La sentenza

Ipotesi adescamento: le lusinghe del prof all’alunno, anche via social, sono reato

La vicenda riguarda un insegnante, peraltro vicario del preside, che mediante chat aveva rivolto domande per conoscere l’orientamento sessuale di un ragazzo

di Pietro Alessio Palumbo

(Nazzalbe - stock.adobe.com)

2' di lettura

Il naturale «affidamento» dell’alunno nei confronti dell’insegnante è legato a vari aspetti che vanno dal ruolo sociale ricoperto dall’adulto-docente fino alla differenza di età tra ragazzi e professori. E tutto ciò non può ritenersi escluso nel caso di contatti via WhatsApp o Messenger o su altro social. Con la sentenza 9735/2022 la Corte di Cassazione ha chiarito che ciò che conta davvero è «il legame» che sussiste fra i due soggetti; evidentemente non circoscrivibile al solo contesto delle aule e corridoi scolastici. Per il reato di atti sessuali con minorenne la condizione di custodia per ragioni di istruzione e di educazione può configurarsi anche quando il soggetto adulto non sia l’insegnante «diretto» del minore ma appartenga comunque alla stessa struttura scolastica, all’interno della quale venga a contatto con la “vittima” in ragione dell’incarico di svolgere lezioni o sostituzioni nelle varie classi.

Abuso di fiducia

L’abuso della fiducia riposta dal minore verso chi esercita un’autorità per ragioni di educazione o di istruzione attiene a qualunque rapporto che si instauri tra affidante e affidatario; si tratta di una relazione che comprende sia l’ipotesi in cui sia il minore a fidarsi autonomamente dell’adulto, sia quella in cui il minore sia affidato all’adulto da altro adulto. Nella vicenda l’insegnante, peraltro anche vicario del preside, mediante l’utilizzo della chat di un noto social e partendo da espressioni lusinghiere volte a coltivarne la fiducia, aveva rivolto domande indirizzate a conoscere l’orientamento sessuale del ragazzo.

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Rapporto insegnante-alunno

Secondo la Cassazione non può ritenersi che il rapporto insegnante-alunno venga meno nel caso di utilizzo del mezzo telematico. Il reato di «adescamento» commesso dall’insegnante ai danni dell’alunno, abusando del proprio ruolo e della propria autorità, si considera effettivo e attuale in ogni caso; anche al termine dell’orario delle lezioni o se compiuto attraverso «smancerie» sui social network.

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