POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE VOL IV (PARTE SECONDA)

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(parte seconda)



STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFlClO STORICO

MARIO MONTANARI

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

VOLUME IV (parte seconda) LA GUERRA DI LIBERAZIONE

ROMA 2010



INDICE GENERALE PAG.

PARTE SECONDA -

LA COBELLIGERANZA

Cap. IV - Il Regno del Sud 1. Premessa ....................... .................................................... ............ 201 2. 11 Governo militare (11 sett.-15 nov. 1943) .................................. 203 3. La crisi della monarchia (16 nov.-18 apr. 1944) ........................... 228 4. Il I raggruppamento motorizzato .................................................. 272 5. Il Governo di transizione (24 apr.-7 giu. 1944) ............. ............... 294 Cap. V - La Repubblica Sociale Italiana 1. Il ritorno al potere di Mussolini.. .................................................. 317 2. Le Forze Armate della R.S .I ........................................................ 337 3. Il sorgente della Resistenza armata .............................................. 352 4. Roma cittĂ aperta.......................................................................... 373 Cap. VI- Il ritorno a Roma I. Il primo governo Bonomi ............................................................. 399 2. La cobelligeranza nell'estate-autunno 1944 ................................. 430 3. La crisi della R.S.L. ....................................................................... 459 4. Il C.L.N.A.I. ................................................................................ 474 5. La Linea Gotica ............................................................................ 502 Cap. VII-La liberazione 1. Il secondo governo Bonomi ........................................................... 531 2 . L' o ffiens1va . v1ttonosa . . .................................................................... 560 3. L'insunezione generale in Alta Italia ............................................ 587 4. La frontiera orientale .......... .......................................................... 611 Cap. VIII - Considerazionj conclusive 1. Carattere deI1a guerra di liberazione ............................................ 625 2. La politica interna ......................................................................... 630 3. La cobeI1igeranza .......................................................................... 639 4. La guerra partigiana ...................................................................... 645 5. L'epilogo ....................................................................................... 652 Indice dei nomi ...................................................................................... 661



Parte seconda LA COBELLIGERANZA


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Capitolo IV IL REGNO DEL SUD 1. PREMESSA

Con lo sbarco a Brindisi del Re e delle poche persone che cos6tuivano il Goverpo ed i vertici :militari ebbe inizio il Regno del Sud, così clùamato per la sua esistenza nell'estremo sud della penisola dopo il drammatico 8-9 settembre 1• Quelle poche persone si trovarono ad affrontare un compito di tale gravosità da far tremare le vene ed i polsi: si trattava, semplicemente, di recuperare e riordinare quel che restava delle Forze Armate, ma soprattutto dell'Esercito; di farsi riconoscere dagli anglo-americani come «alleati» o quasi; di riprendere in mano le redini dell'apparato statale; di ritrovare il contatto con l'opinione pubblica. Questi, estremamente complessi, problemi vennero risolti con lenta gradualità in tre periodi abbastanza distinti, a tratti illusori, a tratti deludenti, a volte addirittura mortificanti, che si succedettero sino all'insediamento del ministero Bonorni nella capitale liberata. Potrenuno definirli in base al motivo politico caratterizzante: il periodo del <<governo militare>> (I I settembre-15 novembre 1943) , quello della «crisi della monarchia» ( 16 novembre 1943 - 18 aprile 1944) e quello del «governo di transizione» (24 aprile - 7 giugno 1944). Il primo di essi, durante il quale ogni attenzione venne rivolta ai rapporti c_on gli Alleati nell'ossessivo intento di far patiecipare quanto prima possibile unità italiane alle operazioni contro i tedeschi, a fianco degli anglo-americani, vide al proscenio «una rappresentanza politica dello Stato ed un governo militare» 2 e condusse alla firma deII'arnùstizio lungo, alla dichiarazione di guerra alla Germania ed alla concessione, é la parola, dello status di cobelligerante all'Italia da parte delle Nazioni Unite. Il secondo periodo, difficiliss imo, fu dapprima condotto da un governo detto «dei sottosegretari», considerando sempre in carica i ministri rimasti a Roma, per trattare i vari aspetti dell'ammi nistrazione pubblica con la Commissione

1 La formula, chiaramente sprezzante, fu di proposito utilizzata eia quanti vollero declassare il Regno d'Italia, vale a dire sia dai sostenitori della Repubblica sociale italiana, sia eia coloro che miravano all'abbattimento della monarchia. 2 Agostino Degli Espinosa, Il Regno del Sud, Migliaresi, Roma 1946, p. 40.


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alleata di controllo, poi continuato da un governo «ministeriale» che si trasferì a Salerno, e vide la presa di posizione.radicale dei Comitati di liberazione nazionale nei confronti della questione istituzionale. Sul piano militare registrò l'impiego operativo del I raggruppamento motorizzato. Il terzo periodo fu caratterizzato dall'attenuarsi della polemica istituzionale per effetto della «svolta di Salerno», provocata dall'attenzione dell'Unione Sovietica alle cose dell'Italia, che consentì la partecipazione dei partiti politici, e soprattutto dei più noti espo~enti antifascisti come ministri senza portafoglio, al nuovo governo Badoglio. Si concluderà con l'ingresso delle truppe alleate in Roma.

*** L' abbandono di Roma era stato inizialmente previsto - con un ottimismo francamente poco motivato - come temporaneo . Si era pensato di poter decidere a Pescara se sostare pochi giorni in attesa della rapida avanzata anglo-americana sulla capitale, oppure se proseguire verso destinazione da stabilire. Nella breve sosta compiuta al castello di Crecchio, il Re si era manifestato sicuro di un assai prossimo ritorno e Badoglio ed il ministro Acquarone avevano condiviso tale opinione 1 • A tal proposito possiamo anche citare il promemoria inviato da Ambrosio a Castellano il 19 attobre 1943 per lamentare la «lentezza esasperante» delle operazioni alleate. In esso figura questo inciso: «Voi ricorderete che la principale ragione determinante dell'armistizio fu la Vostra affermazione (conseguente certo ad assicur~zioni avute dagli Alleati) che almeno la Capitale sarebbe rimasta in crisi pochi giorni prima dell'arrivo delle armate anglo-ame1icane. I pochi giorni sono diventati parecchie settimane, ed ho anche fondate ragioni per ritenere che l'attacco alla linea difensiva Spezia-Rimini, se non connesso con altri fatti bellici ora imprevedibili, non avverrà mai, o avverrà fra molti e molti mesi( .. .)» 2 •

Il viaggio, in uniforme, con lo stendardo reale sulla vettura del Re, si era svolto senza difficoltà, ma in un quadro di generale disagio psicologico: la repentineità della decisione e l'improvvisazione del trasferimento, pur se provocate dalla necessità di sfuggire ad una assai probabile cattura 1 E. Caviglia, Diario cit., p. 482. II 13 settembre Nenni scrisse nel suo diario che a Roma «è sempre viva l'attesa di uno sbarco inglese di cui si parla come imminente» (Diario 1943-1956, Milano 1981, I, p . 42) . 2 DDI, serie X, I, doc. 55.


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ed anche se imposte dalla ragione di Stato, assomigliavano troppo ad una vera e propria fuga davanti al nemico. I1 principe di Piemonte per tre volte aveva chiesto di poter tornare a Roma, ma senza ottenere il permesso dal Re e da Badoglio. La facilità del viaggio sulla Tiburtina, nonostante l'incontro con elementi tedeschi 1 , fornì poi lo spunto per l'inverosimile teoria di un frettoloso accordo notturno con Kesselring: consenso alla fuga del sovrano e dei capi militari contro la resa di Roma 2 • Non vale la pena di soffermarsi sull'attendibilità di simile affermazione, priva di prove e smentita, fra l'altro, seccamente sia dallo stesso Kesselring, sia dal generale Westphal, suo capo di Stato Maggiore. Ver:so le I 6 del 9 settembre, all'aeroporto di Pescara venne esaminata la situazione alla presenza del Re e le notizie pervenute indussero a proseguire il movimento . Badoglio, ricordando probabilmente l 'offe1ta fatta dagli Alleati a Castellano, propendeva per dirigersi in Sicilia ma Vittorio Emanuele III volle recarsi in Puglia e precisamente nella piazza marittima di Taranto od in quella di Brindisi, sgombre entrambe da tedeschi e da angloamericani, vale a dire in una località ove fosse possibile esercitare l'intatta sovranità.L'ammiraglio De Courten aveva già disposto che due corvette ed un incrociatore si dirigessero su Ortona, per cui a mezzanotte fu possibile continuare il viaggio su Brindisi 3 •

2. IL GOVERNO MILITARE (11 SETTEMBRE-15 NOVEMBRE 1943).

Nel primo pomeriggio del 10 settembre la corvetta Baionetta entrò nel porto di Brindisi . A bordo si trovavano il Re, la Regina, il principe di Piemonte, il maresciallo Badoglio, il generale Ambrosia, i capi di S.M. delle tre Forze Armate e personaggi minori. Gli uomini sbarcati a Brindisi rappresentavano lo Stato italiano e ne garantivano l'esistenza e la continuità. Questo Stato, il Regno del Sud, comprendeva allora soltanto quattro province: Brindisi, Taranto, Lecce e Bari. Il mattino dell' 11 settembre gli allievi dell'Accademia navale, trasportati da Venezia a Brindisi il giorno precedente, parteciparono alla messa al

1 JJ generale Puntoni scrisse: «Ci fermiamo ad alcuni posti cli blocco, uno dei quali tedesco, ma nessuno fa difficoltà per il nostro passaggio» (Parla Vittorio Emanuele TI! cit., p.165). Evidentemente il posto tedesco aveva il compito dì controllare i movimenti dei repa1ti tedeschi. 2 R . Zangrandi, 1943, 25 luglio - 8 settembre, cit., pag. 129 e seg. 3 P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III cit., p. J65.


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campo nella pineta presso il Collegio navale ed al termine della funzione religiosa intonarono il «Cunservet Deus su Re», l'inno sardo 1. Un piccolo episodio, ma in quella tristissima congiuntura ebbe un grande valore morale per i presenti e per tutti co]oro che ne furono informati. Quel mattino «lo Stato italiano iniziava la sua fragile vita ne11a nuova incetta capitale>> 2 ed il maresciallo Badoglio si accinse - come ebbe ad osservare un giornalista americano - «con poco più di una matita e un pezzo di carta» alla sua attività di governo con i pochi collaboratori che lo avevano seguito da Roma. Sotto il profilo militare la situazione era tut'altro che chiara, ma, anche se le notizie pervenute erano scarse e frammentarie, si presentava sotto una luce a dir poco deprimente . Ad una sommaria valutazione l'intera Italia centro-settentrionale appariva caduta rapidamente in mani tedesche e, peggio, da queste saldamente tenuta. Nessuno aveva immaginato un crollo così verticale del R.Esercito 3 • Ad immediato contatto si trovava la 1QA armata germanica (gen. von Vietinghot1) con il XIV ed il LXXV Panzerkorps, ambedue impiegati a fondo in Campania a fronteggiare l'operazione Avalanche - compito che stavano disimpegnando molto bene - e la 1A divisione paracadutisti in Puglia. Mentre in diverse località della regione si verificavano scontri con i tedeschi, i quali all'azione di forza alternavano la seducente affermazione che, essendo la gue1n finita per l'Italia, i soldati italiani potevano rientrare in seno aUe loro famiglie, divenne impellente la necessità di risolvere due questioni di somma importanza . In primis, definire esattamente il rapporto con i tedeschi. Sempre il mattino dell' 11 settembre, il generale Ambrosio diramò la prima direttiva. Più che altro fece il punto della situazione: poichè i tedeschi avevano apertamente iniziato le ostilità contro di noi, dovevano essere considerati come nemici, perciò «le Forze Armate debbono recisamente combatterli». Si potrebbe, invero , osservare che questo si era già riscontrato sin dalla notte sul 1

A. Degli Espinosa, Il Regn.o del Sud cit., p. 33. Ibidem. n commento di Harold MacMillan al suo arrivo a Brindisi sarà molto espressivo: «Il partito cli Brindisi può essere a malapena definito con il nome di governo: Esso consiste del Re e della sua famiglia , di un vecchio generale come capo ciel governo, cli un piccolo gruppo cli generali e di cortigiani ( ...)» (War diaries . The Mediterranean 19431945, MacMillan, Lonclon 1984, p. 221. 3 Secondo fonti tedesche i militari italiani che si arresero furono all'incirca: 146 mila nell'Italia centro-settentrionale, 10.200 nel Lazio e nell'Italia meridionale, 59 mila nella Francia meridionale e 430 mila in Bakania e nell'Egeo. Di questi, fra 1'8 settembre 1943 e la primavera ciel 1944, I 86 mila accettarono cli prestare servizio volontario o ausiliario nella repubblica cli Salò o in Germania (Gerhard Schreiber, Tmilitari italiani n.ei campi di concentramento del Terzo Reich, USSME, Roma 1992, pp. 305-306). 2


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9, ma sappiamo che fino all'ultimo, sopravvalutando la capacità di sfondamento anglo-americana, si era sperato in un movimento di ritirata verso nord . Nel contempo occorreva cercare di appurare l'esatta entità delle forze disponibili nell'Italia meridionale (circa 200 mila uomini), in Sardegna (132 mila) ed in Corsica (78 mila) e di raggrupparle al fine di opporsi ad un'eventuale ulteriore espansione tedesca nell'Italia meridionale, e poi di procedere «in cooperazione con ]e forze anglo-americane all'azione offensiva per la liberazione di tuto il ten:.itorio nazionale» 1• Il secondo problema ri.guardava la ripresa ordinata della vita amministrativa ed economica del piccolo regno, da espandere via via ai te1Titori successivamente riconsegnati al Governo legittimo. Per cominciare il prefetto di Taranto, Innocenti, fu chiamato ad organizzare e dirigere un Ufficio Affari Civili - articolato in sezioni riproducenti in sedicesimo i vari ministeri civili inteso ad assolvere in qualche modo tutti i compiti propri dell'Autorità Centrale. Si provvide, poi, a conferire maggiore potere ai prefetti affinchè la legge conservasse ovunque il suo vigore; si ricorse alla facoltà consentita al Comandante Supremo delle Forze.AJ.mate dalla legge cli gue1Ta di emanare bandi (facoltà delegata dal Re al capo di S.M.Generale); fu creato un Commissariato generale de11 'alimentazione, alle dipendenze dell'Intendenza del! 'Esercito, per provvedere a11e necessità della popolazione civile. La macchina dello Stato cominciò quindi, sia pure stentatamente, a funzionare 2 .«Se la vitalità dello Stato italiano aveva bisogno di una prova, mai prova più orrenda le fu imposta cli quella che i quaranta o cinquanta uomini di Brindisi seppero superare con l'opera svolta in settembre» 3 . In base alle direttive di Ambrosio, lo Stato Maggiore dell'Esercito si rivolse alla 7" armata (gen. Ar.isio), il cui Comando tattico, non appena ricevuta notizia dell'armistizio, sì era trasferito durante la notte sul 9 da Potenza a Francavilla Fontana, tra Brindisi e Taranto, entrando subito in funzione. Dei suoi tre corpi d'armata, il IX (gen. Lerici) in Puglia ed il XXX (gen.Pentimalli) in Campania. Le disposizioni di Roatta precisarono: «È indispensabile procedere al più presto a chiarire la situazione in Puglia ed a ricacciare verso nord gli elementi germanici (che non debbono razionalmente essere molti) che tuttora vi esistono.

1 Salvatore Loi, I rapporti.fra Alleati e Italiani nella cobelligeranza, USSME, Roma , 1982, pp. 305-306). 2 Cfr. P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., pp. 121-123. 3 A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp. 121 -123.


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A parte la convenienza materiai.e di tali operazioni, vi è quella morale di fronte agli anglo-americani e di fronte alle nostre truppe. Non é infatti tollerabile che poche forze germaniche scon-azzino le Puglie e vi si comportino da padrone( ...)».

Di conseguenza, determinata la dislocazione degli elementi tedeschi e stabilito «il margine della zona libera», bisognava organizzare una serie di puntate con colonne celeri a livello di battaglione, partenti da Brindisi e da Taranto o località intermedie, ed avanzare a sbalzi, mantenendo il possesso dei punti significativi raggiunti (località di una certa importanza, nodi stradali). Queste direttive, inevitabilmente piuttosto generiche data la carenza di informazioni sulla precisa presenza delle unità tedesche, nonchè le incertezze di ogni tipo circa lo strumento militare ancora disponibile , rispondevano essenzialmente all'urgenza di far sentire l'azione di comando. Non a caso Roatta nùse in evidenza l'assoluta priorità di una forte attenzione al morale del personale, invitando a prendere alla mano i reparti sparsi per non dare loro la senzazione dell' abbandono; a spiegare a ufficiali e truppe la situazione e motivare il rivolgimento contro gli antichi alleati; a dissipare «al più presto e nel modo più pronto, più energico e più radicale un' atmosfera del tempo cli pace che ho dovuto constatare in un grosso presidio e che probabilmente si estende anche a molti altri» 1• Quanto agli Alleati, tutti i maggioli protagonisti erano partiti con un'abbondante dose di ottinùsmo,pur essendo intenzionati a non impegnarsi a fondo in Italia 2 • Il 9 settembre - nell'ambito delle conversazioni seguite alla Conferenza Quadrant - ebbe luogo un'importante riunione generale alla Casa Bianca, nella quale venne discusso un memorandum preparato eia Churchill e già approvato da Roosevelt circa la situazione mibtare che si sarebbe detenninata in base all'assunto della vittoria nell'attuale battaglia per Napoli e per Roma e della ritirata tedesca sulla lineea degli Appennini o quella del Po. Rivestono particolare interesse alcuni punti relativi al teatro del Mediterraneo: «3. ( ...) Sebbene non possiamo riconoscere l'Italia come alleata nel pieno senso della parola , siamo stati concordi nel permetterle di pagarsi il biglietto lavorando, e che questo utile

1 M. TorsieUo, Le operazioni delle unità italiane cit., pp. 232-233. Cfr. M . Roatta, Otto milioni di baionette cit. , pp. 337-338. 2 «Si era sperato - scrisse Montgomery -, in seguito all'armistizio, che cacciare i tedeschi dall'Italia con l 'aiuto dell'Esercito italiano sarebbe stata una faccenda rapida. Gli avvenjrnenti dimostarono che ciò era impossibile e ci trovammo così impigliati in una grossa campagna senza avere un piano predisposto in anticipo» (Bernard Montgomery, Da El Alamein aljì.ume Sangro, cit., p. 192).


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servizio contro il nemico verrà non solo aiutato, ma ricompensato. Se dovessero scoppiare combattimenti tra italiani e tedeschi, le prevenzioni della pubblica opinione scomparirebbero rapidamente e in una quindicina di giomi la situazione potrebbe talmente maturare( ...) da rendere possibile una dichiarazione di gueJTa contrn la Germania da parte dell'Italia( ...) . 4. In base all'assunto di una vittoria decisiva nella zona cli Napoli é stato già convenuto, ritengo, dover noi marciare a nord su per la penisola italiana sino ad urtare contro il principale sbarramento germanico ( ...). Se gli italiani saranno ovunque favorevoli ed il loro esercito verrà in nostro aiuto, lo schieramento cli almeno una dozzina di divisioni italiane ci sarà di grande vantaggio per il mantenimento ciel fronte attraverso l'Italia e la possibilità di avvicendamento per le forze alleate. Se, a battaglia di Napoli finita, non incontreremo ui;ia seria resistenza( ...) io sarei propenso a sperare che per la fine dell'anno al più tardi noi dovremmo poter attaccare in forze la principale linea tedesca( ...). 5. Ho esaminato la campagna del 1944 al la luce di queste nuove possibilità e sono profondmnente convinto della necessità eia parte nostra cli avanzare verso nord, dopo aver superato la parte più stretta della penisola italiana( ...). Per la primavera noi dovremmo essere in grado, in questo teatro di guerra, o di sfe,nre un'offensiva, qualora il nemico sia debole ( ...), o d'altra parte restare .in difensiva( ...) e stornare una parte delle nostre truppe per un impiego altrove, sia ad occidente, sia ad oriente( ...). 6. Siamo entrambi profondamente consapevoli della grande importanza della situazione balcanica ( ...).Supponendo che gli ita'liani possano essere indotti ad entrare in guerra contro la Germania, possibilità immense sembrano aprirsi ( .. .).Quandola linea difensiva attraverso l'Italia sia stata completata, potrebbe esserci possibile utilizzare una parte delle nostre forze assegnate al Mediterraneo ed accentuare così un movimento verso nord e nord-est dai porti dalmati ( ...)»

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Diciamo subito che il modo di vedere di Churchill - il quale puntava su1l'apporto italiano anche per imprimere una conveniente svolta (antjsovietica) agli eventi nella penisola balcanica - non coincideva affatto con i1 punto dì vista del Foreign Office, né con quanto stabilito a Quebec («Questi termini [di resa] non prevedono l'attiva collaborazione dell'Italia nella battaglia contro i tedeschi») 2 , e nemmeno con 1e clausole aggiuntive dell'armistizio lungo ( «la partecipazione de11'Italia alla guerra in qualsiasi zona deve cessare immediaatamente») 3 • E , infine, poco aveva a che fare con le direttive alleate indirizzate fra i] 3 ed il 5 settembre al governo Badoglio, che prevedevano soltanto scioperi per rifiutare ogni collaborazione con i tedeschi ed azioni di

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W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, I, pp. 145-149.

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Roosevelt e Churchill a Eisenhower in data 18.8.1943, ibidem, p.117.

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E . Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., p. 327.


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sabotaggio e di guerriglia contro Comandi, trasporti e depositi germanici 1• Nemmeno il Comitato dei capi di S.M. britannici condivideva le idee di Churchill e, nella sua risposta dell' 11 settembre, da un lato sottolineò il pericolo di «essere coinvolti in una campagna importante nei Balcani» e da.Il' altro si mostrò contrario ad impiegare <<alleati poco affidabili come gli italiani in importanti posizioni sulla linea del fronte» 2 • La tensione per le difficoltà incontrate a Salerno era fortissima in campo anglo-americano. IL 14 settembre, non appena rientrato a Londra, Churchill telegrafò ad Alexander affinchè seguisse «in modo particolare la battaglia dell'Avalanche che domina ogni cosa» 3 , ed il 16, dopo che pattuglie dell'8A annata provenienti dalla Calabria e dalle Puglie ebbero preso contatto con pattuglie della SA annata americana, Alexander comunicò che, «benchè non completamente soddisfatto» dall'ispezione compiuta nella testa di sbarco, riteneva superata la crisi. Ma fu solo il 19 che potè «affermare in piena fiducia che tutta la situazione é mutata a nostro favore e l 'iniziativa é nelle nostre mani ( ...). Trasferisco quest'oggi a Siracusa la sede principale del mio Comando» 4 • Un paio di giorni più tardi si lasciò andare alla previsione di conquistare Firenze e Rimini prima di Natale! 5 . Dal canto suo, alla luce del delicato sviluppo dei combattimenti intorno alla testa cli sbarco di Salerno, nonostante la strapotenza aeronavale alleata 6 , il generale Eisenhower pensò bene di rivolgersi a Badoglio. Questi gli aveva telegrafato il 9: <<We are moving to Taranto. We shall reestablish communications tom.orrow 10th September. We repeat 10th September>> 7 . Eisenhower, dunque, colse 1'occasione per significargli che, vista la deliberata apertura di ostilità della Germania contro l'Italia, era «giunto il momento di agire», e per proporgli «con ogni urgenza di fare un richiamo squillante a tutti gli Italiani» e di dare al popolo «un' idea chiara ed efficace della situazione», essendo «1 'unico uomo che può fare ciò>> 8 . Evidentemente riteneva possibile l'improvviso insorgere contro l'ex-alleato di una

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Ibidem, pp. 398-399. fbidern, p. 69. 3 W. Churchill, La seconda guerra mondiale cii., parte V, I, pp. 155. 4 Ibidem, pp. 157 e 160. 5 Eric Morris, La guerra inutile, Longanesi, Milano 1993, p. 236 . 6 A detta del generale Arnold, gli Alleati avevano quasi 3 mila aerei impegnati in Italia, vale a dire «più di quanto l' intera aviazione germanica avesse su tutti i fronti» (W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., patte V, I, pp. 149). 7 Comando Supremo a Comando Forze Alleate in data 9.9.1943, DDI, IO" serie, doc . I. 8 Eisenhower a Badoglio in data 10.9.1943, DDI, 10" serie, I, cloc. 2. 2


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popolazione stremata da tre anni di guerra e di sconfitte e messa al tappeto nell'ultimo mese proprio dai bombardamenti più o meno indiscriminati attuati dagli anglo-americani! Anche Roosevelt e Churchill invitarono Badoglio a esortare il popolo italiano a dare il suo contributo alla liberazione dell'Italia dall'occupazione tedesca. Il dispaccio, molto retorico, concludeva: «Colpite duro ed a segno. Abbiate fede nel vostro futuro. Tutto andrà bene. Marciate in avanti con i vostri amici americani ed inglesi nel grande movimento mondiale verso la libertà, la giustizia e la pace»

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Nel contempo, la sera dell' 11 settembre Vittorio Emanuele III diramava da radio Bari un proclama alla nazione, spiegando di aver autorizzato larichiesta d'armistizio nell'interesse supremo della Patri a e di essersi trasferito col Governo e con le Autorità militari in altro punto del libero territorio nazionale «per la salvezza della capitale e per poter pienamente assolvere i miei doveri di Re» 2 • Seguì il messaggio di Badoglio, che non «rinnegava>>, la guerra, ma con estrema semplicità indicava come la nuova posizione internazionale dell'Italia derivasse dalla sconfitta subìta: «L'ltalia si é trovata costretta a dichiarare di non poter proseguire la lotta di fronte alla soverchiante potenza degli Alleati( ...). La prepotenza tedesca ci toglie peifino la libertà di dichiararci vinti( ...). La verità é che la Germania, continuando la guerra sul nostro suolo, cerca di tenerla lontana dal suo territorio( .. .). Italiani ( ...), la guerra si allontanerà più presto dal nostro disgraziato Paese quanto più voi saprete reagire con energia e fermezza alla prepotenza tedesca, quanto più ostacolerete l'oppressore nei suoi disegni( ...)» 3 •

Poi Badoglio rispose a Eisenhower, mettendo i punti sulle i: «( ...) È adesso assolutamente necessario, signor generale, che coordiniamo le nostre

azioni, dato che combattiamo lo stesso avversario . Vi prego di mandarmi al più presto a Brindisi uno dei vostri ufficiali paiticolarmente indicato per tenermi al corrente della situazione( ...), spero che il vostro contributo sarà il più rapido ed il più potente possibile» 4 .

Roosevelt e Churchill a Badoglio in data 10.9.1943 , ibidem., cloc . 3. A. Tamaro, Due anni di storia cit., I, p. 453. 3 Ibidem, p. 454. 4 Badoglio ad Eisenhower in data 11.9.1943 , DDT, JOA serie, 1, doc. 4. 1

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Il commento di Eisenhower, espresso al generale Marshall il 13 settembre, proprio nel pieno della crisi in corso a Salerno, tradisce una sodd'isfazione ed una delusione insieme: «Internamente gli italiani sono stati così deboli e supini che abbiamo avuto poco o nessun pratico aiuto eia loro. Comunque, quasi sulla base di un puro bliif.f abbiamo ottenuto la flotta italiana a Malta e, grazie alla resa italiana, siamo stati in grado di correre fra Taranto e Brindisi, dove nessun tedesco era presente( ...). Badoglio vuole incontrarmi ed ha suggerito la Sicilia come l.uogo per l'incontro. Sto per dirgli che deve venire qui( ...)» 1 •

Per il momento Eisenhower decise di inviare una missione militare - in relazione allo stipulato armistizio «militare» - composta dai generali MasonMacFarlane (capo missione) e Taylor e, come consiglieri politici, il ministro britannico Harold MacMillan ed il rappresentante americano Murphy. La missione arrivò a Taranto il 13 settembre ed il giorno seguente si recò a Brindisi per la presentazione a Badoglio e poi al Re. «Con mio rammarico scrisse più tardi MacMillan, che giudicò la designazione di MacFru:lane "una scelta sfortunata" - questi assunse un atteggiamento assai ostile verso il sovrano, cosa abbastanza strana per un ufficiale britannico» 2 . Ancor più tardi, il 25 febbraio 1945, MacMillan così ricordo quel periodo in una conferenza alla stampa italiana: «Pochi giorni dopo (lo sbarco a Salerno) Murphy ed io atterrammo fra Taranto e Brindisi e qui il concetto di un legittimo governo italiano era tenuto vivo nelle figure del maresciallo BadogLio e dei suoi pochi ministri, sebbene la sua autorità fosse ridotta a una minima striscia di territorio. Sotto le convenzioni della legge internazionale, lo sbarco dì Salerno e l' occupazione dell'Italia meridionale furono seguiti da proclami che costituivano un governo militare alleato. Ma anche in questi primi giorni il concetto di un governo italiano indipendente fu tenuto in essere; e eia quel momento tutti i nostri pensieri furono diretti a ricostituire per mezzo di quel governo, l'Italia come nazione democratica» 3 .

Sin dai contatti iniziali Badoglio, rich.iamandosi al Documento di Quebec, espresse il proposito di partecipare alla guerra contro i tedeschi e, riferendosi al messaggio di Roosevelt e di Churchill, ricordò che al popolo

M . Toscano, Dal 25 luglio all '8 settembre cit., pp. 218-2 l 9. H. MacMillan, Venti anni di pace e di guerra cit, p. 500. 3 A. Degl i Espinosa, Il Regno del sud cit., p . 41 . 1

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italiano egli, al momento, poteva presentare soltanto le condizioni dell'armistizio militare senza nemmeno conoscere esattamente quelle cli carattere politico, economico ed amministrativo 1 • Per riuscire, dunque, a galvanizzare, in certo modo, il Paese egli doveva offrire qualcosa di positivo e non esitò ad indicare «il problema principale che gli Alleati debbono affrontare», e cioè quello dello status da riconoscere all'Italia: Ia qualifica di alleato. Inevitabilmente, dopo l'armistizio agli Alleati si era posto ]'interrogativo del tratto da usare nei confronti dell'Italia: Dovevano considerarla come un paese conquistato (in analogia a quanto facevano i tedeschi in Francia) o un quasi-alleato? <<Gli italiani non avevano dubbi in proposito - osservò MacMillan - e non 1iuscivano a capire la lentezza con cui noi valutavamo una sistuazione sostanzialmente mutata( ...): Sfortunatamente, ostacolati da una mentalità più lenta e da istruzioni più rigorose, avevamo dato l'impressione di non essere in grado di cogliere il radicale cambiamento della situazione e continuavamo a farfugliare testi superati con espressioni come resa incondizionata» 2 • Churchill aveva già maturato idee precise: «Il problema di dare al governo Badoglio la posizione di alleato - aveva telegrafato a Roosevelt il 21 settembre - non rientra nel nostro immediato programma. Basterà la cobelligeranza» 2 . Poi si sarebbe visto. Sta di fatto che il ve,tice militare italiano, considerandosi ormai in guerra con la Germania, nutriva il vivissimo desiderio di mostrare l'assoluta disponibilità ad entrare in operazioni a fianco delle Nazioni Unite e, in siffatto stato d'animo, si aspettava senza l'ombra di dubbio che gli Alleati avrebbero immediatamente accettato e sfruttato in pieno la nostra cooperazione» 3 • Da questa convinzione derivò la direttiva di Ambrosio del 14 settembre, nella quale si fondevano l'intento di fornire un apprezzabile concorso bellico ed il pudore delle nostre miserie: «l . ( ...) Durante tali contatti con grande unità inglesi bisogna evitare di insistere troppo sulle note deficienze perché, a parte ogni altra considerazione, ciò venebbe automaticamente a menomare il valore del nostro concorso. Si farà quello che s i potrà. Alle reali nostre deficienze occorre far fronte essenzialmente con ripieghi dettati dalla volontà e con

DDI, 10" serie, I, doc. 8 Cfr. P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., pp. I29-1 30. 2 W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit. parte V, I, p. 203.11 termine di cobelligerante era stato usato nel corso della prima guerra mondiale per dare uno status ai contigenti polacco ( 1917 e cecoslovacco ( 1918) operanti con le forze alleate. 3 M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., p. 342. 1


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l'energia derivanti clall' intimo convincimento che è dall'entità del la nostra collaborazione che dipenderanno in gran parte le condizioni migliori che verraru10 fatte al nostro Paese all' atto della pace. Evitare di proporre, per ora, che G.U. alleate operino ai nostri ordini.

2. ( ...). 3. La nostra volontà cli coinbattere sarebbe inesorabilmente :frustrata dal! 'insufficienza o peggio dall'esaurimento delle munizioni ovunque dislocate( ...). Altro elemento di massima importanza su cui richiamo l'attenzione è l'efficienza del le calzature nelle unità destinate ad operare. Allo scopo di garantire al riguardo una sufficiente disponibilità, dispongo che al personale cli truppa della R . Marina e della R. Aeronautica sia lasciato un solo paio cli calzature. QueJJe esuberanti e le scorte dovranno essere passate subito a disposizione dei reparti ciel R. Esercito. 4. ( ...)» 1.

A prescindere dal desiderio di inviare in linea con la massima urgenza alcuni reparti, i1 Comando Supremo ben sapeva che il vero, grave problema militare era rappresentato dalla riorganizzazione del R. Esercito. Un problema dì importanza basilare e di notevole complessità per i suoi aspetti di riordinamento al vertice, di ripresa a1la mano di quanto ancora esistente, di riassetto log:is6co globale, di impianto addestrativo, di impiego operativo, di alimentazione dello sforzo. Ne derivò un appunto in data 15 settembre per Badoglio, con il quale Ambrosia prospettò, come primo passo, la necessità di ottenere dagli Alleati la cessione del materiale bellico italiano e tedesco da essi cattmato in Africa settentrionale, in Sicilia e nell'Italia meridionale in modo da poter determinare il numero delle grandi unità daricostruire. Per il personale, rjteneva conveniente attingere ai prigionieri di guerra, utilizzando per gli ufficiali soprattutto quelli di Stato Maggiore ed in servizio permanente, e per i soldati quelli dell'Italia centro-settentrjonale, oltre naturalmente, per ragioni morali, ad una certa percentuale di prigionieri di altre regioni e categorie 2 . La questione del personale fu attentamente esaminata da Roatta, che il 30 settembre affrontò l'argomento con Ambrosio in termini piuttosto recisi: «Meglio che con gli sbandati di Puglia o di Balcania, meglio che con gli sbandati siciliani sarebbe conveniente costruire le nuove grandi unità con prigionieri di guerra dell'Africa settentrionale( ...) . Fra di essi troveremo ottimi ufficiali generali, ottimi ufficiali in s.p.e. ed anche ottimi sol-

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S. Loi , I rapporti fra Alleati e Italiani cit. , doc. 13.

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lbidem, doc. 15.


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dati, che non hanno subito il collasso morale degli ultimi avv enimenti». Di pìù: «Se tali grandj unità fossero costituite sul posto - in Africa settentrionale - lontano dall'influenza deleteria della politica e là dove potrebbero trovare armi, munizioru, possibilità di addestramento ecc., noi potremmo sicuramente creare grandi urutà salde da trasportare in Italia al momento dell 'impiego fra qualche mese>> 1• L'idea venne sottoposta al Comando alleato, ma, pur ricevendo una cortese attenzione, non troverà sbocco. Nel frattempo si procedeva alla costituzione del LI corpo d'armata (gen. De Stefanis), che assorbiva le divisioni del IX corpo, cui erano lasciati compiti territ01iali, con l'incarico di cooperare con il V corpo britannico in corso di sbarço in Puglia. Un evento grave ed importante, ma tutto sommato prevedibile, stava complicando la situazione. Il 12 settembre Mussolini, letteralmente «dimenticato» a Campo Imperatore, ove era stato trasferito per una più sicura custodia, era stato liberato dal maggiore Skorzeny e portato in Germania. Qui, dopo un paio di colloqui con Hitler a Rastenburg, decise di riprendere il potere in Italia per gradi, mirando alla proclamazione delle repubblica senza peraltro farla apparire un atto apertamente rivoluzionario, che poteva rischiare di dividere ancor più gli animi e rendere difficile il rkonoscimento dall'estero 2 • Il passo iniziale fu compiuto tre giorni dopo per radio: «Riprendo da oggi , 15 settembre 1943, anno XXI, la direzione suprema del Fascismo in Italia». Il 18, poi, alla radio di Monaco fece un vero e proprio discorso. Parlò esattamente della sua «avventura», attaccò violentemente Vittorio Emanuele III e Badoglio ed indicò «i riostri postulati: riprendere le armi a fianco della Germania e del Giappone; riorganizzar·e le Forze Armate attorno alla Milizia; eliminare i traditori ed annientare le partitocrazie parassitarie» 3 . Badoglio replicò immed iatamente da radio Bari il 19 settembre, ribattendo punto per punto , in definitiva ripetendo le accuse che da due mesi venivano rivolte al regime e, soprattutto, allo stesso Mussolini. Concluse sottolineando con energia che il Re e Casa Savoia rappresentavano l'unità d ' Italia; che il popolo italiano aveva chiaramente manifestato il suo rifiuto al fascismo; che le Forze Armate obbedivano al g iuramento prestato al sovrano; che il popolo italiano non aveva affatto tradito il tedesco ma era stato

S. Loi,l rapporti fra Alleati e Italiani cit., doc. 19. R. De Felice, Mussolini l'alleato, II, Einaudi, Torino 1997, p. 358. 3 B. Mussolini, Opera omnia (a cura di E. e D. Susmel), XXXII, p. 231. 1

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tradito dal binomio fascismo-nazismo; che più rapida fosse la cacciata dei tedeschi dall'Italia e più presto sarebbe avvenuta la liberazione 1 • Gli Alleati consideravano gli avvenimenti italiani con un miscuglio di valutazioni talvolta contrastanti. Con il primo rapporto inviato il 15 settembre il generale M acFarlane tenne anzitutto a riferire la esplicita e diffusa accusa mossa agli anglo-americani e 1a sua secca e seccata risposta: «Tutti dicono che avremmo dovuto sbarcare a nord e non a sud di Napoli (...) . Su questo rispondo loro che non sanno e di stare zitti». Poi accennò alla prospettiva di aiuto militre. Secondo quanto espostogli da Ambrosio e da Roatta, l'esercito italiano si riduceva a tre divisioni di campagna nell'Italia meridionale, più alcune unità costiere; una a Cefalonia ed una a Rodi. Tutte erano prive di mezzi di trasporto, l'armamento era «tipo 1918», il munizionamento ed i1 carburante scarsi . In definitiva, tranne la flotta, il concreto apporto italiano poteva considerarsi nullo 2 • La conversazione con i due capi di S .M. aveva toccato anche la sorte delle divisioni dislocate in Balcania, su cui era rapidamente calato il silenzio essendosi i tedeschi subito impadroniti di quasi tutti i centri trasrnjssioni. Restava solo qualche collegamento radio con stazioni della R. Marina nell'Egeo e nelle isole Jonie: troppo poco per un quadro esauriente. Ambrosio in quella sede riepilogò il poco che conosceva e mise in evidenza che «potevano essere recuperate via mare le divisioni Cuneo da Samos e A.equi da Cefalonia» 3; poi si rivolse al generale Castellano per ottenere l'interessamento del Comando alleato e il 18 settembre un forte bombardamento americano sconvolse l'aeroporto di Patrasso interrompendo l'offensiva tedesca. Purtroppo i1 19 ad un messaggio radio del Comando D.f. Acqui, «Occupazione tedesca limitata Lixuri-Capo Munta alt urge intervento caccia onde eliminare eventuale sbarco", il Comando Supremo dovette rispondere: «Impossibilità invio aiuti richiesti alt infliggete nemico più gravi perdite possibili alt ogni vostro sacrificio sarà ricompensato». Tre giorni dopo, peraltro,Ambrosio telegrafò che Superaereo aveva approntato alcuni velivoli con serbatoi supplementari e stava facendo del suo meglio per l'impiego a favore di Cefalonia, e che «per avere un ben maggiore concorso aereo è stata più volte interessata la parte anglo-ameA . Tamaro, Due anni di storia cit., 1, pp. 593-595. Dal 25 luglio all '8 settembre cit., pp. 220-221. 3 MacFarlane invece, in una lettera privata, scrisse che secondo Arnbrosio «anche avendo disponibili le navi, non sarebbe stato bene tentare di recuperarle (le divisioni) perché sono ormai finite» , il che contrasta con quanto figura nel verbale. 1

2 M . Toscano,


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ricana per l'intervento non solo della caccia, ma del bombardamento( ...) e per lo sbarco di contingenti di truppe neII' isola» 1• Ammesso e non concesso che la parte anglo-americana avesse potuto e voluto intervenire, ormai era troppo tardi . In realtà, inglesi ed americani erano dispostissimi ad accettare il concorso militare italiano, a spese però dell'Italia. Per motivi politici, ma anche economici, almeno in quel periodo non intendevano armare ed equipaggiare truppe italiane. In questa ottica, se l'esercito italiano si trovava in condizioni materiali tali da infirmarne l'efficienza, tanto valeva ridimensionarne le ambizioni. Così MacFarlane il 22 settembre comunicò a Badoglio che il LI corpo - alcuni reparti del quale si erano già impegnati in scontri con i tedeschi - da quel giorno avrebbero assolto solo compiti di retrovia e perciò doveva cedere tutti gli automezzi 2 • Per la Marina, invece, il discorso cambiava radicalmente. Essa era ancora in piena efficienza e chiedeva solo carburante e munizioni ed infatti a metà settembre aveva compiuto la prima missione di guerra in collaborazione con gli Alleati, con due cacciatorpediniere 3 • Qundi il 23 settembre l'ammiraglio De Courten e l'ammiraglio Cunningham stipularono un «accordo>> sulla base di uno schema preparato dal Comando navale alleato, per cui un certo numero di navi da guerra italiane avrebbe ripreso il mare sotto gli ordini superiori del Comando in capo alleato del Mediterraneo, le altre rientravano nei porti nazionali e le navi da battaglia, di non prevedibile impiego al momento, rientravano anch'esse nelle basi italiane, ma con equipaggi ridotti ed in parte controllati .

*** Tornati ad Algeri, i ministri MacMillan e Murphy consegnarono una lunga relazione su quanto in esame e discusso con Badoglio e in detto documento indicarono, tra l'altro, l'opportunità di rimandare la firma del Long Armistice e di lasciare al governo italiano l'amministrazione di tutto il territorio occupato dalle armate anglo-americane. Per converso, Badoglio doveva completare il governo includendovi esponenti antifascisti. Eisenhower condivise le argomentazioni ed accolse il suggerimento, di

M. TorsieJlo, Le operazioni delle unità italiane cit., pp. 483 e 486. Giuseppe Conti, ll Primo Raggruppamento motorizzato, USSME, Roma 1984, p. l2. 3 Cfr: G . Castellano, La guerra continua cit., pp. 168-169. 1

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cui riconobbe i vantaggi sotto il profilo militare 1 , ed il 19 settembre si rivolse a Washington ed a Londra, proponendo anche la concessione dello status di cobelUgerante all'Italia: «( ...) L'importanza cieli' Amministrazione Badoglio risiede nella sua incontestabile pretesa di legalità: Il solo contendente è il governatore repubblicano fascista recentemente costituito nell'Italia settentrionale che mantiene alcuni commissari a Roma sotto gli aupici tedeschi( ...) . La questione principale che abbiamo dinanzi a noi ed ha le più importanti conseguenze sulle nostre operazioni militari in Italia è data dallo status da attribuire ali' Amministrazione Badoglio ed aJJ'Ttalia come tale. Questo punto vitale cli politica guiderà tutta l'azione esecutiva nella sfera militare, politica e di propaganda( ...). I vantaggi che abbiamo già ottenuti dall'armistizio sono formidabili( ...) . Ciò nonostante, abbiamo una dura e rischiosa campagna dinanzi a noi, nella quale i nostri rapporti con gli italiani potrebbero rappresentare la differenza tra un successo pieno ed uno soltanto parziale ( ...) 2 ,

Due giorni più tardi egli tornò aUa carica: «( ...)Nelle nostre relazioni future con l'Italia vi sono solo due alternative:

1. Accettare e rafforzare il governo legale d'Italia sotto il Re e Badoglio; considerare questo governo ed il popolo italiano come cobelligerante, ma con la loro attività militare soggetta alla mia direzione in base alle condizioni dell'armistizio e, naturalmente, essendo io a stabilire quelle condizioni militari, politiche ed amministrative che, cli tanto in tanto, potrei ritenere necessarie ( ...) . 2. Accantonare questo governo, mettere in piedi un governo militare alleato dell'Italia occupata ed accettare i molti pesanti impegni connessi . Di queste due alternative, per ragioni di ordine militare, raccomando fortemente Ja prima. Dato che come cobelligerante sarebbe necessario dichiarare guerra alla Germania ed aJ governo fascista repubblicano d' Italia, si avrebbe, per tutti gli elementi desiderosi cli combattere iJ :fascismo in Itatia un punto naturale di con vergenza»

3.

Proprio in quei giornj, tramite la Missione militare, stavano arrivando al governo Badoglio le dichiarazioni di fedeltà di tutte le rappresentanze diIl I9 settembre le province di Taranto , Lecce, Brindisi e Bari tornarono sotto la giurisdizione italiana mentre le altre regioni rimasero amministrate dall' A.M.G .O .T. (Allied Military Governrnent qf' Occupied Territory). 2 E . Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp. 427-431. 3 Ibidem, pp- 43 I-432. 1


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plomatiche all'estero, tranne quella a Berlino. A questo punto si pose agli Alleati la necessità di riconoscere pubblicamente il governo del Re come il solo legittimo in Italia. Churchill era già persuaso che nessu n governo italiano formato da esuli o da antifascisti avrebbe saputo e potuto fare di più e meglio di Vittorio Emanuele III e di Badoglio, e la resa della flotta costituiva prova tangibile di questa affermazione 1• perciò il 21 settembre, ai Comuni disse: «La fuga di Mussolini in Germania( ...) ed i suoi tentativi di fo1mare un governo tipoQuisling ( ...) pongono naturalmente il problema della guerra civile italiana. È necessario, nell ' interesse generale e nell'interesse dell 'Italia, che tutte le superstiti forze della vita nazionale italiana vengano di nuovo schierate in campo attorno al loro legittimo Governo, e il Re ed il maresciallo Badoglio siano sostenuti da tutti quegli elementi liberali e di sinistra capaci di opporsi alla combinazione fascista( ...) 2 •

Ed appoggiò senza esitazioni la proposta inoltrata da Eisenhower, pur sostenendo, sempre senza esitare , la convenienza di far firmare all'Italia lo strumento di resa «anche se obsoleto». Poiché, invece, Roosevelt pensava di ordinare ad Eisenhower di «sospendere, in attesa di ulteriori istruzioni, la clausole del1 'armistizio lungo» 3, la definizione di una direttiva comune subì un certo ritardo. Il nodo si sciolse quando, il 23 settembre, MacMillan fece sapere di ritenere pressoché sicura la disponibilità di Badoglio ed accettare tutte le clausole armiziali, ammonendo che «più indugeremo, più discussioni ci saranno», e soprattutto quando, il 25 , il ministro degli Esteri sovietico, Molotov, dichiarò «particolarmente necessario» affrettare la firma di precise condizioni di armistizio , qualunque eventuale modifica deJJe quali doveva essere concordata anche con Mosca 4 • _ Allora Roosevelt cedette, riconobbe che la mancanza di uno strumento riguardante principalmente i termini economici stava dimostrandosi un sensibile intralcio ed autorizzò Eisenhower a cercare di ottenere subito la firma di Badoglio, con l'avvertimento che l'Atto completo comprendeva le condizioni citate nell'art. 12 dell'armistizio militare e che, una volta firmato, l ' Atto completo avrebbe preso il posto di quest'ultimo. Dopo di ciò l'Italia doveva dichiarare guerra alla Germania (ottenendo dalle Nazioni Unite lo status di cobelligerante) ed offrire alle operazioni W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, I, pp. 202-205. Ibidem, pp. 173-174. 3 E Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., p. 433 . 4 Ibidem, p. 72. 1

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contro i tedeschi un concorso la cui porta sarebbe stata stabilita da Eisenhower 1• Vittorio Emanuele III intanto, messo al corrente dell'orientamento anglo-americano, si stava irrigidendo, probabilmente non rendendosi ben conto della posizione di inferiorità dell'Italia nei confronti delle Nazioni Unite. Sembrò ritenere che lo spostamento di campo dell'Italia fosse riconosciuto dagli Alleati come un inevitabile sviluppo degli eventi che non lasciava alternative al Governo italiano se voleva uscire dalla guerra. Così forse pensò di poter <<negoziare» la dichiarazione cli guerra alla Germania per ottenere lo status di alleato. Certo desiderava che un simile passo venisse «deciso ed annunciato da un Presidente che abbia alle spalle un Gabinetto regolarmente costituito» 2 • Ne derivò una lettera indirizzata a re Giorgio VI ed a Roosevelt per rappresentare la «essenziale importanza politica per noi e per voi di raggiungere al più presto Roma», in attesa di liberare l'Italia tutta; per chiedere il ritorno all'Autorità italiana dell'intero territorio già liberato e per ottenere un cambio della lira più favorevole di quello imposto in Sicilia 3 • Roosevelt rispose accogliendo le ragioni esposte, specificando però che l' amministrazione civile de1le regioni liberate, pur se assunta dal Governo italiano, sarebbe rimasta «sotto l'alta vigilanza del comandante in capo alleato» 4 • Giorgio VI fece una precisazione ancor più significativa: «( ...) devo mettere in chiaro che mentre il mio Governo è pronto a trattare con il Governo di Vostra Maestà su di una base de facto, circa le questioni che sorgono nell'esecuzione dell'armistizio ( .. .), non si può parlare di riconoscere il governo di Vostra Maestà come nostro alleato» 5 •

Quanto al cambio della lira, la Missione militare alleata stabilì il corso forzoso della moneta d'occupazione in 100 lire per 1 dollaro e 400 lire per 1 sterlina! li 26 settembre Vittorio Emanuele III volle vedere da solo il generale

1 Ibidem, pp. 220-224. Cfr. W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, I , pp. 206-207. 2 P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele Tll cit., p. 175. 3 Vittorio Emanuele III a Giorgio VI ed a Roosevelt in data 21.9.1943 (lettere identiche), DDI, lOA serie, l, doc. 11. 4 Roosevelt a Vittorio Emanule fil in data 30.9.1943, ibidem, cloc. 23 . 5 Giorgio VI a Vittorio Emanuele Hl in data 4.1.0.1943, ibidem, doc. 29.


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MacFarlane per farsi un'idea precisa su alcuni argomenti, ma in sostanza i punti fondamentali erano due. Anzitutto egli non riteneva opportuna un' immediata dichiarazione di guerra alla Germania per ragioni di costituzionalità: egli solo poteva deciderla, però un Governo regolarmente costituito doveva sostenere tale atto; di conseguenza preferiva attendere il rientro a Roma, nella capitale, e procedere alla dichiarazione dopo la formazione di un nuovo Governo. In secondo luogo, reputava "molto pericoloso lasciare senza riserve nelle mani del popolo italiano la scelta del [sistema di] governo dopo la guerra» 1• Il 27. sbarcarono a Brindisi il generale Smith ed i ministri MacMi11an e Murphy. Scopo del viaggio: «preparare» Badoglio alla firma del Long Armistice , prevista per il 29 a Malta. Si trattava di un documento durissimo, difficile da digerire, veramente pari al «vae victs» di Brenno. Il maresciallo protestò vibratamente per il titolo («Atto di resa dell'Italia») e per la prima clausola («le forze italiane terrestri, navali ed aeree ovunque si trovino si arrenderanno incondizionatamente»), avvertendo che, una volta ciò conosciuto in Italia, egli ed il suo Governo sarebbero stati costretti a dimettersi sotto un uragano di indignazione. Inoltre fece notare come molte clausole apparissero chiaramente inapplicabili in quelle circostanze ed altre del tutto fuori da ogni possibilità del suo Governo. Gli fu promesso che sarebbe stata suggerita una modifica od un miglioramento delle espressioni e MacFarlane sottolineò che la firma del documento veniva richiesta per due motivi di fondo: «per accontentare la pubblica opinione alleata e per evitare la possibilità di fraintendimento in futuro su alcuni punti di dettaglio» ed assicurò un'applicazione dei termini di annistizio nello spirito della dichiarazione di Roosevelt e di Churchill. Sui principali aspetti politicomilitari da discutere a Malta - dichiarazione di gue1Ta, status cli cobelligerante, allargamento della base di governo italiano, inserimento nel proclama del Re di un cenno ali 'Unione Sovietica - Badoglio si riservò di parlarne la sera stessa con il Re e di riferire l'indomani 2 • Vittorio Emanuele III autorizzò la firma, ma rimase fermo nel considerare intempestiva una dichiarazione di guena alla Germania. La riunione a Malta ebbe inizio nella tarda mattinata del 29 settembre. Badoglio prese subito la parola rinnovando le sue obiezioni ed il generale MacFarlane, presente anch'egli, tenne a spiegare che il documento era stato

1

2

M. Toscano,Dal 25 luglìo all'8 settembre cit., pp. 222-223 . Memorandum di Murphy in E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp. 435-438.


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inviato dai Governi alleati per la firma senza discussioni e che il rifiuto avrebbe provocato il regime dell'occupazione militare dell'Italia come Stato vinto. Tuttavia Eisenhower, il generale Smitb ed i tre comandanti in capo britannici riconobbero ben fondate le proteste di Badoglio e Eisenhower si impegnò personalmente ad appoggiare a fondo la richiesta di modifica dei due punti dolenti. In ogni caso, ove non accolto tale desiderio, il titolo del documento e la prima clausola sarebbero rimasti riservati per tutto il tempo in cui potessero nuocere al governo Badoglio 1• Il maresciallo allora firmò e Eisenhower gli consegnò la seguente lettera; «Le condizioni dell'armistizio che in questo momento abbiamo firmatO sono supplementari all ' armistizio militare firmato dai vostri e dai miei rappresentanti iJ 3 settembre 1943. Esse sono basate sulla situazione esistente prima della cessazione delle ostilità. Gli sviluppi successivi hanno alterato considerevolmente lo status dell'Italia che, in effetti, è

diventata una cooperator delle Nazioni Unite. È pienamente riconosciuto dai Governi in cui nome io agisco che queste condizion i sono in taluni aspetti superate dagli eventi successivi e che varie clausole sono decadute o sono già state messe in esecuzione. Noi riconosciamo anche che, nel momento attuale, il Governo non è in grado di eseguire alcune condizioni. Nelle attuali circostanze ciò non verrà considerato come una mancanza di buona fede da parte dell'Italia. Tuttavia questo documento rappresenta le richieste che il Governo italiano dovrà eseguire qualora sia in grado di farlo. Resta inteso che le condizioni sia cli questo documento, sia dell'armistizio militare del 3 settembre, potr anno essere modificate cli tempo in tempo se la necessità militari o la misura della collaborazione da parte del Governo italiano indicheranno ciò come desiderabile» 2 .

Secondo il verbale della conferenza, gli argomenti esaminati in particolare furono i seguenti : a) allargamento della base dj Governo. Badoglio parlò di un Governo rappresentativo di stampo liberale ed Eisenhower ricordò la necessità che fosse antifascista, se voleva battersi a fianco degli Alleati. Badogliò riferì allora il desiderio del Re di includere il conte Grandi, vero protagonista de] voto negativo del Gran Consiglio, ma Eisenhower dette per scontata l'opposizione dell'opinione pubblica ad un tal nome. Per converso, l'auspicio americano che il conte Sforza, cui Roosevelt aveva consentito il ritorno in Italia, si presentasse a Brindisi incontrò la franca ammissione di Badoglio

1

Relazione di MacMillan e lettera cli Eisenhower ai capi di S.M., ibidem,pp. 225-227.

2

P. Badoglio, L'italia nella seconda guerra mondiale cit., pp. 147-J.48.


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della scarsissima simpatia del Re per il personaggio in questione a causa di certe sue dichiarazioni contro la monarchia. b) dichiarazione di guerra alla Germania. Badoglio obiettò sembrargli difficile un passo del genere, visto il ridotto potere territoriale del Governo, ma Eisenhower replicò che i Governi in esilio avevano dichiarato guerra pur non occupando un palmo del territorio nazionale . Ed avvertì che se l'Italia desiderava battersi occorreva che entrasse formalmente in campo. c) contributo italiano alle operazioni. Badoglio dichiarò disponibili dalle otto alle dieci divisioni, di cui tre in Sardegna, e manifestò la speranza che venisse consentito a truppe italiane di entrare in Roma liberata. Eisenhower si impegnò ad interessarsi al riguardo e suggerì di concentrare tutte le risorse italiane disponibili a favore delie divisioni migliori, mentre le altre unità sarebbero risultate utilissime per la sicurezza delle linee di comunicazioni, ecc. d) contatti con i rispettivi Comandi. Eisenhower informò che entro la prima settimana di ottobre il Comando del XV gruppo d'armata del generaleAlexander si sarebbe trasferito a Bari ed avrebbe curato il collegamento con il Comando Supremo italiano . .lo conclusione, Badoglio promise di riferire esattamente al Re quanto discusso e di sostenere la necessità de]la sollecita dichiarazione di guerra alla Germania 1 • Da quel momento prese il via un susseguirsi di insistenze anglo-americane affinché l'Italia si pronunciasse con la Germania e rompesse le relazioni diplomatiche con il Giappone. Il 2 ottobre il generale Castellano, da Algeri, scrisse al ministro Acquarone che il comandante in capo alleato metteva in evidenza la favorevole impressione che tale gesto avrebbe suscitato nel1'opinione pubblica inglese ed americana ed il rafforzamento della posizione del Governo italiano che ne sarebbe derivato. Richiamava l'attenzione sul fatto che i soldati italiani, se catturati dai tedeschi, non sarebbero stati considerati franchi tiratori. Infine, una volta dichiarata la guerra, i territori occupati dagli Alleati sarebbero tornati subito sotto la sovranità del Re d'Italia , cosa impossibile finché l'Italia si trovava nella posizione «armistiziale» 2 • Il 5 ottobre Eisenhower ricevette una nuova sollecitazione da Roosevelt: «D Presidente ed il Primo Ministro sono del parere che il Re d'Italia dichiari guerra alla Germania al più presto possibile. Non sembra esserci necessità alcuna di attendere che

1

2

Verbale della riunione in data 29.9.1943 , DDI, 10" serie, I , doc . 22. G. Castellano, La guerra continua cit., pp. 177-179.


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Roma sia occupata. Eserciterete pertanto pressioni sul governo italiano per una prossima dichiarazione di guerra senza attendere ulteriori successi» 1•

L'argomento trovò posto anche in un lungo promemoria sulla situazione del Paese presentato da Roatta ad Ambrosio e da questi ripreso quasi integral mente in un appunto indirizzato a Badoglio il 5 ottobre. Si osservava che ad un mese dell'armistizio, l'apporto materiale dato alla causa degli Alleati era stato decisamente scarso. Sul piano militare, a causa delle condizioni delle Forze Armate: il grosso dell'Esercito liquefattosi di fronte all'aggressione tedesca o spontaneamente, l' Aeronautica ridotta ai minimi termini e la Marina ancora i o buona efficienza ma, all'atto pratico, in mano anglo-americana. Sul piano politico, perchè il Governo - rappresentato soltanto dal Capo dello Stato, dal Capo del Governo e da poche altre persone - si trovava relegato all'estremità della penisola senza contatti con il resto de] Paese; la capitale e la maggior parte dell'Italia risultavano in mani tedesche; quasi tutte le regioni oltre confine erano perdute; Mussolini aveva rimesso in piedi un governo fascista che poteva riorganizzare la struttura statale nel centro nord. Visto che in quelle condizioni non c'era da illudersi di riordinare in breve tempo uno strumento bellico in grado di partecipare con un certo peso alle operazioni, e per i] momento si poteva soltanto stabilire un collegamento diretto fra il Comando Supremo ed il Comando del XV gruppo di armate britannico, occorreva potenziare l' aspetto morale della partecipazione italiana . .In altri termini bisognava: dar vita ad un Governo «vero e proprio»; recuperare l'amministrazione di tutto il territorio non occupato dai tedeschi; chiarire la posizione dell'Italia di fronte alla Germania; stabilire una vasta presa di contatto con le regioni non ancora liberate 2 . In quei giorni un fondo del «Times» commentò criticamente la posizione dell'Italia: mentre l'avanzata alleata nella penisola stava prendendo slancio, il progetto di riconoscere la cobelligeranza italiana, sempre più attuale, sembrava sfumare perchè esso richiedeva fatti e non parole: «( ...) I rapporti dei corrispondenti non hanno lasciato dubbio che molti italiani , mili-

tari e civili, erano contenti, una volta eseguito l'atto di resa , di considerarsi assolti da ulteriori responsabilità. Essi leggermente assumevano di poter uscire dalla guerra lasciando

W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, I , p . 215. a Badoglio in data 5.10.1943, DDI, 1011 serie, I, doc. 30. Cfr. S. Loi,l rapporti fra Alleati e Italiani cit., cloc. 21 . 1

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ad altri uomini il dovere, e ad altre vite il sacrificio di cacciare via gli odiati tedeschj ( ...) . Le democratiche comunità delle Nazioni Unite, giustamente, si rallegrano della caduta del regime fascista, ma nemmeno possono dimenticare( ...) che gli italiani in massa sostennero il sistema di Mussolini, con le sue persecuzioni all'interno e le sue aggressioni all'esterno, per più di venti anni, e avrebbero senza dubbio continuato a sostenerlo se la corrente della guerra non fosse mutata così fatalmente per loro e per gli alleati tedeschi( ...). La partecipazione italiana a] la guena, se può essere fatta effettiva, potrebbe molto aiutare un simile compito (la sconfitta militare tedesca). Nemmeno può contestare il buon senso di un tal punto di vista. Similmente, non vi possono essere illusioni per gli stessi italiani. Su questo non vi può essere alcun dubbio»

1•

Finalmente jl 10 ottobre Badoglio, anche su sollecitazione del ministro Piccardi, arrivato da Roma con un viaggio fortunoso, e d' accordo con l'ammiraglio De Courten, ottenne dal Re l'abbandono della posizione negativa. Il giorno successivo il Governo incaricò l'ambasciatore a Madrid dicomunicare al rappresentante della Germania che «di fronte ai continui ed intensificati atti di guerra compiuti contro gli italiani» delle truppe tedesche, l'Italia si considerava in stato di guerra con la Germania dalle ore 15 del giorno 13 2 . Un secondo messaggio fu inviato al generale MacFarlane per pregarlo di informare della decisione:i Governi britannico, americano e sovietico nonché i Governi delle Nazioni Unite 3 • Ed il 14 Badoglio telegrafò ad Eisenhower che, con la dichiarazione di guerra alla Germania fatta il giorno precedente, sì ch iudevano il periodo deil'armistìzio e quello di cooperazione, durati complessivamente 35 giorni. Adesso cominciava il terzo periodo: quello della cobellìgeranza 4 • Seguì , il 18 ottobre, la seguente dichiarazione congiunta dei tre Governi alleati: «I Governi di Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica, riconoscono la posizione del Regio Governo italiano, come affermata dal maresciallo Badoglio, e accettano l'attiva collaborazione della nazione e delle forze annate italiane come cobelligeranti nella gue1Ta contro la Germania( ...). T tre Governi. prendono buona nota dell' impegno da parte del Governo italiano di sottostare alla volontà del popolo italiano dopo che i tedeschi siano stati cacciati dall'Italia,

1

«The Timcs», The testfo r ltaly, 7 .10.1943, in A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit.,

pp. 93-94.

Badoglio a Paolucci de Calboli in data 11.10.1943, DDI, lOA serie, I , doc. 35 . Badoglio a MacFarlanc in data 11.10.1943, ibidem, doc. 36. 4 Badoglio a Eisenhower in data 14.10.]943, ibidem, doc. 40 .

2

3


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ed è stabilito che nulla può menomare l'assoluto diritto del popolo italiano di decidere con mezzi costituzionali la forma democratica cli governo cbe vorrà alla fine scegliersi. I rapporti di cobelligeranza tra il Governo italiano e quelli delle Nazioni Unite non possono di per sé alterare le condizioni firmate recentemente, che conservano la loro piena validità. Queste condizioni possono essere modificate solamente previ accordi fra i Governi alleati e alla luce del grado cli assistenza che il Governo italiano sarà in grado di dare alla causa delle Nazioni Unite( ...)» 1•

Difatti, non soltanto la posizione dei prigionieri di guerra italiani in mano aJleata rimase immutata, ma nell'ottobre 1944, quando Roosevelt chiese a Londra se concordava sulla ripresa cli relazioni diplomatiche con l'Italia, il Governo britannico rispose che il popolo inglese <<avrebbe considerato contrario alla dignità del suo Re se questi avesse dovuto inviare una lettera al capo di uno Stato con cui egli era ancora legalmente in guerra» 2 •

*** Alla vigilia del la conferenza di Malta la delusione per il rifiuto cli far entrare in linea il LI corpo d'armata era stata temperata da un «contentino»: l 'autorizzazione alleata a costituire una unità motorizzata destinata a partecipare alle operazioni inquadrata in una grande unità alleata. Ma quelio che Eisenhower aveva detto a Malta sembrava consentire grandi speranze: «È molto importante che le truppe italiane concorrano a liberare il territorio italiano. Perciò io sceglierò le divisioni migliori che dovranno essere annate con l 'am1amento delle meno buone (. ..) . Prego perciò il maresciallo Badoglio di scegliere subito le truppe ed iniziare l'organizzazione per armare le migliori . Quelle meno armate o disarmate potranno essere impiegate per compiti territoriali. Noi non possiamo equipaggiare tutto un esercito

( ...). Appena saranno pronte queste clivisioni occorre avvertirci, che noi le ispezioneremo e

poi saranno messe in azione>) 3 •

Di conseguenza, il 1° ottobre Ambrosio aveva diramato le direttive per

A. Tamaro, Due anni di storia cit., Il p. 136. Cordell Hull, Memoirs, New York 1948, Il, p. 1567 . 3 A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p. 160. -1 M. Toscano, Dal 25 lugli.o alt '8 settembre cit., p. 115. 1

2


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la programmazjone del lavoro organizzativo con riferimento a tre previste esigenze: I. Liberazione di Roma. Approntamento delle unità da impiegare per tale operazione: il Raggrupp amento motorizzato già costituito. la D. par. Nembo e due o tre divisioni tratte dal la Sardegna e dalla Corsica. Approntamento anche di un Comando di corpo d 'armata con supporti e servizi, ove concesso questo inquadramento. Il. Prosecuzione delle operazioni o ltre Roma. Approntamento del LI corpo d'armata e delle D.f. Ma111ova. legna110 e Piceno. III. Difesa delle zone via via liberate. Per tale scopo le divisioni costiere dovevano trasformarsi in di visioni di occupazio ne .

La cooperazione della R. Marina si sarebbe svolta prevedibi lmente sotto form a di scorta ai convogli , secondo accordi da prendere con il Comando britannico. Per J' Aeronautica occorreva 1ivedere l'intelaiatura esistente e riunire i reparti in Pugl ia; poi sarebbe stato studiato , a tempo debito, l'eventuale cooperazione alla presa di Roma 1• Il notevole ottimismo con cui il Comando Supremo si accinse ad agire secondo l'orientamento predetto , fu in un certo senso ravvivato nella 1iunione tenuta il 6 ottobre a S. Spirito (a nord-ovest di Bari), ove il generale Alexander aveva stabilito il Comando del XV gruppo d'armate. L' incontro si svolse in un cl ima di ape1ta cordialità e dj reciproca comprensione, tanto che Alexander, pur ricordando che i piani alleati erano stati concretati «senza tener calcolo di forze italiane», ammise volentieri che l'aiuto italiano avrebbe vantaggiosame nte incrementato le forze disponibili. Il tutto , naturalmente, a prescindere dalle numerose truppe italiane richieste per le retrovie. L'ottimismo in parola era purtroppo mal collocato ed un implicito avvertimento a non dare per scontato ciò che si sperava provenne da Castellano. Fu molto esplicito: «Il generale Sm ith , nel mettermi al corrente della conferenza di Malta, mi ha comunicato che da parte italiana è stata fatta la proposta di impiegare c irca 10 nostre divisioni. Questa proposta non è stata favorevolmente accolta. Il motivo va ricercato nello spirito combattivo delle nostre truppe . che si sono fatte quasi dovunque disarmare e che non hanno combattuto. Piincipalmente ha fatto una assai penosa impressione la mancata difesa di Roma, cbe qui non si giustifica in alcun modo perché non si comprende come sette di-

1

S. Loi, I rapponi fra Allear i e Italiani cit., doc. 20.


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visioni italiane non abbiano saputo ingaggiare e sostenere il combattimento contro due divisioni tedesche. Ho cercato, per amor di Patria , di giustificare l' accaduto con le defi cienze del nostro armamento, ma nessuno si è convinto . In questa situazione, e perchè è pur necessario concretare qualcosa, ho pregato, tanto per cominciare, che si metta a punto almeno una divisione( .. .)» .

E propose un organico ternario, con due reggimenti di artiglieria ed un battaglione cani 1• La questione di Roma era scottante e Badoglio si sentì chiamato , più o meno direttamente, in causa, talché dichiarò con intenzione «Avevamo lasciato a Roma sei divisioni contro due germaniche. A suo tempo accett eremo le cause della resa della capitale». E più tardi, nel «Corriere» di Salerno del 14 marzo 1944, annunciò che sarebbe stata disposta un'inchiesta al riguardo. Ma egli sapeva benissimo che nelle prime ore del 9 settembre il Comando Supremo aveva deciso di rinunciare a proteggere la capitale perchè priva ormai di significato militare e comunque non difendibile che per qualche giorno, nonché conosceva l'ordine dato da Roatta di portare tutte le forze mobili nella zona di Tivoli. Sapeva benissimo che indicare un rapporto di forza di 6 a 2 era deliberatamente fuorviante, a causa della ben diversa efficienza bellica delle divisioni tedesche rispetto a quelle italiane (quattro delle quali, per giunta, di forza ridotta) e della possibilità tedesca di fare rapidamente massa ove voluto. Ed era anche venuto a conoscere l'ultimatum di Kesselring. Quindi le sue dichiarazioni erano del tutto mal collocate, ferma restando naturalmente l'inchiesta sugli avvenimenti dei giorni 9-1 1 settembre attorno a Roma. La piena fiducia in una crescente partecipazione alle operazioni ricevette una brusca scossa il 17 ottobre, quando il generale Taylor invitò ad Ambrosia, a nome della Missione militare alleata, un promemoria che non lasciava dubbi sulla «Politica riguardante l'impiego delle Forze Armate italiane» stabilita dal comandante in capo. Erano contemplate tre categorie: truppe combattenti; truppe sulle linee cli comunicazioni, in difesa costiera e contraeri; truppe e mano d'opera civile mobilitata per il supporto logistico. In sintesi, la precedenza assoluta nell'impiego veniva riservata agli specializzati del genjo, dei trasporti e dei collegamenti; al momento non esistevano progetti cl.i impiego di unità combattenti «a parte la brigata rinforzata ora in attesa di ordini»; per i servizi di sicurezza sulle linee dico-

1

Castellano a Ambrosio in data 8.10.1943, DDI, 10A serie, I, doc. 32.


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municazione si calcolava un fabbisogno di dieci divisioni (tre in Sardegna, una in Sicilia e sei a sud dell'allineamento Pisa-Rimini; le unità costiere e contraerei esistenti sarebbero state mantenute; l'aviazione trovava impiego per il sostegno operativo delle unità italiana e deUe formazioni di partigiani ne i Balcani 1• Jmmediatarnente Ambrosio non es itò a manifestare la propria delusione, in quanto il desiderio di una maggiore partecipazione italiana alla campagna era in armoni a con quanto «autorevolmente affermato» da parte angloamericana. Una diecina di giorni più tardi , Eisenhower sembrò orientato a considerare con favore le speranze italiane, ma demandò al Comando XV gruppo. d 'armate la decisione del «numero e ti po delle unità di cui si desiderava 1' impiego». Il pensiero del generale Alexander, il quale non poteva non essere male impressionato dal morale delle truppe italiane 2, risultò molto chiaramente espresso il 23 ottobre, ne lla prima conferenza stampa concessa in Italia: «(...) non abbiamo mai fatto piani dipendenti dalla cooperazione militare italiana. QuaJsiasi aiuto degli ita]jani è stato per noi un abbuono. Due fom1e di tale aiuto sono stati i ca-

rabinieri fper i quali il Generale dichiarava la sua grande ammirazione] che hanno mantenuto la legge e l'ordine in Italia ed in Sicilia , lasciando così liberi i nostri soldati e risparmfando ai nostri generaU ogni ansietà; e le t:Iuppe italiane che hanno fornito lavoro» 3 .

li generale Utili , capo del1a missione italiana di collegamento con il Comando britannico, si recò a S. Spirito per discutere l'argomento della partecipazione italiana con il capo ufficio operazioni, generale Martin: «(...) Per il momento- riferì -è previsto soltanto l'impiego del raggruppamento Dapino; nel caso che l'espe1ienza dimostri che si tratta veramente di truppe buonissime si pot:1·à pen-

Loi, I rapporti fra Alleati e Italiani cit. , doc. 23 . Ceci! Sprigge scrisse: «In quei mesi (ottobre 1943) le strade dell'Italia meridionale erano piene di soldati italiani dispersi e stracciati, i quali non chiedevano altro che di tornare a casa. l' impressione fra noialtri era cli uno sfacelo pressoché completo clell' organizzazione mil itare italiana( ...)» (Pre fazione a Annibale del Mare, La guerra è passata, Cosmopolita, Roma 1945) . 3 A proposito dei carabinieri , il 22 settembre il ministro Eden, rispondendo ad una critica dell'o pposizione ai Comuni, disse: «Perchè usiamo i carabinieri? ( ...).Essi esistevano in Italia molto prima del regime fascista ( ...). Supponiamo, per comodità di discussione, che non avessimo usato i carabinieri( ...). Avrenuno dovuto impiegare almeno diecimila soldati britannici a svolgere il loro compito - non altrettanto bene - e ciò avrebbe preso uomini dalle forze combattenti( ...)» (A. Degli Espinosa, Il Regno del sud cit., p. 23). 1 S.

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sare a fare entrare in linea anche il raggruppamento da montagna (di cui ho notificato la composizione); è comunque escluso l'impiego di qualcosa di più di una divisione italiana nel ciclo operativo in corso; la questione potrà essere, se mai, riesaminata più tardi, cioè dopo l' occupazione di Roma, Firenze ecc.( ...)».

A suo gi udizio, non soltanto gli Alleati intendevano sottoporre i reparti italiani ad un esame probante, ma non pensavano assolutamente alla loro co11aborazione. In conclusione: «Nel complesso l'impressione lasciatami dal colloquio non è stata gradevole. Il senso crudo ciel discorso mi è sembrato il seguente: fate ciò che di volta in volta vi chiediamo senza tentare di estendere il vostro concorso; un atteggiamento collaborativo è per lo meno prematuro e per ora ci infastidisce» 1•

3. LA CR lSl DELLA MONARCHIA (16 NOVEMBRE 1943-18 APRILE 1944) Giunti nella penisola, gli Alleati ebbero modo di rendersi conto del marasma che attanagliava l'intero mezzogiorno d'Italia, pervadendo ogni aspetto della vita sociale. Paralisi delle comunicazioni, penuria di viveri , crollo dell 'economfa e stasi del commercio legale, fioritura abnorme del contrabbando e dell'illegalità, tenore cli vita miserrimo, morale generalmente depresso, blocco pressoché totale dei servizi, fatti tutti di per sé gravissimi, erano soltanto la parte visibile di un dramma assai più profondo ed inquietante . I contatti diretti dei militari alleati a tutti i livelli con la popolazione civile, con i funzionari e gli esponenti politici che pretendevano di rappresentarne le istanze, consentivano di ricostruire un quadro caotico, dal quale emergevano non solo richieste disperate di aiuti urgenti, ma anche denunce, rivendicazioni e proponimenti di ogni genere. Davanti a questa situazione, i commenti, le reazioni e conseguentemente i comportamenti della Gran Bretagna e dell 'America differirono notevolmente. In entrambi i paesi, il peso dell'opinione pubblica era tenuto ben presente, come è facile ri1evare della corrispondenza e dai verbali di conferenze di politici e militari alleati, mal ' ottica degli inglesi si discostava in parte da quella americana. Inevitabilmente la Gran Bretagna rivestiva, nei rapporti con 1'Italia, il ruolo di seniorpartn.er, sia in virtù dei continui contatti antecedenti il conflitto, sia per la maggiore esperienza in tema di politica eu-

1

G. Conti, Il Primo Raggruppamento motorizzato cit., p. 32.


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ropea, sia infine per la contiguità , e conflittualità, di interessi nel Mediterraneo ed in Africa, e questa circostanza, come giustamente osservato da Degli Espinosa, non giovò affatto, almeno sotto certi aspetti, a11a causa italiana 1• In definitiva, se qualche simpatia affiorò in quel periodo nei sentimenti americani verso di noi , le masse britanniche per certo non ci furono favorevoli per vari motivi, tra i quali differenza di carattere, maggiore senso dello Stato, un non trascurabile complesso di superiorità. Così, ad esempio, mentre il 21 ottobre il Congresso degli Stati Uniti prese volentieri atto della positiva evoluzione della politica italiana con la dichiarazione della guerra alla Gyrm,mia ed espresse al popolo italiano sentimenti di amicizia e di simpatia, nonché il proposito di offrire aiuto, l'atteggiamento britannico continuò a non perdere occasione per ribadire come i rapporti con Governo e popolo italiani si badassero sui termini dell'armistizio. In secondo luogo , la figura dell ' antifascista italiano, fuoruscito o rimasto in patria, non riusciva «simpatico>>, beninteso non per la sua fede politicamente corretta, ma per il modo con cui la proclamava. Anzi, dato che in Inghilterra non si riusciva a comprendere come un partito di opposizione potesse essere considerato illegale e perseguitato dal partito dominante fino al punto da indurne i membri al volontario esilio, il fuoruscito veniva ad assumere quasi la fisionomia del dise1tore. Non a caso quando nella seduta del 1° dicembre 1944 il deputato Thomas elogiò il conte Sforza per la lotta sostenuta contro il fascismo , il mi1ù stro Eden replicò sarcasticamente: «li conte Sforza durante tutto quel periodo si trovava negli Stati Uniti . Deve aver trovato molto dura la battaglia contro Mussolini» e, avendo l'altro precisato che Sforza era stato anche in Francia, rincarò: <<La battaglia contro Mussolini deve essere stata altrettanto dura da lì» 2 . Quanto agli antifascisti in patria, l'inglese medio ne respingeva sprezzatamene la pretesa di non assumere alcuna responsabilità riguardando alla guerra mossa dall'Italia alla Gran Bretagna e di non dover, perciò , sopportare il peso della sconfitta 3 . Un'opinione assai diffusa in Inghilterra su questo tema fu una volta riassunta a Degli Espinosa press'a poco in questi ternùni: «che il fascismo fosse buono o cattivo, era un affare degli italiani; che questi , pur ritenendolo cattivo, non lo rovesciassero era ancora affare loro; per l'Inghilterra esisteva solo il fatto che l'Italia le aveva mosso guerra

1

A. Degli Espinosa , Il Regno del Sud cit., pp. 42-44.

2

Ibidem . Ibidem .

3


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ed era stata sconfitta; ciò non significava la fine dell'Italia, ma significava che il metodo usato dall'Italia per risolvere i suoi problemi era diventato inapplicabile; doveva invece essere applicato il metodo preferito dall'Inghilterra. E questo era tutto . Di conseguenza, che gli italiani si affannassero a dire di non aver voluto la guerra era del tutto inutile: avrebbero dovuto dirlo a Mussolini. Dirlo agli inglesi contrastava con la più elementare norma deljair play» l_ Sempre per gli inglesi - per i quali il «Right or Wrong, my Country» non era retorica - diventava poi incomprensibile 1'aver potuto desiderare la sconfitta della Patria in guerra e addirittura menarne vanto. Aperta disapprovazione trovava, infine,!' atteggiamento «vincente>> assunto dall'antifascista di sinistra, inneggiante alle riconquistate libertà individuali e reticente sul durissimo carattere dispotico del regime comunista nell'Un ione Sovietica 2 . Entrambe le opinioni pubbliche, inglese ed americana, erano comunque concordi nell'aperta disapprovazione dello scarsissimo carattere democratico del governo Badoglio. *

*

*

L'allargamento della composizione ministeriale con l'immissione di esponenti politici costituiva uno spinoso e complesso problema, certamente avvertito da Badoglio e da Vittorio Emanuele III. Il maresciallo, peraltro, pareva concentrare la sua attenzione sugli aspetti puramente militari della situazione, mentre il Re era scontento ed inquieto per l'anormalità delle circostanze, anche perché la partita che De Gasperi aveva indicato come «passiva» stava mostrando il suo enorme peso negativo. Nelle quattro «province del Re» i partiti politici avevano dato vita, già nell'agosto, al Fronte Nazionale d'Azione fissandone i seguenti obbiettivi: conclusione dell 'armistizio, liquidazione del fascismo ed epurazione integrale, instaurazione delle libertà fondamentali, .rinascita delle attività sindacali, guerra alla Germania. Come si vede, le istanze erano semplici e simili in tutta Italia. Il Sud, però si caratterizzava per un minor tensione sociale (dovuta alla sua fisionomia prevalentemente agricola , priva degli insediamenti operai del Nord) e per una certa tradizionale inerzia politica derivante da una diffusa tendenza conservatrice. Tutto ciò nuoceva sul piano della concretezza degli intenti. Il partito d'azione - «l'intruglio di

1

2

Ibidem, p. 48. Ibidem, p. 5 l .


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colorito liberale ma in realtà comunistico» a dire di Croce 1 - si distinse subito per un velleitario programma repubblicano e radicale che si proponeva, tra l'altro, l'esproprio e la nazionalizzazione delle grandi industrie e delle grandi aziende commerciali ed assicurative; la partecipazione degli operai agli utili delle imprese; l'esproprio del latifondo e l'emissione dei coltivatori diretti alla proprietà terriera 2 . Ma era sulla questione istituzionale che si concentravano le polemiche. Non appena il Regno del Sud cominciò la sua breve vita, l'opposizione della maggior parte dei partiti antifascisti contro la Corona prese rapidamente impulso. Il Re venne aspramente criticato per l'm-m istizio , quasi esistesse .un'alternativa; venne accusato di aver abbandonato il posto di comando come se la difesa di Roma, ammessa e non concessa la sua attuabilità, fosse stato compito del Re o del Governo. E soprattutto venne consjderato quale primo ed unico responsabile dell 'avvento e dell' affermazione del fasc ismo, nonché della mancata salvaguardia della costituzione, tesi volta implicitamente all'autoassol uzione della classe politica, la cui condotta non era certo stata irreprensibile. A prescindere dalle argomentazioni, non del tutto infondate, dei difensori dell a monarchia, restava comunque il fatto della guerra perduta disastrosamente. Che nel giugno 1940 tutto inducesse tutti a iitenere sicura una facile vittoria non poteva avere più alcun valore nel 1943, di fronte alle condizioni in cui era precipitata l'Italia intera. E i precedenti storici erano infausti: il secolo XIX aveva già visto il crollo di ben tre imperi, due dei quali secolari , a causa di una disastrosa disfatta. E generazioni di italiani avevano imparato a scuola che Carlo Alberto, dopo la «fatai Novara», aveva abd icato recandosi in volontario esilio ad Oporto. La liberazione di Napoli portò naturalmente ad un ampliamento del quadro politico e subito un personaggio assunse un'importanza di primissimo piano: Benedetto Croce, il maggior filosofo italiano vivente. Egli si era già portato alla ribalta inviando a Brindisi il 4 ottobre Alberto Tarchiani e Raimondo Craveri per ottenere il placet di Badoglio ad un'in iziativa che pensava non sgradita agli Alleati . L'idea era di formare <<legioni di combattenti con la bandiera italiana per cooperare con l'armata anglo-americana per liberare la terra italiana dai tedeschi 3 • Quale comandante era disponibile il

1

B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., p.31. Tamaro, Due anni cli storia cit., TT, p.147.

2 A. 3

B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., p.12. Ovviamente non venne detto che la bandiera sarebbe stata priva dello stemma sabaudo.


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generale Pavone, già legionario fiumano vicino al partito d'azione 1 • Badoglio rispose ai due inviati piuttosto genericamente, accennando però che tale tipo di volontari rischiava la fucilazione cadendo in mani tedesche e dubitando «non sull'entusiasmo ma sulla fermezza per un periodo prolungato di volontari in quelle condizioni( ... )». Craveri replicò che si poteva avere uomini decisi e adatti alla guerriglia e, alla fine, Badoglio dichiarò che in tal senso, se interpellato dagli Alleati, avrebbe espresso parere favorevole all'iniziativa 2 • Come già detto, Vittorio Emanuele III non disconosceva la delicatezza delle circostanze e 1'anonnalità della posizione governativa, perciò intendeva regolarizzare al più presto l'assetto ministeriale. Poiché Badoglio non gli sembrava impegnarsi a fondo in questa direzione, il 7 ottobre incaricò il ministro Acquarone di recarsi a Napoli per prendere contatto con esponenti politici e personalità enùnenti e indurli ad entrare nel Governo, «il quale ha bisogno assoluto cli essere completato e consolidato» 3 • Il giorno 11 Acquarone rientrò a Brindisi con la sconsolante notizia che nessuno politico napoletano intendeva partecipare ad un Governo presieduto da Badoglio 4. Allora il sovrano spedì a Roma suoi fid uciari per avvicinare Bonomi, ma senza successo in quanto l'interessato rifiutò anch'egli di collaborare in un Gabinetto Badoglio. Precisò tuttavia al colonnello Montezemolo, che gli aveva recato 1'invito reale 5 , di essere disponibile a fonnare un Governo di antifascisti, sotto la presidenza di un nuovo capo, con pieni poteri. In tal caso il vecchio giuramento di fede ltà al Re poteva essere sostituito «con una solenne dichiarazione dei ministri di astenersi , sino alla decisione popolare, da ogni atto che possa pregiudicare, in un senso o nell' altro, la soluzione del problema istituzionale, rimesso alla libera volontà del popolo» 6 .

1 Più tardi Croce completò iJ pensiero: «schiere cli volontari che non prestino giuramento né al Re né a Badoglio, ma che non facciano dimostrazioni né monarchiche né antimonarchiche» (ibidem, p.17) . 2 Per la verità, non sembra proprio che Croce pensasse ad un impiego in guerriglia. 3 P. Puntoni , Parla Vittorio Emanuele Ili cit., p.175. 4 Ibidem , p.176 . 5 Il colonnello Montezernolo, rimasto a Roma ed in possesso di un apparecchio radio dell'Aeronautica, era riuscito a mettersi in contatto segretamente con Brindisi ed aveva in certo modo assunto nella capitale le funzionj di rappresentante del Comando Supremo nei rapporti con gli esponenti politici e militari della resistenza in corso di organizzazione (R.Caclorna, La riscossa cit., p. 83). 6 1. Bonomì, Diario di un anno cit., pp.118 e 124-125 .


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A questo punto entrò in campo Carlo Sforza, uno dei più noti esuli antifascisti. Ambasciatore a Parigi, aveva dato le dimissioni all'avvento del fascismo; rientrato in Italia, dopo qualche anno si era t:rasfelito in Belgio e poi negli Stati Uniti, ove presto era diventato il punto di riferimento per gli antifascisti italiani in America. Il 26 luglio a New York, in un ' intervista, aveva detto: «Non sono né il re né Badogl io che hanno liberato l'Italia; la liberazione è opera del popolo, coi suoi scioperi nel Nord, colle sue accoglienze entusiastiche agli Alleati nel Sud . Noi potremo perdonare a Badoglio le sue compromissioni passate, se si volge recisamente, non solo contro Mussolini, ma contro tutto il fascismo, e soprattutto se rovescia la situazione italiana dichiarando mdl i i trattati con l'Asse e affermando immediatamente che siamo in guerra con la Germania. Non c 'è altro modo di salvare l'onore e gli interessi d 'Italia»

1

Il 22 settembre, un mese più tardi, Sforza colse l'occasione di un colloquio con l ' assistente Segretario di Stato Berle per precisare: «( ... ) Non pretendo che sia giunto il momento di abbattere la monarchia. Al contrario. Questo è un problema per il dopoguerra. Ho semplicemente interesse per ciò che ritengo sia meglio al fine di vincere la guerra, niente altro ( ... )» 2 •

Un paio di giorni dopo consegnò all'uomo politico americano una lettera in cui scriveva di aver visto con grandissimo interesse la dichiarazione rilasciata dal Badoglio il giorno 16 ed affermava: «( ... ) Per tutto il tempo in cui il maresciallo Badoglio risulterà impegnato in questo compito [la cacciata dei tedeschi dall ' Italia] e sarà accetto agli Alleati nel suo dedicare le risorse militari e materiali a questa lotta, considero criminale compiere alcuna azione che possa indebolire la sua posizione o porre a repentaglio le sue attività connesse alla liberazione dell'Italia e del popolo italiano( . . .). Questioni cli politica interna possono e dovrebbero essere poste in disparte per il periodo della lotta ( ... ) .Mi impegno personalmente a compiere tutto ciò e inviterò i miei molti amici e seguaci ad uniformarsi a tale indirizzo» 3 •

Carlo Sforza,L'ltalia dal 1914 al 1944 quale io la vidi, Mondadori J945, p.188. Livio Zeno, Ritratto di Carlo Sforza , Le Monnier, Firenze 1973, p.411. La biografia dello Zeno illustra i I modo di pensare e le interpretazioni di Sforza circa i tumultuosi eventi dell'epoca, nonché i contatti personali avuti dall' uomo politico. Sul quale conclude: «( ... ) raramente personalità politica ciel nostro Paese fu così dibatnJta e controversa» (p. 361). 3 !bidem, p. 4 10. 1·

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Copia della lettera fu consegnata a Badoglio dal generale MacFarlane il 26 settembre. Tuttavia quella stessa sera a New York, in un comizio al Carnegie Hall, Sforza incitò tutti gli italiani a lottare contro i tedeschi sino alla morte e pur esortandoli, nell'interesse dell'unitarietà degli sforzi, a mettere temporaneamente da parte «recriminazioni, processi storici ed orazioni teoriche», egli «non si vietò di assalire il Re Vittorio Emanuele, che descrisse come 'insincero, tremebondo e non esistente', e di criticare fortemente i Governi alleati perché in Italia non facevano un uso ardito e costruttivo degli elementi riconosciuti come antifascisti» 1• E, al momento della partenza per Londra , il «New York Times» così riportò un'intervista con lui: «( ... )Sforza ha richiesto un 'netto colpo di scopa' del governo italiano ed ha invitato gli italiani degli Stati Uniti a seguirlo in Italia per formare un esercito cromwelliano. Egli ha detto che richiese il passaporto in un' intervista con il segretario di Stato americano Cordell Hull alcuni giorni dopo aver ricevuto un urgentissimo messaggio del Partito d'Azione e del Partito Socialista» 2 .

Sull'opportunità della presenza di Sforza in Italia Churchill nutriva più di un dubbio . Poiché intendeva che in quei frangenti non fosse proprio il caso di creare complicazioni al governo Badoglio, quando l'esule passò da Londra lo ricevette, esaminò con lui la lettera a Berle ed a Badoglio «quasi riga per riga, ed egli mi assicurò che rappresentava la sua più profonda convinzione».3. Tranquillizzato, gli disse di ricevere «con piacere 1' assicurazione ( ... ) che le questioni di politica interna, inclusa la monarchia, avrebbero dovuto essere aggiornate fino a che l'Italia fosse libera. Per l'avvenire sarebbe stato compito del popolo italiano di decidere» 4 . Sforza partì il 15 ottobre e, dopo una breve sosta ad Algeri, il 18 si presentò a Bari. Subito il ministro Acquarone raggiunse l'illustre personaggio recandogli l'invito formale del Re ad entrare nel Governo. L'iniziativa non condusse a risultati positivi, in quanto Sforza declinò l'invito e poi raccontò sarcasticamente come la monarchia si fosse «buttata ai suoi piedi a chiedergli aiuto e l' Acquarone poco ci mancava che gli baciasse

«The Times» ciel 28 .9.1943 cit. in A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.128. «EightArmy News)> dell'll.10.1943, ibidem. 3 Parlamentary Debats, House of Commons, vol.406, data 8.12.1944. 4 Ibidem, data 14.12.1944. Durante il dibattito, sul quale ritorneremo a tempo debito, Churchill ,icordò che «il conte Sforza parlò a lungo dei danni che colpiscono un paese quando l'antica famiglia regnante [la casa di Borbone?) è sostituita da una nuova famiglia regnante, come la Casa Savoia». 1

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le mani» 1 • E una rapida visita a Badoglio, avvenuta il 21 a Brindisi, fu così riassunta da Sforza: «Appena giunto a Brindisi, il maresciallo Badoglio ebbe la bontà di offrirmi il portafoglio degli Esteri con rango di vice-capo del Gov.erno. Poiché egli conosceva le mie idee, non dovè stupirsi del mio rifiuto - rifiuto impostomi, oltre che da ragioni morali, dal fatto che avrei perso ogni modo di servire utilmente l'Italia accettando di collaborare con un sovrano che avevo denunciato al mondo come supremo colpevole - perché più intelligente di Mussolini - dei disastri italiani, ma aggiunsi a Badoglio che sarei stato molto lieto di servire l'Italia con lui, anche nei ranghi più modesti (missioni all'estero, ecc.) se ciò fosse utile alla lotta contro la Germania» 2 .

Secondo Badoglio, non fece cenno di aver dichiarato necessaria la rinuncia al trono da parte del Principe ereditario e la istituzione di una Reggenza per il pri nei pe di Napoli 3 . A suo dire, invece, affermò al maresciallo che «occorreva un atto simbolico, l'abdicazione del re, perché colui era il simbolo, sia pure suo malgrado, di tutte le colpe e di tutti i disastri della dittatura e deJla gue1Ta>> 4 • In definitiva si trattava di una presa di posizione nettamente in contrasto con la lettera inviata a Berle ed a Badoglio e con le promesse fatte a Churchill. La sera di quel 21 ottobre il Re inviò al generale MacFarlane un documento con il quale.definiva il programma di politica interna che intendeva seguire: 1) il ministero attuale doveva durare sino al ritorno a Roma; 2) non appena rientrati nella capitale, sarebbe stato formato un nuovo Governo a larga base con esponenti di tutti i partiti antifascisti; 3) entro quattt:,o mesi dalla pace doveva essere eletta la Camera dei Deputati ed il Parlamento avrebbe potuto liberamente discutere la questione istituzionale; 4) la scelta a tal riguardo sarebbe stata fatta dal Paese liberamente consultato; 5) la Corona avrebbe accettato ed eseguito la volontà del Paese; 6) qualunque altra linea di condotta rischiava di minacciare, in quelle circostanze, l'autorità, 1a legittimità e la forza dello Stato, condizioni indispensabili per condurre a fondo la lotta contro i tedeschi ed i residui del fascismo 5 • Badoglio si trovava in grave imbarazzo. Da parte anglo-americana non si toccava la Corona, però si faceva sentire sempre più insistentemente il de-

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.159. «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 14.12.1943. 3 P. Badoglio , L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p. 150. 4 C. Sforza, L'Italia dal 1914 al .1944 quale io la vidi cit., p. 191. 5 A. Degli Espinosa, Il regno del Sud cit., p.160. 1

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siderio che il Governo di Brindisi divenisse realmente rappresentativo ed efficiente, mentre in Italia la questione istituzionale stava diventando un pesante ostacolo alla soluzione ministeriale. Il colloquio con Sforza era stato un ulteriore elemento negativo, ma anche da Roma venivano brutte notizie. Il 14 ottobre era arrivato a Brindisi il primo segretario di legazione Venturini, uno dei molti ufficiali, diplomatici e funzionari che stavano affluendo attraverso le linee. Questi aveva presentato a Badoglio una chiarissima sintesi sulle ripercussioni degli ultimi avvenimenti sullo spirito popolare: «( ... )L'opinione pubblica, mentre s i infiammava rapidamente contro gli ex-alleati( ... ) rivolgeva accuse gravissime al Governo ed ai Capi militari. Si imputava al Governo cli aver concluso un armistizio al solo scopo di salvare la Corona, mettendosi sotto la protezione delle armi anglo-americane che l'avrebbero ricondotto a Roma al loro seguito. Si ac-

cusavano i Capi militari di impreparazione, cli inefficienza e vigliaccheria. Si diceva dai partiti estremi che vi erano state formali promesse di armare la popolazione civile e che esse non erano state mantenute per il timore che le armi concesse al popolo fossero conservate per essere util.izzate in un secondo tempo per fini politici . Si proclamava - a destra ed a sinistra - che la vecchia classe dirigente italiana aveva , anche in questa suprema occasione, dimostrato la propria totale incapacità e che, pertanto,essa doveva essere, non appena possibile, radicalmente rinnovata( ...). ( .. .)si diceva da alcuni uomini rappresentativi dei partiti politici antifascisti, che se guerra doveva essere fatta alla Germa11ia, non doveva trattarsi cli guerra 'regia'( ... ) . Questo stato d'animo, provocato da ignoranza e mancanza cli propaganda è venuto in gran parte a mutare in seguito alla costìtuzione del Governo fascista repubblicano. L'adozione da parte di Mussolini della posizione repubblicana ha molto appianato, per naturale reazione, l'ondata antimonarchica che si era alzata in Italia ( ... )}>.

Venturini auspicava, infine, il «cominciare sin da ora, e sia pure nei limiti del possibile e con mezzi di fortuna, l'opera di ricostruzione nazionale». Era evidente, anche dal punto di vista propagandistico, l'importanza di assumere l'iniziativa in questo settore, perché ciò avrebbe mostrato al resto d'Italia che il Governo italiano continuava ad esistere, indipendente, nell'Italia meridionale» 1 • Il 23 ottobre, dunque, Badoglio comunicò al Re che la situazione interna si era aggravata ed il giorno seguente gli indirizzò una lettera definita dal generale Puntoni «di contenuto ambiguo e malizioso» 2 :

1

1

Venturini a Badoglio in data 15. LO. I 943, DDI, IOA serie, l , doc. 42. P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele lll cit., p.178.


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«Maestà, nell'ultimo colloquio che ho avuto con Vostra Maestà ho brevemente accennato alle idee ed ai propositi manifestati dagli elementi più rappresentativi dei gruppi politici che si sono costituiti da tempo in Italia( ... ) . Loro intendimento preciso è il seguente: 1.Assumere essi il governo designando essi stessi i singoli ministri. 2. Abdicazione cli Vostra Maestà e rinuncia cli S.A.R. il Principe di Piemonte a salire al trono. 3. Elevazione a Re del figlio di S.A.R. il Principe di Piemonte con un reggente . Circa il modo di raggiungere questi risultati mi consta che essi per ora hanno manifestato l'intenzione di creare senz'altro un governo od una Costituente non appena liberata Roma dai Tedeschi e prima che Vostra Maestà col Governo regolare possa giungervi.Soggiungo ancora, per non tacere nulla a Vostra Maestà, che è loro intenzione, e me lo ha confermato il conte Sforza, che sia io ad assumere la carica di reggente. La questione così formulata è, secondo il mio avviso, di una gravità veramente eccezionale. Il sorgere di questo nuovo Governo verrebbe a gettare lo scompiglio in tutte le forze che si sono schierate contro i tedeschi( ... ) . Come contenersi se questa circostanza si avvera? Non mi sembra ammissibile cli ricorrere agli anglo-americani, dato poi che essi aderiscano, perché allora Vostra Maestà ed iJ Suo Governo avrebbero ricorso alle armi straniere per restare al potere. Né ritengo prudente far sicuro affidamento sulle nostre forze , dato che troppi fermenti esistono in esse, sì che la loro compagine è quanto mai precaria. Confesso, Maestà che per quanto io mi affatichi per trovare una via d'uscita non mi è dato ancora di averla trovata. Rimanderò quel funzionario a Roma con questa missione: l O - Convincere i dirigenti dei partiti a non fare nulla sino a che il Governo di Vostra Maestà non sia a Roma. 2° • Non appena a Roma, io, in esecuzione della dichiarazione fatta nel proclama di guerra alla Germania, li avrei chiamati per sentire precisamente le loro idee circa la formazione del Governo. 3° - Che qualora essi fossero decisi a non collaborare con me come Capo del Governo io avrei presentato le dimissioni a Vostra Maestà. 4° - Che Vostra Maestà dopo avrebbe preso quelle decisioni che reputava migliori. Se si riuscisse ad ottenere ciò si eviterebbero scosse violente e ad ogni modo si avrebbe una maggiore parvenza d.i legalità. Ma questa non è che una mia proposta che non so quale seguito possa avere. Ad ogni modo in settimana vedrò ancora il Conte Sforza, ed insisterò presso di lui perché induca i capi partito ad attenersi a quanto ho proposto. Vostra Maestà, nella Sua alta saggezza prenderà le Sue decisioni e mi darà per conseguenza le Sue direttive. Io, che come Vostra Maestà ben sa e eia molto tempo, sono devotamente affezionato sia a Vostra Maestà sia all'Istituto Monarchico, ho solo il preciso obbligo morale d'informarla


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che il Conte Sforza, che pur ritiene necessaria l'esistenza della Monarchia per l'unità della Patria, mi ha recisamente dichiarato che il rifiuto di Vostra maestà potrebbe portare di conseguenza la caduta della Monarchia. Io non ho ancora toccato col generale Eisenhower questi argomenti. So però, perché me ne ha francamente parlato il colonnello Rostary dell'lntelligence Service politico che ne è perfettamente al corrente. Ed io attendo gli ordini di Vostra Maestà per sapere se debbo o meno intervenire presso il generale Eisenhower ed in quali termini. Quanto sopra io ho scritto con un dolore gravissimo, ma convinto di compiere interamente il mio dovere»

1•

Di sicuro la questione non era presentata nel modo migliore. Non a caso il ministro Piccardi, conosciuta la lettera qualche ora dopo , «rimase allarmato dall'ingenuità che la caratterizzava» 2 • La reazione del Re fu inevitabilmente negativa. Nel pomeriggio, alle 15,30, egli ricevette il generale Ambrosio ed i capi di S.M. delle tre Forze Armate, convocati d'urgenza. Espose la situazione creatasi per l'atteggiamento assunto dai gruppi politici e chiese «se può contare sulla loro devozione e su quella delle Forze Armate che da loro dipendono». Tutti risposero affermativamente senza alcuna esitazione, anche se Roatta si espresse in termini vagamente contorti. «In ogni modo, tutti sono d'accordo - annotò Puntoni - su11 'opportunità di evitare una crisi di governo che probabilmente gli Alleati non approverebbero, poiché è chiaro che appoggiano Badoglio e i partiti che fanno leva sul Maresciallo per indurre il Sovrano a lasciare il trono» 3 . Poi il Re deçise di inviare Acquarone a Bari per prendere contatto ancora una volta con il conte Sforza e saggiarne l'umore per una partecipazione al Governo. 'Acquarone tornò soddisfatto, però ammise che Sforza aveva preso tempo per decidere. In realtà, nelle interviste concesse durante il breve soggiorno barese alla «Gazzetta del Mezzogiorno» ed al «New York Times», Sforza non nascose una decisa ostilità nei confronti del Re. Il 25 ottobre Vittorio Emanuele III chiamò Badoglio e chiarì che la questione dinastica doveva essere rimandata alla conclusione della guerra; per il momento, il maresciallo doveva sospendere i contatti con le varie personalità politiche e specialmente con Sforza. Il 26 Acquarone partì per Napoli per interpellare Enrico De Nicola, Giulio Rodinò e Giovanni Porzio,. Ma

1

Minuta della lettera eia Va1ma Vai lati, Badoglio racconta, U,TE, Torino 1955, pp.416-421.

2

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.173 .

3

P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele IIl cit., p.178.


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anche Badoglio sentiva impossibile lasciare senza ulteriori tentativi di soluzione il problema governativo. Cominciò con il ripristinare la libertà di stampa e, quanto alla collaborazione di esponenti politici, d'accordo con il generale MacFarlane risolse di andare anch'egli a Napoli. Con il trasferimento dello scaglione avanzato del Comando in capo alleato a Caserta, avvenuto a metà ottobre, Napoli era diventata un importante centro politico per la presenza di Croce e di Sforza e per l'intensa attività del Comitato di liberazione locale, sotto la presidenza di Vincenzo ArangioRuiz. L'inglese MacMillan osservava con distaccato scetticismo che la situazione politica italiana appariva, è vero, piuttosto complessa, ma aveva l'impressione che tutti stessero preoccupandosi eccessivamente. «La difficoltà - aveva eletto al generale Alexander - deriva dal nostro desiderio cli vedere un governo italiano più progressista e con una base più larga. Ma tutti i capi dei partiti che possiamo trovare in questa fase non sono molto autorevoli. Le figure più note si trovano a Roma, Torino e Milano. Inoltre, alcuni di essi si rifiutano dì collaborare con Badoglio, altri si rifiutano cli collaborare con il Re. Alcuni chiedono un primo ministrn civile, altri chiedono, se non una repubblica, almeno l'abdicazione del sovrano ,la rinuncia ai suoi diritti del principe cli Piemonte e la successione del principe cli Napoli (che ha sei o sette anni e si trova in Svizzera) con una reggenza( ... ). Sforza sta intrigando per ottenere l'abdicazione del sovrano , per indurre Badoglio ad assumere Ja reggenza (malgrado il rigore della legge) e diventare primo ministro. Badoglio è troppo fedele, come soldato, alla persona del re per mettersi alla testa di un piano simile . Ma credo che potrebbe accettare se a provocare la crisi fosse qualcun altro, e non so in quale misura stia studiando una combinazione con Sforza con questo in vis.ta»

1

Il 27 ottobre MacMillan e Murphy si recarono a Sorrento a trovare~Croce, il quale si dimostrò del tutto favorevole al progetto Sforza: Badoglio reggente e Sforza primo ministro; poi si sbilanciò affermando che: «Finchè non si fosse potuto far questo, bisognava che nella zona di Napoli ci fosse un alto commissario italiano in rappresentanza dell'Italia« 2 . Tre giorni dopo a1Tivò Badoglio e naturalmente la conversazione con Croce e Sforza si soffermò sull'abdicazione del Re e l'istituzione della reggenza. Badoglio ammise di riconoscere anch'egli l 'opportunità di tale soluzione, però dichiarò di non sentirsi affatto propenso ad un atto di forza 3 . Un paio di settimane più

H. MacMillan , Vent'anni di pace e di guerra cit., pp.563-564. Ibidem, pp.564-565. 3 B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., p.26. 1

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tardi, in un'intervista con il giornalista Cecil Sprigge, della «Reuter», Croce commentò che «l'Inghilterra vuole che a capo del! 'Italia resti il responsabile dell'avvento del fascismo e che ora è il più pericoloso fascista» 1• Proprio ìn quei giorni il costituendo corpo di volontari da lui vagheggiato era stato sciolto perché inconsistente sotto ogni profilo. Secondo un verbale di Tarchiani, il 30 ottobre si contavano «circa 130 volontari, di cui 35 più 1O ufficiai i già selezionati» . Per giunta alcuni erano «affamati in cerca della razione americana» . Il 22 ottobre il colonnello Tanferna , designato vicecomandante dell'unità, «fu subito e brutalmente posto di fronte alla richiesta di paghe uguali a quelle degli americani» da una trentina di volontari, i quali, in caso contrario, minacciavano di arruolarsi direttamente dell'esercito americano 2 • Croce allora se la prese un po' con tutti: con la Gran Bretagna che «vuole l'Italia come campo di battaglia»; con il Re che «toglie impero e vigore alla guerra alla Germania»; con il pattito d'azione che si contrapponeva al suo liberalismo 3 • Badoglio rientrò a Brindisi il 1° novembre. Era sfiduciato. Tutti si mostravano ostili al Re: «Croce è intransigente e contrario al Sovrano - annotò Puntoni - . Sforza è nemico del Re ed ha annunciato che è disposto ad entrare nel Governo soltanto se S .M. lascerà il trono. Gli altri esponenti politjci sono tentennanti( ... )» . Vittorio Emanuele III risolse allora di parlare con MacFar1ane e recarsi a Napoli di persona, disposto ad incontrare «se sarà il caso, anche il conte Sforza» 4 . Il giorno seguente Badoglio, intervistato, espresse la speranza di poter dare al più presto al Paese il desiderato Governo, benché l'impossibilità di contare su molte personalità ancora bloccate nei territori occupati dai tedeschi creasse qualche difficoltà. lo ogni caso, al momento utile tutte le energie del Governo e del popolo dovevano convergere verso un solo scopo: la liberazione dell 'Italia 5 • Nel contempo il «Times» scriveva:

1 Ibidem , p.30. Più tardi Piero Operti gli farà notare che «il 25 novembre (1922), dopo il discorso dell'aula sorda e grigia , la Camera votò la fiducia a Mussolini e gli concesse

pieni poteri per sei mesi, poi rinnovati per altri sei mesi. Quella Camera era stata liberamente eletta nel giugno 1921 e in essa i deputati fascisti erano 35 su 530» (P. Operti, Let· tera aperta a Benedetto Croce, Lattes e C., Torino 1946, pp.18-19). 2 Claudio Pavone, I Gruppi Combattenti in Italia in «Il Movimento cli Liberazione in Italia» , nn.34-35, gennaio-aprile 1955, pp.97-98 e 115. 3 B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., pp.31-32. 4 P. Puntoni, Pa.rla Vittorio Emanuele III cit., p .182. 5 «Gazzetta del Mezzogiorno» del 3. l l .1943.


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«Una crisi politica che può coinvolgere il Re Vittorio Emanuele si è aperta in ltalia negli ultimi giorni. Notizie eia molte fonti non lasciano dubbi sulle forze principali implicate in essa( ... ). Appena il maresciallo Badoglio prese pochi giorni fa a cercare i mezzi per allargare il suo governo, la crisi si sviluppava in stadi successivi. l liberali dichiararono che non avrebbero potuto cooperare con il governo Badoglio senza il conte Sforza ed il signor Croce. Sforza disse che gli altri non avrebbero potuto servire sotto Re Vittorio Emanuele. Questo è l'impasse cbe, secondo le ultime notizie, è stato raggiunto( ...)».

E sotto1ineava il comunicato dei ministri deg1i Esteri alleati al termine della Conferenza di Mosca 1•

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Il 30 ottobre si era conclusa la Conferenza di Mosca ed il 2 novembre il «Times» comunicò che The Moskow Agreement aveva stabilito Ja costituzione di una Commissione consultiva europea, nel cui ambito doveva operare un Comitato consultivo per l'Italia (Allied Advisory Councilfor ltaly) composto dai rappresentanti delle tre Grandi Potenze e del Comitato di liberazione nazionale francese nonché, in avvenire, dai rappresentanti della Grecia e della Jugoslavia. Significativo rilievo era dedicato alla pubblica dichiarazione fatta in merito alla restaurazione della democrazia in Italia: «( ... ) I Ministri degl i Affari Esteri degli Stati Uniti. del Regno Unito e dell'U.R.S.S. hanno stabilito che i loro tre Govern i sono in completo accorcio sul fatto che la politica alleata nei riguardi cieli 'Italia debba essere basata sul fondamentale principio che il fascismo ( ... )deve essere totalmente distrutto e che al popolo italiano deve essere data ogni possi-

bilità di s.tabilire le sue istituzioni di governo e le altre, sulla base dei principi demoGratici ( ... ) . Nella continuazione di tale politica per il futuro, i Ministri degli Esteri dei tre Governi hanno concordato che le seguenti misure rivestono particolare importanza e sono da attuarsi: l) è necessario che il Governo italiano venga reso più democratico con l'inclusione di rappresentanti di quei settori del popolo italiano che si sono sempre opposti al fascismo ; 2) le libertà d i parola, cli culto, di opinione politica, di stampa e cli pubblica riunione debbono essere restituite in misura totale al popolo italiano, il quale deve essere autorizzato a costituire gruppi politici antifascisti ( ... ); 6) devono essere creati organi democratici per l'amministrazione locale; 7) i capi fascisti e i generali dell'esercito riconosciuti o sospetti per essere criminali di guerra devono essere arrestati e consegnati alla giustizia.

1

«The Times» de l 3.11.1943.


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Nel fare queste dichiarazioni i tre Ministri degli Esteri 1ìconoscono che finchè continueranno in Italia operazioni militari attive, il momento nel quale sarà possibile dare piena esecuzione ai principi suddetti sarà determinato dal Comandante in capo, sulla base delle istruzioni che egli riceverà per il tramite del Comitato dei Capi di Stato Maggiore alleati ( ... ).Resta inoltre inteso che nulla di questa dichiarazione potrà operare contro il diritto del popolo italiano di scegliersi, alla fine, la sua propria forma di governo» 1•

Da queste conclusioni derivarono: una revisione degli organi alleati con voce in capitolo in Italia, un cambio ai vertici militari italiani, un secondo governo Badoglio. Il primo punto, per la verità, era già allo studio, o piuttosto in discussione, sin dalla finna dell'armistizio lungo. Si concretò anzitutto nel mantenimento dell' A .M.G.O.T. ( Allied Military Governement of Occupied Territory) ma con il nome di A .M .G. (Allied Military Government ofEnnemy Territory: la sigla ometteva le iniziali delle ultime due parole), dotato di ogni potere nei teITitori non ancora restituiti ali' amministrazione italiana. Subito dopo, il l O novembre, entrò in attività laA.C.C. (Allied Control Commission.), incaricata di «porre in atto i termini dell'armistizio e di allineare l'economia italiana integralmente a sostegno della gueITa delle Nazioni Unite contro la Germania» . Era formalmente presieduta dal Comandante in capo delle Forze Alleate, ma con la guida operativa affidata ad un vicepresidente (gen. Joyce). Essa aveva «il controllo delle attività militari ed economiche dell'Italia, secondo quanto stabilito delle clausole armistizial i». Il «controllo>> era inteso alla lettera. Basti dire che le comunicazioni in partenza dal Comando Supremo od in arrivo per il Comando Supremo passavano attraverso la A .C.C.,beninteso scritte in inglese, la quale decideva se spedire o meno le une e se inoltrare o meno le altre 2 . Inoltre il governo Badoglio ricevette perentoria richiesta di prescrivere alle rappresentanze italiane nei Paesi neutrali di limitare al minimo le relazioni con i rappresentanti di Stati in guerra con le Nazioni Unite, di astenersi da qualsiasi iniziativa diplomatica 3 e di informare sempre e tempestivamente la Commissione delle decisioni prese dal Consiglio dei ministri! 4 • L' A.C.C. si ruticolava in quattro sezioni: militare, politica, economica ed amministrativa, trasporti. La sezione militare comprendeva a sua volta sei sotA. Degli Espinosa, // Regno del Sud cit., pp.169-170. Pietro Pastorelli,Avvertem:a in DDI, JOA serie, I, p.IX. 3 A.C.C. a Prunas in data 19.11.1943, ibidem, cloc.74. 4 Appunto in data 27.11 .1943, ibidem doc.82. 1

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tocommissioni, poi ridotte a tre - Esercito, Marina ed Aeronautica - , che decidevano sull'impiego delle Forze Armate italiane, anche se il Comando del XV gruppo d'armate rivendicò immediatamente la propria competenza nei riguardi delle truppe poste ai suoi ordini. La sottosezione per l'Esercito, Military Missionfor ltalian Army (M.M .I.A), ebbe a capo il generale Duchesne 1• Di questa revisione organizzativa Eisenhower dette comun icazione con una lettera che terminava in modo estremamente eloquente: «( ... )Noi attendiamo che il Governo italiano allarghl la sua composizione politica e

rafforzi la sua strnttura amministrativa, ed il trasferimento dal Governo Militare Alleato all'amministraz.ione italiana terrà il passo con questi sviluppi . Ciò non significa tuttavia il ritorno del territorio italiano all'illimitato controllo italiano. TI Governo Militare Alleato continua ad avanzare con il I 5° Gruppo di armate, per organizzare il territorio appena espulsi i tedeschi( ... ). In tutti questi mutamenti deve essere tenuto in mente che il Governo italiano è legato dai termini dell'armistizio ( ... ).Le Nazioni Unite stanno convertendo l'Italia in un effettivo strumento di guerra contro la Germania. Esse attendono che il governo italiano dia tangibili risultati» 2 .

Da parte italiana gli organi di collegamento con gli Alleati furono tre: una missione militare presso il Comando in capo delle Forze Alleate (gen. Castellano), una missione militare presso il Comando del XV gruppo d'armate (gen. Utili, poi col.Negroni), un ufficio di collegamento presso la Commissione alleata di controllo (col. Edo Rossi). Il cambio ai vertici militari fu agevolato dal caso. L'8 novembre gli inglesi rinviarono in patria dalla prigionia il maresciallo Messe ed i generali Odando e Berardi. Il rientro era stato, sembra, caldeggiato genericamente dal Comando Supremo insieme con quello di a1tri ufficiali in mano britannica e il loro anivo a Brindisi - a dire di Berardi - provocò <<Un certo disorientamento», al punto che a tutta prima fu offerta al maresciallo Messe la carica «onorifica e assolutamente inutile e di carattere ambiguo» di Ispettore generale 3 • Comunque la loro disponibilità consentì cli risolvere una 1 In merito all'amministrazione alleata in Italia cfr. Elena Aga Rossi, L'Italia nella sconfitta: politica interna e situazione internazionale durante la seconda guerra mondiale, ESI, Napoli 1985; David Ellwoocl , L'allea/O nemico: la politica dell'occupazione anglo-americana in Italia. 1943-1945, Feltrinelli, Milano 1977; Lamberto Mercuri, 19431945 Gli Alleati e l'Italia ESI, Napoli 1975. 2 A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.189. 3 Paolo Berarcli, Le memorie di un capo di Stato Maggiore dell 'Esercito, ODCE, Bologna 1954, pp.51-54.


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questione che si profilava scabrosa. Nel comunicato congiunto dei ministri degli Esteri a Mosca si accennava all'arresto per la consegna alla giustizia dei «capi fascisti e generali dell'esercito riconosciuti o sospetti quali criminali di guerra» ed i generali Ambrosie e Roatta erano stati accusati da Tito per presunte atrocità commesse da reparti della 2" armata in Croazia, che essi avevano comandato in successione di tempo . Il 6 novembre la Missione Militare alleata chiese fonnalmente la testa di Roatta, al momento in ospedale per un grave incidente automobilistico. Poiché Ambrosio rassegnò le dimissioni per raggiunti limiti di età, l'arrivo di tre ufficiaJi in grado elevato e non attaccabili consentì di risolvere la delicata situazione senza clamore: il 22 novembre Messe sostituì Ambrosio quale capo di S .M.Generale, Orlando fu nominato sottosegretario alla Guerra in assenza del ministro Sorice ancora a Roma e Berardi subentrò a Roatta quale capo di S .M . dell'Esercito. Le sostituzioni erano obiettivamente opportune tenuto conto della perdita d.i prestigio di Ambrosie, soprattutto a causa dell'insufficienza degli ordini diramati in vista dell'armistizio, e di Roatta, per i1 crollo subitaneo verificatosi nell'Esercito di cui era il capo responsabile. Intanto sulla posizione del governo Badoglio le nuvole si erano fatte ancora più scure. Il viaggio del Re a Napoli, benché avesse suscitato spontanei entusiasmi e dimostrazioni di affetto popolari, si era risolto in un nu11a di concreto. De Nicola, Rodinò e Porzio si mostravano indecisi e <<Sforza ha tenuto un contegno così arrogante che Sua Maestà ha rinunciato a vederlo» 1• Peggio ancora, il 5 novembre era pervenuto a Napoli un ordine del giorno votato il 16 ottobre dal C.L.N. di Roma, che in sostanza affermava l'impossibilità di conseguire l'unità spirituale, sulla quale doveva basarsi la gue1Ta «di liberazione» , sotto l'egida del Governo costituito dal Re e da Badoglio, perciò occorreva creare subito un «governo straordinario» espresso «da quelle forze politiche le quali hanno costantemente lottato contro la dittatura fascista e fino dal settembre 1939 si erano schierate contro la guen-a nazista». Tale governo doveva assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato», evitando peraltro di rompere la concordia nazionale; «condurre la guerra di liberazione a fianco delle Nazioni Unite» e, alla fine de11e ostilità, convocare il popolo per decidere sulla questione istituzionale 2 • A parte ciò P. Puntoni, Parla ViLtorio Emanuele TTT cit. , p.183.11 7 dicembre, presente il Re a Napoli, Sforza assiste ad un discorso violentemente antimonarchico tenuto alJ' università dal rettore Adolfo Omodeo ( «L'Italia libera» dell ' 11.1 1.1943). 2 Roberto Battaglia , Storia della Resistenza italiana, Einaudi, Torino l964, pp. 133134. 1


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i rappresentanti dei gruppi politici si erano trovati d'accordo nel rifiutare qualsiasi appoggio a Badoglio, al quale imputavano tre cose: l'ibrido colpo di Stato non seguito dall'immediato distacco dalla Germania; la precipitosa fuga del Re e del Governo; la negligente custodia di Mussolini. Qua]ora gli Alleati si fossero imputati per conservare la monarchia sino al termine della guerra, essa doveva limitarsi alla garanzia delle clausole di resa 1 • L'ordine del giorno fece sensazione ma, a dire il vero, apparve «troppo poco chiaro il modo di dare il potere al divisato governo straordinario» e l'appello rivoluzionario fu lasciato cadere dal C.L.N. di Napoli 2 • Stante l'imnùnente arrivo della Commissione alleata di controllo con le sue divtrse sezioni da affiancare ai vari ministeri per iniziare il lavoro amministrativo, urgeva completare il Governo. D'altro canto era manifesta l'impossibilità di includervi esponenti politici. Venne allora escogitato un compromesso basato sul considerare tuttora in carica i ministri rimasti a Roma. In tal modo si poteva procedere almeno alla formazione della parte direttiva dei ministeri e consentire che l'attività congiunta con la Commissione non subisse ritardi. In definitiva, per il momento il Governo sarebbe stato completato con sottosegretari aven ti, mediante apposito decreto, le opportune deleghe alla trattazione e risoluzione degli affari dei rispettivi ministeri, nonché l'autorizzazione per la firma di ogni atto attribuito dalle vigenti disposizioni alla specifica competenza dei ministeri. Badoglio si sarebbe dimesso al ritorno a Roma ed il nuovo Governo politico avrebbe trovato già un nucleo cli esperti ed il lavoro già avviato, sì da poter continuare senza difficoltà la sua opera con la Commissione alleata di controllo. Vittorio Emanuele III approvò il progetto ed il 13 novembre Badoglio comunicò la decisione alla stampa italiana ed estera. Raccontò i contatti presi con Sforza, Croce ed altre personalità e le obiezioni ricevute; espose la proposta di Sforza circa l'abdicazione del Re e la reggenza; ammise francamente che il desiderio di includere nel suo Governo esponenti politici nell'interesse superiore dell 'Itali a si erano mostrati van i; spiegò la soluzione approvata dal sovrano in quelle contingenze. <<Per tale modo - concluse - non viene arrestato un lavoro di amministrazione tanto necessario, non si dà motivo d i perturbamento nella zona Jiberata e corrisponde in pieno al desiderio manifestato dai dirigenti di tutti i partiti politici . Per conto mio,

J. Bonomi, Diario di un anno cit., p.120 e seg .. Cfr.A.Tamaro, Due anni di storia cit., II, pp.139-141. 2 Vincenzo Arangio-Ruiz, Schermaglie politiche, Humus, Napoli 1945, p.68. 1


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una volta giunto a Roma, sarò ben lieto di rimettere un cos1 pesante fardello in mani esperte e ad energie più giovani ( ... )» 1• Indubbiamente anche il nuovo ministero tecnico, varato il 16 novembre, ben poco aveva di costituzionale: non era rappresentativo perché non appoggiato da alcun partito, non sostenuto da alcun voto parlamentare né da qualsiasi altra manifestazione della volontà popolare: era soltanto legittimato dalla necessità. Il Consiglio dei ministri si riunì per la prima volta a Brindisi 2 nel pomeriggio del 24 novembre ed approvò un ordine del giorno in cui de]iberava una serie di provvedimenti epurativi intesi a colpire ben precise categorie di individui appartenuti a grnppi, organizzazioni, istituti ecc., inequivocabilmente qualificabili come compartecipi delle responsabilità del fascismo. I primi e più facili provvedimenti relativi alla dichiarazione programmatica si susseguirono abbastanza rapidamente: soppressione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e delle sue specialità (6 dicembre 1943), eliminazione dalla pubblica amministrazione degli elementi compromessi con il regime fascista (28 dicembre), riassunzione in servizio dei pubb]ici funzionari impiegati a suo tempo licenziati per motivi politici (9 gennaio 1944), abrogazione della legislazione razziale e reintegrazione degli ebrei in tutti i loro diritti (20 gennaio). Che la strada intrapresa fosse quella giusta fu dimostrato dal fatto che, al termine di una lunga ispezione nel Regno del Sud, il Comitato consultivo per l'Italia ritenne di poter raccomandare ad Eisenhower il passaggio all'amministrazione italiana di tutto il territorio a sud del confine settentrionale delle province cli Salerno, Potenza e Bari. Peraltro le reazioni politiche interne furono in generale ostili all'insediamento del nuovo Governo. Adolfo Omodeo definì gli eITori del Re «tanto grandi che quelli per cui Edipo si cavò gli occhi e si bandì in perpetuo impallidirebbero al confronto», però concesse«( ... ) alla dinastia il tentativo supremo di rinnovarsi per opera di un innocente, rimossi tutti coloro che, piccoli e grandi, portano la responsabilità di questi anni di vergogna» 3 . Sforza, dal canto suo, avvertì che «ciò che accade in Italia è il tentativo di creare una nuova Vichy. Il Pétain dell'Italia non è il maresciallo Badoglio, ma il Re, con una ganga di generali coITotti» 4 • 1116 novembre il C.L.N. di

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp.190-191. Il Governo era sparpagliato in più sedi. A Brindisi c'erano la Presidenza del Consiglio ed i ministeri deglì Esteri e della Giustizia; a Taranto il ministero della Marina; a Lecce quello degli Interni e della Guerra; a Bari tutti gli altri. 3 «Risorgimento» del 21.11.1943. 4 «The Times» del 1.12.1943. 1

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Bari (costituito unicamente da esponenti del partito d'azione e del partito comunista) affermò in un ordine del giorno che «nella persona del Re si assommano tutte le responsabilità del passato ventennio e della situazione presente» e deliberò che «nessuna collaborazione né totale né parziale né politica nè soltanto tecnica è possibile con l'attuale Governo e che i partiti e gli aderenti ai singoli partiti si attengano rigorosamente all'osservanza di tale indirizzo politico» 1 : chiaro incitamento a bloccare ogni tentativo di dialogo ed a paralizzare la vita pubblica. E il 29 novembre il C .L.N. di Napoli votava un ordine del giorno in cui, constatata la delusione del popolo italiano per il cambiamento governativo, considerato che i partiti politici «espressione autentica della volontà popolare>> invocavano una reggenza non compromessa con il fascismo ecc., dichiarava di «negare la fiducia all'attuale formazione minfateriale e di riversare sul Capo dello Stato e sul Governo la responsabilità delle pericolose fratture nella compagine nazionale 2 . Anche a Roma l'auspicato governo antifascista era oggetto di lunghe discussioni, nel rifugio del Laterano, fra gli «interpreti autorizzati» di quattro movimenti su sei del C.L.N. (il liberale Alessandro Casati, il democratico Meuccio Ruini, il democristiano Alcide De Gasperi ed il socialista Pietro Nenni). Nel diario di Bonomi, in data 5 dicembre 1943, si legge che Nenni concepiva «un governo fatto sostanzialmente dal C.L.N., cioè dal capo del governo e da sei ministri senza portafoglio (uno per partito) quotidianamente convocato per dirigere collettivamente la politica di Gabinetto. Fuori dei sette dovrebbero esservi dei Commissari (si potranno anche chiamare ministri) in posizione subordinata e incaricati di amministrare secondo le decisioni del direttivo» 3 . Possiamo, a questo punto, ricordare anche il pensiero di Salvemini sulla situazione italiana. Dagli Stati Uniti, di cui era diventato cittadino nel 1940, si sentì quasi in dovere di offrire due suggerimenti. Con i suoi ex-compatrioti fu lapidari.o: cacciare via il Re e Badoglio sic et simpliciter. Con gli Alleati tenne a premettere che conosceva i ' Italia molto meglio dei diplomatici, dei prelati e dei giornalisti anglosassoni, e poi precisò: «( ... ) i Governi inglese ed americano dovrebbero disarmare l'Italia, cosicché essa non possa ricominciare una nuova guerra; ma devono astenersi dall'immischiarsi negli affari

«L'Italia del Popolo» del 2.12.1943. Questa e le precèdenti citazioni sono tratte da A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp. 208-212. 3 1. Bonomi, Diario di un anno, cit., pp.135-1.36. 1

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interni italiani. Essi hanno eia vincere la gueITa e mantenere una pace pubblica generale nei territori occupati; poi dovrebbero concedere agli italiani di riorganizzarsi in libere associazioni ed in partiti politici, di avere la loro libera stampa, cli indire convegni naz ionali e locali, di eleggere le amministrazioni comunali fra pochi mesi, ed ancora potere avere una Assemblea Nazionale Costituente entro e non oltre un anno» 1 •

Difficile un conunento. La polemica per la questione saliva di tono, specialmente in vista di un Congresso nazionale dei Comitati di Liberazione di tutte le province dell'Italia liberata, con la partecipazione dei rappresentanti dell 'ltalia ancora occupata dai tedescbj e degli esuli nel frattempo rimpatriati ed inviati. La decisione di indire il Congresso fu presa il 4 dicembre in un convegno a Napoli. Data stabilita: il 20 del mese. Gli argomenti sui quali impostare le discussioni erano sostanzialmente cinque: la situazione politica interna; l'organizzazione di formazioru di volontari; i rapporti con le Nazioni Unite; i problemi economici che stavano affliggendo ]'Italia meridionale; la creazione di un organo di collegamento fra i vari Comitati di liberazione. L'iniziativa suscitò qualche preoccupazione a Brindisi, ove probabilmente si paventò l'annunciò di un governo rivoluzionario. Due sottosegretari furono , perciò, inviati a Napoli per conferire con Croce, Sforza, De Nicola, Rodinò e altri esponenti in vista, ma i risultati furono deludenti perché gli interpellati mostrarono chiara animosità o, nel migliore dei casi , assunsero un atteggiamento temporeggiante. AUora Badoglio, a buon conto, rese pubblica sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» de] 9 dicembre la citata lettera di Sforza del 23 settembre, con adeguato commento. L'articolo provocò l'indignazione dei sostenitori del Governo e degli apolitici nei confronti di Sforza, ma lasciò del tutto indifferenti le sinistre. Croce replicò il 14 da Radio Napoli che «l'abdicazione doveva sorgere, ed era aspettata già da più mesi, spontanea nella coscienza del Re>> e che il re aveva assunto «una responsabilità maggiore di quella del Mussolini, che era un povero diavolo, ignorante,corto d'intelligenza e ubriacato da facili successi demagogici, laddove egli era stato accuratamente educato e aveva governato un 'Italia libera e civile». In conclusione, Croce specificò che voleva scansare il giudizio popolare derivante da un processo perché si sarebbe chiuso sicuramente con la condanna del Re. Perciò «per l'avvenire stesso dell'idea monarchica» Ja soluzione più onorevole per il sovrano sa-

1

Lettera di Salvemini in data 29.9 .1943 , pubblicata sull' «Italia del Popolo» del

20.1.1944, cit. in A. Degli Esp.inosa, li Regno del Sud cit., pp.225-226.


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rebbe stata quella di «sacrificare la sua ostinatezza al bene ed aJla salute dell'Italia, come hanno fatto già più volte i suoi maggiori e come fece Re Carlo Alberto» 1• L'intervento di Croce ebbe una grande risonanza in Italia ed all'estero, tanto che il corrispondente del «Times» scrisse: «questi forti parole, che probabilmente soltanto il signor Croce fra tutti gli italiani avrebbe potuto scrivere, daranno il tono allo svolgimento del Congresso democratico che avrà luogo il prossimo lunedì a Napoli » 2 . Si deve peraltro convenire su quanto osservato a proposito di tali affermazioni del filosofo: se da un lato, proposte pubblicamente, esse aprirono il processo alla monarchia nella persona d~l Re (processo che si pretendeva di voler evitare), da11 'altro concorsero in misura determinata a rendere psicologicamente impossibile al sovrano una abdicazione perché in questo caso avrebbe implicitamente ammesso le responsabilità attribuitegli 3 • Comunque il Congresso sfumò all'ultimo momento non avendo gli Alleati concesso la prescritta autorizzazione, in quanto una riunione del genere in una città così prossima al fronte avrebbe potuto provocare agitazioni politiche dannose per il regolare svolgimento delle operazioni. In compenso il 19 dicembre ebbe luogo la commemorazione di Giovanni Amendola , con l'intervento di numerose personaliIB; e dei rappresentanti dei C.L.N. delle province liberate . La riunione terminò votando per acclamazione «che sia resa subito possibile e veramente effettiva l'abolizione cli ogni forma cli fascismo sopravvivente e tuttora imperante; siano allontanati , effettivamente e subito, dalle cariche pubbliche i responsabili del disonore e della rovina d 'Italia, del Re all'ultimo squadrista; si costituisca immediatamente un Governo di uomini liberi, che rappresenti il volere ed il sentimento deg]j italiani, che si aclope1i ad intensificare lo sforzo della guerra liberatrice, che possa assicurare all'Italia pane e dignità, ora e per 1'avvenire» 4 •

In un'interv ista al «News Chronicle», Benedetto Croce ebbe cura di dire, tra l'altro: «L'impedimento che urge rimuovere è la persona del Re, Vittorio E manuele III, che ha aperto le porte al fascismo, lo ha favorito, sostenuto, servito per oltre venti anni, lo ha se-

1

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp.215-216.

2

«T he Times» ciel 17.12.1943, Ibidem p.216 .

3

Ibidem, p.218. lbidem, p.220.

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guito in rutte le sue azioni e persecuzioni contrarie alla moralità, perfino nella dissennata dichiarazione di guerra all'Inghilterra e alla Francia, e che rimane ora, caduto Mussolini, il vero e maggiore rappresentante del fascismo. Pretendere che l'Italia conservi il presente Re è come pretendere che un redjvivo resti abbracciato ad un cadavere» 1•

Le proteste per il divieto a tenere il congresso a Napoli 2 giunsero comunque a segno. L' A.M .G.O.T. informò infatti il Comitato di liberazio ne che la riunione sarebbe stata consentita, a tempo debito , ma in una località sufficientemente lontana dal fronte e con la partecipazione di 90 persone al massimo. Se i giornali riportavano i più volgari insulti alla persona del re, l 'Esercito - il Regio Esercito - non era affatto risparmiato: le Autorità militari erano ritenute responsabili delle sciagure della Patria 3 in uno con il regime fascista; le testimonianze di fedeltà al Re venivano messe in ridicolo; da sinistra si affermava che «un esercito comandato da Messe l 'Africano non era cosa pulita, né una cosa se.ti.a» 4; e glì uomini del J raggruppamento motorizzato , i primi soldati italiani che si erano battuti contro i tedeschi a fi anco deglì anglo-americani, furono presentati come strumento nelle mani della reazione neofascista. Le provocazioni e le accu se violente quanto irresponsabili finirono per suscitare indignazione e riprovazione nei Comandi alleati, al punto che il colonne! lo Munro, capo ufficio stampa del Psycological Wa,fare Branch di Bari, diramò a tutti i direttori dei giornali unarigida, severa e umiliante circolare in cui , ri ferendos i al ripristino della libertà d i stampa operato dal governo Badoglio, ne fissav a i limiti invalicabili: «( .. .) Sei settimane d'esperienza hanno dimostrato che in molti casi è evidente una

completa ignoranza di c iò che, in via generale, è la libertà in una società civile, e di c iò che è, in particolare la libertà di stampa( ... ). Le autorità alleate, d'accordo con le autorità responsabili dell'artuale Governo dcli' Italia I iberala, sono pertanto costrette a richiamare l'attenzione di tutti i res ponsabi I i, direttori, editori, gerenti , sui seguenti punti: I. non può essere concessa alla stampa italiana una indipendenza dai vincoli della cen-

1

Ibidem. Cfr. A.Tamaro, Due anni di storia cit., Il , pp.335-336. 3 Al termine della guerra l'Omodeo affermò che «cause impo1 tanti della catastrofe furono l'ignoranza e la corruzione degli ufficiali» (A . Omocleo, La crisi del/e fo rze armate io «Domenica» del 10.6.1945) 4 «Civiltà proletaria» del 12. 12.J 943 . ·: ._. 2


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sura militare, della convenienza del linguaggio, dell'esattezza dei fatti e della discrezione politica, maggiore di quella di cui gode la stampa nei territori metropolitaiù delle stesse nazioni alleate, tanto più che i limiti imposti da tale censura, e da tale senso cli opportunità, esattezza e descrizione, vengono osservati nei Paesi alleati più per un senso spontaneo di civica disciplina che non per l'imposizione di apposite misure coercitive, sia in tempi di gue1Ta che in tempi normali; 2. le autorità alleate hanno perfettamente chiarito il loro atteggiamento nei confronti dell'Italia, sia al momento dell'armistizio che dopo e in specie si rammenta quanto segue ( .. .); 3. ( ... )le autorità alleate hanno esplicitamente manifestato la loro speranza ed il loro desideriq di vedere allargata la base ciel Governo italiano, fino ad includervi tutte le legittime correnti di pensiero politico. La libertà di stampa venne appunto considerata come un apporto essenziale per il raggiungimento di tale fine; 4. non si tollererà alcuno abuso nell'esercizio di tale libert~t; ( ... ) 6. non saranno più permesse le incitazioni all'odio di classe, gli epiteti volgari , le accuse anonime, le insinuazioni, i malevoli sottintesi, le denigrazioni personali, le accuse in mala fede, le minacce ecc.; 7. non sarà consentita alcuna critica lesiva dell'onore e della buona fede dei militari italiani, di qualsiasi grado che combattano e cooperino con le Forze Alleate; 8. non saranno consentiti gli scritti diret,ti a turbare ed eccitare il pubblico ed a generare nel suo seno disordin.i e discordie; 9. la severità della censura militare attualmente esercitata in Puglia è considerevol1 mente minore di quella che viene nello stesso tempo esercitata nei Paesi aJJeati; ( ... ) 12. ad evitare immancabili conseguenze le Autorità fanno appello a tutti i direttori dei giornali perché pensino più all.a dignità della stampa italiana che non alla libertà. La prima sarà sicura premessa della seconda» 1 •

Quanto a Messe, il 17 dicembre Sforza scrisse al sottosegretario di Stati americano Berle che «per quanto concerne il maresciallo Messe, egli non riscuote il generale consenso: molti temono ch'egli possa trasformarsi in un eroe sudamericano» 2 • Certo si è che negli ambienti politici la richiesta dell'abdicazione di Vittorio Emanuele Ill si faceva insistente. Il 29 dicembre il generale Gamerra, aiutante di campo del p1incipe di Piemonte, tornato da Napoli confidò al ministro Acquarone ed al generale Puntoni che la posizione del Re gli sembrava insostenibile, ed aggiunse: «Il Sovrano avrebbe fatto cosa saggia ad

1

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp.223-224.

2

Cit. in Mercuri, 1943-1945. Gli Alleati e l'Italia, p.130.


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abdicare subito dopo il 25 luglio». Ma Acquarone replicò che «una volta ottenuta l'abdicazione, il conte Sforza, spalleggiato dai suoi amici, attaccherà il Principe ( ... ). L'attacco al Principe sarà l'attacco alla dinastia» ed il giorno seguente riferì al Re il colloquio con Gamerra. Non sembrò che il sovrano desse soverchia impo1tanza alla cosa 1, ma in realtà non era affatto insensibile alle polemiche che investivano la sua persona. Semplicemente, si irrigidiva nel proposito di non poter né volere accogliere una richiesta di abdicazione se non espressa dall'intero Paese attraverso i suoi rappresentanti regolarmente eletti in un Parlamento costituzionale. E questo suo proposito lo ribadì a Badoglio il 19 gennaio, nonché al generale MacFarlane il 23 2 •

*

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Nella seconda metà di gennaio 1944 il Governo dovette affrontare una nuova, difficile situazione, carica di prospettive imbarazzanti. In previsione della promessa restituzione all'amministrazione .italiana di gran parte dei territori liberati, la Commissione alleata di controllo, dal I 5 gennaio nuovamente retta dal generale MacFarlane, pretendeva che il Governo italiano si trasferisse a Salerno, che però sarebbe rimasta ancora sotto giurisdizione dell'A.M.G. Badoglio naturalmente si oppose a buon motivo: a breve scadenza si sarebbe riunito a Baii il Congresso nazionale dei Comitati di liberazione - organizzato dal C.L.N. di Napoli-, prontissimi a prendere la palla al balzo per indicare questa c.ii:costanza come una dimostrazione de1la non indipendenza, anzi de.11a subordinazione del Re e del Governo agli Alleati. E' pur vero che la notizia dello sbarco ad Anzio, diffusasi il 22 consentì l'illusione dell'imminente liberazione di Roma, ad ogni modo Badoglio insistette ed ebbe successo ottenendo il 27 che anche Salerno passasse alla giurisdizione italiana. L'apertura del Congresso era stabilita per il 28 gennaio. La sera del 26 i delegati del partito d'azione si riunirono preliminarmente per stabilire la mozione da proporre all'assemblea. Ne derivò un documento improntato, ovviamente, al più acceso radicalismo. In sintesi, il Congresso avrebbe dovuto: mettere in stato d'accusa il Re; proclamarsi «Assemblea rappresentativa dell'Italia liberata» fino alla formazione della Costituente; eleggere una Giunta esecutiva permanente con i poteri di deliberare e di agire, nonché di trattare con gli Alleati 3 . La stessa sera Adolfo Omodeo tenne da

P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele !Il cit., date 29 e 30 dicembre 1943. Vittorio Emanuele 1II a MacFarlane in data 23.1.1944, DDI, 10A serie, I, doc.124 . 3 «L'Italia del popolo» del 10.2.1944. Cfr. Giuseppe Spataro, I democratici cristiani dalla diuatura. alla repubblica, Mondadori, Milano J 968, p. 248. 1

2


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Radio Bari un discorso in cui invitava il Re ed il Principe ereditario a tirarsi un colpo cli pistola alla testa 1 . L'ordine del giorno presentato dai partiti d'azione socialista e comunista, fu tenuto segreto agli altri partiti del Comitato di liberazione, ma fu mostrato in anteprima a Croce il 27: «La sera - annotò il filosofo - ho veduto il Cifarelli, che è anche azionista( ... ) e ho potuto leggere il famoso ordine del g iorno, che è semplicemente cretino e fatto apposta per far ridere del congresso e dei congressisti perché ingiunge alla commissione del congresso di sostituirsi senz'altro al Governo del Re( ... ) ossia di esercitare poteri che non ha e che avrebbe soltanto il Governo che dobbiamo sforzarci di creare, ottenuto l'allontanamento del Re(....)» 2 •

Comunque Croce fece il discorso inaugurale del Congresso ed in quella sede rimarcò quanto la crisi «della dinastia che fece propria la causa del Risorgimento italiano» fosse pericolosa, perché spezzava la compattezza dello Stato e perché, indebolendo l'unico istituto (il Risorgimento) salvato dal regime fascista, esponeva il popolo italiano ad affrontare il tremendo dopoguerra in assenza di ogni interno sostegno morale; sotto]ineò che gli Alleati, impedendo agli italiani di eliminare il Re, impedivano all'Italia di risorgere, rimanendo infatti «il superstite rappresentante del fascismo» diventava impossibile avere un serio Governo ed un esercito seriamente impegnato in guerra 3 • E infine teorizzò la necessità di perdere una guerra piuttosto che vince1h, quando dalla sconfitta derivasse una vittoria più sostanziale, anche se meno evidente A . I lavori del Congresso - «che ridusse (a parte Croce e qualche comunista) ad un violento comizio antimonarchico di sapore salveminiano» 5 - , basati sulla relazione presentata da Arangio-Ruiz sulla situazione interna, terminarono con una determinazione che stabiliva tre punti fermi: immediata abdicazione del Re , pur riconoscendo impossibile al momento la soluzione istituzionale; necessità di un Governo dotato di pieni poteri, formato

1

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p. 257. B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., p. 68. 3 A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp. 262-263 e 304. 4 Forse Croce non ricordava che il 4 ottobre 1943 aveva scritto nel suo diario che «la guemt non si giudica né moralmente né giuridicamente e che quando c'è la guerra, non c'è altra possibilità né altro dovere che cercare di vincerla» (Quando l'Italia era tagliata in duecit.,p.17). 5 Marcella e Maurizio Ferrara, Conversando con Togliatti . Note biogrqfiche, Ed . Cultura Sociale, Roma 1954, p. 317. 2


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dai partiti del C.L.N., capace di intensificare lo sforzo bellico e di preparare la Costituente 1; costituzione di una Giunta esecutiva permanente per «predisporre le condizioni necessarie al raggiungimento degli scopi predetti». Il discorso di chiusura del 29 gennaio fu appannaggio di Sforza. Iniziò con l'affermazione che «noi sappiamo che siamo il parlamento di domani ; noi sappiamo che, dal vostro seno, voi sceglierete gli uomini che governeranno l' Italia». Manifestò la convinzione che l'Italia avrebbe saputo «esprimere dal suo seno una nuova concezione politica in cui i privilegi ed i pericoli ed i rischi del supercapitalisrno economico e di quella fallace formula che si nasconde sotto il liberalismo economjco così contrario, così antitetico e quella altra cosa che fu e speriamo che sia il liberalismo politico, siano elimi nati; se noi riusci remo a creare questa organizzazione collettiva di una nuova civiltà che padroneggerà il denaro e non sarà domfoata dal denaro, ma al tempo stesso sapremo far rifulgere questa necessità che è l' indipendenza suprema e in attaccabile dello spirito( ... )». Quanto al Re , «raramente, credo, nella storia si è visto un popolo intero ( ... )che ba espresso così ampiamente, direi quasi generosamente, la sua impressione di disgusto e di orrore verso un uomo cui si era affidato e che lo aveva tradito» . Spiegò poi ciò che «quella gente» - vale a dire il «governetto di Brindisi, cadavere più piccolino [dellafarn.iglia Savoia] ma ugualmente purulento» - avrebbe dovuto fare: «costituire una sorta di assemblea consultiva, composta di gente che sempre si era opposta alla politica fascista . Circondato da questa assemblea consultiva, che avrebbe potuto essere la vostra se fossero stati generosi e lungimiranti, avrebbero potuto rivolgersi agli Alleati con maggiore autorità perché avrebbero detto: il paese è dietro di noi». In me1ito alla politica da seguire in futuro , citò la formula proposta il 17 agosto 1940 al Congresso italo-americano di Montevideo: «Il popolo italiano è pronto ad ogru collaborazione ed anche a giusti sacrifici, ma ad una sola condizione: che si decida non su problemi italiani propriamente detti , ma su lati itali aru di problemi europei>> . Ed assicurò che «se noi andiamo alla pace con questo pensiero, noi non solo potremo uscirne onorevolmente, ma potremo forse (non crediate che io sia utopista) uscirne i veri vincitori morali ( ... )» . Spiegò anche che 1'Albania era stata occupata «perché uno stupido, vile , criminale, abietto Re, non contento di essere Re d' Italia, provò

Croce, che non aveva ambizioni di carattere governativo, caldeggiava la candidatura di Sforza a capo del nuovo Governo ed in questo suo fervore si sbilanciò , dichiarando a Rodinò <<persino di accettare la nomina a ministro senza portafoglio, per partecipare ai Consigli dei ministri e per supplirlo, se egli si dovesse recare all'estero per trattative diplomatiche, nella presidenza» (Quando l'Jtaiw era 1aglwta i11 due cit., p.65). 1


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il piacere tra infantile e infame, di essere chiamato Re d'Albania» 1• La Giunta esecutiva permanente, composta da Vincenzo Arangio-Ruiz per il partito liberale, Francesco Cerabona per la Democrazia del lavoro, Velio Spano per il partito comunista, Vincenzo Calace per il partito d'azione, Angelo Jervolino per la Democrazia cristiana e Lizzadri per il partito socialista, si insediò a Napoli, prese contatto con il generale MacFarlane ed il 6 febbraio inviò al Re la seguente lettera: «La Giunta Esecutiva Permanente, nominata dal Congresso dei Comitati di Liberazione tenutosi a Bari nei giorni 29 e 30 gennaio 1944, e che ha svolto i suoi lavori in una ardente ~tmosfera di passione italiana e umana, fiancheggiata dal messaggio di dolore e di speranza venuto da Roma a nome dei fratelli oppressi ancora dal Vostro alleato di ieri, fedele interprete della solenne, austera, unanime condanna del Popolo italiano a carico Vostro , cli fronte all'incolmabile abisso morale e politico che divide il popolo dal Monarca, reputa suo preciso dovere notificarVi il deliberato del Congresso stesso . (seguiva il deliberato) Vogliate ben meditare il significato cli tale voto, che esprime il sentimento unanime degli italiani, i quali angosciosamente domandano una pronta azione, cbe lavi le vergogne ciel passato e ponga i possibili ripari alla rovina del Paese. Prevalga finalmente la carità cli Patria e si faccia chiaro alla Vostra coscienza il dovere clell 'immediata abdicazione, sì che i.l potere venga assunto in quest' ora suprema eia uomini non compromessi con un ventennio di violenza, di turpitpdini e cli delitti. Ogni ulteriore indugio aggrava la situazione del Paese e rende più paurose le Vostre responsabilità, che non possono in alcun modo essere coperte da una costituzione lacerata» 2 .

La Giunta poi - su proposta di Sforza - dette notizia della propria costituzione al Congresso degli Stati Uniti , alla Camera dei Comuni b1itannica, al Presidium del Soviet Supremo, al generale De Gaulle ed a Tito. Ma merita menzione il messaggio rivolto ai 77 parlamentari britannici che avevano inviato il saluto augurale ai congressisti. Essa colse l'occasione per informarli che: «( ... ) il fascismo disorientato e pavido .nelle prime ore, ha ripreso d' animo, si è ca-

C. Sforza, L'Italia dal 1914 al 1944 cit., pp.194-200 . Cfr. A. Tamaro, Due anni di storia cit. , pp.395-398 e A . Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp.266-268. «Sforza ha parlato come se lo rnovesse soltanto un cocente rancore nei confronti del Sovrano» annotò Puntoni (Parla Vittorio Emanuele Ili cit. , p.201) . 2 A. Degli Espinosa, il Regno del Sud cit., p.269. La lettera venne consegnata a Puntoni il 22 febbraio. Il generale annotò che si trattava di un «ordine» d.i abdicazione e che in testa alle firme c'era quella di Arangio-Ruiz. 1


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muffato, serra le file intorno alla Corona e, affettando una amicizia troppo recente per essere sincera, cerca di fuorviare il giudizio dei vostri uomini politici e militari, iugulando ancora e sempre il nostro popolo in cenci e in lacrime, ostacolando in tutti i modi leciti e illeciti ogni onesta e sincera iniziativa popolare che miri a rendere efficiente e più serio il contributo delle regioni liberate alla guerra contro i tedeschi».

Quindi annunciò che: «( ... ) iI Congresso di Bari, espressione vera e unica della volontà delle forze della Na-

zione, ha emesso un solenne, austero, unanime verdetto cli condanna contro il monarca, la cui complicità di venti anni con Mussolini , rende impossibile la definitiva eliminazione del fascismo» .

Infine concluse confidando di aver reso «finalmente chiare aJla coscienza inglese le cause passate e presenti delle sciagure d'Italia» e perciò contava di riscuotere simpatia e comprensione 1 . Per completare il quadro, pochi giorni dopo l'invito al Re di farsi immediatamente da parte, la G iunta diramò una circolare ai funzionari dello Stato ed ai membri delle Forze Armate invitandoli a «non partecipare per il Re, che, rifiutando di abdicare, si sottraeva alla volontà della Nazione». Non ritenendo questo sufficiente , rivolse un appello al popolo «annunciando la raccolta di firme per un plebiscito di massa contro al Re». Il tutto però fu bloccato dagli Alleati che imposero il ritiro della circolare e dell'appello 2 .

*** Alle ore zero dell' 11 febbraio 1944 il te1Titorio a sud dei confini settentrionali delle province di Salerno, Potenza e Bari, compresi Sicilia e Sardegna, fu trasferito dal Governo militare alleato al Governo italiano 3 •

A . Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit. , pp.268-271. Franco Catalano, L'Italia dalla dittatura alla democrazia, 1919-1948 , Ler.ici , Milano 1962, p.445. 3 Secondo MacMillan «questo passaggio( ... ) avrebbe dovuto avvenire in novembre; poi la data è stata spostata a dicembre e poi( ... ) è stata spostata ancora. Il fatto dipende dall 'incompetenza cli alcuni membri del Quartier Generale alleato, ma molto di più dall'incredibile ottusità e mancanza di immaginazione e, anzi, dalla confusione veramente assurda che in materia cli diritto si è creata fra il Dipartimento di Stato ed il Dipartimento della Guerra d i Washington da un lato ed il Foreign Office di Londra dall'altro» (War Diaries. Politics and War in the Mediterranean. January 1943-May 1945, MacMiJJan, Lonclon 1984, nota del 7 gennaio 1944). 1

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Badoglio, giunto quella stessa mattina a Salerno, vi fu accolto da un'immensa folla festante. In giornata il Re revocò i ministri del Governo dimissionario, riconoscendo la loro impossibilità di esercitare le rispettive funzioni e nominò ministri e sottosegretari, con qualche variante. Badoglio tenne anche il dicastero degli Esteri. 1117 i ministri del nuovo Governo prestarono giuramento. Inutile dire che agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, il Congresso, sulla base di alcune dimostrazioni popolari e della terminologia delle mozioni, messe in particolare risalto dai corrispondenti della stampa anglosassone - i principali dei quali molto in contatto con Sforza, data la padronanza di questi della lingua inglese - , aveva assunto in qualche modo figura di assemblea realmente rappresentativa del popolo italiano, il che era ben lungi dalla realtà. Come denunciato dal sottosegretario Vito Reale, la maggior parte dell'Italia non era affatto rappresentata a Bari; Sardegna e Basilicata dissentivano nettamente dalle tesi sostenute; la Calabria era presente soltanto con la sinistra; la Sicilia non aveva partecipato alla riunione; il partito liberale era rimasto estraneo 1• Restava il fatto che la Giunta esisteva ed il suo atteggiamento, assai vicino all'antigovernativo, sollevava una certa inquietudine non soltanto a Brindisi, ma anche e soprattutto a Washington ed a Londra. Il 21 febbraio Roosevelt rispose a Badoglio, che a fine gennaio aveva chiesto per l'Italia il riconoscimento di alleata, respingendo la domanda <<finchè il governo italiano non includesse i gruppi organizzati degli elementi antifascisti liberali» 2 • Ma Churchill vedeva le cose con una diversa ottica . .Il 13 febbraio era stato molto esplicito con il Presidente: il governo Badoglio era il Governo legittimo e stava osservando lealmente le clausole dell'armistizio; esso godeva sulla flotta e sull'esercito di una «maggiore autorità di-qualunque altro governo costituito con i superstiti relitti dei partiti politici, nessuno dei quali possiede il minimo titolo per governare, né per elezione, né per diritto» 3 . E il 22 febbraio, parlando alla Camera dei Comuni, ebbe cura di accennare alla situazione che stava verificandosi in Balcania: «Già vi sono in Grecia ed in Jugoslavia fazioni impegnate in una guerra civile, animate l'una contro l'altra da odi più feroci di quelli che dovrebbero essere riservati per il comune nemico». Dopo aver dichiarato che non era certo quello il momento per manifestare preferenze ideologiche per l'una o l'al-

J6idem, p.284. .. Corclell Hull, The Memòirs, II, New York 1948, p.1554. 3 W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit. , parte V, Il, p.206. 1

· 2


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tra delle parti in causa, passò all'Italia. La campagna in corso nella penisola si annunciava lunga e dura e «non sono convinto che si potrebbe formare attualmente in Italia un qualsiasi altro Governo capace di ottenere la stessa obbedienza dalle Forze Annate italiane. Se vincessimo la battaglia attuale ed entrassimo in Roma, come ho fiducia e ritengo, saremmo liberi di riconsiderare l'intera situazione politica italiana, e potremmo fare ciò con molte agevolazioni che oggi non abbiamo. È da Roma che un Governo italiano su più vasta scala può essere formato. lo non posso dire se un tal Governo sarà di aiuto agli Alleati altrettanto dell'attuale( ... ). l rappresentanti dei vari partiti italiani che si sono riuniti quindici giorni fa a Bari, sono naturalmente bramosi cli diventare il Governo d 'Italia. Certamente essi non hanno alcuna autorità eletti va, e certamente non avranno alcuna autorità costituzionale sino a che l'attuale Re abdichi o egli stesso, o il suo successore, non li invitino ad assumere quell'ufficio. Non è affatto sicuro che essi avrebbero una qualsiasi effettiva autorità sulle Forze armate attualmente combattenti assieme a noi( . .. ).

In definitiva, tenuto conto delle circostanze e dell'incombere di una difficile battaglia, «la politica su cui il Governo di S .M. sj è provvisoriamente accordato con il Governo degli Stati Uniti, consiste nel vincere Ja battaglia per: .R oma e nel prendere nuovamente in esame Ja situazione quando saremo in queJla città» 1• Il Comitato di liberazione di Napoli si sentì punto dal discorso di Churchill e replicò direttamente al Preniier, chiarendo in primo luogo che «le forze italiane impiegate sul fronte di guerra si battono non per fedeltà al Re, ma per riscattare il Paese dalle conseguenze della disfatta militare fascista di cui al sovrano e principalmente a lui risalgono le supreme responsabilità. I soldati ubbidiscono, quindi , ad un sano impeto di riscossa morale nazionale e non, come si tenta in vece cli fare apparire, perché spinti da séritimenti cli devozione alla dinastia dei Savoia-Carignano» ,

e terminando con un significativo avvertimento: «li Comitato esclude che Vostra Eccellenza abbia comunque inteso manifestare nelle recenti dichiarazioni , propositi di interventi nella soluzione dei problemi cli politica interna del nostro Paese( ... ). Rileva, tuttavia, che dalle dichiarazioni stesse non è derivata

1 «Parliamentary Debates, House of Commons», vol.397, data 22.2.1944. Cfr. W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, II, pp. 207-208.


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forza al le risorte Iibere organizzazioni politiche italiane, ma soltanto ingiusto profitto alle declinate autorità regia( ... ) . Consideri, infine, Vostra Eccellenza, che oltre la guerra in atto e le sue cause determinanti, è il caso di evitare, fin d 'ora, occasioni e motivi di profonde discordie future fra i popoli nell'ovvia riflessione che le guerre per fortuna non sono eterne e che ogni popolo finirà , presto o tardi, col ridiventm·e libero, indipendente e sovrano nell'ambito del proprio tenitorio»

1 •

A sostegno di questa lettera i partiti d'azione, comunista e socialista organizzarono a Napoli per il 4 marzo uno sciopero di protesta della durata di dieci minuti, ma il Comando alleato pose il veto e la massa dei lavoratori spontal).eamente approvò la proibizione. Allora, per dimostrare la sua volontà di «alleviare le sofferenze» del popolo .italiano, la Giunta esecutiva annunciò l'intenzione di organizzare un plebiscito affinché gli italiani «dicano chiaramente ed esplicitamente se essi sono disposti a sopportare ancora la presenza del Re o se invece vogliono un Governo veramente democratico, munito di pieni poteri e costituito dai rappresentanti dei partiti antifascisti>> 2 • 11 Congresso di Bari si era svolto senza che i partiti venissero informati di un importantissimo colloquio avvenuto tra Croce e De Nicola il 30 dicembre 1943. In quella sede De Nicola aveva prospettato una soluzione di compromesso che appariva soddisfacente sia per la Corona sia per i partiti, vale a dire l'istituto della Luogotenenza Generale del Regno (non del Re) affidato al principe di Piemonte. La posizione del Re ne sarebbe uscita indebolita, perché collocato da parte, ma sarebbe stata evitata l 'abdicazione che, per i modi con cui veniva pretesa, non poteva essere ammessa. I partiti, dal canto loro, avrebbero visto accolta la pregiudiziale che Vittorio Emanuele III cessasse di essere il capo dello Stato. Croce, il quale , a dire il vero, avrebbe preferito la Reggenza, ebbe qualche dubbio: il Re non avrebbe rifiutato la sostituzione con un Luogotenente? De Nicola sorrise: «All'abdicazione si opporrà, ma vedrete che accetterà la Luogotenenza» e chiese di essere ricevuto dal Re. La possibile soluzione venne illustrata a Badoglio, venuto a Napoli apposta. Vittorio Emanuele III si mostrò possibilista: vedeva caduta la tesi della Reggenza, che avrebbe escluso lui stesso ed .il principe ereditario dal trono in maniera umiliante e che rappresentava il primo, e decisivo, passo verso la repubblica; la Luogotenenza sarebbe stata assunta dal principe Umberto . Sue uniche condizioni: che la cosa ma-

1 2

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp. 285-287 . lbidem, pp.289-290.


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turasse <<in un clima di estrema lealtà» e che la questione venisse posta dopo la liberazione di Roma 1 • La conversazione rimase senza seguito sino a dopo il Congresso di Bari, ove j partiti avevano dichiarato possibile la loro partecipazione al governo soltanto previa abdicazione del Re, rinuncia al trono del principe Umberto e reggenza del maresciallo Badoglio per il principe Vittorio Emanuele. Conosciuto però il netto dissenso di De Nicola da tale presa dì posizione, Croce e Sforza vollero chiedergli le ragioni della sua opposizione. De Nicola anzitutto mise in risalto l'inopportunità di riaprire la questione istituzionale quando solo metà dell'Italia era sotto ]a giurisdizione del governo legittimo; ma soprattutto dimostrò la incostituzionalità della reggenza affidata a Badoglio. Croce e Sforza dovettero ammettere la validità dell'obiezione e si convinsero 2 della accettabilità della Luogotenenza, che avrebbe lasciato impregiudicata la questione istituzionale per rimandarla al termine della guerra; e che poteva vincere la reticenza del Re. In sostanza si trattava di una soluzione provvisoria, senza molti problemi, in una situazione temporanea. De Nicola chiese un colloquio ed il re lo ricevette il 19 febbraio a Ravello, presso Salerno, ove si era appena trasferito. De Nicola parlò con molto tatto, ma anche con freschezza: secondo gli uomini dell'Italia pre-fascista, per i quali il Re era rimasto inavvicinabile per tanti anni, 1'abbandono del trono appariva condizione indispensabile per il mantenimento della monarchia e la formula della Luogotenenza, in fondo, rendeva accettabile larinuncia. Il Re cercò di dimostrare di essersi attenuto rigidamente alle norme statuarie, ma De Nicola insistette e, a suo dire, spiegò che «vi è una particolare forma di responsabilità: la responsabilità obiettiva, cioè responsabilità anche senza atto e senza colpa; i sovrani hanno molte responsabilità obiettive, fra le quali questa: il sovrano che dichiara una guerra e la perde deve lasciare il trono: da Napoleone I a Napoleone III, dagli Asburgo agli Hohenzollern, per citare i più importanti precedenti storici» 3 • Vittorio Emanuele III finì per accettare il compromesso a condizione però di passare tutti i poteri a Umberto, nominato Luogotenente Generale, solo al rientro nella sua capitale. Il giorno dopo Acquarone portò a ToITe del Greco la conferma del Re e l'assenso del principe ereditario 4 • Il generale

1 B. Croce, Quando l'Italia era tagliala in due cit., p. 52 Cfr. G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., p.909. 2 Sull'atteggiamento di Croce e di Sforza nel la circostanza vds. G .Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., p.910. 3 Memoria cli De Nicola consegnata a Giovanni Ansaldo nel 1959 (Archivio Ansaldo). 4 G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., pp.913-914.


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MacFarlane venne inf01mato da De Nicola. Convinto il Re a ritirarsi, i contatti tra i politici per la fonnazione del nuovo governo divennero intensi. I nomi più in vista quali candidati alla presidenza del Consiglio erano Croce, che però non voleva saperne, e Sforza,la cui ambizione era trasparente, ma «al quale hanno nociuto nell'impressione generale- annotò Croce- il tono aggressivo e le parole e le immagini troppo forti adoperate nei suoi discorsi» 1 . Churchill seguiva con attenzione l'accentuarsi della lotta politica in Italia, tanto più che Roosevelt aveva lasciato intravedere la possibilità di non trovarsi in condizioni di resistere alle pressioni della pubblica opinione americ.ana a favore di mutamenti radicali nel governo italiano. Piuttosto allarmato dalla prospettiva di rischiare di aver a che fare con «un'altra, e forse peggiorata, versione del Comitato degaullista» 2 , il 13 marzo insistè con Roosevelt per convincerlo che «eliminando il re e Badoglio in questo momento non faremmo altro che rendere più penoso il compito dei nostri eserciti»; che non era difficile scorgere la mira sovietica di ottenere un'Italia comunista, dopo essersi servito del Re e di Badoglio fino al momento in cui tutto fosse pronto per una <<soluzione rivoluzionaria»; che attendendo la conquista di Roma, se realizzabile entro pochi mesi, sarebbe stato possibile tener conto dell'opinione del Nord democratico 3 • Questa volta fu Roosevelt ad essere molto esplicito: il raggiungimento di Roma appariva ancora molto lontano, perciò «( .. .)Non riesco assolutamente a capire perché dovremmo esitare ad appoggiare una politica che si accorda così bene con i nostri obiettivi militari e politici. La pubblica opinione americana non potrebbe mai comprendere la nostra costante tolleranza e il nostro apparente appoggio a Vittorio Emanuele III» 4 •

A questo punto, e proprio il 13 marzo , scoppiò la bomba. Quel giorno a Brindisi un comunicato della Presidenza del consiglio rese noto che «ln seguito al desiderio a suo tempo ufficialmente espresso da parte italiana, il Governu dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ed il Regio Governo hanno convenuto di stabilire relazioni dirette fra due Paesi. In conformità a tale decisione sarà

B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit.,p.84. a Roosevelt in data 8 .3 .J.944 in W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, II, pp.210-211. 3 Churchill a Roosevelt in data L3 .3.l 943, ibidem, p. 212. 4 Roosevelt a Churchill in data L3 .3.J 944, ibidem, pp. 212-213. 1

2 Churchill


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proceduto fra i due Governi senza indugio allo scambio di Rappresentanti muniti dello statuto diplomatico d'uso» ( 1).

Inutile dire che la reazione anglo-americana ad un evento del genere, assolutamente inatteso, fu di allarmata e malcelata ostilità: urtava il fatto che l'Unione Sovietica avesse preso simile decisione senza consultare Londra e Washington e senza alcuna discussione preliminare ne11 'Allied Advisory Councilfor ltaly, dando a vedere un proprio interesse nell'Italia 2 . Per giunta un paio di settimane più tardi, quando la y, armata americana dovette ammettere il fallimento della sua offensiva contro Cassino, divenne evidente che l'obiettivo Roma era ancora lontano da raggiungere. A parte ciò, Cordell Hull il 18 marzo e Eden il 21 dichiararono che i rispettivi Governi non avrebbero imitato il gesto sovietico senza consultazioni.

*** Il 27 marzo Palmiro Togli.atti arrivò a Napoli ed il 30 l' ufficioso «lzvestija» pubblicò un lunghissimo articolo che suscitò forte sensazione: «( ... ) Le regioni dell'Italia liberate sono amministrate dal governo del maresciallo Badoglio, che viene appoggiato da alcuni settori della popolazione italiana. Tale governo ha più volte dichiarato di essere pronto a partecipare insieme con gli Alleati alla lotta comune

contro gli invasori hitleriani e fascisti( ... ). Il Congresso di Bari ha nominato una Giunta Esecutiva Permanente, la quale ha lo scopo di unire tutte le forze antifasciste e democratiche italiane nella lotta contro il nazismo. In tal modo, quindi, tanto il governo Badoglio, quanto la Giunta Esecutiva Permanente hanno dichiarato di essere pronti a lottare insieme con gli Alleati ( ... );ciononostante, le forze del governo Badoglio e della Giunta Esecutiva Permanente non soltanto non sono unite, ma al contrario si esauriscono lottando fra loro( ... ), battendo una via senza uscita ( ...).

Da ciò risulta che per gli Alleati è necessario cli trovare il modo di unire tutte le forze antifasciste italiane per la lotta contro la Germania( ... ) . Non si vede allora perché una decisione tendente a modificare il governo Badoglio debba trovare dinanzi a sé ostacoli insormontabili( ... ); tale decisione farà probabilmente cessare i motivi cbe determinano l'attuale atteggiamento negativo della Giunta Esecutiva

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cii., p.307. Nel frattempo l' Unione Sovietica aveva chiesto. al Comando in capo alleato una base aerea a Bari, con la scusa dei contatti con la missione sovieticà presso Tito (H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guer;·a cit., p. 582). 1

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verso il governo Badoglio e permetterà a numerosi elementi antifascisti e democratici italiani di partecipare più attivamente alla lotta comune contro l'invasore tedesco( ... )».

Poi concluse: «Si precisa che l'attuale scopo deglì sforzi dell' Unione Sovietica è di far sì che tutte le forze antifasciste italiane si riuniscano intorno al governo Badoglio per la lotta contro la Germania hitleriana. La questione italiana ha acquistato grande impo11anza ed attende la sua soluzione né si può rinviarla, ad esempio, fino alla presa di Roma; essa deve essere risolta tenendo presente la necessità cli sgomberare da ogni ostacolo la strada che conduce aJla vittç,ria sulla Germania hitle1iana» 1 .

L'articolo venne diffuso a Salerno la sera del 30 marzo. Togliatti, a suo dire, giunse a Napoli «il 26 o 27 marzo 1944. Ero però partito da Mosca almeno un mese e mezzo prima, avendo dovuto fare il viaggio attraverso il Medio Oriente e l'Africa del Nord, chiedendo autorizzazioni, permessi e mezzi di trasporto ad ogni sorta di Comandi militari e civili. Né alla mia partenza da Mosca, né durante tutto il viaggio ebbi il più lontano sentore del riconoscimento del governo italiano da parte di quello Sovietico» 2 • Questa versione, subito accolta dal P.C. per avvalorare il mito dell'autonomia politica di Togliatti, non trova riscontro nei fatti. In realtà, Toglia1tti ebbe un lungo coJloquio con Stalin a Mosca nella notte sul 4 marzo, come annotato dall'ex-capo del Komintem, Georgi Dimitrov, nel suo «Diar.io«. Stalin colse il particolare momento della situazione creata in Italia dall'aspra opposizione delle forze antifasciste per prendere due iniziative, una in politica estera, l'altra in politica interna italiana. La prima riguardò il riconoscimento del governo Badoglio avvenuto il 14 m·arzo, la seconda fu appunto la «svolta di Salerno» con Togliatti. Nel colloquio accennato, Stalin premise esplicitamente: «per i marxisti non la forma, bensì il contenuto ha sempre avuto il ruolo determinante». Ora, a quanto appariva agli occhi sovietici, all'inizio del 1944 sembrava che l'Italia andasse «inevitabilmente verso una profonda rivoluzione sociale» 3 ed il P.C.I. si trovava in fase di assestamento. Quindi - disse Stalin

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp.327-330. Palmiro Togliatti a Piero Calamanclrei in data 8.5.1951 in «Il Ponte», n.5, giugno 1951,p.660. 3 Bogomolov a Visinskij in data 11.3.1944, in E.Aga Rossi e Victor Zaslovski, L'U.R.S.S., il PCI e l'Italia: 1944-1948 in «Storia contemporanea», n. 6, dicembre .l.994, p . 946. 1

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- il primo obiettivo da raggiungere consisteva nell'allargare la base del consenso popolare sostenendo una politica di unità nazionale e favorendo la costituzione di un blocco de11e sinistre, in cui assumere in breve un suolo determinante. Poiché la monarchia si batteva contro i tedeschi, diventava ovvia la convenienza di non insistere suile pretese dell'immediata abdicazione del Re e di cercare, invece, di entrare nel governo Badoglio. Sullo sfondo rimaneva l'obiettivo finale: realizzare, a tempo debito e senza azioni di massa premature, una vittoria elettorale grazie al prestigio acquisito e, conquistato il potere con metodi parlamentari, costruire il socialismo in Italia secondo il modulo sovietico 1• A complemento di quanto sopra, Stalin consigliò a Togliatti di non far capire che questa linea di condotta conseguiva da una direttiva proveniente da Mosca, bensì di limitarsi ad osservare che l'U.R.S.S. non era contraria alla politica del1'unità nazionale 2 • Il 1° aprile Togliatti rese note le istruzioni di Stalin al Consiglio nazionale del partito comunista e nel pomeriggio, in una conferenza stampa, riepilogò la situazione e sottolineò l'assoluta necessità di uscire dalla posizione d:i «stallo» in cui Governo e movimento di popolo si trovavano. Non avendo potuto ottenere l'abdicazione del Re, il partito comunista aveva deciso di rimuovere l'ostacolo alla formazione di un nuovo Governo con il rimandare la questione istituzionale. E tenne a specificare che i comunisti non ponevano alcuna pregiudiziale nei confronti del maresciallo Badoglio 3 • Il 6 aprile la Giunta esecutiva permanente si riunì a Sorrento nell'abitazione di Croce. Erano presenti anche Togliatti, Sforza e Rodinò. Croce prese subito la parola ed illustrò la soluzione della Luogotenenza suggerita da De Nicola. Da parte sua e di Sforza esisteva una sola perplessità: il proposito del Re di trasferire i poteri al Luogotenente a Roma liberata 4 • Su questo punto egli chiedeva il parere della Giunta. La breve discussione che ne

Ibidem, pp. 942-943. Ibidem, pp. 938-939. 3 Commento di Croce: «E' certamente un abile colpo della Repubblica dei Soviet vibrato agli anglo-americani, perché, sotto colore di intensificare la guerra contro i tedeschi, introduce i comunisti nel governo» (Quando l'Italia era tagliata in due cit., p .98). 4 In realtà Croce era personalmente poco convinto della logicità del la fonnu la di De Nicola: «Il Re - annotò - stabilisce un luogotenente sine die e si ritira a vita privata. Dunque, di chi il luogotenente sarà luogotenente, di un re che non è più re? E se .il luogotenente si ammaJa o muore o non ne può più e dà le dimissioni, chi nominerà il luogotenente del re che non è più iJ re?» (ibidem, p.107). 1

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seguì portò alla dichiarazione che «la formazione di un Gabinetto di guerra è da considerarsi di estrema urgenza e la Giunta esprime la speranza che le sopradette iniziative possano condurre ad una completa e soddisfacente soluzione della crisi italiana senza attendere la liberazione di Roma» 1• In breve: comunisti e democristiani erano disposti ad entrare nel governo Badoglio come ministri del Re, liberali ed azionisti insistevano sull'abdicazione o sulla nomina immediata del Luogotenente. La Commissione alleata di controllo appoggiò questi ultimi, intendendo anivare al più presto alla formazione del nuovo Governo. L'intervento di Togliatti - la cosidetta «svolta di Salerno» - lasciò tutti interdettt. «Il sentimento dominante - annotò Bonomi il 7 aprile - è lo stupore. Nessuno credeva che bastasse l'arrivo di Togliatti con 1' accostamento dei comunisti a Badoglio per capovolgere una situazione che pareva immobile e rigida». Anche il giorno dopo Bonomi tornò sull'argomento: Togliatti era arrivato portando seco «una decisione inevocabile. Emanato l'ordine, tutto il suo partito ha obbedito. E in seguito a quell'ordine si sono mossi gli altri partiti di fronte al fatto compiuto». E ricordò: «Anche in Francia, immediatamente dopo la firma del patto tedesco-sovietico del 1939, i comunisti francesi hanno, dalla sera alla mattina, sconfessato la guerra che essi avevano fino allora sostenuto». E non potè trattenersi dal riflettere sconsolatamente che se nei dibattiti della ultime settimane «io avessi proposto ciò che Togliatti ha fatto accettare (e cioè l'ingresso nel ministero Badoglio, l'investitura da parte del vecchio Re e l'assenza di un preciso impegno legislativo per la Costituente) io sarei stato cacciato dal mio posto» 2 . A titolo di esempio, fino a quel momento il comunista Mario Palermo aveva sostenuto «un'alternativa rivoluzionaria, un ampio movimento di massa, il rifiuto alla collaborazione con gli esponenti del passato, una marcia popolare su Brindisi, la fucilazione del Re e dei generali fuggiaschi, l'arresto dei complici e la proclamazione della repubblica». Alternativa di facile attuazione, a suo giudizio, in quanto gli Alleati si sarebbero astenuti dall'intervenire trattandosi dei responsabili del fascismo e della guerra fascista 3 • Alle direttive recate da Togliatti si adeguò a tal punto da essere nominato sottosegretario alla Guena nel nuovo governo Badoglio. L'iniziativa sovietica aveva lasciato il segno. Secondo il segretario generale agli Esteri, A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.328. T. Bonomi, Diario di un anno cit., pp.176-178. 3 Franco Catalano , Una d(fjicile democrazia . Italia 1943-1945, D'Anna, Messina-Firenze 1980, pp.153-154, nota· I, (dal Convegno di studi «Mezzogiorno e Fascismo» , Salerno ll-14 dicembre 1975). 1

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Prunas, più che preoccupati per le implicazioni de] gesto sovietico nei riguardi dell'Italia, gli anglo-americani erano molto perplessi per l'inattesa autonomia cli Mosca che tale gesto mostrava. In altre parole sembrava che l'Unione Sovietica intendesse far comprendere il proposito di agire da sola in campo po1itico, visto che gli Alleati l'avevano lasciata sola o quasi in campo militare. Perciò Washington e Londra sollecitavano chiarimenti circa «l'esatta portata dell'iniziativa», «l'esatta qualificazione e veste dei rappresentanti ufficiali» e se il gesto preludeva ad iniziative riguardo agli accordi armistiziali 1• Per mettere, poi, a punto la posizione dell'Italia, il generale MacFadane consegnò a Badoglio una lettera del Comando in capo del Mediterraneo, con la quale si comunicava che i Governi americano e britannico non ricocevano all'Italia alcun diritto di stipulare accordi di qualunque tipo con qualsiasi Governo, alleato o neutrale, senza il consenso alleato da ottenere tramite la Commissione di controllo e questo anche per la sicurezza delle operazioni militari 2 • Giustamente indignato, Badoglio rispose per le rime: le condizioni d'armistizio non prevedevano accordi del genere; le «ragioni di sicurezza militare» non giustificavano affatto un 'interferenza simile; e bisognava concludere che: «Sì tratta, dunque, come sempre, di un ulteriore·arbitrario aggravamento delle condizioni d'armistizio o, nel migliore dei casi, di una interpretazione sempre pìù restrittiva e illiberale delle sue clausole».

E, tanto per chiarezza, sarebbe stato cosa più sincera che «l' Amministrazione a11eata, se vuole effettivamente governare il Paese, si decidesse a governarlo direttamente e senza tramiti» 3 • Pochi giorni dopo, il 4 aprile,.Prunas ebbe una lunga e franca conversazione con MacMillan, venuto apposta a Salerno per parlare del passo sovietico. Prunas non esitò a dire che in quel momento l'Unione Sovietica era estremamente popolare in Italia e lo sarebbe stata ancora di più se le cose fossero rimaste come erano. «È superlativamente sciocco - rilevò sperare che le Potenze alleate possano contrastare le crescente influenza sovietica in Italia restando, come fanno, ingabbiare·e impigliate nelle maglie dell'armistizio». E aggiunse che l'avvento di un largo governo de-

Prunas a Badoglio in data 24.3 .1944, DDI, lOA serie, I, doc.174. MacFarlane a Badoglio in data 25.3.1944, ibidem cloc.177. 3 Badoglio a MacFarlane in data 29.3.1944, ibidem, doc.181. 1

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mocratico in Italia costituiva l'occasione migliore per un cambio di comportamento da parte britannica. E il modo più concreto era uno solo: «lacerare l'armistizio e mandare al fronte i tre o quattromila imboscati che riempivano gli uffici dell' A.M.G.0.T. e della Commissione di controllo col solo compito di organizzare la disorganizzazione>>. I due armistizi del 3 e del 29 settembre potevano essere sostituiti da un nuovo documento aderente alla realtà e più adeguato alla posizione assunta dall'Italia, dopo sej mesi di leale e totale collaborazione 1• MacMillan si mostrò consenziente sulla necessità di approfittare della situazione per mutare registro. Naturalmente, da parte italiana occorreva «1 'effettivo avvento di un largo goverI).O dei partiti>> 2 • Per concludere sulla questione dei rapporti diplomatici, il 14 marzo l'Unjone Sovietica nominò Michail Kostylev suo rappresentante in Italia, mentre il governo italiano spostò da Kabul a Mosca l'ambasciatore Quaroni. A seguito di tale designazione , Gran Bretagna e Stati Uniti incaricarono i loro rispettivi delegati al Comitato consultivo per l'Italia, sir Noel Charles e Alexander Kirk, di rappresentarli presso il Governo italiano, ma non consentirono a questo d.i inviare propri diplomatici a Londra ed a Washington. Agli inizi di aprile il diplomatico americano Murphy fu convocato a Washington. Nel colloquio che ebbe con Roosevelt, questi gli disse «di avere acconsentito a lasciare il re sul trono più a lungo di quanto ritenesse opportuno, perché Churchill era così ostinato al riguardo», ma al punto in cui erano giunte le cose urgeva provocare l'abdicazione in qualche modo. Con questo incarico preciso Murphy tornò a Napoli. Vi era atteso da Sforza, molto preoccupato perché la permanenza del Re si trovava all'orjgine dei <<progressi enormi» che i comunisti stavano compiendo in Italia. Murphy si affrettò a riferire a MacMillan le istruzioni ricevute da Roosevelt e l'inglese ben comprese come il problema istituzionale in Italia fosse essenzialmente «questione politica interna per voi americani», però consentì a fare insieme un tentativo per indurre Vittorio Emanuele III all'immediata cessione del potere 3 . In precedenza Prunas aveva fatto notare alla Commissione dì controllo che 9 su 10 clausole dell'armistizio del 3 settembre erano cadute per l'avvenuta esecuzione e che almeno 24 sulle 48 clausole dell'armistizio del 29 erano superate sia per la stessa ragione, . sia per la materiale impossibilità di eseguirle, sia perché sostituite eia altri accordi (Cunningham-De Cornten; passaggio delle province liberate all'amministrazione italiana ecc.). Perciò era il caso di sostituire i due documenti con uno nuovo (Prunas a Badoglio in data 20.3 .1944, DDI, .JOA serie, I, doc,.168). 2 Prunas a Badoglio in data 5.4.1944, ibidem, doc. 190. 3 R. Murphy, Un diplomatico in prima linea cit., pp.295-296. 1


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IL 10 aprile il Re ricevette il generale MacFarlane, accompagnato da MacMillan, che doveva presentare il suo successore sir Noel Charles, e da Murphy. L'esposizione del delicatissimo, vero motivo della richiesta udienza fu lasciata a Murphy, il quale a suo dire spiegò «con tutto il tatto possibile la posizione del presidente» . Secondo MacMillan: «Ha riferito al re, con assoluta franchezza, l'idea deU' opinione pubblica americana su di lui come individuo e sul modo in cui ha condotto gli affari italiani negli ultimi anni. Ha detto che, essendosi il re legato per venti anni aJ fascismo, e avendo la colpa cli aver dichiarato guerra ai suoi vecchi amici, secondo gli americani sarebbe stato meglio, per la conservazione della monarchia, se il re avesse espresso subito l'intenzione di abdicare, o ahneno si fosse ritirato immediatamente a favore del principe nominandolo luogotenente generale» 1•

Secondo Acquarone , che aveva assistito alla seconda parte del colloquio, gli esponenti della Commissione di controllo «hanno fatto sapere piuttosto bruscamente al Re( ... ) che i governi nordamericano e britannico, in risposta al messaggio loro presentato dal Sovrano il 21 febbraio scorso, desiderano consigliargli amichevolmente ma fermamente che il passaggio della Luogotenenza a S .A .R . il Principe di Piemonte, invece che a Roma, avrebbe dovuto aver luogo subito. Domandavano una risposta per domani martedÌ>>. Il Re si aspettava una visita di cortesia da parte dell'ambasciatore Charles, appena giunto, e di MacMillan e Murphy, che ripmtivano per Algeri 2 • Di fronte ad un simile diplomatico discorso, dunque, «il Re ascolta con sostenuta freddezza le dichiarazioni di MacMillan e di Murphy; reagisce agli accenni alla sua persona; dichiara che un passo del genere, per la procedura seguita, è unico nella storia; congeda i delegati anglo-americani, facendo riserva di comunicare nel pomeriggio la sua decisione» e pose senz'altro termine all'udienza. «Il congedo - -annotò Puntoni - è stato freddissimo; MacFarlane, che era entrato dal Re con aria da padrone, è uscito imbarazzato e senza fiato» 3 • Poi Acquarone si recò da Badoglio per ragguagliarlo ed alle 17 andò a Napoli per chiedere a De Nicola «avviso e consiglio>>. De Nicola si mostrò convinto che un impegno solenne preso subito dal Re sarebbe stato accolto favorevolmente dai partiti e disse di aver già sondato .Croce e Sforza, per-

H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra cit., pp.589-591. MacMillan scrisse dì essere venuto poi a sapere che il Re era stato in precedenza informato dell'oggetto della visita e che aveva cercato di prendere tempo, ma l' affermazione non trova elementi di riscontro. 3 P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele TTl cit., p.219. 1

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ciò in serata Acquarone rientrò a Salerno con una formula che venne approvata da Vittorio Emanuele III: «Ponendo in atto quanto ho già comunicato il 21 febbraio ai Governi alleati ho deciso di nominare Luogotenente Generale del Regno mio figlio, Principe di Piemonte. Il passaggio materiale dei poteri avrà luogo lo stesso giorno in cui Je truppe alleate entreranno in Roma».

Il mattino seguente il segretario generale degli Esteri, Prnnas, ebbe un lungo colloquio con gli esponenti della Commissione di controllo. Essi «spiegarono diffusamente il carattere della loro visita a Sua Maestà e il tono perso~ale e confidenziale che avevano voluto .dare, per ragioni di delicatezza(!), al loro passo. Dichiararono di essere dolenti che questo loro atteggiamento non sia stato convenientemente apprezzato». Prunas spiegò, allora, che procedura assai più corretta sarebbe stata quella di preavvisare il capo del Governo o il ministro della Real Casa delI 'importanza del passo che intendevano compiere, per evitare che questo apparisse, come è apparso, un «ultimatum». Nel pome1iggio il colloquio, e le discussioni, ripresero con la partecipazione di Badoglio. Le richieste, o meglio le pretese, degli angloamericani, sostenute con particolare rigidità da Murphy erano due: immediata nomina della Luogotenenza ed annuncio del ritiro dalla vita pubblica del Re. La riunione si concluse con un progetto di proclama che il sovrano avrebbe rivolto a] popolo per annunciare le due risoluzioni. Dopo ulteriori accese discussioni', il Re finì per consentire 1 . Il mattino del 12 approvò e firmò il testo del proclama e nel pomeriggio la radio lo diramò: «( ... )Ponendo in atto quanto ho già comunicato alle autorità alleata e al mio Governo, ho deciso di ritirarmi dalla vita pubblica nominando Luogotenente Generale mio figlio , il Principe di Piemonte. Tale nomina diventerà effettiva, mediante il passaggio materiale del potere, lo stesso giorno in cui le truppe alleate entreranno in Roma. Questa mia decisione, che ho ferma fiducia faciliterà l'unità nazionale, è definitiva e irrevocabile» 2 •

Il «Times» mise bene a fuoco la portata della determinazione reale: «Re Vittorio Emanuele ha in sostanza ammesso di volersi ritirare dagli affari dello Stato a data futura, ma a tutti gli effetti pratici i partiti hanno avuto causa vinta. La voce

1 Promemoria riepilogativo a Badoglio in data 13.4.1944, DD1, lOA serie, I, doc.195 e allegata «Cronologia degli avvenimenti», pp.240-242. Cfr. P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., pp.192-194. 2 A. Degli Espinosa, Tl Regno del Sud cit., p.334.


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autentica dell'Italia non venà pienamente espressa finchè le regioni industriali del Nord non potranno farsi udire, ma l'effetto che questo atto del Re potrà esercitare sull' intero sforzo bellico della nazione è immediato ed importante» 1 •

Come anticipato a Prunas, il 15 aprile MacFarlane comunicò a Badoglio che il nuovo Governo doveva rilevare gli impegni dall'attuale e che «i Governi alleati considerano chiusi i mutamenti istituzionali sino a quando, con la liberazione di tutto il te1Titorio nazionale, il popolo italiano potrà pronunciarsi liberamente al riguardo» 2 . Anche Togliatti prese posizione e lo fece con un discorso tenuto a Napoli il 14 aprile: «l comunisti italiani devono subordinare ogni questione d'indole interna - anche quella dell'epurazione - alle necessità belliche, e devono assumere posti subordinati nel governo o anche aiutare il governo pur senza esservi direttamente rappresentati»,

e precisò che il partito comunista non nutriva particolare interesse alla nomina di propri esponenti: importante era che il nuovo governo si ispirasse «a quel programma dettato per l'Italia nella Conferenza di Mosca>> 3 • Il quadro politico si presentava dunque favorevole per l'adesione di quasi tutti i partiti e il 17 aprile il ministero degli Interni comunicò: «Il Ministero Badoglio ha oggi presentato le sue dimissioni al Re. li Re ha accettato tali dimissioni ed ha immediatamente chiesto al Primo Mìnistro Badoglio di formare un nuovo governo su più vasta base, prendendo in considerazione il desiderio espresso dai partiti politici».

La futura composizione del Governo democratico, però, suscitò discussioni a non finire, come d'altronde era prevedibile. «Grave difficoltà - ammisero Croce e Rodinò - è che tutti i sei partiti debbono pa1teciparvi ex-aequo e alcuni di essi non possono presentare se non uomini affatto nulli» 4 • Al centro dei dibattiti stavano Croce e Sforza, cui tutti si rivolgevano. Il 20 Croce si recò a Napoli ed ebbe un colloquio con Badoglio. Lo informò che il partito d'azione - «i molto faziosi cervelli del Partito d'azione» 5 - e fors'anche i socialisti

«The Times» del 13.4.1944. Prunas a Badoglio in data 14.4.1944, DDI, 10" serie, I, doc.197. 3 A. Degli Espinosa , Il regno del Sud cit., p.335. 4 B. Croce , Quando l'Italia era tagliata in due cit., p .106. 5 Jbidem, p.114 1

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speravano di mandare a monte la divisata collaborazione. Il maresciallo, dal canto suo, gli disse che MacFarlane stava premendo per una rapida composizione del ministero, in quanto gli Alleati non potevano restare senza la presenza di ministri italiani con cui trattare 1 . Finalmente il 21 aprile il partito d'azione abbandonò «lo sconsiderato 1ifiuto di collaborare» 2, finendo in sostanza per riconoscere «rimossi gli ostacoli che sino ad ora hanno impedito la formazione di un governo democratico di guerra» e per chiedere «nel supremo interesse del Paese>>che il cambiamento governativo risultasse dalla collaborazione dei sei partiti rappresentanti nei Comitati di liberazione» 3 • Il 22 aprile Badoglio comunicò i nomi dei ministri del nuovo Gabinetto. Egli stesso, oltre alla Presidenza, conservava il dicastero degli Esteri; ai dicasteri militari furono confermati il generale Orlando (Guerra) , l'ammiraglio De Courten (Marina) ed il generale Sandalii (Aeronautica); cinque erano i ministri senza portafoglio (Croce, Sforza, Rodinò, Togliatti e Mancini) 4 • Due giorni più tardi ebbe luogo la presentazione del Re. Badoglio annunciò: «Maestà, ho l'onore di presentare le loro Eccellenze i Ministri componenti il nuovo Governo. Essi, ad eccezione dei ministri militari e di quello tecnico, provengono dai sei partiti rappresentanti nel Comitato di Liberazione. Ognuno di essi ha le sue personali opinion.i politiche alle quali non rinuncia, ma sulle. quali fa prevalere oggi la necessità della concordia per l'interesse supremo del Paese» 5 •

«Con il nuovo Governo - osservò Degli Espinosa - il Regno del Sud finiva nell'idea, se non ancora nel fatto, e gli succedeva il dominio dell'Esarchia» 6 . Puntoni registrò: «I partiti estremisti dichiarano che il nuovo Ministero rappresenta una loro grande vittoria e cbe si può considerare il primo passo verso più profondi cambiamenti di carattere istit11ziorntle; in parole povere è l'anticamera della Repubblica" 7 .

ibidem, p. 116 Jbidem, p. 118 3 A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.337. 4 Fra i ministri con portafoglio c'era anche l' azionista Omodeo. «Così - commentò Bonomi - il prof. Omodeo, che poche settimane fa consigliava il re a 'tirarsi due colpi cli rivoltella nella testa' sarà costretto a giurare( ... ) nelle mani ciel re evidentemente contrario al suo consiglio» (I. Bonomi, Diario di un anno cit., p.182). 5 A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cii., p.339. 6 Jbìdem, p.341. Il partito democratico liberale, che non faceva parte ciel C .L.N., non ebbe rappresentanti nel Governo per il veto dei partiti antifascisti. 7 P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele Ili cit., p.224. 1

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4. lL PRIMO RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO Come si è potuto notare, accanto all'·atteggiamento sempre più negativo nei confronti del Re e del Regio Esercito / uno 'dei motivi indicati dai Comitati di liberazione fra gli scopi da persegui.re, una volta raggiunto il potere, era quello di «intensificare lo sforzo bellico». Che agli occhi della popolazione 1' impegno militare in corso apparisse stentato e fosse attribuibile ad inerzia od incapacità governativa può essere anche coµiprensibile, ma gli esponenti politici erano in grado di rendersi conto dei vincoli posti dagli anglo-americani, più ancora che dalle circostanze. Vediamo, dunque, come la partecipazione italiana alle operazioni potè cominciare ad esplicarsi, in quale misura e con quale conforto «ambientale». Il 26 settembre, in base all'ordine del Comando Supremo che un «distaccamento operante, completamente motorizzato» partecipasse alle operazioni alleate 1 , lo Stato Maggiore dell'Esercito aveva affidato al nuovo LI corpo d'armata l'incarico di costituire il I raggruppamento motorizzato 2 sui 5mila uomini, da inviare al più presto in linea. Il generale De Stefanis disponeva delle D.f. Piceno (d'occupazione), Legnano (già in buona parte giunta da Bologna) e Mantova (in arrivo dalla Calabria), della 210" D. costiera e di supporti vari: tutte queste unità, nonchè 1'8° campo contumaciale ed il Centro di riordinamento di Lecce, dovevano contribuire alla formazione del complesso tattico in questione, scegliendo elementi di sicuro affid~mento. I motivi di tale decisione di carattere organico erano due: l'uno d'ordine psicologico (la «rappresentatività» dell'unità), l'altro d'ordine pratico (l'indisponibilità di reparti.cqmpleti). «Il Raggruppamento è cli esistenza provvisoria - precisò Roatta -. Ha lo scopo di permettere ad una rappresentanza dell'Esercito italiano di prendere al più presto parte alle operazioni alleate, così come stanno facendo Marina e Aviazione. Appena possibile la partecipazione dell'Esercito sarà estesa ad intere G.U. e gli elementi del Raggruppamento di cui sopra torneranno al loro posto normale» 3 • La fretta non è mai buona consigliera ed il primo inconveniente derivò proprio dalla comunicazione che il raggruppamento avrebbe avuto vita breve: Era, in quel periodo, diffusa la convinzione che, una volta preso Io slancio, le armate alleate avrebbero rapidamente risalito la penisola grazie alla loro potenza. 2 Sull'argomento cfr. G. Conti, Il I Raggruppamento motorizzato cit., e Antonio Ricchezza, Qui si parla di voi, Poi. Bolis, Bergamo 1946. 3 Cit. in G. Conti, Il I Raggruppamento motorizzato cit., p.57. 1


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i comandanti delle varie unità non furono per niente entusiasti di dover cedere gli elementi migliori o addirittura di veder smembrare i propri reparti con il rischio, per nulla teorico, che questo finisse poi per essere impiegato dagli Alleati come manovalanza. Ne risultò una polemica che coinvolse anche il generale De Stefanis, il quale il 1° ottobre si sentì in dovere da un lato di assicurare lo Stato Maggiore della piena consapevolezza dell'importanza del migliore assetto del raggruppamento, «unica rappresentanza combattente del R. Esercito italiano presso gli Alleati>>, ma dall'altro di segnalare con rammarico che la messa a punto del complesso tattico, anche a costo «dell'annullamento dell'efficienza» delle altre unità del LI corpo, andava contro lo scopo Qer il quale il corpo d'armata stesso era stato costituito 1 • Chi continuò a manifestare insoddisfazione sia per la qualità di parte del personale cedutogli, sia per la lentezza nel completamento dei materiali e mezzi, fu il comandante del raggruppamento, generale Dapino, già vicecomandante della D.f. Legnano. In sostanza, l'ossatura organica stabilita prevedeva: - Comando Raggruppamento (Comando 67° rgt.f.); - un reggimento di fanteria motorizzata su un battaglione del 67° fanteria, un battaglione del 93° fanteria e ]'LI battaglione bersaglieri A.U.C.; - 11° reggimento artiglieria T.M. su due gruppi da 7 5/18, uno da 100/22 ed uno da 105/28; - V battaglione controcarri su due compagnie da 47/32 ed una compagnie 1 carri L 35; - una compagnia mista del genio; - una sezione carabinieri; - organi dei servizi. Da rilevare la invero poco saggia idea di impiegare come truppa normale il LI battaglione d'istruzione di allievi ufficiali di complemento, tutti caporal maggiori . Ad ogni modo per l'intero mese di ottobre la formazione venne ritoccata continuamente 2 , con l'inevitabile ritardo nel completamento e nell'affiatamento dei reparti 3 • E, nonostante ogni buona volontà, il raggruppamento non sarà mai veramente motorizzato come voluto dal Comando Supremo.

Ibidem, p.58. Vennero sottratti la compagnia carri leggeri e le terze batterie dei gruppi da 75/18; il battaglione del 93° fanteria sostituito con il II/67° fanteria; aggiunto un autoreprto pesante e portata a livello di battaglion~ la compagnia genio . 3 A costituzione avvenuta il raggruppamento risultò formato per il 15% da militari ciel sud e per 1'85% da militari del centro-nord. 1

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Il 2 novembre ebbe luogo una esercitazione intesa a mostrare il livello addestrativo raggiunto, alla presenza dei generali Roatta e De Stefanis, dei generali Taylor e Duchesne e di alcuni giornalisti inglesi. L'impiego degli uomini fu, naturalmente, massimo e venne loro riconosciuto, però, non c'è molto da stupirsi su qualche perplessità alleata: «Gli alleati - scrisse Ricchezza - guardano, osservano, si scambiano qualche occhiata e alla fine concludono che le possibilità italiane di battersi sono piuttosto modeste. Il morale degli uomini é buono, dicono, ma il materiale, oltre ad essere insuffic.iente, fa pietà» 1•

Un paio di giorni dopo il Comando 7A armata comunicò che il raggruppamento doveva trasferirsi entro il giorno 8 ad Avellino per l'inizio del ciclo operativo. Il 9 novembre le forze del generale Dapino si trovavano raccolte nella zona di Avellino, raggiunta dopo tre tappe di 400 chilometri sotto una pioggia intensa. La sosta in Irpinia durò due settimane. Per quanto l'incontro con le popolazioni fosse stato addirittura festoso, questo periodo fu sufficiente a creare un forte turbamento alle truppe. Il primo incidente derivò dallo scudetto sabaudo cucito sulle divise dei nùl.itari: in varie occasioni, giovani del luogo, ovviamente di idee repubblicane, vennero alle mani con i soldati, cercando di strappare l'emblema dalle giubbe. Il 13 novembre un articolo a firma Antonio Maccanico apparve sul giornale <<Irpinia libera». L'autore, dopo aver condannato i venti anni di fascismo che avevano corrotto moralmente la gioventù, invitava gli studenti universitari ad organizzarsi per studiare «i problemi comuni». Il 27 successivo, un sergente A.U.C. del 67° fanteria replicava sullo stesso giornale, che, invece di d.iscutere, i giovani dovevano correre alle armi ed arruolarsi volontari per battersi contro i tedeschi. Il Maccanico, con un nuovo articolo «Perchè e per chì», ribattè che glì universitari non avevano paura di battersi, ma si rifiutavano di farlo sotto il simbolo del Re che aveva violato la costituzione: «( ... )si sappia una volta per sempre - scrisse - , noi non ci lasceremo cucire patacche sul petto, né ci faremo irregimentare in compagnie cli ventura; sappiamo l'importanza che avrebbe per gli sfruttatori una cieca frenesia bellica e le conseguenze disastrose cli una falsa union sacrée edificata sulla nostra euforia, perciò non ci prestiamo al gioco( ...)» 2 •

1

Antonio e Giulio Ricchezza, L'esercito del Sud. Il Corpo italiano di liberazione dopo

l'8 settembre, Mursia, Milano J973, pp. 42-45. 2 «Irpinia libera» in data 12 e 27 novembre e 4 dicembre 1943.


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Nel contempo «L'Unità di Napoli» attaccava a sua volta il «re fascista» ed esprimeva la speranza che si creasse finalmente «un esercito di uomini coscienti di battersi per la nazione e non per una classe, né per una casta, né per una famiglia» 1 . Per meglio collocare gli eventi, occorre tener presente che la realtà in Campania era molto differente da quella delle Puglie, appena sfiorata dalla guerra a parte Taranto e Brindisi. La regione aveva subìto tali e tanti bombardamenti alleati, distruzioni connesse con la battaglia combattuta fra Salerno e Napoli e saccheggi ed ancora distruzioni operati dai tedeschi in ritirata, che la drammaticità della situazione trovava riscontro in un penoso quadro di fame, indigenza, corruzione e delinquenza. Noi: solo ma l'Irpinia si trovava nella zona sottoposta all 'A .M .G .O .T. in quanto retrovia, e ciò significava l'impossibilità per il governo Badoglio di far rispettare le leggi e perseguire chi vi si sottraeva. In siffatte circostanze la massa della popolazione non aveva remore nel manifestarsi contraria alla guerra, contro ch.iunque 2 • Cosicchè il 15 novembre il diario storico del raggruppamento annotava: «Si sono verificate alcune diserzioni, di cui alcuni casi sporadici erano già avvenuti nei giorni precedenti>>; e due giorni dopo iJ generale Da.pino, nel segnalare che il nimero delle diserzioni era salito a 20, scriveva: «Tali casi non costituiscono ancora grave motivo di allarme, date le soddisfacenti condizioni morali della maggioranza dei militari del Raggruppamento, sono tuttavia causa di non lieve preoccupazione, quali sintonù di alcuni stati d'animo che, qualora dovessero rafforzarsi od estendersi, potrebbero infirmare la compagine spirituale del Raggruppamento e la sua stessa efficienza» .

Inoltre sottolineava l'estendersi a macchia d'olio della «convinzione, avvaloi-ata da quanto ogni giorno si vede, che l'affrontare i rischi della guerra non sia un obbligo per tutti, bensì soltanto per chi vuole», il che induceva i soldati, ne] migliore dei casi, ad accettare «il dovere di difendere la nostra Patria ( ... ) sino al parallelo della propria casa» 3 • Il momento non era facile. Il 15 novembre una commissione composta da ufficiali del Comando 5 11 armata e del Comando II corpo americano, alle cui dipendenze operative era posto il raggruppamento, aveva ispezionato

1 «L'Unità»

ed. Napoli, 11. 2, dicembre 1943. AUSSME, Fondo Carteggio versato dallo S.M .D., rep. I-3, racc.92. 3 Diario storico I raggruppamento.

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l'unità in vista di una nuova esercitazione tattica, rimanendo non del tutto soddisfatto del grado di apprestamento raggiunto: «La rivista é stata minuta, quasi fiscale - riporta il diario sstorico -. Alla fine, mentre sono state espresse parole di compiacimento per la maggior parte dei reparti, non sono mancate, da parte di qualcuno, allusioni ( che non si ritengono giustificate) a qualche manchevolezza nei riguardi deU'addestramento di alcuni reparti. È rimasta l'impressione che le autorità milita1i alleate, in seguito ai recenti eventi bellici ed alla constatata inferiorità del nostro materiale, diffidino dell'efficienza bellica e dell'addestramento del raggruppamento e se ne vogliano assicurare prima del suo impiego in combattimento» 1 •

Tutto più che plausibile, tutto più che comprensibile. Il 20 novembre il sottocapo di S.M.Generale fu mandato da Ambrosio a visitare le truppe e dovette rimarcare un elemento inquietante: «Ai 20 disertori indicati in quel foglio [del generale Dapino in data 17) sono da aggiungere altri 7 aUievi utriciali dei bersaglieri dei distretti dell'Italia centrosettentrionale. Quest'ultima circostanza accresce la gravità del fatto generale. Gli altri disertori appartenevano ai distretti siculi e meridionali e, qualcuno , non rientrato da permesso, può ancora tornare nel corpo» 2 •

Come se ciò non bastasse, il 10 novembre lo Stato Maggiore dell'Esercito avev~ disposto l'invio in licenza illimitata dei sottufficiali non di cariera e dei militari delle classi 191 1 e 1912. Le conseguenze negative furono due: una grave crisi nell'efficienza dei reparti per la perdita di circa 600 elementi in buona parte capisquadra, capipezzo, specializzati ecc., ed i riflessi psicologici del congedamento per chi rimaneva alle armi. Senza poi contare la difficoltà di spiegare agli Alleati che per l'impiego del raggruppamento, dato per prontissimo, occorreva «attendere ancora giorni perchè una parte degli uomini era andata in congedo»! Se infine, come ventilato, fossero stati congedati anche i militari delle classi 1913-14-15 si prospettava «un vero e proprio scioglimento dei reparti». Per converso era una occasione per prendere di petto un problema che sin dall'origine pesava sull'unità: la qualità del personale. Oltre all'immediata sostituzione dei congedandi con elementi giovani, Dapino non esitò a proporre che «gli elementi da trattenere devono essere tutti volontari ed essere scelti uno per uno e personalmente da ufficiali

1 2

Ibidem. Relazione del generale Rossi in data 20.1 1.1943.


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del Raggruppamento inviati ai campi di riordinamento», ed aggiunse francamente che «l'esperienza insegna che ogni altro sistema non dà i risultati voluti» L_ Non è difficile, da quanto precede, farsi un'idea delle complicazioni e degli intralci in cui si dibatteva non tanto il raggruppamento, quanto lo Stato Maggiore dell'Esercito per mandare al fuoco semplicemente un complesso tattico efficiente di 5 mila uomini. A fine 1943 la forza alle armi nel Regno del Sud era pari a circa 22 mila ufficiali , di cui solo poco più di 3 mila in servizio permanente, e 420 mila sottufficiali e militari di truppa; peraltro quasi i due terzi di tale massa si trovavano in Sardegna ed in Sicilia e quindi non potevano essere recuperati senza i] consenso ed i mezzi di trasporto degli Alleati. Rimanevano nella penisola 11.500 ufficiali e 151.600 sottufficiali e truppa, dei quali però solo 100 mila disponibili nelle Puglie e, di questi, appena 50 mila inquadrati in grandi unità di campagna. Il generale Berardi stava operando febbrilmente per ricostruire l'Esercito sulla base di quanto esisteva, fondendo nelle unità divisionali gli innumerevoli elementi fuori corpo e sciogliendo i Comandi di vario tipo e gli uffici stralci non indispensabili, sparpagliati ovunque, ed in questo quadro fu subito sciolto il Comando della 7" armata, mentre l'Intendenza venne fusa nelle direzioni generali del ministero.Il lavoro più delicato e di maggiore rilievo riguardò però la costituzionedel nuovo Stato Maggiore che Berardi intendeva mettere a punto con calma escludendo qualsiasi ufficiale fosse appartenuto al vecchio Stato Maggiore e scegliendo il personale in base ad una rigorosa selezione 2 • Quanto alle unità, purtroppo ostava l'assoluta convinzione degli Alleati di non aver bisogno di truppe italiane in operazioni. Indubbiamente il problema di fondo, al riguardo, concerneva il materiale, troppo inferiore quantitativamente e qualitativamente al livello raggiunto nel 1943 da tedeschi ed anglo-americani. Unità italiane avrebbero bensl potuto risultare utili nei combattimenti sulla dorsale appenninica, però il Comando XV gruppo di armate non mostrava alcun interesse in proposito. Il vero, grande interesse fu, non soltanto all'inizio, quello di disporre della manovalanza, prendendola ovunque e comunque. A buon motivo il generale Zanussi scrisse che «gli inglesi e gli americani, durante i primi mesi di occupazione, hanno volontariamente o no( ....) disfatto o concorso a disfare quel che restava dell'esercito italiano» 3 • Promemoria Dapino per Messe in data 19.11.1943, diario storico I raggruppamento motorizzato. 2 P. Berardi, Memorie di un Capo di Stato Maggiore del!' Esercito cit., pp .61-63. 3 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., Il, P. 261. 1


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Ma i reparti erano anche afflitti da un fenomeno dai molti risvolti, quello delle diserzionj e delle «assenze arbitrarie». Dapino lo considerava «essenzialmente dovuto al senso di disorientamento prodotto dai recenti avvenimenti, aUo scaduto senso del dovere e dell'onore militare, al deleterio esempio dei reati militari del genere che restano impuniti ed anche, e non poco, alla propitganda ed all'influenza delle popolaziotù contrarie alla guerra contro chiunque essa sia. Occorre, a mio parere, qualche severo esempio ammonitore ed anche un' opera fattiva di educazione e di rinnovazione da parte del governo. La senzazione é che la Nazione sia una nave alla deriva» 1•

Pur se l'impegno di Dapino e dei suoi ufficiali nell'azione morale verso i soldati era assoluto , come persuaderli che loro, soltanto loro, dovevano battersi per l'Italia, mentre migliaia di giovani evitavano impunemente di assolvere i doveri militari ed essi stessi venivano chiamati fascisti e mercenari? Eppure il lavoro dei quadri non fu vano. Il 24-26 novembre ebbe luogo l'esercitazione di controllo preannunciata dalla missione mrntare alleata. Il pensiero dei giudici di campo fu così riassunto dal capo di S.M. del raggruppamento, maggiore Vismara: «Tutti hanno messo in rilievo che il Raggruppamento per il grado di addestramento raggiunto , per la disciplina e per lo spirito che lo anima, può considerarsi pronto ad entrare in azione quando abbia ricevuto i mezzi necessari che ancora gli mancano» 2 •

Sfortunatamente quello che ancora mancava non era poco: costituzione della stabilita riserva di munizioni; disponibiltà di automezzi, gommature e pezzi di ricambio in misura adeguata; disponibilità di vestiario-equipaggiamento, in primo luogo scarpe, con un certo margine 3 . Due giorni più tardi il generale Keyes, comandante del Il corpo americano, avvertì Dapino dell'intenzione di impiegare l'unità italiana in un 'azione offensiva verso il 6-10 dicembre, con il compito di «attaccare, prendere e mantenere Monte Lungo». Considerate le preoccupazioni per le munizioni, l'attacco del raggruppamento, inquadrato nella 36A D.f. americana, sarebbe stato appoggiato da numerosa artiglieria alleata: «l'impiego delle vostre artiglierie organiche - scriveva Keyes - dovrà essere limitato, onde abbiate una adeguata disponibiltà di munizioni» 4 •

Ibidem. Ibidem, data 28.J 1.1943 . 3 Ibidem, data 27 . I .I . I 943. 4 Ibidem, data 29.11.1943. 1

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*** Occorre, a questo punto, accennare brevemente alla situazione operativa creatasi in Italia dopo lo sbarco a Salerno. IL 5 ottobre il generale Clark aveva fatto il suo ingresso a Napoli con la 5" armata americana, dopo aver perso circa 12 mila uomini tra morti e feriti, mentre il generale Montgomery con 1'8" armata britannica risaliva lentamente dalla Calabria ed avanzava nelle Puglie. Fra 1'8 ed il 10 ottobre le decrittazioni di Ultra fornirono un quadro poco consolante di quello che attendeva gli Alleati: a sud di Roma era in allestimento una posizione difensiva indicata come Winterstellung o Gustav, mentre una posizione ancora più forte stava apprestandosi sulla dorsale appenninica da Spezia a Rimini. Allora Alexander 1iferì ad Eisenhower che il nemico aveva deciso di non sgomberare la penisola come sperato, ma di «restare a Roma e difendersi con tutti i mezzi» e previde che l'offensiva avrebbe incontrato difese saldamente organizzate in terreno montano con conseguenze traducibili in progressione lenta e perdite sensibili. Nelle sue memorie scrisse: «Fu questo il vero momento della nascita della campagna d'Italia» 1 . Da parte tedesca, in contrapposizione all'idea manifestata dal maresciallo Rommel di ritirarsi, in buon ordine ma sollecitamente, sulla linea Spezia-Rimini, il maresciallo Kesselring aveva sostenuto davanti al Fiihrer la possibilità di organizzare una posizione difensiva a circa 150 chilometri a sud di Roma (la Gaeta-Ortona) di uno sviluppo pari alla metà di quella proposta da Rommel, dichiarandosi sicuro di poterla tenere per l'intero inverno 1943-44. Naturalmente Hitler accolse subito questa soluzione ed il 21 novembre 1943 nominò Kesselring Oberbefehlshaber Siidwest, alla testa del nuovo gruppo di armate C 2 • Per non perdere inutilmente la 10" armata, impegnata a contenere lo sbarco alleato, l'Oberkommando der Wehrmacht ordinò che essa iniziasse una manovra ritardatrice reiterando la resistenza su linee successive, allo scopo essenziale di costringere gli Alleati a logorarsi in attacchi contro posizioni naturalmente forti e ben sistemate, evitando peraltro di lasciarsi agganciare sino a non poter rompere il contatto. La prima battuta d'arresto doveva essere provocata sul Volturno, da tenere almeno sino a metà ottobre. Il che avvenne. H. Alexancler, Le memorie del maresciallo Alexander (1940-1945), Mondaclori, Milano 1963, p .143. 2 Rommel lasciò l'Italia il 21 novembre con l'incarico di ispezionare le difese sulla costa della Manica. Il nuovo Comando l4A armata (gen. Mackensen) subentrò nei compiti in precedenza affidati al Comando gruppo cli armate B. 1


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Mare Mediterraneo

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Gli Alleati avanzavano con la 5" armata nel versante tirrenico a cava11o delle direttrici rappresentate dalla via Appia (Capua-Formia-TerracinaVelletri-Roma) e dalla via Casi1ina (Capua-Monte Lungo-CassinoFormia-Roma), e con 1'8" armata sul versante adriatico lungo la direttrice Foggia-Termoli-Ortona-Pescara. La prima era serrata contro il mare Tirreno dai monti Aurunci per tutto il lungo tratto da Minturno a Itri; la seconda doveva passare dalla stretta di Mignano prima di sboccare nella valle del Liri, dominata questa dal monte di Cassino. «A Roma per Natale» divenne in novembre una diffusa convinzione. La posizione che bloccò per oltre cinque mesi l'avanzata alleata si appoggiava anteriormente al corso dei fiumi Sangro-Rapido-Garigliano, a cavallo dell 'Appennino abruzzese. Era costituita da un complesso di più linee in sistema. Le princ.ipali erano due: la linea Bernhard che sbarrava la stretta di Mignano, fra M.Sammucro e M.Camino, e la linea Gustav, più arretrata. Si trattava di un doppio sbarramento della Casilina, la principale direttrice su Roma. I p1imi di novembre la 5" armata si attestò da un lato al basso Garigliano e dall'altro si fermò alla gola di Mignano. Qui cominciarono le delusioni. Per dieci giorni di duri combattimenti due divisioni alleate attaccarono M.Camino, spalla meridionale di Mignano, rassegnandosi infine a gettare la spugna. Ricevute nuove truppe - fra le quali il I raggruppamento motorizzato Clark si accinse ad attaccare la linea Bernhard. L'offensiva prevedeva tre tempi: primo, l'occupazione di M.Camino ad opera del X corpo; secondo , la conquista di Monte Lungo e di M .Sammucro da parte del II corpo; terzo, l' irruzione del VI corpo nella valle del Liri. L'operazione Raincoat (con riferimento al tempo pessimo), durò dal 2 a1 10 dicembre. M.Camino fu preso a fatica il 6 dicembre; M .Sammucro fu un mezzo successo ma l'attacco si arrestò; M.Lungo fu occupato 1'8 dicembre, sullo slancio, dal I raggruppamento italiano ma perduto in seguito ad un violento contrattacco tedesco 1• Dapino riferì sul combattimento al Comando della 36" D .f. ed al Comando Supremo. Al primo scrisse: «Nell' azione dell'8 dicembre il I raggruppamento motorizzato italiano in tre ore, dalle 6,20 alle 9,20, nel tentativo di conquistare Monte Lungo, ha perso il 30% della fanteria combattente (n.500 perdite su circa 1.600 fanti combattenti: n.600 per ciascuno dei due battaglioni del 67° rgt.fanteria e n. 360 ciel LI battaglione bersaglieri) 2 •

1

Sui due combattimenti di M. Lungo cfr. G. Conti, Il Primo Raggruppamento moto-

rizzalo cit., pp .98-129 e relativi riferimenti.

Questi i primi dati sulle perdite , evidentemente lievitati a causa della confusione del momento. In realtà si ebbero 47 morti, 102 feriti e 15 l dispersi. 2


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La fanteria , partita per l'attacco con slancio, confidente nell'efficacia della preparazione dell'artiglieria, nella sicurezza delle azioni cli fuoco provenienti da M.Maggiore, nella opinione cli trovarsi di fronte ad un solo velo di.fì.w co, si trovò invece dinnanzi ad un'organizzazione di fuoco lasciata intatta dalle a1tiglierie, a forze valutate ad almeno un battaglione rinforzato, ai tiri concentrici partenti da q .343, da Colle S .Giacomo e dalle pendici di M.Maggiore( ... )»

1•

Nella relazione inviata al Comando Supremo, Dapino fu più esplicito sulle manchevolezze complessive riscontrate nell'organizzazione superiore, tuttavia riconobbe con franchezza talune carenze attribuibili «in parte al collassp provocato in alcuni della sorte toccata al I/67° fanteria, ma in parte anche alla deficienza dei quadri», specialmente avvertita nel II battaglione nel quale si ebbe un rilevante sbandamento» 2 • Il generale Walker, comandante della 36" D.f., rispose a Dapino con un elogio «per l'entusiasmo, lo spirito ed il magnifico coraggio» dimostrati dalle truppe, però la sua conclusione fu significativa: «Sono sicuro che le vostre tmppe, come le nostre, integreranno il loro entusiasmo con una maggiore esperienza per portare a termine l' opera di distruzione del comune nemico» 3 . E Clark trovò espressioni di comprensione militare: «Voi - disse a Dapino - non tornerete indietro, per ora; voi ripeterete l'azione meglio aiutati; dopo che avrete riconquistato Monte Lungo , sarete ritirati e riordinati» 4 . A posteriori, i commenti americani furono più critici , pur anunettendo la prova non facile per un reparto condotto al fuoco per la prima volta: errato dispositivo tattico, cattiva organizzazione del rifornimento munizioni, grave insufficienza dei collegamenti nell'ambito del raggruppamento, qualche incertezza nell'azione di comando 5 • Dal canto suo, il generale Basso, comandante delle ForzeAimate della Campania, dal quale dipendeva il raggruppamento, non ebbe esitazioni: il Comando del raggruppamento <<si era fatto convincere facilmente che l'azione nella quale si impegnava era facile in quanto su Monte Lungo si sarebbe trovato di fronte ad un'occupazione nemica leggera( ... )». Anche per questo l'azione era stata «male organizzata e condotta con poca previdenza, basata soltanto sullo spirito aggressivo della truppa», il quale spirito aggressivo era stato «veramente lode-

G. Conti, Il Primo Raggruppamento motorizzato cit., doc. all.7 . ibidem, p. 103 . 3 ibidem. 1

2

4

P. Berardì,Memorie di un Capo di Stato Maggiore dell'Esercito cit.,p. 81.

M. B lumenson, Salerno io Cassino, Washington 1969, cit. in G. Conti, Il Primo Raggruppamento motorizzalo cit., pp. I03-104. 5


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I DUE COMBATTIMENTI DI MONTE LUNGO (8 e 16 dicembre 1943) h·1 ov,m Unito'

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vole» nel prjmo scaglione, ma deficiente nel secondo, conseguenza inevitabile del «dis01ientamento di fronte ad una situazione manifestatasi contrarja ad ogni aspettativa»? Perciò, per l'avvenire, il Comando del raggruppamento avrebbe fatto bene ad essere «più prndente nell'assumere impegni>> 1• Di sicuro l'azione non fu bene preparata, però prop1io non si vede come Dapino potesse sottrarsi in quelle circostanze ad un compito operativo. A ragione il generale Utili osservò che simili errori di valutazione e quindi di impostazione sono frequenti in guerra: «Disgraziatamente in questo caso il loro peso veniva a cadere tutto su di una unità che non aveva riserve, compromettendo una funzione di rappresentanza nazionale che avrebbe dovuto essere permanente» 2 • DaP.ino trasse le conseguenze dell'insuccesso e, in vista di una ripresa deJl'attacco, chiese al Comando 3611 D.f. la preventiva occupazione delle posizioni laterali al proprio settore; una «prolungata e massiccia preparazione di artiglieria e aerea( .. . ) in modo da annichilire, se non le armi, almeno il morale della difesa», ed un coordinamento deJl'operazione che evitasse l'impiego isolato del raggruppamento, nonchè il tempo di riorganizzare le fanterie, duramente provate, e di ricevere il rinforzo di un battaglione, già chiesto al Comando Supremo. Il generale Walker tenne conto di quanto espostogli ed il piano per la ripetizione dell'attacco, questa volta a più ampio respiro, ebbe pieno successo. 1J 16 dicembre il raggruppamento conquistò senza eccessiva fatica Monte Lungo, ma i reparti erano scossi ed i problemi concernenti il personale, in particolareii quadri, irrisolti. Il 21 dicembre iniziò il trasferimento notturno verso la zona di riposo, circa 25 chilometri a tergo, da compiere a piedi probabilmente per difficoltà di traffico sulle rotabili sconvolte. A questo punto scoppiò la crisi. Al momento della partenza degli ultimi reparti, si constatò l'assenza arbitraria di ben 50 allievi ufficiali bersaglieri e nell corso della marcia, eseguita sotto la pioggia t01Tenziale e con il continuo incrocio di autocarri americani slittanti nel fango, il morale crollò e si verificarono «significativi atti di insofferenza e di indisciplina» da parte di alcuni soldati 3 • Dapino, allora, «con il cuore pieno di amarezza» si rivolse al generale Keyes, dichiarando di apprezzare al massimo grado «il seuso di larga comprensione colla quale avete esaminato le nostre necessità che nascono dalla inferiorità dell'armamento e dei mezzi ed oggi altresì dalle gravi perdite su-

G. Conti, Il Primo Raggruppamento motorizzato cit., p.128 . U. Utili, Ragazzi in piedi cit., p .57. 3 Diario storico del raggruppamento in data 22.12.1943. 1

2


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bìte che hanno profondamente inciso, come ben sapere, materialmente (40% della fanteria) e spiritualmente suJle nostre immediate possibilità operative. Sicuro di questa vostra comprensione e simpatia( ... ) mi pennetto cli farvi presente con quale rammarico potete immaginare, ma con schietta onestà di soldato - che i miei fanti non sono in misura di poter assolvere i compiti che loro avete assegnato nè lo potranno se non dopo un congruo periodo cli riposo e di riassestamento, se non dopo l'arrivo ciel richiesto battaglione ( ... )»

1

Ma come si era giunti ad una simile situazione? La relazione presentata dal comandante del 67° fanteria fu molto chiara. Il reggimento a Brindisi non era stato toccato dal disorientamento generale provocato dalle vicende de11 '8 settembre. Poi nelle settimane successive la truppa cominciò a mostrarsi sensibile alle polemiche politiche sempre più vivaci che coinvolgeranno il Regio Esercito : «i fanti si chiedevano per chi e per cosa si doveva combattere se la guerra era ormai perduta e se i vecchi e tradizionali ideali venivano così liberamente svuotati dalla propaganda dei vari partiti» ~ le accuse «rivolte direttamente e pubblicamente ai componenti del raggruppamento>> di essere compagnie di ventura e perfino fascisti lasciavano il segno 2 . L'insuccesso, pagato con molte perdite, del primo combattimento di Monte Lungo scatenò nella fanteria dubbi ed incertezze, sino allora latenti. Sorse l'impressione di aver ricevuto un compito sproporzionato rispetto ai mezzi in dotazione. Sorse l'interrogativo del perchè soltanto il raggruppamento doveva combattere per l'Italia a npme di tutti, e dello scopo di un sacrificio ricadente in misura particolare sulla fanteria «troppo poca e troppo sola», quando si sentiva «alle spalle non unanimità di sentimenti e di propositi, ma una pubblica e acida discussione» 3 . In sostanza, in quelle condizioni era impossibile richiedere al

Ibidem. JJ 17 dicembre, una settimana dopo il primo combattimento di Monte Lungo, Carlo Sforza scriveva all'assistente al segretario di. Stato, Berle, che «Per ciò che riguarda il Re, egli sta preparando un terribile neofascismo; Badoglio deplora questo ma non fa nulla; egli permette a tutti i fascisti di diventare un corpo di nuove reclute per un nuovo esercito regolare fascista (per uccidere italiani, non i tedeschi)» (in Foreign Relations of the United States, Diplomatic Papers 1943, voi.Il, Europe 1943, p.439, U.S.P.O., Washington 1964). 3 I dati circa le perdite riportate a Monte L ungo si diffusero rapidamente ed inesattamente. Il 24 dicembre Croce scrisse nel diario che nell'azione i soldati italiani avevano «lasciato cinquecento m01ti». E quando l'ex ministro Piccardi, dopo aver partecipato come capitano di complemento ai combattenti cli Monte Lungo, gli chiese di interessarsi a favore dei soldati del I raggruppamento, Croce gli rispose di «non sentirsi d'incoraggiare i giovani ad arruolarsi sotto bandiere per cui avevano ripugnanza)) (A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., p.222). 1

2


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67° fanteria alai sforzi combattivi. «È infatti doveroso - aggiunse il colonnello - che io dica anche che non pochi ufficiali hanno la convinzione, derivata da elementi cli fatto , che in caso di impiego e di attacco non sarebbero seguiti dai fanti» 1• J1 momento non era roseo nemmeno per gli Alleati. Il generale Brooke, capo dello S.M.G.Imperiale , venuto in Italia per rendersi conto dell'andamento della campagna, il 14 dicembre annotò nel suo diario alcune considerazioni significati ve: «( ... ) Monty mi è sembrato pa1ticolarmente stanco e ha decisamente bisogno cli riposo

e cli un çambiamento.Ho capito che pensa che Clark non stia guidando bene la 5A armata e che Alex non sfrutti sufficientemente la situazione. Poco prima cli cena mi ha invitato nella sua tenda e mi ha domandato quale importanza diamo a una rapida occupazione di Roma, perchè lui ha poche speranze di potervi arrivare prima di marzo. A parer mio é assolutamente chiaro che non v'è alcun piano concreto per l'occupazione di Roma, tranne la pressione esercitata dalle truppe di Monty lungo la costa [adriatica] e non si é più parlato cli far divergere le sue truppe a sinistra, in direzione di Roma ( ... ).Sinceramente sono alquanto scoraggiato da quello che ho v.isto e udito oggi( ... )» 2 •

Si era aperta la porta su Cassino , ma si trattava semplicemente di un piccolo passo avanti e, non essendo riuscita nemmeno a raggiungere l'imbocco della valle del Lui, r offensiva doveva segnare il passo. «Mentre questa ago1 nia continuava», per dirla con Clark, in Italia si stava studiando come attuare due operazioni anfibie in condizioni di scarsa disponibilità cli mezzi da sbarco: Anvil, in Provenza, da eseguire poco dopo Overlord u1 Normandia, per distrarre la difesa tedesca in Francia; Shingle nella zona di Anzio , da effettuare in gennaio allo scopo di agevolare la rottura ciel fronte di Cassino mediante l'avvolgimento della destra germanica a sud di Roma 3 . Dal canto suo Churchill, recatosi a Tunisj in visita ad Eisenhower e qui bloccato a letto da una polmonite, sollecitata la ripresa dell'offensiva nella penisola sia per evitare una lunga ed inutile stasi in Italia, sia perchè il raggiungimento di Roma avrebbe facilitato l'operazione Anvil: «( . .. )Non v'è alcun dubbio - scrisse ai capi di Stato Maggiore britannici il 19 dicem-

bre - che il completo ristagno delle operazioni sul fronte italiano sta diventando scanda-

Diario storico del I raggruppamento in data 29.12.1943 2 Arthur Bryant, 1honf<J in Occidente (1943 -1945), TI, Longanesi , Milano 1962, p.1 40. 3 Mark W. Clark, 5" armata americana, Garzanti, Milano 1952, pp . 245-246.· 1


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!oso. sll capo dello S.M.G.I. durante la sua visita ha confermato le mie previsioni più pessimistiche. TI fatto di aver trascurato completamente le operazioni anfibie lungo la costa adriatica e di non essere riusciti ad effettuarne con successo su quella tirrenica ha avuto conseguenze disastrose ( .. .)» 1•

Intanto, nel pomeriggio del 20 dicembre, aveva avuto luogo una riunione presso il Comando XV gruppo d'armate. Erano presenti Eisenhower, Alexander e Joyce da parte anglo-americana e Badoglio e Messe da parte italiana. «Si è trattato - riporta la relazione del Comando Supremo - anzitutto la questione della jìducia che gli Anglo-americani devono avere nelle truppe italiane, indipendentemente dalle prove fornite nelle operazioni Sicilia, ed in relazione invece a quella date dai nostri soldati nella Grande Guerra , in Tunisia e attualmente sul fronte della 5A armata».

Gli Alleati ebbero parole di elogio per il raggruppamento e si professarono sicuri che se gli italiani torneranno a battersi come una volta, pure ammettendo che per questo occorreva un certo tempo». Ad ogni modo venne accettata «come questione di principio, una più ampia partecipazione italiana alle operazioni avvenire», naturalmente tenendo presenti le gravi difficoltà anglo-americane per armare ed equipaggiare le truppe italiane come desiderato, a causa della crisi dei trasporti marittimi, e dovendo dare priorità ai rifornimenti per la popolazione civile. Al momento era stabilito l'approntamento della D.f. Legnano e del battaglione arditi richiesto dal Comando Supremo, nonchè il mantenimento in efficienzadel I raggruppamento. A prescindere da ciò, la Commissione alleata di controIIo consentiva la libera disponibiltà del vestiario ed equipaggiamento esistente nei magazzini e depositi dell'Italia meridionale, mentre per quello in Sardegna ed in Sicilia occorreva studiare la situazione dei trasporti. Infine, la parte anglo-americana dichiarò l'assoluto bisogno delrarmamento già richiesto al Comando Supremo a favore dei partigiani jugoslavi, per consentire a questi di impegnare il maggior numero possibile di divisioni tedesche in Balcania. Badoglio e Messe replicarono che in caso di una così forte cessione di armi non sarebbero stati'in grado di armare le divisioni di occupazione, allora gli Alleatisi riservarono di riesaminare la questione per cercare una soluzione di compromesso 2 •

1 2

W. Churchill, La. seconda guerra mondiale cit., parte V, II, P. 128. S. Loi, I rapportijì·a Italiani e Alleati cit., doc. 40, pp. 283-285.


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Nella notte sul 27 dicembre il raggruppamento si trasferì nella zona di S .Agata dei Goti per un completo riordinamento, passando alle dipendenze dirette del Comando 5A armata americana. Una volta sistemato nei nuovi acquartieramenti, Dapino presentò al Comando Supremo una relazione riepilogati va che praticamente estendeva all'intero raggruppamento quanto segnalato dal comandante del 67° fanteria. La situazione - descritta in tono molto depresso - appariva seriamente preoccupante, sì da non consentire previsioni incoraggianti. Il senso di solitudine di fronte al sacrificio ed il diffuso disagio morale; la prolungata lontananza dalle famiglie e l'incertezza delle loro sorti; la constatazione dell'impunità per chi disertava, erano tutti elementi che pesavano gravemente sullo spirito dei soldati. Per concludere: il raggruppamento era «nato male, ben lungi dal rappresentare, dal suonascere, il fiore delle nostre superstiti Forze Armate» ed occorreva riorganizzarlo secondo un programma ben definito, con personale, armi e mezzi adeguati al compito sotto ogni profilo. Diversamente «meglio vale discioglierlo, per non macchiare di disonore anche l'Esercito de11a Riscossa» 1 . Davanti ad un simile quadro , lo Stato Maggiore decise l'adozione di notevoli provvedimenti per potenziare il raggruppamento e metterlo in condizioni di riprendere 1'attività operativa quanto prima possibile, ma c'erano cli mezzo gli Alleati. E questi furono molto cauti. Il 10 gennaio un' ispezione dell' Ordnance della 5A armata, non ancora ultimata ma già effettuata al 60% dei veicoli e del materiale d'armamento , segnalò una tale serie di carenze da concludere che: «Per le cause sopraelencate il I raggruppamento motorizzato italiano non é in grado di combattere (né può essere in grado di combattere con le risorse di materiali di ricambio attualmente note). Inoltre, anche se messo in azione, non può essere mantenuto in coombattimento per le stesse ragioni» 2 .

Il giorno seguente il Comando 5 11 armata toccò il tasto dell'addestramento: « 1. Recenti operazioni del l raggruppamento motorizzato italiano con il TI corpo d 'armata misero in luce alcune deficienze cli addestramento che occorre siano corrette prima che il raggruppamento entri nuovamente in azione. 2. Le unità del raggruppamento dovranno essere quindi sottoposte per due settimane

1

2

Relazione al maresciallo Messe s.d., AUSSME, rep. 1-3, racc.92. G. Conti , Il Primo Raggruppamento motorizzato cit., doc. 24, pp. 276-277.


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ad un periodo di intenso addestramento durante il quale dovrà essere posta particolare attenzione sui seguenti punti( ... )» .

Fra i punti indicati senza perifrasi spiccavano la necessità di una «stretta obbedienza» agli ordini ed istruzioni; la priorità dell'addestramento tattico e tecnico delle minori unità ( squadra e plotone); ma soprattutto l'organizzazione addestrativa: «3. Vogliate preparare un programma d'istruzione per un periodo di due settimane, da mettersi in atto con l'arrivo del 68° rgt. fanteria [che doveva sostituire il 67°) . Dovrà essere considerato un minimo di otto ore al giorno di addestramento. Un terzo del tempo di addestramento dovrà essere dedicato ad addestramento notturno. li programma cli istruzione per le due settimane dovrà essere presentato a questo Comando prima di iniziare il periodo cli addestramento».

Non soltanto, dunque, si intendeva che l'addestramento seguisse l' indirizzo americano, ma «per ispezionare ed aiutare i comandi di unità», il Comando d'armata era pronto ad inviare, «se da voi desiderato», 6 ufficiali quali ispettori per la fanteria , l'artiglieria ed il servizio di sanità 1• Quanto precede poteva sembrare indice dell'orientamento ad un nuovo prossimo impiego,invece, nel giro di una decina di giorni o poco più , il Comando 5 11 armata inviò una serie di richieste-ordiniche pallesavano un brusco cambiamento di umore nei confronti del raggruppamento: temporaneo passagio di 250 conduttori di automezzi all'annata (11 gennaio); passaggio della compagnia artieri al II corpo per lavori stradali (12 gennaio); temporaneo passaggio di una compagnia del 67° fanteria al II corpo con compiti ausiliari (24 gennaio); trasferimento dell'intero 67° fanteria al 21 ° gruppo spiaggia di Teano (23 gennaio). Il Capitano Medicj-Tornaquinci, ufficiale di collegamento con 1'armata, spiegò che, date le circostanze, si stava affermando negli americani 1a convinzione che il raggruppamento fosse «come un inutile peso quale unità combattente» e che fosse meglio «fruttare le nostre possibilità unicamente come lavoratori». Tirando le somme, la SA armata era giunta a questa conclusione <<per il nostro non molto brillante debutto; per le lunghe tergiversazioni, il ritardo , per essa incomprensibile, dei componenti( . ..); le nostre richieste di materiali rappresentate come indispensabili, richieste che essa attualmente non può o non vuole

lbidern, pp.274-275. A proposito ciel servizio sanitario, si prescriveva di «inculcare in tutti che le fosse per le latrine devono essere fatte e devono essere usate». 1


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soddisfare». Per di più, agli occhi americani appariva gravissima «l'assenza prolungata anche di un comandante titolare del raggruppamento», che impediva regolari contatti diretti 1 • Il fatto era che l '8 gennaio 1944 il maresciallo Messe, impensierito dalla relazione Dapino circa il mora]e deile truppe, aveva deciso di affidare l'unità al generale Utili, al momento capo della missione italiana presso il Comando XV gruppo d'annata. Utili assunse il comando il 24 gennaio e dal 15 al 23 il raggruppamento rimase sotto il comando interinale del colonnello Valfrè di Bonzo, comandante dell' 11 ° artiglieria. Quando Utili si recò a S .Agata dei Goti dovette riconoscere che il primo contatto con le fanterie fu << piuttosto deprimente». Non soltanto non accennavano ad uscire dalla profonda crisi morale, ma davano <<segni sempre più manifesti di insofferenza disciplinare e di ripugnanza a tornare in linea», tanto da far temere che lo stato d'animo, già di per sè turbato, dei reparti in arrivo dalle Puglie ne rimanesse seriamente influenzato. Le note buone provenivano dall'attiglieria, alla quale i fattori positivi di sempre - spirito d.i corpo, inquadramento numerico favorevole, impiego accentrato, minore esposizione all'emotività delle oscillazioni del combattimento - conferivano efficienza e stabilità di equilibrio. L'ordine del giorno diramato dal .generale Utili fu vibrante: «Sono fiero di essere stato destinato a comandarvi.Nell 'ora più amara e difficile, quella dello smarrimento e sconforto, voi avete dato l'esempio generoso dell'azione ed avete versato il vostro sangue ( ... ) . Guardate a Roma, ragazzi, con gli occhi dello spirito( ... ). Ragazzi in piedi, perchè questa é l' aurora di un giorno rnigbore» .

Poi Utili si recò al Comando della 5" armata e il generale Clark ascoltò con attenzione le difficoltà provocate dalle contingenze e l 'urgenza dii far arrivare i battaglioni in approntamento nelle Puglie. Quindi rispose con semplicità: «Generale, la comprendo ed apprezzo la sua esposizione. I suoi soldati combatteranno con noi e sono certo che combatteranno bene. Darò gli ordini per quanto mi chiede. Lei attenda serenamente a prendere la sua gente alla mano; mi dirà lei stesso quando sarà pronto» 2 . Il 6 febbraio il raggruppamento iniziò j} trasferi mento nella zona fra Isernia e Venafro alle dipendenze del Corpo di spedizione francese (gen. Juin)

1

2

G. Conti, Jl Primo Raggruppa,nento motorizzato cit., pp .142-143. Umberto Utili, Ragazzi in piedi, Mursia, Milano 1979, pp.84-85.


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e, più esattamente, della 2A D.f. marocchina. Superando l'inatteso e sconce1tante riscontro di numerosi casi di assenze arbitrarie al momento della partenza con il rapido rintracciamento, arresto, giudizio e condanna di 24 militari (cui fece seguito lo spontaneo rientro di altri 38), il giorno 7 i reparti erano raccolti e pronti ad entrare in linea. Esisteva, invero, una grossa incognita psicogica. Inevitabilmente l'assegnazione al contingente francese creava imbarazzo per evidenti motivi di natura politica e Utili si apprestò ad affrontare il generale Juin prevedendo un incontro difficile. Vale 1a pena descriverlo: «Scendeva verso di me - ricordò Utili - staccato dal seguito, figura eretta ed energica di vecchio soldato ( ... ).Mi irrigidii nel saluto. Egli mi apostrofò bruscamente, l'amara rampogna del passato traboccò in un fiotto di concitate parole e io sostenevo quell'urto immobile ed in silenzio, gli occhi nei suoi, accettando lealmente l'intima pena , disposto a comprendere, ma anche determinato ad essere compreso. Poi scosse il capo e battè con violenza in terra la punta del bastone; mi tese la mano sinistra e allora mi acorsi che l'altra mano era offesa da una vecchia mutilazione: «Ora non parliamone più - mi disse sorridendo - siamo solamente dei soldati, che combattono per la propria patria contro lo stesso nemico» 1•

Il raggruppamento ricevette un settore all'estrema destra delJa SA armata, in cui i disagi imposti dalla zona impervia e dalle pessime condizioni climatiche erano compensati dalla relativa calma operativa, il che consentì alle truppe di assestarsi gradualmente. La disponibilità di forze salì rapidamente grazie all'arrivo di tutto il 68° fanteria (su due battaglioni) dalle Puglie e di due battaglioni dalla Sardegna. Piano piano i reparti si ambientarono ed acquistarono fiducia, il contatto con il nemico fu ricevuto e cercato con calma e sicurezza, le assenze arbitrarie cessarono quasi del tutto. L' 11 febbraio la Commissione alleata di controllo consegnò alla giurisdizione del governo italiano gran patte dei te1ritori liberati e Badoglio comunicò il decreto alleato con un proclama, annunciando il fatto come «la prima tappa verso 1a rinnovata unità della Patria» . Per converso, la risposta sul versante politico fu negativa: un'edizione straordinaria del giornale «Italia libera» del 15 febbraio criticò il Governo e definì i capi del raggruppamento come «tipici esponenti de] fascismo; del fascismo la cui mentalità ed i cui sistemi fioriscono, protetti ed incoraggiati, all'ombra dello scudetto sabaudo, sostituito al fascio littorio».

1

Ibidem, p. 110.


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In campo alleato i preparativi per Overlord avevano provocato aJcuni cambiamenti nell'organizzazione di comando nel Mediterraneo . A fine 1943 i generali Eisenhower e Montgomery erano partiti per la Gran Bretagna, il primo destinato ad assumere il comando in capo dell'operazione ed il secondo quello del XXI gruppo d'armata. Il generale Wilson, comandante in capo del Medio Oriente, aveva sostituito Eisenhower quale comandante in capo alleato per il Mediterraneo. Per quanto concerneva lo scacchiere italiano, il generale Alexander rimase alla testa del XV gruppo d'armate ed il generale Leese prese il comando dell'8A armata britannica. Senza entrare nella disamina della concezione strategica in base alla quale iJ Comando XV gruppo d'armate impostò la terza battaglia cli Cassino, ci limiteremo a dire che essa comportò la sostituzione del corpo di spedizione francese con il II corpo polacco (gen.Anders), inquadrato riell'8A armata e, di conseguenza, il 26 marzo il cambio di dipendenze del raggruppamento. In questo periodo l'impegno operativo di maggior rilievo fu l'occupazione di Monte Marrone, una cima di 1.800 metri che, per quanto occupato irregolarmente dai tedeschi, costituiva una seria minaccia per le posizioni italiane. Il raggruppamento ricevette il compito di impadronirsene di sorpresa e nelle prime ore del 31 marzo il battaglione alpini Piemonte in breve tempo concluse l'operazione. Non si era certo trattato di atto bellico di particolare risalto, però la sua esecuzione calma e ordinata e la tranquilla difesa, con poche perdite, svolta il successivo 9 aprile nel respingei-e l'attacco di un complesso tattico tedesco ben preparato attirarono da parte alleata «un'attenzione tanto più benevola in quanto accompagnata da una certa sorpresa» 1• Nell ' ambito del raggruppamento, i soldati tutti attinsero fiducia in se stessi e consapevolezza delle proprie possibilità, con un visibile guadagno in compattezza: la crisi iniziale era superata bene. Il generale Utili commentò a caldo e con amarezza: «( ... )Ricorderò che i miei paracadutisti fecero in uniforme di tela la campagna inveernale e che i fanti del 68° montando di vedetta nella poltiglia nevosa s'infilavano le scarpe dei compagni cui davano il cambio, perchè la metà delle calzature in distribuzione erano sdrucite e con le sttole sfondate. Non ho mai visto altri soldati che si rassegnassero a fare

la guerra in queste condizioni e che avessero alle spalle gente così dimentica e così indifferente alle loro privazioni» 2 .

1

Ibidem, pp. 180-195. 163-164.

2 ibidem, pp.


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LA COBELLIGERANZA

IL 18 aprile il I raggruppamento, passato adesso alle dipendenze del X corpo britannico (gen. McCreery) e raggiunta la forza di circa 9 mila uomini, assunse le denominazione cli Corpo italiano di Liberazione.

5. IL GOVERNO D1 TRANSIZIONE (24 APRILE-7

GIUGNO

J 944)

Sul finire dell'inverno 1943-44 la situazione generale nel Sud era divenuta così penosa da rendere la popolazione ancor più inerte e lontana come non mai dalla vita sociale e soprattutto dagli esponenti politici che in quel momento si affacciavano alla ribalta. 11 vivere quotidiano impegnava ogni pensiero. Dopo l'ottimistica convinzione che, una volta sbarcati gli Alleati e dichiarata la guerra alla Germania, presto tutto avrebbe ripreso, sia pur lentamente, a funzionare con accettabile regolarità, i cittadini si erano visti di fronte ad una ben diversa realtà. Lo sbarco cli un esercito invasore aveva inevitabilmente comportato un regime di occupazione ed il funzionamento della pubblica amministrazione, che pur stava compiendo miraco]j, stentava troppo a ritrovare una conveniente efficienza. Le esigenze egoistiche della campagna - considerata dagli italiani di primaria importanza per la lotta contro la Germania, mentre per gli Alleati, fissi con il pensiero e le preoccupazioni allo sbarco in Normandia, rivestiva un ruolo secondario - poggiavano su due immense basi di operazioni: i porti cli Napoli e Salerno per i rifornimenti della SA ru.mata americana, ed i porti cli Bari, Brindisi e Taranto per i rifornimenti dell'8A ru.1nata britannica. Quanto di meglio Bari e Napoli erano in grado di offrire veniva requisito dagli Alleati; gli sterminati depositi a terra di materiali, viveri e mezzi, insufficientemente sorvegliati si contrapponevano aspramente alla miseria delle zone circostanti , in special modo per la Campania, durissimamente provata dalla battaglia di Salerno. Vestrema difficoltà della quotidiana alimentazione e la generale carenza di ogni altro bene erano vieppiù aggravate dal cambio disastrosamente sfavorevole alla lira imposto dal Comando alleato e dalla diffusa conuzione, tanto che circa il 60% dei rifornimenti sbarcati nel porto di Napoli finiva sul mercato nero.L'atteggiamento dei più nei confronti degli Alleati cominciava quindi a cambiare: accanto alla scontata gratitudine per i «liberat01i» montava un senso cli insoddisfazione e di inquietudine per il disordine e la lacerazione del tessuto sociale causati dall'occupazione militare e, peggio, di insofferenza verso l'atteggiamento sprezzante per nulla celato da parte britannica e per la grossolana invadenza americana. La stampa estera recepiva questi s·intomi, ne dava conto, ma batteva il tasto più sulla fame, la corruzione e l'immoralità, usando toni che oscillavano tra il compassionevole ed il disgusto.


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Più tardj MacMillan ebbe a commentare che gli italiani ricevettero <<la duplice esperienza di essere occupati dai tedeschi e liberati dagli Alleati ( ... ).E' difficile dire quale dei due processi fu maggiormente penoso e sconvolgente» 1• Il 27 aprile, nella prima riunione, il Governo definì il proprio programma.Sottolineata la presenza di rappresentanti dei partiti antifascisti, uniti «per il bene e l'onore della Patria» al fine di affrontare e dare la migliore so]uzione «ai problemi vitali ed urgenti de] Paese», il documento precisava:

.

«Di proposito esso mette perciò da parte altri problemi di cui ben conosce la somma importanza, ma che non sono di quest'ora. Primo fra tutti, quello della forma istituzionale dello Stato, che non potrà risolversi se non quando, liberato il Paese e cessata la guerra, il popolo italiano sarà convocato ai liberi comizi mercè un suffragio universale ed eleggerà l'Assemblea Costituente e legislativa ( ... )».

Analogamente, le profonde rifonne dell'ordinamento statale, politico ed amministrativo, rese indispensabili dagli sconvolgimenti provocati dalle due guerre mondiali nella vita economica del Paese e dei rapporti sociali , non potevano essere ancora avviate, trovandosi la guerra in pieno sviluppo e l'Italia «spezzata in due tronconi». Per il momento la guerra era <<il nostro primo e supremo obiettivo», di conseguenza, sul piano pratico il Governo avrebbe cercato di accrescere il contributo militare operativo; su quello morale avrebbe provveduto affinchè l'opera di epurazione, «regolata da norme giuste e sicure» 2 , fosse condotta a termine energicamente 3 • Per quanto un grosso passo avanti in direzione di una ricostituit~unità nazionale e di una certa tranquillità interna, sia pure temporanea, fosse stato compiuto, la notizia della formazione di un ministero di transizione, o di «concentrazione democratica» come volle chiamarlo Badoglio 4 , fu accolta poco favorevolmente, con mille obiezioni e recriminazioni, dai Comitati

1

A. Sarnpson, MacMillan. A study in Ambiguity, London 1960, pp. 69-70 . prescindere da qualsiasi altra considerazione, molti giuristi meridionali criticarono il valore retroattivo della legge «per la punizione dei delitti fascisti» emanata il 26 maggio 1944, che colpiva atti a suo tempo perfettamente legali (B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cìt., pp. 126-128). Alla presidenza cieli' «alto Commissariato per la punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo» fu nominato Carlo Sforza. 3 A. Tamaro,Due anni di storia cit.,Jl, pp. 577-579. 4 P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra 1nondiale cit., p. 201. 2A


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di liberazione di Roma e dell'Alta Italia. Particolarmente ostjli si mostrarono i] partito d'azione ed il partito socialista. Il primo manteneva recisamente la pregiudiziale contraria ad ogni compromesso con la monarchia 1; il.secondo risultava travagliato da tre diverse tendenze: il riformismo di destra, il massimalismo di Nenni e la deriva a sinistra di Pertini. Alla fine il Comitato di Roma accettò la politica del riconoscimento del governo di Salerno come «governo di unità nazionale» e «le interminabili discussioni sul modo di essere del Comitato di Liberazione - con o senza investitura regia; con o senza accantonamento della Monarchia; con o senza poteri costituzionali, straordinari, restano pertanto superate» annotò Bonomi 2 , il quale fu invitato a riprendere la presidenza da cui si era dimesso il 24 marzo , mentre si verificava il massacro delle Fosse Ardeatine. L'ordine del giorno del 5 maggio così si esprimeva: «Il Comitato Centrale di Liberazione Nazionale dj fronte alla costituzione del nuovo governo nell'Italia liberata, p ur constatando la diversità pubblicamente dichiarata di atteggiamento dei vari partiti nei riguardi della soluzione raggiunta, decide che tutti i partiti rimangano stretti e solidali nel Comitato cooperando con il governo ai fini del la guerra di liberazione nazionale, nella certezza che lo sforzo comune consentirà di ottenere il riconoscimento dell'Italia come alleata delle Potenze unite e di affrettare la liberazione del suolo nazionale» 3 •

La «certezza» manifestata dal C .L.N. era fondata su pure illusioni, esattamente come le «speranze» di Badoglio. Il 3 aprile egli si era rivolto a Roosevelt annunciando la fondata fiducia di dare vita ad un Gabinetto includente i rappresentanti dei diversi partiti come desiderato dalle Potenze alleate, e sottolineando: «Quanto e come sarebbe saggio e umano se all'avvento deJ nuovo Governo democratico conispondesse il riesame integrale della durissima situazione fattaci or sono sei mesi , e cioè, in poche parole, il passaggio dell'Italia dalla cobelligeranza all'alleanza( ... )» 4 •

Il tono della lettera era umile e tale da richiamare alla mente un crudo commento sul modo sbagliato con il quale talvolta gli italiani si rivolgevano

Leo Valiani, 7ùtte le strade conducono a Roma, La Nuova Italia, Firenze 1947 , p. 235. Bonomi, Diario di un anno cìt., p. 175. 3 A. Tamaro, Due anni di storia cit., II, p. 568. 4 Badoglio a Roosevelt in data 3.4. J944, DDI, 10" serie, I , doc . .187. 1

2 1.


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agli Alleati 1• Il governo americano tastò il terreno a Londra, ma da parte britannica il 20 aprile venne specificato che «mentre la posizione de11 'ltalia come cobelligerante le dava titolo ad un trattamento migliore di quello di un paese nemico vinto, essa non doveva dimenticare la sua posizione di nemico disfatto né reclamare i privilegi di un alleato. Più ampie le condizioni che ora le si facessero, più difficile imporle poi tali sanzioni quali gli Alleati avrebbero potuto quando tutta l'Italia fosse liberata e la guerra finita» 2 • Del tutto ignaro di questa disposizione di spirito, il 24 aprile Badoglio tornò a rivolgersi a Roosevelt per rendergli noto di essere riuscito a comporre ~n governo di unità nazionale ed insistè sull'argomento che tanto gli stava a cuore con parole sconsolate: «( ... ) Lei sa, Signor Presidente, quale questa situazione oggi sia e cioè perdurante prigione di un armistizio umiliante e demoralizzante ; controllo minuto e quotidiano che non consente respiro e iniziativa; atmosfera di diffidenza e di sospetto che addormenta e spegne ogni possibilità di duratura ripresa; partecipazione militare italiana dosata e ridotta ai minimi termini possibili» 3 •

11 29 Hull telegrafò a Murphy di far capire a Badoglio che «il Diparrtimento di Stato non aveva intenzione di accordare lo stato di alleata all'Italia» 4 • La risposta di Roosevelt, datata 30 aprile, alla lettera del 3 aprile pervenne a Badoglio solo il 16 maggio. Il Presidente esprimeva compiacimento per l'inserimento dei rappresentanti dei vari partiti nel nuovo ministero. Quanto al riesame delle condizioni di armistizio, «ogni revisione dei termini - spiegò - naturalmente può essere compiuta solo dopo consultazioni con le autorità militari ed essere concordata fra i Governi alleati_», comunque assicurava che «il popolo americano e lui stesso non erano insensibili alla tragica situazione dell'Italia» 5 . L'ambasciatore americano Kirk, nel consegnare a Prunas la lettera di Roosevelt, fece alcune considerazioni a titolo personale. In sostanza, il cambiamento di status invocato

«Tragicamente per loro (gli italiani) e per noi. (americani) il loro linguaggio era troppo spesso il linguaggio di mendicanti e di mendicanti° neanche attraenti nel mendicare>) (Osborne, Storia di un.fallimento in «Life» dell' 11.12.1944, cit. in A. Tamaro, Due Anni di Storia cit., II, p. 556). 2 C. HuH, The Memoirs cit., li, p. 1559. 3 Badoglio a Roosevelt in data 24.4.1944, DDI, t0" serie, I, cloc. 205. 4 C. Hull, The Memoirs cit., II, p. 1559. 5 Roosevelt a Badoglio in data 30.4.1944, DDI, 10" serie, I, doc. 209. 1


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dall'Italia non risultava facilmente ottenibile,anche perchè questo avrebbe suscitato l'opposizione di Paesi che, a buon motivo, ritenevano di aver maggiori titoli ad un trattamento favorevole rispetto all'Italia. Insomma, occorreva con pazienza che la cosa maturasse e, intanto, cercare di svuotare l'armistizio «con una lenta e tacita opera di erosione, invece di prendere di petto la questione 1• In realtà, più che «a titolo personale>> Kirk aveva parlato sulla base del pensiero di Hull: «La causa dell'Italia ha Ja piena simpatia del Dipartimento e( .. .) il Governo farà tutti i passi possibili con gli alleati per rafforzare il nuovo governo italiano e assicurargli la sua posizione fino a che Roma sia raggiunta. Ciò nonostante il Dipartimento considera prematuro sollevare I.a questione dello stato di alleato. E ciò non soltanto in ragione delle ampie conseguenze che avrebbe il demolire l'intera macchina dell'A.C.C. e dei tem1ini dell'armistizio molto prima della data in cui l'Italia, come Potenza vinta, dovrà firmare inevitabilmente un trattato di pace, ma anche a causa dell'effetto sfavorevole che questo avrebbe sugli jugoslavi, sui greci e sui francesi , vittime dell'aggressione italiana» 2 .

Anche se, come detto in precedenza, un certo modus vivendi sembrava raggiunto , un episodio, deliberatamente costruito dagli oppositori per screditare Umberto di Savoia, turbò all'improvviso le acque. All'inizio del Consiglio dei ministri dell' 11 maggio, Sforza si alzò e, esibendo la sintesi di un'intervista al «Times» del 20 aprile, accusò il principe di aver indicato in quella sede il popolo italiano come responsabile della guerra. In realtà Umberto aveva osservato che il Re non avrebbe potuto impedire la dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna tenendo anche conto de1la mancanza di un qualsiasi visibile segno di opposizione a Mussoli.ni «non vi fu alcun segno che la nazione volesse altrimenti. Non si levò una sola voce di protesta. Nessuna richiesta fu fatta per convocare il Parlamento. Chiaramente Mussolini aveva il Paese con lui» 3 . Non si era neppur sognato di addossare una responsabilità del genere al popolo 4 , né si vede che senso

Prunas a Badoglio in data 16.5.1944, ibidem, doc. 225. C. Hull, The Memoirs cit., II, p. 1559. 3 «( ...) Moreover there was no sign that the nation wanted in otherwise. No single voice was raised in protest. No demand was madefor summoning Parliament. Ostensibly Mussolini had the country with. him» («The Times» del 20.4.1944). 4 Nino Bolla, Colloqui con Umberto Il, Pantera , Tivoli 1949, pp. 38-40. Croce, affermando di aver letto l'intervista, scrisse che «Il Principe ha asserito che tutto il popolo italiano aveva voluto la guerra alla Gran Bretagna ed alla Francia e che il Re lo aveva accontentato in questo spontaneo desiderio» (B. Croce, Scritti e discorsi politici, I, Laterza, Bari 1963, p. 76). 1

2


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avrebbe potuto avere una simile accusa. Ma tant'è: in quel clima politico che permetteva a Sforza, ministro, di accusare il principe, Luogotenente in pectore, non sulla base dell 'intervista originale bensì di una sintesi manipolata, il Consiglio dei ministri, presieduto da Badoglio, senza interpellare Umberto-né avvisare il Re, poco correttamente deplorò «per la materia e la forma» l'intervista «respingendo unanime l'accusa che il popolo fosse responsabile della guerra». 11 giorno seguente sir Noel Charles intervenne formalmente: il comunicato governativo aveva suscitato la più viva sorpresa britannica. Senza voler interferire in questioni di politica interna italiana, era da ritenersi che «nel momento in cui ha inizio l'offensiva generale sul fronte italiano, sarebbe stato da attendersi che il Consiglio dei ministri( .. .) ponesse l'accento su problemi fondamentali quali la partecipazione bellica italiana e l'epurazione, piuttosto che insistere su questioni quali la recente intervista del Principe cli Piemonte al Times ( ... ). Il pubblico e violento atteggiamento che il Consiglio dei ministri ha creduto cli dover adottare .iJ1 proposito è quasi certamente destinato a suscitare viva reazione nell'opinione pubblica alleata ed un probabile senso cli sfiducia e di scetticismo sull'attuale situazione politica italiana. Tutti si augurano, di conseguenza( ... ) che il Governo italiano voglia dedicare esclusivamente la sua attività ai problemi fondamentali del paese, la cui soluzione è necessaria ed urgente»

1 •

Nel contempo' J'A .C.C. mise in evidenza in un suo bollettino che il Consiglio dei ministri aveva perso la maggior parte del tempo a condannare il principe, anzichè trattare il problema del grano, argomento all'ordine del giorno e molto più importante. E concluse che tale comportamento aveva «dimostrato altrettanta mancanza di buona fede quanto di cortesia» 2 . Dal canto suo il giornalista inglese non esitò a dichiarare sul «Times» che il comunicato del Consiglio dei ministri era «less thanfair to the Prince, who never said that the italian people were responsible for the war» 3 • Per l'appunto l' 1.1 maggio, alle 23, ebbe inizio l'operazione Diadem nel quadro della battaglia decisiva di Cassino. Tra il 18 ed il 24 la linea Hitler, la più arretrata del sistema difensivo tedesco, venne sfondata.1123 le forze della testa di sbarco di Anzio attaccarono a loro volta.

1

Prunas a Badoglio in data 12.5.1944, ODI,

2

Jo cli Benigno, Occasioni mancate, cit., p. 367. «The Times» del 15.5.1944 cit. in A. Tamaro, Due anni di storia cit., II, pp. 573-574.

3

lQA

serie I, doc. 219.


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Il 26 maggio Prunas informò i rappresentanti alleati Charles, Kirk e Bogomolov delle atrocità compiute dalle truppe coloniali francesi contro donne, adolescenti e bambini nella zona di Esperia. A parte intrattenne il rappresentante francese, François de Panafieu, il quale deplorò l'accaduto e disse che il generale Juin non ne era stato informato 1• Ormai Roma era a portata di mano ed il 27 maggio Noel Charles confermò a Prunas il programma già comunicato da McFarlane a Badoglio, e precisamente: «I. passaggio dei poteri sovrani al Luogotenente appena.le prime truppe alleate entreranno a Roma; 2. partenza per Roma in aereo del Luogotenente, del Presidente del consiglio insieme a sei ministri in rappresentanza dei partiti; 3. dimissioni del Gabinetto ed immediato reincarico al Maresciallo Badoglio; 4 . formazione del nuovo Governo e ritorno a Salerno; 5. partenza per Roma del Governo appena ristabilite le essenziali condizioni di vita e di soggiorno nella capitale, cioè dopo approssimativamente tre o quattro settimane dal1' occupazione».

L'ambasciatore sembrava preoccupato di eventuali, gravi disordini a Roma e della possibilità che il programma non potesse essere attuato con sollecitudine. Prunas colse l' occasioneper esprimere la speranza che la capitale non _venisse occupata militarmente dagli Alleati, «sia per evitare deplorevolissimi fatti come l' inflazione, la prostituzione, le requisizioni come l'esempio di Napoli insegna», sia per mantenere alla capìtaleil carattere di «città aperta». Charles rispose che molto probabilmente Roma sarebbe stata occupata solo con le forze di polizia indispensabili e che l'esempio di Napoli avrebbe convinto il Comando alleato «ad adottare a Roma metodi e sistemi diversi da quelli sin qui seguiti>> 2 •

1 DDI, 10" serie, I, doc.232. Il 3 g iugno Panafieu comunicò a Prunas: «Il Generale Juin è stato particolarmente do I.ente di apprendere gli incidenti. gravi provocati dalle tnippe marocchine ai danni di alcune popolazioni civili italiane. Egli tiene a far sapere che ordini severissimi sono stati dati per impedixe l'eventuale ripetersi di fatti del genere, e che sanzioni draconiane sono state senz'altro adottate. Parecchie esecuzioni e fucilazioni sono state inflitte senza neanche sommario giudizio, a carico degli elementi risultati più torbidi e pe1icolosi)) (ibidem, p.285). Sull'argomento vds. Fabrizio Carloni, Il corpo di spedizione .francese in ltalia,1943-1944, Mursia, Milano 2006. 2 Prunas a Badoglio in data 27.5.1944, DDI, 10" serie, I, doc. 234.


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*** Se la politica estera incombeva sul Governo in modo angosciante e quella interna si avviava verso un laboriosissimo ma soddifacente compromesso, la situazione militare rappresentava il vero punto debole. L'opera dei vertici militari continuava silenziosa, insistente, a dispetto dell'indifferenza degli Alleati e incurante dell'annosfera politica pressochè ostile, ma i risultati non erano molto confortanti. Indubbiamente la Marina era la Forza Armata maggiormente impegnata in una relativamente visibile opera di cobelligeranza. Subiva anch'essa delusioni in quanto aveva dovuto accettare il disarmo e la smobilitazione delle navi più potenti e rassegnarsi ad un'attività di carattere piuttosto modesto, quali azioni con mezzi sottili, scorta di convogli lenti e locali, vigilanza antisommergibili in alcune zone del basso Tirreno e dello Ionio.Tuttavia il complesso di queste attività era già ragguardevole. Peraltro, proprio ad essa fu inflitto un mortificante allarme, poi rientrato. Durante la Conferenza di Teheran (28 novembre - 1° dicembre 1943) ad una precisa domanda di Molotov, Roosevelt aveva risposto che durante la guerra in corso le navi italiane potevano essere utilizzate da coloro che si trovavano in condizioni di «impegnarle più utilmente» e al termine delle ostilità saebbero state ripartite fra gli Alleati «in base ai titoli rispettivi». Sorse una breve discussione e Churchill e Roosevelt promisero che avrebbero «esaudito i desideri» di Stalin, però avevano bisogno di un paio di mesi per «sistemare la faccenda con gli italiani» 1• Le richieste di Stalin, già avanzate nella precedente Conferenza di Mosca, riguardavano una nave da battaglia, un incrociatore, otto cacciatorpediniere e quattro sommergibili per i mari settentrionali e 40 mil_a tonnellatè di naviglio mercantile per il Mar Nero. Senonchè Roosevelt rimase con «l'impressione di aver fatto cenno, durante le conversazioni, della percentuale di un terza» 2 . Imbarazzato, scrisse a Churchill che ovviamente la questione doveva essere definita di comune accordo, «comunque ritengo che conveniate con me sulla necessità di non venir meno all'impegno assunto nei confronti dello zio Joe» 3 . Per quanto sicuro che a Teheran non si fosse mai parlato di un terzo, Churchill escluse di mettere le mani sulla flotta italiana a causa delle prevedibili dannose con-

W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, li, pp. 87-88. /bìdern,p. 158. 3 Roosevelt a Churchill in data 9.1.1944, Ibidem, pp . I 58-159. 1

2


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seguenze; d'altra parte riconobbe che non era il caso di insospettire «zio Joe», già per suo conto molto diffidente. Cercò, dunque, un'alternativa convincendo l'Ammiraglio britannico a fare un sacrificio e cedere all 'U .R.S .S. una nave da battaglia e l'incrociatore, mentre le 40 mila tonnellate di naviglio mercantile potevano essere cedute dagli Stati Uniti 1 • Stalin fece cadere le cose dall'alto, in primo luogo perchè, come sottolineò, mai avrebbe pensato che la decisione, presa in comune, «potesse essere 1iveduta in qualsiasi modo»; in secondo luogo perchè non si parlava degli otto cacciatorpediniere e dei quattro sommergibili, «consegna che Voi, signor Primo Ministro, e Voi, signor Presidente, avete approvato a Teheran» 2 . Di tutto questo, nessun sintomo era giunto al Governo italiano. Improvvisamente, il 3 marzo, Radio Londra passò una comunicazione della «United Press»: nel corso della conferenza stampa del mattino il Presidente Roosevelt aveva informato i giornalisti della richiesta fatta da Stalin di un'aliquota della flotta italiana e spiegato che le Nazioni Unite erano in diritto, in base ai termini dell'armistizio , di impiegare la flotta ed il naviglio mercantile dell'Italia e che un terzo o l'equivalente di esso doveva essere messo a disposizione dell'Unione Sovietica. Aveva anche aggiunto che il piano di consegna non era ancora ben definito e che la richiesta risaliva al1' epoca clell'annistizio. La stessa sera Badoglio, indignato, chiese spiegazioni alla Commissione Alleata di Controllo ed il giorno seguente, in Consiglio dei Ministri, dichiarò che 1 se Londra e Washington non avessero_ fornito rassicuranti spiegazioni, il Governo si sarebbe dimesso ed il Re non ·ne avrebbe nominato un altro. L'appoggio dei ministri fu unanime trovò forma risentita in un secco comunicato:

e

«Il Governo italiano ha appreso soltanto attraverso la radio ed i telegrammi stampa da Washington le dichiarazioni che sarebbero state fatte dal Presidente Roosevelt a proposito di presunte trattative circa la destinazione e l'utilizzazione cli parte della flotta italiana. Quantunque le predette notizie siano, per il modo con cui sono giunte a sua conoscenza, tuttora framentarie ed imprecise, il Capo del Governo di Sua Maest~t, Maresciallo Badoglio, si é tuttavia posto personalmente ed immecliatmente in contatto con iJ Rappresentante alleato cui ha chiesto le più complete, urgenti, necessarie precisazioni e chiarimenti al riguardo , riservandosi di comportarsi e di agire di conseguenza( ... )» 3 •

Churchill a Roosevelt in data 16.1.1944, Ibidem, pp. 161-162. Stalin a Churchill ed a Roosevelt in data 29.1.1944, Ibidem , pp. 162-163. 3 Comunicato ciel Governo in data 4 .3.1944, DDI, 10A serie, I, doc.155. 1

2


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La Commissione alleata di controllo, colta anch'essa di sorpresa, promise il massimo interessamento al riguardo, ma, come é naturale, un'immensa inquietudine si diffuse ovunque e in particolare fra gli equipaggi della Marina. L'attesa fu rotta il 9 marzo da una dichiarazione di Churchill ai Comuni: «Come il presidente Roosevelt ha detto, la questione del futuro impiego della flotta italiana é stata oggetto di qualche discussione. ln particolare é stato preso .in considerazione il rafforzamento della Marina sovietica a mezzo delle risorse anglo-americane o italiane. Su queste discùssioni io non ho altra dichiazione da fare se non che per il momento non é contemplato alcun mutamento negli accordi stipulati con le autorità della Marina italiana, in base ai quali le navi italiane con i loro equipaggi prenderanno parte alla comune guerra contro il nemico nei teatri in cui adesso operano( ... )>}

1•

Nel contempo il generale Wilson telegrafò a Badog1io che: «Risulta che i telegrammi stampa e radio, che banno riportato le recenti dichiarazioni del Presidente Roosevelt sulla flotta italiana non sono accurati né corretti. E ' per conseguenza più che mai opportuno attendere le precisazioni già richieste» 2 ·

E nel pomeriggio l'ammiraglio Stone si recò a Salerno per placare le tensioni e dileguare, per quanto possibile, il senso di irritata mortificazione sorta in Italia. Roosevelt, dal canto suo, tenne un'altra conferenza stampa il mattino del 10 affermando di essere stato male interpretato dai giornalisti: egli aveva parlato di cessione di un terzo o dell 'equivalente di un terzo della flotta italiana. In sostanza da Londra e da Washington si chiarì che comunque non si intendeva «trasferimento di proprietà», bensì di «impiego operativo», così chiudendo l'incidente. Dato il momento, si trattava di una gaffe di Roosevelt o di una maldestra indiscrezione per creare nell'opinione pubblica italiana una forte animosità nei confronti clell'U.R.S.S .? L'Aeronautica era riuscita, ne]l'ottobre 1943, a darsi un'embriona1e organizzazione mjnisteriale ed un Superaereo estremamente ridotto . Le forze aeree efficienti disponibili furono concentrate in una <<Unità aerea», costituita da tre raggruppamenti: caccia (70 aerei), bombardamento-trasporto (93 aerei) e idrovolanti (54 aerei). L'Unità aerea venne inserita dal Co-

1 2

A. Degli Espinosa, Il Regno del Sud cit., pp. 301 -302. Prunas a Badoglio in data 9.3.1944, DDI, 10" serie, I, cloc.160.


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mando alleato nella Balkan Air Force e ricevette, come· settore operativo, parte della Jugoslavia, l'Albania e parte della Grecia nord-occidentale, con i compiti di interdizione del traffico sulla rete stradale (caccia) e di rifornimento a]]e forze partigiane, recuperando, laddove possibile, feriti ed ammalati italiani. Nel maggio 1944 l'Unità aerea fu trasferita presso Termoli, a nord di Foggia, in condizioni migliori per lo svolgimento dei compiti . Inoltre essa ricevette 14 caccia Air Cobra americani che ne incrementarono le modeste capacità offensive. In complesso, nonostante le limitazioni di cui soffriva, nella primavera del 1944 la R.Aeronautica stava riprendendo quota.

*** Quando il governo Badoglio si spostò a Salerno, il R .Esercito usciva da un periodo veramente oscuro. Il 17 febbraio il generale Duchesne, capo della M.M.l.A., aveva comunicato al maresciallo Messe le istruzioni ricevute dal Comando in capo del Mediterraneo Centrale in merito allo strumento militare italiano. I punti fermi erano due: la forza compessiva delle Forze Armate non poteva superare i 500 mila uomini (di cui 390 mila del1' esercito), numero «soggetto ad essere li visto e ridotto in seguito»; i quantitativi di vestiario equipaggiamento, di armi e munizioni e di mezzi di trasporto esistenti nei magazzini della penisola e della Sardegna rimanevano a disposizione del Governo italiano, (cioè al rifornimento dei partigiani in Balcania) . Quanto all'impiego, il Comando Supremo poteva disporre di tre divisioni per complessivi 32 mila uomini, vale a dire del I raggruppamento motorizzato, rinforzato dalla divisione Nembo e destinato ad entrare in linea quanto prima, e di due divisioni dislocate in Puglia ed in Calabria con compiti di sicurezza interna ma addestrate «in vista di un possibile intervallo bellico» . La D .f. Sabauda restava in Sicilia per sicurezza interna. «Il rimanente dell'Esercito italiano» doveva considrarsi a disposizione del Comando in capo alleato 1• Con una successiva lettera Duchesne informò inoltre che il personale della D.f.Cuneo veniva trattenuto in Palestina per l'impiego in servizi ausiliari 2 • I vertici militari italiani accusarono una profonda amarezza per la linea di condotta seguita dagli Alleati . In particolare ferivano il persistente regime armistiziale con conseguente ligido controllo fiscale di ogni

1

2

S. Loi, I rapporti fra Alleati e Italiani cit., doc.48. Ibidem , doc. 49.


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nostra iniziativa; l'ormai stabilito criterio di utilizzare il concorso militare italiano in compiti secondari piuttosto che in attività operativa; il trattamento in tema di vitto e di equipaggiamento nettamente inferiore a quello usato a favore dei militari alleati; il mancato riconoscimento di un nuovo status o la concessione del rimpatrio ai prigionieri di guerra 1 • Tn questo stato d'animo ebbero luogo diversi incontri fra Messe e Berardi e l'inglese Duchesne per discutere e chiarire gli argomenti toccati dalle istruzioni alleate. Il 23 marzo quest'ultimo informò il generale Berardi che i capi di Stato Maggiore Combinati avevano emanato direttive intese a «limitare i rifornimenti alleati alle truppe italiane realmente efficienti per la continuazione della guerra» e, a tale scopo, chiedevano un vero e proprio dettagliato quadro di battaglia per le esigenze fino alla linea Pisa - Rimini. Le categorie in cui raggruppare le unità erano così definite: I categoria: suddivisa in una divisione eia combattimento con supporti agli ordini del Comando alleato e forze alle dipendenze dello Stato Maggiore R.Esercito per compiti di sicurezza interna; II categoria: unità ausiliarie alle dipendenze ciel Comando alleato; III categoria: personale italiano eia impiegare in unità alleate miste; IV categoria: organi centrali, enti territoriali, servizi logistici , carabinieri e guardia di finanza.

La lettera metteva altresì in evidenza due concetti: «sarebbe difficile dimostrare che tutto il personale dei distretti e dei depositi sia effettivamente impiegato per la continuazione dello sforzo bellico», quindi occorreva «escogjtare un nuovo sistema»; non era stato tenuto conto della chiamata di nuove classi e del loro addestramento, in quanto con l'avanzata verso nord il molto probabile recupero di altri soldati avrebbe reso possibile il congedamento dei militari più anziani e la loro sostituzione con i più giovani recuperati. Il totale del contingente ammontava a 377 .070 uomini, inferiore dunque ai 390 mila indicati dalla M.M.I.A. in febbraio 2 • Le obiezioni di Berardi a questo quadro furono parecchie e motivate 3 , tanto più che riguardavano anche argomenti di importanza fondamentale, ad esempio la questione dei distretti, perciò entrò in campo Messe, il quale

Ibidem, doc. 50. ibidem, doc. 51. 3 Ibidem, doc. 52. 1

2


LA COBELLIGERANZA

306

SCHEMA DI ORGANIZZAZIONE DELLE FORZE ITALIANE STABILITO DALLA M.M.I.A. SINO AL RAGGIUNGIMENTO DELLA LINEA PISA-RIMINI Categoria

I

Comandi e unità Forza operante: - divisione da combattimento - unità comp)ementari - base ferroviaria avanzata Forze dipendenti dallo S.M.R.E.: a) nella penisola: - Comando LI C.A. - D.f. Mantova - D .f. Piceno - un Comando C.A . - tre divisioni - difesa e.a. Calabria b) in Sicilia: - un Comando C.A. - D .f. Sabaudia - una divisione e) in Sardegna: - un Comando C.A. - tre divisioni - difesa e.a.

Il

llI

IV

Forze alle dipendenze alleate: - già a disposizione - di prev.isto impiego - controllo del traffico e vigilanza ferroviaria Personale in unità miste: - 7° rgt. a. mon . - 50° reparto salmerie Enti vari italiani: - Organi centrali - enti territoriali - servizi - Carabinieri e G . cl. Finanza

Forza

Note

12.000 2.000 100

300 10.000 10.000 300 30.000 500 300 10.000 10.000

al momento in Sardegna

al momento in Sardegna

300 30.000 500 81.000 100.900 2 .700 1.000 1.000 4.470 15.000 23.400 30.000

sotto controllo italiano


lL REGNO DEL SUD

307

il 29 marzo scrisse a McFarlane facendo proprie le osservazioni di Berardi e formulando controproposte. In sostanza: - anzichè IO divisioni e 4 Comandi di corpo d 'annata per le esigenze della sicurezza interna e la protezione delle li.nee di comunicazione sino all'allineamento Pisa-Rimini, sembrava più rispondente considerare 12 divisioni (con una leggera diminuzione di forza) ed utilizzare i 7 Comandi cli corpo d'armata esistenti dislocandone uno per ciascuna delle seguenti regioni: Sardegna, Sicilia, Pugl ia, Campania, Lazio, Marche-Abruzzo e Toscana; - lo schema non prendeva in considerazione le future esigenze, indubbiamente maggiori , per il territorio a nord della linea Pisa-Rimini; perciò si riteneva opportuno predispcme, ~lmeno in parte, l'intelaiamra occorrente per l'organizzazione militare delle regioni settentrionali. A tale scopo si prestavano i Comandi delle divisioni costiere, da utilizzare intanto per l' inquadrarnento dei reparti italiani alle dipendenze alleate; - la riduzione o, peggio, l' abolizione dei distretti e dei depositi avrebbe sconvolto l' intero organismo militare italiano; di conseguenza si sarebbe proceduto a ridurre allo stretto indispensabile il personale impiegato in questo settore

1

La risposta venne fornita al generale Berardi dal generale Duchesne i1 6 aprile: «Sono incaricato di informarla che il numero delle razioni dell'esercito italiano, come sottospecificato, sarà limitato a 341.170 fra tutti i gradi>>, esclusi i reparti di rutiglieria contraerei e da costa dislocati in Sardegna ed in Sicilia, nonchè i carabinieri e le guardie di finanza in servizio civile 2 . In cifre: - una divisione combattente (il C.I.L.) - unità per la sicurezza interna - unità impiegate dagli Alleati - organizzazione centrale militare - enti territoriali - organi dei servizi logistici

14.100 ll.

101.ioo u. 180.000 li. 4.470 u. 15.000 ll. 26.400 u.

In quei giorni il generale Browning sostituì il generale Duchesne a capo della M.M.I.A .. Berardi formulò questo commento: «Il periodo sino all' aprile era stato, per gli Inglesi, di raccolta di dati e di orientamento: dopo di ciò essi furono in grado di stabilire la politica ed il trattamento da usare al vinto.

1

2

Ibidem, doc. 53. ibidem, doc . 56.


LA COBELLIGERANZA

308

Il generale Browning rappresentò il cane da guardia, garante che l'Italia sarebbe rigata diritta. Egli fu veramente il "Lowe" dell'esercito italiano»

1•

Sul piano pratico, l'elemento di controllo consistette nel «guinzaglio alimentare della misura delle razioni» 2 . La previsione alleata di portare la «forza combattente>> al livello divisionale ed il consenso a trasferire dalla Sardegna la D. par. Nembo indussero il Comando Supremo a considerare la disponibilità di due divisioni, la Legnano (derivata dal I raggruppamento) e la Nembo,.che avrebbe permesso in qualunque momento di attribuire al Corpo Italiano di liberazione il rango di corpo d'armata, anche se ancora si preferiva non toccare questo tasto per evitare che all'unità venissero affidati settori e compiti sproporzionati alle sue effettive possibilità operative 3 • Senonchè la questione era stata vista con troppo ottimismo. II 23 aprile, in una riunione con il generale Browning, il generale Berardi rappresentò la necessità di 600 complementi e discusse la forza di 14.000 uomini stabilita per il C.I.L.. Le risposte che ricevette sono illuminanti circa l'ottica con la quale lo sforzo italiano era visto. Per i complementi Browning chiarì che adesso l'unità faceva parte de11 '8A armata inglese e quindi le richieste di complementi non erano di competenza dei Comandi italiani. In definitiva, esse dovevano essere rivolte dal generale Utili al Comando del X corpo britannico. Se questo le avesse appoggiate, i complementi sarebbero stati concessi. Sul secondo punto, l'argomentazione di Berardi che l'aver autorizzato l'arrivo della Nembo significava, in fondo, aver ammesso la possibilità di superare il livello dei 14 mila uomini - pur rimanendo nell'ambito dei 34 mila previsti complessivamente per il C.I.L., la Piceno e la Mantova-, venne freddamente respinta da Browning: la cifra di 14 mila era stata fissata dal generale Alexander ne11e sue proposte ai capi di Stato Maggiore congiunti; prima che essi non avessero dato il benestare non era possibile tornare suI1' argomento, a meno di comprometterlo, visto che il programma per l'esercito Italiano era uno studio fatto proponendo cifre considerate accettabili a Washington. Una volta approvata la cifra di 14 mila, si sarebbe potuto inoltrare una successiva proposta di elevarla fino a 20 mila. Per il momento, in-

P. Berardi, Memorie di un Capo di S.M. dell'Esercito cit., p. 121. /bidem,p. 123. 3 Promemoria del Comando Supremo per il capo cli S.M. dell'Esercito in data 5 .4.1944 in Salvatore Crapanzano, Il Corpo Italiano di liberazione, USSME, Roma 1950, p. 209. 1

2


IL REGNO DEL SUD

309

somma, era perfettamente inutile insistere perchè non spettava alla MM.I.A. concludere 1 . Le proteste di Berardi furono vane, ma l 'insistenza del Comando Supremo ottenne finalmente un risultato. Il 16 maggio un secco telegramma della M.M.I.A. comunicò l'autorizzazione alleata all'invio della Nembo a fianco dei reparti che sino allora avevano costituito U I raggruppamento motorizzato, portando così la forza complessiva a 24 mila uomini: «È stato deciso di impiegare provvisoriamente divisione Nembo oltre alle truppe attualmente presso raggruppamento motorizzato et in secondo tempo di ritirare tutti reparti

per costituzione C.I.L.. Cod~sto S.M.R.E. non, dico non , dovrà provvedere all'approntamento o spostamento di complementi di qualsiasi genere se non dietro disposizioni di questa Sottocommissione. Nessun, dico nessun, repa1to nuovo dovrà essere costituito neppure nuovi complementi accantonati, approntati o spostati da codesto S.M.R.E. senza ordine per tramite di questa sottocommissione» 2 .

Il 23 maggio, in Consiglio dei ministri, il generale Orlando fece un'ampia relazione sul lavoro sino allora compiuto in campo militm·e e, con ]'occasione, dette notizie delle resistenze opposte da unità dell'esercito ai tedeschi dopo l' 8 settembre, citando - commosso - nomi di generali e colonnelli e semplici soldati caduti in quelle circostanze. «Non ho compreso - annotò Croce nel suo diario - con quale opportunità lo Sforza, alla fine della relazione, dicendo alcune parole di elogio all'Orlando, gli abbia raccomandato, come esempio necessario e aspettato, la fucilazione di un certo numero di generali, che consegnarono senza resistenza i loro uomini e le loro armi» 3 • Il distratto interesse che la Commissione di controllo prestava alle insistenze italiane per una cobelligeranza più «visibile» operativamente era in parte dovuto a concrete difficoltà di carattere logistico , ma in parte anche al fatto che la campagna d'Italia, lungi dal manifestarsi come relativamente semplice, almeno sino alla linea Pisa-Rimini, stava incontrando una resistenza tedesca di tale efficacia da complicare notevolmente il problema strategico alleato in Europa, al cui riguardo , fra l'altro, esisteva una netta divergenza di vedute fra i capi di Stato Maggiore britannici e quelli americani, nonché tra Churchill e Roosevelt.

[bidem,pp. 210-211. !bidem,p. 214. 3 B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., p.133. In quella riunione Croce chiese a Sforza di togliere dalla sua relazione sulla politica estera che il Governo intendeva seguire «l'impegno cli abolire il crimine di guerra, perchè né la guerra é un cri.mine, né si può abolirla» ( lbidem,p. 134). 1

2


LA COBELLIGERANZA

310

A fine inverno 1943-44 si pose la necessità di impartire al generale Wilson precise direttive su Anvil, lo sbarco in Provenza. La conferenza di Teheran aveva attribuito a questa operazione, intesa ad agevolare Overlord, la preminenza sullo svolgimento della lotta in Italia, ma la decisione era stata presa sottovalutando l'impegno di navi richiesto dall'operazione di sbarco ad Anzio. Per giunta anche le esigenze di Overlord richiedevano più navi delle previsioni iniziali . Bisognava, dunque, sacrificare qualcosa a vantaggio dello sbarco in Normandia. Per gli inglesi, su concorde parere di Wilson e di Alexander, non esistevano dubbi in proposito: ridurre Anvil ad una semplice minaccia e concentrare lo sforzo in Italia per annientare le divisioni tedesche a sud di Roma. Per gli americarù, invece, occorreva dar corso ad Anvil così come programmato e cercare in qualche altro modo di sopperire al fabbisogno di Overlord. Eisenhower, cui adesso spettava la responsabilità di quest'ultima operazione, propose di rimandare la decisione al 20 marzo. Se a tale data si fosse riscontrata l'impossibiltà di realizzare Anvil in una misura utile per lo sbarco in Normandia, in Italia sarebbero rimaste solo le navi d'assalto occorrenti per il piano diversivo e tutte le altre sarebbero state inviate in Gran Bretagna 1 • Il 20 marzo, mentre la terza battaglia di Cassino stava incontrando resistenze inattese, Churchill scrisse ad Alexander: «Desidero mi spiegate come mai questa vallata presso la collina dell'abbazia di MonteCassino, larga appena dai 3 ai 5 chilometri, rappresenti l ' unico fronte contro cui dovete continuare a dar di cozzo. Ormai in questo settore sono state logorate da 5 a 6 divisioni. Non conossco, a dire il vero, il terreno e le condizioni in cui si combatte, ma, guardando bene le cose da lontano, mi viene fatto di chiedermi perché, se il nemico può essere contenuto( ... ) su tale fronte, non si compiano attacchi sui fianchi( ... ). Ho la massima fiducia in voi( .. .) ma dovete cercare di spiegarmi perché non venga compiuto alcun movimento avvolgente( ... )» 2 .

Alexander cercò di «spiegare», mettendo in evidenza soprattutto l'eccezionale tenacia mostrata dai paracadutisti tedeschi e promise di non «desistere» , sfruttando le due salde teste di ponte costituite dal X corpo oltre il basso Garigliano e dal corpo neozelandese oltre il Rapido a Cassino. Nel frattempo sarebbe continuata l'operazione aerea Strangle, intesa ad intedire i rifornimenti alle truppe tedesche a sud di Roma, interrompendo le tre

1

2

W. G. F. Jackson, La battaglia d'Italia, Baldini e Castoldi, Milano 1970, pp. 258-260. W. Churchill , La seconda guerra mondiale cit., parte V, II, p. 216.


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principali linee ferroviarie provenienti dall'Italia settentrionale. In quei giorni, e precisamente il 22 marzo, giunse a Londra la valutazione fatta dal generale Wilson sulla situazione militare. In sostanza, il dispositivo per l'offensiva primaverile nella penisola non poteva essere messo a punto prima della metà di aprile; lo sfondamento del fronte di Cassino ed il congiungimento con la testa di sbarco di Anzio avrebbero comportato non meno di un mese di duri combattimenti; soltanto a questo punto sarebbe stato possibile ritirare dal fronte le unità destinate ad Anvil e, una volta riunite, procedere al loro equipaggiamento ed addestramento specifico per lo sbarco in Provenza che avrebbe richiesto dieci settimane. Quindi, nella ~igliore delle ipotesi solo a fine luglio Anvil appariva effettuabile: troppo tardi per aiutare Overlord, stabilita per il mese di maggio. In definitiva, non restava che proseguire l'offensiva su Roma e limitare Anvil ad una minaccia. Nella disamina fatta, Wilson affrontò anche il «dopo Roma». A suo giudizio le possibilità erano quattro: dar pieno corso ad Anvil; proseguire l'offensiva verso nord con l'ausilio di piccoli sbarchi a tergo del nemico; effettuare uno sbarco importante nel golfo di Genova o nella valle del Po; minacciare le comunicazioni tedesche con l'Austria sbarcando in Istria. La preferenza di Wilson, nettamente a favore della prosecuzione dell'offensiva, fu bene accolta a Londra. A Washington, invece, venne condivisa la valutazione ma non la conclusione e il 24 marzo i capi di Stato Maggiore americani decisero'il previsto trasferimento delle navi per Overlord, ma invitarono a studiare l'esecuzione di Anvil per il 10 luglio. La lunga discussione che ne seguì fra le due opposte sponde dell'Atlantico si trascinò senza giungere ad alcun compromesso finchè Churchill, approfittando del fatto che il teatro del Mediterraneo era sotto il comando britannico, inviò a Wilson direttive esplicite: compito delle forze alleate nel Mediterraneo restava quello di aiutare lo svolgimento di Overlord impegnando a fondo il maggior numero di divisioni tedesche, dando pieno corso all'operazione Diadem (la grande offensiva primaverile sul versante tirrenico) e minacciando la Francia meridionale con l'operazione Anvil 1• Secondo l'ordine di operazioni diramato il 5 maggio,Alexander si proponeva di «distruggere l'ala destra della lOA armata tedesca; ricacciare ciò che restava di essa e della 14A armata a nord di Roma; incalzare infine il nemico fino alla linea Pisa-Rimini infliggendogli le massime perdite» 2 . Que-

1 2

Ibidem, pp.'275-279. W. Jackson, La battaglia d'Italia, cit., p. 280.


LA COBELLIGERANZA

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sta concezione comportò la revisione dell'intero dispositivo alleato dall'Adriatico al Tirreno. Sul versante adriatico fu lasciato solamente il V corpo britannico ( tre divisioni); il grosso dell' SA armata si spostò sul versante tirrenico con il X corpo (due divisioni britanniche ed il corpo italiano di liberazione) sull'Appennino; il corpo polacco (due divisioni) ed il XITI corpo britannico (quattro divisioni) suul Rapido di fronte a Cassino. A tergo di questi ultimi stava il I corpo canadese ( due divisioni). La SA armata si limitava al settore del Garigliano con il corpo francese (quattro divisioni) ed il II corpo americano (tre divisioni). Altre sei divisioni erano ammassate nella testa di sbarco di Anzio con il VI corpo americano. Complessivamente, sul versante tirrenico 23 divisioni alleate con circa 2 mila carri, e 4 mila aerei (contro 700 germanici) si preparavano ad attaccare 14 divisioni tedesche, di cui sei della lOA armata sull'alto Rapido e sul Garigliano e quattro della 14A armata ad Anzio, più quattro di riserva . La superiorità terrestre era spiccata, quella aerea schiacciante. La gravitazione dello sforzo doveva aver luogo in corrispondenza di Cassi no. f n questo settore 1' 8A annata aveva il compito di realizzare lo sfondamento e procedere lungo la direttrice della via Casilina, tenendosi a oriente di Roma e puntando su Fìrenze. La SA annata doveva agevolare lo sbocco del1 '8A armata nella valle del Liri impadronendosi di M.Maio e congiungendosi con la testa di sbarco di Anzio. A tempo debito, cioè su ordine di Alexander, doveva attaccare da Anzio su Valmontone e ingabbiare la 1QA armata tedesca. Le unità all'estrema destra del dispositivo alleato (V corpo) dovevano incalzare qualsiasi movimento retrogrado nemico. L'operazione Diadem era prevista in tre fasi . La prima concerneva lo sfondamento della linea Gustav, che Alexander contava di ottenere prima che Kesselring si rendesse conto della violenza e quindi del significato del!' offensiva. La seconda riguardava il superamento della linea Hitler ( poi denominata dai tedeschi «sbarramento Senger») una posizione arretrata da M.Cairo a Fondi, che si opponeva ad eventuali irruzioni in corrispondenza della via Casilina o della via Appia 1 . La terza fase prevedeva l'attacco dalla testa di sbarco su Valmontone. Il X corpo britannico (gen. McCreery) era schierato sulla displuviaie appenninica. All'estrema sinistra del suo settore, e precisamente a nord di Cassino, nella zona delle Mainarde, si trovava il C.I.L., ancora costituito dalle truppe che avevano fatto parte del I raggruppamento motorizzato. Il compito assegnato al corpo d'armata si limitava ad

La costruzione della linea Hitler era iniziata nel dicembre 1943 ed inglobava torrette di carri Panther su basi di cemento, variamente raccorciate fra loro. 1


IL REGNO DEL SUD

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un'azione dimostrativa in forze per indun-e il Comando deJla lOA armata tedesca a temere un attacco in direzione di Atina; ma in realtà, considerata la lunga lotta precedente, non fu difficile da pa1te avversaria pensare che in con-ispondenza dell'intero settore orientale dell '8A armata avrebbero avuto luogo solo azioni locali. Diadem ebbe inizio nella notte sul 12 maggio; il 13 maggio le truppe francesi si impadronirono di M.Maio, il bastione meridionale delJ'imbocco della valle del Liri; il 16 i francesi occuparono Ausonia; il 17 Formia cadde in mano al II corpo americano; il 19 i polacchi issarono la bandiera sulle rovine del monastero, occupato dopo durissima lotta. Lo sfondamento della linea Hitler ebbe luogo fra il 18 ed il 23 maggio. Allora il VI corpo americano (ben sette divisioni) ricevette l'ordine di uscire dalla testa di sbarco. Come noto, il generale Clark, invece di puntare su Valmontone , si diresse su Roma, obiettivo al quale teneva enormemente per sé e per la SA armata, ed i resti delle armate tedesche riuscirono a ripiegare verso nord. La linea Caesar, ultima posizione allestita dai tedeschi sull'allineamento VelletriSubiaco-Avezzano, fu superata fra il 28 ed il 30 maggio. Il Corpo italiano di liberazione era stato accuratamente preparato sotto ogni aspetto, ma il generale Utili non si lasciò andare a facili ottimismi: «Nel complesso - scrisse nella relazione sul morale di fine aprile - si tratta di una massa la quale é buona e che potrà fare bene, magari be11issimo, ma che, per ragioni generali che è inutile analizzare, é ancora molto irrequieta , suscettibile di oscillazioni spirituali, di de-

pressioni subitanee e quindi costituisce uno strumento cli guerra molto delicato, tanto più in mancanza cli una severa opera repressiva contro coloro che cercano di sottrarsi all'adempimento dei propri doveri. Si tratta, in sostanza, cli una massa con la quale occorre agire con cautela, pur senza dicostarsi da quella energia necessa1ia quando il caso lo richieda( . .. )» 1.

Il 27 maggio, dopo attenta messa a punto ebbe luogo la prima azione del C.I.L. ( operazione Chianti). Si protrasse per quattro giorni, contro un nemico che cercava di sganciarsi dalla pressione opponendo elementi ritardatori, in un ambiente montano veramente impervio a causa del terreno molto rotto, boscoso ed insidioso. Fu condotta ed eseguita bene, anche se naturalmente il successo non uscì dal campo tattico, e consentì l'occupazione cli posizioni uti1issime per la prosecuzione dell'avanzata britannica su Atina. Il 30 maggio il generale Leese scrisse a Utili congratulandosi «per

1

U. Utili, Ragazzi in piedi cit., p. 186.


LA COBELLIGERANZA

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gli ammirevoli progressi» realizzati oei recenti combattimenti I ed il giorno seguente fu il generale McCreery a compiacersi: «L'operazione è stata effettuata con celerità e le vostre truppe hanno dimostrato decisione nell'affrontare il nemico ed un forte spirito di resistenza». E, con l'occasione, si mostrò spiacente che il C.I.L. lasciasse il X corpo 2 • Era infatti pervenuto l'ordine di trasferimento dell'unità italiana nel settore adriatico tenuto dal V corpo (gen. Allfrey). Per i reparti di Utili, che dopo quattro mesi lasciavano la zona delle Mainarde, il cambiamento rivestiva uo ':importanza non indifferente. Se questo periodo aveva consentito una graduale ripresa di efficienza e di tono combattivo, l'impegno operativo, per forza di cose, era stato caratterizzato da una sostanziale staticità. finalmente si presentava l'occasione di avanzare, tanto più che la Nembo era arrivata e, soprattutto, a seguito di intese fra Comando Supremo e Comando XV gruppo di armate, posta il 26 maggio agli ordini del generale Utili. Il 2 giugno i generali Berardi e Allfrey si incontrarono e definirono bene le dipendenze del C.I.L. : sul piano operativo dal Comando del V corpo; sotto i profili disciplinare, ordinativo e logistico dallo Stato Maggiore dell'Esercito per il tramite di una Delegazione a capo della quale fu posto il generale De Stefanis. Il trasferimento del C.I.L. fu effettuato fra il 31 maggio ed il 3 giugno e Utili costituì provvisoriamente, e in attesa della superiore approvazione, due brigate con i repa1ti non appartenenti ali.a Nembo: la I brigata :impostata sul 4° reggimento bersaglieri e la II sul 68° reggimento fanteria. II 4 giugno i primi reparti americani della 511 àrmata entrarono in Roma, abbandonata intatta dai tedeschi.

1

2

S. Crapanzano, Il Corpo Italiano di Liberazione cit., p. 249 . /bidem, p. 250.


TL REGNO DEL SUD

IL I CICLO OPERATIVO DEL C.I.L.

315


I


LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

317

Capitolo V LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

1. IL RITORNO AL POTERE DI MUSSOLINI Il 19 settembre Hitler registrò un discorso al popolo tedesco, trasmesso il 13 da Berlino. Tenne a specificare: «( ...) Allorchè l'Inghilterra e la Francia nel settembre 1939 dichiararono guerra al

Reich, l' Italia, in base ai patti, sarebbe stata costretta a dichiararsi subito solidale con la Germania; tale solidarietà era basata non solo sulle clausole ciel Patto, ma anche sulla sorte che i nemici avrebbero riservato in futuro alla Germania così come all'Italia. ( ...) Come capo del popolo tedesco, ho dovuto avere comprensione per le straordinarie difficoltà ciel Duce. Per tale ragione, nè ,allora nè più tardi io ho spinto l'Italia a mantenere gli obblighi dell'alleanza. Al contra1io ho lasciato completamente libero il Governo italiano sia cli non entrare affatto in guerra, sia di entrarvi nel momento più conveniente, che esso poteva fissare liberamente».

Poi rimarcò: «Che il Governo italiano si sia deciso a rompere l'alleanza e uscire dalla guerra ~ a rendere in tal modo l'Italia stessa teatro della guerra, può da esso motivato con tutte le ragioni che crede. Ma non potrà mai scusare il fatto di non essersi neanche messo d'accordo con i suoi alleati ( ...)».

Non esitò ad ammettere: «Noi sappiamo tutti che in questa lotta senza quartiere, secondo il desiderio dei nostri nemici, il soccombente verrà annientato, mentre al solo vincitore resterà la possibilità di vivere ( ...)».

E concluse: «La perdita dell'Italia ha militarmente poca importanza. La lotta in Italia è da mesi so-


LA COBELLIGERANZA

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stenuta soprattutto dalle truppe germaniche.D'ora innanzi noi continueremo tale lotta, liberi da ogni gravoso impedimento( ...)» 1•

Lo stesso giorno, con una direttiva segreta, Hitler stabilì l'assetto del1'Italia in mano tedesca. Presso il previsto governo nazionale fascista venivano collocati due rappresentanti germanici: l'ambasciatore Rahn, al momento ancora a Roma come incaricato d'affari quale plenipotenziario del Reich (Reichsbevollm.achtigefìir ltalien) per quanto concerneva la sfera politica, sulla base delle istruzioni impartite dalla Wilhelmstrasse; il generale delle SS Karl Wolff, nominato capo supremo delle SS e della polizia (Hochter SS und Polizeifuhrer). Il territorio italiano era articolato in <<zone di operazioni» (operationszonen) e «territorio occupato» (besetzte Gebìet). Le prime erano definite in rapporto allle esigenze militari, perciò la fascia alpina, l'Appennino e le coste rientravano in tale categoria. Al riguardo venne precisato che in esse i comandanti militari erano affiancati da consiglieri civili, i quali in due casi particolari assumevano il titolo di Alto Commissario: si trattava della zona d ' operazione «alpina esterna» (Alpenvorland), comprendente le province di Bolzano, Trento e Belluno, e della zona d' operazioni «Litorale Adriatico» (Adrìatische Kiistenland), comprendente le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume, Quamaro e Lubiana, zone corrispondenti rispettivamente ai vecchi territori del1 'impero astro-ungarico dell'Alto Adige e della Carinzia meridionale. Il fatto che i due Alti Commissari in questione - il Gauleiter del Tirolo, Franz Hofer, ed il Gauleiter della Carinzia, Friedrich Rainer - imponessero un'amministrazione tedesca e che ricevessero istruzioni direttamente dal Fi.ihrer era evidente premessa per l'annessione al Reich. Il comando militare del terrritorio occupato fu diviso fra Rommel e Kesserling nell'ambito delle rispettive zone di responsabilità. Però il 12 settembre l'Italia centro-meridionale fu da Kesserling dichiarata zona di guerra e pertanto sottoposta alla legislazione tedesca di guerra. A ciò si aggiunsero le direttive emanate da Hitler il 13 settembre per il «salvataggio» dell' industria bellica dell'Italia settentrionale, in altri termini per lo sfruttamento delle residue risorse industriali italiane: «Per garantire Ja sicurezza dell'economia di guerra conferisco al ministro del Reich per gli mmamenti e la produzione bellica, Albert Speer, pieni poteri cli prendere tutte le misure necessarie a questo fine.

1 A. Tamaro,

Due anni di storia cit., 11, pp. 451-452.


LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

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In particolare è autorizzato a trasferire presso altre fabbriche, anche del Reich, macchine utensili e altri impianti dalle zone sottoposte a minaccia aerea e ad utilizzarle per tutta la durata della guerra. È suo compito mettere al sicuro e utilizzare per i comuni armamenti , a sua discrezione, i manufatti cieli' Alta Italia utili ali' economia bellica, compresa Ja produzione cli acciaio, i prodotti dell'industria di trasformazione e gli impianti per la produzione energetica ( ... )»

1•

A complemento di tale ordinanza del FUhrer, l'Oberkommando der Wehrmacht diramò ai due Alti Comandi militari in Italia le seguenti disposizioni: . «( ...) 2. Le macchine utensili di maggiore importanza per la fabbricazione di prodotti finiti delle industrie operanti in Alta Italia saranno trasportate in Germania. Tutti i vagoni ferroviari vuoti disponibili debbono essere adibiti ai trasporti in oggetto. 3.lndispensabile prendere tutti i provvedimenti necessari per la rimozione delle macchine utensili e altri macchinari di grande valore dalla zona a sud della linea Spezia-An-

cona ( ...). Tndispensabile inoltre provvedere alla disponsabilità della manodopera italiana , applicando eventuali misure coercitive, per smontare detti macchinari ( ...)» 2 .

Ma quello che più premeva era l'urgente insediamento di un Governo fascista per il Nord. La sorte del Duce rimaneva tuttora oscura e Goebbels riteneva probabile che il Governo italiano cercasse di consegnare Mussolini agli Alleati. Occorreva, se non altro per motivi di propaganda, mettere insieme almeno un governo provvisorio con le poche possibilità che dopo il 25 luglio avevano trovato rifugio in Germania. Il 9 settembre, dunque, furono accompagnati in tutta fretta al Quartier Generale del Fi.ihrer Alessandro Pavolini, già nùnistro della Cultura popolare, Renato Ricci, già minìstro delle Corporazioni, e Vittorio Mussolini per preparare un appello da rivolgere agli Italiani. Essi, scrisse Goebbels il 10 settembre, «sono stati scelti per formare un governo neofascìsta che agisca in nome del Duce. Dovranno prendere residenza nell'Italia settentrionale non appena le condizioni si siano là consolidate ( ...) . Farinacci deve arrivare nel corso del pomeriggio per integrare l'opera di questo trìurnvirato» 3 .

Kriegstagebuch dell'Oberk01nmando der Wehrmacht in data 13.9.1943. Erich Koby, Il tradimento tedesco, Rizzoli, Milano 1983, pp. 428-249. 3 Joseph Goebbels, Diario intimo, Mondatori, Verona 1948, p. 570. 1

2


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Il proclama, diramato la stessa sera del 9, anzitutto si scatenò contro Badoglio: «( ...) L'uomo che per anni ha ingannato il Duce e che ha pe11.inacemente puntato al potere attraverso la disfatta, intende ora attuare il mostruoso piano, per cui la Patria verrebbe mutilata per sempre. Una Patria senza Sicilia, senza Sardegna, senza possedimenti d ' Oltremare, probabilmente senza la stessa Italia meridionale; ecco la prospettiva sinistra verso cui si vorrebbe spingere il destino del Paese( ...)»

1

Poi rassicurò gli italiani: «Il tradimento non si compirà. Si è costituito un Governo Nazionale Fascista, che opera nel nome di Mussolini . Il Governo Nazionale Fascista punirà inflessibilmente i traditori, i responsabili veri e unici delle nostre sconfitte ed agirà con ogni mezzo per trarre l'Italia dalla gue1Ta con l'onore intatto e con le possibilità della sua vita avvenire ( ...)» 2 •

Naturalmente ben si guardava dal fare i nomi dei componenti di tale Governo. Fu la sera del 12 che a Rastenburg pervenne la notizia che il Duce era stato liberato 3 e che si trovava a Vienna, al sicuro. Mussolini era stanco e malandato in salute e rappresentò francamenmte a Hitler, affrettandosi a telefonargli, il desiderio di recarsi a Monaco per rivedere la forni.glia, subito trasportata in aereo dai tedeschi nel capoluogo bavarese 4 • Il 14 pomeriggio raggiunse Rastenburg, accolto a braccia ape1te da Hitler. Ma, per quanto questi manifestasse una sincera amicizia ed un ostinato lealismo nei confronti del Duce, era innegabile che gli inattesi avvenimenti del luglio avevano fatto svanire ogni illusione sull'affidabilità del fascismo: «Ma cos'era questo Fascismo che si è dissolto come neve al sole? - chiese a Mussolini-. Per anni ho garantito ai mi.ei generali che il fascismo era l' alleanza più sicura per il

Questa sembrava essere la convinzione tedesca. Goebbels infatti ebbe ad esseri.re che «la Sicilia non verrà mai restituita agli italiani, in quanto la Sicilia, possibilmente con l'aggiunta della Calabria, garantirà in modo assoluto il donùnio inglese nel Mediterraneo e lo renderà sicuro per sempre. Indubbiamente gli inglesi prenderanno anche la Sardegna e la Corsica. Se potranno uscire da guesta guerra con un simile bottino, avranno fatto certo un bel guadagno» (Ibidem, p. 576). 2 A. Tamaro, Due anni di storia cit., I p. 447. 3 «Per disgrazia del Duce stesso, dell'Italia e della Germania» cornmentò Eugen Dollman (Roma n.azis1a, Longanesi, Milano 1949, p. 216). · 4 Rachele Mussolini, La mia vita con Benito, Mondatori, Milano 1948, pp. 208-21 l). 1


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popolo tedesco. Non ho mai voluto dar retta alla mia diffidenza verso la monarchia; per vostro desiderio niente è mai stato intrapreso eia parte mia per contrastare l'opera che Voi volgevate a vantaggio del re. Vi confesso che noi tedeschi non abbiamo mai capito il vostro atteggiamento in questa materia».

Comunque, adesso urgeva vincere la guerra. poi 1'Italia sarebbe stataristabilita nei suoi diritti. «La condizione fondamentale - affermò Hitler - è che il Fascismo rinasca e faccia giustizia di chi ha tradito» 1 • Mussolini si affrettò a dichiarare la necessità che, insieme con il regime fascista, venissero ricostituite le Forze Annate italiane, ma Hitler, che ben sapeva come l'O.K.W. fosse nettamente contrario ad un'idea del genere, sorvolò al riguardo. Torneremo sull'argomento. Dopo questi colloqui, Mussolini preferì non rientrare subito in Italia.Desiderava trattenersi ancora un poco in Baviera con la famiglia. Secondo le annotazioni di Goebbels: <<Il Duce intende dapprima ricostruire il Panito fascista. Poi con l'aiuto cli questo vuole iniziare la ricostruzione dello Stato, a cominciare dal più basso gradino amministrativo. A coronare la sua opera, egli si propone infine cli indire una Costituente. Il suo scopo sarebbe di deporre la Casa Savoia. Il Duce è ancora un poco esitante su questo passo perchè è naturalmente a conoscenza dei forti legami che uniscono gli italiani aUa Casa reale( ...). D'altra parte le sue misure dipenderanno moltissimo dagli sviluppi militari. Nel complesso, sono lietissimo che il FUhrer abbia conservato immutate le sue originali intenz ioni. Evidentemente non si lascia più influenzare da considerazioni sentimentali. li problema italiano deve essere considerato e risolto ex novo»

2.

La sera del 15 settembre l'agenzia ufficiosa tedesca Deutsche Nachrichten BUro comunicò cinque ordini del giorno firmati dal Duce. Il primo annunciava: «Da oggi, 15 settembre 1943, assumo novamente la suprema direzione del Fascismo in Italia. Mussolini»; con il secondo, Pavolini era nominato segretario provvisorio del partito nazionale fascista, che assumeva il nome di Partito Fascista Repubblicano; il terzo imponeva l' immediato ritorno ai rispettivi posti di tutte le autorità «militari, politiche, amministrative e scolastiche», comprese quelle esonerate dopo il 25 luglio dal Governo Badoglio; il quarto disponeva il ripristino di tutte le isti-

1

Filippo Anfuso, Da Palazzo Venezia al lago di Garda, Cappelli, Bologna 1957 , pp.

326-328.. 2 J. Goebbels, Diario intimQ cit., p. 606.


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tuzioni del partito con il compito di appoggiare l'esercito germanico nella lotta sul territorio italiano contro il comune nemico, di dare assistenza morale e materiale al popolo italiano e dj riesaminare il comportamento dei membri del partito di fronte al colpo di Stato; i] quinto ordinava la ricostruzione integrale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Due giorni dopo seguirono altri due ordini del giorno: Renato Ricci era nominato comandante in capo della M.V.S .N. e il «il Partito fascista re.·· pubblicano libera (va) gli ufficiali delle Forze Armate dal giuramento prestato al Re» 1• Intanto, il 14 Rahn era arrivato a Rastenburg con il proposito di illustrare di persona al Flihrer la situazione creatasi a Roma, «città aperta«. A suo giudizio un tentativo di restaurazione fascista non soltanto sarebbe rimasto privo di seguito nel paese, ma non era da escludere che potesse addirittura provocare moti antifascisti. Naturalmente si rese subito conto dell 'impossibilità di convincere Hitler - e men che meno Mussolini - ad abbandonare il pensiero della formazione di un governo fascista, tuttavia riuscì a fare sì che un'amministrazione fascista venisse ripristinata solo nel Nord, lasciando inalterato il «governo» di commissari tecnici a Roma, al meno finchè la situazione politico-militare non si fosse stabilizzata in certa misura, in modo da assicurare alla capitale un minimo di continuità amministrativa. In sostanza venne concordato, con l 'assenso di Mussolini, il ritorno a Roma (il .18 settembre) di Rahn, accompagnato da Pavolini, per raccogliere fra gli esponenti fascisti colà rimasti adesioni alla partecipazione al nuovo ministero. Pavolini si sarebbe tenuto in stretto contatto telefonico con il Duce, ospitato con la famiglia nel castello di Hirschberg, a sud di Monaco, per la scelta dei ministri 2 • A Hirschberg, dove ben presto si presentarono vari esponenti del regime, quali Ciano, Buffarini Guidi, Farinacci e Preziosi, Mussolini comjnciò a riflettere. Riconobbe che i firmatari della mozione Grandi «haimo smantellato il nostro regime. Hanno messo in pericolo l'unità morale , l'unità politica della nazione» . Occorreva, dunque, tornare al passato e «allargare e perfezionare la riforma sociale del nostro Stato ( ...). Riconosco che il sistema dall'alto è fallito. Perchè sono falliti gli uomini. Non il fascismo, gli uomini. Sistema dal basso. Ci prospetteremo però un'incognita: se anche le masse falliscono?» 3 • Ne derivò, il 18 settembre,

A. Tamaro, Due anni di storia cit., l pp . 586-587. Frederick Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp. 552-553. 3 Bruno Spampanato, Contromemoriale, Ed. Illustrato, Roma 1952, TT, p. 3 1 seg. 1

2


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il suo primo discorso alla radio di Monaco di cui si è fatto cenno in precedenza: «Camice Nere , Italiani e Italiane! Dopo un lungo silenzio ecco che nuovamente vi giunge la mia voce e sono sicuro che voi la riconoscerete; è la voce che vi ha chiamato a raccolta in un momenti difficili e ha celebrato con voi le giornate trionfali della Patria. Ho tardato qualche giorno prima di indirizzarmi a voi perchè dopo un periodo cli isolamento morale era necessario che riprendessi contatto col mondo( ...)».

Segµiva un lungo riepilogo degli avvenimenti italiani punteggiato da accuse di tradimento premeditato del Re ai danni dell'Italia. In conclusione, la monarchia aveva mancato ai suoi compiti, di conseguenza aveva perso ogni ragione di vita. Del resto, le tradizioni italiane erano più repubblicane che monarchiche. Ergo, «Lo stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale ne.I senso più alto della parola, sarà cioè fascista, risalendo così alle nostre origini. Nell 'attesa che il movimento si sviluppi sino a diventare inesistibile, i nostri postulati sono i seguenti: 1) Riprendere le armi a fianco della Germania, ciel Giappone e degli altri alleati. Solo il sangue può cancellare una pagina così obbrobriosa nella storia della Patria. 2) Preparare senza indugio la riorganizzazione delle nostre forze armate attorno alle formazioni della Milizia. Solo chi è animato eia una fede combatte per un'idea, non misura l'entità dei sacrifici. 3) Eliminare i traditori; in particolaJ modo quelli che sino alle ore 21 ,30 del 25 luglio militavano, talora da parecchi anni, nel Partito e sono passati nelle file del nemico. 4) Annientare le plutocrazie parassitarie e fare del lavoro finalmente il soggetto del1' economia e la base infrangibile dello Stato. Camicie Nere fedeli di tutta Italia, io vi chiamo nuovamente al lavoro ed alle armi; l'esultanza del nemico per la capitolazione dell'Italia non significa che esso abbia già vittoria in pugno, perchè i due grandi imperi, la Germania ed il Giappone, non capitoleranno mai( ...)»

1•

Mussolini si trattenne a Hirschberg alcuni giorni ancora, mentre a Roma Pavolini procedeva alle consultazioni. Probabilmente quest'ultimo non si era ancora reso conto della «caduta» verticale del fascismo. Scetticismo ed

·' A. Tamarn, Due anni di storia cit., l pp. 590-593.


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apatia accolsero i suoi tentativi. L'ultimo segretario del partito, Carlo Scorza, sembra si fosse dichiarato favorevole ad un movimento «non imparentato al fascismo»; Filippo Marinetti, uno dei primi fascisti, sosteneva la necessità di non parlare di fascismo e di trovare a1tri e più forti motivi di unione nazionale; il bando per il reclutamento della M. Y.S .N., subito disposto da Ricci, vide presentarsi appena una cinquantina di volontari; laricerca di candidati ai vari. dicasteri si trascinava stentatamente sia per i rifiuti incontrati, ma anche per le difficoltà di reperire nomi di un certo prestigio. La sera del 22 settembre Rahn telegrafò alla Wilhelmstrasse, a .Berlino: «Lamentevoli incertezze ed incoerenze degli elementi fascisti a Roma. Molti seguaci del Duce presi in considerazione per posti ministeriali sono ancora esitanti. Ricci non è riuscito a reclutare membri per la milizia. Penso quindi che sia necessario procedere subito con la proclamazione del nuovo governo fascista repubblicano ed ho stabilito quanto segue. domani 23 settembre, ore 11 ,45 a.m., il comandante militare tedesco di Roma, generale Stahel , si incontrerà con il comandante della città Calvi di Bergolo al Ministero della GueITa, dove saranno convocati anche gli ufficiali superiori della divisione Piave. Comunicherà loro che il Duce ha formato un nuovo governo e chiederà loro se sono pronti ad appoggiare questo governo. Questa domanda avrà risposta negativa. Il generale Stalle! comunicherà loro nella forma più co1tese che con ciò le loro funzioni sono terminate e che essi e le loro famiglie saranno trasferiti sotto sorveglianza tedesca al Nord.( ...) Annuncio del nuovo governo alla radio. Si ordinerà agli alti commissari di rimanere in carica temporaneamente, pena gli an:esti. Il disarmo della Piave sarà annunciato alle 12,05. E' necessario che il nuovo governo, che per il momento non potrà assumersi alcuna autorità, sia trasferito nel Nord Italia al più presto possibile per evitare che si crei una situazione in cui polizia e servizi civili adottino una resistenza passiva» 1•

Ribbentrop rispose il giorno successivo: «Il Duce è d'accordo sull'azione proposta. Non crede che la divisione Piave farà resistenza» 2 • Que] mattino Pavolini portò a Rahn l'elenco dei futuri ministri: gli Esteri erano lasciati allo stesso Mussolini; agli Interni andava Buffarini Guidi; alla Difesa nazionale il maresciallo Graziani, che aveva ceduto solo quando gli venne detto che il suo rifiuto poteva essere attribuito a paura 3 . Il console generale a Napoli,

1

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp. 558-559.

2 ibidem, p.

559.

Graziani, Ho difeso la Patria, Garzanti, Milano 1948, p . 377. Quando il console Mollhausen chiese a Rahn in qual modo Graziani avesse ceduto, Rahn rispose: «Halb zog man ihn, halb sank er hin» (Per metà fu spinto e per metà scivolò) (Eitel Mollhausen, La carta perdente, Sestante, Roma 1948, p. 94). 3 Rodolfo


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Wtister, fennatosi brevemente a Roma nel suo viaggio di rientro in Germania, e presente alle telefonate trn l'ambasciata tedesca e Mussolini a Hirschberg, formulò un commento edificante: «La formazione del nuovo governo fascista repubblicano da parte di Pavolini è stata una tragicommedia piena di intrighi disgustosi per i posti e di occulte rivalità» 1 • Per finire, dopo l'annuncio della costituzione del nuovo ministro fascista, Rahn convocò i commissari della città aperta e comunicò loro: «Il Duce ha deciso di formare un governo provvisorio e di convocare il mese prossimo un'assemblea costituente che deciderà sulla forrn.a di governo in Italia. La sede del governo.sarà nel Nord Italia e le sue attività inizieranno quando le circostanze lo pennetteranno».

I commissari avrebbero ricevuto istruzioni da un ufficio distaccato nella capitale dall'ambasciata tedesca, la quale si sarebbe trasferita anch'essa al Nord presso il nuovo governo 2 . Quel giorno stesso Mussolini approvò la lista dei min istri e poi partì in aereo da Monaco alla volta di Forlì. Il periodo trascorso alla Rocca delle Caminate non fu molto lungo: dal 24 settembre al 9 ottobre. Mussolini intendeva riunire il governo, fare il punto della situazione e poi trasferirsi con i ministri nella località stabilita dall'autorità germanica. A quanto riferito da Rahn il 26 settembre: Nonostante l'ottimismo che simula in presenza dei colleghi, il Duce si è sentito in dovere cli dirmi che la prima impressioue avuta era che l'Italia si trovasse in uno stato di caos, come un ubriaco che ha perso completamente l'orientamento. Il problema è ora di sapere che cosa è necessario fare. Dubita che il modo così confuso con cui la Germania inteiferisce in ogni settore pubblico italiano giovi agli stessi interessi tedeschi. Naturalmente è sufficientemente realista da adattarsi alle circostanze, ma sia dal punto di vista tedesco, sia da quello italiano è insensato creare un governo che poi non deve governare, emanare disposizioni senza avere i mezzi per farle eseguire, e riorganizzare un ' amministrazione alla guale non è lasciato nulla da amministrare( ...)}>.

Poichè reputava compito del governo fascista il mantenimento della legalità e dell'ordine nelle retrovie delle armate tedesche, Mussolini si proponeva di chiedere di esser messo dal Reich in condizioni di poterlo fare ,

1

2

Ibidem, pp. 561 -562 . Ibidem, pp. 561 -562.


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vale a dire di ricevere «il controllo unificato dell'amministrazione, del1'economia e delle finanze» i.

*** Il primo Consiglio dei ministri venne tenuto il 27. Nel discorso di apertura, Mussolini spiegò che, data la situazione, l'indirizzo governativo non poteva che tradursi nel tener fede all'alleanza con la Gem1ania ed il Giappone, i1 che imponeva la più sollecita riorganizzazione deile Forze Armate. Sul piano politico .interno bisognava preparare la Costituente per la creazione dello Stato fascista repubblicano. Al termine della 1iunione un comunicato stampa rese noto, fra l'altro, che, avendo confermato la dichiarazione di città aperta per Roma, il Governo fissava la propria sede «in altra località presso il Quartier Generale delle forze armate», e che, nella riorganizzazione in atto di queste ultime, «le forze tenestri, marittin1e ed aeree vengono 1ispettìvamente .inquadrate nella milizia, nella marina e nell'aereonau6ca dello Stato repubblicano». Merita cenno il fatto che la Commissione per l' acce1tamento degli illeciti anicchimenti di gerarchi fascisti istituita dal governo Badoglio rimaneva in funzione 2 • La stessa sera Mussolini scrisse a Hitler dando notizia della riunione, ma non esitò a rappresentare che <<( ...) Se si vuole riordinare la vita civile del Paese, occorre che il nuovo governo da me formato abbia l'autonomia necessaria per governare, cioè per dare gli ordini alle autorità civili che da esso dipendono( ...). Il Governo repubblicano che ho l'onore di dirigere, ha un solo desiderio, una solavolontà: far sì che l'Italia riprenda il suo posto di combattimento il più presto possibile, ma per raggiungere questo scopo supremo è necessario che le Autorità militari germaniche li-

mitino la loro attività al solo campo militare e per tutto il resto lascino funzionare le Autorità civili italiane( ...). Se questo non dovesse realizzarsi,l 'opinione pubblica italiana e quella mondiale giudicherebbero il Governo incapace di funzionare e il Governo stesso cadrebbe nel discredito e, peggio ancora, nel ridicolo. Sono sicuro, Fiihrer, che Voi vi rendete conto clell ' importanza delle considerazioni che vi ho esposto e della gravità dei problemi che io debbo affrontare e la cui soluzione rappresenta non soltanto un interesse italiano, ma anche tedesco» 3 •

Ibidem, p. 563. Ibidem , U, pp. 16-17. 3 F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p. 568. 1

2


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Hitler non volle sbilanciarsi e si limitò a rispondere che i1 Grande Reich riconosceva il governo fascista ed era deciso «in fedele cameratesca alleanza» a combattere fianco a fianco «fino alla vittoriosa conclusione» 1 . Il riconoscimento ufficiale, sol1ecitato da Berlino, giunse presto anche da Giappone, Bulgaria, Croazia, Romania, Slovacchia, Ungheria, Cina nazionalista, Manciukuò e Thailandia. La Francia di Vichy e la Spagna di Franco rifiutarono per il momento un atto formale . I paesi neutrali tacquero. L'annuncio agli italiani fu dato il 29: «Con l'indirizzo approvato dal Consiglio dei minist1i ciel 27 settembre si dà inizio al funzionamepto del nuovo Stato fascista repubblicano, il quale tToverà nella Costituente, che sarà prossimamente convocata, la promulgazione dei suoi definitivi ordinamenti costituzionali. Da oggi e fino a quel giorno il Duce assume le funzioni di Capo del nuovo stato fascista repubblicano»

2•

Diventava urgente l'insediamento del Governo al Nord, ma ]a scelta della località era in mani tedesche ed esisteva qualche incertezza. Il 5 ottobre Mussolini confidò al prefetto Dolfin , suo nuovo segretario particolare, che la partenza era imminente ma che ignorava per dove. «È comunque disse - su]Ja sponda occidenta1e del lago di Garda» 3 . A parte ciò, aveva deciso di inviare il maresciallo Graziani, ministro della Difesa nazionale e capo di S.M.Generale, al Fiihrerhauptquartier per stabi1ire bene i termini dell 'a11eanza militare e, soprattutto, per 1' impostazione de11'esercito repubblicano. Colse dunque 1'occasione per tornare con Hitler sul dolente ed allarmante tasto della presenza tedesca in Italia: «( ...) occorre - ripetè - che il nuovo Governo da me formato abbia l'autorità necessaria per governare, cioè per dare ordini alle Autorità civili che da lui dipendono. Senza questa possibilità il Governo non ha prestigio, è screditato e quindi destinato a finire inglorosiamente».

E mise in chiaro il principale ostacolo per una sollecita riorgan izzazione della vita jtaliana: «I Comandi militari tedeschi emanano ordinanze a getto continuo in materie che inte-

1

A. Tamaro,Due anni di storia cit., JJ p. 17.

2

lbidem, p. 50. Giovanni Dolfin, Con Mussolini nella tragedia, Garzanti, Milano l950, p. 28 .

, 3


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ressano la vita civile. Spesso queste ordinanze sono in contrasto dall'una a ll'altra provin- ·eia. Le autorità civili italiane vengono ignorate e la popolazione ha l'impressione che il Governo fascista repubblicano non abbia alcuna autorità, nemmeno in materie assolutamente estranee all'autorità militare. Spesso le ordinanze del Comando Nord sono in contraddizione col Comando Sud ( ...). Lasciatemi dire, Ftihrer, che un Comando Unico e liminerebbe questi inconvenienti».

Infine si sentì obbligato a significare che la nomina del Gauleiter di Innsbruck ad Alto Commissario per le province di Bolzano, Trento e Belluno aveva suscitato «una penosa impressione in ogni parte d'Italia» 1• D'altronde non era soltanto Mussolini ad insistere per un sostanziale alleggerimento dell'ingerenza germanica nel settore civile. Gli stessi Kesserling, Rahn ed anche Rommel segnalavano l'assoluta urgenza di consentire al governo fascista di funzionare. «Il ministro Rahn - riferì Kesserling all ' O.K .W. in quei giorni - mi informa che si possono notare indizi di dimissioni simultanee dal governo Mussolini. Motivi: nessuna rispondenza nel. popolo; nessuna autorità; pratica esclusione del governo da parte dei tedeschi eh.e hanno i pieni poteri. Secondo Rahn le dimissioni del Governo avrebbero conseguenze politiche gravi. È quindi necessario dare un aiuto maggiore al varo di tale Governo e dell'amministrazione statale in maniera che essi possano apparire esteriormente sovra1ù, pur .r.imanendo di fatto organi esecutivi dell'esercito tedesco. Poiché senza la collaborazione di un 'amministrazione italiana e in mancanza cli uffici amministrativi tedeschi si cadrebbe nel caos, ho previsto che per un periodo limitato l'amministrazione italiana possa avere poteri maggiori e più ampi( ..) . Naturalmente tutte le richieste circa la condotta della guerra avranno le precedenza. l militari tedeschi considerano il territorio italiano come "occupato"( ...). Ci si può attendere un pieno successo solo se il Fi,ihrer proclamerà l'Italia, sotto il nuovo governo, "paese alleato" ( ...)» 2 .

Ma, a quanto sembra, al Quartier Generale di Hitler pesava la diffidenza dell'O.K.W. - la cui sfiducia nelle autorità civili, tedesche o italiane che fossero, era pressoché assoluta - che, in una situazione italiana ancora incerta sotto il profilo politico-militare, non intendeva c01Tere alcun rischio

A. Tamaro,Due anni di storia cit.,II pp. 205-208. Cfr. J. Goebbels, Diario intimo cit., p. 632. 2 F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p. 571 . 1


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di disordini alle spalle delle armate combattenti. li risultato dei colloqui di Graziani con Hitler e l'O.K.W. è sintetizzato in un telegramma tedesco indirizzato a Rahn il 10 ottobre: «l . È importante che l'Italia dia il più vasto contributo possibile per la continuazione della guerra. Ne segue che: a) l'Italia più sarà occupata da noi, più deve essere trattata da paese alleato e non occupato; b) l'autorità e l'indipendenza ciel nuovo governo italiano siano stabilite e rafforzate. 2. Nel conseguimento di questo scopo l'area operativa ciel Comando de.I gruppo d'armate B deve essere limitata a determinate zone dietro il froute ciel Comando Sud e ad alcune zone sulla frontiera ciel nord-est, nord e nord-ovest per garantire le comunicazioni con la Germania e la Francia. L'intero territorio restante sarà affidato all'amministrazione de.I governo italiano; sono previste zone cli operazioni .l ungo le coste, ma saranno dichiarate tali solo in caso di sbarco nemjco. Sino allora le zone costiere dipenderanno dall'amministrazione italiana. Nel territorio amministrativo dal governo italiano sarà nornjnato un plenipotenziario militare (generale Toussaint) agli ordini ciel capo del\ 'O .K.W.. l suoi compiti sono in sostanza: a) far presenti ed esecutive le richieste militari de.I.I ' esercito tedesco al governo italiano ed alle autorità civili che da lui dipe1~clono; b) appoggiare sia il governo italiano sia i suoi funzionari in tutto quello che può essere necessario nella loro funzione amministattiva e nei loro rapporti con le autorità militari tedesche. 3. La progettata difesa del fronte è cli importanza decisiva. Con la perdita di Roma l'Italia in pratica cesserebbe di essere Lm paese che combatte dalla nostra parte. Tutte le risorse del paese, quindi, devono essere mobilitate per proteggere le ali e le coste e dar modo alle truppe tedesche così disimpegnate di ~ombattere suÌ fronti principali. Sono necessari reparti volontari italiani sotto comando tedesco, per esempio l'artiglieria costiera, il genio e personale a terra dell' aeronautica ( . . . ))) I .

Ne derivarono nuove istruzioni di Hitler: «Le seguenti zone dell'Italia devono essere dichiarate zone di operazioni: a) L'area a sud dei confini settentrionali delle province di Littoria, Frosinone, Aquila e Pescara. Tn questa zona l'Oberbefehlshaber Siid ha il completo conu·ollo. b) la regione alpina, dal confine croato a quello francese, sarà divisa in diverse zone

1

Ibidem, pp. 582-583.


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di operazione, di cui sono già costituite la Adriatische Kiistenland e la Alpenvorland. In questa regione il comandante del gruppo d'armate B ha pieni poteri( ...). c) altre zone di operazione saranno creau·e in caso di sbarco alleato ( .. .)» 1•

11 comandante di ogni zona di operazione era responsabile «della legalità, l'ordine, l'amministrazione e ]'economia». Quello stesso 10 ottobre Mussolini partì per Gargnano, su11ago di Garda. Naturalmente occ01Teva formare il Governo. E la presidenza del Consiglio il 14 ottobre diramò da Roma una circolare, a firma del sottosegretario Barracu, a «tutti i Ministri» per il trasferimento al Nord. Premesso che il personale che rimaneva a Roma doveva dar luogo a «uffici staccati» del rispettivo ministero, si disponeva che: «( ...)con i servizi eia spostare nell'Italia settentrionale si trasferiscano i capi in carica

dei servizi stessi ed i funzionari cli sicuro e pronto rendimento che i capi designeranno in numero adeguato e sotto la loro personale responsabilità per far sì che tutto funzioni subito in pieno. Si esaminerà in seguito, dopo che i capi in carica dei servizi avranno assicurato il funzionamento degli uffici cli 1ispettiva competenza, la possibilità di far rientrare a Roma gli esuberanti e gli ammalati( ...)»

La disposizione era resa più persuasiva·dail 'avvertenza che chi si fosse irreperibile sarebbe stato passibile, oltre che de11e sanzioni previste dalle leggi in vigore per i «mobilitati civili», anche di «arresto immediato, dimissioni d'ufficio senza diritto a pensione, segnalazione all'autorità della polizia tedesca p~r l'arresto dopo la partenza del Governo o per le rappresaglie sugli averi e sulle famiglie in caso di persistenza irreperibilità del disertore» 2 . Quanto alla destinazione, la questione, obiettivamente complessa, venne risolta dislocando disordinatamente j ministeri in varie sedi. Gli Esteri furono sistemati nei pressi di Salò; gli Interni e la segreteria del partito a Maderno; la Difesa naz.ionale a Cremona; l'Economia e le Corporazioni a Verona; l'Artiglieria a Trev.iso; i Lavori pubblici a Venezia; L'Educazione nazionale a Padova; la Giustizia a Brescia. Per giunta, tutte le comunicazioni telefoniche erano sotto controllo tedesco. Naturalmente anche gli uf-

1

2

Kriegstagebuch dell'Oberkommando der Wehrmacht sotto la data del 13.10.1943. A. Tamaro, Due anni di storia cit., 11 pp . 245-246.


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fici germanici si erano trasferiti in zona: Rahn a Fasano; Wolff a Gardone e più tardi a Desenzano; il generale Toussaint, nominato Bevollmiichtiger General der Deutschen Wehrmacht in ltalien (plenipotenziario militare), vicino a Verona; Rommel ed il suo Comando del gruppo d 'armata B rimasero a Belluno sino a .q1età novembre. Il nuovo regime prese lentamente a lavorare e si trovò subito alle prese con la promessa fatta, ripetuta e ribadita da Mussolini, della Costituente. Senonché convocare un 'assemblea del genere per discutere e decidere su questioni più o meno rivoluzionarie, quali l'abolizione della monarchia e l'istituzione di una repubblica sociale, non era cosa semplice, anche perchè esisteyano difficoltà formali tutt'altro che trascurabili. Sorse allora il dubbio se fosse ponderata l'urgenza di una Costituente con un governo fascista de facto ed esercitante autorità (per quanto consentito dalla Germania) soltanto su una parte del territorio nazionale, nonchè nell'assenza di organi costituzionali e con la disponibi]ità dell'unico partito esistente, cioè il fascista repubblicano, per preparare l'assemblea. In breve, il proposito venne accantonato e sostituito da un più realistico congresso di partito, nel quale sarebbe stato esposto - ed approvato - il programma politico interno. Il manifesto fu approntato dal segretario Pavolini, sottoposto alla supervisione di Mussolini e perfino ritoccato da Rahn. Comprendeva diciotto argomenti. Ripeteva che a tempo debito sarebbe stata convocata la Costituente la quale avrebbe dichiarato la decadenza della monarchia e proclamata la repubblica sociale, .il cui capo sarebbe stato eletto «dai cittadini» ogni cinque anni. La religione dello Stato rimaneva quella della Chiesa cattolica, apostolica, romana, fermo restando il rispetto per gli a]tri culti non in conflitto con le leggi. Al riguardo si precisò che gli ebrei erano considerati stranieri e «durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». In politica estera si puntava alla realizzazione cli una «comunità europea», previa «eliminazione dei secolari intrighi britannici>> nel continente e l'abolizione del sistema capitalistico. In campo sociale la repubblica si sarebbe fondata sul lavoro ed i sindacati riuniti in una confederazione generale del lavoro. Mussolini espresse il proprio pensiero in proposito in un articolo del 13 novembre: «( ...) Il fascismo, liberato da tutto quell'orpello che ha rallentato la sua marcia e dai

troppi compromessi che le circostanze lo hanno obbligato ad accettare, è ritornato alle sue origini rivoluzionarie in tutti i settori , e particolarmente in quello sociale» .

Così il 14 novembre si aprì il congresso di Verona nel salone principale di Castelvecchio, per ascoltare il «rapporto nazionale» del segretario del


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partito, Pavolini, che presiedeva. Mussolini si era limitato ad inviare un messaggio augurale e quando ebbe letto i resoconti stenografici commentò a Dolfin: «E' stata una bolgia vera e propria! Molte chiaccbere confuse, poche idee chiare e precise. Si sono manifestate le tendenze più strane, comprese quelle comunistoidi. Qualcuno, infatti, ha chi.esto .l'abolizione, nuda e cruda, ciel diritto di proprietà! ( ...). E nessuno, dico nessuno di questi che hanno un bagaglio di idee eia agitare, viene eia me per chiedermi cli combattere. E' al fronte che si decidono le sorti della Repubblica ( ...) e non certo nei congressi!

1

Il 13 ottobre il Consiglio dei ministri aveva stabilito la situazione di un tribunale straordinario per processare i membri del Gran Consiglio - Ciano primo fra tutti - che avevano votato contro Mussolini. li preambolo del decreto legge del 27 ottobre era significativo: «Il colpo di Stato ciel 25 luglio ha posto l'Italia cli fronte al più grande tradimento che la storia ricordi: una sinistra congiura tra il Re e taluni suoi generali, gerarchi e ministri che dal fascismo piLt di tutti avevano tratto vantaggio, colpiva il regime alle spalle, creando disordine e smarrimento del. paese nel periodo angoscioso in cui il nemico poneva piede sul suolo della Patria. Il tradimento del Re potrà essere additato al giudizio del popolo e della storia; è giusto però che il .tradimento di coloro che sono venuti meno non solo al prop1"i0 dovere di cittadino, ma anche al proprio giuramento di fascisti, sia severamente represso( ...)» 2 •

L' 8 gennaio 1944 si aprì il processo pubblico a Castel vecchio. li verdetto venne reso noto nel pomeriggio del 10: tranne Cianetti, condannato a 30 anni di reclusione, tutti gli altri imputati, compresi i contumaci, furono condannati a morte. La sentenza fu eseguita il mattino successivo. «Non vi è dubbio, in ogni caso - telefonò da Barlino l 'ambasc.iatore Filippo Anfuso a Mussolini il 17 gennaio - che il processo di Verona abbia qui rivelato come l'Italia Repubblicana abbia tagliato i ponti col passato e come intenda essere vicina aHa Germania in ogni modo e per sempre» 3 • G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia cit., p. 97. Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione. Soria del processo di Verona, Garzanti, Milano 196.l, pp . 33-36. 3 F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p:636. 1

2


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*** Per quanto il governo fascista stesse assicurandosi buona parte della gestione e de1le responsàbilità amministrative, Mussolini era pienamente consapevole della precarietà della propria situazione, soprattutto per il malcontento suscitato dalla istituzione delle regioni Alpenvorland ed Adriatische Kiistenland, ove era scomparsa ogni traccia di giurisdizione italiana. Sapeva benissimo che il fascismo incontrava ben poco favore e che l'osti1ità verso i tedeschi era in crescendo. Sentiva l'assoluta necessità di un colloquio con Hitler per ottenere un appoggio concreto basato sulle note delica!e questioni: sovranità amministrativa italiana anche nelle zone di operazioni; controlJo italiano della produzione in genere e dell'economia; sollecito rientro in patria delle unità italiane .in addestramento in Germania; aumento dell'entità delle forze armate e di polizia della repubblica, tanto più che la resistenza contro l'occupante tedesco ed il regime fascista stava assumendo maggiori dimensioni. A fine maggio 1944 Rahn, sempre preoccupato per le sorti della repubblica di Salò, comunicò a Ribbentrop le vivissime esperienze di Mussolini di essere ricevuto dal Ftihrer la questione dello status delle zone operative sulle coste adriatiche e nelle zone alpine. So che si è occupato del problema senza interruzioni e con frequenti e violente reazioni ( .. .) . In alcuni provvedimenti presi dall'Alto Commissario il Duce vede la preparazione dell'annessione futura di queste zone alla G~rmania ( ...)». Visti i notevoli contributi italiani al comune sforzo bellico, l'ambasciatore sottolineava l'interesse tedesco ad «appoggiare un po' di più il desiderio italiano di indipendenza e soddisfare l'inclinazione sempre presente nel Duce ad accontentarsi di qualche soddisfazione personale o pratica» 1• _ Tre giorni dopo Rahn riepilogò i principali desiderata di Mussolini: la fine delle intromissioni dei Comandi germanici nell'amministrazione e nel1' economia italiana; il controllo italiano della produzione sia industriale sia bellica in Italia e la facoltà di stipulare accordi commerciali direttamente con i Paesi con i quali correvano rapporti diplomatici; la sovranità amministrativa anche nelle zone di operazioni 2 . Hitler accolse la richiesta e la conferenza venne fissata per il 22-23 aprile al castello dì Klessheim, come l'anno precedente. La seduta del 22 mattino

·1

Rahn a Ribbentrop in data 27.3.1944, in F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit.,

pp. 666-667. 2 Rahn a Ribbentrop in data 4.4.1944, ibidem, p. 668 .


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fu, per la prima volta, lasciata agli italiani 1• Mussolini fece un quadro complessivo della R.S.I .. Riepilogò le difficoltà superate per creare un nuovo Stato dal caos provocato dall' 8 settembre 1943; si soffermò sul problema dell'internamento delle truppe italiane, riconoscendolo «consigliabile» e «necessario» date le particolari circostanze; accennò, senza calcare la mano, alla creazione dell 'Alpenvorland e dell 'Adriatische Kiinstenland; ammise che la grande maggioranza degli italiani «oscillava fra scetticismo e pessimismo» ; rappresentò la necessità di un aiuto alimentare per il Nord e per Roma; si dichiarò disposto a fornire gli uomini richiesti dal Gauleiter Sauckel e da Goering. Però il popolo italiano doveva anche «avere l'impressione che il nuovo governo ha una posizione indipendente» ed il completo controllo in alcuni settori 2 • Poi pregò Hitler di ascoltare la relazione di Graziani sulle Forze Armate della repubblica. 11 maresciallo non nascose le dolento note, fra le quali il reclutamento: <<Si sono chiamate le classi dal 1920 al 1925. E qui sorge una nuova difficoltà ( ...) non vi è polizia in misura sufficiente per obbligare i richiamati alle armi a presentarsi. Pur essendosi presentati 100.000 uomini, molti sono ancora renitenti . Per questa ragione si è dovuta adottare la pena di morte, e non solo per i disertori, ma anche per quelli che vogliono evitare di andare sotto le armi( ...). La conseguenza cli questa misura è stata che 60-70.000 persone si sono presentate».

Ed esisteva anche il problema del vestiario e dell 'equitiaggiamento, che la R.S.I. non era in grado di risolvere essendo stati tuttì ·i depositi completamente svuotati dopo I'8 settembre. Perciò Graziani propose che il generale Leyers, «che ha il controllo dell'industria, metta a disposizione degli italiani numerose fabbriche nelle quali essi possono fabb1icare ciò di cui hanno bisogno. I tedeschi ne eserciterebbero la supervisione». Infine Mussolini si soffermò sul movimento partigiano, a suo avviso sui 60 mi1a uomini e particolarmente forte in Piemonte, ma che stava subendo sensibili perdite. A questo punto Hitler inten-uppe la conversazione per un'importante conferenza militare. Si riprese alle 17 pomeridiane. Fu la volta di Hitler, che volle mettere a fuoco la situazione strategica in cui.era venuto a trovarsi il Reich. 1

Per lo svolgimento della conferenza seguiamo essenzialmente la ricostruzione di F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp. 669-676. 2 Dopo la guerra Graziani commentò che Mussolini «non aveva mordente, non sapeva parlare chiaro specie cli fronte a Hitler» (Processo Graziani cit., I, p. 33 I).


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Per quanto concerne l'Italia, egli aveva dovuto «prendere una dura decisione: o evacuare l' Italia o tentare di resistere a sud di Roma» . Era stato costretto a stabilire ed applicare provvedimenti molto pesanti, dei quali si sarebbe occupato l'indomani. A meno di eventi imprevedibili, riteneva possibile resistere sul fronte italiano, comunque la decisione della guerra si sarebbe verificata in Occidente. Calcolava che i preparativi alleati <<sarebbero stati completati entro sei o otto settimane» e qualora l' invasione non fosse avvenuta dopo questo periodo, in Gran Bretagna sarebbe scoppiata una grave crisi. Il 23 aprile a mezzogiorno, nella seconda riunione , Hitler continuò il discorso 1 affennando subito la risoluzione tedesca di «condurre inflessibilmente. la lotta fino ad una conclusione vittoriosa». Disse che in Germania lo sforzo beJ1 ico era totale e spiegò che dopo 1'8 settembre in un primo momento aveva pensato cli ritirarsi sugli Appennini o, in alternativa, addirittura a limitarsi a tenere i passi alpini, che potevano essere ben difesi con una dozzina di divisioni . Però, aggiunse, «nella zona da noi controllata era sorta una difficilissima questione, e cioè che cosa dovevamo fare dell'esercito italiano», nel quale si trovavano elementi pronti a combattere a fianco dei tedeschi, ma anche elementi ostilissimi alla Germania, in prima fila gli alpini. E qui si scagliò contro il comportamento degli alpini sul fronte russo. Poi prosegui accennando ai nuovi pesi creati dal collasso italiano al popolo tedesco, che «aveva giustamente domandato che gli italiani fossero almeno costretti a lavorare in Germania>>. E qui si scagliò contro i lavoratori italiani, che a Linz si erano rivolti al loro ambasciatore atteggiandosi a «patrioti perseguitati», mentre in realtà non erano che semplici comunisti. Era una vergogna che persino i lavoratori francesi si comportassero meglio verso i tedeschi. Probabilmente a questo punto Hitler chiese un chiarimento: il Commissariato del lavoro della R .S .I. avrebbe dovuto mandare in Germania.un milione di lavoratori per disimpegnare altrettanti giovani tedeschi a favore della Wehrmacht, senonché avevano risposto all'appello appena 17 mila volontari. Quali , domandò, le ragioni della resistenza opposta dagli italiani al lavoro nel Reich? Graziani rispose con molta franchezza che «una sovrastava tutte, e cioé che in Italia le popolazioni erano ormai convinte che per la Germania la guerra era già perduta>>. L'entourage del Flihrer apparve turbato da simile dichiarazione, invece Hitler ribatté vivacemente che, al contrario, la guerra sarebbe stata vìnta dal Reich e prestissimo, perchè, come la storia insegnava, le coalizioni in guerra non avevano mai resistito

1

Sulle conversazioni del 23 apri le sono stati tenuti presenti i due verbali tedeschi 20/44

e 21/44 in pari data cit. in A. Tamaro, Due anni di storia cit., UI pp. 58-64.


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più di cinque anni e, per dare forza all'affermazione, concluse con «Nie capitulieren, nie, nie, nie» ! 1 . Ad ogni modo, egli intendeva costituire per il Duce «una speciale unità formata dai migliori elementi e non di zavorra». Sui militari racchiuse nei campi di concentramenti non c'era da contare molto: «se dei 600.000 internati militari 200.000 avessero firmato per il servizio attivi, essi lo avrebbero fatto soltanto per migliorare la loro sorte e non sarebbero stati quindi il genere di truppe che avrebbero fatto i sacrifici come quelli che erano stati richiesti intorno a Cassino». In merito alle zone di operazione, Hitler fece un semplice commento, che il Germania esisteva un proverbio: «un bambino scottato ha paura del fuoco>>. Se le strade che attraversavano gli Appennini e le Alpi fossero state dominate dai partigiani, sarebbe diventato impossibile per il Reich battersi in Italia. «Perciò, per ragioni militari la zona di operazione non poteva essere rimaneggiata a nessuna condizione>>. Infine parlò del pericolo, considerato immanente, di uno sblocco anglo-americano dalla testa di sbarco di Anzio e tenne a precisare che condizione essenziale per una resistenza in posto in questo settore era che a nessun costo si dovesse permettere che accedesse ·una crisi nelle retrovie. Un progressivo attenuamento delle misure militari ivi adottate derivava dal consolidamento del regime fascista. «Questo dipendeva naturalmente dal Duce ed era della massima impo1tanza che il Duce godesse ottima salute». Nell'ultimo colloquio, avvenuto nel tardo pomeriggio del 23, Mussolini si dichiarò soddisfatto della ricostituzione deile cli visioni italiane in Germania e promise di richiamare la classe del 1924 per il Gauleiter Sauckel e le classi 1916 e 1917 per il maresciallo Goering. Hitler disse di ritenere preferibile che le unità in addestramento nel Reich non venissero impiegate subito in combattimento, ma fossero raddoppiate e triplicate per poter, con queste dodici divisioni, consolidare le basi dello Stato fascista. Insomma bisognava fare di tutto per migliorare la posizione del Duce, i cui desideri, trasmessi clall' ambasciatore Rahn, sarebbero stati prontamente soddisfatti. Qualora ciò fosse risultato impossibile, il Ftihrer «lo avrebbe detto francamente al Duce, spiegandogliene le ragioni». A titolo di conclusione, Hitler osservò poi che: «Si deve pensare anche alla propria fine. Il Duce e lui stesso erano certamente i due uomini più odiati ciel mondo e nel caso che il nemico avesse preso prigioniero il Duce, lo

1

R. Graziani, Ho difeso la Patria cit., p. 404.


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avrebbe portato a Washington con grida cli trionfo. La Germania e l'Italia devono vincere, perché altrimenti i due paesi e i loro popoli sarebbero anelati insieme in rovina».

Anfuso ricordò: «Quando si lasciarono, Mussolini mi confidò che le affermazioni di Hitler sulla fine della gue1n gli erano apparse dannatamente ottimistiche» 1 • Il giorno successivo Mussolini ed il suo seguito si recarono a visitare la divisione San Marco al campo di addestramento di Grafenwohr, ove naturalmente ricevettero un'entusiastica accoglienza.

2. L E FORZE ARMATE DELLA R.S.1.

Nel suo discorso del 18 settembre alla radio di Monaco, Mussolini aveva enunciato, fra i postulati, l ' intenzione di riorganizzare l'esercito attorno alla Milizia, cioé di costituire un esercito di pa1tito, ma sin dalla prima riunione di Gabinetto del 27 settembre il maresciallo Graziani, appena nominato ministero della Difesa nazionale, si era opposto senza esitazioni ad una simile idea. Sul momento Mussolini evitò di pronunciarsi in via definitiva, però Graziani era deciso a non cedere. Chiarissima la sua posizione: «la milizia è odiata e deve essere sciolta immediatamente; l'esercito deve essere nazionale ed apolitico e, inoltre, assolutamente unitario ( ...).Anche Je forze di polizia di qualsiasi specie debbono dipendere dal ministero delle Forze Armate ( ...)>> 2 • Visto poi il comunicato della agenzia «Stefani» del 1° ottobre, che riportava l'indirizzo annunciato da Ricci su funzioni ed articolazione della milizia 3 , Graziani il 3 ottobre si ripresentò alla Rocca delle Caminate per illustrare un suo dettagliato promemoria sulla strnttura da fare assumere alle forze regolari e, convinto Mussolini, il 9 ottobre partì per Rastenburg per la visita al Fiihrer di cui si è fatto cenno in precedenza. Secondo Graziani, «l tedeschi si mostrarono propensi allora a lasciar costituire un discreto esercito( ...).

1

F. Anfuso, Da Palazw Venezia al lago di Garda cit., p. 437-438.

Emilio Canevari, Graziani mi ha detto, Magi-Spinetti, Roma 1947 , p. 285. Secondo l'intenzione cli Ricci, la milizia doveva riunire tutte le forze di terra, cui «spetterà il compito di disciplinare la vita del Paese» . Si sarebbe così articolata in due branche: la Milizia Legionaria giovanile, di volontari con fenua cli un anno, destinata a formare «speciali grandi unità con poderoso armamento», e la Milizia Legionaria, inquadrante i giovani di leva e comprendente armi, corpi e servizi dell'esercito (A. Tamaro, Due anni di storia cit., 11, p. 298). 2

3


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Fu stabilito in un primo tempo di creare 4 Divisioni, in un secondo tempo 8, in un terzo tempo 12 ( ...). Mussolinj ed io avevamo esaminato a fondo la questione di questa ricostituzione delle Forze Armate. C'erano due sistemi in relazione a guello che Mussolini stesso aveva detto alla Rocca delle Caminate: cioé volontariato o coscrizione. Eravamo d'accordo sulla impossibilità della coscrizione in quel momento. Si pensava quindi di ricostruire le prime quattro divisioni facendo venire i volontari dai campi verso j quali affluivano quei 600 o 700 mila disgraziati che per la fatalità dell'8 settembre vennero presi dopo l'armistizio( ...). Dunque, la richiesta fatta da me nella seduta del L3 ottobre fu di scegliere gli uomini fra i volontari nei campi di concentramento( ...). Chiesi immediatamente di andare sul posto( ...). Hitler si oppose nel modo piìl assoluto( ...)»

1

Infatti l'O.K.W., mentre riconosceva l'utilità e la necessità di reparti volontari italiani da impiegare sotto comando tedesco, non intendeva affatto incorpora.re in queste unità gli internati militari, di cui ben conosceva il basso livello del morale, ma contava invece di utilizzarli come forza-lavoro in Germania 2 • Sta di fatto che il protocollo finnato il 16 ottobre dal generale Emilio Canevari, segretario generale dell'Esercito, e dal generale Walter Buhle, capo dello Stato Maggiore dell'Esercito presso l'O.K.W., «secondo gli accordi presi in occasione delle conversazioni tra il Ftihrer ed il Duce, cioé quelle ciel settembre a Rastenburg, e tra il Fiihrer ed il maresciallo Graziani», prevedeva la costituzione di 50 batterie costiere e reparti vari del genio (30 mila uomini complessivamente) con personale italo-tedesco per reclutamento volontario, ma soprattutto un'armata italiana su tre divisioni di fanteria ed una di alpini, attingendo inizialmente ai militari internati che avessero dichiarato la loro adesione alla R.S.I. , e - secondo una precisazione di Keite] fossero disposti a «combattere senza riserva su tutti i fronti». In particolare, per ogni divisione una commissione mista italo-tedesca avrebbe selezionato 250-300 ufficiali 3 ed una commissione tedesca avrebbe scelto circa 4 mila sottufficiali e truppa 4 • L'organico divisionale previsto si aggirava sui 14 mila uomini ed il completamento doveva essere effettuato con reclute delle

R. Graziani, Ho d(f'eso la Patria cit., pp. 430-43 l. Circa il pensiero dell'O.K.W. sulla costituzione delle Forze Armate di Salò vcls. Gerbard Schreiber, I militari italiani internati cit., pp . 478-482. 3 Però un ordine interno di Keitel prescrisse che «GU ufficiali in servizio permanente restano in generale in prigionia, eccetto gli ufficiali indicati nominativamente dal Duce» e «Gli ufficiali di Stato Maggiore permangono in prigionia» (ibidem, p. 485). 4 Ibidem, p. 484. 1

2


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classi 1924 e 1925 di previsto afflusso in Germania a partire dal 15 novembre, per svolgere un addestramento di quattro mesi nei campi di Grafenwohr, Mtinsingen, Sennelager e Heuberg sotto direzione tedesca (90 ufficiali e 600-800 sottufficiali tedeschi per ogni divisione). Il 19 ottobre poi, in un incontro con i rappresentanti di Himmler, fu presa in esame la divisione italiana SS in corso di costituzione a Mtinsingen a cura deJle SS «secondo gli accordi Hitler-Mussolini», la cui forza, dopo il completamento, avrebbe raggiunto i 13 mila uomini. Però al momento le sue condizioni erano penose: i soldati non avevano ancora ricevuto le armi ed il livello addestrativo appariva scadente. In sostanza, l'efficienza militare de_lla divisione poteva considerarsi nulla 1• Nel pomeriggio del 25 Canevari, tornato in Italia, riferì, in presenza di Graziani, a Mussolini, il quale approvò il suo operato senza obiezioni. Il 28, in Consiglio dei nùnistri, Mussolini annuncjò che gli accordi con l'O.K.W., già definiti nei dettagli, consentivano di approntare nuove unità i cui contingenti sarebbero stati forniti da volontari e dalle classi di imminente chiamata. E aggiunse: «Come fu già annunciato , la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale farà parte integrante dell'Esercito e vi fonnerà - analogamente al corpo degli alpini e dei bersaglieri - il corpo delle Camicie Nere» 2 •

Il Consiglio dei ministri avrebbe presto provveduto a determinare il nuovo ordinamento dell'Esercito Nazionale Repubblicano e quelli della Marina e dell'Aviazione Repubblicane. Immediatamente sorse un aspro diverbio fra Graziani, che rifiutava la M:ilizia in quanto «politica», e Pavolini e Ricci, i quali «continuavano a ripetere che così si distrugge il fascismo» 3 • Lo scontro fra Graziani e Ricci, che rifiutava categoricamente di sciogliere la Milizia, si trascinò per quasi tre settimane e aJla fine Mussolini, preso di petto da entrambi, «seccato e nervoso» rinviò ogni decisione a dopo il congresso del partito 4 . Il punto cruciale però era un altro, il 15 ottobre la stampa aveva diramato l'ordine di chiamata alle armi delle classi 1923-24-25; il 19 il generale Gambara venne nominato capo di S.M. dell 'Esercito e il 20 gli uffici leva ripre-

1 F. Deakin , Storia della repubblica di Salò cit., p. 584. Cfr. E. Canevari , Graziani mi ha detto, cit., p. 291). 2 A. Tamaro, Due anni di storia cit., II p. 247 . 3 G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia cit., pp. 58-59. 4 Ibidem, p. 95 .


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sero a funzionare; il 9 novembre il manifesto di chiamata fissò la presentazione delle reclute ai distretti militari dal 15 al 30 novembre. Improvvisamente, il 10 novembre Mussolini convocò Graziani e Canevari ed espresse loro il suo vivo timore - sottolineato con forza da Pavolini e da Ricci, che intendevano ostacolare in ogni modo la coscrizione - che «se si viene a conoscere che [le reclute] debbono andare ìn Gem1attia, succederà una "rivoluzione" perché il popolo crederà che non vanno temporaneamente per istruzione, ma per essere internati». In definitiva, Canevari - a capo adesso di una missione militare-fu rimandato al Quartier Generale di Hitler per ottenere la modifica della clausola, nel senso di costituire le previste divisioni non più con i chiamati alle armi in Italia bensì con l'esclusivo ricorso agli internati militari. Naturalmente a Canevari fu opposto un netto rifiuto e lo stesso Mussolini, chiamato al telefono da Keitel, nulla ottenne: «"Io mi sentirei disonorato - disse il Duce - se fra tanti internati non si trovassero 50.000 volontari per costituire queste quattro divisioni. Non posso mandare reclute per ragioni politiche". "Non posso entrare in merito a ragioni politiche - replicò Keitel - e ne riferitò quindi immediatamente al Fiihrer. Debbo però dire che gli internati non li vogliamo noi per ragioni militari e perciò dal punto di vista militare, se il mio parere verrà richiesto, darò al Fùhrer parere negativo"».

Il giorno 27, rientrato in patria, Canevari specificò che il rifiuto del1'0.K.W. a far svolgere l'addestramento delle reclute nelle regioni prealpine era motivato anche dal fatto di ritenere ... pericolosa la dislocazione di truppa italiane alle spalle delle armate germaniche impegnate contro gli anglo-americani! 1 • Conviene considerare la situazione in tema di forze militari della R.SJ. a fine novembre 1943 tenendo presenti alcuni dati di fatto. Anzitutto l' esistenza di formazioni autonome, sorte per iniziative individuali dopo 1'8 settembre - la più nota di esse era la Decìma Mas - , alcune delle quali inglobate nei ranghi tedeschi ed altre almeno nominalmente dipendenti dal governo di Salò, Di esercito regolare, come è ovvio, non era il caso di parlare sino al ritorno delle divisioni da forma.re ed addestrare in Germania. Le forze di polizia dipendevano da ministeri diversi e stavano attraversando un momendo di grave incertezza; la Milizia aveva bisogno di essere ripresa alla mano. Questo disordinato ambiente era per giunta agitato da due elementi di forte

1

E. Canevari, Graziani mi ha detto, cit. , pp. 297-298.


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disturbo: J'antagonismo fra chi intendeva costruire un esercito apolitico (Graziani, Gambara, Canevari) e chi voleva un esercito fascista (Ricci, Pavolini); la pressione tedesca per ottenere a qualunque costo lavoratoli, sia da inviare in Germania, sia da impiegare in Italia nell'industria controllata dal Reich. Giustamente Deakin ha commentato che non può stupire il suggerimento formulato in novembre da Kesselring in un messaggio a Hitler: «dobbiamo farla finita e dichiarare senz'altro l'Italia territorio d'occupazione, aJlo stesso modo che si è proceduto nel Belgio e nell 'Olanda» 1• Il 29 novembre Dolfin scrisse nel suo diario: «La yessata questione della Milizia dopo una serie di discussioni è stata risolta come ormai si prevedeva, cioè col pieno trionfo della tesi autonomistica cli Ricci, appoggiato dal partito. La M ilizia passa in blocco alla Guardia repubblicana, che avrà ordinamento e bilancio propri ed il cui comandante sarà alle dipendenze dirette del Duce. Ciò significa la costituzione di un altro esercito. Si parla infatti di già con ironia dell'esercito apolitico di Graziani e di quello politico di Ricci . Ma siccome questa formazione avrà anche i compiti clell'anna dei carabinieri, ci saranno nuovi motivi di conflitto anche con la polizia( ...) . Buffarini si dà anima e corpo ad ingrossare le file della polizia ausiliaria; il pmtito fa lo stesso per le sue squadre( ...)» 2 •

Più esattamente, la Guardia Nazionale Repubblicana, al comando di Ricci, sarebbe stata composta dalla M.V.S .N ., da quello che restava del1'Anna dei carabinieri e dalla P.A.I.. Il rapporto inviato a Berlino il 19 novembre dal colonnello Jand] , addetto alla persona del Duce, appoggiava la costituzione del nuovo corpo, anche perché molto diffidente sull'esercjto repubblicano in gestazione e, soprattutto, sui generali Gambara e Canevari: «( ...) Il Duce però è stato completamente conquistato da Gambara e Canevari che lo

ingannano con dei discorsi magniloqueni sulla rinascita di un nuovo grande esercito italiano che riscatterà con grandi azioni belliche il tradimento di Bacloglfo . Fanno pressione su di lui perchè crei un comando unitario, perchè cioé liquidi la milizia come condizione essenziale e preliminare per questo scopo. I generali Gambm·a e Canevari sono i due esponenti più potenti dell'esercito che si oppongono alla milizia( ...). Data l'attuale composizione dell'esercito italiano è bene cbe noi si stia in guardia contro un secondo 25 luglio. C'è gente che può star covando piani a lunga scadenza in que-

1

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p. 593.

2

G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia cit., pp. 116-117.


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sta direzione. Ma finché le munizioni rimangono in mano nostra e finché i nuovi reparti vengono formati intorno a nuclei tedeschi e sotto il comando tedesco( ...) il pericolo non può essere considerato grave ( ...)» 1 •

Diciamo subito che unire i carabinieri ad altri corpi, ed in specie a]Ja milizia, era un'idea molto peregrina e difatti la divisata «fusione» si palesò «un ibrido e naturalmente non riuscito connubio», per dirla con Graziani 2 • Ma 1' Arma aveva subìto un violentissimo trauma. Inizialmente i carabinieri erano rimasti al loro posto per proseguire nel servizio d'istituto, secondo l'ordine impartito 1'8 settembre dal comandante generale, generale Cerica, ben presto però la situazione si complicò. Kesselring, comandante in capo nell'Italia centro-meridionale, dai rapporti che gli pervenivano trasse la conclusione che i 9 mila carabinieri di Roma e dintorni costituissero una minaccia potenziale durante il ripiegamento. deciso il 16 settembre, sulla linea Reinhardt. Perciò chiese al ministro degli Interni, Buffarini Guidi, il disarmo deI1 'Arma nella capitale e, nel contempo, fece studiare un'azione di forza per mezzo della 2" divisione paracadutisti. I primi di ottobre il generale Stahel informò Graziani che Kesselring, viste inutili Je sollecitazioni ali' Autorità italiana, stava orientandosi ad intervenire direttamente. Graziani, preso immediatamente contatto con il Comando tedesco, chiese ed ottenne la promessa che i carabinieri disarmati non sarebbero stati trasportati in Germania e concordò il loro concentramento a Fidenza, per il successivo smistamento nella rete territoriale del1' Arma nel Nord. Peraltro la voce si era diffusa e gli allontanamenti arbitrari aumentarono rapidamente. l.16 ottobre si registrò un fatto nuovo: il prefetto di Zara chiese aiuto al ministero della Difesa contro i partigiani di Tito. Graziani allora pensò di inviare in Dalmazia, i carabinieri di Roma, inquadrati in battaglioni operativi, evitando in tal modo il loro disarmo, ma il comandante interinale, generale Casimiro Delfino, dichiarò con franchezza l'impossibilità di fare assegnamento sui suoi uomini, «sfiduciati e di morale bassissimo». Non restava che procedere al disarmo . L'operazione doveva iniziare il giorno seguente e gli agenti della P.A.J. avrebbero sostituito i carabinieri nella stazione periferiche della città. Non si registrarono incidenti di rilievo, ma i carabinieri catturati per il viaggio a Fidenza risultarono soltanto 1.500. La gran massa - circa 7 mila

1

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp. 591-592. ·

2

R. Graziani, Ho d(f'eso la Patria cit., p. 402.


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uomini, il 60% dei quali con l'armamento personale e le munizioni- si era resa irreperibile 1• Se i tedeschi avevano motivo di diffidare dei carabinieri, questi a maggior ragione nutrivano dubbi sulle reali intenzioni di queJli. , Difatti i convogli ferroviari invece di arrestarsi a Fidenza proseguirono per la Germania. Le recriminazioni di Graziani furono inutili 2 . Mussolini non si rassegnava. Il 29 novembre Rahn riferì che il Duce intendeva rivolgersi al FUhrer in questi termini: «Nell' accordo firmato nell'ottobre scorso dal generale Canevari era stabilito che la prima delle quattro div.is.ionj del nuovo esercito repubblicano dovesse essere costituita dalle truppe internate in Germania. Fu costituita a questo scopo una missione militare permanente alle dipendenze ciel generale Canevari. Mi s i comunica ora la decadenza del1' accordo . Vi chiedo, Fiihrer, cli confermare urgentemente questo accordo e cioé che la prima delle quattro divisioni sarà costituita dai migliori soldati ora in Gennania ( ...). Sono sicuro, Fiihrer, che Voi, con il Vostro profondo senso politico, verrete incontro al mio desiderio ( ...) che rafforzerà anche l'autorità del mio governo e la fiducia del popolo ( ...)».

Immediatamente Rahn ricevette disposizione di recarsi da Mussolini per rappresentargli il vivo allarme delle autorità militari tedesche per gli sviluppi che stava assumendo la questione. Ai loro occhi la fedeltà degli ufficiali italiani a]] 'ideologia fascista era più che dubbia ed il chiaro intento del maresciallo Graziani di porsi come principale protagonista di un esercito solo repubblicano preoccupava non poco. La Germania non desiderava ripetere <<l'esperienza di un secondo tradimento» e, pur rendendosi conto delle difficoltà in cui si dibatteva il governo fascista, «non poteva restare a guardare». ·Quindi occ01Teva che il governo fascista si imponesse e si decidesse ad accettare tutte le conseguenze dell'al1eanza con il Reich. Mussolini replicò che da un lato comprendeva i sospetti tedeschi dopo il tradimento di Badoglio, ma non era certo il caso di pensare che Graziani fosse <<personalmente sleale. Si è troppo compromesso nella nostra direzione perché possa sussistere una possibilità di intesa tra lu i e l'altra parte». E sottolineò che «al momento attuale è politicamente pericoloso cbe le nuove reclute, sinora ancora poco controllate per mancanza cli caserme, equipaggiamenti ed anni, non si presentino

1

Filippo Caruso , L'Arma dei Carabinieri in Roma durante l'occupazione tedesca, Pol.

dello Stato, Roma 1949. 2 R. Graziani , Ho difeso la Patria cit., pp. 397-400 .


LA COBELLIGERANZA

344

alla chiamata o se ne vadano tra i partigiani non appena a conoscenza dell'intenzione cli trasferirle in Gennania. In questo sono spalleggiate dallo stato psicologico della popolazione che nella maggioranza è incerta circa la sorte degli internati in Germania e tene che i giovani andando in Germania debbano subire la stessa sorte».

Questo colloquio fu seguito da un altrn, il 1° dicembre, con l'accordo che «secondo i desideri tedeschi, le reclute saranno inviate in Germania entro la prima metà di gennaio» e nella prima metà di quello stesso dicembre molti reparti sarebbero stati incorporati nella milizia e nelle unità di lavoratori 1 . ll successivo 4 dicembre l'argomento venne sviluppato in ampiezza ed esaminato nei particolari, talché si giunse a definirne compiutamente i termini in un nuovo .incontro svoltosi a Gargnano il 4 dicembre con la partecipazione di Graziani e Gambara da parte italiana e di Wolff, Toussaint e Rahn da parte tedesca. In sostanza, le quattro divisioni dovevano essere formate dalle reclute inviate in Germania entro la prima metà del gennaio 1944; altri 30 mila uomini dovevano essere incorporati nelle armate tedesche 10" (12 mila u.) e 14" (18 mila u.), mentre 43 mila sarebbero stati assegnati alla Luftwaffe con le nuove leve. Subito dopo, peraltro, il generale Canevari fu esonerato dall'incarico per talune espressioni improntate a scetticismo nei confronti del governo fascista manifestate nel corso dei colloqui in Germania 2 . «il solo fatto grave - annotò Dolfin - è l'impegno ormai assunto di inviare in Germania le reclute. Mnssolini e Graziani non possono mandarlo giù. Temono giustamente che una parte di giovani( ...) taglino la corda al momento della partenza. Il maresciallo è ancora più esasperato del Duce, perché non vede alcuna possibilità cli mutare le cose senza il pericolo cli venire tacciato dai tedeschi di slealtà; ciò che non mancherebbe di compJicare ancor più la difficile ed inllicata situazione dei nostri rapporti con loro» 3 •

Mussolini appariva scoraggiato e deluso . La sera di Natale avrebbe ammesso con Dolfin: «Ho potuto definitivamente convincermi che non avremo mai un esercito . I tedeschi non lo vogliono. Essi non desiderano avere debiti di sorta eia pagare il giorno della pace.

Telegrammj di Rahn in data 29. 11.1943 e 1.12.1943 cit. in F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp. 594-595. 2 Ti:a l'alu·o avrebbe detto che bisognava considerare morto il fascismo e che il nuovo esercito sarebbe stato concepito come un esercito repubblicano e non come una tipica Forza Armata fascista (G. Schreiber, T militari italiani cit., pp. 493-495). 3 G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia cit., p. 133. 1


LA REPUBBLICA SOCIALE lTALIAl"l'A

345

Con la tattica manovrata che stanno usando sul nostro fronte possono d'altronde agire da soli, ritirandosi lentamente, passo a passo, sino alle Alpi»

i.

La sensazione era giustificata, ma non si trattava degli eventuali debiti da pagare nella chiaramente assurda ipotesi di una pace vittoriosa quanto dell'oggi. Proprio in quei giorni Hitler, interrogato durante una riunione di capi militari sui suoi propositi per un esercito italìano, si espresse con molte perplessità al riguardo: «La Germania - disse - non ha più interesse alla creazione cli un esercito italiano perché , in seguito agli avvenimenti dello scorso settembre, le nostre relazioni con l'Italia sono molto difficili e devono ri,manere tali: organizzare reparti militari italiani richiederebbe quindi la massima cautela e vigilanza» 2 • * ** Come è naturale, l'attesa per i risultati della prima chiamata alle armi fu spiccatissima 3 . Ad alto livello si ostentava ottimismo. TI generale Gambara, ad esempio, dichiarò al corrispondente della «Transocean» che il prevedibile gettito delle due classi più giovani si. sarebbe aggirato sulle 300 mila reclute 4 • Molto probabilmente contava soprattutto sulla minaccia espressa senza mezzi termini da]la circolare del ministero sulla «Riorganizzazione dell'esercito» del 24 ottobre, la quale avverti va che «In caso di mancata presentazione dei militari soggetti agli obblighi di leva, oltre alle pene stabilite dalla vigente regolamentazione militare, saranno presi immediati provvedimenti a carico dei podestà e dei capi famiglia» 5 • E i provvedimenti in questione erano draconiani . La prefettura di Milano li elencò meticolosamente: arresto del padre del ragazzo; ritiro immediato delle carte annonarie a tutti i parenti di primo e secondo grado, esclusi soltanto i bambini inferiori ai 10 anni; ritiro immediato delle licenze di esercizio e d:i circolazione delle autovetture per tutti i parenti di primo e secondo grado; sospensione immediata del pagamento delle pensioni ai genitori; sospen-

A. Tamaro , Due anni di storia cit., II p. 282. Fiihrer Conferences on Naval Ajfairs 1943 , 19-20 dicembre, in F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p. 596. 3 Sulle varie chiamate alle armi disposte dalla R.S .I. cfr. in particolare Virgilio ltari, Storia del servizio militare in Italia, lV, Rivista Militare, Roma 1991 , pp. 61 -80. ' 1 «Il Regime Fascista>) di Cremona in data 20 .11 .1 943 in Giampaolo Pansa, L'esercito di Salà, Ferrari,Milano 1969 , p. 26. 5 Diario storico ciel CCVII Comando militare regionale in data 24.10. 1943. 1

2


LA COBELLIGERANZA

346

sione .immediata dagli impieghi statali e parastatali dei famigliari di primo e secondo grado 1• Il notiziario del 26 gennaio della Guardia Nazionale Repubblicana di Verona fu esplicito nella valutazione della situazione: «Fra le masse si va sempre più diffondendo la convinzione che l'esercito repubblicano non potrà dare reparti combattenti spiritualmente saldi, dato che .la maggior parte dei giovani è stata fatta presentare ai deposito con mezzi coercitivi» 2 .

Secondo Graziani la chiamata alJe armi delle classi 1924 e 1925 fornì un gettito che <<nessuno avrebbe immaginato»,Al primo posto egli citò I'Emilia con il 98% di presentanti, mentre nelle altre regioni il flusso fu inferiore. «Però - scrisse - ricordo dei 50%, dei 42%, dei 43%, dei 70%, dei 60%. Insomma venne fuori un contingente col quale si andava molto al di sopra di quello che volevamo» 3 • Secondo Deakin. dei 180 mila convocati se ne presentarono ai distretti soltanto 87 mila, dei quali 40 mila circa vennero subito presi dall'Organizzazione Todt e da altri enti controllati dai tedeschi e 25 mila incorporati temporaneamente nella Guardia Nazionale Repubblicana per la lotta antipartigiana che stava rivelandosi più impegnativa del previsto 4 . Ma non si trattò unicamente di renitenze: quasi subito si aggiunsero le diserzioni, dovute anche all'impreparazione dei depositi e dei distretti, nonché all' incredibile disorganizzazione delle caserme che accoglievano le reclute ed i richiamati: camerate squallide, finestre rotte, mancanza di effetti letterecci, insufficienti dotazioni di vestiario ed equipaggiamento, mancate distdbuzioni del rancio, carenze di controllo. Il 12 febbraio 1944 intervenne Kesselring rimarcando che negli ultimi tempi i casi di diserzione nel1' esercito repubblicano avevano assunto «proporzioni insopportabili»: «Vì do alcuni esempi: dal battaglione Siena, nel trasferirsi a Vercelli sono fuggiti 340 uomini. Dai repatti del Nord Italia, nelle ultime cinque settimate 3.500 uomini. Dal battaglione lavoratori n. 105, durante il trasferimento sul posto di lavoro, 548 uomini; e di 756 reclute , raccolte per il servizio militare, solo dal 2 al 7 febbraio , 425. Ho l'impressione che da parte dei Comandi regionali e delle Prefetture, coma da parte dei responsabili comandanti di repa1to e ufficiali, non ci sia sufficiente forza ed energia. Siccome sta a cuore nel-

1

«Brianza repubblicana» in data 6.2.1944, in G. Pansa, L'esercito di Salò cit., p. 29. G. Pansa, l'esercito di Salò cit., p. 31. 3 Processo Graziani, Ruffolo, Roma 1949, I, pp. 271 -272. 4 F. Deakjn , Storia della repubblica di Salò cit., p. 647. 2


LA REPUBBLICA SOCIALE !TALUNA

347

l'interesse di ambo le parti, la costituzione di un nuovo forte Esercito italiano, vi prego, signor Maresciallo, di prendere provvedimenti affinché possa fermarsi una ulteriore disgregazione( ...)».

Poiché Kesselring chiedeva di conoscere gli «speciali provvedimenti presi», Graziani, punto sul vivo, si affrettò a replicare il 18 febbraio: «Le cause degli allontanamenti arbitrari dai reparti sono note anche a Voi, signor Maresciallo! ( ...)» e precisò che le enormi difficoltà incontrate dal ministero erano dovute: «sia ;:1lla totale disorganizzazione di tutti i servizi - a cominciare da quelli indispensabili alla vita ed all'alloggiamento degli uomini - sia al ritardo col quale alcuni Comandi germanici periferici hanno potuto fornire i materiali cli vestiario e di accasermamento. 1n questa situazione non può meravigliare se, in piano inverno, uomini mal vestiti e mal alloggiati in caserme prive o quasi di ogni conforto, non abbiano saputo resistere alla tentazione di allontanarsi».

Spiegò inoJtre che per queste considerazioni non aveva ritenuto opportuno né giusto applicare severe sanzioni contro i trasgressori o contro i famigliari . Di conseguenza, per il momento si era fatto ricorso essenzialmente ad un'azione «persuasiva di elevazione spirituale» 1• Tuttavia, lo stesso giorno veniva promulgato un decreto legislativo che prevedeva la pena di morte per i renitenti ed i disertori: «ait. l - Gli iscritti di leva arruolati ed i militari in congedo che, durante lo stato di guerra e senza giustificato motivo, non si presenteranno alle armi nei tre giorni successivi a quello prefissato saranno considerati disertori di fronte al nemico ( .. .) e puniti con la motte mediante fucilazione nel petto. art. 2 - La stessa pena verrà applicata anche ai militari deJle classi 1923-24-25 che hanno risposto alla recente chiamata o che, dopo aver risposto, si sono allontanati arbitrariamente dal reparto. art. 3 - I militai·i di cui all'ert. precedente andranno tuttavia esenti da pena e non saranno sottoposti a procedimento penale se regolarizzeranno la loro posizione presentandosi alle armi entro il termine di quindici giorni decorrendo dalla data del presente decreto ( ...)»

1

2

2.

R. Graziani, Ho d/feso la Patria cit., pp. 443-444. Sui particolari dei tem,ini cli scadenza e dei «correttivi» vds . G. Pansa, L'esercito di

Salò cit., pp. 39-41.


I LA COBELLIGERANZA

348

Stando ai rapportì deì Comandi della Guardia repubblicana, non sembra che le cose siano migliorate nel tempo . Il 3 aprile da Vercellì, ove era stato istituito il Centro Costituzione Grandi Unità, veniva segnalato che «L'insufficienza delle caserme e del vestiario è motivo di malcontento fra la truppa che dorme male e circola per la città in abito civile, distinguendosi solo per il copricapo rappresentato da un cappello alpino o da un basco». Il 1° maggio da Roma si informava che «Nei distretti militari si lavora con apatia e rassegnazione in attesa di nuovi eventi. Numerosi giovani presentatisi regolarmente alla chiamata, sono stati inviati alle proprie case, in attesa di poterli inquadrare ed equipaggiare( ...)». Il 30 giugno una lunga relazione da Firenze presentava un quadro sconcertante: «La riorganizzazione delle forze armate nella zona è pietosa( ...). Molto malcontento esiste fra gli ufficiali rimpatriati dai campi di concentramento tedeschi dopo otto mesi di prigionia. per la disorganizzazione che hanno constatato esistere ancora in Italia e per il solito modo disonesto con il quale si curano spesso gli interessi delle forze armar.e e ciel servizio. Un esercito senza armi, una marina senza flotta, un 'aviazione senza aerei si afferma che non possono certamente essere presi sul serio. Si pensa: come si può parlare di riorganizzazione mancando del minimo necessario essenziale alle forze armate? Le sottoscrizioni per le armi alla Patria muovono al riso. Tale stnto di cose si ritiene quasi .insormontabile in quanto provvedere alle necessità di un esercito senza un'attrezzatura industriale efficiente è cosa quanto mai ardua( ...). Con scetticismo la massa stessa dei militari osserva la propaganda che invita a tornare al combattimento, in quanto nulla vale chiamare alle anni se non si ha la possibilità cli vestire, armare ed equipaggiare il soldato. Le deficienze in breve tratteggiate agiscono in modo diretto sul morale dei soldati e dei quadro, in mezzo ai quali è notevolissimo il numero di coloro che si sono presentati per timore di rappresaglie o attratti dai vistosi assegni( ...) . D'altra parte, l'analisi dello svolgersi degli avvenimenti militari, confrontata con la lentezza della ricostruzione dell'esercito, è fonte di sfiducia e grave preoccupazione» 1•

E non basta . La prospettiva di essere inviati in Germania per il completamento delle divisioni colà io addestramento si traduceva in un forte :incentivo alla diserzione. Per quanto il Canevari abbia affermato che «nelle trnppe repubblicane le diserzioni non oltrepassarono mai- e solo per qual-

1

Ibidem, pp. 65-67.


LA REPUBBLICA SOCIALE ITALlANA

349

che reparto - il 10% 1, sembra che in effetti tale livello sia stato nettamente superato 2 • Né i successivi richiami disposti in aprile migliorarono la situazione. Le chiamate del 1914, del 1916-17 e del 1918 , tutte classi fortemente provate da quattro anni di guerra, dettero risultati deludenti anche per l'esistenza di ineccepibili motivi di esonero: aITuolamento nella Guardia repubblicana, lavoro nell'organizzazione Todt o nelle imprese controllate dai tedeschi. Ad ogni modo la costituzione delle prime quattro divisioni, tutte di fan teria, era avviata. A dicembre cominciò l'addestramento degli istruttori italiani, i primi di gennaio 1944 furono messi a punto i quadri ed a fine mese affluirono nei campi di addestramento i primi scaglioni dj reclute. Le D.f. Monte Rosa e Littorio risultarono composte di reclute (12 mila per ciascuna); la San Marco ricevette un assortimento di personale eterogeneo comprendente granatieri, camicie nere e marinai già in servizio in Egeo e nei Balcani nonché 1.800 uonùni ceduti dalla Decima Mas; la D.f. Italia , la prima ad essere costituita ma l'ultima completata, fu formata per lo più da richiamati e soltanto in piccola parte da reclute. Il rientro in Italia era previsto ottimisticamente per il mese di giugno e subito dopo ai campi di addestramento dovevano mTivare le reclute per dar vita al secondo gruppo di quattro divisioni. Un riepilogo complessivo degli effettivi incorporati nelle Forze Armate della R.S.I. fornisce un totale di 573 mila uomini 3 .

*** Poche parole, infine, sull'assetto assunto dalla Guardia Nazionale Repubblicana. La Milizia ne costituiva, ovviamente, la colonna portante. Per essa era previsto l'arruolamento volontario di giovani di età fra i 17 ed i 20 anni (quindi plasmabilissimi), il cui servizio nelle sue file era «valido a tutti gli effetti come servizio militare di leva». Purtroppo, benché ricevesse ogni attenzione, non brillava per disciplina né per addestramento militare dei giovani anuolati. Aggiungasi che ebbe a soffrire di gravi deficienze nell'armamento e ne11'equipaggiamento a causa di un diffuso ostruzionismo da parte tedesca, impegnata a provvedere in merito. AH' inizio del 1944 la Mi1izia con-

E. Canevari, Graziani mi ha detto, cit., p. 62. G. Pansa, L'esercito di Salò cit., p. 71 . . 3 li riepilogo è tratto da V. Ilari, Storia del servizio militare in Italia cit., TV, p. 229. 1

2


LA COBELLIGERANZA

350

Stima degli effellivi co111plessivm11e11te i11corpomti nelle FF.AA . della RS! (1) Co.

Categorie

E.N.R.

t>.•larina

Ar.

a) Ufficiali (Italia) b) Volontari, di cui: Unità R. Esercito (Estero) (2) Ex-internati Istrullori Mi lizia Armata (SS) Reparti volontari (Italia) (3) Decima Mas Paracadutisti Guardia Giovanile Legionaria MVSN (Italia) MVSN (Estero) Milizia contraerea (MACA) Volontari Marina e Aeron. e) Militari di leva (4) d) Carabinieri e P.A.l. (5) Totale

9.500 88.000 54.000 12.000 10.000 12.000

500 18.000

500 20.000

( 1)

Aero-

nautita

500 8.000

G.N.R.

3.000 67.000

Wchrmacln

10.000 8.000

lspellorato del Lavoro

1.300 28.000

2.000 15.000 4.000 18.0090 30.000 19.000 20.000

157.000

3.000 7.000

30.000

4.000 20.000

254.000

26.000

50.000

28.000

25 000 45.000 140.000

J:5.000

20.000

25.000

49.300

TOfale

15.300 239.000 62.000 12.000 10.000 14.000 15.000 4.000 18.000 30.000 19.000 20.000 7.000 274.000 45.000 573.000

Non compresi 29 mila uomini dcltc Briga1c Nere, JO mila delle PF.AA . di polizia e della Legione Muti, 6 mila ausiliarie del SAf, 2 mila avanguardisti delle «fiamme Dianche» . DI cui 16 mila in Francia, 3 mila in Ucraina, 45 mila nd Balcani (prevalcmcmente in Grecia, ma anche a Crt1a, nell'Egeo, in Momenegro o in Croaiia). (3) Unilàcon1roguerrìgtia (CO.GU., RAP, Cticciatori degli A1)penoin!), unità vofomari (2 reg:gimenli t 4 baw.1glioni auconomi), onìtà \'Olontaric nella Wehrmacht (b1g. d'as$alto Forll) e volooiad isolati. (') Di cui 259 mila delle cla»ì 1922-192) e 15 rnila delle classi 1916·17 (asseg.nati ai reparci <:on1raerei de1la Luf1wMfe in Germania). Nel giugno 1944 \'Cnncro chiamate anche le classi 1920, 1921 e 1926. (1) Com1>resi c.arabinieri trasferiti alla contraerea tedesca in Cì(rmania nd 19.14.

e)


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tava poco più di 90 mila uomini. di cui 49 mila camicie nere passate subito ai tedeschi nel settembre (30 mila in Italia e 19 mila in Francia e nei Balcani), 18 mila reclute volontarie e 25 mila militari di leva delle classi 1924 e 1925 trasferiti d'autorità nella G.N.R. per le esigenze della lotta partigiana 1• Inevitabilmente il lento decadere dell'efficienza condusse alla crisi che si verificò nel giugno 1944, all'aggravarsi deil'intera situazione militare. Quando ai carabinieri, ai primi del 1944 coloro che erano rimasti nell'organizzazione territoriale del Centro-Nord superavano di poco il 50% della forza iniziale 2 e, per giunta, il loro reale apporto a favore della R.S.I. appariva molto tiepido. Un notiziario in data 5 febbraio della G.N.R. di Casale segnalava «come in talune stazioni dislocate nel territorio cli questa giurisdizione, esista una specie cli indolenza e cli eccessiva tolleranza nella ricerca dei precettati( ...), sia nell'opera cli persuasione personale, sia nei riguardi dei reati di carattere politico. Le lamentele e le critiche da parte cli elementi di fede circa questo assenteismo concordano in proposito» 3 .

E si può ritenere per certo che tale significativo atteggiamento fosse molto diffuso. Il colpo di grazia a questa situazione, di per sé piuttosto precaria, fu dato dall'ordine di Ricci nel giugno 1944, che stabiliva il trasferimento in Gennania di ben 10 mila carabinieri in adesione alla imperativa richiesta di Goering di personale per la difesa contraerei. fl provvedimento provocò un'immediata ondata di diserzioni (oltre 2 mila), cosicché partirono soltanto 2.800 carabinieri in quattro successivi scaglioni. Naturalmente la struttura periferica del1' Arma ne uscì del tutto sconvolta , anche perché il 6 luglio i 3 mila carabinieri della Venezia Giulia furono disarmati e spediti in Germania dall'alleato tedesco, che assunse il diretto controllo dell' Adriatische Kiistenland 4 • La pjù cocente delusione fu peraltro causata a Mussolini dalla Polizia del1' Africa Italiana - 1.300 agenti concentrati a Roma - , creatura fascista e particolarmente curata da lui stesso. Considerandola «la beniamina di tutte le polizie, ne desiderava vivamente il trasferimento al Nord. Né poteva rassegnarsi a credere che gli fosse diventata infedele» 5 • Ebbene , a detta del gene-

V. Ilari, Storia del servizio miliLare in Italia cit., TV, p. 69. Una situazione ciel Comando Generale dell'Arma in data 1.3.1944 presentava in servizio 790 ufficiali, 8.253 sottufficiali e 35.155 carabin ie ri . 3 G . Pansa, L'esercito di Salò cit. , p. 17. 4 V. Ilari , Storia del servizio militare in llalia cit. , IV, p. 70. 5 R. Graziani, Ho d!f'eso la Patria cit., lll, p. 1086. 1

2


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LJ.

rale Macrì, comandante del IX Comando militare regionale del Lazio, proprio questa unità scelta era «afflitta dal collasso generale», non voleva impegnarsi, non voleva combattere e soprattutto non voleva lasciare Roma 1• E difatti non lasciò la capitale, in attesa degli anglo-americani.

3. IL SORGERE DELLA RESISTENZA ARNIATA La Resistenza armata italiana sorse e prese consistenza lentamente in circostanze politiche e militari estremamente difficili, anche e soprattuttoalmeno agli inizi - sul piano psicologico. D' improvviso il Paese si trovò alle prese, in casa propria, sia con l'ex-nemico, non ancora alleato ma ritenuto in grado di «liberare» l'Italia in breve tempo, sia con l'ex-alleato, non ancora nemico ma già preparato a non perdonare il previsto «tradimento». Il primo, che sicuramente non avrebbe modificato i propri piani strategici per favorire una pronta <<ripresa>> dell'Italia sconfitta, e che continuava i suoi bombardamenti indiscriminati aggravando le già disastrose condizioni di vita in cui versava il Meridione, consentiva tuttavia di formulare ottimistiche previsioni per un futuro non troppo lontano. Il secondo, che già dilagava verso sud, mostrò subito l'intenzione di far rimanere la guena il più a lungo possibile nella penisola, ove, nel frattempo, la popolazione assisteva attonita al subitaneo sfaldamento delle Forze Armate ed avvertiva la sconcertante scomparsa dell'autorità governativa, trasferitasi nel «Regno del Sud», ricavando la penosa sensazione di un vuoto totale. Tutto ciò avveniva in un quadro di conoscenza degli eventi in corso estremamente incerta e frammentaria, a causa del letterale collasso in cui era precipitato l'intera sistema delle comunicazioni, della distribuzione e perfino della pubblica informazione, essendo i giornali ridotti ad un solo foglio, la rete telefonica semisconvolta e la radio funzionante a tratti 2 • L' impossibilità, dunque, di valutare con chiarezza quello che stava accadendo; l'ingombrante ed oppressiva presenza dei tedeschi; i momentanei entusiasmi provocati da voci di sbarchi anglo-americani in Toscana, in Liguria e nel Veneto, subito smentite con conseguenti amare delusioni; il trauma del ritorno del regime fascista, fortemente sorretto dalla Germania ora nemica; la sempre più sconfortante consapevolezza che, almeno per il

1

Processo Graziani cit., lll, p. 1086.

2 Franco Bandini , Prime attività partigiane in

CISM, Roma 1994, p. 574.

«L'Italia in guerra. Il qua110 anno 1943»,


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Nord Italia, la guen-a continuava nel peggiore dei modi; tutto, insomma, portò alla totale confusione una popolazione già sgomenta e depressa. L'abbattimento e l'inazione non durarono a lungo. Fu proprio la condotta tedesca a suscitare una crescente avversione popolare con le durissime repressioni di moti spontanei di rivolta cittadina e soprattutto con le spietate rappresaglie. Ricordiamo al riguardo, fra i molti , gli episodi dell' 11 settembre a Nola, dove, dopo uno scontro a fuoco tra un reparto italiano ed una pattuglia germanica, il colonnello Amedeo Ruberto, comandante del presidio, ed il colonnello Michele De Pasqua, comandante del deposito del 48° artiglieria, vennero fucilati insieme con altri otto ufficiali davanti ai loro solGlati; del 19 settembre a Boves, presso Cuneo, data alle fiamme con 23 civili uccisi; del 21 settembre a Matera con undici ostaggi fatti saltare in aria con la caserma in cui erano stati rinchiusi; del 24 settembre a Rionero in Vulture, presso Potenza, con 24 civili fucilati; del 1 ° ottobre ad Acerra in fiamme con 200 persone massacrate; del 6 ottobre a Lanciano, presso Campobasso con 12 passati per le anni; del 13 ottobre a Caiazzo con 13 fucilati solo per non aver saputo o voluto fornire informazioni su una banda di «ribelli». Né mancò un primo caso di genocidio: il 23 settembre a Meina, sul lago Maggiore, 12 ebrei vennero uccisi e gettati nel lago e nei giorni seguenti l'operazione continuò con altri 4 ebrei assassinati ad Arona, altrettanti a Stresa e 14 a Baveno. Quanto al compqrtamento germanico nei confronti della popolazione, se dopo il 25 luglio spesso aveva mostrato in prevalenza una fredda ostilità, dopo l'annistizio assunse una connotazione assai vicina a quella dei lanzichenecchi. Il 19 settembre il comandante del XIV Panzerkops, informato del verificarsi di saccheggi a negozi ed abitazioni private e di plateali rapine per le strade, vietò l'accesso a Napoli agli appartenenti a reparti non di stanza nella città. In ottobre un ufficiale inoltrò al Comando della Kriegsmarine in Italia un significativo rapporto: <<Non vi è dubbio che nelle settimane passate i casi di saccheggio ad opera di soldati tedeschi in Italia abbiano assunto aspetti e dimensioni ritenute finora incredibili>>, specificando che militari avevano «svaliggiato gioiellerie fiorentine». Benché gli abusi e le illegalità fossero stati espressamente vietati dai Comandi della Wehrmacht, quanto meno per elementari esigenze disciplinari, le prepotenze e le requisizioni arbitrarie continuarono per mesi, soprattutto ad opera di reparti in transito per i centri abitati. La pratica era tanto più odiosa in quanto il materiale rubato veniva poi venduto alla borsa nera ad altri italiani. Le cose giunsero al punto che 1 . '8 luglio 1944 Kesselring si indurrà adiramare un 'ordine estremamente severo. Rilevato che, nonostante le ripetute disposizioni, «militari di ogni grado percorrevano in lungo e in largo i]


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tJ

Paese come saccheggiatori, con un comportamento tale da danneggiare nel peggiore dei modi il prestigio delle Forze Armate germaniche» e sottolineato che spesso si trattava di «arricchimenti personali», ordinò di «fucilare sul posto senza alcun procedimento previsto dal diritto statario e dalla legge marziale( ...) i saccheggiatori colti sul fatto» 1• Quanto alla Repubblica Sociale Italiana, con la prima chiamata alle armi per il nuovo esercito repubblicano segnò un altro pesante punto, non a vantaggio proprio ma a beneficio della Resistenza.

*** L'opposizione armata al nuovo avversario si manifestò in via primaria fra gli sbandati dell'Esercito, la Forza Annata di gran lunga più numerosa. All' 8 settembre essa contava nella penisola circa un milione di uomini alle armi e precisamente 800 mila- poco più di un terzo dei quali in Campania, Puglia e Calabria - inquadrati in grandi unità operative di vario livello di efficienza e 200 appartenenti ad enti territoriali, quali distretti, depositi, scuole, stabilimenti dei servizi. Il repentino scompaginamento dell 'organizzazione di campagna e territoriale mise dunque «in libertà» oltre 600 mila uomini nell'Italia centro-settentrionale 2 • In un primo momento si raccolsero in località fuori mano, quali le colline attorno a Cuneo, nel Varesotto, sulle Prealpi venete, sull'Appennino modenese, nel Pratomagno, sull' Amiata, verso :il Gran Sasso, piccoli nuclei od anche gruppi di centinaia di militari, in prevalenza armati, ai quali presto si aggregarono volontari civili. Ad una diecina di giorni dall'armistizio la Resistenza, intesa come movimento di armati e decisi a lottare, ben distinti dai semp)jci sbandati e dai rifugiati, poteva contare complessivamente su 1.500 uomini: un migliaio nell'Italia settentrionale, metà dei quali in Piemonte, e 500 in quella centromeridionale con gravitazione nella fascia di confine fra Marche e Abruzzo 3 . Alla data del 21 settembre 416 mila militari risultavano disarmati dal grnppo di armate B di Rommel e 25 mila dall'O.B.S. Kesselring. Al 29 settembre 280 mila di essi erano già stati sgomberati verso «nord-est» ed all' 11 ottobre i deportati militari dall'Italia erano più di 316 mila 4 • Oltre 100 mila

Gerhard Schreiber, l militari italiani internati nei canpi di concentramento del Terzo Reich, USSM"E, Roma I992, pp . 300-304 . 2 Virgilio ilari, Storia del servi.zio militare in Italia cit., V, tabella p. 40. 3 G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Oscar Mondatori , Milano 1996, p. 32. 4 G. Schreiber, l 11·1 .ilitari italiani internati cit., pp. 150, 155 e 314. 1


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passarono alla R.S.I. od alla Wehrmacht con varie modalià di arTuolamento 1• Molti altri riuscirono a raggiungere le rispettive case od a trovar·e asilo presso generosi conoscenti in città o nelle campagne. Ai più, però, si presentò l'urgente problema di «che cosa fare». Come naturale, dunque, il primissimo afflusso alla Resistenza fu di militari - ufficiali effettivi e di complemento, sottufficiali di carriera o richiamati, soldati di leva o trattenuti o richiamati in generale armati. Ad essi si unirono alcune migliaia di prigionieri alleati liberatisi dopo l'armistizio e sfuggiti ai tedeschi. La ricerca di un rifugio in montagna derivò da particolari circostanze locali, da impulsi soggettivi diversi e da motivazioni le più disperate: elementar~ desiderio di sfuggire alla deportazione od alla chiamata alle armi della R .I.S.; opportunistica attesa di un chiarimento della situazione, in particolare nell'Alta Italia; fiducia in una rapida soluzione legata all'arrivo degli anglo-americani, in quel momento considerato imminente; spirito d'avventura, non sempre volto a mire commendevoli; legittima ribellione contro l'arrogante e dilagante oppressione tedesca. Ma quale che fosse il motivo di fondo, esisteva in tutti l'intento di cercare il modo di difendersi e la disponibilità ad agire aggressivamente contro il nuovo nemico 2 , troppo difficilmente affrontabile in campo aperto. Fu alle vallate dell'intero arco alpino e degli Appennini sino agli Abruzzi che si indirizzarono i gruppi di militari sbandati e ben presto anche giovani studenti e lavoratori, mentre nelle principali città gli esponenti politici cominciavano a costituire i Comitati Nazionali di Liberazione. Di conseguenza, il fattore maggiormente condizionante della guerra partigiana in Italia fu rappresentato dall'ambiente naturale in termini di compartimentazione del terreno e quindi delle possibilità di azione, come bene messo in evidenza da Giorgio Rochat, per cui tale guerra «nacque e si sviluppò in singo]e valli delle Alpi (e, in minor misura, degli Appennini), con una netta separazione rispetto a quanto avveniva nelle valli contigue» 3 • Questo vincolo ambientale favorì l' autononùa delle bande, soprattutto laddove esse ebbero a capo un individuo di forte personalità ed originario della zona. Per contro, risultarono inevitabili la limitata consistenza delle for-

Ilari, Storia del servizio militare in Italia cit., V, p . 44. Accade sovente di voler citare in memoria e monografie sulla guerra di liberazione il tedesco come «il nemico tradizionale» dell'Italia, il che è ciel tutto inesatto: il nemico «storico» era l'austriaco. Non di.rrientichiamo ché durante il Risorgimento la Prussia è stata dalla nostra parte. 3 Giorgio Rochat, Ufficiali e soldati. L'esercito italiano dalla prima alla seconda guerra mondiale, Gasperi, Udine 2000,pp . 180-190. 1 V.

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mazioni (per giunta soggette a sensibilissime fluttuazioni di presenze), il difficile coordinamento di azioni di un certo respiro, la scarsa possibilità di controllo da parte dei C.L.N .. Un secondo aspetto negativo, più che comprensib.ile, fu dato dall'impossibilità, per le formazioni di vario tipo sorte in quell'autunno, di poter agire con efficacia essendo prive di capi esperti di guerriglia e carenti di armi e munizioni, di collegamenti, di sostegno logistico. Gli uomini che si accingevano alla guerrig]ia dovevano ancora ambientarsi, conoscersi, organizzarsi, abituarsi ad accogliere «reclute», a sfuggire alle retate fasciste e tedesche, a trovare un modus vivendi con gli abitanti delle zone in cui fissavano una base temporanea od in cui si spostavano. Per giunta, le masse contadine rimanevano passive, quando addirittura non manifestavano scarsa solidarietà al movimento partigiano. Perciò nei prinù tempi le formazioni si limitarono ad azioni sporadiche di sabotaggio, in particolare lungo le vie di comunicazione 1• La costituzione delle singole bande venne influenzata in massimo grado dalle affinità di sentimenti o motivazioni ideologiche. Giorgio Bocca fornisce un quadro esauriente delle differenze di atteggiamento. In prùnis spiccavano gli autonomi, «numericamente e militarmente alla testa nei primi mesi della Resistenza annata»: si dichiaravano apolitici e per lo più monarchici, conservavano «un certo formalismo militare», la loro vaga colorazione era liberale o cattolica od anche socialisteggiante. Per questi orientamenti risultavano cordialmente invisi ai capi delle formazioni politiche in visita, i quali «hanno l'impressione di assistere ad una continuazione pura e semplice delJ' esercito regio( ...), alJ'imitazione di un reparto regolare; un bel gesto al servizio di un'idea morta. I politici se ne vanno delusi, initati» 2 . Negli uomini del partito d'Azione, ostili in massimo grado al Re ed a Badoglio, si notava un «rigorismo più vicino alla protesta morale che all'azione politica: la grande virtù ed il grande limite di Giustizia e Libertà>>, un rigorismo con «durezza giacobina» anche nei confronti degli adepti 3 • I comunisti apparivano ispirati da un'accentuata, inflessibile ideologia, con la differenza, però, che questo loro rigorismo era «bifronte: assoluto, fanalitico nelJ 'interno de] partito; pronto ad ogni compromesso tattico fuori del partito». E, aggiunge Bocca, «il comunista nella Resistenza significa per gli altri resistenti un sicuro compagno di lotta contro il fascista 1 Leo Valiani, Tut.te le strade conducono a Roma, La Nuova Italia, Firenze 1947, pp. 101-102. Cfr. Luigi Longo, Un popolo alla macchia, Editori Riuniti, Roma 1964, p. 113. 2 G. Bocca, Storia del!' Italia partigiana, cit., pp. 83-85. 3 Ibidem, pp. 86-87.


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e contro il tedesco, ma al tempo stesso 1'avversario di classe; significa la competizione di classe nella guerra nazionale ( ...)» 1 • Il passo iniziale nel tentativo di dare un'organizzazione a11'intero sforzo partigiano fu compiuto subito, il 10 settembre 1943 , dal C.L.N. romano con l 'offerta avanzata telefonicamente a Ferruccio Parri, a Milano, di assumere il comando della resistenza armata ne11'ltalia settentrionale. Parri declinò l'incarico, data l'incertezza della situazione e probabilmente considerando la scarsa unità di intenti degli esponenti politici nei costituendi C.L.N .. Ma c'era-' anche un altro motivo. Egli vagheggiaca una guerra di liberazione condotta, sul modulo mazziniano, da un «esercito di popolo». Da tale premessa .derivata il suo pensiero fondamentale di cercare di accogliere «i reparti ed i comandi militari, dovunque ve ne fosse la possibilità» e trasformare i resti dell'esercito regolare in un esercito «patriottico e non partigiano, nazionale e democratico e non politicizzato». La struttura doveva essere quella «regolare». Il tutto, contando sul riconoscimento politico e sul sostegno degli Alleati. Una concezione del genere evidentemente imponeva una adeguata e non semplice fase di preparnzione e, quindi, non poteva accettare l'immediato , precipitoso inizio dell'azione annata 2 . Il secondo passo, molto più concreto, fu effettuato dai comunisti. Il P.C.l. che si affacciava alla guerra di liberazione era, secondo Spriano, il «partito vecchio», il partito di quadri e del «legame di ferro con l'internazionale comunista, con l'U.R,$ .S., con Stalin e tutto quello che Stalin rappresenta, il cordone ombelicale di Mosca» 3 , legame reso ancor più forte dalla vittoria di Stalingrado e dalla successiva trionfante avanzata verso il centro dell'Europa, i cui echi stavano diffondendosi nelle masse. I suoi propositi erano ben definiti ed altrettanto determinati . Anzitutto, a differenza degli altri gruppi politici, disponeva di un inquadramento solido e capillare che lo rendeva idoneo a diventare un partito <<di massa» ; in secondo luogo, si sentiva già in grado di avviare un contrasto armato con fascisti e tedeschi, ponendosi nella miglior luce agli occhi delle popolazioni; da ultimo, avve1tiva la necessità di creare una propria struttura militare di partito che , pur accogliendo volontari di varia estrazione, consentisse la piena direzione delle bande comuniste. Con ogni probabilità, questa linea di condotta avrebbe assicurato in un primo tempo l'egemonia sul movimento partigiano e, altermine delle ostilità, una posizione preponderante in campo politico. Così i Ibidem, pp. 88-90. Giovanni De Luna, Storia del Partito d 'Azione. La rivoluzione democratica (19421947), Feltrinelli , Milano 1982, pp. 99-103 . 3 Paolo Spriano, Storia del Partito comunista italiano, V, Einaudi, Torino 1975, p. 76. 1

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primi cli novembre venne costituito a Milano il Comando generale delle formazioni garibaldine, con Luigi Longo come comandante. Il coordinamento con il Veneto e l'Emilia e quello con il Piemonte e la Ligura vennero affidati rispettivamente agli ispettori generali Pietro Roasio e Francesco Scotti. La questione del controllo delle bande era naturalmente avvertita anche dai C .L.N .. Occorreva stabile il contatto fra i C.L.N. cittadini e le formazioni neJle vallate. Ed il contatto si concretava con un'organizzazione di comando e di supporto logistico a livello regionale. Cominciò il C.L.N . di Torino, nominando un comitato esecutivo, cui facevano capo due organi anch'essi a carattere collegiale, e cioé un comitato militare ed uno finanziario. La necessità di misure analoghe fu sentita anche altrove, però, mentre nel Nord ed in Toscana si riuscì a formare una direzione militare regionale, nell'Italia centro-meridionale le autonomia provinciali e le rivalità campanilistiche non consentirono di raggiungere un'organizzazione soddisfacente 1• Inizialmente la funzione di comandante militare regionale venne affidata a generali, tuttavia i risultati non corrisposero alle aspettative. Da un lato, infatti, vari ufficiali di carriera si rivelarono poco adatti a dirigere una guerriglia, dall'altro i partiti di sinistra rifiutavano categoricamente di rinunciare al carattere politico da essi voluto per la guerra partigiana. In Toscana il generale Salvino Gritti fu catturato con i suoi collaboratori il 1° novembre 1943 e fino al maggio successivo l'inconsistenza organizzativa impedirà che vanga scelto un nuovo capo; nel Veneto il capitano di vascello .Jerzy Sas Kulcycky (ovvero Sassi Duceschi) cadde in mani tedesche a fine 1943 e nessuno prese il suo posto; il Liguria il comando unificato fu assunto in pratica dal comando garibaldino della regione. In Piemonte si registrò il «caso Ope1ti». Dopo qualche incertezza, i primi di novembre il Comitato cli liberazione regionale piemontese affidò il comando militare al generale Raffaello Operti, già intendente de11a 4A armata. Questi aveva salvato la cassa dell'annata e, una volta assunto l'incarico, consegnò i fondi (150 milioni di franchi) al C.L.N .. La nomina fu approvata da tutti i partiti eccetto il comunista: «i comunisti - scrisse Valiani - che si guardano in cagnesco con i militari autonomi, vorrebbero fare il vuoto attorno al generale Operti, impedire ogni contatto con le bande» 2 • Operti si propose di raccogliere i gruppi armati dando loro carattere apolitico e di organizzare con sistematicità un esercito semiregolare, essendo convinto che le formazioni irregolari non fossero in condizione di reggere a lungo

1 G.

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Bocca, Storia dell'Italia partigiana, cit., p. I 11.

L. Valiani, Tutte le stra.de conducono a Roma, cit., p. 104.


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una gue1Tiglia. Intendeva, inoltre, agire con ponderatezza in modo da non provocare rappresaglje sulla popolazione indifesa 1 . A questa sua impostazione della resistenza armata, naturalmente osteggiata dalle sinistre in quanto attesista, si aggiungeva un carattere spigoloso, per cui le sue relazioni con il Comitato regionale lasciavano a desiderare, le informazioni che dava sui suoi propositi e sulle decisioni che prendeva peccavano di scarsa completezza e tempestività , i suoi rapporti con i capi partigiani provocavano sovente attriti. Il 7 dicembre, dopo un confronto molto esplicito fra il Comitato e Operti, la situazione sembrò migliorare, ma in realtà la collaborazione si era incrinata. I.comunisti accusarono il generale di essere un traditore, perché in contatto con tedeschi e fascisti per delimitare zone di tregua, ed un nemico della Resistenza , perché dichiaratamente ostile alle «bande sovversiva>>, cioé garibaldine. Visti tutti contro, Operti di dimise il 23 dicembre; il 28 il Comitato regionale gli votò la sfiducia 2 e, riconoscendo la necessità della «piena solidarietà dei partiti del C .L.N. contro ogni tentativo di rinnovare gli errori del 1920 ispirati dalla paura del bolscevismo» 3 , lasciò al comitato militare la funzione di comando collegiale con il generale Perotti quale consigliere tecnico. A fine marzo 1944 l'intero comitato venne arrestato dalla polizia e la maggior parte dei suoi membri fucilata il 5 aprile. In Lombardia le difficoltà opposte dalle circostanze erano accresciute dalle polemiche interne del C.L.N .. Perciò a Milano non fu possibile nominare un capo del comitato militare in quanto comunisti, azionisti e socialisti erano «divisi fra loro per diffidenze reciproche, temendo ciascuno cli essi che uno solo fra gli altri finisse con l'assumere una posizione preminente nella lotta» 4 . Alla fine del novembre 1943 il quadro della Resistenza partigiana, secondo una ricostruzione di Bocca, appariva il seguente. Il Piemonte spiccava per le sue tradizioni militari, per il senso dello Stato, per le lotte operaie, per ]a relativa larga disponibilità di quadri nùlitari e civili, di arnù e, in confronto alle altre regioni, di uomini . Le bande delle principali valli

Alessandro Trabucchi, l vinti hanno sempre torto, De Sii va, Torino 1947, p. 54. Sulla questione Operti cfr. Mario Giovana, La Resistenza in Piemonte. Storia del CLN piemontese, Feltrinelli, M ilano 1962, pp. 48-52; G. Bocca, Storia dell'/1.alia partigiana , cit., pp. 118-119; Raffaello Operti,// tesoro della IV annata, Superga, Torino 1946. 3 Paolo Greco, Cronoca del Comitato Piemontese di Liberazione Nazionale in «Aspetti della Resistenza in Piemonte» cit. in R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., p. 179. 4 Franco Catalano, Storia del CLNAI., Bompiani, Milano 1975, pp. 84-85. 1

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alpine (val d'Aosta, val Tournanche, val Pellice, val d' Ossola, val cli Susa ecc.) contavano a quell'epoca circa 1.600 partigiani, mentre quelle dell'alta . Lo,rnbarclia·, verso il confine svizzero, si limitavano a 300, il Veneto ardvava a 700, la Liguria a 200, la Toscana a poco di più, le Marche a ci.rea 150, il Lazio altrettanti, gli Abruzzi a 300. In totale si trattava dunque cli circa 3 .800 partigiani, metà dei quali autonomi 1• Nel territ9rio del Lazio, Abruzzi, Umbria, parte della Toscana e delle Marche stava organizzandosi il Raggruppamento patrioti Italia centrale al comando del colonnello Ezio De Michelis, articolato in tre sottoraggruppamenti per complessivi 12.500 uomini sulla carta: lo stesso De Michelis però calcolò che «i patrioti veramente e prontamente impiegabili erano in compless·o appena un decimo di quelli segnalati e le armi erano celate in posti imprecisati e di conseguenza spesso .introvabili» 2 . Dal canto suo il Comando Supremo, non appena informato della costituzione dei gruppi armati nel Nord, si adoperò per l'invio di missioni di collegamento con le formazioni partigiane, cli missioni speciali per compiti particolari. Il tutto in pieno accordo con la britannica Special Force n.l. Le missioni di coJlegamento ed operative sino all'aprile 1944 furono composte solo di personale italiano, successivamente furono miste o con personale unicamente inglese 3 • Comunque, una volta giunte in territorio occupato, gli inglesi le considerarono alle loro strette dipendenze in quanto non riconoscevano autorità al Governo italiano nei territori sotto giurisdizione della R.S.I.). I prim1 di ottobre 1943 furono stabiliti contatti radio clandestini ed all'inizio di dicembre il Comando Supremo pensò ad un coordinamento operativo dell'Italia occupata mediante comandanti militari regionali dipendenti dal Comando Supremo 4, però in stretto rapporto con i C.L.N. locali. A tale scopo con la circolare 333/op. in data 10 dicembre diramò direttive per un'organica condotta della guerriglia sulle seguenti basi: «dare alla guerriglia un carattere ed una direzione unitaria spiccatamente militare; astenersi da ogni politica ma realizzare collegamenti con i partiti al fine di incrementare l'azione militare contro i tedeschi; fare eseguire gli even-

1

G . Bocca, Storia dell'Italia partigiana, cit., pp. 93-97. Alfonso Bartolini e Alfredo Terrone, / militari nella guerra partigiana in Italia, USSME, Roma 1998 , pp. 18- 19. 3 L'azione dello Stato Maggiore Generale per lo sviluppo del movimento di liberazione (Relazione Messe) , USSME, Roma 1975, pp. 71-75. 1 · I Comandi previsti furono 8: Piemonte e Liguria, Lombardia, Veneto e basso Trentino, Emilia-Romagna, Toscana, Marchee Umbria, Abruzzo e Lazio (meno Roma), Roma. 2


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tuali ordini del Comando Supremo per l'attività di sabotaggio, in azione coordinata con le forze alleate; predisporre il servizio di ordine pubblico in vista di un eventuale sgombero tedesco e le azioni di antisabotaggio; attuare d'iniziativa ogni azione possibile contro i tedeschi» 1. Così, a fine dicembre giunse a Torino il generale Accame, il quale, su incarico del maresciallo Messe, doveva dar vita al movimento di resistenza militare delineato dal Comando Supremo con le citate direttive 333/op. Operti lesse il foglio e dichiarò che ne avrebbe fatto l'uso che riteneva più oppo1tuno, secondo le sua coscienza, io quanto «in quel momento non vi era organo o ente nel quale ponesse fiducia» 2 Accame proseguì per Milano O;'e ebbe modo dì rendersi pienamente conto del fatto che, almeno per il momento, il programma del Comando Supremo non incontrava alcuna aderenza alla realtà in atto. I comitati mi li tari dei C.L.N. erano emanazioni politiche e, come tali, per nulla disponibili ad accettare una qualsiasi dipendenza dal Comando Supremo; inoltre buona parte delle bande aveva già forti connotazioni politico-ideologiche. Se i comunisti disponevano delle brigate Garibaldi, gli azionisti nel febbraio 1944 avranno le Giustizia e Libertà e, a loro volta, i socialisti avranno le Matteotti ed i democristiani le Osoppo nel Friuli e le Fiamme verdi in Lombardia. Le bande autonome a prevalente intelaiatura militare restavano apolitiche, ma si collegavano con i liberali . Da notare che la frammentazione delle forze partigiane era tale da riscontrare veJleità di autonomia in molti gruppi anche nei confronti dei C .L.N .. Sul fin ire del 1943 il C.L.N. di Milano decise di risolvere convenientemente la dibattuta questione del comitato militare. Fu presa in considerazione la formula suggerita dal partito d'azione che «completava parità di diritti fra i cinque membri della Commissione, ognuno dei quali avrebbe dovuto abbandonare l'attività di partito a favore di quella militare, e riaffermava che la direzione politica della guerra partigiana spettava al C.L.N.; prevedeva però, 'data la particolare specifica natura del compito' , che uno dei membri della Commissione stessa avesse la ' direzione superiore dell'attività militare' ed io particolare rappresentasse la Co1mnissiooe verso il C.L.N .A.I., il governo Badoglio e gli Alleati» 3 . I.I documento riconosceva

Relazione lvlesse cit., p. 16 e all. 1. A. Trabucchi, J vinti hanno sempre torto cit., p. 68. 3 Giorgio Rochat (a cura), Atti del Comando Generale del Co1po volontari della Libertà (giugno 1944-aprile 1945), Milano 1972, pp. 7-9, cit. in Massimo De Leonardis,La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia, E.S .I., Napoli 1988, pp. 129- 13 1. Tutte le successive citazioni dagli Atti del C.Y.L. sono tratte da questa opera. 1

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la preminenza della candidatura di Parri all'incarico indicato. I comunisti si opposero-nettamente, ribadendo la collegialità della funzione di comando, sostenendo la necessità di lasciare la direzione della lotta armata ai capi delle bande e ponendo in evidenza il carattere politico della gue1Ta antifascista. Anzi, a quest'ultimo riguardo respinsero il previsto divieto di svolgere attività politica per i membri del comitato e pretesero l'istituzione dei commissari politici presso le bande. La discussione salì di tono al punto da sfiorare la rottura. I militari scrisse Longo - vedevano in questa n_ovità un 'insopportabile menomazione del prestigio del comandante; i politici la consideravano «un'invenzione comunista per mettere le mani sulle formazioni militari e volgerle a scopi di partito»; i conservatori, un'eccessiva invadenza politica nel campo militare L. Infine il 4 gennaio 1944 si giunse ad una soluzione di compromesso. Parri ricevette il ruolo di «coordinatore» del lavoro del comitato, ai membri del comitato fu consentita l'attività di partito e l'istituzione dei commissari politici, alla pari con i comandanti, venne accettata sia pure con molte riserve. Comunque in talune bande il commissario politico prese il nome di «rappresentante del C.L.N .» oppure di «delegato civile» ed in molte formazioni autonome non fu accettato. La linea di condotta da assumere nei confronti dei tedeschi era già oggetto di dibattito in seno ai Comitati di liberazione e costituirà sempre elemento di contrasto sia con gli anglo-americani per differente concezione operativa, sia fra i partiti per opposti criteri di lotta. A quest'ultimo proposito, anch·e i primi combattimenti fra autonomi e tedeschi inducevano ariflettere. Gli episodi del 25-27 settembre a Bosco Martese (Teramo), del 3 ottobre sul Colle San Marco (Ascoli Piceno), del 17-19 ottobre sulle montagne circostanti Lecco, del 13-15 novembre alla fortezza San Martino (Varese), si erano tutti conclusi con la dispersione delle forze partigiane, anche se pagata a caro prezzo dall'avversario 2 . Ora, a prescindere dall'attesismo in senso generale, cioé in attesa deila maturazione degli eventi, e da quello negativo, proprio di coloro secondo i quali «il popolo italiano non vuol fare la gue1Ta con e contro nessuno» 3 , esi1 L. Longo, Un. popolo alla macchia, cit., p. 119. Longo non fa cenno della decisione presa da Stalin nell'ottobre 1942, durante la battaglia di Stalingrado, di sottoporre i commissar.i politici ai comandanti militari (lsaac Deutscher, Stalin., Longanesi, Milano 1969, pp. 680-681). 2 R .'Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., pp. 165-167; G. Bocca, Storia dell'Ttalia partigiana, cit., pp. 75-79. 3 Guido Quazza, Resistenza e storia d'Italia, Feltrinelli, Milano 1976, p. 235.


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stevano altii due tipi di attèsismo, l'uno di carattere operativo e l'altro di carattere morale. D primo si basava sul principio di muoversi solo quando e dove pronti per cooperare con l'offensiva alleata. Era seguito in linea di massima dai «moderati», quali gli autonomi cli varia estrazione, per evitare iniziat.ive improvvisate ed inconsulte, prive di paganti opportunità e di una puntuale organizzazione, con ogni probabilità destinate a consentire risultari irrisori, fors'anche al prezzo di perdite sensibili e, peggio, a coinvolgere la popolazione civile provocando sanguinose misure contro di essa. Quindi sembrava di gran lunga preferibile dar corso ad un'accurata fase di preparazione (compresa l'acquisizione di armi e munizioni in misura adeguata) ed agire qi concerto con i piani operativi degli anglo-americani. Il secondo tipo di attesismo rifiutava l'azione terroristica in sé e per sé: l'uccisione di pochi tedeschi o fascisti isolati, irrilevante sul piano bellico, non trova va giustificazione a fronte della fucilazione, per rappresaglia, di cittadini innocenti. Da parte delle sinistre - comunisti soprattutto - il discorso era del tutto differente, anche perché veniva attribuito all' attesismo lo scopo di fondo di «escludere dalla lotta la partecipazione attiva delle masse popolari» 1• Sin dal novembre 1943, alle motivazioni degli attesisti si era opposto Secchia, responsabile deU 'organizzazione del partito comunista: «È necessario agire subito ed il più ampiamente e decisamente possibile. Prùno: per

poter abbreviare la durata della guerra e liberare al più presto il popolo italiano dall'oppressione tedesca e fascista. L' azione dei partigiani deve diventare l'azione di tutto il popolo italiano ( ...) . 1n secondo luogo è necessario agire subito ed il più ampiamente e decisamente possibile per risparmiare decine cli migliaia cli vite umane e la distruzione di tutte le nostre città e villaggi. È vero che la lotta contro i tedeschi ed i fascisti costerà sacrifici, vittime e sangue. Ma questa lotta è necessaria per abbreviare l'occupazione tedesca in Italia ( ...) . In terzo luogo è necessario agire subito ed il più ampiamente e clesisamente possibile perché solo nella misura in cui il popolo italiano concorrerà attivamente alla cacciata dei tedeschi clall'ltalia, alla sconfitta del fascismo e del nazismo, potrà veramente conquistarsi l'indipendenza e la libertà( ...) . In quarto luogo è necessario agire subito ed il più ampiamente possibile per impedire che la reazione tedesca e fascista possa liberamente di piegarsi indisturbata( ...). Infine è necessario agire subito ( ...) perché la nostra organizzazione si consolida e si sviluppa nell'azione. Non è vero che prima bisogna organizzarsi e poi agire, che se agiamo prima saremo stroncati. Se noi abbiamo delle organizzazioni a carattere militare che non agiscono, questa in breve tempo si disgregheranno e si scioglieranno. Invece .l'azione ad-

1

R. Battagl ia, Storia della Resistenza italiana cit., p. J64.


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destrerà queste organ.izzazioni milìtari, le temprerà nella lotta, l'esperienza le rafforzerà e svilupperà. È dalla lotta e claII 'esperienza che sorgeranno i migliori quadri di combattenti contro i tedeschi e contro i fascisti » 1•

A dire il vero anche molti azionisti sostenevano «l'opportunità di dare alle bande partigiane una maggiore consistenza ed efficienza prima di passare al!' offensiva continua» 2 • Così a fine 1943 il partito comunista venne a trovarsi quasi isolato nella sua rigida presa di posizione, anche a causa del categorico rifiuto di prendere in considerazione la distinzione tra la convenienza di attaccare i fascisti e la necessità di «lasciare tranquilli» i tedeschi, nonché della sua persistente reticenza a porre le formazioni garibaldine sotto un comando unico, specie se retto da un ufficiale, incline di solito a teorizzare l'assenza di combattimenti durante la fase di preparazione 3 • *** Mentre il C.L.N. di Roma viveva di vita piuttosto stentata, quelli di Torino e di Milano andavano progressivamente assumendo ben altra rilevanza, riuscendo anche a stabilire contatti con rappresentanti alleati in Svizzera. Il comitato milanese, che in certa misura aveva assunto una posizione di preminenza sugli altri comitati in Alta Italia. Il 3 novembre Ferruccio Pan-i e Leo Valiani incontrarono a Lugano l'inglese fohn Mc Caffery, capo della centrale di Berna dello Special Operations Executive (S.O.E.) e l'americano Allen Dulles dell'C?ffice o.f Strategie Services (O.S.S.), entrambi formalmente addetti alle rispettive ambasciate a Berna. Parri aveva preparato un promemoria per Mc Caffery. La premessa era sintomatica: «( ...) Ja condotta vittoriosa della gue1ra e la ricostruzione di domani è [sic) strettamente

connessa al riconoscimento da parte anglo-americana di una esigenza non solo attivistica antitedesca, ma anche politica di chi, dopo venti anni cli lotta antifascista, non può rinunciare alle posizioni ideologiche per le quali ha combattuto sempre» .

1

Perché dobbiamo agire subito in «La nostra lotta» ciel novembre 1943, cit. in R. Battaglia, op. cit., pp . 168-169. 2 Atti del Comando generale del CVL cit. , p. 4. 3 P. Spriano, Storia del partito comunista italiano cit., V, p. 195 . ln quel periodo Valiani osservò che «li P.C.l. è il solo che non abbia ancora affidato le sue bande partigiane a Ile cure coordinatrici ciel Comitato militare del C .L.N. ( ...) a cui si sottomettono de fa cto, anche se non formalmente, financo le formazioni autonome puramente militari» (L. Valiani, 'folle le strade conducono a Roma cit., p. 121 ).


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Ed avvertiva che, ove gli Alleati non avessero mostrato «comprensione per le esigenze ideali della lotta antinazista ed antifascista, si potrebbe facilmente cadere in una disgustata indifferenza oggi, e domani in un estremo, incontrollato sovversivismo, sc01nposto e negatore di ogni conquista di vera democrazia». Chiedeva perciò un aiuto concreto in tema di collegamenti, rifornimenti ed assistenza agli ex-prigionieri alleati, nonché il riconoscimento «dell'autorità e della responsabilità del Comitato di liberazione dell'Italia settentrionale e del Comitato militare da esso dipendente». Quanto all'attività bellica, domandava suggerimenti ed istruzioni per le azioni di sabotaggio delle bande, «le quali per ora si devono limitare a fare azioni.di disturbo, in attesa che si completi l'organizzazione» 1 . In quella sede i rappresent~nti anglo-americani precisarono che essi richiedevano all'attività partigiana, condotta da bande poco numerose ma composte da elementi scelti, semplicemente sabotaggi ed informazioni. <<Gli inglesi - attestò Sogno - sono contrari alla creazione di zone franche, alla difesa di linee determinate, ad azioni di massa contro i tedeschi. Vogliono soltanto colpi di mano, atti isolati di sabotaggio, attacchi di sorpresa contro piccoli presidi e linee di traffico del nemico il più possibile concordati e sincronizzati con i movimenti delle loro truppe». In sostanza, l'attività partigiana doveva essere una «integrazione» deJle operazioni alleate, diversamente si sarebbe tradotta in uno spreco di energie e di mezzi. Di conseguenza, secondo loro, «non vi è alcun dubbio che la funzione di comando ed il compito di impartire direttive alle formazioni partigiane ausiliarie spetti al comandante delle Forze Alleate del Mediterraneo» 2 • Inoltre, trattandosi di zone di guerra, il Governo italiano non aveva alcuna autorità nel Nord e quindi non poteva dare istruzioni ai partigiani 3 • Parri tenne naturalmente a prospettare l'intenzione di passare, non appena pronti, ad una resistenza attiva e sempre più incisiva e, tra l'altro, chiarì la pregiudiziale repubblicana e antimonarchica della lotta partigiana. Dulles e Mc Caffery lasciarono cadere 1'argomento e Parri rimase convinto di aver stabilito <<i termini generali di un accordo che rimase, per attraverso chiarimentj, contestazioni e rinnovi successivi, fondamentale per l' impostazione dei nostri rapporti con gJi Alleati» 4 • Si ili ude va in quanto gli Al-

Ferruccio Parri, Scritti 1915~1975, Feltrinelli, Milano L976, pp. 103-106. Cfr. L. Valiani , Tutte le strade conducono a Roma cit., pp. 113-115. 2 E. Sogno, Guerra senza bandiera cit., pp. 394-395. 3 M. De Leonarclis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp. 171 173. 4 F. Catalano, Storia del C.L.NA.1. cit.,p. 86. ·1


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leati non nutrivano alcuna intenzione di dissociarsi dal Re e dal governo Badoglio, garanti dell'armistizio. I contatti con Mc Caffery e Dulles continuarono attraverso un fiduciario e in dicembre gli Alleati effettuarono il primo finanziamento del Comitato di liberazione lombardo. Ma quel che urgeva era l'armamento. Parri fu esplicito: «La situazione è grave, se (gli Alleati) non manderanno aiuti, soprattutto anni, crolleremo. Bande sfiduciate molleranno» 1 • Il 23 dicembre ebbe luogo il primo lancio di rifornimenti: armi leggere, esplosivi ed equipaggiamento per trenta uomini 2 • Il 31 gennaio 1944 il Comitato centrale di liberazione di Roma scrisse una lunga lettera al C.L.N. di Milano. In sostanza, ormai <<primo compito» del Comitato centrale era quello di organizzare e dirigere la partecipazione popolare alla battaglia per la liberazione di Roma, considerata immi nente. Perciò, data la prevedibile separazione delle regioni settentrionali dal resto del Paese, il C.L.N. lombardo veniva investito dei poteri di «governo straordinario». Naturalmente anche la lotta al Nord doveva avere come «sbocco finale l' insurrezione generale contro l'occupante», ed a tal fine occorreva che impedisse «a influenze reazionarie di minare la vostra compattezza e di paralizzare le vostre iniziati ve» 3 . Il 7 febbraio il Comitato lombardo assunse la denominazione di Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia (C.L.N.A.I.) ed il 3 marzo comunicò ai C.L.N. regionali ciel Nord e della Toscana la delega ricevuta da Roma. Sul piano concreto l'attività del C.L.N.A.I. non trovò modo di esplicarsi subito, sia perchè il Comitato regionale piemontese ~ppariva tutt'altro che propenso a riconoscere la preminenza del Comitato .milanese, sia perché i collegamenti fra le regioni erano diffic ili e sporadici . In realtà, ha osservato Massimo De Leonardis, questo stato di fatto non rivestiva, in fondo, grande rilevanza. In un momento in cui la liberazione del Nord era ancora chiaramente lontana, molto più importante risultava il ruolo del comitato militare del C.L.N .A.I. e dei comitati militari regionali. Pultroppo, come si è accennato in precedenza, alcuni di questi avevano incontrato traversie di vario genere, ma soprattutto difettò 1'organizzazione milanese. Infatti il comitato militare coordinato da Parri agli inizi assolse anche le funzioni che dovevano spettare al non costituito comitato militare regionale lombardo. 1 Pietro Secchia e Filippo Frassati, La, Resistenza e gli Alleati, Feltrinelli, Milano 1962, p.40. 2 Jbidem, pp. 53-54. 3 R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., pp. 179-180.


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In tal quadro si collocano, infine, le asperità del carattere di Parri, «insofferente per ogni iniziativa non controllata dal centro» e quindi in contrasto sia con il partito comunista, che lo criticava e sottraeva le brigate garibaldine al1' azione del comitato militare 1; sia con gli autonomi, diffidenti nei confronti degli organi politici; sia con il Comitato piemontese, che rappresentava <<il principale ostruzionismo passivo a consolidamento autorità organo centrale»; sia con il socialista Bonfantini, «principale responsabile» di siffatta situazione e «geloso dei suoi diretti autorevoli collegamenti con Bema»; sia con le missio1ù di collegamento inviate dal Comando Supremo e dalla Special Force, essendosi «gli agenti Messe (dimostrati) in buona parte inetti ed innoctù»; sia con gli ufficiali ,che miravano a costituire giuppi dichiaratamente monarchici e che perciò bisognava «sorvegliare e neutralizzare». Per concludere, Pairi accusava gli Alleati di essere all'origine della disorgamzzazione, avendo procurato, anche se «in buona fede» e per «non conoscenza della situazione>>, «un pasticcio pericoloso» trascurando, probabilmente con intenzione, il comitato militare Alta Italia e quindi svalutandolo agli occhi della Resistenza 2 • Questo era il punto centrale del suo programma: dare pieno valore alle funzioni del C.L.N .A.I., ottenendo direttan1ente dal Comando in capo alleato del Mediterraneo il riconoscimento formale ed esclusivo del Comitato militare Alta Italia, quale organo guida della Resistenza italiana. Tale riconoscimento era stato richiesto sin dal 26 gennaio a McCaffery da Alberto Damiani, a nome di PmTi, e sollecitato più volte indisponendo McCaffery e Dulles 3 • Lo sforzo di Parri al riguardo non riuscì a raggiungere lo scopo essendo «circondato dal sospetto dei comumsti, appena tollerato dagli autonomi, reso difficile dalla stessa situazione generale del movimento, seguito con scetticismo e larvata ostilità dagli Alleati» 4 •

1 TI contrasto fra Parri ed il partito comunista fu molto aspro. TI delegato comunista nel C.L.N .A .I. cliJesse a Parri una lettera in data 25 marzo I 944 accusandolo di «incontrollata dittatura sui punti più delicati del funzionamento del Comitato militare»; di esercitare «troppe funzioni» in seno a detto comitato; di essere «volutamente reticente» su alcuni aspetti della sua attività; cli curare personalmente e senza controllo il servizio informazioni . Parri, con una risposta ai delegati ciel P.C.l., del P.d' A. e del P.S.I.U .P.,replicò punto per punto rimarcando che «il tono villano, ingiurioso ed intimidatorio della lettera rivoltami giustificherebbe una risposta s ullo stesso metro: tanto più che non si tratta del primo documento di tono provocatorio che rni si rivolge( ...)». E richiamò i respnsabili della lettera «al senso delle loro responsabilità di fronte alla gravi tà dell'ora» (F. Parri, Scritti l 9 I 51975 cit., pp. 110-113). 2 M . De Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp. I 82-

184. 3 4

Ibidem , p. 190. Ibidem, p . 186.


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I LA COBELLIGERANZA ·

Ad ogni modo, essi chiesero che un autorevole esponente del C.L.N.A.I. si recasse in Svizzera per un esame congiunto delle questioni inerenti la Resistenza nell'Italia settentrionale. Il 27 marzo, allora, il Comitato di liberazione stabilì di inviare a Sud, per prendere contatto con il Governo ed il Comando alleato, Parri ed il comunista Giuseppe Dozza, ed a Lugano il presidente Alfredo Pizzoni ed il socialista Giovanni Battista Stucchi. La prima missione fu annullata per l'impossibilità di effettuare il viaggio; la seconda trattò essenzialmente con McCaffery, stante l'aperta rivalità esistente fra le due centrali del S.0.E. e dell'O.S.S .. L'inglese volle mettere bene in chiarro che , a quanto gli constava, 1'autorità del C .L.N .A .I. non era diffusa come asserito e che le forze partigiane disponibili non raggiungevano il livello vantato. E, tanto per non lasciare dubbi, insisté nel chiedere «il meno possibile di politica ed il massimo possibile di attivismo». Pizzoni e Stucchi replicarono consegnando il quadro completo delle formazioni partigiane e le loro dislocazione: per quanto conosciuto a Milano si trattava di 8-10 mila uomini 1• Pizzoni riscosse un giudizio senz'altro positivo da parte di McCaffery e di Dulles 2 • In quella circostanza fu costituita a Lugano una delegazione del C.L.N.A.I. , con alla testa Stucchi , la cui opera però finì per risultare inconcludente e non soddisfacente sotto molti aspetti 3 • Se sul piano, per così dire, della politica estera i risultati ottenuti dal C.L.N.A.I. sembravano convincenti come contatti e come prospettive, sotto il profilo della Resistenza armata era cominciato un periodo tutt' altro che brillante. La durezza della stagione invernale non favoriva la facilità dei movimenti e la rapidità d'azione e, peggio ancora, la scarsità di rifornimenti metteva a dura prova la saldezza delle formazioni. Poiché in quelle circostanze la Resistenza armata al Nord si ridusse al nocciolo, mentre al Centro venivano a galla manchevolezze di vario genere, divenne quasi naturale volgere l' attenzione alla masse operaie. Nella Repubblica Sociale il problema della sicurezza interna si era posto sin dall'autunno 1943 . Il campanello d'allarme al riguardo fu rappresentato dallo sciopero proclamato il 22 novembre e poi rinnovato il 1° dicembre alla FlAT di Torino, seguito lo stesso giorno dagli operai milanesi ed il

Ibidem, pp. 192-194. A proposito di Pizzoni, Vali ani commentò: <<Educato in Inghilterra, direttore di banca di mestiere e perciò esente dai sospetti che i 'rivoluzionari cli professione' risvegliano presso i 'tories', egli è l'uomo della situazione» (L. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma cit ., p . 230). 3 M. De Leonarclis, La Gran Bretagna e la resistema partigiana in Italia cit., p. 188. 1

2


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16 dicembre dalle fabbriche di Genova, nonché il 13 gennaio 1944 ancora a Genova; scioperi legati a reali motivazioni economiche, ma con uninequivocabile sottofondo politico. Queste agitazioni - tutte poste in atto senza sollecitazione né coordinamento da parte dei C.L.N. - vennero fronteggiate dalle autorità fasciste e dai tedeschi con estrema durezza, ma le rivendicazioni sindacali ed annonarie furono in parte accolte. Sulla base di questi precedenti, il centro dirigente comunista di Milano prese in considerazione 1' ipotesi di uno sciopero generale collegato all' insurrezione nazionale. In altti termini, pensò di partire dalla fabbrica per arrivare ad «organizzare la lotta per il colpo decisivo» 1 • Secondo le direttive stilate dal centro, i comitati d'agitazione delle industrie dovevano preparare un nuovo sciopero ma politico, da sviluppare contemporaneamente nel triangolo industriale de] Nord-Ovest d'intesa con i C.L.N .. Lo sciopero in questione poteva rimanere «un semplice sciopero generale politico senza trasformarsi in insurrezione», ma poteva anche incoraggiare uno sbarco alleato nel Nord o accelerare il collasso tedesco 2 • Sulle questione si accordarono gli esponenti comunisti del Piemonte, della Liguria e della Lombardia senza metterne al corrente il C.L.N .A.I. per timore che i moderati si opponessero. La situazione, però rese inevitabile «invitare» anche gli altri partiti alla preparazione dello sciopero ed allora il C.L.N.A.l. decise di mettersi alla testa dell'azione. Il 15 febbraio 1944, «presa conoscenza della costituzione di un comitato segreto di agitazione del Piemonte, della Liguria e della Lombardia», fece propri gli appelli di detto comitato segreto ed invitò tutti i cittadini «ad associarsi all'azione dei partiti e dei lavoratori, rivolta ad affrettare la liberazione di Roma e di tutto il Paese» 3 . Si dette aitresì da fare per estendere la manifestazione all'intero Nord ed alla Toscana. Il 1° marzo, a mezzogiorno, lo sciopero prese il via a Torino, chiedendo la pace e le fine della produzione bellica a favore della Germania, e rapidamente si propagò a tutto il Piemonte, alla pianura padana ed anche alla Toscana 4 , con la partecipazione complessiva di circa mezzo milione di lavoratori.L'episodio non giunse inatteso alle autorità fasciste ed ai Comandi tedeschi, che avevano assunto diverse contromisure per annullare gli effetti dello sciopero: dalla chiusura delle fabbriche per ferie a causa dell'in-

1

L. Longo, Sulla via dell'insurrezione generale, Editori Riuniti, Roma 1971, pp. 98-

121. Adolfo Scarpelli, Scioperi e guerriglia in ¼il Padana, Urbino, 1972, pp. 14-20. Documenti ufficiali del C.L.N.A.T., Milano 1945, p. 70. 4 A Genova lo sciopero fallì sin dal I O marzo.

2

3


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/ ,

terruzione dell'energia elettrica, al presidio di taluni stabilimenti, alla serrata padronale, alle misure forti quali repressioni , arresti, deportazioni in Germania. Il 5 marzo il comitato agitazione interregionale prese la decisione cli far rientrare lo sciopero. 11 6 marzo giunsero ordini personali di Hitler e di Himmler: deportare il 20% degli scioperanti e metterli a disposizione di Hitler per il servizio del lavoro in Germania ·' . Sul piano pratico il risultato fu molto dubbio - tra l'altro furono deportati 700 operai a Torino e 600 a Milano - tuttavia il valore psicologico di una simile manifestazione di massa è innegabile. La federazione comunista milanese si espresse senza mezzi termini: «Lo sciopero, iniziato bene e con grande entusiasmo, ebbe subito il suo lato negativo. Mentre le masse con lo sci.opero dimostrarono che esse avrebbero voluto farla finita con gli hitlero-fascisti, dall'altro lato però esse non erano ancora sul terreno ( ...) della resistenza attiva. Esse volevano farla finùa , ma non avevano ancora coscienza del come questo doveva avvenire e cioé che questo doveva avvenire con la loro lotta e non come esse speravano che ciò avvenisse, con l'intervanto dei partigiani. Cosicché la mancanza dell'intervento dei partigiani e dei garibaldini determinò immediatamente uno stato d'animo cli delusione e cli scoraggiamento che si ripercuoterà in seguito sul morale delle masse».

Tuttavia, aggiunse un'obiettiva autocritica: «In questi ultimi due mesi, quasi tutto il nostro materiale cli propaganda era impostato sulla questione dell'insurrezione armata. Che noi parlassimo di questo era giustissimo, ma il fatto di parlarne molto nel. momento in cui si stava preparando lo sciopero rivendicativopolitico è stato un errore( ...). E siccome nelle masse e nei compagni rimangono impressi i grandi titoloni e le grandi parole d'ordine, era naturale che rimanesse impressa la questione dello sciopero insuITezionale ( ...) . Tmti si aspettavano l'intervento dei pa1tigiani e dei garibaldini e siccome si è visto che nulla di questo avvenuto subentrò la delusione!» 2 •

Quanto alle regioni centrali, bisogna dire che se lo sbarco alleato ad Anzio, che sul momento aveva dato l'impressione di un potente sforzo anglo-americano in grado di imporre una rapida ritirata germanica sino alla linea Gotica, sembrò galvanizzare le bande, non appena l' illusione cadde la Resistenza locale palesò vari difetti: carenze di efficienza orga-

1

F: Deak in, Storia della repubblica di Salò cit., p. 661.

Ezio Vallini, Guerra sulle rotaie , Lerici, milano 1964, pp . 187-215. Cfr. P. Spriano, Storia del partito comunista italiano cit., V, cap . X . 2


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nizzativa e di unitarietà di sforzi; sospetti e dissidi personali e rivalità campanilistiche. Il Comitato di liberazione di. Roma era «i ndubbiamente il governo di tutta l'Italia clandestina: di fatto il suo campo d'azione oltrepassava di poco le mura della Città Eterna» per difficoltà di collegamento con le altre province occupate. Inoltre lo stato di perplessità, generato dall'alternarsi dell'ottimistica fiducia nella sollecita liberazione da pa1te alleata con la delusione per la mancata pronta vittoria anglo-americana, toglieva al C.L.N. l'autorità e la decisione di condurre un'energica lotta armata. E per di più la Giunta militare, costituita proprio per coordinare l'azione attiva delle forze qisponibili, «soffriva degli stessi mali del C .L.N. e non aveva alcuna autorità fuori Roma» 1• Ad ogni modo le missioni di sabotaggio organizzate dal Comando Supremo con il concorso dei gruppi partigiani ebbero un buon successo operando nelle retrovie delle annate tedesche. Fra le bande abruzzesi merita menzione particolare la brigata Maiella, formata a fine 1943, sotto il comando di Ettore Trailo. La formazione, apolitica ed a struttura militare, non soltanto seppe conquistarsi la fiducia e l'apprezzamento degli inglesi - il cui apprezzamento «fu da principio decisamente ostile e addirittura sprezzante» - , ma venne assunta alle dirette dipendenze dell '8A armata e con essa partecipò a tutte le ·operazioni sino ad arrivare ad Asiago nel giugno 1945 2 • È opportuno, a questo punto, un cenno sui mezzi a disposizione della Repubblica Sociale per l'ordine interno e dei Comandi tedeschi dislocati in Italia. Colonna portante del regime doveva essere la Guardia Nazionale Repubblicana di cui abbiamo già parlato. Salvo le poche unità mobilitate, essa si riduceva ad una rete territoriale di efficienza molto relativa, tanto_che a fine gennaio 1944 Ricci disee a Grazi.ani di aver soltanto 3 mila uomini per «combattere i ribelli» 3 • Il vero controllo del territorio era in mani tedesche. Nel febbraio 1944, e fino al luglio successivo, nell'Italia centrale si trovava il gruppo di armate C (Heeresgruppe C) con le due armate: JOA, impegnata nella difesa della linea Gustav, il cui «territorio d'operazioni» (Operations Gebiet) comprendeva le province di Littoria (in parte), Frosinone, L'Aquila, Pescara, Teramo, Ascoli e Macerata; e J4A, impegnata contro la testa di sbarco di Anzio, le cui re-

1

R. Cadorna, La riscossa cit., p. 92.

La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp. I57-159. F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cìt., p. 648.

2 M. De Leonardìs, 3


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sponsabilità territoriali comprendevano le province di Grosseto (sino a Follonica), Littoria (in parte), Roma, Rieti, Terni e Perugia. A tergo del gruppo d'armata C stava l'Armeegruppe von Zangen (Raggruppamento d'armata del generale von Zangen), incaricato della difesa costiera a nord dell'allineamento Cecina-P01to Recanati e di presiedere all'allestimento della Linea Gotica. Dal generale von Zangen dipendevano anche i comandanti militari delle zone di operazioni Alpenvorland e Adriatische Kiistenland. L'amministrazione e lo sfruttamento economico ai fini tedeschi dei «territori occupati» (Besetzte Gebiete), cioé ooo compresi nei territori d'operazioni, erano affidati al generale Toussaint. Da questi dipendevano tre gruppi di Comandi militari territoriali (MilitarKommandanturen): l' Aussenstelle Rom, alle dirette dipendenze dell'O .B.S., comprendente i Comandi di Perugia, Macerata e Viterbo; la Leitkommandantur Mailand, comprendente i Comandi di Torino, Genova, Milano, Alessandria, Bergamo, Como e Novara: la Leitkommandantur Verona, comprendente i Comandi di Verona, Firenze, Padova, Ferrara, Parma, Brescia, Bologna e Lucca 1• A queste rete territoriale era, in definitiva, affidato il concorso alla lotta antipartigiana diretta dal generale Wolff2. La questione delle competenze al riguardo suscitò polemiche fra Kesselring e Wolff. Questi si rivolse a Himmler per la definizione delle responsabilità in materia ed il Reichsfiihrer SS non ebbe esitazioni nell'affermare che «combattere contro gli scioperi e le bande è il compito preminer~te delle SS e della polizia», compito, dunque, che non poteva essere affidato ad altri. «D'altra pa1te - 1iconobbe - Kesselring è dell' avviso che in un teatro di guerra particolare come l'Italia( ...) combattere la ribellione è strettamente connesso con la condotta della guerra e che vi deve essere un unico Comando responsabile per tutte le zone di attività militaii. Questo può essere solo il gruppo d' armate sud-occidentali, e gli utriciali supe1iori delle SS ed il comandante della polizia in ltalia devono rimanere o essere subordinati a lui nelle questioni della lotta aila ribellione. Tale è la sua richiesta, almeno per il momento, poiché la lotta contro i ribelli deve essere, come ultima risorsa, fatta dal1'esercito» 3 .

1 Le notizie sull'argomento sono tratte da Pier Paolo Battiste.Ili,/ comandi militari tedeschi in Italia, in «Bollettino dell'Ufficio Storico», gennaio-giugno 2005, USSME, Roma 2005,pp. 341-367. 2 A detta di Kesselring, Wolff aveva «il dominio incontrastato sulle zone dichiarate uffocialmente infestate dalle bande» (A. Kesselring, Memorie di guerra cit., p. 258). 3 F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p. 649.


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Intervenne anche Ribbentrop, il quale i] 19 aprile avvertì Rahn che, rilevando nella guerra partigiana anche un aspetto politico, intendeva essere tenuto al corrente degli eventi. Kesselring dal canto suo, fermamente convinto della validità della propria tesi, prospettò la questione all 'O .K.W. che l'appoggiò. Così, dai primi di maggio 1944, Wolff fu incaricato di condurre la lotta antipartigiana nella sua sfera d'azione sotto la propria responsabilità, ma in base alle direttive ricevute da Kesselring. Più precisamente, da quel momento nella zona d'operazioni delle due armate la guerra contro la bande venne diretta dai comandanti d'armata ed i limiti di giurisdizione tra le zone d'armata e quelle riservate al Comando SS furono di volta in volta definit~ in relazione a]la situazione operativa ed alla forza disponibile deJla Wehrmacht 1 •

4. ROMA CITIÀ APERTA Non a torto si è affermato che «tra la capitolazione del 1O settembre 1943 e l'entrata degli Alleati il 4 giugno 1944, Roma visse i nove mesi forse più strani e difficili della sua lunga storia» 2 • Più probabilmente, la città avvertì l'inizio della vera occupazione tedesca dal 23 settembre, quando - dopo l' arresto e l ' internamento in Germania dei generali Calvi, Tabellini e Maraffa, nonché il disarmo della divisione Piave ordinato da Pavolini, quale rappresentante del nuovo governo fascista - il controllo della capitale fu assunto interamente dal generale Stahel, pur conservando un Comando italiano della città aperta (gen. Chieli) per l'impiego delle sole forze di polizia. Lo sbarco anglo-americano a Salerno aggravò di colpo le condizioni materiali nelle quali già da tempo viveva Roma; l'afflusso delle diecine di migliaia di persone in fuga dall 'area investita dal turbine della guerra non poteva non porre gravi difficoltà in ogni campo: dal reperire un qualche asilo per gli sfollati al più stretto razionamento dei viveri, all'inevitabile sviluppo del mercato nero, all'irregolare erogazione di acqua, energia elettrica e gas. Ove si tengano presenti gli impedimenti dei trasporti e le frequenti interruzioni delle comunicazioni , ben si comprenderà come in breve tempo la vita quotidiana dei cittadini diventasse durissima. A tutto ciò si aggiungano la paura di nuovi bombardamenti aerei, ancor peggiori di quello

1 2

A. Kesselring, Memorie di guerra cit., p. 258 . Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, X, Feltrinelli, Roma 1995, p. 263.


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del 19 luglio, e la tremenda incertezza circa il coinvolgimento nella battaglia ritenuta prossima fra Alleati e tedeschi. Roma, in effetti, costituiva un grosso problema, politico e militare insieme, per coloro che dovevano affrontarlo, vale a dire per l'occupante, che voleva una città calma (la Kommandatur) e per l'occupato, che mirava quanto meno a scuotere la grave presenza tedesca (la Resistenza); per chi muoveva alla sua conquista previa rottura del fronte, consapevole del grande significato politico dell'obiettivo (il XV gruppo d'mmate anglo-americano), e per chi si accingeva a battersi sulla linea Gustav ed intendeva mantenere tranquille le .retrovie specie al momento deH'inevitabile arretramento verso l'Appennino tosco-emiliano (l' Oberbefehlshaber Sud) 1; per chi voleva tornare nella sua capitale (il Governo del Sud) e per chi non voleva cederla senza una lotta accanita (Mussolini) 2 ; per chi, infine, cercava di preservare la città e salvare il salvabile, conscio che un solo passo falso poteva avere conseguenze gravissime (il Vaticano). Peggio ancora: il coinvolgimento di tutte le parti in causa era totale ed investiva tutti gli aspetti del problema. La mano tedesca si fece subito .sentire. U 12 settembre il generale delle SS Karl \Volff fu convocato al Fiihrerhauptquarter, dove Hitler gli ordinò di occupare il Vaticano, catturare il Papa e la Curia e portare tutti in Germania o nel Liechtenstein, nonché «mettere al sicuro» i tesori artistici e gli archivi. Tornava la vecchia idea, adombra,ta dopo il 25 luglio, con in più il nuovo intento di far preda dei tesori del Vaticano. Wolff, già avvertito da Himmler, non dette segno di sorpresa e rispose di aver bisogno di personale specializzato e di reparti scelti, il che comportava una fase organizzativa di cinque e sei settimane. Hitler trovò esagerata la durata dei preparativi ed incitò ad abbreviare i tempi; Wolff assicurò che avrebbe fatto del suo meglio e raggiunse in aereo il lago

Osservò giustamente il colonnello Dollmann che per Kesselring «la calma a Roma significa assai più dei vantaggi pratici che gli sarebbero derivati dal trasfonnare la capitale in un bivacco» (Roma nazista cit., p. 257). 2 A metà marzo 1944 il ministro dell'Interno della R.S.I., Zerbino, inviato a Roma eia Mussolini, incaricò Dollmann di far sapere a Kesselring: «Primo: esser fermo e vivo desiderio del governo di Salò che Roma non venisse evacuata senza combattere. Secondo: che il duce in persona e più di ogni altro attribuiva grande importanza ad una difesa di Roma fino in fondo e astenendosi da ogni riguardo( ...)», aggiungendo che «la guena, se la si vuol vincere, non va fatta come una visita ad un museo»; se però si poteva fame a meno, acconsentiva a limitare i combattimenti alla zona lungo i ponti sul Tevere, essendo i rioni attigui di interesse storico ed artistico irrilevante. Naturalmente Dollmann rispose a Zerbino che facesse lui stesso la proposta al maresciallo (ibidem, p. 270). 1


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di Garda, ove impiantò il proprio Comando e dove presto sarebbe venuto anche l'ambasciatore Rahn . Era piuttosto turbato per il compito ricevuto , che a suo giudizìo rischiava di sollevare contro la Germania non solo Roma, ma l'intera Italia. Perciò, da un lato preparò un piano dettagliato, dall' altro avvertì della questione Rahn. Questi, allarmatissimo, non perse tempo ed informò l'ambasciatore tedesco al Vaticano, von Weizsacker, il quale, convinto che la guerra della Germania fosse irrimediabilmente persa, inorridì al1'idea del rapimento di Pio XII. Qualcosa però era trapelato a Roma. Infatti 1'8 ottobre monsignor Giovan Battista Montini, uno dei due sottosegretari di Stato della Santa Sede, gli comunicò che Sua Santità desiderava parlargli. Weizsacker fu ricevuto il giorno seguente e Pio XII gli disse , con serena calma, di aver udito da «seri italiani» la notizia fornita da tedeschi in alto loco di un progetto di rapimento della sua persona, dichiarandogli di aver la ferma intenzione di rimanere a Roma 1 • Rahn allora chiese a Berlino di poter fare un rapporto al Flihrer sulla situazione complessiva in Italia. A metà ottobre fu convocato a Rastenburg e , senza parlare del disegno di catturare il Papa, accennò alle «assurde» dicerie provocate da una trasmissione radio del Governo di Salò del 7 ottobre e dei commenti della BBC del 10, per mettere in piena evidenza 1'importanza di conservare buoni rapporti con il Vaticano, assicurando che gli accordi da lui presi avrebbero impedito eccessivi fastidi da parte dei comunisti 2 . Così l'attenzione di Hitler finì per spostarsi su più pressanti argomenti. A Roma intanto erano in corso altre vicende. Il 25 settembre il generale Stabel venne a conoscenza di un ordine segretissimo impartito da Himmler al tenente colonnello Kappler, capo della Gestapo nella capitale, che disponeva la cattura di tutti gli ebrei romani, in quanto colpevoli di avere «collaborato attivamente col movimento di Badoglio», e la loro deportazione «al Nord>>. Stahel era rigido e severo, ma si indignò per una simile Schweinerei. Trovandosi impotente in una questione gestita direttamente dal Sichereitdienst, si consigliò con il con·sole Mollhausen, in quel periodo sostituto di Rahn , incorso in un grave incidente automobilistico. Mollhausen rimase incerto, poi domandò a Kappler quali fossero le sue intenzioni. Visto che questi si rifugiava nell'obbligo cli obbedire ad un ordine proveniente da Berlino, lo convinse a recarsi insieme a Frascati, al Comando

1

2

Dan Kurzman, Obiettivo Roma, Dall'Oglio, Milano 1977, pp. 85-95. ibidem, pp. 99-100.


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dell'O.B.S .. Kesselring comprese subito la situazione e, saputo da Kappler che per l'operazione gli occorreva il rinforzo di un battaglione motorizzato, tagliò corto dichiarando dj non poter aderire in quanto tutte le truppe disponibili erano necessm-ie per la difesa di Roma. Del resto, gli ebrei potevano essere utilizzati come mano d'opera per lavori difensivi. La questione era chiusa. Dal canto suo Kappler pensò di poter aggirare l'ordine ricevuto imponendo un riscatto di 50 chili d'oro alla comunità ebraica romana. E così fece. A Berlino, peraltro, la cosa non fu vista di buon occhio e Adolf Eichmann, capo dell 'ufficio affari ebraici de]Ja Gestapo, stabilì di inviare a Roma un suo uomo di fiducia. Saputo questo, Mollhausen, il quale sino allora aveva agito d'.iniziativa senza nemmeno informm-e Rahn, d'accordo con Weizsacker e Stahel cercò di «mettersi a posto» formalmente con la Wilhelmstrasse spedendo due telegrammi urgentissimi a von Ribbentrop. Con il primo, del 6 ottobre , spiegò che il generale Stahel avrebbe attuato ]a retata ordinatagli degli ottomila ebrei del ghetto ed il loro trasporto al Nord per la successiva liquidazione solo dietro approvazione del Reichminister degli Esteri. Egli invece suggeriva l'impiego degli ebrei in lavori di fortificazione, come già fatto a Tunisi, e insieme con Kappler avrebbe presentato tale proposta a Kesselring (tacendo dell'accordo già avvenuto). Il secondo telegramma, del 7 ottobre diceva: «Con rife,imento al telegramma n. 192 del 6 c.m., il fedelmaresciallo Kesselring ha chiesto all '. Obersturmbannfi.ihrer Kappler di posporre per il momento la prevista Judenaktion. Se però fosse necessario fare qualcosa, preferirebbe utilizzare gli ebrei validi in opere di fottificazione della zona».

Il risultato fu una tempesta sul capo di Mollhausen, perché nel primo dispaccio aveva specificato «wo Sie liquidiert werden sollen» e perché aveva messo il naso in una questione de]la quale gli Esteri del Reich non volevano assolutamente entrm-e 1 • All'alba del 16 ottobre il ghetto di Roma fu improvvisamente circondato. Messo subito al corrente, Weizsacker si recò al Vaticano per un colloquio con il cmdinale Maglione, segretario di Stato. Questi ricordò nelle sue note: «( ...) È doloroso per il Santo Padre, doloroso oltre ogni dire che proprio a Roma, sotto

gli occhi del Padre Comune, siano fatte soffrire tante persone unicamente perché appar-

1

Ibidem, pp. 126-1 31 Cfr. Robert Katz,Roma città aperta, Il Saggiatore,Milano 2003,

pp. 107-108.


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tengono ad una stirpe detenni nata.L'Ambasciatore, dopo alcuni istanti di riflessione, mi ha domandato: "Che farebbe la Santa Sede se le cose avessero a continuare?". Ho risposto: "La Santa Sede non vorrebbe essere messa nella necessità di dire la sua parola di disapprovazione". L'Ambasciatore ha osservato: 'Sono più di quattro anni che seguo e ammiro l'attitudine della Santa Sede . Essa è 1iuscita a guidare la barca in mezzo a scogli cli ogni genere e grandezza senza u1ti e, se pure ha avuto maggiore fiducia negli Alleati, ha saputo mantenere un perfetto equilibrio. Mi chiedo se proprio ora che la barca è per giungere in porto, conviene mettere tutto in pericolo. lo penso al le conseguenze che provocherebbe un passo della Santa Sede( ...) . Le note direttive vengono da altissimo luogo( ...). Vostra E minenza mi lasci~ libero di non fai re état dì questa conversazione ufficiale?».

Il cardinale osservò di aver chiesto l'intervento dell'ambasc.iatore per spirito d'umanità, precisò che la conversazione era stata «tanto amichevole» e però tenne a ribadire che la Santa Sede «non deve essere messa nella necessità di protestare: qualora essa fosse obbligata a farlo, si affiderebbe, per le conseguenze, alla Divina Provvidenza». Poi ringraziò l'ambasciatore per aver detto «che cercherà di fare qualcosa per i poveri ebrei», e gli assicurò il silenzio sul colloquio 1• Anche Weizsacker telegrafò a Berlino, facendo seguito ad una lettera filmata dal vescovo Alois H.udel , rettore del Collegio di lingua tedesca di S. Maria dell'Anima: «Sono in grado - scrisse - di confermare che ciò rappresenta la reazione del Vaticano alla deportazione degli ebrei d i Roma. La curia è sconvolta soprattutto in considerazione ciel fatto che l'azione ha luogo, per così dire, sotto la finestra del Pontefice. La reazione pot1·ebbe essere alquanto ammorbidita se gli ebrei venissero impiegati come mano cl' opera qui in Italia. Certi am.bienti romani ostili stanno già utilizzando questo evento quale mezzo di pressione affinché il Vaticano sciolga le proprie riserve( ...)» 2 .

Al termine delia retata, Kappler comunicò a Wolff: «Oggi è stata iniziata e conclusa l'azione antigiudaica seguendo un piano preparato in ufficio che consentisse di sfruttare le maggiori eventualità( ...). ( ...) nel corso dell'azione, che dmò dal le ore 5,30 alle 14,00, vennero arrestati in abitazioni giudee 1259 individui e accompagnati ne.I centro cli raccolta della Scuola Militare.

1

R. Katz, Roma città aperta cit., pp. 134-.136

1

/bidem., pp. I 31 -1 33 .


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I

Dopo la liberazione dei mezzoebrei, degli stranieri, delle famiglie dei matrimoni misti( ...) rimasero presi 1.007 ebrei . Il trasporto fissato per lunedì 18 ottobre. ( ...) Comportamento della popolazione italiana chiaramente di resistenza passiva, che in gran numero di casi singoli s.i è mutata in prestazioni di aiuto attivo. Per es., in un caso i poliziotti vennero fermati alla porta di un'abitazione da un fascista in camicia nera, con un documento ufficiale, il quale senza dubbio si era sostituito nella abitazione giudea usandola come propria un 'ora prima dell'anivo della forza tedesca. S_i poterono osservare chiaramente anche dei tentativi di nascondere giudei in abitazioni vicine, all' in-ompere della forza germanica, ed è comprensibile che in parecchi casi questi tentativi abbiano avuto successo. Durante l'operazione non è apparso segno di partecipazione della parte antisemita della popolazione ( .. .)» 1•

Il 18 ottobre dalla stazione di Roma Tiburtina partì un convoglio ferroviario di carrì merci con 1.127 ebrei: 327 uomini e 800 donne e bambini, per lo più di media e bassa condizione sociale, con destinazione Auschwitz 2 . Il 25 ottobre «L'Osservatore Romano» riportò un commento calibrato ma eloquente: «Insistenti e penosi echi cli calamità( ...) continuano più che mai a giungere al Santo Padre. L'augusto Pontefice non ha desistito un solo momento all'impiegare tutti i mezzi in suo potere per alleviare la sofferenza che, qualunque fonna possa assumere, è la conseguenza del crudele conflitto in corso. Con l'aumentare di così grave malvagità, l'universale e paterna carità del Pontefice è divenuta, se è possibile, ancor più attiva: non conosce né confini né nazionalità, né religione né razza».

Weizsacker si affrettò a telegrafare a Berlino sminuendo la cosa: a suo avviso «Non occorre la minima protesta per tale affermazione, in quanto ben pochi vi scorgeranno un'allusione alla questione ebraica» . E a fine mese <<L'Osservatore Romano» pubblicò un comunicato che esprimeva gratitudine alle truppe germaniche per aver rispettato il Vaticano ed il Papa, protettore di tutti i romani: era stato chiesto da Weizsacker con la promessa che in futuro i tedeschi avrebbero conservato un atteggiamento rispettoso 3. A metà dicembre Wolff si recò a Rastenburg per ragguagliare il Ftihrer sui preparativi in corso circa l'incursione in Vaticano. Colse l'occasione per osservare come, a suo giudizio, l'operazione contro 1a Chiesa, l'unica 1

Renzo De Fel ice, Storia degli ebrei sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1988, pp. 469-

470. 2

3

Alberto Giovannetti, Roma Città aperta, Ancora, Milano 1962, p. 179. D. Kurzman, Obiettivo Roma c it., pp. 136-1.39. ·


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autorità incontestabile in Italia, avrebbe prodotto «effetti negativi in patria ed al fronte» e, a buon conto, non esitò a rappresentare che il Papa poteva «esserci molto utile in futuro» per stabilire il nuovo ordine in Europa. Hitler lo aveva ascoltato in silenzio. Alla fine concluse asciuttamente: «Benissimo, Wolff, faccia come giudica meglio lei, che è un esperto. Ma non dimentichi che io la riterrò responsabile nel caso che le sue assicurazioni ottimistiche si rivelino infondate>> 1• Agli occhi di un osservatore superficiale Roma sembrava offrire un aspetto relativamente normale, senza manifestazioni chiassose né scioperi violenti, ma troppi erano i sacrifici che affliggevano la popolazione. Sul finire de.Il 'anno il questore di Roma non esitò a prospettare al capo della polizia le sue preoccupazioni per il mantenimento dell'ordine pubblico: «( ...) Già in precedenza avevo avuto occasione cli segnalare la situazione alimentare

della città per le sue spiccate tendenze a peggiorare( ...). I decimali più importanti si esau1iscono giorno per giorno, il latte condensato e altri alimenti per bambini sono introvabili . Jl mercato nero aumenta di volume ed estensione nonostante gli sforzi fatti per contenerlo e parallelamente si va sviluppando iI baratto, mentre i prezzi, dopo l'istituzione dei noti posti di blocco, hanno segnato un inverosimile rialzo( ...). Tutti questi fattori sono causa di vivo malessere ( ...). Lo spirito di sopportazione di ciascuno si avvicina al limite pericoloso, oltre il quale si nasconde l'indisciplina, si rivela il disprezzo della legge e del diritto altrui, cova la ribellione» 2 •

Non c'era da stupirsi, dunque, se la popolazione non si preoccupava nemmeno di lasciar trasparire sentimenti antitedeschi ed antifascisti. All<_1 stanchezza della guerra e dei patimenti ad essa connessi si sommava una sempre più schietta ostilità nei confronti dell'occupante e del regime che ad esso teneva mano. Il disarmo della Piave, la cattura dei carabinieri, la retata degli ebrei del ghetto costituivano pesanti motivi che si aggiungevano all'insofferenza per la presenza germanica ed alla percezione ormai viva dell'anomala situazione in cui si trovava l'ex-capitale. Era da un lato separata dal Regno del Sud e dall 'altro abbandonata dalla Repubblica Sociale; i collegamenti con il Mezzogiorno si mantenevano aleatori dato l'andamento del fronte e quelli con l'Italia settentrionale piuttosto complessi per lo sconvolgimento delle linee dì comunicazione; lo status di «città aperta>> non era riconosciuto dagli Alleati e solo per modo di dire dai tedeschi .

1

2

Ibidem, pp. ]39- 140. Relazione in data 18.12.1943 cit. in R. Katz, Roma citta aperta cit., p. 1.63.


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Ancora: nel comportamento dei soldati tedeschi troppo spesso si registravano episodi di eccessi compiuti in pieno giorno, quali rapine, fhrti, vandalismi. In dicembre, poi, fallite le chiamate per il lavoro obbligatorio locale per le strade e gli aeroporti, i tedeschi passarono ai rastrellamenti indiscriminati che paralizzarono la vita della città. «Assistetti - ricordò Mollhausen - al terzo rastrellamento, quello di via Nazionale, effettuato nel gennaio 1944 . Sostai nella grande arteria anche a rastrellamento ultimato. Vidi donne e bambini che piangevano, che reclamavano il marito, il padre, portati via sotto i loro occhi. Negli sguardi dei passanti vi era la collera fredda e cupa della disperazione, quella collera capace di gesti imprevedibili( ...)». Mollhausen allora intervenne presso il generale Maelzer, che dal 30 ottobre aveva sostituito Stahel, rappresentandogli che «Per quattro o cinquecento persone fermate, ve ne sono decine di migliaia che si nascondono con disperazione nelle case o che fuggono terrorizzati alla vista di una divisa tedesca( ...). Commercianti, impiegati, operai e persino funzionari muniti di documenti in perfetta regola rilasciati da noi sono spariti dalla circolazione, decisi a non ripresentarsi se non dopo aver avuto la sicurezza della sospensione della caccia all'uomo». Visto inutile un dialogo con .Maelzer, Mollhausen si rivolse a Kesselring, il quale riconobbe che <<il giuoco non vale effettivamente la candela» e ordinò a Maelzer di troncare i rastrellamenti, cosa che Maelzer fece all'istante 1 • Da quel momento la chiamata per il lavoro venne fatta da] Commissario per il lavoro retto da] generale Palladino. Naturalm.ente, sempre con risultati assai magri.

*** Dopo il collasso del 9 settembre si imponeva per il Comitato di liberazione nazionale un esame critico della situazione per stabilire in concreto il da farsi. Il 12 ebbe luogo una riunione nel corso della quale ovviamente tornò sul tavolo la questione istituzionale. Il liberale Cattani manifestò netta contrarietà a qualsiasi giudizio sulla fuga del Re, sembrando <<SÌ voglia in un'ora così grave per la Patria, fare una speculazione partigiana>>. L'azionista La Malfa, offeso da tale sospetto, protestò ed alla fine venne steso da Bonomi un ordine del giorno in cui «si constata dolorosamente che il Re ed il capo del governo non sono rimasti a1 loro posto di comando», il che aveva inciso sulla <<resistenza all'invasore». In quella sede De Gasperi tenne arimarcare che non poteva essere la monarchia il problema dell'ora. Poi, an-

1

E. F. Mollhausen, La carta perdente cit., pp. 146-1 47.


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notò Bonomi: <<ci congediamo con la sensazione di dover rimanere nascosti per parecchie settimane>> 1 • Infatti Bonomi, Casati, Ruini, Severi e poi Nenni, De Gasperi ed altri si rifugiarono in Laterano, che godeva della extraterritorialità, fino al febbraio del 1944. L'organizzazione attuata fu la seguente: il Comitato di liberazione, preseduto da Bonomi e composto da tre rappresentanti per ognuno dei sei partiti antifascisti, si riuniva al completo solo per prendere decisioni di particolare rilevanza, le altre riunioni erano limitate a Bonomi ed ai leaders dei partiti. Dal C.L.N. dipendevano un Comitato esecutivo (anch'esso presieduto da Bonomi) ed una Giunta militare centrale. In varie città vennero rapidamente a formar~i C.L.N. locali e, più tardi, quelli provincialì e regionali, anche se la reale influenza dei C.L.N. non superava di molto i limiti cittadini. Quando il 21 settembre Churchill concluse il suo discorso alla Camera dei Comuni invitando le forze politiche italiane ad appoggiare il governo Badoglio, il Comitato considerò i due distinti aspetti concernenti la formazione del secondo ministero Badoglio e la posizione del Re. La partecipazione al nuovo governo, ove richiesta fu concordemente esclusa; ma, dopo l'appello di Churchill, era evidentemente assurda la sospensione dei poteri del sovrano pretesa da azionisti e socialisti, proclamata per giunta da una Roma occupata dai tedeschi. Le discussioni al riguardo furono lunghe e terminarono con un ordine del giorno approvato il 16 ottobre - di cui si è fatto cenno - , che auspicava un governo straordinario, espressione delle forze politiche che avevano «costantemente lottato contro la dittatura fascista e fino dal settembre 1939 si erano schierate contro la guerra nazista>>. Tale governo avrebbe dovuto: «l. assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato, evitando però ogni atteggiamento che possa compromettere la concordia della nazione e pregiudicare la futura decisione popolare. 2. condurre la guerra di Liberazione a fianco delle Nazioni Unite. 3. convocare il popolo, al cessare delle ostilità, per decidere sulla forma istituzionale dello Stato» 2

I propositi del C.L.N. cli Roma non suscitarono nel Mezzogiorno, quando furono conosciuti, particolare interesse. Ad ogni modo, a Roma si

1

T. Bonomi, Diario di un anno cit., p. 113. Cfr. Giuseppe Spataro, I democraiici cri-

stiani dalla Resistenza alla Repubblica, Mondatori, Milano 1968 , p 224. 2 G. Spataro , I democratici cristiani cit., pp. 228-229.


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era affacciato un nuovo problema tutt'altro che semplice e dalle varie sfaccettature. Più o meno tutti i partiti si stavano organizzando per la lotta clandestina e costituivano nuclei armati in grado di esplicare un'azione attiva. ln queste formazioni entrarono anche militari di vario grado datisi alla latitanza dopo lo scioglimento delle unità di stanza a Roma. All'atto pratico però il C .L.N. poteva contare, come braccio armato, essenzialmente su quattro Gruppi di azione patriottica (G .A.P.), di matrice e stretta osservanza comunista. A sè stanti erano il movimento di «Bandiera Rossa», in non dissimulata 1ivalità con il partito comunista, e le bande del sottoproletariato delle borgate, di scarso spessore politico e spesso sfocianti in atti di semplice banditismo 1 • Di carattere differente - assoluta apoliticità e aderenza alle direttive provenienti dal Comando Supremo - era il Fronte militare clandestino. Fin da] 19 settembre, grazie al materiale radio portato in volo a Brindisi da elementi del Servizio informazioni dell'Aeronautica, era stato possibile stabilire il collegamento fra il Governo ed il Fronte. Il 10 ottobre il Comando Supremo chiese: «Comunicate se Monte[zemolo] est in situazione assumere compito direttivo et organizzativo». Il colonnello Montezemolo rispose in giornata: «M comunica alt Da carta ufficiale tedesca risultano in Italia nominativi ventisei divisioni tedesche alt Una Brennero una Tarvisio una Trieste dieci su linea Po tre Liguria tre a passi appenninici una paracadutisti tra Roma et Aquila sei in contatto fronte sud>) 2 .

Nel frattempo, con l'appoggio del generale Sorice 3, ministro della Guena, rimasto volutamente in Roma - Ambrosio aveva indicato imminente il ritorno nella capitale 4 - per costituire discreto punto di riferimento per tutti i militari restati in città, Montezemolo aveva preso a dare forma al Fronte militare come organizzazione autonoma, costituita da militari delle tre Forze Armate e dalla Guardia di Finanza. Il contingente più cospicuo

Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, cit., pp. 285-286. Gabrio Lombardi, Montezemolo e il Fronte miliJ.are clandestino di Roma, 2A ed. Roma 1972. 3 11 generale Sorice trovò ospitalità a palazzo Colonna, in piazza Ara Coeli, e vi rimase per tutto il periodo cieli' occupazione. La sua presenza, ha scritto Jo' di Benigno, «fu sentita giorno per giorno» (Occasioni perdute cit., p. 165). 4 Ambrosio disse che «gli anglo-americani sono sicuri di essere a Roma per il Natale» (ibidem, p. 212). 1

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verrà lentamente realizzato con i carabinieri sfuggiti alla retata compiuta dai tedeschi i primi di ottobre, ed a fine anno questo complesso, in cui erano confluiti anche militari di altra provenienza, comprenderà un organo direttivo con il generale Caruso, un raggruppamento tenitoriale articolato in 6 nuclei (50 squadre) ed un raggruppamento mobile su 16 nuclei (90 squadre) per complessivi 7.500 uomini circa, con compiti ben specificati: informazioni, sabotaggi, inte1ruzioni di linee telefoniche ed elettriche, danneggiamento di impianti radio etc .. Naturalmente la rete informativa era sviluppatissima. Inoltre venivano studiate ed aggiornate le predisposizioni per la tutela dell 'ordine pubblico all'atto dell'abbandono di Roma da parte tedesca: quindi occupazione e presidio di edifici pubblici, caserme, depositi, centrali elettriche ed altri punti di principale importanza 1• Ad evitare errate interpretazioni, occorre precisare che jl Fronte militare non si presentava come un tutto unico. A prescindere da talune rivalità affioranti di tanto in tanto, la sua pletoricità per un verso rendeva non difficile l'infiltrazione di informatori al servizio della Gestapo o dell 'autorità fascista, e dall'altro provocava inevitabilmente un'eccessiva frammentazione dell'organizzazione, per cui molte bande si reggevano autonomamente «provvedendo con mezzi propri a quel vasto lavoro di assistenza che fu il segreto della resistenza» 2 , pur riconoscendo l'Autorità centrale. Non a caso Giorgio Bocca ha scritto che «la resistenza di Roma è un compatto, massiccio attesismo, con fuochi sparsi di lotta armata» 3 • Il colonnello Montezemolo aveva stabilito buone basi di collaborazione con il Comitato di liberazione e la Giunta militare, ma esistevano prevenzioni politiche nei confronti dei militari 4 • Cosiché quando egli, autorizzato da Badoglio, prospettò a Bonorni l'opportunità di designare un capo militare avente .autorità anche sulle bande politiche dovette poi riferire a BrinElisi: «10 novembre. Situazione et previsione fronte interno Roma permangono delicate alt Noti partiti respingono per loro squadre capo militare ma si orientano accettare segreteria militare coordinatrice».

F. Caruso , L'Anna dei Carabinieri in Roma cit., Jo' di Benigno , Occasioni perdute cit., p. 205. 3 G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana cit., p. 282. 4 È eloquente un breve dialogo riportato da Jo' di Benigno. Alla domanda, fatta con intenzione, se il C.L.N. avesse «qualche contatto utile con i militari» l'esponente comunista al quale era rivolta ris pose: «Si, abbiamo un colonnello, piemontese monarchico, ma poi all'ultimo momento lo facciamo fuori», nel senso naturalmente cli metterlo da parte (Occasioni perdute cit. , p. 179). 1

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E, un paio di settimane più tardi, precisò: «25 novembre. Roma. Comitato nazionale partiti non ha voluto generale ma prefe1ito me quale collegamento rappresentante Comando Supremo» 1 •

Quando al da fm-si non appena i tedeschi avessero lasciato la città, le preoccupazioni avvertite dal Governo e dagli Alleati circa la eventualità di gravi disordini in Roma, tenendo conto delle intenzioni manifestate dal C .L.N ., indussero Badoglio a comunicare: «24 dicembre. Fate sapere ai capi dei sei partiti che il Comando in capo alleato ordina che non ci sia nessuna aperta attività politica a Roma nel periodo fra il ritiro delle truppe tedesche e l'entrata delle truppe alleate alt Maresciallo Badoglio affida at generale Sorice mantenimento ordine pubblico e at senatore Motta[governatore cli Roma] la efficienza dei servizi pubblici nel periodo fra il ritiro delle truppe tedesche e l'entrata del Comando alleato alt Date loro le informazioni sopra scritte e dite agli altri membri del Governo di aspettare ordini alt Se generale Sorice non est disponibile aut non conveniente segnalate quali altri generali s.i trovano a Roma» 2 •

Poiché la designazione di Sorice non risultava gradita al C.L.N., anche perché si trattava pur sempre di un ministro del Re , Montezemolo propose il generale Armellini, cosicché il 4 gennaio Badoglio decise: «( ...) esaminate proposte affido mantenimento ordine pubblico at generale Armellini

se possibile coadiuvato da Bencivenga alt M sarà castamaggiore Armellini alt confermasi che comando militare non ha nulla a che vedere con politica et deve funzionare alt Comando alleato non permette alcuna attività politica nel predetto intervallo» 3 •

Il 1O gennaio giunse da Brindisi la nomina formale di Armellini e due giorni dopo questi rispose che accettava l'incarico. Prese contatto con Bonomi ed il risultato venne sintetizzato a Badoglio in questi termini: secondo il partito d'azione e, sulla sua scia, .i socialisti ed i comunisti, l'accettazione di un comandante imposto da Brindisi avrebbe significato il riconoscimento del Governo, appoggiato dallo straniero, perciò il Comitato aveva votato un ordine del giorno che

1

G. Lombardi, Montezemolo e il Fronte militare cla~idestino cit., p . 51. Jbidem, p. 47. 3 lbidem, p. 51. 2


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«( ...) afferma volontà esprimere anche in Roma nel momento evacuazione nemico at-

traverso uomini propri volontà riscossa nazionale alt At tale fine delibera che municipio Roma sia retto da rappresentanti partiti con capo provata fede antifascista alt Nel compito tutela ordine pubblico et riattivazione servizi Comune provvededt coordinamento forze militari con le quali stab.ilixà quei rapporti che si dimostreranno opportuni( ...)».

Visto il «carattere rivoluzionario» di simile atteggiamento e intendendo naturalmente evitare possibili aperti scontri, Armellini chiese istruzioni: o gli Alleati facevano giungere.direttamente ai partiti i loro ordini, oppure sarebbe stato necessario accettare il punto di vista dei partiti 1• Badoglio replicò: «( ...) Ripeto che Comando Generale alleato che ho consultato non tollererà qualsiasi attività politica aperta dopo partenza tedeschi finchè non sarà autorizzata da Comando militare alleato a Roma alt Roma sarà considerata come zona operazioni et perciò sotto con-

trollo assoluto Comando Militare alleato» 2 •

Anche i partiti si rendevano conto della delicatezza della questione . Bisognava impedire - annotò Bonomi - che <<elementi impazienti e indiscipli nati abbiano a proclamare un governo repubblicano (il terzo fra quelli di Mussolini e di Badoglio) col pericolo di farlo rovesciare dagli anglo-americani>> 3 • E il Comjtato finì per concordare sulla necessità di evitare conflitti armati e sulla instaurazione di una municipalità, naturalmente di antifascisti, per regolare la vita della capitale nei primissimi giorni 4 • Lo sbarco alleato ad Anzio mjse in agitazione non soltanto i Comandi tedeschi, ma altresì il C.L.N. ed il Fronte militare ai quali fu fatto pervenire il messaggio di Alexander: «23 gennaio. Da Comando alleato alt Est giunta l'ora per Roma et per tutti gli italiani di lottare con ogni mezzo possibile et con tutte le forze. alt Bisogna rifiutarsi di lavorare sulle ferrovie et dappertutto per il nemico bisogna sabotarlo in ogni modo bisogna bloccargli le vie della ritirata distruggere ogni filo delle sue comunicazioni colpirlo ovunque si mostri continuando instancabili la lotta senza pensare alle questioni della politica fino a quando le truppe non saranno giunte alt ( ...)» 5 •

Ibidem, pp. 56-57. Ibidem, p. 57. 3 1. Bonomi, Diario di un anno cit., p. 130. 4 Ibidem, pp. 131-132. 5 G . Lombardi, Montezemolo e il Fronte militare clandestino cit., p. 58. 1

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Gli esponenti del Fronte militare si riunirono due volte in seduta plenaria, il 23 ed il 24 gennaio, sotto la presidenza del generale Armellini. Fra le due opposte tesi dibattute (occupazione di punti nevralgici o, tenuto anche conto delle forze realmente disponibili, attesa del momento giudicato opportuno), prevalse quest'ultima. Nel pomeriggio del 25 Montezemolo venne arrestato dalla Gestapo. Il suo arresto ebbe una ripercussione seriamente negativa. Armellini, allarmato, abbandonò il rifugio di villa Savoia, ove si era installato anche il Centro X (il collegamento radio con Brindisi, retto dal ten . col Ugo Musco) e si rifugiò in San Giovanni in Laterano. Si trattò, lo si voglia o non, di una sostanziale uscita di scena dopo appena un pai0 di settimane di comando che ne danneggiò in qualche modo l'immagine, talché molte bande ne ricavarono un'incertezza che le indusse arimanere autonome. L'esistenza di due organismi operati vi, di differente natura politica e dipendenza, comunque non rappresentò elemento di discordia. I nodi del problema erano assai più intricati. Per le sinistre l'interpretazione della resistenza contro l'occupante si traduceva in attentati contro elementi isolati, reparti o installazioni tedesche, pur nella consapevolezza delle rappresaglie che avrebbero colpito innocenti cittadini, in quanto proprio queste rappresaglie avrebbero esacerbato gli animi suscitando una rivolta popolare. Per i moderati ed i militari, invece, gli attentati erano da proscrivere sia per salvaguardare la popolazione, sia perchè, stante la prossimità dell'offensiva alleata, appariva opportuno attendere il momento della ritirata germanica. Insomma una resistenza attiva ed incurante dei danni l' una, una resistenza attesista volta a contenere le ripercussioni negative l'altra. Inoltre, come sostenuto da De Gasperi, la lotta partigiana doveva avere «il meno possibile qualificazione di parte» ed escludere «atti isolati di punizione individuale», auspicando che la lotta armata dovesse avere un obiettivo bellico 1• Pretendere questo da un movimento partigiano per giunta non unitario era forse un pò troppo; ad ogni modo la questione degli attentati esigeva una precisazione e ciò non avvenne . I gappisti rispondevano al partito comunista, j) quale vedeva anche che i primi, non frequenti, attentati contro singoli non avevano suscitato reazioni di rilievo . li fatto è che il Comando tedesco aveva preferito non dare risalto agli ep.isodi e limitarsi a catturare, senza pubblicità, esponenti partigiani e costringerli sotto tortura a fornire indicazioni ed informazioni preziose. Cosicché da un lato la Resistenza perdeva elementi spesso di primo piano (ad esempio Monteze-

1

G. Spataro, I democratici cristiani cit., p. 235.


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molo) e dall'altro la popolazione rimaneva inerte, sotto il peso delle preoccupazioni quotidiane e comunque in attesa della liberazione. Vero si è che notoriamente i tedeschi non avevano certo la mano leggera in tema di reazioni e rappresaglie; basti accennare alla letterale distruzione di Lidice e della sua gente a seguito dell'uccisione del Reichsprotektor di Boemia, Reinhard Heydrich, avvenuta il 27 maggio 1942; alla strage di Boves del 19 settembre 1943 ed a]la immediata fucilazione di otto prigionieri politici a Genova a seguito dell'uccisione di un ufficiale tedesco avvenuta il 14 gennaio 1944. Ma esisteva nell'ambito del C.N.L. un altro punto di attrito e di tale rilevanza da produne una divisione di parti assai prossima ad una frattura. I partiti socialista e comunista, in piena sintonia fra loro, si erano accordati con il partito d'azione sulla posizione da assumere in seno al Comitato, il che portava quasi sempre a concludere con un compromesso le decisioni prese dal C.L.N. 1• Ora, a quanto sembra, per i partiti di sinistra la questione istituzionale costituiva un punto di vitale importanza, sì da lasciare in secondo piano la crisi contingente e da chiedere immediate misure radicali per rendere praticamente scontata la proclamazione popolare della repubblica a guerra fin ita. Secondo «L'Avanti», all'atto della liberazione di Roma il C.L.N. avrebbe dovuto assumere i pieni poteri, compresi quelli di destituire il Re e di autonominarsi Governo 2 . «La questione istituzionale - ricordò Spataro - rimase sempre oggetto delle maggiori polemiche» 3 . Nel febbraio 1944 i socialisti posero un aut-aut: qualora gli altri cinque partiti del C.L.N. non avessero condiviso integramente il loro orientamento - rifiuto di qualsiasi collaborazione con la monarchia ed accantonaµiento della stessa in attesa della proclamazione della repubblica da parte della Costituente - il partito socialista avrebbe lasciato il Comitato. Bonomi, profondamente urtato, il 2 marzo propose ai membri del C.L.N. una chiara e ben definita linea di condotta, basata in sintesi su quattro punti fermi: opposizione a qualunque governo che non fosse l'espressione libera e genuina dell'antifascismo; deliberazione sul problema istituzionale lasciata ad un'assemblea eletta da tutto il popolo italiano a fine guerra; abdicazione dell'attuale Re priva di effetti sul diritto popolare di scegliere la forma dello Stato territorio nazionale liberato; creazione di un modus vivendi tra Corona e Governo con la delega da parte della prima delle facoltà idonee a con-

' Ibidem, p. 236. Jhidem, p. 238 . 3 Ibidem, p. 236.

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sentire al secondo una energica e rapida condotta della guerra 1 . Tutti i partiti dovevano impegnarsi a rispettare questi punti e quanto ne conseguiva. Nella riunione del 18 marzo, la dichiarazione presentata da Bonomi venne discussa a lungo e trovò favorevoli De Gasperi, Ruini e Carandini, contrario Nenni, con riserve La Malfa e possibilista Scoccimarro. L'ordine del giorno fu stringato e generico: «Il Comitato del Liberazione Nazionale riconferma questa esigenza fondamentale: che non è possib.ile Ja mobilitazione di tutte le forze ciel paese ai fini della guerra al nazismo ed al fascismo se la direzione politica e militare dello Stato non è assunta da un Governo veramente democratico, espressione dei partiti antifascisti, con la esclusione delle forze , degli interessi e degli uomini compromessi con la dittatura mussoliniana e con la guerra fascista; riconosce( ...) la necessità di rinviare la determinazione dei modi di applicazione degli ordini del giorno del 16 ottobre e del 17 novembre al momento in cui, liberata Roma, si porrà concretamente il problema del nuovo governo» 2 • ·

Bonomi commentò nel suo diario: «l'adunanza si è conclusa con una specie di sospensione sopra un ordine del giorno cli rinvio. Una inconcludenza al cento per cento» 3 • L'ordine del giorno in causa era stato approvato da tutti con I 'eccezione di La Malfa, il quale espresse l'intenzione di conoscere prima il pensiero del suo partito, che rifiutava uri regime monarchico anche soltanto sino al termine della guerra. Questo rinvio provocò ripensamenti che, in ultima analisi, si tradussero .in un reciso rifiuto da parte dei tre partiti di sinistra, i quali sostennero una del tutto diversa dichiarazione sulla base delle intransigenti, vecchie pretese, compresa quelia che il governo futuro dovesse avere «tutti i poteri costituzionali dello Stato». AlJora Bonomi, superando quelche residua incertezza, decise di presentare le dimissioni. Cosa che fece i1 24 marzo . 11 giorno precedente aveva avuto luogo l'attentato di via Rasella. Per quanto Armellini avesse ben precisato di evitare attentati in Roma per non provocare sicure rappresag1ie sulla popolazione, i G.A.P. tendevano a considerarsi autonomi e per le sinistre l' attesismo non era accettabile, tanto più che a Cassino e ad Anzio gli Alleati erano fermi ed il fronte del1a Resistenza romana appariva disunito e depresso. Quindi occorreva I. Bonomi, Diario di un anno cit., pp. 150-158. G. Spataro, / democratici cristiani cit., p. 258. 3 I. Bonomi, Diario di un anno cit., p. 160. J

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«un'azione clamorosa per rianimarlo» 1• Non a caso Amendola, il principale esponente comunista a Roma, scrisse nelle sue memorie di quel }?urrascoso periodo: «Il problema delle rappresaglie era stato posto e risolto una volta per sempre all' in.izio de lla guerra partigiana ( ...).Accettare il ricatto delle rappresaglie voleva dire rinunciare il partenza alla lotta. Bisognava reagire alle rappresaglie naziste rispondendo.~olpo su colpo( ...) . Noi costituivamo un reparto dell'esercito combattente, anzi facevamo parte del comando di questo esercito( .. .) . Avevamo solo un d0.vere: continuare la lotta>> 2 .

L'azione di via Rasella, decisa da Amendola dopo attento studio, avrebbe avuto forte risonanza sia perchè svolta di giorno nel pieno centro della città, sia per l'obiettivo cui era rivolta, sia infine perchè ricorreva il 25° anniversario del partito fascista. Il bersaglio prescelto era rappresentato da un reparto del battaglione del SS Polizeiregim.ent Bozen, da poco arrivato a Roma pe1: rinforzare le forze di polizia di Maelzer. Alle 15,30 circa del 23 marzo l'esplosione del tritolo nascosto in un carretto da spazzino 1iempì via Ra.sella di morti e di alcune dieci ne di feriti 3 • Tra i morti anche due civili, di cui un ragazzo di tredici anni, decapitato dall'esplosione. I. gappisti riuscirono a fuggire approfittando del comprensibile disordine seguito aIIo scoppio 4 . E' facile immaginare il furore di Hitler, raggiunto dalla notizia a Rastenburg. Il generale von Buttler, dell'O.K.W. , telefonò al colonnello Beelitz, capo ufficio operazioni dell'O.B.S. (Kesselring era assente da Frascati perchè recatosi al fronte), che il Ftihrer «strepita e vuole che sia fatto saltare in aria un intero quartiere della città, con tutti quelli che lo abitano e che siano fuci lati italiani in una proporzione assai alta. Per ogni poliziotto tedesco ucciso si dovrebbe fucilare da 30 a 50 italiani» 5 .

G. Bocca, Sioria dell'Italia partigiana cit., p. 288. Giorgio Amendola, Lettere a Milano. Ricordi e documenti 1939-1945, Editori Riuniti, Roma 1973, pp. 293-294. 3 In via Rasella morirono subito 26 tedeschi, altri 6 nelle ore successive ed uno ancora il mattino seguente. 4 Secondo il Battaglia, Ja «vera e propria operazione di guerra» cli via Rasella si svolse in questo modo: «( .. .) All'ora prestabilita del 23 marzo (o per essere più esatti, con qualche lieve ritardo) la colonna nemica transitante per via Rasella viene investita dallo scoppio della bomba e .poi dal fuoco preciso dei partigiani appostati: risultano 32 morti e numerosi feriti d1ctii uno soccombe in seguito. Ciò che non è previsto è la reazione tedesca nella forma atroce che essa assume» (R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, Torino 1964, p. 224). 5 E. Dollmann, Roma nazista c'it., P: 246. 1

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Kesselrjng rientrò al proprio Comando la sera. Venne informato di tutto ed anche che il generale von Mackensen, comandante della 14A armata, aveva stabilito di propria iniziativa la rappresaglia nella misura di 10 a 1 ed accolto l' idea, avanzata da Kappler, di scegliere per la fucilazione solo persone già condannate a morte o all'ergastolo o che, comunque, avessero commesso reati passibili di tale condanne. Kesselring approvò e telefonò a sua volta a Rastenburg. Il generale Jodl riferì e poi rispose che il FUhrer concordava e prescriveva l'esecuzione entro 24 ore. Nell'agosto 1945 Kappler disse a DolImann di aver parlato per telefono con Kesselr.ing fra le 20 e le 21 del 23 marzo, confermando che «per eseguire all'indomani la rappresaglia ordinata egli era assolutamente in grado di valersi di condannati a morte» 1• Invece i Todeskandidaten erano solo quattro.Allora egli aggiunse gli ebrei detenuti ed una diecina di rastrellati in via Rasella. Non bastavano , occorreva a1tra gente. Furono presi a caso dalle prigioni romane. Nel pomeriggio del 24 marzo 335 uomini furono uccisi alle Fosse Ardeatine: cinque in più del necessario. Un semplice errore di conteggio. Fra i m01ti, erano figure di spicco della Resistenza, numerosi gli esponenti militari e di «Bandiera Rossa». Il mattino del 25 marzo «Il Messaggero» pubblicò un comunicato del Comando tedesco: «II pome,iggio del 23 marzo 1944, alementi criminali ha1rno effettuato un attacco mediante esplosivo contro una colonna di polizia tedesca in transito per via Rasella. ln seguito a tale imboscata , trentadue uomini della polizia tedesca sono rimasti uccisi. La vile imboscata è stata compiuta da comunisti-badogliani ( ...). Il Comando tedesco ha deciso di porre termine alle attività di questi infami banditi. Nessuno potrà sabotare impunemente l' alleanza .italo-tedesca da poco dichiarata. Pertanto il Comando tedesco ha ordinato che per ogni tedesco assassinato vengono passati per le armi dieci criminali comunisti-badogliani. Tale ordine è già stato eseguito>> 2 •

li giorno seguente «L'Osservatore Romane>> riportava un significativo editoriale del Vaticano: «Di fronte a tali azioni , tutti i cuori puri sono rimasti angosciati profondamente in nome dell' umanità e del sentimento cristiano. Da una parte trentadue vittime; dall' altra trecentoventi persone sacrificate al posto dei colpevoli, che sono sfuggiti all'arresto( ...) .

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!bidem, pp. 248-249. D. Kurzman, Obiettivo Roma cit., pp. 262-263. Parlando di 32 poliziotti morti si faceva suppcme che fossero stati passati per le anni 320 italiani, mentre in realtà furono 335. 2


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Noi esortiamo gli elementi irresponsabili a rispettare la vita umana, che non avraru10 mai il diritto di sacrificare, ed a rispettare l' innocenza di coloro che sono le loro fatali vittime; agli elementi responsabili chiedia mo la consapevolezza della loro responsabilità verso se stessi , verso le vite che cercano cli salvaguardare,' verso la storia e la civiltà» 1•

Nel pomeriggio del 24 era arrivato a Roma il generale Wolff. Recava l 'ordine di Himmler di organizzare , d'accordo con Kesselring, «l ' esodo forzoso dalla capitale della popolazione maschile dei quartieri più pericolosi, famiglie comprese, rastrellando gli uomini fra i 18 ed i 45 anni». I quartieri erano quelli di San Lorenzo , Testaccio e Trastevere oltre ad alcuni sobborghi 2 • ln breve, il console Mollhausen il mattino seguente si precipitò da Kesselring, Ll quale nel pomeriggio ricevette Wolff e gli dichiarò che per ragioni militari assolutamente decisive (traffico caotico , strade bloccate, insicurezza delle retrovie) non poteva acconsentire al pau roso esodo. Wolff non insistette di fronte all' autorità del comandante in capo del SudOvest e riferì a Himmler che avrebbe atteso fincbè la 14" armata non avesse condotto a termine il previsto (e poi annull ato) contrattacco contro la testa di sbarco d.i Anzio 3 . Fu allora concepito un altro progetto , riferito al caso di abbandono di Roma, per far saltare le centrali elettriche e telegrafoniche, le riserve d'acqua e possibi lmente i ministeri ed i grandi alberghi , nonché i ponti sul Tevere. Hitler, messo al corrente , lasciò Kesselring arbitro di mettere o meno in atto il disegno 4 • La disumana rappresaglia tedesca lasciò Roma attonita. L'orrore e l'odio aumentarono nei giorni successivi, vedendo non reso pubblico né il luogo della strage né l'elenco delle vittime . La lista dei nomi venne negata anche al Vaticano che ne aveva fatto rich iesta. Soltanto i pri mi di aprile cominciarono a pervenire le comunicazioni alle famiglie: « ... ist am. 24.3.1944 gestorben» ( « ...è morto il 24.3.1 944» ). Di fronte alla reazione popolare negativa in merito all'attentato per le conseguenze che ne erano derivate, da sinistra si cercò quanto meno di configurare 1'episodio di via Rasella come un aperto scontro armato . J gappisti, in un manifesto del 26 marzo, sostennero che i tedeschi erano stati «sconfitti nel combattimento di via Rasella»;

Ibidem, p. 267. E. Dollmann, Roma nazista cit., p. 249. 3 E. Mollhausen, La carta perdente cit., pp. 238-242. Cfr. D. Kurzman, 0/Jiellivo Roma c it.,p. 270. ~ Ibidem , pp. 243-245. 1

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«L'Unità» del 30 marzo affermò che il battaglione di polizia era stato attaccato affrontando «tutti j rischi del combattimento»; «L' Avanti» del 5 aprile parlò di una colonna di SS attaccata da audaci patrioti con lancio di bombe a mano in una vera e propria azione di guena 1• Per contro, «L'Italia nuova», clandestina, del 4 aprile scrisse: «Per Roma intiera la depJorazione dell' attentato fu unanime; perchè assolutamente irrilevante ai fini della guerra contro i tedeschi ( ...); perchè insensato , dato che ìl maggior daimo ne sarebbe derivato alla popolazione italiana; per quell'ampio senso di umanità( .. .) per il quale ogni inutile strage non può trovare la sua giustificazione nell'odio , ma solo nella necessità ( .. .)» 2 .

Naturalmente in seno al Comitato di liberazione si verificò un forte contrasto. Nella riunione del 26 marzo Amendola chiese che la Giunta militare dichiarasse apertamente dì approvare l'attentato, ma il democristiano Spataro si oppose decisamente, criticando i comunisti per aver organizzato un atto del genere all'insaputa della Giunta e proponendo invece che il Conùtato si dissociasse formalmente .dalla responsabilità assunta dai comunisti. Amendola replicò adducendo i motivi di segretezza che sempre circondavano 1' operato dei G .A.P. e sostenendo che alla fin fine l'azione rientrava nelle direttive generali emanate dal Comitato per la lotta contro i tedeschi. Pertini, Bauer e Brosio appoggiarono le tesi di Amendola, il quale però non ritenne opportuno insistere e i comunisti decisero di assumere l'intera responsabilità dell'attentato con un comunicato pubblicato nell' «Unità» del 30 marzo, che concludeva: «( ...) In risposta ail'odiemo comunicato bugiardo ed interessato del Comando tedesco, il comando dei G .A .P. dichiara che le azioni di guerriglia partigiana e patriottica in Roma non

cesseranno fino alla totale evacuazione della capitale da parte dei tedeschi. Le azioni dei G .A.P. saranno sviluppate fino ali ' insurrezione annata nazionale per la cacciata dei tedeschi dall'Italia, la distruzione ciel fascismo e la conquista dell'indipendenza e della libertà» 3.

Dopo lungo discutere il Comitato, per non palesare incrinature su un fatto di quella portata, al cui riguardo già c:ircolavano polemiche, finì per 1

A. Tamaro, Due anni di storia cit., II, p. 534-553. lbidem, p. 535. 3 G . Amendola, Lettere a Milano cit., pp. 295-298. È curioso che Spataro non faccia cenno della discussione, che dovette essere animata, nel suo I dernocratici cristiani cit., II, p. 554. 2


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consentire un comunicato proposto da Nenni che, rivolto agli Italiani, tutto sommato giustificava l'azione: «Un delitto senza nome è stato commesso nella vostra capitale. Sotto il pretesto di rappresaglia per un atto di. guerra di patrioti italiani in cui esso aveva perso 32 dei suoi SS, il nemico ha massacrato 320 innocenti( ...). Roma insorge in nome dell'umanità e condanna all'esecrazione gli assassini come i loro complici ed alleati. Ma Roma sarà vendicata( ...). Tutto per la liberazione della Patria dall' invasore nazista!( ...)»

1

La ti.cerca dei responsabili fu intrapresa dalla Gestapo con apparente lentezza, ma a metà aprile dette i suoi fnitti con una serie di arresti di rilievo che continuarono sino ai primi di giugno e che, tra l'atro, fecero fallire uno sciopero generale indetto dalla Resistenza per il 3 maggio 2 . A dispetto, peraltro, della catena di arresti, i tedeschi presero veramente a temere un'azione armata di partigiani durante l'offensiva - chìaramente decisiva - sferrata dagli Alleati sul fronte di Cassino all'alba dell' 11 maggio oppure alle spalle dell'inevitabile successi va 1itirata verso la linea Gotica. Da uno dei partigiani torturati Kappler apprese che il nuovo capo del Fronte militare clandestino era il generale Bencivenga. La sostituzione di Armellini era avvenuta in modo a dir poco singolare. Il telegramma del 22 marzo inviato da Brindisi a Roma era redatto in questi termini: «Per A et F.M. - Per risolvere felicemente tutti problemi dopo evacuazione tedesca Roma fino arrivò forze angloamericane in considerazione dell'unanime consenso che gode tra partiti et popolazione generale Bencivenga, Governo Italiano con pieno gradimento Alleati nomina tale Generale comandante civile et militare Roma et suo territorio situato zona di guerra fino at arrivo forze angloamericane. Assunzione carica inunediata. Comandante truppe alleate provvederà prendere contatti con generale Bencivenga non appena sit11azione pennetterà. Alleati et capo Governo Badoglio confidano che opera generale Bencivenga farà trovare città at arrivo forze liberatrici. in perfette condizioni ordine pubblico et disciplina at organi statali.. Collegamento Bencivenga con alleati et Governo tramite F.M.» 3 •

Il testo consegnato dal ten.col. Musco ad Armellini era modificato: «Per A e F.M. - Per risolvere felicemente tutti problemi dopo evacuazione tedeschi da

A. Tamaro,Due anni di storia cit., n, p. 554. D . Kurzman , Obiettivo Ronza cit., pp. 353-355. 3 Jo'di Benigno, Occasioni perdute cit., p. 294. 1

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Roma sino arrivo forze angloamericane, in considerazione fattori a noi direttamente pervenuti, alleati con pieno gradimento governo alleato [hanno] nominato comandante civile militare Roma et suo tetTitorio situato zona di guerra sino arrivo truppe angloamericane, personalità che giungerà a Roma appena possibile. Assunzione carica est immediata, contatti con alleati sino passate subito a generale Oddone che riceverà ulteriori istruzioni questo tramite. Assicurare immediatamente>) 1•

Non si conoscono i retroscena della questione, comunque Bencivenga assunse l'incarico in un momento veramente critico. A quanto risulta, si affermò subito con indiscutibile autorità , di massima gradito a tutti tranne al C.L.N ., dal quale ben presto prese le distanze. <<Roma - egli ebbe a scrivere un paio di mesi dopo a Babuscio Rizzo, ambasciatore d'Italia presso il Vaticano - quando io accettai il comando, poteva, senza esagerazioni, paragonarsi ad una polveriera dove un nonnulla poteva provocare una catastrofe». Per tale motivo si era proposto di tenersi fuori dalle polemiche accesesi dopo il 25 luglio e «del resto la stessa Ecc. Bonomi mi scriveva esser giusto che, per la missione che mi ero assunta, io dovessi restare fuori dai partiti». Di conseguenza riteneva non opportuna una «stretta collaborazione col C.L.N.», né , men che meno, l'affidare la gestione dei fondi ad una commissione finanziaria del Comitato 2 . Le difficoltà alimentari che affliggevano Roma si erano fatte così pesanti che Maelzer fece distribuire riso e farina gratuitamente nei quartieri più poveri per evitare che l'esaperazione trovasse sfogo in violente sommosse popolari 3 • Elsa Morante ha offerto un ricordo eloquente di quel periodo: «negli ultimi mesi dell'occupazione tedesca, Roma prese l'aspetto di certe metropoli .indiane dove solo gli avvoltoi si nutrono a sazietà e non esiste nessun censimento dei vivi e dei morti ( ...) . La popolazione era ammutolita. Le notizie quotidiane delle retate, delle sevizie e dei macelli circolavano per i rioni come echi rantolanti senza risposta possibile ( ...) . E anche il famoso miraggio detto Liberazione si andava riducendo ad un punto fatuo, materia cli sarcasmo e di canzonatura. Del resto si diceva che i tedeschi , prima cli abbandonare la città, l'avrebbero fatta saltare tutta intera dalle fondamenta ( ...). Ma, alla fine, clent1·0 la città isolata, saccheggiata e stretta d ' assedio, la vera padrona era la fame» 4 •

1

Ibidem, Armellini a Badoglio in data 16.4.1944, pp. 362-366. lbidem, pp. 305-308. 3 D. Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 430. 4 Elsa Morante, La Storia, Einaudi, Torino 1974, pp. 324-326.

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La cappa di piombo che gravava sulla capitale diveniva sempre più cupa. Conventi, parrocchie, comunità religiose accoglievano chiunque chiedesse asilo e aiuto L. I palazzi extraterritoriali di San Paolo, San Giovanni, la Cancelleria erano pieni di rifugiati, militari e civili. E il Papa rivendicava con fermezza di fronte ai tedeschi il suo diritto d'asilo. La somma preoccupazione del Vaticano era che per Roma si profilasse il destino cui era andata incontro Cassino. La Santa Sede perciò si rivolse apertamente ai due contendenti e nella sua intensa attività diplomatica coinvolse paesi neutrali cattolici, come l'Irlanda e la Spagna, per richiamare l'attenzione mondiale sul pericolo che coo-eva la culla della cristianità. In una udienz~ segreta concessa il 10 maggio al generale Wo]ff, il quale considerava la situazione tedesca estremamente grave e sperava che il Papa «volesse fare da intermedio, e fosse particolarmente adatto, per porre fine alla guerra con l'Occidente, che ormai era diventata insensata>>2 • Pio XII si soffermò sulle voci di un colpo di mano contro il Vaticano e la sua stessa persona 3 , sulle mfoacce di distribuzione e di deportazioni in massa e disse con serena decisione: «Qualunque cosa succeda, non andrò via da Roma di mia volontà. 11 mio posto è qui ed io lotterò sino alla fine per i comandamenti cristiani dell'umanità e della pace». Wolff, emozionato, assicurò il proprio impegno per evitare al Vaticano ed alla .città scontri armati e distruzioni 4 . Intanto la «svolta di Salerno» aveva fatto sentire i suoi effetti anche a Roma. Il C.L.N. decise di cooperare con il Governo nazionale ai fini della guerra di liberazione ed invitò Bonorni a riprendere il suo posto di presidente 5; i partiti convennero sulla designazione del principe Andrea Doria Pamphili quale primo sindaco di Roma liberata; il C.L.N. e Bencivenga raggiunsero un accordo ci.rea il momento della liberazione: Bencivenga avrebbe ricevuto il comandante delle truppe alleate in Campidoglio, dopo di che la giunta comunale si sarebbe insediata con il sindaco Doria PamphiJi.

1I

soli collegi delle suore ospitarono nei nove mesi dell'occupazione più cli ventimila persone. 2 R. Katz, Roma città aperta cit., p. 328 . 3 Weizsacker era stato avvertito della rinnovata idea di Hitler cli rapire il Papa perchè non fosse «utilizzato>> dagli anglo-americani (D.Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 453). «La grande chiacchera ciel giorno - scrisse Fulvia Ripa di Meana - è che i tedeschi vogliono far prigioniero il Papa» , aggiungendo che Roma «vive fiduciosa all'ombra di San Pietro» (Roma clandestina cit. , p. 59). 4 D . Kurzman, Obiettivo Roma cìt., p. 282. 5 I. Bonomi,Diario di un anno cit., pp. 185-186.


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La situazione romana era ben conosciuta dagli Alleati. Il 6 maggio il generale MacFarlane aveva rappresentato al generale Wilson le previsioni dell' A.C.C .: «È essenziale che a Roma venga mantenuto l'ordine altrimenti il risultante danno alla città potrebbe essere ben peggiore di quello inflitto da sporadici attacchi aerei tedeschi. Quando i tedeschi evacueranno la città( ...) è assai dubbio che mister X evidentemente il generale Bencivenga e Ja sua organizzazione riescano a mantenere l'ordine trovandosi di

fronte ad una vasta popolazione sull'orlo della fame e con gli animi assai eccitati. Saranno inevitabili le sommosse, i saccheggi, le rappresaglie. Poichè non possiamo permettere che si verifichi un tale stato di cose, occorrerà creare unaA.M.G. usando il più possibile, bene inteso, le esistenti strutture italiane( ...)» 1•

Ormai si era al «dunque». Poco dopo venne comunicato al Centro X che la trasnùssione della parola convenzionale «Elefante>> da patte di radio Londra avrebbe significato l'arrivo delle truppe alleate in Roma nel giro delle successive quarantott'ore. Così Bencivenga- che aveva trovato rifugio, con una gamba rotta per incidente , nel seminario di San Giovanni - ricevette da Salerno, l'avvertenza che «Roma non sarà chiamata ad agire finché non sarà sicuro che gli Alleati entreranno in breve tempo» e l'ordine di impedire un'insmTezione intempestiva e fuori luogo. I suoi ordini al Fronte nùlitare furono di prepararsi ad attuare il piano di occupazione della città come previsto, tenendo le bande di «Bandiera Rossa» in riserva a scanso di disordini. Tenne però a fis.sare il concetto di assicurare nell'impiego «(...) parità di trattamento e naturalmente, ove sarà possibile, analogamente dovrà essere

predisposto per le forze dei partiti . Bisogna rendersi conto, e farlo capire a rutti, che il Fronte degli eroici patrioti 1iveste carattere unitario nel Fronte clandestino di resistenza( ...)» 2 •

In questa occasione venne distribuito a tutti un bracciale di riconoscimento (bianco con il tricolore italiano in un quadrato), definito a suo tempo da Sorice e Montezemolo e formalmente depositato secondo le regole internazionali. Anche il C .L.N. si preoccupava che le cose non precipitassero. Kesselring aveva infatti informato il Vaticano, tranùte l'ambasciatore Weiszacker, che se i partigiani avessero attaccato i tedeschi egli era-deciso a «dare alle fiamme» Roma 3, ed il 30 maggio, in una riunione delConùtato centrale, De Gasperi riferì allarmato questa nùnaccia, chiedendo di deporre qualunque idea di insur1

D. Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 442. Jo'di Benigno, Occasioni perdute cit., pp. 309-311. 3 D. Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 441. 2


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rezione. Quasi tutti i partiti convennero su tale orientamento, ma La Malfa e Lussu del partito d'azione pretendevano, invece, l'insurrezione a qualunque costo per riacquistare dignità e .onore alla città, mentre ancor più estremista fu l'atteggiamento di «Bandiera Rossa» , ostile al CL.N ., al Fronte militare ed agli Alleati. Quando ai commùsti, più tardi Scoccimarro ricordò: «Quando il fronte tedesco a Cassino venne attaccato dagli alleati, convocai una riunione della direzione, a Roma, presenti Amendola, Negarville, Novella e altri. Io sostenni che dovevamo comunque batterci per la liberazione di Roma, almeno attaccando i tedesclù lungo le strade della loro ritirata. Ero in contatto radio con Togliatti, chiesi il suo parere, ma lui evitò d:i pronunciarsi. Il Vaticano e gli alleati erano contrari ali 'insurrezione, ma noi attendevamo comunque che da Napoli ci venisse il segnale convenuto. Non venne mai» 1• L'impegno diplomatico del Vaticano si era fatto frenetico. I tedeschi legavano og1ù loro decisione al comportamento di Roma verso le loro truppe; gli Alleati diclùararono che al Vaticano sarebbero stati «riconosciuti i normali diritti di uno Stato neutrale e la città sarebbe stata considerata uno Stato neutrale indipendente», ma che neppure all'immunità diplomatica del Vaticano sarebbe stato concesso di «interferire con le operazioni militari>>. Caratteristica larisposta di Roosevelt all'arcivescovo di Detroit: i monumenti della Città Eterna <<diversamente dai principi spirituali in discussione, non sono etenù, e dalle rovine sorgeranno monumenti più nuovi e più grandi in un mondo autenticamente dedito alla supremazia delle cose dello spirito» 2 • Che dire? Il mattino del 3 giugno radio Londra cominciò a trasmettere la parola «Elefante». Kesselring esitava. Un mese prima aveva ricevuto le direttive di Hitler sulla condotta della guerra in Italia: «Il compito del gruppo d'armata C rimane quel lo della difesa dell 'ItaJi.a meridionale e centrale finchè è possibile, e quello di salvaguardare i fianchi del nostro fronte , la Liguria e l'Adriatico e in particolare l'Istria ( ...)».

La difesa della pianura padana - continuava Hitler - sarebbe stata l'ultimo impegno, perciò occorreva guadagnare tempo. «In tal modo si impegneranno forti forze nemiche impedendo un attacco sulle coste dei Balcani, operazione che il nemico intende effettuare non appena raggiunta la linea degli Appennini» 3 • <<lo - scrisse Kesselring più tardi - ero fermamente deciso ad evitare Gìorgio Bocca, Palmiro Togliatli, Laterza, Roma-Bari 1973, pp. 378-379. D. Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 451. 3 Direttive di Hitler in clata6.5.1944,in F. Deakin,La repubblica di Salò cit., p. 677. 1

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qualsiasi combattimento attorno a Roma e nella città stessa» 1, pur essendo pronto ad usare la forza contro eventuali moti che compromettessero la ritirata tedesca, però egli non poteva ignorare gli ordini del Fi.ihrer ed il 2 giugno, infine, risolse di chiedere l'autorizzazione a lasciare Roma senza combattimento né distruzioni 2 • Hitler lo chiamò al telefono verso le 16 del 3 giugno. Voleva ragguagli e Kesselring mise apertamente in evidenza la drammaticità della situazione operativa e la necessità di un ordinato ripiegamento verso Nord: quindi si augurava di non essere costretto a difendere o distruggere Roma. Al termine del colloquio Kesselring commùcò al generale von Vietinghoff, comandante della 1QA armata: <<Riguardo alla grande città, il Fiihrer ha deciso che non sono necessari combattimenti ali' interno de11a città stessa o nell'area limitrofa». Secondo Mollhausen, Hitler lasciò Kessehing arbitro di fm·e eseguire o meno il piano delle distribuzioni nella capitale prima dell'evacuazione 3• Il mattino del 4 cominciò l'esodo tedesco da Roma: «I soldati si ritirano con ordine, ma appaiono stanchi ed avviliti ( ...). Hanno requisito tutti i mezzi possibili: automobili private, carrozzelle da piazza con il vetturino, perfino carri con i buoi. Una sequenza interminabile. Alcuni marciano con lo zaino tremendamente affardellato, armi in mano. La popolazione guarda e non dice nulla( ...)» 4 . Nel contempo aerei alleati lanciavano manifestini con il messaggio di Alexander, che concludeva: «Cittadini di Roma, questo non è il momento delle dimostrazioni . Fate quello che vi diciamo e proseguite il vostro lavoro. Roma è vostra. Il vostro compito è di salvare la città ( ...). Distruggere il nemico è compito nostro» 5 •

I primi reparti alleati stavano entrando in città. Il generale Clark fece il suo ingresso alle 8 del 5 giugno. La partenza dei tedeschi e l'arrivo degli anglo-americani erano praticamente stati contemporanei. Nel pomeriggio, alle 17, le campane di San Pietro cominciarono a suonare a distanza. Verso le 18 più di duecentomila persone gremivano la piazza, mentre altre migliaia continuavano a giungere. Un immenso, commosso grido salutò l'affacciarsi di Pio XJI alla finestra del suo studio.

1

A. Kesselring, Memorie di guerra cit., p. 229. D. Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 453. 3 Ibidem, pp. 475-480. 4 A. Giovannetti , Roma città aperta cit.. , p. 295. 5 D . Kurzman, Obiettivo Roma cit., p. 501. 2


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Capitolo VI IL RITORNO A ROMA l. IL PRIMO GOVERNO BONOMI

Nella seconda metà di maggio Vittorio Emanuele III si recò in visita sul fronte di Cassino e nel settore del Corpo italiano di liberazione , ove si intrattenhe con il generalc Utili. Evidentemente non voleva «perdere il contatto» con l'Esercito. Suo pensiero fisso era quello di raggiungere Roma non appena entrati in città i primi reparti alleati (e possibilmente italiani) e, al Quirinale, finnare i.I decreto per l'istituzione della Luogotenenza affidata al principe Umberto. Non si rendeva conto del cambjamento cli considerazioni politiche legate alla liberazione della capitale e dell'ormai scarsa importanza che alla sua persona annettevamo gli Alleati , i quali, per giunta, non si mostravano affatto tranquilli sulla situazione e sulle prospettive maturanti nella capitale. Roma era sempre più isolata dal resto dell 'Italia e le sue condizioni inteme destavano serie inquietudi ni: servizi pubblici mal funzionanti, gravi difficoltà per l'alimentazione, popolazione angosciata e insieme irritata, continui alJarmi per i bombardamenti aerei alla periferia e nei dintorni della città. 11 rancore nei confronti dei tedeschi per la rappresaglia delle Fosse Ardeatine era profondo, ma circolavano anche crHiche esplicite ai GAP. Anche questo era considerato da parte anglo-americana: «Io telegrafai a K irk ed a M u rphy - narra Hull - che eravamo d 'opinione che in nessun caso si permettesse al Re di tornare a Roma in quel momento» 1 • E lo stesso Murphy ricorda che «i servizi di sicurezza alleati dichiararono di non poter garantire la protezione di Vittorio Emanuele se egli fosse entrato in Roma prima che le acque accennassero a calmarsi» 2 • Quale che fosse l'attendibilità o il grado di esagerazione nelle infonnazioni a disposizione degli Alleati e fors'anche nel timore di una possibile denuncia da parte del Re al Paese circa le imposizioni e le vessazioni su-

1

C. Hull, Memorie cit., p. 1563. Cfr. Prunas a Badoglio in data 4-4.6.1944 ODI, 10" serie, r, doc. 246. 2

R. Murphy, Un diplomatico in prima linea cii., p. 207 .


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bite dagli Alleati - MacMillan ne fa cenno nelle sue memorie -, la Commissione di controllo non volle con-ere rischi e nell'ultima decade di maggio comunicò a Badoglio che non consentiva il ritorno del sovrano nella capitale «per evitare con la sua presenza di provocare la reazione del popolo romano» 1 • Ciò nonostante Vittorio Emanuele III continuò a sperare di poter firmare e datare il decreto a Roma, ove sarebbe rimasto per il tempo strettamente necessario per tale atto . Come spiegato in una lettera del 4 giugno per MacFarlane - lettera che Badoglio lesse al generale - egli chiedeva «di poter giungere a Roma in aereo, scendere all'aeroporto in via Salaria, recarsi a villa Savoia, senza entrare in città, per la firma del decreto e fare litorno immediatamente a Salerno» 2 • Il 4 giugno le avanguardie anglo-americane entrarono in Roma. 11 Consiglio dei ministri, tempestivamente riunitosi ne!Ja mattina del giorno 5, polarizzò l'attenzione su tre argomenti. L'uno riguardava il desiderio espresso dal Re e Croce, interessato al riguardo da Acquarone, dopo un breve dibattito ottenne diecì voti favorevoli contro sei contrari. La seconda questione fu sollevata da Sforza, Tarchiani ed Omodeo, che, con l'appoggio dei socialisti, sostennero una pretesa - e pretestuosa - indegnità del principe di Piemonte ad esercitare le funzioni di Luogotenente Generale. Omodeo e Tarchiani, azionisti, dichiararono che il loro partito - «sempre lo scervellato Partito d'azione» commentò Croce - pretendeva la sostituzione del principe ereditario con il duca di Genova 3 • Togliatti intervenne e tagliò corto osservando che il Consiglio dei ministri, occupandosi ancora una volta delle questioni istituzionali, dava prova della sua impotenza a realizzare alcunché di concreto e perdeva tempo iii chiacchiere assolutamente inutili e pregiudizievoli sotto ogni profilo. Solo allora gli azionisti tacquero e la «folle richiesta» cadde 4 • Giovanni Artieri, Cronaca del Regno d'J1alia cit., II, p.924. Badoglio a MacFarlane in data 4 .6.1944, DDI, 10" serie, I , doc.246, p. 299. Però, a quanto risulta dalla documentazione diplomatica britannica, sembra che Badoglio - convinto di presiedere il nuovo governo - abbia espresso privatamente a MacFarlane l'opinione che la presenza del Re a Roma avrebbe compromesso gravemente le possibilità ciel suo governo e quelle del Principe ereditario (Cfr. E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfitta cit., p.J 27, nota 3). 3 B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., pp. 140- l4l. 4 Promemoria cli Prunas per Badoglio in data.5.6.1944, DDT, 10"' serie, I, cloc.246. Nel pomeriggio MacFarlane, informato eia Badoglio della discussione, commentò essere grottesco che il giorno della liberazione cli Roma, quando i governi alleati stavano esaminando la concreta possibilità di migliorare le condizioni fatte all'Italia, si trovassero uomini e partiti così privi cli senso politico eia sollevare questioni ciel genere (ibidem). i 2


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Il terzo punto riguardava la posizione da assumere nei riguardi della Francia. Si decise infatti di dichiarare nullo l'armistizio firmato il 24 giugno 1940 a Vi11a Incisa, intendendo sottolineare con un gesto particolarmente significativo la solidarietà della Nazione italiana alla Nazione francese nel giorno stesso della Uberazione di Roma e nell'imminenza dell'attacco alla fortezza europea 1• Ma soprattutto si volle prevenire un atto analogo da parte francese, che il generale Juin si preparava a compiere proprio a Villa Incisa, a nome del governo provvisorio francese 2 . Era appena terminata la riunione che Badoglio ricevette una telefonata dal capo dell' A.C.C. da Napoli. MacFarlane lo avvisava che nel pomeriggio en'trambi sì sarebbero recati a Ravello per far firmare al Re il decreto con la data del 5 giugno e da Ra vello. Vittorio Emanuele li ricevette e cercò di insistere per firmare a Roma, ma MacFarlane - il quale, tra l'altro, si era presentato ancora una volta nella sciatta uniforme da campo estiva - confermò il rifiuto. Prima di tutto ricordò l'impegno assunto il 12 aprile di trasferire i poteri al Luogotenente non appena entrate in Roma le truppe alleate , il che era avvenuto il giorno precedente, quindi la stampa angloamericana attendeva il decreto di ora in ora. In secondo luogo oppose che le autorità alleate non avrebbero potuto comunque consentire l'arrivo del Re nella capitale se non dopo aver respinto verso nord i tedeschi, il che avrebbe richiesto qualche giorno, e prospettò che probabilmente l'opinione pubblica avrebbe subito «sollevato dubbi sulla sincerità della dichiarazione reale». Vittorio Emanuele, allora, volle che Badoglio esponesse per scritto questi motivi, ovviamente per conservare un documento che provasse di aver dovuto sottostare alla volontà degli Alleati. Il maresciallo compilò su due piedi la lettera ed il re gli consegnò il decreto che nominava U.ll}berto Luogotenente Generale del Regno con tutte le prerogative reali 3 • Ciò fatto , il generale MacFarlane continuò nell'attuazione del programma stabilito, come sappiamo, il 29 maggio. T1 mattino del 6 giugno, dopo aver sentito De Nicola, convocò Badoglio a Napoli e gli comunicò che, secondo la prassi, l'intero Ministero doveva rassegnare le dimissioni al Luogotenente; il giorno seguente egli avrebbe dato notizia a Roma delle avvenute dimissioni e 1'8 giugno entrambi sarebbero partiti in aereo per la capitale con il principe Umberto e sei ministri dimissionari, uno per partito, per una con-

DD1, 10" serie, I, cloc.296. Prunas a Badoglio in data 4.6.1944, ibidem. doc.244. 3 P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., pp. 215-2 L6. 1

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ferenza con gli esponenti del Comitato centrale di liberazione. Umberto, già informato, accettò le dimissioni e nel contempo, come previsto, affidò il reincarico a Badoglio con l'invito ad includere nel nuovo Gabinetto i principali politici di Roma. Tuttavia in campo anglo-americano persistevano dubbi. MacMillan non era d'accordo sul fatto che la formazione del nuovo Governo avesse luogo a Roma ed aveva messo in guardia sia MacFarlane sia Noel Charles sulla «inevitabile conseguenza che sarebbe derivata dal lasciare che il governo Badoglio si trasferisse nella capitale, invece di far venire a Salerno gli uomini politici italiani» 1• Charles non ravvisò motivi di preoccupazione e si limitò a far avvertire Badoglio che un eventuale suo insuccesso a Roma avrebbe avuto gravi ripercussioni sulla posizione internazionale dell'Italia 2 • Visto respinto il consiglio, MacMillan si rivolse al Foreign Office, che peraltro concordò con il commissario inglese 3 . Nel pomeriggio dell'8 giugno, dunque , mentre il Luogotenente si trovava al Quirinale, Badoglio e sette membri del Governo (uno per ogni partito più Sforza) si incontrarono al Grand Hotel con Bonomi, anch'egli accompagnato dai rappresentanti dei sei partiti antifascisti del Comitato centrale: Casati, De Gasperi, Ruini, La Malfa, Nenni e Scoccimarro, più . Vittorio Emanuele Orlando. Inizialmente la seduta fu presieduta da MacFarlane, come capo dell 'A.C.C., il quale espresse la viva speranza di un accordo per la formazione di un ministero di «unione» e tenne a mettere in chiaro due vincoli fondamentali: qualunque Governo venisse costituito, esso doveva adempiere tutti gli obblighi derivanti dagli armistizi concessi dai Governi alleati; ogni questione di carattere costituzionale doveva essere rinviata alla Costituente. Poi uscì ed ebbe inizio la discussione con Badoglio 4 . Il Comitato si era riunito già al mattino per proprio conto ed aveva concordato senza esitazione di allontanare il maresciallo dalla scena politica. Cosicché, quando questi, dopo aver riepilogato la situazione, chiese diconoscere gli orientamenti del C.L.N ., Ruini prese la parola: si intendeva, disse, avere un nuovo Governo «schiettamente democratico, formato da

H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra cit., pp. 598-599. Prunas a Badoglio in data 7.6.1944, DDI, 10A serie, l, doc. 248. 3 H. MacMiJJan, Vent'anni di pace e di guerra cit., p. 599. 4 Console Roberti a Prunas in data 8.6.1944, DD1, 10A serie, I, doc. 249. La «vivace riunione» ebbe luogo «in una saletta del Grand Hotel tra !'.indifferenza degli ospiti - quasi tutti ufficiali alleati - e degli stessi camerieri, molto più interessati a servire i liberatori per fare metodica incetta di mance» (G. Andreotti, Visti da vicino, Rizzoli, Milano 1986, p.45). 1

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elementi cli sicura fede antifascista, capace di fare la guerra e preparare la pace e la scelta istituzionale». Perciò un Governo sinceramente democratico non poteva avere a capo «un militare non appartenente ad alcun partito» . Occorreva un «politico» e questo politico era Bonomi, il presidente del Comitato centrale di liberazione. Tale dichiarazione ricevette la pronta conferma dagli altri esponenti del Comitato. I ministri venuti da Salerno tacquero , tutti ad eccezione di Togliatti, il quale, pur mostrandosi dolente di doversi separare dal maresciallo Badoglio, annunciò che i comunisti erano concordi sulla necessità di un cambiamento radicale. In altri termini: non un rimpasto, ma un Governo del tutto nuovo 1 • Badoglio ebbe così modo ,di vedere ancora contro di sé gli uomini che dopo il 25 luglio gli avevano negato qualsiasi collaborazione per non essere coinvolti nella «partita passiva», per dirla con De Gasperi, e si dichiarò pronto a cedere la direzione della cosa pubblica a Bonomi. Però non si trattenne dal replicare: «(... )Voi siete riuniti ora intorno a questo tavolo in Roma liberata non perché voi, che eravate nascosti o chiusi in conventi, abbiate potuto fare qualcosa: chi ha lavorato finora, assumendo le più gravi responsabilità, è quel militare che, come ha eletto Ruini, non ap-

partiene ad alcun partito» 2 .

Poi si recò al Quirinale e presentò le dimissioni ad Umberto, il quale verso le 20 ricevette Bonomi. Questi gli recava un messaggio politico «diverso e più difficile, riflesso dei diversi e più difficili tempi» 3 , con tre condizioni poste dal Comitato centrale di liberazione: modifica della formula del giuramento da parte dei membri del Governo; impegno reciproco (del Luogotenente e del Governo) di rinviare ali.' Assemblea Costituente la questione istituzionale; conferimento al Governo di poteri eccezionali -in materia legislativa, data l'assenza di un Parlamento. Il programma tracciato dal Governo fu precisato da Nenni il mattino successivo: «l. TI Governo si considera investito della volontà popolare e non designato dall'alto. 2 . Esso prende solenne impegno di procedere immediatamente ali 'emanazione di una legge per la convocazione cieli' Assemblea Costituente subito dopo la cessazione delle ostilità. Tale Assemblea deciderà sovranamente dell'assetto politico e sociale del Paese. 3. Alla formula del giuramento nelle mani del Luogotenente sarà sostituito un impe-

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G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., II pp. 490-491.

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P. Badoglio. L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p. 219. G. A1tieri,/l Re. Colloqui con Umberto Il, Ed . Il Borghese, Milano 1959, p. 167.

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gno che i singoli ministri prenderanno di fronte al Presidente del Consiglio di non pregiudicare con la loro opera le istituzioni politiche e civili attualmente esistenti. 4. Il Governo emanerà direttamente delle leggi sotto la sua responsabilità, senza bisogno di sanzione da parte del monarca o di chi ne fa le veci» (1) .

E, qualche giorno più tardi , Nenni aggiunse la pretesa dei socialisti: «svincolamento del Governo dalla Corona attraverso una fonna nuova di designazione e investitura del Governo stesso»: Governo interamente antifascista con «l'aspetto e le funzioni di un Comitato di salute pubblica» 2 . In sostanza, il Comitato centrale di liberazione nazionale di Roma mirava «a sostituirsi al Luogotenente, riducendolo a una figura simbolica e sostanzialmente violando gli accordi dell'aprile» 3 • Le conclusioni raggiunte a Roma sollevarono vivissime preoccupazioni e rimostranze da parte britannica, giudicandosi che Badoglio «si era lasciato giocare o si era piegato a irresistibili pressioni» 4 • In realtà il maresciallo resosi subito conto della inattesa, singolare situazione, l'aveva accettata: trovatosi di fronte ad un muro di pregiudiziali, consapevole di non disporre di sufficjente forza politica per infrangerlo, riceveva la conferma di quello che in fondo già sapeva da almeno un paio di mesi, e cioè che l' acquisizione di Roma irrobustiva le formazioni politiche esistenti a danno della Corona e del suo Governo e che questo dvestiva valore determinante, tanto più che il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia stava premendo per un riconoscimento ufficiale 5 e per essere dichiarato «coordinatore di tutte le attività di resistenza nei territori occupati», in altri termini per sostituirsi in ciò al Luogotenente ed al Governo 6 . Il malumore di Londra era palese: nel Re ed in Badoglio, tutto sommato, nutriva fiducia mentre assai meno ne aveva nel Luogotenente e soprattutto nel nuovo Governo, temendo che per ingraziarsi il popolo cercassero di sottrarsi all'osservanza delle clausole armisti«L' Avanti» del 6.6.1944 . «L' Avanti» del 1.2.6.1944. 3 Giuseppe Mammarella, L'Italia dopo il.fascismo, 1943-1968, Il Mulino, Bologna 1970,p. 7 l . Sull'Avanti dell'l l giugno Nenni scrisse: «se è vero che la Repubblica non è nata, .la Monarchia è morta». Nel 1946 proclamerà: «O la Repubblica o il caos». 4 H. Mac.Millan, Vent'anni di pace e di guerra cit. , p. 598 . Secondo Churchill, Badoglio era stato «giocato dai partiti» (Prunas a Badoglio in data 16.6.1944, DDI, 10" serie, I , doc. 256). 5 Magistrati a Badoglio in data 19.5. 1944, ibidem, doc. 230 . 6 .Magistrati a Badoglio in data 31.5.1944, ibidem, doc. 241. 1

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ziali. Churchill ne scrisse a Stalin: «( ... )Sono meravigliato cli ciò che è accaduto al maresciallo Badoglio. Mi sembra che

abbiamo perso l'unico uomo competente col quale avevamo a cbe fare, e anche un uomo che poteva servirci meglio di tutti. L'attuale gruppo cli politici, avidi e decrepiti, naturalmente si sforzerà di allargare le pretese italiane e potTà causarci il massimo incomodo ( ... ) .

E Stalin rispose: «A11che per me le dimissioni di Badoglio sono giunte inattese. Pensavo che senza il consenso degli alleati inglesi ed americani non si potesse sostituire Badoglio e nominare Bonomi . E' da ritenere che alcuni circoli italiani intendano compiere il tentativo di modificare a loro favore le condizioni d i armistizio. Comunque, se le circostanze suggeriranno a voi ed agli americani che in Italia sia necessario avere un altro governo e non il governo Bonomi, potete contare che da parte sovietica non vi saranno ostacoli» 1•

Ma Churchill se la prese soprattutto con i suoi uomini a Salerno. Spedì a MacMi11an un violento telegramma accusando MacFarlane di essersi reso «complice del trapasso dei poteri da Badoglio», il solo uomo con cui il Governo britannico avesse un rapporto vincolante 2 • MacFarlane si accorse dì trovarsi nel bel mezzo di un ginepraio. Visto che Sforza era designato al ministero degli Esteri, di iniziativa vol1e correre ai ripari esprimendo l'opinione che tale nomina «non avrebbe incontrato molti consensi da parte dei Governi alleati», cosa che non mancò di suscitare la fiera protesta di Washjnton a Londra 3, ma che comunque impedì la nomina. Ma c'era di peggio, a dimostrazione che, in particolare per quanto concerneva Ja..Gran Bretagna, l'Italia non si sarebbe mai scrollata di dosso il controllo al1eato sino alla firma del trattato di pace, al cui riguardo Londra coltivava idee molto determinate. Il 12 giugno, difatti , MacFar1ane consegnò a Badoglio ed a Bonomi trasferitosi a Salerno il giorno prima con i nuovi ministri - una dichiaraLa seconda guerra mondiale nel carteggio di I. V. Stalin con Churchill, Roosevelt, Aule, 1h11nan, Ed. Riuniti, Roma 1957, pp.258-259. 2 H. MacMillan , Vent'anni di pace e di guerra cit., p.598. 3 Forse, annotò MacMillan, non ci si rendeva abbastanza conto del fatto che lo Stato chiave per le imminenti elezion i presidenziali americane era quello di New York e che Sforza «pretendeva di manovrare milioni di voti» (Vent'anni di pace e di guerra cit., p.599) . 1


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zione a nome dei Governi alleati, ma di ispirazione «esclusivamente britannica» come specificato dal rappresentante americano Kirk ·1 , in base alla quale l'Italia, essendo sottoposta al regime armistiziale, doveva ricevere l'approvazione delle Nazioni Unite per il nuovo Governo prima che entrasse in carica. Perciò tutto era sospeso in attesa del placet 2 . Bonomi, a buon motivo mortificato e risentito, inv:iò una lettera di protesta a MacFarlane 3 e poi decise di rivolgersi direttamente a Roosevelt, a Churchill ed a Stalin, manifestando dolorosa sorpresa e sottolineando che per la prima volta in Italia la formazione di un Governo veniva subordinata al gradimento degli Alleati. I telegrammi per Washington e Londra, trasmessi con nota verbale a MacFarlane, furono da questi sospesi reputando che molto probabilmente si sarebbero rivelati controproducenti 4 • In effetti la «procedura» era stata modificata ed il 17 giugno il Comitato consultivo per l'Italia dette il consenso all'entrata in carica del nuovo Governo subito, senza bisogno di ulteriori riferimenti ai Governi alleati e conseguentemente senza ulteriori attese 5 , tuttavia il modo con cui la Commissione di controJlo pretese l'impegno italiano per le clausole darispettare lasciò trasparire una profonda diffidenza 6 . Fu il vice capo del1' A.C.C., capitano di vascello Stone, a comunicare il gradimento alleato, ma chiedendo a Bonomi la sua firma su deu separate dichiarazioni in inglese: «In nom~ del R.Govemo italiano accetto tutte le obbligazioni verso gli Alleati assunte dai precedenti Governi italiani dopo la conclusione dell'armistizio italiano, compreso le lunghe clausole cli armistizfo. Certifico che ciascun membro del Governo ha personalmente preso coscienza dei termini di tali obbligazioni». «Il Governo Italiano si impegna a non riaprire senza il preventivo consenso dei Governi alleati la questione istituzionale fino a quando l'Italia non sarà stata liberata e il popolo italiano non avrà la possibilità di determinare esso stesso la forma di Governo» (I).

Prnnas a Badoglio in data 14.6.1944, DDI, 10A serie, I, doc.254. Prunas a Badoglio in data 12.6. I 944, ibidem, cloc.252. 3 Bonomia MacFarlane in data 13.6.1944, ibidem, doc.253. 4 Prunas a Badoglio in data I 6.6.1944, ibidem, doc.255. 5 Prunas a Badoglio in data 12.6.1944, ibidem, doc.256. 6 Al freclo Pizzoni, che fu presidente del C.L.N .A .J. sino alla liberazione, espresse dura critica sul comportamento degli uomini del Comitato centrale al Grand Hotel, presenti osservatori alleati, ed attribuì a questa cattiva impressione la perplessità, o meglio la sfiducia alleata verso «il contplesso al potere>> (A. Pizzoni,Alla guida del C.L.N.A.l., Einaudi, Torino 1993 , p.241). 7 Verbale del colloquio Bonomi-Stone in data 17 .6 .J 944, DDI, lOA serie, I, doc.259. 1

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Il Governo costituito il 18 giugno comprendeva Bonomi (presidente del Consiglio, Esteri e Interni); sette ministri senza portafoglio e cioè Sforza (indipendente), Croce (PLI), De Gasperi (DC), Ruini (Dern. Lav.), Cianca (Pd' A), Saragat (PSIUP), Togliatti (PCI), e undici ministri con portafoglio, fra i quali Casati (Guerra), De Courten (Marina) e Piacentini (Aeronautica). I numerosi sottosegretari erano accuratamente dosati. Nenni non volle partecipare, a suo dire, per tre ragioni: desiderava non lasciare la direzione dell'«Avanti»; non gli piaceva la struttura governativa (troppi ministri e troppi sottosegretari) e non nutriva fiducia in Bonomi «come capo d:i governo ìn guerra. È un buon uomo e noi abbiamo invece bisogno di un uomo forte>>. 1• In quell'inizio di estate il ruolo politico della Democrazia Cristiana era sicuramente modesto, sia nella Resistenza sia nell'ambito del C.L.N., ma dopo la liberazione dì Roma il subitaneo e deciso incremento del! 'appoggio del Vaticano e l'abilità dì De Gasperi consentirono al partito di raggiungere ìn breve una posizione di primo piano 2 . Il giuramento nelle mani del Luogotenente fornì occasione di nuova polemica. Come si è detto, Bonomi aveva chiesto a Umberto di Savoia di giurare con la nuova formula indicata dal Comitato centrale dì liberazione per evitare una sicura crisi, dichiarandosi però personalmente disposto, <<a titolo di cortesia», a giurare con la vecchia formula e Umberto, date le circostanze, consentì che prestasse giuramento come gli altri. Cosicché i ministri si impegnarono sul loro onore ad esercitare le loro funzioni «nel l' interesse supremo della Nazione» ed a non compiere alcun atto che comunque potesse pregiudicare la definizione deJla questione istituzionale fino alla convocazione di un' Assemblea Costituente 3. Alla cerimonia furono assentì, per motivi opposti, Sforza e Cianca da un lato e De Courten dall'altro. L'inglese sir Noe] Charles non esitò a esprimere un vivo disappunto per il mancato giuramento secondo la prassi sempre seguita.

*** Il 20 giugno 1' agenzia delle Nazioni Unìte diramò un comunicato che includeva un commento al decaduto governo Badoglio: «( ... ) Gli Alleati apprezzano altamente il grande e riuscito lavoro svolto dal mare-

Pietro Nenni, Tempo di guerra fredda. Diari 1943-1 956, Sugarco, Milano 1981, p.85 . Paul Ginzburg, Storia d'Italia 1943-1996, Einaudi, Torino 1998, cap.II. 3 1. Bonomi, Diario di un anno cit.., p.195 e seg. 1

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sciallo Badoglio nei nove mesi da quando cominciò il salvataggio dei resti dell'arruninistrazione civile in Italia dopo l'armistizio. Egli iniziò a Brindisi la sua opera con poco più di 'una matita ed un pezzo di carta' e, con sforzi eroici, mediante l'aiuto di tecnici, riuscì a fare molto per la restaurazione del Paese( ... ) 1».

Dal canto suo, Togliatti lasciò un giudizio politico nettamente positivo su Badoglio, quale lo conobbe: «( ... )Trovai in lui un senso di alta dignità nazionale nei rappo11i con i comandanti al-

leati che si presentavano nella sala del Consiglio dei ministri a gambe nude e con la tendenza ad allungarle sul tavolo. Badoglio era capace di prendere davanti a loro ( ... ) un atteggiamento quasi eia metterli sull'attenti. Quando si trattò di dibattere alcune questioni cli fondo che riguardavano la vita di popolo, per esempio quella del corso delle amlire, che doveva essere cambiato affinché il salario reale potesse aumentare, Badoglio si batté insieme con noi e ottenemmo un aumento del salario a due ri prese successive nella città di Napoli e quindi per tutto il territorio già liberato. Per ciò che riguarda la politica militare, si deve al governo di Salerno l'iniziativa di trasformare il Raggruppamento precedentemente costituito in quel Corpo italiano di liberazione alla cui testa fu il generale Utili. Anche nel trattare dei problemi di politica estera il metodo seguito da Badoglio fu diverso eia quello cli cui facemmo esperienza in seguito ( ... ) . Quando si venne a Roma, con Bonomi e poi, soprattutto, con De Gasperi, di una linea elaborata collettivamente in politica estera si perdette persino la nozione: incominciò quel torbido ed esiziale giuoco per cui una parte deJ governo conduceva per conto suo un 'az.ione, presso le autorità alleate, per essere appoggiata nella lotta contro i partiti popolari, e una vera unità nazionale, nel governo, non ci fu se non esteriormente» 2 •

Il 22 giugno il nuovo Gabinetto rese nota una dichiarazione d'intenti. In premessa asseriva di rappresentare, data la propria origine politica, quella grande maggioranza del Paese già nel 1940 contrarìa al regime fascista ed all'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania. Dopo la singolare affermazione, il Consiglio dei ministri proseguiva: «Soltanto il fascismo è responsabile dell'adesione dell'Italia a l Patto tTipartito e del suo ingresso nella guerra e quindi i.I distacco dell'Italia da quelli che furono non i suoi alleati ma gli alleati del fascismo non è che la legittima conseguenza dell'avvenuto rivolgi-

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A. Tamaro, Due anni di storia cit., UI, p.1.43. P. Pieri e G. Rochat, Badoglio, UTET, Torino 1974, pp .849-850.


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mento politico, per il quale la Nazione, non più sottoposta al più aggressivo dei sistemi di polizia, ha saputo riprendere in mano le sue sorti e decidere ciel proprio destinoi>.

Perciò sconfessava «le cosiddette rivendicazioni fasciste», condannava le aggressioni compiute dal fascismo e riaffermava il proposito di continuare la guerra sino alla sconfitta definitiva della Germania hitleriana; di intensificare ]a partecipazione dell 'Italia al combattimento; di introdurre nelle Forze Armate l'elemento volontaristico; di sviluppare, coordinare ed aiutare il movimento dei patrioti; di procedere infine alla punizione dei delitti fascisti e ad un'epurazione degli istituti inquinati 1• In siffatta dichiarazione è difficile non scorgere ovvietà, retorica, ingenuo tentativo di essere riconosciuti estranei e «mondi» delle colpe del passato regime, di mettere in mostra limpidezza d'intenti e buona volontà di acquisire maggior credito presso gli Alleati. Tornano sgradevolmente alla memoria i concordi, ripetuti commenti dei giornali e deU 'opinione pubblica anglo-americana dei primi mesi successivi all'armistizio . Probabilmente era preferibile un sereno e pacato appello al popolo italiano. Derivando dal Comitato centrale di liberazione nazionale e conservandone le contraddizioni , il governo Bonomi non si presentava con una chiara connotazione politica, talchè - secondo la pertinente osservazione di Elena Aga Rossi - ondeggerà «tra la continuità e la contrapposizione del governo precedente, tra la definizione di primo governo dell'Italia libera e quella di nuovo governo dell'Italia libera» 2 . Con il decreto-legge luogotenenziale n.151 del 25 giugno continuò l'applicazione del programma indicato da] C .L.N .. Si decise che, altermine della guerra, sarebbero state tenute elezion i a suffragio universale per creare un'Assemblea Costituente incaricata di scegliere la forma-istituzionale e di propo1Te una nuova Costituzione. Sciolto il Senato, del resto ormai inoperante, la funzione legislativa venne esercitata dal Governo mediante decreti-legge approvati dal Consiglio dei ministri e sanzionati e promulgati dal Luogotenente, sino all'entrata in funzione del nuovo Parlamento. Si trattava, in sostanza, di un atto che annullava la decisione presa dopo il 25 luglio di ripristinare l'ordinamento costituzionale dello Statuto albertino con la promessa dell'elezione di una Camera dei deputati a tempo debito. Il principio della tregua istituzionale fu osservato a parole, prima di tutto perché con la formula «Luogotenente generale del

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Dichiarazione d.el Governo in data 22.6.1944, ODI, IQA serie, I, doc.263. E. Aga Rossi, i/Italia nella sconfitta cit., p.129.


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Regno», invece che «del Re» , la figura del sovrano veniva sostituita dal concetto di sovranità, di cui si considerava depositaria la Nazione; in secondo luogo perché i contrasti in merito al futuro assetto dello Stato continuarono nell'ambito del C.C.L.N. , e conseguentemente del Governo, insistenti e pesanti 1• Dal canto suo Bonorni si sforzava di rispettare la legalità del diritto pubblico. Il 15 luglio , benché le Camere non esistessero, furono egualmente nominati i presidenti del Senato e della Camera dei deputati (rispettivamente Pietro Tornasi della Torretta e Vittorio Emanuele Orlando) al preciso scopo di consentire al Luogotenente, in caso di crisi governativa, la tradizionale consultazione, opponendo in tal modo un freno al potere assunto dal Comitato di liberazione, che già nella formazione del Gabinetto aveva imposto la propria volontà 2 • Fu il 15 luglio che il Governo italiano ricevette l'autorizzazione a tornare in Roma, però fino al 15 agosto sulla capitale regnò l 'A.M.G .. Gli uomini del nuovo Gabinetto si accinsero ad affrontare distinti problemi, tulti pressanti, nessuno risolvibile senza l'intervento o l'autorizzazione alleata, problemi-sui quali non esisteva nemmeno uniformità di vedute fra i partiti. Non a caso il 26 luglio Bonomi riconobbe con amarezza, in un discorso al ministro degli Esteri, che «Tutta la nostra vita interna ed esterna, tutta la nostra attività econonùca e finanziaria, tutti gli ingranaggi dell'amministrazione civile e militare sono sottoposti alla volontà vigilante delle Nazioni Unite» 3 . Nessun dubbio sulla sincerità di opinioni dei si ngoli esponenti politici; nessun dubbio sulla loro convinzione di essere in grado di risolvere presto e bene i problemi che, a loro avviso, l'inetto e semifascista governo Badoglio non aveva voluto o era stato incapace di risolvere 4 • Molti dubbi invece sull 'imp]icito assunto che la patente di antifascista conferisse, automaticamente o quasi, capacità governativa, competenza amministrativa, nonché attitudine ad esatta collocazione e valutazione di problemi italiani nel qua-

Aldo Mola, La rinascita dei partiti. La svolta di Salerno in «L'Italia in gueml. Il quinto anno. 1944», Commissione italiana di Storia militare, Roma 1996, p.54 1. 2 Carlo Ghisalbe1ti, Storia costituzionale d'Italia I 848-1948, Laterza, Bari 199 1, pp.397-398. 3 DDI, 10" serie, I, doc.315. 4 Il 7 giugno i partiti comunista e socialista a Salerno avevano affermato in un ordine del giorno l'opportunità che il nuovo Governo dovesse essere composto in modo tale da rendere possibile una più energica partecipazione alla guerra. 1


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dro della politica internazionale. O meglio: delle Nazioni Unite . Senza dimenticare che i partiti erano pronti a lottare per la supremazia o per non essere messi da parte I e che per taluni la questione istituzionale era diventata una vera e propria ossessione. Dopo la liberazione di Roma il Comitato centrale di liberazione nazionale si era notevolmente rafforzato . Carlo Ghisalberti ha sottolineato la profonda differenza esistente rispetto al precedente Governo: «Emanazione diretta dei partiti rappresentati nel Comitato di liberazione nazionale, che si era attribuito il potere di designare alla Corona del Governo, il ministro Bonomi sembrava essere quasi l'organo esecutivo di questo, ritenendosi solo formalmente legato alla monarchia che aveva accettato di nominarlo conferendogli un crisma di legalità 2 • Una dimostrazione dell'importanza che i partìti dell' esarchia si attribuivano, in quanto «da sempre antifascisti», può rinvenirsi nel fatto che pur avendo il risveglio della vita politica a Roma portato al sorgere di molti altri partiti - ben diciassette-, parecchi dei quali di vita assai breve, questi, benché tutti dichiaratamente e ovviamente antifascisti, furono tenuti rigorosamente a distanza dal C.L.N .. A prescindere da simile «selezione», preoccupava comunque il comportamento dei numerosi C.L.N. locali sorti ovunque nell 'ltalia liberata, i quali, presentandosi come uniche autorità esistenti in posto ai Comandi alleati, del tutto impreparati a gestire circostanze del genere, vedevano subito riconosciuta la loro «investitura>> delle funzioni amministrative regionali, provinciali e comunali. Di conseguenza essi, organi politici, acquisivano il controllo dell'attività amministrativa designando sindaci e funzionari tecnico-amministrativi con criteri polit.ici e, molto spesso, di stampo progressista, data la preminenza assunta nel loro ambito dai rappresentanti dei pa1titi di sinistra. L'estendersi a macchia d'olio di siffatta situazione, con le implicazioni rivoluzionarie che ne potevano derivare, destò un vivo allarme nei partiti moderati, i quali cominciarono a battersi affinché venisse riconosciuta la provvisorietà delle decisioni prese localmente e la necessità che, a mano a mano che l'A.M.G. restituiva alJ'autorità italiana una provincia, fossero ripristinati i legali organi statali di controllo, quali prefetti e questori. In altri termini, via via i C.L.N. avrebbero dovuto cedere ai funzionari deJlo Stato i

1 Sul «The New ltaly» si .leggeva, a firma di Grindroocl, che i membri ciel nuovo ministero davano «il non edificante spettacolo di ingannarsi a vicenda per acquistare posizioni, contribuendo a suscitare tra gli osservatori stranieri dubbi sulla loro capacità cli assumere autorità politica» (A. Tamaro , Due anni di storia cit., ITJ, p.90). 2 C. Ghisalberti, Storia costituzionale d 'Italia cit., p.397.


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poteri assunti temporaneamente in situazione di emergenza. Per contro, i partiti di sinistra, secondo il cui modo di vedere i C.L.N. costituivano gli organi «popolari» grazie ai quali le masse sarebbero finalmente giunte a partecipare alla vita pubblica del paese, non soltanto intendevano rendere ancor più incisive le funzioni dei Comitati, ma miravano ad estendere la loro ingerenza a livello di complesso industriale, fabbrica, istituzione e anche di rioni. Secondo una circolare di Longo , diramata i primi di giugno ai C .L.N. regionali e provinciali, i loro compiti, nell'intervallo tra l'evacuazione tedesca e l'insediamento dell'autorità alleata, erano di «assumere di loro iniziativa in nome della Nazione e del Governo, la direzione della cosa pubblica, assicurare in via provvisoria le prime urgenti misure di emergenza per quanto riguarda la prosecuzione della guerra di liberazione fino alla distruzione dei nazi-fascisti, i provvedimenti di epurazione contro i fascisti repubblicani e gli agenti del nemico in generale, l'ordine pubblico, la produzione, gli approvvigionamenti, i servizi pubblici e amministrativi». Facile il confronto tra i C .L.N. di tale concezione ed i soviet della rivoluzione russa 1 • Le principali e più impellenti questioni che si ponevano al governo Bonomi potevano ridursi a tre, ma si presentavano in termfoi di tale complessità e difficoltà da lasciare sgomenti: la situazione economica, l'epurazione e la ristrutturazione dell'apparato statale, la partecipazione alla guerra con uno sguardo attento a quanto accadeva in Alta Italia. Obiettivamente il compito dell'esecutivo era reso ancor più gravoso dal peso della tutela angloamericana. L'osservazione di Bonomi rispondeva alla pura e semplice verità. Tutto veniva regolato dai proclami del colonnello americano Charles Poletti, succeduto al generale inglese Edgar Hume alla testa dell'A.M.G., in un ambiente seriamente inquinato proprio da11a presenza degli Alleati. L'indisciplina e l'aggressività di cui davano mostra molti soldati alleati nei confronti della popolazione erano assai più marcate di quelle dei soldati tedeschi. Simile stato di cose favoriva la corruzione, la delinquenza e la borsa nera. «Il Tempo» del 26 luglio scdveva: «Pu,troppo Roma 1igurgita tuttora di filibustieri cli ogni risma e di ogni calibro. Non esitiamo neppure un minuto a denunziare questo grave pericolo( ... ). Orbene non si esagera affermando che ogni autorizzazione, ogni permesso, ogni bollo costituisce un mezzo del quale si avvale un esercito di avventurieri più o meno improvvisati, più o meno scaltri, più o meno potenti , per taglieggiare nel modo più esoso chiunque abbia bisogno di fare o di chiedere qualsiasi cosa( ... )».

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G . Mammarella, L'Italia dopo il fascismo cit., pp.75-76.


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A fine luglio Bonomi si rivo1se al segretario di Stato americano, Cordell Hull , per chiedere un alleggerimento delle condizioni armistiziali, visto il prossimo scadere di un intero anno di guerra passato dall'Italia a fianco degli Alleati. Scrisse, tra l'altro: «3. Il popolo italiano si sente tuttora in quarantena, chiuso com'è in un isolamento ermetico. Occone reinserirlo in quella libera circolazione delle idee e degli avvenimenti internazionali che è una delle condizioni fondamentali per la ripresa ed il progressivo sviluppo delle libere istituzioni democratiche. Qualunque iniziativa in questo senso ci è stata finora preclusa ( ... )»

1

E ne ricordò le principali: richiesta di adesione italiana alla Carta Atlantica rimasta senza risposta; richiesta di partecipazione all'Ufficio Internazionale del Lavoro rimandata a tempo indeterminato; richiesta di partecipazione alla Conferenza monetaria non accolta. Jn questo stato d'animo di delusione, pochi giorni dopo il sottosegretario agli Esteri, Giovanni Visconti Venosta, mandò a Pietro Quaroni, nostro rappresentante politico a Mosca dal 29 maggio, una strana lettera persona1e, intesa, a quanto sembra, a chiedere un interessamento sovietico in proposito, ma preoccupandosi anche di «( ... )dissipare ogni e qualunque impressione che si tenti da parte nostra di giocare su eventuali contrasti tra Alleati per sbarazzarci della situazione armistiziale. La verità è che tale situazione è per se stessa intollerabile: spese di occupazione indefinite; enonne esconosciuta massa circolante emessa dagli anglo-americani; alto livello cambio sterlina-dollaro-lira dissanguano il popolo italiano già stremato, ne esauriscono ultime risorse, ne impediscono qualunque possibilità cli ripresa. La verità è altresì che controlli e interferenze anglo-americane sono enciclopediche e tali comunque eia impedire qualunque seria possibilità di amministrarci.

A questo sfogo seguiva un confronto con il modo di agire dell'Unione Sovietica - tenendo presente che la lettera veniva inviata tramite la rappresentanza dell'URSS a Roma- nella sua avanzata dell'Europa centrale: «Tutta la politica sovietica, del resto, nei territori di cui è prossima l'occupazione è infatti ispirata da ben altri criteri di saggezza amministrativa e di umana comprensione. Ragione non ultima ciel prestigio che il governo sovietico ha saputo assicurarsi in Eu-

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Bonomia I-Iuli in data 22.7.1944, DDI, 10" serie, I, cloc.303.


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ropa. È dunque lontano dai nostri propositi speculare su eventuali divisioni fra Alleati ( ... )» I.

Difficile un commento, ad ogni modo la risposta di Quaroni tolse ogni illusione sull'eventualità di un intervento sovietico a favore dell'Italia. Premessa la necessità di maggiori elementi sulla situazione italiana perché «ogni questione deve essere sottoposta a Stalin che ama precisione», Quaroni chiarì che i russi, non accettando intromissioni anglo-americane circa l'anm1inistrazione dei territori da essi occupati, preferivano non chiedere infonnazioni sull'Italia agli anglo-americani. Ed aggiunse che «in vista loro futura politica europea, ritengo che russi vedano non senza soddisfazione che anglo-americani si conducono male nei paesi da loro occupati» 2 • In agosto Bonomi si rivolse a Churchill, probabilmente senza molta convinzione: «( ... )Un intero anno, all'incirca, è trascorso dopo l'armistizio, dopo la dichiarazione di guerra alla Genna11ia, dopo la dichiarazione di cobelligenza e tuttavia la posizione internazionale dell'Italia e sempre quella fissata nel settembre 1943, vale a dire quella della capitolazione senza condizioni. 11 popolo italiano è stato il primo a rompere con la Germania e con il fascismo ed a passare nel campo delle Nazioni Unite, sfidando i pericoli, le sofferenze, le distruzioni che ne sono derivate; e tuttavia rischia di dover condividere esattamente le stesse condizioni che fra poco saranno imposte alla Germania. Sarebbe giusto ed umano permettere all'Italia di lasciare finalmente la posizione che le è stata data dall'armistizio e che la ferisce e l'umilia da quasi un anno, per avviarla verso una forma di collaborazione stretta e libera con la Gran Bretagna e le Nazioni Unite».

E proseguì lamentando che le spese di occupazione schiacciassero le risorse italiane, già spossate, che il cambio forzoso della lira provocasse un 'inflazione sempre più fotte e segnalando che ove le attuali condizioni fossero continuate, l'intero popolo italiano sarebbe stato minacciato dalla carestia nel prossimo inverno 3 • Bonomi non poteva immaginare che tre settimane prima il Foreign Office aveva detto allo scandalizzato MacMillan che «bisognava far capire agli italiani che i guai se li erano voluti: primo, a causa di anni di politica sbagliata; secondo, perché l'Italia aveva dichiarato guerra alla Gran Bretagna e quella era la sola ragione per cui non ci trovavamo in terra italiana» 4 •

Visconti Venosta a Quaroni in data 30.7.1944, ibidem, I, doc.308. Quaro ni a Visconti Venosta in data 9.8.1944, ibidem, I, doc.334. 3 Bonomia Churchill in data 18.8.1944, ibidem, I, cloc.353. 4 H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra cit., p.643. 1

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L'epurazione divenne rapidamente fonte di preoccupazioni per il funzionamento della macchina statale italiana e di pesanti ripercussioni nell'opinione pubblica. L'Ordine Regionale n.l, emanato dal colonne11o Poletti il 26 giugno per il territorio dell'ex-Governatorato di Roma, prescriveva: le persone da considerare fasciste (distinte in 25 categorie); la rimozione o licenziamento di detti fascisti da tutte le amministrazioni statali e le aziende di Stato e parastatali; la costituzione di un'apposita commissione per presiedere all'epurazione nello spirito dell'ordinanza. Inutile dire che, aprescindere da valutazioni soggettive o influenzate da antagonismi personali o di classe, l'applicazione pura e semplice di queste prescrizioni avrebbe portato.alla disarticolazione della pubblica amministrazione. Anche se «Italia libera» del 5 luglio proclamava: «L'epurazione durerà per anni, per decenni se occorre, e non potremo dire di aver finito se la democrazia non sarà solidamente fondata. Epureremo attraverso il Governo, attraverso la Costituente, con la stampa e con l'educazione, fino ai figli dei figli, sino a quando sarà cancellato il ricordo stesso de l fascismo»,

appariva evidente l'elementare necessità di una certa cautela, dovendo tener conto che il regime fascista er~ durato venti anni e che perciò, ferma restando l'esigenza di natura morale e politica di eliminare la dirigenza fascista, la definizione degli elementi da epurare doveva essere ponderata. Benedetto Croce raccomandava di non operare «per segni esteriori», ma di procedere con severità per casi singoli 1• li 27 luglio il governo Bonomi pubblicò il decreto n. 159 che rivedeva e riordinava le norme sull'argomento varate dal governo Badoglio e superava il decreto del colonnello Poletti. In sostanza prevedeva provvedimenti a carico di tre categorie di reati: punizione dei crimini politici commessi durante il fascismo e sotto l'occupazione tedesca; epurazione dell'amministrazione stata1e con l'eventuale allontanamento di coloro che avevano sfruttato la propria posizione nel regime ai fini del personale interesse; avocazione dei profitti di regime e punizione dei profittatori. Alto Commissario «per l'epurazione nazionale del fascismo» fu confermato Carlo Sforza, con quattro commissari aggiunti: Mario Berlinguer (Pda) per la punizione dei de1itti fascisti, Mauro Scoccimarro (PCI) per l'epurazione amministrativa, Mario Cingolani (DC) per l'avocazione dei profitti di regime , Pierfe1ice Stangone (Dem. Lav.) per la liquidazione dei beni appartenuti a11e

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B. Croce, Per la nuova Italia , p.46.


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organizzazioni fasciste. Con il decreto n. 198 del 13 settembre, poi, fu istituita un'Alta Corte di giustizia, nella quale il pubblico ministero era l'Alto Commissario. Contro le sue sentenze non era ammesso ricorso. Si confermava l'inapplicabilità della prescrizione dei reati, degli indulti , delle amnistie, delle grazie sovrane e delle dichiarazioni di nullità delle sentenze assolutorie precedenti 1 . Comunque criteri ed estensione dell'epurazione suscitarono violente polemiche che divisero i membri del Governo ed ebbero riflessi nella popolazione 2 • Per giunta si verificarono ape1ti dissidi fra le decisioni dell'Alto Commissario e la magistratura. Insomma tutta l'Italia liberata era in fermento 3 • In questo clima ebbe luogo il linciaggio di Donato Carretta, già vice direttore del carcere di Regina Coeli, intervenuto come testimonio (18 settembre), che indignò gli Alleati. La Dichiarazione di Hyde Park di Roosevelt e Churchill del 26 settembre, sulla quale ritorneremo , comprendeva questa frase: «Il popolo americano e quello britannico sono naturalmente rimasti inorriditi per la recente azione di violenza collettiva avvenuta a Roma ( ..• )>> ed il 30 settembre, ai Comuni, Churchill tornò sull'argomento: «Siamo stati tutti violentemente impressionati dall'orribile scena del linciaggio che si è svolta nelle strade di Roma( ... ). Questo vergognoso incidente è stato un avvenimento sconcertante sulla scena italiana» 4 . *** Si è accennato alla situazione di miseria in cui versava il Mezzogiorno, particolannente dove si era soffermata la guerra. La liberazione di Roma e l'avanzata alleata verso il nord non modificarono lo stato delle cose. Secondo i concordi rapporti delle Prefetture relativi al mese di agosto , «la grande maggioranza della popolazione si è mantenuta estranea alla politica, malgrado i vari partiti abbiano cercato di risvegliare l'interesse con una intensa propaganda. A causa delle immani rovine prodotte dalla guerra, dei conseguenti numerosi lutti e djsastd fami Iiari, degli squilibri economici a favore dei disonesti e soprattutto a causa delle difficoltà degli alloggi e degli approvvigionamenti dei generi di prima necessità, specialmente ali-

Sull' argomento cfr. Rodolfo P~·psìo , Problemi della giustizia e Franco Bandini , / pro~ '(•;, · . blem.i dell'epurazione in «Italia irr:gile1Ta : Il quinto anno 1944» , C.I.S .M., Roma 1995, 2 G .Mammarella, L 'Italia dopo. il fascismo cit. , pp .72-74. 3 Maurizio e Marcella Femtra, Cronache di vita italiana, Ed. Riuniti , Roma I 960, p.31; 1

Vittorio Gorresio, Un anno di libertà, Oet, Roma 1945. 4 A. Tamaro, Due anni di storirl cit.. III, pp. 387-388 .


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mentari, è accentuato nella generalità dei cittadini quel senso di delusione, di sfiducia e di apatia, cosicché pochi sperano in un miglioramento a questa situazione dall'azione dei partiti politici» 1 • Secondo rilievi eseguiti dal ministero dell'Industria, Commercio e Lavoro nell'autunno 1944, la situazione a sud di Roma si presentava in questi termini: «Cinque milioni di vani distrutti o resi inabitabili , con sette milioni di italiani senza tetto; un terzo della rete stradale impraticabile, con 13 mila ponti distrutti o danneggiati; automezzi ridotti al 10% con poca scorta di gomme; attrezzatura ferroviaria distrutta all'80%; patrimonio zootecnico quasi completamente distrutto; patrimonio forestale gravemente danneggiato» 2 • Non si scorgevano rii;nedi e questo avviliva e mortificava. In gran parte del Regno del Sud la vita era diventata tormentosa per le gravissime ristrettezze alimentari, la svalutazione pesantissima, la conuzione circolante, la prostituzione dilagante. In Sicilia esisteva un particolare motivo di agitazione, che si aggiungeva a quello economico-sociale: il separatismo. n movimento separatista guidato da Andrea Finocchiaro Aprile aveva preso piede e godeva di vaste simpatie locali, con il suo mezzo milione di aderenti ed il clandestino E.V.I.S. (esercito volontario per l'indipendenza della Sicilia), dotato di bandiera «nazionale» (Ja Trinacria). Il suo esponente politico- il quale sin dalla conquista alleata dell'isola si era rivolto al Comando anglo-americano chiedendo il riconoscimento dell'indipendenza siciliana, e poi era riuscito a far credere che tale aspirazione godesse del favore di Stati Uniti e Gran Bretagna - il 20 luglio si era spinto ad affermare senza perifrasi: «( ... ) le nostre sofferenze, l'assoluta privazione della libertà, l'odio del governo italiano verso di noi , ci fanno indubbiamente desiderare che gli Stati Uniti e l'Inghilterra rioccupino militarmente l'isola»! Il «Partito d'ordine siciliano» , so1to su iniziativa di elementi americani , si proponeva di conseguire in un primo tempo l'indipendenza dell'isola e successivamente l'annessione agli Stati Uniti. Fra i punti salienti del programma del partito figuravano i seguenti: indipendenza della Sicilia sotto la sfera d 'influenza degli Stati Uniti, repubblica democratica costituita con suoi rappresentanti ufficiali al governo americano; introduzione del dollaro come moneta ufficiale; costituzione della flotta mercantile siciliana; introduzione delle industrie che mancavano; abolizione del servizio militare affidando la tutela del1'ordine pubblico ad un corpo di guardie repubblicane. Naturalmente nel-

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E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfitta cit., p.306. lbidem, p.145.


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l'isola non mancavano critiche contro un separatismo il cui risultato finale sarebbe stato quello di «fare il gioco dello straniero» 1• Per quanto 1' 11 ottobre Bonomi e qualche giorno più tardi Noel Charles smentissero formalmente un qualsiasi appoggio aJleato a simile aspirazione, Finocchiaro Aprile non si scoraggiò ed in un congresso tenuto a Taormina il 19-22 ottobre, davantj a duecento rappresentanti del movimento, ribadì l'interessamento favorevole di Roosevelt e di Churchill per l'indipendenza del1 'isola. A prescindere dall'atteggiamento di Finocchiaro Aprile, la questione non era da prendersi alia leggera perché si rifaceva ad una lontana tradizione di autonomia ed a preesistente diffusa convinzione di trascuratezza da patte del Governo e, inoltre, era sostenuta da opposti ceti sociali per interessi diversi 2 • Ed anche in Sardegna si scorgevano segni di turbamento. La zona carbonifera del Sulcis si trovava in una nera desolazione. Saragat ricordò che, recatosi a Carbonia in occasione di preoccupanti scioperi, «eia un gruppo di minatori si staccò infine une-/ cli loro, che con tono quasi imperioso chiese: 'Chi è il ministro?' . Alla mia risposta il minatore fece un largo gesto con la mano, accennando ai suoi piedi nudi, ai suoi stracci immondi, e con Ja voce strozzata dall'emozione e dallo sdegno: 'Sono italiano' mi disse e si allontanò con i compagni» 3 . L'epicentro di questa miserevole situazione era Napoli. Il quadro che ne fa Ginsburg è desolante: <<L'occupazione alleata1cli Napoli durò dal settembre 1943 al dicembre 1944 e fu un disastro assoluto. I violenti bombardamenti dell'area vicina a l porto avevano creato circa 200 .000 senza-tetto e nell'autunno 1943 il collasso della rete idrica e fognaria lasciò la città quasi del tutto senza acqua. Circa il 60% delle merci scaricate nel porto furono dirottate sul mercato nero con la connivenza a più livelli dei Comandi militari. Nel luglio 1944 sola il 3 ,4%delle derrate esistenti a Napoli era disponibile per la popolazione sotto forma di razioni. La città acquistò un aspetto di degradazione e di malessere quale non s.i conosceva dai tempi delle grandi epidemie del XVII secolo. La maggior parte delle donne più povere fu costretta alla prostituzione, mentre grosse epidernie di tifo e di malattie veneree si propagavano tanto fra i civili che tra i militari» 4 .

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Dalle relazione degli uffici militari di censura di guerra riferite al settembre 1944 in E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfiua cit., pp.410-417. 2 Franco Catalano, L'Italia dalla diuauira alla democrazia 19/9-1948, II, Feltrinell i, Milano 1970, pp.119-121. 3 Cit. in A. Tamaro , Due anni di storia cit., III, p. 336 . 4 Paul Ginsburg, Storia d'Italia 1943-1996 cit. , p.40.


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In luglio la razione ufficiale pro-capite comprendeva: pasta alimentare, 80 gr. al giorno; pane, 200 gr. al giorno; zucchero, 200 gr. al mese; carne in scatola, 400 gr. al mese; olio, 200 gr. al mese; legumi 400 gr. al mese. Complessivamente: mille calorie giornaliere. Ma anche Roma soffriva, anche se il fenomeno dell'incremento della popolazione dovuto a quanti cercavano rifugio nella capitale dopo la liberazione, si ridusse radicalmente. Alle sue porte prosperava il brigantaggio ad opera di disertori e di malviventi. I furti e le rapine si susseguivano pressoché impuniti 1• Uno dei motivi che da tempo provocava il forte risentimento delle masse popolari era costituito dalle requisizioni di immobili e di alloggi compiuti dai Co.mandi ed anche dai singoli militari alleati. Requisizioni poste in atto brutalmente, con l'ingiunzione al proprietario o all'inquilino di lasciare sui due piedi l'appartamento, con assoluta incuranza di sbattere per la strada un'intera famiglia. «In qualunque qualità io mi rechi - riferì il 19 ottobre 1944 un ufficiale italiano di collegamento presso un Comando britannico - è una continua lamentel.a da parte dei civili ai quali è stata, per così dire, saccheggiata la casa da soldati inglesi (o alleati). Coperte, lenzuola, asciuga.man.i, tovaglie, in una ptu-ola ogni specie di biancheria, inoltrn scarpe (anche da donna),( ...) vengono aspo11ate dalle case che i soldati occupano; anche in presenza dei proprietari stessi, ai quali non è concesso tal volta entrare nelle loro abitazioni nemmeno magari per prendere quanto è loro necessario, finché i soldati le occupano. Con la conseguenza naturalmente che quando essi possono rientrare, non trovano quasi più nulla (...)» 2 •

Nessuno stupore se, più di una volta, venne fatto un raffronto tra l'ordine e la disciplina mostrata dalle unità della Wehrmacht e l'atteggiamento assunto da militari alleati nei confronti della popolazione civile italiana. In questi frangenti la rivalità fra i partiti non conosceva soste. Tamaro ha osservato che nel funzionamento del Comitato centrale di liberazione nazionale (il quale faceva sentire il proprio peso sul Governo) «tre elementi tarpavano ogni buona volontà: la così detta politicità, che limitava rigorosamente la partecipazione ai sei partiti e impediva ogni allargamento; la pariteticità, che metteva sullo stesso piano i partiti ormai di massa con 1 Non a caso a Roma apparvero scritte murali quali «abbasso tutti», «viva nessuno», «annatevene tutti, lasciatece piagnere soli». E in settembre fece sensazione una scritta in Trastevere: «Aridatece er puzzone» . 2 Filippo Castellano e Federica S,rini Fasanotti, La cobelligeranza italiana in «Storia militare», maggio 2005, pp.22-23.


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quelli privi di seguito e forza, o, come il demolaburista, che in gran parte del paese non esistevano nemmeno; l'unanimità , che richiedeva il consentimento di tutti per ogni liberazione ed esponeva la politica del partito più forte al veto del nullatenente. In eguale situazione si trovava il Governo , soggetto alla stessa trinità: donde dispute incessanti e decisioni insignificanti» 1• Ma soprattutto era nettamente scaduto «il principio di autorità», tenendo anche conto della facilità con la quale personaggi di reputazione più che dubbia venivano a rivestire cariche pubbliche 2 . Gli .inglesi guardavano e giudicavano: <<L'attuale governo italiano è assai debole, è un governo di coalizione formato da sei partiti tutti in lotta fra loro. La politica alleata li rimpiazzerà se essi falliranno» 3 • Nel Consiglio dei ministri del 26 settembre Bonomi, conscio dello scarso prestigio che stava circondando il Governo, pose sul tavolo senza mezzi termini il problema del1e difficoltà che il Gabinetto incontrava per concordare un programma politico adeguato alle circostanze. Ne derivò una dichiarazione del Consiglio in cui figuravano le condizioni da rispettare per superare ogni remora in un quadro di piena solidarietà dei sei partiti. In breve, una sorta di «comandamenti» finalizzati a smussare ogni possibile attrito: rinvio dei maggiori e fondamentali problemi politici e soci al i, quindi astensione da ogni agitazione intesa ad apportare profonde modifiche nel campo sociale, salvo il diritto di discuterle e di proporle per l'avvenire; impegno a risolvere i problemi ritenuti essenziali nell'ambito del Governo ed astensione .d a qualsiasi atto che potesse turbare l'opera di questo; netta opposizione a ritorni offensivi delle forze reazionarie; coordinamento della stampa e delle organizzazioni di partito per offrire la prova che i partiti di governo agivano concordi, subordinando insomma i fini particolari a quelli superiori cli liberare il Paese e di creare uno Stato democratico» 4 • Infine, la questione cli una più marcata partecipazione italiana alla guerra, sulla quale da tempo il Governo ed i ve1tici militari insistevano invano presso il Comando alleato. In realtà essa stava prendendo un indirizzo favorevole per le aspirazioni italiane, beninteso non perché gli Alleati volessero accontentare il governo Bonomi, ma, molto semplicemente, perché - come vedremo - la decisione anglo-americana di dar corso allo sbarco in Tamaro, Due anni di storia cit., III, p.346. Guido De Ruggiero, La crisi dell'autorità in «Realtà politica>>, n.5 , l O marzo 1945. 3 Coles e Weimberg, Civil Ajf'airs. Soldiers /Jecome Governors, Washington 1964, p.469, cit. in Lamberto Mercuri, 1943-1956 in Storia dell'Italia contemporanea (a cura R. De Felice), V voi., E.S.I., Napoli 1974, p.211. 4 A. Tamaro, Due anni di storia cit., III, pp.337 e 384-385. 1 A.

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Provenza comportava inevitabilmente una riduzione delle forze sul fronte italiano. Anche il Comitato centrale di liberazione si mostrava sensibile all'argomento, infatti uno dei punti del suo programma era quello di «fare bene la guerra», come detto da Ruini a Badoglio. Peraltro nell'ambito dei partiti, soprattutto di sinistra, appariva evidente la tendenza a considerare la lotta alla Germania sotto due aspetti: l'uno, di principio, riguardava il R.Esercito, osteggiato in quanto principale puntello della monarchia che si voleva abbattere e strumento di reazione 1 ; l'altro derivava dall'illusione di una possibile «guerra di popolo» e privilegiava la resistenza guidata dai partiti nell'Italia settentrionale. In questo orientamento sono da collocare le «Direttive per lo sviluppo della lotta insurrezionale» diramate dal partito comunista il 5 luglio: «( ... )Noi dovremo riuscire a creare nell ' Italia occupata dai tedeschi sicure zone abbastanza ampie completamente nelle mani dei partigiani e nelle quali l'autorità sarà esercitata esclusivamente dal potere popolare. Per dare un' idea dell'ampiezza cbe dovrebbero avere queste zone facciamo alcuni esempi: noi dovremo tendere nei nostri piani a liberare una zona che va dalla valle del Po sino a Savona e Imperia. Un'altra zona potrebbe essere quella compresa fra il territorio che, facendo centro sulla valle d'Aosta, comprendesse la valle di Susa e la Val Sesia. Solo la creazione di territori liberati abbastanza vasti ci darà la possibilità di creare un più potente esercito partigiano» 2 •

Nel frattempo, il 25 settembre Roosevelt, sotto la pressione degli interessi elettorali, fece comunicare da Hull alle rappresentanze diplomatiche degli Stati Uniti il suo orientamento a ristabilire i rapporti diplomatici con Roma, ritenendoli opportuni per la funzionalità democratica del Governo italiano. A tal fine, essi dovevano sondare i Governi presso i quali erano accreditati. Naturalmente questo non interferiva con le questioni da sistemare in sede di trattato di pace. Londra però non concordava ed il 20 ottobre il Governo britannico precisò a Washington di non essere affatto disposto a mutare indirizzo nei confronti dell'Italia, perché: «( ... )l'opinione pubblica inglese avrebbe reagito nel modo più sfavorevole ad un annuncio, in quello stadio della guerra, di qualsiasi intenzione di riassumere in pieno le re-

1 Nel luglio il giornale «Italia libera)) concluse il resoconto di una visita del Luogotenente Generale del Regno al C.I.L. con queste parole: «Il minimo che possiamo chiedere è che i volontari della libertà non vengano costretti ad atti umilianti [cioè il giuramento] e che non sentano di appartenere all'esercito dinastico dell'8 settembre». 2 A. Tamaro, Due anni di storia cit., III, p.209.


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!azioni diplomatiche col governo italiano. Non si sarebbe capito come relazioni diplomatiche già 'pienamente sbocciate' (Jull-blow) tra Alleati e Italia fossero compatibili con l'esistenza di un regime di armistizio: già il pubblico britannico avrebbe considerato pregiudizievole alla dignità del Re se egli avesse da indirizzare una lettera credenziale al Capo di uno Stato con cui egli era ancora in guerra ( ... )» 1•

Invece l'Un.ione Sovietica fu pronta ad aderire, cosicché il 26 ottobre Stati Uniti, Unione Sovietica ed altri diciannove Stati del continente americano ristabilivano i pieni rapporti diplomatici con il Governi italiano 2 . Naturalmente la Gran Bretagna non poté rimanere indifferente e il 26 ottobre l'inglese Henry Hopkinson fu nominato <<ministro consigliere». Quel giorno si concluse la Conferenza di Quebec con la Dichiarazione di Hyde Park di cui si è fatto cenno. In merito all'Italia, essa si espresse in termini agro-dolci. Anzitutto mise in chiaro il pensiero degli Alleati: <<Una semplice maggiore autorità sarà gradatamente concessa all'amministrazione italiana, purché tale amministrazione dia prova di mantenere l'ord ine e di rispettare le leggi ed assicuri il funzionamento regolare della giustizia». Poi indicò le intenzioni anglo-americane. La Allied Contro! Commission (A.C.C.) avrebbe mutato il nome in Allied Commission (A.C.) 3 ; l'Alto Commissario britannico in Italia avrebbe assunto il titolo addizionale di ambasciatore e il Governo italiano sarebbe stato invitato a nominare propri rappresentanti a Washington ed a Londra. Inoltre la United Nation Reliej:\' and R_e habilitation Adniinistration (U.N.R.R.A.) , l'organo per gli aiuti ai paesi danneggiati dalla guerra, riceveva istruzioni per incrementare 1' invio di aiuti sanitari e di rifornimenti essenziali ali 'Italia 4 • Quanto alla ricostruzione dell'economia italiana, erano previsti provvedimenti da considerare «anzitutto come un mezzo militare per permettere all'Italia ed al suo popolo di impegnare in pieno le loro risorse nella lotta per sconfiggere la Germania ed il Giappone» 5 . Le insistenze italiane non erano state vane.

1

Cordell Hull, Memoirs cit., II, p.1567. Il russo Kostylev fu nominato ambasciatore il 25 ottobre, l'americano Kirk il 7 dicembre. Da parte italiana Nicolò Carandini fu nominato rappresentante politico a Londra da.I 17 novembre e Sforza fu designato ambasciatore a Wahington, ma non partì. 3 Alle testa della Commissione Alleata, il cui annuncio ufficiale venne dato il .I O novembre, fu destinato MacMillan. 4 L'U .N.R.R.A. stanziò 50 milioni cli dollari a favore della popolazione italiana (Bonomia Churchill e Roosevelt in data 28 .9 .1944, DDI, 10A serie, I, doc.435. 5 Kirk a Prunas in data 28.9.1944, ibidem, I, doc.439. 2


IL RITORNO A RmvIA

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Visconti Venosta commentò in una conferenza stampa che la dichiarazione Roosevelt-Churchill era «un punto di pa1tenza, non una enunciazione tecnica di risultati tecnici raggiunti», nonché un indubbio indice «della nuova e ben diversa atmosfera» nella quale in futuro si sarebbe svolta la cooperazione italiana con gli Alleati 1• Ma la crisi governativa esisteva, insanabile. Nenni continuava a pretendere l'immediata discussione di problemi quali la proclamazione della repubblica, la riforma agraria con l'esproprio e la gestione collettiva, la socializzazione delle grandi industrie. I gruppi ed i movimenti politici si moltiplicavano e ad essi si aggiungevano le «correnti» nell'ambito dei partiti maggiori con l'incremento di enti e di incarichi ben retribuiti da dividere in un penoso gioco di equilibri fra uomini o clienti dei sei partiti 2 . Insomma la situazione si faceva inquietante e Harold Caccia, capo della sezione politica dell' A.C.C., non esitò ad esprimere a Prunas le vive preoccupazione della Commissione, temendo che comunisti e socialisti uscissero dal Governo per «recuperare la loro completa libertà di movimento, e soprattutto togliersi dalle spalle il fardello e la responsabilità del governo in una fase particolarmente dura per la vita del Paese» . Si augurava, perciò, che Bonomi riuscisse ad ottenere dalle sinistre il rinnovo dei vecchi impegni 3 . La frattura si verificò sulla questione dell'epurazione. Anche gli osservatori alleati si stavano rendendo conto della disarticolazione dell 'amministrazione statale, e quindi delle tremende difficoltà di mettere in piedi una forza ricostruttiva nel paese a causa della cieca applicazione delle norme epurative. Non a caso i documenti diplomatici americani erano espliciti in merito: «La defascistizzazione non deve diventare uno strumento politico nelle mani di singoli gruppi a scapito dello sforzo di guerra alleato e della ricostruzione italiana» 4 • I primi di novembre il comunista Scoccimarro, commissario aggiunto per l'epurazione amministrativa, chiese l'allontanamento di tre funzionari del Tesoro, scelti dal ministro per il proprio Gabinetto,. e in un'intervista attaccò alcuni alti ufficiali della R.Marina. I due ministri interessati, il liberale Soleri e l'ammiraglio De Courten, sdegnati rassegnarono le dimissioni. Bonomi si schierò dalla loro paite ed accennò perfino all'ipotesi di scioglimento dell'Alto Commissariato. Naturalmente si formarono subito due schieramenti politici . Il 10 novembre la direzione della Democrazia cristiana votò un ordine del giorno

A . Tamaro, Due anno di storia cìt., III, p.386. G. Andreotti, Concerto a sei voci cit.,p.43. 3 Prunas a Bonomi in data 16.9.1944, DDI, 10Aserie, I, cloc.432. 4 G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit. , li, p.950 . 1

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in cui metteva in risalto l'acuto disagio del Paese provocato dalle critiche mosse all'azione governativa dalla stampa degli stessi partiti al governo, la quale stampa, invece di collaborare «ne mette sistematicamente in giuoco la coesione, il prestigio ed ogni fattiva operosità». Il documento ammoniva che «la tendenza a disobbedire alle leggi, alla violenza ed all'arbitrio» doveva essere rapidamente stroncata per non risultare fatale alla stessa causa della libertà e del1a democrazia; denunziava «l'opera di una quinta colonna, diretta ad ostaco]are l'arruolamento militare e ]o sforzo dell'Italia in guerra»; additava ai partiti ed alla loro stampa l' esempio altissimo di silenziosa dedizione al dovere delle Forze Armate e delle formazioni partigiane che si battevano per assicurare al Paese un domani migliore. Io definitiva, i partiti erano invitati ad una collaborazione leale e fattiva. <<Nei giorni successivi - scrisse Andreotti - gli altri partiti fecero seguire le loro prese di posizione sì da schierarsi in battaglia per affrontare la crisi» 1• Questa si palesava inevitabile. Ormai da troppo tempo la macchina del1o Stato appariva inceppata sia per quanto concerneva l'amministrazione interna, sia sotto il profilo delle relazioni internazionali. Il 25 novembre Bonomi restituì il mandato al Luogotenente e l'annuncio non fu seguito dalla comunicazione del reincarico, bensì dall'inizio delle consultazioni da parte del Luogotenente, secondo la vecchia prassi parlamentare. Come era da immaginare, le proteste dei partiti nei confronti di Bonomi si levarono alte , intendendo il C.C.L.N. essere l'organo cui le dimissioni dovevano venire presentate. La sera del 27 novembre Togliatti propose a De Gasperi ed a Nenni la costituzione di un Governo a tre: comunisti, democristiani e socialisti, ma non trovò convinto ascolto. Lo stesso giorno il Comitato di liberazione nominò Sforza suo presidente e lo designò alla carica di presidente del Consiglio. Sforza mostrò di accettare, eventualmente, la carica di ministro degli Esteri in un nuovo governo Bonomi. Poiché però venne fatto notare che gli inglesi già in passato avevano ·indicato contrarietà al suo nome e che gli americani sembravano piuttosto freddi in quanto egli non si era ancora deciso a partire per gli Stati Uniti come ambasciatore, benché Washington già da tempo avesse dato l'assenso alla nomina proposta da Roma 2 , si pensò opportuno sondare preliminarmente il rappresentante di Gran Bretagna nel Comitato consultivo per] 'Italia. Noel Charles, :interpellato il mattino del 28 novembre da De Gasperi, Saragat e Cianca, G. Andreotti, Concerto a sei voci cit:, p.20. Bonomi a Kirk in data 24.10.1944, DDI, 10A serie, I , cloc.484 e risposta affermativa di Kirk in data 3.1 1.1944. 1

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non lasciò dubbi: ogni miglioramento delle relazioni britanniche con l'Italia «sarebbe stato impossibile qualora si fosse proceduto alla nomina di Sforza» 1 . Andreotti precisò che il diplomatico inglese «in un colloquio piuttosto concitato ( .. .) confermò il veto che inutilmente, con sottili distinguo, i fautori di Sforza cercarono di interpretare come valido solo per Palazzo Ghigi e non per il Viminale. Fu lo stesso Sforza a tagliar corto, anche per non rendere ancor più difficili i rapporti con gli Alleati» 2 • Tanto più che Eden rifiutava di corrispondere con Sforza in qualsiasi modo. Intanto Londra e Washington seguivano con seria inquietudine la crisi italiana. La prima aveva subito avvertito che: «( ... ) Dans l'opinion du Gouvernement britannique rien ne pourrait etre plus clésa-

streux aux i..nterets de l'ltalie que la reprise de disputes internes pendant que l'Ttalie reste un champ de bataille» 3 •

La seconda, dopo qualche giorno: «La continuitll della crisi cli governo in Ita.lia può produrre soltanto le più sfavorevoli ripercussioni sulla opinione pubblica americana soprattutto in un momento in cui il ristabilimento dei pieni rapporti diplomatici con l'Italia è immù1ente davanti al Congresso degli Stati Uniti( ... )».

Il Governo americano - continuava la comunicazione ufficiale - si augurava il mantenimento dell'attuale carattere rappresentativo del Governo <<in qualunque soluzione che venga raggiunta nella presente crisi», in quanto «il grado di cooperazione e di amicizia con le Nazioni Unite e con lo sforzo bellico degli Alleati in Italia», dimostrato da ogni nuovo Governo italiano, era questione che interessava il Governo degli Stati Uniti 4 • In siffatta congiuntura esplose il «caso Sforza>>. Il 1~ dicembre Eden, rispondendo ad alcune interrogazioni ai Comuni, disse: «L'Italia è un Paese con iI quale siamo stati in guerra recentemente e che si è arreso incondizionatamente. È pe1fettamente vero che non siamo affatto un popolo vendicativo e che abbiamo accolto l'Italia cobelligerante, ma questa non è alleanza.

H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra cit., p.658. G . Andreotti, De Gasperi e il suo tempo, Milano 1956, p.148. 3 Charles a Prunas in data 26.11.1944,DDI , 10" serie, I, cloc.545. ' 1 Prunas a Bonorni in data 29.1 1.1944, ibidem, 1, doc. 549. 1

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Essa resta una base di operazioni delle nostre truppe e noi siamo perfettamente autorizzati ad esprimere la nostra opinione circa la nomina di qualsiasi uomo di Stato in Italia. Noi non abbiamo espresso un veto, ma non c'è motivo perché il Governo britannico non debba dire: 'Secondo il nostro avviso la nomina del signor X al posto speciale di ministro degli Esteri non faciliterebbe il funzionamento regolare della nostra macchina» 1•

Roosevelt, piuttosto seccato per l'undue inte,ference blitannica nelle cose interne italiane, incaricò l'ambasciatore degli Stati Uniti a Londra di far presente il suo sconcerto al F oreign Office. Il giorno 4 intervenne pesantemente Churchi11. In una lettera all'ambasciatore britannico a Washington, lord Ha1.ifax, tenne a motivare in dettaglio i motivi della sua contrarietà. In primis, ribadì, non si trattava di un vero e proprio «veto» a Sforza, <<personaggio che non merita da parte nostra il minimo credito e fiducia», bensì della particolare autorità riconosciuta alla Gran Bretagna negli affari del Mediterraneo e quindi del diritto di far conoscere all 'ltalia 11 proprio pensiero «prima che personalità italiane assumano decisioni su incarichi al conte Sforza>>. Le ragioni della sfiducia di Churchill risalivano alla lettera scritta il 23 settembre 1943 al sottosegretario americano Berle - di cui si è accennato in precedenza - nella qtiale Sforza dava piena assicurazione del suo leale impegno a collaborare con il governo Badoglio senza creare difficoltà né sollevare pregiudiziali di carattere istituzionale. Durante la breve sosta a Londra, «il conte.Sforza fece colazione da me - scrisse Churchill - ed io ebbi occasione di mostrargli. una copia della sua lettera al signor Berle chiedendogli di dirmi, sul suo onore di gentiluomo, se quelli fossero i suoi veri sentimenti oppure no. Egli mi elette le più positive assicurazioni e posso portare le testimonianze» .

Senonché, non appena rientrato in Italia, Sforza prese apertamente posizione contro il Re e contro il governo Badoglio. Non solo, ma una volta subentrato il governo Bonomi, «continuamente il conte Sforza ha intrigato contro il signor Bono mi, nella formazione del cui Governo era entrato ( ... ) . Egli ha sostenuto una parte notevole e di primo piano nel rendere la posizione di Bonomi tanto difficile da indurlo a dimettersi». «Insomma - proseguiva Churchill - se io fossi costretto, cosa che deplorerei, a precisare le mie obiezioni contro iJ conte Sforza come primo ministro e ministro degli Esteri, sarei obbligato a dire alla Camera dei Comuni, in mia difesa, che lo considero un uom.o

1

A. Tamaro, Due anni di storia cit., Ili, pp.368-369.


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che ha mancato la sua parola d'onore verso cli me, come è consacrato in un documento che categoricamente gli richiesi. Sarei inoltre costretto a rendere pubblico il fatto che lo cons.iclero non soltanto un uomo che ha mancato di parola, ma anche un intrigante ed un creatore di equivoci (mischief-maker) cli prima grandezza e su tutto questo si stende un forte sospetto che in simile indegno modo di fare, l'interesse personale giocò una parte importante, se non decisiva( ... )»

1

Naturalmente nei rapporti tra Londra e Washington affiorò, sia pure temporaneamente, un cenno di contrasto politico. Il 5 dicembre il nuovo segretario di Stato americano, Edward Stettinius, fu esplicito: «La posizione cli questo Governo è stata costantemente ispirata alla considerazione che la compagine del Governo italiano è una questione esclusivamente italiana, tranne nel caso di nomine connesse con importanti fattori militari. Questo Governo non ha in alcun modo intimato al Governo italiano che vi sarebbe stato da parte sua una qualsiasi opposizione al conte Sforza( ... )» 2 •

Il gjorno seguente, ai Comuni, Churchill negò che il Governo britannico avesse posto un veto sul caso Sforza: semplicemente non si fidava di lui ( « Wè do not think he is a true and trustworthy man») e non avrebbe li posto alcuna confidenza in un Governo in cui il conte avesse ricoperto un ruolo preminente. Poi, dopo aver accennato alle «contorsioni» della politica italiana con sei partiti «rotolanti l'uno sull'altro», spiegò in quali circostanze Sforza avesse mancato di parola 3 • La situazione italiana era realmente delicatissima ad anche il C.L.N .A.I. volle manifestare i suoi timori, deprecando in un suo ordine del giorno del 3 dicembre che «nel momento attuale, quando gran parte del Paese..geme sotto l'occupazione tedesca e la tirannia fascista, si sia prodotta a Roma una crisi di governo( ... )». L' aspetto curioso del documento stava nell'individuazione fatta dal Comitato circa l'origine di tale crisi: «( ... )per l'intervento di forze oscure e incontrollate, la cui opera determinò l'avvento del fascismo, lo sostenne sino a ieri portando il Paese alla rovina, e oggi tende di nuovo a scindere gli italiani, ad inquinare il Paese ed a ridurre la politica alla meschina difesa degli interessi personali o di gruppo, rinnovando metodi e criteri dei quali la catastrofe italiana segna la condanna storica» 4 • La

G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., II, pp.960-962. A. Tamaro, Due anni. di storia c.it., III, p.369. 3 Ibidem, p.370. 4 G.Andreotti, Con.certo a sei voci cit. , pp.31-32. 1

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crisi governativa durò un paio di settimane e si svolse in un'atmosfera politica torbida, di tumulti per le strade un po' ovunque per la fame e la miseria, per l'inflazione e la grave carenza di energia elettrica, con la Sicilia percorsa da manifestazioni separatiste. Ogni partito appariva assai più impegnato per le proprie aspirazioni che non a fornire allo Stato una guida atta a superare i gravi problemi che si presentavano in ogni campo. La guerra che si stava combattendo nella penisola sembrava lontana e di relativo interesse. «Inoltre - è stato rilevato - non pochi italiani in quel momento difficile maledicevano tutto e tutti, dal fascismo ali' antifascismo dai tedeschi agli Alleati». Stanchezza, delusione e scontento erano i sentimenti dominanti del popolo 1• Perciò, secondo i rapporti delle Prefetture, «generalmente, sia la causa che gli effetti di questi dissensi (politici) sono stati giudicati molto severamente dalla popolazione» 2 . Gli azionisti dichiararono sic et simpliciter che restavano nel C.L.N. ma non nel Governo; i socialisti si impennarono negando la fiducia a Bonomi, accusato di aver ostacolato la realizzazione del programma governativo, e precisando di essere pronti a collaborare «a quella sola opera di salute pubblica» che assicurasse la partecipazione sempre più larga del popolo alla guerra di liberazione, una radicale epurazione dell'apparato statale ed una «soluzione organica ai bisogni più urgenti del popolo» 3 • In definitiva, socialisti ed azionisti avanzarono la candidatura di Ruini ed il Comitato finì per comunicare al Quirinale tale designazione 4 • Ma il principe Umberto, chiuse le consultazioni, rese noto al C.L.N. di aver deciso di riaffidare l'incarico a Bonomi. Questi sentiva la responsabilità di evitare il pernicioso protrarsi della crisi e, su suggerimento di De Gasperi , inviò una lettera allo stesso De Gasperi, a Togliatti ed a Nenni, chiedendo la loro collaborazione per la fonnazione di un Governo autorevole, sulla base della precedente coalizione, ed offrendo a due di loro la carica di vicepresidente per condividere la responsabilità de11a direzione politica governativa 5 . In una riunione tenuta nel tardo pomeriggio del 7 dicembre, Togliatti, che presiedeva la seduta, pregò il partito d'azione di desistere dalle sue pregiudiziali istituzionali ed invitò i socialisti a rivedere le loro posizioni. Lussu e Nenni insistettero sulle riserve avanzate nei confronti di Bonomi. Togliatti fece notare che in fondo non c'era mai stata una maggioranza con-

E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfitta cit., pp.329-330. L. Mercuri , 1943-1956 cit., p.117. 3 G. Andreotti, Concerto a sei voci cit., pp.27-28. 4 G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., II, p.963. 5 G . Andreotti, Concerto a sei voci cit., pp.117-118. 1

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tro quest'ultimo e che sollevare in quel momento il problema istituzionale «sarebbe stato quanto mai inopportuno». De Gasperi concluse tranquillamente che: «un governo insieme ai socialisti sarebbe auspicabile, ma un governo in cui sono rappresentate le tre grandi con-enti: liberale, democristiana e comunista, rappresenta una situazione dì equilibrio meglio di quella del governo a sei. Noi daremo la prova - soggiunse rivolgendosi a Nenni ed a Lussu - che le vostre prevenzioni erano errate e tra qualche settimana voi dovrete lealmente riconoscerlo»

1

All~ 20 di quel 7 dicembre Bonomi si recò al Quirinale per accettare il reincarico. Il giorno dopo rese nota la composizione del ministero. Era il quinto Governo democratico in poco più di un anno. Caratteristica: abolizione dei sei ministri senza portafoglio come rappresentante dei partiti. Bonomi tenne l'interim degli Interni; nominò vicepresidenti Togliatti e Rodinò; affidò a De Gasperi gli Esteri; confermò Casati e De Courten rispettivamente alla Guerra ed alla Marina; nominò all ' aeronautica Carlo Scialoja, che nel gennaio 1945 darà le dimissioni e sarà sostituito da Gasparotto. Nenni dichiarò che «il senso della crisi è ne11a lotta dell'lta1ia dei prefetti e dei gerarchi fascisti contro· l'Italia dei Comitati; dell'Italia che si rifugia sotto le ali protettrici delle truppe d'occupazione contro quella del popolo; de11'Italia codina contro l'Italia del popolo» 2 . Il 12 dicembre l'ammiraglio Stone chiese a Bonomi di sottoporre alla preventiva approvazione della Commissione Alleata ogni proposta di legge circa il referendum istituzionale e l'elezione dei membri della Costituente 3 • A completamento di questo quadro generale, già non poco turbato, bisogna accennare anche ad un grosso problema di carattere politico-diplomatico sorto a11'improvviso. Il 5 dicembre Charles aveva telegrafato a Londra di aver ricevuto una preoccupata visita del maresciallo Badoglio, il quale ~i attendeva dì essere arrestato e mandato sotto processo dell'Alto Commissario per l'epurazione. Da parte americana affiorò incertezza di comportamento. Secondo l'ambasciatore Kirk, la linea di condotta più «democratica» era quella di non interferire nelle vicende italiane «finchè non fosse accaduto il peggio». Il segretario di Stato Stettinius s.i manifestò anch'egli poco incline ad agire. Ma Churchill intervenne con determinazione:

G . Andreotti, Concerto a sei voci cit., pp.37-40. «L'Avanti>> ciel 9.12 .1944. 3 Stone a Bonomì in data 12.12.1944, DDI, 10" serie, II, cloc.l. 1

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Badoglio aveva firmato 1'armistizio ed i vari documenti dai quali dipendeva in toto la presenza delle truppe anglo-americane in Italia, quindi era impensabile un processo senza il consenso delle due Potenze alleate. Nel suo messaggio a Charles, lo avvertì che lo riteneva personalmente responsabile della sicurezza del maresciallo. Charles si attenne alle disposizioni e, per il momento, offrì a Badoglio un sicuro asilo nell'ambasciata britannica a Roma. Finalmente, viste le reazioni, Sforza e Bonomi dettero le più ampie garanzie: il primo assicurò il Governo che non avrebbe insis6to nell'inchiesta; il secondo disse senza esitazione che comunque era in grado di difendere l'interessato. MacMillan e Alexander, ad ogni modo, precisarono che in caso di una rinnovata minaccia contro la libertà di Badoglio, questi sarebbe stato subito trasportato in aereo a Malta 1 •

2. LA COBELLIGERANZA NELL'ESTATE-AUTUNNO 1944. Nella tarda primavera e nell'estate del 19441' attenzione del grosso pubblico in Italia si polarizzò, in successione di tempi, sullo sfondamento a Cassino, sulla liberazione di Roma, sullo sbarco in Normandia, sull'attività del nuovo Governo. Le operazioni nella penisola sembrarono incontrare una stasi di cui soltanto ad alto livello si conoscevano i motivi. In campo tedesco, al termine dell'operazione Diadem la 14" armata risultava gravemente provata, ma 1'0.K.W. aveva fatto affluire in Italia quattro altre divisioni e numerosi reparti ct:i sti.pporto corazzati e di artiglieria. E la 10 11 armata, sebbene costretta ad abbandonare le posizioni, seppe ripiegare con ordine, continuando a battersi e conservando un'elevata efficienza bellica. La determinazione di evitare qualsiasi combattimento nell'area m:bana di Roma e nei dintorni comportava la rinuncia alla difesa del Tevere sino al mare e dell' Aniene fino a Tivoli, cosicché Kesserling si rassegnò ad una breve sosta all'altezza di Viterbo. In compenso vide subito la possibilità di dare una battuta d'arresto più o meno lunga agli anglo-americani sull'allineamento f.Ombrone-M.Am iataRadicofani-lago Trasimeno-Norcia-Camerino-f.Chienti (linea Frieda o Albert), che proteggeva i porti di Livorno e di Ancona, considerati indispensabili per la prosecuzione dello sforzo alleato verso il Nord, e che gli avrebbe consentito un certo guadagno di tempo per riordinare e completare le divisioni più provate e portare in linea le nuove. A nord di que-

1

H . MacMillan, Vent'anni dì pace e di guerra cit., pp.660-661.


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sto allineamento si ripromise di manovrare in ritirata su posizioni successive, in base all'andamento della lotta, fino a raggiungere l'Arno. Qui intendeva opporre l'ultima resistenza prima di .ripiegare lentamente sulla Linea Gotica, da metà giugno chiamata Griin Linie (Linea Verde) 1• La decisione assunta venne agevolata dal fatto che «non so per quale motivo - ossrvò Kesserling - le forze nemiche rimanevano esitanti dinanzi alla 10" armata, cioè ad est del Tevere>>, e questa esitazione «fu un vero regalo>>. Aggiunse poi che gli Alleati non seppero sfruttare le occasioni che si presentarono loro e «non impiegarono neppure l'aviazione contro facili obiettivi, sia di prima linea sia di retrovia», né opera.re sbarchi di carattere tattico alle spalle del gruppo d 'armate C e neppure sostenere con unità paracadtÌtiste le azioni dei partigiani in Toscana ed in Umbria 2. In realtà lo sfruttamento del successo ad opera del XV gruppo d'armate alleato era iniziato già all'alba del 5 giugno, ma sul dispositivo gravava la pesante revisione provocata dall'operazione Anvil. Il 5 giugno, non appena occupata Roma, Alexander trasmise al generale Wilson, e contemporaneamente a Londra, il progetto delle operazioni da svolgere per «completare l'annientamento delle forze tedesche in Italia e costringere il nemico ad attingere quanto più possibile alle sue riserve», allo scopo di fornire ad Overlord il massimo concorso indiretto. A suo avviso, le truppe di Kesselring erano state così pesantemente battute da non trovarsi in grado di tenere la Linea Gotica senza l'afflusso di otto-dieci divisioni fresche; mentre le due armate alleate formavano «una macchina perfettamente articolata, capace di effettuare attacchi e rapide avanzate sul terreno più difficile. Né gli Appennini né le Alpi dovrebbero rivelarsi un serio ostacolo per l'entusiasmo e la capacità delle truppe>>. Stando così le cose, se le sue forze fossero rimaste intatte, egli avrebbe raggiunto Firenze nella seconda metà di luglio ed attaccato la Linea Gotica - ammesso che Kesseh·ing fosse riuscito ad occuparla convenientemente - per il 15 agosto. Quanto poi allo sfondamento cli detta Linea, scartate le direttrici Pisa-Genova (troppo tortuosa) e Rimini-Forlì (troppo ostacolata dall'andamento dei corsi d'acqua e dalle propaggini appenniniche), la scelta della FirenzeBologna appariva confortata da diversi fattori. Anzitutto l'occasione cli 1 11 nome cli Linea Gotica (Gotestellung) fu scelto da Hitler il 24 aprile 1944, intendendo dare un apporto psicologico alla resistenza che si voleva espl icare sull' Appennino tosco-emiliano. Fu il J 5 giugno che H itler cambiò il nome in Grun Linie per evitare che, in caso di sfondamento, le ripercussioni psicologiche fossero più pesanti (Kriegstagelmch dell' O.K.W. l.1.1944-22.5.1945, IV, p.520). 2 A . Kesserling, Memorie di guerra cit., 228-230


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sfruttare al meglio le qualità del corpo di spedizione· francese per il superamento delle difese appenniniche, ancora incomplete; in secondo luogo le possibilità strategiche offerte dallo sbocco nella pianura padana:verso la Francia oppure verso l'Austria e, in questo caso, la direttrice del Brennero con obiettivo Monaco o quella del valico di Lubiana con obiettivo Vienna . In sostanza, qualora si insistesse per dar corso all'operazione Anvil, e quindi si sottraessero forze al XV gruppo d'armate, non sarebbe rimasto che arrestarsi sulla linea Pisa-Rimini; in caso contrario la sua offensiva avrebbe costretto Hitler a rinforzare Kesselring proprio in quelle settimane vitali per il proseguimento di Overlond 1 • Chiarito il proprio pensiero nelle grandi linee e in attesa di ricevere le decisioni superiori, Alexander non volle perdere tempo ed il 7 giugno diramò le direttive per l'avanzata verso nord. La 5" armata americana doveva muovere sulle direttrici della via Aurelia e della via Cassia con gli obiettivi in profondità di Pisa e Pistoia; 1'8" armata, a cavallo della via Flaminia, era incaricata di puntare su Arezzo e Firenze. 11 V corpo britannico (gen.Allfrey) sulla costa adriatica, temporaneamente alle dirette dipendenze del Comando XV gruppo d'armate, non doveva premere sull'antistante LI corpo tedesco - a prescindere da eventuali necessità tattiche - per economizzare equipaggi da ponte e mezzi di trasporto, ma fonitarsi a tallonarlo nel ripiegamento . La progressione alleata ad ovest della displuviale appenninica avrebbe comunque presto indotto i tedeschi ad abbandonare Ancona e, ove questo non fosse avvenuto, il II corpo polacco sarebbe intervenuto per attaccare Ancona da ovest.

*** In questo quadro il C .I.L., trasferitosi nel settore del V corpo, e più precisamente nella zona attorno a Lanciano, venne ad assumere un nuovo ordinamento . Lo spirito della truppa era soddisfacente, buono il trattamento alimentare e buone le condizioni del vestiario. Inoltre la prospettiva di affrontare una prova necessaria ed eccitante fece mettere da parte stanchezza e preoccupazioni. Il secondo ciclo operativo del C.L.I. (1 giugno-12 agosto) si concluderà sul fiume Cesano, a nord-ovest di Ancona. L'avanzata iniziale consentì l'occupazione di Chieti (9 giugno), l'Aquila (13 giugno), Teramo (15 giugno) . L'attraversamento dei centri abitati dell'Abruzzo provocava nelle

1

W. G. Jackson, La battaglia d'Italia cit., pp.317-322.


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IL RITORNO A ROMA

L'AVANZATA DEL XV GRUPPO D'ARMATE FINO ALL' ARNO giugno - agosto 1944

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LA COBELLIGERANZA

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popolazioni, quasi incredule di vedere arrivare tanti soldati itabani, un entusiasmo incontenibile. E i soldati si vedevano per la prima volta circondati dalla festosa gioia e dalle commoventi dimostrazioni di affetto della gente. Il 17 giugno il II corpo polacco (gen.Anders) sostituì il V corpo britannico e, di conseguenza, la dipendenza operativa del C.L.l. cambiò. Per la prosecuzione dello sforzo su Ascoli ed Ancona, il generale Anders decise di muovere su due direttrici: il grosso delle forze polacche sulla PescaraAncona (S.S.n.16, costiera) ed il C.T.L. sulla Chieti-Termoli-Macerata per dare sicurezza sulla sinistra del corpo d'armata. Per quanto le notizie sul nemico fossero confuse e talvolta contraddittorie, ben presto apparve chiaro che l'azione ritardatrice germanica veniva esercitata sia mediante sbarramenti degli itinerari, talvolta appoggiata dai carri, sempre da semoventi e pezzi controcano; sia per scavalcamenti o per sbalzi successivi su «linee» o <<posizioni» predisposte in corrispondenza di ostacoli naturali. Il combattimento era accettato solo temporaneamente e nell'intento di non subire forti perdite e di poter sfruttare al massimo l'ostacolo - campi minati, distruzioni di opere d'arte ed interruzioni stradali - per imporre agli inseguitori continue battute d'arresto. Cosicché gli Alleati finirono per dover sincronizzare la loro avanzata sulla manovra cli ripiegamento avversaria, senza mai riuscire a cogliere le unità tedesche in crisi cli movimento o di sganciamento. In questa fase si ebbe a registrare l'intervento delle popolazioni, che si prodigarono con ammirevole slancio. Sul piano operativo non mancò il vivace ed efficace apporto delle bande partigiane; su quello, più umile ma ugualmente prezioso del ripristino della viabilità e della disattivazione degli ostacoli messi in opera dal nemico, il concorso degli abitanti raggiunse risultati veramente notevoli: «Squadre di parecchie decine, spesso di qualche centinaio di uomini - riferì Utili ,agendo completamente d'iniziativa e prima ancora che fossero arrivate le nostre trnppe, hanno riattato ingenti interruzioni stradali, distrutti o circoscritti campi minati, disattivato mine negli abitati , facendo tutto il possibile per ripristinare rapidamente il traffico ( ... ). L'offe1ta di aiuto alle nostre truppe (mezzi di trasporto per materiali e mano d'opera per lavori) è stata quasi sempre spontanea ed è riuscita preziosissima. I fatti di cui sopra sono stati messi in evidenza anche dai Comandi alleati che haruw pienamente riconosciuto il valore dell'opera svolta dai nostri concittadini» 1•

1

S. Crapanzano, Il Corpo Italiano di Liberazione cit., p.83.


IL RITORNO A ROMA

L'AVANZATA DEL C.I.L. (Il II ciclo operativo)

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L'AVANZATA DEL C.I.L. (Il II ciclo operativo)

Comandante: gen. Umberto Utili capo di S.M.: ten. col. Luigi Lombardi comandante dell'artiglieria: gen. Federico Moro Divisione Nembo (gen. Giorgio Morigi) su: 183° rgt. par. (su due battaglioni) 184° rgt. par. (su due battaglioni) CLXXXIV battaglione guastatori 184° rgt. artiglieria (su un gruppo da 75/27 ed uno da 100/22) unità minori servizi divisionali I brigata (col i.g.s. Ettore Fucci) su: 4° rgt. bersaglieri (su due battaglioni) 3° rgt. alpini (su due battaglioni) CLXXXV reparto arditi paracadutisti un gruppo someggiato da 75/13 II brigata (coLi .g.s. Teodoro Moggio) su: 68° rgt. fanteria (su due battaglioni) bgt. R. Marina Bafile IX reparto d'assalto un gruppo someggiato da 75/13 11 ° rgt. artiglieria su sei gruppi di vario calibro LI battaglione genio misto unità dei servizi


IL RITORNO A ROMA

437

Tuttavia, essendo innumerevoli le interruzioni stradali, inevitabilmente riattate con mezzi di circostanza, bastava un po' di pioggia perché le strade divenissero impraticabili . L'inconveniente mostratosi più grave, perché influente sulla prontezza operativa, fu comunque l'eccessivo scaglionamento in profondità assunto dal C.I.L. a causa della forte deficienza quantitativa e qualitativa di mezzi di trasporto, inconveniente cui non fu possibile porre rimedio se non al termine del ciclo operativo. Basti dire che il 30 giugno, a Macerata, la diluizione del corpo aveva raggiunto i 250-300 chilometri con conseguente grave crisi logistica. Vista la situazione, il generale Anders si orientò a passare il C.I .L. in seconda schiera per consentirgli di raccogliere e, concentrare le sue unità e successivamente riprendere l'avanzata su Jesi. Gli aspri combattimenti sulla linea del Trasimeno si protrassero per una decina di giorni, dal 20 al 30 giugno. Si trattò di azioni essenzialmente settoriali condotte dai singoli corpi d'annata alleati, contrastate dai tedeschi fino a quando non si disimpegnarono per a1Tetrare sulla «linea Arezzo» (Cecina-Voltena-Arezzo-Recanati). Fu a fine giugno che Hitler invitò Kesselring a sospendere i movimenti retrogradi per dar corso a difensiva reattiva . Kesselring, il quale intendeva portarsi sulla Linea Gotica con una manovra estremamente elastica, riservandosi di giudicare durante il ripiegamento dove e quando fosse utile e possibile la difesa di determinate località senza provocare alle truppe, seriamente provate, perdite tali da comprometterne l'efficienza, si recò in volo al Quartier Generale del Fi.ihrer. Di fronte alle insistenze di Hitler affinché anche in Italia fosse applicata la disastrosa tattica seguita sul fronte russo, Kesselring ribatté con vivacità: «Qui si tratta( ... ) di sapere se Lei, mio Fi.ihrer, dopo Stalingrado e Tunisi, può permettersi ancora la perdita di altre due annate. Ritengo di dover rispondere in modo negativo: qualora seguissi i suoi concetti, la via della Germania veITebbe aperta presto o tardi agli All~ati, mentre, se mi si lascia libertà d'azione, posso garantire che ritarderò l'avanzata alleata e l'aITesterò sugl i Appennini, creando in tal modo per il 1945 una situazione che si adegua esattamente al quadro operativo generale che Lei ha in mente>) 1 •

Persuaso o no, Hitler dette il suo consenso. In corrispondenza, dunque, della linea di Arezzo la 5A armata americana e 1'8A britannica subirono una nuova battuta d'anesto. Sulla estrema destra del fronte, il 2 luglio la seria resistenza opposta dal LXXVI corpo co-

1

A. Kesserling, Memorie di guerra cit., p.232.


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razzato tedesco sul toITente FiumiceUo, a sud di Filottrano, indusse il generale Anders ad ordinare al generale Utili di affrettare il riordinamento del C.LL. e di attaccare lungo la direttrice Filottrano-Jesi per proteggere il fianco sinistro della divisione Kresowa, incaricata di muovere su Osimo. II combattimento di Filottrano ebbe inizio il 6 luglio e terminò all'alba del 9 con la ritirata gennanica. Fu di asprezza ed accanimento particolari, sì da poter essere considerato il fatto d'arme più duro sostenuto dal C.I.L.. In tale circostanza emerse lo slancio dei paracadutisti della Nembo. A buon motivo il generale Leese telegrafò subito a Utili: «A Lei ed alle sue truppe le mie migliori congratulazioni per il successo della conquista di Filottrano dopo duri combattimenti». Il 15 luglio le due armate tedesche, la 14" e la 10" , si sganciarono e presero a ripiegare lentamente, opponendo una serie di resistenze temporeggianti ovunque consentito dal terreno, sino alla linea dell'Amo , su Ua quale il 4 agosto la manovra di ripiegamento iniziata dopo la battaglia di Cassino poteva dirsi conclusa. La linea Pisa-Firenze-Bibbiena-Bocca Trabaria-f.Metauro-Fano costituiva in certo senso il margine anteriore della zona di sicurezza della Linea Gotica. Da parte alleata i tempi erano cadenzati sulla ritirata germanica. Il 19 luglio la 5" armata occupò Livorno con il IV corpo,mentre il 23 s.i attestò all'Arno, su un fronte di una sessantina di chilometri, con il IV corpo a Pisa ed il II ad Empoli. L'8" armata il 18 luglio occupò Ancona con il II corpo polacco ed il 4 agosto raggiunse con il Xlll corpo Firenze (nella parte a sud dell'Arno) e con il X corpo Gubbio. La progressione del C.I.L. si era fatta penosa per la stanchezza delle fanterie procedenti a piedi e per le grosse difficoltà logistiche accentuate dalla scarsezza perfino di salmerie. A questo punto al Comando del II corpo polacco si affacciò 1' ipotesi, basata sull 'ilTigidirsi della difesa tedesca in quel settore, che l'avversario potesse lanciare un attacco notturno con obiettivi limitati ano scopo di ottenere qualche successo locale, ma soprattutto per ritardare la ripresa del movimento offensivo alleato verso la Linea Gotica. Perc.iò Anders dispose l'assunzione di un atteggiamento difensivo sulle posizioni raggiunte. Durò poco: se si eccettuano sporadiche puntate esploranti d'ambo le parti, nel giro cli una settimana si constatarono segni inequivocabili dell'intenzione tedesca di rompere i] contatto. L'avanzata riprese, quindi, verso il Metauro. L' 11 agosto il C.I.L. raggiunse Corinaldo e Castelleone di Suasa e, qui giunto, il generale Utili ricevette ordine di spostare un'aliquota delle sue truppe sulla sinistra, tra Sassoferrato e Gubbio, e mandare il grosso nella zona di Loro Piceno, a sud di Macerata, «allo scopo di riorganizzarsi, rimettersi in efficienza e riposare». Così il terzo ciclo operativo (17-30 ago-


IL RITORNO A ROMA

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sto) fu sostenuto dal Comando tattico del C .I.L. con forze pari ad una brigata mista su 5 battaglioni e 6 gruppi di rutiglieria. L'azione venne iniziata il 20 agosto e condusse alla liberazione di Urbino (28 agosto) e di Peglio (30 agosto) . Il 30 il C.I.L. tornò alle dipendenze del V corpo britannico, che comunicò a Utili la sospensione di ogni attività operativa ed il previsto trasferimento a tergo. Le perdite complessive sopportate dall'unità dal 18 aprile al 31 agosto anunontarono a 377 morti e 880 feriti. Sull'impegno del Corpo italiano di li.berazione, stanchezza e logorio a parte, gravò sensibilmente sia in campo tattico sia in quello logistico la povertà dei mezzi di ogni genere 1, che giunse perfino ad una insufficiente disponib.ilità di munizioni! Ma lo sforzo compiuto dalle truppe italiane non sfuggì al generale Browning, il quale, benché il suo atteggiamento nei nostri confronti non apparisse certo ispirato a simpatia, nella riunione plenaria dell' A .C .C. del 24 agosto non esitò a dire: «Penso che pochi si rendano pienamente conto di come si sia comportato bene 1'Esercito italiano» 2 • In quel periodo ]a stampa dei partiti e, di riflesso, quella indipendente davano ampio risalto al contributo bellico offerto dalle formazioni pa1tigiane, specie nelle Marche e nell'Umbria, pur se in realtà le notizie erano poche e vaghe, e per contro lasciavano in ombra le operazioni delle truppe del C.I.L. che risalivano combattendo la penisola, lungo la fascia costiera adriatica. Cosicché, urtato da tanta indifferenza, Browning pretese che un'aperta lode a queste forze venif Se pubblicata in prima pagina sul «Corriere di Roma» del 26 agosto, sotto il titolo «Alto elogio del Comando Alleato allo spirito combattivo ed alla resistenza del C .I.L.» 3 • Ed il 30 agosto, recatosi nella zona di riordinamento a sud di Macerata, così parlò ai soldati come rappresentante del generale Alexander: «( ... )Posso dirvi da pa1te degli Alleati che l'Esercito italiano è stato di grande aiuto alla causa alleata, tanto per i servizi resi lungo le linee di comunicazione, quanto in batta-

glia con.tro i tedeschi. Voi del C.l.L. avete combattuto bene ed avete subito delle perdite. So bene che vi sono state defic.ienze cli molte cose: vestiario, equipaggiamento, trasporti, ecc., e mi 1incresce che finora non sia stato possibile forni rvi tutto l'occorrente. Ma la guerra è sempre la

1 È sigujficativo il fatto che in agosto lo Stato Maggiore dell'Esercito potè predisporre l'invio al C.T.L. cli un carro M 13/40, recuperato presso il Centro studi della Motorizzazione; di un semovente da 75, due semoventi da 105 ed una autoblindo; nonché sollecitare l'invio di otto autoblindo recuperate dalla Polizia Africa Italiana a Roma. 2 S. Crapanzano, Il Corpo Italiano di Liberazione cit., p.374. 3 P. Berardi, Memorie dì un capo di Stato Maggiore dell 'Esercito cit., p.125


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L'AVANZATA DEL C.I.L. (Il III ciclo operativo)

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guerra e noi soldati dobbiamo fare del nostro megl io con quello che c'è alla mano. Comunque, sono lieto cli potervi infonnare che il generale Alexander ha richiesto ciel materiale inglese (cannoni, mortai, automezzi, ecc.) per riarmare e riequipaggiare una più grande aliquota.dell'Esercito italiano. È già attualmente in corso la preparazione delle divisioni Friuli e Cremona. Prossimamente speriamo cli prendere voi del CJ.L.. Sarete radunati nella zona di Benevento dove farete il vostro addestramento e lì sarete pure riequipaggiati ed imparerete a maneggiare armi inglesi. Vi trovate da molto tempo in linea, ed ora è possibile, come peraltro accade con le divisioni inglesi , di ritirarvi temporaneamente dalla linea per concedervi un ben meritato riposo( .. ). Avete reso un gran servizio all'Italia. Se voi non aveste combattuto bene, il generale Alexander non avrebbe mai c hiesto ai Governi alleati di costituire una più numerosa forza combattente italiana. Ciò è una bella soddisfazione per voi e per l'Italia ( ... )» 1•

*** Gli. sviluppi della situazione militare avevano intanto indotto lo Stato Maggiore a rivedere l'ordinamento in atto al fine di renderlo più consono alle circostanze e di recuperare personale eventualmente esuberante. In questo ordine di idee, nel giugno 1944 i Comandi di corpo d'armata aventi ormai attribuzioni di carattere essenzialmente territoriale cambiarono denominazione ed assunsero un nuovo organico. Il Comando IX corpo divenne Comando Militare delle Puglie e Lucania; il Comando XII corpo, Corpo Militare della Sicilia; il Comando XIII corpo, Comando Militare della Sardegna; il Comando XXXI corpo, Comando Militare della Calabria; il Comando Forze Annate della Campania, Comando Militare della Campania. Rimasero operativi e quindi inalterati i Comandi del VII e del LI corpo d'annata. Inoltrn vennero costituite due Delegazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito - la «T» per il settore tirrenico (gen.Soldarelli) e la «A» per quello adriatico (gen.De Stefanis) - con il duplice compito di esercitare azione disciplinare ed amministrativa sulle truppe ausiliarie operanti alle dipendenti d'impiego rispettivamente delJa 511 e dell ' 811 annata, nonché di consentire un costante collegamento fra l'Autorità centrale ed i Comandi delle due armate alleate 2 . 1 S.

Crapanzano, Il CO!]JO Italiano di Liberazione cit., pp. 199-200 «A» verrà sciolta il 5 novembre 1944 e la Delegazione «T» estenderà la sua giurisdizione su tutte le divisioni ausiliarie dislocate in zona avanzata. 2 La Delegazione


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Ma le cose, nel loro insieme, non andavano come sperato. Per quanto Roma fosse tornata ad essere la capitale effettiva, per quanto la penisola venisse, sia pur lentamente, liberata, da parte italiana si consideravano le circostanze, vale a dire la cobelligeranza, con un misto di delusione e di amarezza. Un lungo promemoria sull'argomento, presentato dal maresciallo Messe a fine luglio 1944, illustra molto bene situazione e stato d'animo italiani: «( .. . ) 5. Attualmente, per disposizione della Commissione Alleata di Controllo, l'eser-

cito italiano deve fornire, oltre al Corpo Italiano di liberazione, armato ed equipaggiato esclusiva,nen.te con. materiale italiano (venticinquemila uomini), centomila uomini per il servizio di sicurezza interno (dei quali è allo studio la riduzione a cinquantamila uomini), u·entacinquemila uornLni per i Comandi territoriali, i servizi, gli enti centrali, e ben centottan.tami.la uomini per impiego da parte degli Alleati come unità ausiliarie, .in servizio sia in zona di guerra, che nelle reu·ovie (totale trecentotrentottomila uomini). Questi ultimi potrebbero molto utilmente essere sostituiti da operai civili (alleviando la di.soccupazione in modo da consentire l'impiego razionale dei militari in compiti essenzialmente di combattimento o almeno in zona di operazioni). In vasi casi reparti già approntati per combattere sono stati disarmati e destinati a servizi vari, con grave danno per il morale delle truppe e della popolazione . Lo stesso entusiasmo delle bande di partigiani viene depresso dal trattamento che esse ricevono dagli Alleati dopo la liberazione delle zone in cui operano. 6. Nei giorni scorsi il Comando alleato in Italia ha espresso l'intenzione, subordinatamente all 'approvazione dei Governi alleati, cli autorizzare l'approntamento cli altri due gruppi di combattimento italiani, ciascuno cli novemilacinquecento uomini, con annamento ed equipaggiamento alleati. Se raie progetto avrà attuazione, il nostro concorso diretto alle operazioni terrestri salirà a circa quarantacinquemila uomini. Quanto sopra , unito al pieno riconoscimento fatto contemporaneamente dal Generale Alexander dell'alto spirito combattivo dimostrato dai nostri soldati ciel Corpo Italiano cli Liberazione, costituisce un primo lusinghiero risultato. 7. Occorre però considerare che noi vonemmo e potremmo fare molto cli più , specie ora che il Governo nazionale, costituito su largo base democratica, è garanzia per il popolo e che, a sua volta, la garanzia migliore per la salda affermazione in Italia di un regime democratico, deciso a m.antenere in avvenire la sua via accanto a quella delle Nazioni Unite, è costituita dal rafforzamento de.Ile nuove Forze Armate italiane.

Vi è la possibilità cli elevare notevolmente il numero delle unità italiane combattenti. Praticamente, almeno altre sei divisioni potrebbero essere impegnate nell'immediato futuro, oltre al citato Corpo Italiano di Jiberazione ed ai due gruppi di combattimento allo smdio: naturalmente fornendo , come per questi ultimi il necessario armamento ed equipaggiamento. Occorrerebbe però: - o richiamare altro personale alle anni: in tal caso dovrebbe essere autorizzato un au-


IL RITORNO A ROMA

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mento delle razioni viveri rigidamente contingentate da patte alleata. Orientativamente: richiamo di centomila uomini; - o diminuire l'attuale prestazione a favore degli Alleati in unità ausiliaria in misura corrispondente. 8. In questo secondo caso, come già detto, si potrebbe r.icoJTere alla mano d'opera civile per molti dei lavori disimpegnati eia elette unità ausiliarie. Da osservare che, comunque, il citato numero cli clivisiotù può essere, successivamente, ancora aumentato. 9. I motivi per i quali l'aumento della nostra partecipazione operativa è stato così ostacolato fino ad ora dovrebbero ritenersi decisamente superati; Così, alla probabile sfiducia iniziale nella nostra capacità e volontà combattiva è ormai subentra!a la sicurezza del rendimento operativo delle unità italiane: ne sono prova i riconoscimenti frequenti e senza restrizioni che tutti i Comandi alleati hanno tributato alle nostre truppe. Così, le difficoltà più vo.lte accennate eia parte alleata di non disporre di armamento e di equipaggiamento, non sembrano più ragione valida quando si considerano le evidenti ampie disponibilità al riguardo degli anglo-americani e la larghezza con cui è stato provveduto alle unità francesi, polacche, ecc. J O. Ed anche in un altro campo vi sono larghe possi bilità di potenziare il nostro sforzo bellico; fin dai primi dell'ottobre 1943 si è offerto alla Missione Militare alleata di utili.zzare i numerosi nostri prigionieri di guerra per la formazione di unità combattenti. Il 29 novembre, nel programma del Maresciallo Messe, nuovo Capo di Stato Maggiore Generale, è stata nuova.mente prospettata alla parte alleata la possibilità di formare tali Grandi Unità di prigionieri, in relazione anche alle presenti richieste che da ogni patte pervenivano e pervengono da tali elementi, di essere chiamati a battersi contro l'odiato nemico. Da allora, malgrado nuove insistenze, la questione non ha fatto progressi; la concessione di aliquote almeno di prigionieri sarebbe utilissima per la formazione e l'alimentazione dei quadri delle nuove Grandi Unità. 11. ln conclusione: l'Italia vuole e può dare molto di più alla causa delle Nazioni Unite. L'opinione pubblica italiana chiede ogni giorno più insistentemente questo aumento cl.i partecipazione, che è insieme, nel rinnovato ordù1e democratico, dovere e diritto. Dovere per la vittoria della causa di giustizia e libertà delle Nazioni Unite, diritto perché il nostro Paese potrà risorgere solo in quanto e per quanto i suoi figli mig liori avranno dato e realizzato nella lotta contro l'oppressore tedesco»'.

Quattro dei punti toccati dal documento meritano un commento specifico: rincremento dello sforzo bellico italiano, il «recupero» dei prigionieri

1

«Promemoria sulla partecipazione italiana alle operazioni contro i tedeschi» in data

29.7.1944, DDI, JOA serie, I , doc.307.


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di guerra, 1'apporto delle unità ausiliarie, la costituzione dei gruppi di combattimento. In merito al primo di essi spicca il tentativo di cercare «comprensione» nel! 'Unione Sovietica. Il 29 luglio il sottosegretario agli Esteri, Visconti Venosta, mandò a Quaroni il promemoria di Messe invitandolo a convincere il Governo sovietico che la partecipazione italiana alla liberazione della Patria dall'occupazione tedesca poteva essere molto più ampia di quanto non fosse, e rammaricandosi che da parte anglo-americana fossero stati posti ostacoli di ogni genere al riguardo. Perciò «ogni concorso ed appoggio che il Governo sovietico potrà decidere per consentirci di aumentare il nostro sforzo bellico contro la Germania sarà di noi e dal popolo italiano considerato come atto di amicizia» 1 • Per quanto concerne i prigionieri di guerra, in effetti il numero di coloro, in mano inglese o americana, disposti a «cooperare» riprendendo servizio risultava molto elevato e tale da giustificare la proposta. n caso, invece, dei militari nei gulag sovietici era ben differente ed il suo carattere «politico>> innegabile. A fine giugno Quaroni aveva avanzato al Governo italiano un suggerimento che venne recepito con favore, talchè Bonomi autorizzò il nostro rappresentante «a propon-e, a nome del R.Govemo, a quello sovietico che truppe italiane internate in Russia siano inquadrate e disciplinate in unità militare omogenee, con uniformi, distintivi, bandiere italiane, convenientemente annate ed equipaggiate e poste al comando di ufficiali italiani a disposizione del Comando Supremo sovietico per essere impiegati ai fini della guerra comune ( ... )>}.

J,.,'iniziativa, spiegava Bonomi, era determinata dal «meditato proposito di ripudiare coi fatti e non soltanto a parole l'aggressione fascista contro la Russia» ed egli non nascondeva la fiducia «nell'appoggio che i Soviet vorranno darci perché le promesse fatte alla nuova Italia antifascista e democratica siano mantenute»2 • Ora, che prigionieri nei campi anglo-americani si dichh.u-assero realmente pronti a tornare sotto le armi in Italia ed eventualmente combattere era più che plausibile; altrettanto e più ancora plausibile che prigionieri i.n mano sovie1

Visconti Venosta a Quaroni in data 29 .7. I 944, ibidem, I, cloc.307 cit.. Per un quadro esauriente sui contatti con I'U .R.S .S ., vds. Fulvio D' Amoja, La cobelligeranza e i rapporti italo-sovietici in Atti del convegno internazionale «La cobelJigeranza italiana nella lotta di liberazione dell'Europa», Ministero del la Difesa, Roma 1986. 2 Bonomia Quaroni in data 22.7.1944, DD1, lQA serie, I, doc.299.


ILRITOR.t"IO A ROMA

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tica si mostrassero pronti a tutto pur di rientrare in Italia, ma ritenere che essi fossero disposti a 1iprendere le armi sul fronte russo, dopo l'esperienza fatta con il C.S.I.R. e l' ARMIR, sembra veramente eccessivo. Comunque la cosa non ebbe segujto I anche se da parte italiana si insistette in profferte. 11 terzo punto del promemoria di Messe assumeva importanza fondamentale perché almeno in parte accoglieva le istanze italiane. Non a caso Messe aveva accennato al contributo offerto dalle unità ausiliarie alla dura lotta sostenuta nella penisola dagli Alleati 2 • L'organizzazione logistica alleata comprendeva una zona delle operazioni, di pertinenza del Comando del XV gruppo d'armate, ed una zona delle retrovie, suddivisa inizialmente in una Sezione di Base peninsulare (P.B .S .) americana per il sostegno della SA armata ed in tre Distretti britannici per quello dell'8A armata. Elementi fondamentali. di tale organizzazione erano rispettivamente le basi di Napoli e di Bari. Come sappiamo, le richieste di personale, in un primo momento di semplice manovalanza ma poi, ben presto, anche di specializzati, erano state immediate ed imperiose, tanto da provocare uno scombussolamento generale nelle grandi unità italiane esistenti nel Regno del Sud. Un primo ordinamento delle unità «ausiliarie» era stato disposto dallo Stato Maggiore nel dicembre 1943 utilizzando soprattutto le divisioni costiere, ma inevitabilmente lo sviluppo dell'offensiva alleata verso il Nord della penisola, il crescente impiego di reparti italiani in operazioni e le sempre maggiori necessità anglo-americane in campo logistico sugli Appennini comportarono una serie di modifiche organiche e di impiego. La P.B.S. si allungò costituendo una seconda base a Livorno e i tre distretti dell 'organizzazione britannica si estesero nelle regioni liberate: il I comprese le Marche (con il porto di Ancona) e gli Abruzzi; il II il Molise, la Basilicata e le Puglie; il III parte della Toscana, il Lazio e la Campania. Si passò così dai circa 83 mjla uomini di truppe ausiliarie impiegate a fine dicembre 1943 alla cifra indicata dalla M.M.I.A. a fine dicembre 1944 di c.irca 158 rmla uomini. In effetti alla data del 30 settembre, secondo una relazione dell'Ispettorato delle Truppe Ausiliarie, cooperavano con gli Alleati 163 .400 uomim circa ripartiti nelle seguenti attività lavorative: - manovalanza e rifornimenti: 76.664, - lavori del genio e di specialità: 19.102,

1

Quaroni a Visconti Venosta in data 17.8.1944, ibidem, I; doc. 348. Lollio, Le unità ausiliarie dell'Esercito italiano nella guerra di liberazione,

2 Luciano

USSME, Roma 1977, pp.79, 260,265.


Unità

Dipendenze d'impego

Dipendenza disciplinare

Forza

Campania

210" Divisione (I) 227" Divisione (1)

5• Armata americ. e III distretto inglese llI distretto inglese e base Peninsulare America

Com. FF.AA. Campania Com. FF.AA. Campania

circa 5.500 uomini circa 3.500 uomini

s~ A1mata inglese

Com. IXC.A.

circa 4.000 uomini

Il distretto inglese

IX e LI C.A.

circa 28 .000 uomini

Missione Militare Alleata

XXXI C.A.

circa 4.600 uomini

Com. Armate Alleate in Italia

Com. FF.AA Sardegna

circa 7 .000 uomini

Com. Armate Alleate in Italia

Com. FF.AA Sardegna

circa 19 .000 uomini

Com. Am1ate Alleate in Italia

S.M.R.E.

circa 11.000 uomini

Molise

209• Divisione (3) Puglia

Unità terr. ex costiere e bgt. lav. Calabria

Unità varie Corsica

Unità del VIl C.A. Sardegna

Unità varie Sicilia

Divis. Sabaudia

Totale forza impegata (l) Mnuita dall.a Puglia. (2) Affluita dalla Calabria. (3) Dislocata lin dall 'ini1,io nella zona pugliese - molisana.

82.600 uomini


Unità Italiane

Dipendenze d ' impego

Dipendenza amministrativa

Forza

.

A) Nella zona avanzata 210a Divisione 231 a Divisione 228° Divisione

5" Armata americana id. (Xlii C.A. ingl) 8• Armata inglese

Delegazione «T» Delegazione «T» Delegazione «T»

circa 15.500 uomini circa 14 .000 uomini circa 12.000 uomini

B) Nella re/.rovie Com . lt. 212° 205• Divisione 209a Divisione 227• Divisione 230" Divisione

Sez. Base Penins. americana Com. Forze Aeree americane l" Distr. Inglese 3° Distr. Inglese 3° Distr. Inglese

S.M.R.E. Com. Militare Campania Delegazione «T» Com. Militare Campania Com . Militare Puglia e Lucania

circa 50 .500 uomini circa 5.000 uomini circa 15 .500 uomini circa 15.000 uomini circa 23 .500 uomini

B) Nelle isole 1hppe S.T. Sicilia Truppe S .I. Sardegna 25 cp. spec. allogeni

Guamig. Ali. Sicilia Gmu-nig. All. Sardegna Guarnig. Americ. Corsica

Com. Militare Sicilia Com. Militare Sardegna Com. Militare Sardegna Totale forza impiegata

circa 2.000 uomini circa 200 uomini circa 5.000 uomini circa 158.200 uomini


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LA COBELLIGERANZA

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- autieri: 8.833, - meccanici cli officina: 2.023, - concorso alla difesa contraerei: 9.284, - salmerie: 6.963 - servizi vari per Comandi e unità alleate e per la vita delle unità ausiliarie italiane: 14.598.

*** Come facile immaginare, gli sviluppi da dare alla campagna d'Italia si trovavano da tempo sotto attento esame dei vertici politici e militari alleati. L' 11 giugno i capi dello Stato Maggiore Combinato, riunitosi a Londra, erano giunti alla conclusione di «fermare la campagna d'Italia agli Appennini o sulla linea Pisa-Rimini», una volta raggiunta la quale, lo scacchiere italiano avrebbe assolto il compito di «tenere le riserve tedesche lontane dalla Francia settentrionale» 1• La decisione venne comunicata il 13, come direttiva, al generale Wilson in questi termini: «( .. .) Dobbiamo completare la distruzione delle forze corazzate tedesche in Italia a

sud dell.a linea Pisa-Rimini. Nessun contingente alleato che sia necessario al conseguimento del suddetto obiettivo deve essere ritirato dalla battaglia. Una volta raggiunta la linea Pisa-Rimini ci troveremo di fronte a tre alternative: a) un'operazione anfibia contro la Francia meridionale; b) un'operazione anfibia contro la Francia occidentale; e) un'operazione anfibia sulle coste settentrionali dell'Adriatico. Per il momento non possiamo fare una scelta definitiva tra queste tre soluzioni( ... )» .

La linea di condotta strategica da adottare sarebbe stata definitiva in relazione allo svolgimento di Overlord 2 • 11 generale Wilson stava perciò constatando che Kesselring, rinforzato a quanto gli risultava da otto divisioni, opponeva alle truppe al1eate una resistenza molto più tenace di quanto previsto da Alexander. Motivo per cui si mostrò favorevole alla terza i.potesi di soluzione: uno sbarco nell'alto Adriatico alJe spalle del dispositivo germanico per sfondare su Lubiana e Vienna3 . Tale preferenza esposta con vigore al generale Marshall in una breve· visita di questi in Ita-

1

A. Bryant, lhonfo in Occidente, Longanesi, Milano 1959, p.246. lbidem, p.252. 3 !bidem, p.258 . 2


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lia a metà giugno, fu respinta con altrettanto vigore da Marshall, più che diffidente sulle mire inglesi in Balcania. Per contro, naturalmente, l 'idea di Wilson ricevette la piena adesione di Churchill 1. Dopo lunghe discussioni fra il Premier ed il maresciallo Brooke sugli scopi da perseguire in Italia, il 28 giugno Churchill riepilogò in un lungo promemoria per Roosevelt il proprio pensiero circa l'impostazione strategica da dare a quella fase della guerra: «impegnare il nemico sulla più ampia scala possibile con la maggiore violenza e continuità». Tuttavia, per quanto la precedenza assoluta dovesse essere attribuita al rafforzamento dell'operazione Overlord, non sembrava il caso di «sciupare tutte le speranze di una grossa vittoria in Italia e in tutti i suoi fronti e condannarci in tale settore ad un atteggiamento passivo dopo aver fatto a pezzi per causa clell'Anvil il magnifico esercito alleato che con tanta rapidità sta risalendo la penisola». Difatti, «i telegrammi di Wilson, di Alexancler e ciel feldmaresciallo Smuts ci sottopongono il progetto di un attacco in direzione est attraverso l'Adriatico o/e lungo le sue coste; il generale Wilson ritiene possibile, in base a tale piano, che egli ed il generale Alexancler siano in possesso di Trieste entro la fine di settembre. Questo movimento è naturalmente altrettanto privo di relazione tattica con l'Overlord quanto lo sono le due varianti dell'Anvil» 2 •

Dal canto suo Brooke annotò: «Siamo in pieno contrasto con i nostri colleghi americani 'e dubito francamente che si riesca a venirne fuori» 3 . Roosevelt rispose subito con un messaggio del 29 giugno. Assicurò di aver studiato con la massima attenzione il promemoria; si dichiarò concorde sulJa visione strategica accennata da Churchill; approvò la precedenza assoluta da riservare all'Overlord, ma su Anvil si impuntò seriamente. Espresse la convinzione che le forze in Italia, anche dopo il ritiro del contingente destinato ali' Anvil, fossero sufficienti <<per ricacciare Kesselring a nord della linea Pisa-Rimini e premere contro cli lui almeno nella misura necessaria per far fronte alle sue forze attuali»; si richiamò anche alle decisioni prese a Teheran e non nascose qualche sospetto su quella che chiamò una campagna «nei Balcani» . La sua conclusione fu inequivocabile: «mio caro amico, vi prego di lasciarci procedere con il nostro piano». E, per essere ancor più convincente circa

Ibidem, p.259. W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte VI, I, pp.400-405. 3 A. Bryant, Trionfo in Occidente cit., p.263. 1

2


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la propria decisione, aggiunse: «Inoltre, per ragioni interne puramente politiche, io non potrei sopravvivere ad un rovescio anche di secondaria importanza nel settore Overlord, qualora si sapesse che forze piuttosto ingenti sono state distratte verso i Balcani» 1•

Infine, il 2 luglio Roosevelt comunicò a Londra che tanto lui quanto i suoi capi di Stato Maggiore ritenevano necessario dar corso ad Anvil il più presto possibile e chiedevano di impartire istruzioni in proposito al generale Wilson . Conseguentemente entro la fine del mese il XV gruppo d'armate doveva cedere il VI corpo d'armata americano (tre divisioni) ed il corpo di spedizione francese (quattro divisioni), nonché circa il 70% delle forze aeree, in modo che lo sbarco in Provenza potesse aver luogo il 15 agosto 2 . Le direttive che Alexander ricevette il 5 luglio da Wilson furono dunque caratterizzate da una premessa semplicissima: Anvil - da quel momento ribattezzata Dragoon - aveva la precedenza assoluta su tutte le risorse delle forze armate alleate in Italia. Ciò stabilito, i compiti operativi erano così definiti: superare gli Appennini ed attestarsi al Po assicurandosi il control1o della zona Modena-Bologna-Ravenna e possibilmente del nodo stradale di Piacenza.; successivamente forzare il Po e raggiungere la linea Brescia-Verona-Padova-Venezia. Conseguito quest'ultimo obiettivo sarebbero state inviate nuove direttive. Ora, il XV gruppo d'armate si riduceva a 18 divisioni, 5 delle quali costituivano la 5A armata americana, e secondo i calcoli di Alexander queste 18 divisioni rappresentavano l'indispensabile per anivare al Po con un'offensiva vittoriosa, ma per sfruttare il successo e spingersi sino al valico di Lubiana ne occorrevano altre 18 . Poichè con quelle disponibili non era possibile sviluppare entrambe le operazioni, occorreva una riserva pari almeno a sei divisioni, che consentisse le sostituzioni di volta in volta necessarie per superare le resistenze tedesche ed evitare l'esaurimento dell'offensiva alleata. I capi di Stato Maggiore americani non condividevano affatto simile valutazione. A loro avviso le forze terrestri ed aree disponibili in Italia sareb-

1

W. Churcl1ill, La seconda guerra mondiale cit., pa.tte VI, I , pp.405-408. Per la precisione, Churchill non riusciva ad accettare la decisione, tanto che iI 7 agosto cercò di convincere Eisenhower a continuare i preparativi per Dragoon, però, quando le truppe fossero imbarcate,manclarle a Bordeaux, via Gibilterra. Né Eisenhower né Roosevelt si mossero dalla determinazione presa. Allora Churchill, rassegnato, 1'8 agosto telegrafò al presidente: «Prego Dio che possiate aver ragione. Naturalmente faremo tutto il possibile per aiutarvi a vincere» (ihidern, pp.96-97) . 2


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bero state sufficienti per il lìm.itato compito di bloccare Kesserling: aumentarle poteva, fra l'altro , indurre Alexander a tentare qualche iniziativa nei Balcani. I capi di Stato Maggiore britannici, invece, erano inclini ad accogliere le richieste di rinforzi di A]exander. Poiché il logorio della lunga gue1Ta non offriva alcuna possibilità di reperire in altri teatri d'operazione le sei divisioni in discussione, non rimaneva che impiegare divisioni italiane, equipaggiate ed armate sul modulo britannico. Così il 23 luglio ebbe luogo una riunione presso l' A.C.C. ed in quella sede il generale Browning comunicò al generale Berardi che il Comando in capo alleato aveva stabilito la costituzione e l'impiego bellico di due «gruppi di combattimento» - oltre al già operante Corpo di liberazione- di struttura organica simile a quella della divisione «tipo» studiata dallo S .M. dell 'Esercito alla fine del febbraio 1944 per il riordinamento delle D.f. Mantova e Piceno. Poi egli chiese il parere di Berardi sulla scelta delle divisioni (che gli vennero indicate nell'ordine: Cremona, Friuli, Piceno, Mantova, Bari e Granatieri) ed infine chiarì meticolosamente il pensiero alleato in merito all'addestramento cui sottoporre le due unità. Premessa l' impressione che la massa dei soldati italiani fosse superiore alla massa degli ufficiali «per fisico e preparazione», Browning puntualizzò: «la truppa italiana è ottima se ben comandata, ragion per cui gli ufficiali di detti gruppi dovranno essere tra i migliori dell'Esercito (capacitil professionale, spirito combattivo, resistenza fisica). Nessun favo1itismo ma solo capacità. La resistenza fisica deve essere tale da reggere a marce di centinaia di chilometii per molti giorni conservando l'attitudine a combattere».

Quanto all'addestramento, personale italiano avrebbe frequentato corsi sulle armi e sulla regolamentazione britannica per istruire successivamente i reparti italiani, sotto il controllo di un nucleo di ufficiali inglesi distaccati presso ciascun gruppo di combattimento. Due altri aspetti rivestivano molto interesse: la selezione ed il completamento dei gruppi di combattimento sarebbe stata agevolata con l'utilizzazione di militari recuperati dopo la liberazione di Roma e di partigiani; se consentito dalla disponibilità di armi e di mezzi, il numero dei gruppi di combattimento sarebbe aumentato 1 • Il 31 luglio il colonnello Pilsdley, incaricato dalla M.M.I.A. di studiare e risolvere tutte le questioni organizzative, informò Berardi che per il mo-

1

S. Crapanzano, I gruppi di combattimento, USSME, Roma 1973, pp.393-394.


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mento le prime due divisioni (Friuli e Cremona) avrebbero svolto l'istruzione individuale ne1Ja zona di Benevento, mentre per l'addestramento tattico sarebbe stata indicata un'altra zona (Berardi suggerì l'Abruzzo) . Complessivamente, le nuove unità- che «per ragioni politiche» non potevano essere chiamate divisioni ma gruppi di combattimento - sarebbero state sei, e precisamente :il vecchio I raggruppamento motorizzato (poi Legnano), Nembo (poi Folgore), Cremona, Friuli, Mantova e Piceno. Non era ancora deciso il loro impiego: se unitario sotto comando italiano, o con l'inserimento in corpi d'annata alleati, oppure misto. Si prevedeva anche il rinforzo delle divisioni ausiliarie, già operanti nelle retrovi.e del XV gruppo d'armate, e l'utilizzazione di un complesso di 45 mila uomini per le divisioni di sicurezza, di costituzione simile ai gruppi di combattimento. Se per taluni aspetti si potevano riconoscere plausibili le determinazioni alleate (livelli di forza, equipaggiamento e addestramento di stampo britannico ecc.), molto meno apparivano giustificate le «ragioni politiche» che imponevano di evitare il nome di divisioni alla costituente unità, nonché la chiarissima intenzione di non permettere la formazione di corpi di armata italiani e, men che meno, di un'armata. Per l'appunto in quel periodo l'attenzione inglese si portò su una questione concernente il vertice militare italiano. Per cominciare, secondo il generale Berardi il maresciallo Messe aveva incontrato l'ostilità dei partiti del C.L.N., verosimilmente «per essere appartenuto alla Casa reale, per esser~ stato promosso maresciallo d'Italia da Mussolini, per aver comandato il C .S .I .R .». A questo contrasto di natura interna, di per sé poco commendevole, si sommò «una forma di antipatia personale» manifestata dal generale Browning nei confronti di Messe, che gli organi ministeriali a contatto con la Commissione alleata di controllo non seppero contrastare come avrebbero dovuto 1 • Fatto si è che nel diario di MacMillan, sotto la data del 29 luglio , si legge: «Ho visto il generale Langley Browning, capo della sottocommissione per l'Esercito. Abbiamo discusso del 1iequipaggiamento di quattro divisioni italiane, per disporne cli cinque in tutto, con materiale britannico. Sebbene tali programmi procedano bene qui, siamo ancora in attesa della formale approvazione da parte del C.C.S. (Combined Chiefs ofS1aj]). Abbiamo anche trattato la questione se mantenere o sopprimere il Comando Supremo ora retto dal Maresciallo Messe. Ho detto al generale che io avrei appoggiato la conferma della carica di Comandante in capo (sebbene a mio avviso sia un obsoleto sistema di or-

1

P. Berardi, Memorie di un Capo di S.M. dell'Esercito cit., pp.114-115.


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ganizzazione ( ... )sul piano programmatico, come elemento stabilizzante e di salvaguardia delle esigenze nùlitari da un possibile, pericoloso controllo politico, a condizione che mi assicuri che Messe, di fatto , non dovrà inte1ferire nella organizzazione dell'esercito secondo schemi moderni»

1

La questione non era solo formale. Molto probabilmente il «Comando Supremo» agli occhi britannici assumeva un significato di indipendenza operativa che, specialmente in vista dell'incremento delle forze italiane in linea, non si intendeva permettere ad uno Stato cobelligerante ma pur sempre vinto. Per lo stesso motivo l'impiego di un corpo d'armata o addirittura di un'armata (come polacchi e francesi) era l'ultima cosa che potesse venir concessa all'Italia. Ad ogni modo, quale fosse 1'aria che spirava a livello politico italiano risulta inequivocabile dall'immediato accoglimento della richiesta presentata da Browning al governo Bonomi. Il 31 luglio Messe , con una circolare, infonnò i Comandi dipendenti che dal 1° agosto il Comando Supremo assumeva il nome di Stato Maggiore Generale. Se avesse detto che «riassumeva» la vecchia denominazione sarebbe stato preferibile. Berardi giudicò il provvedimento come una sorta di esautorazione del maresciallo, la cui immagine in effetti risultò indebolita; tuttavia, agli occhi del grosso pubblico e degli Alleati, impressione molto più forte suscitò la determinazione ministeriale suggerita tre mesi più tardi proprio da Berardi. Mosso dal sincero desiderio di procedere ad innovazioni ritenute opportune per l'istituzione, egli propose, fra le prime misure da adottare, lo scioglimento del Corpo di Stato Maggiore, «che spiegò - fra tante categorie cli Stato Maggiore destìnate a compiti analoghi, non aveva particolari diritti di esistenza e che conferiva a quei collaboratori un grado di superiorità, non giustificato, su altre collaborazioni tecniche non meno importanti nella guerra moderna». Stupisce francamente che - a prescindere dalla rispondenza o meno della proposta, che rientrava in uno studio più ampio e riferito alle tre Forze Armate - il capo di Stato Maggiore non sia reso conto che in quel momento, quando lui stesso denunciava il malanimo espresso da buona parte del mondo politico nei confronti del R.Esercito, una decisione del genere sarebbe stata interpretata come un'aperta accusa di piena e primaria responsabilità del Corpo di Stato Maggiore nella preparazione e nella condotta della guerra, nonché nel crollo dell'8 settembre. E la perplessità aumenta

1

H. MacMillan , Diari di guerra. Il Mediterraneo dal 1943-1945, Mondadori , Milano

1987, p.493.


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leggendo che il suggerimento fu accolto «con piacere dal ministro, a motivo del1a sua popolarjtà, e fu attuato nell'autunno del 1944» 1•

* ** La riorganizzazione delle forze combattenti italiane fu comunicata dalla M.M.LA. il 28 agosto in termini molto precisi al sottosegretario per la Guerra, Oxilia, ed a Berardi: «l. Ho l'onore cli informarla che è stato deciso che, se e quando sarà possibile fornire l'equipaggiamento, alcune unità deJJ'esercito italiano saranno riequipaggiate dagli Alleati per impiego in combattimento. 2. Queste unità saranno eia Lei organizzate in gruppi di combattimento standard secondo le direttive approvate che le saranno comunicate. Ven-à informato cli volta in volta delle unità scelte, quando l' equipaggiamento sarà disponibile. 3. Le prime due unità scelte sono le divisioni Friuli e Cremona, che saranno subito da Lei concentrate nell'area assegnata ad est di Benevento per la riorganizzazione e per l'addestramento. 4. La riorganizzazione richiesta per trasformare le unità cli queste divisioni in conformità con le direttive sarà completata al piL1 presto possibile, e comunque prima del 1.7 settembre. Lei eserciterà particolare cura e fermezza nell'esclusione di tutti gli ufficiali, sottoufficiali e soldati che per qualche ragione non sono adatti a combattere. Il procedimento avve.r rà sotto Ja supervisione e assistenza degli ufficiali di collegamento britannici che vengono inviati subito a S. Giorgio del Sannio per questo scopo( ... ). 7. 11 metodo d'impiego in prima linea di queste divisioni sarà comunicato più tardi quando le loro capacità potenziali potranno essere valutate in modo più preciso in relazione alle future esigenze. Nel frattempo, Lei può lavorare in base alle seguenti premesse: a) i gruppi saranno impiegati in modo indipendente sotto comandanti di formazioni alleate. ( ... ). e) Non è inteso che i gruppi di combattimento saranno chiamati a intraprendere senza aiuti grandi operazioni offensive. f) E' possibile che ai gruppi venga chiesto di svolgere compiti di guarnigione o di sicurezza interna qualora se ne presentasse la necessità. 8 . La selezione e la preparazione di altre unità per l'addestramento è attualmente allo studio e Lei sarà informato delle eventuali decisioni prese in proposito» 2 •

1

P. Berardi, Memorie di un capo di Stato 1'1/aggiore dell'Esercito cit., pp.158-1 59.

2

E. Morris , La guerra inutile cit., pp.503-504.


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II tono era da vincitore a vinto. L' arrière pensée era di diffidenza circa l'efficienza bellica degli italiani e la forma tradiva il proposito di impiegare i gruppi di combattimento solo se proprio indispensabile per gli interessi alleati. L'organizzazione messa in atto per la costituzione dei gruppi di combattimento, iniziata a metà settembre, comportò un lavoro metodico, approfondito ed attentamente seguito dalla M.M.I.A.. U piano di approntamento prevedeva che i gruppi fossero pronti ad entrare in linea a scaglioni: il Friuli entro la fine di ottobre, il Cremona entro metà novembre, il Legnano ed il Folgore entro metà dicembre ed il Mantova e il Piceno entro la prima quindicina di gennaio 1945 . Circostanze varie causarono qualche ritardo ed imposero talune varianti. Il piano di addestramento, secondo i] sistema inglese, considerò cinque fasi: addestramento degli istruttori reggimentali nelle scuole britanniche istituite in Campania (2-3 settimane); addestramento dei quadri dei gruppi di combattimento (1-2 settimane); addestramento tecnico e individuale con le unità (4-5 settimane); addestramento tattico e logistico dei Comandi (4-5 settimane); addestramento di reparto e di cooperazione (1 -2 settimane). Lo svolgimento del programma a partire dalla seconda fase era seguito inizialmente da un direttore dell'addestramento militare (D.M.T.) per «supervisionare e fare rapporto sullo stato di addestramento raggiunto» e, successivamente, quando il gruppo avesse raggiunto un determinato stadio di istruzione, da organi inglesi di collegamento (British Liaison Units), incaricati, secondo Ia procedura inglese, di provvedere a che: «gli ordini ricevuti fossero capiti ed eseguiti; le informazioni richieste dalle superiori autorità fossero accuratamente fornite, tradotte e trasmesse; l'addestramento fosse mantenuto e migliorato quando e-dove possibile; i servizi amministrativi logistici e i compiti inerenti al mantenimento fossero efficientemente ed economicamente soddisfatti; fossero prontamente prevenute, rimosse o riferite alle autorità competenti le circostanze che avrebbero potuto portare detrimento all'efficienza combattiva o amministrativa dei Gruppi, o al morale delle loro truppe; fossero mantenuti, durante il combattimento, collegamenti con le formazioni sui fianchi e con le retrovie». Inoltre presso ogni Comando di gruppo venne distaccato un ufficiale di collegamento della M.M.l.A., con il compito di tenersi in contatto con il B .L.U. per assicurare che «le questioni più es1 I corsi effettuati presso le scuole britanniche furono 45, con la partecipazione complessiva di 489 ufficiali, 870 sottufficiali e 240 graduati specializzati italiani.


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senziali fossero adeguatamente trattate senza scavalcamenti o perdite di tempo e di energje» 1• Si è eletto del criterio selettivo sottolineato con forza da Browning per la messa a punto dei gruppi di combattimento. Ora, la situazione delle divisioni da trasformare presentava già sensibili carenze sia nella forza effettiva sia in quella presente, carenze dovute a cessione di personale su richiesta alleata, servizi vari, assenze arbitrarie, malattie, scarso gettito dei richiami. Le due obiettive necessità della selezione e del completamento non potevano, dunque, che incidere sulla compagine delle unità per quanto concerneva quadri, specializzati e minori reparti. «Il personale dei Gruppi - spiegò Berardi - non era scelto ed omogeneo, come sarebbe avvenuto se le nostre divisioni fossero state lasciate nel loro assetto p1imitivo, e non bistrattate, come ho detto altrove. Le sottrazioni di personale, specialmente autista, effettuate nei primi mesi del 1944 per immetterlo nelle u-uppe ausiliarie, la destinazione di interi battaglioni ai lavori di mietitura, il cambio di molti ufficiali per le esigenze di congedamento, compromisero la compagine delle unità e furono causa di non lievi difficoltà per i comandanti: per ripianare i vuoti furono presi soldati un po' ovunque, ricon-endo anche agli ultimj sbandati raccolti , trasferendo uomini da unità a unità, ricorrendo alfine al richlamo dei dise1tori del '43 ( ... )» 2 .

La preparazione dei gruppi di combattimento impegnò lo Stato Maggiore dell'Esercito per l'intera seconda metà del 1944. In merito alle difficoltà che dovettero essere superate, iJ problema probabilmente più delicato , quello della tenuta a numero dei reparti, non ottenne sufficiente attenzione da parte della M.M.I.A. e nell'inverno 1944-45 obbligherà a soluzioni parziali . Secondo i vincoli posti dagli Alleati, fu creato un reggimento complementi che inquadrò il previsto 10% di personale e che il 25 novembre prese la denominazione di «Deposito addestramento complementi forze italiane di combattimento». Senonchè ben presto si riconobbe esatta la previsione formulata dal generale De Stefanis a fine giugno: «( ... ) La recente esperienza della liberazione di Roma e di numerose province conferma quanto da tempo avevo segnalato e cioè che l'attrazione del focolare domestico, in

una situazione politico-militare nella quale ogni vellei.tà di drastiche sanzioni risulta inoperante, ha il sopravvento sul senso ciel dovere mi litare e sui persona Ii legami affettivi che

1

2

S. Crapanzano, I Gruppi di combattimento cit., pp. I7-23. P. Berardi, Memorie di un Capo di S.M. dell 'Esercito cit., pp.187- 188.


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legano il soldato al suo reparto ed al suo superiore. La gente se ne va all'altezza delle propese case ed è dubbio che ritorni. Col progredire di una campagna fortunata c 'è da temere che i reparti, assottigliandosi continuamente, a poco a poco si dissolvano( ... )» 1 •

Non a caso a fine dicembre 1944 il Friuli ed il Cremona, ormai alla vigilia dell'entrata in linea, segnalavano rispettivamente 1.489 e l.262 assenti arbitrari. In definitiva, occorreva prendere in seria considerazione il ricorso ai «volontari». I vertici militari italiani erano ben convinti di questo, ma la M.M.l.A. non consentì l'aumento della percentuale dei complementi, di qualunque tipo essi fossero . Allora, nell'impossibilità di alimentare tutti i sei gruppi di combattimento, il Piceno fu trasformato in «Centro addestramento complementi» a Cesano, assorbendo il Deposito complementi preesistente. Per giunta, talvolta gli organi di controllo alleati imponevano il loro punto di vista in questioni da essi considerate sotto una particolare angolatura.Ad esempio, quando a fine 1944 si pensò di immettere i reduci da Cefalonia, tutti artiglieri, in uno dei gruppi di combattimento per evidenti motivi d.i affiatamento, la M.M.I.A. si oppose definendoli <<uomini difficili». Quindi, o suddivisi in due o tre gruppi come artiglieri, oppure assegnati ad un unico gruppo ma <<per essere adoperati come fanteria o artiglieria a seconda del bisogno» 2 . Balza agli occhi la differenza fra l'approntamento del I raggruppamento motodzzato e del Corpo italiano di liberazione e quello preteso dagli inglesi per i gruppi di combattimento. Tutti furono attuati sotto gli occhi angloamericani, però nell'autunno 1944 l'attenzione britamùca fu addirittura vincolante. A proposito dei B .L.U ., Berardi commentò: «( ... ) taluni esercitarono la loro funzione , se pure con fermezza e scrupolo, anche con un tatto di riguardo, a titolo di consiglio e di garanzia; altri si comportarono come se fossero veri

comandanti titolari, sovrapponendosi addirittura ai comandanti italiani e per conseguenza esautorandoli. l nostri comandanti seppero, ali 'occorrenza, reagire con dignità» 3 .

Il 4 ottobre, mentre il programma era appena avviato, il colonnello Pilsdey accennò al generale Berardi il prevedibile impiego dei gruppi di combattimento. Partendo dal presupposto che i tedeschi avrebbero ostacolato tenacemente 1'avanzata alJeata nella pianura padana, lasciando

S. Loi, / rapporti fra Alleati e Italiani nella cobelligeranza cit., p.365 S. Crapanzano, I Gruppi di combattimento cit., p.29, nota 2. 0 P. Berardi, Memorie di un Capo di S.M. dell' Esercito cit., pp. 186-187. 1

2


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negli abitati elementi ritardatori, i gruppi di combattimento sarebbero stati impiegati. particolarmente per il rastrellamento di dette retroguardie. Considerando la relativa potenza offensiva e la mancanza di reparti corazzati nelle unità italiane, non si prevedeva il loro impiego contro posizioni tedesche saldamente organizzate a difesa. Questa previsione d'impiego comportò un ulteriore ciclo addestrativo, prima del trasferimento dei gruppi di combattimento in linea, comprendente esercitazioni di accampamento, occupazione a difesa di una posizione, presidio di una testa di ponte, contrattacco, rastrellamento di nuclei ritardatori in zone abitate. E, per togliere ogni eventuale residua illusione, la M.M.l.A. specificò che era intendimento del Comando in capo alleato di. impiegare i gruppi di combattimento «in operazioni alle dipendenze di comandanti di formazioni alleate». Questioni addestrative ed' impiego a parte, il programma incontrava difficoltà di carattere materiale. In ottobre Alexander scrisse direttamente a Churchill per puntualizzare la situazione delle truppe italiane: «(. .. ) dei sei gruppi di combatti mento per i quali è stato autorizzato l'equipaggia-

mento, uno è stato effettivamente equipaggiato e ora si trova in addestramento. Dovrebbe essere pronto ad assumere un ruolo difensivo alla fine di questo mese. Spero che il secondo gruppo sia pronto per le operazioni nella seconda metà di novembre. Per quanto riguarda gli altri quattro gruppi mi è stato detto che, non essendo l'equipaggiamento promesso ancora arrivato dalla Gran Bretagna, non è possibile fornirli cli qualcosa di più ciel materiale per l'addestramento prima ciel 1° gennaio 1945 e anche per allora le prospettive di completare l'equipaggiamento si presentano dubbie( ... ).

In ogni caso, a meno che non si prendano drastici provvedimenti per accelerare la consegna dei veicoli e dell'equipaggiamento , sembra che gli ultimi due gruppi non saranno completamente equipaggiati prima di marzo. Ciò significa che non saranno pronti per le operazioni fino ad aprile, cioè dieci mesi dopo la data che avevo chiesto» 1•

In compenso la preparazione dei gruppi Cremona e Friuli procedeva bene e l' 11 novembre, dopo una visita, Alexander espresse sincera soddisfazione: , «Sono stato molto bene impressionato per quello che ho visto. Voglio che vi rendiate conto che da questo momento fate parte della mia famiglia. Sarete trattati come le altre divisioni alleate ricevendo 1o stesso equipaggiamento e lo stesso armamento. I vostri di-

1

E. Morris, La guerra inutile cit., p.453 .


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spiaceri saranno i miei dispiaceri. Desidero che ci consideriate come vostri anùci. Siamo tutti nella stessa barca. Da due anni stiamo vincendo dure battaglie: vinceremo anche questa finale»

1 •

E non mancò di dichiarare che i gruppi di combattimento sarebbero stati inviati in linea solo ad addestramento «veramente ultimato» e non anzitempo. Lo Stato Maggiore Generale non poteva essere soddisfatto delle prospettive deli neate dalla M.M.I.A .. Cominciò con l'insistere sull'opportunità di addestrare le truppe italiane in terreni di montagna, suggerendo la costitqzione di un gruppo attrezzato appunto per tale ambiente, ma, poiché lo studio compiuto si traduceva in una maggiorazione di 3 mila uomini e quasi altrettanti quadrupedi rispetto all 'organico stabilito dal Comando alleato, la cosa non trovò riscontro. Comunque il punto cruciale riguardava l'inquadramento operativo delle unità italiane. Fu avanzata la proposta di formare tre corpi d'armata, ognuno su due gruppi di combattimento, supporti e servizi, ma Browning si disse dolente «di non poter prendere la proposta in considerazione», visto che essa era già stata esaminata dal comandante del XV gruppo d'armate, il quale aveva «deciso che nelle attuali circostanze la formazione di Corpi italiani o Quartier Generali [= Comandi] dell'Esercito non era necessaria né desiderabile». Si mosse allora il governo Bonomi tqrnando suIJ'argomento per via diplomatica nel gennaio 1945. Londra rispose negativamente al nostro rappresentante, Carandini, anzi respinse perfino il nostro desiderio che «all' atto dell'entrata in linea dei Gruppi di combattimento, venisse consentita l'emissione del boJlettino di guerra italiano» 2 •

3. LA CRISJ DELLA R.S.I. Lo sfondamento del fronte a Cassino ebbe immediati riflessi negativi sulle unità dell'esercito repubblicano dislocate nel settore insieme con i tedeschi. Due battaglioni del genio impegnati contro la testa di sbarco di Anzio praticamente si sciolsero. La notizia dell'ingresso delle truppe angloamericane in Roma dette luogo a Siena, in un battaglione complementi, «a scene inqualificabili da parte di gruppi di soldati, ubriacatisi per festeggiare

1

S. Crapanzano, / Gruppi di combattimento cit., p.34.

2

Ibidem, p.39.


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l'avvenimento» liani:

1

/,

Il 5 giugno Mussolini si rivolse pateticamente agli ita-

«( .. .)lanciamo il monito supremo: la caduta di Roma non fiaccherà la nostra energia e ancor meno la nostra volontà tesa a realizzare le condizioni della riscossa. Tutte le misure saranno prese a questo fine( ... ). La repubblica è minacciata dalla plutocrazia e dai suoi mercenari cli ogni razza» 2 .

Ma ovunque le segnalazioni della Guardia Nazionale Repubblicana fornivano un quadro di disfacimento. In Umbria il diario storico del XXVII Comando Militare regionale annotò: il 7 giugno, «Le assenze arbitrarie degli enti e dei reparti dipendenti aumentano»; 1'8 giugno, «Da tutti i Comandi ed enti dipendenti vengono segnalate assenze arbitrarie dovute al precipitare degli eventi bellici»; il 10 giugno, «Defezione di quasi tutti i militari di truppa dei Comandi, depositi e distretti»; 1'11 giugno, «Quasi tutti gli ufficiali sono in fuga». In Toscana il numero dei disertori cresceva vertiginosamente e, in breve, «Regna il caos più perfetto nei Comandi militari di tutta la Toscana. Il reclutamento regionale dei militari ha dimostrato di essere inadatto sotto ogni punto di vista>> 3 . Non soltanto l'amalgama fra i tre corpi riuniti nella G.N.R. non era avvenuto - e ciò non può meravigliare - ma veniva a galla la scadente sostanza della Milizia. Da Firenze il 13 giugno si confermava quanto da più parti già denunciato: «In una notevole quantità di elementi mancano assolutamente la preparazione tecnicoprofessionale nonché i requisiti morali che si addicono agli appartenenti ad un corpo cli polizia. Tali deficienze incidono profondamente sul prestigio della istituzione che avrebbe invece bisogno cli accattivarsi la fiducia ed il rispetto della popolazione( ... ). L' avversione di troppe persone è palese contro la G .N.R. in quanto in essa si vede un organo politico più che un organo di polizia posto alla tutela delle persone e delle cose ( ...). Molti ufficiali e cittadini lamentano che troppi militi sono con l'uniforme in disordine, mancano di tatto ed ostentano, specialmente nei pubblici ritrovi o sui mezzi cli trasporto urbani, una spavalderia che è maleducazione» 4 •

Il 15 giugno il generale Mischi, incaricato di presiedere all'addestra1

G. Pansa, L'esercito di Salò c it., p.93. A. Tamaro, Due anni di storia cit., III, pp.52-53. 3 G. Pansa, L'esercito di Salò cit., pp.93-95. 4 lbidem, p.109. 2


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mento di reparti speciali per la repressione dell'attività partigiana soprattutto in Piemonte e per dare sicurezza alle retrovie dell'armata Liguria di Grazianj schierata sull'Appennino ligure, tenne un rappo1to ai comandanti provinciali nel corso del quale venne dipinta una situazione a dir poco sconso]ante. In Piemonte urgeva provvedere per evitare che i ribelli, che già lo controllavano finissero «con l'impadronirsene totalmente»; in Liguria la situazione permaneva «grave», tenu to conto di una forza partigiana stimata attorno ai 5 mila uomini; in Lombardia, le zone di Sondrio e di Como erano le più inquinate, ma la stessa Milano destava tjmori per la presenza di circa 300 mila operai neJie industrie; nel Veneto , le province di Vicenza, Verona e Treviso risultavano le più «movimentate» e particolare pe nsiero davano il Grappa e l'altopiano di Asiago. In conclusione occorreva compiere un ' azione antipartigiana in grande stile 1• E proprio in g.iugno si verificò un altro episodio estremamente significativo. Si trattava del richiamo delle classi 1920 e 1921 e deJia chiamata del plimo quadrimestre 1926. Gli appartenenti alle classi del 1920 e del 1926 erano destinati al servizio del lavoro in Germania. Mussolini aveva consentito il provvedimento su richiesta di Sauckel, «perché anche in Germania i giovani di 18 anni, prima di andare alle armi, compivano un periodo iniziale di allenamento nei servizi del lavoro» 2 . La classe de] 1921, invece, entrava nell'esercito di Sal ò. Ebbene, il 19 giugno il notiziario della G .N.R. di Milano riportò che: «( .. .) TI bando di cruamata delle classi 1920-21 e primo semestre 1926, nonché che

l'annuncio che pa1te di detti contingenti debbono recarsi in Germania, hanno prodotto la più sfavorevole impressione in tutti gli strati della popolazione. Si prevede che grande sarà il numero di coloro che non risponderanno alla chiamata e che si porteranno ad ingrossare la schiera dei banditi ocl espat1icranno nella vicina Svizzera» 3 •

Più tardi Graziani dirà: «Io ero convinto , e l'avevo detto sempre ri petutamente a llo stesso Rahn, che non si sarebbe presentato nessuno e lo ripetei a Hitler a Salisburgo. Avvenne infatti che si presentarono soltanto un 15 mila uomini e solo perché avevano una tessera dimostrante che erano

già adibiti a lavori o presso la Todt o presso l'Ispettorato Paladino» 4 •

1

«Il movimento di liberazione in Italia», n.7, 1950.

R. Graziani, Ho difeso la Patria cit., pp. 462-466. 3 G. Pansa, L'esercito di Salò cit., p. 133. 4 Processo Graziani cit., Ili, p. 1244. 2


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Fu a questo punto (20-21 giugno) - mentre circa 70 mila operai della Fiat e della Lancia scendevano in sciopero per motivi salariali, ma anche per la decisione tedesca di trasferire i macchinari nella zona del Garda , meno esposta ai bombardamenti aerei alleati - che apparve l'articolo di fondo di Concetto Pettinato, dal titolo «Se ci sei batti un colpo» 1• Esso rifletteva il chiarissimo e diffuso scontento generale contro la direzione del partito fascista, accusato di apatia (dov'erano le divisioni italiane?), ed esprimeva francamente il dubbio che le armate tedesche non riuscissero a tenere le posizioni dell'Appennino. In conclusione, le divisioni italiane dovevano rientrare in Italia e battersi per l'Italia. Più tardi il ministro della Cultura Popolare, Mezzasoma, scriverà a Mussolini che l'articolo era stato «il colpo più duro fi nora inferto al prestigio del Governo Fasc ista Repubblicano» . Un memoriale del 28 gi ugno presentato da Graziani a Mussolini dipinge a tinte drammatiche il qu adro militare. Per quanto riguardava la G.N.R. scrisse: «( ...) praticamente il Governo della Repubblica ltalfana controlla, e solo fino ad un certo

punto, la fascia piana a cavaliere del Po; tutto il resto è virtualmente in mano ai cosiddetti ribelli, che riscuotono il consenso di larghi strati di popolazione. La situazione si è aggravata in queste ultime settimane con lo sfaldamento dei carabinieri causato dal progettato invio in Germania di 10.000 di essi e con l'imposizione a tutti della camicia nera. Tutta l'organizzazione periferica capillare è andata distrutta. Nei piccoli centri e nelle campagne manca oggi ogni elemento di forza che possa far rispettare ed eseguire gli ordini del governo» .

E con pari franchezza si espresse in merito aJJa «mancata ricostruzione» delle Forze Armate repubblicane: «Nel discorso dell'Ad1iano io presi solenne impegno, d 'accordo con le auto1iti1 germaniche, che avrei 1iportato la gioventù d'Italia a fianco dei germanici, ma sotto i nostri capi e con la nostra bandiera. Dopo nove mesi tutti si domandano: dove sono i nostri soldati? Dove sono andate a finire le centinaia di migl iaia di uomini che sono stati rec lutati? Perché queste fam ose divisioni in Germania non sono tornate a difendere Roma? Questo esercito repubblicano è una realtà o un'illusione? Gli italiani sanno che i nostri giovani, accorsi al richiamo con entusiasmo, sono stati lasciati dopo settimane senza vestiario e senza armi. Hanno chiesto di andare a combattere e sono stati invece inviati a lavorare sotto il più stretto controllo germanico che ha completamente esautorato tutti i nostt:i quadri, ormai umiliati e sfiduciati.

1

«La Stampa» del 2 L.6.1944.


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La situazione, oggi, può essere così riassunta. Noi abbiamo chiamato alle armi ed al lavoro 400.000 uomini e non abbiamo potuto inviare al fronte che 4 battaglioni di volontari, il Barbarigo ed il Folgore e due delle SS. Irrisorio, anche se brillantissimo, il concorso di mezzi mm·ittimi e delle poche nostre squadriglie di caccia( ...). Tutti gli altri uomini, tranne i 60.000 delle 4 divisioni in Germania, non possono essere considerati soldati ma lavoratori( ... ) senza peraltro aver ricevuto né l'addestramento né l'educazione né l'impronta miLitare. Troppo lunga sarebbe poi l'elencazione delle difficoltà di ogni genere che abbiamo dovuto superare per vestire gli uomini chiamati alle armi e per dare ad alcuni di essi qualche am1a. Le troppe promesse da parte germanica, non mantenute che in minima parte e con riH~rdo, ( . ..) hanno intralciato enormemente la ricostruzione delle FF.AA . facendo perdere ogni fiducia nell'Autorità centrale. Non accenno alla perdita del mio prestigio personale per non aver mantenuto le promesse solennemente assunte( ... )» 1•

Diciamo pure che l'evidente sconforto derivava anche, e forse essenzialmente, dal comportamento tedesco di fronte agli sviluppi della situazione che stavano manifestandosi in Italia. Un commento del colonnello Heggenreiner, ufficiale di collegamento tedesco presso il Comando di Graziani, era più che sintomatico circa gli umori germanici: «( ... )Ci dobbiamo convincere che un popolo a cui è stata messa davanti agli occhi la prospettiva della pace non è più capace di portare le armi, ma solo di essere sfruttato per lavoro. Il maresciallo Kesselring, dopo l'episodio deJl'Elba, non vuole più avere niente a che fare con le truppe italiane in cui ha perduto ogni fiducia}) 2 •

Viste le circostanze, nell'intento di dare una sterzata salutare, Mussolini decise di militarizzare il partito fascista, passando «dall'attua]e struttura politica ( ... ) ad un organismo di tipo esclusivamente militare». Più precisamente, dispose che dal 1° luglio si costituisse il Corpo ausiliario delle Camicie Nere con tutti gli iscritti regolarmente al partito, di età compresa fra i 18 ed i 60 arini, che non appartenessero alle Forze Armate della Repubblica. Le attività sino allora svolte direttamente dal partito venivano affidate agli enti competenti. «Il Corpo - stabilì - sarà impiegato, agli ordini dei capi delle province, i quali sono responsabiJi dell'ordine pubb]ico e della sicurezza dei cittadini» 3 • Inoltre il 25 luglio, data scelta con intenzione, autorizzò Pavolini,

Processo Graziani, cit., Il, pp. 31 -35. Grazia11i e Mussolini in data 29.6.1944 cit. in F. Deakin , Storia della Repubblica di Salà cit., p.684. 3 «Corriere della Sera» del 26.7.1944. 1

2


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segretario del P.N.F. , ad annunciare la costituzione delle Brigate Nere 1, con lo scopo di combattere per l'ordine pubblico, per l'ordine rivoluzionario , per l'eliminazione dei banditi e dei fu orilegge, per la liquidazione cli eventuali nuclei paracadutisti nemk i. Di sicuro l'iniziativa non raccolse plauso nell'opinione pubblica. Stando alle segnalazioni dei Comandi periferici della G.N .R ., le 39 Brigate Nere diventarono un ulteriore elemento d i disordine, di disturbo politico e di contestazione, anche violenta , nei confronti dello stesso partito, il che non può stupire tenendo presenti gli aspeW negativi presto d ivenuti palesi di queste formazioni: indisciplina chiassosa , abuso verso i civili , insoffe renza delle gerarchie politiche locali, disponibili tà alla violenza contro chiunque. Secondo Graziani, le Brigate Nere raggiunsero, nel tempo , i 30 mila uomini 2 , invece dei 110 mila previsti . Il 15 luglio Mussolini partì per la Germania accon1pagnato da Grazianj e da Rahn. Scopo principale del viaggio era un nuovo incontro con Hitler a Rastenburg, ma fu colta l'occasione per visitare le quattro divisioni i taliane nei ca mpi di addestramento. La prima sosta rig uardò la divisione Monte Rosa (gen.Carloni) a Miinsingen il giorno 16; il 17 fu la volta dell à divisione San Marco (gen. M a.nardi a Heuberg); il mattino del 18, della divisione San Marco (gen. P1incivalle) a Grafenwohr ed il pomeriggio, della divisione Littorio (gen. Agosti) a Sennelager. A detta di Rahn , le accog lienze riservate Mussolini ed a Graziani furono caratterizzate da tali manifestazioni di entusiasmo da illudere i visitatori che lo stato d'animo di quei giovani fosse duraturo 3 • All'mTivo a Rastenburg, nel pomeriggio del 20, Mussolini venne accolto da Hitler con un: <<Duce, proprio adesso mi è stato scagliato addosso un infernale ord igno ( ... )» 4 . La riunione si svolse in un clima altale nante di depressione e scoppi d'ira. Dopo un iniziale sprazzo di esaltazione, Hitler si fece silenzioso e distratto e Mussolini alquanto imbarazzato , mentre i capi nazisti si lasciavano andare a reciproche accuse e recriminazioni 5 , ma a

1

Le Brigate Nere furono 39, una per provincia. R. Graziani, Ho difeso la Patria cit., p.430. 3 R. Rahn, /1111bascia10re di Hitler a Vichy ed a Salò , Garzanti, Milano 1950, pp.299300. Cfr. R . Graziani, op.c:it., p.448. 4 F. Anfuso, Da Palazzo Venezia al lago di Garda cit., pp. 449-500. s In quella sede Goering rinfacciò a Ribbentrop il fallimento della sua politica estera e nel bollore della discussione gli gridò: «Sporco mereantuccio di spumanti che siete! Chiudete il vostro dannato becco!» . E Ribbentrop, punto sul vivo, rimbeccò: «lo sono sempre il ministro degli Esteri e mi chiamo von Ribbentrop!» (W.L.Shirer, Storia del terzo Reich cit., pp.l I 39-J 140) . Cfr. E. Dollmann , Roma nazista cir., pp.393-400. 2


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poco a poco subentrò una certa calma e Mussolini venne al punto che più Io interessava: la questione degli internati militari. Considerata 1' impossibilità per il Governo fascista di dare alla Germania il contributo richiesto di quasi un milione d.i lavoratori, egli propose che il potenziale lavorativo degli internati venisse sfruttato in pieno a favore del processo di produzione tedesco, naturalmente migliorando il loro trattamento materiale. Da parte italiana veniva esclusa ogni richiesta di rimpatrio «in quanto - spiegò - anch'io sono convinto che sarebbe nocivo reintegrare nella madrepatria degli elementi che, a causa delle loro determinate condizioni morali , potrebbero facilmente passare al campo avversario». Questa soluzione, a suo giudizio, avrebbe consentito alla Germania l'apporto di alcune centinaia di migliaià di lavoratori per l'industria e l'agricoltura, ed alla repubblica fascista di alleggerire la proplia situazione politica interna 1 . Nel frattempo Graziani e Keitel erano impegnati in un separato colloquio concernente le due prime divisioni italiane ormai al termine del1'addestramento, che l'O.K.W. avrebbe voluto trattenere in Germania per inviarle a] fronte orientale con compiti di difesa contraerei , stante la minacciosa offensiva sovietica in Prussia orientale. Graziani prima rifiutò nettamente, poi, di fronte alle insistenze di Keitel, alzò la voce minacciando di dare le dimissioni se l'O.K.W. avesse compiuto un gesto di forza 2 . Tornato a Salò, Mussolini fece diramare dal ministero degli Esteri una circolare in data 1°agosto con la quale si rendeva noto che tutte le proposte presentate in un memorandum al Ftihrer, ed illustrate verbalmente dal Duce, erano state approvate. Di conseguenza, Hitler aveva «impartito ordini per'.immediata attuazione de] principio di trasformare gli internati militari italìani in lavoratori civili o di inquadrarli in reparti militari» 3 • Ma il problema dei «ribelli » in Italia era ancora tutto da risolvere, ammesso èhe lo si potesse. L'avanzata delle truppe anglo-americane sembrò aver dato un segnale alle formazioni partigiane, che nella pianura padana presero ad attaccare quasi ovunque, fatta eccezione per il Nord-Est, distaccamenti e presidi della G.N.R., incontrando resistenze scarse o nulle da parte dei militi. Il 16 luglio il Comando militare provinciale di Alessan-

1

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p.702.

2

Processo Graziani cit., lll, 1174.

3

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p.706.


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f

dria espose lo stato di fatto nell'Alessandrino in questi termini: «Situazione della G.N.R .. Poco confortante anche questa. Risente dalla situazione generale. Le defezioni sono in aumento, la disciplina in continua maggior deficienza di tono. Ho già inviato a Brescia decine di militi che si sono lasciati disarmare senza opporre resistenza, ma ciò non ha servito a frenare lo stato d'animo così depresso e proclive all'abbandono del posto e delle armi( ... ). Le denunce per diserzione lasciano il tempo che trovano, l'invio in Gem1ania per il Servizio del lavoro sembra che cominci a perdere anch'esso la sua primitiva efficacia. L'approssimarsi degli anglo-americani ha generato la paura di essere indicato come appartenente alla Guardia, ha preparato l'animo ciel milite ad assorbire le funeste conseguenze del richiamo dei famigliari e degli amici alla macchia( ... ). Altro fattore che influisce sul mora.le degli uomini è la scarsezza e la mancanza cli mezzi. Non si può pretendere che gli uomini disimpegnino il loro servizio con abnegazione e spirito di sacrificio, spesso con la vita, se non si può loro forn ire almeno lo stretto necessario. Noi manchiamo quasi cli tutto ed il milite ne ha ormai la sensazione esatta( ... )»

1

A metà luglio numerosi distaccamenti della G .N .R. erano stati soppressi per mancanza di personale e il 12 agosto il Comando provinciale di Piacenza avvertì che alcuni militi avevano chiesto la smobilitazione, non vedendo garantito il minimo di sicurezza indispensabile per la tranquillità delle famiglie. Nel contempo i più giovani, incoraggiati dalla propaganda svolta per gli arruolamenti nelle Brigate Nere, inclinavano ad entrarvi per la prospettiva di minore disciplina, minori pericoli e maggiori vantaggi economici 2 • Da parte tedesca, vista la poco brillante situazione interna della Repubblica Sociale, venne deciso di rafforzare il controllo della valle Padana con una concentrazione di poteri: a fine luglio, con il ritorno in Germania del generale Toussaint, Wolff riunì nelle sue mani le attribuzioni del Bevollmiichtiger Generale quelle di comandante in capo delle SS e della polizia in Italia. Il 16 agosto la «Gazzetta Ufficiale d'Italia» pubblicò il decreto per il quale la G.N.R. entrava a far parte dell'esercito come «prima arma combattente» e, per imprimere maggior significato al provvedimento, Mussolini aveva stabilito di assumerne il comando in prima persona. II comunicato della «Stefani» del 21 agosto riportò questa esortazione del Duce: «Sono sicuro che, tornata a funzioni esclusivamente militari di com-

1

2

G. Pansa, L'esercii.O di Salò cit., pp.117-118. Tbidem, p.121.


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battimento, e liberata da compiti estranei alla sua natura, la G .N .R. dimostrerà sui campi di battaglia che esistono ancora falangi di italiani di buona razza decisi con ogni mezzo a realizzare la riscossa della Patria». Il 23 fu annunciata la prevista costituzione di due divisioni della Guardia Repubblicana: la divisione paracadutisti e antiaerea Etna e la divisione Vesuvio! Solo la prima vedrà la luce. Mussolini, però, era amareggiato e sfiduciato. Sentiva il peso dell'asfissiante presenza tedesca (senza la quale, peraltro, sapeva benissimo che la Repubblica Sociale sarebbe crollata di colpo) e delle disastrose condizioni in cui versava il paese, con un'industria semidistrutta dai bombardamenti aerei ed un'agricoltura agonizzante per mancanza di macchine, concimi, carburante, bestiame e soprattutto mezzi di trasporto. A quest'ultimo proposito, «centinaia di migliaia di tonnellate di frutta - scrisse a Goebbels marciscono perché i Prefetti non dispongono nemmeno di un miserabile autocarro per trasportarla altrove» t. Né 1'esercito presentava note liete, in quanto visibilmente la sua flessione sotto ogni profilo non faceva che aumentare. Troppo pesavano la consapevolezza di una guerra senza alcuna speranza di successo; la sfiducia sulla reale robustezza intrinseca della R.S.I., specialmente di fronte alla prepotente invadenza tedesca da un lato ed alla più vivace attività deJle bande partigiane dall'altro; la scarsa stima nei confronti della dirigenza fascista ed anche dei quadri delle Forze Armate. Il servizio militare era «subìto» passivamente e «i parenti stessi dei militari - si riferiva da Varese il 18 agosto ,come si rileva dalle lettere censurate, concorrono a demolire ogni idealità, facendo intendere la necessità di non esporsi e di disertare al primo avviso di pericolo e anche al solo sentore di un invio in Germania» 2 • E perfino bisognava riconoscere l'azione «deleteria» svolta dai renitenti , disertori ed expartigiani, perdonati ed immessi nell'esercito: «meglio sarebbe stato inviarli al lavoro in Germania>> 3 • A fine estate lo Stato Maggiore della G.N.R. trasmise a Mussolini un appunto sulla situazione militare della R.S.I., quale risultava dalle segnalazioni dei Comandi periferici. In breve: «Nel mese di agosto le operazioni relative alla costituzione dell'Esercito Repubbli-

Mussolini a Goebbels in data 14.8.1944 cit. in F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p.710. 2 G. Pansa, L'esercito di Salò cit., p.139. 3 Ibidem , p.140. 1


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cano non accennano, nel complesso, a migliorare. Molti Comandi limitano la loro azione al disbrigo delle pratiche amministrative ed assistenziali. Comunemente si lamenta insufficienza nell'azione di comando (e conseguentemente stato cli disorganizzazione, cli indisciplina e di sfiducia) ed anche insufficienza di armi e materiale di equipaggiamento. Notevoli i casi cli diserzione dai reparti( ... ) . L'inquadramento e l'addestramento ( ... ) sono .in gran parte lontani da quel minimo che era lecito attendersi: molto spesso addirittura nulli. Inefficienza e inconsistenza, quindi, dei Comandi e dei reparti( ... )».

L'appunto si soffermava sugli ufficiali e sulla truppa. Per i primi: «Forte percentuale cli ufficiali, sia superiori che inferiori , dà prova di abulia, di incapacità professionale, cli svogliatezza, di sfiducia nell'esito della guerra e cli sentimenti antifascisti. Cattiva la cura della disciplina; abbandonata l'assistenza spi1ituale del soldato. Non infrequenti, pwtroppo, casi di palese timore e di pavidità che portano ufficiali a deleterie manifestazioni verbali e ad atti che mal si ripercuotono suJla truppa: tra questi u.1timi, il peggiore e più significativo, quello di vestire l'abito civile appena fuori d(:)lla caserma. E tale esempio è seguito dai militari cli truppa ( ... )».

Circa il morale dei soldati: «Il complesso dei fatti citati - disorganizzazione dei Comandi e dei repa1ti, eventi bellici sfavorevoli, passività degli ufficiali, propaganda avversaria( ... ); attività dei banditi e timore di rappresaglie anche contro i componenti della famiglia, tolleranza per l'indisciplina, cattivo esempio dei superiori - agisce nella truppa in modo deprimente; tanto che eia più parti si affenna che se dovesse verificarsi qualche grave situazione, si avrebbe la ripetizione dell'infernale 8 settembre( .. .)» 1•

È pur vero che stavano rientrando le due prime divisioni addestrate in Germania: a fine luglio ed in agosto affluirono i convogli della D.alp. Monte Rosa e della D.mista San Marco, entrambe di ottima presenza e morale alto. Vennero schierate l'una nella riviera di Ponente con reparti in Piemonte, e l'altra nella riviera di Levante con reparti in Emilia. Entrambe si videro accolte con naturale gioia, una gioia legata unicamente al loro ritorno in Italia, ma ben presto esse si resero conto che, come unità militari costituite per battersi con i tedeschi, erano guardate dalla popolazione in un silenzio indifferente, se non proprio ostile, e la buona disposizione d 'animo con la

1

Ibidem , pp.142-149.


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quale erano rimpatriate cominciò a risentire dell'atmosfera priva di simpatia che le circondava, de]le difficoltà di carattere materiale trovate in Italia. Ed altrettanto presto cominciarono le diserzioni: a metà settembre si registravano 1.400 disertori nella San Marco e 1.015 nella Monte Rosa 1• IL l 0 ottobre il gen~rale Farina, che aveva sostituito il generale Princivalle al comando della San Marco, diramò una circolare di veemente riprovazione. Sul comportamento degli ufficiali così si espresse: «Gli ufficiali hanno un contegno deplorevole. Non sanno farsi ris pettare con affetto e stima; stima prima, affetto poi. Non hanno senso proprio, autorità. Non vedono mai nulla: poltrone;ria . Non fanno che proposte sulla caria e aspettano: sabotaggio. Non sanno che sono ufficiali della divisione prima, del loro reggimento poi ; che la loro autorità si estende con le dovute forme su tutti i gregari della divisione. in pubblico: fanno dispetto e sdegno (sulle donne sono ridicoli). Con i soldati: deboli. Con i superiori: impacciati. Impacciati perché sempre. fuori posto. Con le consegne dei loro posti: dubbiosi, non le conoscono bene, non le controllano. Con il nemico partigiano: devono saper moriJe. E ora basta. Ho tutti i diritti: retrocedere a soldato, come posso dare promozioni( ... )».

Simile intemerata lascia, a dire il vero, estremamente perplessi: solo adesso si riscontrava un comportamento degli ufficiali così scadente? La circolare venne portata a Mussolini, il quale, verosimilmente a1Iibito , sciisse a Farina: «Si stenta a credere che vi siano ancora ufficiali meritevoli di essere bollati a fuoco ~cos1 come Voi avete fatto! Conto su di Voi, sulla vostra intelligenza e sulla vostra energia, per mettere in ordine una divisione sulla quale il popolo aveva tanto contato»2 . In siffatto clima di più o meno rassegnato pessimismo, apparve naturale pensare a dove ripiegare, a nord del Po, per opporre l'ultima resistenza. Le zone che apparivano prestarsi ano scopo si riducevano - la scelta era pressoché obbligata - alla Valtellina, all'Alto Adige ed aila Carnia-Friuli. Il 9 settembre Mussolini ne parlò con Rahn: «Circa le zone successive di difesa - annotò Mussolini scartando subito l'Alto Adige ed il Friuli perché sotto completo controllo militare e civile tedesco - io gli accenno subito che gli studi sin qui fatti portano ad escludere il Piemonte e la Lombardia. Tre sono i ridotti alpini presi in considerazione in vista di portarvi il Governo, le Forze Armate della Repubblica e organizzarvi l'estrema disperata resistenza dell'ultimo lembo d 'Itali.a: la Val-

1

2

Ibidem, p .198 . Storia delle Forze Armate della R.S.l., ed.F.P.E., Milano 1967, cit. pp.195-196.


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tellina, il Cadore e la Carnia . Non viene considerata, a lotta finita, l'idea cli costituire un governo fantasma in qualche località della Germania».

Rahn tenne anzitutto a mettere in chiara evidenza l'ordine di Hitler di difendere a tutti i costi la linea degli Appennini; poi, quanto ai possibili «ridotti», consigliò di escludere la Valtellina giacchè: «Gli uomini sono uomini ( ... ) e dopo un po' di tempo la soluzione di un internamento in Svizzera lus.ingherebbe i meno convinti e Voi rimarreste solo con un pugno di uomini». Manifestò invece preferenza per il Friuli: «Voi sareste sempre in terra italiana ed a contatto con razze ostili che risveglierebbero lo spirito militare degli italiani». Il commentò di Mussolini fu ineccepibile: «Ho l'impressione che il problema sia più che delibato al Quartier Generale tedesco. La conclusione è che i tedeschi non desiderano la prima soluzione per un residuo cli sfiducia nella nostra lealtà, non parlano delle Dolomiti e clell' Alto Adige perché le riservano per loro e preferiscono la terza soluzione il cui vantaggio consiste nel metterci in un territorio conteso e che la nostra presenza rivendicherebbe al l'Italia. Rahn ha confermato che per quanto riguarda l'Italia non è questione di controffensiva per riprendere i territori perduti, ma solo di una difensiva ritardatrice che contenderà al nemico ogni metro quadrato ciel territorio italiano» 1•

La conclusione fu che il 17 settembre Mussolini affidò a Pavolini lo studio concreto per il «ridotto repubblicano alpino» ed il giorno seguente fece chiedere a Rahn di rappresentare a Rastenburg la questione della Valtellina per l'approvazione del Ftihrer. Non risulta che vi sia stata risposta. Per dare un'idea dell'incompleta e parziale conoscenza di Mussolini circa l'andamento della guerra, giova precisare che la sua sola fonte d'informazioni era rappresentata daAnfuso, attraverso il quale, a BerJino, passavano anche tutte le comunicazioni del ministero degli Esteri con i rappresentanti della R.S.I. all'estero. Orbene, Anfuso era piuttosto esplicito nel riferire fatti ed impressioni. Ciò che più mortificava era 1'atteggiamento del Reich nei confronti del Governo fascista. Il 20 settembre egli scrisse con palese amarezza: «( ... )Con l'aggravarsi della situazione militare sembra che la sfiducia verso cli noi au-

menti. La stampa tedesca fa a gara per ricordare il passato della capitolazione e per ascri-

Appunto cli Mussolini sul colloquio con Rahn in data 9.9.1944, in F.Deakin, Storia delta repubblica di Salò cir., pp.711-712. 1


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LE FORZE ARMATE DELLA R.S.I SECONDO L'O.K.W. nel settembre 1944 Truppe Esercito: - 4 divisioni 50.000 u. - btg. costieri e del genio 78.000 u. 12.000 u. - unitĂ autonome 3.000 u. - reparti terr.

Volontari con truppe tedesche: - SS italiane - btg. nebbiogeni sul Baltico - volontari isolati

143.000 u . Macina: - XMas - reparti naviganti e servizi

6.000 li. 20 .000 u. 26.000 u.

Aeronautica: - paracadutisti - repa1ti volo e servizi - contraerei

22.000 u. 90.000 u. 122.000 li.

G.N.R. Lavoratori militarizzati: - Ispettorato lavoro - volontari Todt - volontari in Germania

4 .000 li. 25.000 li. 50.000 u. 79.000 u.

totale

10.000 u.

148.000 u . complessivamente: 780.000 u.

150.000 li .

40.000 u. 120.000 u. 100.000 li . 260.000

ll.


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t.

verci la massima parte della responsabilità della situazione in cui si trova la Germania ( . .. ). Se si vuole fissare il bilancio di un anno di Repubblica Sociale si deve con amarezza constatare che il grande sacrificio di sangue fatto dagli eserciti tedeschi per arrestare l'invasione nemica sul suolo italiano non ha corrisposto da patte della F hrung una visione etnico-politica che potesse salvare e potenziare il concetto di Nazione italiana. Costituito

il nuovo Stato fascista repubblicano, niente venne fatto dal nostro Alleato per dare un ' individualità naturale ad un organismo nazionale che solo prenclenclo radici nel rispetto della Nazione amica poteva diventare un simbolo di riscossa per gli italiani( ... )» 1 •

Mussolini non curava neppure di nascondere la propria insoddisfazione. A fine settembre si sfogò con 1'ambasciatore giapponese Hidaka, lamentando «la tragica situazione in cui si batteva l'Italia a causa anche dell'incomprensione germanica>> 2 . E il 4 ottobre si rivolse a Kesserlring: «Dal 26 agosto le vostre instancabili ecl impareggiabili truppe si battono per contendere agli anglo-americani il possesso della Valle Padana. Da quel giorno il popolo italiano ha atteso invano l'annuncio che anche truppe italiane venivano impegnate nella decisiva battaglia. Il popolo si domanda: «dove sono le divisioni italiane che tornarono dalla Germania alla fine di luglio? Cosa fanno? Perché non sono impiegate? Perché gli eserciti nemici utilizzano tutti i popoli dei cinque continenti per attaccare l'Italia e non è permesso agli italiani - i migliori - cli contribuire a difenderla?» Non ho bisogno di dire a Voi, illustre Maresciallo, che .l'iJ1azione è lo stato che porta più rapidamente al disfacimento le forze militari. Le divisioni, quando tornarono in Italia, erano veramente animate da un fo1te spirito. Furono polverizzate sull'Appennino ligure per difenderlo contro uno sbarco che gli inglesi, dopo aver conquistato l'Appennino e la Francia, non hanno alcun interesse a tentare. Il risultato è stato questo: assenze e diserzioni , con passaggio ai partigiani, i quali ormai son ben 94.000, inquadrati in unità organiche sino alla divisione e bene armati» 3 .

Non risulta che Kesserlring si sia molto commosso, anzi a fine mese cominciarono a circolare indiscrezioni secondo le quali le due divisioni tuttora in Germania sarebbero state sciolte o inviate al fronte orientale. Peggio ancora: si diceva che il Governo fascista sarebbe stato trasferito in Austria per sicurezza! Comunque a fine ottobre rientrò tutta la divisione Littorio e

1

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., p.713.

2

A . Tamaro, Due anni di storia cit. , p.271. F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit. , pp.715-716.

3


IL RITORNO A ROMA

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venne schierata a ridosso della Linea Gotica, nell'Oltrepo pavese; la divisione Italia tornò a djcembre, con un viaggio reso difficile dalla carenza di materiale ferroviario e dai bombardamenti alleati, e inizialmente si raccolse nella zona di Verona. La pausa che le circostanze belliche e ambientali imposero agli Alleati sui vari fronti fecero cambiare di colpo la valutazione strategica di Hitler e delJ'O.K.W.. Mentre a metà ottobre si prevedeva con rassegnata impotenza la probabile fine delle ostilità nel giro di poche settimane, la constatazione che gli Alleati non erano riusciti ad ottenere la vittoria decisiva prima dell'inverno, come da essi sperato, faceva intravvedere la possibilità, se non di rovesciare le sorti della guerra, quanto meno pervenire ad un compromesso di pace. Due i motivi cli tale ottimismo: l'impiego delle tante attese e decantate «armi segrete>> e l'inevitabile rottura della coalizione avversaria (idea fissa, questa, di Hitler).Sia Churchill sia Stalin risultava avessero affermato che soltanto uno sforzo compatto dei tre Alleati poteva abbattere il Reich, quindi bastava che uno di essi uscisse dal conflitto in un modo o nell'altro perché alla Germania si aprissero prospettive insperate. Ad ogni modo occorreva assolutamente superare l'inverno. Tutto ciò non influì minimamente sull'atteggiamento tedesco verso la Repubblica Sociale. Non a caso, in un colloquio avuto il 18 novembre con Anfuso, il quale rinnovava le proteste per le difficoltà poste dall'alleato al Governo fascista, Rahn rispose candidamente: «Voi non potete chiedere che l'eserGizio delle libere funzioni ciel Governo Repubblicano si manifesti attraverso un ordine perentorio ciel Governo del Reich ai suoi organi dipendenti in Italia. L'autorità ciel Governo proviene dall'influenza morale di cui esso può disporre sulle masse. Ora Mussolini è l'unico italiano vivente che possa ottenere qualcosa da.i suoi connazionali attraverso il fascino della sua parola. Con questo 'qualche cosa' mi riferisco anche all'autonomia del Governo Repubblicano. Ho pregato il Duce di parlare a Milano per la ricorrenza della mare.i.a su Roma. Egli mi ha risposto che non avrebbe parlato perché sentiva cli non aver niente da dire. Capisco il suo ritegno, ma in un momento come questo solo la sua apparizione, sia pure fugace, nelle piazze italiane, può ridare al popolo italiano la nozione di avere un Governo e di non essere abbandonato ( ... )» 1•

Il 13 dicembre Mussolini decise di tenere il suo primo discorso pubblico a Milano e addirittura accennò a trasferire il Governo dal Garda al capoluogo lombardo. Parlò il 16, al teatro Lirico. Si scagliò contro i tradimenti

1

Ibidem, p.721.


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LA COBELLIGERANZA

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dell'estate 1943 (del Re e di Badoglio) e quelli dell'estate 1944 (della Romania, della Finlandja e della Bulgaria). Vantò la collaborazione offerta dalla Repubblica Sociale al Reich , rappresentata da circa 800.000 uomini, fra soldati ed operai. Assicurò che nel 1945 la partecipazione della Repubblica alla guerra avrebbe avuto «maggiori sviluppi». Concluse con un appello retorico: «Noi vogliamo difendere con le unghie e con i denti la valle del Po; noi vogliamo che la valle del Po resti repubblicana in attesa che tutta l'Italia sia repubblicana( ... ). E' Milano che deve dare e darà agli uomini, le armi, la volontà e il segnale della riscossa» 1 . A quanto pare, Mussol ini si era convinto della reale, prossima disponibilità tedesche di una «nuova arma» risolutiva. «Si era talmente aggrappato alla speranza della invincibilità della Germania - ha ricordato Rahn che lui stesso, alla fine del 1944, cercò di. persuadermi dell'imminente impiego di armi miracolose, quando tentai, per un'ultima volta, di indurlo a far pressione su Hitler nel senso di una conclusione della guerra con mezzi politici» 2 .

4. }L C.L.N.A.I. Nel marzo 1944, con la fine dell'inverno e nella constatazione dei risultati i1Tisori ottenuti dai pochi reparti fascisti impiegati contro i <<ribelli», i tedeschi.decisero un ciclo operativo prima in Emilia contro piccoli gruppi di partigiani già individuati, e poi in Piemonte-Liguria, ove si paventava la possibilità di uno sbarco alleato. In Emilia le operazioni si conclusero rapidamente; in Piemonte si rivelarono più complesse rendendo necessaria una maggior sistematicità, cosicchè i rastrellamenti si estesero dalla Val d'Aosta alla valJe Scrivia, nell'Appennino ligure, nel periodo compreso tra il marzo ed i] maggio del 1944. La forza delle bande era aumentata a dismisura perché la chiamata alle armi delle classi 1924 e 1925 operata dal governo di Salò aveva provocato un sensibilissimo afflusso di renitenti al movimento partigiano. Le bande erano passate dalle poche diecine di uomini del gennaio a qualche centinaio in marzo ma il troppo rapido incremento rendeva inevitabile una certa facilità di sbandamenti delle «recJute». Uno dei problemi più importanti era quello disciplinare. Occorreva una propaganda politica senza mezze mi1

2

B. Mussolini, Opera omnia cit., XXXII, p.126 seg. R. Rahn, Ambasciatore di Hitler a Vichy ed a Salò cit., p.276.


IL RITORNO A ROMA

475

sure e la circolare diramata a fine marzo dal commissario politico delle formazioni Giustizia e Libertà nel Cuneese è eloquente: «l. Ficcare ben chiaro in testa ai pmiigiani che essi sono soldati di un esercito nuovo e rivoluzionario, l'Esercito di Liberazione Nazionale, il quale non si identifica, e nemmeno succede, come erede e continuatore, al vecchio esercito regio, così m:iseralmente falJjto. 2. Spiegare che cos'è il Comitato di Liberazione Nazionale; unico organo che dopo la fuga del re, dei suoi cortigiani e ministri, ha alzato la bandiera della resistenza attiva contro i nazisti ed i fascisti ed ha promosso, ispirato, sostenuto continuamente questa lotta. Si tratta, iI\ sostanza, del vero e autentico governo nazionale nell'Italia invasa , e solo da questo governo e non dal governo Badoglio, le formazioni partigiane possono ricevere ordini e direttive. 3 ..... . 4. cli conseguenza, evitare le solite e abusate note della retorica patriottarda ed insistere affinchè ogni nostro elemento si renda personalmente consapevole dei fini perseguiti con la lotta partigiana che mira ( .. .) alla distruzione radicale del nazismo e del fascismo in tutte le sue manifestazioni e comunque camuffato e travestito. Tenere presente a tale riguardo che il fascismo non si identifica soltanto con i ve1i gerarchi e squadristi( ... ), bensì anche con tutte le forze reazionarie e antiprogressiste che Io hanno tenuto a battesimo prima, sostenuto e incoraggiato ed alimentato poi, e che comunque hanno tratto più o meno profitto dal suo prevalere( ... )» 1.

Un altro problema, non meno assillante, era quello dell'armamento. A titolo di esempio, la situazione della 3A brigata Garibaldi, dislocata fra Voltaggio e Campomorone, sull'Appennino ligure, era la seguente: «.I O distaccamento: 25 armati su 30; solo due con più cli 20 anni; 2° distaccamento: 30 armati su 50; solo dieci anziani; 3° distaccamento: 70 armati su 80; quattro anziani; 4° distaccamento: 40 armati su 80; quattro anziani;

5° distaccamento: 25 armati su 60; cinque anziani; Intendenza alla Benedicta: 20 annati su 50; venticinque anziani» 2 .

Le perdite subite dai partigiani furono molto sensibili in val Varaita ed in val Casotto (fine marzo) ed alla Benedicta (aprile), ma nel complesso la Re-

1 2

Dante Livio Bianco, Guerra partigiana, Einaudi, Torino 1954, pp.62-63. G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana cit., p.256.


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/4.

sistenza piemontese soppo1tò l'urto senza eccessivi danni, salvo un periodo di riordino che arriverà all'estate. Un calcolo deJle forze partigiane a fine primavera 1944 è possibile solo in via approssimativa, anche per le difficoltà dei Comandi e dei Comitati militari di disporre di dati sicuri. I fattori che influivano negativamente sulla correttezza dei calcoli erano parecchi: carenza di collegamenti, esigenze di segretezza, fluttuazione degli effettivi, dichiarazioni superiori al reale fatte dalle bande per motivi di prestigio e di interesse personale o di partito 1 • Inoltre esistevano incidenze esterne: irastrellamenti fascisti e tedeschi provocavano perdite ma anche diserzioni; l'amnistia concessa dalla R.S.I. il 18 aprile, prima ai partigiani e poi estesa a renitenti e disertori, vide presentarsi 44 mila uomini delle tre categorie. Il raffronto fatto da Ilari 2 sulla base del censimento compiuto da Bocca al 30 aprile 13 .285, di cui 6 .200 garibaldini), di una Nota di Parri per Allen Dulles (11-13 .500 combattenti), di uno Specchio della forza nella primavera 1944 agli Atti del Comando Generale del Corpo volontari della libertà (33 mila partigiani) e di una situazione del Comando generale delle formazioni garibaldine alla data del 15 maggio (addirittura 100.620 partigiani) è eloquente . È bensì vero che anche le stime fatte dallo Stato Maggiore dell'Esercito repubblicano, secondo la <<situazione ribelli del 15 giugno», risultavano errate per eccesso, ma è più che comprensibile data l'obiettiva difficoltà di apprezzamento. L'aspetto più interessante è costituito dal commento fatto in quell'occasione dal ,vertice militare di Salò circa gli sviluppi dell'azione partigiana. Con evidente disagio venivano riscontrati «l'aumento continuo dell'efficienza dei ribelli», «l'estensione sempre maggiore delle zone d'azione», «l'accrescersi dell'intensità del]'attività dei ribelli» (nel mese di giugno risultavano effettuati 17 attacchi a depositi munizioni e 24 a caserme e posti militari, azioni in precedenza «del tutto eccezionali e sporadiche»), e la constatazione che «intere province come quelle della Venezia Giulia, di Aosta, Cuneo e Imperia, nonché di buona parte di quelle di Torino e Piacenza sono praticamente in balia dei ribelli, i quali spingono sempre più in profondità le loro incursioni nella pianura padana e minacciano le comunicazioni fra Italia e Germania». A completamento di questi dati di fatto, la

1

1114 novembre il Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà stigmatizzerà con una circolare il perdurante malvezzo: «È accaduto che formazioni di patrioti abbiano assunto denominazioni varie senza tener conto della forza. Per esempio alcune formazioni con forza di 50-60 uomini, si sono autocostituite in brigate» (Atti del Comando Generale C. V.L. cit., p.234). 2 V. Ila1i, Storia del servizio militare in Italia cit., V, pp .I OI -103.


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LE FORZE ARMATE DELLAR.S.I SECONDO L'O.K.W. nel settembre 1944 Regioni

Bocca, 30.4.1944 (Garib.) Combatt.

Nota Parri 8.5.1944

Specchio prim. '44

CdoG. Gar., 15.5.1944

Liguria Piemonte Lombardia Veneto-Friuli Emilia-Romagna Toscana Marche-Umbria Abrnzzi Lazio Totale

1.350 3.680 1.555 2.150 1.550 1.700 1.250 500 300 13.825

(1.000) (1.500) (550) (1.350) (500) (700) (600)

l.000-1.500 5.000 2-3.000 1.400-2.000 2.000

4.000 13.000 3.000 4.000 5.900

3.570 33.420 7.670 13.850 25.050 6.960 10.100

(-) (-)

-

(6.200)

11-13.500

' di cui 5.600 nella VeneziaEuganeae 16 milanella Venezia Giulia. '* circa 4 milauomini comple~ivarneole nell'Italia Centrale.

-

-

*~

33.000

S.M. Esercito RSI 15.5.44 15.6.44 7.000 J0.000 3.000 21.600*

14.200 25.000 5.000 21.600*

13.000

17.000

-

-

-

-

-

100.120


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«situazione ribelli de] 30 giugno» presentava un quadro obiettivo quanto sconsolante per la Repubblica Sociale: « La massa della popolazione segue con interesse e molta simpatia il movimento ri-

belle. I fattori che influiscono a determinare questo atteggiamento sono numerosi: I. avversione generale contro il fascismo, contro il quale si nutre sfiducia; 2. antipatia verso i tedeschi, per i quali però si nutre ancora timore, ammirazione, rispetto; 3. il desiderio che la guena fin isca al più presto in qualsiasi modo; 4. la chiamata delle classi 1921, 1922, 1926 che ha offerto campo ai ribelli di svolgere facile e proficua attività propagandistica; 5. la inefficacia delle operazioni di rastrellamento svolte finora in forma blanda con forze limitate; 6. alcuni abusi effettuati dalle forze dell'ordine durante le operazioni di rastrellamento, che hanno posto in cattiva luce le forze armate di polizia, aumentando 1'odio contro il governo, e offerto facile motivo alla propaganda avversaria; 7. mancanza di tutela delle popolazioni, specie di quel le vallate, da parte dell'autorità. 8. L' azione svolta dai tedeschi per il trasferimento dei macchinari delle industrie in altre località, ed il timore di essere trasportati in Germania, hanno provocato vari scioperi ed hanno indotto molti operai e la popolazione stessa ad appoggiare più o meno apertamente il movimento dei ribelli)) 1•

***

L'imminenza della liberazione di Roma faceva, molto ottimisticamente, vedere prossima la fine della guerra in Italia ed il C.L.N.A.I. decise di affrontare due problemi che le circostanze obiettive rendevano di urgente soluzione: la guida riconosciuta della Resistenza nell'Alta Italia ed il comando centralizzato delle forze partigiane. Entrambe si trascineranno sino quasi alla primavera del 1945 . Il 17 maggio la delegazione di Lugano comunicò al ministro d'Italia a Berna, Magistrati, la risoluzione de] C.L.N .A.I. di offrire assoluta collaborazione al Governo italiano. A tale fine il Comitato chiedeva poteri di rappresentanza ed aiuti adeguati 2 • In pari data, a parte, Magistrati trasmise una sintesi della predetta risoluzione: agire in assoluta sintonia con il nuovo 1

R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., pp.308-311.

2

Magistrati a Badoglio in data L7 .5.J.944, DDI, 10" serie, I, doc.226. Il dispaccio fu

ricevuto a Salerno, tramite l'A.C.C., il 23 maggio.


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Governo democratico del Sud, vista la necessità di una più intesa partecipazione degli italiani a]la guerra di liberazione contro i tedeschi 1• Badoglio rispose al primo messaggio che i] Governo contava «sulla piena collaborazione del Comitato e che era in corso l'esame delle possibilità pratiche per sollecito inoltro a destinazione aiuti necessari alla lotta armata>> 2 ; ed al secondo che «nulla sarà trascurato da parte nostra per portare loro [i patrioti] assistenza ed appoggio: ogni suggerimento al riguardo sarebbe opp01tuno e gradito» 3 . Ma il 19 maggio Magistrati, a seguito del dispaccio del 17, inoltrò una nuova richiesta del C.L.N.A.I. di un riconoscimento ufficiale da parte governativa 4 ed il 31 riferì che detto Comitato aveva sottolineato l' urgenza di «unà solenne dichiarazione che definisca il C.L.N.A.I. come autorità centrale per l'intera attività della Resistenza, sia politica che militare» 5 • Il Comitato di liberazione milanese, tenendo conto della lettera del Governo in data 31 gen naio, dava evidentemente per scontata una risposta affennativa, in attesa della quale perciò il 2 giugno si premurò di stabilire i compiti dei C.L.N. regionali e locali nel periodo critico intercorrente fra la ritirata tedesca e l'arrivo delle truppe alleate e italiane. I comitati, in breve, dovevano assumere d'iniziativa «in nome della Nazione e del Governo» la direzione della cosa pubblica e «assicurare in via provvisoria le prime urgenti misure di emergenza per quanto riguarda la prosecuzione della guerra di liberazione fino alla distruzione del nazifascismo, i provvedimenti di epurazioni contro i' fascisti repubblicani e gli agenti del nemico in generale, i servizi pubblici, la produzione, gli approvvigionamenti, i servizi amministrati vi, ecc.» 6 • Il giorno 6 Alexander incitò, con il suo primo messaggio, tutti «i patrioti d' Italia» ad «insorgere compatti contro il nemico» e ad ostacolare i11.ogni modo il ripiegamento tedesco verso il Nord. E rinnovò l'appello il 7 ed il 9 giugno 7 . Il 10 giugno, allora ,jl C.L.N.A.I. annunciò che assumeva «le funzioni ed i compiti di Comitato Centrale di

Magistrati a Badoglio in data L7.5 . L944, ibidem, cloc. 239 . Badoglio a Paulucci di Calboli, ambasciatore a Madrid per l'inoltro a Magistrati, ìn data 30.5. 1944, ibidem, doc. 239. 3 Badoglio a Pauluccì cli Calboli in data 3 .6.1944, ibidem, cloc . 242. 4 Magistrati a Badoglio in data 19.5 .1944, ibidem, doc. 229. 5 Magistrati a Badoglio ìn data 31.5 .1944, ibidem, doc.241 , ricevuto a Salerno il 13 giugno. 6 F. Catalano, Storia del C.L.N.A.l. cit. , p.175 . 7 P. Secchia e F. Frassati, La Resistenza e gli Alleati cit., pp. 111-1 12. 1

2


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.,.

Liberazione Nazionale per l'Italia ancora occupata» e quattro giorni più tardi esortò, con un proclama, gli italiani a tenersi pronti per l'insmrezione generale - la cui ora sarebbe stata comunicata a tempo debito - affinchè la liberazione non risultasse «u na benevola elargizione delle truppe alleate». Ne derivò una serie di decreti che il C.L.N.A.I. propose al Governo, riflettenti anche la 1iorganizzazione politico-sociale nell 'immediato dopogue1Ta: misure contro i traditori della Patria; disposizioni per l'intensificazione in tutti i campi della guerra di liberazione; risarcimento danni ai cittadini colpiti dalle rappresaglie tedesche e fasciste; misure per l'approvvigionamento delle città e fiscali; provvedimenti sociali ed economici per la difesa dei lavoratori 1 .

* ** In quell'estate le diffuse speranze/convinzioni che l'offensiva alleata in Italia potesse rapidamente arrivare aJla pianura padana contribuirono alla moltiplicazione delle bande e ad imprimere all'azione generale, anche se inevitabilmente episodica, carattere vivace e «spavaldamente offensivo 2 • L'organizzazione assunta dal C.L.N.A.I. vedeva dipendere da questo i C.L.N. regionali di Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia e Veneto. In analogia a tale organizzazione, dal Comando Generale del C.Y.L. dipendevano (teoricamente) i Comandi regionali di Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia e Veneto, i Comandi Zona dell'Ossola e della Valsesia ed il Comando Piazza di.Milano. Il Comando generale del C.V.L. calcolava di disporre complessivamente di circa 90 mila uomini di cui un terzo in Piemonte, il che peraltro presentava inconvenienti non da poco sotto vari profili. Anzitutto 1' incremento numerico, spesso per l'afflusso di giovani non ancora chiamati alle armi, rendeva indispensabili da parte dei capi una non facile, sia pur nùnima, selezione ed un certo tempo per l'amalgama e l'addestramento. Ma il problema di fondo era quello logistico. L'irregolarità e l'insufficienza dei rifornimenti lanciati dagli Alleati obbligavano a rivolgersi spesso alle popolazioni. Queste, essendo i partigiani per la maggior parte originari della zona, manifestava al momento viva solidarietà, tuttavia esistevano limiti 1

F. Catalano. Storia del C.L.N.A.!. ci.t., pp.177-184. In materia di tasse, spicca la proposta al Governo cli «considerare nuJli e non avvenuti i versamenti fatti al sedicente Governo della Repubblica italiana, che perciò dovranno essere ripetuti al Governo di liberazione nazionale»! 2 R. Cadorna, La riscossa cit., p.154.


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L.EC.E.NDA

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MAR E. A DRIA T I CO

(;. E: NO VA

(da E. Cecchini, Storia della guerriglia , Milano 1990)


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elementari. Le repressioni, le fucilazioni, gli incendi fatti da tedeschi o fascisti da un lato alimentavano l'odio della gente, ma dall'altro le vittime erano facilmente po1tate ad inveire contro il partigiano che, secondo la tattica della guerriglia , dopo lo scontro o di fronte al rastrellamento abbandonava alla rappresaglia il paese che lo aveva ospitato e vettovagliato. E, a questo proposito, si aggiunga che la carenza di generi alimentari induceva talvolta le bande a ricorrere a requisizioni o ad imporre contributi 1• L'ufficio operazioni del Comando generale del C.V.L. - composto essen.z ialmente da Longo, Parri e poi Cadorna - si riuniva a Milano due volte alla settimana ed in genere prendeva atto degli episodi verificatosi nelle varie regioni. «Più spesso - ricorda Cadoma- eravamo occupati a risolvere conflitti intestini che nascevano proporzionalmente al rapido incremento della partigianeria e alla saturazione dell'ambiente». Il Piemonte costituiva «il campo di battaglia principale» e le fonnazioni in esso operanti continuavano ad ostentare una certa autonomia nei riguardi del C.L.N .A.I. e del Comando generale. Sul piano dell'organizzazione militare, la struttura del Piemonte era senza dubbio la più efficiente, sia per la capacità del generale Trabucchi, sia per la disponibilità di numerosi ufficiali effettivi. La zona che con maggior frequenza fu sottoposta ad esami critici ed a spunti polemici fu quella delle Langhe. Vi era saldamente sistemato il maggiore Enrico Martini (Mauri) e nell'estate 1944 le sue formazioni, autonome e tra le migliori, controllavano un territorio assai vasto, con punte nell'Alessandrino, nel Monferrato ed anche in Liguria. Martini, il cui prestigio era ampiamente riconosciuto, si dichiarava semplicemente militare e apolitico, cosicchè «le Langhe costituirono una specie di scoglio impenetrabile all'influenza dei partiti, il che non poteva non dispiacere ai comunisti, allora in piena espansione». Egli, perciò, fu accusato di essere «reazionario, monarchico, fascista»: tutti i mezzi furono tentati per mirare la sua autorità e provocare secessioni fra i suoi uo1nini. Invano: tenne duro sino alla fine» 2 . La Liguria era quasi ·completamente occupata dai Garibaldini ed il Comando regionale fu assunto agli inizi dal generale Cesare Rossi e, dopo la

1

Ibidem, pp.150-151. Vali.ani annotò che i partigiani «già per conto loro si trovavano nell 'obbligo di procedere a requisizioni forzose presso gli abbienti. Persino nella nostra idilliaca Val Pellice tali procedimenti sono ora inderogabili e assumono carattere violento, giungono fino alla fucilazione di coloro che denunciano ai tedeschi le requisizioni subite. Ci vuole tutta l'autorità del C.L.N. per arginare le esplosioni di odio di classe che salgono da ogni parte( ... )» (L. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma cit., p.310). 2 R. Cadoma, La dscossa cit., p. 158.


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cattura e la fucilazione di questi, dal generale Enrico Martinengo. Il Comando dell'Emilia era retto dal comunista Ilio Barontini. In Romagna, nel Bolognese e nel Modenese le formazioni erano garibaldine; a Parma si trovavano molte bande democristiane e nel Piacentino azionisti ed autonomi. Il Comando regionale veneto non riuscì ad esplicare una spiccata azione di coordinamento per due motivi di fondo: la forte presenza tedesca apresidio delle comunicazioni con la Germania e la frequente cattura dei suoi membri. Nel Friuli e nella Venezia Giulia esisteva il grosso problema slavo e più esattamente de1la Resistenza Jugoslava, il cui motto era «Trst, Corica, Rijeka, sloboda vas éeka« (Trieste, Gorizia, Fiume, la libertà vi aspetta). «Longo - ricorda Cadoma -, che era spesso in altri argomenti ragionevole, in questo campo si mostrava intransigente. Secondo lui, gli slavi avevano tutte le ragioni, gli italiani tutti i torti, negando il barbaro comportamento tenuto nei confronti delle nostre truppe di occupazione e delle stesse popolazioni da quegli scomodi vicini, fossero essi travestiti da ustascia di Pavelié o da partigiani di Tito>> 1• Le formazioni del Friuli erano in parte garibaldine ed in patte autonome (le Osoppo) ma vicine alla democrazia cristiana. In Lombardia le bande di montagna (Fiamme Verdi,Garibaldi) riuscirono a tenere la Valtellina, la Val Camonica ed il Bergamasco mentre nella pianura acquistarono grande sviluppo le squadre d'azione patriottiche (S.A.P.). Le formazioni piemontesi della Val d'Ossola e della Val Sesia erano tenute alle dirette dipendenze del Comando generale, quali unità di manovra per concorrere, a tempo debito, ala liberazione di Milano. Molto probabilmente esisteva anche un motivo politico:la Val Sesia era controIIata dai garibaldini di Moscatelli, uno dei capi più abili, che tendeva ad espandersi anche nella Val d'Ossola, quindi entrare in Milano, la capitale della Resistenza, con le bande comuniste costituiva elemento a favore dell'immagine del partito 2 • Un cenno particolare merita l'Organizzazione Franchi. Era stata creata dal tenente Edgardo Sogno e ben presto sviluppata nell'intera Italia settentrionale, con la base a Milano ed un proprio rappresentante presso ogni Comando militare regionale. Essa operò in modo eccellente e con il pieno appoggio degli Alleati con «una costante azione di collegamento, di conci-

In proposito vds. Edmond Paris, Genocidio nella Croazia satellite 1941-1845, club degli editori, Milano 1976. 2 R. Cadoma, La riscossa cit., pp.155-160. 1


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liazione, di mediazione fra la Resistenza, gli Alleati ed il Sud», limitandosi strettamente al campo della collaborazione militare 1• La lotta partigiana nell'estate 1944 presentò due differenti aspetti: l'uno a sud della Linea Gotica, l'altro a nord. Nell'Italia centrale la Resistenza operò cercando di creare difficoltà alla ritirata tedesca, ma il fatto di maggior rilievo fu la liberazione di Firenze. Il 21 luglio il C.L.N. fiorentino, respinti i tentativi di compromesso dei tedeschi, che assicuravano il rispetto di Firenze «città aperta» contro il ritiro indisturbato dalla linea clell' Arno, deliberò cli organizzare l'insurrezione da scatenare al momento opportuno. La notte sul 4 agosto il nemico fece saltare tutti i ponti sull'Arno, tranne il Ponte Vecchio, mentre il grosso delle unità germaniche lasciava la città. Il mattino di quel giorno le avanguardie del XIII corpo britannico entravano nei rioni d'Oltramo, Durante la notte sul I' 11 agosto la retroguardia tedesca ripiegava oltre la periferia nord del1a città, dove rimase per altri dieci giorni a battersi. Alle 6 il Comitato di liberazione aveva dato il via all'insurrezione e poco dopo assumeva i poteri di governo provvisorio per delega del <<governo democratico dell'Italia libera», mentre scontri sporadici avevano luogo nell'abitato contro i nuclei fascis ti, In queste circostanze si verificarono due episodi significativi. Il primo: raggiunto l'Arno gli inglesi avevano intimato il disarmo alle formazioni partigiane a sud del fiume, ma, trovatisi di fronte ad un netto rifiuto , consentircm9 ai partigiani la prosecuzione della battaglia per la liberazione di Firenze. Il secondo: il sindaco Pieracini , designato dal C.L.N., entrò in carica il mattino dell' 11 agosto a Palazzo Vecchio cosicchè quando, due giorni dopo, il Comando del XIII corpo entrò in città, l'assetto dell'amministrazione cittadina era in corso di riorganizzazione a cura di persone nominate dal Comitato. Avendo l'A.M.G. manifestato il proposito cli sostituire il Pieracinj con un candidato di propria scelta, .il Comitato regionale avvertì che «una revoca di Pieracini dal suo incarico potrebbe diminuire la popolarità degli Alleati». Allora il commissario britannico dichiarò <<l'intenzione di lavorare a fianco del locale C.L.N.» visto «l 'eccellente lavoro svolto dai membri del Comitato» 2 . E il «Times» del 25 ottobre commentò: Firenze è stata il teatro di un esperimento spontaneo cli auto-governo che può avere importanza considerevole per determinare quale sarà il sistema politico che in definitiva

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E. Sogno, Guerra senza bandiera cit., p.389. R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., pp.337-338.


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prenderà il posto del fascismo. Firenze è stata la prima città in cui il C.L.N . si era già insediato prima che giungessero gli Alleati( ... )» 1 •

NeH'Italia settentrionale, invece, la lotta partigiana si indirizzò verso la costituzione delle «zone libere». Sino allora le bande si erano limitate al controllo di un tratto di valle o di una zona relativamente isolata e quindi non interferente con i movimenti tedeschi e fascisti,trovandovi appoggio o rifugio per la preparazione delle loro puntate aggressive. Ma in quell'estate la «prospettiva insun-ezionale ( ... )divenne una cosa molto concreta, anche se non si realizzerà» 2 • Adesso, dunque, non soltanto si punterà all'occupazione cl.i intere vallate, ma si tenderà a creare «zone libere». E, a tal riguardo , le direttive diramate il 5 giugno dalla direzione del partito comunista a Roma indicarono come obiettivi «una zona che vada dalla valle del Po sino a Genova e ad Imperia, una seconda zona che sia compresa fra Genova-La Spezia e Parma-Piacenza, una terza che faccia centro sulla Val d'Aosta e raggiunga la valle di Susa come la Val Sesia». Una volta conseguita la liberazione di queste zone, «è inutile perdersi in discussioni sui rapporti formali degli organismi di potere popo-

lare con il governo di unità naz ionale e con i C.L.N .. L' importante è di creare in ogni paese, non appena cacciati i nazifascisti, degli organismi di potere popolare che siano emanazione diretta delle m?sse in lotta e delle loro organizzazioni (le unità partigiane, comitati contadini , comitati di agitazione di fabbrica, fronte della gioventt1, gruppi di difesa della donna)» 3 •

Bisogna ammettere che l'ottimismo era veramente eccessivo in tema di reale forza della Resistenza annata. Una circolare del C.Y.L. di fine giugno ammonì che «l'oc.cupazione dei paesi non è fine a se stessa. Non si occupa per aspettare poi il rastrellamento nemico. TI territo1io occupato deve essere considerato come una base dalla quale devono incessantemente partire le squadre per colpire il nemico. L'occupazione di paesi e vallate deve garantirci una più vasta possibilità di mobilitazione e di istruzione di nuove forze, che devono però essere impiegate oltre i ristretti Ji.r.niti del territorio della vallata. Nell'azione continua si prepara l'occupazione di maggiori centri cittadini e di più vaste zone» 4 •

G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana cit., p.318. P. Spriano, Storia del partito cornunista italiano cit., V, p.362. 3 Ibidem, pp.371 -372. 4 R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., p.373 . 1

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Rendendosi conto che, una volta istallatosi in una «zona libera» con apprestamenti difensivi, quartieri e depositi, ben difficilmente un complesso partigiano poteva agire con la desiderata massima mobilità, il C.V.L. prescrisse di articolare la forza partigiana in due aliquote: l'una per presidiare la zona e le basi controllate, l'altra quale unità di manovra per azioni a maggior raggio 1• Come prevedibile, la direttiva si dimostrò inapplicabile: ali' atto pratico le unità disponibili risultavano sempre tutte impegnate per il presidio della zona libera. La prima «zona libera» -della quindicina che sorsero -fu la «repubblica di Montefiorino». Da questa località, nella seconda metà di giugno ]a divisione garibaldina Modena aveva progressivamente esteso la padronanza nel Frignano, sull'Appennino modenese, tra le strade statali 12 (Lucca-Modena) e 63 (Spezia-Reggio EmjJia). Raggiunta da una missione inglese con a capo il maggiore Johnston, venne ben presto rifornita di armi, munizioni e materiali vari con frequenza quasi quotidiana, giacchè da parte alleata si riteneva possibile creare e conservare alle spalle della Linea Gotica un complesso di forze utilissimo all'atto delroffensiva finale.A tale scopo, la notte sul 26 luglio alla missione inglese si unì un nucleo di collegamento incadcato di predisporre gatterraggio del 185° battaglione paracadutisti Nembo (circa 500 uomini), già approntato a cura della Special Force n.l. Nell'ordine d'operazione per l'operazione Albergo, consegnato al comandante del reparto, la situazione era valutata in questi termini: «Solo con armi leggere a loro disposizione i patrioti sono stati in grado di impedire vaste zone al nemico. Con l'aumento delle potenza di fuoco e con l'addestramento delle truppe del 185° btg. sarà possibile estendere le zone controllate dai patrioti e prendere possesso delle strade principali oltre che dei valichi montani». Il battaglione doveva «sostenere l'attività dei patrioti organizzati dal maggiore X [il capo missione inglese]», alle cui dipendenze il battaglione era posto. Per il momento si trattava di causare al nemico il massimo disturbo possibile nella zona a nordest di La Spezia; una volta iniziata l'offensiva alleata sarebbero state impartite successive istruzioni intese ad «impedire la ritirata nemica sulle strade che da Pistoia e Lucca vanno verso nord», oppure, se ciò si riscontrasse inattuabile, «affrettare la ritirata del nemico in modo che ad essa sia impossibile portare a termine il suo completo programma di distruzione». Le forze partigiane in posto erano calcolate pari a circa 5 mila uomini; quelle avversarie a nord-est di La Spezia si aggiravano sui 12 mila tedeschi

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Ibidem, pp.373-374.


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e 2 mila fascisti.L'aviolancio del battaglione del Nembo era previsto per la notte sul 2 agosto nella zona di Frassinoro nel Frignano. Nel frattempo, però, il Comando tedesco, considerando la consistenza del pericoloso complesso partigiano nella retrovie della difesa appenninica e, soprattutto, informato da indiscrezioni sul previsto lancio di paracadutisti, decise di intervenire subito per eliminare il bubbone ed all'alba del 30 agosto ebbe inizio un grosso rastrellamento (circa 20 mila uomini) con azioni convergenti su Montefiorino. Tenuto conto delle dimensioni dell'operazione tedesca e della necessità dei partigiani di sganciarsi, il ca.po missione propose alla Special Force il rinvio di Albergo a momento più opportun9 1 • Entro il 3 agosto cessò ogni resistenza, tuttavia il grosso delle formazioni partigiane riuscì a sottrarsi all'annientamento o alla cattura. I casi del «governo provvisorio dell'Ossola>> e del «libero governo della Carnia» ebbero caratteristiche diverse. TI primo (10 settembre-23 ottobre) derivò da un improvviso fattore favorevole, vale a dire la liberazione di Domodossola dal presidio tedesco ad opera di un riuscito colpo di mano partigiano e l'imprevisto abbandono della valle da parte fascista, talchè con personalità politiche provenienti dalla Svizzera venne costituita una «giunta provvisoria di governo». Il secondo (26 settembre-7 dicembre), invece, fu conseguente alla decisione del C.L.N. locale di assumere temporaneamente le funzioni governative 2 • Il governo dell'Ossola si trovò subito in polemica con il C.L.N.A.L, che ne criticò la costituzione perché avvenuta senza preavviso al Comitato ed al Comando generale e senza un accordo con gli Alleati, e soprattutto i rapporti stabiliti direttamente con Lugano, e risentì dell'antagonismo fra garibaldini (Moscatelli) ed autonomi (Di Dio). Per giunta incontrò la disapprovazione inglese: «( ... ) la posizione dei partigiani era tatticamente senza speranza fin dall'inizio per la sproporzione numerica e nulla avrebbe potuto salvare la situazione all'infuori di una massiccia operazione aerea, il cui buon esito era in se stesso dubbio» 3 . Inoltre, come McCaffery spiegò ai delegati del C.L.N.A.l., «nel mese di settembre l'intero potenziale alleato in aviorifornimenti [era] stato assorbito dai soccorsi a Varsavia, dove

1 Relazione Messe cit., pp.143-144 e 176-182. Cfr. E. Sogno, Guerra senza bandiera cit., p.278. 2 R. Battaglia, Storia della Resistenza cit., pp.408-413. 3 R. Cadoma, La riscossa cit., pp.161-164. Partisan Resistence (l Domodossola: An Appreciation, 10.11.1944 cit. in M.de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp.256-257.


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un'altissima percentuale di aerei addetti a questo servizio [erano] andati perduti», mentre in ottobre le avverse condizioni atmosferiche avevano impedito l'ìnvìo della notevole quantità di materiali già approntati per l'Ossola 1• Le due «repubbliche» caddero nell'autunno, quando Kesselring, cogliendo il momento di pausa operativa alleata, ordinò a Wolff una «settimana di lotta>> per stroncare qualsiasi velleità partigiana. La «settimana» in realtà fu il prologo di una repressione autunnale in Alta Italia. Kesselring fu drastico: «Come prima misura io ordino l'attuazione di una settimana di lotta contro le bande clall '8 al 14 ottobre 1944 ( ... ). Per queste operazioni sono da impiegare, oltre ai repa1t i di lotta antibancle ciel capo supremo delle SS e della polizia ì_n Italia, anche tutte le riserve tattiche che si trovano nella zona, una aliquota( ... ) di reparti scuola( ... ). Entro il 17 ottobre l'esercito e il capo supremo delle SS e della polizia dovranno riferire sulla esecuzione e sulle esperienze acquistate. Le bande dispongono cli un eccellente servizio di informazioni; nella maggior parte dei casi sono sostenute dalla popolazione e tenute al corrente su tutti gli spostamenti ed i preparativi delle truppe tedesche. Tutti i preparativi dovranno perciò essere «mascherati» come esercitazioni cli allarme o alcunché dì simile, mentre 1e azioni effettive sono da comunicare ai comandanti nei limiti assolutamente necessari ed all'ultimo momento. Nessuna comunicazione deve essere trasmessa alle truppe. Per quanto riguarda i comandanti di truppe italiane, possono essere messi a conoscenza solo gli elementi considerati di tutta fiducia( ... ). La «settimana cli lotta contro le bande» dovrà dimostrare alle bande in modo assolutamente chiaro l'entità della nostra potenza ( ... ) ed essere condotta con la massima asprezza in conformità alle mie direttive»2 •

Le azioni di rastrellamento investirono particolarmente il Veneto (Carnia, Prealpi Venete, Friuli), il Piemonte (Ossola, Langhe, Monferrato), l'Emilia (il Bolognese ed il Piacentino), l'Oltrepo pavese. *** In tema di condotta di resistenza armata, l'esigenza di un controllo delle formazioni e di un impiego accentrato era ormai riconosciuta da tutti. Al riguardo, contribuì non poco la «svolta di Salerno» operata da Togliatti. Non

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Ibidem , p.257. G . Bocca, Storia dell'Italia parligiana cit., p.438.


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a caso, in una serie di articoli, Longo aveva subito affermato che all'unificazione delle forze nazionali realizzata dal nuovo Governo democratico nell'Italia liberata doveva corrispondere un'analoga unificazione «di tutte le correnti politiche e di tutte le formazioni annate nell'Italia occupata». E, per rendere meglio il suo pensiero, aveva ordinato alle bande ga1ibaldine di prendere contatto «con le altre unità partigiane, quale che sia l'orientamento politico in esse prevalente( ... ) al·fine di coordinare sul terreno operativo le rispettive attività e tendere ad unificare organicamente le forze, sia sul piano locale che regionale, in attesa che sia risolto il problema di un effettivo comando unico delle formazioni partigiane, sotto l'alta direzione del Goverpo di unità nazionale» 1• Si trattava cli un problema che, per quanto essenzialmente tecnico, si presentava come molto delicato in quanto su lla sua soluzione alcuni partiti :i ntendevano far prevalere il rispettivo tornaconto politico. Pizzoni rilevò, senza mezzi termini, la difficoltà che incontrò nel trovare un 'efficacia intesa, ai fini della lotta in atto, fra gli esponenti dei vari partiti nel C.L.N.A.I., i cui scopi ed i cui caratteri venivano frequentemente in contrasto. «Come poteva concepirsi - ricordò - un vero affiatamento tra uomini, ad esempio come Ferruccio Parri, sempre chiuso, tenebroso e malfidente, Luigi Longo, deciso solo a raggiungere i suoi fini rivoluzionari e internazionali di partito, e Sandro Pettini invasato di un socialismo, nel nostro paese disorganizzato( ...), praticamente inesistente, e, per di più, preoccupato della situazione personale nel partito e della inefficienza di questo di fronte alla stmpre più organizzata marea comunista. E il Partito d'azione, allora così forte e deciso a combattere, che non aveva un vero programma politico e ondeggiava tra concezioni liberalistiche, diciamo così , di sinistra e vaghi desideri di sopravanzare in riforme sociali, pur mal definite, i più accesi estremismi?» 2 . Mentre, dunque, la grande stagione della Resistenza stava affermandosi nelle vallate alpine ed appenniniche con forze raddoppiate, il 19 giugno, con una nuova deliberazione, il C.L.N .A.I. ratificò la decisione presa il giorno 9 di costituire il Corpo Volontari della libertà. L'evoluzione del Comitato militare Alta Italia in «Comando Generale del Corpo Volontari de]la Libertà>> non comportò tuttavia la designazione d:i un comandante, bens1 di un unico organo collegiale: il fermissimo proposito dei partiti di sinistra di evitare che la direzione della guerra partigiana finisse nelle mani di una

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F. Catalano, Storia del C.L.N.A.l. cit., p.164. A. Pizzoni, Alla guida del C .L.N.A .I. cit., p.288.


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sola persona condusse il C.L.N .A.I. ad optare per un «consigliere militare», incarico ben circoscritto. L'esercizio dell' azione di comando fu quindi così formulato: «Il Comitato militare si trasforma in Comando Militare·per l'Alta Italia, aggregandosi un elemento tecnico quale consigliere militare. Tu{tc le deliberaz ioni dovranno essere prese collegialmente, a parità di voto (6 membri=6 voti, in caso d i parità rimettere la dec isione al C.L.N .A.I.)( ... )».

Dal Comando generale dovevano dipendere i costituendi Comandi regionali e da questi i Comandi locali. Le funzioni normali in un Comando di grande unità erano affidate ai cinque membri politici 1 • Da tener presente l' importanza dell'esecutivo militare anche nei riguardi del C.L.N.A.l., in quanto Longo e Pan-i, esponenti di primissimo piano dei partiti maggiormente impegnati nella lotta antifascista e antitedesca, facevano parte di entrambi gli organi. Le prime direttive del Comando generale toccarono essenzialmente due punti: l'assetto organizzativo ed il fine ultimo, l'insurrezione nazionale . Così furono espresse: «Il Comando Generale per l'Italia occupata, pur non presumendo di dirigere le azioni delle varie unità, neU'autonomia e nell'iniziativa delle quali riconosce un elemento di quella rnpidità e agilità che devono caratterizzare l'azione partigiana, farà opera però affinchè le singole azioni siano sempre più dirette verso un movime nto d 'insieme, organizzato secondo i miglio1i criteri dettati dall'esperienza. Farà avere a questo proposito a tutti i Comitati e Comandi dipendenti delle istruzioni soprattutto per quanto riguarda la preparazione organizzativa tecnica della insurrezione nazionale( ... ). Il Comando Generale per l'Italia occupata curerà, d 'accordo con i Comitati di liberazione nazionale delle rispettive regioni, perché si addivenga nel più breve tempo possibile alla costituzione di Comandi regionali, militarmente efficienti, in stretto contatto con le formazioni di base e con questo Comando Generali ( .. .)» 2 •

11 25 giugno, a Roma, un ufficiale del Comando Supremo consegnò al generale Cadoma un messaggio radio proveniente da un agente operante in Alta Italia: «Comitato di Liberazione Alta Italia chiese l'assegnazione, in

1 Atti del Comando Generale C.V.L. cit., pp.1 -2. l membri politici erano allora Longo (comunista), Parri (azionista), Mosna (socialista), Mattei (democristiano) e Argenton (liberale). 2 Atti del Comando Generale C.V.L. cit.,


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veste di consigliere militare, del generale Cadoma, il quale gode sua piena fiducia» 1• L'ufficiale aggiunse che gli Alleati ed il Comando Supremo avevano dato il loro assenso. Cadoma comunicò la propria disponibilità e la Special Force n.1 si incaricò di orientarlo sulJa situazione e di paracadutarlo in Lombardia. Le direttive impartite dal Comando alleato del Mediterraneo e dal Comando Supremo erano in sintesi le seguenti: «- carattere fondamentale della missione: l'apoliticità. Relazioni con i partiti ispirate

al concetto di utilizzare, senza distinzione di parte, tutte le forze disponibili nella lotta contro il tedesco; - dipendenza diretta dai Quartier Generali alleato e italiano, che si riservavano via via di impartire eventuali direttive su questioni relative all'organizzazione ed all'impiego delle formazioni di patrioti; - utilizzare le formazioni già esistenti, lasciando inalterata, di norma, la loro costituzione e la loro fisionomia; - tendere al perfezionamento delle organizzazioni in posto dando ai loro capi consigli sulla migliore utilizzazione delle forze e suggerendo gli obiettivi più convenienti in relazione alla situazione contingente; - coordinare, quando possibile, l'attività delle formazioni ( ... ) allo scopo di convogliare lo sforzo verso un unico fine; - rappresentare ai Comandi italiani e alleati le possibiUtà delle varie organizzazioni nel campo operativo, i mezzi necessari (. ..), il tempo minimo di preavviso per l'attuazione dei piani prospettati; - mettersi in condizione di far tradurre in atto dalle organizzazioni, al momento opportuno, eventuali ordini operativi emanati dal Comando alleato e italiano per azioni combinate con le armi alleate; - collegamento r.t. diretto tra missione e Comando alleato italiano. Collegamenti r.t. in atto fra Comando alleato italiano ed elementi periferici del fronte di liberazione( ...) immutati» 2 •

Anche il capo della Special Force, comandante Holdsworth, domandò a Cadoma se gradiva la missione, però in termini diametralmente opposti a quelli del messaggio radio: gli chiese se accettava l'incarico di «assumere il comando della guerra partigiana in Alta Italia, in collaborazione con il C.L.N .A.I.». E formulò altresì r auspicio che i partigiani occupassero

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R. Cadoma, La riscossa cit., p.113. Relazione Messe cit., pp.32-33.


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un'ampia vallata , Va1 d'Aosta o Va1 d'Ossola, per aviolanci di truppe erifornimenti 1• L'atteggiamento della Special Force nei confronti della Resistenza in Italia si manifestò con molta franchezza. Essa tenne, in premessa, a spiegare la disparità dei rifornimenti nelle zone dell'Alta Italia.Tra le varie ragioni, la decisiva era la priorità attribuita da Alexander a talune zone considerate, al momento, della massima importanza in relazione alle operazioni alleate. Comunque la Special Force si riservava di indicare la successione delle zone di lancio. Però il punto fondamentale era un altro: «Si dichiara qui con insistenza che, purchè ogni organizzazione in Alta Ital ia si cliniostri capace e pronta ad effettuare operazioni offensive contro i tedeschi, il colore politico di tale organizzazione non ci interessa. Viceversa si dichiara con uguale insistenza che, dove le tendenze politiche interferiscono con l'organizzazione e coi piani di operazione che fonnano una parte integrale dell'avanzata alleata in Italia, l'aiuto non verrà fornito da questo Q.G .».

E si precisava che nelle zone di volta in volta liberate «tutte le armi e tutto il materiale spediti dagli alleati ai gruppi di resistenza dovevano essere subito riconsegnati 2 • L' 11 agosto , a Bari, prima di partire in aereo per il Nord, Cadorna ricevette le istruzioni finali dal Comando Forze Alleate in Italia, con un cortese biglietto di Alexander. Una volta atterrato, doveva stabilirsi in val Camonica, occupata dalle Fiamme Verdi lombarde del generale Masini, e prendere contatto con il Comitato milanese. Cadorna si era reso ben conto che la prima preoccupazione aIIeata era costituita dal timore di dannose interferenze politiche sull'azione militare: questa, pensò , «era la (vera) ·ragione della mia missione» 3 • Il 12 agosto fu paracadutato in val Camonica, nei giorni seguenti si trasferì a Milano e si recò da Pizzoni, il quale il 26 lo presentò al Comitato di liberazione, ove fu subito invitato a studiare la situazione e poi riferirne in una successione riunione. Sembra, tuttavia che questo primo incontro sia avvenuto in un clima di generale perplessità. Si rilevò che il Cadorna era giunto senza istruzioni formali da parte del generale Wilson, «l'unica autorità alla quale il Comi-

R. Cadorna, La riscossa cit., pp.113-US. P. Secchia e F. Frassati, La Resistenza e gli alleati cit., pp .125-127 . 3 R. Cadorna, la riscossa cit., p.119. La Special Force aveva citato casi di «interferenze politiche in piani militari successe molto spesso nell'Italia centrale e nelle Marche» rendendo vani piani studiati da tempo. 1

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tato avrebbe obbedito in argomenti militari» e privo di un qualsiasi documento ufficiale del Governo italiano, «l'autorità del quale era peraltro allora poco sentita da noi». La proposta di Pizzoni di affidargli il comando delle forze del Corpo Volontari della Libertà «fu bocciata, senza neanche prenderla in formale considerazione» e «iniziò allora una interminabile incresciosa discussione, nella quale Longo e Parri tendevano a mantenere individualmente una preminenza a scapito dell'autorità di Cadoma» 1 • La questione si era fatta, intanto, più complessa. Da un lato il C.L.N .A.I. era consapevole dell'importanza di acquisire anche il riconoscimento alleato del le sue funzioni durante 1'occupazione tedesca e soprattutto all 'atto della liberazione. Gli aspetti che desiderava definire con esattezza riguardavano l'investitura ufficiale del C.L.N.A J ., il riconoscimento del C.V.L. quale eserc ito regolare, la pianificaz ione del finanziamento e dei rifornimenti, le nomine delle cariche politiche ed amministrative locali al momento della ritirata tedesca. Dall'altro lato, gli Alleati avevano preso a considerare con maggiore attenzione lo sviluppo del movimento partigiano alla luce delle prevedibili implicazioni politiche. Nell'Italia centrale si trattava del ruolo da assegnare ai C .L.N. nelle regioni liberate nel corso dell 'avanzata e del trattamento dariservare ai partigiani in queste zone. Per l'Italia settentrionale occorreva tener presente la possibiJità, dopo la rottura della Linea Gotica, di una repentina iitirata tedesca verso le Prealpj venete e l'Adige; in tal caso bjsognava concordare con il C.L.N.A J . un ordinato interregno tra la partenza dei tedeschi e J' arrivo degli anglo-americani. A questo proposito non si sottovalutava l'esjsteoza di un pericolo comunista come «rischio di una imposizione extra-legale di un regime assai spostato a sinistra o semplicemente di un'influenza eccessiva, rispetto al Joro [= dei comunisti] seguito popolare» 2 . La questione dell'interregno era stata presa in esame anche dal C.L.N.A.l. ai f'inj dell'attribuzione delle cariche pubbliche in tal periodo. «L'argomento - ricordò Pizzoni - ci occupò per varie sedute, lunghe, faticose e non sempre edificanti». Il Comitato si riservò le nomine a livello regionale , quindi per Milano, Torino, Genova, Bologna e Venezia; le regioni avrebbero provveduto per le province e queste per i comuni . «Dato che i partiti interessati era cinque, ci soffermammo sulJe seguenti cariche: prefetto , sindaco, questore, presidente del Comitato economico regionale». Se

A. Pizzonì, Alla guida del C.L.N.A.!. cìt., pp . 256-286. Secondo Longo, Cadorna fu «inviato dagli Alleati nel Nord con il preciso compito di controllare e contenere il movimento partigiano>> (Lettera in «M.L.L», 30, maggio 1954, p. 46). 2 M. de Leonardis , La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in ltatia cit., p. 276. 1


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per Milano non fu difficile giungere ad un accordo, per gli altri centri regionali le discussioni «si protrassero penosamente». Fu «un serrato mercanteggiare continuo; un far questione di prestigio per il proprio partito in ogni momento» 1• Ad ogni modo, l' 11 agosto sir Noel Charles, nel trasmettere al Foreign Office un rapporto sulla Resistenza italiana, sollecitava la «massima vigilanza da parte degli alleati» in quanto riteneva non si potesse trascurare l'eventualità che «i patrioti venissero trasformati in eserciti privati dei partiti politici» e che il periodo intercorrente fra la sconfitta tedesca e l 'elezione dell'assemblea costituente avrebbe offerto agli «elementi anarchici e rivoluzionari l'opportunità più favorevole» 2 • Così, il 31 agosto, il Comando alleato del Mediterraneo e l' A.C.C. in due riunioni tenute a Roma riconobbero che il C.L.N.A.I. «era la sola organizzazione esistente nel Nord Italia» e, ritenendo che «i vari partiti politici prestassero obbedienza al Comitato di Liberazione Nazionale e che questo fosse riconosciuto dal governo italiano come suo rappresentante nel Nord» (convinzione, questa, assolutamente inesatta), conclusero che detto Comitato «dovesse essere appoggiato dalla Commissione di Controllo Alleata e che ci si dovesse assicurare la loro collaborazione nel difficile periodo fra il ritiro dei tedeschi e l'arrivo degli alleati ( ... ).Vi fu accordo generale che nelle fasi iniziali si dovesse fare pieno uso del Comitato di Liberazione Nazionale per mantenere la legge e 1'ordine» 3 • La Special Faree n. 1 fu perciò incaricata di approntare apposite missioni da paracadutare nell'Italia settentrionale a tempo debito e far loro prendere contatto con i C.L.N. locali per assicurare l'ordine nelle zone appena liberate; inquadrare se e dove necessario, i patrioti in temporanei reparti di polizia per proteggere la popolazione civile; predisporre e dare inizio al ritiro delle armi delle formazioni partigiane; controllare l'azione dei gruppi di patrioti periferici per evitare atti contrari alla legge; assolvere particolare incarichi suggeriti dalla situazione contingente 4 • Da notare che gli Alleati intendevano seriamente appoggiare il C.L.N.A.I., a loro avviso «la più forte influenza unificante nel Nord» come si espresse il Psycological Wa,jare Branch- ma nel tempo stesso ri1 2

A. Pizzoni, Alla guida del C.L.N A.I. cit., pp. 281-282. M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., p. 277,

n. 3. 3 4

Ibidem, p. 278. Relazione Messe cit., p. 94.


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tennero appropriato, in sede di propaganda, «minimizzare molto gradualmente>> le attività partigiane e, per contro, dar maggior risalto alle operazioni del R. Esercito. Questo, avendo riscontrato che «la pubblicità data ai patrioti era impercettibilmente cresciuta fino ad essere sproporzionata allo sforzo bellico in Italia non solo degli Alleati, ma anche dell'esercito italiano>> e che taluni elementi «avevano già in una certa misura tratto vantaggi politici dalle attività dei patrioti, usando come loro base la propaganda alleata». E il P.W.B. non adoperò mezzi termini per spiegare l'opportunità di ridimensionare l'apporto partigiano: assoluta dipendenza dei rifornimenti alleati, impossibilità di sostenere vere battaglie, incapacità di conservare a lungo jl dominio di vaste zone, motivazioni discutibili per molti partigiani (intento di sottrarsi al lavoro coatto in Germania e renitenza alla leva fascista, piuttosto che amore per la causa alleata) 1. Tuttavia l'insistenza con la quale in quell'estate il C .L.N.A.I. chiedeva rifornimenti e sovvenzioni giunse a sfiorare una seria crisi se non proprio di ròttura di rapporti. Avendo saputo che Parri aveva in animo di presentare un documento formale di lagnanza per la cattiva volontà degli Alleati in tema di rifornimenti, il 16 agosto McCaffery gli indiriiiò una durissima lettera: «Non ricevete abbastanza armì! Lo so. Anche nella Francia, nel Belgio, nella Polonia, nella Grecia, nella Jugoslavia, nell'Olanda, nella Darnimarca, nella Norvegia, nella Cecoslovacchia, non hanno mai avuto abbastanza armi. Ma da nessuna parte in un periodo di quattro anni ho avuto più lamentele che da Voì. E nessun altro ba maì sognato di parlare di mire macchiavelliche da parte nostra. lo nei riguardi dell'Italia, come Le ho detto altre volte, ho sempre agito da amico. · Adesso parlo da amico, ma non per questo, anzi precisamente per questo, devo .parlare chiaro: l'ltaLia ha subito il fascismo. Va bene. L'Italia è entrata in guerra contro cli noi. Va bene. Malgrado tutta la buona volontà di Lei e dei suoi amici sappiamo benjssimo quanto ci è costato in uomini, in materiale ed in sforzi quell'entrata ìn guerra dell'ltaLia. A causa delle nostre operazioni difficilissime, ma riuscite, siete stati in grado di avere un colpo di Stato. Che non sia andato bene è dovuto in gran parte alla mancanza di preparazione e dalla mancanza di reciproca fiducia che c'era fra gli elementi favorevoli laggiù. Chì scrive ne sa qualcosa. Adesso avete avuto la possibilità di ritrovarVi e di finire accanto a quelli a cui l'Italia ha causato così gravi danni. Nessuno più lieto di noi di questa possibilità; nessuno più

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Direclive on ltalian Patriots in data 14.10.1944 in M. de Leonardìs, La Gran Breta-

gna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp. 281-282.

..,.


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pronto ad aiutarVi. Ma, diamine, non pretenderete Voi adesso cli dirigere le operazioni militari invece di Eisenhower o di Alexander. Molto tempo fa ho detto che il più grande contributo militare che potevate portare alla causa alleata era il sabotaggio continuo, diffuso, su vasta s_cala. Avete voluto delle bande. Ho appoggiato questo Vostro desiderio perché riconoscevo il valore morale di esso per l'Italia. Le bande hanno lavorato bene. Lo sappiamo. Ma avete voluto fare degli eserciti. Chi Vi ha chiesto di fare così? Non noi. L'avete fatto per ragioni politiche. E precisamente per ri-integrare 1'Italia. Nessuno Vi darà colpa per questa Vostra idea. Ma non date nessun torto ai nostri generali se lavorano almeno essenzialmente con c1ìteri militari. E soprattutto non tentate di addossare a noi degli scopi politici perché questi criteri militari non si conformano in pieno agli scopi politici Vostri. Non voglio dire di più . Un'ultima parola di consiglio. Avete degli amici . Non cercate proprio di perderli» 1•

L'equilibrato e ragionevole intervento di Pizzoni ed il senso di responsabilità di Parri riportarono una certa distensione, ma il monito era stato chjaro. Il 25 agosto era intanto pervenuta la risposta del Governo Bonomi attraverso l'ambasciata italiana a Madrid e la legazione di Berna: «Il Governo italiano riconosce il Comitato di liberazione dell'Italia settent1ìonale come l'autorità coordinatrice cli tutte le atti.vità di resistenza. 11 Comitato è in conseguenza autorizzato ad emanare tutti gli ordini e le istruzioni che van-anno a disciplinare le resistenze in tutto il territorio occupato, ad accentrare i soccorsi, a curarne la migliore distribizione, a stabilire collegamenti ad uniformare i criteri e le direttive che, tenuto conto delle diverse situazioni locali, paiono più oppo1tune per potenziare l'azione dei partigiani. Il Comitato di Liberazione è autorizzato, a mano a mano che le truppe liberatrici avanzano ( ...) , a provvedere all'ordine, disciplina, soccorso alle popolazioni delle zone immediatamente impegnate nelle operazioni belliche e sino a quando il contatto sarà regolarmente stabilito coi Comandi alleati e le legittime Autorità italiane(...) 2 .

In quel periodo Bonomi propose all'ammiraglio Stone - subentrato al generale McFarlane il 18 giugno - che il generale Alexander con una sua personale dichiarazione riconoscesse ai patrioti italiani la qualifica di com1 P. Secchia e F. Frassati, La Resitenza e gli Alleati cit. pp. 99-100. Cfr. A. Pizzoni, Alla guida del C.L.N.A.l. cit., introduzione di R. De Felice, pp. XXVIU e XXlX. 2 Visconti Venosta a Paulucci di Calboli in data 12.8.1944, DDI, l OA serie, I , doc. 339. Si ritornerà sull'argomento in occasione della missione guidata eia Pizzon.i nel Sud nel novembre 1944.


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battenti regolari , debitamente inquadrati nelle forze alleate in guerra contro la Germania, con la precisazione che essi dovevano portare apertamente le armi e un distintivo regolarmente notificato in base alle norme internazionali, cosa che li avrebbe posti sotto la protezione delle convenzioni vigenti 1• L'idea però non ebbe seguito. Il 3 settembre Cadorna si ripresentò al Comitato di liberazione. Apparve manifestamente deluso. A prescindere dal] 'inattesa atmosfera molto <<politicizzata>> trovata a Milano, dalla sua visita alle formazioni partigiane in Lombardia aveva ricavato la sgradevole impressione complessiv,a di «scarsa efficienza per leggerezza dell'armamento e per la modestia dell'addestramento» 2 . Riassunse le sue osservazioni ed il suo apprezzamento «mettendo, in rilievo il carattere politico della maggior parte delle formazioni, la difficoltà di creare una gerarchia data l'abitudine invalsa in molte unità di su bordinare l'elezione dei capi al benestare dei. gregari, e la posizione preminente assunta da Parri e Longo, i quali si erano appropriati di tutte le competenze essenziali nel Comando Generale, fatti, questi, che mtavano con la concezione di un comandante apolitico, quale proposto dal partito liberale e desiderato dal Governo e dagli Alleati>>. Parri e Longo replicarono che il carattere politico delle formazioni rispondeva per 1'appunto agli obiettivi essenzialmente politici della guerra di liberazione e che, a conti fatti, «la preponderanza nel Comando Generale dei rappresentanti azionisti e comunisti agevolava l'azione di comando nei riguardi delle formazioni a quei partiti legate» 3 . Il giorno dopo, in una nuova riunione, Pizzoni avvertì Ca.doma che la maggioranza, cioè i tre partiti di sinistra, si era mostrata contraria alla sua nomina di comandante del C.Y.L. 4 • La discussione fu ripresa il 27 settembre con l'intervento di Sogno, appena tornato dall'Italia liberata. Questi il 20 settembre aveva scritto al C.L.N.A.T. ed al Comando generale del C.V.L. sottolineando tre argomenti. Il primo rifletteva una sua impressione non molto positiva ricavata dai contatti avuti con i capi di varie formazioni partigiane, e precisamente che Bonomia Stone in data 2 .8.1944, ibidem, doc. 3 I 3. A. Trabucchi, / vinti hanno sempre torto cit., p. I I 3. 3 R. Cadorna, La riscossa cit., p. 139. 4 Essi «temevano che se Cadorna fosse diventato,comandante del C.V.L. si sarebbero infiltrati ufficiali monarchici» (Chades Dalzell, I nemici di Mussolini, Torino 1966, p. 41, in M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la guerra partigiana i.n Italia cit., p. 234). 1

2


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«( ...) la tendenza prevalente per il momento della crisi sia quella di portarsi con le proprie forze nei centri principali dell'Italia settentrionale anche coprendo distanze notevoli

e abbandonando le zone ove essi hanno finora operato. I moventi di tale disegno, qualora non dipendano da precise istruzioni del Comando Generale, sono vari e vanno da un comprensibile desiderio di fare atto di presenza fra le popolazioni cittadine finora soggette al giogo tedesco fino a .intenzioni di schietto carattere politico-rivoluzionario».

Il secondo argomento riguardava il pensiero del Comando alleato, al cui proposito Sogno evidentemente aveva motivo di reputarsi bene informato: «( ...) i compiti essenziali che l'Alto Comando alleato assegna alle fonnazioni partigiane per il momento della crisi sono. come è noto, essenzialmente i seguenti: 1) ostacolo e disturbo alla ritirata delle forze nemiche; 2) occupazione e mantenimento dell'ordine pubblico nelle zone in cui non giungono le truppe alleate; 3) protezione degli impianti industriali e d'interesse pubblico 4) cooperazione con le autorità alleate, specialmente nel primo momento, per assicurare il funzionamento degli organo fondamentali e dei servizi indispensabili alla vita della popolazione ci vile».

Il terzo era un avvertimento: «L'Alto. Comando Alleato si augura, nel contempo, che le forze politiche proseguano la presente collaborazione anche nel periodo non meno delicato e difficile che seguirà l'avvio delle forze regolari alleate e deplorerebbe che preoccupazioni e intrusioni esclusivamente politiche fossero poste innanzi e al di sopra dell'immediato interesse nazionale alla concordia e alla ricostruzione. Ritengo pertanto che l'atteggiamento e il giudizio definitivo del Comando alleato sul movimento di resistenza italiano potrebbero essere influenzati dal compo1tamento più o meno conforme a tali direttive ed a tali desideri che le forze partigiane terranno nel momento della crisi» 1•

Ma l'interesse della riunione si concentrò «sulla possibilità di un effettivo esercizio di comando da patte di un comandante cui fosse attribuito un assoluto potere di decisione» 2 . Longo, appoggiato da Parri, dichiarò che il partito comunista avrebbe consentito la nomina di un comandante sol-

1

2

E. Sogno, Guerra senza bandiera cit., pp. 272 e 284-285 . F. Catalano, Storia del C.LNA.I. cit., p. 227.


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tanto se lui, Longo, fosse stato nominato commissario politico «con pari poteri e controfirma di ogni documento>>. Naturalmente Cadorna scartò senza esitazione simile ipotesi e chiarì che avrebbe accettato l'incarico di comandante unicamente se Longo e Parri, e le rispettive formazioni, avessero garantito la loro collaborazione piena ed assoluta 1• Il Comitato confermò invece, a maggioranza (socialisti, comunisti ed azionisti), la struttura collegiale e paritaria del Comando generale e si riservò di spiegare al Governo la convenienza di tale scelta 2 • Peraltro il 3 ottobre i rappresentanti comunisti, verosimilmente per evitare una più che probabile frattura con le formazioni autonome ed anche per non correre il rischio di perdere i rifornimenti alleati, proposero una struttura «puramente militare», vale a dire: Cadorna comandante, Longo vicecomandante e Parri capo di S.M. La questione venne ripresa a novembre, dopo un viaggio a Lugano di Pizzoni e Valiani, convocati verso la fine di ottobre dai rappresentanti alleati i quali, tra l'altro, vollero sapere se, nella fase conclusiva della campagna, il C.L.N.A.I. avesse prestigio e forza sufficienti per assumere la giurisdizione dell'Italia nord-occidentale qualora gli Alleati s.i fossero concentrati nell'inseguire i tedeschi nel Veneto. Inoltre ribadirono l'opportunità che il comando delle forze partigiane fosse affidato a Cadorna 3 • In realtà sembra riscontrarsi la mancanza di un deciso appoggio da parte anglo-americana o, quanto meno, una certa cautela sull'argomento. Tutto sommato, stando a vari documenti, gli americani preferivano che la scelta del comandante venisse fatta dal C.L.N .A.I. in piena concordia; agli inglesi premeva più di tutto evitare che la nomina da Cadorna comportasse una dipendenza del C.V.L., cioè del movimento partigiano, dal Governo italiano, al quale - come già detto - non riconoscevano alcuna autorità nel territorio occupato dai tedeschi 4 • Il 3 novembre il C.L.N.A.I. concretò la nuova formula: Cadoma comandante, Longo e Parri vicecomandanti, un socialista capo di S.M., un liberale ed un democristiano membri del Comando. Il Comando generale dipendeva direttamente dal C.L.N.A.l. e funzionava collegialmente, con parità di diritti di tutti i suoi componenti, «per le questioni generali di orientamento militare e di carattere politico-organizzativo» 5 • Seguì un lungo silenzio, in attesa della ratifica. R. Cadoma, La riscossa cit., pp. 140-141. F. Catalano, Storia del C.L.N A.I. cit., p. 228. 3 R. Cadoma, La riscossa cit., pp. 143. 4 M. de Leonardis,La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia, cit., pp. 240-241. 5 Ibidem, p. 242. 1

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Secondo Cadorna, la sua nomina fu accettata dai partiti di sinistra «con limitazioni e arrières pensées tali da renderla poco più che nominale». Egli, difatti, continuò in pratica nel suo ruolo di consigliere militare. Ben consapevole che il compromesso raggiunto configurava una situazione assai poco conforme al1e necessità di un'efficace azione di comando, il 25 novembre presentò al Comitato una lettera molto schietta. «Premessa di un comando a carattere militare - scrisse - è l'esistenza di una disciplina e di una gerarchia: nel nostro caso difettano tanto l'una quanto l'altra»; un tempestivo intervento del Comando generale nel campo operativo era da escludere a cauda del1e difficoltà dei colegamenti; nel settore logistico esistevano vincoli pesantissimi provocati dall'inadeguatezza dei mezzi disponibili; l'opera di mediazione provocata dai frequenti contrasti fra le formazioni era troppo spesso paralizzata dall'assenteismo dei Comandi regionali; occoITeva che la struttura dei Comandi regionali divenisse simile a quella del Comando generale, perché la loro costituzione attuale «li rende idonei a discutere, non a concludere>> . In definitiva, egli avrebbe assunto effettivamente la carica alle seguenti condizioni: Comandi regionali e di zona riorganizzati come detto; realizzazione di una rete di col1egamenti fra Comando generale e Comandi regionali; risolta dal Governo italiano e dagli Alleati la questione del finanziamento della guerra partigiana; assicurazione del Comando alleato che i rifornimenti a mezzo lanci aerei sarebbero stati fatti su indicazione del Comando generale e non a caso o su indicazione delle missioni disl9cate presso le formazioni 1 • E, per concludere, Cadoma ritenne opportuno inviare al ministro della GueITa, Casati, un lungo promemoria che ben riepilogava la situazione a fine novembre 1944: «l . Il C.L.N .A.I. è composto dai rappresentanti di cinque partiti oltre che cli un membro apolitico , che, circondato da una segreteria, funziona, per tacito accordo, da presidente. In seno al C.L.N.A .I. è regnata, sino all'estate scorsa, una notevole concordia. Ciò è dovuto a due fattori: abilità politica del presidente e moderazione del membro comunista (Dozza); trasferimento al Comando generale delle questioni più spinose, quale quella della condotta pratica della gue1Ta partigiana. Nel comando generale dominano incontrastati i rappresentanti del P.C. e del P.d 'A.: per le qualità personali dei due rappresentanti (Longo e Parri); perché essi sono al tempo stesso comandanti delle formazioni Garibaldi e G .L., le quali rappresentano ora la maggioranza delle formazioni partigiane; perché il Comando è stato da essi organizzato in modo da

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R. Cadorna,La riscossa cit., pp. 142-145.


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avere influenza preponderante. Inoltre, in mancanza di un'altra rete di collegamenti efficiente, il Comando si serve di quella comunista. 2. Nel mese d i agosto giunse a Milano, richiesto come consigl iere militare del C.L.N.A.I., il generale Valenti (= Cadorna). La sua venuta offrì l'occasione ai partiti di destra di richiedere che alla testa del C .V.L. venisse posto un generale del!' esercito nella persona del generale Valenti. I partiti d i sinistra fecero dapprima di.retta opposizione; più tardi, e per sollecitazione degli Alleati, si rassegnarono a tollerare la nomina del comandante, ma con limitazioni e arrières pensées tali da renderla poco più che nominale. 3. Allorchého detto partiti di sinistra ho inteso ilP.C., il P.S . ed il P. d'A.,iquali hanno nelle votazioni sinora formato blocco. Ma( ...) molto differenti sono gli atteggiamenti dei tre partitj . TI P.C., che conduce il giuoco, non nasconde affatto che suo scopo è di prendere il potere per instaurare un regime cli tipo russo che chiama popolare progressivo. I suoi capi in Alta Italia sono stati addestrati in Russia( ...); dichiarano apertamente di volersi appoggiare alla Russia ed a Tito e recalcitrano al pensiero cli doversi sottomettere agli ordini degl i Alleati occidentali( ...) . È però da osserv;tre che il partito comunista è il solo attrezzato per la guerra clandestina( ...). Per questa ragione soffre assai meno degli altri partiti cli recente organizzazione il morso delle spie e le razzie della poi izia ( ...) . Il P.C. è infine iI piè1 deciso nella lotta contro i tedeschi ed i fascisti; contrario a qualsiasi accordo o tregua ed anche a qualsiasi riguardo per le popolazioni che subiscono le rappresaglie. Tutti parlano con lo stesso linguaggio stereotipato; tutti attendono il sospirato momento dell'insurrezione popolare. Il partito socialista è, in Italia .settentrionale, completamente disorganizzato e nella tema della concorrenza comunista s i lascia da questo passivamente rimorchiare. Non avendo formazioni partigiane proprie, ha cercato di dare la propria etichetta a formazioni raccogl iticce dando loro il nome cli «Matteotti» . Jn questi ultimi tempi, dopo la venuta cli un capo influente da Roma, il partito tende a riprendersi ed a organizzarsi anche militarmente per non lasciare l'esclusività ai comu nisti. TI partito d ' azione, che recluta negli intellettuali e quindi ha dovizia cli quadri, si atteggia a partito cli massa e sinistreggiante. Si è giovato della personalità di Parri per dar vita o per dare la propria etichetta a formazioni chiamate «Giustizia e Libertà», le quali per importanza seguono le <<Garibaldi». La tattica cli PaITi non è chiara; apparentemente si schiera sempre con i comunisti; nelle coulisses lascia dire che questo è il solo sistema per far loro da contrappeso. Notare che tra le Garibaldi e le G.L. regna raramente concordia( ...) . Il partito democratico cristiano per ora controlla e sostiene poche formazioni apolitiche. Al pa1tito liberale dovrebbero far capo le formazion i militari : in questo senso il partito, che dappri ma era contrario a dare colore politico alla guerra, si sta organizzando. 4. La lunga discussione svolta nel C.L.N.A.T. è culminata con la nomina -del comandante, ha avuto per effetto di intorbidire le acque sinora tranquille del Comitato ( ...) . Ne è uscita scossa la posizione del presidente( ...) . Altrettanto sospetta è l'attività di Franchi


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[=Sogno] che viene definito come agente degli Alleati e reazionario. 5. Ci sono alcune formazioni partigiane autonome, cioè a carattere militare. Queste fonnazioni, che hanno goduto di particolare favore da parte degli Alleati( ...) ne hanno approfittato per tenere un contegno di indipendenza dal C.L.N.A.I. che in complesso nuoce alla causa partigiana ed a loro stessi( ...). Oltre a c.iò, prestano il fianco per essere qualificate «badogliane o reazionarie»( ...). Per questo e per altri impieghi, sarebbe utile che dal Sud venisse inviato nell'Alta Italia - magari via Svizzera - un certo numero di ufficiali superiori dotati di intelligenza e tatto sufficienti per affermasi in questo non facile ambiente( ...). 6. Gli Alleati sembra che continuino a consi.derare la guerra partigiana come una normale attività mi li tare e non ne vogliono riconoscere il preponderante elemento politico. OcCoffe dire chiaramente che ( ...) nella guerra partigiana il partito comunista ha parte preponderante. È questa una situazione di fatto che io trovai al m_io giungere in Alta Italia ed è oggi inutile discutere se ciò avrebbe potuto essere evitato . Le interferenze del fattore politico non si annuJJano ignorandole: è meglio tenere debito conto. G Ii Alleati hanno inviato gran copia di missioni alla periferia delle fonnazioni ( ...) . Ho 1'impressione che la voionta degli Alleati troverebbe più pronta e volenterosa applicazione nel C.L.N .A.I. se fosse trasmessa dal Governo ital.iano ( ...).Si ha quindi la sensazione dell'indi'fferenza oppure della impotenza del Governo italiano ad interessarsi dei molteplici problemi che la guerra partigiana solleva nell'Alta Italia( ...). È infine da rilevare come elemento negativo la mancanza di unità di vedute, talvolta la dissonanza fra il punto di vista britannico e quello statunitense, nei contatti non solo come la direzione ma altresì con le formazioni partigiane( ...)» 1 •

Il 4 dicembre 1944 il C.L.N.A.I. ratificò l'accordo del 3 novembre e Cadoma finì per accettare con riserva sia la piuttosto generica formulazione delle sue attribuzioni, sia l'esercizio collegiale delle sue funzioni di comando. Ma nel gennaio 1945 manifesterà al generale Trabucchi il suo disappunto per non essere riuscito a risolvere concretamente il problema del comando 2 • E restava aperta Ja questione dell'unificazione delle forze partigiane.

5. LA LINEA GOTICA. «Chi non ha visto gli Appennini - ha scritto Alexander - non può comprendere quale formidabile ostacolo rappresentino per un esercito avanzante

1 2

R . Cadorna, La riscossa cit., pp. 180-183. A. Trabucchi, I vinti hanno sempre torto cit., p. 145-146.


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dal sud. Questa catena di montagne, che sale a oltre duemila metri, si estende attraverso la penisola dal Tirreno all'Adriatico. A sud di questa grande barriera le montagne degradano in colline fino all'Arno» 1 . Sull'Appennino tosco-emiliano, quello di cui parlava Alexander, era imposta la Linea Gotica, messa a punto dai tedeschi per la difesa ad oltranza della valle padana, indicata nelle linee generali da Rommel nell'autunno del 1943. Essa era costituita da più posizioni successive di ineguale consistenza ed il sistema difensivo che ne derivava si sviluppava per circa 320 chilometri dal Tirreno all'Adriatico, imperniandosi sulla dorsale appenninica, con una profondità di soli 15-20 chilometri nel tratto montano centrale, ma assai maggiore nella più ampia fascia romagnola. Il dispositivo comprendeva: - la linea Arno-Metauro, appoggiata all'Amo dalla foce a Pontassieve, poi all'allineamento Bibbiena-Bocca Trabaria-M.Nerone-f. Metauro. Essa poteva considerarsi l'ultima posizione della manovra in ritirata oppure il margine anteriore della zona di sicurezza della Linea Gotica. Su di essa i tedeschi resistettero quasi l'intero mese di agosto; - la Linea Verde antistante (Grun Vorfeldstellung) sugli allineamenti f.Serchio-M.Pisano-Altopascio-Prato-M.Giovi nel settore tirrenico; M.della Verna-M.Verde in quello centrale; torrente Arzillo nel settore adriatico. Aveva lo scopo di ingannare l'avver,sario sul reale andamento della posizione difensiva; - la Linea Verde (Grun Linie), ossia la posizione di resistenza principale, il cui margine anterfore correva sull'allineamento Forte del Marmi-VemioFuta-Giovo-Serravalle-Valsavignone-Badia Tebalda-f.Foglia sino a Pesaro; - la Linea Verde 2, ossia una posizione di resistenza successiva, sull' allineamento Marina di Carrara-M.Altissimo-Abetone-Marradi-Novafeltriaf.Conca sino a Cattolica; - la Linea Gialla, tra Rimini e San Marino, ultima difesa prima dello sbocco nella pianura padana 2 • I lavori erano iniziati nell'autunno 1943 con l'impiego di 15 mila operai italiani inquadrati nell'Organizzazione Todt, ma vennero intensificati dopo la rottura del fronte a Cassino, in base ali' Ordine Gotico diramato dal maresciallo Keitel il 2 giugno 1944, seguito il 13 giugno dalla direttiva di Hitler «per la fu1 H. Alexander, Le memorie del maresciallo Alexander, Garzanti, Milano 1963, pp. 168-169. 2 Sull'argomento cfr. l'attento studio di Giorgio Battisti, L'organizzazione difensiva tedesca sulla Linea Gotica, in "Studi storico-militari 2002", USSME, Roma 2004; Amedeo Montemaggi, Offensiva della Linea Gotica, Guidicini e Rosa, Imola 198 l .


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tura condotta dei combattimenti sul teatro di guerra italiano», nelle quali si prescriveva di portare la resistenza il più a sud possibile perché occorrevano ancora sette mesi per il completamento della Linea Gotica 1 . Per quanto glielementi difensivi fossero degni di nota come numero e qualità, inevitabilmente il difetto di tempo ne condizionò il completamento. Ma, a prescindere da questo, l'O.K .W. rilevò nella Linea Verde quattro difetti fondamentali: essa era stata studiata ed approntata «partendo da sud» , quindi l'avversario perveniva con relativa faci lità alle fortificazioni mentre sul versante opposto esistevano difficoltà di accesso alle postazioni e di collegamenti trasversali;il suo tracciato gravitava sul versante meridionale, quindi esponeva la difesa all'osservazione ed al fvoco dei nemici; sino a metà giugno 1944 molti punti di maggior facilitazione per l'attacco erano stati trascurati; la profondità della posizione difensiva non offriva sufficiente solidità né sicurezza, anche perché la Linea Verde 2, date le circostanze, era rimasta incompiuta 2 . Tuttavia, nel complesso, Kesselring si dichiarò soddisfatto dell'andamento dei lavori, in agosto tuttora in corso sulle posizioni destinate ad arrestare l'avanzata alleata, specialmente nel settore adriatico: «perciò - ricordò più tardi - attendevo con una certa fiducia l'attacco che certamente sarebbe stato scatenato contro l'ala sinistra» 3 • Peraltro non nascondeva quaJche preoccupazione circa l'eventualità del successo di uno sbarco anglo-americano in Liguria, che avrebbe scardinato la spalla occidentale della Linea Gotica 4 • All'inizio di ag_osto l'Oberbefehlshaber Sudwest disponeva delle seguenti forze per la difesa della valle del Po: l'armata Liguria (maresciallo Graziani), schierata sulle Alpi occidentalì e sull'Appennino ligure, ed il Heeresgruppe C (alle dirette dipendenze di Kesselring) con la 14" {lrmata (gen. Lemelsen) sul versante tirrenico del!' Appennino tosco-emiliano e la 10" armata (gen. von Vietinghoff) sul versante adriatico. In particolare, l'armata Liguria era composta dal LXXV corpo tedesco (gen. Schlemmer), schierato dal San Bernardo ad Albenga, e dal corpo d'armata Lombardia italo-t~desco (gen. Jahn), da Albenga a La Spezia. Le prime due divisioni della R.S.I. in corso di rientro in Italia, furono assegnate a quest'ultimo corpo, con la 3" D .f.marina San Marco sulla rivi era di ponente e la 4" D .alp. Monte Rosa inizialmente sulla rivi era di levante. La 14" armata tedesca te-

1 Gerhard Schreiber, La Wehrmacht sulla Linea Gotica, Atti del Convegno "I Gruppi di combattimento nella guerra di liberazione", Firenze 1-3 febbraio 1995. 2 G. Battisti, L'organizzazione d/fensiva tedesca sulla Linea Gotica cit., pp. 382-383. 3 A. Kesselring, Memorie di guerra cit., p . 237. 4 Per comodità cli riferimento useremo l'espressione "Linea Gotica", sempre usata dagli Alleati, per indicare l'intero sistema difensivo tedesco.


IL SISTEMA DIFENSIVO SULLA LINEA GOTICA (da G. Battisti, op. citata)


LA SITUAZIONE DELLE FORTIFICAZIONI SULLA LINEA GOTICA NELL' AGOSTO 1944 (da G. Battisti, op. citata)

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neva il fronte dal Tirreno ad Empoli con il XIV Panzerkorps e da Empoli a Pontassieve, ad est di Firenze, con il I corpo paracadutisti. La 10A armata era schierata sulle propaggini meridionali del Pratomagno e del Casentino sino a Bocca Trabaria con il LI corpo da montagna , poi scendeva sul versante adriatico appoggiandosi al Metauro con il LXXVI Panzerkorps. II grosso del dispositivo germanico s.i trovava quindi a sud della Linea Verde. Secondo Alexander la ritirata tedesca da Roma era stata «rapidamente e inevitabilmente disorganizzata>>, talché il XV gruppo d 'armate raggiunse l'Arno «con un minimo ritardo» 1• Per la verità l'opinione appare piuttosto discutibile, comunque quando, superata la resistenza incontrata sulla linea di Arezzo, il gruppo d'armate riprese il contatto con Je forze germaniche sull'Amo, Alexander affrontò fiduciosamente il problema operativo. L'andamento della Linea Gotica sembra sia stato conosciuto dagli Alleati i primi di giugno, grazie ad una carta topografica rinvenuta ne11'abbandonato Comando dell' Oberbefehlshaber Sìidwest sul monte Soratte 2 ; del resti sarebbe stata più che sufficiente un'occhiata alla carta geografica per individuare la prevedibile ossatura della posizione tedesca. Il 26 luglio, dunque, Alexander - ricevute le direttive di Wilson - comunicò ai comandanti d'annata il proprio orientamento ad un attacco frontale esercitato fra Pistoia e Dicomano, su due direttrici parallele, una per armata, con obiettivo la zona Modena-Bologna. La massa d'urto per la penetrazione in profondità (V corpo britannico e I corpo canadese, con sette divisioni in tutto) stava org~nizzandosi nei pressi del lago Trasimeno ed il supporto logistico per l'alimentazione dell'offensiva era in via di costruzione fra Siena e Arezzo. Al generale Clark scrisse: «Come sapete, è mia intenzione di procedere alla distruzione delle forze annate nemiche in Italia( ... ). Intendo penetrare nella Linea Gotica all'incirca fra Dicomano e Pistoia. È essenziale impadronirsi di queste due località rapidamente, e in particolare dell'importantissimo nodo stradale di Pistoia( ... ). Io penso che il miglior modo cli sviluppare le operazioni attraverso l'Arno sarebbe il forzamento ciel passaggio ciel fiume in un punto fra Empoli e Pontedera e quindi eseguire due puntate, l'una su Pistoia e l'altra su Lucca( ... ). Mi converrebbe meglio se, come vostro prossimo obiettivo, intraprendeste l'espugnazione di Pistoia e cli Lucca. Mi rendo pienamente conto della riduzione di forza subita dalla vostra annata( .. .). Nel tempo stesso sono convinto( ... ) che vi rimangano truppe sufficienti per forzare il pas-

1

2

H. Alexancler, Memorie cit., p. 168. Douglas Orgill, La linea Gotica, Feltrinelli, Milano 1967, p. 47.


IL RITORNO A ROMA

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saggio cieli' Arno ad oriente di Ponteclera ( .. .)e partecipare all'attacco contro la linea Gotica nella zona a nord di Pistoia in congiunzione con l'attacco che I '8" armata eseguirà più ad est»

1•

Clark accolse di buon grado il progetto. Accennò, è vero, alle proprie difficoltà e carenze, ma si disse fiducioso di essere in grado di muovere dopo almeno un paio di settimane per far riposare le divisioni un po' logore e per disporre di truppe italiane.A suo avviso, 1'argomento decisivo era che il nemico stava battendosi in condizioni «molto svantaggiose» e che la guerra fosse «prossima alla fine» 2 • ChU nvece sollevò obiezioni fu il generale Leese, jl quale il 4 agosto, in un incontro all'aeroporto di Orvieto, espose senza mezzi termini ad Alexander i due motivi dj fondo del suo dissenso: 1a mancanza di truppe addestrate a battersi in montagna (il corpo francese era ormai partito) e la prevedibile (secondo l'esperienza fatta in Sicilia e ne11a valle di Liri) difficoltà che le diverse mentalità inglesi ed americane avrebbero creato in un'operazione che richiedeva strettissima cooperazione fra le due armate. Senza contare che la 5" armata era ridotta in condizioni tali da compromettere l'equilibrio del duplice contemporaneo sforzo. Di gran lunga preferibile, perciò, svolgere due operazioni nettamente distinte e separate. La prima, di sorpresa, deH'8" annata sulla fascia pianeggiante adriatica, che avrebbe consentito ampie possibilità all'assoluta superiorità britannica in truppe corazzate. Tale attacco avrebbe impegnato le riserve tedesche, indebolendo il settore centrale del fronte a favore della success:iva azione della 5" armata sugli Appennini. L'8" armata, in sostanza, doveva sboccare nella valle padana e conquistare Bologna e Fen-ara, mentre la 5" avrebbe puntato su Bologna. Alexander si convisse subito, sia perché non voleva costringere un comandante d'armata «a combattere una battaglia contro la propria inclinazione ed il proprio discernimento» 3 , sia perché la successione di attacchi in due tratti differenti del fronte coincideva con la sua tecnica preferita dei «due pugni», sia infine perché l'offensiva dell'8" armata avrebbe potuto giovarsi dell'immensa superiorità in artiglieria ed in mezzi corazzati. Bastava superare la stretta di Rimini per invadere la pianura padana. Bisogna dire che la valutazione delle caratteristiche naturali della Romagna peccava

M. Clark, 5" annata americana cil., pp. 374-375. lbidem,p. 375. 3 H. Alexander, The Allied Annies in ltaly, supplemento alla "London Gazette" del 6.6.1950. 1

2


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alquanto di superficialità o quanto meno di frettolosità: <<Sembra - ha commentato il generale Jackson - che durante la progettazione tali zone (Rimini-Bologna-valli di Comacchio) fosse considerata, insieme alla pianura lombarda, ottima per la manovra dei carri: un'illusione che doveva presto svanire» 1 . Il 6 agosto il generale Harding, capo di S.M. del Comando XV gruppo d'armate, inviò sintetiche riepilogative istruzioni ai comandanti d'armata concludendo: «La portata e l'obiettivo dell'operazione Olive sono stati chiariti in una discussione svoltasi fra il comandante in capo ed i comandanti d'armata e al presente non verranno citati per iscritto» 2 . Il successo de11'8A armata si basava su tre fattori: potenza della massa d'urto, forte supporto logistico, sorpresa. I primi due erano già in via di completamento, ma occorreva trasferire il V corpo ed il I canadese a tergo del II corpo polacco attraverso l'Appennino utilizzando le due sole strade statali 76 e 77 partenti da Foligno. Il terzo imponeva una rigida segretezza circa le predisposizioni non soltanto «coprendo» il complesso movimento in questione, ma modificando le misure d'inganno seguite fino a quel momento. II «piano» iniziale previsto dal servizio informazioni del Comando XV gruppo d'armate non aveva presentato particolari difficoltà: si trattava di far credere ai tedeschi che l'offensiva sarebbe stata lanciata lungo la fascia costiera adriatica e non in mezzo all'Appennino. Quando, invece, si giunse alla decisione di esercitare lo sforzo principale per l'appunto nel settore adriatico, evidentemente bisognò ribaltare tutti gli accorgimenti messi in atto sino a11ora ed a dare scarsa rilevanza alla persistente avanzata del corpo polacco verso il Metauro. A questo punto l'operazione Olive avrebbe potuto prendere il via. Le divisioni in prima schiera britanniche e canadesi sarebbero sboccate dalle teste di ponte, continuando senza soluzione di continuità l'avanzata sino allora condotta dai polacchi, i quali, una volta occupata Pesaro, sarebbero passati in riserva d'armata. Ai canadesi era assegnato l'obiettivo di Rimini, mentre il V corpo era incaricato dello sforzo più gravoso, sulla sinistra, puntando al nodo stradale di Cesena attraverso l'Appennino. Sul rimanente fronte de11'8A armata, il X corpo restava sul tratto centrale montano ed il settore a nord-est ad a nord di Firenze, tenuto dal XIII corpo, passava alle dipendenze del Comando SA armata americana. Gli ordini furono diramati il 13 agosto e l'inizio di Olive fu stabilito per la notte sul 26 agosto.

1 2

W. G. F. Jackson, La battaglia d'Italia cit., p. 337. Ibidem.


IL RITORNO A ROMA

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*** In quei giorni Churchill si trovava a Caserta, sede del Comando in capo del teatro d'operazioni. Era arrivato in Italia, per rendersi conto di persona della situazione, nel pomeriggio dell' 11 agosto ed il giorno seguente aveva incontrato il maresciallo Tito ed il presidente del consiglio jugoslavo in esilio, Subatié, nel tentativo di promuovere un accordo fra i due. Ma il punto più importante concernente l'Italia fu un molto preciso memorandum del generale Wilson per Tito e da questi ben poco gradito: «Qu~lora Je forze alleate occupino l'Italia settentrionale, l'Austria e l'Ungheria, è intenzione del comandante supremo alleato insidiare amministrazioni militari alleate ne.iterritori governati dall'Italia allo scoppio della guerra, ciò che sospenderà automaticamente la sovranità italiana. Governatore militare sarà l'ufficiale generale comandante delle truppe alleate nel settore in questione. È inteso che tale settore resti sottoposto direttamente ali' amministrazione aU.eata sino a che non siano state prese decisioni in merito attraverso negoziati tra i Governi interessati ( ...)» 1•

Il 15 agosto, mentre il V corpo britannico ed il I canadese iniziavano il complesso trasferimento dalla zona di Foligno per concentrarsi a tergo del corpo polacco e la testa di scarico ferroviaria per 1' operazione Olive veniva spostata da Arezzo ad Ancona, la 7A armata americana (gen.Patch) sbarcava in Provenza. Churchill era seriamente inquieto per il peggiorare della situazione in Grecia, ove le voci dell'imminente sgombero da parte tedesca stavano suscitando un fermento foriero di grosse difficoltà, e non molto soddisfatto che Dragoon, non soltanto non avesse distolto divisioni dal fronte Eijenhower, ma avesse invece provocato il ritiro di tre divisioni nemiche dal1'Italia per il diretto trasporto nel settore di Chalons. Tale sottrazione - egli scrisse al maresciallo Smuts, presidente del Consiglio sudafricano - alle forze di Kesselring non sarebbe accaduta, «qualora avessimo continuato l'avanzata in direzione del Po, avendo come obiettivo finale la grande città [Vienna]. Spero ancora che si possa conseguirlo; anche se la guerra terminasse improvvisamente non vedo per quale ragione le nostre autoblindo non dovrebbero filare avanti a raggiungerlo, in gualungue modo» 2.

1

W. Churchill, La seconda guerra mondiale, parte VI, I, p.118.

2

Ibidem , pp. 147-148.


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LA COBELLIGERANZA

QUADRO DI BATTAGLIA DEL XV GRUPPO D'ARMATE per l'operazione Olive Comandante in capo: generale H.Alexander capo di S.M.: gen. J.Harding SA armata americana (gen. M.W.Clark) su: IV corpo americano (gen. W.Crittenberger) su: 1A D .cor. americana 6A D .cor. sudafricana 8SA D .f. americana 2 IOA D .aus .italiana XIII corpo britannico (gen. S.Kirkman) su: l A D.f. britannica 8A D.f. indiana 6A D .cor. britannica II corpo americano (gen. G.Keyes) su : 34A D .f. americana 88A D .f. americana 91 A D .f. americana corpo brasiliano (in arrivo) (gen. J.B .Mascarenhas de Mores) SA armata britannica (gen. 0.Leese) su: I corpo canadese (gen. E.Bruns) su: 1A D.f. canadese SA D .cor. canadese JA B .f. greca 21 A B.cor. britannica U corpo polacco (gen. W.Anders) su: 3A D .f. Carpatica SA D.f. Kresowa 2A B.cor. britannica V corpo britannico (gen. C.Keightley) su: 4A D.f. indiana 4A D.f. britannica 46A D .f. britannica S6A D .f. britannica l A D .cor. britannica 7A B.cor. britannica 2SA B .cor. britannka X corpo britannico (gen. R.MacCreery) su: lOA D.f. indiana 9A B .cor. britannica 228A D.aus. italiana 231 A D.aus. italiana Riserva d'armata: 2A D.f. neozelandese C.I.L. italiano


IL RITORNO AROMA

QUADRO DI BATTAGLIA DEL GRUPPO D'ARMATE C A fine agosto 1944 Comandante in capo: maresciallo A.Kesselring Capo di S.M.: gen. S.Westphal lOA armata (gen. H.von Vietinghoft) su: LXXVI corpo corazzato (gen. T.Herr) su: 1A par. 71A D.f. 278A D.f. 26A D.f. LI corpo da montagna (gen. V.Feuerstein) su: 44/\ D.f. 114/\ D.f. 305A D.f. 715A D.f. r.iserva d'armata: 5A D.mon. 98A D.f. 162A D.f. 14A annata (gen. J.Lemelsen) su : I corpo paracadutisti (gen. R.Heidrich) su: 4A O.par. 356A D.f. 362/\ D .f. XIV corpo corazzato (gen. F. von Senger uncl Etterlin) su: 16A D.gran.cor. 65A D.f. 362A D.f. riserva cl' annata: 20A D .campale Luftwaffe 29A D .gran .cor. 90A D .gran.cor. N.B. Il dispositivo verrĂ piĂš volte modificato dopo l'inizio dell'offensiva alleata.

5)3


LA COBELLIGERANZA

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E il 31, ricevuto un messaggio di Smuts che lo invitava con insistenza a «seguire molto attentamente tutto ciò che può influire sulla futura sistemazione dell'Europa», con evidente riferimento ad un'azione dall 'Italia verso il Danubio superiore 1, rispose: «( ... )Quanto a me, mi propongo cli conservare c iò che abbiamo già i11 Italia, che do-

vrebbe bastare avendo il nemico ritirnto quattro delle sue divisioni migliori. Con tali forze spero di aggirare e spezzare la Linea Gotica, di irrompere nella valle ciel Po e, finalmente, di avanzare attraverso Trieste e la sella di Lubiana su Vienna. Anche se la guerra finisse · fra breve ho ordinato ad Alexander cli essere pronto ad una rapidissima puntata di auto: bi_indo» 2 •

Tre giorni prima, all'atto della partenza per Napoli, Churchill aveva tentato di risvegliare l'attenzione di Roosevelt per l'Italia: «( .. .) Secondo i nostri piani , 1'8" armata , forte cli 10 divisioni ( ... ),dovrà cercare cli

sfondare la Linea Gotica e di aggirare l'intero schieramento nemico, penetrnnclo nella valle padana all'altezza cli Rimini; al momento giusto, che dipenderà dalla reazione dell'avversa1io, Mark Clark attaccherà con le sue 8 divisio1ù. Elementi delle sue annate dovrebbero convergere su Bologna( ... )».

Ma era l'ultimo capoverso che rivelava il pensiero di fondo: «Non ho mai scordato i discorsi che m..i avete fatto a Teheran a proposito clell 'Istria; fra quattro o cinque settimane avrebbe conseguenze positive che non si limiterebbero al campo strettamente militare. Forze cli Tito saranno ad attenderci in Istria. Non so immaginare quale sarà allora Ja situazione dell'Ungheria, ma noi saremo ad ogni modo in grado di sfruttare ogni nuova favorevole occasione» 3 .

La risposta di Roosevelt fu volutamente intesa a sottolineare principalmente la necessità di imped ire che i tedeschi potessero distogliere divisioni dall'Italia per trasferirle in Francia. Quanto all'Italia nord-orientale, <<potremo riprendere a Octagon [Quebec] la nostra conversazione di Teheran su Trieste e l'Istria» 4 • Churchill replicò subito. A suo modo di vedere, la sola possibilità di impiegare senza soste 1'8A e la 5" armata contro il nemico, in

Ibidem , p. 129. 129. 3 ibidem, pp. 150-151. 4 Roosevelt a Churchill in data 31.8.1944,Jbidern, p. 152. 1

2 ibidem, p.


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rotta od in ritirata, consisteva in «un 'avanzata decisa in direzione de li 'Istria e di Trieste, che abbia come ultimo obiettivo Vienna( ... ). Ad ogni modo potremo parlare esaurientemente di ciò a Quebec» 1• La seconda conferenza di Quebec si tenne nei giorni 13-16 settembre. In quella occasione i capi dello Stato Maggiore Combinato avevano presentato il loro rapporto sulla situazione strategica generale. Per quanto concerneva l'Italia, si erano basati sulle previsioni fo rmulate dal generale Wilson e cioè: se le forze di Kesselri ng fossero state messe in fuga dall'offensiva di Alexander, diventava possibile inseguirle puntando alla sella di L ubiana ed al Brennero, lasciando a piccole unità il compito cli rastrellare l 'Itali a nordoccidentale; se, invece, Kesselring fosse riuscito a ripiegare ordinatamente al Po o all'Adige, non rimaneva altro da fare che «ripulire le pianure della valle del Po» . Una nuova offensiva in grande stile appariva realizzabile soltanto nella primavera del 1945, tenendo conto delle difficoltà opposte dall'ambiente naturale dello scacchiere e dalle condizioni meteo invernali . Di conseguenza, i capi di Stato Maggiore avevano convenuto: «a) cbe nessuna grande unità venga ritirata dall'Italia sinchè non si conosca l'esito dell 'attuale offensiva del generale Alexander; b) che l'opportunità di ritirare reparti della 5 11 annata americana venga riesaminata in base ai risultati dell 'attuale offensi va del generale Alexander e di un eventuale ripiegamento tedesco neJl'rtalia settentrionale , anche in base al parere del generale Eisenhower ( ...)».

Inoltre, per l' intera durata della lotta in Italia, nessuna forza sarebbe stata disponibile nel Mediterraneo per operazione nei Balcani, salvo il piccolo corpo di spedizione (d ue brigate inglesi) già pronto in Egitto per occupare Atene e ristabilire in Grecia la legge e l'ordine , nonché le piccole unità già operanti nell 'Adriatico per limitate operazioni anfibie 2 . Dal canto suo , Kesserling seguiva con attenzione il movimento trasversale da Foligno verso Ancona deJJa massa di truppe e mezzi segnalatogli dal servizio informazioni, talché a metà agosto non ebbe più dubbi sull'offensiva che 1' 8A armata avrebbe lanciato nel settore adriatico 3 . Si mostrava abbastanza tranquillo, anche se le notizie che gli pervenivano dalla Balca-

Churchi ll a Roosevelt in data 31.8. 1944, Ibidem, p. 152. /hidem,pp.1 88-190. 3 A. Kesselr ing. Memorie di guerra cit. , p. 239. 1

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li

nia destavano serie preoccupazioni. Il 24 agosto, proprio quando gli Alleati entravano in Parigi, re Michele di Romania, rovesciato il governo Antonescu, si arrendeva all'Unione Sovietica e dichiarava guerra alla Germania. Nel contempo la Bulgaria chiedeva la pace alla Gran Bretagna ed agli Stati Uniti e l'Armata Rossa si inoltrava nella pianura danubiana. *

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L'offensiva de11'8A armata è stata suddivisa in quattro distinte fasi: la presa di contatto con la Linea Verde (26-29 agosto); Jo sfondamento della posizione tedesca (30 agosto - 9 settembre), dietro la quale non esisteva in quel settore altra posizione organizzata a difesa; la prima battaglia di Coriano (12-18 settembre); la seconda battaglia di Coriano (19-21 settembre). Il 21 settembre, occupata Rimini, l'operazione Olive si concludeva con lo sbocco nella valle del Po, ma quando gli elementi avanzati britannici e canadesi cercarono di inoltrarsi nella pianura «la te1Ta promessa risultò essere un verde incubo solcato da fiumi e canali e coperta di marcite» 1• Nel versante tirrenico la SA armata ricevette il «via» il 4 settembre e l'Arno venne superato senza incontrare resistenza di rilievo, data la rapida riti rata delle truppe germaniche verso la Linea verde. Questa fu affrontata il 1O settembre con uno sforzo massiccio condotto dal II corpo americano e dal XIII britannico, concentrato a cavallo della direttrice Firenze-Bologna. La lotta f u durissima, anche se agevolata dallo spostamento di divisioni tedesche verso il minacciato settore adriatico. Il 18 settembre fu occupato il passo del Giovo ed il 21 quello della Futa. La Linea verde era sfondata anche nel settore montano. In definitiva, alla fine di settembre la spalla sinistra della Linea Gotica risultava aggirata dall'8A armata e la SA armata si affacciava oltre il crinale appenninico. Le perdite però erano pesanti. L'8A armata segnalava 14 mila uomini fuori combattimento, 210 carri distrutti e quasi altrettanti gravemente danneggiati od impantanati. La SA non si trovava in condizioni migliori. Clark comunicò al generale Wilson che negli ultimi giorni le sue quattro divisioni di fanteria avevano perso, ciascuna, una media di 550 uomini al giorno. Per dirla con Clark, l'offensiva terminò lentamente, per esaurimento, quando l'obiettivo era ormai a portata di mano. 2 • Alexander commentò con amarezza che il grande successo conseguito non soltanto

1 2

W. G. F. Jackson, La battaglia d'Italia cit., p. 350 M. Clark, 5" armata americana cit., pp. 388-389.


IL RITORNO A ROMA

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era stato pagato a caro prezzo, ma non consentiva nemmeno un agevole sfruttamento del successo. «Si era creduto - riconobbe - che, dopo aver fatto irruzione nella vasta pianura della Romagna , sarebbe stato facile effettuare una rapida avanzata verso il Po; ma tutti i corsi d'acqua della Romagna e della stessa pianura padana dovevano rivelarsi ostacoli non meno gravi delle montagne sulle quali avevano combattuto» 1• A questo punto anche Kesselring si trovò di fronte ad un grosso problema. Considerato il reale pericolo che 1'8" armata riuscisse a congiungersi con la 5A a Bologna 2 e la conseguente alta probabilità che gli Alleati avrebbero passato il Po fra Ostiglia e Pontelagoscuro e puntato su Verona per impedire la ritirata delle forze germaniche situate nell'Italia nord-occidentale, si rivolse all'O.K.W. proponendo un tempestivo ripiegamento oltre Adige nel quadro di un progetto denominato Herbstsnebel (Nebbia autunnale). A prescindere, comunque, dal molto problematico consenso del Fuhrer - che di fatto non giunse - decise di organizzare una difesa in co1Tispondenza di tutti i corsi d'acqua che 1'8A armata avrebbe dovuto superare in Romagna, sino alla Linea Gengis Khan: una linea che proteggeva Bologna da est appoggiandosi all'ldice e da sud sfruttando i contrafforti appenni1ùci. A tergo fece approntare la Linea Veneta, appoggiata all'Adige. Così la progressione dell'armata britannica continuò stentatamente superando uno dopo l'altro i fiumi Uso, Cino, Savio, Bevano e Ronco a dispetto della resistepza tedesca, della pioggia battente, del fango e del continuo crollo dei ponti. Il 25 ottobre gli inglesi riuscirono a costruire una testa di ponte sul Ronco; il giorno seguente la piena spazzò via i ponti ed i tedeschi distrussero la testa di ponte. Ed il 27 il Comando del XV gruppo d'annate dovette ammettere che l'ambizioso scopo di porre fuori causa le forze tedesche in Italia esulava dalle concrete possibilità alleate, sia a causa delle perdite subite, sia perché le residue risorse logistiche non consentivano più di un paio settimane di operazioni. «Benché alla metà di ottobre la 5A e l' 8" armata fossero ad un giorno o poco più di marcia dai loro obiettivi ricordò più tardi Alexander- presto apparve evidente che la distruzione finale delle armate tedesche jn Italia si sarebbe dovuta rinviare alla primavera del 1945» 3 • Date le circostanze e visto che nello scacchiere c'era poco da sperare, Alexander tornò a pensare alla Balcania per un'azione risolutiva. Ne aveva

H. Alexander, Memorie cit., p. 170. A fine settembre, dei 92 battaglioni della 1011 annata tedesca, 10 non disponevano di più di 400 uomini, 44 ne avevano più o meno 300 e 38 meno di 200. 3 H. Alexander, Memorie cit., p. 170. 1

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LE IPOTESI OPERATIVE ALLEATE E LE CONTROMISURE TEDESCHE (da A. Kesselring, op. cit.)

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accennato a Churchill, incontrando il suo favorevole interessamento, perciò volle chiarire ai comandanti di armata quella che forse poteva essere la carta da giocare. Calcolando una sostanziale equivalenza delle opposte forze, prima dell'inverno prevedibilmente il gruppo d'mmate sarebbe arrivato ali' Adige stremato e costretto ad una sosta di qualche settimana per riordinarsi e rifornirsi. Allora ogni armata, postasi sulla difensiva, avrebbe proceduto ad una programmata attività riorganizzativi in ogni senso. Altermine di questa fase di preparazione, la SA armata avrebbe attaccato sulla direttrice di Lubiana mentre 1'8A sarebbe sbarcata in Dalmazia puntando anch'essa su Lubiana da sud-est. Superata la soglia di Lubiana, la strada per Vienna, era aperta. Alexander accarezzava la «splend ida idea ( ... ) di raggiungere Vienna prima dei nostri alleati russi»! 1• La «splendida idea>> sfumò quando Churchill, il quale il 10 ottobre da Mosca - ove si era recato per incontrare Stalin - aveva cercato di convincere Roosevelt a dirottare due o tre divisioni americane in Italia per rinforzare la SA annata, ricevette da Washington una risposta nettamente negativa: «Ogni diversione cli forze verso l'Italia - dichiarò il Presidente americano il 16 ottobre - sottra1Tebbe alla F rancia truppe fresche, di cui si ha assoluto bisogno, per impegnarle in una costosissima e non decisiva battaglia invernale cli logoramento nell'Italia settentrionale. Apprezzo il duro e diffic ile compito che le nostre armate in Italia hanno assolto ed assolveranno, ma non possiamo sottrarre al fronte principale forze necessarie all.a battaglia d i Germania( ... )» 2 •

Allora Alexander, con il benestare di Wilson, modificò leggermente il suo disegno, basandosi sul presupposto che l' avanzata sovietica in Ungheria avrebbe costretto i tedeschi non solo ad abbandonare i porti della Dalmazia, almeno quelli a sud di Zara, ma a ritirarsi verso la Croazia. L'intenzione era di creare teste di sbarco a Spalato, Sebenico e Zara per mezzo di commando,\' e piccole unità e poi, con l'aiuto dei paitigiani di Tito, acquistare il controllo delle strade verso l' interno. A questo punto 1' 8A armata sarebbe sbarcata rapidamente per attaccare in direzione di Lubiana e · di Fiume 3 . L' operazione era prevista per i primi di febbraio, quindi l'attività operativa in Italia doveva essere sospesa per la metà di novembre, sperando Ibidem , p. 172. W. Churchill , La seconda guerra mondiale cit., parte VI, I , pp. 254-255. 3 W. G. F.Jackson , fo bauaglia d'Italia cit., pp. 357-358; M. Clark , 5" armata americana cit. , p. 395. 1

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però di occupare prima Bologna e Ravenna, da utilizzare come basi internavali . A]exander discusse il piano con Clark e MacCreery il 29 ottobre: il primo rappresentò di aver perduto 20 mila uomini e che i complementi non avrebbero colmato il vuoto prima del 30 novembre; il secondo dichiarò che J'8A armata poteva mantenere la pressione sul nemico non oltre il 15 dicembre. Allora Alexander ridimensionò il piano. La 5A annata avrebbe attaccato il 30 novembre, ma solo se le condizioni meteo fossero state favor~voU e con reali probabilità di successo; 1'8A aimata doveva cercare di raggiungere il fiume Senio prima che la 5A si muovesse 1 •

IL PIANO DI ALEXANDER OLTRE L'ADRIATICO (da W. G. F. Jackson, op. cit.)

Per quanto un incidente automobilistico il 23 ottobre avesse costretto Kesselring a lasciare il comando del gruppo d'armate C al generale von Vietinghoff e ne fosse conseguito anche il cambio dei due comandanti d'armata (il gen. Lemelsen dalla ] 4A aJla IOA armata ed il gen. Ziegler al comando della I4A armata), non risultava che la condotta delle operazioni da parte germanica ne avesse risentito. L'8A armata b1itannica passò il Ronco il 31 ottobre, ma soltanto il 9 novembre entrò a Forlì. La progressione non era facile e, per giunta, la sua avanzata accorciava il fronte della lOA armata tedesca, avvantaggiandone la difesa. Ancora: i disordini politici in Grecia, sempre più mi-

1

W. G. F. Jackson, La battaglia d'Italia cit., pp. 362-363.


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nacciosi, facevano prevedere l'invio di unità dall'Italia e, in Jugoslavia, Tito non mostrava più alcuna intenzione di accogliere in Dalmazia gli anglo-americani, in conseguenza dei rapidi successi sovietici nei Balcani. Cosicché i1 22 novembre Wilson comunicò ai capi de11o Stato Maggiore Combinato che sarebbe stato costretto a limitare la sua attenzione semplicemente alla campagna d'Italia. Il 2 dicembre ricevette la direttiva che 1' invjo di ulteriori forze nei Balcani non era considerato, al momento, con favore e che suo p1imo ed immediato obiettivo doveva essere quello di conquistare Bologna e rendere sicura la linea generale Ravenna-Bologna-La Spezia e di proseguire le operazioni con lo scopo di contenere ]'esercito di Kesse!ring, facendo riposare le divisioni a rotazione. In Dalmazia dovevano essere sbarcate forze leggere per molestare ]a ritirata germanica 1 . Il 12 dicembre, inoltre, ebbe luogo un avvicendamento di comandanti ad alto livello. Wilson, promosso maresciallo, partì per Washington per sostituire il maresciallo Dill, deceduto improvvisamente, e Alexander, promosso anch'egli maresciallo con nomina datata al 4 giugno (giorno dell'entrata in Roma), assunse il comando delle Forze Alleate nel Mediterraneo. Il comando del XV gruppo d'armate fu assunto dal generale Clark 2 e la SA armata americana ricevette il nuovo comandante, generale Truscott, il 16 dicembre. Alexander, convocato a Londra da Churchill, ricevette da questi praticamente carta bianca: «Non sono affatto contento della situazione che si sta creando in Grecia. Appena tornato in Italia, voglio che andiate ad Atene a vedere ché cosa sia successo. Risolvete la situazione come vi sembra meglio, ma tenetemi rigorosamente jnformato» 3 • L'avanzata dell'8A armata proseguiva. Il 2 dicembre i canadesi presero Ravenna. Il V corpo britannico raggiunse la periferia di Faenza it 7, ma l'occupazione della città ebbe luogo il 16. Mentre Alexander decideva che la SA armata attaccasse non appena 1'8A avesse passato il Senio, al Comando del XV gruppo d'armate giunse notizia che la 14A armata tedesca stava per lanciare una controffensiva nella valle del Serchio, per tagliare gli americani fuori dal porto dal porto di Livorno. L'azione nemica ebbe inizio la

Jbidern, p. 364. "Quando - ricordò più tardi Clark - alla metà di dicembre, ebbi assunto il comando del 15" gruppo d'armate, eravamo ragionevolmente certi cbe i nostri piani sarebbero stati assoggettati ad una revisione, almeno da parte del mio governo, prima che il tempo permettesse nuovamente operazioni su larga scala" (M. Clark, 5A armata americana, cit., pp . 395-396. 3 H. Alexander, Memorie cit. , p. 175 . 1

2


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vigilia di Natale su un fronte di una decina di chilometri, ma per quanto le unità germaniche fossero riuscite.a penetrare per otto chilometri nelle linee americane, dopo una settimana di dura lotta furono arrestate e poi ricacciate indietro, con il ripristino della.situazione iniziale. Questo, peraltro, fece sfumare la possibilità che la 5" armata attaccasse in direzione di Bologna. D'altronde, dal canto suo 1'8" armata sul Senio aveva pressoché esaurito le proprie disponibilità di munizioni 1• Allora, il 6 gennaio 1945 Alexander decise di passare alla difensiva e di approfittare delJa pausa invernale per riordinare il dispositivo e di fare affluire i rifornimenti occorrenti per la prevista offensiva primaverile. È curioso rilevare che il 14 dicembre Stalin aveva proposto ali' ambasciatore americano Han-iman che cinque o sei divisioni alleate fossero inviate dall'Italia in Dalmazia con obiettivo Zagabria, per poi entrare nell'Austria meridionale e congiungersi con l'Annata Rossa. In tal guisa le forze tedesche in Italia sarebbero rimaste intrappolate nella penisola. «Ma questo è il piano di Churchill!» mormorò lo stupefatto Harriman, che obiettò: «Non si può, i nostli generali dicono che ci vuole molto tempo per addestrare i soldati agli sbarchi e poi il mare Adriatico d 'inverno è volubile». Stalin replicò con indifferenza: «Ma io intendevo parlare per la prossima primavera» 2 . Un aspetto particolare delle operazioni anglo-americane contro la Linea Gotica è costituito dall'apporto dato dalla resistenza. A metà settembre le direttive alleate furono, come sempre, generiche: «E' arrivata l'ora decisiva. Uccidete più tedeschi che potete» , cosicché il Comando del Corpo Volontari della libertà (C.V.L.), costituito in. giugno, pur considerando possibile e probabile lo sfondamento delle difese germaniche sull'Appennino tosco-emiliano, si limitò ad impartire disposizioni di massima intese ad agire contro colonne tedesche in ripiegamento e rifornimenti e si attenne alla prudenza circa l'insurrezione generale 3 . All'atto pratico, dato il pieno sviluppo della lotta partigiana in Alta Italia e nella fascia interessata dalla Linea Gotica, il concorso delle bande si verificò spontaneamente a livello locale, comunque con risultati degni di nota. Il generale Clark ricordò: «In questa zona i pattigiani non erano organizzati tanto bene quando erano più a nord, nella regione della valle padana, ma tuttavia avevano cagionato un mucchio di grattacapi

1

W. G. F. Jackson, La battaglia d'Italia cit., pp. 366-367. W. Averell Harriman e Elio Abel, SJJecial Envoy to Churchill and Stalin, New York 1975, cit. da A. Montemaggi, Offensiva della Linea Gotica cit., p. 238. 3 R. Battaglia, Storia della resistenza italiana cit., pp.401 -405. 2


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OFFENSIVA DELLA LINEA GOTICA (dal 25-8-1944 al 6-1-1995)

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ai tedeschi . Nel procedere verso nord incontrammo partigiani in numero sempre maggiore; essi ci furono di grande aiuto. Taluni erano condotti da prigionieri di guen-a alleati evasi; altri vennero aggregati senza formalità a nostri reparti e combatterono al fianco dei nostri soldati. Eccellevano nel raccogliere informazioni( ... ). I partigiani disimpegnarono pure preziosi compiti di polizia , permettendoci di concentrarci nell'insegui mento del nemico senza aspettare che si organizzassero gli uffici del Governo militare. Ci mantenevano in comunicazione coi gruppi di partigiani per mezzo di portaordini e per mezzo della radio ed emanavamo istruzioni. che coordinavano le loro azioni con le nostre» 1 •

Che i «grattacapi>> procurati ai tedeschi fossero tutt'altro che superficiali può essere dimostrato dalle selvagge rappresaglie attuate in Toscana (ad esempio, 12 agosto: S. Anna di Stazzema con 560 vittime) ed in Romagna (26 settembre-5 ottobre: Marzabotto con 1.830 morti), nonché dal noto ordine impartito da Kesselring di stroncare le insidie partigiane nelle retrovie delle armate con una «settimana di lotta». La conclusione dell'offensiva alleata giunse inattesa al C.L.N.A.I., tanto da suscitare forti dubbi e critiche nei riguardi degli anglo-americani. All' inizio di novembre le missioni di collegamento comunicarono alle bande alcune prescrizioni del Comando alleato in Italia: «J) Il massimo sforzo deve essere fatto per consumare con parsimonia tutti i materiali presenti e futuri. 2) Progetti ambiziosi devono essere affrontati con cautela.

3) Si deve far ricorso a vere e proprie tattiche di guerriglia solo in operazioni limitate al sabotaggio e ad agguati. 4) incompetenti e parassiti devono essere eliminati senza pietà. 5) Va ora posta l'enfasi sulla raccolta di informazioni rispetto alla messa in opera di operazioni. 6) Le sopra menzionate restrizioni hanno lo scopo primario di preservare il movimento di resistenza durante il temporaneo periodo di stasi» 2 •

Il 12 novembre Radio «Italia combatte» trasmise un lungo documento di Alexander, il cui inizio appare significativo: «La battaglia d'Italia ha toccato il punto in cui vanno tirate le somme. È il momento

1

2

M . Clark, 5" armata americana, cit., p. 370. Cit. in M. De Leonardjs, La Gran. Bretagna e la resistenza cit., pp. 266-267.


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propizio per l'esame della situazione. L'inverno è sopraggiunto. Nella guerra guerreggiata esistono fattori costanti (tra i quali è l'inverno) che hanno forza inesorabile cli leggi nei secoli, qualunque siano le nuove invenzioni a disposizione del comandante ( ... ).

Seguiva un riepilogo della campagna d'Italia che così chiudeva: «Gli eserciti del Gen. Alexander hanno combattuto senza posa daU' 11 maggio contro un nemico testardo, abi.le nel districarsi da situazioni minacciose ed hanno raggiunto la fase in cui il ritmo della battaglia viene inesorabilmente ed inevitabilmente rallentato per l'arrivo dell'inverno( ... ). Que,sta è la situazione degli eserciti in Italia. Il ritmo della lotta è rallentato. Questa diminuzione ciel ritmo per gli eserciti regolari porta parallelamente il rallentamento delle attività complementari combattenti del fronte della resistenza, i quali hanno la loro parte nella campagna diretta a distruggere i tedeschi ed a scacciarli fuori d'Italia( . . .)».

Poi veniva l'elogio per l'azione svolta dai patrioti e la comunicazione della riduzione dei rifornimenti: «I patrioti d'Italia si sono levati in piedi, come hanno fatto i pat1ioti di tutta l'Europa per scacciare il nemico dal Paese. Ora essi hanno un aJ.tro nemico da affrontare, l'inverno. Sarà un inverno duro per i patrioti. La campagna estiva è finita. Essi si troveranno a mal partito per vettovagliamento e rifornimenti, giacchè l'inverno ha effetto non solo sulle risorse locali, ma ostacolata fortemente anche il lancio dei rifornimenti dall' aria( ... )»

In conclusione: «La stagione estiva della lotta aperta dei patrioti è finita e la campagna invernale del1' attività celata, della preparazione sta cominciando. La prossima fase della campagna in Italia viene ora studiata e progettata ed è per essa

che i patrioti, non meno che g li eserciti, si prepareranno. Quando il tempo venà gli ordini saranno dati e la prossima fase avrà inizio».

Il prosieguo del documento riportava le «Nuove istruzioni» ai patrioti 1, che vennero ripetute il 13 novembre dalla stessa stazione radio in un «proclama>> assai più breve: «La campagna estiva iniziata l'lJ maggio e condotta senza interruzioni fin dopo lo

1

Relazione Messe cit., pp. 156-159.


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sfondamento della Linea Gotica è finita; inizia ora la campagna invernale. In relazione ali'avanzata alleata, nel periodo trascorso era richiesta una concomitante azione dei patrioti; ora le piogge e il fango non possono non rallentare l'avanzata all.eata e i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l'inverno. Questo sarà duro, molto duro per i patrioti, a causa delle difficoltà di rifornimenti di viveri e di indumenti: le notti in cui si potrà volare saranno poche nel prossimo periodo, e ciò limiterà pure la possibilità dei lanci; gli Alleati però faranno il possibile per effettuare i rifornimenti. In considerazione di quanto sopra esposto il generale Alexander ordina le istruzioni come segue: l. cessare le operazioni su larga scala; 2. conservare le munizioni ed i materiali e tenersi pronti a nuovi ordini; 3. attendere nuove istruzioni che verranno date o a mezzo radio 'Italia combattè' o con mezzi speciali o con manifestini. Sarà cosa saggia non esporsi in azioni troppo arrischiate; la parola d'ordine è: stare in guardia, stare in difesa; 4. approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare tedeschi e fascisti; 5. continuare nella raccolta delle notizie di carattere militare concernenti il nemico, studiarne le intenzioni, gli spostamenti, e comunicare tutto a chi di dovere; 6. le predette disposizioni possono venire annullate da ordini di azioni particolari; 7. poiché nuovi fattori potrebbero intervenire a mutare il corso della campagna invernale (spontanea ritirata tedesca per influenza di altri fronti), i patrioti siano preparati e pronti per la prossima avanzata; 8. il generale Alexancler prega i capi delle formazioni cli portare ai propri uomini le sue congratulazioni e l'espressione della sua profonda stin1a per la collabocazione offerta alle truppe da lui comandate la scorsa campagna estiva» 1•

Non sembra possibile dubitare della sincerità delle istruzioni di Alexander. Esse derivavano da motivazioni di carattere chiaramente militare: decisione di Wilson di attribuire precedenza ai partigiani jugoslavi rispetto agli italiani; inequivocabile affievolimento dell 'offensiva alleata sulla Linea Gotica; concreta prospettiva di un nuovo (e non preventivato) inverno cli guerra. Senza contare che l'indicato «ritorno» ad operazioni partigiane di sabotaggio, colpi di mano, informazioni, ecc., si traduceva in quei compiti che gli Alleati avevano sempre e solo richiesto alla Resistenza italiana. Sembra opportuno soffermarsi brevemente sul dolente punto dei rifornimenti alleati, la cui insufficienza provocò discussioni ed accuse. In re-

1

ln F. Catalano, Sioria del C.L.N.A.l. cit., pp. 280-281 .


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altà vari documenti attestano che a metà settembre la politica del generale Wilson fosse di «dare ai patrioti italiani il massimo appoggio» e difatti a tale scopo era già stato «dirottato ogni possibile sforzo dalla Jugoslavia all'Italia» 1 • A metà ottobre, però , Wilson rivide il proprio pensiero sull'argomento, in relazione al ventilato progetto dello sbarco in Dalmazia: «Se dobbiamo sfruttare - scrisse ai capi dello Stato Maggiore Combinato jl 24 ottobre - l'opportunità offertaci dall' attuale situazione critica nemica nel1' Adriatico orientale di annientare la maggior parte possibile delle forze attualmente dislocate in Grecia e Jugoslavia ( ... )dobbiamo accettare una immediata riduzione della nostra offensiva aerea nel nord Italia ( ... )». Quindi aveva disposto di «dare priorità ai rifornimenti aerei per i partìgiam nella Jugoslavia del Nord, rispetto a quelli in Italia settentrionale» 2 • Intervenne Churchill e pose la questione all'esame del Comitato dei Capi di S.M. britannici, i quali, nelle riunioni tenute il 30 ed il 31 ottobre , concordarono nel reputare che <<i partigiani jugoslavi [avrebbero potuto], nelle circostanze attuali, dare un maggior contributo alle operazioni contro la Germania dei partigiani dell'Italia del Nord» e che quindi la decisione doveva essere presa da Wilson. Questi assicurò di aver risolto adeguatamente il problema, avendo assegnato al C.L.N .A.I. 320 tonnellate mensili contro una richiesta di Alexander limitata a 70 tonnellate . Peraltro, come Alexander si affrettò a precisare a Wilson il 1° novembre, la richiesta fatta era iniziale e riferita solo ad un minimo di armi, ma ad essa occorreva aggiungere 300 tonnellate per'indumenti e cibo. In conclusione, di fronte al fallimento dei lanci in ottobre (97 tonnellate contro le 600 previste) 3 . Churchill intervenne ancora ed il Comitato dei capi di S.M. gli rispose che le assegnazioni erano state stabilite quando si calcolava che le armate di Alexander «potessero conseguire un importante sfondamento del fronte e potessero giungere sino alla linea del Po». Per questo era stato previsto un appoggio alla resistenza italiana su ampia scala. Purtroppo «le condizioni del tempo e quelle tattiche» avevano impedito di raggiungere l'obiettivo e adesso «era chiaro che l'offensiva del generale Alexander non avrebbe conseguito il successo sperato e che gli scopi di

M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza in Italia cit., p. 260. Jbidem , pp.26 1-262. 3 La Special Force n.l aveva programmato <li riservare ai partigiani italiani 700 tonnellate ad ottobre (poi ridotte a 600), 350 a novembre e 150 a dicembre, sul totale delle cluenùla disponibi li di 1ifornimenti mensili per i Balcani e l' Italia (E. Aga Rossi, Alleati e resistenza in AA.VV., Problemi di storia della !?esistenza in Friuli, 1, Udine 1983, pp. 2!0-214). 1

2


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I,

!J.

un'azione partigiana in appoggio alle operazioni del generale Alexander erano molto ridotti» 1 • In definitiva, un'accusa ad Alexander di voluta trascuratezza o peggio per il movimento partigiano è sicuramente mal collocata. Si aggiunga che proprio il 13 novembre egli si rivolse al generale Wilson in questi tennini: «In questo momento il contributo che le attività partigiane possono dare alla sconfitta del nemico in Italia è stato seriamente ridotto a causa della mancanza di rifornimenti. Considero importante che venga fatto tutto il possibile per aumentare il lancio di rifornimenti ai partigiani italiani in modo da consentire loro di effettuare il massimo sforzo in collegamento con le mie operazioni offensive in dicembre . Ritengo che questo compito dovrebbe avere priorità su certe missioni di bombardamento se una tale misura è necessaria per ottenere il supporto aereo richiesto» 2 • Rimane la strana diramazione delle direttive di Alexander, sia quelle del 12 novembre, sia quelle del 13, ripetute più volte: la radio anziché un messaggio al C.L.N.A.I. e al C.V.L.. Come è noto, il «problema» incontrò varia accoglienza nel movimento partigiano, ma in generale negativa. L'interpretazione più favorevole fu che si trattava di inesatta valutazione delle circostanze o di noncuranza per i rischi che stavano correndo le bande partigiane soprattutto nel Friuli e nelle Langhe, ove erano in corso sanguinosi rastrellamenti. Quella più sospetta collegò il proclama con il contrasto affiorato fra gli Alleati. I sovietici avevano consentito recentemente che i tedeschi annientassero la rivolta di Varsavia condotta da insorti non comunisti e pe1fino impedito a Gran Bretagna e Stati Uniti di inviare aiuti ai polacchi. Allora: in Italia la Resistenza doveva essere liquidata nel corso dell'inverno in modo da non dare agli Alleati più alcuna preoccupazione politica di un movimento di massa comunista nell'Italia settentrionale 3• <<Il proclama - scrisse Bocca - è un madornale errore psicologico ( ... ), accentua il vittimismo comunista giunto in alcuni dirigenti garibaldini à forme maniache. Si riascoltano le romanzesche supposizioni di diabolici intrighi» 4 • Longo, volendo interpretare i risentimenti della base, propose al Comando C.V.L. le seguenti direttive: «La battaglia continua e deve continuare per gli eserciti alleati e anche per le forze pa1tigiane. Le istruzioni di Alexander si sono proposte solamente, come del resto è stato precisato in successive dichiarazioni alla radio, di adeguare alla lotta partigiana al ritmo

1

Ibidem, pp. 252-253. M . De Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana cit., pp. 267-27 1. 3 Paul Ginsburg, Storia d'Italia 1943-1996 cit., p. 63. 4 G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana cit., p. 444. 2


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delle operazion i militari alleate. Perciò ogni richiamo alle direttive di Alexander per giustificare proposte di smobilitazione, di ' contrazione' delle forze e della lotta partigiana, di 'invii in licenza', di stasi operativa per la stagione invernale, è assolutamente ingiustificato(. .. ). Noi dobbiamo prevedere per le prossime settimane e per i successivi mesi non un indeboli mento della lotta, ma bensì la sua intensificazione e l'allargamento delle formazioni ( ... )»

l.

La circolare fu approvata ma, naturalmente, la realtà invernale provocò una stasi anche nella lotta partigiana.

Pietro Secchia e Filippo Frassati, SJ.oria della Resistenza, Ed. Riuniti , Roma 1965, p. 343. 1



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Capitolo VII LA LIBERAZIONE l. IL SECONDO GOVERNO BONOMI

Il commento dell'ambasciatore americano KiJ·k a proposito della soluzione cJella crisi politica italian, quale risulta da una relazione del 10 dicembre 1944, ebbe un tono distaccato: «Sebbene sia presto per esprimere con certezza il significato del nuovo gabinetto, appare chiaro che i comunisti ed i democristiani sono in una posizione preminente. I comunisti sono ben ricompensati per la loro partecipazione. Con Togliatti alla vicepresidenza, Bonomi non avrà probabilmente mano libera come nel precedente governo ed avrà più difficoltà a temporeggiare ( ...) . Bonomi, commentando oggi la composizione deJ nuovo governo, ha espresso la sua soddisfazione e detto che esso avrebbe rappresentato una maggiore unità ed efficienza. Ed ha aggiunto che il Partito d'Azione ha sempre rappresentato un elemento di disturbo nel precedente governo e i comunisti, che non avevano manifestato alcuna intransigenza , sarebbero stati ben controbilanciati dai tre partiti moderati»•. 0

Se da un canto l'appoggio «esterno» offerto dai socialisti e dagli azionisti ai comunisti poneva questi ultimi in una posizione in certo senso di forza rispetto ai colleghi di governo, per altro verso il Comitato centrale di liberazione nazionale con questi nuovi sviluppi entrava in crisi. Se già con la liberazione di Roma aveva perduto molto della sua importanza e del suo peso politico , in quanto inevitabilmente superato dal Governo , ora il già scarso equìUbrio interno si rompeva e le divergenze fra i partiti emergevano senza possibilità alcuna di compromessi. Per giunta, lo stesso Governo si presentava male: ridotto quanto a partecipazione dei partiti, formato da uomini quasi tutti provenienti dal gabinetto precedente e, infine, privo di novità di programma. In definitiva, a molti sembrò di assistere ad un ritorno alla politica liberale del periodo prefascista. Da ciò le accuse di scarsa volontà di rinnovamento del]' apparato statale

1

Cìt. in Lamberto Mercuri, 1943-1945. Gli Alleati e l'Italia, E .S.I., Napoli 1978,p.20.


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e di netta insufficienza nell'azione politico-legislativa intesa ad eliminare ogni traccia de] regime fascista. In sostanza si parlò cli «restaurazione». Quanto all'opinione pubblica, secondo la relazione inviata dal prefetto di Roma al ministro clell 'Interno il 10 gennaio 1945, «la grande massa della popolazione, pur presa dagli importanti problemi della vita quotidiana( ...) e pur avendo seguito e giudicato la crisi di governo con alquanta severità, come provocata dalle intemperanze dei partiti, o, in molti casi, con indifferenza, ha in definitiva accolto favorevolmente il programma del nuovo Governo, trovando in esso il principio di un'azione realistica e diretta effettivamente all'opera di ricostruzione, di cui tutti sentono las piuù grande necessità» .Tuttavia, dai rapporti delle Prefetture risu ltava che nei confronti dei partiti le critiche erano aspre e pungenti. Era «impressione assai diffusa che essi, anziché curarsi dei problemi che riguardavano la rinascita del Paese ed orientare a tal fine una loro concorde attività, si perdano in questioni sterilì, dando agli Alleati spettacolo di incomprensione e di sbandamento e privando il Governo di quell'appoggio e di queJla solidarietà che, specie in questo particolare momento, si rendono indispensabili per il bene comune . La mancanza poi di coesione spesso notata fra i gruppi politici e la continua inflazione di partiti non fanno che accrescere la diffidenza del popolo ed il suo conseguente assenteismo dalla vita attiva politica, con profonda ripercussione sulla vita dei partiti stessi, non essendosi ancora la coscienza popolare orientata verso un determinato ideale politico» 1 • Il secondo governo Bonomi, oltretutto, doveva affrontare alcune incognite di non poca rilevanza, quali l'effetto del!' opposizione dei socialisti e degli azionisti nel Paese; le difficoltà sempre più gravi nell'ordine pubblico e nel settore dell'alimentazione; la precarietà dei contatti con il C.L.N.A.l.; le ambiguità e la scarsa chiarezza delle posizioni degli Alleati. Per il momento, quindi, fu dichiarato «transitorio», pronto a ritirarsi non appena finita la guerra. Uno dei primi provvedimenti, cui si manifestarono concordi tutti i partiti, riguardò la chiamata alle armi ed il richiamo di alcune classi; nell'intento di potenziare ìl contributo militare italiano all'ultimo atto della guerra di liberazione. Il decreto venne accolto aI1 'opinione pubblica «con segni evidenti cli ostilità» - degenerati in Sicilia in violente manìfestazionie provocò da parte di repubblicani, socialisti e comunisti la richiesta di creare battaglioni di volontari, comandati da ufficiali non compromessi con

1

ACS , Ministero dell'Interno, Gabinetto 1944-1947 , n. 31, fase. 2446.


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il fascismo, verosimilmente allo scopo di evitare la ricostituzione del Regio Esercito 1 • Come era naturale, le Forze Armate si trovarono subito cojnvolte nelle diatribe. In un articolo di «Realtà politica>> fu ripresa e rilanciata un 'accusa già circolante con frequenza: «( ...) Un esercito che non è stato epurato e che si è stretto nei suoi quadri per resistere ad og!li sana ventata epiuratrice. Un esercito che troppi tendono a rendere di parte, esercito monarchico, macchina da propaganda monarchica, pensando piuttosto alla battaglia politica di domani contro il popolo italiano che vuole rinnovarsi nella democrazia» 2 .

Il 24 novembre 1944 si era verificato un episodio sgradevole che aveva dato la stura ad una scia di dure riprovazioni e di polemiche. Que] giorno una rappresentanza del gruppo di combattimento Friuli, in trasferimento dal sud verso le Marche, venne fatta sfiJare attraverso Roma. Le accoglienze popolari furono vive e sincere ma, poco prima del passaggio in via dell' Impero davanti al palco delle autorità civili e militari, un gruppo di giovani ,agitando una bandiera rossa , strappò e gettò a terra la bandiera tricolore collocata sulla statua di Cesare, senza che alcuno intervenisse tempestivamente. Il genera1e Browning ed il colonnello Pilsdley, presenti, rimasero così disgustati che - racconta il generale Berardi - <<non vollero più saperne di sfilate per Roma di altri Gruppi di combattimento, e risposero sdegnamente di no ogniqualvolta il Ministero e lo Stato Maggiore insistettero per ottenerle» 3. Il 14 dicembre iniziò a Roma il primo processo tenuto daU' Alta Corte di giustizia a carico dei generali Riccardo Pentimalli, già comandante del XIV corpo d ' armata, ed Ettore Del Tetto, comandante della Difesa territoriale di Napoli, accusati di non aver applicato la direttiva Op.44 e di essere rimasti inattivi di fronte all'aggressione tedesca. Gli imputati dovevano rispondere di reati gravissimi: disobbedienza, abbandono d.i comando , aiuto al nemico con guanto ne derivava. Giustamente Rodolfo Prosio ha lilevato che, trattandosi di questioni tecnico-militari, competente in materia era il Tribunale militare - e difatti nel 1948 il maresciallo Graziani fu rinviato dalla Corte d'Assise straordinaria al Tribunale militare di Roma- , ma «in quel mo-

E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfitta cit., pp.340-341 . «Realtà politica», anno I , n. 3, data 30.l.l 945. 3 P. Berardi, Memorie di un Capo di S .M. dell'Esercito cit., pp .193-194. Tuttavia il 1° dicembre una colotuia del gruppo Cremona, forse senza una particolare cerimonia, passò per Roma in un tripudio popolare (Ettore Musco, Il 21 °.fanteria «Cremona» nella guerra di liberazione, Tip .Reg., Roma 1962, p.26). 1

2


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mento prevalsero evidentemente le ragioni poJitiche, che volevano punire nei due generali le inerzie attribuite agli Alti Comandi militari» 1• Il clamore suscitato dal processo - i due generali furono condannati a 20 anni di reclusione militare ed alla perdita del grado per abbandono di comando - spinse il maresciallo Messe, il 5 gennaio, a rivolgersi a Bonomi, prendendo spunto essenzialmente dal deferimento all'Alta Corte di giustizia dell'ex-sottosegretario Suvich e del generale Roatta: «Si manifesta - scrisse - sempre più frequente, in molti organi della stampa e recentemente anche in trasmissioni radio italiane e alleate in lingua italiana, la tendenza a trar partito della comunicazione di denunzia a carico di Generali e dalla cronaca di processi per coinvolgere in uno stesso giudizio di colpabilità ò di incapacità titti i comandanti o per gettare discredito e fango sulle istituzioni mjlitari. Sento il dovere di protestare energicamente contro questa violenta campagna che offende, senza discriminazioni, 1' onore delle Forze Annate non offuscato dalla sconfitta militare cui l'hanno esposto errori politici fondamentali ( ...)».

Se poteva ritenersi comprensibile e naturale che, «nel disastro e nella terribile miseria dell'ora presente», l'esasperazione degli italiani si rivolgesse ad una «febbrile distruzione» di tutto ciò che si ri.connettesse al passato regime senza molto soffermarsi a distinguere fra buono e cattivo, spettava al Governo impedire che le passioni finissero per offendere il più elementare senso di giustizia. «Confondere il sacrificio cosciente di coloro che hanno fatto dono della propria vita ad una concezione superiore e immutabile del dovere - continuava Messe- con uno spregevole fenomeno cli servilismo al passato regime sarebbe, oltre che iniquo, estremamente pericoloso. Spetta agli ordinamenti politici ciel Paese assicurare che mai più si ripetano situazionj come quella che ha dato origine al! 'attuale disastro. Spetta alle Forze Armate, in ogni caso, di ubbidire disciplinatamente agli ordini dei capi responsabili della politica dello Stato ( ...)».

In sostanza, Messe non escludeva affatto di doversj procedere «( ...) a carico di quei capi, la cui azione appaia deficiente o colpevole in rapporto all'esercizio delle proprie funzioni»; ma poiché di solito si trattava di emettere giudizi concernenti situazioni di carattere tecnico-militare, riteneva opportuno che sede naturale di tali giudizi fossero tribunali militari,

1

Rodolfo Prosio, Problemi della giustizia in «L'Italia in guerra. Il quinto anno. 1944» , CISM, Roma 1955, pp.577-578.


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convenientemente costituiti e politicamente neutrali. E concludeva ricordando che nel programma del nuovo Governo figurava il proposito di «difendere contro tutti gli attacchi» lo sforzo bellico dell'Italia, come un «dovere supremo» da assolvere «con ferma decisione» 1 • A quanto pare le doglianze del maresciallo non trovarono alcun sostegno da patte di Bonomi, tanto che a fine gennaio un nuovo grave colpo venne recato al prestigio dell'Esercito da una proposta avanzata dal ministro del Guerra. Il generale Berardi, capo di S.M. dell'Esercito, era venuto in contrasto con il generale Chatrian, sottosegretario alla Guerra, a proposito del riordinamento del ministero della Guerra. Il primo proponeva di attribuire allo Stato Maggiore le compet,enze tecniche ed assegnare quelle logistico-amministrative ad un nuovo organo, la Segreteria generale, lasciando al ministero le competenze di carattere politico-finanziarie. Il secondo sosteneva l'accentramento al ministero anche del controllo in materia tecnica, privando in sostanza il capo di Stato Maggiore di ogni responsabilità di comando diretta 2 • Il ministro Casati condivise in toto il pensiero di Chatrian ed il Consiglio dei ministri approvò la determinazione «come un fatterello di ordinaria ammi.tùstrazione». Il comunicato ufficiale partecipò il provvedimento in questi termini: «li Consiglio dei Minjstri, ritenendo cessate le ragioni fondamental i per le quali al capo di stato maggiore dell'Esercito erano devolute attribuzioni separate e, entro certi limiti, indipendenti dal Ministero della Guerra , ha deliberato che il capo di stato maggiore s.ia alle dipendenze del Ministro della Guerra suo organo tecnico, ed ha dato mandato al Ministro della Gue1i-a di propotTe, con criteri di semplificazione, il nuovo ordinamento dell'amministrazione della Guerra. A capo di stato maggiore dell'Esercito è stato nominato il generale di brigata Ercole Ronco. Al generale Berarcli, già capo di stato maggiore, è stato affidato il comando delle.Forze Annate della Sicilia» 3 •

Berardi non mancò di esporre il proprio pensiero con promemoria personale per Casati. Lo Stato Maggiore dell'Esercito - avvertì - veniva praticamente a trasformarsi in una Direzione generale ed il principio delle piena responsabilità del suo capo risultava leso in modo decisivo. Inoltre il grado attribuito a tale emica non poteva non incidere sul prestigio dell'istituzione,

1

Luigi Emilio Longo , Giovanni Messe. L'ultimo Maresciallo cl' Italia , USSME, Roma

2006, pp .616-620. 2 P. Berardi, Memorie di un capo di S.M. dell'Esercito cit.,pp.267-274. 3 lbidem, pp.234-236.


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con grave ripercussione sui rapporti di servizio nell'ambito dell'Esercito , proprio in momento in cui i gruppi di combattimento entravano in linea per battersi. Tra l'altro, con quale autorevolezza un generale di brigata poteva sostenere discussioni di problemi militari e di scelte operative con i generali alleati di rango molto più elevato? Per giunta, la Marina e l' Aeronautica continuavano ad avere al vertice rispettivamente un ammiraglio di squadra ed un generale di squadra aerea! E Berardi concludeva: «( ...) Il defunto regime ha rovinato 1'Esercito a forza di scosse e squilibri consentiti eia autorità tecniche asservite aJla politica. Oggi le colonne dei giornali sono irte cli critiche contro le alte gerarchie militari, che non hanno saputo parlare e prevalere quando scosse e squilibrio venivano inferte alla compagine dell'Esercito. Ed hanno pienamente ragione. Ho ritenuto pertanto mio debito cli carica e di onestà far presente il mio pensiero, con tutta la possibile chiarezza e lealtà» 1•

Anche Messe era sceso in campo manifestando a Bonomi le stesse considerazioni . Risultato: il 4 aprile 1945, nell'imminenza della vittoriosa offensiva alla quale avrebbero partecipato i nostri gruppi di combattimento, Messe ricevette questa lettera da Bonomi: «Caro Maresciallo, in attesa che il Comando Alleato dia il suo placet alle nuove funzioni del Capo di Stato Maggiore Generale, il Consiglio dei Ministri ha voluto stamani discutere lo schema cli decreto di cui ieri le ho riferito il contenuto. Come Ella sa, la figura ciel capo cli S.M. Generale si riduce a quella cli un consulente tecnico del Presidente ciel Consiglio, che, per il tramite dei Ministri militari, è tenuto al corrente delle questioni militari . Il Consiglio, opinando che il compito, così ridotto, non consenta cli affidare l'ufficio ad altissimo grado, ba deciso che la scelta del titolo si faccia tra generali d'Armata, designati d'Armata, e di Corpo d'Armata e gradi corrispondenti nella Marina e nell'Aeronautica, escludendo i Marescialli d'Italia. Ella, che conosce il mio pensiero, può immaginare il mio disappunto. Ho voluto informarla subito perché non Je arrivi deformata per già l'inattesa deliberazione» 2 .

In compenso, per così dire, poco dopo Casati ritornò sui suoi passi no1

Ibidem, pp.275-278. LE. Longo, Giovanni Messe cit., pp.595-698. In data l O magg io il generale designato d'annata Claudio Trezzani sostituì Messe nella carica. 2


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minando capo di S .M. dell'Esercito il generale di divisione Raffaele Cadoma, bene accetto ai partiti più forti per i meriti acquisiti ne11a lotta partigiana nell'Italia settentrionale. Intanto il processo Roatta dava qualche pensiero anche agli Alleati, o meglio alla Gran Bretagna. Macmillan ebbe un colloquio con il marchese Lucifero, ministro della Real Casa, il 12 gennaio, annotando: «Il generale Roatta deve essere processato fra una settimana e il processo forse rivelerà un gran numero cli particolari intorno alla firma dell'armistizio nel settembre 1943, oltre a qocumenti ciel Servizio Segreto relativi al periodo 1934-1939, probabilmente assai dannosi per il governo americano e per quello inglese. Si dice addirittura che Roatta - il quale dirigeva un ottimo Servizio segreto, che si procurava tutti i telegrammi per e da Londra e Washington, avvalendosi della possibilità di ottenere le chiavi delle casseforti romane - abbia un documento in cui Chamberlain offre le colonie francesi (per esempio la Tunisia) a Mussolini»

1

Perciò MacMillan decise di incaricare )'ammiraglio Stone di chiedere a Bonomi di ordinare l'inammissibilità, sia da parte de11' accusa che da quella della difesa, di prove riferentisi alle.· operazioni alleate ed a documenti appartenenti (o presumibilmente appartenenti) ad un Governo alleato. Prima però volle essere sicuro dell'appoggio americano. Fece telegrafare al Foreign Office per sapere se il Dipartimento di Stato concordava in proposito, e non ricevette risposta diretta né dall'uno né dall'altro. Comunque, annotò, «a volte anche nela confusione della politica italiana avevamo qualche colpo di fortuna»: non era ancora iniziato il processo che Roatta «scomparve» dalla clinica Cardarelli dove si trovava ricoverato per malattia. Naturalmente le sinistre videro in questo episodio «un complotto reazionario fascista» 2 . Così il 6 marzo una folla urlante, convocata al Colosseo, chiese le immediate dimissioni del Governo Bonomi, complice della fuga, la cacciata del Luogotenente Generale del regno e l'urgente proclamazione della repubblica. Poi una parte dei manifestanti si portò davanti a] Quirinale, dove si era sparsa la voce si fosse rifugiato Roatta, ed un esaltato cercò di lanciare una bomba contro i carabinieri che sbarravano l'accesso al palazzo, rimanendo però sfracellato dall'ordigno esploso al momento del lancio. Al-

1

2

H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra cit., p.668. !bidem, p. 669.


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il

lora la folla si diresse furibonda verso il Vimfoale, sede del Governo, :invadendolo ed una delegazione dei rappresentanti dei partiti, con il comunista Velio Spano, direttore de «L'Unità», alla testa, sollecitò il sottosegretario Molé per le pronte dimissioni del governo, l'abolizione dell'Arma dei carabinieri e la sua sostituzione con una Guardia nazionale repubblicana. Intervenne Bonomi personalmente promettendo di parlare della questione l'indomani in sede di Consiglio dei ministri 1• Per fortuna , ricordò Andreotti, una occasionale ripresa cinematografica permise di constatare, il giorno seguente, che il dimostrante era morto non per uno sparo dei carabinieri bensì perché, stretto dalla folla, gli era scoppiata sul petto la bomba che stava per lanciare 2 .

*** La questione istituzionale era tornata a galla nella lotta politica interna, coinvolgendo le Forze Armate ed in primo luogo l'Esercito, in quanto si stimava che un silenzio in proposito avrebbe potuto favorire - nell'acclarato clima di <<restaurazione» - il mantenimento della monarchia. Per questo i partiti più impegnati per l'instaurazione della repubblica guardavano con speranza e fiducia al C.L.N.A.I., considerato in grado di gettare sulla bilancia un peso decisivo . Ma .il C.L.N.A.l. era assillato dai problemi suoi ed intendeva risolverli in modo radicale . Consapevole del significato politico rivestito dalla resistenza armata nell'Italia settentrionale e dell'autonomia già conferitagli da Bonomi nella direzione della lotta partigiana, puntava ad un riconoscimento ufficiale dal Comando Supremo alleato del Mediten-aneo, che, tra l'altro, lo avrebbe posto alla pari con il Governo. E questa «investitura» formale doveva riguardare non soltanto le operazioni sino al termine delle ostilità, ma anche consentire un'affermazione politica al momento della liberazione. In sintesi: un costante sostegno logistico all'azione delle bande, un adeguato finanziamento, il riconoscimento del C.V.L. come regolare forza armata, un accordo circa la designazione alle cariche politiche ed amministrative locali all'atto della cacciata dei tedeschi. Il pensiero degli Alleati su questi desiderata non era del tutto univoco e gli inglesi, che in materia avevano maggior voce in capitolo, si mostravano assai più rigidi degli americani. A fine ottobre 1944 il ten. colonnello Ro1 2

G. Artieri, Cronaca del Regno d 'Italia cit., Il, pp.967-968. G. Andreotti, Visti da vicino cit., p.45.


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seberry, dopo alcuni colloqui avuti in Svizzera con Pizzoni e Valiani, i quali professavano piena lealtà nei confronti del Governo italiano, concluse il suo rapporto al Foreign Office in questi tem1ini: a prescindere da alcune critiche circa «l'influenza( ...) troppo pesante>> del partito comunista e del partito d'azione e la Jotta con cui ogni partito curava i propri interessi, anche a scapito dello sforzo comune, tutto sommato «gli Alleati dovrebbero appoggiare il C.L.N .A.I. e nello stesso tempo mantenere stretti contatti per assicurarsene il controllo operativo. L'erogazione di fondi potrebbe essere condizionata all'accettazione di tale controllo» 1 • Ad ogni modo il Comando alleato, pur disposto ad esaminare e discutere con una delegazione del C.L.N.A.I. i problemi connessi con la situazione politico-militare in Alta Italia, da un lato non intendeva sminuire il prestigio e le prerogative del Governo di fronte al Comitato di liberazione e dall'altro non consentiva ad entrambi di interferire con le esigenze operative alleate nelle zone di operazioni, cioè nell'Italia occupata. Il 7 novembre, dunque, una delegazione del C.L.N.A.I. composta da Pizzoni, Pani, Pajetta e Sogno, partì da Lugano per incontrarsi in Italia con il Governo e con il Comando Supremo de] Mediten-aneo. Giunse a Napoli la sera del 14 ed il giorno seguente fu a Monopoli, sede del Comando della Special Force. Nelle conferenze «preliminari» del 15, 16 e 17 novembre con ufficiali del la Special Force furono trattati vari argomenti e, ovviamente, il riconoscimento ufficiale del Comitato di liberazione ed il finanziamento regolare della Resistenza. Circa il primo punto, Pizzoni chiarì che sin dall'agosto il Governo italiano aveva riconosciuto il Comitato come «l'autorità coordinatrice di tutte le attività di resistenza» nel Nord. Il documento originale, affidato a Sogno, era stato però r itirato a Caserta perché il Comando alleato non permetteva che il Governo prendesse decisioni che avevano riflessi in campo operativo. Il C.L.N.A.l., peraltro, avendo ricevuto comunicazione della delega governativa sia dal ministero degli Esteri, tramite l'ambasciata di Berna, sia verbalmente da Sogno, si era ritenuto investito di corretti poteri di governo regolandosi cli conseguenza. Nessun dubbio, comunque, che la questione dovesse essere definita formalmente data la sua capitale importanza. In merito al finanziamento , furono illustrate le necessità e la prevista ripartizione dei fondi, nonché il modo di recapitarli. Dopo la trattazione cli ta-

1

285 .

M. de Leonardis, Ln Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp.284-


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luni aspetti tecnico-militari, la delegazione, su richiesta della Special Force, puntualizzò le relazioni in atto con le autorità svizzere, con gli sloveni e con la Francia. Infine assicurò che il C.N.L.A .I. esercitava realmente il pieno controllo del movimento di liberazione nazionale 1 • La seconda tappa fu Roma (18 novembre) , dove, a ricordo di Pizzoni, «ebbero luogo i primi contatti con uomini politici italiani e furono in complesso disastrosi: ne uscimmo addoloratissimi per l'assoluta incomprensione nei nostri riguardi, per la completa ignoranza di quanto facevamo e delle nostre tremende difficoltà» 2 • Il giorno 20 la missione fu ricevuta da Bonomi. Sogno commentò che il presidente del Consiglio «ignorava evidentemente lo stato d'animo della delegazione» e , pur dichiarando comprensione e buona volontà, si tricerò dietro la volontà della Conunissione Alleata: «Il Governo italiano non c'entra per nulla» spiegò, stringendosi nelle spalle 3 . D 'altronde la crisi ministeriale, apertasi il 26 novembre, provocò una battuta d'arresto nelle conversazioni. Più proficui si palesarono i colloqui con i capi dell'O.S.S. , generale Stanwell, e del S.0.E., comandante Holdsworth , ma anche tra gli Alleati si riscontravano divergenze di opinioni. Holdsworth dichiarò che, a suo giudizio, il C.L.N .A .I. risultava ormai «così potente» che la mancata delega ad esercitare temporaneamente funz ioni governative nel Nord da parte del Governo italiano avrebbe avuto «conseguenze disastrose>> per l'unità della nazione. L'ammiraglio Stone, invece, non solo contestò la rappresentatività del C.L.N.A.L, ma non esitò a reputare pericoloso rafforzare la sua posizione, data la possibilità che al momento della liberazione assumesse un atteggiamento d'indipendenza rispetto al Governo. Bonomi, a suo avviso , avrebbe fatto meglio a tenere in sospeso il riconoscimento per usarlo come «mezzo di pressione». In una riunione tenuta il 21 novembre dal comitato politico del Comando Supremo del Mediterraneo, MacMillan fece presente che, «sebbene l'esperienza passata in altri paesi avesse mostrato che il riconoscimento dei movimenti di liberazione comportava pericolose conseguenze, in questo caso il vantaggio dal punto di vista militare sembrava imporlo». Allore il generale Wilson dispose di orientarsi a concludere un accordo tripartito: Comando del Mediterraneo, C.L.N .A.I. e Governo italiano (pur senza esercitare pressioni su Roma) 4 • 1

A. Pìzzoni, Alla guida del C.LN A.I. cit., pp.74-78 . Ibidem, p.78. 3 E. Sogno, Guerra senza bandiera cit., p.206. 4 M. de Leonardìs, La Gran. Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp.291292. 2


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Il 23 novembre i delegati del Comitato di liberazione vennero ricevuti a Caserta da Wilson, il quale ascoltò attentamente quanto stava a cuore ai suoi interlocutori. Due erano g]i argomenti principali: l'urgenza che il C.L.N.A.I. venisse riconosciuto come l'organo promotore e coordinatore della lotta di liberazione nel Nord ed un finanziamento sufficìente per superare le minacce tedesche e le difficoltà invernali. Wilson assicurò che «la Commissione Alleata avrebbe tra breve suggerito al Governo italiano che era ormai giunto il momento per riconoscere il Comitato»; quanto al contributo economico di 160 milioni mensili giudicato necessario da Pizzoni, si mostrò orientato ad aumentare la somma di 100 milioni mensili inizialmente ,stabilita. Invece la discussione circa il disarmo delle formazioni partigiane non trovò sbocco, essendo fenna la convinzione degli Alleati al riguardo. Vista questa rigidità, i delegati pensarono cli poterla superare inducendo il Governo a precedere la decisione anglo-americana. Con un promemoria presentato il 25 novembre a Sergio Fenoaltea esortarono Bonorni a riconoscere il C.L.N.A.I. ed a dichiarare il «Corpo Volontari della Libertà come organizzazione unitaria del movimento della resistenza armata nell'Alta Italia». Nel contempo il Governo doveva appoggiare la specifica richiesta che il Comando Generale del C.V.L. avrebbe indirizzato al Comando Supremo alleato per «il riconoscimento del Corpo stesso come esercito regolare e la notificazione internazionale di esso a tutti gli effetti, in quanto sono state soddisfatte le condizioni previste dalla Convenzione di Ginevra (denominazione, uniforme, distintivo. armamento visibile)», con quanto dal suo accoglimento sarebbe derivato. Il testo di tale richiesta merita di essere riportato in gran parte: «I. Il CVL considera essenziale evitare il disarmo e la dissoluzione dei suoi reparti man mano che essi siano raggiunti daU'avanzata alleata, sia per l'apporto che essi possono dare alla costituzione ciel Nuovo Esercito Italiano, sia per non pregiudicare mortalmente l'efficienza combattiva dei volontari nel periodo di guerra che ancora li attende. Il CVL giudica necessario che esso possa inquadrare ed affiancare alle nuove grandi unità clell' Esercito Italiano che combatteranno sul fronte o alle grandi unità alleate, non volonatri isolati, ma reparti organici - selezionati e vagliati dai Comandi militari competenti - con i loro quadri sperimentati e selezionati in un anno di lotta, con le loro denominazioni, con il loro particolare spirito di corpo( .. .). 2. È prevedibile che larga parte ciel CVL - cioè le formazioni della Liguria occidentale, Piemonte, Lombardia - ( ...) saranno rese disponibili dalla ritirata cieli' esercito tedesco eia quelle regioni . È proposito del Comando Generale CVL di selezionare tra esse un certo numero cli re-


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parti (brigate)( ...) da mettere a disposizione dell'Esercito Alleato per la prosecuzione della guerra contro la Germania. Se il QGAA lo riterrà opportuno, e ne darà i mezzi, questi reparti potranno essere inquadrati in grandi unità apposite ( ...). 3. È doveroso insistere( ...) sulla necessità di fronteggiare, specie in Piemonte e Lombardia, dopo la ritirata tedesca, focolai di resistenza fascista di entità prevedibilmente considerevole. Questo compito spetterà al CVL, che dovrà destinarvi una parte delle sue formaziotù rifornite, a tempo opportuno, clell'annamento necessario . 4. Con quella parte cli volontari che si smobiliteranno dopo la titfrata tedesca, con una parte - attentamente selezionata - delle forze annate di città e delle squadre di campagna, il CVL pensa di organizzare sotto gli ordini ciel CLN, la tutela dell'ordine pubblico, la repressione della resistenza fascista marginale, la difesa antisabotaggio degli impianti pubblici. Si costituiranno nelle campagne piccoli nuclei permanenti e squadre ausiliarie rapidamente mobilitabili, opportunamente dislocate. 5. ( ...) Il CLN Alta Italia e il Comando Generale CVL richiamano espressamente l' attenzione del Governo Italiano sulla gravità di un provvedimento di disarmo che priverebbe l'Alta Italia della possibilità di una difesa efficace dei fascisti, almeno per un certo tempo( ...). 6. È comunque necessario che si diano e si ottengano dagli Alleati mezzi e capacità d'iniziativa all'organo che si occupa dell'assistenza ai patrioti( ...). 7. Il C.L.N.A.l. ed il Comando Generale CVL, in base all'esperienza di un anno di guerra ed alle prospetti ve che essa legittima, ritengono fermamente che il CVL debba costituire un apporto fondamentale per il rinnovamento dell'Esercito Italiano, perché il futuro Eserci.to della Nazione diventi espressione del Popolo» 1•

Le dimissioni del Gabinetto Bonomi, avvenute per l'appunto in quei giorni, sospesero naturalmente le discussioni. Comunque tre passi del documento citato rivestono particolare significato perché rimarranno fondamentali nel «programma» soprattutto delle sinistre: il mantenimento del corpo partigiano; l'ordine pubblico ad esso affidato dopo la liberazione; 1'apporto fondamentale dei partigiani al «rinnovamente» (cioè alla «ricostituzione») dell'Esercito Italiano. A questo punto si presentò agli Alleati l'interrogativo se dar corso intanto ad un accordo bilaterale fra Comando del Mediterraneo e C .L.N .A .I. oppure se attendere la formazione del nuovo Governo per l'accordo tripartito, che avrebbe maggiormente vincolato l'obbedienza del C.L.N.A.I. al governo italiano. Il Foreign Office, l'ammiraglio Stone e l'ambasciatore Kirk si espressero per quest'ultima soluzione, avanzando serie riserve sull'idea di

1

F. Catalano, Storia del C.L.NA..l. cit., pp.325-330.


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«dare un riconoscimento ufficiale al movimento di resistenza nel Nord, nel quale era noto jJ predominio del partito comunista» 1• Però Wilson, sulla base di quanto prospettato dai servizi informazjoni, decise diversamente: «Dal punto di vista militare - fece comunicare al Foreign Office -sta diventando sempre più urgente che venga concluso senza ritardo qualche forma di accordo con il C.L.N .A .I.. A causa della possibilità di un imminente ritiro tedesco dall'Italia nord-occidentale è di vitale importanza avere immediatamente organizzati in maniera opportuna tutti i piani per l'antisabotaggio e le misure di resistenza( ...). In queste circostanze il S.A.C. propone di firmare un accordo puramente militare. Questo non impedirà che un accordo tripaitito, venga in seguito concluso al più presto possibile» 2 •

In definitiva, il 7 dicembre l'accordo in questione venne firmato da Wilson e dai delegati del C.L.N.A.I. in questi termini: «l . 11 Comandante Supremo Alleato desidera che Ja più completa cooperazione mili-

tare sia stabilita e mantenuta fra gli elementi che svolgono attività nel movimento della resistenza; il C.L.N.A .I. stabilirà e manterrà tale cooperazione in modo eia riunire h1tti gli elementi che svolgono attività nel movimento della resistenza, sia che essi appartengano ai partiti antifascisti del C.L.N .A.I. o ad altre organizzazioni antifasciste. 2. Durante il periodo di occupazione nemica, il Comando Generale dei Volontari della Libertà( ...) eseguirà per conto del C.L.N.A.l. tutte le istruzioni date dal Comandante in capo delle Armate Alle~te in Italia, il quale agisce in nome del Comandante Supremo Alleato( ...). 3. Il capo militare de] Comando Generale dei Volontari della Libertà (e cioè del Comando militare del C.L.N .A .I.) deve essere un ufficiale accetto al Comandante in c.apo delle Armate Alleate in Italia , il quale agisce in nome ciel Comandante Supremo Alleato 3 • 4. Quando il nemico si rit.irerà dal territorio eia esso occupato, il C.L.N.A.l. farà il massimo sforzo per mantenere la legge e l 'ordine e per c011tinuare a salvaguardare le risorse economiche del paese in attesa che venga costituito un Governo stabile alleato e farà cessione a tale Governo di ogni autorità e cli tutti i poteri di governo e cli ammitùstrazione precedentemente assunti. Con la riti.rata del nemico, tutti i componenti del Comando Generale dei Volontari della Libertà nel territorio liberato passeranno alle dipendenze dirette del

M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp.289. ibidem, p.294, n.46. 3 TI Foreign Office aveva chiesto che nel testo dell'accordo venisse inclusa anche la seguente clausola: «Il capo politico ciel CLNAl deve essere una persona bene accetta al Governo i taliano». Questa seconda clausola non figurò nel l'accordo stante la mancanza della firma de] Governo italiano (ibidem, p.293, n. 42). 1

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Comandante in capo delle Armate Alleate in Italia ( ...) ed eseguiranno qualsiasi ordine dato da lui o dal Governo Militare Alleato in suo nome, compresi gli ordini di scioglimento e di consegna delle armi, quando ciò venisse richiesto. 5. Durante il periodo di occupazione nemica nell' Alta Italia( ...) un'assegnazione mensile non eccedente 160 milioni di lire verrà consentita per conto del Comandante Supremo Alleato per far fronte alle spese del C.L.N.A.I. e cli tutte le altre organizzazioni antifasciste. Sotto il controllo generale del comandante in capo delle Amiate Alleate in Italia tale somma sarà attribuita alle zone sottoindicate nelle seguenti proporzioni: Liguria 20; Piemonte 60; Lombardia 25; Emilia 20; Veneto 35. La somma complessiva e le singole ripartizioni saranno soggette a variazioni secondo le esigenze della situazione militare( ...) . 6. Missioni alleate addette al C.L.N.A.J., al Comando generale dei Volontari della L ibertà od a qualsiasi dei loro componenti saranno consultate in tutte le questioni rig uardanti la resistenza armata, le misure antiincendio e il mantenimento dell'ordine. Gli ordi1ù ciel Comandante in capo del le Armate Alleate in Italia, in nome ciel Comandante Supremo alleato e trasmessi per il trami.te deJJe competenti missioni, saranno eseguiti dal C.L.N.A.I., dal Comando Generale dei volontm-i della Libertà e dai loro componenti» 1•

Con una lettera consegnata alla delegazione dopo la firma dell 'accordo militare, Wilson prese atto della nomina del generale Cadorna a capo del C.V.L. e di PmTi e Longo quali vicecomandanti, nonché auspicò che il Governo italiano riconoscesse il C.L.N.A.I. come suo agente nell'Italia occupata dal .nemico. Inoltre disse che un certo numero di partigiani sarebbe stato arruolato nell'esercito regolare 2 • Gli Alleati non accennarono, però, ad un qualsiasi riconoscimento delle formazioni partigiane come parte integrante dell'Esercito italiano, già richiesto da Bononù all' A.C.C. in agosto e rimasto senza risposta. A quanto risulta, il significtivo silenzio derivava anche dal non voler creare «precedenti» che potessero essere invocati dai tedeschi a favore delle loro bande partigiane, quando gli Alleati fossero entrati in Germania. Da notare il perentorio impegno del disarmo e dello scioglimento delle formazioni partigiane a tempo debito. AU'origine di questo atteggiamento stavano gli avvenimenti in corso in vari paesi, dove i comunisti mostravano di fm pesme il ruolo da essi ricoperto nella resistenza. In Belgio, in novembre si erano verificate violenti dimostrazioni armate tendenti a fm· cadere il

F. Catalano , Storia del C.L.N.A.I. cit., pp.333-335 . Cfr.E. Sogno, Guerra senza.bandiera cit., pp.407-410. 2 R. Cadorna,La riscossa cit., p.178. 1


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ministero Pierlot per sostituirlo con uno nettamente di sinistra. In Jugoslavia, Tito non faceva mistero delle rivendicazioni in Carinzia, nella Venezia Giulia e persino nel Friuli e le formazioni garibaldine italiane si erano poste alle dii·ette dipendenze del IX korpus jugoslavo. In Grecia, il 3 dicembre era scoppiata la rivolta comunista contro il governo monarchico con molti tratti della guerra civile. Appreso che i comunisti si erano impadroniti con le armi d i quasi tutte le stazioni di polizia di Atene, il 5 dicembre Churchill aveva ordinato al generale Scobie, comandante delle truppe britanniche in posto, di assumere la responsabilità dell'ordine nella capitale e di «neutralizzare o annientare tutte le bande dell'E.A.M.-E.L.A.S. 1 che si avvicinino alla città>>. Aveva altresì ordinato all'ambasciatore Leeper di «sollecitare Papandreu a non venir meno al suo dovere ed assicurarlo che in tal caso sarà da noi sostenuto con la forza». Il 12 dicembreAlexander,recatosi ad Atene con MacMillan, telegrafò che <<le forze britanniche sono di fatto assediate nel cuore della città». L'incresciosa situazione si risolse l' 11 gennaio 1945 con una tregua d'armi firmata con gli insorti , grazie anche alla decisione presa da re Giorgio II di nominare l'arcivescovo Damaskinos reggente per la durata del periodo di emergenza. Le forze dell'E.L.A.S ., cacciate dalla capitale, dovevano sgomberare il Peloponneso e tenersi lontane da Atene, da Salonicco e da Patrasso 2 • Non a caso il 22 gennaio MacMillan annoterà sul suo diario: «Se non staremo molto attenti, avremo nell'Italia settentrionale un'altra situazione E .A.M.-E .L.A.S .. Le operazioni del S.O.E. nell'armare quasi 100 mila cosidetti patrioti produrrà la stessa situazione rivoluziona1ia se non troveremo il modo, appena liberato il territorio, cli incorporarli o nel nostro esercito o in quello italiano. Allora, in cambio della paga e delle razioni, potremo forse impadronirci delle loro armi. La lezione della Grecia è che nulla conta tranne il disarmo. Le questioni politiche sono una scusa per conservare le armi» 3 •

I delegati del C.L.N.A.l. avevano firmato l 'accordo bilaterale con una certa amarezza, vedendo sfumata la speranza di una Resistenza accolta su un piano di parità da parte anglo-americana , ma in definitiva il Comitato di liberazione era stato riconosciuto dal Comando Supremo del Medite1nneo

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L'E.A.M. e l'E.L.A.S. erano rispettivamente l'ala pol itica e l'ala militare del movi-

mento comunista. 2 W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., VI, I, cap. XVIII. 3 H . MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra cit., p. 669.


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come «guida» della resistenza nel Nord. Se Pizzoni ed i suoi compagni avevano dovuto far buon viso a (relativamente) cattivo giunco, il Foreign Of fice espresse netta e seccata riserva: «Noi non siamo contenti della conclusione deU'accordo bilaterale - telegrafò il 14 dicembre-. Non comprendiamo perché il SAOvlED (Supreme Allied Commander Mediterranean) avesse necessità di firmarlo così in fretta. Il nostro atteggiamento in questa questione è stato dettato dal desider.io di evitare ad ogni costo una ripetizione delle nostre disastrose esperienz.e con l'E.A.M. in Grecia, e in tale prospettiva abbiamo enfatizzato il nostro desiderio di inserire il Governo italiano in qualunque accordo che possa essere concluso con il C.L.N.A.I .. Spero quindi che continuerete a premere sul SACMED perché proceda al più presto alla negoziazione dell'accordo t1ipartito con il Governo ita.liano ( ...) . Alla conclusione dell'accordo tripartito, l'accordo bilaterale dovrebbe decadere automaticamente( ...) . Non dovremmo noi essere liberi di riconsiderare la questione ciel nostro appoggio al C.L.N.A .l. se risulta che questo organismo non rappresenta in effetti adeguatamente il totale delle forze di resistenza o se esso ripudia o sfida l'autorità del Governo italiano?» 1•

Ma il maresciallo Alexander, adesso comandante supremo del teatro del Mediterraneo, come Wilson respinse il suggerimento di un accordo tripartito per evitare di trovarsi coinvolto direttamente nel tipo di riconoscimento da attribuire al Comitato di liberazione e nei possibili futuri attriti fra questo ed il.Governo italiano. Perciò il 19 dicembre stabilì di conservare l'accordo militare sottoscritto da Wilson e di promuovere un secondo accordo bilaterale tra Comitato di liberazione e Governo, previa sua approvazione del documento. Il Foreign Ofjìce non sollevò obiezioni , ma chiese l'inserimento di una clausola di denunzia dell'accordo del 7 dicembre da parte del Comando Supremo del Mediterraneo ove si fossero verificati contrasti tra Governo italiano e C.L.N.A.I. 2 • In questa atmosfera, una dichiarazione ufficiale di Bonomi, letta il 20 dicembre nella prima seduta del nuovo Consiglio dei ministri e apparsa sulla stampa il giorno successivo, sollevò altri e più secchi rimarchi del Foreign Office: «Ora il Governo è lieto - aveva eletto Bonomi - di constatare che anche il Comando alleato riconosce il Comitato cli Liberazione Nazionale per l'Alta Ttal.ia come organo rap-

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2

M. cle Leonarclis, La Gran Bretagna eta resistenza partigiana in Italia cit., pp.299-300. Jbidem , p.301.


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presentativo cli tutti i partiti antifascisti nel territo1io occupato dal nemico. Con tale riconoscimento, che si aggiunge a quello precedentemente dato dal Governo italiano, e con gli aiuti che saranno concessi, il Comitato dell'Alta Italia potrà rinvigorire la lotta eroica che sostiene da molti mesi( ...)».

J1 Foreign Office affermò «molto impropria» la dichiarazione di Bonomi non autorizzata dal Comando Supremo del Mediterraneo o dalla Commissione Alleata; «falso» il riconoscimento politico al Comitato di liberazione da parte del Comando Supremo; «del tutto sbagliata» la delega governativa per la direzione della lotta partigiana, la quale invece era di competenza del Co1;nando Alleato. Naturalmente Alexander chiese chiarimenti e Bonomi fu costretto a precisare nel Consiglio dei .ministri del 30 dicembre che: «( ...) non è esatta la dichiarazione del 21 dicembre secondo la quale il Comando alleato

avrebbe riconosciuto il C .L.N. clell' Alta Italia quale organo rappresentativo di tutti i partiti antifascisti nel te1Titorio occupato dal nemico. Le Autorità militari alleate non hanno accorciato alcuna forma di riconoscimento politico del predetto Comitato dell'Alta Italia, ma banno concordato con esso misure militari dirette alla prosecuzione della guerra al di là delle linee nemiche( ...)» 1 •

Comunque il 26 dicembre era stato finnato anche l'accordo bilaterale fra Booomi e Pajetta, rimasto a Roma proprio con qusto compito, mentre Pizzoni e Parri erano ripartiti per Milano il 15. Alexander volle conoscere il testo del documento «prima che si proceda alla firma» perché esso ppteva avere ripercussioni sulla situazione militare presente ed avvenire 2 . L'accordo era formulato come segue: «Il Governo italiano riconosce il Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia (C.L.N.A.l.) quale organo dei partiti antifascisti nei territori occupati dal nemico. Il Governo italiano delega il C.L.N.A.I. a rappresentarlo nella lotta che i patrioti hanno impegnato contro i fascisti ed i tedeschi nell'Italia non ancora liberata. Il C.L.N .A.I. accetta di agire a tal fine come delegato ciel Governo italiano, il quale è ,iconosciuto dai Governi alleati come successore del Governo che firmò le condizioni di armistizio, ed è la sola autorità legittima in quella parte d'Italia che è già stata o sarà in seguito restituita al Governo italiano dal Governo militare alleato.

1

2

Ibidem, p. 305. Del Balzo a Prunas in data 2. t. I 945, DDI ,

1QA

serie, il, doc.27.


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LA COBELLIGERANZA

Il C.L.N .A.I. dichiara di aver firmato il 7 ciel corrente mese di dicembre un accordo con il comandante supremo alleato per condune Ia lotta contro il comune nemico. Il Governo italiano dichiara di conoscere questo accordo e di approvarlo» 1•

Da rilevare l'estrema meticolosità con cui il Governo - ben consapevole dei prevedibili, complessi problemi che sarebbero sorti a liberazione avvenuta - riconobbe il C.L.N .A.I. quale «organo dei partiti ant(fascisti» e non dei sei partiti da cui derivava. Il distinguo non fu gradito dal Comitato di Milano, il quale nel citato ordine del giorno del 3 dicembre aveva proclamato che la vita politica del Paese doveva esplicarsi «limpidamente nell'ambito definito dai Comitati di Liberazione e dei Partiti che li compongono», aggiungendo che «solo un Governo formato da persone designate dal Comitato di Liberazione Nazionale» era in grado di reggere le sorti del Paese in que11 'ora così difficile e di «potenziare il contributo italiano alla guerra comune delle Nazioni Unite» 2 . Aggiungiamo che le chiarissime diffidenze alleate non risultarono certamente attenuate dalle improvvide dichiarazioni del comunista Scoccimarro, da un paio di settimane nominato ministro per l'italia occupata. Questi aveva commentato che, dopo i due accordi appena firmati, esistevano in Italia due Governi e che il secondo, il C.L.N .A.I., avrebbe sostituito il Governo di Roma dopo la liberazione 3 • A Milano la notizia fece piacere e il 12 gennaio 1945, i rappresentanti dei partiti del Comitato di liberazione approvarono una mozione che esprimeva piena fiducia nel potenziamento all'aiuto partigiano nell'Alta Italia grazie proprio alla creazione del predetto ministero. Vero si è che pochi giorni dopo, il 17, il Comitato si riunì nuovamente, avendo acquisito una più precisa conoscenza della situazione neUa capitale attraverso un paio di lettere di Pajetta, ed approvò alJ'unaninùtà una nuova mozione con la quale affermava la intransigenza delle proprie posizioni. Ribadiva l'intenzione di mantenere, «indipendentemente dalla soluzione romana della crisi governativa, la propria compattezza e il diritto ad un'azione politica», e confermava «il proprio orientamento genera1e, le proprie soluzioni pratiche, le proprie designazioni pubbliche, quali risultati delle precedenti deliberazioni, volte a condurre la guerra di liberazione per la cacciata dei tedeschi e fino ali' epurazione radicale del fascismo ed alla instaurazione di un regime di solida e sana democrazia» 4 .

1

Prunas a De Gasperi in data 23.12. I 945 , DDI, 10" serie, II, doc.18, nota 2.

2

F. Catalano , L'ltc~lia della dittatura alla democrazia cit., II, pp.141-143.

J 4

M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., p.307. F. Catalano, L'Italia della dittatura alla democrazia cit., II, p.1 43.


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Quando, poi, il Comitato prese esatta nozione della «delega» governativa giunta a Milano i primi di febbraio, la delusione fu corale e concorde la decisione di scrivere a Pajetta, ancora a Roma, che la <<delega» non aveva soddisfatto e che perciò il Comitato le avrebbe dato una particolare interpretazione 1• Dal canto suo, Sandro Pertini espresse un giudizio negativo sui risultati complessivi della missione a Napoli e a Roma: criticò «l'asservimento del C .L.N.A.I. alla politica britannica» che intendeva «legare al proprio carro i movimenti di liberazione nazionale»: trovò scandalosa la visita di Sogno al Luogotenente; protestò perché il Comitato aveva accettato la delega dal governo «successore del governo che firmò le condizioni d'armistizio» e con ciò aveva accettato queste condizioni che invece sarebbero dovute rimanere di responsabilità monarchica 2 • Per obiettività, bisogna anche spiegare che evidentemente al Nord non si immaginava esattamente in quali condizioni, in quelle circostanze, il Governo dovesse operare. Per dare ancora un'idea, ove ve ne fosse bisogno, degli intralci che il governo Bonomi incontrava ad ogni momento sulla sua strada, possiamo citare una «precisazione» fatta dall'ammiraglio Stone a Bonomi i primi di febbraio. In sostanza, presa conoscenza della costituzione del ministero per l'Italia occupata e del fatto che questo riceveva i partigiani provenienti dal Nord ed impartiva loro istruzioni prima del ritorno, tenne a chiarire che si trattava di «procedura irregolare da momento che i partigiani provenienti dall'Italia occupata dai tedesche sono sotto la giurisdizione del Comandante supremo alleato, maresciallo Alexander. Di conseguenza, essi non debbono ricevere istruzioni dal Governo italiano» 3 . Subito dopo si affacciò un nuovo motivo di turbamento. Il 18 gennaio Churchill tenne ai Comuni un lunghissimo discorso sulla situazione militare complessiva. In merito all'Italia egli disse: «( .. .) Ci si batte lungo tutto il fronte in Italia, e dietro di esso, nella Penisola duramente

colpita, vi sono molte difficoltà politiche ed economiche. La vecchia struttura con i suoi odiosi rigori è stata distrutta ed al suo posto abbiamo dovuto mettere un Governo improvvisato. Abbiamo ora il Governo Bonomi, che sta cercando dì fare del suo meglio nonostante le straordinarie difficoltà in cui si trova, ma che non ha un'autorità elettorale dietro cli sé. Ma ora, in qualsiasi momento, forse tra pochi mesi, forse più presto( ...) i tedeschi saranno scacciati dall'Italia o si ritireranno; immediatamente dopo , le grandi prov.ince po-

F. Catalano, Storia del C.L.N.A.l. cit., p.338, n.28. P. Secchia, Il partito comunista italiano e la guerra di liberazione J943-1945 in «Annali dell'Istituto G. Feltrinel li», 1971,p.670. 3 Stone a Bonomi in data 9.2.1945, DDI, lOA serie, Il, doc. 56. 1

2


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polose del Nord, le città di Torino e di Milano e gli altri cent1i industriali e commerciali ed una numerosa popolazione di tuttele tendenze politiche, che comprende molti uomini politici violenti e veementi e si tiene in contatto con quei valorosi che fanno la guerriglia sulle Alpi, tutto ciò si getterà ( ...) sulla graci le struttura del Governo italiano di Roma con conseguenze che non possono essere accuratamente previste né esattamente misurate. ( ...) Permettetemi di dire una volta per tutte che non abbiamo alcuna combinazione politica in Europa o altrove nei cui riguardi abbiamo bisogno dell'Italia come associata. Non abbiamo bisogno dell'Italia così come non abbiamo bisogno della Spagna, perché non abbiamo alcun disegno che richieda l' appoggio di queste Potenze( ...) 1•

Il discorso, riportato in Italia per quanto ci concerneva, sembrò aver affermato che la Gran Bretagna non avesse alcun bisogno dell'Italia tout court. Questo suscitò nella penisola una penosa impressione, talché De Gasperi telegrafò all'ambasciatore a Londra protestando per la minimizzazione dello sforzo militare italiano e per 1'accentuazione della fragilità del governo Bonomi causata dalla mancanza di consenso elettorale 2 • Con un comunicato, il Foreign Office si affrettò a dare la versione esatta delle frasi incriminate per cancellare 1'erronea interpretazione 3 .

*** Intanto si preparava la Conferenza di Jalta (4-11 febbraio 1945) appuntamento sul quale si concentravano attenzione e preoccupazioni di Churchill. In Europa l'Armata Rossa era arrivata all'Oder, Eisenhower si avvicinava al Reno ed Alexander metteva a punto l'offensiva primaverile in Italia. Pur comprendendo che ormai stava per alzarsi il s.ipario sull'ultimo atto della guerra contro la Germania, nessuno si sentiva di formulare previsioni esatte sulla fine delle ostilità. Conseguentemente, gli argomenti di fondo da trattare a Yalta erano la prosecuzione della guerra in Europa, la concentrazione di ogni sforzo contro il Giappone , la prevista conferenza di San Francisco per l'istituzione dell'O.N.U. in luogo della società delle Nazioni e, infine, le sorti della Polonia. Non fu un incontro «ad arrni pari». Churchill e Roosevelt avevano bisogno dell'Unione Sovietica per chiudere la partita in Europa e poi battere il Giappone, sul cui riguardo gli americani stimavano che senza l'intervento

1

W. Churchill, In guerra, Il, Rizzoli, Milano 1948, pp.217-2 18.

2

De Gasper.i a Carandini in data 21.1.1945, DD, 1QA serie, Il, doc.40. Carandini a De Gasperi in data 24.1.1945, ibidem, Il, doc. 41.

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LA SITUAZIONE NEL TEATRO EUROPEO A FINE 1944 E I LINEAMENTI DELLA OFFENSIVA FINALE ALLEATA

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sovietico occorressero diciotto mesi dopo ]a resa tedesca per arrivare alla vittoria finale. Stalin era ben consapevole di tutto ciò e, nel precedente incontro dell 'ottobre 1944 a Mosca con Churchill, aveva siglato con assoluta indifferenza la percentuale di influenza delle Potenze anglosassoni e dell'U,R .S .S . in Balcania proposta da Churchill , senza ritenersene affatto vincolato sotto un qualsiasi aspetto. Non aveva incertezze: intendeva purament.e e semplicemente spingere nel cuore dell'Europa le frontiere occidentali deilà Russia ed estendere il regime comunista in tutti i paesi occupati dall'Armata Rossa guerra durante. <<La Polonia ricordò Churchill - era stata la ragione più urgente della Conferenza di Jalta e doveva dimostrarsi la prima delle grandi cause che portarono al crollo della Grande Alleanza» 1• Al riguardo, le conclusioni cui pervennero i tre Grandi furono: riconoscimento del Comitato nazionale di Lublino, allargato a qualche esponenete polacco in esilio a Londra, quale Governo polacco 2 ; libere elezioni al più presto; confini polacchi orientali basati essenzialmente sulla linea Curzon del 1918; confini occidentali alla linea Oder-Neisse. I documenti ufficiali di Jalta non parlano di zone di influenza, anzi riconoscevano la «non :ingerenza negli affari interni» degli altri Stati , pur sapendo benissimo che le necessità militari avrebbero giustificato qualsiasi «ingerenza>>. In compenso Stalin - che, tra l'altro, dava per scontato di conservare il possesso delle regioni occupate in Finlandia, Polonia e Romania a seguito dell'al]eanza con Hitler - riuscì a far ammettere dagli Alleati due principi apparentemente generid ma nella sostanza determinanti. Egli avrebbe avuto libertà d' intervento contro i partiti e gli elementi filonazisti o filofascisti dei Paesi confinanti con l 'U .R.S .S., sì da consentire la costituzione cli un regime «democratico»; inoltre i governi dei Paesi confinanti dovevano essere «anùcj della Russia» t In certo modo Churchill non fu appoggiato da Roosevelt, chiaramente ammalato e comunque assai più interessato alla guerra nel Pacifico che alla conclusione cli quelia europea. Per suo conto, il Premier britanico si

1

W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte VT, II, p.51. Le discussioni sulla Polonia presero «non .meno di sette delle otto riunioni plenarie della Conferenza» (ibidem , p.60) . 2 Quando, nella primavera del 1943, ì tedeschi scoprirono le fosse di Katyn, con circa diecimila ufficiali polacchi fucilati, ne accusarono i sovietici. Il Governo polacco in esilio a Londra chiese l'intervento della Croce Rossa Internazionale e Stalin allora ruppe ogni rapporto con detto Governo, riconoscendo come solo organo politico qualificato il Comitato comunista polacco di Lublino, che nel giugno 1944 divenne il Comitato nazionale di liberazione.


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persuase della fondamentale concreta importanza di alcuni punti da tener presenti nella linea di condotta politico-strategica da osservare: che l'Unione Sovietica era diventata un «pericolo mortale»; che occorreva creare immediatamente una nuova barriera contro la sua espansione; che questa barriera in Europa doveva essere costruita quanto più possibile ad oriente; che «Berlino doveva essere il primo e vero obiettivo delle armate anglo-americane»; che la liberazione della Cecoslovacchia e l'entrata di truppe americane in Praga rivestivano importanza altissima; che l'Austria doveva rientrare nella competenza delle Potenze occidentali , quanto meno su un piano di parità con l'Unione Sovietica; che «le pretese aggressive del maresciallo Ti to contro l'Italia dovevano essere raffrenate». E soprattutto occorreva che le pendenze tra Londra-Washington e Mosca in Europa venissero definite «prima che gli eserciti delle democrazie si sciogliessero» 1 • A Jalta gli Alleati non presero in considerazione né una maggiore partecipazione dell 'ltalia alla guerra, né la trasformazione della cobelligeranza in alleanza. L'unico aspetto politico-militare che riscosse una certa attenzione, quanto meno da parte anglo-americana, fu la pretesa di Tito sulla Venezia Giulia e ciò essenzialmente per 1' importanza attribuita dagli Alleati al porto di Trieste, quale base per le truppe di occupazione in Austria 2 • All'inizio della Conferenza, Bonomi aveva indirizzato ai tre Grandi le richieste di una revisione delle clausole armistiziali, essendosi <<alla vigilia di avvenimenti militari decisivi». In particolare, pose in pieno risalto l'urgenza di aiuti alimentari e di mezzi di trasporto, della soppressione degli oneri finanziari ·imposto dall'armistizio e del rimpatrio dei prigionieri di guerra i n mano alleata 3 • Il 24 febbraio MacMillan partecipò a Bonomi ed a De Gasperi la determinazione alleata di limitare il controllo sull'attività del Governo italiano a partire dal 1° marzo I 945 4, ma senza la «concessione» dello Status di alleata, nemmeno presa in considerazione. Bonomi e De Gasperi non nascosero la loro delusione e MacMillan fu ancora più esplicito sull'atteggiamento inglese, prima sottolineando <<ciò che era successo nel 1940» ed il conseguente risentimento britannico, poi spiegando che sarebbe stato difficile accettare come alleata l'Italia, che aveva dichiarato guerra alle due Grandi

Ibidem, pp.140-142. A parte ciò , secondo Roosevelt Trieste doveva diventare un porto internazionale, come sbocco nell'Adriatico cli tutti i paesi del bacino danubiano (ibidem, p.235) . 3 Bonomia Roosevelt, Churchill e Stalin in data 6.2.1945 , DDI, 10" serie, II, cloc.50 . 4 MacMiLian a Bonomi in data 24.2.1945, ibidem, II, doc.68. 1

2


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Potenze, e negare nel contempo un uguale riconoscimento alla Francia di De Gaulle 1 . Comunque le decisioni assunte.erano certamente notevoli. Esse prevedevano l'abolizione della sezione politica dell.'.A.C. e la soppressione degli uffici regionali alleati in Sardegna, Sici'1iat Mezzogiorno, Marche, Lazio e Abruzzi 2 ; la limitazione delle interferenze a quanto in concessione con lo sforzo bellico; il ricorso a soluzioni collaborative in luogo di quelle autoritarie. Sempre a partire dalla data citata, il Governo poteva nominare i ministri senza più ratifica alleata, eccezion' fatta per i ministii militari; emanare decreti ed altri provvedimenti legislativi senza la preventiva approvazione alleata; riprendere le relazioni diplomatiche e comunicare con le proprie rappresentanze all'estero con corrieri diplomatici. Cessava, inoltre, lo status di prigionieri di guerra per i militari nei campi di concentramento alleati. Infine veniva assicurato il concorso al ripristino del sistema economico ed industriale del Paese, favorendo 1' importazione di viveri ed il rifornimento di materie prime. Rimanevano peraltro in pieno vigore gli impegni armistiziali e quelli successivamente assunti dal Governo italiano 3 • Si è accen11ato alla Conferena di San Francisco. Comprensibilmente la partecipazione italiana stava molto a cuore al Governo, che però andò incontro ad una nuova delusione. Alberto Tarchiani, che 1'8 marzo aveva presentato le proprie credenziali di ambasciatore e ministro plenipotenziario a Washington, dopo appena una settimana dovette riferire a Roma che il segretario di Stato, Stettinius, si era mostrato restio alla richjesta italiana di partecipare alla riunione, significando che «purtroppo vi sono ancora dei soldati italiani che uccidono i nostri in Italia». Tarchiani aveva subito rimbeccato: «l'Italia che io rappresento non ha alcuna macchia ed ha invece qualche titolo per meritare il riconoscimento degli Alleati», però la questione era rimasta in sospeso 4 • 11 22 Tarchiani fornì precisazioni. Alla conferenza erano invitati i 39 Paesi che avevano firmato la «Dichiarazione delle Nazioni Unite>> entro il 5 febbraio o dichiarato guerra alla Germania entro il 1°marzo.Escluse le «Nazioni liberate» (Italia, Romania, Ungheria, Bulgaria, Stati baltici, Finlandia) . Esclusa la presenza di «osservatori». le insistenze di Tarchiani non avevano potuto superare l'obiezione che «invitare l'Italia, malgrado il suo stato giuridico attuale, significhe1

Briejìng Book Papers , p.276 cit. da G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia cit., Il, p.972. 2 Gli uffici in questione vennero chiusi il 1° aprile. 3 Prunas a De Gasperi in data 27.2.1945, DDI, I ()A serie, 11, doc.71 . 4 Tarchiani a De Gas peri in data I 5 .3 . 1.945, DDI, IQA serie, I( doc.95 .


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rebbe aprire anche i casi di molte altre Nazioni». A parte ciò, era sicura la netta opposizione di alcuni Stati membri delle Nazioni Unite (Jugoslavia, Grecia, Etiopia) aI1'ammissione dell'Italia. Stando così le cose, Tarchiani avanzava l ' idea di dichiarare gue1rn al Giappone «al più presto, a prescindere da altre considerazioni che finiscono per invilirne il valore» 1 • L'argomento si concluse il 26 aprile con ]'incarico a Tarcbiani di presentare al presidente della Conferenza la seguente dichiarazione: «Nel giorno in cui si inizia la riunione di San Francisco, il Consiglio dei ministri sente il dovere di esprimere pubblicamente il profondo senso di delusione del popolo italiano per l'esclu~one dell'Italia democratica da una conferenza destinata a porre le basi di una pacifica convivenza per le Nazioni( ...)» 2 .

*** Oltre ai molti problemi di politica interna e di «cobelligeranza», nel corso del 1944 due motivi di forte preoccupazione si erano affacciati alle frontiere francese ed jugoslava. Con il completamento dell'operazione Dragoon, vale a dire sin dall'agosto, la copertura sul fianco alpino era stata affidata dal Comando alleato al secondo scaglione dell'operazione stessa (tre divisioni nordafricane), con il concorso delle F.F.I. (Forze francesi dell'Interno) ed anche di partigiani italiani agenti in Piemonte, senza tener conto della freddezza dei rapporti tra la Francia di De Gaulle e l'Italia. Il governo Badoglio, infatti, non era stato riconosciuto dal governo provvisorio francese perché questo respingeva l'armistizio del 1940, non era stato coinvolto nelle trattative armistiziali del 1943 e neppure interessato alla dichiarazione di cobelligeranza. In una parola, gli .italiani erano rimasti nemici e conseguentemente qualsiasi cooperazione tra unità francesi e partigiani italiani fu sempre negata. Non solo, ma ai patrioti italiani che si fossero rifugiati in Francia doveva essere offerta la scelta fra l'internamento con il lavoro obbligatorio o l'arruolamento nella legione straniera. In realtà, sul piano pratico queste drastiche disposizioni vennero applicate con una certa elasticità dai Comandi francesi sulle Alpi per evidenti motivi cli convenienza ed anche di solidarietà. Peraltro numerosi italiani si airuo]arono nelle unità delle F.F.I. 3 .

Tarchiani a De Gasperi in data 22.3 .1945, ibidem, doc.103. De Gasperi a Tarchiani in data 26.4.J 945, ibidem, doc. 150. 3 Pierre Guillen,J Francesi e la resistenza italiana in «Revue d' Histoire de la Seconde guerre mondiale» , n.143, luglio 1986. 1

2


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Ad ogni modo, all'inizio del 1945 apparve palese l'intenzione francese di annettersi la Valle d'Aosta, approfittando dei forti sentimenti autonomistici esistenti nella Valle. È pur vero che il Governo gaullista, specialmente dopo il ristabilimento dei rapporti diplomatici avvenuto a fine febbraio 1, smentiva tale mira, pur affermando che avrebbe considerato con favore un eventuale plebiscito valdostano. Intanto si opponeva aI rientro nella penisola di due brigate partigiane che avevano sconfinato. Il 26 marzo Bonomi ebbe un colloquio con l'ammiraglio Stone ed in quella sede accennò alla temuta possibilità che truppe francesi entrassero in Italia. Stone dichiarò ben poco probabile che esse partecipassero all'occupazione del Piemonte e ricordò che dette truppe erano anch'esse agli ordini di Eisenhower, già sconsigliato dalle autorità alieate in Italia di far passare le Alpi ai francesi 2 • Senonché il 10 aprile, proprio all'inizio dell'offensiva finale contro la Linea Gotica, De Gaulle, in un discorso tenuto a Nizza, ricordò che la liberazione della città aveva eliminato per sempre la pretesa di «strappare Nizza alla Francia», aggiungendo: «Adesso i conti si faranno tra i popoli e non tra gli individui. Sm·ebbe indegno della Francia e indegno di Nizza se il popolo francese vincitore se la prendesse con i singoli. Quel che occorre è assai di più: una sistemazione fra i due popoli e una sistemazione durevole. Lo spirito della vittoria anima Nizza come la Francia intera. È il vento della vittoria che si è alzato: l'ho sentito aleggiare l'altro ieri intorno alle nostre bandiere sul Reno. Che dico, il Reno? Ora aleggia assai al di là, sulle Alpi e sta per superarle» 3 • Ogni sospetto risultava più che giustificato. Circa l'atteggiamento mentale francese, possiamo aggiungere che l 'ambasciatore Sm·agat il 9 maggio riferirà a De Gasperi che, secondo un 'affermazione del ministro per le Informazioni Teitgen, «l'Italia è sempre considerata come paese nemico e niente potrebbe in diritto opporsi ad una occupazione da parte di nostre truppe di determinate regioni italiane». Il ministero degli Esteri francese aveva attenuato la dichiarazione, asserendo peraltro che sul piano giuridico sussisteva sempre lo stato di guerra, visto che tra Francia e Italia c'era soltanto un m·mistizio di fatto 4 • Se nei confronti della Francia si nutrivano dubbi, i rapporti con la Jugoslavia apparivano ancor più complessi e provocavano timori assai concreti. Fin dall'estate 1944 Josip Smodlaka, commissario agli Esteri dell'Assemblea nazionale antifascista di liberazione jugoslava (A.V.N.O.J.) 1

Couve de Murville a De Gasperi in data 28.2.1945, DDI, lOA serie, II, doc.73/lll. Prunas a De Gasperi in data 28.3.1945, ibidem, II, doc.107. 3 F. Catalano, L'Italia dalla dittatura alla democrazia cit., pp.154-156. 4 Saragat a De Gasperi in data 9.5.1945, DDI, JOA serie, Il, doc.178. 2


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aveva sostenuto nella rivista «Nova Jugoslavija» il diritto del suo Paese alla frontiera dell'Isonzo; il possesso, cioè, della Venezia Giulia per diritto di nazionalità, di Fiume per ragioni economiche e di Trieste perché appartenente alla parte jugoslava dell'Adriatico 1• Messi sull'avviso su queste velleità, mentre il XV gruppo d'armate muoveva verso la Linea Gotica, gli Alleati si posero il problema della «vulnerabilità» delJa Venezia Tridentina e, soprattutto, della Venezia Giulia con le loro forti presenze rispettivamente di austriaci e di slavi. Riconosciuta l'opportunità di istituirvi, non appena giunti in zona, un governo militare, nell'agosto il generale Wi]son avvertì Tito che gli Alleati avrebbero controlJat~ militarmente le due regioni sino alla pace. Non sembra che Tito rimanesse molto emozionato, giacché il 14 settembre - rivolgendosi «ai grandi Alleati ed all'Italia vinta» - reclamò alla radio ]a Venezia Giulia, l'Istria e il litorale sloveno . La questione finì per provocare una spaccatura nel C.L.N. della Venezia Giulia. I1 17 ottobre .il partito comunista annunciò «il passaggio nello schieramento politico jugoslavo» e si ritirò dal Comitato. Per parte loro, il 9 dicembre, i rappresentanti dei quattro partiti rimasti - liberali, democristiani, socialisti ed azionisti-, prendendo finalmente posizione, firmarono una dichiarazione congiunta, proclamando «sacro ed inviolabile il principio dell'unità d'Italia( ...) riconosciuto dalle democrazie occidentali nella precedente guerra di liberazione, che chiudeva il ciclo delle guerre risorgimentali». Tuttavia, al fine di «togliere ogni ostacolo alla collaborazione fra'.terna tra italiani e jugoslavi», riconobbero la necessità della concessione di un'ampia autonomia alla Venezia Giulia ed auspicarono la trasformazione di Trieste in porto franco. Come prevedibile, l'atteggiamento jugoslavo non mutò e 1'8 gennaio 1945 Srnodlaka ribadì a Londra che la pace fra Italia e Jugoslavia s_§.rebbe stata possibile soltanto alle condizioni indicate da quest'ultima. TI giorno seguente, a sua volta, il Comitato di liberazione giuliano reiterò il proprio punto di vista 2 • Alexander pensava alla prosecuzione dell'offensiva verso l'Austria, cosa che gli avrebbe reso difficile l'occupazione dell'intera Venezia Giu-

1 Josip Smodlaka, 1A questione della frontiera tra l'Italia e la Jugoslavia in «Nova Jugoslavija» n.7, giugno-lugl io 1944, cit. da A. Tamaro, Due anni di storia cit. , Ili, p.380. 2 F. Catalano, L'llalia dalla dittatura alla democrazia cit., pp.J 56-157. La questione cli Trieste era profondamente sentita eia tutti i pa.ttiti concordi, meno il comunista. Togliatti al quale importava, più di tutto, conquistare l'amicizia della Jugoslavia comunista, non si oppose mai alla politica annessionista dei Comitati slavo e italiano di Trieste, tranne nel 1948, dopo che Tito si mise contro l'U.R.S.S ..


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lia. Intendendo assolutamente garantirsi le comunicazioni con Trieste e Pola, pensò che, tutto sommato, una occupazione militare tripartita (britannica, americana e jugoslava) della regione poteva reputarsi accettabile. U Dipartimento di Stato, valutando il lato politico della cosa, si mostrò di ben diverso avviso e il 17 febbraio fu categorico: occorreva instaurare tempestivamente il governo militare in tutta la Venezia Giulia, perché se Tito fosse arrivato prima, ciò sarebbe diventato pressoché impossibile. «Gli americani hanno sollevato gravi obiezioni - annotò MacMillan -. Come fiduciari per l'Italia (hanno detto) dovremmo insistere per occupare tutta la Venezia Giulia e istituirvi un governo militare in regola con I.e condizioni dell'armistizio italiano. In teoria tutto questo va benissimo; in pratica è difficile vedere come faremo a cacciare Tito».

Alexander esitava e prima di rivolgersi ai capi dello Stato Maggiore Combinato, volle avere un colloquio con Tito, visto che la questione non era stata definita a Jalta, dove «o l'hanno trascurata o l'hanno elusa». A Belgrado, nella conferenza del 21 febbraio, Tito non formulò difficoltà circa le linee di comunicazione con Trieste e Pola e su un governo militare alleato in corrispondenza di dette linee. Chiese però che l'amministrazione civile jugoslava, laddove già insediata, fosse mantenuta, sia pure sotto il controllo dell' A.M.G .. «Ben presto - sc1isse MacMillan - fu chiaro che Tito intendeva estendere la propria autorità alla più larga parte possibile dell'Italia. Ad est dell'Isonzo i partigiani jugoslavi controllavano tutti i territori sgomberati dai tedeschi. Facevano ogni sforzo p~r estendere la propria autorità.all'intera provincia di Udine. E non esitarono a servirsi di metodi sleali, come ]a sovversione delle brigate italiane pa1tigiane dove i comunisti erano in maggioranza» 1 • Alexander prospettò due possibili soluzioni: dividere la Venezia Giulia in due settori, lasciando l'orientale alla Jugoslavia, oppure istituire un governo militare alleato, con la partecipazione jugoslava, sull'intera regione. Washington respinse entrambe le proposte e il 26 marzo, quando Bonomi chiese a Stone conferma dell'assicurazione datagli circa l'occupazione militare alleata delle Venezia Giulia, l'ammiraglio non ebbe esitazioni nel dichiarare che detta occupazione sarebbe stata effettuata «esclusivamente» con truppe anglo-americane. Vero si è che accennò.alla possibilità che «sia difficile per gli Alleati resistere ad eventuali pressioni jugoslave affinché, 1

H. MacMillan, Vent'anni di pace e cli guerra cit., pp.683-684.


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nelle zone della Venezia Giulia prevalentemente abitate da popolazione slava, all'amm inistrazione partecipassero funzjonari jugoslavi». E oel pomeriggio MacMman si espesse in ugual senso 1• Ad aprile anche alla frontiera orientale g·li eventi ricevettero un 'accelerata. La spinta fu dovuta alla firma d i un trattato di alleanza ventici nquennale tra Unione Sovietica e Jugoslavia . Il l 2 aprile il presidente del Consiglio economico jugoslavo , Andrija H ebrang, dichiarò che il patto garantiva la sicurezza dei confini occidentali del paese e Tito , in un'intervis ta al giornale moscovita <<Krasnaja Zvezda», annunciò il prossimo esaudimento del desiderio delle popolazioni istriane e d i Trieste (non nominò Gorizia) di essere accolte nella nuova Jugoslavia. E dichiarò anche che «L'Italia ci dovrà delle riparazioni per i danni an-ecati» 2 . Il 26 aprile, in sede di riunione politica , Alexander mise nuovamente sul tavolo la vexata quaestio, divenuta di urgente definizione. Nessuno, né a Londra né a Washington, aveva dato una risposta alla sua domanda cruciale: se i partigiani di Tito sj fossero opposti con la forza all 'occupazione alleata dell ' intera Venezia Giulia , avrebbe dovuto usare la forza? Dopo una lunga discussione con i suoi collaboratori ,Alexander comunicò ai capi dello Stato Maggiore Combinato che, a meno di ricevere diverse istruzioni , si sarebbe impadroni to della Venezia Giulia limitatamente alla parte essenziale per lo sviluppo de lle operaz ioni, in particolare di Trieste e delle vie cli com unicazione con l'Austria, nonché di Pola, ove avre bbe ins tallato l'A.M.G .. I capi di S tato Maggiore furono perentori: occupazione alleata di tutta la Venezia Giuli a, compresa Fiume e le isole del Quarnaro, però ... «prima di un conflitto vero e proprio (con g li jugoslavi)», doveva mettersi in comunicazione con loro 3 • Il J O maggio De G asperi lanciò un fremente appello agli Alleati: «Nello stesso momento in cui tutta l'Italia settentrionale desiderando assecondare gl i eserciti ang lo-americani insorge eroicamente contro i tedeschi, ingresso truppe jugos lave oltre fro ntiera orientale ed a Trieste non è gjustificato né da ragioni militari, né politiche , né morali» ed auspicò che i Governi al leati portassero rimedio «ad una situazione che potrebbe altrimenti condurre a conseguenze gravissime mediate ed immediate ( ...)» 4 • Il giorno seguente i neozelandes i entravano a loro volta a Trieste. 1 Pnmas a Dc Gasperi jn data 28.3.1945, DDI, JQA serie, ~I, doc.107. F. Catalano, l 'Italia dalla dittatura alla democrazia cit., p.158. 3 H. MacMiJlun, Venli anni di pace e cli guerra c it., pp.684-685. ~ De Gasperi agli ambasciatori a Mosca, Washù1gton, Londra e Parigi in data 1.5 ..I 945 , DDJ, fQAserie, ll ,doc.163. 2


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ll

2. L'OFFENSIVA V1Tf0RT0SA

L'inverno 1944-1945 vide i contendenti intenti a riorganizzarsi in previsione dello scontro primaverile che entrambi sapevano decisivo. Kesselring riprese il comando del gruppo d'armate C il 16 gennaio . . 1 1945 e si trovò di fronte ad una situazione piuttosto complessa, giacché, anche se gli Alleati avevano riportato durante la sua assenza alcuni successi territoriali senza conseguire risultati determinanti, la Linea Gotica era stata quasi completamente superata ed il rinnovarsi degli attacchi aveva finito per «intaccare seriamente la forza di resistenza» delle truppe germaniche 2 . Si aggiunga un certo sbilanciamento di forze sull'intero fronte, provocato dalla sottrazione di divisioni al settore tirrenico per cautelarsi contro i maggiori pericoli prevedibili in corrispondenza della fascia costiera adriatica. In parte per questo ed in parte per accontentare Graziani, la D. bers. Italia fu dislocata in Lunigiana ed unità minori della R.S.I. vennero date in rinforzo alla 148" D.f. tedesca. Graziani era intervenuto a buon motivo, giacché la crisi della Repubblica Sociale continuava a peggiorare. Il 18 gennaio il Governo di Salò dovette ammettere il visibile smarrimento generale, morale e materiale. Una delegazione di ministri si recò dall'ambasciatore Rahn chiedendo «una chiarificazione dei rapporti [tra R.S .I. e Reich] perché dopo quindici mesi dalla costituzione e dal solenne riconoscimento del Governo repubblicano non si deve più dare l'impressione che il territorio della Repubblica, i suoi uomini ed i suoi beni continuino ad essere considerati preda bellica». E Graziani disse: .

«Sappiamo ormai, ed è giuuta l'ora di dirvelo con tutta franchezza, che la parola d'ordine tedesca è che gli italiani non possono e non debbono essere utilizzati come soldati, ma solo come lavoratori( ... ). lo ho la sensazione precisa che si sia voluto impedire laricostruzione delle Forze Armate in Italia. In un primo momento abbiamo messo a disposizione dai 500 ai 600 .00 uomini. Essi si. sono dispersi perché ai centri di mobilitazione non trovarono né divise, né anni, né vitto. Disperse, tali forze si incanalarono verso il ribellismo. La colpa nori è nostra. Ogni nostra richiesta cadde nel vuoto. Inviammo in Germania gli uomini per le quattro divisioni. Oggi chiediamo che.le divisioni vengano messe in condizioni di operare( ... ).

1

Af rientro di Kesselring, il generale von Vietinghoff, anziché riprendere il suo posto armata, ricevette il comando delle forze tedesche in Curlandia. 2 A. Kesselring, Memorie di guerra cit., p. 245.

ali.a

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Le divisioni sono in parte disarmate. La divisione Itali.a ha il 25% dei suoi uomini senza armi( ... ). Quali le conclusioni? Il popolo dice: 'I tedeschi stanno spogliando l'Italia settentrionale e non ci lasceranno neppure gli occl1i per piangere. Quando se ne andranno da queste regioni non avremo un solo fucile per difenderci dagli anglo-americani' ( ... )».

Rahn riconobbe i disagi provocati dallo scarso equipaggiamento e dall'incompleto armamento delle unità ed assicurò che l'inconveniente era dovuto a difficoltà tecniche e non a diffidenza o deliberato sprezzante atteggiamento del Reich, però quando Graziani chiese di portare finalmente al fuoco almeno una divisione, per non farla morire d'inedia, Rahn replicò: <<Non dimenticate le diserzioni verificatesi nelle prime divisioni». Graziani ammise che in effetti la Monte Rosa e la San Marco avevano lamentato complessivamente 5 mila disertori e Rahn corresse gelidamente: «Diecimila» . Ad ogni modo l'ambasciatore promise il suo aiuto, raccomandando però <<di non sollevare 1a questione della zona delle Prealpi e del Litorale Adriatico» 1 , al cui riguardo il Governo di Salò non aveva mai nascosto un vivo disappunto . .Kessehing, dunque, esaminò il quadro generale con occhio freddo e riuscì a considerare le cose con un certo ottimismo: <<La disposizione d'animo dei Comandi e delle truppe era eccellente, assai migliore di quel che avessi immaginato. Non si notava alcuna traccia di disfattismo, e nessuno si poneva neppure la domanda se si dovesse continuare a sospendere la lotta , perché le nostre forze annate in Italia sapevano quanto la nostra resistenza fosse importante agli effetti della situazione generale. Gli effettivi delle unità erano sufficienti, ma l'istruzione cli alcuni reparti lasciava molto a desiderare. Critica era la situazione per quanto riguardava le armi, il munizionamento ed i rifornimenti di benzina, molto preoccupante lo stato del!' aviazione, che giustificava il timore di sgradevoli sorprese. Le posizioni del fronte erano state preparate per la battaglia decisiva, munite di adeguata sistemazioni difensive e dotate delle necessarie riserve. Dovevamo però continuare a cedere divisioni agli altri fronti e J.' a.ITi vo dei rinforzi era piuttosto scarso ( ... )» 2 •

Ben sette divisioni, infatti, lasciarono 1'Italia: quattro di fanteria, una di granatieri corazzati SS, una motorizzata e tre battaglioni paracadutisti pari a una divisione.

1

F. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp. 725-728.

2

A. Kesselring, Memorie di guerra cit., pp. 246-247.


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I settori del fronte che meritavano una particolare attenzione erano quello appenninico del XIV corpo corazzato (14" armata), perché copriva direttamente Bologna, e l'estrema sinistra della 1QA armata, alle valli di Comacchio, perché uno sfondamento in quel tratto avrebbe naturalmente consentito l'avvolgimento del! 'armata. Ovunque esistesse un ostacolo naturale da sfruttare, in Romagna, ivi Kesselr.ing sollecitò febbrili lavori difensivi. Sorsero così la linea lrmgard sul Senio, la linea Laura sul Santemo, la linea Paula sul SilJaro e la citata linea Gengis Khan sull 'Idice, tutte a diretta protezione di Bologna. Tra le posizioni a tergo, spiccavano la linea del Reno , quella del Po e quella del]' Adige (linea Veneta), allestite frettolosamente in previsione dell'offensiva alleata verso nord-est. Nel Veneto difese programmate sul Brenta, sul Piave e sul Tagliamento dovevano opporsi ad un'operazione sul.la direttrice Udine-Villach, mentre la Voralpenstellung (posizione delle Prealpi) sbarrava le vie verso il Brennero. In particolare, i lavori sulla linea Veneta e sulla Voralpenstellung erano diretti da un apposito Comando Voralpen . Beninteso il grosso dell'organizzazione logistica dell 'Heeresgruppe C venne trasferito ad oriente dell' Adige, attuando almeno in parte il piano Herbstsnebel. L'8 marzo 1945 Kesselring fu convocato a Berlino dove Hitler, inaspettatamente, gli ordinò di recarsi subito ad assumere il comando del fronte occidentale in sostituzione del maresciallo von Rundstedt, esonerato dall'incarico. Due giorni più tardi Kesselring si insediò nel suo nuovo Comando, a Ziegenberg, mentre io Italia tornava il generale von Vietinghoff, richiamato d' urgenza dalla Curlandia. L'8 gennaio Alexander comunicò ai capi di Stato Maggiore Combinati la decisione di sospendere l'offensiva in Italia per riprenderla in primavera, fermo restando l'intenzione di sfruttare al massimo l 'eventualità di una spontanea evacuazione tedesca di parte della pianura padana. Nel frattempo i bombardamenti aerei non avrebbero subito interruzioni di rilievo. Ciò posto, e tenuto conto dei prevedibili rapporti di forze a metà aprile sui due fronti, l' occidentale (91 divisioni alleate contro 90 tedesche) e l'italiano (24 divisioni alleate contro 27 tedesche), si presentava agli Alleati la scelta fra due possibili linee di condotta: rimanere suJJa difensiva in Italia e trasferire subito in Francia il maggior numero di divisioni oppure mantenere in Italia un atteggiamento offensivo-difensivo e preparare un'offensiva che a metà aprile avrebbe dovuto portare all'obiettivo dell'Adige, raggiunto il quale sarebbe stato possibile trasferire in Francia un numero di divisioni probabilmente maggiore. Dopo un'attenta valutazione dei pro e


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LA CONCEZIONE DIFENSIVA TEDESCA NEL 1945

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dei contro, i capi di Stato Maggiore scelsero la prima 1, ritirando dal teatro del Mediterraneo cinque divisioni, tre delle quali dall'Italia, e due gruppi di caccia. Le direttive inviate ad Alexander erano, in sostanza, le seguenti: «Assicurare che la linea già raggiunta in Italia sia retta solidamente, con gli aggiustamenti minori che possono risultare necessari( ... ), fare il massimo possibile, mediante le limitate azioni offens.ive che possano essere realizzate e con l'abile uso di manovre cli copertura e di inganno, per contenere le forze tedesche ora in Italia ed impedire il loro ritiro verso altri fronti ( ... );in ogni caso restare pronto a trarre immediato vantaggio da qualunque indebolimento o ritiro delle forze tedesche» 2 •

Comunque Alexander e Clark decisero di studiare ugualmente l'offensiva con la quale si proponevano di annientare le armate tedesche nella valle padana, prima che potessero ripiegare sulla sinistra de LI' Adige e prolungare la lotta. Il progetto, poi diventato piano, studiato da Clark per il XV gruppo d'armate partiva da un punto fermo: la convenienza, se non addirittura la necessità, di evitare l'imbottigliamento delle forze nella grande ansa del Reno a nord di Bologna. Il fiume infatti, scendendo da Porretta Terme verso nord , ad occidente del meridiano di Bologna, giunto ad una trentina di chilometri oltre la città felsinea, piega con un ampio semicerchio verso oriente, raggiunge Argenta e si getta nelr Adriatico a sud delle valli di Comacchio. Quindi, qualunque direttrice d'attacco verso Bologna o il Po da parte dell'8" armata sarebbe incappata nell'arco fluviale che si presentava come importante linea di ostacolo approntata a difesa dai tedeschi. Di conseguenza, fu stabilito che la 5" armata americana si tenesse a ovest del Reno e 1' 8" armata britannica, una volta forzato il Senio, entrasse nel corridoio di Argenta, fra il Reno e le valli di Comacchio. Lo sforzo principale competeva alla 5" armata sulla direttrice PorrettaBologna, mentre 1'8", una volta superato il Senio, in base alle circostanze avrebbe deciso se gravitare sulla direttrice Argenta-Ferrara oppure sulla Massa Lombarda-Budrio per conc01rnre all'offensiva della 5" armata. Clark stabilì di dare la precedenza d'intervento all'8" armata . A fine marzo il piano fu approvato dai capi di Stato Maggiore Combinati . Se il rapporto delle forze terrestri appariva leggermente sfavorevole agli Alleati (ma non si dimentichi che le divisioni tedesche erano sotto or-

1

Jol111 Ehrman, Grand Strategy. Histmy of the 11 Worlds War , VI, H.M.S.O., Lonc!on 1956, pp. 84-85. 2 lbidem, pp. 94-95.


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IL DISEGNO DI MANOVRA DEL XV GR.A.

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ganico), in compenso il dominio del cielo era assoluto: cfrca 4 mila aerei anglo-americani contro meno di 200 della Luftwaffe. Così 1'8" armata avrebbe ape1io l'offensiva il 10 aprile e la 5" attaccato il 14. Entrambe le armate completarono i rispettivi pian-i ponendo grande attenzione alle misure intese ad ingannare l'avversario in campo tattico. Il successo ben difficilmente poteva mancare. Basta accennare alla fase preliminare dell' offensiva de11'8" annata: nel primo pomeriggio del giorno Di bombardieri strategici avrebbero bombardato a tappeto (175 mila spezzoni da 20 libbre) le zone di dislocazione delle riserve tattiche e gli schieramenti dell'artiglieria avversaria; ad essi dovevano seguire 200 bombardieri medi per colpire singole postazioni d'artiglieria; poi 500 cacciabombardieri avrebbero attaccato obiettivi tattici. A questo punto doveva entrare in azione l'aitigUeria: cinque bombardamenti, della durata di 42 minuti l'uno intervallati da 10 minuti di sospensione, intesi a far pensare a)1'imminenza di attacchi di fanteria. Infine, mentre i cacciabombardieri tornavano, ma senza far fuoco (il loro rombo era ritenuto sufficiente per trattenere i tedeschi nei rifugi), il V corpo britannico ed il II corpo polacco avrebbero forzato il Senio esattamente all'imbrunire. Durante la notte 100 bombardieri notturni pesanti ed altrettanti bombardieri leggeri avrebbero completato l'azione di più di mille bocche da fuoco con una disponibilità di oltre due milioni di proiettili. Una volta sfondato il fronte della 10" armata tedesca, le due armate alleate avrebbero accerchiato il maggior numero possibile di unità nemiche a sud del Po. Lo sfruttamento del successo era previsto per 1'8" armata sulla dirett:J.ice Padova-Udine-Trieste, per la 5" sulla direttrice Verona-Trento-Brennero 1• Alexander e Clark dedicarono i mesi di gennaio, febbraio e marzo del 1945 a riorganizzare le due armate. Il fronte venne tenuto da un minimo di truppe, ritirando a turno le divisioni per farle riposare e per addestrare il personale ai nuovi mezzi in arrivo: i cmTi-anfibi Duplex-Drive, gli LVT (Landing Vehicles Tracked) cingolati da sbarco, i nuovi .carri Sherman e Churchill dotati di cannoni più potenti, i blindati delle unità del genio per il rapido passaggio di canali e corsi d'acqua 2 • In pratica tutte le operazioni effettuate nel corso de11 'inverno perseguirono la finalità tattica di migliorare le basi di partenza per l'offensiva primaverile, cbe si voleva conclusiva. In tale quadro, se due divisioni canadesi si trasferirono in Francia, nuove unità entrarono in linea e, tra queste, i 5 gruppi di combattimento italiani. 1

2

W.G.F. Jackson, La battaglia d'Italia cit., pp. 371-385. Ibidem , pp. 369-371.


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*** I gruppi presero posto nel dispositivo alleato in successione di tempi. Il Cremona (gen. C. Primieri) il 14 gennaio assunse la responsabilità del settore all'estrema destra del I corpo canadese (dal 10 febbraio sostituito dal V corpo britannico), fra la feITovia Ravenna-Alfonsine e l'Adriatico, ricevendo in rinforzo unità carri ed artiglieri a canadese. 11 Friuli (gen. A. Scattini) si inserì 1' 8-9 febbraio nel settore di Brisighella, alle dipendenze del V corpo britannico, qualche giorno dopo del II corpo polacco e infine del X corpo britannico. Il Folgore (gen. G. Morigi) l' 1-3 marzo si dispose sulle posiziqni tra il Senio ed il Santerno, all'estrema destra del XIII corpo britannico. Il Legnano (gen. U. Utili) giunse per ultimo: assegnato alla 5" armata, il 23 marzo assunse la difesa del settore dell'Idice, alle dipendenze del II corpo americano. Il Mantova (gen. G. Bologna) fu trasferito dal sud alla zona del Chianti, in vista di un possibile impiego, a fine aprile e non ebbe perciò modo di partecipare alle operazioni. Anche due formazioni partigiane garibaldine vennero immesse nello schieramento del XV gruppo d'àrmare: la 28" brigata, a sud delle valli di Comacchio, agli ordini del Cremona e la 36" brigata inquadrata nel XIII corpo britannico. Ciò posto, e tenuto conto di quanto già accennato in merito ad equipaggiamento, armamento ed addestramento dei gmppi di combattimento, si potrebbe considerare la loro entrata in campo come la loro naturale conclusione di un loro regolare e soddisfacente ciclo addestrativo e del raggiungimento di un congruo livello di operatività. La realtà fu alquanto diversa, in parte per le caratteristiche ordinative dei singoli gruppi di combattimento ed in parte per la loro immissione nella lotta in tempi successivi, cioè con differente grado di approntamento. Per quanto attiene alle citate «caratteristiche>~, il riferimento concerne essenzialmente la fanteria: il Cremona ed il Friuli conservavano i reggimenti delle originarie divisioni; il Folgore era costituito da tre battaglioni paracadutisti della Nembo e dal reggimento di marina San Marco; .il Legnano - che aveva formato l'ossatura del I raggruppamento motorizzato e poi del Corpo italiano di liberazione - disponeva di due battaglioni di fanteria, uno d'assalto, due di alpini ed uno di bersaglieri; il Mantova, dopo molte peripezie organiche, comprendeva un reggimento della divisione originaria ed uno della disciolta divisione Napoli 1• Per dare un'idea del non semplice approccio al nuovo ciclo operativo del primo gruppo entrato in linea, il Cremona, diremo che, raggiunta nel

1

S. Crapanzano, I gruppi di combattimento cit. ,


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mese di dicembre 1944 la zona di Ascoli per la fase conclusiva dell'addestramento, dovette superare, e seppe farlo bene, una recrudescenza del maltempo che provocò inevitabilmente un rallentamento del programma addestrativi, ma principalmente una crisi dovuta alle assenze arbitrarie ed alle diserzioni vere e proprie. Il fenomeno non toccava solo il Cremona, beninteso. Influivano su di esso il congedamento delle classi anziane e la loro sostituzione con complementi non ancora amalgamati; il mancato rientro alla scadenza della licenza breve concessa ai militari residenti nell'Italia liberata (il Cremona proveniva dalla Sardegna) e l'allontanamento arbitrario dal reparto; la constatazione che in un modo o nell'altro numerosi giovani riuscivano ad essere dispensati dal servizio militare; la convinzione della più che probab.ile impunità per chi si sottraeva al servizio, soprattutto per un breve periodo; l'assai poco confo1tevole sistemazione dei reparti; 1'atteggiamento della stampa di alcuni partiti troppo spesso mal disposta verso gli appartenenti al Regio Esercito. Ed anche, ed in molti casi soprattutto, la penosa situazione economica di tante famiglie. Il fatto era diventato ormai pressoché «normale» , in specie nelle varie unità del territorio e nelle divisioni ausiliarie. Ma, afferma la Relazione Cadorna, «assunse proporzioni particolarmente allarmanti allorquando fu iniziato l'approntamento dei Gruppi di combattimento, nei quali dovettero essere ammessi milìtari delle più disparate provenienze e 'volontari' con scarsa volontà di combattere» 1• Ancora: molti ufficiali anziani di complemento, specie comandanti di battaglione, erano stati congedati e sostituiti solo in parte con ufficiali superiod effettivi, mentre i giovanissimi ufficiali .in s.p.e., da poco usciti dall'Accademia militare, mostravano comprensibili carenze di pratica del comando. Nessuna meraviglia, quindi, se un complesso operativo come il Cremona attraversava un momento delicato per l'affievolimento del sincero entusiasmo che aveva salutato il rientro dalla Sardegna in vista della partecipazione alla liberazione del territorio nazionale. Lo stato di depressione giunse al punto che i primi di gennaio il generale Primieri si vide costretto a rappresentare al generale MacCreery la forte deficienza di personale rispetto agli organici del gruppo e l'incompletezza addestrativa dei reparti. Ma il comandante dell '8" armata, pur tenendo conto di quanto esposto, stabilì che il Cremona si portasse il giorno 12 sul fronte di Ravenna per passare alle dipendenze del 1 corpo canadese (gen. Foulkes). Il 7 gennaio il

1

Gian Nicola Amoretti (a cura), La Relazione Cadorna sull'opera dello Stato Maggiore dell'Esercito (8 settembre 1943-31 gennaio 1947), Ed. Ipotesi, Salerno 1980, pp. 26-27.


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gruppo partì dalla zona di Ascoli, in due scaglioni , per dare il cambio alla 1" divisione canadese a nord di Ravenna. Per giunta, nell'imminenza della partenza si registrarono aJcu ni casi di diserzione collettiva nelJa fanteria «che fecero veramente dubitare - scrisse il generale Zanussi, vicecomandante del gruppo - allora delle sorti del Cremona . Fortunatamente i rimasti asso]sero il dover loro anche per gli assenti» 1• Il settore destinato al gruppo cii combattimento misurava nel senso della fronte una ventina cli chilometri, cinque dei quali, in conispondenza della laguna di Comacchio, presidiati dalla brigata garibaldina Cordini 2 • I rimanen6 quindici chilometri vennero tenuti da ci nque battaglioni in primo scagli9ne, ciascuno con non più di 450 uomini in luogo dei circa 750 in organico, ed un giorno Zanussi, in giro d'ispezione, riscontrò che una compagnia fucilieri schierava appena 44 uomini invece dei 140 previsti 3 . Sino agli ultimi giorni di gennaio si verificò un susseguirsi di tentativi di colpi di mano e di incursioni cii grosse pattuglie di combattimento tedesche, con una temperatura rigida e sotto piogge battenti. I soldati «davvero ressero ammirevolmente. Erano in pochi e lavorarono per molti: per coloro che a suo tempo non avevano combattuto, per coloro che prima di entrare in linea avevano disertato, per i politicanti e gli immemori che s' erano lasciati alle spalle» 4 • Per concludere, il ciclo operativo del Cremona si differenziò notevolmente da quello degli altri gruppi, sia a causa della sua entrata in linea prima della sua completa messa a punto, e sia per la maggiore incidenza delle perdite in combattimento e per la malattia (fra gennaio e marzo 1945 vennero a mancare oltre 1.300 uomini) . La situazione, insostenibile, impose provvedimenti di emergenza. Dei 2 .600 volontari complessivamente affluiti al gruppo (pari ad oltre il 50% degli appartenenti ai reparti di fanteria) solo 1.600 provennero dai Centri addestramento complementi. I rimanenti 1.000, re_clutati direttamente dal gruppo 5 , erano quasi tutti ex-partigiani della Toscana e dell'Umbria e non mancavano le bande assorbite al completo. «Insomma - ha commentato Zanussi - il Cremona era una via di mezzo tra gli irregolari partigiani, prettamente volontari, che agivano agli ordini dei vari C.L.N. , ed i

G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., Il, pp. 302-305. La brigata Cordini era su 12 piccole compagnie di una trentina di uomini, quasi tutti romagnoli e quasi tutti comunisti. 3 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II, p. 309. U 21 ° reggimento fanteria era entrato in linea con una forza di I .367 uomini contro i 2 .790 in organico (E.Musco , Il 21 ° reggimento fanteria «Cremona» nella guerra di liberazione cit., pp. 22-29. ' 1 G. Zanussi, op. citata. Il, pp . 308-309 . 5 Ibidern, p. 313. 1

2


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regolari, quasi esclusivamente soldati di ferma, dei rimanenti gruppi di combattimento( . .. ). Ora, com'è andato l'esperimento? Rispondo subito: fin che s'era in combattimento, bene; fuori, male. È andato bene in combattimento perché ex-partigiani e permanenti ufficiali e gregari, hanno fatto come si suol dire massa, marciando dritti al nemico o reagendone ai colpi in modo mirabile. Al maggiore slancio degli ex-partigiani ha fatto riscontro la maggiore coesione dei permanenti, al più alto spirito di quelli la più salda disciplina di questi( ... ). Ma non appena il tedesco o il fascista non erano più davanti, allorché il fragore della battaglia cessava, brusco cambiamento di scena. Ciascuno dei tre cavalli della «troika>> (ex-partigiani, permanenti ed ufficiali) riprendeva la strada per suo conto. Gli ex-pa11igiani, che amavano spesso assumere pose da 'fasso tuto mi' nei riguardi dei permanenti e da 'commissari del popolo' nei confronti degli ufficiali, pensavano alla politica, vagheggiavano probabilmente di far del Cremona il primo nucleo dell'esercito rosso dell'avvenire, ed erano a tale scopo disposti a rimanere sotto le amù per mesi e per anni( .. .); i permanenti, cui le arie degli ex-partigiani davano maledettamente sui nervi , non chiedevano di meglio che( ...), finita la lotta contro i tedeschi, di ritornarsene alle loro famiglie, alle loro case, al loro lavoro. Gli ufficiali - cavallo di centro della "troika" - non sapevano spesso tra questi e quelli che pesci pigliare, tanto più che molti erano i giovani che non avevano esperienza né di uomini, né dj comando, né di guerra>> 1•

*** All'inizio di aprile 1945 le forze contrapposte e direttamente interessate alla battaglia imminente consistevano in 450 .000 tedeschi contro 1 .500 .000 a11eati . In particolare, alle 18 divisioni tedesche più la di visione fascista Italia, si opponevano 17 divisioni alleate più unità minori (tra le quali i cinque gruppi di combattimento italiani) pari ad oltre 7 divisioni, per complessive 24 divisioni. Tuttavia un simile raffronto riveste valore molto relativo , considerata la forte differenza tra le possibilità operative della maggior parte delle divisioni tedesche rispetto alle grandi unità inglesi ed americane. Le prime erano ridotte ad un livello di efficienza pari più o meno alla metà di quello di una normale divisione, a causa del logorio subito in precedenza, delle perdite di personale e delle deficienze di materiali e mezzi di trasporto, nonché del peso psicologico di trovarsi in mezzo ad una popolazione ostile. Inoltre erano letteralmente prive di un qualsiasi sostegno

1

Ibidem, pp. 361-362.


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LE FORZE CONTRAPPOSTE (Primavera 1945)

Bert.


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da parte della Li{ftwa:ffe. E, infine, sul morale incideva l'inevitabile consapevolezza deJla guerra irrimediabilmente perduta e dell'impossibilità di reggere alJ'offensiva alleata in ltalia. Da parte anglo-americana, invece , tutto induceva a certezza, più ancora che a fiducia: le divisioni, riportate a pieno organico e dotate di nuovi strumenti bellici, in piena efficienza; il morale elevato; l'assoluto dominio cieli' aria; una completa organizzazione logistica; 1'appoggio delle popolazioni . Peraltro bisogna riconoscere che, pur nelle condizioni dì inferiorità in cui si trovavano, i tedeschi seppero affrontare la lotta con abilità e tenacia. La 5A armata era schierata in un settore di circa 150 chilometri . Alla sinistra, su un fronte di 115 chilometri da Viareggio a Vergato (a sud-ovest di Bologna) si trovava il IV corpo (gen. Crittenberger); a destra su 35 chilomet1i di ten-eno montano, era il II corpo (gen. Keyes). L'8A armata teneva una linea di un'ottantina di chilometri , con il XIII corpo (gen . Harding) sull'Appennino ed il X corpo (gen. Hawkesworth), il Il corpo polacco (gen. Bohusz-Szyszko) ed il V corpo (gen. Keightley) in pianura. Il sostegno logistico era assicurato da un'organizzazione ottima, sul piano organizzativo come su quello della disponibilità di materiali, mezzi e munizioni. Esso era diretto dal generale Brian Robertson, il cui primo impegno riguardava la necessità di assumere prontamente la responsabilità del teITitorio via via abbandonato dalle due armate nella loro avanzata vittoriosa. A tale scopo vennero predisposti Comandi di distretto a tergo delle armate, pronti a subentrare nell'amministrazione del territorio da queste lasciato, coordinando strettamente la propria azione con la progressione dei Comandi delle grandi unità. Tra i compiti dei Comandi di distretto spiccavano l'assunzione del controllo dell'amministrazione civile; il riattivamento deUe comunicazioni nelle zone avanzate, prevedibilmente sconvolte dai tedeschi in ritirata e dai bombardamenti alleati; le predisposizioni per 1'utilizzazione dei porti di Genova, di Venezia e soprattutto di Trieste; il concentramento e la custodia dei prigionieri di guen-a, previsti in circa un milione di uomini; la raccolta del materiale di preda bellica. L'offensiva fu preceduta da due azioni preliminari. Una lungo il litorale adriatico (3-4 aprile), condotta da due brigate britanniche con il concorso della brigata Gordini, aveva lo scopo di occupare posizioni che consentissero maggiore sicurezza alla manovra di avvolgimento prevista aU 'ala destra delr8" armata attraverso le valli di Comacchio e nel contempo, nel quadro del piano d'inganno, di attirare l'attenzione tedesca sulla probabilità di un'operazione anfibia nell'alto Adriatico. La seconda si svolse il 5 aprile lungo il litorale tirrenico in direzione di Massa a scopo diversivo .


LA LTBERAZIONE

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Entrambe ottennero il 1isultato voluto dj provocare lo spostamento cli buona parte delle riserve mobili dell ' Heeresgruppe C tenute in posizione centrale. Il 9 aprile, con un giorno di anticipo sul programma grazie alle favorevoli cond izioni atmosfe1ichc, 1'8" armata iniziò l'offensiva 1 • Dopo una preparazione di artiglieria di cinque riprese di 42 minuti ciascuna, ad intervalli di 10 minuti, e l'intervento di duemila bombardieri mesi e pesanti e cacciabombardieri della M.S.A.F. (Mediterranean Strategie Air Force) , della 12" Air Force, del 22° T.A.C. (Tactical Air Command) e de11a D .A.F. (Desert Air Force), alle 19,20 il quinto corpo b1itannico ed il II corpo polacco attaccarono la linea del Senio, mentre il giorno successivo si impegnava anche il X corpo. Sul Senfo entrarono in combattimento i gruppi Cremona e Friuli e successivamente il Folgore. Il giorno 11 veniva investita la linea del Santerno ed il mattino seguente erano già state costituite alcune teste di ponte sul fi ume. A questo punto il generale MacCreery constatò che la situazione non consentiva ancora di decidere se indirizzare lo sforzo principale delr8" armata verso nord, attraverso il varco di Argenta, fra il Reno e le valli di Comacchio, oppure verso Budrio, a nord-est di Bologna. Stabilì allora di procedere con spinte paritetiche su entrambe le direttrici. In campo tedesco il generale von Vietinghoff si era fatta un 'idea sufficientemente chiara circa le intenzioni alleate. Scartata l'ipotesi di operazioni anfibie nell'alto Adriatico, ravvisò il pericolo proveniente dal varco di Argenta e spostò in que l settore la preziosa 29" Panzergrenadiere, ma il 14 si ri volse a Hitler. Spiegò l'impossibilità, per una difesa statica, di resistere alla valanga di fuoco che si abbatteva sulle posizioni dell a 10" armata. Sino a llora aveva attaccato solo 1' 8" armata britannica, ma era evidente l'imminente offensiva della 5" amerjcana. Orbene, per ritirare l'armata Liguria e la 14A armata a nord del Po occorrevano due settimane e 1'unico modo per consentire tale ritirata consisteva nel ricorso all a difesa manovrata. Se non ordinata al più presto, la resistenza della 10" armata non sarebbe durata tanto a lungo da permettere di recuperare le forze occidentah. La risposta di Hitler fu drastica. Lo stesso giorno il generale Jodl telegrafò che il Fuhrer aveva ord·inato: «Si cesserà di inoltrare qualsiasi ulteriore proposta circa mutamenti da apportare al-

!' attuale condotta strategica del la guerra( .. .) in nessuna circostanza sarà consentito alle

Sull'offensiva fi nale in Italia vds. la chjara sintesi del generale Pier L uigi Bertina1ia, L'ultima fase della guerra in Italia , in C.I.S.M ., "l 'Ttalia in gue1Ta. Il sesto anno. 1945" cit. Da tale sintesi sono tratti gli schizzi relativi alla situazione operativa ed ai disegnj di manovra dei Comandi alleati. 1


IL DISEGNO DI MANOVRA DELLA 8° A.


L DISEGNO DI MANOVRA DELLA 5° A.

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truppe o ai comandi cli tentennare o di adottare un atteggiamento disfattista quale risultato delle idee evidentemente coltivate nel Suo Comando( ... ) . Il Fiihrer esige adesso e come prima la massima ,isolutezza nell'assolvimento del Suo attuale compito, che è quello cli difendere ogni palmo delle zone dell'Italia settentrionale affidate al Suo Comando( ... )» 1 •

Proprio il giorno 14, con un ritardo di un paio di giorni rispetto al previsto a causa del maltempo, si mosse la SA armata americana con il IV corpo. L'attacco, sviluppato contro le ali interne del XIV Panzerkorps e del LI Gebirgskorps, per quanto cogliesse di sorpresa la difesa 2 incontrò tenace resistenza, ma il 16 l'avversario fu costretto ad arretrare. Fra il 15 ed il 18 aprile la situazione tedesca si aggravò rapidamente. Anche la linea del Sìllaro (Paula) era stata superata dagli alleati e, peggio ancora, il mattino del 18 il LXXVI Panzerkorps dovette abbandonare il settore di Argenta, mentre sull'Appennino la 14A armata stava cedendo e le truppe alleate venivano a contatto con la linea Gengis Khan. 11 possesso di Argenta sciolse l'incertezza di MacCreery sulla gravitazione dello sforzo finale e la decisione fu a favore della direttrice verso il Po, appunto da Argenta, rispetto a quella di Budrio. Il mattino del 20 il V corpo britannico da un lato si preparava ad irrompere dalla stretta di Argenta e dall'altro superava il Po di Primaro; jJ II corpo polacco ed il XIII britannico procedevano su Budrio; il II corpo americano tagliava la via Emilìa tra Modena e Bologna ed il IV corpo americano giungeva a Casalecchio sul Reno, a sud-est di Bologna. Quel mattino von Vietinghoff vide nettamente che se non avesse ripiegato immediatamente oltre il Po il gruppo d'armate le sue truppe sarebbero state fatte a pezzi. Scrisse ancora una volta a Hitler: «Mio Fuhrer! Indotto dalla mia incontrollabile volontà di tenere il fronte italiano in qualsiasi circostanza e di eseguire i Suoi ordini sino all' ultimo, io Le comunico, mio Fubrer, che quale risultato delle pesanti perdite subite in battaglia, le forze ciel settore operativo italiano sono prostrate a tal punto che, se persisteremo ad adottare una difesa statica, sarà probabilmente impossibile impedire, nonostante l'eroica resistenza e la determinazione cli ufficiali e soldati, uno sfondamento nemico attraverso le valli di Comacchio, a Bologna ed a Spezia. Tutte le forze disponibili sono state concentrate nei punti focali della battaglia, mentre altri settori ciel fronte, non sottoposti ad attacchi diretti e pesanti, sono stati conseguente-

1

W.G.F. Jackson, La battaglia d'Italia cit., p. 393. von Senger und Etterlin, La guerra in Europa cit., p. 421.

2 F.


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L'OFFENSIVA FINALE DEL XV GRUPPO D'ARMATE

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mente sguarniti per fornire rinforzi. Non vi sono più riserve disponibili. Pertanto il nemico minac:c:ia di conseguire il suo obiettivo, e c:ioè frazionare e conseguentemente schiacciare il fronte tedesco. Attuando una strategia mobile, comunque, i.o vedo ancora la possibilità di evitare il concretizzarsi di tale minaccia e di proseguire la nostra resistenza con probabilità di successo. Per quanto possa riuscirmi difficile, considero mio dovere, mio Fuhrer, inviarLe il presente rapporto a quest'ora ed attendere i Suoi ordini» 1•

Ma non poteva attendere la risposta di Hitler e difatti impartì subito l 'ordine di ritirata al Po ai comandanti delle armate. Era già troppo tardi. Benché la situazione complessiva non fosse ancora del tutto compromessa - il fronte della 10" armata reggeva abbastanza bene sulla linea Gengis Khan, ma la 14" armata si trovava con un pesante cedimento del XIV Panzerkorps - , difettava ormai il tempo per organizzare ed eseguire un ordinato ripiegamento. Occorreva presidiare convenientemente la linea del Reno in modo da consentire il deflusso delle divisioni a contatto con il nemico ed il loro trasferimento oltre il Po, il tutto sotto l'imperversare dell'aviazione anglo-americana e la disorganizzazione della rete delle comunicazioni tedesca provocata dai bombardamenti. Cosicché i generali Lemelsen e Herr fecero quel che potevano, improvvisando ed in un quadro di scarsa conoscenza del rapido evolvere degli eventi. Il LXXVI Pan.zerkorps costituì il perno della ritirata. Doveva ostacolare le provenienze da Argenta il più a lungo possibile per permettere al I corpo di paracadutisti di portarsi oltre il Po. Intanto, nel settore della 14" armata, il XIV Panzerkorps avrebbe ripiegato sul Panaro e poi su Mantova, ed il LI Gebingekorps doveva arretrare su Piacenza. Nel contempo l'armata Liguria del maresciallo Graziani ricevette ordine di ritirarsi su Milano. <<Sembra - ha scritto Jackson - che in quella fase gli Alleati non fossero consapevoli dei loro schiaccianti successi e infatti elaborarono i loro piani come se dovessero combattere ancora molte battaglie» 2 • Ad ogni modo la situazione precipitava. li 21 aprile unità del II corpo americano, fra le quali il gruppo Friuli, entravano in Bologna; il 22 il XIII corpo britannico raggiunse il Po ed il 23 fu il V corpo a portarsi sul fiume a nord di Ferrara. Quel giorno il generale von Schwerin, comandante del LXXII Panzerkorps , ancora a sud del Po, riconobbe persa la partita e dispose che glì uomini delle sue due divisioni si salvassero oltre il corso d' acqua abban-

1

W.G.F. .Tackson, La battaglia d'Italia cit., p. 394.

2

!bidem, pp.397-398.


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SCHIERAMENTO E AVANZATA DEI GRUPPI ITALIANI DI COMBAITIMENTO Offensiva di primavera 1945

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donando armamento pesante, carri e materiali. Le armate tedesche stavano disintegrandosi: tre dei quattro corpi d'armata erano da considerarsi distrutti e la maggior parte delle divisioni mobi1i in riserva non presentavano che resti privi di efficienza bellica. Fra il 24 ed il 25 le truppe alleate dilagarono a nord del Po. L' 8" armata passò il Po il 24 aprile senza incontrare più resistenze se non sporadiche e puntò verso nord-est. Tre giorni più tru·di i suoi corpi d'armata realìzzru·ono due teste di ponte sull'Adige. Venezia fu raggiunta il 29 e Trieste il 2 maggio. La 5" rumata superò il Po il 25 aprile puntando verso nord e nord-ovest. Le sue divisioni toccarono Verona il 26, Milano il 29, Torino il 30 ed il Brennero il 6 maggio. Una volta verificatosi ]o sfondamento del fronte, il ciclo operativo dei gruppi di combattimento si differenziò in base agli ordini impartiti dai rispettivi Comandi di corpo d'armata. Il Friuli ed il Folgore terminarono la loro attività bellica. Il primo entrato il 21 aprile in Bologna, si raccolse a nord-est della città per riordinarsi; il secondo, dopo un duro combattimento sostenuto il 19-20 a sud del capoluogo emiliano, fu avviato nella zona di Faenza per un periodo di riposo. Il Legnano, invece, fece il suo ingresso in Bologna il 21, poche ore dopo il Friuli, e poi proseguì su Mantova. L'impegno maggiore fu quello riservato a1 Cremona nel quadro dell'irruzione delr8" ru·mata oltre il Po. Il gruppo ricevette ordine dal Comando V corpo britannico di superru·e il fiume, occupare Adria, proseguire su Cavarzere ed attraversare <<Se si presenta l'occasione» l'Adige 1• Adria venne liberata il 26, dopo il superamento del Po con mezzi di circostanza; Cavarzere il 27 dopo un serio scontro con elementi tedeschi; l'Adige varcato il 28. Alle 17 del 29 una colonna del Cremona issava il Tricolore in piazza San Marco a Venezia, in mezzo ad una popolazione esultante di gioia. Lo stesso giorno, sulla destra del gruppo, la brigata partigiana Cordini entrava in Chioggia ed accoglieva la resa del presidio tedesco. Con la liberazione di Padova, Mestre e Venezia il V corpo britannico concludeva il compito ricevuto. Il 1° maggio il generale Clark diramò un comunicato: <<Le truppe del 15° gruppo d'ru·mata hanno fracassato in tal maniera le armate germaniche in Italia che esse, come forza militare, sono virtualmente eliminate( ... ) . La potenza militare della Germania in Italia ha praticamente cessato di esistere, anche se combattimenti sporadici continuano mentre i resti delle armate germaniche vengono rastrellati» 2 •

1

2

S. Crapanzano, I gruppi di combattimento cit., p. 453. M. Clark, V armata americana cit., p. 421.


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*** Abbiamo visto il messaggio inviato da von Vietinghoff a Hitler il 20 aprile e la contemporanea decisione di ripiegare sull'Adige. Ma il comandante del gruppo d'armate C., consapevole dell'inevitabile, imminente crollo del suo esercito, il 23 prese una risoluzione definitiva: negoziare la resa agli Alleati. L' argomento , sul tappeto da mesi ad opera di più parti con scopi differenti, prese il nome di operazione Sunrise ' · La prima mossa concreta era provenuta da Himmler, il Reichsftihrer delle SS. È ben conosciuta l'ossessionante convinzione di Hitler che il tempo avrebbe inciso e poi provocato la rottura della coalizione avversaria, come avvenuto a suo tempo a quella contro Federico II. A fine agosto 1944 Ribbentrop aveva presentato al suo capo un promemoria per «autorizzarmi immediatamente a sondare in ogni direzione la possibilità di concludere la pace», senza peraltro ottenere j] placet 2 . Himmler, invece, che cominciava ad accarezzare l'idea di sostituirsi a Hitler, agì d'iniziativa. Si proponeva di cercare, prima del disfacimento del Reich , un compromesso con gli Alleati, offrendo in cambio le divisioni SS contro l'Unione Sovietica. Il fronte itahano, nettamente secondario rispetto all'occidentale ed all'orientale, appariva terreno adatto per una presa dì contatto, anche per la presenza e la posizione dell' Oberg ruppe11fiihrer SS Wolff. Nell'Italia settentrionale potevano rinvenirsi due elementi di scambio: la salvaguardia o la distruzione degli importanti complessi industriali ivi esistenti ed il pericolo di una liberazione realizzata da una Resistenza dominata· dal partito comunista. Wolff, dunque, fu incaricato di sentire la disponibilità della Curia di Milano. Il cardinale Schuster si mostrò subito favorevole ad appoggiare il tentativo ed informò il Vaticano, dove trovò appoggio convinto, date lepreoccupazioni che si nutrivano sulle sorti dell'Italia settentrionale nel caso di una disperata, ultima resistenza dei tedeschi e dei fascisti . Si trattava, per un verso di risparmiare alle popolazioni lutti e sofferenze; di proteggere stabilimenti industriali, porti e patrimonio culturale; di evitare un pericoloso disordine politico e sociale ed una possibile rivoluzione. Dall'altro lato, forse la liberazione dell'alta Italia senza danni e squilibri poteva giovare a bilanciare le due forze politiche che stavano per fron teggiarsi in Europa.

1

2

F. W. Deakin, Storia della repubblica di Salò cit., pp.739-754. Joachim von Ribbentrop, Fra Londra e Mosca, Bocca,Milano '1 958,pp. 321-322.


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Il 1.4 ottobre 1944 don Bicchierai, fiduciario di Schuster, inviò una nota al colonnello Dollrnan, personaggio di netto spicco fra le SS in Italia, comunicandogli che il cardinale si offriva quale mediatore per un'intesa tra Comando tedesco e C.L.N.A .I., come preliminare per un accordo con gli Alleati su queste basi: le truppe gennaniche si sarebbero astenute da una devastazione del Paese e dalla distruzione sistematica delle strutture industriali; le forze partigiane non avrebbero compiuto alcun atto ostile diretto ad impedire od ostacolare la ritirata tedesca. In un successivo colloquio avvenuto nella Curia, il generale Lehman e l'ambasciatore von Rahn accolsero la proposta e la conclusione fu riassunta in questi termini: «La convenzione dovrebbe essere firmata da una parte dal maresciallo von [sic] Kesselring, dal Comando SS in Italia e dal capo della Feldgendarmerie, in modo da assicurare l'adesione di tutti i Comandi Germanici; d'altra parte detta convenzione dovrebbe fruire dell'adesione del C.L.N. [dell'Alta Italia] e, in modo particolarmente esplicito, di quella ciel partito comunista, che i tedeschi ritengono il più forte ed il meglio organizzato, almeno nell'Alta Italia. La convenzione dovrebbe essere corredata eia un estratto che precisasse le devastazioni ammesse e quelle vietate, che circostanziasse i tempi di attuazione e che prevedesse l'allontanamento dalla zona interessata di autorità e di forze repubblicane capaci di svolgere opera cli provocazione per frustrare l'accordo stesso, e il passaggio dell'amministrazione di elette zone nelle mani cli persone di provata probità e non invise alla popolazione» 1•

La questione sembrò arenarsi per l'atteggiamento negativo assunto dal Comitato di Liberazione Nazionale, sia per diffidenza nei riguardi déi tedeschi, sia perché, come riferì don Bicchierai il 13 dicembre: «Nel C.L.N. le posizioni sono le seguenti: collettivamente, contrari; partitamente, favorevoli con qualche riserva democristiani, liberali e socialisti; contrari (ma smontabi li), il Partito d'Azione; assolutamente contrari e minacciando anche una frattura nella compagine del C.L.N. i comunisti . Pertanto il progettato accorcio potrà raggiungersi ed attuarsi solo se vi sarà l'adesione comunista( .. .)» 2 .

La contrarietà comunista, a Roma come nell'Italia settentrionale, derivava da due considerazioni: il timore di perdere prestigio presso le formazioni partigiane accettando quell'attendismo che sempre era stato criticato 1

2

Ferruccio Lanfranchi, La resa degli ottocentomila, Rizzoli, Milano 1948, pp. 24-25. Ildefonso Schuster, Gli ultimi giorni di un regime, Daverio, Milano 1960 , p. 112.


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e combattuto con i partiti moderati; il proposito di capeggiare nell'Alta Italia un'insurrezione generale tale da costringere i tedeschi alla fuga od alla resa prima dell'arrivo degli Alleati. Ad ogni modo, il 9 febbraio 1945 il cardinale Schuster incaricò don Bicchierai di «trattare in suo nome con le Autorità germaniche per impedire le ormai decise distruzioni» 1 , ed il 22 Woltf delegò il colonnello Rauff, comandante della Sicherheitspolizei di Milano, a proseguire nelle conversazioni, fermo restando che <<le eventuali possibili trattative relativamente ai colloqui politici che ne deriverebbero» dovevano essergli riferite immediatamente 2 • Ma nel contempo stavano proseguendo i contatti stabiliti in Svizzera co!1 elementi dell'Office ofStrategie Service, grazie all'intermediazione del barone Parrilli , uomo d'affari con interessi anche nella repubblica elvetica, ed il 28 febbraio Wolff e Rahn furono informati che i rappresentanti americani si erano dichiarati disponibili a discutere con incaricati tedeschi i tem1ini della resa. Nel pomeriggio del 3 marzo, a Lugano, Dollmann e Parrilli ebbero un colloquio con il delegato di Allen Dulles, il capo dell'O.S .S ., Paolo Blum. Il compito di questo funzionario era semplice: stabilire sino a qual punto i tedeschi fossero disposti a concedere e se fossero in grado di mantenere gli impeg1ù assunti. Egli «nulla aveva da offrire, tutto da chiedere». Di conseguenza, pose a Dollmann cinque precise domande: <<l. Vi siete convinti, attraverso le discussioni di stamane 3 , che sarebbe impossibile separare gli anglo-americani dai russi? 2. Siete giunti alla persuasione che la guerra è perduta per i tedeschi? 3 . Avete preso nota che gli americani in Svizzera possono trattare unicamente per il territorio italiano e non per quello tedesco? 4 . E' emerso dalla discussione che gli americani non discuteranno con delegat!_cli Hitler e di Himmler? 5. Vi siete persuasi che unica base di discussione è la resa incondizionata delle annate tedesche in Italia?».

Ad ognuno di queste domande Dollmann rispose semplicemente: «Si». Il colloquio era terminato , ma prima di uscire Blum disse che gli angloamericani sarebbero stati riconoscenti se Ferruccio Parri, uno dei capi della Resistenza, ed un altro partigiano potessero essere liberati dal carcere in

lbidem, p.115 . F. Lanfranchi , La resa degli ottocentomila cit., pp. 87-88. 3 In mattinata Dollmann, Parrilli e altri avevano avuto una lunga conversazione con Max Husmann , "delegato svizzero" d.i Dulles. 1

2


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cui si trovavano «a comprova di buona volontà dei tedeschi» . Dollmann assicurò che avrebbe riferito 1• Wolff, messo al corrente dell'incontro, si riservò di condurre di persona il successivo sviluppo dei negoziati, ragguagliò Kesselring 2 ed ordinò il rilascio di Parri e del suo compagno. L' 8 marzo incontrò Dulles a Zurigo e si' dichiarò ottimista su11a cooperazione dell' Oberfehlsheber Sudwest. Rientrò in Italia la sera seguente e con forte disappunto seppe che ventiquattr'ore prima Kesselring era partito in aereo per la Germania, convocato d'urgenza da Hitler: era destinato al fronte occidentale. Il cambio di comandante del gruppo d'armate C, l'attesa del generale von Vietinghoff (che mrivò il 19 marzo), il viaggio a vuoto compiuto dai generali Airey e Lemnitzer mandati da Alexander a Berna per continuare i colloqui e chiarire che le modalità della resa erano «su base eclusivamente militare e non su base governativa o politica»(}), provocarono contrattempi e perplessità e spinsero il Comando Supremo alleato a chiedere, come seconda prova di buona fede, che da parte tedesca fossero subito impartiti ordini precisi intesi ad evitare la distruzione delle attrezzature industriali italiane.11 6 aprile Wolff aderì alla richiesta, però l'intrecciarsi degli eventi di quelle settimane avvolse io un'atmosfera frenetica le dramatis personae. Basti dire che il 21 aprile arrivò in Svizzera l'improvviso ordine di troncare ogni rapporto con Wolff, cioè di interrompere 1'operazione Sunrise, a causa del veto di Stalin, il quale, vedendo l'U.R.S.S . esclusa dalle trattative, si era insospettito pensando ad un'intesa degli occidentali con i tedeschi contro l'avanzata sovietica nell'Europa centrale. Wolff, consapevole di aver provocato i dubbi minacciosi di Himmler, riuscì a precipitarsi a Lucerna il 24, ma occorreva attendere che da Caserta venisse revocata la decisione. Rientrò in Italia il 26 ma fu bloccato a Cernobbio dai partigiani; il mattino successivo tornò a Lugano e si incontrò con l'inviato di Dulles e quel giorno venne rimosso l'alt all'operazione Sunrise . Alle 14 del 29 aprile, nel palazzo reale di Caserta, sede del Comando di Alexander, due plenipotenziari tedeschi firmarono l'atto di capitolazione, reso loro noto il giorno precedente: « l. Resa incondizionata su ordine ciel comandante in capo delle armate sud-ovest cli

nme le forze di terra, ciel mare e dell'aria sotto il suo comando e di controllo, al coman-

1

Diario del barone Parrilli in F. Lanfranchi, La resa degli ottocentomila cit., pp.139-142. Secondo Rahn, Kesselring gli avrebbe detto "Spero che i vostri piani poi itici abbiano successo" (R. von Rahn, Ambasciatore di Hitler a Vichy ed a Salò cit., p.33 I. 3 H. MacMillan, Vent'anni di guerra e di pace cit., pp. 698-699. 2


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dante supremo alleato del teatro d'operazioni del Mediterraneo. 2 . Cessazione, a decorrere dalle ore 12, ora del meridiano cli Greenwich, del 2 maggio 1945, cli tutte le ostilità in terra , nel mare e nell'aria da parte delle forze nemiche. 3. Immediato arresto dei movimenti e disarmo delle forze nem iche dì terra, di mare e dell'aria. 4. lmpegno da parte ciel comandante in capo tedesco del sud-ovest di adempiere a tutti gli ordini ulteriormente diramati dal comandante supremo alleato del teatro del Mediterraneo. 5 . In caso di atti di sabotaggio agli ordini o di. mancata esecuzione degli ordini stessi , si procederà in conformità alle leggi ed alle consuetudini di guerra»

1

I tempi, come si vede, erano assai ristretti e purtroppo risultò impossibile collegarsi via radio con Bolzano, ove si era trasferito il Comando del gruppo d'armate C. E all'improvviso l'intera vicenda venne a trovarsi in alto mare. Il 29 aprile a Bolzano la situazione era stata esaminata e discussa in una riunione tra von Vietinghoff, Wolff, Rahn ed il Gauleiter del Tirolo, Hofer, concludendo con l'opportunità di attendere il ritorno dei plenipotenziari da Caserta prima di dare esecuzione ali.a resa. Senonchè Hofer, ostile a qualsiasi pensiero di capitolazione, telefonò a Kesselring, ora trasferitosi a Pullach, presso Monaco, avendo assunto il comando dell'intero fronte sud, e protestò vivacemente. Kesselring era al corrente delle trattative svolte da Wolff e proprio un paio di giorni prima aveva avuto un colloquio con Vietinghoff e Rahn a Innsbruck, senonchè in quel momento ebbero preminenza in lui la sorte delle truppe che si battevano contro i russi a Berlino e la posizione dei gruppi d'armate del sud-est e G, che una capitolazione intempestiva in Italia avrebbe posto in una situazione operativa insostenibile. Subitamente intervenne per bloccare tutto ed inviò a Bolzano il generale Schulz. Questi si presentò a mezzogiorno ~el 30 aprile per un'inchiesta sull'intera vicenda ma, quando neIIe prime ore del l O maggio rientrarono i plenipotenziari ed alle 21,30 venne ricevuto l'avvertimento di Alexander di rispettare l'impegno preso a Caserta, anche Schulz si persuase della drammaticità del momento, tanto più che poco dopo le 22 la radio trasmise questo comunicato: «Il nostrn FUhrer, Adolf Hitler, è caduto per la Germania questo pomeriggio nel suo Quartier Generale delle operazioni alla cancelleria ciel Reich, combattendo fino all'ultimo respiro contro il bolscevismo. li 30 aprile il Fi.ihrer ha nominato come suo successore il grancl'ammiraglio Doenìtz.11 grand ' ammiraglio, successore del Fiihrer, ora parlerà al popolo tedesco».

1

F. Lanfranchi, La resa degli ottocento,nila cil., pp.318-319.


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E Doenitz disse: «Il mio maggior compito è salvare la Germania dalla distruzione di cui è minacciata

dal nemico bolscevico che avanza. Solo per questo la battaglia continua. Finchè e dovunque questo nostro scopo verrà ostacolato dagli inglesi e dagli americani, saremo costretti a continuare la nostra lotta difensiva anche contro di loro. Però in tali condizioni gli angloamericani continueranno la gue,,-a non a vantaggio dei Joro popoli, ma solamente a favore della diffusione del bolscevismo in Europa» 1•

Schulz tentò di parlare a Kesselring, ma il maresciallo si trovava in visita al fronte. Allora dichiarò al generale Westphal, il capo di Stato Maggiore, che egli «riteneva vana un'ulteriore resistenza delle annate, secondo la sua opinione completamente disfatte, e chiedeva l'autorizzazione di concludere subito un' armistizio». Kesselring rientrò dall' ispezione verso le 2 del 2 maggio e, informato da Westphal dell'esplicito parere di Schulz, telefonò a Bolzano e, finalmente, alle 2,30 autorizzò la capitolazione «che il generale Vietinghoff fece conoscere per radio iI giorno dopo [= il mattino dopo]». Questa, la versione di Kesselring 2 • In realtà, Kesselring sollevò dall'incarico von Vietinghoff ed il suo capo di S.M., generale Rottinger, ed affidò il comando del gruppo d'armate al generale Schulz, con il generale Wenzel come capo di S.M .. Quando costoro si presentarono a Bolzano e Vietinghoff fu partito, Wolff pensò bene di «an-estare» i nuovi giunti, poi però, dopo qualche ora li «liberò» e le circostanze vennero valutate insieme con i comandanti d'armata e dell'aviazione, subito convocati. Tutti finirono con il riconoscere la necessità di onorare l' impegno preso a Caserta, considerate anche le penose condizioni in cui versavano le truppe, già prive di gran parte dell'armamento e di munizioni ed a c01to di carburante e di viveri. Non essendo riusciti a mettersi in contatto con Kesselring, alle 22 del 1° maggio Wolff, Lemmelsen, He.tT e von Pohl impartirono, sotto la propria responsab:illtà, gli ordini di cessazione delle ostilità a mezzogiorno del 2 3 • Entro la mezzanotte detti ordini raggiunsero i corpi d'armata. Nessun comandante mosse obiezioni o chiese chiarimenti 4 . La guerra in Italia era finita. E nessuno si occupò della Repubblica Sociale e delle sue forze.

1

W. Shirer, Storia del Terzo Reich cit., p. 1228. A. Kessel ring,Memorie di guerra cit., p. 319. 3 Cfr. relazione di Wolff in F. Lanfranchi, La resa degli ottocentomila cit., pp.334-341. 4 F. von Senger und Etterlin, 'La guerra in Europa cit., pp. 428-43 1.Cfr. le notizie che giungevano a Caserta in H. MacMillan, Vent'anni di pace e cli guerra cit., p. 703 2


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Il 4 maggio il generale von Senger si presentò al generale C1ark, al Comando del XV gruppo d'armate a)]eato a Firenze, quale delegato dell' Oberfehlshaber Sudwest per ricevere le istmzioni in merito alla resa incondizionata. Più tardi, Clark gli domandò: <<Perché siete rimasti a sud del Po a farvi sfracellare?». Von Senger si strinse nelle spalle: «Hitler. - disse - Hitler ordinò che ogni uomo morisse al suo posto, per tenere tutta la vallata>> 1. La capitolazione in Italia rese naturalmente insostenibile, come previsto da Kesselring, la posizione del gruppo d'armate G , ormai ridotto a battersi in Baviera, che difatti si arrese il giorno 5, con decorrenza il 6 maggio. E poco dopo 1'ammiraglio Doenitz autorizzò la capitolazione di tutte le forze terrestri, navali ed aeree del Reich. Il documento fu firmato a Reims, a] Quartier Generale di Eisenhower, alle 2,41 del 7 maggio; le ostilità dovevano cessare alle 24 del giorno seguente.

3. L'INSURREZIONE GENERALE IN ALTA ITALIA. L' 11 novembre 1944 Togliatti aveva inviato un telegramma al centro comunista di Milano esprimendo il parere che se i partigiani fossero «riusciti a costringere i tedeschi ad abbandonare il nostro paese a] più presto» sarebbe stata una vittoria di tutte le forze della liberà 2 • Ignorava evidentemente le difficoltà in cui si dibattevano le forze partigiane a fine anno. Sul piano pratico ogni regione viveva e si batteva per proprio conto. Il Piemonte presentava una migliore organizzazione, ma <<sarebbe stato difficile per chiunque fare il bilancio esatto del movimento armato» 3 • Alcune valli potevano considerarsi sotto controllo partigiano, come l'Ossola, la Valsesia, il B iel1ese e le va11i di Lanzo (garibaldini); le valli del Cuneese-(giellisti); le Langhe (Mauri), per quanto l'armamento si riducesse quasi sempre a quello individuale. In Lombardia il quadro appariva abbastanza buono nel Varesotto, nel Comasco, nella Valtellina e nelle valli Bergamasche e Bresciane; piuttosto confuso in val Toce e nella zona del lago Maggiore. Ne] Veneto, l'altopiano di Asiago era un nodo di concentrazione per molte bande, tutte peraltro con sensibili problemi di armamento e logistici. Nel Friuli si verificarono i primi contatti tra partigiani italiani e sloveni , all'inizio camerateschi. 1 M. Clark, V armata americana. cit., pp. 422-424. Cfr. von Senger und Etterlin, La guerra in Europa cìt., pp. 436-438. 2 A. Tamaro, Due anni di storia cit., Ill, pp. 360-361 . 3 A. Trabucchi, l vinti hanno sempre torto cit., p. 52.


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Si potrebbe, dunque, ritenere che tutto sommato fosse possibile attendere la ripresa primaverile delle operazioni con una relativa tranquillità 1• Ma in realtà molti erano gli aspetti organizzativi e direttivi cui porre mano. E le segnalazioni venivano dal basso. Occorreva, per esempio, porre debita attenzione ai rapporti con le popolazioni. Il 31 dicembre il commissario politico del Comando militare piemontese così si espresse sulle brigate Giustizia e Libertà del Piemonte: «Conviene premettere che in genere l'atteggiamento delle popolazioni nei confronti delle formazioni partigiane è andato peggiorando. Un grave errore è stato l'ostinarsi nell'impossibile occupazione di intere vaste zone: simili occupazioni non sono sostenibili che con l'appoggio di armi pesanti e con una conveniente dotaz ione di munizioni . Ora, a Domodossola come ad Alba, a Giaveno come in Valle d'Aosta, si sono visti regolannente i partigiani cedere dopo gualche giorno di combattimento e lasciare nelle peste i civili cbe, volontariamente o no , li avevano aiutati . Non é tanto il fatto della rappresaglia che aliena al partigiano l' animo del contadino (essa accresce se mai l' odio contro il fascista ed il tedesco), quanto la convinzione che la rappresaglia poteva essere evitata, se il partigiano fosse stato meno smargiasso e imprudente ( ... )».

E la relazione continuava accennando a due altri motivi che indisponevano la pooplazione. Uno consisteva nel «saccheggio indifferenziato» che troppo spesso stava subentrando alla requisizione più o meno ordinata e che non rispettava nemmeno i modesti averi del cittadino sfollato e le indispensabili scorte del proprietario agricolo. L'altro era la constatazione dello spreco:«il contadino, che vede come le bestie destinate al consumo di un mese sono state malamente macellate per l'uso di un reparto, formula un giudizio severo sul fenomeno paitigiano». Bisogna però dire che le formazioni Giustizia e Libertà, in generale, erano rimaste «immuni» da queste due pecche 2 • Quanto alla coesione interna dei complessi di forze partigiane, occorreva prendere atto che qualcosa non andava nell'azione di comando, nella disciplina, nella mentalità. Il comandante della 13" zona (Piacenza) non 1

Le autorità fasciste non nascondevano apprensione: «Il fenomeno partigiano - annotò Dolfin 1'8 febbraio 1945 - interessa orami in modo più o meno grave tutte le regioni, nessuna escusa, la pianura come la montagna» (G. Dolfin, Con Mussolini nella tragedia cit., p. 244). 2 L. Valiaui, Tutte le strade conducono a Roma cit., pp. 375-377. Cfr. R. Cadorna, La riscossa cit., pp. 321-341.


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esitò ad ammettere che la dura esperienza del rastrellamento tedesco iniziato il 21 novembre aveva messo in piena luce gli effetti negativi della relativa autonomia conservata da molte formazioni e giunse a provvedimenti radicali: «( ... )Considerate la completa nullità cli capacità tecnica di alcuni comandanti, la completa ineducazione e l'insufficiente addestramento di gran parte della massa pmtigiana, la leggerezza con cui avveniva il reclutamento e l'assegnazione ai posti di responsabilità»,

dichiarò sciolte tutte formazioni del Piacentino e ne ordinò la immediata ricostituzione inquadrate in un Comando di zona << con poteri di comando su tutte lè formazioni che opereranno nella provincia» e con piena facoltà di trasferire comandanti e gregari da un settore all'altro. Inoltre per tutte le formazioni rimaneva la sola denominazione di «Corpo Volontari della Libertà». Seguivano disposizioni sul reclutamento, la disciplina interna ( «tenuta dal comandante e dal commissario politico, che rivestono pari grado gerarchico»), l'intendenza, l'armamento, i rapporti con la popolazione ed i prigionieri 1• Anche senza inopportune generalizz~zioni, con ogni probabilità non si trattava di un caso isolato, nè estremo. Insomma, l'intera resistenza armata aveva bisogno di una messa a punto, impresa non semplice anche perchè il C.L.N.A.I. ed il Comando del C.V.L. versavano in serie difficoltà a causa della cattura di numerosi membri sia del Comitato sia del Comando, il che provocava frequenti sostituzioni con relativa discontinuità nell'azione di comando 2 . Le perdite di maggior peso furono quelle di Parri, Sogno, Mattei e Argenton, pur se limitate nel tempo . Per quanto fosse stata realizzata una rete informativa di notevole sviluppo, era pressochè impossibile ricavare un quadro sufficientemente attendibile circa le reali forze ed efficienza delle formazioni di montagna, nonchè di quelle clandes6ne di città. Persino a Milano il Comando generale non riusciva ad ottenere dati convincenti: «Tutti i partiti millantavano credito per aumentare il loro prestigio, sia per riscuotere maggior copia di fondi» 3 • Con il salire della tensione erano aumentate le preoccupazioni del Comando Supremo alleato, temendosi che una frattura in campo partigiano

R. Cadorna, La riscossa cit., pp. 193-195. Osserva Cadoma: «i comunisti che, so.li, applicavano con serietà le regole della vita cospirativa, erano inflessibili: l'individuo catturato e poi rilasciato doveva essere allontanato come pericolo per la collettività» (ibidem, p. 196). 3 Ibidem, p. 20 I . 1

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con l'inserimento delle rivendicazioni slovene potesse poi compromettere la istituzione dell' A.M.G. nel territorio nord-orientale, una volta liberato, e di conseguenza Je comunicazioni con 1' Austria. A metà gennaio 1945 la Special Force inviò al Comando XV gruppo d'armate una relazione sul movimento partigiano in Italia, prospettando la politica che appruiva preferibile seguire nei riguardi della Resistenza nel Nord-est. Prima cli tutto un'ammissione: «Mentre nel la fase iniziale tendevamo a ritenere che il movimento deHa resistenza avesse un carattere puramente militare, si é poi visto che la politica ba un ruolo cli uguale importanza e che diversi partiti politici, con il coordinamento del C.L.N .A.I., costituiscono oggi l'intera base delle attività partigiane in Italia( ... ). Il C.L.N .A.I. é rappresentativo di tutti i partiti antifascisti ed indubbiamente gode cli una certa autorità, che é per forza di cose limitata date le difficili condizioni in cui opera ( ... ).Nonostante la costituzione del C.L.N.A.I. con il suo Comando militare separato, operante da un quartier generale in Lombardia ed avente dei comitati regionali negli altri settori , i molti partiti politici conservano la propria identità e continuano per proprio conto la loro attività».

Considerato che il P.C.I. era 1'organizzazione più collaudata e che agiva «Con vigore sempre crescente senza mascherare troppo i suoi scopi ed i suoi obiettivi», occ01reva fosse tenuto ben presente quanto ottenuto in Grec.ia. Infatti il movimento partigiano, nel suo insieme, poteva essere visto «come una serie di elementi politici armati, che combattono per scopi diversi». Ora, i rastrellamenti dell 'inverno in corso avevano disperso il movimento partigiano :in montagna ed inflitto perdite sensibili a quello in pianura, talchè le formazioni, assai ridotte di forza, operavano «più come bande che come formazioni militari». Ma il vero aspetto negativo consisteva nel serio dubbio «se, a causa delle lotte politiche interne sempre maggiori, i vantaggi che si potrebbero conseguire da un punto di vista strettamente militare non siano inferiori ai disordini che quegli stessi uomini, da noi riforniti di ru·mi e munizioni per scopi militari, potrebbero successivamente creare». Restava comunque il fatto che, sebbene nelle file partigiane si registrasse un certo sbandamento, la sola loro presenza era sufficiente ad impegnare repruti nemici. Tirando le somme, si riconosceva la necessità di offrire ai partigiani la maggiore assistenza possibile con rifornimenti di ogni genere, accontentandosi di un sostegno nelle azioni di sbotaggio e aiutando gli sforzi di limitare i danni provocati dai tedeschi in ritirata. L'alternativa di rifiutare


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aiuto alle formazioni comuniste non sembrava opportuna, anche per non radicalizzare le tensioni locali. Ad ogni modo, si stimava conveniente che le missioni alleate «non tentino di favorire o incoraggiare una qualsiasi formazione contro le altre, aumentando così il pericolo di una spaccatura totale del C .L.N.A.I.» 1 • Negli ambienti politici e militari anglo-americani era fortemente avvertito il timore che all'atto della liberazione dell'Italia settentrionale i comunisti tentassero di prendere il potere con la forza. Non a caso MacMillan annotava il 22 gennaio che l'idea del S .O.E. di armare circa 100 .000 «cosiddetti patrioti» avrebbe determinato ]a stessa situazione rivoluzionaria verifi<;atasi in Grecia 2 • Questa eventualità indusse il Comando Supremo alleato del Mediterraneo a considerare, nei suoi piani per l'occupazione dell'Alta Italia, due regioni distinte: il Nordovest ed il Nordest. La prima non avrebbe suscitato molti problemi, ma per la seconda occorreva prevedere anche il peggio, vale a dire che le truppe jugoslave si precipitassero ad assumere il controllo della zona, appoggiate dalle formaz ioni comuniste italiane, le quali, dichiarandosi non vincolate dagli impegni presi dal C.L.N .A .I., avrebbero rifiutato di consegnare le armi . MacMillan e Murphy, i due consiglieri politici alleati, suggerirono allora di giungere al più presto ad un ace0rdo con Tito 3 • Convinto di ciò, il Foreign Office incaricò il maresciallo Alexander di fare tale passo. Comunque, prima ancora di partire per Belgrado, Alexander prese una decisione che rimase, sino alla liberazione, un punto fermo circa il sostegno da assicurare alla Resistenza. «L'esperienza fatta in altri Paesi - puntualizzò nelle direttive inviate al Comando del XV gruppo d' armate - , nonchè il tempo presumibilmente a disposizione, rendono necessario modificare l' attuale politica verso le attività partigiane nell'Italia del Nord. Non sarà quindi possibile raggrnppare una grande forza pattigiana, che possa essere controllata dalle nostre missioni; notizie dal posto confennano che già bande autonome specialmente nel N.E., ci stanno sfuggendo di mano e non si attengono allo spirito dei due accordi firmati recentemente tra S.A.C. ed il C.L.N.A.I. e tra il Governo Bonomi ed il C.L.N.A.I.» .

La linea di condotta del Comando XV gruppo d'armate doveva, dunque, essere intesa a scoraggiare un allargamento indiscriminato nelle for-

E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfi.tta cit. , pp. 456-462. H. MacMillan, Vent'anni di guerra e di pace cit., p . 677. 3 Memorandum su Occupation of Northern ltaly in data 26.1.1945 cit. in E.Aga-Rossi, L'Italia nella sconfitta cit., pp. 222-223. 1

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mazioni partigiane e ad incoraggiare azioni di sabotaggio ed interventi contro misure di distruzioni predisposte dai tedeschi. La programmazione dei rifornimenti doveva essere proporzionata alle situazioni politico-militari locali. Il settore occidentale (Piemonte, Liguria, Lombardia eToscana), che contava il movimento partigiano più fo1te, doveva ricevere in maggior misura materiali non militari (viveri, equipaggiamento e medicinali); il settore centrale (Emilia, Veneto e Trentino) rifornimenti in seconda priorità; ad entrambi si doveva assegnare materiale bellico limitatamente alle missioni da compiere e «sulla base delle possibilità di mantenerne il controllo e della certezza che sarebbe stato impiegato soltanto contro il nemico». Per il settore orientale (Venezia Giulia e prevedibilmente anche la provincia di Udine), il principale criterio da tener presente era che «le operazioni speciali devono essere condotte in modo tale da non aggravare i problemi di frontiera italo-jugoslavi che già esistono, anche a scapito di vantaggi militari». Ciò posto, i rifornimenti ai partigiani italiani - sia garibaldini sia osovani - in questo settore dovevano essere interrotti per non alterare l'equilibrio dei rapporti fra i due gruppi 1: *** Mentre, dunque, gli Alleati si preparavano allo scontro finale guardando all'apporto partigiano più con perplessità che con fiducia, il C.L.N.A.I. si accingeva a predisporre l'insmrezione generale in modo organico e tempestivo, senza sottovalutare il punto di vista alleato sull'impiego delle formazioni partigiane, quale espresso con inequivocabile chiarezza nel corso dei colloqui di Caserta e di Roma. Il partito d'azione, che per suo conto disapprovava «la corsa ad una intransigenza inconcludente>> e sottolineava la necessità pratica di evitare qualsiasi «massimalismo» 2 , era del parere di accettare il disarmo imposto dal Comando alleato ma, nel contempo, di realizzare un'assetto politico così forte da poter presentare il movimento partigiano «come forza che aspira a formare i quadri del nuovo esercito». Perciò, in una memoria presentata al C .L.N .A.I. il 31 dicembre 1944, avanzò due proposte: «unificazione delle forze partigiane in un unico ed omogeneo Corpo dei Volontari della Libertà» e «trasformare il C.L.N. da una coalizione di par-

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Support of Italian Resistence North Italy in data 4.2.1945, ibidem, pp. 463-466. L. Yaliani, La crisi dello Stato in Italia e in Europa , articolo del 20.12.1944 cit. in F. Catalano, Storia del C.L.N A.I. cit., p. 345. 2


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titi in una compagine solida, rivolta alla costruzione della democrazia in Italia ed in Europa e pronta a lottare contro le forze della reazione». Più precisamente, con I 'unificazione militare partigiana che si traduceva nella «coscienza politica e sociale di un esercito popolare che rifiuta di marciare per insane avventure e solo muove quando il vero interesse del popolo, democraticamente inteso ed espresso, è in giuoco». I motivi alle origini della suggerita unificazione delle forze partigiane erano, in sintesi, due, entrambi politici: «a) la necessità di una guerra attiva, continua, implacabile contro i tedeschi ed i fascisti, affinchè con essa il popolo italiano potesse riscattarsi dall'inerzia che lo aveva fatto complice delle aggressioni mussoliniane; b) la necessità di orientare la costruzione antifascista nel senso di una profonda rivoluzione democratica, cli cui il popolo fosse il soggetto operante» 1 • Togliatti valutava con attenzione quello che poteva accadere al termine dell'offensiva primaverile alleata. Era fermissimo nell'attribuire importanza determinante alla partecipazione del P.C.I. al Governo, nonchè ad «evitare che alla fine della guerra la lotta armata sfugga al controllo dei comunisti del Centro milanese» e ad impedire che l'insurrezione generale potesse offrire pretesto a <<provocazione o moti che scatenino la reazione alleata» 2 . Proprio tenendo presente l'esperienza greca, egli sottolineava la necessità di «inserire la forza democratica del Nord nella corrente progressiva, dato che non saremo allora in condizioni di dare battaglia>> . Tuttavia non prevedeva di utilizzare il potenziale partigiano in quanto da un Iato calcolava di poter «impostare il problema dell'inserimento dei partigiani nell'esercito>> per attuare la democratizzazione delle Forze Armate 3 e dall'altro in quanto convinto di raggiungere la maggioranza assoluta alle elezioni in unione con il partito socialista. Naturalmente era altrettanto sicuro di acquisire la preminenza nel blocco dei due partiti. Questa linea di condotta derivava in gran parte dalle scelte strategiche fatte da Stalin a Jalta. Dunque, 1'8 gennaio 1945 il P.C. presentò al C.L.N.A.I. un altro progetto, ma .di impronta marcatamente tecnica. Il titolo del documento indicava anche lo scopo da conseguire: «Per la trasformazione delle unità partigiane in formazioni regolari dell'esercito italiano». In sostanza, prevedeva la trasformazione del C.V.L. in una organizzazione militare-politica senza differenziazione di partiti e con il solo colore politico dell'unità

F. Catalano, Storia del CL.N.AJ. cit., p. 346. Guido Quazza, Resistenza e storia d'Italia, Feltrinelli, Milano 1976, p. 327. 3 P. Secchia, Il Partito Comunista Italiano e la guerra di liberazione, Feltrinelli, Milano 1973 , pp. 853-858. 1

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naziona]e; la costituzione di un'unica e regolare catena di comando; l'ordinamento verticale delle formazioni, indipendentemente dal colore politico originario delle unità da inquadrare; il conferimento a tutti i comandanti e commissari politici dei gradi in uso nell'esercito, corrispondenti all'effettivo comando esercitato nelJe unità partigiane; il divieto per comandanti e commissari di partecipare a manifestazioni di partito. «Il governo italiano - concludeva lo studio - deve essere interessato perchè faccia proprie e traduca in leggi queste direttive; intervenga presso le autorità alleate perchè le formazioni partigiane, così trasfonnate in formazioni regolari dell'esercito italiano, siano riconosciute alJa stessa stregua di tutte le altre unità dell'esercito italiano; riconosca validi a tutti gli effetti i gradi militari conferiti dal Comando Generale del C.V.L.; si impegni, a guerra finita, ad organizzare dei corsi di perfezionamento culturale e professionale per tutti gli ufficiali di origine partigiana» 1• In definitiva, il progetto azionista tendeva a suscitare, con 1' unificazione, un movimento popolare di tali dimensioni da imporre agli Alleati la propr.ia compartecipazione alla lotta antifascista e da provocare all'interno unarivoluzione democratica; il progetto comunista, invece, mirava a dare un assetto militare alle formazioni partigiane, sì da ottenerne dal Governo il trasferimento in blocco nelle file dell'esercito itali ano. Gli altri tre partiti si astennero dal presentare proposte: i liberali ed i democristiani perchè, in fondo, piuttosto indifferenti al problema; i socialisti perchè contrarissimi ad «inser.ire i Volontari deJla Libertà nelle formazioni dell ' esercito, che è tutt' ora agli ordini di quegli stessi generali che ci hanno condotto ali' attuale situazione e sono i primi rappresentanti della reazione; se questo si facesse, le formazioni partigiane diverrebbero uno strumento in mano della reazione» 2 . Il 5 febbraio, sciolte le riserve dei socialisti, fu designata una commissione composta da Cadorna, Longo e Solari per l'esame degli studi e la redazione di una bozza del documento di unificazione. In pratica, fu preso a base il progetto di Longo, molto sintetico e di attuazione graduale , con qualche modifica accettata da Longo senza difficoltà. Il testo precisava anzitutto la deliberazione del C.L.N.A.I. di «trasformare le attuali formazioni partigiane in regolari unità militari [la formula proposta da Longo era "i n reparti del!' esercito regolare italiano"], rag-

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F. Catalano, Storia del C.L.N.A.l. cit., pp. 346-348. ibidem, pp. 348-349.


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gruppate nel Corpo Volontari della Libertà, per cui verrà richiesto al Governo Democratico Italiano il riconoscimento come parte integrante delle Forze Armate Italiane», al triplice scopo di potenziare sotto ogni profilo le attuali formazioni partigiane, di farle riconoscere come regolari unità militari e di «preparare il passaggio ordinato e disciplinato alla situazione che verrà a crearsi a liberazione avvenuta». Le principali misure per l'unificazione erano, in breve, le seguenti: - tutte le formazioni esistenti cessavano di dipendere sul piano organizzativo dai var.i Comandi Generali e passavano a tutti gli effetti alle dipendenze del C .V.L.. All'infuori di queste nessuna altra formazione veniva riconos,ciuta; - la struttura del C.V.L. comprendeva il Comando Generale per l'Italia occupata, Comandi regionali, Comandi di zona e di Piazza. I Comandi regionali dovevano essere costituiti secondo il modulo già stabilito per il Comando Generale: un comandante, due vice comandanti, un capo di S.M. e due addetti; - l'organizzazione del Corpo prevedeva: squadra, distaccamento , battaglione (eventuale), brigata, divisione, tutti su ordinamento ternario; - l'amministrazione della giustizia era affidata a tribunali militari presso il Comando Generale e presso i Corµandi di divisione, competenti a «conoscere e giudicare dei reati commessi da civili e militari nemici, lesivi degli interessi, dell'organizzazione partigiana e della lotta di liberazione nazionale», oltre che dei reati commessi dai parrtigiani stessi in servizio o fuori servizio; - il C.V.L. doveva perdere - come del resto già deliberato - nelle sue varie unità, ogni differenziazione di partito per assumere solo il colore politico unitario, nazionale e patriottico del C.V.L. 1 • Il progetto, presentato il 23 febbraio all'approvazione del C.L.N.A.I., riimase sul tavolo per un mese. Fu riesaminato ed approvato dal Comitato nella seduta del 29 marzo e distribuito a tutte le formazioni. Tuttavia alcuni emendamenti vennero apportati H 5 aprile (eliminazione della parte concernente i tribunali militari perchè non di competenza del Comando C.V.L.; diversa struttura del Comando generale e di quelli regionali) , oltre a qualche modifica minore. Complessivamente l'unificazione riguardava 43 zone militari, 104 divisioni e 52 brigate autonome di montagna <2i .1118 aprile il Comando Generale per l'Italia occupata diramò i] Regolamento

1 2

R. Caclorna,La riscossa cit ., pp. 294-299. L. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma cit., p. 330.


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interno del C.V.L.>>, ad integrazione del testo di unificazione stabilito dal Comitato. Il regolamento fissava organico ed inquadramento delle unità, nonchè denominazione dei Comandi e delle unità partigiane, e prescriveva norme di gerarchia 1 , di subordinazione e di disciplina 2 . Durante l'Iter del!' approvazione del documento di unificazione era però tornato in primo piano il «caso Cadorna». A metà gennaio 1945 era giunto al C.L.N.A.l. un messaggio di Bonomi, in data 9 gennaio, così concepito: «II Governo italiano, che sa di poter contare sulla franca collaborazione e sulla solidarietà di codesto Comitato, esprime il desiderio che siano superate -le ultime difficoltà che hanno finora ritardato la nomina effettiva ciel generale Valenti[= Cadorna) a comandante unico ciel Corpo Volontari della Libertà e la definitiva sua assunzione a tale carica. Con ciò il Governo italiano crede di interpretare uguale desiderio manifestato ripetutamente dal Comando alleato» 3 •

Cadorna allora chiese al Comitato di voler chiarire la sua posizione e l'ampiezza de1 suo mandato «anche nei confronti del Governo italiano e del Comando alleato che lo hanno già esplicitamente riconosciuto>>. La risposta gli fu consegnata da Pizzoni il 23 febbraio: le caratteristiche peculiari delle formazioni dei Volontari dei Libertà (origini, scopi, modalità di azione) erano tali da richiedere una particolare direzione politica ed organizzativa che non poteva e non doveva sfuggire al controllo del Comitato. « 1n definitiva - concludeva la lettera - il Comando Generale costituisce, nel suo assieme, una sezione di lavoro del C.L.N.A.I.. E' evidente quindi che laddove il Comando deve prendere decisioni ed emanare ordini o disposizioni che abbiano carattere politico, non è possibile procedere che attraverso la consultazione collegiale di tutti i suoi membri( ... )» 4 . Il giorno precedente, a seguito di un vivace contrasto con Solari circa l' opportunità di creare o meno un corpo di ispettori, ma in effetti cogliendo l'occasione favorevole come 1ui stesso poi scrisse, Cadorna aveva rassegnato le dimissioni dalla carica 5 •

1

Premesso che nel C.V.L. non esistevano gradì, ma incarichi di comando (comandante di divisione, dì brigata ecc.) , questi erano conferiti dal Comando Generale e, per delega, dai Comandi in sottordine, indipendentemente dall'eventuale grado rivestito nell'Esercito italiano. 2 R. Caclorna, La riscossa cit., pp. 300-306. 3 Ibidem, p. 209. 4 /bidem, pp. 210-2.12. 5 Jbidem, p. 212.


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Secondo Battaglia, il contrasto politico all'origine delle dimissioni di Cadorna stava già dividendo i cinque partiti del C.L.N .A.I .. Il partito d'azione, con una lettera aperta del 20 novembre , aveva criticato il Comitato di essere «rimasto una pura semplice coalizione di partiti», accettando in sostanza la ricostruzione del «vecchio apparato antidemocratico»; ne segui va il soliecito a realizzare «una linea politica» basata sul concetto che il C .L.N .A.I., costituiva il <<governo straordinario segreto dell'Alta Italia» e che gli unici organ i pubblici legittimi erano quelli da esso creati o da creare. Da ciò la necessità di determinare i compiti immediati «finchè dura l' occupazione» ed i futuri «dopo avvenuta la liberazione» . Spiccava la precisazion€, invero singolare, che «il C.L.N.A.I., non intendendo fare del secessionismo di nessun genere di fronte al governo di Roma, si deve preparare fin da oggi ad impostare la questione della restituzione della delega dei poteri e della formazione di un governo unico capace di guidare tutto il paese» . Gli altri partiti intervennero, l'uno dopo l'altro. Le risposte del P.C.I. e del P.S.L palesarono analogie e differenze di punti di vista; quelle della D .C . e del P.L.I. replicarono , invece, con asprezza contro la trasfom1azione del C .L.N.A.I ., non accettando (la D.C.) che essi «s'impadronissero della sovranità nazionale senza che nessuno li abbia designati all'i nfuori della loro coscienza e del loro coraggio« e riscontrando (il P.L.L) «una contraddizione giuridica nel concetto del delegato che combatte il delegante». Il dibattito delle «cinque lettere», che si protrarrà sino al febbraio 1945 , a giudizio di Battaglia «non determinò soltanto il fallimento di ogni riforma del C.L.N ., ma il fallimento stesso del C.L.N. come strumento basilare della democrazia nel dopoguerra( ...). Ai potenti motivi oggettivi che rendevano già difficile il consolidamento del C.L.N. ( ... )si aggiunge ora la presa di posizione democristiana e liberale che è già inequivocabilmente contro la persistenza della fonnula politica del C .L.N.» 1• Nell'atmosfera, dunque, piuttosto tesa del momento venne ad aprirsi una crisi di portata non indifferente, tanto più che, proprio in quei giorni giunse ·un invito a Valiani ed a Cadorna per una riunione in Svizzera. Come osservò Valiani nella seduta del 27 febbraio, «( . ..) gli Alleati non gradirebbero la sostituzione del Valenti [Cadorna], perchè c'è di mezzo per loro una questione di prestigio, una questione di politica ed una di sicurezza. Con gli Alleati dobbiamo avere un atteggiamento di fierezza: ma c'è anche la questione

1

R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., pp. 499-513 . Cfr. F. Catalano, L'Ita-

lia dalla dittatura alla democrazia cit., II , pp. 136-137.


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.?

·I•

dei nostri bisogni, e la nostra fierezza deve oggi quella-di ottenere i massimi mezzi per condurre la lotta di liberazione» 1• Quindi occorreva trovare una formula conciliativa con Cadorna. Il compromesso, concordato con questi ed accettato dal Comitato, fu il seguente: «TJ generale Valenti conferma che la sua autorità di comandante del C.V.L. discende dal C.L.N .A.I. che, quale delegato dal Governo italiano per la lotta con.tra i nazifascisti nell'Italia occupata, lo ha richiesto al Governo stesso, conferendogli il titolo e le funzioni di comandante( ... ). li gen. Valenti dichiara che la condotta politica della guerra dipende dal C.L.N. , dal quale reclama precise direttive. Per contro ritiene a sè pertinente la condotta militare della guerra stessa. Ove insorga un contrasto per la valutazione ciel carattere politico-organizzativo e non militare di una decisione presa dal comandante, i membri del Comitato, che rappresentano i singoli partiti del C.L.N., hanno facoltà di elevare reclamo al C.L.N., il quale è tenuto a decidere in seduta plenaria o creando nel suo seno una delegazione permanente ( ... )» 2 •

Valiani e Cadorna partirono per la Svizzera il 1°marzo.Vi si trattennero un paio di settimane con McCaffery ed Allen Dulles, poi Valiani rientrò in Italia mentre Cadorna, che risultò essere atteso al varco dalla polizia fascista, rimase a Berna. Qui il 23 marzo lo raggiunse Parri, liberato dai tedeschi come dimostrazione di «buona volontà». Qualche giorno più tardi McCaffery comunicò ai due esponenti italiani che erano attesi in Italia dal Comando Supremo alleato per discutere di vari argomenti inerenti la fase finale della campagna d'Italia. La missione di Parr.i e Cadorna durò dal 30 marzo ali' 11 aprile e fu ricevuta da tutti i più importanti personaggi militari e civili : il maresciallo Alexander, al Quartier Generale di Caserta; il generale Grunther, capo di S.M.del generale Clark (assente perchè in ricognizione alle linee) al Comando del XV gruppo cl' armate a Firenze; i min1st:ri Casati e Scoccimarro ed il maresciallo Messe a Roma. Il rapporto consegnato dalla missione al suo rientro a Milano fu esauriente sull'intera gamma degli argomenti trattati e discussi 3 • In merito al concorso che gli Alleati si attendevano dai partigiani, Clark aveva confermato le direttive generali già diramate a mezzo radio. Per le due frontiere, la francese e la jugoslava, Alexander era stato molto chiaro:

Cit. in F. Catalano, Storia del C.L.N.A.l. cit., p. 354. R. Cadorna, La riscossa cit., pp. 22J -222. Cfr. Ferruccio Parri, Scritti 1915-1975, FeHrinelli, Milano 1976, pp I 24-132. 3 !bidem, pp. 237-244. 1

2


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nessuna assegnazione territoriale, spettante alla Conferenza della pace, poteva risultare pregiudiziata da occupazioni ed iniziative precedenti. In particolare, per la Venezia Giulia, considerata con molta preoccupazione a causa delle tensioni colà esistenti, era ribadito l'interesse decisivo alleato per Trieste, quale base delle forze anglo-americane; per la Val d 'Aosta, Alexander aveva promesso di intervenire per la sospensione delle ventilate operazioni francesi in Piemonte e garantito che comunque le azioni francesi sarebbero state seguite e controllate da missioni alleate. La difesa degli impianti industriali figurava al primo posto fra i compiti che gli Alleati assegnavano ai partigiani. A questo riguardo era stato rappresentato che, stanti le ]imitate possibiltà della Resistenza ove l'avanzata alleata si fosse verificata con ]ento sviluppo, soltanto l'intervento di un minimo di forze alleate paracadutate e aviopo1tate avrebbe consentito la sicura difesa di alcune zone di preminente interesse (Ossola, valle Spluga, valli laterali della val d 'Aosta). Ma da parte anglo-americana era stata formal mente negata la possibilità di interventi del genere. Il punto più importante, però, riguardava la cessazione delle ostilità. La volontà alleata appariva inequivocabile: ogni eventuale trattativa di cara,ttere generale con i Comandi tedeschi spettava unicamente al Comando alleato e questa non poteva avvenire ~he come una resa senza condizioni, contro la consegna delle armi. Nella eventualità che trattative di resa potessero portare ad una cessazione generale delle ostilità, gli Alleati inten- devano che le truppe tedesche si mTendessero solo a loro. Perciò i reparti non ancora entrati in contatto con le forze anglo-americane dovevano rimanere in posto conservando 1'armamento sino all'arrivo degli Alleati. Lo stesso doveva intendersi anche per le unità regolari dell'esercito fascista. Sempre in riferimento al termine delle ostilità, esisteva anche la questione delicatissima della sistemazione delle formazioni partigiane. Il Comando alleato aveva previsto un piano per fornire loro la necessaria assistenza, rifocillarli, rivestirli, consegnare attestati di benemerenza e premi in denaro e ... ritirare le armi . Questo periodo, dopo il quale i partigiani sarebbero rinviati alle loro case, si aggirava prevedibilmente sulle trequattro settimane. Alla richiesta di reimpiegare gli elementi adatti nelle forze di polizia e nelle nuove Forze Armate, le autorità alleate avevano mostrato un consenso di massima. «Un interrogativo - dice il rapporto - posto invariabilmente da tutti gli organi alleati ha riguardato la capacità del Comando Generale e de] C.L.N. sia a disciplinare la smobilitazione dell'esercito partigiano, sia a control1are il movimento politico in tutta l'Italia settentrionale, evitando disordini, tumulti, moti incomposti ecc.». E ancora un motivo di attenzione derivava dalla situazione politica che


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si sarebbe verificata in Italia. In varie conversazioni erano affiorate le inquietudini alleate sulla possibilità di un atteggiamento secessionistico del C.L.N.A.I. nei confronti del Governo italiano. Naturalmente Valiani e Cadoma avevano fornito le opportune assicurazioni, insistendo però sul1a «necessità reciproca» che gli Alleati si servissero degli uomini designati dai C.L.N . per l'amministrazione del paese liberato. La questione era già stata discussa durante il viaggio delle delegazioni del C.L.N.A.I. in Italia. Anche a tal riguardo gli Alleati erano stati espliciti: i designati alla cariche pubbliche dovevano esserlo non sulla base dell'appartenenza a questo o quel partito, bensì tenendo conto della loro esperienza e capacità 1• A quest'ultimo riguardo, diciamo subito che al suo rientro a Milano in dicembre Pizzoni aveva proposto al Comitato che per ogni carica attribuita ad un partito, questo, anzichè designare il candidato, presentasse una terna di candidati lasciando al Comitato la definitiva scelta, che avrebbe così ottenuto la piena approvazione ed il completo appoggio di tutti 2 • Il C.L.N.A.I. riprese in esame il problema il 16 ed .il 20 febbraio. Il tempo ormai stringeva ed i partiti riconoscevano la necessità di giungere ad una decisione presa all'umanità e non a maggioranza, per evitare elementi di attrito. 11 risultato delle Junghe e vivaci discussioni si tradusse ne] seguente specchio 3 :

Milano Torino Genova Venezia Bologna

Milano Torino Genova Venezia Bologna

Prefetto

V. Prefetto

Sindaco

V. Sindaco

P.d'A. P.L. o P.S . P.S . oP.L. P.d'A. P.S. Questore

P.L. P.S. o P.L. P.d'A. P. d' A. P.L. Presidente CLN P.C. P.L.OP.S . P.R. P.S . P.d'A.

P.S . P.C. P.L. o P.S. P.L. o P.S.

P.C., P.L., P.D.C. P.S., P.d' A., P.D.C. P.S., P.d' A., P.D.C. P.S., P.L., P.C. P.S., P.d'A., P.D.C.

P.L. P.d'A. P.R.

P.S. P.d'A.

P.C.

Presidente DP CE P.L. P.D.C.

P.L. O P.S. P.D.C. P.C. P.d'A. P.D.C .

P.D.C. P.L. P.D.C.

L' unificazione era giunta in porto troppo tardi per ottenere risultati apprezzabili. Anche se si creeranno i Comandi collegati con il Comando Ge-

1

Sul ruolo assegnato ai C.L.N. nelle regioni liberate cfr. M. de Leonardis, La Gran Bre-

tagna e la resiszenza partigiana in Italia cit., pp . 354-359. 2 Cit. in F. Catalano, Storia del C.L.N.A.l. cit., p. 372. 3 Dal verbale della seduta del 20.2.1945, ibidem, p. 374.


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nerale del C.V.L., la «personalità» politica di talune formazioni partigiane, specie le Garibaldi e le Giustizia e Libertà, era troppo radicata per conservare la loro relativa autonomia. Non a caso il 29 marzo, proprio quando il documento dell'unificazione fu diramato dal C.L.N.A.I., a Milano si costituiva un Comitato esecutivo insmTezionale composto da Longo per il P.C., Pertini per il P.S . e Valiani per il P.d' A., ed :il 3 aprile il Centro del partito comunista del Nord inviava ai «triumvirati insurrezionali» delle cinque regioni settentrionali una serie di disposizioni, alcune delle quali significative. La prima, che i comandanti ed i commissari garibaldini facessero propaganda tra i partigiani affinché il maggior numero possibile di loro chiedessero, dopo la liberazione, di entrare nelle file del «nuovo esercito della Nuova Italia»; la seconda, di accogliere le truppe alleate con dimostrazioni di popolo ed esposizione delle bandiere americana, britam1ica e sovietica, quale riconoscimento dell'opera svolta dagli Alleati a favore dell'Italia e «dimostrando coi fatti di essere in grado di governarci da noi» . La terza guardava al «dopo-insurrezione»: «Dobbiamo rafforzare e sviluppare la politica unitaria soprattutto con il Pa1tito socialista, dobbiamo fare marciare il lavoro per J.a fusione con il Partito socialista ( ...) . Dobbiamo cercare di stabilire degli accordi e ,di impegnare il pit1 possibile in documenti i democratici-cristiani. Impegnarli già fin d'oggi , tenendo conto che domani, a liberazione avvenuta, influira1u10 in senso negativo le correnti più conservatrici e reazio11arie di questi movimenti che nell'Italia libera sono oggi più forti di qui» 1•

Il 31 marzo, alla vigilia della grande offensiva, il generale Clark si rivolse al C .L .N .A.T. ed il Comando del C.V.L. con un preciso indirizzo: «Nessuna formazione partigiana foranea deve spostarsi dalla sua zqna di operazioni senza l'autorizzazione del Comando Supremo alleato>> 2 • Ma il 10 aprile il Centro del P.C. nel Nord diramò la direttiva n.16 per l'insurrezione. L'esercito tedesco era ormai allo stremo e le grandi offensive in corso su tutti i fronti stavano per giungere alla vittoria conclusiva, perciò «anche noi dobbiamo scatenare l'assalto definitivo. Non si tratta però solo di intensificare la guerriglia, ma di predisporre e scatenare vere e proprie azioni insurrezionali» nel momento più opportuno in relazione allo svolgersi degli eventi in questa o quella località. In sostanza, le formazioni partigiane dovevano «i niziare gli attacchi in forze ai presidi nazifascisti e

1 P. Spriano, S1oria

2

del Partito comunista cit., V, pp . 537-538. P. Secchia e F. Frassati, La Resistenza e gli Alleati cit., p. 337 .


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spingere a fondo la liberazione di paesi, vallate e intere regioni»; compito dei G.A.P. e delle S.A.P. era di «iniziare operazioni più ampie nelle città per la liquidazione di posti di blocco, di sedi fasciste e tedesche» ecc., nonchè continuare nella punizione dei traditori fascisti; le masse operaie dovevano «iniziare lo sciopero generale insurrezionale» con una «progressione accelerata di movimenti popolari, di fermate, di manifestazioni e di scioperi». Ogni sforzo era da compiere per invitare tutti a partecipare all'insurrezione; se non si fosse riusciti a convincere «i nostri amici ed alleati», allora «noi dobbiamo anche fare da soli ( ...) però in nome del C .L.N .» e mettendo bene in risalto che «non ci proponiamo affatto degli scopi e degli obiettivi di parte» 1·• Nei giorni seguenti il C.L.N.A.I. prese a diramare le sue direttive per l'insurrezione, che più o meno riprendevano i concetti di cui sopra: il 13 aprile, «Della insurrezione nazionale»; il 16, «Invito allo sciopero dei ferrovieri»; il 19, «Arrendersi o perire>> ecc. 2 • Nel contempo, l' 11 aprile, due giorni dopo l'inizio dell'offensiva de11'8A armata britannica, Clark invitò la Resistenza a «non incominciare azioni su vasta scala finchè non sia dato il segnale dal Comando Supremo alleato» 3 ed il 13, con un nuovo messaggio alle forze pai1igiane, ribadì l'avve1timento: «Voi siete preparati a combattere, ma il momento della vostra concertata azione non è ancora giunto. A certe bande sono già state impartite istruzioni speciali. Altre bande si concentreranno nel la protezione delle loro zone e delle loro città dalla distruzione, quando

il nemico sarà costretto a iitirarsi ( ...) . A quelle bande che non hanno avuto compiti specifici per l'immediato futuro: voi dovete alimentare la vostra forza e tenervi pronti alJa chiamata. Non fate il giuoco del nemico agendo prima ciel tempo scelto per voi. Non sperperate la vostra forza. Non lasciatevi tentare ad agire prematuramente, quando verrà il momento, ciascuno di voi e tutti voi sarete chiamati a fare la vostra parte nella liberazione dell'Italia e nella distruzione dell'odiato nemico» 4 •

Insomma, l'intervento delle formazioni partigiane doveva aver luogo in temp.i success.ivi, in relazione alla progressione de11 'offensiva alleata. In effetti, la preoccupazione del «non troppo presto e non troppo tardi» era molto sentita anche dal Centro del P.C., ma per motivi essenzialmente politici, ben descritti da Secchia: se «scatenata anche soltanto 24 ore prima

R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., pp. 531-533. p. 533 . 3 P. Secchia e F. Frassati, La Resistenza e gli. Alleati cit., p. 360. 4 M. Clark, V armata americana cit. , p. 414. 1

2 ibidem,


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del tempo, avrebbe potuto significare la decimazione della classe operaia e dei lavoratori dei grandi centri industriali, la sconfitta dell'insurrezione nazionale con tutte le sue conseguenze»; se troppo tardi« e cioè quando gli anglo-americani fossero alle porte delle grandi città, avrebbe significato di fatto la capitolazione dei patJioti, permettere ai tedeschi di poter distruggere gli impianti industriali, saccheggiare le nostre città, ritirarsi indisturbati, avrebbe significato rinunciare a liberare con le forze italiane le più importanti regioni del Paese». Secondo Secchia entranbi i casi erano «voluti e desiderati» non solo dai fascisti, ma anche dai «reazionari e conservatori di ogni colore, compresi certi circoli alleati interessati a che l'Italia non potesse rivendicare di essersi liberata in parte con le proprie forze» 1• Ma Togliatti scrisse subito a Longo: «Il nuovo ordine del giorno del generale Clark è stato emanato senza l'accordo né del Governo né nostro. Tale ordine del giorno non corri.sponde agli interessi del popolo. È nostro interesse vitale che l'annata nazionale e il popolo si sollevino in un 'unica lotta per la distruzione dei nazifascisti prima della venuta degli Alleati. Questo è indispensabile specialmente nelle grandi città, come Milano, Torino, Genova ecc., che noi dobbiamo fare il possibile per liberare con le nostre forze ed epurare integralmente dai fascisti. Prendete tutte le misure necessarie per I.a rapida realizzazione di questa linea. Scegliete voi stessi iI momento cieli' insurrezione sulla base dello sviluppo generale della situazione sui fronti , del movimento del nemico e sulla base delle forze patriottiche» 2 •

Ormai l'eccitazione non poteva non montare inarrestabile . Ritener possibile dirigere da un organo centrale un movimento insurrezionale di quelle dimensioni ed in quei frangenti era pura poesia. Non soltanto ogni Comitato regionale aveva da tempo preparato e perfezionato piani, più o meno aderenti alla realtà, ma molte località si presentavano, per così dire, a portata di mano, cioè della formazione viciniore .pronta a cogliere il successo. Non si trattava semplicemente dell'atmosfera elettrizzante del già visibile vittorioso epilogo. Si aveva sott'occhio l'agonia della R.S.I. ed il disperato desiderio tedesco di riuscire a ripiegare le sue forze nel Veneto per poi passare in Austria. L'una e l'altro erano senza speranza perchè la Resistenza non intendeva né lasciare il passo né venire ad accordi 3 •

Cit. i.n P. Spriano, Storia del Partito comunista cit., V, p. 536. Jbidem, p. 514. 3 Sugli eventi della seconda metà cieli 'aprile 1945 cfr. Raffaello Ubaldi, 25 aprile 1945. I giorni dell'odio e della vendetta, Mondatori, Milano 2004. 1

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I piani insurrezionali delle grandi città erano pronti. Si attendeva solo il «via», ma ...con la disposizione mentale ad agire localmente d'iniziativa. Per i] C.L.N. piemontese, il più forte, la necessaria premessa di carattere politicomilitare per ]'.insurrezione stava l'imperativo di «una regolare assunzione di poteri da parte del C.L.N. in modo che siano assicurati ordine, disciplina, serietà tali da dimostrare la maturità politica, oltre il senso di responsabilità, delle forze antifasciste». Il movimento doveva svilupparsi sulla base di un preciso scopo: liberare ]a città con le sue stesse forze,prima del sopraggiungere degli Alleati.. A tal fine, bastavano pochi e chiari concetti: difesa degli stabilimenti industriali a cura e responsabilità delle maestranze; occupazione di determinati obiettivi, ben scelti, con i G.A .P. e le S.A.P.; costituzione di una cintura di posti di blocco intorno alla città in modo da racchiudervi i tedeschi ed i fasci sti di presidio; far affluire al più presto le formazioni esterne 1• Il Comitato di Milano prevedeva un'azione simile, ma con due notevoli differenze. Anzitutto la capitale della Resistenza non poteva correre rischi inutili con un'insurrezione prematura, quindi essa doveva insorgere «non prima» che le truppe alleate avessero occupato Pavia e Lodi e ]e avanguardie stessero muovendo su Milano. In secondo luogo , il blocco attorno alla città doveva risultare di. una solidità tale da intralciare la ritirata dei tedeschi dal Piemonte e dalla Liguria verso il Veneto. Quanto alle formazioni partigiane de11a val Sesia e della val d'Ossola, tenute alla manÒ dal Comando del C.V.L. quale massa di manovra proprio per l' esigenza Milano, esse dovevano inizialmente concentrarsi nella zona cli Rho a sbanamento delle rotabili verso Varese e Corno. A Genova, in ordine di importanza la terza città del triangolo industriale del Nord-ovest, l'attenzione del C.L.N. si concentrava sulla necessità di difendere a qualunque costo le attrezzature portuali (nel novembre 1944 era stato costituito un C.L.N. di porto). Alle misure predisposte dai tedeschi per le distruzioni da attuare a tempo debito venne opposta, dunque, un'azione di sabotaggio «mirato» che durò circa un anno 3 •

*** II 25 aprile in Comando XV gruppo d'armate, realizzato lo sfondamento della posizione difensiva tedesca, impartì il preciso ordine di «attaccare

R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana cit., p. 520. Ibidem, pp . 521-522 . 3 Ibidem , pp. 522-524. 1

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continuamente e dovunque trasporti tedeschi stop disturbare movimenti et ritirata stop non dico non occupare posizioni fisse» 1 • Allora il C.L.N.A.I. dispose l'inizio dell'insurrezione generale per l'alba del 26. Nel pomeriggio di questo giorno il Comando del C.V.L. diramò un proclama a mezzo radio: «L'ora tanto attesa della liberazione è fi nalmente scoccata. Il Comitato d.i Liberazione Nazionale per l'Alta Italia ha lanciato l' appello per l'insurrezione generale. È dovere di tutti i patrioti della nuova Ital ia di impugnare le armi, di non indugiare. Pertanto tutte le unità: l. att.acchino con la massima decisione il nemico nazifascista ovunque opponga resistenza e procedano alla cattura ed alla sorveglianza cli chi si arrende; 2. ostacolare la riti.rata di coloro che tentassero cli mettersi in salvo riparando in montagna; 3. occupino tutti gli edifici pubblici, caserme, depositi, sedi cli servizi cli pubblica utilità, impianti e stabilimenti industriali; 4. provvedano al servizio di ordine pubblico stroncando con la massima severità ogni tentativo di turbare il normale svolgimento della vita cittadina. In questo momento tutto il mondo vi guarda. Nel nome dei nostri martiri, date prova del vostro valore, dimostrando di esse.re degni della libertà per la quale avete tanto combattuto e sofferto. Viva l'Italia! Morte all'oppressore nazifascista!» 2 •

Dal canto suo il C .L.N .A .I. provvedeva ad emanare tre decreti. Con il primo, «Tutti i poteri al C.L.N .A.I.», annunciava alla popo]azione l'assunzione dei pieni poteri civili e militari «in nome del popolo» e quale «delegato dal Governo italiano» per assicurare l.a continuazione_della guerra di liberazione a fianco degli Alleati . Con il secondo, «Per l'amministrazione della giustizia», ravvisando la necessità di provvedere in merito ai delitti fascisti «con sollecitudine» al fine di «evitare che troppi degli incriminabili sfuggano alla giusta sentenza», il C.L.N.A.l. stabilì la costituzione di tribunali di guerra provinciali 3 e di corti d'assise del popolo 4 . P. Secchia e F. Frassati,La Resistenza e gli Alleati cit., pp. 362-363. R . Cadorna, La riscossa cit., p. 255. 3 Costituito da un ufficiale designato dal Comando C.V.L., da un commissario di guerra indicato dal Comando Piazza e due partigiani. ' 1 Costituito da un presidente nominato dal C.L.N.A.I. e da quattro giurati indicati dai partiti antifascisti. 1

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Le pena prevista per i membri del governo fascista ed i gerarchi era la morte. Al riguardo il Comando del C.V.L. dispose fosse salva la vita ai fascisti che si arrendessero, se non colpevoli di gravi crimini nei confronti del movimento di liberazione. L'accertamento dell'eventuale colpevolezza - da punirsi con la morte - era affidata ai Comandi delle singole formazioni mediante interrogatorio personale ed informazioni fomite dai commilitoni 1• Naturalmente, alla luce dell'evidente cr.isi tedesca e del chiaro proposito di ritirarsi verso il Veneto, il P.C.I. ed il P.d' A. avevano già rotto gli indugi per

conseguire gli obiettivi politicamente redditizi: la liberazione delle grandi città con le forze partigiane. A questo cercarono di opporsi i capi delle missioni alleate essendo l'avversario ancora troppo forte e temendo che le insurrezioni cittadine si traducessero in <<seconde Varsavie». Comunque, Genova insorse la notte sul 24 aprile, la sera seguente parte della guarnigione tedesca si arrendeva e gli ultimi nuclei cedevano le armi il 27 alla missione britam1ica. A Torino, nella serata del 25 il capomissione inglese trasmise al Comitato militare piemontese l'ordine del Comando XV gruppo d'armate di attaccare i tedeschi «d'ogni parte radialmente dalla zona collinare>>, ma di non entrare :in città in quanto troppo aleatorio; tuttavia il giorno successivo il Comando alleato ordinò «l'insun-ezione generale ad ovest del meridiano di Como. Tutti i pa1tigiani ed i gruppi di resistenza sono chiamati a compiere uno sforzo supremo». La sera del 26 cominciarono i primi scontri in città; il mattino seguente i combattin1enti si raffittirono ed il 28, completatosi l'arrivo delle formazioni esterne, ogni difesa praticamente cessava, anche se rimanevano isole di resistenza e franchi tiratori fascisti. I timori derivanti dalla presenza della 34A Panzer nella zona a nord di Cuneo e della 3" Alpenjaeger allo sbocco delle valli ad occidente di Torino caddero il mattino del 29, allorquando le prime colonne tedesche (circa 1O mila uomini) rinunciarono ad attraversare la città e, superata l'opposizione partigiana, si diressero su Chivasso 2 . Milano insorse il pomeriggio del 24, a seguito dell'esortazione del Comitato insurrezionale del C.L.N.A.I. alle unità milanesi a levarsi in ar.mi 3 • Peraltro l'insun-ezione ebbe carattere pa1ticolare in quanto si svolse tra l'occupazione iniziale di qualche fabbrica, intense trattative di resa con i tedeschi, transito di colonne gennaniche in ritirata e scontri con elenti fascisti 4 .

Gianni Oliva, La resa dei conti, Oscar Mondatori, Milano 2000, pp. 94-97. M . de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp. 380383 Cfr. R. Cadorna, La riscossa cit., pp. 272-273. 3 F. Catalano, L'Italia dalla dittatura alla democrazia cit., II, p. 168. 4 R . Cadorna, La riscossa cit., pp. 255-264. 1

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È impossibile comporre in un quadro unitario l'insurrezione partigiana. Non soltanto Je regioni presentavano situazioni e condizioni ben differenti I 'una dall'altra, ma anche nell'ambito di ognuna la ritirata o la resa tedesca, la resa o l'ultima resistenza di nuclei fascisti, davano tono dissimila alla liberazione delle città. Un elemento merita rilievo, pur se piuttosto scontato. Non appena cominciarono a diffondersi le notizie sull'andamento del!' offensiva finale alleata, in tutto il Nord si propagò in brevissimo tempo la certezza della liberazione in corso e si registrò un fortissimo incremento numerico di partigiani, specie gappisti e sappisti. Sec@ndo i dati raccolti da Bocca, alla data del I 5 aprile le formazioni garibaldine - che da sole potevano considerarsi pari alla metà del C.V.L. - ammontavano a circa 50 mila combattenti: 15 mila in Piemonte, lO mila in Liguria, 4 mila in Lombardia , 10·mila nel Veneto e 12 mila in Emilia. Perciò alla vigilia dell 'insurrezione il C.Y.L. era passato dagli 80 mila uomini dei primi di marzo ai 100 mila. A questi 100 mila combattenti <<altri 150 mila ed anche di più fanno da colorita, ma non sempre utile, retroguardia>> scrive Bocca, il quale aggiunge: «La grande marea serve poco o punto agli effetti militari, ma è necessaria alla politica della Resistenza» 1 . Secondo Parri, agli inizi di aprile si calcolavano circa 200 mila partigiani. «Dopo il 26 aprile i partigiani si raddoppiarono. Ma - continua Parri nella relazione presentata a Roma nel 1960 - se l'esercito si accresce , la politica dei C.L.N. entra in una atmosfera di crisi potenziale, che io non debbo tacere per dovere di sincerità: abbiamo nell'apparato militare forse la maggiore potenza, nell'apparato politico forse la maggiore impotenza. Si avvicina lo scioglimento ed i partiti si preparano alla successione. Perfino sul terreno mi1itare subentra l'accaparramento delle formazioni, come se tutti i partiti Democrazia Cristiana compresa - si preoccupassero di gonfiare al massimo i titoli di merito e di pressione» 2 • Il generale Trabucchi fu aspro in proposito: <<Le barriere di protezione del buon nome partigiano avevano subìto rudi colpi dopo la fine di gennaio( ...). Al 25 aprile esse furono travolte ed entrò nelle formazioni il fiotto della razzumaglia ( ...). A questa cosa non si opposero i partiti. Nell'imminenza delJa spartizione del potere ciascuno cercava titoli da gettare sulla bilancia per affermare la preminenza della propria parte nella cornpaitecipazione alla lotta per la libertà» 3 .

G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana cit., pp. 493-494. F. Parri, Scritti 1915-1975 cit., pp. 563-564. 3 A. Trabucchi, I vinti hanno sempre torto cit. , p. 220. 1

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t) f

In quei giorni venne a conclusione un provvedimento «in aria» da tempo. Nel febbraio il comunista Sereni aveva, in via riservata , cercato di persuadere Pizzoni a lasciare la presidenza del Comitato pur rimanendone membro. Pizzoni rifiutò, spiegando anche che sicuramente gli Alleati avrebbero sospeso qualsiasi aiuto finanziario e, almeno temporaneamente, gli aviolanci per i rifornimenti. In un successivo colloquio a quattr'occhi, Pettini, «tutto preso da un sogno di presidenza socialista» , gli dichiarò che «al momento della Liberazione voleva che il C.L.N .A.l . avesse a capo un uomo politico esponente di partito e di partito di sinistra» 1 • In definitiva alle ore 11 del 27 aprile, in una riunione del Comitati, Pizzoni fu sollevato dall'incarico su proposta comunista: ad insurrezione effettuata si riteneva necessario che il presidente del Comitato fosse «un militante di partito e non indipendente» 2 • Lo stesso discorso fatto a suo tempo a Badoglio. Secondo quanto appare dal verbale della precedente riunione del 19 aprile nel corso della quale. Pizzoni assente 3 , era stata discussa la questione, il motivo di fondo della sua estromissione fu il timore che egli , nella sua qualità di presidente del C.L.N.A.I., potesse diventare presidente del Consiglio del primo governo dopo la liberazione, il che avrebbe indebolito il C.L.N.A.I. stesso, interessato, nel pieno accordo di tutti i partiti in esso rappresentati, a portare «attraverso l'insurrezione ad una vera democrazia popolare» 4 • Senza una parola di riconoscimento per 1'opera presentata, Pizzoni venne dunque sostituito dal socialista Morandi. Si aggiunga che alla sua esclusione anche dal Comitato seguì il più assoluto silenzio sul ruolo ricoperto durante l'intera lotta partigiana. Furono gli Alleati a continuare a mostrargli una marcata considerazione. Come già detto, Cadorna 1ientrò a Milano dalla sua lunga missione in Svizzera e Francia e nell'Italia liberata il 19 aprile, Il primo impegno lo ebbe con Mussolini. Nel pomeriggio del 25 fu pregato di recarsi all'Arcivescovado, insieme con il democristiano Marazza, delegato dal C.L.N .A.l., per un colloquio richiesto per l' appunto dal capo dell'agonizzante Repubblica Sociale. L'incontro ebbe luogo alle 18 alla presenza del cardinale Schuster. Mussolini si rivolse subito a Cadorna chiedendo quali condizioni il Comitato

A. Pizzoni, Alla guida del C.L.N A.I. cit. , pp. 308-309. !bidem, p. 168. 3 Pizzoni, insieme con il democristiano Giorgio Bo, era stato incaricato di recarsi al Sud per infom1are esattamente gli Alleati sulla situazione in Alta Italia e, principalmente, per concludere una nuova convenzione finanziaria. Paitirono il 6 aprile e tornarono a Milano il 26. 4 A. Pizzoni, Alla guida del C.L.N.A.l. cit. Introduzione di R. De Felice, p.XXI e seg. 1

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Nazionale fosse disposto a fargli. Cadoroa fasciò la parola a Marazza, il quale precisò di poter offrire unicamente la resa a discrezione. Al rimarco di Mussolini circa varie garanzie assicurategli per sé e per i fascisti, Cadoma comunicò che gli Alleati avevano stabilito il trattamento di prigionieri di gue1Ta a tutte le milizie repubblicane, il che, beninteso, non riguardava i singoli criminali di guerra. Allora intervenne il maresciallo Graziani, anch'egli venuto all'appuntamento, dichiarando che, per fedeltà all'a)]eato, non avrebbe firmato un accordo all'insaputa del Comando tedesco. Cadorna replicò che ogni riguardo nei confronti dei tedeschi appariva del tutto fuori luogo, visto che essi da molto tempo avevano intavo]ato trattative con la }<.esistenza e con gli Alleati lanciandone all'oscuro il Governo di Salò. «La notizia scatenò un'esplosione di meraviglia e di sdegno», soprattutto quando il cardinale Schuster esibì un pacco di documenti al riguardo. In conclusione, Mussolini si accomiatò dicendo che avrebbe parlato con il generale Wolff e fornito una risposta per le ore 20. Alle 21 giunse notizia che Mussolini e Graziani avevano lasciato Milano rompendo le trattative 1 . La situazione in città restò fluida. È pur vero che il 26 il comandante delJa X Mas sciolse il reparto (circa 3 mila uomini) dopo aver consegnato i magazzini e, in giornata, arrivò la divisione partigiana dell'Oltrepo pavese, ma la posizione della guarnigione tedesca rimaneva immutata: il comandante delle SS, colonnello Rauff, si limitava ad assicurare che i suoi reparti si sarebbero limitati a difendersi se attaccati, però non avrebbero preso iniziative aggressive. 11 27 a~cora non si avevano notizie di resa, mentre si verificavano scontri localizzati e contrasti tra colonne tedesche in ritirata attraverso la città e formazioni partigiane che tentavano di bloccarle 2 . In serata fu conosciuta la cattura di Mussolini a Dongo ed i comunisti Lampredi e Audisio si presentarono a Cadorna dicendogli di aver ricevuto ordine dal Comitato di Liberazione di recarsi sul posto per giustiziare Mussolini 3 • Alle ore 3 del 29 aprile Audisio tornò a Milano con i cadaveri di Mussolini , della Petacci e di sedici gerarchi o presunti tali 4 , e li scaricò in piaz-

R . Cadorna, La riscossa cit. , pp . 249-253 . Ibidem, pp. 258-259.(3) Ibidem, p. 259. 3 fbidem., p. 259. 4 Si trattava di Alessandro Pavolini , Francesco Banacu, Nicola Bombacci, i ministri Augusto Liverani, Fernando Mezzasoma, Ruggero Romano e Paolo Zerbino, il rettore dell'Università di Bologna Goffredo Coppola, i federal i di Lucca !dreno Utimperghe e quello di Corno Paolo Porta. Gli altri erano il segretario di Mussolini Luigi Gatti, il console della milizia Vito Casali nuovi, il capitano d'aviazione Pietro Calistri, il giornalista Ernesto Daquanno, il funzionario Mario Nudi. 1

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zale Loreto, dove il 10 agosto 1944 erano stati fucilati quindici detenuti politici per rappresaglia di un'azione gappista. Le prime pattuglie americane stavano facendo il loro ingresso in città. Alla notizia che il Duce era stato ucciso e si trovava a piazzale Loreto, la gente, dapprima quasi incredula, poi sempre più numerosa accorse. Presto alla curiosità subentrarono l'odio e ]'esasperazione e poi la violenza vile sui cadaveri. Montanelli, che si trovò nella folla, scrisse: «Quello spettacolo che mi ha lasciato addosso un ( ...) senso cli vergogna, mi insegnò cos'è la piazza quando si ubriaca di qualche passione e mi ispirò un odio profondo verso tutti coloro che cercano di ubriacarla» 1• A metà mattinata il servizio d'ordine partigiano, per troncare lo scempio e nel contempo rendere più visibile i corpi, decise di appendere per i piedi i più noti al vicino distributore di benzina. Verso mezzogiorno fu trascinato a piazzale Loreto Achille Starace, fucilato anch'egli e lasciato a terra in mezzo ai rimasti. Poco dopo il Comando americano, insediatosi, intervenne e Lombardi, appena nominato prefetto di Milano, ordinò che i cadaveri venissero trasportati all'obitorio. Il giorno seguente il C .L.N.A .I. diramò questo comunicato: «Il C.L.N.A .I. dichiara che la fucilazione di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro Paese ancora coperto di macerie materiali e morali( ...). Del!' esplosione dell'odio popolare - che è trasceso in quest'unica occasione ad eccessi, comprensibili soltanto nel clima voluto e creato eia Mussolini - unico responsabile è il fascismo.

TI C.L.N.A.I., come ha saputo condurre l'insurrezione mirabile per disciplina democratica ( ...) e come ha saputo fare, senza esitare, giustizia clei responsabili della rovina della Patria, intende che nella nuova epoca che si apre al libero popolo italiano ralj eccessi non debbano più ripetersi. Nulla potrebbe giustificarli nel nuovo clima di libertà e di stretta legalità democratica che il C.L.N.A.T. è deciso a ristabilire, conclusa ormai la lotta insurrezionale» 2 .

L' ambasciatore a Londra, Carandini, comunicò che la stampa britannica dava, si può dire la prima volta, debito risalto alla col1aborazione offerta dalla Resistenza italiana agli Alleati ed alla sua preziosa opera per la salvaguardia ciel patrimonio industriale italiano dalla distruzione . Ed aggiunse

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R. Ubalcli, 25 aprile 1945 cit., p. 208. A. Tamaro, Due anni di storia cit., III, p. 660.


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che la notizia della cessazione delle esecuzioni sommarie per le strade «ha attenuato alquanto impressione fortemente negativa prodotta dai fatti di Milano. Immediata esecuzione di Mussolini e principali suoi collaboratori è considerata più che giustificata; ma susseguenti scene sensazionali, crudamente evidenziate da raccapriccianti fotografie apparse su tutti i giornali, hanno provocato disgusto ( ...). Arcivescovo Canterbury ha, ad esempio, espresso suo sgomento per scena Milano» 1• Churchill, dal canto suo, espresse ad Alexander il suo pensiero :in questi termini: <<Ho visto la fotografia. L'uomo che assassinò Mussolini ha fatto una confessione, pubblicata nel Daily Express, nella quale si vanta del metodo proditorio e codardo della sua azione . [n particolare ha detto di aver fucilato l'amante di Mussolini. Era essa forse nella lista dei crimini cli guerra? Aveva egli avuto da qualcuno l'autorizzazione di fucilare questa donna? A me sembra che la mano chìarificatrice dell'autorità militare britannica dovrebbe svolgere un'inchiesta al riguardo» 2 • Indubbiamente l'emozione suscitata dalle immagini di piazzale Loreto fu pesante. Sulla stampa americana le grandi fotografie dei cadaveri appesi al traliccio erano corredate da un crudo commento: «This is the people that wanted to civilize Etiopia» 3 .

4. LA FRONTIERA ORIENTALE Nel Friuli-Venezia Giulia il periodo settembre 1943-maggio 1945 fu caratterizzato da eventi di peculiare drammaticità, che meritano un breve riepilogo dati gli importanti riflessi che esercitarono anche nel lungo dopoguerra 4 . Dopo 1'8 settembre 1943 la disgregazione di Comandi ed unità del1' esercito dislocati in quel settore consentì ai tedeschi di occupare senza resistenza le principali città (Gorizia, Trieste, Fiume, Pola) trascurando, per momentanea indisponibilità di truppe, le zone centrali dell'Istria, ove i pre-

Carandini a De Gasperi in data 3.5.1945, DDI, 10" serie, II, doc. 164. W. Churchill, La seconda guerra mondiale cit., parte VI, II, p. 211. J R. Operti, Lettera aperta a Benedetto Croce, Lattes e C. , Torino 1946, V ed., p. 34. In una lettera personale in data 6 ottobre 1945, Carlo E milio Gadda non si vergognò di scrivere: «L'appiccagione di Priapo e della sua Vulva, in un coniugato fetore a piazza Loreto, fu gran letizia per me, il segno della resurTezione delle ani me e della carne» (G. Oliva, La resa dei conti cit., p. 27). ' 1 Sull'argomento cfr. G. Oliva, La resa dei conti cit., cap. V. 1

2


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sidi interni italiani si erano sbandati abbandonando caserme e depositi. Di questo vuoto di controllo e di forze improvvisamente verificatosi approfittarono due movimenti locali, distinti ma conco1Tenti: il primo, più organizzato, delle bande partigiane, già da tempo attive in zona, le quali assunsero i poteri civili «in nome del popolo» ed iniziarono 1'epurazione dei fascisti o reputati tali; l'altro dei contadini croati sotto forma di una spontanea, anche se disordinata, }acque rie nei confronti dei possidenti, delle loro famiglie e degli amministratori italiani. Cosi, nella seconda metà di settembre, in rapido crescendo, si sviluppò una rivolta selvaggia di stampo nazionalistico, antifascista e sociale contro chiunque, personalmente o per incarico, rappresentasse l'oppresso.re italiano-fascista. Una rivolta contro i «nemici del popolo», espressione volutamente indeterminata e quindi adattabile ad ogni circostanza. I capi del movimento partigiano non si peritarono di ricorrere ad esecuzioni sommarie isolate ed in massa, specificando però che esse avevano riguardato solo «fascisti italiani, fascisti ustasa e degenerati cetnici>> 1• Peraltro in successivi documeni riservati ammisero l'indiscriminata violenza: «Durante l'esercizio del nostro potere in Istria - scrisse iI capitano Zvonka BabiéZubja al Comando ciel movemento di liberazione croato nell'ottobre 1943, ad avvenuta occupazione germanica del.la zona - la lotta contro i nemici ciel popolo fu condotta in modo diseguale essendo in alcune zone del tutto insufficiente, mentre in altre zone era radicale. Era evidente la scarsa capacità di riconoscere i nemici ciel popolo( ...)>).

Ed il rapporto continuava precisando che gli arrestati, concentrati a Pisino ed a Pinguente, veni.vano sottoposti a processi sommari. Poiché «non furono nemmeno istituiti i campi di lavoro forzato, i nemici del popolo venivano in genere puniti esclusivamente con la pena di morte» 2 . La quale pena di morte, solitamente previe efferate servizie 3 , era eseguita in prossimità di una foiba o cli una cava di bauxite in cui i corpi dei condannati - uccisi, moribondi o vivi - venivano precipitati . Procedimento che costituì «la caratteristica dei massacri nella Venezia Giulia» 4 • Solo il 1° ottobre successivo i tedeschi ripresero il controllo su]]' intera area con un 'offensiva durata una settimana e conclusi con la costituzione 1 Gaetano La Perla, Pola Istria Fiume 1943-1945. L'agonia di un lembo d 'Italia e la tragedia delle foibe, Mursia, Milano 1993, p. 195. 2 Ibidem, p. 39. 3 Fulvio Molinari, Istria contesa. la guerra, le foibe , l'esodo, Mursia, Milano 1996, p. 32. 4 L'espressione è di G. Oliva, La resa dei conti cit., p. 145.


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dell 'Adriatische Kustenland. La disordinata ritirata dei partigiani sloveni e croati, sotto l'incalzare delle colonne della Wehrmacht, si compi non trascurando di dar corso a vere e proprie frettolose stragi indiscriminate, le dimensioni delle quali, in quelle tre settimane, sono valutabili ad oltre un migliaio di vittime. Inevitabilmente il dramma degli eccidi, aggravati dalla consuetudine degli infoibamenti, costituì un fatto traumatico per j gi uliani di sentimenti italiani, «ma, oltre a ciò, l'esperienza del 1943 determinò in tutta la regione il diffondersi dell'aspettativa di una nuova e forse definitiva ondata che avrebbe travolto gli italiani nel caso la Venezia Gulia fosse nuovamente caduta s9tto il controllo jugoslavo>> 1• Per diversi mesi la durezza del dominio tedesco nella zona di operazioni Adriatische Kilstenland e le capillari operazioni di controguerriglia misero in seria difficoltà la lotta partigiana, ma nel corso dell' estate 1944 le cose cominciarono a cambiare con la progressiva ritirata germanica dai Balcani e l'approssimarsi dell'esercito cli liberazione jugoslavo. Nel contempo, come abbiamo visto, i progetti strategici alleati confinarono in un ruolo secondario il fronte italiano, rallentandovi lo sviluppo dell'avanzata secondo il punto di vista americano: priorità assoluta allo sforzo decisivo nella Francia settentrionale. Ne derivò un problema di natura strategico-politica riguardo alle sorti del Friuli orientale e della Venezia Giulia all'approssimarsi della fine delle ostilità: consentire un'occupazione jugoslavia della regione oppure impedirla? In quel settore, ove confluivano nazionalismi italiani e slavi, interessi militari occidentali e sovietici, motivi ideologici di opposto segno anche se antifascisti ed antinazisti, i Governi ed i Comandi italiani ed occidentali si muovevano con estrema prudenza. Chi invece parlava alto e chiaro erano gli esponenti jugoslavi , i quali sostenevano «i loro pretesi dir.itti sovrani su Trieste, Gorizia, Monfalcone, le valli dell'Isonzo e del Natisone, Tarcento e Cividale e tutto il litorale fino all'Isonzo» ed intendevano inglobare tutte le formazioni partigiane operanti nella regione nelle file dell'esercito di liberazione naziona]e jugoslavo, con bandiera ed uniformi jugoslave. In questo clima il 7 maggio 1944 il Comando generale delle brigate Garibaldi era giunto ad un accordo con il Comando del IX Korpus per la costituzione «sul territorio del litorale sloveno» della brigata garibaldina 1ì·ieste, come parte delle formazioni garibaldine in Italia. In giugno, poi, si

1

Raoul Pupo, Lefoibe giuliane in AA.VY., Friuli e Venezia Giulia. Storia del '900, Ed.

Goriziana, Gorizia 1992, p. 395.


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presentò a Milano una delegazione slovena, inviata da Tito per discutere dei confini orientali. Ovviamente incontrò obiezioni di fondo, talché essa finì per riconoscere «la necessità di astenersi sino alla vittoria raggiunta da ogni discussione sulla questione dei territori nazionalmente misti, nella convinzione che tale problema potesse e dovesse essere risolto dopo la fine della guerra, in conformità coi principi di autodeterminazione dei popoli» 1 . A seguito cli questi contatti il C.L.N.A.I. inviò ai C.L.N. della Venezia Giulia un manifesto rivolto alle popolazioni, in cui clava notizia dell'intesa volta a placare l'esasperata «violazione dei diritti di autodeterminazione dei popoli» compiuta dal governo fascista. Le critiche dei partiti giuliani al manifesto furono immediate e vibranti. La Democrazia Cristiana 1ibatté che il confine orientale era stata definito con trattati internazionali stipulati con rappresentanti ufficiali del governo jugoslavo, in condizioni di assoluta libertà e parità e che, per giunta, in quella sede l'Italia aveva rinunciato alla Dalmazia. Il Partito cl' Azione fu dell'avviso che il manifesto fosse stato compilato «da persone che non hanno esaminato il problema della Venezia Giulia con spirito di equità proprio nei confronti di quella patte della popolazione italiana che dovrebbe, in ogni caso, ottenere una maggiore comprensione da parte del C .L.N .». I partiti antifascisti di Trieste insorsero protestando contro «le istanze politiche propugnate dal C.L.N. della Venezia Giulia» e la «scarsa conoscenza de] problema giul iano ( ...) dei dirigenti del C .L.N.A.I.» . Comunque il 17 luglio il C.V.L. approvò l'accordo di maggio intercorso fra il Comando generale delle b1igate Garibaldi ed il Comando del IX Korpus 2 • Sono noti i disegni alleati circa la possibilità di uno sforzo militare in Balcani a e l'assoluta necessità di garantire le comunicazioni da Trieste per le armate procedenti su Vienna. Perciò non meraviglierà l'.interessato suggerimento dato dalla missione britannica nel Friuli orientale alla I brigata Osoppo (o Osoppo Est) ed alla divisione garibaldina Natison.e: costituire un comando unico per meglio fronteggiare le rivendicazioni slovene. L'intesa fu conclusa il 28 agosto 3 • A metà settembre il IX Korpus - riprendendo la vecchia proposta chiese formalmente che tutti i partigiani italiani operanti tra le due strade Udine-Cividale-Caporetto e Udine-Gemona-Venzone passassero ai suoi ordini operativi. La richiesta venne respinta essenzialmente per la netta op-

F. Catalano, Storia del C.L.N.A.I. cit., pp . 193-J 94. Sull'argomento cfr. Pier Luigi Pallante, La. politica dei comunisti italiana dopo la 'svolta'jugoslavia in «Storia contemporanea», dicembre l 987, pp. 1941-1512. 2 F. Catalano, Storia del C.L.NA.J. cit., pp. 197-200. 3 Giovanni Pacloan, Abbiamo lottato insieme, Del Bianco , Udine 1965, pp . 126-128. 1


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posizione della Osoppo, comandata dal capitano De Gregori (Bolla), ma a fine settembre giunse da Milano Vincenzo Bianco, un dirigente comunista di primo piano che in aprile, proveniente da Mosca, si era fermato per quattro mesi presso il Comitato centrale del partito comunista sloveno. Il compito affidatogli dal Centro comunista di Milano era di impartire alle federazioni comuniste di Udine e di Trieste direttive ispirate ad una maggiore apertura verso gli jugoslavi, e, più esattamente, di illustrare la necessità di mettere le formazioni garibaldine di quella zona alle dipendenze del IX Korpus . «Domani - si assicura va - quando la situazione dell 'I talia sarà cambiata, quando il popolo nostro sarà anch'esso libero e padrone dei propri destini, il problema di Trieste sarà risolto nei modi e sull'esempio dell'Unione Sovietica» 1 . Il C.L.N.A.I. ben si rendeva conto di quanto la situazione si fosse fatta difficile al confine orientale ed il 27 settembre si rivolse a Roma spiegando di aver preso precise intese con un rappresentante autorizzato di Tito per una collaborazione nella lotta di liberazione, ma che riteneva necessario un formale accordo tra Governo italiano e Tito con sicure garanzie perché: «Rappresentante Comitato cli Liberazione Nazionale di Trieste (unico membro scampato cattura) fa presente grave simazione in cui verranno a trovarsi città Venezia Giulia, ed Istria in particolare, al momento della ritirata tedesca( ...) . Le popolazioni italiane della Venezia Giulia, quasi completamente disarmate, temono il ripetersi di atti di rappresaglia, nel settembre 1943 compiuti eia elementi irresponsabili incontrollati ( ...)» 2.

Da parte jugoslava il pensiero era assolutamente lineare, in quanto si riteneva che i tedeschi dovessero rassegnarsi a sgomberare la Jugoslavia a brevissima scadenza a causa degli eventi bellici sulla fronte orientale e, in tale ipotesi, Tito intendeva porre Gran Bretagna e Stati Uniti di fronte al fatto compiuto dell'immediata occupazione dell'intera Venezia Giulia. Togliatti aveva seguito da lontano la vicenda, però dai frequenti colloqui con l'ambasciatore Kostylev sapeva che l'Unione Sovietica appoggiava le rivendicazioni jugoslave verso l'Italia. Dopo un incontro con Kardelj, vice presidente dell' A.V.N.O.J., e due altri dirigenti jugoslavi avvenuti a Bm-i il 16-17 ottobre 1944, decise di intervenire, tenuto conto anche della

Lettera in data 24.9.1944 alle federazioni di Trieste e di Udine in P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano cit., V, p. 435. 2 F. Catalano, Storia del C.L.N A.I. cit., p. 261 . 1


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relazione inviatagli da Bianco sui rapporti tra i due partiti comunisti, italiano e sloveno, e della richiesta di consigli formu]ata dal Centro di Milano e dallo stesso Bianco. La sua risposta, in data 19 ottobre, «concordata con gli jugoslavi» ed in linea con l'opinione della direzione del P.C.I. come il leader comunista stesso tenne a precisare, consisteva in sei direttive molto esplicite la cui premessa appare fondamentale: «I. Noi consideriamo come un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci e che in tutti i modi dobbiamo favorire , l'occupazione della regione giuliana da parte delle truppe del maresciallo Tito. Questo infatti significa che in questa regione non vi sarà né un'occupazione inglese, né una restaurazione dell'amministrazione reazionaria italiana, cioè si creerà una sihiazione profondamente diversa da quella che esiste nella pa1te libera dell'Italia, si creer.à una situazione democratica, in cui sarà possibile distruggere a fondo il fascismo e organizzm·e il popolo tanto per la continuazione della guerra contro gli invasori tedeschi, quanto per la soluzione di tutti i suoi problemi vitali».

Perciò il P.C. doveva collaborare strettamente con i compagni jugoslavi per organizzare un potere popolare nelle zone liberate dai titini: «Questo vuol dire che i comunisti devono prendere posizione contro tutti coloro che contribuiscono in qualsiasi modo a creare discordia fra i due popoli». E la direttiva valeva anche per T1ieste. Quanto alle formazioni partigiane, esse «mantenendo il loro carattere nazionale, faranno parte integrante del}'esercito di Tito. Questo, fra 1'altro è il solo mezzo che permetta di evitare il disarmo di queste unità dopo la cacciata dei tedeschi». Per il futuro, nessun dubbio che la politica cli collaborazione con il popolo jugoslavo avrebbe consentito di risolvere qualunque problema 1 • Così, il 6 novembre 1944 la Natisone si pose alle dipendenze del IX Korpus, che, incoraggiato da una rnissìone sovietica, estese la sua giurisdizione sino al fiume Natisone, mobilitando con la forza la classi dal J900 al 1927 e rivendicando come sloveno l'intero territorio ad oriente del Tagliamento 2 .

*** Se il Comando della Osoppo metteva in primo piano la salvaguardia dell'integrità del territorio nazionale e della popolazione italiana e seguiva al-

1

P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano cit., V, pp. 436-438 .

2

M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp. 334-

336. Cfr. G. Padoan, Abbiamo lottato insieme cit., pp. 226-229.


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tresì la politica al1eata contraria all'insediamento delle unità jugoslave ne11a regione, inevitabilmente il passaggio della Natisone al IX Korpus non poté che rafforzare il sospetto di un pericoloso accordo antiitaliano. Del resto, in una lettera del 6 dicembre indirizzata al Comando del IX Korpus, il capo di S.M. dellaNatisone scriveva: «Infine, a proposito della Osoppo, non appena avremo regolato la questione della intendenza, cioé riceveremo sufficienti viveri dalla intendenza per poter nutrire la 156" brigata, questa brigata la faremo passare da questa parte e così potremo liquidare questa perniciosa questione ( ...).In quanto alla missione inglese, noi agiremo come d'accordo con il vicecomandante, compagno Skala» 1• Per 1>uo conto, il 27 dicembre la Special Force n. 1 cominciò che gli sloveni rifiutavano di attaccare i tedeschi e, secondo un rapporto britannico dei primi di marzo 1943, gli sloveni «negli ultimi sei mesi non avevano condotto alcuna attività contro il nemico>> , limitandosi «a presidiare la colline sopra Cìvidale e Tarcento e ad attacca.re le formazioni Osoppo ad est del Tagliamento» 2 . In questi mesi si verificarono contatti fra Osoppo ed autorità tedesche e fasciste. Si trattò di iniziative dell'una. o de11 'altra parte, con la mediazione e l'incoraggiamento de11 'arcivescovo di Udine, orientate a trovare un modus vivendi che risparmiasse le popolazioni e frenasse gli eccessi. Agli osova.ni premeva soprattutto contenere le ambizioni slovene ed ottenere dal nemico che il trattamento da questi riservato ai partigiani fosse più «umano», riconoscendoli in sostanza come combattenti regolari; gli altri offriva.no accordi antisloveni contro la tranquillità nelle proprie retrovie. In realtà tali contatti furono :intermittenti, non preceduti da seria preparazione, spesso su iniziativa di singoli e non approdarono a concreti risultati, anche per la scarsa convinzione d:i entrambe le parti in causa. Il che non toglie l'insorgere di sospetti nel Comando regionale veneto che il 3 gennaio 1945 intervenne per stroncare qualsiasi iniziativa: «Il Comando Regionale Veneto comunica che nella Regione Veneta il nemico intende prendere contatti con le formazioni di patrioti. Tali contatti hanno po1iato unicamente svantaggio e perdite alle nostre formazioni. In vista di ciò i Comandi responsabili non sono autorizzati a stabilire nessun approccio con il nemico, nenache se ciò dovesse avvenire in fonna e per iniziativa personale» 3 •

Cit. in Marco Cesselli, Porzus, due volti della Resistenza, La Pietra,Milano 1975, p. 34. The Militwy Situation in. North East ltaly between Tagliamento and the Slovene Fron1ier dei maggiori Roworth e Vincent, in M . de Leonarclis , La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit., pp . 335-336. 3 Cit. in M. CesselJi, Porztis, due volti della Resistenza cit., p. 39. 1

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Il 15 gennaio Mario Fantini (Sasso) e Giovanni Padoan (Vanni), rispettivamente comandante e commissario politico della Natisone - che in novembre, su sollecitazione slovena, si era trasferita ad est dell'Isozo - si recarono al Comando del IX Korpus . Vi trovarono Bianco, il quale, attenendosi alle direttive di Togliatti, dichiarò necessario il passaggio della divisione nell'esercito di liberazione jugoslavo, rompendo ogni legame con le organizzazioni partigiane italiane. Per superare le comprensibili obiezioni dei suoi interlocutori, si appellò seccamente alla disciplina di partito 1• Diciamo subito che la Natisone stava attraversando un momento di squilibrio e di incertezze, talché molti garibaldini rifiutarono l'integrazione con gli sloveni e presero a disertare a gruppetti, ripassando l'Isonzo per andare a congiungersi con altre formazioni partigiane in Friuli 2 • Fra i molti problemi che si ponevano al C.L.N.A.I., quello del FriuliVenezia Giulia teneva sicuramente il primo posto. Il 18 gennaio 1945 l'azionista Fermo Solari, che aveva sostituito Parri, catturato i] 31 dicembre, lesse in sede di riunione plenaria un messaggio ricevuto dal Comando Supremo alleato del Meditenaneo, il quale chiedeva spiegazioni sul passaggio delle formazioni garibaldine friulane alle dipendenze del IX Korpus di Tito. Longo sostenne che si trattava di questione approvata a suo tempo dal Comando regionale veneto e dal Comando generale, il che, come è facile immaginare, provocò un «vivace battibecco» 3 • Le motivazioni addotte in proposito dalla divisione Natisone figurano in una lunghissima lettera, datata 22 dicembre 1944 ed indirizzata a] C.V.L. ed al C.L.N.A.l.. Esse, in sostanza, si traducevano nella constatazione che la Natisone agiva in territorio «notoriamente ritenuto zona di operazione dell'esercito di liberazione del matescia1lo Tito» e che, di conseguenza, la dipendenza dal IX Korpus, cioé dall'esercito aJleato più vicino, costituiva la soluzione più logica per «rafforzare la lotta contro il comune nemico». Ciò spiegato, però, la Natisone teneva a sottolineare che:

1 2

lbidern, pp. 34-35. Cfr. G. Padoan, Abbiamo lottato insieme cit., pp. 261-266.

Un rapporto della federazione di Udine, inviato il 28 febbraio da un di1igenle al Centro comunista cli Milano, riferì che molli uomini della Natisone lasciavano la divisione perchè la popolazione slovena «non fa abbastanza distinzione fra i fascisti e il popolo italiano( ...) . Il fatto di porre il problema dell'annessione ha creato uno spirito antislavo nella popolazione del Basso Friuli, popolazione che è e vuole rimanere italiana. I nostri compagni dell'organizzazione subiscono anch'essi questa influenza» (P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano cit., V, pp. 438-439. 3 R. Cadorna, La riscossa cit., p. 202.


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«Lungi dall'essere interpretato nel suo giusto valore, il passaggio alle dipendenze operati ve ciel IX corpo d'armata sloveno ha dato origine in seno ai reparti della brigata Osoppo operanti nella zona( ...) ad una campagna diffamatoria che ha avuto i suoi riflessi anche in sede di Comitato <li Liberazione Nazionale Provinciale».

Praticamente, continuava la relazione, «si vuole screditare di fronte a tutti le fo1mazioni garibaldine, impugnando gli arcinoti motivi del "pericolo slavo", "dell'imperialismo russo", del "comunismo" ecc ..». Inoltre, aprescindere dalla "mentalità attesista che serpeggia nelle file osovane, in netto contrasto con le direttive del C.L.N .A.I.", dopo il passaggio della Natison.e agli orçlini del IX Korpus i rapporti con gli osovani si erano rapidamente deteriorati degenerando nell'uccisione di alcuni garibaldini, la cui responsabilità andava «ricercata nella propaganda svolta in seno alle formazioni oso vane piuttosto che nelle iniziati ve di elementi irresponsabili» 1• Ad ogni modo l'aggravarsi della tensione in quelle già difficili circostanze era indubbio e dava pensiero. 11 19 gennaio venne decisa la riunione delle brigate Osoppo sotto unico comando, il cui capo di S.M. doveva essere il capitano De Gregori. A sostituire questi fu destinato il capitano Aldo Bricco (Centina), comandante delJa V brigata. 11 «caso Bolla» agitava la federaz,ione comunista cli Udine, al cui segretario, Modesti, facevano capo le varie formazioni G .A.P.. In una riunione tenuta il 28 gennaio ad Orsaria, presso Udine, furono stabilite due azioni ben distinte: l'una contro le carceri di Udine, 1'altra alle malghe di Porzùs per liquidare il Comando di De Gregori. Sembra che l'ordine al capo gappista Mario Toffanin (Giacca), particolarmente quotato dalla federazione , sia stato dato in termini brevi ed eloquenti: «Vai, fà e fai bene» 2 . Nel pomeriggio del 7 febbraio un centinaio di gappisti della 111 e 2 11 brigata G .A.P., comandati dal Toffanin, arrivarono alle malghe presentandosi come sbandati sfuggiti ad un rastrellamento e diretti a zona più tranquilla per unirsi a qualche formazione. Poi proditoriamente disarmarono gli osovani ed uccisero subito De Gregori e con lu i un azionista da poco inviato dal Partiti d'Azione come osservatore, una giovane donna classificata come spia dei tedeschi ed un ragazzo da poco arruolato nella brigata. Il capitano Bricco, in posto dal giorno prima, riuscì a salvarsi con una fuga spericolata benché più volte ferito . La colonna gappista ripartì in serata portando seco viveri, armi e munizioni catturate e 17 prigionieri. Quindici di essi, testi-

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F. Catalano, Storia del C.L.N.A.I. cit., pp. 203-206.

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M. Cesselli, Porzi1.s, due volti della Resistenza cit., pp. 58-59.


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moni imbarazzanti, vennero fucilati a brruppi fra il 9 ed il 18 febbraio . Due ebbero salva la vita «probabilmente perchè seppero fingere meglio degli altri di aderire alle idee comuniste» 1• La «Relazione politica di azioni del G.A.P. contro i capi reazionari delle formazioni Osoppo», inviata il 1Ofebbraio 1945 da Toffanin e due altri capi gappisti alla federazione comunista di Udine ed al Comando del IX Korpus sloveno, così informò: «( ...) Il giorno sette corrente mese, tre battaglioni di G .A .P. partirono per un 'azione contro questi reazionari, attendisti armati.

Di questa azione avemmo il pieno consenso della Federazione del partito. Giunti a.lla località precisataci, trovammo 22 d:i questi individui che comodamente alloggiavano ben coperti di pellicce in posti che nemmeno l'aquila ci può arrivare, che giacevano in comodi sacchi a pelo ed erano provvisti cli tutti i conforti. Ci fingemmo sbandati di varie formazioni( ...). Disarmati gli osovani ed esaminati attentamente uno ad uno, abbiamo notato che essi non erano altro che dei figli di papà, delicati attendisti che se la passavano comodamente in montagna.

Fra essi abbiamo notato una donna( ...). Una pericolosa spia( ...) protetta dal comandante Bolla e dal vice comandante Angelo [n realtà l'azionista Valenti] . Prima di venire giustiziati, questi vennero interrogati sommariamente e confennarono di essere mercenari pagati bene. Al momento della fucilazione il Bolla ha gridato: "Viva il fascismo internazionale" . Tutti e tre sono stati giustiziati sul posto. Gli altri ci hanno seguito perché obbligati ad aiutarci a trasportare le anni e materiale vario che restava occupato nei bunkers ( ...)» 2 .

L'eccidio venne, inizialmente, attribuito agli sloveni, poi ai fascisti e finalmente si conobbe con certezza la partecipazione di Totfanin alla testa degli aggressori. Il C.L.N. di Udine, profondamente turbato, deliberò un'inchiesta, che però si interruppe il 5 marzo, quando si seppe dell'indagine disposta dal Comando regionale veneto circa «1 'incidente della I brigata Osoppo». Peraltro, visto che tale indagine non approdava ad alcunché di concreto, il 31 marzo il C.L.N. invitò i Comandi delle Osoppo e delle Garibaldi a mettere in chiaro sia il motivo dell'eccidio , sia l'identità dei responsabili, sia la sorte degli osovani «catturati» (si ignorava ancora che anch'essi erano stati uccisi) . Fra mille intoppi interessati si arrivò così alla

1

Sull'eccidio cfr. M. Cesselli, Porzus, due volti della Resistenza cit. , pp. 85-103, e G. Padoan, Abbiamo lottato insieme, cit., pp. 313-326. 2 M . Cesselli, Porzus, due volti della Resistenza cit., pp. 105- 106.


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Liberazione con un nulla fatto, salvo la reazione della popolazione nei confronti dei gappisti ormai conosciuti 1 . Il 23 giugno 1945 il Comando delle brigate Osoppo presentò formale denuncia alla procura di Udine per la vicenda. L'iter giudiziario, singolarmente complesso in quanto per motivi vari passò di mano in mano, si concluse nel 1954 con la sentenza della corte d'Appello di Firenze, che sostanzialmente confermò la sentenza della corte d'Assise: Toffanin, da tempo riparato in Jugoslavia, fu condannato all'ergastolo con altri due gappisti; alcuni, fra i quali il segretario della federazione comunista di Udine, Modesti, ed il commissario politico della Natisone, Padoan, a trent'anni; gli altri a.pene progressivamente minori . L'amnistia concessa dal Presidente Pertini l' 11 luglio 1959 chiuderà la vicenda 2 .

*** L'eccidio di Porzùs, l'episodio forse più delicato ed imbarazzante della Resistenza, mise in tutta evidenza la frattura verificatasi in ambito resistenziale. La divisione tra i comunisti, orientati a sostenere gli «amici ed alleati jugoslavi» ed a sollecitare ogni collaborazione con l'esercito titino in nome dell'unitarietà della lotta di liberazione ma, principalmente, a vantaggio del modulo politico di cui esso era portatore, e gli altri partiti, in prim.is gli osovani fermissimi nella decisione di opporsi alle dichiarate mire annessionistiche di Tito, non sfuggì naturalmente agli Alleati, che trassero ulteriore motivo di preoccupazione per la situazione che si sarebbe potuta verificare al termine delle ostilità. Il punto critico si trovava a Trieste. La Gran Bretagna era orientata all'adozione di una «linea di demarcazione» temporanea - ma che si «avvicinasse il più possibile a quella che sarebbe stata desiderabilmente la frontiera definitiva» 3 - tale da riservare agli Alleati la parte occidentale

1 Spriano ha sintetizzato quanto accaduto ai confini nord-est molto laconicamente: «Da novembre [1944] i rapporti con la brigata Osoppo, che erano stati molto unitari, si sono guastati. E nel C.L.N. della Venezia Giu.lia non è più presente il P.C.I.. La situazione di rottura continuerà sino alla liberazione» (P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano cit., V, p. 439. 2 L'Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza (La P ietra, Milano-Roma, voi. III) alla voce De Gregori Francesco scrive:«( ...) Comandante della brigata Osoppo, cadde nel corso cli un attacco alle malghe di PorzGs» . 3 R. Pupo, Fra Italia e Jugoslavia. Saggi sulla questione di Trieste (1945-1954), Del Bianco, Udine 1989, p. 29.


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della regione con Trieste e Gorizia, indispensabile per la prosecuzione deile operazioni verso Vienna, e lasciare a Tito la parte orientale. Gli Stati Uniti, invece, insistevano per un'amministrazione militare alleata sull'intera Venezia Giulia, tuttavia non avevano alcuna intenzione di ricoITere ad un intervento di forza per impedire la penetrazione jugoslava, né, men che meno, di cacciare gli jugoslavi ove da questi preceduti. Tito, lo sappiamo, non aveva esitazioni nel considerare la Venezia Giulia obiettivo fondamentale. Prima di tutto teneva a dare all'U.R.S.S., alcune delle cui colonne puntavano su Belgrado, una dimostrazione della propria forza; in secondo luogo per la convinzione che il possesso sarebbe stato determinato in sede di trattato di pace con l'assegnazione della regione; in terzo luogo per il decisivo vantaggio psicologico che avrebbe acquisito sul movimento monarchico interno. Stando così le cose, diventava inevitabile la «corsa per Trieste>>: il primo ad entrarci avrebbe avuto ampio modo di impiantarvi la propria amministrazione 1 • Così a fine aprile 1945 la maggior parte della penisola istriana era caduta nelle mani della IV armata jugoslava ed il I O maggio i titini entravano in Trieste, il 5 a Fiume ed il 6 a Pola. Ovunque ed immediatamente i Comitati popolari di liberazione sloveni, comprendenti pochi italiani <<dì provata fede comunista», assunsero il potere politico-amministartivo e seguirono alla lettera l'ordine del Comitato centrale comunista sloveno: «Considerate ogni insun-ezione che non sì fondi sul ruolo guida della Jugoslavia di Tito come un sostegno all'occupazione ed un inizio della guerra civile» 2 • Nel pomeriggio del 2 maggio reparti della 2A divisione neozelandese del generale Freyberg raggiunsero Trieste; il giorno seguente Freyberg partecipò alle trattative per la resa delle truppe tedes·c he in zona, ma non fu in condizioni di imporre al Comando della IV armata jugoslava il controllo militare alleato. Churchill commentò: «nella Venezia Giulia abbiamo richiato di restare fuori della porta, e siamo riusciti ad infiltrare il piede prima che l'uscio si chiudesse». Da parte jugoslava prese subito il via l'epurazione preventiva, intesa in senso radicale, di tutti i prevedibili oppositori al comunismo jugoslavo . L'indirizzo di fondo della repressione- scrive R. Pupo- era molto preciso: «il fascista, in quanto tale, è l'antagonista di ieri, combattuto per anni con le armi in mano ma onnai sconfitto e fuori gioco; oggi vanno invece com-

1

2

G. Oliva, La resa dei conti cit., p. 159. Ibidem, p. 162.


LA LIBERAZIONE

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battuti i «nemici del popolo>> che si oppongono all'instaurazione della società socialista, vale a dire all' annessione - 1' equazione è assiomatica - alla Jugoslavia» 1• Quindi l'epurazione preventiva non esitò a rivolgersi anche contro i C .L.N. di Gorizia, Fiume e, principalmente, di Trieste . Il partito comunista sloveno era stato espliòto nelle direttive impartite al proprio rappresentante a Trieste: «L'insurrezione è irraggiungibile senza il rafforzamento dell'unione sloveno-italiana nella lotta senza quartiere contro l'occupante e l'elemento traditore profascista e imperialista di una parte del C.L.N. di Trieste. Lo smascheramento del C .L.N. non deve significare che i successi del C .L.N . nell'Italia del Nord (cioè del C.L.N.A.I.) non vengano ricono.sciuti, ma deve esprimere pubblicamente il fatto che questi elementi del C.L.N. triestino sono traditori della lotta del movimento di liberazione nell'Italia settentrionale» 2 • I dati riepilogativi sull' epurazione sono eloquenti: 7 mila salme recuperate dalle foibe e cave di bauxite, 3.500 delle quali nelle foibe di Basovizza e di Opicina; 5 mila presunte con buona approssimazione nelle altre foibe e cave della regione; 3 mila vittima nei campi di concentramento e di lavoro. Un totale di circa 16.500 vittime 3 . Il 9 giugno Alexander e Tito firmarono a Belgrado un accordo sulla base del riconoscimento della linea Morgan (proposta dal capo di S.M. di Alexander) ed il 13 gli jugoslavi si ritirarono dalla zona A di Trieste, assegnata all 'amministrazione militare alleata 4 •

1 R. Pupo, Violenza politica tra guerra e dopoguerra in G . Valdevit (a cura), Foibe. Il peso del passato. Venenzia Giulia 1943-1945, Marsilio, Venezia 1997, pp. 45-46. 2 G . Oliva, La resa dei conti cit., p. 168. 3 Luigi Papo de Montone , Albo d'oro. La Venezia Giulia e la Dalmazia nell'ullùno conflitto mondiale, Trieste 1994 . 4 Sul drammatico esodo di oltre trecentomila italiani dall' Istria e dalla Dalmazia cfr. G . 01 i va, La resa dei conti cit., pp . 182-195.


LA COUE4L.(GERANZA

624

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CONS1DERAZIONI CONCLUSIVE

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Capitolo VIII CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 1. CARATTERE DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE

La lotta di liberazione insorta nell'Europa occupata dal nazismo ebbe conno.tazioni differenti a seconda delle condizioni politiche ed ambientali in cui ogni movimento nacque ad anche a seconda degli scopi perseguiti dalle varie forze che parteciparono alla Resistenza 1• Laddove la struttura istituzionale, politica e sociale del Paese aggredito presentava un sostanziale equilibrio - come nel caso del Belgio, dell'Olanda, del Lussemburgo, della Danimarca e della Norvegia - si trattò, pur nelle sue particolarità, di una naturale forma di lotta nazionale contro l'invasore per liberare il territorio patrio e riconquistare l'indipendenza, riplistinando i valori politico-spirituali temporaneamente soffocati dal nemico, vincitore sul campo di battaglia. In Francia il collaborazionismo del governo di Vichy spinse la reazione ad un più accaso radicalismo mirante, oltre che a battersi contro l'occupazione tedesca, anche ad un cambio della classe dirigente. Profondamente' diversa era la situazione nella penisola balcanica. In Jugoslavia come in Grecia, fermo restante il comune intento di lotta contro l'Asse, ben presto emerse il contrasto insanabile fra i due gruppi protagonisti, determinato dagli scopi ultimi che essi perseguivano. Nello scomparso regno jugoslavo la frattura tra il movimento comunista di Tito ed i cetnici del generale Mihajlovié sfociò subito in aperta ostilità, ed altrettanto accadde in Grecia tra monarchici e repubblicani. In Polonia e nelle repubbliche baltiche fu ancora peggio a causa della doppia invasione da parte della Germania e dell'Unione Sovietica, che provocò la spaccatura tra filooccidentali e filosovietici. Per i nazionalisti, ]a priorità della lotta contro la Gennania era semplicemente il primo passo per il ritorno alla piena indipendenza; per i comunisti, invece, la premessa per la realizzazione di una «repubblica democratica».

1 Cfr. la prefazione di Enriques Agnoletti in P. Malvezzi e G. Pirelli (a cura), Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi , Torino 1955, e Enzo Collotti, La Resistenza in Europa ed in Italia in «Nuove questioni di storia contemporanea» , II, Marzorati, Milano 1986.


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Nell'Unione Sovietica, quando le armate tedesche attaccarono improvvisamente su un fronte di oltre 3 mila chilometri, dal mar Bianco a] mar Nero, ed ebbe inizio la disastrosa ritirata sovietica, il 3 luglio 1941 Stalin, in un discorso radio trasmesso alla Nazione, parlò di «guerra patriottica nazionale» e fece appello al popolo sovietico affinché si raccogliesse «intorno al prutito di Lenin e di Stalin» 1 . Però la resistenza partigiana alle spalle dell'invasore prese ad affermarsi soltando quando, nel dicembre successivo, Stalin istituì il «Comando centrale del movimento partigiano» ed impartì disposizioni draconiane per l'organizzazione de II a «gue1Ta patriottica», guardandosi bene «dall'agitare la bandiera della rivoluzione proletaria, nel timore che un atto del genere mandasse in frantumi la coalizione» 2 , e l'azione dei partigiani sovietici fu strettamente inquadrata nei piani operativi dei Comandi dell'Armata Rossa. Per essere più precisi, l'Armata Rossa 1iconobbe come propri partigiani unicamente i gruppi armati comunisti operanti in base e secondo le istmzioni loro fatte pervenire. Gli altri gruppi, nazionalisti , dell'Ucraina, della Russia Bianca, dei Paesi baltici e della Polonia, erano considerati semplicemente banditi e come tali trattati una volta raggiunti dalle truppe sovietiche 3 . Per quanto concerne la situazione italiana, qualunque disamina sulla guen-a di liberazione dove tener presente che per l'intera sua durata l'Italia fu considerata dagli Alleati un paese vinto, da occupare e sfruttare per quanto necessario ai fin i bellici; da aiutare a risollevarsi ed anche a battersi contro tedeschi e fascisti ma nei limiti delle concezioni strategiche alleate. In poche parole, l'Italia doveva essere tenuta in condizioni di soggezione. Detto ciò, possiamo riconoscere che il trasferimento del Re e dal Governo da Roma a Brindisi, vale a dire in teJTitorio italiano e non occupato da alcuno, consentì due opportunità: un esercizio di governo nazionale, per limitato che fosse, ed una formale cobelligeranza italiana con un esercito regolare, per simbolico che fosse. Ad esempio si aggiunse la Resistenza sotto varie forme in Italia ed all'estero. In Italia la guerra prutigiana sorse e si sviluppò nei circa due terzi della penisola occupati dai tedeschi , fiancheggiati dalla repubblica fascista. Il

l saac Deutscher, Stalin, Longanesi, Milano 1969, p.655. Ibidem, pp . 668-669. 3 Nell'agosto 1944, quando scoppiò J'insurrezione di Varsavia contro l'occupazione tedesca , Stalin scrisse a Churchill:«( ... ) Presto o tardi tutti conosceranno la verità circa il gruppo di c1iminali che si sono inbarcati nell'avventura cli Varsavia allo scopo di impadronirsi ciel potere. Costoro hanno sfruttato la buona fede degli abitanti di Varsavia, lanciando contro i cannoni, i carri armati e gli aerei tedeschi torme cli gente quasi inerme ( ... )» (W. Churchill ,La seconda guerra mondiale crt., parte VI, I, pp . 164-J65. 1

2


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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tutto in uno stato d' animo delle masse popolari invero assai particolare. De Felice ha richiamato, al riguardo, un giuilizio di Vittorio De Caprariis: «Tra il 1943 ed il 1944 non c'era certo la nostalgia del regime defunto, ma qualcosa di più grave: attonito sbigottimento e percosso stupore per la sconfitta, stanchezza di un conflitto immane e resa psicologica innanzi all'estrema rovina, come di chi, dopo aver combattuto invano contro forze soverchianti, si disanima alfine e si ritira dalla lotta per lasciarsi morire» 1 . A conflitto ultimato si prese a parlare della guemt di liberazione in termini celebrativi, retorici e con toni trionfalistici, il che per alcuni versi era comprensibile date le circostanze. In realtà si era trattato di una guerra - ne abbiamo ricordato i punti salienti, sia pure molto sommariamente - in cui non erano mancate le mortificazioni e l'avvilente percezione dello stato di impotenza davanti alle vere e proprie imposizioni dei nuovi alleati, l'incidenza di passioni politiche troppo accese, le manifestazioni volte spesso più a soddisfare gli interessi di parte piuttosto che di quello nazionale. A questo quadro si contrapposero peraltro l'onestà di intenti, il senso del dovere, 1' amor di Patria di chi si adoperò per portare il Paese al traguardo della Liberazione e soprattutto di quanti rischiarono la vita superando l'amarezza di veder poco considerato il proprio impegno personale contro l'invasore del suolo nazionale. Chi si batté, in sostanza, si sentì troppo spesso solo, anche se ricevette come premio l'immensa soddisfazione di riscontrare la viva, sincera, commossa gioia con la quale le città via via liberate lo accoglievano. In guerra, di qualunque tipo ed in qualunque epoca, esiste chi la dirige e chi la combatte. Entrambi sono indispensabili: in alcuni momenti assume maggior rilievo il primo, in altri il secondo, ma entrambi restano ugualmente decisivi. Nella guerra cli liberazione i protagonisti furono il Governo e le Forze Armate ed i C.L.N. (inizialmente il Comitato centrale e successivamente il C.L.N.A.l.) e le formazioni partigiane. La funzione direttiva della guerra italiana - vale a dire nel quadro della campagna d'Italia condotta dagli Alleati - vale a dire nel quadro della campagna d'Italia condotta dagli Alleati e con le limitazioni cli vario tipo da essi poste alle forze italiane - spettava naturalmente al Governo. E questo risultava in pratica isolato: j vincoli armistiziali lo escludevano dal mondo esterno, la sua rete diplomatica era ridotta ai minimi termini, le comunicazioni erano difficili, tardive e controllate dall' A.M.G .O.T.. La presenza alleata incombeva su ogni

1

R. De Felice, Rosso e Nero, Baldini e Castoldi, Milano 1996, p. 44.


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.,I)

aspetto della vita pubblica, dall'industria al commercio, all'assetto statale, provinciale e comunale, ed assumeva a seconda delle circostanze la forma del controllo, dello stimolo, del divieto e persino dello sfruttamento. I partiti politici, oltretutto, si trovavano in corso di formazione e quindi il loro contatto con le masse popolari era in pratica nullo. «Nel 1943 -ricordò Pajetta - i partiti non esistono ancora: sono dei comitati, sono dei fuorusciti che arrivavano dalla Francia o dall'America, sono degli uomini che escono dal carcere o dal confino come eravamo noi che non conoscevamo il nostro Paese se non dai testi cli geografia. I partiti, quelli che sono oggi, non sono nati nel 1921 o nel 1892, non sono nati neanche nel 1943: si sono formati storicamente soprattutto nel 1944» 1. In siffatto stato cli cose non fa meraviglia l'estrema difficoltà per il Governo cli orientarsi, di formarsi un'idea sufficientemente chiara della situazione e di valutare adeguatamente la propria posizione. Ne derivarono una politica interna ondivaga ed incerta ed una politica estera tesa al solo obiettivo (o meglio al tentativo) di ottenere per l'Italia lo status di alleata e la revisione dei termini di armistizio per assicurarle, a tempo debito, condizioni di pace quanto meno gravose possibili. Ciò nonostante negli ambienti politici affiorava una sorta di ottimismo ben poco giustificato. Il Governo Badoglio appariva fiducioso che gli Alleati, interessati com'erano alle garanzie dell 'armistizio e ben attenti ad evitare l'insorgere di pericolose agitazioni interne, avrebbero sostenuto le istituzioni tradizionali agevolandone il rafforzamento; per converso le sinistre, prendendo alla lettera le affermazioni anglo - americane circa le responsabilità delfmcismo e non dell'Italia circa la guerra, reputavano con altrettanto ottimismo che un governo «democratico» e «non compromesso» avrebbe ricevuto ogni aiuto e supporto. Nessuno si rese esattamente conto del rigido - ed amaro - significato della formula «resa senza condizioni» imposta dagli Al leati . Tutti , piuttosto, credettero ciecamente alla Dichiarazione di Quebec deJl'agosto 1943, secondo la quale, benché le condizioni d'armistizio non contemplassero l'assistenza attiva dell'Italia nel combattere i tedeschi, «la misura nella quale le condizioni saranno modificate in favore dell'Italia dipenderà dal1' entità dell'apporto dato dal Governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra» 2 , e soprattutto tutti prestarono fede alle promesse della propaganda radiofonica anglo-ameri-

Giancarlo Pajetta, Momento cruciale della politica della Resislenza nel 1944 in «Il Movimento di liberazione in Italia», n. 52-53, luglio-dicembre 1958, p.222. 2 S. Loi, I rapporti fra Alleati e Italiani nella cobelligeranza, cit., doc. l. 1


C0NS1DERAZI0Nl CONCLUSIVE

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cana che quanto più il popolo italiano si fosse impegnato contro tedeschi e fascis ti, tanto più avrebbe ben meritato al tavolo della pace. La guerra di liberazione non fu, dunque, sorretta da una guida politica autonoma e sul piano operativo non ebbe vita propria: essa non fu condotta da un Comando Supremo italiano; la partecipazione delle truppe regolari subì vincoli di ogni genere; la partecipazione delle formazioni partigiane risultò influenzata dai rifornimenti esterni ed :influenzata da differenti indirizzi ideologici. Il Governo del Regno del Sud operò nelle drammatiche circostanze che conosçiamo. I suoi rappresentanti politici non trovavano ascolto presso i Comandi alleati vincitori; i suoi esponenti militari non ricevevano attenzione dal Comando Supremo alleato del Medite1Taneo, né dal Comando XV gruppo d'armate . Non a caso Togliatti nel luglio 1947 commentò al1' Assemblea Costituente: «L'atto più intelligente della nostra politica estera è stato compiuto dal maresciallo Badoglio nel periodo di B1indisi, quando egli ottenne il riconoscimento di governo italiano rappresentativo dell 'Italia da parte dell'Unione Sovietica». Indubbiamente questo riconoscimento conferì al governo Badoglio un formale avallo internazionale e forzò gli Alleati occidentali ad abbandonare la loro «non politica». E consentì a Badoglio di uscire dal forzato isolamento internazionale 1 • Dopo la liberazione di Roma si registrarono due profondi cambiamenti politici: il trasferimento dei poteri dal Re al Luogotenente Generale del Regno e la costituzione del primo governo Bonomi con la partecipazione di esponenti politici designati dal Comitato Centrale di liberazione nazionale. Ma la situazione complessiva cambiò di poco. Tirando le somme, alla vigilia della liberazione il bilancio finale dei governi Badoglio e Bonomi non poteva registrare risultati molto soddisfacenti. Dagli Alleati era stata ottenuta la cobel1igeranza, ma non la desiderata alleanza; la partecipazione di un grosso complesso di truppe a fianco delle armate anglo-americane, tanto sollecitata, era stata accolta soltanto in patte e per giunta con la svalorizzazione di un impiego frazionato e diluito; la revisione dell'armistizio , richiesta con tanta insistenza, era rimasta un pio desiderio. Sul piano interno, l'opera di riorganizzazione amministrativa ed economica procedeva stentatamente attraverso difficoltà di ogni genere, e l'epurazione suscitava discussioni a non finire.

1

Lamberto Mercuri, 1943-1956 in «Storia dell'Italia contemporanea», E.S.I., Napoli

1974, V, p.109.


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D'altronde, anche se i protagonisti si fossero mostrati tutti aJl'altezza della situazione (il che resta controverso), ben difficilmente sarebbero stati in grado di ottenere molto di più. L'ambasciatore Quaroni osservò giustamente: «È molto facile fare delle critiche di dettaglio o d'insieme sull'azione svolta dal Go-

verno italiano durante questo periodo (1943-45); meno facile è rendersi conto delle condizio1ù difficili, spesso tragiche, a Brindisi, poi a Salerno, infine a Roma. Un potere molto più di apparenza che di sostanza, appena nominalmente a capo di un paese diviso in due dalla gueJTa, occupato, disorientato, senza organizzazione, senza finanze, senza praticamente niente» 1•

È dunque comprensibile che in quelle contingenze la politica estera e la strategia fossero fuori dalla portata dell'Italia.

2. LA POLITICA INTERNA

Nel campo della politica interna si imposero due problemi fondamentali: 1'epurazione e la questione istituzionale. Che l'epurazione nei confronti di chi veramente risultava compromesso con il regime fascista fosse un'esigenza sentita sul piano morale e politico era più che naturale; tra l'altro nella Conferenza di Mosca dell'ottobre 1943 uno dei punti della «Dichiarazione sull'Italia» prevedeva che «tutti glielementi fascisti e filofascisti venissero rimossi dall'amministrazione e dalle istituzioni di carattere pubblico». Quel «tutti», riferendosi ad un regime che era durato venti anni e che era caduto solo per effetto della guerra perduta, era chiaramente generico e la formula da attuare cum grano salis. Il R.D.L. n. 159 in data 27 luglio 1944 del governo Bonomi aveva riordinato la materia, ma rimanevano inaccettabili la retroattività nonché la inapplicabilità della cosa giudicata. Inoltre, data l'ampiezza dei criteri da adottare, si poteva prevedere l'influenza di rancori personali e di speculazioni politiche. Al centro del problema stava il nodo della pubblica amministrazione ed in primo luogo della sua dirigenza. Uno <<sfollamento» radicale avrebbe incontrato un ostacolo pressoché insuperabile nella difficoltà di reperire in breve tempo sostituzioni adeguate proprio quando il

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Pietro Quaroni, L'Italia dal 1914 al 1945, in «Nuove questioni di storia contemporanea», cit., II, pp.1244-1 245.


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Paese in macerie aveva assoluto bisogno di ogni energia per procedere nella lenta ad ardua ricostruzione. A puro titolo di esempio, secondo ArangioRuiz la quasi totalità dei magistrati era stata iscritta al P.N.F. e l'eccezione non raggiungeva I 'uno per mille, «l'iscrizione in massa era del resto la via migliore per farne svaporare l'efficacia politica>> 1• E su circa 3 mila docenti universitari soltanto dodici avevano rifiutato di prestare giuramento 2 • In simili contingenze le polemiche fiorivano. «L'assurdo della situazione - osservò Andreotti - era questo: l'attività epuratrice del Governo era criticata nel Paese da un doppio e contrastante punto di vista, dicendosi ad un tempo che non si faceva seriamente la lotta antifascista e che con questa lotta tr,oppo rigorosa si teneva in orgasmo l'Italia» 3 . Naturalmente i partiti erano divisi e le divisioni si ripercuotevano nel Governo. Democristiani e liberali consideravano giusto ed adeguato limitare i provvedimenti punitivi alle gerarchie fasciste ed agli speculatori; le sinistre, invece, si battevano per dare la massima estensione alla setacciata incidendo in vasti settori della magistratura, delle Forze Armate, dell'intera amministrazione statale, dell'industria. Lo spirito che informava questo massimalismo poteva configurarsi come un processo da intentare alla classe borghese che aveva sostenuto Mussolini, con effetti sconvolgenti nelle strutture della società italiana 4 , ma Togliatti per primo non aveva alcuna velleità di avventurarsi in una prova di forza, consapevole tra l'altro che un'opinione pubblica stanca, disorientata ed allarmata non avrebbe accettato che altri guai si aggiungessero a quelli che la guerra stava infliggendo. Per proprio conto gli Alleati - sull'antifascismo dei quali ovviamente non si potevano sollevare dubbi - applicavano la prevista e voluta epurazione con spiccato senso pratico. L' A.M.G.0.T. aveva subito iniziato la selezione in Sicilia però, intendendo governare il territorio occupato eon le minori preoccupazioni possibili, non si era mostrata affatto disposta a cacciare i tecnici e gli amministratori capaci, col pretesto di trascorsi fascisti, sostituendoli con antifascisti inesperti. Non a caso, nel febbraio del 1944, aveva restituito la Sicilia all 'amministrazione italìana con un chiaro avvertimento: «Tutti rimangono al loro posto, tranne coloro che saranno da noi allontanati». Ed in aprile I' A.M.G. intervenne per il rilascio di un dirigente della S .E.I., fatto arrestare dall'Alto Commissario, precisando seccamente:

1

Aldo A. Mola, Declino e crollo della monarchia in Italia, Mondadori , Milano 2006, p.253. 2 P. Operti, Lettera aperta a Benedetto Croce cit., p.4. 3 G. Andreotti, Concerto a sei voci cit., p. 16. 4 G. Mammarella, L'ltalia dopo ilfascisrno cit., pp. 73-74.


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«Da oggi l'epurazione non riguarda :i tecnici perché le considerazioni di carattere militare hanno la precedenza su tutto. Per ogni misura cautelativa deve essere chiesto il permesso all' A.M.G .» 1• Ben presto, mentre nelle regioni centrali in generale la reazione contro il fascismo sussisteva ancora vivace, a sud di Roma e nelle isole prese ariscontrarsi un affievolimento dell'azione epuratrice: «Nei riguardi degli exfascisti - segnalavano le prefetture - è da rilevarsi che tutti i partiti ( ... ) li accettano ormai liberamente nelle proprie file, salvo naturalmente che non si siano compromessi con specifiche attività in favore del passato regime» . Nel novembre 1944 la Prefettura di Nuoro calcolò approssimativamente le percentuali degli ex-fascisti iscritti ai partiti rappresentati nella provincia: il 50% del partito sardo d'azione, il 50% del partito democristiano, altrettanto del partito comunista, il 30% del partito nazionale sardo 2 • In definitiva «accadde ciò che è sempre accaduto nelle grandi crisi storiche. Espiarono coloro che furono condannati subito e talora a furore di popolo» 3 • Nell'Italia settentrionale, invece, l'epurazione per responsabilità «fasciste» o per collaborazione con i tedeschi venne ben presto assunta direttamente da molte formazioni partigiane in nome della giustizia popolare, sulla base di un giudizio soggettivo e sommario e sotto forma, spesso e volentieri, di pena capitale. Racconta Bocca che le formazioni Stella Rossa , nell'Astigiano, ed alcune nel Biellese e nell'Oltrepo pavese, «iniziano per loro conto una epurazione classista, infliggendo punizioni durissime, spesso capitali, a piccoli e grandi proprietari, a piccoli e grandi industriali, fin che gli inviati del Comando generale riescono a riprendere in pugno la situazione» 4 • Nessuna meraviglia. Prima di tutto occone tener presente, in quel clima anoventato, l'istintivo desiderio di vendetta per le feroci rappresaglie nazifasciste; in secondo luogo non è novità che nei grandi sommovimenti storici , e specialmente quando sta avvicinandosi la vittoria , fra le file degli insorti si riscontri la presenza di individui assai poco raccomandabili (ma non di rado anche combattenti decisi) , pronti a cogliere l'occasione per compiere atti delittuosi reputandosi protetti della «causa>> o dalla ideologia, nonché dalla concreta difficoltà di essere individuati e perseguiti.

1 F. Bandinj , I problemi dell'epurazione in «L'Italia in gueJTa.1944» , cit. , p.592. Cfr.A.Mola, Vittorio Emanuele JJl.fl Re isolato, Centro Studi piemontesi, Torino 1988, p.15. 2 E . Aga Rossi, L'Italia nella scmifìtta cit., pp.322-324. 3 R. Prosio, I problemi della giustizia in «L'Italia in guetTa. 1944» cit., p.579. 4 G. Bocca, Storia de/l'!talìa partigiana cit. , p.278.


CONSIDERAZIONl CONCLUSIVE

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Allorché la giustizia dello Stato potè esplicarsi per la fine delle ostilità, quasi sempre la magistratura ravvisò il fatto di guerra per le azioni partigiane e considerò atti di giurisdizione di guerra le sentenze emanate dagli improvvisati tribunali partigiani, fermo restando il severo intervento «quando la ritorsione degli ex-partigiani e degli improvvisati vendicatori si trasformò in odio fazioso ed assunse il contenuto e gli aspetti del sadismo» 1• Nell'autunno del 1945 venne fatto un commento centrato: «Chiunque dopo 1'8 settembre siasi trovato al nord della linea cli guerra può essere condannato come traditore, anche se non ha fatto che continuare la sua normale attività economica per l' utile proprio e quello collettivo. Tanto vero che in vari giudizi celebrati finora sono stati stabiliti i seguenti principi: I O che la guerra moderna essendo guerra del popolo, ogni attività meramente civile può aiutare il nemico, onde è giusta l'estensione della legge penale di guerra a tutti i cittadini; 2° che nella valutazione delle singole responsabilità iJ giudice deve seguire criteri prevalentemente politici; 3° che unica circostanza sicuramente rassicurante è l'aver compiuto atti positivi contrari al governo (della R .S.I.) ed al tedesco insieme. Con codesti principi, più cli trenta milioni cli italiani possono venir puniti per collaborazionismo( ... )» 2 .

A fine luglio 1947, Andreotti scrisse un fondo per «Il Popolo» dal titolo eloquente: «Epurazione, scontenti tutti». In esso mise in risalto l 'impressione di un «indirizzo persecutorio» con il dito puntato contro un'esorbitante massa di italiani, con il risultato che veri colpevoli se l'erano scampata, mentre tante persone per bene, messe «senza motivo alla gogna, attendono giustizia amministrati va» 3 •

*** La questione istituzionale dominò passionalmente il mondo polìtico italiano per l'intera durata della guerra di liberazione ed oltre, sino al referendum . Non poteva accadere diversamente. Se il rovesciamento del regime fascista attuato dal Re aveva messo la sordina all'affiorare delle polemiche istituzionalj, il dramma dell'8 settembre e l'insediamento a Brindisi di un governo Badoglio poco più che simbolico, almeno inizialmente, facilitarono la messa sotto accusa di Vittorio Emanuele

R. Prosio, I problemi della giustizia in «L'Italia in guerra.1945» cit., pp.398-400. Padre Lener, articolo in «Civiltà cattolica», IV, data 20 ottobre 1945. 3 G . Anclreotli, 1947, Rizzoli, Milano 2005, p.118. 1

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III. Ben s'intenda, l'attacco al Re, che indubbiamente aveva commesso errori - e gli errori dei Re sono sempre pesanti - , non era fine a se stesso per le sinistre in blocco, bensì la mossa destinata a1la rimozione del Sovrano ed al crollo della dinastia. Era, in altri termini, indispensabile per poter dar vita alla Repubblica, una repubblica liberal-democratica per i pa.ititi di centro, una repubblica «progressiva» per quelli di sinistra. Ne conseguiva la tesi della determinante responsabilità del Re per l'avvento al potere di Mussolini, per la permanenza della dittatura fascista, per la guerra persa malamente. Con l 'ovvia conclusione che per «rigenerare» l'Italia inquinata da venti anni di fascismo occorreva una forma statale incontaminata, cioè la repubblica; per risollevare il Paese dall'abisso in cui era stato precipitato dal re e dal fascismo occorreva una classe politica antifascista, cioè quella fornita dai partiti politici finalmente rinati; per guidare le masse occorrevano antifascisti di sicura fede, cioè coloro che avevano sopportato carcere, esilio e messa al bando dal regime. Per ottenere tutto questo, l'eliminazione della monarchia era fondamentale. Tutti i partiti tenevano ad ostentare la propria totale estraneità all'affermazione del fascismo e la via più semplice - e più ingenuamente percorribile - era quella di addebitare in toto al Re la piena e consapevole responsabilità di aver affidato a Mussolina il governo. Dunque, ha rilevato Aldo Mola , bisognava «ribadire quanto da tempo asserito: dal 1922, con la marcia su Roma, l'Italia era diventata subito una dittatura ferrea . La Corona era stata complice del duce . li Re e Mussolini avevano dato vita al regime totalitario contro la volontà degli italiani, che non avevano più potuto esprimere in alcun modo la loro contrarietà al fascismo>>. Per opportunità contingente si sorvolava sulla «rilevanza» del fatto che i I 15 novembre 1922 la Camera - eletta nel giugno 1921 e nella quale i fascisti erano 35 su 530 deputati - aveva votato la fiducia ed i pieni poteri a Mussolini con 306 voti favorevoli (compresi quelli di Giolitti, Salandra, Orlando, De Gasperi e Gronchi) contro 116, e che due anni dopo Camera e Senato avevano approvato a schiacciante maggioranza la riforma elettorale che prevedeva il premio di maggioranza (proposto dai fascisti). Per quanto atteneva al Senato, Sforza, pubblico ministero nel suo incarico di Alto Commissario, chiese la radiazione e la condanna di 307 senatori. Fra i soli 22 senatori non deferiti si trovavano Alessandro Casati (ministro del1a Pubblica Istruzione dal 1924, dopo Gentile), Benedetto Croce (che aveva votato la fiducia al governo Mussolini dopo il delitto Matteotti), Enrico De Nicola (senatore da] 1929), Luigi Enaudi (che aveva dichiarato il suo di sprezzo per chi fa-


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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ceva opposizione all'estero) 1• Sull'argomento le discussioni si moltiplicavano. Il 4 maggio 1944, in una seduta del secondo governo Badoglio, Arangio-Ruiz, ministro della Giustizia e giurista, disse chiaro e tondo che 1'opinione secondo la quale «lo stato cli fatto creatosi con la marcia su Roma del 28 ottobre 1922 non si sia mai trasformato in stato di diritto è, per chi consideri le circostanze nella loro giuridica essenza, un vero e proprio errore. La marcia su Roma, infatti, se pure di una vera ed efficiente marcia militare si può parlare, si concluse con l'incarico conferito da Sua Maestà il Re al signor Mussolini cli costituire un nuovo governo; e questo governo fu legalmente costituito, si presentò, al Parlamento, ne ebbe il suffragio, ottenne i pieni poteri e, secondo la volontà del capo, subì nel ventennio successivo innumerevoli trasformazioni, governando sempre secondo nonna di formale legalità e con il sussidio e l'apparente controllo cli quegli organi che la legge dello Stato, formalmente corretti, designavano allo scopo. In queste circostanze, se il giudizio politico non può non sboccare nei riguardi del governo fascista in una decisa e severa condanna, non si può affermare che esso non sia mai stato un governo di diritto, a meno di non voler dare a questa parola 'diritto' un significato giurisnaturalistico che ci porterebbe fuori dalla presente questione» 2 .

Il Congresso di Bari rappresentò il;momento più acuto della veemente campagna contro il Re, assumendo addirittura il carattere di «rottura politico-istituzionale«, e fu presto seguito da un «aspra revisione del Risorgimento, quanto meno sul suo approdo storico: monarchia rappresentativa assicurata all'Italia dalla dinastia sabauda» 3 • La «svolta di Salerno>> impresse un colpo d'arresto alla marea montante ed il 25 giugno il governo Bonomi chiuse la polemica impegnandosi - su esplicita richiesta alleata - a «non compiere, fino alla convocazi.o ne della Costituente, atti che comunque possano pregiudicare la soluzione della questione istituzionale». In realtà la svolta cli Salerno fu «il prologo immedjato della politica togliattana della democrazia progressiva e del partito nuovo» 4 . Non a caso nella sua relazione ai «quad ri» di Napoli dell' 11 aprile 1944 egli precisò che «l'obiettivo che noi proponiamo al popolo italiano di realizzare, finito la guerra, sarà quello di creare in Italia un

1 A . .MoJa, Declino e crollo della monarchia in Italia, Moncladori, Milano 2006, pp.266 e 269. 2 A. Mola, Declino e crollo della monarchia in Italia cit., pp.252-253. 3 A. Mola, La rinascita dei partiti, la svolta cli Salerno e la questione istituzionale in «L'Italia in guena. Anno 1944» cit., p.542. 4 G. Quazza, Resistenza e storia d'Italia cit., p.146.


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regime democratico e progressivo ( ... )» ed il 9 luglio a Roma, parlando al teatro Brancaccio, spiegò: «Democraz.ia progressiva è quella che organizzerà un governo di popolo e per il popolo e nella quale tutte le forze sane del Paese avranno il loro posto, potranno affermarsi ed avanzare verso il soddisfacimento di tutte le loro aspirazioni» 1•

Concetto che renderà ancor più chiaro il 19 maggio 1945 a Milano ai compagni della segreteria del P.C.I.: «La democrazia progressiva è , secondo me, un regime democratico che realizza misure cli carattere socialista, si orienta cioè verso un regime di contenuto socialista, cioè cl.i contenuto sociale diverso eia quello che esisteva prima del fascismo, diverso da quello che esiste nei paesi democratici di capitalismo puro» 2 .

La tregua istituzionale fu osservata relativamente . Ad esempio, nel congresso tenuto dal partito d 'azione a Cosenza il 4-7 agosto fu affermata la tesi di combattere la monarchia «considerandola necessariamente legata alla reazione, sia quale forma istituzionale, sia come realtà concreta nella vita dello Stato Italiano». In altre parole, l 'avvento dell'ordine democratico era connesso all'eliminazione dell'istituto monarchico 3 . Nel Nord, poi, la lotta partigiana esasperò la politicizzazione delle formazioni, talchè la spinta antimonarchica si fece ancor p.iù radicale. Dal canto suo, Nenni, in un comizio tenuto a Roma il 12 novembre 1944, sarà ancor più estremista lanciando lo slogan «Tutto il potere ai C.L.N.» 4 • Gli accesi dibattiti sulla questione istituzionale furono sempre stigmatizzati dagli Alleati , i quali non capivano come in circostanze così drammatiche per l'Italia si creassero fratture politiche su un problema di carattere nazionale, al cui riguardo evidentemente avevano il diritto di esprimersi anche i due terzi dell'Italia tuttora occupata dai tedeschi. Al riguardo Giorgio Candeloro ha preso posizione: «Quanto ai partiti antifascisti che agivano nel Regno del Sud, è facile a distanza di tempo e s ulla base del! ' esper.ieoza degli anni successivi, giudicare eccessi va la loro insistenza

1

P. Togliatti, La politica di Salerno, aprile-dicembre 1944, Roma 1969, pp.35 e 80. G. Quazza , Resistenza e storia d'Italia cit., p.170. 3 A . Mola, Lotta dei partiti e questione istituzionale in «L' Italia in guerra. Anno l945»cit., p.249. 4 G . Cancleloro, Storia dell'Italia moderna, X, Feltri.neni, Milano 1984, p.314. 2


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nella questione istituzionale e in particolare sulla questione del ritiro del re della vita politica. Ma su questo punto è bene tener conto del fatto che, dopo tutto quello che era successo durante il fascismo , nei 45 giorni e nei giorni del disastro, non era possibile per tutti quelli che al fascismo erano voluti restare estranei durante il ventennio , sopportare come capo de11o Stato un uomo che non solo aveva gravi responsabilità passate, ma si ostinava a voler conservare un sistema di governo autoritario e antiliberale ed aveva verso gli antifascisti un atteggiamento oscillante fra il disprezzo e la paura ( ... ) . In tali condizioni la questione istituzionale si legava direttamente a quella di un rinnovamento più o meno ampio dell'ordinamento politico dell'Italia ed al problema della partecipazione del1o Stato italiano alla lotta antinazista, praticamente impossibile senza che prima fosse almeno avviato un processo di democratizzazione del governo esistente; con questa che era stata indicata come necessaria dalla ricordata Conferenza di Mosca» 1• Il meno che si possa osservare è che «nei 45 giorni>> il Re aveva rovesciato il fascismo e che, dopo la formale dichiarazione di guerra alla Germania, lo Stato italiano aveva inviato le prime truppe del R.Esercito a battersi. Abbiamo visto come l'argomento abbia coinvolto le Forze Armate e in particolare l'Esercito, in quanto reputate punto di forza della Corona. E' dunque opportuna qualche parola sull'atteggiamento psicologico dei quadri di fronte alle violente diatribe. Dagli ufficiali, soprattutto se in servizio permanente, ed in genere anche dai sottufficiali di carriera erano nettamente riprovati gli attacchi privi cli ogni senso della misura contro la Corona ed il Regio Esercito, non tanto per la persona di Vittorio Emanuele III, quanto per la figura del Re, il simbolo dello Stato e dell'Esercito. E non si ammetteva che motivi ideologici e di parte potessero avere il sopravvento sulla necessità della coesione nazionale in momenti così delicati e difficili per la Patria. A meglio indicare la profondità di certi sentimenti molto diffusi , sembra altamente significativo un episodio avvenuto nel campo di concentramento tedesco cli Neribka, presso Przemysl,verso la fine di ottobre 1943. Un giorno il sottotenente Luciano Ambrosio (figlio del capo di S.M.Generale), capocorso di cavalleria dell'84° corso di Accademia di Modena, si presentò all'anziano del campo, tenente colonnello De Michelis, e a nome degli altri ufficiali di cavalleria catturati a Pinerolo appena messe le spalline, chiese di prestare il giuramento da ufficiale. Alla loro richiesta si ag-

1

G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna,X; cit., pp.238-239 .


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.?

giunse quella dei sottotenenti delle altre armi nelle stesse condizioni (249 in tutto) . Il ten.col. De Michelis annu} e fissò la data per il giuramento segreto: 1'1 1 novembre, genetliaco del Re. In quel giorno, per decenni, gene.razioni di ufficiali avevano giurato. Un sottotenente di allora, Giorgio Pugliaro, così ricordò l'episodio: «( ... )verso l'una, quando la sorvegl ianza tedesca normalmente si allentava ed era più

difficile essere sorpresi, a piccoli grnppi andammo in una baracca abbandonata in un angolo di campo ( ... ) . Nella baracca era stato allestito un altare ed accanto a Il 'altare era stata collocata una bandiera, una vera bandiera di gue1Ta, quella del cacciatorpediniere Dezza, salvata dal suo comandante( ... ). De Michelis chiarì il significato del giuramento e, in pa1ticolare, di un giuramento prestato in quelle circostanze; chiese ancora che ciascuno di noi, prima di impegnarsi irrevocabilmente per la vita e per la morte, pensasse bene a quel che faceva ed invitò chi non si sentisse sicuro d i sé ad uscire . Quando De Michelis ebbe finito di parlare, vi furono lunghi attimi di silenzio assoluto; poi cinque ufficiali uscirono dalle righe senza pronunziare parola, passarono salutando davanti alla bandiera ed al colonnello e andarono fuori ( ... ). Dc Michelis non si volse a guardarli. Ci fissò ancora per un istante ed ordinò il saluto al Re; noi rispondemmo con un grido: 'Viva il Re!' . Poi Ambrosio lesse la formula del giuramento( . .. ). Tutti insieme gridammo: ' Lo giuro!', uno a uno avanzammo verso il tricolore; quando venne il mio turno mi feci avanti a passi rigidi e sicuri( ... ) mi chinai, come tutti gli altri, a baciare il rosso della bandiera che iI colon nel lo teneva nelle sue mani ( ... ), salutai ancora ed uscii fuori nel sole. Uno ad uno vidi tutti gli altri uscire dalla baracca e disperdersi lentamente nel campo ed ognuno aveva glì occhi lucidi e le mani tremanti: ma ora eravamo veramente ufficiali!» 1•

L'atteggiamento alleato , in specie britannico , nei confronti di Casa Savoia non può certo dirsi molto, confortante. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, ricordando che le persone di Vittorio Emanuele e di Badoglio rivestirono per molti mesi la precisa garanzia del rispetto degli impegni armistiziali, in realtà la linea di condotta adottata sul tema istituzionale non soltanto non fu di appoggio alla Corona, ma in pratica danneggiò la causa monarchica ledendone il prestigio: la stampa britannica spesso attaccava Casa Savoia; il Comando alleato consentJ la costituzione e l'impiego in linea di appena una «rappresentanza» dell 'esercjto; al Re ed al princ_ipe di Piemonte furono vietate «visite alle zone di combattimento»;

1

Carmine Lops, Albori della nuova Europa, Il, Ed.Idea, Roma 1965, pp. 443-446.


CONSIDERAZIONI CONCLUSJVE

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quando le circostanze obbligarono glì Alleati a mettere in linea maggiori forze italiane, con queste furono formati <<gruppi di combattimento» anziché divisioni ed impiegati singolarmente; la costituzione di un'armata italiana fu costantemente negata L. Nel marzo 1945 De Gasperi osservò all'ambasciatore Carandini che gli Alleati non avevano sostenuto Umberto <<nemmeno permettendogli di prendere l'effettivo comando delle forze armate e di farsi un nome e un credito come soldato» 2 •

3. LA CQBELLIGERANZA La cobelligeranza ita1iana incontrò già da1l'inizio tre gravi elementi di attrito che l'accompagnarono sino alla liberazione della penisola. Il primo fu rappresentato dal compromesso raggiunto nel lugl.io del 1943 tra inglesi ed americani sullo sviluppo della campagna d'Italia: questa doveva svolgersi senza incidere in alcun modo sull'operazione Round Up, l'ammassamento di forze, mezzi e materiali in Gran Bretagna per lo sbarco in Normandia. La condotta operativa alleata è stata molto criticata: scelte discutibili degli sbarchi in Sicilia ed a Salerno, anziché nelle Puglie od in Sardegna od a nord di Roma; errata impostazione della battaglia per la rottura del fronte di Cassino; eccessiva prudenza nello sfruttamento del successo dopo la liberazione di Roma; inopportuna accettazione della stabilizzazione del fronte sulla linea Gotica; prezzo complessivo sproporzionato rispetto ai risultati di volta in volta ottenuti 3 • Si può convenire su queste osservazioni, tuttavia - a prese i ndere dall'eccellenza condotta della manovra in ritirata di Kesselring - non si deve dimenticare il ruolo nettamente secondario della campagna alleata rispetto al secondo fronte in Francia, con il semplice scopo di tenere impegnate in Italia forze tedesche . Quindi all'operazione Ava/anche, 1o sbarco a Salerno, fu indicato l'obiettivo limitato del sicuro possesso del porto di Napoli e dei campi di aviazione di Foggia, pur tenendo ben presente l'importanza dì Roma sotto il profilo psicologico e come nodo delle comunicazioni al centro della penisola. A Ha fin fine, specialmente per gli americani , era in Francia che si doveva giocare la partita.

M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza panigiana cit. pp . 73-86 . Nicolò Carandini, Diario 1941-1945, in «Nuova Antologia», n .2143, 1943 ~ Basi! H. Lidclell Hart, Storia mili.tare della seconda guerra mondiale, Moncladori, rvfilano 1970, cap.XXVI e XXX. 1

2


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Il secondo fu pressoché inevitabile: l'atteggiamento degli Alleati nei nostri confronti. Sul piano politico gli inglesi non mostrarono alcuna preoccupazione di consentire al Regno del Sud un inizio di ricostruzione dello Stato, con l'ovvia conseguenza di un lentissimo cammino per uscire dalla paralisi che colpiva l'intero Sud in ogni settore della vita pubblica, ed in primo luogo si attennero ad uno spirito punitivo verso l'Italia. Gli americani lasciavano affiorare qualche generica simpatia e nulla più. Ma entrambi troppo sovente facevano capire quanto poco si attendessero dall'esercito italiano: i recenti avvenimenti bellici, dalla poco incisiva difesa della Sicilia e del1a Calabria al crollo dell'8 settembre, avevano rafforzato ai loro occhi la scarsa opinione circa le doti di combattente degli italiani e, per contro, la convinzione che fosse preferibile impiegare i soldati italiani come lavoratori nelle retrovie. Il terzo motivo di attrito riguardò il morale delle truppe italiane. Mentre nei reparti 1' assillo primo dei quadri stava nel convincere i soldati che la guerra non era finita e che adesso cominciava invece un conflitto veramente nazionale, perché si trattava di liberare il territorio patrio dall'occupazione tedesca, senza lasciare che diventasse libero campo di battaglia fra stranieri, la massa della popolazione meridionale, bombardata, ferita; demoralizzata, stanca, rifiutava perfino l'idea della guerra, di qualsiasi guerra, ed era facile ai parenti dissuadere i soldati dal restare alle armi per battersi. Agli occhi del Governo, oltre all'urgenza di ripristinare in qualche modo il funzionamento della macchina statale nelle regioni «liberate» del Paese, si imponeva la partecipazione militare alla guerra sul territorio italiano. Per tale partecipazione occorreva però una disponibilità di truppe organicamente inquadrate, adeguatamente equipaggiate ed armate, problema arduo sotto ogni profilo. A questo compito si dedicarono febbrilmente il Comando Supremo e gli Stati Maggiori di Forza Armata, superando tanti e gravi difficoltà con una costanza assai poco riconosciuta loro. Sia il maresciaJlo Messe, sia il generale Berardi dovettero muoversi «controcorrente, nella quasi impotenza del Governo, nell'indifferenza di una parte del Paese e nell'ostilità dell'altra, nel sospetto e nella sfiducia degli Alleati» 1• Il I raggruppamento motorizzato ed il Corpo italiano di liberazione furono interamente «a carico» dell'Italia, con vitto, equipaggiamento ed armamento italiani , vale a dire vitto scadente, vestiario a pezzi, equipaggiamento nei li~ F. Stefani, La storia della drottina e degli armamenti dell'Esercito italiano cit., 111, tomo I , p.142. 1


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LE OPERAZIONI MILITARI IN ITALIA DELL' ESERCITO ITALIANO 01 LIBER AZIONE ( IO luglio 1943 - 8 apri le 1945)

LI NE A INVERN ALE (BERNARO) MA RGI NE AN TER. POS IZ . OEL~A II LINEA GOTICA.' LINEA 01 PARTENZA OFFENS . Ol PR IMAV ERA

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AVANz'ATA [!ELLE ARMATE ALLEATE IN. ITALIA

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AVANZATA DELL'ESERCITO ITALIANO 01 LIBERA ZION E

Scala I : 2.500. 000


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UNITA' REGOLARI DELL'ESERCITO ITALIANO COMBATTENTI NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE I RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO (28 settembre 1943 - 18 aprile 1944)

67·' Reggimento Fanteria Legnano 11° Reggimento Artiglieria LI Battaglione Bersaglieri V Battaglione Controcarri cannoni da 47 /32 LI Battaglione Misto Genio CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE (C.I.L.) (18 aprHe 1944 - 24 settembre 1944) Divisione << Nembo » 183° Reggimento Fanteria Nembo 184° Reggimento Fanteria Nembo CLXXXIV Battaglione Guastatori 184° Reggimento Artiglieria Brigata 4° Reggimento Bersaglieri (battaglion i XXIX e XXXIII) 3" Reggimento Alpini {battaglioni Piemonte e M. Granero) CLXXXV Battaglione Paracadutisti Il Brigata 68° Reggimento Fanteria Legnano Battaglione della Marina Bafife IX Reparto d'assalto {ex I Battaglione Arditi) GRUPPI DI COMBATTIMENTO (24 settembre 1944 - 8 maggio 1945) Gruppo di Combattimento « Cremona J> 21•) Reggimento Fanteria Cremona 22° Reggimento Fanteria Cremona 7° Reggimento Arti glieria CXLIV Battaglione Misto Genio Gruppo di Combattimento «Friuli» 87° Reggimento Fanteria Friuli (con due battaglioni di fanteria di linea e un battaglione di granatieri) 88'' Reggimento Fanteria Friuli (con due battaglioni di fanteria di linea e un battaglione di granatieri) 35° Reggimento Artiglieria CXX Battaglione Misto Genio Gruppo di Combattimento « Folgore » Reggimento Paracadutisti Nembo Reggimento Marina S. Marco {battaglioni Bafile - Grado . Caorle) 184·' Reggimento Artiglieria CLXXXIV Battaglione Misto Genio Gruppo di Combattimento << Legnano » 68° Reggimento Fanteria Legnano (battaglioni Palerm o - Novara - bat taglione d'assalto Co/ Moschin - ex IX Reparto d'assalto) Reggimento Speciale Legnano (battaglione bersaglieri Goito - battaglioni alpini Piemonte e L'Aquila) 11 ° Reggimento Artiglieria LI Battaglione Misto Genio Gruppo di Combattimento << Mantova >! 76° Reggimento Fanteria Napoli 114° Reggimento Fanteri a Mantova 155° Reggimento Artiglieria CIV Battaglione Misto Genio


CONSfDERAZIONI CONCLUSIVE

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miti del recuperato, armamento inferiore alle esigenze. Il salto di qualità ebbe luogo con i gruppi di combattimento. L'impiego di questi ultimi, come quello delle unità che li avevano preceduti, non uscì dal campo tattico, per quanto in un quadro di maggiore respiro. Se essi, alla prova del fuoco, si dimostrarono di gran lunga più potenti, più completi e più armonici tatticamente e logisticamente dei vari tipi di divisione di fanteria (normale, autotrasportabile, motorizzata, tipo A.S.) impiegati dall 'Esercito italiano sui vari scacchieri operativi fino al I 943, la loro composizione binaria ne limitò inevitabilmente le possibilità di manovra. Di conseguenza nell'offensiva finale non ricevettero compiti da assolvere in profondità con una relativa autonomia, ma soltanto azioni conc01Tenti . Da rilevare peraltro che il frequente cambiamento di dipendenze e di collegamento tattico con le vicine grandi unità alleate, questione talvolta non priva di qualche inconveniente, non ebbe mai ripercussioni sulla rispondenza operativa dei gruppi di combattimento. Alla base dell 'ottimo comportamento delle unità italiane in questo periodo stava - occorre darne atto - l'eccellente addestramento di stampo britannico. Fu un impegno addestrativo del tutto inconsueto nel nostro Esercito, specialmente per la f~nteria. Il completamento del programma di preparazione teorico-pratico mediante ripetute esercitazioni di tiro e di campagna, eseguite spesso su terreni difficili ed in condizioni atmosferiche avverse, fu conditio sine qua non per l'impiego in combattimento. Nessun gruppo, eccezion fatta per il Cremona per le noti ragioni, venne inviato in linea prima di aver dimostrato, a giudizio degli stessi organi militari alleati, un raggi.unto livello soddisfacente di preparazione beJlica. Il controllo delle B.L.U. fu talvolta persino umiliante, tuttavia diffuse in tutti, quadri e truppa «una mentalità addestrati va, una responsabilità addestrati va, una pressione addestrativa, prima più teoriche che pratiche». Costituirebbe errore, e grave, sottovalutare l'importanza determinante rivestita dal-livello addestrativo acquisito dai singoli e dai reparti , anche sotto l'aspetto della fiducia in se stessi, che concorse ad elevare il morale dei combattenti. Ed il merito di tutto questo compete a Comandi e quadri italiani, nonché a]la «frenesia addestrativa» degli inglesi 1. Una particolare funzione assolsero tre delle divisioni ausilimie: la 210" e ]a 228", inquadrate rispettivamente nella SA e nell'8" armata dal settembre 1944_,_e Ja .231", costituita nella seconda metà di dicembre 1944 nel-

1

F. Stefani, La storia della dourina e degli armamenti dell 'Esercito italiano cit., III,

tomo I, pp .201-202 .


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l'ambito della 5" armata. Il compito logistico da esse svolto a favore delle due armate fu, senza dubbio alcuno, di estrema importanza. E' difficile rendersi conto, da lontano, di che cosa abbia significato garantire i rifornimenti in prima linea, lo sgomberò dei feriti e malati, lo spostamento in avanti dei depositi campali, l'agibilità deile linee di comunicazione in un ambiente quale l'appenninico nell'autunno-inverno 1944-1.945. I reparti salmerie, i lavoratori dei reggimenti di fanteria e le unità del genio ricevettero, in più occasioni, dagli Alleati riconoscimenti tutt'altro che di cjrcostanza. Nell'aprile 1945 l'Esercito contava la seguente forza alle armi: gruppi di combattimento 58.749 u., divisioni ausiliarie 196.086 u., unità di sicurezza interna e carabinieri 66.55 1 u. per complessivi 321.386 militari 1• Alla R.Marina ben raramente venne concesso di impegnarsi contro i tedeschi, pur disponendo di un buon numero di navi efficienti ed anche quando, dopo lo sbarco ad Anzio, si fece sensibilissima ]a necessità di scorte ai convogli di rifornimenti nel mediterraneo. In sostanza, essa fu incaricata di agire con motosiluranti e mas per sbarcare agenti e sabotatori nelle retrovie nemiche e di partecipare a scorte di convogli lenti e locali facenti capo ai porti del Tineno con cacciatorpediniere e corvette. La protezione dei grandi convogli rimase appannaggio riservato alle navi britanniche ed americane, con il concorso di unità francesi, greche ed anche olandesi. Gli incrociatori, poi, ebbero il modesto compito di trasportare nella penisola truppe dalla Sardegna e dal Nord Africa. Comprensibile, dunque, l'amarezza della R.Marina tutta. Quanto al naviglio mercantile disponibile nell'Italia libera, esso si riduceva ad una sessantina di navi efficienti che passarono sotto il controllo del Mediterranean Shipping Board con il naviglio mercantile delle Nazioni Unite. Comunque, «tanto venne richiesto e tanto venne fatto, con efficienza ed alta professionalità» 2 • La R.Aereonautica, che al momento dell'armistizio si trovava in condizioni di esaurimento pressoché totale , riuscì a trasferire nel Regno del Sud 203 velivoli, di cui appena la metà idonei al combattimento. Dopo la di1

G. Nicola Amoretti (a cura), Relazione Cadorna sull'opera dello Stato Maggiore dell'Esercito, Bel.Ipotesi, Salerno 1983. Dei 196 mila uo.mini delle divisioni ausiliarie, circa 59 mila erano con le armate alleate. 2 Renato Sicurezza, Marina e cobelligeranza in <<L'Italia in guerra. 1945» cit., pp.153157.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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chiarazione di guerra alla Germania si costituì la Unità Aerea su tre raggruppamenti: caccia (70 apparecchi), bombardamento (93 apparecchi) e idro (54 apparecchi). Essa fu assegnata al settore operativo dei Balcani, per rifornire le fonnazioni partigiane jugoslave ed italiane e poi attaccare le col01me tedesche in ritirata da quello scacchiere. A quest'ultimo proposito merita risalto la diffidenza britannica: «ad ogni missione un colonnello pilota della R.A.F., volando su un Macchi italiano, seguiva a distanza la nostra formazione per controllarne il comportamento»! 1 • Nel settore balcanico l'Unità Aerea operò dall'ottobre 1943 al maggio 1945, inserita nella Balkan Air Foree, mentre sul fronte italiano 1' attività della nostra Aeronautica si ridusse ad aziçmi di carattere secondario. Giustamente è stato osservato che il contributo dell' Aereonautica italiana alla vittoria nella guerra di liberazione «non può apparire modesto, se lo si inquadra nelle condizioni morali e materiali in cui fu compiuta» 2 •

4. LA GUERRA PARTfGIANA

Se le Forze Armate incontrarono ostacoli e delusioni, la Resistenza non ebbe miglior sorte. Entrambe seppero superare gli uni e le altre, però a liberazione conseguita restò in tutte qualcosa di amaro . Circa le Forze Armate, e per esse il R. Esercito , si è detto del comportamento ostile di buona parte del mondo politico, della intenzione alleata di ricorrere ad esse essenzialmente - se non unicamente - per quanto ritenuto utile (in primis la manovalanza e la sicurezza delle retrovie), e dell' impiego in linea di un limitato contingente. Quanto alla resistenza, e per essa il C.L.N.A.I., l 'organismo più completo che affrontò la rivolta nell'intera Italia settentrionale, ci riferiremo brevemente ai rapporti con il Governo e con gli Alleati, nonché al problema operativo . npresidente del C.L.N .A.I., Pizzoni, fu drastico: «( ... )per tutto il lungo periodo della lotta partigiana nel Nord, mancò a noi in pieno l'appoggio dei governi italiani che si susseguirono in quel tempo». Riconobbe che ben poco poteva dire del governo Badoglio a causa delle difficoltà di collegamento, pur specificando che comunque «poco avrebbe concluso» per il discredito che circondava gli esponenti del R.Esercito, specie inizialmente, a causa del collasso dell'8 settembre. «Ma la maggior delusione - aggiunse

1

Giovanni De Lorenzo, Aeronautica e cobelligeran.z.a, ibidem , p .165.

2

lbidem, p.168.


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- fu per noi costituita dall'assenteismo, nei nostri riguardi , del primo governo Bonomi>> . Molto probabilmente su questo giudizio incise il tutt'altro che brillante impatto del primo incontro avuto con Bonomia Roma, il 20 novembre 1944. «Mi ricordo - scrisse - che la prima sensazione fu di irrealtà. A Roma non avevano lottato, si erano semplicemente preparati ala conquista del potere politico, si erano attribuite tutte le possibili cariche pubbliche e senza nessuna autorità presso gli Alleati (questo è un fatto preciso) giocavano, si trastullavano a fare i ministri e sottosegretari, i più o meno Alti Commissari, ecc. Che noi si combattesse, che noi si morisse, facevano finta di non sapere e, comunque, per la loro mentalità politica, non aveva alcuna importanza ( .. .)» 1• Un secondo motivo di «distacco» tra il C.L.N.A.I- ed il governo Bonomi risiedeva nell'impaziente insistenza del primo per ottenere carta bianca a] Nord, giustificando la richiesta con l'obiettivamente grande responsabilità della resistenza annata nell'Italia occupata. Il C.L.N.A.I. mirava alto. La sua visione della lotta era venuta definendosi insieme con il crescere del movimento e di un relativo controllo sull'intera Italia settentrionale: «Per noi - disse Parri in un discorso tenuto il 13 maggio 1945 al teatro Eliseo a Roma - le formazioni partigiane rappresentavano la speranza di un'azione a fondo contro i tedeschi per liberarcene da soli» 2 • Edgardo Sogno, in una conferenza a Torino nel 1948 , fu più completo: «Nel Nord si mira a fare delle bande un corpo militare, un'armata di liberazione che, sia di fronte alle popolazioni dei territori occupati, sia di fronte agli Alleati, alzi la bandiera della riscossa politica nazionale. Si mira all ' insurrezione di massa, attribuendo alle formazioni un valore ed un significato che vanno molto al d.i là della loro funzione immediata» 3 • E tale idea era coltivata da molti esponenti partigiani a dispetto delle palesi difficoltà esistenti nel campo del]' addestramento, dell'armamento, del1'equipaggiamento logistico ed economico delle formazioni, specialmente con l'incremento della forza. Verosimilmente è da intendersi legata alla possibile ipotesi, presa in considerazione anche dai Comandi alleati, di una volontaria ritirata del gruppo d'armate C tedesco da gran parte del Nord a seguito di un improvviso crollo o per avvenimenti verificatisi su altre fronti.

1 A. Pizzoni, Alla guida del C.L.N.A ./.cit., pp.78-79. Secondo Pizzoni «all'uscita Pani era furioso; io ero triste( ... ); Mare (Pajetta) bestemmiava e Sogno rideva, amaro esarcastico» (ivi) . 2 F. Parri, Scritti 1915-1975 cit., p.137. 3 E . Sogno Guerra senza bandiera cit., p.395. Sul «mito dell'esercito partigiano» vcls. le corrette considerazioni cli G. Rochat in Ufficiali e soldati cit., pp.194-196.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Mentre quasi tutti gli uomini politici impegnati nella Resistenza concordavano ne] considerare il C .L.N.A.I. come base del Governo della Nuova Italia, una volta conseguita la liberazione, le Sinistre, che dal «Vento del Nord» si attendevano molto, non intendevano limitare la vittoria alla restaurazione della democrazia borghese prefascista. Esse si preparavano ad assumere il potere al momento della liberazione istituendo la «democrazia progressiva» annunciata da Togliatti, come prevedibile tappa verso la dittatura del proletariato. Al suo ritorno dalla missione nel Sud, Pizzoni aveva chiaramente avvertito della fermissima volontà del Comando Supremo alleato di non consentire ai C.L.N . alcuna latitudine di decisione e di azione una volta insediato il Governo militare alleato nelle regioni liberate, ma <<i comunisti - ricordò - intendevano mettere comunque in atto un loro piano insurrezionale politico, fidando nell'appoggio della Russia e delle armate sovietiche che, sono certo, anche speravano che arrivassero per prime nella valle del Po»; i socialisti li appoggiavano, spinti da Pertini, «pervaso dalla certezza che la grande tradizione ed il nome del suo partito avrebbero prevalso», pur non potendo certo illudersi di tener testa al partito comunista; gli azionisti si affiancavano agli altri due partiti di sinistra perdendo prestigio agli occhi delle masse 1• Nel! 'imminenza dell'offensiva finale alleata, non a caso Piero Calamandrei , nel primo numero della rivista «Il Ponte» dell 'aprile 1945 , precisò che secondo «il nostro programma» dopo la fase distruttiva occorreva procedere alla seconda fase, quella ricostruttiva e «per ricostruire occorre che ci siano gli organi nuovi capaci di volere e di condurre a termine la ricostruzione. Questi organi nuovi di ricostruzione rivoluzionaria sono i comitati di liberazione: i quali, dopo avvenuta la liberazione dallo straniero, hanno la funzione costituzionale di portare a termine la liberazione dell'Italia dal fascismo» . E poiché ogni rivoluzione sign ificava «necessariamente rottura dell'ordine giuridico precedente», al suo inizio si sarebbe verificata «una esplosione di illegalità, cioè di forze politiche nuove, che salgono al potere non in ossequio alla legalità precedente, ma in aperta ribellione contro di essa» 2 • Però c'erano di mezzo gli Alleati. li loro atteggiamento nei confronti dei movimenti di liberazione si traduceva, tutto sommato, in una generica diffidenza per qualunque accenno di autonomia da essi cercata o pretesa. Con-

1

2

A. Pizzoni, Alla guida del C.L.N A.l. cit., pp.273-274. F. Catalano, Una difficile democrazia, D'Anna, Messina-Firenze 1980, p.331.


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sci che una guerra regolare contro un avversario regolare poteva essere affrontata e vinta solo con forze debitamente organizzate ed annate, reputavano ampiamente sufficienti le informazioni sul nemico ed il serio disturbo nelle sue retrovie e, in particolare, sulle sue linee di comunicazione. Perciò: sabotaggi, interruzioni stradali e ferroviarie, distruzioni di opere d'arte, · colpi di mano contro depositi e magazzini. Si dichiararono contrari ad azioni di una certa rilevanza, specialmente se non coordinate con le operazioni alleate, in quanto la loro intempestività avrebbe con ogni probabilità provocato il fallimento dell'iniziativa con perdite utili e, peggio, interferito negativamente sullo sviluppo del piano operativo. Questo modo dì vedere non era affatto riservato a11a situazione ita:iiana. In Francia, la Resistenza ricevette da Londra l'ordine di astenersi dalla lotta senza quartiere contro i tedeschi propugnata dai gruppi della sinistra e, invece, di prepararsi ad attendere il momento opportuno. Talchè essa fu caratterizzata più dai resaux d'informazioni, dai gruppi di sabotaggio e propaganda e dalla paziente preparazione del!' Armée secrète per il giorno J, che dai maquis, i piccoli gruppi armati alla macchia. Naturalmente il progetto dell 'Armée secrète, che sarebbe dovuta entrare in campo subitamente il giorno in cui fossero sbarcate sul tenitorio francese le truppe della France libre , da sinistra era accusato di attendismo 1• In Italia la cautela delle Potenze occidentali fu più attenta, trattandosi di un movimento di liberazione con accentuato orientamento a sinistra 2 , soprattutto quando apparve evidente la forte posizione assunta dal partito comunista nella direzione e nel contributo combattente della lotta partigiana. In altri termini, vista la pedcolosa intenzione sovietica di raggiungere Vienna, non poteva definirsi remota 1'eventualità che nell 'ltalia settentrionale la Resistenza sfuggisse al contro11o del Comando Supremo alleato del Mediterraneo e del Governo italiano 3 • A dire il vero non risulta che il Foreign Office abbia mai percepito come realmente concreto il pericolo di iniziative comuniste al termine delle ostilità. Londra era bene informata circa le divisioni interne della Resistenza italiana ed altrettanto bene sapeva che Togliatti non si sarebbe lasciato indurre ad una prospettiva rivoluzionaria priva dell'appoggio sovietico. Se-

1

Giorgio Vaccarino, Lotta di liberazione e resistenza antifascista in Europa in «La Storia. Età contemporanea» , IX, UTET, Torino 1986, pp.558-559. 2 Il 12 novembre 1944 i partiti cornun ista e socialista avevano promosso a Roma una grande manifestazione popolare di alcune decine cli migliaia di persone allo Stadio di Domiziano sul Palatino per commemorare il 27° anniversario della r.ivoluzione bolscevica. 3 E. Aga Rossi, L'Italia nella sconfitta cit., pp.200-201.


CONSIDERAZIONl CONCLUSIVE

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condo le direttive di Stalin, Togliatti contava di raggiungere il potere «democraticamente». E, d'altronde, anche altri esponenti comunisti erano scettici sul risultato di una prova di forza. Secchia ammise che la «Resistenza non era riuscita ad essere sufficientemente agguerrita, in grado di liberare stabilmente intere regioni e di far trovare gli anglo-amnericani, al loro arrivo, davanti ad un esercito organico e ad un potere saldamente conquistato» ed Amendola riconobbe che i comunisti non avrebbero «avuto in ogni modo la forza» di scendere sul ten-eno de11a rivoluzione 1• La esplicita richiesta di limitare 1'azione partigiana a sabotaggi ed a piccoli colpi di mano apparve ai C.L.N. una voluta diminuzione dell'importanza c,lSsegnata alla lotta resistenziale. Kesserling ebbe a ricordare che «il movimento partigiano diventò per la prima volta molesto nell'aprile 1944, quando le bande cominciarono ad agire sull'Appennino» 2 e poi aggiunse: «Dopo l 'abbandono di Roma (giugno 1944), si ebbe un inasprimento delI'attività partigiana, in misura per me affatto inattesa. Questo periodo di tempo può essere considerato come la data di nascita delJa 'guerra partigiana illimitata' in Italia. L'afflusso di nuovi elementi alle bande, che agivano specialmente tra il fronte e gli Appennini, andò intensificandosi in modo visibile, tanto da potersi calcolare che la loro forza fosse salita in breve tempo da alcune migliaia di individui a circa centomila uomini( . ..). A partire da quell'epoca, la guerra partigiana diventò per il Comando tedesco un pericolo reale, la cui eliminazione era un obiettivo capitale» 3 • Dal punto di vista di Kesserling si trattava di un apprezzamento più che naturale. Egli, in qualità di Oberbefehlshaber Sudwest, concentrava attenzione e preoccupazioni sul gruppo d'armate che stava conducendo una difficile manovra in ritirata verso la barriera appenninica tosco-emiliana. La sicurezza del te1Titorio occupato in Italia era sotto il controllo del generale Toussaint, il plenipotenziario militare, e sotto la responsabilità del generale Wolff, capo supremo delle SS e della polizia in Italia. Per questo la Resistenza prese ad interessare direttamente Kesserling solo quando cominciò ad insidiare le linee di rifornimento e sgombero delle due armate, di importanza vitale per una ritirata in buon ordine. Ad ogni modo è privo di basi il ritenere di scarso rilievo militare i predetti compiti di informazioni, sabotaggi ed azioni locali contro elementi ed istallazioni nemiche: per un esercito che si batte, soprattutto in una battaglia de-

1

M. de Leonardis,La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia cit.,pp. 400-401 .

2

A. Kesserling, Memorie di guerra cit., p.196.

3

Ibidem, p.252.


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cisiva, la sicurezza e la tranquillità de11~ sue retrovie riveste importanza massima, e l 'Heeresgruppe C era appunto un esercito impegnato a fondo. Ma c'è di più: la creazione di una situazione difficile per la trabba1laote Repubblica Sociale prima o poi avrebbe reso necessario l'intervento tedesco per evitare il peggio. Ha detto bene Giorgio Rochat: «La guerra partigiana non va valutata suUa base delle singole perdite che infliggeva, ma per il costo complessivo che rappresentava per l'occupazione nazifascista» 1• Le forze partigiane hanno ricevuto numerosi obiettivi riconoscimenti per l'azione svolta, ma sono state anche oggetto di vivaci polemiche. Furono sicuramente controproducenti resoconti troppo enfatici di molti episodi della lotta antinazista. A titolo di esempio, in merito al combattimento di Montefiorino (30 luglio- 1° agosto 1944) Bocca osserva che «le relazioni partigiane, accolte con troppa facilità anche nelle prime storie della Resistenza, liferiscono di 4.000 nemici fuori combattimento, fra cui 2.080 morti, e il Battaglia cita in appoggio un comunicato della radio fascista che avrebbe ammesso la perdita di 1.400 uomini. Cifre inverosimili, trasmissione radio che non trova conferma documentaria» 2 • E lo stesso Battaglia riporta lo scontro al forte di Osoppo, nel settembre 1944, con queste parole: «L'azione è condotta dal battaglione Matteotti, costituito da 45 uomini e comandato da ' Furore', con tale impeto da porre in fuga i 1.500 nemici che presidiano il forte» 3 • L'accusa di fondo, comunque, si rivolge al mancato rigore della selezione, che non scartò né allontanò gli indegni e, per amore di numero , all'avere accolto nelle formazioni pessimi elementi e poi ammesso molti falsi partigiani, da cui l'inevitabile presenza di «ex-partigiani» nella cronaca nera 4 • Invero durante la guerra molti Comandi partigiani intervennero duramente in merito. Aci esempio, il 5 dicembre 1944 il Comando militare regionale piemontese diramò ai comandanti dipendenti un severo ordine contro gli atti di vero e proprio banditismo. Precisato che «non esistono formazioni patriottiche all ' infuori di quelle dipendenti dal C .L.N. (autonomi, Garibaldi; Giustizia e Libertà e Matteotti)» e che la questione delle requisizioni era regolata da precise norme del C.L.N., ogni comandante era tenuto ad assicurare l'ordine nella rispettiva zona di competenza e ad «eli-

G. Rochat, U.ffzciali e soldati, cit., p. I94. G. Bocca , Storia dell'Italia partigiana cit. , p.391. 3 R. Battaglia , Storia della Resistenza cit., p.344. 4 A. Tamaro, Due anni di storia cit .. TTJ, cap.XXlV. Cfr. Piero Pieri, Storie di partigiani, p.240. 1

2


CONSIDERAZIONl CONCLUSIVE

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minare chiunque minacci la vita ed i beni dei cittadini, specie se sotto la maschera de] partigiano» 1• La vera crisi si verificò subito dopo la liberazione. A parte il fatto che i movimenti di rivolta attirano inevitabilmente anche personaggi discutibili, per essi è facile ab.ituarsi ad ignorare ogni regola di fronte al compito cli uccidere l'occupante. «Le abitudini alla violenza - ha scritto Liddell Hart - si radicano molto più profondamente nei combattenti della guerra partigiana che non nei soldati dell'esercito regolare. In questi sono combattute dall'abitudine all'obbedienza all'autorità legittima, mentre quelli si fanno gloria di negare questa autorità, di violare la legge» 2 • Il delicatissimo periodo cj tato verrà chiuso dal Decreto Presidenziale n.4 in data 22 giugno 1946 che concesse l'amnistia per delitti politici qualunque fosse la pena edittale, compreso l'omicidio, se commesso non oltre il 31 luglio. «In altri tennini - ha commentato Ettore Gallo - il Governo aveva tenuto conto della forza d'inerzia che fatalmente domina le passioni di grandi masse, indotte a guerreggiare per anni contro un nemico indicato come oggetto dell'odio nazionale, per indulgere, sul piano demenziale, anche alle ultime perpretazioni di gravi delitti, come l'omicidio, indicando però un termine massimo di tollerabilità di circa due mesi dopo la liberazione (31 .luglio 1945)» 3 . Secondo Battaglia «la guerra dei partigiani è svalutata perché non benedetta dai preti, né condotta dai generali» 4 • In realtà essa è stata fortemente politicizzata da sinistra con una spiccata connotazione antifascista, ben presto scivolando nella mitizzazione. E' inevitabile che ad una eccessività prima o poi corrisponda un'altra eccessività, uguale ma di segno contrario. Nel 1973 Secchia si espresse suJl'argomento in termini molto significativi «La stessa deformazione della Resistenza, iniziata sin dai primi anni subito dopo la liberazione, fu un 'operazione portata avanti in forme diverse e che continua anche oggi. Nei primi anni, con una maggiore accentuazione dal 1947 al J955, vi fu da parte di taluni gruppi più retrivi e conservatori delle classi dirigenti la denigrazione aperta della Resistenza: i partigianj erano considerati dei 'banditi'; furono gli anni della guerra fredda, delle persecuzioni e dei processi ai partigiani. In seguito costoro si accorsero dell 'impossibilità

A. Trabucchi, I vinti hanno sempre torto cit., pp.118-119. B. Liddell Hart, Was the maquis worth while nel «Daily Mail» del 1° febbraio 1947, cit. da A.Tamaro, Due anni di storia cit., lll, p.178. 3 E. Gallo, Giustizia e Resistenza in «Dizionario della Resistenza« II, Einaudi , Torino 2001, p.670. . 4 R. Battaglia, Il riconoscimento dei partigiani in «11 Ponte», III, nn.11- 12, p.1002. 1

2


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e della stoltezza di voler liquidare i valori della Resistenza ed intuirono come fosse assai più vantaggioso tentare cli impossessarsi della Resistenza presentandola, via via, come un grande movimento patriottico senza principi ideali, senza programma, senza bandiera e con un ' unica bandiera, quella della patria, e della patria di pochi e non cli quella di tutti gli italiani. Tutt'al più un movimento 'legittimista', sorto per decisione ciel governo 'monarchico' e degli 'alleati' in base a deleghe precise e ad accordi sanzionati dai protocolli di Wilson, come scrive il generale Cadorna, secondo il quale: 'La grande maggioranza di quei caduti dava la vita non per creare un nuovo regime di libe1tà, ma in nome degli ideali tradizionali: Dio, Patria, Famiglia'» 1•

Eloquente il distinguo fra ideali ideologici ed ideali tradizionali. Ad ogni modo, se è largamente evidente che la campagna d 'Italia è stata vinta dal XV gruppo d'armate alleato, appare altrettanto indubbio l'utilissimo apporto militare fornito dalla cobelligeranza delle Forze Amate italiane e dalla lotta partigiana della Resistenza. Il C.L.N.A.I. rivestì un ruolo di primo piano nel duro impegno a nord della linea Gotica e, nonostante la frammentazione della rivolta contro il nazifascismo e le innegabili frizioni interne, fu determinante sul piano politico e militare nel coagulamento della battaglia partigiana. Più in generale si può convenire che la Resistenza, in Italia e nel Balcani 2 e nei campi di prigionia tedeschi 3 , con i suoi molteplici aspetti - guerriglia, infonnazioni, boicottaggio, atteggiamento passivo, renitenza e diserzione alle chiamate alle armi della R.S.I., rifiuto di ogni riconoscimento e collaborazione da parte dei prigionieri - portava seco motivazioni ed obiettivi politici che nei tre anni seguenti, dal 1945 al 1948, influirono profondamente sul riassetto di un Paese sconvolto da vicissitudini belliche e-politiche differenti da regione a regione.

5. L'EPILOGO Il 10 febbraio 1947 ebbe luogo a Parigi, al Quay d'Orsay, la firma del Trattato di pace fra le «Potenze Alleate ed Associate» vincitrici e l'Italia 1

P. Secchia,ll P.C./. e la guerra di liberazione 1943-1945, 2" ed., Milano 1973, pXX, cit. eia M,cle Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in. Italia cit., pp.13-14, 2 Cfr. la collana La Resistenza dei militari italiani all'estero, 9 volumi, Rivista Militare, Roma 1994-1999. 3 G. Schreiber, i militari italiani internati nei carnpi di concentramento del Terzo Reieh cit.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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sconfitta 1• L a delegazione italiana era guidata dal plenipotenziario Antonio Meli Lupj cli Soragna. . Il preambolo del documento aveva cura di mettere in piena evidenza che «( .. .) l'Italia sotto iI regime fascista ha pa1tecipato al Patto Tripartito con al Germania ed il Giappone, ha intrapreso una guerra d'aggressione ed ha in tal modo provocato uno stato di guerra con tutte le Potenze Alleale ed Associale e con altre fra le Nazioni Unite e che essa spetta la sua parte di responsabilità della guerra( ... )».

Veniva poi ricordato che il regime fascista era stato rovescjato il 25 lug1i.o 19;l-3 «a seguito delle vittorie delle Forze alleate e con l' aiuto degli elementi democratici del popolo italiano»; che l'Itali a aveva fo·mato i patti d' armistizio del 3 e del 29 settembre 1943; e che le Forze Armate itali ane, «sia quelle governative che quelle del Movimento della Resistenza», avevano preso parte attiva alla guerra contro la Germania nel quadro della cobelligeranza itali ana . Tutto ciò premesso , il trattato di pace che veniva sottoposto alla firma intendeva costituire «la base di amichevoli relazioni>> fra le Potenze interessate, «permettendo così alle Potenze Alleate ed Associate di appoggiare le domande che l 'Italia presenterà per entrare a far parte del1e Nazioni Unite ed anche per aderire a qualsiasi convenzione stipulata sotto gli auspici delle predette nazioni Unite» 2 . Chiara, dunque, 1' impostazione del documento: all' Italia spettava <<la sua parte di responsabilità della guerra» e pertanto doveva pagare. E pagare parecchio. Le cJausole territoriali comprendevano: - rettifiche della frontiera occidentale a favore della Francia in corrispondenza di diversj tratti significativi sotto il profilo militare: i colli del Piccolo San Bernardo, del Monginevro e del Moncenisio, il M.Tabor, il territorio di Briga e Tenda nelle Alpi Marittime; - rettifiche della frontiera orientale a favore della Jugoslavia , annull ando i trattati di Rapallo (1910) e di Roma (1937) . Erano cedute l'Istria, l'alto Isonzo sino a Gorizia, che venne tagliata in due; - cessione alla Grecia dell'isola di Rodi e del Dodecanneso; - riconoscimento dell'indipendenza dell 'Albania e dell'Etiopia;

1 Le «Potenze Alleate ed Associate» erano l'Unione Sovietica, la Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia , Cina,Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canadà, Cecoslovacchia, Etiopia, G recia, Jndia, Paesi Bassi , Nuova Zelanda, Polonia, Ucraina, Unione Sudafricana , Jugoslavia. Gli Stati vinti erano Italia, Bulgaria, Finlandia, Romania e Ungheria. 2 C.I.S.M., L'Italia del dopoguerra. Il trauato di pace con l'ltafia,Roma 1998.


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J TERRITORI PERDUTI DALL'ITALIA IN SEGUITO ALLA GUERRA

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CONCLUSIONI

I PARTICOLARI DEI TERRITORI PASSATI ALLA FRANCIA

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CONFINE ORJE, TALE. LE VARfE LI EE PROGETTATE: AMERJCANA. I 'GLESE. FRANCESE E RUSSA


CONSIDERAZIONf CONCLUSIVE

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- rinunzia «a tutti i diritti e titoli» sui possedimenti in Africa: Libia, Eritrea e Somalia; - rinunzia ai privilegi in Cina previsti dal trattato di Pechino del 7 settembre 1901. Le clausole militari per l'Esercito contemplavano: - lo smantellamento, entro un anno e per una fascia profonda 20 chilometri , di tutte le istallazioni militari esistenti lungo i confini francese e jugoslavo; - lo smantellamento di tutte le difese costiere in Sardegna situata a meno di 30 chilometri dalle acque ten-itorìali francesi; - la smilitarizzazione delle isole di Pantelleria, Pianosa e delle Pelagie; - il divieto di possedere, costruire, sperimentare anni atomiche; - la proibizione di acquistare materiale d'armamento dì provenienza tedesca e giapponese; - la limitazione all'impiego di soli 200 carri armati; - il vincolo di una forza alle anni non superiore ai 250 mila uomini, di cui 65 mila carabinieri 1 • - l'obbligo di versare tutto il materiale d'armamento eccedente il fabbi sogno della forza alle armi; - l'obbligo di provvedere alle spese per il rimpatrio dei prigionieri. Le clausole per la Marina prevedevano una forza navale di solo 89 unità da combattimento (2 navi da battaglia, 4 incrociatori, 4 cacciatorpediniere, 16 torpediniere, 20 corvette e unità minori) e 76 navi ausiliarie per complessive 155 mila tonnellate. Tutte le altre navi dovevano essere cedute alle Potenze occidentali ed all'Unione Sovietica. Gli effettivi, ufficiali compresi, erano ridotti a 25 mila uomini. L'Aeronautica poteva disporre di 200 caccia e ricognitori e di 150 apparecchi da trasporto e salvataggio in mare. Divieto di possedere o di acquistare aerei da bombardamento. La forza era limitata a 25 mjJ.a uomini. Seguivano altre clausole di carattere politico, economico e varie. Alla definizione dei termini del Trattato di pace le Potenze Alleate erano giunte dopo una serie di conferenze internazionali: la Conferenza dei tre

1 Però la M.M.I.A. stabilì che il nuovo esercito fosse basato su una forza di 140 mila uomini, anziché 185 mila, suddivisi in un 'organizzazione centrale e territoriale (9 mila uomini), riserve mobili locali (90 mila uomini), un'organizzazione logistica (30 mila uomini), una componente addestrativa (10 mila uomini).


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Grandi a Potsdam (17 luglio - 2 agosto 1945) con Tmman, Stalin, e Churchill-Attlee; la Conferenza dei ministri degli Esteri a Mosca (16-26 dicembre 1945) con Molotov, Bevine Bymes; la Conferenza dei Ventuno a Parigi (29 luglio - 15 ottobre 1946) con tutti i rappresentanti delle «Potenze Alleate e Associate». L' Italia, come gli altri Stati vinti, fu invitata semplicemente ad esporre le proprie argomentazioni tramite un delegato. Inutile descrivere l'effetto raggelante prodotto dal progetto di trattato sottoposto alla Conferenza dei Ventuno. Per quanto concerneva le clausole territoriali, il meno che si potesse dire era che l'Alto Adige non ci veniva tolto unicamente per non darlo ali' Austria ex-nazista. Per i vincoli aventi incidenza sul problema della difesa nazionale, il generale Cadorna, capo di S .M. dell'Esercito, presentò al ministro della Guerra, Cipriano Facchinetti, un lungo promemoria in data 29 luglio 1946 avvertendo che la nuova linea di confine occidentale significava «l'impossibilità per le nostre forze terrestri di salvaguardare il territorio continentale da un'invasione d'Oltralpe, anche supposto che l' Italia potesse in futuro sviluppare in pieno il suo potenziale bellico e dovesse predisporre a difesa solo la frontiera occidentale» e che con quella orientale I' intero Friuli sarebbe rimasto indifeso. In definitiva, con le clausole imposteci, le forze disponibili «potranno solo fare una modesta copertura in corrispondenza di una delle due frontiere» . Nell'agosto di quell'anno, in una pausa della Conferenza dei Ventuno a Parigi, De Gasperi s:i espresse con amarezza con i membri della delegazione italiana: «Si tratta di un vero e proprio Diktat nella sostanza. L'Italia torna di fatto alle condizioni di prima del Risorgimento: le due frontiere restano completamente aperte, i suoi territori nazionali le vengono strappati, le clausole economiche sono gravissime». Il dibattito per la ratifica della firma del Trattato di pace si svolse ali' Assemblea Costituente dal 24 al 31 luglio 1947 dopo lunghe discussioni appassionate e frementi, ed anche accuse agli Alleati di eccessiva disinvoltura nel far pesare al popolo italiano le colpe del fascismo. Nitti, che aveva peregrinato da esule all'estero, documentò il consenso e l'approvazione che la politica di Mussolini avevano incontrato in Gran Bretagna, in Francia, in Svizzera e negli Stati Uniti e concluse: «Vi affermo, dunque , che la responsabilità del fascismo non è solo italiana, ma è divisa in larga misura fra i grandi dominat01i, e soprattutto da quei Paesi come J'foghilterra, l'America e la Francia, che ora più ci rimproverano di aver seguito il fascismo» 1• Il documento di ratifica venne

Ma rco Cuzzi, La ratifica del Trattato di pace in C.I.S.M., L'Italia del dopoguerra cit., pp.225-248 . 1


CONSfDERAZLONl CONCLUSIVE

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firmato dal Presidente De Nicola il 6 settembre 1947. Il 16 settembre il Trattato di pace entrò in vigore. Disse De Gasperi: «Scende in quest'ora la notte su una delle giornate più tristi della nostra storia» 1 • Non si può che convenire sul giudizio di Galli della Loggia che risultava colpito al cuore il rango internazionale dell 'Italia: «Nel 1947 l'Italia diviene definùivamente un piccolo paese, sia pure con un 'importante posizione geografica, che naturalmente le consente, poi, in qualche modo di giocare delle carte al di là di questa sua obiettiva posizione diminuita di rango. Perde, cioè, qualsiasi possibilità di illudersi di essere l 'ultima delle Grandi Potenze o la prima delle Medie Potenze, che aveva sempre rappresentato la prospettiva entro la quale erano state costruite la nostra politica estera ed insieme la nostra poi itica di difesa» 2. Ma entrò in ballo un nuovo e temibile fattore: lo scoppio della «guerra fredda». L'ingresso deJJ 'ltalia nella NATO il 4 aprile 1949 fu «l'inizio deIIa completa rivalutazione internazionale del Paese», come fu detto , perché consentì l'inse1imento dell'Italia nel Programma atlantico di difesa a medio termine approvato all' Aja il 1° aprile 1950. Gli Stati Uniti con l'One Package si dichiararono disposti ad un adeguato aiuto militare alla condizione di un contributo europeo di 60 divisioni, delle quali 12 italiane e 12 tedesche. 11 16 febbraio 1951 il Governo di Roma colse ]'occasione per ricordare i vincoli del Trattato di pace ed il 26 settembre, al termine del Consiglio atlantico di Ottawa, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia si dichiararono disposte ad accogliere un'eventuale richiesta italiana cli abrogazione delle clausole militari. L' 8 djcembre, allora, l'Italia chiese alle «Potenze Alleate ed Associate» firmatarie del Trattato di 1iconoscere superflue le restrizioni politiche e non più rispondenti alla nuova situazione quelle militari. Diciassette Stati accolsero la richiesta, la Jugoslavia ed il blocco sovietico posero condizioni che l'Italia non poteva accettare, ad esempio l'uscita dalla NATO. Così il 22 dicembre ìl ministero degli Esteri annunciò che l'Italia aveva «ormai superato l'umiliante condizione imposta dal Diktat del 1947 e che le clausole politiche del Trattato erano superate e quelle militari decadute» 3 .

G. Andreotti, 1947, Rizzo li , Milano 2005 , p.137. Tavola rotonda io C.I.S.M., L'Italia del dopoguerra cit., intervento di Ernesto Galli della Loggia, pp.260-261. 3 Alti del convegno «Le Forze Armate italiane dalla liberazione all' adesione dell'Italia alla NATO», (Torino 8-10 novembre 1985), USSME, Roma 1986. Cfr. V. Ilari . Storia militare della Prima Repubblic a /943-1 993, Ed. Nuove Ricerche, 1994, cap. I. 1

2



INDICE DEI NOMI Abel Elio, 522. Accame Giano, 361. Acquarone Pietro, 18, 31, 32, 65, 91 , 11 1,116,175 , 176, 187,201, 221,232,234,235 ,238,251,252, 260, 268,269, 400. Aga-Rossi Elena, 27, 39, 51, 67, 72, 87, 91-94, 101, 102, 11 1, 113 , 168,169,181,197 ,207,216,217 , 219, 243, 263,400 ,409,417,418, 428,527,533,591 , 632,648. Agnoletti Enriques, 625 . Agosti Giorgio, 464. Airey Terence, 584. Albert Alessandro, 159, 161. Alfieri Dino, 19 , 48. Allfrey Charles W. , 314, 432. Ambrosio Luciano, 637,638 . Ambrosio Vittorio , 23 , 31, 32, 4549 , 52, 57 , 63, 70,73,74,76,84 , 89, 91, 93 , 94, 96-100, 102, 104, 106-110, 112, 113 , 116, 118-122, 125,127,129,132,133, 159, 169171 , 178, 182,183 , 187,189, 193196, 202-205, 212,214,222,226, 227,238 , 244,276-382. Amè Cesare, 19, 52, 64, 65. Amendola Giorgio, 249, 389, 392, 397,649. Amoretti Gian Nicola, 568,644. Amoroso Federico, 28 . Anders W1adislaw, 293, 432, 437 , 438,512. Andreotti Giulio, 423-425, 427-429, 538 , 63 1,633 , 659. Anfuso Filippo, 18 , 321, 332, 337 ,

464, 470, 473. Ansaldo Giovanni, 260. Antonescu Mihail , 18,516. Arangio-Ruiz Vincenzo, 239 , 245 , 253 , 255 , 63 1, 635. Argenton Mario, 589. Arisio Mario, 13, 80, 144, 148, 151, 205 . Armellini Quirino, 384-386 , 388, 393, 394. Arnold Henry A., 208 . Artieri Giovanni, 260, 400 , 403, 423,427,428,538, 554. Attlee Clement, 66, 67 ,658. Audisio Walter, 609. Babic-Zubja Zvonka, 612. Babuscio Rizzo Francesco, 43, 44, 394. Baader, generale. 161. Badoglio Pietro, 17-25, 28 , 29, 3135 , 38-40, 43-45, 50, 51, 57, 61, 63,65, 70, 71, 73,91,93-96,98, 106, 107, 110-116, 118-122, 126129, 133 , 138 ,141,142, 145, 160, 169, 170,175-177,184, 189,194197 , 202-205 , 207-213, 215-217, 219-224, 226, 230-236, 238-242, 244, 245,248,250,252,257,259266, 268-271 , 275,286, 288, 295300, 302-304, 320,321,326,356, 375,383 , 385,394,399-405,408, 410,421,426,429,430,473,478, 479,608 , 638. Bancale Emilio, 81. Bandini Franco, 352,416, 632. Baratono Pietro, 34.


662

Barbieri Alberto, 80, 83, 104. Barontini llio, 483 . Barracu Francesco, 330,609. Bartolini Alfonso, 360. Basso Antonio, 13, 80, 148, 152156, 283. Battaglia Roberto, 82, 192, 244, 359,362-364,366,389,478 , 484, 487,522,597,602,604,650,651 . BattistellĂŹ Pier Paolo, 372. Battisti Giorgio, 503,505. Bauer Riccardo, 392. Bencivenga Roberto, 384,393,394, 395,396. Berardi Paolo, 243,277,283,305, 307-309, 314,439, 451-454, 456, 457,533,535,536,640. Bergamini Carlo, 168 , 169,170. Berio Alberto , 33, 34, 51, 52, 184. Beelitz Dietrich, 389. Berle Adolf, 233-235, 251, 286, 426. Berlinguer Mario, 415. Bertinaria Pier Luigi, 573. Bessel, generale, 160, 161 . Bevin Ernest, 658. Bianco Dante Livio, 475. Bianco Vincenzo, 615,616,618. Bicchierai Giuseppe, 582,583 . Bismark Otto von, 49. Bistarelli Agostino, 157. B:itoss:i Gervasio, 148. Blum Paul, 583. Blumenson Martin, 283 . Bo Giorgio, 608. Bocca Giorgio, 354-356, 358-360, 362, 382, 383, 389, 397, 475, 476, 485, 488 , 528, 607, 632, 650.

.? Bogomolov Alexander Efremovic, 263,300. Bohusz-Szyscko, generale, 572. Bologna Guido, 567. Bolla Nino, 189,298 . Bombacci Nicola, 609. Bonfantini Corrado, 367 . Bonomi Ivanoe, 29, 37-41, 72, 94, 139,141, 179-185,201,232,245, 247,265,271,296,380,381,383388,394,395 , 402,403,405-408, 410, 412-414, 418,420, 422-424, 426,428-430,444,453,459,496, 497,531-538,540,541,546,547, 549,553,556,558,596,629,646. Bova Scoppa Renato, 18. Briatore Alberto, 120. Bricco Aldo, 619. Brivonesi Bruno, 154. Brooke Alan Francis, 287,449. Brosio Cornelio, 392. Bruns E., generale, 512. BryantArthur, 287,448,449. Browning Langley, 307,308,439, 451,452,453,456,459,533. Buffarini Guidi Guido, 322, 324, 341. Buhle Walter, 338. Butcher Harry, 68. Buti Gino, 19. Buttler, generale, 389. Byrnes James, 658 . Caccia Harold, 423. Cadorna Raffaele, 65, 107, 108, 134, 135,137,138,140,192,232,371, 480,482,483,487,490-493,497, 499-502, 537,544,588,589, 594598, 600,605,606,608,618,658.


663

Calace Vincenzo , 255. Calamandrei Piero, 37,263,647 . Calistri P ietro, 609. Calvi Di Bergolo Giorgio, 127, 132, 135- 141 , 324,373. Campbell Ronald , 33, 49 , 50, 59, 66, 93. Campionj lnigo, 15, 86, 166, 167, 168. Canaris Wilhelm, 19. Canctti Tull.io, 332. Candeloto G iorgio , J84, 373 , 636, 637. Canevari Emi lio , 337-341, 343, 344, 348 ,349. Cappellano Filippo, 419. Capranica De] Grillo Giuliano, 56. Caracciolo Di Feroleto Mario , 13 , 80, 82, 144,148, 149, 150. Carandini Nicolò, 388, 422, 459 , 550,610,611 , 639. Carboni Giacomo , 38, 39 , 65, 80, 82, 83 ,9 1,94,95,98, 99,99,101 , 104, 106- 108, 110- 112, 114, 118120, 122, 126, 127, 130-141 , 148, I 83, 193, 194. Carlo Alberto di Savoja, 249. Carboni Fabrizio , 300. Carloni , 464. Carretta Donato, 4 16. Caruso Fili ppo , 343,383. Casalinuovi Vito, 609. Casati Alessandro , 36, 41,139,247, 381,402,407 ,429,500, 535,598 , 634. Castagna Giacomo , 80 . 148. Castellano G i.useppe, 31 -34, 48, 5759, 61-68, 70, 71 , 73 , 74, 76,82, 9 1-97, 100,102, 104, 107 , 115,

116, 118-121 , 169,176, 177, 184, 186-189,195,202,203,214, 215 , 225 ,226,243. Catalano Franco, 256, 265, 359, 365,4]8,479,480,498,499,526, 542,544,548, 549,556, 557 ,559, 592, 598, 600 , 606,6 14, 615,6L9, 647. Cattani Leone, 380. Cavallero Ugo, 156. Cerabona Francesco, 255. Cerica Angelo, 342. Cersosimo Vincenzo , 332. Cesselli Marco , 617 ,619,620. Chamberlain Ne ville, 537. Chieti, generale, 373. Churchill Winston, 25, 26 , 28. 44, 51 , 60, 67, 170,186, 206-211, 217-2 19,222,234,235,257, 258, 26] , 267,287, 301-303, 309-3 11, 381 , 404-406, 414,416, 418 . 422, 423, 426,427 ,429,430, 449,450, 458 , 473, 51] ,5 14,515,5 19,521, 522,527,545 , 549,550, 552,6 J1 , 622,626,658 . Cianca Alberto , 407, 424. Ciano Galezzo, 322. Cifarelli Michele, 253. Cingolani Mario, 415. Colari zi Simona , 9. Clark Mark W., 279,28 1, 283, 287, 291 ,3 13,398, 508,509, 512, 514, 516,5 19,520, 521,524,564,566, 580,587, 598,602. Colletti Enzo , 625. Coltrinari Mass imo, 159. Comandini Federico, 39. Conti Giuseppe , 215,228,272.28 1, 285 ,289,291.


664

Coppola Goffredo, 609. Couve De Murville, 556. Crapanzano Salvatore, 308 , 432, 439,441,451,456,457, 459,467, 580. Craveri Raimondo, 231,232. Crittenberger Willis, 512,572. Croce Benedetto, 35, 37, 42, 231, 232, 239-241, 245,248,249,253, 254,259-261,264,268 , 270,271, 286,295,298,309, 400, 415, 634. Curami Andrea, 98 . Cuzzi Marco, 658.

.?

403,407,408,424,428,429,550, 553,555,556,559 , 611,634,639, 658 , 659. De Gaulle Charles, 65, 554, 555 , 556. De Gregori Francesco, 615,619,621. De Leonardiis Massimo, 361, 365368, 371 , 487, 493-495, 497,499, 524, 527, 528,539,540,543,546, 548 , 600,606, 616,617,639,649, 652. De Lorenzo Giovanni, 645. De Luna Giovanni, 357. De Michelis Ezio, 360,637,638. Dalmazzo Renzo , 15, 76, 86, 161, De Nicola Enrico, 238, 244, 248, 162. 259-261,264, 268,401,634,659. Dalzell Charles , 497. De Panafieu Franรงois, 300. D'Amoja Fulvio, 444. De Pasqua Michele, 353. Damiani Alberto, 367. De Ruggiero Guido, 420. Damaskinos Dimitrionos, 545. De Stefanis Giuseppe, 116, 121, Dapino Vincenzo, 273, 274, 275 , 130,131, 178, 213,272-274,314, 277,278,281,283,285,291. 441,456. Daquanno Ernesto, 609. Degli EspinosaAgostino, 201 , 204, Deakin Frederick, 19, 52,322,324, 205,224,227 , 229,235,238,242, 328,332-334,339,341,342,344, 243,247-249,251,253,255,256, 346,370-372,397,463 , 465,467, 259, 262,263,269,270,271,303. 470,472, 561,581 . Del Balzo Guido, 86, 164. De Bono Emilio, 140. Del Tetto Ettore, 533 . De Caprariis Vittorio, 627. Deutscher Isaac, 362,626. De Courten Raffaele, 28, 87, 95, 97, Di Benigno Jo, 19 , 299-382, 383 , 98, 109, 116, 120, 121, 130, 168393,396. 170, 203,215,223, 267,271,407 , Dick, commodoro, 98. 423,429. Di Dio Antonio, 487. De Felice Renzo, 213, 378, 420, Dill fohn, 521. 496,608 , 627. Dimitrov Georgi, 263. De Francesco Renato, l 07, 109, Di Nolfo Enrico, 9. 118. Doenitz Kari, 585 , 586, 587. De Gasperi Alcide, 37 , 196 , 247, Dolfin Giovanni , 327, 332, 339, 255 , 380, 38 1,386,388,396,402, 34 1, 344, 588.


665

Dollmann Eugen, 320, 374 , 389, 390,391,464,582,583. Daria Pamphili Andrea, 395. DUrtenbach Ulrich , 21. Dozza Giuseppe, 368. Duchesne Denis A., 243,274,304, 305,307. Dulles Allen, 364, 365, 366, 367, 476,583,584,598. Eden Anthony, 51, 60, 65,227,229, 262,425. Ehrman John, 564. Eichmann Adolf, 376. Einaudi Luigi, 634. Eisenhower Dwight, 27, 40, 43, 57, 59-63 ,65,67,68, 71,92,93,95, 112, ]14-116, 118, 179, 182,187, 207-2]0,217,220,221,223,224, 227,238,243,246,279,287,288, 293,310,450,550,587. Ellwood David, 243. .Facchinetti Cipriano, 658. Fantini Mario, 618. FaldeJlaEmilio, 116, 129. Farina Amilcare, 469. Farinacci Roberto, 319,322. Favagrossa Carlo, 10, 17, 28, 183. Fecia Di Cossato Carlo, 18, 24. Felmy Helmuth, 86. Fenoaltea Sergio, 541. Ferrara Marcella e Maurizio, 253 , 416. Ferrero Alberto, 80, 148. Feuerstein Valentin, 45, 513. Finocchi aro Apri le Andrea, 417 , 418. Fioravanzo Giuseppe, 133, 154.

Foulkes, generale, 568. Franco Bahamonde .Francisco, 327. Frassati Filippo, 366,479,492,496, 529,601,602,605. Gabba Melchiade, 651. Gadda Carlo Emilio, 61 l. Galli della Loggia Ernesto, 659. Gallo Ettore, 651. Gambara Gastone, 80, 82, 89, 90, 158,339,341,344,345. Gambetta Leon, 195. Gamerra Emilio, 2511, 252. Gandini Cesare, 88, 165. Gardiner William, 109. Gariboldi Italo, 13, 80, 89 , 144, 147-149. Garland A.N., 60. Gascoigne Albert , 51. . Gasparotto Luigi, 37,429. Gatti Luigi, 609. Gentile Giovanni, 634. Ghisalberti Carlo, 410,411. Giaccone Leandro, 135, 136, 139142. Giglione Emilio, 88, 161. Ginzburg Paul, 407,418,528. Giolitti Giovanni, 634. Giorgio VI di Gran Bretagna, 218. Giorgio II di Grecia, 545. Giovana Mario, 359. Giovannetti Alberto, 378,398. Giraudi Giovanni. 164. Gnamm, generale, 161. Goebbels Josef, 23,319,320,321, 467. Goering Hermann, 334,336, 464. Gola, capitano, 140. Gorresio Vittorio, 416.


666

Grandi Dino, 220,322. Graziani Rodolfo, 324, 327, 329, 334-344,346,347,351,371,461465,505,533,560,561,578,609. Grazioli Emilio, 193 . Greco Paolo, 359. Gritti Salvino, 358. Gronchi Giovanni, 634, GrUnther Alfred, 598. Guariglia Raffaele, 18 , 23, 28, 3035, 40, 41, 44-49, 5], 53, 57, 64, 70, 71, 91, 111, 116, 118, 119, 122, 129, 190, 192. Guìllen Pierre, 555 . Guìzot François, 29. Guzzoni Alfredo, 13. Gyldefeld Heinz, 165. Halifax Edward F.W., 426. Harding fohn, 510,572. Harriman Averell H., 522. Hawkeswo1th John L.T., 572. Hebrang Andrija , 559. Heggenreiner, colonnello, 463 . Heidrich Reinbard, 387, 513 . HerrTrangott, 513,578,586. Hewell Walter, 24. Hidaka Shirokuro, 472. Himmler Heinrich, 339, 370, 372, 375,391,581,584. Hitler Adolf, 19, 21-24, 30, 32, 43, 48, 56, 111, 120-122, 176, 213, 279,317,318,320-322,326,327, 329,333-337,339-341 , 345,370, 374,375,379,389,391 , 395,397, 398,431,432,437,464, 470,474, 503,552,562, 573,576, 578,581 , 584,587 . Hoare Samuel, 58, 59.

.1 Hofer Franz, 318,585 . Holdsworth, comandante, 491,540. Hopkìnson Henry, 422. Hudel Alois, 377. Hull Cordell, 224, 234, 257, 262, 297,297,399,413,421,422. Hume Edgar, 412. Husmann Max, 583. Ilari Virgilio, 87, 98,144,345,348, 349,351,354,358 , 476,659. Innocenti, prefetto, 205 . Jackson William G .F., 310, .311 , 432,51.0,51.9,520,522, 566,576, 578. Jahn, generale, 505 . Jandl Johann, 341.. JervolinoAngelo, 255. JodlAlfred, 21, 23, 53, 54, 122,390. Joyce James, 288. Juin Alphonse, 292,300,401. J uso Pasquale, 168. Kappler Herbert, 375, 376, 377, 390,393 . Kardelj Edward, 615 . Katz Robert, 376,377, 379,395. Keightley F. Charles, 512, 572. Keitel William, 46, 47, 48, 53,338, 340,465,503. Kennan George, 59. Kesselring Albert, 23, 46, 54, 56, 95, 122, 135, 136, 139-141, 146, 155,156,178,192,203,226,279, 312,318,328,341,342,347, 353, 354,372,373,376,380,389-39], 396-398, 429,431,432,437,448, 451,465,472,488,505,511,513,


667

515,517 , 520,521 , 560-562, 584587,639, 649. Keyes Geoffrey T. , 278 , 285, 512, 572. Kirk Alexander, 267,297,298,300, 399, 416,422,429,531,542. Kirkman S., generale, 512. Kleeman Ulrich, 167. Kostylev Michai1, 267,422,615 . Kuby Erich, 319. Kulcycky Jerzy Sa, 358. Kurzmaft Dan, 375 , 378, 390, 391 , 393-398.

Lombardi Gabrio , 163, 164, 382, 384. Lombardi Luigi, 436. Lombardi Riccardo, 610. Longo Luigi, 138, 356 , 358, 362, 369,482,483,489,490,493,497500, 544,594, 601,603, 618. Longo Luigi Emilio, 193 , 535, 536. Lops Carmine, 638. Lucifero Falcone, 537. Lungershausen Kar1 Hans, 153. Lussu Emi1io , 37, 139, 397, 428 , 429.

La Malia Ugo , 37 , 380 , 388 , 397 , 402. Lampredi Aldo, 609. Lanfranchi Ferruccio, 582-586. L anz Hube1t, 165. Lanza D 'Ajeta Blasco, 33 , 34, 4952, 57, 58 ,1 84. Leese Olivcr W.H. , 293,31 3, 438, 509, 512. Leeper, ambasciatore, 545. Lehman, generale, 582. Lemel sen Joachim, 505, 513, 578, 586. Lemnitzer Lyman, 584. Lenin Vladimir Ulianov, 36, 626. Lerici Roberto, 80, 148, 151 , 205. Leyers Ernest, 334. Liddell Hart Basil H. , 50,639,651. Liveran_i Augusto, 609. Lizzadri Oreste, 225. Lodi Angelo , 88, 173. Lohr Alexander, 15, 146, 164-166. Loi Salvatore, 205, 212,213, 222, 225,227,288,304, 457,628. Lollio Luciano, 445.

Mac Caffery John, 364-368, 487 , 495 ,598. Maccanico Antonio, 274. Mac Creery Richard L., 294,312, 314,5 12,520, 568,573, 576. Macmillan Harold, 18 , 27, 57, 67, 68,204,210, 211,217 , 219, 220, 239,256,262 ,266-268 ,295,400, 402,404,405, 414,422,425,429, 452,453,537 , 540, 545,553 , 558 , 559 ,584,586, 591. MacrĂŹ Federico, 352. Mackensen Eberhard von, 21 , 49, 279, 390. Mackensen Hans George von, 178. Maelzer Kurt, 380 , 389,394. Magistrati Massimo, 404,478,479. Magli Giovanni, 13, 81 , 155, 156. Maglione Luigi , 32, 177, 376. Malvezzi P., 625. Mammarella Giuseppe , 404, 412, 416,631. Manard i Guido, 464. Mancini Pietro, 271. Manzi Luigi , 85.


668

Maraffa Riccardo, 141. Marazza Achille, 373,608,609. Marazzi Fortunato, 164. Marchesi Luigi, 96, 97, 100, 104, 107, 118-120, 122. Marchinotti Mario, 86, 164. Marinetti Filippo Tommaso, 324. Marras Efisio, 24, 25, 53. Marshall George, 210, 448,449 . Martin, generale, 227. Martinengo Enrico, 483. Martini (Mauri) Enrico, 482,587 . Mascarenhas De Mores, J.B., 512. Masini, generale, 492. Mason Mac Parlane Frank Noel, 210,214, 215,219,223-235,239, 240,252,255 , 261,266,268 , 270, 271,300,307,396,400-402,405, 406,496. Mattei Enrico, 490, 587. Mazzetti Massin10, 59, 67. Medici Tornaquinci Aldobrando, 290. Meli Lupi Di SoragnaAntonio, 653. Mercalli Carnillo, 80, 148, 151 . Mercuri Lamberto, 243,251,420, 428,531,629. Messe Giovanni, 243, 244, 250, 251,277,288,289,291,304,305, 361,357,442-445,452,453,534, 536,598 , 640. Mezzasoma Fernando, 462,609. Michele di Romania, 516. MihajloviĂŠ Drafa, 625. Modesti, 619 , 621. Moggio Teodoro, 436. Mola Aldo , 175,410, 631,632, 634636. MolĂŠ Enrico, 538.

.? Molinari Fulvio, 612. Moellhausen Eitel, 324, 375, 376 , 380,391,398. Monelli Paolo, 107, 121, 127, 136, 140. Mondino Umberto, 86. Montanari Franco, 59. Montanelli Indro, 610. Montemaggi Amedeo , 503,522. Montezemolo , Giuseppe Cordero LanzaDi, 139-140 , 232, 382,383, 386,396. Montgomery Bernard Law, 66, 67, 206,279,287,293. Montini Giovanni Battista, 375 . Morandi Rodolfo, 608. Morante Elsa, 394. Morigi Giorgio, 436,567. Moro Federico, 436. Mo1Tis Eric, 208,454,458. Moscatelli Cino, 483, 487 . Motta Mario, 384. Munro, colonnello, 250. Murphy Robert, 18, 57, 68, 72, 95, 210,215,219,239,267-269,297, 399,591 . Musco Ettore, 74, 90, 1.08, 1.11, 131 , 133,140,194,533,569. Musco Ugo, 386, 393. Mussolini Benito, 9, 10, 22, 23, 29, 30, 34, 36-38, 41, 45, 54, 141, 175-177,245,248,256,298,317, 319-328, 330-334, 336-339, 343, 344,351,374,385,440,452,460465,467,469,470,472,473,537, 588,608,609,611,631,634,635, 658 . Mussolini Rachele, 320. Mussolini Vittorio, 319.


669

Negarville Osvaldo, 397. Negroni, colonnello, 243. Nenni Pietro, 202, 247 , 296, 381, 388,393,402-404,407,423,424, 428 , 429 , 636. Novella Agostino, 397. Nudi Mario, 609. Oliva Romeo, 170. Oliva Gianni , 606, 611, 612, 622, 623. Ollearo J\lfonso, 81. Omodeo Adolfo , 37,244,246, 250, 271 , 400. Operti Piero, 240,631. Operti Raffaello, 358, 359,361,611. Orgill Douglas , 508. Orlando Taddeo, 243,244,252, 271, 309. Orlando Vittorio Emanuele, 18, 39, 41,402, 410,634. Osborne D' Arcy Francis, 32, 33, 70, 92, 297. Oxilia Giovanni Battista, 454. Padoan Giovanni, 614, 616 , 618, 620,621. Pajetta Giancarlo, 539, 547-549 , 628, 646. Palermo Ivan, 54, 95 , 100,101,107, 109, 134-136,138, 184,187. Palermo Mario , 265. Paliadino, generale, 380. Pallante Pier Luigi, 614. Palma Vittorio, 129 , 171, 196. Palmieri Vincenzo, 166. Pansa Giampaolo , 345-347 , 349, 351,460,461,466, 467. Pao]ucci De' Calboli Giacomo, 223,

479, 496. Papandreu Gheorghios, 545. Papo De Montone Luigi, 623. Pariani Alberto , 49. Paris Edmondo, 483 . Parri Ferruccio , 357, 362, 364-368 , 476,482, 489,490 , 493,496-501, 539,544,547,583,584, 589,598, 607 , 618,646. Parrilli Giuseppe , 583 , 584. Pastorelli Pietro, 424. Path Alexander, 511. PaveliĂŠ Ante, 483. Pavolini Alessandro, 319, 321, 324, 325,331, 332, 339-341, 373,470, 609. Pavone Claudio , 240. Pavone Giuseppe, 232. Pentimalli Riccardo, 80 , 148, 151 , 205,533. Perroni Giuseppe, 359. Pertini Sandro, 139, 296, 392, 489, 549,601 , 608, 621,647. Pesenti Gustavo, 177. Petacci Claretta, 609. Petain Henry, 246. Pettinato Concetto, 462. Piacentini Pietro, 407. Piazzoni Alessandro, 86, 163 . Piccardi Leopoldo, 34, 139, 223 , 238,286. Pierancini Gaetano, 484. Pieri Piero, 34,408 , 650. Pilsdley, colonnello, 45 1, 533. Pio XII, 375,395,398 . Pirelli Giovanni, 625. Pizzoni Alfredo, 368,406,489,493, 494,496, 497,499,539-541, 546, 547, 596, 600,608,645-647.


670

Plewe Friedrich Karl von, 21, 23, 30. Pocci, 39. Pohl Oswald von, 586. Poletti Charles, 412,415. Porta Paolo, 609. Porzio Giovanni, 238, 244. Preziosi Giovanni, 322. Primieri Clemente, 567, 568. Princivalle Aldo, 464,469. Prosio Rodolfo, 416,533,534,632, 633 . Prunas Renato, 18, 45, 50, 51, 57, 65,184,242,266,267,269,270, 297-300,303,399-402, 404,406, 422,423 , 425,547,548,554,556, 559. Quaroni Pietro, 267,413,414,444, 445,630. Quazza Guido, 362,592,635,636. Rahn Rudolf, 111, 122, 318, 322, 324,325,328,329,331,333,336, 343,344,373,375,376,464,469, 470,473 , 474,560,561,582-585. Rainer Friedrich, 318. Rainero Romain, 175. Rauff, colonnello, 583,609. Reale, Vito, 257. Reisoli-Mathieu Gustavo, 80, 148 . Rendulic Lothar, 157,161. Ribbentrop Joachim, 23, 46-48, 324, 333,373,376,464,581. Ricchezza Antonio e Giulio, 272, 274. Ricci Renato, 319, 322,324,337, 339-341, 351,371. Ricci Umberto, 129.

Ridgway Matthew, 90, 109. Rintelen Enno von, 22, 23, 46, 178. Ripa Di Meana Fulvia, 395. RoattaMario, 11, 12,20,31,33,34, 49,52-54,64,65, 73, 74, 82,83, 89, 90 , 96, 100, 101, 104, 106108, 112,116,126,127,130,132, 134, 143,154,156-158,177,178, 180,183,188,193,]96,206,211, 212,214,222,226,244,272,274, 534,537. Roasio Pietro, 358. Robertson Brian, 572. Robotti Mario, 13, 14, 81, 89, 157159. Rochat Giorgio, 34, 166, 355, 361, 408 , 646,650. Rodinò Giulio, 238, 244, 248, 254, 264,270 , 271,429. Rogeri Di Villanova Delfino, 45, 53 . Romano Ruggero, 609. Rornero Federico, 81 . Rommel Erwin, 22, 23, 53, 54, 56, 146,279,318,328,331,354,503 . Roncaglia Ercole, 535. Roosevelt Franklin Delano, 26, 27, 44,51,65,67, 72,206,207 , 209211,217-219,224,257,261,267, 296,297,301-303,309,397,406, 416,418,421-423,426,449,450, 514,515,519,550,552. Rosi Ezio, 14, 15, 86,159,160, 161, 163. Rossi Carlo, 77, 80, 148. Rossi Cesare, 482. Rossi Edo, 243. Rossi Francesco, 15-17, 34, 53, 54, 73,74,77,82-85,88,95,100,107, 111, 113-116, 118, 120, 122, 125,


671

142-144, 168, 178 , 182, 187, J 88, 191,276. Roettinger, generale, 586. Rube1to Amedeo, 353. Ruini Meuccio , 37 , 41, 139, 247 , 381,388,402,407,421,428. Rundstedt Gerd von, 542. Saini Fasanotti Federica, 418. Salandra Antonio, 634. Salvatorelli Luigi, 37. Salvemi'ni Gaetano, 43,247 , 248 . Salvi Giorgio, 130-136, 138-140. Sampson A., 295. Sandalli Renato, 28, 87, 88, 98, 104, 116,121,130,161,172, 271 . Sansonetti Lu igi, 87, 98,171 , 172. Saraceno Pasquale, 39. Saragat Giuseppe, 407, 418, 424, 556. Sauckel Fritz, 334,336,461. Savoja Maria JosĂŠ di, 176. Scarpelli Adolfo, 369. Scattini Arturo, 567 . Schlemmer, generale, 505. Schreiber Gerhard, 204, 338, 344, 354,505 , 652. Schultz, generale, 585,586. Schuster Ildefonso, 581, 582, 583 . Schwerin von, generale, 578. Scobie, generale, 545. Scoccimarro Mauro, 388,397,402, 415,423 , 548 , 598. Scorza Carl o, 324. Scotti Francesco, 358. Scuero Antonio, 81. Secchia Pietro, 366, 479 , 492, 496, 526,549,593 ,601 -603 ,605 , 649 , 65J, 652 .

Senger und Etterlin Frido, von, 155, 156, 197 , 513, 576, 586,587. Senise Carmine, 34, 42. Sereni Emilio, 608. Severi Leonardo, 34, 381. Sforza Carlo, 220, 229, 233-239, 241, 244-246, 248,25 1, 251,252, 254,258,260, 261, 264,267,268, 270,271 , 286,295 , 298 , 299,309, 400, 402,405 , 407 , 415,422,424427,430, 634. Shirer William, 22,464,586. Skorzeny Otto, 213 . Sicurezza Renato, 644. Simoni Leonardo, 19, 24. Smith H .M., 60. Smith Walter Bedell, 59, 61 -63, 68, 71 ,93,96, 97,219,220,225. Smodlaka Jos ip, 556,557. Smuts Jan Christian , 449,511 , 514. Sogno del Vallino Edgardo, 365, 483 , 484,487 , 497 ,498,502,539, 540,549, 589,646. Sogno Vittorio, 140. Solari Fermo, 594,618 . Soleri Marcello, 29, 32, 36, 41, 423 . Soldarelli, generale, 441 . Solinas Gioachino, 1.38 . SoriceAntonio, 18, 28 , 52, 114, 118, 127,129,136,137, 139-141 , 195, 196,244,382,384, 396. Spampanato Bruno, 322. Spano Vel io , 255 ,538. Spatocco Carlo, 85. Spataro Giuseppe, 252, 38 l , 386388 , 392. Spigo Umberto, 81, 158 . Speer Alberto , 318. Spriano Paolo. 357, 364,370,485,



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