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45° Congresso Nazionale SCIVAC

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<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

CONSIGLIO DIRETTIVO <strong>SCIVAC</strong><br />

ERMENEGILDO BARONI, Presidente<br />

PIER MARIO PIGA, Presidente Senior<br />

MASSIMO BARONI, Vice Presidente<br />

MATTEO SPALLAROSSA, Segretario<br />

CARLO DAMIANI, Tesoriere<br />

CARLO DE FEO, Consigliere<br />

ROBERTO TOVINI, Consigliere<br />

COMMISSIONE SCIENTIFICA<br />

GIORGIO ROMANELLI, Presidente<br />

FULVIO STANGA, Direttore<br />

DAVIDE DE LORENZI<br />

UGO LOTTI<br />

PIER MARIO PIGA<br />

ORGANIZZAZIONE CONGRESSUALE<br />

Coordinatore Congressuale<br />

FULVIO STANGA<br />

Segreteria Congressuale Scientifica<br />

LUDOVICA BELLINGERI - Tel: + 39 0372 403502 - email: fstanga@scivac.it<br />

Segreteria Congressuale Marketing<br />

FRANCESCA MANFREDI - Tel: + 39 0372 403538 - email: fmanfredi@evsrl.it<br />

SEGRETERIA CONGRESSUALE ISCRIZIONI<br />

PAOLA GAMBAROTTI - <strong>SCIVAC</strong> - Via Trecchi 20 - 26100 CREMONA (Italy)<br />

Tel: + 39 0372 403508 Fax: +39 0372 457091 - email: paola@scivac.it -<br />

www.scivac.it<br />

ORGANIZZAZIONE ALBERGHIERA<br />

TOWERS VIAGGI<br />

Centro Direzionale Quattrotorri<br />

06074 Ellera Scalo (PG) - Tel. 075/5170098 - Fax 075/5171045<br />

1


ATTI DEL<br />

<strong>45°</strong> CONGRESSO<br />

NAZIONALE <strong>SCIVAC</strong><br />

in collaborazione con AVULP<br />

Associazione Veterinari Umbri Liberi Professionisti<br />

Approccio diagnostico strumentale<br />

agli apparati respiratorio,<br />

digerente e genito-urinario<br />

PERUGIA 25-27 OTTOBRE 2002<br />

Traduzione dei testi inglesi: Dr. Maurizio Garetto<br />

Coordinamento editoriale: Dr. Fulvio Stanga


4<br />

Hill’s *<br />

Global Leader in Pet Nutrition<br />

La <strong>SCIVAC</strong> è particolarmente grata alle ditte<br />

Animal Health<br />

FORT DODGE ®<br />

FORT DODGE ANIMAL HEALTH<br />

per il significativo contributo fornito alla realizzazione del <strong>Congresso</strong>.


XX CREDITI<br />

11 CREDITI<br />

EVENTO ACCREDITATO ECM VET<br />

Il Ministero della Salute ha attribuito a questo evento 11 crediti formativi<br />

ECM. Ai fini dell’acquisizione dei crediti formativi ECM è necessaria la presenza<br />

effettiva del 100 % rispetto alla durata complessiva dell’evento formativo.<br />

Pertanto l’attestato con i crediti verrà riconosciuto solo a chi avrà frequentato<br />

il 100% delle ore di attività formativa prevista. Ne consegue che<br />

sarà necessario registrarsi e accedere alla sala entro l’orario di inizio dei lavori<br />

del primo giorno e al termine di ciascuna delle pause previste come riportato<br />

sul programma e frequentare l’evento fino al termine indicato.<br />

Per ottenere l’attestato di partecipazione all’evento riportante i crediti assegnati<br />

è obbligatorio:<br />

• compilare e riconsegnare firmata la scheda di valutazione dell’evento<br />

• compilare e riconsegnare il test di verifica dell’apprendimento<br />

• effettuare i controlli di verifica della presenza secondo il metodo che sarà<br />

adottato tra quelli previsti dalla normativa ECM<br />

La suddetta documentazione andrà riconsegnata (previa compilazione) in<br />

segreteria congressuale presso il Desk ECM al termine (non prima) dell’evento.<br />

Qualora<br />

• Il partecipante giunga oltre l’orario previsto<br />

• non venga consegnata alla segreteria congressuale la documentazione<br />

sopra riportata o venga consegnata prima del termine dell’evento<br />

• il sistema di verifica della presenza (se previsto) non attesti la frequenza del<br />

100% delle ore formative previste<br />

la segreteria non potrà rilasciare l’attestato con crediti, ma solo un attestato<br />

tradizionale privo di crediti.<br />

Il rispetto delle norme prescritte dal Ministero della Salute è requisito fondamentale<br />

per l’assegnazione dei crediti: pertanto la segreteria congressuale<br />

applicherà la normativa prevista. Per maggiori informazioni si prega di consultare<br />

il sito ecm.sanita.it.<br />

5


DAVID S. BILLER<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University -<br />

USA<br />

David Biller si è laureato nel 1980 presso la<br />

Auburn University. Dopo un anno di internship presso il New<br />

Haven Hospital for Veterinary Medicine nel Connecticut e tre<br />

anni come membro dello staff del South Shore Veterinary<br />

Associates nel Massachussets, ha completato un residency<br />

in radiologia presso l’Ohio State University. In seguito si è trasferito<br />

per un periodo presso l’Università del Wisconsin-<br />

Madison con incarichi di insegnamento e ricerca. Nel 1991 è<br />

ritornato all’Ohio State University come radiologo. Attualmente<br />

il Dottor Biller è professore associato nel Dipartimento di<br />

Scienze Cliniche ed è Responsabile del reparto di radiologia<br />

presso il College of Veterinary Medicine dell’Università del<br />

Kansas. L’attività clinica che maggiormente interessa il<br />

Dottor Biller è la diagnosi con ultrasuoni su piccoli e grandi<br />

animali. Le sue ricerche più significative riguardano l’uso degli<br />

ultrasuoni nelle diagnosi e nella valutazione delle malattie<br />

spontanee negli animali, oltre che lo studio del rene policistico<br />

nei gatti. David Biller è Diplomato dal 1987 all’American<br />

College of Veterinary Radiology, di cui ha ricoperto la carica di<br />

Presidente negli anni 2000-2001.<br />

UGO BONFANTI<br />

Med Vet, Milano<br />

Laureato a pieni voti presso l’Università di<br />

Milano nell’anno 1992.<br />

Dal conseguimento della Laurea ha lavorato<br />

regolarmente presso alcune cliniche veterinarie.<br />

Attualmente esercita la libera professione presso la Clinica<br />

Veterinaria Gran Sasso - Milano (Dr. Bussadori), occupandosi<br />

in particolare di Medicina Interna ed Oncologia; da circa 6<br />

anni si occupa attivamente di citologia veterinaria.<br />

Nel 1997 ha effettuato uno stage della durata di un mese presso<br />

il Dott. Teske dell’Università di Utrecht; nel 1998, per un<br />

periodo analogo, si è recato a Cambridge presso il Prof.<br />

Herrtage. All’inizio di quest’anno, per un mese e mezzo, si è<br />

recato per un periodo di aggiornamento di Clinical Pathology<br />

alla School of Veterinary Medicine, University of Pennsylvania<br />

a Philadelphia.<br />

Ha presentato alcune relazioni di ecografia, citologia ed oncologia<br />

in occasione di gruppi di studio, seminari di citologia e<br />

congressi nazionali <strong>SCIVAC</strong>.<br />

È istruttore e relatore al corso di citologia della <strong>SCIVAC</strong>, e<br />

riveste la carica di vicepresidente della Società Italiana di<br />

Citologia Veterinaria.<br />

DAVIDE DE<br />

LORENZI<br />

Med Vet, Forlì<br />

Laureato in Medicina Veterinaria a Bologna nel<br />

1988, con lode; ha conseguito nel 1992 la specializzazione<br />

in Clinica e Patologia degli animali<br />

da Affezione presso la Facoltà di Medicina Veterinaria<br />

di Pisa. È stato ideatore e coordinatore del Gruppo di studio<br />

<strong>SCIVAC</strong> di Citologia Diagnostica fino al 2001 ed inoltre è<br />

relatore ed istruttore del Corso di Citologia Diagnostica della<br />

<strong>SCIVAC</strong>. Da alcuni anni tiene un seminario di Citologia<br />

Diagnostica alla Scuola di Specializzazione in Clinica e<br />

Patologia degli animali da Affezione della Facoltà di<br />

Medicina Veterinaria di Pisa. È autore e coautore di articoli e<br />

comunicazioni a congressi nazionali ed internazionali aventi<br />

come oggetto la patologia clinica, la citologia diagnostica e<br />

la chirurgia. Dal 1993 compie regolari periodi di aggiornamento<br />

in Olanda presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di<br />

Utrecht (Dipartimento Animali da Compagnia) per approfon-<br />

6<br />

RELATORI<br />

dire argomenti di citologia diagnostica e chirurgia; presso la<br />

medesima Facoltà ha portato a termine un corso triennale,<br />

organizzato dall'ESAVS, avente come soggetto la medicina<br />

interna. Ha recentemente compiuto un periodo di studi di<br />

circa un mese presso la Purdue University con il Prof. De<br />

Nicola, su argomenti di citologia diagnostica ed ematologia. È<br />

membro dell'E.S.V.C.P. (Società Europea di Patologia Clinica<br />

Veterinaria). È attualmente membro della Commissione<br />

Scientifica della S.C.I.V.A.C. Esercita come libero professionista<br />

a Forlì occupandosi quasi esclusivamente di Chirurgia e<br />

Citologia Diagnostica.<br />

CARLO<br />

MASSERDOTTI<br />

Med Vet, Brescia<br />

Laureato col massimo dei voti presso l’Università<br />

di Milano nel 1990. Dal 1993 si occupa di citopatologia<br />

diagnostica, curando l’aggiornamento permanente<br />

con corsi di approfondimento e frequentando centri di referenza<br />

in Italia ed all’estero. È autore di alcune pubblicazioni<br />

inerenti la citopatologia ed è relatore a meeting nazionali ed<br />

internazionali. Dal 1988 è istruttore e relatore al corso di<br />

Citologia organizzato dalla <strong>SCIVAC</strong>.<br />

Dal 2001 ricopre la carica di presidente della SICIV (Società<br />

Italiana di Citologia Veterinaria).<br />

STEFANO ROMUSSI<br />

Med Vet, Prof Ass<br />

Università di Milano<br />

Stefano Romussi si laurea in medicina veterinaria<br />

nel 1990 presso la Facoltà di Medicina<br />

Veterinaria di Milano quale allievo interno<br />

dell’Istituto di Clinica Chirurgica. Ricercatore presso lo stesso<br />

istituto dal 1996 sviluppa la sua attività clinica e di ricerca nell’ambito<br />

della chirurgia dei tessuti molli dei piccoli animali e<br />

diviene Professore incaricato di Chirurgia dei piccoli animali<br />

nel 1999 presso la Facoltà milanese. Si occupa da subito dell’approfondimento<br />

di temi riguardanti le modalità didattiche in<br />

campo chirurgico veterinario, tema che approfondirà nel corso<br />

degli anni e che tuttora lo appassiona.<br />

Docente della scuola di Specializzazione in patologia e clinica<br />

degli animali da compagnia amplia le sue conoscenze nell’ambito<br />

della chirurgia mininvasiva delle prime vie aeree del<br />

cane con la sperimentazione di approcci di tipo transendoscopico.<br />

Diviene Professore Associato in Clinica Chirurgica Veterinaria<br />

nel 2001 continuando a prestare la sua attività clinica e didattica<br />

presso l’istituto di Clinica Chirurgica e Radiologia<br />

Veterinaria della facoltà di Milano.<br />

DAVID TWEDT<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University -<br />

USA<br />

Laureato alla IOWA State University nel<br />

1972. Ha frequentato un Residency in medicina presso<br />

l’Animal Medical Center a New York dove è poi diventato<br />

docente ricercatore presso il “Liver Research Center of Albert<br />

Einstein Medical School”.<br />

È professore e responsabile dello Small Animal Medicine<br />

Section del Dipartimento di Scienze Veterinarie alla Colorado<br />

State University.<br />

Diplomato all’American College of Veterinary Internal<br />

Medicine (ACVIM) di cui è stato Presidente.<br />

Le sue pubblicazioni e settori di ricerca comprendono il fegato<br />

e le malattie gastrointestinali nei piccoli animali.


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

PROGRAMMA SCIENTIFICO<br />

Primo Giorno - Venerdì 25 Ottobre 2002<br />

8.30 Registrazione dei partecipanti<br />

Apparato respiratorio<br />

Chairperson: Davide De Lorenzi<br />

9.45 Indicazioni ed utilità della diagnostica strumentale nelle patologie<br />

dell’apparato respiratorio: quando e perché utilizzare una tecnica piuttosto<br />

di un’altra<br />

David Twedt (USA)<br />

10.15 Reperti radiografici normali e patologici dell’apparato respiratorio superiore<br />

(cavità nasali, seni frontali, laringo-faringe) ed inferiore (trachea, bronchi,<br />

polmone, spazio pleurico)<br />

David Biller (USA)<br />

11.30 Reperti endoscopici normali e patologici dell’apparato respiratorio superiore<br />

(cavità nasali, seni frontali, laringo-faringe) ed inferiore (trachea, bronchi,<br />

polmone, spazio pleurico)<br />

Stefano Romussi (I)<br />

13.00 Pausa pranzo ed esposizione commerciale<br />

Apparato respiratorio<br />

Chairperson: Ugo Lotti<br />

14.30 Indicazioni e tecniche di toracoscopia<br />

David Twedt (USA)<br />

15.00 Ecografia delle pleure e delle masse a carico dell’apparato respiratorio<br />

David Biller (USA)<br />

15.30 Indicazioni, utilità e limiti dell’impiego di TC e RM nelle patologie<br />

dell’apparato respiratorio<br />

David Biller (USA)<br />

16.00 Pausa caffè ed esposizione commerciale<br />

9


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

16.45 Diagnostica strumentale dell’apparato respiratorio e citologia: un binomio<br />

inscindibile<br />

Davide De Lorenzi (I)<br />

17.30 Tecniche di prelievo ed interpretazione delle biopsie con ago sottile delle<br />

masse endotoraciche a carico dell’apparato respiratorio<br />

Ugo Bonfanti (I)<br />

18.30 Interruzione<br />

Secondo Giorno - Sabato 26 Ottobre 2002<br />

Apparato digerente<br />

Chairperson: Carlo De Feo<br />

9.30 Indicazioni ed utilità della diagnostica strumentale nelle patologie<br />

dell’apparato digerente: quando e perché utilizzare una tecnica piuttosto di<br />

un’altra<br />

David Twedt (USA)<br />

10.00 Reperti radiologici normali e patologici dell’apparato digerente (esofago,<br />

stomaco, intestino tenue e crasso)<br />

David Biller (USA)<br />

10.45 Pausa caffè ed esposizione commerciale<br />

11.30 Reperti endoscopici normali e patologici dell’apparato digerente<br />

David Twedt (USA)<br />

12.30 Indicazioni e tecniche di laparoscopia<br />

David Twedt (USA)<br />

13.00 Pausa pranzo ed esposizione commerciale<br />

Apparato digerente<br />

Chairperson: Carlo Damiani<br />

14.30 Reperti ecografici normali e patologici dell’apparato digerente<br />

David Biller (USA)<br />

10


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

16.15 Indicazioni, utilità e limiti dell’impiego di TC e RM nelle patologie<br />

dell’apparato digerente<br />

David Biller (USA)<br />

16.45 Pausa caffè ed esposizione commerciale<br />

17.15 Patologie gastro-intestinali e diagnostica citologia: tecnica e principi<br />

interpretativi<br />

Carlo Masserdotti (I)<br />

18.00 Tecniche di prelievo ed interpretazione delle biopsie con ago sottile delle<br />

masse endoaddominali<br />

Ugo Bonfanti (I)<br />

19.00 Interruzione<br />

Terzo Giorno - Domenica 27 Ottobre 2002<br />

Apparato genitourinario<br />

Chairperson: Matteo Spallarossa<br />

9.30 Indicazioni ed utilità della diagnostica strumentale nelle patologie<br />

dell’apparato genitourinario<br />

David Twedt (USA)<br />

10.00 Reperti radiologici normali e patologici dell’apparato genito-urinario<br />

David Biller (USA)<br />

11.00 Pausa caffè ed esposizione commerciale<br />

11.45 Reperti ecografici normali e patologici dell’apparato genitourinario<br />

David Biller (USA)<br />

13.15 Reperti endoscopici normali e patologici dell’apparato genito-urinario<br />

David Twedt (USA)<br />

14.00 Termine del <strong>Congresso</strong><br />

11


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Reperti radiografici normali<br />

e patologici dell’apparato<br />

respiratorio superiore<br />

(cavità nasali, seni frontali,<br />

laringo-faringe) ed inferiore<br />

(trachea, bronchi, polmone,<br />

spazio pleurico)<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 10.15<br />

13


RADIOGRAFIA NASALE<br />

La cavità nasale è divisa in due metà simmetriche dette fosse nasali.<br />

Queste sono separate rostralmente da un setto nasale cartilagineo e caudalmente<br />

dall’osso del vomere. Sagittalmente, una porzione di quest’ultimo si<br />

estende dorsalmente a partire dal settore ventrale della cavità nasale. Le fosse<br />

nasali sono occupate dalle conche nasali. Queste si presentano sotto forma di<br />

sottili linee radiopache semiparallele che si estendono caudalmente dal dente<br />

canino sino a livello del terzo premolare. Caudalmente, all’interno delle fosse<br />

nasali si trovano i turbinati etmoidali. Questi hanno l’aspetto di una fine trama<br />

ossea lineare che si apre a ventaglio rostralmente dalla lamina cribrosa alla<br />

giunzione con le conche nasali. La porzione rostrale del setto nasale è radiotrasparente,<br />

ma la sua localizzazione è indicata dal vomere. A causa della sua<br />

radiotrasparenza, risulta difficile valutarne radiograficamente l’integrità. Nel<br />

cane e nel gatto, se non si sono verificate concomitanti erosioni del vomere,<br />

la distruzione del setto può risultare impossibile da evidenziare radiograficamente<br />

nel tratto situato rostralmente al quarto premolare.<br />

I seni frontali sono strutture pari con una porzione laterale e mediale. La<br />

prima si estende al di sopra dell’orbita e può essere parzialmente suddivisa da<br />

un setto osseo. La seconda comunica con i turbinati etmoidali ed è caratterizzata<br />

da forme e dimensioni variabili. I seni mascellari sono i diverticoli laterali<br />

delle fosse nasali. Sono anche indicati con il nome di recessi mascellari,<br />

poiché le aperture verso le cavità nasali sono grandi quanto i seni stessi. Nel<br />

gatto i seni frontali sono molto piccoli (nei cani possono mancare del tutto)<br />

mentre quelli mascellari sono assenti.<br />

TECNICA RADIOGRAFICA<br />

Per ottenere buone immagini radiografiche di valore diagnostico è essenziale<br />

l’anestesia generale o la sedazione profonda del paziente, a meno che<br />

non sia specificamente controindicata dalle sue condizioni fisiche. La mancanza<br />

di un adeguato contenimento è la causa più comune della perdita di<br />

valore diagnostico delle radiografie del cranio. Queste vanno riprese ad alta<br />

risoluzione (dettaglio) utilizzando una pellicola del tipo senza schermi di<br />

rinforzo o un’associazione fra pellicola ultradettagliata e schermi. L’uso<br />

delle pellicole senza schermi impone un aumento di 10 volte del valore dei<br />

mAs in confronto alla tecnica utilizzata con pellicole in cassette con schermi<br />

a pari velocità.<br />

Il posizionamento del paziente ed il numero delle proiezioni necessarie per<br />

un esame completo dipendono dall’area del cranio da esaminare. Per la valu-<br />

14


tazione della cavità nasale e dei seni paranasali, le proiezioni da utilizzare<br />

sono: 1) laterale, che può essere utile oppure no, 2) dorsoventrale in occlusione<br />

(intraorale), 3) ventrodorsale a bocca aperta (pellicola fuori dalla<br />

bocca con tubo radiogeno inclinato di 20-30°), 4) rostrocaudale/frontale<br />

(fascio primario parallelo al palato duro), 5) laterale obliqua (destra e sinistra)<br />

per la valutazione dei piccoli seni frontali (30° con naso sollevato e poi<br />

30° obliqua).<br />

MODIFICAZIONI RADIOGRAFICHE DEI SENI NASALI<br />

E PARANASALI<br />

Sia i traumi che le neoplasie possono causare alterazioni della forma e<br />

del profilo dei seni nasali e paranasali. I quadri radiografici o le modificazioni<br />

dell’aspetto radiografico e della radiopacità di queste strutture<br />

anatomiche riflettono l’aggressività e la durata del processo patologico<br />

piuttosto che la sua specifica eziologia. Nelle malattie da cause acute<br />

(infezioni batteriche o virali, allergie, corpi estranei radiotrasparenti) la<br />

cavità nasale si presenta di solito radiograficamente normale o caratterizzata<br />

soltanto da un lieve aumento della radiopacità dei tessuti molli dovuta<br />

ad un incremento dello spessore dei turbinati o alla presenza di essudato.<br />

Esistono cinque quadri radiografici che dimostrano l’aggressività o<br />

la durata della malattia piuttosto che la specifica eziologia: 1) nessuna<br />

alterazione con aspetto radiografico normale (rinite acuta, corpi estranei,<br />

virus, batteri ed allergia), 2) aree di aumento della radiopacità dei tessuti<br />

molli sovrapposte a turbinati di aspetto normale (rinite cronica, essudato<br />

nasale, rinite iperplastica/tumefazione con proliferazione della mucosa<br />

nasale, emorragia post-traumatica), 3) aree di aumento della radiopacità<br />

dei tessuti molli sovrapposte a zone di distruzione dei turbinati (neoplasia<br />

e rinite distruttiva), 4) aree di ridotta radiopacità dovuta a distruzione<br />

dei turbinati non accompagnate da radiopacità dei tessuti molli, 5) quadri<br />

misti con aree di distruzione dei turbinati e sovrapposizione della radiopacità<br />

dei tessuti molli inframmezzate da aree di sola distruzione dei turbinati.<br />

La maggior parte delle neoplasie della cavità nasale origina dalla regione<br />

dei turbinati etmoidali e della lamina cribrosa. L’80% di queste neoplasie nel<br />

cane ed il 91% nel gatto hanno carattere di malignità. Nel 60-75% dei casi si<br />

tratta di carcinomi (soprattutto adenocarcinomi), con un’età media alla diagnosi<br />

di 8-10 anni. Nei gatti, i maschi sono colpiti con una frequenza doppia<br />

rispetto alle femmine. Nelle neoplasie maligne si osserva frequentemente la<br />

distruzione del setto nasale (osso del vomere). Anche la tumefazione dei tes-<br />

15


suti molli conseguente alla distruzione delle ossa facciali può essere associata<br />

a neoplasia.<br />

La rinite di solito colpisce i segmenti medi e rostrali delle vie nasali con<br />

frequenza pari o superiore ai segmenti medi e caudali. Si ha comunemente<br />

l’obliterazione di una o di entrambe le narici e si osserva uno scolo nasale che<br />

può essere sieroso, mucoide o purulento. Si può notare una rinite distruttiva<br />

con epistassi secondaria, che generalmente è dovuta ad infezioni micotiche.<br />

Questi animali di solito hanno meno di 4 anni di età e la causa più comune<br />

della condizione è rappresentata dall’aspergillosi. Anche Cryptococcus<br />

neoformans è causa di rinite iperplastica nel gatto. Radiograficamente, la rinite<br />

si può presentare sotto forma di aree radiotrasparenti focali o distruzione<br />

dei turbinati.<br />

Queste lesioni variano di dimensioni, da piccoli fori puntati a grandi aree<br />

di lisi con margini poco definiti. L’erosione o la deviazione del setto nasale<br />

(osseo) è inusuale.<br />

L’opacizzazione dei seni frontali associata alle affezioni nasali è generalmente<br />

dovuta ad una compromissione del drenaggio dei seni stessi. La<br />

diagnosi differenziale di questi aumenti della radiopacità da ostruzione del<br />

drenaggio deve comprendere l’estensione neoplastica all’interno del seno<br />

stesso.<br />

Alterazioni radiografiche da malattie nasali<br />

Rinite iperplastica 1) Aumento della radiopacità dei tessuti molli<br />

cronica batterica/virale (mono-/bilaterale)<br />

micotica 2) Trama indistinta dei turbinati<br />

da corpo estraneo 3) Radiopacità dei tessuti molli nei seni frontali<br />

Rinite distruttiva 1) Aree focali (puntate) di lisi<br />

Aspergillosi (distruzione dei turbinati)<br />

2) Aree focali di aumento della radiopacità dei tessuti<br />

molli (mono-/bilaterale)<br />

3) Radiopacità dei tessuti molli nei seni frontali<br />

16<br />

Neoplasie 4) Inizialmente possono simulare una rinite non<br />

distruttiva<br />

5) Con la progressione della malattia si ha una lisi<br />

dei turbinati sovrapposta a e radiopacità dei fluidi<br />

6) Deviazione/distruzione del vomere, distruzione<br />

dell’osso frontale/mascellare, tumefazione dei<br />

tessuti molli facciali


VIE AEREE SUPERIORI<br />

(FARINGE, LARINGE E TRACHEA)<br />

La faringe e la laringe vanno valutate preferibilmente nelle immagini<br />

radiografiche riprese in proiezione laterolaterale con il paziente ben posizionato.<br />

L’ideale è una radiografia inspiratoria, perché il maggior volume<br />

del gas assicura un miglior contrasto in quest’area. Si esaminano le dimensioni,<br />

la posizione e la radiopacità delle varie strutture. La mancanza di un<br />

valido contrasto può essere dovuta ad espirazione, conformazione (nelle<br />

razze brachicefale), infiammazione o masse patologiche. La faringe normale<br />

è suddivisa in due aree principali, quella nasale e quella orale, separate<br />

dal palato molle.<br />

L’epiglottide è una struttura cartilaginea che viene facilmente visualizzata<br />

cranialmente alla laringe e si sovrappone alla faringe a causa dell’aria<br />

circostante.<br />

La punta dell’epiglottide può essere situata cranialmente o ventralmente<br />

al palato molle. La sua base è a livello (ventrale) fra la bolla timpanica<br />

e la seconda vertebra cervicale. In condizioni normali, la laringe è collocata<br />

ventralmente alla prima e seconda vertebra cervicale. La sua posizione<br />

muta con l’estensione (craniale e più vicino alla colonna vertebrale) e la<br />

flessione (caudale fino a C4) della testa. La posizione delle ossa ioidee<br />

varia con l’angolazione della testa, della lingua e della laringe. Le anomalie<br />

radiograficamente rilevabili a carico della laringe e della faringe sono<br />

rappresentate da diminuzione delle dimensioni di questa regione per allungamento<br />

del palato molle, infiammazione (faringite, laringite, edema) e<br />

masse intraluminali circondate da aria (ascessi, neoplasie, tessuto di granulazione,<br />

corpi estranei, ematomi).<br />

L’ingrossamento di questa regione può essere secondario a paralisi<br />

faringea, paralisi laringea (aumento di dimensioni dei ventricoli laringei<br />

laterali), ostruzione delle vie aeree profonde e frattura/lussazione delle<br />

ossa ioidee. L’aerofagia secondaria che si può avere può accentuare la<br />

visualizzazione di quest’area. La dislocazione o deviazione delle strutture<br />

piene d’aria in questa regione può essere conseguente ad ascessualizzazione<br />

delle tonsille o della faringe, neoplasie delle tonsille o della tiroide,<br />

ingrossamento delle ghiandole salivari, linfoadenopatia da neoplasia (primaria<br />

o secondaria) o alterazioni reattive e corpi estranei che si possono<br />

riscontrare con o senza ascessualizzazione. Le anomalie funzionali della<br />

laringe o della faringe richiedono spesso il ricorso alla fluoroscopia o alla<br />

visualizzazione diretta con l’animale in anestesia. Le alterazioni secondarie<br />

che si possono osservare nella paralisi laringea nelle radiografie sono<br />

rappresentate dai ventricoli pieni d’aria.<br />

17


TRACHEA<br />

L’esame radiografico della trachea deve comprendere la parte caudale<br />

della faringe e della laringe. Bisogna valutare posizione, diametro e forma.<br />

Dopo essere penetrata nel torace, la trachea decorre ventralmente (procedendo<br />

cioè in senso divergente) rispetto alla colonna vertebrale. Questa<br />

caratteristica può variare nelle differenti razze. L’angolo è più ampio nei<br />

cani con torace profondo. La terminazione della trachea viene indicata con<br />

il nome di biforcazione (zona radiotrasparente tondeggiante) ed è situata<br />

normalmente a livello del quinto o sesto spazio intercostale. Il bronco principale<br />

si presenta come “maggiore” (60-90°) appena caudalmente alla<br />

biforcazione nelle radiografie in proiezione laterolaterale. In quelle dorsoventrali<br />

o ventrodorsali la trachea è situata lungo la linea mediana (in alcuni<br />

cani, soprattutto brachicefali, si può presentare a destra della linea<br />

mediana, tra l’ingresso del torace ed il cuore, che si trova entro i limiti normali).<br />

La trachea normalmente mantiene un diametro intraluminale costante<br />

ed uniforme (approssimativamente quello della laringe). Questo diametro<br />

non si modifica significativamente nelle varie fasi della respirazione. Ciò è<br />

dovuto alla rigidità degli anelli tracheali. Tuttavia, le sue dimensioni relative<br />

possono variare leggermente in certe razze: i basset-hound sembrano<br />

avere una trachea grande, mentre quella dei bulldog è particolarmente<br />

stretta.<br />

La trachea viene anche valutata per stabilirne la posizione. La flessione<br />

della testa e del collo può essere causa di deviazioni, specialmente nel mediastino<br />

craniale, simulando una dislocazione. Questa risulta di solito a destra<br />

della linea mediana (il movimento a sinistra della trachea è impedito dall’arco<br />

aortico). La dislocazione laterale e ventrale dell’organo nella porzione cervicale<br />

può essere dovuta secondariamente ad ascessualizzazioni, neoplasie,<br />

linfoadenopatie, dilatazione esofagea (megaesofago, corpi estranei). Le masse<br />

mediastiniche possono causare difetti di posizionamento della trachea in qualsiasi<br />

direzione. La cardiomegalia o la presenza di masse a livello della base<br />

del cuore può deviare dorsalmente la trachea (eliminando la normale curvatura<br />

ventrale). La dislocazione tracheale toracica non si verifica su un singolo<br />

piano (dorsale o ventrale, a destra o a sinistra), ma può assumere andamenti<br />

complessi procedendo in direzione dorsale verso sinistra o destra o ventrale<br />

verso sinistra o destra.<br />

La trachea non è facile da comprimere. Il suo diametro può apparire<br />

ingrossato negli animali con ostruzione delle vie aeree superiori. Con l’inspirazione,<br />

la sua porzione intratoracica può sembrare aumentata di dimensioni,<br />

mentre con l’espirazione questo aspetto viene assunto dalla regione cervica-<br />

18


le. La diminuzione del diametro dell’organo è solitamente dovuta a compressione<br />

da parte di masse extraluminali adiacenti, affezioni intraluminali occupanti<br />

spazio o collasso. Le masse mediastiniche craniali possono esercitare<br />

una compressione. Questo tipo di riscontro va ricercato soprattutto nel gatto,<br />

dal momento che il linfosarcoma mediastinico craniale determina comunemente<br />

una compressione della trachea, che viene spostata dorsalmente.<br />

Questo segno si osserva in presenza di versamento pleurico, che può occultare<br />

la massa mediastinica. Una lesione luminale può diminuire il diametro del<br />

lume tracheale.<br />

Le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da neoplasie quali<br />

condroma, carcinoma squamocellulare o affezioni granulomatose comprese le<br />

parassitosi come l’infestazione da Filaroides osleri ed i corpi estranei. Anche<br />

le stenosi secondarie a traumi pregressi (eventualmente da inserimento di un<br />

tubo orotracheale ed eccessiva insufflazione) possono causare una diminuzione<br />

del diametro del lume.<br />

I corpi estranei tracheali, anche se radiotrasparenti, risultano facilmente<br />

visualizzabili grazie all’eccellente contrasto circostante offerto dall’aria.<br />

Perforazioni, lacerazioni o rotture complete della trachea si possono visualizzare,<br />

ma di solito vengono soltanto sospettate sulla base della presenza di gas<br />

nella regione cervicale e/o di uno pneumomediastino. La dimostrazione della<br />

perdita di integrità della trachea può essere confermata utilizzando un mezzo<br />

di contrasto a base acquosa (iodio acquoso non ionico grazie alla bassa osmolalità<br />

– ioexolo). In presenza di lesioni, è possibile visualizzare la fuoriuscita<br />

di questo mezzo di contrasto nei tessuti molli circostanti.<br />

Il collasso tracheale è una comune diagnosi differenziale della tosse nei<br />

piccoli animali (in particolare nel cane). Va confermato mediante radiografie<br />

in proiezione laterolaterale delle porzioni cervicale e toracica della trachea<br />

durante l’inspirazione e l’espirazione. Può essere cervicale o intratoracico.<br />

Inoltre, può essere statico o dinamico. Dipende dal gradiente di pressione che<br />

attraversa la parete toracica. Inoltre, varia in funzione dello stadio e della difficoltà<br />

della respirazione.<br />

In genere, la trachea collassa in corrispondenza della regione cervicale e<br />

dell’ingresso del torace durante il picco inspiratorio e nel torace al termine<br />

dell’espirazione. Può essere difficile dimostrare il collasso senza far tossire<br />

l’animale al momento della ripresa delle radiografie. Se l’esame non viene<br />

effettuato attraverso la valutazione di immagini inspiratorie, espiratorie e<br />

mentre l’animale tossisce, si possono avere quadri radiografici falsi negativi.<br />

Si può anche osservare il collasso del bronco principale, con o senza collasso<br />

tracheale.<br />

La membrana tracheale ridondante (cioè che si ripiega verso l’interno) è<br />

un’alterazione radiografica che costituisce un riscontro incidentale nei cani<br />

19


che non tossiscono. Si può osservare in soggetti di grossa e piccola taglia. Di<br />

solito non ha significato clinico, ma può apparire radiograficamente simile al<br />

collasso tracheale, con il quale può venire confuso. Una tosse simile a quella<br />

causata dal collasso tracheale può essere indotta dal collasso di un bronco<br />

principale.<br />

Questo bronco collassato può essere intrinsecamente debole oppure venire<br />

compresso da un atrio sinistro molto grande secondariamente a rigurgito<br />

mitralico cronico. Fra le possibili diagnosi differenziali della tosse negli animali<br />

è necessario tenere presente la compressione del bronco principale sinistro<br />

e l’insufficienza cardiaca. Per contribuire a differenziare queste due condizioni<br />

è essenziale l’esame dei polmoni.<br />

L’ipoplasia laterale è un difetto congenito che si verifica soprattutto nei<br />

cani delle razze brachicefale, in particolare nel bulldog. Il lume dell’organo<br />

risulta ristretto a livello di determinati segmenti oppure per tutta la sua<br />

lunghezza. Le estremità degli anelli tracheali si incontrano o si sovrappongono<br />

piuttosto che presentare la consueta forma a “C” e la membrana tracheale<br />

dorsale risulta corta o del tutto assente. Il valore normale del rapporto<br />

fra diametro tracheale ed ingresso del torace (DT:IT) nei cani non<br />

brachicefali è di 0,204.<br />

Nei cani brachicefali diversi dal bulldog è di 0,16 e nel bulldog è di 0,13.<br />

Qualsiasi valore inferiore a questi è considerato indice di un restringimento.<br />

La trachea può anche essere confrontata con le dimensioni costali, dal<br />

momento che il suo diametro normale corrisponde a tre volte quello del terzo<br />

prossimale della terza costola. Infine, la trachea deve avere un diametro superiore<br />

alla metà di quello della laringe.<br />

TECNICA DI RIPRESA DI RADIOGRAFIE TORACICHE<br />

OTTIMALI<br />

La radiologia diagnostica è un mezzo estremamente valido, probabilmente<br />

il più importante nella diagnosi delle malattie del torace. Di solito fornisce<br />

informazioni più specifiche di quelle che si possono ottenere attraverso la raccolta<br />

dell’anamnesi e l’esecuzione dell’esame clinico. È relativamente poco<br />

costosa, di rapida esecuzione e capace di fornire risultati utili. Le informazioni<br />

ottenute attraverso le radiografie sono importanti per stilare un elenco delle<br />

possibili diagnosi differenziali.<br />

Anamnesi e riscontri clinici associati alle malattie del torace possono<br />

essere ambigui. Di conseguenza, le indicazioni per l’esame radiografico di<br />

questa regione anatomica (per cause non cardiache) possono essere numerose<br />

e varie.<br />

20


Alcune indicazioni per l’esame radiografico del torace sono rappresentate<br />

da:<br />

Tosse<br />

Dispnea<br />

Lesioni post-traumatiche<br />

Preanestesia geriatrica<br />

Postoperatorio<br />

Disfunzioni della deglutizione<br />

Valutazione dell’ipertiroidismo<br />

Controllo di metastasi<br />

È importante conoscere i fattori che entrano in gioco per la produzione di<br />

una radiografia di buona qualità, perché il valore diagnostico di un’immagine<br />

scadente può essere limitato o portare a conclusioni non corrette.<br />

I comuni errori che incidono sulla qualità sono rappresentati da:<br />

Mancata ripresa dell’intero torace sulla pellicola<br />

Torace non centrato sulla pellicola<br />

Ripresa non effettuata durante l’inspirazione<br />

Cattivo posizionamento del paziente<br />

Movimento del paziente<br />

Tecnica non appropriata (mAs, kVp)<br />

Esposizione non abbastanza breve<br />

Errori di sviluppo della pellicola<br />

Ambiente inadatto alla valutazione delle radiografie<br />

Nell’immagine radiografica deve essere presente l’intero torace, dal suo<br />

ingresso al diaframma completo. La radiografia deve anche comprendere il<br />

tratto caudale della trachea cervicale. Durante l’esposizione, le immagini in<br />

proiezione laterolaterale devono essere centrate sul margine caudale della<br />

scapola. Bisogna accertarsi che l’animale sia disteso. Nelle radiografie in<br />

proiezione laterolaterale, il metodo migliore per ottenere questa posizione è<br />

tenere la colonna vertebrale e lo sterno paralleli ed equidistanti dal tavolo.<br />

Allo scopo, risulta utile l’inserimento di uno spessore al di sotto dello sterno.<br />

Gli artefatti riferibili ad un posizionamento obliquo costituiscono un’evenienza<br />

comune e possono conferire al cuore un aspetto falsamente ingrossato,<br />

nonché determinare ombre polmonari che possono essere causa di confusione.<br />

Il posizionamento corretto deve anche prevedere l’estensione degli<br />

21


arti anteriori in avanti, lontano dal torace e paralleli fra loro. Nelle proiezioni<br />

laterolaterali la testa deve essere in posizione normale. La flessione<br />

della testa e del collo spesso causa una deviazione della trachea toracica<br />

che è motivo di confusione. Non si deve stirare il corpo dell’animale, perché<br />

ciò causa una distorsione del torace. I segni radiografici del cattivo<br />

posizionamento nelle radiografie in proiezione laterolaterale sono rappresentati<br />

da mancanza di sovrapposizione delle giunzioni costocondrali,<br />

archi dorsali delle costole non allo stesso livello su ciascun lato e corpi vertebrali<br />

toracici non visualizzati singolarmente e distintamente. Per ottenere<br />

un posizionamento cardiaco più costante si preferisce utilizzare il decubito<br />

laterale destro.<br />

Quello sul lato sinistro comporta una maggiore variabilità della posizione<br />

del cuore, ma risulta utile per valutare i pazienti con lesioni sospette<br />

o discutibili del polmone di destra.<br />

I segni radiografici del cattivo posizionamento nelle proiezioni ventrodorsali<br />

o dorsoventrali sono rappresentati da mancata sovrapposizione di<br />

colonna vertebrale e sterno, assenza di simmetria delle cartilagini costali,<br />

processi spinosi che non si presentano come radiopacità ovali sovrapposte<br />

al centro dei corpi vertebrali e costole controlaterali di lunghezza differente.<br />

Il posizionamento obliquo, anche se valido per la valutazione delle<br />

lesioni extrapleuriche o della parete toracica, può causare artefatti che sono<br />

motivo di confusione, come simulare uno spostamento mediastinico o conferire<br />

una forma anomala al cuore. Nelle radiografie in posizione dorsoventrale<br />

(DV) la posizione cardiaca è più costante, la ventilazione polmonare<br />

è più uniforme, specialmente a livello del tratto caudodorsale dei polmoni,<br />

e lo stress per i pazienti con compromissione respiratoria è minore.<br />

In queste immagini possono sfuggire alla visualizzazione le piccole lesioni<br />

localizzate nelle parti più ventrali del lobo polmonare medio di destra e<br />

della parte caudale di quello craniale di sinistra. Nelle radiografie ventrodorsali<br />

(VD) la posizione cardiaca è meno costante ed il cuore sembra più<br />

lungo. Queste immagini sono utili per la valutazione del cuore quando<br />

sono presenti volumi limitati di liquido pleurico. Questo si sposta verso le<br />

aree più declivi (doccia paravertebrale) e non delinea la silhouette cardiaca<br />

(scomparsa dei margini).<br />

Il più comune errore responsabile della ripresa di radiografie toraciche di<br />

scarsa qualità è il movimento dell’animale durante l’esposizione. Ciò può<br />

essere dovuto al fatto che il paziente si oppone al contenimento oppure dipendere<br />

dalla respirazione o dal battito cardiaco (questo annebbiamento delle<br />

immagini può causare interpretazioni errate). È preferibile utilizzare un<br />

tempo di esposizione breve (< 1/30 di secondo; l’ideale è 1/60) per evitare i<br />

movimenti.<br />

22


Tenere chiuse la bocca e le narici degli animali può consentire di ottenere<br />

un periodo di immobilità di breve durata. Ciò risulta particolarmente<br />

utile nei soggetti che presentano polipnea o respirano molto rapidamente.<br />

Altri accorgimenti utili per ridurre il tempo di esposizione sono rappresentati<br />

dall’impiego di pellicole a terre rare, schermi di rinforzo più rapidi<br />

ed apparecchi radiografici che consentano esposizioni brevi (si possono<br />

ottenere valori minori di mAs aumentando i kVp del 15% e dimezzando<br />

i mAs).<br />

L’uso di valori elevati di kVp e bassi di mAs consente di ottenere radiografie<br />

ad elevata latitudine/basso contrasto (lunga scala di contrasto) ideali<br />

per l’esame del torace (il che permette di valutare strutture come i piccoli<br />

vasi polmonari).<br />

L’autore raccomanda l’uso di valori di kVp > 80 (l’ideale è 100). Quando<br />

lo spessore del paziente è superiore a 10 cm è importante utilizzare una<br />

griglia per ridurre la diffusione.<br />

È possibile effettuare una valutazione dell’adeguata penetrazione<br />

nelle radiografie ventrodorsali o dorsoventrali basandosi sulla debole<br />

visualizzazione della colonna vertebrale attraverso la silhouette cardiaca<br />

(gli spazi discali intervertebrali devono essere appena visibili attraverso<br />

l’ombra del cuore) e dei processi spinosi dorsali delle vertebre toraciche<br />

craniali nelle immagini in proiezione laterolaterale (le vertebre toraciche<br />

craniali devono essere moderatamente sottoesposte e quelle mediotoraciche<br />

si devono vedere facilmente). Anche le costole risultano scarsamente<br />

visualizzate in corrispondenza della silhouette cardiaca. I campi polmonari<br />

periferici non devono essere sovraesposti (per evitare questo problema<br />

è possibile utilizzare una tecnica basata sull’uso di valori di kVp<br />

elevati/bassi di mAs).<br />

Le radiografie del torace vanno riprese durante il picco dell’inspirazione,<br />

tranne poche eccezioni (massimo rapporto aria/tessuto, il contrasto<br />

che consente di visualizzare le strutture intratoraciche). La chiave per<br />

ottenere l’esposizione al momento della massima inspirazione è quella di<br />

scattare la radiografia mentre l’animale sta inspirando. Non bisogna attendere<br />

che abbia raggiunto la massima inspirazione, perché di solito a questo<br />

punto è troppo tardi. La radiopacità polmonare varia e la posizione<br />

delle strutture toraciche è in gran parte influenzata dallo stadio della respirazione.<br />

Queste differenze possono eguagliare o simulare quelle causate<br />

da fenomeni patologici.<br />

Le immagini espiratorie possono talvolta essere utili per rilevare il collasso<br />

dinamico della trachea intratoracica o dei bronchi. È possibile evidenziare<br />

un grado limitato di pneumotorace e dimostrare l’intrappolamento dell’aria<br />

nei polmoni.<br />

23


Radiografie in proiezione laterolaterale riprese in inspirazione o espirazione<br />

Proiezione laterolaterale Inspirazione Espirazione<br />

Radiotrasparenza polmonare Aumentata Diminuita<br />

Radiotrasparenza retrosternale Aumentata Diminuita (aumento del contatto<br />

(sollevamento del cuore) del cuore con lo sterno)<br />

24<br />

Cupola polmonare Polmone visibile Indistinta<br />

fino al manubrio<br />

Regione polmonare dorsale Buona visualizzazione Visualizzazione indistinta<br />

Diaframma Appiattito Arrotondato<br />

(caudalmente a T12) (cranialmente a T11)<br />

Cuore Diminuito contatto Sovrapposizione<br />

con il diaframma con il diaframma<br />

Lobo polmonare accessorio Radiotrasparente (aumento Indistinto (diminuzione dello<br />

destro dello spazio fra cuore, spazio fra cuore, diaframma<br />

vena cava caudale e e vena cava caudale)<br />

diaframma)<br />

Vena cava caudale Parallela Inclinata (direzione cranioventrale<br />

– caudodorsale)<br />

Radiografie ventrodorsali o dorsoventrali inspiratorie ed espiratorie<br />

Proiezione VD/DV Inspirazione Espirazione<br />

Radiopacità polmonare Trasparente Indistinto<br />

Rapporto cuore/torace<br />

Dimensioni del cuore Diminuito Aumentato<br />

Ampiezza toracica Aumentato Diminuito<br />

Lunghezza toracica Aumentata Diminuita<br />

Diaframma Caudalmente all’8° costola Cranialmente all’8° costola<br />

A forma di cupola Con incisure<br />

Separato dal cuore Sovrapposto al cuore


Nella figura che segue è illustrato il corretto posizionamento del paziente<br />

sulla cassetta o all’interno del collimatore.<br />

Posizionamento della cassetta radiografica per l’esecuzione di riprese<br />

toraciche in proiezione dorsoventrale e laterolaterale<br />

Per utilizzare la tecnica corretta è importante effettuare misurazione appropriate.<br />

Queste vanno eseguite sulla base della figura che segue.<br />

Misurazione per la ripresa delle radiografie<br />

DV o VD laterolaterale<br />

INTERPRETAZIONE ED ASPETTO DELLE RADIOGRAFIE<br />

NORMALI DEL TORACE<br />

Se si è in grado di descrivere accuratamente una lesione radiografica, si è<br />

anche capaci di identificare il processo patologico. Esistono tre fasi di interpretazione<br />

di una radiografia. La prima è detta fase di ricognizione, nella<br />

quale si confrontano tutte le parti dell’immagine radiografica con la normalità.<br />

Se si rileva una qualsiasi anomalia, è necessario stabilire se si tratta di<br />

una variante normale, un artefatto o l’effetto di un posizionamento non corretto<br />

del paziente. La seconda fase è quella descrittiva. In essa si descrive il<br />

modo in cui la lesione varia rispetto alla norma, considerando modificazioni<br />

di radiopacità, dimensioni, forma, profilo (margini), localizzazioni, posizione<br />

e numero. Inoltre, si descrive l’estensione della lesione (che può interessare<br />

l’intero lobo craniale del polmone sinistro o soltanto il la sua parte craniale).<br />

Infine, si descrive la distribuzione della lesione (focale, multifocale o<br />

diffusa). L’ultima fase è quella dell’analisi. Si raccolgono tutte le informazioni<br />

relative alle modificazioni radiografiche rispetto alla norma, i dati<br />

anamnestici (compreso il segnalamento del paziente) e le anomalie riscontrate<br />

nel corso dell’esame clinico per stilare un elenco delle possibili diagnosi<br />

differenziali. Quindi, si stabilisce un ordine di priorità all’interno della<br />

lista, sulla base della probabilità. A questo punto, può essere necessario raccogliere<br />

ulteriori informazioni ed eseguire altri test (radiografie, ecografia,<br />

tomografia computerizzata, analisi ematochimiche, esami colturali e prelievo<br />

di campioni bioptici/aspirati con ago sottile).<br />

Per interpretare qualsiasi immagine radiografica è necessario assicurarsi di<br />

aver valutato l’intera radiografia. Allo scopo, è necessario adottare un approc-<br />

25


cio sistematico o un metodo di visualizzazione completo ed attenervisi sempre.<br />

Ciò contribuisce ad evitare di sottovalutare un’area o una modificazione<br />

significativa. L’ordine con cui si esaminano le varie strutture non è importante<br />

quanto la costanza del metodo utilizzato. Una volta osservata l’intera radiografia<br />

con queste modalità, si analizzano più a fondo tutte le aree potenzialmente<br />

alterate.<br />

Un possibile ordine di valutazione potrebbe essere<br />

Strutture extratoraciche Tessuti molli<br />

Colonna vertebrale<br />

Sterno<br />

Costole<br />

Parte craniale dell’addome<br />

Regione cervicale caudale<br />

Strutture toraciche Diaframma<br />

Mediastino<br />

Spazio pleurico<br />

Trachea/bronchi<br />

Vascolarizzazione polmonare<br />

Silhouette cardiaca<br />

Parenchima polmonare<br />

PARETE TORACICA<br />

La valutazione radiografica della parete toracica deve prendere in considerazione<br />

i tessuti molli, le costole, lo sterno e la colonna vertebrale. La parete<br />

toracica deve essere dapprima esaminata da una certa distanza per valutarne<br />

la simmetria. Lo stesso tipo di esame va effettuato per le costole. Fratture,<br />

ferite penetranti e neoplasie possono causare dislocazioni o distruzioni costali.<br />

A livello di parete toracica si devono ricercare variazioni di radiopacità<br />

(opacizzazioni o radiotrasparenze focali/diffuse). Uno dei maggiori problemi<br />

associati all’interpretazione del torace è legato ad una delle sue caratteristiche<br />

normali: le pliche cutanee. Queste possono essere confuse con margini lobari,<br />

portando alla formulazione di diagnosi errate di pneumotorace. Un modo<br />

per differenziare le pliche cutanee da altre strutture è quello di seguirle oltre i<br />

margini pleurici. Masse sottocutanee (detriti, zecche e capezzoli) possono<br />

essere ulteriore motivo di confusione nella valutazione della parete toracica e<br />

26


del parenchima polmonare. Le varie deformazioni (scoliosi, lordosi, cifosi,<br />

pectus excavatum) hanno raramente significato clinico, ma possono causare<br />

notevoli variazioni dell’aspetto delle strutture toraciche interne. Le lesioni<br />

della parete toracica sono rappresentate da traumi (fratture, tumefazione, enfisema<br />

sottocutaneo), infezioni, degenerazioni e neoplasie. Si possono riscontrare<br />

calcificazioni bizzarre delle giunzioni costocondrali e delle cartilagini<br />

costali che non devono essere confuse con un processo patologico. Molte<br />

lesioni della parete toracica si presentano sotto forma di masse e, se si spingono<br />

all’interno della cavità, possono determinare la comparsa di un segno di<br />

massa extrapleurica:<br />

1. Bordo convesso ben definito a ridosso della superficie polmonare<br />

2. Margini assottigliati che si fondono nella parete toracica<br />

3. Lesione (reazione distruttiva e/o produttiva) delle costole adiacenti<br />

Questi segni radiografici possono essere difficili da dimostrare, a meno<br />

che il fascio di raggi non sia diretto tangenzialmente sulla massa.<br />

Le modificazioni della forma normale e dell’allineamento dello sterno<br />

possono complicare la valutazione delle radiografie toraciche. A livello sternale<br />

si possono riscontrare problemi sia acquisiti che congeniti. I primi sono<br />

rappresentati da neoplasia, trauma ed infiammazione. Le condizioni congenite<br />

sono il pectus excavatum e l’assenza o l’accorciamento delle sternebre.<br />

Questi animali possono trovarsi in condizioni compromesse a causa di una<br />

concomitante malattia che altrimenti non costituirebbe un problema clinico.<br />

Un esempio di questo tipo si ha nel caso di un cane con pectus excavatum e<br />

versamento pleurico. Un limitato volume di versamento in un animale potrebbe<br />

non rappresentare un problema, ma nel soggetto con pectus excavatum il<br />

volume toracico è ridotto (dislocazione dorsale dello sterno con conseguente<br />

spostamento mediastinico, di solito a sinistra, e diminuzione del volume toracico)<br />

con compromissione clinica dell’animale.<br />

La valutazione della parete toracica e delle strutture extratoraciche deve<br />

sempre comprendere la parte craniale dell’addome e quella caudale della<br />

regione cervicale. Di solito si devono valutare le dimensioni del fegato, la<br />

distensione dell’addome, la presenza di gas libero e quella di fluido peritoneale.<br />

Nei casi di sospetta ernia diaframmatica si deve accertare, almeno parzialmente,<br />

la posizione dei visceri addominali. Nel gatto, per questa valutazione<br />

si può utilizzare anche l’aspetto del triangolo adiposo falciforme, situato<br />

appena ventralmente al fegato. Nella regione cervicale caudale è possibile<br />

esaminare trachea, esofago e tessuti molli. In questa sede si osserva comunemente<br />

il collasso tracheale dinamico extratoracico durante l’inspirazione. Qui<br />

si ha anche la formazione di diverticoli esofagei. Nei piani fasciali, in associazione<br />

con lo pneumomediastino, si può osservare la presenza di gas.<br />

27


DIAFRAMMA<br />

La posizione del diaframma dipende dalla tensione muscolare e dalla pressione<br />

transdiaframmatica. L’organo di solito non viene visualizzato come una struttura<br />

a sé stante. La formazione radiopaca osservata (cioè quello che viene indicato<br />

come diaframma) corrisponde soprattutto alla faccia craniale del fegato. Se il<br />

diaframma si osserva come una struttura isolata, sotto forma di una banda sottile,<br />

significa che in addome è presente del gas libero (pneumoperitoneo). Il diaframma<br />

è caratterizzato da un aspetto ampiamente variabile, che cambia per effetto<br />

della respirazione, del posizionamento (proiezioni DV, VD, laterolaterale destra o<br />

sinistra, oblique), dell’obesità, della sede e del grado della distensione gastrica e<br />

dei disordini addominali. È necessario studiare con la massima cura ogni anomalia<br />

per valutarne la riproducibilità.<br />

Nel gatto, è possibile osservare il tamponamento del diaframma, soprattutto<br />

quando i polmoni sono iperinsufflati (bronchite allergica felina). L’asimmetria<br />

diaframmatica si osserva meglio nelle immagini radiografiche in proiezione dorsoventrale<br />

e di solito viene rappresentata sotto forma di un emidiaframma rilevato<br />

o depresso. Le cause di rilevamento dell’emidiaframma sono la perdita di volume<br />

monolaterale (atelettasia, lobectomia), il dolore, le aderenze pleuriche, la<br />

dislocazione determinata da strutture addominali e la paralisi diaframmatica<br />

(paralisi frenica). La depressione del diaframma può essere dovuta ad insufflazione<br />

polmonare monolaterale, masse intratoraciche e pneumotorace iperteso.<br />

Variazioni dell’aspetto del diaframma<br />

28<br />

Modificazioni Dislocazione Espirazione<br />

di posizione craniale Affezioni addominali<br />

(organomegalia, masse,<br />

versamenti, gravidanza)<br />

Obesità<br />

Collasso lobare (atelettasia)<br />

Paralisi del diaframma<br />

Dislocazione Inspirazione<br />

caudale Pneumotorace<br />

Difficoltà respiratoria<br />

(enfisema, bronchite allergica del<br />

gatto, acidosi metabolica)<br />

Variazioni di forma Ernia diaframmatica<br />

(asimmetria) Ernia peritoneopericardica<br />

Masse toraciche<br />

Affezioni pleuriche<br />

Masse diaframmatiche<br />

Masse, corpi estranei o dilatazioni dell’esofago<br />

Anomalie sternali (pectus)


La mancata visualizzazione del diaframma può essere dovuta a scomparsa<br />

del bordo o rottura. La scomparsa del bordo può essere secondaria ad una<br />

trama alveolare dei lobi polmonari caudali o ad un versamento pleurico. La<br />

rottura del diaframma o l’ernia diaframmatica si può avere come conseguenza<br />

di un trauma oppure essere di origine congenita, ad esempio iatale o peritoneopericardica.<br />

I segni radiografici dell’ernia diaframmatica traumatica sono rappresentati<br />

da interruzione del profilo della cupola (incompleta visualizzazione del diaframma),<br />

dislocazione dei visceri addominali (presenza di strutture addominali<br />

nel torace; possono essere utili le radiografie addominali), versamento<br />

pleurico e/o masse patologiche toraciche che possono contenere raccolte<br />

chiuse di gas, ± fratture costali e spostamento del mediastino. Il versamento<br />

pleurico può essere asimmetrico. Gli organi erniati irregolari possono comprimere<br />

il polmone su uno dei lati. Gli spazi fra i polmoni e gli organi vengono<br />

occupati da fluidi, che mascherano gli organi stessi. Ulteriori studi che<br />

possono essere utili per la diagnosi dell’ernia diaframmatica sono le radiografie<br />

addominali, l’esame contrastografico del tratto superiore dell’apparato<br />

digerente, la peritoneografia con mezzo di contrasto positivo e la ripresa di<br />

radiografie in più posizioni. Le possibili diagnosi differenziali della perdita<br />

del profilo diaframmatico sono rappresentate da presenza di fluidi o masse a<br />

livello pleurico e radiopacità mediastiniche o polmonari.<br />

Si possono avere anche ernie congenite, di tipo peritoneopericardico o<br />

pleuroperitoneali. Le alterazioni radiografiche sono rappresentate da presenza<br />

di visceri addominali nel sacco pericardico, ingrossamento ed arrotondamento<br />

della silhouette cardiaca (non di tutto il cuore), aspetto indistinto del<br />

tratto ventrale del profilo diaframmatico, confluenza della silhouette cardiaca<br />

e di quella diaframmatica e residui mesoteliali.<br />

MEDIASTINO<br />

Il mediastino è un comparto organico o spazio virtuale fra cavità pleuriche<br />

delineato su ciascun lato dalla pleura (pleura mediastinica). Si tratta di un’area<br />

anatomica nebulosa, che può essere difficile da valutare a causa della mancanza<br />

di qualsiasi radiopacità tissutale che funga da mezzo di contrasto. La<br />

diagnosi radiografica delle malattie può essere difficile a causa:<br />

1) del numero di organi visualizzati in modo incompleto (assenza di<br />

radiopacità tissutali di contrasto)<br />

2) della sovrapposizione della colonna vertebrale nelle immagini in<br />

proiezione ventrodorsale/dorsoventrale<br />

3) del normale accumulo di grasso nel mediastino.<br />

29


Il mediastino si estende in senso dorsoventrale e dall’ingresso del torace<br />

sino al diaframma. Nelle immagini in proiezioni laterolaterale è possibile<br />

visualizzare un’area fluida opaca fra l’ingresso del torace e la biforcazione<br />

della trachea e fra il margine ventrale della colonna vertebrale ed il tratto<br />

situato appena ventralmente alla trachea. Si tratta del mediastino craniodorsale,<br />

che contiene numerose strutture importanti quali trachea, esofago, cuore,<br />

grossi vasi (aorta, vena cava craniale), dotto toracico e nervi principali, linfonodi<br />

e timo (animali giovani). Il mediastino si osserva male come struttura<br />

distinta nelle radiografie in proiezione laterolaterale. Comunica cranialmente<br />

con i piani fasciali del collo e caudalmente con lo spazio retroperitoneale<br />

(attraverso gli iati aortici ed esofagei). Queste vie possono essere evidenziate<br />

quando si sviluppa uno pneumomediastino secondario ad enfisema sottocutaneo<br />

o viceversa. Potenzialmente, anche le infezioni possono seguire questa<br />

via. Nel cane e nel gatto, la metà ventrale del mediastino è fenestrata. Non<br />

comunica con lo spazio pleurico. Divide in modo incompleto il torace in due<br />

metà, destra e sinistra. È suddiviso anatomicamente nelle porzioni craniale,<br />

media e caudale. Esistono tre ripiegamenti mediastinici:<br />

1) Cranioventrale – verso sinistra fino ad accogliere il lobo polmonare craniale<br />

destro attraverso la linea mediana. È piegato dalla linea mediana<br />

all’emitorace medio-sinistro. Si presenta sotto forma di una sottile linea<br />

opaca dovuta alla presenza di grasso o timo negli animali giovani.<br />

2) Caudoventrale – verso sinistra fino ad accogliere il lobo polmonare<br />

accessorio. Si presenta sotto forma di una linea radiopaca che si estende<br />

caudolateralmente dall’apice del cuore al diaframma. Può apparire<br />

normalmente ampliato per la presenza di grasso.<br />

3) Caudale mediotoracico – verso destra ad accogliere la vena cava caudale.<br />

Nelle immagini radiografiche in proiezione dorsoventrale, si evidenziano i<br />

margini craniale e caudoventrale del mediastino. Nel cane e nel gatto, lo spessore<br />

normale della parte craniale è pari a 1,5-2 volte l’ampiezza dei corpi vertebrali.<br />

Il mediastino deve presentare margini lisci, piuttosto diritti. Nel cane,<br />

la porzione craniale è frequentemente ispessita per l’accumulo di grasso; nel<br />

gatto, questa evenienza si osserva con frequenza molto minore.<br />

L’ampliamento del mediastino craniale negli animali giovani (< 1 anno) è di<br />

solito dovuto all’ombra del timo (segno della vela). In condizioni normali,<br />

non risultano evidenziabili l’esofago, le pareti tracheali esterne, le principali<br />

suddivisioni dell’aorta, la vena cava craniale e la vena azigos; la loro visualizzazione<br />

indica la presenza di gas all’interno del mediastino (pneumomediastino).<br />

L’esofago si può identificare anche in assenza di gas circostante se<br />

contiene gas o materiali (fluidi, cibo, bario).<br />

30


SPOSTAMENTO DEL MEDIASTINO<br />

Gli emitoraci destro e sinistro hanno essenzialmente le stesse dimensioni<br />

nelle immagini radiografiche ventrodorsali/dorsoventrali. Qualsiasi differenza<br />

da questo punto di vista è riferibile ad uno spostamento mediastinico. Ciò<br />

può essere dovuto ad un’insufflazione non uniforme dei polmoni (destro<br />

rispetto al sinistro, ad esempio) causata da un incremento o una diminuzione<br />

monolaterale del volume polmonare o ad un innalzamento o un calo monolaterale<br />

della pressione intratoracica. Uno spostamento mediastinico può essere<br />

indicativo di malattie a carico di organi quali polmoni, bronchi, parete toracica,<br />

pleura. A queste condizioni può essere associato un aspetto normale del<br />

diaframma che causa uno spostamento mediastinico. Quest’ultimo si riconosce<br />

sulla base della dislocazione delle principali strutture mediastiniche<br />

(silhouette cardiaca, trachea) da un lato verso l’altro.<br />

Cause di spostamento del mediastino<br />

Ostruzione bronchiale<br />

Atelettasia<br />

Enfisema disuguale<br />

Masse polmonari<br />

Pneumotorace<br />

Versamento pleurico<br />

Masse della parete toracica (delle pleure)<br />

Aderenze (affezioni pleuriche di vecchia data)<br />

Ernia diaframmatica<br />

Anomalie di conformazione (pectus)<br />

PNEUMOMEDIASTINO<br />

Lo pneumomediastino è indicato dall’aumento della visualizzazione delle<br />

strutture contenute nel setto (diventano visibili strutture che in condizioni normali<br />

non si vedono). Radiograficamente, attraverso lo pneumomediastino è<br />

possibile visualizzare strutture mediastiniche quali esofago, aorta, vena azigos<br />

e vena cava craniale. È anche possibile osservare la superficie interna ed<br />

esterna della trachea (stria tracheale). Infine, si possono vedere l’enfisema<br />

sottocutaneo e lo pneumoretroperitoneo.<br />

Il gas proveniente da uno pneumomediastino può determinare una dissezione<br />

secondaria penetrando nei piani fasciali profondi della regione cervica-<br />

31


le e da qui raggiungere il tessuto sottocutaneo. Può anche passare nello spazio<br />

retroperitoneale, attraverso lo iato aortico. Quello proveniente da uno<br />

pneumomediastino può infine determinare uno pneumotorace secondario. È<br />

necessario essere consapevoli del fatto che un esofago disteso dal gas può<br />

ricadere sulla trachea e, raramente, sui grossi vasi, dando la falsa impressione<br />

di uno pneumomediastino.<br />

Cause di pneumomediastino<br />

Ferite dei tessuti molli, specialmente nell’area del collo e al di sopra delle spalle<br />

(fra le scapole)/ferite da morso<br />

Trauma (rottura) della trachea o della laringe, con infiltrazione dell’aria lungo la<br />

guaina tracheale<br />

Rottura di bronchi o alveoli con infiltrazione dell’aria lungo gli spazi perivascolari<br />

o peribronchiali sino all’ilo polmonare<br />

Lacerazione esofagea con infiltrazione dell’aria (corpo estraneo o neoplasia)<br />

Secondario a presenza di aria nel retroperitoneo<br />

Mediastinite enfisematosa (microrganismi gas-produttori)<br />

MASSE MEDIASTINICHE<br />

Il mediastino deve anche essere esaminato per rilevare la presenza di allargamenti<br />

diffusi o focali che possono indicare un processo infiltrante o una<br />

massa patologica. L’allargamento diffuso del mediastino, la sua perdita di<br />

distinzione o la cancellazione dei margini delle strutture in esso contenute ed<br />

il restringimento o la dislocazione della trachea si possono osservare in caso<br />

di accumulo di liquido (mediastinite, emorragia-coagulopatia, trauma).<br />

Le masse mediastiniche si osservano comunemente nel cane e nel gatto e<br />

si presentano sotto forma di radiopacità toraciche in prossimità della linea<br />

mediana e, spesso, causano la dislocazione delle strutture adiacenti. Se una<br />

massa si viene a trovare a contatto di una struttura mediastinica, si avrà la<br />

scomparsa dei suoi margini. Le masse mediastiniche sono spesso suddivise in<br />

base alla loro localizzazione in cranioventrali, craniodorsali, perilari, caudoventrali<br />

e caudodorsali.<br />

Le modificazioni radiografiche associate alla presenza di masse mediastiniche<br />

sono rappresentate da aumento della radiopacità o opacizzazione del<br />

tratto craniale del torace (mediastino), dislocazione delle strutture mediastini-<br />

32


che normali (spostamento e/o compressione della trachea e/o dell’esofago;<br />

può essere utile l’esofagografia), ampliamento del mediastino e perdita di<br />

distinzione dei margini mediastinici. Le possibili diagnosi differenziali e le<br />

lesioni che possono essere motivo di confusione simulando un’affezione<br />

mediastinica sono rappresentate da presenza del timo normale negli animali<br />

giovani, obesità, masse polmonari (in particolare, a livello delle estremità craniali<br />

dei lobi polmonari craniali ed accessori di sinistra e di destra) ed edema<br />

perilare.<br />

Masse mediastiniche<br />

Regione Strutture normali Malattie<br />

Cranioventrale Timo<br />

Linfonodi Linfoadenopatia (da linfosarcoma, reattiva),<br />

ascessi, timoma, tiroide ectopica, ematoma,<br />

granuloma, obesità<br />

Craniodorsale Arco aortico Masse, corpi estranei o dilatazioni esofagee,<br />

Vena cava craniale masse della base del cuore, timoma, tumore<br />

Linfonodi neurogeno (paraspinale), ematoma,<br />

Trachea linfoadenopatia, stenosi aortica,<br />

Esofago dotto arterioso persistente<br />

Perilare Linfonodi Linfoadenopatia, ingrossamento dell’atrio<br />

Base del cuore sinistro, masse, corpi estranei o dilatazioni<br />

Radice dei vasi esofagee, dilatazione poststenotica (PA),<br />

principali masse della base del cuore o dell’atrio destro<br />

Caudodorsale Esofago Masse, corpi estranei o dilatazioni esofagee,<br />

ernia iatale, ernia diaframmatica, Spirocerca<br />

lupi, aneurisma aortico, intussuscezione<br />

gastroesofagea<br />

Caudoventrale Vena cava caudale Ernia diaframmatica (peritoneopericardica),<br />

ascessi mediastinici, granuloma o ematoma<br />

PLEURA E SPAZIO PLEURICO<br />

Lo spazio pleurico è uno spazio virtuale fra la pleura viscerale (polmonare)<br />

e quella parietale (costale, mediastinica e diaframmatica). Il polmone<br />

rimane insufflato ed occupa lo spazio pleurico invece di esercitare le sue nor-<br />

33


mali proprietà di retrazione elastica a causa della tensione superficiale del<br />

liquido pleurico e della pressione subatmosferica presente nel torace. In condizioni<br />

normali, gli spazi pleurici (di sinistra e di destra) non risultano visualizzabili<br />

radiograficamente, anche se è presente una ridotta quantità di fluidi<br />

che agisce da lubrificante riducendo la frizione fra le superfici. Di solito, questi<br />

spazi comunicano reciprocamente, ma non con altri comparti dell’organismo,<br />

attraverso delle fenestrazioni del mediastino. Le fessure interlobari sono<br />

delle riflessioni della pleura viscerale sui lobi polmonari che in condizioni<br />

normali non sono visibili. Per poter visualizzare radiograficamente la pleura,<br />

è necessario che siano soddisfatti tre criteri:<br />

1) proiezione della pleura all’estremità (fascio di raggi tangenziale che<br />

colpisce il margine della pleura)<br />

2) ispessimento della pleura o aumento del liquido pleurico presente<br />

3) polmoni adiacenti ben aerati per delineare per contrasto la pleura<br />

Di solito, non si osservano le scissure pleuriche, perché il fascio di raggi<br />

colpisce il margine della sierosa in modo obliquo. Quando sono presenti, queste<br />

strutture appaiono come linee molto sottili e nette in sedi tipiche. È più<br />

comune osservare le fessure interlobari negli animali anziani, secondariamente<br />

all’ispessimento della pleura (modificazione legata all’invecchiamento).<br />

Nelle immagini radiografiche dorsoventrali, si possono osservare le scissure<br />

interlobari fra il lobo craniale destro e quello medio e fra quest’ultimo e<br />

quello caudale. Le scissure interlobari del lato sinistro si visualizzano raramente.<br />

Quelle nelle radiografie in proiezione laterolaterale di solito si osservano<br />

sovrapposte al cuore, fra il lobo polmonare medio di destra e quello caudale,<br />

e dorsalmente, fra la parte craniale e quella caudale del polmone. La<br />

radiologia ha un ruolo estremamente importante nella valutazione delle affezioni<br />

pleuriche; consente infatti di individuarle, localizzarle, stimare il volume,<br />

la distribuzione o la motilità dell’aria o del fluido, inserire un ago per<br />

toracentesi e valutare le malattie associate (della parete toracica, polmonari,<br />

mediastiniche e diaframmatiche). Le affezioni pleuriche sono distinte in due<br />

ampie categorie: 1) quelle che aumentano la radiopacità dello spazio pleurico<br />

(versamenti o masse patologiche), 2) quelle che diminuiscono la radiopacità<br />

dello spazio pleurico (pneumotorace).<br />

VERSAMENTO PLEURICO<br />

A livello della pleura parietale si ha normalmente una produzione di fluido<br />

che viene immesso nello spazio pleurico ed assorbito in corrispondenza<br />

della pleura viscerale ad opera dei capillari e dei vasi linfatici per effetto di un<br />

34


gradiente pressorio idrostatico (la pleura parietale è vascolarizzata dall’apporto<br />

ematico sistemico, ad alta pressione, e quella viscerale dal sistema polmonare,<br />

a bassa pressione). Esistono numerose cause di versamento pleurico:<br />

aumento della pressione venosa sistemica e linfatica, bassa pressione colloidosmotica,<br />

aumento della pressione capillare da neoplasia, infezione o trauma ed<br />

incarceramento del fegato in un’ernia diaframmatica. Il versamento pleurico<br />

può essere distinto in libero, intrappolato ed incapsulato. I fluidi liberi si muovono<br />

fra gli spazi pleurici di destra e di sinistra, con una localizzazione che<br />

dipende dalla gravità, e non è possibile differenziare il tipo di liquido presente<br />

senza ricorrere alla toracentesi. I fluidi intrappolati tendono a restare localizzati<br />

in una determinata parte dello spazio pleurico, ma sono ancora in grado di<br />

muoversi sotto l’influenza della gravità. Si trovano comunemente intorno al<br />

polmone medio di destra, attorno ad ogni tratto polmonare colpito da una patologia<br />

che non sia insufflato al massimo e fra il polmone ed il diaframma o fra<br />

il polmone ed il cuore. I fluidi incapsulati sono raccolte loculate con depositi<br />

fibrinosi o aderenti e non possono essere spostati per gravità. Il tipo di versamento<br />

pleurico di solito non influisce sul quadro di distribuzione.<br />

Lo scopo dell’esame radiografico nel versamento pleurico è quello di confermare<br />

la presenza del liquido, stimarne la quantità (per determinarne il trattamento<br />

ed il successo della terapia) e cercare di identificarne l’eziologia. È<br />

possibile che un volume limitato di fluido non venga rilevato. Di solito occorrono<br />

più di 100 ml per individuare un versamento in un cane di media taglia<br />

ed anche così la presenza del liquido si può individuare soltanto utilizzando<br />

appositi studi in particolari posizioni. Quando è presente in volume limitato, il<br />

liquido si osserva di solito inizialmente nel recesso mediastinico ed a livello<br />

degli angoli costofrenico e cardiofrenico. Inoltre, le piccole quantità di fluido<br />

vengono meglio visualizzate durante l’espirazione, nelle proiezioni dorsoventrali,<br />

in decubito laterale o in stazione eretta con fascio orizzontale.<br />

L’accumulo di un versamento pleurico di maggiori dimensioni conferisce un<br />

aspetto dentellato alle porzioni ventrali del torace e determina la retrazione dei<br />

margini lobari con visualizzazione delle scissure interlobari che si allargano<br />

verso la periferia, la cancellazione dei margini o la comparsa di una silhouette<br />

cardiaca positiva a livello del diaframma, e la separazione del cuore e dello<br />

sterno (non osservato a causa della formazione della silhouette) con dislocazione<br />

dorsale della biforcazione della trachea e della trachea stessa. Spesso è<br />

utile la ripresa di immagini in particolari posizioni (DV/VD, a fascio orizzontale)<br />

per distinguere se il fluido è mobile e per valutare le strutture che non si<br />

osservano a causa della formazione della silhouette. Si osserva l’arrotondamento<br />

dell’angolo costofrenico nella proiezione dorsoventrale o l’ampliamento<br />

del mediastino craniale e caudale, specialmente in proiezione dorsoventrale.<br />

Il fluido si accumula intorno al cuore, al mediastino craniale, ai lobi pol-<br />

35


monari craniali, alla parte ventrale del diaframma nelle proiezioni dorsoventrali<br />

che ne mascherano i bordi, mentre in quelle ventrodorsali si accumula<br />

sulla faccia dorsocaudale del torace, consentendo una migliore visualizzazione<br />

di queste strutture. Si raccomanda la ripetizione dell’esame radiografico<br />

dopo la rimozione del fluido (è possibile determinare l’eziologia del liquido<br />

presente – cardiomegalia, massa mediastinica, massa o torsione polmonare).<br />

I versamenti pleurici monolaterali o asimmetrici sono meno comuni. Le<br />

cause sono rappresentate da differenze nella compliance polmonare, chiusura<br />

della fenestrazione mediastinica (dovuta a infiammazione cronica – piotorace,<br />

chilotorace, emotorace, e presenza (congenita) di un mediastino anatomicamente<br />

completo). Può essere più comune nel piotorace nel gatto. Il tipo di<br />

fluido presente non può essere stabilito attraverso l’esame radiografico.<br />

Nell’elenco delle possibili diagnosi differenziali si deve sempre inserire l’ernia<br />

diaframmatica, per evitare di dimenticarsi di ricercarla.<br />

Segni radiografici del versamento pleurico<br />

Visibilità delle scissure interlobari (ampliamento delle scissure – più ampie alla<br />

periferia che al centro)<br />

Ingrossamento ed aumento della radiopacità dello spazio pleurico (separazione<br />

fra pleura viscerale e parietale)<br />

Diminuzione delle dimensioni del parenchima polmonare (atelettasia parziale/i<br />

lobi polmonari più piccoli collassano per primi ed in modo più accentuato – lobo<br />

medio di destra)<br />

Aumento della radiopacità dei polmoni da sovrapposizione di fluido<br />

Aumento della radiopacità dei fluidi dorsalmente allo sterno (polmoni scostati<br />

dallo sterno - margine dentellato) e ventralmente alla colonna vertebrale<br />

Angoli costofrenici smussati (nelle radiografie ventrodorsali)<br />

Cancellazioni del bordo del cuore e del diaframma (eventualmente dell’aorta<br />

nelle immagini ventrodorsali)<br />

Man mano che il volume del fluido aumenta, il diaframma si appiattisce<br />

Il recesso mediastinico si allarga<br />

Tipi di versamento pleurico<br />

36<br />

Idrotorace Insufficienza cardiaca, ipoalbuminemia (sindrome nefrosica,<br />

enteropatia proteinodisperdente, insufficienza epatica cronica),<br />

torsione di un lobo polmonare, ernia diaframmatica<br />

Emotorace Trauma, coagulopatia, neoplasia<br />

Essudato (piotorace, empiema)<br />

FIP, ascessi polmonari, polmonite


Chilotorace Trauma, insufficienza cardiaca, neoplasia, congenita<br />

Neoplastico Neoplasia<br />

Accumulo di fluidi nelle diverse posizioni<br />

Ventrodorsale Angoli costofrenici smussati, il mediastino sembra più ampio<br />

(il fluido riempie le docce paravertebrali)<br />

Dorsoventrale Scomparsa dei margini del cuore, presenza di fluidi nella scissura<br />

fra il lobo caudale sinistro e la parte caudale del lobo craniale<br />

sinistro.<br />

Laterolaterale Si visualizza dapprima ventralmente e cranialmente (la parte<br />

caudale del polmone collassa meno facilmente), con un<br />

aumento del volume osservato intorno al tratto caudale del<br />

polmone<br />

Esistono numerose situazioni capaci di simulare l’aspetto e le caratteristiche<br />

diagnostiche di un versamento pleurico, quali inspirazione incompleta,<br />

ispessimento pleurico (animali anziani), presenza di grasso retrosternale (che<br />

ricopre l’apice cardiaco e solleva il cuore e copre il cuore destro nelle radiografie<br />

in proiezione dorsoventrale), grasso mediastinico (ampliamento del<br />

mediastino), masse mediastiniche (ampliamento del mediastino), grasso sottopleurico<br />

(retrazione del polmone/parete toracica), aspetto inusuale della<br />

parete toracica (bassett), ernia diaframmatica ed epatizzazione polmonare<br />

(lobare).<br />

Le radiografie riprese a fascio orizzontale sono utili per la valutazione del<br />

liquido pleurico. La proiezione meno stressante è quello laterolaterale in stazione.<br />

In queste immagini si può osservare un livello di fluido mal definito.<br />

Questo livello non si osserva affatto nelle radiografie riprese in decubito laterale.<br />

In presenza di liquidi e aria liberi nello spazio pleurico (idropneumotorace),<br />

si può osservare nelle immagini riprese in proiezione laterolaterale in<br />

stazione una linea fluida ben definita. Questa condizione può essere dovuta a<br />

traumi (pneumoemotorace), infezioni (da rottura di un ascesso polmonare) o<br />

cause iatrogene (dopo toracentesi di un versamento pleurico).<br />

MALATTIE EXTRAPLEURICHE<br />

L’estensione intratoracica delle strutture che originano da pleura, costole e<br />

tessuto intercostale (subpleurico) può determinare la comparsa di un cosid-<br />

37


detto segno extrapleurico. Queste lesioni vanno differenziate dalle masse polmonari<br />

sia a fini diagnostici che terapeutici. Il tipo più comune di massa extrapleurica<br />

è il tumore costale, per cui si osservano frequentemente lisi e reazione<br />

periostale lungo le costole. Lo spazio pleurico solitamente non è coinvolto.<br />

Il profilo della massa è in genere ben definito e netto, perché è ricoperto<br />

dalla pleura. La neoformazione si accresce come una sfera, per cui la superficie<br />

che si proietta verso il polmone appare convessa. I margini craniale e caudale<br />

della massa sono di solito affusolati o possono apparire concavi. I diametri<br />

longitudinali e trasversali della massa possono essere quasi identici. Il<br />

punto più ampio si trova di solito in posizione opposta all’inserzione sulla<br />

parete corporea. L’aspetto radiografico si apprezza meglio con il fascio di<br />

raggi diretto tangenzialmente alla base della struttura. Deve esistere una dislocazione<br />

assiale su ampia base della pleura parietale.<br />

PNEUMOTORACE<br />

Col termine di pneumotorace si indica la presenza di aria all’interno dello spazio<br />

pleurico. L’esame radiografico è utile non solo per la diagnosi della condizione,<br />

ma anche come guida per stabilirne la gravità (se ricorrere o meno alla toracentesi),<br />

valutare se esistano altri problemi polmonari (contusioni, bolle, polmonite,<br />

traumi della parete toracica) o stabilirne l’eziologia. Lo pneumotorace può<br />

essere suddiviso in quattro classificazioni diverse: 1) Aperto – un tratto di parete<br />

corporea consente la libera comunicazione fra atmosfera e spazio pleurico. La<br />

pressione intrapleurica è minore di quella atmosferica. 2) Chiuso – dovuto ad una<br />

ferita del parenchima polmonare. 3) Semplice – l’aria penetra nello spazio pleurico<br />

durante l’inspirazione e fuoriesce con l’espirazione. La pressione nello spazio<br />

pleurico è inferiore a quella atmosferica. 4) Iperteso – è presente una ferita che<br />

agisce da lembo valvolare a senso unico. L’aria penetra nello spazio pleurico<br />

durante l’inspirazione e vi rimane intrappolata. La pressione intrapleurica è superiore<br />

a quella atmosferica.<br />

Eziologie dello pneumotorace<br />

38<br />

Iatrogeno Toracentesi<br />

Traumatico Lesioni di trachea, parete corporea, polmone<br />

Spontaneo Rottura di cisti polmonari (Paragonimus), ascessi, tumori cavitari,<br />

polmonite<br />

Le alterazioni radiografiche in caso di pneumotorace sono rappresentate


da: retrazione dei margini lobari, opacizzazione della parte periferica dei polmoni<br />

inferiore a quella polmonare, radiotrasparenza periferica priva di caratteristiche<br />

broncovascolari (utilizzare uno spot), silhouette cardiaca separata<br />

(scostata) dallo sterno. È possibile dimostrare l’eziologia della condizione<br />

(traumi, vescicole, bolle polmonari). Risulta molto importante riconoscere un<br />

eventuale pneumotorace iperteso; radiograficamente, è possibile osservare, in<br />

aggiunta a quanto precedentemente descritto, marcata atelettasia, spostamento<br />

mediastinico e depressione del diaframma. Le alterazioni si osservano più facilmente<br />

nelle immagini in proiezione dorsoventrale e in quelle riprese durante<br />

l’espirazione. Le anomalie secondarie possono essere rappresentate da atelettasia<br />

o modificazioni da contusioni osservate in caso di trauma. La diagnosi differenziale<br />

deve comprendere pliche cutanee, iperinsufflazione polmonare<br />

(soprattutto nelle razze canine a torace profondo) ed ipervascolarità del campo<br />

polmonare. Le radiografie riprese con il fascio di raggi orizzontale e l’animale<br />

in decubito laterolaterale possono consentire di identificare la presenza di una<br />

raccolta di aria al di sotto della parete toracica situata più in alto.<br />

PARENCHIMA POLMONARE<br />

L’esame radiografico dei polmoni può contribuire a confermare le affezioni<br />

polmonari, valutare la gravità e la cronicità della malattia, stabilirne l’eziologia,<br />

dimostrarne la localizzazione, evidenziare le alterazioni polmonari associate e stimarne<br />

la progressione o regressione. La radiopacità complessiva del polmone<br />

dipende dal rapporto fra l’aria presente negli alveoli ed i bronchi ed i tessuti molli<br />

fra i vasi e l’interstizio. Qualsiasi processo che modifichi questo rapporto altera<br />

anche l’aspetto dei polmoni. Le componenti polmonari sono rappresentate da vie<br />

aeree o alveoli, vasi, interstizio (vasi linfatici, rete di sostegno per le strutture<br />

vascolari e bronchiali, setti alveolari), e bronchi. La radiopacità polmonare può<br />

essere aumentata da condizioni diverse dalla patologia riscontrata, quali scarsa<br />

inspirazione, grave obesità, sottoesposizione ed età avanzata.<br />

Descrizione delle lesioni polmonari<br />

Numero singole, multiple<br />

Estensione localizzate, disseminate, diffuse<br />

Localizzazione centrale (perilare), media, periferica<br />

Aspetto radiografico alveolare, interstiziale, peribronchiale, vascolare, misto<br />

Marginazione ben definita, mal definita<br />

39


Forma arrotondata, irregolare, nodulare, cotonosa<br />

Qualità omogenea, disomogenea, cavitaria, solida, mineralizzazione<br />

Lesioni associate della parete toracica, dell’addome, del mediastino, della<br />

pleura, del diaframma, del cuore<br />

Radiopacità aumentata, diminuita, normale, da artefatto (in aumento<br />

o in diminuzione)<br />

Radiopacità polmonare<br />

Ridotta Enfisema<br />

Ipoperfusione (shunt da destra a sinistra, ipovolemia)<br />

Magrezza, emaciazione<br />

Sovraesposizione<br />

Eccessivo sviluppo<br />

Intrappolamento dell’aria (piccolo calibro, ostruzione delle vie<br />

aeree superiori)<br />

Pneumotorace<br />

Lesioni focalmente cistiche, similcistiche o cavitarie<br />

Aumento Affezione generalizzata del parenchima<br />

Affezione focale del parenchima<br />

Iperperfusione (shunt da sinistra a destra, malattia da gittata elevata)<br />

Obesità<br />

Forma espiratoria<br />

Sottoesposizione<br />

Insufficiente sviluppo<br />

Il migliore approccio all’interpretazione delle anomalie del parenchima<br />

polmonare consiste nel definire la porzione anatomica (componente – alveolare,<br />

interstiziale, peribronchiale/bronchiale, vascolare) del polmone coinvolto<br />

dalla malattia e definire il quadro di distribuzione. A questo punto, basandosi<br />

sulle correlazioni fra la patologia radiologica nota ed altre modificazioni<br />

rilevate con i metodi clinici, anamnestici, ematologici e biochimici, è possibile<br />

stilare un elenco di diagnosi differenziali. Così si può prendere una decisione<br />

relativa al ciclo di trattamento da avviare per cercare di chiarire in modo<br />

40


più definito il processo patologico.<br />

Le affezioni polmonari focali radiograficamente sono spesso simili al loro<br />

aspetto patologico macroscopico e l’elenco delle diagnosi differenziali è più<br />

breve e meglio definito di quello delle forme polmonari diffuse. I problemi<br />

connessi alla formulazione di una lista breve ed accurata di diagnosi differenziali<br />

nelle malattie diffuse sono dati dal numero elevato delle malattie stesse<br />

e dal fatto che queste sono dinamiche e caratterizzate da differenti stadi e<br />

manifestazioni.<br />

Questo è il motivo per cui sono stati stabiliti cinque quadri di diffuse alterazioni<br />

radiografiche del polmone. Ognuno di essi è associato ad un elenco di<br />

possibili diagnosi differenziali ben definito, ma lungo. Esiste anche una<br />

sovrapposizione fra queste liste associate ai vari quadri. È anche possibile riuscire<br />

ad abbreviare o ridefinire questi elenchi rilevando altre modificazioni<br />

radiografiche, la ridistribuzione del quadro, l’aspetto della modificazione<br />

(regressione o progressione) e le anomalie anamnestiche, cliniche, ematologiche<br />

e biochimiche.<br />

AFFEZIONI ALVEOLARI<br />

Scomparsa del bordo – (segno della silhouette positivo) il bordo o margine<br />

di una struttura toracica non è più visibile a causa di una lesione della stessa<br />

radiopacità; questo riscontro dimostra che la lesione e un’altra struttura<br />

sono a reciproco contatto. Questa variazione può contribuire a differenziare le<br />

lesioni polmonari, mediastiniche o extrapleuriche.<br />

Broncografia gassosa – si ha quando l’alveolo assume la radiopacità propria<br />

dei fluidi o dei tessuti molli (fluidi o infiltrati cellulari o collasso – atelettasia).<br />

I bronchi o i bronchioli che non sono stati colpiti svolgono una funzione<br />

di contrasto (radiopacità tipica dei gas) rispetto al polmone interessato (radiopacità<br />

tipica dei fluidi). È possibile osservare le broncografie gassose come<br />

strutture longitudinali o trasversali (tondeggianti). L’importanza sta nella possibilità<br />

di localizzare la lesione al polmone piuttosto che alla pleura o al<br />

mediastino.<br />

Il termine “alveolare” implica il coinvolgimento degli spazi aerei distali<br />

del polmone. Ciò si ha quando gli alveoli vengono colmati da fluidi (sangue,<br />

edema o essudato) o materiali cellulari. Si può anche verificare quando<br />

gli alveoli perdono aria o collassano (atelettasia). In quest’ultimo caso,<br />

il lobo polmonare coinvolto presenta una diminuzione di dimensioni o di<br />

volume. Quando il fluido riempie gli alveoli, il volume polmonare è invece<br />

normale o quasi.<br />

41


Quando il lobo polmonare sembra radiopaco ed ingrossato, la prima<br />

ipotesi da verificare è quella di una neoplasia. Un quadro alveolare si riconosce<br />

sulla base della radiopacità tipica dei tessuti molli che determina la<br />

scomparsa dei bordi (segno della silhouette positiva, che impedisce la<br />

visualizzazione del cuore, del diaframma e delle strutture vascolari), della<br />

presenza di broncografie gassose (bronchi pieni d’aria circondati da una<br />

radiopacità omogenea che delinea i vasi e li maschera), dell’aspetto tipicamente<br />

cotonoso e dei margini indistinti che tendono a confluire in una<br />

disposizione marginale lobare. Le radiopacità alveolari possono oscurare<br />

altri quadri radiografici eventualmente presenti. La trama alveolare è molto<br />

labile e può subire delle modificazioni di aspetto nel volgere di poche ore.<br />

La sua localizzazione e distribuzione può servire a differenziare la causa<br />

della malattia. Ad esempio, l’edema polmonare da cardiopatia sinistra è di<br />

solito bilateralmente simmetrico e perilare. Altre modificazioni che possono<br />

venire visualizzate sono rappresentate da cardiomegalia e congestione<br />

venosa polmonare.<br />

L’edema polmonare da cause non cardiogene si può manifestare nei<br />

campi polmonari dorsali caudali. La broncopneumopatia può essere<br />

asimmetrica e soprattutto cranioventrale. L’emorragia polmonare si può<br />

presentare a chiazze, asimmetrica o lobare. L’alterazione polmonare<br />

principale può essere accompagnata da altre quali versamento pleurico o<br />

fratture costali, a seconda della causa dell’emorragia. L’atelettasia può<br />

apparire come una diminuzione del volume del polmone con spostamento<br />

del mediastino o del cuore e rimpicciolimento dei lobi polmonari<br />

radiopachi.<br />

La neoplasia polmonare di solito interessa i lobi caudali, non è labile,<br />

il volume lobare può sembrare aumentato (con margini tondeggianti) e<br />

possono essere presenti delle metastasi.<br />

Aspetto radiografico della pneumopatia alveolare<br />

42<br />

Aumento della radiopacità polmonare (da alveoli privi d’aria)<br />

Aree cotonose, a chiazze, mal definite o scarsamente definite, di aumento della<br />

radiopacità (in modo non omogeneo)<br />

Confluenza di aree cotonose mal definite (con la progressione della malattia)


Col tempo, la distribuzione può diventare lobare<br />

Broncografia gassosa<br />

Broncografie gassose – quando alcuni grandi gruppi di alveoli sono occupati da<br />

materiale ed altri no. Si riscontra ai margini di una lesione, mentre è lieve o all’inizio<br />

o in regressione.<br />

Scomparsa dei margini (cuore, diaframma, vasi)<br />

Aspetto che muta rapidamente<br />

Malattie caratterizzate da trama polmonare alveolare<br />

Edema Distribuzione dorsale, perilare,<br />

Insufficienza mitralica bilateralmente simmetrica, forse<br />

Miocardiopatia peggiore a livello del lobo<br />

Cardiopatia congenita polmonare caudale destro<br />

Distribuzione irregolare a chiazze nella<br />

malattia acuta<br />

Edema non cardiogeno Distribuzione caudale e dorsale<br />

Folgorazione<br />

Trauma encefalico<br />

Crisi convulsive<br />

Inalazione di fumi<br />

Intossicazione da ossigeno<br />

Ostruzione delle vie aeree superiori<br />

Polmonite Aspirazione ed inalazione sono<br />

Aspirazione cranioventrali e lobari<br />

Inalazione Le forme ematogene sono diffuse,<br />

Cause ematogene irregolari e con distribuzione a chiazze<br />

(eventualmente periferica e caudale)<br />

La broncopneumopatia è peribronchiale<br />

43


Emorragia Irregolare e a chiazze (focale)<br />

Trauma Nessuna preferenza<br />

Anticoagulanti<br />

Atelettasia Diminuzione di dimensioni /<br />

Ostruzione bronchiale volume del polmone<br />

Neoplasia Principalmente lobi polmonari caudali<br />

Le lesioni metastatiche non mostrano<br />

preferenze<br />

Granulomatose Irregolari ed a chiazze<br />

Micotiche<br />

Parassitarie<br />

Da cause varie Forma triangolare. Periferiche.<br />

Infarti Lobi caudali.<br />

Torsione di un lobo polmonare Affezioni lobari localizzate.<br />

SARD Anomalie di direzione dei bronchi.<br />

PATOLOGIE INTERSTIZIALI<br />

Il termine interstiziale implica un coinvolgimento della rete dell’interstizio<br />

(tessuto di sostegno) del polmone, cioè il tessuto dei setti alveolari, perilinfatico,<br />

peribronchiale e perivascolare. Questo tipo di quadro si ha quando queste strutture<br />

vengono infiltrate da fluidi o materiali cellulari. Si riconoscono due diversi<br />

quadri radiografici interstiziali: un aumento generalizzato della radiopacità polmonare<br />

(non strutturato) ed uno nodulare (strutturato). Il quadro interstiziale si<br />

distingue per un aumento indistinto della radiopacità polmonare, con riduzione<br />

del contrasto ed annebbiamento della vascolarizzazione e dei bronchi. Questo<br />

aspetto radiografico può essere determinato da numerose malattie, come la polmonite<br />

interstiziale (virale), l’edema interstiziale (edema prealveolare), l’emorragia<br />

interstiziale e la fibrosi polmonare (West Higland white terrier). Anche i<br />

noduli all’interno dei polmoni sono considerati un quadro di tipo interstiziale.<br />

Tali noduli possono risultare di dimensioni simili oppure variabili, chiaramente<br />

o scarsamente definiti. Le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da<br />

malattie granulomatose o metastatiche.<br />

Affezioni polmonari interstiziali<br />

44<br />

Non strutturate Polmonite (virale) Perdita di distinzione, aspetto a


Polmonite (uremia, vetro smerigliato, nelle forme<br />

inalazione di agenti lievi o nelle fasi iniziali può<br />

irritanti) essere difficile distinguere<br />

Edema (cardiogeno, questi quadri da quelli normali.<br />

non cardiogeno) Perdita di dettaglio (le pareti<br />

Emorragia dei vasi sono sfocate)<br />

Neoplasia (diffusione<br />

linfatica o ematogena)<br />

Fibrosi<br />

Artefatti (obesità,<br />

espirazione, sottoesposizione,<br />

sottosviluppo)<br />

Strutturati Forme nodulari Piccoli noduli<br />

- Noduli miliari Neoplasie Margini distinti e lisci –<br />

- Noduli isolati Granulomi (micotici, processi a crescita lenta<br />

arrotondati ed parassitari) (neoplasia)<br />

uniformi PIE (infiltrazione Margini indistinti –<br />

- Noduli piccoli polmonare eosinofila) processi attivi<br />

ed irregolari Ascessi (infiammazione)<br />

Filariosi cardiopolmonare<br />

AFFEZIONI BRONCHIALI<br />

Le malattie che accentuano l’aspetto bronchiale normale, indistinto o del<br />

tutto invisibile, determinano un quadro radiografico di tipo “bronchiale”.<br />

Questo si identifica come una radiopacità delle pareti bronchiali derivante dal<br />

loro ispessimento o dall’accumulo di fluidi e/o materiali cellulari nel tessuto<br />

peribronchiale. Queste malattie possono essere acute o croniche, reversibili<br />

oppure no. Le forme acute possono non mostrare alterazioni radiografiche. La<br />

maggioranza dei quadri bronchiali appare uniformemente distribuita in tutti i<br />

polmoni. Le radiopacità bronchiali si presentano radiograficamente come lineari,<br />

non vascolari, formate da linee parallele (a binari di tram) o piccoli anelli circolari<br />

(ciambelle). Altre anomalie radiografiche che si possono riscontrare nelle<br />

affezioni bronchiali sono rappresentate da configurazioni più grandi e talvolta<br />

bizzarre a forma di anello e radiopacità parallele irregolari con perdita della normale<br />

sfumatura periferica (bronchiectasia) ed infiltrazione dei polmoni che possono<br />

essere secondarie all’intrappolamento dell’aria. La bronchiectasia è una<br />

dilatazione bronchiale irreversibile, generalmente secondaria a broncopatia cronica.<br />

Può essere sacculare o cilindrica. Interferisce con la normale clearance<br />

polmonare (compromissione della clearance mucociliare) per cui gli animali<br />

sono predisposti alla polmonite secondaria. Quando i bronchi distesi vengono<br />

riempiti da essudato, presentano un aspetto molto più simile a masse dalla<br />

radiopacità propria dei tessuti molli (noduli).<br />

45


Eziologie delle alterazioni radiografiche bronchiali<br />

Mineralizzazione dei bronchi nel cane anziano (cani Cushing)<br />

Forme allergiche (bronchite allergica felina)<br />

Forme infettive (batteriche, virali, micotiche, parassitarie)<br />

Neoplasia (carcinoma broncogeno)<br />

Edema<br />

Aspetto radiografico del quadro bronchiale<br />

Nella malattia acuta è possibile che non si osservi alcuna alterazione<br />

Pareti bronchiali ispessite (pareti ispessite o infiltrazione cellulare peribronchiale<br />

o fluido peribronchiale)<br />

Le pareti ispessite si possono presentare sotto forma di ombre opache ad anello o<br />

“ciambella” o, su un altro piano, come linee parallele radiopache “a binari di tram”.<br />

Iperinsufflazione da intrappolamento dell’aria (bronchite allergica nel gatto –<br />

collasso secondario del lobo polmonare medio di destra)<br />

Aspetto radiografico della bronchiectasia<br />

Dilatazione di bronchi/bronchioli nelle gravi malattie croniche (visualizzazione<br />

dei bronchi secondari e terziari)<br />

Contorno irregolare del lume bronchiale<br />

Più comune nelle porzioni declivi del polmone<br />

Affezioni alveolari secondarie (polmonite)<br />

MALATTIE VASCOLARI<br />

46


I quadri vascolari sono dovuti ad una modificazione dell’aspetto della<br />

vascolarizzazione normale. Il fenomeno può essere dovuto ad una riduzione<br />

o ad un aumento delle dimensioni e del numero dei vasi. Nelle<br />

immagini radiografiche in proiezione laterolaterale i vasi polmonari<br />

vengono valutati nei lobi craniali. I vasi diretti ai lobi polmonari caudali<br />

si visualizzano meglio nelle immagini in proiezione VD (DV). Nelle<br />

radiografie laterolaterali l’arteria è situata dorsalmente e la vena ventralmente<br />

al bronco. I due vasi devono avere approssimativamente le<br />

stesse dimensioni.<br />

La loro larghezza nelle radiografie laterolaterali a livello del quarto<br />

spazio intercostale non deve essere superiore a quella del terzo superiore<br />

della terza costola e non inferiore ad 1/3 della larghezza della terza<br />

costola. Nelle proiezioni VD (DV) si possono valutare i vasi polmonari<br />

caudali. L’arteria è situata lateralmente e la vena centralmente al bronco.<br />

I due vasi devono avere circa le stesse dimensioni. La loro ampiezza<br />

non deve essere superiore a quella della nona costola nel punto in cui la<br />

incrociano. Le loro terminazioni devono essere differenziate dai noduli<br />

polmonari.<br />

Le caratteristiche di queste terminazioni sono rappresentate da margini<br />

distinti, elevata radiopacità rispetto agli autentici noduli di dimensioni<br />

analoghe e frequente sovrapposizione ad un vaso. Le possibili diagnosi<br />

differenziali in caso di riscontro di queste immagini sono rappresentate<br />

da metaplasia ossea e pneumopatia nodulare.<br />

È necessario cercare di vedere se le strutture tondeggianti dalla radiopacità<br />

tipica dei fluidi sono associate ai vasi e di diametro pari o superiore.<br />

Queste strutture, se sono vascolari, tendono ad essere più grandi a<br />

livello centrale e più numerose nella regione ilare.<br />

Cause dei quadri vascolari<br />

Ipovascolare Shock (trauma, morbo Arterie e vene sono sottili<br />

di Addison) I polmoni sono<br />

Destra – sinistra iper-radiotrasparenti<br />

(tetralogia di Fallot) Cuore piccolo<br />

Disidratazione Vena cava caudale sottile<br />

Ipervascolare Ipercircolazione Arterie e vene sono allargate<br />

Shunt sinistra-destra<br />

(dotto arterioso pervio)<br />

Fistola atrio-ventricolare<br />

Arterie Ipertensione polmonare Arterie polmonari tortuose<br />

47


prominenti ed ingrossate<br />

Vene Ipertensione venosa Vene polmonari tortuose<br />

prominenti polmonare e dilatate<br />

Rigurgito mitralico<br />

Miocardiopatia<br />

QUADRI MISTI<br />

La maggior parte dei processi patologici riconosce componenti proprie<br />

di più di uno dei quadri precedentemente illustrati. La classificazione, tuttavia,<br />

di solito viene effettuata sulla base del quadro principale presente. Nei<br />

casi in cui si riscontrano elementi importanti riferibili a più di un quadro<br />

polmonare, si possono associare i vari termini (broncointerstiziale, broncoalveolare,<br />

ecc…).<br />

Un ottimo esempio è dato dalla filariosi cardiopolmonare, perché può<br />

essere caratterizzata da quadri vascolari, alveolari ed interstiziali contemporaneamente.<br />

I quadri misti possono rappresentare stadi e livelli differenti<br />

di gravità delle stesse malattie.<br />

DIMINUZIONE DELLA RADIOPACITÀ POLMONARE<br />

Si può avere sotto forma di modificazioni radiografiche focali o generalizzate.<br />

Queste ultime possono rappresentare dei mutamenti di uno o più<br />

lobi polmonari.<br />

Un calo della radiopacità polmonare (aumento della radiotrasparenza) si<br />

ha di solito a causa di un incremento del contenuto di aria dei polmoni o di<br />

una diminuzione della perfusione dell’organo. Se questa modificazione è<br />

generalizzata, il riscontro può essere soggettivo. Se il cambiamento è lobare<br />

o focale, è possibile effettuare il confronto con le altre parti del polmone.<br />

Le cause di questa condizione sono rappresentate da intrappolamento<br />

dell’aria (bronchite allergica felina), enfisema distruttivo o congenito, iperinsufflazione<br />

compensatoria o ipoperfusione. Ai fini della formulazione<br />

della diagnosi, risulta utile il confronto fra radiografie riprese in fase inspiratoria<br />

ed espiratoria. Altre anomalie radiografiche che possono accompagnare<br />

questi quadri sono l’aumento di dimensioni del torace, il posizionamento<br />

caudale o l’asimmetria del diaframma, l’approfondimento degli<br />

angoli costofrenici e lo spostamento del mediastino che tende ad allontanarsi<br />

dal polmone colpito.<br />

48


Aumento della radiotrasparenza polmonare<br />

Generalizzato Enfisema – compensatorio, Iperinsufflazione /<br />

congenito, secondario a trasparenza, appiattimento<br />

broncopatia ostruttiva del diaframma<br />

Bronchite allergica (felina) iperinsufflazione<br />

polmonare, appiattimento<br />

Ipoperfusione – destra-sinistra, del diaframma<br />

shock ipovolemico<br />

Animali molto magri ipertrasparenza<br />

(emaciazione)<br />

Focale Vescicole o bolle Traumi<br />

Cisti Parassiti / Paragonimus<br />

Masse cavitarie Neoplasia (primitiva o<br />

metastatica)<br />

AFFEZIONI POLMONARI FOCALI<br />

Le lesioni polmonari isolate e cavitarie non rientrano bene nello schema di<br />

classificazione precedentemente descritto. È preferibile trattarle considerandone<br />

l’aspetto e le possibili diagnosi differenziali. Queste ultime, per le lesioni<br />

solide isolate, sono rappresentate da neoplasia, ascesso, granuloma, infarto,<br />

ematoma.<br />

Per le lesioni polmonari cavitarie bisogna invece prendere in considerazione<br />

anomalie congenite, granulomi parassitari (Paragonimus), traumi, ascessi,<br />

granulomi cavitari e neoplasie.<br />

Lesioni polmonari isolate<br />

Neoplasia Primitiva o metastatica isolata<br />

Granuloma Micotico, batterico (TB), corpo estraneo, eosinofilico<br />

(filariosi)<br />

Ascesso Micotico, batterico, da corpo estraneo<br />

Infarto Filariosi cardiopolmonare, Cushing, IHA<br />

Ematoma Trauma<br />

Alveolare isolato Polmonite, edema, emorragia<br />

Cavitario Pareti spesse – ascesso, granuloma, neoplasia, infarti,<br />

parassitari<br />

49


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Ecografia delle pleure<br />

e delle masse a carico<br />

dell’apparato respiratorio<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 15.00<br />

51


In certi stati patologici in cui i polmoni normali pieni d’aria vengono collassati,<br />

epatizzati o dislocati da fluidi o masse, diviene possibile la valutazione<br />

ecografica, che spesso può fornire informazioni che integrano le variazioni<br />

radiografiche. L’ecografia consente inoltre di eseguire sotto guida diretta<br />

delle procedure invasive come la toracentesi diagnostica e terapeutica o il prelievo<br />

di campioni bioptici (polmonari, pleurici o di masse mediastiniche) con<br />

maggior precisione e minori rischi.<br />

Il modo in cui l’animale viene posizionato per la valutazione dipende dalla<br />

localizzazione nota o sospetta della lesione, dalla necessità di effettuare manipolazioni<br />

dei fluidi pleurici per aumentare la trasmissione ecografica all’interno<br />

del torace e dalle sue condizioni cliniche. I versamenti pleurici liberi di<br />

fluire o uniformemente distribuiti possono essere visualizzati praticamente da<br />

qualunque spazio intercostale. In presenza di volumi di fluido limitati può<br />

essere necessario applicare il trasduttore alla parte più declive della parete<br />

toracica, dove il fluido può raccogliersi in quantità sufficiente a determinare<br />

la dislocazione del polmone. Se si vengono a trovare direttamente a contatto<br />

della parete toracica o se il lobi polmonari craniali vengono scostati dal fluido,<br />

le masse mediastiniche craniali possono essere visualizzate attraverso una<br />

finestra intercostale craniale. Masse o epatizzazioni polmonari possono essere<br />

visualizzate direttamente attraverso la parete toracica se non vi è l’interposizione<br />

di un polmone aerato. In mancanza di liquido pleurico, alcune neoformazioni<br />

che non vengono a contatto della parete toracica possono essere<br />

osservate utilizzando il cuore come finestra ecografica. In alternativa, per la<br />

valutazione delle masse patologiche dei lobi polmonari accessori o caudali,<br />

dell’ernia diaframmatica o delle lesioni della vena cava caudale si può utilizzare<br />

un approccio subcostale servendosi del fegato come finestra.<br />

L’ecografia può essere utilizzata per rilevare il versamento pleurico, stimarne<br />

il volume e valutarne le caratteristiche. Può anche servire ad esaminare<br />

le masse pleuriche o le affezioni polmonari periferiche che non risultano<br />

visibili radiograficamente a causa del versamento pleurico. Quest’ultimo si<br />

presenta come uno spazio ipo- o anecogeno fra la pleura parietale e quella<br />

viscerale. Le sue dimensioni dipendono dalla quantità di liquido. I trasudati<br />

appaiono anecogeni, mentre gli essudati (piotorace, chilotorace) contengono<br />

echi (numerosi o scarsi) che possono formare dei gorghi con i movimenti<br />

respiratori o gli spostamenti del paziente. Alcuni fluidi possono anche mostrare<br />

la tendenza alla formazione di setti, indicando un incapsulamento. La classificazione<br />

dei versamenti va basata sull’analisi chimica e microscopica piuttosto<br />

che sull’aspetto ecografico. Le variazioni di forma della raccolta fluida<br />

e/o il movimento dei setti ecogeni indicano che il liquido ha una bassa viscosità<br />

ed un’elevata probabilità di poter essere aspirato con successo. Una raccolta<br />

dall’ecogenicità complessa con un elevato grado di suddivisione in setti<br />

52


è più compatibile con la presenza di fluidi addensati e loculati e la probabilità<br />

di riuscire ad effettuare con successo un drenaggio è minore.<br />

La valutazione ecografica del mediastino e del parenchima polmonare non<br />

areato (epatizzazione a masse) è possibile se si dispone di una finestra adeguata.<br />

Il liquido pleurico può contribuire alla valutazione di queste aeree<br />

migliorando la finestra ecografica. Una volta visualizzata la lesione, è possibile<br />

effettuare sotto guida ecografica il prelievo di un aspirato con ago sottile<br />

o di una biopsia per ottenere materiale utile ai fini diagnostici. Il controllo<br />

ecografico serve ad inserire in modo più accurato l’ago ed evitare di coinvolgere<br />

le strutture vitali.<br />

I tumori polmonari presentano ecogenicità variabile e margini irregolari.<br />

Vengono differenziati dall’epatizzazione dell’organo per la mancanza di strutture<br />

vascolari e bronchiali parallele. Le masse di parete toracica e pleura vengono<br />

identificate e valutate più facilmente in presenza di liquido pleurico.<br />

Gli ascessi presentano tipicamente una spessa parete ecogena con una superficie<br />

irregolare. Il contenuto del lume può essere iper- o anecogeno, con o senza<br />

setti. In alcuni casi, può essere evidente la sedimentazione del contenuto degli<br />

ascessi che si dispone in strati relativamente distinti. Si può osservare un’interfaccia<br />

fra gas e fluido. Può essere difficile differenziare un empiema incapsulato<br />

da un ascesso polmonare. Anche le neoplasie con necrosi centrale possono<br />

avere un aspetto ipoecogeno non omogeneo, sottolineando la necessità di ricorrere<br />

al prelievo di un campione bioptico. L’epatizzazione polmonare secondaria<br />

a polmonite conferisce all’organo un aspetto simile a quello del fegato (da cui<br />

il nome). La presenza di raccolte di aria piccole o focali all’interno del bronco<br />

può evidenziare un artefatto da riverbero (“broncografia gassosa”). I bronchi o<br />

vasi pieni di liquido (“broncografia fluida”) concorrono a differenziare l’epatizzazione<br />

dalla neoplasia. L’atelettasia può esitare nella comparsa di una massa<br />

ipoecogena piccola, appiattita o tondeggiante (la torsione di un lobo polmonare<br />

può apparire come una struttura molto arrotondata) retratta verso l’ilo polmonare<br />

ed eventualmente circondata dal versamento pleurico.<br />

L’ecografia può contribuire alla diagnosi dell’ernia diaframmatica (congenita,<br />

peritoneopericardica, traumatica) soprattutto nei pazienti con riscontri radiografici<br />

dubbi. Si deve esaminare accuratamente l’intero diaframma, alla ricerca<br />

di un’area alterata. In caso di rottura, si possono osservare nel versamento pleurico<br />

porzioni del diaframma lacerato, che si spostano con i movimenti respiratori.<br />

Nello spazio pleurico si può visualizzare il contenuto addominale. Il fegato<br />

può essere visibile in posizione adiacente al cuore. Nei casi in cui sembra che<br />

l’organo si trovi in cavità toracica, è necessario assicurarsi che non si tratti soltanto<br />

di un artefatto da immagine riflessa. Allo scopo è possibile basarsi sulla<br />

visualizzazione di una struttura vascolare nel fegato, nel punto in cui questo<br />

attraversa l’area in cui si trova o si trovava il diaframma.<br />

53


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Indicazioni, utilità e limiti<br />

dell’impiego di TC e RM<br />

nelle patologie dell’apparato<br />

respiratorio<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 15.30<br />

55


L’interesse per l’impiego della tomografia computerizzata (TC) e della<br />

risonanza magnetica (RM) in medicina veterinaria cresce di pari passo col<br />

numero dei clienti che hanno avuto modo di sperimentare l’impiego di queste<br />

tecniche di diagnostica per immagini sulla propria persona o su qualche altro<br />

membro della famiglia. Costoro spesso sono più che disposti ad affrontare il<br />

costo di un avanzato esame di questo tipo per ottenere una diagnosi ed un<br />

piano terapeutico più accurato. Ciò vale in particolare nel campo della neurologia<br />

e dell’oncologia. Non è ragionevole aspettarsi che una struttura veterinaria<br />

di medio livello disponga al suo interno delle apparecchiature necessarie<br />

per questo tipo di esame, ma può darsi che si riesca facilmente a trovare<br />

un appoggio per questo tipo di servizi nell’area in cui si opera, sapendo dove<br />

cercare ed a chi chiedere. Anche se può non essere “direttamente coinvolto”<br />

nell’esecuzione della TC o della RM, il veterinario deve conoscere le indicazioni<br />

per questo tipo di esami ed essere in grado di rispondere alle domande<br />

che i clienti pongono sull’argomento.<br />

Poiché si basa su una tecnologia digitale, la TC consente di manipolare le<br />

immagini in modo da poter valutare selettivamente le aree di interesse. Le<br />

nuove tecniche di scansione rapida come l’Helical TC consentono di visualizzare<br />

gli animali molto più velocemente di quanto non fosse possibile in<br />

passato. Inoltre, con un software appropriato, si possono ottenere immagini<br />

tridimensionali e piani di scansione alternativi che in passato erano già disponibili,<br />

ma con difficoltà molto maggiori.<br />

La tomografia computerizzata offre una migliore risoluzione di contrasto,<br />

che può rilevare differenze di radiopacità dei tessuti più sottili di quanto non sia<br />

possibile con i mezzi radiografici oggi disponibili. La tecnica consente di ottenere<br />

immagini in sezione trasversale utilizzando raggi X e computer. Grazie alla<br />

migliore risoluzione di contrasto, si dispone di una differenziazione dei tessuti<br />

molli di livello superiore. Inoltre, non si ha alcuna sovrapposizione delle strutture<br />

sovrastanti. Questi tendono ad essere i principali vantaggi della tomografia<br />

computerizzata rispetto alla radiologia diagnostica convenzionale.<br />

La tomografia computerizzata di solito deve essere preceduta da un’appropriata<br />

valutazione radiografica. Si sconsiglia di passare direttamente alla<br />

TC, fatta eccezione per le malattie della testa (encefalo, naso, orecchie). Gli<br />

esami radiografici in bianco di questa regione anatomica sono notoriamente<br />

di scarso valore. La nozione più importante per interpretare le immagini ottenute<br />

è la buona conoscenza dell’anatomia normale.<br />

Per discutere le immagini TC è necessario adottare una terminologia<br />

radiologica simile. Le strutture di colore bianco sono caratterizzate da un<br />

aumento della radiopacità o della densità dell’oggetto. Le strutture scure sono<br />

riferibili ad oggetti meno densi o meno radiopachi, cioè radiotrasparenti. La<br />

terminologia è simile, ma la TC si basa sull’attenuazione dei raggi X.<br />

56


Parlando di RM non si utilizzano i termini di densità, radiopacità o radiotrasparenza.<br />

Poiché l’immagine è basata su segnali su frequenza radio si utilizzando<br />

i termini di aumento e diminuzione dell’intensità del segnale. Le<br />

strutture brillanti o bianche sono caratterizzate da un aumento dell’intensità,<br />

mentre, al contrario, quelle scure o nere sono dovute a segnali meno intensi.<br />

LIMITI DELLA RADIOGRAFIA<br />

I raggi X passati attraverso il paziente vengono assorbiti in modo diverso<br />

dai tessuti corporei. Essendo più radiodenso, l’osso assorbe una maggior quantità<br />

di raggi X rispetto ai tessuti molli. Questo assorbimento differenziale è<br />

contenuto nel fascio di raggi che attraversa il paziente e viene registrato sulla<br />

pellicola. Il principale difetto della radiografia è la sovrapposizione di tutte le<br />

strutture sulla pellicola, il che rende difficile e talvolta impossibile distinguere<br />

un particolare dettaglio. Ciò vale specialmente per le formazioni con densità<br />

poco diverse, come avviene spesso nel caso di alcuni tumori e dei tessuti molli<br />

circostanti. Anche se, per localizzare una struttura, è possibile effettuare una<br />

ripresa di immagini in molteplici proiezioni, ad esempio laterolaterali ed oblique,<br />

il problema della sovrapposizione in radiografia persiste.<br />

Un secondo limite è che la radiografia è una procedura qualitativa piuttosto<br />

che quantitativa. È difficile distinguere fra un oggetto omogeneo di spessore<br />

non uniforme ed uno eterogeneo di spessore uniforme. Inoltre, la radiografia<br />

non riesce a dimostrare adeguatamente lievi differenze nel contrasto del soggetto,<br />

che sono caratteristiche dei tessuti molli. La pellicola radiografica non è<br />

abbastanza sensibile per risolvere le piccole differenze, perché in condizioni<br />

tipiche è in grado soltanto di discriminare variazioni di intensità dei raggi X del<br />

5-10%. I limiti della radiografia esitano nell’incapacità della pellicola di visualizzare<br />

differenze molto piccole del contrasto tissutale. Inoltre, quest’ultimo non<br />

può essere regolato dopo essere stato registrato sulla pellicola.<br />

VANTAGGI E LIMITI DELLA TOMOGRAFIA<br />

COMPUTERIZZATA<br />

Lo scopo della tomografia computerizzata è quello di superare i limiti<br />

della radiografia ottenendo i seguenti risultati:<br />

1) riduzione al minimo della sovrapposizione<br />

2) miglioramento del contrasto dell’immagine<br />

3) registrazione di differenze molto piccole di contrasto tissutale<br />

57


Attraverso l’acquisizione di dati spirali, la TC e la geometria spirale hanno<br />

superato parecchi limiti dell’acquisizione convenzionale di tipo start-stop. I<br />

vantaggi sono rappresentati dell’acquisizione dei dati durante un singolo atto<br />

respiratorio piuttosto che sezione per sezione, dal miglioramento della visualizzazione<br />

tridimensionale, dalla riformattazione dell’immagine multiplanare<br />

e da altre applicazioni, come la visualizzazione continua, l’angiografia TC e<br />

la visualizzazione in realtà virtuale o l’endoscopia TC.<br />

Per quanto riguarda la manipolazione e l’analisi dell’immagine, la natura<br />

digitale delle tomografie computerizzate le candida ai processi di elaborazione<br />

digitale. L’immagine può essere modificata per accentuare il contenuto di<br />

informazioni o analizzarle in modo da ottenere dati relativi alla forma ed alla<br />

struttura delle lesioni.<br />

INDICAZIONI PER LA TC E LA RM NELLE AFFEZIONI<br />

NASALI DEI PICCOLI ANIMALI<br />

Generalmente, la diagnosi delle affezioni nasali può essere formulata attraverso<br />

i metodi radiografici, rinoscopici, bioptici e colturali. La TC viene principalmente<br />

utilizzata per stimare la totale estensione delle neoplasie nasali al<br />

fine di pianificare la radioterapia ed escludere un’estensione intracranica. Le<br />

radiografie portano chiaramente a sottostimare l’estensione delle neoplasie<br />

nasali in un gran numero di casi. Anche la RM è eccellente da questo punto<br />

di vista, ma può non essere altrettanto utile per la valutazione dell’estensione<br />

ossea. La TC resta il caposaldo della visualizzazione delle affezioni dei seni<br />

nasali e paranasali. La RM può essere sostituita per la valutazione delle lesioni<br />

neoplastiche avanzate. Anche se l’osso corticale e l’aria non restituiscono<br />

il segnale nella RM, il primo può essere visualizzato come una linea<br />

scura/assenza di segnale fra gli strati di tessuti molli e mucosa che coprono la<br />

parete del seno e sono caratterizzati da un segnale elevato. La RM consente di<br />

delineare in modo ottimale l’estensione dei tumori sinusali rispetto alla TC a<br />

contrasto accentuato e costituisce l’indagine d’elezione nelle forme patologiche<br />

avanzate. Inoltre permette di differenziare i tumori dalle secrezioni sinusali<br />

ostruttive secondarie. Pur essendo limitata per la valutazione della sinusite<br />

semplice, la RM è potenzialmente in grado di svolgere un ruolo nella valutazione<br />

delle complicazioni intracraniche di quella grave. Queste comprendono<br />

meningite, cefalite o ascesso, empiema subdurale e tromboflebite. Presso<br />

la nostra struttura, al momento attuale sottoponiamo a TC tutti gli animali con<br />

affezioni nasali. Ciò ci consente di valutare il coinvolgimento dei tessuti<br />

molli, le alterazioni ossee e l’estensione del processo patologico per pianificare<br />

un ciclo di terapia.<br />

58


INDICAZIONI CLINICHE PER LA TC E LA MR<br />

NELLE AFFEZIONI TORACICHE<br />

Oltre alla TC, per lo studio delle malattie del tronco è disponibile un’ampia<br />

gamma di tecniche radiologiche, come le radiografie senza mezzo di<br />

contrasto, quelle con il bario, l’angiografia, la medicina nucleare, l’ecografia<br />

e la RM. I clinici si trovano di fronte al dilemma di scegliere quale o<br />

quali metodi di diagnostica per immagini utilizzare e in che ordine. Spesso<br />

vengono richiesti troppi esami o si effettuano delle indagini nella sequenza<br />

sbagliata prima di giungere ad una diagnosi. Per queste ragioni, si è diffuso<br />

l’impiego di algoritmi o di diagrammi di flusso. Tuttavia, se si tengono presenti<br />

i limiti imposti dalle attrezzature disponibili e dall’esperienza degli<br />

operatori, è possibile che l’approccio suggerito non sia quello più appropriato<br />

per i singoli casi.<br />

La tomografia computerizzata è sottoutilizzata per l’esame del torace in<br />

medicina veterinaria. La valutazione di masse polmonari e mediastiniche,<br />

compresa la linfoadenopatia, e l’esame del coinvolgimento della colonna vertebrale<br />

e delle costole da parte delle masse toraciche sono solo esempi dei casi<br />

in cui questa tecnica di indagini potrebbe essere indicata. La TC è considerata<br />

il metodo più sensibile per l’identificazione delle metastasi polmonari nell’uomo.<br />

Poiché gli animali vengono esaminati in anestesia generale o in sedazione,<br />

l’ipoaerazione e la congestione ipostatica della parte declive del polmone<br />

possono causare un artefatto fastidioso, anche se sembra che disponendo<br />

il paziente in decubito sternale si riduca al minimo questo problema.<br />

Anche l’induzione di una pressione positiva con l’apparecchio da anestesia<br />

può contribuire a ridurre questi artefatti.<br />

LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA NEL TORACE<br />

La tomografia computerizzata ha rivoluzionato il campo della diagnostica<br />

per immagini toracica. L’esame effettuato con mezzi di contrasto iodati somministrati<br />

per via endovenosa viene utilizzato per valutare le patologie della<br />

vascolarizzazione mediastinica, distinguere i linfonodi ilari dai vasi polmonari<br />

o differenziare le anomalie del parenchima periferico dalle alterazioni pleuriche.<br />

I principali vantaggi della TC sono la superiore risoluzione del contrasto e<br />

la visualizzazione di immagini in sezione trasversale. La migliore risoluzione<br />

del contrasto consente di rilevare le calcificazioni all’interno di noduli polmonari<br />

isolati e di delineare le masse mediastiniche o i linfonodi nel grasso<br />

mediastinico. L’accentuazione del contrasto endovenoso costituisce un altro<br />

59


metodo per migliorare la risoluzione del contrasto ed identificare le strutture<br />

vascolari. La visualizzazione in sezione trasversale elimina la sovrapposizione<br />

delle strutture e consente di osservare noduli di parenchima di appena 3<br />

mm. Inoltre, vengono facilmente identificate le masse ilari o parenchimatose<br />

che con la radiografia convenzionale vengono osservate soltanto nelle proiezioni<br />

singole. Nonostante i numerosi vantaggi della TC rispetto all’esame<br />

radiografico normale, bisogna ricordare che la risoluzione spaziale della tecnica<br />

computerizzata è inferiore a quella della radiografia convenzionale.<br />

Le principali indicazioni per la TC toracica sono rappresentate da:<br />

1) Valutazione di un’anomalia identificata nelle radiografie convenzionali<br />

2) Stadiazione di neoplasie polmonari<br />

3) Individuazione di metastasi polmonari<br />

4) Valutazione completa ed accurata del mediastino<br />

Quasi tutte le anomalie mediastiniche rilevate nelle radiografie toraciche<br />

possono essere confermate con la TC. Questa nella maggior parte dei casi<br />

viene utilizzata per individuare la linfoadenopatia. Pur essendo molto sensibile,<br />

TC ed RM presentano alcuni limiti; sono meno efficienti per rilevare i<br />

tumori all’interno di linfonodi di dimensioni normali o differenziare linfonodi<br />

iperplastici ingrossati senza neoplasie da quelli che contengono formazioni<br />

tumorali. La RM può essere leggermente migliore per dimostrare l’invasione<br />

della parete toracica ed è più accurata per identificare l’invasione<br />

mediastinica ed eseguire la stadiazione dei tumori.<br />

Rispetto alla tecnica di profusione di ventilazione, la Helical TC è più sensibile<br />

ed ugualmente specifica per rilevare gli emboli polmonari.<br />

RISONANZA MAGNETICA DEL TORACE<br />

La RM si basa sul riconoscimento di segnali radio emessi da tessuti eccitati<br />

da impulsi a radiofrequenza. I suoi principali vantaggi sono la superiore<br />

risoluzione del contrasto fra tumore e grasso, la capacità di caratterizzare i<br />

tessuti, quella di effettuare l’esame nei piani coronale e sagittale diretto e la<br />

non necessità di ricorrere ad un mezzo di contrasto iodato endovenoso.<br />

L’assenza di segnale prodotto dal flusso ematico nelle strutture vascolari contribuisce<br />

ad identificare i vasi mediastinici ed ilari, rilevare l’invasione vascolare<br />

da parte del tumore, individuare trombosi o neoplasie intraluminali e<br />

distinguere le strutture vascolari da linfonodi o masse senza bisogno di ricorrere<br />

al contrasto endovenoso.<br />

I principali svantaggi della RM toracica sono la limitata risoluzione spaziale,<br />

l’incapacità di rilevare il calcio e le difficoltà nella visualizzazione del<br />

60


parenchima polmonare. La risonanza magnetica, inoltre, richiede più tempo<br />

ed è più costosa della TC. Questi fattori, insieme alla capacità della tomografia<br />

computerizzata di fornire informazioni superiori o equivalenti nella maggior<br />

parte delle situazioni, hanno limitato l’impiego della RM toracica nella<br />

maggior parte dei disordini toracici non cardiovascolari.<br />

La RM è la modalità di diagnostica per immagini d’elezione per la diagnosi<br />

delle lesioni mediastiniche o ilari nei pazienti che non possono tollerare<br />

i mezzi di contrasto iodati e per la visualizzazione della parte posteriore del<br />

mediastino o delle masse prevertebrali. Inoltre, può essere utilizzata come<br />

modalità aggiuntiva di diagnostica nella valutazione del mediastino e dell’ilo<br />

dopo la TC convenzionale nei casi in cui è necessaria un’ulteriore chiarificazione.<br />

La RM assicura un miglior contrasto intrinseco dei tessuti molli e non<br />

mostra gli artefatti a strie che si verificano a partire dai margini delle strutture<br />

vascolari pulsanti, specialmente nella TC con contrasto accentuato. La RM<br />

non è migliore della TC per differenziare le lesioni benigne e, quindi, non va<br />

eseguita a questo scopo. Occasionalmente, la tecnica consente di caratterizzare<br />

meglio della TC lesioni a contenuto liquido o necrotiche.<br />

La RM si è dimostrata più accurata della TC nella diagnosi dell’invasione<br />

mediastinica e vascolare da parte di neoplasie polmonari. È quindi consigliata<br />

come modalità di visualizzazione secondaria per la valutazione dello stadio<br />

delle neoplasie polmonari, in particolare nei casi in cui si sospetta un’invasione<br />

mediastinica, vascolare o cardiaca. Nonostante l’iniziale ottimismo, la<br />

RM non di è dimostrata migliore della TC per quanto riguarda la capacità di<br />

rilevare e definire i linfonodi mediastinici. Anche se è eccellente per la diagnosi<br />

e la valutazione delle lesioni del timo, non ha fatto riscontrare alcun<br />

vantaggio significativo rispetto alla TC.<br />

La RM è un’eccellente modalità di valutazione della parete toracica.<br />

Anche se la distruzione dell’osso corticale si osserva meglio con la TC, il<br />

coinvolgimento midollare da parte del tumore viene identificato meglio<br />

dalle variazioni di segnale nella RM. Come conseguenza del superiore contrasto<br />

nei piani di visualizzazione multipli, la RM consente una migliore<br />

definizione preoperatoria dell’estensione delle patologie della parete toracica<br />

rispetto alla TC.<br />

La RM del parenchima polmonare è stata di scarso valore clinico. Il suo<br />

impiego per la valutazione del polmone è stato limitato dalla perdita di segnale<br />

causata da artefatti da sensibilità magnetica (dovuto al gran numero di<br />

interfacce fra aria e tessuti molli), artefatti da movimento respiratorio e cardiaco<br />

e scarso segnale al rumore. Ciò è dovuto al fatto che si ottiene una scarsa<br />

intensità di segnale dal parenchima polmonare insufflato, dove la densità<br />

proteica è bassa. Al momento attuale, non è possibile valutare in modo adeguato<br />

con la RM le infiltrazioni normali o sottili. Inoltre, l’incapacità di rile-<br />

61


vare in modo affidabile la calcificazione concorre a rendere la RM inferiore<br />

alla TC per l’identificazione e la caratterizzazione dei noduli polmonari isolati.<br />

Tuttavia, la RM può essere utile per differenziare un nodulo polmonare<br />

isolato dall’estremità di un vaso, specialmente nella regione periilare.<br />

62


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Reperti radiologici normali<br />

e patologici dell’apparato<br />

digerente (esofago, stomaco,<br />

intestino tenue e crasso)<br />

Sabato, 26 ottobre 2002, ore 10.00<br />

63


ESOFAGO NORMALE<br />

L’esofago normale di solito non viene visualizzato nelle immagini radiografiche<br />

senza mezzo di contrasto, a meno che non contenga aria o fluidi/cibo.<br />

Il riscontro di una piccola quantità di aria nell’esofago cervicale e/o in quello<br />

toracico craniale è un evento comune (la ripresa di ripetute radiografie può<br />

indicare se questo accumulo d’aria è transitorio). Nel gatto, non è rara la<br />

visualizzazione dell’esofago toracico caudale (radiopacità propria dei tessuti<br />

molli). Negli animali colpiti da aerofagia (conseguente ad una grave affezione<br />

respiratoria) l’organo, dilatato e pieno d’aria, può avere un aspetto simile<br />

a quello dell’autentico megaesofago (affezione esofagea).<br />

PASTO BARITATO/ESOFAGOGRAFIA:<br />

RISCONTRI RADIOGRAFICI NORMALI<br />

Con l’aggiunta di un mezzo di contrasto positivo, si ha un aumento della<br />

radiopacità del lume dell’esofago che permette di determinarne la morfologia,<br />

rilevando dimensioni, forma, posizione, caratteristiche dei margini (aspetto<br />

della mucosa), integrità e pervietà. Utilizzando i mezzi di contrasto è anche<br />

possibile valutare la motilità funzionale dell’organo, che può essere desunta<br />

dalla ripresa di una serie di radiografie. Le indicazioni per il ricorso all’esofagografia<br />

con mezzo di contrasto (o pasto baritato) sono rappresentate da<br />

disfagia, rigurgito, polmonite ab ingestis ricorrente, o necessità di determinare<br />

il possibile coinvolgimento esofageo in affezioni a carico di strutture adiacenti<br />

e definire anomalie osservate nelle immagini radiografiche in bianco. Le<br />

possibili controindicazioni all’uso del mezzo di contrasto positivo nella valutazione<br />

dell’esofago sono date da gravi disordini della deglutizione dovuti al<br />

rischio di aspirazione, sospetta perforazione esofagea e sospetta comunicazione<br />

broncoesofagea o esofago-polmonare.<br />

La preparazione del paziente è minima e si riduce ad un digiuno di 12 ore<br />

se è presente del cibo all’interno dell’esofago; se invece l’esofagografia deve<br />

essere seguita da un pasto baritato completo, si attua la relativa preparazione.<br />

Come mezzo di contrasto è possibile utilizzare una sospensione di solfato di<br />

bario, il bario in pasta o la polpetta di bario (bario misto ad alimenti umidi).<br />

Le sospensioni baritate sono più adatte a rivestire la superficie della mucosa<br />

e risultano più utili per la visualizzazione delle perdite di contenuto. Nei casi<br />

di sospetta perforazione si possono utilizzare composti iodati acquosi per uso<br />

orale (bassa osmolalità). Nei casi di aspirazione o comunicazione polmonare<br />

le soluzioni ipertoniche trascinano una gran quantità di fluidi e possono causare<br />

un ristagno polmonare o alveolare. Nei polmoni o nel mediastino il bario<br />

tende ad essere meno reattivo di quanto non sia nella cavità peritoneale. Le<br />

64


complicazioni successive all’esofagografia sono rappresentate da aspirazione<br />

e perdita di materiale.<br />

La quantità di mezzo di contrasto ritenuta nel cavo orale e nella faringe<br />

deve essere assente o molto piccola. Il riscontro di un’aspirazione o reflusso<br />

nella cavità nasale o nella trachea è anormale.<br />

Non esistono misurazioni assolute per le dimensioni o il diametro dell’esofago.<br />

Di solito, si considerano entro i limiti normali diametri di pochi centimetri. Può<br />

essere presente un bolo fusiforme di mezzo di contrasto che determina un ampliamento<br />

focale che però scompare nelle immagini successive (nelle quali si osserva<br />

invece all’interno dello stomaco). La forma dell’esofago deve essere sottile e tubulare.<br />

Nel cane può essere presente una piccola ridondanza all’interno del torace.<br />

Nelle radiografie in proiezione laterolaterale l’esofago può essere situato dorsalmente<br />

alla trachea o sovrapposto ad essa cranialmente alla biforcazione. L’organo<br />

si trova a metà distanza fra l’aorta e la vena cava caudale, nella parte caudale del<br />

torace. Nelle immagini riprese in proiezione ventrodorsale o dorsoventrale l’esofago<br />

deve essere localizzato lungo la linea mediana o leggermente a sinistra della trachea.<br />

La deviazione verso destra di quest’ultima si osserva comunemente nei cani<br />

delle razze brachicefale. Il quadro della mucosa del cane deve essere liscio, lineare,<br />

con pliche longitudinali che si estendono per l’intera lunghezza. Nell’animale<br />

normale, si può osservare una certa irregolarità dell’ingresso toracico. Il quadro<br />

tipico della mucosa del gatto è simile a quello del cane nei 2/3 craniali dell’esofago,<br />

mentre nel terzo caudale (dopo il cuore) nei felini si osserva normalmente la<br />

presenza di caratteristiche strie trasversali (a spina di pesce).<br />

ESOFAGO ANORMALE<br />

La dilatazione dell’esofago o megaesofago, sia generalizzata che localizzata, è<br />

considerata anormale. Esistono numerose cause di megaesofago o dilatazione esofagea,<br />

quali malattie intrinseche intraparietali (corpi estranei, intussuscezione<br />

gastroesofagea), e parietali (neoplasia, granuloma, stenosi), ed estrinseche, che<br />

comprendono quelle extraparietali (ingrossamento di strutture adiacenti, anomalie<br />

dell’anello vascolare). Il restringimento dell’esofago secondario a stenosi può essere<br />

causato da numerose eziologie, come un’esofagite secondaria o un corpo estraneo,<br />

un’anomalia dell’anello vascolare o la presenza di masse parietali o extraparietali.<br />

Può essere necessario valutare le stenosi esofagee o il restringimento dell’esofago<br />

utilizzando mezzi di contrasto progressivamente più densi. Ciò significa<br />

iniziare con il bario liquido e poi, se questo non evidenzia alcun problema, con il<br />

bario in pasta; se anche quest’ultimo attraversa l’esofago senza problemi, si può<br />

ricorrere alla polpetta baritata (miscela di bario con alimenti umidi). Altre anomalie<br />

riscontrabili a livello dell’esofago possono essere rappresentate da difetti di<br />

65


iempimento (corpi estranei, neoplasie, granulomi), dislocazioni (ad opera di<br />

masse patologiche e strutture adiacenti), aspetto irregolare della mucosa (esofagite,<br />

neoplasia, granuloma), fuoriuscita del contenuto (lacerazione, rottura),<br />

ispessimento parietale (infiammazione, malattia granulomatosa, neoplasia),<br />

adesione del mezzo di contrasto (ulcerazione) e presenza di comunicazioni anomale<br />

come la fistola broncoesofagea.<br />

STOMACO NORMALE<br />

L’anatomia radiografica dello stomaco è variabile e dipende da specie,<br />

conformazione di razza, grado di distensione gastrica, volume e tipo del contenuto<br />

e posizione del paziente durante l’esposizione. In condizioni normali,<br />

lo stomaco si trova all’interno della gabbia costale. Nelle radiografie in proiezione<br />

laterolaterale, l’asse verticale dell’organo deve essere approssimativamente<br />

parallelo al decimo o undicesimo spazio intercostale. Inoltre, il piloro<br />

deve essere sovrapposto al corpo dello stomaco o situato un po’ cranialmente<br />

ad esso. Nelle immagini riprese in proiezione ventrodorsale nel cane il cardias,<br />

il fondo ed il corpo dello stomaco sono localizzati a sinistra della linea<br />

mediana. Le porzioni piloriche si trovano a destra. Nel gatto, lo stomaco<br />

forma un angolo più acuto, con l’antro pilorico situato a sinistra della linea<br />

mediana ed il canale pilorico in corrispondenza o vicino ad essa (forma a “J”).<br />

È importante ricordare che il gas presente all’interno dello stomaco cambia<br />

posizione in funzione di quella dell’animale. Si tratta di un dato importante,<br />

perché se si desidera valutare il piloro per studiare una massa patologica<br />

o un corpo estraneo, è indicata la ripresa laterolaterale sinistra (perché così<br />

il gas si localizza in sede intrapilorica). Se l’animale è in posizione dorsoventrale,<br />

il gas si trova in corrispondenza del cardias e del fondo, mentre nelle<br />

immagini ventrodorsali è localizzato nel piloro e nel corpo ed in quelle laterolaterali<br />

destre in decubito si trova nel fondo e nel corpo.<br />

INTERPRETAZIONE RADIOGRAFICA NORMALE<br />

DELLE IMMAGINI DELLO STOMACO RIPRESE<br />

CON MEZZO DI CONTRASTO<br />

Indicazioni<br />

66<br />

1. Sospetto di masse gastriche luminali o parietali<br />

2. Corpi estranei gastrici radiotrasparenti<br />

3. Ematemesi


4. Vomito ricorrente o che non risponde alla terapia<br />

5. Localizzazione, identificazione, determinazione delle dimensioni,<br />

della forma e dei margini dello stomaco<br />

6. Valutazione della motilità, se si dispone di un intensificatore di brillanza<br />

Le pliche rugose (rughe) si presentano sotto forma di difetti di riempimento<br />

lineari radiotrasparenti separati dal bario negli spazi che le separano<br />

l’una dall’altra. Sono prominenti soprattutto a livello del fondo e del corpo<br />

dello stomaco. Devono essere orientati parallelamente alle costole nelle proiezioni<br />

laterolaterali e perpendicolarmente alla colonna vertebrale in quelle ventrodorsali.<br />

La larghezza di una plica rugosa non deve essere superiore alla<br />

distanza fra rughe adiacenti. Le pliche variano di dimensioni e di numero e il<br />

loro aspetto dipende dal grado di distensione gastrica.<br />

Il tempo di svuotamento gastrico iniziale è l’intervallo di tempo che<br />

intercorre tra la somministrazione del mezzo di contrasto e l’inizio dello<br />

svuotamento dell’organo. Questo periodo deve essere di circa 30 minuti per<br />

i liquidi ed un’ora per i solidi. Il tempo di svuotamento gastrico totale è l’intervallo<br />

che intercorre fra la somministrazione del mezzo di contrasto ed il<br />

completamento dello svuotamento dell’organo. Per il bario deve essere di<br />

circa 1-4 ore.<br />

Le pareti dello stomaco sono relativamente lisce, prive di distorsioni e di<br />

spessore uniforme. L’organo è molto estensibile e cambia di aspetto, nelle<br />

immagini radiografiche riprese in sequenza, per effetto della peristalsi.<br />

PICCOLO INTESTINO NORMALE<br />

A livello del tenue si devono valutare diversi parametri, come i margini<br />

(grado di definizione della superficie sierosa), che devono essere lisci.<br />

Normalmente, questo tratto dell’intestino risulta visibile grazie al grasso<br />

presente nella sierosa, fatta eccezione per gli animali giovani (meno di 6<br />

mesi di vita), emaciati e che presentano fluidi in addome (peritonite, ascite,<br />

emorragia o carcinomatosi). Il diametro normale del tenue nel cane è<br />

pari a 2-3 volte la larghezza costale o circa 1,5 volte la dimensione dorsoventrale<br />

del corpo della seconda vertebra lombare (dal limite ventrale del<br />

canale vertebrale a quello del corpo vertebrale nelle radiografie in proiezione<br />

laterolaterale). Il diametro normale del tenue nel gatto può essere di<br />

1-1,2 cm.<br />

Il piccolo intestino deve essere distribuito in modo uniforme in tutto l’addome,<br />

occupando lo spazio lasciato libero dagli altri organi. Il digiuno e l’i-<br />

67


leo raggiungono la massima capacità di movimento nella parte centrale del<br />

cavo peritoneale. Nei casi in cui si verifica un’organomegalia, sia per cause<br />

normali (distensione dello stomaco o della vescica) che anormali (linfoadenopatia<br />

mesenterica, ingrossamento pancreatico, massa splenica, ecc..) l’intestino<br />

viene dislocato. La direzione di questo spostamento contribuisce a identificare<br />

le possibili cause che lo hanno provocato. Il tenue deve avere un aspetto<br />

liscio, continuo e curvo.<br />

Spesso è necessario effettuare indagini contrastografiche (pasto baritato)<br />

per stabilire se la forma o il diametro del piccolo intestino sono normali<br />

o anormali. La radiopacità delle anse dipende dal fatto che siano o meno<br />

piene di fluidi, gas o loro miscele. Le anse piene di liquidi si presentano<br />

come strutture di colore bianco simili a cordoni. Quelle piene di gas sono<br />

simili a tubi neri dalla parete sottile. Una piccola quantità di gas al di sopra<br />

del fluido si presenta come una stretta banda radiotrasparente con un ispessimento<br />

della parete intestinale. Poiché in presenza di un volume di gas più<br />

elevato lo spessore della parete viene riflesso in modo più accurato, lo<br />

spessore della parete intestinale non deve mai essere valutato nelle immagini<br />

radiografiche in bianco, ma solo utilizzando un mezzo di contrasto<br />

(negativo o positivo).<br />

ASPETTO NORMALE DEL TENUE ESAMINATO MEDIANTE<br />

PASTO BARITATO<br />

I tempi di transito del bario nel cane evidenziano che il mezzo di contrasto<br />

deve raggiungere il duodeno entro 13-20 minuti e il digiuno in 30 minuti,<br />

trovarsi fra il digiuno e l’ileo in 60 minuti ed arrivare alla giunzione ileocolica<br />

in 90-120 minuti. Il bario deve liberare il tratto superiore dell’apparato<br />

digerente e trovarsi nell’ileo e nel colon entro 3-5 ore.<br />

Il tempo di transito del bario nel gatto è caratterizzato da una gran quantità<br />

di variabili. Di solito, il mezzo di contrasto passa dallo stomaco all’ileo in<br />

circa 60 minuti, anche se il tempo richiesto può variare da 1 a 4 ore. I composti<br />

iodati organici presentano un tempo di transito attraverso il piccolo intestino<br />

di circa 15-90 minuti. Nella maggior parte dei casi lo iodio organico si<br />

trova nell’ileo e nel colon in meno di 60 minuti.<br />

L’aspetto della mucosa o della parete del piccolo intestino si valuta<br />

meglio utilizzando un mezzo di contrasto positivo. La mucosa si deve presentare<br />

con una superficie liscia e uniforme o con un margine finemente<br />

sfrangiato. Quest’ultimo aspetto è dovuto al passaggio del bario fra gruppi<br />

di villi aggregati. Nel duodeno normale del cane giovane, a livello del margine<br />

mesenterico si trovano delle depressioni, numerose o isolate, solita-<br />

68


mente di forma squadrata o conica, al di sopra dei follicoli linfoidi. Si tratta<br />

di pseudoulcere considerate normali. Queste formazioni non si osservano<br />

nei gatti.<br />

Nei felini, si possono rilevare dei segmenti ben distinti simili a grani di<br />

rosario, con il contrasto visibile nel duodeno. Questo aspetto “a filo di<br />

perle” è dovuto alle normali contrazioni della forte muscolatura circolare. Il<br />

duodeno o il digiuno dei gatti sani possono anche mostrare un difetto di<br />

riempimento lineare durante il pasto baritato. Questo “pseudofilo” è dovuto<br />

alla protrusione della plica di mucosa nel lume che determina una radiotrasparenza<br />

lineare circondata dal bario e di solito si osserva soltanto in segmenti<br />

intestinali scarsamente distesi.<br />

Valutazione delle immagini ottenute<br />

con il pasto baritato<br />

1. Dimensioni del lume<br />

2. Profilo della superficie mucosa<br />

3. Caratteristiche dell’ombra intraluminale<br />

4. Spessore della parete intestinale<br />

5. Flessibilità e motilità della parete intestinale<br />

6. Posizione del piccolo intestino<br />

7. Continuità della colonna radiopaca<br />

8. Tempo di transito<br />

ASPETTO ANORMALE DELLO STOMACO<br />

Le pliche rugose possono essere ispessite da diversi tipi di processi<br />

infiltranti, quali infiammazione acuta o cronica o neoplasia. Negli animali<br />

colpiti da queste malattie le pliche possono anche essere irregolari o<br />

ulcerate. Insieme all’ispessimento ed all’ulcerazione, all’interno dello<br />

stomaco si possono riscontrare delle mineralizzazioni ad andamento<br />

lineare (distrofiche) come alterazioni secondarie associate ad insufficienza<br />

renale cronica.<br />

Le malattie infiltranti della parete gastrica possono esitare in un aumento<br />

della rigidità ed in una perdita dell’estensibilità. Questa rigidità può<br />

essere dovuta a numerose cause, quali edema o emorragia, infiltrazione<br />

neoplastica o infiammatoria o flogosi provenienti da strutture adiacenti<br />

come quelle secondarie ad una pancreopatia.<br />

69


TUMORI GASTRICI<br />

La maggior parte dei tumori origina dalla piccola curvatura, anche se può<br />

essere colpito qualsiasi settore dello stomaco. All’interno del lume gastrico si<br />

può riscontrare un difetto di riempimento che può essere polipoide, peduncolato<br />

o sessile. È frequente l’ulcerazione dei tumori gastrici. Radiograficamente, la<br />

parete può apparire ispessita o irregolare. L’organo può risultare inestensibile<br />

a causa di questo ispessimento e mostrare un aspetto fisso o rigido nelle<br />

immagini riprese in sequenza. Se la massa patologica si trova nella regione<br />

del deflusso (piloro), lo stomaco si può presentare gravemente disteso e pieno<br />

di fluidi o fluidi e gas, oppure vuoto dopo il vomito.<br />

SVUOTAMENTO GASTRICO<br />

Il ritardo dello svuotamento gastrico può essere secondario ad un problema<br />

meccanico o funzionale. Le ostruzioni piloriche possono essere dovute ad<br />

alterazioni ipertrofiche, corpi estranei e neoplasie. Una delle principali caratteristiche<br />

da valutare nei casi in cui si riscontra radiograficamente una moderata<br />

distensione dello stomaco e si sospetta un’ostruzione pilorica è la presenza<br />

di problemi della motilità o funzionali secondari ad effetti di farmaci<br />

quali atropina, antispastici o certi tranquillanti. In presenza di un’ostruzione<br />

del deflusso, il tempo di svuotamento gastrico può essere ritardato fino a tre<br />

o anche sei ore. Nelle immagini riprese con mezzo di contrasto, il canale pilorico<br />

può apparire ristretto. Si può quindi osservare il materiale radiopaco che<br />

si estende attraverso il piloro concentricamente ristretto ed allungato ed identificato<br />

come segno del “becco” (di uccello) o del “filo”. Il “capezzolo pilorico”<br />

(pyloric tit) è la tasca peristaltica, o estroflessione dell’antro pilorico<br />

lungo la piccola curvatura quando un’onda peristaltica spinge il mezzo di contrasto<br />

contro l’ostruzione a livello della zona di deflusso.<br />

CORPI ESTRANEI GASTRICI<br />

I corpi estranei radiopachi nello stomaco vengono di solito facilmente<br />

identificati. Quelli radiotrasparenti possono essere facilmente visibili grazie al<br />

contrasto dell’aria che li circonda. I lembi dei stoffa o i materiali porosi spesso<br />

trattengono il bario dopo lo svuotamento dello stomaco (precedentemente<br />

sottoposto ad esame contrastografico o pasto baritato). I corpi estranei meno<br />

permeabili si presentano come difetti di riempimento all’interno dello stomaco<br />

riempito dal bario.<br />

70


COMPLESSO DI DILATAZIONE/TORSIONE<br />

DELLO STOMACO<br />

La dilatazione gastrica viene definita come una distensione moderata o<br />

grave dello stomaco che risulta riempito principalmente da gas, gas e fluidi,<br />

fluidi o ingesta. È della massima importanza notare che questo stomaco<br />

ingrossato conserva la propria posizione normale.<br />

La torsione gastrica viene differenziata dalla dilatazione sulla base della<br />

dislocazione (posizione anormale) determinata dalla rotazione. L’organo può<br />

essere disteso (questi animali vengono portati alla visita in crisi acuta, con<br />

timpanismo e conati). La localizzazione del piloro e del duodeno in posizione<br />

dorsocraniale e vicino alla linea mediana o alla sua sinistra costituisce l’aspetto<br />

più comune di questa alterazione di posizione. Utilizzando un volume<br />

limitato di mezzo di contrasto positivo ed effettuando la ripresa della radiografia<br />

in proiezione laterolaterale sinistra è possibile dimostrare il piloro.<br />

Un’immagine standard in proiezione laterolaterale destra (proiezione d’elezione)<br />

mostra il piloro pieno di gas in un animale con dilatazione/torsione<br />

dello stomaco. Le altre modificazioni radiografiche che si possono osservare<br />

sono rappresentate da compartimentalizzazione (identificazione radiografica<br />

di bande di tessuti molli che si proiettano all’interno o attraverso il lume pieno<br />

di gas dello stomaco ruotato. Queste bande di tessuti molli sono dovute alla<br />

ripiegatura dello stomaco su se stesso perché la parete ripiegata si proietta nel<br />

lume e viene delineata dal gas presente al suo interno). Si può avere una splenomegalia<br />

(con variazioni della localizzazione del corpo della milza) dovuta<br />

alla torsione.<br />

La parete gastrica può essere sottile. Sia a livello intraparietale che nel<br />

fegato (vasi portali) si può osservare la presenza di gas dovuta alla necrosi<br />

della parete stessa. Può essere presente una riduzione di dimensioni della vena<br />

cava caudale e della silhouette cardiaca (per diminuzione del precarico), una<br />

dilatazione esofagea (megaesofago) ed un ileo paralitico riflesso del piccolo<br />

intestino (che può anche essere dovuto al dolore).<br />

ASPETTO ANORMALE DEL TENUE NELLE IMMAGINI<br />

RADIOGRAFICHE RIPRESE SENZA MEZZO<br />

DI CONTRASTO<br />

I pazienti che hanno avuto recentemente estesi episodi di vomito tendono<br />

a non mostrare segni radiografici di ostruzione duodenale anche quando questa<br />

può essere presente. Per identificare le ostruzioni intestinali alte nei<br />

pazienti che vomitano è spesso necessario ricorrere alle contrastografie.<br />

71


L’ileo viene definito come una condizione ostruttiva dell’intestino. Ne esistono<br />

due tipi: meccanico o funzionale. Il primo è anche indicato come dinamico<br />

o ostruttivo. Di solito è semplice e non strangolante. I segni radiografici<br />

possono essere influenzati dal grado, dalla localizzazione e dalla durata dell’ostruzione.<br />

La dilatazione del piccolo intestino secondaria ad ostruzione<br />

meccanica si verifica a causa della presenza di aria e saliva deglutita e dell’accumulo<br />

di secrezioni mucose nel tratto digerente.<br />

L’ileo funzionale è anche detto paralitico o adinamico, può essere localizzato<br />

o generalizzato e può rappresentare una sequela dell’ileo meccanico. I<br />

suoi stadi di sviluppo a livello muscolare sono l’affaticamento, consente lo<br />

stiramento dell’intestino, l’ischemia secondaria allo stiramento e la necrosi.<br />

Esistono numerose cause di ileo funzionale; le prime sono di tipo estrinseco<br />

(che tendono ad essere più generalizzate), come il danno del midollo spinale,<br />

il riflesso al dolore, il trauma o l’irritazione peritoneale, oppure la compromissione<br />

vascolare.<br />

Il secondo tipo è quello intrinseco (che nella maggior parte dei casi è<br />

regionale) e può essere causato da edema, amiloidosi, infiammazione acuta o<br />

enterite, per citarne solo alcuni.<br />

Segni radiografici dell’ileo<br />

1. Eccesso di accumulo di gas e fluidi all’interno delle anse intestinali<br />

2. Curve a zig zag delle anse intestinali ripiegate<br />

3. Ammasso o stratificazione delle anse intestinali<br />

4. Squadratura delle anse intestinali distese<br />

5. Grado di dilatazione che aumenta man mano che l’ostruzione diviene<br />

più aborale<br />

6. “Testa di serpente”<br />

7. Segmento isolato di piccolo intestino disteso dovuto a peritonite focale<br />

Segni radiografici dei corpi estranei lineari<br />

72<br />

1. Ripiegatura a fisarmonica del piccolo intestino<br />

2. Riduzione di lunghezza del tratto colpito<br />

3. Peritonite secondaria<br />

4. Aumento numerico di bolle di gas eccentriche (a forma di goccia,<br />

mezzaluna o virgola)<br />

5. Corpi estranei, di solito sul margine mesenterico<br />

6. Ripiegatura sul margine antimesenterico


INTUSSUSCEZIONE<br />

L’intussuscezione viene definita come l’invaginamento di un segmento<br />

intestinale in una porzione contigua dell’intestino. La condizione può interessare<br />

il piccolo intestino (enteroenterica), il grosso intestino (colocolica, cecocolica<br />

o cosiddetta inversione cecale) o il piccolo e grosso intestino (ileocolica,<br />

che è il tipo più comune). Sono anche state descritte intussuscezioni<br />

gastrogastriche, enterogastriche e gastroesofagee. Le intussuscezioni possono<br />

essere anterograde o retrograde. I segni clinici della condizione sono di solito<br />

quelli osservati nelle enteropatie ostruttive. Queste manifestazioni radiografiche<br />

dipendono dal tipo di intussuscezione e sono rappresentate da segni<br />

di ostruzione del piccolo intestino, presenza di gas anomalo, perdita della<br />

silhouette cecale e comparsa dell’effetto “a molla a spirale” con il clisma baritato.<br />

ASPETTO ANORMALE DEL TRATTO INTESTINALE<br />

NELLE RADIOGRAFIE CON MEZZO DI CONTRASTO<br />

La segmentazione del mezzo di contrasto può essere normale o anormale.<br />

Di solito si osserva verso la fine di una serie di radiografie gastroenteriche<br />

normali. Può essere dovuta a fattori diversi dalla presenza di patologie del<br />

tenue, quali perdita della fluidità del mezzo di contrasto, formazione di aggregati<br />

di bario con muco o cibo, inadeguatezza del volume di bario somministrato,<br />

ritardato svuotamento gastrico da pienezza dell’ileo (riflesso gastroiliaco).<br />

La segmentazione anomala della colonna di contrasto può essere dovuta<br />

ad una gastropatia ostruttiva, un’irritazione del tratto gastroenterico (grave<br />

gastrite o enterite) o un’ostruzione parziale.<br />

I disordini intraluminali si manifestano di solito sotto forma di aree radiotrasparenti<br />

circondate da mezzo di contrasto positivo. Spesso determinano un<br />

ritardo del tempo di transito intestinale e causano un ileo prossimale alla loro<br />

localizzazione.<br />

DISORDINI INTRAPARIETALI<br />

I disordini intraparietali vanno valutati ricorrendo al pasto baritato (mezzo<br />

di contrasto positivo). Quando si effettua questa indagine è necessario stabilire<br />

se la lesione si proietta nel lume, se causa un restringimento o una costrizione,<br />

oppure se si proietta lontano dal lume, causando un ingrossamento del<br />

73


diametro dello stesso come conseguenza di un difetto della parete intestinale.<br />

Si possono riscontrare ispessimento e rigidità della parete intestinale, irregolarità<br />

delle superfici sierose o mucose o associazione di queste alterazioni. I<br />

disordini intraparietali dell’intestino possono apparire radiograficamente<br />

come peduncolati, su ampia base, a superficie liscia o irregolare, e possono<br />

espandere l’ampiezza del viscere (le forme benigne tendono ad essere lisce,<br />

mentre quelle maligne tendono ad essere irregolari).<br />

L’eziologia delle lesioni intraparietali è rappresentata da neoplasie, granulomi,<br />

ascessi, cicatrici ed ematomi. I processi infiammatori del tenue (enterite)<br />

tendono ad aumentare la velocità della motilità intestinale (riduzione del<br />

tempo di transito). Con la cronicità e la gravità possono conferire un aspetto<br />

irregolare alla superficie mucosa, nonché diminuire la larghezza del lume dell’intestino.<br />

Se l’enterite è abbastanza grave e cronica, si possono avere delle<br />

alterazioni o erosioni della mucosa.<br />

74


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Reperti ecografici normali<br />

e patologici dell’apparato<br />

digerente<br />

Sabato, 26 ottobre 2002, ore 14.30<br />

75


Sino a non molto tempo fa, l’ecografia era considerata una cattiva scelta<br />

per la valutazione del tratto gastroenterico, a causa della barriera opposta agli<br />

ultrasuoni dal gas presente nel lume del viscere. Negli ultimi cinque anni, tuttavia,<br />

questa tecnica è stata applicata con successo alla diagnosi di numerosi<br />

disordini gastroenterici, come i corpi estranei gastrici ed intestinali, l’intussuscezione,<br />

la gastropatia uremica, la gastropatia ipetrofica pilorica cronica, la<br />

duplicazione enterica e le neoplasie intestinali. L’ecografia si è dimostrata<br />

utile non solo per la diagnosi delle alterazioni morfologiche di questo apparato,<br />

ma anche nella valutazione della sua funzione. Come nel caso dell’esame<br />

del pancreas, anche a livello gastroenterico è di importanza critica ottenere<br />

la massima risoluzione utilizzando un trasduttore ad alta frequenza. Anche<br />

il tenere a digiuno l’animale prima dell’ecografia migliora i risultati.<br />

ASPETTO ECOGRAFICO NORMALE<br />

L’esame ecografico completo del tratto gastroenterico prevede la valutazione<br />

dello spessore della parete e della sua stratificazione, la valutazione del<br />

contenuto del lume e la quantificazione della funzione peristaltica. Nel cane<br />

normale, la parete gastrica ha uno spessore di 3-5 mm quando lo stomaco è<br />

moderatamente disteso e può essere leggermente maggiore quando non lo è.<br />

Analogamente, le pliche gastriche, riconoscibili a livello del fondo e del<br />

corpo, risultano più o meno spesse in funzione del grado di distensione dell’organo.<br />

Quando la misurazione viene effettuata in condizioni di rilassamento,<br />

la parete del piccolo e grosso intestino risulta pari a 2-3 mm. Lo spessore<br />

della parete gastroenterica non sembra dipendere dall’età o dalla razza.<br />

Ispessimenti patologici si devono sospettare nei casi in cui il valore riscontrato<br />

risulta superiore a 6-7 mm nello stomaco e 5 mm nell’intestino.<br />

L’ecografia consente di differenziare i vari strati del tratto gastroenterico,<br />

che presentano valori alternati di ecogenicità. In condizioni ottimali, è possibile<br />

identificare 5 strati separati, rappresentati da superficie mucosa (iperecogena),<br />

mucosa (ipoecogena), sottomucosa (iperecogena), muscolare (ipoecogena)<br />

e sierosa (iperecogena). La sottomucosa e la sottosierosa-sierosa sono<br />

iperecogene a causa della presenza di una quantità relativamente maggiore di<br />

tessuto connettivo fibroso. L’esame degli strati dello stomaco e dell’intestino<br />

può essere utile per determinare la gravità e la localizzazione dei processi<br />

patologici dell’apparato digerente.<br />

L’aspetto ecografico del lume gastroenterico dipende dal suo contenuto.<br />

Nello stato collassato, si presenta iperecogeno (“stria di mucosa”) e circondato<br />

da un alone ipoecogeno di parete intestinale. Il nucleo iperecogeno è<br />

dovuto alla presenza di muco e piccole bolle d’aria intrappolate a livello del-<br />

76


l’interfaccia fra mucosa e lume. Quando all’interno del viscere è presente del<br />

fluido, si osserva un’area anecogena fra le pareti dell’intestino che si presentano<br />

tubulari nelle immagini ottenute lungo l’asse maggiore e circolari in<br />

quelle lungo l’asse minore. Il gas presente all’interno del lume gastroenterico<br />

determina un’interfaccia altamente ecogena con l’ombra acustica distale.<br />

Nella maggior parte dei casi, l’onda è riempita da molteplici echi causati da<br />

riverbero (ombra “sporca”), ma può anche essere anecogena (ombra “pulita”).<br />

La presenza del fluido nel lume intestinale migliora la capacità dell’operatore<br />

di valutare gli strati di mucosa e sottomucosa, mentre la presenza di gas la<br />

diminuisce.<br />

Nell’esame del tratto gastroenterico va inserito l’impiego dell’ecografia in<br />

tempo reale per la valutazione della motilità dello stomaco e dell’intestino. Il<br />

numero medio di contrazioni peristaltiche a livello dello stomaco e del tratto<br />

prossimale del duodeno è di 4-5 al minuto. In genere, nel colon discendente<br />

non si osservano contrazioni.<br />

ESAME ECOGRAFICO DEL TRATTO GASTROENTERICO<br />

ANORMALE<br />

Corpi estranei gastroenterici<br />

L’ecografia si è rivelata utile per l’identificazione di numerosi tipi differenti<br />

di corpi estranei gastrici ed intestinali. L’aspetto ecografico di questi<br />

materiali nell’apparato digerente dipende dalle loro proprietà fisiche e dal<br />

grado di attenuazione del suono. Nelle immagini ecografiche, gli oggetti che<br />

trasmettono i suoni vengono rappresentati in modo più accurato di quelli che<br />

li attenuano. Tutti i margini degli oggetti che attenuano fortemente i suoni, ad<br />

eccezione di quello più vicino, sono oscurati dall’ombra acustica che producono.<br />

Anche se quest’ombra impedisce la completa visualizzazione dell’oggetto,<br />

la sua presenza può indicare quella di un corpo estraneo.<br />

Gli oggetti che attenuano il suono generano un’interfaccia altamente ecogena<br />

a livello della loro superficie vicina, seguita da un’ombra acustica che<br />

può avere un aspetto “pulito” o “sporco”. La forma della linea ecogena (curva,<br />

irregolare, lineare) può contribuire ad identificare il tipo di corpo estraneo<br />

presente. È importante distinguere il quadro ecografico prodotto dagli oggetti<br />

che determinano una forte attenuazione del suono da quel del gas luminale,<br />

che può portare alla formazione di un’immagine simile. Quando si sospetta<br />

un corpo estraneo gastrico, che però non può essere identificato, la somministrazione<br />

di acqua attraverso una sonda orogastrica può favorirne la visualizzazione.<br />

77


La presenza di un corpo estraneo può essere suggerita anche da anomalie<br />

ecografiche a carico delle strutture gastroenteriche circostanti. L’identificazione<br />

di una distensione dell’intestino per la presenza di fluidi o gas può indicare<br />

un’ostruzione e deve spingere ad effettuare un’accurata ricerca di eventuali<br />

corpi estranei che ne potrebbero essere la causa. I corpi estranei lineari sono<br />

spesso associati ad ispessimenti e formazione di pliche della parete intestinale,<br />

identificabili con l’esame ecografico.<br />

Intussuscezione<br />

L’ecografia ha contribuito alla diagnosi dell’intussuscezione intestinale e<br />

gastrica. Inoltre, abbiamo osservato l’inversione cecale in un cane e l’intussuscezione<br />

ileocolica in un gatto, entrambe evidenti ecograficamente. L’aspetto<br />

ecografico di un’intussuscezione in un piano trasversale è stato descritto come<br />

“lesione a bersaglio” o “segno di molteplici anelli concentrici”, riflettendo la<br />

disposizione degli strati concentrici di parete intestinale all’interno del segmento<br />

intussuscetto. Nelle immagini longitudinali l’intussuscezione ha un<br />

aspetto di segmento ispessito di intestino con un numero eccessivo di strati<br />

caratterizzati da un’ecogenicità alternata. Va notato che anche altri disordini<br />

gastroenterici possono causare lesioni “a bersaglio”. Quindi, quando si sospetta<br />

un’intussuscezione sulla base di un’immagine trasversale, è necessario esaminare<br />

la lesione anche lungo il piano longitudinale.<br />

Neoplasie gastroenteriche<br />

Le più comuni caratteristiche ecografiche delle neoplasie gastroenteriche sono<br />

l’ispessimento della parete dello stomaco o dell’intestino, la perdita del normale<br />

aspetto stratificato e le alterazioni del profilo della mucosa e/o delle superfici sierose.<br />

Le variazioni associate a questi tumori nella maggior parte dei casi sono<br />

focali, ma possono anche essere diffuse, specialmente nel linfoma gastroenterico<br />

del cane. L’ispessimento della parete è in genere asimmetrico, ma può essere simmetrico.<br />

La perdita del normale aspetto stratificato della parete gastroenterica<br />

riflette l’infiltrazione di elementi neoplastici ed infiammatori, la necrosi, l’edema<br />

e l’emorragia. In alcuni casi, l’esame degli strati parietali fornisce informazioni<br />

relative alla gravità ed alla profondità del coinvolgimento neoplastico.<br />

I leiomiomi gastrici possono essere visualizzati come riscontri incidentali<br />

nel corso di un esame ecografico addominale di routine. Di solito, vengono<br />

identificati come masse tondeggianti abbastanza piccole che protrudono nel<br />

lume gastrico nell’area del cardias. In molti animali, i leiomiomi gastrici non<br />

78


sono associati a segni clinici. L’adenocarcinoma ed il linfoma dello stomaco<br />

del cane causano tipicamente un grave ispessimento ed un’irregolarità della<br />

parete dello stomaco. Le aree ispessite di solito sono ipoecogene; non sono<br />

evidenti strati normali. Il linfoma digerente del gatto si riscontra più comunemente<br />

a livello della giunzione ileocolica. Dal punto di vista ecografico (nelle<br />

sezioni trasversali) il linfoma digerente felino si presenta come uno spesso<br />

anello ipoecogeno che circonda la superficie della mucosa iperecogena.<br />

Ulcera gastrica<br />

L’ulceropatia gastrica può essere un disordine primario (ad es., associato a<br />

somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei) oppure complicare<br />

altre malattie (ad es., epatopatia o affezioni neoplastiche o infiammatorie<br />

dello stomaco). Ecograficamente, le ulcere gastriche si presentano come focolai<br />

lineari iperecogeni all’interno della parete dello stomaco. Questi focolai<br />

rappresentano piccole bolle di gas intrappolate a livello della superficie luminale<br />

del cratere dell’ulcera. Occasionalmente, nelle ecografie si può osservare<br />

una perdita focale di mucosa e sottomucosa gastrica. L’infiammazione e l’edema<br />

associati all’ulcerazione possono causare una perdita dell’aspetto stratificato<br />

delle porzioni più profonde della parete dello stomaco. Sfortunatamente,<br />

l’ecografia sembra essere un mezzo poco sensibile per l’identificazione dell’ulcera<br />

gastrica, specialmente nei casi superficiali.<br />

Gastropatia uremica<br />

L’aspetto ecografico della gastropatia uremica è stato descritto in quattro<br />

cani con grave uremia derivante da una nefropatia in stadio terminale. Le<br />

caratteristiche ecografiche sono rappresentate da ispessimento della parete<br />

dello stomaco e presenza di una linea ecogena nella mucosa gastrica superficiale,<br />

che rappresenta una mineralizzazione della mucosa dello stomaco. Il<br />

normale aspetto stratificato della parete gastrica era scomparso in tre cani, ma<br />

era stato mantenuto in un altro, riflettendo una variazione di profondità dell’infiammazione,<br />

dell’edema e della necrosi parietali.<br />

Gastropatia pilorica ipertrofica cronica<br />

I riscontri ecografici caratteristici della gastropatia pilorica ipertrofica cronica<br />

(CHPG, chronic hypertrophic pyloric gastropathy) sono rappresentati da<br />

79


distensione dello stomaco ed ispessimento della parete pilorica. L’esame del<br />

piloro lungo un piano trasversale mostra un anello ipoecogeno di spessore<br />

uniforme che rappresenta la muscolare, che circonda il lume pilorico. In 6<br />

cani con CHPG esaminati ecograficamente, lo spessore della parete pilorica<br />

era superiore a 9 mm e quello dello strato muscolare superava i 4 mm.<br />

Ileo<br />

Sia l’ileo meccanico che quello paralitico sono stati descritti come riscontri<br />

ecografici. Il primo si ha prossimalmente ad un’area di ostruzione; il<br />

secondo può essere generalizzato (ad es., enterite virale, ipokalemia) o focale<br />

(ad es., duodenite secondaria a pancreatite). Quando è presente un ileo, l’intestino<br />

appare dilatato e pieno di liquidi e la motilità gastroenterica è diminuita<br />

o assente.<br />

80


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Indicazioni, utilità e limiti<br />

dell’impiego della TC ed RM<br />

nelle patologie dell’apparato<br />

digerente<br />

Sabato, 26 ottobre 2002, ore 16.15<br />

81


La tomografia computerizzata è stata utilizzata per la valutazione delle<br />

malattie degli animali da compagnia sin dall’inizio degli anni Ottanta.<br />

Attualmente, il suo principale impiego è lo studio delle affezioni del sistema<br />

nervoso centrale. La maggior parte dei dati relativi alle applicazioni a livello<br />

di apparato respiratorio sono state estrapolate da quelle descritte in letteratura<br />

medica umana.<br />

L’interesse per l’impiego della tomografia computerizzata (TC) e della<br />

risonanza magnetica (RM) in medicina veterinaria cresce di pari passo col<br />

numero dei clienti che hanno avuto modo di sperimentare l’impiego di queste<br />

tecniche di diagnostica per immagini sulla propria persona o su qualche altro<br />

membro della famiglia. Costoro spesso sono più che disposti ad affrontare il<br />

costo di un avanzato esame di questo tipo per ottenere una diagnosi ed un<br />

piano terapeutico più accurato. Ciò vale in particolare nel campo della neurologia<br />

e dell’oncologia. Non è ragionevole aspettarsi che una struttura veterinaria<br />

di medio livello disponga al suo interno delle apparecchiature necessarie<br />

per questo tipo di esame, ma può darsi che si riesca facilmente a trovare<br />

un appoggio per questo tipo di servizi nell’area in cui si opera, sapendo dove<br />

cercare ed a chi chiedere.<br />

Anche se può non essere “direttamente coinvolto” nell’esecuzione della<br />

TC o della RM, il veterinario deve conoscere le indicazioni per questo tipo di<br />

esami ed essere in grado di rispondere alle domande che i clienti pongono sull’argomento.<br />

Poiché si basa su una tecnologia digitale, la TC consente di<br />

manipolare le immagini in modo da poter valutare selettivamente le aree di<br />

interesse. Le nuove tecniche di scansione rapida come l’Helical TC consentono<br />

di visualizzare gli animali molto più velocemente di quanto non fosse<br />

possibile in passato. Inoltre, con un software appropriato, si possono ottenere<br />

immagini tridimensionali e piani di scansione alternativi che in passato erano<br />

già disponibili, ma con difficoltà molto maggiori.<br />

La tomografia computerizzata offre una migliore risoluzione di contrasto,<br />

che può rilevare differenze di radiopacità dei tessuti più sottili di quanto non<br />

sia possibile con i mezzi radiografici oggi disponibili. La tecnica consente di<br />

ottenere immagini in sezione trasversale utilizzando raggi X e computer.<br />

Grazie alla migliore risoluzione di contrasto, si dispone di una differenziazione<br />

dei tessuti molli di livello superiore. Inoltre, non si ha alcuna sovrapposizione<br />

delle strutture sovrastanti. Questi tendono ad essere i principali vantaggi<br />

della tomografia computerizzata rispetto alla radiologia diagnostica convenzionale.<br />

La tomografia computerizzata di solito deve essere preceduta da un’appropriata<br />

valutazione radiografica. Si sconsiglia di passare direttamente alla<br />

TC, fatta eccezione per le malattie della testa (encefalo, naso, orecchie). Gli<br />

esami radiografici in bianco di questa regione anatomica sono notoriamente<br />

82


di scarso valore. La nozione più importante per interpretare le immagini ottenute<br />

è la buona conoscenza dell’anatomia normale.<br />

Per discutere le immagini TC è necessario adottare una terminologia<br />

radiologica simile. Le strutture di colore bianco sono caratterizzate da un<br />

aumento della radiopacità o della densità dell’oggetto. Le strutture scure sono<br />

riferibili ad oggetti meno densi o meno radiopachi, cioè radiotrasparenti. La<br />

terminologia è simile, ma la TC si basa sull’attenuazione dei raggi X.<br />

Parlando di RM non si utilizzano i termini di densità, radiopacità o<br />

radiotrasparenza. Poiché l’immagine è basata su segnali su frequenza<br />

radio si utilizzando i termini di aumento e diminuzione dell’intensità del<br />

segnale. Le strutture brillanti o bianche sono caratterizzate da un aumento<br />

dell’intensità, mentre, al contrario, quelle scure o nere sono dovute a segnali<br />

meno intensi.<br />

LIMITI DELLA RADIOGRAFIA<br />

I raggi X passati attraverso il paziente vengono assorbiti in modo diverso<br />

dai tessuti corporei. Essendo più radiodenso, l’osso assorbe una maggior<br />

quantità di raggi X rispetto ai tessuti molli. Questo assorbimento differenziale<br />

è contenuto nel fascio di raggi che attraversa il paziente e viene registrato<br />

sulla pellicola.<br />

Il principale difetto della radiografia è la sovrapposizione di tutte le<br />

strutture sulla pellicola, il che rende difficile e talvolta impossibile distinguere<br />

un particolare dettaglio. Ciò vale specialmente per le formazioni con<br />

densità poco diverse, come avviene spesso nel caso di alcuni tumori e dei<br />

tessuti molli circostanti. Anche se, per localizzare una struttura, è possibile<br />

effettuare una ripresa di immagini in molteplici proiezioni, ad esempio<br />

laterolaterali ed oblique, il problema della sovrapposizione in radiografia<br />

persiste.<br />

Un secondo limite è che la radiografia è una procedura qualitativa piuttosto<br />

che quantitativa. È difficile distinguere fra un oggetto omogeneo di<br />

spessore non uniforme ed uno eterogeneo di spessore uniforme. Inoltre, la<br />

radiografia non riesce a dimostrare adeguatamente lievi differenze nel contrasto<br />

del soggetto, che sono caratteristiche dei tessuti molli. La pellicola<br />

radiografica non è abbastanza sensibile per risolvere le piccole differenze,<br />

perché in condizioni tipiche è in grado soltanto di discriminare variazioni<br />

di intensità dei raggi X del 5-10%. I limiti della radiografia esitano nell’incapacità<br />

della pellicola di visualizzare differenze molto piccole del contrasto<br />

tissutale. Inoltre, quest’ultimo non può essere regolato dopo essere<br />

stato registrato sulla pellicola.<br />

83


VANTAGGI E LIMITI DELLA TOMOGRAFIA<br />

COMPUTERIZZATA<br />

Lo scopo della tomografia computerizzata è quello di superare i limiti<br />

della radiografia ottenendo i seguenti risultati:<br />

1) riduzione al minimo della sovrapposizione<br />

2) miglioramento del contrasto dell’immagine<br />

3) registrazione di differenze molto piccole di contrasto tissutale<br />

I principali vantaggi della TC sono dovuti al fatto che questa tecnica supera<br />

i limiti della radiografia. In confronto alla seconda, la prima comporta i<br />

seguenti miglioramenti:<br />

1) eccellente risoluzione di basso contrasto, possibile grazie all’impiego<br />

di un fascio altamente collimato per ottenere un’immagine di una<br />

sezione trasversale del paziente e di speciali rilevatori utilizzati per<br />

misurare la radiazione trasmessa attraverso questa sezione.<br />

2) Modificando l’ampiezza e la lunghezza della finestra nell’immagine,<br />

è possibile modulare la scala di contrasto dell’immagine in modo da<br />

variarla per adattarla alle necessità dell’osservatore.<br />

3) Con l’acquisizione spirale dei dati, la TC e la geometria spirale hanno<br />

superato parecchi limiti dell’acquisizione convenzionale di tipo startstop.<br />

I vantaggi sono rappresentati dalla raccolta dei dati in un singolo<br />

atto respiratorio piuttosto che sezione per sezione, dal miglioramento<br />

della visualizzazione tridimensionale, dalla riformattazione<br />

dell’immagine multiplanare e da altre applicazioni come la visualizzazione<br />

continua, l’angiografia TC e la visualizzazione in realtà virtuale<br />

o l’endoscopia TC.<br />

4) Per quanto riguardala manipolazione e l’analisi dell’immagine, la<br />

natura digitale di quest’ultima ne fa un ottima candidata all’elaborazione.<br />

L’immagine può essere modificata in modo da aumentare le<br />

informazioni in essa contenuta o analizzarle per conoscere la forma e<br />

la struttura delle lesioni.<br />

84<br />

La TC non è priva di limiti. È possibile rilevare i seguenti svantaggi:<br />

1) La risoluzione spaziale della TC è particolarmente scadente.<br />

2) La dose della TC è generalmente più elevata per regioni anatomiche<br />

simili.<br />

3) La TC è limitata a sezioni assiali trasversali a causa delle caratteristiche<br />

hardware della sonda, anche se l’angolazione dell’entrata può<br />

essere modificata in modo da ottenere immagini di sezioni inclinate<br />

fino a 30° rispetto a quella trasversale.


4) Nella TC è difficile visualizzare regioni anatomiche costituite tessuti<br />

molli circondate da grandi quantità di osso, come la fossa posteriore,<br />

il midollo spinale e l’ipofisi.<br />

5) La presenza di oggetti metallici nel paziente determina artefatti a stria<br />

nelle immagini TC. Inoltre, la TC genera altri artefatti non comuni<br />

alla radiografia.<br />

Queste limitazioni non hanno in alcun modo ostacolato lo sviluppo della<br />

TC, né ne hanno ristretto l’uso. Anzi, hanno aperto nuove vie alla soluzione<br />

di problemi ed alla ricerca.<br />

RM E TC NELLE AFFEZIONI DEL TRATTO<br />

GASTROENTERICO<br />

La TC è molto utile nella diagnosi di tutti i tipi di malattie addominali nell’uomo<br />

e viene impiegata come l’ecografia addominale. Il suo uso in diagnostica<br />

per immagini veterinaria è oggi limitato, ma non c’è ragione perché non<br />

possa risultare altrettanto utile negli animali. Se questi possono essere tenuti<br />

immobili, anche la RM può fornire un eccellente dettaglio anatomico delle<br />

strutture addominali.<br />

Come la utilizziamo nella nostra struttura:<br />

1) Effettuiamo ben poche indagini di diagnostica per immagini dell’addome<br />

che non siano ecografie in sezione trasversale.<br />

2) Attualmente utilizziamo l’ecografia addominale come metodo per<br />

studiare ulteriormente le anomalie riscontrate radiograficamente o<br />

con la palpazione in addome.<br />

Le aree in cui queste tecniche sarebbero utili comprendono le anomalie<br />

delle surreni, le affezioni pancreatiche, la linfoadenopatia, le enteropatie<br />

infiltranti, le sospette metastasi epatiche e le neoplasie renali. Nei casi in<br />

cui si effettua una TC addominale, è di importanza critica servirsi di un<br />

mezzo di contrasto endovenoso per via orale per ottenere i massimi risultati<br />

dall’esame.<br />

L’ecografia resta il metodo d’elezione per la valutazione iniziale di<br />

screening delle lesioni epatiche focali. Anche se è più sensibile, la TC<br />

viene utilizzata soltanto quando i risultati ecografici non hanno portato a<br />

conclusioni definitive o nei casi in cui è necessaria una localizzazione più<br />

dettagliata ed una maggiore caratterizzazione delle lesioni. Per rilevare la<br />

85


presenza di masse focali nel fegato, è importante utilizzare in modo appropriato<br />

un mezzo di contrasto IV. Con poche eccezioni, non è possibile diagnosticare<br />

mediante TC le epatopatie diffuse. TC ed ecografia risultano<br />

ugualmente accurate nella dimostrazione dei dotti biliari intra- ed extraepatici<br />

nei pazienti itterici.<br />

TRATTO GASTROENTERICO<br />

Si ritiene che la TC stia assumendo un ruolo sempre maggiore grazie alla<br />

sua capacità di delineare non solo il lume, ma anche la parete intestinale e le<br />

strutture adiacenti. Benché non si sia dimostrata molto accurata per la stadiazione<br />

delle neoplasie maligne gastroenteriche, la TC viene ancora ampiamente<br />

utilizzata per questo scopo nell’uomo, principalmente per evitare interventi<br />

chirurgici non necessari nei casi in cui, a causa dell’invasione locale o della<br />

presenza di metastasi a distanza, esistono notevoli segni che fanno ritenere<br />

inasportabile il tumore.<br />

L’impiego di un mezzo di contrasto diluito somministrato per via orale per<br />

opacizzare il tratto gastroenterico è assolutamente necessario in addome, per<br />

non confondere le anse intestinali omogenee e piene di liquido con masse o<br />

anse piene di gas o con gli ascessi. I mezzi di contrasto positivi più comunemente<br />

utilizzati per la TC addominale sono la soluzione diluita di solfato di<br />

bario (1% peso/volume) e le soluzioni idrosolubili di mezzi di contrasto iodati<br />

(meglumine diatrizoato diluito 1:25 in acqua).<br />

METODI DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI<br />

A LIVELLO DELLO STOMACO E DEL TENUE<br />

La tomografia computerizzata viene utilizzata per valutare le anomalie<br />

della parete dello stomaco e del piccolo intestino e determinare l’estensione<br />

delle affezioni extraluminali. Per una sua accurata interpretazione è<br />

essenziale indurre la distensione dello stomaco e del duodeno. Gli ispessimenti<br />

nodulari di una parete gastrica non distesa ma normale, specialmente<br />

vicino alla giunzione gastroesofagea, possono simulare un tumore. La<br />

distensione gastrica e duodenale si può ottenere riempiendo l’organo con<br />

mezzi di contrasto positivi o utilizzando granuli effervescenti per indurre<br />

una distensione gassosa. La TC costituisce il complemento dell’esame con<br />

il bario dimostrando la componente extraluminale delle affezioni intestinali.<br />

Inoltre, consente di valutare il mesentere, gli organi adiacenti, la cavità<br />

peritoneale ed il retroperitoneo.<br />

86


METODI DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL COLON<br />

La tomografia computerizzata integra l’esame con il bario dimostrando<br />

le componenti della malattia all’interno del lume ed all’esterno del viscere.<br />

È eccellente per evidenziare processi infiammatori e neoplastici estrinseci<br />

che influiscono sul colon, come gli ascessi, i tragitti fistolosi e le fistole. La<br />

tomografia computerizzata e la risonanza magnetica sono state utilizzate per<br />

la stadiazione iniziale delle neoplasie colorettali. Tuttavia, entrambi i metodi<br />

presentano una limitata capacità di determinare l’estensione dell’infiltrazione<br />

tumorale della parete intestinale e del coinvolgimento dei linfonodi<br />

regionali.<br />

PANCREAS<br />

I metodi di diagnostica per immagini in sezione trasversale come l’ecografia,<br />

la TC e la RM consentono oggi la dimostrazione diretta del pancreas.<br />

Il ruolo della risonanza magnetica della diagnosi dei disordini di questa<br />

ghiandola è ancora discutibile e la tecnica probabilmente non offre alcun vantaggio<br />

significativo rispetto alla TC. Quando il pancreas è ben visualizzato<br />

nelle ecografie, la precisione è paragonabile a quella della TC. In generale, la<br />

percentuale di successo per quanto riguarda la capacità di delineare l’intero<br />

pancreas è molto più elevata con la TC che con l’ecografia, perché spesso la<br />

ghiandola è oscurata in tutto o in parte dal gas presente nell’intestino.<br />

Nella pancreatite acuta, la TC è utile principalmente a causa dell’elevata<br />

incidenza di ileo paralitico associato, che impedisce la visualizzazione ecografica<br />

della regione pancreatica. Attraverso l’ecografia è possibile monitorare<br />

le pseudocisti di maggiori dimensioni, anche se la TC generalmente<br />

delinea in modo più completo dal punto di vista grafico l’estensione del coinvolgimento<br />

ed è possibile apprezzare le dimensioni e l’entità delle alterazioni<br />

più piccole. Se si notano calcificazioni pancreatiche e dilatazioni del dotto<br />

è possibile formulare una diagnosi specifica di pancreatite cronica ricorrendo<br />

alla TC.<br />

L’ecografia e la tomografia computerizzata consentono di ottenere immagini<br />

di elevata qualità del parenchima pancreatico e vengono utilizzate come<br />

metodi primari di diagnostica per immagini per identificare le masse pancreatiche<br />

ed altre anomalie. Al momento attuale, l’uso della risonanza magnetica<br />

per la visualizzazione del pancreas è limitato. Il prelievo di campioni<br />

bioptici e gli interventi di drenaggio eseguiti sotto il controllo diretto ecografico<br />

e tomografico svolgono un ruolo primario nella diagnosi e nel trattamento<br />

delle affezioni del pancreas.<br />

87


FEGATO<br />

La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica vengono generalmente<br />

preferiti per la visualizzazione dei tumori epatici grazie alla loro elevata<br />

sensibilità e specificità ed alla riproducibilità complessiva per gli studi di follow-up.<br />

Il fatto di scegliere come metodo di visualizzazione di prima scelta la<br />

TC o la RM al momento attuale dipende principalmente dalla disponibilità delle<br />

apparecchiature necessarie, dalle preferenze personali e dall’esperienza.<br />

Attualmente, la risonanza magnetica sembra essere più sensibile e specifica<br />

della TC per la diagnosi delle lesioni focali. Tuttavia, la TC è nettamente<br />

migliore della RM per dimostrare le lesioni extraepatiche nell’ambito di una<br />

valutazione complessiva. La risonanza magnetica non evidenzia bene le epatopatie<br />

diffuse, fatta eccezione per il sovraccarico epatico di ferro.<br />

METODI DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI<br />

DELL’ALBERO BILIARE<br />

Ecografia e TC sono altamente sensibili per rilevare la dilatazione dei dotti<br />

biliari, anche se sono un po’ meno efficaci per identificarne la causa.<br />

L’ecografia rappresenta il metodo di screening d’elezione grazie al basso<br />

costo ed alla comodità. Anche la risonanza magnetica può evidenziare una<br />

dilatazione biliare e può essere più efficace della TC o dell’ecotomografia per<br />

dimostrare i tumori associati.<br />

METODI DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI<br />

NELLA CISTIFELLEA<br />

L’ecografia è la tecnica di diagnostica per immagini d’elezione per l’esame<br />

della cistifellea. Attraverso la TC è possibile dimostrare i calcoli biliari e<br />

la colecistite, ma la sensibilità è bassa. La tomografia computerizzata risulta<br />

utile per la diagnosi e la stadiazione del carcinoma della cistifellea. Al<br />

momento attuale, la risonanza magnetica non ha un ruolo significativo nell’esame<br />

di quest’organo.<br />

MEZZI DI CONTRASTO ENDOVENOSO<br />

I mezzi di contrasto endovenosi vengono utilizzati per diversi scopi.<br />

L’opacizzazione vascolare iniziale può essere utile per la localizzazione ana-<br />

88


tomica, la differenziazione dei vasi da una massa, la determinazione dell’estensione<br />

dello spostamento vascolare in caso di invasione da parte di un<br />

tumore, la valutazione specifica di affezioni vascolari quali aneurismi, stenosi<br />

o perdite di integrità vasale che esitano in una fuoriuscita del mezzo di<br />

contrasto dal circolo. La successiva distribuzione extravascolare del mezzo<br />

di contrasto nei vari tessuti contribuisce a confermare l’integrità dell’apporto<br />

ematico ai diversi organi e, in misura limitata, ad offrire una certa valutazione<br />

funzionale come nel caso dell’opacizzazione del tratto urinario.<br />

Spesso, i tumori presenti nel parenchima normale non vengono evidenziati<br />

con la stessa intensità o nello stesso momento. Questa differenza di accentuazione,<br />

che accresce la differenza di attenuazione fra i tessuti normali e<br />

quelli anormali, può essere sfruttata per ottenere la massima capacità di individuare<br />

le varie lesioni.<br />

Il grado di accentuazione del mezzo di contrasto dipende da una associazione<br />

di complessi fattori, come la velocità, la quantità e la concentrazione del<br />

materiale somministrato, la velocità dell’iniezione, il momento della ripresa<br />

delle immagini, la gittata cardiaca, l’espansione plasmatica, la ridistribuzione<br />

extravascolare e la filtrazione ed escrezione renale del mezzo di contrasto.<br />

L’infusione a goccia del mezzo di contrasto di solito non consente di ottenere<br />

un’accentuazione ideale a causa delle velocità di flusso incostanti, che<br />

determinano un aumento troppo lento delle concentrazioni plasmatiche dello<br />

iodio. Questo metodo è stato in gran parte rimpiazzato dalle iniezioni in bolo,<br />

con alcune importanti eccezioni come l’esame di routine della testa e la valutazione<br />

postoperatoria della colonna lombare e di quella cervicale.<br />

89


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Reperti radiologici normali<br />

e patologici dell’apparato<br />

genito-urinario<br />

Domenica, 27 ottobre 2002, ore 10.00<br />

91


ANATOMIA RADIOGRAFICA NORMALE<br />

DEL TRATTO URINARIO<br />

Rene<br />

Il rene ha la forma di un fagiolo nel cane ed un aspetto molto più arrotondato<br />

nel gatto. La lunghezza misurata nelle immagini radiografiche in proiezione<br />

ventrodorsale nel cane è pari a 2,5-3,5 volte quella della seconda vertebra<br />

lombare. Nel gatto, è invece pari a 2-3 volte quella della seconda vertebra<br />

lombare. L’asse maggiore dei reni nelle radiografie ventrodorsali è parallelo a<br />

quello della colonna vertebrale, a circa 1/3 della distanza fra la colonna stessa<br />

e la parete corporea. Reni e strutture retroperitoneali sono generalmente<br />

circondate dal grasso (che offre la possibilità di visualizzare i reni). A livello<br />

dei polo mesocraniali dei reni si trovano le surreni. Il polo craniale del rene<br />

destro è localizzato nella fossa renale del lobo caudato del fegato nel cane,<br />

determinando la scomparsa del margine di quella porzione del rene. Il rene<br />

destro è meno mobile del sinistro. Nel cane, il rene destro è di solito situato<br />

cranialmente a quello di sinistra e localizzato approssimativamente in corrispondenza<br />

di T13-L2 (mentre il sinistro si trova approssimativamente a L1-<br />

L3). Nel gatto il rene destro può essere situato cranialmente al sinistro o più<br />

o meno allo stesso livello. Sempre nel gatto, il rene destro si trova circa in corrispondenza<br />

di L1-L3, mentre il sinistro è localizzato a L1-L3 (talvolta L2-<br />

L4). I reni presentano margini lisci ed incurvati. La loro radiopacità è normalmente<br />

pari a quella dei tessuti molli (fluidi), solitamente visualizzati grazie<br />

alla differenza di densità con il grasso retroperitoneale circostante.<br />

ASPETTO NORMALE DEI RENI NELL’UROGRAFIA<br />

DISCENDENTE<br />

I reni diventano più radiopachi entro 10-20 secondi dall’iniezione. Questa<br />

opacizzazione deve svanire nell’arco delle successive 1-3 ore. Dopo la fase<br />

vascolare e pielografica, i reni mostrano un’opacizzazione omogenea. Nella<br />

fase vascolare (immediatamente successiva all’iniezione), l’area corticale si<br />

presenta più radiopaca di quella midollare.<br />

Il bacinetto ed i diverticoli renali (sistema collettore) si possono osservare<br />

entro pochi minuti dall’iniezione endovenosa del mezzo di contrasto (fase<br />

pielografica). Il bacinetto è sottile, incurvato ed a forma di imbuto. I diverticoli<br />

si presentano come sottili proiezioni che dal bacinetto si dipartono verso<br />

la periferia dei reni. Al loro interno è presente una radiotrasparenza centrale<br />

che rappresenta i vasi interlobari che procedono nella stessa direzione dei<br />

92


diverticoli, dalla parte centrale del rene verso la periferia. I diverticoli dei poli<br />

craniali e caudali del rene possono apparire abbastanza irregolari negli animali<br />

normali. Bacinetto e diverticoli si devono presentare simmetrici all’interno<br />

di ciascun rene. Queste strutture mostrano margini lisci e netti.<br />

L’uretere si osserva come una struttura tubolare che misura prossimalmente<br />

2-3 mm e si fa più stretta nella parte restante. Decorre dal bacinetto<br />

renale al trigono vescicale. È sottile, retroperitoneale ed incurvato in direzione<br />

cranioventrale a livello della giunzione ureterovescicale nelle radiografie<br />

in proiezione laterolaterale (trigono vescicale). Si presenta radiopaco. Di solito,<br />

non è possibile visualizzare l’intero uretere nelle singole radiografie, a<br />

causa della normale peristalsi (responsabile del trasferimento dell’urina dal<br />

sistema collettore del rene alla vescica).<br />

VESCICA<br />

La vescica deve avere una parete sottile (l’organo normalmente disteso ha<br />

uno spessore parietale di circa 1 mm) con una superficie mucosa molto liscia.<br />

È suddivisa in tre parti anatomiche: il vertice, il corpo ed il collo. Il trigono<br />

(area dorsale del collo) è la sede di inserimento degli ureteri. Nella cagna e<br />

nei felini la vescica ha normalmente un collo più lungo e più gradualmente<br />

affusolato che nel cane maschio. Di conseguenza, in questi animali la vescica<br />

è più lontana dal contorno del bacino.<br />

URETRA<br />

L’uretra nelle femmine è più breve ed ha un diametro più grande che nei<br />

maschi. Nelle femmine è presente uno sfintere uretrale esterno. Le immagini<br />

radiografiche senza mezzo di contrasto forniscono informazioni diagnostiche<br />

minime (l’uretra non è visibile nelle radiografie in bianco degli animali normali),<br />

fatta eccezione per la presenza di calcoli radiopachi, ma prima dell’uretrografia<br />

con mezzo di contrasto si devono sempre riprendere delle immagini in<br />

bianco. La contrastografia è indicata in tutti i casi di sospetta malattia uretrale.<br />

PROSTATA<br />

La prostata è normalmente una struttura intrapelvica. La sua posizione può<br />

variare con il grado di distensione vescicale (con una vescica moderatamente<br />

o marcatamente distesa, la prostata può essere tirata cranialmente e visualiz-<br />

93


zata all’interno della parte caudale dell’addome). La ghiandola è caratterizzata<br />

dalla radiopacità dei tessuti molli. Viene considerata ingrossata se può essere<br />

visualizzata cranialmente al contorno del bacino o se > 70% del tratto dal<br />

sacro ventrale al pube. Nei cani di età superiore ai 5 anni ed interi questo<br />

riscontro può essere meno significativo.<br />

UTERO<br />

L’utero normale non gravido non viene visualizzato nelle radiografie<br />

addominali. Il corpo dell’organo è situato fra il colon (dorsalmente) e la<br />

vescica (ventralmente). La calcificazione degli scheletri fetali si ha nel cane a<br />

40-45 giorni e nel gatto a 35-40 giorni.<br />

ASPETTO RADIOGRAFICO ANORMALE<br />

DEL TRATTO URINARIO<br />

Reni<br />

L’aspetto radiografico anormale dei reni può essere suddiviso, considerando<br />

la forma e le dimensioni dell’organo, in aumenti di dimensioni con forma<br />

normale e forma anormale. L’altra categoria da prendere in considerazione è<br />

la riduzione delle dimensioni con forma anormale.<br />

Le possibili diagnosi differenziali in caso di aumento di dimensioni con<br />

forma normale sono la nefropatia acuta, l’idronefrosi, le affezioni infiltranti<br />

come il linfosarcoma (neoplasia), la peritonite infettiva felina/nefrite granulomatosa<br />

o l’amiloidosi. In questo gruppo occorre anche tenere presenti l’ipertrofia<br />

compensatoria e la raccolta sottocapsulare di fluidi come l’urina, le<br />

emorragie o il contenuto delle pseudocisti perinefriche. Le anomalie della<br />

forma con aumento di dimensioni possono essere causate da neoplasie, cisti<br />

(isolate o policistiche), ascessi/granulomi o ematomi. Fra i due gruppi può<br />

esistere una notevole sovrapposizione a causa della difficoltà di valutazione<br />

dei margini.<br />

Le masse renali restano nella parte dorsale dell’addome, perché la loro<br />

migrazione ventrale è impedita dalla robusta fascia retroperitoneale. Quelle<br />

associate al rene destro di solito provocano una dislocazione mediale e ventrale<br />

del duodeno discendente e del colon ascendente. Si può avere lo spostamento<br />

ventrale e verso sinistra della porzione adiacente del piccolo intestino.<br />

Le masse a livello del rene sinistro inducono una dislocazione ventrale e<br />

mediale del colon discendente e del piccolo intestino adiacente.<br />

94


Le possibili diagnosi differenziali in caso di diminuzione delle dimensioni<br />

del rene con anomalie della forma sono solitamente rappresentate da nefropatia<br />

cronica riconducibile a molte eziologie, comprese le infezioni. Altre<br />

cause possono essere date da qualsiasi tipo di malattia in grado di causare<br />

infarto renale, displasia renale o altre affezioni congenite come l’ipoplasia.<br />

La posizione normale del rene può cambiare o essere influenzata da organi<br />

o masse adiacenti. I reni ectopici possono anche essere motivo di localizzazione<br />

anomala dell’organo. Esistono numerose cause di irregolarità dei<br />

margini renali quali infarti o cicatrici, masse patologiche, infarto/infezione<br />

cronica, displasia/ipoplasia o tutte le cause di nefropatia in stadio terminale.<br />

L’aumento della radiopacità del rene può essere causato da calcoli, nefrocalcinosi<br />

(mineralizzazione del parenchima renale solitamente distrofico e avvelenamenti/glicol<br />

etilenico). La diminuzione della radiopacità del rene può<br />

essere secondaria alla presenza di gas all’interno del sistema collettore (questo<br />

fenomeno è di solito conseguente ad un reflusso di aria dalle basse vie urinarie).<br />

ASPETTO RADIOGRAFICO ANORMALE<br />

DEI RENI CON L’UROGRAFIA DISCENDENTE<br />

In seguito all’introduzione di un mezzo di contrasto positivo i reni mostrano<br />

normalmente una buona opacizzazione iniziale, che però col tempo diminuisce<br />

di intensità. In caso di malattie caratterizzate da scarsa funzionalità<br />

renale/calo della velocità di filtrazione glomerulare, di solito si ha una riduzione<br />

dell’opacizzazione iniziale. Nelle malattie come l’insufficienza renale<br />

indotta dal mezzo di contrasto o l’ipotensione, tuttavia, l’opacizzazione può<br />

essere progressiva (aumentata) o persistente. Si può anche notare l’assenza di<br />

produzione di urina ed il mancato passaggio del mezzo di contrasto nella<br />

vescica.<br />

Con l’impiego del mezzo di contrasto nel rene (urografia discendente) è<br />

possibile valutare bene il bacinetto renale ed i diverticoli. Queste strutture<br />

possono essere aumentate di volume (idronefrosi, pielonefrite) in caso di<br />

ostruzione o infezione. La posizione del sistema collettore può essere deviata<br />

o distorta da masse patologiche (neoplasie, cisti, ascessi) o malattie infiltranti<br />

dei reni. L’urografia escretoria con mezzo di contrasto può anche risultare<br />

eccellente per la valutazione dell’integrità del sistema collettore (rendendo<br />

agevole la dimostrazione di una rottura renale associata a trauma).<br />

L’aumento di volume dell’uretere può essere diffuso o localizzato. Le possibili<br />

diagnosi differenziali di aumento di dimensioni dell’uretere o idrouretere<br />

possono essere riconducibili a fenomeni secondari ad ostruzione o infezio-<br />

95


ne. Con la cronicizzazione, l’uretere può apparire non solo dilatato, ma anche<br />

tortuoso. In caso di ostruzione a livello della giunzione ureterovescicale o di<br />

ectopia degli ureteri si può avere una dilatazione focale dell’uretere a livello<br />

di vescica (ureterocele). L’uretere è una struttura retroperitoneale la cui posizione<br />

può essere influenzata da quelle circostanti e da masse eventualmente<br />

presenti. È anche possibile rilevare una brusca interruzione nei casi di ectopia.<br />

Con il mezzo di contrasto è possibile valutare la pervietà del condotto per<br />

rilevare eventuali ostruzioni o accertarne l’integrità in caso di rottura nei<br />

pazienti traumatizzati.<br />

ECTOPIA DEGLI URETERI<br />

L’ectopia degli ureteri è più comune nelle femmine. Questi animali vengono<br />

comunemente portati alla visita perché mostrano un’incontinenza urinaria.<br />

In questo processo patologico l’uretere termina in un punto diverso dal trigono<br />

vescicale. La più comune sede anomala di sbocco è la vagina, seguita in<br />

ordine di frequenza da uretra, collo vescicale ed utero. Talvolta l’uretere sembra<br />

penetrare nella regione del trigono vescicale, il che è normale, ma decorre<br />

a livello sottosieroso e termina in posizione anomala. I segni radiografici<br />

dell’ectopia dell’uretere sono rappresentati da idrouretere (per la sua intera<br />

lunghezza) nel 50% circa dei casi; l’uretere ectopico può terminare normalmente<br />

oppure in una sede normale della vescica per poi decorrere a livello sottosieroso<br />

e penetrare in vagina, uretra o utero. Si può osservare il simultaneo<br />

riempimento di uretra, vagina e/o utero e vescica.<br />

Le tecniche radiografiche d’elezione utilizzate per la diagnosi dell’ectopia<br />

degli ureteri sono 1) la vaginografia con mezzo di contrasto positivo e 2) l’urografia<br />

discendente con o senza pneumocistografia. Per visualizzare la terminazione<br />

degli ureteri con queste indagini contrastografiche è spesso necessario<br />

ricorrere a proiezioni oblique.<br />

RISCONTRI RADIOGRAFICI ANORMALI DELLA VESCICA<br />

NELLE IMMAGINI RIPRESE SENZA MEZZO<br />

DI CONTRASTO<br />

La vescica può apparire soggettivamente ingrossata, molto probabilmente<br />

a causa di un’ostruzione (calcoli, neoplasia, o anomalie congenite). Altre<br />

cause di ingrossamento vescicale possono essere neurologiche o condizionali.<br />

Si può avere una diminuzione delle dimensioni della vescica in presenza di<br />

anomalie congenite come l’ectopia degli ureteri. Si può anche riscontrare<br />

96


un’incapacità della vescica di distendersi normalmente a causa delle diffuse<br />

patologie parietali quali cistiti, neoplasie o rottura dell’organo.<br />

La forma della vescica può essere alterata da una pressione extraluminale<br />

(intestino, che può causare pseudodifetti di riempimento). L’appropriata distensione<br />

della vescica deve obliterare tali pseudodifetti di riempimento. Altre cause<br />

di variazioni della forma della vescica sono le neoplasie, la perdita del tono dell’organo<br />

(atonia), i diverticoli uracali e le lacerazioni della sierosa, con procidenza<br />

della mucosa, che si possono avere secondariamente a trauma. La mancata<br />

visualizzazione della vescica può essere dovuta al fatto che l’animale ha appena<br />

urinato, ad una dislocazione dell’organo come avviene in caso di ernia peritoneale,<br />

alla sua rottura, alla presenza di fluidi peritoneali, all’emaciazione o in<br />

animali di età inferiore a 6 mesi. In condizioni normali, la radiopacità vescicale<br />

è quella dei fluidi o dei tessuti molli. Un aumento della radiopacità vescicale si<br />

può avere secondariamente alla presenza di calcoli. Quelli più radiopachi in<br />

vescica sono i silicati, seguiti da fosfati, ossalati e cistina, mentre i meno radiopachi<br />

sono quelli di urati (radiotrasparenti). Un’altra causa di aumento di opacità<br />

vescicale può essere la calcificazione della parete stessa dell’organo (per differenziare<br />

i calcoli dalla mineralizzazione parietale bisogna sempre assicurarsi che<br />

l’area di mineralizzazione individuata possa muoversi all’interno del lume). Le<br />

cause di diminuzione della radiopacità vescicale sono rappresentate dalla presenza<br />

di gas all’interno del lume o della parete (che può essere iatrogena in<br />

entrambi i casi) od allo sviluppo di infezioni come una cistite enfisematosa.<br />

SEGNI RADIOGRAFICI ANOMALI DELLA VESCICA<br />

URINARIA NELLE IMMAGINI RIPRESE CON MEZZO<br />

DI CONTRASTO<br />

La parete della vescica normalmente distesa ha uno spessore di circa 1<br />

mm. Le lesioni associate alla parete o i difetti di riempimento liberi all’interno<br />

dell’organo si evidenziano meglio con la cistografia a doppio contrasto. Le<br />

lesioni intraparietali che possono aumentare lo spessore della parete sono in<br />

grado di causare una perdita di estensibilità. I difetti di riempimento liberi si<br />

presentano come aree radiotrasparenti circondate da mezzo di contrasto positivo.<br />

Ciò è dovuto al fatto che il materiale di contrasto è più opaco del difetto<br />

di riempimento. Esistono tre possibili difetti di riempimento liberi nel lume<br />

della vescica: bolle d’aria, calcoli e coaguli ematici. Le bolle d’aria si presentano<br />

tondeggianti e lisce e si trovano alla periferia del mezzo di contrasto.<br />

I calcoli sono tondeggianti o leggermente irregolari, con margini indistinti, al<br />

centro del mezzo di contrasto. I coaguli ematici hanno forma irregolare e margini<br />

indistinti e si possono trovare in qualsiasi punto del lume vescicale.<br />

97


DIAGNOSI DI SPECIFICHE AFFEZIONI<br />

DELLA VESCICA URINARIA<br />

Infiammazione/cistite<br />

L’infiammazione della vescica viene diagnosticata preferibilmente con la<br />

cistografia a doppio contrasto. Possono non essere presenti i segni radiografici<br />

della cistite acuta. Tutto quello che si può riuscire a vedere è una piccola<br />

vescica contratta.<br />

Ciò può essere dovuto al fatto che l’organo infiammato è leggermente<br />

ispessito. Le alterazioni radiografiche visualizzabili nella cistite cronica sono<br />

rappresentate da irregolarità della mucosa che nella maggior parte dei casi si<br />

osservano a livello del vertice vescicale, alterazioni della mucosa (erosioni,<br />

ulcere) che si possono presentare sotto forma di adesioni del mezzo di contrasto<br />

alla parete dell’organo. Infiltrazioni parietali vengono di solito dimostrate<br />

dalla diminuzione dell’estensibilità con introduzione del mezzo di contrasto.<br />

NEOPLASIA<br />

I carcinomi delle cellule di transizione sono le più comuni neoplasie<br />

vescicali. Le alterazioni radiografiche visualizzate in presenza di tumori<br />

vescicali sono rappresentate da difetti di riempimento, aumento di spessore<br />

della parete, diminuzione della distensibilità dell’organo, idrouretere,<br />

idronefrosi, bilaterale o monolaterale, con eventuale ostruzione ureterale<br />

(tumore localizzato nell’area del trigono). La possibile diagnosi differenziale<br />

per queste alterazioni radiografiche è rappresentata dai processi<br />

infiammatori.<br />

ROTTURA O PERFORAZIONE DELLA VESCICA<br />

I segni radiografici della rottura o perforazione della vescica nelle immagini<br />

riprese senza mezzo di contrasto sono rappresentati da perdita del profilo<br />

dell’organo, vescica piccola, perdita di dettaglio addominale o ileo intestinale.<br />

Le alterazioni radiografiche che si possono osservare con la cistografia<br />

con mezzo di contrasto positivo (tecnica d’elezione quando si sospetta<br />

una rottura) sono l’opacizzazione addominale generale, la mancata distensione<br />

della vescica o la distribuzione del mezzo di contrasto al di fuori dei<br />

limiti del lume dell’organo.<br />

98


SEGNI RADIOGRAFICI DI AFFEZIONI URETRALI<br />

Oltre ad identificare la presenza di calcoli radiopachi, per diagnosticare le<br />

affezioni uretrali è necessario effettuare un esame contrastografico (uretrografia).<br />

I difetti di riempimento all’interno dell’uretra visualizzati con il<br />

mezzo di contrasto possono essere luminali, parietali o periuretrali. I primi<br />

sono rappresentati da bolle d’aria, calcoli uretrali o coaguli ematici. Le bolle<br />

d’aria sono tondeggianti o ovali, con margini lisci e bordi netti e ben definiti.<br />

I calcoli uretrali hanno forma variabile e margini irregolari; di solito presentano<br />

margini mal definiti o indistinti. Se sono sufficientemente ampi, possono<br />

determinare l’allargamento del lume uretrale. I coaguli ematici hanno<br />

forma irregolare e bordi scarsamente definiti. Questi difetti luminali nella<br />

maggior parte dei casi sono localizzati a livello dell’uretra prostatica, alla base<br />

dell’osso del pene ed intorno all’arcata ischiatica nei cani maschi.<br />

Le alterazioni parietali che causano i difetti di riempimento nell’uretra<br />

sono rappresentate da neoplasie, infiammazioni, tessuto cicatriziale. I bordi<br />

della lesione formano un angolo acuto con la parete uretrale e la superficie<br />

mucosa di solito è irregolare.<br />

I difetti periuretrali in genere sono dovuti alla compressione da parte di<br />

masse che circondano l’uretra. Le affezioni prostatiche possono causare una<br />

diminuzione del diametro o una compromissione del lume dell’organo. La<br />

superficie mucosa resta liscia nelle affezioni periuretrali, a meno che non si<br />

verifichi un’invasione dell’uretra. I margini di questo problema periuretrale di<br />

solito determinano un difetto uretrale affusolato. La fuoriuscita del mezzo di<br />

contrasto dal lume indica generalmente la perdita dell’integrità dell’uretra.<br />

ANOMALIE RADIOGRAFICHE DELLA PROSTATA<br />

La prostatomegalia costituisce spesso un riscontro soggettivo, anche se in<br />

condizioni normali l’organo è raramente di diametro superiore alla metà dell’ampiezza<br />

dell’ingresso del bacino osservato nelle radiografie ventrodorsali.<br />

Le alterazioni radiografiche che si possono apprezzare in caso di aumento di<br />

dimensioni della prostata (prostatomegalia) sono rappresentate da: dislocazione<br />

craniale della vescica o spostamento dorsale del colon; quest’ultimo<br />

può apparire in posizione normale perché viene spostato verso sinistra o<br />

destra dorsalmente nelle radiografie in proiezione laterolaterale. Altri segni<br />

radiografici rilevabili sono le alterazioni infiammatorie che possono essere<br />

evidenziate dalla perdita della normale radiopacità adiposa triangolare visibile<br />

ventralmente tra la prostata e la vescica, oppure la proliferazione ossea<br />

delle superfici ventrali delle vertebre lombari caudali o del bacino, che può<br />

99


derivare da metastasi di un tumore prostatico. Questo quadro si può anche<br />

osservare in caso di carcinomi rettali, perianali e vescicali. L’ingrossamento<br />

prostatico è molto più comune delle cisti paraprostatiche. Queste di solito originano<br />

dai lati della prostata e si estendono cranialmente alla vescica. La prostatomegalia<br />

può essere secondaria ad infezioni (prostatite, ascessi), neoplasie,<br />

cisti (cisti paraprostatiche) ed iperplasia benigna.<br />

Le alterazioni radiografiche che si possono osservare in associazione con<br />

la prostata ricorrendo alle indagini con mezzo di contrasto (uretrografia, cistografia)<br />

sono rappresentate da cavitazione della prostata durante l’esame.<br />

Questo fenomeno si osserva soprattutto in caso di ascessi prostatici, cisti e<br />

tumori. Radiograficamente si presenta come un accumulo irregolare di mezzo<br />

di contrasto all’interno della prostata. Le cisti paraprostatiche possono anche<br />

comunicare con l’uretra, e nel corso della contrastografia, possono essere<br />

riempite dal mezzo di contrasto. Nelle affezioni della ghiandola si può osservare<br />

una compressione dell’uretra prostatica (iperplasia prostatica benigna).<br />

Le neoplasie possono invadere l’uretra, conferendo alla mucosa un aspetto<br />

molto irregolare.<br />

UTERO ANORMALE<br />

È difficile o impossibile differenziare la patologia uterina generalizzata<br />

dalla fase iniziale di una gravidanza basandosi sui riscontri radiografici. Di<br />

solito, nelle proiezioni laterolaterali, in caso di aumento di dimensioni dell’utero<br />

si ha una dislocazione craniodorsale del piccolo intestino e in quelle ventrodorsali<br />

si osserva una tendenza del tenue ad ammassarsi in sede mesocraniale.<br />

Nella parte caudoventrale dell’addome in caso di ingrossamento uterino<br />

sono solitamente presenti radiopacità fluide tubulari omogenee, tortuose o<br />

convolute.<br />

100


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David S. Biller<br />

DVM, Dipl ACVR<br />

Kansas State University - USA<br />

Reperti ecografici normali<br />

e patologici dell’apparato<br />

genito-urinario<br />

Domenica, 27 ottobre 2002, ore 11.45<br />

101


ECOGRAFIA RENALE NORMALE<br />

Le comuni applicazioni dell’ecografia renale sono rappresentate da 1)<br />

valutazione dei reni, in particolare negli animali con scarso dettaglio addominale,<br />

2) casi in cui la scarsa funzione renale impedisce l’esecuzione di un’adeguata<br />

urografia discendente, 3) valutazione della nefromegalia, 4) valutazione<br />

dell’idronefrosi o delle affezioni del sistema collettore, 5) valutazioni<br />

dei reni non visualizzati nell’urografia discendente. Ciascun rene deve essere<br />

esaminato in modo completo ed accurato lungo i piani longitudinali (dorsale<br />

e sagittale) e trasversali (assiali). L’ecogenicità della corticale renale va confrontata<br />

con quella del fegato sul lato destro e con quella della milza sul sinistro.<br />

La visualizzazione dei reni si effettua di solito dalla parete addominale<br />

ventrale, anche se è possibile eseguire l’esame da una superficie laterale quando<br />

l’animale è posizionato in decubito dorsale o laterale. Il rene sinistro è più<br />

facile da visualizzare del destro. La milza può agire da finestra ecografica per<br />

il rene sinistro. Il destro è situato cranialmente al sinistro nel cane. Il polo craniale<br />

del rene destro è localizzato nella fossa renale del lobo caudato del fegato,<br />

solitamente al di sotto dell’arco costale. A causa della posizione craniale<br />

del rene destro, e della sua possibile localizzazione subcostale, nella maggior<br />

parte dei casi quest’organo è più difficile da visualizzare.<br />

La corteccia renale normale presenta con un’ecogenicità omogenea, pari o<br />

inferiore a quella del fegato. La midollare del rene è ipoecogena (rispetto alla<br />

corticale) e negli animali giovani può apparire anecogena. I vasi arciformi e la<br />

giunzione corticomidollare fungono da marcatori per contribuire a separare la<br />

corticale dalla midollare. Quest’ultima si può presentare sotto forma di strutture<br />

ipoecogene arrotondate (nel piano coronale) separate da strutture iperecogene<br />

lineari che si irradiano (dal centro alla periferia) e rappresentano i vasi intralobari<br />

ed i diverticoli renali. Il seno renale contiene un sistema collettore (bacinetto,<br />

diverticoli), vasi renali, linfatici, grasso e tessuto fibroso. Proprio la presenza<br />

di grasso e tessuto fibroso al suo interno rende questa struttura iperecogena.<br />

Il bacinetto di norma non si apprezza, a meno che non sia dilatato.<br />

ECOGRAFIA RENALE ANORMALE<br />

Sistema collettore<br />

I calcoli renali sono strutture fortemente ecogene all’interno del sistema<br />

collettore. Mostrano un’ombreggiatura prominente che in realtà dipende dalle<br />

dimensioni del calcolo e dalla frequenza del trasduttore. Possono essere<br />

accompagnati da una dilatazione secondaria del sistema collettore.<br />

102


L’idronefrosi è una dilatazione del sistema collettore renale (bacinetto e<br />

diverticoli), associata a progressiva atrofia del rene da ostruzione del deflusso<br />

di urina. Può riconoscere numerose cause. Normalmente, non esiste alcuna<br />

separazione degli echi ottenuti nella regione del seno renale o del sistema<br />

collettore. Con la diuresi, sia nel cane che nel gatto è possibile visualizzare<br />

una dilatazione minima (di circa 1-3 mm). L’entità della dilatazione del sistema<br />

collettore o idronefrosi dipende da parametri quali la durata dell’ostruzione<br />

e la produzione di urina da parte del rene. A seconda della sua entità, l’idronefrosi<br />

può essere distinta in lieve, moderata e grave.<br />

PIELONEFRITE<br />

La pielonefrite è un’associazione di processi infettivi a carico del parenchima<br />

e del sistema collettore. Quest’ultimo può presentare una dilatazione<br />

(la cui gravità è correlata alla cronicità). All’interno del sistema collettore<br />

dilatato possono essere presenti echi dispersi o dipendenti da vari fattori (spostamento<br />

di urina/livello di detriti). Nelle forme acute le alterazioni ecografiche<br />

possono mancare. In quelle croniche è possibile notare un aumento dell’ecogenicità<br />

periferica, reni piccoli ed irregolari ed eventualmente una dilatazione<br />

del sistema collettore.<br />

PARENCHIMA RENALE<br />

Le alterazioni all’interno del parenchima del rene di solito sono aspecifiche.<br />

Nelle forme acute, è possibile che non venga visualizzata alcuna alterazione. Con<br />

la cronicità si ha un aumento dell’ecogenicità della corticale con conservazione<br />

della giunzione corticomidollare. Si può anche avere un incremento dell’ecogenicità<br />

della corticale e della midollare. Ulteriori anomalie che si possono notare<br />

sono che il rene diviene irregolare e si ha un aumento dell’ecogenicità della corticale<br />

e della midollare ed una perdita di definizione corticomidollare. Le possibili<br />

diagnosi differenziali per queste alterazioni diffuse sono numerose e comprendono<br />

la glomerulonefrite acuta o cronica, la necrosi tubulare acuta, l’avvelenamento<br />

da glicol etilenico, la pielonefrite, la displasia renale e la nefrosclerosi.<br />

AFFEZIONI CISTICHE<br />

Ecograficamente, si definisce come cisti una struttura anecogena, tondeggiante,<br />

liscia e capace di essere attraversata dalla trasmissione dei segnali<br />

103


(dimostrando un’accentuazione acustica). Le cisti possono essere singole o<br />

multiple. Nel persiano e nelle razze ad esso correlate è stata dimostrata la trasmissione<br />

ereditaria, attraverso un carattere autosomico dominante, della<br />

malattia del rene policistico, in cui sono presenti molteplici cisti all’interno di<br />

entrambi i reni. Nella corticale o nella midollare possono essere presenti molteplici<br />

piccole cisti. Questi gatti non mostrano segni di nefropatia in giovane<br />

età, ma il numero e le dimensioni delle cisti aumentano progressivamente fino<br />

a che l’intero organo può essere rimpiazzato da formazioni cistiche. Di solito<br />

si tratta di una malattia bilaterale. Le cisti possono presentare echi interni riferibili<br />

ad infezioni od emorragie.<br />

NEOPLASIE<br />

Le neoplasie renali possono presentare una gran varietà di aspetti, quali<br />

masse ipo- o iperecogene. Tali masse possono essere piccole o grandi. Si può<br />

rilevare un’ecogenicità complessa, con aree di emorragia o necrosi. Queste<br />

formazioni possono essere abbastanza grandi da distruggere l’intera morfologia<br />

renale normale, oppure di natura multipla, compatibilmente con l’ipotesi<br />

che si tratti di metastasi.<br />

ALTERAZIONI PERIRENALI<br />

L’accumulo di fluidi a livello perirenale o perinefrico si può avere secondariamente<br />

alla perdita di urina o sangue in caso di trauma. Questo quadro<br />

può determinare la comparsa di una regione anecogena o ipoecogena che circonda<br />

il rene. La presenza di una regione ipoecogena perinefrica è stata anche<br />

rilevata nel linfoma renale e nella peritonite infettiva felina. Le pseudocisti<br />

perinefriche del gatto, una malattia ad eziologia sconosciuta, sono un’altra<br />

condizione riconosciuta nei gatti anziani con insufficienza renale cronica.<br />

ASPETTO ECOGRAFICO NORMALE DELLA VESCICA<br />

(CISTOECOGRAFIA)<br />

La vescica è un organo ideale per l’esame ecografico. Questa tecnica consente<br />

di ottenere in modo sicuro, rapido e non invasivo delle immagini utili a<br />

diagnosticare o verificare la presenza di calcoli vescicali, masse patologiche<br />

o altre condizioni infiammatorie o infiltranti. Inoltre, la vescica può fungere<br />

da finestra ecografica per la valutazione di linfonodi sottolombari, corpo del-<br />

104


l’utero ed altre strutture intrapelviche. Le indicazioni per l’ecografia vescicale<br />

sono 1) vescica difficile da cateterizzare, 2) pazienti con segni clinici di<br />

affezioni delle basse vie urinarie, 3) valutazione della regione del trigono nei<br />

pazienti con idrouretere e/o idronefrosi, 4) indagine nell’ambito dell’esame<br />

ecografico di routine dell’addome e 5) valutazione dell’area sottolombare e<br />

pelvica (linfonodi sottolombari, aorta, vena cava caudale, ureteri e corpo dell’utero).<br />

I fattori che influiscono sulla precisione della cistoecografia sono le<br />

dimensioni e la localizzazione dell’organo, le malattie in atto, la distensione<br />

vescicale e la conformazione del corpo del paziente. L’esame deve sempre<br />

integrare altri metodi diagnostici quali la radiografia, l’urografia discendente,<br />

la cistografia e l’analisi delle urine. L’esame va effettuato sulla vescica distesa<br />

e con l’animale in decubito dorsale. Si deve utilizzare un trasduttore della<br />

massima frequenza disponibile in funzione delle dimensioni dell’animale,<br />

della profondità di penetrazione necessaria e della risoluzione richiesta. La<br />

vescica deve essere visualizzata in tutti i piani ecografici, longitudinale, trasversale<br />

e obliquo.<br />

In condizioni normali, l’organo è tondeggiante o piriforme. Il profilo varia<br />

a seconda del grado di distensione vescicale, della posizione del paziente,<br />

della pressione esercitata dalle strutture intraddominali adiacenti e dei processi<br />

patologici. In assenza di alterazioni, la vescica è anecogena, con una<br />

parete ecogena liscia. Lo spessore normale di quest’ultima è inferiore a 3 mm.<br />

È impossibile o molto difficile distinguere lo strato mucoso della parete da<br />

quello muscolare e gli ureteri normali non sono rilevabili. Dorsalmente alla<br />

vescica è possibile visualizzare i grossi vasi, con l’aorta leggermente spostata<br />

a sinistra e tondeggiante nelle sezioni trasversali. La vena cava caudale si<br />

trova leggermente a destra, ha forma ellittica nelle sezioni trasversali e può<br />

apparire compressa.<br />

ASPETTO ECOGRAFICO ANORMALE DELLA VESCICA<br />

I calcoli vescicali sono strutture altamente ecogene che mostrano un’ombra<br />

acustica posteriore. Tendono a cadere nella porzione più declive della<br />

vescica quando il paziente viene spostato. Le affezioni infiammatorie dell’organo<br />

provocano un ispessimento diffuso o focale della parete. Nelle infiammazioni<br />

croniche quest’ultima può divenire irregolare. Nelle forme croniche<br />

si possono anche sviluppare dei polipi infiammatori che si presentano sotto<br />

forma di masse ecogene. La diagnosi differenziale delle strutture ecogene che<br />

protrudono nel lume vescicale prevede non solo i polipi infiammatori, ma<br />

anche le neoplasie. La precisione con cui queste ultime vengono rilevate<br />

105


dipende dalle dimensioni e dalla localizzazione della massa. Per le neoplasie<br />

vescicali sono stati dimostrati tre differenti quadri, rappresentati da difetti di<br />

riempimento focali, ecogeni o complessi che originano dalla superficie interna<br />

della vescica, tumori voluminosi che obliterano il lume dell’organo o lesioni<br />

parietali infiltranti che determinano un ispessimento della parete vescicale.<br />

I vantaggi della cistoecografia rispetto all’esame con mezzi di contrasto<br />

sono rappresentati da: 1) assenza di esposizione alle radiazioni, 2) valutazione<br />

indipendente dalla funzione renale, 3) possibilità di eseguire l’esame senza<br />

dover inserire un catetere urinario, 4) buona accondiscendenza da parte di un<br />

paziente non sedato, 5) relativa facilità e ripetibilità dell’esame, 6) assenza di<br />

complicazioni e 7) possibilità di effettuare prelievi guidati di biopsie ed aspirati.<br />

PROSTATA<br />

Aspetto normale della prostata<br />

La prostata è una ghiandola sessuale accessoria che si trova caudalmente<br />

alla vescica e circonda l’uretra. Quest’ultima appare in posizione centrale,<br />

situata all’interno della prostata, a livello della faccia craniale, e procede dorsalmente<br />

attraverso la ghiandola in direzione caudale. Ventralmente alla prostata,<br />

di trovano il bacino e la parete addominale e dorsalmente il retto. Dal<br />

punto di vista radiografico, è possibile valutare le dimensioni e la forma della<br />

ghiandola, mentre con l’ecografia si apprezza facilmente l’architettura interna.<br />

L’esame ecografico della prostata risulta più facile quando la vescica è<br />

distesa. La vescica serve da punto di repere per la localizzazione della prostata,<br />

nonché da finestra acustica. Nella maggior parte dei cani risulta adeguato<br />

un trasduttore ad alta frequenza (7,5 MHz). Quando è disponibile, un<br />

trasduttore ecografico rettale consente un’eccellente visualizzazione della<br />

ghiandola.<br />

L’intera prostata si presenta di forma semiovale ed appiattita dorsalmente.<br />

Si tratta di una struttura bilobata con un setto intermedio circondato da una<br />

capsula ecogena. Le dimensioni e la posizione della ghiandola normale del<br />

cane variano con l’età e con lo status sessuale (interezza o castrazione) dell’animale.<br />

Ecograficamente, la prostata presenta un aspetto omogeneo ed una<br />

struttura ecografica intermedia. Nei piani ecografici trasversali appare bilobata.<br />

Sagittalmente, appare invece tondeggiante o ovale (lobi di destra e di sinistra).<br />

Può essere a stretto contatto (adiacente) del trigono vescicale e circondare<br />

l’uretra prostatica. Quest’ultima si può presentare come una struttura<br />

ipo- o anecogena tondeggiante (nel piano trasversale) o tubulare (in quello<br />

106


sagittale) nella porzione centrale o dorsale della prostata. L’uretra può essere<br />

leggermente dilatata e piena di liquido se la vescica è distesa.<br />

ASPETTO ECOGRAFICO ANORMALE DELLA PROSTATA<br />

Iperplasia benigna<br />

La prostata si presenta ingrossata soggettivamente (non è possibile effettuare<br />

alcuna misurazione obiettiva delle sue dimensioni). Nella maggior parte<br />

dei casi questo ingrossamento è simmetrico e con margini lisci. L’ecogenicità<br />

della ghiandola iperplastica può diventare leggermente disomogenea ed<br />

all’interno del parenchima è possibile visualizzare delle cisti Queste possono<br />

variare di forma e dimensioni. Le diagnosi differenziali ipotizzabili per questa<br />

alterazione sono rappresentate da affezioni infiammatorie (prostatite) e<br />

neoplasia. La valutazione post-castrazione della prostata con iperplasia benigna<br />

deve evidenziare una riduzione delle dimensioni.<br />

AFFEZIONI INFIAMMATORIE<br />

Le alterazioni della prostata infiammata possono simulare quelle dell’iperplasia<br />

prostatica benigna e sono rappresentate da ingrossamento simmetrico,<br />

lieve disomogeneità del parenchima e presenza di numerose piccole<br />

strutture cistiche di dimensioni differenti. Il riscontro di aree focali di<br />

marcata ecogenicità con ombra posteriore può essere compatibile con la<br />

presenza di aree focali di mineralizzazione visualizzate più comunemente<br />

nella prostatite cronica. Gli ascessi prostatici possono avere un aspetto da<br />

lesioni focali similcistiche contenenti un fluido anecogeno o molto ecogeno<br />

(a causa della presenza di microbolle). Queste aree similcistiche di solito<br />

appaiono con una parete spessa e una superficie interna molto irregolare.<br />

Possono anche essere presenti dei setti. L’ascessualizzazione può avere<br />

un aspetto asimmetrico.<br />

NEOPLASIE<br />

Le neoplasie prostatiche possono avere differenti aspetti ecografici. Nella<br />

maggior parte dei casi, la ghiandola si presenta ingrossata (specialmente se si<br />

tratta di un animale castrato), dal profilo irregolare ed asimmetrico.<br />

L’ecogenicità e la struttura ecografica possono essere molto disomogenee. In<br />

107


tutto il parenchima si possono evidenziare numerosi focolai altamente ecogeni<br />

e si può osservare un’ombra posteriore compatibile con la mineralizzazione.<br />

In tutto il parenchima possono anche essere presenti lesioni similcistiche<br />

di numerose forme e dimensioni. Insieme alle anomalie della prostata si devono<br />

valutare i linfonodi iliaci medi per verificarne l’eventuale ingrossamento<br />

(linfoadenopatia reattiva o interessamento metastatico). Si devono anche<br />

valutare l’invasione dell’uretra e della vescica e l’ostruzione del tratto terminale<br />

degli ureteri nella regione del trigono.<br />

CISTI PARAPROSTATICHE<br />

Le cisti paraprostatiche si presentano tipicamente sotto forma di grandi<br />

strutture piene di liquido e dalla parete spessa (il fluido può apparire anecogeno<br />

o fortemente ecogeno). La parete spessa può avere una superficie liscia<br />

o irregolare e possono essere presenti dei setti. Le cisti paraprostatiche possono<br />

essere più grandi della vescica adiacente. L’introduzione di un catetere<br />

nella vescica urinaria può contribuire a differenziare quest’ultima da una cisti<br />

paraprostatica.<br />

ASPETTO ECOGRAFICO NORMALE DELL’UTERO<br />

Nella gatta non gravida l’utero di solito non risulta riconoscibile. Può essere<br />

identificato nelle cagne di grossa taglia, specialmente durante l’estro, se<br />

raggiunge un diametro superiore ad un centimetro. Può essere utile impiegare<br />

come finestra ecografica la vescica urinaria piena. Il corpo uterino è localizzato<br />

dorsalmente alla vescica e ventralmente al colon. Può essere visualizzato<br />

dal bacino al polo caudale di ciascun rene. In un normale utero inattivo<br />

risulta difficile differenziare i vari strati.<br />

Durante la gravidanza, l’utero della cagna può essere identificato già dal<br />

giorno 8. A partire dal giorno 18, si possono visualizzare delle vescicole<br />

embrionali ipoecogene circolari all’interno delle corna uterine. Dal giorno 21,<br />

dentro queste vescicole si può identificare un polo fetale iperecogeno con battito<br />

cardiaco. Dal giorno 25 diventano riconoscibili gli invogli fetali sotto<br />

forma di strutture lineari iperecogene che fluttuano all’interno del fluido della<br />

vescicola embrionale. Dal giorno 30 si identificano i movimenti fetali. Il<br />

momento migliore per il primo controllo ecografico in gravidanza è 24 giorni<br />

dopo l’ultimo accoppiamento.<br />

Nella gatta normale, dopo l’accoppiamento l’utero si identifica di solito a<br />

partire dal giorno 4. Dal giorno 11 si possono visualizzare le vescicole<br />

108


embrionali o sacchi gestazionali sotto forma di strutture circolari ipoecogene<br />

all’interno dell’utero. Dal giorno 16 sono visibili il polo fetale ed il battito<br />

cardiaco. Dal giorno 21 si possono osservare gli invogli fetali. Dal giorno 28<br />

si può apprezzare il movimento del feto. La prima conferma della gravidanza<br />

nel gatto si ha di solito ad 11-14 giorni. L’autore raccomanda di effettuare un<br />

controllo 21 giorni dopo l’ultimo accoppiamento. La vitalità fetale viene<br />

accertata sulla base del battito cardiaco o dei movimenti. La morte fetale,<br />

d’altro canto, può essere riconosciuta per la mancanza di battito cardiaco o<br />

movimenti fetali. Anche il riscontro di un aspetto bizzarro del feto può essere<br />

compatibile con la sua morte. L’autore non raccomanda di effettuare il conteggio<br />

dei feti presenti, perché spesso il valore indicato risulta sbagliato quando<br />

il numero dei componenti della cucciolata è superiore a 5. Può capitare di<br />

contare più di una volta lo stesso feto o di considerare due feti come uno solo.<br />

ASPETTO ECOGRAFICO ANORMALE DELL’UTERO<br />

L’infiammazione del corpo e delle corna uterine, o metrite, si osserva di<br />

solito ecograficamente come un ispessimento della parete. Occorre tuttavia<br />

tenere presenti le possibili diagnosi differenziali rappresentate dall’utero in<br />

estro o postpartum. Il riscontro di un utero dilatato, anecogeno (pieno di liquido),<br />

tortuoso e tubulare, localizzato nella parte caudale e media dell’addome,<br />

è compatibile con la presenza di piometra, mucometra o idrometra. Il fluido<br />

può apparire complesso (contenere degli echi). La displasia endometriale<br />

cistica può essere caratterizzata da un ispessimento della parete uterina con<br />

alterazioni cistiche al suo interno.<br />

109


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

Ugo Bonfanti<br />

Med Vet, Milano<br />

Tecniche di prelievo<br />

ed interpretazione delle biopsie<br />

con ago sottile delle masse<br />

endotoraciche a carico<br />

dell’apparato respiratorio<br />

Venerdì, 25 ottobre, ore 17.30<br />

111


Il prelievo transtoracico mediante ago sottile (FNA biopsy) rappresenta<br />

una metodica di comune impiego per lo studio di masse endotoraciche. In particolare,<br />

l’utilizzo di un ausilio strumentale quale ecografia o TAC, in questi<br />

ultimi anni di uso relativamente comune, permette di ottenere campioni di<br />

buona qualità e spesso diagnostici, anche da lesioni di dimensioni ridotte.<br />

Tale tecnica può essere applicata sia quando, radiograficamente, si rilevano<br />

patologie interstiziali diffuse, sia allorquando, sono rilevate patologie focali<br />

o masse localizzate.<br />

Occorre sottolineare peraltro come, in corso di patologie interstiziali diffuse,<br />

la possibilità di ottenere campioni diagnostici sia inferiore rispetto a quando vengono<br />

biopsate lesioni focali o masse. Inoltre, è sempre consigliabile campionare<br />

lesioni a contatto diretto con la parete toracica: tale localizzazione permette di<br />

un’adeguata visualizzazione della lesione, oltre a ridurre in maniera consistente<br />

il rischio di perforare porzioni di parenchima polmonare aerato.<br />

Prima di effettuare la procedura, è sempre consigliabile effettuare uno<br />

screening coagulativo completo (PT, aPTT, fibrinogeno) e valutare le piastrine<br />

sia dal punto di vista quantitativo (conta – stima) sia qualitativo: tali<br />

pazienti infatti possono sviluppare gravi sanguinamenti nel caso in cui venga<br />

accidentalmente perforato parenchima polmonare sano.<br />

Se viene impiegata la tecnica ecoguidata, il paziente viene posto in decubito<br />

sternale o laterale. Non è solitamente necessaria sedazione; si può eventualmente<br />

ricorrere all’inoculazione di un anestetico locale in corrispondenza<br />

del margine craniale di una costa.<br />

Se non fosse disponibile l’ausilio dell’ecografo, si può ricorrere all’impiego<br />

della tecnica radiografica, basando punto d’entrata ed inclinazione dell’ago<br />

su almeno due proiezioni.<br />

112<br />

Figura 1 - Rx torace: voluminosa formazione nel mediastino craniale.


Se la lesione da campionare è localizzata in corrispondenza della parete<br />

toracica, può essere sufficiente l’utilizzo di una siringa da 2,5 o da 5 ml con<br />

il relativo ago; eventualmente, per rendere la procedura più agevole, può essere<br />

impiegato anche un adeguato raccordo di prolunga; se la lesione fosse<br />

situata più in profondità è consigliabile l’utilizzo di un ago spinale da 70 o 90<br />

mm e di spessore ridotto.<br />

Le due metodiche previste sono l’ago infissione (che non prevede aspirazione<br />

del materiale con la siringa) e l’ago aspirazione. In questo secondo caso<br />

è necessario rilasciare delicatamente lo stantuffo della siringa prima che l’ago<br />

fuoriesca dalla cavità toracica. Occorre infine espellere delicatamente su un<br />

vetrino il materiale contenuto all’interno dell’ago e strisciare il campione<br />

ottenuto.<br />

I pazienti devono essere attentamente monitorati per le prime ore dopo l’esecuzione<br />

della procedura al fine di controllare funzionalità respiratoria e cardiaca.<br />

È sempre consigliabile, infine, effettuare almeno una lastra di controllo<br />

per valutare l’eventuale insorgenza di pneumotorace o emotorace.<br />

REPERTI CITOLOGICI<br />

Mediastino<br />

1 – Timoma: rappresenta la neoplasia che origina dalle cellule epiteliali del<br />

timo; più frequente nel cane rispetto al gatto, viene classificato in timoma prevalentemente<br />

epiteliale, timoma misto linfoepiteliale e timoma prevalentemente<br />

linfocitico; dal punto di vista citologico, classicamente, il timoma si<br />

Figura 2 - Timoma (gatto).<br />

113


caratterizza per la presenza di numerosi piccoli linfociti maturi, ai quali sono<br />

occasionalmente frammiste grosse cellule epiteliali, in piccoli aggregati,<br />

mononucleate, ad ampio citoplasma chiaro, di forma tondeggiante, ovalare o<br />

stellata, con scarsi caratteri di atipia citologica; non infrequentemente si possono<br />

rilevare mastociti ben granulati e macrofagi in citofagia. Molto raramente<br />

la componente linfoide del timo può andare incontro a trasformazione<br />

neoplastica: linfoma timico.<br />

2 – Linfoma: coinvolge più spesso i linfonodi mediastinici craniali e quelli<br />

sternali; raramente coinvolge il timo (linfoma timico). Nel cane la forma mediastinica<br />

è frequentemente associata ad ipercalcemia, mentre nel gatto coinvolge<br />

più frequentemente soggetti giovani FeLV positivi. A differenza del timoma,<br />

spesso, in corso di linfoma è presente versamento pleurico. Citologicamente è<br />

caratterizzato dalla presenza di numerose cellule linfoidi immature, di grosse<br />

dimensioni, macronucleolate e con citoplasma iperbasofilo.<br />

Polmone<br />

1 – Flogosi: di solito le neoformazioni polmonari di origine infiammatoria<br />

sono polmoniti lobari o ascessi. In particolare possono essere primarie, sostenute<br />

quindi da agenti eziologici (Pasteurella, E.Coli, Streptococchi,<br />

Staphilococchi) o secondarie a ostruzione bronchiale (per es. da carcinoma<br />

broncogenico), ed in tal caso asettiche. Citologicamente sono caratterizzate<br />

dalla presenza di neutrofili, più o meno degenerati, eventualmente contenenti<br />

batteri fagocitati; talora presenti cellule di origine macrofagica. Infine, lesio-<br />

114<br />

Figura 3 - Linfoma mediastinico (gatto).


ni simil-ascessuali possono costituire il centro di neoplasie maligne che sviluppano<br />

necrosi.<br />

2 – Neoplasie: poiché il polmone normale, se aspirato o infisso per via<br />

transtoracica, esfolia una quantità estremamente ridotta di cellule (pochi<br />

macrofagi alveolari ed occasionali cellule epiteliali), il semplice rilievo di un<br />

numero consistente di cellule, anche se con scarsi caratteri di atipia, dovrebbe<br />

sempre mettere sull’avviso il citopatologo. Inoltre, ogniqualvolta si rilevi<br />

la presenza di un’evidente componente infiammatoria, occorre interpretare<br />

con estrema cautela eventuali concomitanti caratteri di atipia citologica nelle<br />

cellule che l’accompagnano; è d’altronde corretto sottolineare come spesso<br />

neoplasie polmonari siano in grado di evocare una concomitante reazione flogistica.<br />

Le neoplasie polmonari primarie, relativamente rare e spesso maligne,<br />

possono avere origine dalle cellule epiteliali che rivestono i bronchi, i bronchioli<br />

e gli alveoli o dalle ghiandole annesse. Le neoplasie secondarie o metastatiche,<br />

più frequenti delle primarie, sono spesso carcinomi e possono derivare<br />

da mammella, vescica, prostata e ghiandole endocrine (pancreas, tiroide,<br />

ecc.). Citologicamente possono essere abbastanza simili e non sempre risulta<br />

possibile differenziarli con sicurezza. I campioni contengono cellule epiteliali<br />

in monostrato o in aggregati tridimensionali, talvolta con differenziazione<br />

ghiandolare (formazione di strutture acinari); cellule singole sono occasionalmente<br />

presenti. Tra i caratteri di atipia ricordiamo: pleomorfismo, anisomacrocariosi,<br />

cromatina grossolana, nucleoli prominenti e spesso multipli, citoplasma<br />

iperbasofilo e talvolta microvacuolato, oltre a “nuclear molding”,<br />

gigantismo cellulare o nucleare, cellule binucleate o multinucleate.<br />

Figura 4 - Carcinoma polmonare (cane).<br />

115


Il carcinoma squamocellulare rappresenta una neoplasia polmonare con<br />

numerose caratteristiche distintive citomorfologiche: le cellule esfoliano singole<br />

o in piccoli aggregati, con anisocitosi ed anisocariosi di modesta entità,<br />

con rapporto nucleo-citoplasmatico variabile e con citoplasma cheratinizzato;<br />

spesso evidente l’asincronia nella maturazione nucleo-citoplasmatica.<br />

Altre forme neoplastiche che coinvolgono il parenchima polmonare sono<br />

rappresentate da linfoma, granulomatosi linfomatoide ed istiocitosi maligna.<br />

In corso di linfoma, che peraltro solo occasionalmente si presenta sotto forma<br />

di formazioni nodulari, i campioni ottenuti sono caratterizzati dalla presenza<br />

di una popolazione monomorfa di cellule linfoidi immature, macronucleolate<br />

e a citoplasma iperbasofilo. In corso di granulomatosi linfomatoide (rara neoplasia<br />

tipica dei cani giovani), si rilevano grosse cellule pleomorfe, mononu-<br />

116<br />

Figura 5 - Adenocarcinoma polmonare (gatto).<br />

Figura 6 - Carcinoma squamoso (cane).


cleate, di aspetto istiocitico o plasmacitoide. Accanto a tali cellule si possono<br />

spesso rilevare piccoli linfociti maturi, eosinofili e plasmacellule. In corso di<br />

istiocitosi maligna (più frequente nel cane e molto rara nel gatto), si rilevano<br />

voluminose cellule pleomorfe, tondeggianti, con nuclei ovalari o reniformi,<br />

nucleoli prominenti ed atipici, citoplasma ampio, spesso vacuolato, con caratteri<br />

(non sempre presenti) di citofagia; spesso presenti cellule giganti multinucleate.<br />

Neoplasie di origine mesenchimale sono rappresentate da osteosarcomi,<br />

condrosarcomi, emangiosarcomi, rabdomiosarcomi, ecc. Tali forme neoplastiche<br />

possono essere primarie o metastatiche.<br />

Figura 7 - Istiocitosi maligna (cane).<br />

Figura 8 - Osteosarcoma polmonare (cane).<br />

117


Cuore<br />

I tumori degli organi chemorecettoriali, possono coinvolgere i “glomi aortici”<br />

strutture situate in corrispondenza della base del cuore (HBT) appartenenti<br />

al sistema nervoso parasimpatico. Si presentano sotto forma di massa<br />

singola, talora di dimensioni voluminose. Può essere presente versamento<br />

pericardico. Citologicamente sono costituiti da cellule disposte in monostrato,<br />

lassamente coese, con pattern vagamente microfollicolare; sono frequenti<br />

i nuclei nudi, di forma tondeggiante e regolare (modesta anisocariosi) con<br />

cromatina fine e nucleolo singolo e prominente, caratteristica tipica dei tumori<br />

neuroendocrini. Solo raramente sono presenti caratteri di atipia evidente<br />

(anisomacrocariosi pronunciata e nucleoli prominenti). Sono citologicamente<br />

difficili da differenziare da carcinomi tiroidei ectopici: in quest’ultimo caso la<br />

presenza di colloide può rappresentare un carattere distintivo.<br />

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Figura 9 - Chemodectoma (cane).


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119


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

Ugo Bonfanti<br />

Med Vet, Milano<br />

Tecniche di prelievo<br />

ed interpretazione delle biopsie<br />

con ago sottile delle masse<br />

endoaddominali<br />

Sabato, 26 ottobre, ore 18.00<br />

121


Il prelievo mediante ago sottile (FNA biopsy) rappresenta una metodica di<br />

comune impiego per lo studio di masse endoaddominali. In particolare, l’utilizzo<br />

di un ausilio strumentale quale ecografia o TAC, in questi ultimi anni di<br />

uso relativamente comune, permette di ottenere campioni di buona qualità e<br />

spesso diagnostici, anche da lesioni di dimensioni ridotte.<br />

Prima di effettuare la procedura, è sempre consigliabile effettuare uno<br />

screening coagulativo completo (PT, aPTT, fibrinogeno) e valutare le piastrine<br />

sia dal punto di vista quantitativo (conta – stima) sia qualitativo.<br />

Se viene impiegata la tecnica ecoguidata, il paziente viene posto in decubito<br />

dorsale o laterale. Non è solitamente necessaria sedazione; si può even-<br />

122<br />

Figura 1 - FNAB massa endoaddominale.<br />

Figura 2 - Aghi spinali.


tualmente ricorrere all’inoculazione di un anestetico locale in corrispondenza<br />

del punto d’entrata dell’ago.<br />

Vengono normalmente impiegati aghi spinali muniti di mandrino - al fine<br />

di evitare, per quanto possibile, la contaminazione del campione con cellule<br />

provenienti da altri organi o tessuti - di lunghezza differente (da 38 a 90 mm)<br />

e di Gauge variabili (da 23 a 27).<br />

Le due metodiche previste sono l’ago infissione (che non prevede aspirazione<br />

del materiale con la siringa) e l’ago aspirazione. In questo secondo caso<br />

è necessario rilasciare delicatamente lo stantuffo della siringa prima che l’ago<br />

fuoriesca dalla cavità addominale. Occorre infine espellere delicatamente su<br />

un vetrino il materiale contenuto all’interno dell’ago e strisciare il campione<br />

ottenuto.<br />

L’impiego dell’ago infissione (capillary action technique) permette solitamente<br />

di ottenere campioni meno emodiluiti e contenenti cellule ben conservate<br />

e poco rovinate; il rischio principale consiste peraltro nel fatto che i prelievi<br />

potrebbero essere ipocellulari e quindi scarsamente diagnostici.<br />

Tra le principali complicanze si segnalano quelle “maggiori”, peraltro<br />

molto rare, che consistono in emorragie mortali, disseminazione di cellule<br />

neoplastiche e peritonite localizzata o generalizzata, e quelle “minori”: emorragie<br />

di lieve entità ed ematomi nel sito di biopsia.<br />

Principale controindicazione è la biopsia citologica di masse addominali<br />

che siano clinicamente ed ecograficamente compatibili con emangiosarcoma:<br />

il rischio di rottura della capsula della neoplasia e di causare, di conseguenza,<br />

un emoperitoneo con diffusione di cellule neoplastiche in cavità addominale,<br />

oltre alla ridotta probabilità di ottenere cellule diagnostiche per la notevole<br />

Figura 3 - Emangiosarcoma epatico.<br />

123


emodiluizione del campione, rappresentano motivazioni sufficienti a sconsigliare<br />

l’esecuzione della biopsia stessa.<br />

REPERTI CITOLOGICI<br />

Fegato<br />

Masse neoplastiche: Carcinoma epatocellulare: rappresenta la neoplasia<br />

epatica più frequente. Se ben differenziato, il quadro citologico è sovrapponibile<br />

a quello di fegato normale o iperplastico; più spesso, in ogni modo,<br />

le cellule manifestano caratteri di evidente atipia: anisomacrocariosi, elevato<br />

rapporto nucleo-citoplasma, alterazioni nucleolari, iperbasofilia del<br />

citoplasma.<br />

Adenoma epatocellulare: si presenta sotto forma di massa che coinvolge<br />

un lobo epatico, è caratterizzato dalla presenza di epatociti quasi normali<br />

che possono manifestare lievi anisocitosi ed anisocariosi; può essere<br />

citologicamente impossibile distinguere un adenoma epatocellulare da un<br />

quadro di iperplasia nodulare. Colangiocarcinoma: caratterizzato dalla<br />

presenza di cellule simili alle cellule dei dotti biliari normali: esfoliano in<br />

aggregati di differenti dimensioni, estremamente coesi, che formano talora<br />

strutture acinari o tubulari; le cellule sono di forma cuboidale o colonnare,<br />

più piccole degli epatociti, con anisocariosi moderata ed elevato rapporto<br />

nucleo-citoplasma.<br />

124<br />

Figura 4 - Carcinoma epatocellulare (cane).


Figura 5 - Carcinoma epatocellulare (cane).<br />

Figura 6 - Colangiocarcinoma (cane).<br />

Cistadenoma biliare: tipico della specie felina, è caratterizzato dalla formazione<br />

di strutture cistiche contenenti liquido mucinoso. Non presenta<br />

caratteristiche distintive dal punto di vista citologico: macrofagi reattivi con<br />

eventuali caratteri di eritrofagocitosi.<br />

Carcinoidi o tumori neuroendocrini: rare neoplasie che derivano dalle cellule<br />

APUD localizzate nella parete dei dotti biliari, sono citologicamente<br />

caratterizzati da elevata cellularità, margini citoplasmatici indistinti, nucleo<br />

125


tondeggiante, cromatina moderatamente addensata e citoplasma chiaro; frequente<br />

è il riscontro di nuclei nudi.<br />

Altre masse di origine neoplastica: plasmacitomi extramidollari (cellule tondeggianti<br />

od ovoidali, a nucleo eccentrico e citoplasma iperbasofilo), istiocitosi<br />

maligna (cellule di origine macrofagica-istiocitaria, spesso binucleate e multinucleate,<br />

con caratteri di evidente atipia citologica) e neoplasie metastatiche.<br />

- Masse non neoplastiche: Ascessi: caratterizzati dalla presenza di polimorfonucleati<br />

neutrofili, più o meno degenerati, eventualmente contenenti<br />

batteri fagocitati. Cisti epatiche: neoformazioni intraparenchimali a parete<br />

liscia e contenenti liquido trasparente, giallo citrino; possono essere presenti<br />

occasionali macrofagi citologicamente identificabili.<br />

Milza<br />

Iperplasia nodulare: presenti formazioni nodulari, di solito multiple, coinvolgenti<br />

il parenchima splenico; dal punto di vista citologico, il quadro è<br />

sovrapponibile a quello dell’iperplasia linfonodale aspecifica, in cui aumentano<br />

le cellule linfoidi immature, di medie e grosse dimensioni, pur essendo<br />

preponderante la percentuale di piccoli linfociti maturi. Occasionalmente presenti<br />

macrofagi e plasmacellule. Ascessi: estremamente rari, singoli o multipli,<br />

derivano spesso da infezioni ascendenti dall’apparato gastroenterico. Possono<br />

essere presenti batteri fagocitati, solitamente di forma bastoncellare.<br />

126<br />

Figura 7 - Carcinoide (cane).


Ematopoiesi extramidollare: può raramente manifestarsi sotto forma di strutture<br />

nodulari o di piccole masse; citologicamente è caratterizzata dalla presenza<br />

di precursori ematopoietici delle linee eritroide, mieloide e dei trombociti.<br />

Condizioni cliniche associate ad ematopoiesi extramidollare sono rappresentate<br />

da anemie emolitiche croniche, malattie linfoproliferative e mieloproliferative.<br />

Neoplasie: l’emangiosarcoma splenico rappresenta la neoplasia “a massa”<br />

più frequentemente rilevata nella milza. Citologicamente caratterizzata dalla<br />

presenza di cellule mesenchimali atipiche, di dimensioni voluminose, grosso<br />

nucleo con nucleoli voluminosi ed ampio citoplasma, a margini indistinti,<br />

Figura 8 - Ematopoiesi extramidollare splenica (cane).<br />

Figura 9 - Leiomiosarcoma splenico (cane).<br />

127


microvacuolato. Altre forme neoplastiche sono rappresentate da leiomiosarcomi,<br />

fibrosarcomi, sarcomi indifferenziati, istiocitosi maligna e, raramente,<br />

da neoplasie metastatiche.<br />

Rene<br />

Le masse che coinvolgono il rene sono primariamente di origine neoplastica.<br />

Linfoma renale: rappresenta la neoplasia renale più frequente; più spesso<br />

diffuso, quasi sempre bilaterale, e solo raramente sotto forma di massa singola.<br />

Caratterizzato dalla presenza di popolazione densa e monomorfa di cel-<br />

128<br />

Figura 10 - Linfoma renale (gatto).<br />

Figura 11 - Carcinoma squamocellulare renale (gatto).


lule “rotonde”: cellule linfoidi immature. Di solito moderatamente pleomorfe,<br />

posseggono nucleo a cromatina liscia, nucleoli prominenti, citoplasma<br />

iperbasofilo e scarso. Solo molto raramente si possono rilevare frammenti di<br />

tubuli renali.<br />

Carcinoma delle cellule transizionali: caratterizzato da cellule in aggregati<br />

e più spesso singole, a margini distinti, marcatamente pleomorfe, con rapporto<br />

nucleo-citoplasmatico variabile, e spesso ampio citoplasma chiaro.<br />

Adenocarcinoma: caratterizzato da cellule epiteliali con differenziazione<br />

ghiandolare. Carcinoma squamocellulare: in tal caso è caratteristica l’ampiezza<br />

del citoplasma, da chiaro ad intensamente basofilo (cheratinizzato) e le<br />

rilevanti atipie nucleari e nucleolari.<br />

Ghiandole surrenali<br />

Le masse coinvolgenti le ghiandole surrenali e citologicamente indagabili<br />

consistono in adenocarcinomi (se viene coinvolta la corticale del surrene) e in<br />

feocromocitomi (se viene coinvolta midollare).<br />

Gli adenocarcinomi sono caratterizzati da cellule epiteliali di dimensioni<br />

ed aspetto relativamente uniformi, mononucleate, con nucleolo singolo e prominente<br />

(come spesso si rileva nelle neoplasie degli organi endocrini) ad<br />

ampio citoplasma, moderatamente basofilo e contenente numerosi vacuoli a<br />

margini netti. Solo raramente gli adenocarcinomi posseggono caratteri di<br />

moderata anaplasia (anisomacrocariosi e nucleoli prominenti).<br />

I feocromocitomi, neoplasie che secernono catecolamine, posseggono<br />

caratteristiche citomorfologiche sovrapponibili a quelle degli altri tumori neu-<br />

Figura 12 - Carcinoma surrenalico (cane).<br />

129


oendocrini: la maggior parte dei preparati è caratterizzata da nuclei nudi su<br />

uno sfondo di materiale debolmente basofilo (citoplasma rotto delle cellule),<br />

modesta anisocariosi, cromatina finemente granulosa e nucleoli inapparenti.<br />

Intestino<br />

Le masse che coinvolgono l’intestino sono primariamente di origine<br />

neoplastica. Il linfoma, che più frequentemente coinvolge il piccolo intestino<br />

del gatto, si presenta solitamente come ispessimento diffuso o focale.<br />

130<br />

Figura 13 - Linfoma intestinale (cane).<br />

Figura 14 - Adenocarcinoma intestinale (gatto).


Citologicamente si caratterizza per la presenza di voluminose cellule linfoidi<br />

immature, macronucleolate, spesso a citoplasma scarso ed iperbasofilo; con<br />

una certa frequenza, i linfomi intestinali del gatto sono costituiti da popolazione<br />

omogenea e monomorfa di piccoli linfociti maturi (low grade lymphoma);<br />

infine, sempre nel gatto, si osserva una particolare forma di linfoma<br />

caratterizzata dalla presenza di grossi linfoblasti a citoplasma chiaro contenente<br />

voluminosi granuli intensamente basofili, di differenti dimensioni, talora<br />

raccolti in una parte del citoplasma: “large granular lymphocytes lymphoma”<br />

(LGL). La prognosi, per i soggetti affetti da questo tipo di linfoma è solitamente<br />

peggiore.<br />

L’adenocarcinoma intestinale è caratterizzato dalla presenza di aggregati<br />

epiteliali estremamente coesi, con differenziazione ghiandolare; le cellule<br />

manifestano evidente anisocitosi, anisomacrocariosi, nucleoli prominenti e<br />

spesso basofilia del citoplasma; occasionalmente il citoplasma è vacuolato<br />

(mucina). Coinvolge più frequentemente il piccolo intestino (digiuno ed ileo)<br />

nel gatto ed il grosso intestino (colon) nel cane.<br />

Tra le neoplasie mesenchimali, estremamente rare, si ricordano leiomiosarcomi,<br />

leiomiomi e fibrosarcomi. In particolare, nei leiomiosarcomi è<br />

caratteristica la disposizione delle cellule, raccolte in fasci ondulati o spiraliformi,<br />

e l’aspetto allungato, ad estremità smusse, dei nuclei delle stesse<br />

(“cigar-shaped”).<br />

Figura 15 - Leiomiosarcoma (cane).<br />

131


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132


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

Davide De Lorenzi<br />

Med Vet, Forlì<br />

Diagnostica strumentale<br />

dell’apparato respiratorio<br />

e citologia:<br />

un binomio inscindibile<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 16.45<br />

133


APPARATO RESPIRATORIO SUPERIORE:<br />

NASO, RINOFARINGE, LARINGE E TRACHEA<br />

I sintomi clinici che richiedono l’ispezione attenta ed accurata delle prime<br />

vie respiratorie sono generalmente rappresentati da starnuti, scolo nasale cronico<br />

uni o bilaterale, deformità del profilo fronto-nasale, disfagia, rumori<br />

respiratori e scolo oculo-congiuntivale.<br />

Quando si giunge ad eseguire un esame strumentale di queste strutture, sia<br />

esso radiologico, endoscopico o tomografico, devono già essere state escluse<br />

per mezzo di mirate ricerche siero-ematologiche, altre patologie che possono<br />

simulare patologie primarie alle prime vie respiratorie (ad esempio ehrlichiosi,<br />

leishmaniosi, coagulopatie).<br />

Le valutazioni citologiche devono sempre essere interpretate alla luce dell’anamnesi,<br />

delle valutazioni cliniche, laboratoristiche e della diagnostica per<br />

immagini: solamente se viene inserito in un contesto clinico rigoroso l’esame<br />

citologico può esprimere tutte le sue potenzialità.<br />

Cavità nasali e rinofaringe<br />

L’ispezione radiologica ed endoscopica delle cavità nasali e del rinofaringe<br />

associata alle valutazioni citologiche dei campioni prelevati in corso di<br />

rinoscopia permette di giungere ad una diagnosi definitiva in un alto numero<br />

di casi ed anche quando una diagnosi precisa non può essere emessa, le indicazioni<br />

derivanti dai rilievi citologici permettono di indirizzare eventuali ulteriori<br />

indagini nella maniera più precisa.<br />

Un elemento di primaria importanza nell’analisi citologica di campioni<br />

provenienti dalle cavità nasali è rappresentato dalla qualità del materiale raccolto<br />

ed esaminato: sono state descritte numerose tecniche di prelievo di campioni<br />

dalle cavità nasali. Di ognuna di queste analizzeremo tecniche di esecuzione,<br />

vantaggi e svantaggi.<br />

a) Esame diretto dell’essudato nasale: la presenza di scolo nasale uni- o<br />

bilaterale indica unicamente che ci si trova di fronte ad una patologia che<br />

coinvolge il tratto respiratorio superiore ed il suo aspetto macroscopico (purulento,<br />

sieroso, emorragico) non permette di restringere l’elenco delle possibili<br />

diagnosi differenziali. L’esame citologico dell’essudato raccolto e spatolato<br />

direttamente sui vetrini permette di individuare la causa primaria della<br />

patologia in una piccola percentuale di casi e tuttavia, data la semplicità della<br />

raccolta e dell’allestimento dei campioni, un tentativo dovrebbe sempre essere<br />

fatto. È tuttavia necessario ricordare che questi campioni sono quasi invariabilmente<br />

composti da muco che circonda ed ingloba un numero variabile<br />

134


di neutrofili a vari gradi di degenerazione, alcuni dei quali in attiva fagocitosi<br />

di batteri. Questo quadro è da considerarsi assolutamente aspecifico poiché<br />

può essere associato a corpi estranei, micosi, neoplasie benigne e neoplasie<br />

maligne; anche il rilievo di frammenti di ife fungine non permette di emettere<br />

con certezza una diagnosi di micosi nasale poiché frammenti ifali derivano<br />

con frequenza dall’ambiente dove il cane vive e che il cane esplora principalmente<br />

con l’olfatto.<br />

Unica, importante eccezione a queste considerazioni è rappresentata dalla<br />

individuazione di agenti eziologici del genere Criptococcus nell’essudato<br />

nasale del gatto; il loro rilievo permette di formulare con certezza una diagnosi<br />

di criptococcosi nasale; la morfologia di questo fungo, così come le<br />

caratteristiche dell’infiammazione che esso induce verranno descritte più<br />

oltre nel corso di questa trattazione.<br />

b) Prelievo tramite tampone: l’impiego di tamponi per la raccolta di materiale<br />

endonasale permette di formulare una diagnosi precisa in un bassissimo<br />

numero di casi; questi strumenti, infatti, permettono la raccolta solamente<br />

dello strato più superficiale di cellule che accompagnano il processo patologico<br />

in atto, in genere cellule infiammatorie e batteri conseguenti a quadri flogistici<br />

secondari.<br />

c) Prelievo tramite lavaggio delle cavità nasali: sono state descritte numerose<br />

tecniche di lavaggio delle cavità nasali, anche se una diagnosi definitiva<br />

può essere ottenuta in meno del 50% dei casi esaminati. Una di queste tecniche<br />

prevede il posizionamento di un catetere di Fowley nel rinofaringe, così<br />

da chiudere completamente il passaggio fra cavità nasali e faringe. Con un<br />

catetere morbido di polipropilene viene iniettata una quantità variabile di<br />

soluzione fisiologica sterile che viene poi raccolta aspirando con la stessa<br />

siringa oppure con l’impiego di un secondo catetere posizionato nella cavità<br />

nasale ed anch’esso collegato ad una siringa.<br />

Questo liquido, se sufficientemente torbido, può essere strisciato direttamente<br />

sui vetrini; una parte di questo deve essere comunque analizzato dopo<br />

concentrazione cellulare tramite centrifuga (1000 giri per 10 minuti) o citocentrifuga.<br />

Una ulteriore aliquota deve essere raccolta con tampone sterile e<br />

terreno di trasporto per eventuali indagini microbiologiche. Le tecniche di<br />

lavaggio hanno l’indubbio vantaggio di raccogliere materiale virtualmente da<br />

tutte le cavità nasali ma anche l’ovvio svantaggio di potere prelevare unicamente<br />

cellule di superficie, analogamente al tampone.<br />

d) Prelievo tramite spazzolamento: per questa tecnica vengono usate delle<br />

spazzoline per citologia (cd. cytobrush) che vengono normalmente impiegate<br />

per la colpocitologia della donna oppure si possono usare spazzoline da citologia<br />

espressamente ideate per la raccolta di cellule sotto visione endoscopica;<br />

queste ultime, in particolare, sono sottili spazzole allungate e collocate<br />

135


all’interno di un catetere che viene passato nel canale di lavoro dell’endoscopio.<br />

Una volta individuata la lesione dalla quale raccogliere cellule, il catetere<br />

viene fatto avanzare ed uscire dal canale di lavoro; da questo viene fatta<br />

uscire la spazzola che viene passata più volte sopra la lesione e che viene fatta<br />

rientrare nel catetere al momento dell’uscita dal canale di lavoro, e questo allo<br />

scopo di evitare di perdere o rovinare le cellule. La spazzola viene quindi<br />

rotolata e non strisciata sul vetrino poiché la “strisciata” causerebbe la rottura<br />

di numerose cellule.<br />

La tecnica di prelievo per spazzolamento rappresenta la mia prima scelta<br />

in caso di patologie infiammatorie diffuse a gran parte delle cavità nasali,<br />

dove non è presente una massa od una lesione focale, quadri questi che<br />

vedrebbero favorite altre tecniche di prelievo. Le spazzoline sono sufficientemente<br />

abrasive da raccogliere materiale dallo strato sottomucoso ma abbastanza<br />

delicate da non causare copiose emorragie che diluirebbero in maniera<br />

critica le cellule raccolte.<br />

La tecnica di spazzolamento sotto visione endoscopica rappresenta una<br />

ottima tecnica di prelievo per le patologie occupanti spazio nelle vie aeree<br />

oppure per le lesioni erosive.<br />

e) Prelievo tramite agobiopsia: quando la lesione sia direttamente aggredibile<br />

da un ago, la biopsia con ago sottile rappresenta una delle migliori tecniche<br />

impiegabili per la raccolta di cellule; sfortunatamente, proprio a causa<br />

della particolare localizzazione della mucosa nasale, contenuta all’interno<br />

delle ossa nasali e per la sua organizzazione anatomica in pliche e recessi, la<br />

tecnica di agobiopsia può essere impiegata solo raramente.<br />

In genere viene impiegato un ago spinale lungo direzionato sotto guida<br />

endoscopica: l’ago viene infisso alcune volte nella neoformazione ed il materiale<br />

raccolto viene quindi spruzzato su un vetrino ed immediatamente strisciato.<br />

È importante ricordare che, in caso di patologie neoplastiche delle cavità<br />

nasali non di rado si osserva lisi delle ossa nasali o di quelle palatine; le aperture<br />

che si vengono a formare nelle ossa come conseguenza della lisi da compressione<br />

oppure della distruzione conseguente all’invasione da parte della<br />

neoplasia possono essere usate con successo per prelevare cellule infiggendo<br />

l’ago proprio attraverso queste aperture ossee neoformate.<br />

La biopsia agoaspirativa rappresenta una delle pochissime opzioni di prelievo<br />

cellulare in presenza di masse localizzate nel rinofaringe. In questi casi<br />

è spesso possibile palpare la neoformazione attraverso la sottile membrana del<br />

palato molle ed è così possibile infiggere l’ago proprio attraverso il palato<br />

molle.<br />

f) Prelievo tramite pinza bioptica: tutte le volte che questo è possibile, il<br />

prelievo di campioni per la citologia con pinza da biopsia rappresenta la mia<br />

136


prima scelta. Questa tecnica ha il vantaggio di permettere la raccolta di campioni<br />

sotto visione diretta, di selezionare le porzioni di tessuto macroscopicamente<br />

più adeguate, di raccogliere cellule anche in profondità, di potere irrigare<br />

ed asciugare la zona da sottoporre a biopsia ed infine di prelevare, nella<br />

stessa seduta anestesiologica, campioni bioptici da destinare ad eventuali<br />

indagini istopatologiche. Lo svantaggio relativo di questa tecnica è rappresentato<br />

dall’alto costo che hanno le ottiche ed i fibroscopi per endoscopia; va<br />

tuttavia sottolineato come una indagine completa ed accurata delle cavità<br />

nasali, del rinofaringe e delle restanti vie respiratorie debba sempre precedere<br />

qualsiasi prelievo citologico e che quindi non si possa prescindere dall’uso<br />

di endoscopi di buona qualità manovrati da endoscopisti esperti.<br />

Una volta individuata la neoformazione, viene eseguito un numero variabile<br />

di biopsie(almeno una decina, una parte delle quali da destinarsi ad indagini<br />

istopatologiche): il sanguinamento conseguente al prelievo può, in genere,<br />

essere facilmente controllato dall’azione combinata di irrigazione ed aspirazione<br />

che l’endoscopio permette.<br />

I vetrini possono essere allestiti in vari modi: i frammenti tissutali possono<br />

essere appoggiati, strisciati oppure schiacciati fra due portaoggetto. Questa<br />

ultima tecnica è quella che preferisco e, contrariamente a quanto generalmente<br />

creduto, la morfologia cellulare non viene affatto alterata dallo schiacciamento<br />

del tessuto; in pratica, si appoggiano una o due biopsie su di un<br />

vetrino portaoggetto sul quale viene poi appoggiato un altro vetrino. I due<br />

portaoggetto vengono pressati con forza uno contro l’altro e quindi distaccati<br />

senza strisciare.<br />

In questo modo si hanno due vetrini con materiale da analizzare; i campioni<br />

così preparati possono essere rapidamente esaminati, non colorati, al microscopio<br />

una volta abbassato il condensatore oppure con microscopio a contrasto<br />

di fase e questo allo scopo di valutare la cellularità dei campioni in oggetto ed<br />

eventualmente ripetere i prelievi mentre il paziente è ancora in anestesia.<br />

Certi tipi di neoformazione sono composti da tessuto molto compatto ed<br />

anche una pressione energica non permette di distendere le cellule sul vetrino;<br />

in questi casi il consiglio è quello di dividere la biopsia in frammenti<br />

ancora più piccoli, che possano essere più agevolmente distribuiti sui vetrini.<br />

Le semplici impronte eseguite da frammenti di tessuto compatto risultano in<br />

vetrini non adeguati per mancanza di un numero adeguato di cellule.<br />

I prelievi bioptici eseguiti inserendo una pinza nel canale di lavoro di<br />

endoscopi flessibili rappresentano la tecnica di elezione per il prelievo di cellule<br />

da lesioni localizzate nella parte più rostrale del rinofaringe. In questi<br />

casi, infatti, le neoplasie qui localizzate non possono essere aggredite né da<br />

spazzoline e nemmeno da agobiopsie transpalatine, poiché protette dalla base<br />

ossea del palato duro.<br />

137


In coda alla sezione dedicata alle tecniche di prelievo, è importante sottolineare<br />

alcuni aspetti correlati a quanto sopra descritto:<br />

-) ogni volta che si sospetta una patologia infiammatorie, infettiva o neoplastica<br />

a carico della cavità nasale, del faringe, del laringe e dei seni frontali,<br />

devono essere ispezionati e palpati tutti i linfonodi tributari esplorabili e<br />

quelli aumentati di volume, dolenti o fissati ai tessuti circostanti devono essere<br />

agoaspirati ed attentamente analizzati alla luce di quanto derivato dalle<br />

indagini citologiche delle strutture coinvolte nel processo patologico.<br />

-) la cavità nasale è rivestita da mucosa estremamente fragile e molto<br />

vascolarizzata e questo risulta ancora più vero quando la mucosa è coinvolta<br />

da processi patologici di natura infiammatoria. Tutte le manovre di ispezione<br />

e raccolta di cellule devono essere eseguite con cautela e sicurezza, traumatizzando<br />

il meno possibile le strutture endonasali ed evitando così emorragie<br />

che possono asumere entità preoccupanti.<br />

-) la porzione più caudale delle cavità nasali è delimitata dalla lamina cribrosa<br />

dell’osso etmoide, al di là della quale si colloca il bulbo olfattivo con il<br />

suo peduncolo e quindi l’encefalo. La sottile lamina ossea dell’etmoide è una<br />

struttura piuttosto fragile e facilmente perforabile con le ottiche rigide, le<br />

spazzoline o le pinze da biopsia; è forse superfluo sottolineare che la perforazione<br />

di questa struttura determina complicazioni sempre di notevole gravità<br />

come meningite, emorragie o lesioni parenchimali alle strutture endocraniche.<br />

Le ottiche e gli strumenti per i prelievi bioptici non devono mai essere inseriti<br />

nelle cavità nasali per una lunghezza superiore alla distanza fra narice e<br />

canto mediale dell’occhio e, in ogni caso, se viene percepita anche la minima<br />

resistenza all’introduzione non bisogna mai forzare ma ritirare lo strumento e<br />

riposizionarlo cambiando traiettoria.<br />

CITOLOGIA NORMALE DELLE CAVITÀ NASALI<br />

Le cavità nasali presentano caratteristiche costitutive differenti in relazione<br />

alla porzione considerata: la regione più rostrale, detta vestibolare, è ricoperta<br />

da epitelio squamoso stratificato che si trasforma gradualmente, procedendo<br />

in direzione aborale, in mucosa respiratoria che caratterizza, appunto,<br />

la regione respiratoria. Gli elementi cellulari di questa regione sono fra i più<br />

caratteristici e quelli di gran lunga più rappresentati nei preparati citologici:<br />

- cellule ciliate: si tratta di elementi tipicamente cilindrici, con l’area<br />

apicale della cellula occupata da un orletto composto da numerose cilia,<br />

nucleo rotondeggiante dislocato verso la parte basale (Fig. 1);<br />

- cellule caliciformi o “goblet cells”: si tratta di elementi cilindrici, con<br />

nucleo dislocato alla base della cellula e sono prive di cilia; alcune di queste<br />

138


cellule contengono numerosi granuli di mucina rotondi, di colore porpora che,<br />

se in numero elevato, conferiscono alla cellula un aspetto rigonfio (Fig. 2).<br />

- cellule basali: rappresentano il compartimento cellulare di riserva; si<br />

tratta di piccoli elementi a citoplasma iperbasofilo ed elevato rapporto N/C<br />

che si repertano organizzate in piccoli clusters molto coesi;<br />

La parte più aborale delle cavità nasali ed aree della mucosa del setto e dei<br />

turbinati dorsali sono rivestite da mucosa olfattiva, costituita da un epitelio<br />

batiprismatico pseudostratificato dove si localizzano le cellule nervose che<br />

permettono la percezione degli stimoli odorosi.<br />

Figura 1 - Cellule cilindriche ciliate.<br />

Figura 2 - Cellula mucipara o “goblet cell”.<br />

139


In aggiunta agli elementi cellulari sopra descritti, i prelievi dalle cavità<br />

nasali mostrano sempre quantità variabili di muco, sottoforma di materiale<br />

acidofilo, amorfo, che spesso intrappola le cellule. In aggiunta a questo, un<br />

numero più o meno elevato di batteri a morfologia ed organizzazione variabili<br />

possono essere rinvenuti adesi alle cellule o intrappolati nel muco: si tratta<br />

di una flora microbica mista, normalmente residente nelle cavità nasali di<br />

animali sani.<br />

Nelle cavità nasali di animali sani non si rileva sangue, ma le manovre di<br />

abrasione con spazzolina o le biopsie con pinza o ago sottile causano emorragie<br />

più o meno cospicue ed il sangue spesso costituisce lo sfondo alle cellule<br />

di derivazione mucosale; tutti i vetrini allestiti, anche se apparentemente<br />

composti unicamente da sangue, devono essere colorati e letti con attenzione<br />

al microscopio perché spesso, nonostante la forte contaminazione ematica, si<br />

riescono ad individuare elementi cellulari importanti od agenti eziologici<br />

responsabili della patologia in atto.<br />

Specialmente in campioni raccolti con lavaggio è possibile ritrovare cellule<br />

di derivazione orofaringea; la loro identificazione è piuttosto semplice: si<br />

rilevano grandi cellule squamose che spesso presentano sulla superficie batteri<br />

commensali del genere Simonsiella, grossi bastoncelli affiancati fra di<br />

loro a formare una palizzata molto caratteristica.<br />

CITOLOGIA PATOLOGICA DELLE CAVITÀ NASALI<br />

Iperplasia, displasia, metaplasia<br />

Si tratta, in tutti e tre i casi, di adattamenti della mucosa agli stimoli infiammatori<br />

cronici che conseguono alle più varie patologie che possono coinvolgere<br />

le cavità nasali.<br />

Queste alterazioni possono essere individuate con una certa sicurezza in<br />

corso di esame istologico ma è molto difficile, se non impossibile, una loro<br />

sicura identificazione nella lettura dei campioni citologici. Campioni citologici<br />

derivanti da cavità nasale con flogosi cronica presentano, in genere, grossi<br />

clusters o foglietti di cellule mucosali che mostrano da lievi a moderati<br />

aspetti di atipia cellulare: aumento del rapporto N/C, iperbasofilia citoplasmatica,<br />

modesta anisocitosi.<br />

Queste alterazioni possono essere anche di una certa consistenza e fare<br />

insorgere dubbi interpretativi per il sospetto di trovarsi di fronte ad una patologia<br />

neoplastica ben differenziata: la presenza concomitante di cellule che<br />

denunciano la presenza di una flogosi cronica (monociti-macrofagi, neutrofili,<br />

linfociti e plasmacellule) ed una storia clinica che parla di rinite e scolo<br />

140


nasale cronico devono imporre al citologo estrema prudenza nel refertare i<br />

campioni come neoplastici.<br />

La metaplasia cellulare rappresenta un particolare processo adattativo<br />

delle cellule: queste perdono la morfologia associata alla loro specializzazione<br />

per assumere una struttura che meglio si adatta a sopportare lo stress conseguente<br />

alle modificate condizioni ambientali di irritazione cronica.<br />

Le cellule dell’apparato respiratorio, nella maggior parte cilindriche, si<br />

modificano classicamente in elementi appiattiti, squamosi (cd. metaplasia<br />

squamosa) con piccolo nucleo centrale e citoplasma basofilo, dai margini ben<br />

evidenti e rettilinei.<br />

Questa trasformazione, comunissima nel paziente umano fumatore cronico,<br />

risulta poco comune nel cane e nel gatto.<br />

Patologie infiammatorie primarie non infettive<br />

-) Rinite allergica: questo tipo di infiammazione può essere l’unico<br />

segno clinico di ipersensibilità oppure può rientrare in un quadro più<br />

generale con coinvolgimento delle vie aeree inferiori, delle mucose oculocongiuntivali<br />

e della cute. Il quadro citologico relativo è rappresentato<br />

da una associazione di cellule infiammatorie con predominanza dei granulociti<br />

eosinofili ed aumento di mastociti e plasmacellule. La principale<br />

diagnosi differenziale in presenza di flogosi prevalentemente eosinofilica<br />

è con la rinite micotica.<br />

Sono segnalati in letteratura anche casi di rinite linfoplasmocellulare<br />

con predominanza di questi due tipi cellulari: si ritiene che la causa di<br />

questa patologia sia da ricercarsi in fenomeni di tipo immunomediato.<br />

-) Polipi nasali: si tratta di neoformazioni endonasali singole o multiple,<br />

di aspetto liscio e spesso peduncolate che colpiscono per lo più il<br />

gatto; pur non essendo ancora stata stabilita con certezza il meccanismo<br />

eziopatogenetico alla base della loro formazione, si ritiene che uno stimolo<br />

irritativo cronico determini iperplasia della mucosa associata ad una<br />

esuberante proliferazione del tessuto connettivo sottostante. Il quadro<br />

citologico che ne risulta è caratterizzato da una associazione fra cellule<br />

infiammatorie (prevalentemente linfociti, plasmacellule, monociti e neutrofili)<br />

e cellule epiteliali che mostrano quadri di displasia in numero e di<br />

gravità variabile. Distinguere citologicamente queste lesioni benigne da<br />

neoplasie epiteliali maligne ben differenziate può essere difficile: tuttavia<br />

la conoscenza della storia clinica del paziente e la valutazione accurata di<br />

esami radiologici ed endoscopici permette spesso di giungere ad una diagnosi<br />

corretta.<br />

141


Patologie infiammatorie sostenute da agenti eziologici<br />

-) Batteri: nonostante il frequente rilevo di batteri associati a flogosi neutrofilica,<br />

le riniti che vedono come causa primaria un batterio (gen. Bordetella<br />

bronchiseptica e Pasteurella multocida nel cane e Mycoplasma e Chlamidia<br />

nel gatto)sono evenienza rara sia nel cane che nel gatto; al contrario un grande<br />

numero di patologie primarie differenti (micosi, parassitosi, neoplasie<br />

benigne e maligne, patologie dentali, corpi estranei, traumi) si associa a flogosi<br />

neutrofiliche settiche secondarie.<br />

Il quadro citologico è quello classico delle flogosi neutrofiliche settiche:<br />

un elevato numero di granulociti neutrofili con numerosi e gravi aspetti di<br />

degenerazione nucleare e frequenti aspetti di fagocitosi batterica. Spesso sia<br />

cellule che batteri sono circondati da abbondante materiale mucoso (Fig. 3).<br />

In presenza di quadri citologici di questo tipo può essere utile eseguire un<br />

esame colturale dal materiale prelevato, allo scopo di ottenere una più precisa<br />

tipizzazione dei batteri ed un antibiogramma che aiuti nella scelta della<br />

terapia ottimale. I risultati ottenuti dall’esame colturale devono sempre essere<br />

valutati alla luce delle osservazioni citologiche effettuate: ad esempio, se il<br />

risultato dell’esame colturale è Pasteurella sp. ma l’esame citologico ha<br />

messo in evidenza unicamente cocchi in grappolo liberi e fagocitati dai neutrofili<br />

è molto probabile che la Pasteurella (che è un bastoncello) sia un contaminante<br />

e non la causa primaria della patologia settica nasale. È utile ricordare<br />

ancora una volta come, molto frequentemente, il rilievo di una rinite<br />

purulenta con batteri fagocitati non rappresenti una patologia primaria: non<br />

bisogna quindi fermarsi a questa diagnosi ma è necessario approfondire le<br />

indagini nel tentativo di individuare una causa primaria.<br />

142<br />

Figura 3 - Flogosi neutrofilica settica con germi bastoncellari.


-) Virus: le patologie primarie virali sono molto più frequenti di quelle batteriche<br />

e tuttavia queste non presentano quadri citologici tipici. La maggior<br />

parte delle volte l’esame citologico mette in evidenza unicamente la flogosi<br />

purulenta sostenuta da batteri che fa seguito alla primaria e sottostante patologia<br />

virale. Il sospetto di una primaria patologia virale deriva, in questi casi,<br />

dalla giovane età del paziente, dalla concomitante presenza di oculocongiuntivite<br />

ed ulcere in cavità orale, dalla assenza di profilassi vaccinale, dalla provenienza<br />

dell’animale da comunità di numerosi individui, etc.<br />

-) Miceti: le cavità rino-sinusali rappresentano un sito di elezione per la<br />

crescita di funghi e per l’insorgere di patologie ad essi collegate. Nel cane la<br />

patologia nasale micotica più rappresentata in Italia è data dalla aspergillosipenicillosi<br />

mentre nel gatto il fungo più spesso isolate dalle cavità nasali è il<br />

Criptococcus neoformans.<br />

Esistono altri miceti che possono causare patologie nelle cavità nasali del<br />

cane e del gatto (ad es. Histoplasma e Blastomyces) ma non risultano essere<br />

presenti in Europa.<br />

Aspergillus sp e Penicillium sp. sono morfologicamente simile e possono<br />

essere differenziati con sicurezza solamente tramite esami colturali: tuttavia,<br />

l’esatta individuazione non sembra avere particolare importanza per il tipo di<br />

terapia da adottare o per la prognosi. Trattandosi di miceti ubiquitari, le colture<br />

positive eseguite da scolo nasale non rappresentano una sicura indicazione<br />

di patologia in atto. Molto significativo risulta, al contrario, la coltura di<br />

frammenti di mucosa nasale associata alle osservazioni endoscopiche e citologiche<br />

del materiale raccolto direttamente con spazzolamento o biopsia dalle<br />

cavità nasali.<br />

Le ife di questi miceti si presentano ramificate e settate, con spessore<br />

variabile dai 4 ai 6 µ e pareti disposte parallelamente; queste strutture possono<br />

non colorarsi ed apparire come sagome in negativo sul fondo mucoso e<br />

necrotico del campione oppure colorarsi intensamente in viola scuro con le<br />

colorazioni di Romanowsky. Più raramente si riescono ad individuare le spore<br />

fungine, che hanno aspetto ovoidale, dimensioni di 3-4 µ e colore verde tenue;<br />

eccezionale è il rinvenimento delle “teste” del fungo, evenienza questa che<br />

permetterebbe il riconoscimento preciso dell’agente eziologico implicato nel<br />

processo patologico (Fig. 4).<br />

La flogosi che accompagna questi agenti eziologici è generalmente di<br />

tipo piogranulomatoso anche se spesso vi è una netta preponderanza di<br />

neutrofili molti dei quali degenerati ed in attività di fagocitosi batterica;<br />

infatti, l’erosione causata dal fungo a danno dei turbinati nasali induce<br />

costantemente un grave stato di flogosi settica batterica all’interno delle<br />

cavità nasali, con conseguente presenza di scolo nasale purulento maleodorante<br />

uni- o bilaterale.<br />

143


La criptococcosi rappresenta la micosi profonda più diagnosticata nel<br />

gatto e spesso i sintomi sono quelli riferibili ad una rinite con scolo nasale<br />

mucopurulento cronico.<br />

Gli agenti eziologici, spesso presenti in grandi quantità, hanno aspetto<br />

peculiare: il micete ha forma sferica, colore da rosa a porpora intenso, dimensioni<br />

da 2 ad 8 µ ed è circondato da una ampia capsula di diametro variabile<br />

da 8 a 40 µ, che non si colora con i coloranti di Romanowsky; possono essere<br />

presenti gemmazioni unipolari a base stretta, che conferiscono al micete<br />

appena gemmato il tipico aspetto “a lacrima”. La reazione infiammatoria che<br />

accompagna questa infezione può essere scarsa ed in genere si tratta di un quadro<br />

di tipo granulomatoso, con netta preponderanza di monociti-macrofagi.<br />

Rhinosporidium seeberi è il responsabile di una micosi nasale del cane<br />

sporadicamente segnalata anche n Italia ed è caratterizzata dalla presenza di<br />

una o più formazioni polipoidi a carico della mucosa nasale e sintomi di rinite<br />

cronica. I campioni citologici prelevati da queste neoformazioni mettono in<br />

evidenza la presenza di un numero variabile di strutture rotondeggianti<br />

(spore) di dimensioni variabili da 5 a 15 µ, di colore viola scuro, con sottile<br />

capsula refrattile all’interno delle quali, a volte, si distinguono piccole strutture<br />

rotondeggianti eosinofiliche. Il quadro infiammatorio è misto, con predominanza<br />

di granulociti neutrofili; questi si dispongono spesso attorno alle<br />

spore formando tipiche rosette che sono ben evidenti anche a piccolo ingrandimento.<br />

-) Parassiti: data la loro assoluta rarità verranno solo elencati i parassiti che<br />

possono insediarsi all’interno della cavità nasale; Capillaria aerophila può<br />

144<br />

Figura 4 - Brushing cavità nasale: testa aspergillare.


vivere nelle cavità nasali e nei seni paranasali e la sua presenza viene svelata<br />

dalla presenza di tipiche uova biopercolate (60 x 30 µ). Ancora più rara è<br />

Linguatula serrata un artropode che depone le uova nelle cavità nasali del<br />

cane e che può essere individuata durante l’esame rinoscopico oppure per la<br />

presenza delle uova nelle valutazioni citologiche dell’essudato nasale.<br />

Patologie neoplastiche a carico delle cavità nasali<br />

e dei seni paranasali<br />

Sia nel cane che nel gatto le neoplasie endonasali rappresentano circa l’1%<br />

delle neoplasie segnalate in queste specie e circa il 90% dei tumori endonasali<br />

sono neoplasie maligne.<br />

Di conseguenza, quando si identifica con le varie tecniche di diagnostica<br />

per immagine una massa endonasale, le probabilità che ci si trovi di fronte ad<br />

una neoplasia maligna sono molto alte.<br />

Nonostante questo l’osservazione e le conclusioni relative alla citologia<br />

delle masse endonasali devono essere estremamente prudenti, perché quadri<br />

di displasia ed iperplasia cellulare, collegate a patologie infiammatorie croniche<br />

non neoplastiche, possono essere facilmente interpretate come derivanti<br />

da neoplasia maligna.<br />

Per questa ragione, in presenza di atipie cellulari a carico della mucosa nasale<br />

associate ad un quadro di concomitante flogosi cronica, bisogna spesso ricorrere<br />

alla valutazione istopatologica per avere una diagnosi più accurata.<br />

Ancora una volta si ricorda l’importanza di una attenta valutazione dei<br />

linfonodi tributari, che devono essere agoaspirati ogni volta che si presentano<br />

aumentati di volume oppure risultino aderenti ai tessuti circostanti<br />

Gli adenocarcinomi sono le neoplasie maligne più rappresentate nel cane,<br />

mentre nel gatto il carcinoma più frequente è quello squamocellulare.<br />

Gli adenocarcinomi presentano, a volte, citoarchitetture ad acino o palizzata<br />

così come pure aspetti secretivi (vacuolizzazioni citoplasmatiche, cellule<br />

ad anello con castone)e questo facilita il riconoscimento del tipo di tumore:<br />

numerosi sono in genere i criteri di malignità fra i quali ricordiamo anisomacrocariosi,<br />

mitosi anomale, nucleoli di numero e forma variabili, aumentato<br />

rapporto N/C (Fig. 5).<br />

Il carcinoma squamocellulare è caratterizzato dalla presenza di cellule dai<br />

bordi ben definiti, rettilinei e con citoplasma abbondante, vetrificato con<br />

nucleo centrale. Ai criteri di malignità sopra elencati si aggiunge la mancata<br />

sincronia nella maturazione fra citoplasma e nucleo: in pratica nelle cellule<br />

neoplastiche, il citoplasma presenta aspetti di cheratinizzazione completa ma<br />

con nucleo non picnotico bensì grande e biologicamente attivo.<br />

145


Figura 5 - Numerosi e gravi criteri di malignità in un adenocarcinoma del seno frontale.<br />

Meno comuni sono i tumori di origine mesenchimale ed i più rappresentati<br />

sono il fibrosarcoma, il condrosarcoma e l’osteosarcoma.<br />

Anche se queste neoplasie possono presentare aspetti di differenziazione<br />

tali da permettere una più precisa denominazione, la diagnosi generica di<br />

“neoplasia mesenchimale maligna” rappresenta spesso un risultato oltre il<br />

quale non è possibile andare con la sola osservazione citologica.<br />

Anche nelle cavità nasali, come in altre parti del corpo, la flogosi cronica<br />

è accompagnata spesso da fenomeni di fibroplasia reattiva ed i fibrociti reattivi<br />

possono presentare aspetti di atipia citologica tali da fare insorgere il<br />

sospetto di una neoplasia mesenchimale maligna; in questi casi l’esame clini-<br />

146<br />

Figura 6 - Tumore venereo trasmissibile.


co e le informazioni derivanti dalle tecniche di diagnostica per immagine possono<br />

fare propendere più o meno verso una diagnosi di malignità piuttosto che<br />

di reazione fibroplasica.<br />

I tumori a cellule rotonde che possono essere ritrovati nelle cavità nasali<br />

sono il linfoma, il tumore venereo trasmissibile (Fig. 6), il mastocitoma e<br />

raramente segnalato anche il plasmocitoma.<br />

I campioni allestiti da questi tumori sono, in genere, molto cellulari e la<br />

morfologia cellulare non si differenzia da quella conosciuta per localizzazioni<br />

diverse da quella nasale;<br />

Laringe<br />

I sintomi che suggeriscono una patologia a che coinvolge il laringe sono<br />

dati da stridori respiratori prevalentemente in inspirazione, disfagia, modificazioni<br />

o perdita della voce.<br />

Gli elementi che possono essere visualizzati in corso di laringoscopia sono<br />

le corde vocali, le cartilagini aritenoidi e l’epiglottide: a carico di queste strutture<br />

possono rendersi evidenti arrossamenti, edemi localizzati o generalizzati<br />

e neoformazioni.<br />

Le tecniche di prelievo migliori risultano essere lo spazzolamento, lo<br />

schiacciamento di biopsie con pinza oppure, quando presente una neoformazione<br />

aggredibile direttamente con ago, l’agobiopsia; questa ultima tecnica<br />

può essere impiegata anche per via transcutanea, qualora la tumefazione sia<br />

apprezzabile con la palpazione esterna.<br />

La laringe è essenzialmente costituita da una “impalcatura” cartilaginea<br />

sulla quale si inseriscono i muscoli laringei; il tutto è ricoperto da mucosa di<br />

tipo squamoso stratificato nella cui lamina propria si trovano aggregati di cellule<br />

linfoidi; la citologia di campioni eseguiti per spazzolamento dalla laringe<br />

normale offrono allo studio una popolazione monomorfa di cellule squamose<br />

ben differenziate associate ad una piccola aliquota di linfociti maturi.<br />

Patologie infiammatorie<br />

La citologia delle patologie infiammatorie del laringe non presenta peculiarità<br />

degne di rilievo: a parte la classica infiltrazione di neutrofili e monociti-macrofagi<br />

identificabili su di un fondo costituito da materiale mucoso non<br />

vi sono particolari elementi distintivi Una certa incidenza hanno anche forme<br />

di c.d. “iperplasia reattiva linfoide” dove la maggior parte delle cellule raccolte<br />

sono rappresentate da una popolazione linfoide polimorfa costituita da<br />

147


piccoli linfociti, linfociti reattivi, plasmacellule e cellule di Mott; si tratta di<br />

una reazione non specifica del tessuto linfatico “residente” nella laringe alle<br />

più varie patologie (flogosi, neoplasia, infezione) per cui deve sempre essere<br />

valutata alla luce della storia clinica e delle informazioni derivate dalla diagnostica<br />

per immagini.<br />

Patologie neoplastiche<br />

I tumori primari della laringe sono rari reperti nel cane e nel gatto; tuttavia,<br />

essendo presenti sia tessuto epiteliale, cartilagineo, muscolare, fibroso e<br />

linfoide in sede laringea sono stati segnalate neoplasie epiteliali (carcinoma<br />

squamocellulare), mesenchimali (condrosarcoma, rabdomiosarcoma, fibrosarcoma<br />

e loro controparti benigne) ed a cellule rotonde (linfoma).<br />

Le caratteristiche citologiche di queste neoplasie sono analoghe a quelle di<br />

simili patologie localizzate in altre zone dell’organismo.<br />

APPROCCIO DIAGNOSTICO ALLE PATOLOGIE<br />

DEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE TRAMITE<br />

LAVAGGIO TRACHEOBRONCHIALE<br />

E BRONCOALVEOLARE<br />

L’indagine microscopica delle linee cellulari coinvolte da processi patologici<br />

a carico delle vie aeree inferiori può fornire al clinico utili indicazioni<br />

riguardanti l’origine ed il momento evolutivo del problema in atto.<br />

È tuttavia doveroso sottolineare come questa valutazione abbia senso e<br />

possa esprimere tutte le proprie potenzialità solamente se inserita in un protocollo<br />

diagnostico rigoroso, come precedentemente descritto: in altri termini<br />

questo esame deve necessariamente seguire un accurato esame fisico, una<br />

serie di esami ematochimici e sierologici specifici, radiogrammi, elettrocardiogramma<br />

ed esame coprologico. Al termine di questo iter, e solamente se<br />

permangono dubbi sulla reale natura del problema, è corretto eseguire lo studio<br />

di cellule e figurazioni raccolte tramite lavaggio tracheo-bronchiale e/o<br />

broncoalveolare.<br />

Bisogna inoltre essere a conoscenza del fatto che, a volte, patologie anche<br />

di differente origine possono esitare in una risposta infiammatoria simile ed<br />

aspecifica, che poche informazioni può dare al clinico; d’altra parte, se eseguito<br />

propriamente e qualora vi siano le reali indicazioni per la sua attuazione,<br />

l’esame citologico e colturale del liquido di lavaggio permettere di emettere<br />

diagnosi precise, di instaurare terapie mirate e di formulare prognosi corrette.<br />

148


Indicazioni e controindicazioni<br />

I lavaggi tracheobronchiale e broncoalveolare sono indicati in presenza di<br />

tosse cronica (presente da almeno due settimane) o recidivante, comunque<br />

non rispondente in modo soddisfacente alle terapie instaurate sulla base delle<br />

valutazioni sopra elencate.<br />

In particolare, se si sospetta una patologia infettiva, infestiva, neoplastica<br />

o su base allergica, è possibile ottenere fondamentali informazioni dalla valutazione<br />

citologica e colturale dei campioni raccolti tramite lavaggio.<br />

Richiedendo una anestesia generale per la propria esecuzione, questa<br />

metodica diagnostica deve essere tuttavia riservata solo agli animali in grado<br />

di affrontare i rischi collaterali di tale procedura. L’iniezione a livello di vie<br />

aeree inferiori di liquido sterile a temperatura corporea molto raramente crea<br />

problemi al paziente, anche se affetto da patologie broncopolmonari e questo<br />

perché la soluzione non riaspirata, viene subito riassorbita dall’albero tracheobronchiale.<br />

Raccolta ed allestimento dei campioni<br />

Esistono fondamentalmente tre tecniche per la raccolta del materiale di<br />

esfoliazione tracheo-bronco-alveolare:<br />

– iniezione del liquido di lavaggio per mezzo di un catetere passato attraverso<br />

il tubo endotracheale;<br />

– iniezione del liquido di lavaggio sotto visione endoscopica diretta, attraverso<br />

il canale di lavoro dello strumento;<br />

– iniezione del liquido di lavaggio per via transtracheale, con l’ausilio di<br />

un catetere passato attraverso un grosso ago;<br />

La prima delle metodiche elencate è quella di gran lunga più impiegata<br />

nel gatto e nei cani di piccola taglia, sia per il facile reperimento che per il<br />

ridotto costo del materiale necessario alla sua esecuzione. In pratica, una<br />

volta adeguatamente preparato ed anestetizzato, il paziente viene intubato<br />

con un tubo endotracheale sterile attraverso il quale viene fatto passare un<br />

catetere di gomma morbida, anch’esso sterile; una siringa contenente soluzione<br />

fisiologica sterile tiepida viene raccordata al catetere dopodiché il<br />

liquido viene spruzzato rapidamente ed altrettanto rapidamente aspirato.<br />

Tecnicamente esistono due tipi diversi di lavaggi: il lavaggio tracheobronchiale<br />

(LTB) ed il lavaggio broncoalveolare (LBA). Di fatto, negli animali<br />

di piccola taglia, date le ridotte dimensioni dell’albero tracheobronchiale e<br />

la piccola distanza che vi è fra i primi anelli tracheali e gli alveoli polmo-<br />

149


nari una netta distinzione fra le due procedure è più teorica che pratica e<br />

spesso eseguendo un LTB viene raccolto abbondante materiale derivante da<br />

alveoli e bronchioli terminali mentre eseguendo un LBA si repertano sul<br />

vetrino numerose cellule ciliate e goblet cells che originano dal segmento<br />

più prossimale di trachea a grossi bronchi. È buona norma eseguire per<br />

primo un lavaggio più profondo, con l’animale posto in decubito laterale ed<br />

il tracheotubo cuffiato e posizionato in profondità, almeno a livello di biforcazione<br />

bronchiale; viene quindi inserito un catetere lungo, sottile e morbido,<br />

meglio se radiopaco, così da potere eventualmente controllare radiologicamente<br />

la corretta localizzazione in profondità del catetere stesso. I sondini<br />

nasogastrici per la nutrizione forzata dei neonati rispondono perfettamente<br />

a questo scopo. Una quantità variabile di liquido (indicativamente<br />

5ml/kg) viene iniettato e subito riaspirato: difficilmente viene raccolto più<br />

del 30-40% del liquido originario ma questo è generalmente più che sufficiente<br />

per allestire alcuni vetrini e per raccogliere campioni per eventuali<br />

esami colturali. Viene eseguito quindi un lavaggio più superficiale, sfilando<br />

il tracheotubo fino a che la sua punta arrivi a livello dei primi anelli tracheali<br />

e facendo spuntare un nuovo catetere per circa un centimetro oltre la punta<br />

del tracheotubo; il liquido viene quindi iniettato e raccolto come descritto in<br />

precedenza ma difficilmente, con questa tecnica è possibile recuperare più<br />

del 20-30% della soluzione iniziale.<br />

L’uso di un broncoscopio per l’esecuzione dei lavaggi più sopra descritti<br />

rappresenta sicuramente la tecnica ideale, ma in realtà il costo elevato ne<br />

impedisce un impiego diffuso. Questi endoscopi devono essere piuttosto sottili<br />

(4-8 mm) ma lunghi abbastanza per potere arrivare fino alle strutture bronchiali<br />

più profonde. L’indubbio vantaggio di questa tecnica consiste nella<br />

visualizzazione diretta delle aree colpite dal processo patologico ed una conseguente<br />

raccolta “mirata” dei campioni da esaminare<br />

L’impiego della via transtracheale per la raccolta di campioni con il LTB<br />

ed il LBA non rappresenta, nell’opinione di chi scrive, una metodica di prima<br />

scelta. I vantaggi ascrivibili a questa tecnica sono dati dal fatto che non necessita<br />

di una anestesia generale ma solo di un deposito di anestetico locale nel<br />

punto di penetrazione dell’ago e dal fatto che si riduce praticamente a zero la<br />

possibilità di una contaminazione del materiale da esaminare da parte di cellule<br />

e batteri di derivazione orofaringea.<br />

Indipendentemente dalla metodica scelta per la raccolta del materiale da<br />

analizzare, la preparazione del liquido aspirato deve sempre essere la medesima:<br />

una parte viene inserito in appositi terreni di coltura per mezzo di tamponi<br />

sterili mentre la maggior parte del campione viene impegata per l’allestimento<br />

di vetrini per l’analisi citologica.<br />

150


Caratteristica comune alla maggior parte delle scienze biomediche che si<br />

avvalgono dello studio morfologico dei campioni da analizzare, una tecnica<br />

preparatoria (in questo caso citopreparatoria) eccellente è obbligatoria per una<br />

adeguata accuratezza diagnostica.<br />

Come tutti i campioni citologici nei quali le cellule sono sospese in un<br />

liquido, l’allestimento dei vetrini deve essere eseguito il prima possibile: indicativamente<br />

entro 30-60 minuti per campioni non refrigerati ed entro 6-8 ore<br />

per campioni refrigerati (4°C, non congelati).<br />

Infatti, la permanenza prolungata del materiale cellulare nel liquido di<br />

lavaggio può determinare vari artefatti (ad es. fagocitosi extracorporea, da<br />

parte di neutrofili e macrofagi, di microrganismi contaminanti e globuli<br />

rossi oppure quadri di retroplasia degenerativa in nuclei già displasici per<br />

effetto di flogosi cronica così da fare sospettare un evento tumorale) e complicare<br />

notevolmente la diagnosi, specialmente per il rischio di risultati falsamente<br />

positivi.<br />

Per queste ragioni è importante preparare i vetrini appena possibile e<br />

comunque entro 30 minuti e questo anche per un altro motivo: siccome l’allestimento<br />

dei vetrini, la loro colorazione ed una prima rapida analisi non<br />

richiedono ad un citologo esperto più di 10-15 minuti, è possibile eseguire<br />

una prima, fondamentale analisi qualitativa mentre il paziente è ancora in anestesia,<br />

permettendo un immediato secondo prelievo se il materiale da esaminare<br />

è insufficiente oppure se si repertano cellule e microrganismi contaminanti<br />

di derivazione oro-faringea che possono alterare in maniera falsamente<br />

positiva i risultati degli esami colturali per batteri e miceti. Bisogna aggiungere<br />

che un eventuale secondo lavaggio deve essere eseguito immediatamente<br />

oppure dopo almeno 48 ore e questo perché il liquido impiegato determina,<br />

dopo poche ore, una flogosi neutrofilica transitoria che può falsare i risultati<br />

di conta differenziale ed analisi morfologica dei campioni.<br />

Esistono fondamentalmente 4 tecniche per allestire i vetrini da lavaggio<br />

tracheo-bronco-alveolare:<br />

– spatolamento diretto del campione su portaoggetto;<br />

– spatolamento dopo centrifugazione;<br />

– allestimento tramite sedimentatore;<br />

– allestimento tramite citocentrifuga;<br />

La prima tecnica viene riservata a quei campioni francamente torbidi o nei<br />

quali si rilevano ammassi di materiale mucoso: lo spatolamento diretto di questo<br />

materiale in genere fornisce abbondante materiale per l’analisi citologica.<br />

Liquidi poco torbidi richiedono una concentrazione del materiale cellulare<br />

e non prima di potere eseguire una adeguata analisi.<br />

151


La centrifugazione deve essere eseguita per 10 minuti a 1000 giri, dopo di<br />

ché il surnatante vene allontanato ed il pellet residuo può essere risospeso e<br />

strisciato oppure raccolto direttamente con una pipetta e strisciato sopra il<br />

portaoggetto.<br />

La concentrazione delle cellule per mezzo del sedimentatore rappresenta<br />

una metodo ottimo e di facile applicazione: questa tecnica è basata sul principio<br />

del lento assorbimento di un fluido da parte di uno spesso strato di carta<br />

assorbente.<br />

Se l’assorbimento è molto lento, le cellule (in una certa aliquota) non vengono<br />

assorbite, sedimentano ed aderiscono ad un vetrino portaoggetti. Il<br />

principale vantaggio di questo procedimento è dato dal fatto che il materiale<br />

cellulare in sospensione non subisce alcun tipo di manipolazione (centrifugazione,<br />

risospensione e striscio) e che viene concentrato in una piccola e<br />

circoscritta area del vetrino, facilitando l’analisi citologica del materiale<br />

sedimentato.<br />

Citocentrifugazione: è interessante notare come questa attrezzatura sia<br />

stata considerata una modificazione particolare della sedimentazione precedentemente<br />

descritta: ciò in parte corrisponde al vero se si considera che,<br />

accelerato con la centrifugazione il processo di sedimentazione, durante questo<br />

avviene l’assorbimento della parte liquida del campione raccolto da parte<br />

della carta da filtro. Questa è compressa in modo tale da impedire un assorbimento<br />

troppo rapido, che comporterebbe la perdita di una certa aliquota<br />

cellulare.<br />

La centrifugazione non deve superare i 500-600 g.p.m. per 10 minuti.<br />

L’unico reale svantaggio di questa ultima tecnica, che permette di analizzare<br />

campioni di eccellente qualità, consiste nel costo elevato della citocentrifuga.<br />

Interpretazione citologica<br />

Una spiegazione, seppure superficiale, delle linee cellulari e delle figurazioni<br />

normali e patologiche che si possono rilevare nell’analisi di lavaggi tracheo-bronco-alveolari<br />

richiederebbe un seminario specifico ed occuperebbe<br />

20 o 30 pagine di questa pubblicazione.<br />

Nel rimandare, pertanto, tutti coloro che sono interessati all’interpretazione<br />

citologica di LTB e LBA alle voci bibliografiche elencate alla fine di questa<br />

trattazione, preme sottolineare che solo lo studio citologico diretto di<br />

numerosi casi, oltre alla conoscenza dei criteri valutativi ed interpretativi<br />

applicati in citopatologia, permettono di acquisire una sufficiente confidenza<br />

con questa complessa ed affascinante tecnica diagnostica.<br />

152


Bibliografia e letture consigliate<br />

Bibbo M. Comprehensive Cytopathology 2 nd edition, WB Saunders, Philadelphia, 1997<br />

Fournel-Fleury C., Magnol J-P, Guelfi J.F., Color Atlas of Cancer Cytology of the Dog and the<br />

Cat Conference Nationale des Veterinaires Spécialisés en Petit Animaux, Paris, 1994<br />

Takahashi M., Citologia del Cancro Verduci editore, Roma, 1987<br />

DeMay R.M., The Art and Science of Cytopathology ASCP Press, Chicago, 1996<br />

Baker R., Lumsden J.H., Color Atlas of Cytology of the Dog and Cat Mosby ed, St Louis (MI),<br />

1999<br />

Cowell R.L., Tyler R.D., Meinkoth J.H., Diagnostic Cytology and Hematology of the dog and<br />

the cat 2 nd ed, Mosby, St.Louis, 1999<br />

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Philadelphia, 2001<br />

Wood EF, O’Brien RT, Young KM. (1998) Ultrasound-guided fine-needle aspiration of focal<br />

parenchymal lesions of the lung in dogs and cats. J Vet Intern Med Sep-Oct;12(5):338-42<br />

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Pesaro, Ed. <strong>SCIVAC</strong><br />

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e nel gatto: approccio diagnostico tramite esame citologico, Veterinaria, 1:33-39.<br />

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Bourdoiseau G., Cadorè J.L. (1994) Eosinofilo ed eosinofilia. Summa 2: 9-17.<br />

153


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

Carlo Masserdotti<br />

Med Vet, Brescia<br />

Davide De Lorenzi<br />

Med Vet, Forlì<br />

Bruce Belshaw<br />

Utrecht<br />

Patologie gastro-intestinali<br />

e diagnostica citologica:<br />

tecnica e principi interpretativi<br />

Sabato, 26 settembre 2002, ore 17.15<br />

155


INTRODUZIONE<br />

Tra le tecniche relativamente recenti, l’indagine citologica diretta allo studio<br />

delle patologie gastrointestinali rappresenta una novità ancora poco conosciuta<br />

e utilizzata in medicina veterinaria, poiché gli obiettivi diagnostici che<br />

si propone sono da sempre predominio dell’istopatologia. Tuttavia la corretta<br />

applicazione di alcuni principi di selezione del paziente, di allestimento dei<br />

preparati e di osservazione rendono i risultati dell’esame citologico ampiamente<br />

sovrapponibili a quelli della ricerca istologica, con innegabili vantaggi<br />

in termini di tempo di esecuzione e di costi. Come in molte situazioni, la citologia<br />

è valorizzata quando è associata ad altri mezzi diagnostici, quali l’esame<br />

clinico, ematochimico, radiologico ed endoscopico ed è di aiuto efficiente<br />

soprattutto in quei casi in cui gli altri risultati non apportano un contributo<br />

definitivo.<br />

CENNI DI ANATOMIA NORMALE<br />

Gli organi di cui la citologia gastointestinale si occupa sono fondamentalmente<br />

lo stomaco, l’intestino tenue e l’intestino crasso: si considera citologia<br />

routinaria quella relativa al cavo oro-faringeo ed all’area anale, mentre la citologia<br />

esofagea non conosce in medicina veterinaria l’importanza che assume<br />

in medicina umana, dove essa si rende utile nella diagnosi del cancro esofageo,<br />

endemico in alcune aree geografiche; gli organi indicati sono strutture<br />

parietali cave tappezzate da mucosa e supportate da stroma fibromuscolare,<br />

attraverso le quali si compie l’assorbimento dei principi nutritivi, resi disponibili<br />

dai processi di digestione, la progressione del materiale alimentare e la<br />

formazione delle feci.<br />

Lo stomaco è suddiviso in porzioni che si differenziano per struttura<br />

microanatomica e funzioni; la sua superficie è sollevata in pieghe di altezza e<br />

numero variabile, a seconda del grado di distensione dell’organo. L’epitelio<br />

superficiale, ripiegato in invaginamenti delimitati da elementi di aspetto<br />

colonnare con un nucleo basale, ricopre tutta la superficie luminale dello stomaco:<br />

nella regione del fondo e del corpo la mucosa è arricchita da ghiandole<br />

tubulari, di aspetto allungato e costituite dalle cellule mucose del collo,<br />

dalle cellule parietale, che secernono acido cloridrico, dalle cellule principali,<br />

o”chief-cells”, che secernono pepsina e che si localizzano prevalentemente<br />

nella porzione media della ghiandola, ed infine dalle cellule enterocromaffini,<br />

con funzioni endocrine. Le porzioni del cardias e dell’antro pilorico sono<br />

prive di tali ghiandole e dotate esclusivamente di semplici ghiandole mucose.<br />

Entrambi i tipi ghiandolari riversano il loro secreto in corrispondenza delle<br />

156


cripte, ossia alla base degli invaginamenti dell’epitelio superficiale. La mucosa<br />

poggia su un sottile strato di miocellule lisce, denominato muscolaris<br />

mucosae. Uno strato di connettivo riccamente vascolarizzato ed innervato, la<br />

tonaca sottomucosa, connette la mucosa alla tonaca muscolare, costituita da<br />

strati circolari e longitudinali di miocellule lisce. La struttura è quindi rivestita<br />

superficialmente dalla sierosa mesoteliale.<br />

L’intestino si suddivide in tenue e crasso: l’intestino tenue si estende dal<br />

piloro fino alla valvola ileociecocolica e viene suddiviso in duodeno, digiuno<br />

ed ileo. La mucosa intestinale è specializzata nell’assorbimento dei principi<br />

nutritivi; la superficie è amplificata da abbondanti ripiegature, ognuna delle<br />

quali è ricoperta da numerosissimi villi, che si protendono verso il lume. I villi<br />

assumono lunghezza variabile con la sede anatomica: i villi duodenali sono di<br />

lunghezza moderata, quelli digiunali sono i più lunghi, mentre quelli ileali<br />

sono corti e tozzi. Ogni villo è costituito da un asse centrale stromale, entro<br />

cui scorre un capillare linfatico a fondo cieco e un letto capillare sanguigno,<br />

e dall’epitelio di copertura: le cellule che delimitano i villi sono di aspetto<br />

colonnare con nucleo basale e dotate apicalmente di microvilli, che favoriscono<br />

ed ottimizzano i processi di assorbimento. Alcune di esse sono denominate<br />

goblet cells, e, intercalate tra gli enterociti, svolgono attività secretoria<br />

di muco. Lo stroma di supporto è occupato da una modesta popolazione<br />

residente di linfociti, plasmacellule e mastociti. Dalla base di ogni villo si<br />

estende in profondità una struttura ghiandolare denominata cripta di<br />

Lieberkühn dalla quale prendono movimento nuovi enterociti che migrano e<br />

maturano verso la superficie del villo, dalla quale poi esfolieranno per senescenza:<br />

gli enterociti che delimitano le cripte di Lieberkühn sono elementi<br />

immaturi con l’aspetto di cellule secretorie. La mucosa è connessa allo stroma<br />

sottomucoso tramite un sottile fascio di miocellule liscie, detto muscolaris<br />

mucosae. In sede sottomucosa e solo a livello duodenale è possibile osservare<br />

strutture ghiandolari acinari denominate ghiandole di Brunner. In sede<br />

sottomucosa, oltre che abbondante vascolarizzazione ed innervazione, sono<br />

presenti numerosi follicoli linfatici distribuiti ordinatamente, ed aggregati di<br />

follicoli, denominati placche di Peyer; il loro compito è fondamentalmente<br />

quello di sorveglianza immunitaria in un’area esposta a numerosi stimoli antigenici.<br />

Esternamente l’organo è completato dai fasci muscolari longitudinali<br />

ed annulari, con funzioni di motilità intestinale, ed è avvolto superficialmente<br />

da peritoneo.<br />

L’intestino crasso si estende dalla valvola ileociecocolica fino al retto ed<br />

ha un diametro luminale nettamente superiore a quello del tenue; le sue funzioni<br />

sono il riassorbimento dell’acqua, di soluti di vitamine idro-solubili e la<br />

formazione delle feci. Il lume dell’intestino crasso è occupato da un elevatissimo<br />

numero di batteri che contribuiscono ai processi digestivi. La mucosa è<br />

157


priva di villi e costituita da cellule epiteliali colonnari e da ghiandole tubulari<br />

mucipare, che sono supportate da stroma fibroconnettivale vascolarizzato.<br />

La tonaca propria della mucosa è popolata da elementi linfoplasmocellulari<br />

distribuiti ordinatamente in numero modesto. Come negli altri segmenti<br />

gastrointestinali la mucosa è connessa alla sottomucosa dalla sottile muscolaris<br />

mucosae; nella lamina sottomucosa, oltre che la normale vascolarizzazione<br />

ed innervazione è possibile repertare occasionali follicoli linfoidi.<br />

Esternamente si localizza l’avvolgimento dei grandi fasci di muscolatura longitudinale<br />

ed annulare e la copertura peritoneale.<br />

Il retto ha una struttura analoga: nella parte terminale, la mucosa si trasforma<br />

in epitelio pavimentoso stratificato non corneificato e si mantiene di<br />

questo tipo fino in prossimità dell’orifizio anale, dove inizia a corneificarsi e<br />

ad assumere i caratteri dell’epidermide.<br />

OBIETTIVI E LIMITI DELLA CITOLOGIA<br />

GASTROINTESTINALE<br />

Negli ultimi anni si è assistito ad una progressione velocissima delle tecniche<br />

diagnostiche e terapeutiche relative alle patologie gastrointestinali,<br />

discipline che sono cresciute conseguentemente e spesso ispirate dai progressi<br />

e dai risultati già raggiunti in campo umano; l’esame clinico, frequentemente<br />

insufficiente per inquadrare correttamente un problema<br />

gastroenterologico, si avvalora attualmente dei risultati dell’esame ematochimico<br />

e dell’indagine radiologica, con o senza mezzo di contrasto; l’avvento<br />

dell’endoscopia anche nella pratica clinica quotidiana dei medici<br />

veterinari ha permesso l’accesso ad un ambiente precluso ed accessibile<br />

precedentemente solo con la chirurgia laparotomica, e ha consentito di eseguire<br />

indagini, osservazioni e procedure terapeutiche con il minimo disagio<br />

per paziente e proprietario; tale metodica rappresenta attualmente il mezzo<br />

d’elezione per osservare e indagare tramite prelievi bioptici i tratti prossimali<br />

e distali del tubo digerente; ovviamente, per l’estensione dell’intestino<br />

e l’impossibilità di disporre di mezzi tecnici sufficientemente lunghi per<br />

raggiungere le porzioni distali del tenue, l’endoscopia cede alla chirurgia il<br />

ruolo di indagare tali porzioni altrimenti inaccessibili; l’istopatologia ha<br />

fornito al clinico un appoggio considerevole rappresentando il mezzo ideale<br />

per tipizzare i disordini e per confermare i sospetti clinici. Il prelievo<br />

bioptico, se eseguito correttamente, fornisce risultati eccellenti in un numero<br />

discreto di patologie, benché i limiti siano rappresentati dal fatto che qualunque<br />

tecnica di prelievo, con l’eccezione della biopsia laparotomica a<br />

tutto spessore, fornisce materiale proveniente dalle porzioni superficiali<br />

158


degli organi gastrointestinali e che patologie localizzate profondamente alla<br />

mucosa non sono raggiungibili. L’esame citologico, che come vedremo in<br />

seguito, è condotto sul medesimo materiale che verrebbe avviato all’indagine<br />

istologica, ha come obiettivo, comune all’istologia, la diagnosi di patologie<br />

localizzate alla mucosa, alla sua superficie o alla tonaca sottomucosa ed ha<br />

come limiti quello di un rispetto minore, in confronto all’istologia, dei rapporti<br />

anatomici e strutturali tra le varie cellule.<br />

SELEZIONE E PREPARAZIONE DEI PAZIENTI<br />

Il paziente ideale da sottoporre ad esame citologico è quello per il quale,<br />

procedure diagnostiche meno invasive, quali l’esame clinico, l’esame per flottazione<br />

del materiale fecale, l’esame ematochimico, i test di funzionalità epatica<br />

e pancreatica e le tecniche di diagnostica per immagini non hanno fornito<br />

indicazioni sufficienti per una diagnosi conclusiva e per il quale la visualizzazione<br />

diretta per via endoscopica della superficie della mucosa gastrointestinale<br />

crea il sospetto che il processo patologico sia localizzato in sede<br />

della mucosa stessa.<br />

Per ogni paziente, prima dell’esecuzione dell’anestesia e dell’esame endoscopico,<br />

dovrebbe essere effettuata un’attenta valutazione clinica e strumentale<br />

dei rischi anestesiologici.<br />

Il disturbo arrecato da materiale alimentare che ingombra il lume degli<br />

organi, obbliga il paziente ad un digiuno di almeno 24-36 ore precedenti<br />

l’esame endoscopico; addirittura se l’esame deve essere condotto in sede di<br />

intestino crasso, può essere raccomandato l’utilizzo di lassativi e di clisteri<br />

per asportare il maggior quantitativo di feci possibile dai segmenti da<br />

indagare.<br />

PREPARAZIONE DEI CAMPIONI<br />

La tecnica endoscopica non è tra gli scopi di questa relazione, ma alcune<br />

manovre condotte dall’endoscopista sono sicuramente cruciali nell’ottenimento<br />

dei campioni da sottoporre ad esame citologico.<br />

In passato, in medicina umana, si utilizzavano varie tecniche di prelievo<br />

che spaziavano dal lavaggio endoluminale tramite sonda oroesofagea all’ingestione<br />

di una palla abrasiva su cui aderivano le cellule diagnostiche; l’avvento<br />

dell’endoscopia ha sviluppato tecniche di brushing, di spatolamento e<br />

di agoaspirazione teleguidata che hanno permesso il recupero atraumatico di<br />

materiale cellulare per l’indagine citologica: tale indagine risulta tuttavia<br />

159


penalizzata dall’estrema superficialità del campionamento, che viene condotto<br />

a carico del materiale secretorio, degli enterociti in esfoliazione e, solo<br />

in sede di lesioni ulcerative previa scarificazione, di materiale lesionale<br />

profondo. Il prelievo di elezione consiste nella visualizzazione diretta della<br />

porzione di mucosa da sottoporre ad analisi e nell’utilizzo di una pinza da<br />

biopsia che raggiunge il sito lesionale scelto dall’endoscopista tramite il<br />

canale di servizio del suo strumento. La tecnica di prelievo prevede che tale<br />

pinza a branche taglienti venga affondata nella mucosa sospetta, chiusa su di<br />

essa e recuperata energicamente, in modo che un piccolo frammento di<br />

mucosa, generalmente di pochi millimetri di dimensione, venga letteralmente<br />

tagliato e strappato dalla sua sede. In questo modo il materiale cellulare<br />

non consta di solo materiale secretorio, detritico ed esfoliativo ma di frammenti<br />

di mucosa completi di epitelio, vasi, stroma, frammenti di sottomucosa,<br />

che vengono immediatamente fissati in formalina ed avviati alle procedure<br />

istopatologiche. In medicina veterinaria la citologia gastrointestinale<br />

viene condotta, con le medesime limitazioni, prevalentemente su materiale<br />

prelevato con brushing, ossia tramite spazzolamento superficiale della mucosa,<br />

ma è stata sviluppata una tecnica di allestimento che permette di condurre<br />

un’autentica osservazione di tipo citologico su materiale altrimenti destinato<br />

all’istopatologia. Il frammento di mucosa prelevato anziché essere fissato<br />

in formalina viene depositato ancora fresco su vetrino portaoggetto (Fig. 1)<br />

ed energicamente schiacciato con un altro vetrino portaoggetto fino a quando<br />

il materiale viene ridotto ad un monostrato irregolare; quando lo schiacciamento<br />

è stato completato si distaccano i due vetrini, che per la manovra di<br />

compressione e di adesione del materiale sono a volte tenacemente attaccati,<br />

con il risultato di ottenere due vetrini equamente distribuiti di materiale cellulare<br />

diagnostico (Fig. 2).<br />

L’esecuzione è semplice ed efficace, benché a volte, soprattutto con materiale<br />

particolarmente ricco di stroma, come quello proveniente dalle aree cardiali<br />

e antrali dello stomaco, si possano incontrare delle difficoltà nello<br />

schiacciamento uniforme del materiale. La tecnica deve essere ripetuta per<br />

almeno 15-20 siti lesionali diversi e per ulteriori 8-10 siti se si desidera ottenere<br />

materiale anche per l’esame istologico che affianchi e confermi le considerazioni<br />

citologiche. Poiché numerose patologie infiammatorie gastrointestinali<br />

hanno una distribuzione irregolare di elementi patologici nella mucosa<br />

della stessa area lesionale, è indispensabile campionare un numero elevato di<br />

siti lesionali per ottenere una certezza ragionevole che almeno in alcuni allestimenti<br />

sia presente materiale diagnostico significativo.<br />

La colorazione elettiva per i campioni così ottenuti è il May-Grünwald<br />

Giemsa, che conferisce risalto ottimale ai profili cellulari e nucleari, ai corpi<br />

batterici e parassitari ed alle architetture.<br />

160


Figura 1 - Dopo il prelievo con pinza endoscopica, i frammenti vengono deposti per essere<br />

schiacciati tra due vetrini portaoggetto.<br />

Figura 2 - Il risultato, dopo colorazione, è di ottenere materiale cellulare intatto e distribuito<br />

in monostrato.<br />

CITOLOGIA NORMALE<br />

Stomaco. Il materiale cellulare è generalmente costituito da aggregati<br />

tenacemente coesivi nei quali gli elementi epiteliali manifestano arrangiamenti<br />

di tipo “honeycomb” (Fig. 3); è necessario, a causa della tridimensionalità<br />

di tali aggregati, focalizzare il materiale per osservare ora il citoplasma<br />

chiaro, eventualmente ingombrato da vacuoli secretori, ora il nucleo<br />

rotondo, di diametro regolare a cromatina finemente distribuita; i lembi epi-<br />

161


teliali si connettono varibilmente con fasci di elementi fusocellulari scarsamente<br />

riconoscibili e abbondante stroma. Se il campione è stato effettuato<br />

a carico della regione fundica o pilorica è possibile osservare un<br />

quantitativo variabile di elementi cellulari ghiandolari riferibili a cellule<br />

principali di aspetto cuboidale e a nucleo ipercromatico, o a cellule parietali,<br />

di dimensioni maggiori, a citoplasma poligonale di colore eosinofilo e<br />

nucleo paracentrale. Le cellule a secrezione mucosa, particolarmente numerose<br />

nei prelievi in sede antrale o pilorica, si rendono evidenti per la presenza<br />

di globuli irregolari di secreto intensamente eosinofilo, che si distri-<br />

Figura 3 - Lembo di mucosa gastrica normale, dove si osservano architetture “honeycomb” e<br />

a palizzata (MGG; 40X).<br />

Figura 4 - Lembo di mucosa duodenale normale; in periferia si osservano architetture a palizzata<br />

(MGG; 40X).<br />

162


uisce sia nel citoplasma che libero in sede extracitoplasmatica. Il fondo<br />

dell’allestimento è inoltre ingombrato da detrito basofilo, di origine sia<br />

secretoria che alimentare.<br />

In sede gastrica non è infrequente osservare rari elementi batterici e spore<br />

fungine, riferibili prevalentemente al genere Candida.<br />

Intestino tenue. È la norma reperire a piccolo ingrandimento aggregati<br />

cellulari di aspetto allungato, riferibili ai villi intestinali, delimitati da<br />

enterociti supportati da stroma e addirittura corredati dall’asse vascolare<br />

centrale. Gli enterociti sono elementi a citoplasma colonnare, la cui fragilità<br />

conferisce ai corpi cellulari un profilo indistinto; le goblet cells<br />

manifestano citoplasma chiaro, che frequentemente, a seguito della rottura<br />

cellulare per effetto delle procedure di allestimento, viene individuato<br />

come una scia rifrangente; in entrambi i tipi cellulari i nuclei sono<br />

generalmente localizzati in sede basale, di aspetto rotondeggiante e a cromatina<br />

zollata.<br />

Le cellule si organizzano in lembi tridimensionali ai cui bordi è possibile<br />

individuare frequenti architetture a palizzata (Fig. 4). Dispersi sul<br />

fondo dell’allestimento si osservano inoltre materiale detritico e microgranuli<br />

eosinofili di origine secretoria, nonché rari elementi linfoplasmocellulari;<br />

quest’ultimi possono essere focalmente molto numerosi, se è<br />

stata campionata un’area dove soggiacevano follicoli linfoidi: in questo<br />

caso i linfociti hanno prevalentemente piccole dimensioni, scarso citoplasma<br />

basofilo e nucleo ipercromatico e possono essere associate ad una<br />

quota esigua di cellule linfoidi immature. Una categoria particolare di<br />

elementi rinvenibili in sede intestinale è rappresentata dai leucociti globulari:<br />

essi sono caratterizzati da citoplasma ingombrato da granuli azzurrofili<br />

variabilmente dimensionati e da nucleo eccentrico rotondo; la convinzione<br />

che derivassero dai mastociti è controversa, poiché si tende a<br />

considerarli linfociti a fenotipo T, con funzioni immunitarie locali.<br />

Occasionalmente è possibile individuare granuli purpurei metacromatici<br />

provenienti dalla rottura dei mastociti stanziali e rarissimi granulociti<br />

eosinofili. La presenza di granulociti neutrofili in basso numero è da attribuire<br />

ad una contaminazione ematica.<br />

Intestino crasso. I prelievi provenienti da questa sede si caratterizzano<br />

per un elevato numero di batteri di foggia variabile (Fig. 6); le cellule sono<br />

simili a quelle dell’intestino tenue, manifestano citoplasma colonnare,<br />

occasionalmente vacuolizzato o ingombrato da granuli secretori e nucleo<br />

basale ed esibiscono frequenti architetture a palizzata (Fig. 5). Esse possono<br />

associarsi a quote variabili di elementi linfocitari maturi, provenienti<br />

dalla popolazione stanziale localizzata nella tonaca propria della mucosa o<br />

dai follicoli linfatici distribuiti nella sottomucosa.<br />

163


Figura 5 - Lembo di mucosa del colon; gli enterociti sono di aspetto colonnare e disposti in<br />

palizzate (MGG; 40X).<br />

Figura 6 - Nel colon si repertano numerose forme batteriche stanziali, in stretta adiacenza con<br />

la mucosa (MGG; 100X).<br />

CITOLOGIA PATOLOGICA<br />

Stomaco<br />

Microorganismi. Batteri a spirale, riferibili ad elementi del genere<br />

Helicobacter o Gastrospirillum sono facilmente individuabili nei preparati<br />

citologici per la forma ondulata caratteristica, localizzati generalmente in<br />

stretta adiacenza all’epitelio di superficie o imbrigliati in tralci di materiale<br />

164


secretorio mucoso. È indispensabile segnalarne la presenza e descriverne la<br />

quantità, benché in medicina veterinaria esista ancora incertezza sul ruolo di<br />

Helicobacter come agente causale di patologia gastrica.<br />

Parassiti. Ollulanus Trichuspis è un parassita distribuito in tutto il mondo,<br />

benché la diagnosi sia rara per effetto delle sue piccole dimensioni, della sua<br />

localizzazione e delle difficoltà oggettiva ad identificarlo nei prelievi bioptici;<br />

vive nelle cripte della mucosa e può infestare il gatto, più raramente il<br />

cane; la sua trasmissione avviene con il vomito. La forma è caratteristica poiché<br />

è dotato di un’estremità anovaginale tricuspidata. In letteratura si descrivono<br />

inoltre infestazioni da Physaloptera, da Gnathostoma e da Aonchotecha.<br />

Cellule infiammatorie. Generalmente gli elementi flogistici più rappresentati<br />

sono di tipo linfocitario e plasmocellulare, rappresentati i primi da cellule<br />

rotonde a scarso citoplasma basofilo e nucleo ipercromatico, i secondi da<br />

profili citoplasmatici ovoidali, nucleo a cromatina zollata e caratteristico<br />

alone perinuclare corrispondente all’apparato del Golgi. È possibile individuare<br />

mastociti e granulociti neutrofili nelle forme gastriche ulcerative. I<br />

mastociti, se il prelievo proviene da aree dove si verifica neoproduzione di<br />

tessuto, devono essere guardati con estremo sospetto, soprattutto se in numero<br />

elevato e con criteri nucleari di malignità, poiché rappresentano l’espressione<br />

citologica del mastocitoma gastrico primario o metastatico.<br />

Cellule neoplastiche.. Il carcinoma gastrico ha connotazioni cliniche ed<br />

endoscopiche prima ancora che citoistologiche: generalmente si presenta<br />

come un’area erosiva crateriforme ulcerata e sanguinante. Le cellule diagnostiche<br />

hanno generalmente profilo rotondeggiante e nucleo recante chiari criteri<br />

di malignità, quali dismetrie, alterazioni del profilo e macronucleoli; la<br />

variante del carcinoma gastrico a “signet-ring cells” è facilmente riconoscibile<br />

citologicamente per il macrovacuolo secretorio citoplasmatico che sospinge<br />

il nucleo in periferia (Fig. 7).<br />

Un numero elevato di elementi linfoidi immaturi, a citoplasma debolmente<br />

basofilo e grande nucleo a cromatina irregolarmente distribuita,<br />

eventualmente macronucleolato, sono i rappresentanti diagnostici del<br />

linfoma gastrico.<br />

Intestino tenue<br />

Microorganismi. Il reperimento di batteri non ha generalmente significato<br />

diagnostico, ma piuttosto di un periodo di digiuno non opportunamente prolungato.<br />

Non è quindi corretto basarsi sulla presenza di elementi batterici per<br />

avvallare i dubbi circa una eccessiva proliferazione batterica con risvolti patologici.<br />

165


Figura 7 - Carcinoma gastrico; alcune cellule assumono aspetto di “signet-ring cells” (MGG;<br />

100X).<br />

Figura 8 - Trofozoita di Giardia; notare i due nuclei con i cromocentri prominenti (MGG;<br />

100X).<br />

Parassiti. Di grande importanza diagnostica assume il reperimento di<br />

microorganismi protozoari del genere Giardia, caratterizzati da citoplasma<br />

largo cuoriforme, da due nuclei recanti voluminosi cromocentri e da lunghi<br />

flagelli (Fig. 8). La presenza dei trofozoiti è un importante segno distintivo in<br />

corso di patologie intestinali il cui sintomo clinico predominante è la dissenteria.<br />

Cellule infiammatorie. I granulociti neutrofili sono presenti solo raramente,<br />

in particolare quando la mucosa ha subito processi patologici che comportano<br />

necrosi od ulcerazione.<br />

166


I granulociti eosinofili sono facilmente rinvenibili per la granulazione citoplasmatica<br />

aranciata peculiare; spesso è opportuno ricercarli anche nascosti<br />

tra le cellule epiteliali e stromali della mucosa, dove proliferano in numero<br />

variabile in corso di enteriti eosinofiliche (Fig. 10); talora di essi si rendono<br />

evidenti solo i granuli distribuiti liberi disordinatamente in sede extracitoplasmatica:<br />

in questo caso è importante distinguere i granuli aranciati da quelli<br />

intensamente eosinofili prodotti dalla degranulazione dei mastociti mucosali<br />

stanziali o dai microglobuli di materiale secretorio. Il reperto di quantitativi<br />

variabili di eosinofili è fortemente suggestivo di enterite eosinofilica, poiché<br />

questo tipo cellulare non è normalmente presente nella mucosa, se non in percentuali<br />

esigue.<br />

Grande importanza assumono le cellule linfoidi: come già precedentemente<br />

esposto, il riscontro di piccoli linfociti maturi a citoplasma basofilo e<br />

nucleo ipercromatico significa che il campionamento del materiale è stato<br />

condotto in prossimità di un follicolo linfatico sottomucosale, e, per effetto di<br />

questa casualità, generalmente è un tipo di reperto che si osserva solo su alcuni<br />

campioni provenienti dallo stesso soggetto. Al contrario la presenza di<br />

linfociti a citoplasma debolmente basofilo, di dimensioni moderatamente<br />

aumentate rispetto ai piccoli linfociti descritti, e con nucleo tendenzialmente<br />

eccentrico a cromatina pallida e finemente irregolare, indica la presenza di<br />

una flogosi enterica di tipo linfocitario (Fig. 9): frequentemente questo tipo di<br />

linfociti si associa ad una quota variabile di plasmacellule. L’osservazione di<br />

queste cellule è semplice se viene condotta in corrispondenza dei bordi cellulari<br />

epiteliali dei grandi aggregati di mucosa enterica, ma è possibile individuarle<br />

anche libere e lontane dall’epitelio.<br />

Tra le alterazioni non infiammatorie, con l’indagine citologica è possibile<br />

individuare a piccolo ingrandimento un’evidente dilatazione localizzata<br />

all’asse delle strutture villari, riferibile ad ectasia del dotto linfatico centrale;<br />

se osservata in un alto numero di villi questo reperto suggerisce una diagnosi<br />

di linfangectasia, e richiede una conferma istopatologica.<br />

Cellule neoplastiche. Le alterazioni riferibili agli enterociti sono prevalentemente<br />

di carattere neoplastico, essendo quelle di tipo degenerativo o reattivo<br />

di difficile interpretazione. Gli elementi neoplastici tendono a perdere la<br />

forma colonnare pr assumerne una più tozza e rotondeggiante, a citoplasma<br />

basofilo e nucleo dismetrico macronucleolato a cromatina irregolarmente<br />

distribuita; non infrequenti sono aspetti di architettura acinare e a palizzata<br />

(Fig. 11). L’associazione di questi elementi neoplastici con abbondante detrito<br />

e granulociti neutrofili esprime il carattere necrotizzante ed ulcerativo della<br />

lesione.<br />

Quando le cellule linfoidi abbandonano l’aspetto tipico o lievemente reattivo<br />

per assumere grandi dimensioni, citoplasmi più ampi e nuclei macro e<br />

167


Figura 9 - Enterite linfocitaria; accanto ad enterociti reattivi si osservano numerosi linfociti<br />

a nucleo pallido (MGG; 100X).<br />

Figura 10 - Enterite eosinofilica; numerosi granulociti eosinofili dispersi tra piccoli linfociti<br />

follicolari (MGG; 100X).<br />

multinucleolati dismetrici a cromatina grossolana è opportuno attribuire il<br />

reperto a processi neoplastici linfomatosi (Fig. 12), assai frequenti soprattutto<br />

nella specie felina. Un linfoma del tutto peculiare è la variante a grandi granuli,<br />

o linfoma LGL: esso si caratterizza per la presenza di grossolani granuli<br />

azzurrofili citoplasmatici e grandi nuclei rotondeggianti a cromatina irregolare.<br />

Nulla si può dire in riferimento ai tumori mesenchimali, poiché come già<br />

precedentemente sottolineato, i prelievi di tipo endoscopico molto difficilmente<br />

possono raggiungere gli strati profondi della parete, dove insorgono<br />

leiomiomi e leiomiosarcomi.<br />

168


Figura 11: carcinoma intestinale; gli elementi neoplastici maligni tendono a disporsi in<br />

palizzate (MGG; 100X).<br />

Figura 12: linfoma intestinale; enterociti associati a numerosi elementi linfoidi atipici<br />

(MGG; 100X).<br />

Intestino crasso<br />

Microorganismi. È praticamente impossibile eliminare da un campione citologico<br />

proveniente da questo distretto la presenza di innumerevoli forme batteriche<br />

rappresentanti le specie stanziali. Le forme variano da quella coccoide a<br />

quella bastoncellare a quella filamentosa, ma raramente è possibile con il solo<br />

esame citologico attribuire a questi reperti un significato patologico.<br />

Parassiti. L’esame citologico non è il metodo elettivo per individuare parassiti<br />

intestinali, ma siamo a conoscenza di casi in cui con l’esame era possibile indivi-<br />

169


duare la presenza di uova appartenenti alla specie Trichuris. In rari casi è possibile<br />

repertare organismi del genere Prototheca dal campionamento di noduli granulomatosi<br />

della mucosa. Questo microorganismo è un alga costituita da un corpo<br />

rotondeggiante od ovalare con citoplasma basofilo e parete acromatica rifrangente<br />

Cellule infiammatorie. Le cellule infiammatorie sono rappresentate prevalentemente<br />

da elementi linfoplasmocellulari e da granulociti neutrofili, quando<br />

sussiste erosione della mucosa. Nelle forme di colite la biopsia per esame<br />

citologico è di conforto diagnostico ad una corretta anamnesi e ad un esame<br />

endoscopico completo, benché non esistano caratteri citologici significativi,<br />

con l’eccezione di aspetti reattivi dell’epitelio, intesi come iperbasofilia citoplasmatica<br />

e coartazione cromatinica, e proliferazione flogistica aspecifica.<br />

Sono conosciute forme enteriche nelle quali la linea cellulare guida è rappresentata<br />

dall’istiocita: la colite istiocitaria ulcerativa idiopatica colpisce soprattutto<br />

i soggetti di razza Boxer, benché sia stata recentemente descritta in altre<br />

razze e si caratterizza, oltre che per gli aspetti erosivi a carico della mucosa,<br />

espressi come sempre da un massiccio intervento granulocitario neutrofilico,<br />

anche per la presenza di numerosi elementi istiocitari peculiari.<br />

Cellule neoplastiche. La forma neoplastica più comunemente rappresentata<br />

in questa sede è il polipo colon-rettale la cui superficie è estesamente delimitata<br />

da elementi epiteliali del tutto simili a quelli normali: l’esame citologico in<br />

questi casi si caratterizza per la presenza di ampi lembi di elementi colonnari<br />

con citoplasma basale, organizzati frequentemente in architetture a palizzata, ed<br />

associati ad abbondante compartecipazione batterica e ad elementi flogistici di<br />

tipo prevalentemente linfoplasmocellulare. Elementi epiteliali atipici, recanti<br />

evidenti criteri di malignità citoplasmatica e nucleare, quali iperbasofilia,<br />

dismetrie marcate, cromatina coartata e macronucleoli, individuano invece i<br />

reperti citologici delle forme adenocarcinomatose, delle quali l’aspetto più<br />

significativo è il mantenimento di architetture a palizzata ed acinari.<br />

Si ricorda che in questa sede non è infrequente l’insorgenza del plasmocitoma<br />

extramedullare e che il riscontro citologico di numerose plasmacellule<br />

neoplastiche impone una diagnosi differenziale con una grave forma infiammatoria<br />

di tipo linfoplasmocellulare.<br />

CONCLUSIONI<br />

L’efficacia dell’esame citologico eseguito su campioni bioptici della mucosa<br />

insegue da vicino i risultati che si ottengono dai preparati istologici. La casistica<br />

tuttavia e la diffusione ancora limitate di questo metodo necessitano di<br />

ulteriore ampliamento e di studi comparativi per poterne affermare l’assoluta<br />

importanza in campo clinico-patologico.<br />

170


Letture consigliate<br />

Andreasen C.B., Jergens A.E., Meyer D.J. Oral Cavity, Gastrointestinal Tract and Associated<br />

Structures in Atlas of Canine and Feline Cytology. 2001 W.B.Saunders Co. pp: 207-229.<br />

W.G.Guilford, S.A.Center, D.R.Strombeck, D.A Williams, D.J.Meyer. Strombeck’s Small<br />

Animal Gastroenterology; third Edition, 1996 W.B.Saunders.<br />

M.Takeda. Atlas Of Diagnostic Gastrointestinal Cytology; 1983 Igaku-Shoin.<br />

R.M.DeMay. The Art And Science Of Cytopathology: The Gastrointestinal Tract; 1996 ASCP.<br />

A.E.Jergens, C.B.Andreasen, W.A.Hagemoser, J.Ridgway, K.L.Campbell. Cytologic examination<br />

of exfoliative specimens obtained during endoscopy for diagnosis of gastrointestinal<br />

tract disease in dogs and cats; JAVMA, Vol. 213, n° 12, December 15, 1998; 1755-<br />

1759.<br />

171


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

Stefano Romussi<br />

Med Vet, Prof Ass<br />

Università di Milano<br />

Reperti endoscopici normali<br />

e patologici dell’apparato<br />

respiratorio superiore<br />

(cavità nasali, seni frontali,<br />

laringo-faringe) ed inferiore<br />

(trachea, bronchi, polmone,<br />

spazio pleurico)<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 11.30<br />

173


Riassunto<br />

L’indagine endoscopica delle vie respiratorie (cavità nasali, laringe, trachea<br />

e bronchi) rappresenta sicuramente un’indagine ad elevata sensibilità<br />

diagnostica.<br />

Presupposto fondamentale al suo corretto impiego è la conoscenza anatomica<br />

endoscopica delle strutture da esaminare, la corretta applicazione dei<br />

protocolli diagnostici previsti per le singole patologie sospettate nonché l’esecuzione<br />

di un’indagine tecnicamente ineccepibile e corredata da tutte quelle<br />

pratiche ancillari che incrementano il suo valore diagnostico.<br />

La corretta e completa conoscenza da parte dell’operatore dei protocolli<br />

anestesiologici più adatti al singolo paziente e la corretta valutazione preventiva<br />

di quest’ultimo, consente in massima parte di prevenire inutili e deprecabili<br />

incidenti nel corso dell’indagine. La possibilità di eseguire celermente e<br />

con competenza anche l’analìsi dei prelievi, soprattutto per quanto attiene alla<br />

broncoscopia, rende di fatto questa indagine alla portata anche del clinico che<br />

si occupi nella pratica della malattie respiratorie dei piccoli animali.<br />

ENDOSCOPIA DELLE VIE RESPIRATORIE<br />

A- Concetti generali<br />

L’indagine endoscopica delle vie respiratorie appartiene, al pari della<br />

radiologia, alla categoria di esami strumentali che vengono comunemente<br />

accorpati dalla definizione ‘Diagnostica per immagini”.<br />

Una analisi attenta di questa definizione non ci pare fuori luogo poiché ci<br />

impone di riflettere sulla correlazione diretta esistente tra l’immagine che si<br />

ottiene e la possibilità di esprimere un parere diagnostico nei confronti di una<br />

determinata patologia. t indubbio quindi che la sensibilità diagnostica della<br />

metodica sia direttamente correlabile alla qualità dell’immagine ottenuta e<br />

quest’ultima dipenda in massima parte da due fattori ovvero il tipo di strumento<br />

e la tecnica impiegati.<br />

Prima di addentrarci nella valutazione dei differenti distretti esplorabili sarà<br />

utile sottolineare un ulteriore elemento, poiché prima dell’esecuzione di qualsiasi<br />

indagine diverrà fondamentale focalizzare quale sia l’oggetto della nostra<br />

osservazione e conseguentemente quale sia il modo migliore per osservarlo.<br />

Non bisognerà in ultimo scordare tutti i possibili vizi, legati sia alla tecnica che<br />

allo strumento, che possono in qualche modo alterare l’immagine che percepiamo<br />

e allo stesso modo influenzare la sensibilità diagnostica della metodica.<br />

174


Non va da ultimo dimenticato il concetto di immagine normale e di immagine<br />

patologica. Il riconoscimento dell’una e dell’altra dipende in massima<br />

parte dall’esperienza dell’operatore e dalla scrupolosità dell’indagine, ma è<br />

sicuramente correlata anche alla conoscenza approfondita di quella che si<br />

definisce “anatomia endoscopica normale” del distretto anatomico oggetto<br />

della esplorazione.<br />

B- Rinoscopia<br />

L’esame endoscopico delle cavità nasali, tanto del cane che del gatto, può<br />

oggi essere considerato pressoché routinario nella corretta gestione del protocollo<br />

clinico diagnostico delle patologie delle prime vie respiratorie. L’indagine<br />

rinoscopica non è infatti più legata alla disponibilità di strutture specializzato,<br />

ma, grazie all’impiego di strumenti relativamente semplici e seguendo un protocollo<br />

rigoroso, può essere di sicuro ausilio anche per il veterinario che si occupa<br />

nella pratica della clinica degli animali da compagnia.<br />

Anche l’endoscopia delle cavità nasali svolge, al pari di quanto avviene in<br />

altri organi ed apparati, un ruolo sia diagnostico che terapeutico ed in questa<br />

sede prenderemo in rassegna brevemente entrambi gli aspetti tanto nel cane<br />

quanto nel gatto. La rinoscopia, in condizioni normali, è fortemente condizionata<br />

dalla anatomia stessa delle cavità nasali e, come sempre, la corretta<br />

conoscenza da parte dell’operatore dell’anatomia endoscopica endonasale<br />

normale consente di evidenziare tutte le deviazioni dalla norma che costituiscono<br />

l’insieme delle categorie diagnostiche.<br />

Ci permettiamo di ricordare ancora che il rigore metodologico di approccio<br />

al paziente suggerisce, salvo in rarissime eccezioni, di inserire l’indagine<br />

endoscopica dopo l’indagine radiografica che è generalmente in grado di<br />

orientare il sospetto diagnostico.<br />

Indicazioni<br />

Le indicazioni all’esecuzione della rinoscopia sono rappresentate dalla<br />

presenza di scolo nasale mono o bilaterale, dalla comparsa di epistassi mono<br />

o bilaterale, dalla presenza di rumori respiratori caratteristici quale il “reverse<br />

sneezing”, nonché dalla comparsa improvvisa di starnuti ad accessi in<br />

assenza di altri segni, indicazione suggestiva della probabile presenta di un<br />

corpo estraneo all’interno delle cavità nasali stesse. Un’ulteriore interessante<br />

indicazione dell’endoscopia è rappresentata dalla somministrazione topica di<br />

farmaci per il trattamento delle riniti micotiche.<br />

175


Strumentario<br />

In questa sede ci limitiamo a considerare l’impiego nel cane tanto di un<br />

endoscopio rigido che di un fibrobroncoscopio, mentre nel gatto essenzialmente<br />

del solo strumento rigido. 1 vantaggi e gli svantaggi dell’impiego della<br />

strumentazione rigida o flessibile hanno animato per anni il dibattito tra le differenti<br />

scuole. Oggi crediamo di poter affermare che la scelta sia fondamentalmente<br />

dettata, per quanto riguarda il cane, essenzialmente dalla disponibilità<br />

di uno o dell’altro apparato. Assai raramente, infatti, è necessario ricorrere<br />

ad una indagine di tipo combinato utilizzando entrambi gli strumenti.<br />

Costituiscono corredo indispensabile tutti gli strumenti ancillari atti al prelievo<br />

tanto citologico che bioptico tissutale. Gli strumenti da biopsia potranno<br />

essere utilizzati, soprattutto nel gatto, coassialmente rispetto allo strumento<br />

esplorante. Di estrema utilità, soprattutto se si impiegano strumenti rigidi<br />

privi di canale operativo, disporre di un set di cateteri in teflon morbido per<br />

aspirazione bronchiale di lunghezze e calibri differenti facilmente raccordabili<br />

a qualsiasi sistema di aspirazione, nonché ad una siringa di adeguate<br />

dimensioni per eseguire i frequenti lavaggi necessari alla conduzione ottimale<br />

dell’esame.<br />

Tecnica - cane<br />

L’indagine, con accesso rostrale, viene normalmente condotta con il<br />

paziente in anestesia generale preferibilmente gassosa e comunque sempre<br />

con tubo oro-tracheale posizionato, in decubito sternale con la testa estesa e<br />

mantenuta solleva da appositi sostegni.<br />

È tassativo procedere allo zaffamento accurato della cavità faringea onde<br />

prevenire accidentali inspirazioni di materiale patologico proveniente dal<br />

rino-faringe o del liquido impiegato per le manovre di lavaggio.<br />

E sempre preferibile iniziare l’indagine dalla cavità ritenuta non patologica<br />

per estendere successivamente l’esame alla controlaterale. Qualunque sia<br />

lo strumento impiegato esso deve necessariamente essere introdotto con la<br />

massima delicatezza sopravanzando lentamente la piega alare accedendo al<br />

meato comune. Il riconoscimento anatomico delle strutture esaminate è basilare,<br />

pertanto si dovranno attuare tutte le manovre (lavaggi e aspirazioni) atte<br />

a garantire la visione normale. Bisogna rammentare che anche in condizioni<br />

di normalità la mucosa delle cavità nasali, tanto nel cane che nel gatto, risulta<br />

fragile e manovre maldestre possono esitare in copiose emorragie. Qualora<br />

ciò avvenisse è necessario compiere cospicue irrigazioni con soluzione fisiologica<br />

eventualmente refrigerata e non riprendere l’indagine sino a che il qua-<br />

176


dro endoscopico non sia tornato alla normalità. Il protocollo di ispezione<br />

endoscopica delle cavità nasali è dettato dalla loro stessa anatomia e numerosi<br />

punti di repere anatomici possono essere impiegati per un orientamento<br />

topografico. Superata la piega alare riconosciamo facilmente il meato comune,<br />

ampio e limitato medialmente dal setto. La sua estensione varia a seconda<br />

della morfologia dell’animale esaminato ed è sensibilmente più breve nel<br />

gatto rispetto al cane. Procedendo in direzione aborale è possibile riconoscere<br />

il meato dorsale, caratteristicamente breve e terminante a fondo cieco, quello<br />

medio, in cui appaiono le caratteristiche volute dei turbinati mascellari ed<br />

etmoidali, ed infine quello ventrale essenzialmente rettilineo e diretto ventro<br />

caudalmente per dare adito alle coane<br />

L’ispezione deve in ogni caso essere meticolosa e coinvolgere ciascuno dei<br />

settori ricordati anche se, da un punto di vista clinico, spesso il meato medio<br />

è sede di importanti processi patologici.<br />

La mucosa delle cavità nasali presenta l’aspetto tipico della mucosa respiratoria<br />

ed appare lucida, rosea, fortemente adesa ai piani sottomucosali. La<br />

trama vascolare sottomucosa è solitamente ben evidenziabile soprattutto nel<br />

meato comune e a carico della lamina settale.<br />

Le modificazioni che si presentano alla osservazione in corso di rinoscopia<br />

anterograda variano da modeste alterazioni della trama vascolare dei turbinati,<br />

suggestive di lieve rinite essudativa, alla presenza di tessuto neoformato,<br />

spesso friabile, facilmente sanguinante, suggestivo di patologia occupante<br />

spazio segnatamente di origine neoplastica, estendendosi spesso ben<br />

oltre i limiti di un solo meato ed impedendo di fatto la progressione aborale<br />

dello strumento.<br />

Il riscontro più caratteristico in corso di rinite micotica è invece la comparsa<br />

di una vera e propria atrofia, se non addirittura una coartazione dei turbinati,<br />

ad opera dell’essudato che origina dal sito di infezione che presenta<br />

spiccate caratteristiche epitelio-necrotiche. Tale processo, che in pratica sovverte<br />

la normale anatomia delle cavità nasali, consente in ogni caso un agio<br />

maggiore nella conduzione dell’esame tanto che, in taluni casi, con un po’ di<br />

esperienza e se dotati di strumentazione flessibile, è possibile accedere anche<br />

al seno frontale. Una indagine comunque meticolosa consente di evidenziare<br />

quasi nella totalità dei casi, le caratteristiche colonie fungine dall’aspetto vellutato,<br />

grigio verdastro circondate spesso da estesi aloni necrotici che si estendono<br />

spesso per ampi tratti nel meati. Questo reperto, nelle forme più gravi, è<br />

spesso accompagnato dalla caratteristica perforazione del setto nasale che<br />

costituisce reperto di quasi esclusivo carattere endoscopico. Possono essere<br />

presenti anche aree reattive mucosali sotto forma di strutture simil polipoidi<br />

accompagnate dalla presenza di essudato catarrale purulento. presente in,<br />

varia misura.<br />

177


In caso della sospetta presenza di un corpo estraneo, poiché in genere non<br />

sussistono alterazioni anatomiche endonasali, l’indagìne deve essere assolutamente<br />

meticolosa e la più delicata possibile per consentire l’identificazione<br />

del C.E. che spesso è possibile, soprattutto in caso dì C.E. vegetali, per la protrusione<br />

dalle porzioni più aboralì dei meati della sola barbula terminale.<br />

All’ìndagine per via anterograda rostrale può fare seguìto, qualora sussista<br />

un fondato sospetto diagnostico, anche un’indagine per via retrograda transorale<br />

che consenta l’ispezione completa delle coane. Non è superfluo ricordare<br />

che tale indagine è possibile solo con l’impiego di uno strumento dì tipo<br />

flessibile.<br />

Tecnica - gatto<br />

I limiti della rinoscopia anterograda del gatto sono rappresentati dall’ingombro<br />

totale dello strumento esplorante e delle sonde necessarie alle manovre<br />

di lavaggio e aspirazione che vengono introdotte coassialmente a questo.<br />

È oltremodo difficoltoso in questa specie animale garantire l’ispezione completa<br />

delle cavità e deve essere assunto che patologie localizzate nei settori<br />

più, aborali possono sfuggire all’esame endoscopico.<br />

Nel gatto l’impiego di uno strumento rigido di diametro fino a 2,7 mm<br />

garantìsce l’ottenimento di ottimi risultati. L’ingadine anche nel gatto, viene<br />

eseguita in anestesia generale che, per le stìmolazioni indotte dall’indagine,<br />

spesso deve raggiungere un piano di profondità decisamente chirurgica il che<br />

comporta una monitorizzazione scrupolosa e continua durante tutto il periodo<br />

dell’esame e del risveglio. Il paziente deve in ogni caso essere intubato e il<br />

faringe deve essere zaffato con estrema cura. Prima dell’inizio dell’indagine<br />

può risultare vantaggìoso provvedere alla collezione di campionì per indagini<br />

microbiologiche da entrambe le cavità con apposito tampone ed “alla cieca<br />

avendo cura di attuare una accuratissima detersione con suluzione fisiologica<br />

sterile del rinarium. Per una manovra agevole il clinico, dopo essersi assicurato<br />

del posizionamento corretto e della fissazione del tubo oro-tracheale, può<br />

mantenere la testa dell’ammale sollevata in modo da facilitare tanto l’introduzione<br />

che il direzionamento dello strumento. Le manovre di introduzione e<br />

avanzamento devono essere necessariamente eseguite con delicatezza estrema<br />

onde prevenire lesioni iatrogene anche gravi. Come nel cane, in caso di emorragia<br />

iatrogena, è prudente sospendere l’indagine e procedere a copiose irrigazìoni<br />

della cavità rammentando che il ricorso a presidi farmacologici emostatici<br />

topici o sistemici non è necessario se non aleatorio.<br />

La mucosa nasale normale appare rosea liscia e più brillante rispetto a<br />

quella del cane, normalmente è presente una lievisssima secrezione sierosa<br />

178


disposta a velo sulle Strutture dei turbinati e, attraversato il corto meato comune<br />

possono essere riconosciuti con facilità gli aditi agli altri meati che in condizioni<br />

di normalità risultano completamente pervi. 1 rilievi patologici sono<br />

stati per semplicità schematizzati nel modo seguente:<br />

- alterazione morfologica strutturale e cromatica della mucosa con presenza<br />

di iperemia, discromia, edema, iperplasia, evidenza di follicoli linfatici<br />

iperplastici, atrofia o ipertrofia dei turbinati.<br />

- presenza, quantità e tipo di essudato con riferimento alla facilità della<br />

sua rimozione indice della adesione mucosale.<br />

- presenza di emorragia spontanea o facilità alla emorragia iatrogena<br />

- presenza ed aspetto delle neoformazioni occupanti spazio<br />

- presenza di lesioni di tipo micotico<br />

- presenza di corpi estranei o di parassiti<br />

- soluzioni di continuo del setto nasale.<br />

C- Laringoscopia<br />

La laringoscopia si dimostra l’esame strumentale di elezione in caso di<br />

patologia laringea sospetta. I’ osservazione diretta del laringe è ovviamente<br />

limitata alla porzione anatomica dell’organo che costituisce nel complesso il<br />

suo adito faringeo.<br />

Da ciò si evince con facilità che l’indagine laringoscopica debba necessariamente<br />

essere inserita nell’ambito di un iter diagnostico più complesso che<br />

veda la laringoscopia come un esame strumentale da utilizzare solo dopo un<br />

corretto iter semeiologico e comunque in associazione ad altre indagini strumentali<br />

quali ad esempio la radiologia.<br />

L’esecuzione dell’esame, e conseguentemente il suo valore diagnostico,<br />

sono senza dubbio correlati sia alla strumentazione impiegata, sia alla gestione<br />

complessiva del paziente che deve necessariamente comprendere l’adozione<br />

del protocollo anestesiologico più consono all’animale ed al tipo di indagine<br />

condotta.<br />

Esistono ovviamente importanti differenze legate alla specie animale in<br />

cui l’esame viene condotto oltre che per le tecniche impiegate soprattutto<br />

per quanto attiene all’anatomia dell’organo. In questa breve trattazione verranno<br />

riportati riferimenti specifici al cane a al gatto ogniquaIvolta ciò sia<br />

necessario.<br />

E ancora di estrema importanza sottolineare come la conoscenza acquisita<br />

nell’osservazione puntigliosa dell’anatomia endoscopica laringea normale<br />

risulti essere essenziale nella possibile valutazione di eventuali anomalie tanto<br />

morfologiche che funzionali dell’organo.<br />

179


Indicazioni<br />

Le indicazioni all’esecuzione dell’esame laringoscopico comprendono il<br />

sospetto diagnostico della presenza di una ostruzione delle prime vie respiratorie,<br />

dell’evidenza di patologie occupanti spazio clinicamente o radiologicamente<br />

accertate, nonché di alterazioni della vocalizzazione.<br />

Strumentario<br />

Anche se in linea teorica è possibile un’ispezione diretta delle strutture<br />

laringee con la semplice apertura del cavo orale del soggetto, l’esame laringoscopico<br />

va sempre considerato di tipo strumentale.<br />

Gli strumenti utilizzati (laringoscopi) possono essere classificati in base<br />

alle loro caratteristiche. Il laringoscopio a lama rigida, retta o curva, provvisto<br />

o meno di sorgente luminosa propria è sicuramente lo strumento più semplice<br />

a disposizione del clinico.<br />

Esso, se usato correttamente, può essere, in rapporto alla taglia del soggetto<br />

esaminato, di valido ausilio nella conduzione dell’esame laringoscopico.<br />

La possibilità di osservazione delle strutture laringee si accresce naturalmente<br />

con l’impiego di strumenti più complessi dotati di sistemi di lenti quali<br />

gli endoscopi rigidi, che per questo tipo di indagine si dimostrano più duttili,<br />

e i normali fibroscopi.<br />

È naturalmente fondamentale valutare, prima dell’esecuzione dell’indagine<br />

endoscopica, il rapporto esistente tra il diametro dello strumento impiegato<br />

e la taglia del soggetto al fine di poter prevedere eventuali limiti tecnici nell’esecuzione<br />

dell’esame stesso.<br />

Costituiscono dotazioni sussidiarie rispetto al laringoscopio gli strumenti<br />

necessari alla esecuzione di prelievi cito istologici, batteriologici, oltre che, in<br />

rapporto alle caratteristiche dello strumento impiegato, il materiale necessario<br />

per aspirazione e per effettuare eventuali lavaggi.<br />

Tecnica<br />

Il soggetto da esaminare viene posto in decubito sternale con testa moderatamente<br />

estesa sul collo e sollevata dal piano del tavolo avendo cura di posizionare<br />

un eventuale sostegno, sempre comunque morbido, in modo tale da<br />

evitare possibili compressioni latrogene sia delle strutture faringee che di<br />

quelle laringee proprie che potrebbero condizionare l’anatomia endoscopica<br />

normale dell’organo esplorato.<br />

180


Di importanza fondamentale è il rispetto scrupoloso della simmetria di<br />

posizionamento del capo soprattutto per quanto attiene lo studio delle patologie<br />

funzionali. Per lo stesso motivo l’operatore, in corso di esecuzione dell’esame,<br />

dovrà prestare la massima attenzione a non esercitare alcuna compressione<br />

digitale sulle strutture laringee qualora si rendesse necessario sollevare<br />

il capo per le manovre di direzionamento dello strumento.<br />

L’indagine laringoscopica deve sempre essere effettuata a laringe libero,<br />

ovvero senza la presenza di tubo orotracheale. Stabilizzato il paziente e raggiunto<br />

il piano di anestesia adatto alla conduzione dell’esame laringoscopico,<br />

è necessario aprire il cavo orale, esteriorizzare la lingua, in modo da condizionare<br />

l’abbassamento dell’epiglottide. L’esame inizia sospingendo lo strumento<br />

in maniera rettilinea in direzione aborale attraverso il cavo faringeo in<br />

direzione della trachea, in caso sia necessario lo strumento stesso provvederà<br />

a completare l’abbassamento della epiglottide consentendo la visione completa<br />

della rima glottidea.<br />

1 - Quadro laringoscopico normale<br />

Attraversato il faringe, abbassata l’epiglottide, inizia la visualizzazione del<br />

settore rostrale della cavità laringea. La morfologia dell’organo è caratterizzata<br />

dalla presenza ventralmente della cartilagine epiglottide, e lateralmente,<br />

a destra e a sinistra, dalle due cartilagini aritenoidi che nel loro insieme, delimitano<br />

l’adito della glottite. È estremamente importante, da un punto di vista<br />

endoscopico, familiarizzare con determinati reperi anatomici che sono rappresentati<br />

dal processo comiculato delle cartilagini aritenoldi, posto in posizione<br />

più dorsal e, dal processo cuneiforme delle medesime cartilagini, posto<br />

in posizione mediana, dalle corde vocali che si presentano all’esame endoscopico<br />

come due formazioni pari e simmetriche tese tra il processo vocale<br />

della cartilagine arìtenoide e il pavimento del laringe stesso, nonché dai ventricoli<br />

laringei laterali che normalmente si presentano come due cavità rivestite<br />

da mucosa normale con adito a morfologia lievemente ellissoidale pari e<br />

simmetriche poste a lato delle corde vocali.<br />

La mucosa presenta l’aspetto tipico della mucosa delle vie respiratorie, si<br />

mostra lucida, di colore rosa intenso con aree ipocromiche in prossimità dei<br />

processi cuneiforme e comiculato, si mostra fermamente adesa ai piani sottomucosali<br />

che riveste ad eccezione che nell’arca dei ventricoli laringel laterali.<br />

La trama vascolare sottomucosale appare ben evidente soprattutto nella<br />

regione dell’epigloffide.<br />

Ogni deviazione da questo aspetto, tanto per quanto attiene alla localizzazione<br />

morfologica dei punti di repere testè descritti, quanto per la comparsa<br />

181


di variazioni dell’aspetto della mucosa, debbono essere necessariamente registrate<br />

e costituire le categorie diagnostìche per le patologie di origine morfologica<br />

ovvero funzionale del laringe.<br />

2 - Valutazione di anomalie morfologiche<br />

L’osservazione della mucosa laringea può, in alcuni casi, non essere<br />

immediatamente agevole per la presenza sulla sua superficie di materiale<br />

estraneo come saliva ed essudati oppure di muco particolarmente denso.<br />

Prima di procedere alla rimozione di tale materiale è opportuno valutarne l’aspetto,<br />

il colore, la densità ed eventualmente impiegarlo nell’allestimento di<br />

un esame citologico.<br />

La fase di rimozione deve essere effettuata con cura privilegiando le manovre<br />

di aspirazione ed utilizzando il lavaggio oculatamente, non tanto in ambito<br />

farìngeo, quanto nel lume del laringe per evitare problemi connessi con l’eventuale<br />

inspirazione di liquidi da parte del soggetto.<br />

La valutazione della mucosa prosegue con l’osservazione del suo grado di<br />

riflettenza, del grado di vascolarìzzazione e dello stato dei piccoli vasi ben<br />

visibili soprattutto sui due versanti della cartilagine epiglottide. Saranno<br />

annotate eventuali perdite di sostanza sotto forma di erosioni od ulcere oppure<br />

altre anomalie morfologiche singole o multiple, e nel caso di patologie<br />

occupanti spazio è fondamentale distinguere neoformazioni di origine endolaringea<br />

da processi patologici extralaringei. Indispensabile in caso di<br />

neoformazione è eseguire un prelievo bioptico multiplo e mirato sia mediante<br />

spazzolamento (brushing) che mediante pinza da biopsia tissutale. t sempre<br />

consigliabile, qualora non sussistano difficoltà di ordine anatomico,<br />

estendere l’esame endoscopico anche ai tratti più distali dell’albero respiratorio.<br />

3 - Valutazione dei disturbi funzionali<br />

Essa può essere eseguita retraendo leggermente il fibroscopio rispetto all’adito<br />

laringeo craniale avendo cura che l’estremità distale dello strumento non<br />

entri accidentalmente in contatto con le pareti del faringe. Di importanza basilare<br />

è la corretta valutazione del piano anestesiologico del paziente da parte dell’operatore<br />

poiché lo stadio chirurgico dell’anestesia interferisce, sino all’inibizìone<br />

completa, con la normale meccanica dei movimenti del laringe.<br />

È opportuno, specie nei soggetti di piccola taglia, operare una delicata trazione<br />

della base della lingua che in tal modo determina un abbassamento della<br />

182


ase dell’epiglottide mimando il più possibile lo stato fisiologico dell’organo.<br />

Devono necessariamente essere identificati i movimenti di adduzione ed<br />

abduzione delle cartilagini aritenoidi ed osservati eventuali asincronismi<br />

nonché variazioni nella localizzazione di tali strutture nel susseguirsi degli<br />

atti respiratori. È importante rammentare che durante la paralisi le corde<br />

vocali, in conseguenza del cambio di pressione, tenderanno lievemente ad<br />

addursi durante la inspirazione cosicché, ritornando in posizione al termine<br />

della fase inspiratoria possono mimare una falsa abduzione. La paralisi<br />

delle cartilagini aritenoidi rappresenta una patologia descritta con frequenza<br />

maggiore nella specie canina e può presentarsi tanto in forma monolaterale<br />

(più frequentemente a sinistra) che (soprattutto nel soggetto anziano)<br />

in forma bilaterale. Qualora in corso di indagine laringoscopica permanga<br />

un dubbio diagnostico, potrà essere di ausilio una lieve stimolazione indiretta<br />

delle catilagini aritenoidi ottenibile insufflando aria oppure utilizzando<br />

per lo stesso scopo piccole quantità di acqua opportunamente nebulizzata<br />

a livello della glottide.<br />

D- Tracheobroncoscopia<br />

Anche se da un punto di vista prettamente didattico l’esame endoscopico<br />

dei settori più distali dell’albero respiratorio può essere differenziato<br />

in tracheo e broncoscopia, tale differenziazione, da un punto di vista clinico,<br />

risulta in qualche modo superflua, poiché, tranne in rari casi che verranno<br />

chiariti di volta in volta, l’indagine si estende sempre anche ai tratti<br />

più aborali<br />

L’esame del tratto tracheo-bronchiale richiede, rispetto al laringe, una strumentazione<br />

più specifica, nonché l’acquisizione di una esperienza tecnica<br />

maggiore. L’importanza della gestione del protocollo anestesiologico diviene<br />

basilare e parte integrante dell’esame stesso non tanto per la sua corretta esecuzione<br />

quanto per la vita stessa del paziente. E quindi ovvio che la valutazione<br />

del paziente prima della scelta di ricorrere all’esame broncoscopico<br />

deve essere estremamente accurata e deve sempre essere volta ad evidenziare<br />

gli eventuali fattori di incremento del rischio all’esecuzione dell’esame stesso<br />

che sono riportati in tabella l.<br />

Bisogna sottolineare che anche le tecniche diagnostiche e terapeutiche<br />

ancillari alla tracheo-broncoscopia presentano un grado di specializzazione<br />

più elevato di quanto precedentemente proposto per l’indagine del laringe.<br />

Proprio per questo motivo faremo riferimento specifico alla tecnica di<br />

lavaggio bronco-alveolare che rappresenta la manualità diagnostica di più frequente<br />

utilizzo tanto nel cane che nel gatto.<br />

183


184<br />

Tabella 1<br />

FATTORI DI RISCHIO IN CORSO DI BRONCOSCOPIA<br />

l- Patologie cardiache accertate o sospette<br />

2- Presenza di ostruzioni dell’albero tracheobronchiale (intrinseche od estrinseche)<br />

3- Insufficienza respiratoria consclamata (alterazioni del ritmo e della frequenza)<br />

4- Presenza di alterazioni metaboliche gravi (acidosi, alcalosi UREMIA)<br />

5- Disordini della coagulazione<br />

Impiego diagnostico<br />

Tabella 2<br />

INDICAZIONI ALL’IMPIEGO<br />

DELLA TRACHEOBRONCOSCOPIA<br />

(P. Roudebush- and American Thoracic Society)<br />

- Valutare la presenza di lesioni polmonari di natura sconosciuta identificate<br />

radiologicamente<br />

- Valutare la pervietà delle vie aeree Indagare sulle cause di improvvise emottisi<br />

- Verificare la presenza di lacerazioni tracheali o bronchiali post-traumatiche<br />

- Verificare la presenza di fistole esofago-tracheali o broncoesofagee o la presenza<br />

di torsioni di lobi polmonari<br />

- Eseguire spazzolati bronchiali, biopsie tissutali o lavaggi bronco alveolari<br />

Impiego terapeutico<br />

- Rimozione di corpi estranei<br />

- Aspirazione di essudati o di sangue<br />

- Rimozione di tappi mucosi


Indicazioni<br />

L’indagine tracheo-broncoscopica deve, al pari delle altre indagini strumentali,<br />

essere inserita correttamente nel protocollo diagnostico delle patologie<br />

respiratorie affinché la sua potenzialità diagnostica possa essere sfruttata<br />

in misura massima.<br />

Anche se esiste una precisa codificazione dei potenziali impieghi della<br />

tracheo-broncoscopia tanto nel cane che nel gatto (tabella 2) è ampiamente<br />

dimostrato che anche l’esperienza personale dell’endoscopista riveste<br />

un ruolo di primaria importanza nell’accrescere la sensibilità diagnostica<br />

dell’esame e di tutte le tecniche ancillari ad esso correlate.<br />

La tracheobroncoscopia trova indicazione in tutti i casi in cui sia necessario<br />

accertare le condizioni della mucosa delle vie respiratorie, nonché<br />

verificare la pervietà delle stesse. Durante l’esecuzione dell’indagine è<br />

ancora possibile la rimozione diretta di corpi estranei, l’aspirazione di<br />

essudati o di sangue nonché intervenire su veri e propri tappii mucosi non<br />

altrimenti rimuovibili.<br />

Strumentario<br />

Per ciò che attiene allo strumentario rimandiamo a quanto specificato nell’apposita<br />

sezione “Guida all’acquisto e all’uso dell’endoscopio”.<br />

In questa sede ci limitiamo a ribadire la possibilità dell’impiego dell’endoscopio<br />

rigido fondamentalmente per il tratto tracheale o dei bronchi<br />

principali del cane e del gatto, mentre l’impiego del fibrobroncoscopio<br />

consente l’esecuzione di un esame più completo dei settori più aborali.<br />

Indipendentemente dal protocollo anestesiologico che si desidera impiegare<br />

risulta di estrema importanza poter disporre di un set di cateteri di<br />

teflon di diametro e di lunghezze variabili raccordabili ai normali circuiti<br />

anestesiologici ed atti alla esecuzione della cateterizzazione monobronchiale<br />

selettiva per poter garantire, come vedremo, al paziente la corretta supplementazione<br />

di ossigeno in corso di esame broncoscopico.<br />

Fanno parte dello strumentario tutti quei dispositivi atti alla esecuzione<br />

delle procedure di raccolta dei prelievi nonché alla rimozione dei corpi<br />

estranei, oltre che gli appositi cateteri sterili per mettere in atto il lavaggio<br />

bronco-alveolare.<br />

A questo proposito ricordiamo in questa sede la necessità di poter disporre<br />

di idonei contenitori sia sterili semplici che sterili contenenti EDTA atti alla<br />

raccolta dei campioni prima della loro processazione.<br />

185


Tecnica - cane<br />

Il paziente deve essere esaminato in anestesia generale, posizionato in<br />

decubito sternale con testa estesa sul collo soprattutto se si impiegano strumenti<br />

di tipo rigido. In soggetti di piccola taglia, sempre qualora si impieghi<br />

l’endoscopio rigido, potrebbe essere di ausilio il decubito dorsale in quanto in<br />

grado di garantire una maggiore linearità della trachea stessa.<br />

Necessario fin d’ora sottolineare che la corretta esecuzione di un esame tracheo-broncoscopico<br />

è la conseguenza diretta di una anestesia condotta in modo<br />

ineccepibile. Esistono differenti possibilità in grado di garantire al paziente,<br />

indipendentemente dal protocollo anestesiologico impiegato, una corretta e sufficiente<br />

ossigenazione. Esse sono in relazione diretta alla taglia del soggetto<br />

esaminato e al calibro dello strumento di cui si dispone. In pazienti di grossa<br />

mole e nel caso necessiti preferenzialmente un esame broncoscopico, può essere<br />

utile inserire il broncoscopio direttamente all’interno del tubo oro-tracheale.<br />

Alcuni autori preferiscono veicolare l’ossigeno, od eventualmente la miscela<br />

anestetica, direttamente attraverso il canale di servizio del broncoscopio, altri<br />

suggeriscono di intervallare l’esecuzione dell’esame a periodi di stabilizzazione<br />

del paziente ottenuti con intubazione orotracheale tradizionale.<br />

A nostro parere risulta invece estremamente profiquo l’impiego della cateterizzazione<br />

monobronchiale selettiva.<br />

Tale pratica consta nell’inserimento sotto guida endoscopica diretta di un<br />

catetere di teflon per aspirazione bronchiale in uno dei due bronchi principali<br />

per consentire un esame completo ed esaustivo dell’albero bronchiale controlaterale<br />

rispetto al sito di cateterizzazione.<br />

La scelta del diametro del catetere deve essere ovviamente compiuta in<br />

base al rapporto esistente tra il calibro dell’endoscopio impiegato e le dimensioni<br />

del laringe del soggetto.<br />

È necessario disporre sempre di una ventilazione assistita le cui modalità di<br />

esecuzione varieranno a seconda che sia stato scelto un protocollo di anestesia<br />

parenterale, e quindi il catetere sia necessario per veicolare solo ossigeno, oppure,<br />

attraverso il catetere, venga veicolata anche la miscela anestetica.<br />

Prima di procedere all’esame è necessario accertarsi della corretta sterilizzazione<br />

del canale operativo dello strumento e, quale ulteriore manovra, può<br />

risultare vantaggioso procedere ad un lavaggio a pressione positiva del canale<br />

medesimo mediante soluzione fisiologica sterile.<br />

L’esame inizia varcando la soglia tracheale del larinLe e si basa sulla scrupolosa<br />

osservazione di una serie di elementi che debbono necessariamente<br />

essere sempre osservati, preferibilmente annotati, e che nell’insieme costituiscono<br />

le categorie diagnostiche di base della tracheo-broncoscopia e che per<br />

completezza riportiamo in tabella 3.<br />

186


Tabella 3<br />

CATEGORIE DIAGNOSTICHE IN CORSO DI ESAME<br />

TRACHEOBRONCOSCOPICO<br />

- Presenza di alterazioni di calibro e dimensione dell’albero tracheo-bronchiale<br />

- Presenza di flogosi locale o diffusa<br />

- Presenza e localizzazione di alterazioni superficiali della mucosa<br />

- Presenza focale o diffusa e caratteristica degli essudati<br />

- Presenza di emorragie in atto<br />

- Presenza di corpi estranei<br />

- Presenza di patologie occupanti spazio intra ed extra luminali<br />

- Risposta della mucosa alla esecuzione dello spazzolamento<br />

Di fondamentale importanza, ancor più rispetto al laringe, è la conoscenza<br />

da parte dell’endoscopista della anatomia endoscopica del tratto respiratorio<br />

in primo luogo per la corretta localizzazione della eventuale lesione, ed in<br />

seconda istanza per il riconoscimento di deviazioni dalla norma anche minime,<br />

ma spesso di importanza diagnostica fondamentale.<br />

Per questa ragione al termine di questa rassegna sarà dedicato spazio, in<br />

forma di appendice, sui concetti basilari di anatomia endoscopica normale<br />

dell’albero tracheoronchiale.<br />

Il riconoscimento dei reperti endoscopici di normalità si basa sul repertamento<br />

del normale aspetto della mucosa della trachea e dei bronchi.<br />

Essa appare di colorito rosa carico, lucida, con evidenza di una sottile<br />

trama di capillari sottomucosali. Essi, più evidenti nel terzo prossimale<br />

dell’organo, costituiscono un elemento caratteristico insieme agli anelli<br />

tracheali la cui morfologia appare ben evidente durante tutto il decorso<br />

dell’organo.<br />

La membrana tracheale dorsale ed il muscolo tracheale possono presentare<br />

variazioni morfologiche a seconda della morfologia del soggetto<br />

esaminato, ma in ogni caso si presentano tesi dorsalmente tra gli anelli tracheali<br />

e presentano una caratteristica ripartizione nei due bronchi principali<br />

non appena oltrepassata la carena tracheale.<br />

Ogni variazione rispetto a quanto descritto deve essere ricondotta alle categorie<br />

diagnostiche che abbiamo prima specificato.<br />

187


Tecnica - gatto<br />

La tecnica di esecuzione dell’esame nel gatto non differisce sostanzialmente<br />

per quanto attiene ai principi informatori rispetto a quanto descritto per<br />

la specie canina, tuttavia importanti differenze debbono essere sottolineate<br />

per ciò che concerne la conduzione dell’esame stesso.<br />

Lo strumentarlo che può essere impiegato, sia esso rigido o flessibile,<br />

innanzi tutto, deve essere di calibro limitato poiché, soprattutto nel gatto, è<br />

buona norma non impegnare totalmente il lume laringeo, che, più facilmente<br />

rispetto al cane può andare incontro a fenomeni di spasmo.<br />

Proprio per questo motivo può essere utile nebulizzare con attenzione, a<br />

livello laringeo, un anestetico locale. Solitamente, nel gatto, l’endoscopio<br />

ridido è sufficiente all’esame della trachea e dell’adito ai bronchi principali;<br />

ciò può risultare sufficiente a guidare l’introduzione bronchiale di un catetere<br />

sterile per il lavaggio bronco alveolare.<br />

La monitorizzazione del paziente deve essere accuratissima e l’ossigenazione<br />

deve essere in ogni modo assicurata tanto che è sempre preferibile utilizzare<br />

uno strumento esplorante di calibro inferiore rispetto a quanto concesso<br />

dalle dimensioni del laringe per consentire comunque l’introduzione di un<br />

catetere sussidiario per l’ossigenazione, o quantomeno uno spazio sufficientemente<br />

ampio per la normale meccanica respiratoria.<br />

La scelta del protocollo anestesiologico è a discrezione del singolo autore,<br />

anche se nel gatto può essere di aiuto l’impiego di un cosiddetto protocollo<br />

misto inalatorio - parenterale.<br />

Le manovre che possono essere eseguite sono le stesse viste per il cane<br />

anche se, in considerazione delle limitazioni anatomiche, possono essere<br />

messe in atto con qualche difficoltà maggiore. (Vedi appendice sul lavaggio<br />

bronco-alveolare).<br />

APPENDICE 1<br />

ANATOMIA ENDOSCOPICA BRONCHIALE DEL CANE<br />

L’albero bronchiale del cane, a differenza di quello dell’uomo che ha una<br />

struttura di tipo simpodiale, presenta un tipo di ramificazione prevalentemente<br />

monopodiale: ogni bronco dà origìne infatti a uno o più bronchi minori continuando<br />

nel suo percorso con dimensioni leggermente ridotte.<br />

La trachea si presenta all’osservazione come un tubo a sezione ellissoidale<br />

a dìametro maggiore orizzontale, la carena tracheale è ben visibile sul<br />

fondo come un cuneo affilato, a questo punto il bronco sinistro si diparte dalla<br />

trachea con un certo angolo, mentre il bronco destro appare quasi come la<br />

188


continuazione della trachea stessa. Nel bronco principale destro si visualizza<br />

subito (a ore 9) appena oltre la carena l’orificio del bronco apicale destro.<br />

La standardizzazione delle osservazioni nel cane ha consentito di dimostrare<br />

una regolarità anatomica nella rete bronchiale del cane tanto da rendere<br />

possibile la creazione di un sistema dì identificazione universale che l’endoscopista<br />

è tenuto a conoscere.<br />

Secondo questo modello i bronchi vengono denominati sulla base del lato<br />

dell’albero bronchiale nel quale si trovano e nell’ordine nel quale originano<br />

dal bronco principale. Il bronco principale destro è definito RPB (right principal<br />

bronchus), quello sinistro LPB lega principal bronchus). Il bronco lobare<br />

cranìale destro sarà denominato R13 I, il bronco mediano R132, quello<br />

accessorio RB3 e quello caudale RB4. A sinistra il bronco lobare craniale è<br />

denominato 1,13 1 e quello caudale LB2<br />

I bronchi segmentali vengono definiti aggiungendo al bronco di provenienza<br />

una lettera indicante la parete da cui hanno origine ed un numero indicante<br />

l’ordine. Ad esempio i bronchi segmentali derivanti dal bronco lobare<br />

craniale destro verranno indicati con RBID1, RB1D2.... oppure RBIVI o<br />

RB1V2 a seconda della loro origine dorsale o ventrale.<br />

L’impiego sistematico di questa nomenclatura è dì estremo ìnteresse in<br />

quanto consente in primo luogo di definire l’esatta ubicazione di una lesione,<br />

ed in secondo luogo di descrivere ad esempio l’area sottoposta a lavaggio<br />

bronco-alveolare.<br />

APPENDICE 2<br />

IL LAVAGGIO BRONCO-ALVEOLARE<br />

Scopo precipuo del lavaggio bronco alveolare è ottenere un campione di<br />

materiale proveniente dalle vie respiratorie profonde. Allo scopo è necessario<br />

introdurre nell’albero bronchiale, più distalmente possibile e nella maniera<br />

più selettiva, un quantitativo di soluzione salina isotonica che possa fungere<br />

da liquido di lavaggio e quindi da veicolo per la raccolta di tutti gli elementi<br />

fisiologici e patologici che albergano nel territorio irrigato. L’aspirazione del<br />

liquido introdotto consente di ottenere il campione per gli esami necessari.<br />

Tanto le modalità di introduzione che la quantità del liquido di lavaggio<br />

non sono state ancora standardizzate in via assoluta nella medicina del cane,<br />

nonostante ciò, anche sulla base della nostra personale esperienza, è possibire<br />

fornire una serie di principi informatori di ordine generale.<br />

1. Quale via di introduzione è preferibile impiegare un catetere in teflon<br />

sterile che possa transitare nel canale operativo del fibrobroncoscopio e possa<br />

in tal modo raggiungere agevolmente il territorio da sottoporre a lavaggio. E<br />

189


assai utile che il catetere sopravanzi sempre l’estremita distale dello strumento<br />

in modo da sottoporre a lavaggio un territorio posto a valle dello stesso e<br />

quindi non sottoposto a contaminazione alcuna.<br />

2. La quantità di soluzione fisiologica introdotta varia con la taglia del soggetto<br />

anche se è dimostrato che all’aumentare della quantità di liquido introdotta<br />

non aumenta la sensibilità diagnostica dell’esame. In linea generale nel<br />

gatto si consiglia di non superare i 10 ml totali per lavaggio, mentre nel cane<br />

la quantità massima si aggira in un soggetto di taglia media intorno al 50 ml<br />

per lavaggio. Ci sentiamo di affermare che quantitativi inferiori anche del 30-<br />

40% sono sempre stati in grado, nella nostra esperienza, di formre risultati<br />

soddisfacenti.<br />

3. La quantità di liquido recuperato non dipende dalla quantità di liquido<br />

immesso, ma dalle modalità con cui viene effettuato il lavaggio. Nel gatto,<br />

infatti, dove il lavaggio viene condotto quasi sempre con modalità “alla cieca”<br />

la percentuale di liquido recuperato tramite aspirazione non supera in genere<br />

il 50% della quantità totale immessa, mentre quando sia possibile operare un<br />

lavaggio con fibrobroncoscopio e le modalità che abbiamo descritto, la quantità<br />

di liquido recuperata può raggiungere anche il 70% di quella immessa.<br />

Elemento basilare è rappresentato dal tempo che intercorre tra il lavaggio e<br />

l’aspirazione poiché la diffusione del liquido di lavaggio nell’interstizìo polmonare<br />

è rapidissima.<br />

4. Effettuato il lavaggio è buona norma compiere una aspirazione del tratto<br />

bronchiale e controllare la stabilizzazione anestesiologica del paziente.<br />

5. Il liquido ottenuto per prelievo, dopo il suo esame macroscopico di<br />

estrema importanza, deve essere suddiviso in due contenitori uno normale sterile<br />

per l’esame microbiologico e colturale, il secondo contenente EDTA per<br />

l’esame citologíco che avviene dopo citocentrifugazione o sedimentazione<br />

spontanea in apposita camera di sedimentazione secondo le normali regole<br />

della citologìa.<br />

190


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Indicazioni ed utilità<br />

della diagnostica strumentale<br />

nelle patologie<br />

dell’apparato respiratorio:<br />

quando e perché utilizzare<br />

una tecnica piuttosto di un’altra<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 9.45<br />

191


L’endoscopia può essere distinta in esame delle vie aeree superiori ed inferiori.<br />

Il tipo di valutazione endoscopica dipende dai segni clinici e dai riscontri<br />

radiografici. Esistono anche considerevoli variazioni circa il tipo di apparecchiature<br />

utilizzate per effettuare con successo l’indagine, a seconda della<br />

taglia del paziente e dell’area da esaminare.<br />

RINOSCOPIA<br />

La rinoscopia è l’esame endoscopico della cavità nasale, dei turbinati e del<br />

rinofaringe e dei seni frontali. Si tratta di una tecnica non invasiva e meno<br />

traumatica delle metodiche chirurgiche. Consente la visualizzazione diretta<br />

delle lesioni per una diagnosi macroscopica e per il prelievo di campioni. Il<br />

principale svantaggio è l’impossibilità di esaminare l’intera cavità nasale.<br />

Spesso è difficile da eseguire a causa del ridotto spazio di lavoro e dell’elevata<br />

vascolarizzazione dei tessuti.<br />

Le indicazioni per la rinoscopia sono rappresentate da affezioni nasali croniche<br />

caratterizzate da scolo nasale, patologie ostruttive delle vie aeree, epistassi<br />

o starnuti. Altre manifestazioni possono essere rappresentate da tumefazione<br />

facciale, starnuto inverso, dolore facciale, scolo oculare o affezioni<br />

dentali.<br />

Prima di eseguire l’esame della cavità nasale si devono effettuare l’emogramma,<br />

il profilo biochimico e l’analisi delle urine. Nei casi indicati, bisogna<br />

mettere in atto anche le altre procedure diagnostiche finalizzate ad escludere<br />

altre malattie sistemiche o metaboliche. Prima della valutazione è possibile<br />

effettuare i test sierologici per aspergillosi e criptococcosi. In casi selezionati<br />

si possono impiegare anche i test allergici. L’autore di solito effettua<br />

un profilo della coagulazione e misura la pressione sanguigna per escludere<br />

l’ipertensione nei casi di epistassi. Le radiografie di routine del naso e dei seni<br />

frontali vanno riprese in anestesia prima dell’endoscopia. In molti casi, quando<br />

si sospetta una neoplasia si esegue una tomografia computerizzata (TC) o<br />

una risonanza magnetica (MRI) della cavità nasale per localizzare meglio le<br />

lesioni.<br />

Per un’adeguata valutazione è necessaria l’anestesia generale profonda ed<br />

è importante assicurarsi di aver inserito in posizione un tubo orotracheale con<br />

manicotto insufflabile a tenuta ermetica. Il paziente viene posizionato in<br />

decubito ventrale con la testa parallela al tavolo (di solito appoggiato ad un<br />

telo arrotolato) ed un buon apribocca in posizione. Prima di eseguire l’endoscopia<br />

l’autore esamina accuratamente i denti e valuta le dimensioni delle<br />

tasche periodontali con una sonda, per accertarsi che i problemi respiratori<br />

non siano dovuti ad un’affezione odontoiatrica. Se sono indicati gli esami col-<br />

192


turali, questi vanno allestiti prima dell’indagine endoscopica, per evitare la<br />

contaminazione. Si ripulisce l’accesso nasale rostrale e si introduce un tampone<br />

procedendo il più possibile senza trovare resistenza.<br />

Generalmente, l’autore esamina la cavità nasale utilizzando un endoscopio<br />

rigido da 2,7 mm con un angolo visivo obliquo di 30° associato ad una cannula<br />

esterna che consente di effettuare l’irrigazione attraverso l’endoscopio<br />

durante l’esame. Lo svantaggio di questo strumento è dato dalla mancanza di<br />

una pinza da biopsia, che deve essere introdotta passando di fianco alla sonda.<br />

Inoltre, si utilizza un cistoscopio rigido di Storz con una cannula da 5,5 mm<br />

ed un canale da biopsia da 5 Fr che risulta adatto alla rinoscopia nei cani di<br />

mole maggiore. In questi animali è anche possibile impiegare un broncoscopio<br />

per uso umano o persino degli endoscopi gastroenterici di diametro limitato.<br />

Questi endoscopi flessibili hanno approssimativamente un diametro di 4-<br />

6 mm e sono dotati di un canale operatorio per l’introduzione delle pinze da<br />

biopsia e l’aspirazione dei fluidi. L’irrigazione della cavità nasale attraverso<br />

l’endoscopio è essenziale per l’esame. A questo scopo l’autore impiega di<br />

routine fluidi IV come la soluzione di Ringer lattato o quella di NaCl. Questi<br />

liquidi vengono iniettati attraverso la porta di irrigazione della cannula. Con<br />

l’irrigazione, sangue, muco e detriti vengono lavati via dalla cannula facilitando<br />

la visualizzazione. Al di sotto della testa del paziente si colloca un contenitore<br />

per raccogliere il deflusso di tutti i liquidi di scarto.<br />

L’autore inizia l’esame valutando la parte posteriore del rinofaringe servendosi<br />

del broncoscopio flessibile o dell’endoscopio gastroenterico. Con la bocca<br />

tenuta aperta da uno o due apribocca, si spinge oralmente la punta dell’endoscopio<br />

oltre il palato molle e poi la si retroflette in posizione a J, dorsalmente e<br />

cranialmente, per esaminare il rinofaringe e le coane. L’endoscopio diretto cranialmente<br />

viene spostato aboralmente per ottenere una migliore visualizzazione<br />

delle coane. Introducendo le pinze nello strumento è possibile effettuare il<br />

prelievo di campioni bioptici. In questa posizione, si dovrebbe anche riuscire a<br />

visualizzare gli sbocchi delle trombe di Eustachio.<br />

Dopo l’esame dell’orofaringe, si prende in considerazione la cavità nasale.<br />

Se è presente un coinvolgimento monolaterale, bisogna esaminare per<br />

primo il lato normale e poi l’altro. In ciascun esame si deve adottare un<br />

approccio sistematico valutando i turbinati dorsali, medi e ventrali. Si devono<br />

rilevare le dimensioni dei turbinati e dei meati (condotti di passaggio dell’aria)<br />

per riconoscere i casi in cui sono stati distrutti. Nella rinite cronica, i turbinati<br />

vanno incontro ad atrofia ed i meati aumentano di dimensioni. I tumori<br />

riempiono i meati.<br />

Poiché non è possibile osservare con l’endoscopia l’intera cavità nasale, al<br />

termine dell’esame, nei casi in cui si sospettano corpi estranei, si esegue un<br />

energico lavaggio della cavità. Si può effettuare il prelievo di biopsie sia attra-<br />

193


verso l’endoscopio che lungo di esso. Bisogna stare attenti a non spingere le<br />

pinze da biopsia oltre il canto mediale dell’occhio per non correre il rischio di<br />

penetrare nel globo oculare o nell’encefalo. Il sanguinamento costituisce raramente<br />

una complicazione, ma, se è grave, dopo la biopsia la cavità nasale può<br />

essere zaffata di tamponi imbevuti di adrenalina.<br />

I riscontri rinoscopici sono rappresentati da rinite cronica, corpi estranei,<br />

parassiti, malattie micotiche e neoplasie. I corpi estranei di solito vengono<br />

rimossi facilmente con le pinze da prensione o con un paio di pinzette a coccodrillo<br />

fatte passare accanto all’endoscopio. Le malattie micotiche sono contraddistinte<br />

da una caratteristico aspetto a placca bianca sulla mucosa.<br />

L’autore effettua di routine la misurazione delle tasche periodontali di tutti i<br />

pazienti con rinite cronica, dal momento che le affezioni dei denti possono<br />

essere una causa occulta di scolo nasale.<br />

LARINGOSCOPIA<br />

L’approfondita valutazione dell’area laringea prevede la verifica sia delle<br />

strutture anatomiche che della normalità del movimento funzionale. Gli strumenti<br />

necessari all’esame sono il laringoscopio, gli endoscopi rigidi o quelli<br />

flessibili. Gli ultimi due offrono una migliore visualizzazione. L’esame dell’area<br />

laringea va effettuato preferibilmente con l’animale sotto lieve anestesia.<br />

Le anomalie della funzione laringea si valutano in modo ottimale utilizzando<br />

il doxapram, alla dose di 1,1 mg/kg IV. Subito dopo la somministrazione<br />

si ha un aumento della frequenza e della profondità del respiro. In caso<br />

di funzione laringea normale si osserva un’abduzione delle cartilagini aritnoidi<br />

al momento dell’inspirazione. La mancanza del movimento inspiratorio<br />

suggerisce una paralisi. Altre anomalie sono rappresentate da tumori, polipi o<br />

eversione o edema dei sacculi, formazione di membrane o granuloma.<br />

BRONCOSCOPIA<br />

Il modo migliore per effettuare l’esame della trachea e dei bronchi è quello<br />

di servirsi di un broncoscopio flessibile o di un endoscopio gastroenterico<br />

di diametro limitato. Si incontrano dei problemi nei cani di grossa taglia, dove<br />

i broncoscopi sono troppo corti e gli endoscopi gastroenterici, talvolta, hanno<br />

un diametro troppo elevato.<br />

La broncoscopia può essere indicata da ragioni diagnostiche e terapeutiche<br />

quali tosse cronica o affezioni del parenchima polmonare, emottisi, aspirazione<br />

di corpi estranei, collasso tracheale o mancata risposta alla terapia.<br />

194


Anche se la broncoscopia ed il lavaggio broncoalveolare (BAL) sono stati<br />

utilizzati per anni in medicina veterinaria i tentativi di formulare una definizione<br />

di una tecnica standard hanno avuto scarso successo e le informazioni<br />

presentate in questa sede sono relative al metodo utilizzato presso la Colorado<br />

State University.<br />

Le indicazioni per la broncoscopia ed il BAL sono numerose. La maggior<br />

parte dei pazienti con problemi respiratori trae vantaggio dalla broncoscopia.<br />

Le indicazioni specifiche sono rappresentate da tosse cronica, emottisi o infiltrazioni<br />

polmonari inspiegabili (focali, diffuse, lobari, peribronchiali, alveolari<br />

o con epatizzazione dei lobi). Inoltre, la broncoscopia consente di raccogliere<br />

campioni delle strutture aree profonde da destinare agli esami colturali<br />

e citologici. Inoltre, permette di caratterizzare la malattia anche sulla base dell’ispezione<br />

visiva. In confronto al lavaggio tracheale, è una tecnica diagnostica<br />

di gran lunga superiore. Si può formulare una prognosi più accurata nei<br />

casi di bronchite cronica o bronchiectasia in cui il processo patologico è stato<br />

valutato endoscopicamente. Inoltre, la broncoscopia consente la valutazione<br />

delle modificazioni dinamiche delle vie aeree nel collasso tracheale o nella<br />

broncomalacia e può servire a documentare lesioni compressive extraparietali.<br />

Con il broncoscopio, utilizzando piccole pinze da prensione, è possibile<br />

rimuovere corpi estranei e identificare le cause del fallimento della terapia o<br />

dell’andamento recidivante della malattia.<br />

Le principali controindicazioni alla broncoscopia sono rappresentate dai<br />

rischi associati all’anestesia generale, come l’aggravamento dell’ipossia o l’esacerbazione<br />

delle aritmie cardiache. Anche i disordini emorragici possono<br />

costituire una controindicazione relativa. Il rischio deve essere valutato su<br />

base individuale e tenendo presente i potenziali vantaggi derivanti dai risultati<br />

che si possono ottenere.<br />

Le complicazioni descritte per la broncoscopia nell’uomo sono rappresentate<br />

da febbre (6-8 ore dopo l’intervento) e broncospasmo. Quest’ultimo può<br />

diventare un problema nei gatti con asma felina, in cui sono presenti marcati<br />

infiltrati peribronchiali con tosse, o nella dispnea grave. Una situazione analoga<br />

si può avere anche nei gatti difficili da intubare. L’autore ha osservato un<br />

peggioramento della tosse o un aumento dell’ostruzione delle vie aeree nei<br />

cani con grave collasso tracheale o broncomalacia. L’aumento dell’irritazione<br />

delle vie aeree potenzia la tosse e la soppressione dello sforzo respiratorio da<br />

parte degli agenti anestetici e consente il collasso passivo delle vie aeree di<br />

grande e di piccolo calibro. La tosse può essere alleviata dalla somministrazione<br />

di lidocaina diluita (circa 1 cc di lidocaina all’1% in un cane di piccola<br />

taglia) attraverso il broncoscopio al termine della procedura. Il risveglio in un<br />

ambiente arricchito con ossigeno può diminuire la difficoltà respiratoria dopo<br />

l’intervento.<br />

195


In medicina umana non sono state descritte complicazioni riferibili alla<br />

propagazione di processi infettivi attraverso la broncoscopia. Si può avere il<br />

trasferimento di infezioni da un punto all’altro se è presente un ascesso polmonare<br />

e da paziente a paziente in caso di non corretta pulizia del broncoscopio.<br />

Un’evenienza più comune è data dalle pseudoinfezioni, quando i batteri<br />

provenienti dal broncoscopio si depositano nel paziente o nel liquido di<br />

lavaggio broncoalveolare, portando a risultati colturali che possono essere<br />

causa di confusione.<br />

ENDOSCOPI<br />

Per l’endoscopia dei piccoli animali è possibile utilizzare una varietà di<br />

endoscopi flessibili. Le dimensioni del paziente limitano quelle del broncoscopio<br />

utilizzabile. Uno strumento di diametro ≤ 5,0 mm è estremamente versatile<br />

per la valutazione delle vie aeree. Uno dei fattori limitanti dei broncoscopi<br />

per uso umano è la brevità della lunghezza della sonda, pari a circa 55<br />

cm. Nei cani di grossa taglia è difficile, se non impossibile, raggiungere i piccoli<br />

bronchi, specialmente se si intende effettuare un BAL. Nei cani più grandi<br />

si può usare un endoscopio pediatrico (ad es., Olympus XP-20 con un diametro<br />

di 7,9 mm e sonda di 10 cm). Nei gatti e nei cani di piccola taglia è possibile<br />

utilizzare endoscopi da 5 mm o anche da 3,7 mm, che però non possono<br />

essere fatti passare attraverso il tubo orotracheale. In tutti gli endoscopi<br />

acquistati per eseguire broncoscopie deve essere presente un canale da biopsia.<br />

Questo può essere utilizzato per apportare ossigeno nel corso dell’intervento<br />

ed è essenziale per il lavaggio broncoalveolare e consente di eseguire il<br />

prelievo di campioni bioptici e la spazzolatura delle vie aeree.<br />

ANESTESIA E POSIZIONAMENTO<br />

Per la broncoscopia è necessaria l’anestesia generale o la sedazione<br />

profonda, al fine di sopprimere la tosse ed il laringospasmo e consentire l’esame<br />

delle vie aeree senza indurre traumi ed anche per proteggere lo strumento.<br />

Tutti gli animali sottoposti a broncoscopia mostrano un risentimento<br />

respiratorio. Per migliorare la sicurezza della procedura si raccomanda un’ossigenazione<br />

preventiva con una maschera facciale o mediante somministrazione<br />

di ossigeno per via nasale prima della broncoscopia. È possibile utilizzare<br />

una varietà di agenti e di associazioni anestetiche e si deve sviluppare un<br />

protocollo che eviti l’eccessiva depressione cardiopolmonare. La broncoscopia<br />

può essere effettuata impiegando l’anestesia gassosa se l’animale è abba-<br />

196


stanza grande da consentire l’uso di un tubo orotracheale da 7-8 Fr. Per introdurre<br />

l’endoscopio attraverso il tubo orotracheale durante la somministrazione<br />

dell’anestesia gassosa è necessario uno speciale adattatore a T. Quando si<br />

utilizza l’anestesia inalatoria il tubo orotracheale va rimosso per esaminare<br />

l’esofago e le vie aeree superiori. L’autore ritiene solitamente valida l’anestesia<br />

IV e in genere impiega il propofolo come agente d’elezione. Dopo aver<br />

portato a termine la procedura si inserisce un tubo orotracheale per ossigenare<br />

il paziente durante il risveglio. L’ossigeno può essere somministrato attraverso<br />

il canale da biopsia del broncoscopio a velocità di flusso di 1-5 l/min.<br />

L’autore utilizza spesso una valutazione soggettiva del flusso per ciascun<br />

paziente. L’eccesso di flusso di ossigeno può esitare nella rottura degli alveoli<br />

o anche in uno pneumotorace. Il flusso di ossigeno va sospeso quando l’endoscopio<br />

viene incuneato per l’esecuzione di un BAL.<br />

RISCONTRI BRONCOSCOPICI ANOMALI<br />

Trachea Normale = vasi sottomucosi<br />

presenza di secrezioni, irritazione tracheale<br />

gravità, localizzazione ed entità del collasso<br />

prolasso della membrana tracheale dorsale<br />

Biforcazione normale = biforcazione netta<br />

della trachea ottusa = compressione extraparietale<br />

noduli di Oslerus osleri<br />

Bronchi collasso a riposo<br />

collasso dinamico con tosse<br />

espirazione e battito cardiaco<br />

modificazioni della mucosa o sottomucosa<br />

(eritema, edema, noduli bronchitici)<br />

tumori della mucosa<br />

tragitti emorragici (Paragonimus, tumori,<br />

filariosi cardiopolmonare, corpi estranei)<br />

secrezioni mucoidi o purulente<br />

Per tutta la durata dell’operazione si lasciano in sede due grandi apribocca<br />

per proteggere l’endoscopio. Il paziente viene posto in decubito ventrale<br />

con la testa sollevata ed appoggiata su un supporto. A parere dell’autore, risulta<br />

adeguato un rotolo di cotone. Se il cane sembra svegliarsi, l’endoscopio<br />

viene rimosso rapidamente per evitare che venga danneggiato. È importante<br />

disporre di un assistente per il monitoraggio dell’anestesia e per mantenere la<br />

posizione del paziente e garantire la stabilità dell’apribocca in posizione.<br />

197


PROCEDURA<br />

In medicina veterinaria la broncoscopia si esegue in decubito sternale,<br />

con il mento sollevato per consentire di penetrare facilmente nelle vie<br />

aeree.<br />

L’anatomia dei bronchi è stata chiaramente definita e risulta praticamente<br />

identica all’interno delle varie specie animali. La “mappa” delle vie<br />

aeree va consultata frequentemente durante la broncoscopia (vedi Figura).<br />

Nei casi in cui la localizzazione è dubbia, il clinico può tornare alla biforcazione<br />

della trachea per orientarsi. In genere l’autore adotta una procedura<br />

standard per la valutazione di tutte le vie aeree accessibili, la registrazione<br />

dei riscontri anomali ed il prelievo dei campioni respiratori. Si esegue<br />

l’esame della trachea e di tutti i lobi del lato sinistro (LB1, LB1 V1,<br />

BL2) e poi di tutti i lobi del lato destro (RB1, RB2, RB3, RB4). Durante il<br />

primo passaggio nelle vie aeree si deve prendere nota delle anomalie e<br />

decidere in quali sedi eseguire il BAL. Quelli elencati sono alcuni esempi<br />

di possibili riscontri anormali.<br />

Dopo aver portato a termine l’esame, l’endoscopio viene sfilato, la<br />

superficie esterna viene lavata con tamponi imbevuti di soluzione fisiologica<br />

ed il canale da biopsia viene irrigato con soluzione fisiologica sterile.<br />

In occasione della seconda introduzione nelle vie aeree, bisogna evitare di<br />

toccare la mucosa orale o l’epitelio delle vie stesse con la punta dell’endoscopio<br />

per ridurre al minimo la contaminazione durante l’avvicinamento<br />

alla sede del BAL. Nella maggior parte dei casi si devono valutare almeno<br />

due aree differenti. Il recupero del liquido di lavaggio broncoalveolare<br />

dipende dalla capacità di incuneare il broncoscopio nelle vie aeree di piccolo<br />

calibro.<br />

Ci si può attendere di recuperare il 40-60% del fluido instillato, ma si<br />

avrà una percentuale più bassa in presenza di una broncomalacia, perché le<br />

vie aeree tendono a collassare ed il fluido viene aspirato più rapidamente<br />

negli alveoli. È possibile associare diverse aliquote per gli esami colturali,<br />

ma la valutazione citologica delle diverse sedi deve essere effettuata separatamente.<br />

Alcuni non effettuano la spazzolatura bronchiale perché ritengono che<br />

non offra ulteriori informazioni rispetto al BAL. Qualora si decida di utilizzare<br />

questa tecnica, bisogna farlo dopo il lavaggio broncoalveolare.<br />

Quindi, si prelevano campioni bioptici di noduli o lesioni bronchiali anormali.<br />

È difficile ottenere buoni campioni bioptici dei bronchi, a meno che non<br />

sia presente una massa patologica. Le pinze da biopsia tendono a scivolare<br />

lungo le vie aeree.<br />

198


Tecnica di lavaggio broncoalveolare<br />

incuneare delicatamente l’endoscopio nel più piccolo bronco possibile<br />

instillare 10-20 cc di soluzione fisiologica non batteriostatica<br />

aspirare lentamente e delicatamente il fluido<br />

tornare nella stessa sede e ripetere il lavaggio una seconda volta<br />

eseguire il lavaggio di una seconda regione nello stesso modo<br />

ANALISI DEL CAMPIONE<br />

Esiste una significativa variazione dell’analisi dei campioni respiratori<br />

effettuati presso i vari istituti. Alcuni laboratori suggeriscono di filtrare il<br />

campione per eliminare il muco, effettuare il conteggio cellulare, centrifugare<br />

il tutto e risospendere il sedimento per allestire strisci ed esami colturali<br />

quantitativi. Altri preferiscono l’analisi citologica di un campione citocentrifugato<br />

eseguito senza filtrare il muco.<br />

Sono stati pubblicati i valori normali del conteggio cellulare nel cane e nel<br />

gatto, che risultano pari a circa 200-300 cell/µl. Negli animali normali, il 70%<br />

circa delle cellule deve essere rappresentato da macrofagi. La positività degli<br />

esami colturali per la ricerca di micoplasmi e batteri deve essere interpretata<br />

alla luce dei riscontri clinici e citologici. La presenza di batteri intracellulari<br />

e di un’infiammazione suppurativa settica dovrebbe riflettere un’autentica<br />

infezione. Le vere infezioni batteriche generalmente non presentano cellule<br />

squamose all’esame citologico, mentre mostrano un incremento variabile dei<br />

neutrofili. Dal momento che 1/3 circa dei cani sani risulta positivo alla tracheocoltura,<br />

bisogna fare molta attenzione ad evitare che durante il passaggio<br />

nelle vie aeree superiori i campioni destinati al lavaggio broncoalveolare subiscano<br />

delle contaminazioni ed i risultati delle colture vanno interpretati in<br />

modo appropriato.<br />

199


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Indicazioni e tecniche<br />

di toracoscopia<br />

Venerdì, 25 ottobre 2002, ore 14.30<br />

201


La toracoscopia è un metodo che consente di esaminare il cavo pleurico ed<br />

i suoi organi ed eseguire procedure diagnostiche con un’invasività minima.<br />

L’impiego della toracoscopia videoassistita amplia sia le possibilità diagnostiche<br />

che quelle terapeutiche. Il vantaggio della toracoscopia rispetto alla<br />

toracotomia di routine è rappresentato dalla ridotta esposizione operatoria,<br />

con conseguente rapidità di diagnosi, trattamento e recupero postoperatorio.<br />

La toracoscopia diagnostica è stata sviluppata originariamente da H.C.<br />

Jacobaeus (1910) utilizzando un cistoscopio modificato. La tecnica è stata in<br />

seguito ampiamente accettata per il trattamento delle lesioni tubercolari con<br />

aderenze nell’uomo. La toracoscopia operatoria ha goduto di un’ampia diffusione<br />

fino al 1945. In seguito, con lo sviluppo degli antibiotici ed il miglioramento<br />

delle tecniche chirurgiche ed anestetiche utilizzate nella toracotomia<br />

operatoria, l’interesse nei suoi confronti è diminuito. Recentemente è di nuovo<br />

aumentato, in medicina umana, perché si ricercano procedure chirurgiche<br />

meno invasive, che riducano il tempo di ospedalizzazione ed assicurino maggior<br />

comfort al paziente. L’impiego e lo sviluppo delle videocamere, così come<br />

la messa a punto di un’ampia gamma di strumenti operatori e di sofisticati<br />

mezzi di graffatura con punti metallici, ha ravvivato la toracoscopia portandola<br />

in primo piano nel campo della medicina e chirurgia toracica dell’uomo.<br />

INDICAZIONI E COMPLICAZIONI<br />

Le indicazioni per la toracoscopia videoassistita (VAT) nell’uomo sono<br />

rappresentate da esplorazione toracica generale, affezioni pleuriche, versamento<br />

pleurico maligno, empiema, fistola broncopleurica, chilotorace, trauma<br />

toracico, masse intratoraciche, stadiazione di neoplasie polmonari, esofagectomia,<br />

pneumotorace spontaneo, simpatectomia, ascessi spinali toracici,<br />

biopsia di corpi vertebrali, discectomia, impianto di fili metallici conduttori<br />

epicardici da defibrillatore per cardioversione, lobectomia polmonare,<br />

resezione laser assistita di cuneo polmonare, resezione di massa polmonare,<br />

pericardectomia ed anomalie vascolari (dotto arterioso pervio, persistenza<br />

dell’arco aortico destro).<br />

Le complicazioni associate alla toracoscopia nei pazienti umani sono<br />

rappresentate da approccio inappropriato, penetrazione di un trequarti in un<br />

polmone, disseminazione di cellule tumorali sulle superfici pleuriche e<br />

incapacità di accedere rapidamente ad emorragie potenzialmente letali. Il più<br />

comune fattore per lo sviluppo delle complicazioni intraoperatorie è la mancanza<br />

di un’adeguata pianificazione preoperatoria; di conseguenza, prima di<br />

effettuare una toracoscopia è essenziale effettuare un’accurata valutazione<br />

del paziente.<br />

202


APPARECCHIATURA<br />

L’unità toracoscopica di base è costituita da una videocamera con processore,<br />

videomonitor, fonte luminosa allo xenon, telescopio endoscopico, trequarti<br />

e vari strumenti.<br />

La toracoscopia di routine viene effettuata utilizzando un telescopio da 5<br />

mm di diametro e 0 gradi di inclinazione. Questo tipo di strumento consente<br />

una visione in avanti e risulta di diametro adeguato alla maggior parte delle<br />

procedure da effettuare nei piccoli animali. In alternativa, un telescopio da<br />

30° assicura una visione angolata, che risulta vantaggiosa rispetto a quella<br />

frontale quando si lavora nello spazio limitato della cavità toracica. I telescopi<br />

a visione angolata sono leggermente più difficili da orientare correttamente,<br />

ma risultano essenziali per alcune procedure operatorie.<br />

I trequarti vengono utilizzati per penetrare nella cavità toracica per introdurvi<br />

il telescopio e gli strumenti. Nella laparoscopia addominale di routine,<br />

si impiega un trequarti/cannula standard da 6 mm. Lo stesso trequarti viene<br />

usato anche per l’introduzione del telescopio nella cavità toracica. Poiché la<br />

toracoscopia deve essere effettuata con il torace aperto, una volta penetrati nel<br />

cavo pleurico attraverso una porta che consente il passaggio dell’aria la struttura<br />

valvolare può essere rimossa. In alternativa, si possono utilizzare altri trequarti,<br />

monouso con una punta smussa o flessibili in plastica, che assicurano<br />

una porta di accesso alla cavità toracica per l’inserimento del telescopio o<br />

degli strumenti operatori.<br />

Gli strumenti di base richiesti per la toracoscopia sono rappresentati da<br />

una sonda da palpazione, pinze da biopsia, pinze da prensione e forbici.<br />

TECNICA<br />

Il paziente deve essere posto in anestesia generale gassosa utilizzando<br />

un’apparecchiatura dotata di ventilazione manuale assistita o meccanica.<br />

Nella toracoscopia si possono impiegare due tipi di tecniche di ventilazione.<br />

La prima è quella endotracheale. Nella trachea si introduce una sonda orotracheale<br />

dotata di manicotto insufflabile. Dopo l’inserimento del trequarti, si<br />

induce uno pneumotorace che esita nel parziale collasso di entrambi i lobi<br />

polmonari, assicurando uno spazio di lavoro nella cavità toracica. La ventilazione<br />

orotracheale risulta adeguata per la maggior parte delle procedure diagnostiche<br />

e molte di quelle terapeutiche.<br />

La seconda tecnica viene indicata come ventilazione polmonare, che consiste<br />

nella ventilazione selettiva dei lobi polmonari più declivi con conseguente<br />

collasso di quelli superiori all’area da valutare. Questa tecnica con-<br />

203


sente di ampliare al massimo le dimensioni dell’area di lavoro. Per ottenere<br />

una ventilazione polmonare, il tubo orotracheale deve essere diretto con un<br />

broncoscopio fino nel bronco principale dei lobi da ventilare. Quindi, viene<br />

posizionato nel bronco principale prossimale ed il manicotto viene insufflato.<br />

Bisogna stare attenti ad assicurarsi che il tubo orotracheale sia posizionato in<br />

modo tale da consentire l’appropriata ventilazione di tutti i bronchi secondari<br />

di quel lato. In alternativa, è possibile far passare un piccolo catetere a palloncino,<br />

sotto guida broncoscopica, fino nel bronco principale in cui non si<br />

vuole far penetrare l’aria. Il palloncino del catetere viene gonfiato in modo da<br />

occludere il bronco ed il paziente viene poi sottoposto ad insufflazione utilizzando<br />

un tubo orotracheale standard.<br />

Nella toracoscopia si utilizzano comunemente due sedi di penetrazione,<br />

adottando a seconda dei casi l’approccio intercostale e quello transdiaframmatico<br />

paraxifoideo. Prima di realizzare le porte di accesso è necessario<br />

determinare l’area del torace che si desidera esaminare. Inoltre, il videomonitor<br />

deve essere posizionato dietro il campo in cui si prevede di operare, in<br />

modo tale che il chirurgo possa dirigere lo sguardo sullo schermo rendendo<br />

più facile l’orientamento degli strumenti.<br />

APPROCCIO INTERCOSTALE<br />

Quando si utilizza l’approccio intercostale, il punto di penetrazione della<br />

videocamera viene scelto sulla base dell’area che si desidera esaminare e<br />

delle procedure operatorie da eseguire. La porta per la videocamera viene di<br />

solito realizzata nel 6° o 7° spazio intercostale, a metà distanza fra la giunzione<br />

costocondrale ed il muscoli epiassiali.<br />

Successivamente, si preparano il telescopio e la videocamera. Prima di<br />

essere introdotta nel corpo dell’animale, la sonda viene immersa in acqua o<br />

soluzione fisiologica sterili e riscaldate, in modo da evitare l’appannamento al<br />

momento della penetrazione in cavità toracica. Al telescopio si fissa prima il<br />

cavo luminoso proveniente dalla fonte allo xenon e poi la videocamera. La<br />

fonte luminosa viene accesa e si mette a fuoco l’immagine agendo sull’apposito<br />

anello di regolazione della videocamera. Il videoprocessore viene bilanciato<br />

al bianco per assicurare il corretto colore dell’immagine.<br />

Una volta determinato il punto di penetrazione, si pratica un’incisione<br />

cutanea adatta al diametro della cannula del trequarti. Come guida per determinare<br />

la lunghezza dell’incisione cutanea è possibile utilizzare l’impronta<br />

del bordo della cannula sulla cute stessa. Servendosi delle pinze di Kelly, si<br />

effettua una dissezione per via smussa di tessuti sottocutanei, muscoli intercostali<br />

e pleura, penetrando nella cavità toracica. Il trequarti con la cannula<br />

204


viene quindi spinto attraverso la sede della dissezione fino nel cavo toracico.<br />

La cannula deve essere tenuta in modo tale da limitare la profondità di penetrazione<br />

del trequarti. Una volta entrati nello spazio pleurico il trequarti viene<br />

rapidamente rimosso e si inizia la ventilazione assistita. Utilizzando questa<br />

tecnica, il trauma polmonare è raro. Per assicurarsi che la cavità toracica resti<br />

aperta evitando uno pneumotorace iperteso è possibile rimuovere la valvola<br />

della cannula. Attraverso quest’ultima si introduce infine il telescopio nello<br />

spazio pleurico per l’esplorazione.<br />

Quando si penetra nella cavità si può avere frequentemente l’appannamento<br />

della lente. Questa può essere ripulita sfregando delicatamente l’estremità<br />

ottica dell’endoscopio contro una superficie pleurica.<br />

È possibili visualizzare l’intera parete laterale del torace, la superficie<br />

pleurica del polmone e quella laterale del cuore. Quando il telescopio viene<br />

volto in direzione caudale, si può osservare il diaframma. Spostandolo in direzione<br />

craniale, vengono identificate le arterie e le vene toraciche interne e le<br />

strutture sternali. Se lo spazio di lavoro risulta di dimensioni inadeguate, ci si<br />

deve in primo luogo assicurare che la cavità toracica sia aperta e, se è così, si<br />

deve ridurre la pressione di ventilazione polmonare per diminuire l’insufflazione<br />

dei lobi dell’organo. Per tutta la durata della procedura di toracoscopia,<br />

si deve somministrare un elevato flusso di ossigeno.<br />

L’ispezione dell’emitorace va effettuata preferibilmente utilizzando una<br />

sonda da palpazione, per spostare i lobi polmonari in modo da consentire<br />

la visualizzazione delle strutture toraciche interne. Per introdurre questa<br />

sonda, è necessario inserire preventivamente un secondo trequarti di lavoro.<br />

Il punto di penetrazione di quest’ultimo dipende dalle procedure che si<br />

prevede di dover attuare. In questo caso, il punto di penetrazione è localizzato<br />

a livello del quarto spazio intercostale nel tratto laterale medio del<br />

torace. Bisogna evitare di introdurre il trequarti troppo vicino al telescopio<br />

o al campo operatorio, perché ciò ostacolerebbe la manipolazione dello<br />

strumento.<br />

In alternativa, è possibile ricorrere all’introduzione di un trequarti toracico<br />

rigido monouso da 10 mm con un otturatore a punta smussa. La tecnica di<br />

inserimento è simile a quella utilizzata per l’applicazione del trequarti del<br />

telescopio, tranne che per il fatto che la penetrazione deve essere visualizzata<br />

dall’interno per evitare traumi non necessari. Quindi, attraverso la seconda<br />

cannula del trequarti si fa passare una sonda da palpazione che riporta dei<br />

contrassegni ad intervalli di 1 cm. L’avanzamento della sonda e degli strumenti<br />

deve essere visualizzato man mano che penetrano nella cavità toracica<br />

e poi vengono diretti sotto controllo visivo all’area di manipolazione, evitando<br />

così traumi non dovuti a carico dei tessuti sottostanti. La sonda da palpazione<br />

consente di muovere i lobi polmonari adiacenti per visualizzare i tessu-<br />

205


ti peribronchiali, le arterie e le vene polmonari, i linfonodi ilari e tutte le porzioni<br />

della superficie pleurica del diaframma. Con essa, è anche possibile<br />

valutare mediante palpazione le anomalie di consistenza del polmone o di altri<br />

tessuti. Quando il telescopio viene ruotato al massimo in direzione caudale, si<br />

può anche visualizzare il diaframma.<br />

Il telescopio può essere spostato verso la porta intercostale craniale per<br />

consentire una migliore osservazione delle strutture mediastiniche craniali. Di<br />

solito il diaframma risulta meglio visibile attraverso una porta craniale, perché<br />

il telescopio viene guidato in direzione caudale.<br />

Tutte le procedure operative richiedono almeno due porte con cannula. In<br />

base alla procedura operatoria da eseguire, si può introdurre un secondo trequarti/cannula.<br />

Le tre porte devono essere approssimativamente equidistanti<br />

in modo da consentire una triangolazione della cannula e del telescopio che<br />

assicura la massima esposizione operatoria. È possibile introdurre delle pinze<br />

ovali da biopsia per il prelievo di campioni tissutali. Spesso, con questo metodo<br />

si ottengono campioni di masse polmonari solide e strutture pleuriche. Il<br />

prelievo di biopsie di tessuto polmonare richiede in genere l’esecuzione di<br />

una legatura prima della resezione tissutale.<br />

Il prelievo di una biopsia di tessuto polmonare si effettua utilizzando la<br />

tecnica di sutura con endoloop. Questa consiste in un’ansa di sutura fissa contenente<br />

un nodo preformato, che può essere tirato in modo da serrarsi intorno<br />

al campione tissutale. Per far scivolare il nodo si spezza l’estremità in plastica<br />

del manico dell’endoloop, consentendo così alla guaina libera intorno alla<br />

sutura di scivolare a ridosso del nodo e serrarlo. Per le biopsie polmonari si<br />

raccomanda la sutura in PDS.<br />

Una volta stabilita l’area polmonare da cui prelevare il campione, si introducono<br />

nel campo operatorio, attraverso la cannula accessoria e sotto il controllo<br />

visivo diretto, sia le pinze da prensione che l’endoloop. La sutura endoloop<br />

viene posta sopra l’asta delle pinze. Quindi si afferra la porzione di polmone<br />

da prelevare. Dopo aver sollevato il lobo polmonare con le pinze, si fa<br />

scivolare lungo l’asta l’ansa di filo da sutura fino sulla porzione del polmone<br />

da prelevare. Si spezza l’estremità di plastica dell’endoloop e si spinge in<br />

avanti la porzione rigida per stringere il nodo intorno al tessuto polmonare.<br />

Quando il nodo è stato serrato, si rimuovono le pinze e si inseriscono nel<br />

campo operatorio le forbici da sutura, tagliando il filo vicino al nodo. Quindi<br />

si sfila l’endoloop. Si introducono nuovamente le pinze per afferrare il campione<br />

bioptico, facendo attenzione a schiacciare il meno possibile i tessuti per<br />

evitare la formazione di artefatti. Infine, attraverso la seconda cannula si introducono<br />

le forbici tissutali e si recide il campione vicino alla legatura, tenendo<br />

la biopsia con le pinze. Una volta reciso, il campione viene recuperato<br />

attraverso la porta toracica.<br />

206


Al termine della procedura, si rimuovono il telescopio ed il trequarti/cannula<br />

e si inserisce un drenaggio toracico per evacuare lo pneumotorace. Le<br />

brecce delle porte toraciche vengono chiuse secondo la procedura di routine<br />

ed i polmoni vengono espansi esercitando un’aspirazione attraverso il drenaggio.<br />

Si continua con un’aspirazione intermittente del drenaggio toracico<br />

per 12-24 ore e si attua il trattamento analgesico postoperatorio.<br />

APPROCCIO TRANSDIAFRAMMATICO PARAXIFOIDEO<br />

Un approccio alternativo alla toracoscopia è dato dalla tecnica di penetrazione<br />

transdiaframmatica paraxifoidea. Tale approccio ha il vantaggio di consentire<br />

la valutazione della faccia ventrale dell’emitorace destro e sinistro, del<br />

mediastino e dell’area dell’ilo dei polmoni. Inoltre, la tecnica offre un più<br />

ampio spazio di lavoro quando si ha a che fare con pazienti di piccola taglia.<br />

Questo approccio è raccomandato per la pericardectomia parziale terapeutica<br />

nei casi di versamento pericardico.<br />

Quando si esegue la tecnica transdiaframmatica paraxifoidea, il paziente<br />

viene posto in decubito dorsale. Il trequarti con la cannula viene inserito appena<br />

a sinistra o a destra del processo xifoideo, nello spazio fra questo e le cartilagini<br />

costali caudali. Si pratica inizialmente un’incisione cutanea del diametro<br />

appropriato. Quindi si spinge il trequarti con la cannula in direzione<br />

craniale, ventrale e leggermente laterale verso lo sterno. L’obiettivo non è<br />

penetrare nella cavità addominale, ma piuttosto procedere in direzione parallela<br />

ai muscoli addominali ed al diaframma fino a giungere nello spazio pleurico.<br />

L’approccio leggermente laterale contribuisce a prevenire la penetrazione<br />

nel tessuto mediastinico caudale.<br />

Dopo essere penetrati nello spazio pleurico si rimuove il trequarti e si inserisce<br />

il telescopio. Se non si identifica il cavo pleurico, si retrae la sonda e si<br />

fa avanzare ulteriormente il trequarti. Una volta penetrati nello spazio pleurico,<br />

è possibile rimuovere la valvola della cannula per instaurare un torace<br />

aperto. La cavità toracica viene esaminata facendo avanzare il telescopio in<br />

direzione craniale. A questo punto, è possibile osservare il torace lungo l’asse<br />

maggiore. Risulta visibile la sottile parte caudale della membrana mediastinica,<br />

che separa l’emitorace destro dal sinistro. Risultano facilmente visualizzabili<br />

la faccia ventrale e laterale del pericardio ed il nervo frenico.<br />

Facendo avanzare il telescopio verso l’ingresso del torace è possibile ispezionare<br />

la parte ventrale anteriore del mediastino. Quella caudale spesso può<br />

essere attraversata facendo progredire delicatamente la sonda nel tessuto<br />

membranoso, consentendo così l’ulteriore ispezione dell’emitorace controlaterale.<br />

È possibile visualizzare la faccia laterale e quella mediale dei lobi pol-<br />

207


monari, comprese le strutture vascolari a livello della radice di ciascun lobo.<br />

Si localizzano esofago, aorta e vena cava caudale. Si possono anche osservare<br />

la vena azigos, le arterie e le vene toraciche interne, intercostali e polmonari,<br />

le sternebre ed i linfonodi sternali ventrali. Utilizzando questo approccio,<br />

l’unico fattore limitante nella valutazione delle strutture toraciche craniali<br />

nei pazienti di grossa taglia è la lunghezza del telescopio.<br />

Dopo l’iniziale ispezione della cavità toracica, si devono scegliere i successivi<br />

punti di inserimento delle porte per l’introduzione degli strumenti<br />

secondari. Quando si eseguono procedure toraciche come la realizzazione di<br />

finestre pericardiche, i punti di penetrazione sono generalmente localizzati<br />

fra il quarto ed il settimo spazio intercostale. Queste sedi non devono essere<br />

direttamente adiacenti all’area di manipolazione, in modo da consentire il<br />

massimo spazio di lavoro possibile. L’inserimento del trequarti viene effettuato<br />

secondo le modalità precedentemente descritte e sempre sotto controllo<br />

visivo diretto dopo aver realizzato una dissezione per via smussa con pinze<br />

di Kelly. Si inserisce la sonda da palpazione per favorire l’esplorazione del<br />

torace. In questo caso, la sonda viene utilizzata per scostare delicatamente i<br />

lobi polmonari consentendo l’inserimento del telescopio fra le fessure lobari.<br />

Ciò consente la visualizzazione di entrambe le superfici pleuriche viscerali<br />

e dei vasi polmonari. Quando si esamina l’area adiacente al mediastino<br />

caudale, ci si può servire di un paio di forbici o di un elettrocauterio per aprire<br />

o rimuovere il setto per favorire l’esame completo della parte caudale della<br />

cavità toracica.<br />

Per realizzare una finestra pericardica sono necessarie due porte operatorie.<br />

Il loro inserimento può essere effettuato su un solo lato del torace o sui<br />

due lati contrapposti. Attraverso la porta operatoria si introducono le pinze<br />

endoscopiche e si afferra saldamente l’apice del sacco pericardico, sollevandolo<br />

in modo da scostarlo dal cuore. Per tenere il pericardio è preferibile utilizzare<br />

pinze da prensione dentellate. Quindi, attraverso la porta opposta, si<br />

inseriscono le pinze tissutali da endoscopia e si recide il sacco pericardico.<br />

La dissezione viene continuata per aumentare le dimensioni della finestra,<br />

tuttavia bisogna stare attenti a non danneggiare il nervo frenico e l’orecchietta<br />

sinistra.<br />

Nei casi in cui è presente una quantità considerevole di fluido pericardico<br />

è possibile introdurre nel sacco un aspiratore per rimuovere la quota in eccesso.<br />

Le dimensioni della finestra devono essere abbastanza grandi da consentire<br />

l’esposizione dell’intero apice ventrale del cuore. Il tessuto pericardico<br />

reciso viene rimosso per essere inviato all’esame istologico e, se si sospetta<br />

un’eziologia infettiva, alle indagini colturali. Una volta svuotato del fluido il<br />

sacco pericardico, è possibile far avanzare il telescopio fra il pericardio stesso<br />

ed il cuore per proseguire l’esplorazione.<br />

208


Al termine della procedura, si inserisce un drenaggio toracico standard per<br />

l’evacuazione dello pneumotorace. Il drenaggio illustrato in questa sede viene<br />

diretto endoscopicamente nella posizione corretta utilizzando le pinze. Si rimuovono<br />

i trequarti e si chiudono le incisioni secondo le metodiche di routine.<br />

I potenziali sviluppi futuri della toracoscopia diagnostica e chirurgica in<br />

medicina veterinaria sono illimitati. Alcune tecniche che sono state effettuate<br />

presso il Veterinary Endoscopy Teaching Center della Colorado State<br />

University sono la biopsia pleurica, quella polmonare, la lobectomia, la riparazione<br />

dell’arco aortico destro persistente, la pericardectomia, la rimozione<br />

di masse e la legatura del dotto toracico.<br />

209


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Indicazioni ed utilità<br />

della diagnostica strumentale<br />

nelle patologie dell’apparato<br />

digerente: quando e perché<br />

utilizzare una tecnica<br />

piuttosto di un’altra<br />

Sabato, 26 ottobre 2002, ore 9.30<br />

211


RIASSUNTO<br />

Oggi, sono disponibili numerosi endoscopi di differenti tipi, dimensioni,<br />

diametri e funzioni da utilizzare nei piccoli animali. Sfortunatamente, non ce<br />

n’è uno che esegua in modo adeguato tutte le procedure endoscopiche (endoscopia<br />

gastroenterica, broncoscopia, endoscopia nasale, cistoscopia, laparoscopia<br />

ed endoscopia dell’apparato riproduttore). La scelta va basata sulle<br />

specifiche necessità, sui limiti di costo e sull’uso che si intende fare dello strumento.<br />

In medicina dei piccoli animali la versatilità è un fattore importante e<br />

l’endoscopio prescelto deve essere in grado di svolgere il maggior numero<br />

possibile di funzioni. Troppo spesso, i fattori economici sono i principali<br />

determinanti della scelta.<br />

Tutti gli endoscopi attuali prevedono nella loro costruzione l’impiego delle<br />

fibre ottiche. Questi sono fasci di fibre di vetro che svolgono la funzione di<br />

trasportare luce o immagini intorno agli angoli. Inoltre, le fibre ottiche includono<br />

il concetto di fonte luminosa fredda, perché non trasmettono calore, ma<br />

solo immagine. È quindi possibile trasmettere luce senza calore proveniente<br />

da una fonte luminosa ad alta intensità situata all’esterno del paziente.<br />

Esistono fondamentalmente due tipi di endoscopi utilizzabili per l’esame<br />

gastroenterico, quelli a fibre ottiche ed i videoendoscopi. I primi incorporano<br />

fasci di fibre di vetro per la trasmissione delle immagini che vengono visualizzate<br />

a livello dell’impugnatura dello strumento. Il videoendoscopio è considerevolmente<br />

diverso, in quando contiene un piccolo videochip microelettronico<br />

localizzato in corrispondenza dell’estremità distale del tubo di inserimento.<br />

L’immagine viene quindi trasmessa elettronicamente ad un videoprocessore<br />

e ad un monitor televisivo, dove può essere visualizzata.<br />

L’endoscopio a fibre ottiche è costituito da parecchie sezioni: la sonda<br />

tubolare, l’impugnatura ed il cordone. Esiste anche un’ampia varietà di accessori<br />

che può essere fatta passare attraverso il canale operatorio, come le pinze<br />

da biopsia, quelle da rimozione da corpo estraneo e gli spazzolini per il prelievo<br />

dei campioni citologici ed i tubi da aspirazione.<br />

Le indicazioni dell’endoscopia gastroenterica si sono evolute con il tempo,<br />

sino a trasformare questo mezzo d’indagine un importante strumento diagnostico<br />

e terapeutico nei piccoli animali. Una volta considerata un metodo<br />

aggiuntivo rispetto agli altri, è oggi forse il più importante strumento per la<br />

valutazione dei pazienti che mostrano segni gastroenterici. Ciò vale in particolare<br />

per gli animali colpiti da affezioni della mucosa intestinale. Gli studi<br />

contrastografici con il bario non sono considerati abbastanza sensibili per<br />

delineare molti dei disordini della mucosa dell’apparato digerente. Varie<br />

prove di assorbimento intestinale non consentono di individuare con precisione<br />

la malattia. L’endoscopia ha il vantaggio di permettere non solo l’esame<br />

212


visivo della superficie mucosa, ma anche il prelievo di campioni bioptici da<br />

destinare alla valutazione istologica. Per lo studio dei disordini della motilità<br />

gastroenterica o delle lesioni ostruttive o segmentali del digiuno o dell’ileo<br />

che non possono essere raggiunte dall’endoscopio il mezzo d’elezione è ancora<br />

rappresentato dalla radiologia.<br />

Le indicazioni generali per l’endoscopia sono rappresentate da segni clinici<br />

gastroenterici inspiegabili, riscontri radiografici di anomalie esofagee,<br />

gastriche, duodenali o coliche, o prelievo di un campione bioptico di mucosa.<br />

Occasionalmente, negli animali con segni gastroenterici inspiegabili, anche<br />

dopo una valutazione completa, si riesce a giungere alla diagnosi attraverso<br />

l’endoscopia. Questa è anche diventata un importante strumento terapeutico<br />

per la rimozione dei corpi estranei gastroenterici, la dilatazione guidata<br />

mediante olive o palloncini delle stenosi esofagee e l’inserimento di sonde da<br />

gastrotomia sotto controllo endoscopico per via percutanea (PEG).<br />

INDICAZIONI ENDOSCOPICHE E STRUMENTALI<br />

PER LA DIAGNOSI DELLE PATOLOGIE DELL’APPARATO<br />

DIGERENTE<br />

Oggi, sono disponibili numerosi endoscopi di differenti tipi, dimensioni,<br />

diametri e funzioni da utilizzare nei piccoli animali. Sfortunatamente, non ce<br />

n’è uno che esegua in modo adeguato tutte le procedure endoscopiche (endoscopia<br />

gastroenterica, broncoscopia, endoscopia nasale, cistoscopia, laparoscopia<br />

ed endoscopia dell’apparato riproduttore). La scelta va basata sulle<br />

specifiche necessità, sui limiti di costo e sull’uso che si intende fare dello strumento.<br />

In medicina dei piccoli animali la versatilità è un fattore importante e<br />

l’endoscopio prescelto deve essere in grado di svolgere il maggior numero<br />

possibile di funzioni. Troppo spesso, i fattori economici sono i principali<br />

determinanti della scelta. Gli strumenti meno costosi sono dotati di ottiche più<br />

scadenti e risultano più scomodi da impiegare (spesso dispongono di un sistema<br />

di controllo dell’estremità distale limitato a due vie e di sonde di diametro<br />

molto piccolo) che sono causa di frustrazione per l’utilizzatore e riducono<br />

la capacità diagnostica dello strumento. Di conseguenza, l’endoscopio di solito<br />

finisce a prendere polvere in magazzino. La maggior parte degli endoscopisti<br />

raccomanda di acquistare uno strumento di qualità perché sul lungo<br />

periodo si pagherà da solo, nell’arco di diversi anni, grazie alle sue buone<br />

capacità diagnostiche e, di conseguenza, all’uso sempre maggiore che ne<br />

verrà fatto. Con le cure appropriate, questi endoscopi possono durare per<br />

molti anni. Attualmente sono disponibili sia strumenti studiati per l’impiego<br />

nell’uomo che altri realizzati specificamente per l’uso in ambito veterinario.<br />

213


FIBRE OTTICHE<br />

Tutti gli endoscopi attuali prevedono nella loro costruzione l’impiego delle<br />

fibre ottiche. Questi sono fasci di fibre di vetro che svolgono la funzione di<br />

trasportare luce o immagini intorno agli angoli. Inoltre, le fibre ottiche includono<br />

il concetto di fonte luminosa fredda, perché non trasmettono calore, ma<br />

solo immagine. È quindi possibile trasmettere luce senza calore proveniente<br />

da una fonte luminosa ad alta intensità situata all’esterno del paziente.<br />

Le fibre ottiche trasmettono la luce, ma quando i raggi luminosi passano<br />

attraverso di esse si verifica una considerevole riflessione interna. Ciò giustifica<br />

l’aggiunta di un rivestimento o di un vetro caratterizzato da un diverso<br />

indice di riflessione che devia internamente la luce aumentando l’efficienza<br />

della trasmissione. Per trasmettere un’immagine, le fibre ottiche<br />

sono disposte in modo coerente per formare dei fasci. Ogni singola fibra<br />

genera un piccolo punto di luce e colore uniforme, per cui, quando vengono<br />

visualizzate tutte insieme, più fibre formano un’immagine. Le dimensioni<br />

delle singole fibre, la compattezza dei loro fasci e la precisione della coerenza<br />

della loro relazione all’interno del fascio determina il grado di nitidezza<br />

dell’immagine e, di conseguenza, il costo dell’endoscopio. Le dimensioni<br />

medie di una fibra di vetro sono di 8-12 µ di diametro ed in un fascio<br />

se ne trovano fino a 40.000.<br />

I fasci di fibre incoerenti sono raggruppati in modo casuale e trasmettono<br />

la luce utilizzata soltanto per l’illuminazione; pertanto, risultano<br />

molto meno costosi da produrre. Le fibre incoerenti vengono utilizzate per<br />

l’illuminazione in tutti gli endoscopi moderni, da quelli video ai laparoscopi<br />

rigidi.<br />

I fasci di fibre ottiche in vetro sono molto fragili e si possono danneggiare<br />

facilmente. La presenza di fibre spezzate nel fascio destinato alla trasmissione<br />

dell’immagine provoca la comparsa su quest’ultima di punti neri. Il<br />

danneggiamento delle fibre da illuminazione causa semplicemente una minore<br />

trasmissione della luce.<br />

ANATOMIA DELL’ENDOSCOPIO A FIBRE OTTICHE<br />

Esistono fondamentalmente due tipi di endoscopi utilizzabili per l’esame<br />

gastroenterico, quelli a fibre ottiche ed i videoendoscopi. I primi incorporano<br />

fasci di fibre di vetro per la trasmissione delle immagini che vengono visualizzate<br />

a livello dell’impugnatura dello strumento. Il videoendoscopio è considerevolmente<br />

diverso, in quando contiene un piccolo videochip microelettronico<br />

localizzato in corrispondenza dell’estremità distale del tubo di inseri-<br />

214


mento. L’immagine viene quindi trasmessa elettronicamente ad un videoprocessore<br />

e ad un monitor televisivo, dove può essere visualizzata.<br />

L’endoscopio a fibre ottiche è costituito da parecchie sezioni: la sonda<br />

tubolare, l’impugnatura ed il cordone. La sonda tubolare è flessibile e contiene<br />

tutti i fasci di fibre di vetro, sia quelli destinati alla trasmissione dell’immagine,<br />

che quelli deputati all’illuminazione. Inoltre, il tubo contiene<br />

un canale da aspirazione-biopsia, uno per il passaggio di aria o acqua ed i<br />

cavi per guidare il movimento dell’estremità distale. La lunghezza ed il diametro<br />

della sonda sono importanti fattori da prendere in considerazione al<br />

momento di scegliere l’endoscopio da destinare all’uso veterinario. Per<br />

l’endoscopia gastroenterica nel cane e nel gatto si possono fornire le<br />

seguenti indicazioni. L’endoscopio gastroenterico deve essere dotato di una<br />

sonda tubolare lunga come minimo 100 cm. Questa è la lunghezza standard<br />

della maggior parte degli endoscopi per l’esame del tratto gastroenterico<br />

superiore nell’uomo. Si potrà osservare che in alcuni casi questa misura è<br />

troppo breve per la valutazione del duodeno in cani grossa taglia. Ciò può<br />

sembrare sorprendente, ma l’esofago di un cane di 40 kg è molto più lungo<br />

di quello di un uomo di 75 kg. La lunghezza di un endoscopio ideale sarebbe<br />

di 125-130 cm per garantire un’adeguata penetrazione nel duodeno.<br />

Attualmente, esistono parecchi endoscopi per uso veterinario dotati di sonde<br />

più lunghe (fino a 150 cm) che contribuiscono a ridurre questo problema.<br />

L’endoscopio gastroenterico ideale dovrebbe avere un sistema di controllo<br />

direzionale dell’estremità distale a 4 vie, con la possibilità di flettere verso<br />

il basso l’estremità distale di almeno 180° e preferibilmente di 210°. Una<br />

flessione adeguata consente l’esame mediante retroflessione di rinofaringe,<br />

stomaco e retto. Gli altri tre angoli di curvatura devono essere come minimo<br />

di 90°. In commercio si trovano ancora endoscopi con deflessione della<br />

punta a due vie, ma sono molto più difficili da guidare perché per dirigerli<br />

è necessaria la contemporanea rotazione manuale della sonda tubolare. Ciò<br />

ne limita la versatilità per l’esame dello stomaco e, in particolare, per l’introduzione<br />

nel duodeno.<br />

Bisogna anche prendere in considerazione il diametro del tubo. Quello<br />

ideale, sia nel cane che nel gatto, varia da 7,0 a 9,0 mm. Il limite di 10 mm<br />

di diametro rappresenta il valore critico per consentire il passaggio dell’endoscopio<br />

attraverso il piloro e nel duodeno dei piccoli animali. La maggior<br />

parte degli endoscopi pediatrici per uso umano presenta un diametro<br />

ideale. Gli endoscopi di diametro minore (< 7 mm) di solito sono dotati di<br />

un sistema di controllo a due vie soltanto e sono troppo flessibili per un’adeguata<br />

valutazione gastroenterica. Gli strumenti per uso umano destinati<br />

all’impiego negli adulti generalmente hanno un diametro variabile da 10 a<br />

12,8 mm e sono troppo grandi per l’impiego nei piccoli animali. I colosco-<br />

215


pi umani sono più lunghi, ma le maggiori dimensioni del loro diametro, la<br />

rigidità ed il limitato angolo di deflessione della punta ne limitano l’impiego<br />

per l’endoscopia del tratto gastroenterico superiore. I broncoscopi per<br />

uso umano non sono soddisfacenti per l’endoscopia gastroenterica perché<br />

sono corti, hanno un sistema di controllo a due vie ed un diametro limitato<br />

e non consentono di effettuare con facilità l’introduzione di aria ed acqua e<br />

l’aspirazione.<br />

Si può giungere ad un compromesso con endoscopi di diametro minore.<br />

L’immagine è di solito più piccola e meno illuminata e la sonda tubolare è più<br />

flessibile. Inoltre, il canale bioptico o operatorio ha un diametro minore. Tale<br />

canale (che misura circa 2,0 mm) accoglie soltanto pinze da biopsia di piccole<br />

dimensioni e, quindi, consente solo il prelievo di campioni limitati.<br />

Utilizzando canali di maggiori dimensioni, sia l’aspirazione che il prelievo di<br />

campioni bioptici forniscono risultati migliori.!<br />

L’impugnatura è la porzione di endoscopio dove sono situati i comandi<br />

di controllo ed ospita l’oculare per la visualizzazione. Quest’ultimo è dotato<br />

di un anello di regolazione della diottra che deve essere adattata all’occhio<br />

dell’operatore prima di iniziare l’endoscopia. Nell’impugnatura si trovano le<br />

manopole di controllo per la deviazione in alto/basso e verso destra/sinistra.<br />

La maggior parte degli endoscopi è dotata di sistemi per bloccare in posizione<br />

queste manopole. Ciò rende più facile per l’endoscopista mantenere una<br />

data posizione mentre utilizza una mano per introdurre nello strumento le<br />

pinze da biopsia o per eseguire altre manualità. La valvola dell’aria/acqua è<br />

localizzata nell’impugnatura e quando si esercita su di essa una lieve pressione<br />

spinge l’aria attraverso l’endoscopio determinando l’insufflazione dell’organo.<br />

La depressione della valvola consente di spruzzare acqua sulla lente<br />

dell’endoscopio per pulirla. La depressione della seconda valvola esita nell’aspirazione<br />

del gas o del fluido attraverso il canale operatorio. Esiste poi un<br />

condotto a parte in cui è possibile introdurre pinze o altri strumenti. Va notato<br />

che l’aspirazione risulta impossibile quando nel canale operatorio ci sono<br />

degli strumenti.<br />

Il cordone dell’endoscopio trasmette la luce dalla fonte luminosa attraverso<br />

i fasci di fibre ottiche ed inoltre contiene il tubo da aspirazione e quello<br />

dell’aria/acqua.<br />

Per l’endoscopia è necessaria una fonte luminosa fredda. Le possibili<br />

opzioni sono rappresentate da fonti luminose ad alta intensità, alogene o allo<br />

xenon, da 150 o 300 watt. Il wattaggio più elevato determina una maggiore<br />

illuminazione. Inoltre, le fonti luminose da endoscopia contengono anche una<br />

pompa dell’aria necessaria all’insufflazione del lume gastroenterico. Per l’endoscopia<br />

serve anche un sistema di aspirazione, che però di solito non fa parte<br />

di quello della fonte luminosa.<br />

216


ACCESSORI ENDOSCOPICI<br />

Esiste un’ampia varietà di accessori che può essere fatta passare attraverso<br />

il canale operatorio. Tuttavia, solo alcuni di essi sono essenziali, come le<br />

pinze da biopsia, quelle da rimozione da corpo estraneo e gli spazzolini per il<br />

prelievo dei campioni citologici ed i tubi da aspirazione.<br />

Esistono numerose pinze da biopsia tissutale quali quelle standard ovali,<br />

quelle ovali fenestrate e quelle a coccodrillo. Le pinze fenestrate non determinano<br />

un notevole artefatto da schiacciamento e tendono a consentire di prelevare<br />

campioni di grandi dimensioni. Quelle a coccodrillo generalmente portano<br />

ad ottenere campioni più grandi perché lacerano il tessuto, ma determinano<br />

anche un considerevole schiacciamento. Entrambi i tipi di pinza sono<br />

disponibili con un ago o dente centrale che tende ad ancorare lo strumento alla<br />

mucosa impedendogli di scivolare lungo il tessuto. L’autore raccomanda l’impiego<br />

di pinze con questo ago centrale. Le pinze da biopsia devono essere<br />

tenute pulite, affilate e ben lubrificate. Non devono mai essere utilizzate per<br />

estrarre materiali diversi dai campioni bioptici.<br />

Esistono diversi tipi di pinze e cestelli che si possono utilizzare per la<br />

rimozione dei corpi estranei. Fondamentalmente, vi sono tre tipi di pinze:<br />

quelle in filo metallico a 3 o 4 denti, quelle “a dente di topo” e quelle di “a<br />

becco d’anatra”.<br />

Le pinze dentate sono utili per i grandi oggetti irregolari, quelle a dente di<br />

topo per afferrare i lembi di stoffa o altri materiali morbidi e quelle a becco<br />

d’anatra per gli oggetti appiattiti come le monete. I cestelli in filo metallico a<br />

tre o quattro anse sono necessari per rimuovere gli oggetti di grandi dimensioni<br />

come i sassi. L’autore suggerisce di disporre di due differenti strumenti<br />

per la rimozione dei corpi estranei: delle pinze a 2 o 3 denti e un cestello in<br />

filo metallico. Con questi due strumenti è possibile rimuovere la maggior<br />

parte dei corpi estranei.<br />

TECNICA<br />

Prima di iniziare l’endoscopia, si deve controllare l’endoscopio per<br />

assicurarsi che si trovi in condizioni di operare e che i comandi dell’aspirazione<br />

dell’aria/acqua siano efficienti. Bisogna anche avere a portata di<br />

mano le pinze da biopsia, gli spazzolini e gli altri strumenti necessari al<br />

prelievo di campioni bioptici. Tutti gli endoscopi sono progettati per essere<br />

tenuti con la mano sinistra. L’autore suggerisce di utilizzare la “tecnica<br />

delle tre dita”, che prevede di tenere l’endoscopio con il terzo, quarto e<br />

quinto dito della mano sinistra. Con l’indice si controllano le valvole di<br />

217


aspirazione e di immissione dell’aria/acqua, mentre sulla manopola che<br />

controlla il movimento in alto/in basso dell’endoscopio si agisce con il pollice<br />

della stessa mano. Sulla manopola che regola il movimento verso sinistra/destra<br />

si agisce invece con la mano destra, che viene impiegata anche<br />

per far avanzare la sonda tubolare. Durante la progressione, l’endoscopio va<br />

tenuto il più possibile diritto verso il paziente, per mantenere un orientamento<br />

appropriato. La maggior parte degli endoscopi è anche dotata di<br />

sistemi di bloccaggio delle manopole di controllo che fissano lo strumento<br />

nella posizione assunta.<br />

Dopo aver eseguito la procedura endoscopica è importante pulire adeguatamente<br />

lo strumento per disinfettarlo e mantenerlo in adeguate condizioni<br />

funzionali, in modo da prolungarne la vita utile. È consigliabile seguire le<br />

istruzioni del produttore. L’autore utilizza di routine il Novalsan® per pulire<br />

e disinfettare l’endoscopio. È importante spazzolare e ripulire in modo adeguato<br />

il canale da biopsia/aspirazione. Di solito, non è necessario sterilizzare<br />

completamente lo strumento fra un uso e l’altro.<br />

Gli strumenti collaterali come le pinze da biopsia e quelle da corpo estraneo<br />

devono essere puliti. Sangue, muco o altre secrezioni essiccate sulle pinze<br />

spesso le “bloccano” impedendo loro di funzionare. Inoltre, è necessaria una<br />

lubrificazione con silicone o olio minerale. Per pulire le pinze da biopsia funzionano<br />

bene gli strumenti ad ultrasuoni. L’endoscopio deve essere conservato<br />

appeso in uno sgabuzzino piuttosto che nella confezione con cui è stato<br />

venduto. Ciò consente il drenaggio e l’asciugatura dello strumento e permette<br />

di tenere la sonda tubolare sempre in posizione diritta.<br />

INDICAZIONI PER L’ENDOSCOPIA<br />

Le indicazioni dell’endoscopia gastroenterica si sono evolute con il<br />

tempo, sino a trasformare questo mezzo d’indagine un importante strumento<br />

diagnostico e terapeutico nei piccoli animali. Una volta considerata<br />

un metodo aggiuntivo rispetto agli altri, è oggi forse il più importante strumento<br />

per la valutazione dei pazienti che mostrano segni gastroenterici.<br />

Ciò vale in particolare per gli animali colpiti da affezioni della mucosa<br />

intestinale.<br />

Gli studi contrastografici con il bario non sono considerati abbastanza<br />

sensibili per delineare molti dei disordini della mucosa dell’apparato digerente.<br />

Varie prove di assorbimento intestinale non consentono di individuare<br />

con precisione la malattia. L’endoscopia ha il vantaggio di permettere<br />

non solo l’esame visivo della superficie mucosa, ma anche il prelievo di<br />

campioni bioptici da destinare alla valutazione istologica. Per lo studio dei<br />

218


disordini della motilità gastroenterica o delle lesioni ostruttive o segmentali<br />

del digiuno o dell’ileo che non possono essere raggiunte dall’endoscopio<br />

il mezzo d’elezione è ancora rappresentato dalla radiologia.<br />

Le indicazioni generali per l’endoscopia sono rappresentate da segni<br />

clinici gastroenterici inspiegabili, riscontri radiografici di anomalie esofagee,<br />

gastriche, duodenali o coliche, o prelievo di un campione bioptico di<br />

mucosa. Occasionalmente, negli animali con segni gastroenterici inspiegabili,<br />

anche dopo una valutazione completa, si riesce a giungere alla diagnosi<br />

attraverso l’endoscopia. Ad esempio, l’autore ha osservato parecchi<br />

cani con adenocarcinoma gastrico portati alla visita soltanto perché presentavano<br />

anoressia, ma non mostravano vomito ed erano considerati normali<br />

sulla base degli studi contrastografici. L’anoressia inspiegabile è stata<br />

il motivo che ha indicato l’endoscopia. Questa è diventata sempre più utile<br />

come metodo per ottenere un campione bioptico della mucosa intestinale<br />

in animali con sospette malattie infiltranti del viscere. Sembra che le biopsie<br />

duodenali abbiano la stessa probabilità di quelle ottenute da qualsiasi<br />

altro segmento del tratto intestinale di mostrare i segni delle affezioni della<br />

mucosa. La loro negatività nei casi di sospette patologie della mucosa del<br />

tenue richiede ovviamente il ricorso ad un prelievo chirurgico delle biopsie<br />

per una diagnosi definitiva.<br />

L’endoscopia offre la possibilità di ispezionare visivamente la superficie<br />

della mucosa e prelevare campioni di tessuto con le apposite pinze da<br />

biopsia. Una modificazione della struttura della mucosa suggerisce una<br />

malattia a carattere infiltrante, ma è sempre necessaria una valutazione<br />

istologica. Le variazioni del colore della mucosa non consentono sempre<br />

di prevedere il tipo di malattia presente. Si possono prelevare altri campioni<br />

utilizzando spazzole da biopsia o tubi da aspirazione per l’analisi<br />

citologica. I campioni citologici vengono esaminati alla ricerca di elementi<br />

infiammatori, parassiti o neoplasie. È anche possibile eseguire la coltura<br />

quantitativa dei campioni di fluido prelevati dal tratto prossimale del duodeno<br />

per stabilire il numero totale di batteri e determinare l’eventuale esistenza<br />

di una proliferazione, quantificare le IgA o effettuare altre analisi<br />

sul contenuto luminale.<br />

L’endoscopia è diventata un importante strumento terapeutico per la rimozione<br />

dei corpi estranei gastroenterici, la dilatazione guidata mediante olive o<br />

palloncini delle stenosi esofagee e l’inserimento di sonde da gastrotomia sotto<br />

controllo endoscopico per via percutanea (PEG).<br />

L’endoscopia sta diventando un importante mezzo di ricerca in gastroenterologia.<br />

Ad esempio, è stata usata nel cane per graduare il danno della<br />

mucosa gastrica indotto dalla somministrazione di flunixin e valutare la guarigione<br />

dell’ulcera gastrica dopo terapia con ranitidina.<br />

219


Indicazioni per l’endoscopia gastroenterica<br />

Segni clinici Tecniche<br />

Rigurgito Biopsia della mucosa gastroenterica<br />

Disfagia Valutazione della terapia<br />

Conati Rimozione dei corpi estranei<br />

Vomito Inserimento di una sonda PEG<br />

Ematemesi Coltura duodenale<br />

Nausea<br />

Anoressia inspiegabile<br />

Salivazione inspiegabile<br />

Diarrea<br />

Melena<br />

Dischezia<br />

Costipazione<br />

POTENZIALITÀ DIAGNOSTICHE DELL’ENDOSCOPIA<br />

Negli anni, l’elenco dei disordini diagnosticati attraverso l’endoscopia è<br />

andato crescendo costantemente e sono state acquisite esperienza e conoscenza<br />

sempre maggiori sulle malattie dell’apparato digerente. Senza dubbio,<br />

i nuovi riscontri diagnostici e le applicazioni terapeutiche continueranno ad<br />

evolvere. Ad esempio, l’autore ha recentemente messo a punto una tecnica di<br />

conferma endoscopica delle ernie iatali che non aveva mai osservato prima. È<br />

importante rendersi conto che esistono anche dei limiti all’endoscopia. Questi<br />

sono in parte anche basati sulle caratteristiche fisiche della sonda, sia per<br />

quanto riguarda il diametro che la lunghezza. Nei cani di grossa taglia, è possibile<br />

visualizzare solo primo tratto prossimale del duodeno, a causa dell’insufficiente<br />

lunghezza dell’endoscopio. Anche il diametro può limitare il passaggio<br />

attraverso il tratto gastroenterico. Non si deve mai cercare di far progredire<br />

lo strumento esercitando una pressione elevata. In un caso, un piccolo<br />

gatto è stato sottoposto ad endoscopia con un endoscopio da 9,5 mm, e in<br />

quell’occasione si incontrarono difficoltà a progredire attraverso il duodeno.<br />

Il gatto venne in seguito sottoposto ad intervento chirurgico per il prelievo di<br />

biopsie intestinali a tutto spessore e, come riscontro incidentale, si osservò<br />

che il margine antimesenterico della sierosa duodenale era lacerato longitudinalmente<br />

per 8 cm. Questo gatto guarì senza manifestare problemi riferibili a<br />

questa complicazione. La perforazione gastroenterica conseguente all’endoscopia<br />

o al prelievo di biopsie per via endoscopica costituisce una complicazione<br />

molto rara.<br />

Un altro dei fattori limitanti è dato dalle dimensioni dei campioni bioptici<br />

che si possono prelevare. Gli endoscopi di diametro minore presentano cana-<br />

220


li da biopsia più piccoli e, quindi, consentono di utilizzare pinze di minori<br />

dimensioni. Indipendentemente dalle dimensioni di questi strumenti, in genere<br />

si riescono ad ottenere campioni bioptici solo della mucosa. Si devono prelevare<br />

molteplici campioni di tessuto sia normale che di aspetto alterato. Nei<br />

casi di lesioni della sottomucosa, come il leiomioma gastrico o, talvolta, l’adenocarcinoma<br />

dello stomaco, il tessuto della mucosa appare istologicamente<br />

normale. In alcuni pazienti è anche utile il prelievo di campioni citologici<br />

mediante spazzolatura.<br />

Infine, le possibilità dell’endoscopia sono limitate in una certa misura<br />

dalle dimensioni dei corpi estranei gastroenterici che è possibile rimuovere.<br />

Ciò è dovuto in parte alla forma del corpo estraneo ed al tipo di pinze utilizzate.<br />

Spesso i problemi insorgono durante la retrazione dell’oggetto dallo stomaco<br />

attraverso lo sfintere esofageo caudale.<br />

221


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Reperti endoscopici<br />

normali e patologici<br />

dell’apparato digerente<br />

Sabato, 26 ottobre 2002, ore 11.30<br />

223


ESOFAGOSCOPIA<br />

L’esofagoscopia è un importante mezzo diagnostico per la valutazione<br />

degli animali con affezioni esofagee. Generalmente, viene effettuata dopo gli<br />

esami radiografici in bianco o con mezzo di contrasto (bario). In molti casi,<br />

gli studi contrastografici non sono abbastanza sensibili da delineare le affezioni<br />

della mucosa esofagea. L’endoscopia di solito non serve a valutare i<br />

disordini della motilità dell’organo. L’esofagoscopia terapeutica è indicata per<br />

la diagnosi e la rimozione dei corpi estranei e per la direzione endoscopica dei<br />

dilatatori esofagei, nonché per il trattamento delle stenosi dell’organo.<br />

Gli endoscopi gastroenterici flessibili standard con un diametro esterno di<br />

7-10 mm sono ideali per la valutazione dell’esofago del cane e del gatto. Lo<br />

strumentario occorrente è rappresentato da pinze da biopsia e da corpo estraneo.<br />

Come accessori si può disporre di dilatatori a palloncino o ad oliva (c.d.<br />

bougie) per il trattamento delle stenosi esofagee.<br />

Per valutare l’organo ed eliminare alcuni corpi estranei, si possono anche<br />

utilizzare gli esofagoscopi rigidi. Attraverso il centro di questi strumenti è possibile<br />

far passare delle robuste pinze da corpo estraneo per rimuovere oggetti di<br />

grandi dimensioni come le ossa. È consigliabile disporre di parecchi endoscopi<br />

rigidi di vari diametri, specifici per la rimozione dei corpi estranei esofagei.<br />

L’esofagoscopia va eseguita in anestesia generale, utilizzando un tubo orotracheale,<br />

con il cane in decubito laterale sinistro. Estendendo la testa ed il<br />

collo dell’animale, si introduce l’endoscopio attraverso la parte orale della<br />

faringe e lo sfintere esofageo craniale. Se la sonda viene diretta verso uno dei<br />

recessi piriformi localizzati su ciascun lato della laringe, si può incontrare una<br />

certa resistenza. Una volta che l’endoscopio è giunto nella parte prossimale<br />

del corpo dell’esofago, il lume dell’organo viene insufflato con aria. Non si<br />

deve far avanzare l’endoscopio senza visualizzare il lume. Se quest’ultimo<br />

non viene disteso dall’insufflazione, è possibile eseguire una compressione<br />

manuale appena al di sotto della laringe, per evitare che l’aria sfugga attraverso<br />

sfintere esofageo craniale. Negli animali con corpi estranei esofagei o<br />

sospette perforazioni dell’organo è necessario stare attenti, durante l’insufflazione<br />

dell’esofago, a prevenire uno pneumotorace iperteso.<br />

L’esofago normale deve essere di colore rosa-biancastro e lucente. Quando<br />

il lume viene disteso dall’aria, è possibile visualizzare l’impronta della trachea<br />

contro la sua parte cervicale. Man mano che l’endoscopio viene fatto<br />

avanzare nell’esofago toracico, diventano visibili le pulsazioni dell’aorta e del<br />

cuore contro la parete dell’organo. L’esofago si deve distendere facilmente e<br />

le pliche longitudinali si devono appiattire e lisciare. All’interno del lume dell’organo<br />

deve essere presente una scarsa quantità di fluidi che non siano riferibili<br />

ad un po’ di saliva deglutita.<br />

224


Il tratto distale dell’esofago del gatto è caratterizzato da una muscolatura<br />

liscia ed endoscopicamente si presenta sotto forma di una serie di strie circolari<br />

che si estendono sino allo sfintere esofageo caudale. Nella parte distale<br />

dell’esofago del gatto, ma non del cane, sono anche visibili i vasi sanguigni<br />

sottomucosi. Nell’animale normale, lo sfintere esofageo caudale (LES, lower<br />

esophageal sphincter) di solito è chiuso. A livello di questo sfintere è presente<br />

una demarcazione fra esofago e stomaco, dove risulta evidente il colore più<br />

rosso della mucosa gastrica. Questa giunzione è indicata col nome di rosetta<br />

gastrica. Il riscontro di uno sfintere esofageo caudale dilatato o aperto, anche<br />

se talvolta normale, suggerisce un disordine da reflusso gastroesofageo se è<br />

presente una concomitante esofagite distale. L’endoscopio deve essere fatto<br />

passare attraverso il lume dello sfintere e, una volta penetrato nello stomaco,<br />

retroflesso in direzione orale per visualizzarlo dal lato gastrico.<br />

MEGAESOFAGO<br />

L’endoscopia non è utile per formulare la diagnosi di megaesofago, che<br />

deve essere confermata radiograficamente. Quando si effettua l’endoscopia in<br />

un paziente con megaesofago si deve prestare molta attenzione al potenziale<br />

rischio di polmonite ab ingestis. L’endoscopia permette di rilevare stenosi,<br />

esofagiti o altre potenziali eziologie di dilatazione esofagea. Viene anche utilizzata<br />

per l’inserimento di una sonda da gastrostomia in alcuni pazienti con<br />

megaesofago per garantire un mezzo di apporto nutrizionale.<br />

CORPI ESTRANEI ESOFAGEI<br />

Una volta formulata la diagnosi di corpo estraneo esofageo, si raccomanda<br />

la pronta rimozione. Il danno della mucosa e le complicazioni secondarie sono<br />

tanto maggiori quanto più a lungo il corpo estraneo resta nell’esofago. I più<br />

comuni corpi estranei esofagei sono rappresentati dalle ossa. Queste di solito si<br />

arrestano nel tratto distale dell’esofago, al di sopra della base del cuore o dell’ingresso<br />

del torace. I primi tentativi devono essere finalizzati alla rimozione<br />

endoscopica conservativa del corpo estraneo. Se l’intervento endoscopico fallisce,<br />

o se si riscontrano segni di perforazione esofagea, è indicata la chirurgia.<br />

I vari metodi conservativi sono rappresentati da introduzione di una sonda<br />

gastrica per smuovere il corpo estraneo, rimozione assistita con catetere di<br />

Foley ed esofagoscopia. Le attuali indicazioni suggeriscono di utilizzare l’esofagoscopia<br />

rigida o quella a fibre ottiche. Con gli endoscopi flessibili a fibre<br />

ottiche è possibile rimuovere molti piccoli corpi estranei esofagei utilizzando<br />

225


varie pinze da prensione o cestelli in filo metallico. Lo svantaggio della<br />

rimozione mediante endoscopi flessibili è rappresentato dalle ridotte dimensioni<br />

degli strumenti utilizzabili per afferrare i corpi estranei. Per asportare<br />

oggetti di dimensioni maggiori come le ossa spesso bisogna utilizzare pinze<br />

rigide più pesanti e dotate di denti. Queste possono essere fatte passare vicino<br />

all’endoscopio flessibile, oppure attraverso uno rigido. Il vantaggio di<br />

quest’ultimo è che dilata meccanicamente l’esofago. Dentro questi strumenti<br />

è quindi possibile far passare delle pinze più grandi per rimuovere il<br />

corpo estraneo che, spesso, può essere tirato all’interno della sonda per<br />

essere facilmente rimosso. Nei casi in cui non è possibile estrarre per via<br />

orale le grandi ossa situate nella parte distale dell’esofago o altri corpi estranei,<br />

bisogna cercare di spingerli nello stomaco. Qui le ossa generalmente<br />

possono essere lasciate per andare incontro infine alla digestione. Altri<br />

materiali possono richiedere una rimozione mediante gastrostomia. Dopo la<br />

rimozione endoscopica del corpo estraneo, l’esofago deve essere accuratamente<br />

valutato. Le lacerazioni che non si estendono attraverso la parete dell’organo<br />

o le perforazioni di piccole dimensioni possono essere lasciate<br />

guarire da sole. Le lacerazioni a tutto spessore o le estese aree di necrosi<br />

spesso richiedono un intervento chirurgico.<br />

Gli ami da pesca a punta singola fissati ad una lenza vengono rimossi con<br />

facilità semplicemente sfilando quest’ultima attraverso un esofagoscopio rigido.<br />

La sonda viene quindi fatta avanzare sino a livello dell’amo, che poi viene spinto<br />

lontano dalla parete esofagea e tirato all’interno del condotto attraverso la<br />

lenza. L’amo, la lenza e l’esofagoscopio vengono quindi sfilati dall’esofago.<br />

Il follow-up prevede il digiuno del paziente per 24-48 ore. Si devono trattare<br />

in modo appropriato l’esofagite o la potenziale esofagite da reflusso. Se<br />

il danno esofageo è grave, bisogna inserire una sonda da alimentazione da<br />

gastrostomia, per assicurare un’adeguata nutrizione lasciando a riposo l’esofago.<br />

In caso di ulcerazione transmucosa di estensione pari o superiore a 180°,<br />

l’incidenza di una stenosi esofagea secondaria è elevata. In tali casi, per prevenire<br />

questo tipo di formazione, si deve prendere in considerazione l’attuazione<br />

di una terapia antinfiammatoria con corticosteroidi. Gli animali che<br />

mostrano segni di piccole perforazioni o contaminazioni mediastiniche vengono<br />

trattati con antibiotici ad ampio spettro. I corpi estranei che non possono<br />

essere rimossi per via endoscopica richiedono l’asportazione chirurgica.<br />

ESOFAGITE<br />

L’aspetto dell’esofagite è caratterizzato da eritema, erosioni e irregolarità.<br />

In questi casi può essere presente soltanto un’abbondante quantità di saliva e<br />

226


muco all’interno del lume. L’esofagite può essere dovuta a trauma meccanico<br />

diretto, ingestione di sostanze tossiche o reflusso di acido gastrico. L’endoscopia<br />

rappresenta il miglior metodo clinico per documentare le alterazioni della<br />

mucosa compatibili con l’esofagite da reflusso. Nella maggior parte dei cani e<br />

dei gatti normali, ma non in tutti, lo sfintere esofageo caudale deve essere chiuso;<br />

il riscontro endoscopico di uno sfintere grande ed aperto associato ad un<br />

arrossamento iperemico della parte distale della mucosa esofagea è compatibile<br />

con un riflusso gastroesofageo. La presenza di una mucosa friabile e sanguinante<br />

o il ristagno di fluido gastrico all’interno del lume deve far sospettare l’esistenza<br />

di questo disordine. Le biopsie esofagee prelevate durante l’endoscopia<br />

mostrano l’infiammazione della mucosa.<br />

Poiché la flogosi esofagea può esitare nella riduzione della pressione dello<br />

sfintere esofageo caudale con complicazioni di reflusso gastroesofageo, si<br />

deve anche avviare il trattamento dell’esofagite da reflusso.<br />

ERNIA IATALE<br />

Il tipo più comune di ernia iatale nel cane e nel gatto è quella caratterizzata<br />

da uno scivolamento che provoca la dislocazione craniale dell’esofago<br />

addominale, della giunzione gastroesofagea e di una porzione di stomaco<br />

attraverso lo iato esofageo ingrandito e lasso. La condizione è di solito intermittente.<br />

L’ernia iatale da scivolamento può essere congenita o acquisita.<br />

Gli aumenti della pressione intratoracica negativa durante l’inspirazione in<br />

animali con ostruzione delle vie aeree possono predisporre alla dislocazione<br />

dello iato esofageo nella cavità toracica. Ernie iatali sono state segnalate<br />

anche secondariamente al tetano in due cani con concomitante megaesofago.<br />

In genere i disordini della giunzione gastroesofagea vengono diagnosticati<br />

radiograficamente. Le immagini senza mezzo di contrasto possono evidenziare<br />

una dilatazione esofagea ed un aumento della radiopacità del tratto<br />

distale dell’esofago, della giunzione gastroesofagea e dello stomaco<br />

all’interno del tratto caudale dell’esofago. Per diagnosticare un’ernia iatale<br />

da scivolamento, sono generalmente richiesti gli studi contrastografici eseguiti<br />

con il bario. La diagnosi viene confermata dalla dimostrazione della<br />

dislocazione craniale della giunzione gastroesofagea e dello stomaco nel<br />

mediastino toracico caudale. Dal momento che l’ernia iatale è spesso intermittente,<br />

per confermare la diagnosi può essere necessario effettuare ripetute<br />

indagini mediante fluoroscopia. Le contrastografie con bario nei cani<br />

con ernia iatale da scivolamento mostrano anche il reflusso passivo del contenuto<br />

gastrico nell’esofago. Esercitando una pressione addominale diretta<br />

o ostruendo manualmente le vie aeree superiori è possibile migliorare le<br />

227


probabilità di dimostrare un’ernia iatale da scivolamento intermittente. Se<br />

lo stomaco non è dislocato nella posizione erniata, può darsi che non si<br />

osservino segni radiografici di ernia iatale anche in presenza di manifestazioni<br />

di patologie esofagee.<br />

L’endoscopia fornisce ulteriori prove dell’ernia iatale da scivolamento. Il<br />

riscontro di un’esofagite da reflusso contribuisce a confortare la diagnosi.<br />

L’endoscopio deve essere introdotto nello stomaco e retroflesso per visualizzare<br />

lo sfintere esofageo caudale dal lato gastrico. Quando lo stomaco viene<br />

insufflato con aria, si può avere una dislocazione craniale dello sfintere e della<br />

regione del cardias attraverso uno iato esofageo indebolito o ingrossato nel<br />

diaframma. A livello del cardias si può osservare l’impronta determinata dai<br />

margini dello iato esofageo ingrossato. Il riscontro endoscopico di una dislocazione<br />

craniale dello sfintere esofageo caudale e delle grandi dimensioni<br />

dello iato esofageo, associato ai segni clinici appropriati, è indicativo di ernia<br />

iatale da scivolamento.<br />

DIVERTICOLI ESOFAGEI<br />

I diverticoli si presentano sotto forma di dilatazioni sacciformi o di<br />

estroflessioni di uno o più strati della parete esofagea. La conseguenza di<br />

queste anomalie è rappresentata da disturbi della normale motilità dell’organo<br />

o accumulo di cibo e fluidi all’interno del diverticolo, con conseguente<br />

comparsa di segni di patologia esofagea. Le manifestazioni cliniche<br />

dei diverticoli sono dovute all’ammassarsi di cibo o fluidi nelle estroflessioni<br />

dell’esofago. Le lesioni di piccole dimensioni possono essere asintomatiche,<br />

mentre quelle grandi di solito esitano nella comparsa di gravi<br />

segni clinici associati a difficoltà dopo l’assunzione dei pasti. Altre manifestazioni<br />

sono rappresentate da odinofagia, conati e rigurgito. Nel cane<br />

sono stati descritti atassia, rigidità durante la deambulazione e segni di<br />

disagio. Alcuni diverticoli possono progredire fino a determinare una grave<br />

stasi esofagea ed infine una perforazione, con conseguenti manifestazioni<br />

di mediastinite e patologia respiratoria.<br />

Le indagini radiografiche possono rivelare la presenza di una massa<br />

piena d’aria o caratterizzata dalla radiopacità dei tessuti molli adiacenti<br />

all’esofago. In alcuni casi, è difficile differenziare un diverticolo esofageo<br />

da una massa mediastinica o polmonare, per cui occorre un’esofagografia<br />

con mezzo di contrasto (bario). L’endoscopia risulta particolarmente utile<br />

per determinare la localizzazione e le dimensioni del difetto della parete<br />

esofagea e per identificare altre anomalie dell’organo associate alla condizione.<br />

228


STENOSI ESOFAGEE<br />

La formazione delle stenosi è comunemente associata ad anestesia generale<br />

e reflusso enterogastrico, danneggiamento della mucosa e successiva formazione<br />

di stenosi. Si sospetta che l’associazione di preanestetici ed anestetici,<br />

la cattiva preparazione del paziente (cibo nello stomaco) ed il suo posizionamento<br />

possano predisporre al reflusso acido gastrico.<br />

Il metodo migliore per identificare il restringimento segmentale dell’esofago<br />

è rappresentato dalle contrastografie riprese con bario misto a cibo. Le<br />

stenosi si possono presentare sotto forma di strette bande fibrose o lunghe<br />

lesioni segmentali. Quelle intraparietali non vanno confuse con le anomalie<br />

dell’anello vascolare e le masse periesofagee o quelle intraluminali.<br />

L’endoscopia rappresenta un metodo migliore per identificare la presenza e le<br />

caratteristiche della maggior parte delle stenosi intraluminali.<br />

Sia nel cane che nel gatto con stenosi esofagee è stata descritta una tecnica<br />

basata sull’impiego di cateteri a palloncino, con buoni risultati. Nella stenosi,<br />

sotto controllo endoscopico o fluoroscopico, si fa avanzare uno speciale<br />

catetere in polietilene (Rigiflex Dilators, Microvasive Inc., Milford Mass).<br />

Una volta all’interno del restringimento, il palloncino viene insufflato, monitorando<br />

contemporaneamente la pressione intraluminale con un manometro.<br />

Si utilizzano cateteri con palloncini via via più grandi fino a che non si ottiene<br />

un’adeguata dilatazione esofagea. Il vantaggio dell’impiego di questa tecnica<br />

rispetto ai dilatatori ad oliva è che consente di applicare una maggiore<br />

forza radiale per espandere la stenosi, mentre l’altra metodica comporta un<br />

maggior rischio di perforazione dovuto alle forze di taglio applicate dallo<br />

strumento. Burke riferisce il successo in 6 casi sottoposti a procedure di dilatazione<br />

con catetere a palloncino. Talvolta può essere necessario ripetere il<br />

trattamento ad intervalli di una o due settimane fino a che non si ottiene un<br />

adeguato diametro del lume. Sono anche state pubblicate segnalazioni aneddotiche<br />

relative all’impiego dei manicotti dei tubi orotracheali o di cateteri di<br />

Foley per dilatare le stenosi esofagee.<br />

Dopo la dilatazione della stenosi, talvolta è indicato l’inserimento di una<br />

sonda da gastrostomia per aggirare l’esofago e garantire l’apporto nutrizionale.<br />

Si deve anche instaurare una terapia volta a prevenire il danneggiamento<br />

derivante dal reflusso gastroesofageo. È indicato un trattamento basato sull’impiego<br />

di sucralfato liquido, omeprazolo e metoclopramide o cisapride. I<br />

corticosteroidi prevengono la fibrosi esofagea e vanno somministrati dopo la<br />

dilatazione per evitare l’ulteriore formazione di stenosi. Inizialmente si utilizza<br />

il prednisone alla dose di 1-2 mg/kg suddivisi in due trattamenti giornalieri<br />

e poi si riduce gradualmente la posologia nell’arco di un periodo di 10-14<br />

giorni. Il paziente deve essere rivalutato radiograficamente o endoscopica-<br />

229


mente ad intervalli di circa 1-2 settimane per rilevare la presenza di stenosi e<br />

sottoposto a nuova dilatazione fino a che non si riscontra il mantenimento di<br />

un lume esofageo di dimensioni adeguate. In uno studio condotto sulle stenosi<br />

esofagee presso il CSU è stato riscontrato che per ottenere una percentuale<br />

di successo dell’80% (definendo il successo come la capacità di poter alimentare<br />

normalmente l’animale con una dieta umida), erano necessarie in<br />

media tre dilatazioni ad intervalli settimanali.<br />

ANOMALIE DELL’ANELLO VASCOLARE<br />

Le anomalie associate all’anello vascolare sono malformazioni congenite<br />

dei grossi vasi e/o delle loro ramificazioni. La percentuale di campioni anatomici<br />

di origine canina che presentano qualche tipo di anomalia dei grossi vasi<br />

può arrivare al 20%, ma è solo la normale relazione di tali vasi che determina<br />

l’intrappolamento dell’esofago e, di conseguenza, la comparsa dei segni<br />

clinici dell’ostruzione esofagea. Occasionalmente, è possibile apprezzare con<br />

la palpazione una dilatazione dell’organo nella regione cervicale sinistra. La<br />

diagnosi di anomalia dell’anello vascolare viene formulata routinariamente<br />

utilizzando le radiografie con mezzo di contrasto (bario) che evidenziano una<br />

dilatazione esofagea cranialmente alla base del cuore. In rari casi si può anche<br />

avere una dilatazione dell’esofago caudalmente al cuore. L’endoscopia è utile<br />

per confermare la diagnosi differenziando una stenosi intraluminale dalla<br />

compressione extraluminale determinata dai vasi sanguigni. In quest’ultimo<br />

caso, nell’area del restringimento dell’esofago è possibile osservare la pulsazione<br />

dei grossi vasi. I cani con persistenza dell’arco aortico destro (PRAA)<br />

presentano generalmente uno stomaco centrale stretto, mentre altre anomalie<br />

dell’anello vascolare possono essere caratterizzate da tasche cieche o restringimenti<br />

esofagei eccentrici.<br />

NEOPLASIE ESOFAGEE<br />

Le neoplasie sono poco comuni e costituiscono meno dello 0,5 % delle<br />

totalità delle forme tumorali del cane e del gatto. Le neoplasie esofagee possono<br />

essere primarie o costituite da una massa periesofagea o una lesione<br />

metastatica. I più comuni tumori benigni dell’esofago sono i leiomiomi.<br />

Queste neoformazioni si osservano di solito come riscontri incidentali, a<br />

meno che non siano abbastanza grandi da ostruire il lume esofageo. Nella<br />

maggior parte dei casi i leiomiomi originano nell’area dello sfintere esofageo<br />

caudale. I papillomi esofagei sono tumori benigni che occasionalmente si<br />

230


osservano nell’esofago e possono essere la conseguenza di alterazioni infiammatorie<br />

croniche.<br />

Il carcinoma squamocellulare è la più comune neoplasia maligna esofagea<br />

primaria del gatto. Si riscontra con maggiore frequenza nelle femmine anziane<br />

ed è localizzata nel terzo medio dell’esofago, appena caudalmente all’ingresso<br />

del torace. Sembra esistere una predisposizione geografica per questo<br />

tumore, dal momento che è stata riconosciuta un’incidenza elevata nei gatti in<br />

Gran Bretagna. L’esofagoscopia consente la valutazione visiva del lume esofageo<br />

ed offre la possibilità di prelevare campioni bioptici di mucosa.<br />

GASTROSCOPIA<br />

Il paziente deve essere tenuto a digiuno per almeno 12-24 ore prima dell’intervento.<br />

Per assicurarsi che l’animale non danneggi l’endoscopio, è<br />

necessaria l’anestesia generale. Si deve inserire un tubo orotracheale per evitare<br />

i fenomeni di aspirazione. Si utilizza anche un apribocca per evitare che<br />

l’animale morda il tubo utilizzato per l’inserimento dello strumento. Prima<br />

dell’endoscopia gastrica, il paziente deve essere posto in decubito laterale<br />

sinistro. Ciò fa sì che quando lo stomaco viene insufflato il piloro si sollevi<br />

nell’addome senza subire la pressione dei tessuti adiacenti. Questa posizione<br />

è quella che consente la migliore valutazione dell’antro e del piloro e la più<br />

facile penetrazione nel duodeno.<br />

Dopo aver esaminato l’esofago, l’endoscopio viene delicatamente fatto<br />

passare nel lume gastrico attraverso lo sfintere esofageo caudale. Una volta<br />

nello stomaco, il lume viene insufflato con aria. La mucosa è più rossa di<br />

quella dell’esofago e sono presenti le pliche rugose. Quando il lume viene<br />

disteso, queste ultime si appiattiscono. Una volta acquisita una certa esperienza<br />

nella valutazione dello stomaco, è possibile praticare inizialmente<br />

un’insufflazione di entità minima, per far avanzare lo strumento fino al piloro.<br />

L’eccessiva distensione fa si che l’endoscopio segua la parete della grande<br />

curvatura dello stomaco e limita la lunghezza del tratto di sonda disponibile<br />

per arrivare sino al piloro. Una volta che il lume sia stato disteso e siano<br />

evidenti le pliche rugose, si deve trovare l’area dell’antro pilorico. Di solito,<br />

l’endoscopio viene diretto a livello della grande curvatura del corpo del viscere.<br />

Le pliche rugose decorrono sino all’antro e l’endoscopio deve seguire questa<br />

direzione. In questo modo la sonda viene diretta lungo la grande curvatura<br />

verso l’incisura angolare (o angolo gastrico) che si presenta sotto forma di<br />

una plica che attraversa l’estremità distale del corpo dello stomaco. Si tratta<br />

di un importante punto di repere anatomico, che divide la piccola curvatura<br />

dall’antro.<br />

231


L’avanzamento dell’endoscopio sino all’antro può talvolta risultare difficile.<br />

Ciò vale soprattutto nei cani in cui lo stomaco è eccessivamente disteso e<br />

l’endoscopio tende ad avvolgersi ad ansa all’interno del viscere. Avanzando<br />

ulteriormente, l’estremità distale può compiere solo un minimo movimento in<br />

avanti o, paradossalmente, ripiegarsi all’indietro quando l’endoscopio viene<br />

fatto avanzare. Ciò si verifica perché la pressione esercitata dalla sonda si<br />

distribuisce allo stomaco e si espande lungo la grande curvatura. L’estremità<br />

distale dello strumento può anche ribaltarsi sull’incisura ed avanzare sino al<br />

cardias piuttosto che al piloro. Spesso è possibile rimediare a questo problema<br />

retraendo l’endoscopio e rimuovendo la maggior parte dell’aria prima di<br />

indirizzare nuovamente la sonda. Un’altra manipolazione consiste nel tenere<br />

l’estremità distale vicina alla mucosa della grande curvatura e scivolare alla<br />

cieca nell’antro. È anche possibile usufruire di un assistente che eserciti una<br />

pressione esterna sulla parte ventrale destra dell’addome spostando lo stomaco<br />

in modo di favorire l’avanzamento dell’endoscopio.<br />

L’antro dello stomaco è privo della maggior parte delle pliche rugose. Si<br />

possono osservare delle contrazioni peristaltiche e si deve identificare il piloro<br />

e penetrarvi per esaminare la parte prossimale del tenue.<br />

Una volta esaminato l’intestino, lo stomaco viene insufflato a sufficienza<br />

e sottoposto ad una valutazione completa. Le pliche rugose si appiattiscono e<br />

l’organo si distende. Dopo 12 ore di digiuno, nel lume non deve essere presente<br />

del cibo. La mucosa è liscia e di colore rosso rosato ed è più chiara nell’antro<br />

pilorico. Talvolta, si può riscontrare un aspetto a chiazze con aritmia.<br />

Ciò è solitamente dovuto a variazioni dell’apporto ematico locale e ad irritazione<br />

della parte. Nel lume può essere normalmente presente una piccola<br />

quantità di fluido limpido o striato di bile. Una volta terminata la valutazione<br />

dell’antro e del corpo dello stomaco, l’endoscopio viene retroflesso con la<br />

cosiddetta manovra “J”, che richiede una rotazione in senso antiorario dell’estremità<br />

dello strumento. Ciò consente la visualizzazione della piccola curvatura<br />

della regione del cardias dello stomaco. È possibile osservare l’endoscopio<br />

che penetra attraverso lo sfintere esofageo caudale. Quest’ultimo deve<br />

essere chiuso e stretto intorno alla sonda.<br />

L’operatore deve sempre essere consapevole della quantità di aria<br />

introdotta nello stomaco, per evitare una distensione eccessiva. Questa<br />

spesso provoca nel paziente conati riflessi e vomito. La tendenza è di<br />

aumentare il livello di anestesia, mentre la soluzione consiste di solito nell’eliminare<br />

il gas in eccesso. L’autore si serve dell’aiuto di tecnici esterni<br />

per valutare accuratamente e frequentemente la distensione addominale<br />

mediante frequenti palpazioni dell’addome durante l’endoscopia. Al termine<br />

della procedura, tutta l’aria deve essere aspirata fuori dal lume prima<br />

di retrarre l’endoscopio.<br />

232


TECNICHE DI BIOPSIA<br />

Il prelievo di biopsie della mucosa deve essere effettuato ogni volta che un<br />

cane viene sottoposto ad endoscopia. Le pinze da biopsia d’elezione sono<br />

quelle ovali a coppa o a coccodrillo, entrambe dotate di un dente di ancoraggio.<br />

Quando si prelevano i campioni bioptici, le pinze devono essere dirette<br />

perpendicolarmente al tessuto, che deve essere afferrato e poi tirato fino a<br />

determinarne il distacco. Se non sono direttamente perpendicolari, le pinze<br />

possono scivolare lungo il tessuto e di solito non consentono di prelevare<br />

campioni adeguati; tuttavia, l’uso di pinze dotate di un dente contribuisce ad<br />

evitare lo scivolamento degli strumenti. Per facilitare il prelievo delle biopsie<br />

è consigliabile sgonfiare l’organo per ridurre la tensione nel lume al fine di<br />

afferrare adeguatamente il tessuto. Da ogni sede anatomica dello stomaco, si<br />

devono prelevare due o tre campioni.<br />

Sembra esistere una considerevole discordanza fra l’aspetto endoscopico e<br />

l’interpretazione istologica. In effetti, è stato detto…”la nostra capacità di<br />

interpretare i campioni bioptici è rimasta indietro rispetto ai progressi delle<br />

tecniche di prelievo”. La mucosa può apparire normale in molte condizioni<br />

infiammatorie o neoplastiche. Il tessuto di aspetto anomalo può essere istologicamente<br />

normale in una percentuale di casi che può arrivare al 30%. La presenza<br />

di emorragia ed edema della mucosa permette come minimo di prevedere<br />

il riscontro di anomalie istologiche. Alla maggior parte di queste ultime<br />

sono associate friabilità e granularità della mucosa, con un’accuratezza prossima<br />

all’80% secondo quanto segnalato in letteratura.<br />

Durante la manipolazione dei campioni bioptici bisogna fare molta attenzione.<br />

L’autore generalmente li appoggia su un pezzetto di carta assorbente che poi<br />

ripiega delicatamente prima di immergere il tutto in formalina. È necessario individuare<br />

un istopatologo disposto a lavorare con campioni così piccoli.<br />

Il prelievo di elementi citologici mediante spazzolatura costituisce un’utile<br />

integrazione dell’endoscopia e della biopsia endoscopica. La citologia offre<br />

una valutazione diagnostica di un materiale superficiale che può andare perduto<br />

nell’elaborazione dei campioni tissutali. Batteri, protozoi e parassiti che<br />

risiedono nella mucosa possono sfuggire alle indagini istologiche, ma spesso<br />

vengono rilevati con le tecniche citologiche. L’aspirazione dei fluidi è un altro<br />

metodo per ottenere materiale da destinare alla citologia.<br />

GASTRITE<br />

L’infiammazione gastrica costituisce un’evenienza comune, la cui eziologia<br />

nella maggior parte dei casi non viene mai determinata. È molto probabi-<br />

233


le che la causa della gastrite cronica sia rappresentata da agenti presenti nel<br />

lume dello stomaco che provocano un insulto diretto o che riescono a penetrare<br />

in modo anomalo nell’organo a causa di un’alterazione della barriera<br />

della mucosa gastrica. Possono svolgere questa funzione tutti i fattori quali<br />

vari agenti chimici, sostanze presenti nella dieta (allergie o intolleranze alimentari)<br />

e farmaci. Anche le cause infettive come i miceti, i batteri ed i parassiti<br />

sono fattori da tenere presenti nell’eziologia della gastrite. Recentemente,<br />

nello stomaco dei cani e dei gatti con gastrite linfoplasmocitaria cronica è<br />

stato identificato un batterio spirale, Helicobacter. L’incidenza ed il significato<br />

clinico di questo microrganismo responsabile della gastrite cronica sono<br />

ancora oggetto di studio. Infine, può anche darsi che esista una gastrite su<br />

base immunomediata. È stato ipotizzato che dopo un insulto iniziale della<br />

mucosa gastrica si possa verificare il rilascio nello stomaco di vari antigeni<br />

che, quando vengono processati dal sistema immunitario, innescano un’autodistruzione<br />

della mucosa.<br />

HELICOBACTER<br />

La diagnosi definitiva dell’infezione da Helicobacter spp. richiede la positività<br />

degli esami colturali e l’isolamento del microrganismo. Attualmente,<br />

possono essere isolati in coltura Helicobacter heilmannii ed Helicobacter<br />

felis, che però sono difficili da individuare perché necessitano di tecniche specializzate<br />

non disponibili presso la maggior parte dei laboratori diagnostici.<br />

La diagnosi clinica si basa sull’identificazione dei microrganismi in una biopsia<br />

gastrica mediante colorazione argentica o di Giemsa modificata. Poiché<br />

le lesioni sono spesso distribuite in modo irregolare è necessario prelevare<br />

molteplici campioni bioptici. Le aree di massima concentrazione dei batteri<br />

sono rappresentate dalla regione del fondo e del cardias, nonché dall’antro. Le<br />

tecniche di microscopia elettronica costituiscono l’unico modo per differenziare<br />

Helicobacter felis da H. heilmannii. La diagnosi provvisoria può essere<br />

formulata sulla base dell’esame citologico dei campioni prelevati per spazzolatura<br />

della mucosa gastrica, in cui si evidenziano molti piccoli microrganismi<br />

spiraliformi nel muco gastrico, oppure dimostrando la presenza di batteri<br />

ureasi-produttori. Si inocula un piccolo campione di biopsia endoscopica in<br />

brodo con urea contenente un indicatore di pH al rosso fenolo, che evidenzia<br />

la produzione di ureasi batterica attraverso la scissione dell’urea in ammoniaca<br />

con conseguente viraggio di colore del terreno a rosa-rosso. In commercio<br />

si trovano parecchi kit per rilevare la presenza di batteri ureasi-produttori<br />

(CLO test), ma le provette da coltura microbiologica con urea utilizzate di<br />

routine funzionano bene e sono molto poco costose. La positività del test esita<br />

234


in un viraggio di colore entro 12 ore dall’inoculazione. Al momento attuale,<br />

non sono disponibili test sierologici per la diagnosi di Helicobacter nel cane<br />

e nel gatto.<br />

PARASSITI<br />

Di fronte ad un cane o un gatto che presenta vomito cronico associato ad<br />

una debilitazione di minima entità si devono sempre prendere in considerazione<br />

i parassiti gastroenterici. Giardia e gli ascaridi vengono di solito diagnosticati<br />

utilizzando le tecniche di esame delle feci appropriate e sono causa<br />

di vomito. Ollulanus tricuspis, un parassita dello stomaco del gatto, può essere<br />

più comune di quanto non si ritenesse un tempo. Nei felini, è causa di<br />

vomito cronico e tendenza a risultare sottopeso per l’età. Viene descritto<br />

vomito intermittente di muco, bile o cibo. Possono essere colpiti più gatti in<br />

un nucleo familiare. Il parassita è caratterizzato da un ciclo vitale diretto, con<br />

trasmissione oro-orale, per cui le uova non vengono eliminate con le feci e<br />

non si osservano negli esami coprologici. La diagnosi di infestazione da<br />

Ollulanus tricuspis si formula esaminando il vomito al microscopio a basso<br />

ingrandimento e ricercando parassiti nematodi “simili alle microfilarie”, della<br />

lunghezza di circa 0,75 mm. È possibile ottenere campioni di fluido gastrico<br />

sia per endoscopia che inducendo il vomito, per raccogliere il fluido emesso,<br />

somministrando xilazina (0,44 mg/kg IM). Il parassita sembra essere eliminato<br />

dal pyrantel pamoato o dal fenbendazolo (50 mg/kg/die per 3-5 giorni).<br />

Secondo quanto segnalato, Ollulanus tricuspis è associato ad infiltrati infiammatori<br />

cronici della mucosa di entità variabile.<br />

Anche il parassita Physaloptera si trova nello stomaco e nella parte prossimale<br />

del duodeno e può causare vomito cronico. Non è raro trovare solo uno<br />

o due elminti responsabili di segni clinici significativi. Physaloptera è presente<br />

in tutti gli Stati Uniti nonché in altre parti del mondo e l’ospite intermedio<br />

è rappresentato da vari artropodi. Sebbene sia possibile, è estremamente<br />

raro osservare le uova nelle feci degli animali colpiti esaminate per<br />

flottazione. Nella maggior parte dei casi la diagnosi viene formulata nel corso<br />

dell’endoscopia visualizzando il parassita nello stomaco o nella parte prossimale<br />

del duodeno.<br />

ULCERA GASTRICA<br />

Col termine di ulcera si indicano dei difetti macroscopicamente rilevabili<br />

della mucosa dello stomaco. La maggior parte di queste alterazioni si presen-<br />

235


ta sotto forma di molteplici erosioni della mucosa, superficiali e di piccole<br />

dimensioni. È raro osservare l’ulcera concettualmente tipica, caratterizzata da<br />

una singola grande erosione “crateriforme”. Gli animali con ulcerazione<br />

gastrica vomitano sangue che può apparire rosso brillante (sangue fresco) o,<br />

più frequentemente, avere un aspetto “a fondi di caffè” per essere rimasto<br />

nello stomaco ed essere andato incontro alla digestione acida. Tuttavia, è<br />

importante notare che un cane può essere colpito da ulcera gastrica senza<br />

mostrare evidenti segni clinici. Con la perdita ematica cronica, diviene palese<br />

la perdita di ferro, che esita in un’anemia microcitica ipocromica. La presenza<br />

di sangue nel tratto gastroenterico determina spesso un aumento dell’azotemia,<br />

mentre la creatinina risulta normale (reperto discordante). Lo squilibrio<br />

è dovuto all’elevato contenuto proteico del sangue. Nei casi di sospetta ulcerazione<br />

gastroenterica si deve effettuare la ricerca di sangue occulto nelle feci.<br />

Gli studi condotti suggeriscono che questo tipo di esame è in grado di rilevare<br />

quantità di appena 5-10 ml. Quando si esegue la ricerca del sangue occulto<br />

è importante evitare che il paziente consumi una dieta a base di carne che<br />

potrebbe portare a risultati falsi positivi.<br />

Il metodo migliore per diagnosticare un’ulcera gastrica è l’esame endoscopico.<br />

Questo consente di identificare tutte le ulcere gastriche duodenali e<br />

costituisce un mezzo per prelevare campioni bioptici di mucosa ed escludere<br />

la presenza di neoplasie o corpi estranei. L’indagine radiografica non è molto<br />

affidabile per l’identificazione delle ulcere. È difficile visualizzare i grandi<br />

crateri ulcerosi, mentre le piccole erosioni della mucosa non vengono identificate<br />

con gli studi contrastografici (bario).<br />

IPERTROFIA DELLA MUCOSA DELL’ANTRO PILORICO<br />

Si tratta di una condizione caratterizzata da ipertrofia della mucosa gastrica<br />

nella regione ventrale e pilorica dello stomaco che esita in un’ostruzione<br />

del deflusso gastrico. Nella maggior parte dei casi questa patologia si osserva<br />

nei cani di piccola taglia e di media età o più anziani. Molti di questi animali<br />

vengono descritti come nervosi o molto eccitabili. I segni clinici sono quelli<br />

del vomito cronico di cibo o secrezione gastrica. L’eziologia della condizione<br />

è sconosciuta. È possibile che svolgano un ruolo fattori quali lo stress cronico,<br />

gli stimoli nervosi o l’infiammazione cronica. Possono intervenire anche<br />

la gastrina e l’istamina, due elementi che svolgono un’azione trofica sulla<br />

mucosa gastrica.<br />

La diagnosi viene formulata sulla base dell’identificazione della ritenzione<br />

gastrica nelle immagini contrastografiche, grazie alle pliche di mucosa della<br />

regione antrale dello stomaco. Normalmente, in quest’area non devono essere<br />

236


presenti pliche rugose. L’endoscopia conferma la presenza di un’ipertrofia della<br />

mucosa. La terapia consiste nell’intervento chirurgico, per il quale viene riferito<br />

un tasso di successo dell’80%. I possibili interventi da prendere in considerazione<br />

sono la piloroplastica semplice, quella ad Y-U e la tecnica di Bilroth I.<br />

NEOPLASIA GASTRICA<br />

Esistono diversi tipi di neoplasie dello stomaco del cane e del gatto. I<br />

tumori benigni sono rappresentati da polipi che spesso costituiscono un<br />

riscontro accidentale, a meno che non ostruiscano lo svuotamento gastrico, e<br />

dai leiomiomi. Questi ultimi sono costituiti da masse lisce sottomucose, frequentemente<br />

localizzate nella regione del cardias dello stomaco. Anch’essi<br />

non causano problemi, a meno che si verifichino ulcerazioni od ostruzioni<br />

meccaniche. Il linfosarcoma gastrico è più comune nel gatto ed origina sotto<br />

forma di grande lesione a massa, in genere nel corpo dello stomaco. Può essere<br />

presente un’ulcerazione. L’adenocarcinoma gastrico è la più comune neoplasia<br />

del cane. La sua localizzazione, in ordine di preferenza, è a livello di<br />

piloro-antro, piccola curvatura e infine grande curvatura. Spesso è presente<br />

un’ulcerazione, ma alcuni possono svilupparsi solo con un coinvolgimento<br />

della sottomucosa. Lo stomaco diviene rigido e non si distende. Le pliche<br />

rugose possono essere grandi e prominenti e non si appiattiscono con l’insufflazione.<br />

A causa del coinvolgimento della sottomucosa si devono prelevare<br />

biopsie profonde attraverso ripetuti campionamenti della stessa area.<br />

DUODENOSCOPIA<br />

L’endoscopia del piccolo intestino è diventata un mezzo estremamente<br />

utile e caratterizzato da un’invasività minima per prelevare biopsie intestinali.<br />

Risulta molto importante nella diagnosi dei vari tipi di infiammazione intestinale.<br />

I limiti dell’enteroscopia sono dati dalla lunghezza degli endoscopi e,<br />

in secondo luogo, dal limite massimo raggiungibile facendo avanzare l’endoscopio<br />

e dalla difficoltà di far passare la sonda attraverso il piloro. Un altro<br />

limite è che si possono ottenere solo piccole biopsie della mucosa, che possono<br />

non riflettere la malattia intestinale presente. La valutazione dell’ileo<br />

viene effettuata durante la coloscopia e richiede un’appropriata preparazione<br />

del colon. Il principale svantaggio è che non è possibile valutare completamente<br />

il piccolo intestino. Poiché è meno invasiva dell’intervento chirurgico<br />

e consente di ridurre il ricovero ospedaliero, l’endoscopia rappresenta un<br />

mezzo diagnostico importante in caso di malattia intestinale.<br />

237


INDICAZIONI<br />

Le indicazioni per l’enteroscopia sono rappresentate da affezioni del<br />

tenue, diarrea, vomito, ematemesi, melena e perdita di peso. Anche il vomito<br />

cronico può rappresentare una ragione per il ricorso alla biopsia intestinale,<br />

perché le flogosi enteriche spesso si presentano solo con questo segno clinico.<br />

I soggetti in cui i test di laboratorio indicano un’enteropatia proteinodisperdente<br />

devono essere sottoposti all’endoscopia. Il fluido duodenale può<br />

essere prelevato per aspirazione e raccolto in provette da destinare agli esami<br />

colturali e citologici.<br />

TECNICA<br />

Il paziente deve essere tenuto a digiuno per almeno 12-24 ore prima dell’intervento.<br />

È necessaria l’anestesia generale per assicurarsi che l’animale<br />

non danneggi l’endoscopio. Si deve inserire un tubo orotracheale per evitare<br />

i fenomeni di aspirazione. Si utilizza anche un apribocca per impedire all’animale<br />

di mordere il tubo attraverso il quale viene inserita la sonda. Prima di<br />

eseguire l’endoscopia, il paziente viene posto in decubito laterale sinistro. Ciò<br />

lascia il piloro sollevato dall’addome quando lo stomaco viene insufflato,<br />

senza la pressione esercitata dai tessuti adiacenti. Questa è la posizione con<br />

cui risulta più facile valutare l’antro del piloro e penetrare nel duodeno. Il<br />

lume dell’esofago, dello stomaco e del duodeno va disteso con l’aria e l’endoscopio<br />

viene fatto avanzare solo quando si riesce a visualizzare l’interno<br />

dei vari visceri. L’operatore deve sempre essere consapevole della quantità di<br />

aria introdotta nello stomaco e nell’intestino, per evitare un’eccessiva distensione.<br />

Al termine della procedura, tutta l’aria deve essere rimossa dal lume<br />

mediante aspirazione.<br />

Quando si prevede di eseguire un’endoscopia intestinale, si deve far avanzare<br />

rapidamente la sonda attraverso lo stomaco riducendo al minimo la<br />

distensione, allo scopo di raggiungere direttamente il piloro ed attraversarlo.<br />

Lo stomaco viene quindi valutato dopo l’intestino. L’eccessiva distensione<br />

gastrica rende difficile penetrare nel piloro.<br />

Far avanzare l’endoscopio attraverso il piloro è la parte più difficile e più<br />

frustrante dell’esame. Per avere successo, è necessaria una considerevole<br />

esperienza nella manipolazione dello strumento e, talvolta, una certa fortuna.<br />

Una volta che l’endoscopio abbia raggiunto il piloro, si può osservare se il<br />

canale pilorico è aperto o chiuso. Un canale aperto di solito rende più facile<br />

la penetrazione. Non sembrano esistere farmaci capaci di determinare questo<br />

effetto. Gli studi che hanno valutato la metoclopramide, per la quale è stata<br />

238


segnalata la capacità di aumentare la motilità e l’apertura del canale pilorico,<br />

hanno riscontrato che non è di alcuna utilità per favorire la penetrazione nel<br />

duodeno. Il glucagone è ipotensivo per il tratto gastroenterico e può essere<br />

utile, ma non sono stati condotti studi per valutarne l’efficacia nel cane e nel<br />

gatto. Inoltre, si tratta di un agente molto costoso, che però viene utilizzato in<br />

medicina umana ed è altamente efficace. Per favorire l’avanzamento dell’endoscopio<br />

attraverso il piloro, l’autore preferisce, se possibile, evitare i narcotici.<br />

L’eliminazione di questi farmaci dall’elenco dei preanestetici da utilizzare<br />

sembra agevolare la progressione della sonda a livello pilorico. Non utilizzare<br />

l’atropina può anche avere qualche vantaggio, ma non esistono studi controllati<br />

che abbiano valutato narcotici ed atropina.<br />

La chiave per l’ingresso nel piloro è tenere il canale pilorico al centro<br />

del campo man mano che l’endoscopio viene fatto avanzare lentamente.<br />

Talvolta, il canale è difficile da trovare se è chiuso e le pliche antrali ne<br />

occultano l’apertura. In questi casi è necessario sondare l’area con le<br />

pinze da biopsia per trovare la via di accesso. Il lento avanzamento con<br />

l’endoscopio mantenuto al centro del canale esita nella penetrazione della<br />

sonda nel duodeno o nella sua retroflessione nello stomaco. Quando l’endoscopio<br />

si muove più facilmente, probabilmente si è retroflesso nello stomaco.<br />

Non si deve esercitare una pressione eccessiva e rapida sul piloro<br />

per avanzare lungo il canale. Quando, dopo aver effettuato molteplici tentativi,<br />

risulta impossibile penetrare nel piloro, l’autore utilizza una pinza<br />

da biopsia come guida per trovare l’entrata. Queste pinze vengono introdotte<br />

per parecchi cm nel duodeno e poi fatte avanzare lungo il viscere<br />

dirigendo accuratamente l’endoscopio. Alcuni hanno descritto una tecnica<br />

che prevede di introdurre le pinze nel duodeno, aprirne l’estremità destinata<br />

al prelievo delle biopsie, afferrare la mucosa ed infine far avanzare<br />

l’endoscopio sopra le pinze così “fissate”.<br />

Al momento del passaggio attraverso il canale, si può percepire una lieve<br />

sensazione di avanzamento. Una volta nel duodeno l’estremità dell’endoscopio<br />

di solito viene a contatto della parete, per cui l’operatore “vede rosso”.<br />

Ciò è dovuto alla netta curvatura del bulbo duodenale. Girando l’endoscopio<br />

con l’estremità verso il basso e verso destra spesso se ne facilita la progressione.<br />

Insufflando aria e muovendo la sonda su e giù e da destra a sinistra è<br />

possibile individuare e visualizzare il canale duodenale.<br />

La progressione lungo il canale pilorico risulta di solito più facile nei gatti<br />

utilizzando un endoscopio pediatrico, più piccolo. Dal momento che l’antro si<br />

immette nel canale pilorico ed il bulbo duodenale è meno angolato, spesso si<br />

penetra dritti nell’intestino. Spesso per far avanzare l’endoscopio attraverso il<br />

piloro è necessario esercitare una considerevole pressione, che però non deve<br />

essere eccessiva.<br />

239


In condizioni normali il duodeno si presenta di colore variabile da rosa a<br />

rossastro a giallo rosso nel cane e da crema a rosa rossastro nel gatto. La<br />

mucosa è spesso vellutata o di aspetto frondoso per la presenza dei villi.<br />

Con l’insufflazione del lume, l’aspetto granulare scompare. Nel tratto<br />

discendente del duodeno si identificano le placche di Peyer o noduli linfoidi,<br />

che si presentano come pseudoulcere (noduli con una bassa incisura centrale).<br />

Di solito è possibile vedere le papille duodenali. Nel cane ce ne sono<br />

due: quella prossimale (principale) che contiene un dotto pancreatico ed il<br />

dotto biliare ed è localizzata sulla parete mediale, a 3-5 cm di distanza dal<br />

piloro, e quella minore, contenente il dotto pancreatico maggiore, che si<br />

trova sulla parete dorsale a 2-3 cm dalla prima. Nel gatto esiste solo la papilla<br />

duodenale maggiore, che contiene insieme il dotto biliare comune e quello<br />

pancreatico. Nei piccoli animali l’endoscopio può talvolta essere fatto<br />

avanzare fino al digiuno. Le modificazioni della struttura della mucosa sono<br />

indicative di malattie a carattere infiltrante, ma è comunque sempre necessaria<br />

la valutazione istologica. Un cambiamento del colore della mucosa<br />

non segnala sempre una patologia.<br />

Esistono due metodi per ottenere campioni bioptici del piccolo intestino.<br />

Il primo è la tecnica di prelievo alla cieca, che prevede di far avanzare le pinze<br />

fino a che non si incontra una resistenza, di solito localizzata a livello della<br />

giunzione fra duodeno ascendente e discendente. Si aprono le pinze e si prelevano<br />

i campioni. Nelle situazioni in cui non è possibile far avanzare alcun<br />

endoscopio fino nel duodeno le pinze possono essere spinte attraverso il canale<br />

pilorico per prelevare campioni bioptici alla cieca. Il secondo metodo prevede<br />

un prelievo sotto controllo visivo, in cui le pinze sono tenute inclinate<br />

rispetto alla parete e affondate nella mucosa. In questo modo capita frequentemente<br />

che le pinze scivolino lungo la mucosa. Le pinze da biopsia, dotate di<br />

un dente centrale, spesso consentono di evitare questa complicazione. Per<br />

favorire l’esecuzione del prelievo è consigliabile sgonfiare l’organo in modo<br />

da ridurre la tensione nel lume e consentire di afferrare adeguatamente il tessuto.<br />

Il sanguinamento in genere è minimo. Durante l’endoscopia si possono<br />

anche effettuare il prelievo di fluidi per aspirazione e quello di campioni citologici<br />

per spazzolatura.<br />

Utilizzando spazzole da biopsia o provette da aspirazione si possono<br />

ottenere altri campioni da destinare all’analisi citologica. Questo materiale<br />

viene esaminato alla ricerca di elementi infiammatori, parassiti o neoplasie.<br />

I fluidi prelevati dal tratto prossimale del duodeno possono anche<br />

essere utilizzati per allestire colture quantitative, al fine di determinare il<br />

numero totale dei batteri presenti ed identificare un’eventuale proliferazione;<br />

è anche possibile effettuare la quantificazione delle IgA o altre analisi<br />

sul contenuto luminale.<br />

240


Esistono numerose condizioni capaci di causare una diarrea cronica nel<br />

cane e nel gatto. Per ciascun paziente si deve adottare un approccio sistematico<br />

e formulare una diagnosi appropriata o determinare le possibili eziologie<br />

prima di iniziare la terapia.<br />

Giardia è un protozoo flagellato capace di causare diarrea acuta e cronica<br />

nel cane e nel gatto. Si trova in tutto il mondo e spesso viene diagnosticato<br />

con una frequenza minore della sua reale diffusione. Si devono allestire<br />

strisci fecali diretti per identificare i trofozoiti mobili, ma secondo quanto è<br />

stato segnalato questo esame è caratterizzato da un tasso di successo molto<br />

basso. La flottazione delle feci in solfato di zinco è considerata il test d’elezione<br />

per l’identificazione delle cisti. Il solfato di zinco ha un peso specifico<br />

inferiore e non distrugge le cisti altrettanto rapidamente, ma la centrifugazione<br />

o flottazione deve essere rapida (< 15 minuti) perché in caso contrario<br />

le cisti vanno incontro a distruzione anche con il solfato di zinco. È stato<br />

segnalato che eseguendo tre esami per flottazione (uno al giorno), si aumenta<br />

fino all’85-90% il riscontro del parassita nei cani positivi. Si può anche<br />

formulare una diagnosi mediante biopsia intestinale o aspirazione duodenale.<br />

In uno studio condotto in cani affetti da Giardia il confronto fra aspirati<br />

duodenali e flottazione fecale ha fatto rilevare un’accuratezza dell’89% per<br />

gli aspirati ed una correttezza del 50% circa per la flottazione. Quando si esegue<br />

l’enteroscopia bisogna sempre prelevare un campione di fluido duodenale<br />

mediante aspirazione.<br />

L’insufficienza del pancreas esocrino (EPI) nel cane è una condizione<br />

comune che si verifica quando la funzione secretoria della ghiandola viene<br />

ridotta del 90% o più. Le eziologie più comuni sono l’atrofia pancreatica giovanile<br />

o una sequela di una pancreatite cronica. I test di laboratorio di routine<br />

non risultano utili ai fini della diagnosi di EPI. L’endoscopia non consente<br />

di identificare questa condizione, ma permette di escludere una concomitante<br />

infiammazione intestinale o una proliferazione batterica.<br />

Le infiammazioni intestinali (IBD, inflammatory bowel disease) idiopatiche<br />

vengono di solito classificate sulla base del tipo di flogosi presente nel<br />

tratto gastroenterico e del quadro predominante. I riscontri endoscopici sono<br />

molto variabili. È stato segnalato che fino al 65% dei casi di cani e gatti può<br />

presentare una mucosa intestinale normale all’esame endoscopico pur essendo<br />

affetto da IBD. Le modificazioni possono essere rappresentate da mucosa<br />

irregolare, nodularità e variazioni di colore. Queste non sono specifiche e non<br />

riflettono la gravità della malattia.<br />

È importante rendersi conto che non è possibile diagnosticare l’enterite<br />

linfoplasmocitaria con la sola biopsia, perché molte malattie croniche possono<br />

esitare in infiammazioni intestinali. Inoltre, le lesioni possono avere una<br />

distribuzione a chiazze ed una biopsia può non riflettere la gravità dei segni<br />

241


clinici. Bisogna far attenzione ad interpretare un referto istologico che riferisca<br />

una lieve enterite linfoplasmocitaria, dal momento che in molti cani e gatti normali<br />

si osserva un lieve aumento numerico di linfociti e plasmacellule. Quando<br />

la biopsia evidenzia alterazioni moderate o gravi con anomalie dell’architettura<br />

(come lo smussamento dei villi), l’enterite linfoplasmocitaria può essere la vera<br />

diagnosi. Se si osserva un numero elevato di linfociti infiltrato nella sottomucosa,<br />

l’eziologia può essere rappresentata da un linfosarcoma. È necessario essere<br />

consapevoli del fatto che l’enterite linfoplasmocitaria può progredire fino a questa<br />

neoplasia. Occasionalmente si osservano anemie in cui è presente una discordanza<br />

fra i segni clinici, gravi, ed i riscontri istologici, lievi. Spesso non esiste<br />

alcuna spiegazione per alcuni di questi casi.<br />

L’enterite granulomatosa è un’infiammazione intestinale poco comune<br />

caratterizzata da flogosi con aggregati di istiociti nella lamina propria. Questa<br />

condizione si osserva sia nel cane che nel gatto. La mucosa, così come viene<br />

visualizzata endoscopicamente, è di solito sempre irregolare e presenta una<br />

superficie granulare, spesso ulcerata. La lesione è generalmente segmentale,<br />

e di solito coinvolge nel processo granulomatoso l’ileo, il colon o il retto.<br />

Esita in restringimento del lume ed ulcerazione e rigidità della mucosa.<br />

Sembra a tutti gli effetti un adenocarcinoma intestinale scirroso.<br />

La proliferazione batterica è una condizione scarsamente compresa che<br />

si verifica sia nel cane che nel gatto. La regolazione del numero dei microrganismi<br />

presenti dipende da molti fattori quali la secrezione acida dello stomaco,<br />

le secrezioni intestinali, l’immunità locale, la mobilità e la dieta. Di<br />

conseguenza, esistono numerose possibili condizioni capaci di esitare in un<br />

aumento della microflora e nella conseguente comparsa dei segni clinici. Il<br />

problema può insorgere a partire da un disordine primario della motilità,<br />

un’ostruzione parziale, una riduzione della produzione di acido da parte dello<br />

stomaco o un’insufficienza del pancreas esocrino (EPI), oppure può essere<br />

idiopatico. Nel pastore tedesco è stata identificata una proliferazione batterica<br />

primaria che viene ritenuta secondaria ad una diminuzione delle concentrazioni<br />

intestinali di IgA.<br />

La diagnosi di proliferazione batterica del tenue (small intestinal bacterial<br />

overgrowth, SIBO) deve seguire gli stessi percorsi diagnostici di quella dell’enterite<br />

linfoplasmocitaria. Al momento attuale non esiste alcun test che da<br />

solo consenta di identificare la condizione. Il cosiddetto “standard aureo” è<br />

stato la quantificazione del numero dei batteri nel tratto prossimale del tenue<br />

dopo un digiuno di 8 ore; con questo test, è considerato anormale il riscontro<br />

di più di 10 5 unità formanti colonia/ml. Nei gatti si riscontrano valori più elevati,<br />

con concentrazioni > 10 6 negli animali normali. Di conseguenza, per la<br />

conferma della diagnosi è necessaria la coltura del succo duodenale, prelevato<br />

endoscopicamente oppure nel corso di una laparotomia.<br />

242


La linfangectasia è un disordine comune dall’eziologia sconosciuta ed<br />

associato ad una marcata dilatazione dei vasi linfatici della mucosa e della<br />

sottomucosa dell’intestino. Viene segnalata come la più comune causa di<br />

enteropatia proteinodisperdente. La compromissione del drenaggio intestinale<br />

causata dall’ostruzione del normale flusso linfatico conduce ad una stasi<br />

del chilo nei vasi chiliferi e linfatici dilatati della parete intestinale e del<br />

mesentere. I vasi chiliferi distesi lasciano quindi fuoriuscire le linfa (proteine,<br />

grasso e linfociti) nel lume intestinale. La conseguenza funzionale della linfangectasia<br />

è rappresentata da panipoproteinemia, linfopenia, ipocolesterolemia<br />

e malassorbimento dei grassi. La formulazione della diagnosi richiede<br />

l’esclusione di tutte le altre cause di riduzione dei livelli proteici. Enterite<br />

linfoplasmocitaria, linfosarcoma intestinale ed istoplasmosi sono solo alcuni<br />

esempi di enteropatie proteinodisperdenti. La diagnosi definitiva richiede l’identificazione<br />

delle caratteristiche lesioni istologiche. Endoscopicamente, i<br />

villi appaiono dilatati con vasi chiliferi prominenti ed estremità di colore bianco.<br />

Talvolta, offrendo all’animale una piccola quantità di grasso diverse ore<br />

prima dell’esame endoscopico si riescono a delineare meglio i villi. Nel corso<br />

dell’intervento chirurgico, di solito si osserva una rete evidente di vasi linfatici<br />

distesi e di colore bianco-lattiginoso. Spesso si osservano placche bianche<br />

nodulari sulla superficie dell’intestino e nel mesentere, rappresentate da lipogranulomi.<br />

Si tratta di accumuli locali di macrofagi carichi di lipidi che esitano<br />

in una perdita di linfa nel tessuto perilinfatico.<br />

La neoplasia intestinale può talvolta essere diagnosticata endoscopicamente.<br />

Il diffuso linfosarcoma intestinale può apparire normale o come una<br />

forma di IBD con irregolarità della mucosa. Le lesioni neoplastiche focali<br />

(linfoma, adenocarcinoma, leiomioma, ecc…) esitano spesso in ulcerazioni o<br />

irregolarità della mucosa o restringimento del diametro del lume. Spesso si<br />

riscontrano i segni di un sanguinamento gastroenterico o di un’ostruzione<br />

intestinale.<br />

Gli altri riscontri osservati talvolta durante l’endoscopia intestinale sono<br />

rappresentati da parassiti gastroenterici (ascaridi, Physaloptera o cestodi) e<br />

corpi estranei. L’ulcera duodenale è poco comune, ma si può avere in presenza<br />

di condizioni che esitano in un aumento della produzione di acido gastrico<br />

o in seguito alla somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei.<br />

COLOSCOPIA<br />

La coloscopia va eseguita negli animali che mostrano segni clinici di diarrea<br />

del crasso. Queste manifestazioni sono rappresentate da tenesmo con<br />

emissione di feci di volume ridotto contenenti muco o sangue. Si può avere<br />

243


un aumento dell’urgenza e della frequenza e, occasionalmente, dischezia.<br />

Altre indicazioni sono rappresentate da costipazione cronica od ostruzione. In<br />

alcuni casi di diarrea del tenue, le biopsie del colon possono consentire la formulazione<br />

di una diagnosi grazie al contemporaneo coinvolgimento del grosso<br />

intestino. Prima dell’esame endoscopico è indicata una completa valutazione<br />

di laboratorio, compresa la ricerca coprologica dei parassiti. L’esame<br />

citologico delle feci o dei raschiati di mucosa oppure le coprocolture possono<br />

portare ad una diagnosi e rendere inutile il ricorso all’endoscopia. Il clisma<br />

baritato non offre alcuna informazione utile in più di quelle ottenibili con<br />

l’endoscopia flessibile.<br />

Preparazione del colon – la chiave per il successo della coloscopia è l’adeguata<br />

preparazione del paziente. Allo scopo sono stati descritti numerosi<br />

protocolli. Quella che segue è la tecnica generalmente utilizzata dall’autore<br />

presso la Colorado State University. Per almeno 36 ore, ma preferibilmente<br />

48, si devono sospendere gli alimenti solidi. Di solito l’autore prescrive una<br />

soluzione elettrolitica glucosata da somministrare all’animale durante il<br />

periodo di digiuno. Circa 24 ore prima dell’esame endoscopico si pratica un<br />

clisma di acqua calda (circa 20 ml/kg). Quindi, il giorno prima dell’esame<br />

(18-24 ore) si somministra per via orale attraverso una sonda gastrica una<br />

soluzione di lavaggio gastroenterico. Si devono impiegare fluidi purganti<br />

come il Golytely® o il NuLytely® (Braintee Laboratory), in due dosi a distanza<br />

di 2-4 ore alla posologia di 25-30 ml/kg. Queste soluzioni sono ricche di<br />

ioni e non causano anomalie elettrolitiche. Impiegate in volumi elevati esitano<br />

il diarrea osmotica. Lo svantaggio è che devono essere somministrate in<br />

grande quantità attraverso la sonda gastrica. Al mattino del giorno della coloscopia<br />

si pratica un secondo clisma di acqua calda. Quindi, a distanza di<br />

parecchie ore, si effettua l’esame. Questo protocollo, così come altri analoghi,<br />

consente generalmente di ottenere una pulizia del colon adeguata.<br />

Per l’esame endoscopico del tratto superiore si utilizzano strumenti flessibili,<br />

che consentono la valutazione dell’intero colon, del cieco ed eventualmente,<br />

nella maggior parte dei casi, del tratto distale dell’ileo. Con l’endoscopia<br />

a fibre ottiche flessibile, nella maggior parte dei casi l’animale deve<br />

essere sottoposto ad anestesia generale e collocato in decubito laterale sinistro,<br />

in modo che l’ileo ed il cieco si trovino lontani dal tavolo. L’autore esegue<br />

la coloscopia in anestesia generale ed evita di ricorrere ai preanestetici<br />

narcotici a causa della loro azione sulla motilità del piccolo e grosso intestino.<br />

Si effettua un’esplorazione digitale del retto per escludere la presenza di<br />

lesioni o diverticoli in questa sede. La sonda deve essere bloccata in posizione<br />

rigida e fatta avanzare lungo il retto. In alcuni animali, può essere presente<br />

una normale costrizione fisiologica a livello della giunzione fra retto e<br />

colon. Con un’accurata manipolazione, l’endoscopio può essere fatto progre-<br />

244


dire oltre la zona dello spasmo muscolare. Il colon viene dapprima insufflato<br />

con aria e l’endoscopio viene fatto avanzare soltanto quando si riesce a visualizzare<br />

il lume. Si può evitare che l’aria sfugga dallo sfintere anale esercitando<br />

una compressione manuale dello stesso. Qualsiasi fluido presente nel<br />

colon viene aspirato e rimosso attraverso l’endoscopio. In condizioni normali<br />

il viscere deve presentare una superficie liscia e luccicante, con evidenti vasi<br />

sanguigni sottomucosi. La mucosa non deve essere friabile, né sanguinare<br />

quando viene toccata. Per far progredire l’endoscopio oltre le curvature splenica<br />

ed epatica di solito è necessario impiegare una tecnica di scivolamento<br />

alla cieca. Il punto di repere successivo è la giunzione ileocecocolica. Nel<br />

cane, il cieco è molto grande e vi si penetra senza rendersene conto, tanto che<br />

l’operatore non riesce più a trovare il lume del viscere. La valvola ileocolica<br />

è adiacente all’ostio cecale e spesso protrude come uno sfintere ispessito. In<br />

alcuni casi è possibile dirigere nell’ileo le pinze da biopsia o anche l’endoscopio.<br />

Al termine dell’ispezione visiva la sonda viene ritirata e si effettua il<br />

prelievo di campioni bioptici e/o citologici (per spazzolatura). Prima di sfilare<br />

l’endoscopio è necessario retrofletterlo (posizione J) in modo da visualizzare<br />

dalla parte opposta il retto e la giunzione anorettale.<br />

Il più comune riscontro endoscopico è la colite. Il colon è di solito irregolare,<br />

non viene ben disteso dall’aria e si osserva una perdita di vasi sanguigni<br />

della sottomucosa. La diagnosi viene formulata istologicamente. Altri riscontri<br />

sono rappresentati da malattie micotiche (istoplasmosi), neoplasia, polipi e<br />

lesioni granulomatose.<br />

La colite parassitaria è probabilmente una delle cause più comuni di<br />

infiammazione del colon nel cane. Sia gli anchilostomi che i tricocefali possono<br />

colpire il tratto prossimale del colon. I segni clinici sono spesso intermittenti,<br />

con presenza di sangue e muco al termine della defecazione. Si può<br />

anche riscontrare una concomitante colite eosinofilica. I tricocefali di solito si<br />

osservano nel cieco e nella parte prossimale del colon e, in rari casi, possono<br />

essere associati ad un’inversione cecale. I parassiti determinano spesso un<br />

interessamento dalla distribuzione irregolare, frequentemente accompagnato<br />

da ulcerazione ed iperemia; spesso si possono osservare direttamente i tricocefali<br />

fissati alla mucosa.<br />

La colite cronica idiopatica o infiammazione intestinale (IBD) a carico<br />

del colon è caratterizzata da popolazioni variabili di elementi infiammatori<br />

nella mucosa. All’interno di quest’ultima e negli strati profondi si trovano<br />

linfociti, plasmacellule ed infiltrati eosinofilici.<br />

L’eziologia della colite cronica è sconosciuta. Non si tratta di una specifica<br />

entità patologica, ma piuttosto di una descrizione di infiltrati di cellule<br />

infiammatorie dovuti ad un fattore eziologico sottostante. La sua classificazione<br />

basata su criteri istologici ed eziologici causa una certa confusione al<br />

245


momento di decidere il ciclo di terapia da attuare. Nella maggior parte dei casi<br />

si sospetta che l’agente scatenante sia un fattore intraluminale. Possono essere<br />

responsabili della condizione componenti della dieta, agenti infettivi, batteri<br />

o loro sottoprodotti, parassiti o, eventualmente, un’estensione di meccanismi<br />

immunomediati. La colite eosinofilica sembra essere associata, nella<br />

maggior parte dei casi, a fattori parassitari o dietetici. In genere, non viene<br />

mai determinato un agente eziologico, neppure nel caso delle infiammazioni<br />

per le quali è stato ipotizzato come causa un difetto dell’immunoregolazione<br />

del colon.<br />

I riscontri endoscopici sono rappresentati da iperemia, aumento di granularità<br />

della mucosa, friabilità, perdita di vasi sanguigni sottomucosi, follicoli<br />

linfoidi, irregolarità della mucosa ed alterazioni erosive. La superficie può<br />

sanguinare facilmente quando viene toccata dall’endoscopio, mentre in condizioni<br />

normali il colon è molto resistente ai traumi iatrogeni. Generalmente,<br />

risulta coinvolto il tratto discendente del viscere, ma le lesioni possono essere<br />

regionali o distribuite con un andamento a chiazze, che indica la necessità<br />

di ottenere molteplici campioni bioptici rappresentativi.<br />

La colite granulomatosa è di solito regionale ed interessa la parte distale<br />

del piccolo intestino o del colon. L’eziologia è sconosciuta e spesso sembra<br />

simile a lesioni neoplastiche. La colite istolitica ulcerativa del boxer e quella<br />

micotica (istoplasmosi) presentano quadri endoscopici analoghi. I riscontri<br />

sono rappresentati da irregolarità della mucosa, emorragia ed ulcerazione di<br />

grado variabile e diminuzione della distensibilità della parete. Le lesioni possono<br />

esitare in stenosi del colon ed apparire non dissimili dalla neoplasia di<br />

questo tratto intestinale.<br />

L’inversione cecale o intussuscezione cecocolica e l’intussuscezione ileocolica<br />

sono disordini poco comuni. L’inversione cecale esita in un invaginamento<br />

del cieco nel lume del colon portando ad un’ostruzione parziale. Nella<br />

maggior parte dei casi, si ha in associazione con un’infestazione da tricocefali.<br />

Questi si presentano come piccole proiezioni digitiformi di mucosa di<br />

aspetto normale nel lume. L’intussuscezione ileocolica appare sotto forma di<br />

masse intraluminali lisce di maggiori dimensioni, che generalmente causano<br />

un’ostruzione quasi completa del lume del colon. Le biopsie prelevata da<br />

entrambe le lesioni consentono di riscontrare soltanto un epitelio normale.<br />

I polipi del colon colpiscono generalmente la parte distale del viscere. A<br />

causa di questa loro localizzazione, può essere necessario retroflettere l’endoscopio<br />

in direzione caudale per visualizzarli. Possono essere singoli o multipli,<br />

con un’inserzione peduncolata oppure una base sessile. Le biopsie sono<br />

spesso inaffidabili, dal momento che generalmente si riesce a prelevare soltanto<br />

la mucosa superficiale. Il trattamento consiste nell’escissione chirurgica<br />

o nella polipectomia per via endoscopica mediante ansa metallica. Alcune di<br />

246


queste formazioni sono potenzialmente in grado di presentare un carcinoma<br />

in situ o di trasformarsi in una neoplasia maligna.<br />

La neoplasia del colon è poco comune nel cane e nel gatto. I segni clinici<br />

di solito sono rappresentati da ematochezia, dischezia, tenesmo e diarrea<br />

mucoide. I tumori benigni sono gli adenomi ed i leiomiomi. I più comuni fra<br />

quelli maligni sono il linfosarcoma e l’adenocarcinoma. La maggior parte<br />

prende origine nel colon discendente e nel retto. Gli adenocarcinomi generalmente<br />

sembrano simili ad una colite granulomatosa con un’ostruzione del<br />

lume del colon. Per la formulazione della diagnosi sono necessari campioni<br />

bioptici profondi. Questi si possono ottenere con il prelievo di ripetute biopsie<br />

nello stesso punto, al fine di raggiungere il tessuto della sottomucosa situato<br />

più profondamente. Il linfosarcoma può insorgere come singola massa patologica<br />

o come coinvolgimento diffuso.<br />

247


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Indicazioni e tecniche<br />

di laparoscopia<br />

Sabato, 26 ottobre 2002, ore 12.30<br />

249


L’endoscopia rigida è una tecnica per la valutazione di varie cavità<br />

corporee che utilizza endoscopi appositamente studiati (spesso indicati<br />

come telescopi).<br />

Le comuni tecniche di endoscopia rigida sono rappresentate da laparoscopia,<br />

toracoscopia, cistoscopia e rinoscopia. Per ciascuna di queste<br />

procedure verranno descritte le indicazioni, la tecnica e le potenzialità<br />

diagnostiche.<br />

L’endoscopio rigido è costituito da un tubo di metallo contenente una serie<br />

di lenti ottiche ad alta risoluzione per la trasmissione di un’immagine e di<br />

fasci di fibre ottiche per la trasmissione della luce destinata all’illuminazione<br />

della superficie da visualizzare. Il diametro, la lunghezza ed il campo visivo<br />

variano in funzione dell’endoscopio utilizzato. La maggior parte di questi<br />

strumenti è dotata di ottiche, ingrandimenti e profondità di campo eccellenti.<br />

Quando viene inserito nel lume della cavità, l’endoscopio viene accolto in un<br />

trequarti/cannula o manicotto.<br />

La cannula consente di insufflare la cavità e protegge l’endoscopio da<br />

eventuali danni. Oltre all’endoscopio, è necessario disporre di una fonte luminosa<br />

e di un cavo per la trasmissione della luce. Questi cavi sono costituiti da<br />

fasci di fibre ottiche in vetro che trasmettono la luce dalla fonte al telescopio.<br />

Sono anche disponibili videoendoscopi, essenziali per qualsiasi laparoscopia<br />

operatoria.<br />

La laparoscopia è una procedura operatoria studiata per la visualizzazione<br />

ed il prelievo di campioni bioptici dalla cavità peritoneale e dai suoi organi<br />

dopo aver indotto uno pneumoperitoneo. Sulla base del punto di inserimento<br />

dell’endoscopio, è possibile visualizzare determinati organi. La laparoscopia<br />

non sostituisce la completa esplorazione chirurgica e deve essere giustificata<br />

da specifiche indicazioni<br />

INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI<br />

Le indicazioni per la laparoscopia diagnostica sono l’esame ed il<br />

prelievo di campioni bioptici dagli organi della cavità addominale. La<br />

laparoscopia tuttavia non sostituisce l’esplorazione completa dell’addome,<br />

ma offre il mezzo per visualizzare certi organi in un determinato<br />

momento.<br />

È necessario sapere quale procedura si intende eseguire prima di inserire<br />

il telescopio, perché attraverso le singole porte è possibile visualizzare<br />

solo certi organi. Le indicazioni diagnostiche di base sono elencate<br />

nella tabella.<br />

250


Indicazioni per la laparoscopia diagnostica<br />

biopsia epatica<br />

valutazione del sistema biliare<br />

biopsia pancreatica<br />

biopsia renale<br />

biopsia intestinale<br />

valutazione delle surreni<br />

valutazione della milza<br />

valutazione dell’apparato riproduttore<br />

portografia<br />

La laparoscopia chirurgica nei piccoli animali è ancora agli esordi e le tecniche<br />

e le procedure per eseguirla sono in via di sviluppo. È limitata dall’immaginazione<br />

dell’operatore e dagli strumenti disponibili. Le procedure chirurgiche<br />

che sono state eseguite su piccoli animali in ambito clinico sono rappresentate<br />

da diversione di ostruzione del dotto biliare, inserimento di sonde<br />

da alimentazione da gastrostomia e digiunostomia, surrenalectomia, gastropessi,<br />

ovaristerectomia, rimozione di testicoli criptorchidi, cistoscopia transaddominale<br />

ed asportazione di calcoli, per citarne solo alcune.<br />

Le controindicazioni alla laparoscopia sono scarse o del tutto assenti, grazie<br />

alla minima invasività della metodica. Spesso sono buoni candidati a questo<br />

tipo di indagine i pazienti ad alto rischio per l’esplorazione chirurgica.<br />

L’ascite, le anomalie dei tempi di coagulazione e le cattive condizioni del<br />

paziente costituiscono soltanto delle controindicazioni relative. Quelle assolute<br />

si hanno unicamente in caso di peritonite settica o quando è indicato chiaramente<br />

un intervento chirurgico. La procedura risulta molto difficile nei<br />

pazienti molto piccoli (< 3 kg) ed in quelli notevolmente obesi e caratterizzati<br />

da un’enorme quantità di grasso intraddominale.<br />

COMPLICAZIONI<br />

Il tasso di complicazioni della laparoscopia è basso. In una rassegna dell’autore<br />

su oltre 300 casi, è stata riscontrata una percentuale di complicazioni<br />

inferiore al 2%. Quelle potenzialmente gravi sono rappresentate da:<br />

morte da cause anestetiche o cardiovascolari, sanguinamenti, emboli d’aria<br />

e perforazione di organi. Le complicazioni di minore entità sono gli errori<br />

dell’operatore, i difetti di funzionamento dell’apparecchiatura e l’enfisema<br />

sottocutaneo.<br />

251


APPARECCHIATURA<br />

L’apparecchiatura di base necessaria per l’esecuzione della laparoscopia è<br />

rappresentata da telescopio con corrispondente unità trequarti/cannula, fonte<br />

luminosa, insufflatore ed ago di Veress (da insufflazione). I laparoscopi destinati<br />

all’impiego nei piccoli animali hanno un diametro variabile da 5 a 10<br />

mm. L’autore utilizza attualmente una sonda da 5 mm di diametro con un<br />

campo visivo di 0° e la trova adeguata alla maggior parte degli animali. Gli<br />

endoscopi più piccoli consentono solo una visione limitata e trasmettono una<br />

minor quantità di luce per l’illuminazione. L’unità costituita dalla cannula e<br />

dal trequarti viene introdotta attraverso la parete addominale, e, dopo la rimozione<br />

del trequarti, è destinata ad ospitare il telescopio. Le cannule contengono<br />

una valvola che impedisce le perdite di gas insufflati e possiedono un adattatore<br />

Leur-lock per l’insufflazione continua di gas. L’ago di Veress è di tipo<br />

caricato a molla ed a punta smussa e viene utilizzato per determinare uno<br />

pneumoperitoneo. Per mantenere il gas all’interno della cavità addominale si<br />

utilizzano vari tipi di insufflatori. Il gas d’elezione per prevenire l’embolizzazione<br />

da aria è il biossido di carbonio.<br />

Apparecchiatura di base<br />

telescopio da 5 mm (0 gradi)<br />

due cannule con trequarti<br />

ago di Veress<br />

fonte luminosa<br />

cavo luminoso<br />

insufflatore da CO 2<br />

sonde da palpazione<br />

pinze da biopsia ovali<br />

pinze da biopsia a punch<br />

pinze da prensione<br />

facoltativo – videocamera e monitor<br />

facoltativo – metodi di documentazione fotografica<br />

Per la laparoscopia, sono disponibili numerosi accessori. Fra questi rientrano<br />

una varietà di pinze da biopsia, aghi, forbici, pinze da prensione e<br />

sonde. Questi strumenti vengono generalmente introdotti attraverso una<br />

seconda porta, adiacente al telescopio, costituita da una unità trequarti/cannula<br />

più piccola.<br />

252


La principale indicazione per la laparoscopia è il prelievo di campioni<br />

bioptici da vari organi. In particolare, è importante la valutazione di fegato,<br />

pancreas e rene. Altri organi suscettibili di esame sono la milza, le surreni,<br />

le ovaie e l’utero. La valutazione dell’intestino e della prostata risulta difficile.<br />

Altre procedure sono la puntura della cistifellea per il prelievo di materiale<br />

da destinare agli esami colturali o per l’introduzione di un mezzo di<br />

contrasto, la splenoportografia e la misurazione della polpa splenica, l’aspirazione<br />

di cisti ovariche e lo svuotamento della vescica. Le potenziali complicazioni,<br />

anche se rare, sono quelle riferibili all’anestesia, al sanguinamento,<br />

all’eccessiva distensione dell’addome, all’embolizzazione d’aria ed<br />

allo pneumotorace.<br />

TECNICA<br />

Prima di eseguire la laparoscopia, il paziente deve essere tenuto a digiuno<br />

per 12 ore e si deve svuotare la vescica. Le procedure laparoscopiche possono<br />

essere attuate sia in anestesia generale che in sedazione profonda, con<br />

infiltrazione locale di lidocaina in corrispondenza dei punti di penetrazione.<br />

Si stabiliscono i punti di inserimento delle porte. Questi, così come il<br />

posizionamento del paziente, dipendono dall’area da esaminare e dalle procedure<br />

da eseguire. I due approcci più comuni sono quello laterale destro e<br />

quello lungo la linea mediana. Il primo è indicato per la valutazione di fegato,<br />

cistifellea, pancreas, duodeno, rene destro e surrene destro. Con questo<br />

tipo di approccio, la porta primaria viene a trovarsi nella parte laterale media<br />

dell’addome.<br />

L’approccio ventrale è utile per determinate procedure operatorie e consente<br />

una buona visualizzazione di fegato, cistifellea, pancreas, anse intestinali<br />

e milza. Per questo tipo di approccio la porta primaria viene realizzata a<br />

livello della linea mediana o in posizione immediatamente adiacente ad essa,<br />

vicino all’ombelico. Utilizzando l’approccio ventrale, la visualizzazione è talvolta<br />

ostacolata dal legamento falciforme. Occasionalmente si utilizza un<br />

approccio laterale sinistro, che però è compromesso dalla localizzazione della<br />

milza direttamente al di sotto del punto di penetrazione e dal rischio di indurre<br />

un trauma splenico. Con qualsiasi tipo di approccio, il punto di penetrazione<br />

può essere spostato cranialmente o caudalmente per assicurare un adeguato<br />

spazio di lavoro al laparoscopio. Ciò è talvolta reso necessario dalle dimensioni<br />

dell’animale. Ad esempio, quando si valuta un fegato piccolo in un<br />

paziente di grossa taglia, il punto di penetrazione viene spesso spostato cranialmente.<br />

In un animale molto piccolo, può essere spostato caudalmente per<br />

aumentare lo spazio di lavoro.<br />

253


Si esegue la preparazione chirurgica di routine e si delimita la superficie di<br />

intervento con teli sterili. È importante che lo spazio lasciato libero da questi<br />

ultimi sia abbastanza grande da accogliere il laparoscopio ed i canali accessori.<br />

Una volta determinato il punto di penetrazione, si esegue la palpazione<br />

dell’area per localizzare la milza o eventuali anomalie. Si pratica quindi una<br />

piccola incisione cutanea da 1 mm per l’introduzione dell’ago di Veress.<br />

Questo viene fatto passare attraverso la parete addominale afferrandone soltanto<br />

la porzione più esterna, in modo che il mandrino smusso interno sia libero<br />

di scattare in posizione una volta perforato il peritoneo. Ci si deve sempre<br />

assicurare che l’ago di Veress si trovi nella cavità addominale e non sia ritenuto<br />

fra i piani muscolari della parete addominale. L’involontaria insufflazione<br />

dei tessuti sottocutanei rende difficile l’esecuzione della procedura. Con la<br />

palpazione di solito è possibile assicurarsi dell’avvenuta penetrazione dell’ago<br />

in addome.<br />

Per garantire che l’ago sia libero in addome si esegue il test della goccia<br />

pendente. Ponendo sul cono dell’ago una goccia di soluzione fisiologica, la<br />

pressione negativa presente all’interno della cavità addominale dovrebbe<br />

tirarla all’interno. In questo modo ci si assicura che l’ago si trova in posizione<br />

corretta. Affidando l’estremità dell’insufflatore ad un assistente e collegando<br />

l’altra al cono dell’ago di Veress si connette il sistema di introduzione<br />

della CO 2. Si accende l’insufflatore automatico e si regola la velocità di flusso.<br />

La punta dell’ago deve essere localizzata vicino alla parete addominale<br />

interna e non situata profondamente in addome e sotto l’omento.<br />

L’insufflazione del gas al di sotto di quest’ultimo rende difficile la procedura<br />

laparoscopica, perché la membrana assume la forma di un pallone ed ostacola<br />

la visualizzazione.<br />

Quando l’addome viene disteso, risulta timpanico alla palpazione. Bisogna<br />

stare attenti a non indurre una distensione eccessiva dell’addome, che potrebbe<br />

compromettere il ritorno venoso e l’escursione del diaframma.<br />

A questo punto, si introduce attraverso la parete addominale un’unità trequarti/cannula<br />

destinata a ricevere il laparoscopio. È importante assicurarsi<br />

che la valvola di insufflazione sia chiusa prima di penetrare in addome.<br />

L’incisione cutanea destinata al passaggio della cannula non deve essere maggiore<br />

del diametro della cannula stessa. Ciò garantisce una chiusura ermetica,<br />

impedendo la fuoriuscita del gas intraddominale. La punta della cannula può<br />

essere utilizzata per lasciare un’impronta sulla cute che indica il diametro dell’incisione<br />

da praticare. Questa deve attraversare soltanto la cute. È possibile<br />

utilizzare una pinza emostatica per aprire la breccia e verificare che l’incisione<br />

sia di profondità ed ampiezza adeguata.<br />

L’unità trequarti/cannula viene tenuta con la testa del trequarti saldamente<br />

a ridosso del palmo della mano, in modo da evitare che lo strumento scivoli<br />

254


all’indietro nella cannula al momento dell’attraversamento della parete addominale.<br />

Con la cavità adeguatamente insufflata, si inserisce nell’incisione la<br />

punta del trequarti/cannula e, imprimendo allo strumento un movimento di<br />

torsione e di spinta, si attraversa la parete addominale. Questa spinta deve<br />

essere controllata, in modo che il trequarti attraversi solo la parete addominale<br />

e non penetri più profondamente in addome. Si può cercare di udire uno<br />

“schiocco” superficiale ed il suono del risucchio dell’aria nel trequarti quando<br />

questo penetra nell’addome disteso dal gas. Una volta che il complesso trequarti/cannula<br />

è entrato in cavità addominale, si rimuove rapidamente la parte<br />

costituita dal trequarti per evitare possibili traumi a carico dei vari organi. A<br />

questo punto si può far avanzare ulteriormente la cannula.<br />

Il laparoscopio viene preparato immergendolo preventivamente in acqua<br />

sterile calda per portarlo a temperatura corporea, in modo da ridurre l’appannamento,<br />

e poi sfregando le lenti con una garza imbevuta di alcool o acqua. Il<br />

cavo da illuminazione viene fissato affidandone l’estremità appropriata ad un<br />

assistente per la connessione alla fonte luminosa ed unendo l’altra al telescopio.<br />

Quando si utilizza in video, si collega quindi la videocamera al telescopio.<br />

Fonte luminosa, camera e monitor possono ora essere accesi.<br />

Prima di entrare in addome, si deve effettuare il bilanciamento del bianco<br />

della camera puntando il telescopio su una superficie bianca, come un tampone<br />

di garza, e poi premendo il bottone del bilanciamento del bianco situato sulla<br />

parte anteriore del processore della videocamera. Il monitor TV conferma il<br />

successo del bilanciamento. Bisogna assicurarsi che le lenti del laparoscopio e<br />

quelle della camera siano pulite, in modo da fornire un’immagine netta. Il telescopio<br />

viene quindi fatto avanzare attraverso la cannula fino nell’addome.<br />

Spesso l’immagine si presenta inizialmente sfocata, sia per effetto dei fluidi<br />

tissutali o del sangue presente nella cannula che per la condensa dovuta alla<br />

variazione di temperatura. Quando ciò si verifica, la punta dell’endoscopio va<br />

pulita sfregandola delicatamente sui tessuti addominali. Se l’immagine è<br />

ancora indistinta, lo strumento va rimosso e pulito con una garza imbevuta di<br />

alcool. In commercio si trovano anche degli agenti antiappannanti destinati ad<br />

essere applicati sulla lente.<br />

Una volta introdotto in addome il laparoscopio, si effettua un accurato<br />

esame della cavità. Per un orientamento corretto, è importante che la testa<br />

della videocamera sia sempre tenuta in senso dorsoventrale. Per assicurare<br />

questo tipo di posizionamento, il cavo della videocamera deve essere puntato<br />

in basso, verso il pavimento. Il telescopio può essere mosso dentro o fuori<br />

dalla cannula con una mano, mentre l’altra impedisce la fuoriuscita della cannula<br />

stessa dall’addome. Se la cannula esce dalla parete addominale, il suo<br />

reinserimento risulta difficile perché lo pneumoperitoneo va perduto e risulta<br />

impossibile da mantenere.<br />

255


Si rimuove l’ago di Veress e si raccorda il condotto della CO 2alla valvola<br />

da insufflazione della cannula del telescopio. Quindi, si sceglie il punto di<br />

penetrazione per la seconda porta. Questo dipende dalle procedure collaterali<br />

che si devono eseguire. Una volta stabilita la localizzazione, si verifica<br />

mediante visualizzazione interna, con il laparoscopio, il nuovo punto di penetrazione<br />

nella parete addominale, per controllare che sia adeguato e non traumatizzi<br />

gli organi interni. La procedura di inserimento della seconda cannula<br />

trequarti è identica a quella della prima.<br />

È importante mantenere lo pneumoperitoneo per effettuare un adeguato<br />

inserimento del trequarti. Tutte le cannule secondarie devono essere visualizzate<br />

internamente al momento della loro penetrazione in addome. Esercitando<br />

un movimento di torsione e spinta controllato, si fa avanzare il trequarti attraverso<br />

la parete addominale. Una volta che la cannula è penetrata in addome,<br />

si rimuove il trequarti. Per comodità, si trasferisce il condotto della CO 2 alla<br />

cannula secondaria per mantenere lo pneumoperitoneo. Si apre la valvola da<br />

insufflazione della cannula accessoria.<br />

Attraverso la seconda cannula si introduce una sonda da palpazione con<br />

contrassegni ad intervalli da 1 cm. Quando si fa passare un qualsiasi strumento<br />

attraverso la cannula secondaria, bisogna visualizzare l’operazione al<br />

momento della penetrazione in addome, evitando di agire alla cieca perché<br />

ciò potrebbe esitare in un trauma indesiderato.<br />

Si inizia l’esplorazione addominale utilizzando la sonda da palpazione per<br />

percepire e muovere gli organi a seconda delle necessità. È importante che la<br />

cannula secondaria sia inserita ad una discreta distanza dal telescopio, dal<br />

momento che un’eccessiva vicinanza potrebbe interferire con la manipolazione<br />

degli strumenti.<br />

I punti di penetrazione sono sempre basati sulle manipolazioni da effettuare.<br />

Se l’operatore non è mancino, la cannula operatoria deve essere situata<br />

a destra del telescopio, che viene tenuto con la mano sinistra. È anche possibile<br />

spostare il telescopio e gli strumenti, lasciando la cannula in sede.<br />

La sonda da palpazione viene rimossa e si utilizza una pinza da biopsia a<br />

coppa per il prelievo di campioni, che nella maggior parte dei casi viene effettuato<br />

a livello epatico. Si visualizza la cannula secondaria e si dirigono le<br />

pinze da biopsia verso l’area del fegato da prelevare. Con questo metodo è<br />

possibile ottenere campioni sia dai margini dell’organo che dalla sua superficie<br />

piana. Le dimensioni del campione risultano adeguate alla maggior parte<br />

degli studi di valutazione epatica. Il campione viene accuratamente estratto<br />

dalla pinza da biopsia per l’analisi. Si esamina la sede del prelievo per verificare<br />

che la coagulazione sia adeguata. Normalmente, a questo livello di ha<br />

solo la perdita di alcuni ml di sangue; tuttavia, a causa dell’ingrandimento,<br />

spesso sembra che il volume sia molto maggiore. Ogni sanguinamento deve<br />

256


arrestarsi entro 4 minuti. Si utilizza una sonda da palpazione per esaminare la<br />

zona alla ricerca di eventuali perdite ematiche. In caso di necessità la sonda<br />

può essere utilizzata anche per esercitare una compressione locale sull’area<br />

sanguinante.<br />

Anche se non è necessario farlo molto spesso, è possibile trattare i sanguinamenti<br />

eccessivi applicando una piccola quantità di Gel Foam TM sull’area<br />

sanguinante utilizzando le pinze da endoscopia. I punch bioptici vanno bene<br />

per il prelievo di campioni pancreatici. Per effettuare questo tipo di biopsia il<br />

campione deve essere prelevato da un margine lontano dai dotti che attraversano<br />

il centro della ghiandola. Le complicazioni delle biopsie pancreatiche<br />

sono rare e l’incidenza della pancreatite postoperatoria in uno studio sperimentale<br />

è risultata inesistente.<br />

Le biopsie si possono anche ottenere utilizzando vari tipi di appositi aghi.<br />

Questo è il metodo raccomandato per il prelievo di campioni renali. Si utilizza<br />

un ago bioptico multiuso per fegato, rene e milza. Per le biopsie renali si<br />

preferisce effettuare il prelievo a livello del rene destro, perché è meno mobile<br />

del sinistro.<br />

Il punto di penetrazione dell’addome al di sopra del rene viene visualizzato<br />

mediante transilluminazione con il telescopio. Si pratica una piccola incisione<br />

cutanea e si introduce l’ago da biopsia attraverso la parete addominale,<br />

dirigendolo endoscopicamente verso il rene.<br />

L’ago deve essere diretto in modo da ottenere un campione di corticale,<br />

evitando i grandi vasi della giunzione corticomidollare. In questo caso lo strumento<br />

viene diretto attraverso il polo craniale del rene destro. In genere, dopo<br />

una biopsia renale, si ha la perdita di parecchi ml di sangue. Inserendo correttamente<br />

l’ago ed operando con una certa esperienza nella meccanica degli<br />

aghi da biopsia, è possibile ottenere un lembo di tessuto di dimensioni adeguate.<br />

Se il sanguinamento proveniente dalla biopsia renale è eccessivo, si<br />

dirige sulla parte la sonda da palpazione e si esercita una compressione sino<br />

a che l’emorragia non si è arrestata.<br />

È anche possibile ottenere piccoli campioni bioptici intestinali per via<br />

laparoscopica esteriorizzando un tratto dell’intestino attraverso la parete<br />

addominale. Questa tecnica si effettua preferibilmente utilizzando un trequarti/cannula<br />

da 10 mm equipaggiato con un riduttore per accogliere strumenti<br />

da 5 mm. Per afferrare l’intestino si utilizzano pinze da 5 mm con denti multipli.<br />

Queste pinze vengono fatte passare attraverso la cannula da 10 mm sino<br />

a raggiungere la parte di tenue da sottoporre al prelievo. Si afferra saldamente<br />

il bordo antimesenterico dell’intestino. Il viscere viene quindi tirato nella<br />

cannula da 10 mm. Una volta che sia fermamente inserito al suo interno, viene<br />

tirato insieme alla cannula attraverso la parete addominale, esteriorizzandone<br />

una piccola sezione.<br />

257


Si applicano alcune suture di ancoraggio, fissando l’intestino alla cute in<br />

modo da evitare che ricada in addome. Si utilizza una tecnica analoga per<br />

esteriorizzare il digiuno o lo stomaco ai fini dell’inserimento chirurgico di una<br />

sonda da alimentazione da digiunostomia o gastrostomia. Si pratica un’incisione<br />

di 5 mm attraverso la parete intestinale e si asporta un piccolo lembo a<br />

tutto spessore da uno dei margini del viscere, utilizzando delle forbici curve.<br />

L’intestino viene chiuso con punti staccati semplici a tutto spessore, cioè con<br />

la stessa sutura utilizzata in caso di intervento chirurgico a cielo aperto.<br />

L’ansa viene quindi risospinta nella cavità addominale.<br />

Al termine della procedure laparoscopica si elimina lo pneumoperitoneo<br />

aprendo le valvole della cannula. Questa viene infine sfilata ed il punto di<br />

penetrazione viene suturato secondo le procedure di routine, concludendo la<br />

laparoscopia.<br />

258


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Indicazioni ed utilità<br />

della diagnostica strumentale<br />

nelle patologie dell’apparato<br />

genito-urinario<br />

Domenica, 27 ottobre 2002, ore 9.30<br />

259


Le affezioni delle basse vie urinarie rappresentano un problema importante<br />

in medicina dei piccoli animali. La cistoscopia è diventata un mezzo<br />

diagnostico significativo per la valutazione di queste condizioni. I sui vantaggi<br />

rispetto ad altri test diagnostici sono numerosi, dal momento che costituisce<br />

un metodo di visualizzazione diretta della vagina, dello sbocco uretrale,<br />

dell’uretra e della vescica, nonché degli sbocchi degli ureteri, con<br />

un’invasività minima. In molti casi la visualizzazione attraverso la cistoscopia<br />

è spesso superiore a quella ottenibile con le tecniche chirurgiche e contrastografiche.<br />

APPARECCHIATURE<br />

Utilizzando gli strumenti disponibili, è possibile valutare mediante cistoscopia<br />

transuretrale un’ampia varietà di piccoli animali. I telescopi rigidi standard<br />

utilizzati dall’autore sono rappresentati da un artroscopio da 1,9 mm con<br />

una cannula da artroscopia ed un artroscopio da 2,7 mm con una cannula da<br />

artroscopia o da cistoscopia. La cannula da artroscopia consente di effettuare<br />

l’irrigazione, mentre quella da cistoscopia, oltre a svolgere questa funzione, è<br />

anche dotata di un canale da biopsia in cui è possibile introdurre l’apposita<br />

pinza (5 Fr). Nei cani di grossa taglia (> 20 kg) si può utilizzare un cistoscopio<br />

da 3,2 mm. Questa cannula più grande accoglie pinze da biopsia di maggiori<br />

dimensioni, cestelli per la rimozione dei calcoli e pinze da prensione.<br />

La cistoscopia dei cani maschi richiede l’impiego di un endoscopio flessibile<br />

a fibra ottica o l’esecuzione di un’uretrostomia perineale temporanea per<br />

aggirare l’osso del pene e consentire l’impiego dei cistoscopi rigidi. Un metodo<br />

alternativo di valutazione dei maschi è la tecnica di cistoscopia transaddominale<br />

(vedi sotto).<br />

INDICAZIONI<br />

La cistoscopia è raccomandata come mezzo diagnostico primario per la<br />

valutazione del tratto urinario in tutte le sue affezioni acute o croniche che<br />

risultano difficili da diagnosticare o da risolvere. La valutazione endoscopica<br />

delle basse vie urinarie fornisce ulteriori informazioni non ottenibili mediante<br />

radiografie e studi contrastografici o indagini ecografiche. In alcuni casi,<br />

può essere più specifica e sensibile per la diagnosi di certe malattie. Dopo<br />

l’intervento chirurgico, la cistoscopia è la tecnica che consente la valutazione<br />

più completa delle basse vie urinarie. Risulta utile per la diagnosi e la pianificazione<br />

preoperatoria per la correzione delle ectopie degli ureteri. È possi-<br />

260


ile che gli animali con disordini infiammatori della vescica non mostrino<br />

lesioni rilevabili con altri metodi. La cistoscopia è molto utile per confermare<br />

la cistite interstiziale del gatto (FLUTD, feline lower urinary tract disease).<br />

La tecnica consente anche di confermare le lesioni osservate con altri<br />

metodi e di prelevare biopsie tissutali. La biopsia cistoscopica della parete<br />

vescicale o delle masse patologiche può portare ad una diagnosi definitiva. La<br />

cistoscopia è risultata utile in alcuni casi per determinare la localizzazione e<br />

l’origine di sanguinamenti del tratto urinario. Talvolta è possibile individuare<br />

emorragie di origine renale osservando la presenza di urina striata di sangue<br />

che fuoriesce dagli sbocchi degli ureteri. Negli animali con infezioni ricorrenti<br />

del tratto urinario e vaginite cronica risulta utile la vaginoscopia completa.<br />

I difetti anatomici della vagina, dell’uretra e della vescica sono spesso<br />

facilmente visibili durante la valutazione endoscopica. Le stenosi uretrali possono<br />

essere esaminate con la cistografia transuretrale. L’autore occasionalmente<br />

ha utilizzato dilatatori esofagei a palloncino per aprire le stenosi uretrali<br />

e vaginali. Esistono anche segnalazioni di iniezioni di polimeri nei tessuti<br />

uretrali per migliorare l’incompetenza. L’osservazione dell’emissione di<br />

urina attraverso gli sbocchi ureterali in vescica consente una valutazione indiretta<br />

della funzione dell’uretere e del rene.<br />

Cistoscopia diagnostica<br />

Cistite<br />

Cistite interstiziale<br />

Urolitiasi<br />

Polipi urinari<br />

Neoplasia vescicale ed uretrale<br />

Ectopia degli ureteri<br />

Sanguinamento renale<br />

Sanguinamento uretrale<br />

Stenosi ureterali<br />

TECNICA<br />

Per tutti i tipi di cistoscopia si utilizza l’anestesia generale; si può ricorrere<br />

anche alla sedazione profonda, che però non è consigliata per il timore di<br />

danneggiare l’endoscopio. Quando si esegue l’irrigazione endoscopica con<br />

flusso continuo o intermittente di soluzione fisiologica sterile è necessario<br />

distendere la vagina, l’uretra e la vescica. L’esame dell’apparato urinario può<br />

261


essere effettuato anche utilizzando aria, protossido d’azoto o biossido di carbonio.<br />

Quando si effettua la cistoscopia rigida transuretrale il paziente viene di<br />

solito posizionato in decubito laterale destro o sinistro. Alcuni eseguono l’esame<br />

in decubito dorsale o ventrale ritenendo che questa posizione sia più<br />

normale dal punto di vista anatomico. La posizione varia nei singoli casi ed<br />

in funzione delle preferenze personali. L’area vulvare viene tosata e preparata<br />

in modo asettico. L’autore effettua di routine la delimitazione del campo<br />

operatorio, portando la vulva in corrispondenza del bordo del tavolo chirurgico<br />

con il paziente appoggiato su parecchi teli assorbenti e collocando un secchio<br />

sotto il tavolo per raccogliere i fluidi in eccesso.<br />

Collocando una sacca di fluidi di infusione endovenosa alla cannula della<br />

porta di irrigazione si effettua un’irrigazione continua. Si apre il flusso del<br />

liquido e si introduce l’endoscopio in vagina. Quest’ultima viene distesa e lo<br />

sbocco uretrale viene visualizzato introducendo l’endoscopio all’interno dell’uretra<br />

e facendovelo progredire. Per distendere la vagina, può essere necessario<br />

chiudere manualmente le labbra vulvari per distendere il lume con il<br />

liquido. Si esegue la valutazione uretrale man mano che il condotto viene<br />

disteso dal fluido e l’endoscopio viene fatto avanzare. Le pliche uretrali si<br />

espandono e l’uretra si presenta liscia e di colore bianco. In condizioni normali<br />

l’organo è robusto e resistente al danno iatrogeno.<br />

Una volta penetrati in vescica, il flusso di irrigazione viene arrestato e si<br />

esegue il drenaggio completo dell’urina contenuta all’interno dell’organo, utilizzando<br />

la cannula dell’endoscopio. Quindi, si riprende il flusso e si distende<br />

la vescica, esaminandone la parete. Se l’urina è torbida o emorragica, può<br />

essere necessario effettuare ripetute irrigazioni della vescica. Bisogna stare<br />

attenti a non distendere eccessivamente la vescica con il fluido da irrigazione<br />

perché ciò potrebbe determinare un danno della mucosa. Questo si ha più<br />

facilmente se la vescica è affetta da un’infiammazione cronica. Il danneggiamento<br />

vescicale è spesso associato a piccole alterazioni della mucosa.<br />

Generalmente, si tratta di lesioni insignificanti, che però ostacolano la valutazione<br />

perché determinano una contaminazione ematica del fluido da irrigazione.<br />

COMPLICAZIONI E CONTROINDICAZIONI<br />

Le controindicazioni alla cistoscopia sono pochissime. Le gravi infezioni<br />

o rotture vescicali potrebbero costituire due situazioni in cui l’esame<br />

non va eseguito. La taglia ed il sesso dell’animale costituiscono il fattori<br />

limitanti perché impongono l’uso di specifici strumenti e particolari tecni-<br />

262


che. In alcune situazioni, il passaggio degli strumenti può essere limitato<br />

da stenosi o tumori uretrali. Lo stesso problema si ha quando la vescica è<br />

piccola e con la parete spessa, perché non si può ottenere una distensione<br />

adeguata.<br />

I problemi più comuni che si riscontrano nella cistoscopia sono la difficoltà<br />

di visualizzazione da ematuria o il riscontro di urina molto concentrata.<br />

Questo ostacolo può essere superato con il ripetuto drenaggio e riempimento<br />

della vescica. In alternativa, nelle situazioni dovute a scarsa visibilità,<br />

l’organo può essere disteso con un gas. Le più comuni complicazioni<br />

gravi sono la perforazione dell’uretra, della vagina o della vescica, ma si<br />

tratta di eventi rari nei soggetti sottoposti a cistoscopia. Di solito, sono<br />

dovuti ad una forza eccessiva e ad inesperienza dell’operatore. Un lieve<br />

trauma della vescica e dell’uretra è inevitabile a causa della manipolazione<br />

dell’endoscopio e della distensione della vescica. L’ematuria si può sviluppare<br />

o aggravare per alcuni giorni dopo la cistoscopia, ma di solito si<br />

risolve in poche ore. Dopo l’intervento sono possibili le infezioni del tratto<br />

urinario e, se si sospetta una contaminazione, al momento dell’esecuzione<br />

della procedura si deve somministrare una singola dose di antibiotici<br />

a scopo profilattico.<br />

CISTOSCOPIA TRANSADDOMINALE<br />

Si tratta di una procedura che prevede l’inserimento di un telescopio<br />

attraverso la parete addominale direttamente nel lume vescicale. La tecnica<br />

è simile alla laparoscopia addominale, che richiede un trequarti/cannula<br />

acuminato per l’inserimento. È necessaria l’anestesia generale ed il cane<br />

va posto in decubito dorsale. La vescica viene cateterizzata e svuotata utilizzando<br />

un catetere urinario standard. Questo viene poi raccordato ad un<br />

set di infusione endovenosa utilizzato per introdurre in vescica una soluzione<br />

fisiologica sterile fino a distendere l’organo al punto di renderlo solido,<br />

ma non troppo duro. La parete addominale al di sopra della vescica<br />

viene preparata in modo asettico e delimitata con teli sterili. Si utilizza un<br />

cistoscopio sterile o un laparoscopio di piccolo diametro (≤ 5 mm). Dopo<br />

aver individuato la vescica con la palpazione, si pratica una piccola incisione<br />

attraverso la cute, di diametro pari a quello del trequarti/cannula.<br />

Questo viene quindi inserito direttamente nel lume vescicale attraverso la<br />

parete addominale. L’organo viene mantenuto stabile con una mano. Il trequarti<br />

viene rimosso e si inserisce nel lume vescicale il telescopio attraverso<br />

la cannula. È importante mantenere la distensione dell’organo con<br />

l’irrigazione di liquido per evitare che la vescica si retragga dall’endosco-<br />

263


pio rigido. Una volta che questo è stato introdotto nell’organo, il deflussore<br />

può essere chiuso, continuando l’irrigazione attraverso la cannula. La<br />

velocità di flusso viene conservata in modo da mantenere la distensione<br />

vescicale. Bisogna anche fare attenzione ad evitare l’eccessiva penetrazione<br />

del trequarti nella parete vescicale opposta.<br />

È possibile esaminare l’intera superficie della mucosa dell’organo e spingere<br />

l’endoscopio per un breve tratto nell’uretra. Nei cani maschi, si riesce ad<br />

esaminare con facilità l’uretra prostatica. Se è necessario il prelievo di campioni<br />

o la rimozione di calcoli, si esegue una seconda puntura con una tecnica<br />

simile a quella utilizzata per l’inserimento del telescopio. Sotto controllo<br />

visivo diretto, si introducono quindi le pinze da biopsia o da prelievo. I calcoli<br />

di piccole dimensioni possono anche essere aspirati attraverso la seconda<br />

cannula.<br />

Dopo aver esaminato la vescica, si esegue il drenaggio di tutti i fluidi e si<br />

rimuovono l’endoscopio e la cannula da biopsia. Il catetere uretrale viene<br />

mantenuto in sede per 48 ore in modo da conservare vuota la vescica e consentire<br />

la chiusura della breccia nella parete.<br />

INTRODUZIONE<br />

L’endoscopia rigida è una tecnica per la valutazione di varie cavità corporee<br />

che utilizza endoscopi appositamente studiati (spesso indicati come<br />

telescopi). Le comuni tecniche di endoscopia rigida sono rappresentate da<br />

laparoscopia, toracoscopia, cistoscopia e rinoscopia. Per ciascuna di queste<br />

procedure verranno descritte le indicazioni, la tecnica e le potenzialità diagnostiche.<br />

L’endoscopio rigido è costituito da un tubo di metallo contenente una serie<br />

di lenti ottiche ad alta risoluzione per la trasmissione di un’immagine e di<br />

fasci di fibre ottiche per la trasmissione della luce destinata all’illuminazione<br />

della superficie da visualizzare. Il diametro, la lunghezza ed il campo visivo<br />

variano in funzione dell’endoscopio utilizzato. La maggior parte di questi<br />

strumenti è dotata di ottiche, ingrandimenti e profondità di campo eccellenti.<br />

Quando viene inserito nel lume della cavità, l’endoscopio viene accolto in un<br />

trequarti/cannula o manicotto.<br />

La cannula consente di insufflare la cavità e protegge l’endoscopio da<br />

eventuali danni. Oltre all’endoscopio, è necessario disporre di una fonte luminosa<br />

e di un cavo per la trasmissione della luce. Questi cavi sono costituiti da<br />

fasci di fibre ottiche in vetro che trasmettono la luce dalla fonte al telescopio.<br />

Sono anche disponibili videoendoscopi, essenziali per qualsiasi laparoscopia<br />

operatoria.<br />

264


La laparoscopia è una procedura operatoria studiata per la visualizzazione<br />

ed il prelievo di campioni bioptici dalla cavità peritoneale e dai suoi organi<br />

dopo aver indotto uno pneumoperitoneo. Sulla base del punto di inserimento<br />

dell’endoscopio, è possibile visualizzare determinati organi. La laparoscopia<br />

non sostituisce la completa esplorazione chirurgica e deve essere giustificata<br />

da specifiche indicazioni<br />

INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI<br />

Le indicazioni per la laparoscopia diagnostica sono l’esame ed il prelievo<br />

di campioni bioptici dagli organi della cavità addominale. La laparoscopia<br />

tuttavia non sostituisce l’esplorazione completa dell’addome,<br />

ma offre il mezzo per visualizzare certi organi in un determinato momento.<br />

È necessario sapere quale procedura si intende eseguire prima di inserire<br />

il telescopio, perché attraverso le singole porte è possibile visualizzare<br />

solo certi organi. Le indicazioni diagnostiche di base sono elencate<br />

nella tabella.<br />

Indicazioni per la laparoscopia diagnostica<br />

biopsia epatica<br />

valutazione del sistema biliare<br />

biopsia pancreatica<br />

biopsia renale<br />

biopsia intestinale<br />

valutazione delle surreni<br />

valutazione della milza<br />

valutazione dell’apparato riproduttore<br />

portografia<br />

La laparoscopia chirurgica nei piccoli animali è ancora agli esordi e le<br />

tecniche e le procedure per eseguirla sono in via di sviluppo. È limitata<br />

dall’immaginazione dell’operatore e dagli strumenti disponibili. Le procedure<br />

chirurgiche che sono state eseguite su piccoli animali in ambito<br />

clinico sono rappresentate da diversione di ostruzione del dotto biliare,<br />

inserimento di sonde da alimentazione da gastrostomia e digiunostomia,<br />

surrenalectomia, gastropessi, ovaristerectomia, rimozione di testicoli criptorchidi,<br />

cistoscopia transaddominale ed asportazione di calcoli, per citarne<br />

solo alcune.<br />

265


Le controindicazioni alla laparoscopia sono scarse o del tutto assenti, grazie<br />

alla minima invasività della metodica. Spesso sono buoni candidati a questo<br />

tipo di indagine i pazienti ad alto rischio per l’esplorazione chirurgica.<br />

L’ascite, le anomalie dei tempi di coagulazione e le cattive condizioni del<br />

paziente costituiscono soltanto delle controindicazioni relative. Quelle assolute<br />

si hanno unicamente in caso di peritonite settica o quando è indicato chiaramente<br />

un intervento chirurgico. La procedura risulta molto difficile nei<br />

pazienti molto piccoli (< 3 kg) ed in quelli notevolmente obesi e caratterizzati<br />

da un’enorme quantità di grasso intraddominale.<br />

COMPLICAZIONI<br />

Il tasso di complicazioni della laparoscopia è basso. In una rassegna dell’autore<br />

su oltre 300 casi, è stata riscontrata una percentuale di complicazioni<br />

inferiore al 2%. Quelle potenzialmente gravi sono rappresentate da:<br />

morte da cause anestetiche o cardiovascolari, sanguinamenti, emboli d’aria<br />

e perforazione di organi. Le complicazioni di minore entità sono gli errori<br />

dell’operatore, i difetti di funzionamento dell’apparecchiatura e l’enfisema<br />

sottocutaneo.<br />

APPARECCHIATURA<br />

L’apparecchiatura di base necessaria per l’esecuzione della laparoscopia<br />

è rappresentata da telescopio con corrispondente unità trequarti/cannula,<br />

fonte luminosa, insufflatore ed ago di Veress (da insufflazione). I<br />

laparoscopi destinati all’impiego nei piccoli animali hanno un diametro<br />

variabile da 5 a 10 mm. L’autore utilizza attualmente una sonda da 5 mm<br />

di diametro con un campo visivo di 0° e la trova adeguata alla maggior<br />

parte degli animali. Gli endoscopi più piccoli consentono solo una visione<br />

limitata e trasmettono una minor quantità di luce per l’illuminazione.<br />

L’unità costituita dalla cannula e dal trequarti viene introdotta attraverso<br />

la parete addominale, e, dopo la rimozione del trequarti, è destinata ad<br />

ospitare il telescopio. Le cannule contengono una valvola che impedisce<br />

le perdite di gas insufflati e possiedono un adattatore Leur-lock per l’insufflazione<br />

continua di gas. L’ago di Veress è di tipo caricato a molla ed a<br />

punta smussa e viene utilizzato per determinare uno pneumoperitoneo. Per<br />

mantenere il gas all’interno della cavità addominale si utilizzano vari tipi<br />

di insufflatori. Il gas d’elezione per prevenire l’embolizzazione da aria è<br />

il biossido di carbonio<br />

266


Apparecchiatura di base<br />

telescopio da 5 mm (0 gradi)<br />

due cannule con trequarti<br />

ago di Veress<br />

fonte luminosa<br />

cavo luminoso<br />

insufflatore da CO 2<br />

sonde da palpazione<br />

pinze da biopsia ovali<br />

pinze da biopsia a punch<br />

pinze da prensione<br />

facoltativo – videocamera e monitor<br />

facoltativo – metodi di documentazione fotografica<br />

Per la laparoscopia, sono disponibili numerosi accessori. Fra questi rientrano<br />

una varietà di pinze da biopsia, aghi, forbici, pinze da prensione e sonde.<br />

Questi strumenti vengono generalmente introdotti attraverso una seconda<br />

porta, adiacente al telescopio, costituita da una unità trequarti/cannula più piccola.<br />

La principale indicazione per la laparoscopia è il prelievo di campioni<br />

bioptici da vari organi. In particolare, è importante la valutazione di fegato,<br />

pancreas e rene. Altri organi suscettibili di esame sono la milza, le surreni, le<br />

ovaie e l’utero. La valutazione dell’intestino e della prostata risulta difficile.<br />

Altre procedure sono la puntura della cistifellea per il prelievo di materiale da<br />

destinare agli esami colturali o per l’introduzione di un mezzo di contrasto, la<br />

splenoportografia e la misurazione della polpa splenica, l’aspirazione di cisti<br />

ovariche e lo svuotamento della vescica. Le potenziali complicazioni, anche<br />

se rare, sono quelle riferibili all’anestesia, al sanguinamento, all’eccessiva<br />

distensione dell’addome, all’embolizzazione d’aria ed allo pneumotorace.<br />

TECNICA<br />

Prima di eseguire la laparoscopia, il paziente deve essere tenuto a digiuno<br />

per 12 ore e si deve svuotare la vescica. Le procedure laparoscopiche possono<br />

essere attuate sia in anestesia generale che in sedazione profonda, con<br />

infiltrazione locale di lidocaina in corrispondenza dei punti di penetrazione.<br />

Si stabiliscono i punti di inserimento delle porte. Questi, così come il posizionamento<br />

del paziente, dipendono dall’area da esaminare e dalle procedure<br />

da eseguire. I due approcci più comuni sono quello laterale destro e quello<br />

267


lungo la linea mediana. Il primo è indicato per la valutazione di fegato, cistifellea,<br />

pancreas, duodeno, rene destro e surrene destro. Con questo tipo di<br />

approccio, la porta primaria viene a trovarsi nella parte laterale media dell’addome.<br />

L’approccio ventrale è utile per determinate procedure operatorie e consente<br />

una buona visualizzazione di fegato, cistifellea, pancreas, anse intestinali<br />

e milza. Per questo tipo di approccio la porta primaria viene realizzata a<br />

livello della linea mediana o in posizione immediatamente adiacente ad essa,<br />

vicino all’ombelico. Utilizzando l’approccio ventrale, la visualizzazione è talvolta<br />

ostacolata dal legamento falciforme. Occasionalmente si utilizza un<br />

approccio laterale sinistro, che però è compromesso dalla localizzazione della<br />

milza direttamente al di sotto del punto di penetrazione e dal rischio di indurre<br />

un trauma splenico. Con qualsiasi tipo di approccio, il punto di penetrazione<br />

può essere spostato cranialmente o caudalmente per assicurare un adeguato<br />

spazio di lavoro al laparoscopio. Ciò è talvolta reso necessario dalle dimensioni<br />

dell’animale. Ad esempio, quando si valuta un fegato piccolo in un<br />

paziente di grossa taglia, il punto di penetrazione viene spesso spostato cranialmente.<br />

In un animale molto piccolo, può essere spostato caudalmente per<br />

aumentare lo spazio di lavoro.<br />

Si esegue la preparazione chirurgica di routine e si delimita la superficie di<br />

intervento con teli sterili. È importante che lo spazio lasciato libero da questi<br />

ultimi sia abbastanza grande da accogliere il laparoscopio ed i canali accessori.<br />

Una volta determinato il punto di penetrazione, si esegue la palpazione<br />

dell’area per localizzare la milza o eventuali anomalie. Si pratica quindi una<br />

piccola incisione cutanea da 1 mm per l’introduzione dell’ago di Veress.<br />

Questo viene fatto passare attraverso la parete addominale afferrandone soltanto<br />

la porzione più esterna, in modo che il mandrino smusso interno sia libero<br />

di scattare in posizione una volta perforato il peritoneo. Ci si deve sempre<br />

assicurare che l’ago di Veress si trovi nella cavità addominale e non sia ritenuto<br />

fra i piani muscolari della parete addominale. L’involontaria insufflazione<br />

dei tessuti sottocutanei rende difficile l’esecuzione della procedura. Con la<br />

palpazione di solito è possibile assicurarsi dell’avvenuta penetrazione dell’ago<br />

in addome.<br />

Per garantire che l’ago sia libero in addome si esegue il test della goccia<br />

pendente. Ponendo sul cono dell’ago una goccia di soluzione fisiologica, la<br />

pressione negativa presente all’interno della cavità addominale dovrebbe<br />

tirarla all’interno. In questo modo ci si assicura che l’ago si trova in posizione<br />

corretta. Affidando l’estremità dell’insufflatore ad un assistente e collegando<br />

l’altra al cono dell’ago di Veress si connette il sistema di introduzione<br />

della CO 2. Si accende l’insufflatore automatico e si regola la velocità di flusso.<br />

La punta dell’ago deve essere localizzata vicino alla parete addominale<br />

268


interna e non situata profondamente in addome e sotto l’omento.<br />

L’insufflazione del gas al di sotto di quest’ultimo rende difficile la procedura<br />

laparoscopica, perché la membrana assume la forma di un pallone ed ostacola<br />

la visualizzazione.<br />

Quando l’addome viene disteso, risulta timpanico alla palpazione. Bisogna<br />

stare attenti a non indurre una distensione eccessiva dell’addome, che potrebbe<br />

compromettere il ritorno venoso e l’escursione del diaframma.<br />

A questo punto, si introduce attraverso la parete addominale un’unità trequarti/cannula<br />

destinata a ricevere il laparoscopio. È importante assicurarsi<br />

che la valvola di insufflazione sia chiusa prima di penetrare in addome.<br />

L’incisione cutanea destinata al passaggio della cannula non deve essere maggiore<br />

del diametro della cannula stessa. Ciò garantisce una chiusura ermetica,<br />

impedendo la fuoriuscita del gas intraddominale. La punta della cannula può<br />

essere utilizzata per lasciare un’impronta sulla cute che indica il diametro dell’incisione<br />

da praticare. Questa deve attraversare soltanto la cute. È possibile<br />

utilizzare una pinza emostatica per aprire la breccia e verificare che l’incisione<br />

sia di profondità ed ampiezza adeguata.<br />

L’unità trequarti/cannula viene tenuta con la testa del trequarti saldamente<br />

a ridosso del palmo della mano, in modo da evitare che lo strumento scivoli<br />

all’indietro nella cannula al momento dell’attraversamento della parete addominale.<br />

Con la cavità adeguatamente insufflata, si inserisce nell’incisione la<br />

punta del trequarti/cannula e, imprimendo allo strumento un movimento di<br />

torsione e di spinta, si attraversa la parete addominale. Questa spinta deve<br />

essere controllata, in modo che il trequarti attraversi solo la parete addominale<br />

e non penetri più profondamente in addome. Si può cercare di udire uno<br />

“schiocco” superficiale ed il suono del risucchio dell’aria nel trequarti quando<br />

questo penetra nell’addome disteso dal gas. Una volta che il complesso trequarti/cannula<br />

è entrato in cavità addominale, si rimuove rapidamente la parte<br />

costituita dal trequarti per evitare possibili traumi a carico dei vari organi. A<br />

questo punto si può far avanzare ulteriormente la cannula.<br />

Il laparoscopio viene preparato immergendolo preventivamente in acqua<br />

sterile calda per portarlo a temperatura corporea, in modo da ridurre l’appannamento,<br />

e poi sfregando le lenti con una garza imbevuta di alcool o acqua. Il<br />

cavo da illuminazione viene fissato affidandone l’estremità appropriata ad un<br />

assistente per la connessione alla fonte luminosa ed unendo l’altra al telescopio.<br />

Quando si utilizza in video, si collega quindi la videocamera al telescopio.<br />

Fonte luminosa, camera e monitor possono ora essere accesi.<br />

Prima di entrare in addome, si deve effettuare il bilanciamento del bianco<br />

della camera puntando il telescopio su una superficie bianca, come un tampone<br />

di garza, e poi premendo il bottone del bilanciamento del bianco situato<br />

sulla parte anteriore del processore della videocamera. Il monitor TV con-<br />

269


ferma il successo del bilanciamento. Bisogna assicurarsi che le lenti del laparoscopio<br />

e quelle della camera siano pulite, in modo da fornire un’immagine<br />

netta. Il telescopio viene quindi fatto avanzare attraverso la cannula fino nell’addome.<br />

Spesso l’immagine si presenta inizialmente sfocata, sia per effetto dei fluidi<br />

tissutali o del sangue presente nella cannula che per la condensa dovuta alla<br />

variazione di temperatura. Quando ciò si verifica, la punta dell’endoscopio va<br />

pulita sfregandola delicatamente sui tessuti addominali. Se l’immagine è<br />

ancora indistinta, lo strumento va rimosso e pulito con una garza imbevuta di<br />

alcool. In commercio si trovano anche degli agenti antiappannanti destinati ad<br />

essere applicati sulla lente.<br />

Una volta introdotto in addome il laparoscopio, si effettua un accurato<br />

esame della cavità. Per un orientamento corretto, è importante che la testa<br />

della videocamera sia sempre tenuta in senso dorsoventrale. Per assicurare<br />

questo tipo di posizionamento, il cavo della videocamera deve essere puntato<br />

in basso, verso il pavimento. Il telescopio può essere mosso dentro o fuori<br />

dalla cannula con una mano, mentre l’altra impedisce la fuoriuscita della cannula<br />

stessa dall’addome. Se la cannula esce dalla parete addominale, il suo<br />

reinserimento risulta difficile perché lo pneumoperitoneo va perduto e risulta<br />

impossibile da mantenere.<br />

Si rimuove l’ago di Veress e si raccorda il condotto della CO 2alla valvola<br />

da insufflazione della cannula del telescopio. Quindi, si sceglie il punto di<br />

penetrazione per la seconda porta. Questo dipende dalle procedure collaterali<br />

che si devono eseguire. Una volta stabilita la localizzazione, si verifica<br />

mediante visualizzazione interna, con il laparoscopio, il nuovo punto di penetrazione<br />

nella parete addominale, per controllare che sia adeguato e non traumatizzi<br />

gli organi interni. La procedura di inserimento della seconda cannula<br />

trequarti è identica a quella della prima.<br />

È importante mantenere lo pneumoperitoneo per effettuare un adeguato<br />

inserimento del trequarti. Tutte le cannule secondarie devono essere visualizzate<br />

internamente al momento della loro penetrazione in addome. Esercitando<br />

un movimento di torsione e spinta controllato, si fa avanzare il trequarti attraverso<br />

la parete addominale. Una volta che la cannula è penetrata in addome,<br />

si rimuove il trequarti. Per comodità, si trasferisce il condotto della CO 2 alla<br />

cannula secondaria per mantenere lo pneumoperitoneo. Si apre la valvola da<br />

insufflazione della cannula accessoria.<br />

Attraverso la seconda cannula si introduce una sonda da palpazione con<br />

contrassegni ad intervalli da 1 cm. Quando si fa passare un qualsiasi strumento<br />

attraverso la cannula secondaria, bisogna visualizzare l’operazione al<br />

momento della penetrazione in addome, evitando di agire alla cieca perché<br />

ciò potrebbe esitare in un trauma indesiderato.<br />

270


Si inizia l’esplorazione addominale utilizzando la sonda da palpazione per<br />

percepire e muovere gli organi a seconda delle necessità. È importante che la<br />

cannula secondaria sia inserita ad una discreta distanza dal telescopio, dal<br />

momento che un’eccessiva vicinanza potrebbe interferire con la manipolazione<br />

degli strumenti.<br />

I punti di penetrazione sono sempre basati sulle manipolazioni da effettuare.<br />

Se l’operatore non è mancino, la cannula operatoria deve essere situata<br />

a destra del telescopio, che viene tenuto con la mano sinistra. È anche possibile<br />

spostare il telescopio e gli strumenti, lasciando la cannula in sede.<br />

La sonda da palpazione viene rimossa e si utilizza una pinza da biopsia a<br />

coppa per il prelievo di campioni, che nella maggior parte dei casi viene effettuato<br />

a livello epatico. Si visualizza la cannula secondaria e si dirigono le<br />

pinze da biopsia verso l’area del fegato da prelevare. Con questo metodo è<br />

possibile ottenere campioni sia dai margini dell’organo che dalla sua superficie<br />

piana. Le dimensioni del campione risultano adeguate alla maggior parte<br />

degli studi di valutazione epatica. Il campione viene accuratamente estratto<br />

dalla pinza da biopsia per l’analisi. Si esamina la sede del prelievo per verificare<br />

che la coagulazione sia adeguata. Normalmente, a questo livello di ha<br />

solo la perdita di alcuni ml di sangue; tuttavia, a causa dell’ingrandimento,<br />

spesso sembra che il volume sia molto maggiore. Ogni sanguinamento deve<br />

arrestarsi entro 4 minuti. Si utilizza una sonda da palpazione per esaminare la<br />

zona alla ricerca di eventuali perdite ematiche. In caso di necessità la sonda<br />

può essere utilizzata anche per esercitare una compressione locale sull’area<br />

sanguinante.<br />

Anche se non è necessario farlo molto spesso, è possibile trattare i sanguinamenti<br />

eccessivi applicando una piccola quantità di Gel Foam TM sull’area<br />

sanguinante utilizzando le pinze da endoscopia. I punch bioptici vanno bene<br />

per il prelievo di campioni pancreatici. Per effettuare questo tipo di biopsia il<br />

campione deve essere prelevato da un margine lontano dai dotti che attraversano<br />

il centro della ghiandola. Le complicazioni delle biopsie pancreatiche<br />

sono rare e l’incidenza della pancreatite postoperatoria in uno studio sperimentale<br />

è risultata inesistente.<br />

Le biopsie si possono anche ottenere utilizzando vari tipi di appositi aghi.<br />

Questo è il metodo raccomandato per il prelievo di campioni renali. Si utilizza<br />

un ago bioptico multiuso per fegato, rene e milza. Per le biopsie renali si<br />

preferisce effettuare il prelievo a livello del rene destro, perché è meno mobile<br />

del sinistro.<br />

Il punto di penetrazione dell’addome al di sopra del rene viene visualizzato<br />

mediante transilluminazione con il telescopio. Si pratica una piccola incisione<br />

cutanea e si introduce l’ago da biopsia attraverso la parete addominale,<br />

dirigendolo endoscopicamente verso il rene.<br />

271


L’ago deve essere diretto in modo da ottenere un campione di corticale,<br />

evitando i grandi vasi della giunzione corticomidollare. In questo caso lo strumento<br />

viene diretto attraverso il polo craniale del rene destro. In genere, dopo<br />

una biopsia renale, si ha la perdita di parecchi ml di sangue. Inserendo correttamente<br />

l’ago ed operando con una certa esperienza nella meccanica degli<br />

aghi da biopsia, è possibile ottenere un lembo di tessuto di dimensioni adeguate.<br />

Se il sanguinamento proveniente dalla biopsia renale è eccessivo, si<br />

dirige sulla parte la sonda da palpazione e si esercita una compressione sino<br />

a che l’emorragia non si è arrestata.<br />

È anche possibile ottenere piccoli campioni bioptici intestinali per via<br />

laparoscopica esteriorizzando un tratto dell’intestino attraverso la parete<br />

addominale. Questa tecnica si effettua preferibilmente utilizzando un trequarti/cannula<br />

da 10 mm equipaggiato con un riduttore per accogliere strumenti<br />

da 5 mm. Per afferrare l’intestino si utilizzano pinze da 5 mm con denti multipli.<br />

Queste pinze vengono fatte passare attraverso la cannula da 10 mm sino<br />

a raggiungere la parte di tenue da sottoporre al prelievo. Si afferra saldamente<br />

il bordo antimesenterico dell’intestino. Il viscere viene quindi tirato nella<br />

cannula da 10 mm. Una volta che sia fermamente inserito al suo interno, viene<br />

tirato insieme alla cannula attraverso la parete addominale, esteriorizzandone<br />

una piccola sezione.<br />

Si applicano alcune suture di ancoraggio, fissando l’intestino alla cute in<br />

modo da evitare che ricada in addome. Si utilizza una tecnica analoga per<br />

esteriorizzare il digiuno o lo stomaco ai fini dell’inserimento chirurgico di una<br />

sonda da alimentazione da digiunostomia o gastrostomia. Si pratica un’incisione<br />

di 5 mm attraverso la parete intestinale e si asporta un piccolo lembo a<br />

tutto spessore da uno dei margini del viscere, utilizzando delle forbici curve.<br />

L’intestino viene chiuso con punti staccati semplici a tutto spessore, cioè con<br />

la stessa sutura utilizzata in caso di intervento chirurgico a cielo aperto.<br />

L’ansa viene quindi risospinta nella cavità addominale.<br />

Al termine della procedure laparoscopica si elimina lo pneumoperitoneo<br />

aprendo le valvole della cannula. Questa viene infine sfilata ed il punto di<br />

penetrazione viene suturato secondo le procedure di routine, concludendo la<br />

laparoscopia.<br />

272


<strong>45°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>SCIVAC</strong><br />

PERUGIA, 25-27 OTTOBRE 2002<br />

David C. Twedt<br />

DVM, Dipl ACVIM<br />

Colorado State University, USA<br />

Reperti endoscopici<br />

normali e patologici<br />

dell’apparato genito-urinario<br />

Domenica, 27 ottobre 2002, ore 13.15<br />

273


La cistoscopia è indicata come mezzo diagnostico primario per la valutazione<br />

del tratto urinario in tutte le sue affezioni acute e croniche difficili da<br />

diagnosticare o da risolvere. Fatta eccezione per l’intervento chirurgico, questa<br />

è la tecnica che consente la più completa valutazione delle basse vie urinarie.<br />

È utile per la diagnosi e la pianificazione chirurgica preoperatoria per<br />

la correzione dell’ectopia degli ureteri. Gli animali con disordini infiammatori<br />

della vescica possono non presentare lesioni rilevabili con altri metodi. La<br />

cistoscopia è molto utile per confermare la cistite interstiziale del gatto<br />

(Feline Lower Urinary Tract Disease [FLUTD]). Inoltre, conferma le lesioni<br />

osservate con altri metodi e consente di prelevare biopsie tissutali. La biopsia<br />

cistoscopica della parete vescicale o di masse patologiche può portare ad una<br />

diagnosi definitiva. La cistoscopia è stata utile in alcuni casi per determinare<br />

la localizzazione e l’origine di sanguinamenti del tratto urinario. Talvolta è<br />

possibile identificare le perdite ematiche di origine renale osservando la presenza<br />

di urina emorragica che fuoriesce dall’ostio ureterale. Negli animali con<br />

infezioni ricorrenti del tratto urinario e vaginite cronica risulta utile la valutazione<br />

vaginoscopica completa. Nel corso di questo esame sono spesso facilmente<br />

visibili i difetti anatomici della vagina, dell’uretra e della vescica. Le<br />

stenosi uretrali possono essere valutate mediante cistografia transuretrale.<br />

Occasionalmente, abbiamo utilizzato dei dilatatori esofagei a palloncino per<br />

aprire stenosi uretrali e vaginali. Sono anche state pubblicate segnalazioni di<br />

iniezioni di polimeri nei tessuti uretrali per migliorare l’incompetenza del<br />

condotto. Osservando il deflusso dell’urina attraverso gli osti uretrali nella<br />

vescica è possibile effettuare una valutazione indiretta della funzione del rene<br />

e degli ureteri.<br />

RISCONTRI CISTOSCOPICI<br />

È possibile valutare l’intera uretra e la vescica con un telescopio con<br />

angolo di curvatura di 30°. A livello dell’uretra, si ricercano i segni di neoplasie,<br />

calcoli, ectopia degli sbocchi uretrali, stenosi, contusioni e lacerazioni<br />

della mucosa. L’intera vescica viene valutata alla ricerca di tumori,<br />

calcoli, diverticoli o lacerazioni o infiammazioni della mucosa. Bisogna<br />

identificare entrambi gli osti ureterali ed assicurarsi che si trovino nella<br />

posizione anatomica normale. È possibile vedere l’urina fuoriuscire dagli<br />

ureteri. In condizioni normali, la posizione di questi ultimi è ad ore 2 e ad<br />

ore 10. Si presentano come sottili fessure di mucosa nella parete vescicale,<br />

subito all’interno dello sfintere. È importante ricordare che se la vescica è<br />

distesa per effetto di una pressione eccessiva, gli osti ureterali collassano e<br />

diventano difficili da identificare.<br />

274


Generalmente, i casi di cistite batterica acuta non devono essere esaminati<br />

endoscopicamente, ma piuttosto trattati dapprima con antibiotici. In<br />

caso di infezione, l’esame è indicato alla ricerca di diverticoli o uraco persistente.<br />

È possibile identificare ed in alcune occasioni rimuovere i calcoli.<br />

Alcuni autori hanno descritto la litotripsia mediante laser o altra fonte di<br />

energia.<br />

La cistoscopia è indicata nei sanguinamenti urinari inspiegabili. I riscontri<br />

possibili sono rappresentati da ematuria renale, ulcera vescicale, polipi o<br />

tumori. Per individuare l’ematuria renale si esaminano gli osti ureterali alla<br />

ricerca della presenza di urina emorragica.<br />

L’area più comune per lo sviluppo del carcinoma delle cellule di transizione<br />

è quella del trigono vescicale. Questi tumori hanno spesso un aspetto<br />

caratteristico, sotto forma di proiezioni proliferative, spesso digitiformi, che<br />

si estendono nel lume vescicale.<br />

I gatti sono frequentemente colpiti da FLUTD. L’eziologia della condizione<br />

è sconosciuta. Recenti studi suggeriscono che molti felini, in precedenza<br />

ritenuti affetti da minzione inappropriata, sono in realtà colpiti da una<br />

cistite interstiziale. È comune l’ematuria senza infiammazione. La cistoscopia<br />

contribuisce a confermare la presenza di questa condizione nelle gatte. Il<br />

pene del maschio è troppo piccolo per la maggior parte degli endoscopi. Di<br />

solito, si induce la distensione della parete vescicale misurando la pressione<br />

con un semplice manometro. I valori pressori variano da 20 ad 80 cm di H 20.<br />

Negli animali normali non si osservano emorragie della sottomucosa (indicate<br />

come glomerulazioni), mentre nei gatti con cistite interstiziale tali emorragie<br />

si sviluppano all’aumentare della pressione e confortano la diagnosi di<br />

malattia organica.<br />

Il modo migliore per diagnosticare l’ectopia degli ureteri nelle cagne è<br />

quello di impiegare una cistoscopia. Aperture anomale si possono riscontrare<br />

in qualsiasi punto dell’uretra o della vagina. Spesso le femmine con ureteri<br />

ectopici presentano anche bande vaginali.<br />

Dopo aver portato a termine la valutazione della vescica e dell’uretra si<br />

esamina la vagina. Le anomalie di questa struttura sono rappresentate da<br />

stenosi, bande, corpi estranei, vaginiti e, in rari casi, neoplasie. Utilizzando<br />

i cistoscopi rigidi è anche possibile effettuare l’inseminazione transcervicale.<br />

Con la cannula da cistoscopia è possibile ottenere facilmente campioni<br />

bioptici. Quando si utilizza il canale da artroscopia nei piccoli animali non<br />

si dispone di una porta da biopsia.<br />

Bisogna quindi basarsi sui risultati citologici oppure introdurre alla<br />

cieca nella vescica una pinza da biopsia passando accanto all’endoscopio<br />

per prelevare il tessuto.<br />

275


CONTROINDICAZIONI<br />

Esistono ben poche controindicazioni alla cistoscopia. Le gravi infezioni<br />

vescicali o la rottura dell’organo sarebbero due situazioni in cui questa tecnica<br />

non va utilizzata. La taglia ed il sesso degli animali rappresentano i fattori<br />

limitanti, perché impongono l’uso di specifici strumenti e tecniche. In alcune<br />

situazioni, stenosi o tumori uretrali possono limitare il passaggio degli strumenti.<br />

Inoltre, in alcuni casi la vescica può essere piccola e con la parete spessa,<br />

tale da non poter essere distesa in modo adeguato.<br />

I più comuni problemi che si verificano nella cistoscopia sono rappresentati<br />

dalla scarsa visibilità dovuta ad ematuria o urina molto concentrata.<br />

Questa difficoltà può essere superata con ripetuti drenaggi e riempimenti della<br />

vescica. In alternativa, nelle situazioni dovute a scarsa visibilità, l’organo può<br />

essere disteso con gas. La complicazione più grave è la perforazione dell’uretra,<br />

della vagina o della vescica, ma si tratta di un evento poco comune nella<br />

cistoscopia. Di solito è la conseguenza di una forza eccessiva e dell’inesperienza<br />

dell’operatore. Un lieve trauma della vescica e dell’uretra è inevitabile,<br />

a causa della manipolazione dell’endoscopio e della distensione dell’organo.<br />

Per alcuni giorni dopo la cistoscopia si può osservare l’insorgenza o l’aggravamento<br />

di un’ematuria, che però di solito si risolve in poche ore. Nei soggetti<br />

trattati sono possibili le infezioni del tratto urinario e, se si sospetta una<br />

contaminazione, una singola dose di antibiotici somministrata al momento<br />

dell’intervento può prevenire questa complicazione.<br />

276<br />

Cistoscopia diagnostica<br />

Cistite<br />

Cistite interstiziale<br />

Urolitiasi<br />

Polipi urinari<br />

Neoplasia vescicale ed uretrale<br />

Ectopia degli ureteri<br />

Sanguinamento renale<br />

Sanguinamento uretrale<br />

Stenosi uretrali

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