Pasqualin cià và a sentì. E Pasqualino va ad ascoltarla.<br />
Sett, quattòdc, vintùn, vintott Sette, quattordici, ventuno, ventotto<br />
E la maestra ma dat i bott e la maestra mi ha dato le botte<br />
M’ l’ha dat a quattr a quattr me le ha dato a quattro a quattro<br />
Uno, dùie, tre e quatt(ro) uno, due, tre e quattro<br />
Alla rampa, alla rampa Alla rampa, alla rampa<br />
È fess chi va nnànz è fesso chi va davanti<br />
Alla creta, alla creta alla creta, alla creta<br />
È fess chi va ddrèt è fesso chi va dietro<br />
All’arrust, all’arrùst All’arrosto, all’arrosto<br />
A magnà t’ vè u’ gust a mangiare ti viene il gusto<br />
Ma iè a’ paià che t’ vè a’ sùsta ma è a pagare che ti viene la rabbia.
Mast’ Francìsch alla farmacia Mastro Francesco alla farmacia<br />
E la verdà nunn’è buscìa la verità non è bugia<br />
A’ buscìa nun’è verdà la bugia non è verità<br />
Pesc fritt e baccalà pesce fritto e baccalà<br />
SCIOGLILINGUA<br />
=============<br />
Pasquale spacca a me e io n’ pozz arruà a spaccà a Pasquale<br />
Pasquale spacca a me e io non posso arrivare a spaccare a<br />
Pasquale.<br />
Jo sacc’ na’ raccònt Io so un racconto<br />
E la sape Peppacònt che sa pure Peppaconto<br />
A sàpe cupa cupa la sa cupa cupa<br />
Pcchè sott sta lu’ lup(o) perché sotto sta il lupo<br />
U lup(o) ieva vecchio Il lupo era vecchio<br />
E n’ sapèva fa lu’ lett e non sapeva fare il letto<br />
A iatta n’cammìscia la gatta in camicia<br />
C’ sckattàva p’ la risa si crepava per le risate<br />
U’ sorg sopr u’ titt il sorcio sul tetto<br />
Sunàva lu’ fisckitt suonava il fischietto<br />
U’ cavall dint a stalla il cavallo nella stalla<br />
Sun(a)va la chitarra suonava la chitarra<br />
A iallìna sopa l’ova la gallina sopra le uova<br />
Sciò o’ masciòne, sciò o masciòne sciò, vai a dormire<br />
C’ stev’ na’ vota C’era una volta<br />
Nu’ vecchio e na’ vecchia un vecchio e una vecchia<br />
Che c’ magnavan i fav vecchie che mangiavano le fave vecchie<br />
Nun putevano mmascicà non potevano masticare<br />
E c’ mittevano a iastmà e si mettevano a bestemmiare<br />
INDOVINELLI<br />
==========<br />
Tengh na’ cosa che ddora d’ rosa Ho una cosa che odora di rosa<br />
Rosa n’ jè, adduvìna ch’ iè ? Rosa non è, indovina cos’è?<br />
Trocchia, trocchia a mezz a’ la casa Cammina, cammina in casa<br />
Quatt occhi e dui nasi ( lo specchio) vedi quattro occhi e due nasi<br />
Sì mnùt e sia lu bemmnùt (il sonno) sei venuto e sii il benvenuto<br />
Iammc’ a cucà ca’ t’ vojo accuntantà andiamo a letto che ti voglio accontentare
Nduvìna, nduvinàglia Indovina,indovina glia<br />
Chi fa l’ovo dint’a la paglia? Chi fa l’uovo nella paglia ?<br />
E a chi diceva:la gallina, si rispondeva :merd mmòcch ogni matìna( puppù in bocca<br />
ogni mattina)<br />
PROVERBI E MODI DI DIRE<br />
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Allàssacrèsa Improvvisamente<br />
A’ la Cannnlòra, la v’rnàta è fora Alla Candelora, l’inverno è fuori<br />
Rspònn a vecchia arrajàta : risponde la vecchia arrabbiata:<br />
Nunn è fora la vernàta non è finito l’inverno<br />
P’ jess cchiù s(e)cùr(o) per essere più sicuro<br />
Aspìtt ca’ càl(a)no i m(i)titùri aspetti che arrivano i mietitori<br />
A cchiù brutt a’ scurcià jè a cod(a) La coda è la più noiosa a scorticare<br />
A,E,I,O,U-bella ciuccia ca’ sì tu A,E,I.O.U bell’asina che sei tu<br />
A vò ngànn Non ha voglia di lavorare<br />
A’ mugghièr(a) iè mezz(o) pan(e) La moglie è mezzo pane<br />
A chi mòccich(a) u’ can(e)? O’ scarciàt(o) Chi viene morso dal cane ?Il poveretto<br />
A’ cunfdènz(a) iè a’ mamm da’ mala criànza-La confidenza è la mamma della mala creanza<br />
A’iatta da’ dispens(a) Il gatto della dispensa<br />
Come jè accusì la pensa com’è così la pensa<br />
A’ càrna trist na’ vò manch Crist(o) La persona cattiva non la vuole nemmeno Cristo<br />
A’ vita jè n’affacciàt(a) d’ fnèstr(a) La vita dura quanto un’affacciata di finestra<br />
Aprile fa u’ fior(e) e Magg c’lu gode Aprile fa il fiore e Maggio se lo gode<br />
A chi tant(o) e a chi nent A chi tanto e a chi niente<br />
A’ lavà a’ capa all’asin(o) A lavare la testa all’asino<br />
C’ perd(e) temp’ e sapon(e) si perde tempo e sapone<br />
A’ raggiòn(a) c’ dà semp alli fess(i) La ragione si da sempre ai fessi<br />
Ab(i)to nun fa mònach(o) L’abito non fa il monaco<br />
E ghièrica nun fè prèvt e la tonsura non fa il prete<br />
A’ carn mett a’ carn la carne mette carne<br />
E a’ m(i)cìzia mett i’ corn(i) e l’amicizia mette le corna<br />
A casa di’ sunatùri alla casa dei suonatori<br />
Nun c’ port(a)n(o) serenàt(e) non si portano serenate<br />
A’ cera c’ strùia er a’ processiòn n’cammina La cera si consuma e la processione sta ferma
A’ chiagne ù mort so lacrim(e) perse A piangere il morto sono lacrime perse<br />
A chi dà e a chi prummètt A chi da e a chi promette<br />
A chi dunque m’addumànn A chi me lo chiede<br />
stengh megghio mò che andànn sto meglio adesso che prima<br />
A chi n’ piac/e) u’ bono Chi dice che non gli piace il buono<br />
puzza calà nu’ ntròno possa essere colpito da un fulmine<br />
A ciuccia è cioppa, a’ padrona è prena l’asina è zoppa, la moglie è incinta<br />
E come ma’ fa stù vern senza len(e) e come dobbiamo fare st’inverno senza legna<br />
Addrìzz vinchietìll quand è t(e) nerìll Raddrizzi il rametto quando è tenero<br />
Addumànn all’acquarùl(o) Chiedi all’acquaiolo<br />
S’ l’acqua è fresch se l’acqua è fresca<br />
Addùrl n’cùl ,puzz(a)no tutt(i) Un modo crudo per dire che le persone sono<br />
tutte uguali.Odora loro il sedere ,puzza a tutti.<br />
A’ fam(e) la dà l’art La fame lo deve spingere a lavorare<br />
A’ fatìa della festa La sola paga del lavoro festivo<br />
nun t’ càvz e nun t’ vest/e) non basta per comprare scarpe e vestiti<br />
A’ fèmm(i)na ha frecat pure o’ diàvl la donna ha gabbato pure il diavolo<br />
A’ figghia muta la capìsc(e) a’ mamma solo la mamma capisce la figlia muta<br />
A’ iallìna fa l’ovo la gallina fa l’uovo<br />
E a u’ iàll i vusck u’ culo e al gallo gli brucia il culo<br />
A’ iurnàt(a) è nu’ mùcc-k(o) la giornata dura quanto un boccone di pane<br />
All’ort di’ cumpàri c’ cogghiano i ‘ m(e)lùni All’orto dei compari si raccolgono i meloni<br />
A magnà e iastmà fino che n’t’ mitt jè A mangiare e bestemmiare basta cominciare<br />
A megghia femmina la’ coce sopr a’ rarizza La donna migliore va arrostita sulla graticola<br />
A’ mugghièra d’ l’avt jè semp cchiù bella La moglie degli altri è sempre più bella<br />
A’ mugghièra è na’ bona cumpagna La moglie è una buona compagna,<br />
c’ mòre una e c’ n’ pigghia n’avta muore una e se ne prende un’altra<br />
A’ mosk(a) sopr i corn du’ vovo la mosca ,sulle c orna del bue,<br />
dice che sta jarànn dice che sta arando<br />
A’ mosca cavallìna pizzica n’culo a Gennarino La mosca cavallina pizzica il culo di Gennarino<br />
Andànn u’ cre mio sta cuntènt Allora il cuore mio è contento,<br />
quand jè spesa assà e poca gente quando la roba è tanta e la gente è poca
Andìrll, andìrll. Jogg n’jè come jìrl I giorni sono diversi:oggi non è come ieri<br />
Andò cantàn(o) tanta jàll n’ fa mai jùrn Dove cantano tanti galli non fa mai giorno<br />
Andò tè l’occhi tè li mani Dove ha gli occhi ha le mani.Tocca tutto<br />
Andò vede e andò ceca Dove vede e dove fa finta di non vedere<br />
Andò zompa a’ crapa, zompa a’ crapett(a) Dove salta la capra, salta la capretta<br />
An(i)ma trista, numinàt(a) e vista Anima triste, nominata e vista<br />
A qua ha truvàt pane e jùrn Qua ha trovato pane e giorno(la sua fortuna)<br />
A’ reggìna tè bisògn(o) da’ vucìna La regina ha bisogna della vicina<br />
A ‘robb(a) cu’ ndindirindì, c’ f(i)nisc c’ ndindirindò I soldi facili finiscono facilmente<br />
A ‘robb d’ magnatòrio la roba da mangiare( cose da niente)<br />
N’ c’ port a’ cumbssòrio non si confessa<br />
A chi figghio e a chi figghiàstr Tratta chi come figlio, chi come figliastro<br />
A ‘robb d’ Marott la roba di Marotta<br />
A poca a poca c’ n’ và a fa fott a poco a poco finisce<br />
A ‘robb n’ jè d’ chi cià fa ma d’ chi cià gode La roba non è di chi se la fa ma di chi se la gode<br />
Articolo cinque, chi tè mmàna vinc/e) Articolo 5 :chi ha in mano vince<br />
Aspìtt ciucc mio a’ pagghia nova Asino mio, aspetta la paglia nuova per mangiare<br />
Attacch u’ ciucc andò dìc(e) u’ padron(e) Lega l’asino dove dice il padrone<br />
A ‘trippa jè com(e) a’ pellècchia La pancia è come la pelle:più la tiri<br />
cchiù la tir(i) e cchiù c’ stennècchia e più si distente(Più ne metti e più ce ne sta)<br />
Aùst, appùndt u’ bust Ad Agosto abbottonati il busto<br />
A’ vecchiàia i’ càvz rùsc(i) Alla vecchiaia non stanno bene le calze rosse<br />
A vedè cacà t’ vè u’ vulìo A vedere cacare ti viene la voglia<br />
Avvìzz cùlo quand’ sta(i) sulo Abitua il sedere a trattenersi quando sei solo<br />
Che, quand’ t’ trùv accumpagnàto altrimenti, quando sei in compagnia<br />
Pù iess sbruvugnàt(o) potresti fare brutte figure<br />
B(e)nedett a’ pulizìa, ha ditt u’ carvunèr(o) Benedetta la pulizia! Ha detto il carbonaio<br />
Ha pigghiàta a’ cammìscia ha preso la camicia<br />
E c’ la miss all’ammèrzz e se l’è messa al rovescio<br />
Basta na’ vutàta e na’ girata basta voltarla e girarla<br />
Cazz, cazz, chi vò mmassà si dice a chi vuole metterci il naso per forza<br />
Capìll e uài n’ manchn mai Capelli e guai non mancano mai<br />
Camp e fa campà vivi e lascia vivere<br />
Chi tropp s’avvascia u’ culo mostra Chi troppo si china mostra il culo<br />
Chi pecora c’ fa u’ lupo c’ la magna Chi fa la pecora viene mangiato dal lupo<br />
Cala ca’ vìnn !!! Cala i prezzi e vedrai che vendi !<br />
C’è mancàt(o) vintinòve e trenta E’ mancato poco
Ciccio cumànn a Cola Ciccio comanda a Cola<br />
E Cola cumànn a Ciccio e Cola comanda a Ciccio( ele cose non si fanno)<br />
C’ capìmm a scìscki Ci capiamo a fischi<br />
Com(e) fa u’ lett accussì tu’ truv(i) Come ti fai il letto così te lo trovi<br />
Casa stretta, femmina ngegnòsa Casa stretta ,donna ingegnosa<br />
Chi magn(a) iallùcc(i) e chi gnòtt vlen(o) Chi mangia gallucci e chi inghiotte veleno<br />
Chi tè nas(o) tè criànza chi ha naso, ha educazione<br />
Chi tè lengh va n’Sardegna chi ha lingua va dappertutto<br />
Chi tè’ a faccia tosta c’ mmarìt Chi ha la faccia tosta si sposa<br />
Chi no, rumàn(e) zìta chi no resta zitella<br />
Chi n’ fa uno ,n’ fa cent Chi ne fa uno , ne fa cento<br />
Chi nasc(e) quadr n’ more tùnno Chi nasce quadro non muore tondo<br />
Chiudìt a’ vetrìna e t(i)ràt i’ pannètt Chiudete la porta a vetri e tirate le tendine( quando<br />
non si voleva essere visti da chi passava)<br />
C’ frega a’ lira fàvza e chi la cura Si frega la lira falsa e chi la cura<br />
C’ so accucchiàt : Si sono accoppiati :<br />
pesc(e) ftènd e cavdàr ca’ corr pesce fetente e caldaia bucata<br />
Che ha drmùt scàvvz ? Che hai dormito scalzo ? Si chiede a chi<br />
mangia come un lupo:<br />
Ch’ nt’ fùnn ? che non hai fondo ?<br />
Ch’ n’occhio frjia u’ pesc(e) Con un occhio frigge il pesce<br />
E ch’ nàvt uàrd a’ jatta e con un altro guarda il gatto<br />
Ch’ quill c’ vonn curtìll e denari Con quello ci vogliono coltelli e soldi<br />
Ch’ c’ dicè? Che a sarda cià fregat a ‘ lice Che si dice? Che la sarda ha mangiato l’alice<br />
Ch’ spitt’ che tu’ cala Gesù Crist cu’ panarèll? Cosa aspetti che te lo cala Gesù col panierino ?<br />
Ch’ t’ magna n’culo ? Che ti prude il sedere ?<br />
Ch’ vù da’ jatta se a’ padrona è matta ? Cosa vuoi dalla gatta se la padrona è matta ?<br />
Chi bell(a) vò parè mill uài adda patè Chi bella vuol sembrare deve sopportare 1000<br />
guai.<br />
Chi c’ còca chi criatùri Chi va a letto con i bambini<br />
A’ matìna c’ javz cu’ lett cacàto la mattina si alza col letto sporco<br />
Chi c’ vest ca’ robba d’ l’altri Chi si veste con la roba degli altri<br />
prest’ si spoglia presto si spoglia<br />
Chi camìna lecca, chi rest a casa, secca Chi cammina lecca, chi resta a casa no<br />
Chiùd(i) bon(o) ca’ ràpi megghio Chiudi bene che apri meglio<br />
Chi c’ jàvz d’ matìn(o) c’ busck nu’ carlìn(o) Chi si alza presto guadagna un “carlino”<br />
Chi c’ magna li mel(i) e chi c’ jèla i dint Chi mangia le mele e chi si gela i denti<br />
Chi cchiù n’jà, cchiù n’ mett(e) Chi più ne ha ,più ne metta
Chi cchiù capìsc(e), cchiù patìsc(e) Chi più capisce, più soffre<br />
Chi nijòzia camp(a) e chi fatìa mor(e) Chi fa negozio vive e chi lavora muore di fame<br />
Chi manèa, mbràtt Chi mette le mani in qualcosa, si sporca<br />
Chi prima c’ jàvz, prima c’ càvz Chi prima si alza, per primo mette le scarpe<br />
Chi sparàgna, spreca Chi risparmia, spreca<br />
Chi spàrt(e) jà a megghia part/e) Chi divide ha la parte migliore<br />
Chi sta strìtt, jèsc(e) fòra Chi si sente stretto esca fuori<br />
Chi tè capìll vòta Chi ha capelli se li gira come vuole<br />
E chi tè culo va’ n’carròzz e chi ha fortuna va in carrozza<br />
Chi pàja apprìma, è mal servùt(o) Chi paga prima non è servito bene<br />
Chi tè poca monet(a) semp conta Chi ha pochi soldi sempre conta<br />
e chi tè’ bella mugghièra semp canta e chi ha bella moglie sempre canta<br />
Chi tè cumpassiòn(e) da’ carn d’ l’àvt Chi ha compassione della carne degli altri<br />
a sòia cià màgnan(o) i càn(i) la sua se la mangiano i cani<br />
Chi va appress alla vucèlla Chi va dietro l’uccello ( il cacciatore)<br />
mòr(e) cornùt(o) e puvrèll muore cornuto e povero<br />
Chi vò Dio c’ lu’ prèja Chi vuole Dio se lo prega<br />
Chi vò u’ mal(e) d’ l’àvt Chi vuole il male degli altri<br />
u’ soio u’ tè addrèt a’ port(a) il suo ce l’ha dietro la porta<br />
Chiù poch(i) simm e chiù bell parìmm Meno siamo e più belli sembriamo<br />
Chiòve e mal tempo fa Piove e fa cattivo tempo<br />
ai cas(e) d’ l’àvt nunn è bono a stà e non è buono stare alle case degli altri<br />
Cià fatt menì i’ strìssm E’ diventato isterico<br />
Cià vist a’ mort ch’ l’occhi Ha visto la morte davanti agli occhi<br />
Cìmici, notta longa e mal(e) iàcc Cimici, notte lunga e cattivo letto<br />
Ciòppi a’ ballà, cacàgghia a cantà Zoppi a ballare, balbuzienti a cantare<br />
Ciòpp(i), vasc(i) e rusci Zoppi, bassi e rossi<br />
Nun t’accustànn s’ ni’ canùsci non li trattare se non li conosci<br />
Ciucci e ciucci c’ ràttn Asini e asini si grattano<br />
Cortes(e), mia Cortes(e) Cortese ,mia Cortese<br />
Comm’ jè l’entràt(a) cusì fa la spesa come è l’entrata così fai la spesa<br />
Cola, Cola a vigna mia Nicola, prendi la zappa<br />
Pigghia a’ zappa e và a fatìa e vai a lavorare la mia vigna
C’ rispett u’ can(e) pu’ padròn(e) Si rispetta il cane per il padrone<br />
Crist prim(a) li fa e pù l’accòcchia Cristo prima li fa e poi li accoppia<br />
Cumpà, tì stu’ facc’ d’ palazz(o) Compare, hai un palazzo così grande e vai<br />
E và p’ casa affìtt per casa in affitto (si diceva a chi scorreggiava)<br />
Cunsiglio d’ volp(i), distruzion(e) d’ jallìne Consiglio di volpe = distruzione di galline<br />
Cùrr quant’ vù che qua t’aspett(o) Corri quanto vuoi che qua ti aspetto<br />
Dopo la festa, saccòccia vacante e dlòre d’ testa Dopo la festa tasca vuota e dolore di testa<br />
D(e)nàr(o) e occhi da fòra, Denari e occhi fuori dalle orbite<br />
Jèsc/i)n e nun tràsc(i)n cchiù escono e non entrano più<br />
Dio chiùd na’ port e ràp nu’ p(o)rtòne Dio chiude una porta e apre un portone<br />
Da càrc(e)rier(e) a carceràt Da carceriere a carcerato<br />
Da’ u’ mal’ pajatòre sficch quill ca’ pù’ Dal cattivo pagatore prendi quello che puoi<br />
Da nu’ bono maestr jesce nu’ megghio discipl Da un buon maestro esce un migliore discepolo<br />
Dnòcchi d’ òmmn e cul/o) d’ femmin Ginocchia d’uomini e culo di donna<br />
stann semp’ fridd stanno sempre freddi<br />
Dopp Natàl(e)..frìdd e fam(e) Dopo Natale ..freddo e fame<br />
E’ passat(a) a’ spìna o’ pede Gli è passata la spina al piede.Ora sta bene<br />
E’ rumàs ch’ occhi chien(i) e man(i) vacànt E’ rimasto con gli occhi pieni e con le mani vuote<br />
E’ cùrt e mal(e) cavat(o) E’ basso e mal formato<br />
E mò so’ pùci … E adesso sono pulci ( guai, fastidi)<br />
E’ uno: ha ditt uì figghio E’ uno: ha detto il figlio quando<br />
Quand ha frecàt l’occhio o’ padr(e) quando ha accecato il padre<br />
E’ mort u’ crijatùr e n’ simm ‘cchiù campar(i) E’ morto il bambino e non siamo più compari<br />
E’ nat(o) a’ nott(e) com(e) a’ p(e)corùccia E’ nato di notte come l’agnellino( riferendosi<br />
a qualcuno che ha gli occhi chiusi)<br />
E’ passat(o) u’ ciopp annànz E’ passato lo zoppo avanti<br />
E’ stat u’ n(i)pòt(e) d’ l’arcprèvt E’ stato il nipote dell’arciprete( quando una<br />
non si poteva punire chi aveva commesso<br />
una mancanza)<br />
E va bene, ha ditt donna Lena E va bene ha detto donna Lena<br />
quand ha vist a figghia prèna quando ha visto la figlia gravida<br />
Fa bene e scùrdl, fa’ mal e pìnsic(i) Fai il bene e scordalo, fai male e pensaci<br />
Faccia mia nd’ cacatùr(o) Si diceva quando non si sapeva dove mettere<br />
la faccia<br />
Fa’ com/e) a’ jatta: fott e chiàgn Fa come la gatta: fotte e piange<br />
Fa’ la femm(i)na basàta ca’ sennò so taccaràt(e) Fai la donna seria altrimenti sono botte
Fa com(e) sì fatt Tratta come sei trattata<br />
e n’ sì chiamat né mòpa e né matta e non sarai chiamato né pazza né matta<br />
Fàmm(i) prim(o) e famm’ fess Fammi fesso ma fammi primo<br />
Fa’ li scrùp(o)l(i) come a’ cucchiàra ‘vonta Fa scrupoli inutili come la cucchiaia unta<br />
Fìgghiem piscia ambàcc u’ mur(o) Mio figlio piscia verso il muro( per vantarsi di<br />
avere un figlio maschio)<br />
Fin’ ca’ chiam’ u’ mèd/i)ch Fino a quando chiami il medico<br />
l’ammalàt è mort(o) l’ammalato muore<br />
Fin’ a quand tengh(o) i’ pìd ndi’ scarp(e) Fino a quando avrò i piedi nelle scarpe( finchè<br />
te’ dà mpìcc vivrò) ti devo dare fastidi<br />
Fìquere e mlùn(i) vann magnàt d’ stagiùn Fichi e meloni vanno mangiati quando è tempo<br />
F(o)rtùna e cazz n’culo viàta a chi l’ha Fortuna e cavoli nel sedere beato chi l’ha<br />
Fa na’ cos(a) d’ jùrn Fai una cosa di giorno ( fai presto)<br />
Fèmmin(a) a’ f/i)nestr(a), poca minestra Se la donna sta affacciata troppo alla finestra<br />
non può dedicarsi alla cucina<br />
Gesù Crist dà i’ b(i)scott a chi ntè dìnt Gesù Cristo dà i biscotti a chi non ha denti<br />
Giuvinò, s’è ‘mrugliàta a’ matassa Giovanotto si è imbrogliata la matassa<br />
o t’ spùs(i) o paja la tassa o ti sposi o paghi la tassa( sul celibato istituita<br />
al tempo del fascismo)<br />
Ha cacciàt a’ coccia fòra du’ sacch Ha messo la testa fuori del sacco<br />
Ha cattàt aì jatta ndu’ sacch Ha comprato il gatto nel sacco<br />
Ha pigghiàt Stat(o) papàle Ha raggiunto chissà quale obiettivo<br />
Ha pigghiàt u’ llìsc Ha trovato il modo giusto<br />
Ha truvàt a’ forma da’ scarpa sòia Ha trovato la forma per la sua scarpa<br />
Ha perz’ ì vovi e va’ truvànn i corn Ha perso i buoi e va cercando le corna<br />
Ha jettà lu’ sangh …. Devi buttare il sangue ( morire)<br />
ianna mia c’ n’ và p’ lene Anna mia va per legna<br />
c’ n’, và a’ matìna e tòrn a’ sera va via la mattina e torna la sera<br />
i b-llìzz fin(o) alla porta La bellezza dura fino alla porta<br />
i’ vrtù fin(o) alla mort(e) le virtù durano fino alla morte<br />
i’ can(i) e i figghi d’ puttàn I cani e i figli di puttana<br />
N’ chiùdn mai la port ch’ li mani non chiudono mai la porta con le mani<br />
i ciucci c’ rattn e i’ varìli c’ sfascian(o) Gli asini si grattano e i barili si rompono<br />
iè com(e) l’àrv du’ cipress: E’ come l’albero del cipresso<br />
iàvt, longh e fess alto, lungo e fesso
iè come s’ m(e)ttìss a’ nèvl n’gann a l’urz E’ come mettere la cartellata in bocca<br />
all’orso<br />
iè com(e) u’ càn du’ ghianchèr(e) E’ come il cane del macellaio,sporco di sangue<br />
vrìtt d’ sangh e carico d’ mazzàt(e) e carico di botte<br />
iè figghia d’ jatta e ha ncappà i sùrg E’ figlia di gatta e deve prendere i sorci<br />
iè pzzènt e fumùs E’ pezzente e sta sulle sue<br />
iènnr e nipùt(i), quand n’ fai è perdùt Per generi e nipoti quanto ne fai è perso<br />
i figghi c’ vàscian(o) quand’ dòrmn i figli si baciano quando dormono<br />
iogg stà d’ genio oggi si sente ispirato<br />
i sfrìngl che nc’ fann a Natal(e) Le frittelle che non si fanno a Natale<br />
nc’ fann cchiù non si fanno più<br />
i uài d’ la pignàta i sape la cucchiara i guai della pignata li conosce il cucchiaio<br />
ièmm fràt quand stèmm ndù stess cumment Eravamo fratelli quando stavamo nello<br />
convento<br />
iogg c’ magna a casa vintòtt Oggi si mangia gratis<br />
i sold(i) fann rapì l’occhi e’ cecàt(i) I soldi fanno aprire gli occhi ai ciechi<br />
I fugn(i) a rocchia e i fess accocchia I fessi stanno assieme come i funghi<br />
Lass’ a chi fìgghia e corr a chi spititèa lascia chi sta partorendo e corre da chi fa<br />
scorreggi<br />
Lìgn, lìgn e t’ pass u’ d(i)sìgn(o) Vai per legna e ti passano i grilli per la testa<br />
L’omo che nc’ vò fa i fatta soia L’uomo che non vuole farsi i fatti suoi<br />
ch’ la l(a)ntèrn va ncappànn i guai con la lanterna si va cercando i guai<br />
Luàmm u’ can(e) e luàmm a’ raja Togliamo il cane e togliamo la rabbia<br />
La fa ch’ na’ capèzza ngànn Lo devi fare per forza( con la cavezza al collo<br />
Mèna, mè Fai presto<br />
Manch a li can(i) Non lo si augura nemmeno ai cani<br />
Madonna mia, pinzc tu: Madonna mia, pensaci tu:<br />
o pigghiatìll, o fall’ murì o prendilo con te o fallo morire<br />
Maddama Tenerina, è iùta p’ c’ calà Madama Tenerina, ha fatto per calarsi<br />
E cè rott u’ fil(o) i’ rin e si è rotto la spina dorsale<br />
Ma’ pigghiàto adòcchio Mi ha dato iul malocchio
Mbacc’ a’ carna tosta Per la carne dura<br />
c’ vò u’ curtèll tagghiènt ci vuole il coltello che taglia<br />
Magniànn, magniànn vè l’apptìt(o) Mangiando mangiando viene l’appetito<br />
M’ so calàt i scùrd annanz a’ l’occh(i) Non ci ho visto più<br />
Magnà nu’ stozz, vev’ na’ stizz(a), Mangiare un tozzo, bere un goccio<br />
durmì nu’ pezz e fatjà nu’ cazz dormire tanto e lavorare mai<br />
‘Màr(o) a chi cad(e) e cerch aiut(o) ! Amaro è per chi cade e cerca aiuto<br />
‘Mar/o) andò cad(e) quella nuvola Sarà brutto dove cadrà quella nuvola<br />
Maria, Maria, ognun c’ sape i fatta sia Maria, Maria, ognuno sa i fatti suoi<br />
Mazz e panell fann’ i’ figghi belli Batoste e pane fanno i figli educati<br />
Panell sena mazz fann i’ figghi pazz’ con pane senza batoste crescono male<br />
Megghio quist’ ca’ nent Meglio questo che niente<br />
Mena a preta e nasconn a’ man(o) Tira la pietra e nasconde la mano<br />
Megghio malat(o) che mort(o) Meglio malato che morto<br />
Mena li’ coss a chirinò Si dice di persona che ha le gambe arcuate<br />
e quand’ cammìn(a) fa si e no e cammina in modo buffo<br />
Mò vìd che a’ jallina ha p(i)zzcà nculo o’ iall Stai a vedere che la gallina pizzica il gallò<br />
Mò vìd che cima mett Stai a vedere che ci dobbiamo mettere<br />
nu’ punt n’culo e navt mocch un punto al culo e un altro alla bocca<br />
Mùnn ieva e mùnn jè Mondo era e mondo è<br />
Muntagn e muntagn nc’ ncontràn mai Montagne e montagne non si incontrano mai<br />
Nsciùn nasc(e) mparàt(o) Nessuno nasce sapendo fare qualcosa<br />
Ndà vdènz ! Non dare importanza<br />
Nu’ padr campa a cent figghi Un padre campa cento figli<br />
E cent figghi nun campan(o) nu’ padre e cento figli non campano un padre<br />
N’ gementànn u’ can(e) ca’ dorm Non disturbare il cane che dorme<br />
Nascunnìtv quill ca’ v’ penn Nascondetevi quello che vi pende,<br />
tengh na’ figghia che quill che ved’ vò ho una figlia che quello che vede vuole<br />
Ndà cas(a) chi ncè nat(o) nc’ trascja Nella casa non deve entrare chi non è nato<br />
N’ fa stìma d’ nent: nc’ fa né bianch e né ruscio Non si vergogna di niente, non diventa<br />
Né bianco né rosso<br />
N’ po’ iess nai cchiù scurd da’ mezanott Non può essere mai più oscuro della mezzanotte
N’ sputà n’ciel che mbacc t’ torn Non sputare in cielo che ti torna in faccia<br />
N’ stenn a pilià Non perdere tempo<br />
N’ tè’ nas(o) Non ha creanza<br />
Nt-n’ ncaricà Non ti preoccupare<br />
N’ vò pagghia a ciuccia L’asina non vuole la paglia ( è sazia)<br />
N’ vuless ièssr manch cammìscia d’ ncò ll Non vorrei essere nemmeno la camicia che<br />
hai addosso<br />
Nu’ chiagne come a’ chiagne Piangi come devi piangere) dì la verità)<br />
Che u’ panecotto sta ndù stip(o) che il pancotto sta ancora nello stipo<br />
Ogni picca giova Ogni poco aiuta<br />
Ogni mal(o) cunto c’ pigghia da reto Ogni conto sbagliato si rifà<br />
O’ mar(e) va l’acqua L’acqua va al mare<br />
Pur(e) i’ sf(o)ttùt vann m’paravìs(o) Pure gli sfottuti vanno in Paradiso<br />
P’ vulìo du’ lard(o) Per il desiderio del lardo<br />
mett’ u’ det’ nculo o’ porch mette il dito nel sedere del maiale<br />
Pan(e) e pmmdòr(e) mettn sangh e clòr(e) Pane e pomodoro mettono sangue e colore<br />
Pìgghiate u’ bon(o) jurn(o) quand vè Prenditi il giorno buono quando arrica<br />
pcchè i’ malamènt n’ màncan(o) mai perché quelli cattivi non mancano mai<br />
Pacienza, ha ditt’ u’ monach Pazienza, ha detto il monaco<br />
quand ha vist a’ signora chi cosce da fora quando ha visto la signora con le gambe fuori<br />
Pigghia a stu’ cazz e mìttl n’palazz(o) Prendi questo cavolo e mettilo in palazzo<br />
(stai sbagliando o sei inopportuno)<br />
Poch spìnn e poch magn(i) Poco spendi e poco mangi<br />
Prim d’ magnàrt l’ovo fatt li fell Prima di mangiare l’uovo preparati il pane<br />
Prim u’ dent e pù u’ parent Prima il proprio dente,poi il parente<br />
Prumett cert e jabba sicur(o) Promette ma non mantiene la parola<br />
Pure i puci hann ricòta a’ toscia Pure alle pulci è venuta la tosse<br />
Puzza avè quill che t’ manca Che tu possa avere quello che ti manca<br />
P’ quest(o) stà u’ p(e)rtùs(o): Per questo sta il pertugio:<br />
P’ fù scì u’ fetùs(o) per far uscire l’aria cattiva<br />
Quand’ a jatta ncè stà Quando il gatto non c’è<br />
u’ sorg abbàll il topo balla<br />
Quand a’ jatta nci’ arriv o’ lard Quando il gatto non arriva al lardo<br />
dic/e( ca’ vè d’ ràng(i)d(o) dice che sa di rancido
Quand nt’ vede nischiùno ,t’ vedn tutt(i) Quando ti sembra che non ti vede nessuno<br />
stai certo che ti vedono tutti<br />
Quand’ chiòva, chiòva Lascia che piova<br />
Quand’ u’ malàt pizzilèa Quando il malato mangia anche poco<br />
vol dire che vò campà vuol dire che vuole vivre<br />
Raccumànn i’ pèquere o’ lup(o) Raccomandi le pecore al lupo<br />
Sott’ a sta’ man(o) nce’ chiòve Sotto questa mano non ci piove<br />
Silenzio, chi sap(e) u’ giòco Faccia silenzio chi sa il gioco<br />
Senz(a) di fess(i) n’ campàn(o) i dritti Senza dei fessi non campano i dritti<br />
S’ nu’ rott n’culo Sei in gamba<br />
Stìtv zitt che c’ stann i’ recchi(e) surd(i) State zitti che ci sono i bambini<br />
Spart ricchezz(a) e divent(a) puvertà la ricchezza divisa diventa povertà<br />
Se lu’ mprèst fuss bon(o) Se il prestito fosse buono<br />
c’ mprestàss a’ muhhièra si presterebbe la moglie<br />
Sumìnt quand vù che semp a Giugn c’ meta Semina quando vuoi che sempre a Giugno<br />
si miete<br />
So’ tant’ann(i) che sta nda’ farmacia Sono tanti anni che sta nella farmacia<br />
e ancor(a) nc’ mpàra andò sta u’ cremòne e ancora non impara dove sta il bicarbonato<br />
Sì’ come u’ can(e) pumàcchio sei come il cane pumacchio<br />
che mbìcc l’acc e c’ n’ fuja che imbroglia la matassa e scappa via<br />
Son(o) da razza di Lilli e Cardìlli: sono della razza dei Lilli e Cardilli:<br />
brijànt, carbunèr(i) e sbirri briganti, carabinieri e poliziotti<br />
So’ fnùt(i) i peri a’ chiùsa ! Son finite le pere in campagna !<br />
So’ iùt(o) p’ avè e so’ rumàse da dà Sono andato per avere e son rimasto da dare<br />
Sòpa u’ cott l’acqua vllùt(a) Sulla parte scottata l’acqua bollente<br />
Sòpa a’ lisciatèlla e sott a’ piducchièlla Sopra i capelli pettinati e sotto i pidocchi<br />
Sparàgn(a) e cumparìsc(i) Risparmi e fai bella figura<br />
Spùgghia a’ Madonna e vist’ a’ Gesucrist Spogli la Madonna e vesti Gesù Cristo<br />
Sta allupàt Ha una fame da lupo<br />
Sta fatt ch’ tutt’ i sett Arcangel(i) Sta fatto con tutti i sette Arcangeli(<br />
lavoro fatto alla perfezione)<br />
Sta na’ calandrèlla da fora !!!!! C’è un caldo fuori !!!<br />
Stann com/e) tazz e cucchiàr Stanno come la tazza e il cucchiaio<br />
Statt soth!! Stai fermo !<br />
Stìpa a’ nzògna p’ quand bisògn(a) Conservi la sugna per quanto serve<br />
Scsa saccòccia mia s’ t’incommd spiss Scusa tasca mia se ti incomodo spesso<br />
Te’ fa sckattà n’corp Ti devo far crepare dentro<br />
T’ fa u’ cul/o) vick- vick Senti paura
Tant pòv/e)r p(e)scatòr(e) Tanto povero pescatore<br />
tant’ ricch màr(i)nar tanto ricco marinaio<br />
Taratùro, taratùro, taratùro Cassetto, cassetto, cassetto,<br />
e quest(a) jè a’ manica du’ pesatùr(o) e questo è il manico del pestello<br />
Tè a’ fortùn(a) du’ Puvrìll Ha la fortuna del “Poverillo”<br />
che arruvàt abbascia a’ Funtan(a) che arrivato giù alla Fontana<br />
c’ mettèv(a) a chiove! cominciava a piovere.<br />
Te’ fa muccicà andò nci’ arrivi !! Ti devo far mordere dove non ci arrivi<br />
Te’ fa scì l’ochi da fora Ti devo far uscire gli occhi fuori<br />
Te’ fa’ u’ culo Per le botte ti devo fare il culo<br />
come na’ zuppèra di jalantòm(o) lucido come la zuppiera di un galantuomo<br />
Te’ semp’ i ‘ màn mprèst Mette le mani dappertutto<br />
Te’ la lenga che c’ po’ stujà lu’ cul(o) Ha la lingua tanto lunga che può pulirsi<br />
Il sedere-<br />
Tè l’occhi appannazzàt(i) Ha gli ochi semichiusi<br />
Tè l’occhi com’ na’ pertòsa d’ seminarista Ha gli occhi piccoli come l’àsola della<br />
tonaca di un seminarista<br />
Te’ mett ch duj pid ndà na’ scarp(a) Ti devo mettere con due piedi in una scarpa<br />
Te ’ scacchià p’ mezz Ti devo aprire a metà<br />
Te’ stuccà li’ ciàmp(i) Ti devo mozzare le dita<br />
Terlindàna, Terlindàna Terlindana, Terlindana<br />
lu’ rott port’ lu’ san(o) il rotto porta il sano<br />
Tè zìzz, bellìzz e cent ducàt(i) Ha petto, bellezza e dote(100 ducati)<br />
T’ tè n’culo e sott i pìid Ti tiene in culo e sotto i piedi<br />
Trippa mia fatt v’sazz Pancia mia fatti bisaccia<br />
U’ pùllp c’ coce ch’ l’acqua soia stessa Il polipo si cuoce con l’acqua sua stessa<br />
U nùnn è fatt a taratùro Il mondo è fatto a cassetto<br />
Jògg n’culo a te e dumàn(i) pur(e) oggi in culo a te e domani pure<br />
U’ sazio n’ crede o’ dijùn(o) Chi è sazio non crede a chi è digiuno<br />
U’ sparàgn(o) è nu’ gran guadagn(o) Il risparmio è un grande guadagno<br />
Uài e capìll n’ màncan(o) mai Guai e capelli non mancano mai<br />
Uài, uài , morta mai!! Meglio tanti guai che la morte<br />
U’ can(e) mòccica o’ scarciàt(o) Il cane morde il poveretto<br />
U’ ciucc c’ scorcia mort e no viv(o) L’asino si scortica morto e non vivo<br />
U’ ciucc port a’ pagghia e u’ ciucc cià magna L’asino porta la paglia e l’asino la mangia
U’ mal(o) passo andò u’ trùv(i) Un passo cattivo lo trovi quanto meno te<br />
lo aspetti<br />
U megghio matrimonio jè quill che n’c’ fa Il migliore matrimonio è quello che non si fa<br />
Uno è tigna e l’avt è rugna Uno è tigna e l’altro è rogna<br />
Uno ne fa e cent n’ pens(a) Uno ne fa e cento ne pensa<br />
U’ fnòcchio, na’ vèvta accocchia Col finocchio ci sta bene un sorso di vino<br />
U’ poco basta e u’ ssa c’ fnìsc Il poco basta,il molto finisce<br />
U’ poce ndà farina dic che fa u’ mulinar(o) La pulce nella farina dice che fa il mugnaio<br />
U’ scarparìll viziùs(o) ,ogni punt nu’ pertus(o) Il calzolaio vizioso per ogni punto fa 1 buco<br />
U’ temp c’ mett a neve Il tempo si mette a neve<br />
e nuj c’ mettìmm a maccarùni e noi ci mettiamo a maccheroni<br />
U’ verdòn(e) ciù magna u’ padròn(e) La frutta verde la mangia il padrone( diceva<br />
Il mezzadro)<br />
U’ vòvo dic(e) all’asin(o): cornùt(o) Il bue dice cornuto all’asino<br />
U’ cafon(e) c’ sckatt dui vote: Il contadino crepa due volte:<br />
quand’ magna a’ casa d’ l’avt quando mangia alla casa degli altri<br />
e quand’ fatìa ndu’ trrìn soio e quando lavora nel suo terreno.<br />
Vaio p’aiùt(o) e trovo sdirrùp(i) Vado per aiuto e trovo dirupi<br />
Vai a patùto e no a medico Vai da chi ha sofferto e non dal medico<br />
Va’ a cacà a mar(e) che t’ và a’ rena n’culo Vai a cacare sulla spiaggia così ti entra<br />
la sabbia nel sedere<br />
Va’ a fa bene a stù mùnn ! Vai a fare bene a questo mondo !<br />
Va’ fuiènn p’ debbt e trova scèri p’nnanz Scappa per debiti e trova l’usciere davanti<br />
Va’ truvànn ricci e cistùnie Cerca il pelo nell’uovo(ricci e tartarughe)<br />
Vizio e natur(a) fino a mort dura Vizio e natura dura fino alla morte<br />
Va’ a fnì che facimm come u cavall d’ Nannarone: Va finire che facciamo come il cavallo di<br />
bona giuventù e mala vecchiaia Nannarone:buona gioventù e mala vecchiaia<br />
Zòmpa chi po’ .. Salta chi può<br />
Zompa citrùlo e va n’culo all’urtlàn(o) Salta cetriolo e va nel sedere all’ortolano<br />
A chi faceva uno strarnuto di diceva” Salute “. E l’altro rispondeva : Salute e bene anche a voi<br />
quando vi viene “ oppure: salute pure a chi m’ l’ha dittt. E chi n’ m’ lì’ha ditt puzza jj titt titt( e chi<br />
non me lo ha detto possa andare per tetti)<br />
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